In Noctem- Whispers in the Dark di Tecla_Leben (/viewuser.php?uid=54143)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Custode degli astri ***
Capitolo 2: *** La ribalta di Pitch (In Noctem, parte 1) ***
Capitolo 3: *** Lo sconforto di Jack ***
Capitolo 4: *** Il castello di tenebre ***
Capitolo 5: *** Contrattacchi e visioni ***
Capitolo 6: *** Addio ***
Capitolo 7: *** Nella cripta di Pitch ***
Capitolo 8: *** Verità dal passato ***
Capitolo 9: *** Il bivio - In Noctem, parte 2 ***
Capitolo 10: *** Esiliata ***
Capitolo 11: *** The dark begins to rise ***
Capitolo 12: *** Alleanza proibita ***
Capitolo 13: *** Il sacrificio ***
Capitolo 14: *** Al Polo Nord ***
Capitolo 15: *** Il cordoglio di Sandy ***
Capitolo 16: *** Cinque anni dopo ***
Capitolo 17: *** Una nuova vita ***
Capitolo 1 *** La Custode degli astri ***
Ricordo
perfettamente il giorno in cui tutto ebbe inizio. O finì...
dipende
dai punti di vista. Ricordo gli schiamazzi divertiti della folla, e
il fumo che saliva a spirali lente e minacciose nel cielo azzurro.
Ricordo il caldo, e mi ricordo quegli occhi paglierini che
assistevano maligni, trionfanti. Stavo urlando con quanto fiato avevo
in gola, contorcendomi e dimenandomi dalla disperazione e dal dolore.
Poi il nulla. Quando rinvenni, la folla si stava ormai disperdendo.
L'aria era calda e satura dell'odore tremendo di carne bruciata che
mi assaliva prepotente le narici, provocando in me un forte senso di
nausea. Stordita, alzai lo sguardo e incontrai di nuovo gli occhi di
Pitch. Mi sorrise malevolo, e con un fruscio di mantello si dissolse
come fumo nel vento.
Nord
alzò lo sguardo alla finestra, le sopracciglia inarcate in
un'espressione corrucciata. Lasciò perdere definitivamente i
giocattoli che stava esaminando, si alzò, fece il giro della
scrivania e posò la sua mano adorna di anelli sul vetro
gelido.
Sollevò lo sguardo al cielo, cercando le stelle. Il primo
pensiero
fu che doveva aver visto male. Strizzò gli occhi con i pugni
e tornò
a guardare. No, non si era sbagliato affatto. A ogni battito di
ciglia, qualche stella si spegneva. Rimase alcuni secondi a guardare
quei lumini lontani che tremolavano,
sbiadivano e sparivano lasciando un cielo d'inchiostro, come se una
mano enorme ne avesse premuto gli interruttori uno ad uno. Poi si
voltò con decisione e fece per uscire dal proprio studio a
passi
larghi e spediti.
Ma
all'ultimo momento si fermò sulla soglia, realizzando a
scoppio
ritardato un dettaglio che a primo sguardo, troppo occupato a
osservare il cielo, gli era sfuggito. Tornò nella stanza, si
avvicinò di nuovo al vetro della finestra scossa dal vento e
strizzò
gli occhi verso la catena montuosa che celava il suo rifugio alla
stragrande maggioranza degli esseri umani che abitavano il pianeta.
Una piccola, fioca lucina era apparsa in prossimità della
vetta più
bassa, e osservandola attentamente per qualche minuto, Nord si
accorse che si stava muovendo verso il basso. Il che significava una
sola cosa: qualcuno era diretto lì.
Nel
frattempo, fuori, a qualche chilometro di distanza, una figura
solitaria stava discendendo lungo il fianco della montagna di fronte,
il fianco che affacciava proprio sulla landa dove si ergeva la
fabbrica di giocattoli. Una persona avanzava faticosamente in mezzo
alla neve alta, con l'unica compagnia di una piccola luce tremolante
al vento come una fiamma di candela che proiettava, al suo passaggio,
strane ombre oblunghe sul manto bianco che ricopriva il sentiero.
Il
misterioso visitatore del Polo avanzava curvo in avanti per
proteggersi dal freddo e dal vento che infuriava attorno a lui,
cancellando inesorabilmente le orme che si lasciava dietro.
Nord
osservò quella luce discendere la montagna forse ancora per
una
manciata di minuti, quando il vento smise improvvisamente di
soffiare. A quel punto, anche la piccola luce si arrestò.
Nord
la fissò con le sopracciglia aggrottate, e all'improvviso
quella
schizzò verso l'alto descrivendo un arco ampio e acuto nel
cielo,
per poi sparire dalla visuale dell'uomo. Il quale, dopo alcuni
secondi, si staccò definitivamente dalla finestra, si
voltò e uscì
dalla stanza a passi larghi e spediti. Al suo passaggio, gli Yeti e
gli elfi che incrociava si facevano velocemente da parte, intuendo il
pericolo di essere falciati senza pietà, mentre l'eco di
colpi
risuonava dal pesante portone di noce dell'ingresso principale.
All'arrivo di Nord, uno Yeti si fece avanti offrendosi di aprire al
posto suo, ma lui lo spinse da parte, preferendo pensarci da
sé.
Fece scorrere il chiavistello con gesto stizzito e tirò
l'anta verso
di sé con un verso affannato. Una chiazza di luce piovve
all'esterno, proiettando un rettangolo luminoso sul sottile strato di
neve che era riuscito a depositarsi sul pavimento davanti alla
soglia. Appena oltre, affondata nella neve fin oltre le caviglie, si
ergeva una figura silenziosa e schiva col capo leggermente chino in
avanti, come a proteggersi nella penombra. Nord fece saettare gli
occhi d'intorno, alla ricerca della fonte di luce che aveva visto
poco prima e che doveva per forza appartenere alla persona che aveva
di fronte, ma non ce n'era traccia. Nord riportò lo sguardo
su di
lui e parve riconoscere il misterioso avventore con scarsa sorpresa.
<<
Dunque immaginavo bene! >> disse, rivolto alla figura che
ancora si ergeva statuaria davanti a lui, << Si tratta di
te!
Se sei qui, vuol dire che è cosa seria! Ne è
passato tanto, di
tempo, dall'ultima volta, eh? >>
Il
misterioso visitatore emise un verso spazientito e il sorriso
gioviale sul volto di Nord si incrinò come vetro,
tramutandosi in
un'espressione tesa.
<<
Sì, hai ragione. Rimandiamo a più tardi i
convenevoli... >>
E
così dicendo si fece da parte per lasciare entrare il
taciturno
individuo, per poi affacciarsi di nuovo, lanciare un'occhiata furtiva
d'intorno e ritirarsi nuovamente, richiudendosi il portone in faccia
con una spinta poderosa.
Jack
correva come un forsennato. Aveva visto l'aurora Boreale splendere
come non mai e aveva subito lasciato perdere la tormenta di neve con
cui si stava lambiccando, da qualche parte in una distesa desolata in
Groenlandia, per volare senza perdere altro tempo al polo Nord.
Superò
un gruppo di Yeti che lo guardò schizzare avanti a
sé attonito e si
precipitò a rotta di collo nello studio di Nord, senza
preoccuparsi
di bussare.
<<
Nord! Che sta succeden...? >>
Si
bloccò, fissando lo schienale della grande poltrona verso le
fiamme
del camino: lo fissavano due occhi ambrati dalle pupille verticali,
incastonati in un viso delicato incorniciato da folti capelli biondi,
sporto oltre il bracciolo. Una ragazza.
La
rotondità delle guance della sconosciuta contrastava
enormemente con
la severità del suo sguardo, accentuato da due folte
sopracciglia ad
ala di gabbiano atteggiate in un cipiglio tutt'altro che amichevole.
Jack stava giusto per fare dietro-front, convinto di aver sbagliato
stanza, quando Nord, passandosi i pollici enormi sulla fibbia della
cintura, apparve come evocato da forze oscure alle sue spalle.
<<
Benvenuto, Jack! >> disse gioviale, prendendo il ragazzo
sottobraccio, << Permettimi di presentarti nostra ospite
>>
.
E
indicò con gesto ampio la poltrona dalla quale la ragazza
sconosciuta non aveva smesso un istante di scrutarlo.
Lei
si alzò con scatto atletico e si avvicinò di
qualche passo,
squadrandolo con aria poco convinta, le mani puntate sui fianchi
larghi e tondi.
<<
Credevo che Sandy mi avrebbe accompagnata >>
osservò, alzando
un sopracciglio.
Nord,
dal canto suo, la guardò bonariamente.
<<
È vero, doveva essere Sandy, ma lui adesso ha tanto da fare.
Ora che
iniziano vacanze, bambini non fanno altro che dormire e, senza di
lui, sogni rischiano di scarseggiare! >>
<<
Ah... >>
Aveva
pronunciato quel suono come se non avesse creduto a una sola parola
detta dal leader dei Guardiani, e aveva ripreso a guardare Jack con
aria di superiorità. Jack decise che lei non gli ispirava
alcuna
simpatia e adottò a sua volta uno sguardo diffidente.
<<
Qualcuno può gentilmente spiegarmi che sta succedendo?
>> chiese infine sbuffando, giocherellando col proprio
bastone,
guardando l'uomo di sottecchi.
Nord
si batté una mano sulla fronte e scoppiò in una
fragorosa risata,
come se si fosse appena reso conto che lui era lì. Poi si
fece serio
tutto a un tratto e fissò i suoi occhi in quelli del ragazzo.
<<
Vedi Jack, abbiamo problema. Molto grosso. Stelle in cielo si
spengono a velocità preoccupante, dobbiamo fare qualcosa. In
fretta,
o saranno guai per tutti >> .
Quasi
come a voler verificare coi propri occhi, Jack si avvicinò
lentamente alla grande vetrata che dominava l'ufficio e alzò
rapidamente lo sguardo, ma il cielo gli appariva normale, colmo di
stelle come ogni notte.
<<
Eeeeee... questo cosa comporta? >> chiese comunque,
scostandosi
dalla finestra e posando di nuovo lo sguardo sulla ragazza, che gli
restituiva a sua volta uno sguardo ostile, col mento stretto tra
pollice e indice.
<<
Comporta grosso guaio, ecco cosa. Come dicevo io. Ma nessuno a mio
parere può spiegare meglio di diretta interessata, vero?
>>
La
ragazza si fece avanti, le mani ora di nuovo puntate sui fianchi, ma
si guardò bene dal proferir verbo. Si limitava a fissare
Jack con
una sorta di insistenza calcolatrice, e Jack iniziava a sentirsi
vagamente a disagio, guardandola di straforo senza riuscire a
sostenere direttamente il suo sguardo di fiamma.
Era
un essere tra i più particolari che avesse mai avuto
occasione di
vedere, e sembrava uscita fuori da un romanzo fantasy a fumetti. Per
la maggior parte, aveva l'aspetto di una giovane donna, ma a renderlo
decisamente insolito erano le grandi e pelose orecchie da gatto che
spuntavano da quella matassa bionda che le contornava il viso e due
grandi ali da pipistrello, piegate sulla schiena in posizione di
riposo. Il suo corpo paffuto era avvolto da un tessuto nero e lucido
che aderiva alle sue forme come una seconda pelle, fondendosi con le
calzature, munite di bassi ma rumorosi tacchetti. Le sue braccia
erano coperte dallo stesso tessuto, che si allungava fin sul dorso
delle mani per restringersi attorno alle dita medie. Sul davanti, la
sua veste si apriva sul petto in una scollatura a barca, mentre
dietro seguiva uno spacco verticale che andava a richiudersi sulla
zona lombare, appena sopra l'attaccatura di una folta coda dai ciuffi
castani.
Lei
continuò a fissare il ragazzo, ma si rivolse a Nord.
<<
Scusa, posso parlarti un secondo? In privato? >>
<<
Sicuro! >> rispose lui, afferrando Jack per le spalle e
sospingendolo verso la porta. Lo buttò quasi di peso nel
corridoio,
lanciandogli un'enigmatica occhiata d'avvertimento, come a intimargli
di non origliare facendogli fare una brutta figura, e lo chiuse fuori
in malo modo.
Jack
rimase attonito a contemplare il legno scuro della parete di fronte,
con una vaga stizza disegnata in volto.
L'atteggiamento
di quella donna-gatto gli aveva urtato i nervi dal primo momento in
cui i loro occhi si erano incontrati: il suo sguardo di
superiorità
e il suo tono altezzoso gli erano stati in antipatia fin da subito,
ma non avrebbe mai creduto fino a quel punto. E poi aveva voluto
parlare a Nord a quattrocchi, come un insegnante ai genitori di un
bambino problematico. Non era stato forse Nord a chiamarlo con
urgenza? E adesso permetteva a quella perfetta sconosciuta di dettar
legge, comportandosi come se il capo fosse stata lei...
Jack
accostò cauto l'orecchio alla superficie di legno della
porta,
desideroso di scoprire cosa avesse quella ragazza da dire a Nord di
tanto importante che lui non dovesse sentire. Dopo un attimo di
silenzio, riconobbe la voce della ragazza, attutita e ovattata.
<<
Nord, onestamente credo che quel ragazzo non sia adatto...
>>
<<
Ma che dici! Jack è proprio persona adatta per questo
compito!
Vedrai, farete grande accoppiata vincente! >>
<<
Nord, apprezzo molto quello che hai detto >> rispose lei,
con
tono tutt'altro che riconoscente, << ma credo che per
questo
genere di cose ci sia bisogno di qualcuno con più..
esperienza... >>
<<
Sciocchezze! Jack è candidato perfetto! >>
I
due andarono avanti a discutere per diversi minuti, sul
perché e per
come Jack Frost fosse adatto o meno alla “missione”.
Ma
che missione? Si chiese Jack, abbassandosi per sbirciare
dalla
serratura. La ragazza era proprio lì davanti, di spalle, le
mani
ancora puntate sui larghi fianchi. Era così vicina che
poteva
vederle una chiara cicatrice rosata, che dal fianco le scendeva fino
al punto in cui la coda si fondeva col resto del corpo. Si
tirò
indietro e si appoggiò con la schiena alla porta, che, senza
preavviso, si spalancò con uno schianto. Jack
ruzzolò sul parquet
dell'ufficio e si ritrovò a fissare i volti impietriti dei
due
interlocutori dal sotto in su: l'uno si era picchiato di nuovo la
mano sulla fronte, imbarazzato, mentre l'altra lo guardava con occhi
truci e una smorfia di disappunto.
<<
Capisci cosa intendo? >> sbottò lei,
voltandosi a guardare
Nord mentre indicava in direzione di Jack con un gesto teatrale del
braccio, << Non sa nemmeno resistere alla tentazione di
origliare, come credi che possa essermi d'un qualche aiuto?
>>
<<
Se sapessi in cosa dovrei aiutarti, potrei dirtelo io se sono in
grado oppure no, ti pare? >> si intromise il ragazzo,
balzando
in piedi. Le rivolse uno sguardo di sfida, stropicciandosi al
contempo via la polvere dalle spalle.
<<
Lascia perdere, se provassi a spiegartelo adesso, col poco tempo che
ho a disposizione non capiresti un cavolo! >> rispose la
ragazza in tono severo, portandosi una mano alla tempia.
Jack
rimase qualche secondo in silenzio, pensieroso.
<<
Beh... se non puoi spiegarmelo... perché non me lo mostri?
>>
La
ragazza fece per ribattere, si stoppò e lanciò a
Nord un'occhiata
esasperata, ma quest'ultimo le restituì un'espressione
fiduciosa,
assentendo con un incoraggiante cenno del capo. Alla fine, le
sopracciglia della ragazza si distesero e lei parve rassegnata.
<<
E va bene, Figlio del Lago. Ti permetto di accompagnarmi. Ci
sarà
tempo per le spiegazioni strada facendo. Nord, non avresti da qualche
parte uno di quei tuoi globi di neve, per caso? >>
L'uomo
si palpò velocemente le tasche dei pantaloni, con aria poco
convinta. Alla fine disse, rassegnato:
<<
Mi dispiace, sono rimasto a secco. Ma se hai pazienza posso vedere se
in giro ne trovo, o potrei fabbricarne un paio! >>
<<
Non importa, potrebbero volerci ore, non abbiamo tutto questo tempo.
Ma grazie lo stesso... >>
<<
Però c'è sempre mia slitta! >>
continuò lui, ricordandosene
all'improvviso.
La
ragazza lo guardò, lasciando che un sorriso che a Jack parve
fin
troppo sadico le stirasse le labbra scure.
<<
...Magari giusto un giretto! >> acconsentì
infine, mal celando
un improvviso e sospetto entusiasmo, mentre seguiva Nord,che, con
espressione gongolante, intanto si era affrettato a fare strada oltre
la soglia.
<<
Se non è troppa grazia, posso sapere dove stiamo andando?
>>
chiese Jack, accodandosi ai due.
<<
Al mio rifugio. Mi è stato sottratto qualcosa di importanza
vitale,
e credo di sapere di chi sia la colpa >> .
<<
E cioè? >>
<<
Pitch Black >> .
La
donna-gatto si sistemò nel punto più alto della
slitta, nell'angolo
a destra della panca più esterna. Aveva la gamba sinistra
raccolta
sulla seduta sotto quella destra, che invece penzolava mollemente
fino a sfiorare il legno della panca sottostante, mentre le braccia
erano distese lungo il parapetto con il busto leggermente proteso a
sinistra.
Intanto
che Nord prendeva posto alla giuda, e gli Yeti si affaccendavano
attorno alle renne, Jack si sedette due file più in basso,
il capo
cocciutamente rivolto alle ginocchia e lo sguardo che ogni tanto
andava a posarsi sulla ragazza con la coda dell'occhio.
Ripensò alle
parole pronunciate da lei poco prima.
E
va bene, figlio del lago. Ti permetto di accompagnarmi.
Ti.
Permetto.
Di
accompagnarmi.
Come
se lei fosse stata una sorta di regina o chissà cos'altro e
gli
avesse concesso un'immensa grazia.
Figlio
del Lago, era così che l'aveva chiamato. Non gli piaceva,
quell'appellativo: gli dava l'idea di qualcosa di grande, altezzoso e
pretenzioso. Esattamente l'opposto di come si vedeva lui, insomma.
La
slitta partì sobbalzando e percorse volteggiando
freneticamente la
pista sotterranea che si stendeva per diverse centinaia di metri nel
ventre della montagna, finché sbucò fuori dal
reticolo di tunnel e
si lanciò a folle velocità verso il cielo. Jack
non riuscì a
godersi il volo come invece aveva fatto la prima volta. Continuava a
lanciare regolari occhiate alla ragazza, dicendosi che forse c'era da
pentirsi di essere riuscito a convincerla a portarlo con sé.
Più
l'aria si faceva gelida e sferzante, man mano che prendevano quota,
più lei gonfiava il petto facendo sporgere il seno pieno,
beandosi
del vento con gli occhi chiusi in un'espressione estasiata. Sembrava
in perfetta simbiosi con l'aria, quasi fosse stata lei stessa parte
di essa. Ad un tratto, addirittura, disfò le gambe e
raddrizzò il
busto, facendo fremere le grandi ali coperte da un sottile strato di
pelle nera. Jack ebbe la fugace visione di un bizzarro gabbiano nero,
che frulla le ali e si staglia sulla prua di una nave a sfidare
l'impetuosità dell'imminente tempesta. Jack la
fissò intensamente
per qualche istante, esterrefatto da quella strana idea che gli aveva
attraversato il cervello come un fulmine a ciel sereno ed era sparita
veloce com'era arrivata.
I
tre rimasero in silenzio per gran parte del resto del viaggio: Jack
si era calcato il cappuccio sulla testa e occupava il tempo creando
cristalli sempre più grandi e complessi, e adesso non si
preoccupava
più di alzare la vista periferica sulla sua compagna di
viaggio
neanche di tanto in tanto. Dopo qualche ora, tuttavia, la
curiosità
vinse sulla sua volontà e si voltò a guardarla.
Di lei riusciva a
scorgere solo il grande e tondo posteriore, perché si era
sporta col
busto fuori dall'abitacolo per guardare il paesaggio che si stendeva
sotto di loro. Jack tornò imperterrito ai suoi cristalli e
non osò
più distoglierne lo sguardo, imbarazzato e confuso.
Perché si
sbracciava a quel modo?
<<
Mi sa che ci siamo, Nord! >> urlò la ragazza a
un tratto,
cercando di sovrastare il fischio del vento.
<<
Bene! Allora troviamo posto per atterrare! >> le
urlò lui di
rimando, dando uno strattone alle redini.
<<
Non ce ne sarà bisogno, ci tuffiamo da qui! >>
A
quelle parole, Jack lasciò di nuovo perdere i suoi
cristalli,
aggrottando le sopracciglia.
<<
Cosa? >> fece, certo di aver sentito male.
Un
attimo dopo si sentì afferrare per il cappuccio e si
ritrovò
sbalzato fuori bordo, con l'aria che gli schiaffeggiava il volto
così
forte da non permettergli di tenere gli occhi aperti. Per qualche
istante continuò a precipitare, ma quasi subito si
sentì tirare di
nuovo per la felpa e la sua caduta fu dapprima rallentata e poi
frenata. Alzò lo sguardo e oltre il cappuccio vide le
braccia tese
della ragazza, che lo aveva afferrato con entrambe le mani e a sua
volta si sosteneva nel cielo battendo a u ritmo lento e regolare le
grandi ali. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo,
poi lei alzò la testa di scatto e una vaga espressione di
terrore e
sorpresa le attraversò fulminea il volto. Jack
seguì il suo sguardo
e il suo stomaco fece uno sgradevole balzo: Nord aveva fatto dietro
front e adesso si stava dirigendo a tutta velocità verso di
loro,
caricandoli con la slitta come un toro contro il torero.
La
ragazza spinse via Jack con forza inaspettata e si buttò
rapida
all'indietro con una capriola. La slitta passò nel punto
preciso in
cui si trovavano loro due appena qualche istante prima e lei vide
Nord mostrare alto il grande pollice sinistro, staccandolo per una
frazione di secondo dalle redini. Un attimo dopo, stava già
per
sparire dietro l'orizzonte.
<<
È molto lontano, il tuo rifugio? >> chiese
Jack, cercando di
stare dietro alla ragazza-gatto. Era più di mezz'ora che si
trovavano in volo e non avevano ancora accennato ad atterrare, ma
adesso stavano sorvolando a bassa quota una città che aveva
un che
di familiare.
<<
Non molto, si trova oltre quelle pianure là in fondo
>> si
limitò a rispondergli lei secca, senza degnarlo di
un'occhiata.
Teneva lo sguardo ambrato fisso sulla linea sottile che divideva in
due l'orizzonte, ponendo un netto confine tra cielo e terra.
Jack
sbuffò, senza preoccuparsi di dissimulare l'astio che
già da
qualche minuto aveva in corpo. Era la quinta volta che gli rispondeva
in quel modo, ormai avrebbero dovuto essere arrivati da un pezzo! Si
disse se per caso non si stesse prendendo gioco di lui, magari per
ripicca di essersi fatta convincere a portarselo dietro.
<<
Se è così lontano, perché non siamo
rimasti sulla slitta? >>
La
ragazza gli rivolse una rapida occhiata prima di rispondergli.
<<
Dove vivo io non è molto sicuro, ultimamente. La zona
potrebbe
essere sorvegliata dagli Incubi e io non volevo certo che Nord
rischiasse per così poco! >>
Jack
fu preso in contropiede dalla naturalezza con cui aveva pronunciato
queste parole e non aveva più osato lamentarsi.
Finché, alcuni
minuti dopo, la voce di lei lo aveva richiamato alla realtà.
<<
Ehi, Figlio del Lago! Conosci quel bambino? >>
Jack
per poco non urtò la ragazza, che si era bloccata a
mezz'aria
puntando l'indice sotto di sé, verso un agglomerato di tetti
e
comignoli circondati da regolari cornici verdi. Seguì il suo
sguardo
perplesso e d'un tratto il viso gli si illuminò.
Un
bambino, in piedi su un marciapiede che correva assieme alla strada
tra due file di villette dirimpettaie, agitava forsennatamente la
mano che non era impegnata a stringere quella della sorella verso di
lui, urlando qualcosa che Jack, da quella distanza, udiva solo
vagamente.
<<
Jamie! >> sussurrò lui, realizzando chi fosse.
Si
tuffò in picchiata verso il ragazzino, dimenticandosi
improvvisamente della sua accompagnatrice. A malincuore, lei si vide
costretta a seguirlo, planando elegantemente sul marciapiede qualche
secondo dopo di lui.
<<
Jack! Che ci fai qui? E gli altri Guardiani dove sono? >>
<<
Tranquillo, Jamie! Stanno tutti benissimo! >> rispose
lui, in
tono rassicurante, piegandosi sulle ginocchia per guardarlo dalla sua
stessa altezza. << Io... sono in viaggio...
>>
<<
Dove te ne vai, da solo? >> chiese il bambino,
incuriosito.
<<
Ehm.. è una storia un po' lunga. Devo aiutare una persona
a... non
importa. Quello che so è che sta succedendo qualcosa di
insolito, e
che in qualche modo Pitch c'entra qualcosa. Tu e Sophie restate in
casa, non uscite finché non sarà tornato tutto
normale, va bene? >>
<< Va... va bene. ...Jack, chi
è questa persona? E dov'è adesso? >>
Jack
si gettò una rapida occhiata alle spalle, prima di
rispondergli. La
donna-gatto stava misurando ad ampie falcate la distanza tra il bordo
del marciapiede e la staccionata che delimitava il cortile di una
delle tante villette che si affacciavano su quella strada,
apparentemente disinteressata al loro scambio di battute.
<<
Ecco, è proprio lì. È una ragazza un
po'... autoritaria, ed è uno
spirito come me >> .
Jamie
lanciò uno sguardo alle spalle del Guardiano e dopo qualche
secondo
cambiò espressione.
<<
La... la vedo! >> disse in un sussurro, tornando a
guardare
Jack.
Jack
si voltò verso la sua compagna e Jamie seguì a
sua volta il suo
sguardo, senza sforzarsi di trattenere l'euforia.
<<
Loro... loro riescono a... a vedermi? >> chiese lei a un
tratto, senza riuscire a credere ai propri occhi. Dal canto suo, il
bambino la fissava di rimando con gli occhi sgranati e un vago
sorriso ebete stampigliato in volto.
<<
...Wow... È troppo forte! >>
esclamò lui dopo qualche
istante, fissando la ragazza con un'espressione meravigliata. Lei fu
percorsa da uno strano brivido e azzardò un mezzo passo
all'indietro, mentre lo stupore si faceva largo sul suo volto di
solito imperscrutabile.
<<
Questi bambini ci hanno aiutato contro Pitch, l'ultima volta. Lui
è
Jamie, e questa è la sua sorellina, Sophie >>
spiegò Jack,
posando una mano sulla spalla del bambino e rivolgendole al contempo
uno sguardo dubbioso.
La
donna-gatto si avvicinò ai bambini, guardandoli con un misto
di
curiosità e incredulità sempre più
palese.
Sophie
si staccò improvvisamente dal fratello e le corse incontro,
emettendo una serie di squittii divertiti. Caricò la ragazza
come un
ariete e si buttò contro le sue gambe, ridendo a crepapelle.
La
ragazza la prese in braccio con un po' di titubanza e se la
caricò
in spalla con movimenti goffi e impacciati, esplodendo infine in una
risata. La bambina prese a tirarle le grandi orecchie pelose,
continuando ad emettere ultrasuoni, ma la ragazza non ne pareva
minimamente infastidita e la strinse a sé ancora
più forte, senza
riuscire a trattenere uno strano sorriso incerto. Jack avrebbe
giurato di sentirla farsi sfuggire un singulto e vedere una strana
luce tremare nei suoi occhi, addirittura di vederla commuoversi, ma
preferì non indagare oltre temendo per la propria
incolumità.
Si
azzardò a rivolgerle di nuovo la parola solo quando lei
rimise la
bambina a terra, continuando a guardarla con il sorriso che le
attraversava il volto da un orecchio all'altro e gli occhi
stranamente lucidi.
<<
Immagino che sia un bel po' che non passi un po' di tempo con dei
bambini, eh? >> chiese, restando a distanza di sicurezza,
nel
caso lei avesse inteso la sua osservazione in modo negativo.
<<
Ottocento anni, su per giù... ero una guaritrice, nella mia
vita
passata, e avevo visitato tutti i bambini del posto almeno una decina
di volte, ma... non ricordavo come ci si sentisse ad interagire
davvero con loro...! >> ammise lei con un'alzata di
spalle e
uno sguardo complice.
<<
Sei una Guardiana nuova? >> chiese Jamie di punto in
bianco,
guardandola con gli occhi dilatati dalla meraviglia. Sophie
approfittò della distrazione del fratello per svicolarsi
dalla sua
presa e fece per superare la donna-gatto per correre in strada.
<<
No, non esattamente... >> rispose lei titubante,
acchiappando
prontamente Sophie per il braccio, << Io sono uno
Spirito. Sono
la Patrona della serenità, cioè quel che proteggo
negli esseri
umani, adulti e bambini di tutto il mondo. Ma non ho mai fatto nessun
giuramento, quindi tecnicamente no, non sono una Guardiana vera e
propria... >>
Jamie
rimase incantato, a bocca aperta.
<<
Forte! >> esclamò, senza riuscire a staccarle
gli occhi di
dosso.
<<
Sì, tutto quello che vuoi. Ma adesso fate i bravi e fate
come ha
detto Frost. Tornate a casa >> tagliò corto
lei, afferrando
improvvisamente la bimbetta che ancora teneva per mano e
riconducendola dal fratello.
<<
Ma... ma noi vogliamo aiutarvi! >> protestò il
ragazzino,
acchiappandola prontamente, prima che lei corresse di nuovo in mezzo
alla strada per seguire una farfalla.
La
donna li guardò un istante, impassibile, prima di sospirare,
chiudere gli occhi ed eseguire un lungo e complicato movimento con le
mani. Dai suoi palmi aperti si sprigionò una chiara luce
azzurra e
due piccole stelline presero a fluttuare a mezz'aria, staccandosi
dalle sue dita.
<<
Coraggio, prendete queste. Vi proteggeranno dagli incubi e terranno
Pitch ben alla larga, se mai dovesse rifarsi vivo con voi!
>>
disse, chinandosi a consegnarle al bambino.
<<
Fantastico, grazie! Ma come ci sei riuscita? >>
esclamò Jamie,
osservando affascinato le due sagome che brillavano contro il suo
palmo roseo.
<<
È una storia lunga, ma non c'è di che! Adesso da
bravi, fate come
ha detto Frost. Noi torneremo quando avremo sistemato tutto, va bene?
>>
<<
D'accordo! >> esclamò Jamie, rassicurato.
<< Andiamo,
Sophie! >>
E
rivolgendo ai due spiriti un'ultima occhiata fiduciosa, precorse il
vialetto di casa, per poi chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.
I
due spiriti rimasero a guardare i bambini mentre si allontanavano e
rientravano in casa. Jack era rimasto sbalordito dal potere della
ragazza, e adesso moriva dalla voglia di sapere di più sul
suo
conto.
<<
È.. è incredibile! Come riesci a farlo?
>>
<<
Ti spiegherò tutto, Figlio del Lago. Ma questo non
è né il
momento, né il luogo adatto. Forza, dobbiamo continuare a
volare,
dobbiamo fare quanta più strada possibile prima che faccia
buio,
altrimenti saremo bersagli facili per gli incubi. Muoviamoci
>>
.
Il
sole stava lentamente scivolando oltre le montagne che si stagliavano
all'orizzonte. Avevano superato da tempo le grandi pianure,
lasciandosi alle spalle chilometri e chilometri di campi coltivati.
Avevano sorvolato specchi d'acqua, alture e colline, e ancora non
accennavano a fermarsi. Finché Jack esplose, riversando
tutta la sua
rabbia sulla misteriosa ragazza che ancora non si era sbilanciata a
spiegargli alcunché.
<<
Insomma, mi stai forse prendendo in giro? >>
sbottò,
frenandosi bruscamente a mezz'aria.
<<
Niente affatto, Figlio del Lago. Forza, scendiamo. Il sole sta per
tramontare, ne approfitteremo per riposare un po'. Dopo di te!
>>
E
invece lei si gettò in picchiata sulla foresta che si
stendeva
infinita sotto i loro piedi, senza aspettarlo. Jack, preso di nuovo
in contropiede, si affrettò a seguirla vedendola sparire tra
le alte
fronde scure. Si ritrovò nel fitto degli alberi, da solo. Si
voltò
da ogni parte, cercando di distinguere la sua figura tra i rami. Ma
la luce iniziava a scarseggiare e il tetto di foglie che lo
sovrastava contribuiva ad accrescere le ombre della vegetazione.
<<
Ehi! Dove sei finita? FATTI VEDERE! >>
<<
Non c'è bisogno di urlare, Frost. Ti sento forte e chiaro.
Allora,
di là c'è una radura, ci accamperemo
lì >> .
Jack
trasalì sentendo il suo fiato caldo sul collo. Si
voltò, e la vide
vicina nella penombra, gli occhi grandi dalle pupille verticali che
sfavillavano come fari nel buio.
Lei
si voltò, sparendo di nuovo tra gli alberi, ma stavolta Jack
era
deciso più che mai a non perderla di vista. Qualcosa gli
aveva fatto
insinuare un sospetto, un sentore che gli diceva di non fidarsi
troppo di lei, di rimanerne distaccato. Ma quando la raggiunse, al
limitare della radura cui aveva accennato, questa sensazione
svanì
così com'era venuta, anche se lui decise di non abbassare
troppo la
guardia.
<<
Adesso, per favore, puoi spiegarti? >> chiese lui,
appoggiandosi al tronco di un albero, portandosi una mano alla
tempia. << Io non ci sto capendo niente! >>
<<
Sicuro, Figlio del Lago. Ma prima, permettimi una domanda. Tu sai
qual'è il compito di un Guardiano, vero? >>
Jack
guardò la ragazza, convinto che lei lo ritenesse un perfetto
idiota.
<<
Se so qual è il compito.. di' un po', stai scherzando?
>>
<<
Lo sai o no? Rispondi! >> gli intimò lei,
puntandogli l'indice
coronato da un'unghia appuntita sul petto.
<<
Il compito di un Guardiano è proteggere sempre i bambini,
non
importa a quale costo! >> si affrettò a
rispondere lui,
spiazzato. La ragazza-gatto levò il dito e si
allontanò di qualche
passo, il mento stretto tra pollice e indice squadrandolo come per
dargli un giudizio, valutando se fosse degno o meno di sentire la sua
storia.
<<
Esatto. Ma secondo te, i Guardiani chi li protegge? >>
Jack
lasciò vagare lo sguardo sulla cerchia di alberi che
delimitavano i
confini della radura.
<<
Chi... chi sei tu? >> chiese infine, senza sapere
cos'altro
dire.
Lei
non rispose subito: si girò, andò a sedersi sul
tronco di un albero
caduto ed eseguì quello strano movimento fluido che aveva
compiuto
davanti ai bambini. Dalle sue dita nacque una manciata di stelle,
piccole e luminose, che rimase a fluttuare a mezz'aria sopra il suo
palmo aperto. Lei alzò lo sguardo sul ragazzo e
parlò con voce
bassa e solenne.
<<
Io sono Colei che Illumina la Tenebra. Lo Spirito Patrono Supremo,
che veglia sui Guardiani e sugli altri Spiriti. Guardiana degli Astri
Splendenti e della Serenità >> .
<<
Non... non capisco! >> Jack si lasciò sfuggire
un verso di
sconforto. << In trecentocinquanta anni di esistenza non
ti ho
mai sentita nominare! >>
La
ragazza-gatto sospirò, tornando a guardare le stelline.
<<
Non mi sorprende. Tra i mortali, nessuno può vedermi,
né tanto meno
mi conosce di nome. E lo stesso anche per gli Spiriti. Solo i
Guardiani sanno della mia esistenza. Loro, e Manny, naturalmente
>>
.
<<
Scusa, ma continuo a non seguirti >> .
<<
Quando, alla fine dei Secoli Bui, i Guardiani sconfissero l'Uomo
Nero, l'Uomo nella Luna mi incaricò di proteggerli, per
scongiurare
possibili future minacce >> .
<<
Ma nell'ultima battaglia, tu non c'eri! >>
osservò lui,
puntellandosi sul suo bastone.
<<
Questo >> replicò prontamente lei,
<< perché quella
volta, Manny mi.. persuase ad astenermi dalla battaglia. Vedi, Frost,
sarò anche lo Spirito Supremo, ma come voi Guardiani, se
nessuno
crede in me i miei poteri sono molto limitati. Ho provato tante e
tante volte, a palesarmi. Ma non ho mai ottenuto niente. Ero solo una
presenza a malapena percettibile. La folata che fa tremare la fiamma,
il volto dietro il vetro appannato, l'alito di vento che solleva il
velo. Non avrei mai potuto essere di alcun aiuto, quella volta.
Capisci? >>
Jack
capiva eccome. In qualche modo, si sentiva dispiaciuto per lei,
perché anche lui del resto, aveva conosciuto l'abbandono e
la
solitudine che si prova quando nessuno sa che esisti. In qualche
modo, si riconosceva in lei, e questo la rendeva un po' meno
antipatica. Ma Jack sentiva di non avere ancora il quadro completo
della situazione. Le stelle si stavano spegnendo, così aveva
detto
Nord. E l'Uomo nella Luna l'aveva eletta Patrona dei Guardiani,
affinché vegliasse su di loro. Ma come poteva adempiere al
suo
compito e proteggere tutti loro, se non aveva abbastanza poteri per
farlo?
<<
Se la gente non ti può vedere, da cosa trai la tua forza?
>>
<<
Il fatto è questo. Di solito, se uno spirito è
sconosciuto ai più,
finisce per indebolirsi e svanire. Beh, io ho trovato un modo per
aggirare quest'ostacolo. Diciamo pure che ho trovato una fonte di
energia alternativa. Più debole, naturalmente, ma comunque
efficace
quanto basta. Io traggo i miei poteri dalle stelle, e a loro volta le
stelle prendono la loro energia da me >> .
Jack
si avvicinò, esitando. Si fermò a pochi metri dal
tronco, senza
osare muovere un passo oltre.
<< Ma scusa, come Spirito
Superiore non dovresti
essere più forte di tutti noi messi insieme? >>
<<
Frost, io non ho tutte le risposte. Se Manny mi ha affidato un
compito così importante, avrà avuto i suoi
motivi. Io stessa me lo
chiedo, glie l'ho chiesto innumerevoli volte. Ma è l'unica
cosa di
cui Manny si è sempre rifiutato di parlare >>
.
<<
Ma se le cose stanno così... Se è vero che contro
Pitch non avresti
potuto fare molto, come mai l'Uomo nella Luna pensa che tu possa
aiutarci adesso? >>
Ormai
era per lui fuori discussione che l'Uomo nella Luna facesse
favoritismi. Con gli altri Guardiani parlava molto più che
con lui,
che invece l'aveva sentito rivolgergli la parola solo una volta da
quando si era svegliato nel lago. Quando era morto, per l'appunto.
Però, stando a quanto aveva appena detto, con lei in
particolare
sembrava avere un rapporto molto più stretto che con i suoi
compagni. Lei lo aveva chiamato per nome, Manny. Solo Nord si
prendeva la libertà di usare lo stesso appellativo. Che cosa
aveva
quella ragazza di tanto speciale per poterlo imitare? Ma i suoi
pensieri furono interrotti dalla sua voce, che d'un tratto si era
fatta bassa e sommessa, quasi... dolce.
<<
Ancora non ci arrivi, Figlio del Lago? Non siete voi ad aver bisogno
di me, ma io di voi! Le cose stanno così >> .
Il
suo tono cambiò di nuovo, repentino: si era fatto
d'improvviso
rigido e serioso, riacquistando la stizza palpabile con cui lei gli
si era rivolto fin dalla loro prima conversazione.
<<
I Guardiani proteggono i bambini, io proteggo i Guardiani. Io prendo
forza dallo splendore delle stelle, che tengono lontano il Buio con
il loro sfavillio. Ecco come faccio a pararvi il deretano, afferrato?
>>
<<
Credo.. credo di sì... >> rispose Jack dopo un
attimo di
esitazione.
Rimase
a guardarla, mentre lei si alzava prendendo le stelle tra le mani e
lanciandole una ad una con estrema precisione contro il tronco di un
altro albero, come tanti luminosi shuriken da ninja.
Il
ragazzo alzò lo sguardo al cielo, immaginando le stelle che
si
spegnevano lente ma inesorabili sopra la cupola di foglie che li
sovrastava.
<<
E Pitch ha trovato un modo per spegnerle, giusto? >>
<<
E bravo il nostro Figlio del Lago! >> lo
schernì lei, senza
alzare lo sguardo dal suo bersaglio.
<<
E.. come pensi di fare per riaccenderle? >> chiese lui,
dubbioso, sorvolando sul fatto che lei avesse di nuovo usato
quell'orrido nominativo.
<<
Non sarebbe un grande problema, senza quel Pitch a rompere le
scatole. Il fatto è che per farlo mi serve la Stanza
dell'Universo,
ma il caso vuole che il caro signor Black me l'abbia fregata da sotto
il naso! >>
Jack,
che si era messo a passeggiare misurando a passi cadenzati e sciolti
il perimetro della radura, si voltò di scatto, confuso.
<<
Scusa, ma cos'è la Stanza dell'Universo? >>
<<
Mh, domanda intelligente, Figlio del Lago! E cosa potrà mai
essere
un qualcosa chiamato la Stanza dell'Universo? >> rispose
lei,
con un'irritante nota di saccenza nella voce.
<<
Quello che mi chiedo è... come si fa a rubare una stanza?
Fisicamente non è possibile! Che contiene tutto l'universo,
per
giunta! >> insistette il ragazzo.
<<
Dovresti chiederlo a lui, Figlio del Lago. Io non so proprio cosa
risponderti >> .
<<
Smettila, non mi chiamo affatto Figlio del Lago! >>
sbottò
Jack con rabbia, dopo alcuni istanti in cui cercò senza
successo di
trattenersi.
<<
Ma di fatto lo sei... Figlio del Lago! >>
ribatté lei,
calcando sulle ultime tre parole con un sogghigno divertito. Aveva
finito di scagliare l'ultimo shuriken e gli si era avvicinato, con
un'irritante espressione provocatoria dipinta in volto.
La
vaga solidarietà che era scaturita in lui nei confronti
della
ragazza qualche minuto prima evaporò all'istante.
<<
Allora, stando così le cose, io posso chiamarti Odiosa
Gattaccia
Intrattabile! O sbaglio? >>
<<
Se proprio non puoi farne a meno... >> concesse lei,
tornando a
sedersi sul suo tronco, con un'alzata di spalle. Chinò il
busto in
avanti emettendo un sospiro di frustrazione, e appoggiò il
volto sui
palmi aperti, stringendo i ciuffi biondi che le ricadevano sulla
fronte tra le dita diafane. Di nuovo, l'astio che Jack provava nei
suoi confronti sfumò, lasciando posto a un vago senso di
colpa e
tristezza.
Alla
fine, Jack la raggiunse e si sedette accanto a lei sul tronco, pur
mantenendo una certa distanza di sicurezza.
<<
A proposito... scherzi a parte, non mi hai ancora detto... Come ti
chiami? >>
La
domanda gli era salita alle labbra così, spontanea e quasi
involontaria, e lui fu più sorpreso di lei nel constatare
che il suo
tono si era fatto gentile, perdendo del tutto la sfrontatezza con cui
era solito distinguersi.
<<
Bellatrix. È questo il mio nome >> .
<<
Bellatrix >> ripeté il ragazzo, guardando
dritto davanti a sé.
Analizzò ogni sillaba, facendosela rotolare sulla lingua
come una
caramella.
<< ...Aspetta, non
è il nome di una stella? Le
mie conoscenze astronomiche non saranno granché, ma se non
sbaglio
fa parte della costellazione di... >>
<<
Orione, già... >> lo incalzò lei,
alzando il volto per
guardarlo, << È stato Manny a darmelo. Il
significato è
guerriera, o qualcosa di simile, e lui pensava che mi calzasse a
pennello. In effetti, mi rimprovera spesso di essere
un'incorreggibile attaccabrighe, quindi in fondo direi che ci ha
preso in pieno... >>
<<
Io trovo che ti stia bene! >> rispose il ragazzo, curvano
le
labbra in un blando e incerto sorriso.
La
ragazza lo guardò qualche istante e poi, a sorpresa, lo
ricambiò.
Con quel semplice stiramento di muscoli, ogni traccia residua di
altezzosità si era definitivamente dissolta dal suo viso,
rendendolo
agli occhi di Jack decisamente più bello.
<<
Posso fati un'altra domanda? >> chiese di nuovo lui,
quasi
timidamente.
<<
Sarebbe? >>
<<
Ecco, mi chiedevo... come ti sei procurata quella cicatrice sulla
schiena... >>
Angolino
autrice:
Allora...
salve.
Prima
fanfiction in questo fandom, di cui potrei andare avanti a parlare
per ore, ma dato che sarebbe una noia mortale mi limito a queste
quattro (si spera) righe.
Stavo
lavorando a questa storia da più di due anni. Non ricordo il
giorno
preciso, ma devo averla iniziata un mesetto prima della mia prima
quinta superiore o giù di lì, verso
Maggio-Giugno, e grazie a lei
sono riuscita a sopportare l'anno di "penitenza" che ho
dovuto sorbirmi in seguito al mio secondo fallimento scolastico
controvoglia. Insomma, diciamo pure che è un po' il mio
Horcrux
preferito... ci ho messo tutta me stessa per scriverla e parlando per
me non credo avrebbe potuto venire meglio, anche se questo non dovrei
essere io, a dirlo. Mi ha preso due anni di lavoro, perché
la
primissima stesura l'ho fatta su carta (tre quaderni completi...
scrivevo giorno e notte, così tanto che mi si sono
accavallati i
tendini della mano!) e la trascrizione sembrava non finire
più. L'ho
letta, riletta e corretta ormai non so più quante volte, ma
dato che
una svista può sempre capitare vi prego veramente di farmi
sapere se
ve n'è saltata all'occhio qualcuna che a me può
essere sfuggita. Nella presentazione, alla voce personaggi, avendo il
limite di cinque opzioni al massimo ho dovuto mettere "altri" al posto
di Jamie e Sophie, che faranno una comparsa tutto sommato marginale, ma
mi sembrava giusto aggiungerli alla lista.
Parlando
del fandom, Le 5 Leggende è senza dubbio il mio film
d'animazione
Dreamworks preferito e tra i personaggi ho un debole soprattutto per
Sandman. In una pagina che gestico su Facebook, non per niente, mi
firmo con il suo nome (venendo sovente scambiata per un ragazzo, ma
questi sono i rischi del mestiere...) e anche per questo ho voluto
affidargli un ruolo abbastanza importante, in quanto lui e la
protagonista hanno un legame affettivo molto stretto e simbiotico,
come si vedrà più avanti nella storia. Per ora
sulla trama non ho
da dire un granché, se non che spero che questo primo
capitolo vi
sia piaciuto almeno la metà di quanto sia piaciuto a me
scriverlo, e
nel caso di lasciarmi due righe per farmi sapere che ne pensate. Per
il resto, direi che posso anche chiudere qui... quindi, se vi va,
materdì prossimo dovrebbe uscire il secondo capitolo.
Intanto vi
ringrazio per aver avuto la pazienza di leggere o anche solo di
essere passati a dare un'occhiata :D
Tecla_Leben
|
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Capitolo 2 *** La ribalta di Pitch (In Noctem, parte 1) ***
Carry
my soul into the night
May the stars light my way
I glory in
the sight
As darkness
takes
the day
Ferte
in noctem animam meam
Illustrent stellae viam meam
Aspectu illo
glorior
Dum capit nox diem
Mi
alzai in piedi barcollando, guardandomi attorno costernata. Non
riuscivo a capire: avrei dovuto essere morta, e invece eccomi
lì, a
sorreggermi sulle gambe su quelli che erano i resti del rogo sul
quale ero stata giustiziata. La folla continuava imperterrita a
seguire la propria strada, gettando un distratto sguardo ai resti
carbonizzati che giacevano ai miei piedi. Cercai di richiamare la
loro attenzione, ma nessuno di loro pareva poter udire il mio pianto.
E
poi, all'improvviso, il cielo fu illuminato da una misteriosa coltre
dorata che calò lentamente sulla piazza come un misterioso
banco di
nebbia, destando finalmente l'attenzione dei villici che la
contemplarono con riverente e timorosa meraviglia. La nube
atterrò
leggera e incorporea sull'acciottolato, e poco a poco si
diradò,
rivelando una piccola figura umana. Era un ometto basso e tondo,
vestito d'oro e dai capelli color del sole al crepuscolo, gli occhi
grandi e buoni che si posarono benevoli su di me. A quella visione
caddi in ginocchio senza un grido e smisi di piangere all'istante,
beandomi di una sensazione che era scaturita forte in me e che mi
scaldava il cuore come una bevanda bollente. Provai vergogna per il
mio corpo nudo e mi allacciai le braccia sul seno, nella debole
speranza di proteggermi dai suoi occhi di fuoco, così belli
e
inquietanti allo stesso tempo. Da un lato provai l'istinto tentatore
di scappare, di mettere tra me e quell'essere etereo quanta
più
distanza possibile, ma la paura e la sensazione tramutata in certezza
che lui fosse lì per aiutarmi mi tennero inchiodata dov'ero.
Lo
guardai avvicinarsi, con quel sorriso caldo e rassicurante impresso
sulle labbra. Mi si fermò davanti, così vicino
che anche con le
braccia strette al petto sfioravo la sua veste splendente, e mi
regalò un'occhiata affettuosa che un padre scambierebbe solo
con la
figlia, tendendo verso di me una manina grassoccia. Io la afferrai,
chiudendola tra le mie, e lui mi tirò in piedi, accanto a
sé. Mi
arrivava appena all'altezza della vita, eppure accanto a lui mi
sentivo piccola ed insignificante, perché quel piccolo e
semplice
omino irradiava attorno a sé una luce e una potenza degna di
una
divinità scesa tra i mortali per illuminarli con la sua
essenza. La
piazza intorno a noi pareva essersi pietrificata: i compaesani non
potevano vedere me, ma era chiaro che potevano vedere quello strano
omino, giacché gli occhi di tutti erano puntati su di lui,
timorosi
e al contempo reverenziali. A un tratto, a disturbare quell'atmosfera
irreale e senza tempo che si era creata, un vortice nero si
materializzò dall'altro capo della piazza, oltre i resti del
rogo. E
alla vista del temutissimo Uomo Nero, i paesani si dispersero come
pecore impaurite, sbarrandosi le porte delle abitazioni alle spalle e
serrando le finestre, finché rimanemmo solo noi tre. Durante
il
trambusto della popolazione che andava a rifugiarsi, egli non aveva
mosso un solo muscolo. Pitch Black e lo strano omino si erano
limitati a fissarsi, in silenzio, e non avevano smesso nemmeno quando
la piazza fu invasa da un innaturale silenzio. Erano lì,
immobili
l'uno di fronte all'altro, che si scrutavano a vicenda, con solo
l'aria tra loro ad intralcio. Eppure, nei loro sguardi percepii un
messaggio chiaro come un'esplicita minaccia, tanto che non riuscii a
non distogliere il mio, sopraffatta dall'angoscia che il loro tacito
dialogo mi aveva iniettato in corpo. All'improvviso, l'Uomo Dorato mi
passò il braccio attorno alla vita, stringendomi con presa
delicata
e sicura, e mi strattonò in alto, trascinandomi con
sé nel cielo.
Ecco il terrore farsi di nuovo strada in me, mentre guardavo il
campanile della chiesa rimpicciolirsi sotto di noi, mentre ci
allontanavamo dal luogo della mia morte e da colui che l'aveva fatta
eseguire, stringendo con tutte le mie forze la mano che ancora tenevo
nella mia. Il vento ululava, sferzando i nostri corpi con la sua
potente ira, la mia mano stava lentamente perdendo la presa e io ero
sicura che da un momento all'altro sarei stata risucchiata via. Poi
una specie di meccanismo scattò in me, e in preda a un
fantastico
senso di libertà che mai avevo provato in vita allargai le
ali e mi
sostenni con le mie sole forze, io sola contro la potenza dell'aria.
In quel momento capii che ero io a dover domare il vento, e che non
era il vento a sballottarmi come preferiva; imparai il significato
della libertà più genuina, e allora, solo allora
fui invasa dalla
più completa serenità. Da quel giorno, mi vestii
delle tenebre,
raccolsi le stelle e le seminai per il cielo, allontanai il Buio
dalla Terra e feci in modo che, guardando il cielo notturno, i
mortali fossero pervasi dalla serenità che adesso custodivo
per
loro.
Il
sorriso amaro si congelò e si spense sulle labbra di
Bellatrix, che
sembrava stremata dal suo stesso racconto. Si guardava le mani, le
sopracciglia aggrottate in un'espressione seria e vagamente
addolorata.
<<
Tuttavia, il Buio ha sempre trovato il modo di ripresentarsi. Per
quanto ci abbia provato con tutta me stessa, non sono mai riuscita a
respingerlo definitivamente. Nel corso dei secoli, Pitch sembrava
sempre un passo avanti a me, anche se dopo l'avvento dei Guardiani
aveva perduto gran parte dei suoi poteri, ed era stato un problema
tutto sommato marginale >> .
Jack
era rimasto colpito essenzialmente da due cose: la prima, che lei si
fosse aperta così spontaneamente a quel modo con lui,
raccontando la
sua storia a un quasi perfetto sconosciuto. E secondo, dalla storia
stessa che la vedeva protagonista di una trama così infausta
e
crudele.
<<
E... ed io che ruolo gioco in tutto questo? >> chiese,
mascherando l'orrore dietro a un tono beffardo.
<<
Tu hai sconfitto Pitch, l'altra volta. È stato
principalmente merito
tuo, e Nord pensa che tu possa aiutarmi adesso >> .
Mentre
pronunciava queste parole, Bellatrix alzò lo sguardo, e nel
momento
in cui si allacciò a quello di Jack, fu come se un velo
calasse nei
suoi occhi d'ambra, soffocando quell'ultimo guizzo di calore umano
che le era rimasto, facendoli tornare austeri e distaccati. A un
tratto si alzò, gli si pose davanti con le mani puntate sui
fianchi
e lo guardò letteralmente dall'alto al basso.
<<
Non sono stato io. Non da solo. Senza gli altri Guardiani, io valgo
dieci volte meno! >> si giustificò Jack,
convinto delle sue
parole.
<<
Ma ti dirò una cosa, >> sbottò lei,
come non avendolo
ascoltato per niente, << ho acconsentito a farti venire
con me
unicamente perché non avevo una scelta migliore. Sappi che
io non
sono tenuta a stare alle leggi di Nord, non ti avrei scelto neanche
sotto tortura! Quindi non credere di poter fare come ti pare soltanto
perché Nord ti ritiene “adatto allo
scopo”, ragazzino! Sei nato
molto dopo di me, così come sei morto! E i novellini devono
stare a
quello che dicono i grandi, è chiaro? Se provi a fare di
testa tua,
giuro sulle Pleiadi che ti uso come bersaglio per mie stelle!
>>
Jack
fu stupito di quel repentino cambio d'atteggiamento, al punto da non
riuscire a controbattere per far valere le proprie ragioni. Tutto
ciò
che riuscì a pensare fu che lei doveva per forza trovarsi
nel suo
periodo, ossia quei particolari cinque giorni nel mese di una femmina
quando si sa che è meglio non contraddirla, a meno che non
si
desideri fare una fine molto dolorosa.
Bellatrix
tuttavia sembrò immediatamente pentita e stupita a sua volta
del
momento di sfogo che si era concessa.
<<
Ti chiedo scusa. Sono così abituata a stare da sola, che ho
dimenticato come ci si rapporta con gli altri... >> disse
mortificata, dopo qualche istante di imbarazzato silenzio.
<<
Non.. non fa nulla. Sono stato solo anche io. Per molto tempo. So
bene cosa significa >> .
<<
No, non lo sai... >> rispose lei in tono stanco,
voltandogli le
spalle e incamminandosi di nuovo verso il fitto della foresta.
<<
Andiamo. Abbiamo tergiversato anche troppo, muoviamoci. Al mio
nascondiglio manca davvero poco, ormai... >>
Il
nascondiglio di Bellatrix sorgeva al limite della foresta, dove gli
alberi si diradavano e crescevano secchi e spogli, e vi si accedeva
da un imponente albero cavo che fungeva da ingresso. Bellatrix si
portò sul ramo più alto e Jack la
seguì, dubbioso. Dopo un attimo
di esitazione, si sporse sulla botola, scura e profonda come un pozzo
senza fondo. L'idea di infilarsi lì dentro non gli garbava
affatto.
Raddrizzò il busto e guardò la sua compagna, come
a chiederle se
davvero fosse necessario.
<<
Dopo di te! >> lo incoraggiò lei, con un
sorrisetto arido. Jack voltò di nuovo il capo verso quel
pozzo nero, prese un respiro
profondo e si arrampicò sulla bocca dell'entrata. Rivolse un
ultima
occhiata alla sua compagna di viaggio, chiuse gli occhi e si
tuffò
dentro a chiodo, tenendo le braccia strette lungo i fianchi.
L'interno
era completamente diverso da come se l'era aspettato. Aveva visto i
rifugi di tutti gli altri Guardiani, e tutti avevano due cose in
comune: l'imponenza e lo sfarzo. Trattandosi di un nascondiglio
sotterraneo, si era aspettato di vedere tunnel, gallerie e anfratti,
proprio come nella tana di Calmoniglio. E invece si era trovato in
quello che gli parve uno spoglia piccola tana scavata direttamente
nella terra umida. Gli unici arredi consistevano in alcune mensole di
legno tarlato incastrate nel muro sulla sinistra. Dal soffitto basso,
sulla destra, pendeva un'amaca ingombra di coperte rappezzate in vari
punti alla meno peggio. Nell'angolo opposto si trovava un piccolo
tavolino di legno, con una solitaria seggiola con la seduta di paglia
tutta sfilacciata. Al centro del muro che aveva di fronte, infine, si
apriva una grande porta color blu scuro punteggiata di stelle, e ne
dedusse che lì dietro dovesse trovarsi la famosa Stanza
dell'Universo di cui gli aveva parlato prima.
Senza
riflettere, si avvicinò, aprì la porta e mosse un
passo oltre la
soglia. Il pavimento gli mancò all'improvviso sotto i piedi
e lui
cadde in una voragine oscura. Non riusciva a volare: una forza
potentissima lo stava trascinando giù, ma con uno sforzo
immane il
ragazzo riuscì ad aggrapparsi alle assi di legno che
fungevano da
pavimento nell'altra stanza. Nel cercare di issarsi, tuttavia, il
ragazzo perse la presa e precipitò. La sua caduta fu frenata
pochissimi istanti dopo: qualcosa lo stava trattenendo dal cadere nel
pozzo nero sottostante, tirandogli il cappuccio che non gli
permetteva di respirare. Jack alzò lo sguardo e vide due
braccia
magre avvolte in maniche di velluto nero, e due mani diafane che
esercitavano una presa ferrea sulla sua felpa. Quasi gli parve di
rivivere il momento in cui lei lo aveva gettato fuori dalla slitta di
Nord per riacchiapparlo prontamente qualche istante dopo, e si
ritrovò segretamente ad apprezzare la prontezza di riflessi
della
sua accompagnatrice.
Jack
guardò verso la porta e vide con stupore che, dal quel lato,
non era
affatto incastonata in un muro solido come ogni legge fisica voleva e
suggeriva, ma fluttuava nel vuoto e si teneva verticale senza apparenti
supporti di sorta.
Con
un grande sforzo, Bellatrix riuscì a sottrarre il ragazzo a
quella
prepotente gravità che glielo stava lentamente sottraendo di
mano e
lo tirò sul pavimento accanto a sé, ansimando per
lo sforzo
compiuto.
<<
Che... che diavolo è successo qui? >> chiese
Jack, cercando di
respirare normalmente, passandosi le dita sulla base della gola, dove
la stoffa della felpa premuta contro la pelle lo aveva quasi
soffocato.
<<
Quello che vedi è ciò che è rimasto
della Stanza dell'Universo,
Frost. Un infinito ammasso di nulla. E, quel che è peggio,
quest'ammasso sta cercando di uscire fuori, e se non rimettiamo la
Stanza al suo posto il prima possibile finirà per
inghiottire tutto
ciò che si trova all'esterno >> .
Jack
puntò il bastone contro quell'abisso nero e
scoccò un dardo di
ghiaccio: pochi istanti dopo era sparito nel nulla.
<<
E non puoi crearne un'altra? >> chiese dopo qualche
istante di
silenzio, lanciandole un'occhiata interrogativa.
<<
Ti piacerebbe, ma le cose non sono così semplici.
Innanzitutto,
anche volendo, non potrei. Io non ho potere sulla Stanza in
sé, solo
su quello che contiene. Secondo... non credo che ci sia abbastanza
spazio, per un nuovo universo >> .
Jack
la guardò, confuso. Ma non aveva appena finito di dire che
lo spazio
attorno a loro era infinito?
<<
È vero >> convenne lei, indovinando al volo i
suoi pensieri,
<< ma diciamo che c'è posto per un solo
universo infinito. Se
provassimo a farne convivere due vicini... beh, è difficile,
da
spiegare. Immaginati di essere al cinema. La sala è
completamente
buia, ti siedi e scopri che il posto è già
occupato. Ho reso
l'idea? >>
<<
A parte che dovrei essere orbo da un occhio per non accorgermi che il
posto in cui mi siedo è già occupato, sei stata
trasparente! >>
rispose Jack, soffocando una risata.
Siccome
la sua battuta gli aveva fatto guadagnare solo un'occhiataccia, Jack
pensò bene di cambiare argomento. Era seduto a gambe
incrociate
accanto a lei, che, nella stessa posizione, aveva preso a fissare con
assorta preoccupazione la stanza svuotata, il mento puntato sul palmo
aperto. Jack voltò il busto, osservando la dimora della
ragazza.
Così spoglia, così triste da trasmettergli la
stessa tristezza che
emanava quel posto tutto nel suo insieme.
<<
Perciò.. tu vivi qui, eh? >>
<<
Te l'ha mai detto nessuno che hai uno spiccato spirito di
osservazione? >> lo schernì lei, senza la
minima nota di
divertimento nella voce.
<<
È solo che... gli altri hanno castelli sfarzosi, tane
enormi, un
sacco di gente che lavora per loro e tutto il resto... tu non hai
nulla di tutto ciò. Ed è... triste, credo
>> .
La
ragazza alzò la testa verso di lui con uno scatto, gli occhi
le si
illuminarono un istante di sorpresa e le sue labbra si schiusero in
un'espressione di vaga tristezza.
<<
Ricordati, Jack. La serenità si trova nelle cose semplici.
È vero,
vivrò anche in un tugurio, ma ti dirò che non mi
sono mai vista
bene in un castello in stile principessa o in un'enorme fabbrica di
giocattoli. Ognuno ha il suo posto, nel mondo. E questo è il
mio. >>
Rimasero
qualche secondo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
<<
Beh, io ho visto abbastanza. Torniamo dagli altri! >>
propose a
un tratto Jack, alzandosi in piedi e stiracchiandosi la schiena.
Quando
furono di nuovo all'aria aperta, non si accorsero subito che qualcosa
non andava. Il sole era ormai calato, e il buio attorno a loro
sembrava della consistenza di una spessa gelatina vischiosa.
<<
Non sembra anche a te che manchi...qualcosa? >> chiese
Jack,
avanzando cautamente lungo il sentiero. Poi alzò lo sguardo
e puntò
il dito al cielo, la preoccupazione stampata in volto.
<<
Guarda lassù! >>
Bellatrix
seguì la traiettoria, e si lasciò sfuggire un
verso di
frustrazione. Nel cielo, era rimasta appena una decina di stelle.
Dieci, flebili piccoli fari che si ostinavano ancora contro la
tempesta.
<<
Non c'è più tempo, sta diventando più
forte! Andiamo, Frost! >>
Bellatrix
si lanciò in volo, stagliandosi contro il cielo: una macchia
scura
su un fondo ancora più nero. Jack si preparò a
seguirla, e un
pensiero agghiacciante gli trapassò il cervello.
<<
Aspetta un momento! Anche il sole è una stella!
>> urlò per
farsi sentire dalla ragazza sopra l'ululato del vento.
<<
Non è proprio il momento per le ovvietà, ragazzo!
>> gli
gridò lei di rimando, continuando a volare.
<<
Ma no, che hai capito! >>
Jack
si vide costretto a correrle dietro, finché
riuscì a superarla e
trattenerla, puntandole le mani sulle spalle. Lei gli si
rivoltò
contro come una serpe, scostandosi da lui con uno scatto brusco.
<<
Voglio dire, non credi che Pitch possa spegnerlo? Se lo fa,
sarà la
fine per tutti! >> continuò lui, facendo finta
di non aver
dato peso alla sua spropositata quanto inattesa reazione.
Lei
parve rendersi conto del significato delle sue parole a scoppio
ritardato, valutando tra sé e sé il rischio che
potesse accadere
sul serio. Lentamente, con espressione assorta, si lasciò
fluttuare
fino a terra.
<<
Non credo che lo farà... >> rispose, dopo
altri istanti di
silenzio, << Conosco Pitch abbastanza bene da dire che
nella
sua ottica è meglio spadroneggiare su un regno di terrore,
piuttosto
che di morte. Se tutti muoiono, non rimane nessuno da terrorizzare,
giusto? Se invece prende la luna.. Allora sì, che siamo
fregati!
Muoviamoci adesso, non abbiamo più tempo per le chiacchiere!
>>
Superò
Jack con un frullo d'ali che gli scompigliò i capelli e
schizzò in
avanti, senza preoccuparsi di aspettarlo.
<<
E quella storia di restare nell'ombra per evitare di tirarci addosso
gli incubi? >> gli urlò di nuovo lui,
atteggiando le mani a
megafono sulla bocca.
<<
Come puoi vedere, non ce n'è, qui intorno. E fanno bene a
girare
alla larga, sono talmente infuriata che potrei stenderne un esercito
con le mani legate dietro alla schiena! Non corriamo rischi, Frost. E
se anche fosse, che altra scelta abbiamo? >>
Diverse
ore dopo, quando arrivarono al Polo, si accorsero subito che era
anche fin troppo calmo.
<<
Dove sono gli Yeti? >> chiese Bellatrix, più
per riempire quel
silenzio tombale che per ottenere un'effettiva risposta. Del resto
Jack ne sapeva quanto lei, e pure avrebbe voluto sapere il motivo di
tutta quella calma che, alla fabbrica di Nord sempre così
chiassosa
e piena di vita, non poteva certo stare a significare qualcosa di
buono.
Il
palazzo era deserto, l'aria immobile. Schizzarono da una finestra
all'altra, ma dentro tutto taceva. Bellatrix lanciò uno
sguardo che
voleva essere significativo a Jack, che si limitò a
guardarla con
perplessità, la lingua incastrata tra i denti a un angolo
della
bocca.
<<
Cosa? >> chiese, avendo intuito di aver mancato il
messaggio.
Bellatrix
assunse un'espressione esasperata, roteando gli occhi con impazienza.
<<
Io entro, voglio sapere che è successo qui! >>
Senza
aspettare una risposta, si staccò dal davanzale ed
evocò una
stella-shuriken grande quanto un piatto da portata.
<<
Ma che cavolo..?! >>
Jack
schizzò via dalla finestra, mancando il proiettile per pochi
istanti. Lo shuriken andò a infrangere con precisione il
vetro, che
si riversò nel corridoio come a seguito di un'esplosione.
<<
Bastava andare all'ingresso! >> protestò il
ragazzo,
abbassando le braccia con le quali si era fatto scudo.
<<
Sì, ma non è da sottovalutare l'importanza
dell'entrata in scena!
Dico bene? >> osservò la ragazza, molandogli
un poderoso
buffetto sulla spalla.
<<
Tu sei pericolosa! Sei matta da legare! >>
mormorò il ragazzo,
seguendola a malincuore all'interno, massaggiandosi la spalla
dolorante.
Rivoltarono
il rifugio da cima a fondo, ma non vi era anima viva da nessuna
parte.
Alla
fine, stanchi e più confusi che mai, si diressero verso l'
ufficio
di Nord. Finché, passando nell'atrio, Jack notò
un particolare che
alla sua compagna di viaggio era passato inosservato.
<<
Ehi, guarda là! >> disse, indicando per terra.
Una lunga
traccia scura si estendeva sul pavimento, luccicando appena alla luce
del primo mattino. Bellatrix si chinò, ci passò
sopra la mano e la
alzò agli occhi, esaminandola da vicino.
<<
Sabbia nera >> sentenziò, sfregando piano le
dita tra loro.
<<
Questo significa... che Pitch è stato qui! Ehi, aspetta!
>>
Jack seguì la ragazza
nello studio di Nord. Lei aggirò
la scrivania, si sedette e accavallò le gambe sul ripiano di
legno,
sfregandosi di nuovo il mento tra pollice ed indice come era solita
fare quando raccoglieva le idee.
<<
Questo spiega come mai non abbiamo incontrato incubi sul nostro
cammino. Erano tutti qui! Non hai proprio idea della fortuna che
abbiamo avuto! >>
<<
Fortuna? >> ripeté Jack, incredulo,
<< Nord è
scomparso, e così anche gli Yeti! Come potrebbe essere una
fortuna?
>>
<<
Potevamo essere rapiti anche noi, genio. Almeno possiamo scoprire
dov'è, e tirarlo fuori! >>
Jack
non poté controbattere: il suo ragionamento non faceva una
grinza.
<<
E va bene.. allora, cosa proponi di fare? >>
<<
Stavo per chiederti la stessa cosa, sai? >>
Jack
riuscì appena a trattenersi dal mandarla a quel paese: se
non aveva
idea di quale sarebbe stata la loro mossa successiva, come poteva
saperlo lui?
<<
Potremmo... andare al palazzo di Dentolina! Dobbiamo avvertirla, lei
ci aiuterà! >> azzardò infine il
ragazzo, con la premura
palpabile in ogni sillaba.
<<
Ammesso che gli Incubi non abbiano fatto una visita di cortesia anche
a lei... >> mormorò la ragazza, senza farsi
sentire da lui.
Appena
arrivarono, non poterono fare altro che constatare lo stato di
improvviso abbandono che affliggeva anche quel luogo, esattamente
come la fabbrica di Nord. Anche qui l'aria sembrava morta, svuotata
del costante frullio di ali che risuonava di consuetudine tra le
cupole smaltate e gli archi rampanti, e dal frenetico viavai che
solitamente riecheggiava sull'edificio simile a un gigantesco
alveare. Bellatrix gli rivolse uno sguardo rassegnato, ma Jack
puntò
il proprio alle spalle di lei, improvvisamente spaventato.
