The Midnight Sun

di Ormhaxan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Prologo ***
Capitolo 2: *** 02. ***
Capitolo 3: *** 03. ***
Capitolo 4: *** 04. ***
Capitolo 5: *** 05. ***
Capitolo 6: *** 06. ***
Capitolo 7: *** 07. ***
Capitolo 8: *** 08. ***
Capitolo 9: *** 09. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. Epilogo ***



Capitolo 1
*** 01. Prologo ***








Londra, 1471


 
 


Richard sedeva stanco e silenzioso sul trono che era stato di suo fratello. Re Edward IV, Re d’Inghilterra e del casato degli York, era morto da sole due settimane sul campo di battaglia di Barnet, in quel giorno di metà Aprile che sarebbe stato per sempre ricordato. Per reciproca mano, lui e quello che un tempo era stato il suo mentore, il padre che non aveva mai avuto, Richard Neville, Conte di Warwick, avevano perso la vita e Richard, giunto con i rinforzi troppo tardi, non aveva potuto fare altro che assistere a quella tragedia impotente, combattere con tutte le sue forze e, vinta la battaglia, arrestare con l’accusa di tradimento George, Duca di Clarence, il suo altro fratello, il traditore, che di molteplici crimini si era macchiato nel corso degli anni appena trascorsi. Così, suo malgrado, Richard si era trovato ad essere, a soli diciannove anni, il successore di suo fratello, poiché nessun erede maschio aveva lasciato Edward, solo due figlie piccole – Elizabeth e Cecilia - che, lo sapeva, avrebbero avuto bisogno di lui, della sua protezione. Ma la guerra non era finita, poiché un ultimo atto doveva esser messo in scena, l’ultima battaglia prima della pace, una battaglia che si sarebbe svolta a Tewkesbury, nel Gloucestershire, in un luogo non molto lontano da Londra in cui le armate Lancaster – allo stremo e guidate dalla regina Lancaster Margherita D’angiò e da suo figlio, il diciottenne e aitante Edward, principe del Galles – si stavano dirigendo nella speranza di ritrovarsi e unirsi con quelle del traditore Jasper Tudor, il quale si era rifugiato in Galles, forte del sostegno degli ultimo lord lancastriani ancora rimasti in vita.


“Vostra Maestà – una guardia, un giovane alto non molto più grande di lui, lo destò dai suoi pensieri chiamandolo con quell’appellativo ancora nuovo per lui. Sebbene Richard fosse stato riconosciuto dal Parlamento come legittimo sovrano, la sua incoronazione non era ancora avvenuta, rimandata per dare spazio a questioni più urgenti, più delicate – Maestà, i lord e l’Arcivescovo di York, vostro fratello, chiedono udienza.”
“Fateli entrare!” esclamò con solennità Richard, impaziente di riabbracciare dopo mesi il suo fratello Edmund, l’unico fratello rimasto in vita di cui si poteva fidare. Appena sedicenne, il secondo dei figli di York aveva preso i voti e, all’età di ventotto anni, era diventato Arcivescovo di York, era uno delle figure ecclesiastiche più rispettate e importanti dell’Inghilterra.
“Maestà!” esclamarono in coro i lord, inchinandosi al suo cospetto per la prima volta nella sala del trono che nei secoli precedenti aveva visto susseguirsi schiere di Re e Regine.
Davanti a lui, eleganti nei loro farsetti dalle fogge pregiate e broccati, c’erano Francis Lovell, suo amico d’infanzia, suo fratello Edmund, William Hastings, che per anni era stato il braccio destro di suo fratello, e Anthony Woodville, Conte di Rivers, fratello della Regina vedova Elizabeth Woodville, con la cui famiglia Richard aveva finalmente fatto pace e che gli aveva promesso lealtà e fedeltà nonostante i trascorsi burrascosi.
“Mie lord – Richard fece loro segno di alzarsi – sono lieto di vedervi qui, nella stessa sala in cui tanti anni fa avete giurato fedeltà a mio fratello. Ditemi, quali notizie dai Lancaster?”
“Margherita d’Angiò è quasi giunta a Tewkesbury, arriverà all’Abbazia nel giro di quattro giorni. I nostri esploratori dicono che oltrepasserà il fiume non appena il tempo lo permetterà e si unirà al traditore Jasper Tudor.”
“E questo noi non possiamo permetterlo! - esclamò Richard, portando il suo sguardo verso Francis Lovell e Anthony Woodville - Miei lord, radunate i vessilli e fate in modo che gli uomini siano pronti a partire all’alba. Lord Hastings, a voi l’ordine di scortare mia madre, la Duchessa di York, la regina vedova e le sue figlie al sicuro: a Westminster, proporrei.”
“Come comandate, Vostra Grazia.” Rispose l’uomo, prendendo congedo e uscendo subito dopo dalla stanza come avevano fatto precedentemente il Barone Lovell e Lord Rivers.


“E per me, fratello, per me non avete alcun compito?” chiese con voce pacata Edmund, rispecchiandosi negli occhi del fratello minore, occhi dello stesso colore grigio-blu dei suoi.
“Nessun compito, fratello, solo il desiderio di passere del tempo con te, con l’ultimo dei fratelli che mi è rimasto.”
“Così hai deciso, Dickon – disse, usando quel nomignolo con cui anche Ned era solito chiamarlo – George morirà.”
Richard osservò il fratello con la coda dell’occhio, poi guardò fuori, il Tamigi che tagliava in due la città e sospirò: “Non so cosa sarà di lui, Ed, non so cosa fare. George è un traditore, due volte ha tradito, eppure è mio fratello e nei suoi occhi ho visto il dolore per la perdita di Ned, lo stesso che ha afflitto e ancora adesso mi affligge.”
“So che tu e George eravate uniti, fratellino, lo siete sempre stati così come io lo ero con Ned. Lui era la mia metà, la parte migliore di me, ognuno completava la frase dell’altro, sempre, e quando ho ricevuto la notizia… - un sospiro pesante scappò dalle labbra sottili di Edmund - Con Ned è morta anche una parte di me, e il pensiero di George, della sua testa appoggiata ad un ceppo, in attesa di essere giustiziato, mi lacera come lacera te. Ma tu… tu ora sei il Re, ed è tua la decisione: qualsiasi cosa farai, io l’accetterò.”
“Dimentichi che George ha anche una moglie, una figlia…” Richard non aveva dimenticato Isabel Neville, sua cugina, la ragazza che suo fratello aveva sposato a Calais andando contro la volontà di Edward, la donna da cui aveva avuto una bambina, Margaret: “Come stanno?”
“Molto bene, specialmente la piccola. Sebbene sia nata qualche settimana prima del previsto, la piccola è sana e forte, cresce a vista d’occhio.”
“E sua madre, la Duchessa di Clarence? Lei sa cosa è successo, presumo, sa cosa potrebbe succedere a suo marito.”
“Isabel è devastata all’idea di perdere anche suo marito, il dolore la sta consumando e le sue dame dicono che mangi poco e sia debole. Isabel ti implora, spera nella tua misericordia e vorrebbe parlarti.”
“Non ora. – disse Richard, declinando con forza la richiesta – Ora ho una guerra da vincere, e non posso perdere tempo prezioso con Isabel. Ma ti prego, dille che al mio ritorno ascolterò le sue preghiere e che la morte di suo marito non è ancora certa.”
“L’andrò a trovare oggi stesso, andrò a riferirle le tue parole e porgerle i tuoi rispetti e... – Edumund esitò, rimase immobile alle spalle del fratello minore – Sei al corrente della presenza di Anne a Tewkesbury, vero?”
Richard chiuse gli occhi non appena udì quel nome, concedendosi di pensare per la prima volta da settimane a Anne, alla sua adorata cugina che non vedeva da quando Edward aveva disposto il suo arresto – suo e quello della sua famiglia – nell’Aprile dell’anno precedente, prima della fuga verso la Francia insieme a suo padre e a suo fratello George.
“Sì, ne sono al corrente. Ma di cosa mi stupisco, dopo tutto? Lei è la moglie di Edouard di Lancaster adesso, una Principessa, e… - scosse la testa, sorrise algido – E’ mia nemica.”
“Non per sua scelta, Richard. Suo padre l’ha costretta a quella unione, a sposare quel ragazzo per sigillare un alleanza: è una pedina messa su di una scacchiera, e ora più che mai la sua posizione è in bilico…”
“Cosa intendi dire con questo?” Richard si girò di scatto, i suoi occhi grigi si scontrarono con quelli identici del fratello maggiore.
“Intendo dire che la battaglia non volgerà a favore del marito, che probabilmente – quasi certamente – il giovane morirà in battaglia o con la testa su di un ceppo ma lei… - Edmund sospirò, si avvicinò con passo lento al fratello – Potrebbe essere già incinta di un figlio a quest'ora, ci hai mai pensato?”
Richard sgranò gli occhi, trattenne il fiato: l’idea di Anne, del suo grembo gonfio, custode di un erede dei Lancaster fece gelare il sangue nelle sue vene. Anne, la sua dolce Anne, la sua promessa…
“Dio ce ne scampi! – esclamò, facendosi il segno della croce – Un ennesimo erede lancastriano sarebbe un nuovo pericolo, una minaccia per la pace futura e… no!”
“Se lei fosse incinta e nascesse un maschio il destino del bambino sarebbe segnato, e tu lo sai bene: i Woodville, tutto il regno spingerebbe per sbarazzarsi dell’infante non appena raggiunta la maggiore età, magari anche prima, non appena sarà abbastanza grande per tenere in punto una spada.”
“Basta, BASTA! – Richard strinse i pugni, il suo viso era una maschera di orrore – Non posso pensare a questo, non ora: Anne avrà il suo perdono reale, verrà riammessa a corte non appena il suo sposo sarà giustiziato e poi…”
“E poi?” Edmund inarcò un sopracciglio, lo spronò a continuare.
Richard guardò il fratello sottecchi, sul suo volto c’era indignazione e rabbia allo stesso tempo: “Si vedrà! – concluse, piccato – Ho una guerra da vincere, fratello, e intendo vincerla al più presto, senza troppi spargimenti di sangue.”
Sorpassò Edmund, si avviò verso la porta che fu aperta immediatamente da un soldato posto a guardia dall’altro lato e, prima di uscire e senza voltarsi indietro, disse: “Dì a Isabel che non è più una prigioniera, che presto riabbraccerà sua sorella. Sono certa che Lady Anne sarà contenta di rivederla dopo tutto questo tempo.”


 

*



Angolo Autrice: Cosa essere questa cosa? Semplicemente una versione 2.0 di Midnight Sun, la quale avrà qualche cambiamento nella trama, primo tra tutti l'avvenuto matrimonio tra Anne ed Edouard. Perchè questo? Semplicemente perchè ero bloccata, così ho deciso di riscriverla per farla più coinvolgente, anche se più avanti ritroverete i vecchi capitoli praticamente identici. Detto questo, spero che abbiate capito le mie motivazioni e riprendiate a seguire con lo stesso entusiasmo questa storia. Lasciate una recensione, mi raccomando! :3
Alla prossima,
V.
 

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Capitolo 2
*** 02. ***



 







“Per York, per York e l’Inghilterra!” il campo di battaglia circostante l’Abbazia di Tewkesbury era stato invaso di soldati fedeli alla casata York come se un fiume – lo stesso che, gonfio di piogge di fine inverno, scorreva poco più in là, testimone silenzioso della carneficina che stava per compiersi - fosse straripato e avesse inondato i campi, le loro voci portate dal vento di Maggio inneggiavano alla vittoria del loro sovrano, Richard, e all’Inghilterra.
Per Richard quella non era la prima battaglia a cui partecipava, poiché fin dalla sua adolescenza, quando ancora era Duca di Gloucester, aveva combattuto e sedato rivolte per ordine di suo fratello il Re, il defunto e amato Edward, ma era la prima che combatteva come condottiero supremo dell’esercito. Sapeva bene che tutti gli occhi erano puntati su di lui, il fratello minore diciannovenne del loro vecchio sovrano, e che tante erano le aspettative che i suoi lord avevano nei suoi confronti; sue erano le decisioni finali, decisioni mai facili, poiché da esse dipendeva il suo popolo, la vita di centinaia di soldati che, probabilmente, non sarebbero tornati a casa dalle loro mogli, dai loro figli. Per un attimo, un breve attimo prima della carica contro l’esercito stremato dei Lancaster, Richard desiderò con tutto se stesso che suo fratello fosse ancora in vita: Edward era sempre stato il condottiero, il fratello carismatico e aitante che tutti amavano, il giovane che a soli diciannove anni – diciannove, proprio come Richard –aveva varcato le mura di Londra su di un destriero bianco in una mattina senza nubi, con il sole splendente – lo stesso sole splendente riprodotto sullo stemma delle bandiere che garrivano al vento – che gli illuminava il viso, i capelli biondi color del grano appena mietuto. Edward era quello amato dal popolo, non lui, il taciturno e criptico fratello minore, che ben poco aveva dell’aspetto del maggiore, molto più simile al loro defunto padre che ai suoi fratelli, al carismatico Ned e all’affascinante George che, ricordò, un tempo – tanto, tanto tempo prima, quando era un ragazzino e si allenava a Middleham per diventare un cavaliere – sua cugina Anne aveva paragonato a Ser Lancillotto, il valoroso cavaliere della tavola rotonda protagonista di molti racconti di Re Artù e della sua Camelot.

Molte ore più tardi, quando il sole stava per tramontare all’orizzonte, la battaglia fu vinta e i Lancaster fuggirono, i loro lord e comandanti catturati e messi a morte seduta stante, davanti alle porte dell’Abazia in cui si era rifugiata la loro regina, quella che un tempo era stata chiamata la lupa di Francia, la donna che si era compiaciuta nel vedere la testa di Richard di York infilzata su di una picca e posta sulle mura della città di York, Margherita d’Angiò. Anche suo figlio, il principe del Galles, Edouard, era perito sul campo di battaglia a soli diciassette anni, ucciso dagli uomini di Richard che, vedendolo correre con spada sguainata verso il loro signore e Re, lo avevano fermato e colpito a morte a pochi metri da lui, sotto lo sguardo incredulo del giovane sovrano.
Non aveva mai visto Edouard del Galles prima di quel giorno, anche se molti erano stati i racconti uditi in quegli anni su di lui, le accuse che Richard Neville aveva avanzato negli anni, accuse che lo raffiguravano come un bastardo, un figlio illegittimo di quel re demente che suo fratello Edward aveva spodestato per ben due volte, lo stesso sovrano in quel momento rinchiuso nella Torre di Londra.
Edouard era giovane, troppo giovane, ed era stato uno sprovveduto che aveva pagato il prezzo della sua avventatezza; ma, nonostante questo, aveva preferito una morte onorevole in battaglia all’umiliazione pubblica e alla prigionia, ad una morte in pubblica piazza su di un ceppo.
Richard provò della pietà per quel giovane, per i suoi sogni infranti, ma anche tanta gelosia e tanto odio: lui, dopo tutto, era stato seppur per poco il marito di Anne, della sua Anne, di quella dolce ragazza che avrebbe dovuto essere sua e di nessun altro.
La guerra, però, aveva deciso per lui, per loro e Richard si ritrovò in una mattina di Maggio apparentamente come molte davanti alle mura dall’Abbazia di Tewkesbury, in procinto di riferire la notizia della disfatta dei Lancaster e della morte del Principe a sua madre e alla sua giovane sposa, alla sua vedova.
 
“Dove si trovano?” chiese ad un provato Francis Lovell, suo amico d’infanzia, non appena varcò i cancelli del santuario e smontò da cavallo.
Per l’amico non ci fu bisogno di chiedere chi fossero loro – palese era il riferimento alla oramai deposta Regina e alla giovane Principessa – e affiancandolo disse: “Nell’Abbazia, in una stanza appartata in cui potrete parlare indisturbati. Nessuno ha detto loro del Principe ma sospetto fortemente che l’abbiano intuito…”
“E come stanno, qualcuno ha fatto loro del male?” chiese, puntando i suoi occhi di ghiaccio sull’amico.
“No, Maestà, nessuno. Sono illese, anche se alcuni soldati hanno molestato delle suore innocenti e…”
“Dio! – Richard lo interruppe bruscamente, fece il segno della croce – Trovate i responsabili, fateli pagare per un simile oltraggio!”
Aye, Maestà. – Francis entrò nel convento con l’amico, trovandolo a soqquadro – Sono mortificato…”
“La guerra rende gli uomini bestie, Francis ma non dimenticherò i frati e le suore ed entrambi gli ordini saranno ricompensati a dovere. Ora, però, indicami la stanza.”
“Su per le scale, troverete delle guardie a presidiare la porta.”
“Molto bene! – esclamò Richard, posando successivamente una mano sulla spalla dell’amico e sorridendogli – Grazie, Francis. Di tutto.”
 
 

**
 
 

Anne stava lavorando – faceva finta di lavorare – al suo lavoro di cucito quando Richard entrò nella stanza senza preavviso alcuno.
Erano passati anni dall’ultima volta che si erano visti, dall’ultimo bacio rubato in quel cortile di Middleham, e tante cose erano successe. Lei, come lui, aveva provato l’esilio, era stata sposata ad un ragazzo che aveva sempre disprezzato nei suoi sedici anni, il figlio dell’acerrima nemica di suo padre, della sua famiglia, degli York. Edouard inizialmente era stato un estraneo, un ragazzo che non aveva provato alcun interesse per lei, ma con i giorni si erano avvicinati, avevano iniziato a parlare e dietro quella maschera di ghiaccio e devozione incondizionata a sua madre e a quel paese che aveva lasciato da bambino e di cui reclamava la corona aveva scoperto un ragazzo che amava leggere, a modo, gentile ed educato. Edouard era un esiliato, proprio come lei, un mendicante che aveva girato di corte in corte alla ricerca di supporto e che, seguendo il volere di sua madre come lei stava seguendo quello di suo padre, si era ritrovato in un matrimonio inaspettato con la persona più improbabile del mondo: lei, Anne Neville, la figlia dell’uomo che per anni lo aveva diffamato, aveva gettato fango sul suo indiscusso diritto al trono, su sua madre, l’unica famiglia che avesse mai avuto.
Non avevano consumato il matrimonio, la Regina Margherita non lo aveva concesso – per non rischiare che lei rimanesse incinta, aveva detto, per poter annullare l’unione in caso di disfatta, aveva detto – ma nei mesi trascorsi in Francia i due avevano imparato a conoscersi, ad apprezzare la vicinanza dell’altro, il calore del corpo dell’altro, gli abbracci e i baci rubati in giardini in fiore o in biblioteche polverose.
A modo suo, Edouard l’aveva amata, e forse lei aveva amato lui e quando il giorno precedente lei gli aveva detto addio e gli aveva dato la sua benedizione nonostante il suo cuore diviso, – dopo tutto, lei rimaneva e sempre sarebbe rimasta una York, una parte di lei avrebbe sempre tenuto a Richard, al giovane che in quel momento le stava davanti, splendido nella sua armatura -  nella speranza di poterlo rivedere un’ultima volta, riabbracciarlo e baciarlo.


“Sua Grazia, il Principe del Galles? – chiese immediatamente Margherita D’Angiò, alzandosi dal suo scranno ligneo – Dov’è mio figlio?”
Richard guardò la donna negli occhi scuri e profondi, osservò Anne alzarsi a sua volta con estrema lentezza e anche se avrebbe voluto sorriderle, chiederle come stesse, rimase impassibile.
“Vostro figlio ha combattuto con valore, fino alla fine. – rispose, pacato – Ma non aveva speranze, non ne ha mai avute.”
“C-che state dicendo, dov’è mio figlio?” chiese ancora la donna, questa volta con un tremito nella voce.
“E’ morto, non è vero? – intervenne Anne, sussurrando quella domanda retorica – Mio marito è morto!”
“Me ne rammarico ma sì, è così: il Principe Edouard è morto in battaglia, insieme ai suoi uomini. I Lancaster sono in fuga, il mio esercito ha vinto. La guerra è finalmente finita.”
“N-no… NO! - Margaret urlò, impazzita di dolore e scaraventò a terra il suo lavoro di cucito, un bicchiere di cristallo – Il mio ragazzo, il mio Edouard!”
“Vostra Grazia! – Anne si inginocchiò accanto a lei, tentò di consolarla – Vi prego, Rich- Maestà, lasciateci! Permettete a questa donna di piangere la perdita in pace e tranquillità, a una madre e una moglie di piangere il proprio figlio e il proprio sposo.”
Richard trattenne il fiato, colpito da quelle parole inaspettate – Anne dunque ci teneva a lui?, si chiese, Era affezionata al defunto Principe, magari anche innamorata? – e con un cenno del capo acconsentì alla sua richiesta.
“I miei uomini torneranno alle prime luci dell’alba per scortarvi a Londra; voi, Madame, raggiungerete vostro marito nella Torre.”
“Ed io, cosa ne sarà di me?” chiese Anne, senza timore alcuno.
“Voi, Milady, raggiungerete vostra sorella al castello di Baynard dove in questo momento si trova, vi ricongiungerete con la vostra famiglia e sarete libera da qualsiasi accusa o prigionia, vi sarà accordato un perdono reale.”
Guardò un’ultima volta le due dame, lesse lo stupore sincero negli occhi color zaffiro di Anne, ma quando quest’ultima non ribattè in alcun modo decise di congedarsi e tornare fuori, dai suoi uomini, poiché molto era ancora il lavoro da fare, gli oneri che lo stavano attendendo.


 


*


Angolo Autrice: Secondo capitolo nel giro di poche ore, giusto per farmi perdonare della cencellazione e farvi capire meglio la trama! Non ho molto da dire, spero solo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare una recensione.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 3
*** 03. ***









Richard diede disposizione ai monaci dell’Abbazia di seppellire le spoglie di Edouard di Lancaster nella navata principale, consegnò loro un’ingente somma di denaro e pregò loro di perdonare lui e i suoi uomini per aver profanato – spade alla mano e armature pregne di sangue -  un luogo sacro come quello, di esser venuto meno alla promessa non scritta di non perseguitare coloro che, disperati, cercavano rifugio nelle chiese per sfuggire alle ire del proprio sovrano e della legge.
Diede disposizione di dire messe per l’anima del Principe e per tutte le anime dei caduti due volte al giorno per un anno, una volta all’anno nella ricorrenza dell’anniversario per i successivi quindici anni, e permise a Margherita D’Angio e alla vedova di lui, Anne Neville, la sua Anne, di piangerlo.

“Dove sono Lady Neville e la Donna Francese? – chiese Richard il giorno dopo, quando ogni cosa fu preparata per la partenza – Sono ancora nella cappella a vegliare il corpo del Principe?”
“Aye, Maestà. – rispose un soldato, un giovane della sua età dai capelli rossicci – Abbiamo tentato di allontanarle ma nessuna delle due ha voluto sentire ragioni. Lady D’Angiò sembra pazza di dolore, ha persino morso la mano di uno dei soldati e…”
“Va bene, ci penserò io a lei.” Concluse, spostando lo sguardo dal soldato all’ingresso semiaperto della chiesa, verso il piccolo pezzo di navata centrale che si riusciva ad intravedere.

Nell’Abbazia di Tewkesbury, Richard trovò le due donne inginocchiate in preghiera attorno al feretro del giovane principe. Le candele attorno erano appena state cambiate, l’incenso bruciava copioso, rendendo l’aria satura e quasi irrespirabile per chiunque entrasse per porgere i propri omaggi.
Anne aveva una mano posata sul marmo su cui giaceva il corpo di Edouard, avvicinandosi Richard vide che era posata proprio su quella fredda del ragazzo, chiusa a sua volta sull’elsa della spada che impugnava, e qualcosa dentro di lui si agitò, una gelosia cieca e una rabbia difficile da contenere. Indossava l’abito del lutto, entrambe lo indossavano, e il suo capo era coperto da un velo sottile altrettanto nero.

“E’ tempo di andare! – esclamò con decisione Richard, rompendo il sacro silenzio della chiesa – Vi ho concesso più tempo del previsto, ma ora che il mezzodì si avvicina non posso più tardare.”
“Non potete costringermi a venire a Londra con voi: - sussurrò con rabbia la Regina, continuando a fissare le spoglie del figlio – Io sono la Regina d’Inghilterra, e non prenderò ordini da voi, non sarò mai il vostro premio!”
“Invece lo farete, Madame. Verrete con noi a Londra, che vi piaccia o no. Scegliete: potete farlo di vostra spontanea volontà, collaborando, oppure legata, imbavagliata e trascinata di peso in una lettiga!”
“Siete un mostro, un mostro! – esclamò con furia la donna, scagliandosi contro di lui, venendo immediatamente fermata da due soldati – Siete come vostro padre, vostro fratello: spregevole e senza cuore!”
“Madam, temo mi siate confondendo con uno dei vostri uomini. – un sorriso sardonico comparve sul suo viso – Pensateci: avrei potuto tagliare la testa del vostro adorato figlio e metterla su di una picca, esporla sulla mura come voi avete fatto con quella di mio padre, oltragiarlo come hanno fatto i vostri uomini con lui, ma non l’ho fatto. Vi ho dato modo e tempo di piangerlo, ho pagato i monaci per seppellirlo e celebrare messe in suo onore, molto più di quello che avrebbe fatto qualsiasi altro.”
Fece un cenno con una mano ai soldati, i quali trascinarono fuori la urlante Margerita e, una volta che il silenzio ricadde nella chiesa, Richard si rivolse per la prima volta ad Anne, la quale aveva assisitito impotente a quelle scene: “Milady, la vostra lettiga vi aspetta. – le tese una mano, sorrise – Venite!”
Anne gettò un’ultima occhiata al corpo del defunto marito, gli accarezzò un’ultima volta il viso freddo e pallido e, con quella stessa mano, afferrò quella di Richard, permettendogli di condurla fuori.
“Mi dispiace per la vostra perdita, Anne. – disse, senza spiegarsi neanche lui il perché – Sembravate molto affezionata a lui.”
“E’ stato un buon amico, un buon marito. – confessò lei con sguardo basso – Era giovane, non meritava di morire ma la guerra è guerra e lui conosceva i suoi rischi. Non lo dimenticherò mai, avrà sempre un posto speciale nel mio cuore, ma non sono sciocca e so che la vita va avanti, che deve andare avanti.”
“Siete diventata saggia, cara cugina, le vostre parole meritano rispetto.”
“Sono cresciuta, Richard – corresse lei, alzando lo sguardo – Non sono più la ragazzina impaurita che conoscevate, così come voi non siete più il ragazzo che un tempo io ho amato.”
Richard fu ancora una volta spiazzato da quelle parole inaspettate, dalla realtà che lo aveva colpito in pieno viso – lei non lo amava più, dunque? – e senza ribattere alcunchè l’aiutò a salire sulla lettiga e, salito a sua volta in sella al suo destriero, diede ordine ai suoi uomini di inziare la marcia verso Londra.



 
**


 
Due giorni più tardi, Richard tornò a Londra vittorioso, con al seguito i lord a lui più fedeli, e fu accolto da una grande folla gioiosa che, al suo passaggio, spargeva petali di rose bianche – emblema della sua casata – e inneggiava a lui, alla casa York e al loro amato paese. Per un attimo, Richard credette di essere tornato indietro nel tempo, ma quella volta non c’era Edward sul cavallo bianco, non era suo fratello maggiore a prendersi i meriti ma lui, il ragazzo che quasi nessun calcolava, il fratello ubbidiente, leale, che pur di seguire suo fratello e non tradire il suo onore aveva rinunciato alla ragazza che un tempo aveva amato, aveva subito l’umiliazione dell’esilio in Borgogna, la fame e la miseria, per poi ritornare più forte di prima nella sua terra natia e vedere morire sotto gli occhi quello stesso fratello – e sovrano – tanto amato.

“Vostra Maestà!” Edmund, indossati i suoi migliori vestiti da arcivescovo, lo stava aspettando nel vasto cortile del palazzo reale insieme alla loro madre, la Duchessa di York, e alle altre nobildonne accorse per salutare i loro mariti.
“Fratello! – esclamò smontando da cavallo, abbracciandolo e baciando successivamente entrambe le guance di sua madre – Madre, vedervi mi riempie il cuore di gioia.”
“E rivedere te, figlio mio, riempie il mio. Ho pregato giorno e notte per te, ho pregato la Vergine di tenerti al sicuro e così è stato.”
“La guerra è vinta, madre, i Lancaster sono stati sconfitti: la regina Margherita è stata fatta prigioniera, suo figlio è morto e Jasper Tudor e gli altri lord che ci sono sfuggiti stanno scappando come cani, presto saranno catturati e anche se riuscissero a salpare verso la Francia farò in modo che non siano più una minaccia, che non mettano mai più piede in Inghilterra.”
“Sì, la guerra è finita – concordò la Duchessa, con un tono di voce che trapelava al tempo stesso gioia e tristezza – ma il prezzo pagato è stato alto: tuo padre, tuo fratello, e George nella Torre…” abbassò lo sguardo, e anche se sapeva che quello non era il momento adatto, azzardò e chiese: “Cosa ne sarà di George, cosa ne sarà di mio figlio?”
Richard fu spiazzato da una domanda simile, una domanda che non sia aspettava in quelle circostanze, e scossa la testa rispose: “Non lo so, madre. Il concilio dovrà riunirsi, tante cose devono ancora essere discusse: George è un traditore, ha tradito Edward due volte, e quando gli abbiamo concesso il perdono lui ha preferito restare al fianco di Warwick, vostro nipote, che chissà quali promesse gli aveva fatto.” posò una mano sulla spalla della Duchessa e, prima di riprendere il suo cammino verso la sala del trono, concluse dicendo: “Non ho promesse da farvi, madre, ma sappiate che George non è stato dimenticato.”



