Sei troppo bella per non farti male

di Vika_I_Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guardami ora che sono come il sole ***
Capitolo 2: *** Era passata, aveva spazzato via tutto, ed era andata via ***
Capitolo 3: *** Il dolore come forma di bellezza, il dolore come forma di grandezza ***
Capitolo 4: *** L’hai fatta soffrire e soffrendo è cresciuta ***
Capitolo 5: *** La tua pelle bianca, i tuoi occhi grandi ... I miei sembrano privi di emozioni ***
Capitolo 6: *** In fondo chi cambia la da vinta a questi bastardi, ma IO NO, io vado avanti, non sento i pianti di chi mi sta attorno non posso più fermarmi ***
Capitolo 7: *** Se tu non sei qui, credimi non so di niente ***
Capitolo 8: *** Il tuo talento è un fiore in mezzo al deserto ***
Capitolo 9: *** Dammi tutto adesso, tutto quello che hai ***
Capitolo 10: *** Cerco qualcosa di forte per dimenticarti ***
Capitolo 11: *** Stanza 524 ***



Capitolo 1
*** Guardami ora che sono come il sole ***


Sei troppo bella per non farti male

Guardami ora che sono come il Sole


Cosa fareste la sera prima di un esame?
Come passereste la sera prima di un giorno importante?
Quali pensieri vi vieterebbero il sonno la sera prima del giorno più importante della vostra vita?
 
Le 4 del mattino del 29 giugno, esattamente 5 ore prima che il primo match del grande Slam inglese apriva i battenti alle successive 2 settimane di vero spettacolo tennistico.
Le 9 del mattino del 29 giugno non era solo l’inizio di Wimbledon, ma anche una data storica per il torneo stesso: per la prima volta una ragazza con la fedina penale sporca avrebbe messo piede nel campo centrale.
Molly lo sapeva, sapeva che tutti i giornalisti avrebbero parlato della sua vita dietro le sbarre, avrebbero parlato dei numerosi piercing, avrebbero parlato dei tatuaggi ma nessuno avrebbe parlato del suo stile di gioco.
Era già successo all’Australian Open, primo turno di qualificazioni, e la ragazza troppo distratta dai numerosi flash e dalle battute poco gentile che udiva dagli spalti, non era mai entrata in campo, non era riuscita neanche a mettere a segno un singolo vincente.
Ricordava perfettamente quei momenti, voleva solo ritornare negli spogliatoi e farsi una doccia per cacciar via tutte quelle facce e tutte quelle risatine che sentiva ad ogni suo plateale errore.
Ricordava soprattutto Vera, la sua coach, era delusa, era arrabbiata.
“Abbiamo lottato tanto, abbiamo superato troppi esami per arrenderci così, perché ogni tuo errore è un mio errore, a me non piace sbagliare, non mi piace tanto quanto non piace a te, cosa cazzo è successo là fuori Molly? Dove cazzo eri? Te lo sto chiedendo perché non eri in campo. Io non ti permetto di arrenderti, se vuoi farlo di nuovo, devi vedertela con me, aspettiamo questo momento da 3 anni Molly, io non ti permetto di mandare tutto a puttane.”
A peggiorare le cose ci pensò la conferenza stampa, nessun giornalista aveva azzardato ad una domanda sulla partita, tutte le domande erano destinate a scavare nella vita privata della ragazza, era stata chiusa in carcere per 4 anni e mezzo, era la baby-girl del rapper del momento, nessuno era interessato ai suoi errori, tutti credevano che lei fosse troppo bella per limitarsi al tennis, era destinata a fare ben altro, avrebbe sicuramente funzionato nel mondo dello spettacolo, minorenne e con una vita frustante alle spalle, frequentava un uomo più grande di lei,viveva più di notte che di giorno tra locali e discoteche,  ed era la donna dei desideri della maggior parte dei uomini.
 
Molly alle 4 del mattino, abbandonò la sua camera e scese una ventina di piani a piedi, la sua mente era annebbiata dai pensieri, si recò più d’istinto che per voglia al bar dell’hotel, non poteva mettere piede fuori dall’edificio, troppi paparazzi desiderosi di immortalarla.
 
Arrivò a destinazione, si sedette sullo sgabello in fondo al bancone, ed aspettò la barista per fare la sua ordinazione.
-Allora signorina Sue, ore piccole?- la ragazza non degnò di uno sguardo Molly, parlava con lei ma comunque non le rivolse lo sguardo, era quasi disgustata dalla cliente nottambula.
Molly sorrise scuotendo la testa, era abituata a quel genere di commenti, la sua faccia era su tutti i giornali di gossip, tutti credevano di conoscerla, ma si sbagliavano.
-Una tequila-
Pochi minuti dopo era stata servita, e pochi secondi dopo il bicchiere era nuovamente vuoto.
Molly battè lo stesso velocemente due volte sul bancone, era un segnale che solo pochi baristi capivano, la ragazza riprese la bottiglia di tequila e riempì il bicchiere per la seconda volta.
-Non vorrei sbagliarmi, ma credo che tu domani sia impegnata-
La ragazza dietro il bancone ironizzò sulla partita importante che a breve Molly avrebbe dovuto affrontare, quest’ultima si alzò dallo sgabello, dirigendosi dietro il bancone, prese la bottiglia interessata e si riempì da sola il bicchiere, lo bevve tutto d’un sorso.
Si voltò verso la ragazza alle sue spalle allibita dall’atteggiamento che aveva assunto Molly.
Si avvicinò di qualche passo, con calma incrociò le braccia –Credi che io non lo sappia? Tra meno di cinque ore starò in piedi sull’erba più prestigiosa di questo mondo, avrò di fronte la miglior giocatrice di questo torneo, la più esperta, la più cinica, la più pericolosa, so benissimo cosa dovrò fare tra cinque ore-
Molly si sedette sul bancone, riprese la bottiglia e riempì di nuovo il bicchiere, fece un lungo sorso e posò il bicchiere.
La barista era quasi impaurita da quella ragazza, la strafottenza che mostrava era ingiustificabile, impugnò la bottiglia di tequila e la posizionò al suo posto, la voce di Molly catturò la sua attenzione
-Tra cinque ore devo distruggere l’ego della Smith, tra cinque ore lei pregherà Dio affinché la partita finisca presto, tra sei ore lei piangerà di fronte i giornalisti, perché mi servirà un ora per buttarla fuori dal torneo, ecco cosa succederà ed ecco cosa dovrò fare-
Molly scese dal bancone e si diresse verso l’ascensore –Spero che verrai a vedere lo spettacolo-
-La Smith è la mia preferita, non tiferò per te-
-Allora mi spiace, sarai delusa-
Molly sorrise e andò via.
 
Vera entrò prepotentemente in camera della sua atleta, la meraviglia si leggeva nei suoi occhi, Molly era vestita e docciata, stava preparando il borsone.
-Hey Coach, come sta stamattina?-
Vera sorrise amorevolmente come una mamma sorride ad una figlia durante i suoi primi passi
-bene, come mai già sveglia?-
Molly caricò sulle spalle il borsone, sorrise divertita –Voglio fare colazione con te, dobbiamo parlare di cose importanti-
La donna abbandonò il sorriso e cercò di nascondere la preoccupazione che si dipinse in viso, abbozzò un si e le due si diressero al bar.
 
Erano sedute su un divanetto, e il tavolino di fronte era bandito di cibo e bevande energetiche.
Molly cercò il succo d’arancia una volta trovato riempì il bicchiere fino all’orlo, fece un paio di sorsi e poi addentò un pancake.
Vera sorseggiava il suo solito caffè macchiato, guardò la ragazza in attesa di quello che le doveva dire, fu accontentata solo quando del pancake non c’erano più tracce.
-Ieri mi hanno chiamato gli assistenti sociali, devono darmi in affidamento almeno fino a quando non avrò 18 anni, a quanto pare mia zia è morta per overdose e mia nonna è morta dopo un infarto, non ho più parenti-
Era talmente fredda e distaccata nel parlare della sua famiglia da incutere terrore.
Sfilò delle carte dal borsone e le consegnò alla propria coach, guardò l’orologio e poi si alzò –Ora è tardi, vado al campo, tra 5 minuti devo entrare-
Caricò di nuovo il borsone sulle spalle, notò il viso pallido di Vera per poi rassicurarla –Non sei obbligata, è una mia idea, se non te la senti, non importa-
La figura di Molly sparì pochi attimi dopo.
Vera lesse le carte, erano carte importanti, parlavano di adozione, Molly in modo ovvio le aveva fatto capire che lei doveva adottarla, solo così potevano continuare ad allenarsi insieme, 16 ore al giorno, come facevano da tre anni a questa parte. La ragazza aveva appena compiuto 17 anni, Vera ripose le carte in borsa e anche lei si recò al campo centrale.
 
 
Non c’era un posto libero, gli spalti erano pieni, Molly entrò tra i fischi, la Smith era inglese, era di casa, tutti tifavano per lei, Molly era solo una ragazzina da battere facilmente per loro.
La Smith si avvicinò alla sfidante della giornata –Alle 7 ho un appuntamento importante, sei pronta a finire come gli Australian Open teppistella-
-Prontissima- Molly sorrise e con tono di sfida continuò la provocazione –Tranquilla, alle sei sarai libera-.
La Smith non aveva mai avuto belle parole nei suoi riguardi, ogni volta che le domandavano di Molly, lei si divertiva a prenderla in giro definendola un’omicida a piede libero talmente presuntuosa da pensare di vincere uno slam prima o poi.
Molly la odiava, tra colleghe ci dovrebbe essere rispetto, bisognerebbe difendersi almeno sul lato del gioco, invece la Smith si divertiva a fare la bulla di fronte i giornalisti, questo Molly non lo sopportava, era cresciuta nel Bronx, era abituata a difendersi.
Venti minuti dopo la partita iniziò.
Molly era al servizio, e senza molti problemi riuscì a portarsi a casa la battuta.
Il secondo game era durato 13 minuti, era andato ai vantaggi, la Smith non era molto lucida e sembrava molto stanca, i punti conquistati erano errori di presunzione di Molly e una palla ben giocata da lei, ma la più giovane correva, correva tanto, giocava palle presuntuose, era arrogante in campo, non sembrava mai stanca, si allenava dalle 13 alle 16 ore al giorno, era abituata a certi ritmi, un passante consegnò il break di vantaggio a Molly.
Dopo un ora e venti minuti, la partita finì, Molly era riuscita a mettere a segno 42 vincenti e 16 errori non forzati, correva talmente tanto ad una velocità talmente elevata da portare alla Smith una crisi di nervi, gli ultimi 4 game erano tutti a favore di Molly. 6-2 6-3, la Sue aveva superato il primo turno e tutti i tifosi della Smith sorpresi dallo stato fisico della ragazzina del momento si alzarono e applaudirono, avevano appena visto la partita più spettacolare della WTA degli ultimi tempi, e questo grazie ad una Molly capace di reggere il confronto con una forma fisica e una perfezione dei colpi invidiabile e ad una Smith che non si arrendeva mai, neanche quando era sotto 5-3 con due brack di svantaggio.
 
Molly sorridendo guardò la sua coach, non festeggiò molto, si avvicinò alla rete per il consueto saluto, ma la Smith si limitò ad una pacca sulla spalla per poi liberare immediatamente il campo.
L’inviata del torneo era pronta per l’intervista, era tradizione intervistare il vincente del match di fronte il pubblico.
-complimenti per la partita, hai giocato bene, credi di andare avanti nel torneo? Hai battuto la favorita-
Molly portò le mani ai fianchi, notò la barista di qualche ore prima, stava scuotendo la testa, sorrise alla sua direzione e schiacciò l’occhio, poi si ricordò della domanda anche se per lei era talmente stupida da non meritare una risposta
-Io partecipo ad ogni singolo torneo e scendo in campo per ogni singola partita per vincere, non per far vincere. Mi spiace per i fan della Smith, ma io ho fatto quel che dovevo-
-Battendo la numero due del ranking ora hai partite più semplici sulla carta-
Molly guardò Vera, la sua espressione facciale non lasciava dubbi, non sapeva cosa dire, alzò le spalle ovvia
-Nessuna partita è facile, lo pensava la Smith ed ora… -
-Non hai l’aspetto della classica tennista, piercing e tatuaggi padroneggiano il tuo corpo, AJ ti ha dato qualche idea per qualcuno di loro?
La ragazza scosse la testa divertita –Non rispondo a domande pertinenti alla mia vita fuori dal campo-
Caricò il borsone sulle spalle e andò via.
Passarono 8 giorni, Molly riuscì ad arrivare agli ottavi di finale.
Tornò nella sua camera d’albergo, si gettò sul letto esausta, era stanca mentalmente, aveva bisogno di distrarsi.
Il telefono vibrò, la ragazza lesse il messaggio, sorrise e si alzò di scatto dal letto, corse alla porta per poi aprirla velocemente.
AJ era in piedi di fronte a lei –Lo so, ci saremo dovuti vedere a torneo finito, ma mi mancavi troppo-
Molly saltò tra le braccia del suo fidanzato, lui non perse tempo, portò le mani sui fianchi della ragazza e chiuse la porta alle loro spalle.
-Mi sei mancato anche tu- AJ sorrise, continuò a baciare con trasporto la ragazza.
Il loro rapporto era soprattutto fisico, litigavano spesso, il loro modo di fare pace, era il sesso, facevano più sesso che passeggiate, il loro rapporto era principalmente composto dalla passione.
Lei aveva 17 anni, era la musa dello stilista più celebre del decennio, era comparsa in qualche pubblicità per la sua linea di profumi, dopo svariate richieste aveva accettato di fare qualche spot pubblicitario, non era altissima, era poco più bassa di 1.65, aveva occhi grandi e grigi, i capelli lunghi e di un biondo dorato, ma questo più grazie alla bravura del parrucchiere che proprio per uno spot pubblicitario le tinse i capelli da castano chiaro a biondo dorato, il viso marcato e sempre un sorriso beffardo dipinto sul suo viso, stava cambiando il sistema senza saperlo, più di qualche stilista la desiderava alle proprie sfilate, portando in passerella una taglia 42, ma lei aveva sempre declinato l’offerta, senza saperlo stava rivoluzionando le cose, la sua ingenuità accoppiata alla sua popolarità le sarebbe costata cara solo dopo qualche anno.
AJ era conosciuto da qualche anno, era riuscito ad incidere il suo primo CD di successo a 28 anni, ora a 34 anni era sulla cresta dell’onda, tutti volevano duettare con lui, era un vero talento per quanto riguardava il rap. Era molto noto anche per la sua campagna per legalizzare le droghe leggere, ma nessuno a parte Molly e pochi altri sapevano delle droghe pesanti di cui faceva uso quotidianamente.
Vera lo odiava, aveva il doppio dell’età di Molly, per colpa sua, la sua protetta non riusciva a non perdersi una festa, beveva e fumava, questo non andava bene per un’atleta professionista, Vera non riusciva a contenerla, come poteva accettare di farle da madre anche solo raggirare la burocrazia.
 
La porta della camera si aprì.
Molly sentendo la porta aprirsi, si spostò frettolosamente e con la stessa velocità si infilò il tanga che era finito ai piedi del letto, AJ capendo la situazione, raccolse i suoi box da terra e corse nel bagno per non farsi vedere.
La ragazza lentamente si scorse dalla porta per capire chi fosse entrata nella sua camera, notò la barista del bar dell’albergo, fece un sospiro di sollievo, anche se era sorpresa di vederla nella sua camera.
Molly entrò nel salone dove la barista si stava aggirando mentre stava cercando qualcosa
-Che cazzo ci fai qui?- Molly le urlò contro, una crisi di nervi la stava per assalire, lei non riusciva a contenere la rabbia, il bronx e poi il carcere non l’avevano aiutata di certo.
La ragazza si voltò imbarazzata, più dalla vista di Molly con solo un tanga che le copriva ben poco che per la situazione
-Oddio, scusa, non sapevo che questa fosse la tua camera-
Molly si passò una mano sul collo, quasi per calmarsi –Bhè, ora lo sai- poco dopo si sedette sul divano, prese una felpa piegata e la indossò –Che ci fai qui?-
La barista era rimasta sull’uscio della porta che era chiusa alle sue spalle, guardò la giovane tennista
-Il capo mi ha chiesto di andare nella stanza 358 per recuperare le chiavi della 367, la tua coach le ha dimenticate qui stamattina, quindi eccomi qua- allargò le braccia imbarazzata.
Molly si alzò, sparì per qualche secondo per poi ritornare con le chiavi di Vera tra le mani
-Come ti chiami? Dovrei saperlo se non vuoi farti chiamare barista per il resto della settimana-
-Emily e comunque complimenti per il piercing sul seno e per le scarpe del tuo ragazzo-
Indicò le Jordan accanto al divano sorridendo prendendosi in giro della ragazza.
Molly scosse il capo sorridendo, -Tranquilla non lo dirò a nessuno-
La bionda la guardò ironica –Delle scarpe o del piercing?-
Emily sorrise, prese le chiavi tra le mani di Molly e andò via.

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Capitolo 2
*** Era passata, aveva spazzato via tutto, ed era andata via ***


Sei troppo bella per non farti male

02: Era passata, aveva spazzato via tutto, ed era andata via


Vera come ogni mattina, andò a svegliare Molly, ben sapendo che dormisse ancora.
Prima di svegliare la ragazzina, scese al piano terra per gustarsi un caffè. 
Dietro il bancone come la maggior parte delle volte c’era Emily, faceva dei turni assurdi, era riuscita ad ottenere quel posto di lavoro tanto desiderato grazie a tanto studio, curava le bevande per gli atleti lei stessa, grazie alla sua gentilezza era riuscita a far parte dello staff che seguiva gli atleti nelle competizioni più importanti.
La barista sorrise a Vera gentilmente, la donna ordinò il suo caffè mentre sfogliava un giornale di gossip.
Come immaginava, 4 pagine del giornale erano dedicate a Molly, scosse il capo ormai rassegnata, aveva visto delle foto con la sua atleta e AJ, erano state scattate di recente, riconosceva l’albergo alle loro spalle.
Emily le porse il caffè, Vera ringraziò e pagò, aveva cambiato espressione, qualche secondo prima era sorridente e gentile, dopo aver sfogliato il giornale, era nervosa e altezzosa, quella ragazzina le faceva perdere la pazienza.

Emily richiamò la donna, le andò incontro e le porse dei soldi –Ecco a lei il resto-, Vera scosse il capo fece un cenno con la mano –e’ per te, è la mancia, oggi c’è la finale quindi ne ho approfittato per ringraziarti del servizio di queste settimane-. Emily arrossì per l’imbarazzo erano davvero tanti soldi per una mancia, sorrise per ringraziare, ma poi prima di andar via decise di farle una domanda, voleva capire anche se non fossero affari suoi –ti seguivo quando ero piccola, avevo 8 anni, eri bravissima, come mai non alleni qualcuno di più gestibile? –
Vera sorrise si prese qualche secondo per rispondere –io alleno il talento per eccellenza, Molly non è la ragazzina viziata che voi … - si fermò un attimo, fece un sospiro, non voleva alterarsi, non voleva urlare contro quella ragazza, si calmò e poi proseguì –che tutti voi, siete abituati a vedere sui giornali, lei non è la ragazza arrogante delle conferenze stampa, lei è tutt’altra persona, lei riuscirà a fare quello che nessuno è riuscito nel tennis-
Emily sorrise, lei non credeva che Molly potesse fare tanto, credeva che AJ ed altre distrazioni l’avrebbero fatta ricordare in campo tennistico solo per la sua bellezza, lei si sarebbe limitata ad essere la tennista più bella della storia, non avrebbe potuto fare di meglio. Avrebbe giocato la finale di Wimbledon tra qualche ora, ma Molly non era costante, non aveva una vita regolare, beveva alcolici e fumava troppo per essere una atleta professionista, la sua vita irregolare si sarebbe fatta sentire se la finale si sarebbe dilungata troppo, ma Molly era un’incosciente.


Vera entrò in camera di Molly. Era buio, le finestre chiuse evitavano che la luce potesse riflettere nella stanza.
Vera aprì la finestra, si fece accecare dal sole, si voltò verso il letto, era pietrificata.
Le regole erano chiare, prima di una partita soprattutto prima di una finale si dovevano evitare certe cose
-Non si dovevano bere alcolici
-Non si dovevano fumare sigarette
-Non si doveva fare tardi
-Non si doveva andare in discoteca
Ma soprattutto non si doveva fare sesso. 
L’immagine di Molly nuda distesa sul letto tre le braccia di AJ anche lui senza vestiti, bottiglie di rum vuote ai piedi del letto, pacchetti di sigarette anche questi vuoti sul comodino, e i vestiti da party che probabilmente i due avevano indossato la sera prima a terra, era esattamente l’immagine che Vera non voleva assolutamente vedere.
Andò in bagno e riempì un secchio con l’acqua, mentre si malediva, forse Emily aveva ragione, Molly era senza dubbio un talento puro ma solo con il talento non si va molto avanti, si recò nuovamente di fronte il letto, e gettò l’acqua gelata sul corpo della sua atleta.
-Porca puttana, ma cosa cazzo stai facendo?- Molly si alzò di colpo dal letto, portò una mano alla testa, le faceva malissimo, si girò intorno e si rese conto della cazzata che aveva fatto la notte prima, guardò Vera anche se non ne aveva il coraggio, la donna aveva le braccia incrociate era davvero nervosa, AJ si trovò tra l’incudine e il martello. Vera non lo degnò di uno sguardo –Non so cosa cazzo ci fai qui, ma devi andare via ora, e quando dico ora significa immediatamente-.
AJ si alzò dal letto, si infilò i box e i pantaloni velocemente, si avvicinò alla ragazza, la baciò per salutarla e poi andò via salutando Vera, ma senza ricevere risposta.
Molly era ferma, immobile, cercava di capire come non rendere la situazione peggiore, ma ogni cosa che le passava per la testa avrebbe peggiorato la situazione.

Vera guardò la ragazza, le indicò il bagno e con estrema calma decise di dirle qualcosa –fatti una doccia ghiacciata- Molly con lentezza si recò verso il bagno, la sua coach però le urlò contro –Muoviti- la ragazza velocizzò il passò ed entrò nella doccia.

Vera chiamò il servizio in camera, Molly non sarebbe uscita da lì per nessun motivo al mondo, troppe malelingue avrebbero impedito alla ragazzina di concentrarsi per la finale, il compito di Vera in quel momento era
-Far riprendere Molly
-Farle passare il mal di testa
-Riuscire a farla ragionare
-Farla sembrare una ragazza perfetta per la finale
Aveva poche ore per riuscire nell’impresa e lei ci sarebbe riuscita.
Aveva bisogno di un aiuto però, e lei sapeva chi potesse aiutarla.
Il ricevente della telefonata rispose, e alla sua domanda Vera decisa fece la sua richiesta –Emily Vivaldi- 



Emily aveva appena finito il suo turno, finalmente poteva godersi il pomeriggio con le amiche, era il ultimo giorno di lavoro, tra due giorni avrebbe preso l’aereo per ritornare a casa, le mancava casa, le mancava la sua famiglia, le mancava la Sicilia. 
Ripose gli indumenti di lavoro nell’armadietto destinato al personale, il suo responsabile arrivò sorridendo, le porse una busta, -Questo è un mio regalo, sei una brava ragazza Emily- la ragazza sorrise, abbracciò il signore poco distante da lei e lo ringraziò.
Prese la borsa e la portò sulla spalla. –Emily- la voce del suo capo la fece voltare, era quasi preoccupata nel sapere cose avesse da dirle, -Devi correre, chiedono urgentemente di te nella 358-
-no, no, no, no – Emily sapeva chi ci fosse nella 358, non voleva avere nulla a che fare con quella ragazzina, continuava a ripetere “no”, ma il suo responsabile cercò di farla ragionare, portò le mani sulle spalle della ragazza –Hai aiutato Molly Sue dal primo giorno che sei arrivata qui, spesso sei rimasta qualche ora in più per non lasciarla sola e ubriaca in un bar pieno di ragazzi vogliosi di lei, correggevi il rum con l’acqua quando era troppo ubriaca per rendersi conto di cosa stesse bevendo, l’hai accompagnata nella sua stanza più di una volta in queste due settimane, tu ti sei presa cura di Molly Sue non volendo, ed ora lei ha bisogno di te, tra poche ore ci sarà la finale, se lei sarà ancora in uno pessimo stato, tu ti darai le colpe, ti conosco-
Emily rassegnata sospirò, andò verso l’ascensore, quella ragazza iniziava davvero a darle sui nervi.
Vera era riuscita ad eliminare le prove che dimostravano della serata poco cauta che aveva vissuto Molly, aveva cambiato le lenzuola del letto, aveva buttato bottiglie e pacchetti di sigarette, erano in un albergo a 5 stelle e le toccava anche pulire la camera per colpa di quella incosciente.
La porta della stanza si aprì, Emily entrò e chiuse la porta alle sue spalle velocemente.  Guardò la donna armata di straccio e detersivo e capì cosa stesse succedendo. Innervosita dalla situazione allargò le braccia
-Perché io? Cosa ha fatto questa volta?-
Vera guardò il letto appena risistemato –Spero che non abbia concepito, non ho trovato una traccia di preservati, l’unica cosa che mi avrebbe fatto stare meglio sarebbe stato un preservativo usato, ti rendi conto di cosa mi stia facendo passare? Da venti minuti sto mettendo a soqquadro la stanza per trovare un preservativo-
Emily si intenerì, la sue espressione divenne più docile.
Dal bagno uscì Molly, aveva un paio di tanga che le coprivano ben poco, la sua faccia non dava spazio all’immaginazione, solo vedendola si capiva cosa avesse fatto la sera prima. Vide Emily e sorrise beffarda, sapeva che la sua coach l’avrebbe chiamata, non era sorpresa di vederla lì, era una delle poche persone che conosceva gli ingredienti per guarire il post sbronza –Ciao Emily, possibile che ogni volta che entri nella mia stanza mi vedi nuda?-
La ragazza alzò le spalle, aveva una busta e sfilò le bottiglie dalla stessa, -Non è colpa mia se sei sempre nuda, evidentemente hai una vita sessuale molto attiva-
Vera guardò le due ragazze , scosse il capo e alzò la voce per farsi sentire –Basta voi due- le due ragazze si guardarono con aria di sfida entrambe, Vera prese le sue cose non riusciva a stare lì dentro, avrebbe voluto ammazzare Molly in quel momento, Emily iniziò a preparare la bevanda magica per post sbronza, guardò nuovamente l’altra ragazza –Stavo per dimenticarmene, hai usato il preservativo in questi giorni?-
Molly si limitò ad alzare il dito medio, Vera capì che dovesse andare via in quel momento o avrebbe fatto del male alla sua atleta, -vado a fare la tua conferenza stampa-. 


Molly ed Emily si trovarono nella stessa stanza, la bruna lanciò una felpa verso la tennista, -Vestiti cortesemente, mi sono stancata di vedere le tue tette -. 
Molly indossò la felpa e si sdraiò sul divano –Io ho ancora sonno- aveva assunto l’espressione di una bambina, Emily sorrise, in quel momento la bionda sembrava quasi umana, si avvicinò a lei e le porse la bevanda, Molly le fece spazio sul divano per farla sedere, Emily si accomodò e guardò la ragazza,
-Perché lo hai fatto? Cazzo è una finale, parliamo di Wimbledon, hai 17 anni e giochi una finale, e tu rovini tutto con queste cazzate? La Stewart avrà riposato tutto il giorno, sai che punta al grande slam-
Molly bevve tutto d’un sorso la bevanda, scosse la testa divertita e quasi ovvia rispose –La Stewart non potrà mai vincere il grande slam, non ha le capacità per farlo, io oggi le ho reso le cose più facili, ma ci saranno gli US Open- posò il bicchiere sul tavolino senza muoversi dal divano, -Parlando di te, che ci fa una ragazza come te a servire sportivi arroganti e ad aiutare una come me?-
Emily sorrise, si alzò dal divano e prese il completo che avrebbe indossato la ragazza per la finale –E’ il mio lavoro, sono pagata per farlo- le porse il completo e si risedette sul divano –Vestiti, hai una finale-
Molly arrossì, oltre Vera nessuno si era mai preso cura di lei, Emily la metteva in soggezione, quando la guardava con quei occhi grandi nocciola si sentiva spaesata, e quando le sorrideva una morsa allo stomaco prendeva vita, scosse la testa per non pensare a determinate cose e iniziò a vestirsi, mentre Emily sfogliava la rivista di gossip.
Molly era pronta, caricò il borsone sulle spalle, Emily le aprì la porta –Fai il possibile-, la bionda sorrise e abbozzò un si –Comunque non uso preservativi perché sono sterile-. Emily si bloccò alla porta mentre l’altra ragazza sparì una volta preso l’ascensore.
Molly Sue era la ragazza più presuntuosa ed arrogante che conosceva, diceva cose di un certo spessore come se fossero cose di poca importanza, era un mistero, Molly Sue era un mistero, è stata chiusa in un carcere per oltre 4 anni, doveva ringraziare il suo talento e l’amore che gli inglesi provavano per lei per essere riuscita ad uscire prima, ma nessuno sapeva come mai lei fosse finita dietro le sbarre, delle volte la sua espressione incuteva terrore, era apatica, era diretta, era glaciale, Molly era tutto ciò che un genitore non vorrebbe, ma di questo non bisognava preoccuparsi, Molly era orfana, non aveva nessun genitore.


Un paio d’ore dopo Molly era negli spogliatoi, cercava di controllarsi, camminava avanti e indietro, passava una pallina tra una mano e un’altra. Lo stomaco le faceva malissimo, la testa le girava, si sentiva debole, la bevanda post sbronza era stata di grande aiuto, ma le sue condizioni non erano ottimali, aveva fumato parecchio, e il suo gioco si concentrava sulla corsa, non aveva il fiato per correre in quel momento.
Vera entrò negli spogliatoi, Molly sentì la sua presenza, si voltò, aveva un espressione impaurita, sapeva che da lì a poco avrebbe giocato una finale e sapeva di aversela giocata prima di scendere in campo, sarebbe stato un miracolo finire la partita.
-Coach mi dispiace, non so cosa sia successo- Molly si avvicinò a Vera per abbracciarla, e la donna non le negò l’abbraccio, la strinse a se capendo che Molly avesse bisogno di lei in quel momento, così cercò di darle forza, sapevano entrambe che Molly non avrebbe vinto
-Cosa fai quando sei ad un passo dall’impresa? E cosa fai quando ti rendi conto di aver fallito? Cosa fai l’attimo dopo averlo compreso?-
Molly strinse i pugni, guardo la sua allenatrice e con gli occhi quasi bagnati dalle lacrime scosse il capo
-ti alzi da terra, rigetti le lacrime, fai un passo dopo l’altro, fai finta di non sentire dolore, ti complimenti con la tua avversaria stringendole la mano, ora potrai abbandonare il campo, se avrai la forza firma qualche autografo, non fermarti con i giornalisti potrai dire cose per poi pentirti di averle dette, vieni negli spogliatoi io sarò qui, io sono qui, ti aspetterò perché io sono qui e sarò sempre qui per te-

La partita iniziò, gli spalti erano pienissimi, non c’era un posto libero, i fotografi erano ovunque, Molly però fissava solo la sua coach, doveva pensare che ci fossero solo lei e la sua avversaria.
Dopo 3\4 d’ora la partita era in perfetto equilibro 4-4, alcuni game erano andati ai vantaggi, Molly non aveva fiato, riusciva a fare alcuni punti grazie al servizio sul corpo dell’avversaria per poi battere facilmente a rete, ma sapeva benissimo di non poter reggere ancora a lungo.
Arrivarono al tiebreak, dopo 1 ora e venti di gioco, fino a quel momento non era stata una bellissima partita, avevano imposto entrambe un gioco molto tattico, la Stewart aveva paura della corsa e della resistenza di Molly ignara delle condizioni fisiche dell’avversaria che sapeva nascondere le sue lacune della giornata.
La Stewart era al servizio, aveva la palla del set point, cambiò tattica, con una serie di diagonali fece correre l’avversaria da una parte all’altra del campo, un dritto lungo linea riuscì a mettere in difficoltà Molly che riuscì ad arrivare sulla palla, preparò un rovescio diagonale in corsa, nonostante la grande tecnica del colpo, nonostante lo spettacolo che Molly era riuscita a mettere in campo correndo come una furia da una parte all’altra del campo, la pallina uscì per questioni millimetriche fuori dal campo.
La Stewart esultò energeticamente, mentre Molly era rimasta a terra, si alzò con l’aiuto della racchetta, andò a sedersi , capì che quello appena giocato era lo scambio decisivo, aveva capito che orami la partita era finita, non poteva resistere per altri due set. Il primo set era durato un ora e 35 minuti, era stato lunghissimo. 

Il secondo set durò quasi la metà del tempo, ma la consapevolezza di Molly di aver perso la finale la fece giocare più liberamente, era riuscita a portare a case degli scambi spettacolari, il secondo set era stato un monologo a favore della giovane tennista inglese, che in 49 minuti era riuscita a portare il match in parità.
7-6; 1-6. 
Molly guardò Vera, entrambe sapevano che Molly nel secondo set aveva dato tutto, lo aveva fatto per essere ricordata almeno per un gioco divertente da vedere.
Il terzo set diventò più divertente e più falloso, gli errori dovuti alla stanchezza si erano triplicati, le due giocatrici avevano due modi di giocare completamente diversi, la Stewart giocava dal fondo del campo, Molly preferiva giocare a rete e adottare un gioco più aggressivo e più  vario di colpi, sapeva di non avere molta potenza per questo puntava sulla tecnica.


Anche il terzo set finì al tiebreak.
Ed anche questa volta fu la Stewart ad avere la palla del set point, ed anche questa volta decise di far correre l’avversaria, Molly era stanca, non aveva fiato e non aveva forze, riuscì ad arrivare ad ogni palla con la forza della disperazione, la Stewart colpì la palla, e disegnò una diagonale stretta e veloce, Molly corse velocemente riuscì ad arrivarci ma non riuscì a mettere forza nel colpo, la pallina si fermò in rete.
La Stewart festeggiò, mentre Molly era rimasta a terra, aveva la testa tra le mani, non poteva crederci, aveva perso una finale, sapeva che non avrebbe mai vinto, ma perdere così faceva male, era riuscita a fare una bella partita, se solo non avesse fatto baldoria il giorno prima, molto probabilmente avrebbe portato a casa il trofeo, era inglese, giocava in casa, il pubblico era tutto in piedi per applaudire la sua impresa anche se aveva perso al terzo set dopo 3 ore e 23 minuti di gioco.
Molly si ricordò delle parole della sua allenatrice
-Alzati da terra, e così fece
-Rigetta le lacrime, e così fece
-Fai un passo dopo l’altro, e così fece
-Fai finta di non sentire dolore, e così fece
-Stringi la mano alla tua avversaria per complimentarti, e così fece
-Firma gli autografi se ne hai le forze, ma lei non lo fece
-Ignora i giornalisti, ma lei ne spinse qualcuno cosa che fu fotografata
Arrivò negli spogliatoi, si gettò a terra, Vera era lì –Sono orgogliosa di te, sei stata una leonessa, sai di aver fatto un impresa-
Molly si buttò tra le braccia di Vera, solo in quel momento scoppiò a piangere.