<<
ATTENTA! >>
Un
lampo nero, e Bellatrix fu scaraventata di lato, contro le mura di
una delle torri. Si ritrovò faccia a faccia con un'orda di
Incubi,
che stava cercando di abbatterla. Poi, una pioggia di dardi di
ghiaccio li congelò uno ad uno, facendoli precipitare e
infrangere
al suolo.
<<
Tutto bene? >>
Jack
si era avvicinato, brandendo il bastone come un'arma.
<<
Sì, credo. Avrei dovuto aspettarmelo. Il comitato di
benvenuto,
voglio dire... >> rispose lei, sfregandosi la nuca
dolorante.
<<
Bellatrix.. qui è disabitato! Cosa... cosa facciamo, adesso?
>>
Bellatrix
alzò gli occhi al cielo: il sole splendeva alto nell'aria
primaverile, schermato da qualche nuvola che gli scivolava sopra
veloce, schermandoli momentaneamente alla sua luce.
<<
Aspettiamo che sorga la luna. Manny saprà sicuramente
consigliarci
cosa fare. Mettiti comodo, Frost. Sarà un'attesa
snervante... >>
Quando
finalmente il sole tramontò, i due rimasero seduti l'uno
accanto
all'altra ancora per molte ore, ma della luna non vi fu traccia.
<<
Oh, insomma! DOV'È MANNY? >> urlò
d'improvviso la ragazza,
un'ottava sopra il normale. La sua voce allarmata risuonò
spettrale
sulle pareti, le cupole e gli archi, disturbando la notte con la
propria tonalità squillante.
<<
Non può essere... >> mormorò Jack,
semplicemente incredulo.
Dentro di sé sentì però aprirsi una
voragine. Come se dal solido
muro delle sue certezze fosse stato sottratto il mattone portante,
così la sua sicurezza si era trovata a vacillare e poi
crollare come
un castello di carte. Ciò nonostante il ragazzo
riuscì a mascherare
il proprio stupore e a mantenere un vago controllo di sé, a
differenza della sua compagna. Si era lasciata cadere in ginocchio,
sulle lamine smaltate del tetto della torre sul quale erano rimasti
appostati tutto il giorno, le braccia strette intorno alle spalle, i
capelli che schermavano il volto chino come una cortina bionda e le
ali aperte e curve sulle spalle, come a proteggersi da un vento
gelido. Jack la vide tremare quasi impercettibilmente e fu sicuro che
lei stesse piangendo. La ragazza dall'animo d'acciaio aveva
momentaneamente calato la propria maschera inscalfibile e si era
abbandonata a un momento di debolezza e disperazione.
Allora
Jack le si avvicinò, si chinò di fronte a lei e
le posò cautamente
una mano sulla spalla. Interpretò come preoccupante il fatto
che
lei non l'avesse allontanato: non si faceva mai neanche sfiorare, e
invece stavolta non aveva minimamente reagito. Posò piano il
bastone, facendo attenzione che non scivolasse di sotto, e le
scostò
piano i capelli dal viso. I suoi occhi erano umidi e vitrei, fissi
sulle proprie ginocchia. La bocca stirata in un'espressione
congestionata a mostrare i denti digrignati.
<<
Andiamo a cercarli! >> propose il ragazzo, gentilmente,
offrendole la mano. Lei non la prese, né lo degnò
di mezza
occhiata. Adesso, Jack vedeva le sue spalle tremare violentemente,
mentre lei cercava di alzarsi come se quel semplice gesto le costasse
una fatica disumana.
<<
Cosa c'è? >> chiese, rendendosi conto che
qualcosa non andava.
<<
Ci sono troppo poche stelle, non ho più energie
sufficienti... >>
<<
Ma come! Sei stata bene fin'ora, non arrenderti! Cosa sei, una pila
esaurita? Fatti forza! >>
La
tirò in piedi quasi di prepotenza, deciso a farla continuare
a
parlare. Lei incespicò e si aggrappò
istintivamente alla sua felpa,
tuffando accidentalmente il volto nell'incavo del braccio di lui.
Jack
la afferrò per le spalle e la allontanò piano da
sé.
<<
Ce la faccio, ce la faccio... >> si affrettò a
dire lei,
raddrizzando la schiena.
Attorno
a loro, la sera senza astri si era scurita al punto da permetterle
appena di distinguere i tratti di Jack.
<<
Se vogliamo trovare Manny e gli altri, non ce la faremo mai con tutto
questo buio. Gli incubi ci fermerebbero prima di muovere un solo
passo... >>
<<
Allora... puoi creare qualche stella? >>
Lei
sospirò, allargando le pupille da gatto in quel mare
d'inchiostro,
la voce più ferma e sicura.
<<
Ho paura che le mie stelle consuetudinarie siano troppo poco per far
fronte a questo blackout celeste.. ci vuole qualcosa di un po'
più...
strong... >>
Arretrò
di qualche passo e Jack la vide fare uno strano movimento contorto
con le braccia, ma c'era troppa oscurità per capire cosa
stesse
facendo. Finché un bagliore aranciato scaturì
dalle mani di lei, riflettendosi sulle lucide mattonelle della cupola
sulla quale si
erano accampati. Jack strizzò gli occhi a quella luce
improvvisa, e
vide che era irradiata da una piccola sfera dall'aspetto gassoso.
<<
Credevo che potessi creare solo stelle! >>
osservò lui,
sorridendo con aria saccente.
<<
Mi deludi, Figlio del Lago! Io vengo da un'epoca dove l'astronomia
non si sapeva neanche cosa fosse, eppure sono piuttosto ferrata
sull'argomento! In fondo, cos'è una stella se non un ammasso
di gas
incandescente? >>
I
due erano giunti in una radura nel cuore della foresta, e si
fermarono davanti a una scura fossa circolare che si apriva nel
terreno arido.
<<
Sicuro che sia questo? >>
Bellatrix
si sporse sulla fossa, puntellandosi con un bastone che usava come
stampella di fortuna. Il viaggio, aggiunto alla mancanza della fonte
delle sue energie, l'aveva sfiancata al punto da non reggersi in
piedi in modo stabile.
<<
Sicuro, ci sono già stato quando Pitch mi ha preso i ricordi
>>
.
La
stella di fuoco fluttuò pigra all'imboccatura di quel
baratro nero,
senza illuminare granché.
<<
Sai che ti dico? Secondo me non si trova lì dentro. Pitch,
voglio
dire. Se fosse in zona, avrebbe già attaccato, non ti pare?
>>
<<
Beh, io scendo lo stesso a dare un'occhiata. L'altra volta,
è qui
che teneva prigioniere le fatine. Se abbiamo fortuna, potrebbe aver
riciclato il suo vecchio rifugio! Tu che fai? Riesci a starmi dietro?
>>
E,
lanciandole un'occhiata complice, si tuffò di testa nella
fossa
senza nemmeno aspettare una sua risposta, sparendo subito alla vista.
Passarono
alcuni secondi, in cui Bellatrix, sempre avvinghiata al bastone di
fortuna, prese in seria considerazione l'istinto di seguirlo. Ma
proprio mentre stava per saltare nella buca, questa si richiuse con
un risucchio terribile.
<<
Cosa diavolo...?! Jack! JACK! >>
Bellatrix
si buttò in ginocchio, sul punto in cui il ragazzo era
sparito, e
prese a scavare nella terra a mani nude con foga, ma più
affondava
le dita nel terreno polveroso, più questo sembrava
aumentare,
ributtando fuori una valanga di sabbia nera. Continuò a quel
ritmo
per diversi minuti, urlando forte il suo nome, finché un
vago
bruciore la indusse a fermarsi. Aveva scavato fino a scorticarsi la
pelle, che aveva iniziato a sanguinare in più punti.
Ignorando il
fastidio, la ragazza si tirò in piedi, barcollando appena.
Poi unì
le mani a coppa, l'una sopra l'altra, e le rivolse verso il terreno
striato di nero. La stella incandescente si ingrandì e prese
a
bruciare più vividamente. Un istante dopo, si
abbatté sul terreno,
aprendo un varco. Bellatrix pensò di avercela fatta, ma
subito la
falla si richiuse, inghiottita da un'altra eruzione nera che saliva
dal profondo della terra come una colata di fango.
Alzò
le mani per tentare una seconda volta: lo avrebbe tirato fuori di
lì,
anche se avesse dovuto provare e riprovare fino allo sfinimento. Ma
una voce risuonò improvvisamente tra gli alberi, bloccandola
lì
dov'era. Sentì una scarica di paura insinuarsi nel suo
stomaco, ma
cercò in ogni modo di non farla trapelare sul suo volto
contratto
dalla tensione.
<<
È tutto inutile, non riuscirai mai a raggiungerlo. Io
risparmierei
le forze, se fossi in te. Dopotutto, non te ne sono rimaste molte...
>>
<<
Black! >> urlò lei, voltandosi da una parte
all'altra nel
tentativo di scorgere la sua figura allampanata e scura tra le
fronde, << Fatti vedere, vigliacco! >>
La
voce di Pitch vibrò in una risata minacciosa.
<<
Però, come siamo autoritarie! È questo il modo di
salutare una
vecchia conoscenza? In fin dei conti, sono passati secoli dal nostro
ultimo incontro, e ai tempi non dispensavi ordini a bacchetta! Anzi,
mi sembra di ricordare che te la stessi facendo sotto dalla paura!
È
così, o sbaglio? >>
Un
ombra scura a forma di mano strisciò fuori, avvicinandola
alle
spalle e sfiorandole un piede. Lei si voltò di scatto con un
fremito, la individuò e mosse qualche passo indietro con
l'unico
desiderio di mettere tra sé e quella cosa quanta
più distanza
possibile. L'ombra la seguì imperterrita, si
arrampicò sulle sue
gambe e lei si immobilizzò, inghiottendo un groppo di
saliva.
Represse un brivido di orrore quando l'ombra passò sulle sue
forme,
lenta e pericolosa, fino a sfiorarle i capelli che ondeggiarono come
mossi da una brezza impercettibile.
<<
Sono passati otto secoli. I mortali possono cambiare nel giro di
pochi mesi, fino a diventare persone completamente diverse da
ciò
che erano. Io ho avuto più tempo degli altri, e adesso non
mi faccio
più intimorire da te! >>
La
mano si ritrasse, fulminea, mentre un'altra risata echeggiò
tra le
fronde degli alberi.
<<
È vero, la gente cambia. Ma non tu. Ti conosco fin troppo
bene e so
che non è così. Sotto quella scorza dura sei
fragile, insicura e
spaventata. Sai che ho ragione, te lo leggo in faccia. E dici di non
aver paura, quando è palese che ti sta per sopraffare! Basta
guardarti, per capirlo. Tremi come un budino appena sfornato!
>>
<<
Tu non mi conosci AFFATTO! >> urlò la ragazza,
rabbiosa.
<<
No? Ma se sono stato io, a crearti! >>
Le
chiome degli alberi frusciarono tutte all'unisono, come in una
collettiva e silenziosa risata volta a schernirla.
La
ragazza abbassò il capo e strinse i pugni sanguinanti.
Sentiva dalla
sua voce che si stava muovendo in cerchio attorno a lei, e si
sentì
in trappola.
<<
Tu non hai creato un bel niente. Mi hai solo uccisa. C'è una
bella
differenza! >> mormorò, mordendosi il labbro.
<<
Come, prego? >>
<<
Ora basta! Libera Jack, e subito! >> sbraitò
Bellatrix,
sollevando la testa di scatto.
<<
Scordatelo! >> rispose Pitch, la sua voce che risuonava
sprezzante dal
lato opposto della radura.
<<
Ho detto liberalo! >> ribatté lei, voltandosi
immediatamente
in quella direzione, << Ti avverto, Pitch. Lascialo
andare.
Lasciali andare tutti. Altrimenti... >>
<<
Altrimenti che fai? >> la incalzò lui, con
l'ennesima risata echegggiante attorno a lei, incorporea.
<<
Altrimenti ti distruggo! >>
Un'altra
risata, ed eccolo là, in piedi in mezzo a due grandi alberi,
a
braccia spalancate come a sfidarla a catturarlo.
<<
Per distruggermi, devi prima prendermi. E per potermi prendere devi
trovarmi! >>
L'uomo
si scompose in un'onda di sabbia nera e si scagliò addosso
alla
ragazza, avvolgendola in una tempesta vorticante. Un secondo dopo, si
dissolse, lasciandola da sola, boccheggiante e in ginocchio, con i
granelli che le bruciavano negli occhi. Lei si alzò spavalda
e
atteggiò le mani a megafono, rivolta alla radura ormai
silenziosa.
<<
LO FARÒ, BLACK! PUOI CONTARCI, SE LO FARÒ!
>>
A.A:
Hello! Come promesso, il secondo
capitolo. Il capitolo Zero, come lo chiamo io, dato che è
stato il primo che io abbia scritto. In ogni caso, è qui ed
è tutto vostro. Non un granché, forse un po'
precipitoso, ma a me piace quando ci si butta nella trama senza troppi
capitoli di introduzione... Va beh.
La
canzone si intitola, come forse si evince dal testo, In Noctem, di
Nicholas Hooper. L'ho scoperta questa estate, curiosando tra le
tracce della colonna sonora di Harry Potter, ed è stata il
principale antidoto alla canicola estiva. Nel vero senso della
parola, davvero! Ascoltandola, mi vengono sempre i brividi! Comunque,
anche se la fanfiction era già avviata (che dico,
tecnicamente era
già conclusa, mancandomi solo da finire di ricopiarla!),
sono stata
indecisa fino all'ultimo se includerla nel testo o meno. Ma
più ci
pensavo, più mi dicevo: “Cavolo, casca troppo a
pennello con la
storia di Bellatrix!”, che alla fine ci si è
buttata dentro quasi spontaneamente. Se non tutta, almeno la
prima parte... per ora.
Un grazie grande quanto il Tardis (?) va
di dovere a chi ha recensito/inserito tra le seguite, sperando di aver
rinnovato il vostro interesse con questa seconda parte.
Alla prossima!
Tec :D
|
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Capitolo 3 *** Lo sconforto di Jack ***
Jack
si rese conto che
Bellatrix non lo aveva seguito nel momento stesso in cui la buca
dalla quale era entrato si richiuse, recidendo l'unica lama di luce
che era entrata con lui e lasciandolo nella più completa
oscurità.
<<
A che razza di
gioco stai giocando? >> urlò il ragazzo,
scagliandosi alla
cieca verso il punto dove fino a pochi istanti prima si trovava
quello di connessione tra il fuori e il dentro del vecchio
nascondiglio di Pitch.
<
Ehi, fammi uscire! >>
urlò, tempestando il soffitto terroso di pugni.
Avrebbe
dovuto
immaginarlo, avrebbe dovuto ascoltare e fidarsi del suo istinto,
quando gli diceva che non avrebbe dovuto fidarsi di lei! Lo aveva
attirato in una trappola, e lui ci era letteralmente cascato come un
fesso.
Rassegnato,
Jack si
allontanò dal soffitto, fermo comunque nella decisione di
uscire di
lì ad ogni costo e in qualunque modo. I suoi piedi si
posarono
piantandosi con forza sul freddo pavimento di pietra e lui
alzò lo
sguardo verso l'alto, imbracciando saldamente il bastone nella stessa
direzione. Se fosse stato necessario, non avrebbe esitato a
crivellare l'entrata con una scarica di dardi ghiacciati dietro
l'altra finché non avrebbe ceduto, e a quel punto se la
sarebbe
vista direttamente con lei, che gli aveva giocato un tiro tanto
mancino.
Era
pronto a scoccare la
prima tornata, quando un rumore profondo e per nulla rassicurante si
propagò proprio dal punto a cui stava mirando. Un istante
dopo, da
quello stesso punto irruppe una specie di bolide incandescente,
talmente luminoso da far risplendere le immediate vicinanze come
illuminate a giorno.
Lasciandosi
sfuggire
un'esclamazione di sorpresa, Jack riuscì a scansare per un
soffio
l'oggetto estraneo e sparargli un provvidenziale getto di ghiaccio
per renderlo innocuo. Dopo qualche istante sollevò il capo
da terra
e abbassò le mani che aveva alzato in un istintivo tentativo
di
proteggersi. Poco lontano da lui, una piccola sfera dalla tenue luce
azzurra irradiava il proprio riverbero sul pavimento e le pareti
più
vicine, rischiarandole come un sovrannaturale fuoco fatuo. Giaceva
immobile qualche metro più in là, silenziosa,
come in attesa di
essere raccolta. Esitando appena, Jack si avvicinò carponi e
con
mano tremante prese il piccolo oggetto per avvicinarselo agli occhi e
così esaminarlo meglio. Sotto la scorza ghiacciata riconobbe
immediatamente una stella di gas. La stessa, probabilmente, che aveva
visto evocare da Bellatrix qualche ora prima. Più confuso
che mai,
Jack alzò di nuovo lo sguardo al varco, ma questo sembrava
non
essere mai esistito. Si chiese allora cosa aveva cercato di fare,
quella ragazza, lanciandogliela contro. Aveva cercato di colpirlo
alla cieca? Oppure lo aveva fatto per aiutarlo in qualche modo?
Jack
rimase in ascolto per
diversi istanti, sperando di captare anche il più attutito
dei
rumori che gli desse una vaga idea di cosa stesse succedendo
lassù
in superficie, ma come il minimo raggio di luce non riusciva a
raggiungere quel luogo, così facevano anche i suoni. Era
tagliato
fuori dal mondo, in quella tetra cella imbottita sepolta nella terra
rischiarata solo vagamente da quel dono sibillino che gli era giunto
e che ancora stringeva tra le mani, spruzzandogli il volto con la sua
tenue luce fredda. E poi, tutto a un tratto, un rumore proveniente da
qualche parte dietro di lui captò la sua attenzione: un
lieve
fruscio, una sorta di respiro e un sordo raspare per terra,
più o
meno a una decina di metri da lui. Jack strinse con forza la sfera in
una mano per farsi coraggio, e il bastone saldamente nell'altra.
Prese un respiro profondo e si voltò, pronto a fronteggiare
qualsiasi minaccia si sarebbe trovato dinanzi. E così,
appena
qualche metro più in là della zona sicura, quella
che la luce della
stella arrivava a illuminare, Jack vide risplendere
nell'oscurità
decine di paia di occhi gialli, accesi e scintillanti, tutti rivolti
con famelica attenzione verso di lui.
Il
ragazzo non fu
abbastanza rapido da agire con prontezza contro i suoi innumerevoli
avversari, e prima di essersene reso conto, uno degli Incubi l'aveva
caricato e scaraventato all'indietro, contro la parete di roccia che
tremò sotto il colpo dell'impatto.
Jack
scivolò a terra con
la nuca che gli pulsava dolorosamente, la stella di Bellatrix
convulsamente stretta contro il petto dolorante nel punto in cui
l'Incubo lo aveva colpito, e lì rimase diversi istanti,
stordito e
disorientato. Alzò lo sguardo e reagì abbastanza
velocemente da
individuare ed evitare uno zoccolo nero e lucente appena un istante
prima di riceverlo in piena faccia, gettandosi di lato e rotolando
sul fianco. L'incubo si abbattè sulla parete di pietra e
scomparve
in un'esplosione di cristalli violacei. Jack sentiva di dovere la sua
prontezza all'adrenalina che gli era schizzata in corpo, ma cosa
avrebbe fatto una volta che si fosse smorzata?
Era
steso a terra,
immobile come l'aria intorno a lui, con le mani alzate a proteggersi
la testa dalla tempesta di sabbia che si stava scatenando su di lui,
minacciando di fargli perdere la presa sul bastone, unica sua arma e
ancora di salvezza.
Era
circondato, e stavolta
sapeva che non sarebbe riuscito a distanziare gli Incubi abbastanza a
lungo da poterli colpire a distanza. Per salvarsi, soprattutto adesso
che si era ritrovato a fronteggiarli da solo, avrebbe dovuto
escogitare un altro sistema. Ma gli attacchi che gli infliggevano non
gli davano il tempo di reagire così come non gli
permettevano di
trovare una soluzione vincente al suo problema. Avrebbe dovuto
improvvisare.
Improvvisamente,
dal punto
in cui si trovava Jack irruppe una pioggia di schegge di ghiaccio,
espandendosi a cerchi concentrici in ogni direzione e sbaragliando
gli Incubi più vicini. Ma per ognuno che ne congelava, Jack
ne
vedeva arrivare il triplo, più aggressivi e iracondi.
Nonostante
ciò, lo spazio che era riuscito a farsi in quella frazione
di
secondo gli bastò: balzò in piedi e
piroettò su sé stesso,
tracciando con la punta arcuata del bastone una circonferenza
perfetta. Da essa, immediatamente si alzò una parete di
ghiaccio che
crebbe intorno al ragazzo, si curvò e si chiuse sulla sua
testa a
formare una bassa e inscalfibile cupola di ghiaccio. Sotto di essa,
Jack restò come paralizzato a osservare i cavalli dagli
occhi
paglierini mentre cercavano di sfondare la liscia superficie
trasparente con i loro fendenti, ma senza intaccarla minimamente.
Dopo
qualche istante, gli
Incubi parvero rinunciare all'impresa e sospesero l'attacco: i
più
vicini fecero lentamente il giro della cupola, alla ricerca di un
punto debole dal quale potersi infiltrare, ma dopo qualche istante si
ritirarono assieme ai loro compagni nell'ombra, lasciando il ragazzo
intrappolato sotto la cupola con ogni muscolo contratto dalla
tensione. Con un liberatorio sospiro, Jack si appoggiò alla
parete
di ghiaccio e si lasciò scivolare a terra, mollando bastone
e stella
con gesto stanco, quasi fossero stati pesanti come macigni. E
lì
restò immobile, col fiatone e un rivolo di sudore a
solcargli la
tempia, beandosi della pausa forzata che era riuscito a ristabilire
almeno momentaneamente. Infatti, sapeva benissimo che gli Incubi
erano tutt'altro che debellati: erano lì, appostati
nell'ombra che
la stella non riusciva a raggiungere, pronti a ricominciare ad
assediarlo non appena avesse azzardato a mettere il naso fuori dal
suo rifugio. E prima o poi, questo sarebbe dovuto succedere per
forza.
Era
rimasto immobile in
quella posizione che tutto il suo corpo, gli arti e i sensi, gli si
erano intorpiditi.
In
quell'isolamento
forzato, dove il corpo non gli rispondeva quasi più,
soltanto la sua
mente cercava di tenergli fede, cercando per lui un sistema per poter
uscire da quella grotta sotterranea pullulante di ombre pronte a
tornare all'assalto. Gli parve di essere tornato indietro, a quella
volta in cui Pitch lo aveva letteralmente scaraventato in un
crepaccio tra i ghiacci colmo di sconforto e oscurità. Era
stata in
quell'occasione, quando le cose sembravano poter andare solo peggio,
che lui, Jack, aveva ritrovato la luce, la memoria della sua vita
mortale che gli aveva di nuovo infuso il coraggio e con esso la
speranza. Ma questa volta, non c'era nessuna luce in fondo
all'abisso, nessuna fatina a suggerirgli la strada.
Sentendosi
le membra
pesanti come piombo, Jack mosse stancamente la mano a frugare
all'interno della propria tasca, cercando la stella ghiacciata di
Bellatrix per beneficiare del suo tenue, freddo e vago bagliore.
Osservandola meglio, più da vicino, sotto la scorza gelida
che la
teneva imprigionata, gli pareva ancora di vedere il gas che, spinto
da una corrente misteriosa, disegnava vortici e ghirigori leggeri
sotto la sua superficie, senza riuscire a capire a cosa fosse dovuto
quello strano fenomeno.
Per
quanto non lo
riscaldasse né gli instillasse il minimo calore o barlume di
fiducia, quella luce bassa e fredda esercitava su di lui uno strano
interesse, come un incantatore esercita il proprio potere su un
serpente, un qualcosa di ipnotico da cui non si riesce a distogliere
lo sguardo.
A
Jack pareva quasi che
quella stella gli parlasse con un bisbiglio gentile e impercettibile,
un sussurro nel buio, che gli entrava nella testa e lo incoraggiava a
rialzarsi e uscire dalla sua calotta sicura.
Ma,
Jack lo sapeva bene,
fuori lo attendevano orde di Incubi pronti a sopraffarlo. Erano
lontani da lui, rifugiati là dove i suoi occhi non
riuscivano ad
affondare nell'oscurità oltre la parete di ghiaccio, ma
c'erano ed
erano in numero nettamente superiore a quello che lui poteva tenere a
bada.
Il
suo pensiero virò
quasi inesorabilmente verso Bellatrix. Jack si chiese dove fosse, e
cosa stesse facendo in quel preciso istante. Era ancora
lassù dove
lui l'aveva lasciata, appena oltre l'ingresso della grotta? Era
riuscita a trovare, si stava adoperando per raggiungere gli altri
ovunque fossero? Oppure stava cercando un modo per raggiungere lui? E
se invece Pitch l'aveva trovata?
O,
nella peggiore delle
ipotesi, era in combutta con lui e l'aveva attirato lì
apposta?
Jack
allontanò quel
pensiero maligno come una mosca molesta, con uno scatto brusco del
capo: non poteva, non voleva neanche prendere in considerazione
l'idea che la storia della Stanza dell'Universo e tutto quanto ci
andasse dietro fossero stati solo una gigantesca montatura, volta
unicamente a dividere e indebolire i Guardiani per aiutare Pitch a
reinstaurare il proprio regno di terrore. Jack l'aveva osservata
bene, e non gli riusciva difficile sostenere la buona fede della
ragazza. La disperazione che aveva visto nei suoi occhi quando
avevano scoperto che l'Uomo nella Luna era sparito era autentica,
così come l'amarezza e il ricordo del dolore che aleggiavano
sul suo
volto mentre gli raccontava di come fosse diventata uno Spirito, o la
devozione e l'affetto con cui invece ricordava come Sandy fosse
intervenuto ad aiutarla proprio quando lei ne aveva avuto
più
bisogno. Tutti quelli, erano sentimenti troppo veri, troppo umani,
per poter essere puramente simulati.
Jack
si abbandonò di
nuovo con la schiena contro il ghiaccio, lasciando che la piccola
sfera gli scivolasse dalle dita e rotolasse a terra con un suono
cristallino. Per qualche istante, il ragazzo rimase immerso nel
silenzio più totale, con la fronte appoggiata alle ginocchia
e la
rassegnazione nell'animo. Ma poi, lieve quanto una foglia che cade,
udì chiaramente un suono che lo fece tornare immediatamente
all'erta: aveva sentito un sospiro, così vicino che credette
che uno
degli Incubi fosse riuscito ad infiltrarsi nel suo rifugio. Il
ragazzo si guardò febbrilmente intorno, per constatare
infine con un
certo sollievo di essere ancora perfettamente solo, protetto e al
sicuro dagli Incubi ancora in agguato. Ma il sollievo fu sostituito
quasi immediatamente da un'altra ondata di ansia: se non c'era nessun
altro oltre lui, chi era stato a produrre quel suono?
La
sua attenzione fu
catturata da un guizzo azzurro che si era riverberato sulla volta
ghiacciata che lo sovrastava. Abbassando lo sguardo, vide la stella
emettere un bagliore un po' più forte del solito, giacendo
ai suoi
piedi. Strizzando gli occhi per vedere meglio, gli parve di vedere
una minuscola sagoma riflettersi all'interno dell'astro, e quasi non
riuscì a trattenere un'esclamazione di sorpresa mentre
riacchiappava
la stella con gesto fulmineo. Sotto le striature cristallizzate di
gas, riconobbe una familiare figura voltata di spalle che camminava a
passo incerto lungo un sentiero tra gli alberi, apparentemente senza
essersi conto di essere osservata. Jack la chiamò
istintivamente e a
gran voce, ma Bellatrix non diede segno di averlo sentito e non si
voltò al suo richiamo, continuando invece sui propri passi.
A
un tratto la ragazza
sparì dalla sua visuale, e per diversi secondi Jack si
ritrovò a
fissare gli alberi circostanti con perplessità, senza capire
cosa le
fosse successo. Fu in quel momento, che lui capì di stare
osservando
la scena dal punto di vista di una stella gemella a quella che stava
reggendo tra le mani. Bellatrix doveva essere riuscita ad evocarne
un'altra, e in qualche modo tra i due astri doveva esseri stabilito
un canale, una sorta di collegamento che gli aveva permesso di
vederla, ma non di comunicare con lei.
Non
vedendola ricomparire,
il ragazzo cominciò a guardare la stella da diverse
angolazioni,
inclinandola e ruotandola di conseguenza da una parte all'altra.
Finalmente il suo campo visivo fu di nuovo occupato da Bellatrix: la
osservava dall'alto, mentre lei giaceva a faccia in giù su
un
tappeto fradicio di foglie marce e rametti. Lei si puntellò
sulle
mani e si rigirò pancia all'aria, lanciando un'occhiata
rabbiosa
alla radice in cui era inciampata. Poi si alzò a sedere,
pulendosi
la guancia da uno schizzo di fango con il dorso della mano.
Adesso
Jack si era portato
la stella così vicino agli occhi che riusciva a vederne il
riflesso
sulla superficie azzurra, e si aspettava da un momento all'altro di
vedere Bellatrix rialzarsi per continuare la sua strada, più
combattiva di prima. E invece lei abbassò il capo, si
abbracciò il
busto e rimase lì seduta a terra, con la veste stracciata e
sporca
di melma e le ali curve sulle sue spalle come a proteggersi.
Jack
passò lentamente il
pollice sulla sua figura azzurrina, desiderando in quel momento
più
che mai di poterla aiutare in qualsiasi modo. E poi, pian piano,
l'immagine all'interno della sfera sfumò e quella
tornò alla
propria opacità consueta, lasciando il ragazzo a fissare la
sua
superficie con il fiato sospeso e gli occhi sbarrati
dall'incredulità.
Devo
uscire di qui,
pensò, distogliendo lo sguardo dalla stella per lasciarlo
distrattamente vagare sul soffitto di ghiaccio che lo sovrastava, ma
come?
Appena
oltre i due metri di diametro del suo porto sicuro, era pieno di
bestie non molto amichevoli pronti ad attaccarlo non appena fosse
stato alla loro portata. Ma Jack non si sarebbe lasciato abbattere
per così poco, avrebbe trovato una soluzione a quella
situazione
così spinosa senza lasciare nulla di intentato.
Così
il ragazzo si alzò stancamente in piedi, riponendo la stella
al suo
posto all'interno della tasca della felpa col naso rivolto
all'insù,
alla ricerca del punto preciso dal quale era entrato nella grotta.
Posò la mano sulla lastra gelida che lo separava
dall'esterno,
stringendo il bastone con l'altra per darsi forza. Lentamente, il
ghiaccio cominciò a sciogliersi e scivolare ai piedi di Jack
in
forma di lunghi rivoli d'acqua. Man mano che lo strato sopra di lui
si assottigliava e si indeboliva, l'autocontrollo del ragazzo andava
indebolendosi con esso, ma nonostante ciò lui si impose di
mantenere
la calma per concentrarsi sul suo scopo.
D'un
tratto, la cupola attorno a lui si liquefece all'istante,
rovesciandosi a terra con uno scoscio di cascata. Senza la luce della
stella a rischiarargli i dintorni, il ragazzo si ritrovò a
fissare
l'oscurità che lo circondava, immerso in un silenzio
innaturale e
teso. La sensazione di essere immerso in una dimensione senza tempo
durò ancora un battito di ciglia, dopodiché si
scatenò il
finimondo. Jack scagliava fendenti alla cieca, in ogni direzione, ma
riusciva a vedere i suoi avversari solo nell'istante in cui questi
venivano colpiti dai suoi dardi lucenti. E comunque, anche quando
riusciva ad abbatterne un numero consistente, altri incubi li
soppiantavano senza dargli tempo di pensare ad altro che non fosse
cercare di tenerli a bada. Eppure, in una frazione di secondo tra la
vecchia e la nuova ondata di avversari, finalmente Jack
riuscì ad
abbattere un singolo colpo secco al terreno con la punta del bastone,
e da questa, ergendosi in un fulmineo cerchio rotante, spuntarono
decine di stalagmiti di ghiaccio, lunghe, affilate e massicce, che
spazzarono letteralmente via la maggior parte degli incubi ed
allontanarono quelli rimanenti, disorientati e imbizzarriti. Una
delle stalagmiti proseguì la sua ascesa verso il soffitto e
Jack vi
si aggrappò con tutte le sue forze al volo, stringendo gli
occhi in
attesa dell'impatto.
E
finalmente riconobbe la sensazione dell'aria fresca sul viso, l'odore
della notte e del muschio sulla corteccia degli alberi. Era fuori.
Atterrò
prontamente sulle ginocchia e si voltò a guardare lo
spuntone di
ghiaccio che si ergeva in mezzo alla radura, spiccando come un
grattacielo su un pugno di costruzioni antiche.
Rialzandosi
in piedi, Jack allungò una mano a tastare il rigonfiamento
nel
tascone della felpa, per assicurarsi di avere ancora la stella con
sé. Per essere sicuro che fosse ancora tutta intera, ma
anche
sperando che la figura di Bellatrix ricomparisse al suo interno, la
estrasse per esaminarla: la stella era integra, ma la sua superficie
rimase opaca, limitandosi a restituirgli il suo riflesso deluso. A
Jack, quel rifiuto di mostrargli la ragazza ricordava quello che
l'Uomo nella Luna gli aveva rivolto per tre secoli ogni volta che gli
aveva rivolto una domanda.
Con
un sospiro sconfortato, Jack alzò gli occhi al cielo, la cui
oscurità innaturale stava iniziando a sbiadire ai margini
della
cornice di rami che lo sovrastava nei colori dell'alba. Ora che era
riuscito a liberarsi, non poteva permettersi di perdere altro tempo,
perciò ripose nuovamente la stella al suo posto e lui
schizzò in
aria, per dirigersi nella direzione diametralmente opposta a quelle
che le prime luci del mattino sembravano indicargli.
Cantuccio
autrice:
Hello!
Non
lo credevo possibile, ma mi stavo dimenticando che oggi è
giorno di
aggiornamenti! Stavo riverniciando il bagno, e la cosa mi aveva preso
un po'... Sì, ehm.. comunque... Questo capitolo non
è dei miei
preferiti, lo trovo un po' troppo corto, ma spero che vi sia piaciuto
comunque. Inizialmente non era previsto, anche perché la
fanfiction
è nata inizialmente per seguire soltanto il punto di vista
di
Bellatrix. Tuttavia, dato che più avanti lei e Jack si
ritrovano, mi
sono resa conto che andava messo un minimo di spiegazione su come sia
riuscito a scappare dall'antro di Pitch, dato che altrimenti sarebbe
rimasto un interrogativo abbastanza irrisolto e probabilmente mi
avrebbe portato a contraddirmi se non l'avessi aggiustato per tempo..
S-si è capito, vero? Oggi sono un disastro, non riesco a
esprimermi
in maniera decente >.<
Comunque
sia, al solito, fatemi sapere che ne pensate. Non sapete quanto io
tenga a un'opinione esterna ( si sa, l'autocritica funziona quanto
volete, ma... ogni scarrafone è bello a mamma sua, come
dicono a
Napoli... insomma, io posso provare e riprovare quanto voglio, ma
trattandosi di una cosa scritta da me potrei passare sopra a qualche
dettaglio importante senza neanche rendermene conto! )
Va
beh, per oggi ho delirato abbastanza. Un grazie grande quanto la tana
di Calmoniglio è d'obbligo a tutti voi che avete avuto la
pazienza
di leggere fin qui :D
Un'ultima cosa... il titolo del capitolo
non mi convince, né mi sembra particolarmente azzeccato. Non
è molto importante, ma cercherò di farmi venire
un'idea per trovarne uno adeguato. Ok, allora.. alla prossima settimana!
Tec
:3
|
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Capitolo 4 *** Il castello di tenebre ***
Nelle
settimane che seguirono, Bellatrix si spostò di
città in città
nella speranza sempre più debole di trovare un qualche
indizio su
dove si trovasse il nascondiglio di Pitch. Ovunque lei andasse, lo
scenario che le si presentava era essenzialmente lo stesso: strade
deserte, finestre sigillate, tende tirate. Con i Guardiani, era
sparita ogni traccia di spensieratezza e felicità, al loro
posto la
paura dilagava come un morbo pestifero. Ogni sera, Bellatrix alzava
lo sguardo al cielo e constatava con un crescente senso di impotenza
e frustrazione che una stella in più era stata spenta. Una
pioggia
insistente aveva iniziato a cadere, e ancora dopo giorni bagnava
strade e palazzi, rendendo l'atmosfera ancora più cupa. Una
sera,
stava attraversando una via illuminata unicamente dalla minuscola
stellina che stringeva nella mano. Aveva un mantello tirato sulla
testa che le offriva un minimo riparo dall'acqua, e si appoggiava al
bastone come una vecchia zoppa, esalando nuvolette di vapore dalla
bocca socchiusa. A un tratto si fermò a riprendere fiato, e
lasciò
vagare lo sguardo sui palazzi che la circondavano, le finestre buie
come le orbite di un teschio. Non c'era felicità, in quel
luogo. Né
divertimento. La meraviglia era morta nel momento in cui Nord era
scomparso, e con essa anche la speranza. Ma più di tutti,
Bellatrix
sentiva il vuoto lasciato dalla serenità. Con la Paura che
spadroneggiava, nessuno aveva più diritto a sentirsi sereno:
sembrava davvero di essere tornati al Medioevo, quando la gente era
prigioniera del terrore e dell'ignoranza.
All'improvviso,
da una finestra al primo piano di uno di quei palazzi la raggiunse il
suono di vetri infranti e, un istante dopo, un pianto infantile. Si
voltò appena in tempo per vedere uno degli Incubi posarsi
leggero a
terra, tra cocci di vetro scintillanti.
Ecco
l'indizio che aveva tanto cercato, finalmente! Doveva catturarlo
prima che prendesse il volo, o non sarebbe riuscita a stargli dietro,
perdendo la possibilità di arrivare a Pitch: erano giorni
che non
riusciva più a volare.
Si
fece scivolare il cappuccio sulle spalle, lasciando che la pioggia le
inzaccherasse la testa, e inspirò profondamente. Piano piano
lasciò
che la paura fluisse dentro di sé, facendola evadere da quel
punto
in fondo allo stomaco in cui la teneva segregata da quando Jack era
scomparso sotto terra, lasciandosi invadere come da un silenzioso
cancro. L'animale voltò la testa scheletrica verso di lei e
allargò
le narici, famelico. La individuò e prese a girarle intorno
lentamente, studiando il punto più favorevole per attaccare,
e lei
lo lasciò fare. Lo sentì fermarsi alle sue spalle
e capì di avere
pochi istanti di tempo per agire: non era sicura di riuscire a
scansarlo. La creatura si piegò sulle zampe e
scattò in avanti,
rompendo la tensione insostenibile che si era tesa come una ragnatela
tra le loro due figure. Lei balzò di lato all'ultimo secondo
e si
aggrappò con tutte le sue forze alla sua criniera lucente,
ben
decisa a tenere salda la presa. Imbizzarrito, l'animale
tentò di
disarcionarla impennandosi sulle zampe posteriori e schizzò
in aria,
ma la ragazza riuscì a mantenere un appiglio ferreo e a
sistemarsi
stabilmente sulla sua groppa. L'incubo continuò ad
attraversare il
cielo per diverse ore, tentando di buttare giù la ragazza di
tanto
in tanto. Piano piano, le nubi cariche di pioggia si diradarono, e
quando ormai l'alba iniziò a rosseggiare all'orizzonte la
cavalcatura non faceva più caso a lei, rassegnata alla sua
presenza.
Stavano sorvolando un'immensa zona desertica, e Bellatrix si chiese
quanto ancora mancasse al suo obbiettivo. Guardando sotto di
sé, vide fare capolino tra le dune comignoli, tetti e
pinnacoli. La
distesa gialla, poi, andava scurendosi man mano che procedevano, e
capì che la sua meta era ormai finalmente vicina.
Finché
lo vide. Questa volta Pitch non si era accontentato di un antro nella
foresta. Un'enorme nube nera dominava il paesaggio, ruotando
lentamente su sé stessa. L'incubo accelerò e poco
dopo si trovarono
a quello che doveva essere l'ingresso, che era più simile a
uno
stretto corridoio aperto in una parete altrimenti impenetrabile del
quale non riusciva a distinguere lo sbocco. La stella che aveva
evocato si era esaurita da tempo, e Bellatrix ripeté i suoi
gesti da
prestigiatore per crearne un'altra. Ma il corridoio rimase buio e le
sue mani vuote, così lei scrollò le spalle in un
gesto indifferente
e si strappò il mantello di dosso con gesto teatrale,
gettandoselo
ai piedi prima di entrare nella tana del lupo.
Avanzò
nel corridoio con la mano appoggiata al muro, un po' per sostenersi e
un po' per verificare se il corridoio avesse deviazioni o altre
porte. Ma questo procedeva sempre dritto, fino al cuore della nuvola
stessa. Sotto le dita, la sabbia fremeva e vibrava in modo quasi
impercettibile, come se avesse coscienza e sapesse che lei era
lì,
che un intruso si era arrischiato ad entrare. Si ritrovò in
un'ampia
sala, arredata in stile medievale. Un grande trono dominava la
stanza, dall'alto di un basso palco di pietra sul muro di fondo.
Accanto, un pesante tendaggio copriva la parete a sinistra, e le
altre tre mura erano scandite da alti archi a sesto acuto. La ragazza
si infilò sicura in uno di quelli, e si trovò in
un corridoio che
dava su altri innumerevoli passaggi. Vagò per un pezzo in
quel
reticolo di cunicoli, forte del suo senso dell'orientamento
infallibile, finché giunse finalmente in quelle che dovevano
essere
le segrete. All'improvviso si rese conto di conoscere perfettamente
la planimetria di quel posto, perché era una copia precisa
di quello
in cui aveva vissuto gli ultimi giorni della sua esistenza terrena,
quando fu accusata pubblicamente di stregoneria. Non
è vero che è
uguale, si disse, fissando i dintorni con ostilità.
L'ingresso è
diverso... qui non ci sono guardie né
ponti levatoi, né stanze sotterranee con vergini di ferro e
altri
orribili strumenti di tortura, ma è molto più
tetro e cupo.
Scosse
la testa, come per scacciare i brutti ricordi che le si erano
affacciati alla mente, e iniziò una folle corsa, indugiando
davanti
a ogni porta quel tanto che bastava a controllare se la stanza dietro
di essa fosse vuota e avanti così per diversi corridoi.
Finché,
dopo quelle che le parvero ore, individuò un'enorme figura
riversa
sul pavimento di una cella isolata dalle altre, tenuta avvinta al
muro da pesanti catene. Bellatrix trattenne rumorosamente il fiato,
lanciandosi contro la porta con forza.
<<
Nord.. Nord! Sveglia, guarda chi è venuto a prendervi!
>>
sussurrò la ragazza, stringendo le sbarre con tanta foga che
le
nocche le diventarono bianche.
Lentamente,
Nord alzò il volto deperito verso di lei. Aveva un aspetto
sudicio,
trascurato, gli occhi spenti. Tuttavia, parve rinvigorirsi alla sua
vista, e si lasciò sfuggire un debole sorriso.
<<
Sei tu! Non speravo più ormai.. credevo che Pitch avesse
preso anche
te! >>
<<
Sono qui, Nord. Adesso ti tiro fuori. Dove sono gli altri? Sandy,
l'hai visto? >>
<<
No, non so più nulla di altri da quando Incubi ci hanno
sorpreso...
>>
Bellatrix
appoggiò la fronte alle sbarre, delusa e disperata.
<<
Bellatrix, dov'è Jack? >> sentì
Nord chiederle da dietro la
porta.
<<
Lui... è stato preso da Pitch. È intrappolato
nella caverna nel
bosco... ho provato di tutto, ma non sono riuscita a tirarlo in
salvo...! >>
Lanciò
un'occhiata rapida e colpevole a Nord, e vide il panico sul suo volto
sporco.
<<
Non preoccuparti per Jack, adesso. Preoccupati di Manny, piuttosto!
>> continuò la ragazza, dopo essersi asciugata
gli occhi umidi
con la manica sbrindellata.
<<
Che vuoi dire? >>
<<
Voglio dire, che Pitch ha preso la luna. Non so cosa abbia fatto o
stia facendo a Manny, e tanto meno so dove lo tiene rinchiuso!
>>
Improvvisamente
vide con la coda dell'occhio un movimento fulmineo alla sua destra, e
un istante dopo si ritrovò schiacciata a terra da un'onda
nera che
le strizzò l'aria fuori dai polmoni. Pitch si
avvicinò con fare
minaccioso e le puntò un piede sul petto, chinandosi su di
lei con
un ghigno sadico.
Le
sue mani cineree stringevano la luna, ridotta alle dimensioni di una
pallina da tennis.
<<
Cercavi questa, per caso? >> sibilò l'uomo,
sventolandole
l'oggetto a pochi centimetri dal naso.
<<
Brutto bast... >>
Le
parole le morirono in gola: Pitch aveva spostato il peso sulla sua
trachea, minacciando di soffocarla. Bellatrix gli afferrò la
caviglia in un istintivo gesto di sopravvivenza, ma lui era troppo
forte e non riuscì a spostarlo nemmeno di un millimetro.
Rassegnata,
debole e svuotata di ogni energia, la ragazza lasciò cadere
la mano
sul petto, inerme. Questa le scivolò lungo il fianco e lei
non fu in
grado di muovere un solo muscolo. Pitch raddrizzò la schiena
e la
trascinò in piedi afferrandola per i capelli con
un'espressione
divertita. Lanciò un'occhiata trionfante a Nord, che non
aveva
smesso un attimo di urlare il nome della ragazza da quando lei era
sparita dal suo campo visivo, e sparì insieme a lei in un
turbine
nero, lasciandosi dietro solo l'eco della sua folle risata.
Bellatrix
si svegliò in un'ampia sala dall'aspetto familiare, che non
riconobbe subito.
Si
alzò lentamente, sedendosi sui talloni, e fece vagare lo
sguardo
attorno, cercando di capire dove fosse. Individuò Pitch,
seduto sul
grande trono nero vicino al drappo che copriva la parete, che la
guardava con un sogghigno vagamente compiaciuto.
Da
principio lei non capì cosa ci facesse lì con
lui, ma poi
l'immagine della piccola luna le attraversò la mente come un
fulmine
a ciel sereno.
<<
Che cosa hai fatto a Manny? Rispondi, Black! >>
Il
sorrisetto soddisfatto si incrinò sul volto dell'uomo e le
sue
sopracciglia rade si curvarono in un'espressione contrariata.
<<
Che te ne pare del mio castello? È di tuo gradimento?
>>
chiese infine, in tono beffardo.
<<
Per niente. Mi ricorda tanto quello dove mi ha fatta rinchiudere...
quando è stato? Ah già, adesso ricordo! Quando mi
hanno
giustiziata! >> rispose lei, altrettanto sarcastica,
picchiettandosi il mento con l'indice.
<<
Adesso mostrami Manny o giuro su quelle poche stelle rimaste che la
gente avrà un motivo valido per chiamarti “Uomo
Nero”! >>
<<
Che maniere, non c'è bisogno di passare alle minacce!
>>
rispose lui tranquillo, mostrandole e facendo cadere a terra il
piccolo globo. Questo rotolò, semplice e patetico, fino alla
ragazza
che lo raccolse con entrambe le mani e lo portò alle labbra
tremando
incontrollabilmente.
<<
Riportalo com'era. Ora. Fallo ora, o giuro che... >>
Lacrime
di rabbia le solcarono le guance, trascinando con sé le
tracce di
sabbia che le annerivano il volto.
<<
Non ci penso nemmeno. Ho trasferito la sua vera essenza in un altro
luogo, quello che hai in mano non è altro che un guscio
vuoto.
Sapevo che, per arrivare ai Guardiani, avrei dovuto prima togliere di
mezzo lui, così da poter agire indisturbato. E,
dov'è adesso,
l'Uomo nella Luna non può più intralciarmi
>> .
La
ragazza-gatto alzò la testa di scatto, guardandolo con odio
da
dietro un velo di lacrime.
<<
Tu cosa..? >>
Pitch
si alzò e si avvicinò al drappo alle sue spalle,
voltandole la
schiena. Dietro, diversamente da quel che si aspettava lei, non vi
era una parete di pietra, ma un enorme specchio dalla cornice
minuziosamente elaborata. Intrappolato dietro la superficie liscia e
fredda, vi era un essere tra i più belli che avesse mai
visto. Un
giovane uomo, dai lineamenti gentili e le spalle scolpite, era appeso
a testa in giù in quella che era la replica perfetta della
stanza
dove si trovavano loro. I capelli argentei, lunghi fino alle spalle,
ricadevano a ciuffi scomposti sfiorando il pavimento. Era vestito
come una divinità greca, di un trasparente e leggero tessuto
bianco,
raccolto su un fianco con un morbido nodo. Le braccia, diafane e
forti, giacevano lungo i fianchi, dove la veste si allargava
fluttuando e aprendosi come un fiore appena sbocciato. Le spalle nude
e bianche, gli occhi chiusi e corrucciati in un'espressione
metà
serena e metà sofferente e le labbra socchiuse trasmettevano
l'idea
di un essere etereo, di una bellezza struggente.
Ma
a vederlo in quello stato, incosciente e indifeso, Bellatrix
sentì
crescere dentro di sé una profonda tristezza:
sentì che avrebbe
fatto di tutto pur di spianare quelle sottili rughe sulla fronte e
attorno alle palpebre distese dell'uomo. Qualunque cosa.
Con
mano tremante, posò a terra la piccola luna e, lentamente,
si tirò
in piedi. Avanzò sulle gambe malferme, rischiando di
incespicare una
o due volte, finché crollò in ginocchio sui
gradini di pietra, a
pochi passi dallo specchio, senza riuscire a staccarne lo sguardo.
Allungò la mano tremante per sfiorarne la superficie, ma
Pitch le
imprigionò prontamente il polso nella sua stretta ferrea. La
ragazza
sussultò, voltando di scatto la testa per lanciargli
un'occhiata
sconvolta: in quei brevi istanti si era completamente scordata che
lui fosse lì. E all'improvviso si rese conto dell'emerita
idiozia
che aveva compiuto venendo lì, sola e praticamente
disarmata.
Probabilmente Pitch sapeva che lei avrebbe fatto di tutto pur di
ritrovare Sandman e l'Uomo nella Luna, e non aveva esitato ad usarli
come esca.
Ma
lui le restituì uno sguardo che non gli aveva mai visto
addosso,
come se fosse dispiaciuto per la situazione in cui lei si era
ritrovata.
<<
Non ti consiglio di toccarlo, o finirai nello specchio anche tu, e
allora io non sarei in grado di farti uscire >> .
Lei
abbassò lo sguardo e prese a singhiozzare alla disperata
coprendosi
gli occhi con le mani, le spalle scosse da violenti singhiozzi. Le
lacrime le bagnavano le guance e, scendendo sotto il mento,
atterravano sulle sue gambe, inumidendole a macchie.
Sentì
Pitch chinarsi accanto a lei, e posarle la mano sulla testa. Le sue
dita sottili affondarono tra le ciocche bionde scatenando in lei un
tremito più profondo.
<<
Non fare così >> la voce dell'uomo si era
fatta dolce, quasi
suadente. << A nessun padre piace vedere la propria
figlia che
piange! >>
Bellatrix
non poté e non volle credere a quanto le sue orecchie
avevano
sentito. Il suo cuore aveva smesso di battere per diversi secondi, e
adesso pompava sangue alla disperata, come deciso a recuperare quelli
che aveva saltato.
<<
Sapessi quanto ho aspettato di poterti riavere con me...
>>
sussurrò lui, passando il braccio destro attorno alle sue
spalle.
<<
Di cosa diavolo stai parlando? >> chiese lei, la voce
bassa e
tremante.
Non
riuscì a sopportare oltre il contatto del suo braccio sul
suo collo,
si sentiva come la preda avvolta nelle spire di un serpente: in
trappola, con i minuti contati. Doveva fare qualcosa o lui l'avrebbe
divorata senza pietà.
Con
uno scatto inaspettato, si divincolò dalle sue braccia e
balzò in
piedi, lontano da lui.
<<
Bella, lo so. So che sei confusa, che non mi credi. Ma lascia che mi
spieghi... >>
<<
Non >> scandì la ragazza con tono minaccioso,
accompagnando
ogni parola con uno scatto nervoso della mano, << ti
azzardare
a chiamarmi Bella! Non devi spiegare un bel niente! Bugie,
nient'altro che bugie! >>
Si
scagliò su di lui con tutte le forze rimastele, consapevole
del
fatto che non sarebbero bastate a batterlo. Ma il desiderio di
colpirlo era talmente forte che non le importava: ciò che
contava di
più era mettere a tacere la sua faccia da schiaffi. Ma
quando gli fu
appresso, Pitch la scagliò di lato senza sforzo, la
afferrò per il
braccio spingendola all'indietro e la inchiodò contro il
trono di
sabbia.
<<
PERCHÉ DOVREI MENTIRTI, EH?! >>
urlò lui a pochi centimetri
dal suo volto, guardandola negli occhi.
<<
TU HAI ORDINATO DI FARMI FUORI, TE LO SEI SCORDATO? >>
gridò
lei più forte. Si divincolò di nuovo dalla sua
stretta e scattò in
avanti.
Era
ferma nella convinzione che lui si stesse inventando tutto, e la
rabbia per l'essere presa in giro a quel modo fece scaturire in lei
una forza altrimenti inspiegabile.
Con
gesto fulmineo creò una stella gassosa e gliela
spedì addosso come
una maledizione, ma Pitch la schivò dissolvendosi e
riapparendo alle
sue spalle. Lei lo intercettò, creò una manciata
di shuriken e
glieli scagliò contro una per una. Pitch riuscì a
deviarli con
un'immensa falce di sabbia apparsa dal nulla, dalla lama curva e
pericolosamente acuminata. Avrebbe potuto rimandargliele contro, e
invece le aveva fatte schiantare lontano da lei.
Bellatrix
creò una stella a cinque punte, grande abbastanza da essere
brandita
con entrambe le mani. Impugnandola come una mazza si avventò
di
nuovo su Pitch, che alzò la propria arma per farsene scudo.
La falce
e la stella scozzarono, producendo una pioggia di scintille. Lui si
curvò sulla ragazza, le armi e le braccia di entrambi
tremavano
nello sforzo di tener testa l'una all'altro, finché le
ginocchia di
lei cedettero leggermente e Bellatrix si ritrovò a fissare
terrorizzata l'uomo dal sotto in su.
<<
Non capisci? Era l'unico modo per farti tornare da me! Ma loro ti
hanno trovata, ti hanno portata via! Pensa a cosa deve essere stato
per me, vederti crescere, morire e poi maturare al fianco di coloro
il cui unico scopo è sempre stato quello di distruggermi!
Prova un
po' a chiederti come mai l'Uomo nella Luna non voleva che ci
incontrassimo! >>
Bellatrix
abbassò lo sguardo: non riusciva a sostenere quello di lui,
le
sembrava di esserne trafitta da parte a parte. Aveva il fiatone, le
gambe non la tenevano più e anche l'arma che brandiva
sembrava
essersi appesantita di colpo. Quasi come se si fosse rassegnata, si
lasciò cadere in ginocchio e allentò la presa,
lasciandosi sfilare
docilmente l'arma dalle dita da Pitch, che la gettò lontano,
fuori
dalla sua portata.
Tutto
tornava, adesso. Ecco che i tasselli del mosaico cadevano precisi al
loro posto. Bellatrix si portò le mani al volto e si
strofinò
energicamente gli occhi. Ritirandole, vide che erano coperte di
sabbia nera, scaturita dalle sue orbite. Ecco la prova del nove, si
sorprese a pensare. A quel punto sentì la mano di lui
posarsi sulla
sua spalla, e un istante dopo si ritrovò a stringere
convulsamente
tra le mani una sfera cristallina. All'interno, fluttuando in un
minuscolo spazio, brillavano pianeti e meteore, immersi in un vortice
nero e violaceo iridescente: la sabbia di Pitch.
<<
Non avevo scelta. Dovevo spegnere la luce delle stelle, o non avrei
potuto tornare >> .
In
quell'istante Bellatrix si rese conto di cosa non le tornava nel
racconto dell'uomo.
L'Uomo
Nero e la paura sono sempre esistiti. Sempre. E a quanto ne so, la
paura genera mostri, non figli!
<<
BUGIARDO! >>
Un
lampo, la lama della scure brillò letale mentre Pitch la
fece calare
sulla sua testa. Bellatrix la evitò rotolando di lato,
stringendo
convulsamente la piccola sfera mentre l'arma si abbatteva sul
pavimento, il colpo andato miracolosamente a vuoto.
<<
Bel tentativo, Pitch! Stavi quasi per farmela, ma sarai più
fortunato la prossima volta! >>
Si
alzò fulminea e creò altre stelle-shuriken, ma
nell'atto distolse
lo sguardo dal suo avversario che approfittò della sua
momentanea
distrazione per scagliarle contro una lingua di sabbia che le si
attorcigliò attorno alla caviglia come i tentacoli di una
piovra
gigante. Le stelle le caddero dalle mani con un fragoroso tintinnio
quando l'Uomo Nero tirò a sé la frusta, facendole
perdere
l'equilibrio. La ragazza cadde sulla schiena, l'aria strizzata fuori
dai polmoni, e fu trascinata via, finché i due si
ritrovarono
sospesi nel vuoto all'esterno: le dita di lui strette attorno alla
gola di lei, i loro occhi allacciati da sguardi di fuoco.
<<
Ti do un'ultima possibilità, Bellatrix! Unisciti a me, o
muori da
sola! >>
<<
Morire? Non sei riuscito ad eliminarmi la prima volta, non ci sperare
per la seconda! >>
E
gli conficcò nel braccio teso una stella, facendogli mollare
la
presa con un grido disumano.
Le
sembrò di cadere al rallentatore, sentiva le palpebre e le
membra
così pesanti da non riuscire nemmeno a spiegare le ali per
attutire
la propria caduta. Quando precipitò a terra, sollevando
un'immensa
colonna di sabbia, era in uno stato di incoscienza tale da sentire a
malapena dolore.
Non
riusciva a capire. Non ricordava assolutamente come avesse fatto a
ritrovarsi nella cella umida e fetida in cui si era svegliata. Tutto
ciò che sapeva era che si trattava della stessa cella in cui
fu
segregata in attesa di essere giustiziata, più di ottocento
anni
prima. Ma con che prove, su che fondamenti l'avevano accusata, ai
tempi? Tutto ciò che faceva era bollire qualche radice a
scopi
medicinali e insegnare ai bambini del villaggio a distinguere le
piante buone da quelle nocive. A un tratto si ritrovò fuori,
in
qualche luogo all'esterno, e riconobbe la capanna al limitare del
bosco dove durante la sua vita mortale conduceva una vita solitaria
e pacifica. E, improvvisamente, le guardie le furono addosso,
facendola precipitare in un vecchio incubo che l'aveva perseguitata
per quasi un millennio. Lei li guardò impotente mentre
violavano la
sua casa, devastandola mattone dopo mattone e infine dandola alle
fiamme. E poi, così com'erano venute, le guardie sparirono e
lei si
ritrovò a galleggiare in un abisso nero che premeva
arrogante contro
il suo corpo, cercando di comprimerle fuori l'aria dai polmoni.
E
all'improvviso mi ritrovo legata al palo, in cima a un cumulo di
fieno e sterpaglia, in attesa di porre fine alla mia vita. Pitch
compare dal nulla e mi si avvicina minaccioso, il ghigno di Satana
stampato sulle labbra pallide e sottili. Non riesco a guardarlo, non
sopporto la sua vista e serro gli occhi con tanta forza che sul
sipario nero davanti ai miei occhi compaiono centinaia di scintille.
Sento la sua mano sfiorarmi il volto e le dita affondare nelle mie
palpebre come fatte d'aria. È un incubo, nient'altro che uno
stramaledetto terribile incubo. Sento le dita dell'Uomo Nero
dissolversi e spalanco gli occhi, terrorizzata dalla folla che urla
infervorata al rogo. Una farfalla dorata mi fluttua leggera davanti,
spargendo una morbida scia sabbiosa. All'improvviso, la paura si
placa come un oceano in tempesta che torna calmo: Sandy è
vicino, è
qui per proteggermi e sono certa che mi salverà. Del resto,
l'ha già
fatto in passato e so che non mi lascerà sola. Posso
affrontare il
mio destino con serenità, adesso che lo so. Mi ostino a
mantenere
un'espressione pacata ed un vago sorriso, nonostante le incertezze
minaccino ad ogni istante di incrinare il vetro levigato del mio
animo: la farfalla agisce come un amuleto contro la paura e le
ingiurie. Ecco che il fuoco viene acceso ed accostato alle frasche
secche, che ardono veloci fino a che le fiamme mi cingono l'abito
logorato da mesi di prigionia. Un fulmine irrompe improvviso e
furioso dal cielo e colpisce la farfalla, trasformandola in un essere
completamente diverso. La sua sabbia si tinge di nero e davanti agli
occhi mi si presenta un animale mostruoso: grande e maleodorante, la
sua pelle coperta di piaghe e pustole si tende sottile e fragile su
muscoli deformi e ossa fratturate e saldate male. Ha la testa di un
enorme corvo, dal cui becco sporgono denti scheggiati e appuntiti,
curvi come zanne di serpente e grondanti un liquido denso e nero
dall'odore ferroso, spargendone altro ad ogni movimento che compie
per avvicinarsi. Lo sento, quella cosa è venuta apposta per
me.
Vuole mangiarmi e io non posso fare altro se non guardarla mentre
avanza lenta e inesorabile, trascinandosi sulle zampe malferme e
lasciandosi dietro una lunga scia di sangue denso e scuro.
Sento
che le mie paure hanno definitivamente infranto quel vetro levigato e
lucido che erano le mie certezze: l'Omino Dorato non verrà,
mi ha
lasciata da sola pur sapendo del bisogno disperato che ho di averlo
qui con me adesso. Attraverso il fumo che si addensa sempre di
più,
scorgo due occhi paglierini, grandi e fissi. Pitch tiene lo sguardo
impassibile su di me mentre le fiamme lambiscono per intero il mio
corpo e io urlo tutto il mio dolore, sia quello fisico che quello
provocato dalla consapevolezza di essere rimasta sola anche nel
momento della mia dipartita.
Poi,
come dal capo di un lungo sotterraneo, sento qualcuno urlare
ripetutamente il mio nome e io torno a galleggiare in un mare di
ansia e paura.
<<
Bellatrix! Svegliati, Bellatrix! Apri gli occhi, coraggio!
>>
La
ragazza obbedì, in preda a un sentimento di terrore misto a
sollievo, il fiato corto e la fronte imperlata di sudore.
<<
Jack? >>
<<
Finalmente! È mezz'ora che provo a svegliarti!
>>
La
sua voce la raggiunse da qualche parte alla sua destra: ovunque
fossero, c'era un'oscurità assoluta, sicché lei,
con i suoi occhi
felini, non riusciva nemmeno a scorgere la sua sagoma.
Scattò a
sedere e si buttò alla cieca di lato: desiderava
più di ogni altra
cosa sentire il contatto fisico di una persona amica, mettendo
momentaneamente da parte l'orgoglio e la sua categorica regola di non
farsi sfiorare neanche con un dito. Con sua sorpresa, Jack la
acchiappò al volo, ma lei non ci fece caso più di
tanto: in barba
ad ogni buon senso, Bellatrix si aggrappò con tutte le sue
forze
alla felpa del ragazzo, cercando istintivamente di affondare il volto
nel petto di lui, che prese a darle pacche affettuose sulle spalle
nel tentativo di tranquillizzarla.
<<
Cosa è successo, Bellatrix? Non riuscivo a svegliarti, stavi
urlando
come un'indemoniata! >>
Le
spalle della ragazza, tremanti, furono percorse da un brivido
più
profondo al ricordo dell'incubo, ancora così fresco e chiaro
nella
sua mente tanto quanto davanti ai suoi occhi. In qualche modo, il
buio intorno a loro contribuiva a rendere ogni immagine più
vivida.
<<
Un incubo terribile, non puoi immaginarti quanto. Ma ora è
passato,
è tutto passato... >> mormorò lei
con voce incrinata, più
per rassicurare sé stessa che lui.
Passò
qualche istante di assoluto silenzio, scandito dai battiti cardiaci
frenetici di lei e il suo respiro affannoso.
<<
Dove... dove siamo? >> chiese infine, deglutendo. Era
ancora
saldamente avvinghiata a lui, il naso immerso nelle pieghe della
felpa resa umida dalle lacrime che le uscivano quasi di prepotenza
dagli occhi.
<<
Stai tranquilla, siamo al sicuro. Ho scoperto questa grotta sulla
strada per venirvi a cercare e quando ti ho trovata ti ho portata
qui. Dove sono gli altri, li hai visti? >>
<<
Ho incontrato Nord, di sfuggita. Stavo per liberarlo quando Pitch mi
ha sorpreso. Non è stato un incontro molto piacevole...
>>
Il
suo tono si era fatto più sicuro: alzò il volto e
spostò gli occhi
da una parte all'altra, ma ciò che vedeva fu solo il nero
più
opprimente.
<<
Pitch...? >>
<<
Sì, ho combattuto contro di lui. Ma non ce l'ho fatta, ha
giocato
sporco. Se teniamo conto che non sono nel pieno delle mie forze, non
è difficile capire il perché. E Manny...
>>
Si
interruppe, con la sgradevole sensazione che un'incudine le fosse
scivolata sullo stomaco. Il ricordo del piccolo globo bianco aveva
risvegliato in lei l'immagine di un altro globo. Precisamente, quello
che da diversi mesi a quella parte le stava dando tanti fastidi.
<<
Il globo! Che fine ha fatto?! >> urlò,
staccandosi da Jack.
Prese a tastare in giro alla cieca, ma sotto le dita sentiva solo il
pavimento duro e scivoloso della grotta.
<<
Esattamente dalla parte opposta a quella in cui stai cercando. Non lo
vedi? >> rispose Jack, in tono sorpreso.
A
Bellatrix scappò una risatina nervosa, che
rimbalzò in maniera
innaturale contro le pareti del loro rifugio.
<<
Scusa Jack, ma come pretendi si possa vedere qualcosa con questo
buio? >>
Passarono
altri lunghi istanti in cui il silenzio sembrò solidificarsi
tra
loro. Poi Bellatrix si sentì afferrare il volto dalle mani
di Jack e
la sua voce autoritaria a pochi centimetri dal suo naso,
così vicina
che il suo fiato caldo le scaldò la punta del naso.
<<
Non vorrei creare panico, Bellatrix. Ma credo... che tu sia diventata
cieca! >>
A.A
Allora,
ça va?
Di
nuovo, stavo quasi dimenticandomi di postare il nuovo capitolo. Ma
niente paura, se ci metto tanto ad aggiornare è proprio
colpa
dell'angolo dell'autore in cui non so mai cosa dire. Quindi in teoria
basterebbe non metterlo per stare tutti più felici, ma
vabbeh.
Parlando di cose serie... Per evitare incomprensioni no, Bellatrix
non è la figlia di Black per davvero. Sarebbe stato un
cliché visto
e stravisto (ma ai i tempi in cui scrissi questa parte io non lo
sapevo, e se avessi continuato a scrivere di getto state sicuri che
sarebbe finita così!). Però, a posteriori, ho
deciso di lasciarne
almeno l'ipotesi così, tanto per incasinare ancora di
più le cose.
Da un capitolo all'altro Jack e Bellatrix si ritrovano, e forse avrei
voluto che restassero separati ancora un po', ma del resto ho
già
cercato di ritardare il loro incontro il più possibile e
questo è
quel che ne è venuto fuori. a parte ciò, come
vedete iniziamo a capire qualcosa di più sul passato di
Bellatrix. In assoluto, una delle cose che più mi
è piaciuto scrivere è stato proprio il suo
background personale... ma chissà ormai quante volte
l'avrò detto!
In
ogni caso, se doveste riscontrare qualche incoerenza o svista
grammaticale, anche se piccina, al solito vi prego di farmelo sapere.
Ho lavorato talmente tanto a questa storia che non dovrebbero
essercene, ma per sicurezza...
E
niente, dopo questa io torno a fare le mie cosucce, quindi ci vediamo
la settimana prossima con il quinto capitolo :D
Ah,
mi scuso con _Dracarys_
per non
aver risposto prima alla tua ultima recensione, e grazie! Sono
contenta che le scene di azione siano venute decenti xD
Saluti
a tutti,
Tec
:D
|
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Capitolo 5 *** Contrattacchi e visioni ***
Per
la seconda volta, la ragazza si rifiutò di credere a quel
che le era
stato detto. Si portò i pugni sulle palpebre e se le
sfregò
energicamente, facendone scaturire fuori due scie di sabbia nera.
<<
Sante Pleiadi, tutto tranne questo! >>
Aveva
sentito dei movimenti e un istante dopo si sentì prendere le
mani in
quelle gelide del ragazzo.
<<
Dai, non va così male! >>
Lei
alzò un sopracciglio nella sua direzione come a chiedergli
se si
fosse reso conto dell'idiozia che aveva detto, sciogliendo le mani
dalla sua stretta e incrociandole sul petto, ma il tono speranzoso
del ragazzo non si incrinò minimamente.
<<
Hai l'Universo, ora. Puoi rimetterlo al suo posto, e Pitch non
può
spegnere le ultime stelle! >>
<<
Bravo Jack, questo è vedere il bicchiere mezzo pieno! Ma
dimentichi
che conciata come sto adesso, non sono utile nemmeno ad accendere un
fiammifero, figuriamoci ripopolare un intero universo! Se almeno
avessi ancora una stella...! >>
Passarono
alcuni istanti di silenzio, interrotto solo dalla voce di Jack, che
aveva preso a canticchiare un motivetto a bocca chiusa.
<<
Che c'è? >> chiese la ragazza, perplessa.
<<
Mah, niente. È solo che guarda caso, io ho una stella
proprio qui,
nella tasca della felpa! >>
Altro
secondo di pausa, il sopracciglio di Bellatrix sembrava aver messo
radici appena sotto l'attaccatura dei capelli.
<<
Eh? >>
<<
Ti ricordi quando siamo stati al covo di Pitch, vero? >>
<<
E come dimenticarlo? >>
<<
Ecco. Ero appena entrato, e il varco si era chiuso sopra di me come
una trappola per le volpi. Non riuscivo a vedere un accidente. A un
tratto il buco si riaprì e volò dentro questa
>> .