 
**




“Il Duca di Clarence è una minaccia, una radice che va estirpata al più presto!” esclamò William Hastings, seduto nel concilio del Re insieme ad altri nobili. Il lord Ciambellano non aveva mai avuto in simpatia il Duca di Clarence, e negli anni il suo astio era cresciuto sempre di più. “Due volte ha tradito, maestà, e chissà quali trame potrebbe tessere chiuso nella Torre.”
“Lord Hastings ha ragione! – concordò Anthony Rivers, seduto accanto a lui – Il Duca è una minaccia e lasciarlo vivere darebbe agli altri lord segnali di debolezza da parte vostra, Maestà. Se i suoi crimini non venissero punti adeguatamente le conseguenze potrebbero essere fatali.”
“E voi, milord, non lo dite a cuor leggero, giusto?” intervenne Richard, seduto apparentemente calmo al capotavola sinistra dell’enorme tavolo di quercia: “Mio fratello ha ucciso il vostro, vostro padre, e sappiamo bene da quanto vostra sorella, la regina vedova, mediti vendetta.”
Aye, mia sorella vuole vendetta e le mie parole sono anche le sue, ma George si è macchiato di molti altri crimini, non solo del sangue dei miei parenti, e ricordo a vostra maestà che molti potrebbero sostenere la sua causa.”
“Lui è pur sempre il fratello maggiore, Rich- Maestà – si corresse Francis Lovell, il suo più fidato amico, prendendo per la prima volta la parola – Questa terra ha sanguinato troppe volte, e altre guerre per il trono sarebbero la sua rovina, la rovina di tutti noi.”
Richard chiuse gli occhi, sospirò: se anche Francis era di quell’avviso, se anche lui avesse votato per l’esecuzione di George, molto poco avrebbe potuto fare. Salvargli la vita era un’opzione sempre più lontana man mano che i minuti passavano: Edmund, seduto in silenzio accanto a lui, avrebbe supportato qualsiasi sua scelta, ma gli altri non avrebbero fatto lo stesso, si sarebbero accaniti fino alla fine, lo avrebbero fatto cedere in un modo o in un altro con le loro valide e giustificate motivazioni.
“Avete già deciso, Maestà, cosa ne sarà dei suoi titoli, delle sue terre?” chiede Edmund, portando momentaneamente l’attenzione altrove.
“Le sue terre saranno confiscate, ovviamente. Sua figlia Margaret ne avrà un quarto, quelle che lui possedeva in quanto Conte di Salisbury. A lei, inoltre, andrà il titolo di Contessa di Salisbury e un giorno, quando sua madre Isabel riceverà le terre di sua madre, Lady Neville, anche queste saranno sue.”
“E le altre terre, maestà?” chiese Will Hastings, fingendo disinteresse.
“Saranno spartite tra di voi, miei lord, mentre il titolo di Conte di Warwick andrà ai figli che un giorno avranno Lady Isabel e Lady Anne; per il momento, il titolo verrà revocato, mentre il castello passerà nelle mani della corona. Per quanto riguarda il nord, invece, nomino Lord Lovell protettore del nord, e conferisco a lui il castello di Middleham. Per quanto riguarda George Neville, figlio del defunto Jon Neville, a lui concedo le terre che erano state di suo padre, il titolo di Conte di Northumberland, e lo nomino Duca di Bedford.”
“Maestà, siete certo che dare tutto questo potere alla famiglia Neville sia saggio?” chiese con apprensione Lord Hastings, anche lui imparentato con la suddetta famiglia per matrimonio.
“Più che saggio, milord. Dobbiamo far pace con la famiglia Neville, impedire altre rivolte, e come sicuramente tutti voi ricorderete il defunto John è stato un prezioso alleato della casa York e un fratello per me: dare questi titoli e le terre che gli spettano a suo figlio è il minimo che possa fare.”
“E Lady Anne, cosa ne sarà di lei?” chiese Francis Lovell, che da sempre provava affetto fraterno per la ragazza.
“Ho dato disposizioni che lei e sua sorella vengano rilasciate dalla Torre; Isabel può tornare a Tewkesbury, nel castello adiacente all’Abazia, mentre Anne sarà ospite di mia madre, la Duchessa di York, fino a quando vorrà.”
“Maestà, – Anthony riprese la parola, muovendosi scomodamente sulla sedia su cui era seduto – la giovane Neville è la vedova del defunto Principe Lancaster, e molti lord metteranno presto gli occhi su di lei.”
“Vi state proponendo, milord Rivers?” lo stuzzicò lord Hastings, ridendosela subito dopo e bevendo della birra.
“No, milord, sto solo dicendo che prestò ci sarà l’incoronazione, e un Re deve avere una Regina al suo fianco. Maestà, avete ipotizzato…”
“E’ presto per ipotizzare, – lo interruppe bruscamente Richard, improvvisamente stanco e seccato di quegli uomini – inoltre ci sono decisioni più urgenti da prendere. Francis, porta da me la Duchessa di Clarence, dille che ascolterò le sue parole, le sue suppliche per suo marito. Dille che devo parlare con lei, e…” Richard avrebbe voluto vedere anche Anne, parlare con lei e dirle che le era vicina per la perdita di suo padre, di suo marito, che non l’avrebbe lasciata sola, ma capì che quello non era il momento adatto, non ancora: “Andate, Francis. Tutti voi, andate!” esclamò, poi guardò suo fratello e disse: “No, tu no Ed. Ho bisogno di parlare con te, da soli.”


 
**



“Cosa devo fare?” chiese, rimasto solo con suo fratello, prendendosi il viso tra le mani, combattendo le lacrime.
“Devi fare quello che è meglio per il tuo popolo, Dickon.” Rispose a malincuore il maggiore, anche lui devastato all’idea di suo fratello messo a morte dall’altro: “So quanto tu e George siete stati vicini un tempo, so bene cosa stai provando perché è quello che provo anche io, ma ora tu sei il re prima di ogni cosa, e un re deve essere giusto, non può lasciarsi andare ai sentimenti. Se George rimane in vita sarà una minaccia: molti potrebbero tentare di rovesciarlo, uomini fedeli ai Neville, ultimi lancastriani… Ned non ha lasciato eredi, e tu sei l’ultimo degli York rimasto.”
“Non sono l’ultimo, ci sei tu!” esclamò, abbozzando un sorriso e posando una mano sulla spalla del maggiore.
“Sai cosa intendo, Dickon: sono un prelato, ho sposato la fede e non posso ereditare terre e titoli. Tu sei il solo rimasto, e anche se odio dirtelo devi sposarti al più presto, avere degli eredi: solo così la tua pretesa trono sarà davvero salda, il tuo regno al sicuro.”
“Non voglio pensare a questo, non ora. Come posso pensare all’amore, alla vita, quando c’è ancora tutta questa morte attorno a noi?”
“Il tempo è tiranno, Dickon, hai poco tempo per decidere, fratellino, e una scelta va fatta, deve essere fatta.”
“Spezzerò il cuore di nostra madre, lo frantumerò ancora una volta.” Richard strinse i pugni, pensò a sua madre, ricordò i suoi occhi pieni di paura quando, tanti anni prima, aveva messo lui e George su di una nave diretta in Borgogna. “Tempo fa ci ha quasi persi, tutti noi, e adesso dovrò dirle che perderà un altro figlio, un figlio che questa volta non tornerà dal suo esilio, che non tornerà mai più a casa.”
“Dickon, io…” Ed stava per dirgli qualcosa, qualsiasi cosa capace di alleviare il suo animo, quando qualcuno bussò alla porta e chiese udienza. Piano, la pesante porta si aprì e Isabel Neville, magra e pallida, con occhi rossi cerchiati da occhiaie profonde, fece la sua silenziosa comparsa. “Vuoi che rimanga?” sussurrò l’Arcivescovo di York, guadando prima il fratello e poi la ragazza.
“No – rispose Richard, facendosi forza – No, Ed, questa volta no. E’ il mio fardello, capisci? Questa volta devo affrontare questa situazione da solo, devo farlo o non sarò mai un buon re, il sovrano che l’Inghilterra merita.”
Inspirò profondamente, espirò: “Possa Dio perdonarmi per quello che sto per fare, perché lei non lo farà. Isabel non mi perdonerà, mai.”


 


*


Angolo Autrice: Terzo capitolo della storia rivisitato. Come forse avrete notato, la seconda parte è praticamente identica a quella della precedente pubblicazione, mentre la prima differisce - per ovvie ragioni - di parecchio.
La pubblicazione per il momento andrà abbastanza spedita, quindi è possibile che già domani posterò il successivo. Grazie, come sempre, a voi che seguite e recensite.
Alla prossima,
V.
 

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Capitolo 4
*** 04. ***







 

“Vostra Maestà!” Isabel si inchinò davanti a Richard, abbassò lo sguardo e sfiorò il pavimento di marmo pregiato con le ginocchia. Sapeva di essere l’ultima speranza per suo marito George, e pur di salvargli la vita era disposta a tutto, anche ad umiliarsi e perdere l’ultimo briciolo di dignità che le era rimasta.
Nessuno, neanche sua sorella Anne, aveva mai capito il loro rapporto, cosa avesse visto in lui capace di farla innamorare così follemente, ma ad Isabel non importava: sapeva quanto valeva George, sapeva che in lui c’era più di quello che appariva, che dietro la maschera di uomo tracotante e orgoglioso c’era un uomo buono che le voleva bene, un ragazzo che nelle notti trascorse insieme aveva trovato in lei un porto sicuro, nelle sue braccia un posto in cui rifugiarsi, trovare consolazione e sicurezza nonostante tutto, nonostante i complotti, i tradimenti, i fallimenti che si erano susseguiti imperterriti uno dopo l’altro e avevano portato tutti loro – lei, sua sorella, i suoi genitori, suo marito e anche la sua figlia appena nata – alla rovina.
“Mia cara cugina, - Richard le fu immediatamente accanto, e prese entrambe le sue esili mani nelle sue, la fece alzare e le sorrise dolcemente – Vedervi è una gioia per me, e spero che vostra figlia stia bene.”
“Molto bene, Maestà, vi ringrazio.” Isabel, seppur in soggezione, tento di abbozzare un sorriso rilassato: “Questi mesi nella Torre non sono stati facili, ma la piccola Margaret è così piccola che non ha e non avrà nessun ricordo di tutto questo.”
“Non di certo. Ed è per questo che ho ordinato il vostro immediato rilascio: potrete tornare a Tewkesbury, al castello che è stato della vostra famiglia, immediatamente; voglio che mia nipote cresca in un luogo sicuro, accogliente, un luogo degno di una Contessa.”
“C-Contessa?” Isabel lo guardò perplessa, ignara della decisione da lui presa davanti al concilio: “Avete nominato mia figlia Contessa?”
“Contessa di Salisbury, un titolo appartenuto a suo padre ed ora a lei. Ho deciso che a lei andranno le terre di quella contea, e una rendita ovviamente.”
“Vostra Maestà è troppo buono, io… - Isabel non si aspettava tale gentilezza, in affetti temeva che dietro quell’apparente gesto misericordioso ci fosse altro, un tentativo di farsi perdonare per una decisione più grave e funesta - Io vi ringrazio immensamente, ma se mia figlia sarà Contessa questo vuol dire che mio marito non ha più titoli né terre.”
Richard assottigliò le labbra, inspirò profondamente e disse: “Perché non ci sediamo accanto al fuoco, mia cara cugina? Le vostre mani sono fredde, e grazie al calore sprigionato dal focolare si riscalderanno senza dubbio.”
Isabel acconsentì, evitando intenzionalmente di dirgli che da settimane ormai le sue mani erano sempre fredde, il suo corpo debole e privo di energie, il suo cuore pesante a causa della perdita di suo padre e delle sorti avverse e incerte di suo marito.
“Maestà – disse lei, riprendendo la parola – come ben sapete sono qui per parlare di mio marito, vostro fratello, il Duca di Clarence. Sono venuta da voi per chiedervi clemenza, pregarvi affinchè risparmiate la sua vita e lo perdoniate.”
La sua flebile voce si fece insicura eppure Isabel non si diede per vinta e continuò: “So che è un traditore, so che ha rifiutato il perdono reale preferendo rimanere al fianco di mio padre, ma sono cerca che è pentito delle sue azioni e… - le sue labbra tremarono, i suoi occhi si velarono di nuove lacrime e tutto ciò che riuscì a dire fu: - Vi prego Maestà, Richard. Risparmiategli la vita, fatelo in memoria dei tempi andati, dell’affetto che provate per me, dell’amore che un tempo avete provato per mia sorella.”
“Isabel… - Richard strinse con forza il bracciolo della sedia lignea, sospirò - Non è così semplice, e ora sono io il Re e devo fare ciò che è meglio per il mio popolo. Non posso essere egoista, non posso permettere ai sentimenti di vincere sul dovere.”
“Ma George è vostro fratello, voi siete sempre stati legati sin da bambini, me lo ricordo bene!” nella voce di Isabel stava iniziando a trasparire un velo di disperazione, eppure la giovane non avrebbe ceduto così facilmente: “Sono certa che farà atto di sottomissione: andate a trovarlo nella Torre, parlategli e ditegli di rinunciare a qualsiasi pretesa al trono, di riconoscere voi come legittimo sovrano ed erede al trono.”
“Ci ho provato ma George è troppo orgoglioso, non acconsentirà: preferirebbe morire piuttosto che vivere nella miseria, nell’ombra del fratello minore, dimenticato e additato da tutti come traditore.”
Richard si alzò dalla sedia, improvvisamente scomodo, e dando le spalle a Isabel restò in silenzio per alcuni minuti a fissare il fuoco dai colori caldi che vivido scoppiettava nel camino imponente e maestoso.
“Il concilio lo vuole mettere a morte. Tutti loro, anche Francis. Credono che sia una minaccia per il mio regno, che un atto di clemenza da parte mia sarebbe vista dai lord come debolezza; loro sostengono che fino a quando George sarà in vita ci sarà sempre la possibilità di una rivolta e questo non posso permetterlo, non posso permettere che l’Inghilterra venga travolta da nuove guerre per il trono, guerre fratricide per giunta.”
“Sì, capisco – Isabel si alzò, allisciò le vesti e si avvicinò a lui – ma voi cosa volete? Voi cosa avete deciso?” posò una mano sulla sua spalla, prendendosi una libertà azzardata, una confidenza che Edward non avrebbe mai permesso ma che lui, da neo sovrano, lasciò correre: “Cosa ne è stato del ragazzo venuto ad addestrarsi a Middleham, quello che amava i suoi fratelli più di ogni altra cosa e che metteva il suo onore al primo posto? Non contano più nulla per voi, Maestà, l’onore e la famiglia?”
Richard girò di scatto il viso, la guardò con espressione oltragiata da una tale irriverenza: “Tante cose sono successe da allora – ricordò, piccato – Nessuno di noi è più lo stesso, i ragazzini che eravamo sono scomparsi. Ora voi siete una Duchessa reale o, come preferirebbero altri, la moglie di un traditore, mentre io sono il Re d’Inghilterra e la mia fedeltà, il mio onore deve andare al mio paese prima di ogni cosa, anche prima della famiglia che, ricordo, vostro marito ha contribuito a distruggere.”
Isabel abbassò il capo: non poteva ribattere ad una tale accusa, sapeva che Richard aveva ragione. Se non fosse stato per l’ambizione di suo padre, di suo marito, niente di tutto quello sarebbe successo e lei avrebbe avuto ancora un padre, un marito amorevole libero e un padre per sua figlia.
“Allora è deciso, è già stato tutto deciso? George morirà, io diventerò la moglie di un traditore e mia figlia…” un singhiozzo scosse il suo corpo: “La mia povera bambina non conoscerà mai suo padre…”
“Mi dispiace, Isabel, credetemi, ma purtroppo è quello che accadrà. Non posso risparmiarlo, non posso perdonarlo per l’ennesima volta: ci ha girato le spalle per ben tre volte e se lo lasciassi libero…” strinse una mano a pugno: si odiava per quello che stava per fare, e odiava anche suo fratello per non essersi schierato con loro. Se solo avesse rinunciato al suo folle piano di prendere la corona, se avesse combattuto con loro Edward sarebbe stato ancora in vita, lui ancora Duca di Gloucester, una persona libera di prendere le proprie decisioni, di vivere come meglio credeva, di sposare la donna che amava. Ma così non era stato e tutti loro avrebbero dovuto fare i conti con il peso delle loro scelte.
“Ognuno di noi deve convivere con le proprie scelte, con ciò che ha fatto e farà; io non faccio eccezioni e neanche George. Tutto ciò che posso fare è lasciarvi la possibilità di dirgli addio, fargli scegliere la morte che preferisce.”
“N-no…” il viso di Isabel iniziò a rigarsi di lacrime: “No, Richard, Maestà, vi prego… - si inginocchiò in terra, lo pregò com’era solita pregare la Vergine – Non fatemi questo, non portatemelo via: io lo amo, lui è il mio amato marito, il padre di mia figlia. Ve ne prego, vi supplico!”
Richard voltò lo sguardo: non riusciva a sopportare tutto quello, il peso di quella decisione tanto sofferta, i suoi occhi velati di pianto, il suo viso bianco simile ad una maschera di dolore.
“Perdonatemi, ma non posso. Non posso… mi dispiace.”
Isabel impallidì: non poteva fare più niente, ogni parola, tentativo di persuasione sarebbe stata vana. Lentamente si alzò, si asciugò le lacrime con un fazzoletto da lei stesso ricamato e, testa alta, disse solennemente:
“Non chiedete perdono a me, Maestà, ma a Dio. Possa lui perdonarvi per ciò che state per fare, poiché nel mio cuore io so di non potere. Non posso perdonare l’uomo che sta per uccidere una parte del mio cuore, neanche se questo è il Re d’Inghilterra… -  lentamente Isabel si inginocchiò davanti a lui,  continuando a mantenere un atteggiamento fiero - Ho il permesso di andare, Maestà?”
“Lo avete, milady, lo avete. Andate, tornate da vostra figlia, da vostra sorella: siete libera, libera di lasciare la Torre, Londra, andare lontano da qui e non tornare; sappiate, però, che non mi dimenticherò di voi, ne di mia nipote, e che farò di tutto per darvi una vita serena, felice.”
“Vi ringrazio, Vostra Maestà, ma la mia sola promessa di felicità è stata appena messa a morte e dubito che sarò mai più felice. Addio, dunque, e possa il vostro regno essere lungo e prospero.”
“Addio, Lady Isabel, mia cara sorella.”




 
**



“Allora, cosa ha detto Richard?” chiese Lady Anne, alzandosi di scatto dalla sedia non appena sua sorella mise piede nella stanza, in attesa di sapere cosa Richard avesse deciso.
Un tempo, lei aveva amato quello che era diventato il sovrano d’Inghilterra, il giovane ragazzo che era stato il pupillo di suo padre, il suo migliore amico e, per qualche tempo, il suo promesso sposo. Tante cose erano successe da allora: la seconda rivolta di suo padre, il suo esilio in Francia, il matrimonio con Lancaster, il ritorno in Inghilterra del Conte insieme alle truppe dei Lancaster e la sua successiva sconfitta. Erano passati quasi due anni dall’ultima volta che aveva parlato da sola con Richard, e spesso Anne si era chiesto che tipo di uomo fosse diventato, se pensasse a lei ogni tanto come lei spesso aveva pensato a lui.
“G-George verrà giustiziato… - rispose in un sussurrò Isabel, avvicinandosi lentamente al letto sul quale crollo priva di forze - Morirà per mano del suo stesso fratello e io sarò vedova, la vedova di un traditore.”
“Isabel!” in un attimo la minore fu accanto alla sorella, si sedette accanto a lei sul bordo del letto e le prese le spalle: “Richard non può fare questo, ci deve essere un errore: lui ama George, me lo ripeteva sempre.”
“Svegliati, stupida! - esclamò con rabbia Isabel, stringendole energicamente un polso nonostante le poche forze - Non è più il tuo Richard, è cambiato. E’ freddo, calcolatore, pensa solo al potere e al suo trono. George è una minaccia per lui, proprio come lo è stato il tuo defunto marito, e con i Woodville al suo fianco che gli sussurrano stregonerie sarebbe capace di tutto, anche di mettere a morte il sangue del suo sangue. Richard di Gloucester è morto a Barnet insieme ad Edward IV, e al suo posto è nato Richard III, un sovrano senza cuore e scrupoli, un uomo che non sa cos’è l’onore, la famiglia, l’amore, e io lo odierò per sempre, lo maledirò per sempre e non lo perdonerò mai, mai e devi promettermi che neanche tu lo farai, che non dimenticherai ciò che è successo a Tewkesbury, quello che è successo oggi.”
Anne trattenne il fiato, scossa nel profondo da tali parole: non poteva credere a ciò che sua sorella le aveva detto, non poteva essere vero. Richard, il suo Richard, non poteva essere diventato un uomo corrotto, privo di cuore.
“Anne, promettimelo! - Isabel la scosse, la guardò con occhi gonfi di pianto, pieni di collera e odio - Promettimelo, dillo!”
“Lo prometto, Izzy, lo prometto. Non dimenticherò quello che ti ha fatto, non lo perdonerò per averti reso infelice. Non dimenticherò e non perdonerò, mai.”



*


Angolo Autrice: Questo capitolo è praticamente identico a quello pubblicato nella versione precedente, ho dovuto cambiare solo due o tre frasi. Non c'è molto da dire, se avete seguito la precedente pubblicazione sapere cosa accardà adesso a George e Isabel. My poor George! ç.ç
Grazie a chi segue e recensisce la storia. Il prossimo credo arriverà nel giro di un paio di giorni. Di seguito, invece, vi linko le altre mie storie nel fandom:



The Brave Knight and The Maiden Fair

Queen of Stone and Malmsey King (Serie di OS Gisabel)
Rosa Bianca Scarlatta



Alla prossima,
V.

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Capitolo 5
*** 05. ***



 






Castello di Windsor, Giugno 1471






Un timido sole di inizio Giugno illuminava con i suoi caldi raggi le torri del castello, i doccioni, i giardini rigogliosi e in fiore. L’estate era alle porte, e con essa sembrava essere arrivata anche la pace tanto anelata e duramente conquistata dopo mesi di battaglie sanguinolenti che avevano portato solo morte e caos. All’interno delle mura, chiuso nel suo studio da ore, Richard guardava fuori dalla finestra: non stava davvero osservando qualcosa, il suo sguardo era lontano, perso in pensieri remoti fatti di rimorsi di ciò che era stato e di ciò che non sarebbe mai stato ma che sarebbe potuto essere. Se fuori il sole riscaldava l’aria, dentro l’aria era fredda, fredda come era il suo animo, il suo cuore, un cuore che Richard difficilmente sarebbe riuscito a far sciogliere, un cuore che non voleva più amare, provare sentimenti per alcuno. Con la coda dell’occhio guardò per l’ennesima volta i quadri raffiguranti principesse straniere che gli ambasciatori di mezza Europa avevano fatto arrivare qualche giorno prima da paesi lontani e ancora una volta ebbe la nausea. Come poteva pensare di sposarsi, si chiese, quando neanche tre settimane prima aveva messo a morte suo fratello George?
Sospirò profondamente, il suo sguardo tornò al panorama, si posò sulla Cappella di San Giorgio, su quell’edificio che molti avevano definito troppo sfarzoso e dispendioso per i tempi che correvano ma che suo fratello Edward aveva insistito per costruire con un stile architettonico gotico che non aveva rivali, su quello stesso edificio in cui ora lui stesso, il suo amato fratello e re, giaceva in una tomba di marmo situata davanti all’altare maggiore.

Il silenzio dei suoi pensieri fu rotto dal rumore di nocche contro la porta lignea che fino ad un minuto prima chiudeva la sua stanza ma che ora si stava aprendo per far entrare uno dei suoi paggi che, con riverenza, annunciava quella che era stata la moglie di suo fratello, la donna che la maggior parte del paese aveva sempre visto con sospetto e che ora era semplicemente una vedova come tante altre, seppur la vedova di un re: Elizabeth Woodville.

“Vostra Maestà, la Regina Vedova chiede udienza.” Informò il ragazzo, un giovane dai capelli chiari e il volto squadrato non molto più giovane del suo sovrano.
Richard aggrottò impercettibilmente la fronte, si domandò cosa avesse spinto la donna fino al suo studio, poiché da settimane – da quando era stata emessa la sentenza di morte di George e lo sciocco aveva deciso di farsi affogare in una botte di Malvasia, il vino preferito dalla ex Regina – non aveva più visto o avuto notizie di lei e delle sue figlie.
“Fatela entrare!” esclamò infine, tornano al suo desco e sedendosi su quella fin troppo grande sedia, una sedia costruita per contenere il maestoso corpo di suo fratello Edward, non il suo, molto più magro e all’apparenza esile.
“Vostra Maestà.” Elizabeth Woodville si inchinò in una riverenza, e ancora una volta Richard pensò a quanto quella scena fosse strana: mai avrebbe pensato di vedere la bella Elizabeth in ginocchio davanti a lui, docile come un cucciolo, trasformata in una perfetta suddita della corona, una sua suddita.
“Mia cara sorella, è una sorpresa vedervi. Cosa posso fare per voi?” chiese, invitandola a sedersi.
“La mia è una visita di cortesia. Sono giunta qui per vedere mio fratello, per portare le mie bambine a visitare il loro padre, ma sono qui anche per voi, mio caro fratello e sovrano.” Confessò in modo naturale, sincero: “Mio fratello dice che neanche oggi avete partecipato al consiglio, che da settimane siete rinchiuso nella vostre stanze e rifiutate di parlare dell’incoronazione.”
“Vostro fratello dice il vero: come voi, anche io porto ancora il lutto, un lutto doppio, il lutto di due fratelli. So che voi non avete mai provato affetto per George, so che con la sua morte ritenete vendicati i vostri cari, ma lui era pur sempre mio fratello e io lo amavo nonostante le sue molteplici pecche.”
“Lo so questo, l’ho sempre saputo – disse con calma Elizabeth, posando le  mani sul suo grembo – Ned mi parlava spesso del vostro legame, benché non capisse il vostro affetto: lui non è mai stato legato a George, lui adorava Edmund, e penso lo abbia perdonato e fosse incline a perdonarlo una seconda volta solo per amor vostro, di vostra madre e di vostra sorella Margaret.”
Aye, credo sia così. Dopo tutto, prima del nostro ritorno in Inghilterra nostra sorella lo ha pregato di perdonarlo, lo ha pregato di dimenticare e lui… – un fugace sorriso comparve sulle labbra di Richard – lui adorava così tanto Meg da concederle qualsiasi cosa, anche quello.”
“Ma George è stato di altro avviso ed ha preferito le promesse di Warwick al perdono di vostro fratello. Ditemi, piuttosto, cosa gli aveva promesso il Conte vostro cugino?”
“Lui… -  non era facile parlare di quello che era successo, la ferita era troppo fresca, doveva ancora rimarginarsi del tutto, avrebbe richiesto tempo, forse anni per guarire - Richard Neville pensava che Edouard di Lancaster sarebbe stato sconfitto in battaglia; era un ragazzino inesperto, e con la sua morte George sarebbe stato il secondo in linea, ovvero il Re a tutti gli effetti. Re Henry è sempre stato un burattino e con loro due a bisbigliargli nelle orecchie il regno sarebbe stato in mano loro, in mano di George. Così ha accettato la migliore offerta, senza pensare ad una possibile sconfitta. Ma poi è arrivata Barnet, e le cose sono andate come ben sapete…”
Sciocco – sulle labbra di Lisbeth si formò un sorriso di scherno – George di Clarence è sempre stato uno sciocco e lo ha dimostrato fino all’ultimo, quando ha scelto di farsi annegare in un barile di Malvasia. Pensava di farmi torto, lo stolto, ma la verità è che non mi importa: ha ucciso mio padre, mio fratello e la sua avidità ha ucciso anche mio marito, il mio amato marito.”
Una lacrima rigò il viso della bella Elizabeth, ma prontamente l’asciugò e ripreso il controllo continuò: “So che la sua morte grava sul vostro cuore, che sentite le vostre mani sporche, ma io vi dico che non dovete. Nessuno vi biasima, neanche vostra madre, vostra madre che vi ha perdonato ed ha compreso…”
“Isabel però mi biasima, mi ritiene un mostro e…”
“La moglie di vostro fratello non pensa lucidamente, il dolore le ottenebra gli occhi e la mente: non pensate a lei, non permettete a voi stesso di soccombere al dolore. Voi siete il Re d’Inghilterra! – esclamò, posando entrambe le mani sul grande desco, cercando il suo sguardo – Voi siete il Re e questa nazione ha bisogno di un re forte, sicuro, un re che sappia essere giusto ma anche spietato quando serve. So che non era nei vostri piani diventare il sovrano di questa nazione, ma è quello che è successo: Ned è morto, il bambino, l’erede al trono che portavo in grembo, è nato morto e voi solo siete il successore.”
“Quindi, Vostra Grazia, mi state dicendo di andare avanti, fare finta che non sia successo nulla e pensare a cose futili come l’incoronazione, prendere in considerazione una di queste dame come moglie?”
Elizabeth notò per la prima volta i quadri presenti nella stanza, tutte quelle ragazze, quelle principesse, in attesa di una risposta, il cui futuro era nelle mani del giovane seduto davanti a lei: “Sì, maestà, – rispose con fermezza, tornando ad essere la regina di pietra che era stata -  vi sto dicendo questo. Non di dimenticare, certo, questo mai, ma di andare avanti. Lasciate i morti al loro riposo, a Dio e pensate ai vivi, al vostro popolo: loro hanno bisogno di voi, i vostri lord di una guida. Non sta a me ricordarvi delle rivolte nel Nord, nel Kent e ai confini del Galles, ma visto che evitate le riunioni del concilio ve lo ricorderò ugualmente.”
Si avvicinò a lui e, per la prima volta in sei anni, provò del sincero affetto per quel ragazzo, per quello che era ancora un giovane non molto più grande del suo primo figlio, Thomas: “Uscite da questo angolo oscuro, Maestà, tornate alla luce, andate avanti; scegliete una di queste giovani donne, sposatela e create una dinastia di re e regine che prospererà per cento e più anni.”
“Parlate con sicurezza, mia cara sorella, come se tutto questo fosse così semplice, così facile…”
“Può esserlo, Maestà, ma dovete essere voi a volerlo, solo e soltanto voi.” Elizabeth indietreggiò, inclinò leggermente il viso e sorrise lievemente: “Ho il permesso di andare, Vostra Maestà?”
Aye! – rispose, annuendo – Lo avete, Vostra Grazia. Portate il mio affetto alle mie nipoti, e siate sempre la benvenuta qui a Westminster, nei vostri alloggi.”
Richard la osservò annuire, incamminarsi verso la porta con portamento regale, degno di una ex regina, e proprio quando stava per superare l’uscio la richiamò, facendola girare appena: “Milady, avvisate vostro fratello di venire immediatamente da me; ditegli che ho riflettuto e ho deciso di indire domani mattina stessa una nuova seduta del consiglio.”
“Come Vostra Maestà comanda.” Rispose semplicemente, nascondendo il suo sorriso compiaciuto per quella piccola vittoria inaspettata.


