No Control

di TheSlayer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preface ***
Capitolo 2: *** 01 - Six Weeks In ***
Capitolo 3: *** 02 - Losing Control ***
Capitolo 4: *** 03 - Secrets and Lies ***
Capitolo 5: *** 04 - Seven Weeks In ***
Capitolo 6: *** 05 - The Engagement Party ***
Capitolo 7: *** 06 - Sink or Swim ***
Capitolo 8: *** 07 - Boy or Girl? ***
Capitolo 9: *** 08 - You've Got Mail ***
Capitolo 10: *** 09 - The Nursery ***
Capitolo 11: *** 10 - Ingrid ***
Capitolo 12: *** 11 - Baby Names ***
Capitolo 13: *** 12 - Dirty Weekend ***
Capitolo 14: *** 13 - Brighton ***
Capitolo 15: *** 14 - Emma ***
Capitolo 16: *** 15 - Going Out Again ***
Capitolo 17: *** 16 - Take Away ***
Capitolo 18: *** 17 - Jigsaw Puzzle ***
Capitolo 19: *** 18 - Matthew ***
Capitolo 20: *** 19 - Letters to Freya ***
Capitolo 21: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Preface ***


NO CONTROL
 
Preface
 
Le luci dei cartelloni LED di Piccadilly Circus si fondevano con quelle dei primi raggi di sole a Piccadilly Circus. Quello era uno dei posti di Londra in cui odiavo di più andare e non ricordavo nemmeno più di chi fosse stata l’idea di camminare dal locale alla statua di Eros.  

Dalla stazione della metro uscivano gruppi di turisti con trolley pesanti e sul viso i sorrisi di chi aveva appena visto Londra per la prima volta. Erano tutti contenti e ridevano. Speravano che le loro vacanze andassero bene e si sentivano come se avessero davanti l’avventura della vita. Scrollai le spalle, distogliendo lo sguardo dalle persone che trasportavano le valigie a quell’ora del mattino. Non avevo idea del perché qualcuno dovesse alzarsi così presto per viaggiare. Io ero ancora sveglia dalla notte prima, non ero mai tornata a casa.

Salii i gradini della statua di Eros, con la testa che girava per il troppo alcool che avevo bevuto al locale e, arrivata in cima, decisi di togliere le scarpe con il tacco che mi facevano perdere l’equilibrio. Aspettai che Louis mi raggiunse, poi lasciai che mi abbracciasse e che mi passasse la bottiglia di whiskey che aveva rubato dal locale in cui eravamo appena stati e ne tracannai un lungo sorso.

Anche Liam, Matthew e Regina ci raggiunsero, mentre Niall e Harry, come al solito, rimasero in disparte e decisero di non partecipare alla nostra impresa.

«Ho caldo.» Dissi improvvisamente, nonostante fosse la fine di marzo e le temperature non fossero ancora clementi. «Facciamo un bagno.» Aggiunsi, scendendo dai gradini della statua e avviandomi verso l’orribile fontana con i cavalli all’angolo di Haymarket. Louis e gli altri mi seguirono, correndo e ridendo.

«Freya!» Esclamò Elizabeth, raggiungendomi e fermandosi esattamente di fronte a me. «Spero che tu non abbia intenzione di fare il bagno vestita.» Aggiunse, facendomi l’occhiolino e cominciando a togliersi il vestito, rimanendo in biancheria intima.

Guardai il suo completo nero di La Perla e annuii, assente. Elizabeth era sempre stata nel mio gruppo di amici. Eravamo cresciute insieme, perché era la figlia di alcuni amici dei miei genitori ed avevamo frequentato le stesse scuole. Solitamente era lei la prima a suggerire di spogliarsi.

«Ottima idea.» Replicai, strascicando le parole e combattendo per qualche minuto con la cerniera del mio abito. Louis accorse in mio aiuto e con un solo gesto mi tolse il vestito. Poi abbassò lo sguardo sul mio corpo ed emise un lungo fischio.

«Non male, Chamberlain. Non male.» Commentò. Matthew, di fianco a lui, lo guardò male per pochi istanti, poi tornò a concentrarsi su di me.

«Tomlinson, stai zitto e aiutami a scavalcare.» Dissi, mettendogli un dito sulle labbra per farlo smettere di parlare. Lui obbedì immediatamente, appoggiò le mani alla base dei miei fianchi e mi alzò, permettendomi di mettere i piedi nell’acqua. Il getto della fontana cominciò a colpirmi esattamente sulla schiena e scoppiai a ridere.

«Chanel par terre!» Esclamò Elizabeth, ubriaca, con un terribile accento francese e indicando i nostri vestiti sul marciapiede. Regina scoppiò a ridere e decise di unirsi a noi, scivolando e cadendo sull’asfalto. Niall e Harry, premurosi come al solito, corsero ad aiutarla e le porsero entrambi un braccio per permetterle di rimettersi in piedi.

Conoscevo le persone che erano con me da diciannove anni, da quando ero nata, e tutti - tranne Harry, che era il figlio del maggiordomo e della cuoca di mio cugino Niall - erano figli di amici nobili e benestanti dei miei genitori. Avevamo intrapreso parecchie avventure insieme e quella era solo una delle tante. Un ordinario venerdì sera (o dovevo dire sabato mattina?) per noi.

«Meglio?» Mi domandò Matthew, ridendo e bevendo un altro sorso di whiskey dalla bottiglia che gli aveva appena passato Louis.

«Non ancora.» Risposi. «Vieni più vicino.» Ordinai. Il ragazzo fece un paio di passi in avanti e cominciai a schizzarlo con l’acqua della fontana.

«Molto divertente.» Commentò lui, scavalcando il muretto con un solo salto e raggiungendomi. Mi mise un braccio intorno alla vita e mi attirò più vicina a sé. Poi mi spinse un po’ indietro, in modo che il getto della fontana mi colpisse direttamente in testa.

«Matthew!» Esclamai, cercando di togliermi un po’ d’acqua dagli occhi. «Idiota.» Aggiunsi poi, riavvicinandomi a lui e cominciando a baciarlo. Avevamo ballato tanto nel locale. Avevamo anche bevuto parecchio e l’alcool mi permetteva sempre di essere più intraprendente. Non che solitamente non lo fossi.

Sentii qualcuno fischiare, probabilmente Louis, e decisi di saltare in braccio a Matthew e di circondargli i fianchi con le mie gambe. Non mi interessava se, probabilmente, c’erano gruppi interi di turisti che ci stavano guardando in quel momento. Dovevo stare con lui.

«Ti amo, Freya.» Sussurrò nel mio orecchio, prima di ricominciare a baciarmi. Mi allontanai di scatto, tornando a terra e guardandolo negli occhi, terrorizzata. Perché doveva rovinare tutto in quel modo?

«Cosa?» Domandai, incredula.

«Ti amo.» Ripeté Matthew serio, avvicinandosi di un passo.

«Perché?» Domandai ancora, scuotendo la testa.

Matthew ed io avevamo cominciato a divertirci insieme qualche anno prima. Non era mai stato nulla di serio, solo un po’ di sano e semplice sesso dopo qualche bicchiere di troppo o durante qualche festa troppo noiosa organizzata dai nostri genitori. Oppure nei bagni della scuola, o ancora al cinema durante la première di un orribile film francese a cui ero stata obbligata a partecipare perché il regista era un caro amico di famiglia. O anche solo nel giardino della mia residenza in campagna o durante la crociera sul Mediterraneo organizzata dai genitori di Louis per raccogliere fondi per qualche organizzazione di cui non ricordavo nemmeno il nome. O lo scopo. Insomma, niente di serio.

«Perché, Freya? Ti amo perché ti amo…» Rispose Matthew. «Perché ormai ci frequentiamo da anni, perché credo che tu sia una persona incredibile e vorrei che diventassimo una coppia a tutti gli effetti.» Aggiunse.

Cominciai a sentire lo stomaco sottosopra, mentre la testa iniziò a girare sempre di più. Non era possibile. Matthew non aveva appena detto quello che avevo sentito. Me l’ero immaginato, era stato il rumore della fontana che aveva fatto brutti scherzi. E, parlando di fontana e acqua gelida, forse anche quella aveva contribuito a farmi sentire in quel modo.

«Freya, ti prego, dì qualcosa.» Mormorò Matthew.

Ma io non risposi e, invece, tutto quello che avevo bevuto durante la serata al locale - ma anche prima di uscire e dopo la discoteca - tornò a tormentarmi e vomitai sul muretto della fontana, proprio mentre qualcuno puntò delle torce contro di noi.

«Polizia! Uscite da quella fontana.» Disse uno degli agenti.

«Col cazzo!» Sentii esclamare Louis, prima di vedere tutto nero.

 
***

«Freya Margaret Chamberlain.» Tuonò mia madre la mattina seguente, buttando qualcosa sul mio piumone. Aprì le tende della finestra nella mia camera e poi si posizionò ai piedi del mio letto con le mani sui fianchi e l’espressione più alterata dell’universo.

Emisi un grugnito in risposta, infastidita dalla luce, dal volume della sua voce e dalla situazione in generale. Poi spostai lo sguardo - strizzando gli occhi per cercare di bloccare il sole che entrava dalla finestra - su quello che mia madre aveva lanciato sul mio letto.

Il The Sun, in prima pagina, aveva pubblicato una foto che mi ritraeva in biancheria intima, nella fontana con i cavalli a Piccadilly Circus, insieme a Louis, Elizabeth e Regina. Avevo in mano una bottiglia di Jack Daniels e stavo ridendo e schizzando Matthew, che era in piedi di fronte a me.

L’Indipendent, invece, era andato oltre e aveva fatto stampare direttamente la mia foto segnaletica, ottenuta chissà come. Avevo i capelli castani bagnati con qualche ciocca che mi copriva il viso, il trucco tutto colato e gli occhi verdi socchiusi. Di fianco alla mia, leggermente più piccole, c’erano anche le foto segnaletiche delle altre persone che c’erano con me quella sera.

Louis, con i capelli castani bagnati e appiccicati alla fronte, gli occhi azzurri con le pupille dilatate e il sorriso beffardo che sembrava voler dire «non sapete con chi avete a che fare»; Liam, con l’espressione seria e gli occhi castani spalancati in un’espressione di sorpresa - o terrore, chi poteva saperlo? Elizabeth, con i lunghi capelli biondi e bagnati per metà davanti al viso e gli occhi azzurri cerchiati di nero, le guance sporche di mascara colato; Regina, con un occhio verde socchiuso e l’altro aperto e i capelli rossi, che all’inizio della serata erano raccolti in due trecce che le incorniciavano la testa, spettinati e selvaggi; e ancora Matthew, gli occhi azzurri che sembravano voler bruciare la macchina fotografica; Niall, uno degli unici ad essere asciutti, con i capelli biondi leggermente spettinati e gli occhi azzurri aperti in un’espressione di vergogna. E infine c’era Harry, l’unico altro ragazzo asciutto, con i capelli castani e ricci spettinati, gli occhi verdi con le pupille dilatate per colpa dell’alcool ingerito e un’espressione cupa e arrabbiata.

«Freya Margaret Chamberlain, figlia di Thomas ed Edith Chamberlain, è stata arrestata ieri sera per ubriachezza molesta a Piccadilly Circus, Londra dopo aver passato la notte in un locale del Mayfair insieme a Louis Tomlinson, Matthew Collinsworth, Elizabeth Wakefield, Regina Blake, Liam Payne, Niall Horan e un altro ragazzo non ancora identificato.» Cominciò a leggere mia madre. «Chamberlain e i suoi amici sono stati fermati dopo essere entrati nella fontana dei Cavalli di Apollo poco dopo le sei e trenta del mattino. La polizia è stata allertata da un gruppo di passanti preoccupati, attirati dagli schiamazzi dei giovani nobili, che sono stati rilasciati dopo poche ore, dopo essere stati schedati e multati. Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di scandali che hanno scosso la nobiltà inglese nelle ultime settimane.» Concluse la donna.

«Avevo caldo.» Mi giustificai con un sorrisetto. Sapevo che mia madre odiava quando mi comportavo in quel modo e, onestamente, non mi dispiaceva vederla in quelle condizioni. Era furiosa e, se solo avesse potuto, mi avrebbe fulminata con lo sguardo.

«Non c’è bisogno che io ti ricordi quello che è appena successo.» Continuò mia madre, fingendo di non avermi sentita. «I giornali hanno appena scoperto che i  Peterson utilizzavano i soldi della loro associazione di beneficenza per le loro vacanze, stiamo vivendo sotto una lente d’ingrandimento e non abbiamo bisogno di ulteriori articoli che ci dipingano in questo modo così negativo. Nell’articolo dicono che tuo padre ed io non ti abbiamo insegnato i giusti valori della vita, ci stanno facendo passare per dei genitori orribili. Per rimediare, oggi, dovremo portare tua sorella alla mensa dei poveri e chiamare la stampa per farle fare delle foto mentre fa volontariato.» Concluse la donna, aggrottando le sopracciglia.

Sbuffai, perché ovviamente tutto doveva sempre ruotare intorno a lei, a mio padre e a mia sorella. Ero stata arrestata, c’erano in giro delle mie foto in biancheria intima mentre vomitavo in una fontana e lei si preoccupava per la sua reputazione. Tipico.

«Buon divertimento.» Dissi, girandomi dall’altra parte e fingendo di continuare a dormire.

«Certo, che cosa mi aspettavo? Che mi dicesse che voleva venire anche lei a fare volontariato? Ovviamente no! Ho due figlie e solo una delle due è cresciuta normale.» Sentii mia madre borbottare mentre usciva dalla mia stanza, lasciando la porta aperta.

Attesi che girasse l’angolo, poi sgattaiolai fuori sulla terrazza e accesi una sigaretta, controllando gli ultimi messaggi sul cellulare e Instagram, per vedere se qualcuno aveva pubblicato foto della sera precedente. Scoprii che Regina aveva scattato una foto a me e Louis mentre eravamo sui gradini della statua di Eros e Matthew, prima che succedesse quello che era successo la notte prima, mi aveva fotografata di profilo, nel locale, e aveva pubblicato lo scatto mettendo solo un cuoricino nella descrizione.

Oh, no. Pensai. Stava andando tutto così bene e ha rovinato tutto.

Il mio telefono cominciò a suonare. Vidi sul display il nome di Louis e risposi immediatamente.

«I tuoi ti hanno già rotto le scatole e ti hanno ricordato dello scandalo dei Peterson?» Domandai prima ancora di salutarlo.

«Ovviamente.» Rispose lui. Lo conoscevo benissimo e riuscivo a sentire il sorriso nella sua voce. Riuscivo anche a immaginarmelo, con quell’espressione sarcastica che aveva sempre, un sopracciglio più alzato dell’altro e il sorriso obliquo che faceva tanto impazzire le ragazzine inglesi che vedevano le sue foto sui giornali o che lo seguivano sui social media.

«Anche mia madre ci ha provato questa mattina.» Dissi, buttando un po’ di cenere giù dal terrazzo. Non avevo nemmeno guardato l’orario, ma pensavo che fosse pomeriggio inoltrato. Le strade del Mayfair brulicavano di autobus, taxi e pedoni.

«Ehi, ricordati la festa in maschera di questa sera per il compleanno di Regina. Le abbiamo promesso di esserci.» Disse il ragazzo dopo qualche secondo.

Alzai gli occhi al cielo. Regina era simpatica, ci divertivamo insieme, ma a volte era un po’ troppo infantile. Chi voleva festeggiare i propri diciannove anni con una festa in maschera in abiti formali (lunghi, perché l’aveva espressamente specificato nell’invito) con adulti da tutte le parti? I balli in maschera erano potenzialmente divertenti. Infatti mi era già capitato di incontrare uno sconosciuto attraente, di finirci a letto insieme e di non scoprire mai né il suo nome e né il suo aspetto fisico, perché nessuno dei due si era tolto la maschera. Era stato eccitante, una cosa diversa. Un modo per rompere la solita, noiosa routine. Ma un evento così formale, con genitori e nonni… no, sarebbe stato davvero orribile.

«Okay.» Dissi. «Dovrò ricordare a Ingrid di andare a prendere il mio vestito.» Mormorai, pensando alla mia donna di servizio. Quella che, praticamente, mi aveva cresciuta al posto di mia madre.

«Freya, se le cose diventano noiose puoi sempre sgattaiolare via con Matthew.» Disse Louis. Se fosse stato davanti a me, probabilmente, mi avrebbe anche fatto l’occhiolino, avrei potuto giurarci.

«Non credo proprio.» Mi lasciai sfuggire, scuotendo la testa.

«Okay. Allora potrei offrirmi io come volontario.» Rispose Louis. Come sempre non mi chiese nulla, perché sapeva che non avrei avuto voglia di parlarne. E sapeva anche che, qualunque cosa fosse successa, non era un suo problema.

«Decisamente meglio.» Dissi, appoggiandomi alla ringhiera per rimanere in piedi. Erano giorni che avevo giramenti di testa nei momenti più impensabili della giornata. Forse avrei dovuto evitare di ubriacarmi quasi tutte le sere.

«Freya, i tuoi genitori hanno richiesto la tua presenza in salotto per il tè pomeridiano.» Disse Ingrid, uscendo sul terrazzo e sorridendomi.

Mi conosceva da diciannove anni, era stata una figura materna per me, eppure ci avevo messo tantissimo tempo a farle capire che non volevo che mi desse del lei. Era assurdo, lo trovavo strano e inutile.

Annuii e aspettai che tornasse nella mia stanza prima di parlare di nuovo con Louis.

«Riunione di famiglia?» Mi domandò il ragazzo, che aveva sentito tutto.

«Vorranno cercare di spedirmi in qualche clinica lontana dall’Inghilterra o obbligarmi ad andare alla mensa dei poveri con mia sorella, oggi pomeriggio.» Risposi, sbuffando. «In ogni caso devo per forza andare, altrimenti il prossimo passo sarà inviare la mia guardia del corpo a prelevarmi con la forza e trasportarmi al piano di sotto.» Aggiunsi.

Sentii Louis ridere, poi ci salutammo e terminai la conversazione. I giramenti di testa non sembravano voler passare quella mattina - o meglio, quel pomeriggio - e avevo ancora un terribile senso di nausea. La sola idea di mangiare tramezzini o pasticcini e bere tè insieme alla mia famiglia mi faceva venire voglia di nascondermi sotto il piumone e rimanerci per il resto del fine settimana.

 
***

Ingrid mi consigliò di cambiarmi e di mettere qualcosa di più appropriato per il tè delle cinque, dicendomi che, per quanto fosse bello il completino intimo che stavo indossando, non era ciò che avrebbe messo lei per una situazione del genere.

Volevo bene a Ingrid. Era forse l’unica persona in tutta quell’enorme casa a cui ero affezionata. Lei mi diceva sempre le cose come stavano, mi riprendeva quando sbagliavo qualcosa (anche se trovava sempre un modo educato e divertente per farlo) e mi sosteneva in tutte le decisioni. Anzi, mi aiutava persino a scegliere cosa fare. Era stata lei a dirmi che, se fosse stata nei miei panni, si sarebbe iscritta al college invece di rimanere a casa a fare nulla.

«Non si sa mai cosa potrebbe succedere nella vita.» Mi aveva detto. «I soldi non dureranno per sempre. Probabilmente nel tuo caso lo faranno, ma non si può mai sapere. Studia qualcosa, impara a fare bene qualcosa che ti piace e il tuo futuro sarà sempre al sicuro.» Aveva aggiunto.

Così mi ero iscritta alla facoltà di Storia dell’Arte allo stesso college che frequentava tutto il mio gruppo di amici.

Finii di prepararmi - senza metterci troppo tempo o impegno - e raggiunsi i miei genitori in salotto. Notai subito che non erano soli. Un ragazzo biondo era seduto sul divano e stava dando le spalle alla porta da cui ero arrivata.

Era la testa di Matthew, ne ero sicura. Infatti il ragazzo si girò verso di me dopo pochi secondi e mi salutò con un sorriso.

«Matt ci ha dato la bella notizia.» Disse mia madre, versando del tè nella mia tazza e facendomi cenno di sedermi di fronte a lei. Non mi mossi dal punto in cui mi ero fermata e fissai il ragazzo.

«Siamo davvero felici che abbiate cominciato a uscire ufficialmente.» Intervenne mio padre. «A parte quello che è successo ieri sera - e sono piuttosto sicuro che sia stata tutta una tua idea, Freya - Matthew è un ragazzo molto stabile. Di solito ha una buona influenza su di te.» Continuò l’uomo, scrutandomi da dietro gli occhiali.

«Abbiamo deciso di organizzare una festa per annunciare il vostro fidanzamento.» Disse mia madre. Poi parlò a bassa voce per pochi secondi con la nostra cameriera, che riempì un piatto di tramezzini e me lo portò.

Appena sentii il profumo - che in quel momento avrei definito puzza - di salmone, il mio stomaco si ribaltò e dovetti correre in bagno. Dovevo essere allergica a Matthew e a tutta quella situazione. La prima volta che ero stata male era stata quando mi aveva detto che mi amava. E poi ero stata prontamente male di nuovo quando i miei genitori avevano deciso di obbligarmi a stare ufficialmente con lui.

Oppure… no, non poteva essere.

«Tutto bene, Freya?» Domandò Ingrid da dietro la porta.

«Sì.» Mentii, cercando di ricordare l’ultima volta che avessi avuto il ciclo. Non era stato il mese precedente, quello era sicuro, ma avevo dato la colpa allo stress. E se non fosse stato solo quello il motivo del mio ritardo?

«Sicura? Hai bisogno di qualcosa? Devo chiamare il dottore?» Insistette Ingrid. Sapevo che non mi avrebbe abbandonata finché non avesse avuto la certezza che stavo bene. E, onestamente, in quel momento avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse.

«Puoi entrare un secondo?» Dissi, alzandomi dal pavimento e andando ad aprire la porta che avevo chiuso a chiave. Ingrid entrò immediatamente e, dopo un solo sguardo al mio viso, mi abbracciò stretta.

«Dimmi tutto, tesoro. Cosa sta succedendo?» Chiese.

«Ingrid, credo di aver bisogno di un test di gravidanza.» Risposi, con il panico nella voce.

 
***

Mandai la donna a dire ai miei genitori e a Matthew che stavo troppo male per raggiungerli per il tè del pomeriggio e poi le chiesi di uscire, andare al primo Boots che trovasse in giro e comprare un test di gravidanza.

Quando tornò con il sacchetto di plastica bianco e blu e mi porse la scatola di cartoncino che conteneva ben tre test, il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. Non poteva essere. Stavo solo soffrendo dei postumi della sbornia colossale della sera prima. Non potevo essere incinta. Però, nelle ultime settimane, avevo avuto parecchi giramenti di testa e avevo sofferto tanto di nausea. Ero stata molto più sensibile agli odori e… e poi ero in ritardo.

Ingrid rimase con me per tutto il tempo e mi tenne la mano mentre aspettavo i risultati. Sulle istruzioni c’era scritto che avrei dovuto aspettare tre minuti. Ne erano passati due e mezzo e stavo per svenire per l’agitazione.

«Vuoi che guardi io il risultato?» Si offrì Ingrid quando il mio telefono cominciò a suonare per avvisarmi che i tre minuti erano passati.

«No.» Dissi, scuotendo la testa e chiudendo gli occhi. Era una cosa che dovevo fare io.

Sentii Ingrid stringermi ulteriormente la mano, respirai profondamente e aprii gli occhi. Li puntai sul piccolo display del test e vidi il simbolo positivo. Il mio cuore perse un battito e rimasi immobile, con il bastoncino bianco di plastica in mano e gli occhi sbarrati.

«Vuoi provare a farne un altro?» Mi domandò la donna, preoccupata.

«Sì.» Risposi, prendendo una bottiglia d’acqua e cominciando a bere. «Voglio farli tutti e tre.» Aggiunsi, tracannando un altro lunghissimo sorso.

Quando anche il terzo test mi diede lo stesso risultato positivo, qualche ora dopo, mi lasciai cadere sul mio letto e mi coprii con il piumone, incredula.

Il test di gravidanza era accurato al novantanove percento. E, anche volendo, era più probabile ottenere un falso negativo rispetto a un falso positivo. Avevo fatto il test tre volte e avevo visto lo stesso stupido ‘+’ apparire per tre volte. Ero incinta, mi sembrava piuttosto ovvio a quel punto. Ma cosa avrei potuto fare? Avevo solo diciannove anni. Non ero pronta per diventare madre. E poi chi era il padre? Perché Matthew non era di certo l’unico ragazzo con cui ero andata a letto ultimamente. No. C’erano anche Louis, il tizio mascherato alla festa, la guardia del corpo di mia sorella… e anche quel ragazzo carino che avevo conosciuto in un locale, una sera in cui Matthew aveva deciso di non uscire perché avrebbe dovuto studiare per un esame. E forse ce n’erano stati anche altri, ma quando uscivo avevo la tendenza a bere troppo e a volte mi capitava di non ricordare nulla.

«Merda.» Mormorai. «Merda, merda, merda, merda.»

 


Buongiorno! Ben ritrovati (se ci conosciamo già) e benvenuti (se è la prima volta che leggete una delle mie storie)! Questa volta ho deciso di scrivere qualcosa di un po' diverso rispetto alle altre. I protagonisti di questa storia sono nobili inglesi e la loro vita è eccessiva in tutti i sensi. Questo è il prologo, il primo capitolo lo pubblicherò martedì prossimo. Nel frattempo spero che vi incuriosisca e che vi piaccia!
Vi mando un abbraccio e grazie per aver deciso di leggere fin qui!
A martedì <3

 

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Capitolo 2
*** 01 - Six Weeks In ***



Capitolo 1 - Six Weeks In
 
Dovevo dirlo ai miei genitori. Dovevo andare a fare una vera visita medica e dovevo decidere il mio prossimo passo. Non volevo un bambino. Non ero pronta a diventare madre. Dovevo fare qualcosa. E certo, sarei sicuramente riuscita a nascondere tutto quello che stava succedendo alla stampa, che ultimamente seguiva con attenzione tutto quello che facevamo i miei amici ed io, ma non sarei mai riuscita a fare in modo che i miei non lo scoprissero. Non succedeva nulla in quella casa di cui loro non fossero al corrente.

«Non vuoi parlare con qualche tua amica? Vuoi che venga con te quando lo dici ai tuoi genitori?» Mi domandò Ingrid, seguendomi in giro per la stanza, mentre cercavo disperatamente di capire cosa fare. E, soprattutto, cosa dire.

«No e no.» Risposi. «Non posso dirlo né a Regina e né a Elizabeth. Quelle due non sanno tenere la bocca chiusa.» Aggiunsi, pensierosa. Eravamo amiche, ma non mi fidavo di loro, perché tendevano a parlare troppo con sconosciuti che poi si rivelavano essere giornalisti. «L’unica persona con cui parlerei in queste situazioni è Louis, ma potrebbe prendergli un colpo, perché nelle ultime settimane siamo stati a letto insieme qualche volta. Potrebbe anche essere suo.» Conclusi, provando un brivido lungo la schiena.

La possibilità che Louis - o Matthew o qualsiasi degli altri ragazzi con cui ero stata - fosse il padre rendeva tutto più reale. Troppo reale. Non volevo nemmeno usare la parola ‘bambino’, perché altrimenti avrei avuto una crisi isterica. Ero troppo giovane per avere delle preoccupazioni del genere.

«Vedrai che andrà tutto bene, Freya. I tuoi genitori capiranno e troverete insieme una soluzione.» Cercò di rassicurarmi Ingrid. E quella fu la prima volta che mi mentì deliberatamente, forse per cercare di farmi sentire meglio.

«Hai presente come sono fatti i miei?» Domandai ironicamente, scuotendo la testa.


 
***

Scesi le scale lentamente, fermandomi ogni due o tre gradini e cercando di convincermi a continuare la discesa, quando tutto quello che avrei voluto fare era tornare nella mia stanza, andare a letto e ignorare il problema.

Arrivai in salotto, dove mio padre stava leggendo il giornale, mia madre stava facendo colazione e mia sorella Harper stava suonando il pianoforte, e mi bloccai sulla porta. Come avrei potuto cominciare un discorso del genere? I miei genitori erano già convinti che fossi la pecora nera della famiglia, perché avevo deciso di non prendere lezioni di musica o di danza come la mia perfetta sorella, che in autunno avrebbe iniziato il suo primo anno a Cambridge e avrebbe studiato Legge. E anche per tutto il resto che avevo combinato negli anni, certo.

«Oh, Freya, è molto carino da parte tua decidere di degnarci della tua presenza.» Commentò mia madre, alzando appena gli occhi dalla sua colazione. Mio padre mi ignorò e mia sorella non aprì nemmeno gli occhi, era troppo concentrata a suonare.

«Devo parlarti.» Dissi, avvicinandomi al tavolo a cui era seduta.

«Vuoi finalmente decidere il tema per la tua festa di fidanzamento con Matthew? Devo dire che mi ha sorpreso la notizia. I Collinsworth sono una famiglia molto influente e Matthew è un bravo ragazzo. Finalmente hai deciso di fare qualcosa di giusto.» Replicò mia madre, prima che potessi iniziare il discorso.

Sentii il mio stomaco sprofondare e mi sedetti, per evitare che le mie gambe smettessero di sostenermi. Non ero mai stata più spaventata in tutta la mia vita, e in passato avevo fatto bungee jumping e mi ero paracadutata fuori da un aereo. Mi ero svegliata in letti che non avevo mai visto con degli sconosciuti, avevo tenuto in mano una tarantola e avevo bevuto fino a perdere totalmente il controllo. Niente di tutto quello che avevo provato nella mia vita si avvicinava al senso di puro terrore che mi accompagnava in quel momento.

«Sono incinta.» Mormorai a voce così bassa che non mi sentì nessuno. Quando capii che mia madre non si era accorta che avevo parlato, mi schiarii la voce e riprovai. «Sono incinta.» Dissi, questa volta alzando un po’ troppo il volume.

Mia sorella smise bruscamente di suonare e si voltò verso di me, aprendo gli occhi. Anche mio padre alzò lo sguardo dal giornale e cominciò a fissarmi.

«Sei incinta.» Disse mia madre. Non era una domanda. «Matthew è il padre del bambino?»

«No.» Risposi semplicemente. «Non lo so. Non so chi è il padre e non sono ancora sicura al cento percento di esserlo. Ho fatto tre test e sono risultati positivi, ma non ho ancora visto un dottore.» Aggiunsi.

«Allora, per prima cosa, chiameremo il dottor James, poi decideremo come risolvere il problema. Nel frattempo ti prego di non dirlo a nessuno. Anzi, lo sa qualcuno oltre a te?» Domandò mia madre, posando la forchetta con cui stava mangiando e guardandomi negli occhi. O meglio, trafiggendomi con lo sguardo.

«Solo Ingrid.» Risposi, abbassando lo sguardo.

Mia madre assunse quell’espressione delusa e contrariata che aveva sempre quando le parlavo insieme. E mi ero anche abituata ad essere la pietra dello scandalo della famiglia Chamberlain. Lo ero sempre stata e non mi aveva mai dato fastidio. Anzi, spesso avevo anche fatto apposta a combinare guai, solo per il gusto di vedere le reazioni dei miei genitori. Per vedere se mi avrebbero considerata se avessi fatto qualcosa di abbastanza grande. In realtà non avevo mai ottenuto l’attenzione sperata. Avevano avuto a che fare con me solo per il tempo necessario per risolvere il mio ennesimo casino e poi erano tornati a concentrarsi su mia sorella, perché aveva vinto un altro premio o perché aveva fatto qualcosa di straordinario.

«D’accordo.» Replicò mia madre, pensierosa.

 
***

Il dottor James, il ginecologo che aveva chiamato mia madre, era un uomo di più o meno trentacinque anni, dall’aspetto piacente, gli occhi azzurri e i capelli color caramello. In altre situazioni ci avrei sicuramente provato, ma in quel momento non mi sentivo per niente dell’umore.

«Freya, Freya, Freya.» Mormorò, guardando lo schermo dell’ecografo portatile. «Oh, eccolo qui. Puoi vederlo e sentirlo.» Disse improvvisamente, proprio mentre dallo schermo cominciai a sentire il rumore di un battito cardiaco.

Mi voltai anch’io verso le immagini che mi stava mostrando il dottor James e vidi un piccolo embrione. Dalle dimensioni e dalla forma sembrava un piccolo fagiolo. La stanza fu invasa dai tu-tum del piccolo cuoricino e mi si riempirono gli occhi di lacrime.

«Oh mio Dio.» Mormorai, sentendo il mio stomaco sprofondare. Ero davvero incinta. Stava succedendo davvero a me.

I miei genitori non avevano voluto essere presenti alla visita, perché entrambi erano impegnati e non avevo ancora visto Ingrid quel pomeriggio. Probabilmente era andata a fare visita ai suoi genitori, come faceva tutti i sabati pomeriggio. Ero da sola, nella mia camera da letto, con un ginecologo che non avevo mai visto prima che mi stava dando tutte le informazioni sulla mia gravidanza.

«Da quanto tempo sono incinta?» Domandai improvvisamente, interrompendo il suo discorso sulle analisi del sangue.

«Sei settimane.» Rispose prontamente il dottor James, sorridendomi cordialmente.

Il mio stomaco, che era già sottosopra, sembrò annodarsi ulteriormente, lasciandomi una sensazione di vuoto e di pesantezza nello stesso momento.

«Quanto tempo ho per…» Cominciai a dire, incapace di terminare la frase. Fortunatamente il dottore mi capì al volo e, nonostante il suo sorriso si spense lievemente, mi rispose con gentilezza.

«Puoi abortire fino a dodici settimane.» Mi spiegò lui. Poi si lanciò in una spiegazione dettagliata del modo in cui sarebbe successo, se avessi deciso di andare fino in fondo. Ma non riuscii ad ascoltarlo, perché tutto quello che riuscivo a pensare era che ero incinta da sei settimane, da più di un mese, e non me ne ero minimamente accorta.

Avevo bevuto, avevo fumato, ero stata fuori fino a tardi a ballare sui tacchi altissimi e con vestiti quasi inesistenti, mi ero lanciata in una fontana con l’acqua gelata, ero stata a letto con vari ragazzi ed ero stata incinta per tutto quel tempo.

«Freya, ti lascio il mio biglietto da visita. Questi sono gli esami che ti consiglio di fare, qualunque cosa tu decida di fare. Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, d’accordo? Quello che ti ho scritto adesso è il mio numero di cellulare personale. Rispondo a tutte le ore del giorno, quindi se hai qualche dubbio o se hai bisogno di aiuto, chiamami.» Si raccomandò il dottor James, stringendomi le mani e guardandomi negli occhi mentre mi parlava insieme.

Era tutto troppo reale e, in quel momento, mi sentivo davvero sola. Ero davvero incinta e certo, avevo delle opzioni, ma non avevo la minima idea di cosa avrei potuto fare. Di una cosa ero sicura, però: non avrei detto nulla a nessuno finché non avessi risolto quel problema. Ed ero intenzionata a farlo il più presto possibile.

 
***

Quella sera mi preparai per andare alla festa di Regina, nonostante uscire fosse l’ultima cosa che volevo fare, poi mi presentai a casa della ragazza in abito lungo e maschera nera di pizzo. Mi sentivo strana e fuori forma, come se ci fosse qualcosa al posto sbagliato. Poi mi resi conto che sì, effettivamente c’era qualcosa di strano in me. Di solito non ero incinta.

«Chamberlain, ti vedo bene!» Esclamò Louis, offrendomi un braccio e accompagnandomi in fondo al salone delle feste della casa di Regina, dove c’era il resto del gruppo dei miei amici.

«Ciao, cugina!» Disse Niall, dandomi due baci sulle guance e sorridendomi. Quel ragazzo era sempre allegro, non avevo la minima idea di come facesse. E sì, ogni tanto beveva, ma nemmeno in modo eccessivo. E di sicuro non prendeva nessun altro tipo di sostanza illegale, lo sapevo perché quando Louis ed io fumavamo erba, Niall e il suo amico Harry rimanevano in disparte.

«Ehi, Niall.» Lo salutai, obbligandomi a sorridere. «Non vedo la tua ombra, questa sera.» Dissi, riferendomi al figlio del suo maggiordomo.

Nessuno di noi aveva mai capito perché lo portasse sempre fuori insieme a noi o a tutte le nostre feste, perché Harry era strano. E non perché era povero e la sua famiglia lavorava al servizio di quella di Niall, ma perché parlava lentamente. Anzi, spesso stava direttamente in silenzio e, quando apriva la bocca, diceva cose incomprensibili ai più. Inoltre il suo aspetto un po’ trasandato (non avevo mai visto nessun ragazzo con una massa di capelli ricci più spettinati e disordinati) e i vestiti rotti non aiutavano la sua causa. Regina ed Elizabeth non gli rivolgevano nemmeno la parola e lo trovavano abbastanza disgustoso (anche se Lizzie, una volta, aveva ammesso che se qualcuno gli avesse legato i capelli e l’avesse vestito con un abito di Armani, forse avrebbe anche potuto farci un pensierino). Io, invece, ci avevo parlato giusto un paio di volte, ma di cose stupide come il tempo o la festa a cui stavamo partecipando.

«Non è riuscito a venire, sta lavorando.» Rispose Niall, leggermente contrariato. «I miei non hanno voluto dargli la serata libera.» Aggiunse poi, scrollando le spalle.

«Non sapevo avesse iniziato a lavorare per voi.» Intervenne Louis.

Tomlinson era amico di tutti e, per un periodo di tempo, era stato molto legato a Harry. Poi non avevo idea di cosa fosse successo, perché i due erano tornati ad avere interazioni sporadiche e anche un po’ fredde.

«Sì, adesso che ha iniziato il college ha bisogno di soldi e i miei gli hanno dato un posto di lavoro come cameriere. Non è molto, ma lui è contento.» Rispose Niall, chiaramente orgoglioso del suo amico.

Niall era nato ricco, come tutti noi, eppure era diverso dal resto del gruppo. Certo, gli piaceva divertirsi, usciva con noi volentieri ed era una buonissima compagnia. Però non era fissato con la ricchezza, con le apparenze o niente del genere. Il suo migliore amico era il figlio di due persone che lavoravano per lui. Aveva deciso di iscriversi al college solo per giocare a calcio e non conosceva i nomi di nessun designer inglese. Anzi, spesso si vestiva con maglie di giocatori della sua squadra preferita ed ero piuttosto convinta che il suo armadio contenesse un totale di tre completi eleganti, due dei quali erano praticamente uguali.

«Peccato.» Sentii dire Louis. Lo guardai con aria interrogativa, ma lui finse di non vedermi e continuò a conversare con Niall, mentre io presi un bicchiere di champagne e poi mi resi conto di non poterlo bere. Anche se, in fin dei conti, avevo bevuto per tutte quelle settimane, quando non sapevo di essere incinta. E poi non lo sarei stata ancora per molto, quindi che problema c’era? Recuperai il bicchiere dal tavolo e ne tracannai il contenuto.

 
***

La festa durò per una quantità indefinita di tempo. Matthew si presentò con uno smoking nero che gli stava particolarmente bene e cercò di fare conversazione con me per tutta la serata, ma io non ero assolutamente dell’umore adatto per partecipare a una festa o socializzare con i miei amici. Soprattutto quelli che mi avevano detto ‘ti amo’ la sera prima e con cui i miei genitori volevano obbligarmi a fidanzarmi ufficialmente. Alla fine dovetti inventarmi di essere stanca e tornai a casa con il mio autista.

Quando mi svegliai, il mattino successivo, trovai una ragazza che non avevo mai visto nella mia camera.

«Chi diavolo sei?» Domandai, coprendomi con il piumone e guardandola male.

«Mi chiamo Jolanda, signorina Chamberlain, sono la sua nuova donna di servizio.» Replicò la ragazza - che non sembrava molto più grande di me - prima di abbassare lo sguardo e arrossire.

«Dov’è Ingrid?» Chiesi ancora, preoccupata. Non l’avevo vista per tutto il giorno precedente. Di solito tornava la sera, dopo essere andata a trovare i suoi genitori.

«Non lo so, signorina Chamberlain, mi dispiace. Sono stata assunta dai signori Chamberlain, ma non mi è stato detto nulla sulla persona che sto sostituendo.» Rispose lei. «Gradisce la colazione a letto?» Domandò dopo qualche istante. Notai che faceva fatica a sostenere il mio sguardo e che sembrava che fosse terrorizzata dalla mia presenza.

«No.» Risposi bruscamente, alzandomi dal letto e dirigendomi verso il salotto senza nemmeno preoccuparmi di indossare una vestaglia o qualcosa del genere.

Aprii le porte della stanza e mi precipitai all’interno, interrompendo la colazione di mia madre e mio padre con i genitori di Matthew.

«Dov’è Ingrid?» Tuonai.

Mia madre smise di mangiare e, con un solo sguardo, mi fece capire che avrei dovuto stare zitta. Ma io non avevo intenzione di smettere di chiedere dove fosse la donna finché non avessi ottenuto una risposta.

«Dov’è Ingrid?» Domandai ancora.

«Ingrid si è licenziata, Freya.» Rispose mia madre, freddamente, alzandosi e raggiungendomi.

«Non ci credo.» Ribattei. Non era vero, ne ero sicura. Ingrid non mi avrebbe mai abbandonata, non in un momento del genere. Sapeva della mia gravidanza, solo la mattina prima mi aveva detto che mi sarebbe stata vicina, qualunque cosa avessi deciso di fare. Sapevo che, in qualche modo, i miei genitori erano responsabili per quella decisione.

«Adesso non è il momento, Freya. Sono occupata. Ho lasciato a Jolanda una busta che contiene tutte le istruzioni per raggiungere la clinica in cui ti ho preso un appuntamento per lunedì mattina.» Aggiunse, abbassando la voce per non farsi sentire dai genitori di Matthew.

«Che tipo di clinica?» Domandai a denti stretti.

Mia madre mi rivolse un’espressione dura, come se volesse dirmi di non fare la stupida, che sapevo benissimo di cosa stesse parlando.

«Per risolvere il tuo problema.» Rispose. Poi si accorse che i genitori di Matt ci stavano guardando, così mi toccò un braccio e mi rivolse un sorriso falso, prima di tornare a sedersi con loro, lasciandomi da sola.

Tornai nella mia stanza e trovai la busta che mi aveva lasciato Jolanda sul cuscino. La aprii e, al suo interno, trovai il programma per il lunedì successivo. Avrei lasciato l’appartamento alle otto e trenta, uscendo dal retro e salendo sull’auto con i vetri oscurati con Alec, il mio autista. Mi avrebbe portato in una clinica molto discreta e lì si sarebbero ‘occupati del mio problema’. Sul foglio c’era scritto proprio così. Mia madre mi aveva preso un appuntamento per andare ad abortire e non aveva nemmeno il coraggio di dire le cose come stavano.

 
***

Decisi di non uscire domenica e non risposi nemmeno al telefono quando Louis, Matthew, Regina ed Elizabeth provarono a chiamarmi. Liam mi inviò un messaggio per dirmi che Louis mi stava cercando e Niall si presentò direttamente a casa mia con un sacchetto di cibo  portoghese d’asporto.

Dovetti dirgli che non stavo ancora bene, che probabilmente mi ero presa l’influenza e lo rimandai a casa, dicendogli che non volevo di certo infettarlo.

Poi provai a chiamare Ingrid, scoprendo che il suo numero di telefono risultava inesistente, rendendomi impossibile contattarla.

Il lunedì mattina mi alzai all’alba, dopo non aver dormito per niente, mi vestii e uscii dalla porta di servizio per incontrare Alec, che mi stava aspettando nel vicolo sul retro con l’auto già in moto.

Nessuno dei due disse nulla per tutta la durata del viaggio. Sospettavo che non sapesse nemmeno dove mi stava portando o il motivo per cui mi stava accompagnando in quel posto. I miei genitori si erano dati molto da fare per tenere quello che stava succedendo nascosto a tutti. In un certo senso, ero anche sollevata che il mio autista non sapesse nulla. Non volevo che mi facesse domande. Non volevo parlarne.

Mia madre aveva persino detto ai genitori di Matthew che non sarei stata disponibile per i prossimi giorni, perché mi stavo riprendendo da una brutta influenza. Poi si erano preoccupati di fissare una data per la mia festa di fidanzamento, nonostante io avessi detto più volte che non ci pensavo nemmeno ad essere la ragazza ufficiale di Matt.

Non lo amavo. Non mi stava nemmeno particolarmente simpatico, era solo utile per fare sesso ogni tanto, quando mi annoiavo.

Arrivai alla clinica alle nove in punto. Alec scese dall’auto per aprirmi la portiera e poi mi lasciò entrare nell’edificio da sola. Lo vidi tornare a sedersi al posto di guida e aprire un libro per ingannare l’attesa.

Ero completamente sola e nessuno, a parte i miei genitori e Ingrid, che non riuscivo più a contattare in nessun modo, sapeva quello che stava succedendo.

Quando arrivai nella sala d’attesa, dopo essermi registrata con il nome falso con cui i miei genitori avevano preso appuntamento (la clinica chiaramente sapeva chi fossi, ma per la privacy avevano fatto in modo di inserirmi nei loro sistemi con un nome finto), mi sedetti sull’unica poltroncina libera, di fianco a una donna con una bimba piccolissima in braccio.

Osservai la bambina chiudere la minuscola mano intorno a una ciocca di capelli della madre e guardai la donna sorridere, con gli occhi lucidi per la gioia e l’espressione più orgogliosa del mondo. Fissai la bambina per parecchi minuti, notando le piccole labbra arricciate in quello che poteva sembrare un sorriso, il nasino all’insù e gli occhi chiusi con le lunghe ciglia scure. Stava indossando una tutina intera rosa, con un pulcino giallo ricamato sul davanti e continuava a muovere i minuscoli piedini.

Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi, provando ad inspirare ed espirare profondamente. Sentivo la gola bruciare e gli occhi mi si stavano riempiendo di lacrime. Non potevo andare fino in fondo. Non volevo. Non potevo farcela. Avevo altre opzioni. Non ero pronta per diventare madre, ma forse sarei riuscita a rendere felice una coppia che non riusciva ad avere bambini, dando il mio in adozione.

Mi alzai velocemente da quella poltrona e corsi fuori dalla clinica. Non riuscivo a stare in quella sala d’aspetto per un solo secondo in più. Non quando di fianco a me c’era una bambina perfettamente in salute, bellissima, che chiudeva la manina intorno a una ciocca di capelli della madre.
 

Ecco il primo vero capitolo di "No Control"! Freya ha avuto il coraggio di dire ai genitori che è incinta, ma ovviamente la notizia non è stata presa bene. Alla fine, nonostante avesse un appuntamento alla clinica per abortire, la nostra protagonista non si è sentita di andare fino in fondo ed è scappata, quindi cosa succederà prossimamente? L'unica persona che sapeva quello che stava succedendo, Ingrid, è misteriosamente scomparsa. E ora cosa farà Freya? Avrà il coraggio di dirlo a qualcuno? Di certo non potrà ignorare il problema, perché presto diventerà abbastanza evidente. Martedì pubblicherò il prossimo capitolo e avremo alcune risposte!
Grazie per aver letto la storia e per i bellissimi commenti che mi avete lasciato al capitolo scorso <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** 02 - Losing Control ***



Capitolo 2 - Losing Control
 
Salii in auto, spaventando Alec, che non mi aspettava ancora per parecchio tempo, e gli chiesi di accompagnarmi a casa di Louis.

Non sapevo quale sarebbe stata la reazione dei miei genitori quando avrebbero scoperto che non ero riuscita ad andare fino in fondo, ma avevo bisogno di vedere Louis, di parlare con lui e di fingere che nella mia vita non stesse accadendo quello che stava succedendo almeno per un paio d’ore.

Quando Alec mi lasciò a casa del mio amico, suonai il campanello e il suo maggiordomo mi avvisò che il ragazzo era andato da Niall e che l’avrei trovato là, così tornai di nuovo in auto e chiesi all’autista di portarmi da mio cugino. Volevo vedere Louis da solo, ma effettivamente avevo bisogno di tanta compagnia. Più gente ci sarebbe stata e meno avrei pensato alla mia vita e a quello che stava succedendo. O almeno così speravo.

Dissi ad Alec di lasciarmi a casa degli Horan e poi di andare, perché ero sicura che avrei trovato Louis lì e quindi non avrei avuto bisogno di lui per almeno qualche ora. Invece suonai il campanello e, dopo qualche minuto, aprì Harry, che stava indossando una camicia bianca, un paio di pantaloni classici neri e un grembiule dello stesso colore legato intorno ai fianchi.

«Oh, Freya!» Esclamò lui, sorpreso di vedermi. E forse anche imbarazzato, perché era arrossito.

«Mi hanno detto che Louis e Niall sono qui.» Dissi, dopo un momento di esitazione.

«Sono usciti poco fa, hanno detto che volevano andare al parco a giocare a calcio.» Rispose Harry, con un’espressione che non riuscivo a decifrare. Era imbarazzato perché l’avevo visto mentre lavorava? Oppure era triste perché non aveva potuto raggiungere i suoi amici proprio perché stava lavorando? Non che fosse bravo a giocare a calcio, perché una volta Niall mi aveva detto che Harry doveva essere nato con due piedi destri o qualcosa del genere. Diceva che era instabile e traballante e che le regole per lui continuavano ad essere un mistero, nonostante il suo migliore amico, cioè Niall, fosse il fan numero uno di quello sport.

«Oh.» Commentai, delusa.

Poi, senza alcun tipo di preavviso, scoppiai a piangere. Cominciai a singhiozzare così forte che facevo quasi fatica a respirare.

«Freya, che succede?» Mi chiese Harry. Poi sentii una sua mano sul mio braccio e mi lasciai trascinare all’interno della casa, lontano dagli occhi indiscreti dei passanti. «Vuoi dell’acqua?» Domandò ancora il ragazzo, preoccupato.

«No.» Risposi, tirando su con il naso e cercando di asciugare gli occhi. Guardai il dorso della mano e scoprii che era completamente sporco di mascara, quindi, oltre a tutto il resto, in quel momento dovevo anche sembrare un mostro.

«Posso… posso fare qualcosa per te? Mi stai facendo preoccupare.» Disse ancora il ragazzo, appoggiando una mano sulla mia e stringendola.

«No!» Esclamai, incapace di trattenere le lacrime. «Sì!» Dissi poco dopo, rifugiandomi tra le sue braccia. Avevo bisogno di distrarmi, di compagnia, di contatto fisico e Harry era l’unica persona disponibile.

Il ragazzo, dapprima un po’ perplesso, mi strinse a sé e mi accarezzò la schiena finché non mi calmai un po’.

«Speravo di trovare Louis qui.» Confessai dopo parecchio tempo, asciugandomi di nuovo gli occhi e ignorando le macchie di mascara sulle mie mani. Harry si tolse il grembiule nero e me lo offrì. Lo ringraziai in silenzio e tamponai le lacrime, facendo un paio di respiri profondi.

Il ragazzo mi fece sedere sul divano del salotto degli Horan e rimase in silenzio, in attesa che iniziassi a parlare. Forse si aspettava che gli rivelassi il motivo per cui ero scoppiata a piangere in quel modo davanti a lui, ma non mi sembrava il caso. Non avrei nemmeno dovuto perdere il controllo in quel modo. In fondo Harry era uno sconosciuto, non avevo mai scambiato più di due parole con lui. Non potevo di certo fidarmi e confessargli il mio più grande segreto. Non potevo permettermi di essere così vulnerabile con una persona. Ero io quella che di solito scopriva i segreti degli altri (e spesso li usavo anche a mio vantaggio, dovevo essere sincera). I miei amici non sapevano più dello stretto necessario su di me. Non avevo intenzione di mettere volontariamente delle armi a loro disposizione.

«Vuoi una tazza di tè? Oppure vuoi usare il bagno?» Mi domandò il ragazzo dopo aver capito che non avrei detto nulla.

In altre circostanze sapevo esattamente quello che avrei fatto. Sarei tornata a casa - oppure sarei andata al Circolo con Louis - e avrei bevuto fino a dimenticare persino il mio nome. Oppure avrei cercato di rilassarmi fumando qualcosa. Avrei trovato qualche sostanza che mi potesse aiutare ad ignorare qualunque problema mi stesse affliggendo e avrei ricominciato il processo una volta tornata sobria.

Ma ero incinta. Non potevo bere. Non potevo fumare o prendere altre droghe. Dovevo trovare un altro modo per affrontare quello che mi stava succedendo.

«Okay, va bene una tazza di tè.» Dissi con riluttanza.

Il ragazzo si alzò dal divano e tornò qualche minuto dopo con un vassoio con due tazze fumanti. Lo guardai per qualche istante, confusa. Non gli avevo mai detto di sedersi a prendere il tè con me, eppure lui l’aveva fatto lo stesso.

«Sei un tipo strano.» Commentai dopo un po’, cercando di studiare l’espressione di Harry, che era cambiata rispetto a quando ero arrivata. Fu inutile, perché non riuscii minimamente a capire quello che stava pensando. E di solito ero piuttosto brava a leggere le persone. Harry sembrava più freddo, più distaccato, non più preoccupato e premuroso come poco prima.

«Sono solo diverso da voi.» Rispose lui, scrollando le spalle. «Diverso non vuol dire necessariamente strano.» Continuò, estraendo il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni e leggendo qualcosa sullo schermo, evitando di guardarmi in faccia.

«Non parli mai con noi.» Continuai. Avrei fatto e detto qualunque cosa pur di ignorare quello che mi stava succedendo.

«Voi non parlate mai con me.» Ribatté lui lentamente, con un sorrisetto. Non distolse gli occhi un secondo da quello che stava facendo con il telefono e ne approfittai per osservarlo meglio.

Non l’avevo mai guardato con particolare attenzione, ma era molto carino. Aveva gli occhi verdi, leggermente allungati, il naso dritto e perfetto e un sorriso davvero bello e luminoso. E anche il fisico che nascondeva sotto quella camicia bianca di almeno un paio di taglie più grande di lui non doveva essere male.

"Allora parliamo." Dissi, grata di avere finalmente qualcosa su cui concentrarmi. Una sfida.  Qualcuno da conoscere. Segreti da scoprire. «Dimmi qualcosa di te.»

Harry alzò finalmente gli occhi dal telefono e mi guardò come se gli avessi chiesto un pezzo di luna.

«Sono Harry.» Rispose semplicemente, dapprima confuso. Poi sembrò capire quello che avevo intenzione di fare. «E mi piace stare al gioco. Quindi ti dico che la mia passione è la fotografia e rilancio la palla. Qual è la passione di Freya Chamberlain?» Domandò lui.

«Non funziona così questo gioco.» Obiettai. Harry aveva capito male, se pensava di avere il controllo della situazione.

«Credevo di sì. Allora forse è meglio se torno al lavoro.» Disse lui, alzandosi dal divano.

«No!» Esclamai, lasciando trasparire una nota di panico dalla mia voce. Non poteva lasciarmi sola. Non ero pronta a pensare a quello che era successo poco prima. «D’accordo.» Dissi, riluttante. «Ti dirò qualcosa su di me. La mia passione è…» Cominciai e poi mi interruppi e mi domandai la stessa cosa. Qual era la mia passione? Ne avevo una, che non comprendesse ballare seminuda in un locale con luci pulsanti e musica troppo alta?

«Va bene, partiamo da qualcosa di più facile.» Mi concesse Harry dopo qualche minuto. Doveva aver capito che mi aveva messa un po' troppo in difficoltà. «Il tuo colore preferito?»

Quella domanda era più facile. Molto più facile. Fortunatamente sapevo la risposta.

«Viola.» Replicai. Rimasi in silenzio per qualche istante, pensando alla domanda successiva. Harry mi aveva fornito un motivo di distrazione, un nuovo gioco su cui concentrarmi ed ero particolarmente interessata. Lui era stato clemente con me, ma non avevo intenzione di restituirgli il favore. «Primo bacio?» Domandai, ritrovando il sorriso.

Harry Styles era una delle poche persone del mio gruppo di amici di cui non conoscevo nemmeno un segreto e volevo davvero scoprire quello che nascondeva sotto il suo aspetto trasandato e quel sorriso angelico con tanto di fossette.