Così
dicendo il ragazzo estrasse un piccolo globo ghiacciato, tenendolo
alto davanti agli occhi vacui di lei. Poi ricordò che non
poteva
vedere, perciò le prese di nuovo le mani, ve lo
adagiò dentro e le
richiuse tra le sue, sorridendole incoraggiante.
<<
Fortuna che sono agile, altrimenti mi avresti colpito di sicuro!
>>
Bellatrix
scoppiò in una risata liberatoria. Non una risata
sprezzante, ma un
suono chiaro e cristallino come l'acqua di una fonte, un suono che,
Jack si costrinse ad ammetterlo, gli levò un peso opprimente
dallo
stomaco.
Lei
si liberò dolcemente dal suo tocco e si chinò per
terra. Cercò a
tentoni la sfera con dentro l'Universo, la raccolse e gliela depose
tra le mani come lui aveva fatto con lei appena qualche istante
prima.
<<
Questo, per ora, voglio che lo tenga tu. Nelle condizioni in cui mi
trovo ora, non potrò difenderlo se Pitch dovesse cercare di
riprenderselo. Perciò stacci attento, mi raccomando
>> .
Sentì
il peso leggero della sferetta sollevarsi del tutto nelle mani del
ragazzo e allora prese tra le proprie la stella congelata. I minuti
trascorsero lenti, intervallati dai respiri di lei che si facevano
sempre più lenti e profondi. Dopo un ultimo sospiro, schiuse
le
labbra e soffiò piano sulla superficie ghiacciata
dell'astro. Gocce
d'acqua le bagnarono le mani quando la scorza di ghiaccio si sciolse,
colandole sulle braccia e bagnandole le maniche aderenti e
sbrindellate in diversi punti.
Rimasero
a lungo immobili, l'uno di fronte all'altra, col viso alto e gli
occhi chiusi a bearsi di quel piacevole tepore che la stella aveva
sprigionato risvegliandosi, finché un potente tuono fece
tremare la
terra, facendoli cadere l'una addosso all'altro. Jack si
ritrovò a
fissare gli occhi spenti della ragazza, spalancati in un'espressione
di terrore. La afferrò per le spalle, la buttò di
lato senza troppi
complimenti e si precipitò fuori.
Lei
lo raggiunse qualche istante dopo, la mano posata contro il muro per
non mancare l'uscita.
<<
Che sta succedendo? >> chiese perentoria, alzando il
volto al
cielo come se avesse intuito il pericolo che aleggiava sopra il loro
nascondiglio.
<<
Il cielo... è completamente nero. Garantito che Pitch sta
per
combinarne una grossa! >>
<<
Allora, suppongo che dovremmo darci una mossa, vero? >>
Spiegò
le ali e fece per spiccare il balzo, per poi cadere rovinosamente
sulle ginocchia meno di mezzo secondo dopo.
<<
Ah già, dimenticavo che sono più prosciugata di
un'acciuga sotto
sale! >> disse dopo qualche istante, in tono apatico.
Jack,
che era rimasto a guardarla con vago affetto, si avvicinò
per
aiutarla a rialzarsi.
<<
...Questo... è davvero... oltraggioso... >>
borbottò
Bellatrix, sistemandosi meglio sulla schiena di Jack.
<<
Per caso avevi un'idea migliore? >> chiese lui, mal
celando il
proprio tono affaticato dal peso di lei.
<<
No, ma lo stesso se ti scappa anche solo una parola al riguardo con
gli altri giuro sulle Pleiadi che ti uso come gratta unghie!
>>
lo minacciò lei, allentando leggermente le braccia
incrociate
attorno alla sua gola.
<<
Tranquilla, sarò muto come una tomba! Tieniti pronta, vedo
il
castello! >>
Nell'avvicinarsi,
i due non incontrarono la minima resistenza e ciò li
insospettì
ulteriormente. Pitch poteva aver teso loro un'imboscata, e Jack era
sicuro che in quel caso non sarebbe riuscito a tener testa a un'orda
di incubi e proteggere al contempo la sua compagna di viaggio, che di
certo non avrebbe potuto farlo da sé.
Atterrarono
leggeri all'imboccatura del lungo corridoio che fungeva da ingresso e
Bellatrix saltò giù dalla sua schiena con un
movimento goffo. Il
ragazzo lasciò vagare lo sguardo sulle imponenti mura, le
iridi
azzurre che schizzavano veloci da un mattone all'altro.
Dopo
qualche istante di esitazione, iniziarono a percorrere il passaggio,
facendosi luce con la stella risvegliata da Bellatrix.
<<
Sai che ti dico? Questo posto ha l'aria di essere molto più
grande,
all'interno! >>
<<
E allora? Ti sembra momento di pensare all'architettura?
>>
<<
Non è esattamente una cosa normale. Lo sai, vero?
>>
<<
Oh, Jack. Conosci bene Pitch. Dovresti sapere che, oltre alle manie
di protagonismo, adora la mente dei bambini. Loro hanno interi mondi,
in testa. Le storie, le paure e le gioie, insomma tutto quello che un
bambino vive gli fa avere una mente sconfinata! Ma ciò non
gli fa
avere un planetoide come scatola cranica, non trovi? >>
<<
Ah. Quindi noi ci troviamo nella testa di un bambino, adesso?
>>
<<
Forse, chi può dirlo? Chissà, magari è
la sua! Anche Pitch era
umano, quindi deve essere stato un bambino per forza, tanto tempo fa!
>>
Jack
provò a immaginarsi Pitch da bambino, ma quella visione gli
era
tanto difficile a immaginarsela che lui preferì pensare che
Bellatrix avesse torto. Non poteva trattarsi della sua mente,
assolutamente no!
<<
Ora, ecco il piano >> continuò lei, dopo
ancora qualche
istante di silenzio, mentre procedevano fianco a fianco lungo la
parete che sembrava non finire mai, << io vado da Manny,
mentre
tu vai a cercare i Guardiani! >>
La
stretta alle mani fu istantanea.
<<
Non ci penso nemmeno, non te lo permetterò! Tu e Pitch avete
un
conto in sospeso, e lui aspetta solamente di chiuderlo! Non sei in
condizioni di poterlo affrontare da sola, non resisteresti un minuto!
>>
La
ragazza scosse la testa, con un sorriso vago ed incerto.
<<
Ti ringrazio, Jack. Ma come hai detto, abbiamo un conto in sospeso, e
anche io non vedo l'ora di fare i conti. Ci troverà
comunque, prima
o poi. Tanto vale dargli ciò che vuole e chiudere questa
storia una
volta per tutte. >>
<<
Promettimi solo che non ti lascerai battere >>
mormorò Jack,
dopo un istante di esitazione, riprendendo a camminare assieme a lei.
<<
Scherzi, vero? È la seconda volta che prova a liberarsi di
me,
eppure io continuo a tornare, come un tenace mal di denti. Vedrai che
me la caverò. Me la cavo sempre, alla fine... Dove siamo?
>>
<<
Ecco.. in una grande sala. Davanti a noi c'è una specie di
trono, là
in fondo... >>
<<
Segni di Pitch? >>
<<
Nessuno >> .
<<
Il muro a destra. Dovrebbe esserci un passaggio. È da quella
parte
che devi andare. Percorrilo fino in fondo, scendi le scale e dopo un
po' dovresti arrivare nei sotterranei. È lì che
lui tiene Nord
rinchiuso >> .
Le
ci vollero altri dieci minuti buoni per convincerlo a lasciarla sola.
Rinnovò la promessa di non lasciarsi sopraffare da Pitch e
ne
suggellò diverse altre, ma in cuor suo credeva che almeno la
metà
sarebbero state infante. Alla fine sentì le dita del ragazzo
scivolare via dalle sue e i passi leggeri di lui inghiottiti dalla
pietra. A tentoni, mosse qualche passo verso il capo opposto della
sala. Le sembrava di star camminando sulle uova, come se da un
momento all'altro rischiasse di cadere in una voragine apertasi sotto
i suoi piedi. Ma ciò non accadde e lei avanzò
fino a metà della
sala, quando inciampò in un oggetto sconosciuto e cadde
lunga
distesa. Toccandolo, s rese conto che l'oggetto misterioso altro non
era se non la grande stella a cinque punte che aveva usato come arma
durante l'ultimo scontro contro l'Uomo Nero.
Finalmente
raggiunse il capo opposto della stanza e si arrampicò sui
gradini,
fino al punto in cui ricordava trovarsi lo specchio. Allungò
le dita
e avvertì il freddo della superficie, purtuttavia senza
toccarla.
Ricordava fin troppo bene le parole dette da Pitch: “toccalo
e
finirai dentro anche tu”. Certo, poteva averlo detto con
l'unico
scopo di sviarla, ma c'era da fidarsi? Se almeno avesse avuto la
certezza che entrandovi, avrebbe scambiato la sua libertà
con quella
di Manny!
<<
Se solo mi dicessi come fare a liberarti! Se potessi prendere il tuo
posto, lo farei sorridendo! >> mormorò la
ragazza all'essere
che, ignaro e assopito, lei non poteva vedere.
<<
Se la metti così, potrei anche farci un pensierino!
>> la
raggiunse la voce di Pitch da un punto impreciso alle sue spalle.
Sentì
un forte spostamento d'aria che le sferzò i capelli e seppe
di
avercelo alle spalle, pericolosamente vicino, il suo fiato caldo sul
collo.
Nuovo
piano: prendi tempo!
<<
Perché no, Black? Pensaci bene: senza di me le stelle non
potranno
riaccendersi. Ciò significa niente serenità,
potrai regnare
indisturbato sul mondo di terrore che tanto desideri. I bambini
saranno dei facili bersagli e io non sarò più
lì a cercare di
fermarti. Non ti piace l'idea? >>
Si
alzò e si volò per fronteggiarlo. Si rendeva
perfettamente conto
che quel che aveva detto era tremendo, ma per salvare Manny si
scoprì
a pensare che non avrebbe esitato a lasciare che Pitch tormentasse,
torturasse e perseguitasse tutti i bambini del mondo, se fosse stato
necessario. La mano di lui si posò sulla sua spalla, in un
gesto
quasi amichevole.
<<
Molto, in effetti. Ma temo che dovrò rifiutare l'offerta
>> .
Bellatrix
sentì un istantaneo cambiamento in quel tocco: le dita
dell'uomo si
fecero affilate come coltelli e si conficcarono prepotenti nella sua
spalla, lacerando l'abito, la pelle e spezzandole l'osso con uno
schiocco secco. Il dolore esplose rapido e inaspettato al punto che
le sue labbra si schiusero in un grido muto mentre lei crollava di
nuovo in ginocchio stringendosi convulsamente il braccio martoriato.
<<
Vedi, il fatto è che è il tuo amico Manny, il
pezzo grosso. Tu che
non sei nemmeno un Guardiano, come potresti sperare di valere al
punto da prendere il suo posto? >>
<<
Se non fossi così importante come dici, non mi avresti fatto
arrostire su quel rogo, tanto per cominciare! >>
sibilò lei
con rabbia, sentendo di nuovo il suo fiato addosso, <<
Non mi
avresti ingannato, cercando di farmi mettere contro i Guardiani! Mi
hai perfino restituito l'Universo, pur di sembrare convincente! E se
non perché ti ho fatto qualcosa, allora perché?
>>
<<
Sei proprio ingenua, Bellatrix! >> rise Pitch, drizzando
la
schiena, << Proprio tu che dici di conoscermi
così bene non
l'hai ancora capito? Pensavo fosse chiaro! >>
Si
interruppe, per esplodere immediatamente in una fragorosa risata
malvagia.
<<
L'ho fatto perché mi divertiva! >>
Si
chinò nuovamente, sfiorandole l'orecchio peloso con le
labbra
sottili mentre la afferrava per i capelli in modo da tenerle alta la
testa.
<<
E già che siamo in tema, l'Universo. Dammelo,
così potrò toglierti
di mezzo una volta per sempre! >>
<<
Spiacente di deluderti, ma non è più in mio
possesso. L'ho perso
nelle dune sabbiose, perciò dovrai trovare un altro sistema!
>>
sibilò Bellatrix, indirizzando gli occhi ciechi verso di lui.
Lei
non poté vedere il lampo di malignità che
attraversò fulmineo gli
occhi paglierini dell'Uomo Nero mentre la lasciava andare con gesto
rude e stizzito.
<<
Non importa, esistono altri modi per spegnere una luce ostinata!
>>
Era
la fine, questo l'aveva capito benissimo, fin dall'istante in cui
Pitch aveva pronunciato quelle parole cariche di minaccia. Stava
galleggiando immersa in un'oscurità densa e vischiosa, che
stirava e
comprimeva infinite volte ogni singola cellula e fibra del suo corpo,
mentre la sua resistenza si faceva sempre meno combattiva e la sua
coscienza si faceva via via sempre più assente.
E
a un tratto, si ritrovò negli occhi dell'Uomo Nero. Vedeva
ciò che
stava vedendo lui, ma con una parte remota e per certi versi
distaccata dalla sua mente. Lo sentì ridere e la risata
dell'uomo
era la sua, ma non le apparteneva appieno. Così come il
forte senso
di trionfo ed invincibilità che la invase come un veleno
rapido e
letale. In questo vortice di emozioni prepotenti si accorse solo
vagamente che la spalla non doleva più.
Jack
si precipitò giù per la scalinata di cui aveva
parlato Bellatrix,
schizzando da un muro all'altro come una pallina di gomma lanciata
con forza. Stava vagando in quel labirinto da quel che gli sembrava
tanto, tantissimo tempo e ancora non aveva trovato il minimo indizio
della presenza di Nord o degli altri Guardiani. A un tratto
però, si
trovò in un lungo corridoio sul quale si affacciavano decine
e
decine di porte, tutte uguali e silenziose come un esercito di
soldati senza faccia. E a terra, al centro del passaggio,
individuò
il ramo che aveva raccolto nella foresta per Bellatrix.
Gettò uno
sguardo all'interno della cella davanti alla quale l'aveva trovato e
vide Nord, così come la ragazza l'aveva visto l'ultima
volta.
<<
Nord! >>
L'uomo
alzò gli occhi pesti a quel flebile sussurro e
un'espressione
sorpresa si fece largo sul volto sporco.
Jack
colpì la serratura con l'estremità del proprio
bastone,
congelandola. Questa si aprì con uno scatto metallico e il
ragazzo
si precipitò all'interno.
<<
In nome di stella Polare, Jack! Bellatrix ha detto che eri stato
catturato! Come hai fatto a scappare? >>
Jack
ripeté il movimento usato per aprire la porta sulle catene
che
tenevano Nord avvinto al muro e queste caddero con un sonoro
clangore.
<<
Te lo spiego dopo! Bellatrix è andata dall'Uomo nella Luna,
dobbiamo
fare in fretta! Se Pitch la trova per lei è finita sul
serio! >>
Nord
continuò a massaggiarsi i polsi con aria vagamente distratta.
<<
Io non mi preoccuperei troppo, Jack. Quando quella ragazza si
arrabbia sul serio è capace di abbattere i monti con un
respiro! >>
Jack
trattenne un verso rabbioso, guardando il Guardiano suo collega con
espressione esasperata.
<<
Non hai capito, Nord! Bellatrix è già allo
stremo, e Pitch l'ha
accecata con la sua sabbia! Non può farcela da sola!
Potrebbe già
essere troppo tardi! >>
Gli
raccontò brevemente di come, una volta scappato dalla grotta
che un
tempo era il covo di Pitch, si fosse messo alla ricerca di un indizio
qualsiasi su dove fossero gli altri Guardiani. Di come, dopo aver
girato mezzo mondo, avesse scorto quasi per caso la sagoma inerte di
Bellatrix tra le dune di sabbia e l'avesse portata in un posto
sicuro. Gli descrisse la sua espressione sofferente mentre era in
preda a quell'incubo dal quale non riusciva a destarsi e di come
infine si fosse resa conto della sua cecità. Stava per
aggiungere
qualcos'altro, ma la voce gli morì in gola e Nord ebbe la
netta
impressione che Jack stesse per crollare sotto il senso di
frustrazione che provava.
Forse
per cercare di calmarsi, il ragazzo pensò bene di virare su
un altro
argomento.
<<
Allora.. dove pensi che siano gli altri? >>
<<
Sai una cosa? Ha ragione lei quando dice che ancora non conosci bene
tuo nemico, Jack. Pitch si diverte a giocare con paure di tutti,
anche di Guardiani. Prendi Dentolina, per esempio. Un
colibrì. Un
uccellino che vive libero e senza vincoli, a stretto contatto con
natura. Qual'è cosa peggiore per un essere simile, secondo
te? >>
Jack
lasciò vagare lo sguardo per la cella. Quella domanda gli
sembrava
fuori luogo quanto inutile. E poi, l'illuminazione.
Nord
era abituato a vivere in mezzo al rumore e alla frenesia, e per
contro gli era toccata una cella vuota, isolata e dal silenzio
opprimente e inquietante. Seguendo lo stesso ragionamento, un essere
abituato a non avere vincoli doveva per forza trovarsi in...
<<
Una gabbia! >> concluse ad alta voce, schioccando le dita.
Nord
annuì soddisfatto, tirandosi finalmente in piedi.
<<
Allora, andiamo a cercare questa gabbia! >>
Ma
l'impresa fu più facile a dirsi che a farsi. Avevano
imboccato da
diversi minuti un passaggio che li aveva portati ai piani alti del
castello, e più d'una volta si erano trovati in vicoli
ciechi che li
costringevano a tornare sui loro passi. Finché trovarono
Dentolina
quasi per caso, lanciando un'occhiata frustrata fuori da una delle
vetrate scure che davano verso l'esterno. In lontananza, videro una
sorta di larga terrazza delimitata da un massiccio parapetto di
pietra. Sotto la terrazza che aggettava nel vuoto assoluto,
ciondolava una gabbia simile a quelle usate ai tempi del medioevo per
i prigionieri, lasciati appesi ad aspettare di morire dilaniati dai
rapaci.
Jack
e Nord si lanciarono uno sguardo di intesa e bruciarono il resto del
corridoio di corsa. La priorità era raggiungerla il prima
possibile,
ma ora che avessero trovato un modo per salire di sopra
chissà
quanto tempo sarebbe passato!
<<
Nord, aspettaci qui, vado a prenderla! >> urlò
Jack
indirizzando un dardo di ghiaccio contro il vetro di un'altra
vetrata. Questo andò in frantumi e Jack schizzò
fuori come un
invasato, senza preoccuparsi della risposta che gli aveva urlato
l'altro di rimando.
La
ragazza era seduta sul fondo della gabbia, con le ginocchia strette
al petto e il viso rivolto all'orizzonte, pallido e assente.
Jack
la chiamò a gran voce e lei si voltò, incredula.
Sul suo viso
emaciato si allargò un'espressione di rinata gioia, che
sembrò
stirare ed appiattire la paura e la solitudine fino a farle svanire
del tutto.
<<
Jack! Oh, per tutti i dentini, non sai quanto sono felice di vederti!
>>
<<
Anche io, Dentolina. Aspetta, adesso ti tiro fuori! >>
Il
ragazzo congelò la serratura, che cedette senza opporre
resistenza.
<<
Ma che ci fai qui? >> chiese lei, prendendo la sua mano
tesa.
<<
È una storia lunga, te la spiego dopo. Dobbiamo sbrigarci,
Bellatrix
ha bisogno di noi! >>
Stava
per lanciarsi nel vuoto quando lei lo trattenne, aggrappata
saldamente alle sbarre arrugginite.
<<
Non possiamo andare da quella parte! Pitch ha catturato di nuovo le
fatine, e nessuno ha raccolto i dentini! Non riesco a volare!
>>
<<
Tu no, ma io sì! >> rispose Jack, sollevandola
con decisione.
I due scavalcarono la finestra ed atterrarono nel corridoio dove ad
attenderli era rimasto Nord.
<<
Dentolina, stai bene! >> sorrise Nord, abbracciandola con
lo
sguardo.
<<
Non abbiamo tempo per queste cose, ve lo devo ricordare? Mancano
ancora Sandy e Calmoniglio. Io direi di iniziare a cercare, e chi
troviamo, troviamo >> .
Passarono
in rassegna ogni anfratto, ogni corridoio ed ogni stanza,
finché
giunsero in una che era completamente diversa dalle altre: non aveva
nulla di terribile o spaventoso. In effetti, sembrava una
normalissima cucina d'altri tempi. Ampia, luminosa e stranamente
accogliente. E sospettosamente innocua. Così poco in stile
Pitch.
<<
Che razza di posto è questo? >> chiese Jack,
guardandosi
intorno con sguardo perplesso.
<<
Magari Pitch è un ottimo cuoco e... e noi non lo sapevamo!
>>
azzardò Dentolina, poco convinta, guardandosi intorno con
aria
perplessa. All'improvviso udirono dei colpi secchi che li fecero
trasalire tutti in simultanea. Venivano da qualche parte all'interno
della stanza, e ad essi si era aggiunto un suono curioso, come un
mugolio soffocato. Il terzetto rimase immobile alcuni istanti, in
ascolto. Poi i colpi cessarono e così anche la voce. Nord
drizzò la
schiena e si precipitò all'interno, verso un angolo nascosto
nella
penombra. Si avvicinò a un immenso focolare sul quale era
appeso un
immenso calderone riscaldato da un mucchio di braci roventi. Il
calderone era chiuso da un grande coperchio e sigillato da pesanti
catene. Jack e Dentolina gli corsero dietro, e Nord
picchiettò
leggermente sul coperchio, ascoltando attentamente. Da dentro il
calderone arrivò loro una serie di colpi frenetici in
risposta,
talmente forti da far dondolare il paiolo appeso alla sua catena. I
tre Guardiani si guardarono tra loro, confusi.
<<
Vi risulta che Sandy abbia una paura folle di essere cucinato?
>>
chiese Jack, cercando di restare serio.
E
finalmente Nord spezzò le catene come fossero state grissini
e
scoperchiò il calderone con gesto secco.
Un
fulmine grigio saltò fuori, avvinghiandosi stretto stretto
all'omone, fradicio di brodo alle verdure, e per diversi minuti non
ci fu verso di cavare una parola di bocca a Calmoniglio al punto che
Nord dovette rassegnarsi ad averlo in collo fino a data da
stabilirsi.
Intanto,
i tre stavano scervellandosi su dove potesse essere Sandy, l'unico
che ormai mancava di nuovo all'appello.
<<
Secondo me lo tiene in luogo buio e freddo. Un luogo difficile da
raggiungere, isolato. Sandy non ama il vuoto e la desolazione,
perciò
è in posto così che lo rinchiuderei io se fossi
Pitch! >>
spiegò Nord, mentre percorrevano un corridoio deserto e
scuro.
Jack
gli lanciò un'occhiata a metà tra l'arrabbiato e
l'esasperato. Nel
castello non vi erano posti del genere, l'avevano rivoltato come un
calzino da cima a fondo. Quindi l'unica spiegazione doveva essere che
Sandy non si trovava lì, per forza. Ma d'altronde non
avevano tempo
per cercarlo, ne avevano già perso ad oltranza e il fatto
che,
passando per la grande sala in cui aveva lasciato Bellatrix, non
avevano trovato altro che segni di lotta recente non avevano fatto
altro che fomentare la sua angoscia. Ma ad un tratto, ecco di nuovo
l'illuminazione divina. Il ragazzo, che camminava in testa al gruppo,
si voltò di scatto verso gli altri, arrestando la loro
avanzata.
<<
Nord, dobbiamo fare in fretta! So dov'è Sandy, ma non
abbiamo molto
tempo! >>
<<
Di cosa stai parlando, Jack? >>
<<
Conosco un posto che ha i requisiti che cerchiamo! La stanza
dell'Universo di Bellatrix! Siccome non è esattamente dietro
l'angolo, faremo meglio a muoverci! >>
Il
ragazzo schizzò in aria, ma vedendo che gli altri non si
erano mossi
tornò indietro, con l'agitazione che ormai stava prendendo
sempre
più il controllo sulla sua volontà.
Dentolina
e Calmoniglio, che nel frattempo si era ripreso dal trauma, si
scambiarono un'occhiata esitante. Ma Nord, contro
ogni aspettativa, assunse un'aria furbetta e prese a frugarsi in
tasca.
<<
Se cose stanno così >> disse, tirandone fuori
un globo di
neve scintillante, << allora ci farà comodo
uno di questi! >>
Non
sapeva quanto fosse passato, il tempo non sembrava esistere in
quell'abisso di tormento e solitudine.
Passato
da cosa?
Non
sapeva nemmeno se esistesse effettivamente una realtà
diversa da
quella che l'attorniava, perché le sembrava di essere sempre
vissuta
lì, addirittura di esserci nata. Ogni tanto,
però, ai margini della
mente le si affacciavano fugaci visioni che lei non riusciva a
cogliere appieno, come pesci guizzanti appena sotto la superficie
dell'acqua di un torbido lago. L'immagine di una donna dai lineamenti
gentili, che teneva per mano due bambine e in braccio un
bimbetto di
circa sei anni. L'immagine sparì così com'era
venuta, soffocata da
un'ondata dell'odio più puro e radicato.
E poi fu solo sabbia: un cumulo
di sabbia con una
coscienza vaga e fragile, che strisciava fluida e sinuosa sul
pavimento come un serpente nell'acqua.
Il
quartetto attraversò il portale del globo e si
ritrovò quasi
istantaneamente ai piedi dell'albero cavo ai margini della foresta.
<<
Nord, non credo che tu riesca a passare di lì. Forse
è meglio che
ci aspetti fuori... >> disse Jack, posandosi leggero su
uno dei
rami più bassi.
L'omone
annuì e si voltò verso gli alberi passandosi i
pollici sulla
cintura.
All'interno
del rifugio, nulla sembrava suggerire il passaggio di Sandy o dello
stesso Pitch. Dentolina, Calmoniglio e Jack avanzarono cauti, in un
silenzio nervoso, pronti a cogliere qualsiasi anomalia. E la
trovarono quasi subito, guardando verso la porta della Stanza
dell'Universo. Il pavimento sotto di essa era coperto da uno strano
alone nero, come se dall'altro lato qualcuno avesse tirato un
gavettone di vernice. Ma, toccandolo, Jack si rese conto con un tonfo
al cuore che le sue dita non percepivano la consistenza del legno:
sembrava quasi che il vuoto al di là stesse cercando di
uscire
fuori, divorando e corrodendo quello che stava al di qua della porta.
Del resto, si ritrovò a pensare, Bellatrix aveva detto che
sarebbe
successo.
<<
Che succede? >> chiese Calmoniglio avvicinandosi, con
espressione dubbiosa.
<<
Ciò che si trova oltre questa porta sta cercando di uscirne.
È come
un grande buco nero, si sta espandendo e divorerà tutto
ciò che
incontrerà sulla sua strada. Dobbiamo rimettere la Stanza al
suo
posto, o saremo davvero nei guai. Purtroppo ce l'ha... >>
Si
bloccò a metà frase, tastando con cautela il
rigonfiamento tondo
nella tasca della sua felpa.
<<
Sbaglio o avevi detto che eravamo a corto di tempo? Sei sicuro che
Sandy sia laggiù? >>
Jack
restituì al coniglio uno sguardo indecifrabile e
aprì la porta con
una spinta calibrata del bastone.
<<
C'è solo un modo per scoprirlo, no? >> disse,
affondando lo
sguardo nell'abisso nero sottostante. << Sentite, se non
dovessi tornare in, diciamo... quindici minuti, andate da lei,
liberate l'Uomo nella Luna. Io cercherò di tornare presto!
>>
disse, estraendo la sfera dalla tasca della felpa. La
consegnò a
Calmoniglio, che la strinse delicatamente nel pugno peloso prima di
tornare a guardare il collega con un sopracciglio alzato.
Il
ragazzo stava per lanciarsi d sotto, quando Dentolina lo
afferrò in
extremis per la manica, rivolgendogli uno sguardo supplichevole.
<<
Jack, se è così... che senso ha tutto questo?
>>
Il
ragazzo si liberò dolcemente dalla sua stretta, prendendole
la mano
nella sua.
<<
Bellatrix ha una vera e propria devozione per Sandy, e a quel che ho
capito anche lui le vuole molto bene. La può aiutare a non
arrendersi, lei è persa senza di lui. Ne ha bisogno,
Dentolina. Ne
hanno bisogno entrambi... >>
La fissò nei grandi occhi
viola per qualche secondo, in silenzio. Lei fece per articolare qualche
parola, ma non riuscì a tradurre in suono il proprio
pensiero e ci rinunciò. Jack le sorrise, le prese la mano e
gliela strinse forte. Poi si voltò verso l'abisso nero, e
senza aggiungere una sola parola si gettò nel vuoto.
Gli
parve di cadere per un tempo incalcolabile. La forte gravità
alla
quale non poteva e non avrebbe voluto comunque opporsi, lo
trascinò
giù fino alle più profonde viscere della Terra.
Poi, dopo quelle
che parvero ore, iniziò a scorgere un minuscolo puntino
luminoso che
in mezzo a tanta oscurità sembrava sul punto di soffocare:
una
minuscola zattera lucente in balia di un mare d'inchiostro.
Strizzò
gli occhi: il puntino si faceva impercettibilmente più
grande e il
ragazzo avvertì la sua discesa frenarsi abbastanza da
permettergli
qualche rigido movimento, finché fu completamente in grado
di
muoversi come voleva. La sua caduta si arrestò, eppure non
aveva
toccato pavimenti di sorta: sotto di sé poteva ben vedere il
baratro
che continuava ancora e ancora, ma ciò che gli importava era
quel
che gli stava davanti.
Sandman
alzò lentamente la testa, come se quel semplice movimento
gli fosse
costato una fatica immensa, e Jack vide sul suo volto un'espressione
sofferente che mai avrebbe potuto immaginargli addosso: era come se
tutta l'energia vitale fosse stata risucchiata via dal suo corpo
tracagnotto. Gli occhi, di solito grandi e brillanti, gli si posarono
addosso vacui e stanchi, contornati da due profonde tasche viola, e
la sua carnagione brillante era spenta e sbiadita, come coperta da
uno spesso strato di polvere. Era intrappolato in una specie di
bozzolo che lo avvolgeva dalla base del collo in giù, e
sottili
catene di sabbia nera lo tenevano ancorato al pavimento invisibile
per mezzo di un pesante collare. Nonostante Jack fosse rimasto scosso
da quella visione, fu con un largo sorriso che si rivolse all'omino
incatenato.
<<
Ehilà, piccoletto! È arrivata la cavalleria!
>>
A.A
Beeeeene,
here we are.
Lo so, lo so. La paura di Calmoniglio
è così ridicola che non sapevo fino all'ultimo se
lasciarla o toglierla. Ma poi ho pensato: "Dannazione Tec,
già hai scritto una tragedia dietro l'altra, mettiamo un po'
di situazioni assurde che alleggeriscano la tensione!" e
così spero di aver fatto.
Finalmente Sandy si fa vivo! Per modo di
dire, ma
vabbeh. Svelato il mistero del perché non fosse comparso
prima.
Qualcuno forse potrebbe chiedersi perché Nord non se ne sia
accorto
prima (essendo il capo, se c'è qualcosa che non va dovrebbe
essere
il primo... giusto?). La risposta è semplice: io credo che
Pitch
abbia voluto farlo sparire in silenzio, altrimenti i Guardiani si
sarebbero insospettiti e si sarebbero messi in guardia già
da tempo.
E siccome nessuno era al Polo per controllare il globo, non avrebbero
potuto notarlo.
Piccola
postilla tecnica, riguardante il titolo della fanfiction ( avrei
dovuto farlo al primo capitolo, ma siccome sono una svampita senza
speranza ho perseverato nel tralasciare questo dettaglio
relativamente importante ).
Per
chi non lo sapesse, Whispers in the Dark è il titolo di una
canzone
che adoro, degli Skillet. Come l'altra, la trovavo semplicemente
perfetta per questa storia, anche se questa non sono riuscita a
inserirla nel testo perché non avrei ben saputo dove
metterla.
Perciò niente, volevo solo farvelo sapere.
Bene,
direi che ho finito. Alla prossima!
Tec
:3
|
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Capitolo 6 *** Addio ***
Fu
un enorme sollievo per entrambi tornare all'aria aperta, dagli altri
Guardiani. Jack aveva constatato con un certo sollievo che erano
ancora dove lui li aveva lasciati, il che doveva voler per forza dire
che aveva fatto relativamente in fretta. Ne dedusse che, nel luogo in
cui Sandy era tenuto prigioniero, il tempo non doveva scorrere allo
stesso modo che in superficie: infatti sia la discesa, che pur era
stata agevolata e accelerata dalla forte gravità, e la
salita gli
erano sembrate infinite. Ma adesso nulla di tutto ciò aveva
più
importanza; l'unica cosa che davvero contava adesso era tornare al
più presto al castello di Pitch, per correre in aiuto
dell'unica
persona rimasta a lottare per loro contro di lui.
Perciò,
di nuovo uniti, i cinque partirono alla volta del castello sospeso.
Jack aveva deciso di riconsegnare l'Universo alla sua legittima
custode, e adesso si rigirava tra le mani quel piccolo globo per
colpa del quale era nata la loro disavventura, mentre sfrecciava nel
cielo con gli altri a bordo di un buffo aeroplanino dorato creato
prontamente da Sandman.
Il
gruppetto fece irruzione nel castello con una furia poderosa: Sandy
si era andato a schiantare con l'aeroplano sulle mura, sfondandole, e
il colpo fu così forte da scuotere il castello fin nelle
fondamenta,
il che aveva ovviamente vanificato la vaga speranza di cogliere Pitch
di sorpresa.
I
Cinque stavano correndo a rotta di collo attraverso quell'intrigo di
corridoi e cunicoli, passando per ampie sale deserte e corridoi
interminabili. Finalmente giunsero nella sala dove Jack si era diviso
da Bellatrix, e constatarono di nuovo che della ragazza erano rimasti
solo i chiari segni della sua lotta contro Pitch. Prima di tutto,
scorse una chiazza rossa ai piedi dell'enorme trono, la profonda
crepa nel pavimento al centro della sala e le armi usate nello
scontro. La stella gassosa che lei si era portata dietro fluttuava
pigra poco distante, come un piccolo sole incandescente.
Jack
imbracciò il bastone come un fucile e parlò forte
e chiaro alla
stanza apparentemente vuota.
<<
Fatti vedere, Pitch! >>
Un
cumulo di sabbia si alzò vorticando e lui apparve al centro
della
sala, nel punto in cui la crepa aveva dissestato il pavimento come
lastre di ghiaccio sospese sull'acqua. Da principio, l'uomo si
limitò
a guardarlo con un sorriso che a Jack non piacque per niente.
<<
Jack Frost! Sei riuscito a scappare, vedo. Ti è piaciuto lo
scherzetto del passaggio? >>
<<
Non ti muovere, Pitch! Rispondi, dov'è Bellatrix? Cosa le
hai fatto?
>>
<<
L'ho tolto di mezzo, quell'odioso sacco di pulci! >>
rise,
allargando teatralmente le braccia. Jack sentì la rabbia
montargli
in corpo, e si preparò a scagliare il suo attacco. Ma Pitch
eseguì
un gesto familiare e lui ne rimase pietrificato: dalle dita dell'Uomo
Nero nacque una manciata di stelle-shuriken, identiche a quelle di
Bellatrix. Con la differenza che quelle erano più nere del
bitume.
Jack
sgranò gli occhi, in preda a una nuova ondata di sconforto,
mentre
gli altri Guardiani non riuscirono a fare altro che un collettivo e
simultaneo sospiro mozzato dallo sgomento.
Jack
urlò tutta la sua rabbia e in un battito di ciglia gli fu
addosso,
minacciandolo col bastone.
<<
Riportala indietro, Pitch! O giuro che hai finito di vivere!
>>
L'Uomo
Nero lo guardò sprezzante, scoppiò in una risata
cattiva e scivolò
via per ricomparire alle spalle del ragazzo. Con gesto fulmineo
creò
una stella di gas, anch'essa nera come l'inchiostro, e la
scagliò
contro il Guardiano. Jack si voltò, e la vide arrivare
troppo tardi.
Ma il boomerang di Calmoniglio schizzò in avanti, deviando
la stella
e facendole finire la sua corsa contro il trono di sabbia, che
esplose. Calmoniglio riacchiappò al volo l'arma, e Pitch si
voltò
verso di lui, digrignando i denti con lo sguardo carico d'odio. Gli
scagliò contro un'altra sfera incendiata, ma anche questa
non andò
a segno. Fu invece inghiottita da un sipario di sabbia dorata,
frappostosi tra Pitch e Calmoniglio con impeccabile prontezza. La
coltre dorata si diradò, mostrando Sandy con le braccia
spalancate
davanti al collega e un'espressione ostile dipinta in volto. In mano
reggeva la stella, cristallizzata in uno spesso strato di vetro
aureo.
Jack
si avvicinò a Pitch alle spalle e lo colpì in
testa a tradimento, e
in quell'attimo gli altri quattro scattarono verso di lui per
attaccarlo a loro volta. Pitch si dissolse in un ciclone di sabbia e
li tramortì tutti, urlando di rabbia e dolore. Si ricompose
e
camminò a passi lenti ed inesorabili verso Sandman, che era
stato
proiettato contro il muro e adesso giaceva inerme ma cosciente ai
suoi piedi. Pitch gli lanciò un'occhiata di trionfo e
disprezzo e si
preparò a dargli il colpo di grazia.
Bellatrix
si svegliò di colpo dal suo torpore, come se fosse stata
buttata in
una vasca d'acqua gelida. Fino a quell'istante non era consapevole
della sua coscienza assopita, ma nel preciso istante in cui i suoi
occhi avevano incrociato quelli dorati dell'omino che ansimava
esausto ai suoi piedi, quel fulmineo contatto le aveva restituito una
minuscola cognizione dei confini del suo corpo e della sua
volontà.
Le
sue mani erano le mani di Pitch, e si stavano alzando per infliggere
un colpo mortale. Un istante dopo collegò quegli occhi
dorati al
loro possessore, e la sua mente esplose come un fuoco d'artificio.
Pitch
sentiva l'adrenalina crescergli nel petto, minacciando di traboccare
da un momento all'altro. La stella oscura che teneva tra le mani
cresceva a un ritmo regolare e veloce. L'Uomo Nero levò alta
la
sfera sulla testa. Assaporò il momento tanto anelato fino
all'ultimo
istante e, alla fine, scagliò il colpo.
Sandy
alzò istintivamente le braccia al volto, ma la stella si
dissolse
prima di colpirlo. Abbassò gli avambracci e
guardò perplesso il suo
nemico, che a sua volta sembrava non capire cosa fosse successo. Gli
altri Guardiani, nel frattempo, si erano appena ripresi e avevano
puntato gli occhi su Pitch, che si stava preparando a ripetere
l'attacco. Rimase un paio di secondi con le braccia sospese sulla
testa, e d'un tratto cadde in ginocchio portandosi le mani al ventre
come per un forte mal di pancia. Grosse gocce di sudore gli
imperlarono la fronte, colando sugli zigomi pronunciati deformati da
un' espressione sofferente.
E
poi, non riuscendo più a contenere il dolore,
buttò la testa
all'indietro ed emise un grido agghiacciante, mentre dalla sua bocca
spalancata si sprigionò un bagliore cristallino e accecante.
Con
sforzo sovrumano, Pitch chiuse le fauci e staccò con gesto
rigido la
mano destra dal suo ventre. Eseguì un ulteriore gesto, come
per
spalancare una porta invisibile, e dal suo corpo si staccò
un
bozzolo di sabbia che all'apparenza aveva una consistenza gelatinosa,
quasi liquida. Il bozzolo rimbalzò due volte sul pavimento e
finì
rotolando a poca distanza dal punto in cui si trovava Jack, che lo
guardò sconvolto e spaventato. I filamenti che collegavano
quella
strana crisalide al corpo di Pitch si sciolsero e Jack si
avvicinò,
con un misto di repulsione e curiosità.
<<
Bellatrix! >>
La
ragazza emerse da quella gelatina nera che si stava rapidamente
sciogliendo: era stesa a pancia in su, le braccia larghe, una gamba
leggermente flessa e gli occhi a mezz'asta. Ansimava e tossiva come
se avesse rischiato di affogare, e quando Jack si chinò su
di lei,
non reagì. Il ragazzo la prese fra le braccia e
cominciò a darle
schiaffi leggeri sulle guance, che così ripresero un po' di
colore.
Ma subito fu investito da un'onda di sabbia e allontanato da lei, che
ricadde sul pavimento come una marionetta i cui fili sono stati
recisi, atterrando sul fianco sinistro. Subito Jack si
rialzò e
caricò contro Pitch, assediato dagli altri Guardiani che
intanto
cercavano in ogni modo di infliggergli qualche colpo. Ma l'Uomo Nero
teneva loro testa, anche se con sforzo sempre più evidente,
e fece
partire una pioggia di frecce nere verso la ragazza-gatto, rimasta
indifesa. Ma di nuovo, il colpo non andò a segno. Un paio di
enormi
mani di sabbia dorata si frappose tra le frecce e la ragazza,
facendole da scudo. Pitch osservò adirato mentre una mano
adagiava
con cura la ragazza sull'altra e vi si posava sopra in un movimento
delicato, come si farebbe per proteggere una fiammella da un vento
impetuoso. Sandy, lontano dal fulcro della battaglia, protese le
braccia e le mani di sabbia gli affidarono Bellatrix, dissolvendosi
nell'aria. Jack, che aveva osservato la scena con la coda
dell'occhio, tornò ad attaccare con più vigore:
ora che era sicuro
dell'incolumità della sua amica, nulla l'avrebbe fermato.
Sandy posò
a terra la ragazza e la strinse forte a sé, prima di
adagiarla
completamente sul pavimento e buttarsi nella battaglia assieme agli
altri. Ma si fermò, sentendosi trattenere per la manica.
L'omino dei
sogni si voltò con espressione sconvolta verso la ragazza
che lo
tratteneva a stento, poi si chinò su di lei e lei gli
sussurrò
qualcosa all'orecchio.
Sandman
alzò lo sguardo e individuò quasi subito il
pesante drappo nero
dietro al quale si celava la prigione dell'Uomo nella Luna. Si
lanciò
da quella parte, ma ad appena un paio di metri dall'obbiettivo fu
bruscamente fermato da Pitch, che lo aveva bloccato per i polsi con
una frusta di sabbia. L'Omino dei Sogni si voltò,
costernato: la sua
stessa sorte era toccata anche agli altri Guardiani, immobilizzati
dalla testa ai piedi da altrettante lingue di sabbia. Pitch era
voltato verso di lui, e oltre il suo braccio teso vide Bellatrix
lanciargli uno sguardo significativo mentre si appoggiava al muro per
rialzarsi, senza fare il minimo rumore. Le labbra della ragazza
articolarono una parola muta, che raggiunse Sandman con la potenza di
un maremoto.
Distrailo!
Ma
Pitch, del resto, non sembrava aver bisogno di distrazioni.
<<
Volevi farmela, vero vecchio mio? >>
Bellatrix
ne approfittò per tirarsi in piedi e muovere un singolo
passo,
silenziosa come solo un gatto sa essere. Gli altri Guardiani la
videro e furono per lasciarsi sfuggire un avvertimento o un
esclamazione di sorpresa, ma lei si portò l'indice alle
labbra e
loro capirono il messaggio.
Reggetemi.
Il. Gioco.
<<
Se non vi odiassi tutti, quasi mi dispiacerebbe per voi!
>>
stava dicendo Pitch, continuando a guardare Sandy con sadico
divertimento.
<<
L'Uomo nella Luna è ancora mio prigioniero, e temo proprio
che di
questo passo lo resterà in eterno. Come voi, del resto.
È inutile
che vi illudiate, avete perso clamorosamente, questa volta! Il mio
regno di tenebra è destinato a perdurare, e nessuno di voi
sarà mai
in grado di fermarmi! >>
Bellatrix
chiamò a sé l'unica stella gassosa presente,
quella che Jack aveva
individuato al loro ingresso nella sala. Fulminei, i Guardiani si
lanciarono uno sguardo d'intesa che Pitch non notò.
<<
Dove tieni Uomo nella Luna? >> chiese Nord perentorio,
celando
l'affanno nella voce. Pitch restò qualche istante in
silenzio,
valutando se rispondergli o meno.
E
poi si avvicinò al drappo nero senza mai voltare lo sguardo
ai
Guardiani, lo strappò con gesto deciso dall'asta che lo
reggeva e lo
gettò a terra con noncuranza. Per la seconda volta, i
Guardiani
rimasero senza fiato. Pitch si voltò compiaciuto e, un
secondo dopo,
individuò la ragazza in piedi al capo opposto della sala.
<<
Ehi, bel faccino! Prendi questa! >>
E
lanciò la stella con tutte le sue forze, per poi crollare di
nuovo a
terra, sfinita ma cosciente. Pitch, colto in contropiede,
riuscì per
il rotto della cuffia ad evitare l'attacco dissolvendosi e
materializzandosi davanti a Bellatrix.
Sorrise
beffardo piegandosi accanto a lei, prendendole il mento tra le dita
cineree con morsa minacciosa.
<<
Peccato, ce l'avevi quasi fatta! >> le sibilò
tirandola a sé
per l'orlo della veste.
<<
Ti sbagli, vecchio mio. Ce l'ho fatta eccome!
>> rantolò
lei in risposta, con un lampo trionfante negli occhi ambrati.
Pitch
si voltò verso lo specchio con un moto di rabbia e terrore.
Appena
in tempo per vedere la stella infrangere la superficie liscia di
vetro. Questa si incrinò con uno schiocco secco, congelando
Pitch e
i Guardiani lì dove si trovavano. Ci fu un secondo di
assoluto
silenzio in cui l'aria stessa si era fatta immobile, opprimendo gli
astanti. Poi, l'essere magnifico ed etereo che vi era stato
imprigionato dentro, fino a quel momento assopito e inconscio della
battaglia che si era svolta a pochi metri da lui, aprì gli
occhi.
Dalla crepa nel vetro si sprigionò una luce bianca come la
luna, che
divenne sempre più intensa fino a costringere tutti a
distoglierne
lo sguardo. In quell'istante l'intero specchio fu percorso da
innumerevoli crepe dalle quali la luce sembrava voler scappar fuori
ad ogni costo, anche a quello di accecarli. Finché, con una
tremenda
esplosione, l'Uomo nella Luna evase dalla sua prigione. A quel punto,
la luce era così abbagliante da oscurare tutto il resto.
Bellatrix
sentì la presa di Pitch irrigidirsi sul suo petto e, infine,
dissolversi nel nulla. Poi i suoi sensi vennero a meno e lei
crollò
faccia a terra, svenuta.
Intorno
a lei sentiva solo un rombo assordante e la terra che tremava. Una
voce la chiamava da lontano con uno strano riverbero, come se
provenisse da un pozzo profondo. Aprì gli occhi e vide Jack
restituirle uno sguardo sollevato.
Il
ragazzo era affiancato da Dentolina, Calmoniglio e Sandy, che
sorridevano rassicuranti da sopra le sue spalle. Stava per sorridere
a sua volta, ma perfino i muscoli facciali le dolevano
insopportabilmente e le riuscì solo una vaga smorfia di
dolore. A un
tratto si sentì sollevare: Nord l'aveva presa tra le
possenti
braccia e, dopo aver lanciato un'occhiata d'intesa ai suoi compagni,
presero tutti a correre verso l'uscita più vicina. Bellatrix
avrebbe
voluto dirgli di andare più piano, perché tutto
quell'essere
sballottata a destra e manca le faceva dolere ogni singola fibra del
suo corpo, ma non riuscì ad articolare una sola parola. Si
chiese,
con un improvviso tuffo al cuore, dove fosse Manny. Poi vide, come in
un miraggio, l'essere etereo vestito da divinità greca
fluttuare in
testa al gruppo, stringendo nella mano il suo guscio color latte, e
sentì un peso sollevarsi dal suo stomaco. I Guardiani
giunsero
all'esterno con grida di vittoria che subito si trasformarono in
esclamazioni d'orrore: il castello era sospeso nel vuoto e non c'era
modo di scendere a terra se non affrontando un salto di almeno un
paio di centinaia di metri.
<<
Ci penso io! >> urlò Jack, schizzando avanti.
Colpì il bordo
estremo del pavimento della piccola terrazza su cui si trovavano con
l'estremità del bastone e da questa si sprigionò
una sinuosa lingua
di ghiaccio che andava via via ispessendosi, formando una sorta di
arzigogolato scivolo cristallino. Nord, Dentolina e Calmoniglio vi si
lanciarono sopra, proprio mentre il pavimento sotto i loro piedi
iniziava a cedere. Quando raggiunsero terra non poterono fare altro
che guardare l'immenso castello sfaldarsi e ricadere al suolo come un
gigantesco castello di sabbia abbattuto da un'onda anomala.
<<
Cosa credete ne sia stato di Pitch? >> avanzò
Bellatrix,
reggendosi precariamente sulle gambe, appoggiata al braccio di Nord.
<<
E chi lo sa? Magari abbiamo fortuna e ci è rimasto secco!
>>
sbottò Calmoniglio, speranzoso.
Il
gruppo fu attraversato da un brivido silenzioso.
<<
Sei crudele >> lo rimbeccò lei, con una nota
triste nella
voce.
<<
Crudele, io?! Non so se te ne sei accorta, ma non è stato
esattamente gentile con noi! Ti sei già scordata di quello
che ci ha
fatto passare? Di quello che ha fatto passare a te? >>
<<
Beh, più che aver tolto le stelle dal cielo non
può aver fatto, poi
che questo comportasse il mio deperimento... è solo un
effetto
collaterale... >>
Calmoniglio
stava per ribattere qualcosa, ma fu fermato da una gomitata di Nord
ben assestata. A Bellatrix non sfuggì quel curioso
comportamento, ma
non vi diede troppo peso.
<<
Tu non capisci >> continuò, guardando la
distesa di sabbia
nera. << Io ero dentro di lui. Ho sentito una strana
sensazione
per tutto il tempo, come se stessi galleggiando nel dolore e nella
paura. Li sentivo premere sul corpo, nella testa, riempirmi i polmoni
come acqua. Quell'uomo è più tormentato di quanto
voglia darci a
vedere... Tutto, in Pitch, è paura e dolore, più
di quanto potrai
mai sopportarne in vita tua, Calmoniglio. >>
<<
Non l'avrei mai detto, vedi un po' i casi della vita! >>
rispose lui, in tono spavaldo.
<<
Ovviamente non hai capito un corno di quanto ho detto! Voglio dire,
che ho avuto l'impressione che quella non fosse la paura dei bambini.
Anzi, sono sicura e pronta a giurarti, che una minuscola parte di lui
avesse paura! È come... >>
Si
interruppe, sospirando frustrata portandosi la mano alla tempia.
Sentì delle piccole dita stringersi rassicuranti sull'altra
e guardò
in basso: Sandy le restituì uno sguardo incoraggiante e lei
sentì
crescere fragile dentro di lei un senso di chiarezza.
Gli
altri Guardiani la guardavano come a non volersi perdere una sua sola
parola. L'Uomo nella Luna fece un cenno silenzioso col capo,
incoraggiandola a proseguire.
<<
Ho visto il suo cuore, e so quello che ho visto. E io ho visto che
Pitch, nel suo intimo, è spaventato come un bambino dai suoi
stessi
poteri! >>
I
Guardiani si lanciarono sguardi perplessi, indecisi su cosa credere.
<<
Ma ormai non ha più importanza. Pitch ci lascerà
in pace per un bel
po', ammesso che sia sopravvissuto. Andiamo, io ho un intero universo
da rimettere al suo posto! >>
<<
Sicura... di sentirti bene? >> azzardò
Dentolina, fluttuandole
accanto.
<<
Ho avuto momenti migliori, in effetti. Ma mi sentirò meglio
quando
tutta questa storia sarà finita, nel nome delle Pleiadi!
>>
<<
Aspettatemi qui, dentro potrebbe essere pericoloso! >>
Si
calò all'interno dell'albero cavo e scivolò lungo
il passaggio
circolare, atterrando sul pavimento con un sonoro schiocco di tacchi.
Quasi immediatamente udì un sibilo provenire da dove era
appena
arrivata e un istante dopo Jack fece irruzione nella stanza, come un
tappo saltato via dalla bottiglia di champagne.
<<
Mi era sembrato di avervi detto di aspettarmi fuori! >>
puntualizzò la ragazza, guardandolo con il sopracciglio
inarcato.
<<
Non volevo perdermi lo spettacolo, ovvio! Cosa diavolo..?
>>
Jack
aveva puntato lo sguardo oltre di lei, e Bellatrix si voltò,
incuriosita. La voragine nera che lui aveva visto l'ultima volta era
avanzata fin quasi alla metà della stanza. I ragazzi
potevano vedere
chiaramente l'abisso infinito che a poco a poco aveva attaccato anche
la parte inferiore delle pareti, come una grande macchia di umido.
<<
Ahi, ahi, ahi. Non ci voleva proprio. Dico bene? >>
osservò
Bellatrix, in tono tutt'altro che preoccupato.
Con
sommo stupore, Jack la vide sorridere con aria furbetta.
La
osservò esterrefatto, mentre lei alzava le mani sul petto
con i
palmi rivolti davanti a sé, come appoggiati a un vetro
invisibile.
Piegò il busto in avanti e lentamente, quasi con sforzo,
iniziò a
stendere le braccia. Il sudore le imperlò immediatamente la
fronte,
ma anche se gli arti le tremavano quasi senza controllo lei mantenne
la presa. Man mano che le sue mani si allontanavano dal corpo, la
grande voragine nera arretrava, fino a essere di nuovo confinata
dall'altro lato della porta.
La
ragazza si voltò sorridendogli e lui sentì
naturale il bisogno di
fare lo stesso.
Poi,
senza alcun preavviso, crollò di nuovo sulle ginocchia, con
un grido
strozzato. Jack le fu subito accanto, il sorriso rimpiazzato da una
smorfia preoccupata.
Il
volto della ragazza era pallido e lucido, le labbra esangui.
<<
Bellatrix! >> la chiamò forte lui.
<<
Tutto bene, sto bene. Non preoccuparti, Jack >> .
La
aiutò a rialzarsi e lei si aggrappò alla sua
spalla, le unghie
conficcate nella sua pelle. Rimasero immobili diverse decine di
secondi, l'uno con un fascio di nervi pronti a saltare e lei con il
volto chino in avanti, i capelli a schermarla dal suo sguardo. Jack
ascoltò il suo respiro lento e pesante regolarizzarsi poco a
poco,
tenendola stretta per il braccio.
A
un tratto lei si divincolò, gli afferrò entrambe
le mani e piroettò
su sé stessa, trascinandolo con sé in un giro
completo, la sua
risata che rimbalzava contro le pareti spoglie. Jack rise con lei
senza sapere il motivo di tanta euforia, sentendo la preoccupazione
scivolargli via di dosso come acqua calda.
Un
attimo dopo lei si era staccata, fiondandosi di nuovo su per il
passaggio.
<<
Dove vai? >> le urlò Jack, ridendo ancora.
<<
A chiamare gli altri, ovviamente! Non voglio che si perdano lo
spettacolo! >>
La
ragazza schizzò fuori dall'albero cavo e si
acquattò su uno dei
rami più alti, attirando l'attenzione del gruppo ancora
radunato
sulle sue radici e facendo pollice alto.
<<
Dacci dentro, Calmoniglio! >>
Il
Guardiano della Speranza le lanciò un'occhiata d'intesa e
batté due
rapide volte sul terreno, che si aprì sotto i piedi degli
altri
Guardiani, facendoli sparire nel sottosuolo.
Soltanto
l'Uomo nella Luna rimase indietro, rigirandosi la propria scorza tra
le dita diafane.
<<
Ma... Manny? >>
I
due si guardarono intensamente, ma la ragazza non ricevette risposta
alcuna.
Allora
smise di far ciondolare le gambe, si appese al ramo sul quale si era
appollaiata e si diede una forte spinta con un colpo di reni.
Atterrò
accanto a lui e si rialzò, sfregandosi le mani dalla polvere.
<<
Tutto bene, Manny? >>
L'essere
le rivolse uno sguardo dolce e sorrise, porgendole la piccola luna.
Bellatrix lasciò che lui la depositasse sui suoi palmi uniti
a
coppa, continuando a non capire.
Poi
l'Uomo nella Luna stese le proprie mani sulle sue e il suo corpo fu
avvolto da un alone sfavillante, così caldo e intenso che
lei
dovette chiudere gli occhi per non restarne accecata. Quando li
riaprì, sia la luce che lo stesso Manny erano spariti. Dopo
un
attimo di smarrimento, abbassò lo sguardo sulla piccola luna
che
giaceva tra le sue mani e sorrise.
<<
Andiamo a casa, Uomo nella Luna! >>
Erano
tutti accalcati attorno alla porta della Stanza dell'Universo, in
trepidante attesa.
Bellatrix
era ferma sull'orlo estremo della soglia, gli occhi affondati nel
buio più intenso.
<<
Pronti per lo spettacolo pirotecnico? >> chiese
voltandosi,
mentre stringeva il globo cristallino alto nella mano destra.
<<
Quando vuoi! >> rispose Nord, con un ampio sorriso.
La
ragazza gli sorrise a sua volta, si voltò di nuovo e, dopo
un attimo
di esitazione, lanciò il globo oltre la porta.
L'oggetto
descrisse un ampio arco e dopo qualche secondo iniziò a
precipitare.
<<
Adesso, Jack! >>
Il
ragazzo era pronto. Dal bastone si sprigionò un dardo di
ghiaccio
che colpì la sfera, mandandola in mille pezzi. Al momento
dell'impatto ci fu un'esplosione, e una luce bianco-azzurrina si
propagò nell'ambiente circostante. L'onda d'urto
investì in pieno i
Guardiani, mentre ciò che era stato compresso e rinchiuso
per tanto
tempo si espandeva in tutte le direzioni, riappropriandosi del
proprio legittimo spazio. Jack riaprì gli occhi: ovunque
posasse gli
occhi, piccole sfere di ogni colore fluttuavano pigri nella penombra.
In alcuni punti, poi, vedeva delle strane nuvole, più nere
dell'oscurità che le attorniava.
<<
Ci vorrà un po' prima che tutta la sabbia di Pitch sia
neutralizzata. Ma prima di tutto... >>
Lanciò
un'occhiata significativa a Sandy e si buttò oltre le
soglia.
L'ometto la seguì senza esitazioni ed insieme fluttuarono
privi di
peso tra innumerevoli corpi celesti. Jack li vide quasi sparire
divorati dal buio, mentre si affaccendavano laboriosi attorno a
questo o quel sistema planetario. E man mano che si spostavano da un
estremo all'altro che gli occhi dei Guardiani potessero cogliere,
più
l'oscurità stessa sembrava arretrare, finché fu
di nuovo trapunta
di decine di migliaia di diamanti luminosi.
Erano
passate diverse ore e ormai la maggior parte della sabbia nera era
stata convertita ed eliminata. Mancava un'ultima cosa: riposizionare
la luna all'interno della sua orbita.
La
Terra ruotava lenta e placida assieme ai pianeti suoi compagni,
incurante del torto che le era stato arrecato con la sottrazione del
proprio satellite. Bellatrix aprì piano la mano e la luna
fluttuò
tranquilla al suo posto, come se al contrario fosse pienamente
consapevole di stare tornando al posto cui era destinata.
<<
Stammi bene, Manny! >> mormorò la ragazza,
avvertendo uno
strano nodo alla gola. Sandy allungò la mano e strinse la
sua con
affetto. Si fissarono a lungo, beandosi della tranquillità
che
sembrava averli contagiati infiltrandosi sotto la loro pelle. Con le
dita intrecciate in un legame che andava ben oltre il mero contatto
fisico, decisero tacitamente di fare ritorno, ma alla porta nessuno
dei Guardiani era rimasto ad attenderli. Con un brutto presentimento,
i due si scambiarono uno sguardo terrorizzato. Corsero fuori, dove
con un intimo sospiro di sollievo trovarono gli altri quattro. Erano
l'uno accanto all'altro, di spalle, e fissavano sbalorditi il cielo
gloriosamente stellato, dove una luna alta e maestosa aveva ripreso a
vegliare su di loro. Di nuovo, Sandman e Bellatrix si scambiarono uno
sguardo sereno e corsero ad unirsi ai loro compagni. Bellatrix colse
Jack alle spalle, cingendogli la gola con le braccia senza riuscire a
reprimere una risata cristallina. Jack, colto di sorpresa,
cercò di
sbrogliarsela di dosso buttandosi a terra, ridendo più forte
di lei.
I due ingaggiarono una lotta giocosa finché la ragazza si
trovò a
torreggiare sopra di lui. Il ragazzo restò diversi istanti a
fissarla con un vago senso di meraviglia dipinto negli occhi azzurri,
poi raddrizzò il busto e la abbracciò di slancio.
Bellatrix rimase
immobile, le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo fisso.
Sentiva le sue mani e la guancia di lui gelide contro la pelle. Alla
fine ricambiò l'abbraccio, ma quasi subito provò
il forte desiderio
di staccarsi da lui e tirarsi in piedi. Lo aiutò a rialzarsi
e, dopo
un attimo in cui l'imbarazzo sembrò prendere il sopravvento,
corse
ad abbracciare Dentolina, per poi passare a Calmoniglio.
<<
Ah, no! Mi dispiace, ma io non amo molto gli abbracci! >>
si
giustificò lui, nascondendo le mani dietro alla schiena.
<<
Non fare guastafeste, Calmoniglio! >>
La
stretta fu istantanea. Bellatrix si ritrovò strizzata tra il
coniglio di Pasqua e l'Omino dei Sogni, con le braccia massicce di
Nord che le spremevano l'aria fuori dai polmoni e la sua voce ilare che
le trapanava le orecchie feline. La loro risata collettiva
esplose nella radura, genuina, chiara e liberatoria dopo tanta
angoscia, così forte che perfino la Luna non avrebbe
potuto non sentirle.
A.
A.
Di
nuovo, mi sono ricordata solo adesso di aggiornare! Prima o poi
capiterà che salterò un aggiornamento, ne sono
certa...
Ma
per intanto ecco che la Stanza dell'Universo è tornata dove
doveva, col sollievo di tutti quelli che ci hanno avuto a che fare! E
da qui esce di scena l'Uomo nella Luna, che pure ha avuto una parte
abbastanza marginale.... Ero molto indecisa sul titolo del capitolo, ma
alla fine ho pensato a quello corrente per dargli un po' più
di attenzioni... Insomma, più o meno...
Avrei
sicuramente altro da dire a pensarci su con un po' più di
calma, ma dato il periodo sono indietro con ll'impacchettamento dei
regali, e siccome sono un'imbranata cronica ci sto mettendo
più del dovuto...
Va
beh, ad ogni buon conto ci vediamo al prossimo aggiornamento, che
sarà lunedì della settimana l'altra...
Perciò buone feste!
E
se vedete Nord da qualche parte ditegli che sto ancora aspettando la
mia lettera d'ammissione ad Hogwarts, grazie! :3
Tec
:D
|
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Capitolo 7 *** Nella cripta di Pitch ***
Anche
se di Pitch non ci furono più tracce, non tutto era tornato
normale come prima della sua ribalta. Le fatine di Dentolina e gli Yeti
di
Nord continuavano a mancare all'appello, e perciò i due
Guardiani
dovettero farsi aiutare dagli altri, che lo facevano nei limiti delle
loro capacità ma sempre volentieri. Di solito si
concentravano di
più sulla raccolta dei dentini, o almeno così
faceva la parte di
loro in grado di volare e quindi spostarsi più rapidamente
da una
zona all'altra, mentre Calmoniglio restava alla fabbrica assieme a
Nord e gli elfi, che per quanto volenterosi erano sempre più
un
intralcio che un valido aiuto. Fortunatamente Sandy gestiva gran
parte del lavoro attraverso l'impiego di scintillanti animaletti
laboriosi di sabbia dorata, e in qualche modo la produzione di
giocattoli continuava stabile ed imperterrita. Ma quel giorno il
turno toccava a Bellatrix, che di per sé non poteva dirsi
entusiasta
all'idea di assemblare giocattoli fino a tempo indeterminato e per
questo era diventata irascibile e stizzita, sopratutto quando pensava
che nessuno dei suoi compagni si era ancora dato da fare per trovare
una soluzione definitiva alla crisi che li aveva colti.
<<
Dannazione, ottocentoventuno anni e ancora non ho imparato a tenere
in mano una pialla! >>
Bellatrix
scagliò lo strumento per terra dopo essercisi stirata
l'indice per
la quarta volta, sbuffando spazientita: il cavallino a dondolo che
avrebbe dovuto assemblare era a malapena identificabile come tale.
Lei non era abituata a certi lavori manuali e ne stava dando
un'inequivocabile dimostrazione. Calmoniglio invece non sembrava
avere particolari problemi. Era seduto tranquillamente su uno dei
tanti piani di lavoro in mezzo a una montagna di giocattoli, le
grandi zampe pelose accavallate l'una sull'altra e gli occhi fissi
sul suo operato, e adesso stava decorando i lati di una bella
scacchiera di legno con colori vivaci e caldi. Attorno a loro, gli
animaletti antropomorfi di Sandy si affaccendavano e si muovevano con
professionalità.
<<
Non ne posso più, questo è compito degli Yeti!
>> si lamentò
la ragazza, stiracchiandosi voluttuosamente.
<<
Forse, ma finché non li ritroviamo sarà difficile
che possano
svolgerlo, ti pare? >> le rispose il collega, senza
alzare gli
occhi.
<<
Se non li cerchiamo, sarà improbabile trovarli
>> ribatté
lei, spiccando un balzo scattante. Atterrò sul davanzale
della
finestra più vicina e prese a scrutare fuori, le mani
atteggiate a
visiera sulla fronte appoggiata al vetro. Calmoniglio si permise di
seguirla con sguardo accigliato e perplesso, il pennellino a
mezz'aria che rischiava di macchiarlo di brillante tempera azzurra.
<<
Non lo fare, per quanto ne sappiamo Pitch potrebbe essere ancora in
giro! >> disse infine, tornando a concentrarsi sulla sua
scacchiera.
<<
Magari, sarebbe una vera fortuna! A ben pensare, è da otto
secoli
che voglio chiedergli una certa cosuccia! >>
ribatté lei,
aprendo l'anta con un colpo secco e rabbioso. Prima che avesse potuto
gettarsi fuori, Calmoniglio mollò colori e pennello e le fu
addosso
in un balzo, inchiodandola contro il muro con presa ferrea.
<<
Forse non mi sono spiegato >> sibilò in tono
minaccioso. <<
Tu. Non. Ti muovi. Da qui! >>
<<
Costringimi! >> lo sfidò lei, stringendo gli
occhi con aria
ostile.
<<
Non fare l'idiota, Calmoniglio! Slegami subito o sarà peggio
per te!
>>
Bellatrix
era inchiodata a una sedia da ufficio, legata con tutto quello che
Calmoniglio aveva trovato in giro per il laboratorio che poteva
prestarsi bene allo scopo: nastri per regali, corde per saltare ed
elastici di ogni misura.
Lui
rispose con un verso che voleva dire “scordatelo”.
Era seduto sul
solito tavolo, una decina di metri più avanti rispetto a
lei, e le
dava le spalle, di nuovo chino sulla sua scacchiera.
Nei
minuti che seguirono Bellatrix provò gli stratagemmi
più fantasiosi
che conosceva, uno più ingenuo e pietoso dell'altro. Dal
vecchio
trucco del naso che prude ( << Tienti il prurito!
>>
aveva risposto l'altro ) a quello del bisogno impellente di andare in
bagno ( << Bella trovata, davvero! Ma sai meglio di me
che agli Spiriti
non scappa! >> ), nessuno di quelli era riuscito a
impietosire
il Guardiano, le cui risposte perdevano gradualmente il tono ironico
a ogni nuovo tentativo da parte di lei.
Finché,
al decimo tentativo, la pazienza di Calmoniglio cominciò
seriamente
a vacillare.
<<
Rassegnati, Bellatrix. Non posso lasciarti andare, lo capisci o no?
La tua impulsività ti ha procurato solo guai, e siccome non
vuoi
saperne di usare il buon senso, ho dovuto farlo io al posto tuo.
Adesso stai zitta e buona, o giuro che ti infilo un calzino di Nord
in bocca e te lo lascio lì finché non svieni!
>>
Bellatrix
rispose con un verso sprezzante, ma la minaccia aveva funzionato e
lei rinunciò momentandeamente a trovare un altro pretesto
per farsi slegare.
<<
Perché ci tieni tanto a incontrare Pitch, comunque?
>> se ne
uscì Calmoniglio dopo qualche istante, senza parere.
<<
Non sono affari tuoi, coniglio! >>
Lei
voltò ostinatamente il capo, prendendo a fissare con
cocciutaggine
la finestra dalla quale aveva pensato di darsela a gambe.
<<
Voglio trovarlo per chiedergli... perché proprio io
>> .
Calmoniglio
alzò il capo senza voltarsi, le orecchie tese.
<<
Perché mi ha uccisa, io voglio saperlo... >>
concluse,
abbassando il volto in modo che i capelli le schermassero gli occhi.
Il
Guardiano posò la scacchiera, boccheggiando con la gola
secca.
Tuttavia rimase fermo dov'era, dandole le spalle in una posizione
rigida e scomoda.
La
sentì sospirare, rassegnata.
<<
Ma che te lo dico a fare, non capiresti lo stesso. Quella volta,
io... Io devo trovarlo. Devo chiedergli chi era quella donna che ho
visto! Devo saperlo! >>
Alzò
lo sguardo su di lui e notò che, anche di spalle,
Calmoniglio
sembrava stranamente nervoso. Insospettita, senza farsene accorgere,
materializzò uno shuriken tra il dito indice e il medio, la
cui mano era assicurata dietro allo
schienale sotto l'altra, e prese a sfregarlo con energia contro la
corda che più
di tutte la teneva avvinta alla sedia. All'improvviso, si rese conto
di cosa la insospettiva del comportamento di Calmoniglio.
<<
Sante Pleiadi, tu ne sai qualcosa! >> urlò,
accalorata. La sua voce rimbalzò contro le pareti del
laboratorio come un tuono, ma gli animaletti di sabbia di Sandman non
parvero udirla e continuarono indisturbati il loro affacendarsi.
Il
Coniglio di Pasqua non si mosse, ma anche da quella distanza
Bellatrix sentì benissimo il suo respiro farsi pesante.
Sfregando e sfregando con furia,
finalmente la
corda cedette e lei, presa da una smania rabbiosa, lavorò
alacremente di
contorsioni per liberarsi. Saltò in piedi e si
avvicinò forte
della sua proverbiale silenziosità al coniglio che, quasi
come
sopraffatto da troppe emozioni, si era intanto nascosto il muso tra le
zampe.