 

**




“Sono giunto ad una decisione!” esclamò con voce solenne Richard, seduto al centro del grande tavolo del consiglio riunito per quella convocazione imprevista e non programmata: “Ho deciso che la mia incoronazione non avverrà prima di tre mesi, ovvero fino a quando il periodo di lutto per la morte di mio fratello, il nostro precedente sovrano, non sarà terminato. Inoltre, ho deciso di prendere in considerazione l’idea di prendere moglie.”
“Questa è un’idea splendida, Vostra Maestà. – confessò con piacevole sorpresa William Hastings, che in quelle settimane si era occupato di trattare con gli ambasciatori esteri i possibili negoziati di matrimonio – Avete già idea di chi potrebbe essere la fortunata?”
“Mary di Borgogna, la figlioccia di vostra sorella, potrebbe essere una candidata valida, e nonostante la sua giovane età questo matrimonio porterebbe lustro e potere ad entrambe le nazioni.”
“Inoltre, nostra sorella Margaret ne sarebbe molto lieta.” Aggiunse Edmund, il quale vedeva anche lui di buon occhio una tale unione.
“Non so, Mary ha solo quindici anni, è praticamente una bambina.” Richard osservò il ritratto di quella ragazzina dalla pelle pallida e i capelli biondi e non provò nulla, niente. Quella giovane era un’estranea, e per quanto quella unione sarebbe stata fonte di potere, di gioia per sua sorella Margaret e forse anche per sua madre, Richard seppe immediatamente di non potere.
“C’è sempre la Principessa Anne di Beaujeu, la figlia di Louis. Il suo promesso sposo ha rotto da poco il fidanzamento e lei ora è in cerca di marito. E’ una dama graziosa, nonostante i suoi tredici anni.”
“T-tredici anni?” Anthony Woodville si mosse improvvisamente scomodo sulla sedia sui cui era seduto: la sposa che stavano proponendo al suo sovrano era una bambina, e una sposa bambina non sarebbe mai stata una regina amata, non nei primi anni almeno. “Signori, non vi sembra troppo? Se cerchiamo un alleato cattolico c’è sempre la Principessa Giovanna di Castiglia e nei suoi diciassette anni è in perfetta età da marito.”

Richard ascoltava i suoi consiglieri battibeccare su chi, secondo loro, sarebbe stata la perfetta regina per l’Inghilterra, dimenticandosi completamente di lui, delle sue volontà. Non avrebbe mai sposato la Principessa Anne, su questo non aveva dubbi, né Giovanna di Castiglia. Quello che lui voleva era ben altro, era un’alleata, un’amante, un’amica, una ragazza che, sposandolo, avrebbe riportato i vessilli del Nord alla fedeltà suprema della corona, i confini con la Scozia nuovamente saldi e sicuri.
“Miei lord, calmatevi vi prego – disse finalmente, alzando a mezz’aria una mano, mettendo a tacere i loro diverbi – per quanto tutte queste giovani siano delle nobili donne, dei partiti validi, io ho già deciso chi sarà la mia sposa e regina.”
Richard guardò suo fratello Edmund, l’unico che in quelle settimane lo aveva incoraggiato a seguire il proprio cuore, a sposare quella ragazza; i due si scambiarono un’occhiata d’intesa, uno sguardo complice e Ed capì subito le intenzioni del fratello minore, seppe immediatamente ciò che stava per comunicare a tutti loro.
“Prima, però, dovrò parlarne con lei, poiché non è mio volere sposarla contro la sua volontà, costringerla ad un secondo matrimonio infelice: molte cose sono cambiate da quando lei era mia promessa e suo padre era uno dei lord più potenti e rispettati di tutta l’Inghilterra.”
“Vostra Maestà, – intervenne Hastings, realizzando con sconcerto il nome della giovane – non starete mica parlando di…”
“Esattamente lei, milord. Mandate un messo al castello di Baynard e dite a Lady Anne Neville che la sua presenza è richiesta a corte domani stesso. Se tutto andrà come spero, tra tre mesi, quando il periodo di lutto sarà passato, diventerà mia moglie e tra quattro sarà incoronata Regina d’Inghilterra.”

 

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Capitolo 6
*** 06. ***









“Non posso credere che abbia designato quella ragazzina come sua futura sposa, come futura Regina. Lei, la figlia di un traditore, la vedova del Principe di Galles, erede al trono dei Lancaster!”
Anthony Rivers camminava avanti e indietro nella grande sala situata negli appartamenti di sua sorella, la Regina Vedova, a Westminster, sconvolto dall’annuncio fatto dal suo sovrano solo poche ore prima. “Anne Neville: tra tutte le principesse d’Europa, le ricche ereditiere, lui ha scelto lei.”
“Calmati, fratello, e ricorda di respirare. Stai diventando rosso. – lo sbeffeggiò Lisbeth, continuando a ricamare il suo lavoro di cucito – Devo ricordarti che anche noi, prima di ottenere tali posizioni, eravamo considerati traditori lancastriani, indegni di portare una corona? La giovane Neville ha almeno sangue nobile, è imparentata con la Duchessa di York e avrà il nord a sostenerla, lo stesso nord che, in queste settimane, è in rivolta e si prospetta come un nemico.”
“Non starai dicendo che accetti la decisione di Richard? Dopo tutti gli sforzi diplomatici fatti con la Spagna per assicurare un ottimo matrimonio tra il nostro paese e il loro, un matrimonio politico, d’interesse.”
“E quale altra scelta avrei, Anthony? Richard è il sovrano ora, ricordi? Inoltre, il giovane ha sempre avuto un debole per la ragazza; Edward lo ricordava spesso, si sentiva in colpa per aver impedito il loro matrimonio, ma adesso nulla potrà impedirlo. Richard la sposerà, che lei lo voglia o meno, e tu sosterrai questa unione! - esclamò con forza, non dando neanche il tempo al minore di ribattere, interrompendo le sue proteste sul nascere - Niente opposizioni, Anthony, niente di niente. Non ho intenzione di inimicarmi Richard: devo forse ricordare che da lui dipende la mia sorte, le sorti delle mie figlie? Solo con la sua volontà Bess e Cecely avranno, un giorno, dei matrimoni facoltosi, una posizione a corte e in Inghilterra ed io non ti permetterò di rovinare tutto con le tue mani, neanche per la figlia dell’uomo che ha ucciso nostro padre!”
“Hai dimenticato, dunque? Hai dimenticato e perdonato?”
“Mai dimenticato, fratello, mai. Ma dobbiamo essere realisti: la guerra è finita, Warwick annientato e con lui anche Clarence. Inoltre, la ragazza è innocente, giovane e avrà bisogno di aiuto, di una guida.”
“E chi meglio di voi, la Regina Vedova, potrebbe aiutarla e consigliarla saggiamente?” chiese retorico l’uomo, sorridendo sornione e scambiandosi uno sguardo complice con la sorella, uno sguardo che diceva molto più di mille parole.


 
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“Sei sicuro di ciò che stai facendo, Dickon? - chiese Edmund, rimasto da solo nella sala del consiglio insieme a suo fratello minore - Questa scelta non verrà vista di buon occhio da molti, specialmente da quelli del sud.”
“Sono più che cosciente su ciò che faccio, fratello, e poi tu stesso mi hai ricordato quanto un tempo io e Anne siamo stati intimi, i sentimenti che ci univano. Anne è stata la mia migliore amica quando ero solo un ragazzino, ma con il tempo è diventata qualcosa di più: da quando ho memoria l’ho sempre considerata la mia futura sposa, la mia Duchessa, e ora che ho la possibilità di rimediare ai torti che Ned ci ha fatto lo farò – Richard posò lo sguardo sulla scacchiera, fece la sua mossa – Sposerò Anne Neville, fratello, riporterò pace al nord, i lord presteranno fedeltà a me, vedranno in Francis il loro signore, lo ameranno e ci ameranno come hanno amato nostro cugino, e allora l’Inghilterra sarà davvero in pace.”
“Quindi farai apparire questa unione come una faccenda di stato, una mossa politica prima di tutto?”
“Ma questa è una mossa politica, Ed, e allo stesso tempo è una scelta del mio cuore: l’Inghilterra avrà la pace ed io la giovane che ho sempre voluto. Anne è stata cresciuta per essere una Duchessa prima e una Principessa poi, ed è pur sempre una delle ereditiere più ambite del regno,…”
“Anche Margaret Beaufort lo è: perché non sposi lei?” lo provocò Edmund sornione, e per poco Richard non si strozzò con il vino che stava sorseggiando, provocando nel maggiore una risata profonda e divertita.
“Bella battuta, fratello, te lo concedo, ma preferirei non prendere affatto moglie che prendere in moglie quella donna, una donna molto più vecchia di me, fanatica, probabilmente sterile, e soprattutto la madre di un traditore scappato in Bretagna con la coda tra le gambe insieme a suo zio, quello figlio di un plebeo di Jasper Tudor.”
“In questo caso, – riprese Edmund, alzando a mezz’aria la sua coppa di vino – lasciami bere alla tua salute, Dickon, e a quella di Anne Neville, alla tua futura sposa e alla nostra futura Regina d’Inghilterra.”


 
**


Anne stava rileggendo per la terza volta la lettera appena giunta da Westminster tramite un messaggero e non riusciva a credere al suo contenuto. Da due settimane aveva lasciato la Torre in cui era stata momentaneamente rinchiusa insieme a sua sorella Isabel e alla oramai sconfitta Regina Margherita e si era trasferita al Castello di Baynard, presso sua zia, la Duchessa di York, che gentilmente le aveva offerto ospitalità e delle stanze tutte per sé. Non sapeva ancora cosa ne sarebbe stato della sua vita, non fino a quel momento, ma di una cosa era sicura: aveva bisogno di tempo per stare da sola, metabolizzare tutto ciò che era successo – la caduta in disgrazia della sua famiglia, la morte di suo padre, del suo sposo – e questo significava stare lontano da sua sorella Isabel, lontano da Tewkesbury e dal suo animo colmo di sofferenza per la morte del suo amato marito e odio per quello che era diventato il loro sovrano, lo stesso ragazzo che un tempo era stato loro amico, il loro fratello, il giovane Duca che Anne aveva amato e che per quasi tutta la sua vita aveva considerato il suo futuro sposo, lo stesso che le aveva scritto quella lettera che stava tenendo da svariati minuti tra le sottili e affusolate dita.

“Notizie da mio figlio il Re?” chiese con un filo di voce Cecily York, avvicinandosi a lei di qualche passo. Anche la donna aveva ricevuto una lettera da Richard, una lettera che le annunciava la sua decisione di prendere moglie, l’annuncio segreto che presto sarebbe stato fatto a tutta Londra, diffuso in tutta l'Inghilterra.
“Sua Maestà preannuncia la sua venuta questo pomeriggio, mi informa che è suo desiderio vedermi e parlare in privato con me dopo tanti mesi passati lontano, parlarmi di questioni importanti, questioni che gli stanno a cuore.” Anne sospirò, osservando nuovamente la pergamena, la scrittura decisa ma elegante di Richard, il suo nome scritto a fine pagina che tante volte aveva visto marchiato con l’inchiostro nelle lettere che si erano scambiati da ragazzini, quando entrambi speravano in un prossimo matrimonio, un futuro roseo insieme. Non più vi era la firma del Duca di Gloucester, poiché il suo posto era stato preso dalla parola “Rex” preceduta dal suo nome, lo stesso nome portato per la prima volta dal condottiero soprannominato “Cuor di Leone” e da un altro sovrano, più sfortunato del primo, che come il suo Richard un tempo aveva amato con passione e disperazione una Anne, la sfortunata regina morta di peste neanche cento anni prima.
“Se devo essere sincera – continuò, guadando per la prima volta la Duchessa – sono sorpresa da tale missiva e non riesco ad immaginare il motivo per cui il Re voglia incontrarmi. Dopo tutto, sono sempre la figlia di un traditore, la vedova di Edouard di Lancaster, a mia volte traditrice e nessun sovrano perderebbe il suo tempo con la vedova e la figlia di un traditore.”
“Mia cara, dimenticate che, prima di tutto, voi siete una Neville: siete la sua cara cugina, per tutta la sua vita Richard ha avuto un posto di riguardo per voi nel suo cuore, e non dimenticate che siete anche una delle ereditiere più facoltose del regno, e dubito che passerete inosservata ancora per molto.”
“Oh! – Anne strinse la mani al petto, in un istante prese forma nella sua mente un pensiero infelice – Dite che è per questo che verrà? Mi costringerà ad un matrimonio, magari con uno dei suoi consiglieri più fidati? Un matrimonio per rendermi innocua non appena il lutto sarà finito. Con Anthony Rivers, magari!” Anne si fece il segno della croce e scosse la testa: “Ma lui non può farlo, non è così? Richard non mi forzerebbe mai, non dopo quello che sa che ho passato. Non lo farebbe mai.”
“Certo che no, mia cara. – la Duchessa le prese le mani e le strinse nelle sue – Non allarmatevi, Anne: Richard non farà nulla di tutto questo, chiederà prima a voi il consenso per qualsiasi cosa. Abbiate fede, piccola, abbiate fede e fiducia in mio figlio, nel nostro sovrano.”
Anne annuì con poca convinzione: un tempo avrebbe creduto immediatamente alle parole della Duchessa, ma ora…
Ora era cambiato tutto, loro erano cambiati, e dopo la condanna a morte di George, dopo la sentenza passata dal suo stesso fratello, non era più certa di conoscere Richard, di potersi fidare di lui e della sua parola, di sapere quanto oltre si sarebbe spinto per assicurare la pace nel paese e il suo posto saldo sul trono che era stato di suo fratello Edward.
“Con il vostro permesso, Milady, io tornerei nelle mie stanze: non sono nelle condizioni di ricevere Sua Maestà e prima del suo arrivo vorrei cambiarmi con un vestito di migliore fattura.”
“Sì, capisco perfettamente. Andate pure, mia cara, io vi aspetterò nella sala grande per il pranzo.”

Le due donne si scambiarono un ultimo sguardo, e Cecily guardò quella giovane donna uscire dalla stanza con andamento nervoso e frettoloso. Si chiese se i suoi sospetti si sarebbero dimostrati veri, se Anne si sarebbe sposata presto come lei temeva, sposata non con un lord qualsiasi ma con suo figlio, con il Re d’Inghilterra. Si domandò, guardando fuori dalla finestra con guardo assorto, se quella scelta con il tempo si sarebbe dimostrata saggia o uno sbaglio colossale: Anne era forte, caparbia, come ogni Neville, ma era anche inesperta, fragile e per una ragazza di sedici anni ne aveva passate tante, troppe. Cecily sapeva bene quanto quella corona potesse essere pesante, aveva visto quello che aveva fatto ai Re del passato, a suo marito Richard, che per anni aveva cercato di sedere su quel trono, a suo figlio maggiore Edward, che con il prezzo del sangue e della sua stessa vita l’aveva prima conquistata e poi persa per sempre, a suo figlio minore George, che a causa dell’invidia e del potere era stato messo a morte dal suo stesso fratello, e con timore crescente temette per le sorti della giovane, sulle conseguenze che quello stesso peso avrebbero potuto avere sul suo spirito e sul suo corpo.
 


**



“Non sapete quanto sia lieto di rivedervi, Anne.” Confessò Richard, iniziando a passeggiare sottobraccio insieme alla ragazza per i giardini del Castello: “Sono passati tanti mesi dall’ultima volta che abbiamo passeggiato insieme, siamo stati da soli e…”
Diciannove! – precisò lei con una punta di rabbia, realizzando suo malgrado quanto lui le fosse mancato – Diciannove mesi dall’ultima volta che ci siamo trovati da soli: a quel tempo eravamo ancora due ragazzini, la figlia del “Creatore di Re” e il fratello minore del Re d’Inghilterra, il Duca di Gloucester. La ricordate, Vostra Grazia?”
Richard. – la corresse, sorridendo successivamente – Certo che ricordo, come dimenticare?” abbassò lo sguardo e strinse forte la sua mano.
Erano passati diciannove mesi da quando si erano detti addio nel cortile di Middleham, dall’ultima volta che lui aveva incontrato i suoi occhi color del mare, accarezzato per l’ultima volta il suo viso sotto lo sguardo severo della Contessa di Warwick e lei lo aveva osservato impotente sparire dalla sua vista, lasciare alle sue spalle solo della polvere marrone creata dagli zoccoli del suo stallone nero come la notte. Si erano detti addio nella quiete quasi spettrale della piccola chiesetta adiacente il castello, nella speranza vana di fermare il tempo con baci rubati e abbracci che avevano lasciato sul farsetto di lui aloni umidi creati dalle lacrime che rigavano il viso arrossato della sua amata.


“Lo avete ancora?” chiese lui con una punta di imbarazzo, pregando in una risposta affermativa, sapendo perfettamente che lei sapeva di cosa stesse parlando. Tempo prima, quando ancora erano ragazzini spensierati, lui le aveva fatto un dono, regalato un pegno del suo amore eterno.
Aye, lo conservo ancora gelosamente, anche se spesso sono stata tentata di gettarlo via, nel Tamigi prima e nella Manica dopo.” Anne alzò lo sguardo e per la prima volta lo guardò con occhi accusatori, occhi pieni di rancore: “Spesso vi ho odiato per non aver combattuto per me, per noi; alle volte, spesso, ho messo in dubbio il vostro amore per me. – sospirò, chiuse gli occhi – Questi mesi sono stati difficili, spesso ho pensato di impazzire…”
Richard allungò una mano e sfiorò per un istante la sua guancia: “Mi dispiace, credetemi. Mi dispiace per tutto ciò che avete subito, per tutto quello che è successo e che sono stato costretto a fare.”
“Tutto, anche mettere a morte vostro fratello e avere un figlio bastardo dalla vostra amante?” Anne assottigliò lo sguardo, sibilò velenosa quelle domande che colpirono Richard con la forza di uno schiaffo inaspettato.
“V-voi? Come lo sapete? Poche persone sanno di Kate, di nostra figlia…”
“Una bambina, dunque. - Richard annuì e Anne lasciò la sua stretta e si allontanò di qualche passo - E lei è bella, la vostra amate?”
“Come fate a saperlo, chi vi ha detto queste cose?”
“Chi o cosa non è importante! – esclamò con furore e gelosia – Rispondetemi, Vostra Maestà, rispondetemi e ditemi se l’amate o meno.”
Richard strinse le labbra, non si aspettava una tale rabbia, un tale fuoco in quegli occhi adesso freddi come il ghiaccio. Cosa avrebbe dovuto dirle, cosa poteva fare per placare quella furia che sembrava possederla?
“Per un periodo ho pensato di sì, di poterla amare, - rispose, scegliendo la verità – ma poi ho capito che il mio era solo profondo affetto, un abbandonarmi alla passione quando tutto attorno a me stava crollando.” Fece un passo nella sua direzione, e in risposta Anne indietreggiò: “Non chiederò perdono per avere avuto una figlia, poiché enorme è il mio affetto per lei, ma posso dirvi che non provo nulla per Kathryn, non l’ho mai amata come ho amato voi, e su questo vi prego di credermi.”
“E perché mai dovrei? Perché dovrei fidarmi ancora di qualcuno, di voi? Cosa avete fatto per me in questi mesi, cosa avete fatto per la mia famiglia? Niente, niente.
“Anne, vi prego…” Richard chiuse una mano a pugno, non l’aveva mai vista in quello stato e sapere che il suo dolore era stato creato da lui gli spezzava il cuore.
“Perché siete qui, Vostra Maestà, cosa volete da me? E vi prego, vi prego di non mentirmi. Sono stanca delle bugie, stanca di essere manipolata dagli uomini, essere una pedina nelle loro mani, un pedone da muovere a loro piacimento nella vasta scacchiera.”
Richard annuì lievemente, protrasse una mano verso di lei e, anche se titubante, Anne la strinse in attesa della verità che lui aveva accettato di dirle: “Sono qui per chiedervi di sposarmi, Anne, di sposarmi e diventare mia moglie come da sempre è stato stabilito. Sono qui per offrirvi una vita migliore, una seconda chance, un posto al mio fianco sul trono d’Inghilterra com’era desiderio di vostro padre.”
Richard la spinse leggermente verso di lui, facendo quasi scontrare i loro corpi e posò una mano sul suo viso: “Volete diventare mia moglie, Anne, la mia indiscussa Regina?”
Anne boccheggiò, i suoi grandi occhi azzurri si spalancarono: diventare sua moglie, la sua regina. Per tutta la vita aveva sognato di sposarlo, di diventare la Duchessa di Gloucester, ma ora… tutto quello era surreale, incredibile e la terrorizzava. Già una volta era quasi diventata regina, era stata incoronata Principessa del Galles, ma ora… ora era Richard a chiederle di diventare regina, la regina d’Inghilterra, della casa degli York, e lei non sapeva cosa dire.
“Anne?” la chiamò nuovamente, destandola dai suoi pensieri: “Anne, volete sposarmi?”
“E’ per la mia fortuna, vero, per la mia eredità? Sposandomi otterrete altre terre, sposerete una figlia del nord e avrete in pugno i lord. Volete sposarmi perché sono la vedova del Principe di Galles, perché se restassi nubile, se decidessi di non risposarmi sarei un pericolo per voi e i vostri lord. Non lo fate per me, lo fate per il regno, per il potere. - Anne indietreggiò ancora, chiuse le mani e se le portò al petto - Mi userete, mi userete come ha fatto mio padre.”
“Usarvi? Mai, Anne, mai. I miei sentimenti sono sinceri, dovete credermi – Richard non aveva pensato ad una simile reazione, non aveva messo in conto tutto quello – E’ vero, questo matrimonio farà del bene anche al paese, farà terminare le ribellioni a nord, poiché il ricordo di vostro padre è ancora forte lì, e con voi come mia regina vi ameranno, ci ameranno, ma… Anne, Dio, voi dovete credermi! I miei sentimenti sono sinceri, ciò che provo per voi non è mai cambiato…”
“Ma io sì, Richard! Io sono cambiata, e non so se… non so quello che provo per voi, quello che voglio. Ho appena seppellito mio marito, la mia vita è stata nuovamente stravolta e ora voi venite qui, da me, e mi proponete un nuovo matrimonio, mi offrite una corona. – sorrise amareggiata – Sapete, non siete poi tanto diversi voi e mio padre. Entrambi così scaltri e sicuri di voi, entrambi desiderosi di mettermi al più presto su di un trono…”
“Ed è così terribile? – chiese Richard – Essere la sposa di un futuro sovrano, intendo. Dopo tutto, devo ancora essere incoronato…”
“Sì se questo implica la morte delle persone che ami, la perdita delle tue certezze: ditemi, Richard, avete mai pensato all’ipotesi che io possa essere incinta, aspettare il figlio di mio marito?”
Richard trattenne il fiato ma non abbassò lo sguardo, continuò a sorreggere quello di lei. La ragazzina era davvero diventata una donna, una donna spavalda, senza paura e quella domanda a lui posta era tanto imprevedibile quanto temuta…
“Lo siete, aspettate il figlio del vostro defunto marito?”
Anne abbassò il capo, alzò nuovamente lo sguardo azzurro e sospirando scosse la testa: “No, non sono incinta. Non cresce alcuna vita dentro di me.”
Richard non riuscì a contenere un sospiro di sollievo nell’udire tale notizia, sorridere mestamente in modo compiaciuto: “Non nascondo il sollievo che questa notizia mi da. Un bambino avrebbe senza dubbio complicato le cose.”
“Sarebbe stato un altro erede scomodo di cui sbarazzarsi! – precisò Anne, piccata – Come mio marito, come vostro fratello George.”
“Vostro marito è morto in battaglia, sulla sua morte non ho avuto alcuna parte; riguardo George…. – un tremito d’incertezza tradì la sua voce, la sua mano si chiuse forte a pugno – Era mio fratello, gli volevo bene ma era anche un traditore, e da traditore è stato punito. Detto questo, non sono venuto qui per giustificare le mie azioni ma per farvi una proposta: l’accettate o no, Milady?”
“Desolata, Vostra Grazia, ma non ho la risposta. Sono ancora troppo scossa e confusa per prendere una decisione così delicata con tanta fretta e leggerezza, e vi chiedo di darmi del tempo, di essere paziente ed aspettare.”
“Allora aspetterò! – esclamò, e con uno scatto improvviso fu nuovamente accanto a lei, posò le mani sulle sue esili spalle – Vi darò il tempo di cui avete bisogno, ma vi prego di non prenderne troppo. Non troppo tempo, Anne, vi supplico…”
Richard le baciò il capo e Anne chiuse gli occhi e sospirò: quando le erano mancate le sue labbra, i suoi baci, il calore del suo corpo, le sue braccia tra le quali si era sempre sentita protetta.
“Una settimana. – disse infine, guardandolo sottecchi – Tornate tra una settimana e avrete la vostra risposta.”
“Una settimana. – le sue parole furono un’eco di quelle di lei e Anne annuì nuovamente – Molto bene allora: ritornerò tra una settimana esatta e avrò la mia risposta.”
“L’avrete, Maestà, l’avrete. - Anne allungò una mano, permettendogli di stringerla e baciarla con devozione e si sforzò un’ultima volta di tenere a bada i suoi sentimenti contrastanti, il suo affetto e il suo altrettanto forte sospetto, il suo cuore. - Addio, Vostra Maestà.”
“Addio, Lady Anne. Possa Dio vegliare sempre su di voi, darvi le risposte che cercate nelle vostre preghiere e indicarvi la strada giusta da percorrere.”

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Capitolo 7
*** 07. ***



 






“Vostra Maestà, - Will Hastings si alzò dal proprio scrarnno, posò entrambi i palmi sul tavolo visibilmente spazientito - il tempo è ormai scaduto: la giovane deve darvi la sua risposta, questo rinviare è durato troppo e, se mi permettete, lo trovo scandaloso e irrispettoso nei riguardi di Vostra Maestà!”
“Lord Hastings ha ragione! – si aggiunse Anthony Rivers, scambiandosi un’occhiata con l’uomo alla sua destra – Anne Neville avrebbe dovuto darvi la sua risposta subito, una risposta che, permettetemi di dire, qualsiasi donna in tutto il regno, in Europa, avrebbe dato nel momento esatto in cui le proprie orecchie avessero udito una tale richiesta, un onore così grande concesso direttamente dalle vostre labbra, Maestà.”
“Anne non sta rubando alcun tempo prezioso, sono io che ho deciso di concederle più giorni per pensare!” esclamò Richard, guardandoli con la coda dell’occhio, irritato dalle loro continue oppressioni: “Anne ne ha passate troppe, per tutta la sua vita è stata una marionetta mossa da fili controllati da suo padre, e per una volta voglio che sia lei a scegliere, a scegliere liberamente, senza alcuna pressione. Inoltre, il suo lutto non è ancora terminato…”
“E se scegliesse di non sposarvi?” Will Hastings guardò Richard dritto negli occhi, il suo atteggiamento era fin troppo saccente per i gusti del nuovo sovrano. Lui non era suo fratello Edward, pensò Richard con disappunto, e loro non erano amici, tra di loro c’era unicamente rispetto reciproco e nient’altro. “Avete deciso cosa fare nel caso in cui… insomma, magari non è ancora troppo tardi per combinare un matrimonio con Mary di Borgogna.”
“Basta! - Richard battè con forza il palmo della sua mano sul tavolo, i suoi occhi erano un fuoco - Basta, sono stanco delle vostre parole. Volete una risposta? Bene, allora oggi stesso farò convocare a corte Lady Anne e domani tutti voi avrete la vostra dannata risposta. Fino a quel momento non voglio vedervi, non voglio sentire più una parola: andate, ora, fuori da qui!”


