Indice di fuoco

di claws
(/viewuser.php?uid=117343)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esser (vorrei) un solo viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio ***
Capitolo 2: *** Combustione spontanea, o di come i materiali infiammabili prendano fuoco in particolari condizioni ***
Capitolo 3: *** Sucker Punch ***
Capitolo 4: *** Il viaggio, non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze (Itaca non illude) ***
Capitolo 5: *** Al buio non tutte le regole sono scritte ***
Capitolo 6: *** Ci vorrebbe una seconda pelle sottopelle ***
Capitolo 7: *** Esistono storie che non esistono ***
Capitolo 8: *** Dal manuale per esorcizzare le paure, capitolo introduttivo ***
Capitolo 9: *** Eros(a) ***
Capitolo 10: *** Le ultime parole sono quelle famose o quelle di una vincitrice ***
Capitolo 11: *** Nove vite di confessioni ***
Capitolo 12: *** L’acqua è per i perversi, il caffè per le bugie bianche ***
Capitolo 13: *** Romanticidio ***
Capitolo 14: *** Effetto farfalla ***
Capitolo 15: *** Ognuno ha il proprio cruccio e la propria croce ***
Capitolo 16: *** In tinte rubino, ambra e seppia ***
Capitolo 17: *** Fumo diffuso e inferenze ***
Capitolo 18: *** Condividere il giogo ***
Capitolo 19: *** Le ultime Grigie ***
Capitolo 20: *** Perdendo lo smalto ***



Capitolo 1
*** Esser (vorrei) un solo viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio ***




Indice di fuoco









Altar girls, altered girls

They’re the things that love destroys




I loved her with a love thirsty and desperate.

I felt that we two might commit some act so atrocious

That the world, seeing us, would find it irresistible




L’odio e l’adoro. Perché ciò faccia, se forse mi chiedi,

io, nol so: ben so tutta la pena che n’ho.

















Esser (vorrei) un solo viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio


When there’s a Will there’s a Way

(But there’s no Will, there are just Graces)







Non serve porsi la questione Amore o attrazione? o Lei ricambierà? quando le persone coinvolte si trovano in due fazioni opposte. Non serve neanche chiedersi se una eventualità del genere potrà mai finire come Leo e Sherrietta, perché, per carità, quello è teatro, non la vita reale. Certe storie sono degne di essere raccontate soltanto quando non appartengono alla realtà dei fatti – capite cosa s’intende? L’opera Leo e Sherrietta appartiene realmente a un altro piano di esistenza: compare nel nostro universo solo come una storia da rappresentare in uno spettacolo.



Da un certo punto di vista sì, Cacciatrice Bianca e Pugno di Fuoco appartenevano a famiglie nemiche. C’era di stabilire chi, tra le due, fosse Leo e chi Sherrietta, ma era solo uno stimolo per l’immaginazione. Non sarebbe diventato nulla di concreto.

Ma sapete cosa davvero avrebbe impedito a Leo e Sherrietta di amarsi? L’amore per le loro famiglie. Se Leo avesse potuto amare la propria famiglia più di Sherrietta, allora nessuna storia d’amore tragica si sarebbe consumata; se Sherrietta avesse potuto confidare di più nei propri genitori e nei propri parenti, nessuno sarebbe morto.

Certo, se la tragedia non fosse stata scritta, nessuno avrebbe mai usato le parole di Leo nei confronti di Sherrietta per rivolgersi al proprio grande amore; generazione dopo generazione, nessuno avrebbe dato nomi diversi alle rose (che, nonostante il tempo, hanno mantenuto il loro profumo); nessuno avrebbe dato lavoro né agli attori itineranti né a quelli che invece esercitano la loro arte su un’isoletta monotona. Nessuno si sarebbe mai emozionato per la fine tragica di due giovani.

E nessuno avrebbe paragonato la propria storia a quella di quei due ragazzi morti per amore, nessuno avrebbe proposto diverse soluzioni per quel finale in altre canzoni o in altri romanzi.



Invece, invece: Smoker amava troppo la propria famiglia per abbandonarla in favore di un amore che amore poteva non essere.

A questa famiglia appartenevano Tashigi, che Smoker considerava come una figlia, e Hina, quella che più si avvicinava a un’amica. É vero anche che questa famiglia era molto più ampia: era il suo lavoro. Smoker amava il proprio lavoro in Marina come niente altro – esclusi forse i suoi sigari. Era una sfida continua, un continuo opporsi alle idiozie che i piani alti sparavano sulla Giustizia Assoluta: era camminare contro la marea della folla, dando spallate a tutti quelli che cercavano di buttarla giù dal ponte della nave, in pasto alle bestie del sudario marino.

Non c’era nulla di più stimolante del lavoro in Marina.






Non c’era niente di più liberatorio di una vita da pirata.

Anne aveva una famiglia gigantesca, eccentrica e variegata; aveva un Babbo che era una forza della natura; un migliore amico che riusciva ad ascoltarla e a capire perfino com’era il calore del fuoco nelle vene; aveva un compito che le avrebbe permesso di rimanere da sola quando le serviva e di amministrare la giustizia – la Giustizia, non quella spazzatura sbandierata ai quattro venti e sui sette mari dalla Marina.

Non poteva sperare in un ambiente migliore per cauterizzare le proprie ferite; non c’era nessun altro posto al mondo in cui si sarebbe voluta trovare quando un traditore uccise uno dei suoi più grandi amici. Nonostante i dolori, nonostante le difficoltà, la sua famiglia sosteneva ogni fratello e ogni sorella, senza differenze, senza esclusioni.

C’era Rufy, lontano. Ma lui non era un fratello: era oltre. L’equipaggio di cui Anne faceva parte era la sua famiglia; Rufy era un fratello di cuore, di spirito, di anima. Se ce ne sarà la possibilità, dopo la morte Rufy andrà a prendere lei e Sabo e loro tre rivivranno una vita più felice di quella in cui si sono lasciati prematuramente.

E pensare a Sabo portava a Thatch – portava al compito che si era prefissata: la sua famiglia, prima di tutto, prima di qualsiasi altra cosa, prima di se stessa.




Il risultato era scontato. Se due anime così indipendenti si fossero scontrate, ognuna avrebbe poi ripreso la propria strada, senza un ripensamento: come due rette incidenti che, recuperatesi dalla lotta, proseguono punto per punto, nessuno sguardo indietro, nessun cambio di rotta.



Si erano effettivamente scontrate, nella realtà. Come predetto – come era prevedibile, a dire il vero – i loro itinerari, che prima divergevano, si toccarono in un crocevia e poi sfrecciarono lontano, ognuna con la propria famiglia in testa e la propria missione da svolgere, anche se il fumo segue sempre al fuoco, anche se avrebbero potuto capirsi, anche se, anche se—

Non si incontrarono mai più. Una non fu che un fastidio per l’altra e viceversa; un ostacolo, forse un combattimento divertente. Una possibilità remota di raccontare la loro storia c’era, ma era un’eventualità microscopica. Chi scrisse Leo e Sherrietta non trovò nulla di interessante da raccontare in queste due personalità difficili.

Quando due donne amano le loro famiglie e il loro credo più di ogni altra cosa al mondo, come si può raccontare del loro amore – visto che amore tra loro non c’è?



In un universo parallelo, Leo e Sherrietta si sono guardati e non si sono capiti; in un altro ancora, Pugno di Fuoco e Cacciatrice Bianca si sono scontrate e incontrate.




«Due correnti divergevano in un tratto di mare, e io presi la rotta meno frequentata e questo—questo ha fatto tutta la differenza.»




Generazione dopo generazione, forse il fumo ha un odore diverso quando si solleva da gradini (in fiamme) rosso fuoco?





























Note Autrice:

Ehilà! Qualcuno è sopravvissuto a tutto questo? Qualche coraggioso? Qualche incosciente?

Questa è una raccolta di one shots SmoAce in versione genderswap. Già la SmoAce non ha molto seguito, per di più sono entrambe due donne, qui. É un po’ una sfida anche per i lettori, lol. Però ho visto questa challenge e non ho potuto fare a meno di scriverci su quelle venti shots richieste. Che poi non hanno ancora ufficializzato la mia iscrizione, ma io non ho potuto resistere: al limite sarà una raccolta ispirata a questa challenge. Pace.

Gli aggiornamenti saranno regolari, uno alla settimana, stesso giorno, stessa spiaggia e stesso mare. Son già tutte scritte, rivedute e corrette, nonché ordinate per tirar giù una sorta di storia della loro relazione, a parte qualche eccezione.

Spieghiamo un po’ di cose. Il prompt di questo capitolo (che risulta, alla fin fine, un capitolo introduttivo) era Amore Impossibile.

Titolo della storia: si capirà meglio tra qualche settimana. In semiotica, comunque, un indice è un segno naturale, non intenzionale. L’esempio più comune che si fa è quello, indovinate?, tra fumo e fuoco. Il fumo indica (o può indicare) la presenza di un falò, ad esempio: non perché la correlazione sia una convenzione, ma perché è un fenomeno fisico. Alla fine l’ho spiegato lo stesso, lol.

Sottotitoli al titolo della storia: citazione alterata da American Beauty / American Psycho dei Fall Out Boy; citazione da The Shadow of the Torturer di Gene Wolfe; carme LXXXV di Catullo tradotto da Pascoli secondo la metrica barbara, lo si trova in Traduzioni e Riduzioni

Il titolo della shot è una parafrasi estremamente libera di alcuni versi della poesia Road Not Taken di Frost. La prima riga del sottotitolo viene da Between The Acts, ultimo libro scritto da Virginia Woolf: significa “quando c’è la volontà di far qualcosa, si trova un modo”, in sostanza. Ma Will (volontà) è anche il soprannome di William. A qualcuno viene in mente Shakespeare? Bravi, ottima deduzione, Leo e Sherrietta è una versione molto alternativa di Romeo e Giulietta. La seconda riga è una mia aggiunta. Non c’è Will, in questa storia: ci sono soltanto Graces. Grace è un nome inglese, Grazia in italiano. Will & Grace era una serie televisiva, credo, e mi piaceva il gioco di parole, perché in questa raccolta non ci sono uomini, non ci sono Will, ci sono soltanto donne, soltanto Grace. Spero si capisca almeno un pochino, ehm. I FOB non mi fanno male, nooo...

Riprendo una frase dal testo: Certe storie sono degne di essere raccontate soltanto quando non appartengono alla realtà dei fatti. Atteniamoci alla realtà come a quella dell’opera One Piece originale: io vi racconterò un’altra storia, che – essendo non vera – può essere raccontata anche in maniera diversa, possibilmente più stupida, se sono io a scriverla, lol. Vorrei far notare che non intendo scrivere un neo Romeo e Giulietta: Will, per favore, non rivoltarti nella tomba, non ce n’è bisogno.

Questa era la shot più stramba della ventina, perlomeno dal mio punto di vista. Spero non vi abbia spaventato. Si parla dei vari motivi per cui un amore del genere non è stato possibile. Eh, dalla prossima shot si cambia umore, almeno un po’.

Ho giocato molto coi prompt, per cui non aspettatevi cose normali. Il rating rimarrà arancione perché anche in prompt come Eros credo di essere rimasta in termini tali per cui il rosso non è richiesto. Quando ci arriveremo, se qualcuno sentirà che forse è il caso di alzarlo ancora, avrà tutto il diritto di dirmelo. A me non sembra necessario, ecco.

C’è qualcuno che aspetterà il seguito? Mah. Il prompt del prossimo capitolo sarà Colpo di Fulmine. Se vi va, fatevi vivi. (Allitterazioni per far rinsavire quelli che non ce l’hanno fatta e sono svenuti per l’orrore.)

Puff, puff, ho finito. Spero che a qualcuno sia piaciuta!

Alla prossima,

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Combustione spontanea, o di come i materiali infiammabili prendano fuoco in particolari condizioni ***




Indice di fuoco
















Combustione spontanea, o di come i materiali infiammabili

prendano fuoco in particolari condizioni



Ever felt away with(out) me?

(This is your last warning, a courtesy call)







Cappello di Paglia le sarebbe sfuggito ancora. La prima volta quel ragazzino era stato salvato dal criminale più sfuggente e pericoloso del mondo; in quel momento, invece, ci avrebbe pensato la seconda Comandante della flotta di Barbabianca – non il capo dei rivoluzionari, ma comunque una personalità da non sottovalutare.

Per quale motivo Pugno di Fuoco era tornata ad Alabasta, nel Paradiso della Rotta Maggiore? La soluzione era più semplice del previsto, a quanto sembrava: quel marmocchio col cappello di paglia era il suo fratellino. Qualcosa non andava, ma Smoker non riuscì a capire cosa, di preciso.

«Mi dispiace, Cacciatrice Bianca, ma dovrai vedertela con me.»

Smoker, con un gesto secco, ordinò ai propri uomini di rimanere indietro. Presto l’aria sarebbe diventata irrespirabile – rovente. Con una sorta di ringhio, Smoker evaporò in una nuvola di fumo giusto in tempo per contrastare una sfera di fuoco che brillava come un secondo sole. Inviluppata nel fumo, quella piccola stella esplose con un fragore assordante.

Quando Smoker riprese la propria forma umana, era inginocchiata a terra e ansimava per lo sforzo. La ragazzina, al contrario, sembrava molto divertita da tutta quella faccenda. Che faccia tosta.

«Cosa ci fai qui, Portuguese?» Disse Smoker, una volta in piedi. Non poteva essere già priva di forze: doveva proteggere i propri uomini e la popolazione dal capriccio di quei dannati pirati.

«Oh, solo una visita al mio fratellino.» Rispose Anne, facendole l’occhiolino. «Sai, non lo vedevo da un bel po’ di tempo. Non potevo permetterti di catturarlo, ti pare?»

Quella...! Quella si stava praticamente prendendo gioco di lei!

La rabbia la fece ribollire di nuovo in lunghe creste di fumo. Il primo pugno di Smoker mancò Anne per un soffio, il secondo – il destro – la colpì diritta in faccia, ma la guancia di Anne divenne fuoco prima che Smoker potesse riprendere forma umana.

«Ohw, Smoker, non è carino da parte tua tirarmi pugni del genere! Potresti farmi del male!»

Smettere di fumare non era nelle sue intenzioni; forse stava diventando vecchia? Il fiato cominciava a cedere.

La ragazzina si era piegata su Smoker e l’aveva guardata attentamente. Poi le aveva fatto un altro occhiolino (doveva aver capito che la marine non poteva sopportare cose del genere), aveva tirato su un sorrisone da schiaffi e aveva detto: «Piacere di averti conosciuto, ma ora devo proprio scappare. Ho un fratellino da salutare.»

«Non è l’unico motivo per cui sei tornata fino ad Alabasta, Pugno di Fuoco. Capirò cosa mi tieni nascosto.»

Anne si mostrò sorpresa – forse lo era davvero. Poi recuperò il proprio cappello e lo zaino da terra e, prima di cominciare a correre, esclamò: «Sei una persona interessante, Cacciatrice Bianca. Ci vediamo un’altra volta, forse!»

Smoker non fece nemmeno in tempo ad acchiapparla per una gamba con un pugno di fumo, perché quella ragazzina correva come una matta – aveva i carboni ardenti sotto ai piedi, accidenti a lei! Nel giro di un minuto era scomparsa alla vista. Certo, era sicuramente andata da Cappello di Paglia—parlando di quell’altro pirata, con loro c’era anche la Principessa di Alabasta. Cosa diavolo stavano complottando? Qual era il loro obiettivo in quella terra in rivolta?

Più Smoker ci pensava, più le veniva in mente quella dannata marmocchia, e questo la turbava parecchio. Il fatto che il potere di una neutralizzasse il potere dell’altra la faceva innervosire oltre ogni dire – e povera Tashigi, su di lei il capitano sfogava la propria frustrazione.

Se qualcuno, in quel momento – dopo che Pugno di Fuoco era appena sfuggita alla cattura (e con lei anche Cappello di Paglia, accidenti!) –, le avesse chiesto che cosa pensasse di Portuguese, Smoker avrebbe spento il sigaro nell’occhio di chi aveva pensato anche solo per scherzo che quello sarebbe stato l’inizio di una grande amicizia.

Al diavolo! Quella per Pugno di Fuoco sarebbe diventata un’ossessione, volente o nolente, un’ossessione buona o cattiva, impossibile stabilirne la qualità a priori; una come quella che aveva per Cappello di Paglia (uguale? Sicura?), per cui avrebbe seguito entrambi in capo al mondo.



Per breve tempo dopo quel primo scontro, si trattò di un’ossessione lavorativa, per così dire. Smoker si sentiva punta sul vivo perché le era sfuggita una criminale di prim’ordine; come le avrebbe promesso Tashigi qualche giorno dopo, sì, anche Smoker sarebbe dovuta diventare più forte. Per seguire la propria giustizia morale, ma anche per se stessa – per non considerarsi mai più debole o incapace di sconfiggere uno di quella feccia.

All’inizio. Erano (e noi siamo) solo all’inizio. Nell’aria secca e calda di Alabasta, una scintilla avrebbe potuto accendere un inferno di fuoco – e una scintilla era stata lanciata con un occhiolino. Non proprio come per Didone, ma in qualche modo la freccia fu scagliata anche per Smoker.





















Note Autrice:

Salve! Qualche reduce da settimana scorsa? Qualche nuova recluta? Benvenuti o benritrovati!

Secondo capitolo, prompt: Colpo di fulmine. Il titolo si spiega più o meno da solo, nel senso che si tratta della definizione di combustione spontanea.

Il sottotitolo che avrei voluto mettere è un passaggio di una poesia di Saffo, A me pare uguale agli dei, ripresa poi da Catullo secoli dopo: Un fuoco sottile sale rapido alla pelle / e ho buio negli occhi e il rombo / del sangue alle orecchie. Il sottotitolo effettivo è una citazione (di due versi sovrapposti, con with/without) da una canzone dei Nightwish, Ever Dream, e da una canzone dei Thousand Foot Krutch, Courtesy Call.

E nulla, adoro scrivere scene di combattimento – probabilmente sono le mie preferite, anche se ne scrivo davvero poche. Poche ma buone, spero. Qui cominciamo a staccarci paurosamente dal canon, ma ehi, è una fanfiction, no canon = we still have fun.

Tashigi <3 Boh, niente, adoro quella ragazza, volevo soltanto dirlo. Ha più pazienza di Giobbe, lol.

Per Smokie è stato amore a prima vista – ma anche NO! grosso come una casa. Diciamo che... Anne ha colpito Smoker e viceversa. Per ora entrambe accantonano la questione e si occupano di problemi più pressanti, ma la freccia è stata scagliata e dalla prossima  shot—no, la prossima è Amore platonico, quindi siamo ancora in una sorta di stallo introduttivo. Mea culpa. Giuro che presto interagiranno come si deve! XD

Non l'ho chiesto prima, ma se ce ne fosse bisogno, non avrei problemi a inserire le traduzioni in italiano dei sottotitoli. Sono in inglese perché ho preferito mantenere gli originali, quindi non so, ditemi pure! (Ci saranno sottotitoli in italiano più avanti, per esempio!)

Mi piacerebbe ricevere consigli, impressioni, messaggi in bottiglia (??), se mai qualcuno ne avesse tempo e voglia. Anche domande o fangherleggiamenti. Non mordo e non mangio nessuno, tranquilli! Al massimo scrivo papiri infiniti!

Grazie per aver letto. A settimana prossima! C:

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sucker Punch ***




Indice di fuoco
















Sucker Punch

Woe to all who stop at the horizon!







Ecco in che cosa si stava sviluppando l’ossessione di Smoker, anche chiamata Portuguese D. Anne: si stava trasformando in un enorme macello nella sua testa.

Il problema più grave non era la D nel nome, ma il fatto che fosse la sorella maggiore di quel Cappello di Paglia che nel giro di pochi giorni avrebbe sconfitto Crocodile. Forse Tashigi, dopo la Storia di Alabasta, aveva colto le implicazioni sulla giustizia e sulla Marina meglio di chiunque altro, forse più di Smoker stessa, che pure era perfettamente consapevole del fatto che la Giustizia Assoluta fosse più un danno che una protezione; gli incontri (o scontri?) con Pugno di Fuoco, nelle settimane successive e in diverse isole del Paradiso della Rotta Maggiore, avevano portato Smoker a credere che fratello e sorella dovessero essere alzati sullo stesso piano – su quello dei pirati fuori dalla norma.

Inutile dire che metterli sullo stesso livello le dava molto fastidio, ma glielo avrebbe concesso, perché Smoker seguiva un altro genere di giustizia, e la sua giustizia ammetteva piccole eccezioni in fatto di criminali – come Tashigi aveva potuto notare (e come potè notare in seguito altre volte). Certo quello non bastava come giustificazione per lasciarli scorrazzare per i mari del mondo, perché i pirati sono e rimangono pirati.

Così, mentre la sua nave inseguiva Cappello di Paglia, Smoker pensava a quei due marmocchi scapestrati – e ora che ci pensava, a quella famiglia apparteneva anche il capo dei rivoluzionari. Avrebbe voluto sapere cosa ne pensasse Garp di figlio e nipoti, ma immaginò che non sarebbe stato felice di parlarne – o forse che ne sarebbe stato troppo felice, in realtà.

Chissà perché, pur essendo fratelli, uno era Monkey e l’altra Portuguese. Di certo non per depistare la Marina, dal momento che quei due se ne andavano per il mondo dicendo a tutti che erano fratelli; nemmeno per differenziarsi, visto che una era Pugno di Fuoco e l’altro Cappello di Paglia; per quale diavolo di motivo, allora, due cognomi diversi?

Quanti misteri c’erano, dietro quella famiglia?

Pur trovandosi in missione contro Cappello di Paglia, Smoker pensava più che altro a Pugno di Fuoco. L’avevano incontrata altre volte, il commodoro e i suoi, durante alcuni sbarchi su diverse isole. Non si poteva dire che Portuguese avesse avuto intenzione di dar loro battaglia: semplicemente li salutava con battutine ironiche e scappava via prima che ci fosse uno scontro serio. Una volta aveva perfino consegnato a Tashigi il capo di una banda di schiavisti giunti sull’isola per acquisire merce di scambio.

Certo il suo comportamento non aiutava i sottoposti del commodoro. Sulla sua nave già si seguiva una sorta di istinto morale, ma ricevere lezioni di giustizia da una fuorilegge era, come dire, un pugno che non si poteva prevedere e contro cui non ci si poteva difendere. La reazione migliore a cui erano giunti era adattarsi all’idea che esistessero pirati modellati con quello stampo.

A farle pensare a Pugno di Fuoco c’era anche la questione dei loro poteri. Il fumo è un indice di fuoco: è una conseguenza inevitabile di un incendio. Il fumo segue sempre al fuoco, come una presenza sottile che si arriccia verso il cielo e si disfa nell’aria, ma è sempre più in alto rispetto alle fiamme quando fumo e fuoco si estinguono. Come se sfidasse le fiammate a raggiungerlo e ad accompagnarlo al cielo.

