Smile.

di Destiny_935
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un nuovo inizio. ***
Capitolo 2: *** 2. L'incontro. ***
Capitolo 3: *** 3. Popolarità. ***
Capitolo 4: *** 4. Mi stai seguendo, Horan? ***



Capitolo 1
*** 1. Un nuovo inizio. ***


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<< It's time to begin, isn't it?

I get a little bit bigger but then I'll admit

I'm just the same as I was

Now don't you understand

That I'm never changing who I am. >>

 

Imagine Dragons – It's time.



 

GRACE'S POV

 

Il buio e il silenzio che aleggiavano durante la notte sembravano surreali. Era come passare da una dimensione ad un'altra. Gli uccelli non cinguettavano e a volte si poteva udire il verso di un gufo o un fugace stridio di un pipistrello che passava molto vicino alla finestra.

 

Di luce ce n'era poca, e la maggior parte era artificiale. Era come se il mondo intero entrasse in stand-by, e tutto fosse lecito. Alcuni si trovavano a proprio agio in mezzo a quelle tenebre, e altri le detestavano. Nel mio caso però non era odio, ma una paura ben fondata.

 

Quando calano le tenebre, preferisco rimanere a casa, tra le mura, al sicuro. Anche se proprio al sicuro non sono.

 

Presi una ciocca dei miei capelli e me la portai in avanti, tenendola tra le mani, giocandoci. Erano da poco passate le due di notte ma non riuscivo a dormire, o forse sarebbe più corretto dire che non volevo dormire, e certamente non era dovuto al poco sonno. Avevo paura, e questo mi toglieva il sonno.

 

Mi ritrovai seduta per terra con la schiena appoggiata al letto, intenta a giocherellare con i capelli e osservando di tanto in tanto l'orologio.

 

Quanto poteva passare lento il tempo?

 

Forse anche troppo lento.

 

Improvvisamente, sentii alcuni rumori provenire dal piano di sotto e voltai di scatto la testa verso la porta chiusa della mia camera. Il battito cardiaco iniziò ad accelerare. Mi misi frettolosamente sul letto, coprendomi con le coperte fin sopra la testa. Più i rumori si facevano forti, più il mio respiro aumentava. Continuarono per parecchi secondi, insistenti, e poi dal nulla si fermarono.

 

Il silenzio tornò a regnare sovrano e lanciai un lungo sospiro di sollievo, togliendomi le coperte da sopra il viso. L'avevo scampata un'altra volta, e ne ebbi la certezza quando sentii la porta al piano inferiore richiudersi. Scossi la testa mordendomi il labbro inferiore.

 

Quanto ancora avrei retto quella storia?

 

Sentivo di non poter resistere più, e il solo fatto che non potevo nemmeno scappare, mi fece disperare maggiormente. Presi il mio telefono da sotto il cuscino e cercai un gioco che riuscisse a distrarmi, anche se per poco.

 

Notte in bianco, di nuovo.



NIALL'S POV

 

'Ehi biondino, quando arrivi?'

 

'Ehi, tra quindici minuti ho l'aereo. In un'ora dovrei essere a casa.'

 

 

Era incredibile. Stavo finalmente tornando nella mia città dopo anni. Io, mia madre, mia sorella e mio padre avevamo vissuto all'estero per anni, ma la ditta di mio padre aveva accettato il trasferimento e ora, finalmente, stavamo tornando nella nostra vecchia città. Avevo tutto lì, e speravo solo che le persone a cui tenevo di più, non si fossero dimenticate di me.

 

Amavo l'estero, c'era sempre qualcosa da imparare in ogni luogo in cui andavamo, ma nessun posto è bello come casa propria. Vidi mia madre tornare dal bar, pulendosi le mani con un fazzoletto, che poi gettò prontamente in uno di quei contenitori per l'immondizia. Sorrise dolcemente quando mi vide seduto su una sedia armeggiando con il cellulare. Le sorrisi di rimando, attendendo con ansia che dicesse quelle parole che non avrei mai immaginato di sentire nuovamente in tutta la mia vita.

 

«Andiamo, si torna a casa Niall.»