A pochi metri da lui, la ragazza individuò una mazza da
baseball
incustodita, appoggiata contro la gamba del tavolo da lavoro accanto.
La
afferrò con entrambe le mani e aspettò di
essergli alle spalle,
cogliendolo di sorpresa.
<<
Se non me lo dirai tu, tornerò al piano originario e glielo
farò
sputare fuori a lui! >>
E
lo colpì in testa con tutta la sua forza, senza nemmeno dare
il tempo a Calmoniglio di potersi spiegare. Tanto sapeva, dentro di
lei, che non avrebbe parlato comunque.
Calmoniglio
cadde giù dal banco con un debole verso di sorpresa,
tramortito.
Attorno a loro, gli animali magici continuavano imperterriti le loro
mansioni, completamente estranei alla faccenda. Doveva sbrigarsi.
Calmoniglio era pur sempre un armadio da un metro e ottanta e passa
ed era pur sempre esperto di arti marziali: di certo non ci avrebbe
messo molto, a riprendersi, e per allora avrebbe dovuto essere reso
innocuo. Lo trascinò alla sedia dove fino a pochi minuti
prima era
immobilizzata e lo assicurò allo schienale in modo che non
potesse
muovere un muscolo con le stesse corde che avevano immobilizzato lei.
Completata
l'opera, si precipitò alla finestra e guardò
fuori: un panorama
invernale, bianco, inospitale e desolato le si stendeva davanti a
perdita d'occhio, e laggiù in fondo, una sottile striscia
azzurra
luccicava come una distesa di zaffiri. Si voltò, dando le
spalle a
quel paesaggio, e lanciò un'ultima occhiata all'interno del
laboratorio. Poi mosse un passo indietro e il davanzale
sparì da
sotto i suoi piedi. Si lasciò cadere nel vuoto, precipitando
lungo
il fianco della montagna a velocità sempre maggiore.
Allargò le
braccia, beandosi dell'aria gelida che le sferzava il corpo e le
faceva vorticare i capelli attorno al volto, e spalancò le
ali,
sfruttando la corrente per sollevarsi più alta del rifugio e
delle
nuvole cariche di tormenta che lo sovrastavano, una minuscola mosca
nera contro il bianco opalescente del Polo Nord. Volò senza
sosta per un tempo che
le parve incalcolabile, e diverse ore dopo atterrò nella
piazza
della città che aveva sorvolato con Jack, tempo addietro. Ci
aveva pensato bene ed
era giunta alla conclusione di voler iniziare le ricerche dalla zona
circostante: si trattava pur sempre del luogo in cui Pitch era stato
sconfitto la prima volta, quindi in un certo senso importante per
lui. Si bloccò, il fiato corto: aveva alzato lo sguardo
sulla statua
del monumento di Thaddeus Burgess e la sua famiglia, e l'immagine
repentina della donna con i tre bambini
le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.
Bellatrix
scosse la testa, strizzando gli occhi come abbagliata dal sole, e si
guardò attorno cercando di scacciare dalla testa
quell'immagine così
strana e al contempo così familiare. Dopo la sconfitta di
Pitch,
ogni traccia di paura sembrava essere svanita dal mondo assieme a lui:
il
cielo, prima scuro e opprimente, adesso era limpido e azzurro,
solcato da veloci nuvole vaporose. I fiori e le piante crescevano
rigogliosi nei loro vasi e le persone camminavano per la strada senza
un pensiero al mondo. A un tratto, un visetto noto, coperto per
metà
da una matassa di sottili spaghetti biondi le restituì uno
sguardo
innocente da un volantino attaccato a un palo della luce poco
distante. La ragazza si avvicinò a falcate spedite, con un
brutto
presentimento che si stava facendo prepotentemente largo nel suo
stomaco, e staccò il volantino con prepotenza. Sotto la
foto, una
scritta a caratteri maiuscoli recitava “SOPHIE BENNETT,
SCOMPARSA”.
Strinse
il foglio convulsamente, accartocciandolo tra le mani mentre un peso
enorme le scivolava dalla gola allo stomaco.
La
casa di Sophie era calma e silenziosa, immersa in un'atmosfera
innaturale e morta che faceva uno spiccato contrasto con l'allegria
del quartiere.
Bellatrix
si avvicinò a una finestra al pian terreno e
sbirciò dentro: subito
riconobbe Jamie, di spalle, che, giudicando da come gesticolava,
stava avendo un'accesa discussione con la madre. Nulla che le sue
orecchie ipersensibili non potessero captare, specialmente attraverso
un vetro così sottile!
<<
Ti dico che è vero, mamma! Io l'ho visto! >>
<<
Smettila, Jamie! È una cosa seria, lo capisci? La tua
sorellina è
scomparsa da più di una settimana, e io non voglio
più sentir
parlare delle tue fantasticherie! Sono stata chiara? >>
<<
Ma mamma! Te lo giuro, è stato l'Uomo Nero! >>
<<
Insomma Jamie! Hai dodici anni, ormai! Sei troppo grande per credere
ancora a cose come l'Uomo Nero, te ne rendi conto? Perciò,
se hai
visto qualcosa, qualcosa di vero e tangibile, dimmelo pure.
Altrimenti, cresci! >>
Il
ragazzino aprì la bocca per risponderle, ma all'ultimo si
girò e
corse via. Bellatrix lo sentì salire di corsa le scale e
pochi
secondi dopo una porta chiudersi violentemente al piano di sopra. Sua
madre rimase impalata lì dov'era, e solo dopo diversi
secondi si
lasciò cadere stancamente su una sedia al tavolo da pranzo,
nascondendo il volto tra le mani.
Bellatrix
distolse lo sguardo e fluttuò fino a raggiungere le finestre
del
piano superiore. Trovò il ragazzino chino su un baule dei
giochi
nella sua stanza, intento a rovistare dentro con alacrità.
Dopo
qualche istante riemerse con una fionda, un cappello all'Indiana
Jones e una corda per saltare. Poi si infilò sotto il letto
e ne
uscì con una grossa scatola tra le mani, dalla quale
estrasse un
sacchetto mezzo pieno di patatine, uno ancora sigillato di caramelle
gommose, qualche merendina confezionata e infine una bottiglietta di
aranciata. Sistemò il tutto dentro uno zainetto e, come se
lo avesse
appositamente lasciato per ultimo, si avvicinò al comodino.
Sfilò
il cassetto dai supporti e ne rovesciò il contenuto sul
letto con
gesto secco. Tra gli oggettini che si riversarono sulla trapunta,
Jamie scelse un vecchio coltellino multiuso dal manico intagliato, la
stellina che lei stessa gli aveva donato tempo addietro e una strana
collanina di lama con pezzetti di pasta cruda come perline. Bellatrix
lo osservò mentre Jamie indossava cappello e collana, si
infilava il
coltellino in tasca e finalmente si caricò lo zaino sulle
spalle. A
quel punto Bellatrix decise di dover intervenire. Bussò
piano sul
vetro della finestra e il bambino, che era lì sul punto di
sgattaiolare fuori, sobbalzò allarmato.
<<
Così a naso >> disse, scavalcando il davanzale
con un balzo
atletico, << direi che stai scappando di casa
>> .
Jamie
abbassò lo sguardo, arrossendo fino alla radice dei capelli.
Poi
alzò la testa e nei suoi occhi Bellatrix vide brillare due
grosse
lacrime.
<<
Se la mamma non vuole credermi, andrò a riprendermi Sophie
da solo!
>>
La
ragazza si avvicinò, si inginocchiò davanti a lui
e gli pose una
mano sulla spalla.
<<
Non farlo, Jamie. Tua madre è già abbastanza in
pena per tua
sorella, non darle un altro motivo di dispiacere! Sarò io a
riportartela, te lo giuro. Ho un conto in sospeso con Pitch, e
salderò anche il tuo. >>
Il
bambino si pulì il naso con la manica, reprimendo un
singulto.
<<
Fammi venire con te, per favore! Potrei esserti d'aiuto!
>>
Bellatrix
si alzò in piedi, guardandolo con un misto di tenerezza,
compassione
e qualcosa di spiacevolmente simile a tristezza.
<<
Veramente... io non credo sia una buona idea... >>
Ma
il ragazzino continuava a guardarla supplichevole, e così
riuscì a
farla addolcire.
<<
E va bene... >> sospirò, alzando gli occhi al
cielo <<
ma devi promettermi di starmi appiccicato alle costole! >>
I
due evasero dalla finestra e corsero a rotta di collo verso il lago
al limitar della foresta. Durante la strada, Jamie le
raccontò di
quel che aveva visto quando Sophie gli era stata portata via da sotto
il naso.
<<
È stato un attimo. Stavamo giocando in fondo al vialetto e
all'improvviso è scesa questa grande nuvola nera dal cielo.
Si stava
precipitando verso di me, ma a metà strada è
tornata indietro... e
un attimo dopo Sophie è sparita! >>
Erano
giunti sulla sponda del lago, e adesso la stavano costeggiando
camminando lentamente.
<<
Mi domando a cosa gli possa servire quella bimbetta... >>
pensò
Bellatrix ad alta voce. Jamie, in risposta, alzò le spalle.
<<
A voi cos'è accaduto, durante questi mesi? >>
chiese un po'
titubante, guardandola di sottecchi. Bellatrix ci pensò un
attimo,
poi partì in quarta a raccontargli del suo viaggio per
cercare i
Guardiani, di come fossero stati presi uno alla volta mentre lei e
Jack si recavano al suo rifugio e di come alla fine Pitch l'aveva
neutralizzata, usando i suoi stessi poteri contro i suoi compagni.
Per tutto il tempo il bambino l'aveva ascoltata affascinato, con una
sorta di reverenziale ammirazione, fino al tentativo di Pitch di
attaccare Sandman.
<<
All'improvviso mi sono vista i suoi occhi davanti, e dentro di me
è
come scattato un meccanismo di autodifesa. Sono riuscita a
neutralizzare il colpo all'ultimo istante, e finalmente mi sono
staccata da lui. Quando le cose si sono calmate, sono fuggita dal
Polo Nord per cercare Pitch, e adesso eccoci qua >> .
<<
...Dimentichi di dire che per poter fare di testa tua mi hai tirato
una mazzata in testa! >> la raggiunse una voce arrabbiata
alle
spalle. All'improvviso si sentì sollevare per la collottola
e si
trovò faccia a faccia con Calmoniglio, che la guardava con
aria
decisamente infuriata.
<<
Non sai quanto ti sto odiando in questo momento! >> disse
lei,
a mo' di saluto.
<<
Riuscirò a convivere con questa consapevolezza. Adesso noi
due
torniamo da Nord ad aiutarlo con i suoi benedetti regali. Sono stato
chiaro? >>
<<
Scordatelo, canguro mal cresciuto! >> rispose Bellatrix,
beffarda.
<<
Cosa? No! >>
Jamie
strattonò Calmoniglio per il braccio, guardandolo implorante.
<<
Non può venire con te, deve aiutarmi a ritrovare Sophie!
>>
Calmoniglio
guardò perplesso prima l'uno e poi l'altra, mollando la
presa su
quest'ultima. Bellatrix si rese conto di stringere ancora in mano il
volantino, spiegazzato e umido, e lo mostrò a Calmoniglio
senza dire
una parola. Lui lo afferrò con mani tremanti e lesse quelle
tre
parole come se non riuscisse a crederci. Poi lo gettò a
terra,
afferrò il bambino e la ragazza e se li caricò di
peso sulla
groppa. Bellatrix cinse le spalle di Jamie e la gola di Calmoniglio
con le braccia, appiattendosi sulla sua schiena mentre il Guardiano
partiva in quarta verso il cuore della foresta. La ragazza si
irrigidì come un pezzo di legno e la sua stretta si fece
ferrea
sulla sua pelliccia folta, urlando come un'indemoniata.
Calmoniglio
schizzava da un tronco all'altro come una palla di gomma,
sballottando a destra e manca i due compagni che stavano facendo di
tutto pur di restargli attaccati addosso. Si fermò solo in
vista
della radura spoglia e secca dove era stata quella volta assieme a
Jack.
I
tre si affacciarono contemporaneamente sul profondo buco nero che si
apriva, silenzioso e minaccioso, nel terreno secco.
<<
Jamie, tu è meglio se resti qui >> disse
Bellatrix, drizzando
la schiena e puntandosi le mani ai fianchi, fissando la voragine
scura in mezzo al terreno.
<<
No, per favore! Non voglio restare da solo! >>
I
due Guardiani si guardarono per qualche istante e sospirarono,
rassegnati.
<<
D'accordo allora, ma non mollarmi nemmeno per grattarti il naso!
>>
acconsentì la ragazza, porgendogli la mano.
Lui
la afferrò con entrambe le sue e insieme tornarono tutti e
tre a
guardare l'entrata del covo sotterraneo, senza effettivamente muovere
un solo muscolo per avvicinarvisi. I minuti scorrevano lenti e
silenziosi come granelli di sabbia in una clessidra, e nessuno aveva
ancora mosso un passo verso quel terrificante buco nero nella terra.
Ogni
tanto, l'uno o l'altra dei due adulti diceva frasi brevi e concitate
di incoraggiamento rivolte a Jamie, forse più per
rassicurare sé
stesso che il bambino.
<<
Stammi sempre accanto >> .
<<
Va bene >> .
Oppure
<< Non avere paura, ci pensiamo noi, adesso
>> .
<<
Lo so >> .
Ma
sia il Guardiano che lo Spirito non potevano negare la
realtà dei
fatti l'uno all'altra: entrambi avevano paura quasi quanto il
ragazzino che avevano portato con loro.
Alla
fine, non potendo più sopportare l'ansia e la tensione,
Bellatrix si
fece avanti, osservando la fossa con aria di sfida, e saltò
dentro
trattenendo il respiro.
Calmoniglio
esitò qualche istante, poi prese Jamie tra le braccia e la
seguì
con un balzo.
La
loro caduta libera durò in realtà meno di quanto
si aspettassero:
via via che scendevano, la luce della stella rivelava file e file di
stalattiti, lunghe e sottili come zanne di serpente, anfratti oscuri
e umide insenature. Poi uno spazio più ampio, legno marcio e
pietra
lucida. Un globo terrestre nero come la morte, costituito solo dalle
terre emerse, al centro di un piedistallo altrettanto nero. E rampe
di scale ovunque, tutt'intorno, che affondavano e scendevano
più
giù, sempre più a fondo nelle viscere della terra.
Bellatrix
toccò terra qualche istante prima di Calmoniglio, i
tacchetti
risuonarono forti e chiari, rimbombando contro la pietra scura come
un colpo di fucile. Quando lei mosse un passo avanti brandendo la
sfera di gas come una bomba incendiaria, Calmoniglio la
sorpassò
spavaldo, allungando il braccio lateralmente per fermarla.
<<
Vado avanti io >> .
Bellatrix
abbassò l'arma e strinse il braccio peloso del Guardiano per
fargli
capire in un tacito linguaggio che lei gli avrebbe coperto le spalle,
di non preoccuparsi per lei o Jamie. Quasi contemporaneamente il
bambino si gettò in avanti e le strinse forte la coda, con
entrambe
le mani. A Bellatrix diede la curiosa impressione di un piccolo di
elefante che si attacca alla coda della madre, e anche se Jamie
tirava troppo forte e stringeva le mani sul suo pelo con tanta foga
da strapparle consistenti ciuffi di pelo grigio fino a farle
lacrimare gli occhi lei preferì stare zitta e lasciarlo
fare. In
fila indiana procedettero guardinghi oltre il planisfero, e scesero
per una scalinata larga e ripida, sul fondo della sala.
Il
soffitto riluceva di pesanti drappi di sabbia e ragnatele, e al
centro preciso della sala in cui si erano trovati era situato quello
che aveva tutta l'aria di essere un altare sacrificale, con un
baldacchino lucente raccolto ai lati come un nero sipario.
Seduta
sulla lastra di pietra fredda, c'era la piccola Sophie. Le mani
raccolte in grembo, gli occhi chiusi, una sottile ragnatela di sabbia
nera che spiccava sui capelli color paglia la facevano sembrare una
sorta di statua votiva. Un leggero strato di tessuto trasparente le
avvolgeva delicato il corpicino e scendeva fino al pavimento fluido,
come fatto d'acqua.
Infine,
Bellatrix notò due pesanti bracciali di metallo che, per
mezzo di
una grossa catena, la tenevano vincolata all'altare.
A.
A.
Tra
una battaglia a School of Dragon e l'altra, forse ce la posso fare!
Siccome
sono una persona orribile che ha passato le feste ad ingozzarsi
invece che rispondere alla recensione, Dracarys, ti rispondo qui
così
allungo anche un po' il brodo delle note, che altrimenti sono
striminzite quanto un alberello rachitico.
E
parto col dire che la tua risata non è del tutto fuori
luogo, dal
momento che quel dettaglio che mi hai fatto notare, inizialmente,
cioè ai tempi in cui scrissi quel passaggio, mi ha dato la
tua
stessa impressione. L'avevo infatti modificato, ma quel balengo del
mio computer a quanto pare non ha salvato le modifiche
perché
mainagioia. Infatti avevo sostituito il ventre col petto, che per un
uomo è assai più dignitoso perché non
lo fa sembrare in preda alla
cacaiola diarrea. E siccome prima di postare rileggo, ma
sommariamente, evidentemente mi deve essere sfuggito. Ma non
è grave
e siccome ho zero voglia di rimetterci mano ho paura che Piccione
dovrà tenersi le doglie xD
E
questo capitolo è, tra l'altro, la prova che Pitch, per
quanto
puerpera, è un osso ben più duro di quel che gli
altri credevano.
Non seguo Game Of Thrones ( merito il linciaggio, lo so ) quindi non
ho bene idea a chi ti riferissi, però il principio
è quello e
infatti... ne sta combinando un'altra.
Ecco
perché vi dicevo che Jamie e Sophie avrebbero avuto un ruolo
un po'
più rilevante, anche se per ora non c'è stato un
granché di
azione... con calma, ci arriveremo.
E
finalmente sono riuscita a far interagire Bellatrix con qualcuno che
non fosse Sandy o Jack Frost in modo non marginale, yey! Non so voi,
ma io quasi quasi inizio a shippare Calmoniglio con mezzo mondo..
perfino con i personaggi di mie invenzione! Non so perché,
ma il
modo in cui cercano entrambi di rassicurare Jamie e come sotterrino
momentaneamente i loro screzi per proteggerlo mi fa fangirlare come
una deficiente... Ma tanto ci sono abituata, direi!
Ok,
un papiro per uno non fa male a nessuno e questo si è
prolungato
anche troppo! Perciò a settimana prossima,
Martedì salvo calamità
naturale.
A
presto!
Tec
Ps:
Un grazie grande quanto a una casa alle altre due persone che hanno
trovato questa storia abbastanza decente da volerla continuare a
seguire!
|
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Capitolo 8 *** Verità dal passato ***
Buon
salve a tutti!
Per
una volta, le note dell'autrice le caccio in alto. Prevalentemente per
avvisare che da questo capitolo in poi si giustifica il rating
dell'intera storia, in quanto inizia a farsi seriamente un po'
più oscura e...non so se sia il termine corretto, ma diciamo
... violenta? Nulla di che, eh, però io intanto vi avviso.
In ogni caso, fatemi sapere se secondo voi sia il caso di cambiare
rating o modificare qualcosa. Forse per ora è un po' presto
dirlo ma... va beh. Sbrigativamente saluto Dracarys, con la speranza
che il capitolo sia di tuo gradimento, e tutti gli altri che hanno
inserito la storia tra le preferite/seguite.
Dunque,
buona lettura!
Tec
Quando
le fu di fronte, Bellatrix si accovacciò sui talloni in modo
da
incontrare lo sguardo assente e vitreo della bambina.
<<
Jamie? Per caso, quando Sophie è scomparsa, stavate giocando
con i
colori? >> chiese, senza distogliere lo sguardo da lei,
le mani
puntate sulle ginocchia.
Jamie
sembrò sorpreso da quella domanda, e le rispose battendo i
denti.
<<
N-No! Stavamo giocando in giardino, facevamo un-due-tre-stella!
Perché? >>
<<
Vieni a vedere... >> si limitò a rispondere
lei, chiamandolo
con un gesto sbrigativo della mano.
Calmoniglio
sciolse le braccia incrociate dietro alla schiena, permettendo al
bambino di scivolargli via di dosso e raggiungere la ragazza.
Si
avvicinò tremando un po' per il freddo e un po' per
l'opprimente
senso di angoscia che d'un tratto lo investì in pieno.
Bellatrix gli
indicò una ciocca che ricadeva sul volto della sorella, che
circa a
metà della sua lunghezza sembrava sbiadirsi per scurire man
mano che
l'occhio saliva verso la radice dei capelli.
La
voce di Jamie risuono alta e innaturale sulle pareti della sala.
<<
Sophie! Che cosa le sta succedendo? >>
La
bambina esibiva due profonde borse violacee sotto gli occhi e teneva
la bocca socchiusa: un sottile filo di bava le colò
dall'angolo
delle labbra sul mento, ma lei non fece il minimo movimento per
pulirsi né reagì al suono della voce del fratello
che continuava a
chiamarla.
Bellatrix
si soffermò con lo sguardo su ogni dettaglio che riusciva a
cogliere
sul corpo della bambina. Il pallore innaturale, quasi luminescente
della sua pelle, le suggeriva che Sophie non vedeva la luce del sole
da un bel po' di tempo. Le guance, l'ultima volta che l'aveva vista,
erano rosee e paffutelle: adesso le sembrava di guardare un teschio
su cui ancora si tende un sottile strato di pelle. Le maniche
aderenti del vestito lasciavano intravvedere due braccini scarni e
deboli, e da sotto la gonna sporgevano due ginocchia ossute e scarne.
<<
La sta facendo morire... >> mormorò Bellatrix,
con voce
tremante.
<<
Credo... credo che voglia ucciderla per farla diventare come lui...
e... e
al contempo se ne serve come fabbrica di incubi, per rendersi
più
forte! >>
Jamie
la guardò con occhi traboccanti di lacrime, e scosse
ripetutamente
il capo come se il solo atto di negare la realtà gli
permettesse di
cancellarla e riscriverla daccapo.
Bellatrix
si sentì crescere un nodo nel petto: quel bambino le
trasmetteva un
senso di pietà che quasi la faceva star male.
Si
alzò in piedi, voltandosi verso il bambino che minacciava di
scoppiare a piangere da un momento all'altro, e allargò le
braccia.
Jamie le si buttò addosso quasi a peso morto, aggrappandosi
forte ai
suoi fianchi mentre cercava di soffocare il pianto nel bassoventre di
lei.
Dopo
un attimo di smarrimento in cui cercò con lo sguardo l'aiuto
di
Calmoniglio, Bellatrix abbassò gli occhi sul bambino con
affetto e
gli pose le mani sulla testa, stringendolo a sé.
<<
Non preoccuparti, Jamie. Siamo qui, ora, e la salveremo. È
una
promessa! >>
Il
bambino alzò la testa di scatto, guardandola incredulo.
<<
Questo >> proruppe una voce ben nota, echeggiando con una
risata dal fondo oscuro della sala, << solo se prima
riuscirete a
salvare voi stessi! >>
Accadde
tutto in poco più di un battito di ciglia: un'onda di sabbia
nera si
abbatté sibilando su Calmoniglio, che riuscì a
evitarla in extremis
con un possente balzo. Bellatrix strinse ancora di più a
sé Jamie,
che aveva smesso di piangere ma non di tremare come una foglia. Un
istante dopo parve cambiare idea e lo spintonò via, mentre
una
seconda ondata di sabbia puntò su di loro e li divise.
Bellatrix fu
trascinata in aria, lontano da Jamie, e scaraventata a terra con
violenza inaudita. Lo schianto fu così potente che lei
sentì le
pietre spaccarsi sotto il suo corpo e un dolore lancinante al fianco
destro strizzarle l'aria fuori dai polmoni.
Attraverso
la cortina di sabbia che le vorticava intorno e addosso, voltando il
capo a destra, intravide Jamie. Il bambino era impietrito dalla
paura, e la guardava con impotenza a qualche metro di distanza, senza
osare muoversi. Lontano, da qualche parte dietro di sé,
udì un
grido strozzato, uno schianto e un tonfo: tese il collo e vide
Calmoniglio steso ai piedi del grande portale a pancia in su, il
fiato mozzo e gli occhi sgranati dalla sorpresa.
Bellatrix
si portò una mano al fianco dolorante, sentendo il dolore
irradiarsi
fulmineo dallo sterno a tutto il corpo: perfino il solo compito di
respirare era doloroso come una spada rovente infilata tra le
costole, ma nonostante ciò trovò la forza di
ribaltarsi e urlare al
ragazzino con quanto fiato aveva in gola.
<<
Jamie, corri! Vai a liberare gli Yeti, e poi...! >>
E
poi, cosa? Chiama i Guardiani? Nessun
mortale, a parte Sophie, era mai entrato nel nascondiglio di uno di
loro, e tanto meno era mai stato in grado di raggiungerlo a piedi o
con qualsiasi altro mezzo...
<<
Sante Pleiadi, Jamie! Corri! >>
Il
ragazzino le lanciò un'ultima occhiata terrorizzata e si
voltò,
scattando verso il grande portale.
<<
Non credo proprio! >> urlò Pitch furibondo,
spedendogli dietro
un dardo di sabbia. Questo luccicò letale, fendendo l'aria
con un
terribile sibilo. Era a pochi passi dal bambino, quando una
stella-shuriken schizzò fuori dal nulla e lo
deviò, finendo la
corsa conficcandosi nella parete umida con una pioggia di scintille.
Pitch
si voltò nella direzione dalla quale era piombata l'arma,
stringendo
i pugni con un ringhio furioso.
La
sabbia si era diradata, e Bellatrix era riuscita a rialzarsi: con una
mano si reggeva il fianco, mentre con l'altra si puntellava sul
ginocchio piegato, ansimando pesantemente come un vecchio cane.
<<
Perché tanta fretta, vecchio mio? Neanche
il tempo di scambiare due parole? >>
Lanciò
una fulminea occhiata di lato: Calmoniglio giaceva immobile
così
come l'aveva visto qualche secondo prima. Sembrava incapace di
alzarsi, inchiodato a terra da una forza opprimente e invisibile, il
petto che si alzava e abbassava a scatti irregolari.
Sentì
la risata agghiacciante di Pitch e si costrinse a tornare a guardarlo
con uno scatto stizzito della testa, le sopracciglia corrucciate in
un'espressione di sfida. Bastò un battito di ciglia, un
millesimo di
secondo di oscurità, e gli occhi di Pitch furono a pochi
centimetri
dai suoi, penetranti come quelli di un grosso gufo: giallo paglierino
dentro giallo ambrato.
<<
E sentiamo, che tipo di parole vorresti scambiare con me? Spero non
poco lusinghiere, o potrei ritenermi offeso! >>
sibilò l'uomo,
con un sogghigno a mo' di sfottò.
Bellatrix
avvertì un colpo inaspettato allo stomaco e lei fu
scaraventata
all'indietro,oltre l'altare, senza riuscire a fare altro se non
spalancare gli occhi soffocando un verso sorpreso.
La
ragazza scivolò a terra schiena al muro, senza emettere un
fiato.
Dopo qualche istante si rialzò in piedi, la mano schiaffata
sul
fianco dolorante.
<<
Tranquillo, le parole poco lusinghiere le conservo nel caso dovessi
scrivere un libro su di te! >> ringhiò,
squadrandolo con odio.
<<
No... è da un po' che voglio chiederti una cosa, e pretendo
che tu
mi risponda! >>
Pitch
si limitò a guardarla con astio, senza muovere un muscolo
quasi a
incoraggiarla a proseguire.
<<
Quella volta, nel castello. Guardai nella tua memoria e vidi
un'immagine nitida come uno specchio d'acqua. Sai di cosa sto
parlando, no? La donna coi tre bambini. Voglio sapere chi sono, e
cosa hanno a che fare con me >> .
Pitch
rimase in silenzio diversi istanti. Dapprima parve sorpreso, ma poi
le sue labbra si curvarono in un sogghigno e ne scivolò
fuori una
risatina sommessa, che crebbe gradualmente di intensità fino
a
diventare un latrato che rimbombò spettrale e accapponante
sulle
pareti della cripta.
<<
E perché non lo chiedi a loro? Hai forse paura di quello che
potrebbero risponderti? >> urlò infine,
puntando l'indice
accusatorio contro Calmoniglio.
<<
Non voglio saperlo da loro. Voglio saperlo da te. E farai meglio a
dirmelo in fretta! >>
<<
Dovrai tirarmi le parole fuori di bocca con le pinze, se ci tieni
tanto! >>
<<
Per me va bene, Black! >>
Bellatrix
spiccò un balzo e schizzò verso il soffitto, con
Pitch alle
calcagna deciso a batterla a ogni costo. Lei, che lo staccava di un
paio di metri, scagliò un paio di stelle nella sua
direzione, ma lui
le evitò prontamente e queste sparirono oltre le sue spalle.
Per
contro, Pitch alzò le mani e un vortice di sabbia nera si
sprigionò
dalle sue dita, circondandola. Bellatrix sentiva ogni singolo
granello scivolarle addosso prepotente, minacciando di accecarla di
nuovo, mentre le dita dell'uomo si stringevano sul manico di una
falce dalla lama lunga e minacciosa apparsa dal nulla.
<<
Non ci casco più, Black! >> urlò
lei, schizzando fuori dalla
tormenta schermandosi gli occhi con l'avambraccio. Balzò
all'indietro, accarezzando l'aria con gesto deciso. Un istante dopo
brandiva una grande stella con innumerevoli, sottili e aguzze punte,
con una gamba più lunga delle altre, come una gigantesca
mazza
chiodata e luminescente. Pitch si avvicinò fulmineo
brandendo la
propria falce con rabbia e le alzò l'arma sopra la testa,
pronta a
colpire.
All'improvviso
un sonoro clangore li distrasse entrambi. Scure e mazza rimasero
immobili, l'una sospesa a pochi centimetri dall'altra. Pitch
abbassò
invelenito lo sguardo e Bellatrix lanciò una rapida occhiata
oltre
il proprio braccio teso.
Calmoniglio
fissava l'Uomo Nero con le pupille dilatate, la bocca socchiusa e
Sophie stretta fra le braccia. Gli shuriken di Bellatrix non avevano
affatto mancato il bersaglio come Pitch aveva creduto, ma giacevano
conficcati nel marmo dell'altare, recidendo di netto le catene che
tenevano imprigionata la bambina.
La
distrazione di Pitch gli costò cara: approfittandone,
Bellatrix
caricò il colpo e affondò un dente della stella
nel braccio di lui,
ad altezza della spalla.
L'urlo
di dolore che riempì l'aria le fece accapponare la pelle, ma
lei
puntò il piede sul petto di Pitch e lo scaraventò
lontano senza
battere ciglio. Per qualche istante restò a fluttuare a
mezz'aria,
poi si tuffò dietro all'Uomo Nero. Mentre si precipitava su
di lui
evocò un'altra arma: stavolta la stella era a forma di
croce, e
l'estremità più lunga era decorata con sottili
ghirigori argentei.
Un istante dopo gli fu addosso afferrando la propria spada da
entrambi gli estremi, e con essa lo scaraventò a terra,
tenendo la
lama premuta contro il suo petto.
Atterrarono
dietro all'altare con uno schianto, sollevando un polverone denso e
scuro. Bellatrix tremava per lo sforzo di tenere Pitch inchiodato a
terra col proprio peso, il fianco attraversato da fitte lancinanti ad
ogni minimo movimento.
Lei
distolse lo sguardo dal volto che la guardava con un misto di rabbia
e odio e cercò quello di Calmoniglio, immobile a qualche
metro di
distanza.
<<
Calmoniglio, corri! >> urlò, intensificando la
pressione sul
torace dell'avversario.
<<
Non così in fretta! >> gridò Pitch
a sua volta, aprendo le
mani rivolte verso di lei. Due fiotti di sabbia partirono in quarta
verso il soffitto, trascinando Bellatrix lontano da lui. Pitch
rotolò
sul fianco e si rimise in piedi puntellandosi sull'altare con un
ringhio furioso. Calmoniglio era appena sparito oltre il portale,
portando con sé Sophie, e Pitch gli spedì dietro
un'ondata di
sabbia alta diversi metri.
Bellatrix
liberò un braccio dalla sabbia che la opprimeva e da un suo
gesto
nacque una sfera di gas incandescente, che pian piano crebbe fino a
raggiungere le dimensioni di un'automobile. La cripta fu invasa dalla
sua luce sfavillante, che distrasse Pitch dal suo obbiettivo e
alzò
gli occhi sulla sua fonte. Appena la individuò, la sfera
schizzò
rapida sopra la sua testa e si abbatté contro il portale.
Jamie
si mise a correre alla disperata su per la ripida scala di legno
fatiscente, con il terrore di essere inseguito da Pitch e il senso di
colpa che cresceva ad ogni gradino per aver lasciato il Coniglio di
Pasqua e la donna-gatto ad affrontarlo da soli. Finalmente raggiunse
la cima e si buttò a terra per riprendere fiato: i polmoni e
la gola
gli stavano letteralmente andando a fuoco, tanto che il solo
passaggio dell'aria era doloroso al punto da risultargli quasi
insopportabile. Si tastò il fianco, per essere sicuro di non
aver
perso la milza per strada, posò la fronte sul pavimento
ghiacciato,
la tempia che pulsava dolorosamente contro la pietra.
Per
diversi minuti restò ad occhi chiusi, ascoltando il proprio
cuore
che pompava all'impazzata contro il petto, la guancia rossa e calda
spalmata sulla roccia gelida.
Jamie
aprì gli occhi e con fatica si mise a carponi, tornando a
guardarsi
attorno con più attenzione. Il cappello da esploratore gli
era
scivolato sulle spalle e lui se lo ricacciò in testa con
mano
tremante, alzandosi in piedi. Iniziò a percorrere il
cunicolo,
sbirciando dentro le varie celle. Era così tetro che poteva
distinguere a malapena le sagome degli Yeti ammassati gli uni sugli
altri, ma sentiva che loro, invece, lo vedevano benissimo arrancare
alla cieca in quel buio pesto e lo seguivano con lo sguardo senza
perdersi una sola mossa. Sempre procedendo a tentoni, il ragazzino si
avvicinò alle sbarre e sfiorò la serratura con le
dita. Già da
tempo aveva avviato una promettente carriera da scassinatore, e se
avesse potuto vederla avrebbe anche potuto provare a forzarla.
Pensieroso, il ragazzino si palpò la tasca e
sentì sotto la stoffa
la presenza rassicurante del coltellino multiuso che si era portato
dietro. Frugò nella tasca e ne tirò fuori anche
la stellina che gli
aveva dato Bellatrix tempo addietro. Anche se fioca, la luce che
emanava era sufficiente a illuminargli la strada. Così
infilò la
lama del coltellino della serratura e armeggiò qualche
secondo che
parve dilatarsi nell'arco di un'ora, finché finalmente
sentì lo
scatto liberatorio del meccanismo. Una volta aperta la porta, si
aspettò che gli Yeti uscissero in massa, ma vedendoli
immobili lì
dove si trovavano si insospettì ed entrò
cautamente nella cella. Li
osservò attentamente da vicino, e si accorse subito di
quello che ai
Guardiani era sfuggito nella fretta di trovare Pitch: una sottile
ragnatela di sabbia che avvolgeva le loro teste come una stretta
aureola, luccicante come le scaglie di un serpente alla luce
azzurrina della stella. Impugnò il coltellino con mano ferma
e
recise la ragnatela dalla fronte dello Yeti più vicino,
aspettando
con impazienza di vederlo reagire in qualunque modo.
Dopo
qualche istante di assoluto silenzio, lo Yeti sbatté le
palpebre
come disturbato improvvisamente dalla luce, ed emise qualche sommesso
verso concitato.
<<
Ti prego, zitto! >> sussurrò il ragazzino,
portandosi l'indice
alla bocca, << Usciremo da qui, ma prima dobbiamo
liberare gli
altri! >>
Jamie
tornò a guardare gli altri Yeti, rimboccandosi le maniche.
Uno dopo
l'altro, li liberò tutti dal loro torpore. Quando si furono
ripresi,
alcuni di loro emisero versi incuriositi guardandosi attorno, come a
chiedersi come avessero fatto ad arrivare in un posto simile. Jamie,
che li aveva guardati pieno di sollievo, all'improvviso ricadde nel
terrore di essere catturato da Pitch. Gli Yeti non avevano colto il
suo disagio improvviso, e Jamie si affrettò ad attirare la
loro
attenzione schioccando le dita due rapide volte.
<<
Ok, ragazzi, dobbiamo fare in fretta! Prima liberiamo i vostri amici,
e poi ce ne andiamo da questo postaccio! >>
Non
era sicuro che gli Yeti lo avessero capito, ma poi li vide guardarsi
tra loro, annuire e uscire dalla cella spintonandosi con smania,
riversandosi nel corridoio stretto. Divisi in gruppi di tre o
quattro, iniziarono a irrompere nelle celle vicine o a divellere le
fitte grate dietro le quali erano confinate le fatine.
Il
corridoio era ormai gremito di Yeti e fatine dei denti quando un
suono di passi frettolosi si alzò dalla stretta rampa alle
spalle di
Jamie, che si voltò terrorizzato in quella direzione,
temendo di
essere stato scoperto dall'Uomo Nero. Ma la sagoma che gli apparve
alla luce flebile della stellina aveva larghe spalle possenti e
lunghe orecchie da roditore, e si rivolse a lui con voce tremante e
innaturalmente alterata.
<<
Pitch... Bellatrix... correre! Scappare! ORA! >>
Calmoniglio
non riuscì a mettere in atto il suo stesso suggerimento che
il
pavimento e le pareti iniziarono a tremare violentemente, percorsi da
scosse terribili. Dal soffitto cominciarono a piovere grandi
calcinacci e polvere, che si riversarono sul pavimento ingombrando il
passaggio sempre di più. Calmoniglio strinse più
forte a sé la
bambina e batté due rapide volte sul pavimento con la grande
zampa
pelosa. Diversi tunnel si aprirono tra le macerie e gli Yeti ci
saltarono dentro, terrorizzati come un gregge spinto nel recinto da
un bravo cane pastore, finché non rimasero solo lui, Sophie
e Jamie.
I due si misero a correre alla disperata nella speranza di
raggiungere il tunnel più vicino, ma proprio in
quell'istante il
soffitto cominciò inesorabilmente a crollare. Un'asse
marcita si
schiantò loro davanti, sbarrando la strada mentre una
pioggia sempre
più fitta di calcinacci e polvere li sommergeva, impedendo
di vedere
e respirare bene. Calmoniglio strinse a se Sophie col braccio destro,
mentre col sinistro si caricava Jamie sulla groppa, pronto a spiccare
il balzo. Ma, proprio quando sembrava che stesse per farcela, un
calcinaccio gli piombò in testa, facendolo cadere a terra
privo di
sensi. Jamie allungò una mano a scrollarlo per la spalla, ma
proprio
in quell'istante una voragine oscura si aprì nel pavimento,
inghiottendoli tutti e tre.
Bellatrix
sentiva la polvere invaderle prepotente i polmoni e bruciarle la
gola. Sopra di sé sentiva il peso enorme di una montagna di
macerie,
e il dolore al fianco era appena anestetizzato da un bruciore
insopportabile e fulminante che le attanagliava la gamba. Un liquido
caldo e appiccicoso, dall'odore di ferro le colava lento sul
polpaccio, finendo sulla pietra sottostante goccia dopo goccia ed
espandendosi in un macabro flusso. Lentamente alzò le mani
sopra la
testa e, sentendo la pietra gravarle addosso, cominciò ad
armeggiare
per aprirsi un varco tra le macerie. Dopo alcuni secondi le
sentì
rotolarle via di dosso e poté prendere una boccata d'aria,
tossendo
come se i suoi polmoni avessero voluto saltarle via dal petto. La
cripta era immersa nell'oscurità così
più totale e fitta che
nemmeno i suoi occhi felini potevano darle un'immagine precisa
dell'aspetto attuale dell'ambiente. Le sue pupille fissarono il vuoto
nero e si restrinsero fino a diventare due sottili spaghi verticali.
Si tastò la gamba dolente, e poco sotto il ginocchio
avvertì quella
che sembrava una lunga stanga di ferro conficcata nella carne. Al
solo sfiorarla, il polpaccio prima e tutto il suo corpo poi fu
attraversato da un dolore incommensurabile che le fece sfuggire un
gemito di bocca.
Con
una smorfia di disgusto e dolore afferrò la stanga con
entrambe le
mani, e dopo qualche attimo di esitazione, cercando di non pensare al
male che avrebbe provato, tirò.
Nonostante
si fosse ripromessa di non farlo, urlò di dolore quando la
strappò
via dal polpaccio. Il liquido scuro dall'odore così
penetrante e
ferroso schizzò copiosamente, spargendosi sulle macerie su
cui era
ancora adagiata come una macchia d'inchiostro scuro e denso.
Ansimando,
con le gambe tremanti, le vertigini e una nausea tremenda, Bellatrix
si alzò faticosamente in piedi, le braccia tese davanti a
sé a
sondare lo spazio circostante: l'oscurità era solo un po'
meno
opprimente di poco prima. Davanti a sé scorgeva un debole
bagliore,
come di un oggetto fosforescente coperto da un panno leggero. Lei si
avvicinò, sdrucciolando sulle macerie bagnate. Si
trovò carponi in
mezzo alla polvere, col naso a poche decine di centimetri dal
frammento luminoso e appuntito di quella che riconobbe come l' arma
usata pochi minuti prima per combattere contro Pitch.
Lo
raccolse, soffocando un colpo di tosse, e lo levò alto sopra
la
testa nel tentativo di rischiarare quel posto.
Visioni
di calcinacci affiorarono dal buio quel tanto che bastava per
identificarli come tali. A un tratto un fastidioso solletico le
risalì dallo stomaco su per l'esofago e i colpi di tosse
spezzarono
quel silenzio altrimenti indisturbato, forti e prepotenti al punto da
bruciarle la gola e farle lacrimare gli occhi. Lacrimando, si
guardò
attorno in quel buio pesto, passandosi il dorso della mano sulla
bocca.
<<
Fatti vedere, Pitch! >>
Certo,
la sensazione di formicolio alla nuca poteva benissimo non essere
dovuto allo sguardo di lui addosso. Con un po' di fortuna, Pitch
poteva essere stato sepolto dalle macerie...
Passarono
alcuni istanti in cui l'aria stessa parve solidificarsi, carica di
tensione e attesa.
Una
folata di vento, un fruscio e il suo fiato caldo sul collo,
pericolosamente vicino.
<<
Sono qui >> .
Capì
che si era allontanato nel momento stesso in cui lei si voltava a
fronteggiarlo, rifugiandosi al di fuori del suo campo visivo, forte
dell'oscurità che lo proteggeva da qualsiasi tentativo di
attacco da
parte di lei e che la circondava come un immenso oceano circonda una
minuscola isola. Mentre affondava lo sguardo in quel sipario nero e
opprimente cercando di cogliere il minimo movimento al suo interno,
non riuscì a trattenere un chiaro verso di frustrazione.
Quasi come
in risposta, la risata di lui le arrivò con la potenza di
uno
schiaffo e la minaccia riconoscibile in ogni suo riverbero contro le
pareti.
Adesso
ne era certa, sentiva i suoi occhi addosso come due invisibili
riflettori che la seguivano in ogni suo movimento con attenzione
famelica. Riusciva quasi a vederselo mentre le girava lentamente
attorno, oltre il suo limitato campo visivo. Allora chiamò a
sé
ogni briciola di concentrazione e abbandonò il braccio lungo
il
fianco, lasciando che il frammento le scivolasse via dalle dita
molli, e al contempo quelle dell'altra mano si strinsero più
forte
attorno alla stanga ancora sporca del suo stesso sangue.
<<
Vieni a prendermi, Uomo Nero! >> sussurrò,
più rivolta a sé
stessa che a lui per farsi coraggio.
Un
sibilo la raggiunse alle spalle e lei piegò indietro le
orecchie
pelose, nel tentativo di individuarne il punto d'origine e la
distanza che la separava da quell'attacco furtivo, aspettando il
momento giusto per contrattaccare.
Ancora
un po', vieni più vicino... aspetta che sia più
vicino...
E
quando seppe di averlo alle spalle, piroettò su
sé stessa brandendo
la stanga come una mazza, con entrambe le mani, e lo colpì
al volto
con forza sorprendente.
Pitch
urlò di dolore e rotolò sul pavimento, le mani
sul volto. Rimase
immobile qualche istante, poi abbassò i palmi insanguinati e
cercò
faticosamente di rimettersi in piedi.
Bellatrix
gli puntò la spranga contro il petto e lo spinse di nuovo a
terra
senza particolare sforzo. Lui annaspò, cercò un
appiglio con le
braccia tese all'indietro e si puntellò su una grande roccia
polverosa, nel tentativo di assumere una postura più
dignitosa. I
due rimasero in silenzio, guardandosi con reciproco odio. Alla debole
luce azzurra, i loro volti sembravano fluttuanti e spettrali maschere
mortuarie di cera.
<<
Direi che ti ho battuto senza mezzi termini. Cominci da solo o hai
bisogno della domanda iniziale? >> disse lei, osservando
con
interesse il liquido scuro che dal naso colava sul mento dell'uomo.
<<
Ho detto che mi avresti dovuto cavare le parole di bocca, non che ti
avrei spifferato tutto se mi avessi battuto in uno scontro!
>>
rispose gelido lui, sputacchiando sangue con collera.
Bellatrix
si abbassò davanti a lui, continuando a guardarlo con
espressione
impassibile. Ed impassibile rimase, anche quando strinse più
forte
la stanga di ferro e la conficcò con decisione rabbiosa
nella coscia
di lui.
Un
grido lacerante riempì l'aria, ma Bellatrix non permise alla
pietà
di farsi strada in lei. Anzi, la ricacciò più a
fondo nell'abisso
del suo animo, dominato invece da un senso di determinazione, rabbia,
e dalla gioia sadica e selvaggia del gatto che gioca col topo prima
di finirlo. Continuò a guardarlo con cattiveria anche dopo
che si fu
rialzata, le mani puntate sui fianchi in un atteggiamento che non
ammetteva contestazioni. Lo guardava con le sopracciglia
vertiginosamente corrucciate, le pupille strette e immobili, la bocca
contratta e le narici larghe, mentre il grido si affievoliva e
lasciava posto a respiri affannati e pesanti.
Pitch
si guardò fulmineo attorno, nella speranza di vedere una via
di
fuga: le iridi gialle schizzarono da una parte all'altra, e a lei
parve di scorgere una scintilla di paura attraversarle fugacemente.
Dalle mani della ragazza apparvero diversi globi stellari di gas
incandescente, che dopo qualche istante schizzarono a disporsi lungo
il perimetro della sala, illuminando al loro passaggio montagne e
montagne di macerie. Il baldacchino dell'altare era stato divelto e
ora giaceva a terra, sommerso quasi del tutto, lacero e consunto. Del
portale, unica via di uscita, non era rimasto altro se non qualche
lamina contorta: il resto era stato distrutto da una frana che ne
aveva interamente occupato la soglia.
<<
È inutile anche solo pensare di poter fuggire. Da qui non
puoi
scappare, e io non ho alcuna fretta... >>
<<
Se è per questo >> ansimò l'Uomo
Nero, stringendosi il
ginocchio con le dita pallide, mentre un rivolo di sudore gli
scivolò
lungo il naso mischiandosi con quello rosso del sangue <<
neanche tu puoi uscire da qui! Ti sei condannata da sola!
>>
Per
tutta risposta, Bellatrix si lasciò cadere davanti a lui con
un
verso di dolore, a gambe incrociate.
<<
Ma io non ho mai detto di voler uscire! Non senza le informazioni che
cerco, comunque >> .
Pitch
continuò a guardarla con astio per un minuto ancora circa,
senza che
una parola volasse tra loro. Ma quando finalmente sembrò sul
punto
di vuotare il sacco, lei lo anticipò bruscamente.
<<
Voglio la verità, Pitch. La donna, dimmi chi è!
>>
Lui
si pulì il volto con l'avambraccio e cominciò a
raccontare,
guardandola con espressione seria.
<<
Durante i Secoli Bui, il mio regno di terrore prosperava
incontrastato. Finché l'Uomo nella Luna ha messo i Guardiani
a
tenermi a bada. La donna che hai visto non era altri se non la prima
persona a cui il primo Guardiano si è palesato. L'ha
incaricata di
parlare di lui agli abitanti del suo villaggio, in modo che
cominciassero a credere in lui. Solo così lui avrebbe potuto
proteggerli. Per quanto concerne i bambini, loro erano i suoi figli
>> .
Le
pupille di lei erano dilatate, attente a ogni sfumatura della sua
espressione, quasi a voler ricercare quella della menzogna.
<<
Che fine hanno fatto? >>
<<
I figli? Li ho uccisi, naturalmente! Erano ancora abbastanza piccoli
da poterli soggiogare con facilità. >>
<<
Perché mai...? >>
Bellatrix
si bloccò, portandosi le mani alla bocca.
<<
Ti sei vendicato di lei su di loro! >>
Pitch
annuì, compiaciuto.
<<
Li ho presi uno alla volta, quei mocciosi! Li ho indotti io a
togliersi la vita, uno per uno! Una delle due gemelle si è
impiccata
in casa, mentre i fratelli dormivano. E l'altra si addentrò
nella
foresta e si perse. Finì in pasto alle belve feroci. Quanto
al
bambino... lui l'ho fatto annegare nel fiume che scorreva poco
lontano dal villaggio. I compaesani arrivarono ad accusare la madre
per ogni omicidio. Alla fine lei non ha più potuto
sopportare oltre:
si è piantata un pugnale nello stomaco >> .
Bellatrix
inghiottì un groppo di saliva: a darle i brividi non era
stato il
racconto in sé, quanto il tono divertito con cui lui ne
discorreva.
Represse un fremito e incasso la testa tra le ginocchia, ascoltando
il proprio respiro affannoso.
Si
immaginò le sponde del fiume, nitide come se ne avesse
appena
distolto lo sguardo. Le parve quasi di vedere la figura del bambino
rotolare lungo la sponda con i capelli scuri sporchi di fango e
sparire sotto la melma per sempre.
La
voce di Pitch la fece sobbalzare impercettibilmente: dal tono,
sembrava che si fosse ricordato all'ultimo di un dettaglio saliente.
Bellatrix alzò di scatto la testa, guardandolo con occhi
dilatati.
<<
Ah, ma non ti ho ancora detto la parte più bella! La donna
si uccise dopo
che le ebbi portato via anche l'ultimo figlio che le era rimasta!
>>
Continuò
a fissarlo, disorientata.
<<
Non può essere, >> disse infine, esitando,
<< I bambini
che ho visto erano tre! >>
Lo
ricordava bene, l'immagine era come impressa a fuoco nella sua
memoria. Tre bambini: due femmine e un maschio. Tre, non quattro.
Ma
Pitch continuò a guardarla con quel sogghigno inquietante.
<<
Ah, sì! Ma io non ho mai parlato di un bambino maschio!
>>
La
sua risata cattiva la trapassò da parte a parte come una
pioggia di
frecce avvelenate. Dentro di sé Bellatrix continuava a
ripetersi la
stessa filastrocca. Impossibile. Non è vero.
Bugiardo.
<<
Bugiardo... >> ripetè a mezza voce,
più per rassicurare sé
stessa che per accusare lui. Si mise in ginocchio, sedendosi sui
talloni chiudendo un pugno dentro l'altro senza riuscire ad alzare lo
sguardo sull'uomo che era stato causa di tanta sofferenza, e che
anche adesso la guardava vittorioso, senza riuscire a reprimere una
risata sommessa. All'improvviso lei gli fu addosso, stringendogli le
dita attorno alla gola. Sentì la testa di lui sbattere
violentemente
contro la pietra sottostante, e la sua risata trasformarsi in un
latrato rabbioso.
<<
BUGIARDO! Se quel che dici è vero, com'è che non
conservo memoria
di ogni cosa che sostieni? Spiegami perché non ricordo nulla
di
tutto ciò! >>
<<
Bugiardo?! >> ripetè Pitch in un urlo, a
metà tra la minaccia
e l'indignazione. La afferrò per i capelli, costringendola
ad
allacciare lo sguardo al suo, i loro nasi che si sfioravano.
<<
Allora guarda con i tuoi stessi occhi! >>
Le
loro fronti si toccarono. Pitch mantenne gli occhi fissi su quelli di
lei, che però sembrava incapace di tenere aperti i suoi.
E
allora li vide: decine di flash della sua vita mortale, una vita
diversa da quella che credeva di aver realmente vissuto. Sprazzi di
vita quotidiana, per lo più insignificanti per chiunque li
avesse
visti. Ma per lei! In quelle fulminee scene che scorrevano davanti ai
suoi occhi come fotogrammi di un film, riconosceva il volto di questo
o quel fratello. Alcuni mostravano la loro ( ...mia? )
madre
assieme a lei, altri li vedevano tutti insieme, le due donne intente
a giocare coi più piccoli. E poi tutta la famiglia, riunita
attorno
a una modesta tavola poveramente imbandita. Si rivide da piccola, una
bimbetta robusta con un'aureola dorata attorno alla testa, imparare a
stare in piedi sulle gambette tozze. E poi ancora i tre fratellini
che dormivano tutti in un unico letto, ai cui lati stavano sempre lei
e sua madre a vegliare su di loro come due buoni angeli. Si rivide
neonata, vide neonate le gemelle e il suo stesso fratellino. Li vide
fare il bagnetto e li vide poppare avidamente dal seno materno. E
poi le visioni divennero meno spensierate. Vide il bambino che
rotolava giù dalla sponda del fiume, scomparendo nell'acqua
melmosa.
Una gemella, bionda come lei ma dai capelli lunghi e ricci, il viso
molto più paffuto e tondo, dondolare in preda agli spasmi
coi piedi
sospesi a qualche decina di centimetri da terra. Poi vide l'altra
gemella, dai capelli color pel di carota e due pozzi azzurri per
occhi, circondata dai lupi nel fitto della foresta.
E
infine rivide sé stessa legata al palo dove di lì
a poco sarebbe
avvampato il rogo che l'avrebbe strappata alla vita.
Si
ritrovò scaraventata all'indietro, sulle macerie polverose:
le parve
di essere riemersa da una gara di apnea in una vasca piena di acqua
gelida, tremante e col fiato corto.
Pitch
li aveva tenuti d'occhio in silenzio per tutta la loro vita,
aspettando l'occasione buona per vendicarsi. Lo guardò
incredula e
lui le rivolse uno sguardo carico di amaro divertimento. Quell'unica
contrazione della sua bocca scatenò in lei una pericolosa
reazione a
catena: dapprima si sentì derisa, nuda e indifesa; un senso
di
vergogna e pietà per sé stessa la invase come
acqua imbarcata da
una falla su una nave alla deriva. E poi la rabbia prese il
sopravvento, soffocando tutte le altre emozioni ed irrompendo con la
potenza di un terremoto. Voltò il busto ignorando la
puntuale fitta
al fianco e afferrò il frammento di stella che ancora
mandava deboli
bagliori poco lontano, puntandolo poi alla gola dell'Uomo Nero, la
cui espressione divertita sfumò nella serietà.
<<
Se quel che dici è vero, allora dimmi perché non
ricordo nulla di
quanto hai detto! Cos'è, un trucco? L'ho capito, sai! Tu
vuoi solo
confondermi! >> sibilò perentoria, stringendo
la lama
saldamente nella mano. Piccoli rubini rossi nacquero tra le dita e il
palmo chiuso, si ingrandirono e gocciolarono lenti sulla gola di
Pitch, che però non mosse un solo muscolo e
lasciò che colassero
fin dentro il colletto della sua veste.
<<
Come potrebbe essere un trucco? Non avrei alcun interesse nel
confonderti, le immagini che hai visto corrispondono alla
realtà. Ma
non ho idea del perché tu non riesca a ricordarlo
>> rispose
lui, in tono calmo.
<<
Balle, tutte BALLE! Parla, o giuro che ti faccio il piercing alla
trachea! >> gli urlò in faccia, premendo
leggermente il
frammento di stella sulla sua pelle grigia chiazzata di rosso.
<<
Ti ho detto che non lo so >> ripetè lui. Il
suo tono
impassibile di poco prima si era improvvisamente incrinato.
<<
Ti sei sbagliata, prima... >> aggiunse, con rinnovato
piacere.
Lei lo guardo spiazzata, mordicchiandosi il labbro inferiore,
cercando di capire a cosa si stesse riferendo.
<<
Io non ho bisogno di una porta, per uscire di qui. Al contrario di
te! >>
Bellatrix
assimilò il significato di quelle parole come a scoppio
ritardato e gli rivolse uno sguardo
rabbioso.
<<
Non osare...! >>
<<
L'interrogazione è finita. Ci vediamo in giro, bellezza! Ma,
a
pensarci bene.. non ci conterei troppo! >>
Si
divincolò dalla sua stretta, le strappò il
frammento dalle dita e
gliela piantò con decisione fulminea nel dorso della mano.
Prima
che lei potesse fare altro che spalancare gli occhi e urlare in preda
al dolore, lui si era già dileguato in un vortice nero,
abbandonandola a sé stessa.
|
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Capitolo 9 *** Il bivio - In Noctem, parte 2 ***
Bellatrix
stava vagando da ore tra le macerie nella sempre più debole
speranza
di trovare un'altra via d'uscita. La mano ferita pulsava e bruciava
insopportabilmente, mentre il fianco mandava sempre più di
frequente
fitte dolorose che le facevano annebbiare a tratti la vista. Aveva
scartato fin da subito l'idea di usare le stelle rimastele a
illuminarle la via per farle esplodere contro la frana che ostruiva
il passaggio del portale, perché c'era il rischio che anche
quel po'
di soffitto ancora in piedi le crollasse addosso senza
possibilità
di salvarsi, e perciò aveva pensato di rimuovere le macerie
a mano.
Le stelle si erano consumate pian piano, lasciandola sprofondare di
nuovo nella quasi totale oscurità, adesso rischiarata solo
da una
piccola superstite gassosa. Dopo qualche minuto di sollevamenti
dovette arrendersi a cercare un'altra soluzione, e così
aveva
percorso il perimetro dell'ambiente sperando di trovare un varco nel
muro. Ma ovviamente ciò non era accaduto e lei si
ritrovò a
camminare avanti e indietro col solo scopo di tenersi vigile,
perché
sentiva che le forze la stavano progressivamente e inesorabilmente
abbandonando al suo destino. Non si sentiva così sola e
abbandonata
a sé stessa da quel giorno orribile in cui si
risvegliò sui resti
del proprio rogo, ma quella volta almeno era intervenuto qualcuno a
salvarla. Adesso non era sicura che questo sarebbe successo di nuovo,
eppure non poteva fare altro che aspettare. Esausta, si sedette su
una grande pietra e si strinse le ginocchia al petto. Dopo qualche
istante anche l'ultima luce si smorzò e lei si
guardò attorno nel
buio con aria smarrita, quasi ad accertarsi di essere davvero sola.
Dopo di che abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia e vi
seppellì
la fronte, singhiozzando senza alcun ritegno.
Non
sapeva quanto tempo era rimasta in quella posizione: sapeva solo che
il suo corpo, dalla testa ai piedi, le faceva malissimo, e lo sentiva
più come un sacco pieno di ossa rotte piuttosto che un corpo
vero e
proprio. Ciò nonostante, con la forza della disperazione, si
alzò
inghiottendo le lacrime e tornò strascicando i passi verso
il
portale, dove la montagna di macerie la attendeva silenziosa e
tranquilla. Pietra dopo pietra, cominciò a spostare le
macerie. Le
sentì scivolare ai propri piedi, ma sapeva che ci sarebbe
voluto
molto più tempo per sgombrare il passaggio quel po' che
bastava per
permetterle di uscire e ormai sentiva di non avere più le
forze per
poterlo fare. Dopo solo cinque minuti di sollevamento, infatti,
Bellatrix si accasciò stremata in mezzo a tutti quei detriti
polverosi, prosciugata di ogni energia residua. Rimase in mezzo a
quelle rovine per un tempo infinito, in posizione fetale ad alitarsi
sulle ginocchia quasi in attesa dell'ultimo respiro, mentre i suoi
polmoni si riempivano di aria viziata e polvere. A un tratto un
bagliore tenue e dorato sembrò entrare nella sala
infiltrandosi tra
le pietre della frana. La luce crebbe sempre più di
intensità fino
a rischiarare tutta la cripta col suo caldo splendore. Bellatrix si
ridestò dal proprio torpore costringendo la mente a
riallacciarsi al
corpo quando una calda folata gentile le spruzzò dolcemente
le
guance di fine sabbia dorata. E allora lo vide, ritto davanti a lei.
Avrebbe voluto lanciarsi tra le braccia del suo Omino Dorato, ma il
suo corpo era pesante e schiacciato a terra come da una potentissima
pressione, al punto che riuscì a malapena ad alzare
leggermente il
capo verso di lui. Alzò gli occhi e incontrò il
suo guardo dolce
che riservava unicamente a lei, e in un angolo remoto della sua mente
si sorprese a ridere: poche ore prima si era persa nel ricordo del
loro primo incontro, quando lui l'aveva salvata non solo da Pitch ma
anche dall'oblio in cui minacciava di cadere, e adesso eccolo
lì, di
nuovo, a ripetere la stessa scena di otto secoli prima in un luogo e
un tempo diversi. E proprio come allora, Bellatrix sentì la
paura e
il dolore fluirle via dal corpo, come veleno spurgato da una ferita
aperta. Sandy la prese delicatamente tra le braccia e lasciò
che lei
seppellisse il volto nell'incavo tra la sua spalla e il collo,
reclinando la guancia sulla sua testa bionda. Rimasero uniti in
quella posizione per diversi minuti: lei che tremava piangendo
sommessamente contro il suo petto mentre lui le dava leggere e
affettuose pacche sulla schiena, alzando ogni tanto la mano a
lisciarle i capelli con le dita tozze. Dopo un po', Bellatrix si
lasciò tirare in piedi accanto a lui: sembrava che in otto
secoli
nulla fosse cambiato da quella prima volta.
I
due attraversarono il portale distrutto come sabbia che scorre tra le
dita, e percorsero a ritroso la strada che lei aveva fatto con
Calmoniglio e Jamie. Non pensò neanche lontanamente a loro
due, le
loro sorti non la toccavano, in quel momento. Era con il suo Sandman,
e questo era tutto quello che importava, adesso. Ovunque, i passaggi
erano ostruiti da tonnellate e tonnellate di macerie e detriti, ma
loro ci scivolavano in mezzo con facilità, incorporei e mano
nella
mano. Bellatrix chiuse gli occhi, serena: era diventata un tutt'uno
con la sabbia che la circondava e la trasportava lontano da quel
luogo, ma anche se era la stessa situazione che aveva vissuto quando
Pitch l'aveva assorbita dentro di sé, questa volta non
provava la
minima angoscia. Questa volta era diverso, l'unione tra lei e Sandy,
un'unione fisica, quasi erotica, non aveva nulla a che fare con il
gorgo di paura e ansietà in cui si era trovata a galleggiare
quella
volta in cui Pitch aveva cercato ( ed era quasi riuscito) di
assorbirla all'interno del proprio essere. Questa volta staccarsi da
chi l'aveva assimilata e riprendere le proprie sembianze e la propria
corporeità fu spiacevole e quasi doloroso, e non una
liberazione
come lo era stato con Pitch.
Fu
ben contenta di tornare alla luce del sole, in superficie. I caldi
raggi dell'astro filtravano tenaci tra i rami e le foglie degli
alberi, disegnando chiazze luminose sul terreno fertile e umido,
mentre il sottobosco era percorso da una brezza fresca e leggera.
Bellatrix
guardò fugacemente Sandman negli occhi, sorridendogli. In
quello
sguardo c'era tutta la gratitudine che provava per lui, per essere
corso a salvarla dalla disperazione proprio come aveva fatto la prima
volta. Sandman annuì con un singolo scatto del mento,
prendendole la
mano e restituendole il suo sorriso dolce e paterno. Ecco un'altra
cosa che le piaceva di lui e che in tutti quei secoli non era mai
cambiata: tra loro non c'era stato quasi mai il bisogno di chiarirsi
a parole, e questo in qualche modo permetteva loro di porsi su un
altro livello rispetto agli altri.
<<
Dovresti vedere come sei conciata, sei ridicola! >> rise
una
voce alle sue spalle, interrompendo quel momentaneo stato di grazia.
Jack
sorrideva appollaiato su un ramo come un enorme gufo azzurro, il
bastone pigramente appoggiato alla spalla e un'espressione contenta
dipinta in volto.
Bellatrix
si lanciò una rapida occhiata. La sua veste era sporca di
polvere
grigia e sangue ancora umido, stracciata nel punto in cui si era
ferita con la spranga e lungo il polpaccio. La manica destra era
recisa dalla spalla e ricadeva a brandelli sgualciti sul braccio
magro scoprendolo fino al polso, mostrando la pelle diafana piena di
lividi. La mano continuava imperterrita a grondare sangue ma lei non
ci fece caso, sorridendo al Guardiano con aria complice.
<<
Comunque, sono sempre meglio di te! >> ribatté
lei,
guardandolo divertita. Il suo sorriso le si congelò sulle
labbra
quando si vide comparire Nord e il suo cipiglio severo davanti agli
occhi. Aveva le mani puntate sui fianchi, le maniche rimboccate fin
sopra il gomito che facevano bella mostra dei tatuaggi impressi sugli
avambracci pelosi dell'uomo.
Bellatrix
pensava di sapere il motivo per cui Nord sembrava così
ostile: non
solo era praticamente scappata dal rifugio al Polo Nord; aveva
aggredito un Guardiano, e questo significava tradimento senza mezzi
termini. Ma più di tutto, aveva elegantemente snobbato i
ripetuti
inviti di Nord a non cercare Pitch, mettendo in discussione la sua
carriera e la sua stessa autorità di leader dei Guardiani.
Colpevole, Bellatrix abbassò le orecchie in segno di
vergogna. Anche
se di nome era uno Spirito Patrono Superiore, di fatto anche lei
doveva attenersi a osservare la supremazia di Nord. Ma lui esplose in
una risata, inducendola ad alzare su di lui un'occhiata incuriosita e
perplessa. Subito si sentì sollevare di peso, stretta in una
morsa
mozzafiato. A quanto pareva Nord era ben deciso a soffocarla in un
abbraccio stritolatore, continuando a ridere col suo vocione
profondo. Finché lei emise un flebile verso di dolore.
Allora lui la
lasciò andare senza esitazione, la preoccupazione dipinta in
volto.
Bellatrix scivolò a terra in ginocchio, reggendosi il fianco
con la
mano ferita e un'espressione dolorante a deformarle il volto.
Atterrito, Jack si lanciò giù dal suo ramo, la
raggiunse e le
strinse la spalla, chiamandola a gran voce. Nord, con calma quasi
olimpica, si accovacciò davanti a lei e le scostò
la mano con
delicatezza, tastandole le costole. A Bellatrix parve il tocco di una
lama incandescente, mentre un sapore amaro le invase la bocca con
prepotenza. Lei strinse i denti e serrò gli occhi, emettendo
un
verso strozzato mentre cercava di dominare l'impulso di vomitare che
si faceva sempre più forte. E poi, tutto a un tratto, cadde
a peso
morto in avanti, sul petto di Nord che ebbe appena la prontezza di
sorreggerla per le spalle. Lui, Jack e Sandy si scambiarono uno
sguardo inorridito. Jack si portò alle spalle di Bellatrix e
la
afferrò per il busto, tirandola a sé. La testa
della ragazza era
reclinata sul petto, i capelli biondi spettinati che le ricadevano
sugli occhi chiusi come tende davanti a una finestra con gli
avvolgibili abbassati.
Il
ragazzo si inginocchiò alle sue spalle e se la
adagiò contro il
petto. Perfino attraverso la stoffa della felpa riusciva a sentire la
sua presenza tiepida. La testa della ragazza ricadde inerte
all'indietro, contro la spalla destra del ragazzo atterrito dalla
paura. Nord scattò in piedi con agilità,
mantenendo lo sguardo
fisso su di lei che giaceva immobile tra le braccia di Jack. Poi si
girò, intimò a Sandman di restare con loro e
spiccò la corsa verso
il fitto della foresta.
<<
Dove stai andando?! >> gli urlò dietro Jack,
con una malcelata
nota di panico nella voce.
<<
A prendere slitta! >> lo raggiunse la voce di Nord, ormai
sparito dalla sua visuale, << Dobbiamo portarla in posto
sicuro
prima che sia troppo tardi! >>
Jack
e Sandy abbassarono nuovamente lo sguardo sul volto devastato della
ragazza, con la preoccupazione sempre più difficile da
tenere a
bada. Jack percorse il corpo di Bellatrix con lo sguardo, pensando a
quelle parole funeste. “Prima che sia troppo
tardi”, non gli era
piaciuto per niente e sapeva per esperienza personale che il tono con
cui l'aveva detto non prometteva nulla di buono. Il petto di lei si
alzava e abbassava lentamente, quasi con fatica. La mano sanguinante
era abbandonata in grembo, col palmo rivolto verso l'alto. Sandy
allungò la propria e gliela strinse, incurante del liquido
rosso che
gli imbrattò immediatamente il piccolo palmo grassoccio.
Dopo
quelle che gli parvero ore, finalmente Nord intravide la propria
slitta tra gli alberi e spiccò la corsa. Saltò
nell'abitacolo con
l'agilità di una lepre e impugnò le redini con
presa salda. Con un
colpo ben assestato ordinò alle renne di avanzare, e queste
si
alzarono in aria galoppando verso il cielo. Pochi istanti dopo stava
sorvolando la zona in cui si trovavano i suoi tre compagni e
manovrò
la slitta in modo da abbassarne la traiettoria di volo.
Jack
sentì la sua voce echeggiare dall'alto e cercò lo
sguardo di Sandy,
perplesso quanto lui. Poi i due alzarono lo sguardo, e nella chiazza
di cielo visibile tra gli alberi sopra di loro sfrecciò la
slitta,
veloce come un fulmine. Jack e Sandman si scambiarono uno sguardo
d'intesa, e il ragazzo si alzò in volo stringendo Bellatrix
a sé.