La giornata non era ancora finita, l’hotel aveva organizzato un party elegante per festeggiare la vincitrice dl torneo, la Stewart era la protagonista indiscussa per quanto riguardasse arredamento del locale, c’erano sue foto ovunque, ma tutti i giornalisti cercavano Molly tra la folla, non aveva detto molte parole dopo la sconfitta in finale.
La ragazza aveva optato per un miniabito, dei sandali alti e i capelli li aveva raccolti in modo classico, dopo essere stata convinta dalla sua coach a partecipare al party.
Aveva ricevuto i complimenti di molte delle sue colleghe, nessuna si sarebbe immaginata che la Sue avesse un gioco tanto divertente ed efficace.
Dopo le chiacchiere di cortesia aveva deciso di mettersi in disparte, era seduta su una poltrona godendosi l’aria aperta che le permetteva il terrazzo. 
Non riusciva a perdonarsi, era solo colpa sua, non era una professionista era una ragazzina che si divertiva a giocare a tennis, un anno prima era dietro le sbarre, il cambiamento era stato troppo veloce per riuscire a capire cosa fosse giusto fare.
Una voce familiare la distrasse dai suoi pensieri –Ti ho portato un cocktail analcolico-, Molly sorrise, guardò Emily e il suo primo pensiero nel vederla era che fosse bellissima.
-Grazie- la mora indicò uno scalino di fronte alla poltrona dove era seduta Molly –Posso?-, la bionda spostò le sue cose dallo scalino ed Emily capì che poteva sedersi.
Sorseggiava del vino rosso, dalla sua borsa sfilò una sigaretta, Molly le porse l’accendino, Emily accese la sigaretta facendo un lungo tiro per accenderla alla perfezione.
La più giovane interruppe il silenzio –Non dovresti essere in aeroporto?- 
La mora fece un altro sorso di vino, -Volevo assicurarmi delle tue condizioni, sono stata pessima oggi, non sono nessuno per giudicarti, sono stata una delle tante persone che ti giudicano senza sapere nulla di te-
Molly sorrise –Invece sei stata grande, se non ci fossi stata tu, non avrei neanche avuto la possibilità di giocare oggi- prese il calice di vino tra le mani di Emily e assaggiò il liquido scuro quasi porpora –Stai benissimo stasera, non sono abituata nel vederti così, ti ho sempre vista con la divisa da lavoro-
La mora sorrise – Fortunatamente ho anche altri vestiti oltre la maglietta blu dello staff- Molly rise divertita dal tono di voce di Emily, ma la mora la spiazzò poco dopo –Vorresti dire che non mi consideravi bella dietro il bancone mentre mi pregavi di servirti altri alcolici?- aveva assunto un tono di voce sensuale, la bionda arrossì,iniziava ad avere caldo, era la prima volta che si trovasse in difficoltà, aveva sempre lei la pallina del gioco, ed ora aveva la netta sensazione che Emily la stesse provocando, era spaesata, le dolorose fitte allo stomaco dopo la finale continuavano a farle male.

Lo sguardo della più piccola era perso nel vuoto, il cuore le batteva a mille, le faceva male, le bruciava dentro al petto come se da un momento all’altro dovesse scoppiare.
Emily invece era decisa, la guardava dritta negli occhi, cercava di captare qualcosa che andasse oltre le apparenze, cercava di capire realmente chi fosse Molly Sue.
Molly  non poteva essere la ragazza viziata e senza sentimenti, non poteva essere come la descrivevano i giornali, lei non aveva il cuore di pietra.
Portò le mani sul viso della bionda, riuscì a catturare il suo sguardo, l’accarezzò delicatamente.
-Sei troppo bella per non farti male-

Molly la guardò quasi sorpresa –Credi davvero che io sia così bella?-
Emily sorrise, portò la sigaretta tra le labbra e fece un lungo tiro, non rispose alla domanda si limitava a fissarla.
La bionda si sentiva studiata, le sembrava di essere un esperimento scientifico quando Emily la guardava, gli occhi della mora sembravano fossero dei raggi x, Molly era in netta difficoltà, quella situazione la stava mandando fuori di testa. 
Doveva essere lei quella che comandava, doveva essere lei quella con il coltello dalla parte del manico, doveva essere lei a mettere in difficoltà.
Eppure Emily era talmente sensuale ai suoi occhi da farle attorcigliare lo stomaco e solo in quel momento capì cosa si provasse con la frase “le farfalle allo stomaco” e desiderava un insetticida per prendere in mano la situazione.
Molly cercava di distogliere lo sguardo dalle labbra della mora, ma non riusciva a farlo, era seduta più in alto dell’altra, portò le mani sulle ginocchia di Emily, -A che gioco stai giocando?-, la mora sorrise strinse una mano di Molly –Io non gioco mai-.
La bionda fece un lungo respiro, aveva il viso rosso dall’imbarazzo, lo stomaco attorcigliato, e aveva molto caldo, doveva riprendersi, ma la ragazza di fronte a lei era una calamita.
Molly si porse in avanti, le mani abbandonarono le ginocchia di Emily per posizionarsi sul viso della ragazza, chiuse gli occhi e fece quello che desiderava, quello che in quel momento desiderava più di aver vinto la finale di Wimbledon, portò le sue labbra su quelle della mora.
Le socchiuse e catturò il labbro inferiore di Emily, la sentiva sorridere, la barista portò una mano sul collo della bionda e l’altra sullo schienale della poltrona, e senza staccare le labbra da quelle dell’altra ragazza si alzò dallo scalino per sovrastare Molly e non lasciarla agire a modo suo, lei non era AJ, non era una delle tante persone che le sbavava dietro che pur di avere una sua attenzione avrebbe fatto di tutto, lei era diversa e Molly doveva saperlo.
Emily socchiuse le labbra e passò la lingua sul labbro superiore di Molly, che senza esitazioni le diede il via libera per fare ciò che volesse, la mora approfondì il bacio, ma lo fece dolcemente, assaporò il baciò con desiderio, si staccò leggermente e sorrise, -Sei molto calda- portò le labbra nuovamente su quelle di Molly, ma questa volta non approfondì il bacio, si distanziò dalla più piccola, prese la borsa sullo scalino e andò via.

Molly era rimasta sulla poltrona, non aveva mai ricevuto un bacio con la stessa carica di passione, non era mai stata sottomessa da nessuno, ed ora era arrivata Emily, aveva sconvolto la sua vita, aveva fatto vacillare le sue convinzioni, era passata, aveva spazzato via tutto, ed era andata via. 
Emily era un tornado.



Angolo autrice:
Questa storia sarà aggiornata ogni Domenica, lavoro e studio mi impediscano di farlo durante la settimana.
Mi spiace per chi non segue il tennis, ho usato termini meno tecnici possibili per far capire l’andamento della partita, ma dal mio nickname si intuisce la mia passione per il tennis (Vika è la mia tennista preferita, ovvero l’Azarenka).
Non capire al 100% le partite durante la storia non sarà un problema.
Le cose iniziano a prendere una piega interessante.
Molly da carnefice a vittima, ed Emily da brava ragazza a seduttrice .
Dal secondo capitolo inizia il principio della storia principale della storia.

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Capitolo 3
*** Il dolore come forma di bellezza, il dolore come forma di grandezza ***


Sei troppo bella per non farti male

Il dolore come forma di bellezza, il dolore come forma di grandezza

 
 
-Molly avanti svegliati, hai una conferenza stampa, non puoi continuare ad evitare i giornalisti-
La ragazzina si stiracchiò, guardò il telefonino “12:00”, scosse il capo, Vera aveva ragione non poteva continuare ad evitare interviste, ma le domande pertinenti a Wimbledon bruciavano ancora, aveva perso una finale nonostante avesse portato a casa più punti e più game.
Si alzò dal letto, e con estrema forza di volontà si incamminò verso il bagno.
Non aveva voglia di essere fotografata, non aveva voglia di rispondere a nessuna domanda, ma era lavoro, faceva parte del lavoro.
Aveva 17 anni e troppi zero in banca secondo alcuni, doveva dimostrare di meritarli non solo per il tennis ma anche per la sua bontà e generosità.
Non aveva parlato con Vera da quel giorno, da quando si era liberata dal pianto negli spogliatoi, non aveva voglia di parlare di tennis, non dopo quella maledetta finale, si limitava ad allenarsi ad intensificare gli allenamenti a prolungarli se fosse stato opportuno, ma non voleva spendere una parola sul tennis.
Vera capì che Molly avesse capito che doveva alzarsi ed accettare gli impegni in agenda.
 
Molly un ora dopo era seduta dinnanzi a un centinaio di giornalisti, le domande le mettevano quasi paura, non perché avesse timore di queste ma bensì le risposte erano quelle che le facevano paura, conosceva la sua pazienza, semplicemente perché non ne aveva molta.
-Hai perso per colpa di due punti chiave, su entrambe le palle sei arrivata dopo una notevole corsa, ma la Molly Sue che siamo abituati a vedere in campo sarebbe arrivata facilmente su tutte  e due le palle, questo calo di prestazioni è dovuto alle ore piccole?-
La ragazza guardò il giornalista, nascose la rabbia dietro ad un sorriso saccente, aveva legato i capelli perché tutti avrebbero dovuto vedere ogni sua smorfia
-Sinceramente non ho capito la domanda, se mi hai chiesto quanto ho dormito, io ti rispondo poco, la mia prima finale slam non è riuscita a farmi dormire, ma non credo che la Stewart abbia dormito molto di più, sono riuscita a mettere a segno più palle vincenti ed ho portato a casa 3 game in più, se nel secondo set avessi investito meno energie, credo che staremo parlando di altro-
Sorseggiò dell’acqua dal bicchiere che era posto dinnanzi a lei, portò lo sguardo su un giornalista e gli fece segno per fargli capire che toccasse a lui
-AJ cosa ti ha detto dopo la finale? E chi era quella ragazza che ti faceva compagnia al party dopo la finale?-
Molly si voltò versò Vera, la ragazza venne capita nell’immediato dalla sua coach.
Quelle domande erano scomode, si prese una manciata di secondi per rispondere
-Non rispondo a domande che non hanno nulla a che fare con il tennis-
Il giornalista dalla borsa sfilò un giornale, in copertina si notava un bacio, ma questa volta Molly non baciava AJ, e in quel momento capì perché le avesse domandato di Emily.
Molly si alzò dalla sedia e molto agitata le puntò un dito contro –Ma fai sul serio?-
Vera cercò di far sedere la sua atleta ma con poco successo, Molly continuava ad agitarsi –Chi cazzo ha scattato quella dannata foto? Perché il volto della ragazza non è coperto?-
La ragazzina andò a pochi passi dal giornalista, le strappò il giornale dalle mani e con voce rauca continuava ad urlagli contro –Mi spieghi che cazzo c’entra la mia amica?-
Lanciò il giornale verso Vera, e continuò a tenere viso duro contro quell’uomo –Io ti denuncio se quella foto finirà in rete o in qualche giornale dozzinale-
Molly guardò tutti i presenti, e non riuscì a rispondere ad altre domande, andò via dalla sala conferenze seguita da Vera, adirata dall’atteggiamento aggressivo di Molly.
 
 
Vera raggiunse Molly, erano nel corridoio principale, la ragazzina continuava ad agitarsi e a gesticolare, si guardava intorno notando che le persone la guardassero più del solito.
La donna si portò a pochi passi dalla sua atleta, le portò le mani sulle spalle per farla calmare –Molly, ora devi calmarti, le fotografie rubate e le bugie sul tuo conto fanno parte del lavoro purtroppo, non puoi incazzarti ogni volta che succede, oramai dovresti essere abituata, devi riuscire a capire come farti scivolare addosso determinate cose-
Molly fece un respiro profondo, provò almeno a riprendere a respirare regolarmente, si voltò verso una ragazza che la guardava quasi impietrita, aveva un giornale stretto tra le mani, la bionda senza alcun tipo di accortezza sfilò il giornale tra le mani di quella ragazza.
La copertina la fece sussultare, Emily era finita in prima pagina, sfogliò la rivista e le foto del loro bacio erano ovunque, c’erano anche delle foto di Molly mentre fumava marijuana affacciata alla finestra dell’albergo.
Vera era allibita, scosse il capo cercando una soluzione, Molly aveva esagerato,  perdere una finale di uno slam, non era una scusa abbastanza valida per ridursi a fumare spinelli, per non parlare del bacio dato alla ragazza del bar.
 
Molly era agitata, era dispiaciuta per Emily, lei era semplicemente una ragazza che lavorava in un semplice bar, non sarebbe dovuta finire su una copertina di un giornale famoso in tutto il mondo.
E se l’avessero visto i suoi genitori?
E se l’avessero visto i suoi amici?
E se l’avessero visto i suoi colleghi?
Emily avrebbe rischiato perfino di essere licenziata per cattiva condotta, non poteva avere rapporti con gli atleti, ed ora il loro bacio era su tutte le copertine.
Doveva risolvere la situazione, non sapeva come fare, ma qualcosa avrebbe dovuto fare.
 
 
 
Emily scese dalla macchina, era davvero molto spossata, il viaggio in aereo l’aveva stancata e il tragitto dall’aeroporto a casa in macchina era interminabile, file di traffico ovunque.
Ad accoglierla c’era il suo tanto amato cane, un bull dog bianco e marrone, nonostante la stazza, riuscì a correre e a saltellare per farsi prendere tra le braccia della padrona.
Emily lasciò un paio di baci sulla testa del suo cane, fece qualche passo lasciandosi il giardino alle spalle ed aprì la porta di casa.
-Mamma sono arrivata- la ragazza lasciò le valigie alla porta, pochi secondi dopo la madre varcò la porta del salone, corse verso la figlia e la strinse tra le braccia –Tesoro finalmente, Tess mi ha detto che saresti venuta, ti ho preparato la pasta al forno-
Emily scosse la testa divertita, sua madre era sempre la stessa, il suo primo pensiero era sempre quello di farle trovare un pranzo abbandonate, come se stesse tornando a casa dopo uno sciopero della fame per difendere i diritti delle donne, -Mamma ho mangiato qualcosa per strada tranquilla, ora ho solo bisogno di dormire-
Si incamminò verso la sua camera, ma la madre la fermò, le strinse la mano –Io ormai ho cucinato, ed ora devi mangiare-
Emily sorrise, le baciò una guancia e sapendo che non sarebbe andata a dormire se non avesse mangiato almeno un piatto di pasta si recò in cucina.
 
Tess le saltò letteralmente addosso, la sua migliore amica la stava aspettando in cucina, aveva apparecchiato la tavola, si notava che lo avesse fatto lei, oltre alla pasta, a tavola c’erano polpette e patatine fritte, bottiglie di birra e di grappa, in quel momento capì che non avrebbe dormito, Tess la stava aspettando, voleva tutte le news delle due settimane inglesi.
 
Le due ragazze si sedettero a tavola.
Emily notò qualcosa di strano nella sua amica, qualcosa non le tornava, aveva capito che ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto.
Le domande che le venivano poste erano vaghe, non era la solita Tess, Emily accese una sigaretta, guardò dritto negli occhi l’amica
-Cosa devi dirmi Tess? E’ successo qualcosa a Stella?
Tess era nervosa, si toccava le mani di continuo, guardò l’amica e decise di parlare
-Stella sta benissimo, il problema è un altro-
La ragazza dalla borsa sfilò un giornale e lo porse ad Emily, -Questo è il problema-.
 
 
Emily strinse tra le mani quel giornale, era impietrita, guardò la copertina, guardò Molly, guardò le loro labbra incollate, e infine guardò Tess.
La mora nascose il giornale velocemente, lo gettò nella sua borsa per evitare che la madre lo vedesse.
-Oddio, ora come cazzo faccio? Ti rendi conto della gravità della situazione?-
Bevve dell’acqua, cercando di calmarsi, ma non funzionò.
La salivazione era insufficiente, le labbra secche e il cuore batteva troppo veloce.
Tess si alzò dalla sedia, si avvicinò all’amica –Calmati Emy, non è successo nulla-
La ragazza prese le chiavi e le sigarette e uscì di casa, seguita dall’amica.
 
Aveva bisogno d’aria, si sentiva soffocare, si sedettero su un muretto poco distante, Emily accese una sigaretta e fece due lunghi tiri in breve tempo.
Tess sorrise, le strinse una mano –Si risolverà tutto tranquilla, conoscono tutti Molly, sanno che è una squilibrata, tu sarai solo una vittima-
Emily guardò Tess con aria sorpresa, non si aspettava di certo quel commento, anche perché in realtà lei aveva baciato Molly più che volentieri, lei non era una vittima, a dire il vero lei era stata la carnefice, Molly era stata la vittima in quella situazione.
Tess notando il silenzio dell’amica, saltò giù dal muretto, portò le mani sulle gambe dell’altra ragazza
-Oddio, non mi dire che … -
Indietreggiò di qualche passo e continuò ad urlare isterica –O mio Dio, Emily ma cosa hai fatto? Ti rendi conto? Tra tutte le persone su questa terra, proprio la più ribelle, la più stronza, la più presuntuosa, la più viziata e, Dio perdonami se dico, la più sexy tra le persone hai baciato?-
 
Emily scoppiò a ridere, scosse il capo mentre la sua risata padroneggiava il parco, scese anche lei dal muretto, posò una mano sulla spalla di Tess
-Ora dovresti calmarti tu-
La ragazza ancora incredula dette uno schiaffò sul braccio della mora –Io non ho parole, ma come ti è saltato in testa? Stella è una sua fan, e tu l’hai baciata-
Emily incrociò le braccia, si godeva lo spettacolo, quando Tess andava di matto era davvero divertente
-Io vado da Stella, si sarà svegliata, le tue urla avranno svegliato anche gli orsi in letargo-
Emily si recò in casa, aveva bisogno di vedere la sua sorellina.
Stella era malata, aveva una malattia grave, non poteva essere risolta, non c’erano abbastanza soldi per aiutare la bambina, per riuscire a sconfiggere quel brutto male, bisognava essere ricchi.
Emily era l’unica della famiglia a guadagnare uno stipendio fisso, il padre era stato licenziato dall’azienda perché non c’erano più soldi per pagarlo, la madre si occupava delle tre figlie tutto il giorno, Serena era troppo piccola, frequentava il terzo anno del liceo scientifico, non poteva lavorare essendo minorenne.
Era una situazione complicata, Emily riusciva a guadagnare abbastanza per comprare gli unici farmaci in grado di tenerla in vita, sperando che i giorni guadagnati potessero portare ad una soluzione, ad un miracolo.
 
 
Vera si guardava intorno, viaggiavano in prima classe ma non riusciva a trovare una posizione comoda, malediva Molly, l’aveva scaraventata in un aereo diretto in Italia, non riusciva a capire l’intento della sua atleta, ma comunque non l’avrebbe lasciata sola, la diciassettenne, se lasciata sola, era un pericolo pubblico.
 
Vera si voltò verso Molly, aveva bisogno di sapere, se non conosceva tutti i particolari non poteva difenderla.
La prima volta che la vide, il suo cuore si strinse, ricordava perfettamente il momento in cui aveva incrociato il suo sguardo:
“Era il suo primo giorno di lavoro presso il penitenziario, era stata assunta per allenare le ragazze, per farle distrarre, per far sfogare loro la rabbia in modo diverso, in modo propositivo.
Varcò la porta che l’avrebbe portata nello spazio ricreativo, la pioggia era battente, e quello spazio era scoperto, ma le detenute pur di godere dell’aria aperta, erano in campo, si facevano bagnare dalla pioggia.
Poco distante da lei, delle ragazze si divertivano, urlavano a squarciagola, quello che successe dopo fu veloce,  suonò l’allarme, 6 sentinelle corsero nella direzione di quel gruppo di detenute, si fecero spazio e non con poco fatica separarono le due ragazze, una delle due, presuppose la vincitrice della lotta se la rideva, era fisicamente 3 volte più grossa dell’altra, le conseguenze di questa differenza fisica erano visibili sul volto della ragazzina più gracile.
Pochi minuti dopo,non c’era più nessuno, eccetto lei e la vittima di tanta violenza, lei era ferma sull’uscio della porta, mentre quella ragazzina, sorrise dopo aver aperto la mano e dopo aver visto che quello che stava proteggendo era ancora suo.
Si diresse verso di lei, si fece bagnare dalla pioggia, solo pochi minuti in quel carcere e già aveva deciso di andar via, una ragazza, anzi una bambina ai suoi occhi, era stata lasciata da sola, mentre del sangue le stava colando da più parti del corpo, nessuno si preoccupava delle sue condizioni, aveva molti lividi e molte cicatrici, presuppose che non fosse stata la prima volta che quell’episodio prendesse piede nel cosiddetto spazio ricreativo.
Si avvicinò a quella ragazzina, pochi secondi sotto la pioggia ed era già bagnata fradicia, si chinò per aiutarla ad alzarsi da terra, sobbalzò dallo stupore.
Un occhio gonfio che non riusciva ad aprirsi, sangue che le colava dal naso, un graffio profondo sulla guancia, un labbro spaccato e il mento sbucciato, la vista di quell’immagine era agghiacciante, erano passati più di tre anni da quel giorno, ma tutti i giorni quell’immagine passava tra i ricordi della donna.
La mano le fu stretta, Molly si alzò dalla pozza di sangue, dalla pozza del suo sangue, si incamminò verso la porta, lei era sbalordita, -Ti porto in ospedale, sei conciata male-
In quel momento incrociò il suo sguardo, aveva solo un occhio aperto, l’altro non poteva aprirlo, sorrise
-Tu sei la mia coach? –
Quel sorriso le fece capire cinque cose
-La ragazzina mal ridotta era Molly Sue, la giovane promessa del tennis inglese
-Non si sarebbe licenziata
-Avrebbe reso Molly una tennista professionista in pochi anni
-Non avrebbe mai lasciato sola quella ragazzina
-Non avrebbe più permesso che le fosse fatto del male”
 
-Molly dobbiamo parlare-
La ragazza guardò la sua coach, avevo lo stesso sguardo di tre anni fa, sguardo che preservava solo alla sua coach, le fece un cenno con la testa, mentre continuava a giocherellare con le bacchette della sua batteria che portava sempre con se
-Ho letto le carte dell’adozione-
-Le hai firmate?-
Vera si prese qualche secondo, guardò fuori dal finestrino, fece un sospiro prima di risponderla
-Io non posso consegnare le carte se prima non mi racconti tutta la verità, io devo sapere cosa è successo quel giorno Molly, io devo sapere perché ti hanno rinchiusa in carcere, io devo sapere cosa stavi difendendo il primo giorno che ti ho vista ed infine io devo sapere perché hai scelto me-
Molly era impassibile, guardò la sua coach, non si aspettava una richiesta del genere, non aveva mai parlato di quel giorno, non aveva neanche voluto un avvocato, si era dichiarata colpevole, non voleva assistere ad un processo, non voleva parlare di quella storia.
Conosceva Vera da oltre tre anni, era riuscita a farla diventare una professionista, era riuscita non sapeva ancora come a scarcerarla, era riuscita a farla diventare una persona migliore, Vera si impegnava tutti i giorni per tutto il giorno a renderla una persona migliore, sia in campo che fuori dal campo.
Molly fece un sorso dalla lattina di coca cola, guardò Vera e capì che se non voleva perdere anche lei, doveva parlare, doveva raccontare, così si decise
-Ero piccola, avevo dodici anni, ero una bambina del bronx, era l’unica bianca del quartiere, mia madre mi aveva regalato una racchetta, costava poco ed era l’unica cosa che poteva permettersi, avevo due anni, l’unico gioco che avevo era quella racchetta, giocavo tutti i giorni, c’era un campo di tennis a venti minuti di distanza da casa mia, per dieci anni di seguito, per 3653 giorni di seguito sono andata al campo di tennis, inizialmente per giocare ma dopo qualche anno per me non era più un gioco, io mi allenavo 13 o 14 ore al giorno, finita scuola andavo al campo, e quando si faceva troppo buio tornavo a casa, i lampioni alle undici di sera si spegnevano, quindi dovevo andare via-
Molly si prese qualche secondo, fece un respiro profondo, ricordare quel giorno era difficile, fece un paio di sorsi di coca cola, Vera le strinse una mano, sentiva la voce di Molly, ascoltava, aveva un altro tono di voce
-Quel giorno sono tornata a casa come tutti i giorni, erano quasi le undici, la porta era aperta, e non sentivo l’odore di cucina della mamma, sono entrata in casa, mia madre era a terra, quel mostro era sopra di lei, l’aveva uccisa, sai cosa ho fatto?-
Vera era impaurita dalla freddezza della sua atleta, era distaccata, era apatica, i suoi occhi erano pieni di rabbia, ma ne parlava tranquillamente, come se vedere la propria madre morta sdraiata sul pavimento del soggiorno fosse una cosa normale, la voce di Molly la distrasse da quei pensieri
-Ho preso la pistola dalla borsa di mamma, l’ho caricata ed ho premuto il grilletto, gli ho bucato il cranio, per il giudice sono colpevole tanto quanto quel uomo, o almeno lo ero-
Molly allungò il braccio e sfilò dalla borsa di Vera i documenti per l’adozione, aveva gli occhi lucidi, usò la manica del suo maglione per asciugarli
-Io non sono un mostro, mia mamma era morta, io non sono un mostro, dovevo pur fare qualcosa, avevo paura, ero arrabbiata, io sono un mostro, io merito una seconda possibilità, tu sei la mia seconda possibilità, e non voglio che tu pensa che io sia un mostro, perché non lo sono, mi guardi come se fossi un mostro, tu cosa avresti fatto? Avresti sparato? Saresti scappata? Avresti pianto? Ti saresti fatta uccidere? Io ho solo difeso la mia mamma, ma ho fatto tardi- sorrise amara, le lacrime le rigavano il volto, il cuore le faceva male, non aveva il suo solito sorriso saccente, aveva gli occhi spenti –Quel giorno il rovescio lo avevo sbagliato 1 volta su trenta, per questo mi sono dilungata al campo, non avrei abbandonato il campo se non avessi messo a segno 30 rovesci su 30 prima, per questo ho fatto un quarto d’ora più tardi, e per colpa di quel rovescio sbagliato ora sto parlando della morte della mia mamma-
Vera abbracciò Molly, la ragazzina piangeva, non immaginava una cosa del genere, era convinta che fosse finita in carcere per colpa di qualche rissa o per spaccio, non sapeva e non immaginava neanche lontanamente che la sua atleta avesse ucciso un uomo, seppur per difendere la madre.
 
-Molly calmati, è tutto finito, ci sono io qui con te, non ti lascerò mai-
La ragazzina aveva i pugni stretti, si fece cullare tra le braccia della sua allenatrice, per lei Vera non era solo un allenatrice, per lei Vera era una seconda mamma, le aveva insegnato tanto e le aveva dato tanto, forse tutto quello che avrebbe potuto darle.
Molly si addormentò, e Vera capì che nonostante fosse scomoda, non avrebbe desiderato posto migliore dove stare.
 
 
Qualche ora più tardi, Molly e Vera erano davanti la porta di una casa a loro sconosciuta,  la donna non aveva chiaro il motivo che l’avesse portata fin li, si era limitata ad assecondare una Molly affranta.
La ragazza bussò alla porta, attese che questa venne aperta, poco dopo fu accontenta.
Una ragazza che non conosceva le si presentò di fronte, era scandalizzata di certo non si aspettava che una ragazza famosa quanto lei bussasse alla sua porta.
Molly le porse la mano –Piacere sono Molly- la mano le fu stretta poco dopo anche se con qualche incertezza, -Piacere, sono Serena- dopo qualche attimo di imbarazzo si sporse per farle spazio –En.. entrate-
Serena sparì subito dopo, Vera guardò Molly, era una situazione assurda –Cosa ci facciamo qui?-
Vera trovò la risposta poco dopo, Emily scese le scale che portavano al salone.
-Oddio, questo è troppo- Vera sbuffò, si accomodò sul divano arresa, le pazzie di Molly erano all’ordine del giorno, quasi si pentì per essere entrata in quella casa.
Emily guardò Molly, era perplessa, era incazzata, si scaraventò su quella ragazza e la spinse con tutta la sua forza, Molly finì contro il muro, era sorpresa da quella reazione, il rumore assordante conseguenza della spinta, fece alzare Vera dal divano, si posizionò tra le due ragazze, cercando di mettere un po’ d’ordine, ma una voce l’anticipò
-Emily questo non è il modo di accogliere gli ospiti- Vera si voltò verso la direzione della voce e capì, era una donna, certamente era la madre della ragazza, -Dovresti scusarti-.
Molly aveva la schiena contro il muro, non si mosse dopo aver ricevuto la spinta, si limitava a guardare Emily, come se le volesse dimostrare di non avere paura di lei.
La mora guardò la madre, allargò le braccia sconcertata –Non sono ospiti, si sono autoinvitate a casa, nessuno le ha invitate, non so neanche perché Serena le abbia fatte entrare-
La signora vistosamente arrabbiata con la figlia scosse la testa, guardò le due “autoinvitate”
-la cena è quasi pronta, se si calmano gli animi, per me siete gradite ospiti-
Emily si passò le mani in volto, non poteva credere che sua madre avesse invitato a cena quelle due.
Vera sorrise sarcastica, puntò un dito contro la mora –Di sicuro non hai la stessa educazione di tua madre-, guardò la donna e convinta la seguì in cucina –Io aiuto tua madre ai fornelli, voi due cercate di non uccidervi-
Le due donne sparirono, si chiusero la porta alle spalle, lasciando le due ragazze nel salone.
 
Emily guardò Molly, le fece un segno per farle capire di seguirla.
Andarono fuori, la mora si accomodò su una panchina in giardino, Molly preferì restare alzata, aveva le mani nella tasca enorme della sua felpa, guardò l’altra ragazza e cercò di capire cosa dirle, non sapeva perché, Emily continuava a metterla in soggezione
-Perché sei qui?-
La bionda continuava a guardarla, alzò le spalle ovvia –Voglio scusarmi, ho visto i giornali, credo che li abbia visti anche tu dalla tua reazione-
Emily sorrise, incrociò le braccia divertita –Vorresti farmi credere che sei venuta fin qui, hai preso un aereo, sei venuta nella parte opposta del mondo, per scusarti? Non avevi una scusa migliore? Il volo è durato parecchio, non potevi inventarti una scusa migliore?-
Molly era imbarazzata, Emily era troppo schietta, tutto quello che pensava, lei lo diceva senza problemi, si limitò ad ascoltare la sua risata, quasi infastidita alzò la voce
-Dovresti sentirti onorata, mi sono sentita in colpa, ho chiamato il tuo capo, mi sono presa le colpe, e sono venuta fin qui perché credevo che ti avrebbe portato problemi in casa quella copertina, volevo semplicemente difenderti perché mi sono sentita in colpa-
Emily si fece seria,  si alzò dalla panchina, guardò Molly, caricando troppo un espressione intenerita, quasi per prenderla in giro, le accarezzò una guancia –Tesoro, i miei genitori sanno che mi piacciono le donne, hanno altri problemi, ben più gravi del nostro bacio in copertina, tu non sei sempre al centro del mondo-
Molly strinse il polso della ragazza, con forza spostò la mano della mora dal suo volto
-Sai che ti dico? Vaffanculo, ho sbagliato, sei solo una stronza, di certo non meriti tutta la preoccupazione che ti ho preservato oggi-
 Le due ragazze vennero distratte, Serena aveva una bambina tra le braccia, indicò Molly –Hai visto Stella? Emily ti ha portato un regalo-
Stella guardò Molly, aveva gli occhi colmi di gioia, non poteva muoversi e da qualche mese aveva anche perso l’uso della parola, era gonfia per colpa di tutti quei farmaci, ma dai suoi occhi si notava la felicità, aveva sette anni, ma agli occhi delle persone estranee sembrava molto più piccola.
Molly sorrise, si avvicinò alla bambina, guardò Serena per capire se potesse prenderla in braccio, dal cenno della ragazzina capì che l’unica dispiaciuta di vederla era proprio Emily.
Abbracciò la bambina e la strinse tra le braccia-Visto Emily che bel regalo ti ha fatto- la voce di Serena non riuscì a distrarre Stella, guardava Molly con aria incredula.
Entrarono tutte in casa per non far prendere freddo a Stella, si accomodarono sul divano, Molly si era dedicata alla bambina, la riempiva di attenzioni mentre parlava con Serena, mentre Emily preferiva stare in silenzio e osservare la situazione.
 
 
La cena per la mora fu davvero imbarazzante, la madre in accordo con il padre avevano riservato il posto accanto al suo alla giovane tennista, credendo che le due stessero insieme, la copertina e la presenza della ragazza per loro non avevano altro significato.
Tutti elogiavano Molly e Vera, erano curiosi della loro vita, Emily si limitava a rispondere con monosillabi, anche se vedere la bionda dedicare tante attenzioni alla sorellina la riempiva di gioia, Molly aveva insistito per tenerla sulle gambe durante la cena e per imboccarla.
-Quindi per quanto tempo restate?- la signora Vivaldi sperava in una riposta positiva, sperava di avere quelle due tra i piedi per altri giorni, erano riuscite a rallegrare la serata, cosa difficile da vedere in casa Vivaldi, Vera guardò Molly, lei non ne aveva idea, si sarebbero dovute allenare, ma anche in Sicilia c’errano campi da tennis, quindi per lei non ci sarebbero stati problemi,
-Credo che resteremo solo per qualche giorno- Molly sorrise mentre imboccava la piccola di casa,
il sorriso della signora Vivaldi si spense
-Hai impegni importanti?-
Serena sorrise, mentre gustava la pasta –Mamma dai, fatti i fatti tuoi, avrà anche le sue cose da pensare- schiacciò l’occhio alla giovane tennista complice, ma Molly sorprese tutti
-Perché Stella non guarisce?-
Vera dette un calcio alla bionda, la guardò minacciosa, ma Molly voleva sapere, quella bambina le faceva tenerezza, voleva sapere se poteva essere utile, Emily guardò Molly, era incredula, non aveva avuto tatto, desiderava spingerla nuovamente, ma la risposta di suo padre la sorprese
-Le cure per riuscire a curare Stella costano troppo- il signor Vivaldi aveva gli occhi lucidi, con la voce quasi rotta dal pianto continuò –Non possiamo permettercele-.
Molly guardò Vera, le due si capirono, la più grande fece un cenno per acconsentire, e la più piccola parlò
-Il mio prossimo torneo si terrà negli stati uniti, tra due mesi, lì ci sono molti medici esperti, posso aiutarvi a farla riprendere per favore?-
La signora Vivaldi era incredula, Serena si alzò dalla sedia,  abbracciò Molly di slancio, i suoi genitori non avrebbero mai potuto dirle di no.
Vera pulì la forchetta con un fazzoletto, e continuò il discorso lasciato a metà dalla sua atleta
-Molly vi sta chiedendo se Stella può partire con noi ed Emily, Molly si sta allenando duramente solo per gli US open, non abbiamo altri tornei in programma, vuole iniziare le cure subito, quando sarà abbastanza forte per affrontare un viaggio, la porteremo con noi, in America le cellule staminali sono molto più avanti, quindi guarirà più in fretta, non ve lo chiede solo Molly, ve lo chiedo anche io-
La signora Vivaldi piangeva, era commossa, abbracciò la coach, erano increduli.
Molly e Vera si guardarono e sorrisero complici.
Il signor Vivaldi si alzò dalla sedia –Vado a prendere le coperte, è inutile andare in albergo, la casa è grande-
La coach sorrise –Non si preoccupi, io dormirò in camera con Stella e Molly può dormire con Emily- Vera si alzò, prese tra le braccia la bambina mentre sorrideva divertita dalle facce sconvolte delle due ragazze,
-Molly mi ha anche detto che avrebbe fatto i piatti con Emily, noi andiamo a vedere un film- la coach si divertiva a prendere in giro Molly, vederla farla i piatti anziché vederla in discoteca la faceva sorridere, e la rendeva felice.
 
Emily e Molly erano rimaste da sole in cucina.
La mora si limitò a posizionare i piatti nella lavastoviglie, si riempì un bicchiere di vino, ma questo le venne sfilato dalle mani, Molly sorseggiò il liquido rosso, -Ottimo- si accomodò sul davanzale della finestra in modo tale che il fumo provocato dalla sigaretta non potesse invadere la cucina.
Emily si sedette affianco a Molly –Almeno stasera hai il buon gusto di indossare un pigiama?-
La bionda sorrise –I tuoi genitori credono che siamo fidanzate?-
La mora deglutì, si imbarazzò diventando rossa, le parole le morivano in bocca, Molly era troppo diretta, ci sono modi e modi di dire le cose ma forse lei non conosceva i modi migliori
-Io credo … credo di si- la ragazza fece un tiro di sigaretta, guardò la bionda –scusa, non so come hanno fatto a pensarlo, domani chiarirò tutto-
Molly la guardò, le strinse una mano dolcemente –Non preoccuparti, non hanno tutti i torti, prima la copertina del giornale poi io che piombo qui all’improvviso, non mi crea problemi se non li crea a te-.
La mora sorrise, ora era lei quella in imbarazzo, Molly la stupiva ogni volta di più, fece qualche sorso di vino per poi posizionarlo nella lavastoviglie, aveva bisogno di allontanarsi da quella ragazza.
Aveva le mani sul ripiano della cucina, cercava di prendere fiato e di far passare il rossore delle guancie, ma la mano di Molly sul fianco la distrasse, guardò la mano della ragazza, fece un respiro profondo prima di voltarsi, quando lo fece non ebbe altro tempo per respirare.
Molly portò le sue labbra su quelle di Emily, accade tutto velocemente, le mani della bionda erano sul suo viso e muoveva le labbra in modo sinuoso, la mora non riuscì a negarle il bacio nonostante a pochi metri ci fosse la sua famiglia.
Molly approfondì il bacio, era un bacio dolce, desideroso, non era lo stesso bacio con cui riempiva i vuoti di parole con AJ, era completamente diverso, lo desiderava sul serio, aveva bisogno di baciarla, nonostante Emily l’avesse trattata malissimo in quelle ore trascorse insieme.
La bionda sorrise prima di lasciare un bacio sul collo della mora, era divertita nel vedere Emily imbarazzata e desiderosa, le sussurrò sensualmente con voce roca –Raggiungo gli altri, Stella mi starà cercando-.
Emily deglutì, aveva caldo, e non riusciva a capire come avrebbe potuto affrontare una notte con Molly al suo fianco.
 