 
 
**



“Il tuo atteggiamento non è stato degno di un Re, fratellino – lo rimproverò Edmund, venuto a sapere dello scontro con i lord qualche ora prima – Tutta la corte parla di come i vostri nervi siano fragili, alcuni ipotizzano che la tua scelta, la giovane Neville, la vedova Lancaster, ti tenga già in pugno.”
“Anne non è, non sarà mai una nuova Elizabeth Woodville, peggio ancora l’erede di Margherita d’Anjou, e quella massa di idioti dovrebbe pensare prima di parlare; inoltre il consiglio non mi da pace, ed io… - Richard si coprì gli occhi con una mano, inspirò a fondo - Io non dovrei essere qui, non ho mai voluto tutto questo. Ned era il Re, George quello che ha sempre sognato di esserlo, mentre io…”
Richard guardò suo fratello, i suoi occhi grigi erano lo specchio di quelli del maggiore: Ed lo aveva sempre capito, sin da piccolo aveva ritrovato in lui molti aspetti del suo carattere nonostante tutto, nonostante la differenza di età, nonostante la sua partenza a sedici anni per prendere i voti e diventare un servo della Chiesa, di Dio.
“Sai cosa mi ha detto Ned prima dell’ultima battaglia?” chiese retoricamente, poiché nessuno sapeva di quell’ultima chiacchierata, nessuno eccetto lui e suo fratello Edward: “Mi ha detto che, una volta finita la guerra, mi avrebbe fatto dono di qualunque cosa; qualunque, poiché niente era abbastanza per ripagarmi della mia fedeltà, della mia scelta di stargli vicino sempre e comunque, anche in esilio e in disgrazia.”
“E tu cosa gli ha chiesto, fratellino?” chiese a sua volta Ed, curioso.
“Due cose: Middleham, l’unico posto che ho sempre considerato casa, e Anne Neville, la ragazza che ho sempre amato e con cui mi sento a casa.” Richard si alzò dalla sedia, diede le spalle al fratello e guardando fuori, la croce di San Giorgio che garriva nel vento di metà mattina, continuò: “Nulla è andato come sperato: Ned è morto, anche George, ed io non tornerò mai a Middleham, probabilmente non sposerò Anne, e tutto ciò che ho sempre sognato si tramuterà in cenere tra le mie stesse mani.”
“Dickon, io… io non sapevo, non immaginavo. So che se non fossi quello che sono, un Arcivescovo, se nostro padre non mi avesse ordinato di intraprendere questa strada ora sarei io al tuo posto, e tu saresti a nord, a casa, insieme a Anne… saresti felice, lontano da Londra e dalla sua corte, e mi dispiace, mi dispiace così tanto…”
“Non esserlo: non è colpa tua, fratello, non lo è mai stata. – Richard posò una mano sulla spalla del maggiore, sorrise – Sono felice che tu sia al mio fianco, Ed: quando ci sei tu ogni cosa sembra meno difficile, meno insormontabile, e ti ringrazio per esserci. Tu e nostra madre siete le uniche persone che mi sono rimaste, l’unica famiglia che mi è rimasta e senza di voi sarei perso.”
“Perderti è sempre stata una tua specialità, fratellino – Ed sorrise sghembo, riportò alla mente vecchi ricordi – E’ da quando hai sette anni che ti ritrovo sempre, sin da quel giorno in cui ti sei perso nel bosco a Ludlow per inseguire una volpe, ma alla fine io ti ho ritrovato, e sappi che ogni volta che ti sentirai perso io sarò al tuo fianco, ti ritroverò e ti riporterò a casa.”



 

**



Anne ricevette la missiva di udienza da parte di Richard quel pomeriggio stesso, e anche se inizialmente infastidita dall’insistenza del giovane non fu altrettanto sorpresa di riceverla.
L’indomani sarebbero passati dieci giorni dalla mattina in cui il nuovo sovrano era giunto in visita al Castello di Baynard, la settimana che lei gli aveva chiesto per riflettere era arrivata e trascorsa troppo velocemente e ancora non gli aveva dato alcuna risposta.
Posò la pergamena sul davanzale della finestra accanto la quale era seduta, e automaticamente il suo sguardo andò alla sua mano sinistra, al piccolo anello ancora presente sul suo anulare, segno del matrimonio – di quel sacro ed eterno vincolo, come lo aveva definito il prelato che li aveva sposati – con Edouard del Galles, con quel ragazzo che era stato suo marito per neanche un anno il cui corpo tumulato nell’Abbazia di Tewkesbury era ancora caldo, e si domandò per l’ennesima volta in quei giorni se accettare la proposta di Richard fosse saggio, la decisione giusta da prendere.
Lei, Anne Neville, figlia del “Creatore di Re”, non aveva mai aspirato alla corona – lei aveva sempre sognato di essere semplicemente la moglie di Richard Plantageneto, la Duchessa di Gloucester -  ma la vita e il destino sembravano avere altri piani per lei. Il suo defunto padre era stato il primo a tentare di crearla Principessa del Galles – ma lo era mai stata una Principessa?, si chiese – aveva sognato il giorno in cui sarebbe stata incoronata, in cui avrebbe dato alla luce un erede di sangue reale, un piccolo bambino con il sangue dei Neville che un giorno sarebbe diventato re d’Inghilterra.
Quel bambino, però, non era mai stato concepito, non sarebbe mai nato, eppure qualcun altro adesso stava tentando di metterla sul trono, di continuare in qualche modo il sogno di suo padre.
Richard si era dichiarato dieci giorni prima, le sue parole sembravano sincere, eppure Anne non riusciva a dimenticare, non poteva dimenticare: i suoi uomini avevano ucciso suo marito, – il caro, caro Edouard, il ragazzo gentile e dolce al quale stava iniziando a volere sinceramente bene, probabilmente anche amare – per suo ordine il suo stesso fratello, il marito di sua sorella, era stato messo a morte e il ragazzo che un tempo aveva amato sembrava essere svanito, morto anche lui sul campo di battaglia a Barnet.
Cosa fare, dunque? Sposare Richard era l’unica possibilità di una vita dignitosa, respingerlo avrebbe significato oltraggiarlo, condannare se stessa ad un matrimonio con qualche sconosciuto, uno dei suoi lord che l’avrebbero tenuta sott’occhio, resa nuovamente una leale suddita della casa di York e non più la figlia di un traditore, la vedova del Principe Edouard di Lancaster.
No, il solo pensiero di una vita del genere, accanto ad uno sconosciuto, era insopportabile, le faceva mancare l’aria: lei era Anne Neville, era stata la figlia dell’uomo più potente del regno, una Principessa e non sarebbe mai stata una dama come tante. Nel suo destino era scritto altro, c’era grandezza e gloria, e il suo nome non sarebbe svanito nel corso dei secoli come polvere ma sarebbe stato ricordato nei secoli avvenire, per l’eternità.
Lei sarebbe diventata regina come suo padre aveva sognato, poco importavano i suoi sentimenti, l’amore che un tempo aveva provato per Richard e che ora sembrava essere svanito nel nulla, e un giorno non troppo lontano suo figlio, il nipote che suo padre aveva pregato e sperato di veder nascere e crescere, diventare un uomo valoroso, sarebbe diventato re d’Inghilterra.
 
 

**
 
 

“Lady Anne Neville!” La voce di Lord Stanley riecheggiò nella grande sala delle udienze, portando l’attenzione di tutti sulla esile figura della giovane che, cercando di ignorarli, entrò con passo svelto e mento alto e si inchinò davanti a Richard, il quale a sua volta si alzò dal suo trono, le sorrise e le baciò con rispetto una mano.
Gli occhi dei presenti erano adesso puntati su di loro, entrambi lo sapevano bene, eppure i loro sguardi erano fissi sul viso dell’altro, si scambiavano sensazioni mute, tentavano di leggere le loro espressioni, i pensieri dell'altro, capire quale sarebbe stata la mossa dell’altro, cosa sarebbe successo a breve.
“E’ sempre una gioia vedervi, milady. – disse finalmente Richard, tornando a sedersi – Tanto tempo è passato dall’ultima volta che siete stata a palazzo, alla corte di mio fratello Edward.”
“Quasi due anni, Vostra Maestà.” Precisò lei con voce alta e ferma, mentre alle sue spalle le nobildonne avevano iniziato a chiacchierare sottovoce tra di loro, rendendola più nervosa di prima.
“In questo caso, spero di rivedervi più spesso tra queste mura, meglio ancora spero di vedervi ogni giorno.” Richard sorrise sghembo: sapeva di stare osando tanto, troppo, ma non gli importava.
Osservò i nobili trattenere il fiato, sbigottiti, e continuando a sorridere compiaciuto fece un cenno in direzione di Lord Stanley e comandò: “Lasciateci soli, ora. Ho tanto di cui parlare con la mia cara cugina e nessun desiderio di condividere i nostri pensieri con voi, miei lord.”


“Non siete ancora stato incoronato, eppure vi comportate come un perfetto Re, mio caro cugino.” Disse piccata Anne, una volta rimasti soli.
“Il lutto per la morte di Edward finirà solo il mese prossimo, in Luglio, e allora verrò incoronato a Westminster come tradizione. Spero, inoltre, – continuò, lanciando un occhiata nella sua direzione – di non essere incoronato da solo, ma a fianco della mia sposa e regina.”
“Lo pensate davvero, lo fareste davvero?” chiese con sincero stupore Anne, mordendosi un labbro quando lui annuii: “Sono quasi centocinquanta anni che non si assiste ad una doppia incoronazione, e voi… voi non siete tenuto…”
“Ne sono consapevole, mia cara, ma come avete detto voi sono passati tanti anni dall’ultima volta, troppi.”
Richard si avvicinò a lei, e presa la sua mano tra le sue, la guardò nei suoi occhi color zaffiro e chiese: “Avete la vostra risposta, mia cara? Diventerete mia moglie, la mia regina, come desidero oppure…”
Anne abbassò lo sguardo, fissò la punta dei suoi piedi come fosse l’oggetto più interessante del mondo e ripensò a quei dieci giorni: solo tre giorni prima sua madre, ancora chiusa nel convento di Balieu, l’aveva esortata ad accettare la proposta di matrimonio, così da esaudire l’ultimo sogno del suo defunto padre – incoronare una della sue figlie regina e dare vita ad una stirpe di Re e Regine con sangue Neville nelle vene – e liberare lei dalla sua prigionia. Al contrario, sua sorella Isabel si era opposta a quella possibilità sempre più concreta a tutti i costi, definendola una sciocca illusa, mettendola in guardia: Richard, secondo lei, la stava solo usando per i suoi scopi, per arrivare al nord, avere più potere nelle sue mani lorde del sangue di suo marito George, mani di un assassino che non l’avrebbe mai amata poiché privo di cuore.
“Anne? - Richard la destò dai suoi pensieri, la guardò sottecchi e con una richiesta muta la esortò nuovamente a rispondere - Anne, non posso più aspettare, i miei lord non possono aspettare, tantomeno può il regno, quindi ditemi: mi sposerete o dovrò sposare una principessa straniera, una giovane che non conosco, che non amo e forse non amerò mai?”
“Io…” il pensiero di lui con un’altra donna la fece impazzire, l’immagine di una donna, una regina, seduta sul trono poco lontano da loro la riempiva di una gelosia malsana, così tanto che senza accorgersene strinse forte la mano dai polpastrelli callosi di Richard e, non indugiando oltre, disse: “Sì, Dickon, vi sposerò, diventerò vostra moglie come voi desiderate, la vostra regina.”
“Oh, Anne…” in uno scatto d’impeto Richard la strinse a se, e preso il viso tra le sue mani la baciò con dolcezza e passione, riassaporando quelle labbra, il loro sapore, che aveva baciato per l’ultima volta tanto tempo prima – diciannove mesi – con disperazione e rabbia, arreso all’idea di un futuro lontano da lei, dalla sola ragazza che aveva amato da quando aveva memoria, quella stessa ragazza diventata ormai donna che stringeva tra le braccia e che – ora poteva dirlo, urlarlo al mondo intero! – sarebbe diventata sua moglie.



*


Angolo Autrice: Salve, gentaglia! Nuovo - più o meno - capitolo di questa storia, leggermente modificato rispetto alla prima versione. Infatti, in questa ho inserito i pensieri di Anne prima dell'incontro con Richard, mi sono voluta soffermare sui suoi dubbi, sui suoi sentimenti contrastanti e, diciamolo, anche sulle sue ambizioni.
Non che lei non ami più Richard - le cose sono complicate, ecco - solo non ne è del tutto certa e i due devono imparare a conoscersi nuovamente.
Grazie, al solito, a chi segue e recensisce la storia.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 8
*** 08. ***



 






Windsor, Luglio 1471


 
 
 
Anne sfiorò con il polpastrello del suo dito indice l’orecchino di perla che Richard le aveva regalato come dono di nozze tre giorni prima, continuando a fissare il suo riflesso nello specchi ogivale, la sua esile figura avvolta in quello splendido vestito color oro e argento fatto con le migliori stoffe provenienti dall’Italia, broccati pregiati e pizzi della migliore fattura. Nonostante le settimane passate, la giovane Neville stentava a realizzare quello che stava succedendo, il suo futuro: Richard l’aveva scelta come sua sposa, come sua regina indiscussa, ma a differenza di suo padre, che già una volta aveva cercato di crearla regina dei Lancaster, le aveva lasciato la possibilità di scelta, la decisione ultima che avrebbe per sempre segnato la sua vita. E lei aveva deciso: aveva deciso di accettare la sua proposta, non solo per il suo bene, ma anche per quello di sua madre, per il bene di ciò che restava della sua famiglia, perché una parte di lei sperava di poter essere davvero felice accanto a Richard, a quel ragazzo che un tempo era stato il suo migliore amico, il suo promesso sposo, la persona che aveva sinceramente amato.

“Siete splendida, Vostra Grazia. – disse con voce eccitata una delle sue dame di compagnia, rivelando un lieve accento francese – Sua Maestà è un uomo fortunato: oggi tutti gli sguardi saranno per voi, ma solo il suo conterà.”
“Voi siete la Baronessa Lovell, vero? – chiese a sua volta Anne, venuta a sapere tempo prima del matrimonio avvenuto in Francia, durante il suo esilio, tra Francis Lovell, suo amico d’infanzia e migliore amico di Richard, e una certa Veronique de Crècy, ultima figlia di uno dei Baroni un tempo fedeli a quello che era stato il Duca di Anjou. – Siete la moglie di Francis?”
Oui, Madame, è così.” Rispose, continuando ad apportare gli ultimi ritocchi al lungo velo bianco posto sul capo della futura regina.
“E lo amate, lo amate sinceramente?” chiese ancora una volta, e senza indugio Veronique annuì: “E lui vi ama?”
“Moltissimo, Vostra Grazia. – rispose, abbassando lo sguardo e sorridendo appena – Francis è buono con me, mi fa sentire speciale, unica.”
“Francis è sempre stato un vero cavaliere, sin da quando eravamo piccoli: sapete, siamo cresciuti insieme noi due, e anche Richard.”
“Mio marito me ne ha parlato molto, vi è molto affezionato e vi ricorda sempre – voi e Sua Maestà – nelle sue preghiere.”
“E io lo ricordo nelle mie.” Concluse Anne, tornando a fissare il suo riflesso, a sfiorare il suo viso su cui spiccavano le guance rosee, gli occhi azzurri. Sospirò, chiuse gli occhi e pregò la Vergine di darle la forza per sopportare il suo difficile ruolo di moglie, di regina d’Inghilterra, di concederle un marito affettuoso e innamorato come Francis, di darle una nuova occasione, un nuovo inizio pieno di gioia e serenità, fiducia indiscussa verso il ragazzo che stava per sposare, un amore leggendario come quello di Artù e Ginevra prima della venuta di Sir Lancillotto.


 

**
 
 
In quanto unico parente maschio ancora in vita, William Hastings, suo zio acquisito grazie al matrimonio con Katherine Neville, sorella minore del suo defunto padre, avrebbe accompagnato Lady Anne lungo tutta la navata centrale della Saint George’s Chapel sino all’altare dove, solenne e vestito con abiti lussuosi dai colori argento e oro che richiamavano sia i colori della sua casata che l’abito della sua sposa, Richard stava attendendo.
 Accanto a lui, suo fratello Edmund osservava la lenta marcia della ragazza, il suo volto coperto da un velo bianco di pizzo, e non mancava di gettare occhiate curiose in direzione di suo fratello minore Richard, visibilmente nervoso e impaziente di sposare Anne, presentarla a tutti come sua moglie. Avrebbe celebrato lui le nozze, unito in matrimonio quei due ragazzi che aveva visto nascere e crescere sotto i suoi occhi, nella speranza di dare vita ad un matrimonio benedetto da Dio, i cui frutti sarebbero presto maturati sotto forma di eredi al trono, figli e figlie che avrebbero continuato la stirpe reale dei Plantageneti e degli York, rafforzato quel legame indissolubile che da sempre univa Richard e Anne.

Ritrovatisi faccia a faccia, Richard alzò il velo di Anne, rivelandone il viso purpureo, gli occhi azzurri grandi e leggermente lucidi per la tensione e la pressione di avere gli occhi di tutti i lord su di lei, su di loro. Anne non era mai stata una stolta, sapeva che quel matrimonio non era ben visto da molti lord – primo tra tutti da suo zio, William Hastings, che per il suo sovrano aveva desiderato qualcosa di meglio, una sposa straniera, una principessa – e che nei mesi avvenire tutti loro l’avrebbero tenuta sottocchio, analizzando ogni suo più piccolo movimento, pronti a criticarla e deriderla al primo segno di cedimento, ad ogni minimo passo falso che avrebbe fatto.
Avvertendo la sua tensione, immaginando i suoi pensieri, Richard richiamò la sua attenzione prendendole una mano, sorridendole dolcemente, sorriso che anche lei contraccambiò seppur con nervosismo, e spostata l’attenzione verso colui che tutti vedevano come l’Arcivescovo di York, il Lord Cancelliere, ma che per loro era semplicemente Edmund, un fratello ed un amico, la solenne cerimonia matrimoniale iniziò e si concluse poco dopo con lo scambio delle promesse, l’anello nuziale, dono di Richard per la sua sposa, e un casto bacio come simbolo del legame appena creato.
 
Alla cerimonia seguì un suntuoso banchetto di cinquanta portate, musica e danze, giocolieri e saltimbanchi arrivati da tutta l’Inghilterra per allietare il matrimonio del loro sovrano e della sua nuova regina.
Molti furono i volti noti presenti, non solo William Hastings con sua moglie Katherine, ma anche Anthony Rivers, Francis Lovell con sua moglie, Robert Percy di Scotton, appena creato Conte di Aumele, titolo un tempo appartenuto al nonno di Anne, Richard de Beauchamp, e persino Cecily Neville, Duchessa di York, la quale vedeva in quel matrimonio un nuovo inizio, una nuova occasione per i due novelli sposi e per il regno tutto.
Richard ballò solo e soltanto con Anne, aveva occhi solo per lei, e anche se tanto tempo prima si era lui stesso ritrovato a criticare suo fratello Ned per l’atteggiamento poco consono ad un sovrano, si ritrovò a sussurrare all’orecchio di Anne più volte, scambiarsi battute che solo loro due avrebbero potuto capire e baciare con devozione le sue sottili e piccole mani, le sue guance arrossate e candide che gli ricordavano due pesche mature. Calò il sole, arrivò la sera e il chiarore della luna alta nel cielo, e con esso il momento tanto atteso da Richard e temuto da Anne: la messa al letto.
Anne aveva assistito altre volte a quel rituale barbarico e mortificante per la giovane sposa, lei stessa lo aveva subito in una gelida sera di Dicembre, e la sola idea di essere nuovamente portata in braccio da nobili mezzi ubriachi, udire le loro battute rozze e irrispettose, ritrovarsi mezza nuda davanti a loro, la fece rabbrividire.

“Che si proceda con la messa al letto!” esclamò Lord Rivers, ghignando divertito in direzione dei novelli sposi, dopo aver chiesto il consenso del suo sovrano, il quale aveva acconsentito con un semplice cenno del capo.
Aye, che si proceda! – concordò Richard, il quale aveva alcuni cambiamenti da attuare – Ma che nessuno di voi sfiori la mia bella sposa con un dito: saranno le sue dame a scortarla nella sala da letto, e sarà sempre mio fratello, l’Arcivescovo di York, a benedire il talamo nuziale com’è consuetudine.”
Richard guardò Anne, ignorando le proteste dei nobili, cercò il suo sguardo e si rasserenò nel vederla sorridere, meno agitata di com’era stata quando Anthony Rivers aveva annunciato la messa al letto.
“State tranquilla, non permetterò a nessuno di toccarvi, di umiliarvi in qualsiasi modo. -  Sussurrò all’orecchio di lei, baciandole una guancia prima di alzarsi dallo scranno ligneo e dare inizio all’ultimo atto di quella interminabile giornata – A tra poco, mia adorata.”


 

**
 

“Mia adorata, state tremando!” Richard, rimasto solo nella camera da letto che da quel giorno avrebbe condiviso con Anne, tentò di circondare le spalle scoperte della giovane, ma in risposta lei si scostò e si portò le ginocchia al petto, continuando a tremare lievemente.
La messa a letto era avvenuta al cospetto di testimoni fidati, così come voleva la tradizione, e Edmund aveva benedetto il letto e l’unione prima di ordinare a tutti di uscire e lasciarli soli. Per Anne, vestita con solo una semplice camicia di lino lunga fino alle caviglie, era stato umiliante stare mezza nuda davanti a tutti quegli uomini, farsi ammirare da loro e da suo marito per secondi che erano sembrati eterni, e ora che era sola con Richard tutto ciò che desiderava era tirarsi le coperte fino al mento, raggomitolarsi su se stessa e dormire, dormire per settimane, nella speranza di non dover incontrare nuovamente quegli sguardi lascivi che, sapeva, i lord le avrebbero lanciato di sottecchi per settimane, forse mesi, ricordandola mezza nuda in quella stanza da letto.
Come se tutto ciò non fosse bastato, la messa a letto, seppure meno barbarica rispetto a quella subita la prima volta, le aveva fatto tornare alla mente immagini che avrebbe voluto dimenticare, sensazioni orribili, ricordi fatti di candele che bruciavano copiose in una stanza satura d’incenso, baci impacciati dal retrogusto di vino e irruzioni da parte di una madre dispotica che, incurante della sua nudità e delle circostanze, ordinava ad un figlio di allontanarsi dal corpo della giovane sposa e proibiva qualsiasi tipo di intimità tra i due.
“Anne, cosa vi turba? – chiese Richard, questa volta mantenendo le distanze – E’ per la messa a letto, vero?”
La giovane lo guardò con la coda dell’occhio ma non disse nulla: era così logico che fosse per quello, per l’umiliazione subita, per i dolorosi ricordi che ne erano scaturiti, per ciò che ancora l’aspettava in quella notte appena iniziata.
“Mi dispiace, mia cara, ma non ho avuto scelta: siamo i loro sovrani, e la messa a letto è qualcosa a cui neppure io posso sottrarmi. I nobili dovevano assistere, così da non aver alcun dubbio sulla legittimità del nostro matrimonio, sulla sua consumazione. So che avreste preferito diversamente, che dopo il vostro primo matrimonio speravate di non provare mai più una cosa del genere ma comprendetemi.”
Anne rimase in silenzio, ancora, e Richard sospirò frustrato: “Capitemi, dopo il matrimonio di Ned con Elizabeth questa cosa andava fatta, e se state cercando delle scuse allora non le avrete. Ho fatto quello che ritengo giusto per preservare la nostra unione, per evitare che chiunque possa mettere in discussione la sua validità, chiamare i nostri figli bastardi come hanno fatto non troppo tempo fa con le figlie di mio fratello. L’ho fatto per noi, mia adorata, e anche se ora è difficile comprenderlo, so che un giorno capirai e saprai che ho fatto la cosa giusta.”
Aye, lo so – Anne gli accarezzò una guancia, sorrise – So che pensate sempre di fare la cosa giusta per voi, per chi amate, ma…” avrebbe voluto dirgli che quella sua decisione non era stata la cosa giusta per lei, che aveva profondamente intaccato il suo pudore e il suo animo, eppure non disse nulla di tutto questo: “Vi prego, non ne parliamo più.”
“Come desiderate, mia cara.” Richard strinse la mano sinistra di lei, baciò con devozione l’anello nuziale, il palmo della sua mano, accarezzò i lunghi capelli buondo-ramati lasciati liberi e sparsi sul cuscino: “Siete bellissima, Anne, i vostri capelli sono morbidi come la seta, la vostra pelle candida e il vostro profumo mi inebria e mi rende ubriaco di voi.”
Anne, profondamente onorata di tutte quelle belle parole, allungò una mano verso il suo viso, accarezzò una guancia, affondò le dita in quelle onde nere: “Io, invece, ho sempre avuto un debole per i vostri capelli. E i vostri occhi, anche, gli unici che un tempo erano capace di farmi battere forte il cuore.”
“Solo un tempo?” chiese lui, ben sapendo che i sentimenti di Anne per lui non erano più forti e chiari come una volta: “In questo caso, dovrò fare del mio meglio per far tornare a battere il vostro cuore forte come quando eravamo due ragazzi che si baciavano di nascosto come due amanti sotto l’ombra degli alberi del cortile di Middleham.”
“Tornare a quei giorni sarebbe un sogno: a quei tempi era tutto così semplice, il futuro sembrava roseo…”
“Può esserlo ancora, Anne, farò in modo che lo sia. Vi renderò felice, mia cara, da questo giorno e per tutti quelli che verranno.”
“Aye, lo so… so che è quello che desiderate, e….”
Richard la baciò nuovamente, con più irruenza e spavalderia, e solo in quel momento, per la prima volta, nella mente di Anne balenò un pensiero: lui la reputava una donna fatta e finita, una donna che aveva già provato le prime esperienze, avuto intimità con un uomo. Lui non la considerava più una casta vergine come un tempo, ma una donna completa.
“A-aspettate… - disse a corto di fiato lei, posando una mano sulla camicia di lino di lui allontanarlo – Aspettate, vi prego.”
“Cosa c’è, sono stato troppo brusco? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No, no… voi… - scosse la testa, sorrise algida e si diede della sciocca – Voi non potete saperlo, come potreste? Dopo tutto, sono una vedova…”
“Di cosa state parlando, Anne, non capisco?”
“Sto cercando di dirvi, mio caro, che sono sì una vedova ma non ancora una vera donna… sto cercando di dirvi che…”
“Non è stato consumato! – esclamò sbalordito lui, concludendo la frase al posto della ragazza – Il matrimonio con Lancaster… voi…”
“No. – rispose, confermando la sua teoria – Margherita D’Anjou non lo ha permesso, non ha permesso alcuna intimità tra me ed Edouard. Voleva prima essere sicura che mio padre uscisse vincitore dalla guerra contro vostro fratello e gli York, così da non correre rischi e poter annullare il matrimonio nel caso in cui…”
“Nel caso in cui vostro padre fosse morto. – ancora una volta fu lui a concludere la frase per lei, ancora una volta lei annuì – Dio, Anne, perdonatemi!”
Richard prese la mano di lei tra le sue, la baciò: “Non ho pensato neanche per un attimo che… Dio, sono stato uno sciocco.”
“Non c’è nulla da perdonare, Richard, nulla. Spero solo che questo non vi abbia deluso, deluso voi e le vostre aspettative.”
“Le mie… - Richard sorrise, baciò il suo capo – No, Anne no. Sapere di essere il primo, realizzare che sarò l’unico uomo per voi riempie il mio trionfante ego maschile di gioia; il pensiero che nessun altro vi ha sfiorato, che non siete mai stata davvero sua ma che sarete solo mia…” lasciò la frase in sospeso, circondò il suo sottile viso con le mani, la baciò con trasporto, e stretta a lui Anne si sentì sollevata e ricambiò a sua volta il bacio.