Sandman
atterrò pesantemente sul pavimento dell'abitacolo e
posò il bastone
di Jack contro i sedili della fila più bassa. Jack lo
raggiunse
pochi secondi dopo, e l'omino si arrampicò su per i piccoli
spalti
per aiutarlo ad adagiarci Bellatrix. Nord gettò loro
un'occhiata
fulminea come ad assicurarsi che fossero tutti a bordo e
spronò le
renne con un forte colpo di redini. Allungò la mano alla
cieca ai
suoi piedi e afferrò il pesante giaccone di pelliccia che vi
giaceva
abbandonato, buttandolo dietro di sé senza staccare gli
occhi dalla
strada. Jack si protese e lo afferrò al volo, affrettandosi
a
coprire la ragazza meglio che poteva. Il vento ululava minaccioso
attorno alla slitta, colpendola con raffiche gelide, e l'Omino dei
Sogni si piegò sulla ragazza per ripararla dal freddo in un
gesto
istintivo. Man mano che le ore scorrevano, una ruga di preoccupazione
si aggiungeva alle altre che già increspavano il volto
inquieto di
Sandman, e ne erano passate quattro dal loro arrivo al Polo Nord che
lei ancora non dava segni di volersi svegliare. Era stesa su un
mucchio di cuscini sul pavimento dello studio di Nord, dove i tre
Guardiani avevano allestito in tutta fretta un provvidenziale
ricovero. Dal loro arrivo, Sandman si era fatto strano e quasi
aggressivo di punto in bianco. Quando era stato il momento di curarla
e fasciarle le ferite non aveva permesso a Nord o a Jack anche solo
di avvicinarsi e aveva preferito pensarci da solo, quasi fosse una
responsabilità esclusivamente sua. Dopo di che, le aveva
rimboccato
le coperte e si era inginocchiato accanto a lei, ad aspettarla col
capo abbassato e le mani strette intorno alla sua. Finché
non la
aveva sentita gemere nel sonno e aveva alzato speranzoso la testa,
per poi tornare a fissarsi le ginocchia deluso. Le sue palpebre non
tremarono e Bellatrix continuò a dormire, ammesso che quello
in cui
era scivolata potesse definirsi sonno. Sandman percorse il suo volto
con lo sguardo, le labbra socchiuse e le sopracciglia atteggiate in
una vaga espressione sofferente. Avrebbe fatto qualunque, qualunque
cosa pur di spianare quelle due folte ali di gabbiano! Glielo si
leggeva chiaramente in volto, Jack riusciva quasi a sentire la sua
voce muta esprimere questo giuramento, mentre lo spiava da dietro lo
stipite della porta senza farsene accorgere. Lo sentiva: se avesse
potuto, avrebbe preso di peso tutto il dolore che stava provando lei
e se lo sarebbe accollato di buon grado. E invece si limitò
a
soffiarle una manciata di sabbia sulla testa, lisciandole con la mano
una ciocca di capelli che ricadeva sul cuscino.
E
mentre Sandy fissava assorto una minuscola Bellatrix di sabbia
levarsi sopra la sua fronte, Jack si ritrasse dallo spiraglio,
accostando la porta senza fare rumore. Il Guardiano leader era
accanto a lui, stranamente silenzioso: se ne stava appoggiato con la
spalla al muro accanto alla porta, il volto chino e il mento stretto
tra pollice e indice, come immerso in una profonda riflessione troppo
complicata da esprimere a parole e condividerla con Jack. Il ragazzo
lo guardò qualche istante, ansioso di esporgli il dubbio che
lo
assillava come un tarlo da qualche ora.
<<
Nord, posso farti una domanda? >>
Nord
parve essere richiamato alla realtà: sbatté le
palpebre come se non
avesse avuto idea di come fosse arrivato lì e fece vagare lo
sguardo
per il corridoio per una frazione di secondo prima di puntarlo su
Jack, che a un suo cenno si sentì incoraggiato ad andare
avanti.
Lui
ripensò alla scena avvenuta qualche ora prima ed
esitò
impercettibilmente.
<<
È normale che uno Spirito... sanguini? O che abbia bisogno
di
medicazioni e altra roba del genere? Voglio dire... è uno
Spirito,
vuol dire che è già morta! Non può
morire di nuovo, giusto? >>
Nord
non rispose, ma si staccò dal muro, aprì la porta
di un minuscolo
spiraglio e si soffermò a guardare Sandy vegliare su
Bellatrix.
<<
Nord? >>
L'uomo
richiuse la porta e si voltò a guardarlo con occhi fermi e
seri.
<<
È difficile da spiegare >> disse infine,
posando le sue mani
sulle spalle di Jack, << ma diciamo che sì,
uno Spirito può
effettivamente morire. Se è convinto di poterlo fare
>> .
Jack
strabuzzò gli occhi, perplesso.
<<
Io non... >>
<<
Vedi Jack, anche se è passato molto tempo, io non credo che
Bellatrix abbia mai accettato sua morte. Inconsciamente crede di
poter ancora dormire o mangiare, e anche soffrire come un essere
mortale. Non fa altro che fomentare una grande illusione. Uno Spirito
può fare tutte queste cose, ma non ne risente per davvero.
Io posso
mangiare tutti biscotti che voglio, ma mio organismo non se ne fa
niente, perché noi prendiamo energia dalla fede che bambini
ripongono in noi. Ma per lei non è così.
È per questo che può
essere ferita in modo fisico. E di conseguenza può morire, a
tutti
gli effetti >> .
Bellatrix
aprì gli occhi e si trovò in un immenso prato
costellato di fiori.
Si voltò lentamente, guardandosi intorno con crescente
stupore. Vide
una figura stagliarsi all'orizzonte, proiettando la sua ombra lunga
sull'erba spettinata dal vento. La ragazza sentì un tuffo al
cuore
nel riconoscere la sagoma dell'estraneo: si portò i pugni
agli occhi
e li strofinò energicamente. La donna che aveva davanti la
guardò
tendendo le braccia verso di lei e Bellatrix si fermò a
osservare
ogni singolo dettaglio che riusciva a cogliere da quella distanza. Il
viso della donna era praticamente identico al suo, con la differenza
che gli occhi erano meno taglienti e di un azzurro profondo come il
cielo d'estate. I capelli, lunghi e castani, erano sistemati in
un'acconciatura semplice e ricadevano a boccoli morbidi lungo i
fianchi. Le mani erano piccole e bianche, il seno tondo e leggermente
cadente sotto il tessuto morbido che si tendeva sul suo petto. Senza
quasi rendersene conto, Bellatrix si era alzata barcollando e, dopo
un abbrivio incerto, aveva spiccato la corsa. Voleva toccarla,
sincerarsi della corporeità di quella semplice e banalissima
donna.
Le sue gambe scattavano avanti e indietro velocissime sollevando
zolle di terra e ciuffi d'erba coi piedi nudi. Quando finalmente la
raggiunse, si tuffò tra le braccia di sua madre e nascose il
volto
nel suo petto, aggrappandosi a lei con tutte le sue forze.
Sentì le
sue braccia cingerle dolcemente le spalle e le sue dita sfiorarle i
capelli. Strette così l'una all'altra, le due donne
scivolarono a
terra e rimasero abbracciate tra l'erba che frusciava morbida
pettinata da una brezza gentile. Bellatrix alzò lo sguardo
solo
quando sentì il suono leggero di piccoli passi smuovere il
terreno
umido poco lontano. Le due gemelle che accompagnavano la donna nella
visione che l'aveva tormentata a lungo si tenevano mano nella mano e
la guardavano con un sorriso identico stampato in viso. Lei le
fissò
intensamente, beandosi delle loro espressioni serene. La gemella
bionda aveva una coroncina di fiori posta sui capelli biondi e
ricciuti, e indossava un abito lungo al ginocchio di un verde
più
intenso del prato in cui si trovavano. L'altra aveva il naso coperto
di lentiggini, due grandi occhi grigi tipo cielo plumbeo e i capelli
tirati all'indietro raccolti in un'alta coda di cavallo ramata. Il
suo abito era più elaborato di quello della sorella ma
sempre
complessivamente modesto, con due larghe maniche aranciate e la gonna
azzurra decorata con ghirigori scuri. Da dietro la sua schiena,
infine, fece capolino il fratello più piccolo di Bellatrix,
il primo
tra tutti strappato alla sua famiglia. Sembrava una copia in piccolo
al maschile della madre, con gli stessi occhi, lo stesso naso e la
forma del viso appena più arrotondata. Sciolse le mani da
dietro la
schiena e porse a Bellatrix una ghirlanda di foglie con una minuscola
nota di timidezza, sistemandogliela goffamente sulla testa come una
corona. Lei staccò il braccio dalla madre e lo tese al
bambino, che
assieme alle gemelle si unì alle due donne in quel grande e
caloroso
abbraccio di gruppo. Bellatrix si strinse più forte alla sua
famiglia: ora che l'aveva ritrovata non avrebbe permesso a niente e
nessuno di portargliela di nuovo via. A un tratto il prato fu
percorso da una folata di brezza più gelida e forte, e lei
seppe pur
non guardandosi intorno che in quell'istante era apparso qualcun
altro, a poca distanza da loro. Per un istante credette trattarsi di
Pitch e lei fu percorsa da un brivido di rabbia che era rimasto
sepolto dentro di lei troppo a lungo: non gli avrebbe permesso di
muovere un solo passo verso chi aveva perduto per colpa sua. Si
alzò,
staccandosi dall'abbraccio morbido dei suoi fratelli, e lentamente si
voltò a fronteggiarlo. Ma dove si era aspettata di vedere
Pitch, si
ergevano silenziose tra l'erba almeno sette figure. Nord, Jack, i due
bambini Bennett, Dentolina, Calmoniglio e infine Sandy. Proprio lui,
che l'aveva salvata dall'oblio quel giorno terribile di otto secoli
prima. Sandy, che per lei era stato il padre che non aveva mai avuto
e che l'aveva presa con sé e portata al sicuro, lontano da
Pitch.
Sandy, al quale lei stava dicendo “grazie” per
tutto questo
voltandogli le spalle per inseguire fantasmi persi nel vento, di cui
non rimaneva alcuna traccia terrena. Non poteva permettersi di
andarsene via così. Mosse qualche passo incerto verso le
figure,
esitando.
Cantate
vitae canticum
Sine dolore actae
Dicite eis quos amabam
Me
nunquam obliturum
Sapeva
che se avesse deciso di seguire la sua famiglia non avrebbe
più
potuto tornare indietro, ma adesso non era più sicura di
volerlo
fare. Tornò a guardarsi indietro, con desiderio sempre
crescente. La
sua vecchia famiglia. Sua madre la guardava con espressione serena ma
al contempo velata di tristezza: aveva capito che Bellatrix non era
disposta a perdere un'altra volta chi amava. Così si
avvicinò, la
gonna azzurra sollevata dal vento a mostrare i polpacci snelli. Si
portò le mani al collo e slacciò il ciondolo che
vi era appeso. Poi
prese la mano della figlia, che si lasciò guidare
docilmente, e ve
lo depose dentro, richiudendola poi tra le proprie. Bellatrix
abbassò
lo sguardo, sbirciando tra le dita dischiuse: sul suo palmo era
deposta una sfavillante pietra bianca, incastonata in un delicato
calice d'argento. Alzò lo sguardo, e sua madre e i suoi
fratelli non
c'erano più.
Sing
a song, a song of life
Lived without regret
Tell the ones, the
ones I loved
I never will forget.
Never
will forget.
Bellatrix
tornò a guardare i Guardiani, sentendosi vicina a un crollo
emotivo.
Si stavano allontanando velocemente senza effettivamente muovere un
muscolo, come risucchiati da una strana luce cristallina.
Bellatrix
non capì più niente: si strappò la
ghirlanda dalla testa, ma si
rifiutò di gettarla via. Poi si mise a correre dietro ai
Guardiani,
sollevando la gonna bianca sopra il ginocchio per non averla
d'impiccio. Loro la guardavano impassibili, mentre la luce bianca
esplodeva alle loro spalle e sembrava volerli inghiottire. Bellatrix
tese la mano che stringeva la ghirlanda, urlando tutta la sua
frustrazione. Era vicinissima, ancora pochi centimetri e li avrebbe
raggiunti. Aprì la mano e la ghirlanda le scivolò
lungo il braccio,
ma le sue dita si chiusero attorno al nulla più luminoso.
Jack
e Nord stavano ancora parlando sottovoce fuori dalla porta, ignari di
tutto.
<<
Ma... ma come può non saperlo? È stata lei stessa
a raccontarmi la
sua storia, lo sa eccome! >> stava dicendo il ragazzo,
incapace
di mantenere un tono contenuto.
<<
Non hai capito, Jack! Lei sa, ma dentro di sé, una minuscola
parte
della sua coscienza si rifiuta di accettarlo! >> rispose
Nord,
col tono di una maestra che spiega che uno e uno fa due.
<<
Ma non è... non è possibile! Bisogna che lei
sappia, dobbiamo
fargliene rendere conto! >>
<<
Non è così semplice, Jack. Questa non
è cosa a cui si comanda,
purtroppo >> .
Il
ragazzo era sul punto di ribattere, quando da dietro la porta si
levò
un urlo disumano. I due Guardiani si scambiarono uno sguardo
allarmato e si lanciarono oltre la soglia, sbattendo la porta contro
il muro. Bellatrix sembrava posseduta: urlava a pieni polmoni,
piangeva, si dibatteva e scalciava sotto alle coperte. Aveva un
braccio teso verso l'alto, come a cercare di afferrare qualcosa di
invisibile. Jack spostò lo sguardo dal suo volto a Sandy,
che stava
cercando in ogni modo di tranquillizzarla. Era curvo sul suo petto,
le braccia puntate sulle spalle di lei nel tentativo di respingerla
sui cuscini. Ma lei sembrava del tutto fuori di sé,
delirante come
in preda a una febbre allucinogena, e cercava strenuamente di
allontanarlo da sé senza rendersi effettivamente conto di
quel che
faceva. Con una gomitata, la ragazza riuscì a liberarsi dal
peso di
Sandy, e l'omino fu scaraventato all'indietro, rotolò sul
pavimento
e lì rimase immobile.
Jack
si precipitò verso di lui, mentre Nord andava di gran
carriera verso
la ragazza che ancora urlava col braccio proteso sopra di
sé, le
dita che si stringevano convulsamente attorno al nulla. La
afferrò
con fermezza e la scrollò energicamente per le spalle,
chiamandola a
gran voce. Jack tese la mano a Sandy per aiutarlo a rialzarsi, ma non
si perse un solo movimento di Nord o di Bellatrix.
Bellatrix
non capì subito che la fonte di quelle urla strazianti era
proprio
lei. Un'ombra le si stagliò davanti agli occhi e lei mise a
fuoco i
grandi occhi glaciali di Nord, che la scrutavano attenti. Nel
riconoscerlo, smise subito di urlare, come una sirena spenta
all'improvviso, e continuò a fissare l'uomo col fiato mozzo,
la
bocca ancora aperta come a continuare quel grido in sordina.
Senza
una parola, si guardò attorno, realizzando di trovarsi nella
fabbrica. Poi il suo sguardo incrociò quello di Jack, e
infine si
spostò su Sandy, che a sua volta la guardava sconvolto e
incredulo
da terra. Nord la lasciò andare, guardandola con
apprensione.
Bellatrix era solo vagamente conscia del fatto di non avere altro
addosso che non fossero bende e fasciature, e non le importava
affatto. In quel momento aveva occhi solo per lui, e solo lui c'era
per lei adesso in quella stanza. Si lanciò verso Sandy,
calciando
via le coperte, ma le parve di muoversi al rallentatore, almeno
finché non sentì il suo calore contro il petto.
Lei gli si gettò
braccia al collo, affondando il naso e le dita tra le pieghe della
sua veste, respirando profondamente per assimilare il suo odore fin
dentro ogni singola cellula del suo corpo. Sandy la cinse a sua volta
con le braccia corte, reclinando la testa sulla sua spalla scossa dai
tremiti. In quel momento, Jack e Nord erano inesistenti: in quel
momento, c'erano solo loro due, ma stretti così forte l'uno
all'altra da risultare un essere solo. Senza che i due se ne fossero
accorti, Jack aveva raccolto una delle coperte dal mucchio informe
che Bellatrix aveva gettato via e adesso guardava imbarazzato la
schiena nuda di lei, senza osare posargliela addosso. La cicatrice
sulla sua pelle faceva malignamente capolino da sotto le bende, e lui
stava cercando in ogni modo di non guardarla.
Sandy
si staccò da lei dopo quella che parve
un'eternità. Si allontanò
con dolce lentezza, alzando una mano a sfiorarle la guancia con lo
sguardo carico di affetto. Poteva specchiarsi nei suoi occhi ambrati
colmi di profonda devozione, mentre sentiva la sua mano chiudersi
attorno alla propria.
In
quel momento si sentì un rumore di passi affrettati nel
corridoio e
Dentolina irruppe nella stanza.
La
fata fu sul punto di cadere in avanti, ma si aggrappò
prontamente
allo stipite della porta e alzò uno sguardo allarmato su
Nord, senza
rendersi conto di aver turbato l'intimità di quella felice
riunione.
<<
Nord, l'ho cercato dappertutto, ma non sono riuscita a trovarlo!
Calmoniglio non si trova da nessuna parte! >>
Lì
per lì Bellatrix non diede peso e non registrò
quelle parole o il
loro significato. Poi un meccanismo scattò in lei, e fece i
dovuti
collegamenti.
Calmoniglio.
Jamie e Sophie. Pitch.
Si
separò da Sandy e si voltò a guardare la nuova
arrivata.
<<
Dobbiamo trovarlo! >> disse con voce roca, tirandosi
faticosamente in piedi. Tutti la guardarono, imbarazzati e
incuriositi. Bellatrix strappò la coperta dalle mani di Jack
e se la
buttò addosso come un mantello, stringendosela sul petto.
<<
Nord, io e Calmoniglio eravamo insieme! Mi ha seguito fino al
nascondiglio di Pitch, voleva riportarmi indietro ad ogni costo. Ma
io sono andata dietro a lui, Pitch, e Calmoniglio non ha potuto fare
altro che seguirmi. E inoltre, c'era anche Jamie, con noi
>> .
<<
Jamie? >> ripetè Jack, perplesso.
Con
velocità fulminea, Nord estrasse un bastone di zucchero
dalla tasca
e lo puntò con fare inquisitorio contro la ragazza.
<<
A tal proposito, è ora di chiarire due cosucce. Cosa sei
andata a
fare, laggiù? Ti avevamo detto di non andare a cercarlo!
Inoltre hai
portato con te un bambino, facendogli rischiare sua vita! Non
è così
che facciamo noi, lo sai meglio di me! >>
<<
Ma io non l'avrei mai e poi mai portato in un posto simile, se non
fosse stato inevitabile! Devi credermi! Pitch ha preso la sua
sorellina, sai che significa questo? Io l'ho vista, ho visto come
l'ha ridotta! Vuole renderla come lui, praticamente le sta succhiando
via dal corpo fino all'ultima goccia di vitalità! Perfino
Calmoniglio mi ha dato man forte, quando l'ha saputo! >>
Aveva
abbandonato il tono deciso e la sua voce si era alzata fino ad
urlare. Nord continuò a guardarla con occhi calcolatori
anche dopo
che si era zittita, e si era infilato il bastone di zucchero tra i
denti, mordicchiandolo distrattamente.
<<
Ah, e ti ho anche ritrovato i tuoi cavolo di Yeti, non c'è
di che!
>> aggiunse lei, con una nota di risentimento.
Sentì
la mano di Jack posarsi sulla sua spalla e seppe che lui era dalla
sua parte, anche senza guardarlo.
<<
Nord, non possiamo aspettare un altro minuto, dobbiamo trovarli in
fretta! >>
<<
Ma Jack, non sappiamo nemmeno da dove cominciare! >>
protestò
Dentolina, fluttuando a qualche centimetro dal pavimento.
<<
Non ci vuole molto: o sono riusciti a rifugiarsi nella tana di
Calmoniglio, oppure sono ancora là sotto. Lo sapete che
è crollato
tutto, sì? >> rispose Bellatrix in tono
sbrigativo, alzando un
sopracciglio all'indirizzo di Nord. Quest'ultimo rimase in silenzio
diversi secondi a valutare la situazione, e alla fine annuì
lentamente.
<<
Va bene. Partiremo non appena mi sarò procurato qualche
globo di
neve. Sarà più veloce arrivare, con quelli
>> .
Si
diresse alla porta con larghe falcate, gli occhi di tutti puntati
sulla schiena.
<<
E quanto ci vorrà? >> lo stoppò la
voce di Bellatrix sulla
soglia. Nord si voltò a guardarla per un istante, alzando il
sopracciglio a sua volta.
<<
Che ti importa? Tanto tu rimani qui! >>
<<
Stai... stai scherzando, vorrei sperare! >>
<<
No non sto scherzando. Senza offesa, ma hai davvero brutta cera, e
perciò resti qui a riposare. In caso di combattimento ci
saresti
solo d'impiccio >> .
<<
Non ci penso neanche! >> ribatté lei con
decisione, scattando
in avanti per afferrargli il braccio.
<<
Devo ricordarti che per colpa tua Calmoniglio e ragazzino si trovano
in un brutto guaio? >> rispose l'uomo, gelido. Bellatrix
si
sentì trafitta da quegli occhi di ghiaccio da parte a parte
e
deglutì. Si voltò a cercare l'appoggio di Jack e
Sandy con lo
sguardo, stringendosi convulsamente la coperta sulle spalle.
<<
So che dicendo questo sarò radiato per sempre dalle tue
simpatie, ma
per una volta mi trovi d'accordo con Nord... >> disse
Jack. Ma
vedendo lo sguardo assassino di lei, si affrettò a
correggere
l'errore.
<<
Per quanto riguarda la parte della brutta cera, voglio dire
>>
.
<<
Sandy! >> lo chiamò la ragazza, sperando nel
suo sostegno. Ma
anche lui sembrava poco incline a lasciarla venire con loro,
perché
le lanciò un fugace sguardo evasivo e prese a tormentarsi le
mani. A
quella reazione Bellatrix parve come sgonfiarsi, e per la prima volta
da quando l'aveva conosciuta, a Jack parve di vedere la rassegnazione
nei suoi occhi.
A.A.
La
tentazione di non pubblicare oggi è stata moooolto forte.
Abbiamo
passato la metà della storia, da qui in poi i capitoli da
postare
saranno meno di quelli già postati. Oh beh, c'è
ancora tempo, è un
po' presto per cominciare a deprimermi...
Allora,
questo capitolo è il motivo essenziale per cui In Noctem, il
testo,
è stata divisa in due: Ho pensato che la seconda parte
calzasse a
questo capitolo come il guanto sulla mano, specialmente per il
rapporto tra Bellatrix e la sua famiglia. Ma perchè sto qui
a
spiegare le ovvietà? Boh. Nel prossimo capitolo andremo
ancora più
a fondo nel passato di Bellatrix, che demolirà completamente
le
poche certezze rimastele.
Dunque,
ho una cioccolata calda che aspetta solo me, alla settimana prossima!
Tec
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Capitolo 10 *** Esiliata ***
Senza
gli Yeti a dargli un valido supporto, il lavoro per Nord era
così
estenuante che Jack si era chiesto più volte come potesse
resistere
da solo a quel ritmo. Lui e Dentolina gli davano una mano quando e
come potevano, anche perché il solo aiuto degli elfi
notoriamente
portava solo ulteriori disastri. A Bellatrix invece, che pure avrebbe
sgobbato come una dannata pur di riguadagnarsi la fiducia e il
rispetto di Nord, era stato esplicitamente detto di tenersi alla
larga dal laboratorio. Il che in sostanza voleva dire di starsene
confinata nella stanza in cui si trovava in quel momento. Sandy
cercava di renderle quella sorta di prigione aperta più
sopportabile, andando a trovarla spesso per sincerarsi delle sue
condizioni e a tenerle compagnia qualche minuto, tra la costruzione
di un giocattolo e l'altro. Dal canto suo, Bellatrix accoglieva
quelle visite con un sentimento di gratitudine misto ad amarezza,
perché in quel modo Sandy sottolineava e contribuiva ad
accentuare
la sua completa libertà di gironzolare per la fabbrica a
confronto
del divieto che invece era imposto a lei.
Uno
dei motivi per cui a Bellatrix non piaceva il polo Nord era
perché
il giorno e la notte si alternano molto meno di frequente che in
qualsiasi altro punto del pianeta. Di conseguenza aveva visto Manny
solo per pochi minuti, che sembrarono ruzzolare via come un sasso
rotola lungo un pendio, per poi aggrapparsi all'immagine di quel
bianco corpo celeste con tutta la sua volontà desiderando di
trovarsi lì fuori più di qualunque altra cosa.
Come
al solito, lei era rannicchiata contro il vetro freddo della finestra
a guardare annoiata il solito paesaggio innevato, quando la porta
cigolò sommessamente alle sue spalle. Voltandosi, fu
vagamente
sorpresa di incrociare gli occhi viola di Dentolina e non quelli
caldi e affettuosi di Sandman. Ritta sulla soglia, reggeva un piccolo
vassoio sul quale erano posate due grandi tazze di legno fumanti. Le
si avvicinò timidamente, facendo fremere le ali piumate come
in
preda a un tic nervoso. Evitava accuratamente il suo sguardo diretto,
pur tenendo il suo fisso a un punto a qualche decina di centimetri
dal suo volto, e Bellatrix colse perfettamente il disagio della fata.
Non si erano più parlate né viste da quando Nord
le aveva
espressamente detto di stare fuori dalla faccenda delle ricerche di
Calmoniglio, e Bellatrix sapeva che parte del suo disagio era dovuto
alla sua natura di gatto: la sua parte felina avrebbe potuto
risvegliarsi e prendere il sopravvento. E siccome lei, Dentolina, era
per metà colibrì, l'istinto le diceva
continuamente di prendere le
dovute distanze. Ma il suo, di istinto, Bellatrix aveva imparato da
tempo se non a farlo tacere, almeno a non dargli troppo peso, e ogni
volta che questo scalciava smanioso di riemergere lei riusciva sempre
a domarlo.
Dentolina
posò il vassoio e si sedette sul davanzale accanto a lei,
stringendo
la propria tazza tra le piccole dita. Si voltò a guardare
l'altra,
che era tornata a darle le spalle e a guardare fuori dalla finestra,
come se lei non fosse stata lì affatto. Era avvolta in un
leggero
tessuto blu scuro, che ricadeva morbido per terra come una cascata
fluida. Il vestito copriva del tutto la cicatrice sulla schiena di
Bellatrix, e si apriva regolare appena sotto l'attaccatura delle ali.
Sotto, la coda spuntava tra le pieghe della gonna da un minuscolo
ritaglio circolare ad altezza dell'osso sacro. Dentolina rimase in
silenzio a osservarla per diversi secondi, affascinata dalla forma
scolpita delle gambe raccolte sul davanzale e le scarpe nere che
lasciavano in bella mostra le caviglie forti della ragazza. Quando
Bellatrix cominciò a parlare, Dentolina era così
immersa nei suoi
pensieri che non riuscì a nascondere un sussulto.
<<
Dov'è Sandy? >>
Aveva
un tono distaccato, quasi annoiato. Come se avesse chiesto
informazioni su una cosa minuscola, di poco conto.
<<
Nel laboratorio, sta aiutando Nord. Tu... tu stai bene?
>>
rispose lei, sondando il corpo di Bellatrix con lo sguardo, in cerca
delle medicazioni che le aveva applicato Sandy.
<<
Non posso negare di essere stata meglio. Ma siccome l'ho rischiata
grossa, forse farei meglio a non lamentarmi. E tu, invece? Come fai
con la raccolta dei dentini? >>
Bellatrix
cambiò posizione: appoggiò la schiena al muro al
quale fino ad
allora era appoggiata con la spalla e incrociò le gambe,
allungando
la mano sull'altra tazza. Gli occhi di Dentolina saettarono veloci
sulle bende macchiate di scuro e strette attorno al palmo, e subito
si distolsero, percorrendo smarriti la stanza.
<<
È un disastro! Senza le mie fate non so cosa fare!
>>
Bellatrix
allontanò il bicchiere fumante dalle labbra, studiando il
suo
profilo con attenzione. Poi si chinò in avanti e le
posò una mano
sul ginocchio, rivolgendole un sorriso incoraggiante.
<<
Le ritroveremo, vedrai. Sono sicura che Calmoniglio è
riuscito a
portarle tutte nella sua tana, proprio come gli Yeti di Nord!
>>
<<
Te l'ho detto, ci sono già stata! Non c'era nessuno, le
gallerie
erano abbandonate! >>
Bellatrix
drizzò la schiena, alzando un sopracciglio. Non riusciva a
capirla
fino in fondo: il fatto che non potesse raccogliere tutti quei
dentini era grave, certo, ma non fatale. Non nell'immediato futuro,
perlomeno. Ne sarebbe derivato che i suoi poteri si sarebbero ridotti
e forse anche annullati, ma questo non l'avrebbe uccisa. Non subito.
Anche Pitch in fondo era stato privato dei propri poteri, in passato.
La prima volta dopo i Secoli Bui, e la seconda quando era stato
trascinato via dai suoi stessi incubi. Ma sconfitto non è
sinonimo
di ucciso, e infatti nulla gli aveva impedito di tornare.
<<
Sai, quando ero piccola io, la Leggenda della Fata dei dentini non
esisteva >> Se ne uscì a un tratto, di punto
in bianco.
<<
Certo che no, l'Uomo nella Luna mi ha scelta quasi quattrocento anni
dopo! >> rispose l'altra, con una nota divertita nella
voce.
<<
Neanche la Leggenda di Babbo Natale, esisteva. O quella del coniglio
di Pasqua. Perfino l'Omino dei Sogni non si sapeva cosa fosse
>>
continuò imperterrita Bellatrix, senza badare alle parole di
Dentolina. Alzò lo sguardo, godendosi l'espressione basita
di lei, e
dopo qualche istante riprese a parlare.
<<
In compenso, io so che queste Leggende hanno iniziato a circolare nel
giro di poche decine di anni dopo. E so anche per mano di chi. E
penso proprio che lo sappia anche tu... >>
Dentolina
scattò in piedi, gettando a terra la tazza ancora colma.
<<
Come fai a...? >>
<<
È per questo che l'ho seguito. Sono andata dall'unica
persona che
avrebbe potuto dirmi tutto, e guarda caso si tratta della stessa
persona che ha compiuto lo sterminio di un'intera famiglia per
vendicarsi di chi ha portato il mito dei Guardiani nel mondo! Per
vendicarsi di voi! >>
Man
mano che le parole le uscivano di bocca, i ricordi parvero affiorare
come tappi di sughero immersi nel miele.
Aveva
da poco compiuto sedici anni, quando tutti nel villaggio avevano
iniziato stabilmente prima a credere e poi a vedere. Adulti e
bambini, tutti adesso sapevano che grazie ai primi Guardiani, il Buio
sarebbe stato presto sconfitto, anche se continuarono a temerlo per
molti anni a venire.
Ne
aveva diciotto quando ripescarono il cadavere di suo fratello dalle
acque torbide del fiume. Ricordò che in quel momento lei era
lì
sulla riva, stringendo a sé le due gemelle che, disperate,
avevano
sepolto il volto nella sua gonnella. Improvvisamente le parve di
ricordare il volto di sua madre. Fissava il punto in cui i
sommozzatori stavano affondando le vanghe nella riva melmosa con
occhi vuoti e inespressivi. Il suo volto era ancora simile a quello
che Bellatrix aveva visto nel suo sogno, solo più pallido e
stranamente traslucido alla luce delle torce che fiammeggiavano poco
lontano. Continuava a ripetere sommessamente le stesse due frasi,
come una litania o una formula magica:
<<
È venuto per loro, tornerà per me. Vuole
vendicarsi, e si bagnerà
nel loro sangue... È venuto per loro... >>
Quelle
parole l'avevano spaventata più di quanto già
fosse, ma ai tempi
non ci aveva dato un particolare significato pensando che la madre
fosse ammattita dal dolore.
Poi,
neanche un anno dopo, era successo di nuovo. Non era stato facile, ma
Bellatrix, che non riusciva a ricordare il suo nome da mortale, aveva
fatto del suo meglio per cercare di far vivere le sue sorelle nella
spensieratezza. Ricordò con un brivido che era stata l'altra
gemella
a trovare la sua sorellina impiccata a una delle travi del soffitto
nel sottotetto. Lei, Bellatrix, si trovava tre piani più
sotto,
nella piccola cucina della spelonca in cui vivevano tutti insieme, e
aveva sfornato dei dolcetti al miele da offrire alle due bambine. La
madre non era in casa, ma a lavorare nel loro piccolo appezzamento di
terreno che distava venti minuti di cammino. Aveva salito le scale
tenendo saldamente il vassoio di legno, immaginandosi già le
reazioni entusiastiche delle due bambine, quando aprì la
porta della
camera dove erano solite giocare. Un grido straziante la raggiunse
dal piano di sopra e lei corse a vedere, allarmata. Lì si
bloccò
sulla soglia, incapace di credere ai propri occhi. La gemella dai
capelli rossi era aggrappata disperatamente alle gambe della sorella,
che oscillavano inerti come un macabro pendolo a qualche decina di
centimetri da terra.
Bellatrix
lasciò cadere il vassoio senza un grido, mentre si gettava
in avanti
per staccare la sorella dalla ragazzina ancora agonizzante.
Lei
si divincolava, piangeva e urlava nel tentativo di liberarsi dalla
stretta di Bellatrix che l'aveva un po' trascinata e un po' sollevata
di peso fuori sul pianerottolo, calpestando i dolcetti sparsi a
terra. E poi, a metà della rampa di legno mezzo marcio, la
bambina
si era improvvisamente zittita e le si era afflosciata tra le
braccia, pallida come un teschio. Bellatrix la prese in braccio,
fuori di sé dalla paura e dalla disperazione, e la
portò nella
stanza da letto che condividevano con la madre, stendendola sul
pagliericcio. Le rimboccò le coperte e, come in preda a uno
stato di
trance, tornò al piano di sopra e si avvicinò
tremando alla bambina
che ancora dondolava spettralmente a mezz'aria. Si sentiva malissimo,
sentiva che da un momento all'altro sarebbe crollata a terra anche
lei, eppure si costrinse a resistere alle vertigini e aveva sciolto
il nodo stretto che comprimeva la trachea della bambina. Aveva
sentito la fragilità del suo collo spezzato, stringendola
convulsamente contro il proprio petto. Alla fine, con grandissimo
sforzo, l'aveva adagiata a terra e si era precipitata giù
per le
scale, correndo come una forsennata fino al campo dove sua madre
stava attuando la mietitura. Il funerale era stato celebrato pochi
giorni dopo, e la sorellina fu sepolta nel piccolo cimitero locale,
dove già riposavano il fratellino e il padre che non avevano
mai
conosciuto. Una sensazione sgradevole le si arrampicò su per
lo
stomaco: qualcosa era scattato nella sua mente, come se un ricordo
soffocato da tempo avesse scalciato una singola volta per cercare di
riaffiorare dal suo inconscio. La famiglia di Bellatrix non era mai
stata ricca né abbiente, e senza una figura maschile che
provvedesse
per tutti, tirava avanti come poteva. I pochi risparmi che avevano
erano stati spesi tutti per la cerimonia funebre del membro
più
piccolo di quell'ormai disgregato nucleo familiare, e adesso non
aveva nulla per pagare il becchino. Ma questi non sembrava
interessato a un corrispettivo in denaro per i suoi servigi, e
Bellatrix se n'era ben resa conto. Così, all'insaputa di
tutti, i
due avevano organizzato un incontro notturno. Bellatrix era
disgustata di sé stessa per ciò che stava per
fare, ma ancor più
grande era in lei il terrore di cosa lui avrebbe potuto dire o fare
se lei non si fosse concessa. Si immaginava le cose più
orribili, ma
più di tutte la tormentava la visione del corpicino della
bimba
abbandonato in qualche acquitrino, lasciato a decomporsi alla
mercé
delle intemperie e delle bestie affamate. E così Bellatrix
si vide
costretta a vendersi al becchino. Si vide nuda e impaurita su un
letto che non era il suo, le gambe strette al petto, il mento
incassato tra le ginocchia e gli occhi castani e grandi rivolti
all'uomo che le stava di fronte. Lui le si avvicinò
armeggiando alla
cinghia dei pantaloni, esplorando ogni centimetro della sua pelle
nuda con occhi famelici.
<<
Sei molto bella, Serena >> .
Si
era buttato quasi a pesce su di lei, divaricandole le gambe con
decisione brutale. Il resto, Bellatrix si impose di non farlo
riemergere dal suo inconscio, ma ricacciarlo più a fondo
come a
volerlo soffocare nell'oblio.
Stordita,
con le unghie conficcate nelle guance, barcollò paurosamente
e si
accasciò contro il muro, con le lacrime che minacciavano di
scendere
a fiotti. Dentolina gridò il suo nome e fece per lanciarsi
verso di
lei, ma Bellatrix emise un verso rabbioso e ostile, intimandole di
non avvicinarsi oltre. Con un misto di bramosia e repulsione,
Bellatrix cedette a un altro flash. Che dovesse essere passato un po'
di tempo dalla perdita della sua sorellina e della propria purezza,
lo capì vedendosi cambiata. L'atmosfera era la stessa di
certi
sogni, dove il campo visivo è sfocato agli estremi e si
osserva la
scena dall'esterno, come in un televisore 3-D.
La
veste si tendeva un po' sopra il suo ventre tondeggiante, ma
nonostante la gravidanza avanzata fu proprio lei a uscire nel cuore
della notte sotto una pioggia battente per cercare l'unica sorella
rimastele, quando si era accorta che era sparita dal posto che di
solito occupava tra sé e sua madre nel letto. La
chiamò per ore,
lasciando che il vento e l'acqua mista a neve le sferzassero il viso,
ma all'interno del villaggio non c'era traccia di lei. Così
Serena
non vide altra soluzione se non quella di addentrarsi nel bosco che
sorgeva a qualche centinaio di metri dalle mura a ovest. Con quel
tempo, le guardie avevano abbandonato la ronda, dandole il via libera
per sgusciare fuori dai confini del paesello senza essere notata da
anima viva. Quando si fu trovata abbastanza lontano dalle mura, ecco
che spiccò la corsa, reggendosi il ventre con la mano e
ansimando
come un animale ferito. Arrivata a limitare del bosco, alzò
il fioco
lume per rischiarare i tronchi larghi e massicci, i cui rami si
infittivano al punto da creare un soffitto gocciolante. Bellatrix
dovette camminare per altri dieci minuti buoni, prima di trovare
quella che da atroce paura si era istantaneamente trasformata in
orribile certezza. La ragazza si lasciò cadere in ginocchio
davanti
ai resti dilaniati da mandibole fameliche, senza avere la forza anche
solo di sfiorarli. I capelli rossi della bambina erano impastati di
terra e sangue, gli occhi vuoti e fissi sulla volta legnosa che le
riparava dalla pioggia.
All'improvviso,
Serena si ritrovò circondata da un branco di lupi. Ne
contò sei o
sette: erano troppi, decisamente troppi. Un uomo adulto avrebbe fatto
fatica a tener loro testa senza la garanzia di uscire dallo scontro
vincitore, ma per una ragazza incinta questa possibilità era
del
tutto inesistente. Una delle belve caricò il balzo: si
avventò su
di lei con le fauci spalancate che grondavano saliva, e Serena chiuse
istintivamente gli occhi aspettando di sentirsi lacerare la gola. Ma
il dolore che si aspettava non arrivò, e lei
sentì il rumore di
qualcosa che veniva colpito e scaraventato a terra a peso morto e un
uggiolio sommesso. Riaprì gli occhi, incredula, e fu allora
che lo
vide per la prima volta. Un omino basso e tondo, dalla pelle e i
vestiti dorati, si era frapposto fra l'animale e la ragazza,
facendole scudo col proprio corpo. Brandiva una lunga frusta
scintillante, che faceva vorticare alta e minacciosa sopra la testa,
tenendo gli occhi fissi sui lupi. Questi arretrarono emettendo un
ringhio basso e continuo, senza mai voltargli le spalle, e alla fine
sparirono tra gli alberi. Serena spostò lo sguardo sul suo
salvatore, che si voltò verso di lei e le
restituì uno sguardo
affettuoso. Da piccola aveva sentito sua madre descriverlo
esattamente così come lo vedeva adesso, ma non lo aveva mai
visto
fino a quel momento. Poi lei sentì le sue ginocchia cederle
e lei
stramazzò a terra, svenuta.
Si
svegliò a casa, nel letto che ora avrebbe condiviso solo con
la
madre. Lei era lì accanto, intenta ad intrecciare una corona
di
foglie di pungitopo. La donna parlò, senza staccare gli
occhi dal
lavoro attento delle sue mani.
<<
Lui ti ha salvato, ti ha riportata da me cavalcando le nubi dorate.
L'uomo che porta i sogni ha ripagato il favore >> .
La
ragazza impiegò qualche secondo a connettere. E poi,
l'immagine
dell'ometto dalla carnagione e la veste scintillanti le
attraversò
la mente come un fulmine a ciel sereno.
<<
L'ometto tutto giallo! Madre, avevi ragione, esiste davvero! Mi ha
difeso dai lupi...! >>
Con
una fitta allo stomaco ricordò il motivo per cui si era
addentrata
nella foresta e la macabra scoperta che aveva fatto là
dentro.
Si
portò la mano al ventre, storcendo le labbra con espressione
amareggiata.
Sua
madre sollevò la testa di scatto, guardandola intensamente
con occhi
spiritati. Serena ebbe un brivido di paura: il suo volto, una volta
così bello e giovanile, era più pallido e
incavato che mai. La
pelle tirata sulle guance scarne accentuava due già marcate
fossette
che prima non c'erano e due profonde borse si gonfiavano sotto gli
occhi accesi da una strana luce, unico barlume di vitalità
che le
era rimasto in corpo.
<<
Il suo nome è Sandman >> .
La
fissò ancora qualche istante e poi, lentamente,
tornò a
concentrarsi sulla ghirlanda.
Il
giorno dopo, in paese si fecero i preparativi per il funerale
dell'ultima sorella di Serena. Questa volta, lei si rifiutò
di
concedersi nuovamente al becchino, per paura che il rapporto potesse
compromettere la salute del bambino che portava in grembo. L'uomo si
era allontanato a bocca asciutta, lanciandole un monito di vendetta
rabbioso. Lei non si lasciò nemmeno sfiorare dall'idea di
denunciarlo: in paese, chi non la dava per pazza la calunniava
dell'assassinio dei suoi fratelli, a detta delle malelingue per
tenere per sé quei pochi possedimenti di cui disponevano in
famiglia.
E
poi Bellatrix si rivide in ginocchio, con la gonna sollevata oltre la
vita, piegata dal dolore delle contrazioni.
Attorno
a lei si affaccendavano tre donne sconosciute, mentre sua madre
sedeva dall'altro lato della stanza, incurante o inconsapevole del
dolore che stava attanagliando la figlia. Una donna le teneva un
panno premuto sulla bocca in modo da soffocare le urla, mentre
un'altra era china dietro di lei, lo sguardo concentrato e le mani
protese. La terza la sorreggeva saldamente per le braccia, le mani
ossute strette sulla sua pelle. Finalmente le dita decise
dell'ostetrica si chiusero attorno alla testa del bambino e la
tirarono con decisione lenta e costante. Gemendo e lamentandosi,
Bellatrix alzò lo sguardo sulla finestra sotto la quale
sedeva sua
madre e lanciò un grido terrorizzato che nulla aveva a che
vedere
con il parto: l'Uomo Nero la fissava imperscrutabile da oltre il
vetro, gli occhi scintillanti come torce nella nebbia. Ma né
sua
madre, né tanto meno le ostetriche alzarono lo sguardo, e
Serena
cadde sul pavimento in una pozza di sangue, stremata dalla fatica. Il
fazzoletto che aveva imprigionato le sue grida ora giaceva a terra
davanti a lei, dalla cui bocca non usciva ormai altro se non sbuffi e
sospiri sofferenti. Sentiva il bisogno irrefrenabile di coprirsi,
sentendosi più vulnerabile che mai, eppure non riusciva a
muovere un
singolo muscolo e rimase a guardare il Signore degli Incubi
dissolversi come fumo oltre il vetro, così vicino e
pericoloso.
Sentiva l'odore ferroso e la consistenza appiccicosa del sangue
addosso, ma tutto ciò di cui si preoccupava adesso era suo
figlio, i
cui vagiti le fornivano abbastanza lucidità e forza da
rotolare
faticosamente sul fianco per vedere dove fosse. Tese le braccia verso
le tre donne, impegnate a lavare il bambino urlante. Dalle labbra
della ragazza uscì una flebile supplica, ma le tre
ostetriche le
rivolsero uno sguardo sprezzante. Una di loro avvolse il neonato in
una coperta e se lo strinse al petto, come a rivendicarne la
proprietà. Dopo di che si voltò e uscì
dalla stanza, seguita dalle
altre due donne.
Adesso
Bellatrix ansimava come riemersa da un abisso profondo e gelido. Si
stringeva i pugni sulle tempie, tenendo lo sguardo fisso a un punto
poco distante dal piede di Dentolina. Abbassò lentamente le
mani,
come temendo di rompere un fragile e delicato equilibrio, respirando
affannosamente. Per qualche istante sembrò che
quell'orribile tuffo
nel passato fosse finito, ma all'improvviso un ricordo che non le
apparteneva la travolse, estorcendole un gemito spiazzato.
Due
uomini stavano l'uno di fronte all'altro, al limitare del bosco in
una notte senza luna. Alla luce di un debole lume, riconobbe la
sagoma tarchiata e panciuta del becchino, e quella alta, sottile e
appuntita di Pitch. La scena cambiò con la
rapidità di un battito
di ciglia: adesso si trovava negli occhi dell'Uomo Nero, che fissava
con sguardo impassibile una casetta fuori dalle mura, al limitare
opposto della boscaglia dove si era incontrato con il becchino.
Davanti alla porta della modesta abitazione era radunata una cospicua
folla capeggiata dal becchino, e alcuni uomini la stavano tempestando
di pugni rabbiosi. La luce delle torce proiettava spettralmente le
loro ombre sul muro, come fantasmi oscuri e malevoli. A un tratto i
tre uomini nelle immediate vicinanze della porta si scansarono,
reprimendo un brivido: questa ruotò sui cardini malmessi e
sulla
soglia apparve Serena, o Bellatrix o comunque si chiamasse, col petto
in fuori e un'espressione fiera in volto.
<<
Ecco la strega! >> urlò il beccamorto,
puntandole contro
l'indice con gesto plateale, << La strega attira la
sciagura su
di noi! Io l'ho vista, si è accoppiata con il demonio, e un
demonio
le è nato! Ha stregato quelle povere anime dei suoi fratelli
e le ha
uccise senza alcuna pietà! Se lasciamo che viva,
toccherà la stessa
sorte anche ai nostri figli! >>
<<
È vero, mi sono concessa a un demonio! >>
urlò Serena,
zittendo all'istante la folla vociante raccolta attorno alla casa,
<<
Ma sappiate che il diavolo non ha né coda né
corna! È un diavolo
che si occupa di dare sepoltura ai nostri congiunti, e ce lo avete
dinanzi! Mi ci ha costretta, o non avrebbe reso degna sepoltura alla
mia povera sorella. E ancora avrebbe preteso, se non mi fossi
rifiutata una seconda volta! Che da quella unione sacrilega sia nato
un mostro, questo è falso. Che colpa può averne
un innocente
neonato, strappato alla nascita dalla madre, se è nato da un
padre
farabutto? E se vi lascerete convincere dalle sue meschine e false
parole, ricordatevi di chi ha curato i vostri, di figli, quando erano
febbricitanti! E adesso lasciateci in pace, a me e alla mia povera
madre che tanto ha sofferto ingiustamente. Lasciateci in pace!
>>
<<
Calunnie! >> si sgolò l'uomo accusato,
accalorandosi.
<<
Nient'altro che sporche calunnie! Io sono una persona dabbene, non
potrei mai accettare simili favori bassi e immorali in cambio dei
miei umili servigi! Se ho acconsentito a seppellire quelle povere
creature, l'ho fatto per bontà d'animo e per
pietà verso quegli
innocenti! >>
I
due uomini che si trovavano vicino alla ragazza la afferrarono
saldamente per le braccia e la portarono via, tra le grida e gli
schiamazzi infervorati della folla. Dopo un'iniziale resistenza che
non riuscì a mantenere, lei si lasciò
sballottare, continuando a
mantenere una postura fiera e lo sguardo fermo davanti a sé.
Pitch
rimase a guardarla assaporando la propria vittoria, e quando la folla
iniziò ad allontanarsi in un corteo confusionario che
portava la
ragazza a far processare, spostò lo sguardo sulla capanna
silenziosa. Sull'uscio era apparsa una figura, pallida e malferma
sulle gambe scheletriche. Guardava il bagliore delle torce nel
tramonto affievolirsi e sparire oltre le mura del villaggio, e rimase
lì, come ad aspettarsi che la figlia avrebbe fatto ritorno
da un
momento all'altro. Poi lei spostò gli occhi su Pitch e
questi la
fissò a sua volta, azzurro glaciale contro il giallo delle
fiamme
dell'inferno. L'Uomo Nero le rivolse una smorfia trionfante e
sparì,
dissolvendosi in una nuvola nera come una goccia di inchiostro si
diluisce in un bicchiere d'acqua.
A
Bellatrix mancava il fiato. Si lasciò cadere in ginocchio,
sul
pavimento di legno. Gli occhi sgranati minacciavano di lasciar
scappare fuori due piccoli ruscelli di lacrime e lei dovette
conficcarsi le unghie nelle guance per cercare di non perdere il
controllo. Dentolina le stava di fronte, a distanza di sicurezza di
qualche passo, senza osare muovere un solo muscolo. Alla fine
provò
ad avvicinarsi, chiamandola con voce bassa e incerta. Un lampo
argenteo, un sibilo e subito dopo un rumore di legno spezzato. Una
stella-shuriken le aveva sfiorato il viso, facendole drizzare le
piume sul collo, e si era conficcato nell'infisso della finestra alle
sue spalle.
<<
Ti ho detto di non avvicinarti! >> ringhiò la
ragazza, ancora
inginocchiata a terra, senza alzare lo sguardo su di lei.
<<
Bellatrix, per favore. Adesso calmati. Sistemeremo tutto, ma ora
calmati. Dai... >> riprovò Dentolina, in tono
accomodante.
<<
Non >> ringhiò di nuovo Bellatrix, minacciosa,
<<
azzardarti a dirmi cosa far, Dentolina! >>
<<
Questo non sarebbe dovuto succedere, Bellatrix! Non avresti dovuto
ricordarti di nulla! >>
Anche
Dentolina aveva alzato la voce, ma ancora non aveva il coraggio di
avvicinarsi.
<<
Dov'è il mio corpo, Dentolina? >>
Lei
rimase spazzata dal tono improvvisamente sommesso dell'altra e dal
senso stesso della domanda che le aveva posto.
<<
Cosa..? >>
<<
Dov'è il mio corpo, Dentolina? Guardami! Io... io sono qui,
davanti
a te. Parlo, respiro, mangio e dormo, come un normalissimo essere
umano. Ho un corpo fatto di carne, capace di essere leso e guarire..
Com'è possibile che io sia qui a discorrerne con te, adesso?
Io sono
morta su un rogo, sono stata bruciata viva! PER COLPA VOSTRA!
>>
Dentolina
non era pronta. Bellatrix scattò in piedi e le si
gettò addosso,
mandandola contro il tavolo che fungeva da unico arredo della stanza
oltre al piccolo letto nell'angolo. Le due donne finirono a terra in
una pioggia di pezzi e schegge di legno. Ingaggiarono una violenta
colluttazione, finché Bellatrix riuscì a
inchiodare Dentolina a
terra col proprio peso. Nella mano alzata di lei si
materializzò una
stella dalle punte affilate come coltelli. La puntò alla
gola di
Dentolina, sfiorandole le piume con la lama gelida.
<<
Bellatrix, fermati! Stai sbagliando, perché ci fai questo?
>>
gridò lei, fissando spaventata la lama sospesa a pochi
centimetri
dalla sua pelle.
<<
Perché?! Come puoi non saperlo? Ti rendi conto che per
portare voi
dannatissime Leggende in mezzo ai mortali, avete distrutto un'intera
famiglia che non aveva nulla a che fare con la vostra stupida guerra?
Non vi importa niente di quel che abbiamo passato per causa vostra?
>>
Stava
per affondare il colpo, quando la porta si aprì facendo
tremare il
pavimento e una voce cavernosa e severa immobilizzò
Bellatrix lì
dove si trovava.
<<
Che sta succedendo qui? >>
La
scena che gli si presentò davanti lo lasciò senza
parole. Nord vide
Dentolina, immobilizzata a terra, e Bellatrix a cavalcioni su di lei,
minacciandola con uno shuriken che non lo aveva degnato di mezza
occhiata.
L'uomo
agì con prontezza e sangue freddo. In cinque passi
coprì la
distanza che lo separava dalle due donne e la placcò alle
spalle,
costringendola con le braccia lungo i fianchi. Lei si
rivoltò come
una serpe e cercò di colpirlo in faccia. A quel punto Jack,
che
aveva seguito la scena inorridito, scattò in avanti per
aiutare
Dentolina a rialzarsi e batté per terra col bastone una
singola
volta. Dal legno partì una lingua di ghiaccio che
strisciò sul
parquet come un serpente e prese la forma di una colonna cristallina
che avvolse e bloccò la ragazza, sommergendola in una presa
glaciale
fino alla gola. Bellatrix prese a divincolarsi urlando come
un'indemoniata, ma il ghiaccio che la imprigionava non diede segni di
cedimento. Nord si allontanò da lei, lasciandosi sfuggire un
sospiro
sollevato.
<<
Frost! Levami questa roba di dosso, subito! >>
<<
NO! >> ribatté lui, con decisione.
I
loro sguardi si incrociarono e rimasero allacciati per diversi
secondi, mentre la stanza piombava in un silenzio teso. A quel
contatto visivo, Jack sentì uno sgradevole brivido
attraversargli lo
stomaco e distolse gli occhi.
I
capelli biondi di lei, solitamente lisci e divisi regolarmente,
adesso erano scarmigliati e le ricadevano a ciocche disordinate sugli
occhi lividi di rabbia. Le iridi sembravano due bracieri aranciati
che ingoiavano le pupille, ridotte a due sottili fili neri. Il volto
diafano era contratto in un'espressione di pura furia che non le si
era mai vista addosso.
<<
Cosa ti è saltato in mente, si può sapere?!
>> urlò Nord
portandosi davanti a lei e puntandole il grosso indice sul petto. A
quel tocco, Bellatrix smise di fissare Jack in cagnesco e si
limitò
a guardarlo con odio.
<<
Lei sa tutto, Nord! >> rispose Dentolina per lei,
<< Si
ricorda ogni cosa, dall'inizio >> .
Nord
si voltò a guardarla incredulo e spostò di nuovo
gli occhi sulla
ragazza intrappolata nel ghiaccio.
<<
Non è possibile! >>
Bellatrix
chinò la testa, sospirando pesantemente.
<<
È stato Pitch, a dirmi come andarono veramente le cose...
>>
disse infine, con voce tremante.
<< Mi ha fatto
vedere cose orribili, e da allora
non ho smesso di ricordare... >>
Alzò
di nuovo uno sguardo rabbioso su Nord, come in una tacita accusa.
Jack lo guardò a sua volta: il capo dei Guardiani era, per
la prima
volta da quando lo aveva conosciuto, senza parole. Ma lui ancora non
ci stava capendo nulla.
<<
Di cosa stai parlando, Bellatrix? Co... cosa ti è successo?
>>
Lei
lo guardò con uno scatto rigido della testa e dalle labbra
le uscì
una risata nervosa.
<<
Non lo sai? Nord, perché non glielo racconti?
Così vedremo se, dopo
averti ascoltato, il nostro caro Figlio del Lago avrà ancora
voglia di stare con voi! >>
<<
Raccontarmi cosa? >> chiese di nuovo il ragazzo, sempre
più
confuso.
<<
Che sono degli assassini! >> ribatté lei,
infervorandosi.
<<
ORA BASTA! >> sbottò Nord, arrabbiandosi a sua
volta, <<
Non ti permetto di dire cosa del genere! Noi abbiamo fatto quello per
cui Uomo nella Luna ci ha scelto, nulla di più!
>>
<<
Già, e infatti se invece di “nulla”
aveste fatto “qualcosa”,
la mia famiglia avrebbe continuato la sua vita serenamente! E invece
io e i miei fratelli siamo morti uno per uno... per colpa vostra!
Dite di proteggere i bambini, e dov'eravate quando avevamo bisogno di
voi? Era vostro dovere salvarci da lui, lo dovevate a mia madre!
È
stata lei a portare il vostro mito tra i mortali, no? E questo non fa
nulla? Se non ci foste stati voi, il mio bambino non mi sarebbe stato
tolto! E invece ci hanno separato, e chissà in che modo
orribile gli
hanno tolto la vita! Dovresti averci tutti sulla coscienza, Nord!
>>
Lui
abbassò il capo e strinse i pugni così forte che
le sue nocche
impallidirono. Poi mollò un cazzotto micidiale al blocco di
ghiaccio, che si spaccò lungo una profonda crepa che lo
attraversò
per il lungo. Bellatrix saltò a terra, stringendo ancora
saldamente
lo shuriken tra le dita. Nord glielo strappò dalla presa
senza
sforzo e la afferrò per il braccio, attirandola a
sé con vigorosa
prepotenza. Ignorando le sue proteste, cominciò a tastarle
il corpo
come in cerca di qualche lesione, e dopo qualche minuto di attento
palpeggiamento finalmente la lasciò andare. Jack non
riusciva a
raccapezzarsi. Non sapeva se essere perplesso per ciò che
aveva
sentito da Bellatrix o per il fatto che i Guardiani gli avessero
taciuto una cosa tanto importante come la nascita delle Leggende. Da
quando era uno di loro, aveva sempre saputo che le azioni che un
Guardiano poteva compiere possono avere risvolti sia positivi che
negativi, ma da qui a portare allo sterminio di un'intera famiglia ce
ne voleva! >>
<<
Avrei tanto voluto salvare tua famiglia, >> disse a un
tratto
Nord, con un tono mortificato nella voce, << ma a quei
tempi
c'eravamo soltanto io e Sandy, e non eravamo abbastanza forti da
contrastare Uomo Nero. Solo tuo villaggio sapeva di Guardiani, e sai
bene che la nostra forza deriva dalla fede di tante persone. Un pugno
di villici non era ancora sufficiente, non abbiamo potuto fare
granché. Ecco perché Manny ha cercato di
ripagare, dandoti una
seconda vita come Spirito. Ma credeva che tuo passato sarebbe tornato
a perseguitarti, perciò ha ritenuto opportuno farti
dimenticare
tutto. E, giusto per cronaca, tuo figlio non morì, quel
giorno,
anche se questo era piano originario. Lui riuscimmo a salvarlo, e lo
affidammo a persone che lo crebbero e gli vollero bene come fosse
stato figlio loro. E morì anziano, sereno e amato da sua
famiglia!
Dopo ciò che ti era successo, abbiamo pensato di tenere
d'occhio tua
discendenza. E posso garantirti con assoluta certezza...
>> e
qui scoccò una fugace occhiata agli altri Guardiani,
<< ...che
vive ancora oggi >> .
Nella
stanza piombò il silenzio. Bellatrix si guardava le scarpe,
cercando
di non perdere del tutto il controllo. Senza che nessuno se ne fosse
accorto, Sandman era entrato nella stanza e adesso la guardava con
gli occhi pieni di rimorso, ma quando si avvicinò a
sfiorarle la
mano, Bellatrix ritrasse la sua con scatto stizzito, suscitando
nell'omino la mortificazione più pura.
<<
Credevo che almeno tu non mi avessi mai taciuto niente, Sandy...
>>
mormorò lei, trapassandolo con un'occhiata glaciale. Sandman
si
ritrasse di pochi passi, tormentandosi le mani paffute con
espressione colpevole.
<<
Comunque ho buona notizia! >> riprese Nord, tirandole
improvvisamente una sonora pacca sulla schiena, << Tuoi
sensi
sono completamente inibiti! Ora nulla potrà più
farti un solo
graffio! >>
Bellatrix
lo guardò con diffidenza, senza capire cosa intendesse.
<<
Guardati la mano! >> la incoraggiò lui,
enigmatico.
Lei
lo squadrò dubbiosa ancora qualche istante, mordicchiandosi
il
labbro. Poi, lentamente, alzò la mano e disfò la
benda che la
avvolgeva, scoprendone il dorso liscio e intatto.
<<
Non è possibile...! >> sentenziò
lei, alzandosi febbrilmente
la gonna per esaminarsi la gamba. Strappò via le bende con
impazienza e rimase a guardarsi con le labbra socchiuse in
un'espressione confusa.
<<
Non è possibile... >> ripetè,
tastandosi cautamente il punto
in cui poche ore prima era stata conficcata una stanga metallica,
<<
Non può essere! >>
<<
Come dicevo prima! >> rispose Nord, gioviale,
<< Tuo
corpo è inibito. Funzioni vitali interrotte. Sei Spirito
completo,
ora! Niente più mangiare, dormire o farsi male!
>>
<<
Ehm, ok... >> disse Bellatrix, dubbiosa. Non era sicura
che
fosse una cosa del tutto buona, ma ormai non poteva più
farci
niente. In fondo, aveva vissuto da umana per così tanto
tempo, che
una realtà alternativa le sembrava inadatta a sé
quanto
impossibile.
<<
Allora possiamo andare a stanare Pitch, adesso! >>
Fece
per dirigersi alla porta, ma il pugno di Nord si chiuse
istantaneamente sul suo polso, trattenendola.
<<
Ferma lì, Bellatrix! >>
Lei
gli rivolse un'occhiata impaziente, sbuffando.
<<
Che altro c'è, ora? Sbaglio, o eravate di fretta?
>>
<<
Hai detto bene, “eravate”, non
“eravamo”! >>
<<
Parla come mangi, Nord! >>
<<
Non ti permetto di venire con noi, Bellatrix. >>
<<
Cosa? Non... non dirai sul serio, ovviamente! >>
ribatté lei,
spiazzata, indietreggiando di un passo per guardare meglio l'omone
che la fissava a sua volta con sguardo intransigente.
<<
Mi dispiace Bellatrix, ma ho preso mia decisione. Abbiamo portato a
termine compito per cui ci hai chiesto aiuto. Stanza dell'Universo
è
tornata a suo posto. Questo significa che non hai più
bisogno di
noi. >>
<<
Ma questo.. questo non c'entra niente! Dammi un motivo per cui non
dovrei venire anch'io a spaccare la faccia a... a quel...
>>
<<
Non discutere, è così e basta. Nostre strade si
dividono qui, fine
della storia. >>
Nord
la superò e fece per uscire dalla porta, ma stavolta fu lei
a
trattenerlo.
<<
Dimmi perché, Nord! >>
Lui
fece un respiro profondo e si voltò a sostenere il suo
sguardo.
<<
È già seconda volta che aggredisci uno di noi.
Hai raggirato
Calmoniglio, e se non fossimo arrivati in tempo avresti fatto del
male a Dentolina. Come se non bastasse, sei scappata via quando ti
avevamo detto di non andare a cercare Pitch per nessun motivo,
disobbedendo alle mie disposizioni. Se non riesci a vivere seguendo
mie regole, allora non c'è posto per te, tra di noi. Devi
andartene
via, immediatamente >> .
Lei
lo guardava con sguardo feroce, senza muoversi di un solo passo. Era
oltremodo indignata: si sentiva abbandonata e tradita, e oltretutto
le veniva addossata una colpa illegittima.
<<
Tu.. tu non puoi fare questo! Io non sono una di voi, non puoi
dettare legge come ti pare e aspettarti che io ti obbedisca!
>>
<<
L'hai detto, non sei una di noi. E allora continua a non esserlo, e
vattene. Non farti più vedere. Non sei più
benvenuta, qui >>
.
Bellatrix
cercò istintivamente il sostegno degli altri Guardiani, che
sembravano confusi almeno quanto lei.
<<
Nord, non ce n'è bisogno. Non fa niente, davvero!
>>
La
Fatina dei Denti cercò di rabbonirlo, ma Nord
eseguì un movimento
brusco con la mano e lei si ammutolì immediatamente.
<<
Dentolina, per favore! >> la zittì lui,
continuando a scrutare
la donna dagli occhi d'ambra con cipiglio autoritario. Dopo qualche
interminabile secondo, alzò l'indice verso di lei e
proclamò parole
che suonarono forti e chiare nella stanza come una sentenza di morte.
<<
Io bandisco te, Bellatrix, Custode della serenità e delle
stelle nel
cielo, dal Polo Nord e dagli altri rifugi nel nome dei Guardiani. Da
questo momento in poi, non dovrai avvicinarti né
intrattenere
discorsi di alcun genere, con nessuno di noi! Da questo momento,
dovrai comportarti come se non ci fossimo mai incontrati
>> .
Senza
aggiungere altro, estrasse dalla tasca uno scintillante globo di
neve, stringendolo saldamente tra le dita possenti. Lo gettò
a
terra, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli di lei che
traboccavano di lacrime di rabbia. Il passaggio si aprì,
mostrando
l'interno della sua tana. Bellatrix gettò al varco
un'occhiata
fulminea e tornò a guardare Nord con sguardo omicida.
Lentamente si
voltò e si diresse verso il portale, esitando appena qualche
secondo
sulla soglia. Accanto a Nord, Sandy alzò debolmente la mano
come a
volerla trattenere, ma lei non guardò altri se non Nord, che
le
restituì un'occhiata gelida. Bellatrix prese un respiro
profondo,
sollevò il mento e attraversò il portale con la
stessa aria fiera
che aveva ostinatamente esibito all'esecuzione della propria
condanna. I tacchi risuonarono chiari sulle assi sconnesse del
pavimento della sua tana, Bellatrix respirò profondamente
l'odore di
casa sua e si voltò appena in tempo per vedere il portale
chiudersi
dietro di lei, con la sgradevole sensazione di abbandono che aveva
provato alcune ore prima e che di nuovo era tornata a tediarla.
A.A
Ora capite perché mi sono fatta tante
pippe mentali sul rating, vero? :D
Io
me l'aspettavo, prima o poi doveva succedere. Con la testa che mi
ritrovo, seguire le date di aggiornamento con lo scalo di un giorno
tra uno e l'altro alla fine mi ha fregato, e aggiorno solo adesso per
questo motivo.
E
siccome sono davvero pessima, ho balzato di nuovo la risposta alla
recensione. Ti devo dire, Dracarys, che questa similitudine me l'hai
fatta notare tu, e devo dire che -hai ragione!- è
praticamente
uguale. La qual cosa mi piace a metà, perché non
denota grande
inventiva ma al contempo potrebbe passare per mezza citazione colta.
Inconsciamente devo aver preso spunto dalla scena di King's Cross, ma
ormai l'acqua bolle perciò buttiamo la pasta e via xD
Sì, ti devo dire che quando mi
è venuto in mente che i Guardiani possono ferirsi e "morire
di nuovo", perfino io mi sono congratulata con me stessa. Era
talmente.. non geniale, ma abile, come sotterfugio, che non mi
sorprenderei se saltasse fuori di averlo letto da qualche parte,
essermi dimenticata di averlo fatto e aver riutilizzato questo
espediente spacciandolo per mio xD Però, anche basandomi sul
film, effettivamente anche Jack e gli altri sono provati fisicamente
dagli attacchi di Pitch (anche se probabilmente la cosa è
dovuta al fatto che i bambini non credevano più in loro)
quindi se non altro non l'ho contraddetto, e questo è
già qualcosa!
E,
scusa se chiedo, la tua era una mezza shippata tra Bellatrix e Sandy?
xD
Hai
ragione, anatomicamente parlando... è lui a dover... hai
capito
insomma. Però c'è un ma: certi personaggi, almeno
per me, sono
inimmaginabili in certe.. ehm, “situazioni”,
perciò
semplicemente mi astengo dal farlo. Lo escludo proprio a priori, per me
sono praticamente personaggi asessuati. Sandman, Hiccup, Jack, Hiro e
Tadashi e una fracca di altri... sono tutti agamici xD
Questo per dire che mi hai
traumatizzato non poco, nel leggere il tuo commento ( colpa mia, sono
una suora puritana non abituata a certe cose xD ) Non avrei mai
pensato che letta da un esterno potesse sembrare un'unione fisica,
anche se a un certo punto Bellatrix la paragona a quella,
perciò io
ti direi più di vedere la cosa come quando si versa
dell'acqua in un
secchiello pieno di sabbia... quella era l'immagine che avevo in
testa io mentre scrivevo quel pezzo. Adesso sono io che non voglio
rischiare di dire idiozie -perchè capita più di
quanto dovrebbe- e
ti lascio in pace. Grazie come sempre di aver avuto il garbo di
arrivare fin qui, anche a voi che pur non commentando fate salire
quel numerino sotto alle visualizzazioni :D
Tec
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Capitolo 11 *** The dark begins to rise ***
Bellatrix
rimase a lungo immobile a fissare il punto in cui il portale si era
richiuso, con le labbra tremanti e i pugni serrati. D'un tratto si
lasciò cadere in ginocchio e scoppiò a piangere
coprendosi il volto
con le mani, le spalle che sussultavano come un martello pneumatico.
Si sentiva svuotata, smarrita e pugnalata alle spalle.
Allontanò
improvvisamente le mani dagli occhi e le fissò incredula,
vedendole
perfettamente asciutte.
Abbandonata
ed esiliata dai Guardiani, umiliata e sconfitta da Pitch... ora che
le aveva passate tutte, il suo corpo non accettava più
nemmeno lo
sfogo del pianto.
In
preda alla follia si rialzò, percorse la breve distanza che
la
separava dalla porta dell'Universo e la spalancò con una
spallata.
Disperse lo sguardo nella distesa di corpi celesti che fluttuavano
nel vuoto con desiderio sempre crescente: le stelle erano il suo
elemento, e tra di esse non avrebbe più provato solitudine
né
sofferenza. Aveva appena mosso un piede oltre la soglia quando una
vocina le sussurrò nella testa che non era obbligata a
passare
l'eternità in solitudine solo perché i Guardiani
non la volevano
più con loro.
Chiuse
la porta con foga e si precipitò fuori. La radura era
spettinata da
una leggera brezza, le stelle splendevano alte e silenziose e chiazze
di un azzurro chiaro illuminavano qua e là il terreno
erboso, dove i
rami degli alberi permettevano alla luce della luna di farsi strada
fra loro. Bellatrix, in piedi su un ramo con la mano puntata sulla
corteccia morta del tronco, alzò lo sguardo sulla luna.
L'astro
brillava come una luminosa falce d'argento, e Bellatrix
sentì
addosso il suo sguardo di rimprovero. Si era sempre chiesta come
diavolo facesse l'Uomo nella Luna sapere in anticipo ogni sua mossa.
Per lei infatti, era chiaro che la stesse rimproverando per la
decisione sconsiderata che aveva appena preso.
