Il Quartiere.

di TheGirlOfTheSand
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Konoha. ***
Capitolo 2: *** Uno sguardo. ***
Capitolo 3: *** Non mi ero mai accorto di lei. ***
Capitolo 4: *** Riflessioni ***
Capitolo 5: *** Un disegno ***
Capitolo 6: *** Grigio. ***
Capitolo 7: *** Ricordi ***
Capitolo 8: *** Strane sensazioni. ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***



Capitolo 1
*** Konoha. ***


Guardò gli eleganti palazzi al di là del Confine.
Grattacieli in cemento e acciaio, con le vetrate trasparenti e lucide; al cui interno probabilmente alcuni davano una festa, altri guardavano tranquilli la televisione sul divano, o altri ancora mettevano a dormire i bambini, al sicuro nei loro letti.
Suna era davvero una bella città: moderna, elegante, fiorente e ricca di opportunità.
Tutta la città, tranne un piccolo quartiere di periferia: Konoha.
Il Confine era solo una vecchia ferrovia ancora funzionante, che divideva la città vera e propria dal quartiere e che dalla cima del palazzo dove si trovava poteva vedere distintamente.
Sakura scese dal parapetto in cemento dov'era seduta, recuperando la borsa con gli scarsi alimenti che Tsudate le aveva chiesto di comprare.
Tsunade era come una madre per lei.
Durante la guerra in cui erano morti i suoi genitori, lei era stata un medico e, quando era tornata, l'aveva presa con sé.
Si avviò verso le scale e scese al piano terra, facendo attenzione a dove metteva i piedi:
anche quel palazzo, come la maggior parte a Konoha, era decadente e sporco, abbandonato dai suoi abitanti al termine della guerra.
Arrivata in strada si incamminò verso casa, mentre il sole stava iniziando ormai a tramontare, proiettando nelle strade sporche e buie strane e inquietanti ombre.
Mentre camminava passò davanti al negozio di fiori dei genitori della sua migliore amica, Ino. 
La loro attività era una delle poche rimaste aperte dopo i bombardamenti, e quello stabile era forse l'unica cosa un po' colorata che si potesse vedere da quelle parti.
Ino aveva anche un fratello, Deidara, che aveva una passione per i petardi e tutto ciò che potesse esplodere. Aveano gli stessi capelli e si assomigliavano molto; la loro era una delle poche famiglie ancora intatte.
Intravide la bionda nella sua camera, probabilmente intenta a guardarsi allo specchio. Non a caso era conosciuta in quasi tutto il Quartiere per la sua bellezza.
Continuò a camminare stringendosi di più nella felpa.
C'erano in giro poche persone, che come lei si affrettavano a tornare a casa. Per terra c'erano siringhe sporche e mozziconi di sigaretta, e di tanto in tanto i vetri delle bottiglie rotte scricchiolavano sotto i suoi piedi. 
Ad un tratto però vide due teste rosse avvicinarsi da lontano: i Gemelli.
Quei due non erano di fatto gemelli, ma siccome erano sempre insieme e avevano gli stessi capelli, tutti li chiamavano così.
Non conosceva molto bene Sasori, ma sapeva che adorava le marionette. Ne portava sempre una piccola con sé, nella tasca della felpa. 
Gaara invece era il suo migliore amico e una delle persone più importanti che avesse. Soffriva di insonnia e per questo spesso andava in giro di notte.
Quando le si avvicinarono lui la salutò calorosamente, ma le intimò di andare subito a casa, dato che non doveva stare in giro fino a troppo tardi.
Sakura sapeva bene quanto avesse ragione e, dato che il sole stava già tramontando, affrettò il passo.
Intanto le tornò in mente quella sera. Quella sera di un anno prima in cui, se non fosse stato per un ragazzo, probabilmente se la sarebbe vista davvero brutta.
 
*flashback*
Stava tornando a casa, un po' più tardi del solito dato che si era trattenuta più a lungo ad osservare i palazzi di Suna.
Non era un'ora tanto tarda; ma a Konoha, per una ragazza di 15 anni, era già troppo tardi.
Un uomo l'aveva colta di sorpresa, stordendola leggermente con un pugno sullo zigomo; l'aveva poi presa e sbattuta al muro, slacciandole velocemente la felpa e baciandole il collo. 
Lei aveva provato a liberarsi, senza successo, e allora aveva cominciato a gridare aiuto più forte che poteva, fino a quando lui non le aveva tappato la bocca con una mano.
L'uomo aveva poi cominciato a toccarla ovunque sul corpo, mentre sorrideva leggermente; ad un tratto però qualcuno gli aveva tirato un poderoso pugno, mandandolo a terra, per poi sollevarlo e sbatterlo al suolo nuovamente, intimandogli di andarsene.
L'uomo che l'aveva aggredita era andato via velocemente zoppicando, mentre l'altro che l'aveva salvata si avvicinava.
Lei era caduta per terra e si strinse di più contro al muro intimorita, ma il misterioso ragazzo le porse la mano,  venendo poi illuminato dalla flebile luce di un lampione vicino:
aveva i capelli neri lunghi quasi fino alle spalle, gli occhi neri come la pece e sotto di essi si intravedevano delle occhiaie. Aveva la pelle quasi bianca ed era abbastanza alto e muscoloso;era davvero un bel ragazzo, sicuramente con qualche anno in più di lei.
"Tranquilla, non voglio farti del male" le disse poi con una voce profonda e dolce allo stesso tempo, sorridendole rassicurante.
Lei aveva preso titubante la sua mano, rigraziandolo.
L'aveva anche accompagnata a casa, ricordandole di non uscire più così tardi.
*fine flashback*

Da quel giorno Itachi Ucicha era diventato per lei come un fratello maggiore e una figura di riferimento.
Grazie a lui aveva successivamente conosciuto suo fratello minore, Sasuke, che aveva la sua stessa età.
Erano davvero simili ed era facile confonderli per chi non li conoscesse di persona, tranne per il fatto che Sasuke era più basso, un po' meno muscoloso di Itachi e che non avesse quelle perenni occhiaie sotto gli occhi.
Lei e Sasuke erano buoni amici e da lui aveva poi conosciuto tutti gli altri:
Naruto, Tenten, Shikamaru, Neji e sua sorella Hinata.
'Già, Hinata' pensò arrivata ormai a casa. Lei, e in maniera minore anche Neji, era davvero l'unica di loro che sembrava non appartenesse al quartiere. Quelle poche volte che qualcuno oltrepassava il Confine, veniva inevitabilmente squadrato dagli abitanti della città.
Si, perché uno di Konoha, uno che arriva dal Quartiere lo riconosci. Lo riconosci  dagli occhi stanchi e spenti, dal modo di camminare, dai vestiti. Se sei del Quartiere, è come se ce l'avessi scritto in fronte, marchiato a fuoco sulla pelle.
Ma non Hinata. Lei no; era così gentile e delicata, sembrava davvero impossibile che una ragazza così buona potesse vivere a Konoha. Sakura sapeva per certo che quello non fosse il posto a cui la Hyuga dovesse appartenere. 
Era ormai arrivata a casa e aprì la porta quando il sole stava per scomparire all'orizzonte.
"Ciao Tsunade" disse entrando, "ecco la spesa" aggiunse poi porgendole il sacchettino.
"Sakura! Ti ho già detto un sacco di volte che dovresti tornare prima" la rimproverò.
La donna aveva i capelli biondi legati in due codini bassi e un seno davvero prosperoso; gli occhi nocciola erano ridotti a due fessure e le mani appoģgiate sui fianchi non facevano presagire nulla di buono. Aveva ormai cinquant'anni, anche se non voleva ammetterlo e ne dimostrasse di meno.
La rosa abbassò lo sguardo, per poi scusarsi: "Mi spiace. Cercherò di tornare prima le prossime volte, promesso."
Lo sguardo della donna si addolcì un poco.
"Io lo dico per il tuo bene Sakura. ho promesso ai tuoi che ti avrei protetta..e già una volta ho rischiato di non essere fedele alla promessa."
"Lo so, Tsunade. Grazie." le disse poi, congedandosi infine nella sua camera. 
La sua stanza non era nulla di che:
non era molto grande, ma in compenso c'era una portafinestra che dava su un balconcino. Il letto era singolo e con le lenzuola grigie ormai consunte, le pareti bianche erano scrostate e l'armadio a muro di una leggera sfumatura rosa era ormai rovinato. C'erano poi un tappeto, una scrivania in legno e una piccola sedia, posta in un angolo della stanza.
Si avviò verso la finestra e l'aprì, uscendo poi sul balcone.
Tirava un vento abbastanza freddo, ma Suna sembrava emanare un calore proprio grazie alle luci delle case accoglienti e i neon dell'entrata di qualche locale alla moda, di cui si sentiva la musica per le strade dove alcune persone passeggiavano ancora tranquille.
Una calore e una musica che non arrivava fino a lì. 
Lì tutto era talmente silenzioso da essere inquietante. Solo il fischio del vento era udibile, insieme alle urla di qualche ubriaco che spaccava bottiglie di vetro; mentre le uniche persone che si incontravano per strada erano qualche tossico o uomini con cattive intenzioni.
Lì era tutto freddo, buio e non c'era nessuna musica, perché quello, era Il Quartiere.
---
Saalve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.
Be', ecco qui l'inizio della mia seconda storia.
Ci terrei ad informarvi del fatto che sarà più lunga e complessa della precedente, inoltre sarà raccontata attraverso gli occhi di un po' tutti i personaggi, e non solo attraverso Sakura.
Spero che come idea e primo capitolo vi possa piacere. 
 
Ho inoltre un'informazione da chiedervi: quando scrivo la bio e poi provo a fare l'anteprima, il testo mi viene attaccato e senza gli 'a capo'. Potreste dirmi come fare?
Grazie e al prossimo capitolo! :)

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Capitolo 2
*** Uno sguardo. ***


Erano ormai le due di notte quando Gaara uscì di casa, incapace di prendere sonno a causa dei continui incubi che lo tormentavano.
A lui non interessava violentare le ragazze, andare in giro a far casino o derubare, semplicemente vagava a vuoto per la città e i suoi vicoli bui, per la maggior parte deserti.
Camminando era arrivato in uno dei parchetti principali di Konoha, dove ogni tanto si incontrava qualche tossico. 
Entrò e si guardò intorno:
i lampioni illuminavano debolmente il piccolo sentiero di ciottoli che si diramava attraverso i pochi alberi e il prato, le aiuole con i fiori che Ino aveva piantato da pochi giorni erano chiazze colorate sullo sfondo verde dell'erba. C'erano parecchi rifiuti per terra: bottiglie, sacchetti e fogli di carta che, mossi dal vento, svolazzavano nell'aria come spettri.
Constatando che il parco era deserto, si sedette su una panchina e accese una sigaretta. Aspirò il fumo, per poi aprire la bocca a forma di una piccola 'o' e buttarlo fuori sottoforma di cerhi.
Restò così per qualche minuto, con lo sguardo di quel colore azzurro/verde perso nel vuoto a fissare l'oscurità.
Gli piaceva la solitudine. Certo, aveva Sasori, Sakura e gli altri..ma sentiva dentro di lui come una strana presenza, con cui gli sembrava di comunicare meglio quando era da solo. 
A un certo punto però sentì un breve grido. Non era stato troppo forte, ma abbastanza perché lui potesse sentirlo.
Si alzó in fretta e buttò per terra la sigaretta ormai consumata, dirigendosi di corsa nella direzione dalla quale aveva sentito provenire la voce; uscì dal parco per poi svoltare a destra e infine in un piccolo vicolo sulla sinistra. 
Restó nell'ombra, cercando di capire la situazione:
c'erano due persone, una ragazzina dai capelli castani e un ragazzo dai capelli tinti di grigio, probabilmente più grande di lei, che si colpivano a vicenda violentemente.
Il ragazzo era nettamente più forte, ma lei rispondeva con grinta e tenendogli testa; ad un tratto però la ragazzina fu colpita in pieno volto da un gancio del ragazzo.
Le si girò la testa di lato, mentre il pugno aveva creato un orribile scricchiolio di sottofondo. Vide il sangue sgorgare copioso dal suo naso e dalle labbra e il corpo di lei si accasciò lentamente per terra, mentre il ragazzo le si avvicinava sorridendo, preparandosi a sferrarle un calcio in pieno stomaco.
Fu allora che decise finalmente di intervenire:
uscì dal suo nascondiglio avventandosi su di lui e gettandolo a terra, finendogli sopra. Gli piantò un pugno ben assestato sotto lo sterno mozzandogli il respiro e facendogli sputare del sague che andó a macchiargli la felpa.
Il tizio peró non si arrese, ribaltando la situazione e rialzandosi.
Gaara lo imitò per poi caricarlo di nuovo, tirandogli un calcio diretto verso il fianco che però venne parato.
Rimasero in una posizione di stallo per qualche istante, così che Gaara potè vedere il suo avversario:
i capelli grigi erano raccolti in una coda bassa, mentre si intravedevano gli occhi neri dietro un paio di occhiali rotondi. Era poco più alto di lui e abbastanza magro, ma comunque forte. Si accorse che anche lui lo stava fissando, per poi sorridere in un modo leggermente beffardo.
Dietro di lui, intravide la sagoma della ragazzina muoversi leggermente.
Saltò allora all'indietro e colpì il ragazzo con un calcio, ma questo gli sferrò un pugno sul viso, trascinandolo con sé a terra ed estraendo poi, con preoccupazione di Gaara, un coltello. Lo sconosciuto si dimenò, squarciandogli la felpa e provocandogli un taglio sul petto.
Il rosso notò poi altre due figure all'entrata opposta del vicolo, 'Devo andarmene' pensò 'e in fretta, contro tre non ho speranze'.
Si liberò così dal ragazzo scaraventandolo contro il muro e, ignorando il bruciore al petto, si avviò velocemente verso la ragazzina ormai quasi in piedi, prendendola in braccio e correndo dalla parte opposta.
"FERMATI BASTARDO!" sentì gridare dietro di lui, ma ormai aveva già svoltato la curva, mentre uno scalpiccio confuso lo seguiva.
Era rallentato dato che doveva portare la ragazza, ma le ore passate a camminare di notte gli avevano consentito di avere nella mente una mappa virtuale perfetta del quartiere; imboccò così alcune scorciatoie e, quando fu abbastanza lontano dai tre, si fermò a riprendere fiato e a controllare come stesse la giovane.
Aveva gli occhi scuri socchiusi e il labbro spaccato, mentre dal naso colava ancora un rivolo di sangue. I capelli erano spettinati, e aveva la guancia arrossata e leggermente deforme dov'era stata colpita dal pugno. Aveva diversi lividi anche sulle braccia.
Gli sembrò che volesse parlare e dirgli qualcosa ma, date le sue condizioni e accortosi poi che stesse stremando, non ci fece caso e la coprì con la sua felpa, ricominciando a correre verso casa.
Quando fu finalmente arrivato, spalancó la porta ed entrò.
"TEMARI! KANKURO!" urlò, avviandosi poi in soggiorno e adagiando la ragazza sul divano.
Non ottenne risposta dai fratelli, perciò urlò più forte, mentre controllava che la ragazza respirasse ancora.
"RAGAZZI, SVEGLIATEVI!"
Sentì un po' di trambusto di sopra, per poi veder comparire sua sorella assonnata in cima alle scale, con uno sguardo stanco e gli occhi mezzi chiusi.
"Che cazzo vuoi, Gaara?" gli rispose con una voce impastata dal sonno.
"Muoviti e scendi, c'è una ragazza. E non sta bene."
Temari spalancò gli occhi di colpo e corse giù per le scale, raggiungendolo.
"Ma che le é successo?!"
"L'ho vista mentre si menava con uno, non so altro. Puoi fare qualcosa?"
Temari lo guardò scettica, mentre Kankuro scendeva lentamente le scale.
"Non molto" gli rispose "muoviti e prendi una felpa. Andiamo da Tsunade, lei è la migliore" disse infine.
Gaara guardò i suoi fratelli prendere in braccio la ragazza per portarla in macchina. Aveva un'aria confusa, stanca e, nonostante gli occhi mezzi chiusi, riuscì ad incrociare il suo sguardo.
Uno sguardo che non aveva mai ricevuto: rassegnato, ma dolce carico di gratitudine.
Uno sguardo che non avrebbe mai dimenticato.
***
Temari guidava più veloce che poteva, cercando di non far sbandare troppo l'auto e dando qualche consiglio ai suoi fratelli per cercare di curare almeno un minimo la ragazza.
Probabilmente non era in pericolo di vita, ma questo sarebbe stata Tsunade a deciderlo.
"Respira?" chiese poi ansiosamente.
"Si. Ma ha il battito un po' debole" le rispose Kankuro, "Gaara che hai sul petto?!" lo sentì poi aggiungere.
Guardò nello specchietto retrovisore, per scorgere una macchia scarlatta intorno a uno squarcio sulla maglietta di suo fratello, al di sotto del quale si vedeva un brutto taglio.
"Un taglio, Kankuro, nulla di che. Controlla lei" disse facendo un cenno verso la ragazza, che adesso era priva di sensi.
"Ti faremo vedere da Sakura, visto che non sembra troppo grave" gli disse Temari "sta diventando anche lei un buon medico".
Premette ancora sull'accelleratore e percorse un lungo rettilineo, per poi svoltare sulla destra e fermarsi, con una rumorosa sgommata, davanti a una casa.
La luce della cucina era ancora accesa e Kankuro, sceso velocemente dalla vettura, era corso a bussare alla porta, mentre Gaara prendeva in braccio la ragazza con sguardo assente, portandola verso l'uscio.
Lei scese dalla macchina, avviandosi poi verso la casa al seguito dei suoi fratelli.
---
Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.
Ecco il secondo capitolo, raccontato da uno dei miei personaggi preferiti, se non da quello che più mi piace, come si può intuire dal mio nickname.
Nulla da dire, spero di aver descritto decentemente la scena di 'lotta' e credo abbiate capito chi è la ragazzina dai capelli castani, non è poi difficile da immaginare ahah
Be' io ho finito..se vi va, fatemi sapere con una recensione ciò che ne pensate.
Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 3
*** Non mi ero mai accorto di lei. ***


La vecchia sveglia suonava ormai fastidiosa da tre minuti e, rabbrividendo leggermente per il freddo fuori dalle coperte, si mise a gambe incrociate sul letto con gli occhi semichiusi, per poi lasciarsi cadere di faccia sul cuscino, imprecando leggermente. 
Naruto si alzò infine dal letto, andando poi in bagno e guardandosi allo specchio:
i grandi occhi blu ancora assonnati cominciavano ad aprirsi, i capelli biondo grano erano un intrigato cespuglio e le leggere cicatrici bianche sulle guance erano sempre lì; aveva anche un po' di occhiaie, ma non che gli importasse più di tanto.
Si sciacquò la faccia con l'acqua fredda, per poi scendere in cucina a fare colazione.
Non trovò nessuno ad aspettarlo seduto al tavolo, segno che Jiraya doveva essere già uscito. 
I suoi genitori erano morti in guerra e, prima di venire uccisi, l'avevano affidato a lui chiedendogli di proteggerlo.
Non che Jiraya fosse una persona troppo affidabile, anzi, i suoi gusti riguardo ai libri che leggeva (e scriveva) erano piuttosto discutibili, e aveva anche una certa fissazione per il genere femminile; ma l'aveva comunque cresciuto al meglio, per quanto fosse possibile in quel posto, accogliendolo in casa sua come se fosse un figlio.
Preso da questi pensieri spostò lo sguardo su una piccola cornice appesa al muro della cucina:
doveva avere più o meno otto anni ed era seduto in spalla a suo padre, alla loro sinistra c'era invece sua madre; dietro di loro si intravedevano un fiumiciattolo dall'acqua limpida e un prato di un verde intenso con dei fiori meravigliosi. Erano andati sul fiume dall'altra parte della città.
Naruto sentì un'improvvisa malinconia, in aggiunta ad un enorme vuoto nel petto. 'Peccato che quel posto non esista più, distrutto dai bombardamenti' pensò stringendo i pugni, 'si. Distrutto, come..la mia famiglia, e molte altre'; sentiva gli occhi bruciare, mentre le lacrime stavano per spuntare ai loro lati. La tristezza però si trasformò poi in rabbia e tirò un pugno contro al muro, facendo tremare leggermente la fotografia.
Restò qualche minuto con la fronte appoggiata al muro, respirando lentamente. Gli capitava spesso di sentire quella rabbia cieca dentro di lui, il problema era che non capiva neanche lui da dove venisse.  
Decidendo che quello non fosse il modo migliore per iniziare la giornata, si allontanò dal muro e fece velocemente colazione, mentre cercava di pensare a quanta voglia avesse quel giorno di andare a scuola. 
Si, nel Quartiere c'era una 'scuola', che partiva dalla prima elementare per terminare in quinta superiore, ma ovviamente non era molto frequentata. I maestri alle superiori (forse anche alle medie), non chiedevano neanche più le giustifiche d'assenza o ritardo, mentre ai genitori non sembrava importare dove andassero i figli tutto il giorno. 
Comunque sia, Naruto decise che quel giorno sarebbe andato, visto che non aveva niente in programma per quel mattino; inoltre al martedì c'era il maestro Kakashi, un tipo strano ma a posto, senza contare poi che l'idea di infastidire Sasuke fino a farlo esasperare lo allettava parecchio.
Così risalì in camera e indossò una felpa arancione e blu, la sua preferita, insieme a dei pantaloni di una tuta neri, ormai rovinati.
Prima di chiudersi la porta di casa alle spalle, guardò per l'ultima volta la foto appesa al muro, sospirando leggermente.
Appena uscì fu subito distratto dal freddo pungente che passava attraverso i vestiti e si annidava nelle ossa; poi, rabbrividendo leggermente, si incamminò lentamente.
Konoha al mattino presto dava un profondo senso di sconforto:
le strade cominciavano lentamente a popolarsi, ma tutte le persone stavano in silenzio e tenevano lo sguardo basso; mancava ancora un'oretta all'apertura dei pochi negozi e si vedeva in giro qualche cane randagio davvero troppo magro.
Aveva pensato molte volte di prendere un cucciolo con sé, in particolare ne vedeva spesso uno piccolino e color nocciola gironzolare per le strade; non sapeva di che razza fosse, ma lo trovava davvero adorabile.
Mentre era perso in questi pensieri, qualcosa, o meglio qualcuno, lo distrasse:
vide da lontano la sagoma di una ragazza. Aveva un corpo sinuoso, i capelli neri e lucidi le arrivavano fino a metà schiena e ondeggiavano con grazia a destra e sinistra mentre la ragazza camminava, con tutta probabilità diretta al suo stesso luogo.
Riconoscendola, sorrise e le si avvicinò aumentando il passo.
***
Hinata camminava diretta verso la scuola, dove si sarebbe poi incontrata con TenTen e gli altri che sarebbero eventualmente venuti.
Perché in effetti non c'era mai molta gente e, la maggior parte delle volte, ognuno sceglieva la classe dove andare in base a quello che gli interessava o che aveva voglia di fare.
Respirava profondamente l'aria fredda di metà ottobre, mentre camminava con spensieratezza guardando il cielo insolitamente terso. 
'Oggi potrei seguire la lezione di scienze con la signora Kurenai, mentre con il maestro Kakashi c'è..'
Ad un tratto però qualcuno le mise un braccio intorno alle spalle facendola sobbalzare per lo spavento, e tirandola leggermente verso sinistra.
Girò la testa di scatto con gli occhi spalancati pieni di terrore, per poi vedere la faccia di Naruto che le sorrideva, divertito.
"Ciao Hinata"
"Naruto!" esclamò stupita, tirando un sospiro di sollievo e arrossendo leggermente.
Era infatti inutile negare che il biondino le fosse sempre piaciuto tanto, fin da quando erano bambini. La sua timidezza però le impediva di rivelargli i suoi sentimenti e comunque di certo a lui non mancava la compagnia: sapeva che fosse andato a letto una volta con Ino e che, forse, c'era stato qualcosa anche con Karin, la stessa ragazza che sembrava essere tremendamente invaghita di Sasuke.
Abbassò lo sguardo, improvvisamente intristita.
"Hei, tutto bene? Non volevo spaventarti!" le disse Naruto, colpito da quell'improvviso cambiamento d'umore.
"Oh no! Tranquillo, stavo solo pensando!" rispose lei, arrossendo nuovamente e usando un tono che sperò essere abbastanza convincente.
Naruto inarcò un sopracciglio, ma non chiese altro.
"Mm, va bene" disse, posandole leggermente una mano sulla schiena per poi sospingerla in avanti, "ma adesso andiamo. Non vorrai fare tardi" concluse sorridendo.
Hinata annuì leggermente perdendosi nei suoi occhi, mentre dei brividi le percorrevano tutto il corpo, forse a causa del freddo o forse per quei contatti che c'erano appena stati tra loro due ma che, in fondo, non significavano assolutamente niente.
Si incamminarono e lei, all'inizio tesa e impacciata, cominciava a rilassarsi, riuscendo a chiacchierare con il biondino.
D'altro canto Naruto non riusciva a smettere di guardarla e non riusciva a spiegarsi perché.
Forse perché la Hyuga aveva davvero un bel viso, i tratti del volto le davano un'aria sofisticata nonostante la giovane età e gli occhi chiarissimi erano allegri e vispi, mentre le labbra erano rosate. Le tonalità chiare del viso contrastavano alla perfezione con il nero dei capelli. Ma la cosa su cui era più concentrato erano le sue forme. Non ci aveva mai fatto caso, probabilmente a causa dei vestiti poco attillati che lei era solita indossare, ma la corvina aveva davvero un corpo da urlo. Sotto il maglione grigio troppo grande per lei si intravedevano le curve dei prosperosi seni, mentre i fianchi erano ben accentuati sotto un paio di jeans scoloriti. Doveva ammettere che non aveva davvero mai fatto tanto caso al Hinata nonostante si conoscessero fin dall'infanzia, forse perché lei non era come le altre ragazze che frequentava di solito.
'Potrei farci un pensierino, anche se con Neji nei paraggi non sará facile' pensò, attraversando il cancello d'ingresso della scuola.
"Naruto, io dovrei incontrarmi con TenTen, per andare poi con lei in cl.."
"Va bene, tranquilla", le rispose gentilmente.
Si avvicinò poi a lei, lasciandole un leggero bacio sulla guancia.
Hinata rimase a bocca aperta. Certo, loro due erano sempre stati buoni amici ma.. salvo qualche occasionale abbraccio, non era mai successo niente. 
Confusa e inevitabilmente imbarazzata, lo guardò girarsi per poi iniziare a camminare verso gli altri.
Dal canto suo Naruto, mentre si allontanava, aveva sulle labbra un sorriso accennato e, forse, leggermente malizioso. 
---
Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.
Eccomi qui con il terzo capitolo, incentrato completamente sull'inizio della NaruHina.
Come avrete notato ho mantenuto il carattere e i sentimenti di Hinata, così come ho cercato di dare un pochino di spazio alla Volpe a Nove Code di Naruto, come per il demone di Gaara.
Tutto qui, spero solo che sia stato di vostro gradimento. Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 4
*** Riflessioni ***


