Storie in rima

di superpoltix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giantancredi ***
Capitolo 2: *** Il gatto alieno ***



Capitolo 1
*** Giantancredi ***


Giantancredi era un bravo ragazzo
Quando un bel giorno divenne pazzo
 
Era a scuola, per i fatti suoi,
quando guardò fuori dalla finestra
vide qualcosa, quello che vuoi,
fatto sta si buttò subito su una maestra.


E gridava, gridava,
gridava cose insensate,
e lei di allontanarlo cercava
a suon di mazzate.
E vennero in molti a guardare la scena
Lo preser di peso e con gran pena
E lo portarono a casa immediatamente
O almeno quanto permetteva la calca di gente.
 
E così lo fecero visitare
Dai più bravi dottori lo fecer curare
Ma non riuscirono neanche un istante
A zittire quel ragazzo così delirante.


Farneticava e urlava, solo di questo era capace:
e parlava di pace,
parlava di amore,
diceva “nella vita non c’è solo dolore”


“Che assurdità che va cianciando”
Dicevano quelli che lo stavano ascoltando,
“l’unica cosa bella che abbiamo in terra,
è per l’appunto proprio la guerra!
che ce ne facciamo di pace e amore
quando possiamo uccidere e combattere a tutte le ore?”
 
Ma Giantancredi non voleva ascoltare,
voleva solo continuare a predicare,
predicare quel suo strano concetto
che diceva gli venisse dal petto.
 
Passarono gli anni
E insieme a loro anche molti malanni,
ma il suo non accennava proprio a partire
e Giantancredi a rinsavire.
 
Era allora tempo di pieno furore,
si combatteva e si moriva in preda al più atroce dolore,
così i genitori del povero matto
per poter partire all’attacco
decisero di assegnare ad un povero fante
l’arduo compito di fargli da badante.
 
Così tutti i suoi sproloqui si dovette subire
Da quando si alzava a quando andava a dormire
E inutilmente gli cercava di spiegare
Il piacere di uccidere e di ammazzare.
 
Giantancredi a quelle parole addirittura piangeva
E allora quel poveretto così si diceva:
“ma perché mentre c’è la guerra che impazza
devo subirmi ‘sto qui che non capisce una mazza?”
Potete ben credere quindi, che un giorno scappò
Lo cercarono ovunque ma mai più lo si trovò.


Si decise allora di mettere alla prova il destino,
di vedere fino a che punto il nostro matto era davvero cretino.
Lo buttarono in strada, tra il polverone
E subito fu circondato da un battaglione.
Non appena quello vide le armi
Subito disse “che vorreste mai farmi?
Io non voglio la guerra, voglio solo armonia
E viver con tutti in sintonia.”
 
I nemici si scambiarono occhiate perplesse,
chiedendosi l’un l’altro che demenze dicesse.
Tentennarono un po’ su cosa fare,
avendo gran voglia di porre una fine a quel suo farneticare,
ma ad uccidere uno scemo non ci sono poi tanti vanti,
così lo mandarono al diavolo e passarono avanti.
 
E non ti dico come reagì Giantancredi!
Improvvisò un balletto, così, su due piedi,
E organizzò tutta una festa
Per quanto si era montato la testa.
Compose poesie, odi e canzoni
In qui spiegava che oltre all’odio ci sono anche altre emozioni.
Cantava di felicità, di gioia di vivere
E del piacere di tornare a sorridere.
 
Cose inaudite,
e finora mai sentite,
cose che faceva venire da pensare
“non c’è niente da fare
questo è matto da legare!”

La gente infatti lo fissava di sbieco
E commentava “questo è più malato di un cieco.”
E pure il Signore l’Altissimo lo guardava strano
E si diceva “questo mi è proprio sfuggito di mano.”
 
Ormai era diventato quasi un attrazione
Un oggetto di scherno e di derisione,
ma lui non si lasciava intimidire
e nonostante tutto quello schernire
continuava nell’affermare i suoi precetti
che raccontava con fiabe e con i suoi poemetti.


Non ci fu un giorno in cui smise di provare
D’insegnare alle altre persone il dono di amare,
non smise finchè un giorno
dal suo sonno profondo non fece ritorno.
Vennero in molti al suo funerale,
a dare un ultimo addio a quel pazzo epocale.
Sulla lapide incisero anche una scritta mai vista:
“Qui giace Giantancredi, il pacifista”.
 
E sopra la tomba qualcuno vi mise una rosa rossa,
simbolo del delirare che si portò fin dentro alla fossa.
 
Vi potreste magari adesso domandare,
chi fece quel gesto così dolce e sincero?
Ebbene era quel povero fante che, dico davvero,
aveva finalmente imparato ad amare.

 

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Capitolo 2
*** Il gatto alieno ***


A bordo di una navicella,
presa al mercatino dell’usato,
viene da una lontana stella
e sulla Terra è arrivato
 
è un micetto verde fieno
tutto allegro e fiducioso
vede innanzi a lui un futuro luminoso,
è Tiziano il gatto alieno.
 