A
conferma del suo sospetto, la Luna la illuminò con la
propria luce
come un riflettore azzurro, ma lei sostenne il suo sguardo con una
smorfia di disprezzo e non diede segni di pentimento.
<<
Avresti dovuto pensarci prima, Manny. Mi dispiace, ma ormai non si
torna indietro! >>
Spiccò
un salto e aprì le grandi ali, stagliandosi per un istante
contro
l'artiglio luminoso nel cielo.
Non
aveva alcuna idea di dove fosse Pitch, ma non le importava: adesso
l'importante era continuare a muoversi, senza perdere mai di vista
l'orizzonte.
Fin
dai tempi più antichi, si diceva che l'Uomo Nero si nasconde
sotto
ai letti...
Sentì
un brivido di trepidazione attraversarle lo stomaco e
aumentò il
ritmo: ora che sapeva cosa fare non si poteva permettere di perdere
un solo secondo, e la città più vicina era a
più di un giorno di
distanza anche volando a un ritmo sostenuto. Così si diresse
verso
Sud, lasciando che la luna le lanciasse un ultimo sguardo severo
prima di scivolare oltre le montagne. Volò senza
interruzioni per
alcune ore, finché il suo viaggio solitario fu messo alla
prova da
nubi nere e minacciose che si avvicinavano velocemente. D'improvviso
la pioggia si abbatté su di lei con ferocia, annebbiandole
la
visuale. Il vento prese a soffiare così forte che sembrava
volerla
dirottare a ogni costo, come se stesse cercando di impedirle di
proposito di raggiungere il suo obbiettivo. Bellatrix alzò
la mano
alla fronte e strizzò gli occhi, cercando di distinguere
qualsiasi
segno di civiltà oltre la cortina di pioggia. Un lampo
illuminò per
pochi, brevi istanti la sagoma spettrale di un campanile solitario, e
lei si buttò a capofitto in quella direzione alla cieca,
sperando di
trovare riparo in una delle bifore della torretta.
Sdrucciolò sulla
pietra fradicia, finì carponi sul cornicione e si ritrasse
dalla
finestra, raccogliendo le gambe al petto mentre lasciava vagare lo
sguardo sul paesaggio lavato dalla pioggia.
Rimase
a lungo assorta ad ascoltare il rumore dell'acqua sul tetto del
campanile, unito al suo scrosciare indistinto sulla campagna
circostante, e per la prima volta si concesse di abbandonarsi
completamente ai propri pensieri, alle scoperte che aveva fatto
qualche ora prima.
Aveva
avuto un figlio... aveva dato vita a un essere umano. Per pochi,
terribili istanti aveva ricordato di aver creduto che fosse morto in
circostanze misteriose ed orribili, e invece Nord aveva detto che era
cresciuto, si era costruito una nuova famiglia ed era morto in tarda
età, amato più dai figli e dai nipoti di quanto
non avesse potuto
fare lei in quei secondi appena successivi al parto. Nord aveva anche
detto che esistevano ancora dei suoi discendenti, chissà se
lei li
aveva mai visti anche solo di sfuggita?
Ripensò
alla notte più brutta della sua vita, quando si era concessa
a quel
essere spregevole del becchino... in quel ricordo si era sentita
chiamare con il suo nome mortale per la prima volta. Serena...
<<
Serena... >> ripetè piano, valutando ogni
lettera, facendo
rotolare ogni sillaba sulla lingua con espressione perplessa.
Non
era sicura che quel nome le piacesse. Dopo otto secoli passati come
Bellatrix, per lei era automatico associare il proprio volto al solo
nome che aveva scelto per lei l'Uomo nella Luna. La sua
identità si
era affermata come Bellatrix, la custode della serenità
degli esseri
umani e delle stelle che da millenni guardavano alla Terra con la
loro presenza rassicurante e silenziosa, ma di Serena non era rimasto
nulla, se non il ricordo sepolto e dimenticato nel suo stesso
inconscio. Non poteva neanche avere il conforto di una pietra tombale
con sopra inciso il proprio nome: ai suoi tempi, quando accadeva, le
streghe venivano sepolte in una tomba senza lapide, e non aveva la
minima idea se le sue ceneri avessero avuto una simile fortuna...
A
un tratto la grande campana che torreggiava nell'oscurità
sopra di
lei batté un singolo rintocco, facendola saltare in piedi
dallo
spavento con le mani premute istintivamente contro le orecchie. Si
voltò istintivamente verso la fonte del rumore, ma
così di scatto
che inciampò nel suo stesso vestito e perse l'equilibrio,
mettendo
un piede in fallo sulla pietra fradicia.
Nord
guardò la ragazza attraversare il portale con una sorta di
cauto
interesse, come a scommettere con sé stesso se lei avrebbe
osato
disobbedirgli di nuovo. Un movimento goffo alla sua destra lo indusse
ad abbassare lo sguardo: Sandy le stava andando dietro con passi
timidi e incerti, la mano alzata come a volerla fermare lì
dov'era,
e Nord gli sbarrò perentoriamente la strada allungando il
braccio
davanti all'Omino dei Sogni, che gli lanciò un'occhiata
supplichevole.
<<
Lasciala andare, Sandy >> .
Lui
tornò a guardare il portale, nella cui luminescenza era
ancora
appena distinguibile la sagoma di Bellatrix in controluce, le gambe
di lei ben visibili sotto il tessuto leggero del vestito.
All'improvviso lei fece per voltarsi di scatto, ma non ebbe il tempo
di tornare indietro perché il portale collassò su
sé stesso,
richiudendosi davanti al suo naso. Passarono alcuni istanti di
silenzio attonito, in cui tutti i presenti parvero realizzare solo in
quel momento che lei se n'era andata via per sempre.
<<
Perché l'hai fatto? >> urlò Jack,
avvicinandosi a Nord con
falcate ampie e svelte.
<<
Non ho avuto scelta, Jack! Lei è pericolosa per noi,
allontanarla
era l'unica cosa possibile! >>
Jack
aprì la bocca per ribattere, per vomitargli addosso tutta la
sua
rabbia. Ma questa si spense come un fiammifero acceso gettato
nell'acqua, e tutti e due si voltarono simultaneamente verso la fonte
di un tonfo ovattato che aveva sospeso la loro discussione.
Sandy
era crollato in ginocchio, reggendo mollemente tra le dita la
ghirlanda di foglie che le avevano trovato addosso al suo risveglio.
Jack si dimenticò immediatamente di rimproverare Nord e in
tre balzi
si avvicinò a Sandman, posandogli cautamente la mano sulla
spalla.
Gli occhi di Sandy erano fissi al punto in cui il portale si era
richiuso e luccicavano in modo surreale. Jack non riuscì a
trovare
parole di conforto da dargli, e perciò gli fece intendere la
propria
solidarietà stringendogli più forte la spalla.
Poi si tirò di
nuovo in piedi, pronto a farsi valere contro Nord.
<<
Bellatrix non è pericolosa, Nord! Ha solo reagito d'istinto,
tutto
qui! L'abbiamo vista combattere contro Pitch, al castello! Quella
volta stava combattendo per noi, la nostra guerra! Hai visto anche tu
com'era ridotta quando Sandy l'ha tirata fuori da quel posto! L'ha
fatto per salvare Jamie e Sophie, non certo perché va di
moda fare
l'eroe, o per i propri interessi! Ha salvato i bambini, e ha liberato
i tuoi Yeti e le fatine. E tu come la ringrazi? Esiliandola! Non se
lo meritava, e tu lo sai benissimo! >>
Si
staccò da lui, guardandolo con una luce accorata negli occhi.
<<
Non è pericolosa! Lei è coraggiosa, leale!
Combatte come un leone
per le persone a cui tiene, e non si tira mai indietro, anche quando
la situazione si volge al peggio! D'accordo, sarà anche
testarda,
impulsiva e altezzosa, a volte perfino antipatica! Ma il suo animo
è
nobile e splende più di tutte le stelle che custodisce!
>>
Nord
gli rivolse uno sguardo indecifrabile, posandogli la mano sulla
spalla.
<<
Sai, Jack? È arrivato momento che tu sappia cose come stanno
>>
.
Jack
aprì la bocca per ribattere, confuso. Nord lo
zittì alzando la mano
a scompigliargli i capelli e lanciò un'occhiata
significativa a
Dentolina e Sandy. Jack rivolse loro una mezza occhiata
interrogativa, chiedendosi cosa stesse succedendo, ma i due evitarono
accuratamente di guardarlo e si diressero alla porta senza proferire
parola e se la richiusero alle spalle.
<<
Siediti, Jack >> .
Lui
rimase ostinatamente in piedi, sdegnando efferatamente l'invito di
Nord e il davanzale della finestra che lui gli aveva indicato.
Nord
si lasciò cadere nel letto nell'angolo e si passò
la mano sulla
nuca con gesto stanco, guardandolo di sottecchi con occhi fermi.
<<
Quello che ho detto a lei, era vero solo per metà. O, per
meglio
dire, non era tutto >> .
<<
Arriva al dunque, Nord! >>
<<
Non so come fare a dirtelo senza mezzi termini, Jack. Il fatto
è
che... Bellatrix è tua antenata! >>
Il
ragazzo si aggrappò al bastone, incredulo.
<<
Cosa... Come.. Come lo sai, tu? >>
<<
Io l'ho detto, che dopo quel che le era successo abbiamo tenuto
d'occhio sua discendenza, Jack! Tua famiglia discende da quella di
suo figlio! >>
Jack
lo guardò a bocca aperta.
<<
Ma tu... tu mi avevi detto di non sapere nulla della mia vita
passata! L'hai detto, me lo ricordo benissimo! >>
Nord
assunse un'espressione vagamente colpevole.
<<
Beh... diciamo che... potrei aver detto piccola bugia...
>>
<<
Ed è... è per questo che hai mandato me ad
aiutarla? Cosa.. cosa
credevi di fare? Pensavi di dirmelo, prima o poi, se tutto questo non
fosse mai successo? Nord? >>
Lui
non gli rispose, ma si piegò in avanti afferrandosi la testa
con le
mani. Il silenzio si allungò nella stanza per diversi
minuti,
tendendosi come un sottile filo di ragnatela.
<<
E anche sapendolo, ci hai tenuto separati per tutto questo tempo? E
avresti continuato a farlo, non è così?
>> continuò Jack
infine, lanciandogli un'occhiata di rimprovero. Poi, volgendogli le
spalle, si diresse alla finestra e la spalancò con gesto
secco e
deciso, balzando sul davanzale. Nord alzò lo sguardo su di
lui,
allibito.
<<
Cosa vuoi fare? >> gli chiese, alzandosi in piedi facendo
leva
con le mani sulle ginocchia.
<<
Vado a cercarla, ovviamente! Le hai vietato di tornare indietro, ma
non puoi impedire a me di andare da lei. Non metterti in mezzo, Nord.
Hai già fatto abbastanza >> .
E
si lanciò fuori dalla finestra, lasciandosi trasportare dal
vento
che ululava forte tra le montagne.
Aprì
gli occhi, ansimando come se avesse corso per chilometri senza mai
fermarsi. Spostò freneticamente lo sguardo da una parte
all'altra,
senza riuscire a scorgere nulla al di fuori del buio pesto. A un
tratto una fiamma azzurra si accese qualche metro avanti a lui,
apparendogli al rovescio. Calmoniglio strizzò gli occhi,
disturbato
da quell'improvviso bagliore. A un tratto le fiamme tremarono come
esposte a una folata di vento e lui si ritrovò a fissare gli
occhi
paglierini di Pitch, così vicini che poteva vedere il
proprio muso
sconvolto riflesso nelle iridi scintillanti.
<<
Hai dormito bene? >> chiese lui, con voce sarcastica.
Calmoniglio
non rispose, ben deciso a non cedere alle sue provocazioni. A essere
sincero con sé stesso, non era neanche sicuro di poterlo
fare, se
anche avesse voluto: si sentiva così debole, così
stanco che si
meravigliò di riuscire ancora a respirare. La sua mente non
l'aveva
ancora abbandonato, ma il suo corpo era molle e inerte come sotto
anestesia. Con sforzo sovrumano, tentò di articolare una
frase, ma
riuscì solo a produrre un pietoso rantolo.
<<
Che hai detto? >> lo canzonò l'Uomo Nero,
portandosi la mano
all'orecchio per sentirlo meglio.
<<
Non ho capito, ti spiace ripetere? ...Vuoi che ti tolga quell'affare di
dosso? Così forse riesci a parlare! >>
Calmoniglio
sentì la morsa attorno alla sua testa allentarsi un po', e
lui provò
un immediato seppur parziale sollievo.
<<
Do... Dov'è Sophie? >>
La
sua stessa voce gli suonò irriconoscibile, così
bassa e roca che
pareva quella di una persona molto vecchia e malata.
<<
Chi, la bambina? Vorresti vederla? >>
<<
Se... se le hai torto un solo capello, io... >>
Pitch
scoppiò in una risata cattiva, facendo ammutolire
Calmoniglio
all'istante mentre la presa sul cranio di quest'ultimo tornava a
stringersi.
L'
Uomo Nero allargò le braccia, arretrando fino a sparire
nell'oscurità con un ghigno stampato in volto.
<<
Ho fatto di più, Calmoniglio! Ho fatto molto, molto di
più! >>
Jack
individuò l'albero cavo stagliarsi oltre le fronde della
foresta e
sentì una scarica di adrenalina attraversargli lo stomaco.
Si buttò
a capofitto nel buco alla cima del tronco, chiamando Bellatrix a gran
voce.
<<
Bellatrix! >> ripetè, sbucando fuori dal
tunnel col cuore che
gli scoppiava in petto. Ma nella tana non vide nessuno. Per
l'esattezza, non vide assolutamente nulla. L'intero ambiente sembrava
essere stato inglobato da un'oscurità densa e soffocante.
Viva, in
qualche modo. Un fruscio arrivò alle orecchie di Jack dal
fondo
della stanza e lui si avvicinò cautamente, avanzando alla
cieca.
<<
Bellatrix? Sono io, Jack... >>
Un
secondo fruscio, più vicino e forte, lo fece voltare, ma di
nuovo
lui non vide altro che oscurità. E poi, a un tratto, due
occhi
gialli e sfavillanti si accesero nel buio di fronte a lui,
trafiggendolo come una lama incandescente.
<<
Tu?! Che ci fai qui? Rispondi, dov'è Bellatrix, che le hai
fatto? >>
urlò il ragazzo, imbracciando il bastone sulla difensiva.
<<
Non ho idea di dove sia quella donna! >> la voce di Pitch
gli
arrivò alle spalle, vellutata e carezzevole <<
Ma non è per
lei che sono qui! A dirla tutta, io cercavo proprio te! >>
All'improvviso
Jack sentì un dolore lancinante alla nuca e cadde a terra
tramortito,
mentre la risata di Pitch gli risuonava spaventosa nelle orecchie.
A.A
Quasi
quasi mi vergogno di aver scalato di nuovo di un giorno per un
capitolo che, a confronto con gli altri, mi sembra decisamente
più
corto e striminzito. Ma ieri tra una cosa e l'altra ho avuto a
malapena tempo di pensare, perciò niente.
E
sì, Dracarys, devo dire che non sono abituata molto ai
commenti
deliranti, ma solo perché la media di recensioni che ricevo
di
solito è abbastanza bassa e tutt'al più da parte
di chi non ha
particolari commenti su quel che scrivo. È una cosa nuova ma
ci
dovrò fare l'abitudine, perciò non limitarti
più! Anche se questo
può voler dire smontarmi in due secondi come un mobile
Ikea :3
Concedetemi
due piccole note tecniche. Siccome nelle ultime due settimane io e
l'appuntamento col nuovo capitolo non stiamo andando molto d'accordo,
il prossimo aggiornamento sarà Venerdì,
così riprendiamo da dove
ho lasciato in sospeso con la serietà. In ultimo,
probabilmente
qualcuno avrà notato che il titolo del corrente capitolo
è un po'..
altisonante. Non so voi, ma non sono particolarmente entusiasta
dell'inglese, specialmente perché in tutti gli altri
capitoli mi
sono sempre sforzata di trovarne uno in italiano che si adattasse
meglio. Trovo che i titoli in inglese siano molto di facciata, tanto
per “far figo”. Ma stavolta ho fatto lo strappo
alla regola per
un semplice motivo. Sto ascoltando “I will not bow”
dei Breaking
Benjamin e -che cavolo!- trovo che ci caschi a pennello.
Adesso
scusatemi ma ho da elaborare un durissimo trauma: domani mi aspettano
degli esami del sangue e non sono sicura di farcela :D :D
Tec
(in procinto di buttarsi fuori dalla finestra anche se sta al primo
piano)
|
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Capitolo 12 *** Alleanza proibita ***
Il
pavimento del sagrato si avvicinava veloce, ma a qualche metro da
terra Bellatrix riuscì a compiere un atterraggio di fortuna.
Aprì
le ali, si avvitò su sé stessa con un turbinio
del vestito e toccò
terra flettendo appena le ginocchia. Guardò in alto, verso
la
cuspide dalla quale era caduta: il campanile era completamente
immerso nell'oscurità e solo le bifore delle campane erano
appena
distinguibili dal resto, perché anche più scure
della notte che le
circondava. Un secondo lampo illuminò brevemente l'edificio,
che
apparve alla ragazza da una prospettiva più bassa rispetto a
quella
del piano del corpo centrale della chiesa. Si alzò di nuovo
in volo
per studiarne la struttura, evocando una stella che
rischiarò
vagamente l'aria gelida. L'edificio si ergeva su un fianco di una
collina, sorretto da una sorta di terrazza aggettante, alla quale si
giungeva tramite una lunga e accidentata scala di pietra, scolpita
nel fianco del promontorio roccioso. Era dissimile da qualsiasi cosa
Bellatrix avesse mai visto prima e per questo l'affascinava. Si
accostò al muro sul quale si innestava la terrazza di
ciottoli e
vide che era scandito da ampie arcate , nere come le orbite di un
teschio e sbarrate da una continua grata di ferro. Presa da una
curiosità del tutto fuori luogo ma al contempo
insopprimibile,
Bellatrix seguì la fila di archi fino a trovarsi all'entrata
d'acceso al sotterraneo, costituita da un cancello di ferro dalle
sbarre arrugginite. Le catene che di norma dovevano tenerlo chiuso
penzolavano pigramente da un'anta all'altra, e il lucchetto giaceva
piccolo, inutile e aperto per terra. Spalancò il passaggio
con un
poderoso calcio, sollevando la gonna fradicia oltre il ginocchio.
Spostò la mano verso la stella, che nonostante la pioggia
battente
brillava imperterrita irradiando un piacevole tepore, e la chiuse a
pugno spostandola poi davanti a sé, oltre la soglia. La
stella
obbedì al suo ordine e la precedette fluttuando, illuminando
un
lungo ed ampio corridoio tutto volte e colonne di pietra. La ragazza
prese un respiro profondo e si inoltrò nel sotterraneo.
Camminò per
diversi minuti, con la sola compagnia del rumore dei tacchetti sulla
pietra nuda che turbava quell'altrimenti assoluto silenzio di quel
posto così strano. A un tratto si fermò,
alzò il pugno e aprì la
mano. La stella schizzò sopra la sua testa, ingrandendosi un
po' e
illuminando un pi' più lontano, dove un drappo rosso
consumato dagli
anni e dall'umidità si allungava sulla pietra, lacero e
logoro. Nel
muro, tra un'arcata cieca e l'altra, si aprivano grandi e profonde
nicchie, la maggior parte delle quali vuote e coperte di affreschi
usurati dal tempo.
Stava
osservando una figura a malapena leggibile, quando i suoi occhi
incrociarono le orbite vuote di un teschio umano ingiallito e coperto
di polvere. Una spessa ragnatela si tendeva tra la scatola cranica e
la parete retrostante, così carica di polvere da apparire
brunastra.
Bellatrix represse un brivido e distolse lo sguardo, concentrandosi
sulla sua strada. Man mano che si addentrava nelle viscere della
chiesa, un senso di consapevolezza sempre crescente la faceva sentire
più vicina al suo obbiettivo.
Il
suo primo pensiero fu di illuminare a dovere le immediate vicinanze,
ma subito si rese conto che non ne aveva alcun bisogno: si trovava in
quella che a prima vista pareva un'immensa cripta, interamente
foderata di quelli che riconobbe come resti umani. I muri, i
soffitti, le volte e le nicchie erano letteralmente composte di
teschi, ingialliti e ciechi, vertebre, femori e quant'altro. Solo il
pavimento di pietra ne era sgombro, a parte qualche inquietante pila
di crani le cui orbite parevano seguirla ad ogni passo. Grandi torce
dalle fiamme azzurre bruciavano su ogni colonna, estendendosi in ogni
direzione a perdita d'occhio. Bellatrix avanzò, camminando
in quel
posto così lugubre, portandosi la mano al petto e stringendo
come
un amuleto il ciondolo bianco che si era trovata in mano al momento
del suo risveglio, tenendo il naso costantemente per aria a osservare
quanti più dettagli riuscisse a cogliere di quel luogo
così
surreale.
Così
in stile Pitch... si
sorprese a
pensare.
Le
colonne alte e massicce fornivano un solido appoggio a un basso
matroneo, una specie di largo ballatoio che correva tutt'intorno alla
navata principale in cui si trovava Bellatrix, delimitato da un
parapetto anch'esso decorato con ossa umane. Alzando lo sguardo al
soffitto, centinaia di teschi incastonati nelle volte le restituivano
il loro sguardo vuoto, e Bellatrix represse un brivido di disgusto
osservando che molti di essi erano privi della mandibola..
Costringendosi ad abbassare lo sguardo, Bellatrix tirò
dritto e
continuò a camminare imperterrita, quando una voce
canzonatoria la
fece trasalire, rimbalzando spettrale sulle pareti violacee.
<<
Guarda un po' chi è venuto a trovarmi! Bellatrix, ti trovo
bene! O
preferisci essere chiamata Serena? >>
Lo
individuò oltre il parapetto del matroneo, un braccio
mollemente
appoggiato alla colonna e la mano dell'altro appoggiata alla
balaustra. Si limitò a guardarlo mentre lui si staccava dal
parapetto e spariva dietro al pilastro. Al battito di ciglia dopo se
lo ritrovò davanti, a pochi metri di distanza.
<<
E i tuoi amici Guardiani, dove li hai lasciati? >>
continuò
l'uomo, aggirandola lentamente con le mani dietro la schiena, lo
sguardo fisso su di lei, immobile.
<<
Amici? Chi ha mai detto che fossero amici miei? >>
rispose lei,
fredda.
<<
Ah, è così. Ti sei dissociata! Brava, hai capito
che il loro gioco
non vale la candela, sono contento per te! >> rispose
lui,
tornando lentamente nel suo campo visivo.
<<
E cosa ti ha convinto a sganciarti, se è lecito?
>>
Il
fatto che mi abbiano taciuto otto secoli di bugie!
<<
Non... erano diventati troppo soffocanti, e a me piace
l'indipendenza. Non ne potevo più e così me ne
sono andata. Meglio
essere padroni nell'inferno, che sottoposti in paradiso!
>>
<<
Mi piace come ragioni! Ma ora dimmi, perché sei venuta da
me? Che
ruolo gioco io in questa tua decisione? O forse si tratta solo di una
visita di cortesia? >>
<<
In effetti, no >> disse lei, seguendolo con lo sguardo
fino al
limite del proprio campo visivo, mentre lui le girava attorno una
seconda volta. << Infatti sono qui con uno scopo ben
preciso.
Voglio proporti un'alleanza. Che ne dici? >>
I
passi dell'uomo si arrestarono di colpo, ma lei non si voltò
a
guardarlo né mosse un singolo muscolo. Nemmeno quando
sentì il suo
fiato caldo solleticarle l'orecchio.
<<
E chi mi dice che non sia tutta una messa in scena per vendicarti?
Dopo tutto, le sofferenze che hai subito sono opera mia. Ci avevi mai
pensato? >>
<<
Oh, eccome! Ci ho pensato parecchio, e... >>
<<
E...? >> la incalzò lui, riprendendo a
camminarle intorno.
<<
Ho passato da sola ottocentoventuno anni della mia esistenza. Ora
basta. Ne ho fin sopra i capelli. >>
I
volti dei Guardiani sfilarono uno accanto all'altro nella sua mente,
inespressivi e statuari.
<<
E mi sembrava che anche per te fosse la stessa cosa, una volta
>>
.
Sentì
i passi dell'uomo arrestarsi nuovamente dietro di sé e
Bellatrix si
voltò a guardarlo, ma lui si era già spostato
davanti a lei con
un'espressione compiaciuta sul volto appuntito. Restarono in silenzio
per diversi secondi, scrutando l'uno negli occhi dell'altra come a
soppesare la proposta.
<<
Saresti davvero disposta a voltare le spalle a tutto ciò per
cui hai
lottato per tutti questi anni, solo per poterti staccare da loro?
>>
Bellatrix
esitò solo un secondo, ma sostenne il suo sguardo perforante
senza
battere ciglio.
<<
Sì >> .
Pitch
si solleticò il mento con l'indice, mentre sul suo viso si
allargava
un'espressione indecifrabile.
<<
D'accordo, Bellatrix. Ci sto! >> disse infine, porgendole
la
mano.
Lei
allungò la propria e gliela strinse con
solennità, guardandolo
negli occhi con cipiglio serio. Nel momento preciso in cui i loro
palmi si toccarono, sentì un dolore improvviso e
insopportabile
attanagliarle la mano per poi irradiarsi al braccio, attenuandosi via
via che le si propagava nel corpo. Dalle loro mani ancora intrecciate
scaturì un fiotto nero che si divide in due tentacoli
sabbiosi che
arrampicarono lungo le loro braccia tese e si dissolsero. Il tutto in
un lasso di tempo così fulmineo che lei ebbe solo il tempo
di gemere
impercettibilmente e pensare di aver subito un attacco a sorpresa
dall'uomo che le stava di fronte.
<<
Non preoccuparti, non ti ho fatto niente >> la
anticipò lui,
sciogliendo la stretta mentre lei crollava in ginocchio senza un
grido, col braccio tremante ancora alzato verso di lui.
<<
> .
La
guardò compiaciuto mentre lei si rialzava in piedi,
studiandosi la
mano con attento interesse. Dalla punta delle dita al polso, la pelle
si era ingrigita, come se l'avesse tinta con del trucco teatrale,
sfumando poco più sotto in un rosa pallido e malato.
Ci
fu un secondo di assoluta sospensione, sia del tempo che di ogni suo
pensiero. Poi fu presa da un dolore lancinante agli occhi e li
coprì
con le mani, tenendoli comunque spalancati sotto le dita ferrigne.
Sentì le pupille contrarsi e assottigliarsi come quando
rivolgeva lo
sguardo a una forte luce, ma stavolta rimasero così, strette
e
verticali come un filo teso, mentre i canini le si affilarono contro
la lingua.
Quando
abbassò la mano ansimando, vide che una grossa ciocca di
capelli le
si era tinto di nero e trattenne rumorosamente il fiato per la
sorpresa.
Fece
per sfiorarsi il ciuffo corvino, ma Pitch le trattenne la mano e la
abbassò lentamente, guardandola quasi con affetto.
<<
Sono solo degli effetti collaterali causati dai tuoi nuovi poteri,
nulla di cui preoccuparsi. La tua metamorfosi è cominciata.
A
proposito, complimenti per il restyling. Certo, ho un debole per il
nero, ma devo dire che anche il blu ti dona! >>
Le
porse il braccio e lei lo guardò confusa, mordicchiandosi il
labbro.
<<
Andiamo? >> aggiunse lui, con voce suadente. Esitando,
Bellatrix glielo prese e lui la guidò lungo la navata
camminando
lentamente, le fiamme azzurre che tremavano al loro passaggio.
<<
Tanto per la cronaca >> sbottò lei a un
tratto, <<
questo non fa di te il mio capo, chiaro? >>
<<
Certo, certo. Naturalmente... >> rispose lui,
accompagnando
ogni parola con un cenno d'assenso. Poi si fece serio e
tornò a
guardare avanti, facendoli piombare in un silenzio opprimente,
scandito solo dal suono dei loro passi sulla superficie liscia del
pavimento.
Bellatrix
si azzardò a studiare il profilo di Pitch per qualche
secondo,
percorrendolo con gli occhi pieni di curiosità e un vago
timore. Il
suo sguardo scese dal volto alla spalla e infine sul braccio, dove
una fasciatura recente spiccava sul tessuto nero della manica. Pitch
incrociò il suo sguardo interrogativo e si
affrettò a dare
spiegazioni, fermandosi in mezzo alla grande navata e costringendola
a fare altrettanto.
<<
Un piccolo ricordino del nostro ultimo incontro, hai presente? Ma
vedrai, ora che siamo alleati sono praticamente invulnerabile!
>>
<<
Come fai a...? >>
<<
Andiamo a parlare da un'altra parte, va bene? E dopo, inizieremo il
tuo addestramento >> .
Addestramento?
La
guidò verso il fondo della sala, dove due tozze rampe di
scale
identiche e pericolanti si ergevano l'una di fronte all'altra,
portando ai capi opposti del matroneo. Pitch la condusse su per la
scala di destra e percorse con lei circa un quarto del corridoio,
fermandosi poi accanto a un arco a sesto acuto che si apriva nel
muro. Cedette il passo alla ragazza e la seguì all'interno,
chiudendosi la porta alle spalle. A Bellatrix sembrò di
entrare in
uno strano santuario: al centro della sala si ergeva un altare di
pietra, situato su un piccolo basamento rettangolare; sulla destra,
un camino spento era scolpito con minuzia quasi certosina nel muro di
pietra, e strane sculture dall'aspetto vetroso si ergevano
direttamente dal pavimento, scure come acqua torbida.
Bellatrix
avanzo fino all'altare e cominciò ad esaminare delle
minuscole
iscrizioni che vi erano incise alla base, assieme ad un bassorilievo
raffigurante antiche pratiche religiose, in attesa che Pitch
iniziasse la sua spiegazione. Stranamente, il senso di ansia di poco
prima si era dileguato completamente, sciolta come neve al sole. Ma
il suo corpo rimase rigido, la schiena ritta, sguardo assente e
distaccato e gambe pronte a scattare.
<<
Ti ascolto, Black >> disse dopo qualche istante, senza
staccare
lo sguardo dalla figura di un sacerdote.
<<
Come stavo dicendo, ora che i tuoi sensi sono inibiti la mia
vulnerabilità rasenta praticamente lo zero...
>>
<<
Perché? >> lo interruppe lei, brusca,
continuando a fissare la
pietra con ostinazione.
<<
Perché >> riprese Pitch, col tono di chi
spiega qualcosa di
estremamente semplice, << non hai ricevuto parte dei miei
poteri gratuitamente! Abbiamo entrambi ottenuto qualcosa l'uno
dall'altra. Vedila in questo modo, uno scambio equivalente. Io ho
preso da te l'invulnerabilità fisica... >>
Bellatrix raddrizzò
la schiena e si voltò a guardare l'uomo, che, dietro di lei,
sembrava voler essere sicuro che lei guardasse.
Si
portò la mano al braccio e sciolse la fasciatura,
scoprendolo
perfettamente guarito. Non gli sfuggì l'occhiata di lei,
stupita e
spiazzata, e dopo essersela goduta a sufficienza continuò
con la
spiegazione.
<<
E tu puoi controllare gli incubi. Almeno, ci riuscirai quando ci
avrai preso la mano. Ma... >>
<<
C'è anche un “ma”? Siamo a posto,
allora! >> sbottò
Bellatrix, tornando a volgere lo sguardo all'altare.
<<
C'è sempre un “ma”, mia cara!
>> rispose lui, gettando le
bende a terra e portandosi dietro di lei, << Dal momento
che
abbiamo suggellato questo patto, se qualcuno cerca di ferirti, gli
effetti dell'attacco si ripercuotono su di me. Ecco perché,
per una
convivenza sana e pacifica, la nostra priorità è
tenerti lontano da
scontri di qualunque natura, d'accordo? >>
Bellatrix
sentì le sue dita curvarsi sulle sue spalle, e la sua
guancia
sfiorare la propria.
<<
Mh... >>
Pitch
parve interpretare quel suono atono come un verso di assenso e fece
il giro dell'altare per porgerle di nuovo il braccio.
<<
Ancora non mi hai detto come fai a sapere della mia inibizione...
>>
buttò lì lei, guardandolo con moderata diffidenza.
<<
Ogni cosa a suo tempo, mia cara. Coraggio adesso, il tuo
addestramento sta per avere inizio >> .
<<
Concentrati >> .
Bellatrix
chiuse gli occhi e si avvicinò a passi tranquilli alla lama
di ombra
che si stendeva di fonte a lei. Svoltò dietro alla colonna e
sentì
ogni cellula del suo corpo disgregarsi l'una dall'altra e scomporsi.
Il pavimento le svanì per una frazione di secondo da sotto i
piedi,
ma lei continuò a focalizzarsi sul movimento fluido delle
sue gambe,
ignorando le vertigini.
<<
Ottimo! >> sentì dire a Pitch, da un punto
distante. Bellatrix
aprì gli occhi e si ritrovò al centro di un
piccolo cerchio
tracciato con la sabbia di Pitch: esattamente il punto in cui avrebbe
dovuto ricomparire.
<<
Direi che questa tecnica l'hai assodata perfettamente. Tra poco
potrò
insegnarti come domare la sabbia, ma per adesso basta così
>>
.
Bellatrix
uscì dal cerchio sollevandosi la gonna con disinvolta
eleganza,
esibendo un sorriso cattivo. Non aveva idea di quanto tempo avessero
impiegato nella tecnica di teletrasporto, ma l'esercitazione non
l'aveva per niente affaticata. Anzi, si sentiva pervasa da un'energia
nuova e rigenerante: sentiva che avrebbe potuto abbattere un edificio
con un singolo battito di ciglia. Pitch le si avvicinò con
le labbra
stirate da un identico sorriso maligno, e le offrì di nuovo
il
braccio.
<<
Ogni promessa è debito, giusto? È giunto il
momento che tu sappia
ogni cosa, Bellatrix. Seguimi, da questa parte... >>
Bellatrix
mantenne un'espressione tronfia mentre di nuovo faceva passare il
braccio attorno a quello di lui, che la guidò giù
per una stretta e
buia rampa di pietra che si apriva e scendeva esattamente a
metà tra
le due scalinate superiori. Una volta scesi fino in fondo, davanti a
loro si estendeva come una lunghissima passerella di roccia sospesa
nel vuoto. Solo all'inizio un lato del corridoio sospeso era
fiancheggiato da uno strano muro violaceo simile a cristallo, che
delimitava quella che a prima vista sembrava una piccola stanza senza
porte anch'essa sospesa nel vuoto, tranne che per quel piccolo tratto
in cui si innestava sul pavimento di pietra come una vetrosa
crisalide. Pitch non degnò il muro di mezza occhiata e
sospinse la
ragazza avanti a sé, ma proprio quando l'immagine di lei si
rifletté
nel vetro, dall'altra parte qualcuno iniziò a tempestarlo di
pugni.
Bellatrix voltò la testa, incuriosita, e si
ritrovò a fissare due
grandi occhi castani, che sembravano rivolgerle una silenziosa
supplica.
Jamie!
Il
bambino l'aveva riconosciuta e si era dato da fare per cercare di
attirare la sua attenzione. Non poteva sentirlo, ma lei vide le sue
labbra tremanti formulare il suo nome e qualcosa in lei
sembrò
risvegliarsi. Bellatrix si districò dal braccio di Pitch e
si fermò
a guardare il bambino con espressione indecifrabile, attenta.
L'espressione del ragazzino mutò radicalmente: se prima
sembrava
mostrare un certo sollievo nell'aver attirato la sua attenzione,
adesso sembrava completamente terrorizzato nel vedersela davanti.
Eppure i due continuarono a guardarsi, finché Pitch prese
Bellatrix
sottobraccio con decisione e la sospinse lontano dal ragazzino.
Tenendole delicatamente ma con una certa fermezza la mano sulla
spalla, la guidò lungo quello stretto molo sdrucciolevole
sospeso su
un mare di oscurità che li circondavano. Camminarono in
silenzio per
diversi minuti, ognuno immerso nei propri pensieri e senza mai
guardare altrove se non davanti a sé.
<<
Se il ragazzino è qui, allora deve per forza esserci anche
Calmoniglio... >> osservò Bellatrix, in tono
piatto. Pitch
emise un verso di affermazione, continuando impassibile a guardare
avanti, il volto illuminato spettralmente dalla fila di torce
azzurre, decine e decine di stalagmiti di vetro frastagliato a
sostegno delle fiamme.
<<
E la sorella? >> continuò la ragazza, con lo
stesso tono
annoiato.
<<
La sua trasformazione è quasi compita, poi
toccherà al moccioso >>
.
I
due piombarono di nuovo nel silenzio. A un tratto, a pochi metri da
quello che sembrava il termine della passeggiata di roccia, Pitch
allungò il braccio a sbarrarle la strada.
<<
Sta' indietro >> .
Bellatrix
obbedì e lasciò che lui la superasse a grandi
falcate. La
distanziava di quasi una decina di metri, e prese a parlare con
qualcuno che lei, da quella distanza, non riusciva a vedere
poiché
la luce azzurra delle torce non arrivava a illuminarlo.
<<
Vi sono mancato? Suvvia, cosa sono quelle facce lunghe? Su col
morale, avete visite! >>
Pitch
si voltò a guardarla, come facendole segno di avvicinarsi.
Lei si
fece avanti con passo indolente, ancheggiando con
voluttuosità e il
sogghigno strafottente di nuovo sulle labbra.
E
a quel punto si trovò di fronte tutti Guardiani al completo.
Dentolina, Nord, Calmoniglio, Sandman e Jack Frost erano appesi nel
vuoto con spesse e pesanti catene di sabbia strette ai polsi.
Tenevano tutti la testa reclinata sul petto, con lo sguardo fisso e
assente rivolto verso il basso. Ma quando Bellatrix si
avvicinò,
alzarono tutti gli occhi quasi con fatica, tutti con tempi e
velocità
diversi, e sui volti di tutti e cinque si insinuarono la sorpresa e
la paura con la rapidità di un veleno entrato in circolo.
Bellatrix
fissò i loro visi sconvolti, uno per uno. Ognuno di loro
sembrava
sciupato, ed esibiva i segni chiari e inequivocabili della violenza:
le guance pallide e smunte, lividi, tagli sanguinanti e due cerchi
neri sotto gli occhi. I suoi incontrarono quelli pesti di Jack, e a
quel punto tutta la baldanza di Bellatrix, già precaria dal
momento
in cui li aveva scorsi, vacillò paurosamente.
Il
ragazzo aprì la bocca, ma dalla sua gola si levò
solo un pietoso e
flebile rantolo. Lei avrebbe preferito che non l'avesse fatto: se in
un primo momento, vederseli tutti lì stanchi e indifesi,
aveva
provocato in lei una sorta di perverso piacere, adesso provava solo
un forte senso di malessere, e avrebbe voluto scappare via senza mai
guardarsi indietro. Perché, e di questo era sicura dal
preciso
istante in cui i loro sguardi si erano allacciati, nel momento in cui
Jack aveva cercato di pronunciare il suo nome qualcosa in lei si era
rotto, liberando un'incertezza che lei aveva in tutti i modi cercato
di soffocare dal momento in cui era stata cacciata. Stordita,
abbassò
lo sguardo, mentre con le mani si afferrava la testa e si piegava
sulle ginocchia, come a cercare di chiudere fuori da sé un
urlo
straziante che le rimbombava nelle orecchie. Sentì le
pupille
fremere e riallargarsi, i denti tornare alla loro forma consueta, e
un pensiero fulminante attraversarle le meningi.
Che
cosa sto facendo...? Questa... questa non sono io! Non ho mai voluto
questo! Non ho mai voluto che loro cadessero nelle mani di Pitch!
<<
Bell...a...trix... >>
A
quella debole supplica che la distolse immediatamente da quella
rivelazione, lei lanciò al ragazzo un'occhiata sconvolta, i
denti
digrignati e la mandibola rigida per lo sforzo di mantenere il
controllo.
E
poi, di punto in bianco, si accasciò su se stessa senza
emettere un
suono. Pitch la afferrò prontamente e la sostenne per le
spalle
prima che lei ebbe avuto il tempo di toccare terra. Tendendo il
braccio per sostenerle il busto, frenò la sua caduta e si
abbassò
con lei, passandole l'altro sotto l'incavo delle ginocchia. Poi la
sollevò, si voltò tenendola stretta tra le
braccia e iniziò a
ripercorrere il passaggio, lanciando un'ultima, trionfante occhiata
ai Guardiani che li guardarono andare via e ripiombarono nell'oblio,
impotenti e storditi.
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Capitolo 13 *** Il sacrificio ***
Bellatrix
aprì gli occhi, confusa. Vide la volta a botte decorata con
le ossa
della stanza con le strane sculture e riconobbe sotto di sé
la
pietra fredda e umida dell'altare. Non ricordava assolutamente come
ci fosse arrivata, né cosa stesse facendo prima di perdere
conoscenza. Si tirò a sedere, stordita. Pitch era
lì, accanto
all'altare, e la guardava con un'espressione enigmatica che lei non
riuscì a decifrare.
<<
Che è successo? >> chiese, portandosi le dita
a sfiorare la
tempia pulsante, guardando l'uomo con le tempie dolorosamente
pulsanti.
<<
Ti sei sforzata troppo durante l'addestramento e sei crollata, nulla
di grave >> si limitò a rispondere lui, in
tono rassicurante.
Strano,
pensò lei, mi pareva che avessimo
finito, con quella
roba...
La
testa le stava letteralmente scoppiando. In lei si fece strada una
strana sensazione, come quando si cerca di ricordare un sogno che
tuttavia non si riesce a riportare alla mente. Era come se nella sua
testa ci fossero state decine di radio, ognuna sintonizzata su una
frequenza diversa.
Poco
dopo, Bellatrix si trovava nella grande navata imbottita di teschi,
apparentemente da sola. Ogni suo muscolo era contratto dalla
concentrazione, le orecchie tese. Era pronta a captare ogni singolo
spostamento d'aria, la minima variazione di pressione dell'atmosfera.
Un lieve sibilo le arrivò alle spalle, costringendola a
voltarsi.
Un'immensa lingua di sabbia si avvicinava, veloce e minacciosa come
una frusta lucente.
Bellatrix
agì d'istinto: piegò le gambe, spiegò
le ali e balzò agile,
atterrando sul parapetto del piano superiore con elegante
agilità.
La lingua di sabbia si abbatté nel punto preciso in cui
pochi
istanti prima si trovava lei,disegnando una ragnatela di crepe nel
punto preciso dell'impatto, e dopo un attimo si ricompose nella
figura di Pitch.
<<
Non hai capito proprio niente! >> urlò lui
furioso, la sua
voce che rimbombava spettrale nella cattedrale, << Devi
deviare
l'attacco, non schivarlo! >>
<<
Non posso farci niente, Dannate Pleiadi! >>
urlò lei ancora
più forte, voltandosi a guardarlo e puntandosi il pollice
contro il
petto con gesto indignato e incollerito.
<<
Sono pur sempre mezzo gatto, io! Il mio istinto mi dice che
è meglio
evitare un attacco, piuttosto che affrontarlo! >>
<<
Allora sopprimi il tuo istinto! >> rispose Pitch,
sollevando il
braccio sinistro e puntandolo di lato. Una raffica nera
partì in
quarta dal suo palmo aperto e si abbatté su una colonna,
distruggendola. Senza più il sostegno, la struttura
sovrastante
collassò su sé stessa in un assordante fragore di
massi sgretolati,
ma nessuno dei due distolse lo sguardo dagli occhi dell'altro.
L'uomo
smise di ansimare come reduce da una corsa e riprese, in tono
più
pacato: << Vedi cosa potresti fare se riuscissi a
dominarlo?
Vieni giù, scendi e riproviamo. Adesso! >>
<<
Non ti provare a darmi ordini! Mi sembrava di essere stata chiara, tu
non sei il mio capo! >> ribatté lei, stizzita.
Tuttavia si
lasciò cadere dal parapetto e atterrò con grazia
davanti a lui,
guardandolo storto. Prese un respiro profondo mentre lui si
smaterializzava nuovamente per ripetere l'attacco. Passarono diversi
minuti carichi di silenzio teso, in cui Bellatrix cercò di
capire da
che parte sarebbe arrivato l'attacco successivo, finché il
sibilo
ormai familiare la indusse ad alzare la testa di scatto e fissare con
gli occhi carichi di terrore la volta oscura che la sovrastava. Una
pioggia di frecce sabbiose fu scagliata su di lei, fendendo l'aria
con i suoi minacciosi sibili. Per un secondo il suo istinto le
gridò
di spostarsi, ma dopo un attimo di conflitto interiore
riuscì a
soffocarlo. Alzò le braccia come a schermarsi il viso e
chiuse gli
occhi con tanta forza che davanti alle palpebre serrate vide
comparire tante piccole luci bianche. Il silenzio parve allargarsi
nell'ambiente come un'onda provocata da un sasso sulla superficie di
uno stagno, e dopo qualche istante Bellatrix riaprì
timidamente gli
occhi. Le frecce erano sospese a mezz'aria, ancora puntate su di lei,
frementi ma per il resto immobili. Con la coda dell'occhio vide
Pitch, ai limiti estremi del suo campo visivo, con lo sguardo
concentrato e le braccia protese in avanti e sussultanti per lo
sforzo. Bellatrix sorrise tra sé e strinse i pugni,
allargando le
braccia a sua volta. La pioggia di frecce si divise in due filoni,
uno diretto a destra e l'altro a sinistra, comandato dalle rispettive
mani. Il flusso più vicino a Pitch puntò su di
lui, mentre quello
di sinistra schizzò nella direzione opposta,
aggirò una colonna,
strisciò veloce per terra e infine lo immobilizzò
dal busto in giù,
cogliendolo alla sprovvista. Immobilizzato, l'Uomo Nero si
limitò a
guardare impotente la lama di sabbia avvicinarsi veloce e inesorabile
al suo volto. Poi, d'un tratto, si fermò a pochi centimetri
dalla
sua gola, fremendo in modo appena percettibile. Pitch alzò
lo
sguardo su Bellatrix e stirò il volto in un sogghigno
compiaciuto.
Lei abbassò le braccia e la sabbia ricadde a terra con un
tonfo
morbido, alzando nuvolette di polvere dal pavimento petroso. Pitch
indietreggiò e si appoggiò schiena al muro dietro
una colonna,
spiando la ragazza oltre lo stipite con le mani strette sul mosaico
di ossa che la ricopriva. Bellatrix aveva smesso di curarsi di lui
nell'istante stesso in cui l'aveva lasciato andare, e si era messa a
dare forma alla sabbia che aveva appena imparato ad addomesticare con
gesti fluidi e complicati delle mani.
Pitch
si ritrasse, appoggiando la nuca sul pilastro. Il suo piano stava
avendo risvolti più che soddisfacenti: non solo aveva
catturato
tutti e cinque i Guardiani, che adesso erano alla sua completa
mercé
e del tutto fuori gioco. Aveva anche catturato i bambini, e per un
fortuito caso la ragazza aveva deciso di sua spontanea
volontà di
passare dalla sua parte...
I
suoi pensieri furono interrotti da un silenzio innaturale quanto
immediato. Tornò a sbirciare la ragazza e la vide in piedi,
di
spalle, circondata da cinque sagome scure.
Pitch
uscì dal suo nascondiglio con atteggiamento risoluto e si
diresse
verso di lei a passi sicuri, veloci e ampi. Doveva impedirle di
lasciarsi andare ai sentimentalismi, o avrebbe potuto ricordarsi di
aver incontrato i Guardiani e allora... allora avrebbe anche potuto
decidere di rivoltarglisi contro, arrivando forse anche a liberarli.
E questo, lui non l'avrebbe mai lasciato accadere. Ora che lei aveva
accettato di sottomettersi a lui, l'avrebbe sfruttata fino all'ultima
goccia di vitalità che le rimaneva.
Lei
lo sentì fermarsi al suo fianco, ma non lo degnò
di mezza occhiata.
<<
Sai... >> disse, contemplando assorta un gigantesco Nord
fatto
di sabbia << c'è stato un momento, dopo aver
liberato l'Uomo
nella Luna, in cui ho seriamente creduto di aver finalmente trovato
degli amici, delle persone che tenessero a me. Con loro mi sono
sentita a casa, per la prima volta, da tantissimo tempo. E adesso...
è tutto perduto. Come sabbia che scivola via dalle dita...
>>
<<
È questa la tua casa, ora. E ti sarò alleato, se
è questo che
vuoi. Lo sarò sempre, a differenza loro che ti hanno
esiliata. E lo
sai perché l'hanno fatto? Perché volevi sapere
troppo, cominciavi
ad essere troppo curiosa... cominciavi ad essere scomoda!
>>
<<
Scomoda... >> ripeté lei, atona.
<<
Pensaci bene, Bellatrix! Non sono stati in grado di salvare
né te,
né la tua famiglia! E così è stato
anche per lo scontro al
castello! Anzi, lì, sei stata tu ad aver dovuto salvare
loro! E
quanto tempo hai passato da sola, abbandonata e morente, prima che ti
tirassero fuori dalle macerie di quel posto? Cosa hai ottenuto, in
cambio? L'ennesima porta sbattuta in faccia, ecco cosa!
>> la
aizzò lui, sussurrandole malignamente all'orecchio.
Si
ritrasse, aspettando la reazione di lei.
Bellatrix
rimase immobile diversi secondi, assimilando il significato di tutte
quelle parole.
E
poi si avventò sulla statua di Nord, facendola esplodere
scagliandole contro una stella di gas, nera come la pece.
Allargò le
dita e dal palmo ne nacque un'altra, che spedì stavolta
contro la
Dentolina di sabbia. Sferrò un doppio attacco alle
riproduzioni di
Calmoniglio e Jack, e stava per abbattere quella di Sandman con un
fendente di spada ottenuta in un battito di ciglia da una stella a
forma di croce. La stella a quattro punte che stava brandendo era
praticamente identica a quella che aveva alzato contro Pitch quella
volta nelle segrete, ma questa si differenziava nel colore: nero come
la notte, nero come il suo nuovo potere.
Pitch
allungò la mano e chiuse le dita sul suo polso, inducendola
ad
abbassarlo.
<<
Appartiene al passato, Bellatrix. Tutti loro. Adesso ci siamo solo
noi due. Non capisci? Siamo destinati a regnare su questo
mondo! Pensaci, pensaci bene! I nostri elementi sono contrastanti, ma
complementari! Le stelle non potrebbero brillare, se non esistesse
fosse l'oscurità! E allo stesso modo, senza la loro luce a
rischiararla, il concetto
stesso di oscurità non avrebbe alcun senso! >>
Bellatrix
lo guardò stralunata, nel tentativo di assimilare le
sue parole.
Era
vero, loro non erano riusciti a salvare uno solo dei suoi fratelli.
E, vero di nuovo, era stata lei a salvarli, più di una
volta.
Abbassò lo sguardo. Non aveva ricevuto niente, da quelle sue
azioni.
Neanche il più striminzito dei ringraziamenti.
La
sua mano era intrappolata tra quelle di Pitch, ma non fu il loro
contatto a distrarla dai suoi pensieri: la colorazione grigiastra
della pelle si era estesa fin sopra il suo gomito. La metamorfosi
stava progredendo a pieno ritmo.
<<
Più userai i tuoi nuovi poteri, più la
trasformazione accelererà i
tempi >> spiegò Pitch, notando il suo sguardo
perplesso.
Lei
alzò il volto e fissò gli occhi in quelli
dell'uomo, ripensando
alle sue parole. A differenza loro che ti hanno esiliata...
E
immediatamente si rese conto di cosa non tornava in tutta quella
faccenda: lei non aveva mai detto di essere stata cacciata.
Così
come non aveva mai fatto parola della sua invulnerabilità,
altra
cosa di cui lui era al corrente senza che lei gliene avesse mai fatto
parola. Si disse che l'unica spiegazione plausibile era che i
Guardiani stessi dovevano averglielo riferito, ma loro non
l'avrebbero mai e poi mai tradita così, a meno che Pitch non
li
avesse in qualche modo costretti. E ancora, come le era venuto in
mente di credergli? Certo che i Guardiani erano venuti a salvarla, in
ben più di un'occasione! Nord si era detto profondamente
contrito, a
distanza di secoli, per non essere riuscito a salvare la sua
famiglia, ma in compenso le aveva dato la notizia che suo figlio era
sopravvissuto anche dopo essere stato separato da lei! E Sandy,
allora? Lui l'aveva presa con sé quando si era svegliata sui
resti
del rogo, l'aveva letteralmente fatta risorgere dalle proprie ceneri!
Lui l'aveva tratta in salvo dai lupi, prima ancora di diventare uno
Spirito! Lui, lui, sempre lui! Era corso da lei anche quella volta di
poco tempo prima, quando era rimasta intrappolata sotto quelle
macerie! E che dire di Jack, che l'aveva seguita da un capo all'altro
del globo, quando le stelle minacciavano di sparire per sempre? Era
stato lui a caricarsela in spalla quando era troppo debole per volare
in autonomia! Ed era sempre stato lui, con Nord e Sandy, a portarla
al Polo Nord e curarla come poteva! Davvero non aveva ricevuto nulla,
da loro? La verità era che loro le avevano già
dato tanto, e
l'unico motivo per cui era stata lei a salvarli era semplice: stava
ancora ripagando il suo debito verso i Guardiani.
E
adesso erano tutti e cinque lì, disarmati, indifesi e
soggiogati da
Pitch, lei lo ricordava. Ricordava che Jack, ribellandosi al
controllo mentale di Pitch, era riuscito a pronunciare il suo nome, a
farle tornare una minima parte di raziocinio. Non era forse questa
una degna restituzione, seppur parziale?
In
quei brevi istanti, Pitch non si era per nulla accorto
dell'illuminazione che aveva fulminato Bellatrix, e lei fu ben
attenta a non lasciar trasparire la minima traccia di questa
rinnovata consapevolezza. Mantenendo una presa salda sulla mano di
lei, la trascinò con sé in un vortice oscuro per
materializzarsi in
un altro luogo.
Si
trovavano in una cameretta scura, illuminata fiocamente da una di
quelle lucine notturne che si attaccano alla corrente. Un grande
orologio dalle lancette fosforescenti segnava più o meno le
quattro
di mattina. Pitch si avvicinò a un letto a castello dove due
bambini
dai capelli rossi, identici, dormivano della grossa.
Pitch
gettò sui loro volti una manciata di sabbia e due incubi si
levarono
dalle loro teste, frusciarono vicino alle tende alla finestra e si
fermarono al centro della stanza, in attesa. L'Uomo Nero
aiutò
Bellatrix a montare su un incubo e salì in groppa all'altro:
la
finestra si spalancò facendo ondeggiare le tende e i due
puntarono
alti verso cielo.
<<
Guarda, Bellatrix! >> urlò l'uomo euforico,
allargando le
braccia nell'aria gelida, << Presto, tutto questo
sarà nostro!
>>
Sotto
di loro si estendeva una grande città, ancora addormentata
sotto un
cielo che pian piano iniziava a schiarire all'orizzonte. L'unico
pensiero della ragazza era per le cinque persone intrappolate in quel
luogo ostile e oscuro che aveva appena lasciato. Doveva trovare un
pretesto per allontanarsi da Pitch senza fargli destare sospetti e
tornare indietro a salvarli.
<<
Dividiamoci! >> propose, mantenendo un tono freddo e
distaccato, << Così potremo sottomettere un
territorio grande
il doppio! >>
<<
Mi piace come ragioni! Vedrai, insieme faremo mettere tutti in
ginocchio! >> rise Pitch, spronando l'incubo. Lei
aspettò di
vederlo sparire tra le vie della città prima di puntare
verso
l'angolo di cielo che sfumava nell'azzurro freddo del mattino che
precede l'alba.
Si
fermò circa mezz'ora dopo, atterrando sulla sponda di un
lago dalle
rive erbose alimentato da una cascata che nasceva dal fianco di una
ripida cresta.
Bellatrix
scese dall'incubo, che prese a pascolare tranquillo tra l'erba, e lei
alzò le braccia al cielo: da sotto i suoi piedi di
alzò un vortice
nero che la avvolse completamente, spettinando il prato. I suoi piedi
smisero di affondare nella terra umida e toccarono una superficie
liscia e lucente. La tempesta nera si placò e lei rimase
immobile
per qualche istante, aspettandosi di vedersi comparire Pitch alle
spalle. Quando si sentì sicura spiccò un possente
balzo ad ali
spiegate e atterrò leggera sul pavimento del matroneo. Si
alzò e
corse lungo il corridoio, controllando ogni porta aperta e chiusa che
vedeva alla ricerca di Sophie. In un primo momento aveva pensato di
andare prima dai Guardiani, ma poi ricordò che Sophie aveva
più
bisogno di aiuto di quanto non ne avessero i Guardiani stessi. Aveva
percorso tutto il passaggio, infilandosi ogni volta in una stanza
identica alla precedente che aveva visitato e che aveva trovato
completamente vuota. Il panico cominciò a farsi strada in
lei: prima
o poi Pitch avrebbe scoperto il suo doppio gioco e il tempo correva
veloce, rendendo questa possibilità sempre più
certezza. Disperata,
Bellatrix percorse la navata sottostante con lo sguardo, con la mente
che galoppava frenetica. E poi lo sguardo le cadde sul cumulo di
macerie che aveva provocato Pitch nel suo sfogo d'ira, facendo
crollare una parte di corridoio assieme al suo sostegno. Con
l'angoscia che minacciava di sopraffarla da un momento all'altro si
lanciò dal parapetto e atterrò planando davanti
al cumulo di
macerie, che prese a spostare con furia, afferrando pietre e schegge
di ossa a manciate per gettarsele alle spalle. Continuò
così con un
ritmo impaziente e veloce, senza curarsi dei tagli che si aprivano
sui suoi palmi e subito si richiudevano, aprendosi per contro e senza
ombra di dubbio su quelli di Pitch. Ovunque lui fosse adesso ne era
certa: sarebbe arrivato da un momento all'altro, e perciò
non poteva
permettersi di perdere la più piccola frazione di secondo.
Quando il
passaggio fu abbastanza sgombro, Bellatrix lo attraversò
correndo e,
finalmente, vide la bambina al centro della stanza che i detriti
avevano reso irraggiungibile, seduta su un alto, piccolo trono.
Sophie sembrava molto più patita dell'ultima volta in cui
l'aveva
vista: dal petto sporgevano le costole scarne, coperte dall'abito
ormai troppo largo. Le maniche ballavano attorno ai polsi secchi e
gli occhi cerchiati di nero sembravano più grandi e
infossati che
mai. Era completamente abbandonata sullo schienale, dando l'idea di
non riuscire a stare seduta in modo autonomo, ma ciò che
fece
spaventare Bellatrix più di tutto fu vedere i capelli della
bambina
tinti completamente di nero.
Bellatrix
crollò in ginocchio davanti a lei, posando quasi con
timidezza le
mani sulle ginocchia magre della bambina che sembrava non essersi
accorta minimamente di lei. Alzò lo sguardo per incontrare
quello
assente di Sophie e trattenne rumorosamente il fiato nel vedere una
singola, sottile ciocca ancora bionda, penzolarle vicino all'orecchio
sinistro.
Non
tutto è perduto... ma devo portarla da Sandy!
Si
alzò e la osservò qualche istante, cercando di
decidere cosa fare.
Così l'occhio le cadde su una sottile ragnatela di sabbia
che le
avvolgeva la fronte e che non aveva notato subito a causa del colore
scuro dei suoi capelli. Capì subito che per farla tornare in
sé,
doveva prima togliere quella, e che probabilmente era proprio
attraverso quella cosa che Pitch manteneva il controllo su di lei.
Afferrò
una stella-shuriken e la brandì tra il dito indice e il
medio,
recidendo il filo nero e lucente con un singolo gesto deciso. Ma la
bambina non mutò espressione né parve accorgersi
della sua presenza
finché lei non attirò la sua attenzione,
posandole la mano sul
ginocchio magro.
<<
Sophie? Sophie, sveglia! Ti ricordi di me, piccola? >>
La
bambina sbatté ripetutamente le palpebre, la
guardò con gli occhi a
mezz'asta ed emise un sussurro flebile flebile.
<<
Ho fame... >>
Bellatrix
raddrizzò la schiena e si afferrò convulsamente i
capelli,
esplodendo di felicità. Poi si chinò di nuovo su
Sophie e la prese
delicatamente in braccio.
<<
Sta' tranquilla, adesso ce ne andiamo via da questo posto! Poi potrai
mangiare quanto vuoi, va bene? Tieni duro solo un altro pochino,
Sophie! >>
Con
la bimba in braccio uscì correndo dalla stanza,
spalancò le ali e
planò lungo tutta la navata e poi giù per le
scale, sentendo il
battito debole di Sophie contro il suo petto che invece ostentava il
silenzio. Appena giunsero davanti alla stanza senza porte, Bellatrix
adagiò la bambina a terra e si voltò a
fronteggiare la parete
liscia e scura che sembrava quasi sfidarla ad abbatterla.
Bussò
contro il vetro, nell'unico punto in cui esso era abbastanza chiaro
da permettere di vederci attraverso, e subito comparve Jamie, che le
urlò qualcosa che però lei non riuscì
a capire.
<<
Levati di mezzo, Jamie! Mettiti al riparo! >>
gridò lei di
rimando, appoggiando le mani a coppa sul vetro nella speranza di
farsi capire.
Ma
neanche il bambino sembrava in grado di sentirla e rimase a guardarla
con espressione diffidente e perplessa mentre lei alzava le mani
oltre la testa. Tra le sue dita si accese una luce scura, e pochi
istanti dopo si creò una stella di gas che crebbe fino a
raggiungere
le dimensioni di una ruota di bicicletta, nera come la pece. Intuendo
la sua mossa successiva, finalmente Jamie sparì dalla sua
visuale e
lei scagliò con tutte le sue forze la stella contro la
barriera
violacea che li divideva.
Si
avvicinò cauta al varco aperto e gettò
un'occhiata nella stanza:
Jamie era rannicchiato in un angolo, le braccia alzate a coprirsi la
testa. Il ragazzino si tirò in piedi, riversando a terra i
detriti
che gli si erano depositati addosso, e la guardò spaventato
mentre
lei scavalcava la breccia nel muro e gli si avvicinava tendendogli la
mano.
<<
Jamie, andiamo! Ti porterò via di qui! >>
Ma
il ragazzino continuò a fissarla, aggrottando le
sopracciglia in
un'espressione ostile e diffidente.
<<
Jamie, forza! >> lo incalzò lei esasperata,
avanzando di un
passo.
Con
gesto scattante, Jamie si tastò febbrilmente la tasca dei
pantaloni
e ne estrasse la fionda che aveva portato da casa, caricandola con
una scheggia di vetro che scintillò minacciosa alla luce che
filtrava dal corridoio.
<<
Sta' lontana! >> le urlò, tendendo l'elastico
finché il
braccio non prese a tremargli per la tensione.
Bellatrix
era esterrefatta: lo fissò incredula, con le labbra
socchiuse.
<<
Jamie, sono io, Bellatrix! Che ti prende? >> chiese,
azzardando
un altro passo.
<<
Non ti avvicinare, ho detto! Tu sei cattiva, stai dalla parte di
Pitch! >>
La
ragazza si avvicinò ulteriormente, con passo più
deciso, ignorando
le minacce di Jamie. Non c'era tempo da perdere, Pitch sarebbe
arrivato da un momento all'altro, attirato dalle ferite che lei gli
aveva trasmesso facendo saltare la propria copertura.
<<
Jamie, aspetta. Adesso ascoltami be... >>
Un
lampo violaceo, e Bellatrix ebbe appena il tempo di farsi scudo col
braccio.
La
lama scagliata da Jamie si era conficcata prepotente nel suo
avambraccio, viola contro grigio, ma non uno schizzo di sangue
imbrattò il vetro, né prese a gocciolare sul
pavimento.
Jamie
spostò ripetutamente lo sguardo dal braccio al viso di lei,
a metà
tra lo spaventato e il disgustato. Bellatrix alzò lentamente
l'altra
mano, afferrò il frammento tra pollice e indice e, senza
distogliere
lo sguardo fermo sul bambino, tirò, gettandolo a terra.
Jamie seguì
il pezzo di vetro con lo sguardo, pietrificato dall'orrore.
<<
Jamie, non avere paura. Non voglio farti del male. Ti
porterò dai
Guardiani, e... >>
<<
Non ti credo! >>
Bellatrix
spostò il piede e sentì il tacco stridere contro
qualcosa. Guardò
in basso e vide la propria faccia riflessa in un frammento di vetro,
nitida come in uno specchio. Guardando quel volto non si
stupì più
di tanto e capì il motivo della diffidenza di Jamie. I suo
occhi, di
solito di un caldo color ambrato, si erano tinti di un giallo
così
intenso che sembravano due fari sfavillanti nell'ombra. La bocca
socchiusa, contornata da due labbra nerissime, lasciava intravvedere
due canini aguzzi che avrebbero fatto invidia al più
sanguinario dei
vampiri. La ciocca nera le penzolava morbida davanti agli occhi,
facendola sembrare la sorella minore di Crudelia De Mon.
Con
sforzo enorme, si costrinse a riportare gli occhi sul ragazzino.
<<
Jamie, adesso ascoltami bene. È vero, stavo dalla sua parte.
Non ti
mentirò dicendo che era tutta una montatura per ritrovarvi,
non mi è
mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello. Ma io sono qui,
adesso, per sistemare le cose. E vi tirerò fuori dal
pasticcio in
cui vi ho messo, fosse l'ultima cosa che faccio! Ma ora, per favore,
devi venire con me! Non ci vorrà molto prima che Pitch si
renda
conto che l'ho tradito, e ho già sprecato un sacco di tempo,
potrebbe arrivare da un momento all'altro, e allora io non
potrò più
proteggervi: né te, né la tua sorellina!
>>
Ma
di nuovo, Jamie non si mosse finché non sentì una
vocetta flebile
chiamarlo da fuori.
<<
Ah, e c'è anche lei, per l'appunto... >>
soggiunse Bellatrix,
lanciando uno sguardo trepidante oltre il varco.
<<
Sophie! >>
Finalmente
il ragazzino si mosse e saltò nel corridoio, fiondandosi
dalla
sorellina.
<<
Sophie, stai bene? >>
<<
Fame...! >> biascicò semplicemente lei,
aggrappandosi al
giubbotto del fratello con le manine deboli.
<<
Non hai qualcosa da mangiare, nel tuo zaino? >> chiese
Bellatrix, raggiungendo il ragazzino per inginocchiandosi accanto a
lui.
<<
Ce l'avevo, ma l'ho perso quando Pitch mi ha catturato! ...Aspetta,
però! Ora che ci penso... >>
Jamie
si tastò nuovamente la tasca e, dopo qualche secondo, ne
tirò fuori
una merendina preconfezionata ridotta a schiacciata ma ancora
mangiabile, e un sacchetto di caramelle quasi vuoto.
La
bambina spazzolò tutto in pochi secondi e alzò il
braccio per
chiederne ancora.
<<
Scusami, Sophie, ma era tutto quel che avevo! >> si
giustificò
il fratello, alzando le mani per farle vedere di non avere
più cibo
per davvero.
<<
Non importa, >> lo rassicurò Bellatrix,
stringendogli la
spalla per confortarlo, << sei stato grande! Adesso
muoviamoci,
quando avremo liberato i Guardiani mangerai ancora. D'accordo,
Sophie? >>
Sapeva
di starle mentendo, o quantomeno di non essere sicura di poterglielo
promettere, ma per smuoverla non poteva fare altro. La bambina
annuì
stropicciandosi gli occhi coi pugnetti e si lasciò caricare
sulle
spalle di Bellatrix senza proteste.
Passò
le braccia magre attorno alla gola della ragazza e appoggiò
docile
la guancia incavata contro la sua schiena, respirando quasi con
fatica.
Lei
la sistemò meglio con un balzello e si rivolse a Jamie.
<<
Andiamo, dobbiamo fare in fretta! >>
Il
bambino annuì e i due si misero a correre a rotta di collo
verso il
fondo del corridoio, sferzando le fiamme azzurre con l'aria che
smuovevano al loro passaggio.
Nel
giro di poche ore, i Guardiani sembravano aver subito una radicale
trasformazione. Ognuno teneva lo sguardo fisso davanti a sé,
e in
qualche modo sembrava svuotato di qualsiasi pensiero e sensazione.
Se, prima, la presenza di Bellatrix li aveva vagamente risvegliati,
questa adesso non faceva la minima differenza sul loro stato comatoso
ed apatico. Impressionata dagli effetti che il controllo di Pitch
stava avendo su di loro, Bellatrix li esaminò attentamente
con lo
sguardo a distanza, quasi temendo che avvicinandosi sarebbe stata
colpita dallo stesso maleficio. Dentolina, più di tutti,
sembrava
quella più provata dalla loro anestetizzante prigionia: le
sue
piume, normalmente brillanti e variopinte, ricadevano flosce e
sbiadite sul suo corpo come stacci sporchi e laceri, coperti da uno
spesso strato di polvere.
<<
Oh, ragazzi, che cosa vi ho fatto?! >>
Bellatrix
affidò Sophie a suo fratello e si sollevò in
volo, passando i loro
volti in rassegna uno per uno.
Arrivata
a Sandy, gli sfiorò il volto con le dita, senza riuscire a
trovare
il coraggio di toccarlo.
<<
Sandy? >>
Lo
guardò negli occhi, ma lui continuava a guardare avanti a
sé senza
vederla realmente. Soffocando un singhiozzo, Bellatrix gli
gettò le
braccia al collo e seppellì il naso tra le pieghe dorate e
scolorite
della sua veste, senza suscitare in lui la minima reazione.
Jack.
Jack ha reagito, l'altra volta!
Si
staccò con fatica da Sandman e fluttuò verso il
Guardiano del
Divertimento, sperando di riuscire a ridestarlo una seconda volta.
Gli afferrò il volto tra le mani e avvicinò il
suo in modo che gli
occhi del ragazzo incontrassero i suoi. Provò anche a
tirargli due
schiaffi leggeri, ma da lui non ottenne nemmeno un battito di ciglia.
Sconfortata,
la ragazza lo strinse a sé, le spalle scosse da singhiozzi
asciutti.
Si ritirò, asciugandosi gli occhi, e allora notò
la stessa
ragnatela di sabbia che aveva oppresso Sophie. Improvvisamente le
riaffiorò alla mente una cosa che Pitch aveva detto tempo
addietro,
quando aveva scoperto la verità sulla donna misteriosa e i
suoi
figli.