«Quattordici anni, nel giardino della tenuta di campagna di Niall durante la sua festa di compleanno.» Rispose lui, assumendo il sorriso beffardo di chi sapeva benissimo di essere in vantaggio. Non mi aveva detto quello che volevo sapere.

«Con chi?» Domandai.

«Non funziona così questo gioco.» Ribatté lui, allargando il sorriso. «Tocca a me farti una domanda. Con chi è stato il tuo primo bacio?» Mi domandò Harry. Per essere il figlio di due membri dello staff di Niall, dovevo ammettere che sapeva tenermi testa a quel tipo di gioco.

«Louis.» Risposi, stando attenta a non aggiungere altri dettagli. Ricordai brevemente l’episodio e rabbrividii. Il primo bacio che avevo avuto con Louis, quando entrambi avevamo tredici anni, era stato disgustoso. Nessuno dei due sapeva quello che stava facendo e, dopo quell’episodio, avevamo evitato di parlarci per due settimane. Poi tornai a concentrarmi su Harry. Era quello il modo in cui voleva giocare? Aveva appena trovato una degna avversaria. «Con chi è stato il tuo?» Domandai ancora, impaziente.

«Elizabeth.» Disse Harry.

Elizabeth? Proprio la stessa Elizabeth che lo trovava disgustoso? Piccola bugiarda. Da lei non me lo sarei mai aspettato. Sorrisi, perché avevo appena guadagnato un arma da usare in caso la mia amica mi avesse tradita in qualche modo.

«E la tua prima volta con chi è stata?» Domandai ancora, sempre più curiosa. Non sapevo se il mio improvviso bisogno di conoscere Harry e tutti i suoi segreti fosse dettato dalla mia voglia di scappare dalla mia realtà o da qualcos’altro. Sapevo solo che, in quel momento, quel gioco per me era di importanza vitale.

«Tocca a me farti una domanda.» Replicò il ragazzo, guardandomi fissa negli occhi. Provai un brivido lungo la schiena e cercai di ignorare le farfalle nello stomaco, dando la colpa alla mia gravidanza. Perché Harry, il tizio strano che non avevo mai considerato, improvvisamente mi stava facendo quell’effetto? «Sei fidanzata ufficialmente con Matthew?»

«No.» Risposi, riflettendo per un secondo. «Non lo so. Io di sicuro non voglio esserlo.» Aggiunsi. La mia mente aveva iniziato a vagare e dovevo tornare a concentrarmi su quello che stavo facendo. Avevo una missione e non potevo permettere di essere distratta dal pensiero di Matthew, della festa di fidanzamento e dei miei genitori, altrimenti avrei ricominciato a pensare alla mia ‘situazione’. «Con chi è stata la tua prima volta?» Ripetei, impaziente.

«Sempre Elizabeth, lo stesso giorno.» Rispose lui, sorridendo appena.

Sgranai gli occhi, incredula. Potevo capire il primo bacio, ma erano anche andati a letto insieme? Lizzie non mi aveva mai detto nulla. Anzi, mi aveva mentito. Aveva cercato di dirmi che Harry, in passato, ci aveva provato con lei e, ovviamente, l’aveva rifiutato. Perché ‘che schifo, probabilmente puzza e ha anche le pulci! Non lo farei mai e poi mai!’ aveva detto.

«Incredibile.» Mormorai, scuotendo la testa. Oh, ma gliel’avrei fatta pagare.

«Con chi è stata la tua ultima volta, invece?» Mi chiese il ragazzo, obbligandomi a concentrarmi e a pensare alla risposta.

«Matthew.» Replicai, ansiosa di arrivare a fare la mia prossima domanda. Harry era in vantaggio in quel momento e lo sapeva benissimo. Avrei risposto a qualunque cosa pur di fare in fretta e arrivare al mio prossimo turno. Dovevo sapere di più. «Quante volte sei stato a letto con Elizabeth?»

«Non lo so, non le ho mai contate.» Rispose lui, scrollando le spalle. Quindi erano stati insieme più di una volta? Evidentemente c’era qualcosa che li spingeva a continuare a tornare l’uno dall’altra. «Perché avevi bisogno di parlare con Louis?»

La sua domanda mi colse alla sprovvista e mi bloccai. Stavamo giocando, le nostre domande riguardavano più che altro il sesso e non mi aspettavo che Harry mi chiedesse una cosa del genere. Cos’avrei dovuto rispondere?

«Perché è il mio migliore amico e dovevo dirgli una cosa che non posso dire a nessun altro.» Dissi, nella speranza che il ragazzo fosse soddisfatto e lasciasse perdere l’argomento. «Quindi cosa c’è esattamente tra te ed Elizabeth?» Domandai, tornando al discorso di prima.

«Secondo te?» Replicò lui, alzando un sopracciglio. «Perché sei così ossessionata da quello che c’è o non c’è tra Elizabeth e me?» Mi chiese, avvicinandosi un po’ e fissandomi con un’espressione strana.

Mi morsi il labbro e deglutii, osservando il verde degli occhi di Harry e cercando di non chiedermi perché stessi facendo quello che stavo per fare. Non sapevo nemmeno io il motivo per cui, in quel momento, lo desideravo così tanto. Non l’avevo mai considerato un ragazzo. O meglio, non avevo mai pensato a lui come un possibile partner, anche solo per una sera. Eppure in quel momento avrei dato qualunque cosa per essere sua anche solo per una volta.

Senza dire una parola mi avvicinai e baciai Harry, che prima indietreggiò leggermente, poi mi circondò con le sue braccia e mi avvicinò a sé, mentre le nostre labbra si toccavano.

«È davvero quello che vuoi?» Disse dopo qualche minuto, con il fiato corto e gli occhi leggermente sgranati.

«No.» Dissi, riavvicinandomi e ricominciando a baciarlo. «Sì.» Non sapevo nemmeno io per quale motivo mi stessi comportando in quel modo. Avevo solo un bisogno incredibile di stare con lui.

«Non… non sono sicuro che questa sia una buona idea per te.» Disse Harry dopo parecchi altri minuti, interrompendosi e smettendo di baciarmi. A quel punto eravamo semi sdraiati sul divano e metà dei nostri vestiti era volata sul pavimento. Sembrava che fermarsi gli costasse parecchia fatica. Io di certo non volevo smettere.

«Ti prego, Harry. Ne ho davvero bisogno.» Mormorai, guardandolo negli occhi e attirandolo di nuovo a me. Lui annuì e poi si alzò dal divano, porgendomi una mano per permettermi di raggiungerlo.

«Allora non possiamo stare qui. Potrebbero tornare i genitori di Niall o direttamente Niall e Louis in qualsiasi momento.» Disse. «Vieni, andiamo di sopra.» Aggiunse, prima di accompagnarmi in una delle camere degli ospiti e chiudere la porta a chiave.

«Sicura al cento percento?» Mi domandò ancora. Sembrava preoccupato, ma come al solito non riuscivo a capire esattamente quello che stava passando nella sua mente.

«Sì.» Dissi, poi lo spinsi sul letto e ricominciai a baciarlo.

 
***

Mi bastarono più o meno cinque minuti dopo essere andata a letto con Harry per cominciare a vergognarmi di quello che avevo fatto. A cos’era servito? Perché continuavo a rendere tutto più difficile?

«Non è mai successo.» Dissi dopo essermi alzata dal letto e aver recuperato i miei vestiti. «Non dirai mai a nessuno quello che abbiamo fatto.» Aggiunsi.

Harry si mise seduto e mi guardò per qualche secondo.

«Okay. Se è quello che vuoi non parlerò.» Replicò. Era una delle uniche persone che non riuscivo a leggere, di cui non riuscivo a decifrare le espressioni. Cosa voleva dire quello sguardo? Era deluso? Era annoiato? Ma soprattutto, era vero quello che mi aveva detto? Oppure era venuto a letto con me solo perché gliel’avevo chiesto? O aveva approfittato del mio stato vulnerabile per ottenere quello che voleva?

Dovevo uscire da quella casa, dovevo tornare nella mia stanza e smettere di pensare a tutto. Mi girava la testa e avevo un nodo in gola che sembrava non volersene andare. Mi aggrappai alla testata del letto per non cadere.

«Stai bene?» Mi domandò Harry, alzandosi e raggiungendomi velocemente.

«No, ho avuto un giramento di testa.» Risposi. Ero riuscita ad ignorare il mio problema per un po’ di tempo, ma quel malore mi aveva fatto tornare pesantemente alla realtà. Ero incinta e non avevo la minima idea di come sarebbe stato il mio futuro. Sapevo solo che dovevo andarmene da quella stanza e anche in fretta.

«Ti accompagno a casa. Non dire di no, lo farò e basta. Mi faccio prestare la macchina dall’autista di Niall.» Disse, mettendo fine a quella conversazione ancora prima che potessi ribattere.

 
***

Durante il pomeriggio Louis mi mandò un messaggio e mi chiese di raggiungerlo al Circolo, così mi cambiai e chiesi ad Alec di accompagnarmi a destinazione.

Entrai nel piccolo supermercato aperto ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, e ignorai Sameer, il proprietario. Ormai lo conoscevo da mesi, sapeva esattamente quello che succedeva nel retro del suo negozio e non alzava nemmeno più gli occhi dal giornale che stava leggendo quando uno di noi entrava.

Nessuno, al di fuori del mio gruppo di amici, sapeva esattamente cosa fosse il Circolo. Ne parlavamo sempre e tutte le persone che ci sentivano pensavano che si trattasse di un Club esclusivo come quelli a cui erano iscritti i nostri genitori. Uno in cui potevano sorseggiare vino e parlare di politica o degli ultimi gossip. E l’idea non era tanto diversa da quella che avevano avuto i nostri bisnonni o chi aveva fondato quelli che frequentavano gli adulti.

Il Circolo era un posto sicuro, sempre aperto e sempre pronto ad ospitare uno di noi. Era un luogo in cui potevamo passare la giornata senza venire fotografati dalla stampa, dove potevamo bere o fumare in pace e dove potevamo avere un po’ di privacy.

L’idea era stata proprio di Louis, l’anno prima. Al compimento dei diciotto anni aveva deciso di investire parte dei suoi soldi e aveva comprato tutto l’edificio. Sameer aveva affittato solo il negozio, sapendo che sul retro c’era una porta che non poteva aprire e che doveva sempre essere a nostra disposizione.

Raggiunsi lo scantinato (Louis l’aveva fatto ristrutturare ed era riuscito a renderlo moderno e a inserirci tutto quello di cui avevamo bisogno, compreso un bancone da bar fornito di tutto ciò che potevamo desiderare) e mi sedetti pesantemente su una delle poltrone di pelle nera in mezzo alla stanza.

«Cocktail?» Mi domandò Louis, mostrandomi il suo bicchiere che, a giudicare dal colore del contenuto, era pieno per metà di Pimm’s.

«No, grazie.» Rifiutai, sapendo di aver già bevuto dello champagne alla festa di Regina, quando non avrei dovuto. Ma all’epoca pensavo che non sarei rimasta incinta ancora per molto.

«Un tiro?» Chiese ancora il ragazzo. Scossi la testa, sprofondando nella poltrona. «Almeno un caffè? Freya, mi stai preoccupando. Quando mai hai rifiutato alcool o droghe durante un pomeriggio così noioso?»

«Un caffè va bene.» Dissi, cercando disperatamente di non fargli capire che c’era qualcosa che non andava. Non volevo che scoprisse della mia gravidanza e non volevo nemmeno dirgli che avevo avuto un momento di debolezza ed ero andata a letto con Harry. Non avrebbe mai approvato.

Louis si alzò dal divano e tornò pochi secondi dopo con una tazzina di espresso preparata con chicchi pregiati che aveva importato direttamente dalla Jamaica. Una volta mi aveva fatto un discorso lunghissimo sulla qualità, dicendomi che quelli erano chicchi rarissimi e mille altre informazioni che avevo già dimenticato.

«Grazie.» Dissi, alzando la tazza per berne un sorso. Quando l’aroma della bevanda calda colpì il mio naso, il mio stomaco si ribaltò e dovetti appoggiarla velocemente sul tavolino per correre in bagno.

«Freya?!» Mi chiamò Louis, seguendomi.

«Lasciami stare!» Urlai. Nella fretta non avevo nemmeno chiuso la porta, così il mio amico entrò lo stesso e mi aiutò a tenere i capelli lontano dal mio viso.

«Ehi, Danno, che succede? Non ti è ancora passata l’influenza?» Mi domandò Louis, porgendomi un braccio per farmi rialzare. Mi lavai velocemente il viso e poi mi appoggiai al lavabo, guardandomi allo specchio.

«No.» Risposi. «Pensavo di sì, ma evidentemente non sto ancora bene. Saranno effetti collaterali degli antibiotici.» Mentii, coprendomi la faccia con un asciugamano per evitare che Louis mi guardasse negli occhi. Era l’unica persona che sapeva sempre quando non stavo dicendo la verità e si era sempre rifiutato di dirmi come facesse, per paura che trovassi un metodo per fregarlo.

«Dai, vieni di là. Sdraiati sul divano, vado a prendere una coperta e ti faccio un tè, visto che il mio caffè ti fa questo brutto effetto.» Disse Lou, accompagnandomi nella stanza principale del Circolo, che fortunatamente era vuota. Regina, Elizabeth, Liam e Niall non erano ancora arrivati. Ma la cosa che in quel momento mi rendeva più felice era l’assenza di Matthew e Harry (che nonostante non fosse nobile aveva ottenuto il permesso di frequentare il Circolo insieme a noi). Non avrei avuto la forza di affrontare nessuno dei due.

«Ehi, ho sentito la bella notizia.» Disse il mio amico qualche minuto dopo, porgendomi una tazza bollente di Earl Grey. Lo ringraziai e mi sedetti sul divano, coprendomi parzialmente le gambe e osservandolo. Aveva la sua solita espressione ironica e aveva usato un tono sarcastico. Di che diavolo stava parlando?

«Che notizia?» Domandai, allarmata. Non aveva scoperto quello che stava succedendo, vero?

«La festa di fidanzamento con Matthew. I tuoi genitori hanno spedito gli inviti.» Replicò Louis, alzando un sopracciglio. «Non volevo dire nulla, ma a questo punto mi viene il dubbio. Dato che so che non sei innamorata di lui, per quale motivo i tuoi ti stanno spingendo a fidanzarti così presto? Ti ha messa incinta?» Chiese il ragazzo, senza preavviso.

Per poco non sputai il sorso di tè che avevo appena bevuto. Mi sembrò che il mondo fosse appena crollato e il mio stomaco sprofondò ulteriormente. Louis mi aveva appena fatto una domanda molto specifica e, se avessi deciso di mentirgli, mi avrebbe scoperta in mezzo secondo. Ero in trappola. Non avevo una via d’uscita.
 

Buongiorno! Ecco il secondo capitolo di No Control! Vediamo come ha reagito Freya dopo quello che è successo (o non è successo) alla clinica e cominciamo a scoprire il personaggio di Harry. Anche se, nonostante compaia in più di metà del capitolo, rimane sempre un mistero. Ma presto vedremo di più e cominceremo a conoscerlo meglio.
Infine Louis forse ha capito quello che sta succedendo e Freya non può mentire. Cosa risponderà?
La risposta martedì prossimo, con il nuovo capitolo!
Come sempre grazie per aver letto e spero che vi sia piaciuto!
Un bacione, alla prossima <3

 

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Capitolo 4
*** 03 - Secrets and Lies ***



Capitolo 3 - Secrets and Lies
 
Guardai Louis in silenzio per qualche istante, cercando di trovare una soluzione. Sapevo che prima o poi avrebbe scoperto quello che stava succedendo, era solo una questione di tempo. In quel momento avevo solo un’opzione e odiavo doverla utilizzare.

«Sei un idiota.» Dissi, alzandomi di scatto dal divano e dirigendomi verso l’uscita. Non potevo mentire a Louis apertamente, tanto valeva che fingessi di arrabbiarmi e scappassi. Almeno in quel modo avrei evitato di dovergli rispondere.

«Freya, aspetta!» Esclamò lui, raggiungendomi e bloccandomi, prendendomi un polso.

«Vai all’inferno, Tomlinson.» Dissi, liberandomi della sua presa e tornando in strada, passando per il negozio di Sameer.

Inspirai ed espirai profondamente un paio di volte, prima di prendere il cellulare dalla mia borsa e chiamare Alec per farmi riportare a casa. In che guaio mi ero cacciata? Ma soprattutto, a quell’ora ci sarebbe stata tutta la mia famiglia, avrei avuto il coraggio di dire loro quello che stava succedendo?

Il mio istinto mi diceva di fingere di essere andata fino in fondo alla clinica, ma come avrei potuto fare? Avrei avuto ancora solo qualche mese e poi la mia gravidanza avrebbe cominciato ad essere piuttosto evidente.

«Ehi, Freya?» Mi chiamò mia sorella Harper quando rientrai. Fantastico, era passato solo un secondo da quando avevo rimesso piede in casa ed ero già stata fermata dalla persona più fastidiosa del mondo.

«Cosa vuoi?» Abbaiai senza nemmeno guardarla.

Cosa voleva, farmi sapere che lei non si sarebbe mai fatta mettere incinta, perché era troppo brava e intelligente? Che non si sarebbe mai nemmeno messa nella situazione in cui ero io? Non sapevo chi fosse il padre e non sapevo nemmeno come fosse successo, a dire la verità. Ero piuttosto convinta di aver sempre usato precauzioni, ma evidentemente mi sbagliavo. Harper non l’avrebbe mai fatto. No. Lei aveva un fidanzato da quando aveva quindici anni ed erano la coppia perfetta. Lui veniva da una famiglia nobile ed eccelleva in tutto ciò che faceva. Non erano ancora fidanzati ufficialmente, ma sapevo che si trattava solo di una questione di tempo. Lui moriva dalla voglia di metterle un anello al dito e lei non vedeva l’ora di dire di sì. Ugh, mi tornava la nausea solo a pensare al livello di perfezione di mia sorella e della sua fantastica vita senza errori.

Harper alzò un sopracciglio e si fermò in mezzo al salone, costringendomi a smettere di camminare a mia volta e a guardarla. Non mi stava particolarmente simpatica, ma era mia sorella e, nonostante tutto, mi dispiaceva essere così maleducata con lei. Probabilmente era il quell’espressione ferita che assumeva quando mi comportavo in quel modo che mi faceva venire i sensi di colpa.

«Volevo solo sapere come stai. E dirti che, se hai bisogno di qualsiasi cosa, io ci sono.» Disse, abbassando il tono della voce e cominciando a fissare il pavimento.

Grandioso, Harper la Santa voleva fare una buona azione, come suo solito, e l’avevo pure trattata male, passando per un mostro per l’ennesima volta. Se la nostra vita fosse stata un film ero piuttosto sicura che il titolo sarebbe stato ‘La Santa e la Bestia’.

Mi avvicinai a lei, cercando di pensare a un modo per chiederle scusa e ringraziarla per l’aiuto che mi aveva appena offerto. Invece tutto ciò che uscì dalla mia bocca fu: «Sai che fine ha fatto Ingrid?»

Sul viso di mia sorella passò un velo di preoccupazione, che sparì in una frazione di secondo. Poi riprese il suo solito sorriso e, fissando un punto dietro le mie spalle, scosse la testa.

«Mi dispiace, Freya. So che si è licenziata. Deve essere stato un colpo per te.» Disse. Non disse più nulla, ricominciò a camminare. Mi voltai nella direzione in cui era sparita e notai mia madre sulla soglia della porta.

Improvvisamente il suo cambiamento mi fu più chiaro. Forse avrebbe voluto dirmi qualcosa, ma l’entrata della donna le aveva fatto cambiare idea.

«Madre.» La salutai freddamente, prima di scansarla e seguire Harper nella sua stanza. «Cosa volevi dirmi?» Chiesi poi alla ragazza, dopo aver chiuso la porta.

«Ti ha seguita in corridoio?» Domandò Harper, guardandosi intorno. Sembrava terrorizzata dall’idea che nostra madre potesse scoprire che sua figlia, in realtà, non era perfetta come sembrava e non le obbediva sempre.

«No.» Dissi. «Cosa sai?» Chiesi, impaziente.

«Ho sentito una discussione, sabato sera, quando eri alla festa di Regina.» Bisbigliò mia sorella, avvicinandosi e parlandomi nell’orecchio. «Mamma e papà parlavano ed entrambi avevano alzato la voce. L’altra persona mi sembrava proprio Ingrid e stava cercando di difenderti e di dire che i nostri genitori non avrebbero dovuto occuparsi di nulla, che avrebbe pensato a tutto lei.»

«E poi?»

«Non lo so esattamente. So che papà ha risposto qualcosa e Ingrid ha alzato la voce. Io non sentivo tutto, perché erano in salotto e stavano ascoltando musica classica. So solo che la discussione è andata avanti per cinque minuti, poi ho sentito sbattere la porta e silenzio assoluto.»

«Io non credo che si sia licenziata.» Riflettei ad alta voce. «Ingrid…» Cominciai a dire, poi mi bloccai.

«Ingrid per te è stata come una madre, ti ha cresciuta. Anch’io non penso che se ne sia andata di sua spontanea volontà.» Concordò Harper, lasciandomi a bocca aperta.

«Anche perché ho provato a chiamarla e il suo numero risulta inesistente.» Continuai.

Mia sorella scosse la testa. «No, sono convinta che mamma e papà l’abbiano cacciata perché sapeva troppo. Probabilmente l’hanno pagata per bene per tenere la bocca chiusa e le hanno detto di non avvicinarsi mai più a te.»

Alzai un sopracciglio, stupita.
«Chi sei e cosa ne hai fatto di Harper Chamberlain?» Domandai.

La ragazza scoppiò a ridere e alzò le spalle.

«So che non ti sono mai piaciuta, ma non sono la persona che credi che sia. Non sono totalmente succube dei nostri genitori. Anche se non dico mai niente, perché non voglio litigare, so quello che sta succedendo. Io vedo tutto.» Rispose.

«Sono fiera di te, sorellina.» Dissi, dandole una pacca sulla spalla. «Mi hai veramente lasciata senza parole.»

«Comunque l’offerta è sempre valida.» Replicò lei, sorridendo. «Se hai bisogno di qualsiasi cosa, io ci sono. Penso che…» Cominciò a dire. «Ovviamente non posso parlare con cognizione di causa, ma penso che quello che sei andata a fare stamattina non sia stato facile.» Concluse, tornando seria.

La guardai a lungo, in silenzio, con un nodo in gola che sembrava non volersene andare, nonostante continuassi a deglutire. Non dissi nulla, scossi la testa e basta.

Nelle ultime ore avevo fatto parecchie cose che non capivo, a partire da quella mattina alla clinica, al sesso con Harry e la litigata con Louis. Quella era solo una delle tante volte in cui la mia bocca cominciava a parlare prima che il mio cervello registrasse quello che stava succedendo.

«Non l’ho fatto.» Confessai, crollando e sedendomi ai piedi del letto di Harper, che prese posto di fianco a me e mi mise una mano sulla gamba.

«Cosa pensi di fare, adesso?» Mi domandò la ragazza, spingendomi ad aprirmi completamente con lei. Non mi stava giudicando. Per quanto fossimo due persone completamente diverse e non l’avessi mai considerata più di tanto, Harper era quella buona della famiglia. Era la persona su cui si poteva sempre contare, quella che avrebbe fatto di tutto per le persone a cui voleva bene. Ed io non ero mai stata sicura di essere una di quelle persone.

Scossi la testa, demoralizzata.

«Non lo so. Immagino che quei due non accetteranno le mie decisioni.» Dissi, pensando anche all’imminente festa di fidanzamento con Matthew. «Forse la cosa migliore da fare è comprare una casa e trasferirmi prima che mi diseredino.» Riflettei ad alta voce.

«Non penso che arriverebbero a tanto.» Commentò Harper. «Probabilmente cercheranno di farti cambiare idea, ma vedrai che troveremo una soluzione meno drastica.» Aggiunse.

«Sicura? Perché stiamo parlando delle stesse persone che hanno licenziato l’unica figura materna che abbia mai avuto in tutta la mia vita solo perché sapeva il mio segreto.» Dissi, alzando un sopracciglio. «Non oso nemmeno pensare come la prenderanno quando glielo dirò. E purtroppo devo farlo, perché prima o poi si accorgeranno del cambiamento del mio corpo.»

«Glielo diremo insieme.» Replicò mia sorella, prendendomi la mano. La guardai per qualche istante, stupita, poi la abbracciai, cosa che non facevo da tempo immemore.

 
***

Decisi di parlare ai miei genitori durante la colazione del mattino seguente, con l’aiuto di Harper, che iniziò il discorso. Non ero mai stata timida e non avevo mai avuto particolarmente paura di nulla, ma affrontare quella conversazione mi terrorizzava. Soprattutto dopo aver avuto la conferma che i miei avevano licenziato Ingrid.

«Ho deciso di non terminare la gravidanza.» Dissi con voce tremante.

Mia madre mi fissò a lungo, senza dire una parola. Nella mia mente cominciarono a formarsi mille ipotesi diverse su quello che stesse per dire.

«Lo so.» Replicò lei.

«Lo sai?» Domandai, confusa.

«Credevi che non ti avrei controllata? Ho telefonato alla clinica ieri e mi hanno detto che sei scappata.» Rispose lei, trafiggendomi con lo sguardo. «Ed è per questo che ho già chiamato i genitori di Matthew e ho condiviso con loro la bella notizia.»

Sperai di aver capito male. Mia madre non aveva detto alla famiglia di Matthew che aspettavo un figlio da lui, vero? Perché io non volevo assolutamente finire in quella situazione. Ma, in qualche modo, avevo il presentimento di esserci finita in pieno.

«Che cosa?» Domandai, sgranando gli occhi.

«Erano abbastanza scioccati dalla notizia, ma alla fine mi hanno detto di essere deliziati dall’idea di diventare nonni e di avere un nipotino. Stiamo già parlando della data del matrimonio. Margaret sta già persino pensando ai possibili nomi.»

«Ma io non so se Matthew è davvero il padre.» Mormorai, in panico. Matrimonio? Festa di fidanzamento ufficiale? Nipotino? Dovevo uscire da quella stanza, prima di avere un attacco di panico. Mi sembrava che le pareti si stessero avvicinando sempre di più a me e che stessero per schiacciarmi.

«Non importa. Nessuno, a parte noi, saprà la verità. Per tutti gli altri il bambino sarà figlio di Matthew Collinsworth.»

Non dissi più una parola, mi alzai dalla sedia su cui ero seduta e mi diressi in camera, dove recuperai il telefono, a cui avevo tolto la suoneria la sera prima e avevo abbandonato sotto il cuscino, e vidi che avevo centinaia di messaggi e chiamate perse di Matthew, che voleva sapere perché diavolo non gli avessi detto nulla e aveva dovuto scoprire la notizia dai suoi genitori, e Louis, che voleva chiedermi scusa per il giorno precedente e voleva parlarmi.

Avevo un bisogno disperato di fuggire da quello che stava succedendo. Avrei voluto andare al Circolo e fumare per tutto il giorno con Louis, come avevamo fatto fino a pochi giorni prima. Poi avrei voluto vestirmi con l’abito più corto che possedevo, mettere le scarpe con il tacco più alto e andare in un locale a ballare per tutta la notte, a perdermi nella musica e smettere di pensare a qualunque cosa. In altre circostanze avrei trovato molto utile andare a casa con uno sconosciuto, ma avevo bisogno di essere almeno un po’ ubriaca per lasciarmi andare in quel modo e perdere del tutto il controllo con qualcuno che non conoscevo minimamente.

«Freya, stai bene?» Sentii la voce di Harper, che proveniva dall’altra parte della porta della mia camera.

«No.» Dissi, scuotendo la testa. Mia sorella entrò e si sedette sul letto di fianco a me. «La reazione che hanno avuto è ancora peggio di quello che mi aspettassi. Pensavo che mi avrebbero diseredata e che avrei dovuto vivere da sola e che la cosa peggiore sarebbe stata dover trovare un lavoro per mantenermi, ma… questo è davvero peggio. Ora non sono più obbligata solo ad essere fidanzata ufficialmente con una persona di cui non me ne può fregare di meno. Devo anche sposarlo! E Matthew è peggio dei peli superflui, Harp. Più non li vuoi e più tornano. E lui è uguale.»

«Freya, quello che stai dicendo non ha alcun senso. Calmati e parliamone.» Cercò di farmi ragionare mia sorella, che cercò di soffocare una risatina davanti all’analogia tra Matthew ed un pelo superfluo.

«No, devo andarmene.» Dissi, alzandomi. Recuperai il telefono, la borsa e raggiunsi Alec per farmi accompagnare dove dovevo andare. Avevo appena avuto l’idea del secolo. Sapevo esattamente cos’avrei dovuto fare per non pensare.

 
***

Mi presentai a casa di Niall e suonai il campanello, con il cuore in gola e le farfalle nello stomaco. Non sapevo nemmeno io esattamente perché lo stessi facendo, ma in quel momento mi sembrava l’idea migliore del mondo.

Mi aprì la porta Harry, esattamente come avevo sperato.

«Ehi.» Mi salutò. «Niall non c’è, è a lezione.» Continuò il ragazzo, fissandomi.

«Lo so.» Risposi, entrando e chiudendo la porta alle mie spalle. «Sono qui proprio per questo.» Aggiunsi. Poi spinsi Harry contro il muro e cominciai a baciarlo, cercando di sfogare tutta la mia frustrazione su di lui. Non avevo molte opzioni per smettere di pensare. Andare a letto con lui era una delle uniche, se non proprio la sola.

«Freya, aspetta.» Mi fermò il ragazzo, allontanandomi. «No.» Aggiunse, alzando la mano e bloccandomi quando cercai di ignorare le sue parole e di ricominciare a baciarlo.

«No?» Domandai, sconvolta. Nessun ragazzo mi aveva mai rifiutata.

«No.» Ripeté lui, scansandomi e facendo qualche passo verso la porta. Quando la raggiunse la aprì e mi indicò la via d'uscita. «Non sono il tuo nuovo giocattolo. Non funziona così tra di noi. Non puoi presentarti qui quando vuoi qualcuno con cui andare a letto, perché non sono interessato a te.» Aggiunse.

«Sei uno stronzo.» Lo accusai prima di uscire e tornare a casa. Mi rifugiai nella mia stanza e affondai il viso nel cuscino del mio letto, emettendo un grido soffocato di frustrazione. Quell’idiota andava a letto con Elizabeth, ma si permetteva di rifiutare me? Che cos’aveva quella stronza in più di me? Beh, affari suoi. Era sicuramente lui che aveva perso un'occasione. Ma allora perché continuavo a sentirmi così umiliata?
 

Eccoci! Oggi scopriamo qualcosa in più su Harper, la sorella di Freya, e otteniamo nuove informazioni su quello che è successo a Ingrid. In più Freya litiga con Louis per scappare dalla situazione in cui era finita e scopre dai genitori di essere stata incastrata ulteriormente. Per finire cerca di andare a letto con Harry per sfogare la frustrazione e per avere una via d'uscita da tutto quello che è successo, ma lui la rifiuta. Perché, secondo voi? C'è qualcosa in più con Elizabeth? Nel prossimo capitolo scopriremo qualcosa in più.
Grazie per aver letto fin qui e per i commenti! Sono davvero contenta che questa storia vi stia piacendo.
Un bacione grande e a martedì prossimo <3

 

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Capitolo 5
*** 04 - Seven Weeks In ***



Capitolo 4 - Seven Weeks In
 
Avevo sempre pensato che le donne incinta esagerassero quando parlavano dei sintomi della gravidanza. Pensavo che lo facessero per cercare di attirare ancora di più l’attenzione degli altri e ottenere qualche complimento o parola dolce, ma mi sbagliavo. Avevo raggiunto la settima settimana e mi sentivo uno straccio. Avevo costantemente fame, ma non sapevo mai cosa mangiare, perché nulla sembrava appetitoso (e facevo fatica a tenermi il cibo, grazie alla fantastica nausea mattutina). Ero sempre stanca - non avevo mai avuto bisogno di dormire durante il pomeriggio in tutta la mia vita, nemmeno quando tornavo a casa alle otto del mattino dopo aver ballato per tutta la notte - e continuavo a fare pipì. Per non parlare della mia povera pelle. Stavo cominciando a diventare brufolosa e non sapevo più cosa fare per tenere la situazione sotto controllo. E il mio seno? Avevo un’unica parola per quello: doloroso.

«Ehi, vuoi qualcosa da mangiare?» Mi domandò Harper, entrando in cucina. Ero ferma davanti alla dispensa da circa mezz’ora, affamata come non mai, ma indecisa su cosa provare. Tutto ciò che c’era nell’armadietto mi faceva venire la nausea solo a vederlo.

«Sì.» Dissi, sospirando. Mi rassegnai a recuperare la confezione di cracker che avevo comprato due giorni prima al supermercato di Sameer (in cui ero andata solo dopo avergli telefonato per assicurarmi che nessuno del mio gruppo di amici fosse al Circolo) e mi sedetti al tavolo.

«Guarda!» Esclamò poi mia sorella, mostrandomi lo schermo del telefono. Osservai la foto di alcuni mirtilli, perplessa.

«No, non mi vanno.» Risposi, facendo una smorfia. Persino quelli mi sembravano disgustosi.

«No, Freya. Hai raggiunto le sette settimane, quindi il tuo bambino è delle dimensioni di un mirtillo adesso.» Replicò la ragazza. «Ho scaricato un’app che ti dice le dimensioni del feto ogni settimana. È meravigliosa, dovresti averla anche tu.»

«Harper!» Esclamai, appoggiando il cracker mezzo mangiato sul tavolo e fissandola con gli occhi sgranati. «Ho deciso di non terminare la gravidanza, ma ciò non significa che voglio tenere il Coso. Sto ancora riflettendo sulle mie opzioni e non voglio sapere di che dimensioni è il Coso che c’è dentro di me.» Dissi.

«Okay, scusa.» Mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo. «Mamma mia, gli ormoni ti rendono ancora più acida.» Aggiunse poi a bassa voce.

«Stai zitta, ho il diritto di essere acida. Sono incinta, ho litigato con il mio migliore amico, cioè  Potenziale Papà Numero Uno, sto evitando come la peste il mio pseudo ragazzo, cioè Potenziale Papà numero Due, la persona con cui sono andata a letto una volta la settimana scorsa mi ha rifiutata perché non è interessato a me, ma ad un’altra stronza e la mia famiglia ha licenziato una delle uniche persone a cui io abbia mai voluto bene e mi vuole obbligare a sposare un ragazzo che non amo e fingere che il bambino sia suo. E mi fa male tutto.» Dissi, sputacchiando briciole ovunque.

Harper scoppiò a ridere, il che mi aiutò a rilassarmi. Se fosse stato chiunque altro, mi sarei arrabbiata ancora di più, ma mia sorella mi era stata davvero vicina durante gli ultimi giorni e non potevo permettermi di litigare con lei. Era l’unica persona che avevo in quel momento.

«Okay.» Ragionò la ragazza, rubandomi un cracker. «Dio mio, Freya, questi cosi non sanno di niente!»

«Allora lasciali a me, sono l’unico cibo che riesco a mangiare.» Replicai, togliendoglielo dalle mani e mangiandolo.

«D’accordo. Comunque ero venuta di qui per farti un discorso serio, a parte quello dei mirtilli. Anche se darai il bambino in adozione…» Cominciò lei.

Cercai di trattenermi dall’urlarle in faccia di farsi gli affari suoi. Dovevo resistere. Stava solo cercando di aiutarmi.

«Il Coso.» Specificai.

«Beh, credo che tu debba cominciare a prenderti cura di te sul serio. So che non stai prendendo le vitamine che ti ha consigliato il dottor James e, a parte questi cracker, stai mangiando abbastanza male. Dovresti cominciare a fare una dieta più sana, assumere delle proteine - prova lo yogurt greco, io ne vado pazza - e fare un po’ di esercizio. Vuoi che il bambino nasca sano, no?» Continuò lei.

«L’unica cosa che voglio fare adesso, Harp, è avere un telecomando del tempo, premere ‘avanti veloce’ fino alla data di nascita del Coso e tornare a vivere la mia vita normale. Da ragazza single, possibilmente. Non da signora Collinsworth.» Risposi, provando un brivido lungo la schiena quando dissi le ultime parole. Poi un dubbio attraversò la mia mente. «Harper, ma se vogliono obbligarmi a sposarmi e a far finta che il Coso sia di Matthew, non mi permetteranno mai di darlo in adozione, vero?» Domandai.

«Ho l’impressione di no.» Replicò mia sorella cautamente. Cercò di dire altro, ma fu interrotta dall’ingresso in cucina di Jolanda che, come al solito, evitò di guardarmi negli occhi.

«Louis Tomlinson è qui per lei, signorina Freya.» Disse.

«Digli che sono morta.» Risposi.

«Non sapevo che i morti mangiassero i cracker del negozio di Sameer. Sul serio, Freya?» Sentii la sua irritante voce nasale alle spalle della mia cameriera. Il ragazzo la scansò ed entrò in cucina, sedendosi prepotentemente al tavolo di fianco ad Harper.

«Sparisci.» Dissi, senza nemmeno guardarlo.

«Ehi, Danno, ho davvero bisogno di parlare con te. So di aver esagerato la settimana scorsa, ma so anche di avere ragione. Te l’ho detto nel modo sbagliato, ma mi conosci, sono fatto così. Però dobbiamo sul serio parlare, perché… sai perché.» Disse Louis.

«Okay.» Risposi controvoglia, alzandomi (senza dimenticare i cracker) e facendomi seguire nella mia stanza.

«Ho sentito ogni tipo di cosa durante questa settimana.» Cominciò Louis, che rimase stranamente in piedi. Di solito si toglieva subito le scarpe e si sdraiava sul mio letto senza che nessuno l’avesse invitato a farlo. «La festa di fidanzamento con Matthew è sabato, ma io devo sapere.»

«Fantastico. Grazie per avermi ricordato l’inizio della fine della mia vita.» Borbottai, alzando gli occhi al cielo.

«Freya.» Mi richiamò Louis. «Sei incinta?»

Non avevo più nessuna via d’uscita a quel punto. Gli avevo già mentito una volta, non potevo farlo di nuovo. Louis sapeva che c’era qualcosa che non andava ed era un grande osservatore. Aveva capito anche quale fosse il motivo del mio cambiamento e, ovviamente, aveva fatto due più due. Doveva aver realizzato che, se fossi stata davvero incinta, allora c’era una remota possibilità che lui fosse il padre.

«Ti prego, esci. Vai via e non chiamarmi più.» Dissi, girandomi verso il muro ed evitando di guardarlo negli occhi. Non gli avevo risposto, ma mi conosceva ed ero sicura che per lui quella frase fosse una conferma.

«Ti voglio bene, ma sappi che la mia pazienza è limitata. Sono un essere umano e non posso fare questo gioco per sempre. Se scopri che sono il padre, chiamami.» Disse freddamente prima di uscire dalla mia stanza.

 
***

Il giorno seguente cercai di combattere la stanchezza e decisi di accettare l’invito di Niall di raggiungerlo al Circolo. Il suo messaggio diceva semplicemente che aveva bisogno di un consiglio, che era disperato e di fare presto.

«Cos’è tutta questa urgenza?» Domandai, sperando che Louis non fosse in giro. Niall era seduto su uno dei divani e stava dando le spalle alla porta.

«Ehm, ho fatto un casino.» Rispose lui, girandosi a guardarmi e poi facendo un cenno per dirmi di sedermi di fronte a lui. «Volevo cercare di essere misterioso e tenerti sulle spine, ma ho seriamente bisogno di aiuto e non posso aspettare. Ti prego, non giudicarmi. Okay, te lo dirò e basta. Puoi farcela, Niall. Sonoandatoalettoconregina.» Disse, raggiungendo una velocità supersonica verso la fine del suo discorso confusionario.

«Che cosa?» Domandai.

«Ecco, lo sapevo. Non dovevo farlo. E non dovevo dirtelo.» Replicò il ragazzo, alzandosi.

«No, Niall. Non ho capito. Non ti sto giudicando.» Dissi, sorridendo.

«Ah.» Commentò lui, sollevato. «Sono andato a letto con Regina.» Ripeté, questa volta più lentamente.

«E quindi?» Domandai, confusa. Niall mi guardò come se gli avessi appena detto che la sua squadra preferita di calcio non avrebbe più giocato.

«Come ‘e quindi’? Freya, Regina è mia amica. È nostra amica. Ho incasinato tutto!» Ululò lui. Mio cugino era solitamente una persona molto calma e amichevole, ma in quel momento sembrava sull’orlo di una crisi isterica. «Cambieranno tutte le dinamiche del gruppo e poi lei mi piace! Maledizione!»

Mio malgrado, scoppiai a ridere. Non riuscii a resistere. Vedere Niall in quelle condizioni - stava quasi per piangere ed era completamente rosso - era fantastico.

«Niall, credi che nessuno del gruppo sia mai andato a letto con gli altri? So che tu sei concentrato su altro e non sei come noi, ma se ti guardi intorno scoprirai davvero tante cose.» Risposi. «E se ti piace Regina e a lei piaci tu qual è il problema? Comincia a uscirci.»

«E se non dovesse funzionare?»

«Vi lasciate?» Suggerii, scrollando le spalle.

«No, non lo so. Io non sono fatto per queste cose. Harry mi ha detto la stessa cosa che mi hai detto tu, ma lui è un ragazzo, non capisce. E poi non sa cosa vuol dire incasinare le dinamiche del gruppo come sto per fare io.» Continuò Niall, cominciando a camminare avanti e indietro.

Come no? Lui non sa cosa vuol dire voler uscire con una ragazza, perché è andato a letto con due. Ed è uno stronzo, aggiungerei, perché continua a frequentare la prima e non vuole nemmeno vedere la seconda. Pensai.

«Ti stupiresti.» Mi lasciai sfuggire. Niall si fermò per qualche istante, mi guardò con uno sguardo perso e perplesso, poi ricominciò a camminare.

«Ho bisogno di alcool. Vuoi? Prendo due birre dal frigo.»  Disse.

«No, prendine una sola. Io sono a posto così.» Risposi, cercando di fingere nonchalance. Ma, ovviamente, mio cugino si accorse subito della mia risposta. Trattenni il respiro e mi irrigidii, pensando di aver fatto un passo falso.

«Hai ragione, sono solo le due di pomeriggio. Non dovrei bere nemmeno io. Oggi ho gli allenamenti.» Rispose, tornando a sedersi. Tirai un sospiro di sollievo e gli misi un braccio intorno alle spalle.

«Fatti spiegare una cosa, Niall. Siamo esseri umani. Abbiamo dei bisogni. Nel nostro gruppo ci sono ragazzi e ragazze e a volte cediamo alle tentazioni per soddisfare quei bisogni. È normale, è naturale. Lo facciamo tutti. Solo che noi, di solito, poi torniamo ad essere amici come prima. Se invece a te Regina piace… chiedile di uscire.»

«E se io non piaccio a lei?» Mi domandò il ragazzo, con il terrore negli occhi.

«Ehi, è venuta a letto con te o no?» Cercai di rassicurarlo. Ma quel discorso non reggeva. Harry era venuto a letto con me, ma poi mi aveva rifiutata e mi aveva detto di non essere interessato. Ed io non gli avevo chiesto di uscire. Non gli avevo chiesto di sposarlo o niente del genere. Volevo solo sesso da lui.

«Non lo scoprirai mai, se non ci proverai. Ehi, perché non parli con Harper di queste cose? Lei è molto più brava di me. Anzi, dovremmo condividere il Circolo con lei. Sì.» Dissi distrattamente. Dovevo andare in bagno. Da qualche giorno non riuscivo più a smettere di fare pipì ed era una cosa che odiavo. Dovevo persino svegliarmi di notte per andare e, in circostanze normali, era una cosa che non mi era mai successa.

Quando tornai dal bagno sentii altre voci nella parte principale del Circolo e mi bloccai. Niall stava parlando con Harry, Louis, Liam, Elizabeth e Regina e stavano ridendo tutti. Fortunatamente non c’era traccia di Matthew, perché non sarei stata in grado di affrontarlo. La nostra festa di fidanzamento ufficiale era a pochi giorni di distanza e noi non ci vedevamo da tanto. Non ci sentivamo nemmeno, a dire la verità, perché io non gli rispondevo al telefono e ignoravo tutti i suoi messaggi, nella speranza che capisse che non avevo intenzione di vederlo.

«Freya! Eccola qui! Da quanto tempo non siamo al Circolo tutti insieme? Vieni a farti un tiro con noi.» Mi invitò Louis, guardandomi negli occhi e sfidandomi.

Maledetto stronzo, pensai.

Mi sedetti su una poltrona e mi costrinsi a sorridere, nonostante fosse l’ultima cosa che volevo fare.

«Ho preso delle nachos e delle salse da Sameer, ne vuoi un po’?» Mi chiese invece Elizabeth, che era seduta di fianco a Harry.

Il solo pensiero di quei due insieme mi faceva venire il voltastomaco. Più della vista delle patatine sommerse da formaggio e peperoni e delle ciotole di guacamole, panna acida e salsa piccante.

Nessuno sapeva di quei due, nemmeno il migliore amico di Harry. Mi veniva voglia di urlare a tutti il loro segreto, ma non erano affari miei, quindi perché ero così coinvolta in quella storia? Forse, visto che non potevo più vivere una vita ‘mia’ (non potevo più bere, fumare o ballare per ore, perché ero sempre stanca), avevo bisogno di ficcare il naso in quella degli altri. Doveva essere l’unica spiegazione logica.

«Scusatemi un secondo, devo fare una telefonata.» Mentii, alzandomi e spostandomi in un angolo lontano della stanza, dove i miei amici non potevano vedermi. Recuperai il telefono dalla borsa e cominciai a digitare su Google ‘fumare erba gravidanza effetti’.

«Non c’è bisogno di Google per sapere che non devi farlo.» Disse improvvisamente Harry nel mio orecchio, facendomi saltare per lo spavento.

«Dannazione, Styles!» Sibilai, prendendo al volo il cellulare prima che cadesse. «Ti sembra il caso?» Domandai, girandomi per guardarlo negli occhi. «Cosa vuoi da me? Perché mi hai seguita?»

«Ehi, stavo solo andando in bagno e mi hai incuriosito. Tutto qui.» Rispose lui, con sguardo innocente.

Lo guardai con gli occhi sgranati. Harry sapeva quello che stava succedendo. Tra tutte le persone che avrebbero potuto scoprirlo, lui era probabilmente l’ultima che avrei voluto al mio fianco.

«Vattene.» Dissi, chiudendo velocemente la schermata di Google e rimettendo il telefono in borsa.

Lui non si mosse di un millimetro.

«Mia zia è ginecologa ostetrica… se hai bisogno basta che me lo dici e la chiamo, okay? È discreta e molto brava a fare il suo lavoro.» Mi domandò il ragazzo.

Lo guardai, alzando un sopracciglio.

«La settimana scorsa non mi hai detto che non eri interessato a me? E adesso che hai scoperto che sono incinta mi stai offrendo aiuto? Non ho bisogno della tua compassione, grazie.» Dissi. «Comunque, se te lo stai chiedendo, non c’è nessuna possibilità che sia tuo, quindi puoi smettere di cercare di aiutarmi perché vuoi fare la cosa giusta.» Dissi, guardandolo con odio.

Harry scosse la testa, rassegnato.

«Volevo solo aiutarti prima che sia troppo tardi, ma vedo che aver scoperto di essere incinta non ti ha fatta cambiare nemmeno un po’. Sei sempre la solita persona irresponsabile e immatura.» Replicò, allontanandosi per raggiungere il bagno.

«Freya!» Sentii una voce familiare urlare. Mi voltai verso la porta del Circolo e notai che anche Harry si era bloccato in corridoio.

Matthew era ubriaco, quasi non si reggeva in piedi, ed era appena entrato nella stanza urlando il mio nome e attirando l’attenzione di tutti i presenti.

Louis fu il primo ad alzarsi e a cercare di calmarlo.

«Matt, forse è meglio se torni a casa. Sei ubriaco.» Disse il ragazzo.

«No, ho bisogno di parlare con Freya!» Esclamò lui, divincolandosi dalla presa di Louis e facendo un paio di passi verso di me.

Avrei voluto raggiungerlo e chiedergli di parlare in privato, ma le mie gambe non me lo permettevano. Ero pietrificata e non riuscivo a smettere di guardare quello che stava succedendo come se non fossi parte di quella scena.

«Freya!» Urlò ancora Matthew, barcollando e appoggiandosi allo schienale del divano su cui erano seduti Niall e Liam.

«Matthew…» Sussurrai, ma ero troppo lontano perché potesse sentirmi. «Non farlo, ti prego.» Dissi a bassa voce, quasi più a me stessa che a lui.

«La festa di fidanzamento è sabato, Freya. Sabato! Ed io ho dovuto scoprire dai miei genitori che sei incinta! Diventerò padre e non hai avuto il coraggio di dirmelo! Come posso essere fidanzato ufficialmente con una persona del genere?!» Domandò ad alta voce, lasciandosi cadere sulla poltrona vuota di fianco al divano a cui si era appoggiato pochi secondi prima.

Improvvisamente tutti i miei amici cominciarono a fissarmi con gli occhi sgranati per la sorpresa, mentre io mi appoggiai alla parete dietro di me, incapace di fare un passo in qualsiasi direzione.

Avevano scoperto tutti il mio segreto. Il mio peggior incubo era appena diventato realtà.
 

Buongiorno! Nuovo capitolo di No Control e oggi succede di tutto. Louis ormai sa cosa sta succedendo, anche se Freya non vuole ammetterlo. Niall è andato a letto con Regina e si sta torturando perché ha paura di rovinare le dinamiche del gruppo e perché la ragazza gli piace parecchio. Harry scopre che Freya è incinta dopo aver spiato quello che stava scrivendo sul telefono e i due battibeccano. E infine Matthew compare al Circolo, ubriaco fradicio, e dice a tutti che la nostra protagonista è incinta. Quali saranno le reazioni di tutti gli amici? La sosterranno oppure si arrabbieranno perché sono stati tenuti all'oscuro? Nel prossimo capitolo scopriremo tutto!
Grazie per aver letto fin qui e ci leggiamo martedì prossimo!

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Capitolo 6
*** 05 - The Engagement Party ***



Capitolo 5 - The Engagement Party
 
«E noi che pensavamo che avessi cambiato reggiseno. Volevo già chiederti dove avessi preso quello nuovo, perché… wow. Ti sono aumentate.» Disse Regina.

«Io pensavo che fossi semplicemente ingrassata.» Commentò Elizabeth con fin troppa malizia. Harry la fulminò con lo sguardo e lei smise di parlare.

«Okay, io porto via Matthew.» Disse Liam.

«Ti aiuto.» Si offrì Niall, alzandosi e prendendo il ragazzo - che nel frattempo si era addormentato (o era svenuto?) - per un braccio. Con molta fatica, i due riuscirono a trasportarlo fuori dal Circolo.

Io non avevo ancora detto una parola. Anzi, non mi ero ancora mossa dalla posizione in cui mi ero bloccata quando era entrato Matt. Non volevo credere che stesse succedendo sul serio.

«Cosa farai? La storia del fidanzamento ufficiale mi era sembrata un po’ strana, ma ora capisco il motivo.» Mi domandò Regina, raggiungendomi e accompagnandomi al divano. «Sono qui per te, okay? Anzi, siamo qui per te.» Aggiunse, guardando gli altri. Annuirono tutti, tranne Elizabeth.

«Beh, te la sei cercata, comunque. Sai almeno di chi è? Perché dubito che l’unico potenziale padre sia Matthew.» Disse Elizabeth. Sembrava che stesse trattenendo a stento un sorriso. Sembrava che tutta quella situazione la stesse divertendo.

«Io direi basta domande, perché non penso che siano affari nostri.» Intervenne Louis, cercando di zittire tutti.

«Dovrebbero essere affari anche tuoi, no, LouLou?» Domandò ancora Elizabeth, facendomi venire voglia di prenderla a schiaffi.

«Forse dovresti smettere di giudicarmi e guardarti allo specchio.» Ribattei, guardandola negli occhi. Lei perse il sorrisetto per qualche istante, poi la sua espressione tornò come prima.

«Io non mi sono mai cacciata in situazioni del genere, cara Freya. Sei tu quella che è andata a letto con tutti e, quando sei rimasta incinta, hai cercato subito di incastrare il tuo povero ragazzo, che chissà quante volte hai tradito.» Rispose lei.

Voleva giocare sporco? Sapevo molte cose che l’avrebbero messa nei guai con tutti. A partire da quello che mi aveva confessato Harry la settimana prima.

«Forse sei stata fortunata e non sei mai rimasta incinta, ma non sono certo l’unica persona che ha tradito il proprio ragazzo. Giusto, cara Elizabeth?» Ribattei. Poi guardai Harry, che cambiò espressione per una frazione di secondo, tradendosi. Cominciò a fissare Lizzie in silenzio, forse pretendendo una spiegazione.

«Non è la stessa cosa.» Cercò di difendersi lei, che era improvvisamente diventata agitata. «Sean è in Afghanistan, non ci vediamo da mesi. Non l’ho mai proprio tradito.» Balbettò.

«Quindi.» Cominciò a dire Harry, parlando lentamente e puntando lo sguardo in quello della ragazza. «Quindi mi hai mentito, quando hai detto che tra di voi era finita.» Continuò, passandosi una mano tra i capelli. «Sai benissimo cosa penso dei tradimenti. Sapevi che non sarei mai venuto a letto con te se avessi scoperto che stavi ancora con Sean.»

Sentii Regina esclamare «Oh, Mio Dio!» e la vidi alzarsi di scatto dal divano e camminare velocemente verso l’uscita.

«Regina!» Disse Elizabeth, seguendo la migliore amica. «Regina, aspetta!»

«No, Lizzie. Mi hai mentito. Hai mentito a tutti!» Urlò lei, sull’orlo delle lacrime. «Dovrei essere la tua migliore amica, quella che sa tutto di te, invece mi hai tenuta nascosta tutta questa parte della tua vita. Da quanto tempo va avanti? Da quando tradisci mio fratello?» Aggiunse.

«Questo mi sembra un buon momento per filarsela, non trovi?» Suggerì Louis, porgendomi una mano. Poi, con mia grande sorpresa, fece cenno anche a Harry e gli disse di seguirci. «Devo farvi vedere una cosa.» Aggiunse.

Camminammo per qualche metro fino al corridoio che portava in bagno. Poi Louis aprì una porta segreta nel muro e ci fece entrare, richiudendola subito alle sue spalle. Davanti a noi c’erano delle scale che portavano al piano superiore.

«Dove stiamo andando?» Domandai, confusa.

«Vedrai.» Rispose il ragazzo, sorridendo.

Cominciammo a salire e tornammo al livello della strada. Da lì percorremmo ancora una scala e arrivammo al primo piano, dove c’era una porta di legno scuro. Louis estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni e ci fece entrare in quello che, scoprimmo, era un appartamento bellissimo.

«Ho fatto sistemare anche il resto del palazzo, perché voglio venire a vivere qui. Gli arredatori hanno finito la settimana scorsa e te l’avrei fatto vedere prima, ma…» Cominciò lui, interrompendosi.

«Ma mi sono comportata come una stronza e ho litigato con te per non dirti la verità.» Conclusi io, guardandomi intorno. Lui annuì e apprezzai il fatto che non mi disse cose tipo ‘Ma no, non sei stata stronza’. Mi diceva sempre la verità, anche quando non volevo sentirla, e questo lo rendeva un amico prezioso.

«Wow.» Sussurrò Harry, guardando l’appartamento. «Questo stile… è completamente diverso dalle vostre case. Non pensavo che ti piacesse.» Aggiunse, avvicinandosi al bancone della cucina.

«Che dire? Sono sempre stato un fan dello stile industriale. Ho sempre odiato il Vittoriano.» Rispose Louis. «Forza, venite a vedere la camera da letto.»