Angolo autrice:
Mi dispiace per le due settimane di ritardo.
Ho avuto un brutto periodo, ci sono cose rimediabili ed altre no,
io purtroppo ho dovuto affrontare una cosa irrimediabile, che mi ha segnata
nel profondo.
Quindi mi dispiace per il ritardo ma spero che mi capiate, lo spero perché
La maggior parte di voi, sono lettori silenziosi quindi non saprò se sarò capita.
Ps: i titoli di ogni capitolo sono frasi estratte da canzoni di LOWLOW, così come il titolo della storia

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Capitolo 4
*** L’hai fatta soffrire e soffrendo è cresciuta ***


Baby sei troppo bella per non farti male

L’hai fatta soffrire e soffrendo è cresciuta

 
 
La cucina era in ordine,  i piatti erano puliti e riposati nell’apposito posto, il pavimento era lucido, era tutto pulito, non aveva più scusanti per trattenersi in cucina.
Salì le scale lentamente, sapeva che in camera sua ci fosse Molly, quella era l’unica certezza che aveva.
Non sapeva se Molly dormisse, non sapeva cosa sarebbe successo se non fosse stato così.
Aprì lentamente la porta, Molly non stava dormendo.
Era seduta sul letto e rideva come una matta, Tess e Carla le facevano compagnia e sembrava che si divertissero.
Emily stupefatta rimase sull’uscio della porta, non si aspettava di certo le sue amiche in camera a notte fonda, Carla le fece un gesto plateale indicando la porta, la mora capì e la richiuse alle sue spalle.
-Cosa cavolo state combinando in camera mia? Ma soprattutto cosa ci fate qui idiote?-
Carla si alzò dal letto e indicò Molly –C’è una persona famosa in camera tua, come potevamo restare a casa?-
Emily scosse il capo in modo rinunciatario –Fate come volete, ma io non ho dormito, ed ho bisogno di dormire-
Tess guardò l’amica sorpresa, non poteva credere alle sue orecchie, preferiva dormire anziché divertirsi in qualche pub della zona.
Molly sorrise maliziosa, si alzò lentamente dal letto e si tolse la maglia che le andava decisamente larga essendo di Vera, frugò nella sua valigia, e quando trovò quello che stava cercando la richiuse, indossò una camicia abbastanza lunga e si infilò le dr martens, le tre ragazze la guardarono con curiosità. Una volta vestita si voltò sorridendo –Allora qui dove si fa baldoria?-
-E’ così che si ragiona- Tess saltò giù dal letto, e abbracciò Molly, Emily era poggiata contro la porta, aveva le braccia incrociate, fissava Molly e il suo sguardo non lasciava molte interpretazioni, 
-Stai scherzando vero?-
-Voglio bere un cocktail con te, non fatto da te-
La mora guardò la ragazza, prese le chiavi della macchina –Ma non facciamo after-
Molly sorrise, prese la borsa e scese le scale attenta a non svegliare nessuno.
Carla sorrise guardando Tess, quest’ultima guardò l’amica divertita –Bastano due parole di Molly per farti cambiare idea, sei cotta- le due scoppiarono a ridere, mentre Emily era impassibile.
 
 
Arrivate al locale, dopo un tragitto interminabile per Emily, dato che le sue amiche avevano deciso di sentire l’ultimo cd di AJ, e cantavano a squarciagola mentre Molly si limitava a tenere il ritmo picchiettando le dita sulla borsa, si sedettero su un divanetto, molte persone si avvicinarono alle quattro ragazze, per avere un autografo o per farsi un selfie con Molly, la ragazza era molto  gentile e disponibile, quando riuscì ad accontentare tutti iniziò a sorseggiare il suo negroni.
-Da quanto tempo conoscete Emily?-
Tess sorrise –Da quando siamo nate, i nostri genitori sono amici di vecchia data, quindi siamo cresciute insieme-
Carla continuò divertita –Non puoi immaginare quante ne abbiamo combinate, una volta siamo rimaste chiuse in un supermercato io, Tess, Emily e … - la mora la bloccò dandole un calcio, Carla si passò una mano sulla zona colpita –Idiota, mi fai male-.
Tess capì la situazione e cercò di deviare il discorso –il prossimo slam è l’US Open, vero?-
Molly abbozzò un si con la testa, -Chi c’era al supermercato con voi? Sembra un segreto di stato-
Le tre ragazze si guardarono in faccia,  la bionda fece un paio di sorsi e ordinò il secondo negroni, continuò a parlare senza peli sulla lingua –C’era il tuo ex?- guardò Emily sorridendo, la mora sorrise di ricambio –La mia ex, non sono io quella confusa-.
Molly lesse tra le righe un rimprovero, sapeva che Emily non riuscisse a concepire il suo atteggiamento e le sue azioni, era fidanzata con AJ e non perdeva occasione per baciarla, scosse il capo divertita –Dovresti bere anche tu un secondo cocktail-
Ordinò stesso Molly un secondo alcolico per Emily, Tess e Carla capirono la situazione tesa e cercarono di calmare le acque.
Tess porse il bicchiere appena arrivato ad Emily, prese le chiavi della macchina –Bevi tutto d’un sorso, andiamo a ballare, ma guido io-
Emily ringraziò con un cenno l’amica e con un paio di lunghi sorsi finì il cocktail, si alzò dal divano e si avviò fuori dal pub.
Molly si alzò dal divano, rimase un paio di banconote sul tavolo per il conto e anche lei si avviò fuori dal locale.
 
 
Entrarono in macchina, Molly si accomodò nei seggiolini posteriori accanto ad Emily, mentre Tess si portò alla guida, decise di cambiare repertorio musicale, ascoltando Vasco Rossi, ma anche questa volta riuscì a cantare a squarciagola.
Emily era stanca, non dormiva da due giorni, in aereo non riuscì a dormire, faceva fatica a tenere gli occhi aperti, Molly se ne rese conto, guardò la ragazza intenerita, le strinse una mano e la tirò a sé, la mora lasciò i rancori del pub da parte, lasciandosi andare tra le braccia di Molly, si addormentò l’attimo dopo.
Carla si voltò dopo che la bionda catturò la sua attenzione dandole un colpetto sulla spalla, le indicò la giacca che aveva lasciato nel seggiolino anteriore, Carla gliela porse e Molly la usò come coperta per non far infreddolire Emily.
Tess capì che la discoteca dovesse attendere, parcheggiò nel vialetto di casa Vivaldi,  spense la macchina e si voltò rendendosi conto che le due ragazze stessero dormendo.
 
 
Vera dopo essersi svegliata e docciata, si prese cura di Stella, la lavò e la vestì, per poi accompagnarla in cucina dove avrebbero fatto colazione.
La tavola era bandita di cibo, la donna non era abituata ad un certo trattamento, era piacevolmente sorpresa, si sedette a tavola unendosi ai coniugi Vivaldi e Serena, aveva Stella sulle gambe, si rese subito conto della mancanza di Molly, ma le domande poste dal signor Vivaldi la fecero distrarre
-Dormito bene? Spero che Stella non abbia dato fastidio-
Vera sorrise amorevolmente, accarezzando i capelli della bambina –Assolutamente no, ho dormito benissimo grazie- sorseggiò il succo d’arancia –Dove sono le due ragazze?-
Serena scoppiò a ridere, era davvero divertita nel vedere la faccia preoccupata di Vera, Molly ogni sera faceva baldoria, ogni mattina non si trovava in camera, ed ogni volta Vera aveva la stessa faccia preoccupata, come se fosse sorpresa di non vederla dormire in camera
-Stanno in macchina, credo che siano scese e che si siano addormentate in macchina-
Vera guardò Stella, -Noi sai cosa facciamo? Andiamo al luna park- Serena si alzò di scatto dalla sedia –Voglio venire con voi-
 
 
Vera si avvicinò alla macchina, parcheggiata anche male, aprì la portiera e dando un colpo sul braccio della sua atleta, la svegliò.
Molly aprì gli occhi, era abbastanza confusa, non ricordava molto bene come fosse finita a dormire in macchina,  quando sentì il peso di Emily sul suo petto si ricordò, si voltò verso la sua coach
-Anche oggi hai trovato un modo per farmi incazzare, dormire in macchina non fa bene alla tua schiena, schiena che ti serve se vuoi vincere gli US Open-
Molly sorrise, cercando di intenerire Vera, ma non ci riuscì, in quel momento invidiò le fossette di Emily, sicuramente il suo sorriso avrebbe fatto più effetto.
-Hai ragione, ma ci siamo addormentate e … -
Vera con un cenno le fece capire di scendere dalla macchina
-Siamo migliorate però dai, sei vestita e non hai fumato erba, avanti scendi- ironizzò, ma il suo tono era sempre arrabbiato, scosse il capo e mentre si recava in casa urlò per farsi sentire –Io porto Stella e Serena al luna park, tu inizia l’allenamento-
 
Molly accarezzò delicatamente il viso di Emily per svegliarla, si rese conto che quella ragazza fosse davvero bella e mentre dormiva sembrava anche molto più docile.
La mora si svegliò poco dopo, si mise composta in macchina mentre cercava qualcosa, la più piccola le porse il pacchetto di sigarette –Cercavi queste?-
Emily sorrise, ne sfilò una e l’accese poco dopo –Ho bisogno di un caffè-,  Molly scese dalla macchina prima di parlare –In cucina ci sarà sicuramente del caffè, io vado a fare la doccia e poi andrò ad allenarmi-
La mora era sorpresa, scese anche lei dalla macchina con molta più fatica rispetto all’altra
-Allenarti? Il campo da tennis dista 25 km più o meno, e ti sei appena svegliata, dove la prendi tutta questa energia?-
Molly alzò le spalle ovvia –Sono una professionista- si guardò intorno e poi continuò –dove posso fittare un motorino? Mi serve per i miei spostamenti-
Emily scoppiò a ridere –Fittare un motorino? La tua patente qui non è valida, ti accompagno io, ma devi aspettare, devo prendere un caffè-
Molly abbozzò un si con la testa, entrò in casa ed iniziò a prepararsi.
 
 
Emily entrò in cucina, sua madre era ancora seduta a tavola, spostò la sedia affianco a lei
-Tua padre è uscito con Vera e le tue sorelle, ora che siamo sole, posso sapere cosa sta succedendo?-
La ragazza si accomodò, si versò del caffè, cercava di perdere più tempo possibile, tempo che le serviva per formulare una risposta che non potesse preoccupare la madre
-e’ tutto ok mamma, non so a cosa ti stia riferendo-
Addentò un cornetto poco dopo, ma sua madre riconosceva una bugia detta da sua figlia
-Emily Vivaldi, guardami, cosa ti sta succedendo?-
La ragazza eseguì gli ordini, guardò la madre e sorrise, le strinse una mano
-Te l’ho detto mamma, va tutto bene, tranquilla-
Si alzò dalla sedia, ma la signora Vivaldi, strinse più forte la mano della figlia
-Dov’è la mia Emily? Sei cambiata, non parli più, non ridi più con le tue sorelle, cosa ti tormenta? La tua faccia può mentire a tutti, ma non può mentire a me, non può mentire a tua madre-
La ragazza era di spalle, non ebbe il coraggio di voltarsi –E’ tutto ok, te l’ho detto- strinse i denti, ma la rabbia non riuscì a placarla, così la sua voce si alzò e si fece rauca –Come te lo devo far capire?-
Molly scese le scale e si ritrovò Emily urlare e la madre piangere, era immobile non riusciva ad andare via da lì, il suo corpo era piantato su quella mattonella.
La mora lasciò la mano della madre, ed uscì di casa e con lo sguardo fece capire all’altra ragazza di seguirla.
 
 
Emily come promesso, accompagnò Molly al campo, cosicché potesse allenarsi.
Il tragitto era lungo, ma nessuna delle due proferì parola. Molly non sapeva cosa dire ed Emily non aveva intenzione di parlare. Arrivate a destinazione, la mora spense la macchina dopo averla parcheggiata
-Scusa per prima, con mia madre non vado molto d’accordo, la distanza non ha aiutato il rapporto-
Molly sorrise dolcemente –Tranquilla, ho assistito a peggio, non mi scandalizzo-
-La tua faccia invece era scandalizzata, non mentire-
La bionda scese dalla macchina, caricò il borsone sulla spalle, cercò di ignorare le parole di Emily, non le andava di rispondere, fece qualche passo per allontanarsi e andare verso il campo, ma il rumore assordante dello sportello chiuso con fin troppa forza, la fece voltare
-Cazzo non devi dirmi puttanate- Emily si avvicinò a lei e la spinse con forza –Tu menti continuamente, lo fai sempre, ti rendi conto che sei un mostro travestito da angelo? Ti pesa tanto essere sincera per un secondo-
Molly era spaventata, le urla di Emily erano assordanti, non l’aveva mai vista così arrabbiata, non capiva neanche perché fosse così incazzata, ma non sapeva che tra qualche momento avrebbe avuto tutte le sue risposte
-Se sei incazzata non prendertela con me, ti fa stare meglio? Stai meglio quando mi urli contro?-
Emily scosse il capo, i suoi occhi erano diversi, non avevano nulla di docile, traspariva solo rabbia
-Puoi dirmi che cazzo stai facendo? tu ti diverti a rovinarti la vita, ma io non voglio entrare nei tuoi casini-
La bionda era sconvolta, cercò di placare la situazione inutilmente, -Nessuno vuole farti entrare nei miei casini, tranquilla- guardò la ragazza di fronte a lei, notò dalla sua espressione che si stava calmando o rassegnando,  Emily le porse lo smartphone, Molly lesse lo schermo, erano i messaggi scambiati con AJ la notte precedente, capì, strinse i denti e rialzò lo sguardo
-Li ho letti quando sei andata via, hai lasciato il tuo telefono in macchina-
La bionda non parlò, si limitava a respirare, guardava la mora e cercava di capire cosa fare per non peggiorare la situazione
-Pensarti con lui mi fa rivoltare lo stomaco, pensarti con lui mi manda fuori di me, tu mi hai fatto entrare nei tuoi casini, ed ora non riesco più a uscirne- la mora si prese qualche momento, non voleva urlare, ma era più forte, -Io non ci sto più con la testa-.
Quello che successe dopo fu veloce, Emily portò le mani sul viso della bionda, sovrastò l’altra portandola contro il muro, la baciò un attimo dopo, non era un bacio dolce come i precedenti, era un bacio desideroso, non c’era nulla di romantico. Nonostante questo Molly ricambiò il bacio, socchiuse le labbra un momento dopo aver sfiorato quelle di Emily.
La bionda non riusciva a dirle di no, a lei piaceva tanto Emily, e questo la preoccupava, un attimo primo ad urlare una contro l’altra e l’attimo dopo con le labbra incollate, le mani dell’altra le avevano bloccato i polsi, non lasciando a lei l’iniziativa.
 
Emily si staccò quando capì che la situazione stava degenerando, a momenti non si sarebbe più riuscita a contenere, guardò Molly, le passò un dito sulle labbra –Mi dispiace-
Velocemente si recò verso la macchina, aprì la portiera, voleva sparire, aveva caldo, era bollente, una mano di Molly sulla spalla la fece voltare, deglutì prima di voltarsi
-Non dovresti dispiacerti- la bionda la baciò con la stessa passione, strinse i bordi della maglia della mora per poi sfilarla poco dopo.
Riuscì a sovrastarla portandola all’interno della macchina, mentre le sue labbra si portarono sul collo della mora lasciandole una scia di baci.
Emily era tremendamente confusa e allo stesso tempo era desiderosa di Molly, non capiva cosa stesse succedendo, si era scagliata verso la bionda, ma Molly non era fuggita, era lì con lei in macchina, e nessuna delle due sapeva cosa sarebbe potuto succedere.
La mora si allontanò leggermente, guardò Molly, aveva davvero troppo caldo ma lei non era una ragazza istintiva, l’istinto non faceva parte di lei, -Cosa stiamo facendo?-, la bionda sorrise accarezzò Emily dolcemente per poi baciarla nuovamente, in modo tenero con estrema calma, -Io faccio quello che mi va di fare- la mora la guardò, voleva capire cosa stesse succedendo, cercò di captare qualcosa dallo sguardo e dagli occhi di Molly, ma come sempre era apatica, cogliere una smorfia in quel viso perfetto era un impresa.
Emily allora decise che forse doveva lasciarsi andare, doveva capire cosa provava per Molly, e anche Molly doveva capire.
La mora velocemente sfilò il camicione scozzese della bionda, lei l’aiuto alzando le braccia per poi tuffarsi nuovamente sulle labbra di Emily.
Non parlarono più, non c’era bisogno di alcuna parola. Era una lotta continua per prendere il comando della situazione, nessuna delle due era intenzionata a lasciare la situazione in mano dell’altra.
I loro corpi combaciavano perfettamente dopo che Emily aveva preso il comando della situazione.
 
 
Vera arrivò al campo e non si sorprese quando notò l’assenza di Molly, prese il telefono cosicché potesse chiamarla, ma il cellulare risultava occupato, una voce familiare la fece sussultare –Ci sto provando io, avrà dimenticato il telefono, lo dimentica sempre-
Vera guardò AJ con stupore, odiava quell’uomo, sapeva che stava levando tutto a Molly, le aveva rubato l’adolescenza, le aveva rubato l’innocenza, le aveva rubato Wimbledon ma non sarebbe mai riuscito a rubarle il cuore, Vera lo sapeva, lei osservava molto, Molly guardava Emily come voleva essere guardato AJ.
-E tu cosa ci fai qui?- incrociò le braccia mentre lo guardava fisso senza distogliere lo sguardo
-A dire il vero, sono io che dovrei chiedervi, cosa ci fate qui? In Sicilia? Dove cazzo sta Molly? E chi cazzo è quella ragazza del party?-
Vera si sedette su una panca, allargò le braccia rassegnata –Sono cose che non devi chiedere a me, non sono io la diretta interessata-
Aj si accomodò affianco la coach –so che mi odi, ma credimi Molly per me è davvero importante, io la amo, non voglio perderla- Vera sorrise sarcastica, guardò AJ, gli strinse una mano quasi intenerita –Non puoi perdere qualcosa che non è mai stato tuo, lei è una mina vagante, non te ne sei reso conto? Lei non è mai stata tua-
AJ guardò la donna al suo fianco, si alzò dalla panca, lui era convinto che Molly fosse sua, lui avrebbe voluto una vita con lei affianco –Non dire stronzate, lei mi ama, lei vuole stare con me, io e lei un giorno ci sposeremo e avremo dei figli, tu stai solo dicendo puttanate-
Vera scosse il capo, si alzò dalla panca e si diresse al bar, non avrebbe sprecato altro fiato, una volta uscita dal campo la vide.
 
Molly si stava abbottonando la camicia, mentre Emily le stava dicendo qualcosa, la donna si avvicinò alle due ragazze. Porse una bottiglia d’acqua alla sua atleta, e appena fu arrivata a pochi passi da loro, le due ragazze si ammutolirono.
-Cosa sta succedendo? Perché non sei al campo ad allenarti? Stamattina ti ho detto di iniziare l’allenamento senza di me, sono le 4 del pomeriggio, cosa hai fatto tutto questo tempo Molly?-
La ragazza guardò la coach e non sapeva cosa inventare, Vera avrebbe riconosciuta una bugia.
-Colpa mia, le ho fatto vedere la città e l’ho portata a pranzo fuori, non succederà più- Vera guardò Emily, sapeva che fosse una bugia, le guancie arrossate della sua atleta e il rossore sul collo di Emily le avevano fatto capire cosa fosse successo –Non deve capitare più- guardò Molly e le fece cenno di entrare al campo.
 
Emily mise in moto la macchina, ma lo sguardo puntato su di lei da parte della coach, le impedì di andare via, spense la macchina e scese dalla stessa.
-Cosa vuoi dirmi? La tua faccia mi consiglia di stare attenta-
Vera aprì la portiera, raccolse un bracciale e una cintura –Questi serviranno a Molly, li avrà persi mentre stavate degustando le pietanze del posto, giusto?-
Emily abbassò la testa imbarazzata, -Non voglio distrazioni, Molly non può distrarsi, ha bisogno di vincere gli US Open, tu sei l’ennesima distrazione, sei una brava ragazza Emily, non entrare nei suoi casini, ti farai del male, anzi vi farete del male-
-Credo sia troppo tardi- la ragazza rientrò in macchina, guardò la donna di fronte a lei –Non succederà più, non mancherà più un allenamento per colpa mia se è questo quello che ti preoccupa-
Vera scosse il capo, posò una mano sulla spalla della ragazza –Non mi preoccupa un allenamento saltato, mi preoccupa il casino in cui vi state mettendo-
 
 
 
Molly dopo un quarto d’ora di riscaldamento si decise ad andare al campo, impugnò la racchetta per poi farla ricadere poco dopo, dopo aver visto AJ, il suo AJ, era sconvolto, non lo aveva mai visto in quelle condizioni, raccolse la racchetta da terra.
Passo dopo passo raggiunse il suo fidanzato,non sapeva cosa fare, era in difficoltà anche se dalla sua espressione sembrava tranquilla dentro di lei c’era il delirio.
-Questa freddezza è dovuta alla stessa ragazza che ti ha fatto arrivare fin qui?-
La ragazza si passò una mano sul collo, alzò lo sguardo verso l’uomo davanti a lei –Cosa vuoi sapere?-
AJ non fiatò, gli occhi di ghiaccio e apatici di quella ragazzina spocchiosa lo mandavano fuori di testa, non riusciva a capire cosa le stesse passando per la testa.
-Come non detto- la ragazza arrivò a bordo campo ed iniziò ad allenare il servizio, sfogava la sua rabbia su quelle palline, non aveva mai servito così tanto bene, era precisa, era violenta, era semplicemente arrabbiata.
Vera osservava tutto da bordo campo, leggeva il km\h in cui viaggiava ogni pallina, aveva sotto controllo tutto, ogni pallina era buona, non aveva lanciato alcun out.
AJ era stupefatto, Molly si allenava come se nulla fosse e Vera osservava tutto in silenzio, come se la stesse studiando, era tutto come sempre, si voltò verso la ragazza e si scagliò contro di lei
-Lo sai che ti dico? – attese che il suo sguardo venne ricambiato, quando i suoi occhi incrociarono quelli grandi e senza nulla da dire della ragazzina, fece un lungo respiro prima di continuare –Vorrei strapparti gli occhi dal cranio e sostituirli con i miei, così capiresti, capiresti come ti guardo e capiresti come mi guardi, tu non capisci, non vuoi capire, sei solo una ragazzina viziata ed egoista, ti diverte far male le persone? Il tuo gioco non si limita al perimetro del campo, tu giochi sempre, giochi con i giornalisti, con i ragazzi, con quella ragazza e anche con me, io non ho più voglia di essere una tua pedina-
 
Vera guardò la sua atleta, capì che in quel momento volesse sparire, -AJ credo che ora devi andare via-
-Lo credo anche io- l’uomo sorrise amaro, guardò Vera e per la prima volta si sentì capito da lei.
 
 
Dopo 8 ore di allenamento, Vera e Molly si accomodarono come tradizione al baretto più vicino, la loro tradizione era sorseggiare un The freddo e parlare dell’allenamento e dove poter migliorare, ma quella volta Vera non aveva alcuna voglia di parlare di tennis, sapeva che in quel momento Molly avesse bisogno di una guida di vita non di una coach.
Vera dalla sua borsa sfilò delle carte e le porse alla ragazzina al sua fianco
-Ho firmato le carte- Molly sorrise, guardò le carte, non riusciva a crederci, si accertò che tutte le firme fossero leggibili, la voce della sua coach, distolse la sua attenzione verso quelle carte
-Non le ho firmate per allenarti 16 ore al giorno, non le ho firmate perché credo che vincerai uno slam, io le ho firmate perché tu hai bisogno di una persona che possa compensare anche se minimamente l’assenza dei tuoi genitori, io le ho firmate perché hai bisogno di me ed io ho bisogno di te, quindi quando torneremo a Los Angeles tu verrai a vivere da me-
La ragazza finalmente si lasciò andare alle emozioni, i suoi occhi esprimevano gioia, si gettò tra le braccia della sua coach –Grazie-, la donna strinse tra le braccia la ragazzina.
-Dobbiamo parlare Molly, ti stai mettendo in un enorme casino- Molly sorseggiò velocemente la bevanda,
-Lo so, è un enorme casino, non so cosa sto facendo-
Vera sistemò le carte e le ripose in borse, ordinò altri due bicchieri di The  
-Non incasinare la vita di quella ragazza, è una brava ragazza-
Molly sorrise amara, sapeva che ormai l’aveva coinvolta, era riuscita ad incasinare la vita di Emily, era stato più forte di lei, a lei piaceva Emily e non se ne spiegava i motivi.
-Siete andate a letto insieme, l’ho capito, cerca di non farlo capitare nuovamente- la ragazzina abbozzò un si poco convinto prima che Vera continuasse a parlare
-Ora noi prendiamo le nostre cose e andiamo via, ho lasciato un assegno alla famiglia Vivaldi per le cure di Stella e quando starà abbastanza bene, Emily la porterà a casa nostra per continuare le terapie-
Molly si alzò dalla sedia, d’istinto uscì fuori dal bar, ormai era sera inoltrata, l’allenamento era stato duro,la giornata stressante e l’unica cosa che l’aveva fatta star bene, avrebbe dovuto dimenticarla.
Vera la seguì, conosceva Molly, sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa prima di andare via,
-Vado da Emily, almeno per dirle che stiamo andando via-
Vera entrò in macchina, guardò Molly, provava tenerezza per lei, aveva solo 17 anni e ne aveva passate tante, nonostante questo combatteva ancora per un po’ d’amore
-Entra, ti accompagno io-
 
Arrivarono a destinazione, scesero entrambe dalla macchina, Vera avrebbe dovuto portare le valigie in macchina, mentre Molly era entrata in modo incerto in casa Vivaldi.
Salì le scale una alla volta, con estrema lentezza, cercava di capire cosa poter dire ad Emily, ma le scale erano finite e la porta della cameretta era di fronte a lei, non aveva più tempo di pensare.
Bussò un paio di volte prima di entrare, Emily era con Tess e Carla, guardavano la tv, in quel momento lo spot pubblicitario del profumo in cui Molly aveva dato il volto stava catturando l’attenzione delle tre ragazze.
Tess si voltò verso Molly sorridendo –Sai che sei proprio figa, dal vivo ancora di più- la bionda sorrise, guardò Emily e quest’ultima capì, lo sguardo di Molly non dava spazio all’immaginazione
-Ragazze perché non scendete giù, vi raggiungo tra due minuti-
Le due amiche capirono, sorrisero maliziose e scesero borbottando qualcosa divertite.
Emily guardò l’altra ragazza, incrociò le braccia e attese ciò che Molly volesse dirle.
La ragazza si morse un labbro, era tesa e si notava –Io sto andando via, ritorno a Los Angeles-
La mora si accomodò sul letto e continuò a guardare la tv, la voce di Molly non le fece distogliere lo sguardo
-E’ meglio per entrambe, non so cosa sia successo, ma non voglio metterti nei casini-
Emily spense la tv, si avvicinò alla ragazza portandosi a pochi centimetri da lei –Posso sapere se sai qualcosa? Non sai mai nulla, puoi cacciare le palle e fare chiarezza, sei stata tu oggi a spogliarmi in macchina o era qualcun’altra? Sei stata tu a lasciarmi un succhiotto sul collo? Sei stata tu a baciarmi? Posso sapere cosa ti passa per la testa Molly? Merito una spiegazione?-
La bionda deglutì, non sapeva cosa dire, voleva essere diplomatica, ma la diplomazia non faceva parte di lei, scosse il capo nervosamente, -Ero io Emily, non mi sono pentita, lo rifarei, lo rifarei ogni volta che posso, proprio per questo devo andare via, proprio perché mi piaci devo andare via-
La mora era incredula, accarezzò il viso della ragazza di fronte a lei, -Io non capisco-, Molly le strinse una mano, ricacciò le lacrime prepotenti che volevano prendere vita –Io mi sto innamorando di te, per questo vado via, non posso affrontare questo, tu mi metti in soggezione, mi fai uscire fuori di testa, non riesco a concentrarmi sul tennis, non riesco a pensare qualcos’altro che non sia tu, non posso permettermi distrazioni, non in questo momento della mia vita-
Emily indietreggiò di qualche passo, portò le mani ai fianchi mentre cercava di capire il mistero Molly Sue
-Sai che se vai via ora, al tuo ritorno io non ci sarò più-
Molly abbozzò un si con la testa, recuperò lo spazio che Emily aveva creato tra di loro, annullandolo.
Portò le mani dolcemente sul viso della mora, la baciò delicatamente prima di andar via.
Si lasciò la casa Vivaldi alle spalle, si lasciò la Sicilia alle spalle e si lasciò Emily alle spalle.
 
 
Angolo autrice:
scusate il ritardo, ma studio e lavoro mi impediscono una costanza nel pubblicare.
La storia ha una forma ora, spero di essere riuscita a far capire bene la situazione opposta delle due ragazze.
Aspetto dei vostri commenti, sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensiate 

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Capitolo 5
*** La tua pelle bianca, i tuoi occhi grandi ... I miei sembrano privi di emozioni ***


Sei troppo bella per non farti male

La tua pelle bianca, i tuoi occhi grandi ... I miei sembrano privi di emozioni

 
Us Open, l’ultimo slam dell’anno, l’unica possibilità che avrebbe avuto la Stewart per chiudere la stagione con il grande Slam, riuscire nell’impresa l’avrebbe resa la miglior giocatrice di sempre.
L’unico problema della Stewart era Molly Sue, sapeva benissimo che non avrebbe avuto vita facile con lei, erano finite nella stessa parte del tabellone, probabilmente l’avrebbe incontrata in semifinale.
 
Vera scese le scale per arrivare al campo d’allenamento, pioveva tanto, cosa improbabile per il clima della città. Nonostante la pioggia fitta Molly si stava allenando, correva con furia da una parte all’altra del campo, era decisamente arrabbiata, lo notava dal servizio, preciso e violento, da quando aveva lasciato la Sicilia alle spalle, le cicatrici del suo dolore si manifestavano nel gioco.
Se avrebbe continuato così, nessuna poteva negarle il trofeo.
Vera evitò di farsi notare, risalì in camera, voleva lasciarla sola, ne aveva bisogno, doveva riflettere e per farlo aveva bisogno del tempo in completa solitudine, senza distrazioni.
 
Salì le scale senza usare l’ascensore, essendo al terzo piano la loro camera. Arrivò al lungo corridoio e alla fine di questo si ritrovò una sorpresa, Emily con Stella fra le braccia.
Vera deglutì, sapeva che sarebbe arrivato il momento, ma sperava di rivederla solo quando il torneo sarebbe finito. Sorrise amichevolmente, salutò Stella con un bacio affettuoso sulla guancia per poi prenderla in braccio. Guardò Emily, e si rese conto che fosse diversa, era cambiata, nei modi di fare, nel modo di porsi e nel modo di guardare
-Scusa se non ti ho avvisata, ma stasera inizio il mio turno giù al bar, quindi ho approfittato per portare Stella da te, sapevo che – la ragazza si stoppò, sapendo che Vera avesse intuito la fine della frase e la donna glielo dimostrò finendola lei stessa –Sapevi che Molly non ci fosse, si allena sempre alle tre del pomeriggio-
-già- fece una pausa, strinse una mano della sorellina –Stasera dovrei portarla in ospedale, ma non riesco, potresti portarla tu se non ti dispiace- Vera sorrise amorevolmente, guardò la ragazza di fronte a lei e con estrema dolcezza acconsentì –Non devi neanche scherzare, certo che la porto io, conosco il miglior chirurgo pediatrico della città, se hai qualche domanda mi mandi un messaggio cosicché possa chiedere al dottore tutto quello che vuoi-
Emily sorrise –Grazie, io sono nella 127 in caso di qualche problema, faccio una doccia e vado a lavoro- salutò la sorella e andò via.
 
Vera guardò la sagoma della ragazza sparire, entrò in camera per prendere le chiavi della macchina e accompagnare Stella in ospedale.
 
Molly rientrò in camera, posò in modo poco garbato il borsone sul pavimento, si guardò intorno per capire se Vera stesse nella stanza, aprì una bottiglia di aranciata e bevve senza usare alcun bicchiere, si gettò sulla poltrona, era stanca, aveva bisogno di riposare, il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare il suo primo match.
Un biglietto sul tavolino catturò la sua attenzione “Ho accompagnato Stella in ospedale, ci vediamo dopo, non fare baldoria, domani devi scendere in campo”. Molly perse qualche battito, più d’istinto che per altro si portò una mano al petto, le mancava il respiro, corse per aprire la finestra e per riacquisire un respiro regolare, fece un paio di boccate d’aria, si tolse la sciarpa violentemente buttandola con la stessa violenza sul letto, continuò a fare lunghi respiri, Emily era arrivata, sicuramente l’avrebbe vista, non avrebbe potuto evitarla anche se ci avesse provato.
Erano trascorsi due mesi, 61 giorni dedicati solo al tennis, nessuna distrazione e nessun contatto con il mondo esterno, non era riuscita a sfogare la delusione semplicemente perché non aveva avuto il tempo per farlo. La mattina si svegliava, faceva colazione e si allenava, poi pranzava e si allenava, la giornata finiva con dei filmati delle sue rivali per studiarle meglio, non aveva il tempo per pensare ad Emily, per questo aveva impegnato tutta la sua giornata.
Non era pronta per affrontarla, non voleva affrontarla anche se desiderava vederla, voleva abbracciarla e dirle che era dispiaciuta, voleva dirle di essere stata una cretina, voleva dirle che la lontananza aveva rafforzato i suoi sentimenti, voleva dirle che bramava dalla voglia di baciarla ma lei non le avrebbe detto nulla, non doveva dirle nulla, non doveva incasinarle la vita.
Il suo telefono vibrò, e il suo cuore iniziò a battere velocemente, si calmò solo dopo aver letto il messaggio, era Rose, una sua amica, nulla di che.
Aveva deciso di restare in camera, avrebbe chiamato il servizio in camera, non poteva rischiare di incrociare Emily, non era pronta per affrontarla, lei non era come Emily, lei viveva d’istinto non di ragione.
 
