Bulletproof Heart

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Arrivò davanti all’edificio un quarto d’ora prima.
Aveva sistemato la moto dietro un vecchio distributore, e una volta tolto il casco, prese una barretta di cioccolato da una tasca e la aprì.
Continuava a chiedersi cosa ci facesse un distributore in aperta campagna, in mezzo al nulla.
Ma, la domanda che più gli doleva, era: cosa cazzo ci faccio qui?
Ricordò con un misto di noia e rabbia la sera di qualche giorno prima.
La sua adorabile vicina aveva ben pensato di mettersi ancora una volta in mezzo.
E, ancora una volta, ci era riuscita.
Melissa era estremamente insopportabile.
Quando Mello si trasferì nell’appartamento, arrivò quella fastidiosa ragazza, con un sorriso stampato sulle labbra, a chiedergli se avesse bisogno di aiuto con gli scatoloni.
‘Perché no’ aveva pensato il biondo ‘magari è una ragazza meno fastidiosa e logorroica di quanto sembri’.
Così accettò.
Mai avuta un’idea peggiore.
Da quel momento era diventata un fiume in piena, non faceva altro che parlare.
Di quando era bambina, della sua famiglia, di suo fratello che, a suo dire, la odiava.
E ci credo, povero cristo. A vivere con una persona del genere si impazzisce.
E, una volta scoperto che si chiamava Mello, aveva cominciato a parlare di quanto fosse strano che entrambi i loro nomi iniziassero con ‘Mel-‘.
-È proprio una bella coincidenza, non trovi?
Assolutamente no.
  -È stato il destino a farci incontrare!
Che destino di merda.

Con il tempo, però, aveva cominciato ad abituarsi alla sua figura, che passava più tempo in casa di Mello che nella propria.
Non sapeva se fosse un bene o un male trovare quella ragazza, in qualche modo, di aiuto, ma credeva che non pensarci fosse la cosa migliore.
E, forse, le voleva addirittura bene.
In certi casi.
E, tra questi, non rientrava quello stramaledetto venerdì.
Quando l’aveva costretto a partecipare a un gruppo di supporto.
In principio lui si era rifiutato.
Chi credeva di essere, quell’idiota?
Poi ci aveva messo di mezzo il cioccolato.
E con il cioccolato non c’è da scherzare.
Entrambi provavano un ossessionato amore per quel sacro cibo.
E Melissa sapeva alla perfezione quale cioccolato piacesse a Mello.
Ed era lei, a comprarlo, e a tenerlo in casa, perché diceva che altrimenti il biondo, se ne fosse stato in possesso, avrebbe finito una ventina di barrette in dieci minuti.
Cosa molto probabile.
La ragazza sapeva perfettamente come si sarebbe sentito Mello se ne fosse stato in astinenza –ci aveva provato, un giorno, e non era andata affatto bene- , quindi sapeva di avere la vittoria in pugno.
E lui, a malincuore, era stato costretto ad acconsentire.
Per fare amicizia, diceva lei. Come se lui ne volesse, di amici.

Finita la cioccolata, appallottolò la carta e se la ficcò nella tasca.
Sentì un odore di fumo pervadergli le narici.
Si girò lentamente, e vide un ragazzo dai capelli rossi con un pacchetto di sigarette in mano.
Aveva una maglia a righe, jeans chiari e anfibi.
Con una mano guantata, si stava togliendo i goggles dalle lenti arancioni, per lasciarli al collo, scoprendo due occhi di un verde intenso.
Tolse poi un Nintendo rosso dalla tasca posteriore dei jeans, lo aprì e cominciò a giocare a quello che, probabilmente, doveva essere un gioco di Pokémon.
Chi è così stupido da portarsi un Nintendo nella tasca dei pantaloni? Oltre a questo idiota, naturalmente.
Girò lo sguardo, e vide delle persone entrare nella chiesa.
Si diresse verso l’edificio, quando notò che anche il rosso aveva preso a camminare in quella direzione.
‘Merda’ pensò ‘sarà un lungo pomeriggio’.