Quindi, come il fumo segue sempre al fuoco, così Smoker avrebbe seguito Anne inseguendo Rufy, pur mantenendo Cappello di Paglia come obiettivo primario. Il fumo si trova sempre in presenza del fuoco: ma quando nel cielo si alzano colonne grigie, il fumo si allontana dalle lingue di fuoco ancora a terra, giusto? Allo stesso modo Smoker non poteva fare a meno di pedinare Anne e, una volta faccia a faccia, di tenerla a distanza, in una sorta di gioco con la corda: si tira, si lascia la presa, si recupera spazio, ci si ritira – come la marea.

Come la marea, Anne aveva lasciato un segno su Smoker. Era poi arrivato un grosso tifone tropicale che aveva ingrossato il mare come il fiato di un bambino gonfia un palloncino, tifone che l’aveva sconvolta: era un vento del Nord, rosso per i fulmini, nuvole basse di pioggia, acqua dolce sulla sabbia. Poi quel maestrale mostruoso aveva accompagnato via, soffiando, la tempesta: quando Pugno di Fuoco e Cacciatrice Bianca si erano separate di nuovo dopo un breve scontro, il Potere del Diavolo di Smoker si era assopito con la convinzione che quel fuoco sarebbe tornato presto ad alimentarlo.

Così non fu per qualche tempo: le creste di fumo che nuotavano nelle vene di Smoker cominciarono a ribollire, ad arricciarsi sulle pareti dei capillari, a esigere che quel fuoco si mostrasse, per placare quella sensazione di mancanza che proprio non voleva saperne di sparire. Smoker tratteneva il proprio potere e lo costringeva a non gridare, perché quella non sarebbe stata una relazione sana in nessun modo. Stare attorno ad Anne non era salutare per Smoker, tanto quanto fumare non lo è per i polmoni.

C’era una sorta di complicità tra pirata e commodoro, in qualche modo. Si parlavano (insultavano, più che altro) come vecchissime amiche; quando si scontravano, dopo Alabasta, si misuravano in delle zuffe per controllare che entrambe fossero nella forma giusta per sostenere un duello. Probabilmente questo legame professional-amichevole di rivalità (se così si può definire) era dovuto alla combinazione dei loro Poteri del Diavolo: non che qualcuno potesse esserne sicuro, dal momento che nemmeno le due controparti ne erano certe.

Ma andava bene. Era stimolante fronteggiarsi con un’avversaria le cui capacità annullavano i vantaggi di un frutto Rogia. Che gusto c’era a combattere contro qualcuno che non dava filo da torcere?

Invece fumo e fuoco gorgogliavano continuamente nel sangue come i gas più freddi e quelli più caldi nelle correnti convettive del sole, verso cui fuoco e fumo si arrampicavano.





















Note Autrice:

Eccoci qui, a questo terzo capitolo. Prompt: Amore Platonico.

Dal momento che faccio fatica a distinguere amore senza-altri-aggettivi (scusate i termini freddi, ma non so come altro definirlo) dall’amore platonico, ho preferito ripiegare, come si sarà capito, sui due poteri dei Frutti Mera Mera e Moku Moku (o Foco Foco e Fum Fum). Poteri che, per certi versi, sono collegati. Con questa shot si spiega finalmente il titolo della raccolta, lol.

Qualcuno ha trovato una citazione da un’altra poesia antica? Magari il vento del Nord rosso di fulmini? Il buon, vecchio Ibico? Adoro quella poesia. Come diceva qualcuno, i nomi importanti fanno sfigurare chi non li sa portare, per cui la mia è una sfida con me stessa: citare passaggi così toccanti e meravigliosi è sempre un tentativo rischioso, ma ci provo. Sbagliando s’impara, dopotutto.

Sucker punch è un termine inglese di difficile traduzione: è un pugno che non si riesce a prevedere e contro cui non ci si riesce a difendere. Anne è un po’ il sucker punch per Smoker e viceversa.

Il problema tra queste due sceme (??) è: come conciliare le differenze – che sono tante e sono molto importanti? Dopotutto, Smoker rimane un soldato della Marina e Anne rimane una fuorilegge: molto improbabile che due personalità così forti riescano a trovare modi e metodi per una relazione, che sia affettiva (ma anche no, almeno all’inizio) o di interessi vari ed eventuali (già più probabile nel suo essere molto improbabile). Rimane comunque una scelta difficile, forse estrema. A queste e altre amenità cercherò di rispondere settimana prossima con Amore per interesse. Ehi, finalmente interagiranno in grande stile (?). Hallelujah!

Il sottotitolo è una citazione dalla canzone Sagan dei Nightwish. Intendevo rimandare alle creste di fumo e alle lingue di fuoco che (grazie, fisica) tendono verso l’alto; e anche all’amore platonico, perché c’è un po’ l’idea dell’oltre il cielo, o sbaglio? Cioè, Platone non intendeva l’iperuranio in questo modo, ma dopo di lui è diventato qualcosa del genere, credo. (Mi perdonino tutti gli studenti di filosofia, ma spero di aver capito un minimo, anche se non mi stupirebbe non averci capito nulla.) Qui la citazione vale sia in questo senso che come: male a chi si ferma all’orizzonte e non prova a superare i propri limiti!

Nel caso in cui aveste voglia o tempo di scrivermi, non abbiate paura, non mordo e non mangio nessuno. Anche per dirmi che questi primi tre capitoli non vi convincono, oppure che vi sembrano campati per aria (non so, a volte ho questa sensazione a riguardo). Un po’ di feedback mi potrebbe essere utile. C:

Grazie per aver letto questa terza shot. Ringrazio anche le due persone che seguono questa raccolta: significa molto per questo goffo tentativo riguardo due personaggi difficili, senza contare il genderswap. Quindi – vi ringrazio molto!

A settimana prossima!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il viaggio, non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze (Itaca non illude) ***




Indice di fuoco
















Il viaggio, non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze

(Itaca non illude)



I’m under your curse now, but I call it compromise

I thought that you were wise, but you were otherwise







D’accordo, Rufy aveva fatto un casino di proporzioni notevoli ad Alabasta. Ovviamente la Marina s’era presa il merito della sconfitta di Crocodile e tutto quanto, ma ad Anne erano arrivate le notizie corrette, perciò conosceva tutta la storia.

Il problema era che conoscevano la verità anche i marine contro cui si era scontrata a Nanohana: il capitano Smoker e la sua seconda in comando, senza contare tutti i loro sottoposti. Contando anche Hina la Gabbia Nera, le cose non andavano bene per niente. Rufy era ancora troppo vicino a questa gente pericolosa e aveva bisogno di un aiuto – insomma, considerate che Anne era la sua sorellona, inevitabilmente per lui si preoccupava molto.

Pugno di Fuoco elaborò una strategia. Aveva informazioni non esattamente fresche sulla posizione di Barbanera, quindi una sortita su una nave della Marina sarebbe tornata utile sia per Rufy che per Thatch.

Si ritrovò davanti alla Gabbia Nera un paio di volte: quella donna, però, non sembrava intenzionata a inseguire il suo fratellino, fortunatamente. Forse i suoi superiori l’avevano relegata ad Alabasta? Che spreco di potenzialità. Alla Marina proprio c’erano degli incompetenti.

(In seguito scoprì che anche Smoker e i suoi non avevano ricevuto l’ordine di inseguire Rufy, ma il commodoro se ne era bellamente fregata, almeno per i primi tempi, quando la ferita bruciava ancora.)

Dunque, a questo punto doveva distrarre la Cacciatrice Bianca per un po’. Niente di più facile: Anne era brava a distrarre le persone e ci si divertiva anche parecchio.




«Nemici a bordo!»

«Ehi, nemica a bordo, semmai, brutto maniaco! Devi guardare in faccia il nemico, non più in basso!»

I soldati si trovavano in estrema difficoltà – non sapevano come comportarsi davanti a una minaccia come un esplosivo ambulante sul ponte della nave. Pugno di Fuoco avrebbe potuto farli colare a picco come quelle navi dei Billions a Nanohana.

La guardiamarina (fresca di promozione e di dubbi sulla Giustizia) aveva sguainato la propria spada e l’aveva puntata verso la criminale che aveva davanti. Non avrebbe potuto combattere alla pari con lei, ma l’avrebbe comunque trattenuta in attesa del commodoro.

Commodoro che in mezzo minuto netto era sul ponte, fumava due sigari e sembrava molto irritata da questa faccenda.

«Sono qui per invitarvi gentilmente a star lontani da Cappello di Paglia,» disse Anne, senza essere interpellata.

«Cortese da parte tua, ma anche no

«Guarda che il gergo dei giovani non ti fa sembrare meno vecchia, capitano.»

«Commodoro.»

«Oh. Congratulazioni. Comunque rimani vecchia.» Anne fece l’occhiolino a Tashigi, che arrossì e strinse forte l’elsa di Shigure – ma non abbassò lo sguardo, nonostante l’imbarazzo.

«Non cambio idea. Lui rimane il mio obiettivo.»

«Dai, commodoro, lascialo in pace, o io non lascerò in pace te e i tuoi uomini.»

«Non siamo mai in pace, se ci sono pirati in giro.»

Il sorrisone di Anne non prometteva proprio nulla di buono.




In qualche modo, comunque, la strategia di Anne ebbe successo. Smoker smise di inseguire Rufy (che nel frattempo chissà dov’era finito, avrebbe potuto nascondersi seriamente dal commodoro solo se fosse finito sulle nuvole!) e cominciò a dedicarsi ad altri pirati – per esempio ad Anne, anche se non nel modo stabilito dal protocollo della Marina o che le era stato impartito quando era ancora un soldato semplice.

Anne cominciò a frequentare la cabina del commodoro soprattutto per sbirciare tra i documenti che si trovavano sulla scrivania, alla ricerca di notizie fresche per il completamento della propria missione. Il più delle volte ci dava un’occhiata mentre chiedeva insistentemente a Smoker di lasciar perdere la burocrazia, in altri casi leggeva alla luce fioca delle proprie dita – ecco che essere Pugno di Fuoco tornava molto utile – quando Smoker dormiva. Va anche detto che il commodoro aveva un sonno abbastanza leggero, e che in molti casi acchiappava Anne per i capelli con una mano di fumo e la costringeva di nuovo a letto, per poterla controllare più facilmente.

Sì, solo per quello, avete letto bene, ma avrete anche capito bene, ci auguriamo.



«Smokie,» esordì Anne, un giorno.

«Cosa c’è?»

Stava per chiederle per quale motivo le permettesse di spiare documenti della Marina: era una domanda che le era sorta spontanea e che le sarebbe sfuggita dalle labbra, se non si fosse trattenuta all’ultimo momento. Non doveva assolutamente chiedere: perché avrebbe dovuto? Se glielo avesse fatto notare, magari Smoker glielo avrebbe impedito da quel giorno in avanti, e a quel punto quella relazione che avevano instaurato sarebbe finita.

Allo stesso modo, però, Anne aveva l’impressione che quelli fossero fogliacci inutili. Non c’era mai granché: ogni tanto si parlava di Barbanera, ogni tanto di Rufy, ma non c’erano mai informazioni precise o preziose.

Forse Smoker le nascondeva i fogli veramente utili. Tutto sommato, non era da escludere.

«Tra quanto finisci?» Disse invece, accoccolandosi sulle spalle del commodoro – che, seduta alla scrivania, sbuffò e stropicciò l’orecchio di un documento, con la solita aria di chi odia essere infastidito mentre lavora.

Anne avrebbe aspettato ancora un po’. Forse col tempo Smoker avrebbe aperto anche gli ultimi cassetti della scrivania; allora Anne avrebbe potuto sfogliare in fretta tra informazioni davvero utili. L’attesa era comunque piena di divertimenti vari di cui doveva ancora scoprire le potenzialità.




La vera domanda era per quale diavolo di motivo avesse permesso a quella marmocchia di infilarsi tra le pieghe della sua vita e del suo letto.

In realtà, per una delle due questioni la risposta c’era: voleva condurre un esperimento. Certo, altre personalità eminenti avrebbero potuto discutere sul termine utilizzato, ma Smoker seguì il metodo sperimentale per esser sicura della propria ipotesi.

La prova ebbe esito positivo: il fumo che le scorreva nelle vene aveva reagito attivamente alla vicinanza con il fuoco di Anne. Questo verificava le sue teorie, ma non la faceva sentire meglio – proprio per nulla, perché anche quella ragazzina doveva aver avvertito quella sensazione piacevole quando fuoco e fumo si erano trovati di nuovo a contatto.

Per quale motivo, invece, permetteva a quella marmocchia di darle fastidio continuamente? Soprattutto, perché le lasciava dare più di una occhiata ai documenti che c’erano sulla scrivania?

Smoker glielo concedeva in modo tale che ad Anne fosse ben chiaro che si trattasse seriamente di una relazione d’interesse; e poi anche per porre Pugno di Fuoco in una posizione di svantaggio. Smoker, dopo quel primo esperimento riuscito, si sarebbe anche disfatta di tutto quel macello che ne era seguito (avere Anne in giro per la cabina, vederla entrare dalla finestrella, sentirla lamentarsi per la noia e quant’altro): invece stava studiando Anne – voleva capire se dietro quell’atteggiamento ci fosse un sentimento, e dunque una debolezza, almeno in termini generali, una sorta di tallone d’Achille su cui Smoker avrebbe potuto fare pressione se ce ne fosse stata necessità.

Fino al momento del bisogno, però, Smoker non avrebbe approfittato di un punto debole – sempre che ci fosse stata una debolezza. Anne tornava nella cabina del commodoro (che le nascondeva documenti importanti) nella speranza che quei fogliacci le venissero svelati o lei riuscisse a ottenerli – questo Smoker lo aveva ben presto capito e aveva chiuso a chiave documenti utili nell’ultimo cassetto della scrivania. Quella piromane si sarebbe azzardata a forzarlo? Fino a quel momento la risposta era negativa.

Per quale ragione Smoker non si sarebbe servita di un difetto nel pensiero o nella percezione che Anne aveva del mondo? Perché voleva vedere come si sarebbe comportata, in quella situazione, una fuorilegge di quella risma particolare. La sua concezione di Giustizia mordeva insistentemente e non vedeva l’ora di mettere in cella quella criminale; allo stesso modo Smoker le ripeteva di aspettare, perché sarebbe arrivato un momento migliore, o forse non ce ne sarebbe stato proprio bisogno.

Forse c’era qualcosa di buono, ma Smoker non voleva nè ammetterlo nè scoprirlo: se ci fosse stato, sarebbe venuto fuori da solo, o lei l’avrebbe notato senza l’intenzione di cercarlo. Stava solo posticipando la cattura di quella marmocchia, non stava cancellando dalla lista dei ricercati una come Pugno di Fuoco.



(Questa fu la stessa linea di pensiero che Smoker intraprese anche contro Rufy – con pochi risultati oltre a quello di lasciare che i propri uomini facessero amicizia con la ciurma di Cappello di Paglia, alcuni anni dopo.)





















Note Autrice:

Never stop the fun, diceva qualcuno. Salve! Qualcuno ha notato il riferimento a Skypea? XD

Prompt: Amore per interesse. Il modo più “semplice” perché queste due instaurassero una relazione. C’è già un primo assestamento, diciamo: Smoker vuole capire che diavolo di pirati ha davanti, tra Anne e Rufy. Vuole studiare una per poi catturare l’altro una volta capiti i punti deboli di quel particolare modo di essere pirata. Anne, al contrario, intende sfruttare la vicinanza con Smoker per controllarla meglio e per acquisire informazioni su Rufy (da un lato) e su Barbanera (dall’altro).

Il titolo è una rivisitazione di una delle citazioni che ogni tanto tiro fuori dalla mia testa a caso, ricordi d’infanzia. Credo provenga da un album di Loreena McKennitt intitolato The Book of Secret. Quella donna ha una voce splendida e produce musica meravigliosa. Il riferimento alla patria di Ulisse viene dalla poesia Itaca di Kavafis: spero si capisca per quale motivo è stato inserito e perché lì. Il viaggio è cominciato da poco! C:

Il sottotitolo viene dalla canzone Otherwise della band inglese Morcheeba. Per me è un po’ la canzone SmoAce, al momento, almeno.

E per me Anne ha una seconda di reggiseno e la cosa la fa sentire a disagio, ma non diciamoglielo, lol. Tashigi e Hina vengono almeno nominate perché adoro quelle due marine.

Dimenticavo. Quello che ho in testa io coi soprannomi è il seguente:

Smokie – per Fem!Smoker

Smokey – per Male!Smoker

In pratica, è quello che succede negli USA con nomi come Tracie & Tracey: il primo è un nome per bambine, il secondo per bambini. Perlomeno, questo secondo mio padre, che da giovane ne ha viste di tutte e di più negli Stati Uniti (lol). L’idea mi è piaciuta e quindi eccoci qua.

Prossima fermata: Relazione clandestina.

Come sempre, vi invito a mandarmi un messaggio nel caso in cui qualcosa non vi torni, non vi convinca, oppure nel caso in cui un passaggio o un pensiero vi sia piaciuto. O magari per dirmi che la SmoAce comincia a piacervi, chissà. Mi farebbe proprio piacere! -w-

Ringrazio chi legge questa storia, chi la segue, chi l’ha inserita tra le ricordate. Grazie! ;)

claws_Jo

P.S. Ieri, 25 Novembre, era una giornata internazionale fondamentale. Oggi è un altro giorno importante (Ace Day: non si tratta di Portuguese D. Ace, ma di asessualità. So che si tratta di una pagina in inglese, ma voglio condividerla ugualmente. A qualcuno potrebbe tornare utile). Giusto per farlo presente, eh.




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Al buio non tutte le regole sono scritte ***




Indice di fuoco
















Al buio non tutte le regole sono scritte


Clandestino: dalla radice KAL da cui Occulto e Celare

a cui pare si aggiunga DIES, giorno;

cioè che sta nascosto al giorno, che odia la luce









Smoker aveva cercato di imporre delle regole a quell’improbabile relazione che uno storico di un’epoca cosiddetta “buia” avrebbe chiamato rapporto vassallatico-beneficiario. Nella definizione per il caso preso in esame, però, andava eliminato il termine vassallatico, dal momento che Smoker non era al servizio di Anne o viceversa; si trattava comunque di un rapporto personale, da uomo a uomo – o meglio, da donna a donna – ed entrambe ricevevano benefici da quella storia. A questo punto lo storico ipotizzato avrebbe ribattuto che i benefici tra commodoro e Pugno di Fuoco non fossero in alcun modo da porre sullo stesso livello di quelli tra seniores e vassi, ma non ci occuperemo di approfondire il discorso. C’erano delle regole, un rapporto personale e dei benefici, questo sì.

La prima notte, innanzitutto, avevano stilato la Lista delle Leggi: avevano preso un foglio bianco e ognuna aveva scritto delle regole che voleva venissero seguite. Quando non si trovavano d’accordo nei termini o nei contenuti cominciavano a litigare e a tirarsi serie infinite di frecciatine, ma non accadde che per pochi casi: forse perché nessuna delle due intendeva esporre un fianco in maniera così diretta, quindi entrambe accettavano anche quelle regole che non piacevano particolarmente.

La prima regola, scritta con una penna rossa, era: Pugno di Fuoco non potrà rimanere sulla nave del commodoro nelle ore di luce. Questo voleva dire che Anne e Smoker si sarebbero viste principalmente di notte e che d’estate i loro incontri di benefici sarebbero durati molto meno. Anne accettò, anche se con riserva (perché Anne amava dormire quando c’era luce e il letto di Smoker era più comodo dello Striker, e per certi versi anche più sicuro).

C’erano altre regole, tra cui Niente baci sulla bocca o altre cose melense, oppure Se Pugno di Fuoco ha il raffreddore non deve neanche pensare di salire a bordo della mia nave, ma quella che Smoker voleva fosse chiara e rispettata sempre e comunque era la prima della lista – per una questione di sicurezza, principalmente.

Il problema era che la regola era chiarissima, ma poco rispettata. Anne sembrava adorare la luce e sentiva il dovere di condividerne l’amore con tutti – anche con Smoker, che invece non aveva alcuna intenzione di ritornare sui propri passi, riguardo le regole sottoscritte e imposte.



«Alzati, marmocchia.»

«Mh? Ma è presto.»

«O te ne vai di tua spontanea volontà, o ti butto fuori a calci io.»

«Non lo faresti.»

«Preferiresti essere trovata qua e condannare entrambe alla morte? Anzi, no, mi sembra proprio un’ottima idea, perché non rimani? Non vedo l’ora di trovarmi davanti Tashigi che passa dal sorpreso allo sconvolto in venti diversi colori prima di cominciare a disprezzarmi, per poi finire a processo con Kuzan che mi chiede i dettagli morbosi della nostra relazione.»

«Smetti di essere sarcastica alle cinque di mattina, è insopportabile.»

«Tutto pur di farti uscire da qui.»

«Io non mi muovo.»

«Accidenti a t—»

«Dai, Smokie, è ancora buio, lasciami riposare un po’. Non essere così tesa. Se proprio insisti, la prossima volta potresti salire tu a bordo della mia nave, nessuno di sicuro ci disturberebbe.»

«Perché io salirei spontaneamente su una nave di pirati senza cercare di affondarla.»

«Ehi, io sono sempre qua e mi sembra che sia ancora tutto in ordine. Va bene, forse il soffitto è un po’ bruciacchiato, ma è colpa tua se mentre facciamo—»

«Lo so!»

«Ohw, Smokie, non ti piace quando dico certe cose? Sei così pùdica!»

«Pudìca, ragazzina.»

«Quello che è. Non puoi pretendere che a quest’ora il mio vocabolario funzioni bene. Ecco, tu pretendi troppo, Smokie. Sei sempre a dirmi “E fai questo, e vattene, e stai zitta” – sei una prepotente.»

«Meglio scoprirlo prima che dopo, marmocchia.»

«Come se mi facessi spaventare per così poco. Perché, piuttosto, non mi lasci riposare?» Anne enfatizzò il gesto sbadigliando.

«Non credevo che avessi così poche energie, Pugno di Fuoco.»

«Oh, per far sesso con te ho sempre molte energie. Ma visto che tu sei vecchia, non voglio impormi. Vedi? Non sono prepotente, io

«Ch.» Rispose Smoker, scuotendo la testa. Che ragazzina impertinente, quella.

«Non lo vedi che è ancora buio? Io dico che farà luce tra due ore.»

«Un’ora.»

Il modo in cui Smoker aveva risposto fece ghignare Anne. In pratica, le aveva dato sessanta minuti per consumare tutte le forze che le erano rimaste. Cinquantanove e cinquantanove, cinquantanove e cinquantotto—

«La mia giustizia calerà sopra di te con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno, vecchia

Detto questo, Anne tirò i capelli a Smoker prima di avvicinarsi al suo viso: poi le soffiò un paio di scintille sulla fronte e, ridacchiando, le morse un braccio, esattamente come un vampiro.



Portuguese D. Anne manteneva sempre le proprie promesse – soprattutto quelle più divertenti e che includevano far imbestialire un commodoro di Marina. Non avrebbe infranto le regole che si erano scambiate: non prima che le infrangesse Smoker, perché vedere una marine che non si preoccupa delle leggi da lei stessa approvate sarebbe stato un bel colpo di scena.





















Note Autrice:

Ci si rivede! Prompt: Relazione clandestina.

Il sottotitolo è l’etimologia della parola “clandestino” secondo etimo.it – amo i dizionari etimologici con tutta me stessa.