 

TenTen era nel cortile della scuola, che non era nulla di eccezionale:
una distesa di cemento grigio ormai dissestato, delimitata da una recinzione bianca scrostata e piena di ruggine. A sinistra del cancello che dava sul cortile, c'era un piccolo praticello verde; di fronte all'entrata, distante una trentina di metri, c'era invece la porta d'ingresso della scuola, un edificio inizialmente bianco, ma ormai ingrigito a causa dello smog e della polvere.
Stava aspettando Hinata, quando la vide entrare dal cancello accompagnata da Naruto; non c'era nulla di strano, ma sgranò gli occhi quando vide il ragazzo baciarle la guancia, preoccupandosi un poco: non era sicura che a Neji sarebbe piaciuta come novità..e forse Hinata le doveva qualche spiegazione.
Neji, il suo fidanzato, era più grande di Hinata di un anno e parte l'etá c'erano poche differenze tra i due Hyuga: i tratti di lei erano più delicati, mentre quelli del fratello erano rigidi, dandogli un'aria seria e distaccata; lei aveva i capelli corvini, mentre i suoi erano castano scuro e infine, se gli occhi chiari di Hinata esprimevano dolcezza e serenità, i suoi erano simbolo di freddezza.
Neji era appunto il fratello maggiore di Hinata e, vista l'indole pacifica e buona della sorella, si sentiva come in dovere di proteggerla..magari anche quando non era necessario; con questi pensieri, si avviò poi a passo svelto verso l'amica.
"Hinata!" 
La vide girarsi, per notare la sua espressione stupefatta e confusa, che probabilmente non era poi così diversa dalla sua.
"TenTen!" la salutò l'altra di rimando "devo raccon.." cominciò poi la corvina con tono incerto.
"Ferma, ho visto la scena e, a dire il vero, speravo che tu potessi spiegarmi!"
Hinata, ancora con le guance rosse, scosse leggermente la testa facendo ondeggiare i lunghi capelli e alzando poi le spalle.
"Non so cosa dirti. Non so perché lo ha fatto, mi sembra così strano..in fondo non abbiamo mai legato tanto.."
TenTen annuì leggermente, mentre Hinata continuava a parlare:
"Ma in fondo..be' ecco.." disse avvampando "mi ha fatto piacere..dopo tutto provo qualcosa per lui da sempre.."
L'altra sorrise dolcemente all'amica, ma poi parlò con voce leggermente preoccupata.
"Però c'è un problema"
"Che cosa, TenTen?!"
"Tuo fratello..sai quanto Neji sia protettivo nei tuoi confronti.."
Hinata annuì leggermente abbassando lo sguardo, ma dopo qualche secondo si riscosse e, guardandola, aggiunse: 
"Be' in fondo non è successo niente, no? Ti prego promettimi che non glielo dirai!" la implorò prendendole le mani.
TenTen balbettò qualcosa sul fatto che non le andava di mentire al suo ragazzo e che non le sembrava una grande idea, ma infine acconsentì.
Dopo pochi minuti suonò la campanella e Hinata, avviandosi verso l'ingresso, cercò Natuto con lo sguardo; il biondino se ne accorse e si giró verso di lei guardandola negli occhi, per poi sorriderle leggermente; lei, arrossendo vistosamente, aveva abbassato la testa, per poi entrare nell'edificio.
***
Sasuke si avviò verso l'aula dove si sarebbe tenuta una lezione del maestro Kakashi. Le ore dell'argenteo erano le uniche che gli importava veramente di seguire; non che lui odiasse studiare, anzi, era probabilmente il migliore della scuola (non che ci volesse molto) e trovava abbastanza interessanti anche le altre materie, solo che gli piaceva molto Kakashi. Non insegnava una vera e propria disciplina, li faceva più che altro riflettere con dei ragionamenti sulla vita e la psicologia.
Entrò in classe:
Nella seconda  fila vicino alle finestre, era seduto Suigetsu con di fianco Karin che, quando lo vide, si aprì in un ampio sorriso sbattendo le ciglia. Dietro di loro c'era seduta Sakura che lo salutò con un leggero cenno del capo, mentre parlava con Kiba che era in piedi vicino a lei; nella fila ancora dietro c'era seduto Shino che, come al solito, era silenzioso e in disparte.
Dalla parte opposta c'erano invece Shikamaru e Neji; li salutò e decise poi di sedersi nei posti dietro di loro, da solo.
Poco dopo entrò in classe l'insegnante seguito da Naruto che, con esasperazione di Sasuke, si sedette proprio vicino a lui.
"Hei teme!" lo salutò sorridendo allegramente, tirandogli una pacca sulle spalle.
Sasuke sospirò per poi appoggiarsi al muro.
"Ciao dobe" rispose infine, mentre Kakashi cominciava parlare.
***
Era appena terminata la terza ora e di conseguenza era iniziato l'intervallo.
Sasuke ascoltava annoiato i discorsi degli altri tre, ma quando Neji uscì per andare da TenTen, Naruto pretese anche la sua attenzione.
"Ragazzi" incominciò, "ho una cosa da dirvi" e, notando che nessuno rispose, continuò: "penso che ci proverò un po' con Hinata" concluse infine.
"Tu sei pazzo" disse Shikamaru ridacchiando.
"Neji non te lo permetterà mai" aggiunse Sasuke alzando un sopracciglio.
"E chi dice che devo chiedergli il permesso?"
"Non riuscirai neanche ad avvicinarla"
"Be' in effetti Hinata non è per niente male.." intervenne il Nara pensieroso.
"Hei, non intrometterti" disse il biondino.
"Oh tranquillo, io sono a posto"
"Si be' immagino che Temari ti tenga parecchio impegnato.." disse Naruto sorridendo leggermente.
"Io resto dell'idea che ti sarà impossibile" concluse apatico Sasuke.
"Eh andiamo Teme, che pessimista" ribatté il biondino alzando gli occhi al cielo "mi sa che hai bisogno di rilassarti un po'" disse poi facendo un cenno verso Karin.
L'Uchiha lo guardò storto, per poi spostare lo sguardo sulla ragazza:
aveva davvero un corpo provocante, fasciato da un paio di jeans stretti e da un maglioncino nero attillato che le risaltava il seno. I capelli lunghi le ricadevano in una cascata rossa sulla schiena, e gli occhiali le davano un'aria davvero sexy. 
"Dopo tutto hai vasta scelta" aggiunse Shikamaru, "probabilmente tutte le ragazze del quartiere sognano di fare sesso con te".
"Per adesso non mi interessa"
"Andiamo, Karin è anche simpatica e poi con te è sempre più che disponibile"
"E' simpatica solo a letto. Non la sopporto quando continua a parlare" 
"Allora Ino" 
"Eh no" intervenne Shikamaru "credo sia impegnata con Sai.."
"Be'" continuò Naruto "anche Sakura non deve essere male" disse abbassando la voce e spostando lo sguardo sulla rosa.
Sasuke la guardò a sua volta:
non indossava vestiti attillati quanto quelli di Karin, ma un paio di leggins neri le valorizzavano le gambe toniche e atletiche, mentre sotto la felpa bordeaux ormai vecchia e rovinata, si intravedeva la curva appena accennata del seno. I capelli di quello strano colore rosa erano lunghi fino alle spalle, mentre gli occhi verde smeraldo erano concentrati su quello che stava scrivendo; non doveva aver dormito molto quella notte, dato che aveva delle occhiaie abbastanza accentuate.
"O sbaglio, nhe Sasuke?"
"Chiudi quella bocca e lasciami stare, Dobe"
"Vedi? Lo dico io che sei stressato e scorbutico.."
*driiin*
La campanella che annunciava la fine dell'intervallo suonò, troncando la discussione.
Quando Neji tornò in classe qualche minuto dopo, Naruto chiese agli altri due di tenere la bocca chiusa, mentre Sasuke si riappoggiava al muro aspettando l'arrivo della professoressa Kurenai, tornando a scrutare le due ragazze con gli occhi neri come la pece.
'Forse Naruto ha ragione..dovrei rilassarmi un po'..'
***
Due ore dopo le lezioni erano finite, e l'Uchiha si avvicinava a una ragazza dai capelli rossi.
"Karin" la chiamò.
Lei si girò e lo salutò raggiante, sorridendo come sempre quando parlava con lui.
"Ti serve qualcosa, Sasuke?"
Lui ghignò leggermente, per poi avvicinarsi di più a lei.
"Ti va di venire da me sta sera? Mio fratello non tornerà prima di domani pomeriggio dalla città.."
Lei sorrise soddisfatta.
"Arrivo alle 22" gli disse accarezzandogli i capelli, "ci vediamo sta sera" aggiunse poi girandosi e camminando verso l'uscita.
Sasuke si chiese mentalmente se avesse fatto bene a seguire il consiglio di Naruto e se sarebbe stato in grado di sopportare Karin per tutta la serata e la notte, mentre guardava una ragazza dai capelli rosa che lo superava camminando velocemente.
---
Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.
Comincio scusandomi..ci ho messo un po' a caricare il capitolo, ma questo weekend non ho proprio avuto tempo..e anche in settimana sarò impegnata.
Devo anche dire che questo capitolo non mi convince molto, ma spero comunque che sia di vostro gradimento.
Un saluto a tutti!
 
 
 

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Capitolo 5
*** Un disegno ***


Capelli lunghi, lisci e biondi; occhi azzurro chiaro e labbra sottili e invitanti; corpo da modella, reso ancor più provocante dai vestiti attillati che indossava..la magliettina viola lasciava inoltre scoperta un po' di pancia, mentre i pantaloni neri le risaltavano le gambe snelle:
Ino Yamanaka camminava a passo sostenuto per raggiungere la sua migliore amica, intravista tra la miriade di studenti in uscita da scuola.
Quando finalmente la raggiunse, la fece girare tirandole una manica della felpa:
"Ciao Sakura!" le disse sfoggiando un sorriso perfetto.
"Hei Ino" la salutò allegramente l'altra, voltandosi.
"IHHH! Che cosa sono quelle occhiaie, Fronte Spaziosa?!"
"Oh non preoccuparti, ti racconterò tutto oggi pomeriggio"
La bionda annuì scettica, mentre ricominciava a parlare:
"Ma lo sai che Sasuke ti stava guardando?" disse poi maliziosamente.
"Si, ovvio. E quindi?" disse alzando le spalle la rosa, guardando poi l'Uchiha che camminava dall'altra parte del cortile.
"Scherzi?! È uno dei ragazzi più fighi del Quartiere!" esclamò.
"Non mi interessa" disse la rosa alzando un sopracciglio. Ed era vero..in fondo, che cosa le importava? E poi non voleva dire niente, ma la bionda si immaginava sempre troppe cose.
L'altra sospirò rassegnata, cambiando discorso:
"Comunque sia..ho un'idea fantastica da proporti"
"Mm, sentiamo"
"Sai ha detto che dovrebbe aprire un nuovo locale qui al quartiere e..".
Sakura alzò gli occhi al cielo.
"Ino, sai che non amo andare nei lo.."
"Shht, ferma! Non è come pensi. Nulla di caotico, né tipo discoteca..be' ovvio, ci sarà della musica, ma poca gente e senza troppo casino. Una cosa tranquilla" concluse sorridente.
"Non so Ino.."
"Andiamo! Sai conosce i nuovi proprietari..può farci entrare gratis; ho già chiesto a un po' di persone" le disse cercando di convincerla.
"Mm ci penserò e poi ti faccio sapere"
"Ci conto! Non vedo l'ora di truccarti e vestirti a dovere." le rispose facendole l'occhiolino, "adesso devo andare, ci sentiamo oggi!" aggiunse.
"Ciao Ino" le disse l'altra, mentre la bionda iniziava ad allontanarsi per raggiungere Sai.
Dopo averla persa di vista, Sakura ricominciò a camminare velocemente verso casa.
***
Sai guardava la sua ragazza che camminava raggiante verso di lui: 
ogni volta che la guardava, rimaneva sempre più colpito dalla sua bellezza, chiedendosi come mai avesse scelto proprio lui.
Sapeva di non essere niente di speciale. I capelli neri tagliati corti, gli occhi del medesimo colore e la pelle talmente chiara da sembrare bianca; era davvero magro, ma non molto muscoloso.
'Forse perché somiglio vagamente agli Uchiha' pensò tristemente, ma anche con una punta di stizza.
Ma non gli importava più di tanto..infondo era una cosa temporanea, no? 
Sorrise leggermente alla ragazza che gli si avvicinava, prendendo dalla tasca posteriore dei jeans lo schizzo del disegno che aveva progettato per lei. 
"Ciao Sai" gli sussurrò all'orecchio quando lo raggiunse, per poi baciarlo sulle labbra.
"Tieni, Ino..è solo uno schizzo" le disse lui porgendole il foglio piegato, mentre le accarezzava il viso e i capelli.
Si beò della sua espressione di contentezza e stupore mentre guardava il disegno:
era fatto tutto a matita e la rappresentava di profilo, con la solita coda alta e un vestito da sera lungo, seduta su una panchina di marmo che si affacciava sul mare. Una luna piena splendeva inoltre nel cielo.
Era un paesaggio ben diverso da quello a cui erano abituati, ma non gli importava..Ino avrebbe meritato di stare in un posto come quello: stupendo, come lei.
"È bellissimo" esclamò, mentre gli occhi le brillavano. "Ti amo, grazie" disse infine baciandolo di nuovo.
'Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa, Ino' pensò lui in risposta.
Certo, stavano insieme e tutto..ma non era mai stato innamorato. Le voleva bene, la trovava meravigliosa, simpatica..ma non l'amava; però se la sarebbe comunque goduta un po' come passatempo..dopotutto sapeva di essere sempre stato uno stronzo.
Non gli andava molto a genio l'idea di farla soffrire, ma non poteva farci niente. Sapeva solo che l'unica possibilità per cercare di 'scusarsi' era il disegno. Disegnare gli veniva bene: la maggior parte dei graffiti del Quartiere erano suoi. Veri quanto illegali capolavori; creati con la vernice spray su muri logori e sporchi, che sotto la magia dell'arte sembravano illuminarsi di speranza.
Si staccò lentamente da lei per poi porgerle la mano:
"Possiamo andare"
Lei annuì e si incamminarono.
L'avrebbe accompagnata a casa e forse si sarebbe fermato lì. Durante il tragitto, mentre parlavano, lei ogni tanto prendeva lo schizzo e rimaneva incantata dai tratti grigi della matita.
'Mi dispiace Ino' pensò scrutandola 'ma un giorno odierai quel disegno'.
---
Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand,
Ecco il nuovo capitolo della storia, concentrato su Sai e Ino..ma come avrete capito la loro storia non durerà molto nel racconto.
Be' nient'altro da dire..spero vi piaccia.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Grigio. ***


Tsunade si alzò dalla scomoda poltrona dove si era addormentata un paio d'ore prima; si tropicciò gli occhi e sbadigliò leggermente mentre si stiracchiava, avvertendo una lieve fitta alla schiena:
la poltrona era antica e un po' rotta e quindi aveva dormito male, oltre che poco.
Si voltò poi verso il divano, dove una ragazzina riposava apparentemente tranquilla; guardandola, le tornò in mente la notte appena trascorsa..

*flashback*
Erano circa le quattro e mezza di notte ed era ancora sveglia:
era tornata verso sera dal suo piccolo studio medico e, dato che la mattina dopo sarebbe stata libera di riposare, aveva deciso di rimanere sveglia, mentre sorseggiava un po' di saké.
Era seduta in cucina, quando improvvisamente sentì qualcuno bussare insistentemente alla porta; si era alzata e attraverso lo spioncino sporco aveva intravisto Kankuro, mentre i suoi fratelli si avvicinavano dietro di lui.
Aprì la porta:
"Kankuro! Cosa volete a ques.." ma non aveva finito la frase, lasciandola morire appena aveva spostato lo sguardo sul minore dei tre:
Gaara aveva un brutto taglio sul petto, ma la ragazzina che portava in braccio era messa peggio di lui. Era priva di sensi e perdeva sangue dal labbro spaccato, il naso sembrava rotto e aveva un grande livido leggermente pulsante sulla guancia.
Non perse tempo:
"Muovetevi, entrate" disse "Temari, vai a chiamare Sakura" aggiunse poi.
Portò la ragazzina in una stanza attigua al salotto:
le pareti erano grigie e scrostate e praticamente non c'era arredamento, se non un lettino al centro del locale con di fianco una specie di comodino; a ridosso di una parete c'era inoltre un grande mobile di legno, mentre una luce al neon bianca e intensa le dava l'aspetto di una sala operatoria..cosa che in effetti piú o meno era. Tsunade lì non aveva strumenti all'avanguardia, bensì un' attrezzatura per casi non troppo gravi e che, in quella situazione, era sufficiente; senza contare le sue doti straordinarie mediche.
Lasciando Gaara alle cure di Sakura, si preoccupò della ragazza adagiandola sul lettino. Le controllò il respiro, le pulì delicatamente il viso dal sangue incrostato, le ricucì il labbro rotto e sistemò il naso che fortunatamente non era rotto. Si occupò poi del grande livido violaceo sulla guancia, medicandolo e mettendovi poi del ghiaccio. Controllò infine che non avesse altre fratture sul corpo, trovando solo alcuni lividi minori sulle braccia e le gambe, cambiandole infine i vestiti e lasciandola sdraiata sul lettino.