 

Mi alzai dalla sedia e le misi un braccio attorno al collo, baciandole una guancia, mentre ci dirigevamo tutti e quattro all'imbarco.

 

 

@@@

 

 

Il viaggio non fu turbolento, né altro. Arrivammo dopo due ore all'aeroporto ma non vi era nessuno pronto ad accoglierci, e da un lato dovevo aspettarmelo. Solamente il mio migliore amico sapeva del mio ritorno e gli avevo chiesto di non dire assolutamente nulla in giro, perché le voci girano troppo in fretta e a volte c'è addirittura chi le distorta.

 

Uscimmo dalla struttura e prendemmo un taxi. Era un'idea ottima, avrei potuto godere del panorama della mia amata città, con il sottofondo della radio del tassista. Aiutai mio padre a sistemare le valigie nel cofano e poi partimmo. Casa nostra non era distante dall'aeroporto, venti minuti al massimo, ma anche se fossero state due ore non mi sarebbero pesate. Mi piaceva osservare e potevo rendermi conto dei cambiamenti che quel luogo aveva subito da quando me ne ero andato.

 

In soli dieci minuti di viaggio, avevo già potuto notare un nuovo centro commerciale e numerose case che erano spuntate come funghi. Sorrisi un po' malinconicamente alla vista di tutto quello. Nulla resta invariato, il tempo passa per noi in prima persona ma anche per ciò che ci sta attorno e molte volte non ce ne accorgiamo.

 

Immerso nei miei pensieri, sentii solamente la brusca frenata del tassista che mi fece sbattere la testa contro il poggiatesta davanti a me. Mia madre ridacchiò a quella scena prima di dirmi di scendere dalla macchina.

 

Scaricammo le nostre valigie e mentre mio padre pagava il tassista, io, mia madre ed Ellen ci avviammo all'ingresso. Prese le chiavi e fece il giro quattro volte prima di aprire la porta e trovarsi davanti una signora anziana dai capelli bianchi, ma con un sorriso enorme sul volto.

 

«I miei tesori!»

 

«Nonna!»

 

Mia nonna era rimasta a curare casa nostra da quando eravamo partiti anni fa. Si era offerta volontaria di stare qualche giorno al mese lì,tanto per controllare che tutto fosse apposto e pulire dove era necessario. Pensavo di trovarla a casa sua, e invece si trovava da noi e non potevo essere più contento. La abbracciai forte non appena smise di parlare con mia madre.

 

«Ma tu guarda il mio giovanotto e la mia principessina come sono cresciuti! Come state amori della nonna, avete mangiato?»

 

Ellen, per tutta risposta, le dedicò un sorriso e poi si recò verso camera sua senza dire una sola parola. Mi rattristò parecchio vederla in quella situazione, ma decisi di non dire nulla e risposi alla domanda che mi era stata posta poco prima.

 

«No veramente siamo atterrati poco fa quindi n-»

 

Mia nonna mi puntò un dito sul petto con un'espressione che doveva essere seria, ma che presi scherzosamente.

 

«Non va per niente bene. Laura ma non dai da mangiare ai tuoi figli? Venite tesori della nonna, ora vi preparo qualcosa da mangiare io!»

 

Fantastico, sarei ingrassato di dieci chili il primo giorno di rientro a casa.

 

Qual è il detto?

 

Ah sì, casa dolce casa.

 

 

@@@

 

 

Chiusi la porta della mia camera dietro di me e tirai un sospiro di sollievo. Si era fatta sera e tra racconti, cibarie e quant'altro, le ore erano volate e anche a causa del viaggio io mi sentivo alquanto stanco. Sentivo mia nonna che armeggiava ancora con le pentole e sgridava mia madre convinta del fatto che non ci facesse mangiare. La verità era che, personalmente, mangiavo quanto tutta la famiglia, ma il mio metabolismo era tutt'altro che pigro.

 

Guardai la mia camera che era rimasta la stessa. Sorrisi, osservando le fotografie appese al muro e presi la sedia della scrivania collocandola davanti alla finestra.