Messe da parte le parole, Richard continuò a baciare Anne con dolcezza, iniziando ad accarezzare pigramente la sua schiena, avvicinandola sempre di più fino a scontrare i loro corpi. Lei non si ritrasse, sapendo che il momento era arrivato, che era solo questione di minuti: quella notte sarebbe diventata sua moglie sotto ogni aspetto, e seppur intimorita sperava di non deluderlo. Le labbra di Richard sulla sua pelle erano appena umide, il suo fiato caldo, il suo tocco gentile la faceva rabbrividire di anticipato piacere. Anne sapeva che per lui non era la prima volta, sapeva delle sue scappatelle con le servette, della ragazza, Katheryn, che era stata per quasi un anno la sua amante e che gli aveva dato una figlia illegittima, ma ora che lui era solo e soltanto suo, le piacque immaginare che, prima di lei, non aveva mai rivolto quel tipo di attenzioni simili ad adorazioni per nessun’altra donna.
Affondò le mani nei capelli ricci di lui, inarcò la schiena quando per la prima volta sentì le sue labbra e le sue mani sui suoi seni, e per un istante pensò di aver dimenticato tutto, – le accuse e le maledizioni di sua sorella, gli sguardi dei lord, le loro risatine, la sua prima notte di nozze conclusa miseramente – tutto ciò che l’aveva ferita e l’aveva fatta dubitare di Richard, di suo marito. Poi, però, nell’oscurità della stanza Anne sentì nuovamente quegli occhi su di lei, le risate delle nobildonne, i commenti maliziosi dei loro mariti, le parole di sua sorella Isabel. Le mani che la stavano toccando erano veramente lorde di sangue come le aveva detto più volte Izzy, macchiate del sangue di George?
Da un altro angolo della stanza, Anne percepì su di lei uno sguardo nuovo, quello di una giovane donna dai capelli ramati che teneva in braccio una bambina – Kathryn, era quella la famosa Kathryn, la sua amante? – la quale la guardava con un ghigno malvagio e le diceva che Richard non l’avrebbe mai amata, non nello stesso modo in cui aveva amato lei, amava lei.
Accanto alla donna, bello come un fiore che stava per sbocciare e immortale nella sua giovinezza, Edouard la stava guadando con occhi vitrei e pieni di odio, occhi freddi come il ghiaccio che l’accusavano di averlo dimenticato, di essere una traditrice, di avere oltraggiato la sua memoria, le loro promesse, sposando il suo acerrimo nemico, l’uomo che era causa delle sua morte, il mandante dei suoi assassini.
“Anne, amore, state bene?” Richard, sentendola nuovamente fredda, scostante, alzò lo sguardo e la guardò preoccupata: “Va tutto bene, mia cara, non dovete temere: sarò dolce, non vi farò male. Non potrei mai farne, non di proposito.”
“S-sto bene, Richard, davvero.” Mentì Anne, guardando nuovamente verso l’oscurità della stanza, nel punto in cui un attimo prima aveva giurato di vedere lo spirito di Edouard. Sorrise nervosa, lo baciò in modo frettoloso, incitandolo a continuare, a far finire al più presto quel loro primo rapporto: “Abbracciatemi, Richard, fatemi sentire amata.”
“E’ tutto ciò che voglio.” Rispose lui, tornando a baciarla, accarezzarla, stringerla forte tra le sue braccia.
Alla fine la fece sua, e nonostante il forte dolore Anne si morse un labbro e non protestò, non emise neanche un suono. Seguendo i comandi di Richard, legò le sua gambe attorno ai suoi fianchi, strinse forte la sua mano con quella del suo sposo e pregò che l’amplesso finisse subito. Dalle sue labbra uscirono dei gemiti – un suono che fondeva piacere e dolore – e lacrime rigarono il suo viso: perché, anche in quella occasione, doveva tormentarsi in quella maniera, essere perseguitata dai fantasmi di persone che non aveva mai conosciuto, che facevano parte del passato, i cui animi erano colmi di gelosia e cattiveria? Perché non poteva semplicemente giacere con suo marito, l’uomo che aveva sempre amato, e dimenticare tutto e tutti? Lei voleva solo essere amata, essere felice, eppure la felicità sembrava esserle preclusa dal sospetto e dalla diffidenza, da un muro invalicabile persino per Richard, il ragazzo che aveva sposato, che tre settimane più tardi l’avrebbe resa regina d’Inghilterra davanti a tutto il loro popolo.

Terminato l’amplesso, Richard la strinse nuovamente, accarezzò i suoi lunghi capelli e cercò di farla rilassare. Non era uno stolto, sapeva bene che qualcosa in lei aveva preso il sopravvento, che non aveva tratto alcun piacere dal loro rapporto, eppure decise di non fare domande, di darle il tempo di calmarsi, di riprendersi da tutte quelle sensazioni più grandi di lei.
“Mi dispiace, Richard – disse singhiozzando, allontanandosi dal suo corpo e, date le spalle, raggomitolatasi in posizione fetale – Sono una tale delusione.”
“No, mia cara, no! - le baciò una spalla, portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio per poter vedere il suo viso - Sono io, la colpa è mia: avrei dovuto essere più attento, invece mi sono lasciato andare alla passione e non ho compreso che qualcosa vi turbava, che non eravate pronta…”
“Ma io lo ero, lo giuro! - Anne si girò di scatto, fronteggiandolo - O almeno pensavo ma… m-mi dispiace, non ci sono riuscita, non...”
“Va bene, va bene. Non piangete! – le asciugò gli occhi con i polpastrelli dei pollici, baciò entrambe le sue guance – Era la vostra prima esperienza, e questo è stato un giorno lungo: inoltre, temo che la messa al letto vi abbia traumatizzato più di quello che pensassi, ed io sono l’unico da incolpare per questo. Mi dispiace, Anne, non avrei mai voluto rendervi triste, riportare a galla ricordi dolorosi del vostro passato.”
“Promettetemi che sarò l’unica, Richard. – Anne si strinse al suo corpo, sorprendendolo con una tale richiesta – Promettetemi che non ci sarà mai più un’altra Kathryn nella vostra vita, solo io.”
“Ma certo che ci sarete solo voi, mia amata! – esclamò piccato, anche un po’ offeso dalla sua mancanza di fiducia, capendo solo dopo quanto lei fosse insicura, il suo bisogno di essere rassicurata, di tale promessa – Lo prometto, Anne, lo giuro: d’ora in avanti ci sarete solo voi nella mia vita, voi sarete la sola con cui dividerò il mio letto, la sola madre dei miei figli.”
In risposta Anne nascose il viso nell’incavo del suo collo, lo abbracciò stretto e baciò le sue labbra per sancire tale promessa, pregando affinchè lui la ricordasse sempre e la mantenesse nei giorni che sarebbero venuti.
“Ed ora mia cara, stringetevi a me e permettetemi di mostrarvi una posizione alquanto piacevole per dormire. – riprese lui, cingendole la vita e baciandole una spalla – Poggiatevi sul mio petto, così da poter avvolgere le mie mani attorno a voi in questa maniera.” Richard avvolse le sue gambe con le sue, lasciò un altro bacio sulla sua spalla, sulla sua guancia: “Ci incastriamo perfettamente come due cucchiai, non trovate?”
Aye, non avrei potuto trovare un paragone migliore.”   
 
La sua vicinanza la rassicurò, il calore del suo corpo stretto al suo fu ugualmente piacevole e confortante, riuscì a far scomparire ogni paura, ogni brutto ricordo legato alle parole velenose di Isabel, al suo defunto marito. Si raggomitolò meglio contro di lui, sul suo viso comparve un sorriso, e quando sentì il petto di Richard muoversi regolarmente capì che si era addormentato; poco dopo anche lei chiuse gli occhi e scivolò lentamente in un sonno tranquillo.



*




Angolo Autrice: E, niente, questi due si son sposati ma come da prima stesura la notte di nozze non è stata molto rose e fiori e rispetto alla prima versione c'è stato molto più Edward di Lancaster presente a creare problemi. E, boh, non so bene cosa dire quindi al solito ringrazio chi segue la storia e le meeeeravigliose ragazze che recensiscono.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 9
*** 09. ***







 
 
Westminster, Settembre 1471
 
 
 



Decine e decine di mani si posarono sull’esile corpo di Anne quella mattina fresca di inizio Settembre, mani che sfilavano e infilavano tuniche, corsetti, abiti sontuosi, mani che acconciavano capelli con nastri di seta, forcine, mani di dame sconosciute desiderose di guadagnarsi un posto alla corte della loro nuova sovrana, di quella ragazzina spaesata appena consacrata Regina d’Inghilterra con gli oli del crisma e prossima all’incoronazione che sarebbe avvenuta nel giro di un’ora per mano dell’Arcivescovo di Canterbury, Thomas Bourchier.
Anne non riusciva ancora a capacitarsi di ciò che stava succedendo, quegli avvenimenti si stavano succedendo troppo in fretta e la sua mente non riusciva ad assimilare, a realizzare che lei, Anne Neville, figlia di quello che era stato uno degli uomini più potenti del regno, vedova del Principe del Galles, Edouard di Lancaster, era stata appena consacrata regina d’Inghilterra e Irlanda, della casata degli York.
Per tutta la cerimonia aveva cercato lo sguardo di Richard, del suo sposo, ma quest’ultimo era sembrato distante, perso in un mondo tutto suo, e i suoi occhi grigio-blu avevano fissato per buona parte della cerimonia un punto indefinito della chiesa, la sua mente aveva vagato lontano, lontano da tutti, anche da lei, dalla sua sposa e sovrana.

Anne sospirò: la giornata non era finita, era appena iniziata e dopo la consacrazione ad attenderla c’era l’incoronazione, quella corona pesante che si sarebbe poggiata sul suo capo, sulle sue tempie, la stessa all’interno della quale, si diceva, la Morte tenesse corte, una corona per cui molti erano morti – avvelenati, deposti, perseguitati dai fantasmi di coloro che avevano deposto, uccisi sul campo di battaglia – ultimi tra tutti il precedente sovrano, Edward IV, e il suo primo sposo, Edouard.
Per la prima volta in tre mesi, Anne si concesse di pensare al ragazzo appena diciottenne che aveva conosciuto quasi un anno prima, al suo carisma e alla sua dolcezza: era arrivato in una mattina di inizio Luglio insieme a sua madre, la Regina Margherita, e anche se inizialmente aveva trovato il sol pensiero di diventare sua moglie rivoltante – lui era il figlio della regina cattiva, della lupa di Francia che aveva tormentato i suoi sogni d’infanzia e quelli di sua madre e sua sorella Isabel – con il passare delle settimana quello stesso ragazzo si era dimostrato essere un animo gentile, un amico fidato.
Per un momento, Anne aveva persino creduto ti poter imparare ad amarlo sinceramente, ma poi Edward era ritornato in Inghilterra, gli York avevano iniziato a vincere una battaglia dopo l’altra e lei, insieme al suo bel Principe era stata costretta a fuggire con l’esercito di quest’ultimo verso il Galles, a dirgli addio per sempre fuori le mura dell’Abbazia di Tewkesbury, guardarlo impotente prendere congedo da lei sotto gli occhi di un sole nascente.

“Maestà, tutto è pronto per l’incoronazione.” Una delle sue dame la destò dai suoi pensieri.
Anne si ammirò nel riflesso dello specchio: era perfetta, il vestito d’oro e argento la fasciava come una seconda pelle e il pesante mantello reale di ermellino era stato appuntato sulle sue piccole spalle senza che lei se ne rendesse conto.
Con un sorriso e un cenno del capo, Anne ringraziò la sua dama e lentamente scese dal piedistallo sui cui era avvenuta la vestizione e uscì dalla stanza seguita dalle dame il cui compito sarebbe stato quello di sorreggere il pensante mantello.

Richard l’attendeva all’inizio delle navata dell’Abbazia, e sentendo dei passi svelti approcciarsi girò il viso e incontrò lo sguardo della sua sposa. Le sorrise dolcemente, te lese una mano che lei strinse con la sua e la baciò, trovandola morbida e calda, perfetta per incastrarsi in quella più grande e callosa di lui.
“Siete pronta, mia splendida consorte?” le chiese, sorridendole nuovamente.
Aye, penso di sì. – prese un respiro profondo e chiuse gli occhi – Solo, non lasciatemi la mano, non lasciatemi da sola.”
Mai, Anne, mai da sola. Sarò sempre al vostro fianco, lo giuro.”
 

 
**
 
 

Le dame le stavano spazzolando i lunghi capelli quando Richard entrò nelle sue stanze. Il banchetto era durato otto ore, era stato sfarzoso, pieno di musici e saltimbanco, commedianti e teatranti, lord e lady venuti da ogni dove per rendere omaggio ai loro nuovi sovrani. Erano state servite diciannove portate, - diciannove quanti erano stati i Re d’Inghilterra dall’avvento e l’incoronazione di William il Conquistatore – e molto vino era stato versato, vino che aveva allietato i loro palati e alleggerito i loro nervi tesi.

“Lasciateci!” esclamò Richard, severo, accompagnando quelle parole con un gesto altrettanto secco che fece indietreggiare le dame fino a farle uscire dalla stanza da letto.
Con passo lento e sorridendole nel riflesso dello specchio, Richard si avvicinò a lei e, preso il pettine precedentemente posato da una delle dame sul ripiano di pregiato marmo del tavolo da toletta, chiese: “Posso?”
“Se compiace a Vostra Maestà.” Rispose Anne, ricambiando il sorriso e chiuse gli occhi nel percepire le dita di lui tra i suoi capelli, la dolcezza dei colpi di spazzola che percorsero tutta la lunghezza dei suoi capelli ramati.
“Sapete, – continuò poi lei, mantenendo gli occhi chiusi – siete migliore di qualsiasi mia dama: loro mi fanno sempre male quando spazzolano i miei capelli, mentre voi siete delicato, dolce, il vostro tocco è celestiale.”
“In questo caso dovrò spazzolare i vostri capelli più spesso. - Richard si chinò verso di lei, baciò un lembo di spalla scoperta - In verità, confesso di aver sempre amato i vostri bei capelli, sin da quando eravamo bambini e mi dilettavo a tirare le vostre trecce per indispettirvi.”
“Ricordo bene quei momenti. – confessò Anne, girandosi di trequarti per guardarlo meglio – Eravate un ragazzino insolente e dispettoso, Vostra Maestà, e spesso mi avete fatto piangere.”
“Chiedo venia per le vostre lacrime, mia cara. – Richard prese la sua mano e la baciò all’altezza delle nocche, ne baciò i polpastrelli – Giuro che farò tutto ciò che è in mio potere per non farvi piangere mai più.”
“Promettete?” chiese provocatoria lei, alzandosi dalla piccola seggiola e posando entrambi i palmi delle mani sul suo farsetto chiaro.
Aye, Cherie, lo prometto!” rispose, baciandola sulle labbra.
C-cherie?” Anna sorrise nervosa, nessuno la chiamava con quel nomignolo francese da tanto tempo, nessuno lo aveva più fatto dopo Edouard.
“Non vi aggrada? Mi avevano detto che il francese è una delle vostre lingue preferite, e ricordo vostra madre chiamarvi spesso con questo vezzeggiativo.”
“S-sì… cioè, no! – Anne scosse la testa, si morse un labbro – Non fateci caso, davvero. E’ solo che mi ha portato alla mente dei ricordi e…”
“Non ricordi dolorosi, spero. – Richard prese una ciocca dei suoi capelli ramati e la sfregò delicatamente tra le dita – Non voglio che siate triste, non oggi tra tutti: siamo Re e Regina, adesso, tutta l’Inghilterra ci ha osannato e davanti a noi c’è una vita intera. Inoltre, ho dato ordini ai miei uomini migliori di scortare vostra madre dal santuario in cui ha deciso di rinchiudersi a Londra: da questo momento è una donna libera, e potrà vivere dove più le aggrada. A Tewkesbury magari, con vostra sorella, oppure in una delle residenze ancora di sua proprietà.”
“Mia madre sta venendo qui?” gli occhi di Anne si sgranarono, non poteva credere alle sue orecchie, e quando Richard annuì lei gli buttò le braccia al collo e lo baciò con trasporto.
“Grazie! – esclamò, baciandolo ancora – Grazie, mio caro, grazie. Questo è il dono più bello che avreste potuto farmi e mi ha reso immensamente felice.”


 
**



Stesi sul grande letto a baldacchino, Richard era in procinto di fare l’amore con Anne, e con calma e lentezza la stava spogliando, stava slacciando i nastri della sua veste da notte, baciando il suo viso, le sue labbra, la sua pelle. Anne lo lasciava fare, dalle settimane passate dalla loro prima notte di nozze si stava abituando a quell’intimità, al suo tocco gentile, ad essere ammirata e venerata, sebbene non si sentisse bella come Elizabeth Woodville, come Isabel, come la donna che si immaginava essere Kathryn, la giovane donna dai capelli ramati che gli aveva dato una figlia.
Inoltre, quella notte non riusciva a rilassarsi, a non pensare al nomignolo con cui Richard l’aveva chiamata poco prima, a Edouard e alla sua atroce morte, a ciò che si diceva tra le strade di Londra e se quei pettegolezzi fossero veri o meno. Era stato davvero Richard ad ucciderlo a sangue freddo?


“R-Richard… - lo chiamò con voce rotta, posando una mano sulla sua spalla – Richard, aspettate vi prego!”
“Cosa succede, mia cara, qualcosa vi turba? Sono stato troppo rude, ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“N-no, certo che no. Siete splendido, ma io… - Anne sospirò, si ravvivò i capelli e si mise a sedere – Ho bisogno di chiedervi una cosa.”
“Certo, mia cara, tutto quello che volete.” La voce di lui trapelava un velo di frustrazione, ma Richard si impose contegno, calma.
Sapeva che Anne era ancora provata, sapeva che l’intimità della camera da letto la metteva ancora in soggezione, ma tutta quella situazione stava iniziando ad essere frustrante anche per lui, per le sue esigenze.
“Ecco, quando prima mi avete chiamata in quel modo, cherie, non ho potuto fare a meno di pensare a Edouard di Lancaster. – confessò, guardando il suo sposo con la coda degli occhi, notando subito lo sconcerto nel suo bel viso – Lui era solito chiamarmi in quel modo, è sempre stato gentile con me nei pochi mesi passati insieme, ed io…”
“Perché volete parlare di lui, perché adesso?- anche Richard si mise seduto, il tono di voce era seccato - Non ho alcuna intenzione di parlare di quel ragazzo, tantomeno della sua famiglia.”
“Perché no? Forse perché quello che si dice è vero, forse perché lo avete davvero ucciso a sangue freddo!”
Richard, sorprendendola, scosse la testa e rise di gusto. Anne era davvero sciocca se pensava una cosa del genere, se lo credeva capace di tanto.
“No, sciocca, non l’ho ucciso a sangue freddo. Anzi, se volete proprio saperlo è stato lui ad attaccare, spada sguainata, me; io mi sono solo difeso e avendo molta più esperienza come soldato ne sono uscito vincitore.”
“Q-uindi volevate lasciarlo vivere, non…”
“Lo avrei rinchiuso nella Torre con la sua famiglia, almeno inizialmente. Ma forse è stato meglio così: non sarebbe mai sopravvissuto ad un processo e tenere in vita sia lui che suo padre sarebbe stato da pazzi. Inoltre, rinchiudere lui nella Torre avrebbe significato chiudere anche voi, sua moglie, nella Torre, e il solo pensiero mi fa rabbrividire.”
Richard si alzò dal letto, la passione era scemata del tutto e aveva lasciato piede al nervosismo, alla voglia di bere, di ingurgitare un calice di vino che avrebbe calmato i suoi nervi.
“Se non ricordo male ho dato al tuo caro Edouard una sepoltura degna nella navata centrale dell’Abbazia di Saint Mary a Tewkesbury, ho risparmiato la vita di sua madre, la donna che ha infilzato la testa di mio padre su di una picca e… - Richard serrò la mascella, strinse i pugni – Non devo chiedere perdono a nessuno, tantomeno a voi, Milady. A parti invertite, non credo che il vostro amato marito avrebbe fatto lo stesso per me.”
Richard afferrò la sua camicia di lino abbandonata per terra e se la infilò, avviandosi successivamente verso la porta della stanza da letto, fermandosi a pochi passi e con la mano a pochi centimetri dalla maniglia.
“Lo amavate, amavate Lancaster?” chiese, pazzo di gelosia.
Anne era sua, sua moglie, la sua consorte e regina, e immaginarla al fianco di qualcun altro, al fianco del figlio della sua più acerrima nemica lo faceva impazzire, ribollire il sangue.
“No! – rispose con sicurezza lei – Ma era un bravo ragazzo e in quei mesi mi ha trattato con rispetto, cura; avrebbe potuto maltrattarmi ma non lo ha fatto e per questo gli ho voluto bene, ho trovato in lui un amico, un ragazzo vittima degli eventi proprio come lo ero io.”
“E io non lo sono? – Richard si girò di colpo, nei suoi occhi bruciava un fuoco – Dio, Anne, non ho ancora diciannove anni, eppure sono Re mio malgrado! Non sono anche io vittima degli eventi, Anne? Non merito anche io la tua comprensione, il tuo affetto, non merito pietà per ciò che sono stato costretto a fare? Mio fratello…”
Richard si bloccò bruscamente, non continuò mai la frase e Anne non seppe mai se si stesse riferendo a Ned oppure a George, al fratello che era stato costretto a mettere a morte, per la cui morte avrebbe dovuto espiare una colpa più grande di lui.
“Credo che sia meglio per entrambi che io vada. - Riprese alla fine, respirando profondamente nella speranza di darsi un contegno – Avrei voluto passare questa notte in modo diverso, insieme a voi, nella speranza di concepire l’erede che il regno agogna, il figlio che io desidero, ma mio malgrado così non sarà e credo che passerò il restante tempo che ci separa dall’alba nelle mie stanze, a bere vino e pensare alle mie scelte, delle scelte che non si stanno dimostrando quelle sperate.”
“Richard…” Anne si mosse nella sua direzione, i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime amare.
Le sue scelte: lei era stata la sua scelta, e il solo pensiero che lui potesse considerarla una pessima scelta le spezzava il cuore, la rendeva misera.
“Richard, aspettate vi prego!” lo pregò disperata, invano, poiché le sue parole risuonarono invano nella penombra della stanza: il suo sposo l’aveva già lasciata e lei era rimasta sola.


*




Angolo Autrice: Salve, gente! Nono capitolo della storia, praticamente identico alla prima stesura eccetto per una questione che ho deciso di eliminare: infatti, se nella prima stesura il capitolo continuava e Richard trovava consolazione in Jane Shore dopo il rifiuto della moglie e la discussione, sfogava in lei e nella somiglianza con la moglie le sue frustrazioni di marito e sovrano, qui non accade. Quindi sì, non ci sarà alcuna relazione tra di loro perchè voglio rimanere più in IC possibile, descrivere Richard come l'uomo dedito all'onore e al sacro vincolo del matrimonio come credo sia stato.
Detto questo, ringrazio tutti voi che leggete e recensite la storia. Vi adoro! *-*
Alla prossima,
V.

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Capitolo 10
*** 10. ***








 

Londra, Novembre 1471
 
 
 

“E quindi, come ultimo decreto, propongo la costruzione di una nuova cappella nella Cattedrale di York, in cui potranno officiare almeno altri cento prelati e in cui le ossa di mio padre saranno riseppellite una volta terminata la costruzione. – Richard osservò il suo consiglio leggere il decreto con attenzione, e portate le mani intrecciate sotto il mento sorrise – L’arcivescovo di York qui presente ha già dato la sua benedizione, ora sta a voi: so che prenderete la decisione giusta approvando tale proposta.”
“E’ un’idea ottima, Vostra Maestà. – disse Hastings, mostrando come sempre il suo lato accondiscendente – Ampliando la chiesa ci sarà più spazio anche per i fedeli, e qui leggo anche la costruzione di un orfanotrofio adiacente.”
Aye, Milord, proprio così: è bene per un re pensare a tutto il suo popolo, specialmente ai più piccoli, a coloro che un giorno prenderanno il nostro posto, e quale idea migliore se non un orfanotrofio?”
“Vostra Maestà è misericordioso, ed io stesso, essendo un assiduo pellegrino che sta progettando il proprio pellegrinaggio verso la Città Santa non potrei esserne più lieto.” Disse Lord Rivers, approvando indirettamente il decreto.
“Bene, miei lord, allora è deciso: che si proceda alla costruzione. Mi aspetto di essere aggiornato man mano che l’opera andrà avanti, fratello.”
“Lo sarete, Maestà: io stesso controllerò i lavori e mi assicurerò che tutto sia fatto nel migliore dei modi, come Vostra Maestà desidera.”
“Non ho alcun dubbio, fratello, alcun dubbio. – Richard sorrise, spostando nuovamente l’attenzione verso i lord seduti attorno al tavolo – Per oggi è tutto, miei lord, potete andare!”


“Sai, fratellino, in questi giorni ho sentito alcune voci circolare, voci di cui vorrei accertare la veridicità.” Edmund era rimasto da solo con Richard, e come sempre dopo la riunione del Consiglio i due stavano impiegando del tempo a parlare di questioni personali e giocare a scacchi.
“E quali sarebbero tali voci, se posso saperlo?” domandò Richard, guardandolo sottecchi.
“E’ vero che hai convocato la tua ex amante, Kathryn, a Londra? E’ vero che arriverà in giornata con vostra figlia?”
Aye, è vero. – rispose Richard, calmo e tranquillo – Domani mia figlia compirà tre anni, e vorrei passare del tempo con lei. Non la vedo da prima della morte di Ned, prima dell’esilio, e voglio recuperare il tempo perso.”
“E dunque è vero anche che hai disposto il loro alloggio a Crosby Place, che d’ora in avanti vostra figlia risiederà nella tenuta situata a Bishopsgate Street?”
“Voglio tenere la piccola Kate il più vicino possibile: è la mia sola figlia a momento, e non ho intenzione di perdere momenti importanti della sua vita. Quindi sì, anche questo è vero.”
“E Anne, la vostra regina, lo sa? Hai parlato con lei della tua decisione, della decisione di avere figlia e amante vicino a voi?”
La voce di Edmund si era fatta più severa, era palese che non approvasse tale decisione, - come avrebbe potuto? Era pur sempre un uomo di chiesa, l’uomo che lo aveva sposato, benedetto la sua unione e il suo letto, un letto che in quei mesi si era dimostrato freddo come la pioggia inglese – e da un lato Richard lo capiva, comprendeva.
“No, Anne non sa nulla. A dire il vero, in questi mesi passiamo poco tempo insieme, lei è molto… come dire… fredda e distante, ed io ho necessità di trovare calore altrove, nell’affetto di mia figlia, in quello di sua madre se sarà necessario!”
“Oddio, Richard! - Edmund sospirò e scosse la testa con disappunto – Non capisci che così facendo rischi di perderla per sempre? Certo, lei continuerà ad essere la tua regina, se Dio vorrà ti darà eredi legittimi, ma mai amore, non l’amore che hai sempre desiderato di avere con lei.”
“E cosa ho ottenuto con pazienza, fedeltà e amore? Mi dici cosa ho ottenuto Ed? – Richard si alzò dalla sedia, iniziando a camminare nervoso – Niente, niente! Quella sciocca ha preferito compatire Lancaster, la sua anima, piuttosto che comparire e comprendere suo marito, il suo sovrano! Come solo ha potuto pensare che io sia un mostro, che avessi ucciso il suo caro promesso a sangue freddo, come?”
Edmund non aveva mai visto suo fratello in quello stato, così scosso e nervoso, deluso e amareggiato. Sembrava ferito, ferito nel profondo, e ora stava iniziano a capire cosa lo aveva spinto lontano da Anne, quanto la solitudine e lo sconforto fossero diventati fardelli troppo pesanti anche per lui, per quel ragazzo appena diciannovenne che nella sua breve vita ne aveva viste troppe, passate tante.
“Magari potrei parlare con la Regina, persuaderla a confessarsi con me: dopo tutto sono un uomo di chiesa, e una confessione potrebbe farle bene.” Propose Ed, che più di ogni altra cosa avrebbe voluto vedere suo fratello felice.
“Così da venire a spifferare tutto a me? – Richard scosse la testa e sorrise algido – No, no, non funzionerebbe: Anne mi conosce, ci conosce, troppo bene e si insospettirebbe di sicuro. E poi se non è riuscita sua madre a persuaderla durante la sua visita a corte il mese scorso dubito che ci riuscirai tu. No, Ed, è lei che deve venire da me, lei che deve cambiare e capire, crescere: i suoi sedici anni non possono essere una scusa, la sua inesperienza un alibi.”
“Quindi qual è il tuo piano, Maestà, cosa proponi?” chiese ancora una volta il maggiore, cercando lo sguardo del minore.
“Non lo so, fratello, non lo so. Vorrei tanto saperlo, ma non lo so…”



 
**



Richard aveva deciso di mettere al corrente Anne dell’imminente arrivo della piccola Kate e di sua madre il giorno successivo. Sperava anche di poter passare la notte con lei, così si avviò verso le stanze della moglie non appena le sue dame la lasciarono sola.
Trovò Anne seduta sul bordo del letto, – le dava le spalle, era assorta nei suoi pensieri – sembrava non aver percepito la sua presenza, udito la porta aprirsi e i suoi passi avvisarla del suo arrivo; i capelli sciolti le ricadevano come onde sulle spalle coperte da una camicia da notte di cotone pesante e le sue piccole mani dalle dita affusolate stringevano i lembi della coperta di pelliccia.