Quello dello storico del “periodo buio” sarebbe uno storico dell’epoca medievale, perché sto studiacchiando di quel bel periodo storico che è il Medioevo e metterci di mezzo quello che studio ormai è una fissa. Spero che si capisca quello che il povero studioso cerca di dirci.

L’ultima frase pronunciata da Anne è una ripresa da Pulp Fiction, film che io in realtà non ho mai visto perché in casa mia guardare Tarantino non va bene (non so perché, altri suoi film mi sono piaciuti).

Mi rendo conto ora che tra una shot e l’altra, in termini di tempo della storia, possono trascorrere anche periodi un po’ lunghi. É una raccolta che ha molte pause, molti silenzi, molti eventi lasciati indietro e non raccontati. Forse un giorno metterò su un’altra raccolta in cui si parla di questi momenti taciuti. Chi lo sa.

Al prossimo giro ci aspetta Tradimento.

Come sempre, se avete dubbi o perplessità su quanto considerato (???) sono a vostra disposizione per rispondere come riesco. Non preoccupatevi di sembrare invadenti o altro: mi piacerebbe parlare di queste due sceme (???) con qualcuno. Mi sento un po’ la sola shipper di ‘ste due, di ‘sti tempi... Anche se notate errori, orrori o quant’altro, non fatevi problemi a evidenziarmeli.

Vi ringrazio per aver letto. Un grazie particolare va alle persone che continuano a seguire questa raccolta – loro sanno di certo di chi sto parlando. Grazie! C:

Alla prossima settimana!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ci vorrebbe una seconda pelle sottopelle ***




Indice di fuoco
















Ci vorrebbe una seconda pelle sottopelle


When you think more than you want

Your thoughts begin to bleed











«Oh-ho.» Sussurrò Anne, aprendo gli occhi. «Ohi.» Quella era la sua testa che le pulsava e che le stava dicendo di trovarsi in una situazione difficile.

Vediamo. Dove si trovava? Sul letto, tra il muro e il corpo di Smoker, accaldata e stanca quanto lei. Smoker che la stava fissando con un’aria soddisfatta e inquisitoria, per la cronaca, e che si era appena passata una mano sulla faccia prima di prendere un sigaro.

Ecco, ora Anne sarebbe soffocata tra il fumo e i propri sensi di colpa. Perciò, tirando fuori il miglior sorriso accattivante di cui era capace, scavalcò il corpo di Smoker e si alzò, senza vestiti indosso – non erano quelli a proteggerla dagli sguardi delle persone –, prima di raccattare da terra la maglietta e di appoggiarla con cura sulla sedia della cabina.

Quella era la seconda o la terza volta che si trovavano a condividere la notte insieme. Anne decise quindi di esplorare un po’ quella stanzetta, pur rimanendo sotto lo sguardo vigile del commodoro.

Aprì l’armadio per curiosare, ma nello spalancare l’anta aprì il proprio cuore a quel brutto sentimento che Anne conosceva bene – l’odio nei confronti di se stessa.

Ora aveva freddo e quella sotto i suoi occhi era una bella giacca di pelle, grande, invitante. Se la infilò immediatamente, anche se non era di certo una giacca la soluzione ai suoi brividi.

C’era una soluzione? C’era davvero?

Erano sensi di colpa. Feroci, prepotenti, inarrestabili. Stavano cercando di risalire dal suo cuore fino in gola, volevano uscire alla luce del sole, quei piccoli folletti bastardi, volevano farsi sentire, volevano un pubblico diverso dalla solita Anne. Lei avrebbe lottato con tutte le proprie forze perché non vedessero mai la luce del sole, ma quelli non desistevano, attendevano il momento propizio, bastardi strateghi.

Aveva promesso a se stessa che avrebbe punito il delitto compiuto da Barbanera, per fare giustizia sulla memoria di Thatch. Lo aveva promesso a se stessa attraverso il viaggio a ritroso sulla Rotta Maggiore, cercando informazioni, inseguendo le poche notizie insicure sulla posizione di quel bastardo che le aveva portato via Thatch.

Non aveva potuto salvare Sabo, non aveva potuto salvare Thatch—

E ora si trovava nella cabina di una marine, e con quella ci aveva appena fatto sesso, e ci aveva perso non solo tempo, ma anche pensieri.

La voglia enorme che la stava consumando era quella di gridare e di sedersi in un angolino, con le ginocchia sotto il mento, con la testa persa nei ricordi, a crogiolarsi nella malsana convinzione di non essere mai abbastanza. Di non aver fatto abbastanza quando aveva dieci anni, davanti a Sabo sbattuto tra i flutti, avvolto nel sudario infinito del mare; di non aver previsto l’omicidio ordito da Barbanera nei confronti di Thatch.

Anne avrebbe potuto aiutarli; avrebbe potuto salvarli. Non era stata abbastanza forte—

Tirò su con il naso, rabbrividì ancora, mise le mani tra i vestiti della marine per tenersi occupata, per far finta di essere una ficcanaso, sarebbe sembrata una ficcanaso, agli occhi di Smoker? Quelli erano occhi che, avessero colto un momento di debolezza, avrebbero visto e capito troppo. Si era invischiata con un ginepraio di donna.

Oh, ecco che arrivava il pensiero più cupo, il pensiero secondo cui Anne avrebbe tradito la memoria di Thatch e quindi anche di Sabo. Improvvisamente la giacca le parve fatta di magma e se la tolse di fretta, buttandola a terra (anche stavolta Smoker tacque).

Anne si sentiva come se li avesse davvero traditi. Sapeva che il traditore, tra tutti, era Barbanera, non lei. Lo sapeva, ma non poteva fare a meno di pensare di avere una grossa parte di colpa: se avesse osservato meglio Teach, di certo avrebbe potuto sventare l’omicidio; se si fosse riappacificata con Sabo, sicuramente lui non sarebbe morto; se avesse fatto, se avesse detto, ma non aveva nè detto nè fatto, il rimorso la stava divorando come una campana di vetro estingue il fuoco.

Se non si fosse invaghita di una marine (per inciso, una gran bastarda), a quel punto avrebbe già consegnato Teach alla giustizia del Babbo. Ecco un altro grosso sbaglio che si sommava ai precedenti: il fardello sulle sue spalle le avrebbe presto incrinato le vertebre.

«Portuguese, smetti di giocare con i miei effetti personali e torna qua. Non voglio un fiammifero raffreddato nella mia cabina.»

Il tono era quello di un ordine. Anne odiava gli ordini – e visto che al momento stava odiando anche se stessa, mandò a quel paese il commodoro (che ancora tornò a far silenzio, quanto aveva capito, quanto aveva intuito di Anne?) e prese la giacca che aveva abbandonato a terra.

Ora la voglia era quella di bruciare la stupida giacca di pelle per il gusto di guardare Smoker e di percepire in lei una qualsiasi sorta di odio, odio per quella giacca di ceneri, odio per il suo essere una criminale, odio per qualsiasi cosa, ma odio. Voleva che qualcuno la odiasse.

Perché? Perché Sabo e Thatch non l’avrebbero odiata, se ne avessero avuto la possibilità.

«Portuguese, se non torni qui vengo a prenderti io.»

Il tono ora era quello di una promessa per metà sensuale e per metà inquietante.

Ecco, quello era un tono adatto al suo umore scuro e al suo animo nero.






















Note Autrice:

Quando ho detto “ho giocato con i prompt”, intendevo questa shot, ad esempio: il prompt era Tradimento, e qui non c’è Anne che tradisce Smoker o viceversa, ma Anne che pensa di aver tradito la memoria di Sabo e Thatch attraverso (anche ma non solo) Smoker. Tradire, dal punto di vista etimologico, significa “usar frode contro a colui che si fida, prendendo forse motivo dall’atto nefando di chi consegna al nemico [...] una persona o cosa che ha giurato o ha il naturale dovere di difendere”. Perché io mi diverto a far soffrire i personaggi che ho tra le mani, già.

Il sottotitolo è una citazione dalla canzone Society di Eddie Verner, che si può trovare nel film Into The Wild.

Stavo pensando a quali voci potrebbero avere Anne e Smokie. Sinceramente? Anne ce la vedo (sento) bene con la voce di Ariel, della band Icon for Hire (li adoro); Smoker con la voce di Floor Jansen, della band Nightwish. Entrambe quando parlano, non quando cantano. Spero che i due link riescano a darvi un’idea di quello che io mi immagino. A questo proposito, credo che scriverò qualcosa di SmoAce prendendo spunto da qualche canzone degli Icon.

Portgas, rispetto a Portuguese, mi piace molto di più, ma per una volta mi sono attenuta all’edizione italiana. Wow, che spirito ribelle, che sono.

Tanto perché Tradimento possa far coppia con un altro bel prompt, il prossimo sarà Gelosia.

Vi invito sempre a scrivermi qualora aveste voglia di dirmi come vi son sembrati questi primi capitoli. Non mordo! Promesso (??)!

Ringrazio tanto tanto I love Ace_30_D per le sue parole. C: 

Un grazie anche a chi segue volta per volta, lasciando una traccia di sé o meno.

Alla prossima settimana! Stay safe!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Esistono storie che non esistono ***




Indice di fuoco
















Esistono storie che non esistono


Gelosia: dal greco ZELOTÒS, emulo, rivale;

geloso è chi è travagliato dal timore che altri possa conseguire

un bene, un avere che agogniamo noi










«Ascoltami, Smokie,» disse Anne, sbadigliando, «cosa c’è tra te e la tua ragazza?»

«La mia ragazza?»

«Il tuo braccio destro. Tashigi, si chiama, no?»

«Non è la mia ragazza, è la mia seconda in comando ed è stata promossa a guardiamarina. È un bravo soldato che sa farsi valere.»

Come al solito, Smoker era seduta alla scrivania, mentre Anne aveva messo le spalle contro le spalle del commodoro, i piedi contro il muro e si stava dondolando in quella maniera pericolosa, dando ovviamente fastidio alla marine: un po’ come gli studenti, a scuola, si mettono con lo schienale attaccato al muro e due gambe della sedia per aria.

«Quindi non state insieme?»

«Sei gelosa, per caso?»

«No. È che trovo buffo che due donne comandino una nave. Non pensavo che alla Marina fossero così avanti, con le quote rosa.»

«Non è che se hai un bel faccino ti promuovono a capitano, marmocchia.»

«Lo so, lo so. Scusa tanto se mi stupisco per certe cose, eh.»

La conversazione finì lì, ma Anne non smise di dondolarsi usando Smoker come base d’appoggio.

«Sai che sei pesante? E non solo fisicamente, Portuguese.»

«Parla la valchiria ammasso di muscoli,» rispose Anne, schioccando la lingua, «e poi mi sto divertendo un mondo. Se non mi trovo qualcosa da fare mentre tu lavori, mi annoio.» O penso troppo.

«Vorrei sapere come fanno quelli della tua ciurma a sopportarti.»

Oh, ecco una battuta servita su un piatto d’argento, arriva, arriva!

«Come fai tu, Smokie.»

L’effetto sortito pareva quello sperato. Smoker ringhiò, stropicciò un fogliaccio del Comando; Anne fece in tempo a scendere dalla propria giostra prima che il commodoro si alzasse dalla sedia. Come appena svegliata da un incubo, Smoker scrollò le spalle, si passò una mano sul viso e poi decise di aver bisogno di fumare. Dalla giacca appesa vicino alla porta prese due sigari e un accendino, e solo dopo aver inspirato il primo tiro osservò Anne, seduta ora sulla scrivania con le gambe accavallate.

«Tra noi due, sei tu quella gelosa, Smokie.»

«Gelosa di che cosa? Non mi risulta che tu sia una mia schiava, per cui la tua vita è tua e basta.»

Sì, era decisamente gelosa ed era anche decisamente divertente prenderla in giro.

«Ohw, Smokie, non sentirti offesa da questa storia. Per farti star meglio, ti racconterò dei miei compagni – di ciurma, intendo, eh.»

Ah, sì. Sarebbe riuscita a farla impazzire e poi le avrebbe detto «Smokie, fai proprio tutto da sola, io che ti ho detto di sbagliato?», era un piano geniale. Se non altro, aveva trovato un modo per non annoiarsi su quella nave dove non poteva neanche scorrazzare liberamente.

Smoker, che si era di nuovo seduta alla scrivania per lavorare, avrebbe provato a ignorarla con tutti i propri mezzi, ma Anne non ci avrebbe rinunciato. Magari, stordendola abbastanza con quella storia, sarebbe riuscita ad ottenere dei documenti più importanti di quella carta straccia, dei documenti utili, possibilmente.

«Vediamo. Il Babbo è un caso a parte, ovviamente, per cui non ne parliamo. Marco è il primo Comandante ed è il mio migliore amico. Poi ci sarebbe Jozu, lui sì che mi capisce! In fondo, i diamanti sono i migliori amici delle ragazze. E—»

Non pensare a Thatch, non pensare a Thatch—

Dopo un momento di silenzio, che nella testa di Anne durò un’eternità di ricordi e di rimorsi, proseguì: «Sai, Marco è un po’ come te.»

La mano sinistra di Smoker strinse l’orecchio di un foglio con più forza del necessario, poi suddetto foglio venne buttato malamente sulla pila di carta sul fondo della scrivania.

«Nel senso, siete sempre tutti e due chini su montagne e montagne di documenti noiosi e non avete mai tempo di giocare con me.»

Smoker corrugò la fronte, ma ancora non reagì a parole.

«E non ti ho ancora detto niente del suo Potere del Diavolo! Oh, è una figata pazzesca,» aggiunse Anne, gesticolando come se non ci fosse un domani. «In pratica può trasformarsi in una fenice! Una fenice! È uno spettacolo. Le sue fiamme sono blu. Sai come son belle le fiamme blu contro quelle rosse?»

Smoker accese il terzo sigaro, che venne accolto da un sorrisone soddisfatto di Pugno di Fuoco.

«Poi ci sono gli effetti collaterali del suo potere, e anche quelli sono molto divertenti. Ad esempio, non riesce ad ubriacarsi. Il che può essere un’arma a doppio taglio, nella nostra famiglia, visto che festeggiamo molto spesso. L’ultima volta—»

Quando Thatch c’era ancora—

«L’ultima volta avevo bevuto così tanto che non riuscivo più a stare in piedi. Marco mi ha raccontato che avevo proposto di giocare a beer pong con il liquore rubato al Babbo, e—»

«La vuoi smettere, per favore?»

«Se proprio me lo chiedi cortesemente—»

Smoker stava per impazzire con tutte quelle parole che le entravano in un orecchio e non riuscivano a uscire dall’altro.

Che Smoker fosse gelosa non della sua vita sentimentale, ma della sua vita da pirata? E che nascondesse questa specie di invidia dietro la gelosia per le sue relazioni con altre persone? Da Smoker ci si poteva aspettare questo e altro, Anne non aveva avuto bisogno di molto tempo per capirlo.

«Smetti di guardarmi con quella faccia, Portuguese.» Disse Smoker, con un tono irritato. Era parecchio arrabbiata, probabilmente perché era stata punta sul vivo e odiava farsi prendere in contropiede – o mostrarsi in quella condizione che doveva ritenere di debolezza. Battè la cenere giù dal sigaro e cercò di finire di compilare quelle scartoffie. Scartoffie che erano come contare i capelli di una persona (non pelata, ovviamente): c’era da perdere il conto nei primi due minuti di lavoro ed era molto, molto noioso. Tuttavia, da quando frequentava quella cabina, Anne non l’aveva mai vista rimpiangere davvero tutta quella burocrazia. Cioè, , la stressava parecchio, questo era chiaro, ma l’accettava come parte della propria vita. Anne aveva capito che Smoker non avrebbe desiderato altro che prestare servizio come soldato, a combattere per i propri ideali.

L’idea faceva sorridere Anne: oh, erano simili, in questo, più simili di quanto non si aspettasse. Anche Anne amava la propria vita e i propri compiti – perché inseguire Barbanera e consegnarlo alla giustizia di Barbabianca sarebbe stato molto soddisfacente e liberatorio. Forse per questo le piaceva trascorrere del tempo col commodoro...?

In ogni caso, no, forse Smoker era solo gelosa di Anne, non della sua libertà. La donna sembrava apprezzare la propria vita nella Marina, o meglio – sembrava apprezzare i continui ostacoli sulla strada della propria giustizia.

«Smokie—»

«Cosa c’è—!»

«Niente!» Rispose Anne, facendole una linguaccia.

In compenso, dar fastidio a Smoker dava profonda soddisfazione.





















Note Autrice:

Prompt: Gelosia.

È interessante scrivere di Anne presa dai propri pensieri, ma a volte mi rendo conto che è molto divertente scrivere dialoghi tra personaggi che proprio non si sopportano – o che si stuzzicano continuamente.

Tashigi viene nominata perché la adoro, ormai l’avrete capito; Marco perché lui, Ace e Smoker insieme sono la mia OT3 (oddio lo so che sono una brutta persona, ma aww, li adoro); Jozu (o Jaws?) perché è il migliore amico delle ragazze. XD

Non vogliatemene, Tash è la mia preferita in tutto il manga, ma la Smoker/Tashigi non ce la vedo per nulla. Non ci riesco. Per me sono padre e figlia (o madre e figlia, in questa raccolta). Al massimo Maestro Jedi e Padawan. lol.

Ringraziamo sempre etimo.it per le chicche che riserva a chi sta lì a cercarle.

Next: Amore con scarto d’età.

Grazie per aver letto, come sempre. Per qualsiasi evenienza non esitate a contattarmi. C:

A settimana prossima. Stay safe!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Dal manuale per esorcizzare le paure, capitolo introduttivo ***




Indice di fuoco
















Dal manuale per esorcizzare le paure, capitolo introduttivo

Più del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo

(Live with me forever now, pull the blackout curtains down)





 

«Toglimi una curiosità, Smokie,» disse Anne, appena entrata nella cabina del commodoro, «me lo chiedo da un po’: ma tu non porti il reggiseno solo quando ci sono io in giro, oppure non lo porti mai

«Come mai una domanda del genere così all’improvviso?»

«Tu rispondimi.»

Smoker sollevò la testa da uno di quei soliti documenti noiosi, guardò Anne negli occhi e disse: «Non lo porto mai. É scomodo.»

Anne rimase buona buona per mezzo secondo, poi scoppiò a ridere. Che razza di logica era, quella?! Certe cose andavano fatte per decoro! E poi Smoker osava lamentarsi di come Anne andasse in giro in pantaloncini e reggiseno – lei almeno ce lo aveva addosso!

«Cosa c’è di così divertente?»

«É solo che mi sembra una cosa molto contraddittoria, detta da te.»

«Non sono io la scostumata, qua dentro, Portuguese.»

Anne ridacchiò. «No? Sicura?»

Alla fine Smoker cedette e rinunciò a finir di leggere quella robaccia proveniente dal Comando. «Non lo porto da quando avevo la tua età e nessuno mi ha mai arrestato per atto osceno in luogo pubblico, quindi non seccarmi.»

«Oh, è vero, a volte mi dimentico che tu sei vecchia.»

Smoker, ancora seduta alla scrivania, non fece in tempo a reagire a quella solita frecciatina: Anne fu più veloce e l’abbracciò dalle spalle. Appoggiò la testa sulla clavicola di Smoker e le sue mani caddero casualmente sul seno del commodoro. No, neanche stavolta aveva indossato il reggiseno, sotto la maglia: forse non lo portava mai sul serio.

«Stai veramente controllando, Pugno di Fuoco?»

«Non posso sempre fidarmi completamente di una marine, Smokie.»

«Non si scherza su certe cose.»

«Ma io non stavo scherz—» Aveva cominciato a dire una delle sue solite frasi maliziose, Anne, e stava per coinvolgere Smokie in una delle sue attività preferite – un po’ d’amore non avrebbe fatto male a nessuna delle due –, quando intuì che la compagna aveva detto più di quanto non fosse stato detto.

«E io non ti ho detto di smettere,» aggiunse Smoker, prendendo una mano di Anne e portandosela alla scollatura, lentamente, per catturare l’attenzione di quella ragazzina che stava riflettendo un po’ troppo.

«No, no, no, frena, adesso,» borbottò Anne, ritirando le mani verso di sè per poi spostare la sedia lontano dalla scrivania. Voleva guardare Smoker negli occhi mentre discutevano. «Cos’è questo “Non si scherza su queste cose”? Cosa volevi dire?»

Smoker sbuffò, alzò gli occhi al soffitto e guardò l’altra con sufficienza. Cercava di farla desistere, ma figuriamoci, quando Pugno di Fuoco si metteva in testa qualcosa diventava una zuccona di proporzioni intergalattiche. Le loro discussioni serie, in genere, potevano essere riassunte nella frase Quando l’Inarrestabile incontra l’Inamovibile (si scambiavano i due ruoli costantemente): questa volta, però, Smoker non aveva voglia di discutere. O meglio: non c’erano ragioni per tenerle nascosto perché non indossasse più quegli strumenti di tortura.

«Quando avevo la tua età, una persona autorevole mi ha detto che portare quegli aggeggi aumenta il rischio di contrarre alcune malattie. Non che mi interessasse particolarmente, al momento, ma quando ho provato a vivere senza, l’ho trovato molto più comodo. Fine della storia. Va bene, adesso?»

«Smokie, ma ci credi davvero?»

«Una marea di scienziati sta ancora cercando di capire se ci sia connessione tra portar reggiseni e l’incidenza di tumori. La discussione scientifica non mi interessa: da quando ho smesso di metterli, mi sento meno costretta, quindi li ho buttati via tutti.»

Anne ci rifletté su per un minuto buono. Poi esclamò: «Sai, secondo me quello lì te l’ha detto solo perché era un maniaco.»

«Probabile. É anche vero che, invecchiando, le probabilità di malattie da cui non si guarisce aumentano.»

Anne non ci aveva mai davvero pensato, ma in effetti quando si diventa adulti e poi anziani le paure non diminuiscono – se possibile, aumentano. Dalle paure più stupide, come le rughe o i capelli bianchi, fino a quelle più insidiose, come le malattie, il non essere più autosufficienti, la vita che si assottiglia come della lana filata troppo. Smoker era solo all’inizio (come se alla sua età ci si potesse considerare vecchi sul serio!) della maturità, ma sentiva che qualcosa già stava cambiando.

Anne le sorrise in un modo quasi tenero. «Ehi, va bene che sei praticamente con un piede già nella tom–cioè, hai trentaquattro anni, ma mi sembra che tu ti prenda abbastanza cura di te.» Tese una mano a Smoker, che dopo un momento di esasperazione raccolse il guanto della sfida. «Puoi sempre chiamarmi, se hai bisogno di qualcuno che ti controlli bene, mh?»

«Per quello ci vuole un medico, non una marmocchia.»

«Sai che se continui a chiamarmi marmocchia l’unico effetto che ottieni è quello di sentirti più vecchia?»

«Stai cercando di convincermi a smettere? Non ce la farai, marmocchia

Arrivarono fino al letto inciampando un paio di volte ognuna nei passi dell’altra. Anne rideva, sorrideva e annuiva a tutti gli insulti di Smoker per la situazione in cui stavano finendo (aveva da lavorare, come al solito, stakanovista). «Mh-hm. Hai presente quando ti senti piena di energia, tanto che potresti andare avanti per ore?» Era stato poco più di un sussurro nell’orecchio di Smoker, come una scintilla che sfiora la pelle della mandibola. La ragazzina le aveva davvero dato un pizzicotto sulla coscia? «Va bene anche il ricordo di quella sensazione, visto che – m’immagino – tu non riesca a provarla, al momento. Vecchia

















 

 

Note Autrice:

Anne che chiama Smoker vecchia è una cosa bellissima. Viva i giovincelli. (Mi sento anzianotta.)