I miei occhi fissavano fuori, mentre ero comodamente seduto. La luna illuminava parte della stanza e anche i miei occhi si riflettevano sul vetro. Amavo la notte, specialmente durante quell'orario e durante quelle sere in cui la luna splendeva alta nel cielo e rischiarava, per quanto possibile, parti della città.

 

D'improvviso, sentii bussare alla mia porta.


«Avanti.» Dissi a gran voce.


Nessuno si fece avanti però, e allora mi alzai e andai ad aprire.

 

Non vi era nessuno dall'altra parte.
 

Che me lo fossi semplicemente immaginato?
 

Richiusi la porta con cautela e tirai la tenda della finestra. Il letto era ordinato e le lenzuola profumavano di pulito. Ringraziai mentalmente mia nonna e sorrisi, mentre mi sdraiavo sul letto sopra le coperte, fissando il soffitto.

 

Ero felice di essere tornato. Quella città era come il mio piccolo regno, mi sentivo importante e amato dalle persone che mi avevano visto crescere. Certo, non dall'infanzia. La mia città di nascita era comunque Adare, un piccolo villaggio nella contea di Limerick, in Irlanda, ma eravamo venuti ad abitare qui quando io avevo all'incirca sei anni. I pensieri mi fecero sbattere le palpebre sempre più lentamente, finché non si chiusero e caddi in un sonno profondo, con un sorriso sempre sul viso.


 

--------------

 

My Little Corner.

 

 

Eccoci qui.


 

Ciao a tutti!


 

Questo è il primo capitolo della mia prima storia. Spero vivamente che vi piaccia. Vedrete che la storia diventerà a mano a mano più interessante. L'inizio non dice nulla, o quasi, quindi ci sentiamo al prossimo capitolo!


 

A presto! ❤



 

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Capitolo 2
*** 2. L'incontro. ***


GRACE'S POV

 

Il cellulare vibrò e suonò allo stesso tempo, avvisandomi che era arrivata l'ora di svegliarsi. Mossi svogliatamente la mano verso il comodino e posi fine a quella tortura che si ripresentava ogni mattina. Mi stropicciai gli occhi e mi tirai via le coperte di dosso. La casa era ancora nel silenzio.

 

Posai i piedi sul pavimento, rabbrividendo per il freddo, e mi incamminai verso la porta, aprendola leggermente e con calma, facendo meno rumore possibile. Il corridoio si estendeva alla mia sinistra, mentre sulla destra, la porta del bagno era aperta ma le persiane erano ancora chiuse e ogni mattina mi sembrava un luogo tremendamente lugubre.

 

Uscii dalla stanza, trovandomi nel bel mezzo del corridoio. Percorsi il tragitto a piedi nudi, in silenzio, fino ad arrivare alle scale e le scesi con calma.

 

Il silenzio continuava a regnare sovrano.

 

Finite le scale, girai a sinistra trovandomi nel salotto di casa e iniziai ad aprire le persiane di tutte le finestre della casa, in sequenza. La tremenda e tanto temuta porta che si trovava vicino all'ingresso e che dava al ripostiglio, era ancora chiusa e non si sarebbe comunque aperta.

 

Mi guardai attorno con la solita espressione indifferente e poi tornai al piano di sopra con l'intento di vestirmi. Indossai un paio di jeans stretti, un maglione rosa e ai piedi un paio di scarpe bianche.

 

Lasciai i capelli sciolti. Cercavo sempre di non legarli, odiavo non averli sulle spalle, mi sembrava che servissero da protezione. Mi dimenticai della colazione e, vista l'ora, non mi sembrò conveniente soffermarsi ulteriormente. Presi lo zaino, me lo misi in spalla, aprii la porta e la richiusi una volta fuori. Girai la chiave nella serratura e tirai un sospiro di sollievo.

 

Ero finalmente fuori.

 
 

 

NIALL'S POV

 

Mia madre mi chiamò minimo cinque volte prima che decidessi di mettere il piede fuori dalla coperta in via definitiva. Le tre sveglie puntate sistematicamente a dieci minuti di distanza l'una dall'altra, non erano servite a nulla.