 
***

Il tour dell’appartamento - diviso su due piani - mi tolse le poche forze rimaste, così Louis, Harry ed io ci sdraiammo sul letto del proprietario di casa e cominciammo a chiacchierare.

«Cos’è successo tra di voi?» Domandai improvvisamente.

Ero in mezzo ai due ed era una sensazione strana. Da una parte avevo Louis, il mio migliore amico, la persona con cui avevo condiviso tante cose, compreso il mio primo bacio. Era naturale stare di fianco a lui, a letto. Mi sentivo al sicuro. Dall’altra c’era Harry, una persona che non riuscivo a capire ma che, per qualche motivo, mi attraeva. E mi rendeva nervosa. Ero sempre agitata quando lui era nei dintorni e, nonostante fossimo stati a letto insieme, non era ‘normale’ stare sdraiata di fianco a  lui. Se con Louis mi veniva voglia di lasciar cadere tutte le mie difese ed essere me stessa, con Harry avevo l’istinto di rafforzare quei muri invisibili che avevo creato per proteggermi e di cercare di mostrargli il meglio di me. Dovevano essere gli ormoni, non avevo altre spiegazioni.

«Niente.» Rispose Louis, tranquillamente. «Perché?»

«Una volta eravate molto uniti. Adesso non vi parlate più.» Replicai, girandomi per guardare l’espressione di Harry. Non tradì nessuna emozione, niente di niente.

«Non è vero che non ci parliamo più, Danno. Forse tu hai smesso di notarlo.» Disse Louis.

«Ma non parlate più come prima.» Insistetti.

«Beh, è vero.» Rispose Harry, parlando per la prima volta da quando ci eravamo sdraiati tutti e tre sul copriletto color tortora. «Però non è successo niente, nel senso che non abbiamo litigato o niente del genere. Immagino che siamo solo cresciuti e siamo diventati due persone diverse.» Ragionò il ragazzo, parlando con la sua solita lentezza.

«Matthew non aveva il diritto di dirlo a tutti.» Disse Louis, cambiando discorso.

Mi strinsi nelle spalle e mi voltai il viso verso di lui.

«In un certo senso sono sollevata. Almeno non ho dovuto dirlo io a tutti.» Dissi. Mi voltai di nuovo verso Harry, osservando il profilo del suo naso, poi le sue labbra leggermente socchiuse. Distolsi lo sguardo e mi concentrai invece sul quadro alla parete, che raffigurava il progetto di uno dei primi aerei. «Mi dispiace per quello che ho detto… per quello che è successo con Elizabeth. Ho sbagliato.» Mormorai.

Il ragazzo mi osservò per qualche istante, poi scosse la testa.

«Siamo d’accordo sul fatto che hai sbagliato, ma almeno ho scoperto che mi stava mentendo. Ero convinto che avesse lasciato Sean, ed è per questo che… qualche volta andavamo a letto insieme.» Disse. «Quindi, ehm, di quanto sei?» Domandò poi, arrossendo.

«Sette settimane.» Risposi. E lo sapevo solo da sette lunghissimi giorni.

Vidi Louis alzare la testa e osservarci entrambi, poi sentii la sua mano sul polso e una sensazione di tranquillità mi invase. Lui era lì. Sapeva benissimo che avrebbe potuto essere il padre, come avrebbe potuto non esserlo, ma non gli importava.

«Hai già deciso cosa fare?» Mi chiese ancora Harry. «Se ti serve il numero di mia zia…»

«Grazie, ma per il momento ho già un dottore e sembra bravo. Per il resto… no, non so cosa farò. So solo che porterò la gravidanza fino alla fine, ma…» Dissi, poi mi interruppi. C’erano mille ostacoli e non avevo le idee chiare su cosa fare in generale.

«Ehi, puoi sempre approfittare di questo periodo per scoprire la tua passione.» Mi rispose il ragazzo, alludendo alla conversazione che avevamo avuto la settimana prima, prima di finire a letto insieme.

Aveva capito che non ero riuscita a rispondergli perché non sapevo quale fosse la mia passione. E aveva ragione. Non potevo bere o fumare per i successivi sette mesi e una settimana, tanto valeva concentrarsi su quello che mi piaceva fare. Avrei potuto riscoprire me stessa.

«Freya.» Richiamò la mia attenzione Louis. «Questo appartamento è per me, mi trasferisco qui nei prossimi giorni, ma se avrai mai bisogno di una casa, lontano dalla tua famiglia… la porta è aperta, okay?» Domandò improvvisamente.

Mi voltai verso di lui per nascondere le lacrime a Harry e annuii.

«Grazie.» Dissi. Forse avrei avuto bisogno di quel posto, perché io non avevo intenzione di sposare Matthew.

 
***

Decisi di incontrare Matt il giorno successivo al Circolo. Louis mi disse che sarebbe stato nel suo appartamento a sistemare le ultime cose e di chiamarlo se avessi avuto bisogno di qualsiasi cosa. In ogni caso riuscii a far promettere a Matthew di presentarsi sobrio, perché dovevamo parlare. La festa di fidanzamento si avvicinava pericolosamente e dovevo trovare una soluzione.

«Freya.» Mi salutò il ragazzo. Vidi i suoi occhi saettare verso il bar, ma resistette alla tentazione e si sedette sulla poltrona di fronte a quella su cui ero seduta io.

«Matthew.» Replicai cautamente. «Mi dispiace di non avertelo detto, non sapevo cosa fare.» Dissi immediatamente.

«Mi dispiace per come mi sono comportato ieri, non avrei dovuto. Però non hai idea di che effetto abbia avuto su di me questa notizia. Scoprirlo dai miei genitori, poi… Ero furioso, Freya. Ho letteralmente spaccato qualcosa, ho tirato un pugno all’armadio e ho fatto un buco.» Disse lui.

«Mi dispiace.» Ripetei sommessamente.

«Da quanto tempo lo sai?»

«Poco più di una settimana.» Risposi. «E non ero nemmeno sicura di volerlo tenere.» Aggiunsi, rendendomi immediatamente conto dell’errore che avevo appena fatto.

«Avresti ucciso nostro figlio senza dirmelo?» Matthew era davvero arrabbiato, non l’avevo mai visto in quel modo. «È mio, poi?»

Abbassai lo sguardo e, per la prima volta in tutta la mia vita, provai vergogna. Quale persona non sapeva nemmeno chi fosse il padre del bambino che stava aspettando? Provai un brivido quando la parola ‘bambino’ attraversò la mia mente. Il Coso. Dovevo dire il Coso, altrimenti sarebbe stato tutto troppo reale. Non che così non lo fosse ancora abbastanza.

«Non lo so.» Ammisi con un filo di voce.

«Grandioso.» Commentò lui, alzando gli occhi al cielo e stringendo il bracciolo della poltrona finché le sue nocche diventarono bianche.

«Mi dispiace.» Ripetei per la terza volta.

Lui scosse la testa, sorprendendomi.

«Ho sempre saputo che andavi a letto con altre persone. Non siamo mai stati insieme sul serio e lo sapevo. Anch’io sono stato con altre persone, ma mi sono innamorato di te, capisci? Quello che ti ho detto quando eravamo in quella fontana è vero. Ti amo, perché sei una persona incredibile e voglio esserci anche se il figlio non sarà mio. Non lo scoprirà mai nessuno. Sarà un Collinsworth a tutti gli effetti. Quindi, se vuoi venire con me, adesso andiamo in gioielleria e rendiamo ufficiale la cosa con un bell’anello. E lo faccio scegliere a te, perché so quanto siano particolari i tuoi gusti su queste cose.»

Probabilmente avrei dovuto essere felice del fatto che qualcuno si fosse innamorato di me, nonostante non fossi una persona facile da amare, ma non mi ero mai sentita più triste in tutta la mia vita.

«Non dobbiamo sposarci domani. Cerchiamo solo di superare la festa di fidanzamento di sabato e poi la prendiamo giorno per giorno, okay? Forza, andiamo a comprare questo anello.» Insistette Matthew, alzandosi e porgendomi una mano.

Avrei dovuto essere felice anche del fatto che Matt si fosse offerto di essere il padre a tutti gli effetti del bambino, nonostante probabilmente non fosse nemmeno suo, ma tutto ciò che sentivo era un senso di oppressione e tristezza.

Riluttante, presi la mano del ragazzo e lo seguii fuori dal Circolo. Raggiungemmo la sua auto - aveva un autista, ma preferiva guidare per conto suo - e andammo alla boutique di Cartier a New Bond Street.

 
***

Affrontare la festa di quel sabato da sobria si rivelò più difficile del previsto. Mia madre aveva invitato tutti i suoi amici e conoscenti e mi aveva obbligato a indossare un vestito scelto da lei e a comportarmi bene.

Non ero mai stata del tutto sobria a un evento organizzato da mia madre e, soprattutto, non avevo mai avuto il piacere (o il dispiacere) di partecipare alla mia personalissima festa di fidanzamento.

Matthew sembrava nato per ricoprire il ruolo del bravo ragazzo nobile. Sorrideva a tutti, salutava e conversava amabilmente con gli ospiti e non sembrava minimamente turbato dal fatto che mia madre avesse appena annunciato a tutti il nostro fidanzamento ufficiale. Il nostro futuro matrimonio.

Avevo dovuto obbligarmi a sorridere e poi dare un bacio sulle labbra a Matthew, che mi stava stringendo il fianco. Poi avevamo brindato e avevo dovuto fingere di bere. Avevo solo avvicinato il calice alle labbra e poi l’avevo riposto su un tavolo.

Vidi Harry camminare tra la folla con un vassoio carico di bicchieri di champagne e ne desiderai ardentemente uno. I genitori di Niall avevano chiesto ai miei, come favore personale, di assumerlo come cameriere per quella festa, perché sapevano che aveva bisogno di soldi per pagarsi il college e che avrebbe fatto qualsiasi tipo di lavoro per ottenerli. Così l’avevo ritrovato anche alla mia festa di fidanzamento, vestito con la sua solita camicia bianca e pantaloni classici neri, e con un sorriso gentile sul volto.

«Ehi.» Attirai la sua attenzione. Harry mi guardò per qualche istante, prima di raggiungermi. «Ti prego, dammene uno.» Aggiunsi quando fu abbastanza vicino.

Il ragazzo osservò prima me, poi spostò lo sguardo sul vassoio che aveva in mano e scosse la testa.

«No.» Si rifiutò, cambiando espressione e guardandomi freddamente.

«Sai dire solo quello?» Domandai ironicamente. Non erano molte le persone che si permettevano di dirmi quella parola e, solitamente, trovavo sempre il modo per vendicarmi. Ma non ero dell’umore in quel momento. Ero in panico e avevo bisogno di smettere di pensare.

«No.» Ripeté, voltandosi e allontanandosi.

Cercai un angolo nascosto dalla vista di tutti gli invitati e mi appoggiai alla parete.

Ero arrivata alla conclusione che non avrei mai capito del tutto Harry. Non sapevo mai niente, quando si trattava di Harry Styles. Per me era un mistero totale. Non capivo come potesse comportarsi in quel modo. Perché era venuto a letto con me una volta, poi mi aveva rifiutata, dicendomi che non era interessato a me, e poi si era offerto di aiutarmi più volte? Avrei dato qualsiasi cosa per poter leggere la sua mente.

Sembravamo due magneti: se presi dalla parte giusta ci attraevamo, ma dalla parte sbagliata ci respingevamo. Solo pochi giorni prima si era comportato in modo civile con me. Anzi, era anche stato gentile. Cos’era successo da quel momento? Mi aveva guardata con un’espressione che mi aveva fatto provare una stretta allo stomaco.

«Ehi, va tutto bene?» Mi domandò Louis qualche istante dopo, raggiungendomi e mettendomi un braccio intorno alle spalle.

«No.» Replicai, cercando di sorridere a mia volta. «Il mio fidanzamento ufficiale è iniziato da dieci minuti e mi sento già in trappola.» Aggiunsi.

«Vieni con me.» Disse il ragazzo dopo averci pensato un po’. Mi prese per mano e cominciò a camminare, facendomi cenno di seguirlo.

«Dove stiamo andando?» Domandai, quando notai che ci stavamo avvicinando alla mia stanza.

Lui non rispose, invece mi accompagnò all’interno, chiuse la porta alle sue spalle e si fermò per pochi istanti, guardandosi intorno.

«Okay, eccoci.» Disse lui, facendo saettare gli occhi da una parte all’altra della camera. Poi trovò finalmente quello che cercava. Fece qualche passo verso la sedia della mia scrivania, recuperò una coperta di lana, me la mise intorno alle spalle e poi mi accompagnò sul balcone. «Aria fresca. Dovrebbe aiutarti.» Aggiunse, facendomi l’occhiolino.

«Grazie.» Mormorai, riprendendo la sua mano.

Le temperature si stavano finalmente alzando un po’, ma di sera faceva ancora abbastanza freddo. La coperta che Louis mi aveva messo intorno alle spalle nude era piacevole. Decisi di condividerne un pezzo con lui, perché non doveva avere troppo caldo solo con la camicia.

«Grazie.» Mormorò, sedendosi di fianco a me sul pavimento. In altre circostanze avrei fumato o mi sarei portata fuori una bottiglia di vino o di qualsiasi altra bevanda alcolica. Non sarebbe stata di certo la prima volta, avevo passato parecchie serate così nella mia vita.

«È successo tutto così in fretta che non sono nemmeno riuscita a fermarmi un secondo per riflettere.» Dissi. «Non ho seriamente idea di come sarà il mio futuro.» Aggiunsi, scuotendo la testa. Poi abbassai lo sguardo sull’anello che mi aveva messo al dito Matthew solo pochi giorni prima.

Era bellissimo. Non avevo mai visto un gioiello più bello in tutta la mia vita. Ma stava bene in una vetrina o in una cassaforte. Non al mio dito.

«Andrà tutto bene.» Replicò semplicemente il ragazzo.

Appoggiai la testa alla sua spalla e non risposi. Il senso di panico che mi aveva fatto sentire come se stessi per soffocare se n’era andato, ma non ero comunque tranquilla. Non sapevo se sarebbe andato tutto bene. Non avevo la minima idea di cosa sarebbe successo da quel momento in poi.
 

Ecco il quinto capitolo di No Control! Oggi scopriamo le reazioni degli amici di Freya alla notizia che ha dato Matthew e scopriamo qualcosa in più su quello che sta succedendo. Matt decide che non gli interessa se il bambino potrebbe non essere suo, ma è innamorato di Freya e vuole andare fino in fondo con la festa di fidanzamento. E proprio alla festa vediamo che Harry cambia di nuovo comportamento con la protagonista e torna freddo e distaccato, mentre invece Louis le sta vicino senza fare nessun tipo di domanda. Cosa succederà prossimamente? Dopo il fidanzamento ufficiale arriverà il matrimonio? Regina ed Elizabeth faranno pace? Ma soprattutto perché Elizabeth si è comportata in quel modo con Freya? A martedì prossimo con il nuovo capitolo!
Grazie per aver letto fin qui <3

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Capitolo 7
*** 06 - Sink or Swim ***



Capitolo 6 - Swim or Sink
 
«Quindi  è questo il posto in cui sparisci per la maggior parte del tempo.» Commentò Harper quando la portai al Circolo, qualche settimana dopo. Annuii, lasciandomi cadere pesantemente su un divano e invitando mia sorella a fare la stessa cosa.

«Ti piace?» Domandai. «Louis ha fatto sistemare tutto l’edificio e adesso ha un appartamento bellissimo. Si è trasferito un paio di settimane fa ed è felicissimo. Mi ha detto che sta pensando di sistemare un altro paio di cose anche qui al Circolo e vuole il mio parere.» Aggiunsi, guardandomi intorno.

Effettivamente, dopo aver visto il risultato dell’appartamento di Lou, l’arredamento del Circolo sembrava un po’ datato (nonostante fosse relativamente nuovo) e tutto il nostro rifugio sembrava in disperato bisogno di una rinfrescata.

«È un concetto davvero interessante. E ti ringrazio per averlo condiviso con me. So che è esclusivissimo.» Replicò lei.

«Non è così esclusivo.» Borbottai, pensando che anche Harry aveva accesso al Circolo. E lui non era nobile. Anzi. «Sai, in questi giorni ho riflettuto parecchio.» Dissi improvvisamente, sedendomi dritta e guardando Harper negli occhi.

«Su cosa?» Domandò lei.

«Sul Coso.» Replicai. «Io non posso diventare madre, Harp. Non posso. Non so prendermi cura neanche di me stessa. Non ho mai avuto nemmeno un cane o un pesce rosso! Non so cosa voglia dire essere responsabile della vita di una piccola persona. E non ho istinto materno. Come si fa a mettere la vita di qualcun altro davanti alla propria? Giuro che continuo a pensarci e non mi viene naturale. Sono una persona essenzialmente egoista, io non…» Dissi.

«Freya!» Esclamò Harper, attirando la mia attenzione e facendomi smettere di parlare. «Stai tranquilla, andrà tutto bene. Non sei sola. Ci sono anch’io. C’è Matthew, che in queste settimane si è comportato come il miglior fidanzato del mondo.» Continuò mia sorella.

Già. Matthew. La settimana dopo la festa di fidanzamento mia madre mi aveva sostanzialmente buttata fuori di casa, dicendomi che ormai ero diventata adulta, che aspettavo un bambino e stavo per sposarmi e mi aveva mandata a convivere con il ragazzo in un nuovo appartamento pagato dai Collinsworth.

E, per il momento, stava andando tutto bene. Superato il trauma iniziale, avevo cominciato ad accettare quello che stava succedendo. Non era male non vivere più con mia madre e mio padre. Inoltre Matthew si era offerto di aiutarmi a cercare Ingrid e mi aveva persino promesso che, se mai l’avessimo trovata, l’avrebbe assunta nella nostra nuova casa.

«Sì.» Mormorai.

«Novità su Ingrid?» Mi domandò Harper dopo qualche minuto, come se mi avesse letto nel pensiero.

«No.» Dissi, scuotendo la testa. «Comincio a credere che sia vero che si è licenziata. Voglio dire, se l’avessero cacciata avrebbe trovato il modo di contattarmi, non credi? Si sarebbe fatta trovare. Invece è scomparsa nel nulla. Alla fine i nostri genitori la pagavano per occuparsi di me, non lo faceva perché lo voleva.» Riflettei ad alta voce.

«Dici? Non lo so, non mi è mai sembrata il tipo. Pensavo che si fosse affezionata sul serio a te.» Replicò Harper. Poi cominciò a guardarsi intorno, pensierosa.

«Freya! Oh, perfetto, sei qui! Vieni, devo farti vedere una cosa. Oh, ciao… Harper?» Louis entrò dalla porta segreta come una furia e interruppe la nostra conversazione. Aveva il fiatone e sembrava anche parecchio sudato.

Mia sorella gli rivolse un educato cenno di saluto.

«Lou, va tutto bene?» Domandai, preoccupata.

«Sì, sì, vieni a vedere. Anzi, venite.» Rispose lui, dirigendosi di nuovo verso la porta segreta e dicendoci di accelerare il passo.

Salimmo la prima rampa di scale fino al livello della strada, poi, invece di salire nel suo appartamento, uscimmo dalla porta che dava sul cortile interno. Non avevo mai visto Louis più esaltato ed ero curiosa di sapere cosa stesse combinando.

Non eravamo mai usciti in giardino, perché era pieno di erba mai tagliata e, in generale, sembrava abbastanza inquietante. Perciò quando vidi un prato perfettamente curato, con tanto di fiori piantati nelle aiuole, mi sorpresi.

«Hai fatto sistemare anche il giardino?» Domandai.

«Non solo, anche il garage.» Rispose lui senza fermarsi. Attraversammo il cortile e arrivammo davanti al box, che era chiuso.

«Ma tu non hai una macchina.» Ribattei confusa, pensando al suo autista.

«E chi ti ha detto che lo uso per quello?» Replicò lui, facendomi l’occhiolino. Infilò una mano in tasca, recuperò il telecomando e pigiò il bottone per fare aprire il basculante.

Dovevo ammettere che l’attesa mi stava facendo innervosire e non vedevo l’ora di scoprire cosa si nascondesse dietro la massiccia porta di legno scuro.

«Ta-da!» Esclamò Louis, quasi saltellando.

Sgranai gli occhi per la sorpresa, poi lo guardai.

«Una piscina coperta?» Domandai. «Wow, Louis! Wow!» Esclamai, entrando nell’enorme garage e guardandomi intorno. Poi alzai lo sguardo e notai che il soffitto era stato sostituito dal tetto di una serra.

«Hai visto? Non vedevo l’ora di farti vedere la nuova modifica. Però ovviamente non è finita. Mancano i rivestimenti e sto valutando i preventivi di alcune ditte di imbianchini, perché voglio fare qualcosa di particolare alle pareti.» Rispose.

«Tipo dei tromp l’oeil per fare sembrare lo spazio ancora più grande?» Suggerii.

«Mi hai letto nel pensiero, Danno. Adesso li fanno adesivi e voglio farli mettere su tutte le pareti. Però mi devi aiutare, perché ho le idee confuse su cosa mettere. Una stagione su ogni parete? Una paesaggio di mare? Non lo so, devi aiutarmi. Ah, ho cominciato a sentire degli architetti d’interni per il Circolo. Prendo un appuntamento per domani?» Mi domandò.

«Freya, domani hai l’ecografia, ti ricordi?» Mi ricordò Harper, che nel frattempo aveva cominciato a camminare intorno alla piscina e stava osservando i lavori.

«Giusto.» Mormorai. «Domani mattina non posso, ma ci sono durante il pomeriggio.» Aggiunsi.

Louis si fermò per un secondo e mi guardò, pensieroso.

«Vuoi che venga con te?» Mi domandò.

Sorrisi, perché Lou era il mio migliore amico e mai come in quelle settimane avevo capito quanto fosse prezioso o quanto gli volessi bene. Era una delle uniche persone di cui mi fidavo e che sapevo avrebbe fatto di tutto per aiutarmi.

«No, grazie. Mi accompagna Matthew.» Risposi. «Ha insistito…» Aggiunsi poi, abbassando lo sguardo.

Non mi ero ancora abituata del tutto a quella situazione. Matt si stava comportando come se fosse davvero il padre e mi stava dando tutto ciò di cui avevo bisogno. Era persino uscito all’una del mattino, qualche notte prima, perché mi era venuta un’improvvisa voglia di gelato alla vaniglia e non ne avevamo in casa.

«D’accordo. Fammi sapere com’è andata, okay?» Mi domandò di nuovo Louis. Annuii, prima di tornare sul discorso del nuovo arredamento del Circolo. Avevo bisogno di una distrazione.

***

«Signorina Chamberlain, buongiorno!» Esclamò il dottor James il giorno successivo, quando arrivai nel suo studio insieme a Matthew. «Accomodati, prego. Buongiorno!» Aggiunse, salutando Matt.

Il ragazzo gli rivolse solo un lieve cenno del capo e non disse nulla. Sembrava nervoso e non mi aveva rivolto la parola per tutta la strada. Anch’io ero nervosa, dovevo ammetterlo. Nonostante avessi già fatto una prima ecografia e avessi sentito il battito del cuore, non sapevo cosa aspettarmi da quell’appuntamento. Continuavo a pensare che forse avrei dovuto leggere qualcosa sull’argomento prima di presentarmi in quello studio.

«Oh, vedo che il pancione comincia a crescere un pochino!» Esclamò il dottore, con un sorriso deliziato sul volto. «Vogliamo vedere questo bimbo?» Domandò, prendendo il tubo di gel dal tavolino di fianco a lui.

Sentii la sensazione di freddo che avevo provato anche durante la prima visita, poi l’uomo cominciò a passare l’ecografo sulla mia pancia e rimase in silenzio per qualche secondo, finché dallo schermo di fronte a me cominciò a sentirsi il battito di un cuore.

«È cambiato.» Commentai, guardando intensamente le immagini davanti a me.

«Già. Un bel cambiamento dalla nocciolina che hai visto l’altra volta, vero? Adesso ha più la forma di un bambino e, come puoi vedere, comincia a muoversi, anche se non riesci ancora a sentirlo.» Rispose il dottor James, prima di dilungarsi in mille spiegazioni e cose tecniche che non ero nemmeno sicura di capire.

Continuavo a fissare lo schermo, a osservare quel piccolo esserino (il dottore mi aveva detto che era diventato lungo sei centimetri) che si muoveva e a cercare di trattenere le lacrime. Ma queste, al contrario di quelle della prima visita, non erano di disperazione. Ero stupita e, per la prima volta da quando avevo scoperto di essere incinta, mi ero resa conto di quello che stava succedendo.

Guardai Matthew, dall’altra parte della stanza, che era rimasto immobile e in silenzio.

«Come si fa a fare un test di paternità?» Chiese improvvisamente. Sembrava che avesse gli occhi lucidi, ma non riuscivo a capirlo perché era lontano da me.

Lo guardai con gli occhi sgranati, incredula.

«Generalmente si preleva un campione del DNA del bambino tramite amniocentesi o villocentesi. Poi lo si confronta con campioni di DNA dei genitori.» Cominciò a spiegare il dottore, lentamente.

«Amniocentesi?» Domandai, fissandolo. «Come funziona?»

«Il campione del DNA si preleva inserendo un ago attraverso l’addome e…» Iniziò a dire l’uomo.

«No.» Lo interruppi. «Uh-uh. No. Nessun ago in nessun addome.» Dissi. «Non è pericoloso per il bambino?» Domandai, rendendomi conto di aver utilizzato quella parola per la prima volta. Bambino. E non avevo nemmeno sentito i brividi lungo la schiena quando l’avevo detto.

«Sì, ci sono dei rischi e solitamente sconsiglio di farlo se si tratta solo di determinare la paternità. Tendo a consigliare di farla solo se ci sono possibili problemi di salute e quello è l’unico modo per accertarsene.» Rispose l’uomo.

«Allora non se ne parla. Non lo faccio. Se vuoi un test di paternità lo avrai quando sarà nato.» Ribattei a denti stretti.

«Non mi ero reso conto di quanto fosse reale questa cosa prima di trovarmelo davanti. Freya, diventerò padre e non so nemmeno se è mio. Devo saperlo. E lo devo sapere adesso.» Insistette Matthew, cominciando ad irritarsi.

«Ed io ti ho detto che non se ne parla.» Ripetei. «Non ho intenzione di farmi infilare nessun ago da nessuna parte, non se comporta dei rischi. Stai calmo e aspetti che nasca.» Aggiunsi.

Il dottor James si scusò a bassa voce e si spostò dietro la sua scrivania, forse per darci un po’ più di privacy. Ero furente. Certo, Matthew aveva il diritto di sapere se fosse davvero il padre, ma non in quel modo.

«Mancano sei mesi, Freya. Sei fottutissimi mesi. Non ho intenzione di aspettare così a lungo. Non so nemmeno perché ho accettato questa situazione. Ci sposeremo, dannazione. Ci sposeremo e non so nemmeno se sono il padre di questo fottuto bambino!» Esclamò lui ad alta voce.

Sentivo le guance in fiamme e non ero mai stata più arrabbiata in tutta la mia vita.

«Esci da questo studio.» Dissi a bassa voce. «Esci subito.» Aggiunsi.

«Devo portarti a casa.» Ribatté lui.

«Prendo un taxi.» Dissi. «E non ho nessuna intenzione di tornare a ‘casa’. Puoi tornarci da solo.»

«Ah, vuoi comportarti così? Va bene, comportati così! E vai anche un po’ a fare in culo.» Replicò, uscendo e sbattendo la porta alle sue spalle.

Prima che me ne rendessi conto ero scoppiata in lacrime.

«Mi dispiace, Freya.» Disse il dottor James, tornando vicino a me e mettendomi una mano sul braccio. «Forse non dovrei sbilanciarmi, ma credo che tu abbia preso la decisione giusta. Se non ci sono reali possibilità che il bambino abbia una malattia genetica ereditaria o qualche anomalia. Fare un’amniocentesi alla sedicesima settimana è sicuramente meno rischioso che farla alla venticinquesima, ma comunque non è mai completamente senza rischi. Il test di paternità è una cosa che si può benissimo fare anche dopo.» Continuò.

«È Matthew che è uno stronzo.» Dissi tra le lacrime. «Ha accettato la situazione, sapendo benissimo che avrebbe potuto non essere suo, perché non stavamo insieme quando è successo e poi… e poi si è comportato da stronzo!» Singhiozzai. «Mi scusi.» Aggiunsi dopo un po’, cercando di calmarmi.

«Non preoccuparti.» Replicò lui, rivolgendomi un sorriso gentile. «Diciamo che la situazione è scoppiata prima che potessi dirvi che c’è un altro metodo per effettuare un test di paternità e non è invasivo. Si tratta di un semplice prelievo e si analizza il DNA fetale che è presente nel tuo sangue sin dalle prime settimane della gravidanza. È costoso e lo effettuano solo laboratori privati, ma è molto preciso. I risultati di solito si ottengono dopo una settimana, dieci giorni.» Aggiunse.

Lo fissai per qualche secondo, prima di cercare di sdrammatizzare la situazione. Era già abbastanza tragico il fatto che avessi la pancia scoperta e stessi piangendo disperatamente nello studio del dottore.

«Non poteva iniziare il discorso con il metodo non invasivo?» Domandai, sforzandomi di sorridere.

«Lo so, avrei dovuto. Mi dispiace.» Rispose. «Comunque io ti direi di non preoccuparti e di fare quello che vuoi. Non devi sottoporti a tutto questo stress. Se vuoi farlo, hai la possibilità di farlo, altrimenti puoi aspettare tra sei mesi e nel frattempo devi cercare di stare tranquilla.»

«D’accordo. Quando… quando posso scoprire il sesso del bambino?» Domandai timidamente, toccandomi per la prima volta la pancia.

«Faremo un’ecografia tra le diciotto e venti settimane e, a meno che non sia in una posizione strana, riusciremo a scoprirlo lì.»

«Diciotto settimane.» Mormorai tra me e me mentre il dottor James mi porgeva le copie dell’ecografia da portare a casa.

«Quando il tuo bambino sarà delle dimensioni di una patata dolce e avrà piccole, uniche impronte digitali.» Disse lui, sorridente come sempre. Mi piaceva quell’uomo, mi trasmetteva sicurezza e in quel momento ne avevo assolutamente bisogno.

«Piccole impronte digitali?» Dissi, prima di ricominciare a piangere. Gli ormoni della gravidanza non scherzavano, dovevo ammetterlo.

***

Non tornai a casa quella sera. Invece mi presentai da Louis con un enorme barattolo di gelato alla vaniglia (la mia nuova ossessione) e, dopo essere andata all’appuntamento con gli architetti insieme al mio amico, mi rifugiai nel suo letto e gli raccontai tutto quello che era successo.

«Lascialo perdere, Matthew è un cretino.» Mi rassicurò il ragazzo, accarezzandomi i capelli e sorridendomi. «Piuttosto, fammi vedere questo bambino.» Aggiunse, prendendo le copie dell’ecografia dalla mia borsa. «Sembra che si stia facendo un selfie, guarda!» Esclamò qualche istante dopo, facendomi scoppiare a ridere.

«Allora è proprio mio figlio, non ci sono dubbi.» Commentai, abbracciando il ragazzo. «Dai, fammi vedere i cataloghi che ti hanno dato gli imbianchini questa mattina. Ho davvero bisogno di distrarmi.» Aggiunsi.

«Certo.» Rispose lui, alzandosi e andando a recuperare il materiale. Me lo porse, poi sorrise. «A proposito, non indovinerai mai cos’è successo oggi.»

«Matthew ha realizzato che diventerà padre?» Domandai ironicamente, sfogliando il primo catalogo.

«No.» Rispose lui, serio. «Per la tua gioia ho visto Harry - era il suo giorno libero - e siamo andati a giocare a calcio con Niall. Poi siamo tornati qui e abbiamo passato metà mattina a giocare ai videogiochi come ai vecchi tempi.»

«Oh, okay.» Dissi, cercando di suonare disinteressata. In realtà il mio cuore aveva fatto un salto quando avevo sentito il suo nome e aveva cominciato a battere più forte. «Credevo che avessi avuto l’opportunità di andare su Marte o qualcosa del genere.» Aggiunsi.

«Ehi, eri tu che ti preoccupavi e dicevi che le cose tra di noi erano cambiate. E poi aveva bisogno di un po’ di tempo con noi.»

«Perché?» Mi lasciai sfuggire. Volevo sembrare indifferente, ma stavo fallendo miseramente.

«Beh, diciamo che lui non lo ammetterà mai, ma penso che la storia con Elizabeth non gli sia ancora andata giù. Cioè, non era innamorato, ma ci è rimasto malissimo. Non pensava che fosse così, credeva che fosse diversa dalle altre. E questo è tutto ciò che sono riuscito a strappargli. Prima di poche settimane fa non sapevo nemmeno che andassero a letto insieme.» Rispose lui, avvicinandosi e abbassando la voce.

Se c’era una cosa che Louis amava fare più di ogni altra al mondo era sparlare degli altri. Il gossip era la sua vita e non perdeva occasione per raccontarmi tutto quello che stava succedendo nella vita delle persone che conoscevamo. Raggiungeva il culmine della felicità quando c’era qualche scandalo davvero interessante, come Elizabeth che aveva tradito il fratello di Regina con Harry per tutto quel tempo.

«Okay.» Commentai, continuando a sfogliare il catalogo.

«Regina non ha ancora perdonato Lizzie.» Continuò lui, imperterrito. «Anzi, mi ha chiesto di vietarle l’accesso al Circolo, perché in queste settimane le ha dato fastidio trovarsela intorno quando tutto ciò che voleva fare era bere qualcosa in pace e stare con noi.»

«Beh, non posso darle torto. Anch’io non sono minimamente felice di averla sempre intorno, soprattutto perché sembra che mi odi a morte e non ho ancora capito perché.» Dissi.

«Andiamo, Freya, non l’hai ancora capito?» Domandò lui, alzando un sopracciglio.

«No.»

«Sei stata a letto con Harry, lei l’ha scoperto e ti vede come una minaccia.»

Chiusi il catalogo di scatto e fissai Louis, sgranando gli occhi.

«Louis Tomlinson! E tu cosa ne sai?! Non te l’ho mai detto!»

Lui sorrise e capii che mi aveva appena fregata.

«Me l’hai appena confermato. Ho avuto il sospetto dopo una cosa che mi ha detto Harry, ma non lo sapevo davvero.»

«Cosa ti ha detto Harry? Cosa?» Domandai, saltando in piedi e avvicinandomi a lui. «Cosa ti ha detto?»

«Calmati, Danno. Sei la mia migliore amica, ma sai che sono un convinto sostenitore del tacito Codice dei Fratelli. Non posso rivelarti ciò che mi è stato detto in confidenza.»

«Ti odio.» Dissi, lanciandogli un cuscino. «Sei più fastidioso dello shampoo negli occhi.»

«Lo so.» Replicò lui con serietà. «L’ho scritto anche nelle note finali del mio curriculum.»

«Sei un cretino.» Dissi, ridendo. «E prima o poi mi dirai cosa ti ha detto Harry e perché hai sospettato che fossimo andati a letto insieme.» Aggiunsi. «E comunque, per tua informazione, è successo solo una volta e poi lui mi ha rifiutata, perché evidentemente ha dei seri problemi.» Aggiunsi.

Louis non disse nulla. Annuì e basta, rivolgendomi un sorriso sornione che mi fece venire voglia di prenderlo a schiaffi. Gli volevo bene, ma a volte lo odiavo davvero tanto.

 


Sesto capitolo! Passa qualche settimana e le cose cominciano a diventare più reali per Freya, che si ritrova a fare la prima ecografia in cui il bambino sembra effettivamente un bambino. Matthew reagisce male e la nostra protagonista ci litiga e decide di non tornare a casa, ma di rifugiarsi dal migliore amico Louis, che le rivela qualcosa che non riesce a togliersi dalla testa. Che cos'ha detto Harry all'amico, per fargli sospettare di essere andato a letto con Freya?
Come si risolveranno le cose con Matthew? Ma soprattutto, lo faranno? E il bambino di chi sarà? L'appuntamento con il prossimo capitolo è martedì prossimo!
Grazie per aver letto, un bacione e a presto! <3

 

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Capitolo 8
*** 07 - Boy or Girl? ***



Capitolo 7 - Boy or Girl?
 
Dopo settimane di incessanti litigi furiosi con Matthew, che voleva obbligarmi a fare quel maledetto test di paternità nonostante io volessi aspettare, decisi di cedere. Vivere insieme a lui stava cominciando a diventare impossibile, infatti avevo iniziato a passare la maggior parte del mio tempo a casa di Louis e a concentrarmi sul nuovo arredamento del Circolo. Il ragazzo mi aveva dato carta bianca e mi aveva detto che si fidava di me ed io mi ero appassionata così tanto al progetto da cominciare a farmi delle domande sul mio futuro.

«Facciamo questo prelievo, così avrai finito di rompere le scatole.» Dissi a denti stretti. Ci eravamo rivolti a un laboratorio privato, che ci aveva assicurato la massima riservatezza.

«Siediti.» Mi replicò lui con autorità, indicandomi una sedia nella sala d’aspetto.

«No, preferisco rimanere in piedi.» Risposi, nonostante fossi molto stanca. Matt aveva cominciato a trattarmi in modo diverso e a darmi ordini ed io non avevo la minima intenzione di fargli vedere che li avrei seguiti.

«Fai quello che vuoi.» Disse lui, prendendo posto lontano da me e cominciando a sfogliare un giornale.

Sbuffai e cominciai a guardarmi intorno, fingendo di essere in qualsiasi altro posto. Non c’era mai stato un vero e proprio rapporto tra Matt e me. Lui diceva di amarmi, ma io non avevo mai provato nulla per lui se non una moderata attrazione fisica e, dopo tutti quei litigi, era quasi scomparsa anche quella. Non lo sopportavo più e mi veniva voglia di sputargli in un occhio ogni volta che lo beccavo guardare nella mia direzione.

Cominciai a frugare nella borsa per trovare una barretta Crunchie (la mia ultimissima ossessione dopo i cracker e il gelato alla vaniglia). Mi maledissi mentalmente per il mio terribile disordine. Perché infilavo così tante cose a caso nella borsa? In quel modo finivo per non trovare mai nulla.

«Va tutto bene, Joey. Abbiamo finito, non piangere.» Sentii dire da una donna, quando finalmente trovai quello che stavo cercando.

Accanto a lei un bambino di circa tre anni piangeva disperatamente.

«Amore, abbiamo finito il prelievo. Non è successo nulla, stai tranquillo.» Disse lei, cercando di tranquillizzarlo. Si sedette su una delle sedie in sala d’aspetto e prese il bimbo in braccio, forse nella speranza di farlo calmare.

Per una frazione di secondo mi domandai se anch’io, in futuro, avrei dovuto portare mio figlio (o mia figlia) a fare prelievi e poi cercare di tranquillizzarlo, perché si era spaventato.

«Guarda, la signora è stata gentile e ti ha dato una caramella. Non ti piace?» Domandò la donna. Il bambino smise di piangere e guardò la caramella, poi scosse la testa. Fu in quel momento che si accorse della barretta che avevo tra le mani e non avevo ancora scartato, perché ero troppo impegnata a osservare la scena.

«Mamma!» Esclamò il bimbo, indicandomi.

«No, tesoro, quella è sua, non puoi mangiarla.» Sentii dire la donna a bassa voce. «Prendi la caramella, è buona.» Aggiunse. Joey scosse di nuovo la testa e poi tornò fissò la madre con gli occhi pieni di lacrime.

«Bua.» Mormorò, stringendosi il braccio.

Deglutii, pensando alle mie opzioni. Avrei potuto girarmi dall’altra parte e mangiare senza farmi vedere, oppure avrei potuto regalare la mia ultima barretta Crunchie a quel bambino che non avevo mai visto in tutta la mia vita. Sospirai, scossi la testa e poi mi avvicinai alla donna.

«Può mangiarla? Non gli fa male?» Domandai. Lei mi guardò, stupita.

«Ne va pazzo, sono le sue preferite.» Rispose.

«Allora ecco qui.» Dissi, porgendo la barretta al bambino, che mi guardò per pochi secondi, prima di stringerla tra le mani e sorridere, dimenticandosi del dolore al braccio e del prelievo.

«Grazie, grazie mille.» Disse la donna. «Joey, dì grazie alla signorina, che ti ha regalato la sua merenda.» Aggiunse.

Il bimbo mi guardò, poi disse «‘assie» con la sua vocina e, per un istante, pensai di voler scoppiare a piangere.

«Signorina Chamberlain, signor Collinsworth.» Annunciò l’infermiera, interrompendo i miei pensieri. Matt scattò in piedi e si diresse verso la porta senza nemmeno guardarmi.

«Alla faccia della privacy.» Borbottai, seguendolo.

 
***

Durante quella settimana le cose cominciarono a migliorare lievemente. Matthew tornò a casa una sera con un mazzo di fiori e una confezione di barrette Crunchie.

«Voglio chiederti scusa.» Disse, appoggiando le rose sul tavolo del salotto. «Mi sono comportato in modo orribile in questo periodo e non è colpa tua. Sono io che sono nervoso perché credo di aver finalmente realizzato che tra qualche mese ci sarà un bambino in questa casa. Un bambino in carne ed ossa, che avrà bisogno di cure e attenzioni. E noi siamo piuttosto giovani.» Aggiunse. «Ho un po’ paura.» Confessò qualche istante dopo.

Lo guardai, sorpresa. Contando che quella mattina era uscito di casa senza nemmeno salutarmi, quello era un grande passo avanti.

«Lo so.» Dissi. «Anch’io sono terrorizzata da quello che succederà tra qualche mese, ma cosa possiamo fare? Ho provato a nascondere la testa sotto la sabbia per un po’, ma ho solo peggiorato le cose. Dobbiamo affrontare la situazione.» Risposi. «Grazie per le rose e le barrette.» Aggiunsi, alzandomi e avvicinandomi a lui. Poi, per la prima volta dopo tantissimo tempo, decisi di baciarlo. Fu una decisione spontanea.

Lui mi osservò per qualche secondo, confuso o forse stupito. Poi mi baciò di nuovo e pochi secondi dopo ci ritrovammo sul divano, con i vestiti abbandonati sul pavimento.

«Ti amo.» Mi sussurrò prima di ricominciare a baciarmi.

 
***

Il mattino successivo Matthew uscì presto per andare all’università. Mi salutò con un bacio sulle labbra, poi mi assicurò che sarebbe tornato in tempo per l’ecografia delle diciotto settimane. Quella in cui, potenzialmente, avremmo potuto scoprire il sesso del bambino.

Sentii suonare il citofono poco dopo le dieci. Un suono lungo, insistente. Mandai Serena, la nostra donna di servizio, ad aprire. La ragazza tornò in salotto qualche minuto dopo con una busta bianca tra le mani.

«Signorina Chamberlain, un corriere ha consegnato questa busta per lei.» Disse, prima di lasciarla sul tavolino di fronte a me. La guardai e notai il logo del laboratorio a cui ci eravamo rivolti Matt ed io per il test di paternità.

Il mio cuore cominciò a battere più forte e presi la busta con dita tremanti. Ero pronta a leggere il risultato di quel test del DNA? Ma soprattutto, quale risultato speravo di leggere? Non ne avevo la minima idea.

Lentamente aprii la busta, estrassi il foglio e lessi quello che c’era scritto.

 
***

Quel pomeriggio chiesi al mio autista di accompagnarmi allo studio del dottor James dopo aver ricevuto un messaggio da Matthew, che diceva che avrebbe fatto un po’ tardi perché era bloccato all’università.

Raggiunsi l’edificio e mi sedetti in sala d’aspetto, attendendo il mio turno e sfogliando svogliatamente una rivista di gossip locale. Sulla prima pagina spiccava una foto di Elizabeth  che piangeva fuori dalla casa dei Blake e il titolo enorme diceva «Problemi in paradiso per Elizabeth e Sean?»

Sbuffai e voltai pagina, prima di essere distratta dalla famiglia che era appena uscita dallo studio del dottore. Una ragazza - sembrava giovane, avrebbe potuto avere qualche anno più di me - stava piangendo dalla gioia e il suo compagno la stava abbracciando. Di fianco a loro, una donna che assomigliava molto alla ragazza - probabilmente sua madre - le teneva una mano e sorrideva.

«Non vedo l’ora di conoscere il mio nipotino.» Disse la donna.

«Mamma, sarà un maschietto! Oh, non vedo l’ora di cominciare a decorare la sua camera e a comprare vestitini. Questi quattro mesi e mezzo devono passare il più in fretta possibile!» Esclamò la ragazza. Poi abbracciò la madre e mi ritrovai a guardare la scena con un po’ di gelosia.

Avrei voluto anch’io andare alle visite dal ginecologo con mia madre, farle vedere l’ecografia, parlare con lei di vestiti minuscoli, di colori della camera del bambino. O con il mio ragazzo di cui, in un mondo perfetto, sarei stata innamorata persa. Invece ero in sala d’aspetto da sola e mia madre, dopo essersi liberata di me e avermi mandata a vivere con Matthew, si era completamente disinteressata della mia vita. Com’era sempre successo, del resto. Avevo la sua attenzione quanto bastava per risolvere il mio ennesimo guaio, poi era come se non esistessi.

«Signorina Chamberlain?» Mi chiamò l’infermiera. Mi alzai di scatto, spaventata dal suono improvviso della sua voce. Ero così concentrata ad osservare la famiglia di fronte a me che mi ero completamente dimenticata di dove fossi.

«Sì.» Dissi, avvicinandomi allo studio.

«Freya, buongiorno!» Mi salutò il dottor James, stringendomi la mano e accompagnandomi al lettino. «Sei venuta sola oggi?» Mi domandò l’uomo.

«Matthew ha avuto un contrattempo.» Mormorai, abbassando lo sguardo. Avevo provato a chiamarlo almeno una decina di volte, ma non mi aveva mai risposto e dopo il messaggio in cui mi avvisava che avrebbe fatto tardi non si era più fatto vivo. Avevo provato a chiedere all’infermiera di aspettare, ma Matt non era arrivato, così non avevo avuto altra scelta se non entrare da sola.

«Nessun problema, possiamo mettere l’ecografia su un DVD e puoi mostrargliela a casa.» Rispose il dottore prima di procedere a spruzzare un po’ di gel freddo sulla mia pancia, che stava decisamente aumentando.

Come durante gli appuntamenti precedenti, rimase in silenzio per qualche secondo, poi sorrise. Mi disse che tutto stava procedendo perfettamente, mi spiegò che la sensazione di avere le farfalle nello stomaco che sentivo spesso erano i movimenti del bambino e poi mi disse che ormai aveva raggiunto le dimensioni di una pera ed era lungo circa tredici centimetri.

«Vuoi sapere se avrai un maschietto o una femminuccia?» Mi domandò.

Desiderai ardentemente che qualcuno fosse al mio fianco. Avrei voluto condividere quel momento con qualcuno di speciale, tenergli la mano e poi sorridere dopo aver scoperto il sesso del bambino. Guardai velocemente il telefono per scoprire se Matt mi avesse contattata, ma nulla. Non avevo nessuna notifica. Nessun messaggio, nessuna chiamata persa. Ero desolatamente sola.

Annuii e mi concentrai sul viso del dottore, che sorrise ancora di più e mi comunicò quello che stavo aspettando di scoprire da qualche settimana.

 
***

Dopo la visita decisi di tornare a casa per vedere mia madre. La famiglia nella sala d’aspetto mi aveva fatto venire voglia di provare a sistemare le cose, di avere una mamma su cui contare.

La donna di servizio - una signora di mezza età che non avevo mai visto - mi disse che mia madre era occupata e di attenderla in salotto, così mi sedetti su uno di quei divani dallo stile vittoriano che avevo sempre odiato e aspettai.

Passarono almeno venti minuti da quando ero arrivata. Poi mia madre entrò nella stanza guardandomi intensamente e non si sedette.

«Cos’è successo?» Domandò freddamente.

«Ho… ho scoperto il sesso del bambino. Pensavo che ti avrebbe fatto piacere saperlo.» Mormorai.

«Oh, Freya. Non potevi arrivare in un momento peggiore. Sono molto occupata, ti dispiace se fissiamo un pranzo uno di questi giorni? Al momento sto organizzando tutto quello che serve per annunciare la tua gravidanza. Diremo che hai appena concluso il terzo trimestre, così la gente non penserà che il fidanzamento con Matthew è avvenuto così presto perché ti ha messa incinta. Poi diremo alla gente che il bambino sarà nato prematuro. Ah, e ho bisogno della tua disponibilità per sabato sera, quando annunceremo la bella notizia.» Disse la donna senza nemmeno guardarmi e continuando a scorrere il dito sul suo tablet.

«Lascia stare.» Dissi, alzandomi dal divano e uscendo da quella stanza. Avevo avuto una pessima idea ed ero stata un’illusa a pensare che mia madre potesse comportarsi in modo diverso dal solito. «Ne parliamo un altro giorno.» Aggiunsi prima di uscire senza nemmeno salutarla.

Decisi di tornare a casa e di aspettare Matthew per aggiornarlo su quello che stava succedendo.

 
***

Aspettai per ore, seduta al tavolo della cucina. Quando sentii aprirsi la porta lanciai un’occhiata in direzione del corridoio, poi chiesi a Matthew di raggiungermi. Non sapevo nemmeno che ore fossero, ma ero sicura che avessimo passato la mezzanotte da un bel pezzo.

«Ehi!» Esclamai, cercando di sorridere. Non avrei lasciato che quello che era successo con mia madre o il suo ritardo rovinassero quella giornata.

Mi bastò una sola occhiata a Matt per capire che era ubriaco.

«Cosa fai sveglia?» Mi chiese, strascicando le parole.

«Volevo farti vedere l’ecografia e…» Cominciai a dire, ma lui mi interruppe alzando una mano.

«Non mi interessa in questo momento. Ho sonno.» Rispose.

Deglutii, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

«Matt…» Dissi debolmente, alzandomi e raggiungendolo e toccandogli un braccio.

«Senti, lasciami in pace. È tardi. Vai a letto.» Replicò, divincolandosi.

Lo fissai per qualche istante, cercando di reprimere la rabbia che stavo provando in quel momento. Matthew era cambiato da quando l’avevo conosciuto. Era sempre stato un bravo ragazzo e avevo apprezzato il fatto che avesse deciso di riconoscere il bambino anche se avrebbe potuto non essere suo. Poi aveva cominciato a uscire, a cercare di controllarmi, a tornare tardi dopo aver bevuto troppo. Non era più il ragazzo che avevo conosciuto.
«Allora buonanotte.» Dissi freddamente, prendendo l’ecografia e il foglio con i risultati del test del DNA dal tavolo. «Magari quando ti sveglierai e sarai sobrio vorrai vedere come sta crescendo tua figlia.» Aggiunsi.

Recuperai una giacca, chiamai un taxi e scappai da quella casa. Era tardi, ma ero sicura che Louis mi avrebbe accolta nel suo appartamento. Anche perché non avevo nessun altro posto dove andare.

 
***

«Ehi!» Mi salutò il ragazzo quando mi presentai alla sua porta. Era ancora sveglio e sentivo della musica provenire dal salotto. «Ehi, cos’è successo?» Mi domandò dopo aver dato un’occhiata al mio viso.

«Matt non si è presentato all’ecografia ed è tornato a casa pochi minuti fa, ubriaco.» Spiegai. «Posso dormire qui?»

«Ma certo.» Rispose lui, facendomi entrare. «Stavo giocando ai videogiochi con Niall e Harry, ma posso mandarli a casa subito.»

«No, non preoccuparti. Non c’è bisogno che li mandi via, non vi disturberò.» Dissi.

Louis scosse la testa, poi mi abbracciò stretta e mi accarezzò i capelli.

«Dai, dimmi le novità. Avresti potuto chiamarmi e sarei venuto io alla visita.» Disse il ragazzo qualche minuto dopo.

I miei occhi tornarono lucidi e cominciai a sentire un nodo in gola. Avrei voluto che Louis fosse il padre, almeno sarebbe stato tutto più facile. Eravamo sempre stati amici. E sì, qualche volta avevamo ceduto alla tentazione, soprattutto dopo aver bevuto troppo, ma non eravamo mai stati altro che amici. Non avevamo mai provato sentimenti romantici nei confronti dell’altro.

«È di Matt.» Dissi, rifugiandomi tra le sue braccia. «E sarà una bambina.» Aggiunsi a bassa voce.

«Aww!» Commentò Louis, guardandomi negli occhi. «Avrò una nipotina! Sai cosa dobbiamo fare, vero?» Mi domandò.

«Che cosa?» Chiesi di rimando.

«Trasformare la seconda stanza degli ospiti nella camera della tua adorabile bimba. Dai, vieni, diamo la  buona notizia agli altri!» Esclamò Louis, ignorando la prima parte di informazione che gli avevo dato. E gliene fui grata, perché l’ultima cosa di cui volevo parlare era il fatto che Matthew fosse davvero il padre di mia figlia.

«Quale buona notizia? È arrivata la pizza che abbiamo ordinato?» Domandò Niall, alzando lo sguardo dalla televisione quando entrammo in salotto. «Oh, ciao cugina! Come va?» Mi salutò dopo avermi vista.

«Zitto.» Disse Lou, mettendo il dito indice davanti alla bocca. «Ho un annuncio da fare.» Aggiunse dopo qualche istante. Anche Harry, che mi aveva rivolto appena un cenno del capo, alzò lo sguardo dalla TV e cominciò a guardarci. «Diventeremo zii di una bellissima bimba!» Concluse Louis, sorridendo.

«Congratulazioni, Freya!» Esclamò Niall. Si fermò a pensare qualche secondo, perplesso. «Ehi, posso lo stesso insegnarle a giocare a calcio, vero?» Mi domandò, facendomi scoppiare a ridere.

«Sì, direi di sì.» Risposi. «Se avessi saputo che eravate qui avrei portato davvero qualcosa da mangiare, ma…» Cominciai, ma mi interruppi. Non sapevo che sarei scappata a casa di Louis, perché nella mia mente la serata avrebbe dovuto concludersi in modo molto diverso.

Avrei dovuto dire a Matthew che era davvero il padre della bambina e poi avremmo festeggiato perché ero al settimo cielo all’idea di avere una femmina. Solo la sera prima avevo avuto un minimo di speranza che le cose avrebbero potuto andare bene. Avevo cominciato persino a pensare che avrei potuto innamorarmi di Matt, perché era un bravo ragazzo, era molto attraente e, a parte nell’ultimo periodo, mi aveva sempre trattata bene. E poi mi aveva detto di amarmi, e nessuno me l’aveva mai detto in tutta la mia vita. Perciò avevo pensato che avrei potuto abituarmi a quella vita. Saremmo stati noi tre, una piccola famiglia, e avrei fatto di tutto per non trasformarmi in mia madre e per assicurarmi che mia figlia sapesse che le volevo bene.

«Congratulazioni.» Disse Harry. «Dai, vieni, siediti. Louis mi ha detto che sei sorprendentemente brava a giocare ai videogiochi. Sicuramente lo sarai più di me, quindi unisciti a noi.» Aggiunse poco dopo, sorprendendomi.

Guardai Louis, che mi fece un cenno del capo per dirmi di andare a sedermi sul divano, poi annuii, raggiunsi i ragazzi e il mio cuore cominciò a battere un po’ più forte quando mi trovai di fianco a Harry.


Ed ecco il nuovo capitolo! Oggi scopriamo due cose importanti: il sesso del bambino di Freya e, soprattutto, se Matthew è il padre o no. E le cose non vanno esattamente come vuole la ragazza, infatti alla fine della giornata si ritrova a rifugiarsi a casa di Louis, dove ci sono anche Niall e Harry. E, nel prossimo capitolo, avrà una conversazione importante proprio con quest'ultimo. Di cosa parleranno? Cosa succederà ora che si è scoperto chi è il padre della bambina? Matthew cercherà di comportarsi meglio o sparirà del tutto? E, se Matt dovesse decidere di chiedere scusa, Freya lo perdonerà?
Martedì prossimo scopriremo come andrà avanti la storia. Grazie per essere passati e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima, un bacione <3

 

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Capitolo 9
*** 08 - You've Got Mail ***



Capitolo 8 - You’ve Got Mail
 
Niall e Louis crollarono verso le cinque del mattino, mentre Harry ed io rimanemmo svegli e in silenzio imbarazzato per qualche minuto, prima di deciderci a parlare.

