Discorso sulla felicità

di Jasmine_
(/viewuser.php?uid=891951)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Illusioni ***
Capitolo 2: *** Acqua salata ***
Capitolo 3: *** Come stai? ***



Capitolo 1
*** Illusioni ***


Ero sola in un mondo che considera la solitudine qualcosa di terribile. Gli stoici sostenevano che, per essere felici, si dovesse essere circondati da amici. Ma, quanto può significare l'amicizia in una società in cui la felicità dipende solo dalla nostra soddisfazione personale? Cosa si è disposti a fare per un amico? La risposta è semplice: qualunque cosa non leda il nostro equilibrio. Non è cattiveria, è umanità. Nel senso vero e proprio dell' essere un essere umano. Un animale intelligente, senza dubbio, ma comunque tendente a seguire i propri interessi. Per questi motivi, non volevo nessuno accanto. Mi piaceva sognare un mondo diverso, ricco di sentimenti ed emozioni vere. Ero ingenua, forse troppo. E quando il mondo che sognavo parve entrare nella mia vita, lasciai spalancate le porte, l'anima e il cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Acqua salata ***


Faceva caldo. Ricordo la sabbia bollente sotto i piedi mentre, ridendo, correvo verso il mare. Le conchiglie, spezzate dall'acqua e dai bagnanti, solleticavano i piedi nudi non appena ci si avvicinava alla riva. Avevo i capelli lunghi che, per il sale e l'umidità, formavano onde castane su tutta la schiena. Come tutte le estati, la mia pelle era bianco latte. Al posto dell'abbronzatura, il mio corpo si era ricoperto di lentiggini. Sentii qualcuno gridare il mio nome e, completamente persa nei miei pensieri, mi girai con uno scatto. Ovviamente, dato il mio senso dell'equilibrio, caddi a terra sollevando un immenso polverone. Qualcuno rise e, credendo dirisultare brillante, mi sollevò di peso. Ero imbarazzata ed estremamente innervosita ma, con mia sorpresa, mi accorsi che quella stretta forte mi trasmetteva sicurezza. La sua pelle liscia aveva il colore del caramello ed i capelli ricci e scuri erano così tanti che quasi non riuscivo a vedere oltre. Riuscii a scorgere parte del viso, i lineamenti esotici lo rendevano estremamente particolare. Gli occhi grandi erano neri come la pece, le labbra carnose e rosse risaltavano su quel viso tondo. Non era bello, questo no. Il suo volto aveva qualcosa di animalesco, qualcosa che, a primo impatto, mi fece distogliere lo sguardo. Ero rossa di vergogna e quasi paralizzata per la paura di cadere. Provai a dire qualcosa, tentai di chiedergli di mettermi giù. Ad un certo punto fu lui a fermarsi, mi guardò e sorrise. O meglio, il suo volto ordinato si trasformò in un ghigno. Non feci in tempo a proferire parola, che mi ritrovai completamente immersa nell'acqua salata.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Come stai? ***


Da quel giorno non lo vidi più. La mia vita continuò in quel miscuglio di ordine e caos che mi aveva sempre caratterizzata. C'erano momenti in cui avrei davvero giurato di essere felice. Peccato che, nonostante avessi solo 14 anni, un peso mi logorava dentro. Un qualcosa di troppo grande che mi scoppiava nel petto, lacerando ogni volta tutto ciò che trovava lungo il percorso. Non ne avevo mai parlato con nessuno, forse nemmeno con me stessa. Tendevo a rinchiudere il ricordo in un cassetto immaginario al di là del cervello, estremamente distante dal cuore. Non avevo mai dovuto affrontarlo veramente, fino a quella sera di Agosto.  Ero al buio, chiusa in camera davanti al computer. La luce era fioca ed io stavo scorrendo placidamente la home della mia pagina Facebook. Era stata una giornata terribilmente pesante ed ero moralmente a pezzi. Un suono squillante indicò che mi era arrivato un messaggio. Quasi scocciata dal rumore che aveva disturbato la mia quiete, aprii la chat. Era lui. Un semplice "ciao, come stai?", che per me significò molto di più. Non feci finta di stare bene, per la prima volta nella mia vita, ammisi che in me c'era qualcosa che non andava. Sputai quel veleno che mi fluiva nel petto e gli raccontai ciò che aveva cambiato la mia vita. Non mi preoccupai di sembrare matta, complessata o fuori di testa. Lui mi aveva chiesto come stavo ed io, io stavo male da morire. Gli raccontai di quel giorno che, tirato fuori dal suo angolo nascosto, mi esplose nel cuore, facendomi così male da non poter trattenere i fiumi di lacrime che bagnarono la tastiera.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3291383