Prompt: Amore con scarto d’età.

Sottotitolo.
Prima riga: citazione da Valzer per un amore di Fabrizio de Andrè. Non so perché non parli mai di Faber, lo adoro. Ha scritto delle canzoni che sono oltre la poesia, accidenti.
Seconda riga: citazione da Immortals dei Fall Out Boy. Traduzione: "Vivi con me adesso, tira giù le tende scure”. Ok, non son capace di tradurre, per cui vedo di spiegare cosa siano le blackout curtains: sono delle tende di colore scuro che venivano impiegate nelle abitazioni in tempo di guerra. Quando c’erano degli aerei che sorvolavano le case, si aprivano queste tende sulle finestre in modo tale che da fuori non fosse visibile la luce interna alla casa – e dunque non era chiara la posizione dell’edificio a chi era nell’aereo, che si trovava in difficoltà nel mirare quello che non poteva distinguere nel buio.

Quel live with me forever now per me può suonare anche come un invito a non occuparsi del futuro, perché quell’attimo in cui si trovano si allungherà fino all’infinito di un secondo. Non so se rendo l’idea. É anche un rialzarsi dopo un momento di sconforto per sentirsi di nuovo pronti a contrastare qualsiasi cosa, grazie anche a un supporto sia morale che fisico. Il movimento dell’aprire le tende scure sembra calare un sipario più intimo e “da nascondere” rispetto alle normali tende di casa. É come se quel momento di difficoltà andasse celato (forse sovrapposto, riscritto?) da un momento intimo in altro senso, più “facile” per queste due sceme (???).

Qui si discute della differenza d’età tra Anne e Smoker in maniera implicita, cioè parlando del tumore al seno, che in età avanzate colpisce più facilmente. Paura che Smoker ha, e che Anne cerca di mandare via, magari senza riuscirci, ma si sa, certe paure non se ne vanno neanche per sogno. Boh, a me Smokie che cerca di occupare la mente di Anne con altro fa troppo ridere, perché Anne non si arrende certo per così poco! XD Boh, mi diverto a renderle sceme (???), a volte sono troppo serie. 

Quella storia del reggiseno e dei tumori al seno è una diàtriba che va avanti da ere geologiche. Ovviamente non sono una scienziata che ha la verità del mondo, e con questa storia non intendo persuadere nessuno a far niente (a parte farvi piacere un po’ la SmoAce, non so se ci sto riuscendo). Quindi voi fate come volete – quello che posso dire è abbiate cura di voi e del vostro corpo: che sia una villa o un monolocale (come nel mio caso, visto che sono formato tascabile), il vostro corpo è pur sempre casa vostra, no?

Ho finito con le cose random che di norma ci sono in queste note: la prossima settimana il menù prevede il prompt Eros!

Siamo già a Natale, quindi auguri a tutti!

Grazie per aver letto! Ringrazio ancora tantissimo Happy_Ely per i suoi commenti. C:

Per qualsiasi dubbio, parere o critica in merito alla storia, non esitate a contattarmi!

Alla prossima settimana!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Eros(a) ***




Indice di fuoco
















Eros(a)


You’re second hand smoke, second hand smoke

I breathe you in, but honey I don’t know

What you’re doing to me

 










«Uhm, Smokie—ie,» sussurrò Anne, un po’ senza fiato. Era solo una sua impressione o Smoker era tutta attorno? Era come se il commodoro avesse preso la forma di una nuvola di fumo e la stesse imprigionando nelle sue spire, in un soffocamento che portava al sogno.

«Cosa c’è, Portugue—se.»

«Mi sa che il soffitto è un po’ bruciacchiato.»

«Non mi interessa,» rispose l’altra, dopo un profondo respiro.

Le interessava molto di più la pelle di Anne, morbida ed elastica, che appena si inumidiva per il sudore s’arroventava e di sudore non c’era più traccia. Il petto di Anne si alzava e abbassava come un mantice per caminetto – l’aria calda usciva dalla sua bocca e alimentava la voglia di sentire e toccare (e anche di parlare, o di interrompere in qualche modo il silenzio che c’era).

«Smokie—ie,» ripeté Anne.

«Portugue—se,» ripeté Smoker, infastidita da quelle continue interruzioni.

Anne avrebbe voluto dirle trecento cose insieme (tra cui Sei una grandissima stronza), ma poi rimase in silenzio. O meglio, emise un altro «Smokie—kie» quando fu inguine contro inguine; sfregavano, piano; stregavano, come una piccola scossa sul palmo della mano. La sensazione le piaceva.

Poi Anne acchiappò la coda di cavallo, ormai sfatta, di Smoker e levò l’elastico. Smoker aveva i capelli tutti annodati e non erano per nulla lisci: tutta colpa del fumo, di sicuro. Le tirò i capelli finché il commodoro non smise di passare le labbra sul petto abbronzato di Anne e si decise, invece, a mettersi viso contro viso.

«Cosa c’è?»

«Smettila di baciarmi. Mi dà fastidio e infrange le regole.»

«Non ti sto bacian—do.»

Anne, in una serie di piccoli movimenti veloci, scivolò verso la pancia di Smoker, abbastanza giù da poterle dare un pizzicotto cattivo nell’interno coscia. La reazione di Smoker (una rapida scossa di sorpresa piacevole) la fece sorridere.

Le gambe di Smoker – le cosce. Morbide quando erano a riposo; comode a sedercisi sopra; ma appena scattavano si vedevano il guizzo e la tensione dei muscoli e Anne sarebbe stata lì per dei minuti a fissarle. Per questo le piaceva tanto stuzzicarla sulle cosce – e sulle ginocchia, Smoker era molto sensibile sulle ginocchia.

D’altra parte, Anne non amava molto essere baciata, men che meno da quella stakanovista del commodoro: erano gesti un po’ troppo intimi per i suoi gusti – e meno Smoker riusciva a capire, più Anne si sentiva al sicuro. Anne poteva chiudersi a tutti i tocchi, alle mani, al seno, alle cosce: sapeva quali erano i modi per evitare di mostrarsi nelle proprie debolezze, e uno di questi era non (farsi) baciare. Soprattutto da quella lì.

«Annnn—e,» sibilò Smoker.

Un altro problema era Smoker che la chiamava per nome (erano casi rarissimi). Quello la faceva deglutire e le faceva alzare la testa in direzione degli occhi grigi di Smoker che, instancabile investigatrice com’era, la osservava sempre con molta attenzione.

«Non provare a smettere.»

Anne si tranquillizzò. Anche questa volta l’aveva scampata bella. Quando alla bocca di Anne si aggiunsero le sue mani, Smoker non la interruppe più per un po’.

Quando i muscoli di tutto il corpo (dalla punta dei piedi alla radice dei capelli) si tesero e tutti i nervi acuirono la percezione del piacere, solo allora Smoker osò interromperla. Prese la testa di Anne dalla base della treccia e così la giovane si trovò di nuovo faccia a faccia con Smoker.

Anne sapeva che quel ringhio uscito dalle labbra della marine avrebbe voluto essere un bacio, ma Smoker seguiva le regole che si erano imposte (anche se ogni tanto barava, eh).

Ecco, di nuovo quella sensazione, di nuovo Smoker dappertutto, come se Anne potesse respirarla. I polmoni le stavano diventando neri, doveva espellere il fumo, doveva buttarlo fuori dal proprio corpo e dalla propria vita prima che—

Prima che le strappasse via la corazza con cui si era difesa per dieci anni dal mondo esterno.

Però le piaceva la sensazione del seno di Smoker sul proprio; delle sue cosce; non avrebbe voluto darle una possibilità di farla rimanere, ma dopo la prima volta Anne era tornata perché il sesso con Smoker le piaceva davvero tanto – poteva prendere fuoco e il fumo l’avrebbe circondata per contenerla; poteva scottare Smoker e lasciarle delle bruciature profonde sulla pelle, perché il suo potere l’avrebbe guarita e protetta; mano contro mano era fiamma contro fumo, in un contatto che elettrizzava fino al più piccolo dei capillari venosi e arteriosi. Più di tutto, c’era quella sensazione di polmoni neri e di Smoker che la circondava come il fumo circonda l’incendio.

Con quest’immagine in testa Anne inarcò la schiena e la spina dorsale si lamentò come chi si lamenta per pura voglia, non perché ci sia qualcosa che non va – come chi si sente così bene da provar vergogna.

Di nuovo gli occhi di Smoker in quelli di Anne; un altro ringhio; una coscia di Smoker tra le sue e i seni premuti gli uni sugli altri.

«Portuguese,» disse Smoker, soddisfatta.

«Smokie,» rispose Anne, sorridendole.

Per ogni volta che decidevano di condividere il loro piacere per il sesso, per ogni volta una sottile cresta di fumo grattava via un pezzetto della barriera dietro cui Anne si riparava; per ogni volta Anne glielo permetteva, piano, senza fretta, con molta paura e un po’ di rimorso.





















Note Autrice:

L’origine di questa shot è stata la grande (?) idea di usare il prompt, Eros, aggiungendoci quella bellissima (?) “–a” finale. Il fatto che ad Anne piaccia tanto far sesso con Smoker la rende ogni volta più vulnerabile all’acutezza di spirito di Smoker, che così capisce sempre di più quello che Anne nasconde – e quello che nasconde è tutta una serie di cose, quelle importanti della sua vita, i suoi dolori, le sue insicurezze. Si tratta di uno scambio alla pari, ma credo che ormai mi conoscerete, adoro parlare di Anne e di tutte le questioni che le frullano nella testa! XD

Come primo esperimento non mi dispiace. Ho in mente un paio di altre cose per altre scene simili (principalmente la questione fumo/fuoco in situazioni del genere), ma credo che le riserverò a quella fantomatica seconda raccolta per cui ho qualcosina in mente. Non garantisco nulla, però, lol.

Sinceramente non penso che il rating sia da alzare. Non è  una scena erotica descritta nei particolari – non mi piacerebbe e non ne sarei capace. Mi affido al vostro giudizio: se pensate che il rating vada alzato, non esitate a contattarmi.

Il sottotitolo è una citazione dalla canzone Irresistible dei Fall Out Boy. Traduzione (prendetela sempre con le pinze, Jo & traduzioni = orrore!): Sei fumo passivo, fumo passivo, ti respiro ma, dolcezza, non so che cosa tu mi stia facendo.

Il prossimo sarà Amore adolescenziale.

Grazie per aver letto – un grazie gigante a Happy_Ely. Per tutti: auguri di buon anno! Se dovete guidare, non bevete, mi raccomando! C: Stay safe!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Le ultime parole sono quelle famose o quelle di una vincitrice ***




Indice di fuoco
















Le ultime parole sono quelle famose o quelle di una vincitrice

Sono una donna e posso avere tutte le contraddizioni che voglio!










 

Anne, in genere, entrava nella cabina di Smoker trasformandosi in una piccola fiamma che si arrampicava dallo Striker lungo il fianco della nave fino alla finestrella della stanza, lasciata appena socchiusa. Quando faceva caldo e la finestrina era spalancata, Anne riusciva ad infilarsi nella camera con un salto ben calcolato.

Quel giorno, però, una fitta terrificante l’aveva colta a mezz’aria. Se non avesse avuto i riflessi pronti, Anne sarebbe finita con la faccia spalmata sul fianco della nave e a quel punto non solo la pancia le avrebbe fatto male.

«Brutta cera, oggi, Portuguese.» Osservò Smoker, quando Anne riuscì a scalare la finestra e a riversarsi sul pavimento della cabina con un’aria sconvolta.

«Zitta. Mi sento malissimo.»

«Ciclo?»

«Cosa te lo fa pensare?» Anne strisciò fino al letto e lì si sistemò in posizione fetale, portandosi le ginocchia sotto al mento. «Sei una stronza. Scommetto che sei già in menopausa perché sei una vecchia strega.»

«Stavo per darti un analgesico, ma visto che sei così simpatica ti lascerò a contorcerti per il dolore.»

Anne praticamente ruggì per la sofferenza che provava. Diede le spalle alla scrivania di Smoker e sbuffò. S’era dimenticata i medicinali nello zaino – zaino che aveva dimenticato sullo Striker. Avrebbe gridato contro il mondo intero tutta la sua incazzatura, anzi, avrebbe voluto far saltare in aria la nave di quella bastarda del commodoro e soprattutto avrebbe voluto annegare suddetta stronza.

«Stupida.» Disse Smoker, tirandole in testa una confezione di paracetamolo.

«Come siamo infantili, commodoro. Certo che la menopausa fa diventare acide, eh?»

Ogni tanto (ogni spesso?) capitava che le loro conversazioni cominciassero con insulti e non progredissero molto. Certo, magari le frecciatine diventavano più acute, ma sempre cattive rimanevano: come le conversazioni tra adolescenti quando l’unico scopo è imporsi sul proprio interlocutore – e quando avere l’ultima parola è il premio più ambito. É anche vero che il più delle volte Anne e Smoker non si arrabbiavano mai sul serio (più che altro questo era vero per Anne) e che simili conversazioni tra adulti erano decisamente peggiori.

«Non è quella, sono le marmocchie.»

«Su, Smokie, sii carina con me, sono ammalata.»

«Saranno quattro o cinque anni che hai le tue cose, quindi non disturbarmi.»

«Quattro o cin—senti, Smokie, non so come sei messa tu, ma io ho diciannove anni, non quarantacinque!»

Allora Smoker si voltò e le rivolse piena attenzione: quel cambio di atteggiamento mise Anne in guardia. «Quando ti son venute per la prima volta?»

«Perché? Quando avevo sedici, diciassette anni. Forse diciassette.» Anne rotolò su un fianco per ingoiare la pastiglia e guardare negli occhi il commodoro. «Non è normale?»

«No. In genere succede due o tre anni prima.»

«Ed è grave? Che mi sia successo così tardi, intendo.»

«Non lo so. Non è normale, comunque.»

«Oh.» Rispose Anne, un po’ preoccupata. «Insomma, quando mi è successo per la prima volta ero sulla Moby Dick e l’unico a cui sono riuscita a chiedere aiuto era Marco. Non è stato molto contento di spiegarmi tutta la storia, ma mi vergognavo troppo a chiedere ad altri. È l’unico con cui riesco a parlare.»

Smoker aveva notato come Anne fosse impensierita da tutta quella storia. Quello del ciclo non è mai l’argomento migliore di conversazione, eppure il dubbio stava per superare il dolore nella testa di Anne, poco ma sicuro. Aveva bisogno di essere rassicurata: avere dubbi sul proprio corpo è come avere una coperta troppo corta in un giorno di freddo – non ci si riesce a stringere a sufficienza per sentirsi protetti e i piedi si intorpidiscono e non si sente altro che la loro mancanza.

«Ch. Forse ero io ad essere in anticipo.» Concluse Smoker.

Anne sorrise a quel pessimo tentativo di supporto morale. Le parve che i reni si stessero spremendo da soli fino a mozzarle il fiato. «Smokie vuol fare le cose di fretta fin da piccola, eh?» Riuscì a dire con un filo di voce.

La marine le tirò in testa una scatoletta di assorbenti. «Vatti a mettere a posto, stupida.»

«Non sono una bambina!» Disse Anne, alzandosi dal letto con enorme fatica. Strisciò fino al bagno con l’aria di un’ipocondriaca che è appena stata ricoverata in ospedale.

«A volte ti comporti come una marmocchia. Mi correggo: ti comporti sempre come una marmocchia.»

«Fanculo, Smokie.» Anne le fece una linguaccia prima di sparire dietro la porticina del bagno.

Se non altro, la discussione da ragazzine che devono avere l’ultima parola per forza era finita con le ultime parole dell’unica teenager tra le due.





















Note Autrice:

Scusate il ritardo! Tour de force universitario e l’essere pendolari non hanno aiutato proprio per nulla.

Il sottotitolo è una citazione da Downton Abbey, telefilm che non ho mai visto ma che piace a mia mamma, lol. Avrei voluto aggiungere "e tutti i cambi d'umore che voglio!", ma forse si capisce anche senza modificare la citazione.

Il prompt era Amore adolescenziale: ho giocato un po’ anche stavolta. Si parla del conoscere il proprio corpo (cosa che si comincia a fare nell’adolescenza) e delle paure che ne possono derivare; del bisogno di comportarsi in modo offensivo per proteggersi, quindi battutine e parole cattive, litigi continui ma mai definitivi, tentativi di supporto morale, cose del genere. È anche uno sfogo mio nei confronti di quello schifo che è il ciclo mestruale (odio profondo). Poi Smokie non è molto brava come supporter, ma almeno ci prova. Forse. XD

È un capitolo di transizione: se qui si comportano in maniera un po’ infantile e giocano un po’, nel prossimo capitolo i giochi si faranno più seri. Siamo al giro di boa e ci mancano un bel po’ di prompt interessanti. Il primo del girone di ritorno (???) sarà Amore incondizionato.

Grazie per aver letto, a tutti voi che avete aperto la paginetta e siete arrivati fino alla fine. :)

Ringrazio sempre tantissimo Happy_Ely! Grazie, Ely, per il tuo continuo supporto! C:

Per qualsiasi dubbio o altro, potete sempre mandarmi un messaggio anche privato. Non mordo. Al massimo, in questi giorni d’inferno risponderò in ritardo: mi spiace, io vorrei restare su EFP tutto il giorno, ma come diceva qualcuno reality kicks in e non posso stare a guardare, anche se la contemplazione è il mio forte (questo per dire che sono pigra come un leone).

Alla prossima! Stay safe!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Nove vite di confessioni ***




Indice di fuoco
















Nove vite di confessioni

Heavy stones fear no weather










 

Tenendo conto del fatto che la maggior parte del tempo che trascorrevano assieme la trascorrevano nel letto della cabina di Smoker, lei e Anne avevano in teoria molto tempo per discutere, prima, dopo o durante il sesso (soprattutto durante, sembrava che non riuscissero a stare zitte, accidenti). In genere si rinfacciavano frecciatine, scherzi cattivi, la stanza ringraziava quando i muri non venivano bruciacchiati dalle fiamme di Anne, altre frecciatine, molto sarcasmo.

Col passare delle settimane, però, le visite di Anne si fecero sempre più sporadiche. Ora Anne sgattaiolava nella stanza di Smoker una volta ogni quindici, venti giorni: rispetto a una cadenza se non giornaliera, quasi, dei primi tempi, quel comportamento aveva reso Smoker non perplessa, ma in guardia.

Non che ci fosse mai un momento in cui Smoker potesse essere sicura di quello che passava nella testa di Anne: era sempre stata brava a capire le persone ed era piuttosto sveglia, ma Anne era capace di non mostrare mai un fianco scoperto (metaforicamente parlando). L’unica cosa di cui Smoker poteva essere sicura era che, se mai Anne avesse deciso di parlarle di argomenti seri, con una sola piccola rivelazione le avrebbe aperto un universo intero di pensieri, informazioni ed emozioni, tutti ugualmente pericolosi.

Perché non le aveva mai detto nulla di nulla? La risposta facile era che, se avesse parlato, avrebbe servito notizie di importanza vitale su un piatto d’argento alla Marina, e quindi teneva la bocca chiusa (metaforicamente parlando); la risposta difficile era che tutto quello che Anne pensava e non le diceva avrebbe potuto avvicinarle in termini umani.

La seconda risposta era più complicata, o meglio – aveva delle implicazioni di responsabilità nei confronti Anne di Smoker e viceversa. Ad esempio, rivelare a Smoker che Anne era figlia di Roger era come buttar giù le basi di un ponte tra di loro, no? Ma voleva anche dire mettere in estrema difficoltà Smoker (perché lei di certo si sarebbe messa a rifletterci a lungo e con conseguenze non prevedibili): non dirglielo, di conseguenza, poteva implicare una qualche sorta di affetto o di premura nei confronti di Smoker stessa. Smoker non poteva immaginare la connessione tra Roger e Anne, ma poteva supporre una logica del genere dietro il suo silenzio.

Se Anne avesse parlato o non avesse parlato, ecco, in entrambi i casi c’era una piccola probabilità di essere considerata da Smoker una debole o una sentimentale.

 

Smoker non credeva in maniera definitiva che Anne fosse debole o sentimentale. Certo, glielo avrebbe rinfacciato diverse volte nel corso di una serata, ma mai in un momento in cui parole del genere potessero ferirla sul serio.

 

Così, una sera, Smoker aveva alzato gli occhi da quei maledetti fogli sulla sua scrivania e aveva guardato attentamente Anne, seduta sul lato stretto del tavolo. C’era qualcosa di diverso nel modo in cui Anne si era accomodata lì a fianco. In genere si abbarbicava sui documenti come un gatto irritato dal proprio umano; quella sera, invece, sembrava più un gufo o una civetta, appollaiata sull’angolino della scrivania con uno sguardo che simulava indifferenza ma era, in realtà, piuttosto concentrato – come se, con quell’attenzione, avesse raggiunto una consapevolezza ulteriore, o qualcosa del genere.

«Cosa c’è?» Chiese Smoker.

Anne scosse la testa e tirò fuori un bel sorriso accattivante. Sembrava che non volesse farsi vedere in quello stato da civetta saggia. «Niente. Vedo che ti stai già divertendo molto con tutta quella carta straccia.»

«Spiacente, Portuguese, ma stasera dovrai aspettare.»

«Perché? Vuoi stressarti un po’ di più, così dopo scarichi tutto lo stress su di me? Dai, Smokie! Perché non fai una pausa?»

Anne enfatizzò quella scena agitando le gambe davanti al commodoro – e allo stesso tempo si levò gli scarponcini, che atterrarono con la suola per aria in un’area imprecisata vicino al letto.

Smoker fece di tutto per ignorarla. In quei momenti Anne tendeva ad abbarbicarsi sulle spalle di Smoker finché la marine non capitolava (e ci voleva del tempo, sul serio), emettendo versi buffi nel tentativo di imitare le fusa di un gatto, continuando a ripetere «Dai, Smokie,» come se Dai fosse il mistero dietro la Volontà della D. Quella sera, invece, come a preparare la compagna a una successiva rivelazione, Anne andò verso l’armadio e tirò fuori lo specchio che aveva tolto dalla parete la prima volta che era entrata nella cabina. Senza guardare il proprio riflesso, la ragazzina (come Smoker chiamava Anne nella propria testa) lo appese di nuovo al muro.

«Cosa ti è successo?» Chiese il commodoro, senza smettere di leggere il documento che aveva sotto gli occhi.

«A me? Proprio niente, a parte il fatto che mi stai bellamente ignorando.»

«Non cercare scuse, Portuguese. Cosa mi stai nascondendo?»

«Adesso non posso nemmeno rimettere a posto uno specchio?»

«Non se è la mia stanza, e non se lo hai tolto tu di tua spontanea e non accordata volontà tre o quattro mesi fa.»