****Niath says****
ALLORA.
PREMETTO CHE PER PUBBLICARE QUESTO CAPITOLO, CI HO MESSO ANNI.
FOTTUTO HTML SBALLATO.
QUINDI AMATELO, ANCHE SE VI FA SCHIFO.
Bene, detto questo.
Questa è la mia prima long.
Eeeee niente, spero mi esca bene.
Vi sarei grata se lasciaste una recensione, vorrei capire come va.
Crazieh :D
-Niath

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Capitolo 2
*** 2. ***


Si accorse di quanto fosse realmente grande la chiesa -e di quanto fosse malmessa- solo una volta esserci entrato.
Era un grande ambiente, dai muri bianco sporco, vetrate colorate e polverose.
Alzando lo sguardo, notò che le travi che sorreggevano il tetto erano ben visibili.
E probabilmente marce.
Alcuni scalini, dall’altra parte della sala, salivano fino ad arrivare a pochi passi dall’altare.
Mello percorse lentamente la chiesa. I passi rimbombavano, e c’era un insolito freddo.
Salì gli scalini per poi avvicinarsi all’altare. Fece scorrere un dito sul piano, ma lo ritrasse subito, pulendosi sui pantaloni di pelle nera.
Che schifo. Polvere ovunque. Da quant’è che qualcuno non ci mette piede?
Nel frattempo, qualcuno aveva posizionato delle sedie in mezzo alla sala, disponendole a cerchio.
Il biondo si accomodò su una sedia nera per poi squadrare gli altri componenti del gruppo.
Alla sua destra, c’era un ragazzo a dir poco inquietante.
Avrà avuto qualche anno in più di lui, eppure era un misto fra un bambino di sei anni e un anziano vissuto.
Aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi scuri, la pelle diafana e un ammasso di roba sopra la testa.
Ma, la cosa più strana del ragazzo, era la postura.
Ginocchia portate al petto, schiena curva.
Come fa a restare così?
A fianco a lui, un altro ragazzo.
Capelli e occhi color nocciola, decisamente più normale dell’altro.
Mello notò, poi, che i due erano legati a un paio di manette.
Meglio starne alla larga.
Accanto al moro, sedeva un’altra ragazza. Questa era bionda, aveva due codini a dir poco ridicoli e due occhi azzurri. Carina, tutto sommato.
Beh, è evidentemente stupida. Se fosse stata anche brutta sarebbe stato peggio di un esperimento mal riuscito.

Alla sinistra di Mello, una ragazza dai capelli verdi –una tinta schiarita- e, di fronte a lui, il rosso.
Continuava a fumare, ignorando di essere in un posto chiuso.
Prima o poi si prenderà un cancro ai polmoni.

Erano una ventina in tutto, i partecipanti, e nessuno sembrava particolarmente felice di essere lì.
Ad un certo punto, uno si alzò: aveva un sorriso smagliante, pelle abbronzata e capelli pieni di gel.
-Per prima cosa, ci presenteremo, per conoscerci meglio. Andremo in senso orario. Comincio io: mi chiamo James, ho trent’anni...
Mello non lo ascoltò.
Che gli importava? Ma soprattutto, perché era lì?

Si riscosse dai suoi pensieri quando arrivò il suo turno.
-Mihael. Mello per gli amici. Nessuno di voi ha diritto di chiamarmi in modo diverso da Mihael. Non parlatemi e sarà meglio per tutti.
I presenti lo guardarono stupiti.
Alcuni impauriti, addirittura.
Mello non ci fece caso.
Era meglio così.

Il tizio a fianco a lui stava mangiando una fetta di torta.
Da dove l’avesse presa, rimaneva un mistero.
Si presentò come Ryuzaki.
A suo dire, un certo Watari l’aveva costretto ad andare lì per togliersi il vizio dei dolci.
Come se fosse facile.
L’altro, Light, era dovuto andare con lui per via delle manette, e Misa –la bionda, di conseguenza- l’aveva seguito per ignoti motivi.
Da come sta aggrappata al suo braccio, si direbbe che abbia una certa fissazione per lui.