 

Mi recai in bagno lavandomi il viso e guardandomi allo specchio. I capelli erano totalmente spettinati, mi servivano decisamente un pettine e un po' di gel. Dalla mia postazione, potevo sentire il rumore della macchina del caffè che andava. Ridacchiai quando sentii mia madre urlarmi che la colazione era pronta. Ero cresciuto, ma mi trattava sempre come se fossi un bambino. Assurdo come le madri potessero essere così protettive e imbarazzanti allo stesso tempo.

 

Tornai in camera e indossai i primi vestiti che trovai nell'armadio: era il primo giorno dopo molto tempo, era giusto apparire al meglio. Per i capelli ci impiegai più tempo. Presi il gel, spalmandolo più e più volte sui capelli, tirando verso l'alto ma quando sembrava fatta, qualche capello mi prendeva in giro e tornava giù, obbligandomi a ripetere la stessa operazione.

 

Dopo una quindicina di minuti, completai l'opera e uscii dal bagno, riuscendo semplicemente a mettermi una brioche in bocca lasciandone penzolare metà.

 

“Niall, l'educazione!” Mi riprese mia madre. Mia nonna non era nei paraggi, doveva aver lasciato casa prima ancora che mi alzassi.
 

Ne fui dispiaciuto dato che non ero nemmeno riuscito a salutarla. Presi una bottiglietta d'acqua, misi in spalla lo zaino e uscii salutando mia madre con la bocca piena. Riuscii a ingerire la brioche e presi, subito dopo, un lungo sorso dalla bottiglietta d'acqua. Un lungo respiro ed ero pronto a cominciare al meglio la giornata.
 

 

 

GRACE'S POV
 

 

Uscita dal cancelletto, rimasi ad osservare l'esterno di casa mia. Era di colore grigio con una finestra penzolante.

 

Metteva seriamente inquietudine.

 

Guardai, per pura curiosità, le case accanto. Tutte avevano dei fiori alle finestre, mentre nella mia non c'era la minima traccia nemmeno di un vaso vuoto. Sospirai, cercando di non pensare a quanto avevo appena visto, ma una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare.

 

“Scusami?”

 

Portai d'istinto una mano al petto sperando che non fosse chi non volevo vedere, ma quando mi voltai, i miei occhi puntarono quelli di un giovane biondo che se ne stava tutto allegro ad osservarmi.

 

Aveva un sorriso stampato sulla faccia, e lo detestavo solo per quello.

 

Lo guardai scocciata, aspettando una sua qualunque mossa. Portai una mano sul fianco, aspettando. Il giovane si trovò leggermente a disagio. Indicò con il dito indice della mano destra la mia abitazione e finalmente esclamò qualcosa.
 

“Tu vivi qui?” Chiese il giovane, senza perdere il sorriso.

Inarcai un sopracciglio, pensando che fosse una domanda relativamente stupida.

“Non mi pare che sia un ostello, non credi?”

“Mi spiace non intendevo essere sgarbato. E' che anni fa qui ci viveva un’amica di mia madre, me la ricordo perfettamente perché a quella finestra” indicò quella della camera dei miei genitori “manca un pezzo ed io dicevo sempre a mia madre di fare attenzione, perché temevo che si staccasse un pezzo e le cadesse in testa!”

Restai incredula e non seppi che dire. Quel ragazzo continuava a sorridere, il che mi rendeva alquanto irrequieta e infastidita allo stesso tempo.

“Credo che tu ti confonda. Noi abbiamo sempre vissuto qui da quando sono nata e conosciamo solo poche persone. Ad ogni modo, se non ti dispiace, non vorrei arrivare in ritardo a scuola.”

“Oh, anche io! In che scuola vai?”

“Alla Danol.” Risposi, iniziando ad incamminarmi.

“E' fantastico, anch’io vado lì. Potremmo fare la strada insieme.” Rispose, sempre allegro, il giovane.

Ridacchiai voltandomi e posai il dito indice sul suo petto, assumendo un’espressione sfacciata.

“Non sono una bambina che ha bisogno della balia, né un asociale che ha bisogno di compagnia. So arrivare benissimo a scuola da sola, quindi, se permetti..”

Non finii nemmeno la frase. Mi voltai incamminandomi nuovamente verso l'edificio scolastico, mentre il ragazzo rimase fermo dov’era. Molto probabilmente, la sua mente in quel momento era piena di domande sul perché l’avessi trattato così e altre cavolate varie.