“Anne?” Richard la chiamò, trovando il coraggio di interrompere quel momento di pace, e quando lei si girò di scatto le sorrise.
“R-Richard, cosa ci fate voi qui? Nessuno mi ha annunciato il vostro arrivo, l’intenzione vostra di farmi visita questa sera.”
“Lo so, mia cara, ma spero ugualmente di essere ben accetto nelle vostre stanze e nel vostro letto.”
Anne si morse un labbro e sospirò: era così amareggiata in quel momento, non solo da lui e dall’ennesima esclusione da parte sua, ma anche da lei stessa, dal suo fallimento come moglie e madre. Anche quel mese di Novembre aveva fallito la sua missione, dare al Re un figlio ed erede, e la macchia rossa trovata quella mattina sulle lenzuola, sulla sua veste, le avevano provocato un attacco isterico, un pianto che si era calmato solo molte ore più tardi.
“Sono impura, Richard, non posso farvi entrare nel mio letto, non stanotte, non se siete venuto qui per concepire un figlio.”
Richard assottigliò le labbra e trattenne un respiro: la delusione negli occhi di lei era chiara, il suo sconforto era dipinto sul bel viso di porcellana. Probabilmente pensava di averlo deluso, cosa non vera, ma Richard non riuscì a non pensare che, se fosse stata più accondiscendente e meno fredda e distaccata durante i loro amplessi, forse quella delusione sarebbe stata risparmiata.
“Non importa, non fa nulla: ci riproveremo, e sono certo che presto il bambino che tanto desideriamo arriverà. - disse, avvicinandosi cauto a lei e posando una mano sulla sua spalla – Siamo ancora giovani, voi avete appena sedici anni, e abbiamo tutta una vita davanti per avere figli e figlie.”
“Però la vostra amante è riuscita subito nell’intento di darvi un figlio, non è così? Anche se non voluto, la vostra bambina è stata concepita in breve tempo, nei primissimi mesi del vostro amore proibito.”
Richard non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo e annuire, così Anne continuò il suo discorso senza aspettare oltre: “Magari sono io il problema, magari è il mio corpo. Sono io ad essere difettosa, rotta, marcia, sono io che…”
“No, no, no! – Richard posò le mani sulle sue spalle e strinse leggermente la presa – Non voglio sentire più tali sciocchezze, chiaro? Voi non siete difettosa, non c’è nulla di sbagliato in voi. Mia madre ha avuto la sua prima gravidanza dopo sei anni dall’inizio delle visite di mio padre al suo letto, e come ben sapete ci sono voluti sette anni prima di avere una figlia sana e forte, mia sorella Anne. Ma dopo di lei ha avuto sei figli in salute, perfetti.”
Aye, ma vostra madre ha dato alla luce anche altri bambini nati prematuri, morti alla nascita, molti aborti, e io non so se potrei sopportarne, se… - si asciugò una lacrima dispettosa, si morse un labbro – Avreste dovuto sposare qualcun’altra, una principessa, una come Kathryn; io sono solo una scelta sbagliata, lo avete detto anche voi!”
“Ma cosa dite, siete impazzita?” Richard aggrottò la fronte, non riuscendo a concepire quel discorso senza senso, ingiustificato.
“Forse, forse lo sono, ma forse no: dopo tutto, non sono io quella che ha convocato a corte la sua amante, la sua figlia bastarda! Perché è questa la ragione per cui siete venuto qua stasera, per dirmi di Kathryn e della vostra piccola bastarda!”
“Badate, Anne! – Richard si alzò di scatto e le puntò un dito contro – Badate a come parliate di mia figlia.”
“Perché mai dovrei? – chiese retorica, anche lei in piedi e furente – Non è quello che è, una piccola bastarda nata da un amore clandestino? Una bastarda che voi avete deciso di riconoscere e allevare nello sfarzo di Londra, una piccola…”
Anne non finì mai la frase: uno schiaffo poderoso si infranse sulla sua guancia, facendo girare di scatto la sua testa, facendole perdere l’equilibrio e per poco cadere rovinosamente a terra. Richard non aveva mai picchiato una donna, mai nella sua vita, eppure quelle parole erano state pronunciate con tale cattiveria che non aveva potuto fare altrimenti; la sua mano si era ribellata alla sua mente muovendosi senza che se ne rendesse conto.
“V-voi…” Anne lo guardò con occhi sbarrati, terrorizzati, colmi di lacrime.
“Mi dispiace per avervi colpito, mi… - fece un passo verso di lei e in risposta lei ne fece uno indietro - Io vi amo, Anne, vi amo con tutto il mio cuore ma non capisco perché deve essere così complicato. Perché dovete essere sempre così cattiva, perché mi allontanate ogni volta che provo a dimostrarmi il mio amore? Quando stiamo insieme voi siete lontana con la mente, il vostro corpo è un blocco di pietra, non risponde ai miei baci, alle mie carezze: quando facciamo l’amore, voi siete stesa sotto di me ma non ci siete realmente.”
“E non vi siete chiesto mai il perché, Vostra Maestà? – Anne ritrovò finalmente la voce, seppur sbiascicata a causa della mano posata sulla guancia arrossata e pulsante – Magari dovreste chiederlo a Jane Shore, quella sgualdrina con cui passate le vostre notti.”
“Jane… COSA?– urlò Richad, esasperato – Chi vi ha dato tale notizia, chi vi ha…”
“Volete dirmi che non è vero? Volete negarlo come siete solito negare tutto?”
Richard abbassò il capo, strinse i pugni fino ad affondare le unghie nella carne: “E’ successo solo un paio di volte: ero così amareggiato e ubriaco, mi sentivo così solo…”
“E avete pensato bene di riscaldarvi con lei?” accusò nuovamente lei, braccia strette attorno al petto e fronte aggrottata.
Aye, e sapete cosa? Mi ha riscaldato più di quanto voi non abbiate mai fatto in questi ultimi mesi, più… - ancora una volta Richard si trattenne dal dirle qualcosa di crudele, qualcosa di cui si sarebbe pentito – E’ successo, è vero, ma lei non è la mia amante, non lo sarà mai. Ho peccato, è vero, ma non accadrà nuovamente, e sapete perché? Perché non posso dimenticare il voto che ho fatto davanti a Dio: sono vostro, Anne, solo vostro e anche se voi non mi volete, anche se…”
“Avanti, continuate!” esclamò algida lei, ordinandogli di andare avanti, di finire per una volta per tutte il discorso, dichiarare i propri pensieri.
“Voi non mi volete! – continuò finalmente lui, con ancora più amarezza e rassegnazione rispetto a prima -  Non mi amate e non mi date alcun calore. Siete fredda, fredda come la neve che copre le strade di Londra fuori, fredda come una mattina di inverno, fredda! Ma io vi amo comunque, anche se questo mi rende pazzo, anche se questo mi spinge verso altre donne…”
Richard abbassò il capo, strinse nuovamente la mano destra a pugno: “Vi amo, Anne, ma amarvi è difficile, mi sta logorando dentro. Vi amo ma questo mio amore è malato, mi sta portando alla pazzia.”
“Allora cessate di amarmi… - sussurrò lei, respingendo dentro le lacrime – Smette di amarmi, di tormentarvi e cercate pure il piacere e il calore in altre donne se lo desiderate. Dopo tutto, il compito di una regina è dare un erede al proprio sovrano, non di amarlo. Mio padre me lo ha ripetuto spesso nelle settimane precedenti al mio matrimonio con Edouard, anche se successivamente la Regina Margherita ci ha proibito di concepirne uno.”
“E’ questo che desiderate, dunque? Vivere come due estranei, limitare la nostra intimità e vedermi con altre donne, amanti e favorite che popoleranno la corte e vi ricorderanno sempre, ogni giorno, quanto il nostro matrimonio sia una farsa? E’ questo che volete, Anne?”
“Io… - Anne esitò, nel profondo del suo cuore era chiaro che non volesse quello, e la sola idea di vederlo insieme ad altre donne, a Katheryn o a Jane Shore, la faceva impazzire di gelosia e rabbia, eppure il suo orgoglio di Neville, di donna, le impediva di essere sincera, di abbracciarlo e chiedergli perdono per tutte le cose orrende che gli aveva appena detto – Io vorrei restare sola, Richard, vi prego. Lasciatemi sola.”
Richard sorrise amareggiato, scrollò le spalle e rassegnato e nuovamente deluso concluse dicendo: “Come desiderate. Buona notte, Milady.”
“Buona notte, Maestà.”


 

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Capitolo 11
*** 11. ***










“Così è vero: la Regina continua a fallire nell’intento di dare a suo marito un figlio.” Disse con voce sommessa Elizabeth Woodville, continuando ad intrecciare i capelli della minore delle sue figlie, Cecily, di appena due anni.
Per quanto nell’ombra, ritirata momentaneamente nei suoi appartamenti presso il castello di Baynard a Londra, la oramai regina vedova non era del tutto estranea ai pettegolezzi della corte – questo anche grazie a suo fratello Anthony, il quale si era guadagnato una posizione di rilievo a corte – e si teneva sempre aggiornata sulla vita dei nobili, in particolare di quella dei giovani sovrani.
“Le mie fonti mi hanno confermato il sospetto: i nostri sovrani sono raramente intimi, la piccola regina è spesso fredda, distaccata e questo sembra aver allontanato Richard da lei e dal suo letto.”
“E questo in solo cinque mesi.” Aggiunse lei, sospirando e intrecciando il nastro color pastello attorno alla treccia di sua figlia.
“A corte si dice che Richard abbia trovato spesso conforto in Elizabeth Shore in questi mesi, ma forse tu la conoscerai con il nome di Jane. – disse il biondo, ma Lisbet scosse ugualmente la testa. – Una giovane donna ammaliante come una ninfa, con occhi azzurri e i capelli color delle foglie in autunno; sposata, certamente, ma questo non sembra turbare il giovane sovrano, il quale in questo preciso istante si starà recando a Crosby Place per ricevere sua figlia e la madre di lei e far loro gli onori di casa.”
“Cosa?” Elizabeth sgranò gli occhi, sorpresa: non era semplice coglierla di sorpresa, lasciarla di stucco, eppure quella notizia ci era riuscita. Chiamata immediatamente la balia per prendere la bambina ancora seduta sulle sue gambe, Lisbeth si alzò dalla sedia e, salutata con un bacio la piccola, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, lanciando occhiate di tanto in tanto verso suo fratello minore.
“Richard è impazzito? – disse poi, rompendo il silenzio e voltandosi verso Anthony Rivers – Non capisce che così facendo l’allontanerà ancor di più da lui? E lei, quella sciocca bambina, non capisce cosa comporta essere regina? Non è più tempo di battere i piedi, di fare la preziosa: se non riacquisterà un posto nel suo letto e nel suo cuore lo perderà per sempre, e la gente inizierà a puntarle contro il dito, additarla come sterile e tra non molti anni Richard la ripudierà per qualcun’altra, una più bella e giovane, una principessa magari.”
“Parli per esperienza personale, mia dolce sorella?” chiese retoricamente Anthony, il quale era sempre stato vicino all’amata sorella.
“Ovviamente! – esclamò, piccata – Non sarò certo io a ricordarti le maldicenze della corte quando Ned mi ha portato a Londra per la prima volta: nessuno mi ha accolta con onori, tutti bisbigliavano alle mie spalle e mi chiamavano plebea, lancastriana, strega. Nessuno mi è stato vicino eccetto la mia famiglia, nessuno. E poi anche io ho fallito, non sono stata in grado di dare un figlio maschio al mio sovrano, un bambino che…”
La voce di Elizabeth si incrinò bruscamente, e anche se il fratello avrebbe voluto abbracciarla e consolarla lei si scansò e scosse la testa con determinazione: nessuno l’avrebbe mai vista debole, neanche il suo stesso fratello, il sangue del suo sangue.
“Andrò a far visita alla nostra regina oggi stesso, non appena tornerai a palazzo, e parlerò con lei: ha bisogno di qualcuno che la faccia tornare alla realtà, capire cosa c’è in ballo e se nessuno è disposto a farlo allora lo farò io.”
“Sei sicura, Lisbeth? Può essere rischioso, e vista la tua posizione…”
“Non temere fratello, come donna ho molte carte da giocare. Non siamo mai state legate, suo padre è stato la causa della morte di tutti coloro che amavo, ma abbiamo indossato la stessa corona, seduto sullo stesso trono e lei accetterà i miei consigli, si fiderà di me in questo momento del bisogno. Deve farlo se vuole continuare ad essere regina negli anni a venire, se non vuole perdere per sempre l’affetto del suo Richard.”


 
**



Quella mattina Anne era nelle sue stanze – aveva dato ordine di non disturbarla, di rinviare ogni impegno al causa della sua indisposizione – e nonostante la buona volontà di impegnarsi sul lavoro di cucito proprio non riusciva a concentrarsi, a pensare ad altro che non fosse Richard, il pensiero di lui che lasciava il castello di buon’ora per andare ad accogliere sua figlia e la sua amante a Crosby Place, tra quelle mura lontane da occhi indiscreti non molto distanti dal palazzo.
La sera precedente avevano discusso, ancora, lei gli aveva detto cose terribili, lo aveva accusato di essere fedifrago, la sua bambina innocente di essere una bastarda nata dalla lussuria e dal peccato, e gli aveva intimato di lasciarla sola, di smettere di amarla e andarsene.
In quel momento, però, sola nella sua stanza riscaldata solo da un tiepido fuoco racchiuso nel camino di pietra poco distante, Anne avrebbe voluto che Richard fosse là con lei, essere stretta tra le sue caldi braccia per non sentire più freddo, quella solitudine capace di gelarle l’anima.
Se solo fosse riuscita a dargli un figlio, se solo non fosse stata la delusione che si stava dimostrando ogni giorno di più, se solo…

“Vostra Maestà? – una seconda voce interruppe i suoi pensieri. Anne alzò lo sguardo, non si era neppure accorta che qualcuno aveva bussato alla porta, che la sua dama era entrata di soppiatto. – Maestà, una visita per voi: la Regina Vedova, Elizabeth Woodville, chiede udienza. Sostiene che è urgente.”
“Elizabeth? – sussurrò lei, schiudendo appena la labbra rosee per la sorpresa – Cosa ci fa qui, cosa vuole da me? Non sa che sono indisposta, che non voglio vedere nessuno?”
“E’ stata informata della cosa, Maestà, ma insiste: dice che ha bisogno di parlare con voi oggi, che domani sarà tardi.”
Anne sospirò: non aveva mai provato simpatia per quella donna, la reputava la causa della disgrazia della sua famiglia, della morte di suo padre. Se Edward non l’avesse mai sposata, si era detta milioni di volte, suo padre sarebbe stato accanto a lei, avrebbe vissuto per moltissimi anni, e lei e Richard si sarebbero sposati senza impedimento alcuno tanti anni prima, finito l’addestramento di lui a Middleham. Se Ned non l’avesse sposata, George sarebbe stato ancora vivo e sua sorella felice con accanto suo marito e sua figlia e non rinchiusa in un castello vuoto con il cuore a pezzi.
Cosa mai poteva volere da lei Elizabeth Woodville?, si domandò, quale ragione a lei sconosciuta l’aveva spinta in quella giornata di metà autunno al castello, a chiedere udienza a lei, la regina?
“Se non può proprio aspettare un giorno… - Anne lasciò la frase in sospeso e sospirò ancora una volta – Bene, fatela entrare ma che sia una cosa veloce!”



“Vostra Maestà!” Elizabeth fece una breve riverenza, abbassando lo sguardo solo per un istante.
Non era ancora abituata a quello, a vedere quella giovinetta come sua superiore, come sua regina, ma cercò di non darlo a vedere: non voleva indispettire Anne ancor prima della loro conversazione, darle ulteriori motivi per guardarla con diffidenza. Doveva essere scaltra, giocare d’astuzia e in qualche modo conquistare, almeno in parte, la sua fiducia.
“Lady Elizabeth, quale insolita sorpresa! – esclamò con falsa gioia Anne, avvicinandosi alla donna e prendendo le mani di lei nelle sue – Non vi vedo da quasi due mesi, e spero che sia voi che le vostre figlie stiate bene.”
“Benissimo, grazie. Elizabeth e Cecily crescono a vista d’occhio, sono in salute e vivaci. Tutte noi amiamo il castello e siamo grate a voi e a Sua Maestà il Re.”
“Sua Maestà ha un cuore grande, non dimentica le figlie di suo fratello, e sono certa che quando verrà il momento darà loro dei mariti degni del loro rango.”
“Ed io sarò per sempre grata per questo.  – concluse, abbozzando un sorriso – Ma non sono qui per questo, per parlare delle mie figlie.”
“Perché siete qui, Maestà?” chiese con voce ferma Anne, osservandola con la coda dell’occhio.
“Sono qui per voi, Anne, per mettervi in guardia e avvertivi, perché temo per la vostra sorte: la corte parla, lo so bene, e non sempre i loro pettegolezzi si allontanano da quella che è la verità.”
“Per mettermi in guardia, per la mia sorte? – Anne strabuzzò gli occhi e rise istericamente – Questa sì che è buona! E, ditemi, da quando vi sta a cuore la mia sorte, il futuro della figlia  del vostro nemico?”
“Da quando questa è divenuta Regina. – rispose sicura la donna, alzando il mento – Non capite qual è la vostra posizione, cosa si aspettano da voi i consiglieri di vostro marito, la corte, il regno, Richard?”
“Un erede, certamente. Non sono una stolta, so qual è il mio poso, il mio dovere. Lo so da quando ho dodici anni, forse da sempre: sono stata promessa prima Richard, poi a Edouard di Lancaster, poi nuovamente a Richard. Sono stata la figlia di un Conte, una Principessa e ora una Regina e so qual è il mio compito, cosa tutti si aspettano da me.”
“Eppure permettete a vostro marito, il vostro sovrano, di andare dalla sua amante senza di voi, di incontrarsi con lei alla luce del giorno e comportarsi come un padre con la loro figlia. – le disse con calma e Anne si immobilizzò all’instante, deglutì rumorosamente – Siete distanti, tutta la corte lo sa: voci iniziano a sussurrare, a chiamarvi sterile, frigida, impotente. Dicono che presto il Re vi metterà da parte per un’altra, che già lo ha fatto con Jane Shore, anche se lui nega. Ditemi, Anne, è questo che volete? Essere messa da parte e dimenticata nell’imminente futuro, tra qualche anno?”
“I-io… - la voce di Anne era incerta, appena incrinata, i suoi occhi blu velati – No, certo che no!” esclamò con rabbia, serrando i pugni.
“Allora dovete reagire: crescete, siate donna, una vera regina, e prendete ciò che vi spetta. Richard vi ama, Dio solo sa quanto vi ama, ed è ora che voi lasciate alle spalle i rancori, le paure e cresciate. Nessuno vi ostacolerà quando darete a Richard un figlio, e lui vi amerà, se possibile, ancor di più.”
“Ma io… io non so come, nessuno mi ha mai… nessuno mi ha mai insegnato ad essere una buona moglie, a sedurre un uomo… nessuno mi ha detto come…”
“Nessuno può insegnarvi ad amare, questo solo voi potete impararlo, ma potreste essere una buona moglie stando accanto a vostro marito. Andando a Crosby Place, per esempio, standogli accanto e dimostrando a quella donna che ora siete voi l’unica per Richard, che non c’è e non ci sarà mai un’altra.”
“L’unica… l’unica…” Anne abbassò il capo e si diede della sciocca: quante volte Richard le aveva detto quelle stesse parole, l’aveva rassicurata dicendole che non amava nessun’altra, che voleva solo e soltanto lei. Ma lei non gli aveva creduto, lo aveva respinto con la sua freddezza e i suoi silenzi e lui, disperato, era andato in cerca del calore di qualcun’altra, un abbraccio, un corpo che potesse ricordargli almeno vagamente il suo.
“Oh, che sciocca sono stata! - esclamò, portandosi le mani al viso - Quanti inviti respinti, quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati. Tante volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno.”*
“No, infatti, ma possiamo rimediare: fate preparare una lettiga, raggiungete vostro marito e dategli prova del vostro amore. Siate la Regina, non un pedone sulla scacchiera e giocate la vostra partita. Se perderete, perderete per vostre mancanze ma se vincerete… se vincerete allora avrete tutto ciò che avete sempre sognato e anche di più.”
“Anche di più… - sussurrò, in un eco alle parole di Elizabeth – Suppongo, dunque, di dovervi ringraziare? Mi avete aperto gli occhi e… e non pensavo possibile di poterlo dire ma vi sono debitrice.”
“Me lo ricorderò a tempo debito. – le disse, sorridendo ghemba – E ora forza, andate! Andate dal vostro Richard e siate felici.”
“Perché lo avete fatto, perché lo state facendo?” chiese prima di chiamare le sue dame, desiderosa di capire.
“Perché abbiamo sofferto fin troppo, e non voglio che nessun’altro soffri più. Perché, nonostante tutto, Richard è il legittimo e degno erede di mio marito, e desidero che tramite lui la casata degli York continui a regnare per mille anni.”


 
**


“Se solo voleste, io… - Kathyn stava sussurrando alla luce di una finestra che dava sul cortile interno della tenuta, e mani intrecciate a quelle di Richard stava parlando con lui del loro possibile futuro – Ho sempre amato solo voi, il padre di mia figlia, e anche se ora siete il re e avete una regina al vostro fianco…”
“Lo so, so che mi amate e anche io vi sono molto affezionato, tengo tantissimo a voi e amo mia figlia con tutto il cuore.”
Loro figlia: quando l’aveva rivista dopo più di un anno aveva stentato a riconoscerla, a riconoscere come sua quella bambina dai lunghi capelli neri e ricci uguali ai suoi che stava correndo verso di lui per essere presa in braccio nonostante le proteste di sua madre, della bella Kate. L’aveva presa in braccio come da lei chiesto, l’aveva fatta volteggiare in aria e l’aveva stretta al suo corpo, baciando le guance paffute rosse come due pesche e le aveva solleticato il pancino provocandole una risata cristallina.
“Kat starà bene qui, la tratterò come una principessa, ma non credo sia giusto per voi tornare ad essere la mia amante: meritate di meglio, qualcuno che vi ami con tutto il suo cuore, non un sovrano il cui cuore appartiene ad un’altra.”
“Così l’amate nonostante tutto, nonostante il suo comportamento infantile, le cattiverie che vi ha detto in questi mesi? – Kat afferrò un lembo del farsetto di lui e annullò la distanza tra i loro corpi – Perché, Richard, perché?”
“Non lo so, Kathryne, non lo so. Vorrei poter smettere, ma non posso: Anne è la mia metà, la amo da sempre, e da stolto quale sono spero che un giorno lei ricambi e torni da me, che possa amarmi come un tempo ho creduto mi amasse.”
“E nel frattempo cosa farete? Aspetterete, pregherete per un miracolo? – portò una mano sul viso di lui e lo costrinse a guardarla – Se solo voi voleste, vi renderei così felice, vi darei altri figli, i figli che lei non è stata ancora in grado di darvi in questi mesi. Una famiglia: non è quello che avete sempre sognato, mio amato, quello che avete sempre voluto?”
Aye, ma non così. – prese la mano di lei e la ritrasse dal suo volto – Basta cuori infranti, uno è più che sufficiente. Credetemi, lasciarmi andare è la scelta più giusta, anche se ora non capite.”
“Allora è finita, è… - Kat si allontanò bruscamente, portò i pugni chiusi al petto – Mi state dicendo addio per sempre, Richard?”
Richard annuii, incapace di dire altro e lei represse malamente un singhiozzo con il palmo di una mano, scosse la testa e continuò: “Bene, dunque, se è questo che desiderate. Ma vi prego, vi prego di lasciarmi tornare a casa e di non venire qui quando verrò a trovare nostra figlia. Non lo sopporterei…”
“Potreste vivere qua, nessuno ve lo impedisce.”
“Lo so bene, ma non sarebbe giusto: la corte continuerebbe a chiacchierare, mettere in giro voci e questo allontanerebbe ancor di più la Regina da voi, vi farebbe soffrire e io vi amo troppo per sapervi infelice a causa mia.”
“Mi amate a tal punto, siete disposta a sacrificare il tempo con vostra figlia, attimi preziosi della sua crescita per me?”
“Sapete che amo la nostra bambina con tutta me stessa, ma starle lontano mi farà bene: è troppo simile a voi, non solo di aspetto ma anche nel carattere, nelle piccole cose e starle lontano mi permetterà di andare avanti, trovare un uomo degno che vorrà sposarmi e rendermi nuovamente madre.”
Kat lo guardò sottecchi, si avvicinò cautamente e con timore ed imbarazzo gli fece un’ultima richiesta prima di prendere congedo: “Posso chiedervi un ultimo bacio, un bacio d’addio?”
“Potete, mia cara, potete.” Rispose lui, avvicinandosi a lei, accarezzandole una guancia e baciandola con dolcezza, passione, trasporto.
Kat si strinse forte alle sue spalle, assaporò per l’ultima volta il sapore della sua bocca, si inebriò del suo profumo e solo quando fu a corto di fiato lo lasciò andare, indietreggiando e chinando nuovamente il capo.
“Addio, dunque. Possa Dio vegliare sempre su di voi e darvi la felicità che meritate. Prendetevi cura di nostra figlia e, se potete, non dimenticate mai i momenti passati insieme. Io non lo farò, mai.”

 

**


La lettiga entrò nel cortile di Crosby Place arrivò poco dopo, quando Richard stava per lasciare l’imponente edificio e tornare a Westminster per attendere ad una riunione del consiglio. Aggrottò la fronte nel vedere le guardie reali che scortavano la suddetta lettiga e la sua perplessità si tramutò in stupore quando osservò Anne, la sua Anne, scendere con aria regale e serafica.
Accanto a lui, altrettanto stupita, c’era la piccola Kate, la quale non tolse mai gli occhi di dosso alla splendida ragazza che si stava avvicinando a loro.

“Tu devi essere Kate. – disse tranquillamente Anne, prendendo la parola e fissando la bambina, la quale annuì in risposta. – Io sono Anne Neville, sono la Regina.”
I grandi occhi grigio-azzurri della bambina si sgranarono, e anche se maldestramente fece una riverenza e la salutò: “Vostra Maestà.”
“Che bambina ben educata, e devo ammettere che siete più simile a vostro padre il Re di quanto avessi mai immaginato. – confessò, chinandosi sulle ginocchia quel tanto che il vestito permetteva – Puoi chiamarmi Lady Anne, se vuoi. Io, invece, come devo chiamarti?”
“Mia madre mi chiama Kate, e anche mio padre.” Confessò, alzando lo sguardo per incontrare quello di Richard, il quale le sorrise.
“Kate è un bellissimo nome, e ora che sei qui a Londra spero di poterti vedere spesso a corte. Quando crescerai, magari, sarai una delle mie dame della rosa.”
“Mi piacerebbe.” Rispose, anche se ignorava i compiti di una dama delle rose e la loro prestigiosa posizione a corte.
“Kate, ma petite, perché adesso non entri dentro con la tua balia? Fa freddo qui fuori e non vorrai certo raffreddarti.”
Aye, padre. – rispose, alzando le braccia per farsi abbracciare stretta – Arrivederci. Au revoir, Lady Anne.”
Au revoir, Kate.”


“Perché siete qui?” chiese forse troppo bruscamente Richard, rimasto solo sotto il chiostro con la sua consorte.
“Volevo vedervi, volevo vedere vostra figlia. E’ un tesoro, vi somiglia tantissimo e di questo ne sono lieta. Sono qui perché sono vostra moglie e non permetterò a nessuna di scalzarmi.”
“Non pensavo vi importasse! – esclamò lui, piccato – Dopo l’altra sera pensavo di esservi indifferente, ma visto che siete qua vi dirò le cose come stanno: Kathryn non resterà, tornerà alla sua tenuta e dubito ci rivedremo. Tra me e lei non ci sarà mai più nulla, eccetto un affetto sincero che proverò per sempre nei suoi confronti grazie a nostra figlia.”
“Nonostante tutto, nonostante i suoi sentimenti voi… voi l’avete rifiutata, preferite essere fedele ad una donna fredda e crudele piuttosto che amata da una gentile e amabile?”
“Non scegliamo noi chi amare, Anne, neanche quando la persona amata ci allontana e ci dice di smetterla. – prese una mano nella sua, la guardò negli occhi – Perché siete qui, cosa volete davvero?”
Anne abbassò lo sguardo, assottigliò la labbra e strinse più forte la mano intrecciata con quella di lui: “Mi dispiace. Sono stata una sciocca e mi dispiace: potete perdonarmi, Richard? Potete perdonare una giovane sciocca che non sa nulla dell’amore?”
“No, ma posso perdonare una giovane che ne ha passate troppe nella sua vita, che ha subito angherie, l’esilio, la perdita delle persone che amava; una giovane che ha dovuto sopravvivere. Sì, questa giovane la posso perdonare.”
“Siete sempre così buono con me, non lo merito. – accarezzò la sua guancia, gli sorrise – Prometto che non dirò più le cose che ho detto l’altra sera, che farò di tutto per essere amorevole con vostra figlia, la moglie che meritate.”
Alzò lo sguardo, sorrise maliziosamente e continuò: “Ho intenzione di iniziare questa sera stessa. Verrete da me stanotte, mio Richard?”
Richard le strinse una mano, sorrise, e incurante degli sguardi attorno a loro si chinò in avanti e le baciò dolcemente le labbra: “Aye, verrò. Verrò sempre da voi, e da oggi in avanti prometto di non cercare nessun altro calore se non quello del vostro letto.”
“Molto bene, allora: vi aspetterò con ansia e, con un po’ di fortuna e con la benedizione della Vergine, spero di riuscire a concepire un bambino, darvi l’erede che voi e l’Inghilterra meritate.”
 

 

*




* Cit. "Le Fate Ignoranti", Ferzan Ozpetek.