Dopodiché era uscita dalla stanza controllando l'ora: erano le cinque e mezza del mattino.
Aveva trovato gli altri in salotto, i tre fratelli sul divano e Sakura in poltrona. Gaara si era alzato subito e, timoroso, aveva chiesto come stesse la ragazza.
"Bene, per ora. Non sembra avere nulla di grave" aveva risposto lei spostando lo sguardo sulla sua maglietta insanguinata.
"Tutto a posto, Tsunade. Ci ho pensato io" aveva detto Sakura alzandosi "non era nulla di così preoccupante"
"Posso vederla?" era intervenuto di nuovo il rosso.
"No, ha bisogno di riposare."
Gaara non aveva insistito, ma aveva abbassato stancamente gli occhi assumendo un'aria cupa.
"Andiamo a casa, Gaara" gli aveva detto la sorella posandogli una mano sulla spalla.
"Forse potrai vederla oggi pomeriggio" aveva aggiunto Sakura sorridendo, "vieni verso le 14". Si era poi avvicinata al ragazzo, abbracciandolo; mentre lei si era girata salutandoli per tornare nell'altra stanza e portare la ragazza sul divano.
Sakura si era infine preparata per andare a scuola nonostante non avesse dormito, mentre lei si assopiva sulla poltrona guardando il sole sorgere..
*fine flashback*

Adesso il sole era ormai alto nel cielo,ma coperto da un velo di nuvole grigie, mentre una luce soffusa illuminava l'interno del salotto.
Andò in cucina per bere un caffè e, mentre ritornava nell'altra stanza, avvertì un leggero mugolio e uno strusciare di coperte:
si girò, per poi vedere la ragazzina rigirarsi sul divano e socchiudere gli occhi. Le si avvicinò sorridendo dolcemente e le si inginocchiò di fronte.
***
Matsuri stava lentamente aprendo gli occhi, accorgendosi poi di essere sdraiata su qualcosa di soffice. Provò ad alzarsi e avvertì una fitta diramarsi lungo tutto il corpo, mentre una pesante stanchezza si impossessava di lei, facendola ricadere sul divano.
"Ferma! Non ti sei ancora ripresa completamente" disse una voce gentile, di donna, alla sua sinistra.
Girò lentamente la testa:
una signora dai capelli biondi la guardava con gli occhi nocciola e le sorrideva leggermente. Non ricordava di averla mai vista.
"Lei chi è?"
"Mi chiamo Tsunade, ma potrei farti la stessa domanda"
"Io sono..Matsuri" rispose stancamente, per poi spostare lo sguardo sull'ambiente circostante:
un vecchio salottino, arredato con il divano su cui era sdraiata, una poltrona e un tavolino in legno basso e scheggiato. Su una parete c'erano poi un armadio e diverse cornici, probabilmente con vecchie foto.
"Dove sono?"
"A casa mia. Ti ricordi cosa ti è successo?"
Si sforzò e cominciò lentamente a ricordare la notte appena passata e la sera precedenti, provocandosi però un fastidioso mal di testa.
"Appena ti ho visto ero un po' preoccupata" ammise Tsunade, "ma alla fine non eri poi così grave. Ti rimarrà una cicatrice sul labbro"
Matsuri annuì assimilando le informazioni, ma poi le sorse una domanda spontanea:
"Come sono arrivata qui?"
"Oh, ti ci ha portato Gaara" le rispose la donna, "era anche piuttosto preoccupato. Dovrebbe arrivare tra poco a vedere come stai." aggiunse poi sorridendo.
"Gaara?! Ma non è uno.."
"Dei Gemelli, si." concluse al posto suo Tsunade "perché, c'è qualcosa che non va?" chiese poi preoccupata.
"No ehm..niente" tagliò corto, nascondendo le guance diventate un po' rosse sotto le coperte.
"Bene, adesso ti preparo qualcosa da mangiare" disse poi la bionda alzandosi.
"Grazie, signora Tsunade".
Le sembrò di scorgere un aria di fastidio sul volto della donna quando proferì quelle parole, ma non capì perché e non ci pensò neanche più di tanto: i suoi pensieri erano altrove.
Davvero Gaara l'aveva portata lì ed era preoccupato, nonostante non la conoscesse? Quel Gaara che guardava sempre da lontano, ormai da un paio d'anni? Quel Gaara che tra poco sarebbe venuto per vedere LEI?
Matsurì sospirò leggermente, mentre una strana ansia si impossessava di lei, aumentandole il battito cardiaco.
***
Le nuvole non avevano niente di speciale quel giorno:
una distesa grigia, senza forme bianche o pompose, come d'estate. Solo grigie.
Forse era anche lui un po' "grigio" quel giorno. 
Shikamaru Nara, il genio di Konoha, secondo solo a suo padre, era disteso nel giardino di casa. Si, QUELLA casa. Quella casa dove non era riuscito a salvare il suo migliore amico.
Quel ricordo lo tormentava.
Si mosse per appoggiarsi con la schiena al tronco di un albero, accendendo una sigaretta. Fumare era un vizio che aveva preso dal suo mentore: Asuma; anche se avrebbe comunque iniziato da solo prima o poi, dato che nel Quartiere era normale.
Chiuse gli occhi e, tirando dalla sigaretta, cominciò a ricordare. Forse quella giornata sarebbe stata, come molte altre, grigia..

---

Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.

Ecco qui il nuovo capitolo della storia. Prima di tutto vi chiedo scusa se ci ho messo un po'..ma ho davvero poco tempo. Spero che la storia vi stia piacendo e spero che vi piacerà il modo in cui continuerà. Fatemi sapere cosa ne pen!sate e..alla prossima!

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Capitolo 7
*** Ricordi ***


Chiuse gli occhi e, tirando dalla sigaretta, cominciò a ricordare. Forse quella giornata sarebbe stata, come molte altre, grigia..

*flashback*
Erano a casa sua, tutti e tre stravaccati comodamente sul divano. Le loro risate leggere riempivano l'aria insieme allo scricchiolio che producevano le patatine mangiate da Choji. 
Choji era il suo migliore amico, l'unico che lo capisse veramente. Aveva i capelli castani e gli occhi infossati e piccoli, che poco si vedevano su quel viso paffuto e dalle guance rosee. Aveva una morbosa passione (se non fissazione) per il cibo, e Ino non mancava mai di farglielo notare:
"Se continui così, sarai ancora più grasso!" esclamò la biondina allargando le braccia.
"Ino, non mi importa" rispose Choji continuando a masticare sospirando leggermente.
"Shika! Diglielo anche tu..non può mangiare così tanto!"
Aveva alzato gli occhi al cielo, per poi risponderle in modo annoiato: 
"Ino, non è un problema tuo..cosa ti importa se non dovesse entrare più nei vestiti?"
Lei aveva abbassato lo sguardo contrariata, ma poco dopo le si erano illuminati gli occhi.
"A proposito di vestiti!" disse allegra "prima con mia mamma ho comprato una magliettina bellissima, vado a prenderla e ve la faccio vedere" concluse poi guardandoli raggiante.
Choji le aveva sorriso contento e aveva annuito continuando a mangiare, mentre lui si era limitato a guardarla allontanarsi per andare nell'altra stanza a prendere il suo acquisto.
"È strano come la guardi, sai?" gli aveva detto poi l'altro, pulendosi la bocca dalle briciole.
Lui era rimasto perplesso e un po' sorpreso.
"Perché? Come la guardo?"
"Non so spiegarlo bene..è difficile" gli aveva risposto con un tono serio l'altro, assumendo un'espressione pensierosa ed estremamente buffa che lo fece sorridere, "come fanno a volte i grandi, come se le volessi molto bene" aveva concluso infine.
Lui non aveva risposto, tornando a guardare il corridoio dove Ino era appena scomparsa.
"E sono sicuro che quando sarai anche tu grande, gliene vorrai molto di più!" aveva aggiunto sorridendo e annuendo energicamente; si era poi alzato in modo un po' goffo dal divano, per avviarsi verso la cucina.
"Ho finito le patatine" si giustificò, e lui non poté fare a meno di sorridere leggermente a quell'affermazione.
Si stiracchiò pigramente sul divano, per poi congelarsi sul posto con gli occhi sbarrati: lo aveva sentito.
Un rumore. Quel rumore.
Un forte boato provenire dall'alto, dal cielo: gli aerei da guerra nemici.
Non capiva, suo padre gli aveva detto che non sarebbero tornati per un po'..ma allora perché erano lì? Era confuso, spaventato e non fece in tempo a pensare a niente, che cominciò a sentire esplosioni tutt'intorno, seguite dall'urlo terrorrizzato di Ino. Si era appena mosso per raggiungerla, quando sentì un rumore fortissimo e vide un'intensa luce bianca; ci fu poi un poderoso boato che lo scaraventò a terra, mentre della polvere si alzava nell'aria, che diventava sempre più calda.
Non seppe dire dopo quanto tempo si risvegliò; era stordito e gli fischiava un orecchio, inoltre aveva battuto la testa e gli doleva la schiena. Si rialzò a fatica, tossendo e guardandosi intorno:
una parte del soffitto era distrutto, crollato sotto il peso del piano superiore; alcuni mobili e il divano erano in fiamme e si era sollevata un'enorme quantità di polvere. Alcuni pezzi di legno crollati ostruivano in parte l'accesso alla cucina, mentre altre travi scricchiolavano e pendevano minacciose dal soffitto.
"INO! CHOJI!" urlò.
"Shikamaru!", gli rispose l'amico dalla cucina. Si avvicinò e ne distinse la sagoma distesa a terra, mentre cominciava a spostare i detriti.
"Non c'è tempo! Vai da Ino!"
"Ma.."
"MUOVITI! Io ce la faccio" gli ordinò.
Obbedì a malincuore e si avviò con gli occhi che gli bruciavano dall'altra parte del corridoio, più infondo. Lei era lì stesa a terra, probabilmente aveva cercato di raggiungerli prima dell'esplosione. Notò le fiamme che si ingrandivano e si avviò velocemente verso l'amica, scuotendola poi leggermente.
"Ino! Ino rispondi.." 
Non sapeva cosa fare, era solo un bambino, così continuò a scuoterla battendole delicatamente sulla schiena..finché non la vide aprire leggermente gli occhi tossendo, per poi assumere un'espressione prima confusa e poi terrorizzata.
L'aiutò ad alzarsi e osservò le fiamme, ormai vicine all'entrata del corridoio e alla porta d'ingresso, che stavano iniziando a divorare anche le travi più alte.
Si avviò a passo svelto verso il salotto e, accortosi che la biondina stesse piangendo, la prese per mano trascinandosela dietro; quando arrivò davanti alla porta della cucina il calore era asfissiante e i detriti aumentati. 
"CHOJI!" chiamò.
"Shika! Dovete uscire!" 
"Non voglio lasciarti qui! Ino esci" le disse.
Lei non si mosse, spaventata. Tremava e aveva il viso coperto di lacrime. 
"Devi uscire!" le disse prendendole le spalle e scuotendola, portandola poi di peso verso l'uscita; ma poco dopo lei si riprese e annuì, zoppicando velocemente verso l'ingresso e cercando di schivare le fiamme.
Tossendo, si voltò per tornare indietro da Choji che aveva quasi liberato il passaggio della cucina; cominciò anche lui a spostare i detriti graffiandosi le mani, ma la caduta dall'alto di un'altra parte del soffitto lo costrinse ad indietreggiare.
"ESCI!" gli gridò l'amico che, singhiozzando, provava disperatamente a spostare qualche asse.
"NO!" rispose, mentre sentiva le fiamme crepitare dietro di lui.
Le ultime parole di Choji erano state coperte da una fragorosa caduta del resto del soffitto, ma lui le aveva sentite benissimo:
"VA FUORI, SHIKA!"
Poi l'aveva visto scomparire sotto un altro crollo, che lo costrinse ad arretrare ulteriormente. Disperato, camminò velocemente all'indietro mentre delle calde lacrime gli solcavano le guance. Schivò di un soffio il muro di fiamme che poco dopo divorò tutto il salotto, riuscendo a pensare solo al suo migliore amico.
Uscì in fine dalla porta e, scendendo gli scalini d'ingresso al contrario, inciampò per poi rotolare all'indietro sul prato. Si trovò di fianco a Ino, che fissava come ipnotizzata la casa distrutta e in fiamme con gli occhi spenti, mentre piangeva ininterrottamente accasciata su sé stessa.
Si guardò per un momento intorno, notando altri edifici in fiamme e un fumo nero e denso provenire da diversi luoghi della città, mentre le esplosioni si andavano diminuendo.; poi si rigirò di nuovo. Trascinò l'amica un po' più lontano dall'abitazione, al sicuro, stringendola in modo impacciato a sè.
Guardò di nuovo verso la sua casa, che si accartocciava come carta sotto la potenza devastante dell'incendio.
*fine flashback*

Spense la sigaretta, buttandola all'indietro sulla strada.
Quello che era successo dopo non lo ricordava molto bene:
l'arrivo dei loro genitori, le sirene delle ambulanze e dei vigili del fuoco tutt'intorno, militari ovunque, insieme a medici e poliziotti che sfrecciavano per le strade.
Guardò ancora la casa che ormai, ovviamente, era stata ricostruita, praticamente identica a com'era quasi dieci anni prima.
Nelle settimane dopo i bombardamenti erano stati ospitati dagli Yamanaka, anche perché Ino non riusciva a dormire, tormentata dagli incubi.
A dire il vero con lui ci riusciva; avevano condiviso la stessa stanza e lei gli si avvicinava sempre per stringersi vicino a lui, cadendo infine nel mondo dei sogni. Si era sentito strano in quei momenti, sveglio a guardare il soffitto con l'incendio che ancora si rifletteva nei suoi occhi di bambino..e non aveva mai capito quell'anomala sensazione.
Si alzò stancamente massaggiandosi le tempie e avvicinandosi a passi strascicati verso la porta d'ingresso. Non poteva perdere altro tempo: 
era il genio di Konoha e aveva ancora molto lavoro da svolgere..come ad esempio cercare un modo valido per far arrivare finalmente ovunque elettricità al Quartiere, rubandola a Suna.
Arrivato nella sua stanza si guardò allo specchio:
aveva un viso davvero tirato, pallido e anche un po' scavato;  i capelli castani erano legati nel solito codino "ad ananas" e sotto gli occhi marroni c'erano due leggeri segni violacei..erano anche arrossati, ma probabilmente perché aveva pianto senza neanche accorgersene.
'Sai una cosa?' pensò guardandosi ancora allo specchio, 'su Ino avevi ragione. E' la cosa più azzeccata che ti abbia mai sentito dire, Choji. E non sai quanto vorrei che tu fossi qui, a ricordarmelo ancora..perché mi manchi.' concluse sorridendo amaramente al suo stesso riflesso, mentre un'ultima lacrima solitaria gli percorreva il volto.
Distolse lo sguardo per avviarsi poi verso la scrivania, accomodandosi sulla sedia e accendendo il computer; lanciò un fugace sguardo fuori dalla finestra: 
le nuvole erano ancora un'uniforme distesa grigia.
 

***
 

Sasori camminava da solo, tenendo lo sguardo basso e fisso sulla strada; con la mano destra giocherellava con i fili che aveva nella tasca della felpa, sfiorandoli leggermente con le dita.
Gaara gli aveva detto di avere un impegno, aggiungendo che gli avrebbe spiegato tutto successivamente; così lui si era trovato da solo per il resto del pomeriggio e senza niente da fare.
Sospirò, per poi constatare che senza accorgersene era arrivato all'Arena.
L'Arena non era di niente speciale, nonostante dal nome sembrasse chissà cosa:
una specie piccolo anfiteatro di cemento grigio e spaccato dal gelo. Gradoni d'asfalto dall'esterno si abbassavano gradualmente verso l'interno in cerchi sempre più piccoli, fino a giungere ad una piccola distesa di grandi lastre dalla superficie irregolare che poteva sembrare una piazza. Era tutto pieno di scritte e graffiti, molti dei quali di Sai, e come tutto il resto del Quartiere era sporca e desolata. Di solito ci andavano i ragazzi per fare a botte, o alcuni gruppetti che si sfidavano nel ballo al ritmo di una musica un po' troppo alta; oppure semplicemente ti ci ritrovavi dopo una notte durante la quale hai esagerato col bere e fatto troppo il coglione.
Si fermò sui gradoni più alti e constatò che il posto era praticamente deserto, tranne per alcune persone solitarie che lo guardarono, probabilmente sorprese di vedere in giro uno dei Gemelli da solo. Una di queste era seduta dalla parte opposta alla sua e gli dava le spalle, mentre sembrava armeggiare con qualcosa nelle sue mani. Non gli fu difficile riconoscerlo:
la coda di capelli biondi e talmente lunghi da essere praticamente uguali a quelli della sorella, quello strano (o 'orribile', per usare un'espressione di Ino) maglione nero, dove sul retro era disegnata una piccola nuvola rossa, furono elementi sufficienti per fargli capire chi fosse.
Sorrise leggermente, sollevato dal fatto di aver trovato qualcuno che conoscesse, attraversando poi l'Arena per avviarsi verso di lui.

---

Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand..ed eccomi con il nuovo capitolo! Mi è dispiaciuto molto far morire Choji, ma è funzionale alla storia.. :( Invece tra Sasori e Deidara..eheh, niente da dire, spero solo che vi piacciano.

Io concludo qui, ma vorrei chiedervi per favore di scrivere una piccola recensione..dato che non so se la storia vi stia piacendo e sono alquanto preoccupata:( Grazie e..alla prossima!

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Capitolo 8
*** Strane sensazioni. ***


Deidara stava prendendo da una scatoletta un petardo abbastanza grande; siccome in quei giorni non aveva ispirazione si stava limitando a replicare composizioni che gli erano già riuscite in precedenza.
Applicò  due petardi, di dimensioni ridotte, a 
quello preso in precedenza e mentre ne stava applicando altri due di diverso tipo, si sentì toccare lievemente su una spalla.
Sussultò leggermente notando un piccolo burattino di legno che adesso stava scendendo lungo il suo braccio, mosso da fili talmente sottili da essere quasi invisibili. Non ebbe bisogno di girarsi per capire chi fosse:
"Ciao Sasori" disse abbassando lo sguardo su un punto imprecisato del terreno, leggermente imbarazzato.
L'altro gli rispose sorridendo e sedendosi accanto a lui a gambe incrociate, abbandonando la sua marionetta inerme al suolo.
Averlo vicino a volte lo metteva sempre un po' sotto pressione, perché era sicuro di provare qualcosa per lui e non poteva negarlo..o almeno non più. Si, perché per molti anni aveva cercato di non fare caso a quella strana sensazione cercando di sopprimerla, ma da un po' di tempo a quella parte si era arreso. Lui amava Sasori, o comunque provava qualcosa di più profondo dell'amicizia nei suoi confronti.
"Sai, devo ammettere che sei migliorato a muovere quei tuoi dannati pupazzetti" disse, girando poi leggermente la testa per guardarlo:
I capelli di quel rosso opaco erano mossi leggermente dal venticello freddo, i grandi occhi marroni erano fissi a guardare in lontananza, mentre la pelle era talmente bianca da sembrare quasi una maschera che non sentiva affatto il freddo. Aveva i lineamenti davvero delicati, che però adesso erano deformati da una smorfia di disappunto.
"Quelli che tu chiami impropriamente 'pupazzetti', sono marionette. E tanto perché tu lo sappia..l'ho fatta salire lungo la tua schiena, senza che tu te ne sia minimamente accorto" 
"Diventi troppo pomposo quando ti offendi"
"Non è assolutamente vero!" protestò l'altro.
"Ooh si. Ti senti come parli? Scommetto che adesso dirai 'questa è vera arte..'"
"Be', lo dico perché vero. Le marionette sono un'arte.." disse abbozzando un sorriso, che si trasformò in un ghigno quando continuò a parlare: "..probabilmente troppo difficile da comprendere per te".
Il biondo gli scoccò un'occhiataccia, ma quella frecciatina gli provocò una debole ondata di coraggio. Si avvicinò di più al viso dell'altro, senza poter evitare che gli si imporporassero leggermente le guance, e guardandolo dritto negli occhi, gli disse:
"Guarda bene adesso, Sasori..sto per mostrarti che cos'è per me la vera arte: qualcosa che dura un istante, ma che lascia il segno".
L'altro lo fissò leggermente stranito, per poi riprendesi immediatamente e restituirgli uno sguardo di sfida, come a dire 'forza, vediamo'; ma Deidara aveva imparato a leggere le sue espressioni e poté così notare la leggera incrinatura di insicurezza, che c'era stata nella maschera perfetta che era il suo viso.
Soddisfatto dal fatto di averlo messo in difficoltà e di averlo lasciato abbastanza confuso, si alzò in piedi con le guance ancora leggermente rosee e prendendo dalla tasca l'accendino; ne avvicinò poi la fiamma alla sua piccola creazione, lanciandola successivamente abbastanza lontano nel prato.
Il petardo più grande esplose con un botto, liberando una luce bianca e fungendo da innesto agli altri:
due di quelli più piccoli crearono una grande cascata di scintille blu,  finendo poi a terra e sprigionando del fumo del medesimo colore; gli altri si trasformarono invece in due piccole strisce di luce gialla e intensa che vorticarono per qualche istante nell'aria, spegnendosi poi sprigionando una piccola luce bianca simile al flash di una macchina fotografica. I resti del petardo più grande esploso in precedenza luccicarono nell'aria, brillando di una luce azzurrina, simili a stelle nel cielo.
L'erba, nel punto del prato doveva aveva lanciato i petardi, era in parte bruciata e annerita: aveva lasciato, anche se piccolo, un segno.
"Sai" incominciò l'altro dopo qualche istante di silenzio, "devo ammettere che sei migliorato a creare e far esplodere quei tuoi dannati aggeggi".
Deidara sorrise di nuovo, questa volta forse in modo un po' trionfante, osservando il fumo blu che si disperdeva lentamente nell'aria.
 