 

Cose che, in tutta onestà, non mi interessavano.

 

Ciò che non sapevo, però, era che quel giovane biondo poteva essere dannatamente testardo.

 

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Al prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 3
*** 3. Popolarità. ***


Arrivai a scuola prima del solito.

 

Mi sedetti sul muretto che costeggiava l'entrata mentre vedevo passare i pullman che accompagnavano gli studenti. Non distolsi lo sguardo dalle mie scarpe, controllando se fossero scucite da qualche parte o sporche. Ad un tratto, qualcuno toccò la mia spalla e alzai la testa di scatto, spaventata. Dinanzi ai miei occhi apparve Tania, la mia migliore amica, che mi salutava allegramente.

 

“Gracie, come stai oggi?” Chiese la giovane.

 

“Ti prego Tania, non chiamarmi così. E’ irritante.” Risposi scorbuticamente.

 

L'amica soffiò aria tra i denti, aveva già capito la situazione.

 

“Brutta giornata, Gracie?”

 

Le rivolsi un’occhiataccia alla quale rispose portando entrambe le mani in aria, in segno di arresa. Tania era una ragazza bellissima, capelli biondi, un fisico dannatamente invidiabile e occhi azzurri.

 

Mi fece segno di parlare, sapeva perfettamente che c'era qualcosa che non andava. Iniziai, spiegandole della tremenda notte che avevo passato, ma non specificai il perché. Non avevo mai parlato di cose troppo personali, avevo paura che qualcuno mi tradisse alla fine e che sarebbe andato a spifferare tutto in giro, facendomi diventare lo zimbello della città.

 

Mi bloccai mentre parlavo, voltando lo sguardo verso l'entrata del cancello che dava alla scuola. Vi erano alcuni ragazzi in compagnia del giovane biondo che mi aveva importunato quella stessa mattina. Scossi la testa in segno di disapprovazione. Ragazze e ragazzi si avvicinarono per dargli il benvenuto mentre altri rimanevano al loro posto, fissando la scena e mormorando tra di loro. Tania, dal canto suo, sospirò profondamente e rumorosamente, come se fosse incantata da quella scena.

 

“Tania, ti prego!” Le dissi, dandole un colpetto al braccio.

 

“Grace, stiamo parlando di Niall! Ora che è tornato, la città e la scuola hanno assunto un altro colore!”

 

Quindi era Niall il suo nome. Che cosa interessante, l’avrei sicuramente segnato nel mio quaderno delle cose meno interessanti da ricordare. Tornai a giocherellare con le dita, mormorando a bassa voce.

 

”Sì, il grigio pallido.”

 

La campanella che segnava l'inizio delle lezioni suonò e gli studenti che attendevano fuori si precipitarono, obbligatoriamente, dentro. Durante le lezioni, sentii parlare solo di Niall e di quanto fosse bello, attraente, affascinante, dolce e simpatico. Arrivata alla quarta ora, appoggiai la testa sul palmo della mano destra. Non ne potevo più. Essendo ora di buco, uscii dalla classe per prendere un po' d'aria.

 

Poco più avanti, vidi uscire dalla classe un ragazzo che conoscevo abbastanza bene: Liam. Era uno tra i ragazzi più dolci che avessi mai conosciuto. Alzai la mano salutandolo e lui ricambiò mentre mi veniva incontro con dei fogli in mano.

 

“Liam, tutto bene? Ti trovo in forma!”

 

“Ti ringrazio. Che ci fai in giro per la scuola?”

 

“Avevo bisogno di prendere un po' d'aria. Tu invece?” Gli chiesi indicando i fogli.

 

“La nostra professoressa è troppo pigra persino per andare a fare delle fotocopie, quindi prende a caso tra gli alunni qualche cavia!” Rispose ridendo.

 

Ridacchiai e lo salutai con un gesto della mano. Mi incamminai nuovamente senza una meta precisa, finendo davanti alle macchinette che vendevano cibo. Mi venne un irresistibile voglia di cioccolato al cocco.