...Erano
ancora abbastanza piccoli da poterli soggiogare con
facilità, questo
doveva voler dire che più la vittima era adulta,
più diventava
complicato mantenere il controllo su di essa. Ecco perché
lei non
era stata ipnotizzata, a differenza dei suoi fratelli. Per questo,
oltre che per far soffrire ancora di più sua madre. E se
Sophie ci
aveva messo qualche istante, a tornare in sé, probabilmente
i
Guardiani se la sarebbero cavata molto più in fretta e con
meno
conseguenze...
Animata
da una nuova fiducia, Bellatrix evocò una stella-shuriken e
tranciò
di netto la catena di sabbia che teneva Jack appeso per i polsi,
acchiappandolo prontamente prima che cadesse nel vuoto. Lo
trasportò
al sicuro e lo distese pancia in su sulla lastra di vetro
incorniciata dalle torce. Jamie si avvicinò, stringendo
Sophie tra
le braccia, e gli lanciò un'occhiata preoccupata.
<<
È morto? >> chiese Jamie, guardando Jack con
espressione
atterrita.
Bellatrix
scosse la testa, soffocando una risata nervosa.
<<
Ma va', i Guardiani non muoiono, e se anche fosse Jack non si
lascerebbe certo deperire così, in questo modo!
>>
Recise
il filo nero che gli correva attorno alla testa con l'attenzione di
un chirurgo nel mezzo di una delicatissima operazione e attese, col
fiato sospeso e tutti i muscoli tesi.
Dopo
alcuni istanti che parvero ore, il ragazzo strizzò gli occhi
un paio
di volte e rimase a guardarla senza muovere un solo muscolo.
<<
Jack? >> tentò lei, afferrandolo piano per le
spalle.
<<
Ciao! >> rispose lui, dopo appena un attimo di silenzio.
Si
tirò a sedere e la guardò, sorridendo.
<<
Ciao? Dopo lo spavento che mi son presa, è tutto quello che
sai
dire? Oh, ma chi se ne importa! Stai bene! Oh sante Pleiadi, stai
bene! >>
<<
Sapevo che doveva essere un trucco, lo sapevo! Stai fregando Pitch
alla grande, e lui neanche lo sospetta! >>
rantolò lui con la
mano alzata a sfiorarsi la tempia, alzandosi faticosamente a sedere.
<<
A dire il vero, Jack... >> rispose lei, esitando qualche
secondo di troppo, << ...il mio piano originario era di
unirmi
davvero a Pitch! >>
<<
Cosa? >>
<<
Mi dispiace, ma è la verità! Nord mi aveva
cacciata, e io non
sapevo cosa fare...! Così gli ho proposto un'alleanza. Mi ha
cambiata, Jack. Ha fatto a me quel che ha provato a fare a Sophie, ma
siccome non ho opposto resistenza ha funzionato più di
quanto non
abbia fatto con lei. Quando vi ho visto lì, inermi e
completamente
dissennati, non ti nasconderò che ho provato un senso di
trionfo
tale che mai mi sarei aspettata. Ma poi tu ti sei svegliato, sei
riuscito a chiamarmi e... e in me è come scattato qualcosa.
E adesso
sono qui per rimediare a tutto quello che ho causato >> .
Jack
era ammutolito, spostando lo sguardo dagli occhi paglierini, alla
ciocca corvina e infine al braccio grigio di Bellatrix. Lei era sul
punto di scoppiargli a piangere in faccia: Jack vedeva anche fin
troppo bene le lacrime spuntarle agli angoli degli occhi e tutta la
rabbia e il risentimento che si era impadronito qualche attimo prima
di lui svaporò come neve al sole. Lei si portò la
mano a sfregarsi
gli occhi, soffocando un singhiozzo, e lui alzò la propria
per
stringergliela con solidarietà.
<<
Va bene, Bellatrix. Va bene così. Dai, liberiamo gli altri
>>
.
Lei
alzò lo sguardo tremante e gli rivolse un precario sorriso,
soffocando un altro singhiozzo.
Uno
a uno, i Guardiani furono slegati e sottratti al controllo di Pitch.
Si erano svegliati senza problemi, eccettuato un iniziale smarrimento
e la sorpresa di vedersi Bellatrix lì con loro. Erano tutti
intorno
a lei, che se ne stava seduta a gambe incrociate sul pavimento, con
Sophie stretta fra le braccia.
<<
Mi dispiace di avervi procurato tanti guai... >> disse,
mentre
guardava la bambina addormentarsi contro il suo petto <<
Nord,
se ti avessi dato ascolto, nulla di tutto questo sarebbe successo. Vi
chiedo scusa, davvero >> .
Sandy
le strinse la spalla, guardandola con quell'affetto smisurato che
serbava solo per lei. Bellatrix alzò la testa con un sorriso
timido,
incontrando quello paterno di lui. Poi tornò a guardare
Nord, con finta aria offesa.
<<
Immagino che anche se vi sono venuta a salvare, il mio giochetto mi
costerà una lunga permanenza nella lista dei cattivi!
>>
<<
A vita! >> rispose lui, sornione. Si chinò in
avanti e le
scompigliò affettuosamente i capelli, accompagnando il gesto
con una
delle sue cavernose risate.
Bellatrix
si alzò, lasciò che Dentolina le prendesse Sophie
dalle braccia e
si scusò sommessamente con lei per lo scontro che avevano
avuto.
<<
Non ci pensare, davvero. Eri sconvolta, chiunque sarebbe andato fuori
di senno venendo a scoprire una cosa simile! >>
La
avvicinò a sé con il braccio libero e la strinse
in un caloroso
abbraccio, che Bellatrix ricambiò con entusiasmo. Poi si
sciolse da
lei e si voltò, guardando l'unica persona che sembrava del
tutto
disinteressata al suo discorso.
<<
Calmoniglio... >>
<<
Lascia perdere, >> la bruciò sul tempo lui
brusco,
sorpassandola, << rimanda i convenevoli a quando tutto
questo
sarà finito >> .
Bellatrix
abbassò lo sguardo, contrita e imbarazzata. Nord le
strizzò la
spalla, facendole l'occhiolino con un sorriso bonario. Poi estrasse
uno dei suoi globi di neve dalla tasca, lo scaraventò a
terra e il
portale si aprì, mostrando il grande planisfero luminoso
della
fabbrica di giocattoli. Uno alla volta, i Guardiani, Sophie e Jamie
lo attraversarono, finché dall'altra parte rimasero solo
Jack e
Bellatrix.
<<
Detto tra noi, Bellatrix, non sai quanto io sia felice di vederti!
>>
le disse lui, prendendole la mano tra le sue. Lei lo guardò
riconoscente, emettendo uno strano verso. Rimasero qualche istante in
silenzio, persi ognuno negli occhi dell'altra, ognuno nei propri
pensieri. Jack parve completamente smarrito, ma Bellatrix gli lesse
in faccia che voleva dirle qualcosa.
<<
Bellatrix, io... >>
<<
Dov'è il tuo bastone, Jack? >> lo interruppe
lei di punto in
bianco, guardandosi attorno con aria distratta.
Jack,
spiazzato e ormai vicino al limite di sopportazione dell'imbarazzo,
la guardò spaesato, boccheggiando come un pesce tirato fuori
dall'acqua.
<<
L'ha.. l'ha preso Pitch, quando ci ha trovato. Ci ha disarmato tutti,
e poi ci ha catturato... >>
<<
Il portale non reggerà ancora molto. È meglio che
tu vada. E in
fretta, anche >> .
<<
E tu non vieni? >>
Bellatrix
scosse la testa, alzò la mano e gli sfiorò la
guancia con l'indice,
sorridendo.
<<
Vorresti tornare da lui? Non se ne parla, io non ti lascio qui!
Bellatrix, ascoltami... >>
<<
Sei gentile a preoccuparti per me anche dopo tutto quello che vi ho
causato, Jack. Ma devo risolvere tutto, anche se questo dovesse
portare al peggio! Lo capisci? >>
<<
Ma non sei obbligata...! >>
<<
Certo che no, Jack. È una mia scelta, e mi sento in dovere
di fare
così. Poi tornerò da voi, te lo prometto
>> .
Si
voltò e fece per andarsene, ma Jack scattò in
avanti e la trattene
per la mano, quasi supplicandola.
<<
Bellatrix, no! >>
Lei
si voltò nuovamente e gli posò le mani sulle
spalle, sorridendogli.
Jack ricambiò il sorriso, convinto di essere riuscito a
farle
cambiare idea. Ma poi le sue unghie gli si conficcarono nella pelle e
Bellatrix lo spinse
all'indietro,
nel portale che si richiuse su di lui come una bocca affamata.
La ragazza si voltò
di scatto e
corse a perdifiato verso la grande navata. Le armi dei compagni
dovevano essere nascoste lì, da qualche parte. Aveva
già setacciato
quel luogo centimetro dopo centimetro e se non le aveva notate
subito, doveva per forza voler dire che Pitch le aveva nascoste a
dovere proprio sotto i suoi occhi. E così le vennero in
mente le
strane sculture nella stanza col camino e l'altare di pietra.
Salì
le scale quattro gradini alla volta, percorse in volo la distanza che
la separava dalla porta e la aprì con un a poderosa
spallata.
Cercando di riprendere fiato, si avvicinò a una delle strane
forme
che si ergevano dal pavimento e vi guardò dentro con
attenzione,
schermandosi gli occhi dalla luce delle torce cerulee con le mani.
Sotto i vari strati violacei fu certa di vedere qualcosa che col
vetro non aveva nulla a che fare.
Ci
vorrà uno shuriken taglia XXL! Pensò,
compiendo uno dei suoi complicati gesti da illusionista.
Afferrò con
entrambe le mani una gamba della stella, grande quanto un grosso
tagliere, e iniziò a roteare su sé stessa per
darle l'abbrivio.
Mollò la presa e la stella partì in quarta,
tranciando ogni
stalagmite alla base e tornando indietro come un luminoso boomerang.
Le sculture rimasero al loro posto per qualche istante, e poi
slittarono di lato e si schiantarono a terra con fragore e
un'esplosione di frammenti viola, una dopo l'altra. Bellatrix si
gettò a terra e rovistò febbrilmente tra i cocci
di vetro,
raccogliendo ciò che avevano custodito fino a quel momento.
Le due
spade di Nord, il boomerang di Calmoniglio e il bastone di Jack:
c'erano tutte.
Adesso
devo solo trovare un modo per fargliele avere, pensò
la ragazza, tenendo le armi tra le braccia e guardandosi intorno. In
realtà, un modo lo sapeva, ma era abbastanza inaffidabile e
lei non
poteva rischiare di sprecare la sua occasione.
Tuttavia, non venendole in mente
altro, dovette arrendersi all'unica soluzione possibile.
Così posò
a terra gli armamentari dei Guardiani e vi puntò contro le
mani
aperte, poste l'una sul dorso dell'altra. Una massa nera prese forma
e inglobò tutti gli oggetti, solidificandosi in una sfera
incandescente. Se non fosse stata sotto l'influenza dei poteri di
Pitch, la stella sarebbe stata di un bianco sfavillante, ma ormai
ciò
che era prima di stringere l'accordo con lui era solo una vaga
impronta di quel che era diventata. Adesso sperava solo che la stella
cadente giungesse a destinazione senza perdersi dietro dei pezzi.
<< Al polo Nord!
>>
urlò perentoria, rivolta alla sfera. Questa rimase ferma
alcuni
secondi e poi schizzò in alto, sparendo nel soffitto.
Bellatrix sospirò,
sollevata, e
si lasciò scivolare a terra, in ginocchio. Sentì
quasi
immediatamente un formicolio al braccio destro e alzò lo
sguardo in
tempo per vedere il grigiore espandersi veloce fino alla spalla. Il
formicolio si propagò alla parte destra del petto e alla
gola,
finché la guancia stessa prese a pizzicarle fastidiosamente
fin
sotto l'occhio.
<< Sei solo una
piccola
sporca traditrice! >> tuonò improvvisamente
una voce
orrendamente familiare alle sue spalle.
<< Pitch!
>> urlò
lei, voltandosi di scatto, il panico dipinto negli occhi gialli.
Lui era ritto sulla soglia,
ostruendone il passaggio con le mani tese sullo stipite.
Un istante dopo, una frusta di
sabbia le si avviluppò attorno alla gola e si tese verso
l'alto,
trascinandola con sé. Lei scalciò e prese a
divincolarsi,
affondando le mani nella sabbia e prendendone il controllo immediato:
la fune si dissolse come spazzata via dal vento e lei ricadde a
terra, atterrando malamente in piedi. Una secondo attacco la
colpì
in pieno stomaco e la scaraventò all'indietro, contro una
colonna al
centro preciso della sala che trasmise la scossa all'intera stanza.
Bellatrix scivolò inerme a terra, disorientata e confusa,
mentre
Pitch si avvicinava minacciosamente a lei con gli occhi accesi
dall'ira. Due lingue nere schizzarono fuori dal nulla e le strinsero
i polsi, tendendoli verso i due lati opposti della sala e lasciandola
completamente indifesa.
<< È da
un po' che ti
osservo... >> continuò lui, abbassandosi e
strizzandole il
mento con le dita affilate, << Mi chiedevo fino a che
punto ti
saresti spinta col tuo voltafaccia, e non puoi immaginare quanto sia
deluso dal tuo subdolo doppio giochetto. Avremmo potuto governare il
mondo, ma tu hai preferito rimetterti contro di me. Beh, preparati a
subire le conseguenze della tua scelta, Bellatrix. Perché
siamo alla
resa dei conti, e stavolta non arriverà il tuo Sandy a
salvarti! >>
Pitch indietreggiò,
preparandosi
ad attaccare. La mente di Bellatrix lavorava veloce, cercando di
trovare una via di scampo. Con gesto fulmineo, si liberò dai
propri
vincoli e afferrò una lunga scheggia di vetro che giaceva
vicino a
lei.
I
loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo, e lei si
conficcò il pezzo di vetro nel petto, appena sotto la spalla
sinistra. Fu però Pitch, a urlare di dolore al posto suo. Si
portò
la mano alla ferita, crollando in ginocchio con gli occhi sgranati.
Bellatrix si era rialzata facendo leva sulla colonna, alla quale si
appoggiava quasi con fatica. Allungò la mano e l'enorme
shuriken
schizzò volando e vorticando veloce verso di lei.
Pitch
alzò furioso lo sguardo e lei gli rivolse un sorrisetto
trionfante.
<<
Ci vediamo, bel faccino! >>
Scansò
all'ultimo secondo lo shuriken, che si abbatté contro la
colonna con
un frastuono assordante al punto da soffocare un secondo grido di
rabbia di Pitch. Lei fece per smaterializzarsi, ma istantaneamente
sentì la presa ferrea dell'uomo chiudersi sulla sua caviglia
e
trascinarla a terra.
Si
ritrovò a fissare il cielo azzurro cupo, ansimando come
svegliatasi
di soprassalto da un incubo orribile.
Si
alzò stancamente a sedere, guardandosi attorno: Pitch era
riverso a
terra accanto a lei, svenuto. La sua mano grigia era ancora stretta
saldamente attorno alla sua caviglia. Spaventata, Bellatrix
scattò
in piedi, liberandosi della sua presa. La mano di Pitch ricadde a
terra, inerte, e lui non si mosse più. A un tratto Bellatrix
si rese
conto di avere il frammento di vetro ancora conficcato nella spalla e
lo strappò via senza troppe cerimonie, gettandolo poi
lontano, sul
pavimento di sampietrini sconnessi. Pitch emise un debole verso di
dolore e si mosse, ormai prossimo al risveglio, una piccola pozza
rossa che si allargava lentamente sul lastricato sotto di lui.
Terrorizzata all'idea di non essere ancora fuori pericolo, Bellatrix
si gettò una fugace occhiata d'intorno, cercando una via di
fuga. Si
trovava in una viuzza delimitata da entrambi i lati da alte casette a
schiera e riconobbe il paese accoccolato ai piedi della collina dove
sorgeva la chiesa dove si era nascosto Pitch per tutto quel tempo.
Senza pensarci due volte scavalcò l'Uomo Nero con un balzo e
prese a
correre a rotta di collo, percorrendo stradine e vicoli e finendo con
sbucare nella piazza principale, ai piedi della lunga scalinata. Era
intenta a soppesare la possibilità di rifugiarsi nella
cripta,
quando un'ombra coprì l'intera piazza, schermandola dalla
novella
luce del sole. Alzò lo sguardo e vide una spessa cappa di
sabbia
espandersi alta nel cielo e isolare il territorio del paese da quello
circostante, e seppe di non avere altra scelta. In mezzo a quel pugno
di case, Pitch non avrebbe tardato molto a trovarla, senza contare
che in questo modo stava mettendo a rischio la vita degli abitanti,
ancora assopiti e ignari della lotta imminente. Il vento
cominciò a
ululare rabbioso nei vicoli, sbattendo persiane e sollevando
polveroni immensi dalle strade. Bellatrix alzò gli
avambracci per
proteggersi gli occhi e si guardò di nuovo intorno, mentre
il cielo
si oscurava . A un tratto vide una figura stagliarsi contro la cupola
nera, che scrutava il paese come un falco in cerca della preda.
Contro ogni buon senso, la ragazza spiccò la corsa su per le
scale,
bruciando quattro gradini alla volta e senza mai guardarsi indietro
per paura che, sentendosi il suo sguardo puntato addosso, Pitch
l'avrebbe individuata subito. A un tratto, nella salita, le
saltò
all'occhio il cancelletto del cimitero e deviò bruscamente
in quella
direzione, sdrucciolando sulla pietra fradicia. Prese la rincorsa e
spiegò le ali: superò la barriera di metallo e
atterrò
pesantemente sulla ghiaia di un vialetto laterale, ai lati del quale
erano allineate decine e decine di lapidi di ogni forma e colore.
Sullo sfondo, a destra, si ergeva una squallida baracca di legno e,
ancora un po' più in là, un imponente mausoleo in
stile moderno.
Bellatrix
guardò di nuovo verso il cielo alle sue spalle: Pitch era
sparito.
Presa dal panico spiccò la corsa, superò la
statua di un angelo
piangente e si rifugiò dietro un'alta lapide rettangolare
nascosta
da un grande pino. Tutto sembrò tranquillo per una manciata
di
secondi, ma all'improvviso una zaffata di vento spazzò la
ghiaia del
camposanto, sollevando dense nuvole grigiastre. Bellatrix
osservò
Pitch mentre attraversava il cancello come fatto di fumo, e strinse
convulsamente le dita sul marmo bianco quando la voce minacciosa
dell'uomo risuonò spettrale tra le tombe.
<<
So che sei qui, non hai via di scampo. Vieni fuori, e facciamola
finita una volta per tutte >> .
La
ragazza si appiattì contro la lapide trattenendo il fiato,
nell'inconscia paura che il minimo spostamento d'aria provocato dal
suo respiro l'avrebbe tradita.
<<
D'accordo, allora... >> riprese Pitch, dopo alcuni
secondi di
silenzio, << faremo il tuo gioco... >>
Avanzò
lentamente lungo il vialetto principale, lo sguardo alto e le mani
mollemente intrecciate dietro la schiena. Bellatrix era decisa a non
perderlo un solo istante di vista mentre lui raggiungeva
apparentemente ignaro uno spiazzo circolare esattamente al centro del
camposanto. Lo fissò imperterrita per diversi secondi, da
dietro la
spalla di un vecchio pescatore di bronzo. Pitch si voltò
lentamente
nella sua direzione, esibendo un sorriso cinico. Un istante dopo
Bellatrix sentì un colpo possente in mezzo alle scapole e
rotolò a
terra, frastornata. Non si era accorta minimamente dell'incubo che
l'aveva sorpresa alle spalle, ma adesso era così vicino che
poteva
sentirne il fiato sul collo. Un istante dopo la statua del pescatore
saltò in aria, colpita da un fiotto nero che
investì in pieno
l'incubo e lo spazzò via. Prima che Pitch potesse colpirla
con un
secondo attacco, Bellatrix si era materializzata dal lato opposto del
cimitero, nascondendosi dietro la baracca. Rimase con la schiena
contro il muro marcio, ansimando rumorosamente. Non osava sbirciare
oltre l'angolo per paura di trovarselo davanti, ma sapeva che
rimanendo ferma prima o poi sarebbe stata scoperta. Si mosse di lato
per cercare una via di fuga, ma troppo lentamente. La capanna fu
letteralmente spazzata via e lei proiettata sulla parete della
cappella funebre, il corpo schiacciato e immobilizzato contro la
pietra. La sabbia che la opprimeva si diradò e lei
scivolò a terra,
riversa sul fianco destro.
<<
Credevi davvero di riuscire a sfuggirmi così, sperando che
non ti
trovassi? Non stiamo giocando a nascondino, Bellatrix! >>
rise
Pitch, rivolto alla schiena nuda di lei. Bellatrix non riusciva a
smettere di boccheggiare, le mani raccolte sul petto e l'ala sinistra
piegata a coprirle il volto. Sentì l'uomo accovacciarsi
dietro di
lei e la sua mano posarsi tra le sue scapole. Le dita affondarono
nella carne come un coltello nel burro e Bellatrix provò un
dolore
indescrivibile, talmente paralizzante da impedirle di emettere anche
il più flebile lamento. Si limitò a sgranare gli
occhi con un
pietoso rantolo, tremando violentemente. E poi, finalmente, Pitch si
ritrasse permettendole di rilassare i muscoli e tornare a respirare.
Quasi stancamente, Bellatrix intrecciò le dita mentre lo
ascoltava
rialzarsi, forte della copertura che le offriva la sua stessa ala.
Pitch allungò il piede sotto il corpo di lei e la
ribaltò pancia
all'aria, costringendola a guardarlo da una posizione di svantaggio.
Si scambiarono uno sguardo carico di tensione, l'uno esibendo il
più
trionfale dei sorrisi e lei cercando di trasmettergli tutto l'odio
che provava per lui senza le parole, scrutandosi in silenzio l'un
l'altra per alcuni secondi. Poi, con gesto fulmineo, Bellatrix gli
scagliò contro uno shuriken a cinque punte, nella speranza
di
distrarlo il tempo sufficiente per smaterializzarsi in in luogo dove
lui non l'avrebbe trovata. Ma Pitch riuscì a evitarlo e
scomparve in
un vortice di sabbia. Allarmata, la ragazza balzò
precariamente in
piedi, guardandosi freneticamente intorno cercando di capire dove
fosse. Non vedendolo da nessuna parte, corse fino al punto in cui
aveva visto sparire lo shuriken, e lo trovò conficcato in
una
modesta croce di legno posta su una tomba recente. Lo estrasse con
gesto secco e si allontanò di qualche passo, rigirandoselo
tra le
dita, perplessa e confusa. Da quando aveva subito la metamorfosi,
tutte le sue stelle si erano tinte di nero, ma questa sfavillava di
una luce bianca e pura come la luna in una notte estiva.
<<
Cosa diavolo...? >>
Si
interruppe, tendendo le orecchie. Si voltò di scatto,
avvertendo il
pericolo, e si ritrovò a fissare l'Uomo Nero negli occhi,
così
vicini che poteva vederci riflessa la propria espressione atterrita.
Un passo dietro l'altro, la ragazza iniziò ad arretrare nel
vano
tentativo di frapporre tra sé e Pitch quanta più
distanza
possibile. Ma a ogni passo indietro che faceva, lui avanzava con lei,
pericolosamente vicino. A un tratto Bellatrix si trovò
bloccata tra
lui e il muro di confine del cimitero, la schiena appiattita contro
il cemento. Voltò il capo a destra e sinistra, valutando per
quale
strada sarebbe stato più facile defilarsi, ma lui
allungò le
braccia e la inchiodò lì dov'era, sogghignando
minaccioso.
<<
Sta'... sta' indietro! >> gli intimò lei,
cercando di
divincolarsi dalla sua stretta.
<<
Altrimenti che fai? >> la provocò lui,
divertito dai suoi
deboli tentativi di minaccia.
Bellatrix
non rispose, ma rafforzò la presa sullo shuriken che ancora
stringeva tra le dita.
Un
secondo dopo, un lungo taglio le percorse l'avambraccio e subito si
rimarginò, lasciando la pelle bianca e normale.
Pitch
ruotò l'avambraccio ed entrambi abbassarono lo sguardo su di
esso:
la sua pelle era liscia, grigia e intatta. Il sorriso trionfante si
congelò e sbiadì sulle labbra di Bellatrix,
mentre alzava di nuovo
lo sguardo su Pitch che invece mantenne il proprio.
Con
uno strattone, la ragazza riuscì a divincolarsi dalla sua
presa e
iniziò a correre lungo il vialetto più esterno,
senza mai voltarsi
a guardarlo. Pitch la lasciò allontanarsi un po',
concedendole una
decina di metri di vantaggio. Poi allungò le mani verso di
lei e una
valanga nera la raggiunse, la sommerse e schizzò verso il
cielo,
trascinandola in alto. Il turbine di sabbia descrisse un ampio arco e
si abbatté violentemente contro una tomba all'altro capo del
camposanto, dissolvendosi. Pitch si avvicinò a passi
calibrati e
sicuri, quasi ad assaporare ogni singolo istante che lo separava dal
suo obbiettivo.
<<
È inutile, Bellatrix, non puoi scappare da me. Mi sono
ripreso i
miei poteri, non sei più in grado di trasportarti a tuo
piacimento,
e tanto meno riuscirai a scappare da questo villaggio >> .
Lei
era stesa sulla lastra di marmo rosso, la testa appoggiata contro la
lapide, e lo guardava con espressione omicida, il petto che si alzava
e abbassava con fatica.
<<
Peggio... peggio per te. La... metamorfosi.. non potrà
compiersi! >>
boccheggiò, puntellandosi sulla lapide per tirarsi in piedi.
<<
Oh, ti piacerebbe! >> rispose lui, soffocando una risata
cattiva, << Ma è qui che arriva il bello! La
tua
trasformazione è irreversibile, non c'è modo di
invertirla!
Passerai dalla mia parte, volente o nolente, ma non avrai alcun
potere! Sei condannata, Bellatrix. Voglio essere clemente,
però. Ti
offro una scelta: se non vuoi passare l'eternità da cattiva
ragazza,
posso sempre porre fine alla tua esistenza, se ti aggrada!
>>
<<
Non illuderti, Pitch! Non cadrò mai per causa tua, mai! Non
ti darò
questa soddisfazione, come non l'hai ottenuta la prima volta!
>>
rispose lei, sostenendo il suo sguardo. Fece per staccare le mani
dalla lapide, ma incespicò e dovette aggrapparvisi di nuovo
e più
saldamente per non cadere. Pitch scoppiò in una risata
malvagia,
mentre una fune di sabbia schizzò fuori dal nulla e si
avviluppò
attorno alla gola della ragazza, minacciando di strozzarla.
L'Uomo
Nero afferrò l'altro capo della fune e la
strattonò, facendo
crollare la ragazza in ginocchio.
Lei
si portò le mani alla gola, cercando inutilmente di
liberarsi.
<<
Sai... avevi ragione, quando dicevi che i Guardiani non sono riusciti
a salvarmi neanche una volta >> rantolò lei a
un tratto,
abbassando le mani. Si puntellò sulle ginocchia e si rimise
in
piedi, guardando Pitch senza battere ciglio.
<<
I monologhi non ti serviranno a salvarti la pelle! >>
<<
E sai un'altra cosa? >> riprese lei, come se non l'avesse
sentito << Finalmente ci sono arrivata. Ho capito come
mai. E,
detesto ammetterlo, un po' è stato anche merito tuo. Ero
troppo
occupata a cercare risposte, ho dimenticato chi sono per cercare di
ricordarmi chi ero! >>
<<
Tu sei Serena! Una ragazza morta otto secoli fa, senza nessuno
rimasto a piangere sulla sua tomba! Ti ho uccisa io, ho ucciso tutta
la tua famiglia! Io t'ho ho portato via tutto, tutto! Gli affetti,
gli amici! Perfino la tua stessa identità! >>
Sputò
quelle parole con rinnovata cattiveria, ma Bellatrix continuava a
guardarlo impassibile
<<
E io invece, vedo che di me non hai capito proprio niente!
>>
rispose, strappandogli la fune dalle mani e liberandosi con gesto
risoluto. Avanzò lentamente, senza staccare gli occhi da
quelli di
Pitch.
<<
Io sono Bellatrix, Custode delle stelle e della serenità. Io
esisto
perché così ha voluto l'Uomo nella Luna, e io
esisto per proteggere
i Guardiani! Non sono mai stati loro a dover difendere me: sono io
che devo salvare loro, perché è questo lo scopo
per cui sono nata!
E intendo farlo fino all'ultimo, Pitch! >>
<>
urlò lui,
scagliandole contro un dardo di sabbia. Bellatrix si fece scudo con
uno shuriken gigante, evocato in un battito di ciglia, e
continuò a
camminare verso di lui. Pitch cercò di tenerla a distanza,
sferrando
un attacco dietro l'altro, ma Bellatrix li parò tutti con un
singolo, ampio gesto.
<<
Nessuno ha mai detto che mi sarei salvata. Sappiamo entrambi come sta
per finire, non è vero, Pitch? >>
L'Uomo
Nero ebbe un attimo di esitazione, come a rendersi conto del
significato di quelle parole. Ironia della sorte, adesso sembrava
lui, quello in difficoltà, incapace di difendersi dalla
realtà dei
fatti. Ma questo moto di smarrimento svanì immediatamente,
lasciando
posto al suo solito ghigno malvagio.
<<
Ma certo! Con me, trionfante! Ti ho eliminato una volta, posso farlo
di nuovo! >>
<<
Tu parli, ma al mondo sono i fatti che contano davvero! Tanto per
cominciare, hai fatto il madornale errore di restituirmi il Globo,
quella volta! >>
<<
Me lo sarei ripreso una volta tolta di mezzo! >>
Fu
un attimo, un battito di ciglia. Si ritrovò faccia a faccia
con lei,
i cui occhi ambrati fiammeggiavano di una strana luce.
<<
Puoi dire quello che ti pare, Pitch. Ma io ho guardato dentro di te,
e so cose che nessun altro esclusi noi due sa! Ammettilo, Pitch.
Perfino l'Uomo Nero può avere paura. E tu ne hai tanta,
adesso. Più
di quanto non voglia ammettere a te stesso! >>
Lui
aveva perso tutta la sua grinta, e fissava Bellatrix con i muscoli
del volto rigidi e contratti.
Era
vicina. Davvero troppo vicina, avrebbe potuto toccarla senza tendere
il braccio più di tanto. Pitch cercò febbrilmente
con lo sguardo una scappatoia,
ma rimase paralizzato lì dove si trovava mentre lei
allungava le mani oltre
le sue spalle, continuando a tenere i suoi occhi allacciati a quelli
dell'Uomo Nero.
A.A.
Serah!
Scusatemi
se la volta scorsa non vi ho lasciato nemmeno due righe striminzite,
ma ero davvero di fretta e in più le cose da dire erano
davvero
poche, quindi ho preferito saltare quel passaggio.
Riguardo
al capitolo corrente ho un paio di dubbi sul titolo, dato che ne
succedono di ogni e non saprei bene su cosa sia meglio portare
l'attenzione, se sulla prima o la seconda parte. Mi rendo ben conto
che sia un dubbio abbastanza sciocco ma... va beh.
Mi
sono resa conto che ci mancano solo altri quattro capitoli, mi sta
già montando l'ansia. MA, la cosa che conta è che
Bellatrix sia
rinsavita (bisogna dire che cambia idea abbastanza rapidamente, non
è
durata neanche un capitolo intero!) e che abbia cercato di sistemare
una volta per tutte i danni che ha provocato. Finalmente lo posso
dire, la scena del cimitero è in assoluto la mia preferita
di tutta
la fanfiction. Me la vedevo accadere davanti agli occhi come un film,
è stato stranissimo: era come se le mie mani avessero saputo
cosa
scrivere da sole, senza che io mi lambiccassi per trovare una
descrizione appropriata. Che poi, magari oggettivamente può
non
essere un granché, come scena, ma è stato
speciale. Vorrei averli
sempre, certi exploit fanficciari, mentre la maggior parte delle
volte mi ritrovo in certi blocchi che non finiscono più.
Va
bene, ho delirato anche troppo, ci vediamo settimana prossima con un
altro delirio :D
Tec
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Capitolo 14 *** Al Polo Nord ***
Jack
si ritrovò dall'altra parte del portale, rotolando sul
pavimento
della fabbrico di giocattoli. Si rialzò incespicando, ma il
portale
si chiuse davanti ai suoi occhi prima ancora che lui avesse potuto
anche solo pensare di tornare subito indietro.
<<
No! Bellatrix! BELLATRIX! >> urlò il ragazzo,
sferzando l'aria
con le braccia in un disperato quanto inutile tentativo di
ripristinare il varco.
<<
Jack! Cosa succede? >>
Il
ragazzo si voltò col fiato corto, lanciando una rapida
occhiata per
attorno. Nord faceva capolino dallo stipite della porta del suo
studio, con uno sguardo sospettoso e accigliato e un vassoio
traboccante di biscotti stretto tra le mani.
<<
Dov'è Bellatrix? >> continuò
l'uomo, guardandosi attorno come
aspettandosi di vederla apparire da un momento all'altro.
Quella
semplice domanda fu la goccia che fece traboccare il vaso
dell'autocontrollo di Jack. Dopo un istante in cui lottò con
tutto
sé stesso per cercare di stare calmo, si lanciò
contro Nord con
impeto furioso, afferrandolo per la mancia come a volergliela
strappare via.
<<
Dammi un globo di neve, SUBITO! >> sbraitò il
ragazzo, in
preda alla pazzia. Avrebbe voluto colpirlo, morderlo, perché
Nord
mantenne una calma olimpica e questo gli diede l'impressione di non
essere affatto in pena per Bellatrix. Affondò una mano in
una delle
tasche dell'uomo, in cerca di un globo che gli aprisse un altro
portale, ma Nord se lo scrollò di dosso senza particolare
sforzo e
lo trattenne per le spalle, a distanza di sicurezza.
<<
Che è successo, Jack? Perché lei non è
con te? >>
All'improvviso,
la rabbia di Jack parve sgonfiarsi come un palloncino. Il ragazzo
fissò spaesato Nord, che dovette ripetergli la domanda con
tono più
duro.
<<
Lei... lei ha detto di voler “risolvere tutto”. Non
ho capito a
cosa si stesse riferendo, ma ha usato queste precise parole. Poi mi
ha spinto nel passaggio ed è corsa via, l'ho vista
allontanarsi
prima di tornare di qua. Dobbiamo... Devo andare da lei, Nord! Io
devo fermarla! >>
Jack
lanciò uno sguardo colmo di paura oltre la spalla di Nord,
che
lentamente sciolse la stretta sulle sue spalle. Da sopra il suo
braccio, vide gli altri Guardiani scrutarlo a loro volta, perplessi e
confusi. Sandy aveva la mano posata sulla spalla di Jamie, e Sophie
era stretta fra le braccia pelose di Calmoniglio, abbarbicata al suo
collo come un koala, il viso sepolto nella sua pelliccia. I capelli
della bambina erano ancora del colore dell'ebano.
<<
Jack >> disse Nord, dopo qualche istante di silenzio,
<<
noi non possiamo andare da lei. Non sappiamo luogo esatto di
nascondiglio di Pitch, e anche se fosse non potremmo andarci lo
stesso! I globi funzionano per andare ai rifugi di altri Guardiani,
ma con lui non hanno mai funzionato! >>
Jack
aprì la bocca per ribattere, ma alla fine ne uscì
solo un verso
frustrato.
<<
Ma io devo aiutarla! Lo capisci? Non posso lasciare che...
>>
<<
Lo capisco Jack, e vorremmo davvero fare qualcosa, ma non possiamo. E
neanche tu puoi. Puoi solo aspettare che accada qualcosa, nient'altro
>> .
Jack
parve prendere lentamente atto di quelle parole. Spostò lo
sguardo
su Jamie, che aveva seguito la conversazione capendola solo a grandi
linee, e che comunque sembrava aver deciso non riguardargli. Invece
aveva occhi solo per la sua sorellina, che però non gli
rivolgeva la
stessa attenzione ma piuttosto stava inerte in braccio a Calmoniglio
come una bambola di pezza. Nord lanciò un'ultima occhiata
significativa a Jack e si avvicinò alla bambina, abbassando
il
vassoio alla sua portata per permetterle di prendere un biscotto. Ma
di nuovo Sophie non li degnò di un'occhiata e si ritrasse,
schiacciando ancora di più il volto contro il petto del
Coniglietto
di Pasqua. A questo rifiuto, Jamie represse un singhiozzo e
afferrò
un dolcetto, cacciandolo a forza in mano alla sorellina.
<<
Non fare così, Sophie! >> urlò il
bambino, con un verso
strozzato. << Hai detto che hai fame, no? E allora che ti
prende? >>
I
Guardiani erano ammutoliti, senza la più pallida idea di
cosa fare.
Poi Sandy si fece avanti, puntandosi il pollice al petto con un
sorriso rassicurante. Una nuvoletta di sabbia dorata fluttuò
sulla
sua testa e prese la forma di una grande lampadina.
<<
Hai... hai avuto un'idea? >> azzardò
Dentolina, incredula.
L'omino
annuì con un sorriso ancora più largo e
cominciò a spiegare il suo
piano, anche se “sparare figurine dorate a raffica”
era una
definizione più calzante per definire i suoi metodi.
Infatti
Jack, che ancora aveva problemi a capire il linguaggio muto di
Sandman riuscì ad estrapolare poco o niente da quel che
aveva visto.
Era sicuro che Sandman giocasse un ruolo chiave, perché
aveva
chiaramente distinto la sua tonda figurina spiccare in mezzo a un
vortice di sabbia, ma perse subito il filo quando le forme dorate si
susseguirono in una sequenza così rapida da apparire come
una nube
sfocata, tutta guizzi e ghirigori.
<<
Cosa aspetti, allora! >> tuonò Nord
entusiasta, che
evidentemente non si era perso un solo passaggio, <<
Facci
vedere cosa sai fare! >>
<<
Fermi, fermi, fermi. Che mi sono perso? >>
<<
Sandy ha avuto idea! >> gli rispose l'uomo, col tono di
uno che
spiega un'ovvietà.
<<
Fin lì ci ero arrivato, grazie. Ma che tipo di idea?
>>
Nord
stava per rispondergli, ma Sandy li superò indirizzando a
Jack un
gesto eloquente della mano, come a dirgli “sta' a
vedere!”
Fece
segno a Calmoniglio di abbassarsi, in modo da avere Sophie alla sua
stessa altezza. Portò le mani sulla sua testa, le dita tozze
e
dorate che sfioravano e spiccavano sui capelli di lei come una luce
nel buio. Jack trattenne il fiato, mentre Jamie si stringeva a lui
con ogni muscolo in tensione: sapeva, aveva intuito che il piccoletto
stava per fare qualcosa di veramente strabiliante.
E
infatti non rimase assolutamente deluso: l'omino chiuse i pugni e
piegò le braccia verso di sé, lento come se il
gesto richiedesse un
immenso sforzo fisico. Aveva gli occhi serrati e le sopracciglia
aggrottate in un atteggiamento concentrato, le labbra stirate a
incorniciare i denti digrignati, e benché tremasse come una
foglia
mantenne la posizione. Finché, altrettanto lentamente, la
sabbia
nera cominciò come a evaporare dai capelli della bambina,
restituendo gradualmente loro il consueto biondo pannocchia che
permetteva di distinguerla anche di lontano. La massa nera rimase a
fluttuare incorporea sopra le loro teste, come una oscura nebulosa in
miniatura. Allora Sandy unì le mani palmo a palmo, chinando
leggermente il corpo tozzo in avanti. La nebulosa nera fu percorsa da
una scintilla e una macchia dorata si espanse al suo interno, finendo
per fagocitarla in una gigantesca farfalla luminosa. Sandy
eseguì un
gesto improvviso e aggraziato, buttando il busto all'indietro
spalancando al contempo le braccia, e la farfalla esplose in una
pioggia scintillante che si dissolse prima ancora di toccare terra.
Per
diversi istanti, nessuno dei presenti osò muovere un solo
muscolo. E
poi, con un soffocato mugolio, Sophie riemerse dal petto di
Calmoniglio. La bambina si guardò attorno con gli occhi a
mezz'asta,
li strofinò stancamente coi pugni chiusi e infine
spalancò la bocca
in un lungo sbadiglio. Quello sbadiglio parve quasi un segnale agli
occhi dei Guardiani, che si lasciarono sfuggire un sospiro di
sollievo all'unisono, come fossero stati un essere solo, e rimasero a
fissare la bimbetta con incredulità, in un silenzio
innaturale,
interrotto solo da Jamie.
<<
Sophie? >> domandò cauto il ragazzino,
porgendole il biscotto.
Lei
guardò il fratello, allungò una mano furtiva sul
dolcetto e
cominciò a sgranocchiarlo di gusto.
<<
Bel lavoro, Sandy! >> ruggì Nord, assestando
all'Omino dei
Sogni una solidale pacca sulla schiena che quasi lo fece cadere.
<<
Davvero, piccoletto! Aspetta che Bellatrix lo venga a sapere...!
>>
aggiunse Jack, mordendosi subito la lingua. Sapeva di aver toccato un
tasto dolente, ma Sandy non percepì l'allusione alla sua
protetta
come una cosa negativa volta a marcarne l'assenza, perché
gonfiò il
petto con orgoglio e gli fece pollice alto con un sorriso raggiante.
Un secondo dopo, si espresse nell'unico modo che conosceva. Sulla sua
testa apparvero due piccole sagome dorate. Sandy e Pitch,
intramezzati dal simbolo del maggiore a vantaggio di quella bassa e
rotonda. Anche a Jack, che il più delle volte non capiva
nulla di
ciò che Sandy diceva, stavolta recepì il
messaggio forte e chiaro:
“ Riuscirò sempre a battere quello sbruffone!
”
Un
istante dopo, le due figure si volatilizzarono, lasciando posto a una
terza dai lineamenti dolorosamente familiari, a sua volta rapidamente
sostituita da un sinuoso punto interrogativo. Questa volta, Jack
avrebbe preferito non capire la domanda di Sandy, che però
gli parve
leggibile come il riflesso su uno specchio d'acqua.
<<
Ecco, Sandy... >> iniziò esitando,
abbassandosi davanti al
collega, << Bellatrix... lei non ha voluto seguirci.
È rimasta
dall'altra parte del portale >> .
Il
ragazzo alzò lo sguardo su Dentolina e Calmoniglio con aria
colpevole. Un fruscio frenetico lo indusse a guardare di nuovo Sandy,
che lo stava letteralmente mitragliando di domande impazienti.
<<
Sandy, te lo giuro. Sarei rimasto con lei, se avessi potuto. Davvero.
Ma lei mi ha spinto nel portale, ed è corsa via!
>>
Sapeva
che la sua spiegazione suonava più come una scusa, e sapeva
anche
che Sandy, pur non dandolo a vedere, era furioso nei suoi confronti.
Stava per aggiungere che aveva già concordato con Nord di
tornare a
cercarla, ma fu interrotto dall'urlo allarmato di Jamie.
<<
Sophie! Sophie, sveglia! Svegliati! Sai che mi fa la mamma se muori?
>>
Jack
vide la bambina riversa tra le braccia di Calmoniglio come una
bambola di pezza. Superò Sandy con un balzo e
osservò Sophie da
vicino, scrutandola attentamente con le sue iridi di ghiaccio. Aveva
gli occhi chiusi, la bocca spalancata e un braccio raccolto in
grembo, mentre l'altro penzolava inerte lungo il fianco.
Osservò il
suo petto alzarsi e abbassarsi lenti e regolari, mentre i suoi
respiri si facevano via via più profondi e calmi.
<<
Non c'è da preoccuparsi, Jamie >> disse
infine,
scompigliandogli i capelli.
<<
Sophie si è addormentata, tutto qui! >>
Il
Guardiano si piegò sulle ginocchia, portandosi alla stessa
altezza
del bambino. Allungò le mani gelide sul suo volto e gli
stirò i
cerchi neri che aveva sotto gli occhi con i pollici, sorridendo
appena.
<<
Se provassi a dormire un po' anche tu non sarebbe male, tra l'altro!
>> aggiunse, con una mezza risata.
<<
Dormire non è più molto piacevole, da un po' di
tempo in qua... >>
rispose il bambino, incerto.
Jack
sentì un colpetto leggero alla spalla e, voltandosi,
incrociò lo
sguardo complice di Sandman.
<<
Può darsi, ma dimentichi che l'Omino dei Sogni è
tornato in azione!
>> ribatté Jack, facendogli l'occhiolino
mentre si alzava di
nuovo in piedi.
Sophie
e Jamie dormivano tranquillamente accoccolati l'uno accanto all'altra
sulla grande poltrona nell'ufficio di Nord. Jack li guardava con aria
assorta, la sua mente del tutto dislocata dai suoi occhi, fermi e
glaciali come non erano mai stati.
Non
ne poteva più. Quell'attesa sarebbe stata snervante per una
persona
con normali livelli di self-control, figurarsi per un tizio
impaziente come lo era lui. Ogni istante che passava, si tendeva
lungo e sottile come una ragnatela tra l'apprensione e l'impazienza
del ragazzo, che montavano sempre di più via via che il
tempo
passava. Sentì di essere al limite estremo di sopportazione,
e stava
già pensando di andare a cercare Bellatrix da solo, di
nascosto,
quando un suono lontano e flebile attirò la sua attenzione,
distinguendosi appena dall'ululato del vento che imperversava
all'esterno. Era un fischio continuo e acuto, che si faceva man mano
più netto e forte, come se fendesse l'aria a
velocità sempre
maggiore. Un attimo dopo udì uno schianto assordante di
vetri rotti
provenire da dietro le sue spalle, espandendosi e rimbombando per
tutta la fabbrica come un terremoto. Jack si ritrovò
sferzato dal
vento gelido che invase il corridoio come acqua scaturita da una
falla, a fissare una strana sfera fluttuante nell'aria, come in
attesa di qualcosa. In quel momento accorsero gli altri Guardiani in
blocco, trafelati e spiazzati.
<<
Jack, che diavolo stai combinando?! >> tuonò
Nord, sovrastando
il fischio del vento schermandosi il volto con l'avambraccio. I suoi
occhi schizzarono dal ragazzo, immobile sulla soglia, alla distesa di
schegge di vetro disseminate su tutto il pavimento, alla vetrata
distrutta e alla sfera che ancora fluttuava immobile sulle loro
teste. D'un tratto Jack alzò il braccio e il vento fu come
rispedito
fuori dall'edificio, lasciando la scena in un silenzio innaturale e
attonito per qualche secondo.
<<
Nord, giuro che io non c'entro niente, con questa storia!
>> si
giustificò il ragazzo, alzando le mani come a riprova della
sua
innocenza.
Lo
sguardo di tutti si concentrò su quel misterioso globo,
attorno al
quale il silenzio parve solidificarsi come una scorza impenetrabile.
<<
Secondo te, cosa abbiamo qui? >> chiese Calmoniglio in un
sibilo, senza staccare gli occhi di dosso alla strana sfera
fluttuante, temendo inconsciamente che quella avrebbe potuto
sentirlo.
<<
Non saprei, amico mio >> rispose Nord, altrettanto
sommessamente << Meglio girare larghi, sembra essere cosa
molto in stile
Pitch, e non mi arrischierei a toccarla neanche se mi pagassero...
>>
Jack
abbassò gli occhi, riflettendo su quelle parole.
Quell'affare gli
era dannatamente familiare, ma non capì subito il
perché. Alzò di
nuovo lo sguardo, e la strana sfera era sempre lì, sospesa
sulle
loro teste come un piccolo sole nero. Come una piccola stella oscura.
<<
Non è di Pitch! >> urlò
all'improvviso, rivolto ai compagni, <<
È Bellatrix, che ce la manda! >>
La
scena gli era riaffiorata alla mente come riflessa in uno specchio
terso. Pitch, di spalle, che alzava le braccia sopra la testa. Dalle
sue dita nacque una palla di gas simile in tutto e per tutto a quella
che avevano davanti adesso, e di ciò era stato capace
perché aveva
assorbito i poteri di Bellatrix dentro di sé. Lei gli aveva
spiegato
che lui l'aveva cambiata, ma non gli aveva spiegato come. E se, in
cambio della sua alleanza, le avesse offerto parte dei suoi poteri?
Ricordò il braccio di lei, che aveva preso una colorazione
grigiastra e malaticcia. Sicuramente un effetto dei poteri di Pitch!
Dentolina
avanzò fino a trovarsi sotto la stella, guardandola con gli
occhi
stretti a due fessure violacee.
<<
Sembra ci sia qualcosa, lì dentro! >>
esclamò, alzando
l'indice verso il globo. A quelle parole, fu come se la stella avesse
ricevuto un input, lasciando cadere ciò che aveva
trasportato fin
lì. Fu questione di un battito di ciglia: Calmoniglio
afferrò
Dentolina per il braccio e la trascinò indietro,
scaraventandola
contro il muro. Al battito di ciglia successivo, le due spade di Nord
erano conficcate nel pavimento, nel punto esatto in cui si trovava la
ragazza un istante prima, le else che vibravano minacciosamente. Jack
allungò le mani tremanti sul proprio bastone, abbandonato a
terra
accanto alle spade, e un moto di rabbia sopraffece lo sbalordimento
che lo aveva colto. Era davvero questo che intendeva Bellatrix con il
dover “ risolvere tutto ” ?
<<
Non è possibile... >>
Calmoniglio
si rigirava i propri boomerang tra le mani, senza riuscire a
spiegarsi la loro comparsa improvvisa.
Nord
estrasse le due spade dal pavimento con un rumore secco di legno
spezzato e alzò di nuovo lo sguardo sulla stella. Questa
restò un
attimo ancora sospesa, come a restituirgli lo sguardo, e, senza alcun
preavviso, schizzò di nuovo fuori dalla finestra.
L'uomo
incrociò lo sguardo obliquo e diffidente di Calmoniglio,
concordandosi con lui in un tacito dialogo. Dentolina li guardava
senza fiatare, con la testa incassata tra le spalle e le piume
arruffate e gonfie per il freddo.
<<
Jack, segui stella! Voialtri, alla slitta! Ci porterà da
lei,
ovunque si trovi adesso! >>
Jack
si lanciò fuori dalla finestra come se non avesse aspettato
altro
per tutto il tempo, e mentre gli altri Guardiani si precipitarono
lungo il corridoio, Nord sostò qualche istante davanti alla
porta
del suo ufficio, spiando all'interno. Jamie e Sophie dormivano ancora
della grossa, del tutto estranei al pandemonio che si era scatenato
ad appena qualche metro da loro, due masse informi e dorate che
fluttuavano sulle loro teste come a vegliare su di loro.
<<
Yeti! A rapporto! >> urlò, affacciandosi alla
balaustra che
dava sulla sala del Globo Terrestre. Due di loro apparvero
caracollando sulle gambe massicce e si guardarono intorno qualche
istante, notando la distruzione che aveva invaso la stanza.
<<
Se bambini si svegliano, date loro tutto quello che chiedono. Intesi?
Intanto, riordinate questo macello e riparate la finestra!
>>
E si precipitò giù
per il corridoio, seguito dal resto dei Guardiani.
A.A.
Non
saprei, questo capitolo non mi ha mai convinto fino in fondo. Prima
di tutto, detesto i capitoli corti e questo mi sembra che non rientri
nei miei standard, e in secondo luogo a me medesima dà
l'idea di un
capitolo “tappabuchi”, insomma messo giusto per
fare brodo. Non
mi sembra particolarmente essenziale, ma se lo avessi tolto non si
sarebbe più saputo nulla di Jamie e Sophie, e soprattutto di
come
avessero fatto i Guardiani a sapere l'esatta posizione di Bellatrix.
Quindi, giocoforza, ce l'ho dovuto lasciare. Altro da dire, Tec?
Sì,
ora che ci penso. Non mi soddisfa nemmeno il titolo del capitolo
stesso, ma siccome sono un geniaccio, invece di scrivermeli per tempo
tendo ad improvvisare. Se qualcuno avesse suggerimenti, sono ben
accetti.
Bene,
il mio lavoro qui è concluso (fino a settimana prossima),
quindi...
sì, ci vede :D
Volevo
mettervi un CIAONE di quelli urlati a squarciagola, ma ne andrebbe
del mio titolo autoimposto di scrittrice. Oh, never mind, ormai il
danno è fatto!
Tec
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Capitolo 15 *** Il cordoglio di Sandy ***
Se
qualcuno, dalla montagna opposta, avesse in quel momento guardato in
direzione del paese, avrebbe visto la cupola nera spiccare minacciosa
sul verde sbiadito del bosco alla fredda luce del mattino. Poi
avrebbe visto un puntino luminoso nascere in corrispondenza del
camposanto, espandendosi a vista d'occhio, e da lì decine di
spaccature irradiarsi su tutta la sua superficie. Fu proprio questo
lo spettacolo che si presentò ai Guardiani, mentre
sfrecciavano
veloci sulla slitta governata da Nord.
<<
Che sta succedendo, laggiù? >>
<<
Non ne ho idea... ma faremo meglio a sbrigarci! >>
urlò
l'uomo, spronando le renne.
La
slitta schizzò in avanti, sorvolando la valle col vento che
minacciava di ribaltarla da un momento all'altro. Jack si
ritrovò
appiattito contro il sedile, stringendosi al petto il bastone. Ormai
mancavano poche centinaia di metri, e lui posò lo sguardo
sulle
fenditure luminose della cupola, sperando in cuor suo che Bellatrix
stesse bene. Guardò alla sua sinistra, ignorando l'ululato
del vento
che gli sferzava il corpo: Sandy era proteso in avanti, la mano
saldamente attaccata al parapetto e gli occhi sgranati e colmi di
apprensione. Jack capiva perfettamente il suo stato d'animo, e
avrebbe voluto rassicurarlo, dargli parole di conforto. Si era ben
reso conto del legame indissolubile che c'era tra lui e Bellatrix, e
vederlo angustiarsi a tal modo per lei contribuiva a uccidere la
già
debole speranza di ritrovarla sana e salva. Tornò a guardare
la
cupola nera, dalla quale quella strana luce sembrava voler scappare
fuori. E poi, in un battito di ciglia, la cappa nera esplose. L'onda
d'urto investì in pieno la slitta, proiettandola
all'indietro e
sbalzandone fuori i passeggeri. Nord strinse le redini più
forti
lanciando una rapida occhiata dietro di sé. Jack, Dentolina
e Sandy
erano riusciti a tornare a bordo, ma Calmoniglio mancava all'appello.
Parvero
accorgersene tutti nello stesso istante, perché si
lanciarono
occhiate atterrite l'un l'altro. Jack si sporse dalla slitta e lo
vide: Calmoniglio stava precipitando nel vuoto, svenuto, ormai
piccolo e lontano. Senza esitare, il ragazzo si lanciò a
peso morto
dietro di lui, chiamandolo inutilmente. Lo raggiunse, lo
afferrò per
le spalle e rallentò la sua caduta.
<<
Resisti, Calmoniglio! Sono qui, amico! >>
Si
passò il braccio del Guardiano attorno al collo e
atterrò
dolcemente in uno spiazzo in mezzo agli alberi. Lanciò lo
sguardo
oltre le chiome verdi, ma tutto ciò che vide fu soltanto una
chiazza
di cielo, azzurra e sgombra.
Un
verso sommesso alla sua sinistra lo fece voltare: Calmoniglio si
stava riprendendo, premendosi la tempia con la grande zampa pelosa.
<<
Ragazzi, che chiorbata ho preso! >> biascicò,
passandosi la
zampa pelosa sulla nuca.
<<
Hai battuto la testa? >> gli chiese Jack, guardandolo
dubbioso.
<<
Già... Cosa...? Dove sono gli altri? >>
<<
Sulla slitta, ovviamente! Muoviamoci, dobbiamo correre da Bellatrix,
ricordi? Coraggio, appoggiati a me! >>
Camminarono
in mezzo agli alberi per diversi minuti, sostenendosi l'un l'altro
come due vecchi compagni di bevute. In condizioni normali Jack non si
sarebbe mai sognato di essere gentile o addirittura premuroso con
Calmoniglio, e si ripromise che se lui ne avesse mai fatto parola con
gli altri Guardiani lo avrebbe surgelato all'istante.
Dopo
quella che parve un'eternità, finalmente i due Guardiani
uscirono
dal bosco.
<<
La luce proveniva senza dubbio da lassù! >>
disse Jack,
indicando il paese che torreggiava sopra di loro.
<<
Speriamo... di essere arrivati in tempo! >> aggiunse
Calmoniglio, facendo vagare lo sguardo sull'agglomerato di case.
Si
inoltrarono nel borgo, setacciandone i vicoli e le vie in cerca di
qualche indizio su dove trovare Bellatrix. Alla fine giunsero nella
piazza ai piedi della scalinata, dove era parcheggiata alla meno
peggio la slitta, vuota. Jack superò circospetto le renne
che
pascolavano in cerca di cibo sui sampietrini sconnessi, strattonando
Calmoniglio per il braccio.
<<
Credi che sia lassù? >>
<<
Beh, non lo verremo a sapere, se restiamo qui impalati. Ti pare?
>>
Si
scambiarono un'occhiata di intesa e scattarono in avanti. Corsero su
per la rampa a perdifiato, tenendo gli occhi fissi sul campanile che
man mano andava avvicinandosi. Jack brandiva il bastone come una
spada, pronto ad usarlo in caso di attacco improvviso.
A
un tratto, Calmoniglio lo chiamò, costringendolo a tornare
indietro.
<<
Ehi Jack! Credo... credo che ci siamo... >>
Jack,
nella foga del momento, non aveva minimamente notato il cancello di
ferro che si apriva sul cimitero. Si avvicinò a Calmoniglio,
seguendo con lo sguardo il suo dito puntato oltre le inferriate,
sulle figure di Nord e Dentolina che, in silenzio, davano loro le
spalle.
Col
fiato sospeso, Jack si precipitò oltre il cancello, nel
vialetto
dove si trovavano gli altri Guardiani, sollevando nuvole di ghiaia a
ogni falcata.
<<
L'avete trovata? >> chiese, con una nota di di fiducia
nella
voce, appena li raggiunse. Ma né l'uno né l'altra
si prese la briga
di rispondere, continuando a guardare un punto che Jack, da dietro le
spalle di Nord, non riusciva a vedere.
<<
Che è successo? >> insistette il ragazzo,
allungando il collo
per cercare di vedere oltre la sua gigantesca mole. Quest'ultimo si
voltò a guardarlo, come se si fosse appena accorto che lui
era lì,
e si fece da parte guardandolo con sincero dispiacere. A vedere la
sua espressione, il già incerto sorriso di Jack
sfumò del tutto,
lasciando spazio solo al terrore. E allora vide Sandman, in ginocchio
in mezzo al vialetto, dargli la schiena. Le sue spalle erano scosse
da leggeri e silenziosi tremiti, mentre l'omino stringeva qualcosa al
petto.
Un
senso di smarrimento gli attanagliò le viscere. Sandy stava
davvero... piangendo?
Jack
si avvicinò con passo incerto, senza mai staccare gli occhi
dall'Omino dei Sogni. Quest'ultimo non gli aveva prestato la minima
attenzione, nemmeno quando lui gli era crollato accanto in ginocchio,
incredulo e con gli occhi umidi.
<<
Oh, no... >> mormorò il ragazzo, con un nodo
alla gola.
<<
No. No, no, no, NO! >>
L'Omino
dei Sogni abbandonò le mani in grembo, reclinando il capo
sul petto
con espressione sofferente. Jack fissò impietrito una
lacrima dorata
scivolargli dagli occhi serrati lungo il grosso naso e cadere
sull'ammasso di stoffa blu che giaceva, abbandonato e vuoto, sulle
sue ginocchia.
<<
Bellatrix... >>
Raccolse
il vestito della ragazza e balzò in piedi, guardandosi
attorno
nell'illusa speranza di vedersela comparire da dietro una lapide,
urlando forte il suo nome. Sondò le file di tombe con lo
sguardo,
continuando a ripetere quelle tre sillabe come un gattino che piange
chiamando la madre.
<<
Jack, smettila. Non serve a niente, lei non è
più... >>
iniziò Dentolina, posandogli cautamente una mano sulla
spalla.
<<
Non... non dirlo neanche per scherzo! Lei... Lei aveva promesso!
>>
urlò lui, dissennato, divincolandosi dal suo tocco.
Dentolina,
Nord e Calmoniglio si guardarono, gli occhi pieni di tristezza.
Jack
abbassò le braccia, abbandonandole lungo i fianchi, ma
continuò a
stringere nei pugni quella stoffa leggera e fluente. Alla fine,
abbassò il capo in un mezzo accenno di rassegnazione. Di
Bellatrix
era rimasto solo il vestito e le scarpe, abbandonate qualche metro
più in là. Ma il resto?
E
poi la sua attenzione fu catturata da uno strano oggetto, abbandonato
anch'esso poco lontano, vicino a una tomba. Si lanciò a
capofitto in
quella direzione e si chinò sulla lapide, raccogliendo una
strana
sfera. Sembrava una delle stelle di Bellatrix, di colore nero
screziato di viola, ma al tatto era liscia e fredda come una sfera di
vetro. Probabilmente uno strato di sabbia si era solidificato a
contatto con l'alta temperatura dell'astro, dandogli quella strana
colorazione. Jack sollevò la sfera, portandosela al volto
per
esaminarla più da vicino. Sotto la strato di vetro, Jack
vide un
guizzo giallo, due occhi spaventosi lo guardarono ostili per una
frazione di secondo e lui rischiò di farla cadere a terra
dalla
sorpresa.
<<
N-Nord! Guarda qui! >>
L'uomo
si avvicinò e gli prese il globo dalle mani, osservandolo
attentamente.
Dentolina
e Calmoniglio gli si accostarono e subito sgranarono gli occhi.
<<
Ma come... come avrà fatto a finire là dentro?
>> chiese la
ragazza, incredula.
Nord
abbassò lo sguardo su Jack e gli posò una mano
sulla spalla.
<<
È stata Bellatrix... ha sacrificato sua vita per battere
Uomo
Nero... >>
<<
Se non fosse stato per lei, a quest'ora Pitch dominerebbe
incontrastato su mezzo mondo >> disse Jack, dopo qualche
istante di silenzio. Tornò a guardare Sandy, che aveva
alzato gli
occhi su di loro e adesso li fissava, sconvolto e confuso.
<<
Noi dobbiamo fare qualcosa. Non si meritava questo, e se non l'avessi
cacciata non sarebbe mai finita così. E minimo che possiamo
fare ora
è renderle omaggio come si deve! >>
Jack
fece vagare lo sguardo sui vari oggetti che gli si mostravano man
mano che la luce della torcia li illuminava. Con passo lento, si
avvicinò all'amaca nell'angolo in fondo, reggendo alto il
fuoco che
gli scaldava affettuoso le guance diafane. Con una lentezza e una
solennità che non gli appartenevano, avvicinò la
fiamma al tessuto
di cui era fatto il letto che era stato della sua antenata,
appiccandogli fuoco. Guardò le fiamme divorare la stoffa
leggera e
consunta, alzandosi piano e silenziose verso il soffitto scavato
nella terra nuda. Jack lasciò cadere la torcia sul pavimento
e si
avviò veloce verso il tunnel che conduceva in superficie
attraverso
il tronco cavo, permettendosi di lanciare alla stanza un'ultima
occhiata depressa. Quando fu all'esterno, planò dal ramo al
suo
posto, tra Nord e Dentolina. I Guardiani erano disposti a semicerchio
a una certa distanza dall'albero, e ognuno teneva il proprio sguardo
alto e fisso sulle sue vecchie fronde. Tutti eccetto Sandy, che
guardava con spaesata tristezza le possenti radici della pianta,
stringendo al petto il vestito di Bellatrix accuratamente piegato in
un morbido rettangolo blu, e Calmoniglio, che aveva il volto in
penombra, rivolto verso terra, le spalle scosse da leggeri sussulti.
Un
denso fumo scuro iniziò a levarsi dal passaggio, e l'aria fu
pervasa
dall'acre odore di bruciato. Sandy parve destarsi da una sorta di
trance: sbatté le palpebre un paio di volte, confuso, e
spostò lo
sguardo spaesato da Nord a Dentolina, come se lo avessero
incoraggiato a procedere a un'esecuzione spiacevole ma necessaria.
Con passo incerto ed esitante, si avvicinò all'albero,
deponendone
alla base gli effetti di Bellatrix con lentezza solenne. L'ultima
cosa che posò tra le radici, in mezzo alle scarpe allineate
con cura
sulla stoffa blu, fu il ciondolo dalla pietra bianca che era
appartenuto alla ragazza e prima ancora alla madre di lei. Jack
sentì
il gomito di Nord affondargli nel fianco, e si ritrovò a
stringere
tra le mani un oggetto rotondo dalla consistenza molle e umidiccia.
Era la ghirlanda di foglie che le avevano trovato addosso al suo
risveglio al polo Nord, ormai marcia e appassita. Jack se la
rigirò
pensieroso tra le mani, senza sapere cosa dovesse farne.
Alzò lo
sguardo sul faccione di Nord, che per un attimo distolse il suo dai
rami secchi e morti dell'albero per indicare con un cenno Sandman,
ancora immobile davanti alle radici della pianta. Jack
guardò
l'Omino dei Sogni, afferrando il messaggio. Nord aveva avuto una
bella faccia tosta a chiedergli tanto, ma del resto non aveva altra
scelta. Jack sospirò, chiedendosi con una punta di amarezza
come mai
certi mestieri dovessero toccare proprio a lui. Porse quasi con gesto
stizzito il proprio bastone a Dentolina e si avvicinò
all'Omino dei
Sogni a passi leggeri, quasi per non turbarlo col suono del proprio
peso sulla terra secca. Poi si accovacciò accanto a lui,
posandogli
con delicatezza la mano sulla spalla. Sandy parve accorgersi del suo
tocco a scoppio ritardato, e alzò su Jack uno sguardo in cui
il
Guardiano del Divertimento riconobbe il più totale
disorientamento.
Pur sapendo che ciò che stava facendo non avrebbe fatto
altro che
peggiorare il senso di sconforto di Sandman, Jack gli porse la
ghirlanda con un debole sorriso. Sandman la prese con mani tremanti,
ma non la depose sugli altri oggetti come Jack si era aspettato di
vedergli fare: al contrario, se l'era stretta al petto, sciupando le
foglie già raggrinzite, e crollò in ginocchio
chinando il capo in
avanti. Jack balzò in piedi, spiazzato e inorridito,
fissando
sconvolto l'Omino che sembrò piegarsi su sé
stesso come in preda a
crampi insopportabili, portandosi le mani alla testa e afferrandosi i
capelli con impeto disperato.
La
ghirlanda giaceva abbandonata davanti a lui, stropicciata e secca.
Una foglia si era staccata ed era caduta a terra, a pochi centimetri
dal piede di Jack,e lui rimase a fissarla con orrore per qualche
istante. Il pianto silenzioso di Sandman riempì l'aria,
più
straziante del più disperato dei lamenti. Jack si
voltò verso gli
altri Guardiani, preso dal panico più puro. Nord guardava
Sandy con
espressione sconcertata, e così Calmoniglio, con la bocca
spalancata
e due piccoli solchi bagnati che gli appiattivano il pelo sulle
guance. Dopo qualche secondo di esitazione, Dentolina si fece avanti
mollando senza troppi complimenti il bastone di Jack, che cadde a
terra con un suono sordo. Nessuno si preoccupò di
raccoglierlo,
perché lo sguardo di tutti era puntato su di lei, che aveva
preso
Sandman per mano con gentilezza e lo aveva tirato in piedi con
altrettanta premura, quasi trascinandolo di peso, accanto a
sé nel
semicerchio. Nord raccolse il bastone di Jack e glielo porse in
silenzio, continuando a guardare Sandman con espressione
compassionevole. Jack tese la mano e le sue dita si strinsero sul
legno con forza, mentre nei suoi occhi di ghiaccio cominciarono a
riflettersi deboli bagliori rossastri. Jack capì che il
fuoco si era
esteso al tronco cavo, e cercò di distrarre i propri
pensieri
dall'albero avvolto dalle fiamme così come sarebbe apparso
pochi
minuti dopo. D'un tratto il cielo si illuminò e la Luna
apparve da
dietro la montagna, fendendo il fumo scuro bagnandolo con i propri
raggi. Un istante dopo, la volta celeste fu attraversata da
sfavillanti dardi argentei, che sfrecciavano veloci sulle loro teste
e sparivano con la velocità di un battito di ciglia. Era uno
spettacolo dalla bellezza struggente e Jack si sentì
contagiare
dalla stessa tristezza che gli trasmetteva. Era come se gli astri e
l'universo stesso stessero esprimendo il loro cordoglio per aver
perso la loro Custode.
Jack
tornò con la mente alla prima volta in cui era stato
lì, quando la
Stanza dell'Universo era stata svuotata del suo contenuto. Ora
provava dentro di sé lo stesso vuoto che lo aveva quasi
inghiottito
per sempre, anche se questa volta lei non sarebbe stata lì a
rassicurarlo con la sua sola presenza. Il senso di abbandono cresceva
e si propagava dentro di lui come un cancro, minacciando di
sopraffarlo da un momento all'altro. Fissò gli occhi umidi
sui rami
secchi che avevano lentamente iniziato a essere lambiti dalle fiamme,
finché l'intera cima si accese come un immenso
falò nella notte.
Anche da quella distanza, Jack sentiva sulla pelle il calore del
fuoco, e questo prese a danzare freneticamente nel riflesso dei suoi
occhi. A un tratto, un ramo infuocato su spezzò e cadde
sulla pila
di oggetti accatastati lì sotto, con una pioggia di lingue
fiammeggianti. Appena il fuoco lambì la stoffa scura, essa
fu
illuminata da un raggio di luna, e nella linea obliqua di quella lama
si levò lenta una figura ben nota, argentata, evanescente ed
eterea.
Jack
pensò seriamente di essere in preda alle allucinazioni.
Doveva
essere così, il fumo, la luce della luna e infine la sua
autosuggestione gli stavano facendo credere di vedere Bellatrix ritta
in mezzo alle fiamme. Spostò fugacemente lo sguardo sugli
altri
Guardiani e li vide allibiti e sorpresi quanto lui, a fissare lo
stesso punto. Quante probabilità c'erano che si trattasse di
un'allucinazione collettiva?
No,
non si trattava di un effetto ottico, né di una proiezione
del suo
cervello. Era veramente lei, eppure al contempo non lo era.
Osservò
la ragazza, che stava immobile a guardarli con un'espressione
dolcissima e affettuosa sul volto trasparente, la testa leggermente
inclinata di lato. Indossava un candido vestito bianco dal collo alto
e lunghe maniche a sbuffo. Attraverso il suo vestito candido, Jack si
accorse di riuscire a scorgere la corteccia del vecchio tronco,
schermato appena dalla figura diafana di lei.