Emily arrivò al bar, ad accoglierla c’era tutto lo staff, avevano saputo della notizia, della bella notizia, Stella finalmente aveva ricevuto le miglior cure.
Gli abbracci e i complimenti si sprecavano, avevano brindato all’inizio delle due settimane impegnative che li attendevano con turni folli. Il primo turno di Emily durava 14 ore, per poi ricominciare il turno 7 ore dopo.
La questione bacio-copertina era stata risolta, ne aveva parlato con il suo responsabile e lui gli aveva detto che Molly aveva risolto la situazione e che non doveva preoccuparsi.
La ragazza iniziò il turno servendo qualche vip, qualche ospite d’onore e un paio di atleti. Messaggiava costantemente con Vera, la donna era davvero premurosa, rispondeva a tutte le domande, si stava prendendo cura di Stella e riusciva a tranquillizzare Emily annullando tutti i suoi dubbi con spiegazioni più che esaustive.
Emily porse un frappè alla Smith, sorrise per sembrare gentile ma l’altra non era molto interessata alle gentilezze
-Domani la tua fidanzatina scende in campo, non sapevo che fosse una lesbica del cazzo o le avrei dato una ripassata a Wimbledon-
Emily la ignorò, serrò la mascella e impegnò il tempo facendo cassa, ma la Smith era una provocatrice, adorava far arrabbiare le persone, odiava Molly ed Emily era legata alla ragazzina impertinente, così continuò a divertirsi
-Oddio non posso crederci, ti ha dato già una ripassata, si vede dalla tua faccia- la risata della tennista, irritò in modo più che sufficiente Emily per portarla a rispondere a tono
-Se non sbaglio il 6-2 6-3 di Wimbledon è stata una ripassata anche per te-
La Smith si alzò dallo sgabello, strinse il colletto della camicia di Emily, e le andò a viso duro –Ripeti se hai il coraggio-
Emily la guardò impietrita, non poteva risponderla, rischiava di essere licenziata, preferì il silenzio.
Alle spalle delle due ragazze arrivò silenziosamente la diretta interessata, si avvicinò alla Smith, si fece notare toccandole una spalla, per poi darle un colpo in pieno volto a pugno chiuso, un attimo dopo.
La Smith portò una mano sulla parte colpita, fu sorpresa di vedere Molly con un aria poco amichevole
-Ti ha ricordato della ripassata di Wimbledon, ed io ti ho ricordato che non devi fare la stronza con lo staff dell’albergo-
Emily guardò Molly, era sorpresa, una morsa allo stomaco prese vita, ma la bionda non incrociò il suo sguardo, si limitò a fissare la Smith con aria minacciosa per poi andare via, uscì dalla porta principale.
La Smith si risistemò, regalò un occhiataccia alla ragazza dietro il bancone ed andò via anche lei.
 
Emily era impietrita, non aveva mai visto Molly così violenta, aveva letto su vari giornali del suo lato violento, delle risse in discoteca, delle spinte ai paparazzi, aveva notato molte cicatrici sul suo corpo, ma non aveva mai visto la violenza di Molly in azione.
Sembrava quasi posseduta, gli occhi spenti e persi nel vuoto, le labbra tese e la mascella serrata erano elementi che visti nello stesso momento incutevano terrore.
La giovane tennista era cambiata, lo aveva capito in quel lasso di tempo, in meno di un minuto.
Non l’aveva degnata di uno sguardo, era ritornata la ragazzina di qualche anno prima, la vittima sacrificale del carcere, pronta a tutto pur di difendersi, ma ora non riusciva a capire da cosa si stesse difendendo.
 
 
Molly entrò nel pub più vicino, si guardò intorno e quando vide la persona interessata prese posto affianco alla stessa.
Si accomodò lentamente, ordinò una cioccolata calda e poi concentrò la sua intenzione sull’uomo al suo fianco –Cosa devi dirmi AJ?- lo guardò fisso, come se stesse penetrando i suoi occhi e scrutando tutti i suoi pensieri.
Aj aveva conosciuto Molly una settimana dopo la sua scarcerazione, l’aveva vista nelle stesse condizioni, aveva la stessa rabbia, lo stesso modo strafottente, di certo non era stupito di vederla in quelle condizioni.
Sorrise accarezzandole una guancia –Cosa ti è successo?- la ragazza mangiò un biscotto dopo averlo bagnato  nella cioccolata, evitò lo sguardo del suo ex –Cosa devi dirmi?-
Aj sospirò rassegnata dall’indifferenza che le stava preservando la ragazza –Ho saputo una notizia, credo che non ti farà piacere- prima di proseguire, strinse una mano della ragazza e con la mano libera le toccò dolcemente la gamba scoperta –Qualcuno se le è cantata-.
La ragazza guardò per la prima volta l’uomo al suo fianco, era preoccupata ma non voleva farsi prendere dal panico –Chi ha cantato?- il ragazzo alzò le spalle, strinse la ragazza a se –Andrà tutto bene, ti ho semplicemente voluto preparare psicologicamente, domani mattina la copertina di tutti i giornali sarà riservata a te-
Molly si alzò dal divanetto, deglutì per calmarsi, e andò via.
 
Entrò dalla porta secondaria dell’albergo per evitare Emily, salì le rampe di scale ed entrò in camera.
Guardò il vassoio sul tavolo, aveva ordinato la cena prima di scendere, e da un particolare notò chi le avesse portato la cena.
Le posate erano incrociate, e il fazzoletto non era piegato, solo Emily serviva in quel modo.
La ragazza ordinò meglio la tavola, poi guardò il fazzoletto, con stizza lo buttò contro il muro e anche le posate poco  dopo fecero la stessa fine, colpì violentemente il vassoio, lo ruppe, il pavimento era diventato un campo di battaglia, pezzi di vetro e cibo lo sporcarono.
 
Qualche ora dopo  Vera entrò in camera di Molly, si intenerì un attimo dopo averla vista.
Era seduta su una poltrona, aveva le gambe strette al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Il pavimento non lasciava spazio all’immaginazione, la coach guardò la sua atleta –Cosa ti sta succedendo Molly?-
La ragazzina si alzò dalla poltrona, guardò la donna preoccupata, -Credo che ci sia bisogno della donna di servizio qui-.  Digitò il numero interessato per dare una ripulita al casino che stesso lei aveva fatto.
-Non puoi rovinare di nuovo tutto, non farti distrarre da quella ragazza, Molly fallo per me-
La ragazza abbozzò un si con un cenno del capo, per poi lasciare la stanza e chiudersi in camera.
 
 
La mattina dopo era tutto in ordine, come se la crisi di nervi della giovane tennista non fosse mai avvenuta. Le previsione di AJ furono corrette, tutti i giornali decantavano della vita in carcere di Molly, del perché fosse finita in un penitenziario e della vita prima dell’episodio che segnò la sua vita.
Molly entrò in campo, si sentiva osservata, tutti gli spettatori la scrutavano, tutti sembravano quasi desiderare l’ennesima crisi di nervi del giovane talento. Non furono accontentati, lei si mostrò più forte, era concentrata, non avrebbe mai più delusa la sua coach.
La partita iniziò nel silenzio, non si era mai verificato, non si sentiva alcuna voce o qualsiasi altro rumore dagli spalti.
Quel che avvenne dopo schiarì le idee dei presenti.
Ogni colpo era stata una frustata per l’avversaria, che fu vittima della rabbia repressa della Sue. La partita prese un'unica direzione, era ovvia, dopo meno di un ora  il risultato fu 6-0 6-1.
Molly rifiutò l’intervista, ripose tutto nel suo borsone e quando uscì dal campo, una standing ovation la acclamò. Si alzarono tutti per applaudire la prova di maturità della giovane tennista.
 
Emily era in pausa pranzo, si accomodò nella sala mensa riservata allo staff. La curiosità prese il soppravvento, comprò un giornale di gossip, voleva sapere cosa aveva subito Molly, saperlo da lei era impossibile. Poteva semplicemente leggere quel giornale, e sapere tutto quel che voleva.
Vedere la partita era stata una conferma che qualcosa in Molly non andasse.
Ivonne, la donna che si occupava delle pulizie dell’albergo, si sedette affianco ad Emily. Era una donna sulla cinquantina, la conoscevano tutti per la sua bontà, era la “mamma” dello staff giovane.
-Ieri mi ha chiamato la Sue, sono andata nella sua camera d’albergo, era un casino-
Emily guardò la donna di fianco, sobbalzò quando sentì il cognome della ragazza, e si chiedeva perché le stesse parlando di Molly
-Ed io cosa devo farci Ivonne?- la signora scosse il capo divertita, -Credi che io sia stupida, quella ragazzina ti sta ronzando attorno dall’Australian Open, poi io amo i gossip, ho visto le foto del party e credevo che ti interessasse.-
Emily sorrise, masticò la pasta con calma ed una volta ingoiato il boccone rispose
-Sbagli Ivonne, Molly non  vuole me, vuole solo vincere, ed io non sono la sua vittoria preferita-
La giovane si alzò, baciò una guancia della donna, -Ora vado, la pausa è finita-
 
 
I giorni erano passati velocemente, Emily e Molly si erano evitate con successo, nessuna delle due aveva il coraggio di affrontare l’altra, ognuna delle due aveva i suoi buon motivi.
Emily non voleva ricordarsi dei pianti fatti dopo la partenza di Molly, non voleva ricordare di Tess impegnata ad asciugare le lacrime dal suo viso, non voleva ricordare della sua ripugnanza nel guardarsi allo specchio dopo essersi concessa ad una ragazzina viziata, non voleva ricordarsi delle bugie dette ad ogni –Tutto bene-, non voleva ricordarsi di quanto le piaceva quella ragazzina viziata nonostante tutto.
 
Molly voleva solo concentrarsi, voleva vincere gli Us Open, voleva la rivincita, la rivincita alle sconfitte della sua vita.
 
Vera si era addormentata in ospedale, dava il cambio ad Emily, per non lasciare Stella da sola, non poteva affrontare una nuova realtà da sola, era troppo piccola e fragile.
La donna non aveva più tempo per dormire, si divideva tra Stella e Molly, aveva approfittato del momento di calma apparente per appisolarsi.
Emily entrò nella stanza, e vedere la sua sorellina dormire beata con affianco Vera seduta anche lei tra le braccia di morfeo, in una posizione davvero scomoda, la fece sorridere.
Poggiò una mano sulla spalla della donna per svegliarla, ci riuscì un attimo dopo, il sonno leggero dell’altra, l’aveva agevolata.
Vera si alzò più d’istinto che per altro dalla sedia, controllò l’ora e si dimenò disperata, Emily capì, e le comunicò quello che la stava facendo disperare
-Molly ha vinto, 6-3 6-3, è arrivata in semifinale-
Vera fece un sospiro di sollievo, portò una mano al petto, si calmò poco dopo
-Come ha giocato?-
Emily alzò le spalle, si accomodò su una sedia, -Bene, ha gestito il match tranquillamente, non ha concesso una palla break, 37 vincenti e 8 errori non forzati, la partita è durata 1 ora e 36 minuti, non ha parlato con nessun giornalista, non ha firmato neanche una pallina, non ha sorriso neanche una volta e non ha salutato il pubblico, lei è uscita dal campo prima dell’altra giocatrice- si prese qualche momento di pausa, incrociò le braccia e domandò diretta –Perché questo cambiamento?-
Vera sorrise, si aspettava quella domanda, guardò la ragazza, aveva assunto un aria impostata,
-Perché questa domanda? Ti piace ancora?-
Emily arrossì, un onda di calore prese vita sul suo corpo, balbettò qualcosa che l’altra donna non comprese
-Non innamorarti di lei, non andrà a finire bene-
Vera prese la sua borsa si recò fuori dalla stanza.
Emily controllò la sorellina, si assicurò se stesse dormendo per poi seguire la Coach, le urlò contro per fermare il suo cammino verso l’ascensore, ci riuscì
-Che cazzo vuoi dire? Non puoi buttare certe frasi così e andare via, ora capisco da chi ha preso quella ragazzina impertinente-
Vera si bloccò, si voltò, inarcò le labbra, dando spazio ad una smorfia divertita, si avvicinò ad Emily,
-Voi due siete completamente diverse, non voglio dilungarmi, ma se farlo eviterà le tue urla, sarai accontentata-
La donna le fece segno di sedersi, la più giovane si accomodò e poco dopo anche Vera prese posto
-Molly non è come te, lei è particolare. Non ama essere al centro dell’attenzione perché pensa che le attenzioni a lei riservate non le merita, tu invece sei sempre al centro dell’attenzione al bar,e ti fa piacere. Odia essere vulnerabile, e tu la rendi vulnerabile, lei è violenta, tu sei pacifica, lei è istintiva, tu sei una eterna razionale, lei vive di passione, tu vivi di certezze, lei ama l’aria di famiglia, tu odi l’aria di famiglia, lei ama l’rnb, tu odi l’rnb, lei ama fare baldoria 24 ore su 24, tu preferisci la tranquillità, lei è talmente istintiva da aver ucciso un uomo, lei odia talmente tanto le ingiustizie da aver rifiutato un avvocato, lei odia talmente tanto essere vulnerabile da non aver preso parte al processo. Lei non sa quanto vale, ma tu glielo ricordi con tutte le attenzioni che le dai, lei ama il fatto che tu stia imparando ad amare l’rnb solo perché piace a lei, le piaci talmente tanto da renderla fragile, le piaci talmente tanto da deconcentrarla, le piaci talmente tanto che ha preso il primo aereo per l’Italia appena ha potuto lasciare l’Inghilterra, le piaci talmente tanto che l’hai fatta impazzire, le piaci talmente tanto da rendere il suo stato emotivo pessimo perché non può vederti, le piaci talmente tanto da farla riuscire a trovare un arcano per non odiarti, sfogando la rabbia dentro, nel gioco. Avete solo una cosa in comune, lei  è pazza di te e tu sei pazza di lei, non riesco a trovare altre cose che vi accomunano. Emily io ti chiedo di evitare Molly, vi farete del male, fingerete che andrà tutto bene, ma saprete di mentire a voi stesse, l’amore non basta mia cara, a Molly basta amarti, a Molly basta che tu ti lascia amare da lei, ma a te non basta l’amore, tu devi inquadrare tutto, tu devi tenere tutto sotto controllo. Non potete stare insieme, perché a lei basta amarti, e più non la eviti e più ti ama, e più la eviti e più ti desidera, io non posso raccogliere di nuovo i pezzi e metterli tutti insieme. Hai letto i giornali, credi di conoscerla, ma tu non hai visto Molly in carcere, tu non hai assistito alle violenze che subiva, tu non hai visto quella povera bambina difendere la foto della mamma con tutte le sue forze, tu non hai visto la sua faccia dopo essere stata pestata, tu non hai visto i suoi occhi in carcere, tu non hai visto Molly in quelle condizioni. Io l’ho vista, io ho conosciuto quella Molly, e fidati lei non è cambiata, lei è sempre la stessa, io ho raccolto i pezzi, io li ho messi insieme, io so cosa ha passato quella ragazzina, non essere così presuntuosa da pensare che leggere un paio di riviste ti abbiano fatto conoscere la sua storia, il suo essere. Molly non può subire altro dolore, lei è troppo fragile, lei non se lo merita, non essere egoista, non privarla di quel poco di umanità che le è rimasta, perché tu puoi prendere tutto quello che vuoi da lei, ma io non te lo permetterò, lei te lo concederà, lei ti concederà qualsiasi cosa, perché lei è pazza di te, ma devi passare prima sul mio cadavere. Sei una brava ragazza Emily, ma non puoi privarmi dell’unica parte umana che le è rimasta, scusa ma non te lo permetto-
Vera guardò dritto negli occhi Emily, voleva sapere se fosse stata abbastanza chiara, se fosse stata abbastanza dura, lo sguardo della più piccola le schiarì le idee, era riuscita nel suo intento.
 
 
Dopo il lungo discorso di Vera, la barista era ancora più sicura nell’evitare Molly. Nel frattempo la giovane tennista dopo una partita perfetta aveva battuto anche la Stewart, negandole il grande slam, il pianto della tennista più matura ormai era virale su youtube, l’impresa non le era riuscita e Molly sembrava un robot, era in trans agonista, non rispondeva ad alcuna domanda dei giornalisti, si limitava a colpire frustate, colpi impossibili da intercettare per le sue avversarie. 6-3 6-1, risultato netto a favore del giovane talento che in finale avrebbe incontrato la Smith.
 
 
Emily guardò quella partita, e il discorso di Vera le ritornava in mente ogni volta che lo sguardo di Molly riempiva lo schermo. I suoi occhi erano impenetrabili.
Il suo turno di lavoro era finito, le due settimane erano quasi terminate, era sabato mattina, alle 16:00 si sarebbe disputata la finale femminile, salì la rampa di scale per andare nella sua camera, aveva dimenticato le chiavi della macchina.
Salì gli ultimi gradini mentre mandava un messaggio a Vera, la doveva avvisare del suo piccolo ritardo. Doveva darle il cambio in ospedale.
Un colpo le fece cadere il telefono, maledì la persona che le aveva intralciato la strada, il suo rancore non prese vita vocale perché quello che le si parò davanti le tolse il fiato.
Molly aveva il suo telefono in mano, era riuscita ad evitare il contrasto con il pavimento che molto probabilmente lo avrebbe rotto.
Porse lo smartphone alla ragazza di fronte, Emily cercò di sorridere ma non ci riuscì, era arrabbiata con Molly.
Le faceva male lo stomaco, un vomito di parole voleva uscire dalla sua bocca, ma lei voleva contenersi, strinse i pugni mentre la bionda aveva ancora il braccio teso per consegnarle il cellulare
-Ti diverte tanto evitarmi? Fai così con tutte Molly?- la voce della mora era alta, non si rese conto di urlare con disprezzo, Molly le tappò la bocca e con forza, la portò spalle a muro
-Vuoi farti sentire da tutto l’albergo?-
Emily scosse il capo rassegnata, si svincolò dalla presa e si avviò verso la camera, aprì la porta velocemente, entrò e cercò le chiavi, il rumore della porta la distrasse.
Molly chiuse la porta alle sua spalle, guardò Emily, aveva un espressione che non prometteva bene, ma almeno era già un passo aventi rispetto alla Molly delle ultime settimane, priva di smorfie facciali.
-Tu saresti incazzata con me? Io ti sto evitando? Scherzi Emily?-
La mora sapeva che quella situazione sarebbe degenerata e i toni si sarebbero alzati, sicché si accese una sigaretta per mantenere i nervi saldi.
-Non puoi dire queste stronzate Emily, puoi raccontarti tutte le stronzate che vuoi per essere in pace con te stessa, ma non puoi raccontarle a me-
Molly si avvicinò alla ragazza, si portò a pochi passi da lei
-Vuoi affrontare ora la questione? Tra 4 ore mi gioco la finale-
Emily sorrise, cacciò il fumo aspirato in precedenza, alzò le spalle rassegnata
-Hai ragione, la finale puoi ancora giocartela, invece con me non puoi più giocare cara-
Molly seguì con lo sguardo la ragazza che si avviò verso il letto per continuare la ricerca delle chiavi, ma la voce della bionda la distrasse dalla ricerca, aveva cambiato tono, era più docile, più umana
-Emily io non ho mai giocato, mi piaci talmente tanto da aver preso il primo aereo per venire da te, tu invece quando mi hai vista a casa tua mi hai aggredita, mi piaci talmente tanto da essere rimasta nonostante tutto, nonostante le battute poco felici che mi hai direzionato al pub in Sicilia io sono rimasta accanto a te in macchina per non lasciarti sola, nonostante tutti i messaggi che ti avrebbero dovuto aprire gli occhi riguardo i miei di sentimenti, tu hai solo percepito i messaggi scambiati con AJ, tu mi hai aggredita nuovamente arrivate al campo di allenamento e mi piaci talmente tanto da aver ignorato le tue urla, pochi attimi dopo eravamo nella tua macchina e mi sono concessa al 100% a te.
Tu invece cosa hai fatto Emily? Ti ho detto di no solo una volta, solo una volta io ti ho respinta e tu non hai avuto le palle di prendere il primo aereo per venire da me, per chiarire per capire cosa cazzo mi passasse per la testa, tu non ha fatto mai un cazzo per me ed io sono quella che ha giocato?-
Emily era scioccata, guardare gli occhi di Molly divenire sempre più lucidi non l’avevano aiutata, gli occhi grandi della bionda era tornati quelli di qualche tempo fa, ora erano i suoi quelli privi di emozioni.
Molly scosse il capo, aveva un sorriso amaro –La tua lontananza mi distrugge, io mi sono innamorata di te senza volerlo e tu sei troppo impegnata a puntarmi il dito contro da non accorgertene, io ti evito perché non posso affidarmi a te, non posso affidare quel briciolo di umanità che ho nelle tue mani, perché sei talmente impegnata a capire cosa provo per te, che non darai importanza a quello che provi per me, sei troppo egoista per amarmi-
La ragazza posò il telefono di Emily sul tavolo e andò via, si chiuse la porta alle spalle, lasciando la ragazza impietrita.

 
Angolo autrice:
Mi scuso con tutti, ma è un periodo troppo impegnativo, non riesco a far conciliare i miei impegni.
Prometto che i tempi d’attesa per il prossimo capitolo saranno più brevi.
 Emily e Molly hanno avuto il primo confronto dopo l’addio momentaneo avvenuto in Sicilia.
Molly sembra aver cambiato qualcosa dentro di lei, nei prossimi capitoli si riuscirà a percepire meglio cosa le sta passando per la testa.
Vera è quella più sicura sul da farsi … Non crede che le due debbano stare insieme.
Voi cosa ne pensate?
Rinnovo le scuse di pocanzi, ma non ho avuto neanche il tempo di dormire nell’ultimo periodo, spero mi perdoniate e che mi capiate soprattutto.
 

 
 

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Capitolo 6
*** In fondo chi cambia la da vinta a questi bastardi, ma IO NO, io vado avanti, non sento i pianti di chi mi sta attorno non posso più fermarmi ***


Baby, Sei troppo bella per non farti male

In fondo chi cambia la da vinta a questi bastardi, ma IO NO, 
io vado avanti, non sento i pianti di chi mi sta attorno non posso più fermarmi

 
 
Mancavano pochi minuti, pochi minuti prima dell’ingresso in campo delle due finaliste, pochi minuti per dare le ultime dritte tecniche per i coach, la Smith ascoltava tutti i consigli del suo di coach, Molly invece non aveva bisogno di consigli tecnici, Vera era di fronte a lei, la guardava dritta negli occhi, sapeva cosa dire alla sua atleta, aveva un tono duro, mentre Molly era seduta, impugnava con forza la racchetta
-Non so cosa ti passa per la testa, vorrei avere questo potere, ma come ben sai non ho questa abilità. E’ la finale, puoi vincere una finale slam, abbiamo lavorato tanto per questo momento, non fare stronzate Molly, non ti distrarre, non avere cali di tensione, sai cosa devi fare? Devi colpire ogni palla come se fosse la rivincita a tutte le nostre sconfitte, oggi non giochi da sola, io gioco con te, ogni tuo errore è un mio errore, ogni tuo vincente è un nostro vincente. Ora vai a fare quello che ti riesce meglio, vai a vincere Molly, dimostra a tutti quanto vali-
Moly si alzò dalla panca, fece un paio di salti sul posto, guardò la sua coach e abbozzò un sorriso prima di abbracciarla.
 
Le due giocatrici erano tese, la più giovane era concentrata, lo sguardo dritto quasi minaccioso verso l’avversaria, voleva e doveva vincere.
Il primo turno di servizio era nelle mani della Smith, il primo game dimostrò la piega che avrebbe preso il match, la tennista con più esperienza buttava da una parte all’altra del campo quella con meno esperienza, sperando che arrivasse stanca nel momento di colpire, ma la diciassettenne era veloce, troppo veloce per metterla in difficoltà.
La Smith se non avrebbe cambiato tattica avrebbe perso la finale in meno tempo di quanto ci si aspettasse.
5-3 il risultato parziale, la Smith stava perdendo le staffe, sotto di un break,  avrebbe dovuto servire per difendere la battuta e per evitare che Molly vincesse facilmente il primo set.
Molly aveva risposto bene per tutto il set, ma aveva deciso di non correre inutilmente per giocarsi il set nel suo turno di servizio.
5-4, la giovane tennista guardò la sua coach, le fece un cenno con il capo, il suo turno di servizio fu una lezione di tennis, era riuscita a trasformare i colpi impossibili in 4 vincenti, colpendo in svariati modi la pallina.
 
Dopo poco meno di un ora, la ragazzina riuscì a vincere il primo set, aveva dato l’impressione di essersi controllata e di aver controllato il match a suo piacimento.
Il secondo set prese un’altra piega, fu un monologo, il monologo Molly Sue, ogni colpo era preciso e potente, ogni colpo era tagliente e veloce, ogni colpo perfetto e vincente.
Molly colpì con precisione ed estrema forza il colpo che le consegnò il suo primo slam, dopo una corsa e un recupero che lasciarono tutti senza parole.
Scivolò dopo aver colpito la pallina, e si ritrovò a terra, capì di aver vinto quando le urla del pubblico in delirio l’assordarono.
Forse il punto più bello del match le aveva fatto vincere il suo primo slam.
La giovane tennista si aiutò con la racchetta per alzarsi da terra, si avviò velocemente verso la sua coach, scavalcò un paio di barriere per risalire al box dove Vera l’aspettava a braccia aperte.
Tra le braccia della coach, la ragazzina si lasciò andare ad un pianto liberatorio, finalmente il carico di pressione che la stava lentamente disumanizzando, si materializzò.
Vera sorrise amorevolmente mentre stringeva stretta al petto la sua atleta.
Era riuscita nell’impresa, a soli 17 anni era riuscita a vincere il primo slam, tutti sapevano che ne avrebbe vinti molti altri, e pochi credevano che non sarebbe riuscita nella grande impresa, riuscire a trionfare in tutti e 4 gli slam nella stessa stagione.
 
Emily era in ospedale, aveva seguito la finale insieme ad altre persone, presupponeva inglesi, ad ogni colpo vincente della giovane tennista, esultavano.
Anche la Smith era inglese, ma quel gruppo di tifosi sembrava non lo sapesse, o meglio, preferivano vincesse un nastro vincente del tennis ad una tennista più grande e con più esperienza.
La giovane guardò la partita insieme alla sorellina, che nel frattempo era migliorata tantissimo, ora riusciva ad essere autonoma, ma aveva bisogno ancora di riposo, e di essere sotto controllo 24h/24h ancora per un mese.
Gli occhi di Stella brillavano dalla felicità, aveva chiesto alla sorella maggiore se Molly la sarebbe andata a trovare per farle vedere il trofeo, ed Emily evitò di rispondere, limitandosi a sorridere.
 
 
Nonostante avesse vinto, nonostante aveva già zittito tutti con il suo gioco, nonostante il suo comportamento aveva dato già tutte le risposte, Molly rifiutò di parlare con i giornalisti, limitandosi solo a ringraziare la sua coach durante la premiazione.
Non si era presentata alla conferenza stampa, e non aveva risposto a nessuna domanda che le era stata posta dopo la sua strabiliante vittoria.
Molly era nella camera d’albergo, si era sistemata per il party, una tradizione che lei odiava, ma si sarebbe presentata solo perché non ci sarebbero stati giornalisti ma solo le sue avversarie del campo.
Vera aprì la porta, aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra, guardò il tavolo e notò una bottiglia di vino aperta.
Molly la salutò, mentre sorseggiava del vino, riempì un altro calice e lo porse alla sua coach
-Ora posso bere, quindi fammi compagnia- Vera sorrise e l’accontentò.
-Oggi sei stata perfetta, hai giocato in modo impeccabile, sai che dobbiamo lavorare per riuscire a giocare tutte le partite in questo modo-
La ragazzina si accese una sigaretta e con aria soddisfatta rispose –Possiamo parlarne domani, voglio godermi il momento, stasera andrò al party, cercherò di divertirmi e domani ritornerò concentrata-
Vera la guardò amorevolmente, le baciò la fronte –Piccola, goditi il momento e la settimana, ti meriti un po’ di svago, hai diciassette anni, vai in vacanza, riposa, organizza una festa, e da lunedì prossimo riparliamo di tennis-
Molly abbracciò la sua coach di slancio.
-Ora vado in ospedale, non fare cazzate- guardò con aria minacciosa la ragazzina e divertita dallo sguardo che aveva assunto proprio quest’ultima, andò via.
 
 
 
Molly scese le scale per arrivare alla sala destinata al party, ad accoglierla ci furono applausi e sorrisi che significavano rispetto.
La ragazza salutò gentilmente tutti per poi andare di fretta nella parte della sala riservata al bar.
Era con Joy, una sua amica, lei era una campionessa nel doppio, si vedeva più in fed cup che negli slam, erano entrambe inglese e si erano conosciute proprio grazie al torneo riservato alle nazioni, erano riuscite a vincere una partita impossibile di doppio, da quel momento erano diventate quasi inseparabili.
Joy sorrise alla ragazza del bar, ordinò due tequila e poi continuò a parlare con Molly, in quel momento distratta mentre rispondeva ad una serie di messaggi
-Stasera è festa, non hai ragioni o scusanti per declinare l’invito in discoteca-
Molly scoppiò a ridere, alzò le mani in segno di resa, le sue risate furono smorzate quando Emily porse la loro ordinazione sul bancone.
Joy ignara di tutto, o meglio, Molly le aveva accennato qualcosa ma non le aveva detto molto, alzò il bicchiere e sorridendo verso l’amica urlò –Tutte le persone in questa sala, devono bere quello che hanno ordinato tutto in un sorso, ha vinto la Sue quindi è festa-
Molly continuò a ridere, poi eseguì gli ordini dell’amica, bevve la tequila tutta d’un sorso. Seguirono molte altre tequila, e molti altri brindisi.
La Smith si avvicinò al bancone per fare la sua ordinazione, Emily si avvicinò a lei e Molly guardava tutto in silenzio, nonostante avesse la vista annebbiata per colpa del tasso alcolico nel suo corpo.
Quello che vide non le piacque molte, la Smith aveva consegnato un biglietto alla mora sorridendo, la ragazza si alzò dallo sgabello e si recò verso le due impegnate in un dialogo a lei sconosciuto.
Molly affrontò la Smith a muso duro, le strinse il colletto della giacca e la spinse con tutta la sua forza così da farla allontanare dal bancone –Credo che tu non sia la benvenuta in questo party-
La più grande si sistemò la giacca, notò tutti gli occhi dei presenti  rivolti verso di loro, allargò le braccia sorridendo beffarda –Vuoi fare a botte Sue? Davvero Sue vuoi fare a botte? Quella ragazza non ha scritto il tuo nome in faccia quindi fatti i cazzi tuoi ragazzetta-
Molly si voltò verso Emily, aveva la mascella serrata,  i pugni chiusi lungo il corpo, talmente tanto chiusi da avere le nocche evidentemente chiare colpa della pressione, -Credo che tu abbia bisogno di una pausa sigaretta- lanciò un pacchetto di sigarette verso la barista, lanciò una sguardo minaccioso verso la Smith e poi tornò a sedersi sullo sgabello e continuò a dedicare la sua attenzione alla tequila.
 
Joy la guardò stranita, non aveva capito perché la Sue avesse avuto quel comportamento, le porse una sigaretta sorridendo –Credo che anche tu debba andare a fumare una sigaretta- Molly sorrise prese la sigaretta, ma la sua attenzione venne nuovamente catturata dall’amica –Non dimenticarti della tequila amica- la bionda sorrise, prese la bottiglia quasi finita di tequila e si recò verso il terrazzo.
Aspirò con gusto la sigaretta mentre sorseggiava la bevanda destinata a finire in poco tempo tra le sue mani.
Alle sue spalle sentì una voce familiare e i brividi lungo il corpo presero vita –Complimenti Sue-, Molly si voltò lentamente, guardò impassibile Emily, fece scivolare la bottiglia vuota lungo il pavimento, continuò a guardare la ragazza in silenzio in attesa di qualcosa che ignorava anche lei.
Forse l’alcol ingerito era troppo, forse non era molto lucida e forse proprio per questo fece quello che avrebbe voluto fare, in pochi attimi si avventò sulla mora, la portò spalle a muro per poi gettarsi sulle sue labbra, la baciò con trasporto, la baciò come se non potesse fare altro, la baciò come se fosse l’unica cosa sensata da fare.
Emily inizialmente sorpresa, ricambiò il bacio con lo stesso trasporto, portò una mano sul viso della ragazza e l’altra la posizionò dietro la sua schiena così da poterla stringere più di quanto avesse fatto prima di quel momento.
Molly si staccò leggermente e con estrema dolcezza portò le sue labbra nuovamente su quelle di Emily per darle un bacio delicato prima di staccarsi definitivamente.
Guardò la ragazza di fronte a lei non accennò a nessuna smorfia facciale ed andò via.
 
 
Molly rientrò e raggiunse Joy, l’amica era ancora impegnata con la tequila, porse l’ennesimo bicchiere all’amica, bicchiere che non rifiutò.
-Dove eri finita?-
Molly sussultò, guardò la ragazza di fronte a lei, non sapendo cosa dirle, si voltò verso la porta d’ingresso, e guardò Emily, alzò le spalle non sapendo cosa potesse dire per giustificare la sua assenza e il suo rossore.
Joy si voltò verso la ragazza che la sua amica stava guardando, sorrise maliziosa, -Credo di aver capito-. Bevve tutto d’un sorso la tequila e ultimò la frase –e credo che stia venendo qui-.
Molly sentendo quelle parole e nel vedere la figura della mora sempre più vicina si dedicò alla sua tequila sperando che potesse aiutarla in quel momento critico.
Emily si posizionò a pochi centimetri dalla bionda, la guardò dritta negli occhi per un paio di secondi, dopo quel lasso di tempo, il suo sguardo venne attirato dalle labbra della ragazza.
Le strinse la mano e Molly si fece portare ovunque Emily la volesse portare. Salirono un paio di rampe di scale e arrivarono al terzo piano.
Emily incrociò le braccia e decisa in modo diretto si rivolse alla giovane tennista
-Posso sapere cosa ti prende? Non posso parlare con nessuno perché ti fai sopraffare dalla gelosia, decidi quando devo andare a fumare una sigaretta ed ora decidi anche quando mi puoi baciare? Addirittura decidi di ignorarmi dopo aver deciso di baciarmi?-
Molly sorrise, accarezzò il viso della mora –Tesoro, non credo che tu non volessi baciarmi-
Emily indietreggiò di qualche passo, si ritrovò nuovamente spalle al muro, mentre la ragazza dinnanzi a lei sembrava potesse decidere qualsiasi cosa.
-Perché mi hai portata qui?- Molly si voltò in entrambe le direzioni  ed allargò le braccia, non capendo perché si trovassero lì, nel corridoio lunghissimo del terzo piano.
-Voglio venire con te- Molly si zittì, guardò sorpresa Emily, alzò un sopraciglio quasi contrariata, non riusciva più a capire quella ragazza, due minuti prima avrebbe potuto fare quel che voleva ed ora si ritrovava di nuovo nella difensiva
-So che Vera ti ha dato una settimana libera, voglio venire con te, so che andrai in vacanza-
La bionda sorrise, si avvicinò alla mora, Emily attendeva una risposta.
Molly si fiondò sulle labbra della ragazza, la baciò con tutta la passione che aveva in corpo, aprì la porta della camera più vicina, il terzo piano era dedicato allo staff dell’albergo, e tutto lo staff era impegnato a causa del party.
Entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle, senza staccare le labbra da quelle di Emily.
Pochi minuti dopo, gli indumenti delle due ragazze erano sparsi sul pavimento, mentre il letto diventò il loro nido d’amore per quella notte.
 
 
Vera arrivò al party, riconosceva molte atlete ubriache, la musica rimbombava in quella sala, il bancone era attorniato da persone desiderose di alcolici, Joy era seduta su una poltrona sulle gambe di un ragazzo, probabilmente stavano feltrando, probabilmente sarebbero finiti a letto insieme tra un paio d’ore e molto probabilmente quella che stava fumando non era una semplice sigaretta.
La donna si avvicinò all’amica della sua atleta, -Dov’è Molly?- Joy sorrise maliziosa, guardò verso il bancone del bar –Mi chiedo lo stesso, forse è con quella barista carina- Vera scosse il capo, continuava a guardarsi intorno –Da quanto tempo è sparita?- Joy guardò il ragazzo dietro di lei, sorrise trionfante della scelta fatta, sapendo che la loro serata sarebbe finita insieme tra le lenzuola
-Non lo so, da quel che vedi, sono stata impegnata- scoppiò a ridere, e le risate di quei ragazzi con gli ormoni a mille, fecero quasi irritare Vera, sbuffò e capendo che la ragazza fosse troppo ubriaca per dirle di più, andò via.
 