Scappato dal suo pianeta
Come in una sci-fi di serie zeta,
è pronto a buttarsi tra la gente
da bravo alieno intraprendente
e una vita nuova cominciare,
con un lavoro e una casa in cui stare.
 
Così cercò su di un giornale
Se a qualcuno serviva personale,
e trovò che in un ristorante
assumevano chiunque e all’istante.

Si sistemò il pelo e indossò il miglior vestito,
sicuro che il lavoro gli sarebbe stato garantito.
Ma quando arrivò sul posto
ebbe una sorpresa assai sgradita:
Il capo cameriere, che era un tipo tosto,
si rifiutava di assumere felini per servire a una tavola imbandita.

Tiziano non la prese male
e continuò a leggere il giornale;
si cercava un badante
per una vecchietta ch’era un pericolo ambulante.

Si recò subito all’abitazione,
ma l’anziana non appena lo poté vedere
strillò e gli lanciò ciabatte addosso con la mira di un arciere:
non lo voleva accanto per paura di contrarre un’infezione.

Di nuovo Tiziano non si buttò giù di morale
e continuò a sfogliare il suo fidato giornale.
C’era un ufficio lì vicino
che cercava un postino;
Il gatto si affrettò e arrivò al colloquio ben puntuale,
ma non ebbe il posto perché si assumeva solo “gente normale”.

Ormai era sera e Tiziano che era sfinito,
si accucciò su un marciapiede
E chiuse gli occhi pieno di fede
che l’indomani avrebbe avuto un lavoro ben retribuito.

Il giorno successivo,
il piccolo alieno non fu affatto inattivo,
e nemmeno il giorno dopo, o quello dopo ancora:
si svegliava sempre di buon’ora,
guardava sul giornale
e si dava un gran da fare.

Animatore, professore,
Imbianchino, becchino,
Tassista, dentista,
Muratore e lottatore,
ma ogni volta che si presentava,
tutti gli dicevano che proprio non andava.

Il povero alieno non sapeva cosa fare,
ma non si voleva ancora scoraggiare,
voleva un’ultima occasione
per dimostrare che il sogno non era un’illusione.


C’era un tipo che da qualche giorno
non faceva altro che ronzargli sempre attorno,
e quando lo vide indeciso e disperato
gli si avvicinò e gli propose un lavoro ben pagato.


Al gattino non convinceva l’aspetto di quel tale,
Ma non aveva altra scelta
se voleva mangiare gli servivano soldi alla svelta.
Così messe via il giornale,
e accettò l’impiego offerto
seppur fosse ancora un po’ incerto.

Dopo tutto non c’è niente di sbagliato
A vendere delle caramelle
A chi è solo e disperato,
e fargli rispendere negli occhi la luce delle stelle.
 
Questo si ripeteva, per confortarsi
E convincersi che andava tutto bene
quando vedeva compratori accalcarsi,
litigare e comportarsi come iene.

Alla sera poi si rintanava
nel piccolo vicolo buio dove ormai abitava
a contare i pochi soldi guadagnati
e a sperare in un futuro di sogni realizzati.

Ma a ogni giorno che passava
Un pensiero positivo sfumava e se ne andava,
e così uno alla volta, silenziosamente
i sogni di Tiziano gli abbandonarono la mente.
 
Così quando anche l’ultima speranza
Di solitudine morì,
Tiziano sentì un come una mancanza
Dritto al cuore o giù di lì,
E si sentì diverso
Stare ad ascoltare
il suo capo a gridare,
iniziava proprio ad andargli di traverso.
 
E all’ennesima sgridata,
Stufo di subire e d’esser maltrattato,
il piccolo gattino gli tirò una zampata
e dentro l’occhio destro finì il suo artiglio acuminato.

Quando realizzò il fattaccio,
l’alieno scappò via terrorizzato,
mentre il suo ex capo assai adirato
chiamava i suoi compari per acciuffare quel gattaccio.

Tiziano correva per le vie
che a lungo aveva camminato
cercando un impiego onesto,
correva con tutte le sue energie
ripensando al giorno sventurato
in cui aveva compiuto l’ora tanto odiato gesto.
 
Nessuno lo voleva aiutare,
o se voleva restò però solo a guardare,
senza casa, senza neanche un soldino,
cosa poteva fare quel povero alienino?

Lontano dal suo pianeta natale,
obbligato a rintanarsi,
dalla pioggia costretto a ripararsi
solo con un vecchio giornale,
la paura come coinquilina
e la tristezza era sua vicina.

Tutto questo solo per aver sperato
in una nuova vita in questo nuovo mondo,
ma invece era stato rifiutato
e ora aveva definitivamente toccato il fondo.
 
Povero gattino, tutto solo e infreddolito,
da sotto il suo giornale si sentiva dare del bandito.
Povero micetto, tutto solo e abbandonato,
che brutto destino gli era stato riservato.

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