Angolo Autrice: Ultimo capitolo della ripubblicazione, dal prossimo saranno tutti INEDITI. Anche in questa seconda stesura ho voluto lasciare alla "nostra" Elizabeth Woodville una parte importante nella questione, anche se i suoi motivi possono sembrare all'apparenza ambigui e le sue azioni fatte per un tornaconto personale. Detto questo, spero che questo riavvicinamento dei nostri amati vi sia piaciuto, e che siate pronte per nuove avventure movimentate! :3
Grazie, come sempre, a tutti coloro che seguono e alle fantastiche ragazze che recensiscono.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 12
*** 12. ***










Westminster, Londra, Novembre 1471 – Gennaio 1472
 
 
 
 
Seduta sul bordo del letto, Anne stava aspettando con impazienza il momento in cui Richard l’avrebbe raggiunta per passare la notte con lei come promesso.
Per lui, la giovane aveva lasciato i lunghi capelli biondo-ramati sciolti, capelli che ora ricadevano come onde sulla sua spalla, sulla schiena, riuscendo persino a toccare il materasso di piume; Richard adorava i suoi capelli, ne era stato attratto sin da quando erano entrambi bambini a Middleham, e sebbene all’epoca i suoi dispetti l’avevano fatta arrabbiare e talvolta piangere – Richard era solito tirare le sue lunghe trecce – al ricordo di quei momenti di vita quotidiana, di quei gesti quasi banali, Anne sorrise malinconicamente.
La porta della stanza si aprì senza preavviso, destando Anne dai suoi pensieri e facendo spostare il suo sguardo perso nel vuoto verso la suddetta porta, verso la figura in penombra di Richard fermo sullo stipite: il giovane sovrano le sorrise e, chiusa la porta con un chiavistello per non far entrare nessuno, fece qualche passo nella sua direzione.
Senza dire neanche una parola iniziò a slacciare il suo farsetto, sfilandolo successivamente dalle spalle, ripetendo la procedura con i calzari. Vestito solo con braghe di lino, si avvicinò nuovamente al letto, sedendosi accando alla moglie che nei minuti passati non aveva mai distolto lo sguardo da lui e, scostati i capelli di lei da una spalla, le accarezzò una guancia e la baciò.
“Perdonatemi, non avrei voluto farvi attendere così tanto, ma alcuni affari urgenti richiedevano la mia attenzione.”
“Non importa, mio caro. Importa solo che adesso siate qui con me come mi avete promesso questa mattina, passare la notte insieme.”
Anne posò un bacio sulla sua spalla, accarezzò il suo braccio sinistro, la cicatrice vistosa presente su di esso, e ancora una volta si chiese in quale circostanza Richard si fosse così gravemente ferito.
“E’ successo a Barnet. – le disse, intercettando i suoi pensieri – Guidavo l’avanguardia per conto di mio fratello e nello scontro sono stato ferito; inizialmente non ho neanche sentito il dolore, troppo occupato a combattere, a difendere inutilmente il mio sovrano.”
“Mi hanno detto che poco dopo la fine della battaglia anche voi avete perso i sensi, che per un momento i vostri uomini hanno pensato di aver perso anche voi, l’unico erede della casata degli York.”
“Aye, vi hanno detto il vero, ma fortunatamente la ferita non si è infettata, è guarita nel giro di qualche settimana e… - sorrise, lasciando volontariamente la frase in sospeso – Non c’è bisogno che vi dica cosa è accaduto dopo, no?”
Anne scosse la testa, baciò la cicatrice e in uno scatto improvviso circondò le sue braccia attorno al collo di lui e lo abbracciò stretto.
“Mi dispiace per tutto quello che avete dovuto affrontare, per le decisioni che avete dovuto prendere; mi dispiace di avervi dato dell’assassino, di non essere riuscita a capire quanto anche voi avete sofferto. – lo guardò dritto negli occhi, strinse le labbra – Perdonatemi, Richard.”
“Vi ho già perdonata, ma belle, ho dimenticato tutto nel preciso istante in cui vi ho visto scendere dalla lettiga questa mattina.”
Si scambiarono un sorriso d’intesa e questa volta fu lui a stringerla tra le sue braccia, a baciarla con trasporto e dolcezza.
Il baciò si fece sempre più passionale, e quando Richard iniziò ad accarezzarle le cosce e far alzare lentamente la veste da notte di lei, Anne indietreggiò verso il centro del letto, stendendosi e trascinando con se il marito, il quale la sovrastò con il suo corpo senza mai smettere di baciarla.
Anne chiuse gli occhi quando le labbra di lui si spostarono sul suo collo, mentre le sue mani calde abbassavano la veste rivelando i candidi seni che poco dopo iniziò a baciare e presa dalla passione crescente affondò entrambe le mani nei ricci neri di Richard, incitandolo a continuare.
Per la prima volta da mesi, Anne sentì di avere il controllo, di essersi liberata dai demoni che la perseguitavano, di poter concedersi totalmente a suo marito, e senza remore alcune decise di lasciarsi andare totalmente.
Richard le sfilò la veste, lasciandola completamente nuda, e sorridendole sornione tornò a baciare la sua pelle bollente, il ventre piatto che entrambi speravano di riempire presto con una nuova vita, mentre con una mano dai polpastrelli callosi continuava ad accarezzarle un seno, provocando in lei mugugni malamente celati.
Fecero l’amore con calma quella notte, si scoprirono per la prima volta, e Anne percepì nel suo cuore che batteva forte nel suo petto un sentimento simile alla felicità, un senso di pace che non provava da anni.
Richard la tenne sempre stretta, la fece sentire amata, e intrecciò le loro mani quando la fece sua e i loro corpi diventarono uno, si incastrarono perfettamente come due pezzi di un puzzle, e la passione prese il sopravvento.
Quando tutto terminò, Richard l’abbracciò, coprì i loro corpi ancora accaldati e scossi da respiri irregolari e le baciò il capo, accarezzò pigramente il suo braccio, il suo ventre, mentre pian, piano il sonno prendeva il sopravvento su di lui e i suoi occhi chiari si chiudevano non potendo più combattere oltre la stanchezza di un lungo giorno.
Sentendo il suo respiro regolare, chiaro segno del suo essersi addormentato profondamente, Anne sorrise e, dolcemente, baciò la sua spalla dopo essersi sporta all’indietro e aver girato come meglio poteva il viso verso di lui. Poco dopo anche lei chiuse gli occhi e cadde in un sonno tranquillo.

 

**



“Non potete chiedermi anche questo, non questo!” Richard era furioso, il suo consiglio stava cercando nuovamente di spingerlo al limite.
“Maestà, fino a quando il vecchio Henry vivrà, sarà una minaccia per il vostro regno; - ricordò Will Hastings, il quale da settimane spingeva per sbarazzarsi definitivamente del pio uomo chiuso nella Torre – i Lancaster potrebbero insorgere nuovamente nel giro di pochi anni, e fino a quando non avrete un erede…”
“So bene quanto pericoloso possa essere tenerlo in vita, Lord Hastings, ma non pensate che ci siano state troppe morti? – chiese severo, stringendo più volte il bracciolo ligneo della sedia – Inoltre anche lui non ha più un erede, quindi perché mai qualcuno dovrebbe insorgere in suo favore?”
“Perché sarebbe un sovrano burattino. – rispose Anthony Rivers, il quale era stato appena nominato Capitano di Calais, città in cui si sarebbe trasferito e breve – Tutti ci guadagnerebbero, specialmente i Lancaster.”
“E non dimentichiamoci di Jasper Tudor e di suo nipote: per quanto lontana, anche lui potrebbe reclamare un giorno un diritto al trono, e con il vecchio Henry sul trono e suo zio nuovamente in Inghilterra sarebbe facile per lui afferrare la corona e arrivare al potere un giorno.”
“Allora cosa, miei lord? Cosa dovrei fare: premere un cuscino sul viso di Henry e fingere che sia morto di crepacuore a causa della morte di un figlio che per metà del tempo neanche ricorda di avere?”
Nessuno rispose, e dal silenzio che calò nella sala grande del castello Richard capì che sì, quella da lui proposta era una possibilità più che valida, un azione che tutti loro ritenevano saggia per salvaguardare il regno, il futuro della nazione e di tutti loro.
“No, no! – esclamò, sbattendo un pugno contro il massiccio tavolo – Non lo farò, non lo farò. Non importa cosa voi pensiate, non mi sporcherò le mani con il sangue di un uomo innocente!”
Spingendo la sedia all’indietro, provocando un rumore sordo, Richard si alzò e, a passo spedito, lasciò la sala e i suoi consiglieri che, sbigottiti ma non troppo sorpresi, lo osservarono abbandonare la seduta seguito dall’unico membro che per tutta la riunione non aveva proferito parola, il suo più fidato consigliere nonché fratello Edmund.

Dickon! – Edmund stava seguendo suo fratello minore nella sua fuga verso chissà dove – Dickon, fermati!”
“Lasciami solo, Ed, smettila di seguirmi!” intimò, senza mai smettere di camminare, senza mai voltarsi.
“Non puoi comportarti così, non puoi! Sei il Re adesso, e hai degli obblighi, primo tra tutti proteggere te stesso e il tuo regno!”
“Così sei anche tu in combutta con loro? – Richard si fermò bruscamente, si girò di scatto e lo fronteggiò – Credi anche tu che io sia un debole, uno sciocco?”
“Non un debole, ma uno sciocco sì. Sei uno sciocco se pensi di poter lasciar vivere Henry nella Torre per altri dieci, venti anni: - lo afferrò per le spalle, lo scosse appena – Non possono esserci due sovrani d’Inghilterra, e se non vuoi credere a me credi alla storia. Ned ha pagato questa sua leggerezza a caro prezzo, e fino a quando non avrai un erede…”
“Ma lei mi odierà! – esclamò con una punta di disperazione Richard, riferendosi ad Anne, alla sua sposa – Se farò uccidere Henry, Anne non mi perdonerà mai, tornerà a vedermi come un tempo, come un assassino.”
“Così è questo il motivo… - sussurrò Edmund, sorridendo algido – Ma certo, certo: che sciocco a non averlo capito prima. Ho creduto per un attimo che fosse la tua coscienza il problema, la tua anima immortale ma la verità è ben altra: è il pensiero di deluderla nuovamente, di ferirla che ti fa parlare in questo modo. E’ il tuo cuore il problema, non la tua anima.”
“Sono davvero uno sciocco, non credi? – Richard rise, si coprì il viso con una mano – Sono così patetico.”
“No, non lo sei, ma credo che tu debba rifletterci bene, lasciare da perte il cuore e i sentimenti e agire come un vero sovrano farebbe: non c’è spazio per i sentimentalismi, Dickon, non in questi tempi e un solo sbaglio, una sola esitazione potrebbe costarti cara un giorno, costarti la vita delle persone che ami, dei figli che un giorno avrai, di quelli che potrebbero già essere stati concepiti con il volere di Dio.”
“Forse, - riprese Edmund, posando una mano sulla spalla del fratello – dovresti parlarne con la Regina, spiegarle ciò che deve essere fatto. Lei capirà vedrai; capirà e non ti giudicherà, perdonerà poiché non c’è nulla da perdonare. Falle capire che lo fai anche per lei, per i vostri figli e il vostro futuro, e vedrai che capirà, accetterà.”
“E se non dovesse?” chiese con apprensione, paura.
“Lo farà, credimi. Anne non è una sciocca, è la figlia di suo padre, e ha compreso il gioco del trono più di quanto immagini.”
“In questo caso… – Richard sospirò – Convoca il consiglio per domani, dì ai lord che mi scuso per il mio comportamento e che prenderò in considerazione le loro parole, che domani avranno la mia definitiva risposta.”


 
**



“Cosa vi turba, mio caro?” chiese Anne, accarezzando il viso di Richard dopo aver fatto l’amore con lui.
Prima e durante l’amplesso Richard era stato distante, presente con il corpo ma non con la mente, e questo Anne lo aveva intuito.
“Problemi con il consiglio, altri tumulti in Galles da parte dei sostenitori del vecchio Henry?” chiese, senza sapere di aver appena toccato una questione delicata, un nervo scoperto.
“No, ma belle, nessuna ribellione. – rispose lui, baciandole la mano – Ma hai ragione quando chiedi se sia implicato il vecchio Henry.”
“E per la successione, vero? Il consiglio teme che fino a quando non riuscirò a darvi un erede lui sarà una minaccia, un nemico da dover eliminare ad ogni costo.”
“Voi… - Richard la guardò sbalordito, preso alla sprovvista da quelle parole che delineavano perfettamente la soluzione – Aye, è proprio così.”
Richard si portò seduto, sospirò: “Loro pensano che sia saggio eliminarlo, eliminare anche l’ultimo Lancaster in vita, ma egli è pur sempre re, consacrato da Dio e io… io non so se posso accettarlo, se riuscirei a vivere sapendo di avere le mani lorde del suo sangue.”
“Ma sai anche che lasciandolo in vita rischieresti troppo, rischieresti una nuova guerra civile, altro spargimento di sangue.”
“E la vita dei mie figli, quelli che presto, sono certo, nasceranno… - Richard posò una mano sul ventre di lei, nascose il suo viso nell’incavo del suo collo sottile – Ma ciò che più mi terrorizza e vedere nuovamente quello sguardo nei vostri occhi, tutto quel risentimento e odio. Io… io non potrei sopportarlo.”
“Ma voi siete il Re, e un sovrano deve fare quello che è più giusto. – gli disse, iniziando ad accarezzargli la spalla nuda – Inoltre, non posso non preoccuparmi anche io per il nostro futuro, quello del figlio che potrei anche ore portare in grembo.”
“Mi state dicendo che… - Richard deglutì nervosamente, la guardò con espressione priva di emozioni – Potete perdonarmi per ciò che sto per fare, per quello che sono costretto a fare?”
Aye, io… - Anne sospirò, annuì e lo baciò frettolosamente a fior di labbra – Io posso perdonarvi, posso accettarlo. Devo farlo, per noi, per i nostri figli.”


 
**




Erano appena trascorse le festività natalizie, la corte finalmente vuotata e il castello tornato all’apparente quiete di ogni giorno quando Anne fece convocare nelle sue stanze una levatrice, una donna di mezza età che aveva fatto nascere la Principessa Elizabeth prima e la Principessa Cecily dopo. Da settimane, oramai, la Regina sospettava di portare in grembo l’erede da tanto tempo atteso, ma solo in quel giorno di inizio Gennaio ne ebbe la conferma: era gravida, nel suo ventre stava crescendo una nuova vita, il figlio suo e di Richard, quello che lei sperava sarebbe stato un giorno il futuro sovrano d’Inghilterra e Irlanda.

“Mandate a chiamare Sua Grazia, ditegli di venire immediatamente nelle mie stanze!” ordinò la Regina alle sue dame, le quali ubbidirono e di corsa uscirono dalle sue stanza per mettersi alla ricerca di Richard.
Alcuni minuti dopo, finalmente, un trafelato Richard entrò nelle sue stanze spalancando bruscamente la porta; nel vederla a letto, il giovane si precipitò al suo capezzale, e afferrata una mano la strinse forte tra le sue.
“Mia cara, cosa succede? – chiese con apprensione lui, che da giorni aveva notato la salute precaria della moglie, la sua perenne debolezza e inappetenza – Cosa hanno detto i medici?”
“Non vi allarmate, mio caro, non c’è n’è motivo; sto benissimo, nulla di cui allarmarsi. In effetti, qualcosa c’è ma non è quello che pensate voi…”
Anne lasciò la frase in sospeso, sorrise sorniona e con calma posò entrambe la mani del marito sul suo ventre morbido: “Aspetto un bambino.”
“Mia adorata, mia cara! – Richard baciò entrambe le piccole mani di lei, il suo viso e infine le sue labbra – E’ la notizia più bella che poteste darmi e mi avete reso così orgoglioso, così felice…”
“Alla fine la Vergine ha ascoltato le mie preghiere, e la levatrice pensa che il bambino nascerà in Agosto, prima della fine dell’estate.”
“Il nostro bambino… - Richard sorrise, i suoi occhi furono improvvisamente velati da lacrime di gioia – Anne, mia cara, mia gioia.”
La baciò nuovamente, ancora e ancora e tra un bacio e l’altro sussurrò: “Vi amo, Anne. Vi amo.”




 
*



Angolo Autrice: Nuovo, questa volta in tutti i sensi, capitolo della storia! Avviso subito che ho intenzione di concluderla verso il 1480, dato che in questa storia non ci sarà il problema Tudor da affrontare, quindi non credo che durerà ancora moltissimo, ho calcolato al massimo 25capitoli. Ma potrei anche cambiare idea all'ultimo, quindi prendete queste informazioni con cautela....
Spero che vi sia piaciuto e, come sempre, ringrazio tutti voi che seguite la storia e recensite.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 13
*** 13. ***


 





Londra, Maggio 1472
 
 
 

Assorta nei suoi pensieri, Anne si stava distrattamente accarezzando il ventre oramai gonfio, testimonianza continua della vita che da sei mesi stava crescendo dentro di lei, che da settimane aveva iniziato a farsi sentire dapprima con movimenti quasi impercettibili e poi con quelli che a tutti gli effetti  aveva riconosciuto come calci – la prima volta che ne aveva sentito chiaramente uno si era lasciata scappare un urletto ed era sussultata, preoccupando le dame di compagnia presenti nella stanza che, immediatamente, si erano offerte di chiamare un medico o una levatrice – di volta in volta più decisi.
Si domandò se anche quella sera, come tutte le altre, Richard l’avrebbe raggiunta nelle sue stanze per passare la notte con lei e il loro bambino non ancora nato, impaziente di posare il viso e le mani sul suo ventre nella speranza di sentirlo muovere.
Inizialmente, la decisione di Richard di continuare a dividere il suo letto l’aveva lasciata interdetta – un marito, le avevano sempre spiegato, condivideva il talamo nuziale con la propria moglie solo per un fine, e una volta raggiunto era solito abbandonarlo per cercare appagamento altrove – ma anche piacevolmente sorpresa: la consapevolezza della sua fedeltà, il saperlo sempre al suo fianco e non altrove, con chissà chi, le riempiva l’animo di gioia e serenità, la faceva sentire speciale e in qualche modo amata.
Lei era davvero l’unica per Richard, e neanche la sua impotenza nell’adempiere ai propri doveri di moglie – la Chiesa bandiva e condannava qualsiasi tipo di rapporto tra moglie e marito durante la gestazione delle donne, e già troppe volte, all’inizio della gravidanza, i due erano andati contro le suddette leggi – e i suoi bisogni di uomo sembravano preoccuparlo.
Richard entrò quello stesso istante nelle stanze della moglie, trovandola assorta, bellissima nella sua tunica di lino, con i capelli lunghi sciolti che ricadevano sulle piccole spalle, la sua figura baciata dai raggi della luna che entravano dalla finestra socchiusa; ogni giorno che passava Richard la trovava se possibile ancor più bella e il suo ventre prominente e sempre più tondo lo riempiva di gioia e orgoglio, lo faceva sentire fiero.
Era fortunato ad avere Anne nella sua vita, e presto sarebbe stato ancora più fortunato, benedetto da un figlio o una figlia frutto del loro amore.


“Pensieri, mia cara?”
Anne fu destata dalla voce di Richard, il suo sguardo trovò immediatamente il suo e gli sorrise. Non l’aveva sentito entrare, ma ora che era lì non perse tempo e, alzatasi dalla sedia, gli andò incontro e lo abbracciò.
“Niente di importante, mio caro. – gli rispose, posando una mano sul suo farsetto – Solo i pensieri di una futura madre.”
“Ha scalciato ancora in queste ore?”
Aye, spesso. Vostro figlio è forte, sono sicura che sarà un valoroso condottiero un giorno, proprio come suo padre il Re.”
“Ne sono più che certo. – posò una mano sul suo ventre e le baciò il capo – Inizialmente sono stato terrorizzato dal vostro stato di salute, dal modo in cui questa gravidanza vi stava riducendo, ma ora che il vostro colorito è tornato roseo, il vostro peso riacquistato insieme alle vostre energie non posso fare a meno di guardarvi e pensare a quanto siate bella.”
“Voi mi onorate, Richard, siete troppo buono. – gli disse, accarezzandogli una guancia – Alcune volte penso di non meritarvi, mi domando perché continuiate a trascorrere tutte le sere nelle mie stanze; dopo tutto sappiamo entrambi che il nostro rapporto non può spingersi oltre qualche bacio e voglio che sappiate che se mai voi decideste di trovare sollievo altrove io capirei, non…”
“Perché mai dovrei? – chiese lui, aggrottando la fronte e facendo una smorfia simile ad un sorriso – Tutto ciò di cui ho bisogno è in questa stanza.”
“Perché voi siete il Re, e come Elizabeth Woodville mi ha ricordato quando abbiamo annunciato la nascita del nostro erede un Re ha appetiti da Re, e la corte è piena di fanciulle bellissime, pronte a soddisfare…”
“Io non sono mio fratello! – esclamò, piccato, posandole una mano sotto il mento – Sono fedele a voi, solo a voi; non ho bisogno di altre fanciulle, non ripeterò più l’errore che ho fatto con Jane Shore, mai.”
“Sono contenta che voi non lo siate… come vostro fratello, intendo. – confessò con una punta di imbarazzo – Per quanto comprensibile confesso che non avrei sopportato gli sguardi della corte e i loro perfidi pettegolezzi.”
Si alzò in punta di piedi e, affondate le mani tra i suoi capelli, sussurrò sulle sue labbra: “Siete mio, solo mio.”
“Solo vostro, per sempre vostro.” concluse lui, riducendo la breve distanza tra le loro labbra e baciandola.


 
**



“Tra due settimane partiremo alla volta di York, una volta là incontreremo i lord del nord e Francis, il quale ci raggiungerà da Middleham.  – informò Richard l’indomani, mentre si stava rivestendo – Prima, però, vorrei passare a porgere i miei rispetti a vostra madre e vostra sorella Isabel, vedere nostra nipote e assicurarmi che cresca bene e con i dovuti riguardi che spettano ad una Contessa, alla figlia di un Duca.”
“V-volete andare a Tewkesbury?” chiese Anne, mal celando il nervosismo e la preoccupazione nati da quell’informazione, all’idea di ritornare in quel luogo.
“E’ un problema per voi, mia cara? – chiese a sua volta Richard, guardandola con la coda dell’occhio – Visto che vostra sorella continua a rifiutare gli inviti a corte ho pensato che… oh! Capisco. E’ per lui, vero?”
Anne abbassò lo sguardo, strinse le labbra e annuì: l’ultima volta che era stata a Tewkesbury era stato un anno prima, nelle mura dell’Abazia di quella stessa città aveva seppellito il suo primo marito, il suo Edouard, e il pensiero di ritornarci stava riportando a galla ricordi dolorosi.
“Andare a Tewkesbury significa ritornare indietro nel tempo, nel passato; tornare a Tewkesbury significa andare da lui, porgere i miei omaggi al ragazzo che è stato il mio primo marito e non so se… non…”
“Non siete costretta, nessuno vi biasimerebbe se decideste di non andare, di tenervi il più lontana possibile da quel luogo.”
“Ma io devo farlo! Non andare significherebbe voltare ancora una volta le spalle alla ragazza che sono stata, mancare di rispetto alla memoria del mio primo marito, del ragazzo che nonostante tutto ha significato molto per me, e non posso fargli questo, non posso tradirlo ancora una volta!”
“Ancora una volta? – le parole di Richard furono eco delle sue, il suo sguardo si incupì – Credete che sposandomi, decidendo di diventare la mia Regina, abbiate tradito Edouard di Lancaster?”
“Non lui, ma la sua memoria. Non era ancora passato un anno dalla sua morte, portavo ancora il lutto quando vi ho sposato e all’inizio… - chiuse gli occhi, si strinse le braccia al petto – All’inizio sono stata tormentata dal suo fantasma, da incubi orrendi. All’inizio l’ho pensato, lo ammetto, ma adesso le cose sono cambiate: il senso di colpa sembra essere svanito, porto in grembo vostro figlio e non sono più tormentata dai fantasmi del nostro passato.”
“Lo avete mai amato?” chiese ancora, ancora una volta sapeva di star facendo la cosa sbagliata con lei, si star commettendo gli errori commessi nelle prime settimane del loro matrimonio ma non riuscì a resistere alla tentazione.
“L’ho amato nello stesso modo in cui voi avete amato Katheryn. – rispose Anne, tranquilla, decisa a non farsi sopraffare ancora una volta da sentimenti più grandi di lei – Lui è stato importante per me, lo ricorderò sempre nelle mie preghiere, ma questo è quanto. Voi adesso siete mio marito, il mio sovrano, presto sarete il padre di mio figlio e la mia indiscussa fedeltà e il mio affetto va a voi e soltanto a voi.”
Richard sospirò sollevato e, sentendosi uno sciocco, tornò a stendesi nuovamente sul talamo dove lei era ancora seduta e coperta da lenzuola e pellicce e l’abbracciò stretta.
“Perdonatemi, non avrei mai dovuto porvi una domanda così sciocca, non avrei mai voluto rattristarvi, riportare alla mente ricordi dolorosi. – le baciò il capo e poi una guancia – Potete perdonarmi, ma belle?”
“Va tutto bene, Richard: non c’è nulla da perdonare. Credo, invece, che parlare finalmente di lui con voi mi abbia fatto bene, abbia esorcizzato le mie paure, e credo… credo di poter sopportarlo, di poter tornare nuovamente a Tewkesbury e omaggiare Edouard senza sentirmi in colpa, senza sentirmi sporca o tormentata dalle mie paure.”
“Ne siete più che certa, mia cara? Non voglio che vi sentiate obbligata, e capirò se deciderete di rimanere a Londra, di non voler…”
“Sto bene, Richard, davvero. – lo baciò dolcemente – Non preoccupatevi per me, sono più forte di quanto sembri.
“Lo so, Anne, lo so. – ricambiò il bacio con altrettanta dolcezza – Dopo tutto siete la figlia di vostro padre, una Neville, una vera Regina, e presto sarete una splendida madre.”



 

*


Angolo Autrice: Speravo di pubblicare un capitolo più lungo, invece ho deciso di dividerlo in due e parlare della visita a Tewkesbury - e probabilmente anche della nascita del primo figlio/a di Anne e Richard - nel prossimo capitolo. Nonostante sia di passaggio spero che vi sia piaciuto e, come sempre, ringrazio tutti coloro che seguono la storia e recensiscono.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 14
*** 14. ***






 


Tewkesbury, Giugno 1472
 
 
 

 
Era trascorso un anno dall’ultima volta che Anne era stata a Tewkesbury, poco più di un anno dalla battaglia che l’aveva resa vedova, che aveva strappato il suo primo marito Edouard alla vita nel fiore dei suoi anni.
Tredici mesi erano passati, eppure per Anne, chiusa nella lettiga che stava costeggiando l’Abazia attorno alla quale era stato versato sangue inglese, sangue di cugini, il tempo sembrava non essere mai passato veramente.
I monaci avevano riportato l’ordine e la quiete confacente a quel sacro luogo, e nel cortile interno che solo un anno prima era stato riempito con corpi senza vita di soldati lancastriani e yorkisti in attesa di una sepoltura, fiori selvatici crescevano rigogliosi.
Poco distante, maestoso e imponente, si ergeva l’antico castello che Richard aveva concesso, magnanimo, a sua sorella Isabel e a sua madre la Contessa: là, tra quelle mura di pietra, Anne pregò e sperò che le due donne avessero finalmente trovato la pace che meritavano, il conforto per la perdita che aveva reso entrambe vedove prima del tempo.
Anche George, Duca di Clarence, era stato seppellito su volere di sua moglie nella stessa Abazia in cui riposava Edouard di Lancaster, e per la prima volta dalla sua condanna a morte Richard si sarebbe recato sulla tomba del suo fratello maggiore per porgere i suoi omaggi.
Anne sospirò tristemente, e com’era solita fare da mesi ogni qual volta lasciava vagare la mente si accarezzò il ventre prominente, si domandò se la decisione di Richard di fermarsi per una settimana in quel luogo fosse stata saggia: dalle poche lettere ricevute in quell’anno da sua sorella – l’ultima ricevuta solo due mesi prima, una fredda risposta alla lettera in cui lei le annunciava orgogliosa il suo stato interessante – la giovane aveva percepito l’astio che Isabel ancora covava nei confronti del suo sposo e sovrano, e  neanche la lieta notizia di un erede in arrivo aveva destato la maggiore dallo stato apatico in cui era caduta dalla morte dell’amato marito.


“Tutto bene, ma belle? – le chiese Richard, accostandosi in sella al suo imponente destriero alla lettiga e spostando una delle tendine per poter vedere sua moglie – Non manca molto ormai, pochi minuti.”
Aye, tutto bene. Non preoccupatevi, mio caro, stiamo bene.” Rispose lei, scambiandosi un sorriso d’intesa con il giovane che, annuendo, lasciò ricadere la tendina che tornò a fare ombra all’interno di quella sottospecie di carrozzone fin troppo grande per lei e tornò alla testa della fila.
Il Re aveva curato personalmente ogni minimo dettaglio di quel viaggio che si sarebbe concluso qualche settimana più tardi a York, predisposto ogni cosa affinchè la sua Regina viaggiasse con ogni comodità: nel suo stato interessante Anne si stancava facilmente, e la marcia era stata più lunga del previsto, i soldati che li scortavano si erano dovuti fermare più volte per permettere alla giovane di sgranchire le gambe o semplicemente prendere una boccata d'aria fresca.
Si era sentita viziata come una bambina, – quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno l’aveva viziata in quel modo, che si era sentita così? Anni probabilmente, all’epoca in cui suo padre era ancora vivo, lord del nord, i Neville una delle famiglie più potenti del regno, se non la più potente e invidiata di tutte. – eppure neanche quel costante interessamento delle sue condizioni da parte del marito erano riuscite a scacciare dalla sua mente il dubbio che Richard lo stesse facendo non per lei ma per il bambino che portava in grembo, per quello che, sperava, sarebbe stato l’erede al trono.



La lettiga si fermò di colpo, il rumore degli zoccoli dei cavalli cessò, e attraverso le tende semitrasparenti Anne vide che avevano varcato l’imponente cancello del castello ed erano entrati nel luminoso cortile interno.
Pochi istanti dopo lo sportellino ligneo alla sua destra si aprì e Richard le tese una mano e l’aiutò ad uscire, scendere i pochi gradini che la separavano da lui, dal terriccio che si diramava per tutto il perimetro, causa della polvere rossastra alzatasi poco prima con l’ingresso dei cavalli.
“Venite, mia cara, c’è qualcuno che vi sta aspettando con impazienza.” Le disse Richard, portando la sua mano attorno al suo braccio desto, incamminandosi con lei al suo fianco verso il semplice chiostro di pietra sotto il quale la Contessa li stava aspettando.
Con lei, alla sue spalle, c’era una donna robusta dal viso gentile: era la balia del castello e tra le sue forti braccia teneva una bambina dai capelli color cioccolato di poco più di due anni, la figlia del defunto Duca di Clarence e di sua moglie Isabel.