Bellatrix
mosse un passo in avanti e la lama di luce la seguì come un
freddo
riflettore fino a Sandman, dove la ragazza si fermò
inginocchiandosi
davanti a lui, stringendo qualcosa tra i palmi sovrapposti. L'Omino
dei Sogni allungò una mano tremante a sfiorarle la guancia
incorporea, gli occhi sgranati e increduli fissi in quelli una volta
ambrati di Bellatrix. Lei alzò a sua volta la sua,
sovrapponendola a
quella piccola, dorata e paffuta di Sandman, e la staccò con
delicatezza, continuando a guardarlo con quel suo sorriso amorevole.
Depose qualcosa nel palmo aperto di lui e si rialzò,
portandosi
stavolta davanti a Jack, sempre avvolta dal fascio di luce fredda
della luna che la seguiva ad ogni passo.
Lui,
Jack, non sentì il tocco leggero delle sue dita sulle
proprie
spalle, né il suo seno contro il petto, eppure non avrebbe
più
voluto sciogliersi da quell'abbraccio che tuttavia non gli
trasmetteva il conforto di un corpo caldo contro il suo. Le labbra
della ragazza gli si premettero contro la guancia, ma di nuovo lui
non sentì altro che un leggero soffio freddo. Eppure sarebbe
volentieri rimasto così per sempre, avvinghiato a lei
così da non
permetterle più di andar via. Ma proprio quando le sue
braccia
tentarono di tenerla stretta a sé la attraversarono come
fatta di
fumo e lei si scostò, restituendogli un'espressione
amareggiata.
Lentamente, Bellatrix arretrò fino a portarsi nel fuoco del
semicerchio, con gli occhi di tutti puntati addosso. Rivolse loro uno
sguardo carico del più spontaneo affetto e
allargò le braccia, come
a volerli chiudere tutti in una stretta collettiva. Allora fu avvolta
da un'aurea scintillante e il suo corpo prese a scomporsi in
frammenti luminosi, che pian piano salivano verso il cielo e
sbiadivano fino a scomparire del tutto. Ma prima che anche il volto
di lei si dissolvesse, Jack riuscì a fissarla negli occhi e
seguire
il movimento fluido delle sue labbra che articolarono parole che
nessuno riuscì a cogliere. Poi anche il viso di Bellatrix fu
avvolto
dalla luce e lei si trasformò in una scia luminosa che
salì verso
il cielo e si fuse con le stelle.
A.A
Mannaggia
zozza, è successo di nuovo. Non so più dove ho la
testa, ammesso
che ne abbia mai avuta una. In più tra poco devo uscire con
degli
amici quindi non posso stare molto a chiacchierare (purtroppo, mi sto
già pentendo di aver detto di sì quando
è palese che preferirei
stare a casa a mangiare popcorn e guardare film. Ma sono masochista
quindi va be').
Se
pensiate che Jack tenga un po' troppo a Bellatrix, avete ragione,
colpa mia che, nella prima stesura del capitolo, ancora quella su
carta con la matita a grafite dell'estate scorsa, per intenderci,
è
finito per innamorarsi di lei. E se c'è una cosa che detesto
è la
gente che si innamora dei miei protagonisti, quindi ho provveduto
subito a cambiare le carte in tavola. Anche se, credo, una leggera
impronta di quella versione sia palpabile anche in questa. E va be',
almeno non posso dire di non averci provato ^^'
Al
solito, anche se velocemente, grazie a tutti quelli che hanno avuto
abbastanza pazienza di arrivare fin qui, e io mo' vi saluto che se no
faccio tardi. Tipico, avendo avuto a disposizione tutto il giorno
(più o meno) ci si sveglia per le cose importanti cinque
minuti
prima dello scadere del tempo utile. Ad ogni modo, see yah, guys!
Tec
|
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Capitolo 16 *** Cinque anni dopo ***
I
guardiani avevano da poco fatto ritorno alla fabbrica di giocattoli,
e ad attenderli avevano trovato una brutta sorpresa. I resti infranti
della prigione di vetro in cui Bellatrix aveva rinchiuso Pitch,
sacrificando la propria vita, giacevano silenziosi sulla scrivania di
Nord, coperta da un sottile strato di sabbia nera. Lui era sparito
senza lasciare altra traccia.
Jack
ne rimase letteralmente sconvolto: aveva raccolto alcune schegge
cristalline e ricurve, il volto più pallido del solito e le
mani
scosse da un fremito, rifiutandosi di credere all'evidenza. Poi le
aveva strette nei pugni, era scattato in piedi ed era corso via,
gettandole lontano.
Adesso
Jack sedeva nella stanza che era stata di lei durante la sua breve
convalescenza, seduto sul davanzale con le gambe strette al petto e
la fronte china sulle ginocchia. La porta si aprì cigolando
e Jack
alzò stancamente lo sguardo, in tempo per vedere Calmoniglio
richiudersela meticolosamente alle spalle. Jack tornò a
guardarsi le
ginocchia, vagamente deluso.
<<
Jack, smettila di piangerti addosso, devi andare avanti!
>>
disse Calmoniglio, avvicinandosi risolutamente.
<<
Come sta Sandy? >> chiese il ragazzo in tono brusco,
scuotendo
la testa con gesto stizzito: non aveva nessuna voglia di parlare di
lei, tanto meno con lui che non la aveva mai apprezzata
particolarmente.
<<
Beh, puoi ben immaginartelo! >>
Il
Coniglio di Pasqua si sedette sul davanzale di fronte a lui e
lanciò
un'occhiata sfuggevole fuori dalla finestra, percorrendo le montagne
bianche con lo sguardo assorto.
<<
Non l'ho mai visto così a terra, e lo conosco praticamente
da
sempre! >>
Il
ragazzo emise un verso piatto e voltò la testa, guardando a
sua
volta il paesaggio innevato per sfuggire agli occhi attenti del
collega. Lui, dal canto suo, si soffermò su ogni dettaglio
del suo
viso, quasi a cercare di vedere sotto la pelle il flusso vorticoso
dei suoi pensieri, di decifrare ogni impercettibile mutamento della
sua espressione.
<<
Tu non sei solo abbattuto per la morte di Bellatrix, vero?
C'è
dell'altro, sotto. Dico bene? >>
Con
immenso sforzo, Jack si costrinse a guardarlo in faccia.
Provò ad
articolare qualche parola, ma dalle sue labbra uscirono solo alcune
lettere sconnesse e striminzite. Frustrato, seppellì il
volto tra le
mani e inspirò profondamente, lasciando che il suo fiato
caldo gli
inumidisse le mani.
<<
Hai ragione, amico. Sono... arrabbiato. Insomma, lei ha sacrificato
sé stessa per per mettere Pitch a tacere una volta per
tutte, e alla
fine lui è riuscito comunque a spuntarla >> .
Calmoniglio
continuò a guardarlo, chinando il busto in avanti
incoraggiandolo a
proseguire.
<<
Alla fine ha vinto lui. Se avesse saputo prima che il suo sacrificio
non sarebbe valso a nulla, probabilmente non si sarebbe mai sognata
di fare una cosa simile! >>
Calmoniglio
non seppe cosa rispondergli, perché Jack aveva tradotto in
parole
ciò che lui aveva solo osato pensare.
<<
E poi non capisco, >> continuò il ragazzo,
interrompendo le
riflessioni dell'altro, << la sua morte non ha alcun
senso!
Voglio dire, lei era uno Spirito! Aveva superato la sua morte
terrena, non avrebbe dovuto succederle di nuovo, giusto?
>>
Il
compagno rimase qualche istante in silenzio, soppesando le parole
più
giuste per rispondergli.
<<
Jack, ricordi cosa aveva detto Pitch quando ha rubato i dentini dei
bambini? >>
Ma
Jack evidentemente non ricordava, perché lo
guardò confuso.
<<
Disse che i Guardiani perdono i poteri se molti bambini non credono
più in loro, finendo col perdere la loro energia
>> .
<<
Va bene, ma Bellatrix non aveva bisogno che i bambini credessero in
lei! >> obiettò il ragazzo.
<<
No, hai ragione. Ma il punto non è questo. Il punto
è che Pitch le
ha prosciugato ogni potere, e in questo modo è svanita nel
nulla. Ci
vogliono pochi mesi per uccidere un Guardiano, ma con lei sono
bastati pochi secondi perché ha impiegato tutte le sue forze
per
imprigionarlo e indebolirlo! E quindi non è vero che non
è servito
a niente >> .
Jack
tornò a guardare fuori, cercando di tenere a bada il senso
di
oppressione che ancora minacciava di sopraffarlo. Calmoniglio gli
pose la mano sulla spalla e Jack incrociò il suo sguardo nel
riflesso del vetro.
<<
Non devi lasciare che quel che le è successo ti impedisca di
vivere,
Jack. Cerca di andare avanti. Per lei, almeno! Lo dovresti sapere
meglio di me: chi abbiamo voluto bene non ci lascerà mai
davvero.
Mai! >>
Se
due anni prima gli avessero detto che Calmoniglio, con cui era
notoriamente in contrasto più o meno da sempre, avrebbe
cercato di
consolarlo, lui gli avrebbe riso in faccia. Probabilmente, se avesse
visto quella scena allora, non avrebbe voluto credere ai propri
occhi.
<<
Grazie, Calmoniglio. Forse hai ragione tu... >>
Il
ragazzo non colse il sorriso incoraggiante dell'altro,
perché si
alzò voltandogli le spalle e si stiracchiò,
muovendo qualche passo
verso la porta. Fuori trovò Dentolina e Nord, che esibivano
un'aria
innocente sul volto, e ne dedusse che dovevano aver origliato
l'intera conversazione.
<<
Avete visto Jamie? >> chiese, come se non si fosse
accorto di
nulla.
<<
È con Sophie, nell'altra stanza... >> rispose
lei, evasiva.
“L'altra
stanza” era in realtà un piccolo disimpegno
all'inizio del
corridoio, in cui gli unici arredi consistevano in un piccolo
divanetto, un vecchio baule polveroso e un orologio a pendolo alto e
stretto come un campanile. I due fratelli erano rannicchiati l'uno
contro l'altra, profondamente addormentati. Jack si piegò
sulle
ginocchia e rimase a lungo a fissare i loro volti sereni.
Jamie
respirava profondamente, il naso affondato tra i capelli della
sorella e le sopracciglia distese. Sophie aveva la testa appoggiata
sulle gambe del fratello e si stava succhiando beatamente il pollice.
A un tratto, come accortosi di essere osservato, il bambino si
svegliò con un mugolio e alzò lentamente la testa.
<<
Jack... >> mormorò con voce pastosa, levandosi
i capelli di
Sophie dalla bocca, << Che succede? >>
<<
Nulla, Jamie >> rispose il ragazzo, cercando di mantenere
un
tono disinvolto, << ero venuto a vedere come state
>> .
Il
bambino si stropicciò gli occhi, emettendo un verso di
assenso poco
convinto. Sophie, disturbata dalle voci, si girò nel sonno
staccando
la mano dalla faccia. Jack vide un sottile filo di saliva tendersi
tra il dito e il labbro inferiore della bambina, curvarsi verso il
basso e ricadere sul suo petto in gocce filamentose.
<<
Jack? >>
Il
ragazzo tornò a guardare Jamie, iniziando a sentirsi a
disagio.
<<
Dove siete stati? E perché Bellatrix non è
tornata? >>
In
cuor suo, Jack provò un moto di odio verso il bambino.
Sapeva che
non ne aveva colpa, ma perché tutti si ostinavano a
ricordargli di
lei? Perché non si sentiva libero di poter mettere una croce
su
tutta quella faccenda?
Lentamente,
Jack allungò una mano a scompigliargli i capelli. Poi gli
posò
entrambe le mani sulle spalle e la sua voce risuonò ferma
nonostante
la tristezza gli attanagliasse la gola.
<<
Jamie... >> disse infine, saldando la presa,
<< Bellatrix
non... non tornerà più >> .
Il
bambino sembrò assimilare il significato di quelle parole e,
rassegnato, chinò la testa.
<<
Un po' me l'aspettavo, sai? >> disse, dopo un po'.
<<
Che vuoi dire? >>
In
risposta, il ragazzino si frugò in tasca e ne
tirò fuori la stella
che lei gli aveva dato tempo addietro. Questa giaceva sul palmo
aperto della sua mano, non più bianca e sfavillante come
quella
volta, ma spenta e opaca come un banale pezzo di plastica.
<<
Prima brillava, e a tenerla in tasca mi scaldava tutto. Ma adesso non
lo fa più... >>
Jamie
gliela porse e Jack la guardò pensieroso, rigirandosela tra
le dita.
<<
Jack... io voglio tornare a casa mia >> .
Jack
gli restituì la stella e, dopo un attimo di esitazione, gli
scompigliò di nuovo i capelli, scoppiando in una risata che
non
aveva nulla di allegro.
<<
Allora sarà meglio che vi prepariate! >>
Il
ragazzino saltò giù dal divano e scosse la
sorellina per le spalle.
<<
Sophie, sveglia! Stiamo per tornare a casa! >>
Ma
la bambina continuò a dormire placidamente, cacciandosi di
nuovo il
pollice in bocca. Da quando era stata sottratta al controllo
dell'Uomo Nero era raro vederla sveglia, se non per mangiare.
Così
Jack si chinò su di lei e la prese tra le braccia, lasciando
che lei
si avvinghiasse al suo collo con la fronte abbandonata contro la sua
clavicola magra.
Poche
ore dopo, il gruppo dei Guardiani al completo si trovava a poche
decine di metri dalla casa di Jamie, a fissare l'abitazione con un
sentimento a metà tra il sollievo e l'amarezza. Jack
guardò il
bambino fiondarsi oltre la porta con la sorellina in groppa,
chiamando a gran voce la madre. Era mattina presto e in giro non
c'era ancora anima viva, perciò i cinque non si
preoccuparono di
nascondersi da occhi indiscreti, anche perché i bambini, gli
unici
che potessero vederli, per lo più a quell'ora dormivano
ancora della
grossa. Il Guardiano del Divertimento distolse lo sguardo dalla
villetta, sentendosi stringere il petto da una fitta dolorosa. Il
sole stava sorgendo da dietro le colline all'orizzonte, mentre lo
stridio lontano degli uccelli annunciava alla città ancora
assopita
l'inizio di un nuovo giorno che, nella sua oggettività,
sarebbe
stato identico al precedente, così come ai successivi. Ma
quel
giorno, Jack poteva quasi sentire che l'aria attorno a lui era
cambiata, segnando l'inizio di una svolta.
Una
piccola mano delicata si posò leggera sulla sua spalla,
distogliendolo dai propri pensieri.
<<
Jack, andiamo. Dobbiamo tornare indietro, adesso! >>
Dentolina
gli sorrideva dolcemente, invitandolo con lo sguardo a seguirlo. Lui
si lasciò prendere per mano e guidare alla slitta, dove gli
altri
Guardiani li aspettavano in silenzio. Jack si sistemò tra
Sandy e
Calmoniglio, e per qualche minuto si concesse di estraniarsi da
ciò
che gli stava attorno, lasciando che la sua mente vagasse a ruota
libera.
Sbirciò
repentinamente alla sua destra: anche Sandy sembrava essersi ripreso
almeno un po' dalla perdita di Bellatrix che aveva aleggiato su di
loro come un fitto banco di nebbia fino a quel momento. Continuava a
rigirarsi il suo ciondolo tra le dita, con espressione assorta e
vagamente affascinata. Jack ricordò il momento in cui aveva
visto
Bellatrix, o per meglio dire il suo fantasma, consegnarglielo
personalmente. In quel momento, con una vaga stretta al cuore, si
rese perfettamente conto che Bellatrix e l'avventura in cui l'aveva
trascinato quasi suo malgrado assieme ai suoi compagni era un
capitolo chiuso nell'esistenza di tutti.
Di
lì a poco, le strade dei Guardiani tornarono a dividersi.
Per molti
mesi ognuno fu occupato nelle proprie mansioni: Dentolina con la
raccolta dei dentini che procedeva a pieno ritmo, Nord con la
produzione di giocattoli e così via. Non si vedevano
più molto
spesso, anche se tornavano a incrociarsi regolarmente, per esempio
subito dopo Pasqua o Natale, quando approfittavano dello stacco che
Calmoniglio e Nord si concedevano dopo il lavoro. In quelle occasioni
si ritrovavano tutti e cinque al Polo Nord per qualche giorno,
onorando a modo loro la festività appena trascorsa. Incontri
del
genere si tennero in tutto undici volte. L'ultimo incontro era
avvenuto appena qualche settimana prima, e da allora Jack non aveva
più visto né sentito nessuno degli altri
Guardiani. In quel
momento, lui si trovava in una landa dell'artico canadese, tutto
preso dalla bufera che stava scatenando senza riserve. Quando, a un
tratto, il cielo prese a brillare di colori guizzanti, e il cuore gli
scivolò dalle parti dello stomaco. Se Nord aveva azionato il
segnale
dell'adunanza generale, questo doveva voler dire solo una cosa: guai
in vista. Istantaneamente Jack lasciò perdere la sua
nevicata e
schizzò in volo, mentre in testa gli si accalcava una
valanga di
pensieri funesti. Ma quando finalmente giunse al Polo, rimase
perplesso e confuso nel vedere Nord esibire un'espressione
soddisfatta e vagamente divertita.
<<
Che... che succede, Nord? Ho visto l'Aurora, ho pensato ci fosse
qualche problema e mi sono precipitato...! >>
Senza
rispondergli o togliersi quell'espressione furbetta di dosso, Nord lo
acchiappò per il cappuccio e lo strattonò dentro
il suo ufficio,
facendoglielo percorrere tutto in volo. Prima ancora di rendersene
conto, Jack si ritrovò sdraiato sulla scrivania di legno,
col fiato
mozzo e la gambe all'aria. All'improvviso i pugni di Nord si
strinsero con fermezza attorno ai suoi polsi e Jack pensò
per un
folle istante a una scena orrifica. Ma Nord lo tirò a sedere
come se
nulla fosse e gli spolverò la felpa con gesto premuroso,
prima di
rivolgergli un'occhiata di soddisfatta intesa.
<<
Adesso puoi per favore spiegarci come mai ci hai fatti venire tutti
qui di corsa? >>
Jack
si voltò così di fretta che gli venne un crampo
al collo:
Calmoniglio guardava Nord con aria vagamente seccata, battendosi
ritmicamente uno dei suoi boomerang contro la zampa posteriore.
Dietro di lui, Dentolina era impegnata a dare direttive a una squadra
di recupero dei dentini, parlottando fitto fitto a un gruppetto di
fatine.
Jack
spostò di nuovo lo sguardo su Nord, appoggiato allo stipite
con le
braccia conserte sul pancione.
<<
Per sapere dettagli, dovete aspettare di esserci tutti. Vedrete che
Sandy non tarderà molto, ad arrivare! >>
Qualche
minuto dopo, il cielo sopra il quartier generale si accese e una
coltre dorata calò, spolverando di sabbia i tetti e i vetri
delle
finestre. Nord andò incontro a Sandy, accogliendolo con un
veloce
abbraccio, e lo invitò a seguirlo nella stanza. L'omino
rivolse a
Jack gli altri un gesto cordiale e si unì ai suoi compagni,
aspettandosi spiegazioni da Nord.
Ma
lui sembrava volerli lasciare un bel po' sulle spine, perché
chiamò
un elfo e gli fece portare con tutta calma da bere per tutti. Dopo di
che si scolò buona parte del contenuto del suo bicchiere e,
finalmente, si decise a parlare.
<<
Il motivo per cui vi ho chiamato qui >>
iniziò, sfregandosi
con impazienza le mani, << è della massima
importanza! Forza,
bisogna andare! Non possiamo perdere altro tempo! >>
<<
Scusa Nord >> fece Jack, balzando giù dalla
scrivania, <<
Ma che, ti si sloga la lingua a parlare come mangi? >>
<<
Certo che no, che domande! Ma così, rovinerei effetto
sorpresa! >>
Nord
si infilò il cappotto imbottito di pelliccia, esplodendo in
un
risata genuina. Si frugò in una delle tasche e ne
tirò fuori uno
scintillante globo di neve. Lanciò un'occhiata fugace agli
altri
Guardiani e lo scaraventò a terra, aprendo un portale su una
strada
sconosciuta. La stanza fu invasa da un vento leggero e fresco, che
fece sollevare le tende alle finestre e scivolare alcune scartoffie
dalla scrivania a terra, mentre una spruzzata di nevischio
entrò dal
passaggio.
Jack
incrociò lo sguardo perplesso di Sandman, ma fu il primo a
seguire
Nord nel passaggio, subito imitato da tutti gli altri.
Strizzò
gli occhi alla luce abbagliante del sole riflessa nelle nuvole
bianche: erano sbucati su una grande strada trafficata, piena di
persone che, ignare del portale, vi passavano in mezzo senza vederlo
né effettivamente attraversarlo. Nord si guardò
intorno per qualche
secondo, strizzando gli occhi tra i fiocchi sottili, e poi si
infilò
senza una parola in una via laterale, affiancata su entrambi i lati
da alti palazzi moderni. Vagarono un bel po' in un reticolo di strade
e viottoli finché le costruzioni più recenti
cominciarono a
diradarsi, lasciando posto ad abitazioni più vecchie, con
larghi
appezzamenti di terreno spoglio a far loro da cornice. Fu solo quando
giunse davanti a una vecchia casa in stile vittoriano dall'aspetto
massiccio e le pareti di pietra grigia, che il gruppo si
fermò.
<<
Ora posso chiederti cosa siamo venuti a fare? >> chiese
Calmoniglio in tono leggermente seccato, facendo vagare lo sguardo
sui comignoli scuri con moderata diffidenza.
<<
Motivo di nostra visita si trova lì dentro! >>
rispose Nord,
additando un balcone al secondo piano.
Pochi
minuti dopo, tutti e cinque si ritrovarono strizzati in quei tre
metri quadrati compresi tra il muro esterno e il parapetto, facendo a
gara per sbirciare dentro per primi.
Ai
loro occhi si presentò un'enorme stanza dalle pareti
azzurre, che
sfumavano nel blu man mano che lo sguardo saliva verso il soffitto a
volte. Su questo, era stata affrescata una grande volta celeste, in
cui gli astri sembravano cercarsi e rincorrersi da un angolo
all'altro in una danza giocosa. Jack osservò per qualche
istante un
sole e una luna dai volti umani al centro esatto della volta celeste,
e lo sguardo gli cadde su un grande letto con il baldacchino
trasparente e blu come la notte, con la testiera posizionata contro
il muro sulla destra, a metà della sua larghezza. Si
sorprese nel
vedere che sotto alla pesante trapunta era raggomitolato qualcuno di
cui non vedeva il volto, benché il grande orologio dai
colori vivaci
appeso al lato opposto della stanza segnasse appena le quattro del
pomeriggio. Il fagottino di coperte si mosse debolmente e, spinto da
una crescente curiosità, Jack si appoggiò al
vetro della
portafinestra facendosi scudo dalla luce esterna con le mani per
osservarlo meglio. Con sua sorpresa la porta si aprì di
scatto e lui
e gli altri caddero in avanti, rotolando sul parquet scuro. Jack
balzò prontamente in piedi, impugnando il bastone in un
atteggiamento sulla difensiva. Dopo qualche istante rilassò
i
muscoli e si diresse a passo spedito verso il letto. Scostò
il
baldacchino e tese il collo, lanciando un'occhiata incuriosita e
furtiva verso l'enorme guanciale.
<<
S... Sandy! >> la sua voce risuonò tremante e
incerta, mentre
Jack gesticolava febbrilmente verso il collega senza staccare gli
occhi dal letto.
<<
Credo che tu debba dare un'occhiata! >>
Sandman
si voltò verso di lui con sguardo interrogativo e si
avvicinò,
incuriosito, facendo accuratamente lo slalom tra la moltitudine di
giocattoli disseminati sul pavimento per evitare di calpestarli.
Lanciò
un'occhiata attenta attraverso il tendaggio leggero e cambiò
repentinamente espressione, tanto che Jack credette di vederselo
schiantare a terra come un birillo davanti agli occhi. Anche
Dentolina e Calmoniglio si avvicinarono a passi silenziosi e rimasero
a guardare la figura che sbucava da sotto la coperta, senza riuscire
a proferire una singola parola. Dietro di loro, Nord si lisciava la
barba con espressione goduta e soddisfatta. Nel grande letto c'era
una bambina molto piccola che dormiva della grossa, ignara e
inconsapevole di essere un oggetto di studio tanto interessante.
Aveva i capelli corti e biondissimi, sparsi sul cuscino come una
vaporosa aureola. Una piccola mano paffuta spuntava dalla trapunta ed
era stretta a pugno vicino al visetto pallido. I suoi lineamenti
erano più tondi e pienotti dell'ultima volta in cui Jack li
aveva
visti, ma sempre riconoscibili e inequivocabili.
<<
Non è possibile... >> mormorò
Calmoniglio, incredulo,
dall'altra parte del letto. Jack alzò lo sguardo dalla
bambina su di
lui. Aveva gli occhi fermi e scettici, ma il suo naso da leporide
fremeva nervosamente, così come la sua zampa posteriore che
batteva
piano e ritmicamente contro il vecchio pavimento di legno graffiato
dall'usura. A un tratto alzò lo sguardo a incrociare il suo,
e
qualche istante dopo Jack notò qualcosa alle spalle del
collega che
agli altri era sfuggito, intenti com'erano a guardare un po' gli
affreschi sul soffitto, un po' la bambina nel letto e un po' i mobili
che ne arredavano la stanza. Jack si allontanò dal letto, lo
aggirò
velocemente e si diresse verso il muro accanto alla porta. Il sole e
la luna dai volti umani sembrarono seguire ogni sua mossa mentre
copriva la distanza con ampie falcate e si fermava davanti a un
pannello di sughero, interamente coperto di disegni dal tratto
infantile, appeso alla parete.
<<
Ne sei sicuro? >> chiese, staccando uno dei fogli con
gesto
secco. Lo sollevò agli occhi e si avvicinò alla
portafinestra per
esaminarlo meglio alla luce. Immediatamente sentì gli altri
Guardiani accalcarsi alle sue spalle per osservare con lui. Sul
foglio erano scarabocchiate cinque figure molto familiari. Ognuna di
quelle figurine calcate coi pastelli a cera portava gli stessi colori
di ognuno di loro: Jack si riconobbe nel penultimo omino da sinistra,
su cui erano stati sgorbiati dei vestiti con gli stessi colori dei
suoi. Riconobbe anche il ritratto di Calmoniglio, le cui orecchie
sproporzionatamente lunghe curvavano per aria e arrivavano a sfiorare
il bordo inferiore del foglio. Se quella in rosso era la
rappresentazione grossolana di Nord, la pallina gialla con le punte
in testa doveva per forza di cose essere Sandy. Bellatrix, o chiunque
fosse la bambina nel letto, doveva esserne veramente ossessionata,
perché occupava la stragrande maggioranza dei fogli appesi
al
pannello e metà buona di quello che ancora stringeva tra le
mani.
<<
È... è davvero lei! Guardate, questi siamo senza
dubbio noi! >>
<<
Ma com'è possibile, Nord? >>
Gli
occhi di tutti si volsero a Babbo Natale, che in tutto quel tempo non
si era minimamente scomposto ma anzi aveva continuato a guardarli
soddisfatto e serafico.
<<
L'ho trovata facendo mia ronda natalizia! Su lista di buoni,
quest'anno, c'era questa new entry, tale Seren Ddisglair. È
gallese,
sapete? Letteralmente significa “stella luminosa”!
Che buffo,
vero?
...Insomma,
il nome avrebbe dovuto mettermi all'erta, ma all'inizio non ho
assolutamente collegato! Ma quando poi sono venuto per portare regali
ero così stupito che per poco non mi sono fatto scoprire!
>>
<<
Sei già stato qui, a Natale? Perché allora non ce
l'hai detto
subito? >> continuò Calmoniglio, allargando
teatralmente un
braccio a indicare l'intera stanza.
<<
Ho avuto buoni motivi, amico mio. Dovevo accertarmene, prima di
convocarvi qui tutti. No? >> rispose lui, tranquillamente.
<<
Lei.. lei quindi si ricorda di noi? >> si intromise
Dentolina,
lanciando un'occhiata fugace al grande letto.
<<
Ovviamente, anche se non in modo nitido! È come se stesse
cercando
di ricordare un sogno: noi siamo fantasmi in un sogno che lei ricorda
di aver fatto. Ha ricordi confusi di nostre facce, ma non capisce
perché! >>
<<
Non sono solo le nostre facce, che si ricorda! >>
sbottò di
nuovo Calmoniglio, indicando improvvisamente un angolo del pavimento
in cui era ammassato un enorme mucchio di fogli. Un cartoncino nero
torreggiava sopra a tutti gli altri, e al suo centro erano stati
scarabocchiati due grandi e tondi occhi gialli. Si avvicinò
e prese
a sfogliare gli altri disegni: tutti ritraevano, in un modo o
nell'altro, Pitch. A volte come un paio di occhi paglierini sospesi
nel vuoto in uno degli angoli, a volte come indistinta presenza
grigiastra. Ma non c'erano dubbi, si trattava proprio di Pitch Black.
Lì
accanto, per terra, erano sparsi alcuni pastelli a cera mezzi
consumati.
Sotto
quella pila disordinata, Jack notò una larga scatola bassa.
La
afferrò, la sollevò ad altezza occhi e
notò che il coperchio era
assicurato alla base con un intricato groviglio di lacci, scotch,
elastici e stringhe. Il ragazzo prese un lembo di spago che
fuoriusciva dal nodo più grande e fece per scioglierlo, ma
una
vocetta infantile risuonò spaventata e perentoria nella
stanza e lo
bloccò lì dove si trovava, così come
gli altri Guardiani.
<<
Non aprirla! >>
Jack
si voltò lentamente: la bambina che fino a quel momento
aveva
creduto stesse dormendo della grossa, ora era in piedi davanti al
letto e lo guardava con i suoi grandi occhi castani dilatati dalla
paura.
<<
Se la apri, lui tornerà! >>
<<
Che vuoi dire? Chi tornerà? >> le chiese lui
in tono cauto,
dopo essersi lentamente chinato a posare la scatola di nuovo a terra.
Rimase accovacciato sui talloni per poter guardare la bambina dalla
sua stessa altezza, in modo che lei non si sentisse minacciata in
alcun modo.
<<
L'Uomo Nero! >> rispose lei di nuovo, risoluta.
Jack
la osservò attentamente, impressionato dalla somiglianza
della
bambina con Bellatrix. Aveva i capelli biondi scarmigliati e ritti
sulla testa, in tinta con la camicia da notte gialla che le arrivava
oltre i piedi. Gli occhi castani, una volta del colore del miele, lo
fissavano fermi e luminosi, come in una tacita e involontaria
supplica.
<<
E l'Uomo Nero è chiuso dentro alla tua scatola?
>> si
intromise Calmoniglio bruscamente, tutto a un tratto.
La
bambina non gli rispose, ma si limitò a voltare il capo
verso di lui
e guardarlo con i suoi occhi sporgenti.
<<
Ha ragione lui... Bambina? >>
Jack
aveva esitato qualche istante di troppo sulla “b”:
stava per
chiamarla con il nome con cui l'aveva conosciuta e non era sicuro che
fosse una buona idea.
<<
La mamma dice che bisogna chiudere i brutti sogni, altrimenti se ne
scappano via e tornano da me. Io l'ho fatto.. ma non succede niente!
>> spiegò lei, tornando a guardare Jack con
un'alzata di
spalle.
<<
E quando è stata l'ultima volta che i tuoi brutti sogni sono
scappati via? >> chiese di nuovo lui, facendo attenzione
a
scegliere un linguaggio elementare abbastanza da farsi capire da una
bambina così piccola.
Lei
contò goffamente sulle dita e, dopo qualche istante di
esitazione,
gliene mostrò tre.
<<
Tre giorni fa? >> ripetè il ragazzo,
avvicinandosi
molleggiando lentamente il proprio peso da una caviglia all'altra. La
bimbetta annuì e continuò:
<<
Alle volte, quando sono da sola, me lo sento qui dentro
>>
sussurrò quasi impercettibilmente, picchiettandosi la tempia
col
ditino paffuto.
<<
Mi bisbiglia cose brutte, e mi fa vedere cose che non ci sono. La
mamma e il papà hanno più paura di me. Li ho
sentiti parlare,
dicono che vogliono portarmi da un dottore >>
Jack
era così vicino che poteva vedere il proprio volto
agghiacciato
riflesso nei suoi occhi. Alzò una mano a scostarle la
frangetta
dalla fronte, ma lei si ritrasse un po', in un istintivo tentativo di
proteggersi. Jack rimase interdetto per qualche istante, ma dopo un
attimo di esitazione allungò di nuovo la mano verso di lei e
gliela
posò sulla testa, sorridendole incoraggiante nel tentativo
di
rassicurarla. Nord lo bruciò sul tempo, sparando la domanda
successiva senza riuscire a nascondere l'impazienza nella voce.
<<
Queste... cose che tu vedi... sai dirci come sono? >>
Jack
ritrasse la mano e la bambina chinò la testa in avanti, come
a
concentrarsi sulla domanda. Parve pensarci su per qualche istante,
strizzò gli occhi e si portò i piccoli pugni al
petto, intrecciando
le dita come in preghiera.
<<
Una volta c'era un grande fuoco >> mormorò a
occhi chiusi,
dopo qualche istante di ponderato silenzio, << e una gran
puzza. Sembrava il mio papà quando brucia la carne sulla
griglia >>
.
I
Guardiani si lanciarono uno sguardo eloquente, ma non dissero nulla
né fecero trapelare la minima emozione.
<<
E un'altra volta, sentivo che ero molto, molto arrabbiata. E
però ero anche
felice, ma avevo anche tanta paura. E... e c'era anche lui >>
Puntò
il dito pienotto su Sandy, aprendo istantaneamente gli occhi come a
bloccarlo dov'era con la sola potenza del suo sguardo. L'Omino dei
Sogni parve congestionarsi lì dove si trovava, con gli occhi
sgranati e la bocca distorta in una smorfia dolorante.
<<
Io... Io volevo fargli male, ma da una parte non volevo! Ma lui
continuava a ripetermi nella testa che dovevo farlo, e mi ricordo che
ha alzato le mani sopra la testa e stava per colpirlo, e io guardavo
tutto dai suoi occhi e non riuscivo a fare nulla per fermarlo!
>>
Aveva
buttato fuori le parole come se non fosse riuscita a frenarle,
impazienti di trovare sfogo. La bambina cominciò a respirare
affannosamente, con gli occhioni che minacciavano di traboccare di
lacrime e il labbro inferiore tremante e incastrato tra i denti. Le
sue guance si fecero rosse, i tratti del suo visetto parvero
accartocciarsi e un rivoletto disgustoso le colò sollecito
dal naso.
I Guardiani rimasero a guardarla pietrificati, ma non agirono
abbastanza in tempo per fermarla. Di punto in bianco, la bambina
scoppiò a piangere rovesciando la testa bionda all'indietro
e
strillando alla disperata a pieni polmoni. Jack si portò
impulsivamente le mani nei capelli, completamente impanicato.
<<
No, ti prego! Non piangere, su! Ci dispiace, non volevamo renderti
triste! >> urlò, cercando di tranquillizzarla
e al contempo
sovrastare le grida disperate di lei. Con suo estremo orrore, una
voce allarmata e sconosciuta li raggiunse dal piano di sotto,
attutita dalla porta chiusa e dalla distanza.
<<
Seren? Che succede? >>
Jack
si voltò verso la porta, con la mente in tilt. Con la coda
dell'occhio, prima che potesse anche solo pensare a un modo di
tranquillizzare la bambina, vide un guizzo dorato sfrecciargli
accanto, e lui si voltò di nuovo verso la fotocopia in
miniatura di
Bellatrix. Sandman la stringeva a sé con fermezza, e lei si
calmò
all'istante come se lui avesse premuto un interruttore. Intrappolata
tra le sue braccia gentili, la bimbetta alzò lo sguardo
ancora
bagnato verso l'Omino dei Sogni, coi pugni serrati sui fianchi tondi
di lui e un'espressione vagamente interrogativa dipinta negli occhi
ancora lacrimanti, e una nuvoletta di sabbia le investì in
pieno il
viso. Lei fu sul punto di crollare a terra, profondamente
addormentata, ma Sandman la sostenne con prontezza, la
sollevò tra
le braccia e la strinse forte al proprio petto, seppellendo il volto
tra i suoi capelli.
Il
gruppo tirò un sospiro di sollievo in simultanea, beandosi
dell'improvviso silenzio che era calato nella stanza come un
sortilegio. Silenzio che però fu subito interrotto da un
suono di
passi precipitosi che si avvicinava dalle scale.
<<
Sandy! Mettila giù, subito! >>
sibilò Dentolina, spostando lo
sguardo frenetico tra lui e la porta. Sandy obbedì, ma non
si
allontanò dalla piccola nemmeno di mezzo millimetro. La
porta si
aprì di schianto e una donna bassa e grassoccia dai corti
capelli
neri si precipitò trafelata nella stanza.
Individuò la bambina
addormentata per terra e si fiondò da lei, distesa a pancia
in su
con un braccio piegato sul petto e l'altro molle lungo il fianco.
Anche se non potevano essere visti o sentiti dagli adulti, lo stesso
i Guardiani rimasero immobili senza emettere un fiato, come se fosse
bastato un minimo movimento dell'aria a tradire la loro presenza. Si
limitarono a seguire attentamente ogni movimento della donna mentre
si caricava la bimbetta in braccio, la portava al letto, la adagiava
sul materasso e le rimboccava premurosamente le coperte. Quando se ne
fu andata, Sandy si infilò sotto il baldacchino e si sedette
sul
letto accanto a lei, sfiorandole la guancia con le dita. I passi
della donna si affievolirono giù per le scale, ma dopo
qualche
istante di innaturale silenzio, lanciò un urlo che fece
tremare la
casa dalle fondamenta. Quasi immediatamente si aggiunse il suono
agghiacciante di vetri rotti e di qualcosa che cade a terra a corpo
morto. Jack scattò sulla difensiva, voltandosi vero la porta
con i
muscoli in tensione. Non fece in tempo a fiondarvisi fuori per
appurare cosa fosse successo al piano inferiore, che dallo spazio tra
il legno della porta e quello del pavimento si infiltrò una
nube
nera che vorticò come una tromba d'aria e assunse una forma
ben nota
ai cinque. Pitch si guardò attorno per pochi, brevi istanti,
facendo
scattare i suoi occhi fiammeggianti dal letto a ognuno dei Guardiani.
Sandy cinse la bambina per le spalle e la strinse forte a
sé,
immergendole il faccino tra le pieghe della propria veste. Lei non si
divincolò minimamente né reagì in
qualunque altra maniera, ma
continuò a dormire profondamente riscaldando il petto
dell'omino col
proprio respiro tranquillo.
<<
Che ci fai tu qui? >> chiese Jack perentorio, puntando il
bastone contro il petto dell'Uomo Nero, riportando l'attenzione di
quest'ultimo su di sé.
Pitch
non si scompose, ma si limitò a passarli in rassegna uno per
uno con
astio, le arcate sopraccigliari corrucciate in un'espressione
calcolatrice.
<<
È passato molto tempo, dall'ultima volta che ci siamo visti,
non è
vero? >> disse in fine a voce bassa, azzardando un passo
in
avanti.
<<
Sta' fermo! >> urlò di nuovo il ragazzo,
intensificando la
stretta sul legno.
<<
Rispondi a domanda, Pitch! >> ordinò Nord con
fare
autoritario << Cosa fai qui? Che cosa vuoi?
>>
Gli
occhi di Pitch si posarono di nuovo su Sandy e la sua protetta,
famelici. Jack intercettò il suo sguardo e si frappose tra
l'uomo e
il letto, pronto a difenderli con tutte le sue forze. Lanciando una
rapida occhiata verso di sé, vide la piccola Bellatrix
perfettamente
sveglia, ricambiare l'abbraccio protettivo di Sandman e tremare
appena tra le sue braccia. La bambina si era già liberata
del potere
della sabbia soporifera, forse perché la sua paura era
così forte
da prevalere sul sonno. La vide voltare leggermente la testa e lanciare
una mezza occhiata terrorizzata nella sua direzione, prima di cercare
di nuovo riparo nel petto di Sandman.
<<
Vattene, Pitch, prima che mi arrabbi sul serio! >>
sibilò
Jack, stringendo gli occhi a due fessure di ghiaccio.
<<
Sei gentile ad avvisarmi, ma credo che non mi muoverò di
qui. Non
senza aver ottenuto ciò che voglio! >>
A
quelle parole, Calmoniglio si affiancò a Jack, seguito a
ruota da
Dentolina e Nord.
<<
Davvero? E allora te la vedrai con noi! >>
dichiarò il
coniglio, afferrando i suoi boomerang. Ma prima che potessero fare
qualsiasi cosa, Pitch sparì dalla loro visuale e si
materializzò
alle spalle di Sandy, con un ghigno trionfante stampato in volto. Un
istante dopo, l'Omino dei Sogni fu scaraventato contro gli altri
Guardiani, portandosi dietro la tenda del baldacchino strappandola
dalla propria asta. La piccola Bellatrix li seguì con lo
sguardo
terrorizzato mentre crollavano in gruppo a terra, e subito si
voltò
verso Pitch, guardandolo con occhi sgranati, la bocca tirata in una
smorfia atterrita e il corpo paralizzato dal panico. Pitch le
restituì uno sguardo freddo e sadico, alzando in aria la
mano
artigliata, le dita inarcate che si stagliavano nella penombra della
stanza e proiettavano sul volto di lei la loro ombra minacciosa.
La
bambina chinò la testa, serrando gli occhi e alzando
istintivamente
le braccia per proteggersi, ma il colpo che si aspettava di ricevere
non arrivò. Allora alzò nuovamente lo sguardo e
rimase a fissare
Pitch con la bocca socchiusa. Lui era trattenuto da una lunga frusta
dorata che gli si arrampicava attorno al corpo, attorcigliandoglisi
attorno al busto, stringendosi più forte sulla gola e
trattenendogli
la mano alzata e tremante accanto alla testa.
Dopo
qualche istante di lotta silenziosa, tuttavia, Pitch riuscì
a
liberarsi con un singolo gesto secco, preparandosi a sferrare il suo
prossimo attacco a Sandy che si era rialzato in piedi per
affrontarlo ad armi pari, ignorando momentaneamente la
bambina.
Fu
questione di un battito di ciglia: lei si era alzata in piedi a
braccia larghe, intromettendosi nella traiettoria dell'attacco di
Pitch, che gli rimbalzò inspiegabilmente contro. L'Uomo Nero
fu
proiettato all'indietro contro un grosso baule dei giocattoli accanto
alla portafinestra, scardinando l'altro lato del baldacchino azzurro,
e lì rimase incapace di muoversi, tramortito ma cosciente.
<<
Non toccarli mai più! >> disse la piccola
Bellatrix con tono
fermo, balzando giù dal letto. Aveva ancora le braccia
allargate e
teneva gli occhi fissi su Pitch, intimandogli con lo sguardo di non
muovere un muscolo << Vattene via, lasciaci in pace!
>>
Si
avvicinava imperterritamente, avanzando sulle gambette paffute, e
l'Uomo Nero la fissò sbalordito per qualche istante. Poi la
sua
espressione mutò repentinamente: da allarmata divenne
rabbiosa, e
lui scagliò un altro attacco contro la bambina, che pure
continuava
ad avanzare lenta e inesorabile verso di lui.
L'attacco
di Pitch la colpì in pieno, avvolgendola in un vortice di
oscurità,
e in quello stesso istante Jack non riuscì a trattenersi: la
chiamò
a gran voce, col nome con cui l'aveva conosciuta, tendendo
inutilmente una mano verso di lei. Contemporaneamente, dalla cortina
di sabbia nera in cui si trovava la bambina, si sprigionò
una luce
bianca, chiara e intensa come il sole all'alba in una mattina di
primavera. E in mezzo a tutto quello scintillio, Jack fu sicuro di
vedere una sagoma nera stagliarsi contro la luce, e allora la
riconobbe. Bellatrix, così come l'aveva vista la prima
volta:
imponente e sicura, di spalle. Jack avrebbe voluto alzarsi e gridare,
correre da lei, eppure non riuscì a muovere un solo muscolo:
la luce
sembrava pesare diverse tonnellate e inchiodarlo lì contro
il
pavimento, la guancia premuta contro il parquet chiaro e liscio.
Perciò rimase immobile lì dov'era, con la
sgradevole e formicolante
sensazione che, se anche solo avesse tentato di muoverli, i suoi arti
si sarebbero spezzati come friabili grissini. Vide la figura di
Bellatrix avvicinarsi ulteriormente a Pitch, che dalla sua posizione
non riusciva a vedere. Lui emise un urlo frustrato, mentre lei
torreggiava minacciosamente su di lui.
L'uomo
si portò una mano a sfregarsi la nuca con un sommesso verso
di
dolore, guardando la sua nemica di sottecchi. La luce che Bellatrix
irradiava si affievolì velocemente e scomparve,
permettendogli di
guardarla direttamente con un sentimento di arroganza mescolata a
inquietudine e sorpresa.
<<
TU! >> ringhiò Pitch, trapassandola da parte a
parte con i
suoi occhi accesi, << Quante dannate volte devo ucciderti
per
toglierti di mezzo una volta per tutte?! >>
Bellatrix
non rispose, ma avanzò verso di lui di un altro, singolo
passo,
puntandogli contro i palmi aperti con le mani poste l'una sul dorso
dell'altra.
Il
volto di Pitch fu attraversato da un lampo di paura, mentre lui
cercava in tutti i modi di mantenere una sprezzante espressione di
sfida. Fu sul punto di dire qualcosa, ma le sue parole si
trasformarono in un grido assordante mentre lui, Bellatrix, i
Guardiani e l'intera stanza furono inghiottiti da una nuova ondata
accecante.
Jack
e gli altri erano stipati sul balcone della cameretta di Seren
Ddisglair, in attesa di Sandy. Quest'ultimo rimase a lungo accanto al
letto della bambina, a tenerle la mano mentre lei dormiva
profondamente, ignara e quieta. Fu un grande sforzo per lui staccarsi
da lei e doverla lasciare definitivamente, ma quando si ricongiunse
ai suoi colleghi si concesse di scoccarle un'ultima occhiata triste e
colma di affetto. Jack capiva perfettamente il sentimento dell'Omino
dei Sogni, perché in parte lo condivideva. Sia per lei che
per loro
era arrivato il momento di continuare le rispettive esistenze senza
mai guardarsi indietro. Paradossalmente, questo era più
facile per
loro che per lei: come dimostravano le piccole figure di sabbia che
le fluttuavano sopra la testa, riprendendosi le sue originarie
sembianze anche se per pochi istanti, le aveva fatto ricordare tutta
la sua storia, dal momento in cui era nata la prima volta a quello in
cui era morta la seconda. E i Guardiani sapevano bene che lei, da
quel momento, avrebbe sempre teso l'orecchio o aguzzato la vista
nella speranza di cogliere le prove della loro presenza: un respiro
appena percettibile sul collo, la sensazione di essere osservata o il
suono ovattato di passi tra l'erba di creature invisibili e
misteriose. A loro sarebbe bastato entrare in contatto con lei quel
tanto che bastava per proteggerla come qualsiasi altro bambino nel
mondo, ma nulla di più. Col tempo, sapevano, avrebbe pensato
di
essersi immaginata o aver sognato tutto,e loro si erano ripromessi di
alimentare questa sua convinzione nel momento stesso in cui avrebbe
iniziato a insinuarsi nei pensieri della bambina.
Le
vite dei Guardiani continuarono così come avevano fatto
prima di
quell'incontro: Pitch sembrava essere sparito nel nulla, come
risucchiato dalle stesse forze oscure che un tempo aveva lui stesso
scatenato, ma a differenza di prima, col passare prima dei mesi e poi
degli anni, non si fece più vedere. Anche se, a dirla tutta,
né
Jack né i suoi compagni si erano illusi di essersi
sbarazzati di
Pitch per sempre. Anzi, più il tempo passava più
erano convinti
che, quando sarebbe tornato, sarebbe stato ancora più forte
e
difficile da contrastare, e questo solo pensiero bastava a far salire
lo sconforto specialmente nel cuore del Guardiano del Divertimento.
Ma poi, quando volgeva lo sguardo al cielo, esso gli trasmetteva un
senso di rinnovata sicurezza e lui riacquistava una minima fiducia in
se stesso e nei suoi compagni. Per quando sarebbe stato, loro si
sarebbero fatti trovare pronti.
La
piccola Seren si svegliò dolcemente, ritrovandosi a fissare
il
soffitto affrescato della sua cameretta con lo sguardo appannato dal
sonno. Si tirò piano a sedere, stropicciandosi gli occhi con
i pugni
chiusi, ed emise un lungo sbadiglio. Rimase ferma qualche istante,
guardandosi attorno con gli occhi ancora a mezz'asta, quasi
disorientata. Fissò i segni lasciati dal recente scontro con
Pitch,
ricordando vagamente le figure che le avevano fatto visita: le tende
del baldacchino giacevano a terra, stropicciate e strappate in
più
punti, e il pavimento era spolverato di minuscoli diamanti dorati e
violacei. D'improvviso si sentì sveglissima e
calciò via la
coperta, fiondandosi goffamente giù dal letto.
Sgambettò fino alla
porta, si alzò sulle punte e si appese alla maniglia,
facendola
abbassare col proprio peso per aprirla. Sgattaiolò fuori e
giù per
le scale, diretta in salotto. Si fermò sulla soglia,
scorgendo sua
madre che, di spalle, era intenta a raccogliere pezzi di vetro caduti
dalla credenza, armata di scopa e paletta.
<<
Mamma? Che è successo? >> mormorò
la bimba, dubbiosa. La
donna si voltò rapidamente verso di lei, tornando subito a
concentrarsi sul suo lavoro.
<<
Nulla di che, amore. Mamma si è sentita male e ha sbattuto
contro il
vetro, che si è rotto. Ma adesso va tutto bene!
>>
La
bambina azzardò un passo avanti.
<<
Non venire qui, che ci sono i vetri! >> la
avvisò la donna,
sovrastando il rumore cristallino dei frammenti sparsi a terra.
<<
Gli incubi se ne sono andati! >> rispose la bambina,
posando la
mano sullo stipite. La donna rimase interdetta qualche istante e si
voltò a guardarla, incredula.
<<
Davvero? >>
Lei
annuì con un singolo scatto della testa e sua madre
lasciò cadere
paletta e scopa, abbassandosi per allargare le braccia verso la
figlia. Seren le corse incontro e si aggrappò forte al suo
petto,
lasciandosi stringere a sua volta.
<<
Se ne sono scappati via tutti! L'ho battuto, ho battuto l'Uomo Nero!
>>
Dopo
qualche istante si scostò, guardando il volto della madre
con un
sorriso raggiante.
<<
Sono stati i Guardiani, mi hanno aiutata loro! Se quello là
ritorna
ci penseranno loro, a cacciarlo via! >>
Ecco,
adesso inizio a impanicarmi sul serio. La storia di Bellatrix/Seren
sta volgendo al suo termine e la cosa non mi è molto facile
da
digerire. Forse colpa del sushi che ho mangiato ieri sera? Nah,
è un
altro tipo di indigestione, pure più brutto. È
quel vuoto che senti
quando arrivi a un traguardo importante, per quanto sia tale solo nel
tuo piccolo, e dopo averlo raggiunto ti chiedi: “e
adesso?”
Mi
cercherò una nuova fanfiction da scrivere, naturalmente.
Sperando di
non metterci quasi due anni tra scriverla e correggerla, s'intende.
Parlando
della storia, non ho potuto fare a meno di far tornare Bellatrix
(anche qui complimenti a me: non ho resistito senza di lei nemmeno
per un capitolo!) seppur in maniera diversa da come pensavo
all'inizio e senza più lo straccio di mezzo potere magico.
È stata
una delle parti più difficili da pianificare, proprio
perché non
sapevo se adottare la tattica drastica o l'happy ending, e quindi
alla fine ho optato per una via di mezzo. Leggendo il capitolo, forse
qualcuno si sarà reso conto di come un pezzo in particolare
assomigli terribilmente a un trafiletto di Harry Potter. Parlo di
come l'attacco di Pitch gli sia rimbalzato contro dopo che Bellatrix
si è alzata per impedirgli di colpire Sandman, per
intenderci. Spero
che non l'abbiate preso come mancanza di originalità, ma
piuttosto
che guardiate con occhio benevolo un goffo tentativo di citazione
maldestra.
Bene,
anche questa settimana è andata, e noi ci vediamo la
prossima per
l'ultimo capitolo. Oddio, al solo pensiero mi tremano le dita!!!
Saluti,
Tec
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Capitolo 17 *** Una nuova vita ***
Dopo
quell'episodio, la mia vita andò avanti felicemente. Mamma e
papà
mi amavano, e io più di loro. Crescendo, lo feci nel
più normale
dei modi. Andavo a scuola, avevo i miei amici e tutto quello che si
potesse desiderare.
Per
quel che riguarda i Guardiani, io non li rividi mai più. Mi
ricordavo di loro, naturalmente, e dell'avventura che avevamo vissuto
insieme tanti anni prima, e anche se continuai a cercarli
incessantemente, non riuscii mai a ritrovarli. Comunque sapevo che
erano lì e che vegliavano su di me e su tutti gli altri
bambini,
perché me ne arrivavano puntualmente le prove: a Natale i
regali non
mancavano mai, così come le uova dipinte a Pasqua. Quando mi
cadeva
un dentino, il mattino seguente, guardando sotto al cucino vedevo che
era stato sostituito da una sterlina argentata, e inoltre facevo
sempre sogni bellissimi. Ma più di tutto, se capitava che
fossi
triste o annoiata, d'improvviso il cielo si annuvolava e cominciava a
fioccare allegramente, restituendomi il sorriso.
Ad
ogni modo, l'incontro con Pitch e i Guardiani contribuì a
farmi
ricordare meglio: non solo le cose tristi o le brutte visioni con cui
l'Uomo Nero aveva tormentato i miei primi anni nella nuova vita, ma
anche quelli belli. E, in un certo senso, quelli erano i peggiori,
perché mi sembrava di vivere in una mera imitazione di
quella mia
vita passata, senza tuttavia poterne replicare appieno la
felicità
che avevo avuto prima che Pitch distruggesse le vite di ognuno di
noi. A venticinque anni ancora credevo fermamente nei Guardiani e nei
loro poteri, e presto nacque in me il desiderio, il bisogno di
ripassare nei luoghi che erano stati importanti per me nell'esistenza
di Bellatrix, sperano forse di poter incappare di nuovo in uno di
loro, e così cominciò il mio viaggio alla
riscoperta di me stessa.
E a un anno dall'inizio, il mio viaggio mi aveva portato dove
anticamente sorgeva il paese dov'ero nata, un borgo nella Germania
del Nord il cui nome è dimenticato da secoli assieme alla
sua
esistenza di cui ormai non è rimasta che qualche rovina
diroccata e
pericolante. Da lì, all'altra parte del mondo, dove avevo
vissuto
per ottocentoventuno anni dopo che Sandy mi aveva portato via con
sé.
Trovai il mio rifugio completamente degradato: l'albero cavo che ne
custodiva l'ingresso non c'era più, sostituito da un ceppo
carbonizzato e annerito. Doveva essere andato a fuoco anni prima,
perché era coperto di muschio e rampicanti. Probabilmente
era stato
colpito da un fulmine, oppure qualcuno aveva appiccato il fuoco
volontariamente. Ad ogni modo, non era rilevante: quel luogo non mi
apparteneva più, e io non avevo alcun motivo di restare
lì.
La
mia tappa successiva, così come le due precedenti, non mi
era né
nuova né mi era particolarmente caro: mi trovavo al limitare
della
foresta, poco lontano da una piccola città che negli anni,
per quel
poco che avevo visto io durante la mia visita precedente, non era
cambiata più di tanto. Stavo scrutando oltre gli alberi
più
esterni, nel tentativo di individuare una figura grigia e allampanata
dal profilo appuntito. Ma a quanto pareva, Pitch Black non bazzicava
più quel posto da anni, almeno quanto io non frequentavo il
mio.
Tuttavia,
continuai imperterrita a scrutare come un'attenta vedetta,
finché il
suono di una voce mi distrasse dal mio intento.
<<
Ehi, laggiù! Tutto bene? Si è forse persa?
>>
Mi
voltai senza una parola, e a qualche metro da me si trovava un uomo
sui quarant'anni, vestito in giacca e cravatta. L'uomo mi guardava
con attenzione, stringendo nella mano una piccola valigetta da
ufficio. A parte le sopracciglia leggermente aggrottate in
un'espressione confusa non pareva avermi riconosciuta, ma a me
bastò
una sola occhiata per riconoscerlo all'istante.
<<
Tutto bene? >>
Assentii
con un cenno del capo e continuai a osservarlo, chiedendosi quanto ci
avrebbe messo a fare i suoi dovuti collegamenti. Lui posò a
terra la
valigetta e si avvicinò cautamente, continuando a rivolgermi
la sua
espressione confusa.
<<
Sei sicura di sentirti bene? Come ti chiami? >>
<<
Dovresti saperlo, Jamie! >> risposi io, con una
risata. Lui
parve sorpreso, e attaccò con la domanda successiva.
<<
Mi... mi conosci? >>
Annuii
di nuovo, aspettandomi che mi riconoscesse a sua volta. Ma
ciò non
accadde, e la cosa spiazzò me.
<<
Ti ricordi di me, vero? >>
<<
Non ti ho mai visto prima, mi dispiace. Che ci fai qui, da sola?
>>
<<
Aspetto. >>
<<
Cosa? >>
Stavolta
non gli risposi, ma tornai a guardare tra gli alberi nel tentativo di
scorgere una figura umana qualsiasi.
Un
fruscio alle mie spalle mi disse che Jamie si era seduto su un masso
dietro di me. Forse si era messo a osservare gli alberi a sua volta,
comunque rimase in silenzio alcuni minuti.
<<
Da piccolo, venivo spesso qui a giocare con i miei amici d'infanzia.
Tra noi ragazzini si diceva che questa foresta fosse abitata
dall'Uomo Nero, e allora ci sfidavamo in una prova di coraggio:
vedere chi tra di noi si addentrava più lontano tra gli
alberi. Ci
piaceva venire qui al tramonto, verso sera. Una volta ci siamo
addentrati così a fondo che non riuscivamo più a
trovare la strada.
Mia madre si arrabbiò tantissimo, non mi fece più
uscire per un
mese! >>
<<
E l'Uomo Nero... l'hai mai visto? >> chiesi,
mentre un
sospetto si faceva rapidamente largo in me. Mi voltai verso Jamie,
aspettando di sentire la sua risposta.
Lui
si passò una mano tra i capelli e scosse la testa.
<<
Ovviamente no! >> disse, con un tenue sorriso, <<
Cose come l'Uomo Nero non esistono, sono solo leggende! Roba per
bambini, per farli stare tranquilli. Sai, cose del tipo:
“lavati
bene i denti, o la Fatina non verrà”! Quale
genitore non racconta
ai figli delle Leggende? Ne avrai sentito parlare sicuramente anche
tu, no? >>
Quelle
parole furono come un pugno allo stomaco. Dunque, Jamie aveva finito
col dimenticare. Proprio lui, il primo bambino a credere in Jack
Frost, l'unico che durante la seconda ascesa di Pitch non aveva mai
smesso. Ad alcuni succede, purtroppo, ma non pensavo che lui sarebbe
stato tra loro. A volte, quando un bambino cresce, la sua lucina
corrispondente sul Globo dei credenti si spegne. Non solo! Alcuni non
solo si dimenticano di credere nei Guardiani, ma addirittura che essi
esistano! Di solito succede verso i dieci anni d'età, ma i
casi più
longevi si protraggono anche ai dodici o tredici. È
inesorabile, con
la crescita. E poi, invece, ci sono altri bambini le cui luci non si
spengono mai. Conoscendo Jamie ero sicura che la sua luce avrebbe
continuato a brillare, e invece chissà da quanto si era
spenta!
<<
Pronto? Ci sei? >>
Jamie
continuò a guardarmi con curiosità, aggrottando
di nuovo le
sopracciglia da dietro le spesse lenti quadrate incorniciate di
plastica nera.
<<
Mi sembri un po' pallida... ti senti bene? >> chiese
di
nuovo, alzandosi.
Io
annuì di nuovo, ma interiormente non mi sentivo bene per
nulla.
Jamie doveva averlo capito, e dopo qualche istante in cui
sembrò
riflettere mi prese per mano.
<<
Andiamo, ti porto a casa mia. Non abito lontano, non c'è
molta
strada da fare... >>
Io
non feci resistenza, e mi lasciai guidare docilmente da lui fino alla
casa che era stata dei suoi genitori. Il giardino era leggermente cambiato: l'erba cresceva
trascurata in piccoli cespugli filamentosi e il prato era disseminato
di giocattoli qua e là, ma per il resto la
casa era esattamente come l'ultima volta che l'avevo vista
dall'esterno. Perfino la finestra dalla quale l'avevo aiutato a
“evadere”, aveva le stesse tende di allora.
Mi
trovavo seduta sul divano nel suo soggiorno, a osservarmi attorno con
interesse. Su una credenza in noce erano disposte come in una vetrina
decine di foto in cornice, una delle quali ritraeva una bellissima
donna dagli occhi verdi e gentili e i capelli neri raccolti in
un'acconciatura
semplice.
Neanche
mi ero accorta che Jamie era tornato, porgendomi premurosamente una
grande tazza fumante.
<<
Ancora non mi hai detto come ti chiami...! >> buttò
lì
lui, sedendosi sulla poltrona di fronte.
<<
Bellatrix. >> risposi, dopo un secondo di
disorientamento.
Mi morsi prontamente la lingua: sebbene fossi rinata come Seren, aver
vissuto più tempo come Bellatrix mi provocava ancora qualche
confusione.
<<
È un nome strano, ma bello! Non è la prima volta
che lo sento, ma
non deve essere molto usato... eppure mi sembra di aver conosciuto
un'altra Bellatrix, anni fa. >>
<<
Davvero non ne hai più memoria, Jamie? >>
chiesi, sporgendomi in avanti per fissarlo meglio, la mia voce ridotta
a un sussurro incrinato, << Calmoniglio, Dentolina...
Sandy e Nord... Jack! Non ti ricordi più di loro, di noi?
>>
<<
Jack? Jack Frost, dici? >>
Io
annuii, speranzosa. Ma lui si precipitò a disilludermi con
un'altra
risata.
<<
Era la mia leggenda preferita, la sua! La storia di questo ragazzo
dai capelli di neve che porta il gelo e l'inverno... mi affascinava
più di tutte! >>
Io
bevvi un sorso di tè, per dissimulare la mortificazione che
le sue
parole mi avevano iniettato in corpo.
<>
Lui
scosse di nuovo la testa, sorridendo.
A
dirla tutta, non ne sarei rimasta sorpresa nemmeno se avessi
mantenuto il mio aspetto di prima. Ero cambiata almeno quanto lui, in
quei ventisei anni. La forma del mio viso e quella dei miei occhi era
in realtà più o meno la stessa di allora, seppure
un po' più
affilati o arrotondati. In più i capelli mi si erano scuriti
e li
avevo lasciati crescere, il che contribuiva ad allontanare il mio
nuovo volto da quello che Jamie aveva conosciuto, di cui
però non
aveva memoria.
<<
Chi è quella donna? >> chiesi per
cambiare argomento,
accennando al ritratto della donna che torreggiava su tutte le altre
foto.
<<
Mia moglie, Eloise >> rispose Jamie, indicando
una foto che
li ritraevano in abiti formali: lui con uno smoking grigio topo, lei
in un bell'abito bianco dal taglio semplice.
<<
È molto bella! >>
<<
Purtroppo è morta anni fa. Di cancro. >> continuò
Jamie,
con il volto contratto da un'espressione amara.
<<
Mi... mi dispiace... >> azzardai, sentendomi in
colpa.
<<
Non dispiacerti, sono cose che accadono... bisogna solo trovare la
forza di andare avanti, tutto qui. >>
<<
E tu l'hai trovata, questa forza? Anche se hai perso qualcuno che ha
lasciato un vuoto tanto incolmabile? >> chiesi,
con voce
tagliente. Mi ricordava tutto quello che avevo passato io secoli
prima, rivedevo in Jamie la piega che avrebbe potuto prendere la mia
vita antica: trovare la forza di superare il dolore, o lasciare che
il dolore ti corroda. Eravamo il risultato di reazioni differenti
alla stessa situazione, ma mentre io mi ero lasciata vincere, lui era
riuscito a rialzarsi, o almeno così evincevo dalle sue
parole. Ma in
quanto a fatti?
<<
Non è stato facile, e da solo di certo non sarei riuscito a
risollevarmi. Per fortuna che c'è mia figlia!
>>
E,
quasi come evocata da forze sovrannaturali, dal piano di sopra si
sentii un forte scalpiccio che rimbombò nel salotto dalle
scale. Un
attimo dopo, nella stanza irruppe un piccolo uragano biondo che si
gettò al collo di Jamie con urletti eccitati.
Indossava
un vestitino azzurro e un vecchio, familiare cappello da esploratore.
<<
Papà, papà! Guarda cosa abbiamo trovato io e
Linda! >> urlò
la bambina, mostrando al padre una vecchia scatola di cartone.
<<
Quante volte te lo devo dire? Le cose di papà non si
toccano! Qui
dentro c'è roba vecchia, arrugginita! Potresti farti male,
lo sai!
>> la rimproverò lui, togliendole la
scatola dalle mani.
Dopodiché, forse pentito del suo atteggiamento troppo
aggressivo, le
sfilò affettuosamente il cappello per scompigliarle i
capelli.
<<
Facciamo così, puoi tenerti il cappello se prometti che non
curioserai più tra le mie cose! >>
La
bambina emise un urlo di gioia e si buttò al collo del padre
di
nuovo ,
per
poi balzare a terra e sparire con un sonoro scalpiccio su per la scala.
<<
Linda è la nostra tata >> si
affrettò a spiegare Jamie,
sollevando il coperchio della scatola per controllare che dentro non
mancasse nulla. << Una brava ragazza, quelle
due si
vogliono un bene dell'ani... >>
Restò
qualche istante in silenzio, osservando il fondo con un'espressione
più accigliata di quelle che gli avevo già visto
sfoggiare.
<<
Che... che succede? >> chiesi titubante,
posando la tazza
ormai vuota.
<<
Oh niente... è solo... cavolo, sarà da quando ho
quattordici anni
che non guardo qui dentro! >>
Afferrò
qualcosa e lo tirò fuori per mostrarmelo. Quando vidi di che
si
trattava, per me fu difficile mascherare la sorpresa e farla passare
per disorientamento.
<<
È solo un giocattolino, niente di che... ce l'ho da anni,
dovrebbe
essere una specie di torcia. Ma ero sicuro che fosse rotta, non
ricordo nemmeno chi me la diede, so solo che smise di funzionare quasi
subito... >>
E
invece, la stellina che gli avevo donato anni prima splendeva forte e
luminosa, esattamente come nel giorno in cui gliela avevo data. La
cosa sembrava crucciarlo particolarmente, ma per me non esisteva
alcun mistero: ha già detto, no, come alcune luci non
smettano mai
di risplendere nonostante si provi in ogni modo di spegnerla.
<<
Non c'è neanche il vano delle batterie, e non è
fosforescente >>
riprese Jamie, rigirandosi quel piccolo oggettino tra le dita.
<<
Figurati, >> continuò, riponendo la
stella nella sua
scatola, << che non ricordo nemmeno
più chi me l'ha data!
Chissà come può essere che funzioni adesso,
mentre invece, in tutti
questi anni... Mah, chissà! >>
Richiuse
la scatola, la ripose sul divano accanto a sé e mi sorrise.
Sorrisi
anche io, senza riuscire a trattenere una smorfia saccente.
Eh
già, Jamie... Chissà!
…
Chiedo
perdono per aver toppato anche l'ultimo appuntamento, ma ieri, dopo
aver fatto un controllo generale non sono riuscita a postare causa
sfioramento di crisi interiore. In parte dovuta proprio al capitolo,
in parte per altri mazzi. Tra i quali un cosplay di Muscolone che mi
sta dando qualche noia, ma insomma... se non è noia
è mainagioia!
Il
capitolo, giusto. Non credo sia uno dei miei meglio riusciti ma
fidatevi, sono stata in grado di mettermi con tutto l'impegno
possibile e scrivere anche di peggio.
Nella
stesura originaria avevo pensato di far vedere Seren/Bellatrix
sposata con Jamie, ma vedendo che la descrizione di come questo
avrebbe potuto succedere stava diventando troppo lunga ho deciso di
troncarla per non annoiare nessuno. Voi fate conto che, alla fine,
sia successo :3
…
…
…
Ok,
inutile girarci intorno. Siamo alla fine e in un modo o
nell'altro
devo farmene una ragione. Che posso fare io, se non ringraziarvi fino
allo sfinimento? Sembrerò idiota, ma senza tutti i feedback
che mi
avete dato in tutte queste settimane probabilmente avrei smesso di
postare al terzo capitolo. Quindi Dracarys grazie specialmente a te,
grazie mille per avermi impedito, seppure senza saperlo, di avermi
fatto cestinare la storia dopo tutto il lavoro che ci ho impiegato.
Grazie davvero. Non è perfetta, probabilmente ci
sarà anche qualche
errore qua e là, ma rappresenta due anni della mia vita e la
me
stessa di allora mi avrebbe sicuramente tirato un cazzotto di quelli
tosti se mi fossi azzardata a cancellarla. Insomma, mollare avrebbe
significato non rendere giustizia a tutto il sangue/sudore/lacrime
versato per scriverla, o le innumerevoli notti passate a scrivere con
le cuffie nelle orecchie e la torcia sotto al lenzuolo per non farmi
scoprire ancora sveglia alle tre e mezza di notte. Insomma, senza di
te che ad ogni capitolo mi hai dato un parere e un incoraggiamento,
hai voglia...!
D'accordo,
la sto menando un filino troppo. Vado a scegliere un'OTP su cui
scrivere la mia prossima... roba. E intanto a scolarmi una pinta di
burrobirra, che quella non guasta mai. Grazie di nuovo a tutti quelli
che, al solito, hanno avuto la pazienza di sorbirsi i miei deliri fin
qui, a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite, e naturalmente
agli altri recensori (di cui ovviamente non ricordo i nomi
perché ho il cervello bucato) che mi hanno dato un riscontro
positivo. Spero di rivedervi in qualche fanfiction futura (vostra o
mia!)
Saluti,
Tec
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