-VAI CHARIZARD, SCELGO TE!
Cosa-
-Tu, con quel Nintendo in mano... che stai facendo?
-Oh, scusate. Sto cercando di battere la Lega Pokémon. Non fate caso a me, sarà questione di qualche minuto.
Ma è idiota?
Il rosso prese il cellulare e si mise le cuffie.
Una ragazza si alzò per presentarsi.
-Sono Annie, ho ventitré anni e faccio la...
-COME BADBOI
... si, è idiota.
James si alzò. Aveva la faccia arrossata, e stringeva i pugni.
Sei abituato ad avere tutto sotto controllo, vero? Mi dispiace, ma le cose non vanno sempre come ci si aspetta.
-Adesso basta. Se devi interrompere, puoi anche uscire!
-Lo farei anche, se la mia vicina-stalker non fosse fuori ad aspettarmi tra un’ora e mezza. Se mi vedesse uscire ora, mi prenderebbe a calci, e ho già abbastanza lividi, passo per questa volta. Fosse per me neanche ci starei, qua.
Inquietanti analogie.
-E perché ci sei, qua?
-Dice che devo togliermi il vizio del fumo. Le da fastidio. Che poi, che cazzo c’entra lei? Se non passasse tre quarti della sua vita in casa mia, sarebbe meglio per entrambi.
... non era forse la stessa cosa che capitava a lui?
-Comunque, sono Matt. Mail, in realtà, ma è un nome che non uso.
Abbassò la testa, prese un’altra sigaretta e l’accese, non curante degli sguardi straniti che gli lanciavano.

Quell’ora passò lentamente.
Mello continuava a fissarsi i piedi, e non prestava attenzione a cosa gli altri dicevano.
Una volta finite le presentazioni, James consegnò a tutti un foglio.
Spiegò poi, in seguito, che ognuno doveva parlare di sé, dire cosa gli piaceva e cosa no, e tantissime altre cose inutili.
Il biondo non scrisse nulla.
Se c’era una cosa che non voleva fare, era parlare di sé.
Essere un libro aperto che chiunque avrebbe potuto leggere; a cui avrebbero strappato le pagine e cambiato le parole, finché del libro originale non sarebbe rimasto nulla, eccetto la copertina.
E magari neanche quella.

Mello amava i libri.
Molte volte paragonava le persone a essi.
Esistono tanti tipi di persone, così come esistono tanti tipi di libri.
Lui si definiva un libro noioso, di quelli che ti danno da leggere a scuola e che vorresti bruciare.
E lui, effettivamente, era stato bruciato.
Gli avevano strappato decine di pagine, le avevano poi buttate nel fuoco, avevano osservato la carta lambita dalle fiamme.
E poi, anche la copertina.
Quel poco che rimaneva intatto.

Quest’ultima poi l’aveva recuperata.
Con difficoltà, certo, ma ci era riuscito.
Le pagine, invece, le aveva dovute riscrivere, una a una.
Ed era stato più difficile del previsto.
Quelle pagine erano state scritte con rabbia e Mello si era ripromesso che non le avrebbe fatte leggere a nessuno.
Sarebbe vissuto con una copertina a proteggerlo, a fare da scudo al vero Mello.
E, per anni, aveva rispettato la sua decisione.

Fosse stato così facile mantenerla ancora per molto.









****Niath says****
EBBENE, CI SONO RIUSCITA.
Ringrazio Landy onee-san per avermi aiutato a mettere il corsivo e i punti a capo (eggià, non so fare nulla) e Akemi-chan per avermi obbligato a scrivere -3- (altrimenti, poco ma sicuro, questo capitolo non esisterebbe).
è molto più lungo del solito e boh, sarei felice di sapere cosa ne pensate :3
-Niath

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Capitolo 3
*** 3. ***


-Melissa, tu non hai idea. Quello là si mette il Nintendo nella tasca posteriore dei jeans.
-E allora?
-NON È NORMALE, MELISSA. In più mi guarda come se volesse stuprarmi da un momento all’altro.
-E se volesse farlo?
- … cancella quell’espressione dalla tua faccia. Ora.
-Cosa c’è che non va nella mia rape face?
-Tutto, Melissa. Tutto.

Convincere la propria vicina di casa che dovrebbe assicurarsi che non succeda nulla, se tiene ai suoi occhi e alla sua mente poco sviluppata, è un’impresa più difficile del previsto.
E Mello lo sapeva bene.