Uscì dalla sala, cercò di chiamare Molly invano, il telefono era spento, provò a chiamare Emily, ma il telefono era spento, sorrise innervosita.
Uscì fuori dall’albergo, preferì prendere una boccata d’aria.
Aj era seduto su una panchina poco d’istante dall’ingresso, guardò Vera sorpresa, si alzò poco dopo e raggiunse la donna –Hey Vera, come mai sola?- la coach guardò l’uomo divertita –Solitamente i rapper non perdono tempo a pedinare le loro ex, scrivono testi-
Aj sorrise divertito, allargò le braccia –Credo di essere un caso clinico allora- fece qualche tiro di sigaretta e poi deciso si voltò verso un bar –Ti va una birra?-
Vera scosse il capo sicura –Non credo sia il caso-
-Stiamo aspettando entrambi invano che Molly esca dalla porta d’ingresso oppure che ci dia un cenno di vita con un semplice sms, aspettiamo entrambi Molly, almeno in due il tempo passa prima-
Vera arresa sorrise –Va bene, vada per la birra-
 
I due si accomodarono su un divanetto del bar, Vera controllò le notifiche sul suo telefono, ma di Molly nessuna traccia.
-Non si farà sentire, lo sai questo, la rivedrai tra una settimana, oppure dovrai andare a recuperarla in Messico perché sarà troppo fatta per ritornare con le sue forze a casa, oppure la rivedrai tra un paio di settimane con qualche piercing e qualche tatuaggio in più, ormai dovresti conoscerla-
Vera sorrise, AJ aveva ragione, Molly non aveva limiti, non si sarebbe fatta sentire, ma ora le cose erano diverse, lei aveva adottato Molly, non poteva più limitarsi a recuperare il suo corpo in una qualsiasi città.
-E’ innamorata di quella ragazza vero?- Vera abbozzò un si con la testa, -Come fai a saperlo?-
Aj scosse il capo rassegnato –Fa quello che avrei voluto ricevere io da parte sua per quella ragazza, la guarda come avrei voluto essere guardato io-  il ragazzo finì la birra e ne ordinò un’altra
-E’ cambiata, le ha tolto qualcosa, è tornata la stessa ragazzina di un anno fa, tu lo hai notato, vero?-
Vera fece qualche sorso di birra, guardò l’uomo al suo fianco –Lei non può più essere contenuta, è un fiume in pieno, hai notato i suoi occhi? Sono cambiati, lei non è più la stessa, quella ragazza la sta distruggendo da dentro, questa storia finirà male, per quanto odiassi vedervi insieme, avrei preferito che avesse scelto te-
 Aj sorrise, sapeva che quello non fosse un complimento, aveva capito il senso, Molly non era innamorata di lui per quindi non si sarebbe mai disperata per lui, invece con Emily era diverso, lei era follemente innamorata di quella ragazza, si percepiva.
-L’ho persa per sempre, vero?-
Vera abbozzò un si con la testa dispiaciuta.
 
 
 
La mattina seguente, Molly si svegliò a fatica, aprì gli occhi mal volentieri, si ritrovò in una camera d’albergo che non riconosceva, direzionò lo sguardo verso il peso che sentiva sul petto, sorrise quando l’immagine di Emily addormentata su di lei, le si parò davanti.
Allungò un braccio lentamente per evitare di svegliare la ragazza, afferrò il cellulare e quando impostò l’opzione off-line aereo, si ritrovò un centinaio di messaggi e una decina di chiamate di Vera, digitò un sms breve e lo inviò allo coach “Sto bene, tranquilla”.
Emily si alzò lentamente, si voltò verso Molly, la bionda sorrise, si sporse per darle un bacio delicato, poco dopo si alzò dal letto, si infilò una maglia trovato nella stanza, per coprire il copribile, -Ordino la colazione-
La mora ancora assonnata si distese nuovamente –Io voglio un caffè-.
La giovane tennista chiamò il servizio in camera, controllò il numero della stanza, e si rese conto che fosse la camera riservata proprio ad Emily, sorrise capendo che l’intenzione della mora della sera precedente fu proprio portarla nella sua camera d’albergo.
Aprì la finestra e si fece accecare dal sole, -Eri seria ieri? Davvero vorresti venire con me in vacanza?-
Emily si alzò leggermente poggiando i gomiti sul letto così da poter guardare Molly
-Certo, ho chiamato la mia famiglia ieri mattina e gli ho detto di prendere l’aereo per venire ad assistere a Stella, così lei non starà sola ed io posso venire con te, mi sono accordata con il capo e mi ha dato una settima di vacanza-
Molly sorrise, portò le mani dolcemente sul viso della ragazza e la baciò, si accomodò sul letto impugnando il suo smartphone e si collegò ad internet, selezionò un link, -Dove vogliamo andare?-
Emily abbracciò la bionda, guardò la pagina seleziona, ed indicò una meta
-Maldive?- Molly scoppiò a ridere –Lo sapevo- comprò due biglietti e si alzò dal letto dopo aver dato l’ennesimo bacio mattutino alla ragazza –Vado a fare la doccia, partiamo tra 4 ore, fai le valigie-
 
 
Entrò nella sua stanza, sperando che Vera non fosse lì, ma le sue speranze furono contraddette.
Vera molto arrabbiata e quasi con fare violento aggredì la giovane
-Posso sapere che cazzo ha che non va il tuo cervello? Sparisci per 13 ore, la tua unica preoccupazione è scoparti quella barista? Mi spieghi che cosa cazzo ti passa per la testa?-
Molly evitò di rispondere, entrò nel bagno ed aprì il rubinetto, si tolse l’unico indumento che indossava, ritornò nella camera da letto, aprì le valigie e prese degli indumenti, ritornò nel bagno e si fece bagnare dal getto d’acqua bollente.
Vera era stupefatta, non aveva mai visto Molly così, entrò nel bagno e le sue grida aumentarono
-Molly cazzo ti sto parlando, porca puttana vuoi ascoltarmi, mi vuoi degnare di una risposta almeno, credo che mi meriti una risposta sensata-
La ragazza dette un pugno contro le piastrelle e aggredì verbalmente la sua coach
-fatti i cazzi tuoi Vera, mi sono scopata Emily, hai qualche problema? Bhè non importa, io sono felice e per quanto tu non voglia vedermi con lei questo non mi renderà meno felice con Emily, io voglio stare con lei che ti piaccia o meno questo non cambierà la situazione-
La donna indietreggiò di qualche passo, si poggiò contro la porta e sorrise nervosa –Io non me ne starò ferma, mentre tu ti diverti a distruggerti, io non te lo lascerò fare, io non te lo permetto, quella ragazza ti distruggerà, prenderà tutto quello che vuole e tu glielo lascerai fare, ed io dovrò recuperare ogni pezzettino e rimetterlo insieme, ma non c’è la farò questa volta, non riesco a stare ferma mentre tu ti diverti a distruggerti-
Molly sfilò un asciugamano, asciugò il suo corpo e poi indossò l’intimo.
-Devo fare le valigie- Vera guardò la sua atleta e non riconobbe nel suo sguardo la giovane che aveva allenato e seguito negli ultimi anni. Rassegnata e amareggiata andò via.

 
 
 
 
Angolo autrice:
Scusate il ritardo, ma ho troppi impegni ultimamente, mi divido tra due lavori, amici e studio.
Emily e Molly ora hanno stabilito un vero legame che va aldilà dell’attrazione e della passione che le aveva travolte in Sicilia. I dissapori tra loro sembrano dimenticati.
Vera non ne è contenta e cercherà di fermare la giovane tennista.
Nel frattempo le due ragazze potranno godersi una settimana di relax così da potersi conoscere meglio e dedicarsi l’una all’altra.
Voi cosa ne pensate? Vera avrà ragione? 

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Capitolo 7
*** Se tu non sei qui, credimi non so di niente ***


Baby sei troppo bella per non farti male

Se tu non sei qui, credimi non so di niente

 
Molly per Emily aveva preservato i posti migliori dell’aereo, viaggiavano in prima classe e aveva preteso un hostess solo per loro, avrebbe voluto regalare alla mora la vacanza migliore della sua vita e farla distrarre da tutte le problematiche che pesavano sulle spalle.
Le due si accomodarono, Emily era seduta di fianco il finestrino, guardava l’aeroporto divenire sempre più piccolo, si voltò verso la bionda che nel frattempo aveva già ordinato da bere e da mangiare, quando si accorse che l’altra la guardava, sorrise
-Ho una fame da lupi, è vacanza posso mangiare tutto il cibo spazzatura del mondo questa settimana, approfitto-
Emily scoppiò a ridere, scosse il capo divertita –Non credo che le altre tenniste si danno all’ingrasso durante le vacanze-
-le altre tenniste non hanno motivo di festeggiare-
Molly si avvicinò alla mora e le stampò un bacio sulle labbra, -poi non hanno la mia corsa-
Emily guardò perplessa la ragazza, quando capì che fosse serie sorrise, colpì la spalla dell’altra divertita
-Sei molto modesta-
Molly fece spallucce, guardò l’hostess e i suoi occhi si riempirono di gioia, gli hamburger da lei ordinati erano appena arrivati, insieme alla birra.
Addentò il suo panino come se fosse l’ultima cosa digeribile sulla faccia della terra, mostrando così la sua fame; ancora con la bocca piena, indicò la tv, portò una mano davanti alla bocca –questo è il mio ultimo spot pubblicitario-
Emily sorseggiò la birra, divenne paonazza, le sembrava tutto tranne uno spot per l’intimo, i due protagonisti non avevano indossato l’intimo per più di 5 secondi, le sembrava più uno spot per un lubrificatore.
-O mio Dio, come hai fatto ad accettare? Non credo sia uno spot per minorenni-
Molly guardò l’altra, era confusa, guardò la tv per un paio di secondi mentre cercava di dare un senso alle parole di Emily, la guardò confusa –Cosa vorresti dire? Non si vede nulla-
La mora seccata fece un altro paio di sorsi di birra –ha visto abbastanza il ragazzo, ti ha vista completamente nuda-
Molly scoppiò a ridere, ora aveva capito tutto, Emily era gelosa e lei ne era lusingata
-Per quello che mi hanno pagata, tutto lo staff mi ha vista nuda, non ci sono problemi per me – si fermò un attimo, portò una mano sulla coscia dell’altra e continuò –Il problema è tuo dato che sei gelosa-
Emily arrossì, scosse il capo imbarazzata per poi rubare un panino dal piatto della bionda
-Sei una deficiente, non sono gelosa, è una questione morale, solo per un milione mi sarei fatta vedere nuda da oltre 20 persone-
Molly scartò un altro panino,  fu contenta di vedere più salsa tra le due fette di pane e poi rispose con estrema leggerezza –Infatti mi hanno pagata di più- dopo fu pronta per addentare il secondo panino mentre Emily era quasi sotto shock, in quel momento capì che la ragazzina al suo fianco era ultra milionaria, contando tutti gli spot, sponsor, sfilate e shooting che la vedevano protagonista.
Un oretta dopo le due si addormentarono, Emily non era molto comoda avendo mezzo corpo di Molly addosso, ma era talmente stanca che si sarebbe addormentata anche in piedi se fosse stato necessario.
 
Arrivarono all’albergo, anche questo scelto dalla giovane tennista, anche questo a vista d’occhio era piuttosto costoso.
Emily guardò la struttura, nulla a che vedere con gli hotel dove lavorava, si voltò verso Molly, le scappava da ridere, parlottava con una signora, probabilmente le chiedeva della camera, erano tutti ben vestiti tranne la stessa Molly.
Aveva una tuta sportiva fin troppo a cavallo basso, una canotta che non lasciava molto spazio all’immaginazione per quanto fosse stretta, un berretto targato “Chicago Bulls” messo al contrario e un paio di occhiali da sole da diva in contrasto con tutto il resto, si notava che non avesse avuto molto tempo per scegliere i vestiti la mattina, ma anche mal vestita, Emily la reputava bellissima.
 
Un paio di minuti dopo Molly si voltò, la sua espressione era talmente felice che veniva voglia di far festa,
-ho riservato l’ultimo piano, con tanto di piscina solo per noi-
Emily era sorpresa, abbracciò la ragazza –Non dovevi farlo, bastava una stanza-
Molly caricò il borsone sulla spalla e impugnò la valigia, aveva rifiutato l’aiuto del personale anche se gli aveva lasciato la mancia lo stesso –Forse non ti ho detto che domani verranno le tue amiche, le ho invitate qui, partono stanotte da Milano-
Emily quasi si commosse, non vedeva quasi mai le sue migliori amiche, -Io ti adoro, lo sai?-
La bionda sorrise, lasciò un bacio indiscreto e veloce sulle labbra della ragazza per evitare altre foto su copertine varie  -Ora lo so-.
 
Le ragazze entrano nell’ascensore, una volta chiuso, la bionda gettò con poco garbo il borsone, portò Emily spalle al muro e la baciò con passione, come non ci fosse un domani, la mora non ci pensò affatto per ricambiare quel bacio, portò le mani sul viso della ragazza, sembrava ingestibile, Molly portò una gamba tra quelle dell’altra ragazza, e iniziò a lasciarle una scia di baci sul collo, sorrise un attimo dopo aver sentito un gemito di piacere di Emily.
L’ascensore arrivò all’ultimo piano, Molly si stacco leggermente –Sei calda, dovresti rinfrescarti-
Davanti alla mora le si presentò il paradiso, una piscina idromassaggio padroneggiava al centro del piano, guardò Molly stupefatta –Tu sei pazza- la ragazza sorrise, si caricò il borsone sulla spalla, -Se sono pazza, lo sono di te-.
Entrò nella camera padronale e si gettò sul letto, prese una brochure per organizzare la giornata, la voce di Emily la distrasse –Non riesco a credere che hai pensato a tutto questo-
Molly si accomodò meglio sul letto, guardò la mora, era ancora arrossata dopo le effusioni scambiate in ascensore, -Che piani hai per oggi campionessa?-
La bionda si alzò dal letto, si avvicinò alla ragazza –A dire il vero non ho molta voglia di uscire, lo faremo con le tue amiche domani- aveva uno sguardo malizioso ed Emily sorrise, la bionda dal reggiseno sfilò un pacchettino e lo porse alla mora –Tu fai una canna, io ordino champagne-
Emily sfilò una cartina dal pacchetto –Meglio la vodka- .
 
Un ora dopo la vodka era finita e 5 cicche risalenti a degli spinelli sporcarono il posacenere.
Erano entrambe in piscina, sorseggiavano la seconda bottiglia di vodka, -Le ragazze non riuscivano a credere alle loro orecchie quando le ho invitate, non oso immaginare le loro facce quando andremo ad un party riservato ai vip-
Emily scoppiò a ridere –Tess cercherà qualche modello e Carla vorrà provare la cocaina americana-
Molly sovrastò la mora portandosi su di lei –Stasera ti va di venire a cena con me?-
-E’ un appuntamento?-
La bionda sorrise abbozzando un si –Il nostro primo appuntamento-
Emily baciò la ragazza –Non ti facevo tipa da primo appuntamento, non ti starò mica addolcendo-
La bionda si tuffò nuovamente sulle labbra dell’altra –Mi farai venire il diabete-  
 
Le ore preserata le trascorsero tra le lenzuola, non riuscivano a staccarsi, lo avevano fatto per fin troppo tempo.
Molly adorava fare l’amore con Emily, grazie a lei aveva capita la differenza tra sesso e amore, non riusciva a staccarsi da lei, le labbra della mora per lei erano una calamite.
 
 
Vera nel frattempo aveva aspettato i genitori di Stella per il cambio, non voleva attendere perché farlo implicava facilitare la vita di Emily ed era l’ultimo dei suoi pensieri.
Uscì dall’ospedale di fretta, si limitò a salutare la famiglia Vivaldi e scappò via, aveva detto di essere troppo stanca e che aveva bisogno di una doccia, così li liquidò velocemente.
Entrò in macchina e sospirò, il seggiolino affianco era pieno di scartoffie e di oggetti vari, tutto quel disordine lo odiava ma in quel momento la tirò su di morale.
Le scartoffie buttate alla meno peggio sul seggiolino e vari gadget erano opera di Molly.
Sorrise ricordando la storia di uno dei tanti pupazzi abbandonati lì, la giovane tennista aveva insistito per avere quel peluche, per averlo avrebbe dovuto vincerlo, pagò oltre 40 € per tutti i gettoni che le permettevano di poter avere quel pupazzo tanto desiderato, nonostante il suo valore fosse minore di 10 €.
Molly era una combattente, era testarda non demordeva, avrebbe sfidato le leggi della fisica se solo fosse stato necessario, lei era così, Molly Sue era una combattente, lei non si arrendeva.
Vera si fermò qualche chilometro dopo.
Arrivò a destinazione, guardò la foto di suo fratello e come ogni volta che la vedeva una lacrima le rigò il viso.
Era un tossico, era pericoloso, non era riuscita a salvarlo.
L’ultima volta che lo aveva vista, avevano litigato pesantemente, un paio d’ore dopo lo aveva trovato steso su una donna, morto a causa di un’arma da fuoco.
La donna si sporse per posare i fiori, guardò la foto del fratello senza sapere se lo odiasse o se lo amasse.
Aveva ucciso una donna, una madre, solo per una dose di eroina, l’aveva violentata e poi uccisa, aveva privato ad una bambina di crescere con sua madre, aveva privato Molly Sue della sua parte umana, le aveva tolto tutto in poco tempo.
L’aveva privata dei sentimenti, l’aveva privata della madre e l’aveva privata della libertà.
Vero scosse il capo, fu attenta a non farsi notare, nessuno avrebbe dovuto sapere che suo fratello fosse l’artefice del dolore della giovane tennista.
Provò a chiamare Molly più volte, ma non ricevette risposta, rassegnata rientrò in macchina.
 
 
Emily si alzò con poca voglia, si infilò una maglia da basket per coprirsi, si voltò verso la ragazza al suo fianco, dormiva in modo angelico, sorrise prima di incamminarsi verso la cucina.
Controllò l’ora sul suo smartphone, ma la distrasse un sms, non conosceva il numero, lesse il contenuto del messaggio –Dobbiamo parlare di una cosa importante, ti aspetto nella hole alle 20:00, mi raccomando puntuale-
Emily notò che mancavano 5 minuti alle 20:00, d’istinto si infilò un perizoma pulito e scese le scale, consapevole di aver dimenticato i pantaloni, ma la curiosità era troppa.
Arrivò alla hole, impallidì un attimo dopo, guardò stupefatta il ragazzo che l’attendeva seduto su una poltrona bevendo champagne, si diresse lentamente verso la sua direzione
-Che ci fai qui?-
AJ guardò la ragazza sorridendo, tolse un paio di giornali sulla poltrona di fronte a se, le fece cenno di sedersi.
Emily si accomodò, continuò a guardare perplessa il ragazzo di fronte
-Come vanno le cose Vivaldi?-
La ragazza scosse il capo incredula –Davvero vuoi chiacchiere AJ? Taglia corto e dimmi che cazzo ci fai qui-
l’uomo sorrise di gusto, guardò la ragazza sorridendo
-Sei un tipo poco domabile, dovrai modificare il tuo carattere se vuoi continuare la tua storyline con la campionessa degli US Open-
-Stai scherzando? Sei tu quello che è stato mollato, ma non credo che tu sia venuto fin qui per farti ricordare da me i vari motivi per cui sei stato lasciato dato che quello principale lo hai di fronte-
AJ non cadde in nessuna provocazione, sorrise, diventò serio e decise di svuotare il sacco
-Ho bisogno che tu sappia alcune cose, Molly ha bisogno di essere protetta, ed io so delle cose che tu devi sapere, perché se tu non conosci tutta la storia non potrai difenderla e la porterai alla morte-
Emily guardò perplessa AJ, era davvero preoccupata, era serio, non stava scherzando, al contrario di quello che pensava lui teneva davvero a Molly, lo aveva dimostrato mettendo da parte il suo orgoglio e consegnando ad Emily la custodia di quella ragazzina.
-Io non capisco, cosa vorresti dire?-
AJ portò una mano sulla gamba della mora, il suo fare molto fisico non lo modificare per nessuno,
-Molly non deve sapere delle cose, saperle per lei sarebbe un suicidio e tu devi far in modo che lei non le sappia-
-okey- sibilò incerta Emily.
Dietro di loro l’ascensore si aprì, dallo stesso una furibonda Molly si incamminò verso AJ, lo aggredì immediatamente, lo spinse con forza e gli urlò contro
-Che cazzo ci fai qui?-
L’uomo si alzò dalla poltrona, con una mano bloccò i polsi della ragazzina, ormai abituato alle sue aggressioni
-Scusa, hai ragione, ho superato il limite, vado via-
Senza far passare altri secondi imbarazzanti, Aj si diresse verso l’uscita dell’albergo.
Emily guardò l’uomo sparire dalla sua vista, si voltò verso la bionda incredula, Molly era violenta, lo aveva dimostrato più volte negli ultimi tempi, non riusciva a non aggredire le persone, ed infatti poco dopo aggredì anche Emily
-Ma che cazzo fai? Ora fai anche comunella con quello? Che cazzo vi passa per il cervello? –
Emily si alzò dalla poltrona, non sapeva come giustificarsi, AJ gli era sembrato sincero, e per quanto lo odiasse non poteva spifferare tutto, sarebbe stato controproducente, strinse una mano della bionda cercando di calmarla
-Mi ha semplicemente detto che è contento per noi-
Molly guardò Emily, scoppiò a ridere più per mascherare il nervosismo e la poca fiducia che per altro
-Non sei credibile dolcezza-
Si guardò intorno e si rese conto di aver dato per l’ennesima volta spettacolo, scosse il capo delusa e si diresse verso l’uscita.
 
Emily dette un colpo contro il muro, non riusciva a trascorrere più di due giorni senza litigare con Molly, forse Vera aveva ragione, le due erano incompatibili.
Salì nuovamente all’ultimo piano, non sarebbe potuta uscire dall’albergo solo con una maglia da basket.
Pensò bene di farsi una doccia per dimenticare anche solo per un secondo lo sguardo sprezzante che le aveva rivolto la bionda.
Si fece bagnare dal getto d’acqua ma non riuscì a smettere di pensare alla ragazza.
Le aveva scritto un msg e l’aveva chiamata un paio di volte, ma nessuna risposta.
Incredula, la ragazza si decise, l’avrebbe trovata, sicuramente era in un bar, sicuramente era incollata ad una bottiglia di tequila.
Indossò un vestito ed infilò un paio di stivali, decisa uscì nuovamente dalla stanza patronale, determinata, avrebbe trovato Molly e avrebbe sistemato le cose, questa volta non avrebbe fatto vincere l’orgoglio.
Le cose erano cambiate, lei teneva a Molly, il loro rapporto era mutato.
 
 
Molly era in un bar, aveva scelto il bar più squallido della città, a lei non piacevano le cose lussuose, non amava il lusso, era stata abituata alla vita in carcere, era una vita allo stremo, ridotta solo ed esclusivamente al tennis, viveva in simbiosi con Vera.
Vera, quella donna la stava abbandonando? Molly scacciò quel pensiero, sorseggiò il suo bicchiere di tequila.
Era arrabbiata, Emily aveva fatto un’altra stronzata, stare con lei era come stare sulle montagne russe, un Sali e scendi continuo.
Un ora prima era impegnata a fare l’amore con lei e a distanza di 60 minuti era in uno squallido bar a bere della tequila scadente.
Scossa dalla situazione si fece riempire il bicchiere per la terza volta.
Il bar era affollato, l’aria condizionata era al limite del ridicolo, faceva solo rumore ma non il suo compito.
La ragazza sbuffò, molte persone l’avevano riconosciuta e timorose le avevano chiesto una foto, anche se non era dell’umore giusto, aveva accettato gentilmente di scattarsi dei selfie in compagnia dei suoi fans.
Erano trascorse un paio d’ore e Molly non si schiodava dallo sgabello di legno.
Una voce a lei familiare catturò la sua attenzione, Emily si sedette su uno sgabello affianco alla giovane tennista, -Posso avere una vodka ghiacciata cortesemente-
Molly guardò la mora, era davvero contenta di vederla lì, era un grande passo da parte di Emily, per una volta aveva messo da parte l’orgoglio e aveva deciso di fare il primo passo per chiarire la situazione.
Nonostante dentro era felice di vederla lì, aggredì l’altra per metterla alla prova, voleva capire fino a che punto si sarebbe spinta pur di chiarire
-Che cazzo ci fai qui?-
La ragazza sorseggiò la vodka e senza cadere a provocazioni rispose con aria indifferente
-Sono venuta a bere della vodka-
La bionda continuò a guardarla, non poteva far altro che pensare che Emily fosse stupenda, era troppo elegante per quel bar, decise di starsene in silenzio.
Bastarono due minuti per romperlo nuovamente, la voce della Vivaldi aveva catturato nuovamente l’attenzione della Sue
-Non voglio litigare- sorseggiò altra vodka e poi continuò –Litigare con te è estenuante, litigare con te mi uccide dentro, non so come farti capire che le mie intenzioni sono serie e che non ho alcuna intenzione di ferirti o di perderti-
Lo sguardo della bionda la tradì, si addolcì, gli occhi grandi diventarono lucidi, si morse un labbro per evitare di sorridere come una scema, Emily distolse per la prima volta lo sguardo dalla vodka e si concentrò verso la ragazza al suo fianco
-Io voglio stare con te, io ti amo Molly, non lo vedi? Non lo capisci? Ho capito di amarti quando tornata in America tu hai mostrato indifferenza, mi sono sentita vuota dentro e non ti permetto di rifarlo, non puoi farmi sentire vuota dentro perché anche tu mi ami, ma non lo vuoi ammettere, quindi signorina Sue finiamola con questi tira e molla-
Emily finì la vodka, pagò la consumazione più le tequila sgolate dalla bionda ed andò via.
Molly era pietrificata, era rimasta seduta su quello sgabello, non riusciva a muovere un muscolo, Emily finalmente aveva finito di comportarsi da stronza, finalmente aveva dimostrato di tenerci davvero.
La giovane tennista di istinto si alzò dallo sgabello, uscì di corsa dal bar e correndo raggiunse Emily, le strinse una mano prima di stringerle il viso, sorrise, fregandosene della persone presenti, e la baciò.
Fu un bacio inaspettato per Emily, era un bacio dolce e la dolcezza non faceva parte di Molly Sue.
La mora accarezzò dolcemente il braccio della ragazza, e sorrise contro le sue labbra.
 
Molly si staccò lentamente e controvoglia, le strinse una mano e si incamminò verso la moto appena affittata –Ti porto a cena- Emily guardò le loro mani intrecciate e in quel momento si rese conto di aver abbattuto il muro della giovane tennista.
 
Le due ragazze si accomodarono a tavola, la bionda ordinò ancor prima di sedersi del vino, sorseggiò con piacere il liquido rosso scuro prima che la mora l’ammonì
-Non ti ho mai visto bere acqua, anche in sicilia non ho mai visto dell’acqua nel tuo bicchiere-
Molly scoppiò a ridere, posò il bicchiere e si accese una sigaretta; a guardarla non aveva l’aspetto di una tennista, piena di tatuaggi, piercing ovunque, fumatrice incallita ed ottima bevitrice, ma nonostante ciò lei era riuscita a vincere il suo primo slam a 17 anni.
-Sai perché in campo sono difficile da frantumare?-
La ragazza si fece seria, Emily se ne accorse, cambiò espressione di rimando, scosse la testa ignorando quale sarebbe potuta essere la risposta dell’altra
-Ho una motivazione che non si può frantumare, ogni palla per me è il riscatto, un riscatto per mia madre, ogni punto vinto è un suo riscatto, quando ero una bambina i nostri vicini deridevano la scelta di mamma, la deridevano perché aveva scelto il tennis per me, per questo ogni mio vincente è un riscatto per mia mamma, nessuno può abbattere la mia motivazione-
Emily sorrise, sorseggiò anche lei del vino dal suo calice, guardò Molly, era preoccupata,  aveva capito che da lì a poco la ragazza sarebbe tornata al discorso di AJ.
-Perché Vera crede che io ti porterò al declino?- quella domanda a brucia pelo aveva scosse la bionda, masticò il suo boccone di pasta, guardò il panorama e per un momento cercò la risposta meno netta da dare, ma non la trovò, guardò Emily dispiaciuta
-Vera mi conosce, lei per me è una seconda mamma, mi ha salvata, tu non puoi neanche immaginare in che condizioni mi ha conosciuta e non puoi capire cosa ha fatto per me- si prese qualche secondo e poi proseguì –lei mi ama come se fossi sua figlia e non vuole vedermi soffrire-
Emily corrugò la fronte non capendo il discorso, fece un paio di tiri di sigaretta in silenzio, -perché devo essere io quella che ti farà soffrire? Credo che non abbia una bella considerazione sul mio conto- Emily era seccata dall’atteggiamento di Vera
Molly finì il piatto di pasta, ordinò un’altra bottiglia di vino e sorridendo rispose ovvia
-Vera sa tutto del tuo passato, si è informata, sa di Rosa, sa di Michela, sa di Sara, sa di Valentina … sa tutto e se non ti basta posso continuare la lista, fino ad arrivare a Margherita- pronunciò l’ultimo nome con enfasi, non voleva ferire Emily ma voleva farle semplicemente capire perché Vera era così ostile nei suoi confronti
Sentire l’ultimo nome, fece congelare il sangue di Emily, i suoi occhi erano spalancati ed increduli, finì il calice di vino tutto d’un sorso –e tu? Tu sai chi sono queste ragazze? Vera te ne ha parlato?-
Molly scosse il capo –Parli con un ex carcerata, non voglio sentir parlare del tuo passato se non da te, quando sarai pronta io sono qui ad ascoltare-
Emily sorrise, il suo sguardo si addolcì, si sporse per catturare le labbra dell’altra, le stampò un bacio carinamente per poi ricomporsi sulla sedia.
-Non so cosa ti abbia detto AJ, non voglio saperlo, ma non farmi brutti scherzi-
Emily abbozzò un si con la testa, non era molto convinta ma non voleva destare preoccupazioni.
Le due cambiarono discorso, parlavano di argomenti più frivoli delle loro serate pazze e Molly fece ridere a dismisura la mora con i suoi racconti delle premier e delle feste vip.
Alle tre del mattino le ragazze rientrarono in albergo. Rientrarono a punta di piedi per evitare di dare fastidio, Molly aveva subito più di una denuncia per schiamazzi non voleva rispondere nuovamente di fronte ad un giudice o corrompere chi l’avesse denunciata.
Si chiusero la porta alle spalle e per la prima volta rientrarono entrambe sobrie.
Emily si voltò verso Molly, impegnata a riempirsi un bicchiere di coca cola, le spostò i capelli di lato e le lasciò una scia di baci sul collo.
Brividi di piacere invasero il corpo della Sue, si girò per avere le labbra dell’altra più vicino possibile.
Emily annullò le distanze, baciò la ragazza in modo sensuale, le succhiò il labbro inferiore e contemporaneamente la spogliò dell’enorme camicia a quadri, le sbottonò un bottone per volta, mentre sentiva il piacere di Molly conseguente al suo tocco dolce.
 
Portò la ragazza a sedersi sul piano cucina dopo averla privata anche dei mini shorts, le accarezzò l’interno coscia lentamente, Molly portò il viso contro l’incavo del collo di Emily per soffocare i suoi gemiti, la mora sorrise sapendo che stava portando l’altra all’esasperazione con la sua estrema lentezza.
Il suo tocco era più docile e sensuale delle altre volte, le aveva detto di amarla per questo aveva deciso di far l’amore con lei e non più la gara a chi fosse più brava a letto.
Sentiva Molly impazzire, sapeva che lei non era molto paziente e che non riusciva a sopportare tutto quel provocare, ma sapeva benissimo che la faceva impazzire.
 
Continuò a lasciare una scia di baci sul corpo della Sue, disegnando cerchi immaginari, sentì una pressione sulla schiena causata dalla presa di Molly che spinta dal piacere le stringeva la maglietta.
Capendo che la bionda fosse quasi al limite della sopportazione, portò una mano nei suoi slip e al contatto con il suo piacere, capì che il suo nuovo modo di farla sua aveva funzionato meglio del previsto.
Molly catturò le labbra di Emily e incontro la lingua dell’altra un attimo dopo aver annullato le distanze.
Il suo corpo era bollente, il suo viso rosso e il suo respiro affannato.
Dopo averla portata al limite l’aveva portata anche all’apice del piacere.
Le lasciò un ultimo bacio sulle labbra e soddisfatta si avviò verso il bagno, dopo aver stremato la Sue.
 
 
Dopo aver fatto la doccia Molly raggiunse Emily sul letto matrimoniale, si sdraiò al suo fianco, sbloccò il suo I Phone e si informò sulle ultime notizie della WTA, lesse i messaggi ricevuti nelle ultime ore.
Rispose a qualche sms, si voltò verso la mora, le strinse una mano e poi imbarazzata catturò la sua attenzione
-Sei la mia fidanzata vero? – Emily la guardò stranita, corrugò la fronte confusa
-nel senso che è ufficiale, io sto solo con te e tu starai solo con me, non siamo una coppia aperta-
Emily scoppiò a ridere, quella reazione mise ancor di più in imbarazzo la giovane tennista.
La più grande si rese conto che Molly fosse leggermente in soggezione, l’abbracciò stretta a se
-Certo che sono la tua ragazza- la baciò dolcemente e si sdraiò nuovamente
-ridevo perché eri troppo tenera, è buffo vedere la ribelle Molly Sue in versione tenera-
La bionda sorrise per poi dormire tra le braccia della barista.


Angolo autrice:
Perdonate il madornale ritardo.
Sto facendo tre lavori e di conseguenza non riesco mai a dedicare del tempo a questa storia.
Vi prometto che comunque il racconto sarà ultimato e non sarà lasciato incompleto.
Scusate, sono davvero dispiaciuta, ma mantenere tre lavori, studiare, mantenere amici e moroso mi ruba troppo tempo.
Spero che mi diciate la vostra, la storia ha preso un'altra piega, finalmente le due ragazze hanno raggiunto la quiete.
Vera è la sorella dell'uomo che ha causato la morte della madre della giovane tennista.
Le carte iniziano a scoprirsi.
Al prossimo aggiornamento un bacione a tutti i lettori

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Capitolo 8
*** Il tuo talento è un fiore in mezzo al deserto ***


Baby, sei troppa bella per non farti male

Il tuo talento è un fiore in mezzo al deserto

 
 
Emily si alzò presto, frettolosamente si recò in bagno, si fece bagnare dal getto d’acqua, le sue amiche sarebbero arrivate a momenti e contava i secondi che le separavano dalla sera prima.
 
La porta della stanza si aprì e il suono assordante delle trombette fece sussultare Emily, corse verso le sue amiche per poi stringerle a se.
Tess suonò nuovamente la trombetta –Sono arrivata, iniziamo la festa- Carla scoppiò a ridere, Emily le stizzì poco dopo, le privò delle trombette ammonendole
-Cretine, Molly sta dormendo sono solo le 8 del mattino, se la svegliate sarà una stronza per tutta la giornata-
Carla si sporse leggermente, guardò la bionda dormire tra le lenzuola e sorrise
-C’è una modella sul letto e guardandola non ha neanche bisogno del Photoshop-
Tess rise, guardò Emily e si rese conto che fosse in imbarazzo, decise di prenderla un po’ in giro
-Em tu che l’hai vista sicuramente meglio di noi, puoi confermare? Il suo ultimo spot fa pensare a lei come una panterona a letto-
Carla scoppiò a ridere, la mora scosse la testa divertita –La volete finire? Non parlate di quello stupido spot per cortesia-
Tesse allargò le braccia in segno di resa, si guardò intorno e notò la coppa vinta da Molly all’ultimo slam disputato, si fece seria guardò la ragazza sul letto
-E’ stato strano vederla piangere, ha pianto davvero tanto, te ne sei resa cosa che c’è qualcosa in lei che non va?-
Emily corrugò la fronte non capendo dove volesse arrivare con quel discorso lasciato a metà –lei non ha nulla che non va Tess, che cazzo dici?-
Carla guardò Tess e scosse la testa come se le volesse dire qualcosa, Emily le guardò
-Cosa sapete voi due?-
Tess si accomodò sulla poltrona e si accese una sigaretta, ignorando la domanda dell’amica, guardò Carla capendo cosa potessero inventarsi, ma l’altra decise di dire la verità, si versò un bicchiere di vino
-AJ ci ha accompagnate qui, dobbiamo parlarti Emily, abbiamo visto le foto sul blog-
-Quali foto? Cosa c’entra AJ con voi?-
Carla fece un sospiro, si accomodò sul divano –le foto dell’aggressione, Molly ha praticamente aggredito chiunque ultimamente, i paparazzi, la Smith, AJ, la lista è lunga-
Una voce distrasse il trio e le fece sussultare –Non è un periodo facile-
Molly fece il suo ingresso nel salone, guardò le ragazze infastidita, si sentiva studiata da loro e questo la irritava –Credo che leggere i vari blog vi abbia reso preparate, non c’è bisogno che ve lo dica io, sapete tutto di me, giusto?- aveva uno sguardo cattivo, le stava affrontando armata di crudeltà
Carla e Tess erano quasi intimorite, Molly era glaciale, le guardava con aria di sfida, i suoi grandi occhi grigi erano diversi, erano malvagi, le stava trattando come due stupide e le faceva sentire tali con l’atteggiamento assunto
-Dato che sapete tutto di me, posso chiedervi cosa succede se due persone che io praticamente non conosco ficcano il naso nei miei affari? Posso chiedervi come dovrei reagire? –
Continuò a guardarle con la stessa crudeltà, Emily si avvicinò alla ragazza per calmare gli animi, le accarezzò una guancia teneramente, la bionda si distanziò, scosse il capo disgustata e andò in bagno
-Se volete potete seguirmi, così potreste assicurarvi che le mie foto non siano rintoccate-
Chiuse la porta alle sue spalle con forza, con estrema rabbia.
 