«Non ti ricordi nemmeno quando sono entrata qua dentro per la prima volta. Mi sento offesa.» Rispose Anne, con un tono indispettito, appoggiando il cappello arancione su quel fottutissimo documento che Smoker stava leggendo da un quarto d’ora. «Pausa, Smokie, pausa

E pausa fu, alla fin fine. Smoker fu gentilmente accompagnata al letto e le venne data la possibilità di scaricare tutto lo stress della giornata (che gentile che era, Anne). Quando furono entrambe stanche e (soddi)sfatte, in un momento tra il sonno e la veglia, si sollevò appena un sussurro—

«Smokie. Ehi, Smokie, sei tra noi?»

«... Sì.»

«Volevo dirti una cosa. È importante.»

Smoker stava per sistemarsi su un fianco per guardare Anne in faccia, ma la ragazzina disse qualcosa come «No, te lo dico nell’orecchio, non lo deve sentire neanche il muro,» e infilò i propri piedi caldi sotto quelli della compagna per avvicinarsi ancora un po’.

Anne le disse di essere la figlia di Gol D. Roger tutto d’un fiato, con una voce sottilissima come il profilo di una lingua di fuoco che si sta estinguendo.

Ecco che l’universo dentro alla testa di Anne si stava piano piano aprendo a Smoker: una sola breve occhiata le era bastata per capirci qualcosa di più – per capire che Anne l’aveva fregata di nuovo.

Quella rivelazione, detta o non detta, non avrebbe indebolito la posizione di Anne nei confronti di Smoker: o meglio, aveva messo in difficoltà anche lei, ma tra le due era la marine a trovarsi in uno  svantaggio maggiore – benché svelare quel segreto non fosse stato proprio uno sforzo insignificante da parte di quella testa calda.

Smoker era in una posizione più scomoda perché ora si trattava di perdere o di rafforzare la loro relazione. Una parola sbagliata col tono sbagliato e Anne avrebbe incendiato l’intera nave.

«Cosa ti aspetti che ti dica, Anne?»

«Non lo so, Smokie. Ma siamo già a buon punto se mi chiami per nome, non credi?»

Rimasero in silenzio per una decina di minuti – le ciglia lunghe di Anne sbattevano sul braccio di Smoker e la innervosivano più del solito.

«Ci sono altre cose che avresti potuto dirmi e che ancora mi tieni nascoste. E sono cose che ti stanno molto più a cuore. Perché allora io dovrei dirti qualcosa come “Non preoccuparti, ti amo anche se sei la figlia di un criminale di quel calibro”?»

«Ohw, Smokie, lo pensi davvero?»

«Pff.» D’accordo, non ancora – ma forse, un giorno. «Tu perché non mi racconti quello che davvero non vuoi dirmi?»

Il viso di Anne si strinse in un’espressione di rimorso e dolore.

«Ti ripugna così tanto che non riesci a tirarlo fuori?»

«Non... non saprei da dove cominciare.»

«Farò io le domande, se serve.»

«Oh, non dubito delle tue capacità investigative, Smokie. Non voglio parlarne.»

«Allora non aspettarti una risposta da me.»

Si guardarono negli occhi per una decina di secondi, poi Anne si rigirò nel letto e si alzò per andare a rimettere quello specchio nell’armadio. La fermò la voce di Smoker: «La mia pausa durerà ancora un paio d’ore, se deciderai di parlarmi.»

Anne si voltò verso il letto. Era in piedi in mezzo alla cabina, senza vestiti addosso, ma bastavano i due tatuaggi, sul braccio e sulla schiena, a coprirla completamente alle occhiate più acute di Smoker. Era innegabilmente bella, ma anche terribilmente fastidiosa nel suo silenzio.

«Va bene, Smokie, sembri tenerci così tanto che ti racconterò una cosa. Una sola. Poi voglio la mia risposta. Chiaro?» Disse Anne, abbandonando lo specchio per terra.

«Sì.»

Anne si coricò di nuovo, si riaggiustò sotto il lenzuolo, si disfece la treccia e cominciò a spiegare quale fosse la storia dietro ASNNE: com’era stata la sua vita quando era più piccola e chi erano i suoi fratelli. Si limitò a dire che Sabo era morto e che lei, anni dopo, aveva preso il mare prima di Rufy – Smoker non aveva bisogno di ulteriori spiegazioni. Le spiegò anche perché portasse sempre la treccia, perchè tre erano i fratelli e tre dovevano essere le ciocche. La sua storia fu breve e da manuale – ma da manuale per poliziotti nello stendere il resoconto di un caso. Era asettica. Aveva cercato di evitare di farsi coinvolgere nei propri stessi ricordi. Perché?

Terminato il racconto, Smoker disse: «Un giorno me la racconterai come si deve.»

Anne le diede uno schiaffo su una guancia, schiaffo che Smoker ignorò completamente.

«Vuoi usare quello specchio, adesso, o vuoi metterlo via?»

«Lo metterò via. Dopo.»

Ora voglio la mia risposta era implicito.

«Vuoi davvero sentirti dire quelle cose?»

Anne rimase in attesa, in silenzio – un silenzio che non voleva prendere in giro, per una volta.

Smoker allungò una mano ad acchiappare un sigaro dalla scrivania. Il fumo del polso si arricciava in sottili volute, come se quei riccioli fossero la realizzazione fisica della difficoltà di espressione. Dopotutto, esistono molte cose impegnative da dire.

«“Noi moriremo: per questo siamo fortunati. Molti non moriranno mai, perché non sono mai nati”. Questa è la mia risposta.»

Anne sorrise, perché quello era il massimo a cui Smoker sarebbe arrivata, come dichiarazione d’intenti. Le sarebbe sfuggita una lacrima, se il suo corpo non fosse stato bollente (no, la lacrima era scappata, ma era evaporata non appena aveva toccato le ciglia). Quelle parole—quelle parole Anne le aveva già sentite, chissà dove, chissà quando, le aveva rifiutate con tutta se stessa. Ora, dette da Smoker, assumevano tutt’altro significato. Ti ho accettato quando eri una criminale, perché non dovrei accettarti ora?, le aveva detto senza pronunciarlo.

Era un’accettazione della vita – della vita di Anne.

 

 




















Note Autrice:

Ovviamente la linea del tempo è modificata in modo tale che queste due sceme abbiano possibilità di incontrarsi per tutta la durata della raccolta. Dopotutto, è il potere della fantasia (???). E del fregarmene del canon, anche.

Prompt: Amore incondizionato. Spero sia risultato abbastanza chiaro, ecco.

Il sottotitolo, guarda un po’, è una citazione da una canzone, Empire, del gruppo Of Monsters And Men. Adoro anche loro. Per farsi un’idea, significa qualcosa come: le pietre pesanti non temono nessun tempo(rale). È un andare avanti anche quando la situazione che si ha davanti si fa difficile.

Anne racconta a Smoker di Roger, Thatch e Sabo: si apre a Smoker riguardo quello che più le importa. Insomma, le mostra le insicurezze più grandi che si porta sulle spalle. Smoker, stoicamente (oddio, più o meno, eh! XD), le risponde che non le interessa di chi è figlia e che l’accetta lo stesso nella propria vita, anche se è la figlia di Roger, anche se si trascina dietro la morte di due fratelli, anche se, anche se... Ci sono molti punti lasciati in sospeso che prima o poi andranno tirati e chiusi. Li tireranno e chiuderanno, ma non oggi.

L’ultima frase di Smoker è una traduzione libera di un pezzetto di Unweaving the Rainbow: Science, Delusion and the Appetite for Wonder, di Richard Dawkins. L’originale è: we are going to die and that makes us the lucky ones. Most people are never going to die because they are never going to be born. (Noi moriremo e questo ci rende persone fortunate. La maggior parte della gente non morirà perché non è mai nata.) Basta la prima parte di questo pensiero perché Anne capisca cosa c’è dietro.

Oh, settimana prossima avremo in studio il prompt Batticuore. Non so se riuscirò ad aggiornare di notte, perché devo cercare di recuperare cicli di vita diurni. Credo che i nuovi capitoli arriveranno di mattina, ecco. :)

Come sempre, per qualsiasi dubbio o perplessità potete scrivermi: anche per farmi sapere la vostra opinione riguardo al capitolo! Non mordo! C:

Grazie infinite a Happy_Ely per le sue parole, davvero.

Spero vi sia piaciuto. Grazie per aver letto! ;)

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** L’acqua è per i perversi, il caffè per le bugie bianche ***




Indice di fuoco
















L’acqua è per i perversi, il caffè per le bugie bianche

Kick drum beating in my chest again










 

Smoker pensava che Anne bevesse caffè – ma una quantità industriale di caffè, intendiamoci. Il motivo per cui lo pensava non era perfettamente chiaro nemmeno a lei: aveva delle teorie, ma non le aveva mai esposte a nessuno (qualcosa per cui tutti i marmocchi iperattivi e rompicoglioni bevessero caffè, ad esempio). Perciò un giorno decise che avrebbe lasciato sulla scrivania un’esca anonima.

A quanto pareva, Anne non aveva colto nessuna stranezza in quella tazza da caffè che non era la solita tazza da caffè di Smoker. Oppure, anche nel momento in cui avesse colto quella differenza, non aveva detto nulla a riguardo.

Un’altra sera, sulla scrivania, mise una tazza di caffè e una di tè. Inutile dire che Anne scelse subito quella con il tè caldo, la bevve in un solo fiato e poi disse qualcosa riguardo il fatto che sulla Moby Dick il tè era decisamente più buono e che robaccia vi danno, quelli della Marina? Ah, Smokie, quello è il tuo tè preferito? Non lo sapevo!

Incazzatura a parte, Smoker cominciò a credere che ad Anne il caffè non piacesse per nulla. D’altro canto era sicura che, se le avesse chiesto qualcosa, poi Anne avrebbe indagato e le avrebbe posto domande stupide come Ma come fate a bere quella schifezza?

(Chi non beve caffè è un eretico.)

Forse avrebbe dovuto chiedere. Forse l’Anne schematizzata che Smoker aveva in testa era troppo schematizzata – di sicuro era molto polarizzata e parziale, ma al commodoro serviva soprattutto quando doveva inventarsi frasi cattive con cui rispondere alla vera Anne.

Dopo essersi allenata con la sua proiezione, Smoker si sentì pronta a porre la fatidica domanda.

«C’è un motivo per cui non bevi il caffè?» Chiese quindi ad Anne, una sera.

Pugno di Fuoco la guardò inclinando la testa. «Che razza di domanda è? Non mi piace. Ha un sapore terribile.»

«Solo per quello?»

Anne mise su una smorfia di disgusto e mise i piedi sulla scrivania. «Sono un po’ tachicardica. Non mi fa neanche bene. E se bevo un solo caffè per due o tre giorni poi mi scende un po’ la pressione. Sei contenta, adesso?»

Smoker prese la propria tazza di caffè e se la portò alla bocca. Anne la guardò e sbuffò.

Gliel’avrebbe pagata cara.



La mattina seguente, infatti, dalle cucine era sparito tutto il caffè, fino all’ultimo granello. Si sollevò un caos infernale prima che Smoker scendesse nella mensa e gridasse a tutti di stare zitti: quando però qualcuno le riportò precisamente quale fosse la situazione, allora avrebbe voluto gridare il nome di Portuguese D. Anne per richiamarla subito all’ordine e confiscarle il maltolto, perché sicuramente era stata quella stronza di Pugno di Fuoco a togliere a tutti loro la santa caffeina!

Ma dopotutto quella era una criminale, e i pirati non seguivano gli ordini dei Marine, no?

(Quelli della Flotta dei Sette non rientravano nel conto, in nessun dannatissimo caso.)



Lo Striker correva sul mare con un po’ più di fatica del solito, a causa del peso dei sacchi di caffè. Da quando era sgattaiolata fuori dalla cabina del commodoro, aveva raggiunto le cucine e se n’era andata con la refurtiva erano trascorse ormai alcune ore, e Anne era sicura che l’unica che non avrebbe sofferto per l’astinenza da caffeina sarebbe stata Tashigi.

Già che c’era avrebbe barattato tutta quella roba con qualcosa di commestibile, una volta attraccata alla prima isola abitata nella zona. Altro che caffè! Ci voleva un pranzo abbondante per festeggiare.



Oltre al danno, la beffa: Anne non si fece vedere per diversi giorni. Quando poi entrò dalla solita finestrella della cabina di Smoker, si trovò davanti una sorta di fantasma di fumo, pallido, con lo sguardo poco concentrato – o meglio, un po’ vago. Ma quando Smoker tornò nel mondo dei vivi scrollò le spalle e cercò di non mostrarsi con la guardia abbassata.

«Pugno di Fuoco—»

«Sì, sì, ti ho rubato il caffè, è vero, accetterò ogni punizione che vorrai infliggermi, bla bla bla. Ma tu prova a farmi di nuovo una domanda del genere e la mia vendetta sarà ben peggiore del toglierti una cosa stupida come il caffè.»

«Quindi sapere qualcosa di te è praticamente un reato nei tuoi confronti? Potevi dirmelo prima che cominciassimo—questa cosa

«È questo il problema, allora? Vuoi conoscermi meglio?»

Be’, forse sì. Poteva essere quello, il problema – che poi, era un problema? Si sarebbe trattato di un problema nel caso in cui Anne non avesse spiegato la propria avversione nei confronti del caffè, eppure le aveva risposto. Quindi, esattamente, dove stava il problema?

Il non sapere dov’era il problema era il problema.

«E comunque ti ho portato un caffè. Ormai sarà freddo e probabilmente un po’ è finito fuori bordo mentre ero sullo Striker, ma basta il pensiero, no, Smokie?»

Con grande forza di volontà il commodoro aspettò che Anne le porgesse il bicchiere di plastica: poi praticamente glielò strappò di mano e si finì il caffè tutto in un sorso (non che ce ne fosse molto, ma bastava il pensiero di averlo bevuto, effetto placebo incluso, insomma).

Quale rapido cambiamento di comportamento! Quando il caffè cominciò a entrarle in circolo, Smoker riuscì a collegare il caffè alla gentilezza che Anne le aveva fatto (senza dimenticare che, prima della gentilezza, c’era stato l’orribile furto). Perciò ci fu punizione ma ci fu anche una sorta di premio: il pacchetto completo comprendeva il letto e dei morsi.

Ecco. Anne si sentiva stravolta ma soddisfatta. Mettendo la testa sul petto di Smoker, cercò di sentire il battito del cuore. Era veloce e forte.

«Oi, Smokie, cos’è tutto questo pum-pum-pum? Sembra che tu stia tirando un carro, coi battiti che hai.»

«È il caffè che fa effetto. Ora zitta e dormi.»

Già, il caffè che fa effetto. Già.



















Note Autrice:

Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema! Così diceva Capitan Jack Sparrow, almeno. Ehm! Salve! A me il caffè non piace, questa è la mia rivincita contro i caffè-dipendenti. No, ok, non è vero, non voglio prendere in giro nessuno, Anne e Smokie a parte, ovviamente.

Il prompt era Batticuore. Anne parla della propria tachicardia (il che è un mio headcanon) e questo è un altro passo in avanti nella loro relazione. Poi anche a Smoker il cuore batte forte quando c’è in giro Anne, ma la scusa è quella del caffè che fa accelerare i battiti cardiaci. Ci crediamo tutti, Smokie.

Il sottotitolo è una citazione da una canzone – che novità! Si chiama Coffee’s For Closers e wow, che novità anche questa, è dei Fall Out Boy. Mi spreco con l’originalità, lo so. È anche una delle mie preferite dei FOB. Traduzione: La grancassa tuona di nuovo nel mio petto. Siete mai stati a un concerto o alla sfilata di una banda? Quando la grancassa suona, sembra che il cuore dentro il petto segua il ritmo della grancassa. È una sensazione un po’ inquietante, ma bella.

Sette giorni e arriverà il capitolo Amore non ricambiato – sarà uno di quei capitoli random, messi in mezzo a questa sorta di storia perché mi andava (e perché non sapeva dove metterlo, onestamente, ehm).

Grazie, come sempre, per aver letto.

Un grazie speciale a Happy_Ely che mi supporta sempre tantissimo. Adoro chiacchierare di Smokie e Anne con te, Ely! C:

Di nuovo, per qualsiasi domanda, critica o perplessità vi invito a mandarmi un messaggio, anche privato. Non ho ancora mangiato un frutto del diavolo Zoan, quindi giuro che non mordo! ;)

A settimana prossima! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Romanticidio ***




Indice di fuoco
















Romanticidio

Behold the very paradise of snakes, señora










 

Qual era il problema, stavolta?

Era che non riusciva a levarsi dalla testa una marmocchia, ecco il problema. Intendiamoci, Smoker amava il proprio lavoro – non sarebbe finita in una gabbia di matti o a farsi torturare dalla stupidità di quegli idioti del Comando, se non avesse trovato un rifugio sicuro nell’essere una marine –, non lo avrebbe lasciato per nulla al mondo, almeno fino all’età della pensione. Ma quella ragazzina... Stupida. Stupida, stupida. Esattamente, chi era la stupida? Chi aveva pensato solo per un momento a un universo parallelo in cui lei non era una marine e quindi avrebbe potuto—

Sorvoliamo. Ad alta quota, come il fumo che sale da un incendio. No, la figura retorica non l’aiutava per nulla.

A partire dal fatto che non riusciva a ignorare suddetta ragazzina, Smoker si era posta diverse domande. Una delle prime riguardava la legge della Marina: cosa diceva a proposito di relazioni con i pirati? Cosa sarebbe successo se...?

Perché Smoker certe cose se le chiedeva – non poteva fare a meno di chiedersele – prima ancora di sapere cosa ne pensasse l’altra persona in questione. (Sì, Smoker pensava davvero tanto: prima si partiva da un grumo di pensieri un po’ aggrovigliati, poi li prendeva uno alla volta con le proprie mani eteree di fumo e li sbrogliava, riordinandoli nel palazzo della mente che sembrava più una tabaccheria, ma sssh, nessuno doveva saperlo.)

C’era Garp, eroe della Marina: una parte della sua famiglia aveva preso il largo con la bandiera nera dopo che il vecchio era già da tempo un soldato affermato. Invece cos’era, lei? Un commodoro, un nessuno, sulla Rotta Maggiore. Non avendo cercato nessun tipo di carica o titolo per ottenere più influenza – perché, diciamolo, non glien’era fregato niente quando era di stanza a Loguetown –, si trovava in una situazione svantaggiata.

Inoltre Garp non aveva voluto una discendenza di fuorilegge, se li era ritrovati per mare durante la propria assenza; mentre Smoker, visto il gomitolo di pensieri che stava cercando di svolgere, stava volontariamente pensando a una ragazzina pirata, e non rinchiusa dentro una cella con delle manette di agalmatolite alle mani.

Aveva preso questa rivelazione riguardo i propri sentimenti (o sensazioni? Sentimenti le sembrava una parola troppo forte, in quel momento) con quanta più calma possibile; aveva bevuto un caffè, aveva acceso un sigaro e poi un altro ancora, com’era solita fare di prima mattina. Aveva dato un’occhiata ai nuovi documenti arrivati freschi freschi dal Comando, era salita sul ponte, i suoi l’avevano salutata, Tashigi aveva cercato di parlare all’albero maestro. Aveva seguito la routine giornaliera per rimanere tranquilla – e non si può dire che non lo fosse, in apparenza.

In pratica, ricordate la questione della matassa di pensieri? Là, sul ponte, con un sigaro in bocca e gli uomini che cantavano durante il lavoro, il gomitolo non era solo nella testa, ma anche nel cuore.

Si dedicò a quei fogliacci con più costanza della norma; Tashigi era molto sorpresa da questo cambiamento nella propria superiore, ma non glielo fece in nessun modo presente. Una sera bussò alla porta del commodoro e la trovò ancora intenta a leggere chissà cosa.

Tashigi era una brava studentessa e aveva un’ottima maestra, per cui non impiegò tanto tempo a capire che qualcosa non andava. Tuttavia era anche una ragazza educata ed empatica, perciò non avrebbe chiesto niente: avrebbe ascoltato, ma non si sarebbe imposta.

«Signora,» disse, entrando nella cabina del commodoro. Appoggiò il caffè che le aveva portato sulla scrivania di Smoker, stando bene attenta a non rovesciarlo per terra: Smoker annuì per ringraziarla.

Poi la guardiamarina rimase in piedi, in attesa. O meglio: rimase ferma, diritta come un palo, per due millisecondi in più rispetto al solito, ma Smoker notò comunque il suo indugiare impercettibile.

Dopotutto, tra i suoi sottoposti girava voce che Vegapunk avesse sviluppato dei sensori ottici di ultimissima generazione e che i piani alti dell’esercito li avessero fatti installare nel corpo della loro superiore. (Tutte cazzate, imbecilli, si chiamano occhi! Imparate ad usarli senza farvi spaventare, aveva detto Smoker una volta, seminando il panico tra i suoi uomini.)

«Guardiamarina, cosa c’è?»

«Niente, signora,» si affrettò a rispondere Tashigi, nascondendo l’imbarazzo dietro gli occhiali, «apprezzo la dedizione che ultimamente ha nei confronti dei rapporti che arrivano e che partono per il Comando, Smoker.»

Smoker aveva l’impressione che Tashigi avesse colto qualcosa di più, ma – sia lodata la sua discrezione – non aveva detto alcunché a proposito di questo di più.

«Puoi andare, Tashigi.»

Certo, dedizione per quegli stupidi rapporti. Che poi nessuno le leggeva, quelle idiozie noiose.

Non che Smoker cercasse di prendere in giro qualcuno, al momento, tantomeno se stessa. Stava soltanto cercando di occuparsi di altro, invece di preoccuparsi di una marmocchia testa calda – che, per la cronaca, non aveva rivisto per un po’ di tempo.

Tanto quella non avrebbe mai neanche ricambiato un’infatuazione (forse anche questa era una parola un po’ forte? Forse no) per lei. Smoker non teneva nascosto il proprio orientamento sessuale, ma neanche lo sbandierava ai quattro venti e ai sette mari, e non era quello il problema, accidenti!

Il problema era che aveva... una cotta? Qualcosa del genere–per una stupida ragazzina pirata!

Va bene, quello era un problema, un’aberrazione anche abbastanza pressante, a dire il vero. Andava contro le regole stabilite dalla Marina, bla bla bla, quant’altro. Smoker seguiva la propria idea di giustizia e molto di quello che lei pensava non era gradito alla Giustizia Assoluta, quindi quella questione era di minore importanza rispetto a—

Avrebbe dovuto evitare di esporsi. Avrebbe dovuto evitare di pensarci: quale riparo migliore del suo lavoro? Doveva solo trovare una ciurma di pirati contro cui scaricare lo stress. Non pensare alle infinite possibilità di quella storia su cui fantasticava (parola forte, parola forte); non immaginare le parole dette e le cose fatte; lavorare, allenarsi, diventare più forte, e comprarsi una marca di sigari diversa, riempire la cabina di fumo per riempirsi la testa di tutto, purché non di quella ragazzina. Strozzare quelle riflessioni su un futuro alternativo, soffocarle, eliminarle decapitandole.

... Dicevamo, rispetto al fatto che, da qualunque punto di vista la si guardasse, la sua fosse una sensazione destinata a rimanere nel groviglio, dove ogni nodo sembrava una lingua biforcuta, che le rideva addosso, rideva di lei, delle sue sensazioni – o sentimenti.



«Pugno di Fuoco!»