«Sei felice di avere una bambina?» Mi domandò il ragazzo, alzandosi e spostandosi dai due ragazzi addormentati per non disturbarli. Lo seguii al bancone della cucina e mi sedetti di fianco a lui.

«Beh, sì.» Dissi. «Non avevo ancora pensato al futuro, cioè… da qualche parte nella mia mente c’è sempre stata l’idea di avere figli, ma non pensavo così presto. Quindi non ho mai pensato seriamente al possibile sesso, ma sono contenta che sarà una femmina. Sai com’è, così ci sono mille vestitini che posso comprarle e cose del genere.» Aggiunsi, sentendomi impacciata e anche un po’ nervosa.

Harry sorrise, cosa che fece peggiorare la sensazione di farfalle allo stomaco che stavo già provando, perché evidentemente la bambina si stava muovendo.

«Hai già pensato a qualche nome?» Mi chiese. Probabilmente non era davvero interessato all’argomento, ma si stava solo comportando in modo educato, il che era un cambiamento dall’ultima volta che avevamo scambiato due parole alla mia festa di fidanzamento, settimane prima.

«No, a dire la verità non ancora.» Aggiunsi, fermandomi per la prima volta a riflettere. Come avrei potuto chiamare mia figlia?

«Basta che non la chiami con qualche nome assurdo tipo North o Blue Ivy o Apple, penso che vada bene qualunque cosa.» Scherzò lui.

«Accidenti, io pensavo di chiamarla Finestra.» Dissi, unendomi alla sua risata.

«È sicuramente unico e non troverà mai nessun’altra bambina con lo stesso nome.» Commentò Harry, cercando di rimanere serio. «Ehi, a proposito, Mi stavo quasi dimenticando. Louis mi ha fatto vedere come stanno procedendo i lavori al Circolo e volevo complimentarmi con te. Hai davvero l’occhio per queste cose.» Aggiunse.

«Grazie.» Mormorai, abbassando lo sguardo e arrossendo. «Non pensavo che sarebbe successo, ma questo progetto mi ha appassionata davvero tanto.» Dissi. «Così tanto che…» Cominciai, ma mi interruppi.

«Che?» Mi spronò lui.

«Che mi era quasi venuta l’idea di cambiare facoltà all’università e iscrivermi ad architettura per diventare designer d’interni.» Dissi. «Ma credo che sarà una cosa piuttosto difficile. Non ci sono tante madri single che riescono a frequentare le lezioni e a laurearsi, no?»

«Non vedo perché no, Freya. Puoi sempre farti aiutare e assumere qualcuno che si occupi della bambina quando non ci sei.» Replicò, guardandomi intensamente e facendomi agitare ancora di più. Era la prima persona a cui avevo rivelato quel segreto. Non l’avevo ancora detto nemmeno a Louis o a mia sorella Harper.

«No.» Dissi, scuotendo la testa. «Non voglio trasformarmi in mia madre e far crescere mia figlia da una donna di servizio, che poi potrebbe scomparire nel nulla e non farsi più trovare. Sono incinta, l’ho accettato e voglio andare fino in fondo. Voglio essere una madre vera per questa bambina.» Aggiunsi.

Harry sembrò stupito dalla mia risposta.

«Puoi sempre aspettare qualche anno.» Suggerì il ragazzo dopo qualche minuto, parlando lentamente e con la voce roca e bassa che mi faceva battere il cuore più velocemente del solito. «Quando andrà all’asilo potrai riprendere a studiare e avresti bisogno solo di un minimo aiuto. Una babysitter per qualche ora al giorno potrebbe bastare.» Aggiunse.

«È una possibilità.» Dissi, annuendo. «È sicuramente un’opzione più probabile che cominciare a studiare a settembre, partorire a novembre e fermarmi per chissà quanto tempo.» Riflettei ad alta voce.

«Quindi…» Cominciò a dire il ragazzo, interrompendosi e schiarendosi la voce. «Quindi hai deciso di crescerla da sola?» Domandò pochi istanti dopo.

«Non lo so.» Dissi, distraendomi dal terrore che avevo provato quando avevo pensato al momento del parto. «Ma credo che Matt non l’abbia presa molto bene e non so quanto possa durare davvero tra di noi.» Aggiunsi.

Lui annuì, poi si lasciò scappare uno sbadiglio.

«Dai, andiamo a dormire, sono le sei del mattino.» Dissi, sbadigliando a mia volta.

«Mmh, Lou e Niall sono sul divano. La camera degli ospiti è pronta, che tu sappia?» Mi domandò il ragazzo. Aveva così sonno che gli si chiudevano gli occhi e faceva fatica a tenerli aperti.

«No.» Risposi. «Sono entrambe vuote. O meglio, una la sta usando come magazzino per tutte le cose che non usa.» Aggiunsi. «Ma penso che non si offenderà se andrai a dormire in camera sua.»

«Dici? Okay.» Replicò Harry, alzandosi. «E tu dove dormi?»

«Non lo so.» Risposi, guardandomi intorno. Sul divano non ci stava più nessuno e l’unico altro letto disponibile era quello di Louis.

«Vieni con me. Io posso stare sul pavimento, non mi formalizzo.»

«Non se ne parla.» Dissi. «Possiamo benissimo stare entrambi sul letto. Tanto è grande, non ci daremo fastidio.» Aggiunsi.

L’idea di andare a dormire di fianco a Harry mi rendeva nervosa e agitata, ma non c’erano altre opzioni. Inoltre ero abbastanza soddisfatta per la conversazione civile ed educata che avevamo avuto, stavamo facendo passi avanti.

«Okay.» Cedette lui, cominciando a camminare in direzione della camera di Louis.

 
***

Mi svegliai dopo qualche ora, confusa. Louis mi stava abbracciando da dietro e dormiva ancora, così decisi di rimanere a letto ancora un po’. Chiusi gli occhi e sbadigliai. Nonostante tutto ero abbastanza felice. Sapevo che il mio migliore amico ci sarebbe sempre stato per me, qualunque cosa fosse successa con Matthew. Potevamo crescere la bambina insieme, anche se lui non era effettivamente il padre.

«Freya?» Sentii la voce di Louis provenire dal corridoio. Spalancai gli occhi e un pensiero terrificante attraversò la mia mente.

Se Louis era in corridoio, chi mi stava abbracciando? Poi ripensai alla notte precedente, a Niall e Harry sul divano, al discorso che avevo fatto con il ragazzo e al fatto che le stanze degli ospiti fossero inutilizzabili.

Ero a letto con Harry e mi stava abbracciando da addormentato.

Il mio cuore cominciò a battere più forte e, nel tentativo di non fare rumore riuscii a farne più del solito e svegliai il ragazzo, che sbatté le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto della situazione.

Poi si allontanò velocemente, tornando nella sua parte di letto.
«Scusa.» Mormorò, abbassando lo sguardo.

«Oh, no, non fa niente.» Dissi, cercando di sembrare indifferente. In realtà sapevo che le mie guance si erano arrossate, perché le sentivo più calde. «Ho dormito bene, non mi hai disturbato.» Aggiunsi poco dopo.

«No, non mi stavo scusando per quello.» Replicò lui, abbassando ulteriormente il tono. Mi girai a guardarlo e notai che era diventato rosso come un pomodoro. «Oddio, che imbarazzo. È che ho…» Disse, interrompendosi.

Cominciai a pensare alle possibili ragioni per cui un ragazzo solitamente così calmo e composto potesse sentirsi a disagio.

«Non…» Cominciai a dire, ma mi fermai subito, perché anche Harry aveva ricominciato a parlare.

«Credo… credo di averti sbavato sulla spalla.» Disse, coprendosi il viso con le mani.

Lo fissai per qualche istante, perplessa. Poi scoppiai a ridere, incapace di trattenermi.

«Non importa.» Dissi, cercando di ricompormi e pensando a qualcosa da dire per rassicurarlo. «Tra qualche mese avrò una bambina, immagino che dovrò abituarmi a cose ben peggiori, giusto?» Aggiunsi.

Lo sentii sospirare e poi ridacchiare.

«Già, immagino proprio di sì.» Rispose. «A proposito…» Cominciò a dire, ma poi si interruppe quando sentì la porta aprirsi.

«Freya? Eccoti!» Esclamò Louis, entrando nella stanza e bloccandosi sulla soglia quando vide Harry nello stesso letto in cui ero anch’io.  «Ehm… pranzo? Ho chiesto allo chef di preparare qualcosa per tutti. Voi cosa volete?» Aggiunse.

«Lo chef?» Domandai, alzando un sopracciglio.

«L’ho assunto da poco, oggi è il suo primo giorno.» Spiegò lui, continuando a guardare prima Harry e poi me, probabilmente in cerca di indizi per scoprire quello che era (o non era, in quel caso) successo la sera prima.

«Non lo so, mangio quello che mangiate voi.» Risposi, poi guardai il ragazzo di fianco a me.
«Anch’io, grazie.» Replicò con tranquillità. Sembrava che non fosse minimamente in imbarazzo per essere stato beccato nel letto del suo amico con la migliore amica del suo amico. Non che avessimo fatto qualcosa, ma io mi sentivo innaturalmente agitata a priori.

«Ok, quindi pollo Piri Piri per tutti. Ovviamente è quello che vuole Niall, avevate qualche dubbio? Beh, almeno lo chef avrà modo di dimostrare se vale qualcosa.» Borbottò Louis, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.

«Comunque.» Disse Harry, schiarendosi la voce.

«Comunque.» Ripetei, cercando di sorridere. «Cosa volevi dirmi prima?» Domandai. Aveva iniziato a dire qualcosa, ma si era interrotto ed io volevo disperatamente scoprire di cosa si trattasse.

«No, niente, non era nulla di importante. Non preoccuparti.» Rispose. Aveva cominciato a parlare velocemente - o meglio, normalmente, ma per lui, che di solito usava una lentezza quasi snervante, quello era parlare veloce - e sembrava un po’ agitato. «Hai qualcosa da fare per il Circolo oggi?» Mi chiese.

«Sì.» Dissi, cercando di ignorare quello la sensazione di farfalle allo stomaco che stavo provando in quel momento. Ormai non distinguevo più quando era dovuto al movimento della bambina o quando era dovuto a quell’essere inutile che avevo di fianco. «Vengono a consegnare le poltrone e i divani nuovi e poi volevo andare in giro per negozi a cercare un paio di cose.» Risposi. Dovevo mascherare la delusione che avevo provato quando si era rifiutato di dirmi quello che doveva dirmi poco prima.

«Se hai bisogno di una mano a fare qualsiasi cosa io oggi ci sono. È il mio giorno libero. Posso anche accompagnarti per negozi, se vuoi.» Si offrì lui.

Valutai attentamente le opzioni. Un pomeriggio intero insieme al ragazzo che in quel momento mi stava facendo battere il cuore velocemente? Oppure un pomeriggio da sola, accompagnata dal mio autista?

«Sì, grazie. Ho giusto bisogno di un secondo parere su quello che voglio fare. E Louis oggi è impegnato perché vengono finalmente a rivestire la piscina e mi ha detto che vuole controllare i lavori.» Risposi.

Harry annuì ed io ne approfittai per voltargli le spalle e sorridere. Ero consapevole del fatto che stessi ignorando apertamente quello che era successo con Matthew e anche che non stava andando tutto come volevo nella mia vita, ma non riuscivo a non essere almeno un po’ allegra davanti alla prospettiva di passare ore a fare shopping insieme a Harry.

«Dai, andiamo a mangiare. Sto morendo di fame.» Disse improvvisamente il ragazzo, alzandosi dal letto indossando solo un paio di boxer e camminando fino al bagno. Lo osservai attentamente e annuii tra me e me. Avevo ragione ad avere una cotta per lui. Sì.

 
***

Dopo aver tentato di mangiare il pollo alla portoghese del nuovo chef di Louis (o meglio, ex chef, perché era già stato licenziato in tronco dopo il fiasco del pranzo e dopo che avevamo dovuto ordinare cibo cinese da asporto), salutai il mio migliore amico e mio cugino e portai Harry al Circolo per fargli vedere i cambiamenti più recenti e per spiegargli le mie nuove idee.

«Quindi ho deciso di fare una rete di lucine che tiene tutto il soffitto in questa zona, così sarà come essere sempre sotto un cielo stellato, anche se siamo effettivamente sotto terra. Devo solo trovare un negozio che ne abbia così tante, perché non è la stagione, e poi devo trovare delle decorazioni. Ah, e devo cambiare la zona bar, perché sembra terribilmente antica con quella parete a specchio dietro lo scaffale con le bottiglie. E ho bisogno di qualche tappeto.» Dissi.

«Dove pensavi di andare?» Mi domandò lui, seguendomi e annuendo ogni tanto.

«Non sono ancora sicura.» Risposi, salendo le scale per raggiungere il livello della strada.

«Freja!» Mi chiamò Sameer quando attraversai il suo negozio. Non contavo nemmeno più le volte in cui gli avevo detto che il mio nome si pronunciava ‘Freia’ e non ‘Fregia’. Sospirai e mi avvicinai al bancone.

«Buongiorno, Sameer.» Lo salutai.

«Buongiorno! Ho un messaggio per te.» Mi disse, prendendo un biglietto dal bancone e porgendomelo.

Sbuffai, scuotendo la testa. Matthew aveva cercato di chiamarmi per tutta la mattina e avevo ignorato le sue chiamate. Non avevo intenzione di perdonarlo o di stare a sentire quello che doveva dirmi.

«Grazie.» Replicai, prendendo la busta e mettendola in borsa. Salutai Sameer e seguii Harry all’auto che si era fatto prestare dall’autista di Niall.

«Non leggi il messaggio?» Mi domandò incuriosito, mettendo in moto la Range Rover nera e immettendosi sulla strada.

«No, tanto so che è di Matthew e non ho intenzione di leggerlo.» Risposi, scuotendo la testa e guardando fuori dal finestrino.

«Cos’è successo ieri sera?» Mi domandò. «Se posso chiedere.» Aggiunse immediatamente dopo.

Sospirai, osservando le persone alla fermata dell’autobus e fermandomi a riflettere per la prima volta dalla notte prima.

«Sono arrivati i risultati del test di paternità ed è anche stato il giorno dell’ecografia. Matthew mi aveva promesso che sarebbe stato con me, ma si è inventato di avere un problema improvviso all’università e mi ha lasciata da sola. Poi è tornato a casa tardi ed era ubriaco.» Risposi, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Perché ero stata così stupida? Avevo permesso alla mia mente di vagare e avevo cominciato a immaginare la mia vita con Matthew e con la nostra bambina. Mi ero lasciata fregare da quello che era successo la notte prima, dalla dolcezza che mi aveva dimostrato il ragazzo e avevo abbassato la guardia. Mi ero fidata di lui ed era stato un errore.

«Mi dispiace che si stia comportando in modo così infantile.» Mormorò Harry, distraendomi dai miei pensieri. «Sarà un po’ spaventato, ma sta facendo l’egoista, perché dovrebbe provare a pensare che se lui ha paura, probabilmente tu sei completamente terrorizzata da quello che sta succedendo.» Aggiunse con rabbia, lasciandomi senza parole.

Quello era un discorso che mi sarei aspettata da Louis, il mio migliore amico senza peli sulla lingua. La persona che non aveva paura di dirmi quello che pensava. La persona che mi diceva quello che non volevo sentire, perché sapeva che nonostante tutto ne avevo bisogno.

«Già.» Dissi, senza aggiungere altro. Tornai a guardare fuori dal finestrino e a riflettere su tutto quello che era successo.

Harry aveva ragione, Matthew si stava comportando in quel modo perché aveva paura, ma io probabilmente - anzi, sicuramente - ne avevo il doppio di lui. Ma se fosse stata tutta colpa mia? Matt era sempre stato un ragazzo dolce e mi aveva sempre trattata bene, nonostante non fossimo ufficialmente una coppia. Ero stata io a portarlo a quel punto?

Scossi la testa e decisi di leggere il messaggio che aveva lasciato a Sameer per avere delle risposte. Forse mi aveva scritto una lettera perché non aveva il coraggio di dirmi tutto quello che pensava.

Aprii la busta bianca che avevo messo nella busta senza nemmeno guardarla ed estrassi un foglio a righe scritto a mano.

Mi bastò leggere una parola per capire che l’autore di quel messaggio non era Matthew.

«È di Ingrid! Harry, Ingrid mi ha mandato una lettera!» Esclamai, continuando a leggere le parole della donna, tenendo il foglio tra le dita un po’ tremanti.

«Ingrid? Chi è Ingrid?» Sentii chiedere il ragazzo, confuso.

 


Ho un'agenda e una bacheca che uso come planner settimanale, ma in qualche modo sono riuscita comunque a dimenticarmi del capitolo, ieri. Era festa e a me sembrava domenica, quindi pensavo di aver sbagliato a scrivere. Geniale, vero? Penso che la vecchiaia stia avanzando, ma non diciamolo a nessuno.
Comunque... ecco il nuovo capitolo di No Control! Freya e Harry riescono a fare un discorso da persone normali (e civili) e non solo. Si addormentano insieme e poi Harry si offre volontario per accompagnare Freya in giro per negozi per il Circolo. Prossimamente in questa storia comincerà a nevicare ad agosto, ahahah
A parte gli scherzi, alla fine del capitolo c'è una grande novità: Ingrid cerca di contattare Freya. Voi cosa pensate che sia successo? Perché la donna si è (o è stata) allontanata? Come andrà avanti il pomeriggio di Harry e Freya? Matthew cercherà di chiedere scusa? E lei lo perdonerà? Tutte queste risposte le troveremo nel prossimo capitolo, che pubblicherò martedì (e questa volta sarà davvero martedì, prometto).
Alla prossima e grazie per essere passati a leggere! <3

 

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Capitolo 10
*** 09 - The Nursery ***



Capitolo 9 - The Nursery

«Ingrid è la mia ex donna di servizio! La persona che mi ha cresciuta al posto di mia madre.» Spiegai una volta terminato di leggere la lettera. Ormai Harry aveva parcheggiato l’auto e si era girato verso di me, in attesa di una risposta. «Lei è l’unica persona che sapeva quello che stava succedendo all’inizio. Poi i miei genitori l’hanno licenziata - o lei si è licenziata, non l’ho ancora capito - ed è sparita. Ho provato a cercarla, ma non ho mai trovato nessuna traccia di lei e poi… e poi mi ha mandato questa! Sapevo che non mi avrebbe abbandonata del tutto!» Esclamai, sventolando la busta e il foglio davanti al viso del ragazzo, che sembrava sempre più perplesso.

«Non poteva contattarti lei?» Mi domandò lui.

«Nella lettera dice che non poteva e che non può ancora, ma vuole vedermi e mi ha dato un appuntamento per la settimana prossima in un posto dove nessuno mi riconoscerà mai.» Spiegai. «Non vedo l’ora di scoprire cosa diavolo è successo.» Aggiunsi, sorridendo. «Dove… dove siamo?» Domandai improvvisamente, guardandomi intorno.

Non avevo detto a Harry dove volevo andare - perché effettivamente non lo sapevo ancora - quindi dove mi aveva portata?

«A Chelsea.» Rispose lui. «C’è un negozio di mobili che credo ti piacerà.» Aggiunse, scendendo dall’auto. Lo seguii, incuriosita.

«Conosci un negozio di mobili a Chelsea?» Chiesi, rendendomi immediatamente conto di quanto suonasse maleducata quella domanda.

«Ci lavora mia sorella.» Rispose lui, scrollando le spalle.

«Hai una sorella?» Domandai ancora, sempre più stupita. Non sapevo proprio nulla su quel ragazzo misterioso. «Non l’ho mai vista a casa di Niall.» Aggiunsi.

«Non abita con noi.» Replicò lui. «È più grande di me e convive con il suo ragazzo. Lavora qui da un paio di anni e ogni tanto vado a trovarla. Penso che sia il posto perfetto per arredare il Circolo.» Mi spiegò, fermandosi e aprendo la porta di un negozio.

Lo seguii all’interno e cominciai a guardarmi intorno. Il mio sguardo si fermò immediatamente su un tappeto meraviglioso che sarebbe stato perfetto con il nuovo stile del nostro rifugio.

«Salve, posso aiutarvi?» Sentii una voce femminile. «Oh, Harry! Non mi avevi detto che saresti passato a trovarmi! Come stai?»

Mi voltai giusto in tempo per vedere una ragazza bionda abbracciare Harry. Lui le diede un bacio sulla guancia e poi le sorrise.

«Ehi, Gemma! Ho accompagnato qui una mia amica.» Rispose il ragazzo, facendomi un cenno per dirmi di avvicinarmi.

«Ciao, Gemma. Sono Freya, piacere di conoscerti.» Le dissi, porgendole la mano. La osservai e notai la somiglianza incredibile con il fratello. Avevano entrambi le fossette e avevano lo stesso naso e lo stesso sorriso. Cambiava solo il colore degli occhi: Harry li aveva di un verde più chiaro, mentre Gemma un po’ più scuro. E ovviamente il colore dei capelli. Harry li aveva castani, mentre Gemma era bionda e aveva le punte rosa chiaro.

«Piacere mio! Stai cercando qualcosa in particolare, hai bisogno di aiuto oppure preferisci dare un’occhiata da sola?»

Squadrai la ragazza da capo a piedi e notai tutto di lei, dal taglio di capelli che le stava molto bene ai vestiti non firmati ma abbinati in modo così intelligente da sembrare un completo da migliaia di sterline. Aveva buon gusto, potevo provare a fidarmi di lei.

«Accetto volentieri il tuo aiuto. Ti faccio vedere il progetto e ti dico più o meno quello che mi serve, così mi dici se hai qualcosa che può fare al caso mio, okay?» Proposi.

«Volentieri. Vieni, sediamoci alla mia scrivania, così possiamo parlare con calma e comincio a farti vedere qualche catalogo.» Replicò lei, facendo un cenno verso la parte più a destra del negozio e mostrandomi la sua postazione.

 
***

«Soddisfatta?» Mi domandò Harry una volta usciti dal negozio. Non solo avevo comprato il tappeto di cui mi ero innamorata a prima vista quando ero entrata, ma ero riuscita a spendere una cifra esorbitante e avevo acquistato tutti i mobili che mancavano per completare il mio progetto.

Gemma era stata molto utile e mi aveva mostrato pezzi che, da soli, non avrei mai nemmeno degnato di uno sguardo, ma che insieme a tutto il resto erano perfetti. Era un genio e dovevo ammettere che Harry era stato molto intelligente a portarmi proprio in quel negozio.

«Molto.» Dissi, aprendo la portiera della Range Rover nera e arrampicandomi per sedermi sul sedile del passeggero. Poi mi bloccai completamente, sgranai gli occhi e mi voltai verso il ragazzo.

«Cosa c’è? Cos’è successo? Stai male? Dobbiamo andare all’ospedale? È presto per il parto!» Esclamò lui, agitandosi e cominciando a parlare velocemente.

«No.» Risposi, abbassando lo sguardo e arrossendo. «Non sto male e non dobbiamo andare all’ospedale.» Mormorai. Mi sentivo umiliata e in imbarazzo e, senza alcun tipo di preavviso, scoppiai a piangere.

Harry si agitò sul sedile, allungò un braccio per toccarmi, ma poi cambiò idea e lo ritrasse.

«Se posso fare qualcosa per te…» Disse.

«Ho rotto i pantaloni.» Sussurrai, coprendomi il viso con le mani. «Mi sono seduta e sono scoppiati. Non mi alzerò mai più di qui.» Aggiunsi.

Dovevo rassegnarmi all’idea di comprare vestiti nuovi di qualche taglia più grande, perché la mia pancia stava cominciando a crescere e non potevo più infilarmi nei miei soliti pantaloni strettissimi. Ma la notte prima avevo dormito a casa di Louis e quei pantaloni erano tutto ciò che avevo lasciato a casa sua qualche settimana prima, quindi era tutto quello che avevo per cambiarmi.

«Io… ehm…» Cominciò a dire Harry. Poi scoppiò a ridere e più cercava di trattenersi, più rideva con le lacrime agli occhi.

«Stai ridendo di me?» Domandai, offesa, tirando su con il naso.

«No, no. Scusa. Non…» Rispose, scoppiando di nuovo a ridere e cercando di nascondersi. «È che avevi una faccia terrorizzata come se la bambina stesse nascendo mesi prima e poi… e poi hai solo rotto i pantaloni!» Aggiunse.

«Non c’è niente di divertente!» Replicai, cercando di rimanere seria. Ma le risate di Harry erano contagiose, così mi ritrovai anch’io a ridere e a piangere insieme. «Ne avevo bisogno.» Dissi dopo un po’, asciugandomi le lacrime e guardandomi allo specchio per rimuovere le tracce di mascara colato.

«Vuoi che ti accompagni a casa, così ti cambi?» Mi propose lui dopo qualche istante.

«Ti dispiace?» Dissi.

«No, figurati. Andiamo.» Replicò il ragazzo, mettendo in moto l’auto.

 
***

Harry parcheggiò al posto di Matthew, che era ancora fuori. Fortunatamente, perché vederlo era l’ultima cosa che avrei voluto fare. Poi il ragazzo mi offrì la sua felpa da mettere intorno ai fianchi, in modo da coprire la cucitura scoppiata dei miei pantaloni. Lo ringraziai e lo invitai ad entrare in casa.

«Cosa…» Mormorai dopo aver aperto la porta. All’ingresso mi scontrai con svariati palloncini rosa che dicevano cose come «è una bambina!» e «congratulazioni». Qualche passo più avanti ne vidi altri, questa volta lilla, che dicevano «scusa» e «perdonami».

Scossi la testa, sbuffando. Evitai i palloncini e mi diressi verso la camera da letto che condividevo con Matthew. Mi fermai di scatto quando arrivai davanti alla porta della camera della bambina - che era rimasta vuota fino al giorno prima e in quel momento era piena di scatoloni.

«C’è un mostro sotto il letto?» Domandò Harry, divertito.

«No.» Risposi distrattamente, entrando nella stanza e guardandomi intorno. C’era una busta sullo scatolone più grande ed era indirizzata a me.

La raccolsi e notai immediatamente la scrittura di Matthew. Rimasi un po’ delusa, perché avevo sperato che fosse un altro messaggio di Ingrid, ma la aprii comunque e cominciai a leggere la lettera.

‘Cara Freya,

questa mattina ti ho aspettata per parecchio tempo, perché avrei voluto dirti queste cose di persona, ma come sai oggi ho un esame importante e non potevo saltarlo. Voglio chiederti scusa. Scusa per tutto, per la mia reazione, per essere tornato a casa ubriaco e per non esserci stato durante l’ecografia. Per non averti tenuto la mano come avrei voluto fare e per non aver visto la nostra bambina insieme a te. La verità è che sono un codardo - e sono anche un coglione, lo so - e ho avuto paura. La verità è che vorrei essere più maturo, ma sono ancora uno stupido ragazzino e non ho la minima idea di cosa voglia dire esserci veramente per qualcuno e diventare padre.
Sono contento che avremo una bambina e non vedo l’ora di conoscerla. Ti giuro che, se mai riuscirai a perdonarmi, sarà tutto diverso. Tornerò ad essere il Matthew che hai conosciuto e ci sarò sempre per te e per la nostra piccola.
Nel frattempo spero che ti piacciano le cose che ho cominciato a comprare per la sua camera. E spero anche che stasera, quando tornerò a casa, tu ci sarai e che potremo ricominciare da zero a vivere la nostra vita come una vera famiglia.

Scusami ancora,
ti amo.
Matthew’


Deglutii sonoramente e riposi la lettera nella busta e poi sullo scatolone della culla della bambina. Mi appoggiai alla parete e sospirai, senza rendermi conto che Harry era ancora nella stanza.

Matthew ci stava provando. Sapevo come si sentiva, perché anch’io ero terrorizzata. Ero così spaventata da quello che stava per succedere che mi svegliavo durante la notte in preda ad attacchi di panico. Sarei stata una buona madre? Io non sapevo nulla su come si curava un bambino. Avrei dovuto leggere dei libri o farmi spiegare qualcosa da qualcuno, perché non sapevo nemmeno come si facesse a tenerli in braccio per non fargli male.

«Quindi avete deciso di chiamarla Imogen?» Domandò Harry, spaventandomi.

Guardai nella direzione in cui aveva puntato il suo sguardo e vidi un quadro con sfondo bianco e, all’interno della cornice, una serie di lettere rosa che formavano il nome ‘Imogen’.

«No, io non ho deciso proprio niente.» Dissi, avvicinandomi all’oggetto e osservandolo da più vicino. «Non ne abbiamo mai nemmeno parlato. E non ho nessuna intenzione di chiamare mia figlia Imogen.» Aggiunsi, arrabbiandomi. Appoggiai una mano sulla mia pancia e in quel momento promisi a me stessa che avrei fatto di tutto per proteggere quella bambina da quello che stava succedendo. Da un mondo in cui una persona che voleva farsi perdonare per essersi comportata in modo orrendo aveva comprato tutto il necessario per la sua camera e aveva addirittura scelto il nome senza chiedermi nulla. Dal mio mondo.

Se solo pochi istanti prima avevo pensato di perdonare Matthew, in quel momento quella era l’ultima cosa che mi passava per la mente. Anzi, avrei proprio voluto aspettarlo per dirgli di persona quello che pensavo di lui, dei suoi mobili rosa e del nome che aveva scelto.

«Dai, andiamo.» Propose Harry, mettendomi una mano alla base della schiena per accompagnarmi fuori da quella stanza. «Ti aspetto qui mentre ti cambi?» Mi domandò.

«Dove vuoi andare?» Chiesi, confusa. In quel momento ero così arrabbiata che l’unico posto in cui avrei voluto andare era l’università che frequentava Matthew per impedirgli di passare quello stupido esame.

«Vedrai. Ti aspetto qui, intanto devo fare una telefonata.» Rispose, sedendosi sul divano in salotto.

Lo guardai per qualche istante, perplessa, poi mi avviai verso la camera matrimoniale e decisi di fare qualcosa di drastico. Recuperai i miei bagagli dal ripostiglio, li riempii con il contenuto dei cassetti e dell’armadio, poi trovai un vestito che avrei potuto indossare e raggiunsi Harry in soggiorno.

«Possiamo fare un salto da Louis, prima? Non ho intenzione di rimanere qui un giorno di più.» Mormorai.

Lui non disse nulla. Mi guardò sfilare l’anello di fidanzamento dal dito e appoggiarlo sopra la busta sullo scatolone della culla, poi mi aiutò a trasportare le valigie in auto.

 
***

Louis non batté ciglio quando mi vide arrivare con tutti i bagagli, invece fece spazio per i miei vestiti nel suo armadio, in attesa di sistemare una delle camere degli ospiti e farla diventare la mia.

«Mi volete dire dove mi state portando?» Domandai dopo essere uscita dall’appartamento di Louis con Harry e il mio migliore amico.

«È una sorpresa.» Rispose Lou, facendomi l’occhiolino.

Tornammo sulla Range Rover nera dell’autista di Niall e Harry cominciò a guidare e non si fermò finché non raggiungemmo South Kensington. Camminammo per qualche minuto e sostammo davanti a una piccola boutique con le vetrine azzurre.

«Blue Almonds?» Dissi, leggendo l’insegna. In vetrina c’erano adorabili vestitini, culle, mobili e peluche per neonati. «Mi avete portata in un negozio per bambini?» Domandai con la voce tremante.

«Sì.» Rispose Louis. «Lo sai che la seconda stanza degli ospiti diventerà la camera della tua bimba e prima Harry mi ha chiamato e mi ha proposto di portarti a scegliere i mobili. Così eccoci qui.» Aggiunse, sorridendo.

Mi voltai a guardare Harry, che, come al solito, aveva un’espressione indecifrabile. Aveva visto la mia reazione davanti a quello che aveva scelto Matthew senza consultarmi e quella era stata la sua prima idea? Come se il mio cuore non battesse già alla velocità della luce solo a stare accanto a lui.

«Grazie.» Mormorai, asciugandomi gli occhi lucidi con il dorso della mano. «Grazie.» Ripetei prima di entrare nel negozio.

 
***

Louis mi obbligò a scegliere anche i mobili per la mia nuova stanza in un negozio nello stesso quartiere - dicendomi che finché non sarebbero arrivati avrei potuto dormire insieme a lui - e poi ci propose di andare a mangiare qualcosa in un piccolo ristorante a Westbourne Grove.

«Dannazione!» Esclamò una volta seduti al tavolo.

Harry ed io lo guardammo in attesa di una spiegazione.

«Mi ero completamente dimenticato della cena con Regina! Mi aveva chiesto giorni fa di aiutarla a districarsi da questa situazione con Niall e le avevo promesso che ci saremmo visti questa sera…» Cominciò a dire. Guardò l’orologio, poi si alzò dalla sedia. «Se scappo adesso arriverò solo con cinque minuti di ritardo. Scusatemi, mi farò perdonare la prossima volta - voi non state ad andarvene, mangiate pure e anzi, la cena ve la offro io. Ingozzatevi pure come maiali.» Aggiunse ridendo.

Uscì dal locale, lasciando Harry e me seduti al tavolo da soli e, francamente, un po’ perplessi.

«Che situazione con Niall?» Mi domandò poi il ragazzo, fingendo che non fosse successo nulla. Io, dall’altra parte del tavolo, avevo cominciato ad agitarmi, perché quello aveva cominciato a sembrare pericolosamente un appuntamento.

«Oh, Niall e Regina sono andati a letto insieme, lui adesso sta impazzendo perché ha una cotta per lei, ma ha paura che Regina non abbia nessun tipo di sentimento per lui. Non ho idea di come si senta lei a riguardo, onestamente, ma quando tornerà Louis, stanotte, glielo chiederò.» Risposi velocemente. Poi cercai di distrarmi bevendo un sorso d’acqua.

Harry ed io eravamo in un ristorante, seduti uno di fronte all’altro e quella mi sembrava l’occasione perfetta per parlare con lui. Perché sì, eravamo andati a letto insieme e poi lui mi aveva rifiutata, ma non avevamo mai parlato veramente di quello che era successo. Non mi aveva mai spiegato il motivo del suo comportamento.

«Ah sì, Niall mi aveva detto qualcosa.» Rispose il ragazzo. «È proprio cotto di Regina ed è terrorizzato dal fatto che lei non lo voglia più vedere.»

«Beh, è una sensazione orribile.» Mi lasciai sfuggire, prima di rendermi conto di quello che avevo appena detto. Sgranai gli occhi e lo fissai per qualche istante, forse per cercare di capire la sua reazione.

Harry si mosse sulla sedia, imbarazzato.

«Cosa… sai già cosa vuoi ordinare?» Domandò, nascondendosi dietro il menu.

Sospirai e cominciai a leggere i nomi dei piatti e gli ingredienti, cercando di ignorare la stretta allo stomaco che stavo provando in quel momento. Non avevo fame, volevo solo delle risposte. Volevo fare un discorso serio.

«Harry, perché ti stai comportando così con me?» Domandai di punto in bianco, posando il menu sul tavolo e fissando il ragazzo negli occhi. Ero stanca di non sapere quello che stava succedendo.

«Così come?» Chiese lui di rimando, abbassando lo sguardo.

«Lo sai benissimo. Siamo andati a letto insieme, poi mi hai detto che non sei attratto da me, hai cercato di evitarmi, ti sei comportato anche in modo abbastanza maleducato e adesso stai facendo di tutto per aiutarmi e ti stai comportando in modo civile. Cosa devo pensare?» Domandai.

«Buonasera! Siete pronti per ordinare?» Domandò la cameriera, avvicinandosi al tavolo ed estraendo il blocchetto dal grembiule.

«No.» Risposi freddamente, senza nemmeno guardarla.

«Ehm, okay, vi lascio ancora qualche minuto.» Disse la ragazza, prima di sparire.

Harry cercò di cominciare a parlare un paio di volte, ma poi si interruppe e non disse nulla, lasciandomi lì ad aspettare una risposta che sembrava non arrivare.

 


Sì, lo so, ormai se aprite il dizionario e cercate "ritardo", di fianco ci trovate una foto con la mia faccia. La settimana scorsa non sono nemmeno riuscita a finire di scrivere il capitolo, ma per fortuna ce l'ho fatta per questa settimana. Ed eccolo qui! Matthew cerca di farsi perdonare, ma nel farlo fa un errore incredibile, un errore che fa prendere a Freya la decisione di andarsene di casa e andare a vivere da Louis, che è ben felice di avere la sua migliore amica nell'appartamento nuovo. E Harry? Harry rimane sempre un mistero e nel prossimo capitolo leggeremo la risposta a QUELLA domanda di Freya. Perché si sta comportando in questo modo?
Grazie per la pazienza, per aver letto fin qui e anche per i commenti che mi lasciate ogni volta.

Un saluto speciale alla mia cara amica Martina :D

A martedì prossimo (spero)! Un bacione a tutti <3

 

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Capitolo 11
*** 10 - Ingrid ***



Capitolo 10 - Ingrid
 
Louis aveva creato l’opportunità per un appuntamento perfetto ed io ero stata così stupida da rovinarlo immediatamente con le mie domande. Perché non ero riuscita a stare zitta e a godermi il momento che si era creato, dopo la giornata piacevole che avevamo passato insieme Harry ed io?

«Non lo so.» Disse il ragazzo dopo quella che mi sembrò un’infinità di tempo. «Non so perché mi sto comportando in questo modo. Mi dispiace se ti ho ferita quando ti ho detto che non volevo tornare a letto con te.» Aggiunse, abbassando la voce.

«Voglio solo sapere come stanno le cose.» Dissi. «Se mi dici che non sei attratto da me e che tra noi non ci sarà mai nulla… rimarremo amici. Direi che siamo abbastanza bravi ad essere amici, oggi ne è stato l’esempio. Non ne farò una tragedia.»

«Freya, la situazione è complicata.» Rispose Harry, agitandosi ancora di più.

«Cosa c’è di complicato?»

«Tutto, Freya. Tutto è complicato.» Disse, scuotendo la testa. «Non…» Cominciò a dire, ma lo interruppi.

«Ah, già. Elizabeth.» Replicai. «Facciamo una cosa. Mangiamo e fingiamo che non sia successo niente, per favore. Mi sento già abbastanza stupida.»

«Non devi sentirti stupida. È che vorrei che tutto fosse più facile, ma non lo è. E a volte mi comporto da idiota, mi dispiace per tutte le volte in cui sono stato maleducato.» Disse lui.

Non avrei dovuto sentirmi stupida? Peccato che in quel momento era come se avessi in testa un cartello gigante con luci neon lampeggianti che diceva «qui c’è una stupida». Harry era innamorato di Elizabeth. Era venuto a letto con me perché probabilmente gli facevo pena o perché aveva litigato con lei o per chissà quale altro motivo, poi si era pentito e aveva cercato di evitarmi. Come avevo fatto a non capirlo prima?

«Pensiamo al menu, che forse è meglio. Tu cosa ordini?» Domandai, cercando disperatamente di cambiare discorso.

«Oh, sushi per tutta la vita.» Rispose lui sollevato, forse più tranquillo dopo che avevo deciso di abbandonare il discorso. «Tu?»

«Non lo so. Il riso con le verdure mi sembra una buona idea, ma non sono mai stata in questo ristorante.» Dissi, guardandomi intorno.

Era un posto che aveva scelto Louis, io non ci avevo mai messo piede. Uscivo raramente con lui a mangiare, di solito preferivamo ordinare da asporto e stare a casa. E quando uscivamo sceglievamo ristoranti di chef famosi, quindi la sua scelta mi era sembrata un po’ strana.

«Io vengo sempre qui con Niall. Cioè, Niall preferisce andare da Nando’s in fondo alla strada, ma questa è una valida alternativa. Sono venuto qualche volta anche con Lou e lui ordina spesso il riso con le verdure. Dice che è buonissimo.» Rispose Harry.

«Oh, okay. Grazie.» Dissi. «Quindi… quindi tu dove passi il tuo tempo di solito? Voglio dire, quando non stai lavorando.» Aggiunsi, imbarazzandomi.

Era una domanda maleducata? Probabilmente sì, ma mi ero appena resa conto che non avevo la minima idea di cosa parlare con Harry e, soprattutto, non avevo mai passato tanto tempo con una persona così diversa da me. Una persona che veniva da un mondo così distante dal mio.

«Sto tanto con Niall e solitamente andiamo al parco a giocare a calcio, oppure vediamo anche Louis e giochiamo ai videogiochi… ma quando ho voglia di stare da solo prendo la mia macchina fotografica, esco e comincio a camminare. Non so nemmeno io dove andare finché non ci arrivo. È… è una cosa che mi fa stare bene, che mi fa sentire tranquillo.» Rispose lui.

Ricordai vagamente un discorso che avevamo fatto tempo prima, quello in cui mi aveva chiesto la mia passione e non ero riuscita a rispondere, così l’avevo chiesto a lui e mi aveva detto che si trattava della fotografia.

«Deve essere bello.» Dissi, abbassando lo sguardo sul tovagliolo che avevo sistemato sulle mie gambe.

«Se vuoi puoi venire con me qualche volta.» Propose Harry. «Appena ho un giorno libero e il tempo lo permette vorrei andare a Regent’s Park… potremmo andare insieme.»

«Mi piacerebbe.» Risposi, maledicendo mentalmente il mio cuore per quello stupido tuffo che aveva appena fatto.

Perché aveva cominciato a battere ancora più forte? Harry era innamorato di Elizabeth e non gli interessavo. Era abbastanza chiaro, ormai. Dovevo smetterla di sentirmi come una ragazzina di undici anni.

«Siete… ehm… siete pronti?» Domandò la cameriera, interrompendoci con aria intimorita.

Le sorrisi, mi scusai con lei per essermi comportata in modo molto maleducato poco prima, e poi ordinai il riso alle verdure che avevo scelto.

 
***

La cena continuò tranquillamente. Io evitai di tornare sull’argomento che aveva creato parecchia tensione a inizio serata, e anche Harry cercò di parlare di qualsiasi altra cosa tranne che di quello.

In realtà parlammo davvero di tutto, partendo da quello che stavamo mangiando e arrivando a toccare argomenti più profondi e complessi, come se quella non fosse una delle prime volte in cui parlavamo davvero.

Matthew cercò di contattarmi per tutta la serata, ma continuai ad ignorare i suoi messaggi e le sue chiamate, tanto che, a un certo punto, decisi persino di togliere la suoneria per non continuare ad interrompere la conversazione con il ragazzo di fronte a me.

Alla fine della sera Harry mi portò a casa di Louis. Parcheggiò l’auto per pochi minuti davanti al negozio di Sameer e scese per accompagnarmi alla porta, cosa che trovai abbastanza strana, ma anche molto, ma molto gentile e premurosa.

«Mi ha fatto piacere passare del tempo con te.» Dissi, cercando di non tradire le mie emozioni.

Mi morsi il labbro inferiore, perché Harry mi rendeva nervosa e quando parlavo con lui mi sembrava di essere tesa come una corda di violino.

«Anche a me ha fatto piacere.» Replicò lui, camminando al mio fianco e fermandosi quando raggiungemmo il retro del negozio. Per qualche strano motivo Louis odiava la porta d’ingresso principale, quindi si doveva passare da Sameer anche per andare nel suo appartamento.

«Scusa se ti ho fatto delle domande un po’… ehm… un po’ scomode. Non volevo… non so nemmeno io perché l’ho fatto. Sono…» Cominciai a dire.

Mi bloccai, perché continuavo ad inciampare nelle mie stesse parole e non riuscivo a formare una frase di senso compiuto.  Perché doveva farmi quell’effetto? Non avevo mai provato niente del genere per nessuno. Ero sempre stata io quella che faceva girare la testa ai ragazzi, che li faceva balbettare e li faceva diventare impacciati. Non avevo la minima idea di come comportarmi in quel momento, così decisi di lasciare perdere e non dire più nulla. Tanto Harry non avrebbe capito in ogni caso, perché non riuscivo ad esprimermi.

«Ehi, lasciamo perdere. Io mi sono comportato da stronzo con te, quindi fingiamo che questa cena sia un nuovo punto di partenza e cancelliamo tutto quello che è successo prima di oggi, d’accordo?» Propose, guardandomi negli occhi e facendo accelerare il battito del mio cuore.

«Mi piace come idea.» Mormorai, distogliendo lo sguardo e puntandolo sulla maniglia della porta del retro del negozio. «Ci vediamo, allora. Buona notte e, uhm, beh, buona notte.» Aggiunsi, arrossendo.

Dovevo obbligarmi a non guardarlo, perché altrimenti mi sarebbe venuta voglia di baciarlo e non mi sembrava il caso. Avevamo fatto dei passi avanti e sì, probabilmente lui non mi avrebbe mai voluta perché era innamorato di Elizabeth, ma stavamo diventando amici. E amici era meglio di niente, in teoria. Giusto? Quindi non avrei potuto rovinare tutto con un bacio. Non in quel momento.

«Buona notte, Freya.» Disse Harry. Si allontanò di qualche passo, poi ci ripensò e tornò indietro.

Nella mia mente avevamo già cominciato a baciarci appassionatamente contro la parete e lui aveva già anche aperto la porta per portarmi al piano di sopra in braccio, continuando a baciarmi.

Ovviamente, nella realtà, non successe nulla di tutto quello che avevo immaginato.

«Hai dimenticato qualcosa?» Domandai, speranzosa.

«Sì.» Rispose lui, annuendo. «Volevo solo dirti che… per quello che conta, volevo dirti che hai fatto la cosa giusta, secondo me. A lasciare la casa, voglio dire. Hai il diritto di essere felice e di essere libera di scegliere quello che vuoi per tua figlia.» Aggiunse. «Niente, volevo solo che lo sapessi. ‘Notte!» Concluse, uscendo velocemente dal negozio e lasciandomi lì da sola, a riflettere su quello che era appena successo.

 
***

Trovai Louis sdraiato nel letto che condividevamo, mezzo nudo e con l’iPad in mano.

«Non dovevi essere a cena con Regina?» Domandai, abbandonando la borsa e le scarpe.

«Eh?» Mi chiese, distrattamente. «Cosa? Ah, la cena con Regina! No, era una balla per farvi rimanere da soli. Vi ho anche portati in un ristorante con dei bagni molto belli. Prego, eh. Dai, adesso voglio sapere tutto. Quanto, da uno a dieci, vi siete dati da fare?»

Lo fissai, cercando di capire che cosa stesse facendo e che cosa stesse dicendo.

«Dati da fare?» Domandai, raggiungendolo sul letto e rubandogli l’iPad di mano, nella speranza di beccarlo mentre guardava un film hard, in modo da avere materiale per ricattarlo per tutta la vita, ma invece stava solo facendo una maratona della nuova stagione di Orange Is The New Black su Netflix. «Sei noioso, Tomlinson. Speravo almeno che stessi guardando religiosamente un porno o qualcosa del genere.» Aggiunsi ridendo.

«I porno sono stupidi.» Rispose lui, riprendendosi l’iPad e guardandomi male. «Creano troppe false aspettative e poi non farei mai niente del genere nel letto che condividiamo. Per chi mi hai preso, per un uomo di Neanderthal?»

«Dubito che a quell’epoca avessero tablet e film, ma comunque no. Dimenticavo che sei il perfetto gentiluomo.» Risposi, ridendo.

«Bene, allora smetti di cambiare discorso e raccontami tutto quello che avete fatto tu e Styles. Avete usato il bagno del ristorante o vi siete nascosti in macchina, parcheggiati in qualche vicolo buio?» Mi chiese Louis, mettendosi seduto e riponendo l’iPad sul comodino.

«Niente di tutto ciò, mi dispiace deluderti. Abbiamo parlato e ho scoperto che tra di noi non succederà mai nient’altro, perché lui è innamorato di Elizabeth. Ed io, piuttosto chiaramente, non sono Elizabeth.» Risposi.

Louis mi fissò intensamente per qualche minuto, poi scosse la testa.

«Va beh, se è un cretino mica è colpa mia. Io ci ho provato.» Disse. «Spuntino di mezzanotte? Sono arrivato all’episodio tre dell’ultima stagione, se vuoi vederlo con me lo guardiamo in TV e ti racconto cosa ti sei persa.» Mi propose pochi istanti dopo.

«Ci sto.» Dissi. «E ho una voglia incredibile di cioccolato.» Aggiunsi, alzandomi e raggiungendo la cucina per svaligiare la dispensa.

 
***

Passai una settimana a casa di Louis, stressata a causa dei lavori al Circolo e in ansia per l’incontro con Ingrid e per la situazione con Matthew, che non smetteva un secondo di cercare di chiamarmi e si era persino presentato all’appartamento.

Avevo cominciato a fare fatica a dormire - non mi addormentavo mai e, quando lo facevo, mi svegliavo poche ore dopo, con la testa che quasi girava dai troppi pensieri e le troppe preoccupazioni. Avevo raramente fame e, quando mangiavo, poi mi veniva la nausea per il resto della giornata. Ero un disastro, e non avevo la minima idea di cosa fosse normale nel secondo trimestre della gravidanza e cosa non lo fosse.

Il giorno dell’incontro con Ingrid seguii le istruzioni che la donna mi aveva scritto sulla lettera e mi ritrovai in un piccolo ristorante a Shoreditch, a Est di Londra, un posto in cui non ero assolutamente mai stata.

Mi sedetti a un tavolo, dicendo al cameriere che mi si era avvicinato che stavo aspettando un’amica e che avrei ordinato più tardi, e cominciai a guardare fuori dalla vetrina, sperando che arrivasse presto.

Ingrid si fece attendere solo cinque minuti, poi la vidi entrare e non riuscii a trattenermi. Saltai in piedi e le corsi incontro, abbracciandola stretta.

«Cos’è successo? Che fine hai fatto? Perché sei sparita? Mi sei mancata tantissimo! Ho così tante cose da raccontarti! Puoi venire a fare la donna di servizio a casa del mio amico Louis? Vivo lì adesso e posso assumerti io.»

«Freya, tesoro, un attimo! Sediamoci, così ti racconto tutto.» Replicò la donna, accompagnandomi all’interno del ristorante.

«È vero che ti sei licenziata?» Domandai dopo essermi seduta.

«No.» Replicò la donna, guardandosi intorno furtivamente.

«Lo sapevo!» Esclamai. «Allora adesso puoi venire a lavorare a casa di Louis.» Dissi velocemente.

«Freya, la situazione è complicata.» Rispose Ingrid, abbassando lo sguardo.

Se avessi avuto una sterlina per ogni volta che avevo sentito ‘Freya, la situazione è complicata’ nell’ultimo periodo, probabilmente sarei stata in grado di comprare tutta la città di Londra. Quella frase era diventata la storia della mia vita. Ed io odiavo le situazioni complicate.

«Ma perché?» Insistetti.

La donna sospirò e mi prese una mano.

«I tuoi genitori hanno ottenuto un ordine restrittivo nei miei confronti e vale per tutta la famiglia. Non so come abbiano fatto, probabilmente hanno qualche amico giudice… insomma, hanno presentato delle false prove, hanno detto che rappresento una minaccia per tutta la famiglia e non posso più avvicinarmi a nessuno di voi. Rischio di essere arrestata, è pericoloso anche quello che stiamo facendo oggi.» Spiegò lei.

«Ma…» Cercai di ribattere, aggrottando le sopracciglia. «Ma non è giusto!» Esclamai. «Tu non sei un pericolo per nessuno. Tu mi hai cresciuta, sei stata una madre per me ed io ho bisogno di te in questo momento…» Piagnucolai.

Mi rendevo conto di sembrare una bambina di cinque anni, ma Ingrid per me era stata davvero una figura materna. Aveva giocato con me, mi aveva insegnato a parlare, a camminare, mi aveva ascoltata quando avevo bisogno di sfogarmi e mi aveva sempre dato consigli utili.

«Lo so, tesoro, non è giusto. Ma la situazione è questa e non possiamo cambiarla.» Rispose la donna, accarezzandomi le mani.

«Ma perché ti hanno licenziata?» Domandai.

Ingrid mi guardò e scrollò le spalle.

«La scusa che hanno utilizzato è che è stata tutta colpa mia se è successo quello che è successo, che sono stata una brutta influenza su di te e che devo starti lontana. La vera motivazione, secondo me? Tua madre ha voluto liberarsi di me perché sapevo troppo e perché non voleva che la sostituissi in questo momento delicato della tua vita.» Replicò.

«Nah.» Dissi. «Mia madre continua a fregarsene di me alla grande. L’unica cosa che le interessa è organizzare feste per salvarsi la faccia, dicendo che sono fidanzata ufficialmente con Matthew, annunciando la gravidanza e altre cazzate del genere. Non ho sentito una sola parola di supporto da quella donna. Non una. Quindi non penso che sia gelosa di te o niente del genere.» Aggiunsi.

«Non lo so, tesoro. So solo che è successo e dobbiamo trovare il modo per restare in contatto. I tuoi genitori mi hanno pagato un biglietto aereo per tornare a casa, ma non l’ho utilizzato. Ho passato le ultime settimane qui nell’est di Londra, ho trovato un lavoro come donna delle pulizie e ho cercato di stare lontana da tutti i posti che frequenta la tua famiglia. Ma nel retro della mia mente c’era sempre il pensiero fisso di quello che ti stava succedendo. Volevo starti vicina, ma non sapevo come. Voglio sapere tutto quello che è successo in queste settimane, Freya. Come stai? Vedo che hai deciso di continuare la gravidanza.» Disse Ingrid, stringendo le mie mani.

Mi lanciai in un racconto dettagliato di tutto quello che mi era successo da quando era stata licenziata, cioè da quando avevo scoperto di essere incinta, e Ingrid si commosse quando le raccontai che aspettavo una bambina. Poi cambiò espressione quando le spiegai tutta la situazione con Matthew, Harry ed Elizabeth.

«La mia vita è un casino adesso, Ingrid. Ho bisogno di te.» Dissi alla fine.

Lei scosse la testa, come faceva sempre quando pensava che qualcosa non andasse bene.

«Sei incinta, Freya. Devi cominciare a prenderti cura di te stessa. Tutto questo stress non ti fa bene! Hai delle occhiaie pazzesche, quand’è l’ultima volta che ti sei fatta una bella dormita?» Mi domandò.

«Non mi ricordo. Dormo due, tre ore per notte da un po’ di tempo.» Mormorai, abbassando lo sguardo.

«Tesoro mio, tu hai bisogno di fare un cambiamento radicale nella tua vita. Per prima cosa devi dimenticarti di tutti questi uomini che ti stanno facendo impazzire. Metti le cose in chiaro con Matthew, digli che hai bisogno di tranquillità e di relax finché non sarà nata la bambina e di lasciarti in pace. Non può continuare a chiamarti e a presentarsi a casa tua, se non lo vuoi vedere. Questo Harry mi confonde, non capisco quali sono le sue intenzioni con te, ma ti sta facendo agitare e questo non va bene. So che sei giovane e vuoi trovare qualcuno con cui condividere la tua vita, ma Freya, amore mio, la tua priorità assoluta in questo momento è questa bambina. Hai ancora quattro mesi di gravidanza, da questo momento le cose cominceranno a cambiare. Comincerai a sentirla muoversi, la pancia comincerà a crescere e a diventare pesante, comincerai ad aver bisogno di aiuto a fare le cose più semplici, come allacciarti le scarpe o alzarti dal letto… non puoi combattere con tutte queste cose e anche i ragazzi.» Cominciò a dire Ingrid. «Lascia stare Elizabeth e la sua gelosia. Sei andata a letto con il suo amante, ormai sono passati mesi, è anche ora che se la faccia passare. E, per favore, questa è la cosa più importante di tutte. Devi promettermi che non ti farai più fregare da tua madre e dai suoi giochetti di potere.»