***
 
Si avvicinò alla casa e bussò alla porta, aspettando poi che qualcuno venisse ad aprirgli.
"Gaara! Spero tu stia bene" esclamò Sakura sorridendo e abbracciandolo, come faceva al solito.
Ricambiò la stretta, per poi rispondere:
"Sto bene. Tu piuttosto? Mi sembri parecchio stanca" disse riferendosi alle occhiaie della rosa.
"Be' ovvio, sta notte non ho dormito molto"
"Mi dispiace di avervi distu.."
"Alt! Non dirlo neanche per scherzo"
"Ma.."
"Davvero. Hai fatto bene a venire qui" troncò il discorso la ragazza, "a proposito..si è svegliata, è in soggiorno"
Rispose solamente annuendo, seguendo poi la sua migliore amica diretta all'altra stanza.
"Matsuri, è arrivato" la sentì dire, "vi lascio soli" si congedò poi, dirigendosi al piano superiore.
Si avviò verso l'entrata del salotto, per poi guardare immediatamente verso il divano, osservandola:
la ragazzina, che a quanto pareva si chiamava Matsuri, era sdraiata e avvolta da una coperta; era un po' pallida ma sembrava essersi ripresa. Aveva ancora quel brutto livido sulla guancia e uno anche sul naso, mentre gli occhi sembravano solo infinitamente stanchi; inoltre una cicatrice le ricuciva il labbro e..
"Ehm.."
Si riscosse dai suoi pensieri, spostando lo sguardo negli occhi di lei e vedendola muoversi a disagio, mentre le guance le diventavano leggermente rosate. Sorrise, passandosi una mano tra i capelli rossi.
"Scusami" disse avanzando, "ero sovrappensiero. Io sono Gaara".
Le porse la mano, che lei prese titubante e, mentre ricambiava debolmente la stretta, rispose con un filo di voce:
"Io mi chiamo Matsuri.."
Si accomodò poi sulla poltrona di fronte al divano, quando ad un tratto lei continuò a parlare.
"Volevo ringraziarti" disse abbassando lo sguardo "per avermi aiutata questa notte. E volevo scusarmi per averti messo in mez.."
"Hei" la interruppe "non c'è bisogno di scusarti: ho deciso io di aiutarti..ma andiamo con ordine" 
Rispostò gli occhi su di lui, guardandolo interrogativamente.
"Mi spieghi cosa ci facevi in giro a quell'ora di notte, da sola?"
"Niente!" rispose lei, in un modo forse un po' troppo evasivo e veloce; infatti inarcò un sopracciglio, guardandola scettico.
"Mi stai dicendo che per una ragazza di.." si bloccò incerto, "quanti anni hai?" 
"15" 
Quindi era più piccola di lui di un anno; poi gli venne in mente che anche Sakura aveva 15 anni quando, un anno prima, era in giro da sola di notte ed era quasi..scacciò quel pensiero, ricominciando a parlare.
"Mi stai dicendo che per una ragazzina di 15 anni è normale andare in giro alle tre di notte.."
"Be' io non.."
"Da sola.."
"Si..cioè no, ma.." cominciò lei confusa.
"Al Quartiere?" 
"voglio dire..non stavo facendo nulla" concluse infine riabbassando lo sguardo. 
Sospirò leggermente, per poi alzarsi e avviarsi verso il divano e, notando il nervosismo della ragazzina, la rassicurò:
"Non c'è bisogno di preoccuparsi, non voglio mica obbligarti a parlare," disse sedendosi per terra vicino al divano, incrociando poi le gambe per mettersi comodo e continuare: "ma vorrei che tu lo facessi. Voglio solo aiutarti, non penso proprio che tu fossi lì a farti semplicemente un giro da sola..saresti un'incosciente".
Matsuri deglutì leggermente, indecisa sul da farsi. Rimase in silenzio per qualche minuto senza proferire parola e Gaara, sospirando di nuovo, cambiò discorso.
"Adesso stai meglio?"
"Oh..si. Il naso non era rotto, il livido sulla guancia si é sgonfiato, mentre il.." non fece in tempo a finire di parlare, perché Gaara si sporse verso il divano, continuando la frase al posto suo.
"Mentre il labbro era spaccato" disse, quasi ipnotizzato, avvicinando la mano per accarezzarle il labbro dove c'erano i punti della cucitura. 
Matsuri avvampò, perdendo completamente l'uso della parola. Guardava il ragazzo che aveva davanti con un'espressione incredula; fuori era immobile, ma dentro di lei era completamente in subbuglio, mentre il suo cervello cercava di analizzare la situazione. Era completamente persa in quegli occhi così incredibilmente belli e concentrata sulle sue dita che le sfioravano leggere il labbro, finché non avvertì una leggera fitta di dolore.
"Mm"
Il rosso sembrò riscuotersi e allontanò immediatamente le dita.
"Scusami, non volevo farti male" disse leggermente in imbarazzo e in confusione.
'Che cazzo ti succede, Gaara' pensò poi massaggiandosi le tempie, 'perché lo hai fatto?'
"Gaara?"
"Si?" rispose immediatamente rialzando lo sguardo.
"Ehm..ti ho chiesto come va invece il tuo taglio" gli disse lei con un tono incerto e uno sguardo forse un po' preoccupato.
"Bene, nulla di grave"
La guardò annuire leggermente, per poi strofinarsi gli occhi con le mani: doveva essere stanca e ancora provata, oltre che un po' scossa. Decise allora di alzarsi:
"Ti lascio riposare" 
"Ma no! Non c'è bisogno che tu vada via" rispose lei alzando la voce e, accorgendosi poi di ciò che aveva detto, arrossì nuovamente mordicchiandosi il labbro.
Gaara sorrise leggermente guardandola.
"Ho visto che stai bene, non c'è motivo di restare. Ci vediamo, Matsuri" le disse gentilmente.
Lo guardò allontanarsi per salire al piano superiore e chiamare Sakura, finché non si decise a parlare:
"Va bene"
Lui si girò guardandola, non capendo cosa volesse dire.
"Va bene, ti racconterò cosa è successo. Allor.."
"Ferma, prima dicevo sul serio: adesso sei troppo stanca. Possiamo incontrarci tra un paio di giorni, quando starai meglio"
"Ma non.." 
"Ho detto un'altra volta."
Si accorse solo dopo di aver usato un tono probabilmente troppo duro e cercò di rimediare, aggiungendo, più dolcemente: "non vorrei che tu possa risentirti male. Ti lascio il mio numero di telefono qui".
Prese un foglietto e scrisse velocemente, riavvicinandosi poi al divano e accarezzandole leggermente la testa. 
"Ciao Matsuri" la salutò poi, voltandole le spalle.
"Ciao, Gaara.." sussurrò lei.
Salì poi le scale, si avviò verso la camera di Sakura e, trovando la porta chiusa, bussò.
"Avanti!"
Vide la rosa sdraiata sul letto a pancia in sù, mentre con una mano teneva il telefono all'orecchio.
"Aspetta Ino, resta in linea. Allora.." disse appoggiandolo sul materasso ed alzandosi, "com'è andata?" chiese poi rivolta a lui.
"Bene, abbiamo parlato"
"Sta meglio?"
"Si"
"E non ti ha detto chi era quel tipo o cosa ci facesse lì a quell'o.."
"No" 
Sakura annuì, continuando poi a guardarlo come se aspettasse qualcosa.
"Che c'è?" le chiese.
"Ooh andiamo" sbuffò lei, "sai che non ti sopporto quando non mi racconti niente" concluse.
Ridacchiò leggermente divertito, ma non aggiunse altro.
"Va al diavolo" gli disse allora la rosa ridendo a sua volta e colpendolo scherzosamente con un pugno sul braccio: si sorprendeva sempre di quanta forza avesse, nonostante essendo gracile di corporatura.
Poco dopo la salutò, chiedendole di ringraziare calorosamente Tsunade da parte sua. Quando uscì in strada, controllò l'orologio:
le quattro del pomeriggio. Era stato lì praticamente due ore.
Rabbrividì leggermente per l'aria fredda e allacciò la felpa nera che indossava, avviandosi camminando verso casa, perso nei pensieri.
***
"Andiamo, Fronte Spaziosa!" esclamò Ino dall'altra parte del telefono "devi assolutamente venire"
"Te lo ripeto per le centesima volta: non mi va" disse esasperata.
"Ma ci saranno i nostri amici..Naruto, Deidara e Sasori hanno già detto che sono sicuri di esserci. Poi magari Hinata, TenTen.."
"Convinci tu Neji a far venire Hinata, giusto?" disse interrompendola. 
"Sht, taci! Magari anche Gaara e Sasuke verranno"
"E questo dovrebbe in qualche modo convincermi?"
"Certo. Ti faranno sentire più..protetta.." disse alludendo a quanto accaduto un anno prima.
"Ti ricordo che è stato Itachi a.."
"Non importa, è comunque suo fratello minore. Promettimi che ci penserai" la implorò.
"Eh va bene, te lo prometto" 
"Perfetto! Adesso devo chiudere..ciao Sakura"
"Ciao Ino, ci sentiamo".
Chiuse la chiamata buttando il telefono sul letto e, ancora pensierosa, scese le scale per raggiungere Matsuri.
 
---
Saalve a tutti, sono come sempre TheGirlOfTheSand.
Spero apprezzerete il modo in cui ho scritto il capitolo e come si comportano i personaggi, magari in un modo un po' diverso rispetto al manga. Fatemi sapere se c'è qualcosa che non vi piace o non vi convince.
Intanto volevo ringraziare chi legge la storia e chi l'ha aggiunta preferite/ricordate/seguite. Ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** 9 ***


Neji era seduto al tavolo della cucina, in attesa che la più grande delle sue due sorelle rientrasse. 
Hinata di solito non si faceva attendere così tanto e questo lo stava facendo preoccupare, nonostante fossero appena le sei di sera. Sapeva quanto fosse buona e indifesa la sorella, ed era anche consapevole del fatto che non potesse passare del tutto inosservata per le strade.
'Anche se in fondo ti ha dimostrato che non è così sprovveduta, no?' disse una vocina nella sua testa.
"Neji" una voce autoritaria e dal tono distaccato lo distrasse dai suoi pensieri, "se non torna entro un quarto d'ora, andrai a cercarla".
"Si, padre" 
Hiashi Hyuga annuì leggermente con le labbra serrate e rigide, per poi congedarsi e tornare in salotto. Si chiedeva spesso se anche lui apparisse così distaccato e freddo come suo padre.
'Probabilmente si'.
Incominciò a giocare con i lunghi capelli, passandovi in mezzo le dita e lisciandone le punte; era un piccolo gesto che faceva sempre quando era nervoso e che lo aiutava a rilassarsi; forse fu proprio questo a far intuire alla sorellina minore la sua inquietudine.
"Non c'è bisogno di preoccuparsi, Neji", disse Hanabi entrando dalla porta della cucina e posizionandosi davanti a lui, con le mani poggiate sul bordo del tavolo.
"Lo sai che Hinata è indifesa.."
"E tu dovresti sapere meglio di chiunque altro che lo è meno di quanto lasci intendere" gli rispose lei, interrompendolo bruscamente.
Hanabi era davvero l'opposto della sorella maggiore. Nonostante fossero praticamente uguali esteriormente, per quanto riguardava il carattere erano davvero incompatibili:
la più piccola era una ragazzina decisa e a volte davvero testarda, che non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno; Hinata invece era davvero dolce e molto più timida e riservata, oltre che gentile e pacata.
Poi c'era lui: la freddezza elevata all'ennesima potenza. Ma cosa ci poteva fare se somigliava in tutto e per tutto a suo padre?
Lo scattare della serratura e un leggero cigolio proveniente dall'ingresso lo ridestarono da quelle constatazioni, facendogli rialzare lo sguardo sulla sorellina.
"Visto? E' arrivata"
La testa di Hinata fece capolino da dietro lo stipite della porta, con un'espressione spensierata sul viso.
"Perché, mi stavate aspettando?" chiese poi leggermente confusa.
"Non sei mai rientrata così tardi senza avvisare, Hinata" disse alzandosi.
"Ma Neji" rispose lei gentilmente "non abbiamo mai avuto restrizioni su.."
"Tuo fratello ha ragione, Hinata", la corvina si girò zittendosi all'istante e vide suo padre che la guardava severo; le si avvicinò poi continuando a parlare.
"Non hai avvisato, non è da te. Sai quanto io tenga alla vostra incolumità. Eravamo molto in pensiero".

"Mi dispiace, padre, non era mia intenzione" disse solamente abbassando lo sguardo sinceramente dispiaciuta. "Ma so come farmi perdonare!" continuò poi riscuotendosi "preparerò una cena coi fiocchi" concluse tornando allegra, con quella strana luce negli occhi.

Hiashi si addolcì un poco e si dileguò nuovamente in salotto sorridendo leggermente alla figlia.
"Hanabi,ti va di darmi una mano?"
"Certo!" rispose l'altra entusiasta, correndo poi a lavarsi accuratamente le mani: sapeva quanto le fosse sempre piaciuto aiutare la sorella in cucina, dato che avrebbe voluto imparare a cucinare bene come lei.
Neji invece era ancora in piedi di fianco alla sedia, ma si decise infine a chiamare la sorella:
"Hinata"
Lei si girò per guardarlo, attendendo che iniziasse a parlare.
"Ero davvero preoccupato e.."
"Neji, non è successo niente" lo interruppe "sto bene e non c'era motivo di preoccuparsi".
Lui annuì leggermente, mentre lei gli posava una mano sulla spalla; fissó gli occhi perla in quelli uguali del fratello, che caratterizzavano tutta la famiglia, per poi riprendere a parlare:
"So badare a me stessa".
Non rispose, limitandosi ad annuire nuovamente e a sorriderle, mentre una lecita sensazione di dejà vu si impossessava di lui.
Non aveva ancora capito come mai oggi la sorella gli sembrasse tanto allegra e solare, ma in compenso su una cosa non aveva più dubbi: suo padre teneva così tanto ad Hinata perché, tra i figli, era quella che più gli ricordava la moglie, senza contare che teoricamente sarebbe dovuta essere la sua erede.
Accarezzò delicatamente la testa di Hanabi che gli sorrise raggiante, guardandola mentre lo superava per tornare in cucina. Iniziò poi a salire lentamente le scale, cominciando a ricordare ciò che era successo qualche anno prima.
 

*flashback*

Suo padre li aveva convocati tutti e tre nel salotto di casa, scrutandoli poi con sguardo affranto e profondamente triste.
Lui aveva già capito cosa dovesse dire loro e, guardando le sorelle, constatò che loro non erano da meno.
Suo padre aveva poi parlato con voce bassa e funerea, tenendo lo sguardo inespressivo fisso su di loro mentre Hanabi, da bambina qual'era, era scoppiata a piangere, fiondandosi poi tra le braccia del padre, probabilmente senza neanche aver capito fino in fondo il significato della parola 'morta'.
Si, perché sua madre era morta, stroncata da una crudele malattia.
Hiashi non aveva allontanato la figlia e aveva anzi chiamato anche gli altri due, avvicinandoli brevemente a sé e probabilmente cercando un po' di conforto. Era rimasto interdetto a quella rara dimostrazione di affetto e aveva provato una strana sensazione di calore impossessarsi di lui, proprio come quando era sua madre ad abbracciarlo.
Suo padre li aveva poi congedati, avviandosi nella sua stanza e isolandosi.
Lui e Hinata avevano poi consolato Hanabi, prima di riuscire finalmente a farla addormentare e poco dopo si erano ritrovati in cucina uno di fronte all'altra, senza niente da dirsi. 

Neji trovava sua sorella davvero..debole. Non credeva sarebbe stata in grado di succedere al padre nel suo ruolo, ma aveva comunque promesso a sua madre che l'avrebbe aiutata e protetta. Così cercò di assumere un tono sicuro di sé:

"Le ho promesso che mi sarei occupato di te e intendo farlo"

Hinata lo aveva guardato confusa, alzando gli occhi ancora velati di lacrime nei suoi e scrutandolo interrogativamente.
"Sai cosa penso del tuo atteggiamento, ed è inutile che te lo ripeta di nuovo", mentre parlava aveva cominciato a notare l'espressione della sorella diventare tesa e irrigidirsi, ma non facendoci troppo caso, continuò: "ma è mio dovere proteggerti e.."
"Basta" Hinata lo guardava furente, mentre aveva il viso rigato di lacrime e le braccia contratte lungo i fianchi.
"Cos.."
"Ho detto basta" ribadì lei, "Non è che a causa del mio carattere io non sappia fare niente, chiaro?" continuò poi alzando un po' la voce.
Lui la guardò sorpreso e incapace di proferire parola, ma come si permetteva? Lui era il maggiore e lei non poteva..
"Mancarti di rispetto?" disse la corvina asciugandosi le lacrime.
Se prima era sorpreso, ora era davvero sbalordito.
"Non fare quella faccia, per me sei un libro aperto. Ti osservo ormai da anni".
Non aveva ancora aperto bocca, mentre osservava la sorella avvicinarsi di qualche passo a lui, puntandogli poi l'indice al petto. Non l'aveva mai vista così..decisa?
"Comincia a rispettarmi, perché io con te l'ho sempre fatto". Poco dopo aveva addolcito l'espressione del viso e il tono della voce, posandogli delicatamente una mano tremante sulla spalla.
6 "Non credere che non mi renda conto del mio carattere, Neji. E non credere che io non capisca come ti senti in questo momento. Io comunque ti ringrazio, ma so badare a me stessa" aveva detto poi con una leggera incrinatura nella voce.
L'aveva guardata ed era rimasto colpito: non si sarebbe mai aspettato una simile reazione; ma in qualche modo si era sentito più vicino e simile a lei, sentiva..di essere davvero suo fratello.
Aveva un orribile senso di colpa, ma anche di gratitudine, verso di lei e così aveva allungato le braccia, attirandola a sé.
"Mi dispiace per l'atteggiamento che ho avuto nei tuoi confronti fino adesso, Hinata".
Lei era rimasta per un attimo interdetta e rigida, ma poco dopo aveva ricambiato l'abbraccio ricominciando a piangere sulla sua spalla.
Lui l'aveva guardata accarezzandole i capelli, per poi spostare lo sguardo sull'ambiente circostante: i fornelli sembravano così inutili senza sua madre, mentre i fiori erano meno luminosi e l'aria quasi più pesante. Gli sembrava di vederla bella e raggiante come sempre mentre armeggiava ai fornelli: si muoveva leggiadra e i lunghi capelli ondulavano sinuosi nell'aria, mentre impartiva istruzioni a Hinata e Hanabi con una voce divertita, calda e buona come il pane. La vedeva girarsi verso di lui e sfoggiare un sorriso dolcissimo che contagiava anche gli occhi, per poi chiamarlo: "Neji, vieni a darci una mano!". 
Chiuse gli occhi interrompendo quella visione terribilmente dolorosa e strinse di più a sè la sorella. 
Un vuoto che sembrava incolmabile si dilagava nel suo petto bruciando il suo interno, mentre un'unica lacrima solitaria gli percorreva il viso, per poi infrangersi al suolo con un leggero 'tic'.

*fine flashback*

Si sdraiò sul letto morbido e mise le mani dietro la testa, fissando il soffitto.
Ricordava bene quel giorno. Da quel giorno era finita la vita di sua madre, ma era iniziato un rapporto meraviglioso con sua sorella.
Aveva capito fino in fondo come fosse veramente Hinata, ma questo non aveva minimamente diminuito il suo senso di protezione nei confronti dell'erede del suo vecchio. Si, perché teoricamente Hinata avrebbe ereditato il ruolo e il potere che padre occupava nell'azienda di famiglia, e di conseguenza tutte le ricchezze. Ovviamente dopo la guerra non era rimasto molto, ma erano comunque una delle famiglie più benestanti del quartiere e quel ruolo andava difeso.
Un delizioso profumino lo distrasse dai suoi pensieri: Udon.
Era il piatto che sua madre cucinava più frequentemente, nonché il preferito di Hiashi.
Sorrise leggermente, senza sapere che suo padre, seduto in salotto, stava facendo lo stesso mentre guardava una vecchia fotografia della moglie.

***


Karin diede un'ultima spazzolata ai lunghi capelli rossi, guardandosi poi allo specchio:
quei jeans attillati, anche se ormai un po' rovinati, le calzavano ancora perfettamente; la canottiera nera e aderente le valorizzava al massimo tutte le forme, mentre le scarpe con il tacco alto la rendevano un po' più slanciata.
Passò un po' di rossetto rosso acceso sulle labbra, rendendosi ancora più provocante: voleva essere al massimo per lui, per Sasuke.
Era inutile negare che avesse una certa attrazione per quel ragazzo che, se prima era solo fisica, adesso era anche qualcosa in più. Ma purtroppo lui non sembrava ricambiare. Certo, quando lei gli chiedeva di divertirsi un po' accettava sempre di buon grado, ma per il resto rimaneva totalmente indifferente.
'Non importa' pensò sorridendo al suo riflesso, 'vedrai che ti saprò conquistare, Sasuke'.
Poco dopo si girò, prese il giubbotto che aveva lasciato sul letto e uscì nell'aria fredda della sera.
Rabbrividì all'istante e si strinse di più nella giacca, forse aveva esagerato nel vestirsi così leggera. Si fermò un attimo a pensare se fosse il caso di tornare indietro a cambiarsi, ma poi guardò l'orologio e constatò di essere quasi in ritardo.
'E poi la casa di Sasuke non è così lontana' pensò.
Sentì alcune voci seguite da delle risate provenire dal fondo della strada dietro di lei e, dato che non voleva ulteriori problemi, barcollando leggermente a causa delle scarpe, aumentò il passo mentre una punta d'ansia si impadroniva di lei.
Si guardò un po' intorno:
la strada era deserta e poco illuminata, alcune vecchie auto erano abbandonate di fianco ai marciapiedi, mentre un venticello freddo e tagliente staccava le poche foglie rimaste appese ai rami, provocando un fruscio stranamente inquietante. Le luci di alcune case erano accese e formavano rettangoli luminosi sulla strada. Ad un tratto notò da lontano una figura attraversare frettolosamente la strada, ma si tranquillizzò intravedendo un'inconfondibile chioma rosso fuoco, come la sua del resto, e constatò che doveva trattarsi di Gaara; lo vide poi girare l'angolo e infine scomparire inghiottito dal buio.
Dopo circa una decina di minuti di cammino era arrivata davanti alla casa ed esalò un sospiro di sollievo quando bussò alla porta. Mentre osservava la piccola nuvoletta bianca di condensa, qualcuno venne ad aprire:
Sasuke la scrutò appena la vide e lei fissò i suoi occhi in quelli color pece del ragazzo. Rimase un attimo immobile a guardarlo, constatando che con quei tacchi era alta praticamente quanto lui, finché il moro non le sorrise leggermente. 
"Ciao Karin" le disse, facendosi poi da parte per farla entrare.
Lo superò raggiante e si tolse il giubbotto, appoggiandolo su una sedia lì vicina. 
Lo osservò chiudere la porta per poi girarsi verso di lei; sentiva i suoi occhi scivolarle lungo tutto il corpo, soffermandosi sulle curve e, quando incrociò il suo sguardo, lo vide di nuovo sorridere maliziosamente.
Si avvicinò al ragazzo, rimanendo ancora una volta incantata a guardarlo:
osservò quei capelli lisci e neri, passando poi al volto dai tratti quasi femminei. La pelle diafana entrava in forte contrasto con i due pozzi neri che erano i suoi occhi, mentre le labbra erano sottili. Osservò un po' più a lungo quelle labbra alle quali non era ancora riuscita a strappare un bacio.
Essendo ormai arrivata difronte a lui, gli cinse il collo con le braccia, mentre le sue mani la prendevano per i glutei sollevandola; il ragazzo si avviò poi nella stanza adiacente e la depose sul divano.
La fece sdraiare sfilandole immediatamente la canottiera e si posizionò sopra di lei, mentre iniziava a baciarle il collo; lei gli affondò le mani nei capelli e cominciò a respirare più affannosamente mentre lo attirava di più a sé. Le slacciò velocemente il reggiseno e cominciò a torturarle il seno con le dita, mentre le respirava sul collo provocandole dei brividi. Dopo alcuni minuti prese a moridicchiarle piano un capezzolo con i denti, leccandolo e continuando a massaggiarle il seno con la mano.
Sentiva il suo fiato caldo, mentre il modo che aveva di toccarla un po' impaziente la mandava in estasi.
"Oh Sasuke" ansimò, reclinando la testa all'indietro e inarcando la schiena.
"Questo non è ancora niente, dovresti saperlo.." le disse sorridendo leggermente contro il suo petto, mentre con la bocca cominciava a lasciarle una scia infuocata sulla pancia, arrivando infine all'orlo dei pantaloni. Mentre cominciava a massaggiarle la sua femminilità cominciò a sbottonarle i jeans ma, con tutta la forza di volontà che aveva, riuscì a fermarlo.
"Ah-ah" disse con la voce ancora leggermente alterata dal piacere, costringendolo ad alzare il suo sguardo confuso, forse anche un po' scocciato, su di lei.
Gli sorrise e ribaltò la loro posizione, costringendolo poi a sedersi normalmente sul divano e mettendosi a cavalcioni su di lui, rispondendo alla sua muta domanda:
"Ora tocca a me divertirmi un po'.." gli sussurrò sensualmente all'orecchio, mordicchiandogli il lobo.
Lui annuì divertito, mentre lei gli sfilava a maglia che indossava.
Gli baciò il collo mentre lui le accarezzava il seno e l'interno coscia e scese poi con la bocca fino agli addominali, assaporando ogni centimetro della sua pelle. Sentiva le sue mani che impazienti la tastavano e, scivolando lentamente verso il basso mentre ancora ansimava leggermente, finì in ginocchio sul pavimento difronte a lui. Gli slacciò con un gesto esperto i pantaloni, facendoli scivolare lungo le sue gambe e ricominciò poi a baciarlo sensualmente vicino all'orlo dei boxer, percependo il suo respiro accellerare gradualmente. Sorrise soddisfatta e, posizionandosi meglio, scese ancora con la bocca e, con i denti, sfilò dal suo corpo anche quell'ultimo indumento..

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Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.

Ecco qui come al solito, forse solo un po' più in ritardo, il nuovo capitolo della storia. Vi chiedo scusa se non gli ho messo un titolo ma, come avrete sicuramente notato, dare un nome ai capitoli non è il mio forte; quindi credo che d'ora in poi metter solamente il numero.

Detto questo volevo aggiungere qualcosa sula scena tra Sasuke e Karin: ho deciso di non scrivere più avanti dato che, avendo messo il rating arancione, non so fin dove posso arrivare. Spero comunque di aver descritto decentemente la scena e alcuni consigli su questo punto sono comunque ben accetti.