«Che piacere, Cacciatrice! Cosa ci fate qui, tu e la tua ragazza? Avviso, non sono in vena di farmi arrestare da te, sono già impegnata.»



Bastano poche parole per imbrigliare per bene la matassa del cuore e per ucciderne qualsiasi speranza.



















 

Note Autrice:

Ecco, questa è una di quelle shots messe esattamente a caso nel gruppo. Nel senso: non c’entra nulla nel macrotesto che mi ero prefissata. Ma questa è la shot numero tredici e non potevo non mettere qualcosa di... triste (??) al numero tredici. Scusate. Sono una brutta persona. In realtà non credo nella sfortuna, anche se ci vede benissimo, maledetta.

Prompt: Amore non ricambiato. Ma credo fosse comprensibile, lo scrivo per ordine, più che altro.

Il titolo è la resa italiana del titolo della canzone Romanticide, dei Nightwish – una delle mie preferite del gruppo. Qui ho voluto dare alla parola Romanticidio una sfumatura diversa rispetto al termine nella canzone originale: l’ho sfruttato come necessità di eliminare il sentimento – per motivi di lavoro come per stare in pace con se stessi.

Il sottotitolo è una citazione dal libro Nostromo di Conrad. È un paradiso di serpenti perché l’amore – immagino – è una cosa piacevole, ma può essere un dolore tremendo, se finisce come finisce in questa shot.

Tash <3333 Sempre grazie a Oda che si è inventato Tashigi, senza di lei il mondo di OP sarebbe molto più brutto. Scusate anche il riferimento a Vegapunk ma io voglio vedere quell'omino simpaticissimo (???) nell'opera originale. Non vedo l'ora! (E poi mi diverto a scrivere di Smokie che parla male ai propri sottoposti, poveri cari.)

Nel libro di Conrad il paradiso di serpenti era tutt’altro, ma quel romanzo non mi è dispiaciuto, quindi ecco che sparo citazioni letterarie a manetta. LOL. Avete presente il reinterpretare i testi letterari? Ecco, io non so farlo. Mi diverto a citare un po’ arrandom (??) e basta.

Quello dell’amore è un concetto sfuggente, o che perlomeno sfugge a me, quindi scriverci su mi sembra un buon modo per avvicinarsi a capirlo. Parlare di Smokie, poi, è cosa che faccio di rado, quindi dedicarle un pochino di spazio mi fa molto piacere. -w-

Tengo a far notare che, in tutto questo, ancora non si sono baciate. Carine, loro. Il prossimo prompt, Bacio, risolverà il problema.

Mi spiace essere poco presente sul sito (il che sembra un controsenso viste le pubblicazioni a raffica, ma... sono trip dovuti al troppo studio. È assurdo, lo so), quindi scusatemi già a partire da ora. Dovrei riuscire a pubblicare tutto regolarmente, comunque. C:

Grazie a chi ha letto, a chi segue questa raccolta, e soprattutto grazie a Happy_Ely perché è sempre presente e mi supporta un mondo. ;)

Alla prossima settimana! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Effetto farfalla ***




Indice di fuoco
















Effetto farfalla

Idea secondo cui piccole variazioni nelle condizioni iniziali

producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema










Da quando avevano cominciato a frequentarsi (precisiamo: da quando Anne aveva cominciato ad infilarsi nella cabina di Smoker e Smoker aveva cominciato a non calciarla fuori bordo immediatamente), ecco, dall’inizio della loro non meglio definita relazione, Anne non aveva mai baciato Smoker. Ma neanche un innocuo bacio sul naso, o sulla guancia. Niente di niente. Dopotutto, era una regola che Anne stessa aveva preteso nella loro Lista delle Leggi. È anche vero che questa imprecisata relazione si trattava, più che altro, di un rapporto per benefici materiali, non per soddisfare un bisogno romantico o affettivo.

Rimaneva il fatto che a Smoker i baci piacevano: o almeno, pensando alle proprie passate esperienze, ricordava che i baci le erano piaciuti molto.

Con Anne, però, il discorso era più difficile. Innanzitutto, perché quella era una fuorilegge – questo portava Smoker a reagire in maniera diversa rispetto alle altre persone che aveva frequentato prima di lei. Anne stessa aveva proibito, all’inizio di tutto, che la bocca di una anche solo sfiorasse quella dell’altra. Smoker non aveva insistito, pensando che opporsi a quel divieto potesse essere visto come un cedimento o un segno di affetto – cosa assolutamente inesistente, almeno all’inizio: come una debolezza che una marine non poteva permettersi nei confronti di una criminale.

A distanza di mesi dalla stesura di tutte quelle regole, però, Smoker cominciava a sentirsi un po’ spazientita: ogni tanto barava – che poi, barare, adesso, forse era una parola grossa. Diciamo, per la cronaca, che la bocca di Smoker toccava la pelle di Anne in qualcosa che poteva sembrare dei piccoli baci, ma non erano le labbra di Anne, d’accordo? Forse Smoker lo faceva anche per cercare di abituare Anne alla sensazione, va bene? Forse. Erano tutte supposizioni: il commodoro non aveva infranto nessuna legge, fino a quel momento, questo era dato per certo.

E poi Anne osava perfino lamentarsi del fatto che fumasse prima e dopo il sesso! Roba da matti, davvero. Di chi era la colpa?

La colpa era tutta di Pugno di Fuoco, che oltre a dettare leggi stupide (almeno secondo il commodoro, che di leggi stupide ne conosceva parecchie) la provocava mettendo il suo faccino pieno di lentiggini così vicino al collo di Smoker. Anne la stuzzicava e sicuramente lo faceva apposta, quella maledetta. Stava testando la sua resistenza – ah, ma Smoker sarebbe riuscita a resistere, se non altro per qualche mese.

Già. Sarebbe riuscita a resistere ancora per un po’, se Anne, quella notte, non avesse avuto la geniale idea di sistemare la propria faccia sulla guancia di Smoker. Di certo qualcuno da qualche parte se la stava ridendo alla grande. Poi Anne cominciò a strofinare piano piano il proprio naso appena sotto un occhio della marine, per darle fastidio – e ci stava riuscendo benissimo. Quando poi si avvicinò a sufficienza, iniziò a sbattere le sue ciglia lunghe su quelle corte di Smoker – e questo andava oltre la sua soglia di sopportazione, sarebbe andato oltre la soglia di sopportazione di chiunque.

«La vuoi smettere?!»

Anne sembrava arrabbiata. «Certo che non ti va mai bene niente!» Esclamò, allontanandosi bruscamente dal viso di Smoker.

«... Spiegati.» Disse Smoker, sbuffando. Si sistemò in posizione supina perché l’alzare gli occhi al soffitto potesse avere un effetto più incisivo su Anne (erano brave attrici entrambe, per i nostri standard).

«Appena cerco di far la carina tu ti arrabbi. Posso dire che non ha molto senso?!»

«Spiega il “far la carina”, marmocchia, perché fino ad ora mi sembra che tu non abbia fatto altro che stuzzicarmi.»

«Sei tu che non mi parli!»

«Non cambiare argomento.»

Ecco, ora Anne sembrava perplessa. Poi dovette aver messo insieme tutti i pezzi del puzzle, perché schioccò le dita e tirò fuori un gran sorrisone da faccia di bronzo. Si mise in posizione seduta, sistemandosi la treccia sfatta, poi guardò bene Smoker e le si adagiò piano piano addosso. Quel sorriso sornione era ancora lì e sì, Smoker avrebbe voluto baciarla solo per levarglielo dalla faccia.

Avvicinatasi ancora, Anne sbattè velocemente le ciglia su quelle di Smoker – come se quello stupido gioco non l’avesse infastidita abbastanza al primo giro.

«Non lo sai che questo viene chiamato bacio farfalla, Smokie?»

Che diavolo stava dicendo, adesso?

Smoker era perplessa – ma la sua espressione era a metà tra l’arrabbiata e l’insofferente.

«Ma sì, Smokie!» Anne ripetè quel gesto che tanto dava fastidio alla compagna. «Non mi dire! Una vecchia come te, pensavo le sapessi tutte!»

Ah, adesso sì che era furibonda, le aveva appena dato della decrepita!

Il fatto che Anne l’avesse baciata, però, le dava un margine più ampio di azione. Lei, non Smoker, aveva compiuto il primo passo – certo, non era veramente un bacio tradizionale, ma Anne doveva essere perfettamente consapevole delle proprie azioni e delle proprie parole: per la prima volta da quando avevano cominciato a frequentarsi, Anne l’aveva baciata. Dimentichiamo la differenza tra baci tradizionali e baci stupidi.

Per cui, Anne in seguito non avrebbe avuto nessun diritto di appellarsi a una qualsiasi legge della Lista se Smoker avesse deciso di baciarla sul serio (cosa che fece nel giro di due secondi, a onor del vero).

 

«Smokie—»

«Tu sei stata la prima a infrangere le regole.»

«Veramente, sulla lista c’era scritto “Niente baci sulla bocca o altre cose melense”, vedi?»

Ehi, quella lista aveva qualcosa di strano. O forse quella di Smoker era una vista selettiva. O forse una memoria selettiva.

«Ch.»

«Ma ti perdono, perché io sono una brava ragazza – e perché tu stai invecchiando in fretta. Ora, direi che è la volta buona per mettere in pratica tutta la mia conoscenza riguardo i baci. Izo mi aveva dato un rossetto, ha un colore bellissimo, rosso corallo, ha detto. Proviamo il bacio rossetto

Ma da dove diavolo la ragazzina tirava fuori tutti quelle stupide idee?


















 

Note Autrice:

Quando Anne decide che può sentirsi al sicuro nell’aprirsi a Smoker, glielo dice in maniera tutt’altro che convenzionale: cioè con un bacio farfalla. Che poi Smoker così, a caso, si dimentichi della Lista di Leggi... Eh, la vecchiaia. Secondo me ha imparato da Aokiji, che ha un udito selettivo fenomenale. (Aokiji è un altro dei miei preferiti. Tutti quasi-marine... mannaggia.)

Sono due sceme, però sono così carine che, perlomeno per me, sono perdonate. XD

C’è una lista infinita di baci stupidissimi – perché sì, la gente su tumblr mette giù delle liste di baci e io ci finisco per caso e voilà, ecco qui questa shot che wtf.

Prompt: Bacio, ovviamente. Anche stavolta ci ho giocato un po’, se non altro perché non è un bacio esattamente convenzionale, quello farfalla. Però è tenero. Anne potrebbe fare cose tenere senza far notare agli altri che sono cose tenere. Non so se mi spiego, a furia di ripetizioni. Però aww, so cute.

Il prossimo: Passione.

Ringrazio sempre chi legge, chi segue, chi commenta! So che sembra assurdo visto che pubblico ogni due giorni, ma sono davvero impegnatissima con lo studio. Auguratemi buona fortuna per il prossimo esame, se mi volete un minimo di bene (o se siete persone compassionevoli)! Non lo passerò mai... sigh

Come ogni volta, per qualsiasi dubbio, critica o altro ci sono i messaggi. Can che abbaia non morde, e io manco abbaio! Sarei un pessimo cane da guardia! (???)

Alla prossima settimana! Stay safe!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ognuno ha il proprio cruccio e la propria croce ***




Indice di fuoco
















Ognuno ha il proprio cruccio e la propria croce

Passione: sofferenza; sentimento di grande violenza e intensità;

in seguito anche trasporto amoroso o forte attrazione erotica









 

Dannazione. Quella volta che aveva permesso a Smoker di farle la treccia, Anne aveva pensato di lasciare la treccia a metà e di spedire Smoker direttamente sul letto e dimenticare tutto il resto del mondo fino a quando non stesse per svenire per la stanchezza. Tutto perché ogni tanto Smoker le sfiorava il collo con le dita e perché Anne aveva associato l’odore dei sigari al momento prima (e dopo) il sesso. Già, Smoker stava fumando un sigaro mentre aveva le mani tra i capelli scuri di Anne.

Insomma, era tutta colpa di Smoker, come al solito.

Anne sbuffò per controllarsi. Smoker non le avrebbe mai più fatto la treccia. Mai più. Neanche sotto tortura.

«Quanto ci metti? È una treccia, non un tappeto!»

«Sto facendo del mio meglio.»

«Questa è la prima e l’ultima volta che te la faccio fare. È troppo importante perché tu ci mett—» E si bloccò. No, non era quello che voleva dire.

«Perché io ci metta le mani?»

No, no, no!

«Se stai per esporre le tue intuizioni, sappi che sono sbagliate.»

«Correggimele prima che io le dica, perché non sono belle. Per nulla.»

Ah, Anne stava per impazzire. Quella stupida di un commodoro non poteva pretendere di capire sempre tutto! Soprattutto quando Anne diceva cose che non corrispendevano al suo stesso pensiero.

Alla rabbia si sovrappose l’imbarazzo per la verità.

«È troppo importante perché tu ci metta così poca cura. Lo sai che cosa significa, per me, la mia treccia.»

«Se non faccio pratica, come pensi che imparerò?»

«Fai pratica coi tuoi, di capelli.»

Anne aveva vinto per il rotto della cuffia. Smoker aveva grugnito qualcosa riguardo l’avere i capelli troppo corti, ma Anne non disse altro. Era ancora troppo spaventata dalle proprie emozioni e da quella discussione – evitata solo per i suoi buoni riflessi mentali – che avrebbe portato a un litigio.



 

Qualche tempo dopo, nonostante Anne si fosse ripromessa il contrario, si trovarono ancora in quella situazione: Smoker che le faceva la treccia e Anne che sopportava più o meno pazientemente quella tortura di dita e odore di sigaro.

Se i continui scherzi di Marco e del resto della ciurma non l’avessero portata alla pazzia, di sicuro ci avrebbe pensato Smoker con le sue mani e il suo profumo pungente.

Stai ferma, Anne, si diceva, stai ferma. Pensa ad altro, ma non a Sabo. Pensa a Rufy. Chissà come sta, con i suoi compagni. Ce ne sono un paio piuttosto strambi, ma sembravano tutti delle brave persone. Rufy era così felice, l’ultima volta che l’ho visto—

«Marmocchia, sei ancora tra noi?»

Anne scosse la testa, tornando nel mondo dei vivi, ma nello scrollar le spalle si accorse che Smoker aveva la fine della treccia ancora tra le mani, dunque poté muoversi poco.

«Hai detto qualcosa, Smokie?»

«No, però mi sembravi sulle nuvole, quindi ti ho richiamato all’ordine. Ho finito.»

Anne prese la treccia, si alzò e la guardò allo specchio (senza guardarsi allo specchio). «È venuta abbastanza bene, ma devi esercitarti ancora un po’. Alcuni giri sono troppo larghi e ogni tanto ci sono ciuffi che rimangono fuori dalla treccia.»

«Torna qua. La rifaccio adesso.»

Cazzo, la tortura ricominciava ancora. Se glielo avesse vietato, Smoker avrebbe voluto spiegazioni, e chi glielo spiegava, a quella stronza, che il solo sentire le sue mani sul collo le faceva venire una voglia tremenda di fare—

Fare sesso o fare amore?

Una gran bella domanda, grazie tante, nel momento migliore della giornata, proprio. Sbuffò così tanta aria fuori dai polmoni che dovette recuperarla tutta inspirando di corsa. Ovviamente – perché qualcuno, da qualche parte, si stava divertendo un mondo nel vederla in difficoltà – in quel momento Smoker aveva disfatto la treccia e aveva cominciato a pettinarle i capelli con le dita.

La sensazione era così piacevole e intensa che la spaventava. Anne si trattenne dallo scappar via solo perché le domande che sarebbero seguite l’avrebbero portata a riflettere sulle proprie emozioni, e a quel punto ne sarebbe davvero uscita pazza. Pazza furiosa.

Smoker intuì qualcosa. Lasciò perdere la treccia, decidendo di dedicarsi alle scapole e alle spalle di Anne, molto più interessanti secondo il suo metro di giudizio. Diede un pizzicotto ad Anne proprio in mezzo alle scapole, sui baffi del tatuaggio. La giovane praticamente sobbalzò, e se non finì con la faccia premuta contro i piedi del letto fu solo perché aveva un ottimo istinto di conservazione.

«Sei nervosa.»

No, la parola giusta non è nervosa, la parola giusta è santa martire, anche se sono due.

Anne non rispose – che diavolo avrebbe potuto dire? Ma, era scontato, quel silenzio non andava bene. Smoker avrebbe cominciato a chiedere, e le domande sarebbero diventate un interrogatorio, e quella bella sensazione che riempiva gli spazi scuri del cuore di Anne (quelli dove il risentimento per se stessa non si annidava) se ne sarebbe andata via anche solo con una piuma.

Per cui Anne decise che qualcosa andava fatto, e in fretta; con uno scatto si girò (era seduta a gambe incrociate, per cui il movimento fu un po’ buffo, ma non sgraziato) e baciò Smoker, prima sul mento e poi sulla bocca, prima per infastidirla, poi per spingerla a pancia in su sul letto e per farci sesso o amore, ancora non era chiaro.

La tortura era finita, per quel giorno. Sarebbe finita definitivamente quando entrambe avessero parlato apertamente dei loro sentimenti.

















 

 

Note Autrice:

Anche qui una bella etimologia. Prompt: Passione. Inutile dire che giocare con le parole è uno dei passatempi che preferisco.

Pazza furiosa è un riferimento all’Orlando Furioso e alle vicissitudini del povero Orlando (lol, non so voi, ma a me fa troppo ridere, povero). Amo quel librone immondo di quello stupido di Ariosto – ma amo di più l’Orlando Innamorato di Boiardo, che era un dannato genio.

Ohw, son così carine, ste due stordite (??). -w-

Se non si fosse capito, amo insultare le cose che mi piacciono e le persone a cui voglio bene. EHM.

Ho una bellissima novità! La cara Happy_Ely mi ha fatto un regalo con fiocchi e controfiocchi! Date un’occhiata a questo disegno meraviglioso! Sapete, sono in brodo di giuggiole da giorni perché addirittura un disegno Fem!SmoAce...! Io sinceramente non speravo in questo favore di pubblico! Sono felicissima!

Ringrazio quindi Ely in particolar modo, poi tutti voi che seguite ogni settimana questa raccolta. Grazie mille a tutti, davvero. Mi fate proprio felice. -w-

Ci avviciniamo inesorabilmente alla fine (sigh, piango). Il prossimo prompt è Fidanzamento.

Grazie per aver letto. A settimana prossima! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** In tinte rubino, ambra e seppia ***




Indice di fuoco
















In tinte rubino, ambra e seppia

Nella lingua Yaghan della Terra del Fuoco, mamihlapinatapai significa

“guardarsi negli occhi sperando che l’altro dia inizio a qualcosa

che entrambi desiderano ma che nessuno dei due vuole cominciare”









 

Narcolettica com’era, Anne dormiva poco di giorno e poco di notte – ma il conto di sette ore di sonno, in ventiquattro ore, tornava. Perciò, in notturna, quando era sulla Moby Dick adorava uscire sul ponte a infastidire le sentinelle; quando era da Smoker, invece, quello che poteva fare era leggiucchiare i documenti sulla scrivania del commodoro o stare a guardare la compagna dormire.

Quest’ultima era un’occupazione interessante ma pericolosa. Interessante perché Smoker grugniva anche durante il suo sonno leggero; pericolosa perché a cosa si pensa quando si guarda la persona con cui si è in una strana relazione?

Già. Per cui ogni tanto Anne guardava il soffitto, ma non era molto divertente, e tornava a guardare quella stupida stakanovista dal sonno leggero.

Anche Smoker aveva una propria corazza che la proteggeva dal mondo esterno, ma non era una barriera di cemento (noi potremmo definirla meglio forse come liquido non newtoniano): Smoker permetteva alle persone di entrare sotto la sua pelle, ma solo quando lei acconsentiva era possibile divenire a conoscenza dei suoi affetti e delle sue preoccupazioni profonde. Provare a demolire quella barriera con impeto era impossibile; ci voleva un lavoro sottile, di fino, di pazienza e di coraggio. Inconsapevolmente, Anne aveva lavorato su quella protezione fino a poterci scivolare dietro. Certo, Anne non lo sapeva ancora, però intuiva qualcosa nel modo in cui Smoker si muoveva attorno a lei, nel modo in cui sorrideva mentre fumava un sigaro – Anne aveva l’impressione che sorridesse più del solito, e che non fosse dovuto solo al fumo.

Sospirò. Quando avevano cominciato a frequentarsi, be’, Anne non si aspettava di arrivare al punto in cui ci si chiede se non sia la volta giusta—

Che razza di situazione. Il solo pensiero la faceva arrabbiare, innervosire e imbarazzare. Avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, ma anche il cuscino stava sotto la testa di Smoker (in realtà lo condividevano, sssh) e in quel momento tutto pur di non svegliare la stronza.

Basta, stupido cervello, smettila—

Stava scoppiando. Aveva bisogno di aria. Aria subito!

Si vestì in silenzio e decise che un giro sul ponte non avrebbe fatto male. Sarebbe bastato non farsi vedere, sì, sarebbe andato tutto bene.

Quello che Anne non aveva calcolato era la guardiamarina a far da sentinella notturna. Tashigi era seduta su una seggiola in mezzo al ponte, a gambe accavallate, con una mano sull’elsa della sua spada. Anne cercò in tutti i modi di non farsi vedere, o forse volle farsi vedere ma... senza darlo a vedere. Il fatto è che era notte fonda e Tashigi non indossava gli occhiali, per cui fu più un gioco di rumori che di vista acuta.

«Mostrati alla luce!» Gridò Tashigi, sguainando Shigure, pronta a qualsiasi attacco (per quanto riuscisse a distinguere appena Anne nel buio).

«Ssssh! Zitta, per favore! Vengo in pace!» Anne mise un dito infuocato sulle labbra perché Tashigi la riconoscesse e perché tacesse o abbassasse la voce.

«Pugno di Fuoco!»

«Sono io. Non sono qua per farti del male.»

«Lo so. Scusa.» Rispose Tashigi, rinfoderando la spada. In realtà stava parlando con l’albero maestro, ma quando Anne agitò una mano davanti alla sua faccia si riprese e rispose ad Anne guardandola negli occhi.

«Lo so?»

«Oh-oh. A—ehm, no, cosa? Io non so nulla di niente. Nessuno su questa nave sa della relazione tra Cacciatrice Bianca e Pugno di Fuoco.»

Oh, cazzo, quella sì che era una dannata scoperta.

«Seriamente?! Seriamente quella stronza del commodoro—»

«Non subito,» tenne a precisare Tashigi. «Qua—qualche tempo fa.»

Anne prese un respiro che veniva su dallo scrigno di Davy Jones e sbuffò. «Raccontami questa storia fin dall’inizio, per favore. Altrimenti faccio affondare questa dannata nave.»

Tashigi annuì in maniera professionale e appoggiò Shigure alla seggiola. «Dev’essere stato una ventina di giorni fa. Smoker ha fatto radunare tutto l’equipaggio sul ponte e, dopo aver minacciato tutti di ripercussioni e vendette non meglio specificate se avessimo raccontato questa storia, ci ha detto, testuali parole, “Se vedete Portuguese D. Anne nei pressi o sulla nave, sappiate che non va in alcun modo né ostacolata né arrestata. Badate bene, se fate salire sul ponte un’altra criminale finite tutti in grossi guai!”» Tashigi imitò la voce di Smoker con grande soddisfazione e fumò sigari immaginari con un’espressione a metà tra il minaccioso e l’imbarazzato fino al midollo.