«Lo so, lo so che devo fare tutte queste cose, ma come faccio?» Domandai, scuotendo la testa. Mi sembrava di essere ai piedi di una montagna altissima e di non avere la minima idea di da che parte iniziare a scalarla.

«Ce la farai, Freya. Devi solo mettertelo in mente. Iscriviti a un corso di Yoga in gravidanza, rilassati e rimanda tutte le decisioni e queste cose a dopo la nascita della bimba.» Mi consigliò Ingrid.

Annuii, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Ingrid aveva ragione. Tutto quello stress non mi stava facendo bene, dovevo rivedere le mie priorità e sistemare la mia vita.

«Grazie.» Dissi. «Mi sei mancata tantissimo e non so come farei senza di te. Per tutto questo tempo mi sono sentita come una gallina senza testa che corre in mezzo alla strada.» Aggiunsi.

Ingrid scoppiò a ridere, facendomi riscaldare il cuore. Era lì. Era davanti a me. E aveva detto che avremmo trovato il modo per rimanere in contatto e mi avrebbe aiutata. Le volevo bene, per me era mia madre, anche se non mi aveva partorita. Era stata lei a crescermi da quando ero appena nata, era lei la persona a cui avevo detto la mia prima parola, cioè ‘mamma’.

«Ti voglio bene, Coccinella.» Replicò lei, usando il soprannome che mi aveva dato quando ero una bambina.

Aveva cominciato a chiamarmi così, perché quando avevo tre anni avevo voluto vestirmi da coccinella per il Carnevale di Notting Hill e avevo voluto che mi portasse. Mi aveva detto che ‘Coccinella’ era un codice segreto e che l’avrebbe usato per dirmi che mi voleva bene davanti ai miei genitori, senza farsi sentire da loro.

«Anch’io, Ape.» Risposi.

Poi, esattamente come quando ero una bambina, Ingrid iniziò la nostra stretta di mano segreta, che terminò con l’abbraccio più stretto di tutta la mia vita.

«Devo andare adesso, Freya. Tieni, questo è un telefono usa e getta su cui possiamo contattarci senza farlo scoprire ai tuoi genitori. Quando vuoi sentirmi o vedermi, basta che mi chiami e ci mettiamo d’accordo, okay?» Disse, porgendomi una busta gialla.

«D’accordo.» Risposi. «Grazie.» Ripetei, sorridendo.

 


Ecco il nuovo capitolo! Finalmente scopriamo la risposta di Harry e, in realtà, non abbiamo scoperto molto, perché quel ragazzo è davvero misterioso. Cos'avrà voluto dire? Freya ha interpretato bene? Poi vediamo un momento di quotidianità con Louis, che è davvero il miglior amico che si potrebbe desiderare. Infine arriviamo al tanto atteso incontro con Ingrid e abbiamo delle risposte. Cosa succederà prossimamente? Matthew si farà di nuovo vivo? Freya andrà al parco con Harry? Oppure seguirà il consiglio di Ingrid e si concentrerà solo su se stessa e lascerà perdere tutte le altre "distrazioni"? Martedì prossimo avremo tutte le risposte :)
Grazie per essere passati e per aver letto! <3

 

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Capitolo 12
*** 11 - Baby Names ***



Capitolo 11 - Baby Names
 
Nelle settimane successive seguii il consiglio di Ingrid. Dissi a Matthew che avevo bisogno di tempo per stare tranquilla e che avremmo parlato dopo la nascita della bambina, ignorai le richieste di mia madre di presenziare alle sue feste e mi iscrissi a un corso di Yoga in gravidanza che mi cambiò completamente la vita.

Ricominciai a dormire e smisi di svegliarmi durante la notte in preda agli attacchi di panico (anche perché avevo iniziato a leggere tantissimi libri per nuove mamme e avevo scoperto parecchie cose su come ci si prendeva cura di un neonato).

Louis era stato un angelo in quel periodo. Mi aveva aiutata a terminare i lavori al Circolo e mi era stato vicino, a volte leggendo e ricercando su Internet insieme a me.

Erano arrivati anche i mobili della stanza della bambina e della mia nuova camera, così mi ero trasferita del tutto nell’appartamento del mio migliore amico.

Quel giorno sembrava uno come tanti altri. Niall, Louis, Liam, Harper, Regina, Harry ed io eravamo seduti comodamente sui nuovi divani del Circolo e stavamo chiacchierando del più e del meno.

«Ehi, Freya!» Richiamò la mia attenzione Louis. «Adesso che siamo tutti insieme potrebbe essere il momento ideale per cominciare a pensare al nome della bambina. Ovviamente lo sceglierai tu, ma se possiamo aiutarti in qualche modo…» Propose.

«Possiamo fare una lista di tutte le idee che ci vengono e poi scrivere i pro e i contro delle cinque opzioni migliori.» Suggerì Regina.

«Lista? Mi piace.» Replicò Harper, alzandosi e prendendo il suo tablet dalla borsa. «Sempre se ti va, ovviamente.» Aggiunse pochi istanti dopo, guardandomi.

«Sì, credo che sia ora di scegliere un nome.» Dissi, accarezzando il mio ventre. Ormai ero arrivata alla ventiquattresima settimana e la pancia continuava a crescere e crescere. «La bambina arriverà tra tre mesi, non posso continuare a chiamarla ‘bimba’.» Aggiunsi.

«Almeno non è più ‘Il Coso’.» Ribatté Harper, ridendo.

«In ogni caso non vorrò chiamarla Edith.» Dissi, ignorando mia sorella e provando un brivido di terrore all’idea che mia figlia potesse diventare come mia madre. «O Imogen.» Aggiunsi, ripensando alla rabbia che avevo provato il giorno in cui Harry aveva scoperto il quadro con quel nome.

«Dovrai chiedere a Matt se il nome che hai scelto va bene anche per lui?» Domandò Liam improvvisamente.

«No.» Dissi. «Lui non ha avuto problemi a scegliere Imogen senza chiedermi nulla.»

«Fai bene.» Mormorò Harper. «Forza, adesso scaldiamo i cervelli e cominciamo a tirare fuori idee. Freya, vuoi iniziare tu?»

«No, iniziate pure voi.» Risposi distrattamente. In realtà erano settimane che avevo in mente un nome per la bambina. Nella mia mente avevo già cominciato a riferirmi a lei proprio con quel nome già da un po' di tempo. Emma.

«Olivia?» Suggerì Niall.

«Oppure Lily.» Propose Louis.

«Secondo me anche Emily è un bel nome.» Aggiunse Liam.

«O Emma.» Disse Harry, facendomi restare a bocca aperta. Lo sapeva? Gliel'avevo detto e non mi ricordavo? O si trattava solo di una coincidenza?

«Freya, stai bene? Sembra che tu stia per svenire da un momento all’altro.» Disse Liam, preoccupato. Anche Regina mi stava fissando ed era seduta sulla punta del divano, come se volesse scattare in piedi al primo segno di svenimento.

«No, no, sto bene.» Rassicurai tutti. «Sono solo stupita, perché in realtà nelle ultime settimane…» Cominciai a dire, poi mi fermai per qualche istante, improvvisamente imbarazzata. Non ero sicura che i miei amici mi avrebbero capita, perché nessuno di loro stava passando quello che stavo passando io, ma potevo provarci. «Nelle ultime settimane ho cominciato a parlare con la bambina e… e ho cominciato a chiamarla proprio Emma.» Conclusi, abbassando lo sguardo per non vedere la reazione di nessuno.

«Beh, allora direi che è fatta.» Disse Louis. «Emma è un nome adorabile e sono piuttosto sicuro che tua figlia sarà la bambina più bella dell’universo. Di sicuro sarà la più viziata e avrà parecchi zii e zie che le vorranno bene.» Aggiunse sorridendo.

«Oh, assolutamente. Io non vedo l’ora di venire con voi a fare shopping e comprare minuscoli vestitini.» Intervenne Regina.

«Ed io non vedo l’ora di aiutarti a metterla a letto, a farle il bagnetto, a darle da mangiare…» Aggiunse Harper.

«Beh, io non so ancora cosa non vedo l’ora di fare per lei, ma sicuramente voglio conoscerla e beh… non ho idea di come ci si comporti con un neonato, ma ho una grande buona volontà e giuro che imparerò a fare quello di cui avrai bisogno. Anche cambiare pannolini.» Si offrì Niall.

«Beh ecco, sì. Anch’io.» Borbottò Liam con poca convinzione, facendoci scoppiare tutti a ridere.

«Sarà bello portarla a pattinare sul ghiaccio o al Luna Park e vincere per lei il peluche più grande di tutti…» Mormorò Harry, poi sgranò gli occhi, come se si fosse reso conto di quello che si era appena lasciato sfuggire. «Voglio dire, se mai faremo tutte queste cose, come gruppo, mi piacerebbe esserci per immortalare quei momenti.» Aggiunse poi, arrossendo.

«Mi sembra ovvio che faremo attività di gruppo con la piccola Emma, Harry. Penso che dovrà picchiarci per liberarsi di noi.» Replicò Louis, ridendo. «Aspetta solo che diventi adolescente e che cominci a uscire con i ragazzi. Li inseguirò con un fucile e li minaccerò di morte se solo oseranno toccarla o ferirla in qualche modo.» Aggiunse.

«Lou…» Mormorai. Mi veniva da ridere, perché la sua espressione era assolutamente comica, ma in fondo mi veniva anche un po’ da piangere, perché sapevo di non essere sola.

«Ecco quello che potrei fare!» Esclamò improvvisamente Liam. «Puoi contare anche su di me per proteggerla da qualunque cosa, Freya.»

«Sì, anche su di me.» Fece eco Niall. «Per quello e per insegnarle come si gioca a calcio.» Aggiunse.

Scoppiammo tutti a ridere ed io cercai di nascondermi per non fare vedere a nessuno che mi stavo asciugando gli occhi con il dorso della mano.

«Io non so cosa dire… se non grazie.» Dissi.

«Io aspetterei a ringraziarci, se fossi in te.» Intervenne Regina, con un sorrisetto. «Perché secondo me tra un po’ sarai così stufa di noi che comincerai ad odiarci!» Esclamò.

«Non credo proprio.» Dissi, scuotendo la testa. Come avrei mai potuto odiare mia sorella e i miei amici? Persone che non sapevano nemmeno da che parte si iniziasse a prendersi cura di un bambino, ma che ce la stavano mettendo tutta per starmi vicino?

«Ehi, a proposito. Mi stavo quasi dimenticando. Si sta avvicinando il nostro annuale Weekend Lurido a Brighton. Chi viene?» Domandò improvvisamente Louis.

Abbassai immediatamente lo sguardo, perché potevo proprio scordarmi di partecipare al nostro gioco preferito. Probabilmente non avrei mai più potuto fare cose del genere, perché sarei diventata madre dopo pochi mesi e non era decisamente il caso.

Il «Weekend Lurido» a Brighton era nato due anni prima, quando a Louis era venuta l’idea geniale mentre stavamo guardando un documentario su Giorgio Quarto dopo aver fumato parecchio. Aveva ascoltato con attenzione la parte in cui il Re aveva costruito un enorme palazzo e ci aveva portato la sua amante, dando il via al primissimo «weekend sporco» a Brighton.

«Cambiamo le regole e facciamo un gioco.» Aveva strascicato, ridendo. «Siamo tutti single, giusto? E a Brighton ci sono sempre tante, troppe feste di addio al nubilato e celibato, giusto? Mi state seguendo?» Aveva chiesto. «Chi partecipa a quelle feste è sempre ubriaco e disperato. Quindi noi andiamo là, tutti single. Il nostro weekend sarà lurido e non sporco, perché dovremo trovare la quantità più elevata di persone con cui andare a letto. Ovviamente vincerà chi starà con più gente.»

«E quale sarebbe il premio?» Avevo chiesto io, dopo aver bevuto un lungo sorso di vodka alla pesca.

«Uhm…» Louis ci aveva pensato su un po’, poi si era girato verso di me con un sorriso enorme. «Il vincitore verrà proclamato Re o Regina del Circolo per un mese intero. Il che vuol dire che avrà il diritto di fare tutto quello che vorrà e verrà servito e riverito dal resto di noi.»

«Per un mese?» Avevo chiesto, incredula. «Oh, ci sto.» Avevo risposto, sorridendo.

E quell’anno avevo anche vinto, con l’aiuto di Elizabeth, che era stata una perfetta complice durante quel fine settimana.

Sospirai, pensando a un periodo più facile, in cui Elizabeth ed io eravamo abbastanza amiche e le cose con Matthew erano molto più semplici.

I miei pensieri furono interrotti dal suono di un citofono, cosa che non avevo mai sentito al Circolo.

«Cos’è?» Domandai.

«Oh, avete presente che ho fatto cambiare tutte le serrature due settimane fa, giusto? Per evitare di trovare sorprese, come Matthew o Elizabeth.» Replicò Louis. «Poi ho anche fatto installare un citofono e ho detto a Sameer di avvisarci se arrivava qualcuno di indesiderato.» Continuò, alzandosi e raggiungendo l’apparecchio.

«Fantastico.» Borbottai.

«No, grazie. Mandalo via, per favore.» Sentii dire Louis. Il ragazzo ripose il ricevitore, poi mi guardò. «Era Matthew. Dice che sta cercando di contattarti con urgenza e che pensava di trovarti qui.»

Roteai gli occhi al cielo e sbuffai.

«Per fortuna che gli avevo detto che avevo bisogno di tempo e di lasciarmi in pace.» Dissi. «Comunque… torniamo a noi. Chi parteciperà al Weekend Lurido?» Domandai per cambiare argomento. «Io ovviamente non posso giocare, ma se Regina ha bisogno di una complice…» Aggiunsi, prima di rendermi conto di quello che avevo appena detto.

Vidi Niall far saettare lo sguardo immediatamente verso di me.

«Ecco…» Cominciò lei.

«Anzi no, sapete che vi dico? In effetti potrei anche rimanere a casa. Forse non è il caso di stancarsi così tanto.» Mormorai, abbassando lo sguardo.

«Oppure potremmo andare tutti e chi vuole partecipa al gioco, chi non vuole si fa solo un weekend rilassante al mare.» Propose Harry.

«Sì, direi di sì.» Replicò Liam. «Anche perché sto uscendo con una ragazza, non mi sembra il caso. Però ho voglia di venire al mare.» Aggiunse.

«Sì, anch’io.» Risposero Niall e Regina all’unisono. Poi si guardarono, arrossirono e ridacchiarono.

«Oh, okay. Sto diventando troppo vecchio per certe cose in ogni caso.» Disse Louis, annuendo. «E poi la mia cosa preferita al mondo è competere con Freya durante il Weekend Lurido, quindi rinuncio volentieri.» Aggiunse. «Scusa, mi sono dimenticato per un secondo che non avresti potuto partecipare.»

Mi passò un braccio intorno alle spalle e mi strinse a sé velocemente, dandomi un bacio sulla testa.

«E poi c’è sempre qualcosa di lurido che potrebbe succedere a Brighton. Soprattutto se verrà con noi anche un certo aspirante maggiordomo di nostra conoscenza, giusto?» Mi sussurrò nell’orecchio, assicurandosi così che nessuno sentisse.

«Cretino.» Scherzai, tirandogli un lieve pugno sul petto. Lui rise e mi fece l’occhiolino.

 
***

Da quando avevo parlato con Ingrid ero riuscita a seguire tutti i suoi consigli… tranne uno. Avevo cercato con tutta me stessa di ignorare quello che provavo ogni volta che Harry guardava nella mia direzione o che mi rivolgeva la parola, ma non ce l’avevo fatta.

«Ehi, Freya!» Esclamò quel giorno, correndo per attraversare la sala principale del Circolo e raggiungermi.

«Ehi.» Dissi, cercando di mantenere la calma. Il mio cuore aveva già cominciato a battere più velocemente e a fare salti carpiati nel mio petto, ma dovevo ignorarlo.

«Ti ricordi che qualche settimana fa ti avevo proposto di venire con me a Regent’s Park per fare un paio di foto? Finalmente ho un giorno libero e vorrei andare… ti va?»

«Sì!» Esclamai, forse con un po’ troppo entusiasmo e velocità. «Voglio dire, aspetta che controllo se ho qualcosa da fare.» Aggiunsi pochi istanti dopo per darmi un contegno. Finsi di controllare il calendario del mio telefono (che era desolatamente vuoto per quel giorno), poi persi ancora qualche minuto a guardare gli aggiornamenti di Instagram dei miei amici. «Sì, direi che potrei farcela.» Conclusi alla fine.

«Perfetto, allora andiamo, così riesco a fotografare durante le ore di luce migliore.» Disse, recuperando la borsa con la sua macchina fotografica dal bancone del bar e cominciando a camminare verso l’uscita.

Lo seguii, cercando di convincermi a comportarmi come se tutto quello che stava succedendo fosse una cosa normale. Certo, era normale che il mio cuore battesse così forte per una semplice passeggiata al parco con un ragazzo innamorato di una mia amica (o ex amica, non ero ancora sicura di come stessero andando le cose tra di noi, perché non avevo più sentito Elizabeth).

«Harry, dove stiamo andando?» Domandai qualche minuto dopo, quando notai che non ci eravamo fermati a prendere la mia auto. Quella dell’autista di Niall, che di solito usava Harry quando aveva bisogno di andare da qualche parte, non era parcheggiata da nessuna parte nelle vicinanze.

«A Green Park.» Rispose lui.

«Green Park?» Chiesi, sorpresa. «Non avevi detto che saremmo andati a Regent’s Park?» Aggiunsi.

«Sì.» Replicò il ragazzo, fermandosi e guardandomi negli occhi. «Ma per arrivarci dobbiamo andare a prendere la metro a Green Park.» Aggiunse.

«La metro?!» Esclamai, incapace di trattenermi. «No. No, non posso. Sono incinta, Harry. Non posso prendere la metro.»

Lui scoppiò a ridere e mi mise una mano sul braccio, cosa che, se possibile, iniziò a far battere il mio cuore ancora più forte. Era come se volesse uscire dal mio petto, lo sentivo persino nelle orecchie.

«Freya, c’è pieno di donne incinta che prendono la metro. Non fa nemmeno così caldo oggi, non soffocherai e non ti sentirai male. Te lo prometto.» Cercò di rassicurarmi lui, ma io continuai a fissarlo con gli occhi sgranati.

«Ma… ma non è igienico. C’è pieno di batteri e schifo vario. E poi… e poi io non so come si fa. Non possiamo prendere il mio autista? Non ha niente da fare oggi.» Mormorai.

«Avevi detto che ti sarebbe piaciuto vedere ‘il mio mondo’, giusto? Nel mio mondo si prende la metro per andare a Regent’s Park. Altrimenti, se vuoi, possiamo prendere l’autobus.» Suggerì Harry, ridacchiando.

Fissai per qualche istante gli enormi Double Decker rossi così pieni di gente che alcuni dovevano rimanere in piedi.

«No. Va bene la metro.» Mi rassegnai alla fine. Lui sorrise, facendo perdere un battito al mio cuore, poi senza preavviso mi prese per mano e mi guidò verso le scale per scendere in metropolitana.

«È così terribile?» Mi domandò dopo avermi mostrato dove si comprava un biglietto e come si usava.

«C’è puzza qui sotto.» Mi lamentai, guardandomi intorno e tenendo stretta la mia borsa. «C’è puzza e…» Continuai, bloccandomi. «Harry, quello è un TOPO!» Urlai.

Alcune persone intorno a me guardarono nella direzione che avevo appena indicato e risero. Altre, che sembravano turisti, cominciarono a parlare velocemente tra di loro in una lingua che non conoscevo e poi si spostarono qualche metro più avanti.

«Sì, la metro è piena di topi.» Mi spiegò lui, cercando con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere. «Ma questi sono piccoli, non preoccuparti. Hanno più paura loro di te che viceversa.»

«Ti odio.» Dissi con aria drammatica. «E mi assicurerò di dire ad Emma di non venire mai in giro con te.»

Questa volta Harry scoppiò a ridere sul serio, cosa che mi avrebbe fatto davvero arrabbiare se si fosse trattato di qualsiasi altra persona. Lui, invece, era incapace di farmi arrabbiare quando rideva in quel modo. Anzi, mi faceva annodare lo stomaco e mi sentivo persino orgogliosa di essere stata io la persona che l’aveva fatto ridere così di gusto.

«Forza, sta arrivando il treno. Vieni con me.» Replicò il ragazzo, camminando verso la linea gialla.

«Ma è pieno.» Mormorai. «E se ci perdiamo di vista? Io non so dove devo scendere.» Aggiunsi, sgranando gli occhi ancora di più.

«Tieni la mia mano e vedrai che andrà tutto bene. Non ci perderemo di vista. Comunque la fermata è Baker Street.» Rispose, rivolgendomi un bellissimo sorriso. Poi prese la mia mano di nuovo, per la seconda volta in poco tempo, facendomi decidere di smettere di lamentarmi e di godermi quella giornata. Nessuna puzza e nessun topo potevano battere la sensazione di camminare di fianco a lui e di tenere la sua mano.

 
***

Non avevo mai visto Harry mentre inseguiva il suo sogno, mentre fotografava. Sembrava una persona diversa. Era concentrato, il suo sguardo continuava a saettare da una pianta all’altra, da un fiore all’altro, alla ricerca dell’angolo perfetto da immortalare.

Lo seguii in silenzio, commentando mentalmente tutto quello che stava succedendo con frasi del tipo: «solo lui poteva trovare qualcosa da fotografare in mezzo a questi fiori» o «quando fotografa tira fuori la lingua, è adorabile» e ancora «smettila, Freya. Se si gira ti becca in pieno mentre gli stai guardando il didietro.»

Ci fermammo in una zona del parco in cui non ero mai stata (non che avessi visitato gran parte di Regent’s Park, dovevo ammetterlo. Non ero mai stata adatta alla natura e all’aria aperta. Avevo sempre preferito locali e il Circolo) e, mentre Harry era perso completamente nel suo mondo della fotografia, io cominciai ad osservare la cascata di fronte a me e ad ascoltarne il rumore.

Era incredibilmente rilassante e, in effetti, quello era il primo momento in cui potevo dire di essere seriamente tranquilla da quando avevo scoperto di essere incinta. Ogni tanto qualche coppia mi passava di fianco, mano nella mano, oppure qualche turista solitario si fermava per scattare una foto alla cascata, ma per il resto sentivo solo il rumore della cascata e il cinguettio degli uccelli sugli alberi. E certo, il «click, click, click» della macchina fotografica di Harry, ma non mi dava fastidio. No, era una sensazione che avrei voluto provare per il resto della mia vita.

Poi successe, improvvisamente e velocemente. Sentii uno strano movimento, come se qualcosa mi stesse toccando dall’interno.

«Oh, Emma…» Mormorai, accarezzando il mio ventre e sentendo gli occhi diventare lucidi.

«Va tutto bene?» Sentii la voce di Harry. Non mi ero nemmeno accorta che si era avvicinato. Alzai lo sguardo e sorrisi, annuendo.

«Ho sentito il primo calcio. Il primo vero calcio, non la sensazione di farfalle che ho provato fino ad ora… Harry, è… è…» Mi interruppi, perché non avevo nemmeno le parole per descrivere quello che stava succedendo. Lasciai che qualche lacrima scorresse sulle mie guance e continuai ad accarezzare il mio ventre, meravigliata.

«Un vero calcio? Cioè… hai sentito proprio Emma che si muoveva?» Mi domandò lui, sgranando gli occhi e cominciando a fissare il punto in cui avevo posato la mano.

«Sì!» Dissi. «Non so spiegartelo, è stata una cosa assurda, ma bellissima.» Aggiunsi. «Oh, eccone un altro!» Esclamai.

Non pensai nemmeno a quello che stavo facendo e non domandai il permesso a Harry, anche se probabilmente avrei dovuto farlo. Presi solo la sua mano e la posai sulla mia pancia, più o meno dove avevo sentito l’ultimo calcio.

Rimanemmo così per qualche minuto, finché Emma si mosse di nuovo e questa volta la sentì anche lui. Poi mi guardò negli occhi, con un’espressione mista tra lo spaventato e il meravigliato e, in quel momento, mi sembrò di stare vivendo in un film. Era tutto perfetto, mancava solo un bacio mozzafiato e poi avrei anche potuto cominciare a volare per la felicità.

«Harry? Freya?»

Harry rimosse la mano di scatto, facendomi spaventare. Mi guardai intorno, per cercare di capire se la voce che avevo appena sentito fosse vera o se fosse frutto della mia mente. Invece si trattava proprio di Elizabeth, che era ferma a qualche passo da noi e ci stava fissando.
 

Nuovo capitolo! Freya cerca di seguire il consiglio di Ingrid, anche se non ci riesce proprio fino in fondo, e in questo capitolo scopriamo il motivo... e la bambina finalmente ha un nome! È passata da "Il Coso" a "La Bambina" o "La Bimba" e finalmente adesso si chiama Emma.
In questo capitolo vediamo un paio di momenti particolari tra Harry e Freya (che è sempre più cotta di quel ragazzo misterioso) e tornano Matthew (anche se viene lasciato fuori dal Circolo, ma vi anticipo che tornerà) ed Elizabeth. Cosa vorrà? Come reagirà Harry vedendola?
Alla prossima, per tutte le risposte!
Grazie per aver letto fin qui e a martedì prossimo <3

 

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Capitolo 13
*** 12 - Dirty Weekend ***



Capitolo 12 - Dirty Weekend
 
«Elizabeth.» La salutai freddamente. Non l’avevo ancora perdonata del tutto per quello che aveva detto al Circolo, quando mi aveva fatta arrabbiare e le avevo fatto ammettere di tradire il suo ragazzo.

«Ehm… ehi. Non ci siamo più sentite.» Disse, ignorando completamente Harry. «Volevo solo dirti che mi dispiace per quello che ho detto. Possiamo parlare uno di questi giorni?»

«Ciao eh. Comunque ci sono anch’io.» Intervenne lui, parlando fra i denti e guardandola con freddezza.

«Lo so, ti avrei chiesto di parlare in privato tra un secondo.» Gli rispose lei, abbassando lo sguardo. «Ti dispiace, Freya?» Mi domandò Elizabeth pochi istanti dopo.

«No, fate pure.» Mi sforzai di rispondere. In realtà avrei voluto lanciarla in quelle due dita d’acqua che passavano sotto il ponticello ai piedi della cascata, farle bagnare tutti i vestiti e costringerla ad andare a casa in quel modo. Il solo pensiero di quei due, che facevano quello che avrei voluto fare io con Harry… no, era troppo per me. Anche perché continuavano ad andare a letto insieme da chissà quanto tempo, quindi potevano prendere in giro gli altri (e loro stessi) finché volevano, ma ero sicura che provassero qualcosa l’uno per l’altra. E quel pensiero mi spezzava semplicemente il cuore.

Mi allontanai di qualche passo e cercai di convincermi a rimanere girata di spalle per non vederli, ma non riuscii a farlo. Mi voltai verso di loro, dopo essermi assicurata che non mi avrebbero vista, perché ero semi-nascosta dietro a una pianta, e li osservai.

Ero troppo lontana per ascoltare quello che si stavano dicendo, ma riuscivo a vedere benissimo il loro linguaggio del corpo. Elizabeth stava chiaramente cercando di farsi perdonare e aveva appoggiato una mano al petto di Harry, che sembrava arrabbiato, ma nello stesso momento aveva l’aria di uno che avrebbe voluto strapparsi i vestiti di dosso e andare a letto con la ragazza in quel preciso istante.

Decisi di non aspettare nemmeno un altro secondo. Dovevo andarmene da quel parco, perché non riuscivo più a guardarli insieme. La mia mente aveva deciso di tormentarmi e avevo cominciato ad immaginare mille scenari diversi e tutti finivano con quei due che si rotolavano nell’erba dietro un cespuglio.

Raggiunsi l’uscita del parco più vicina e chiamai un taxi e tornai a casa.

 
***

«Ehii! Com’è andato l’appuntamento con Harry?» Mi domandò Lois appena mi vide.

«Non era un appuntamento.» Risposi a denti stretti. «E tu come lo sai, poi?» Domandai qualche istante dopo.

«Io so sempre tutto.» Replicò Louis con aria misteriosa.

«Dimmi che non c’entri qualcosa, ti prego.»

«Beh…» Cominciò lui, sedendosi al bancone della cucina e facendomi cenno di seguirlo. «Diciamo che potresti avermi raccontato che ti aveva invitata ad andare al parco con lui durante il suo primo giorno libero, così ho controllato le previsioni del tempo, ho visto che oggi ci sarebbe stato il sole e ho chiesto a Niall di convincere i suoi a dare un giorno di ferie a Harry. Sapevo che lui avrebbe fatto il resto e ti avrebbe invitata immediatamente.» Spiegò il mio amico, assumendo un’espressione compiaciuta.

«Non so se abbracciarti o picchiarti in questo momento.» Dissi, scuotendo la testa. «Comunque è andato tutto bene, almeno fino a quando non è ricomparsa Elizabeth e mi ha chiesto di sparire per parlare con Harry. Li ho aspettati per un po’, poi ho visto che lei cominciava a mettergli mani ovunque e lui la guardava come se fosse una torta… e me ne sono andata.» Aggiunsi. «Meglio così, ho mille cose da fare oggi.» Mentii.

«A proposito di gente che ricompare…» Iniziò Louis, interrompendosi per andare a recuperare un foglio dalla consolle all’ingresso dell’appartamento. «Matthew ha lasciato questa lettera a Sameer e gli ha chiesto di consegnartela. Non l’ho letta, non so cosa ci sia scritto, ma se vuoi la buttiamo e non ci pensiamo più. Altrimenti posso lasciarti sola o possiamo leggerla insieme, come preferisci.»

«Stai pure con me, grazie.» Dissi, prendendo il foglio piegato dalle sue mani e aprendolo. Non era una lettera, era solo un breve messaggio che diceva:

‘Freya, tua madre vuole annunciare la data del matrimonio (l’ha decisa lei). Chiamami, Matt.’

«Oh, no.» Mormorai. «OH, NO!» Urlai poi. Tutta la rabbia, l’ansia, la frustrazione e il nervoso che avevo cercato di reprimere durante quelle settimane tornarono a invadermi come uno tsunami e decisi di fare finalmente qualcosa.

«Freya?» Cercò di bloccarmi Louis, ma non ci riuscì, perché ero già uscita di casa.

Mia madre doveva smettere di interferire e di cercare di controllarmi e doveva smettere di farlo immediatamente. Ero stanca di lasciar correre tutto e di dargliela vinta.

 
***

La donna di servizio di mia madre cercò di dirmi che avrei dovuto aspettare di essere ricevuta, ma la ignorai e corsi nel suo studio, dove sapevo che non stava facendo assolutamente nulla, perché era quello che faceva tutto il giorno. Cercava di darsi un contegno e si era fatta costruire uno studio, ma non aveva un lavoro, non aveva niente da fare se non pianificare la sua prossima mossa per rovinare la vita della gente.

«Freya, sono occupata in questo momento. Sto cercando di organizzare…» Cominciò a dire mia madre, ma la interruppi.

«Non mi interessa se stai fingendo di essere occupata. Adesso mi guardi negli occhi e mi ascolti.» Dissi. «Sono davvero stanca dei tuoi giochi di potere. Non voglio sposare Matthew e non lo sposerò. Pensi che sia abbastanza adulta per vivere da sola, visto che sono incinta? Bene, allora smetti di trattarmi come se fossi una bambina, smetti di cercare di controllare la mia vita e stai lontana da me.» Aggiunsi velocemente, quasi senza respirare.

«Freya, non permetterti mai più di rivolgerti a me in questo modo.» Replicò mia madre, assumendo un’espressione sconvolta. Avrei voluto tirarle uno schiaffo.

«E tu non permetterti mai più di prendere decisioni al mio posto. Questa è l’ultima volta che ti dico che non sposerò Matthew. Accettalo. E se non lo accetti, stai lontana da me.» Dissi di nuovo.

Ero così nervosa che sentivo di stare tremando, ma avevo iniziato e non potevo fermarmi. Avevo subito per troppi anni la cattiveria di mia madre. Mi aveva manipolata per troppo tempo. Era ora di smettere di accettare tutto e di iniziare a farsi valere.

«D’accordo.» Disse la donna, guardandomi freddamente. «Se vuoi giocare in questo modo, vediamo come pensi di vivere e crescere un bambino senza soldi.» Aggiunse.

Scossi la testa, incredula.

«Sai cosa ti dico? Non me ne faccio assolutamente nulla dei tuoi soldi. L’unica cosa che avrei voluto era una madre che mi stesse vicina in questo momento difficile, ma è evidente che ho sbagliato persona. Tutto quello che ti interessa sono le apparenze e cosa pensa la gente. Fai quello che vuoi, io con te ho chiuso.» Dissi. Mi voltai e ricominciai a camminare verso la porta dello studio, ma mi fermai appena prima di uscire. «Comunque è una bambina. E si chiama Emma.» Aggiunsi.

 
***

Quando tornai a casa di Louis, con le mani che ancora tremavano, forse per il nervoso, forse per l’adrenalina che avevo provato quando avevo finalmente detto a mia madre quello che pensavo di lei, trovai Harry seduto sul divano.

«Cosa fai qui?» Domandai, bloccandomi all’ingresso.

«Freya! Mi sono spaventato a morte. Sei sparita dal parco, ho provato a chiamarti e non mi rispondevi… pensavo che ti fossi persa! Poi ho chiamato Louis e mi ha detto che eri tornata a casa, così sono venuto qui… cos’è successo?» Rispose lui. Stava parlando così velocemente che quasi non si capiva quello che stesse dicendo. E Harry, solitamente, parlava così lentamente che faceva venire voglia di estrargli le parole dalla bocca con una pinza.

«Avevo caldo, volevo tornare a casa.» Mentii, girando il viso dall’altra parte per impedirgli di guardarmi negli occhi.

«Oh, okay. Però… per favore, la prossima volta avvisami. Ho passato le due ore più brutte di tutta la mia vita, pensavo che ti fosse successo qualcosa.» Mormorò lui, tornando a parlare normalmente.

«Okay.» Dissi. «Scusa Harry, ma ho davvero tante cose da fare oggi. Ne parliamo un’altra volta.» Aggiunsi. Sapevo che non avrei dovuto comportarmi in quel modo, perché quello era esattamente il modo in cui mia madre liquidava le persone con cui non voleva parlare. L’aveva fatto mille volte anche con me e sapevo benissimo come ci si sentiva, ma non ero riuscita a fermarmi. Avevo detto quella frase lo stesso e l’avevo fatto solo perché non volevo che Harry mi dicesse che aveva fatto pace con Elizabeth e che erano tornati insieme.

«Ma…» Ribatté lui. Poi sembrò cambiare idea e si alzò dal divano. «D’accordo.» Disse. «Comunque mi ha fatto piacere passare il pomeriggio con te. Spero che tu ti sia divertita. Se… se vorrai mai venire di nuovo con me quando vado a fotografare sei la benvenuta, okay?»

«Mmh, sì.» Dissi, senza nemmeno guardarlo. Mi sentivo una stupida, una bambina gelosa, una completa idiota.

«Beh, allora… ci vediamo.» Replicò Harry. Lo vidi indugiare per qualche secondo con la coda dell’occhio. Era come se stesse decidendo se abbracciarmi per salutarmi o se andarsene senza fare niente.

Poi, quando notò che non avevo la minima intenzione di girarmi, si allontanò in silenzio. Sentii la porta chiudersi alle sue spalle e crollai sul pavimento, appoggiata alla colonna che separava la zona cucina dalla zona soggiorno. Mi coprii il viso con le mani e cercai con tutta me stessa di non piangere e di tranquillizzarmi.

 
***

Quando partimmo per l’annuale «Weekend Lurido» a Brighton, ero incinta di trenta settimane. La mia pancia era diventata enorme e avevo dovuto trascinare Regina e Harper a fare shopping insieme a me, perché non avevo più un singolo abito che mi andasse ancora bene. Avevo bisogno di qualche costume e, soprattutto, di copri costumi, perché non avevo intenzione di andare in giro in bikini. Non con quella pancia.

«Ho dovuto lottare con mio padre per la casa, quest’anno.» Disse Niall, dopo aver aperto la porta dell’appartamento con vista mare dei suoi genitori. «Volevano venire qui proprio questo weekend.» Spiegò.

«Per fortuna che li hai convinti. Ho l’impressione che abbiamo proprio bisogno di questo fine settimana rilassante.» Replicò Louis, lanciando il suo borsone sul divano. «Pronti per andare in spiaggia?» Domandò pochi istanti dopo.

Mi guardai intorno e vidi tutti annuire. Tutto mi sembrava strano e fuori posto. Matthew, che aveva sempre partecipato a quei weekend, non era presente. Liam aveva portato con sé la sua nuova ragazza, Sophia. Niall e Regina avevano finalmente deciso di dichiarare al mondo di essere una coppia a tutti gli effetti. Harper, che non era mai venuta con noi, perché in passato non l’avevo mai nemmeno invitata, mi stava sorridendo dall’altra parte della stanza, insieme al suo ragazzo. E Harry…  Harry si era seduto sull’altro divano, di fianco a Elizabeth.

Regina aveva deciso di perdonare la sua migliore amica e aveva chiesto a Louis di riammetterla al Circolo e l’aveva invitata a passare il weekend con noi, nonostante io non fossi del tutto felice di quella decisione. Ma quando Louis mi aveva chiesto cosa pensassi di quella situazione, gli avevo mentito e avevo detto che non mi interessava, che poteva tornare a frequentarci e la cosa non mi avrebbe cambiato la vita.

«Forza, andiamo a cambiarci e poi andiamo in spiaggia. Non mi interessa se l’acqua sarà gelata, ho bisogno di fare un bagno.» Disse Liam, portando il suo borsone nella stanza degli ospiti che solitamente occupava lui durante i nostri Weekend Luridi.

 
***

Brighton, come al solito, era piena di feste di addio al celibato e al nubilato e c’erano ragazzi e ragazze che bevevano ovunque, a qualunque ora del giorno e della notte.

Louis aveva prenotato svariati lettini e ombrelloni per tutto il gruppo e ci eravamo già sistemati a pochi metri dal mare. Niall, Harry, Liam, Sophia, Harper e il suo ragazzo avevano già deciso di andare a fare il primo bagno, mentre Louis ed io rimanemmo sdraiati sui lettini a prendere il sole. Regina ed Elizabeth, invece, avevano deciso di cominciare il Weekend Lurido con il primo round di cocktail ed erano sparite in un bar sulla spiaggia.

Osservai i miei amici correre in costume sui sassi ed entrare in acqua, ridendo e spruzzandosi l’un l’altro. Erano felici e vederli così allegri mi faceva provare una stretta piacevole al cuore.

Mi persi a guardare Harry, che stava indossando un paio di pantaloncini gialli e aveva legato i capelli bagnati, togliendoseli dal viso. Avevo già notato i suoi tatuaggi quando ero stata a letto con lui - e varie altre volte dopo quel momento, perché continuavo a fissarlo anche se non avrei dovuto - ma in quell’occasione cominciai ad osservarli davvero, chiedendomi se avessero un significato o se li avesse voluti solo perché gli piacevano.

Poi cominciai a concentrarmi sul suo corpo, sui pettorali lievemente scolpiti, sulle gambe lunghe, le braccia (una piena di tatuaggi e l’altra quasi completamente vuota) e, soprattutto, il viso. Stava ridendo, aveva gli occhi leggermente socchiusi per il riflesso del sole e sembrava che le sue labbra fossero ancora più rosse del solito. Era bellissimo.

«È così grave la tua cotta per lui?» Mi domandò Louis, facendomi fare un salto per lo spavento.

«Fatti gli affari tuoi.» Replicai, stizzita.

«Ci sto provando, ma la concentrazione con cui ti stai mangiando Harry con gli occhi mi sta distraendo.» Scherzò lui. «Seriamente, Danno, è così grave la situazione?» Mi domandò.

Chiusi gli occhi e mi coprii il viso con le mani, scuotendo la testa. «Vorrei dirti di no, ma non riesco a smettere di pensare a lui. Continuo a rivedere nella mia mente tutti i momenti che abbiamo passato insieme e continuo a rimpiangere quelli in cui pensavo che ci saremmo baciati e invece non è successo nulla. Louis, sono disperata.» Mi sfogai alla fine.

«Ma perché non glielo dici?» Mi suggerì il ragazzo, voltandosi verso di me e sostenendo la testa con un braccio.

«Perché mi ha già detto di non essere interessato a me e… e poi c’è Elizabeth. Hanno passato il viaggio seduti vicini, credo che siano tornati insieme.» Mormorai, abbassando lo sguardo e obbligandomi a smettere di fissare Harry.

«Vuoi che ci parli io?» Propose Louis.

«No!» Esclamai. «No, ti prego. L’ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento è ulteriore umiliazione. Penso di aver già fatto un gran bel lavoro da sola.» Aggiunsi. «Anzi, sai cosa ti dico? Vado a bere un succo di frutta al bar, torno tra poco.» Conclusi, alzandomi dal lettino e lasciando il mio amico da solo.

Non avevo bisogno di parlare della mia cotta per Harry ulteriormente. Sapevo che avrei dovuto farmela passare, perché avrei finito solo per farmi del male da sola. Ma come si faceva? Non esisteva un pulsante che, premendolo, faceva smettere di provare sentimenti per qualcuno. Avrebbero sicuramente dovuto inventarlo, io sarei stata la prima a farmelo installare.

Mi sedetti a uno dei tavolini all’esterno del bar più vicino alla nostra postazione e attesi che la cameriera mi portasse il succo ai frutti tropicali che avevo ordinato. Mi curai anche di girare le spalle al mare, perché così avrei potuto evitare di continuare a fissare Harry.

«Ehi.» Sentii la voce di un ragazzo alle mie spalle. «Ti ho vista seduta e ci ho pensato un po’, ma alla fine ho deciso di venire a conoscerti, perché sei troppo bella.» Continuò.

Mi voltai verso di lui, ma non riuscii a vederlo perché avevo il sole negli occhi. Lui si rese conto e si spostò di qualche passo, posizionandosi esattamente di fronte a me.

«Ciao.» Lo salutai, sorridendo. Non contavo nemmeno più i mesi che avevo passato senza che qualche ragazzo venisse a presentarsi e mi chiedesse il numero - o direttamente di andare a letto insieme.

«Ciao! Mi chiamo George, piacere di conoscerti.» Disse lui, porgendomi la mano. «E tu sei seriamente la ragazza più bella che abbia mai visto. Ti va di… di passare un po’ di tempo insieme?» Mi domandò.

«Mi farebbe piacere.» Risposi, sorridendo. Quel George era molto carino ed ero convinta che sarebbe stato una distrazione più che sufficiente per superare indenne quel primo giorno a Brighton. «Comunque sono Freya, piacere mio.» Aggiunsi, allungando il braccio per stringere la sua mano.

Mi accorsi di essere seduta troppo vicina al tavolo - e il pancione non aiutava i miei movimenti - così mi alzai per presentarmi meglio a George. E quella fu, probabilmente, la decisione peggiore che potessi prendere.

Vidi l’espressione del ragazzo cambiare radicalmente quando il suo sguardo passò dal mio viso alla mia pancia enorme. George passò dal provare attrazione per me al disgusto più totale.

«Oh.» Commentò. «Non sapevo che…» Disse, indicando il mio ventre. «Sei qui in compagnia?» Mi domandò.

«No, sono single.» Risposi a bassa voce, imbarazzata. «Sono qui con i miei amici.» Aggiunsi.

«Ah, okay. Allora facciamo così. Dammi il tuo numero e ti chiamo, okay?» Propose lui, indietreggiando di qualche passo e continuando a fissare la mia pancia con l’espressione più di ribrezzo che avessi mai visto.

Non riuscii nemmeno a rispondere, perché George aveva fatto qualche altro passo indietro. Poi si era voltato ed era scappato a gambe levate, lasciandomi lì in piedi, da sola, umiliata e con le lacrime agli occhi.

Decisi di non rimanere in spiaggia un minuto di più e cominciai a camminare velocemente verso la casa dei miei zii, sbattendo contro qualcuno sulla mia strada.

«Freya?» Richiamò la mia attenzione Harry, massaggiandosi la spalla. «Stai piangendo?» Mi domandò.

«Lasciami stare.» Dissi, ignorandolo e continuando a correre verso l’appartamento. Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai cadere pesantemente sul divano, piangendo. Pochi istanti dopo la sentii chiudersi di nuovo e sentii qualcuno sedersi di fianco a me.

«Cos’è successo?» Mi chiese Harry, appoggiandomi una mano sul braccio.

«È successo che sono diventata un mostro, che non mi vuole più nessuno e… sono diventata ripugnante per tutti i ragazzi che incontro! Ho una pancia enorme, non mi va bene nessun vestito, devo comprare cose giganti e sono… sono un troll di montagna! Sono la cosa meno sexy del mondo.» Mi sfogai, piangendo, senza rendermi conto di chi avessi davvero davanti.

Quelle erano cose che avrei detto a Louis senza problemi, non a Harry.

«Non è vero che sei diventata un mostro, Freya.» Rispose lui, scuotendo la testa. «Sei sempre bellissima. E non è vero che non sei sexy. Lo sei.» Aggiunse, abbassando la voce e guardandomi negli occhi.

«Vorrei crederti, ma sei la stessa persona che mesi fa mi ha detto di non essere interessata a me.» Risposi, asciugandomi le lacrime.

Lui sospirò e abbassò lo sguardo per pochi secondi, prima di puntarlo di nuovo su di me.

«Ti ho detto che non ero interessato, non ti ho mai detto che non ero attratto da te. Sono due cose diverse.» Ribatté lui, accarezzandomi il viso con il dorso della mano e facendomi provare un brivido lungo la schiena.

Chiusi gli occhi e deglutii. Stavo provando mille emozioni e pensavo che la mia guancia avrebbe preso fuoco per quanto la sentivo calda dove mi stava toccando.

Quello era il momento perfetto, lo sapevo. Quell’istante si era creato proprio per farci baciare, ne ero sicura al cento percento. Lo sentivo nell’aria intorno a me, che era diventata elettrica.

Cominciammo entrambi ad avvicinarci, lentamente e con gli occhi chiusi. Le nostre fronti si toccarono, e anche i nostri nasi. Le nostre labbra socchiuse erano così vicine che avremmo dovuto fare uno sforzo minimo per farle incontrare.

Smisi di pensare a qualsiasi cosa, di rendermi conto che ci fossero un appartamento, una città, una nazione, un mondo intorno a noi.

Mi lasciai coccolare dalla sensazione di avere Harry così vicino, dal suo respiro caldo sul mio viso, da quelle labbra che avrei potuto toccare con le mie per dare il via al bacio più romantico e passionale di tutta la mia vita.

Aprii gli occhi lentamente e osservai il suo viso. Lui li aveva ancora chiusi e sembrava anche lui completamente incurante di tutto quello che ci stava intorno.

Accarezzai le sue guance, mentre i nostri nasi e le nostre fronti continuavano a toccarsi, e cercai di resistere all’impulso di avvicinarmi di qualche centimetro in più. Lo stesso impulso che sembrava stesse combattendo anche lui, perché ogni tanto muoveva leggermente il viso verso il mio, ma poi si bloccava e lo sentivo respirare più velocemente.

Eravamo davvero vicini e il momento sembrava così giusto, allora perché nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo?

La mia mente cominciò a lavorare incessantemente. Certo, eravamo così vicini da poterci baciare e probabilmente avremmo anche dovuto farlo, ma poi cosa sarebbe successo? Valeva la pena rovinare quel minimo di rapporto che si era creato tra di noi per un momento di debolezza? Volevo davvero rischiare di perdere completamente Harry per averlo solo un po’ e per pochi minuti?

Lentamente e con molta fatica cominciai a indietreggiare di qualche centimetro. Harry aprì gli occhi, puntando lo sguardo nel mio e provai un altro lungo brivido che percorse tutta la mia spina dorsale.

«Grazie.» Sussurrai, bagnando con la lingua il labbro inferiore e poi mordendolo, leggermente in imbarazzo. Poi deglutii, perché sentivo la gola completamente secca, come se avessi corso la maratona di New York.

Lo vidi chiudere gli occhi e sospirare, poi ritrasse la mano che era rimasta sul mio viso per tutto quel tempo e scosse la testa. Aveva fatto un errore, se ne rendeva conto anche lui.

«Mi dispiace.» Mormorò.

«Ti dispiace di avermi quasi baciata? O di avermi dato un minimo di speranza che tra di noi potesse esserci qualcosa?» Domandai, improvvisamente furente.

«Non è nessuna delle due cose, Freya!» Esclamò lui, con le guance rosse e gli occhi sgranati. «Mi dispiace perché sono un idiota!» Disse, poi si alzò e uscì dall’appartamento, lasciandomi sola e più confusa che mai.
 

Mi sembrava quasi impossibile combattere questo caldo infernale, ma con l'aiuto di due ventilatori puntati addosso ce l'ho fatta. Ed ecco il nuovo capitolo, che è uno dei miei preferiti. Anzi, direi che insieme al prossimo che pubblicherò martedì, sono due dei capitoli che preferisco in assoluto.
E i motivi sono tanti, perché finalmente vediamo Freya tenere testa a sua madre (era anche ora), e poi perché vediamo com'è cambiata la nostra protagonista da quando è iniziata la storia. Un tempo avrebbe solo roteato gli occhi al cielo e avrebbe cercato di combinare qualche danno enorme per avere attenzione da sua madre, invece adesso finalmente le dice tutto quello che pensa di lei. E chissà che questo episodio non cambi finalmente il rapporto tra le due.
E poi c'è Brighton. Ci sono il ragazzo che incontra e che la fa sentire desiderata per un secondo, salvo poi abbandonarla quando si accorge che è incinta e farla sentire insicura e umiliata. E poi c'è Harry. E cosa possiamo dire su di lui?
Martedì prossimo scopriremo come finirà il Weekend Lurido a Brighton e vi anticipo che succederanno TANTE cose :D
Grazie per aver letto fin qui!
Alla prossima <3

 

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Capitolo 14
*** 13 - Brighton ***


Capitolo 13 - Brighton
 
Quella sera mi infilai nel letto matrimoniale di una delle stanze degli ospiti insieme a Louis, che mi sopportò per tutto il tempo e mi lasciò sfogare, e mi permise di raccontargli tutto quello che era successo (e non).

«Freya, ormai conosco a memoria il colore degli occhi di Harry, ogni particolarità del suo viso, come descritta da te, ma non so la cosa più importante.» Mi disse lui, stringendomi a sé e accarezzandomi il pancione, come ormai faceva quasi tutte le sere.

«Che cosa?» Domandai, alzando il viso e guardandolo negli occhi.

«Cosa c’è qui?» Mi chiese, indicandomi il cuore. «Quello che voglio sapere è… tu vuoi una storia con Harry? Vuoi stare insieme a lui? Pensi che sia la persona giusta per te?» Aggiunse.

Emma decise che quello fosse un buon momento per cominciare a muoversi e a tirare calci alla mano di Louis, e lui ridacchiò e accarezzò il punto in cui aveva appena sentito la bambina.

«Non so cosa voglio, Lou.» Ammisi. «Probabilmente Harry è la persona giusta per me, solo che non è il momento giusto. Inoltre non sono mai stata più confusa di così. Mi ha confessato di essere (o essere stato?) attratto da me, ci siamo quasi baciati e poi mi ha detto che è un idiota. Perché? Perché sta con Elizabeth e ha rischiato di tradirla? Perché si è reso conto che tra di noi non potrà mai funzionare, perché aspetto una bambina da un altro ragazzo? Perché?» Chiesi poi, ricominciando ad avere mille domande che mi vorticavano nella mente. E la cosa che odiavo di più era non avere nemmeno una piccola risposta.

«Non penso che Harry ed Elizabeth siano tornati insieme.» Disse Louis, scuotendo lentamente la testa. «Ma devo ammettere che nemmeno io capisco quello che sta facendo Styles. È un cazzutissimo enigma e se non la smette di farti soffrire in questo modo vado a picchiarlo.» Aggiunse, sventolando il pugno chiuso e facendomi ridere.

«Sono riuscita a tenere testa persino a mia madre. Con Harry non riesco nemmeno ad aprire la bocca per chiedergli di dirmi come stanno le cose tra di noi.» Dissi. «Anzi, sai una cosa? Sono veramente stanca.» Aggiunsi, alzandomi dal letto e dirigendomi verso la porta.

«Dove stai andando?» Mi domandò il mio migliore amico, preoccupato.

«A fare quello che voglio fare da troppo tempo.» Risposi, aprendo la porta e richiudendola alle mie spalle.

Harry dormiva in una stanza singola in fondo al corridoio e sapevo che era ancora sveglio, perché vedevo la luce uscire da sotto la porta.

Decisi di non bussare, perché sapevo che se avessi dovuto aspettare una risposta non avrei più avuto il coraggio di fare quello che stavo per fare.

Entrai nella sua stanza come un tornado e lo trovai seduto sulla poltrona, che stava leggendo un libro. Quando mi vide lo ripose immediatamente sul tavolino di fianco a lui e si alzò, confuso.

«Che sta succedendo?» Domandò, sorpreso.

«Questo.» Risposi, avvicinandomi con tre passi. Presi il suo viso tra le mie mani e lo baciai. Fu un bacio corto, arrabbiato, sorpreso e frustrato, ma mi fece provare una stretta al cuore che avevo provato raramente nella mia vita.

Poi non dissi nulla, lo guardai negli occhi con aria di sfida e uscii dalla sua stanza, richiudendo la porta alle mie spalle.

Percorsi circa metà corridoio, poi sentii dei passi veloci, mi voltai e vidi Harry che mi stava raggiungendo di corsa.

«Aspetta!» Esclamò.

«Cosa vuoi?» Chiesi, guardandolo negli occhi e provando un brivido. Non l’avevo mai visto con quell’espressione. Aveva gli occhi sgranati, la bocca socchiusa e sembrava sconvolto.

«Questo.» Rispose lui, avvicinandosi velocemente. Mi spinse delicatamente verso il muro, dove appoggiai la schiena, e poi mi baciò. E quello fu un bacio da fuochi d’artificio, uno di quelli su cui si scrivono canzoni e poesie. Uno di quelli che non ci sono parole per descrivere, ma su cui si riempiono lo stesso migliaia di pagine per cercare di rendere al meglio l’idea. Uno di quelli così intensi da mozzarti il il fiato e farti girare la testa.

Non capii quanto durò quel bacio. Avrebbero potuto essere passati due minuti, come due ore, non ne avevo idea. Quando Harry si allontanò, con le labbra e le guance rosse e gli occhi ancora chiusi, mi sembrò di tornare pesantemente a terra e constatai con molta delusione che il suo corpo non era più avvinghiato al mio.

Come avevo fatto io poco prima, Harry non disse una parola, girò sui tacchi e tornò nella sua stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.

 
***

Harry ed io non ci rivolgemmo la parola per tutto il resto del weekend e cercai di passare più tempo possibile lontana da lui. Ero sicura che non sarei riuscita nemmeno a guardarlo negli occhi, non dopo quello che mi aveva fatto provare con quel bacio contro il muro del corridoio della casa dei miei zii. E non lo dissi nemmeno a Louis, nonostante il ragazzo avesse tentato di strapparmi informazioni in tutti i modi.

Quel bacio era semplicemente un segreto che custodivo gelosamente ed era un ricordo su cui avevo fatto vagare la mia mente per ogni istante di quel maledetto weekend, mentre prendevo il sole in spiaggia, mentre facevo la doccia, quando mangiavo, quando tentavo di dormire, quando guardavo la televisione e anche mentre preparavo la valigia per tornare a Londra, mentre Niall mi stava raccontando con entusiasmo di una partita di tennis che aveva visto qualche settimana prima.

Ma la cosa non era finita a Brighton come avevo sperato. No, anche una volta tornata a Londra non avevo smesso di pensare per un solo secondo alla sensazione di avere le sue labbra sulle mie. Ma nonostante tutto avevamo fatto entrambi del nostro meglio per stare l’uno lontano dall’altra. Non avevamo più parlato, avevamo evitato persino di guardarci durante i pomeriggi passati insieme al resto del gruppo al Circolo.