Emily si voltò verso le amiche, era adirata –Non posso crederci, siete arrivate da meno di un ora e già avete fatto incazzare la mia ragazza-
Tess si alzò dalla poltrona –la tua ragazza?- sorrise dopo aver enfatizzato le ultime parole –Dai usciamo, divertiamoci mentre la tua ragazza si calma-
Carla seguì l’amica e la imitò, si diressero entrambe verso la porta, guardarono Emily e anche lei dopo qualche titubanza si alzò.
 
 
Le tre si accomodarono in un bar sulla spiaggia, si fecero accarezzare dal sole mentre si godevano l’aperitivo.
Carla era preoccupata per l’amica, Molly sembrava soffrire di doppia personalità, poteva distruggerti in un nano secondo per poi ricomporre i pezzi con la sua dolcezza e con il suo romanticismo
-Em, scusa se te lo chiedo, io non voglio essere invadente, ma sono davvero preoccupata per te, Molly è stupenda, fatico ad immaginare una ragazza più bella di lei, ma la bellezza non è tutto-
La mora sorseggiò il suo aperol spritz –Lo so, delle volte sa essere proprio una stronza, ma credetemi lei è fantastica ha solo un problema con il suo istinto non riesce a chiudere la bocca o semplicemente pensare prima di aprirla-
Tess le strinse una mano –Siamo davvero preoccupate per te, AJ ci ha detto delle cose-
Emily tentennò, si ricordò del discorso fatto a cena proprio dalla sua ragazza, Molly odiava quando le persone si prendevano la briga di informare chiunque sulla sua vita privata, preferiva essere riempita di domande dal diretto interessato anziché essere parlata alle spalle.
Emily sapeva di sbagliare, ma Molly era impenetrabile a volte, non rendeva nessuno partecipe del suo passato, nessuno aveva sentito parlare la giovane tennista della sua vita in carcere, Molly Sue era un enigma e la Vivaldi preferì ascoltare quello che avrebbe voluto dirle AJ.
-Cosa vi ha detto?-
Tess sorrise amara, era dispiaciuta per quella situazione
-la persona che ha ucciso non era un tossico qualunque, era il fratello di Vera, lui se la intendeva con la mamma di Molly, loro erano una coppia, erano due tossici e Vera li pagava pur di non mandarla in una casa famiglia-
Emily sgranò gli occhi, non poteva crederci, guardò le sue amiche era sotto shock, le sembrava tutto così complicato ma allo stesso tempo le sembrava tutto più chiaro
Carla la guardò dispiaciuta –Vera è la zia di Molly, la tua ragazza ha ucciso suo padre inconsciamente-
-voi siete sicure che quello che dite è vero? Siete sicure che Molly non ne sa nulla?-
Abbozzarono un si con la testa dispiaciute.
Emily si alzò di scatto dalla sedia ma Tess la bloccò –Molly non deve saperne nulla, la ucciderebbe dentro, ti rendi conto? Se la ami devi solo proteggerla, devi evitare che lei sappia, non deve sapere nulla Emily-
La mora si accomodò nuovamente –perché me lo avete detto?-
-perché devi proteggerla, devi sostenerla Emily, lei ha bisogno d’aiuto- Tess abbracciò l’amica per darle supporto.
 
Carla sorrise –Io andrei a fare un paio di tuffi prima che Molly ci trovi, non riuscirei a sopportare un altro dei suoi sguardi accusatori-
 
 
Molly uscì dalla doccia, indossò l’accappatoio, non guardava mai la sua figura allo specchio, troppe cicatrice nascoste da tatuaggi, troppi ricordi su quel piccolo corpo.
Si avvicinò al frigorifero, prese una fetta di torta per poi gustarla seduta sul piano cucina.
La porta d’ingresso si aprì lentamente, la ragazza notandolo impugnò un coltello, ultimamente si sentiva perseguitata, guardò la sagoma e dopo un paio di secondi la riconobbe, tirò un sospiro di sollievo
-Cazzo Vera, che ci fai qui? Mi hai messo paura- continuò a mangiare la torta con indifferenza e con la bocca ancora piena continuò a parlare –Non voglio neanche sapere come cazzo fai ad avere le chiavi della camera-
Vera sorrise, la donna si avvicinò alla sua atleta –questo è il modo di accogliermi? Non ci vediamo da tre giorni-
-l’ultima volta che ti ho vista sono stata chiara, comunque c’è anche Emily con me-
La donna si sedette al suo fianco, guardò la più giovane con aria materna
-lo so, ho notato le valigie mezze vuote e il letto disfatto- si prese qualche attimo di pausa rassegnata da quella situazione, -come stai Molly?-
La ragazza guardò la sua coach, aveva bisogno di lei, aveva bisogno di qualcuno che la conoscesse davvero, nonostante ciò mentì
-Sto alla grande-
Vera si guardò intorno, notò qualcosa che non voleva notare, indicò il pacchetto trasparente sul piano cucina, -erba?- dopo la sua costatazione, continuò quasi pentita di aver pensato ad alta voce al contenuto della bustina, Dov’è Emily?
Molly sospirò quasi scocciata da quelle due domande, scese dal piano cucina e si diresse verso la sua valigia, si infilò l’intimo e si tolse l’accappatoio
-lei è con le sue amiche ed io ho fatto una doccia, comunque tranquilla l’erba è la cosa più pesante che troverai in camera-
 
Vera si riempì un bicchiere d’acqua –Solo perché non posso frugare nel tuo sangue- la Sue scoppiò a ridere, guardò la sua coach e poi si fece seria –Perché sei qui?-
-Ho bisogno di parlarti Molly-
La ragazza guardò Vera, capì che ci fosse qualcosa che non andava per il meglio –se vuoi ricordarmi di quanto sia sbagliata la mia relazione con Emily ne ho sentite abbastanza, quindi puoi anche evitare-
Vera accarezzò la giovane –Mi ha chiamata la Stewart- il viso di Molly cambiò, la paura prese il posto della sua inconfondibile strafottenza, -Vuole che l’alleni, mi ha proposto un contratto davvero interessante-
La Sue guardava il pavimento, non voleva affrontare la sua coach e quasi imbarazzata sibilò –posso darti un aumento, sai che non ho problemi, il contratto lo hai stabilito tu, io non ho mai detto parola al riguardo-
Vera scosse il capo –non è una questione di soldi Molly, io non posso esserti più d’aiuto, ti ho insegnato tutto e non riesco a vederti distruggere, hai rifiutato il rehab, hai rifiutato la clinica per disintossicarti dalle varie droghe da cui sei dipendente, hai sempre rifiutato il mio aiuto ed ora … - Molly aveva gli occhi lucidi, qualcosa la stava mangiando dentro, le lacrime prepotenti volevano uscire, tremava, non si aspettava che sarebbe arrivato quel momento, credeva che Vera sarebbe stata con lei per sempre, la donna dopo un lungo sospiro continuò
-ed ora ti diverti con quella barista a tirare cocaina e a fare sesso, non ti alleni più Molly, sei sempre ubriaca, sei sempre sotto effetto della coca e fumi spinelli come se fossero sigarette, ti cercano più gli stilisti che gli sponsor sportivi, fai più sfilate che tornei ed io non ce la faccio più Molly, non posso vederti autodistruggere, non sei più in carcere amore, io non posso più difenderti da tutto tesoro, io non posso fare più niente-
La giovane tennista era glaciale, era pietrificata, non aveva mosso un muscolo.
Vera sorrise amara, le baciò una guancia –e comunque ho le chiavi della tua camera perché credevano che fossi ubriaca o in overdose ed hanno pensato che sono venuta a salvarti per l’ennesima volta- la donna andò via lasciando le chiavi all’ingresso.
 
Vedere la porta chiudersi, vedere la sagoma della coach sparire, vedere le chiavi lasciate lì come se fosse un segnale che lei non sarebbe più tornata, tutti questi elementi avevano portato Molly a subire l’ennesimo attacco di panico.
Faceva fatica a respirare, tremava dalla rabbia, dette sfogo al suo dolore, iniziò a rompere tutto, si ferì colpendo la cristalliera, si fece cadere a terra e si ritrovò nuovamente seduta su una pozza di sangue, del suo sangue.
 
 
Era sera inoltrata ormai, Emily notò che Molly non si era fatta sentire, forse le aveva lasciato spazio per stare con le sue amiche, ma già le mancava.
-Ragazze che dite? Rientriamo? Ci facciamo una doccia e poi andiamo in qualche party?-
Le amiche acconsentirono subito, la parola party aveva fatto sussultare entrambe.
Entrarono nell’ascensore, Carla si guardò allo specchio –Secondo te Molly è ancora arrabbiata per stamattina?-
Emily scoppiò a ridere, Tess si fece contagiare, le tre ragazze non riuscirono a smettere.
La mora a fatica riuscì ad aprire la porta, entrò nella stanza ma non riuscì a vedere Molly, iniziò a chiamarla,
Tess si guardò intorno –credo che sia uscita- Carla stremata si sdraiò sul letto –e’ qui che fate peccato?-
Emily sorrise –Siete sempre le solite, pensate sempre e solo al sesso- scosse il capo divertita, si recò in cucina, notò vetri rotti, mobili rotti, sedie in piscina, bottiglie sparse sul pavimento, si guardò attorno e in quel momento si ricordò le parole di Yvonne, la donna delle pulizie dell’albergo, chiamata apposta da Molly per farle pulire il suo casino.
Emily notò del sangue, poi vide Molly, seduta sul pavimento, sporca del suo stesso sangue, aveva tagli ovunque, si gettò su di lei immediatamente.
La strinse tra le braccia spaventata –ci sono io qui, ci sono io, non sei sola-.
Le baciò la fronte mentre la stringeva forte, Tess e Carla entrarono in cucina e vedendo quella scena, pietrificarono.
 
Emily cercò di alzare la ragazza da terra, dopo qualche tentativo fallito ci riuscì.
-Andiamo a fare una doccia amore, sei ferita-
Le strinse il viso dolcemente, voleva guardarla negli occhi, -Vera è andata via, non vuole allenarmi più, non vuole più aiutarmi, l’ho fatta scappare-
-Amore- Emily abbracciò la fidanzata, guardò Tess e Carla –Voi pulite questo casino e non fatene parola con nessuno-
Accompagnò la bionda in bagno, dai movimenti poco fluidi capì che fosse fatta e ubriaca,
entrò nella doccia con lei e si fece bagnare dal getto d’acqua ghiacciata.
Molly l’abbracciò e diede vita ad un pianto.
Emily in quel momento si rese conto che lei era complice di quella distruzione.
L’aveva lasciata sola tutto il giorno, non era stata con lei quando ne aveva avuto bisogno.
Non si era resa conto che la sua ragazza sniffasse con regolarità, era stata distratta, non sarebbe più successo.
 
Uscirono venti minuti dopo dalla doccia, Emily era zuppa, i vestiti bagnati, il trucco sciolto, tremava dal freddo, ma pensava solo Molly, Tess le andò incontrò, prese la bionda sotto braccio e l’accompagnò a letto.
 
Emily prese il telefono di Molly, lesse la rubrica e chiamò un numero, dopo un paio di squilli risposero
-Molly hai anche tempo di telefonarmi? Ed io che pensavo che te la saresti spassata tutto il tempo con l’italiana-
-Joy?-
Ci furono un paio di secondi di silenzio –si- la voce era cambiata, -Ho bisogno che tu venga qui, Molly … -
Non riuscì a finire la frase, era troppo da sopportare, -Prendo il primo aereo e sono da voi-
Le tre ragazze si accomodarono a tavola, era un silenzio assordante.
Emily fissava Molly, la fissava mentre dormiva, si era davvero messa paura.
Carla si alzò dalla sedia, aprì lo stipite e prese un pacco di pasta, guardò l’amica, aveva capito che fosse troppo impaurita per essere razionale –Le faccio da mangiare, magari si riprende-
-ragazze io devo chiedervi un favore- le due guardarono l’amica con aria preoccupata
-Vera è andata via, Molly ha bisogno di un aiuto 24 ore al giorno, non può essere lasciata sola, non so perché ogni volta che rimane sola fa una stronzata, ma ho bisogno di voi, io non posso assisterla tutto il giorno, ora sono la sua famiglia, e voi siete la mia famiglia ed ho bisogno che la sosteniate anche voi-
 
-perché Vera è andata via?- Carla era incredula, non poteva pensare che quella donna avesse smesso di lottare
-Lei non riesce più ad aiutarla, non sa più come fare, la sua presenza è fondamentale per Molly-
 Emily si alzò dalla sedia, si sdraiò accanto la ragazza e la strinse tra le braccia.
 
 
Molly si svegliò la mattina dopo,a fatica si alzò dal letto.
Passo dopo passo e mal volentieri si recò in cucina, aveva fame, guardò il pavimento, era tutto pulito, come se non fosse mai successo nulla.
Emily era sveglia, stava cucinando, le sorrise quando si era resa conto di essere osservata dalla ragazza
-Ti sto preparando la colazione, siediti-
Molly si avvicinò alla mora, le cinghiò i fianchi dolcemente –Scusa per ieri, io non volevo farti preoccupare-
Emily le sorrise nuovamente, le stampò un bacio sulle labbra –tranquilla amore- le accarezzò il viso e poi la esortò –dai la colazione è pronta, accomodati-
-dove sono le tue amiche?-
Emily sorseggiò del succo d’arancia –Sono andate giù in spiaggia-
La giovane tennista lesse l’ e_mail, e le era arrivata la conferma che Vera non sarebbe stata più la sua coach
-Puoi andare dalle tue amiche, io mi devo allenare, la Stewart non vincerà neanche uno slam-
Molly si alzò, Emily le strinse una mano
-Voglio venire con te- la Sue guardò la ragazza, la baciò dolcemente, le accarezzò una gamba per poi staccarsi leggermente –Non puoi guardarmi mentre mi alleno, mi distrai-
Emily si avvicinò alla ragazza –Allora fatti distrarre in camera-
La baciò con trasporto, e passo dopo passo la portò a letto, senza staccarsi da lei
-Hai vinto il tuo primo slam 4 giorni fa, dovresti distrarti-
Molly sorrise, si fece convincere in poco tempo.
 
 
Tess e Carla erano in spiaggia, non potevano fare altro che parlare di Molly… erano davvero preoccupate, non per la giovane tennista ma bensì per la loro amica.
Aveva affrontato la malattia della sorella, ormai l’incubo di vederla morire era finito, Stella si era ripresa, non poteva affrontare la dipendenza alla varie droghe della fidanzata.
Carla guardò Tess, assunse un’aria decisa, insolita per lei
-Se diciamo tutto alla stampa, saranno costretti a sospenderla dal circuito WTA, lei sarà costretta ad accettare l’aiuto di una clinica specializzata per il suo caso di droga-
Tess era stupita, era un’idea crudele, consegnare la vita privata della Sue ai giornalisti, era da vigliacchi ma pur di aiutare Emily lo avrebbero fatto
-Credo che tu sia un genio, abbiamo le foto di ieri, ci crederanno, le faranno varie analisi e il gioco è fatto, Emily sarà costretta a lasciarla per un lasso di tempo- Carla si alzò di scatto –Andiamo dalla polizia-
Le due ragazze con aria soddisfatta in pochi secondi raccolsero le loro cose e andarono verso il centro della città.
 
 
Era pomeriggio inoltrato, Molly ed Emily erano sedute sul divano, la mora aveva proposto di fare più di una cosa, ma il giovane talento all’improvviso era diventata nuovamente apatica.
Le strinse una mano e con l’altra le accarezzò il viso
-tesoro cosa sta succedendo?-
Molly continuò a fissare un punto indefinito –Nulla, non è successo proprio nulla, era già tutto previsto-
Emily notò una carta di credito sospetta sul tavolino, si portò le mani tra i capelli ormai arresa dalla dipendenza della fidanzata –Perché continui a farti di cocaina?-
-Mi fa dimenticare i miei problemi, non è facile Emily-
La ragazza si alzò dal divano, nello stesso istante bussarono alla porta, la bionda si recò verso la porta e l’aprì.
Joy abbracciò di slancio l’amica, la riempì di baci per poi fermasi quando notò il corpo di Molly fermo,
-Amore che ti prende?-
La Sue guardò Emily ,la mora non era per nulla sorpresa dalla presenza della sua collega nonché amica e capì che l’avesse chiamata lei
-Avete fondato un fan club? Salvate il soldato Sue? Pensate che io sia così disperata?-
-no, no, no – Joy era davvero dispiaciuta, da quella reazione aveva capito le condizioni pessime della sua amica –sono qui per te, so di Vera e sono tua amica, hai bisogno di me-
Emily si alzò dal divano, si avvicinò alla fidanzata
-Molly non crediamo che tu sia pazza, ma crediamo che tu debba essere aiutata da persone che ti vogliono bene-
Joy sorrise cercando di far ragionare la giovane infuriata,
-Molly siamo la tua famiglia-
La Sue cambiò sguardo, cambiò tono, urlò con disprezzo, -Famiglia?- allargò le braccia rassegnata –Io non ho più una famiglia-.
Si incamminò verso la porta per andare via, ma Joy riuscì a fermarla bloccandola con un abbraccio, il giovane talento tremava, era come una foglia d’Autunno, tremante e indebolita destinata a cadere.
 
La bionda indietreggiò notando chi fosse arrivato dinnanzi la porta ancora aperta, guardò Emily, la mora era incredula, -non li ho chiamati io amore-
Molly sorrise sarcastica, -lo so, non sei stata tu- si voltò nuovamente verso i nuovi arrivati in stanza.
Sfilarono dalla tasca il distintivo –Molly Sue? Deve venire con noi, abbiamo un mandato-
Joy era pietrificata aggredì i due poliziotti –con quale accusa? Lei non ha fatto nulla-
Il più anziano dei due quasi dispiaciuto rispose con autorità –Droga- indicò della polvere sospetta sul davanzale e alzò le spalle rassegnato.
La Vivaldi d’istinto avanzò verso i due sbirri –E’ mia, la cocaina è mia-
Il più giovane parlò questa volta, sorrise –La tua amica ha le pupille molto grandi, suda freddo e trema, ammiro il tuo coraggio ma se continui a dire bugie sarai indagata per non averci facilitato il lavoro-
Emily abbassò il capo, strinse i pugni, si sentiva inutile.
Molly si portò a pochi centimetri dai poliziotti e come sempre senza paura li affrontò
-bhè spero che le manette siano blu, ci tengo allo stile-
Portò le mani dietro la schiena, guardò le due ragazze, erano bianche in volto, erano impaurite e confuse.
Molly non disse una parola e si fece portare,senza fatica ,dai due poliziotti.
 
 
Emily guardò la porta chiudersi alle spalle dei due sbirri, guardò la porta e non riuscì più a contenersi, si fece cadere a terra ed iniziò a piangere, -come è potuto succedere?-
Joy aveva le mani ai fianchi la testa china, sorrise amara –i risultati erano negativi, lei non ha assunto droghe durante il torneo, lei era pulita, cosa le è successo?-
La mora la guardò e quasi l’aggredì fisicamente –Hai chiamato tu la polizia?-
La tennista sorpresa e quasi irritata scosse il capo –ma certo che no, Molly è una mia amica non le avrei mai fatto una cosa del genere, giochiamo in doppio in fed cup-
Le due ragazze si guardarono cercando di capire cosa poter fare, non avevano idee, non sapevano assolutamente come poter sistemare le cose.
Joy si accomodò sul divano ed aprì una bottiglia di vino,
-ma davvero?- la rimproverò la Vivaldi –davvero stai bevendo vino mentre Molly è andata via con degli poliziotti del cazzo?-
La risposta non tardò ad arrivare –Molly è stata abbandonata dalla sua coach, per la seconda volta ha dovuto subire un abbandono non voluto da lei, in questo momento è disperata, puoi semplicemente metterti nei suoi panni? Tu cosa faresti? Riusciresti ad andare avanti nonostante tutte le persone che ami ti lasciano sola? Ci riusciresti Emily?-
Joy scosse il capo, si riempì il secondo bicchiere di vino, guardò Emily, le versò un bicchiere e glielo porse
-lei ha bisogno di un nuovo allenatore, di un nuovo avvocato e di una nuova squadra di bodyguard, posso fare un paio di chiamate-
La mora non riuscì a capire la freddezza di Joy, era incredula, -Fa quello che cazzo vuoi, io vado da lei-
-Non te la faranno vedere, vengo con te-
 
 
Vera era al ristorante, gustava l’antipasto mentre si parlava dei dettagli contrattuali con il manager della Stewart.
La cena era informale, si rideva e si discuteva da amici di vecchia data, la donna venne distratta qualche risata dopo, in TV si parlava di Molly, una morsa al cuore prese vita, l’aveva lasciata sola, aveva promesso che non l’avrebbe mai fatto, invece si era contraddetta.
Lesse i titoli del telegiornale, “La Sue ancora indagata per droga, trovata cocaina nella sua camera d’albergo”
Vera si alzò di scatto dalla sedia, corse fuori da quel ristorante, entrò in macchina e riuscì ad inserire la sesta in tempi record.
Parcheggiò la macchina alla meno peggio, scese frettolosamente e correndo entrò in questura, quando entrò tutto quello che successe fu veloce, troppo veloce per capire come reagire.
 
Guardò un poliziotto, gli indicò la strada da percorrere ancor prima che la coach potesse aprire bocca
Aprì la porta e quello che vide la irrigidì, -o mio dio-
Angolo autrice

La storia ha preso una brutta piega, i problemi della signora Sue fanno da specchio a quelli della piccola Sue, si sono scoperte varie cose.
Vera ha rinunciato ad allenare Molly

Tess e Carla pur di non vedere la loro amica soffrire hanno spifferato tutto
Emily è disperata tanto da chiamare Joy, ma anche il suo aiuto sembra poco utile.
Vi sareste aspettate tutti questi dettagli?
Vera è la zia di Molly e pagava suo fratello e la signora Sue affinché non abbandonassero la ragazzina in una casa famiglia.
A voi la parola

 

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Capitolo 9
*** Dammi tutto adesso, tutto quello che hai ***


Baby, sei troppo bella per non farti male

Dammi tutto adesso, tutto quello che hai

 
 
-MOLLY!!!!!!!- l’urlo spezzato dal pianto della donna fece voltare tutti, la voce rauca, la voce talmente alta da riempire 4 mura piene di urla “primitive”, piene di disprezzo, piene di bullismo, colme di abuso di potere.
Con estrema rabbia privò i poliziotti delle loro “armi”, uno alla volta riuscì ad indebolirli, senza manganello erano quasi innocui.
Con le lacrime che le rigavano il volto continuò ad urlare –Cosa le state facendo?- si chinò per coprire il corpo nudo della ragazzina, la Sue indebolita, la Sue a terra, la Sue tremolante, la Sue con varie erosioni sul corpo, lo stesso corpo che perdeva sangue ovunque, la Sue con un occhio troppo gonfio per essere aperto e partecipare all’atrocità di quella stanza, la stessa identica Sue in carcere.
Nessuno avrebbe detto che quella ragazza fosse una stimata modella.
Vera si privò del doppiopetto, coprì la giovane tennista, la voce anche se bassa e ferita l’avrebbe riconosciuta ovunque
-Va via- la giovane portò una mano a terra e cercò di farsi forza con la stessa per riuscire ad alzarsi.
La donna era pietrificata, preferiva l’orgoglio, avrebbe preferito non essere salvata pur di non vederla.
Le portò le mani al viso –Molly, ma cosa dici?- sussurrò quelle parole di istinto, con fare materno.
La ragazza spinse la sua ex coach, un passo dopo l’altro, riuscì ad uscire da quella stanza.
 
Vera si voltò verso i poliziotti, gli puntò un dito contro –Voi, voi … - prese fiato per non ricominciare a piangere, -Tutti voi non la passerete liscia-.
Uscì dalla stanza, entrò furiosa nella stanza del comandante
-Come avete potuto permettere che succedesse una cosa del genere?-
Il signore si alzò allarmato dalla sedia, varcò la soglia della porta, guardò Molly, gli occhi sgranarono, il fiato mancò per qualche istante, guardò la stanza che aveva fatto da palcoscenico a quelle atrocità, entrò per poi chiudersi la porta alle spalle.
 
Vera si avvicinò alla ragazzina, -andiamo in ospedale-
-non ho abusato di cocaina quando ho disputato i vari tornei- guardò la donna con rancore, la odiava ma allo stesso tempo non avrebbe voluto deluderla, si pulì il viso dal sangue con la manica della giacca
-Non voglio più vederti-
Vera era preoccupata, guardò Molly dispiaciuta ma non perse occasione per rimproverarla –basta ora, solo perché non ti allenerò più questo non vuol dire che non faccio più parte della tua vita-
Arrivò l’ambulanza, l’unica poliziotta di turno si avvicinò alla ragazzina –Ti accompagno io-, le strinse una mano e d’istinto l’abbracciò –mi dispiace, non so come è potuto succedere-
Molly allontanò con delicatezza la donna sconosciuta, guardò Vera, aveva lo stesso sguardo di qualche tempo prima, sguardo inespressivo –Tu non fai più parte della mia vita zia-.
Vera indietreggiò, era incredula, come faceva a sapere che lei fosse sua zia, guardò la giovane, guardò la porta dell’ambulanza chiudersi alle sue spalle.
 
 
 
 
Aprì gli occhi e si fece accecare dal sole, fece pressione sui gomiti per alzarsi, bevve qualche sorso d’acqua per poi riposare la bottiglia sul comodino.
Non riusciva a muovere una mano, la guardò, e si rese conto che fosse legata al letto con un paio di manette, alzò lo sguardo e vide Emily e Joy, entrambe affrante, entrambe con gli occhi gonfi e rossi dal pianto.
La mora si avvicinò al letto, l’impassibilità di Molly la rallentò e la sua voce la bloccò
-Quanto mi hanno dato?-
Joy prese posto ai piedi del letto, poggiò la schiena contro la ringhiera –sei obbligata ad andare in una clinica specializzata per i tuoi casi, se non lo farai sarai processata, non come una minore- strinse una mano dell’amica, era dispiaciuta, si fermò qualche secondo
-sei sospesa dalla WTA per 3 mesi, non sei risultata positiva durante Wimbledon e gli US open quindi sono stati clementi, ma non potrai partecipare ai prossimi master 1000 e alla Fed Cup-
La bionda sospirò, fece cadere la testa sul cuscino, Emily le accarezzò il viso dolcemente,
-non toccarmi, sono sporca- la barista guardò Joy, quest’ultima si alzò di scatto dal letto, le urlò contro interdetta
-Sporca? Non sei tu quella sporca, sono loro, che cazzo dici Molly?-
-mi sono venuti addosso, avevo il corpo pieno … - si fermò, guardò la sua ragazza, era terrorizzata –quindi non toccarmi sono sporca-
Emily baciò delicatamente la fidanzata sulle labbra –Ieri sera ti hanno dato della morfina, non riuscivano a tenerti ferma, ti ho lavata io, so in che condizioni sei arrivata, Vera mi ha telefonata, siamo corse qui e tu, tu eri impenetrabile come sempre, non sono riuscita a capire cosa ti abbiano fatto prima di lavarti-
Molly guardò la ragazza, la sua espressione si addolcì ed iniziò a diventare nuovamente umana
-Io ti amo, proprio perché ti amo ti devo chiedere di andare via-
Emily era pietrificata, indietreggiò di qualche passo, guardò Joy ma anche lei era pietrificata,
-Io non vado via-
 
Molly si alzò dal letto, non c’era parte del corpo che non le faceva male, a fatica riuscì a sedersi, a fatica riuscì a pronunciare quelle parole guardando la sua amata –Ti ho detto che devi andare via, ci vediamo dopo la riabilitazione, meriti una ragazza migliore ed io diventerò una ragazza migliore-
-No- pianse, ricominciò a piangere, -Io non me ne vado, io sarò con te, io sarò al tuo fianco ogni giorno della tua vita-
-Vattene Emily- Molly urlò, usò le sue ultime forza per urlare sprezzante
Joy si alzò dal letto, si portò davanti ad Emily –Credo che tu debba andare, fallo per lei, ha bisogno di tempo per metabolizzare il tutto-
La Vivaldi non poteva fare altro, guardò per l’ultima volta la sua ragazza, ormai ex ragazza ed andò via.
Arrivò alla fine del corridoio, entrò nell’ascensore, troppe lacrime versate in quelle ore, si voltò verso la persona al suo fianco, Vera era visibilmente provata, aveva le braccia incrociate, gli occhiali da sole per nascondere le prove della notte in bianco –Lo avevi detto tu giusto? E’ troppo bella per non farsi male-
Emily guardò la donna aprì la bocca, ma le parole le morirono in gola.
Si voltò nuovamente –Perché? Perché le hanno fatto questo?-
Vera alzò le spalle, osservò le porte dell’ascensore aprirsi –E’ scomoda, non è ben voluta in questo mondo-
La mora abbassò lo sguardo, strinse i pugni con furia ed abbandonò l’ospedale.
 
-Te ne pentirai Molly- Joy guardò la sagoma di Emily sparire, si voltò per incontrare lo sguardo dell’amica, ma il suo pensiero era altrove, o almeno avrebbe voluto far pensare che fosse così
-Telefona il coach della Stewart, telefono Evans, telefona Montoya, io vincerò il grande slam, e Vera si pentirà amaramente per avermi abbandonata, chiamali tutti, li voglio tutti in clinica con me, tu sarai con me, ci alleneremo insieme, aumenterò lo stipendio ad ognuno di loro, ognuno di voi mi aiuterà a vincere-
Gli occhi della giovane tennista gridavano vendetta.
-Molly, sai benissimo che il tuo cuore non reggerà-
La bionda sorrise amara, scosse il capo –Joy non capisci? Mi stanno perseguitando, mi vogliono uccidere, ma prima di farlo devono uccidere il mio nome e non gli renderò la vita facile, non c’era cocaina nella stanza, c’è l’hanno messa, mi hanno incastrata e non posso coinvolgere anche Emily-
Joy guardò l’amica, il suo piano era arduo.
Evans era il preparatore atletico di Robson, il ciclista che era riuscita nell’impresa, vincere tre grandi giri nello stesso anno, Montoya era un rinominato psicologo sportivo ed entrambi le sarebbero serviti per riuscire nell’impresa.
Da lì a tre mesi, il nuovo staff della Sue era indissolubile, tutti i giornali parlavano della vita privata di Molly, tutti i giornali avevano riempito le copertine con l’intreccio familiare della giovane tennista.
La Sue era pulita, non aveva toccato alcun tipo di droga, non aveva sorseggiato alcun liquido alcolico era pronta per l’impresa.
 
 
Joy entrò dalla porta principale, quell’albergo le era troppo familiare.
Le inglesi prima della Fed Cup sceglievano sempre lo stesso albergo come meta di ritiro.
Si guardò intorno, giornalisti ovunque, manager in fibrillazione, ora anche lei, grazie a Molly, era considerata un eventuale vincitrice degli Australian Open.
La Sue era riuscita sempre a batterla in allenamento, nonostante Joy era riuscita ad avere la meglio in vari tornei sulle avversarie più forti.
Joy si avvicinò al bancone del bar, attirò l’attenzione del personale, -Potrei avere una soda e un caffè da portare?-
-Certo- un sorriso accolse la richiesta della tennista, le porse la soda –Tu sei la Forrest?-
La ragazza sorrise abbozzando un si, -Sei migliorata tanto, credo che questo sia il tuo anno-
-Grazie- la ragazza continuò a sorridere, sfilò delle banconote dal portafoglio per pagare il conto, il ragazzo impegnato a fare cassa, invitò la sua collega a preparare il caffè.
Joy guardò la ragazza intenta a servire la bevanda, i ricordi passarono per la testa
 
“Pioveva a dirotto, a Bristol il sole non passava mai, sbuffò guardando la finestra colpita dalla pioggia fitta.
Non poteva credere che con quel tempo Molly fosse giù al campo ad allenarsi, ormai la sua amica era diventata un robot, era impossibile vederla riposare, era sempre in palestra o al campo, se andava bene la si poteva vedere studiare le avversarie.
Suonò il campanello, la Forrest era sollevata, finalmente era riuscita a capire che con quel brutto tempo, non faceva altro che prendere una bronchite.
Quando aprì la porta si irrigidì.
-Cosa ci fai qui Vivaldi?-
Poteva distinguere le lacrime dalla pioggia, la ragazza era disperata, era distrutta, lo sguardo stanco e gli occhi affranti
-Non ci riesco, mi manca- tirò su con il naso, cominciò a singhiozzare –Per favore, la devo vedere-
Joy scosse il capo davvero dispiaciuta, le circondò le spalle con un braccio e la strinse rammaricata
-Io non posso fare nulla, se la vedessi ora, non vedresti la stessa Molly-
-io, io- si prese qualche secondo –io non c’è la faccio più Joy, la amo così tanto che non so se c’è la farò-
La tennista abbassò il capo, la Vivaldi si allontanò di qualche passo, portò le mani ai fianchi, -Ho bisogno di vederla, sono stata in 9 città diverse prima di venire qui, ed ora che l’ho trovata io non me ne vado-
-Emily, non è così facile, se la ami così tanto, va via, lei non riuscirà a sopportare la situazione-
La Vivaldi guardò la ragazza di fronte a lei, non capì, -la situazione?-
Joy sorrise amare –Lei crede che tu meriti di meglio, sta lavorando per essere il tuo meglio, devi solo aspettare, tra un mese le cose si aggiusteranno-“

 
Emily porse il caffè alla Forrest, sorrise beffarda, -Complimenti per i due tornei vinti, nessuno avrebbe scommesso su di te, tranne una persona-
Joy sorrise di rimando, guardò un punto indefinito del bancone –Credo che quella persona sia ricca ora-
La Vivaldi porse della panna alla ragazza –certo, ho vinto 430.000 dollari grazie a te, comunque Molly preferisce la panna con il caffè-
-Non più, sta seguendo un’alimentazione molto rigida, non assume grassi che non siano saturi-
La mora guardò la tennista interdetta –Perché Dolce e Gabbana glielo hanno impedito o perché Robson è un pazzo?-
-Perché Robson è il miglior preparatore atletico in circolazione, la dovresti vedere è migliorata tantissimo-
Joy sorrise fiera dei miglioramenti della sua amica, si riteneva in parte responsabile, e questo la rendeva orgogliosa
-Quando sono venuta a Bristol, ti ho scongiurato per vederla, ma tu non hai fatto una piega ed ora, ora mi inviti a farlo? Credi che io sia stupida-
La barista si alterò, guardò con disprezzo la ragazza di fronte a lei, la Forrest era allibita.
Emily scosse il capo e si avviò verso altri clienti, non avrebbe sopportato un altro momento con Joy.
 