Bene, ho finito! Lasciate una recensione se vi va e..ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** 10 ***


Itachi si lasciò cadere pesantemente sul sedile dell'autobus, esalando un sospiro stanco; si passò una mano sugli occhi solcati da due occhiaie violacee e guardò fuori dal finestrino, mentre il mezzo iniziava a muoversi.
In quei giorni non aveva dormito molto, quel lavoro non era stato troppo impegnativo, ma lo aveva sfiancato più del previsto. Nonostante ciò sorrise compiaciuto, constatando il leggero rigonfiamento nella tasca interna della giacca: quel compito aveva dato i suoi frutti..
 
*flashback*
"Stia tranquillo, le assicuro che avrà i suoi soldi appena terminata la commissione. In contanti".
Hidan lo guardava sorridendo benevolmente, forse in modo un po' forzato, mentre si passava una mano sui capelli platinati.
L'Uchiha era il suo 'fornitore' più fidato, probabilmente anche il migliore: in quell'occasione gli serviva la sua esperienza.
"Ho detto che puoi darmi del tu, Hidan. Odio le formalità"
"Come vuoi, Itachi. Comunque sia, accetti?"
Soppesò un attimo la sua proposta, pensandoci bene.
Aveva bisogno di quei soldi  che, anche se non erano poi così tanti, avrebbero dato a lui e Sasuke un po' di respiro; quel compito non sembrava però una passeggiata, forse era un po' più difficile rispetto ai semplici lavoretti che faceva di solito.
Spostò lo sguardo pece in quello stranamente violaceo dell'uomo davanti a lui:
"Ok, accetto"
L'altro si alzò sollevato e si aprì in un largo sorriso più rilassato, per poi offrirgli la mano. 
Rispose alla stretta mantenendo la sua maschera di apatia e chiese ulteriori dettagli sul suo lavoro.
"Come avrai capito, la macchina in questione non è in sé di un grande valore, ma è l'unico modello qui in città che ha tutti i pezzi che mi servono. Purtroppo per te, questa macchina è proprietà di un uomo abbastanza ricco e conosciuto, qui a Suna..potresti incontrare qualche difficoltà ad arrivare al garage".
Annuì leggermente, prendendo la parola:
"Da quello che hai detto,immagino ci sia un sistema di sorveglianza per la casa e.."
Hidan liquidò le sue parole con un gesto della mano mentre gli rispondeva, prendendo quello che sembrava un cellulare da un cassetto della scrivania.
"Questo aggeggio" disse mostrandoglielo "sarà in grado di interferire con le eventuali telecamere e di aprire sia il portellone del garage che il cancello, permettendoti così di uscire. Il tutto utilizzando una semplicissima applicazione da me ideata." concluse con una punta di orgoglio, consegnandoglielo.
"Ho capito. Devo portare con me qualcuno?"
L'altro alzò le spalle, incrociando le mani sotto il mento.
"Solo se lo ritieni necessario, dimmi se ti serve qualcuno dei miei uomini"
Scosse la testa facendo ondeggiare i capelli neri raccolti in una coda bassa e prese il cellulare che Hidan gli aveva consegnato, alzandosi poi dalla poltroncina sulla quale era seduto; si avviò verso la porta dando le spalle al suo interlocutore, fermandosi poi con una mano sopra la maniglia.
"Sia chiaro, Hidan: voglio i miei soldi.."
"Non appena terminato il lavoro, non preoccuparti" concluse l'altro al posto suo, sorridendo.
Abbassò la maniglia e attraversò l'officina del platinato, riconoscendo sugli scaffali diversi pezzi di carrozzeria di alcune delle macchine che aveva rubato in precedenza.
Salutò alcuni dipendenti che aveva avuto modo di conoscere nell'ultimo periodo e aprì la porta che dava sull'esterno:
faceva abbastanza freddo e il cielo era coperto da una coltre di nuvole grigie, ma le strade di Suna erano caotiche e affollate come al solito, i negozi erano aperti e gremiti di gente, con le loro luci illuminavano la strada mentre il chiacchiericcio delle persone riempiva l'ambiente dando un senso di serenità e spensieratezza.
Si incamminò, decidendo che avrebbe agito quella stessa notte..
*fine flashback*
 
Successivamente era andato nella via dove si trovava l'abitazione dell'uomo, per farsi un'idea delle strade e delle possibili scappatoie; aveva analizzato bene il luogo e individuato le telecamere esterne, aspettando poi che il proprietario rientrasse e parcheggiasse la macchina in garage.
L'operazione era stata, contro le sue aspettative, relativamente semplice:
aveva manomesso le telecamere con il programma datogli da Hidan e aveva scavalcato il cancello d'entrata, dirigendosi poi verso il garage; era entrato, aveva preso la macchina ed infine era uscito il più silenziosamente possibile, senza che nessuno si accorgesse di niente.
Aveva guidato la macchina fino all'officina di Hidan che, come promesso, gli aveva subito consegnato i soldi.
Accennò ancora uno dei suoi rari sorrisi, mentre ripensava al momento in cui aveva intascato i suoi 20 000$; certo, non era una somma spropositata, ma per uno del Quartiere era più che sufficiente..magari avrebbe anche messo a posto quel dannato riscaldamento che non voleva saperne di funzionare, facendo congelare sia lui che Sasuke.
Già, Sasuke..non era più facile mentirgli come quando era bambino, ora anche lui si poneva delle domande e cercava di capire dove prendesse i soldi che portava a casa dopo essere stato assente per qualche giorno. Però non poteva dirgli la verità..certo, anche il suo fratellino era cresciuto nel Quartiere, sapeva come andavano le cose e non escludeva che avesse quasi sicuramente già rubato, ma quello che faceva lui era diverso.
'Vorrei un futuro migliore per te, fratellino.. '
Ridestato dai suoi pensieri, si accorse che il pullman era vuoto ed era arrivato al capolinea; così con un altro sospiro si alzò e si diresse verso le porte scorrevoli mentre l'autista, avendo inteso da dove venisse, gli scoccava uno sguardo sospettoso e contrariato; lo ignorò scendendo dal mezzo e guardò la strada buia che si allungava davanti a lui, scorgendo il Confine e, ancora oltre, il suo quartiere.
Iniziò a camminare, con la prospettiva di una passeggiata notturna lunga diversi chilometri che si apriva davanti a lui.
 
***
Camminava frettolosamente cercando di scaldarsi almeno un minimo: ormai faceva freddo, specialmente di notte. Nonostante ciò sembrava che le nuvole si stessero diradando.
Teneva le mani in tasca, stringendo nella destra il sacchettino di plastica contenente quello che aveva comprato solo una decina di minuti prima.
Attraversò la strada e svoltò a destra, percorrendo quel centinaio di metri che lo separavano dalla sua meta; si fermò sulla soglia e batté due volte il pugno contro il legno della porta. Aspettò un minuto e, non ottenendo risposta, bussò ancora più insistentemente; dopo qualche secondo sentì un rumore di passi strascicati provenire dall'interno e poi un colpo sordo, seguito dal rumore di qualcosa che si frantumava a terra, mentre una voce impastata dal sonno imprecava ad alta voce.
Sorrise divertito, rimettendo le mani in tasca.
Poco dopo sentì una chiave girare nella toppa, facendo scattare la serratura arrugginita, mentre la porta si apriva lentamente rivelando l'immagine di un ragazzo poco più alto di lui, con gli occhi  semichiusi e i capelli dello stesso colore dei suoi completamente scompigliati. Era vestito con dei pantaloni di una tuta e una vecchia t-shirt e lo guardava con espressione confusa e contrariata.
"Hei Sasori" disse con tono pacato, guardando il suo gemello e sfoggiando un sorriso innocente ma leggermente divertito.
L'altro sospiró passandosi una mano nei capelli rossi, per poi appoggiarsi allo stipite della porta e iniziando a parlare:
"Gaara" disse con voce assonnata "dammi un fottuto motivo per cui tu abbia dovuto svegliarmi nel mezzo della notte".
Aprì bocca per parlare, ma l'altro lo precedette:
"E uno per cui non dovrei ucciderti" aggiunse sbadigliando.
"Prima fammi entrare, sto congelando"
Sasori sospirò, per poi spostarsi e farlo passare. Passò oltre i pezzi di vetro sparsi per terra di quello che probabilmente era un posacenere e poi si guardò intorno:
la casa del suo gemello consisteva in una stanza abbastanza spaziosa con un divano-letto, un tavolo di legno e qualche sedia. In un angolo c'era una piccola cucina con di fianco una finestra, per terra era steso un tappeto strappato e pieno di buchi con sopra un tavolino basso, alle pareti erano appese alcune cornici ricoperte di polvere mentre una piccola porticina portava al bagno. Non c'era arredamento inutile e il tutto era abbastanza anonimo e vecchio, ma comunque ordinato.
Sentì lo sguardo dell'altro posarsi si di lui e si girò a guardarlo, incrociando le mani dietro la schiena.
"Ho roba buona da fumare, direi che è un buon motivo" disse sorridendo, per poi sventolargli il sacchettino con l'erba davanti al viso.
Sasori assottigliò gli occhi guardandolo storto, ma infine sorrise di rimando.
"Oh, va al diavolo.." disse, sedendosi sul divano e invitandolo a fare lo stesso mentre trascinava verso di sé il tavolino.
Gaara si avvicinò e si sedette di fianco al gemello, posando il sacchetto e tutto l'occorrente sul tavolino.
Iniziarono a tritare la marijuana.
"Era da un po' che non fumavamo insieme" gli disse Sasori.
"Lo so"
"Avevi da fare?"
"Si"
"Con quella ragazzina di cui mi hai parl.."
"Si"
Sasori sospirò, infondo Gaara non era mai stato di tante parole.
"E non ti ha ancora detto perc.."
"No. Ha detto che me lo racconterà" rispose l'altro, preparando la cartina. posizionò il filtro e l'erba, inziando a rollare, leccando poi il bordo della cartina per riuscire ad incollarlo. Guardò il risultato soddisfatto, per poi spostare lo sguardo sul ragazzo di fianco a lui.
"E tu? Che hai fatto?"
Sasori alzó le spalle, girando la testa in direzione dell'amico e scontrandosi con le sue iridi acquamarina.
"Niente, a parte il solito..andare in giro, bere un po' e fumare.." disse, riportando lo sguardo sulla canna.
"Da solo?"
Sasori si bloccò, indeciso, e smise di rollare, fissando lo sguardo sul pavimento. Poteva davvero dirlo a Gaara? Infondo era il suo Gemello, lo conosceva da sempre..ma poteva contare sul fatto che non lo avrebbe giudicato o allontanato per quello che, probabilmente, provava per un ragazzo? Magari gli avrebbe fatto bene parlarne con quello che per lui era come un fratello, ma neanche lui capiva bene cosa gli stesse succedendo..gli sembrava tutto dannatamente incasinato.
"C'è qualcosa che non va?" Gaara lo guardava con un sopracciglio alzato, confuso da quell'atteggiamento.
Si riscosse e finì di rollare, incollando anche lui la cartina come fatto in precedenza dall'amico. Poi si decise a rispondere:
"Con Deidara.." disse titubante.
"E quindi dove sta il problema?"
Gaara rimase stupito di vedere, per la prima volta in vita sua, Sasori arrossire: le guance avevano preso una quasi impercettibile sfumatura rosata, mentre teneva insistentemente lo sguardo a terra.
Di solito la faccia dell'amico era come la sua: una maschera di apatia. Certo, loro due non avevano ancora raggiunto il livello di inespressività di Sasuke o tanto meno di Itachi, ma erano comunque poche le volte in cui manifestavano qualcosa apertamente..come adesso.
Poi, gli venne l'illuminazione:
"Be', direi che non siete semplici amici" commentò con leggerezza, ma comunque mantenendo un tono serio.
"E invece si" ribatté l'altro con tono secco. Poco dopo però prese un profondo respiro, continuando: "ma non ti nego che con lui vorrei essere qualcosa di più.."
Gaara sorrise, posandogli una mano sulla spalla.
"E quindi? Non c'è nessun problema, io accetto le tue scelte e le supporto" disse, cercando di fargli capire che lui ci sarebbe sempre e comunque stato.
"Ma io non so cosa provo. É così..strano"
"Ti sembra strano, probabilmente perché è una sensazione nuova. Ma ricordati: 'diverso' o 'strano' non sono sinonimi di 'sbagliato'".
Sasori annuì, grato all'amico per quelle poche, ma efficaci, parole di comprensione e conforto.
"Ma adesso" continuò Gaara alzando la voce "rilassati un po' e non ci pensare" concluse, prendendo dalle mani dell'amico la canna e accendendogliela, poi sentì Sasori ridere mentre si accendeva anche la sua. Iniziarono a fumare insieme.
"Allora? Com'è?" chiese dopo un po', mentre le pareti della stanza diventavano stranamente oblique.
"Davvero niente male.."
La voce di Sasori gli arrivò distorta e ovattata, mentre la stanza sembrava ingrandirsi lentamente; si rilassò completamente reclinando la testa all'indietro sul divano ed espirò l'ennesima boccata di fumo, mentre un odore leggermente dolciastro si diffondeva nella stanza.
 
***
Orochimaru era alla finestra del suo covo principale: un vecchio magazzino abbandonato, edificato su una collina fuori città che permetteva di avere una bella visuale dell'ambiente circostante. Aveva le mani incrociate dietro la schiena, intento a contemplare Suna.
Il magazzino alle sue spalle avrebbe probabilmente provocato stupore, so non ribrezzo, a parecchi abitanti della città:
era avvolto in una perenne semioscurità che rendeva il tutto abbastanza tetro. Lungo le pareti erano disposti diversi scaffali, sui quali si trovavano barattoli di diversa grandezza contenti specifiche sostanze di colori differenti; su una vecchia scrivania di legno erano sparsi numerosi fogli pieni di appunti e correzioni, illuminati da una vecchia lampada da lettura che emanava una tremolante luce gialla. Più o meno al centro della stanza, su un tavolino basso con le ruote, c'erano numerosi oggetti messi alla rinfusa: alcune siringhe, diverse scatole, pillole e altri strumenti chirurgici e di fianco al tavolino, un corpo giaceva senza vita su un piccolo letto d'ospedale, coperto da un telo bianco.
Dopo qualche minuto di silenziosa contemplazione, sentì il cigolio della porta alle sue spalle.
"Signore" disse una voce a lui conosciuta.
"Dimmi, Kabuto"
"Non abbiamo ancora trovato la ragazzina dell'altra notte.." 
Si girò lentamente verso il suo apprendista fissandolo con le iridi giallastre, simili a quelle di un serpente.
Kabuto deglutì, ma continuò a parlare:
"Sono sicuro che la troveremo presto, quel quartiere non è poi così grande"
"Lo spero".
Il grigio spostò lo sguardo sul telo bianco.
"Un altro esperimento non riuscito.." commentò Orochimaru con leggerezza "il corpo non ha retto alla sostanza, ma ormai ci sono vicino".
"Ce la farà sicuramente, signore"
"Ovviamente. Ma adesso porta fuori il lettino, liberati del corpo e comincia ad organizzare data e incontro del prossimo torneo. Ah, e voglio essere lasciato in pace fino a domani mattina"
Kabuto annuì e si avviò a passi svelti verso il lettino, cominciando a poi spingerlo verso l'uscio; si girò e piegò leggermente la testa in segno rispetto prima di uscire, chiuse poi la porta, lasciando l'uomo solo.
Orochimaru si avvicinò agli scaffali, accarezzandone il bordo con le dita di quelle mani che provocavano tanto ribrezzo in chi le stringeva, causando un leggero stridio provocato dalle unghie a contatto con il metallo; camminò a passi lenti e misurati verso la finestra, tornando ad osservare fuori.
In quel momento Suna dormiva e i negozi erano al buio, le abitazioni erano al buio, e l'unico movimento era qualche persona fuori da uno dei pochi bar ancora aperti, che con le luci al neon creavano aloni di diversi colori nelle strade.
Da quella finestra contemplava con occhi affettuosi la città sottostante, indifesa e immersa in quell'adorabile oscurità; certo, non era ancora la sua città, ma presto lo sarebbe stata.
Sorrise scoprendo una fila di denti bianchi, dritti ma un po' aguzzi e si inumidì le labbra con la lingua; si lisciò poi una ciocca  degli untuosi capelli neri che gli ricadevano sulle spalle, arrivando a metà schiena.
Dopo tutto, l'inizio era stato quasi perfetto.
 
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Saalve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.
Vi chiedo scusa se ci ho messo un po' più del solito ad aggiornare ma..finalmente ce l'ho fatta,  e quindi ecco qui il decimo capitolo! Spero come al solito che sia di vostro gradimento e vorrei chiedervi un graande favore: vorrei ricevere qualche recensione in più dato che non so se la storia vi stia piacendo, quindi se potete spendere un po' del vostro tempo, scrivendo anche solo poche righe, ve ne sarei grata.
Detto questo ho finito, aggiungo solo che forse riesco ad aggiornare domani, ma comunque sia..al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** 11 ***


Le sue palpebre tremolarono leggermente percependo l'intensa luce del sole che filtrava dalla finestra, e di malavoglia si decise ad aprire finalmente gli occhi. Si mise seduta sul letto, appoggiando la schiena alla testiera del letto e stiracchiandosi, mentre abituava i suoi meravigliosi occhi alla luce facendo scorrere lo sguardo sulla stanza:
di fronte a lei stava un enorme armadio di colore viola scuro, adatto a contenere la sua mole di vestiti, alla destra del suo letto c'era un comodino pieno di cianfrusaglie e con appoggiato sopra un vaso con dei bellissimi fiori di diversi colori, ai piedi del letto c'era infine un soffice tappeto bianco.
Si alzò spostando lo sguardo sul letto distante qualche metro dal suo; la parte di camera di Deidara era completamente diversa dalla sua, dato che aveva colori molto più scuri e spenti, risultando anche più anonima.
Constatando che stesse ancora dormendo e decisa a non svegliarlo, si alzò appoggiando delicatamente i piedi per terra e si diresse verso la porta il più silenziosamente possibile. Si avviò immediatamente verso il bagno e si sciacquò velocemente la faccia con l'acqua fredda per svegliarsi, osservandosi poi allo specchio:
quel viso tanto simile a quello del fratello la osservava raggiante, gli occhi azzurri erano vispi e allegri e non poté non sorridere quando notò che le sembrava di essere dimagrita ancora.
Soddisfatta, iniziò quel 'rituale di bellezza' che la accompagnava tutti i giorni:
sciolse i capelli biondi dal disordinato chignon e prese a spazzolarli accuratamente, per poi raccoglierli in una coda alta. Prese un barattolino appoggiato sul mobile e lo aprì, iniziando a stendere la crema sul tutto il viso per poi bearsi della freschezza che la maschera provocava sulla pelle; aspettando che il prodotto facesse effetto, decise di dedicarsi alle sue unghie limandole accuratamente e rendendole praticamente perfette.
Dopo pochi minuti si risciacquò il viso, constatando che la crema aveva fatto effetto, lasciandole la pelle liscia e vellutata.
'Bene, adesso posso truccarmi..'
Così prese un mascara nero e cominciò a passarlo lentamente sulle lunghe ciglia nere, rendendole più folte.
Ogni volta che si prendeva cura di sé si rilassava all'istante, quella pace che la riempiva era qualcosa di meraviglioso, qualcosa che..
"DANNAZIONE, INO!"
'Qualcosa che evidentemente non è destinato a durare per più di dieci fottuti minuti!'
Quell'esclamazione e gli improvvisi e insistenti colpi alla porta l'avevano fatta sobbalzare, e aggrottò le sopracciglia contrariata notando che si era sporcata di mascara sulla guancia.
"Deidara! Si può sapere che cazzo ti prende?!" disse spalancando la porta.
L'altro sbuffò, per poi risponderle a tono:
"Ti ricordo che il bagno non è solo tuo, sarai dentro da mezz'ora almeno!"
"Ma sei fuori?! Non è assolutamente poss.."
Spostò lo sguardo sull'orologio ammutolendo: suo fratello aveva ragione, eppure le sembrava fossero passati non più una decina di minuti.
Deidara sorrise, appoggiandosi allo stipite della porta e incrociando le braccia, guardandola beffardo da quei pochi centimetri di altezza che aveva in più.
Un momento, suo fratello aveva ragione? Impossibile.
Lei era Ino Yamanaka, non gliel'avrebbe certo data vinta così facilmente.
"Ma potevi anche evitare di sbraitarmi contro!" gli disse stizzita, incrociando a sua volta le braccia davanti al petto, mettendosi in un atteggiamento difensivo.
"Che è proprio quello che stai facendo tu adesso.." le rispose l'altro.
La bionda assottigliò gli occhi, mentre dentro di lei ribolliva dalla rabbia. Poi, sul viso di Deidara, si fece spazio un'espressione alquanto sorpresa, mentre con un indice si allungava a toccarle una guancia.
Lei lo guardò perplessa, non capendo quel gesto improvviso.
"Oh-oh.." disse, mentre il sorriso si trasformava in una smorfia di scherno "credevo che almeno fossi ancora in grado di truccarti decentemente".
Detto ciò entrò nel bagno, iniziando poi a pettinare i capelli e facendo una coda uguale a quella della sorella.
"Mi trucco meglio di chiunque altro!" rispose lei dopo pochi minuti, offesa.
"Ceeerto" rispose l'altro ironico, mentre iniziava a lavarsi i denti.
Lo fulminò per l'ennesima volta con lo sguardo, mentre si puliva la guancia e rimetteva il mascara.
"Ma comunque non ne avrei bisogno, sono già bellissima così" dichiarò vanitosa, ma con tono leggermente scherzoso, mentre sbatteva le ciglia in direzione del fratello e poggiava le mani sui fianchi.
Deidara la guardò stranito per qualche secondo, per poi iniziare a ridere di gusto, seguito immediatamente dopo dalla sorella minore.
Quando smisero, lo vide avvicinarsi a lei sorridente.
"Comunque hai ragione, sei bellissima sorellina"
Gli sorrise di rimando e si specchiò in quegli occhi uguali ai suoi, per poi vederlo allungare ancora una volta una mano verso il suo viso, questa volta a darle un piccolo buffetto sulla guancia.
"Buona giornata, principessa" le disse superandola e dirigendosi verso le scale che portavano al piano di sotto.
Lo guardò allontanarsi e sorrise dolcemente.
'Non potrei desiderare un fratello migliore'.
Poco dopo finì finalmente di prepararsi e tornò in camera sua, buttandosi a peso morto sul letto a guardare il soffitto. Poco dopo prese un foglio dal suo comodino sul quale erano scritti diversi nomi, e iniziò a scorrere la lista.
'Mm, praticamente verranno quasi tutti alla festa:
Sai, Deidara, Sasori, Naruto, Karin, Temari, Gaara, Sasuke, Kiba, Lee..'
Si bloccò, alzandosi a sedere.
'Ma mancano le mie tre migliori amiche. Non mi divertirei così tanto senza Sakura, Hinata o TenTen..devo trovare il modo di convincerle!' pensò risoluta.
'O di convincere Neji' aggiunse una vocina dentro la sua testa.
Be' in fondo era quasi sicura che la castana non sarebbe comunque venuta, dato che sarebbe rimasta con lo Hyuga..il quale non avrebbe mai messo piede in quel locale.
Per Hinata il discorso era un po' complicato, ma l'aveva vista un paio di volte con Naruto, quindi il biondino avrebbe potuto aiutarla a convincere Neji, dato che erano anche buoni amici. Avrebbe ideato qualcosa.
Infine  Fronte Spaziosa  non era un grande problema, sapeva che infondo sarebbe riuscita a convincerla, usando le parole e i mezzi giusti.
Dopotutto, lei era Ino Yamanaka.
Animata da una nuova vitalità, si avviò raggiante verso l'armadio di fronte a lei e, quando lo aprì, il suo sorriso scomparve.
'Oh cavolo, mi ricordo perfettamente: tutti i vestiti li ho già messi almeno due volte!'
Non poteva presentarsi con un abito già indossato, sarebbe stato imbarazzante e alquanto scontato..
Con le mani nei capelli, iniziò a cercare una soluzione immediata, dato che la festa sarebbe stata di lì a pochi giorni.
Poi le venne un lampo di genio e così prese il telefono, sperando vivamente che funzionasse, e compose all'istante il numero di una ragazza con due graziosi codini castani.
 