E intanto le settimane passavano, il pancione continuava a crescere ed io avevo letto più o meno ogni libro esistente su come prepararsi all’arrivo di un neonato. Non che mi sentissi pronta a quello che stava per succedere, perché ero sicura che non mi sarei mai sentita del tutto pronta.

«Lou!» Esclamai quel giorno. «LOU!» Urlai ancora più forte.

Il mio migliore amico corse nella mia camera per capire cosa stesse succedendo.

«L’auto è già in moto.» Disse, nervoso.

«No, non è quello.» Dissi. «Mancano ancora cinque giorni, non preoccuparti. Ho solo bisogno che mi aiuti ad alzarmi dal letto e a mettere le scarpe.» Aggiunsi.

Ero quasi arrivata al termine della gravidanza e il pancione era diventato così grande da non riuscire più nemmeno a vedere i miei piedi. E avevo bisogno di aiuto per fare qualunque cosa, dall’alzarmi dal letto, al mettere le scarpe o entrare nella doccia.

«Ah ok. Dico all’autista di spegnere l’auto allora.» Replicò Louis, con un’espressione sollevata.

Aveva letto anche lui tutto il materiale possibile ed immaginabile su come prepararsi alla nascita - come rendere la casa sicura per un bambino, come tenerlo in braccio, cosa dargli da mangiare e quando, come cambiare pannolini, e via dicendo - ma ero sicura che fosse terrorizzato quanto me dall’idea che fossimo così vicini al momento del parto. Che fossimo così vicini al momento in cui tutto sarebbe diventato ancora più reale di così.

«Grazie.» Dissi, prendendo la sua mano e alzandomi. «Mi sento una papera, non riesco nemmeno a camminare bene.» Mi lamentai.

«Dai, tra un po’ sarà tutto finito.» Cercò di rassicurarmi lui. «Dove vuoi andare con le scarpe, a proposito?» Mi domandò poi.

«Giù al Circolo.» Replicai. «Ci sono Harper, Regina, Liam e Niall e mi hanno chiesto di scendere. Ho voglia di fare quattro chiacchiere con loro.» Aggiunsi.

«Okay, vengo anch’io.» Disse lui, offrendomi un braccio come supporto.

«Lou, faccio fatica ad alzarmi, ma so ancora camminare.» Scherzai, ma lo presi a braccetto comunque.

 
***

«Oh, eccola qui!» Esclamò Niall quando mi vide.

«Cosa c’era di così urgente?» Domandai.

«Beh…» Rispose lui, sorridendo. «Harper e Regina ti hanno organizzato una festa.» Aggiunse, proprio mentre tutto il resto del mio gruppo di amici - Louis compreso - esclamarono «sorpresa!»

«Mi avete organizzato un baby shower?» Domandai, incredula.

C’era proprio tutto, dai palloncini alle decorazioni rosa ai regali sistemati sul tavolo.

«Certo! Credevi che ci fossimo dimenticati?» Mi chiese mia sorella, prendendomi per mano e facendomi sedere al tavolo, proprio di fronte alla torta bianca, decorata con una scritta rosa che diceva ‘Emma’.

«Io vi adoro.» Dissi, asciugandomi gli occhi con il dorso della mano.

«Beh, anche noi. È per questo che abbiamo fatto tutto ciò.» Replicò Louis, sorridendomi.

Ero così sorpresa dalla festa, che inizialmente non avevo nemmeno notato che tra i presenti c’erano anche Harry ed Elizabeth.

«Grazie.» Dissi, cercando di distrarmi e di smettere di fissare il ragazzo, che per fortuna non mi stava guardando.

Harper e Regina avevano organizzato una festa vera e propria, con giochi, regali, musica e tante risate. Scoprii che la torta all’interno era rosa e ricevetti decine di minuscoli vestitini e qualunque altra cosa potesse mai servirmi per crescere Emma durante i suoi primi mesi di vita.

«Ehi, qualcuno può cambiare questa lagna? La playlist per la festa è finita, cos’è questa musica indie tristissima?» Domandò improvvisamente Harper, quando si rese conto che stavamo ascoltando qualcosa che non aveva inserito nella sua lista di canzoni.

«Oh, sono i London Grammar.» Rispose Harry. «Deve essere partita una mia playlist, la cambio subito.» Aggiunse, alzandosi.

«Lo faccio io, sono più vicina.» Dissi, avvicinandomi al computer portatile sul bancone del bar.

«Aspetta!» Esclamò Harry, ma non fece in tempo a finire la frase, perché mi ero già impossessata del suo computer e avevo cominciato a cercare musica appropriata per una festa allegra.

Decisi di far ripartire la playlist «Freya», che conteneva tutte le canzoni che avevamo ascoltato fino a quel momento, poi premetti la «X» rossa in alto a destra e chiusi Spotify. Mi ritrovai a fissare me stessa, davanti alla cascata a Regent’s Park, con entrambe le mani sul mio ventre e lo sguardo abbassato sorpreso.

«Ma questa sono io.» Mormorai. Harry, che nel frattempo mi aveva raggiunta, arrossì violentemente.

«No.» Disse velocemente.

«Sono piuttosto sicura di essere io. E sono il tuo sfondo del computer.» Ribattei.

«Cioè sì, sei tu, ma non è come sembra. Stavo fotografando la cascata e tu eri lì davanti.» Balbettò. «Io, ehm..»

«Questa è una foto del primo calcio di Emma, Harry. È bellissima, perché non me l’hai mai fatta vedere?» Domandai.

Lui non rispose subito. Aspettò un po’ di tempo, continuando ad aprire e chiudere la bocca come un pesce, senza mai dire una parola. Aveva le guance rosse e sembrava che l’avessi beccato mentre stava rubando i biscotti dal barattolo.

«Ecco…» Cominciò a rispondere, ma si interruppe di nuovo.

E proprio in quel momento sentii qualcosa che non avrei mai voluto sentire. Acqua. Bagnato. Sui miei piedi.

«No, no, no, no.» Dissi. «No. no, no, no.» Continuai a ripetere come un mantra.
«Cos’è successo?» Mi chiese Harry, sgranando gli occhi e osservandomi.

«No, no, no. no.» Ripetei di nuovo. «Credo che mi si siano appena rotte le acque, Harry. No. no, no, no.» Aggiunsi.

«Oh mio Dio.» Mormorò lui. «Qualcuno prenda l’auto!» Esclamò dopo pochi istanti, alzando la voce. «Dobbiamo andare all’ospedale!»

«Freya?» Mi chiamò Harper. Poi si avvicinò e mi prese la mano. «Va tutto bene, ci sono qui io. Siamo tutti qui con te.»

«No, no, no, no.» Mormorai. «No, mancano cinque giorni.» Dissi poi, in panico.

«Può capitare che i bambini nascano con un po’ di anticipo, è normale.» Disse Louis, cercando di utilizzare un tono di voce basso e rilassante.

«MA MANCANO ANCORA CINQUE GIORNI, NON PUÒ SUCCEDERE ADESSO!» Urlai, stringendo la mano di mia sorella e quella di Louis in una stretta più o meno mortale.

«L’auto è pronta, ragazzi!» Esclamò Liam, rientrando al Circolo di corsa. «Guida Niall.» Aggiunse.

«Okay, grazie.» Rispose Louis. Poi si voltò verso di me e, sempre con il tono di voce basso di poco prima, mi disse: «dobbiamo andare, tesoro. Non vuoi che Emma nasca qui al Circolo.» Mormorò, accarezzandomi la mano.

«No.» Dissi. «Mi rifiuto di venire da qualsiasi parte.» Poi cominciai a sentire un dolore improvviso all’altezza dei reni e sgranai gli occhi.

«Freya?» Richiamò la mia attenzione Harry. «Freya, va tutto bene. Veniamo tutti con te, ma tu devi andare all’ospedale.» Mormorò.

Cominciai ad annuire senza dire nulla. Avevo letto mille libri su quello che succedeva quando si rompevano le acque, ma improvvisamente avevo dimenticato tutto.

«Forza, vieni.» Disse Louis, cominciando a trascinarmi delicatamente verso l’uscita. Niall ci stava aspettando con l’auto in moto e persino Sameer mi chiese se avessi bisogno di aiuto per salire sulla macchina.

Louis e Harper salirono sul sedile posteriore insieme a me, mentre Harry prese posto di fianco a Niall sul sedile anteriore del passeggero.

Liam, Regina ed Elizabeth decisero di farsi accompagnare dall’autista di Regina e ci dissero che ci avrebbero raggiunti all’ospedale.

«Qualcuno dovrebbe avvisare Matthew.» Dissi, proprio mentre un’altra contrazione mi colpiva in pieno.


Ecco il nuovo capitolo di No Control! E questo è uno dei miei preferiti, insieme a quello precedente! Scusate il ritardo, ma sono nel bel mezzo di un trasloco e non so più seriamente dove sbattere la testa. Ma oggi è martedì e ci tenevo a pubblicare il capitolo, così eccolo qui. Voglio ringraziarvi per tutte le recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo e assicurarvi che appena ho un secondo risponderò a tutte. Grazie <3
Questa volta lascio che sia il capitolo a parlare da solo e vi dò appuntamento a martedì prossimo e vi anticipo che scopriremo finalmente come cambierà la vita di Freya adesso che la piccola Emma è arrivata.
Grazie ancora di tutto e a martedì prossimo!

 

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Capitolo 15
*** 14 - Emma ***



Capitolo 14 - Emma
 
Ero passata davanti all’ospedale St. Mary’s innumerevoli volte nella mia vita e non mi ero mai fermata a pensare a cosa potesse succedere al suo interno.

Non avevo mai immaginato che qualcuno potesse arrivare in auto, con gli amici al proprio fianco e le contrazioni che la facevano piegare in due dal dolore.

Non avevo mai immaginato che qualcuno potesse essere ammesso in sala parto insieme alla propria sorella, che le teneva la mano e non si lamentava nemmeno quando questa persona gliela stringeva fino a farsi diventare le nocche bianche.

Non avevo mai immaginato che qualcuno potesse partorire una sanissima bambina con i capelli castano chiaro e che questa persona potesse piangere - non solo per il dolore, ma soprattutto per l’emozione di tenerla in braccio per la prima volta, di conoscerla.

E, soprattutto, non avevo mai immaginato che questa persona potessi essere io.

Se me l’avessero chiesto non sarei stata in grado di descrivere a parole quello che avevo provato durante quelle ore. Ero esausta, stremata, avevo dolori ovunque, avevo pianto, avevo sudato, avevo insultato il povero dottor James senza che avesse fatto nulla di male, avevo riso quando mi avevano messo Emma in braccio e poi avevo pianto di nuovo. Nonostante tutto, però, ero felice.

«Toc toc?» Sentii la familiare voce di Louis provenire dalla soglia della porta. Ero stata trasferita dalla sala parto a una stanza normale. «Possiamo entrare?» Domandò il ragazzo.

«Sì, entrate pure.» Risposi, spostando lo sguardo verso i miei amici.

Entrarono tutti, affollando la stanza già abbastanza piccola e, in qualche modo, riuscirono a portarmi anche dei palloncini e un enorme peluche a forma di orso.

Louis fu il primo ad avvicinarsi. Aprì la bocca, probabilmente per fare una delle sue solite battute, poi la richiuse. Vidi i suoi occhi diventare lucidi e una lacrima sfuggì al suo controllo.

«Oh, Freya…» Mormorò, sedendosi sulla sedia di fianco al mio letto e mettendo una mano sul mio braccio senza staccare gli occhi da Emma. «È bellissima. È… non riesco a crederci.» Aggiunse.

«Ciao Emma, benvenuta!» Sussurrò Niall, avvicinandosi a sua volta e parlando piano per non svegliarla. «Congratulazioni, cugina!»

«Grazie.» Mormorai, sorridendo.

«Permesso, permesso!» Esclamò Matthew, entrando di corsa e bloccandosi davanti al lettino in cui ero sdraiata. Guardò i nostri amici, poi me e infine posò lo sguardo su Emma, che stava dormendo profondamente. «Oh, cazzo.» Si lasciò sfuggire, strabuzzando gli occhi.

«Matthew!» Lo rimproverai. Sapevo che Emma non poteva ancora capire quello che si diceva, ma non volevo che le prime parole che sentisse dire da suo padre fossero parolacce.

«Sono in ritardo, lo so, ma ero all’università, poi c’era traffico e quando sono arrivato le infermiere non volevano dirmi dove ti trovavi. Quando finalmente me l’hanno detto, sono corso fino alla sala parto, ma tu non c’eri già più. Ho dovuto litigare ancora con le infermiere per mezz’ora per farmi dire in che stanza eri.» Spiegò lui, con il fiatone.

«Amico, non potevi semplicemente chiamarmi o mandarmi un messaggio? Te l’avrei detto io dove trovarci.» Intervenne Louis, scuotendo la testa.

«Oh.» Commentò Matt. «Beh, sì, forse così sarebbe stato più semplice.» Aggiunse. «Possiamo avere due minuti da soli?» Mi domandò qualche secondo dopo, fissando Emma con un’espressione indecifrabile.

I nostri amici annuirono e Louis mi guardò, come se mi volesse chiedere conferma. Annuii e lo vidi alzarsi dalla sedia e uscire insieme agli altri posando una mano sulla spalla di Harry, che si era girato per guardarmi.

«Freya.» Cominciò Matthew, prendendo il posto che aveva occupato fino a pochi istanti prima il mio migliore amico. «Non so nemmeno da dove iniziare a farti questo discorso.»

«Se è il solito ‘ti amo, ti giuro che cambierò, sono stato un cretino’, puoi benissimo risparmiartelo. Anzi, puoi anche solo dirmi che sei un cretino.» Risposi, accarezzando la guancia di Emma e cercando di non arrabbiarmi. Non ne avevo le forze, anche se avessi voluto. Ero così stanca che avrei solo voluto dormire per le successive ventiquattro ore.

«Non era esattamente quello che volevo dirti. Volevo chiederti scusa, quello sì. Ed è vero che sono stato un completo idiota, ma chi può negarlo? È solo che… ti prego, torna a casa. Adesso la bambina è nata e abbiamo la possibilità di essere davvero una famiglia. Dammi la possibilità di essere suo padre.» Disse il ragazzo, guardandomi negli occhi.

«Emma.» Puntualizzai. Poi mi fermai a riflettere, perché non avevo la minima idea di cosa avrei potuto fare.

Ero combattuta. Matthew sembrava davvero disposto ad essere un padre per la bambina. Se fossi tornata a casa sarebbe cambiato tutto? Non avevo bisogno del suo amore o delle sue false promesse nei miei confronti, ma volevo che Emma avesse la possibilità di crescere insieme a suo padre.

«Emma.» Ripeté lui. Poi allungò il braccio e accarezzò la testa della bambina, facendomi ricominciare a piangere.

«Dovrai essere il miglior padre sul pianeta.» Dissi. «Mi aiuterai a cambiarle i pannolini e a fare tutto quello che c’è da fare e la vizierai da fare schifo.» Aggiunsi, tra le lacrime.

Probabilmente stavo piangendo per la stanchezza o semplicemente perché quella giornata mi stava sembrando infinita e non vedevo l’ora di andare a dormire. O forse c’era qualcosa negli occhi di Matt che mi sembrava sincero, quella volta.

«Lo giuro. Mi daranno il premio di miglior padre della Via Lattea.» Replicò. «Io non ho mai riportato al negozio i mobili che avevo preso… spero che vadano ancora bene. Altrimenti ne prendiamo di nuovi e li sceglierai tu.» Aggiunse.

«Vanno bene quelli che abbiamo.» Risposi, stremata.

 
***

Louis cercò di opporsi al mio ritorno a casa di Matthew con tutte le sue forze. Cercò persino di nascondermi i bagagli che avevo lasciato nel corridoio all’ingresso, ma ormai avevo preso la mia decisione.

Matthew era il padre di Emma e, che mi piacesse o no, aveva il diritto di crescere sua figlia. Ero disposta a dargli un’ultima possibilità e, se non si fosse comportato nel migliore dei modi, sarei tornata a casa del mio migliore amico.

Durante le prime settimane Matthew si dimostrò il padre perfetto, aiutandomi a fare qualsiasi cosa e insistendo per alzarsi durante la notte, quando Emma piangeva. Diceva che avevo bisogno di dormire e che lo faceva volentieri, così spesso mi lasciavo convincere, mi giravo dall’altra parte e mi riaddormentavo.

Con il passare del tempo, però, il ragazzo cominciò a comportarsi come prima, tornando a casa tardi la sera e lasciandomi sola tutto il giorno.

«Freya!» Esclamò lui quel giorno.

Non risposi e guardai la porta della camera di Emma con gli occhi sgranati, cullando la bambina per cercare di farla smettere di piangere senza alcun tipo di risultato. Avevo provato qualunque tecnica conosciuta, ma la povera bimba aveva una colica e non c’era verso di farla star calma.

«Freya!» Urlò di nuovo Matthew, camminando velocemente e raggiungendo la stanza di Emma. «Vuoi farla smettere di piangere, per favore? Sto cercando di studiare e non riesco a concentrarmi!» Esclamò pochi istanti dopo.

Smisi di camminare avanti e indietro per la camera, cullando la bambina, e lo fissai, scuotendo la testa. Mi sentivo i capelli sporchi, perché quel giorno non ero ancora riuscita a farmi una doccia, ero in pigiama, avevo le occhiaie che toccavano terra, perché quella notte non ero riuscita a chiudere occhio ed ero stanca.

«Ha una colica, Matthew. Ci sto provando. Non so cosa fare.» Risposi a denti stretti, ricominciando a cullare la bambina. «Vuoi provare tu, per favore?» Aggiunsi.

«Non ho tempo. Ti ho detto che sto studiando, ho l’esame più importante del corso e non posso permettermi di non superarlo.» Replicò lui. «Ti prego, applicati di più e riprovaci.» Aggiunse prima di girare sui tacchi e lasciarmi da sola con Emma, stupita da quel comportamento.

«Non piangere, amore. Papà ha evidentemente mangiato yogurt scaduto a colazione…» Sussurrai, accarezzandole la testa.

Proprio in quel momento sentii suonare il campanello, ma decisi di lasciar rispondere alla donna di servizio, perché non avevo nessuna intenzione di abbandonare mia figlia, non quando era in preda ai dolori e non riusciva a smettere di piangere.

«Freya?» Sentii la voce di mia madre e mi fermai per qualche istante, incredula.

«Se sei venuta per rinfacciarmi qualcosa o per vedere di persona i danni che sto combinando con mia figlia… lascia perdere. Non è proprio il momento.» Dissi.

Mi veniva da piangere. Perché sapevo che la mia bambina stava soffrendo e non avevo idea di cosa potessi fare per farla stare meglio. Avevo provato tutto, ma niente sembrava funzionare. Ero disperata.

«È una colica?» Mi domandò la donna, ignorando la mia domanda. Annuii senza dire niente e lei sorrise. Era davvero così malvagia? «Le avevi anche tu da piccola, da quando avevi due settimane fino ai tre mesi, quando finalmente ti sono passate.» Aggiunse.

«Se solo Ingrid fosse qui…» Mormorai. Lei avrebbe saputo cosa fare. Avrei dovuto aspettare che mia madre sparisse e poi l’avrei chiamata. Se solo… se solo non mi fossi dimenticata il cellulare che mi aveva dato a casa di Louis, dannazione.

«Posso?» Domandò la donna, avvicinandosi e facendomi capire che avrebbe voluto prendere in braccio Emma. Indietreggiai di un passo istintivamente, per cercare di proteggere mia figlia. «Freya, per carità, non le farò del male. Fidati di me, per una volta.»

Accettai con riluttanza e adagiai Emma con attenzione tra le braccia di mia madre, che cominciò subito a cullarla, ma senza risultato.

«Ho provato di tutto.» Dissi, con le lacrime agli occhi.

«Fammi un favore, scalda una bottiglia di latte e fai attenzione che non sia troppo calda. Poi raggiungimi nella stanza lavanderia.» Rispose la donna, senza perdere la calma.

Decisi di non chiedermi nemmeno perché stessi per fare quello che mi aveva suggerito, invece mi diressi in cucina e seguii le sue istruzioni.

Quando le raggiunsi nella sala della lavanderia, notai con stupore che Emma aveva smesso di piangere e sembrava più calma. Porsi il biberon a mia madre, che lo appoggiò con delicatezza sul ventre della bambina.

«Come hai fatto?» Domandai, sconvolta.

«Quando eri una bambina c’era un solo rumore che ti faceva addormentare quando avevi le coliche.» Mi spiegò lei, sussurrando. «L’asciugatrice.» Continuò, sorridendo. «E il tuo pediatra mi aveva consigliato di appoggiarti qualcosa di caldo al pancino, così il calore avrebbe aiutato ad alleviare il dolore.» Concluse dopo aver riportato Emma nella sua culla.

«Non capisco.» Dissi, scuotendo la testa. «Come fai a sapere queste cose, se mi ha cresciuta Ingrid?» Domandai.

«Ingrid non è sempre stata presente.» Rispose lei. «L’abbiamo assunta quando avevi un anno e mezzo, perché tuo padre voleva che prendessimo qualcuno che ci aiutasse. Era stanco di non riuscire più a dare feste a casa nostra e voleva che tornassimo una coppia. Non aveva ancora accettato del tutto che le cose non sarebbero più tornate come quando ci eravamo appena sposati.» Aggiunse.

Cercai di immaginare un momento in cui i miei genitori erano innamorati, ma non riuscii. Da quando avevo ricordi li avevo visti freddi l’uno con l’altro. La loro massima dimostrazione di affetto era un leggero tocco sul braccio quando stavano partecipando ad una delle loro feste (e avevo sempre sospettato che si trattasse solo di un gesto per far vedere ai loro amici che si amavano o qualcosa del genere).

«Che cosa fai qui?» Domandai poi, per cercare di cambiare argomento. Avevo troppe cose a cui pensare, non potevo permettermi di cercare di capire quale fosse l’ultimo gioco di potere di mia madre.

«Volevo conoscere la mia nipotina.» Rispose lei, abbozzando un sorriso. «E volevo chiederti scusa.»

«Scusa?» Domandai, scettica. Mia madre non chiedeva semplicemente ‘scusa’. Ero sicura che, parlando, prima o poi mi avrebbe rivelato il suo secondo fine.

«Sì.» Disse. «Quello che mi hai detto l’ultima volta che abbiamo parlato mi ha colpita profondamente e ci ho riflettuto tanto. Hai ragione, sono una persona egoista ed egocentrica e mi sono preoccupata solo delle apparenze, quando invece avrei dovuto starti vicina. Ho avuto due figlie, so quanto sia difficile e delicato tutto il periodo della gravidanza e subito dopo il parto. E tu sei molto più giovane di quanto lo fossi io quando ho avuto te.»

«Ma sono passati quasi quattro mesi dal parto.» Ribattei, roteando gli occhi al cielo.

«Lo so.» Replicò la donna. «E mi dispiace. Mi farò perdonare anche per quello, te lo prometto. Ho portato anche un regalo per la piccola Emma.» Aggiunse, uscendo dalla stanza di Emma e avviandosi verso l’ingresso, dove c’era un enorme scatolone posizionato appena prima della porta della cucina.

«Non pensare che accetterò le tue scuse così facilmente.» La avvisai, seguendola. «Anzi, avrei una serie di richieste che dovrai soddisfare prima di poterti considerare perdonata.»

«Dimmi.»

«Per prima cosa voglio che tu risolva la situazione con Ingrid. So dell’ordine restrittivo e ho assolutamente bisogno che tu lo faccia annullare o qualcosa del genere.» Dissi, alzando l’indice per cominciare a contare. «Inoltre…» Cominciai a dire, ma fui interrotta da Matthew, che ci raggiunse con passo pesante.

«Freya!» Esclamò. «Non avevi detto che ti saresti occupata di assumere una nuova donna delle pulizie? La cucina è in uno stato pietoso e anche il salotto è disgustoso. Ho bisogno che tutto sia pulito e in ordine per questa sera, perché verranno a cena i compagni di corso del mio gruppo di studio.» Aggiunse. Emma si svegliò improvvisamente e ricominciò a piangere, disturbata dalle urla di suo padre.

Cercai di cullarla, ma non ottenni nessun risultato. Mia madre decise di darmi una mano e prese la bambina tra le sue braccia, mentre io continuavo il discorso con Matthew.

«Sì.» Risposi, abbassando la testa. «Avevo detto che ci avrei pensato, ma non ho avuto tempo. Emma non è facile da gestire in queste settimane, perché non sta bene.» Aggiunsi. «E forse te ne renderesti conto anche tu, se la prendessi in braccio ogni tanto o se le prestassi un po’ di attenzione.» Conclusi, alzando lo sguardo e puntandolo nel suo.

«Ti ho detto che non ho tempo. Vuoi che prenda questa laurea o no? Altrimenti come pensi che riusciremo a crescere Emma, visto che tu non stai studiando o lavorando e non hai un reddito? Pensi di andare a fare la spogliarellista quando il tuo fisico tornerà in forma?»

Non pensai nemmeno a quello che stavo per fare. In quel momento la rabbia mi accecò completamente, così mi ritrovai di fronte a lui in pochi passi e gli mollai un sonoro schiaffo.

«Non permetterti mai più di trattarmi così. Questa è l’ultima volta che mi faccio mettere i piedi in testa da te. Vuoi la casa pulita? Puliscitela. Anzi, Emma ed io ce ne andiamo, così nessuno te la sporcherà più.» Dissi tra i denti, fissandolo.

Mi ero dimenticata di qualsiasi cosa, persino che mia madre fosse lì e che avesse assistito a tutta la scena.

«Non so che fine abbia fatto il bravo ragazzo con cui è cresciuta Freya e che ero così orgogliosa di vedere al suo fianco…» Cominciò a dire la donna, avvicinandosi. «E probabilmente non sono la persona adatta a farti questo discorso, ma non osare mai più rivolgerti a mia figlia in questo modo.» Aggiunse.

Mi voltai a osservarla, sconvolta.

«Hai presente la lista di cose che ti dicevo?» Le domandai. «Se mi aiuti a fare le valigie e a trasferirmi da Louis puoi considerarti perdonata.»

«Oh sì.» Rispose lei. «Non voglio che tu rimanga in questa casa un solo istante in più.» Aggiunse, marciando verso la camera matrimoniale.

«Le valigie sono nella cabina armadio.» Le dissi, indicandole una porta alla destra del letto.

«Sei sicura che non vuoi tornare a casa? Posso aiutarti a prenderti cura di Emma, se vuoi.» Mi domandò mia madre, fermandosi per qualche istante per guardarmi.
«Sono sicura.» Dissi. «Ho solo bisogno che la situazione con Ingrid sia risolta, così posso assumerla. Devo vivere da sola - o meglio, con il mio migliore amico - devo crescere.» Aggiunsi.

«D’accordo.» Rispose lei, riluttante. «Questa sera parlerò con tuo padre e prossimamente potrai assumere Ingrid, se è quello che vuoi.»

Annuii senza dire nulla, troppo impegnata a mettere in valigia tutti i vestiti di Emma. Ne avevo davvero abbastanza di tutto quello che stava succedendo. Matthew era stato un padre decente solo per le prime due settimane, poi si era completamente estraniato e non aveva mai più preso in braccio Emma.

Avevo ceduto alla sua richiesta proprio per permettere che mia figlia crescesse accanto a suo padre, ma visto il modo in cui si stava comportando ultimamente Matthew era inutile che io rimanessi in quella casa. Emma sarebbe solo cresciuta in un ambiente malsano in quel modo. E quella era l’ultima cosa che volevo che succedesse.

 
***

Quando mi presentai a casa di Louis, alle cinque di quel martedì pomeriggio, non ci fu nemmeno bisogno di parlare. Il mio migliore amico lanciò un’occhiata nella direzione delle valigie - che l’autista di mia madre mi aveva aiutata a trasportare e a portare su dalle scale, mentre io tenevo la culla di Emma - mi abbracciò e aprì la porta per farmi entrare.

«Dammi pure la culla di Emma, la sistemo nella sua camera.» Disse, prima di sparire in corridoio con mia figlia e uno dei due baby monitor.

Al suo posto, qualche minuto dopo, comparvero Niall e Harry, che cominciarono a portare le valigie e gli scatoloni con tutte le cose di Emma in casa.

«Ehi, cugina!» Mi salutò Niall, dandomi un amichevole pugno sulla spalla. «Non ha funzionato con Matt, eh?» Mi chiese poco dopo. Poi arrossì. «Forse non era la domanda adatta.»

«Non preoccuparti.» Lo rassicurai. «Comunque no, non ha funzionato. La paternità non l’ha cambiato. O meglio, forse dovrei dire che l’ha cambiato fin troppo. È diventato stronzo.» Risposi, evitando di guardare Harry.

Non avevamo parlato seriamente per almeno quattro mesi, dopo quel bacio mozzafiato a Brighton. Non avevo nemmeno idea di cosa stesse succedendo nella sua vita. Aveva trovato una nuova ragazza? Oppure ne aveva avuto abbastanza di me e del mio costante dramma e aveva giurato a se stesso di non uscire più con nessuna?

«Queste vanno nella tua camera?» Mi domandò il ragazzo, risvegliandomi dai miei pensieri e spaventandomi anche un po’.

«Sì.» Risposi. Lo vidi prendere due valigie pesanti e decisi di aiutarlo, sollevandone una terza - quella più leggera - e seguendolo nella mia camera a casa di Louis.

Rimanemmo in silenzio per tutto il corridoio e, una volta arrivati nella stanza, mi fermai vicino al mio letto.

«Come… Com’è la vita con Emma?» Mi domandò il ragazzo dopo qualche minuto, voltandosi per guardarmi. Quella era la prima volta che Harry ed io ci scambiavamo più di due frasi da quando ci eravamo baciati.

«Caotica.» Risposi, sospirando. «In questo periodo ha le coliche e faccio davvero fatica a farla addormentare. E più lei sta male, più vado in panico e mi viene da piangere, perché non so cosa fare.» Aggiunsi. «Avere un figlio è una sensazione assurda. Questo piccolo esserino dipende completamente da te, ma non sa parlare e non sa esprimersi, quindi devi cercare di capire quello di cui ha bisogno ed è così difficile, Harry… sono esausta.» Conclusi, abbassando lo sguardo.

«Secondo me stai facendo un ottimo lavoro.» Cercò di rassicurarmi lui, rivolgendomi un sorrisetto obliquo.

E quello fu tutto quello che mi servì per decidere di fare qualcosa di potenzialmente molto stupido. Chiusi la porta alle mie spalle e lo baciai.

Ero stanca di sentirmi un fallimento, di sentirmi come se fossi solo un peso nella vita di Matthew - e probabilmente di tutti in generale - e avevo voglia di sentirmi vicina a lui, di sentire di nuovo le sue labbra sulle mie, le sue mani sui miei fianchi, sulla mia schiena…

«Freya…» Mormorò lui, allontanandosi leggermente e guardandomi con gli occhi sgranati.

«Harry, dimmi che hai bisogno di me.» Dissi. Sentivo di avere le guance arrossate, perché erano più calde e sapevo di avere un’espressione disperata, ma non potevo farci nulla.

Il ragazzo socchiuse le labbra e si schiarì la gola, probabilmente per rispondermi che non aveva bisogno di me, che ero pazza e che non ci pensava nemmeno a venire a letto con me. Cominciai a sentire il panico crescere nella mia mente.

«Ti prego, fai almeno finta. Solo per questa sera.» Ripetei, guardandolo negli occhi. Mi sembrava quasi di vedere la sua battaglia interiore, il leggendario diavoletto sulla spalla che gli diceva di fregarsene di tutto e di farlo, mentre l’angioletto lo pregava di ascoltare la ragione e di lasciarmi lì da sola e scappare a gambe levate.

Harry non rispose per qualche lunghissimo istante, poi mi attirò a sé, appoggiando una mano alla base della mia schiena e ricominciò a baciarmi. Chiusi gli occhi, assaporando le sue labbra e mi lasciai sollevare e trasportare sul letto, dove cercammo di toglierci i vestiti a vicenda senza allontanarci l’uno dall’altra.
 

Indovinate chi è finalmente tornata? Sono passati mesi dall'altro capitolo, me ne rendo conto. Purtroppo trovare il tempo di scrivere e pubblicare è stato più difficile del previsto, ma finalmente ce l'ho fatta. Da oggi ricomincerò a postare capitoli tutti i martedì fino alla fine della storia.
Tornando a 'No Control', Emma finalmente è nata e vediamo com'è cambiata la vita di Freya adesso che è arrivata la bambina. Cerca di tornare a vivere con Matthew, ma le cose ovviamente vanno male (non è facile cambiare, giusto?), così torna a vivere con il suo migliore amico e... e succede qualcosa con Harry. E adesso cosa succederà? I due ricominceranno a parlare e decideranno di mettersi insieme? Oppure Harry ha accontentato Freya solo perché la vedeva disperata? Tutte le risposte martedì prossimo!
Grazie a tutti per aver letto e, soprattutto, per la pazienza che avete dimostrato. Prometto che non ve ne pentirete ;)
Un bacione e alla prossima!

 

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Capitolo 16
*** 15 - Going Out Again ***



Capitolo 15 - Going Out Again
 
La prima volta che ero andata a letto con Harry, mesi prima, era stata molto diversa. Non eravamo mai stati insieme e all’inizio eravamo anche un po’ imbarazzati e impacciati. Quel giorno, invece, sembrava che fossimo stati a letto milioni di volte e che conoscessimo esattamente ogni minimo dettaglio del corpo l’uno dell’altra.

Avevo dimenticato tutto: le continue discussioni con Matthew, il fatto che fossimo a casa di Louis e che probabilmente il mio migliore amico e mio cugino ci stessero cercando. Mi ero dimenticata persino di Emma, che dormiva nella culla che Louis aveva posizionato nella sua stanza.

Emma, che avevo appena sentito cominciare a piangere dal baby monitor che avevo portato con me quando avevo aiutato Harry a trasportare una delle mie valigie.

«Devo andare.» Dissi, rivestendomi velocemente e uscendo da quella camera prima che lui potesse dire qualsiasi cosa.

Raggiunsi la piccola Emma, che si era già riaddormentata tra le braccia di Louis e cercai di evitare lo sguardo del mio amico, che aveva già capito tutto.

«Vuoi parlarne?» Mi domandò a bassa voce, per non svegliare la bambina.

«No.» Mormorai, scuotendo la testa.

Ero confusa e andare a letto con Harry non aveva fatto altro che aumentare il caos già presente nella mia mente per tutto quello che stava succedendo nella mia vita. Che cos’avevo fatto? Avevamo passato più di quattro mesi ad evitarci con cautela e poi eravamo finiti a letto insieme, senza aver parlato seriamente di quello che stava succedendo tra di noi o di quello che avrebbe potuto accadere in futuro.

«Se posso dire la mia, hai fatto bene a tornare qui. Matthew non si merita nulla, nemmeno di vedere sua figlia a Natale.» Disse Louis, cambiando argomento.

«Tu non hai idea di quanto io detesti il fatto che sia il padre di Emma.» Replicai. «Questo vuol dire che dovrò avere a che fare con quel verme almeno per i prossimi diciotto anni e non ne ho proprio voglia.»

«Non preoccuparti, Danno. Sappi che qualunque cosa succederà, io sarò al tuo fianco, passo dopo passo. Anche quando dovrò accompagnarti all’altare quando ti sposerai con Harry.»

«Cretino.» Dissi, dandogli un leggero pugno sulla spalla. «Piuttosto… dove hai imparato a prenderti cura in questo modo dei bambini? Quando hai visto Emma l’ultima volta avevi paura persino a guardarla.»

«Ho bisogno che tu mi prometta che non riderai quando ti dirò quello che sto per dirti.» Replicò il ragazzo, voltandosi per evitare il mio sguardo.

«Giuro.» Dissi, anche se mi veniva già da ridere, perché sapevo che quando Louis si comportava in quel modo non voleva mai dire niente di serio. Anzi.

«Niall, Harry ed io abbiamo guardato dei video su YouTube.» Rispose tutto d’un fiato.

Lo guardai a bocca aperta, con un’espressione a metà tra il divertito e lo stupito.

«YouTube?» Domandai.

«Non guardarmi così. Ci sono canali interi di persone che fanno video giornalieri con tutta la famiglia, dalla gravidanza alla vita post-parto. Sono tipo reality show, come quello delle Kardashian… e alcuni ti fanno anche appassionare, okay?» Replicò Louis sulla difensiva.

Scoppiai a ridere. Trattenersi era diventato praticamente impossibile, soprattutto perché il mio migliore amico era arrossito ed era davvero imbarazzato, cosa che non succedeva mai.

«Vorrà dire che una sera di queste vi lascerò in casa da soli con Emma, così potrete mettere in pratica tutto quello che avete visto su YouTube.» Dissi.

«Non è una cattiva idea.» Rifletté Louis ad alta voce. «Voglio dire, quanto tempo è che non esci di sera e non ti diverti? Sono sicuro che Regina verrebbe volentieri con te. Affare fatto, sabato sera esci con Regina.» Decise infine, annuendo.

«Okay.» Accettai. Non passavo una serata in discoteca da quasi un anno e mi mancava la sensazione di lasciarsi andare e ballare per tutta la notte, senza alcuna preoccupazione. E sapevo che, se Emma fosse rimasta a casa con Louis, non avrei dovuto assolutamente avere paura di nulla. Mi fidavo di lui.

«Adesso però ti consiglio di tornare nella tua camera, perché sono piuttosto sicuro che Harry si starà chiedendo che cos’ha fatto di sbagliato. Non sembra, ma è insicuro, sai?» Disse il mio migliore amico, facendomi l’occhiolino.

«Non ha fatto proprio niente di sbagliato.» Mormorai tra me e me, cercando di non pensare a quello che era successo poco prima.

 
***

«Tutto bene?» Mi domandò Harry quando tornai nella mia camera. Lui era ancora lì, completamente rivestito, con un’espressione confusa dipinta sul viso.

«Sì, Louis è stato bravissimo e l’ha calmata subito.» Replicai, cercando disperatamente un modo per evitare la discussione che non volevo avere con lui. «Mi ha detto che avete guardato dei video su YouTube per imparare a prendervi cura della bambina.» Aggiunsi.

Harry sembrò arrossire lievemente, ma la sua espressione non tradì il minimo imbarazzo.

«Sì.» Disse. «Lou… Lou non pensava che Matthew sarebbe cambiato, così si è preparato per l’arrivo di Emma e ci ha chiesto di aiutarlo.» Spiegò. «Non so se hai notato, ma non c’è più uno spigolo in tutta la casa. Ha comprato anche quelle cose per evitare che i bambini infilino le dita nella presa della corrente.» Aggiunse con un sorrisetto.

Abbassai lo sguardo e scossi la testa, arrabbiata. Se solo Louis fosse stato il vero padre di Emma sarebbe stato tutto più facile. Sapevamo entrambi che non ci saremmo mai amati, non come si ama una coppia di anime gemelle, ma ci saremmo voluti tantissimo bene, come una coppia di migliori amici inseparabili.

Avremmo preso decisioni insieme, saremmo anche stati dei genitori decenti per la piccola Emma, che sarebbe cresciuta con la madre e con il vero padre. Invece in quel modo sarebbe cresciuta con un padre adottivo e, quando sarebbe stata abbastanza grande, le avrei dovuto spiegare perché il suo vero papà le aveva dato il suo cognome, ma non l’aveva voluta intorno.

«Louis è unico.» Dissi distrattamente.

«Ehi, che c’è? So che non siamo esattamente migliori amici, ma se c’è qualcosa che ti tormenta e hai voglia di parlarne… beh, ho un paio di orecchie funzionanti e ho un’altra caratteristica speciale: una bocca che può risponderti, se ne hai voglia, o può stare completamente chiusa.»  Replicò Harry, sorridendomi.

«Stavo pensando al futuro.» Risposi onestamente. «A cosa dirò ad Emma quando si renderà conto che non sono sposata con suo padre e che non viviamo insieme. Quando si renderà conto che lo vedrà due volte all’anno, forse, se le va bene.» Aggiunsi, scuotendo la testa. «A volte mi chiedo se ho fatto la scelta giusta. Forse avrei dovuto lasciare che la adottasse qualcuno che avrebbe potuto garantirle una vita stabile e felice. Io… Io cosa posso fare per lei?» Mi sfogai.

«Freya, non dire cavolate.» Disse Harry, cambiando espressione e diventando serio. «Emma crescerà sana e amata in questa casa e non importa se Matthew si comporterà da stronzo. Tu e Louis ci sarete sempre per lei e anch’io, Niall, Harper, Liam e Regina. Avrà la famiglia allargata più numerosa di Londra e ci assicureremo che sarà sempre felice. E quando non lo sarà la consoleremo e la ascolteremo. Non preoccuparti Freya, se quello di cui hai veramente paura è che possa odiarti perché non sei sposata con suo padre o qualcosa del genere… non succederà mai, perché è letteralmente impossibile odiarti. Credimi, ci ho provato.» Aggiunse.

Lo fissai per qualche istante, per cercare di riflettere su tutto quello che mi aveva appena detto.

«E perché avresti cercato di odiarmi?» Domandai, incapace di concentrarmi su qualsiasi altro punto del suo lungo discorso.

«Perché l’alternativa mi spaventava di più dell’idea di odiarti e non vederti mai più.» Rispose lui lentamente.

«Quale alternativa?» Sussurrai, sentendo improvvisamente il cuore battere alla velocità della luce.

«Quella di innamorarmi di te.» Replicò Harry, parlando lentamente ed evitando il mio sguardo.

Il mio cuore stava battendo talmente velocemente, a quel punto, che avrebbe potuto benissimo uscire dal mio petto e volare per un chilometro.

«Ed è successo?» Chiesi a bassa voce. Volevo davvero una risposta? Non ne ero sicura, ma non ero più in grado di fermare quelle parole, di controllare i miei sentimenti.

Harry non rispose subito. Sembrò combattere internamente per qualche minuto (che a me sembrò lunghissimo) e poi mi guardò negli occhi, facendomi provare un brivido.

«Sì.» Disse semplicemente, senza aggiungere altro.

Fu come se qualcuno mi avesse accarezzato una guancia e schiaffeggiato l’altra nello stesso momento. Come se stessi facendo una piacevole doccia calda e l’acqua, improvvisamente, diventasse fredda. Come se qualcuno mi avesse tirato un pugno nello stomaco e mi avesse fatto mancare il respiro.

«Oh.» Risposi, incapace di dire qualsiasi altra cosa. Che cosa avrei dovuto rispondere? Quella scoperta mi aveva sconvolta, ero piuttosto sicura di essere in stato di shock.

«Oh, merda.» Lo sentii sussurrare, passandosi una mano tra i capelli lunghi e abbassando lo sguardo. Non lo sentivo mai imprecare. Anzi, parlando con lui avevo scoperto che odiava le parolacce.

«Harry…» Mormorai, ma lui non mi ascoltò e uscì dalla stanza il più velocemente possibile.

Iniziai a seguirlo, ma mi bloccai in corridoio, perché il ragazzo stava parlando con Louis e non volevo che si fermasse a causa mia.

«Sono stato un idiota, Lou. Dannazione… a cosa diavolo stavo pensando? Lei me l’ha chiesto e in quel momento non sono riuscito a mentire e a dire di no? Perché come si fa a non amarla? Idiota, idiota, idiota!» Esclamò.

«Harry, calmati. Probabilmente non sei riuscito a dirglielo nel modo in cui avresti voluto, ma ormai lo sa ed è quello che conta… sei un bravo ragazzo, sei esattamente quello di cui ha bisogno Freya in questo momento.» Replicò Louis.

«No, non sono un bravo ragazzo.» Rispose lui cupamente. «Un bravo ragazzo avrebbe messo i propri sentimenti da parte e non l’avrebbe confusa. Non in un momento così delicato. Un bravo ragazzo sarebbe riuscito a stare zitto e a starle vicino, aiutarla con Emma, ascoltarla e supportarla in ogni sua decisione. Invece io ho solo complicato la situazione, sono stato egoista.» Aggiunse, stringendo i pugni. Sembrava che avesse voglia di colpire qualcosa, non l’avevo mai visto così.

«Ehi, non essere così duro con te stesso. Freya è una persona forte, figurati se si farà spaventare da una cosa del genere.» Rispose Louis, non troppo convinto.

Vidi Harry scuotere la testa. «Devo andarmene.» Disse. «Devo andarmene di qui.»

Il mio migliore amico aveva ragione? Ero forte e non mi sarei fatta spaventare dall’amore di Harry? Era la prima volta in tutta la mia vita che una persona per cui provavo davvero qualcosa ricambiasse i miei sentimenti. Cosa avrei dovuto fare? Io non sapevo come ci si comportava. Non avevo mai avuto un ragazzo vero. Inoltre la mia non era nemmeno una situazione facile: avevo una bambina con un’altra persona. Una bambina che aveva disperatamente bisogno di stabilità.

«Freya?» Domandò Louis, che mi aveva appena trovata nascosta dietro una porta in corridoio. «Hai sentito tutto?» Mi chiese.

Annuii senza dire nulla e lui mi abbracciò.

«Non è meraviglioso? Harry ricambia i tuoi sentimenti, Danno! Potrete cominciare a uscire insieme, questo sarà l’inizio di una bellissima storia d’amore. Io te l’ho detto che vi sposerete.» Continuò il ragazzo, accarezzandomi la schiena.

«No, non è meraviglioso…» Replicai, sciogliendomi dall’abbraccio di Louis e allontanandomi verso la camera di Emma.

 
***

Passarono settimane in cui Harry sparì completamente dalla mia vita ed io non tentai nemmeno di contattarlo. Non sapevo che cosa avrei potuto dire. Nella mia testa continuavano a rimbombare le sue parole, quando mi aveva confessato di essersi innamorato di me.

E poi tornavo a pensare al discorso che aveva fatto a Louis: lui non me l’avrebbe detto se io non l’avessi fatto sentire come se non avesse avuto una via d’uscita. Avrebbe continuato a fingere di non provare nulla per me, perché era convinto che la mia vita non avesse bisogno di ulteriore caos in quel momento.

Ed era vero. Mentre guardavo Emma dormire pacificamente nella sua culla, quel giorno, mi resi conto per la prima volta di come era cambiata davvero la mia vita.

Avevo dovuto rinunciare ad uscire con Regina, qualche settimana prima, perché quella sera Emma era stata male e Louis ed io avevamo dovuto correre al pronto soccorso in preda al panico. Nonostante tutti i libri che avevamo letto, nessuno dei due era veramente preparato ad essere genitore e spesso ci spaventavamo troppo per nulla.

Quel venerdì Louis mi aveva promesso che si sarebbe preso cura della bambina e mi aveva ordinato di uscire a divertirmi, perché ne avevo davvero bisogno. Così avevo aperto l’armadio e avevo cercato qualcosa da mettere. Qualcosa che non fosse troppo volgare o che non rivelasse troppo. Qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che possedevo prima della gravidanza.

«Freya, sei diventata mamma, non suora.» Disse Louis, abbracciandomi da dietro e appoggiando il mento sulla mia spalla.

«Lo so.» Risposi, voltandomi e guardandolo negli occhi. «Ma non sono ancora tornata in forma… non…» Aggiunsi, guardandomi allo specchio e avvicinando un abito al mio corpo.

«Stai benissimo.» Replicò lui. «E se non ti senti ancora sicura al cento percento puoi mettere un paio di calze, perché no?» Aggiunse, facendomi l’occhiolino.

«Giusto.» Dissi.

 
***

Regina ed io ci presentammo in un locale verso mezzanotte e cercai di trattenere gli sbadigli. Non ero più abituata ad uscire a quell’ora, perché dovevo mettere a letto Emma presto e poi ero così stanca che crollavo anch’io.

«Abbiamo scelto la sera giusta, guarda quanta gente!» Esclamò Regina, felice.

Mi guardai intorno, rendendomi conto di quanto quella non fosse più la mia vita. Poi i flash cominciarono ad abbagliarmi.

«Freya! Freya! Freya Chamberlain? Che fine hai fatto? Sei stata in una clinica di riabilitazione? Raccontaci qualcosa! Puoi confermare che sei andata in America per completare un ciclo di cure di sei mesi per ripulirti dall’alcool e dalla droga? Sei tornata in questo locale per ricominciare?»

I fotografi cominciarono a farmi un milione di domande ed io guardai Regina, in panico. Avevo passato così tanto tempo a cercare di stare lontana dai riflettori, che mi ero persino dimenticata di cosa si provasse. Solo un anno e mezzo prima pensavo che fosse estremamente affascinante essere famosa e avere i paparazzi alle calcagna come le migliori popstar e dive del cinema. In quel momento avrei solo voluto nascondermi.

«Forza, andiamo dentro.» Disse la mia amica, prendendomi la mano.

«Freya, è vero che hai avuto un bambino? Si dice che tu sia andata a partorire in Francia per nasconderti dalla stampa inglese!» Urlò un altro fotografo nella mia direzione.

Mi coprii il viso con le mani e camminai più velocemente per raggiungere l’entrata del locale. Appoggiai la schiena al muro del corridoio e cominciai a respirare velocemente.

«Stai bene?» Mi domandò Regina. «Lasciali perdere, sono solo i soliti poveracci che cercano di guadagnare soldi sfruttando la vita delle persone famose.» Aggiunse, cercando di sorridermi.

«Sì.» Dissi. «Sì, sto bene.» Aggiunsi, ricominciando a camminare verso la zona VIP del locale. Liam e Sophia ci stavano aspettando e il ragazzo mi guardò con aria preoccupata.

«Sto bene.» Rassicurai tutti, anche se non era vero. Non sapevo come mi sentivo. L’unica cosa che avevo voglia di fare in quel momento era tornare a casa e infilarmi sotto il piumone, magari leggendo un libro di architettura (nelle ultime settimane avevo cominciato a leggere testi universitari per prepararmi all’eventualità di ritornare a studiare, un giorno).

Nonostante tutto, però, cercai di obbligarmi a tornare quella di sempre. Lasciai che Liam mi offrisse un cocktail (aveva pagato il primo giro per tutto il gruppo) e pensai che la vodka alla pesca mi faceva proprio schifo, dopo aver bevuto il primo sorso.

Riuscii a fingere solo per un’ora - quando cominciai ad avvertire mal di piedi e mal di schiena e a rendermi conto di essere l’unica più o meno sobria in un oceano di persone ubriache da far schifo, decisi di tornare a casa. Salutai Liam, Sophia e Regina e uscii dal locale dalla porta sul retro, nella speranza che i fotografi non mi trovassero.

Non potevo chiamare Louis, perché era a casa con Emma, così la mia mente si soffermò su una persona in particolare. Una persona a cui avevo cominciato a pensare da quando avevo messo piede in quel locale.

Cercai il numero in rubrica e lo chiamai. Harry rispose dopo soli due squilli e mi resi conto che forse avrei dovuto evitare, perché era tardi.

«Freya?» Chiamò il mio nome con un tono di voce preoccupato.

«Ti disturbo?» Domandai, appoggiandomi alla parete per cercare di dare un po’ di sollievo ai miei piedi, che non erano più abituati a portare tacchi così alti e mi stavano uccidendo.

«No.» Rispose lui velocemente. «No, figurati. Che succede?» Aggiunse.

«Sono… sono uscita con Regina e… e siamo al solito locale. Harry… Harry, mi puoi venire a prendere?» Domandai, chiudendo gli occhi. Il mio cuore aveva cominciato a battere più velocemente mentre attendevo una risposta. Speravo con tutta me stessa che dicesse di sì, perché avevo davvero bisogno di vederlo.

«Arrivo tra venti minuti.» Rispose.

Annuii, anche se lui non poteva vedermi e dopo aver interrotto la telefonata cercai di tranquillizzarmi e di non piangere. Non sapevo nemmeno perché mi sentissi in quel modo.
 

Come promesso, ecco il nuovo capitolo di No Control! Riprendiamo a leggere da dove ci eravamo lasciati martedì scorso, cioè da dopo che Harry e Freya sono andati a letto insieme a casa di Louis. E in questo capitolo ci sono parecchie novità, quindi lascio a voi i commenti e spero che vi sia piaciuto!
Martedì prossimo scopriremo cosa succederà quando Harry andrà a prendere Freya fuori dal locale. Parleranno? Torneranno a letto insieme, ignorando tutti i problemi? Oppure litigheranno?
Alla prossima e grazie per aver letto fin qui!

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Capitolo 17
*** 16 - Take Away ***



Capitolo 16 - Take Away
 
Come promesso, Harry arrivò dopo venti minuti con la Range Rover nera dell’autista di Niall. Io ero rimasta nascosta nel vicolo del retro del locale per tutto il tempo, perché non volevo che nessuno mi vedesse.

Salii sull’auto e salutai il ragazzo, che mi sorrise. «Ti accompagno a casa?» Mi domandò, dopo aver dato un’occhiata al mio viso.

Scossi la testa. Non l’avevo chiamato per fare il mio autista. Per quello c’era Alec e avrei potuto benissimo chiamare lui se avessi avuto bisogno solo di un passaggio. No, quello di cui avevo bisogno era proprio lui, Harry.

«Andiamo da qualche parte?» Domandai. «Un posto tranquillo, dove possiamo parlare.» Proposi.

«Qui vicino c’è uno Starbucks che rimane aperto fino alle tre e mezza del mattino, ti va?» Propose Harry, ma io scossi di nuovo la testa.

«Non voglio stare in pubblico.» Mormorai.

«D’accordo, allora andiamo al Circolo. Non c’è posto più tranquillo e sicuro del Circolo.» Disse lui, un po’ in imbarazzo.

Sembrava quasi che volesse prendermi una mano o toccarmi per rassicurarmi, ma riuscì a trattenersi e cominciò a guidare in silenzio, così cercai di concentrarmi su quello che vedevo fuori dal finestrino per provare a dimenticarmi della sua presenza, che mi rendeva nervosa.

Arrivammo al Circolo circa venti minuti dopo. Harry riuscì a trovare un parcheggio poco distante e poi camminammo fino al negozio di Sameer, che era ovviamente aperto. Il figlio dell’uomo, Ravi, stava leggendo un libro dietro il bancone (a quell’ora della notte non erano molti i clienti) e ci salutò con un cenno del capo.

«Freddino stasera, eh?» Commentò Harry, una volta arrivati nella sala principale del Circolo. «Faccio un po’ di tè, ne vuoi?» Aggiunse.

«Sì, grazie.» Risposi, sedendomi sul divano e aspettando che il ragazzo tornasse. Non avevo bevuto tanto, solo il cocktail che mi aveva offerto Liam, ma non toccavo un goccio d’alcol da quasi un anno e mezzo e il drink era molto, molto forte, così ero un po’ brilla. Mi girava la testa e non mi sentivo esattamente me stessa.
 
Harry litigò con il bollitore per qualche minuto, poi aprì varie ante degli armadietti nella zona del bar e riuscì a trovare le bustine del tè.

«Ma chi beve tutto quel caffè Jamaicano?» Mi domandò con un sorriso.

«Non dire nulla.» Replicai. «Louis ha passato un periodo in cui era diventato dipendente dalla caffeina e ha importato quei chicchi rari dalla Jamaica. E ovviamente la fase del caffè è durata solo più o meno due mesi.» Aggiunsi.

«Poi si è ricordato di essere inglese?»

Sorrisi e annuii, pensando all’ultima volta che avevo visto Harry. Eravamo andati a letto insieme e poi lui mi aveva confessato di essersi innamorato di me. Io non avevo risposto - non ero riuscita a dire nulla - e lui se n’era andato. Da quel momento non avevamo più parlato (a dire la verità non ci eravamo più nemmeno visti) e quella notte Harry stava facendo assolutamente finta che tra di noi non fosse successo nulla. Si era pentito di quello che mi aveva detto o stava cercando di fare il ‘bravo ragazzo’ e di non obbligarmi a intraprendere un discorso che non ero pronta a fare?

«Harry…» Cominciai, ma lui mi interruppe.