Anne scoppiò a ridere a bassi colpi di tosse. «Non ci posso credere! Nonostante il disagio, mi sarebbe piaciuto vederla!»

«È stato divertente,» ammise Tashigi. «E secondo me – è stata molto carina. Per quanto il commodoro possa essere carina.»

Le due giovani si guardarono e ridacchiarono assieme – entrambe in imbarazzo, ma per diversi motivi. In un’altra vita sarebbero potute essere amiche.

«A quel punto era chiaro a tutti che ci fosse una qualche relazione tra voi, anche se Smoker non è mai stata esplicita a riguardo. Stavamo aspettando che tu arrivassi perché la cosa venisse ufficializzata.»

Ecco, a quel punto Anne si strozzò con la propria saliva.

«Cos—cosa dovremmo ufficializzare?»

«Ma come, non state insieme?»

Anne tossì più forte. La saliva aveva sbagliato strada e stava cercando di raggiungere i polmoni. «Non credo sia esattamente la definizione migliore.»

«Oh. Scusa—! Ho toccato un tasto dolente?»

No, non è un tasto dolente, è proprio un gran casino, avrebbe voluto dire Pugno di Fuoco. Invece disse: «Non ne abbiamo mai parlato. Non lo so.»

«Oddio, scusami.» Rispose Tashigi, tutta rossa in faccia, mentre si sfregava le mani sulle guance nel tentativo di ricacciare in bocca le parole che l’avevano messa in quella situazione, «Non volevo, davvero.»

«È che ho paura.» Sussurrò Anne, tutto d’un fiato. Tashigi non era sicura di aver sentito quelle parole, per cui rimase in silenzio, incapace di reagire per confortare Anne. «La nostra era cominciata come una relazione di interesse, no? E adesso mi trovo a non essere sicura di quello che voglio.»

E ho altri mille pensieri a cui dovrei pensare, si diceva Anne, dovrei pensare a Thatch, a Sabo, e non ci riesco.

Si sentiva cattiva per aver relegato in un angolo della propria mente due delle persone a cui più aveva voluto bene. Da un certo punto di vista accoglieva quella sensazione sgradevole, perché la percepiva come una punizione per il proprio egoismo (per quello che lei credeva fosse egoismo). D’altro canto quella era una brutta emozione e questo la spaventava.

«Hai provato a parlarle?» Chiese Tashigi. Poi aggiunse: «Voglio dire, lo so che fa paura. È un salto nel vuoto. Ci si lancia in un crepaccio e c’è il terrore che non ci sia nulla a cui attaccarsi. Conosco—conosco un sentimento del genere. È come quello che ho provato dopo Alabasta. Ma sono sopravvissuta e sto diventando più forte.»

Anne sorrise alla guardiamarina. «Tu sei una donna forte, signorina-marina. Non permettere a nessuno di dirti il contrario.»

«Mi chiamo Tashigi!»

«Lo so, ma quello è il mio soprannome per te.»

Tashigi sospirò.

«Ho capito cosa vuoi dire, Tashigi,» riprese Anne, «ma non è così facile.»

«Io ci ho messo una notte intera prima di smettere di piangere,» ammise la marine. «Te lo dico perché sei una criminale diversa dal resto dei pirati. Ho pianto l’anima, quella notte. Ma mi sono ripromessa che dopo non avrei pianto più per la mia debolezza. Per cui, non so, magari puoi sentirti debole ora, ma domattina dovrai affrontarla.»

Il sorriso di Anne era come una lampada ad olio in mezzo alla tempesta. Prese una mano di Tashigi e la strinse tra le proprie, dicendole: «Grazie, signorina-marina, farò del mio meglio.»

«Se metterai in imbarazzo Smoker davanti a noi, allora saprò che sei davvero diversa da tutti gli altri pirati.»

«Non mi aspettavo che il braccio destro di Smoker fosse così risoluto!»

«È solo molto divertente,» precisò Tashigi, rossa in faccia come il rossetto di Izo. «Le farebbe bene sciogliersi un po’.»

 

Così, la mattina successiva Smoker si svegliò e non trovò Anne nel letto. Era diventata brava a sgusciar via senza farsi notare, la marmocchia.

La vide seduta sulla scrivania a tirare calci in aria. Sembrava impegnata in una qualche riflessione importante mentre si pettinava i capelli nella sua solita treccia. Illuminata dal sole delle sei di mattina, la schiena di Anne sembrava fatta di bronzo vivo, sotto cui i muscoli guizzavano in modo aggraziato. Anne stava canticchiando qualcosa in brevi sussurri: impossibile capirne le parole. Era una visione struggente e malinconica, in qualche modo. Forse era la luce del momento che segue l’alba, forse quella melodia che scappava dalle labbra di Anne: sarebbe stata il soggetto perfetto per una fotografia vecchia di cinquant’anni, ossidata dagli anni e dalla nostalgia; color seppia che era il color bronzo della schiena di Anne invecchiato nella memoria.

«Anne.»

La giovane smise di canticchiare e si voltò verso il commodoro. «Cosa c’è, Smokie?»

L’aveva chiamata per nome senza pensarci. La osservò bene: capì che qualcosa non funzionava quando Anne abbassò per un millisecondo lo sguardo. «Cos’è che ti preoccupa, ragazzina?»

«Oh, un sacco di cose,» rispose Anne, stiracchiandosi, «per esempio, perché non mi hai mai detto che mi vuoi bene?»

Per l’amor del cielo, così diretta alle sei del mattino, Smoker l’avrebbe uccisa e poi data in pasto ai re del mare, promesso.

Non c’era uscita sicura da quella domanda – non poteva esserci. Non c’erano scorciatoie: c’era solo un ponte sospeso sul vuoto. Sicura di volerlo attraversare? Assolutamente no. Era anche vero che non aveva aspettato altro che quella domanda, per risolvere una volta per tutte la loro condizione.

Anne l’aveva sfidata e ora Smoker doveva assumersi le responsabilità di quell’accordo che, col trascorrere del tempo, aveva scavato una nicchia nel suo animo. Prima lo aveva colpito in maniera brutale, quando la sua idea di giustizia e l’esser criminale di Anne si erano scontrati; poi aveva capito che per trovarsi un angolino in quell’animo difficile avrebbe dovuto usare un pennellino da archeologo e togliere granellino dopo granellino la polvere che, nell’animo di Smoker, ricopriva ogni affetto in modo tale che nulla a lei caro si mostrasse chiaramente al mondo.

«Non è facile capire quando si passa da un’infatuazione a un innamoramento, stupida.»

«Avresti potuto parlarne con me! Non sono una statua: se mi parli, rispondo.»

«Non so perché non l’ho fatto. Non gridare.»

Anne diede un calcio alla scrivania – su cui ancora era seduta. Sbuffò e poi si alzò. «Scusa.»

«Perché ti scusi?»

«Hai ragione. Dovresti scusarti tu con me.»

Smoker si tirò su seduta nel letto. Prese una maglia e la indossò, con calma, e nel frattempo cercò le parole da usare. Quando una cosa era chiara, però, Smoker aveva solo quelle parole da sfruttare.

«Avrei dovuto parlartene prima. Avevo paura. Non di te: delle conseguenze nel mio modo di vivere.»

Sì, Anne poteva immaginare. Per quanto già far sesso con una criminale venisse condannato dalla Marina, essere legati da rapporti di amicizia o romantici a un pirata – che fosse il primo dei novellini o uno degli Imperatori – era considerato un reato peggiore. Solo Garp avrebbe potuto capire quali sentimenti contrastanti si agitassero nel cuore di Smoker, e solo per certi versi.

«Posso capire, Smokie, ma a rimanere in silenzio non mi hai aiutato.»

«Te l’ho detto. Non è facile.»

Anne le si avvicinò. Erano in piedi vicino alla scrivania e la luce del sole scaldava i polsi di entrambe, visto che le mani di una erano in quelle dell’altra.

Sulla fotografia color seppia era stata aggiunta una lente color del rum.

«Non ti chiedo di lasciar perdere la tua vita in Marina. Ti voglio bene: non ti chiederò una cosa del genere.»

Era il suo tono più affettuoso, quello che aveva riservato a Rufy dopo la morte di Sabo. Certo Smoker non lo sapeva, ma doveva sentirsi onorata, nonostante tutto.

«E io non lo chiederò a te.»

«Non ti sembra di aver dimenticato di dirmi qualcosa?»

«A me non sembra proprio.»

Anne tirò un pochino i capelli di Smoker, come una bambina che tira la manica della giacca per ottenere l’attenzione che merita.

«Va bene, va bene – ti voglio bene anche io. Contenta?»

In qualche modo quell’empasse andava sbloccata. Anne rise, mentre Smoker scosse la testa e sorrise appena: poi la giovane diede a Smoker un bacio sul naso e un soffio di fuoco giusto sopra l’orecchio. Le scintille bruciarono una ciocca di capelli di Smoker, lasciandole l’impronta di una scottatura sulla pelle.

«Che cosa combini, marmocchia?»

«Adesso sei marchiata a vita, Smokie.»

















 

Note Autrice:

La frase di Tashigi “Nessuno su questa nave sa della relazione tra Cacciatrice Bianca e Pugno di Fuoco” è una dotta (?) citazione-parafrasi dal film Balle Spaziali. Uno dei miei film preferiti. Ve lo saprei citare quasi tutto a memoria, lol.

È una sorta di regolamento dei conti lasciati in sospeso: quando hanno intrapreso questa relazione non pensavano di arrivare al punto in cui una persona chiarisce i propri sentimenti all’altra. C’è paura, nervosismo, anche un po’ di rabbia – dopotutto Anne scopre che Smoker le vuol bene non attraverso Smoker stessa, ma attraverso Tashigi. Certo, avrebbe potuto capirlo prima da sola, ma—la rivelazione dei propri sentimenti la apre alla rivelazione dei sentimenti dell’altra, diciamo.

E bon, loro sono finalmente carine una con l’altra. O meglio: lo sono almeno in questo momento importante. Onestamente, penso che entrambe possano essere serie, perlomeno in un caso come quello presentato sopra: ci hanno girato attorno per mesi, ed ecco che passano a mettere in ordine una questione delle tante.

Prompt: Fidanzamento. Diciamo che non sono un’esperta di relazioni sentimentali, come si sarà capito dal resto della raccolta, ma così è andata. Se io non sono professionista nello scrivere di certi generi, loro non sono normali, quindi è tutto... nella norma. Scusate i giochi di parole, ma sono settimane del cavolo.

Tashigi, mia adorata <33 boh, è adorabile. Credo che, nonostante tutto, rimanga abbastanza IC: Tash si fida di Smoker e l’appoggia anche in questa avventura. Tanto bene a quella fanciulla. E non so, nelle SmoAce in genere non capita che ci sia bashing su di lei, perché—con quel testone di Smokey ci vuole una ragazza che gli faccia capire le cose (o che faccia entrare un po’ di sale in zucca al proprio superiore). E nulla, è una cosa carina, secondo me. Sono tanto papà e figlia <3333 o fratello maggiore e sorella minore? Difficile scelta!

Giuro che se Oda mi fa sparire Tash o Smokey come Ace, mmr—aaaaargh! Divento come Rob Lucci in versione Zoan. E non faccio le fusa (???) né inseguo nastrini o esche di piume. (???) XD

A breve arriverà uno dei miei prompt preferiti, cioè Anello. Yuppi!

Grazie a tutti voi che seguite questa storia e che continuate a leggerla. Un grazie enormissimo a Happy_Ely, che come settimana scorsa ci porta un regalo (un disegno) bellissimo! Qui il link -w-

A settimana prossima! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Fumo diffuso e inferenze ***




Indice di fuoco
















Fumo diffuso e inferenze

Singing vows before we exchange smoke rings









 

Smoker fumava davvero un sacco. Nella maggior parte dei casi, poi, lasciava appena socchiusa la finestra della cabina, mentre la porta era sempre chiusa, per cui l’aria era irrespirabile. Ogni tanto l’odore di fumo faceva salire le lacrime agli occhi.

«L’unica che non se ne è mai lamentata è Hina.»

«Com’è che viene chiamata? La Gabbia Nera?»

Smoker annuì. «Una mia vecchia amica. Se non è ancora schiattata con tutto il fumo che ha attorno è solo perché è una grandissima stronza. Ch.»

Anne sapeva bene che, quando Smoker parlava in questa maniera, stava semplicemente dicendo che voleva un gran bene a Hina. Ora che ci pensava, Smoker lavorava con donne interessanti – certo, Hina era lontana, ma Tashigi, ad esempio, era una persona incredibile.

Sia Tashigi che Smoker amavano il loro lavoro, che non era esattamente solo un mestiere: forse era più un credo? Una sorta di congregazione religiosa? Una setta di pazzi stakanovisti? Anne non sapeva come definirlo. Certo era che, se lei avesse considerato l’essere pirati un lavoro, allora lei stessa sarebbe stata una signorina Stakanov.

Benché la finestrella fosse spalancata, ancora non si poteva respirare aria decente, lì dentro. Anne ricordava come se fosse successo due minuti prima la volta in cui aveva aperto la porta della cabina per fare corrente: Smoker l’aveva trafitta con lo sguardo, si era alzata di scatto e aveva sbattuto chiusa la porta – povera porta, cancello del Purgatorio degli iracondi.

«Quella porta sta chiusa,» aveva detto Smoker, «quando ci sono io, quella porta rimane chiusa. Chiaro?»

«Perché?»

«Perché mi dà fastidio.»

Il discorso era finito così, quella volta. Non c’era stata nessuna spiegazione degna di questo nome – d’accordo, per certe preferenze non c’era bisogno di avere grandi motivi: a una persona poteva piacere il caffè e a un’altra no solo in base al sapore. Lo stesso valeva per una porta, ma si sa, Smoker non fa e non dice le cose a caso.

E poi quella era la porta della sua cabina: se la voleva chiusa, doveva esserci un motivo ulteriore a quel «Mi dà fastidio».

«Potresti spiegarmi perché ti turba così profondamente lasciare aperta la porta, Smokie? In fondo i tuoi uomini sanno che sono qui, se è questo che ti preoccupa.»

«Non è per quello.» Rispose Smoker, accendendo il terzo sigaro della mattinata.

«Perché, allora? Non puoi dirmelo?»

«Non ne ho voglia.»

Un’altra indecente spiegazione uscita dalla boccaccia del commodoro! Questi sviluppi minacciavano tempeste all’orizzonte. E dire che, fuori dalla finestra, non c’era un filo di nuvole, nonostante il maestrale che fischiava sui fianchi della nave.

Anne amava il vento: quando soffiava lo scirocco il fuoco si rimestava nelle sue vene, quando c’era levante le fiamme schioccavano insieme al lamento del vento; quando c’era maestrale Anne adorava arrostirsi sul ponte come una salamandra.

Il vento, dopotutto, alimenta gli incendi.

«Daaaai, Smokie, non ci credo,» insistette Anne. Le sue braccia scivolarono sulla scrivania e ovviamente tutti i fogli vennero sparsi in giro, quali per terra e quali in mezzo ad altri documenti.

Forse era il vento a darle fastidio? Le correnti d’aria? Eppure aveva visto Smoker apprezzare la brezza sul ponte della nave. Quale diavolo era il motivo della porta chiusa?

Smoker, in ogni caso, non era divertita da quell’abuso di potere di Anne, ora spalmata in posizione supina sulla sua scrivania. Se lei non fosse stata arrabbiata e se quella scema di Pugno di Fuoco non avesse ridacchiato per la confusione, avrebbe pensato che fosse una nuova tecnica di seduzione (completamente un disastro, se fosse stato così).

Per restituirle il fastidio, Smoker soffiò sulla faccia di Anne un anello di fumo.

«E-ehi!» La giovane quasi cadde giù dalla scrivania, ma si contorse come un gatto a mezz’aria e finì per tossire in piedi. «Questo è stato un colpo basso!»

«Vero.»

«Me la pagherai cara!»

Anne non fece in tempo ad avvicinarsi che Smoker le soffiò addosso un altro anello di fumo, di diametro minore, ma più spesso. Povera Anne che quasi sputò un polmone per colpa di quegli sleali attacchi a sorpresa.

«Guarda che ti brucio tutti i tuoi sigari!»

Anne si era accovacciata dall’altra parte della scrivania rispetto alla sedia, dove Smoker non poteva vederla. Un silenzio da guerriglia era sceso nella stanza, quando improvvisamente il commodoro si accese un altro sigaro.

«Vuoi davvero sapere perché tengo la porta chiusa?»

Ah, vedete che c’era una spiegazione più difficile, dietro? Anne ne era certa! Per questo la sua testa scura apparve sulla superficie della scrivania come il periscopio di un sottomarino, piano, con estrema cautela. Poi, con un movimento buffo, annuì.

«Il fumo dei miei sigari è un po’ come un’estensione di me. Se rimane del fumo dall’altra parte della stanza, posso modellarlo a mio piacimento. Ad esempio, del fumo contro l’armadio: è come se sentissi la maniglia dell’anta tra le dita.»

«Cioè mi stai dicendo che, se partecipassi a una gara di anelli di fumo, vinceresti sempre perché potresti soffiare, non so, una miniatura del Babbo. Di Barbabianca.»

«Anche.»

Dove stava andando a parare, quella maledetta?

... Un momento! Gli anelli di fumo!

«Brutta stro—»

«Ci sei arrivata, allora.»

Un altro soffio di fumo in faccia – stava diventando irritante, davvero.

«In pratica, ogni volta che mi stordisci con quella tortura per i polmoni, mi stai baciando o mi stai dicendo una cosa carina come “Ti voglio bene”?»

Smoker non rispose e quella fu la risposta.

«Ma sii un po’ più normale, cazzo! Finirai con l’uccidermi! Ti sembra logico?!»

«Ha i suoi vantaggi.»

Anne mise su un broncio adorabile, ma Smoker non ci cascò.

«Dammi quello stupido sigaro che hai in bocca.»

Il commodoro sapeva che, se Anne avesse fumato uno dei sigari, per il proprio cervello sarebbe stato praticamente una sorta di viaggio esoterico (per non usare altri termini). Forse Anne non se n’era resa conto? In ogni caso, Smoker le prestò il sigaro che stava fumando. «Sta’ attenta a non tirar troppo. Sai come si fanno?»

Anne sbuffò e fece un tiro – piano, con attenzione, per evitare di soffocare. Poi le sue labbra si arricciarono e arrotondarono prima che un piccolo anellino di fumo scappasse fuori.

Per concentrarsi, Anne aveva chiuso gli occhi e aveva prestato attenzione solo alla posizione della propria lingua nella bocca e al fumo, che doveva fermarsi in gola. Quando riaprì gli occhi vide il frutto del proprio lavoro dissiparsi sulla faccia di Smoker e – la faccia di Smoker. Cos’era quell’espressione impagabile?

«Smokie, stai bene?»

Per l’amor del cielo, non stava bene, stava meglio di bene. Come dicevamo, fu il viaggio esoterico di un grumo di fumo nella bocca di Anne. Avevamo già fatto notare che a Smoker i baci piacevano?

«Sì, sì.» Rispose invece, recuperando il proprio sigaro.

«Perciò tieni sempre tutto chiuso per sentirmi sempre attaccata a te?»

«Pensa quello che vuoi,» borbottò il commodoro, raccattando e riordinando i fogli sparpagliati qua e là. Si ritrovò il viso di Anne a due centimetri dal proprio, un viso sorridente, lentigginoso e abbronzato – Smoker le riconobbe la grande capacità di inchiodarla sul posto.

«Smokie è strana, ma a volte è molto tenera.» Disse Anne, prima di darle un bacio sul naso e di scappare via, possibilmente a mettere in disordine altri fogli.

















Note Autrice:

Questa è una delle mie preferite – se non la mia preferita. È stupida e tenera. Son convinta di essere una fumatrice (e una bionda) repressa, visto che non sono bionda e non fumo, ma scrivo sempre di gente coi capelli chiari e che consuma sigarette su sigarette peggio di una ciminiera. E dire che odio l’odore del fumo, lol.

Il sottotitolo è una citazione dalla canzone 20 Dollar Nosebleed dei Fall Out Boy (Traduzione: Giurando prima di scambiarci anelli di fumo). Inferenza è un termine che indica un ragionamento deduttivo. In effetti qui Anne è piuttosto acuta, anche se di suo è già una persona piuttosto sveglia. Narcolessia a parte. Basta battute brutte!

La cornice degli iracondi nel Purgatorio è quella dove le anime camminano immerse in un fumo nero. Non vi sembra appropriato, per la cabina di Smokie? XD

Prompt: Anello. Mi diverto a inventare stupidaggini a partire da prompt intelligenti!

Il prossimo, già, è proprio Matrimonio. Non manca molto alla fine. (sigh!)

Un grazie enorme a Happy_Ely, che anche stavolta ha disegnato queste due sceme (???). Grazie infinite, Ely!

Grazie a tutti per aver letto. C:

A settimana prossima! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Condividere il giogo ***




Indice di fuoco
















Condividere il giogo

It’s Fire, Golden,

In my Walden









 

«Ehi, Smokie, guarda che ti ho portato!»

Anne, entrata dalla porta della cabina – ormai l’equipaggio di Smoker sapeva della loro relazione, ancora un po’ e avrebbero trattato Anne come trattavano Tashigi –, appoggiò sulla scrivania del commodoro un pacchettino di dolci.

«Vuoi avvelenarmi con dei biscotti?»

«Guarda che arrivano dall’isola primaverile di Cinar, sono una specialità di pastafrolla, cioccolato e arance. Dovresti ringraziarmi.»

«Grazie.» Rispose Smoker, facendole il verso. Figuriamoci, non l’avrebbe ringraziata come una normale persona beneducata. «È fondente, vero?»

«Certo. Non sono disattenta, io.»

Smoker stava per acchiappare il sacchetto, aprirlo e assaggiare un biscotto, quando Anne fu più veloce e glielo sottrasse. Le fece una linguaccia. «No, Smokie, non sono cose da mangiare così. Sono biscotti importanti. Adesso ti spiego come funzionano.»

Quello di Anne era un discorso in preparazione da diverso tempo. Barbanera si trovava sull’isola di Banaro e lei non poteva più aspettare. Dal momento che il duello con Teach non sarebbe stato facile e che per molto tempo, probabilmente, Anne non avrebbe potuto visitare Smoker, la giovane aveva intenzione di sistemare la loro relazione in maniera definitiva.

Ma... definitiva. Sul serio. Quei biscotti sarebbero stati l’ufficializzazione del loro—rapporto stabile. (Qualcosa del genere.)

«Allora, prendi un biscotto,» cominciò Anne, rossa in faccia e con le mani che un po’ le tremolavano, «lo spezzi a metà,» spezzò il suddetto biscotto, «e una metà la tieni tu, l’altra io.»

Smoker era perplessa. «Esattamente, cosa stai cercando di dirmi, Portuguese? Le tue mani non tremano mai così tanto.»

«Uhm.» Anne le tese metà del biscotto e Smoker lo prese. «Adesso guarda.»

Le due metà ovviamente combaciavano. Il commodoro corrugò la fronte.