Una volta uscito da quel posto infernale, si era catapultato sulla moto, accarezzandola come fosse il suo amore perduto, e sussurrando frasi del genere ‘tranquilla, ce ne andremo presto da qui’.
Sì, entrare in contatto con altre persone gli faceva davvero male.
A meno che non fosse Melissa –sempre che quell’essere potesse essere definito una persona.
In seguito, si era allontanato il più velocemente possibile dall’edificio, e una volta arrivato a casa, aveva preso una tavoletta di cioccolato dalle sue infinite scorte anti-Melissa, mentre rifletteva sull’accaduto nel modo più lucido che gli era consentito.
Davvero l’avevano preso per cattolico?
Rise di gusto mentre guardava il suo rosario.
‘Le probabilità che io diventi cattolico sono uguali a quelle che io diventi diabetico’.

Restò qualche giorno in isolamento –non che di solito non lo fosse, sia chiaro-, e dopo una settimana si decise a uscire dalla camera, ormai ridotta a cartacce di cioccolata per terra e vestiti sparsi ovunque.
L’ordine, Keehl, non è il tuo forte.

Uscì di casa e si diresse da Starbucks. Solo per scroccare una cioccolata calda, ovviamente.
Qualche mese prima Melissa era tornata a casa tutta pimpante e con un sorriso estremamente inquietante.
-MELLUCCIO, INDOVINA UN PO’? HO TROVATO UN LAVORO!
Dopo averle dato un calcio negli stinchi –i nomignoli di Melissa erano il male-, si informò.
Non perché gli interessasse, naturalmente. Ma quella bimba idiota un po’ troppo cresciuta aveva un bisogno di attenzioni al limite del normale, e lui al cioccolato ci teneva.
Mello, dal lavoro della vicina, ne aveva tratto beneficio: non solo poteva trascorrere qualche giornata in santa pace, ma anche mangiare gratis.
Probabilmente ne usufruiva un po’ troppo, ma la ragazza non se ne accorgeva.

Arrivato davanti alla porta, la spinse leggermente con la spalla, per poi sistemarsi di fronte al bancone.
Melissa era dietro il banco, nella sua sfavillante divisa, mentre con un sorriso estremamente inquietante –a quanto pare, non sapeva sorridere in altro modo- preparava una cioccolata.
Il biondo, una volta appoggiatosi al bancone, stava per rivolgersi alla ragazza, quando vide qualcosa che non andava decisamente bene.
Bestemmiò –era sicuro di aver appena inventato qualche imprecazione- mentre si copriva il viso con i capelli ed elaborava strategie pensando a come uscire da lì il più velocemente possibile senza farsi notare.
Aveva appena deciso quale piano di fuga adottare quando sentì qualcuno picchiettargli l’indice sulla spalla e intonare un singolare ‘Melluccio’ dal tono decisamente troppo mieloso.
-Melissa, che cazzo vuoi?
-Ti preparo una cioccolata?
-Vedo che capisci.

Il cioccolato, solitamente, aveva il potere di calmarlo.
Ma non in quel momento, quando vide quella fottuta testa rossa avvicinarsi pericolosamente.
Cercò di abbassare lo sguardo sulla bevanda che aveva davanti, sperando che a furia di fissarla i suoi occhi sarebbero diventati dello stesso colore, così non avrebbe più ricevuto occhiate incuriosite anche per quello, oltre che per i capelli e il suo modo di vestire e di fare.
Non era una persona che passava inosservata, Mello, e il ragazzo non aveva mai capito se la cosa gli facesse piacere o meno. A volte avrebbe semplicemente voluto sparire, o passare inosservato, essere uno tra tanti. Altre volte, avrebbe preferito che l’attenzione si concentrasse su di lui, che tutti potessero vedere quanto sapesse essere stronzo e menefreghista –e, se anche l’avessero poi odiato, non gli sarebbe importato-. Non capiva nemmeno lui il perché, spesso preferiva non pensarci e evitare di farsi complessi, perché aveva passato davvero troppo tempo a farsene, e aveva imparato che non portano a nulla di buono. E troppe volte aveva pensato al parere degli altri, e l’aveva finita ad essere un menefreghista freddo e antipatico, che stava sul cazzo a chiunque facesse l’errore di rivolgergli la parola.
E non aveva intenzione di cambiare –non di nuovo- per qualcuno conosciuto a malapena una settimana prima.