«Ehi, potremmo sempre vendere tutta questa roba su eBay: ‘chicchi di caffè Jamaicani acquistati e toccati personalmente da Louis Tomlinson a sole cinquecento sterline al chilo’. Le ragazzine diventerebbero pazze.» Scherzò lui.

Tornò a sedersi sul divano e decise di scegliere il posto di fianco a me, invece che di fronte. Appoggiò le due tazze di tè sul tavolino di fronte e poi si accomodò.

«Già.» Dissi, abbassando lo sguardo. «Mi dispiace.» Continuai dopo qualche minuto di silenzio imbarazzato.

«Non preoccuparti, ero ancora sveglio. Non riuscivo a dormire.» Replicò lui, scrollando le spalle. Cercai di immaginarmelo nel suo letto - rendendomi conto di aver visto la stanza degli ospiti in cui eravamo andati a letto insieme per la prima volta a casa di Niall, ma di non avere la minima idea di come fosse fatta la sua - mentre fissava il soffitto e continuava a girarsi per trovare una posizione che gli conciliasse il sonno. L’avevo fatto tanto anch’io in quei giorni, perché non riuscivo a smettere di pensare alla nostra ultima conversazione.

«No, non intendevo per quello.» Risposi. «Dicevo per tutto. Per l’altra volta, per quello che ti ho chiesto… e per quello che non sono riuscita a dirti.» Aggiunsi, prendendo la tazza di tè bollente tra le mani per scaldarmi.

«Oh, quello. Non preoccuparti, Freya. È acqua passata.» Rispose lui velocemente.

«Acqua passata? Harry, mi hai detto che ti sei innamorato di me, come fa ad essere acqua passata?» Domandai, incredula.

Lui sorrise e, per qualche istante, mi domandai se avesse completamente perso la testa. Poi cercò di dire qualcosa, ma lo interruppi.

«Perché io ho sentimenti per te da mesi e sono molto lontana dal sentirmi come se fossero acqua passata.» Mi lasciai sfuggire.

Non avevo idea di quante notti avevo passato sperando che lui fosse al mio fianco, desiderando sentire la sua mano sulla mia sotto il piumone, o le sue labbra sulle mie. Non sapevo quante volte avevo perso il filo del discorso con qualcuno perché avevo cominciato a pensare a lui, ai suoi capelli spettinati, a quel sorriso che mi faceva battere il cuore più velocemente, al tono della sua voce, così caldo e sensuale. Non avevo mai contato nemmeno le volte in cui, nel bel mezzo della giornata, avevo cominciato a desiderare disperatamente di essere abbracciata da lui, di baciarlo. Provai un brivido lungo la schiena e mi costrinsi a fissare lo sguardo sulla bustina del tè.

Harry non rispose e, invece, abbandonò la tazza che aveva in mano sul tavolino di fronte a noi e mi abbracciò. Mi rannicchiai accanto a lui, appoggiando la testa sul suo petto e lasciai che mi abbracciasse e mi stringesse a sé per quelle che mi sembrarono ore. Poi mi addormentai in quella posizione, esausta e con un mal di testa pulsante che sembrava non volermi più lasciare.

 
***

Mi svegliai con una terribile sensazione di secchezza alla gola e in stato confusionale. Perché non ero nel mio letto? Dove mi trovavo? Rimasi immobile per qualche secondo, mentre cercavo disperatamente di capire quello che stesse succedendo.

Ero al Circolo. Okay, almeno avevo scoperto dove mi trovavo. Stavo dormendo sul divano ed ero stata coperta da qualcosa di strano… non era una coperta, perché era troppo corta. Era un maglione di lana?

Mi alzai a sedere e mi guardai intorno. Ricordavo tutto: il locale, i fotografi, il cocktail di Liam… Harry. Avevo dormito su quel divano con Harry e gli avevo confessato di avere dei sentimenti per lui.

Mi coprii la bocca con una mano e scossi la testa. No, non era possibile. Non era assolutamente possibile. Non potevo… le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance e pochi istanti dopo, iniziai a singhiozzare.

«Freya?» Sentii la voce di Harry provenire da poco lontano e voltai lo sguardo verso di lui, cercando di asciugare gli occhi e di calmarmi. «Freya, cosa succede?» Mi domandò, raggiungendomi e sedendosi di fianco a me.

«Sono una persona terribile.» Singhiozzai. «Una madre terribile!» Esclamai, ricominciando a piangere più forte. «Non sono tornata a casa a dormire! Sono uscita, ho bevuto e mi sono addormentata sul divano. Ho abbandonato Emma per andare a divertirmi…» Aggiunsi.

«Ehi.» Replicò Harry, appoggiando una mano sulla mia gamba e facendomi sussultare. La ritrasse immediatamente, abbassando lo sguardo. «Ehi, non sei una madre terribile. Emma è di sopra con Louis e non si è accorta di niente. Lou ha detto che ha dormito tutta la notte e che non ha avuto nessun problema.» Aggiunse il ragazzo.

Harry aveva parlato con Louis e si era assicurato che mia figlia stesse bene. Era stata la prima cosa che aveva fatto appena sveglio… era quello che avrei dovuto fare io, invece ero stata distratta da mille altre cose, come al solito. Dovevo cambiare. Dovevo smettere di preoccuparmi di tutto e concentrarmi solo su Emma.

«Non avrei mai dovuto farlo a priori. Uscire, intendo.» Dissi, scuotendo la testa e alzandomi.

«Freya, non l’hai abbandonata.» Cercò di farmi ragionare Harry. «È a casa con Louis, è come se fosse rimasta con il padre. Va tutto bene.» Aggiunse.

Lo guardai e sospirai. Non sapevo come, ma era riuscito a calmarmi e a farmi capire che quello che avevo fatto non era stata una tragedia. Certo, avrei potuto benissimo tornare a dormire a casa e non rimanere al Circolo, ma Louis era stato con Emma tutta la notte e non era successo nulla. Stava bene e quella era la cosa importante.

Osservai lo sguardo di Harry, che stava saettando dal mio viso al pavimento e ripensai alla conversazione che avevamo avuto la sera prima, quando lui mi aveva detto che i suoi sentimenti per me erano ‘acqua passata’ ed io gli avevo confessato che invece provavo qualcosa per lui. Come potevo essere stata così stupida?

«Grazie.» Mormorai, senza guardarlo. «Grazie per l’aiuto e per avermi fatto compagnia questa notte. Adesso… adesso è meglio se torno su e mi scuso con Louis per non averlo avvisato che non sarei tornata.» Dissi, osservando ostinatamente il corridoio.

«Non c’è problema.» Replicò Harry. «Io… ehm, io devo andare a lavorare.» Aggiunse, arrossendo lievemente.

«Okay.» Dissi.

«Okay.» Ripeté lui.

Nessuno dei due disse più una parola per alcuni minuti, finché il ragazzo decise di cominciare a incamminarsi verso l’uscita ed io raggiunsi la porta segreta per andare a casa.

 
***

«Non provare nemmeno a scusarti, Freya.» Mi disse Louis, quando tornai nell’appartamento e lo guardai con aria colpevole.

Corsi nella stanza di Emma, che era sveglia, e la presi in braccio immediatamente. Il mio migliore amico mi seguì e mi sorrise.

«Ma non ti ho nemmeno avvisato, non sapevi dove fossi, cosa stessi facendo… So che alla fine ero al Circolo e ci separava solo una rampa di scale, ma avrei potuto essere ovunque.» Spiegai.

«Sì, ma Harry mi ha inviato un messaggio per dirmi esattamente dove ti trovavi, quindi non ti ho dato per dispersa. Se fosse successo qualcosa sarei venuto giù a chiamarti. Emma ha dormito come un angioletto e non è successo niente, rilassati.» Replicò Louis. «Inoltre non mi ha dato fastidio passare la notte con Ems, sai che io la considero in tutto e per tutto mia figlia.» Aggiunse il ragazzo, sorridendo.

Lo guardai a bocca aperta, perché non mi aveva mai detto nulla del genere. Sapevo che voleva bene ad Emma e che gli piaceva passare del tempo con lei, ma non l’avevo mai sentito dire che la considerava sua figlia a tutti gli effetti.

«Lou…» Cominciai a dire, sentendo gli occhi diventare di nuovo lucidi.

«No, mi rifiuto.» Replicò lui, cercando di ridere. In realtà sapevo che si stava per mettere a piangere anche lui. «Adesso tu vai a cambiarti e a farti una doccia, poi io andrò a comprare la colazione per tutti e inoltre ho una sorpresa per te.» Aggiunse prima di prendere Emma dalle mie braccia e uscire dalla stanza.

 
***

La sorpresa di Louis era Ingrid, che mi aspettava in cucina con un grembiule intorno ai fianchi e una tazza di tè in mano. La donna mi disse che era stata ufficialmente assunta e che da quel momento mi avrebbe aiutata a prendermi cura di Emma e che non se ne sarebbe mai più andata. La abbracciai stretta, poi raggiunsi Louis nella sua stanza e lo osservai mentre giocava con la bambina.

«Emma? Emma, guarda chi c’è! La mamma!» Esclamò il ragazzo, indicandomi. Emma mi osservò, dapprima con aria seria e poi scoppiò a ridere. Aveva imparato a farlo da pochi giorni ed era una cosa che mi scaldava sempre il cuore.

«Ma-ma!» Urlò Emma, agitando le gambe e le braccia. Era supina in mezzo al letto matrimoniale e Louis era di fianco a lei, sdraiato sulla pancia. La bambina poi spostò lo sguardo sul ragazzo, sorride felice e urlò «ba-ba!»

«Gliel’hai insegnato tu?» Domandai, stupita. Da pochi giorni aveva iniziato a dire «ma-ma» quando mi vedeva, ma non aveva mai detto «ba-ba» guardando Louis, il che mi fece immensamente piacere, ma fece anche nascere diverse paranoie nella mia mente: Emma identificava Lou come padre? Avrei dovuto spiegarle che quello non era davvero il suo papà? Matt si sarebbe mai comportato da genitore per lei?

«No.» Rispose Louis, stupito. «Non so se… non pensavo che avrei mai potuto sentirmi così felice e orgoglioso…» Aggiunse, nascondendosi per asciugarsi una lacrima.

«Oh, Lou…» Mormorai e lo raggiunsi sul letto. Lui mi strinse lievemente il braccio, mi sorrise e ricominciò a giocare con Emma, che aveva imparato da poco a rotolare su se stessa e, negli ultimi giorni, stavamo cercando di insegnarle a stare seduta senza bisogno del nostro sostegno.

«Non piangerò.» Replicò lui, annuendo e cercando di distrarsi. Appoggiò una mano dietro la schiena di Emma, che rimase seduta. Poi la rimosse e la bambina ondeggiò per qualche secondo, prima di ribaltarsi e prendersi i piedi con le mani, ridendo felice.

«Ma va, perché dovresti? In questo posto c’è pieno di polvere che si infila negli occhi. Sarà sicuramente quello.» Dissi, asciugandomi gli occhi a mia volta.

«Forza, raccontami di Harry. Non fare quella faccia, Emma è ancora troppo piccola per capire cosa vuol dire rotolarsi sul divano, avvinghiati l’uno all’altra, per tutta la notte.» Disse il mio migliore amico dopo un po’.

«Louis!» Esclamai. «Non è successo niente del genere.» Aggiunsi, abbassando lo sguardo e tenendo il braccio di Emma per sostenerla. «Anzi, mi sono accidentalmente lasciata sfuggire che provo dei sentimenti per lui, ma per lui è già tutta acqua passata.» Spiegai.

«Acqua passata?» Domandò il ragazzo. «Come può essere acqua passata in due mesi?» Aggiunse, alzando un sopracciglio.

«Non lo so. Non chiedere. Quel ragazzo è un mistero e credo che lo rimarrà sempre, a questo punto… È una situazione più grande di me. Non ho mai incontrato nessuno del genere. Sono sempre stata molto brava a capire le persone, lo sai, l’ho anche sempre usato a mio vantaggio. Lui è… non lo so, non capirò mai quello che passa nella sua testa.» Mi sfogai.

«Beh, c’è una soluzione, Danno.» Replicò Louis. «Puoi sempre provare ad avere una conversazione con lui. Intendo una vera conversazione, una in cui vi parlate entrambi, ascoltate quello che ha da dire l’altro e non vi interrompete finché non avrete finito.» Aggiunse il ragazzo, sorridendo a Emma - che in quel momento si era distratta e si stava infilando in bocca tutto il laccio della felpa di Louis.

«Sì, come no.» Risposi. «Inoltre è inutile parlare con lui, perché a questo punto sono sicura che è l’opposto di ciò di cui ho bisogno in questo momento. Mi fa sentire nervosa, mi fa dimenticare del resto del mondo… ed io ho bisogno di stabilità e di tenere la testa sulle spalle. Ho qualcun altro a cui pensare adesso.» Aggiunsi, guardando mia figlia.

«D’accordo.» Replicò Louis, alzando le spalle. «So che quando ti fissi con una cosa è impossibile farti cambiare idea, ma sai come la penso.»

«Certo che lo so, ma come faccio? Anche ammettendo che lui provi ancora qualcosa per me e che sia disposto a stare con me… come si fa a uscire con qualcuno in queste condizioni? Ho una bambina di sei mesi (non sua, tra l’altro)… non posso semplicemente prendere, uscire a cena quando mi va, passare la notte fuori come ho fatto ieri sera o cose del genere. Non posso.» Risposi.

Louis alzò un sopracciglio e scosse la testa.

«Freya… a parte che non sei da sola, perché sai che io voglio aiutarti, ma poi devi metterti in quella testolina che la tua vita non è finita solo perché hai avuto una bambina. Hai ancora il diritto di uscire, di innamorarti e di trovare qualcuno.» Disse.

«La stessa cosa vale per te, sai?» Domandai, cambiando discorso e cercando di concentrarlo su di lui. Mi faceva sentire a disagio parlare del futuro l’idea di innamorarmi e trovare un partner per il resto della vita mi faceva venire la nausea. Era tutto troppo complicato. «Quand’è l’ultima volta che sei uscito e sei stato con una ragazza negli ultimi mesi?» Chiesi, fissandolo negli occhi con aria di sfida.

«Tu non preoccuparti per me. Il fatto che io sia qui tutte le notti non vuol dire che non vedo una ragazza nuda da millenni. Ho solo cambiato orari.» Rispose lui, facendomi l’occhiolino.

«Cioè?» Domandai, incuriosita.

«Ho tre ragazze in rotazione al momento e le vedo in altri momenti della giornata. Non è un grande problema. Quando Emma sarà più grande e tu ti sentirai più sicura a passare la notte insieme a lei, da sola, allora ricomincerò ad uscire di sera.» Mi spiegò.

«Louis…» Richiamai la sua attenzione. «Sono perfettamente capace di rimanere per una notte in casa da sola con mia figlia. Al massimo posso chiedere a Ingrid di rimanere.» Aggiunsi.

Il mio migliore amico l’aveva assunta, ma la donna non poteva più fare come quando lavorava per la mia famiglia e vivere in casa, perché non c’erano più stanze disponibili. Io avevo preso la prima degli ospiti ed Emma la seconda, quindi dovevo accontentarmi di avere il suo aiuto dalle otto del mattino alle cinque di pomeriggio.

«Non penso che ce ne sarà bisogno. So che ce la puoi fare.» Disse lui, assumendo un’aria pensierosa. «Anzi, sai che c’è? Hai ragione. Questa sera esco, non aspettarmi sveglia.» Aggiunse pochi secondi dopo, alzandosi dal letto e andando a recuperare il suo telefono.

Lo sentii fare una telefonata di pochi istanti a qualcuno - presumibilmente una delle sue ‘ragazze in rotazione’ - e poi mi sorrise.

«Andata?» Domandai.

«Andata. Questa sera il vecchio Louis Tomlinson passerà una notte da ricordare.» Rispose.

«E chi sarà la fortunata?» Chiesi.

«Hai presente Cheryl, l’amica di Regina? Ecco, lei.» Replicò il ragazzo. «Ci stiamo frequentando da qualche mese, ma non lo so. Non è niente di serio. Non è mai niente di serio con nessuna, penso che la donna perfetta per me non esista ancora.» Aggiunse, pensieroso.

«La troverai, ne sono sicura.» Cercai di rassicurarlo. Ma tanto sapevo che Louis non era interessato ad avere una relazione seria. Non ancora, in ogni caso. A lui piaceva divertirsi e faceva bene. Aveva tutto il tempo del mondo per decidere di stare con una sola ragazza per il resto della vita.

 
***

Come annunciato, Louis uscì prima di cena e mi mandò un messaggio, dicendomi che non sarebbe tornato a dormire, perché avrebbe passato la notte a casa di Cheryl. Ingrid aveva già finito il suo turno alle cinque, così ero rimasta da sola con Emma.

Più o meno alle otto e venti sentii suonare il campanello e, quando andai ad aprire, mi ritrovai davanti Harry, con due borse di plastica in mano.

«Ciao?» Dissi, stupita.

«Ehi, Freya.» Replicò Harry. «Louis mi ha chiamato, mi ha invitato a cena e mi ha chiesto di passare a prendere qualcosa per tutti. Spero che per te non sia un problema.» Aggiunse, guardandosi intorno.

«Louis, eh?» Domandai tra me e me, scuotendo la testa. Non sapevo nemmeno perché mi ero stupita. Avrei dovuto immaginare che il mio migliore amico mi potesse fare uno scherzo del genere.

«Sì. Louis. Mi ha detto di passare a prendere gli hamburger e di venire qui, così mangiamo insieme a Niall e Liam.»

Aprii la porta e lo lasciai entrare. Sentii il profumo delle patatine fritte e mi resi conto di quanto fossi affamata. Non avevo ancora fatto in tempo a mangiare.

«Beh, Louis si è dimenticato di avvisarti, credo, ma è uscito con Cheryl e in casa ci siamo solo Emma ed io.» Replicai, imbarazzata.

«Oh.» Disse. Si guardò di nuovo intorno, poi posò lo sguardo prima su di me e poi sui sacchetti di cibo che aveva in mano. «In ogni caso non possiamo buttare tutta questa roba, no? Io direi che potremmo mangiarla lo stesso noi due.» Propose.

«Beh, quelle patatine hanno un profumo insistentemente invitante.» Dissi, chiudendo gli occhi e cercando di convincermi che quella fosse una buona idea. Avrei strozzato Louis il giorno successivo, dopo aver scoperto come sarebbe andata quella sera.

«Esatto.» Concluse lui, avviandosi verso la cucina e cominciando ad estrarre confezioni di cibo.
In quale strana situazione mi aveva cacciata il mio migliore amico?


 


Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo! Oggi abbiamo una confessione da parte di Freya che crea imbarazzo tra lei e Harry, una scena decisamente tenera tra la nostra protagonista, Louis ed Emma, il ritorno di Ingrid e una cena a sorpresa. Freya sta cercando di abituarsi a questa nuova situazione e ha un disperato bisogno di aiuto. E adesso che Harry sa che anche lei prova qualcosa per lui, cosa succederà? I suoi sentimenti per lei sono davvero acqua passata oppure era solo un modo per cercare di non farla sentire in colpa? Tutte le risposte martedì prossimo :)
Grazie mille per aver letto fin qui e spero che il capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima!

 

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Capitolo 18
*** 17 - Jigsaw Puzzle ***



Capitolo 17 - Jigsaw Puzzle
 
«Sicura che non disturbo, vero?» Mi domandò Harry, sedendosi dietro il bancone e passandomi una confezione di patatine e un hamburger. «A proposito, per te ho preso quello di pollo con il bacon e l’avocado, spero che sia ancora il tuo preferito.» Aggiunse pochi istanti dopo, preoccupato. «Altrimenti ci sono quelli che sarebbero stati di Niall, Liam e Louis.»

Guardai la confezione dell’hamburger davanti a me e deglutii. Avevo così fame che mi sarei mangiata anche il tavolo.

«È ancora il mio preferito, non preoccuparti. Grazie.» Risposi, cercando di ricordare la conversazione in cui gli avevo rivelato i miei gusti. Probabilmente era successo mesi prima e il fatto che lui si ricordasse ancora mi fece provare una stretta al cuore.

«Per fortuna.» Disse lui, addentando il suo hamburger con aria felice. «Quindi Louis ha organizzato tutto per farci rimanere da soli, giusto?» Domandò casualmente dopo qualche minuto.

Avevo mangiato qualche patatina e mi sentivo già decisamente meglio. Non ancora in grado di affrontare un discorso serio con Harry, ma meno confusa di prima. Di sicuro la mia mente non era più distratta dalla fame acuta.

«Credo di sì.» Sospirai, annuendo. «Louis e i suoi piani geniali e malefici.»

«Beh dai… ci vuole bene e non lo fa con cattiveria.» Replicò Harry, sorridendo. «E in fondo non è che stiamo passando una brutta serata.»

«No, per carità.» Risposi, scuotendo la testa. Preferivo sicuramente cenare con Harry rispetto anche solo a stare nella stessa stanza con Matthew per più di dieci secondi.

Rimasi in silenzio per un po’, persa nei miei pensieri e, soprattutto, assaporando l’hamburger che mi aveva portato Harry. Emma si era addormentata già da un’ora e sembrava molto tranquilla. Dal baby monitor non proveniva alcun rumore.

«Ha cercato di farti imboscate anche per farti sistemare le cose con Matthew?» Mi chiese Harry, riportandomi alla realtà.

Lo fissai per qualche istante, prima di scuotere la testa. Se qualsiasi altra persona (tranne mia sorella o Louis o Niall) mi avesse fatto una domanda del genere mi sarei arrabbiata, ma Harry non voleva essere cattivo. Non voleva infierire o farsi gli affari miei. Stava solo cercando di fare conversazione e sapevo che era davvero interessato alla mia situazione.

«No.» Risposi lentamente. «Certe cose… ci sono cose che si possono aggiustare quando si rompono. Altre si distruggono in pezzi talmente piccoli che è letteralmente impossibile rimetterli insieme. Quello che è successo tra Matthew e me è così, impossibile da sistemare. Louis lo sa bene. Anzi, quando ho preso la decisione di tornare a vivere con lui, subito dopo la nascita di Emma, si è opposto e mi ha persino nascosto le valigie quando è stato il momento di andare.» Raccontai.

Vidi Harry sorridere brevemente, come se si stesse immaginando la scena, prima di ricomporsi e tornare serio.

«Pensi che ci sia una colla forte abbastanza per rimettere insieme i nostri pezzi, invece?» Mi domandò timidamente, sorprendendomi.

Aveva parlato molto lentamente, abbassando lo sguardo e arrossendo. Lo osservai, incapace di trovare le parole per rispondere a quella domanda che mi aveva presa alla sprovvista.

I suoi capelli erano diventati lunghissimi - sembrava che non li avesse mai tagliati da quando eravamo andati a letto insieme la prima volta, mesi prima - ed erano spettinati. Mi facevano venire voglia di affondarci le dita, possibilmente mentre le nostre labbra si toccavano e i nostri corpi si cercavano.

«Non… non penso che serva la colla.» Dissi a bassa voce, obbligandomi a distrarmi. Quei pensieri non facevano altro che confondermi le idee ulteriormente e non era quello di cui avevo bisogno in quel momento. No, avevo bisogno di pensare chiaramente e di affrontare quel discorso con cautela.

«Troppi pezzi?» Domandò ancora lui, alzando lo sguardo e puntandolo nel mio. Provai un brivido, osservando quegli occhi verdi che sembravano voler entrare direttamente nella mia mente e leggere i miei segreti più profondi.

«N-no.» Balbettando. «Quello che c’è tra di noi è un puzzle di cui non ho la scatola, Harry. Non so esattamente quale sia l’immagine, quindi non so come rimettere insieme i pezzi.» Aggiunsi dopo un po’, obbligandomi a trovare il modo per descrivere al meglio quello che stavo pensando.

«E a te piacerebbe scoprire qual è l’immagine finale?» Mi chiese lui, continuando a sostenere il mio sguardo e senza tradire alcun tipo di emozione.

Deglutii, provando un altro brivido lungo la spina dorsale.

«Sì.» Ammisi.

Non avevo il coraggio di fare la stessa domanda anche a lui, perché non volevo scoprire la risposta. Harry era sempre stato un mistero per me, l’unico ragazzo che non ero mai stata in grado di ‘leggere’ e di capire. Non sapevo mai cosa stava pensando e mi sorprendeva sempre. Non mi era mai capitato di provare dei sentimenti per qualcuno di così misterioso, per me era una novità assoluta non riuscire a gestire e a manipolare perfettamente qualcuno. L’avevo sempre fatto con tutti, era una delle cose che riuscivo a fare meglio prima che nascesse Emma. E se avesse detto che lui non era assolutamente interessato a me, come aveva fatto tanti mesi prima? E se tutto quel discorso era servito solo per farmi arrivare a quel livello di vulnerabilità per poi umiliarmi e prendersi gioco di me? Cominciai ad agitarmi. Dovevo trovare il modo di terminare al più presto quella serata, prima che Harry avesse l’opportunità di ferirmi.

Scattai in piedi e cominciai a buttare le confezioni del cibo che avevamo appena mangiato.

«Anche a me.» Mormorò lui dopo quella che mi sembrò un’infinità di tempo.

Mi bloccai davanti al bidone della spazzatura e rimasi immobile. Non lo vedevo, perché gli stavo dando le spalle, e non avevo la minima idea di quale fosse la sua espressione in quel momento, ma non volevo girarmi e scoprirlo. Non riuscivo a muovermi.

Lo sentii alzarsi e fare qualche passo verso di me. Si fermò a poca distanza dalla mia schiena e, improvvisamente, mi sentii molto consapevole della sua presenza in quella cucina. In quella casa. In quel mondo.

«Mi piacerebbe se lo scoprissimo insieme.» Continuò. «So che per te non è il momento adatto, me ne rendo conto. Ho provato a nascondere i miei sentimenti per te per non complicarti la vita, perché so che non è facile la tua situazione, ma… ma credo che sia arrivata l’ora di provarci, Freya. Tu cosa dici?»

Sentii gli occhi diventare lucidi, mentre la mia mente sembrava impazzita e sembrava produrre otto miliardi di pensieri al secondo.

Harry voleva scoprire il risultato del nostro puzzle insieme a me? E me l’aveva appena detto? Era quello che sognavo da mesi, no? E quindi perché non riuscivo a muovermi e mi veniva da piangere in quel modo?

«Freya?» Richiamò la mia attenzione. Sentii la sua mano sulla mia spalla e mi immobilizzai ulteriormente. Le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance e il mio respiro diventò più veloce e pesante.

Avevo passato i quindici mesi più intensi di tutta la mia vita. Avevo avuto una bambina - molto prima di quanto avessi mai potuto immaginare - ero stata fidanzata ufficialmente, poi il fidanzamento era finito. Ero stata buttata fuori di casa, avevo convissuto con Matthew, avevo cambiato casa ed ero stata accolta da Louis. Poi ero tornata da Matt, nella speranza che qualcosa cambiasse, ma ero dovuta tornare dal mio migliore amico. E poi c’era stato Harry. Harry, il ragazzo con cui ero andata a letto per cercare di dimenticare quello che mi stava succedendo. Quello che mi aveva rifiutata quando ci avevo riprovato e poi aveva cercato di comportarsi in modo carino con me. Quello che mi aveva ignorata e che poi mi aveva quasi baciata a Brighton. Quello che mi aveva dato il bacio più mozzafiato di tutta la mia vita nella casa al mare dei miei zii e poi mi aveva ignorata di nuovo per mesi. Quello che mi aveva confessato di essersi innamorato di me e poi si era allontanato di nuovo. Quello che, inspiegabilmente, mi aveva fatta innamorare di lui durante tutti quei mesi.

Mi voltai lentamente, incurante delle lacrime sulle mie guance, incurante del tremore delle mie mani e del mio battito cardiaco accelerato.

«Vuoi davvero comporre questo puzzle insieme a me?» Domandai, incredula. Lo guardai negli occhi e il suo sguardo non fece altro che far ricominciare a battere il mio cuore ancora più velocemente.

Lui annuì, senza dirmi nulla.

«Andiamo lentamente, però. Un passo dopo l’altro. Anzi, un pezzo dopo l’altro… molto lentamente e con calma.» Dissi dopo qualche secondo.

Harry annuì di nuovo, senza rispondere.

Ed io lo baciai. Lo baciai come non avevo mai fatto, tenendo il suo viso tra le mie mani e abbandonandomi completamente e ignorando tutto quello che avevo appena detto. Sì, la ragione mi diceva di prendere le cose con calma e di fare un passo dopo l’altro, perché ormai non dovevo più pensare solo a me stessa ma anche a mia figlia. Il cuore, invece, mi diceva di non ascoltare niente e nessuno e di continuare a baciare Harry e di spingerlo verso la mia camera da letto, perché quella era la cosa giusta da fare. Avevamo tutto il tempo del mondo per prendere le cose con calma. Quello non era il momento adatto per un discorso del genere.

 
***

Quando Louis venne a svegliarmi e trovò Harry nel mio letto, il mattino successivo, decise che era finalmente arrivata l’ora di festeggiare e stappò una bottiglia di champagne, che insistette per farci bere insieme alla tipica colazione inglese che aveva preparato il nuovo chef di casa (che iniziava a lavorare quel giorno, perché tutti gli altri erano stati licenziati dopo nemmeno una giornata intera - quello che era durato di più se n’era andato dopo quattro ore, urlando e piangendo nello stesso momento).

«Dobbiamo celebrare la nascita di un nuovo amore. Cioè, in realtà non è tanto nuovo questo amore, c’è già da parecchio, ma finalmente vi siete decisi a fare qualcosa.» Disse il mio migliore amico, proponendo un brindisi.

«È relativamente nuovo.» Obiettai, alzando il bicchiere. Era presto per bere, ma quella era di sicuro un’occasione speciale. Inoltre ero molto felice e avevo davvero voglia di festeggiare. Sembrava che tutto, finalmente, stesse andando nel verso giusto.

«Da parte tua, forse. Questo qui è innamorato di te da un secolo e mezzo.» Replicò Louis. Poi si bloccò e si morse il labbro. «Cazzo, forse non dovevo dirlo.» Aggiunse, imbarazzato. «Oh beh, ormai il coniglio è fuori dal cappello, no?» Domandò, ridendo.

Lo guardai con un sopracciglio alzato, in cerca di spiegazioni.

«Louis…» Disse debolmente Harry.

«Voi due sapete chiaramente qualcosa che io non so.» Dissi, a metà tra lo stupito e l’incuriosito. Harry era innamorato di me da molto tempo? Di sicuro non me l’aveva mai fatto capire, non prima di quel giorno in cui mi aveva detto accidentalmente di avere dei sentimenti per me.

«Harry, mi dispiace, ma devo farlo.» Mormorò Louis. «Freya, devi sapere che Harry ha una cotta per te dalla notte dei tempi.» Continuò il mio migliore amico, puntando lo sguardo su di me ed evitando quello di Harry.

Il ragazzo sospirò e cominciò a fissare il suo piatto, imbarazzato.

«Ma non mi hai mai nemmeno rivolto la parola.» Dissi, guardandolo.

«Lo so, perché non ne avevo il coraggio. Sei sempre stata fuori dalla mia portata, ho sempre avuto paura che tu mi vedessi solo come un poveraccio, uno da cui stare lontana.» Replicò lui.

«Ma…» Cercai di ribadire, ma poi decisi di rimanere in silenzio. Aveva ragione. Se Harry avesse provato a parlarmi o a chiedermi di uscire anche solo pochi anni prima, l’avrei rifiutato e gli avrei detto di continuare a sognare, perché ero fatta così.

«Ti ricordi quando ci hai chiesto perché ci eravamo allontanati?» Domandò Louis, riprendendo il discorso.

«Sì.» Risposi cautamente.

Harry si spostò sulla sedia, in imbarazzo e leggermente a disagio. Non volevo continuare quel discorso, perché non volevo obbligarlo a dirmi cose che non voleva dirmi, ma ero anche dannatamente curiosa. Troppo curiosa.

«Lou, dobbiamo per forza?» Domandò il ragazzo, scuotendo la testa.

«Sì, lo sai che vi voglio bene.» Replicò lui, sfoderando il suo miglior sorriso. «Anche perché non c’è niente di male. Anzi, la trovo una cosa carinissima. Così carina che mi si cariano quasi i denti.»

«D’accordo.» Rispose Harry. «Louis ed io ci siamo allontanati quando ho scoperto che andavate a letto insieme.» Confessò infine, evitando lo sguardo di tutti.

«Non è tenerissimo? Non ti viene voglia di stritolarlo in un abbraccio quasi letale?» Domandò Louis. Sembrava orgoglioso. Stava guardando Harry nello stesso modo in cui guardava Emma quando riusciva a stare seduta da sola per qualche secondo.

«Harry…» Mormorai, toccandogli un braccio. Lui sorrise, un po’ imbarazzato e un po’ irritato.

«Okay, adesso che ho confessato di avere sempre avuto una cotta per Freya e che ero geloso dei ragazzi che sono stati con lei, possiamo parlare d’altro? Tipo di questa colazione, che è fantastica. Credo che abbiate finalmente trovato lo chef giusto.» Replicò lui.

«Certo.» Dissi, incapace di trattenere il sorriso.

Non riuscivo a contenermi, per la prima volta dopo tantissimi mesi ero felice. E lo ero nel vero senso della parola. Louis avrebbe dovuto lasciare che Harry mi dicesse quelle cose quando voleva e probabilmente avrei dovuto essere arrabbiata con lui per averlo obbligato a parlare, ma come avrei potuto?

«Ah, non fate caso a me, sono ancora un po’ ubriaco dalla notte scorsa. A dire il vero non sono ancora andato a dormire, quindi penso proprio che andrò a collassare sul mio letto.» Disse improvvisamente Louis, alzandosi e facendo un inchino per salutarci. «À bientôt.» Aggiunse drammaticamente prima di sparire nel corridoio.

Harry ed io ci guardammo per qualche istante, perplessi, poi scoppiammo a ridere.

 
***

Quel pomeriggio, quando Harry mi salutò per andare a lavorare, chiamai immediatamente mia sorella e le chiesi di raggiungermi al Circolo.

«Ehi, qual è l’emergenza?» Domandò la ragazza, un po’ spaventata. «Emma sta bene?»

«Sì, sta benissimo. Ho bisogno di te e dei tuoi consigli.» Dissi, sedendomi e mettendole in mano una tazza di tè che avevo appena preparato.

«Okay.» Rispose lei, sempre più spaventata.

«Ti prego, dimmi qual è il segreto per raggiungere il livello di perfezione che c’è tra te e Luke.» Dissi, parlando velocemente.

Harper stava con Luke da quando aveva quindici anni e il loro rapporto era perfetto. Era tutto ciò che una relazione avrebbe dovuto essere. C’erano amore, rispetto reciproco e tanto supporto. Quei due erano inseparabili e sapevo che lui le avrebbe chiesto di sposarlo, perché moriva dalla voglia di farlo da quando si erano conosciuti. Ed io volevo che anche tra Harry e me ci fosse qualcosa del genere. Volevo che la nostra storia fosse perfetta, da film.

Mia sorella non rispose subito, si fermò a pensarci per qualche minuto, poi scosse la testa.

«Non lo so, sinceramente non ci ho mai pensato. Siamo sempre stati onesti l’uno con l’altra, ci siamo sempre rispettati e non abbiamo grandi aspettative, nel senso che non pensiamo tutto il giorno a come dovrebbe essere il nostro rapporto. Prendiamo ogni giorno come viene e ci amiamo.» Rifletté ad alta voce. «Perché?» Mi domandò dopo qualche istante, guardandomi.

Arrossii ed abbassai lo sguardo.

«Potrebbe essere successo qualcosa con Harry.» Confessai, sentendomi improvvisamente timida e imbarazzata.

«Cioè? Non tenermi sulle spine!!» Esclamò Harper, raddrizzandosi sul divano e appoggiando la tazza di tè sul tavolino. «Voglio sapere ogni minimo dettaglio.»

Sorrisi e cominciai a raccontarle tutto, senza omettere nessun particolare. Le dissi del bacio di Brighton, di quella volta che eravamo andati a letto insieme solo un paio di mesi prima, di quando lui si era lasciato sfuggire che si era innamorato di me, della volta in cui l’avevo fatto anch’io, accidentalmente e poi, finalmente, del discorso serio che avevamo fatto la sera prima.

«Wow.» Disse lei. «Freya, non puoi sapere come sono contenta!» Esclamò.

«Anch’io.» Dissi. «Solo che adesso sono terrorizzata dall’idea di mandare tutto a quel paese, perché io non ho mai avuto un ragazzo vero. Matthew…. Matthew non è mai stato il mio vero ragazzo. E tengo davvero tanto a Harry, Harp. Non voglio perderlo.» Aggiunsi.

Lei mi guardò a lungo e poi annuì.

«Freya, sai che ti voglio bene, giusto? E che non ti direi mai quello che sto per dirti per offenderti o farti del male, sì?» Mi domandò.

Improvvisamente la felicità che avevo provato fino a pochi istanti prima scomparve, lasciando il posto al panico. Harper stava per dirmi che secondo lei Harry ed io non eravamo fatti l’uno per l’altra? O che era sicura che, in qualche modo, avrei rovinato tutto? Oppure sapeva qualcosa di cui non ero a conoscenza? O forse voleva confermare quello che, nel retro della mia mente, avevo cominciato a pensare anch’io: non era il caso che mi buttassi a capofitto in una relazione. Avevo una bambina a cui pensare.

Annuii, cercando di non tradire nessuna emozione.

«C’è una cosa che devi fare prima di concentrarti sui tuoi sentimenti per Harry ed è parlare con Matthew.» Replicò lei, lentamente.

«Non devo chiedergli il permesso.» Ribattei a denti stretti. Solo il pensiero di dovergli parlare mi metteva di cattivo umore.

«No, mi hai fraintesa. Non devi chiedergli il permesso. Ci mancherebbe, per carità. Quello non si merita assolutamente niente e non gli devi rendere conto della tua vita privata.» Rispose. «Voglio solo dire che tu e Matt dovete parlare di Emma. Dovete risolvere la situazione e decidere che ruolo avrà lui nella vita della bambina. Poi tu puoi fare quello che ti pare, vedere chi ti pare, quello non c’entra nulla. Ma non penso che riuscirai ad avere un rapporto normale con qualcuno finché non farai quel discorso con Matthew.» Aggiunse.

Annuii. Quello che stava dicendo aveva senso. Aveva ragione, dovevo parlare con lui, per quanto non mi piacesse l’idea.

«Vedi perché io ho bisogno di te?» Le domandai, sorridendo. «Perché senza di te sarei persa e continuerei a fare errori enormi.» Aggiunsi.

Mia sorella mi abbracciò stretta.

«E credi che io non abbia bisogno di te?» Mi chiese lei di rimando. «Perché non so se l’hai notato, ma da quando ci siamo avvicinate sono cambiata parecchio. Tu mi sproni ad essere più impulsiva, a non aver paura dei cambiamenti e ad essere più coraggiosa.»

«Harp…» Protestai. Non volevo piangere.

«Ma è vero, Freya. Sono sempre stata una maniaca del controllo, una perfezionista e rompiscatole allucinante. Avrei fatto qualunque cosa per far piacere ai nostri genitori e tu mi hai insegnato che è perfettamente normale avere interessi diversi rispetto ai loro. È accettabile ribellarsi un pochino ed essere sé stessi.» Continuò. «Ho mollato le lezioni di pianoforte. L’ho sempre odiato.» Mi raccontò.

«Davvero? Ero convinta che ti piacesse. Sei sempre stata bravissima.» Risposi.

«No, lo odiavo con tutta me stessa. Lo facevo solo perché sapevo che papà ama il suono del pianoforte. Io in realtà non amo la musica, tantomeno quella classica. Adesso nel tempo libero vado in palestra e faccio kick boxing.» Replicò la ragazza, alzando le spalle e sorridendo.

«Mi sorprendi ogni giorno di più.» Dissi. «E hai ragione, devo parlare con Matt. Gli mando un messaggio e gli chiedo di incontrarci.» Aggiunsi.

«Hai bisogno di compagnia?» Domandò mia sorella.

«No, grazie. Devo farlo da sola.» Risposi, scuotendo la testa. Harper mi sorrise, orgogliosa e mi abbracciò di nuovo.

Mandai un messaggio al ragazzo, che mi rispose dopo pochi minuti: «Adesso sono a lezione, vieni a cena da me stasera e ne parliamo. Ci vediamo alle 7. Puoi portare anche Emma, per favore? x Matt»

Sospirai, preparandomi mentalmente a quella serata. Sarebbe stata difficile, ne ero consapevole. Ma Harper aveva ragione: se non avessi risolto quella situazione con Matthew non sarei mai riuscita ad iniziare qualcosa con Harry.
 

Buonasera! Ecco il nuovo capitolo di No Control e sembra che finalmente le cose tra Harry e Freya stiano prendendo una direzione positiva. Ma ovviamente c'è sempre il problema di Matthew. Che ruolo avrà nel futuro di Emma? E in quello di Freya? Nel prossimo capitolo scopriremo come andrà la conversazione tra la nostra protagonista e Matthew!
Grazie per aver letto fin qui e a martedì prossimo! <3

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Capitolo 19
*** 18 - Matthew ***


 
Capitolo 18 - Matthew

Emma non aveva più visto suo padre dal giorno in cui ce n’eravamo andate di casa ed eravamo andate a vivere con Louis. Io non l’avevo più contattato, perché mi ero arrabbiata tantissimo e non avevo intenzione di parlargli mai più e nemmeno lui aveva fatto nessuno sforzo per scusarsi o per vedere sua figlia.

Quella sera Louis mi chiese se avessi bisogno di compagnia e, quando risposi quello che avevo detto anche a mia sorella quel pomeriggio, cioè che era una cosa che dovevo fare da sola, mi disse di tenere il telefono a portata di mano e di chiamarlo non appena avessi voluto tornare a casa.

«Matthew non è pericoloso.» Dissi, alzando un sopracciglio. «È uno stronzo, ma non ha mai alzato un dito su nessuna delle due.» Aggiunsi. «Comunque grazie, se dovessi avere bisogno di aiuto ti chiamerò.»

«Posso almeno accompagnarti?» Insistette Louis.

Cedetti ed accettai il passaggio, perché sapevo che sarebbe stato inutile cercare di combattere. Voleva sentirsi utile e lo apprezzavo davvero tanto. Inoltre non avevo idea di come raggiungere la casa di Matthew, perché il mio autista aveva già staccato per quel giorno ed io non avevo intenzione di prendere i mezzi pubblici da sola e di sera.

 
***

Arrivai a casa di Matthew alle sette in punto, nervosa e agitata. Non avevo idea di cosa aspettarmi da quell’incontro, ma di sicuro sapevo quello che avrei voluto dirgli.

«Ehi, ciao!» Esclamò lui quando mi vide entrare. Alzò gli occhi dal libro che stava studiando e lo chiuse, riponendolo sul divano di fianco a lui. Ci raggiunse velocemente e salutò anche Emma.

«Hai visto com’è cresciuta?» Domandai, cercando di non sentirmi troppo a disagio. Matt aveva perso due mesi della vita di sua figlia e in quel periodo i bambini crescevano tantissimo.

«Già.» Replicò lui. «Venite, ho fatto preparare la cena. Ehm… cosa mangia Emma?» Mi domandò poi, imbarazzato.

«Sta cominciando a mangiare frutta, verdura e carne frullata. Ma non preoccuparti, ha già mangiato.» Risposi, evitando il suo sguardo. Era quello il rapporto che avremmo avuto per il resto della nostra vita? «Senti, non sono venuta qui per cenare, voglio solo parlare del futuro e del tuo ruolo nella vita di Emma.» Aggiunsi dopo qualche istante.

Matthew mi guardò, sorpreso, poi annuì.

«Hai ragione. E voglio subito partire chiedendoti scusa per come mi sono comportato con te e con lei.» Replicò il ragazzo, facendo strada fino alla sala da pranzo, dove il tavolo era preparato e già pieno di cibo.

«Grazie.» Risposi. Pensai brevemente di scusarmi anch’io per come mi ero comportata con lui, ma decisi di evitare. Non dovevo chiedergli scusa proprio per niente. Non l’avevo obbligato ad innamorarsi di me, io ero sempre stata molto chiara sul tipo di rapporto che volevo che esistesse tra di noi: «solo sesso, niente di più.» E di sicuro non avevo pianificato di rimanere incinta di sua figlia. Anzi, io volevo scappare a gambe levate dopo la prima volta che mi aveva detto che mi amava. Ero stata obbligata ad essere la sua fidanzata dai nostri genitori.

«Non… ehm, non ho un seggiolone per Emma. Forse dovrei comprarne uno per quando venite a trovarmi.» Disse lui improvvisamente, imbarazzato.

Mi guardai intorno e scossi impercettibilmente la testa. Matthew non aveva nemmeno pensato all’eventualità che sua figlia potesse avere bisogno di un seggiolone o di qualsiasi altra cosa. Aveva pensato a lei per almeno cinque secondi da quando ce n’eravamo andate?

«Non importa, la tengo in braccio.» Risposi freddamente, prendendo posto al tavolo e tenendo la bambina sulle mie gambe. Non progettavo di rimanere per molto in ogni caso.

«Mi dispiace, sono il peggior padre sulla faccia della terra.» Mormorò Matt dopo un po’. «Non ho idea di come abbia fatto ad arrivare a questo punto. L’anno scorso ero innamorato perso di te e avrei fatto qualsiasi cosa per te, compreso riconoscere la bambina anche nell’eventualità che non fosse mia… poi ho scoperto che è davvero mia figlia ed è diventato tutto… troppo.» Aggiunse, evitando di guardarmi negli occhi.

Mi morsi un labbro per evitare di dire qualcosa di veramente maleducato. Non volevo che Emma mi sentisse usare parolacce o insultare suo padre.

«Matthew, onestamente, credi che per me non sia stato tutto ‘troppo’, come dici tu? Ho avuto una bambina a diciannove anni. Ho partorito, Matt. Non so quale donna normale decida di farlo a mente lucida, io ero così impreparata che non sapevo nemmeno quello a cui stavo andando incontro. E credimi, non è stata una passeggiata. Proprio no. Sto crescendo Emma da quando è nata, ci sono stata quando ha avuto le coliche, quando ho dovuto portarla al pronto soccorso perché non sapevo che diavolo avesse… non è reale, questo? Io non sono scappata. Non mi sono nascosta dietro uno stupido libro.» Replicai.

«Sì, ma io non ho mai chiesto di diventare padre.» Cercò di giustificarsi lui.

«Perché, secondo te io ho progettato di diventare madre?» Domandai, sconvolta.

«No, ma…»

«Ma cosa?» Chiesi, cercando di mantenere un volume di voce ragionevole e di restare calma. Non potevo far capire ad Emma che ero arrabbiata, altrimenti avrebbe cominciato a piangere.

«Beh, contando che la maggior parte delle volte che andavi a letto con qualcuno eri ubriaca… diciamo che potevi anche aspettarti che succedesse una cosa del genere. Voglio dire, non potevi pretendere che andasse tutto bene per sempre, no? È già tanto che Emma sia mia e non di chissà chi altro.»

Abbassai lo sguardo sulla bambina seduta sulle mie gambe, che guardava tutto quello che c’era sul tavolo con curiosità e mi imposi di non cominciare ad urlare.

«Non cambierai mai, vero?» Domandai a bassa voce, scuotendo la testa.

Certo, per lui era facile incolpare solo me. Ma eravamo andati a letto insieme. C’era stato anche lui. Era stato ubriaco anche lui. E, fino a prova contraria, non avrei dovuto essere stata io l’unica ad assicurarsi che avessimo preso precauzioni.  Avrebbe dovuto pensarci anche lui. Ma ovviamente dare la colpa solo a me era la cosa più semplice da fare. Non voleva responsabilità ed era chiaramente ancora molto arrabbiato con me perché non avevo mai ricambiato i suoi sentimenti ed ero andata a letto con altre persone.

«Nemmeno tu, a quanto pare.» Mormorò lui, abbassando lo sguardo sul piatto che aveva davanti a sé.

«Che cosa vuoi dire?» Chiesi. Mi si era annodato lo stomaco, non avevo più nemmeno fame.

«Che è ovvio che sei ancora la stessa persona di prima. Non provi ancora nulla per me, il padre di tua figlia, e vai a letto con chiunque capiti.» Rispose lui, alzando finalmente lo sguardo e cominciando a fissarmi.

«A parte che non puoi obbligarmi a provare qualcosa per te.» Dissi, imponendomi di non alzare la voce. In quel momento avrei voluto saltare in piedi, urlargli quello che pensavo di lui e uscire sbattendo la porta. Ma non volevo che Emma crescesse in quel clima di continue liti familiari, quindi cercai di stare calma. «E poi il fatto che sei il vero padre di mia figlia non vuol dire un bel niente. Non è che il test del DNA positivo mi ha fatto magicamente innamorare di te. Anzi, forse è proprio il contrario, sai? Ti stai comportando da persona orrenda e ho cominciato ad odiarti. Perché hai voluto che portassi Emma, questa sera? Perché potesse assistere a questa bella scenetta?» Domandai. E questa volta presi in braccio la bambina e mi alzai veramente, diretta verso la porta d’ingresso.

«Ti ho chiesto di portarla perché volevo passare del tempo insieme a voi. Quando ho letto il tuo messaggio pensavo che avessi finalmente cambiato idea, che fossi tornata in te. Credevo che volessi tornare ad essere una famiglia.»

«Oh, e per te ‘famiglia’ cosa significa, esattamente?» Domandai. Ero così arrabbiata che sentivo il sangue ribollire nelle mie vene. Ero sul punto di esplodere. «Essere una famiglia vuol dire obbligarmi a stare con te, anche se non provo nessun tipo di sentimento - non positivo, almeno? Vuol dire che tu studi e lavori, mentre io sono costretta a prendermi cura di Emma ventiquattro ore al giorno, senza la possibilità di studiare o lavorare? Vuol dire che devo vestirmi, truccarmi e pettinarmi perfettamente e pulire la casa per quando inviti i tuoi importantissimi compagni del gruppo di studio? O i tuoi colleghi, in futuro? No, Matthew, non siamo più nel 1950. Non funzionano più così le cose.» Dissi.

«E cosa vorresti fare, sentiamo? I tuoi piani non sono sempre stati quelli di vivere con i soldi di mamma e papà e continuare a fare quello che hai sempre fatto? Cioè uscire tutte le sere, ubriacarti, tornare con uno diverso e posare per i fotografi?» Domandò lui, guardandomi con aria di sfida.

Cominciai a cullare Emma, perché sentivo che si stava agitando e non volevo che cominciasse a piangere. Dovevo cercare di non far trasparire nessuna emozione, perché sapevo che la bambina sentiva quando ero arrabbiata.

«Ritieniti fortunato. Non ti sto dicendo esattamente quello che penso di te solo perché non voglio che Emma senta.»

«Certo. O forse non stai rispondendo perché ti ho detto la verità.» Ribatté lui a denti stretti.

«Sei proprio lontano dalla verità.» Dissi. «Non che io ti debba nessun tipo di spiegazione, ma non ho intenzione di fare l’ereditiera e di continuare la vita di prima. Se proprio lo vuoi sapere non sto più uscendo di sera, perché sono sempre troppo stanca. E poi sto cominciando a studiare, perché mi voglio iscrivere all’università. Voglio una carriera, voglio che mia figlia cresca sana e felice e voglio passare il resto della mia vita con qualcuno che ci ami incondizionatamente e che supporti i sogni di entrambe. E tu, piuttosto evidentemente, non sei proprio quella persona.» Risposi.

«E credi che Styles lo sia?» Mi domandò improvvisamente, facendomi bloccare. «Pensavi che non sapessi quello che sta succedendo? Lo so benissimo che stai andando a letto con l’apprendista maggiordomo. Non ho intenzione che mia figlia cresca con certa gente intorno.» Aggiunse.

«L’apprendista maggiordomo, come lo chiami tu, è una persona molto migliore di quanto tu possa mai diventarlo. Lavora sodo per mantenersi e per aiutare la sua famiglia, ha dei sogni e, soprattutto, supporta quelli degli altri.» Risposi a denti stretti.

Poi mi voltai e aprii la porta per uscire.

«Non pensare di cavartela così, Freya. Emma ha il mio cognome e, se necessario, combatterò in tribunale per ottenere la sua custodia. Non permetterò che cresca da nessuna parte intorno a Styles o Tomlinson.»

«Buona fortuna a dimostrare che saresti un padre adatto.» Dissi, chiudendo definitivamente la porta alle mie spalle e facendo qualche passo prima di appoggiarmi alla parete.

Non potevo piangere. Non potevo piangere. Emma si sarebbe agitata più di me e non volevo che accadesse. Ma cosa diavolo era successo? Matthew mi aveva minacciata di ricorrere ad avvocati per ottenere la custodia di mia figlia. Ed era successo tutto solo perché non voleva che io mi mettessi insieme a Harry.

Uscii velocemente dal palazzo in cui abitava Matthew e recuperai il telefono per chiamare Alec. Avevo bisogno di tornare a casa e di parlare con Louis o Harper o Harry. O anche tutti e tre nello stesso momento.

«Freya!» Sentii la voce del mio migliore amico, poco lontano. Mi voltai di scatto e vidi Louis di fianco all’auto di Alec, che si era fatto prestare per accompagnarmi a casa di Matthew.

«Mi hai aspettata qui per tutto questo tempo?» Domandai, sorpresa. Lui annuì, prese Emma dalle mie braccia per sistemarla sul seggiolino e poi mi guardò. «Non mi fidavo al cento percento di quello.» Aggiunse, scuotendo la testa.

Lo abbracciai stretto, scoppiando a piangere sulla sua spalla.

 
***

Convocai una riunione d’emergenza al Circolo per il giorno successivo, e invitai Louis, Harper, Harry e il fidanzato di Harper, Luke.

«Matthew vuole portarmi via Emma.» Dissi, pensando alla bambina, che in quel momento era nell’appartamento che condividevo con Louis e stava giocando con Ingrid.

«Che cosa?» Domandarono tutti. Poi cominciarono a parlare uno sopra l’altro, insultando Matthew, dicendo che non era possibile e che avrebbero fatto di tutto perché non succedesse.

«L’ho visto ieri sera. Sono andata da lui per parlare del futuro, per stabilire quale sarà il suo ruolo nella vita di Emma e mi ha detto che è pronto a combattere in tribunale per avere la custodia della bambina. Non vuole che cresca con noi.» Dissi poi, guardando Louis.

Il ragazzo strinse i pugni, ma non disse nulla. Harry, al suo fianco, sembrava visibilmente arrabbiato.

«Ci sono delle cose che puoi fare.» Intervenne Luke, il fidanzato di Harper. Il ragazzo studiava Legge ed era quasi arrivato alla laurea. Frequentava lo stesso anno di Matthew.

«Che cosa?» Domandai, interessata.

«Puoi precederlo e chiedere tu l’affidamento esclusivo di Emma. Penso che tu possa provare che lui l’ha abbandonata, no?» Mi chiese di rimando il ragazzo, sistemandosi gli occhiali da vista.

«Credo di sì.» Riflettei ad alta voce. «Sono mesi che vivo a casa di Louis e, prima di ieri sera, non c’è stato assolutamente più alcun contatto tra di noi. L’ha abbandonata, se n’è fregato per tutto questo tempo.» Aggiunsi. «Lui… per quale motivo potrebbe richiedere l’affidamento esclusivo di Emma?» Domandai poco dopo, cominciando ad agitarmi.

«Dovrebbe riuscire a provare che la madre, cioè tu, non è un genitore adatto. Ci sono vari motivi per cui potrebbe non esserlo, tra cui abuso di alcol o droghe e malattie mentali.» Replicò Luke.

Harper mi guardò, preoccupata.

«Non ha prove. Non hai nessuna malattia mentale, non fai abuso di alcol o droghe e ti occupi di tua figlia tutti i giorni. Hai una casa in cui vivere…» Iniziò a dire la ragazza, ma si bloccò improvvisamente.