 
Per la prima volta, Molly accettò la conferenza stampa pre-torneo.
Essere seduta dinnanzi ad un centinaio di giornalisti non le piaceva molto, ma Hector, il suo nuovo coach, le consigliò di essere molto più gentile e cordiale con loro per evitare di essere massacrata dalla stampa.
-Signorina Sue, ha scontato la squalifica di tre mesi, ha rinnovato lo staff e la sua compagna di doppio si è allenata con lei in questo tempo, abbiamo visto una Forrest completamente rigenerata, capace di vincere due tornei di fila, ha scelto la Forrest come cavia? Per capire se fossi ancora la migliore del circuito?-
Molly sorseggiò un bicchiere d’acqua, guardò il giornalista e con il suo inconfondibile sorriso da stronza rispose pacatamente
-Non ho bisogno di Joy per sapere chi è la migliore, sono io la migliore e stasera lo dimostrò in campo-
Hector sorrise, schiacciò l’occhio alla sua atleta come segno di intesa, indicò un giornalista e toccò a lui parlare
-Ti abbiamo vista in molte sfilate in questi mesi, non abbiamo potuto far altro che notare che il tuo corpo sia molto più asciutto e più atletico, questo cambiamento è dettato dalla moda o dal tennis?-
-Io e Robson abbiamo studiato le partite che ho perso, non abbiamo potuto far altro che notare il respiro affannato e la poca violenza nei colpi, così abbiamo scelto una dieta che mi consentisse di non arrivare stanca nelle palle decisive e che riuscisse a fortificare i miei colpi-
-Mi spiace per quel che è accaduto in questi mesi, ma ora tutti sanno dei tuoi problemi di cuore, i giornali non fanno altro che parlare di questo, credi di riuscire a disputare tutti e 4 gli slam quest’anno? Non credi che le scelte fatte siano troppo nocive per il tuo cuore?-
Molly sorrise, guardò Robson, tutti lo ritenevano un pazzo, era riuscito a far perdere peso ad una ragazza già magrissima, era riuscito a portarla al limite nonostante era già nettamente la migliore nel campo della WTA
-Ho chiesto a Robson di farmi vincere il grande slam, non di tenermi in vita- la ragazza scoppiò a ridere e poco dopo anche i presenti in sala risero di gusto, ignorando che quella non fosse una battuta ma la cruda realtà.
 
Dopo un ora di domande mirate al gioco, la conferenza terminò.
Molly ringraziò i presenti, sorrise per qualche scatto e andò via, portandosi dietro Montoya, Hector e Robson.
Era diventato impossibile farle domande se non in loro presenza.
La vita della Sue era completamente diversa, era molto più discreta per quanto riguardava i paparazzi, era difficile fotografarla se non all’uscita o all’entrata degli aeroporti.
 
Alle 19:00 iniziò per Molly l’impresa.
Le bastarono 48 minuti per distruggere l’avversaria, non le concesse neanche un game, non pensò a rifiatare come era solita fare, erano tutti basiti da quel cambiamento, quasi anti sportivo della Sue.
Non le lasciò un game, la devastò psicologicamente.
I presenti in tribuna erano ipnotizzati dai suoi movimenti e dai suoi colpi.
Vera guardava la tv, guardò la sua vecchia atleta, era allibita, non poteva credere a quel che aveva visto, Molly era un robot, una macchina perfetta, era dispiaciuta perché non riusciva a pensare ad altro che ad una macchina.
Spense la tv rammaricata, consapevole che la Stewart contro questa Molly non avrebbe avuto speranze.
 
 
Come per gli Us Open, la Sue evitò Emily, non sapendo come avrebbe reagito, ora che era diventata ciò che voleva, un robot, non poteva rischiare di divenire nuovamente umana.
Sapeva che l’avrebbe incontrata di nuovo, sapeva che l’avrebbe vista, alloggiavano allo stesso hotel.
Molly scese le scale, cercò Joy, poco dopo la trovò.
-Cazzo Molly, sei stata impressionante, tutti i blog parlano di te, la Crew l’hai annientata-
La bionda rise di gusto, sorseggiò la sua soda, guardandosi intorno, l’amica notò lo sguardo dell’altra vagare per la sala
-Emily finisce il turno tra pochi minuti, credo che se rimaniamo qui la vedrai-
La bionda si alzò dalla poltrona, fece due lunghi sorsi ed ultimò la bevanda, con furia si diresse verso l’ascensore.
Aspettò un paio di secondi prima di vedere le porte aprirsi, ma dinnanzi a lei ci fu ciò da cui stava scappando: la Vivaldi, non era sola, una ragazza aveva un braccio sulle sue spalle, sghignazzavano romanticamente.
La Sue era inorridita da quella scena, entrò con aria di sfida nell’ascensore, e quando la notarono le risa si smorzarono.
-Ciao Emily- Molly porse la mano all’altra ragazza –Io sono Sue, Molly Sue, credo che tu abbia sentito parlare di me in giro-
La mano le fu stretta con decisione –Francesca De Santis, il piacere è tutto mio-
La tennista guardò la mano di Emily, notò un anello, ingoiò a vuoto, cercava di tenere a freno la sua rabbia, sorrise falsamente, accarezzò con delicatezza la mano della mora e a quel tocco il cuore si fermò per qualche istante
-Complimenti, ti sei fidanzata ufficialmente?-
Gli occhi di Emily divennero lucidi, non capiva se fossero dovuti alla freddezza di Molly o alla Sue in se.
Molly arrivò al piano interessato, continuò a stringere la mano della Vivaldi –Allora complimenti-
La bionda uscì dall’ascensore.
Teneva i pugni stretti lungo il corpo, cercò di respirare a fondo, poco dopo fece pressione al suo stesso capo, la testa le scoppiava, si sentiva vuota, in quel momento capì, nell’ascensore aveva dimenticato il suo cuore, la sua anima e la sua parte umana.
Emily si fece cadere sul divano, Francesca si accomodò al suo fianco
-e’ stato imbarazzante l’incontro in ascensore-
La Vivaldi scrollò le spalle, inviò un msg alla famiglia, si voltò verso la fidanzata
-Mi dispiace, non pensavo che fosse così sfrontata, non volevo metterti in questa situazione imbarazzante-
Francesca baciò la ragazza carinamente, si alzò dal divano poco dopo
-Non devi scusarti, non è colpa tua se quella è una stronzetta viziata- si avviò verso la cucina –Io preparo qualcosa da mangiare-
La Vivaldi le sorrise.
Si sentiva in colpa, non faceva altro che pensare a Molly, le sue labbra erano una calamita per lei, pensava ancora al suo corpo perfetto al suo fianco appena sveglia,  pensava ai suoi occhi così teneri, teneri solo ed esclusivamente per lei, scosse la testa per evitare di pensarle, ogni volta che le due si vedevano in qualche modo finivano per andare a letto insieme.
Non poteva cedere anche questa volta, aveva accettato la proposta di matrimonio solo due settimana fa, non poteva pensare Molly, non poteva desiderare un’altra donna se non la sua futura sposa.
 Emily era convinta che si trovasse in quella situazione per colpa di Molly, se solo avesse sopportato che La Vivaldi le desse un aiuto morale e che le stesse al fianco nel periodo peggiore, tutto questo non sarebbe successo.
-Vado a fare una corsa- urlò prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
 
 
Il giorno dopo Molly era al campo di allenamento, stava allenando il rovescio, colpiva la palla da più posizioni del campo arrivando in corsa, Hector la spronava a dare il meglio di se, Montoya e Robson erano seduti sulla panca ed osservavano ogni mossa della loro assistita.
-Facciamo una pausa- il coach esortò la giovane tennista a sedersi per riposare un po’, ma le sue parole furono completamente ignorate.
La Sue continuava ad allenarsi, continuava a correre, continuava a dare sfogo alla rabbia colpendo ogni pallina con estrema forza.
I tre uomini furono distratti dall’arrivo di Emily in campo.
La mora si avvicinò alla tennista, le sfilò la racchetta e la gettò dall’altra parte del campo
-Ti sei divertita?- spinse la ragazza aggredendola, -Ti ho chiesto se ti sei divertita, dovresti rispondere-
Molly le bloccò i polsi –Ma che cazzo fai?-
Emily la guardò, in quel momento capì che non aveva mai smesso di amarla, ma non poteva mandare tutti a rotoli con Francesca.
Francesca l’amava, le stava accanto, metteva l’orgoglio da parte quando era necessario, si prendeva cura di lei ed aveva una vita molto tranquilla, Francesca era quello di cui aveva bisogno, ma Molly era quello che voleva.
-In ascensore, perché?-
Molly sorrise sarcastica –Sono io quella che deve dare spiegazioni ora? Non sono io quella con una fede al dito-
La Vivaldi scoppiò a piangere, dette qualche colpo sul petto di Molly –E’ colpa tua, è tutta colpa tua, non lo capisci? Perché mi hai lasciato andare via?-
La tennista si guardò attorno, portò una mano sul viso dell’altra dolcemente –Se ti fa stare meglio, possiamo parlarne a cena stasera, ti posso spiegare tutto-
La mora scosse il capo, tirò su con il naso –Ok- si guardò intorno e si avviò all’uscita dal campo
-Ci vediamo all’Hilton alle 20:00-
-Che cazzo ti è saltato in testa? A cena con la Vivaldi? Si sposa il mese prossimo, si vede lontano un miglio che c’è ancora qualcosa tra voi-
Molly aprì il frigo, riempì un bicchieri di succo, ascoltava le grida dell’amica, accese una sigaretta per poi dare un colpo al piano cucina per attirare l’attenzione
-Credi che non lo sappia? Credi che per me sia facile? Non è facile Joy, ma io le devo delle spiegazioni, lei merita delle spiegazioni, deve sapere alcune cose, non posso concentrarmi se non le spiego la situazione-
Joy rassegnata incrociò le braccia, guardò l’amica esausta –Tu la ami ancora vero?-
Molly abbozzò un si con la testa.
-Devo sapere che lei stia bene-
Indossò la giacca di pelle e uscì dalla stanza, lasciando una Joy basita sola e sovrappensiero.
 
 
Molly aspettò Emily seduta a tavolo, iniziava ad avere paura che l’altra le tirasse una brutta buca.
Sorseggiò dell’acqua continuando la sua astinenza da alcolici, faceva davvero fatica, ma non poteva ricominciare a bere superalcolici, sapeva di non sapersi limitare.
Dopo esattamente 23 minuti, Emily fece il suo ingresso.
Molly era senza parole, la bellezza della mora le fece morire qualsiasi parola in gola.
Sorrise imbarazzata dopo che la ragazza si accomodò di fronte a lei.
-devi fare sempre le cose in grande, il ristorante migliore della città-
La Sue sorrise nuovamente –Se preferisci, c’è un camioncino degli hot dog poco distante da qui-
La Vivaldi scosse il capo divertita, alzò le mani come segno di resa
-So che segui un alimentazione molto rigida, non credo che hot dog e patatine siano ben accolte da Robson-
Molly rise di gusto, -Credo che mi ucciderebbe se mangiassi quelle porcherie- la mora si fece seria, cambiò espressione
-Lo sta già facendo-
Arrivò il cameriere, e la bionda lo ringraziò per essere arrivato nel momento giusto.
-Cosa vuoi dirmi Molly? Perché mi hai invitata a cena?-
La giovane tennista ingoiò un boccone, ripose le posate sul tavolo
-Non mi sono comportata bene e ti chiedo scusa, ma ho avuto i miei buoni motivi-
Allungò una mano per stringere quella di Emily, la ragazza la sottrasse, incrociò le braccia al petto
–Continua-
-Non vorrei mai metterti nei casini, ho seguito una disintossicazione davvero atroce, ho avuto momenti di pazzia, non è facile superare quei momenti e non avrei mai voluto che tu fossi partecipe, non lo meriti. Voglio che ogni momento con me sia speciale, ogni momento con me deve essere perfetto, alzarmi di forza da una pozza del mio sangue ed aiutarmi a fare la doccia, non sono momenti speciali, non voglio farti vivere queste esperienze per causa mia-
Emily sorseggiò del vino, sorrise amara –Speravo che decidessi io cosa sia giusto per me- fece una pausa e poi proseguì –Io avrei scelto te sempre, avrei voluto essere la tua spalla, avrei voluto sorreggerti lì dove ci fosse stato bisogno, ma tu non me lo hai permesso, sono tornata in Sicilia e Francesca mi ha distratta, mi ha aiutata e siamo tornate insieme ed ora tu non puoi farci niente-
Molly la guardò, cercava di estrapolare qualche sentimento diverso dal rancore
-Francesca è quella del supermercato? È la tua ex?-
La Vivaldi evitò di rispondere, evitò di guardarla, facendo valere la regola del “chi tace acconsente”
-Emily mi dispiace ma devi sapere una cosa, devi saperlo poi non ti romperò più le scatole, non romperò più i tuoi equilibri-
La mora alzò lo sguardo, incrociando gli occhi grigi dell’altra, -Io ti ho amata davvero e lo farò sempre, per favore credimi-
Gli occhi della barista erano impenetrabili, privi di emozioni come qualche tempo addietro, bevve del vino, continuando a guardare l’altra negli occhi
-Hai un modo atipico di amare-
Molly abbassò il capo, capì di non riuscire a sostenere lo sguardo dell’altra, strinse i pugni, incapace di dibattere, incapace di dimostrare, incapace di difendere il suo amore.
Emily continuò a guardarla –Hai qualcos’altro da dirmi? Hai qualcosa da dire che riesca a non farmi scappare da te? Hai qualcosa di diverso da dire Molly? Vuoi dirmi qualcosa di tua spontanea volontà in modo tale che non sia costretta a sfogliare qualche giornaletto squallido per conoscerti meglio? Hai qualcosa da dire Molly?-
La Sue continuò a guardare il piatto ormai vuoto, non riusciva ad alzare lo sguardo, non riusciva a pronunciare alcuna parola, si stava maledicendo in quel momento
Emily si alzò dalla sedia rassegnata –Come immaginavo-
Continuò a guardare la ragazza, la bionda tremava, aveva i pugni stretti e le nocche chiare dovute alla pressione, la mascella serrata e le labbra strette
-a te basta amarmi, Vera lo aveva detto, a me non basta amarti, voglio essere partecipe nella tua vita, non voglio risolvere continui enigmi per capirti, forse sono egoista, ma così non c’è la faccio Molly-
La Vivaldi andò via, lasciando quella ragazza, ora a tratti sconosciuta, sola a quel tavolo.
 
 
Dopo prestazioni convincenti, dopo aver annientato la rivali, dopo svariate prove di forza, La Sue era arrivata a mani basse in finale.
La Stewart aveva disputato una semifinale entusiasmante contro la Forrest, riuscì a vincere solo al terzo set,
ora il primo slam dell’anno sarebbe stato conteso tra la Sue e la Stewart.
Molly aveva studiato l’avversaria, conosceva ogni suo dettaglio, il suo servizio era facile da leggere dopo vari video studiati. Piede destro avanti, servizio uscente centrale, piede sinistro avanti, servizio angolato, piede destro obliquo servizio sul corpo.
Molly riuscì a rubarle due turni di servizio di fila, portandosi facilmente sul 6-2, vincendo dopo 302 minuti il primo set.
Vera non sapeva come aiutare la sua atleta, Molly aveva cambiato totalmente modo di giocare, era imprevedibile e di difficile lettura.
In soli tre mesi era riuscita e imprimere molta più forza nei colpi, colpiva ogni palla come se fosse quella decisiva per il titolo.
Era arrabbiata, la sua rabbia la faceva esplodere sul campo da gioco, la pressione che l’aveva torturata in quei lunghi mesi, la liberava ad ogni colpo.
Era inarrestabile.
La Stewart lanciò più una volta uno sguardo verso Vera, ma la donna era più sorpresa di lei.
Il secondo set non cambiò registro.
5-3 per Molly, La Stewart serviva per evitare che l’avversaria vincesse il titolo strappandole nuovamente il servizio.
La tennista più esperta, colpiva ogni palla con forza, facendo correre la più giovane, ma la bionda arrivava ad ogni palla, colpendola con forza, si difendeva alla grande.
Arrivò su un dritto lungo linea violento, colpì la pallina, vinse il punto, dopo una difesa da manuale del tennis, scivolò cadendo, il ginocchio batté violentemente sul campo da gioco.
Il pubblico si alzò di colpo, il giovane talento non si alzava, portò le mani sul ginocchio, lo strinse, il dolore prese il soppravvento.
Le tribune si ammutolirono, erano tutti in silenzio, tutti aspettavano che quella ragazzina si alzasse.
Aveva esagerato, la voglia di annientare l’avversaria le si era rivoltata contro.
Era avanti di un set, era avanti di un break, la presunzione e l’arroganza avevano avuto la funzione di un boomerang.
Il suo staff era in apprensione, erano tutti alzati, Hector aveva le mani tra i capelli, era disperato.
Robson le gridava di alzarsi, Montoya cercava di incitarla, gridandole –il dolore è nella testa-, Molly era ancora sdraiata sul campo, aveva negato l’intervento dei medici.
I suoi tifosi erano disperati, piangevano e urlavano disperati.
Quello che successe poi, entrò nella storia.
Vera si alzò dalla sedia, scavalcò un paio d’ostacoli e riuscì ad arrivare al campo.
Guardò la sua atleta e le sussurrò –Scusa-.
Si avvicinò alla giovane tennista, le strinse una mano e con forza l’alzò da terra.
La guardò dritta negli occhi, le sorrise e le consegnò la racchetta –Ti manca un solo game, ti mancano due punti, devi resistere-
Le dette una pacca sulla spalla e poi si allontanò.
La Stewart sorrise, schiacciò l’occhio all’avversaria, vistosamente dolorante, stringeva i denti, il ginocchio le faceva malissimo, ma le mancavano due punti, doveva resistere.
La tennista con più esperienza però non si fece intenerire, portandosi a casa il game, dopo 4 vincenti, approfittando delle lacune motorie dell’altra.
5-4 e servizio per Molly.
La Sue sapeva che quella fosse la sua ultima possibilità.
Guardò Vera che nel frattempo era riuscita ad arrivare nuovamente nella sua postazione tra le tribune.
Chiuse gli occhi per qualche istante per poi liberare due ace ed un vincente.
Riuscì  a mettere a segno il match point, servizio sul corpo dell’avversaria e volè stretta.
Vinse il secondo slam, si gettò a terra incredula.
Si alzò per i consueti saluti con l’avversaria.
La Stewart le strinse la mano sorridendo –Il Roland Garros non sarà così facile-
La Sue le sorrise di rimando, le consegnarono un pennarello per la firma da scrivere sulla telecamera, sorprese tutti, non scrisse il suo nome, non firmò, scrisse un messaggio ed iniziò la caccia al ricevente
-She’s not me-
 
 
Angolo autrice:
Nonostante le dure violenze subite dai poliziotti, Molly è riuscita a risolvere i suoi problemi con alcol e droghe varie, a scapito di Emily.
La Vivaldi è riuscita a cambiare vita in tempi record, accettando le avance della sua ex.
Cosa pensate del matrimonio che la vedrà protagonista?
Farà una stupidaggine o e la cosa giusta da fare?
Francesca le da quella che vuole in un rapporto al contrario di Molly che fa sempre molta fatica ad aprirsi.
Vera è riuscita ad aiutare la sua vecchia atleta nonostante la sua avrebbe potuto approfittare dell’infortunio al ginocchio per vincere e ribaltare la partita.
Aspetto i vostri commenti che riusciranno sicuramente a motivarmi per scrivere i prossimi capitoli.
Un abbraccio a tutti i lettori.
XOXO
 
Ps: ho creato appositamente il “buco” dei tre mesi.
Scriverò dei flashback per completare il puzzle tassello dopo tassello.
Magari potreste dirmi quale tassello volete scoprire per prima e forse vi accontenterò se non sarà un problema per la linea del racconto.
 

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Capitolo 10
*** Cerco qualcosa di forte per dimenticarti ***


Baby, sei troppo bella per non farti male

Cerco qualcosa di forte per dimenticarti

 
Emily rientrò nella sua camera d’albergo, si chiuse la porta alle spalle esausta, aveva dovuto servire un centinaio di persone, tutti festeggiavano, tutti contenti per Molly, odiava ammettere che anche lei in fin dei conti era contenta per la sua ex fiamma.
Francesca aveva preparato una cena romantica, sul tavolo padroneggiavano candele e fiori, la Vivaldi sorrise, guardò la sua futura sposa ma ciò che vide la contrariò.
Aveva la fronte corrugata, le labbra strette e il viso teso, sembrava una corda di violino.
-Amore cosa è successo?- Emily raccolse un paio di fiori dal tavolo, sentì il loro profumo delicatamente, buttò uno sguardo interrogatorio all’altra che ancora non accennava ad una risposta
-Sono italiana, forse l’inglese non lo mastico perfettamente, ma she’s not me- allargò le braccia esasperata, guardò la fidanzata, scosse il capo sorridendo amara
-E’ chiaro io non sono lei- Emily abbassò la testa dispiaciuta, conosceva Francesca, era insicura, “sfidare” Molly di certo non aiutava la sua sicurezza, sapeva che avrebbe dovuto sopportare le paranoie della sua fidanzata, la voce di quest’ultima attirò la sua attenzione e quasi le fece tenerezza
-Io non sono una modella, non ho un fisico tanto tonico, non ho neanche un tatuaggio se è per questo, non ho tutti i suoi soldi, non ho quegli occhi grandi da cerbiatto, non ho la sua stronzaggine e la sua strafottenza, non ho DeG e Victoria Secret’s che mi fanno il filo per uno stupido spot pubblicitario, non ho la sua dannata bellezza- si avvicinò ad Emily, le strinse una mano affettuosamente, con due dita le alzò il viso per guardarla dritta negli occhi
-Ma io ti amo come se non ci fosse un domani, farei tutto per te- appoggiò le sue labbra su quelle dell’altra, si staccò dopo un paio di secondi, portò le mani sul suo viso e quasi piangendo sibilò –Per questo ama me-
La Vivaldi le sorrise per rassicurarla e l’abbracciò stretta a sé –Io ho fatto la mia scelta, tra due settimane ci sposeremo-
Le mostrò la fede sorridendo, per poi baciarla amorevolmente.
Francesca le strinse i bordi della maglietta blu dello staff, la sfilò velocemente, sentì sorridere contro le sue labbra la fidanzata, -Ora non posso, devo servire le tenniste, c’è il party per la vittoria- baciò la fidanzata frettolosamente per poi andare in bagno e iniziare a prepararsi per il party.
 
 
 
La Sue fece il suo ingresso nella sala riservata al party, l’accolsero applausi e complimenti delle colleghe.
Aveva deciso di lasciare i capelli sciolti, aveva un miniabito rosso in modo tale che risaltassero le sue forme perfette, il piano: attirare l’attenzione di Emily.
Si accomodò al fianco di Joy, condividevano il tavolo con le giovani colleghe inglesi.
La Potter non perse tempo, aveva già riempito due calici di champagne, -Oggi è festa, almeno un bicchiere lo devi bere-
Molly sorrise accettando, fece un paio di sorsi per poi sputarli dopo aver ascoltato l’amica
-She’s not me? Ma che cazzo ti è saltato in testa-
Risero tutte di buon gusto, la bionda diventò rossa dall’imbarazzo, rise anche lei, allargò le braccia divertita
-Si sposa tra due settimane, qualcosa dovevo pur fare-
Jenna, anche lei tennista inglese, portò un braccio attorno al collo della Sue
-Io avrei optato per una scopata come Dio comanda-
Le risate continuavano a padroneggiare a tavolo, attirando l’attenzione di tutti in sala.
La Stewart si avvicinò al gruppo ristretto del club “Giovani promesse inglesi”, salutò educatamente alzando una mano, -Complimenti Molly, hai disputato una partita perfetta- le porse la mano che poco dopo le fu stretta, -Grazie, ci rivediamo al Rolland Garros- la Stewart sorrise amichevolmente –Ci puoi contare Sue-.
 
Joy si alzò dal divano per recarsi al bancone e ordinare un’altra bottiglia di tequila, si fermò di scatto quando vide Emily, l’ultima volta non si lasciarono bene, si sentiva in parte colpevole, se solo a Bristol fosse stata più clemente forse ora la Vivaldi non sarebbe ritornata dalla ex.
La barista appena la vide, fece un lungo sospiro, sopportare la voglia alcolica della Potter faceva parte del suo lavoro e lei l’avrebbe dovuta accontentare.
-Ti aspettavo Joy- l’inglese alzò le spalle ovvia –Ed eccomi Vivaldi-
Emily le indicò una porta, chiese il cambio ad un collega e abbandonò la sala.
La Potter la seguì, non sapeva davvero cosa le volesse dire, incrociò le braccia aspettando con la sua inconfondibile impazienza.
Emily prese posto, sedendosi su un tavolo, accese una sigaretta approfittando della pausa
-Cosa significa?-
Joy sapeva a cosa si stesse riferendo, serrò la mascella non sapendo cosa potesse fare, così decise di fare la cosa giusta per una volta
-E’ una canzone, lei l’ascolta sempre, lei pensa te, dovresti ascoltarla Emily, così capiresti la stronzata che stai per fare-
La mora corrugò la fronte confusa, non sapeva se essere arrabbiata o lusingata, non sapeva cosa fare e come sempre il comportamento di Molly non l’aiutava, -Stronzata? Credi che io mi sposi per farle una ripicca?-
Joy scosse la testa, guardò la barista, sorseggiò la tequila –Non credo che tu le stia facendo una ripicca, credo che tu, ti voglia sposare perché credi che così facendo Molly sarà solo un ricordo, ma lei è troppa roba per essere ridimensionata ad un ricordo-
Gli occhi della Vivaldi iniziarono a gonfiarsi, le lacrime minacciavano di uscire, alzò il viso esasperata
-Cosa devo fare Joy? Dimmi cosa devo fare perché io non lo so-
La Potter abbracciò la ragazza in difficoltà –Non posso dirtelo io, mi dispiace- le lasciò un bacio affettuoso tra i capelli per poi abbandonare quella stanza e ritornare da Molly e le altre.
 
 
Al tavole le bottiglie si moltiplicarono, continuavano a creare caos, continuavano a ridere ad ogni battuta stupida, l’unica che non azzardava ad una mossa facciale era la Potter ancora provata dall’incontro con Emily.
Molly notò il silenzio della sua amica, era semplice capirlo, Joy era sempre la regina della baldoria, ed ora era estraniata.
-Joy? Cosa è successo?- la ragazza si voltò, guardò l’amica e l’altra capì che non fosse successo nulla di buono.
La Potter si voltò verso Emily, anche Molly si voltò curiosa, quando incrociò lo sguardo della barista perse qualche battito. Il respiro le iniziò a mancare, bevve tutto d’un sorso il cicchetto di tequila e decisa si alzò dal divano.
Passo dopo passo si avvicinò alla Vivaldi, il cuore le batteva all’impazzata, prese posto su uno sgabello e attese che la barista le riservasse delle attenzioni che aspettava da tutta la sera.
-Cosa vuoi Molly?-
La Sue sorrise, sorrise in modo diverso, aveva un sorriso che riservava solo ad Emily.
-Voglio farti cambiare idea-
Emily pulì un paio di bicchieri mentre ascoltava l’altra, non era molto felice di affrontare l’argomento con la sua ex
-Ho preso la mia decisione, hai avuto fin troppo tempo per farmi capire che mi vuoi davvero ma lo hai sprecato-
Molly si allungò per stringerle un braccio quando notò che l’altra stava per andare via
-Troppo tempo? Sei tu quella che da un giorno all’altro si sposa, sei tu quella che ha avuto tempo per dirmi che Vera fosse mia zia ma ho dovuto leggerlo su uno squallido giornale, credi che ne sia rimasta entusiasta? Credi che sia stato facile? Ho avuto bisogno di tempo-
Le voci delle due ragazze erano fin troppo alte, avevano attirato l’attenzione di tutti, tutti le guardavano e curiosi ascoltavano tutto ciò che urlavano una contro l’altra.
Emily guardava la mano della Sue stringersi sempre di più intorno al suo braccio, la giovane tennista era aggressiva e di certo non lo aveva scoperto quella sera
-Hai avuto 3 mesi di tempo Molly, 3 mesi, sai quante volte ti ho cercata? Sai quante volte ti ho chiamata? Certo che lo sai, hai riattaccato ad ogni mia telefonata, che ti aspettavi? Ti avrei dovuto aspettare per l’ennesima volta? Tu scappi in continuazione, quando le cose iniziano a farsi serie, tu scappi-
Portò una mano su quella di Molly, iniziava a farle male la presa così stretta, ma la Sue non tentennava, continuava a stringerle il braccio, urlò con rancore, urlò con rabbia, urlò ormai rassegnata e consapevole di averla persa
-Ho letto su uno squallido giornale che ho ucciso mio padre, lo capisci? Ho ucciso mio padre, l’ho sparato 6 volte, ho letto su un giornale che mia madre in realtà è morta di overdose, io ho ucciso mio padre credendo che avesse violentato mia madre, capisci quanto cazzo sia stato difficile per me? Capisci che mi sono ritenuta un pericolo? Capisci che non mi sarei mai perdonata se ti avessi fatto del male? Lo capisci Emily? Io non sono capace di amare se non te, io amo solo te e tu ora ti sposi, mi sto rendendo ridicola di fronte a tutti, dovrei festeggiare, oggi ho vinto gli Australian Open, invece sono qui, e tu mi guardi come se fossi una brutta persona mentre io ho solo voglia di fare l’amore con te-
Emily guardò la ragazza di fronte a lei, Molly era bella, era perfetta per lei, gli occhi grigi da cerbiatto l’osservavano, scrutavano ogni sua mossa, la Vivaldi si sentiva male, accarezzò il viso della sua ex e con estremo dispiacere sibilò
-Mi dispiace Molly, io non posso-
La bionda si guardò intorno, tutti gli occhi erano su di lei, Joy non aveva la forza di fare un passo per riuscire a consolare l’amica. Non le aveva detto di Bristol, non le aveva detto che Emily fosse arrivata fin lì per lei.
La Sue non riusciva a muoversi, era impalata lì, lo sguardo perso nel vuoto e l’ennesimo attacco di panico dietro l’angolo.
Vera fu l’unica ad avere il coraggio di avvicinarsi alla sua vecchia atleta, le strinse la vita e con forza la portò via da quella sala.
Aveva assistito al cuore spezzato della Sue e quasi riuscì a sentirlo mentre si frantumava.
Questo era quello che temeva, sapeva che Emily le avrebbe spezzato il cuore.
 
Le portò le mani sulle spalle e riuscì a portarla nella cucina dell’hotel, non c’era nessuno, tutti impegnati al party.
-Hai bisogno di piangere, non devi fare la forte con me-
La giovane tennista alzò lo sguardo, così da incrociare quello della donna dinnanzi a lei
-Non devi fare la mamma, tu non sei mia madre, tu non fai più parte della mia vita e non posso piangere con te perché tu sei parte del mio dolore-
Vera strinse le labbra continuando a guardare la ragazzina, si schiarì la voce prima di dire qualcosa che potesse “salvare la situazione”
-Ho solo voluto proteggerti, non ho avuto cattive intenzioni, ho agito in fin di bene, non ho voluto più allenarti perché credo che non potevo più aiutarti per quanto riguarda il tennis, io non sono tua madre ma quando ti guardo, è come se guardassi mia figlia-
Molly scosse il capo, gli occhi erano diventati spenti, senza nulla da dire, alzò le sopraciglia senza sapere cosa dire, -Proprio perché tu per me sei una figlia non ti permetto di arrenderti, non farlo mai, non solo per il tennis, non devi mai darti per vinta nella vita, lei ti ama, ma come già sapevo da tempo, è egoista e non ha il coraggio di stare con te, devi solo convincerla del tuo amore-
La più giovane guardò Vera, la sua espressione per un attimo divenne umana, durò solo un attimo, poi andò via, lasciandosi la donna alle spalle.
 
 
Emily si sentì un peso in meno sullo stomaco quando finì il suo turno, entrò negli spogliatoi riservati allo staff, si tolse il vestito, gettandolo contro la parete, passo dopo passo arrivò nell’angolo della stanza, per poi farsi scivolare a terra.
Piegò le gambe portando le ginocchia contro il petto, le mani tra i capelli, cercò di respirare con regolarità, fallì.
Iniziò a piangere, era riuscita a terminare qualsiasi rapporto con la giovane tennista, se ne rese conto solo in quel momento, dette un paio di colpi alla panca al suo fianco per sfogare il dolore e la rabbia.
La porta dello spogliatoio si aprì, la mora sperava che non fosse Francesca, non era in grado di fingere felicità, voleva solo piangere, voleva solo sfogare la rabbia.
Alzò lo sguardo quando sentì la porta chiudersi, si ammutolì un istante dopo.
Molly era di fronte a lei, aveva un Ipod tra le mani, riusciva a sentire il respiro affannato, Emily si alzò da terra, guardò il suo vestito nel lato opposto della camera, si maledì per essersi spogliata troppo in fretta, ora era di fronte alla ragazza, causa del suo dolore, in intimo e con gli occhi gonfi e arrossati.
La Sue si prese qualche momento per parlare, ne approfittò per guardare il corpo di Emily, le mancava quel corpo, non lo sfiorava da tre mesi e mezzo e a lei parvero un’eternità.
Fece qualche passo per arrivare a pochi centimetri da Emily.
-Ho perso la testa prima, mi dispiace-
La Vivaldi era spalle a muro, voleva allontanarsi, ma non poteva, sapeva che quella vicinanza era tremendamente pericolosa, rabbrividì al tocco di Molly, la mano sul suo fianco era tremendamente pericolosa, le labbra vicine alle sue erano tremendamente pericolose, lo sguardo dolce e sensuale riservato solo per lei era tremendamente pericoloso.
-Voglio solamente darti questo- posò l’Ipod sulla panca –Questa canzone racconta tutto ciò che voglio dirti, ma non ne ho il coraggio- continuò a guardarla, ma i suoi occhi si posarono sulle labbra della Vivaldi –Per favore ascoltala, domani parto alle 18:00, ti aspetto in aeroporto se cambi idea-
-o … ok- Emily abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello della Sue.
Molly sorrise amara, consapevole che quella fosse l’ultima spiaggia, -Ok- sibilò quella sillaba tristemente.
Fece un passo all’indietro continuando a guardare la barista, stava per andare via, ma la mano di Emily glielo impedì –Aspetta- la Sue si voltò, non ebbe il tempo di pensare a ciò che stava succedendo.
Le labbra di Emily si posarono sulle sue, portò la bionda spalle al muro senza interrompere le danze delle loro lingue, invertendo la posizione.
Le abbassò la cerniera del vestito, quel poco bastò per farle scivolare il miniabito alle caviglie, portò le labbra sul collo della Sue, mordicchiandolo leggermente, abbastanza forte per lasciarle un segno di passione sul corpo.
I gemiti della bionda, facevano impazzire la Vivaldi, le mani strette contro la sua schiena la rendevano più vogliosa di lei.
La mano accarezzò tutto il corpo della Sue lentamente, arrivando al piacere della ragazza, le labbra tornarono su quelle dell’altra, così da soffocare i gemiti che si bloccavano sulla bocca della barista, fin troppo brava, conosceva a memoria il corpo di Molly, sapeva benissimo come riuscire a farla arrivare al culmine del piacere.
Sorrise contro le labbra della Sue, per poi lasciare una scia di baci sul suo corpo, la portò sulla panca, le sfilò il tanga, aveva deciso che quello sarebbe dovuto essere il momento più eccitante per Molly.
Baciò ogni centimetro del suo corpo, ogni bacio era carico di passione, ogni bacio era colmo di desiderio, baciò dolcemente i fianchi ormai privi di morbidezza della giovane bionda che nel frattempo bramava dalla voglia di invertire le posizioni così da far sua la mora.
Emily arrivò alla parte più calda del corpo della Sue, sorrise prima di assaporarne il sapore, la danza delle sue labbra e della sua lingua fecero inarcare la schiena della bionda, la sentì tremare al contatto della sua bocca.
Il respiro affannato e il viso arrossato della più giovane fecero capire alla Vivaldi che era riuscita a rendere quel momento indimenticabile.
Emily si alzò soddisfatta, guardò Molly e in quel momento capì di volersi svegliare ogni mattina con quell’immagine al suo fianco, sorrise amara capendo che non fosse fattibile.
La Sue si alzò con fatica dalla panca, realizzò il suo desiderio, baciò Emily con tutta la passione che il suo corpo aveva custodito, le bloccò i polsi portandoli sopra la sua testa, cosicché non potesse liberarsi.
Le sussurrò contro le labbra –Non ho finito di fare l’amore con te-.
Le lasciò i polsi e portò le mani sul viso della ragazza, una delle due scivolò sul seno, così diede vita ad una vera e propria lotta di passione.
Nessuna delle due voleva cedere, nessuna delle due aveva voglia di finirla, fosse dipeso da loro, avrebbero fatto l’amore per ore.
 