***
 
Spalancò la finestra facendo entrare l'aria fresca e accogliendo con gioia la bella giornata che le si presentava davanti, a dispetto delle nuvole grigie della sera prima.
Uscì dalla camera e si avviò in cucina con i capelli ancora arruffati, sbadigliando vistosamente.
"Buon giorno tesoro!"
Sua madre la salutò allegra, sorridendole dolcemente.
Ricambiò volentieri il sorriso e le si avvicinò, dandole un sonoro bacio sulla guancia.
"Buon giorno mamma, hai già fatto colazione?"
"Oh no, ti stavo aspettando come tutte le mattine"
Sua madre le rispose con la sua solita gentilezza, senza smettere di sorridere.
Era incredibile come facesse ad essere così buona e allegra, nonostante avesse sofferto molto: suo padre era morto, come molta altra gente, in guerra, ma non si era mai arresa e l'aveva cresciuta nel migliore dei modi. A volte la guardava, e non poteva fare a meno di notare quella nota di malinconia che accompagnava ogni suo gesto e ogni sua parola, accentuando di tanto in tanto le rughe che cominciavano a comparire su quel volto così simile al suo.
Avevano infatti gli stessi capelli lunghi e castani, ma sua madre aveva gli occhi tendenti al verde, mentre i suoi erano color cioccolato; nonostante l' innegabile somiglianza a livello esteriore, il carattere (così come gli occhi) l'aveva indubbiamente ereditato da suo padre:
combattiero e tenace, oltre che un'inguaribile testa calda..il tutto unito ad una dose abbondante di testardaggine.
Ridacchiò a quel pensiero, nonostante la punta di tristezza che avvertì dentro di lei.
Poco dopo sedette al tavolo beandosi di quell'atmosfera spensierata che si era creata, chiacchierando con sua madre. Ad un tratto però partì la suoneria del suo cellulare, che stranamente funzionava, e così rispose:
"Pron.."
"TENTEEEN!"
Allontanò l'apparecchio, leggermente stordita da quell'urlo così acuto.
"Ino che diavolo ti prende? Non posso credere che tu sia già così isterica al mattino.."
Sua madre ridacchiò leggermente, iniziando pulire la tavola.
"Come ti permetti: non sono isterica!"
"Buon giorno anche a te.." disse sospirando.
La risata cristallina della bionda le arrivò attraverso il telefono, facendola sorridere.
"Buon giorno. Scusami cara, ma ho le mie buone ragioni per comportarmi così già dal mattino!"
TenTen ne dubitava, ma preferì starsene zitta e ascoltare.
"Hai presente quella festa che ci sarà tra un paio di giorni? Mi pare di avertene parlato.."
"Si Ino, ma ti ho già detto che.."
'Shhtt! Ascolta: accetto, anche se con moolto disappunto, il fatto che tu non possa venire..ma qui è una questione più importante!"
TenTen rimase sorpresa e, incuriosita, la incitò a continuare.
"NON HO UN VESTITO DA METTERMI!" esclamò la bionda, con voce acuta (e isterica).
Rimase un attimo interdetta, per poi sbattere rumorosamente la testa contro il tavolo, appoggiando la fronte al legno.
'Ti pareva..'ho le mie buone ragioni'. Ovviamente, una questione importante..'
"TenTen?"
"Si, Ino?"
"Capisco che sei scioccata, ma rispondimi!"
"Ahahah ma Ino, il tuo armadio è colmo di vestiti! Non ci credo che non ne hai uno da metterti.."
"Certo che ce l'ho, ma li ho già messi tutti almeno due volte!"
Sbatté nuovamente la testa contro il tavolo, esasperata, poi rispose all'amica:
"E cosa vuoi che faccia? I miei vestiti o non ti andranno bene o, più probabilmente, non ti piaceranno.."
"Lo so, hai ragione" disse la bionda in tono pratico "ma tua madre sa cucire qualsiasi cosa, benissimo tra l'altro!".
"Va bene, ho capito, glielo chiederò..tu vieni qui verso le tre, mal che vada passeremo un po' di tempo insieme".
Ino esultò entusiasta, per poi chiederle se sarebbero potute venire anche Sakura e Hinata e, ricevuta una risposta affermativa, chiuse la chiamata ringraziandola allo sfinimento.
"Era Ino, tesoro?"
"Oh, da cosa l'hai capito mamma?"
La donna rise, divertita:
"La sentivo urlare anche io"
"A proposito, le servirebbe un favore.."
"Di cosa si tratta?" chiese, immaginando la risposta.
"Le serve un vestito, da sera. Le ho detto che ti avrei chiesto se potevi fargliene uno"
La donna annuì, disponibile come al solito.
"Arriverà verso le tre, con Sakura e Hinata"
"Allora, forza: andiamo a cercare qualche bel tessuto tra quelli in ripostiglio. Hai idea di quale sia il suo colore preferito?" le chiese, avviandosi verso il corridoio, seguita dalla figlia.
"Mm il viola, credo.." disse entrando in ripostiglio dietro la madre, e guardandosi intorno alla ricerca di qualche stoffa interessante.
 
***
 
Sakura sospirò uscendo di casa, facendo vagare i suoi grandi occhi verdi lungo la strada.
Era davvero una giornata meravigliosa e si riusciva a stare tranquillamente in felpa, nonostante qualche ventata d'aria fredda.
Quel giorno non avrebbe comunque avuto voglia di uscire nonostante il bel tempo, ma quella pazza isterica della sua migliore amica le aveva fracassato i timpani al telefono, facendole promettere che si sarebbe presentata alle 15 a casa di TenTen con Hinata.
'Poi non mi ha detto neanche perché..' pensò la rosa sbuffando.
'Scommetto che sarà per quella stupida festa. Non è che non mi va di andare, ma..non me la sento. Non credo mi sentirei a mio agio..'
Camminava lentamente, dopotutto non aveva fretta, godendosi quella rilassante passeggiata mentre il suo cervello formulava tutti quei pensieri.
'Tranquilla, Sakura, ti divertirai! Ci saranno tutti..' pensò, scimmiottando mentalmente la voce della bionda.
Riportò lo sguardo sulla strada e individuò la curva dove avrebbe dovuto svoltare per avviarsi verso casa Hyuga e si incamminò verso quella direzione.
'Come se la presenza di tutti fosse davvero il proble..'
"Sbam!"
Non fece in tempo a formulare quel pensiero, che finì addosso a qualcosa, qualcuno, che sembrava essere molto dispiaciuto e di fretta. Si sbilanciò all'indietro, cadendo di sedere.
"Oh salve. Cioè no, mi scusi, non era mia intenzione, davvero. Non l'ho fatto appo.."
"Bau bau!"
Un uragano con dei capelli biondo grano e gli occhi azzurri che sembrava non averla minimamente riconosciuta le era venuto addosso. Si accorse poi della presenza di un piccolo cagnolino.
"KURAMA! Vieni qui" Naruto si rivolse al cucciolo, acciuffandolo e posandolo sulle sue gambe per poi accarezzarlo.
"Naruto!" esclamò la rosa sorpresa, ma anche felice di vederlo.
Il biondo spalancò gli occhi, grattandosi la testa come sempre quando si imbarazzava.
"Sakura? Perdonami, non ti avevo riconosciuta" disse ridendo.
"Oh tranquillo..anche se effettivamente ho preso una bella botta" mormorò, ancora seduta per terra di fronte all'Uzumaki.
"Ero un po' di fretta" ammise poi il ragazzo, provando ad alzarsi con una smorfia di dolore. "Sai com'è..a Sasuke non piace aspettare".
La rosa annuì ridendo, e mentre stava provando a sua volta a mettersi in piedi sentì dei passi dietro di lei accompagnati da una voce:
"Tsk, potevi almeno aiutarla ad alzarsi"
Si bloccò, girando leggermente la testa per vedere il minore dei fratelli Uchica avvicinarsi, senza mostrare nessuna emozione; arrivò poi davanti a lei e (stranamente) le sorrise, porgendole gentilmente una mano.
I suoi occhi così profondi e neri la scrutavano, mettendola leggermente a disagio; osservò quelle labbra fini piegate in una leggera curva che, nonostante l'espressione solitamente indifferente, non stava per niente male su quel viso.
Accettò titubante l'aiuto e, mentre le sue guance si tingevano di una leggera sfumatura rosata, mormorò un 'grazie', sentendo poi la voce di Naruto:
"Cavolo Teme, hai ragione! Mi dispiace Sakura.."
Sasuke scosse la testa, sospirando.
"Ma no, tranquillo. Tutto a posto" rispose, rassicurandolo.
Il biondino non sembrava convinto, ma la sua attenzione venne riportata nuovamente al cucciolo che teneva ancora in braccio e che aveva ripreso ad abbaiare. Si era totalmente dimenticata della presenza di quel cagnolino.
"E lui chi è?" chiese Sasuke anticipandola.
"Lui è Kurama!" rispose Naruto sorridendo "e d'ora in poi sarà il mio cagnolino" concluse annuendo convinto.
Il cucciolo aveva il pelo color nocciola ma che verso le zampette diventava più scuro, prendendo sfumature addirittura rossastre; li osservava curioso con i piccoli occhietti neri e leccando la mano di Naruto, probabilmente soddisfatto dalle carezze che il ragazzo gli concedeva.
"E' davvero carino" esclamò la rosa accarezzandolo a sua volta.
"Si, e scapperà tra due giorni, parola mia" disse il moro, facendo una smorfia.
"E perché mai dovrebbe farlo, Teme?!"
"Tsk. Con un padrone come te, Dobe.."
"Hei, come ti permetti?!"
Sakura stette qualche minuto ad osservare il piccolo litigio tra i due, per poi ricordarsi che doveva assolutamente andare..probabilmente era già in ritardo.
"Oddio, ma io devo andare!" esclamò all'improvviso, facendo voltare i due ragazzi verso di lei.
Iniziò a camminare velocemente avviandosi nella direzione opposta ai due, sentendo ancora una volta la voce di Naruto:
"Dov'è che vai così di corsa, Sakura?!"
"Da Hinata" gli rispose ad alta voce, allontanandosi ancora.
"Salutala da parte mia!"
Si girò, facendo qualche passo all'indietro mentre rispondeva:
"Lo farò. Ci vediamo, ragazzi!"
Naruto le rispose salutandola e muovendo la zampetta di Kurama a mo' di saluto, mentre Sasuke si limitò ad un cenno del capo.
Tuttavia prima di girarsi si scontrò di nuovo con lo sguardo enigmatico del moro, riprovando lo stesso imbarazzo e la soggezione di prima. Lui si limitò ad osservarla, ma prima di distogliere poteva giurare di aver visto un altro (raro) sorriso su quelle labbra, quasi impercettibile.
'Un sorriso davvero bello..'
Appena formulato quel pensiero arrossì di botto e dopo essersi data una leggera manata in fronte per riscuotersi continuò a camminare.
Dopo pochi minuti raggiunse finalmente Hinata che la aspettava già fuori; si scusò per il ritardo e si avviarono insieme.
"oh,Hinata, quasi dimenticavo,,"
La corvina si girò, guardandola incuriosita.
"Che c'è, Sakura?"
"Prima ho incontrato Naruto, mi ha detto di salutarti" rispose, aspettando l'effetto che quella frase avrebbe provocato sull'amica.
'Tre, due, uno..'
Hinata arrossì violentemente, mentre mormorava qualcosa simile ad un 'grazie'. La vide attorcigliarsi una ciocca di capelli intorno al dito e sorridere imbarazzata.
Era adorabile.
"Nhe, Hina, quando glielo dirai? E poi Ino mi ha informato del fatto che vi ha visto insieme un paio di volte.." disse sorridendole. 
La Hyuga, se possibile, arrossì ancora di più, per poi risponderle balbettando:
"Beh i-io, n-non saprei..e-ecco è che, n-non so cosa l-lui p-pensa di m-me.."
"Penserà che tu sia bellissima, come tutti del resto!"
Hinata rispose con un sorriso sincero a quella frase, ringraziando l'amica.
Continuarono a camminare chiacchierando allegramente e dopo qualche minuto bussarono alla porta di TenTen, mentre Sakura cercava di togliersi dalla testa due occhi neri come la pece.
 
 
---
 
Salve a tutti sono TheGirlOfTheSand.
Ce l'ho fatta ad aggiornare oggi, quindi ecco l'undicesimo capitolo tutto per voi.
Mi è venuta in mente una cosa: ieri mi sono scordata di farvi gli auguri..
*si tira un pugno in testa* 
Per cui, anche se un pochino (un pochino tanto..) in ritardo, buon Natale e buon 2016 a tutti!
Ma tornando a noi, spero che la storia non vi stia annoiando dato che non sta ancora succedendo nulla di eclatante, però vi prometto che nei prossimi capitoli si capiranno più cose e tra poco accadranno fatti un po' più interessanti. 
Non ho altro da dire, per cui ci vediamo al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 12
*** 12 ***


           

         

Fece scorrere ancora una volta lo sguardo sull'Arena e sulle poche persone che c'erano lì:
alcuni fumavano o erano semplicemente seduti come lei a non fare niente; due ragazzi stavano facendo a botte in un angolo circondati da un gruppo di altre persone..probabilmente avevano un conto in sospeso.
Guardandoli le vennero i brividi e si schiacciò ancora di più contro la parete dell'angolo in cui si trovava, cercando di non pensare agli avvenimenti di quasi una settimana prima.
'Uff, tra poco dovrai raccontare tutto a Gaara, non iniziamo già adesso..' si disse mentalmente, scuotendo la testa.
Fissò gli occhi sul cemento ai suoi piedi e sfiorò con le dita la macchia violacea che si intravedeva ancora sulla sua guancia, provocandosi una leggera scarica di dolore che le si propagò in tutto il corpo; sussultò leggermente sentendo poi dei passi provenire dalla sua destra e si girò appena in tempo per vedere una chioma rossa che saliva i gradoni, fermandosi su quello a lei sottostante.
Alzò lo sguardo contenta e non poté fare a meno di arrossire un poco.
"Ciao Gaara.."
Il rosso le posò una mano sulla spalla, guardandola dall'alto dato che era ancora in piedi.
"Come stai, Matsuri?"
Si strinse nelle spalle e poi rispose: "Meglio, anche se ho ancora un po' male qua e là..".
Gaara annuì e si spostò, salendo sul suo stesso gradone e sedendosi a gambe incrociate di fronte a lei; appoggiò il gomito sul ginocchio e poi si sostenne la testa con una mano, sorridendole dolcemente. Si perse un attimo in quegli occhi chiari così dannatamente belli, non accorgendosi della domanda che il ragazzo le aveva posto.
"Matsuri?"
"E-eh?"
Gaara alzò un sopracciglio, guardandola leggermente divertito.
"Ti ho chiesto se ti andava di raccontarmi cos'è successo.."
Annuì e, dopo aver respirato profondamente, iniziò a parlare.
"Mi sembra il minimo che tu possa chiedere, dopo aver rischiato tanto per me.." pronunciando quelle parole spostò lo sguardo, notando un paio di ragazze che la guardavano di traverso, ma poi continuò: "comunque sia, quella sera ero andata ad un incontro di arti marziali".
Il ragazzo la guardò sorpreso, ma poi la incitò a continuare.
"Ovviamente sono tornei organizzati illegalmente e ben pochi ne sono a conoscenza, probabilmente neanche la maggior parte di quelli del Quartiere ne sanno qualcosa.
Naturalmente io non ho partecipato, ma due mie amiche hanno conosciuto un po' di ragazzi più grandi e mi hanno convinto ad andare con loro. Quella sera il torneo si svolgeva nella grande fabbrica abbandonata che non sta molto distante dalla via dove mi hai salvata, ma è abbastanza raro che si svolgano da queste parti: di solito li fanno in luoghi un po' più vicini alla città.
Non mi perdo in dettagli inutili, ti basti sapere che ho guardato un po' di incontri e..oh.."
Si bloccò, colta da un'improvvisa illuminazione.
Gaara la guardava interrogativo: "che c'è?"     "Mm..adesso che mi viene in mente, credo che un tuo amico partecipi a quei tornei..è magro e ha i capelli neri a caschetto, in più ha due sopracciglia enormi"            Gaara spalancò gli occhi.                                            'ROCK LEE?'                                                                     Lo conosci?"

"Penso di aver capito chi è.." rispose, ancora un po' sconvolto.
"Sta sempre con uno dai capelli castani e lunghi, credo che sia uno Hyuga, e una ragazza che mi pare si chiami TenTen".
Lo vide assumere un'espressione pensierosa e stare in silenzio per un po' di tempo.
'Che diavolo ci faceva lì Rock Lee insieme a Neji e TenTen? Dovrò parlarci..'
Liquidò poi la faccenda con un gesto della mano:
"Ci penserò in seguito, adesso sono qui per ascoltare te. Continua.."
Chiuse gli occhi e riprese il racconto:
"Come ti dicevo, ho guardato un po' di incontri e iniziava a mancarmi l'aria in mezzo a tutto quel casino; così ho detto alle mie amiche che sarei uscita un attimo e mi sono avviata verso un corridoio, credendo che portasse alla porta da dove eravamo entrati prima.
Mi ero sbagliata, ma ad un tratto ho cominciato a sentire delle voci provenire da una stanza con una porta socchiusa. Non chiedermi esattamente di cosa stessero parlando: non ho sentito nè capito molto.
Comunque sia, stavano dicendo qualcosa a proposito del prossimo incontro e di una specie di 'sostanza', probabilmente qualche tipo di droga o chissà cosa..ho capito subito che stavano tentando di aggiudicarsi la vittoria in modo del tutto scorretto,
ma prima che potessi fare qualcosa la porta della stanza si è spalancata e sono uscite tre persone.."
"Tra le quali il ragazzo che ti ha aggredita" la interruppe Gaara, cominciando a capire qualcosa.
"Esatto. Un altro era un uomo dalla pelle bianchissima e gli occhi insolitamente giallastri, davvero inquietante, mentre il terzo non l'ho visto.
Evidentemente avevo sentito troppo, così ha ordinato al ragazzo di prendermi.
Ero terrorizzata e allora sono scappata da una porta di servizio che avevo notato in precedenza, ma lui mi ha inseguita fino a raggiungermi in quel vicolo, dove poi sei arrivato tu.." concluse emettendo un sospiro.
Il cuore aveva accellerato i battiti, e stava riprovando una parte dell'ansia di quella sera; correre per quei vicoli bui con quel tipo alle calcagna l'aveva spaventata a morte, non voleva neanche immaginare cosa sarebbe successo se non fosse arrivato Gaara..
"Quindi ti ha inseguita perché ha paura che potresti dire in giro ciò che hai sentito?" le chiese.
Annuì, cercando di ingoiare il groppo che le si era formato in gola.
"E credi che ti stiano cercando ancora?"
"Non lo so..probabilmente pensano che io frequenti abitualmente i tornei, o che fossi lì a spiarli per conto di qualcuno. Ma io non ho fatto niente.."
Sentiva la voce tremarle e le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi, pronte per uscire; abbassò ancora di più la testa, stringendo i pugni e tenendo lo sguardo fisso a terra.
'Non piangere, dannazione! Non piangere..'
"Però ho davvero paura che.."
L'altro la guardò non sapendo cosa dire e si alzò per andare a sedersi di fianco a lei; le passò un braccio intorno alle spalle e la tirò verso di sè, cercando di tranquillizzarla.
"Non lascerò che ti accada qualcosa, va bene? Andrò fino in fondo a questa storia e troveremo una soluzione".
Qualche lacrima scese dai suoi occhi senza che lei potesse fare qualcosa per evitarlo, e poco dopo si trovò abbracciata al ragazzo con la testa sul suo petto.
Nonostante gli stesse bagnando la felpa, lui non disse niente e si appoggiò con la schiena al muro, stringendola di più a sè e accarezzandole la testa, incurante delle occhiate curiose che riceveva dalle poche persone che c'erano in quel momento all'Arena.
"I tuoi lo sanno?"
"Mpf" rispose lei, tirando sul col naso e asciugandosi le guance "i miei sono morti in guerra. Abito da sola" concluse in tono triste, mentre altre lacrime le solcavano il viso.

"Mi dispiace, non volevo. Io.." iniziò Gaara "..ehm, credo di avere una soluzione, almeno temporanea" disse.
Lo guardò interrogativa, con gli occhi ancora lucidi.
"Te ne parlerò più avanti, adesso non pensarci".        Annuì lievemente, accoccolandosi meglio tra le sue braccia.

Dopo qualche minuto, quando ormai Matsuri si era quasi del tutto calmata, Gaara sentì dei passi dietro di loro e girò leggermente la testa; poi sorrise, in direzione dei due ragazzi che gli stavano venendo incontro.
"Sasori, Deidara.." disse guardandoli "felice di vedervi". 'Insieme..' aggiunse nella sua testa.
Notò Matsuri spostarsi leggermente da lui e guardare i due appena arrivati con una certa curiosità.
"Hei Gemellino, vedo che sei in buona compagnia.." lo canzonò Sasori sorridendo e facendo un cenno verso la ragazza, che diventò completamente rossa.
L'altro non poté rispondere, anticipato dal biondo.
"Per Dio, Gaara" esclamò Deidara avvicinandosi improvvisamente "ma ha appena pianto!"
Prese la ragazza per un braccio allontanandola da lui e la fece gentilmente girare, offrendole un fazzoletto e sorridendole. Lei lo guardò sorpresa, mentre il rosso sbuffò leggermente contrariato.
"Deidara, non credo che le abbia fatto qualcosa" disse Sasori in tono monocorde rivolgendosi all'amico "o sbaglio?" chiese poi a Matsuri.
"N-no, infatti. Non mi ha fatto nulla.." mormorò, muovendosi leggermente a disagio.
Prese poi titubante il fazzoletto che le veniva offerto dal biondo e guardò meglio i due ragazzi:
uno era Sasori, il 'Gemello' di Gaara, mentre l'altro le sembrava di non averlo mai visto. Aveva i capelli lunghi e biondi legati in una coda alta, due meravigliosi occhi azzurri e si chiamava Deidara. Tutto sommato davvero un bel ragazzo.
'Mm..probabilmente il fratello della Yamanaka, data la somiglianza' pensò guardandolo.
Dovevano avere entrambi 3-4 anni in più di lei e il fatto che fossero lì la metteva in soggezione e a disagio: non sapeva come comportarsi. Si sentiva inoltre decisamente di troppo.
"I-io.." iniziò titubante "credo s-sia meglio c-che v-vada..".
Gaara la prese per il gomito prima che potesse alzarsi: "Ma che dici! Puoi rimanere, nessun problema" le disse sorridendo.
"Sono d'accordo, non vedo perché dovresti andartene!" aggiunse Deidara sedendosi di fronte a loro; Sasori invece annuì semplicemente andando a sedersi di fianco al biondo.
Gaara tirò nuovamente Matsuri verso di sé, e ad aprire il discorso fu di nuovo Deidara.
"Allora" iniziò allegramente "direi di fare le presentazioni come si deve!" disse, tendendo la mano verso di lei e sorridendole apertamente.
 