 

Spinsi il numero corrispondente al prodotto, ma la macchinetta non si mosse. Provai a darle una manata ma nulla. Sospirai puntando gli occhi al cielo, mentre una voce da dietro mi fece sobbalzare, specie quando la sentii vicino al collo.

 

“A quanto pare non è la tua giornata migliore.”

 

Mi voltai, incontrando gli occhi azzurri del giovane biondo che stava facendo impazzire la scuola. Niall era di nuovo lì e se solo avessi potuto, l'avrei fatto sparire in quell'esatto momento.

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Capitolo 4
*** 4. Mi stai seguendo, Horan? ***


"Mi stai seguendo Horan?" Dissi in tono accusatorio, mentre mi allontanavo dalla macchinetta. Il giovane mi seguì, inarcando un sopracciglio per la sorpresa. Si posizionò alla mia destra, incrociando le mani al petto, rivolgendomi un'espressione sorpresa.

 

"Non credevo fossi così informata su di me."

 

"Dopo una mattinata passata tra le tue adoratrici, uno impara anche cose che non gli interessano." Risposi scocciata, guardandomi le unghie. La risposta del giovane fu un sorriso sincero, ma allo stesso tempo provocatorio.

 

"In poche parole, mi stai dicendo che non ti interessa di me."

 

Feci un respiro profondo, evitando di rispondere ad una domanda così ovvia. Rientrai nell'aula senza degnare di uno sguardo il giovane e mi beccai una sgridata per essere stata fuori tutto quel tempo. Tania mi punzecchiò, chiedendomi cosa mi avesse trattenuta per così tanto tempo.

 

"Una barretta di cioccolato al cocco, mischiata ad un arrogante biondino."

 

 

@@@

 

 

Le lezioni finirono e ringraziai mentalmente la campanella. Avevo appuntamento al bar dove lavoravo e mi aspettava un pomeriggio di lavoro. Salutai l'amica con un bacio sulla guancia e mi incamminai.

 

Avevo finalmente la mente libera e potevo godermi la passeggiata senza schiamazzi, vocine irritanti e sospiri malinconici. Avrei preferito eliminare quella mattinata scolastica, ma soprattutto avrei fatto ripartire volentieri Niall.

 

Immersa nei pensieri, arrivai davanti al luogo del lavoro. Entrai salutando la proprietaria e i suoi figli, Max e Darla, la cui ultima lavorava anch'ella nel bar aiutando la madre, avendo più anni di me. Max invece aveva ancora 8 anni e si limitava a guardarsi attorno e a punzecchiare la sorella di tanto in tanto.

 

"Ciao Grace!"

 

"Ehi Darla."

 

"Hmm..il tono non è dei migliori. Che succede?"

 

Sospirai rumorosamente ma non le raccontai del giovane e delle persone a scuola che erano impazzite. Le dissi semplicemente che le lezioni erano state abbastanza faticose quella mattina. Darla si portò la treccia di capelli neri lungo la spalla sinistra e i suoi occhi castani mi scrutarono. Sapeva che mentivo, erano anni che lavoravamo assieme e aveva imparato a conoscere me e tutte le mie stranezze.

 

Indossai il grembiule e legai i capelli in una coda, portando i menù ai rispettivi tavoli. Quel posto era una seconda casa ma lì, rispetto alla mia, potevo stare tranquilla.

 

 

NIALL'S POV

 

 

Camminavo a testa bassa, calciando un sassolino per la strada. Liam mi aveva raccomandato di farmi trovare al bar sotto il grande portico arancione, ma potei constatare, in pochi minuti, che non ce n'era solamente uno.

 

Intravidi la speranza quando scorsi il mio amico poco più avanti.

 

"Che fine hai fatto? Sei in ritardo."

 

"Sono tornato ieri, dammi il tempo di orientarmi!"

 

Ridemmo entrambi mentre ci accingevamo ad entrare nel bar. Un pomeriggio di chiacchiere con il mio vecchio amico era ciò che mi serviva, dopo anni che non lo vedevo.

 

Avevo tante cose da raccontargli: i luoghi che avevo visto, le persone che avevo incontrato e anche quante ragazze avevo conosciuto!