 
Molly osservò la ragazza che amava profondamente, rivestirsi, il cuore ormai infranto continuava a fare male, la parte umana ormai inesistente si faceva sentire,
-Vai da lei?- parlò a voce bassa, non riusciva ad avere un tono deciso, con Emily non riusciva ad essere strafottente.
-Mi dispiace- la mora guardò Molly consapevole che il giorno dopo l’avrebbe aspettata in aeroporto inutilmente, perché lei sarebbe rimasta in Australia ad organizzare il matrimonio.
La Sue si alzò dalla panca, le consegnò l’Ipod tra le mani –Ascolta la canzone, per favore- la supplicò, così facendo sembrò una bambina, ormai senza muri di difesa, senza armi per combattere.
Le stampò un bacio sulle labbra prima di andar via, consapevole che fosse un bacio d’addio.
 
Emily guardò la sagoma della bionda sparire, a fatica riuscì ad ascoltare la canzone,
“Lei non ti ama, come faccio io,
lei non porta il mio nome
ci prova in qualsiasi modo, non agisce come faccio io,
lei non è più la stessa,
ma è originale, bella,
tu non sei mai stata in un combattimento,
oh si, è terribilmente perfetto adesso,
ma si sa solo la profondità,
LEI NON E’ ME,
Baby, lei non è me,
lei ti fa sentire desiderata, come facevo io,
ti fa sentire come se fossi l’unica cosa che conta,
lasci che lei riposi la testa sul tuo petto,
ma quando chiudi i tuoi occhi,
vedrai di nuovo il mio viso,
attraverserò la tua mente,
sognando i posti in cui siamo andati,
e poi ti risveglierai realizzando,
che lei non è me,
LEI NON E’ ME,
ricorda che lei non è me,
Ora mi domando, si mi chiedo come sei stata,
Sei felice?
Lei è ancora quella di prima? Ti stai divertendo?
E’ per davvero? Baby
Perché io ti aspetterò qui,
un’altra settimana, o mese o anno
se sei sola
Dio, vorrei sapere tutto di voi due,
Non vuoi raccontarmi
Lei cambia umore?
Lei ride alle tue battute?
Lei può guardare oltre le voci?
Lei sa come va?
O non sono cose che mi riguardano?
Vuoi andare al cinema?
Vuoi uscire al parco?
Vuoi restare per ore?
E semplicemente parlare e parlare?
O non sono cose che mi riguardano?
Lei sa attaccare i braccialetti?
C’erano due varietà?
Hai salvato? L’hai salvato?
Come ho fatto con il mio
O non sono cose che mi riguardano?
Farebbe qualche differenza
Se io avessi solo te?
Se chiamassi mi ascolteresti?
Riagganceresti il telefono?
O sono cose che non mi riguardano?
Non mi riguardano
NON MI RIGUARDANO?
LEI NON E’ ME!
E NON LO SARA’ MAI”

Ascoltare quelle parole, ascoltarle in quel momento, le ginocchia non ressero, la Vivaldi cadde a terra,
i pugni chiusi contro il pavimento, la testa china, le lacrime che scendevano imperterrite  l’amava così tanto da non sapeva se c’è l’avrebbe fatta.
 
Passarono due settimane, Molly aspettò Emily inutilmente, lei non si presentò, non le mandò un messaggio, non la chiamò, era come se la loro relazione non fosse mai esistita.
La giovane tennista era inchiodata sulla sedia, lo sguardo diretto all’ingresso, ma non vide ciò che desiderava.
Quelle due settimane le riempì di duro lavoro, continuava ad allenarsi, continuava a prendere parte a qualche sfilata quando gli impegni glielo permettevano, continuava a rifiutare le chiamate d Vera.
Continuava semplicemente la sua vita.
Era concentrata al Roland Garros, avrebbe dovuto vincerlo a tutti i costi.
Per essere al massimo della forma, quell’anno avrebbe disputato solo i 4 slam e la Fed Cup.
Non poteva sprecare energie inutili, il suo cuore non poteva reggere tutti i tornei in agenda, quindi l’aveva scremata.
Joy la obbligava ad uscire di casa, la obbligava ad andare in discoteca nei week end, grazie alle costrizioni ricevute dall’amica, Molly riuscì ad adescare qualche vittima nei locali, sedotti e abbandonati, nessuno riusciva a dirle di no.
La Sue aveva deciso che per dimenticare Emily avrebbe fatto sesso con qualsiasi persona le capitasse a tiro.
La Potter raggiunse la collega amica, entrò al campo d’allenamento.
I colpi della bionda era forti, veloci, tagliati, non sbagliava mai.
Quando si sentiva vuota dentro, era impossibile batterla, nessuno poteva intralciare la strada che l’avrebbe portata a vincere il grande slam.
Joy si avvicinò all’amica –Hey campionessa, cosa ti va di fare oggi?-
Molly colpì l’ultima pallina con estrema rabbia, si voltò verso l’altra, alzò le spalle, sorrise quando capì dove potessero andare
-Al Roxie c’è quella ballerina carina, credo che lei stasera sia il mio bersaglio-
Joy scoppiò a ridere di gusto, scosse la testa –Non tutte le ragazze ti cadono ai piedi, esistono anche le etero, sai Molly non puoi sedurre tutti-
La Sue le porse la mano –Scommettiamo?- la sfida fu accettata volentieri.
 
 
Nello stesso momento dall’altra parte del mondo, Emily era davvero emozionata, Serena, Carla e Tess l’aiutarono con il vestito.
-Sei bellissima- Tess abbracciò l’amica, la mora sorrise, si guardò allo specchio, l’abito bianco, il velo, gli orecchini, il diamante al dito, si sarebbe sposata tra pochi minuti.
Serena guardò la sorella maggiore, era giovane, ma sapeva che sua sorella non amava Francesca, l’aveva vista con Molly, aveva un altro sguardo, sbalzi d’umore continui, quella ragazza si che le faceva perdere la testa e la pazienza.
Stella entrò nella camera, aveva gli anelli custoditi tra le mani, -Emily, sei una principessa-
La Vivaldi sorrise, sua sorella era guarita, ora era una bambina sana, poteva sporcarsi con il fango, poteva cadere dalla bici e sbucciarsi il ginocchio, poteva correre e sudare come tutti i bambini.
La sorellina si avvicinò alla sposa –Molly? L’hai invitata?
Le tre ragazze si voltarono tutte verso di lei, spaventate dalla reazione di Emily, sentì quel nome.
Sentì il nome della ragazza che amava, le parole di quella canzone risuonavano nella sua testa, i gemiti di quella notte rimbombavano nella sua testa.
Sgranò gli occhi spaventata da quella che le stava passando per la testa, portò una mano sullo stomaco sperando di respirare meglio.
-Lei non è potuta venire- sorrise semplicemente alla sorellina per poi abbandonare la stanza e salire all’altare dove il suo futuro l’avrebbe aspettata.
 
Le giovani inglesi erano sedute al solito posto, accomodate sul divano, Joy guardò la ragazza indicata dall’amica, scoppiò a ridere divertita –Quella? Si nota da chilometri che sia etero-
Molly alzò le spalle –Mi diverto di più, non è molto facile, almeno sulla carta- la bionda sapeva che difficilmente avrebbe ricevuto un no come risposta.
Chi la guardava, pensava agli spot, alle sfilate e alle numerose foto hot che regnavano su internet.
Bella e Dannata, questo pensava la gente di lei.
-Molly trova il piano b nel frattempo- la Sue sorrise, si alzò dal divano –Io non ho mai bisogno del piano b-
Joy scosse il capo divertita ed anche lei aveva scelto la sua preda.
 
La ballerina era seduta su uno sgabello, il barista le porse un cocktail, la ragazza sorpresa sorrise divertita –non ho ordinato questo cocktail-
Molly si avvicinò alla ragazza, schiacciò l’occhio al barista, il ragazzo capì,
-Credo che tu sia disidratata dopo i vari balli fatti-
La ragazza guardò la bionda, sorseggiò la bevanda offerta –E’ il mio preferito, vodka lemon-
Molly soddisfatta le porse la mano per presentarsi, ma non ci fu bisogno di farlo
-So chi sei, non abito nel deserto, la giovane tennista che cerca l’impresa mentre sculetta per le case di moda migliori al mondo- la bionda alzò le spalle con poco modestia –e che posso farci se tutti mi vogliono-
La rossa sorrise, sorseggiò un altro paio di sorsi, la voce della ragazza la distrasse –e tu come ti chiami?-
-Io sono Elena- Molly le strinse la mano sorridendo, ordinò la solita tequila
-Credo che non si limitano a volerti, credo che ti vogliano portare a letto principalmente-
La bionda scoppiò a ridere, bevve il suo cicchetto, si voltò verso la ragazza, felice che fosse così schietta
-Tu credi? Cosa dovrei fare allora?-
Elena guardò la ragazza che era quasi attaccata a lei –Non sono abituata ad avere queste richieste così esplicite quindi non saprei, qui non possono fare gli stronzi, il mio capo non lo permette-
Molly sorrise, alzò lo sguardo per incrociare quello della ragazza, il sorriso beffardo si dipinse sul suo volto
-è un peccato sai, volevo proprio portarti a letto- continuò a guardare Elena, quest’ultima era sorpresa da quella richiesta così esplicita, strinse un polso della ragazza, così le fece capire che non dovesse andare via.
La rossa portò le labbra su quelle di Molly, quel bacio non aveva nulla di dolce o di romantico da raccontare, era solo frutto di passione e ormoni.
 
 
Angolo autrice
Ebbene: Emily si è sposata!
Molly cerca di dimenticarla in vari modi, Elena è una delle tante distrazioni.
Vera cerca di ritrovare un rapporto con Molly fallendo ogni volta che ci prova
Aspetto i vostri commenti, sono davvero curiosa di cosa pensate di questi molteplici colpi di scena
 
PS: nel prossimo capitolo scriverò alcuni flashback che vi faranno capire meglio l’impulsività e l’aggressività della Sue
NB: La canzone è di Zara Larsson

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Capitolo 11
*** Stanza 524 ***


Baby sei troppo bella per non farti male

Stanza 524


Vera era nella sua camera d’albergo, stava studiando attentamente il tabellone, sorrise amara quando capì che la sua atleta, la Stewart, avrebbe incontrato Molly ai quarti.
Scosse il capo, quasi divertita dall’ironia della sorte, aveva visto tutti i video delle partite disputate dalla Sue, aveva studiato ogni suo colpo eppure non era riuscita ancora a capire come batterla.
Non aveva tallone d’Achille, non era insufficiente in nessuna delle caratteristiche tennistiche.
Bussarono alla porta, e quei due colpi, la risvegliarono dai suoi pensieri.
Si alzò dalla sedia e camminò lentamente, avrebbe scommesso in qualche giornalista, ormai era tempestata di domande inerenti al legame di sangue con l’astro nascente della WTA.
Aprì la porta, la ragazza dinnanzi a lei non la conosceva, ma l’aveva immediatamente riconosciuta.
Ad ogni party, ad ogni sfilata, ad ogni premiazione accompagnava Molly, ormai erano quasi inseparabili.
-Elena giusto?- la ragazza sorrise, indicò il divano che riuscì ad intravedere in camera, -Posso entrare? Vorrei dirti alcune cose-
Vera si spostò per far spazio alla giovane, chiuse la porta alle sue spalla.
Aprì il frigo e nel silenzio imbarazzante che si creò, versò due bicchieri di thè freddo.
-Allora dimmi, cosa vuoi?-
Elena continuava a torturarsi le mani imbarazzata, non riusciva ad affrontare lo sguardo di Vera,
-Molly compie 18 anni, io le ho fatto un regalo, ma credo che non sia quello giusto-
La donna si accomodò di fronte alla rossa, sorseggiò un paio di sorsi di thè, sorrise amichevolmente per evitare che la più giovane si sentisse ancora in soggezione
-Quindi voi siete una coppia fissa?-
Elena sorrise, diventò rossa, non era molto propensa di parlare dei suoi rapporti con la Sue, alzò le sopraciglia per sembrare più sicura di se stessa
-Ci frequentiamo da 4 mesi, abbiamo trascorso molto tempo insieme, sono stata molto attenta a quanto alcol ingerisse- sorrise, ricordando le varie volte in cui aveva dovuto togliere il vino da tavola, Vera scoppiò a ridere, era felice di sapere che Elena fosse attenta alla sua “protetta”
-So quanto sia difficile, io non ci sono mai riuscita, ci sono rapporti indissolubile, e Molly e l’alcol sono impossibili da dividere, come ci sei riuscita?-
Elena alzò le spalle ovvia, si fece seria e guardò la donna negli occhi per la prima volta
-Molly non giocherà a tennis per sempre, questo sarà il suo ultimo anno, poi annuncerà il ritiro, le dico sempre che quando vincerà gli Us Open e conquisterà il grande slam, berremo fino alla nausea-
Vera scosse il capo, era incredula, ritirarsi a 18 anni era da pazze, solitamente a 18 anni la carriera di una giocatrice professionista non è neanche iniziata
-Perché si ritira?-
Elena sospirò, realmente dispiaciuta –Il suo cuore non regge, i suoi allenamenti sono troppo pesanti, io spero che riesca a salvarsi il culo quest’anno, non ha cambiato nulla della preparazione, sono riuscita però a convincerla di non aggiungere altri tornei oltre i 4 slam-
-Oh mio Dio- Vera si passò le mani tra i capelli, perché quella ragazzina spocchiosa non l’aveva chiamata, perché non riusciva a trovare la forza e la voglia di chiarirsi con lei, la voce della giovane ballerina richiamò la sua attenzione
-Il mio regalo per i suoi 18 anni, oltre un tatuaggio che già abbiamo fatto insieme, sei tu, stasera ho organizzato una cena, ho prenotato il tavolo migliore nel miglior ristorante, stasera ceneremo insieme-
Vera alzò lo sguardo di scatto, sorrise amorevolmente –Molly lo sa?-
Elena scosse il capo, dopo un attimo però alzò le mani per tranquillizzarla –No, però sono certa che ne sarà felice, è troppo orgogliosa per richiamarti o per rispondere ad una telefonata-
Vera le porse la mano –Sarà un piacere oltre che un onore essere il tuo regalo-
Elena di slancio abbracciò la donna, non limitando il suo carattere molto passionale, la ringraziò miliardi di volte.

Molly era con Joy, erano all’ingresso dell’hotel, avevano ancore le valigie con loro, la Potter guardò l’amica, sapeva cosa stesse pensando, la Sue fece qualche salto sul posto, sospirò e con uno sguardo dette “l’ok” alla ragazza al suo fianco.
-Non voglio fare scenate, voglio essere superiore-
Joy dette una pacca sulla spalla della Sue –Così ti voglio ragazza- le due scoppiarono a ridere.
Si ritrovarono di fronte la porta del bar –Ne sei sicura?-
-Prima o poi dovrò affrontare la questione-
La ragazza aprì la porta con grinta, Joy la seguì, si accomodarono su due sgabelli vicino al bancone.
Molly portò le mani sul lungo vetro, si maledì poco dopo, lo aveva sporcato, le orme delle sue mani erano molto evidenti.
La Potter scoppiò a ridere, la bionda la seguì poco dopo, -Ora possono vendere il bancone al triplo del valore, ci sono le mie orme qui sopra, gli ho fatto un favore-
Una voce familiare interruppe le risate acute, -Puoi dirlo al mio capo, così magri evito di pulire il tuo disastro-
Molly guardò la ragazza, sorrise imbarazzata, e continuando a posare il suo sguardo su Emily, si ricordò di quanto fosse bella, si allungò, riuscendo ad impugnare uno straccio bagnato, pulì con cura la macchia, sorrise alzando lo sguardo
-Sei sempre così melodrammatica- la Vivaldi sorrise di rimando, la fossetta prese vita sulla guancia della siciliana, Molly l’adorava.
Joy scosse il capo, aveva lo smartphone tra le mani –Questo video diventerà virale, hai un futuro come donna delle pulizie- riuscì a spezzare la tensione che si era creata.
Emily scosse il capo, quasi scocciata da tutto quel rimarcare popolarità, -Allora cosa preferite?- la bionda guardò la mano della barista, riuscì a vedere la fede al dito, la neo sposa, quasi imbarazzata, sfilò la mano, nascondendola alle spalle del bancone, Joy notò un cambiamento solo per un attimo nello sguardo dell’amica, cambiamento che non prometteva bene, così decise di ordinare lei per entrambe, -Per me una limonata e per lei un’aranciata-, Emily si diresse verso il frigo riservato alle bevande, le gambe le parvero pesanti, scosse il capo scocciata da quella situazione, ormai il lavoro le stava stretto, non amava più farlo, continuare a servire atleti implicava continuare a vedere Molly, a subire l’effetto che le faceva Molly.

La Sue strinse la mano della ragazza intenta a servire le bevande, sorrise beffarda, è il suo inconfondibile ghigno prese vita sul suo volto, -Alla fine ti sei sposata, complimenti, perché non sono stata invitata alla cerimonia?-
Emily era pietrificata, la giovane tennista non era per nulla cambiata, la sua lingua biforcuta era rimasta la stessa, sorrise e con sguardo di sfida rispose secca –mi spiace, ma sai eri tanto impegnata con la tua nuova fiamma, eravate stupende ai grammy, complimenti-
-oh, che stronza!- la bionda gettò il liquido del bicchiere con rabbia contro la barista e andò via un attimo dopo.
La Vivaldi rimase ferma, qualche respiro profondo l’aiutò a mantenere la calma, alzò lo sguardo e trovò quello di Joy, perplessa, -Cosa cavolo le è preso?-
La Potter non riuscì a rispondere con una delle sue battutine a fondo offensivo, era semplicemente seduta sullo sgabello, era semplicemente senza parole.
-Bene, ora anche la Potter non riesce a parlare- impugnò uno straccio pulito e cercò di ripulirsi, non sapeva cosa pensare, Molly era davvero una ragazza complicata, esasperava tutto, ormai l’aveva imparata a conoscere.
Decise di fare la ragazza matura, cercò di essere superiore –Senti, chi è questa tipa che frequenta? E’ una tipa apposto?-
Joy sorseggiò la bevanda, alzò le sopraciglia non avendo capito bene la domanda, posò lo sguardo sul suo cellulare –Allora se ti interessa della sua fedina penale, sarai contenta nel sapere che è pulita, se ti interessa sapere se sia una cosa seria o meno, non so se sarai contenta nel sapere che quelle due non fanno nulla di serio, o almeno, Molly non ha intenzioni serie, Elena è cotta, se ti interessa sapere se lei sia ancora innamorata di te … - Joy si alzò dallo sgabello, guardò la porta dove pochi minuti prima la Sue era sparita, fece un sospiro e continuò a provocare la Vivaldi –Credo che non ci sia bisogno di una risposta-.
Emily si morse un labbro, era nervosa, non sarebbe riuscita a sostenere quella situazione, alzò lo sguardo per incontrare quello di Joy –Per favore, evita di farla venire qui, è meglio per entrambe-
La Potter abbozzò un si, lasciò un paio di banconote sul bancone –Complimenti sposina, spero che tu sia felice-.

-Dai muoviti Sue, sei davvero lenta, come fai durante le sfilate? Ti bastano 2 minuti- la risata della giovane tennista, fece sorridere Elena.
Molly uscì dal bagno, si voltò verso la rossa mantenendosi la cerniera del mini abito, -Dai aiutami anziché lamentarti, brontolona-.
-Non sono abituata a vestirti, solitamente ti spoglio- le lasciò un bacio sul collo scoperto grazie ai capelli legati in uno chignon, la bionda si voltò leggermente, abbastanza per baciare la nuova fiamma, -Non dimenticarti come si fa, dovrò digerire la cena- sorrise maliziosa, Elena sfilò tra le braccia dell’altra ragazza, -Mi dispiace, ma domani devi scendere in campo, preserva le energie-
Molly sbuffò, si infilò le scarpe e si avviò verso l’ascensore dove la rossa l’attendeva.
-Sei bellissima- Elena baciò affettuosamente la giovane tennista, poi le strinse la mano e l’accompagnò al tavolo prenotato.
Vera era già seduta, sorseggiava del vino bianco, incrociò le braccia accennando un sorriso involontario, Elena allargò le braccia caricando una smorfia facciale –Sorpresa-.
La giovane tennista portò le mani ai fianchi, scosse la testa, guardò la ragazza, dal suo volto capì che fosse davvero nervosa, non riuscì a darsi un motivo, non riuscì a capire il perché ma silenziosamente si accomodò a tavola.
Riempì un calice di vino, sorseggiò con estrema calma il liquido rosso, alzò lo sguardo indecisa,
-Allora zia, come vanno le cose nei quartieri alti?-
Vera sorrise amara, indicò il calice –Non dovresti bere, lo sai benissimo-
Elena sfilò il calice dalle mani della ragazza, bacchettò il giovane talento –Vera ha ragione, vuoi vincere tutti gli slam, i dettagli faranno la differenza-
Molly guardò Vera, cercava una spiegazione, la cercava esasperatamente, se solo fosse riuscita a trovarla sarebbe riuscita a giustificarla, ma lei non riusciva proprio a capire.
-La Stewart migliora, ma riesco a capire ogni sua giocata ancor prima che lei stessa la capisca-
Vera scosse il capo divertita, ingoiò il boccone di pasta, si prese qualche momento per rispondere
-Molly io credo che tu sia diventata un robot, le macchine sono più forti, ma non hanno cuore-
La Sue guardò la sua ex Coach, aveva lo sguardo assente, come se nulla la toccasse, inclinò leggermente la testa, serrò la mascella, strinse i pugni, le nocche diventarono bianche, Vera fu attenta a coprire quel dettaglio, strinse le mani della giovane
-Ti hanno portato al limite, ne vale la pena Molly? Già sei entrata nella storia, sei la più giovane ad aver vinto uno slam, sei l’unica ragazza che è finita in carcere e vincere uno slam, sei l’unica ragazza che è riuscita a vincere uno slam partendo dalle qualificazioni, non fare stronzate, sei già entrata nella storia Molly-
La giovane scosse leggermente la testa, rimase in silenzio, sapeva di sbagliare, sapeva benissimo che tutto quello che stava sbagliando la stava uccidendo lentamente.
Elena, si alzò lentamente, quasi per paura di far rumore, capì la situazione e capì che quelle due sarebbero dovute rimanere sole, -io credo di andare, questa è la vostra serata ed io sono di troppo-
Vera sorrise compiaciuta, ringraziò la ballerina con una smorfia facciale appena accennata.
Elena si chinò leggermente, lasciò un bacio sulle labbra della fidanzata e andò via.
La Sue d’improvviso alzò lo sguardo, incontrò quello della donna dinnanzi,
-Il dottore ha detto che il mio cuore è troppo grande, non sostiene i miei ritmi, non è divertente?-
Vera si intenerì, riconobbe la ragazza malconcia distesa sul pavimento sporco e bagnato del carcere con le mani strette al petto, strette a quella fotografia, dopo tanto tempo riuscì a riconoscere quegli occhioni grigi.
-Molly non è divertente, è una cosa delicata, questo è un problema-
La ragazzina iniziò a ridere, scosse il capo divertita, contrariò sua zia
-no, invece è divertente, le persone mi chiamano robot perché non ho un cuore, i dottori invece dicono che c’è ed anche troppo grande, poi ci sono io, ed io non riesco neanche a respirare da quando non è più con me perché sto trattenendo il fiato mentre cerco di ricomporre i pezzi, sto cercando di andare avanti, giuro ci sto provando, ma non posso evitare di giocare a tennis perché è l’unica cosa che mi è rimasta, io non ho più niente, se combattere per l’unica cosa che mi è rimasta implica giocarmi la vita, sono pronta a prendermi tutti i rischi-
Le due si guardarono in silenzio, le cose erano cambiate, non erano più dietro quelle 4 mura, non stavano più combattendo per la libertà, quella lotta estenuante ora rispetto alla battaglia che le stava aspettando sembrava tanto piccola e semplice.
-Io sarò il tuo scudo Molly, te lo prometto, hai la mia parola-
La giovane sorrise, si alzò dalla sedia per prendere posto sulle gambe della donna che l’aveva cresciuta, la strinse talmente stretta da far fatica a respirare.

Elena aspettava l’ascensore, era felice di aver preservato una serata per quelle due, troppo orgogliose per far pace senza un aiuto.
Sbloccò il telefono e l’immagine di sfondo la fece sorridere, lei e Molly in New Mexico, la bionda aveva le guance rosse, troppo sole e poca crema protettiva, sembrava una bambina.
Quell’immagine catturò anche l’attenzione di un’altra persona, Elena sentì la presenza di qualcuno al suo fianco, guardò l’ora 22:40, d’istinto guardò la persona al suo fianco, indietreggiò d’istinto e quell’azione azzardata non passò inosservata
-non ammazzo nessuno e anche se fosse dopo 16 ore di lavoro non ne avrei la forza-
Elena recuperò lo spazio perduto facendo qualche passo verso la barista
-mi hanno detto che fossi amichevole, non pensavo che mi stessero prendendo per il culo-
-chi ti ha detto questa stronzata?-
Le porte dell’ascensore si aprirono, Emily alzò lo sguardo notò l’imbarazzo dipinto sulla ragazza
-sarei dovuta andare con lei in New Mexico sai? Le piace tanto, lei ama questi posti esotici, quando siamo state alle Maldive lei era talmente meravigliata dalla bellezza di quelle spiagge di notte che mi costrinse a tuffarmi completamente nuda in acqua, faceva freddo ed io odio spogliarmi in posti aperti, ma quando mi guardò con quei suoi occhi da sognatrice bambina, non riuscii a dirle di no.
Il giorno dopo siamo state male, lei dava la colpa al pesce del ristorante, non voleva ammettere di aver fatto una stronzata tuffandosi a mare, però sai lei era realmente felice, lei mi guardò per qualche istante dritta negli occhi, avrebbe voluto dirmi qualcosa ma le parole le morirono in gola, i suoi occhi passarono alle mie labbra che poi catturò con le sue, però sai quando ho incrociato i suoi occhi, ho realizzato che fosse l’amore della mia vita, ho realizzato che sarebbe stato difficile, sarebbe stata una battaglia ogni giorno, lei è completamente diversa da me, ma io avrei combattuto contro il mondo intero ogni giorno, avrei sconfitto tutti i mostri per lei, sarei salita in capo al mondo scalza e disarmata se solo fosse stato necessario, credo che proprio per questo motivo scappò via, sapeva benissimo e sa tutt’ora perfettamente che io ci sarò sempre per lei, Molly Sue non mi permetterà mai di combattere per lei perché non sopporterà una ferita sul mio corpo-
L’ascensore si richiuse e risalì dopo una seconda prenotazione, gli occhi di Elena si gonfiarono, le lacrime facevano pressione e dopo qualche momento iniziarono a scendere, Emily era davvero diversa da lei, era scura, gli occhi raccontavano tutto l’amore, le labbra si aprivano per dare vita ad una danza di parole che l’avrebbero salvata da ogni cosa, il suo portamento così fine, il suo stile inconfondibile. Non riuscì a capire cosa ci trovasse in lei dopo essere stata con una come Emily
-Giuro che se le farai del male, io ti verrò a cercare- Elena udì quella frase, rimase in silenzio. Guardò Emily sparire passo dopo passo.
Era gelosa del passato della sua fidanzata, odiava il fatto che Emily l’avesse privata dell’ultima parte umana che le fosse rimasta.

Le 2 settimane passarono velocemente, Il Roland Garros dette gioia ai francesi per lo spettacolo che si vide nel campo dell’ATP, le donne dettero meno gioie, Molly fu la regina indiscussa, quotata al minimo sindacale la sua vittoria.
Vinse il suo terzo slam consecutivo, ogni partita vinta le donava più popolarità, ormai non si faceva altro che parlare di lei.
Emily aveva richiesto di non partecipare al party post-slam, non avrebbe voluto vedere la giovane vincitrice, era riuscita ad evitare la diciottenne benissimo e non avrebbe voluto rovinare tutto.
La Potter alle7 del mattino bussò con estrema forza alla camera 521, a momenti l’avrebbe buttata a terra se non l’avrebbero aperta.
Dopo qualche minuto la porta si aprì, Elena guardò Joy, il suo sguardo cambiò un attimo dopo, le strinse il colletto con cattiveria –Dove cazzo sta Molly?-
Joy cadde a terra, non riusciva a stare in piedi, -sei una deficiente, dimmi dove sta la mia ragazza-
Una bottiglia cadde a terra e si sentì il vetro spaccarsi subito dopo l’impatto con il pavimento,
la rossa chiuse gli occhi sperando che non fosse come pensava, ma la risata assordante di Joy le negò almeno la gioia di sperare per qualche momento.
Elena si voltò, Molly era vistosamente ubriaca, allargò le braccia disperata,
-Perché hai bevuto così tanto? Perché non mi hai chiamata?-
Accarezzò il viso della giovane tennista, faceva fatica anche lei a reggersi in piedi, rimase a guardarla, poi lentamente la rispose –perché tu non sei lei-
Elena si voltò verso Joy senza sapere cosa potesse fare, Joy era a terra ma non rideva più, anche da sbronza aveva capito la gravità della situazione,
-Non sono lei?-
Molly scosse la testa dispiaciuta, poggiò una mano contro la parete per reggersi, l’altra la portò sulla pancia, sapeva che a momenti avrebbe rimesso tutto.
-io non so cosa fare- si prese qualche momento poi ritornò a guardare la sua fidanzata –hai bevuto perché c’era anche lei?-
Scosse la testa, guardò l’amica ormai comoda sul pavimento, realizzò con un filo di voce -lei non c’era, ed ora la rivedrò tra due settimane a Wimbledon, non mi ha neanche salutata-
Elena si recò verso Joy, la rialzò dal pavimento, -puoi dirmi dove cazzo sta? Puoi dirmelo?-
La tennista inglese, sorrise, indicò la porta dietro di loro 524.
Molly guardò la porta, fece qualche passo senza staccarsi dalla parete, guardò Elena dispiaciuta –Mi dispiace-
Si portò verso la 524, ed iniziò a bussare alla porta.
Elena e Joy erano spiazzate, nessuna delle due avrebbe immaginato una cosa del genere.
Ogni volta che bussava senza ricevere risposta un ondata di lacrime sarebbero volute scendere, ma Molly le cacciò all’indietro, bussò per più di 5 minuti e ormai perse la lotta con le lacrime da qualche minuto.
Elena e Joy continuarono a guardarla ammutolite, Molly era disperata, piangeva, urlava, continuava a dare pugni a quella porta, lei non mostrava mai le sue emozioni negli ultimi tempi, ed ora era lì, un pianto disperato aveva preso vita, tra un singhiozzo e un altro riuscì ad urlare contro la porta con rabbia,
-Emily, Emily apri questa cazzo di porta- Joy si alzò cercando di riprendere Molly e portarla via di lì, ma non riuscì a concludere nulla, l’amica respingeva ogni forma di aiuto in quel momento,
La porta si aprì dopo tanto trambusto, Molly non perse un attimo, istintivamente si gettò al collo della barista continuando a piangere, -non lasciarmi più, ti prego-
Emily guardò Elena e Joy ferme, non sapevano cosa potessero fare, strinse il corpicino della sua ormai ex, Molly la stava pregando piangendo, un pianto devastante.
La barista iniziò ad accarezzarle i capelli, -credo sia meglio che andiate via-, sentì le mani di Molly stringere ancor più forte la sua maglietta, -Ci sono io ora tranquilla, andrà tutto bene, te lo prometto-, il respiro della bionda iniziò a regolarizzarsi, le lacrime si fermarono, ma le braccia erano ancora strette forte al collo.
-Credo che sia meglio  se vieni dentro con me-
Molly abbozzò un si con la testa, Emily la fece entrare e si chiuse la porta alle spalle.
La Sue si sedette sul letto, osservò la Vivaldi occupata a portarle qualcosa da mangiare.
Molly continuava a fissare la barista, -per favore vieni qui, voglio solo dormire in questo momento-
Emily si avvicinò verso la ragazza, Molly le strinse la mano e riuscì a portarla al suo fianco, si strinse contro di lei e l’abbracciò con forza, quasi per non farla scappare via se solo ci avesse provato.

-Perchè lo ha fatto?- Elena era disperata, le mani tra i capelli e la testa direzionata al pavimento, Joy era davvero senza parole, si accese una sigaretta, osservando ogni singolo movimento dell'altra ragazza.
-sarebbe dovuto succedere, quelle due hanno un legame indissolubile, per quanto voglion essere distanti, arriverà un momento, arriverà il momento in cui Molly non riuscirà più a mentire a se stessa, la lontanaza da Emily la distrugge-
Joy fece qualche passo per avvicinarsi ad Elena, le strinse una mano -Non è colpa di nessuno-
-Ora che faccio?- la rossa non alzò lo sguardo, continuava a fissare il parquet.
Non ebbe una risposta, nessuno le avrebbe potuto dire cosa fare in quel tragico momento.
Senza alcuna voglia di volerlo fare, la ballerina, raccolse i suoi indumenti posizionandoli in modo poco ordinato nella valigia.
Joy continuava ad osservare in silenzio ancora per poco, si alzò ed uscì d'istinto dalla stanza.
Bussò ripetutamente contro la 524.
-Joy la finisci? Molly dorme- la barista aveva le braccia incrociate, sguardo verso la fine del corridoio per non incrociare quello di Joy.
Il silenzio ebbe vita breve, -Io domani parto, vado in Sicilia, Molly verrà con me, se ti va prepara le valigie- la giovane tennista guardò con stupore la ragazza dinnanzi a lei,
-Perchè dovrei accettare questa cosa così ridicola?-
-Perchè io amo Molly, e sai benissimo che se solo mi avessi fatto entrare in casa a Londra, non staremo parlando di questa cosa così ridicola-

Il mattino seguente Molly si svegliò su un letto che non era il suo, il profumo di quel cuscino non era di Elena, l'odore del caffè la fece alzare con meno fatica.
Si recò in cucina, Emily le aveva preparato la colazione, Molly rimase ferma all'uscio della porta, era pietrificata.
Avrebbe voluto fare un passo in avanti, ma i piedi erano attaccati a quella matonella, avrebbe voluto alzare una mano ma le braccia erano troppo pesanti, avrebbe voluto sorridere ma le labbra erano incollate l'una all'altra.
E rieccole le farfalle allo stomaco, riecco la sensazione di sentirsi perennemente stupida.
-ciao- la siciliana, ascoltò il suono di quel saluto buttato lì per rompere il silenzio, si avvicinò alla ragazza -Non aggiungere altro-
la sua richiesta venne igonarata
-Ieri sera, ero ubriaca è vero, ma rifarei tutto, se mi ha portato a dormire con te, a svegliarmi con te e passare la notte tra le tue bracciaa-
un paio di colpi di tosse la fermarono, fece un lungo respiro per farsi coraggio
-Io non so cosa stiamo facendo, credimi non lo so, tutto quello che ho fatto, bhè ho fatto solo una grande stronzata, sono scappata, scappare da te mi ha uccisa dentro lentamente, io ... bhe io ... - si fermò nuovamente, per prendere fiato, distolse lo sguardo dal pavimento per incrociare gli occhi della ragazza di fronte a lei, fece un altro lungo respiro
-tu mi manchi così tanto che non so se c'è la farò-
Emily ascoltò ogni parola con attenzione, le strinse una mano, sorrise amorevolmente
-Basta Molly, mi avevi già convinta al ciao-
spostò una ciocca di capelli dal viso della bionda e poi si tuffò sulle sue labbra, la baciò lentamente per assaporarne il sapore, per poi socchiudere le labbra e baciarla come solo lei sapeva fare, baciarla con così tanta foga e passione da impedirle un respiro regolare ed essere costretta a staccarsi solo per riprendere fiato.

Angolo autrice:
Sono terrilbemte dispiaciuta per non essere riuscita ad aggiornare.
Faccio tre lavori e non ho il tempo materiale per scivere e questo me ne dispiace tanto.
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia.
Le ragazze devono tornare in Sicilia e ad attewnderle ci saranno vari problemi tra cui
-la famiglia di Emily
-i pregiudizi delle persone
-le amiche di Emily
ma soparattutto
-la moglie di Emily...
a presto e vi ringrazio per la lettura e per la pazienza
 
 
 
 

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