«... Cosa c’è che non va. Ed è una cosa seria, Anne.»

«Sono serissima. Tu terrai una metà, e io l’altra.»

Smoker annuì, ma – era chiaro – voleva delle spiegazioni, e le voleva seduta stante. Quella storia le piaceva sempre di meno. Aveva tutta l’aria di essere una di quelle cerimonie imbarazzanti e che non fanno altro che montare disagio sulle spalle delle persone che celebrano.

Che cosa stavano celebrando, poi?

«Perché? Perché adesso, intendo.»

«Perché ho trovato Barbanera: la mia resa dei conti con lui si avvicina.»

«Mi stai dicendo che è un addio? Parla chiaro.»

«Ti sto dicendo che dopo aver punito Barbanera come merita, io tornerò nel Nuovo Mondo. Dal Babbo e dal resto della ciurma. Visto che non mi sembra che tu abbia intenzione di seguirmi, devo pur legarti a me in qualche modo, no?»

Smoker era ancora perplessa e accigliata.

«È un rito che facevano i pirati tanto tempo fa,» spiegò Anne. «Quando la donna rimaneva a terra, lei e il marinaio che amava spezzavano a metà un biscotto e ognuno se ne teneva una parte, così, una volta che lui fosse tornato a casa, avrebbero controllato che le due metà combaciassero ancora. È come uno scambio di intenzioni.»

Ancora perplessa e più accigliata.

«È molto egoista, da parte tua,» disse Smoker.

«Cos—pensavo che fosse—»

«Sto scherzando.» Disse il commodoro, sorridendo nella solita maniera da faccia da schiaffi (era difficile farle tirare fuori un sorriso affettuoso, dopotutto). Avvicinò la propria metà del biscotto alla metà di Anne. «Va bene. Terrò il mio pezzo di biscotto. Gli altri posso mangiarmeli o no?»

«Sì che puoi mangiarli, Smokie, ma non è quello il punto, e lo sai.»

«Lo so. Ma so che tu passerai di qua nel viaggio di ritorno al Nuovo Mondo, e so che non dovrò preoccuparmi di te. Tu non dovrai preoccuparti di me.»

Anne sospirò, rassegnata. Era anche molto felice, però. Qualunque cosa fosse successa, poteva star certa che Smoker non si sarebbe sottratta a quella promessa.

«Allora giuri?»

«Giuro.»

Il biscotto non fu dimenticato, in nessun modo: semplicemente, decisero di siglare il loro accordo non davanti a un sindaco o al secondo in comando, ma sul letto – che a quel punto era diventato di loro comune proprietà. Si trattava di ufficializzare la loro unione (anche se non sarebbe mai stato un matrimonio valido, in nessun tribunale) prima di allontanarsi per chissà quanto tempo.

La distanza era un impedimento minaccioso. Per questo motivo si erano sposate, per quanto il termine potesse suonare strano. Avrebbero preferito il termine coniuge, se ne avessero saputo l’origine.

Due coniugi sono due persone che portano assieme il giogo. Nel loro caso, questo ostacolo le avrebbe condotte in luoghi diversi; Anne e Smoker non avrebbero smesso di procedere diritte sulla rotta scelta – che a quel punto era diventata di loro comune proprietà.

 

 

Smoker, dopo il disastro di Banaro e dopo la guerra a Marineford, si sarebbe chiesta prepotentemente se la propria influenza non trascinasse alla morte le persone a lei care – e che cosa avrebbe dovuto fare davvero in quella carneficina. Si sentì come se avesse infranto un giuramento, ma—allo stesso tempo sapeva che quegli incubi si sarebbero ripresentati anche nel caso in cui avesse deciso di scendere in campo per salvare la condannata a morte.

La sua metà del biscotto sarebbe finita inzuppata, ma quella promessa sarebbe stata mantenuta, finché amore non le separi.

 

 

















Note Autrice:

Il biscotto è finito inzuppato nel caffè o nelle lacrime? Tremate, tremate, le streghe (l’autrice + angst) son tornate!

Prompt: Matrimonio. Probabilmente qui sia Anne che Smoker sono un po’ fuori dal personaggio normale, ma tenendo conto che tutto, in questa raccolta, è basato su quelle due pagine di manga in cui Ace e Smoker sono comparsi assieme... Spero me lo perdonerete. Considerando inoltre che questa raccolta, a parte un paio di prompt, è pensata per essere una sorta di racconto della loro relazione, diciamo che una cosa semi-dolce, a questo punto del macrotesto, la potevo strappare dai loro personaggi. Non è facile muoverle in un contesto romantico e questo prompt mi ci ha costretto, praticamente. LOL.

Attraverso il biscotto a metà le due si scambiano, in sostanza, la promessa che due persone si scambiano nella celebrazione del matrimonio. Finchè morte non ci separi: la morte improvvisa e brutale di Anne, però, non tronca la promessa che lei e Smoker si sono fatte, causa l’amore che Smoker porta ad Anne. (ma non è troppo triste?) Il fatto è: Smoker, anche in un contesto come questo, si sarebbe mossa e schierata dalla parte di chi voleva salvare Anne a Marineford? Eh. Me lo chiedo da un po’. Chissà. (Penso di no, ma comunque.)

Il sottotitolo è una citazione dalla canzone My Walden dei Nightwish. Nel Walden, che è praticamente un rifugio nella natura, c’è il fuoco e c’è l’oro, che rimandano ad Anne e anche a una fede d’oro. E poi quello è il loro Walden, il loro rifugio.

Ho quasi finito di rompervi l’anima (???) con questa raccolta. Ancora due shots e ci siamo. Sette giorni e ci rivedremo con Amore in vecchiaia.

Grazie per aver letto. Come sempre, per qualsiasi domanda potete contattarmi attraverso EFP. Giuro solennemente di non avere buone intenz—volevo dire, non mordo, giuro! C:

A settimana prossima! Stay safe!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Le ultime Grigie ***




Indice di fuoco
















Le ultime Grigie

Un cuore che ama è sempre giovane 









«Smokie, Tashigi mi ha raccontato una storia interessante su di te.»

«M’immagino.»

Anne stava camminando per la cabina stringendo tra le braccia il cuscino di Smoker. Aveva detto che lo stava sprimacciando, ma in realtà ci stava giocando, come al solito. «Ha detto che i bambini ti adorano. Una volta sei finita contro una bambina che stava mangiando il gelato e le hai detto che i tuoi pantaloni si erano mangiati il suo gelato.»

«È vero. E le ho anche dato dei soldi per comprarsene uno più grande. E allora?»

Pugno di Fuoco strinse il cuscino con più forza, come se lo stesse spremendo per farci un’aranciata di piume. Sembrava tesa. «Ti ricordi di quando ti ho parlato di Sabo...?»

«Sì.»

«Secondo me, anche lui sarebbe stato bravo con i bambini.»

Dopo quella confessione, rimasero in silenzio. Smoker annuì e poi riprese a leggere il resoconto di un’altra discussione del Comando, mentre Anne cominciò a rigirarsi sul letto, annoiata. Visto che non sapeva cosa fare, continuò a pensare ad alta voce.

«Forse non saresti brava con i tuoi figli, ma con dei nipoti, magari... Saresti una nonna epica.»

«Ti ringrazio, lo prenderò come un complimento,» rispose Smoker, con lo stesso tono con cui si sarebbe rivolta a un impiegato a uno sportello della posta.

«Era un complimento, stronza!»

E il cuscino venne lanciato sulle spalle di Smoker, ignorato da questa, finito per terra. Anne era ancora annoiata, però.

«Li vizieresti tutto il tempo e saresti la nonnina zitella più amata della città.»

«Hai intenzione di morire prima di invecchiare, marmocchia?»

Veramente Anne pensava che Smoker si sarebbe stancata di lei, o che lei si sarebbe stancata di Smoker, prima di un anno di relazione più o meno affettivo-beneficiaria. E poi c’erano quindici anni di differenza tra loro, praticamente: quando Smoker fosse arrivata alla vecchiaia, Anne sarebbe stata, al confronto, una ragazzina. Poi pensò che agli occhi del commodoro lei sarebbe stata sempre una marmocchia, e il pensiero la innervosiva e la rassicurava allo stesso tempo.

Anne chiuse gli occhi per immaginarsi la vita a cinquanta, sessant’anni, settanta. Non trovava immagini precise: c’erano solo figure indefinite che continuavano a mescolarsi tra loro, un vociare indistinto, i colori si sovrapponevano e si separavano come le onde sulla spiaggia, non c’era nulla su cui focalizzarsi. Poi sentì la sedia scorrere sul pavimento e aprì gli occhi: Smoker, ancora seduta, aveva girato la sedia in modo tale che, abbassando la testa, potesse guardare negli occhi Anne, ancora sdraiata sul letto.

«... Smokie?» Chiese Anne, incuriosita. Col tempo, si era aperta poco a poco a Smoker: ora la donna era in grado di intuire i pensieri di Anne e questo poteva essere un’arma a doppio taglio per entrambe.

«Se muori prima, ti ammazzo.»

Poi Smoker tornò a lavorare sui propri fogli.

«Ehi, Smokie, frena un attimo.»

Silenzio.

«Cosa vorresti dire con—quello che hai detto?»

«Quello che ho detto: hai intenzione di morire prima del tempo?»

«No, non voglio.»

Anche se spesso ho pensato che forse—sarebbe meglio se—

«E allora sii più creativa, marmocchia. Io ho ancora del lavoro da fare. Se devi immaginare qualcosa o qualcuno, cerca di farlo con più precisione possibile.»

Accidenti, Smoker aveva davvero un ottimo intuito.

Anne rotolò nel letto per un paio di minuti, con in viso un broncio dovuto all’impegno profuso nel ricostruire Smoker in versione signora zitella. Smoker con le rughe (della vecchiaia, non del fastidio, quelle ce le aveva già); Smoker con un bastone da passeggio; Smoker con i sigari in bocca e un dottore o una dottoressa che le ripetono tutti i santi giorni di smettere di fumare; Smoker che, stufa di stare con le mani in mano, va ad addestrare i novellini della Marina – ecco, non si sarebbe comportata esattamente come con dei bambini, ma sarebbe stata una brava insegnante comunque; Smoker con la dentiera e che si ostina a fumare, tanto nessuno sarebbe sempre attorno a lei a requisirle i sigari fino a tempo indeterminato.

L’ultimo pensiero la colpì con violenza. Tutti gli eroi muoiono giovani. Anne riusciva ora a immaginare Smoker nella vecchiaia, ma non riusciva ad immaginare se stessa accanto a lei, e—questo la spaventava molto.

Era paura della morte fisica come di quella del proprio spirito. Il rimorso nei confronti di Thatch e Sabo l’assalì e Anne dovette stringere le mani a pugno e sbuffare profondamente per respingere l’attacco di quel sentimento che, come sempre, l’avrebbe portata all’odio per se stessa. Recuperò il cuscino che era finito per terra e se lo portò al cuore, nel tentativo di tamponare una ferita che non si era mai rimarginata nel suo animo, ripetutamente pugnalato dalla vita a partire dal concepimento – che era stato un male, che era stato un peccato da ripulire con il sangue.

No, non sarebbe arrivata alla vecchiaia perché sentiva che il proprio cuore era già vecchio per i troppi dolori e per il troppo amore. Anne era stata sottoposta a tante emozioni fortissime e contrastanti, nel corso di vent’anni di vita, al punto che sarebbe scoppiata molto prima dei cinquanta o dei sessant’anni.

Guardò la schiena di Smoker e le sue mani sui fogli; le sue dita chiare e le unghie corte. Pensò che Smoker, da bella donna qual era, sarebbe invecchiata bene. Da una ghianda forte poteva crescere una quercia millenaria.

Poi, l’illuminazione.

«Ehi, Smokie, ma tu, da nonnina zitella, avresti sempre i capelli di questo colore grigio triste?»

«Probabile. Non mi dici sempre che sono vecchia, marmocchia?»

Tra noi due, quella già vecchia sono io, pensò Anne, con un sorriso amaro dietro a un «Sì» divertito.













Note Autrice:

Angst incoming. Preparatevi per la prossima settimana.

Il titolo è il rimaneggiamento del titolo The Last Amazing Grays dei Sonata Arctica. Il sottotitolo è la traduzione italiana di un proverbio greco.

Il prompt era: Amore in vecchiaia.

Anne non riesce ad immaginare se stessa invecchiata, mentre riesce a inquadrare benissimo Smoker. C’è la paura che l’amore per Smoker possa affievolirsi fino a scomparire e che questo possa succedere in un tempo relativamente molto più stretto – uno, due anni –, cosa che nella vita può accadere. La paura che l’amore possa scomparire è solo una faccia di un’altra paura, quella della morte: morte del corpo, dello spirito, della speranza, delle emozioni, dunque anche dell’amore. Anne riesce a immaginarsi una Smoker che, anche nella vecchiaia, rimane viva e, in qualche modo, giovane. Pensando questo, si sente immensamente vecchia, provata già fin troppo dalla vita. Cosa succede ai bracci del compasso quando si arrugginiscono? Che il compasso può non funzionare più.

E sì, il prossimo sarà – tanto per gioire – Amore a scoppio ritardato. Si tratterà del capitolo conclusivo della raccolta, e sarà un capitolo a sè, una sorta di AR (alternate reality) rispetto alla realtà di questi precendenti capitoli (un po’ come la shot Amore non ricambiato, per intenderci). Preparate fazzoletti e cioccolato – o forse no? Io li ho preparati lo stesso, lol.

Spero che vi sia piaciuta anche questa shot. Un grazie grandissimo a Happy_Ely, come sempre, che ci porta un nuovo disegno! Grazie, Ely! ;)

Grazie per aver letto. A settimana prossima! Take care! 

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Perdendo lo smalto ***




Indice di fuoco
















Perdendo lo smalto

The ashes are all cold now

No more bullets and the embers are dead

(I’ll bury it all with me down in my grave)








 

Ch. Portuguese D. Anne era morta da mesi e Smoker non aveva potuto fare altro che rigirarsi quella scheggia di perla rossa tra le mani, come se fosse uno di quegli aggeggi antistress per novellini al primo colloquio.

 

 

Tashigi l’aveva vista scheggiare una di quelle sferette della collana della defunta Portuguese D. Anne mentre Smoker credeva di non essere vista. Tashigi la guardava consumare quella metà di perlina tra le mani come un chiodo fisso consuma la ragione di una persona.

Tashigi sopportava la vista di tutto questo e non sapeva come parlare alla propria superiore. Ci aveva provato una volta sola e quella volta Smoker l’aveva squadrata come se fosse stata un fantasma: la sua reazione aveva spaventato Tashigi, che era rimasta in silenzio. Smoker poi aveva grugnito qualcosa di incomprensibile e aveva chiuso la porta della propria cabina con uno schiocco assordante. Per molti giorni era rimasta chiusa là dentro.

Qualcuno avrebbe potuto pensare che il comportamento anomalo di Smoker fosse dovuto alle proporzioni della guerra sostenuta a Marineford: Tashigi sapeva che c’era qualcos’altro, sotto. Qualcosa che poteva assomigliare a quello che lei stessa aveva provato dopo Alabasta, ma non era lo stesso. Smoker sarebbe stata in grado di reagire prontamente, in un caso del genere: il problema non era il suo concetto di giustizia, com’era successo a Tashigi.

Il problema era che Smoker si era accorta di aver perso un’opportunità. Si rigirava quel pezzetto di perlina tra le mani e riusciva a scorgerci quello che sarebbe potuto essere e che mai sarebbe stato.

Smoker si stava consumando in una stranissima nostalgia e si stava alimentando di un sogno, in un ciclo continuo di rielaborazione e distruzione.

Tashigi sapeva com’era fatta la sua superiore: impiegava lungo tempo ad aggiustarsi alle persone importanti nella propria vita, ma una volta che i suoi affetti erano stati decisi difficilmente se ne liberava – traditori a parte. Anne non l’aveva tradita perché innanzitutto non c’era nulla da tradire tra di loro (non era amore, non c’era stato): ecco quindi che, quando aveva capito che l’amore c’era almeno da parte propria, Smoker si era ritrovata senza possibilità di realizzarlo – senza possibilità di dirlo. Questo era ciò che la stava sgretolando.

Dopo cinque giorni da quando Tashigi aveva tentato di parlarle, Smoker aprì la porta della propria cabina. In bocca aveva due sigari, negli occhi una decisione a cui Tashigi disse subito , appena la scorse.

«Vado a parlare con Kuzan.»

«Sì, signora.»

Chissà quanto tempo avrebbe impiegato a ricucirsi il cuore, ridotta com’era in quella condizione. Si sarebbe tuffata nel proprio lavoro, e Tashigi e i suoi uomini l’avrebbero seguita con dedizione, senza mancarle di rispetto per quel momento – per quei giorni – di debolezza. Non si sarebbe risparmiata: la sua missione era e rimaneva catturare Cappello di Paglia. Non l’avrebbe fermata un piccolo incidente di percorso, né un mancato battito cardiaco, né un’infinità di rimpianti.

 

 

Chi l’avrebbe mai detto che rivedere Cappello di Paglia dopo due anni potesse farle quell’effetto. Non sembrava cambiato, da lontano: era sempre uno stupido incosciente con un cappello che Smoker aveva già visto a Loguetown, molto tempo prima. Una volta a terra, coinvolti nei festeggiamenti tra bambini giganti, marine e pirati, Smoker sentì perfettamente cos’era cambiato in Rufy.

Quel ragazzino non aveva superato la morte della sorella, ma non si era mai neanche arreso. Non soccombeva davanti al ricordo del petto di Anne squarciato dal magma; resisteva; cercava di superare il trauma di quel giorno con l’aiuto dei propri compagni e amici.

Prima ancora di essere un pirata, Cappello di Paglia era una persona onorevole. Il pensiero di essere alle sue calcagna, in qualche modo, la faceva sentire meglio.

La metà perlina che Smoker aveva in tasca parve bruciare le dita che la strofinavano. Seduta in disparte, tirò fuori la semisfera dalla tasca, se la rigirò tra le mani, e quasi le venne un colpo quando Cappello di Paglia comparve dal nulla per gridare: «Ehi! Quella sembra una perlina della collana di Dadan!»

Smoker fece sparire il suo personale strumento di tortura prima che Rufy potesse acchiapparlo.

«Devi proprio, Cappello di Paglia?»

«Sai, Fumosa, Dadan è la donna che ha allevato Anne e me. Anne aveva una collana fatta con delle perline rosse.»

Come potrei non saperlo?

«Cosa stai cercando di dirmi, Cappello di Paglia?»

«Sembravi triste, Fumosa,» esclamò Rufy, senza preoccuparsi di sembrare invadente. «Non c’è bisogno di essere tristi per quello che è successo. Ci sono i bei ricordi a tenere viva la memoria delle persone.»

«Non ho bei ricordi, pirata. Solo sogni.»

«Anche quelli possono servirti, ma... mi spiace. Fumosa, ho capito cosa—»

Il marmocchio era troppo sveglio. Smoker lo doveva interrompere prima che dicesse la verità.

«Puoi tornartene ai tuoi festeggiamenti, per favore?» Più un ordine che un invito, Smoker prese Rufy per il collo e lo scaraventò con pochi scrupoli verso il calderone, l’anima della festa. Così potè sfregare le mani sulla propria mezza perlina come se quella fosse una saponetta mezza consumata: come se, aggrovigliandocisi sopra le dita, potesse lavare via l’orribile sensazione di un amore abortito.

A furia di toccarlo e torturarlo e di dirgli Memento Mori, quel pezzetto di perlina era diventato rosa. Il colore era colato via come la patina scadente di una brutta giornata. Non che le importasse granché: al buio era solo una semisfera nera, mentre nei suoi occhi era sempre rosso fuoco.

 

 













Note Autrice:

Buongiorno, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte a tutti!

Come sempre, prompt: Amore a scoppio ritardato; primo sottotitolo dalla canzone Nuclear di Mike Oldfield; sottotitolo tra parentesi dalla canzone To The Grave dei Morcheeba (altra canzone SmoAce, aiut-). Nuclear è una canzone contro la guerra: mi è sembrato un buon finale per questa storia. Le guerre sono belle solo sulle pagine dei libri. Ma conoscere è necessario anche quando comprendere è impossibile, diceva il buon vecchio Levi.

Traduzioni: Le ceneri sono fredde, ormai / finiti i proiettili, e spente le braci / (Seppellirò tutto con me, giù nella mia tomba)

Smoker si rende conto dei propri sentimenti troppo tardi. Anche quando Rufy prova a dirle che ci sono i ricordi – no, non va: non ci sono ricordi, Smoker potrà nutrirsi solo di sogni. Non è solo la perlina della collana di Anne a perdere colore: anche Smokie si sente stanca e infiacchita da tutte le questioni che ha nella testa e contro cui combatte ogni giorno. Starà perdendo lo smalto anche lei? Chissà.

Perché la mezza perlina? Per due motivi: perché a metà è come la metà biscotto del capitolo “Condividere il giogo”, e poi perché volevo che le ultime parole di questo capitolo fossero rosso e fuoco, cioè le stesse parole che concludono il primo capitolo. Sì io mi diverto così.

 

Questa raccolta mi ha preso davvero un sacco. Mi ci sono emozionata parecchio. Adoro muovere Anne e Smokie e spero che, almeno un po’, vi siano piaciute per come sono state interpretate. Mi farebbe proprio piacere se così fosse.

Se non altro, probabilmente avrete scoperto un sacco di nuove canzoni, no? XD

Però davvero, se vi ha fatto piacere, fatemelo sapere. Ehi, anche se vi ha fatto schifo, perché no? O perché non vi ha convinto, o se vi ha divertito. Se vi ha lasciato qualcosa, ecco.

Grazie per l’ascolto e la pazienza. Ci risentiremo quando sarò riuscita a finire la prossima raccolta SmoAce e comincerò a pubblicarla: nel frattempo potrebbe scapparmi qualche altra storia autoconclusiva SmoAce (sto mettendo su l’idea di una raccolta veloce veloce ispirata alla sfida 1sentence con tutte le tabelle, ma onestamente il tempo manca sempre). Spero leggerete anche queste ipotetiche, future storie. C:

Vi ringrazio molto per avermi seguito – chi segue sa di chi sto parlando C: ringrazio in particolare i love Ace 30 per la sua recensione al capitolo 5! Un grazie enormissimo e giganteschissimo (????) va a Happy_Ely, che mi ha supportato così a lungo! Ely, a te va un grazie! grande quanto una stella di cinquanta masse solari, anche perché ci porti un altro disegno bellissimo!

Sono molto felice di tutto questo appoggio. Grazie davvero, persone dietro lo schermo di casa, mi rendete una fanwriter felice. Intanto è la prima “storia a capitoli”, diciamo, che porto a termine: ci ho provato già altre volte, ma non mi è andata così bene. Nei casi precedenti mi sono lasciata prendere dai sogni e non ho messo le storie su carta; questa volta, invece, ci sono riuscita, e sono onorata di aver avuto ben sei cavalieri e cavalieresse (come funziona, al femminile? Insomma, guerrieri e guerriere, tipo Xena, ecco!) a seguire venti shot su ‘ste due matte. Grazie, grazie, grazie!

E tanto per fare la persona internazionale... Take care till we meet again on these smoace shores.
Jo, out!

claws_Jo





Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3305013