 

Forse quello non avrei dovuto dirlo.

 

Ci sistemammo ad un tavolo e iniziammo a parlare, finché una giovane ragazza dai capelli neri ci portò i menù, dicendoci di chiamare lei o la sua collega per qualsiasi necessità. Ebbe il tempo di finire la frase, che la proprietaria urlò qualcosa ad una ragazza nascosta sotto il bancone. Fu allora che le mie labbra si incresparono in un sorriso, mentre l'amico mi guardava interrogativo, guardando nella mia stessa direzione.

 

 

GRACE'S POV

 

 

La porta del bar si aprì, e lo scricchiolio dei cardini arrugginiti mi fece voltare verso l'entrata. Un'espressione di incredulità si dipinse sul mio volto e mi abbassai immediatamente sotto al bancone.

 

Darla ridacchiò alla mia reazione.

 

"Che ti succede? C'è qualche topo in giro per il negozio?" Mi chiese senza smettere di ridacchiare.

 

"Li vedi quei due che sono appena entrati?"

 

Darla alzò lo sguardo e scorse un giovane biondo assieme ad un altro ragazzo mentre si sedevano ad un tavolo, ridendo tra di loro.

 

"Quindi?"

 

"Quello biondo è.." Avrei davvero dovuto dirglielo? "..è una lunga storia, potresti portare tu i menù?"

 

"Grace, non me lo stai chiedendo davvero!"

 

"Andiamo, solo per stavolta!"

 

La pregai a più non posso e l'amica prese i menù, dirigendosi al tavolo dei due. Sfortuna volle, però, che mentre mi trovavo sotto al bancone, la padrona passasse lì davanti.

 

"Grace che fai, giochi a nascondino?" Ridacchiò la donna, mentre tutto il bar la sentì parlare.

 

Era finita, inutile nascondersi.

 

Mi misi in piedi sorridendo forzatamente alla donna, mentre i miei occhi fissarono subito il tavolo da me interessato. Mi avevano vista entrambi e il sorrisetto sulle labbra di Niall mi irritava terribilmente.

 

Darla tornò, alzando le spalle.

 

"E' il karma Grace, ciò che fai ti si ritorce contro."

 

"Darla, non sono in vena di lezioni sulla vita."

 

Liam alzò la mano salutandomi, e ricambiai. Non credevo conoscesse il biondino.

 

Niall alzò la mano per chiamare la cameriera e stavolta Darla non si mosse. Si limitò ad osservarmi con un sorrisetto compiaciuto mentre mi dirigevo scocciata con un bloc-notes e una biro a prendere le ordinazioni.

 

"Ma guarda, dev'essere qualcosa legato al destino, non credi?" Pronunciò subito il giovane biondo.

 

"Già, qualcosa che ha a che fare con la sfortuna." Replicai.

 

Liam ridacchiò, profondamente divertito. Sarebbe stata una dura lotta.

 

"Bene, sono qui per lavorare quindi che ti porto Liam?"

 

"Per me una lattina di Coca Cola va benissimo." Rispose il giovane, mentre annotavo.

 

Il biondino parve scocciato quando parlò nuovamente.

 

"A me non chiedi cosa voglio?"

 

"Spero sia qualcosa di attinente al bar." Replicai.

 

"Tu lavori in questo bar."

 

"Intendevo qualcosa di ordinabile!"

 

Inutile, si era creata una guerra di fraintendimenti che non si sarebbe placata molto presto.

 

"Tu non sei ordinabile?" Rispose sorridendo Niall.

 

Posai il blocco e la biro sul tavolo e cercai di parlare con calma.

 

"Ok Horan, vediamo di chiarirci una volta per tutte."

 

"Il mio nome è Niall."

 

"Oh davvero? Credevo di non saperlo dopo una mattinata passata a sentir parlare solo di te!"

 

Il giovane rise.

 

"Vuoi darmi la colpa del fatto che mi conoscono tutti a scuola?"

 

"Lasciami in pace, Horan. So benissimo dove portano i tipi come te."

 

Mi voltai tornando dietro al bancone, ma sapevo che non era finita lì, anzi, era appena iniziato tutto.

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