«Ma non ho stabilità finanziaria.» Mormorai tra me e me. «Non ho un lavoro e non ho un reddito, quindi potrebbe utilizzare questo contro di me, giusto?» Domandai a Luke, che sembrò pensarci su per qualche secondo.

«Beh, ma a quello posso pensarci io.» Intervenne Louis, che non aveva ancora parlato. «Ho più soldi di quanti possa usarne in tutta la mia vita, non credo che sia un problema, no?»

«Ma tu non sei uno dei genitori.» Ribatté Luke. «E non hai nemmeno la responsabilità genitoriale.»

«Non posso ottenerla?» Domandò Louis. «Sono stato più un padre io per Emma in questi mesi che lui da quando è nata.» Aggiunse amareggiato.

«Non è così semplice. Purtroppo la legge qui in Inghilterra dice che puoi ottenere la responsabilità genitoriale solo se sei il vero padre, il padre adottivo oppure un secondo genitore dello stesso sesso.» Rispose Luke.

Sospirai, scuotendo la testa. Harry mi prese una mano e la strinse leggermente, forse per dimostrarmi che lui era lì.

«E Matthew è segnalato come padre sul certificato di nascita di Emma, quindi non potresti nemmeno adottarla. Bisognerebbe chiedere il suo permesso o dovrebbe rinunciare ai suoi diritti.» Risposi.

Avevo passato la notte a cercare su internet, ma non ero riuscita a risolvere nulla. Ogni volta che mi sembrava di essere arrivata a una possibile soluzione, trovavo qualche difficoltà. Era come se mi trovassi in un labirinto di specchi e continuassi a sbattere la testa, perché non trovavo la strada.

«Secondo me l’unica opzione possibile è mettersi d’accordo amichevolmente, Freya.» Disse Luke dopo un po’. «Certo, potresti trovare un lavoro, ma non penso che ne troverai uno immediatamente e Matthew potrebbe rivolgersi a un avvocato in qualsiasi momento. Potrebbe averlo già fatto.» Aggiunse.

«Luke ha ragione.» Intervenne Harper. «Devi provare a farlo ragionare. Dovete trovare un accordo senza mettere in mezzo avvocati o giudici.» Aggiunse.

«Lo so, ieri sera ci ho provato, ma…» Mi interruppi, poi guardai Harry e mi morsi le labbra per non piangere. «Matthew è un idiota.» Conclusi, invece di dire quello che pensavo davvero.

Harry non aveva bisogno di sapere che Matt stava facendo tutto quel casino perché non voleva che Emma crescesse con lui. Non sapevo cosa fare, mi sentivo in trappola e non avevo la minima idea di come uscire da quella situazione.

Una cosa era certa, però: non avevo intenzione di darla vinta a Matthew.

 
***

«Sono tornata per continuare a parlare di Emma.» Dissi quel pomeriggio, presentandomi a casa di Matthew senza avvisare e ripromettendomi di non andarmene finché non avessimo raggiunto un accordo.

Il ragazzo aprì la porta vestito e pettinato di tutto punto e mi guardò, perplesso.

«Non avevamo un appuntamento.» Mi disse.

«No.» Risposi. «Ma credo che sia importante parlare del futuro di tua figlia, non credi?» Aggiunsi. «In fondo vorresti ottenere l’affidamento esclusivo, quindi immagino che saresti pronto ad abbandonare tutto quello che stai facendo, senza preavviso, per occuparti di lei.» Conclusi.

Lui sembrò pensarci un secondo, poi cedette e aprì del tutto la porta per farmi entrare. Non ero sicura di come sarei riuscita a vincere un litigio con un futuro avvocato, ma sapevo una cosa: non volevo perdere mia figlia e questo mi rendeva determinata e, probabilmente, anche pericolosa.

«D’accordo.» Replicò Matthew, facendomi sedere sul divano. «Cosa vuoi?» Domandò poco dopo.

«Le cose stanno così.» Risposi. «Tu ed io non torneremo mai insieme e sei un pazzo se pensi che non farei di tutto pur di non farti ottenere l’affidamento esclusivo di Emma. Combatterei fino alla fine e nessuno dei due vuole intraprendere una lunga ed estenuante battaglia legale, giusto?»

«Onestamente non ne ho il tempo, ma se è quello che serve a proteggere mia figlia da Tomlinson e Styles…»

Scossi la testa, sbuffando.

«Ti rendi conto che Emma non sa nemmeno che sei suo padre? Sei sparito dalla sua vita per mesi e non sa più chi sei. Vede Louis tutti i giorni e le piace giocare con lui e si fida di lui.» Replicai. «E sai una cosa? Lui farebbe qualsiasi cosa per lei. È stato Louis a leggere tutti i libri e gli articoli su internet del mondo con consigli per come essere bravi genitori. È stato Louis a passare ore a guardare video di genitori su YouTube per scoprire esattamente come tenere in braccio una neonata e come rendere la casa a prova di bambino. È stato Louis a farmi compagnia durante la notte, quando Emma non riusciva a dormire per le coliche, e ad accompagnarmi al pronto soccorso quando aveva la febbre alta e non sapevamo cos’avesse. Tu dici che vuoi proteggerla da lui, ma Louis Tomlinson è il padre migliore del mondo, nonostante la bambina non sia sua.» Aggiunsi. «E sai cosa? Louis ha comprato un’enorme zona giochi con scivoli, altalene, una zona con la sabbia e tanto altro nel giardino della casa in cui viviamo e ha fatto installare una piscina dei piccoli nell’ex garage, vicino a quella per noi. L’ha fatto per quando Emma diventerà più grande, perché vuole che abbia tutto e, soprattutto, l’ha fatto di sua spontanea volontà, senza che nessuno gli abbia chiesto nulla. Louis avrebbe potuto scappare come hai fatto tu, avrebbe potuto smettere di rispondermi al telefono e continuare a uscire tutte le sere e ad essere irresponsabile come lo eravamo tutti, ma invece è cresciuto ed è stato al mio fianco per tutto questo tempo. E perché l’ha fatto? Perché è il migliore amico dell’universo.»

Matthew non parlò per qualche secondo.

«Non… non sapevo niente di tutto ciò.» Mormorò lui.

«Certo. Non sapevi niente, perché te ne sei fregato per tutto questo tempo. Tu non hai idea di quello che abbiamo passato in questo periodo, perché non c’eri, Matthew. Ora non puoi pretendere che io abbandoni completamente mia figlia come hai fatto tu, solo perché sei geloso e non vuoi che io esca con nessun altro ragazzo. Crescere una bambina non è un capriccio, non è una vendetta. Tu non hai la minima idea di cosa significhi essere padre.»

Il ragazzo rimase di nuovo in silenzio, questa volta per parecchi minuti e il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Stava riflettendo sulle mie parole? O stava cercando il modo migliore per dirmi che aveva già contattato gli avvocati e aveva fatto qualcosa per cui avrei perso mia figlia? In fondo i miei genitori erano riusciti a corrompere un giudice per ottenere un ordine restrittivo nei confronti di Ingrid, che non aveva mai fatto nulla di pericoloso o minaccioso nei miei confronti. Chissà cos’avrebbe potuto fare lui.

«Hai ragione.» Disse dopo quelle che mi sembrarono ore. «Non so nulla di come si cresce una bambina e non dovrei volerlo fare perché voglio vendicarmi nei tuoi confronti, ma perché voglio davvero fare parte della sua vita.» Aggiunse.

«Esatto.» Concordai, sperando di aver capito bene quello che mi stava dicendo. Mi stava dando ragione?

«Ed io voglio far parte della sua vita, Freya, ma non so come. Non voglio portartela via, non veramente. Quella era solo la mia parte infantile che voleva avere la meglio su di te. Non mi piace il fatto che tu viva con Tomlinson e non mi piace nemmeno il fatto che tu vada a letto con Styles, ma mi hai fatto capire che sono cose fuori dal mio controllo e non posso farci nulla, giusto?»

«Giusto.» Risposi lentamente. «E nessuno ti vieta di passare del tempo con Emma, di venire a trovarla o di fare parte della sua vita, Matt. Non c’è bisogno di litigare su queste cose. Dobbiamo solo comportarci tutti da persone adulte e andrà tutto bene.»

«D’accordo.» Disse Matt, guardandomi negli occhi. Lo osservai per qualche istante, cercando di capire quello che stava provando. Mi sembrava sincero e volevo provare a fidarmi di lui.

«Manca solo un’ultima cosa.» Replicai. Forse stavo tirando troppo la corda, ma non potevo andarmene senza prima provarci. «Non ti sei mai scusato per quello che hai detto ieri e per come ti sei comportato.» Aggiunsi.

Non era nel mio DNA farmi pestare i piedi dagli altri. Non lo era mai stato e non avrei mai lasciato che qualcuno mi mancasse di rispetto in quel modo.

Matthew sorrise e scosse la testa. Sembrava quasi divertito dalla situazione.

«Sono stato un po’ irrispettoso, vero?» Domandò.

«Irrispettoso, odioso, sessista, spregevole, stronzo… scegli pure la parola che preferisci. Puoi anche sceglierne più di una, tanto ti si addicono tutte.» Risposi.

Lui scoppiò a ridere, poi abbassò lo sguardo.

«Le donne che mi tengono testa mi fanno paura e mi attraggono nello stesso momento.» Rispose. «E forse è per questo che tra di noi non ha mai funzionato.» Aggiunse. «Mi dispiace per tutto, davvero.»

«Certo, perché io sono come gli animali selvatici: fiuto la paura.» Risposi ironicamente. «Matt, a me dispiace davvero di non essermi mai innamorata di te. Non so perché non sia successo, non penso che sia colpa di nessuno. Non siamo semplicemente fatti l’uno per l’altra.» Aggiunsi poi, tornando seria.

Lui annuì, ma non disse più nulla sull’argomento.

«Dammi un po’ di tempo e cerca di fidarti di me e ti assicuro che diventerò un padre decente per la piccola Emma.»

«Ci conto.» Risposi, prima di alzarmi dal divano e andarmene da quell’appartamento.

Sembrava che la situazione con Matt fosse finalmente risolta ed io non vedevo l’ora di tornare a casa e di raccontare tutto a Louis e Harper (che aveva detto che mi avrebbe aspettata a casa e ne avrebbe approfittato per passare un po’ di tempo con la sua nipotina) e poi di telefonare a Harry per dirgli com’era andato il pomeriggio.
 

Buongiorno! Dopo il capitolo della settimana scorsa, in cui finalmente Harry e Freya si decidono ad ammettere che provano qualcosa l'uno per l'altra, oggi vediamo il ritorno di Matthew (potete roteare tutti gli occhi al cielo, lo sto facendo anch'io). E il nostro adorato Matthew ovviamente cerca di creare ulteriori problemi per la nostra protagonista, che però riesce a trovare una soluzione (fortunatamente).
Nel prossimo capitolo, che pubblicherò martedì prossimo, apriremo una finestrella sulla vita di Freya dopo la chiacchierata con Matt. Sarà riuscita a risolvere davvero? Oppure Matthew cercherà di fare qualche cavolata perché è geloso? E Harry? Si farà spaventare da quanto è complicata la vita di Freya oppure le starà accanto e la aiuterà? Martedì scopriremo tutto e vi avviso che sarà il penultimo capitolo. Ho quasi finito di scrivere la storia e ormai sono sicura al 100% che ci saranno 20 capitoli in tutto (21 con il prologo).
Grazie per aver letto fin qui, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ci "leggiamo" martedì prossimo! Un bacione a tutti!

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Capitolo 20
*** 19 - Letters to Freya ***



Capitolo 19 - Letters to Freya

La domenica pomeriggio successiva Harry si presentò al Circolo con un mazzo di fiori e un sorriso che mi fece battere il cuore più forte. Era più forte di me, non riuscivo a rimanere indifferente davanti a quegli occhi verdi che sembravano illuminarsi, alle fossette che comparivano ai lati della sua bocca… a tutto di lui.

«Vorrei chiedervi di uscire con me.» Disse, porgendomi le rose rosse.

«Chiedervi?» Domandai, divertita. Mi stava dando del voi oppure aveva in mente altro?

«Certo.» Rispose lui, tornando serio. «Chiedervi, perché il mio invito è ovviamente esteso anche alla piccola Emma. È una giornata magnifica, gli alberi cominciano a fiorire e mi piacerebbe se mi accompagnaste al parco a fare qualche foto.» Continuò. «Ovviamente le attività del pomeriggio non si limiteranno a seguirmi mentre fotografo fiori e piante, ma ho anche un cesto da picnic con cibo italiano, una coperta e mia madre mi ha dato dei consigli per preparare una deliziosa merenda anche per Emma.»

«Perché sei così irresistibilmente adorabile?» Domandai sospirando e avvicinandomi per dargli un bacio sulle labbra. «Emma ed io accettiamo l’invito molto volentieri.» Dissi.

«Ottimo, ho un regalo anche per lei. Non pensavi che avrei portato qualcosa solo per te, vero?» Mi chiese il ragazzo, indicando le rose che avevo sistemato in un vaso e poi avevo appoggiato sul bancone del Circolo.

«Ovvio che no.» Dissi, scuotendo la testa e sorridendo. «Vado a prendere Emma, così le puoi dare il regalo.»

«Bravissima, perché non si compiono sette mesi tutti i giorni.» Rispose lui.

Il fatto che si fosse ricordato mi fece provare una stretta al cuore e, per quanto ci provassi, non riuscii a smettere di sorridere nemmeno per un secondo. Salii le scale per andare all’appartamento, salutai Louis e andai a prendere la bambina, che stava giocando insieme a Ingrid.

«Emma, amore, Harry ha un regalo per te.» Dissi poi, quando la portai giù al Circolo.

«Ecco qui!» Esclamò il ragazzo, estraendo da dietro la schiena un pacchetto regalo con la carta rosa con tantissime paperette gialle. «Spero che le vada bene e che vi piaccia. Gemma ha insistito per aiutarmi a sceglierlo.»

Cercammo di fare aprire la confezione a Emma, che però sembrava più interessata ad infilarsi in bocca il fiocco, così ci pensai io. Harry le aveva comprato una piccola salopette di jeans e un’adorabile magliettina rosa con disegnati due gufi. E non solo: c’erano anche delle scarpine abbinate, dello stesso rosa della maglietta e con gli stessi gufi sulle punte.

«È bellissima, grazie!» Esclamai.

«Ho pensato che una salopette fosse comoda per il picnic, di sicuro più di un vestitino. Almeno può gattonare sulla coperta e nell’erba e non si fa male.» Rispose lui, sorridendomi.

Non avevo idea di come fosse possibile, ma mi sembrava di provare sentimenti più intensi per lui ogni volta che lo guardavo.

«Ci cambiamo subito, cosa ne dici, Emma?» Dissi, portando la bimba in bagno - che Louis aveva fatto attrezzare con un fasciatoio, perché era il migliore amico del mondo - e la preparai subito con i vestiti che le aveva regalato Harry.

 
***

«Vuoi prendere l’auto?» Mi domandò Harry, uscendo dal Circolo con il cesto da picnic e la coperta in mano. Io avevo messo Emma nel passeggino e avevo preso la borsa con tutte le sue cose - una dei mille cambiamenti dell’essere diventata madre: quando uscivo, non potevo più utilizzare solo una minuscola pochette con dentro solo il telefono e la carta di credito, mi serviva una borsa dalle dimensioni enormi contenente tutto ciò che poteva servire alla mia bambina.

«No, prendiamo la metro.» Risposi con nonchalance, cominciando a spingere il passeggino verso la fermata giusta.

Harry si fermò in mezzo alla strada e mi fissò per qualche secondo.

«Freya? Sei tu? Hai picchiato la testa?» Mi domandò, con gli occhi sgranati per la sorpresa.

«No.» Risposi divertita. «Sono io e mi hai sentita bene: prendiamo la metro.» Aggiunsi, ridendo davanti all’espressione sconvolta del ragazzo.

«Non finirai mai di stupirmi.» Mormorò lui, ricominciando a camminare.

«Beh, la metro non è mica tutto. Venerdì ho anche fatto un colloquio per andare a lavorare da Starbucks.» Aggiunsi molto casualmente. Harry si bloccò di nuovo.

«Starbucks?» Mi chiese, come se non avesse sentito bene. «Non mi hai detto niente! Com’è andata?»

«Beh, credo bene. Il titolare mi ha detto che gli sono piaciuta e mi ha anche detto che mi chiamerà lunedì per farmi sapere qualcosa. Sarebbe un lavoro part-time, ma è già qualcosa. So che non guadagnerò abbastanza per iscrivermi all’università a settembre, non senza l’aiuto dei miei genitori, ma almeno non mi sentirò più una riccona nullafacente.» Risposi.

«Tu non hai idea di quanto io sia orgoglioso di te in questo momento.» Replicò Harry, estraendo la tessera della metro dalla tasca della giacca. «Aspettate pure qui, vado a prenderti il biglietto.» Aggiunse.

«Non ce n’è bisogno.» Dissi, prendendo la stessa tessera dalla tasca esterna della borsa di Emma. «L’ho fatta venerdì, quando sono andata al colloquio. Volevo farti una sorpresa.»

Lui non disse nulla, mi prese tra le sue braccia, mi fece fare un mezzo giro e mi diede un bacio sulle labbra.

«Giuro solennemente che vi proteggerò da tutti i topi della metro e anche dagli odori.» Rispose Harry dopo qualche minuto, senza smettere di stringermi tra le sue braccia.

«Come farai a difenderci dalla puzza?» Domandai divertita.

Lui avvicinò il cesto da picnic al mio naso.

«Fiuta.» Disse.

Obbedii e un forte profumo di cioccolato invase le mie narici.

«Questo è abbastanza forte per coprire qualsiasi puzza tu possa sentire in metro.» Rispose lui, ridendo.

«E per farmi brontolare lo stomaco fino a quando arriveremo al parco!» Esclamai io, ricominciando a camminare verso i binari. Harry mi aiutò a sollevare il passeggino per fare le scale e aspettammo il treno che ci avrebbe portati al parco.

 
***

Harry, Emma ed io passammo una giornata bellissima e non mi pentii nemmeno per un secondo di aver deciso di prendere la metropolitana o di aver dato una possibilità a Harry, perché quello che c’era tra di noi era speciale. Non avevo mai provato niente del genere per nessun ragazzo.

Harry mi capiva, avevamo gli stessi gusti in fatto di televisione, musica e libri ed era una persona di cui avevo imparato a fidarmi al cento percento. Era il primo ragazzo a cui avevo confessato di avere dei sogni, degli obiettivi e anche il primo ad aver sostenuto le mie decisioni e ad aver appoggiato la mia scelta di iscrivermi all’università per cercare di diventare designer d’interni. Amava Emma come se fosse sua figlia e sembrava che amasse me. Non perdeva occasione per dimostrarmelo con piccoli gesti, come quello che scoprii quella sera, dopo che ero andata a letto e avevo preso in mano l’autobiografia di Frank Lloyd Wright.

Avevo aperto il libro alla pagina a cui ero arrivata la sera prima ed era scivolato fuori un biglietto piegato in quattro che non ricordavo di averci lasciato dentro. Quando l’avevo recuperato avevo scoperto che si trattava di un messaggio di Harry.

‘Se stai leggendo questo foglio c’è qualche possibilità che tu sia Freya (Louis, rimetti a posto quel libro e lascialo dove l’hai trovato - e ti prego di rimettere questo foglio tra le pagine e di non continuare a leggere il resto). E se sei Freya Margaret Chamberlain c’è il cento percento di possibilità che tu, in futuro, diventerai la migliore designer d’interni di tutto il Regno Unito. Diamine, persino di tutto il mondo! Ti starai chiedendo quando sono riuscito a infilarti questo biglietto nel tuo libro e la risposta è semplice: durante il giorno più bello della mia vita.

Ti sto scrivendo questa lettera mentre dormi. Abbiamo appena deciso di cercare di scoprire insieme quale sarà l’immagine finale del nostro puzzle ed io penso di essere davvero il ragazzo più felice di tutta la galassia.

Non so nemmeno io perché ho deciso di lasciarti una lettera nascosta nel libro che stai leggendo. Forse è perché in fondo sono un inguaribile romantico oppure è per raccontarti del primo giorno in cui ti ho vista: avevamo sei anni - me lo ricordo benissimo, come se fosse ieri - e la tua famiglia era venuta a una festa a casa di Niall. Io mi ero trasferito lì da poco, perché i miei genitori lavoravano per gli Horan già da anni, ma prima di allora non vivevamo nell’appartamento. Sto divagando (e probabilmente anche torturando la grammatica, non sono mai stato un grande scrittore).

La prima volta che ti ho visto indossavi un abito verde pallido, con un fiocco bianco intorno alla vita e uno tra i capelli castani. Avevi un paio di calze bianche che arrivavano appena sopra le ginocchia e sul tuo viso c’era un’espressione imbronciata che mi aveva fatto ridere (senza farmi vedere, ovviamente, altrimenti penso che mi avresti ucciso e che non avrei mai potuto scriverti questa lettera).

Quando i nostri sguardi si sono incrociati (io ero nascosto in corridoio, ti ricordi?), per me si è fermato il mondo. Mi ricordo ancora che mi sono sentito agitato, strano. Non capivo cosa stesse succedendo. E poi tu mi hai guardato male e mi hai fatto una linguaccia. Quella linguaccia, Freya, me la ricorderò per tutta la vita, perché è stato il gesto che mi ha fatto innamorare di te.

E sì, so che a sei anni non si sa ancora cos’è l’amore. Io di certo non lo sapevo. Ero solo convinto che tu saresti stata la mia fidanzata in futuro. Nella mia mente ci vedevo andare in giro mano nella mano, ci vedevo baciare di nascosto, quando i nostri genitori non stavano guardando, ci vedevo guardare le stelle cadenti insieme la notte di San Lorenzo…

Nessuna di queste cose è mai successa, me ne rendo conto, perché crescendo ho capito che non te ne poteva fregare di meno di me, ma quel che conta è che alla fine siamo arrivati a questo punto, giusto? E non importa se ormai siamo adulti, ho tutte le intenzioni di prenderti lo stesso la mano quando andiamo in giro, di baciarti (e adesso possiamo anche farlo alla luce del sole, non penso che i nostri genitori possano più avere qualcosa da ridire - forse i tuoi, ma sto divagando di nuovo) e di guardare le stelle cadenti con te (ed Emma, anche lei è ovviamente invitata, se non si addormenta), sdraiati nell’erba, la notte di San Lorenzo.

Ma soprattutto, la mia intenzione principale è quella di esserci sempre quando avrai bisogno di qualsiasi cosa e di essere una figura positiva nella vita della piccola Emma.

Bene, mi rendo conto di aver scritto un papiro e probabilmente quando lo leggerai ti chiederai che cos’ho nel cervello. Beh, non lo so. Queste sono le cose che faccio quando non riesco a dormire perché sono troppo felice (e non è che sia successo tante volte, l’ultima volta è stata a Brighton e penso che tu sappia perché…)

Fino alla prossima volta… (a meno che tu non trovi questa lettera e decida di farmi rinchiudere al manicomio)

Harry xx

p.s. russi, ma va bene lo stesso.’


Arrivai all’ultima frase, con le lacrime agli occhi e scoppiai a ridere. Maledetto Harry Styles, lui e le sue lettere senza senso che erano capaci di farmi commuovere e morire dalle risate nello stesso momento.

Recuperai il telefono dal comodino, cercai il suo numero e gli inviai un messaggio:

 
‘comunque russi anche tu, ma va bene lo stesso.  xx Freya’

***

Mi addormentai con la lettera sul cuscino e un sorriso da adolescente alla prima cotta sulle labbra. Harry era speciale, me ne rendevo conto. E forse, ma proprio forse, avrei dovuto rendermene conto un po’ prima, così avrei evitato tutto il dramma con Matthew e i suoi comportamenti da uomo degli anni Cinquanta che mi facevano arrabbiare così tanto.

Mi svegliò Louis, come sempre, saltando sul mio letto e sedendosi pesantemente di fianco a me.

«Cos’è?» Lo sentii dire. «Oh, hai trovato la lettera di Harry!» Esclamò, guardando il pezzo di carta con un sorriso deliziato.

«È inutile che io ti chieda se l’hai letta, vero?» Domandai, sbadigliando.

«Tanto sai già che la risposta è sì.» Replicò  lui con nonchalance, girando il foglio un paio di volte e rimettendolo sul cuscino. «Non so cosa ne pensi tu, ma io non pensavo che il ragazzo fosse così romantico.» Aggiunse, ridendo.

«Non lo so, prima di pochi giorni fa Harry Styles era un mistero per me. Diciamo che sono piacevolmente sorpresa da quello che scopro ogni giorno.» Dissi. «E comunque mi devi spiegare come facevi a sapere che aveva una cotta per me da secoli e, soprattutto, perché non me l’hai mai detto.» Aggiunsi.

«Oh.» Commentò lui, con un sorriso malizioso. «Codice dei Fratelli, Freya. Codice dei Fratelli.» Aggiunse.

Scossi la testa, ridendo, e gli lanciai un cuscino.

«Andiamo a mangiare, sto morendo di fame. Emma?» Domandai, alzandomi e recuperando una vestaglia.

«Dorme ancora come un angioletto.» Rispose lui.

«E tu cosa fai sveglio così presto?» Chiesi dopo aver dato un’occhiata alla sveglia. Erano solo le otto e trenta del mattino, Louis non si svegliava quasi mai prima delle undici.

«Non sono ancora andato a dormire.» Mi spiegò lui. Effettivamente era troppo iperattivo per essersi appena svegliato. C’era qualcosa che non andava.

«E cos’hai fatto tutta la notte?» Domandai, mettendo un paio di ciabatte e cominciando a camminare verso la camera di Emma per controllare che stesse bene.

«Ho nuotato in piscina.» Sussurrò lui per non svegliare la bambina. «E mi sono scambiato messaggi per tutto il tempo con una ragazza che ho conosciuto domenica pomeriggio nel negozio di Sameer.» Aggiunse con un sorrisetto timido.

«Louis Tomlinson.» Dissi. «Voglio sapere tutto. Chi è? Come si chiama? Quanti anni ha? Cosa fa nella vita? Cosa vi siete scritti stanotte? Okay, se i messaggi sono tutti di natura sessuale forse non lo voglio sapere. Ma comunque… racconta!» Aggiunsi.

Ormai avevamo raggiunto la cucina e Simon, il nuovo chef (Louis non l’aveva ancora licenziato, il che mi faceva sperare che finalmente fosse quello giusto), ci preparò la colazione. Il mio amico, dapprima leggermente riluttante, mi raccontò tutto quello che si erano detti lui e Daisy, la ragazza del negozio.

 
***

Avevo passato un anno e mezzo così difficile e intenso che quelle settimane mi sembrarono persino troppo facili. Ricevetti una chiamata dal titolare dello Starbucks a cui avevo fatto domanda di lavoro e mi disse che purtroppo avevano già trovato qualcuno per ricoprire il ruolo che cercavano, ma non mi diedi per vinta e continuai a cercare e a fare colloqui finché trovai un posto come commessa part-time nel negozio di Michael Kors (che non era nemmeno troppo lontano da casa, il che era perfetto).

Cominciai a lavorare, rendendomi conto che forse il rifiuto di Starbucks era stato un bene per me, perché okay che volevo trovare qualcosa da fare per guadagnare un po’ di soldi, ma forse non ero la persona più adatta per fare cappuccini e caffè, e continuai ad uscire con Harry e a trovare sue piccole note ovunque (un post-it attaccato allo specchio del bagno, con scritto ‘guardati allo specchio: hai visto quanto sei bella? p.s. ci vediamo stasera, vado dall’oculista xx Harry’, oppure un biglietto sul comodino, qualche giorno dopo, con scritto: ‘l’oculista ha detto che ci vedo bene, quindi sei proprio bellissima. p.s. ho cercato di fare la colazione, ma ho bruciato tutto perché stavo pensando a te (e a stanotte), quindi sono uscito a comprare qualcosa perché ho scelto il giorno libero del tuo chef per fare casino. A tra poco. Buongiorno xx Harry’ e varie altre cose del genere).

Matthew aveva cominciato a fare degli sforzi per vedere sua figlia. Si presentò a casa mia e di Louis una domenica (dopo avermi chiamata, ovviamente) e passò un paio d’ore con Emma. Faceva quasi ridere vederlo alle prese con una bambina di quasi otto mesi, perché era chiaro come il sole che non avesse la minima idea di come comportarsi. Poi provò a prenderla in braccio e gli scattai una foto, perché aveva l’espressione terrorizzata di qualcuno che aveva appena preso in braccio un boa constrictor.

Passò qualche mese e cominciai a tranquillizzarmi, perché sembrava che tutto stesse continuando ad andare davvero bene, che quelle prime settimane non fossero solo un sogno, un miraggio.

E poi arrivò la festa del primo compleanno di Emma, organizzata al Circolo (che per l’occasione avevamo aperto anche ai miei genitori e a quelli di Matthew, perché il piccolo party era stato dato di pomeriggio) e tutto sembrò andare al proprio posto.

Harper mi mostrò l’enorme anello che le aveva regalato Luke la sera prima, piangendo dalla gioia e tremando ancora per l’emozione quando mi raccontò del modo in cui lui le aveva chiesto di sposarla.

Matthew si dimostrò un padre decente, portando a Emma un regalo che la bambina apprezzò tantissimo: un peluche a forma di giraffa alto più o meno quanto me.

Louis invitò Daisy, la ragazza che aveva conosciuto nel negozio di Sameer, alla festa e sembrava che i due andassero molto d’accordo.

E Harry? Harry non solo fece un grande regalo ad Emma (un tavolino a misura di bimba su cui poteva divertirsi a pasticciare fogli e a fare mille altre attività - era pieno di cubi, triangoli e cerchi da inserire nelle varie forme, di pulsanti che facevano versi di vari animali quando si schiacciavano e tante altre cose che tennero occupata la bimba per diverso tempo), ma fece un regalo anche a me.

«Mi sembra di capire che Emma compie un anno.» Disse, sorridendo. «E mi sembra anche di capire che è da un anno che sei mamma, quindi tanti auguri anche a te.» Aggiunse.

«Oh, Harry!» Esclamai. Solo lui poteva inventarsi qualcosa del genere.

«Ah, ah, ah. Aspetta a dire ‘oh, Harry’! Ho un regalo per te, ma voglio che tu lo veda, prima di scioglierti e sbaciucchiarmi qui davanti a tutti.» Disse, sorridendo. «Sono timido.» Aggiunse, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.

«Okay.» Replicai, incuriosita.

Lui mi porse una scatola rettangolare, coperta da carta regalo e con un enorme nastro azzurro. Strappai quella carta il più velocemente possibile e quando capii di cosa si trattava rimasi quasi senza fiato.

«No.» Dissi, spostando lo sguardo dalla scatola a Harry. «No, non l’hai fatto sul serio!» Esclamai. Avevo le lacrime agli occhi e non sapevo cosa dire o cosa fare.

«Beh, diciamo che un certo discorso che abbiamo fatto qualche mese fa mi ha ispirato.» Rispose lui, sorridendo timidamente.

Osservai di nuovo la scatola che avevo in mano, scuotendo la testa. Non potevo crederci. Il ragazzo aveva fatto stampare una foto che ci aveva scattato Louis poche settimane prima (eravamo a Regent's Park, esattamente dove Harry mi aveva fatto la foto del primo calcio di Emma. Harry ed io ci stavamo dando un bacio sulle labbra ed entrambi tenevamo in braccio Emma, che ci guardava sorridendo e sollevando le braccia come se volesse prenderci il viso) e all’interno c’era la stessa foto, ma in versione puzzle da comporre.

«Io non so cosa dire… sei… sei davvero unico. Grazie!» Esclamai. «Adesso ho capito perché insistevi perché ci facessimo fare una foto.» Mormorai, avvicinandomi per dargli un bacio.

«Perché era già da un po’ che avevo intenzione di farti questo regalo, ma non sapevo quale usare.» Replicò lui, osservando la scatola che avevo in mano.

«Questa è perfetta.» Dissi. «E penso che questo sia il momento giusto per dirti che ti amo.» Aggiunsi, guardandolo negli occhi. Vidi il suo sorriso allargarsi e sembrò quasi che i suoi occhi si illuminassero.

«Ti amo anch’io, Freya.» Rispose prima di abbracciarmi di nuovo.

«Ehi, piccioncini!» Ci chiamò proprio in quel momento Louis. «Venite a mangiare la torta!» Esclamò.

Harry ed io ci guardammo, poi lui mi prese per mano e ci avvicinammo al tavolo che Lou aveva spostato in mezzo al circolo. Sopra c’era una torta a forma di giraffa (l’animale preferito di Emma in quel momento) e in mezzo c’era una sola candelina.

Liam l’accese, tutti i partecipanti cantarono «Tanti Auguri» e poi aiutai Emma a spegnerla, soffiando insieme a lei.
 

Siamo arrivati al penultimo capitolo, in realtà l'ultimo ambientato nel presente. La settimana prossima pubblicherò l'epilogo (ambientato vari anni dopo questo giorno) e anche il primo capitolo della nuova storia a cui sto lavorando. I ringraziamenti lunghi li scriverò martedì prossimo, per il momento vi dico solo grazie per aver letto fin qui e per i vostri commenti. Mi scaldano sempre il cuore e mi fanno davvero piacere. <3
Vi mando un abbraccio virtuale e vi dò appuntamento alla settimana prossima, con il finale di questa storia e scopriremo che cosa sarà successo a Freya, Emma, Harry, Louis, Harper e a tutti gli altri dopo 5 e poi ancora 10 anni.
Spero che il capitolo di oggi vi sia piaciuto!
A presto, un bacione!

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Capitolo 21
*** Epilogue ***



Epilogue

Cinque anni dopo…
 
Harry mi aveva insegnato tante cose: mi aveva dimostrato che non era necessario essere una coppia che passava ventiquattro ore insieme al giorno, che non dovevamo comportarci come i personaggi di un film romantico. Dovevamo semplicemente essere noi stessi e lo eravamo stati sempre, da quando avevamo deciso di metterci insieme quella sera, cinque anni prima.

Mi aveva insegnato anche che amarsi voleva dire rispettarsi, supportarsi e, soprattutto, ridere insieme. Nessuno dei due si prendeva sul serio e ci piaceva lasciarci dei messaggini divertenti in ogni occasione. E quei biglietti avevano sempre due fini: il primo era quello di fare ridere l’altra persona e il secondo era dire che l’altro era lì e che tu eri nei suoi pensieri.

Eravamo diventati molto più di due persone che andavano a letto insieme. Harry ormai era uno dei miei migliori amici, qualcuno a cui potevo dire tutto, con cui potevo essere sincera ed onesta al cento percento.

E forse era proprio quello il nostro segreto: il fatto che non avessimo segreti l’uno con l’altra e che potessimo sentirci liberi di essere noi stessi quando eravamo insieme (comportamenti sciocchi e tutto il resto).

Ero riuscita a raccontargli tutto, compresa la reazione di Matthew quando avevamo litigato per la custodia di Emma, cinque anni prima. Ed Harry si era arrabbiato, tanto che avrebbe voluto presentarsi a casa sua e dirgli tutto quello che pensava di lui. Poi si era calmato e aveva deciso di comportarsi da persona superiore, per il bene di Emma. Perché alla fine era quella la differenza principale tra i due ragazzi: Harry non avrebbe mai fatto nulla che l’avrebbe ferita o fatta stare male.

Matthew e Harry non erano mai andati completamente d’accordo - anzi, erano molto lontani dall’essere amici, nonostante tutto il tempo che era passato - ma avevano sempre cercato di essere civili l’uno con l’altro. Per Emma.

«Mamma, sbrigati!» Esclamò la bambina, che ormai aveva sei anni, correndo e prendendomi per mano. «Sbrigati o non vedremo niente! Magari questa sarà la volta giusta!» Aggiunse.

«Arrivo.» Dissi, sorridendo.

Era la sera di San Lorenzo e Harry era appena arrivato nell’appartamento che condividevo ancora con Louis ed Emma. Aveva portato una coperta da picnic, una torta, del succo di mela per la bambina e del prosecco per gli adulti.

«Ehi!» Ci salutò. «Qualcuno è impaziente, vedo.» Commentò il ragazzo, sorridendo.

«Ciao, papy!» Rispose Emma, correndo in giardino. «Vado a chiamare lo zio, perché secondo me si è addormentato!» Esclamò pochi secondi dopo, salendo sulle scale per andare a recuperare Louis.

«Non mi sono ancora abituato.» Commentò Harry quando Emma fu lontana.

«Nemmeno io.» Replicai, sorridendo.

La mia bambina - non riuscivo a credere a quanto stesse crescendo in fretta - sapeva benissimo che Matthew era suo padre. Lo vedeva quasi tutti i weekend e le piaceva passare del tempo con lui, ma aveva iniziato a chiamare anche Harry ‘papà’ o ‘papy’, perché diceva di essersi affezionata tanto a lui, di volergli bene quanto al suo vero papà.

La prima volta che Harry aveva sentito Emma chiamarlo in quel modo aveva sorriso, poi si era allontanato di qualche passo e l’avevo visto asciugarsi gli occhi. Non aveva mai ammesso di avere pianto, ma sapevo che l’aveva fatto, perché in fondo era una persona molto sensibile.

«Zio Lou!!» Sentii la bambina urlare dal piano di sopra. «Sbrigati! Ci sono le stelle cadenti!»

«Arrivo!» Replicò lui dalla sua stanza. Scese in giardino cinque minuti dopo, con un sorriso colpevole e Daisy, la ragazza che aveva conosciuto cinque anni prima nel negozio di Sameer, al suo fianco.

«Tomlinson.» Lo avvisai. «Sai che se mia figlia ti dovesse beccare mentre sei a letto con Daisy ti taglio la testa, sì?» Aggiunsi, ridendo.

«Avevo la porta chiusa a chiave e non abbiamo fatto un solo rumore, non sono mica uno zio così snaturato.» Si giustificò lui.

Salutai la ragazza, che non avevo visto entrare in casa, ma che negli ultimi anni avevo imparato a considerare più o meno come una sorella, e seguii Emma in cortile.

Harry posizionò una delle coperte nell’erba, poi si sdraiò e fece posto per Emma e me. Poco lontano vidi anche Louis e Daisy sistemarsi su un plaid e sorrisi.

Quella era diventata la nostra tradizione. Non importava a nessuno se da Londra non si riuscissero a vedere tante stelle cadenti, perché era quasi sempre nuvoloso e anche per lo smog. A Emma piaceva l’idea di vederci tutti gli anni, lo stesso giorno, e cercarle in cielo. E, soprattutto, le piaceva l’idea di sdraiarsi tra Harry e me e di essere coccolata e trattata da principessa.

«Mamma, posso versare io le bollicine nel bicchiere quest’anno?» Domandò la bambina dopo qualche minuto. «Ormai penso di essere diventata abbastanza grande.» Aggiunse con un tono così serio che mi fece venire voglia di scoppiare a ridere. Riuscii a trattenermi, però, perché sapevo che altrimenti l’avrei offesa.

Guardai Harry, che annuì divertito.

«Ti aiuto a tenere i bicchieri, così non si rovesciano, okay?» Propose lui, alzandosi leggermente e appoggiandosi su un braccio.

«Okay.» Rispose lei. «Cosa festeggiamo quest’anno?» Domandò Emma.

Per noi la notte di San Lorenzo era diventata anche un’occasione per celebrare le cose positive nella nostra vita. L’anno precedente era stato il turno del fidanzamento ufficiale di Louis e Daisy.

«La mia laurea.» Dissi. «E tutti i cambiamenti che avverranno nei prossimi mesi.» Aggiunsi.

«La casa nuova?» Domandò la bambina, contenta.

«Certo.» Risposi.

Più o meno l’anno prima avevo avuto un grande colpo di fortuna. Il proprietario dell’edificio esattamente di fianco a quello in cui abitavamo Lou, Emma ed io l’aveva messo in vendita, così ero riuscita ad acquistarlo (con un grande prestito da parte dei miei genitori, perché il lavoro di commessa che avevo lasciato pochi giorni prima non mi aveva sicuramente fatto guadagnare così tanto) e pochi mesi dopo erano iniziati i lavori di ristrutturazione per rendere il vecchio appartamento abbandonato e polveroso la casa dei nostri sogni.

«Festeggiamo il trasloco del mese prossimo,» Cominciò a dire Harry. «Il primo giorno di lavoro della mamma, che è domani.» Continuò, sorridendomi. «E il nostro imminente matrimonio.» Concluse, avvicinandosi per darmi un piccolo bacio sulle labbra.

Stavano succedendo così tante cose positive nella mia vita che non riuscivo a smettere di sorridere. Mi ero laureata pochi mesi prima ed ero riuscita a trovare lavoro in uno studio di designer d’interni del Mayfair. Harry mi aveva chiesto di sposarlo a San Valentino di quell’anno e avevamo deciso di organizzare il matrimonio per settembre, così avrei finito di studiare e sarei stata più tranquilla. Avevamo deciso di aspettare ad andare in viaggio di nozze, perché lo stesso mese Emma iniziava ad andare alle elementari, io non volevo prendere subito delle vacanze dal lavoro nuovo e Harry, negli anni precedenti, era riuscito a frequentare il corso di fotografia dei suoi sogni e anche lui aveva appena iniziato a lavorare in uno studio fotografico  del centro da pochi mesi.

«Io proporrei di festeggiare anche il Circolo, che è raddoppiato.» Disse Louis, facendomi l’occhiolino.

Avevo comprato tutto l’edificio di fianco a quello di proprietà di Louis, quindi i piani interrati dei due palazzi confinavano. Avevamo fatto aprire una porta e avevamo raddoppiato le dimensioni del Circolo, che ormai era diventato un appartamento vero e proprio: c’era la sala principale, che era rimasta così com’era con il bancone del bar, le poltrone, i divani, i tappeti e il camino e poi c’era la parte nuova, che comprendeva una sala da biliardo, una stanza lettura e una piccola piscina idromassaggio. E ovviamente c’erano anche due bagni. Louis ed io eravamo anche riusciti a ricavare una piccola camera da letto, che serviva per ospitare i nostri amici quando avevano bisogno di un posto in cui stare e non volevano essere giudicati da nessuno.

«Ci sto.» Dissi, alzando il bicchiere verso il mio migliore amico.

«Mamma, guarda!» Esclamò improvvisamente Emma, guardando in alto e puntando il dito verso il cielo. «Una stella cadente! Una stella cadente, mamma!» Urlò la bambina, agitandosi e saltando in piedi.

«Hai proprio ragione, Emma!» Replicai, felice. In tutti quegli anni non eravamo mai riusciti a vederne una.

«Esprimi un desiderio.» Mormorò Harry nel mio orecchio, senza farsi sentire dalla bambina, che ormai stava correndo per tutto il cortile (che era raddoppiato anche quello, perché avevamo tolto la recinzione che lo separava da quello della mia proprietà), felice per aver finalmente visto una stella cadente.

«Fatto.» Dissi, dopo averci pensato un po’. Harry mi guardò per qualche istante, incuriosito. «Non te lo posso dire, altrimenti non si avvererà, no?» Domandai, ridendo.

«Giusto.» Disse lui, sorridendomi.

Guardai di nuovo il cielo, sentendomi felice. Non avevo chiesto molto a quella stella cadente, solo che la mia famiglia si allargasse e che continuassimo tutti ad essere in salute e contenti.

 
Dieci anni dopo…

«Emma, non puoi passare un’ora in bagno a prepararti, dobbiamo andare!» Esclamai quella mattina, bussando alla porta e cercando di mettermi una scarpa nello stesso momento.

Harry, che stava passando in quel momento con in braccio Josh (che avrebbe compiuto tre anni la settimana successiva), si fermò improvvisamente e si guardò intorno.

«Dimmi che non ho perso Kate.» Disse, sgranando gli occhi.

«No.» Risposi. «L’ho vista che tornava nella sua stanza. Assicurati solo che non si sporchi il vestito prima della cerimonia, per favore.» Aggiunsi, bussando di nuovo alla porta. «Emma!»

«Ah, gli adolescenti.» Sentii mormorare Harry, divertito.

La ragazza uscì dal bagno dopo qualche istante e, per un momento, mi domandai dove fosse finito tutto il tempo che era passato. Non riuscivo a credere che fossero passati sedici anni dall’anno in cui era nata e, soprattutto, a volte mi chiedevo come avessi fatto a decidere e a pianificare di avere non uno, ma altri due figli. La prima volta che avevo partorito non sapevo a cosa stessi andando incontro - non esattamente - e mi ero ripromessa di non farlo mai più. E invece l’avevo fatto ancora. Due volte. Ed erano state le decisioni migliori della mia vita.

«Il vestito di Kate è a posto, la macchina ci aspetta in strada e dobbiamo andare in questo preciso istante o arriveremo in ritardo.» Disse Harry, tornando in corridoio con anche l’altra bambina per mano.

«D’accordo.» Dissi. Ero più agitata quel giorno di quando mi ero sposata, più di nove anni prima.  Mi avvicinai a Harry e passai una mano tra i capelli castano chiaro di Josh, che erano tutti spettinati. Li sistemai un po’ e poi sorrisi. «Ci siamo tutti? Okay? Okay.» Aggiunsi.

 
***

Raggiungemmo il castello di Hampton Court in ritardo di un minuto. Domandammo ad Emma di portare Kate e Josh ai propri posti, tra gli ospiti, mentre Harry ed io corremmo disperatamente verso le stanze in cui si stavano preparando gli sposi.

Ci salutammo con un bacio sulle labbra prima di separarci per entrare in due camere diverse. Io rimasi fuori dalla porta qualche secondo, dandomi mentalmente della stupida, perché quello non era il primo matrimonio a cui partecipavo. Dannazione, non era nemmeno la prima volta che facevo la damigella d’onore. Avrei dovuto essere pronta.

«Ehi, tutto a posto?» Domandai, quando finalmente mi decisi ad entrare. «Scusa per il ritardo, Emma ci ha messo un’ora a farsi i capelli.» Aggiunsi, raggiungendo mia sorella lentamente e parlando piano.

Ero terrorizzata. Avevo paura del momento in cui si sarebbe girata verso di me, perché non volevo vedere la sua espressione. Non volevo vederla piangere, mormorando «ho fatto un errore, ho fatto l’errore più grande della mia vita.»

Invece Harper sembrava la persona più felice ed esaltata del mondo in quel momento. Era già completamente vestita, truccata e pettinata ed era bellissima.

«Freya, non sono mai stata meglio. Avrei dovuto sbrigarmi prima.» Rispose lei, rivolgendomi un sorriso enorme.

 
***

Lasciai Harper da sola pochi istanti prima della cerimonia e andai a sistemarmi alla mia postazione, esattamente di fronte ai testimoni e di fianco a Regina, anche lei damigella di mia sorella. Cercai Harry tra i ragazzi di fronte a me e, quando lui si accorse che lo stavo guardando, gli rivolsi una linguaccia.

Poi spostai lo sguardo sullo sposo e scossi la testa. Dopo tutti quegli anni, dopo tutte quelle ragazze sbagliate, finalmente era arrivato anche il suo momento. Louis Tomlinson si stava per sposare. E con mia sorella! A volte non riuscivo ancora a credere a tutto quello che era successo.

Luke aveva proposto ad Harper di sposarla tanti anni prima e il primo segno d’avvertimento avrebbe dovuto essere il fatto che la ragazza aveva spostato la data del matrimonio per ben due volte. E poi sembrava che tutto fosse perfettamente a posto, ma il giorno della cerimonia ero entrata nella stanza in cui mia sorella si stava preparando e l’avevo vista piangere. Aveva le guance rigate di nero, perché il mascara era colato. Si era sporcato persino il vestito. Harper aveva singhiozzato a lungo e poi mi aveva detto che aveva fatto l’errore più grande della sua vita, perché si era resa conto di non essere più innamorata di Luke, di non volerlo più sposare.
L’aveva abbandonato all’altare e poi aveva passato un brutto periodo, perché il ragazzo non voleva accettare di essere stato lasciato e avevano litigato a lungo. Poi, un giorno, avevano smesso di parlarsi e l’ultima volta che avevo sentito nominare Luke, mi avevano detto che si era trasferito a Manchester e aveva aperto uno studio legale.

Louis, invece, era stato con Daisy cinque anni e mezzo, prima di rendersi conto che lei non era la donna per lui. Un giorno mi aveva chiamato nella sua stanza, alle quattro del mattino, e mi aveva fatta sedere sul letto, di fianco a lui. Era ubriaco, cosa che non succedeva da parecchio tempo. Mi aveva detto che si sentiva uno stronzo e che aveva fatto una cosa orrenda, così mi ero preoccupata, perché non l’avevo mai visto in quelle condizioni. Poi avevo scoperto che aveva lasciato Daisy, perché si era reso conto di provare dei sentimenti per Harper da qualche mese.

E all’inizio mi era sembrato tutto strano, surreale. Mia sorella, dopo aver abbandonato Luke all’altare, aveva deciso che si sarebbe dedicata solo allo studio e al lavoro, così aveva rifiutato tutte le proposte iniziali di Louis, che sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Quei due avevano iniziato a non sopportarsi, a lanciarsi frecciatine ad ogni occasione, a litigare per motivi futili, finché un giorno (e avevo dovuto sentire i racconti dettagliati di entrambi, in momenti diversi), avevano iniziato a litigare al Circolo. Il motivo non se lo ricordava nessuno dei due, ma entrambi mi avevano detto che a un certo punto avevano iniziato a baciarsi, Harper aveva spinto Louis contro il bancone del bar e le cose erano continuate nella camera da letto lì di fianco.

Poi avevano continuato a fingere di odiarsi, anche se andavano a letto insieme ad ogni occasione. Un anno dopo, Louis le aveva detto che si era innamorato perdutamente di lei, le aveva proposto il matrimonio, e lei dapprima gli aveva tirato uno schiaffo, poi l’aveva baciato e aveva detto di sì.

Non avevo idea di come sarebbe stato il loro matrimonio, ma negli ultimi mesi sembrava che quei due fossero inseparabili ed erano anche andati a vivere insieme. Harper si era trasferita nell’appartamento di Louis ed era finalmente arrivato il momento della cerimonia.

Guardai i miei amici e conoscenti, tutti seduti sulle sedie di fronte a noi, e sorrisi a Regina e Niall, che si erano sposati pochi mesi dopo Harry e me. Avevano avuto anche loro tre figli: Lena, di sette anni, Fiona, di cinque e Bryan, di due. Lena e Fiona erano diventate molto amiche di Kate e avevamo cominciato a far giocare insieme Bryan e Josh e sembrava che i due si trovassero abbastanza bene insieme (salvo per quella volta o due in cui avevano litigato e cominciato a piangere, perché uno aveva rubato un gioco all’altro - ma erano bambini ed erano cose che capitavano sempre).

Spostai poi lo sguardo su Liam, che aveva avuto una storia molto tormentata con Sophia, che era terminata solo l’anno precedente, dopo un’infinità di tempo. Liam odiava essere single, tendeva a lasciarsi andare e a scrivere messaggi molto deprimenti su Twitter, così Louis aveva invitato parecchie delle sue amiche single al matrimonio, nella speranza di farlo combinare con qualcuna di loro.

E poi incrociai lo sguardo di Matthew, che era seduto tra Emma e Ingrid (che avevo assunto a tempo pieno, anche per darmi una mano con Kate e Josh mentre Harry ed io andavamo al lavoro) con la sua nuova ragazza: Elizabeth. Non avevo idea di cosa li avesse fatti avvicinare, probabilmente l’odio comune per Harry e la non sopportazione verso di me (Matthew ed io tendevamo a non andare ancora troppo d’accordo, nonostante fossero passati sedici anni dalla nascita di Emma e avessimo deciso di fingere di comportarci bene l’uno con l’altra per il bene di nostra figlia). Quando avevo scoperto che quei due si erano messi insieme, tre mesi prima, avevo letteralmente sputato l’acqua che stavo bevendo in faccia a Harry ed ero rimasta in silenzio per parecchi minuti. Matthew ed Elizabeth. Quella era di sicuro una coppia a cui avrei fatto fatica ad abituarmi.

E, parlando di coppie strane, osservai mia madre, in prima fila, che mi sorrideva e teneva la mano di Alec, il mio autista. Dopo il divorzio con mio padre, avvenuto tre anni prima, mia madre aveva avuto una crisi di mezza età e aveva cominciato a frequentare Alec, che aveva circa la metà dei suoi anni. Ma sembrava che funzionasse tra i due. Non sapevo (e non volevo sapere) quali fossero esattamente le dinamiche tra di loro, ma tutto ciò che importava era che mia madre fosse felice. E lo era.

Appena sentii le prime note della marcia nuziale puntai lo sguardo su Harper, che stava raggiungendo Louis accompagnata da nostro padre. La salutai con la mano e lei rispose facendo lo stesso gesto, cosa che fece scoppiare a ridere Louis, che non riusciva a smettere di sorridere. La guardava come non l’avevo mai visto guardare nessun’altra ragazza in tutta la mia vita. La guardava come se fosse l’unica donna sulla faccia della terra e sapevo che si sentiva fortunatissimo ad essere l’uomo che avrebbe passato il resto della sua vita al suo fianco, perché me l’aveva detto in più di un’occasione.

Mi distrassi di nuovo, perché non volevo piangere. Mia sorella si stava sposando con il mio migliore amico e il fatto che fossero felici insieme mi rendeva la persona più orgogliosa e contenta dell’universo. E mi piaceva molto anche il fatto che vivessimo così vicini. Harper mi aveva confessato di essere incinta, ma non l’aveva ancora detto a Louis. Stava aspettando di farlo dopo il matrimonio ed io non vedevo l’ora di conoscere il mio primo nipotino. O la mia prima nipotina, non sapevamo ancora se sarebbe stato maschio o femmina, perché mia sorella era incinta di soli due mesi.

Pensai a com’era cambiata la mia vita nel corso di più o meno diciassette anni e cercai di ricordare cosa mi rendesse felice prima che nascesse Emma. Di certo non andare a ballare, bere o assumere droghe. Quelle erano solo scuse per estraniarmi, per non pensare alla realtà. E in quel momento non riuscivo nemmeno a pensare di ricominciare a fare quella vita, di cercare di scappare dalla realtà, perché quella che stavo vivendo era assolutamente la più bella che potessi mai immaginarmi.

 
The End
 

Ed ecco anche l'epilogo (ricco di colpi di scena, vero?) di questa storia. Spero che vi sia piaciuto! Se avete voglia di lasciarmi un commento per dirmi cosa ne avete pensato, mi farebbe davvero piacere!

RINGRAZIAMENTI: e ora passiamo ai ringraziamenti, che ormai sono una tradizione di tutti gli ultimi capitoli delle mie storie. Un GRAZIE enorme va a tutte le persone che hanno letto la mia storia, a tutte le persone che hanno commentato ogni capitolo e anche a tutti quelli che a me piace chiamare "lettori silenziosi". Grazie davvero. Sono sempre felicissima e anche un po' stupita quando vedo che avete deciso di dare una possibilità alle mie storie e spero davvero che No Control vi sia piaciuta. ♥︎ ♥︎ ♥︎
Un grazie speciale va a Martina, che ho conosciuto proprio grazie a questa storia e che è diventata un'amica. ♥︎
Grazie a mia sorella, che ha letto tutta la storia mentre la scrivevo e mi ha dato consigli su come rendere al meglio quello che volevo scrivere. ♥︎
E infine un grazie anche a Nicole, per tutti i suoi meravigliosi commenti e per farmi venire voglia di migliorare sempre di più e di non smettere mai di scrivere e pubblicare. ♥︎

ILLUSION. Non pensavate che vi avrei lasciati a bocca asciutta, vero? Ho giò cominciato a pubblicare una nuova storia, che si chiama Illusion. È una storia molto diversa da tutto ciò che ho scritto, principalmente per come è strutturata. Non vi anticipo nulla e vi lascio il link al primo capitolo, così se avete voglia scoprite di cosa sto parlando. Spero che vi piaccia e di rileggervi presto! Illusion su EFP

Un bacione e un abbraccio a tutti!
Poppy

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