***
 

"Quindi Ino ci ha fatto venire qui perché non ha uno stupidissimo vestito per quella festa?" domandò la rosa alzando un sopracciglio.
"B-beh, sai come lei ci tenga a queste cose.." mormorò Hinata.
"Credo che voglia anche convincervi ad andare insieme a lei" aggiunse TenTen.
"Può darsi che tu abbia ragione.."
"A-andare con l-lei?!"
"Tranquilla Hina, credo che Neji sia abbastanza irremovibile su questo punto" disse ridacchiando la castana.
*driin*
"Deve essere lei" disse poi, sentendo il campanello.
Sakura si alzò, avviandosi verso l'entrata: "tranquilla Ten, vado io".
Aprì la porta e sbiancò, trovandosi davanti Ino con due enormi borse contenenti scarpe e vestiti.
"Buon giorno, Fronte Spaziosa! Che fai lì impalata? Dammi una mano" le disse, porgendole una borsa.
"Ino-Pig! Che diavolo è tutta questa roba?!"
"Oh nulla" rispose la bionda con aria innocente "solo qualche cosina da far provare a Hinata, e ovviamente anche a te.."
"Credevo che fossi venuta per il TUO vestito" si intromise TenTen.
"Certo! Ma non posso lasciare che queste due mi accompagnino vestite in modo indecente" esclamò prendendo sotto braccio le ragazze.
"Hei frena" disse Sakura dimenandosi e alzando le mani "chi ha detto che io ti accompagno?".
"Tranquilla Fronte Spaziosa, ti convincerò! E tu, Hinata" disse facendo sussultare la corvina "non preoccuparti: per te ho già pensato a tutto" concluse facendole l'occhiolino.
La corvina la guardò preoccupata, per poi spostare gli occhi su TenTen che le rispose alzando le spalle, facendole intendere che ne sapeva quanto lei.               "Ma adesso basta perdersi in chiacchiere!" continuò poi la bionda battendo le mani, felice come una bambina "ehm Ten? Hai chiesto a tua madre se.."

"Certo: nessun problema, è già di là che ti aspetta" rispose l'altra indicandole la porta della cucina.
"Perfetto!" esclamò avviandosi, poi si fermò squadrando Hinata e Sakura "e voi due, non pensate di stare qui a perdere tempo: non ho portato quelle borse per niente" concluse avviandosi nell'altra stanza.

La rosa sbuffò contrariata, sedendosi sul divano.
"Sakura? Hai sentito che ha detto?"
"Si, Ten, ma non ho intenzione di.."
"SAKURA, MUOVITI!"
L'urlo di Ino, anche se proveniente dalla cucina, fu abbastanza convincente da farla scattare in piedi. Così cominciò a svuotare le borse, aiutata dalle altre due.
"Però iniziamo da Hinata" disse la rosa, sorridendo alla Hyuga.
"C-cosa? P-perch.."
"Hina! Questo vestito deve starti benissimo"

L'esclamazione di TenTen fece voltare le altre due, incuriosite.
"Ten ha ragione: provalo!"
Sakura la prese per un braccio sorridendole mentre le porgeva l'abito e, conoscendo la sua timidezza, la sospinse verso il bagno in modo che potesse cambiarsi in tranquillità.
La corvina sospirò chiudendosi la porta alle spalle e soppesando il vestito lilla che teneva in mano: la stoffa era morbida e non troppo leggera, piacevole al tatto.
Si decise infine a cambiarsi e, quando ebbe finito, chiamò le altre due.
"Hinata, sembra fatto apposta per te!"
"Sono d'accordo con Sakura. Scommetto che a te sta meglio di quanto non stesse a Ino!"
Sorrise imbarazzata ai complimenti ricevuti e, guardandosi allo specchio, non trovò parole per ribattere:
il vestito non aveva le spalline e i capelli le sfioravano le spalle nude, una fascia bianca le metteva in risalto il seno senza essere volgare e al centro di essa c'era un piccolo fiore con dei brillantini argento; poco sotto l'abito si allargava poi in una gonna lilla non aderente che le arrivava un po' sopra il ginocchio, lasciandole scoperta una parte delle gambe.
Il tutto stava benissimo con la sua pelle e creava un forte contrasto con i lunghi capelli corvini.
"Naruto non potrà non notarti" esclamò poi TenTen ridacchiando e mettendole un braccio intorno alle spalle.
Hinata arrossì di botto e, anche se non lo disse, in cuor suo quella di andare ad una festa non le sembrò più una così cattiva idea.
 

***
 

Era pieno pomeriggio quando Shikamaru arrivò in una di quelle che neanche molto tempo prima era una delle zone più popolari del Quartiere.
In una posizione favorevole, quella parte della città era composta per metà da stradine a senso unico e per il restante da vicoli ciechi; certo, non che ormai avesse più molta importanza, dato che lì di macchine non se ne vedevano probabilmente da diversi anni. O almeno, non macchine funzionanti.
Continuò a camminare e superò una carrozzina abbandonata e sporca di sangue, circondata da una cascata di cocci di vetro trasparente; poco più avanti una bambola decrepita dall'espressione neutra osservò il suo passaggio, fissandolo con l'unico occhio blu e macilento che le era rimasto. Rabbrividì leggermente continuando a camminare.
Arrivato a destinazione, si appoggiò al muro di un edificio tenendo d'occhio la strada e facendo saettare gli occhi da un vicolo all'altro, battendo nervosamente un piede a terra. Quella era la zona dove, quelle rarissime volte che ci andava, la polizia poteva trovare cadaveri ficcati nei cassonetti, o abbandonati in qualche vicolo.
E lui non voleva di certo essere il prossimo.
Osservò la sua ombra magra e allungata sull'asfalto e iniziò a canticchiare nella sua testa, sperando che James Hetfield riuscisse con le sue parole a convincerlo che stesse facendo una grandissima cazzata.

*End of passion play, crumbling away
I’m your source of self-destruction
Veins that pump with fear,
sucking dark is clear
Leading on your deaths construction*

Com'era possibile che lui, considerato praticamente un genio, fosse caduto talmente in basso? Certo, quella sarebbe stata 'solo' la terza volta, ma già una sarebbe dovuta essere abbastanza.
E invece era ancora lì, era tornato. Perché sentiva di averne bisogno, ancora..anche solo per un'altra volta.

*Taste me you will see
More is all you need
Dedicated to
How I’m killing you*

Scorse un movimento in fondo alla strada e vide una figura incappucciata e vestita completamente in nero camminare frettolosamente nella sua direzione. Si staccò dal muro mentre nella sua testa la canzone continuava e andò incontro al ragazzo, sicuro che non poteva essere che lui.
L'altro alzò la mano in segno di saluto.
"Immagino che tu sia Shikamaru.."
Il ragazzo parlò a bassa voce, con la testa bassa e le mani nella tasca della felpa.
"Esatto. Tu sei..?"

"Non ti serve sapere chi sono io"
Il Nara scrollò le spalle, per poi rispondere:
"Come vuoi, mi basta solo che tu abbia ciò che ho chiesto"
"Sicuro" disse l'altro sorridendo e tirando fuori dalla tasca della felpa una bustina, contenente una polvere bianca "ma voglio i miei soldi, sia chiaro"
Shikamaru osservò attentamente la busta, per poi porre la sua domanda:
"Quanto?"
"70"
Si morse il labbro e guardò attentamente il sacchetto, non riuscendo a trattenersi dal fare un verso di disappunto.  "Senti, non sono stupido. Quella quantità può costare al massimo 60$"                                                                L'altro assottigliò gli occhi e li fissò nei suoi, per poi sorridere leggermente.                                                Aveva le guance scavate e due profonde occhiaie sotto gli occhi.                                                                                "Hai ragione, non sei stupido..vada per i 60, ma solo perché mi stai simpatico, Nara".                                 Shikamaru tirò fuori le banconote e l'altro allungò il braccio per porgergli la bustina; la felpa nera e larga gli scivolò lungo l'avambraccio, scoprendogli il polso davvero troppo ossuto e dall'aria estremamente fragile.

*I will occupy
I will help you die
I will run through you
Now I rule you too*

Prese la bustina con un certo fermento e rispostò gli occhi sul viso di quel ragazzo di cui non conosceva neanche il nome, e che di sicuro stava messo peggio di lui.
La pelle era pallida, le labbra sottili aride e secche, solcate da minuscoli taglietti; le guance profondamente scavate, gli occhi penetranti di un azzurro ghiaccio intenso erano infossati e contornati da due occhiaie violacee, le sopracciglia coperte da un ciuffo di capelli biondo scuro.
"Cerca di non finirci sotto"
Shikamaru si risvegliò dai suoi pensieri, sorpreso da quell'affermazione inaspettata.
"Che cosa?"
"Hai capito quello che ho detto. Di solito vendo la coca e basta, senza farmi tanti problemi, ma come ho detto tu mi stai simpatico. Non finirci sotto, sei ancora in tempo: non rovinarti così, non in questo modo".
Non seppe cosa dire, così annuì semplicemente rimanendo con le labbra socchiuse. Avrebbe voluto dire a quel ragazzo che magari era ancora in tempo anche lui, che sarebbe potuto uscirne.
Ma l'altro si girò e lo salutò con un cenno stanco della mano, incamminandosi poi frettolosamente verso il luogo dal quale era venuto.

*Master of puppets
I’m pulling your strings
Twisting your mind
and smashing your dreams
Blinded by me,
you can’t see a thing*

Cristo, quel ragazzo poteva avere la sua età, o magari anche meno. Non poteva essere davvero troppo tardi, poteva farcela. 
L'avrebbe aiutato, lui non ci sarebbe finito sotto. Si immaginò di urlare il suo nome e farlo voltare, ma non lo fece:
il suo nome non lo sapeva e non avrebbe saputo come aiutarlo.
Una sensazione spiacevole gli aveva invaso il corpo, togliendogli il respiro.
Guardò la bustina bianca che teneva ancora in mano, questa volta con una punta di incertezza.
'È solo la terza volta' pensò poi, prima di girarsi e iniziare a camminare nella direzione opposta rispetto all'altro.
Nella sua testa, James Hetfield pronunciava gli ultimi versi.

*Just call my name,
’cause I’ll hear you scream
Master, master
Just call my name,
’cause I’ll hear you scream
Master, master*

 

---

Saaalve a tutti, sono TheGirlOfTheSand.

Dopo un po' di tempo (causa mooolti impegni) sono finalmente riuscita ad aggiornare. Spero come al solito che il capitolo vi piaccia, ma sarò felice di accettare qualche consiglio per migliorare! Vi chiedo scusa se il testo non si dovesse visualizzare benissimo, ma ho avuto qualche problema con il computer..ah, e la canzone nel capitolo, che magari conoscete, è Master Of Puppets dei Metallica. In caso contrario vi invito ad ascoltarla! ;)

E niente, dico solo che probabilmente nei prossimi capitoli ci sarà una sorpresina che spero apprezzerete:)

Non ho altro da dire, se non augurarvi, con un giorno di ritardo, una buona Pasqua.                                        Alla prossima!

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Capitolo 13
*** 13 ***


"E sei sicuro che Jiraya ti permetterà di tenerlo?" gli chiese Sasuke in tono scettico.
"Non vedo perché no, ma in ogni caso cercherò di convincerlo!" esclamò il biondo in risposta, accarezzando dolcemente la testa del cucciolo che teneva tra le braccia.
"Già" continuò l'altro alzando gli occhi al cielo "dimenticavo quanto puoi essere testardo e seccante a volte..".
Rimase in silenzio qualche istante, pensando a cosa dire. Sasuke era già intrattabile di natura, ma c'erano cose che lo facevano scaldare più di altre, come ad esempio..sentirsi dire quanto fosse intrattabile o quanto avesse un pessimo carattere.
"Direi che Karin non è riuscita a farti rilassare molto.."
La frecciatina ottenne l'effetto sperato: l'Uchiha gli lanciò uno sguardo glaciale e intimidatorio ma, come la maggior parte delle volte, non rispose, limitandosi ad aggrottare la fronte.
"Magari un cagnolino renderebbe più allegro anche te!" gli disse poi, piazzandogli il cucciolo davanti al viso.
Kurama, incuriosito, avvicinò il musetto alla faccia dell'Uchiha, guardandolo per qualche istante e leccandogli poi affettuosamente la punta del naso con la lingua umida e leggermente ruvida.
Sasuke si ritrasse infastidito e si pulì immediatamente con la manica della felpa, per poi voltarsi e avviarsi lungo la strada.
"Non avvicinarti più a me con quel sacco di pulci. E poi io preferisco i gatti" disse poco dopo con tono freddo.
Naruto, spazientito, decise di non ribattere, raggiungendo invece l'amico e limitandosi a camminargli a fianco; odiava quegli attimi di silenzio in cui sembra non si sappia cosa dire, lo mettevano come in imbarazzo: lui era abituato a parlare tanto e ininterrottamente, ed era forse per questo che andava particolarmente d'accordo, ad esempio, con Sakura.
In effetti non sapeva con certezza cosa lo avesse spinto a conoscere l'Uchiha approfonditamente, ma c'era da dire che la nascita della loro amicizia risaliva a giorni ben lontani e sicuramente migliori di quelli. Le loro madri, da quel che si ricordava e da ciò che gli aveva detto Jiraya, erano state infatti buone amiche già da prima della loro nascita e, probabilmente, questo aveva influenzato positivamente il loro rapporto .
C'era da dire che le premesse non erano però state delle migliori: troppo diversi di carattere e nei modi di fare, da bambini litigavano spesso anche per cose futili o, solitamente, per vedere chi dei due fosse più bravo in qualcosa. Di sicuro questo era dovuto al fatto che, un tempo, considerava Sasuke un bambino spocchioso e arrogante, convinto di poter fare qualsiasi cosa e meglio di chiunque altro; non che fosse cambiato molto, ma almeno sotto quel punto di vista era maturato un po'.
Guardò il ragazzo di fianco a lui con la coda dell'occhio e ridacchiò al pensiero di tutte le 'competizioni' che aveva perso, sentendosi quindi sempre un passo indietro a lui, ma che ora di fatto non contavano più nulla.
L'Uchiha si girò a guardarlo con gli occhi neri ridotti a due fessure e un'espressione tra l'incazzato e l'interrogativo.
"Mi spieghi perché ridacchi e perché hai quell'espressione ebete o è meglio che io non lo sappia?" gli chiese dopo pochi istanti, scocciato.
Il biondo alzò gli occhi al cielo, scrollando le spalle mentre continuava ad accarezzare Kurama.
"Niente in particolare".
L'altro non insistette, visto che in fondo non gli interessava veramente saperlo.
L'Uzumaki sospirò leggermente e fece scivolare lentamente lo sguardo lungo la strada, accorgendosi che avevano, come al solito, camminato a vuoto e senza meta ognuno perso nei propri pensieri, finendo così in una parte del Quartiere totalmente casuale; non di rado giungevano in zone sconosciute o giravano in tondo.
"Teme, tu sai dove siamo?" chiese, guardandosi meglio intorno.
Si accorse che la strada in quella zona era meno disastrata e gli edifici meno decadenti, anche le recinzioni quasi intatte e prive di ruggine, oltre che alle basse siepi ben tenute, sembravano indicare una maggior cura e attenzione in quella zona.
C'erano alcune persone che sembravano addirittura camminare tranquille per quelle strette vie, come se si fossero dimenticate del luogo in cui si trovavano. Il marciapiede era inoltre insolitamente pulito e i muri poco rovinati e scrostati, mentre la maggior parte dei lampioni era in buono stato e dunque, anche grazie al lavoro di Shikamaru e suo padre, presumibilmente funzionante.
Due ragazzini li superarono all'improvviso correndo dietro a un pallone da calcio e, quando ebbero svoltato l'angolo poco più avanti, le loro risate riecheggiarono per qualche istante nell'aria, trasportate dal leggero venticello freddo che aveva iniziato a soffiare.
Kurama abbaiò loro un paio di volte, ma i due si erano ormai già allontanati.
Naruto pensò che probabilmente erano finiti nella parte più 'benestante' del Quartiere.
"Abbiamo superato da poco la casa di Ino e poi abbiamo svoltato a destra.." mormorò l'altro, come se stesse ragionando a voce alta.
"Allora qui c'è l'Ichiraku!" esclamò con gli occhi che brillavano al solo pensiero del suo, o almeno lo era un tempo, ristorante preferito e di tutte le leccornie che vi aveva mangiato. Non che avesse variato molto le pietanze, aveva infatti ordinato praticamente sempre ramen, ma l'Ichiraku era comunque uno dei ristoranti più rinomati di tutta la città.
"Non sappiamo se sia ancora aperto e inoltre non era proprio in questa zona".
Stava per parlare, ma l'altro lo precedette.
"E no: non andremo a vedere se è ancora aperto" disse infatti l'Uchiha categorico, bloccando sul nascere la sua proposta.
Si trattenne dallo sbuffare e, sul punto di ribattere, venne di nuovo preceduto.
"In ogni caso mi pare che qui vicino si trovi il locale di cui ci hanno parlato Ino e Sai.." disse infatti l'Uchiha con aria pensierosa. Quasi certamente stava cercando di ricordare se il posto si trovasse davvero nei paraggi.
Mentre ragionavano e discutevano su se fosse seriamente il caso di cercarlo e andare a dare un'occhiata, passarono davanti a un edificio non troppo alto e dalla forma squadrata, costruito con mattoni color rosso scuro. In alto c'erano delle piccole finestre aperte, dalle quali fuoriuscivano dei colpi sordi e dei grugniti dovuti a un intenso sforzo fisico, oltre che ad alcuni frasi di incoraggiamento e quelli che dovevano essere dei consigli tecnici.
Sopra le grandi porte d'ingresso, spalancate, si trovava un'insegna che, a causa del sole e delle intemperie, era ormai illeggibile. Si intravedevano solo uno sfondo verde e una scritta rossa/arancione, che un tempo dovevano essere stati piuttosto appariscenti e in grado di attirare l'attenzione.
Entrambi si spremettero le meningi nel tentativo di ricordare cosa si trovasse qualche anno addietro in quel punto, ma ogni sforzo sembrava vano.
Ad un tratto, però, udì una frase che lo fece bloccare all'istante.
"Complimenti Rock Lee, migliori a vista d'occhio!"
Si girò sbalordito verso l'Uchiha che però rimase, come al solito, quasi indifferente: il ragazzo dai capelli a ciotola abitava da tutt'altra parte della città.
Certo, questo non gli impediva affatto di spostarsi ovunque, ma non si sarebbe mai aspettato di incontrarlo proprio lí e in quel momento.
"Vieni Sasuke, andiamo a vedere" sussurrò all'amico, afferrandogli una manica della felpa.
L'altro si dimenò, cercando di allontanarsi.
"Tu non sai mai farti i cazzi tuoi, vero?"
Il biondo sbuffò, borbottando qualcosa in risposta e continuando a trascinarselo dietro fino all'entrata dell'edificio.
Una volta arrivato, si sporse leggermente oltre lo stipite della porta, mentre tratteneva l'amico che stava nuovamente tentando di allontanarsi. Osservò l'interno, facendo scorrere lo sguardo lungo tutta l'ampia stanza che gli si era presentata di fronte:
era un unico ambiente, quasi totalmente spoglio, dalle pareti grigiastre e dal pavimento in gomma dura color verde scuro; in giro per la stanza erano disposti, alla rinfusa, vari attrezzi da palestra e da allenamento, alcuni più professionali di altri, mentre in fondo sulla sinistra si potevano scorgere due porte.
Aveva tutta l'aria di essere una palestra e, più precisamente, una palestra di arti marziali.
Decise che, siccome non gli sembrava ci fosse niente di segreto, non aveva senso spiare e nascondersi; si spostò quindi esattamente di fronte all'entrata, ignorando le proteste e le domande di Sasuke, e ascoltò la conversazione che stava avendo luogo.
"Ricorda che non conta solo la forza, ma che anche la tecnica è altrettanto importante..spesso tendi a dimenticarlo".
A parlare era stato un uomo sulla cinquantina che, Naruto stentava quasi a crederci, era la copia, un po' più in là con l'età, di Rock Lee.
I due continuarono a parlare, ma lui si concentrò su una figura un po' più distante e che si limitava, come lui, ad ascoltare la conversazione. Inizialmente non lo aveva riconosciuto, ma ora non aveva dubbi: quei lunghi e lisci capelli color castano scuro erano inconfondibili.
Stava per entrare e chiamarli, ma Rock Lee parlò prima di lui.
"Vieni Neji, possiamo andare. Arrivederci maestro Gai!"
I ragazzi si girarono verso di lui, rimanendo sorpresi nel vederlo lì, in piedi sulla porta e immobile.
"Naruto?" lo Hyuga lo squadrò dall'alto in basso e parlando con tono insolitamente diffidente "da quanto sei qui?".
Il biondo alzò le mani in segno di innocenza.
"Solo da qualche minuto, ma non sono solo!" ammise, afferrando l'Uchiha e trascinandolo di fianco a sé "io e il Teme passavamo per caso da queste parti e abbiamo sentito qualcuno chiamare Rock Lee, così ci siamo incuriositi".
"Parla al singolare, Dobe, io non c'entro niente" disse l'altro in modo ostile e liberandosi dalla sua presa.
"Quindi non avete visto il mio allenamento?!" domandò Rock Lee, quasi sconsolato: gli sarebbe piaciuto avere un parere esterno.
I due lo guardarono straniti e scossero la testa, mentre Neji iniziava a lisciarsi una ciocca dei lunghi capelli.
"Si, mi alleno nelle arti marziali. Ma ora andiamo, vi spiegheremo lungo il tragitto verso casa".
Uscirono così dalla palestra e percorsero a ritroso la strada fatta in precedenza, mentre il vento iniziava a soffiare più forte e ogni possibilità di dare un'occhiata al nuovo locale andava totalmente in fumo.
 