Ed era fermamente convinto di ciò, e lui era uno che rimaneva fermo nelle sue convinzioni.
Ma, prima che se ne accorgesse, i suoi occhi erano fissi in quelli del rosso; e ci stava affogando, per così dire, e non sapeva se fosse un bene o un male. Però lui –quel ragazzo di cui non sapeva pressoché nulla- gli stava sorridendo, e questo bastò a fargli sollevare quasi impercettibilmente gli angoli della bocca.
E stava pensando che quella tonalità di verde era estremamente bella, e ci stava mettendo tutto se stesso per non farsi filmini mentali.
Non riusciva a ragionare in modo totalmente lucido –quegli occhi erano la fine del mondo- ma una minuscola parte del suo cervello pensava che Melissa, da brava persona quale (non) era, avrebbe dovuto scuoterlo in malo modo e farlo tornare in sé, così il biondo avrebbe ripreso coscienza e sarebbe potuto scappare e dimenticare quel ragazzo.
Ma dato che stiamo pur sempre parlando di Melissa, e che quella ragazza non sa interpretare le situazioni, Mello sapeva che non sarebbe mai accaduto nulla di quel che sperava.
-Matt, vieni un attimo!
Cazzo.
-Oh, dovevo chiederti… Matt, mi stai ascoltando?
Nasconditi.
Si interruppe quando vide che i due ragazzi vicino a lei si stavano fissando.
-Mello, se lo guardi come se volessi sposartelo e avere dei figli con lui, è naturale che mi parta la ship.
Il biondo era tentato di prenderla a calci –se c’era una cosa che non voleva sentire, in quel momento, erano i discorsi da fan girl di Melissa-, ma si trattenne pensando che non sarebbe stato piacevole essere trascinato fuori dal locale e avere altri casini.
-Vaffanculo.
-SEI ARROSSITO. IO L’HO DETTO CHE TI PIACE.
-CHIUDI QUELLA FOGNA, BASTARDA.
-MA È VERO!
-… sapete che ci stanno guardando tutti, vero?
La voce del rosso era più bella rispetto a quel che Mello ricordava. Non che a lui importasse o avesse atteso il momento in cui l’altro avrebbe parlato, naturalmente.
Il biondo pensava che Matt fosse davvero troppo vicino, ma non aveva nessuna intenzione di allontanarsi –se Melissa avesse potuto leggergli nella mente, gli avrebbe ripetuto per l’ennesima volta che i suoi pensieri erano estremamente da gay-.
La ragazza stava continuando a parlare, ma Mello non la stava ascoltando. Era troppo, troppo occupato a osservare i capelli di Matt.
Così, quando sentì in lontananza Melissa dire “perché non venite a casa mia, domani?” pensò che avrebbe fatto decisamente meglio a prenderla a calci prima.








****Niath says****
EBBENE SÌ, SONO ANCORA VIVA –per vostra sfortuna, aggiungerei-.
E nulla, era da più di due mesi che non pubblicavo e mi sentivo in colpa. Tra l’altro ho come sveglia Bulletproof Heart E VI POSSO ASSICURARE CHE È OTTIMA PER RICORDARTI OGNI GIORNO ‘ehi, hai scritto il capitolo? No? Ti senti in colpa per questo? Mi odi? CHI SE NE FREGA :D’
… sì, le canzoni parlano. Ve lo posso assicurare. E non è assolutamente colpa della droga. No no.
Bene, ora che siamo entrati nel vivo della storia e che il blocco è passato, vi posso (quasi) assicurare che aggiornerò più spesso. Dipende solamente dalla scuola, dato che questo anno è incasinatissimo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, gradirei tanto che lasciaste una recensione ^^
-Niath
P.S.: in questo capitolo volevo mettere TANTISSIME note personali ma ho evitato per non fare spoiler. Magari, alla fine della storia, farò un capitolo dove metterò tutte le mie note :D

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