***
"Quindi mi stai dicendo che sono ormai anni che ti alleni nelle arti marziali?" chiese Naruto a Rock Lee, sbigottito e incuriosito allo stesso tempo.
Lui camminava dietro di loro, insieme a un Sasuke che non sembrava affatto dare peso alla notizia o ad alcuna cosa dicessero gli altri due. Questo, doveva ammetterlo, gli faceva veramente piacere: Rock Lee avrebbe fatto meglio a non parlare troppo e l'Uzumaki a non fare troppe domande, specialmente se scomode.
Riscuotendosi da questi pensieri, si accorse di essere intento, ancora una volta, a giocherellare con una ciocca della sua lunga chioma. Lasciò ricadere i capelli sulla spalla e poi gettò uno sguardo a Sasuke, che teneva lo sguardo fisso davanti a sé e non lasciava trasparire alcuna emozione, limitandosi a camminare tranquillo con le mani nelle tasche. In questo non c'era assolutamente niente di atipico, ma era consapevole di quanto il ragazzo fosse attento ai piccoli gesti e il suo tic nervoso dei capelli, ne era sicuro, non era di certo passato inosservato.
"E tu, Neji, pratichi le arti marziali?"
La domanda lo colse impreparato e, sobbalzando, si girò verso l'amico.
"Faccio qualche allenamento ogni tanto, ma niente di più" rispose, riuscendo a controllare la voce alla perfezione.
Si aspettava un altra domanda, ma l'Uchiha rimase in silenzio, permettendogli così di cogliere un altro frammento della conversazione degli altri due.
"Quindi mi stai dicendo che partecipi anche a dei veri tornei?!"
Alla domanda di Naruto si irrigidì di colpo e gli si inaridì la bocca; con la coda dell'occhio notò inoltre che Sasuke gli aveva lanciato uno sguardo alquanto inquisitorio.
'Accidenti' pensò, cercando di ricomporsi e sperando che Rock Lee liquidasse la domanda. 
"Oh no, o almeno non ora. Da bambini però io e Neji abbiamo partecipato a un sacco di gare!"
"Davvero?"
L'Uzumaki si girò verso di lui, incredulo e con gli occhi sgranati.
Si limitò ad annuire in segno di assenso.
"E perché non ce ne avete mai parlato?" domandò nuovamente il biondo.
Scrollò le spalle: non c'era un vero e proprio motivo, semplicemente non ne aveva avuto occasione e nessuno glielo aveva mai chiesto.
Dopo pochi minuti, con suo sollievo, la conversazione si spostò su altri argomenti, permettendogli così di rilassarsi un attimo.
Con una scusa riuscì poi a congedarsi dagli altri, rimanendo solo con Rock Lee, il quale non sembrava però minimamente turbato.
"Ti rendi conto di quanto abbiamo rischiato oggi?" gli chiese di punto in bianco, cogliendolo impreparato.
"Non c'è niente di cui preoccuparsi" gli rispose l'altro, dopo qualche secondo di riflessione "Ho detto a Naruto che non partecipo ad alcun tipo di competizione, non vedo perché dovrebbe sospettare qualcosa".
Rimase in silenzio, pensieroso. Forse era semplicemente lui che si agitava troppo e si preoccupava di cose superflue o addirittura inesistenti.
"Può anche darsi" mormorò "ma ricordati di Sasuke, lui potrebbe nutrire dei dubbi".
Si fermarono sul marciapiede uno di fronte all'altro: le loro case si trovavano in direzioni opposte.
"Sta tranquillo, nessuno al di fuori della Squadra 9 ne saprà mai qualcosa!" esclamò l'altro, mostrandogli il pollice in sù.
A quell'affermazione percepì un lieve sorriso malinconico increspargli le labbra.
"Sarà meglio così".
Fu l'unica cosa che disse, prima di voltarsi e iniziare a camminare lentamente verso casa. Allacciò poi la zip del maglione che indossava e si sistemò i capelli: il vento aveva cominciato a soffiare più forte.
 
---
 
Saaalve a tutti, sono TheGirOfTheSand..tornata con questa storia dopo una pausa infinita. Che dire, non mi piace lasciare le cose incomplete e, devo ammetterlo, mi mancava scrivere.
Con la speranza che il capitolo vi piaccia e che il mio ritorno faccia piacere anche a voi, vi auguro una buona giornata e una buona lettura..alla prossima (sperando sia entro breve)!

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Capitolo 14
*** 14 ***


"Ehhhh?! Avete incontrato Naruto e Sasuke?"
TenTen, seduta a gambe incrociate sul letto e totalmente scioccata, cercò di mantenere un tono di voce controllato e basso per evitare che sua madre, dalla cucina, potesse sentire e sospettare qualcosa.
Ino, Sakura e Hinata se n'erano andate circa un'oretta prima, dopo aver provato infiniti accostamenti di abiti e scarpe e averla costretta a indossare un completo blu scuro che però, doveva ammetterlo, in fondo non le stava affatto male. Lanciò un'occhiata all'armadio con l'anta leggermente socchiusa, intravedendolo all'interno.
"Si, ma non credo ci saranno problemi".
Si girò all'istante verso Neji, in piedi di fronte a lei e appoggiato con la schiena alla porta in legno scuro, fortemente in contrasto con le pareti bianche della stanza. Si scontrò con i suoi occhi di ghiaccio, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine e il suo sguardo freddo non le faceva piú cosí effetto, o almeno non come all'inzio.
"Potrebbe anche essere che vi abbiano seguiti o che sappiano qualcosa dei tornei.." mormorò pensierosa mentre era intenta a sistemarsi i capelli: uno dei due codini si era infatti leggermente allentato.
'Però sarebbe impossibile..' pensò, mordendosi la lingua 'siamo sempre stati attenti a non lasciarci sfuggire una parola e, da quel che abbiamo constatato, nessuno che conosciamo sembra frequentare i tornei'.
"Dovresti rilassarti".
Neji la guardava dall'alto con un'espressione sarcastica leggermente accennata e che, probabilmente, solo lei, Hinata e Hanabi erano in grado di scorgere su quel viso dai lineamenti sempre cosí rigidi e composti. Un lieve sorriso increspò leggermente le fini e pallide labbra del ragazzo.
"Sappiamo entrambi di essere stati tutti e tre attenti, è impensabile che ci abbiano scoperto" le disse però poco dopo con voce seria.
Lo Hyuga si avvicinò poi a lei, scuotendo leggermente la testa in segno di dissenso; prese poi a disfarle il codino che si era appena fatta, sfiorandole i capelli con le lunghe dita e accarezzadole di tanto in tanto la testa.
"A proposito" disse, ricordandosi di una cosa "all'ultimo torneo mi pare ci siano stati un po' di problemi, o è una mia impressione?".
Neji rimase imperturbabile, continuando ad armeggiare abilmente con i suoi folti capelli.
"Può darsi, ma non ho idea di cosa sia successo. Qualcuno potrebbe aver semplicemente 'giocato sporco' ed essere stato scoperto".
"Come se le attuali regole di quelle competizioni fossero anche solo lontanamente corrette.." mormorò contrariata, aggrottando la fronte.
Cercava di continuare a pensare all'incontro di Neji e Rock Lee con Naruto e Sasuke: poteva davvero essere stata solo una coincidenza? I due sapevano qualcosa? Erano lí per conto di qualcuno?
Le mani di Neji tra i suoi capelli però la rilassavano, distraendola dai suoi pensieri e impedendole di ragionare in totale luciditá. Ad un tratto il ragazzo si fermò, prendendola per le spalle e facendola ruotare verso di lui.
I suoi caldi occhi color cioccolato rimasero per un istante intrappolati in quelli glaciali e compatti di lui, questa volta piú intensi del solito, senza tuttavia riuscire a sostenerli per piú di qualche secondo.
"So a cosa stai pensando: ma non ce n'è motivo. In fondo non facciamo niente di cosí sbagliato"
"Oh hai ragione" rispose ironicamente "se non per il fatto che, tecnicamente, sarebbe illegale".
L'espressione di Neji si indurí di botto e sentí la pressione delle sue mani sulle spalle aumentare. Il ragazzo fece poi un respiro profondo, cercando di rilassarsi.
"Sai bene che per Rock Lee e il maestro Gai è importante. Tutto ciò che possiamo fare noi è.."
"Sostenerli, come loro fanno sempre con noi".
Neji le sorrisse: "esatto".
Spostò poi nuovamente lo sguardo sui suoi capelli, contrariato; sistemò un ciuffetto che era andato fuori posto e la guardò soddisfatto.
"Molto meglio" le disse infine, baciandola sulla fronte.Prima che potesse riallontanarsi lo attirò a sè, avvicinando il volto al suo e sfiorandogli le labbra con la punta della lingua; lo Hyuga, sbilanciato, si mosse leggermente in avanti, appoggiando le mani al letto, ai lati della ragazza.
Lo prese poi per il colletto della camicia che, tempo prima, il ragazzo portava sempre e rigorosamente abbottonata. All'inizio per lei, nonostante il suo carattere forte e determinato, era stato difficile anche il solo parlare con quel ragazzo all'apparenza cosí freddo, distaccato e che, specialmente all'inzio, non sembrava nutrire il benchè minino interesse nei suoi confronti. I primi tempi le era risultato davvero complesso interpretare i suoi gesti, capire le sue parole o cercare di intuire cosa gli passasse in quella dannata testa ma, poco a poco e con molta pazienza, aveva imparato a cogliere ogni incrinatura nella maschera che si era costruito e ogni piú insignificante sfumatura nella sua voce, la maggiorparte delle volte piana e dal timbro alquanto monotono.Neji all'inzio non si curava di lei e non si era certo accorto del fatto che lo stesse 'studiando' o, piú semplicemente, imparando a conoscere. A lui sembrava una cosa piuttosto strana e, per certi versi, futile e insensata..ma forse perchè era stato sempre abituato ad avere al suo fianco degli amici che, nonostante tutto, non se n'erano mai andati; per questo non aveva mai nutrito prima di allora il desiderio di  costruire o approfondire un'amicizia, figurarsi intraprendere una relazione con qualcuna.
Tuttavia piano piano aveva cominciato a nutrire un certo interesse verso quella ragazza cosí cocciuta e talvolta maldestra, ma anche dolce e apprensiva. Doveva ammettere che quei capelli castani e quegli occhi caldi e accoglienti l'avevano stregato lentamente, fino a spingerlo a dichiararsi..ovviamente con grande stupore di tutti.
Sorrise leggermente al ricordo delle facce sconvolte di tutti quelli che avevano assistito alla scena.
"Cosa c'è?" Lo Hyuga si staccò leggermente da lei, soffiandole le parole sulle labbra.
"Niente, stavo solo pensando.." disse, con leggerezza. "A qualche anno fa" continuò, anticipando la domanda di lui "quando pensavo che non sarei mai riuscita neanche ad avvicinarmi a te..".
Neji la guardò leggermente contrariato: odiava quando si sminuiva cosí, come se lui poi fosse un Dio sceso in terra. Il suo sguardo si addolcí però poco dopo e il ragazzo le si avvicinò, sfiorandole il naso con il suo.
"Direi che allora è finita meglio di quanto sperassi" le disse, prendendola per i polsi e facendola alzare. Le cinse poi la vita con le braccia, stringendola a sè e facendo aderire i loro corpi che, ormai, si incastravano alla perfezione; le accarezzò una guancia e la baciò a lato delle labbra, lasciandole infine una lunga scia giú fino al suo collo dalla pelle vellutata, che lui conosceva bene.
TenTen sorrise, godendosi al massimo quei sporadici momenti di tenerezza che Neji le concedeva. Gli mise le mani tra i lunghi capelli, attirandolo maggiormente a sè e sospirando percepeno la sua lingua calda lambirle il collo. Ad un tratto però, il ragazzo si bloccò, spostando lo sguardo sul suo viso.
"Ragazzi, è pronta la cena!".
Il richiamo di sua madre dalla cucina interruppe l'atmosfera che si era creata tra loro in quel breve lasso di tempo, lasciandola però chiaramente percepibile nell'aria.
"Anzi, ti dirò" iniziò poi il ragazzo spostandosi da lei a avviandosi verso la porta "è andata davvero benissimo..".
Inclinò la testa guardandolo in cerca di spiegazioni, senza però trovarne in quel volto composto e improvvisamente serio.
"Ho deciso di presentarti a mio padre".
Quelle parole furono come un fulmine a ciel sereno: le si sgranarono gli occhi, mentre le labbra iniziarono a tremarle quasi impercettibilmente e il respiro le si mozzò in gola. Se Neji aveva deciso di presentarla in famiglia, significava che era una cosa seria..e lei non poteva che esserne felice e, a dirla tutta, anche un po' ansiosa.
"Non preoccuparti, sono certo che gli piacerai".
Gli sorrise dolcemente, mentre delle lacrime le si accumulavano ai lati degli occhi, senza tuttavia essere in grado di uscire e scorrere delicatamente sulle sue guance.
Fece qualche passo in avanti e, prendendolo per mano, si avviò verso la cucina dove sua madre li attendeva.
 
---
 
Nonostante quella notte non avesse, come al solito, praticamente dormito e fosse piuttosto stanco, non gli era proprio riuscito di stare a casa a riposarsi per piú di qualche ora; i 'lavoretti' commissionatigli negli ultimi tempi non erano stati dei piú semplici, non che fosse un grande problema per lui: era sempre stato abituato a fare le ore piccole e il guadagno aumentava considerevolmente, permettemdogli di tirare, seppur per un breve periodo, un sospiro di sollievo a livello economico.
Si fermò davanti alla vetrina di un piccolo negozio ancora aperto, uno dei pochi del quartiere. Il vetro era ricoperto da un sottilissimo strato di polvere che lo rendeva opaco, la grande insegna al neon non era piú funzionante, ma ancora perfettamente leggibile, mentre un cartello bianco recava a caratteri neri, ormai sbiaditi a causa del sole, la scritta 'aperto'. In vetrina erano esposti ogni genere di oggetti: da dei vestiti piuttosto scadenti a piccoli arredi per la casa quali vasi o sopramobili, da giocattoli per bambini in plastica colorata a vecchi libri ormai ingalliti e consunti.
Si ricordò di quando, molti anni prima, passava davanti a quel bazar con sua madre e, talvolta, suo padre, fermandosi esattamente nello stesso punto dove si trovava ora e chiedendo gentilmente di potervi comprare qualcosa, che fosse un piccolo gioco o delle caramelle. I primi tempi sua madre gli sorrideva dolcemente e gli comprava sempre quello che voleva, ma col passare del tempo il suo viso, nonostante la giovane età e la bellezza che la contraddistingueva da sempre, si era come spento, lasciando il posto a un sorriso forzato e dispiaciuto; quelle fini labbra di porcellana avevano poi iniziato a pronunciare flebili e inconsistenti parole di scuse; ma lui era un bambino, non di certo uno stupido.
Aveva subito compreso che c'era qualcosa che non andava e aveva infatti accettato i 'No, la prossima volta' con un cenno di assenso della testa, abbassando lo sguardo leggermente ma senza impuntare i piedi o implorare qualcosa che non avrebbe comunque potuto avere. Con il passare del tempo e la nascita di suo fratello aveva poi smesso del tutto di chiedere qualsiasi cosa, diventando sin da subito indipendente e responsabile.
Ora guardare quella vetrina gli metteva addosso un senso di tristezza e malinconia, come se stesse guardando un vecchia foto con impressi momenti che, anche volendo, non sarebbero piú tornare, destinati a sbiadirsi e a essere lentamente dimenticati. C'era però una cosa che gli metteva piú tristezza della vetrina, del ricordo dei suoi genitori o del senso di abbandono del Quartiere: la sua immagine riflessa nel vetro.
La sagoma di un ragazzo di poco piú di vent'anni, con la pelle pallida e i capelli lisci, neri e costantemente raccolti in una coda bassa lo guardava apatico; le occhiaie perenni gli davano un'aria stanca e abbattuta, mentre gli occhi, neri e apparentemente impenetrabili, erano fissi e senza il benchè minimo cenno di esitazione. Fece scorrere poi lo sguardo sul fisico slanciato, che però aveva ormai perso quasi del tutto la possenza e la massa muscolare guadagnati negli allenamenti fino a pochi anni prima.
Gli avevano sempre detto, soprattutto a scuola, quanto fosse brillante e incredibilmente dotato in ogni c, sostenendo addirittura che sarebbe riuscito a costrursi senza problemi una vita tranquilla e agiata al di fuori di quel maledetto posto..ma lui non ce l'aveva fatta, non sarebbe mai riuscito ad abbandonare il Quartiere, non poteva. Quando i suoi erano morti e gli era stato proposto di andarsene aveva rifiutato, perchè non sarebbe mai riuscito a separarsi da lui, da suo fratello, da Sasuke. Sin da bambino si era sempre occupato di lui e crescerlo era ormai diventata come una sfida, una sorta di obiettivo che si era prefissato in maniera da rendere, in qualche modo, i suoi genitori contenti e orgogliosi, nonostante fossero assenti nelle loro vite ormai da tempo.
Certo, ora Sasuke era cresciuto e avrebbe anche potuto badare a se stesso senza il suo aiuto..se non si fosse trovato nel Quartiere. Lasciarlo da solo sarebbe stata una pazzia, e loro non potevano certo andarsene da lí con la presunzione di riuscire a costruirsi una nuova vita senza incontrare alcun tipo di difficoltá.
Stava per rimettere le mani nelle tasche dei jeans neri e sbiaditi che indossava, ma una voce conosciuta e leggermente roca lo chiamò, facendolo voltare.
"Salve, Nekobaa" disse gentilmente, sorridendo all'anziana.
La donna era invecchiata piuttosto male dall'ultima volta che l'aveva vista: numerose rughe profonde, specialmente sulla fronte e ai lati della bocca, le solcavano il viso dalla carnagione scura ma malaticcia. La bocca, sottile e allungata, era distesa in un cordiale sorriso increspato e ricco di piccole crosticine, mentre i lisci capelli, color grigio topo, erano crespi e tenuti indietro da una piccola benda con delle orecchie da gatto.
"Era da tanto che non venivi a trovarmi" esclamò, con la voce roca e leggermente soffocata "come stai? E Sasuke? Sará sicuramente cresciuto..".
"Stiamo bene entrambi e si, Sasuke ormai ha diciassette anni".
"Ma non stare sulla porta: entra pure che ti offro qualcosa!" gli disse poi la donna, facendogli un cenno.
Itachi stava per rifiutare dicendo che aveva intenzione di tornare a casa, ma l'anziana lo guardò con occhi quasi supplicanti. Evidentemente aveva bisogno di compagnia, oltre a quella degli scarsi clienti. Cosí, dopo aver accettato l'invito, entrò e si sedettero ad un piccolo tavolino in ferro all'interno del negozio.
"A proposito, Nekobaa, non c'è Tamaki?"
Mentre attendeva una risposta, si diede, un'occhiata intorno, notando con piacere che ben poco era cambiato nel corso degli anni: il pavimento a piastrelloni neri e bianchi, ormai crepato, era ancora al suo posto, gli scaffali erano minuziosamente ordinati e puliti, cosí come la merce era perfettamente imbustata ed etichettata; la lampada sul soffitto emanava un luce di un pessimo color giallo, mentre un paio di mosche ronzavano fastidiosamente intorno alla lampadina offuscata dalla polvere. Il bancone in plastica verde dove si trovava la cassa era lucidissimo, mentre alcune sedie e tavolini in ferro erano messi a disposizione dei clienti. In fondo, nella penombra, una scala conduceva all'appartamento delle uniche due commesse del negozio.
"Mia nipote è uscita, ma dovrebbe tornare a momenti. È cresciuta molto anche lei, sai?" Nekobaa parlava della ragazzina con voce affettuosa e malinconica, stringendosi nelle spalle, coperte da un pesante maglione arancione che probabilmente aveva realizzato lei stessa. La donna tossí violentemente per due volte, coprendosi la bocca con la mano raggrinzita ma ben curata.
Il ragazzo la guardò leggermente preoccupato, provando tenerezza per quella donna che l'aveva subito preso in simpatia, accogliendolo sempre con delle parole gentili e magari anche un piccolo dolcetto.
"Mi dispiace ma adesso devo proprio andare" disse, alzandosi dalla sedia "e inoltre non vorrei disturbarla oltre, dato che tra poco il negozio chiude, se non erro".
L'anziana ridacchiò: " non dirmi che ti ricordi ancora tutti gli orari a memoria".
Sorrise semplicemente, lasciandole intendere la risposta. Stava per consedarsi, quando la porta del negozio si aprí, facendo tintinnare la campanella che vi era appesa, mentre dell'aria fredda rinfrescava l'ambiente.
"Nonna sono torna.." Tamaki rimase sulla porta, guardandolo senza muoversi. Sua nonna aveva ragione: era davvero cresciuta. Il fisico da adolescente era ancora piuttosto acerbo e androgino, in compenso però si erano meglio delineati i tratti del viso, con il mento leggermente a punta e le guance ben piene. I grandi occhi marroni lo guardavano sorpresi, chiudendosi ipetutamente e mettendo in mostra le lunghe ciglia.
La ragazzina sembrò poi riscuotersi, piegandosi leggermente e inclinando il capo.
"Ohayoo Itachi-san!" esclamò poco dopo, con le guance lievemente imporporate.
Le sorrise in risposta: sapeva del fatto che la ragazzina avesse sempre avuto una cotta per lui, ma del resto era ben evidente e per nulla difficile da capire.
"Lo sai che puoi chiamarmi semplicemente Itachi..tua nonna aveva ragione però: sei davvero cresciuta".
Sentí poi un miagolio provenire dal basso alla sua sinistra e, spostando lo sguardo, intravide due gatti nella penombra, nascosti dietro a uno scaffale.
Nekoba ridacchiò nuovamente: "Pare che Denka e Hina non ti abbiano riconosciuto".
Itachi si chinò, attirando a sè i gatti e accarezzandone poi il folto pelo, mentre i due cominciavano a fargli le fusa. Si alzò dopo qualche minuto: "Ora vado, è stato un piacere rivedervi".
"Anche per noi" gli rispose Tamaki, sorridendo e piegando nuovamente la testa, forse per nascondere il rossore.
"Torna a trovarci" disse invece la donna, stringendogli affettuosamente la mano.
Uscendo in strada si strinse nel maglione blu scuro che indossava, cercando di non perdere calore troppo in fretta a causa del vento che soffiava da ormai giorni. Iniziò poi a camminare verso casa, accendendosi una sigaretta.
Una macchina nera si avvicinava a velocitá sostenuta dalla parte opposta della carreggiata e le lanciò un'occhiata fugace. Fu allora che li vide: due occhi sottili e dalla forma sinuosa, perennemente contorniati da un trucco violaceo; due occhi dalle iridi giallastre e dalle pupille stranamente allungate, unici nel loro genere. Si girò di scatto mentre la sigaretta scivolava lentamente dalle sue dita cadendo infine a terra, ma la macchina era ormai lontana. Dal finestrino del passeggero però, vide una mano estremamente magra, bianca e all'apparenza fragile uscire timidamente. La mano gli fece un leggero cenno come a salutarlo, tornando poi svelta nell'abitacolo.
Adesso era sicuro di non essersi sbagliato. Sapeva bene a chi appartevano quegli occhi: per lui erano inconfondibili.
Ma perchè era tornato? E perchè dopo ormai dieci anni?
Il telefono gli vibrò nella tasca. Lo prese con mani incerte e lesse il nome sul di splay: Izumi.
Senza riuscire a togliersi quegli occhi dalla mente, rispose
 
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Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand ed ecco finalmente il quattordicesimo capitolo della storia che, come al solito, spero vi piaccia. Nulla da dire, a parte che ora la trama andra finalmente un po' avanti, con un corso di eventi che spero apprezzerete.
Come ultima cosa, ringrazio chi ha recensito la storia e chi la segue ancora..alla prossima! .
 
 
 

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