“Vostre Maestà! – la Contessa rivolse loro una perfetta riverenza, abbozzò un sorriso frettoloso in direzione della figlia – Vi stavamo aspettando con impazienza.”
“Madre. – Anne lasciò il braccio del marito e abbracciò la madre senza preoccuparsi dell’etichetta – E’ bello rivedervi dopo tutti questi mesi: la vostra assenza durante le festività pasquali si è sentita.”
Anne spostò l’attenzione dalla madre alla bambina ancora in braccio alla balia: “Cielo, non ditemi che questa è mia nipote Margaret?”
“Proprio lei, mia cara figlia: è cresciuta moltissimo in questo anno, cresce a vista d’occhio ogni giorno che passa.”
“E’ bellissima, ha gli stessi capelli scuri di Isabel. – notò la ragazza, allungando una mano verso la bambina che, curiosa, iniziò ad analizzarla – Tu non hai ricordi di me, piccola Margaret, ma io sì: sono tua zia Anne, la Regina.”
Margaret la guardò con un cipiglio corrucciato, perplessa, e fece del suo meglio per borbottare qualche parola di cortesia che la balia aveva tentato di insegnarle nonostante i suoi due anni, non ottenendo grandi risultati.
“Una bambina degna del suo rango, il suo sforzo è ammirevole, - intervenne Richard, nuovamente al fianco di Anne – e anche se i colori sono quelli della madre il cipiglio è senza dubbio quello di suo padre, di mio fratello George.”
Ci fu una nota malinconica e vagamente triste nella voce di Richard, e a quella osservazione seguirono alcuni istanti di silenzio, un silenzio a tratti imbarazzante e nervoso.
Raramente Richard parlava del defunto fratello che lui stesso aveva messo a morte, tantomeno pronunciava ad alta voce il suo nome. Quella, in effetti, era la prima volta che pronunciava il suo nome da mesi e mesi.

“Sarete sicuramente stanchi per il lungo viaggio, - fu la Contessa a parlare per prima, rompere quello strano silenzio - specialmente voi, mia cara Anne: ho disposto alle mie dame di prepararvi un bagno caldo. Venite, vi conduco alle vostre camere, dove potrete trovare riposo e cambiarvi.”
“Mia sorella non verrà a salutarci?” chiese Anne, non vedendo la maggiore da nessuna parte nel cortile.
“Isabel è indisposta, probabilmente ci raggiungerà per cena, di sicuro si unirà a noi per il pranzo di domani. – informò la Contessa con poca convinzione – Porge a Sua Maestà e a voi, la sua cara sorella, i suoi più sinceri saluti e mi ha affidato il compito di accogliervi e accompagnarvi ai vostri alloggi.”
“Spero non sia nulla di grave, - disse Richard, scambiandosi un’occhiata con la Contessa, uno sguardo che lasciava poche letture: lui sapeva, sapeva che l’indisposizione era una menzogna, che altre erano le ragioni che avevano spinto Isabel a rimanere nelle sue stanze – che la Duchessa si riprenda quanto prima e possa unirsi a noi.”
Anne Beauchamp sorrise nervosamente, annuì e distolse lo sguardo: “Non abbiate timore, Maestà, mi assicurerò io stessa che mia figlia prenda parte al pranzo in vostro onore, la posizione che compete ad una Duchessa.”
“Sì, lo so. – baciò la mano della Contessa prima di congedarsi, successivamente baciò la guancia della moglie – Verrò nelle vostre stanze non appena mi sarò cambiato, ma belle, nel mentre rilassatevi e riposatevi.”
“In questo caso vi aspetterò con impazienza. – rispose lei, a cui non era sfuggito il messaggio implicito nelle parole di Richard: avrebbero parlato una volta rimasti soli, e Anne sapeva perfettamente di chi avrebbero parlato – A più tardi, mio caro.”
 
 

**
 

“Lasciateci!” ordinò Richard alle dame, accompagnando quell’ordine con un gesto della mano altrettanto solenne.
Anne era ancora nella vasca da bagno di rame quando il sovrano entrò nella sua stanza, l’acqua ancora piacevolmente tiepida al suo interno, e vedendolo entrare non si scompose più di tanto. Quella non era la prima volta che Richard entrava nelle sue stanze mentre lei si faceva il bagno, tantomeno sarebbe stata l’ultima, e nel vedere le sue dame uscire di fretta e furia sorrise divertita.
“Sempre così rude, mio caro, - lo rimproverò Anne, continuando a sorridere – alle volte penso che vi diverta terrorizzare le mie dame.”
“Solo un pochino. - confessò lui, inginocchiandosi sui cuscini posati sul pavimento e baciandola dopo essersi sporto verso di lei – Vi sentite meglio, più rilassata?”
“Rilassata sicuramente: non mi concedevo un bagno caldo da quando abbiamo lasciato Londra una settimana fa; voi, invece, avete fatto in fretta.”
“Non sono uno che ama passare troppo tempo nella vasca da bagno, non quando sono da solo… - le disse, sorridendo sornione, posando una mano sul ventre di lei coperto dalla veste bagnata che Anne aveva indosso – Nostro figlio vi tiene ancora sveglia di notte?”
“Sempre. Non fa altro che muoversi, e credo che sarò costretta a chiedere a suo padre di fargli un discorso, o almeno passare la notte con me. Sapete, ho la sensazione che adori la vostra voce, che la vostra presenza lo faccia calmare.”
“Sicura che sia un maschio e non una femmina? – chiese lui, continuando a tenere la mano sul ventre – Non mi dispiacerebbe avere una femmina.”
“E’ un maschio. – rispose Anne, sicura – E’ il nostro Edward, di questo ne sono certa, non ho dubbi.”
Un altro bacio, dolce come il primo, seguito da uno sguardo complice e dalla quiete che avvolse la stanza.

“Dobbiamo parlare di vostra sorella, Anne – riprese Richard, deciso ad affrontare quel discorso non semplice, un discorso che avrebbe voluto evitare ma al quale non poteva sottrarsi – dobbiamo parlare di Isabel.”
“Sì, lo so…”
“Non posso più tollerare questi oltraggi, la mancanza di rispetto che continua a mostrare non solo verso di me ma anche verso di voi, nostro figlio. Non posso tollerarlo più, non più…”
“E cosa proponete, Richard?” chiese, temendo la risposta.
“Isabel ha bisogno che qualcuno la tenga in riga, che le ricordi la sua posizione, e se neanche vostra madre ci è riuscita allora sarà un marito a farlo.”
“Matrimonio? – Anne si mise a sedere, lo guardò sbigottita, shoccata – Richard, non pensate di essere troppo drastico? E poi sappiamo entrambi che Isabel non si risposerà mai, che ancora adesso soffre per la perdita del suo amato marito, di vostro fratello.”
“Sono stato paziente, Anne, per un anno sono stato paziente ed ho fatto finta di non vedere: di non vedere i continui affronti, il suo rifiutare ogni convocazione a corte, la sua testardaggine e il suo disprezzo verso di me, il suo Re, un disprezzo che ho saputo non si è preoccupata di celare ai suoi ospiti, a chiunque passasse dal castello per porgere i proprio omaggi a lei e alla Contessa vostra madre.”
“Capisco ciò che state dicendo, e non vi biasimo, ma Richard un matrimonio… - Anne conosceva Isabel, nonostante la sua apparente pacatezza sapeva quanto potesse essere cocciuta, testarda – Isabel vi odierebbe ancor più profondamente, questa forzatura le darebbe ulteriori ragioni per disprezzarvi, disprezzare entrambi.”
Posò una mano sulla spalla del marito, sul suo farsetto: “Permettetemi di parlare con lei, di farla ragionare, datemi qualche giorno di tempo.”
“Uno solo, Anne, solo uno. Domani sera vorrò la sua risposta. – baciò la sottile mano della moglie, notò la pelle raggrinzita e, preso un telo, si alzò e la invitò ad uscire dalla vasca. – La vostra pelle si sta rovinando, l’acqua è diventata fredda, ed è meglio che usciate prima di prendervi un malanno.”
L’aiutò ad uscire e l’avvolse nel morbido telo: “Ecco, così, brava. Meglio?”
Aye, molto meglio. – abbozzò un sorriso, si strinse nel suo abbraccio caldo, accogliente – Farò quanto è in mio potere per far ragionare mia sorella, mio caro, per farle capire che non siamo il nemico come lei pensa.”
“So che lo farete, ma belle, e spero anche che riusciate nel vostro intento. In caso contrario, penserò io a risolvere la situazione, e lo farò a modo mio.”

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Capitolo 15
*** 15. ***








 

Anne si recò di prima mattina presso l’Abazia di Tewkesbury per rendere omaggio al suo defunto primo marito.
Richard l’aveva accompagnata ma, a differenza della moglie, aveva preferito non entrare e aspettare nel cortile interno: troppi ricordi erano legati a quel posto, ricordi dolorosi per entrambi, e se Anne in quell’anno era riuscita a fare pace con i suoi fantasmi per lui non fu la stessa cosa.
Il giovane Re aveva sempre saputo di aver agito per il meglio, di avere preso decisioni non facili per il bene del regno, eppure ancora non si dava pace per quello che aveva fatto: aveva messo a morte suo fratello, il sangue del suo sangue, il bambino che era stato con cui aveva condiviso l’esilio in giovane età, lo stesso fratello che riposava in quella stessa chiesa che si ergeva imponente alle sue spalle.
“Mi dispiace, George, perdonami.” Sussurrò impercettibilmente, guardando con la coda dell’occhio il portone bronzeo della chiesa, sperando che lui potesse sentirlo e concedergli il suo perdono.

Anne percorse con passo lento e calmo la navata centrale della chiesa fino a raggiungere il suo centro, l’incisione di ottone posta sul pavimento, sotto la quale Edouard riposava in pace.
Lei stessa aveva dato ordini ai monaci, un anno prima, di seppellire il giovane con tutti gli onori, dire messe in suo onore, e creare una targa in sua memoria.
Con non poca fatica – il suo ventre rendeva difficile anche i piccoli movimenti – si inginocchiò davanti ad essa e, posata la mano sulla superficie fredda, lesse a mente le poche parole incise:


Qui giace Edward, Principe del Galles,
L’unica luce di sua Madre,
Ultima speranza della sua stirpe
.”


“Mi dispiace che sia andata a finire così, mio caro, mi dispiace che abbiate incontrato la morte così giovane. – sussurrò e posò una rosa rossa, uno degli emblemi della sua casata, sulla lapide – Eravate un bravo ragazzo, siete sempre stato dolce e comprensivo con me, e vi ricorderò sempre nelle mie preghiere.”
Sospirò malinconicamente, si accarezzò il ventre, e tornò a guardare l’incisione: “Vi prego non siate adirato con me per quello che ho fatto, per aver sposato Richard, per portare in grembo suo figlio, un figlio che avrebbe potuto essere nostro, ma siate felice per me: lui è stato il mio primo amore, l’ho amato non appena ho capito cosa l’amore fosse, e credo… - tentennò – E’ probabile che stia imparando nuovamente ad amarlo, ad amarlo sinceramente, nonostante tutto.”
Alzò lo sguardo verso l’altare maggiore, verso il luogo in cui era seppellito George di Clarence, il fratello che Richard aveva messo a morte: Anne sapeva che Richard era stato costretto a fare cose di cui non andava fiero, prendere decisioni difficili e dolorose, e se in un primo momento l’aveva odiato e allontanato il più possibile da lei adesso lo capiva ed era intenzionata a stargli accanto, condividere con lui le sue preoccupazioni, i suoi fardelli.
“Addio, mio caro, - concluse poco prima di rimettersi in piedi – possiate riposare in pace e ricongiungervi in Paradiso con coloro che avete amato.”



Dickon…”
Richard si girò di scatto udendo il suo nome, il nomignolo che i suoi fratelli usavano per chiamarlo in modo affettuoso, lo stesso che un tempo aveva usato anche Anne.
Anne: la giovane in quel momento le parve più piccola della sua età, dei suoi diciassette anni, e il suo viso arrossato e le sue guance rigate da lacrime silenziose furono capaci di stringergli il cuore.
Si precipitò da lei e, circondato il suo corpo con entrambe le braccia, la strinse forte e la baciò dolcemente.
“Amore, state bene? – le chiese, asciugandole le lacrime con i polpastrelli dei pollici, incontrando i suoi occhi azzurri. – Perdonatemi, non avrei dovuto lasciarvi entrare da sola, io…”
“Sto bene, mio caro, non preoccupatevi. Le emozioni sono state tante, questo luogo è pieno di ricordi dolorosi, e il mio stato non ha aiutato.”
Richard annuì, comprensivo, si scambiò con lei uno sguardo d’intesa e decise che fosse meglio cambiare argomento e lasciare il passato al passato:
“Non mi chiamavate in quel modo da anni, oramai, da quando ci siamo visti per l’ultima volta a Middleham: - fece notare, mentre mano nella mano si incamminavano verso il cancello esterno della chiesa, verso i cavalli che li stavano aspettando – cosa vi ha spinto a farlo?”
“Non saprei. Mi sono resa conto di quanto mi sia mancato chiamarvi in quel modo, con quel nomignolo tanto caro a voi, solo quando l’ho pronunciato dopo quasi tre anni; è uscito dalle mie labbra naturalmente, come se fosse stato sempre là, pronto per essere udito. – si alzò in punta di piedi e gli baciò una guancia – Grazie per avermi accompagnato, per avermi aspettato e concesso del tempo per dire addio, per essere sempre così comprensivo con me. So quanto vi sia costato, so che è stato doloroso per voi quanto lo è stato per me tornare qui, ricordare ciò che non si vorrebbe, e per questo vi ringrazio, ve ne sarò per sempre riconoscente.”
“Farei qualsiasi cosa per voi, ma belle, tutto per alleviare il dolore che avete provato negli anni trascorsi e rendervi finalmente felice. – concluse lui, baciandole prima le mani, poi nuovamente le labbra – Venite, torniamo al castello, da vostra madre e dai nostri ospiti: ci aspetta un ricco banchetto e ho sentito dire che un menestrello dalla voce celestiale sia giunto dal Galles per porgere i suoi omaggi e allietarci con la sua musica.”
“Un menestrello? – gli occhi di Anne si illuminarono, la sua passione per i menestrelli e le loro canzoni era nota, e Richard lo sapeva bene – Oh, mio caro, mi sembra una notizia meravigliosa!”
 
 
**
 
 
Le note del liuto di Sigfried – questo il nome del menestrello – allietarono la sala grande gremita di Lord e Lady, la sua voce soave cantò una canzone scritta in onore dei due sovrani, i quali l’ascoltarono piacevolmente colpiti.
Anne fu catturata dal giovane menestrello che portava il nome dell’eroe epico, un menestrello discendente a suo dire dalla stirpe nordica, e quando la canzone finì fu la prima a battere energicamente le mani e fargli dono di una moneta d’oro.
Richard la osservò con la coda dell’occhio, l’Anne al suo fianco sembrava essere tornata quella di una volta, la bambina spensierata, e non avrebbe potuto esserne più felice.
Neanche l’atteggiamento freddo e scostante di Isabel avrebbe potuto infastidirlo in quel momento, niente potrà rovinarlo e impedirgli di conservarlo per sempre nella sua mente, e immediatamente ordina al ragazzo di cantare una nuova canzone.
Molti erano gli amici giunti a porgere i loro omaggi, tra questi Dick Ratcliff, appena nominato Conte di Devon e Cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera, Thomas Howard e il suo amico d’infanzia Robert Percy di Scotton, con il quale non si vedeva dal tempo della sua incoronazione.
Quest’ultimo, infatti, aveva subito una grave lutto, la morte della giovane moglie Eleanor avvenuta durante il parto, dalla quale aveva avuto un figlio maschio chiamato anche lui Robert.
Ed era proprio lui che Richard aveva in mente come partito per Isabel, non solo per l’amicizia che aveva legato tutti loro durante l’infanzia, – anche lui, come Richard e Francis Lovell era stato istruito all’arte del combattimento e non solo presso il Castello di Middleham, dalla famiglia Neville – ma anche per l’impeccabile reputazione che lo precedeva.
Robert non avrebbe rifiutato la proposta, tantomeno un ordine del suo amico e sovrano, fatto del suo meglio per rendere felice la bella ma fredda Isabel.

“Credo che mi ritirerò, mio caro. – disse Anne, sporgendosi verso di lui, destandolo dai suoi pensieri – Credo che sia arrivato il momento per me di parlare con mia sorella.”
Aye, certo. Solo non agitatevi, siate cauta in quello che dite, e non permettetele di intimorirvi: lei sarà anche la maggiore, ma adesso voi siete la Regina, e siete voi che avete l’ultima parola.”
“Me lo ricorderò, Richard, non temete. Spero solo che Isabel sia incline ad ascoltare, che non mi allontani ancor di più da lei, che capisca e comprenda che ci tengo a lei e che nessuno di noi due è il nemico. Spero, Richard, che da qualche parte nel suo cuore ci sia ancora il perdono, la compassione, la carità cristiana che nostra madre ci ha insegnato. – sospirò profondamente – Spero  sia ancora la mia Isabel, la mia amata sorella, e non l’estranea che temo sia diventata.”

 

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Capitolo 16
*** 16. ***










Salire le scale che conducevano alle stanze private di Isabel non fu facile, ogni gradino fu per lei una fatica, una prova da superare.
Anne aveva lasciato il festoso banchetto subito dopo la sorella maggiore, decisa ad affrontarla una volta per tutte, ad avere con lei il confronto che aveva rimandato per troppo tempo.
Il loro primo incontro dopo mesi era stato freddo, calcolato, nella voce di Isabel non vi era stato alcun calore; nessuna emozione era trapelata in quelle parole di rito, frasi di circostanza, e per tutta la serata la Duchessa di Clarence si era tenuta ben lontana dal ligneo tavolo riservato ai due giovani sovrani.
Arrivò davanti la porta della stanza da letto della sorella con un leggero fiatone – la pancia era diventata troppo grande per lei, per la sua costituzione minuta e fragile, per consentirle liberi movimenti – e preso un respiro profondo bussò un paio di volte in attesa di essere invitata ad entrare.

Isabel Neville stava cullando tra le sua braccia la sua unica figlia, Margaret, quando sentì qualcuno bussare alla porta.
Certa che fossa Maude, la balia della piccola venuta per riportare quest’ultima nella sua nursery, la invitò ad entrare, rimanendo successivamente colpita nello scoprire che la donna ferma sulla soglia della sua stanza non fosse quella che aveva creduto ma niente di meno che sua sorella minore Anne, la Regina.

“Maestà! – esclamò Isabel, alzandosi di scatto dalla sedia e facendo una riverenza – Cosa vi porta qui?”
Maestà? – chiese retorica la minore, stupita negativamente da quella freddezza, dal modo in cui sua sorella si era rivolta a lei – Izzy, siamo solo io e te in questo momento, non c’è alcun motivo di usare certi appellativi altisonanti.”
Isabel non disse nulla: chiamò con voce alta la balia – la donna si precipitò nella stanza dopo pochi istanti -  affinchè prendesse la piccola e la portasse via, consentendole così di restare davvero sola con sua sorella e poter parlare liberamente.
“E’ una bellissima bambina, Isabel, è cresciuta tantissimo dall’ultima volta che l’ho vista a Londra: devi esserne orgogliosa.”
Aye, lo sono. Margaret è l’unica gioia della mia vita, anche se alle volte il solo guardarla rende tutto più triste, la sua somiglianza con il mio George riporta alla mente ricordi dolorosi. – confessò pacata la giovane – Presto diventerai madre anche tu, Anne, e capirai quello che intendo…”
Lasciò la frase in sospeso e poi concluse: “Anche se il tuo bambino, a differenza della mia, avrà un padre nella sua vita.”
“Isabel… - Anne aveva capito dal primo momento che il rancore e il dolore erano ancora fortemente presenti nell’animo di sua sorella, ma aveva sperato inutilmente in qualche istante sereno con la maggiore, minuti per ritrovare il loro legame perduto e ricordare i vecchi tempi. – Quello che è successo a George è stato difficile per tutti da affrontare, ma Richard non ha avuto altra scelta, ha dovuto fare quello che andava fatto per il bene del regno e…”
“Così adesso lo difendi? – chiese lei con sdegno, sorridendo algida – Ma certo che lo difendi, dopo tutto è tuo marito, il tuo sovrano, il padre del figlio che cresce nel tuo ventre.”
“Dimmi, Anne, - continuò – com’è essere Regina? Avere il potere nelle tue mani, tutto il popolo ai tuoi piedi, deve essere una sensazione unica. Poco importa quello che il tuo amato sovrano ha fatto, le persone che ha ucciso; sono bastate delle parole dolci, un paio di scuse frettolose, e tutto è stato dimenticato: io, George, il tuo defunto marito, la tua famiglia. Tutto dimenticato per una corona e per il potere.”
“Se pensi che sia stato facile per me andare avanti, accettare la proposta di matrimonio di Richard, una vita insieme a lui, allora ti sbagli: per mesi la nostra unione è stata un incubo, una serie continua di accuse spregevoli da parte mia, parole velenose che non meritava. – confessò Anne guardando la sorella negli occhi – Ma poi ho capito che Richard è una vittima tanto quanto noi: ha dovuto accettare una corona troppo pesante per i suoi diciannove anni, prendere decisioni che ancora lo tormentano, e tutto per il bene del regno, una pace che vale molto più di me, di te, o di una corona posta sul capo.”
“Così hai infranto la promessa che mi hai fatto: lo hai perdonato per i crimini commessi e farlo non è stato poi così difficile. – disse amara Isabel – Dio, ti credevo cresciuta, pensavo che l’esilio prima e il matrimonio con Edouard poi ti avessero cambiato, invece sei ancora la solita sciocca ragazzina di sempre.”
“Sei crudele,Isabel, sai benissimo quanto io abbia sofferto per la morte di Edouard e per quella di nostro padre, quanto rancore ho covato nei confronti di Richard e…”
“Eppure farlo entrare nel tuo letto è stato un gioco da ragazzi, trasformarti nella sua fedele e amabile moglie uno scherzo, ma dopo tutto cosa ci si può aspettare da uno che ha come consiglieri i Woodville? Dimmi, è vero che tu e quella donna siete diventate amiche, che adesso è lei quella che ti bisbiglia nell’orecchio e ti consiglia?”
“Io…” Anne boccheggiò, non sapeva cosa rispondere a quelle accuse, confermarle avrebbe reso Isabel ancora più collerica.
“Io cosa, Annie? – Isabel scosse la testa – Gesù, se questa è tutta la forza e la tempra di cui disponi non c’è da stupirsi che la Woodville abbia tanto potere su di te, o peggio che Richard sia riuscito a domarti e a metterti incinta con una tale facilità. Ma, dopo tutto, il fascino dei Plantageneti è noto, così come la tua tendenza a struggerti facilmente per lui, e Richard sicuramente ha faticato ben poco prima di farti cadere nuovamente tra le sue braccia e condurti nel suo letto come una qualsiasi meretrice.”
“Perché sei così cattiva, Isabel, perché hai tanto odio nei miei confronti?” chiese con voce tremante Anne, gli occhi velati dalle lacrime, profondamente ferita dalle crudeli parole della sorella.
“Perché tu hai sposato l’uomo che più odio al mondo, mi hai voltato le spalle, hai ciò che spettava a me, che sarebbe dovuto essere mio, – un marito, il primo di molti figli, ma soprattutto la corona che nostro padre aveva promesso a me e a Gorge, al legittimo erede degli York – e questo non posso sopportarlo! Non posso, Anne, mi dispiace!”
“Così è questa la verità: mi odi, odi tutti noi?”
Isabel ebbe un esitazione – non odiava sua sorella, non per davvero, ma ciò che aveva fatto era imperdonabile – ma alla fine disse: “Ti odio per quello che hai fatto, sì, per aver scelto lui invece che me.”
“E cosa avrei dovuto fare, Isabel? Cosa avrei potuto fare?” chiese con rabbia Anne, stringendo a pugno le mani fino a farsi sbiancare le nocche.
“Avresti potuto rifiutare, prendere il velo, tutto eccetto sposare quell’ignobile fratricida!”


“ADESSO BASTA!” urlò una terza voce ben nota ad entrambe, l’ombra dell’uomo dagli occhi furenti rimasto fino a quel momento ad ascoltare dall’altra parte, spalancando bruscamente la pesante porta.
“Non vi permetterò di dire altro, di screditare così il nome di vostra sorella, di mia moglie, di continuare con le vostre cattiverie. – disse severo e furente – Avete già fatto abbastanza, l’avete praticamente ridotta in lacrime, e non vi permetterò di farla agitare ancora di più, di stressarsi nella sua delicata posizione.”
“Siete preoccupato per lei, Maestà, o solo per l’erede che porta in grembo?” chiese con tono di sfida Isabel, affatto intimorita da Richard.
“Entrambi, Duchessa, la mia preoccupazione va ad entrambi. – rispose piccato – Vostra sorella è la mia amata moglie e Regina come ben sapete, e dentro al suo ventre cresce nostro figlio, un figlio che non vi permetterò di mettere in pericolo.”
Si avvicinò ad Anne e cinse il suo corpo con un braccio, le baciò il capo, e le chiese premuroso: “State bene, mia cara?”
Anne annuì in risposta, stringendosi a sua volta a lui, e Richard tornò a prestare attenzione alla vedova di suo fratello: “Sapevo che mi odiavate per quello che ho fatto a George, sapevo che questa visita sarebbe stato difficile, ma questo… - scosse la testa – Portare tanto rancore verso vostra sorella, il vostro stesso sangue, e qualcosa di cui dovreste vergognarvi!”
“Lei ha preso la decisione più saggia, – continuò – quella migliore per sé stessa, per mantenere una posizione a corte e riscattare il buon nome dei Neville; lo ha fatto perché sapeva che l’avrei tenuta al sicuro e resa felice come meglio avrei potuto, che sposandomi avrebbe esaudito il desiderio di vostro padre, e se pensate che mi abbia fatto sconti allora vi sbagliate!
Anne non è stata affatto gentile con me, con il mio passato e le mie azioni, non si è fatta intimorire ma alla fine ha capito: ha capito che non sono io il nemico, che quando indossi la corona ci sono cose che sei costretto a fare nonostante tu sia il Re, e che di molte di queste mi vergogno.
Non mi aspetto che mi crediate, Isabel, non mi aspetto un perdono, tantomeno mi aspetto che crediate ai miei buoni propositi, quando dico che amo sinceramente vostra sorella e voglio solo renderla felice.”
“E lei, Maestà, lei vi ama come voi amate lei?”
Richard si scambiò uno sguardo con Anne, la quale abbozzò un sorriso fugace, e poi rispose: “Un tempo mi ha amato, e con il tempo tornerà ad amarmi profondamente, come io la amo.”
“Ma queste non sono questioni che vi riguardano, - continuò piccato – piuttosto dovreste iniziare a pensare al vostro di matrimonio: presto vi risposerete ed ho già designato il lord che vi prenderà in sposa.”
“Cosa? – la singola parola uscì strozzata dalle labbra di Isabel, i suoi occhi verdi si sgranarono, la sua bocca si spalancò – Con quale diritto avete disposto un tale accordo, con quale diritto?”
“Con il diritto di vostro tutore, Milady, diritto che il consiglio mi ha dato quando ho deciso di farvi lasciare la Torre e tornare a Tewkesbury. – rivelò lui, che fino a quel momento aveva tenuto la questione ben nascosta – Pensavate davvero che avrei lasciato voi, la vedova di un traditore, libera di disporre della vostra vita? Specialmente dopo le voci che mi sono arrivate?”
“Voi… voi non potete farlo, non potete! Io sono la Duchessa di Clarence!”
Aye, lo siete, e io sono il Re d’Inghilterra e posso togliervi questo stato che tanto amate con estrema facilità. – sottolineò – Quindi adesso siete voi, mia cara sorella, a dover decidere: matrimonio o prendere il velo? Dopo tutto nella vicina Abbazia c’è un ordine di suore, e sono sicura che saranno più che orgogliose di avervi come sorella, magari anche come loro Badessa.”
“Annie… - Isabel si rivolse alla sorella, ma quest’ultima mantenne lo sguardo basso e non le prestò attenzione – Anne, ti prego, dì qualcosa!”
“Mi dispiace, Isabel, ma non posso aiutarti. Ti sei cacciata in questa situazione da sola e Richard ha ragione. – prese la mano del ragazzo e la strinse con la sua – Lui è il Re, mio marito, e io devo rispettare le sue decisioni.”
“Partiremo alla volta di York tra due giorni, nel frattempo vi consiglio di rivedere le vostre priorità, Duchessa. – avvertì Richard poco prima di lasciare la stanza insieme a Anne. – Venite, mia cara, andiamo.”
Anne annuì stringendosi ancor di più al braccio di Richard e, prima di lasciare la stanza come lui aveva ordinato, lanciò un’ultimo sguardo con la coda dell’occhio in direzione di sua sorella e sospirò tristemente.


 
**


Più tardi, stesi nel letto a baldacchino, abbracciati l’uno all’altro, entrambi continuarono a pensare e ripensare a quello che era accaduto, alle parole scambiate durante la spiacevole conversazione con Isabel.
Anne non trovava pace, tantomeno sonno, e stava cercando in tutti i modi di combattere le lacrime di disperazione che stavano cercando una via per uscire e calmarsi per il bene suo e del bambino che portava in grembo.
“Mi dispiace per quello che è successo stasera, ma belle, mi dispiace che tua abbia dovuto sopportare tanta cattiveria.”
“Perché non mi avete detto che siete stato nominato suo protettore? – chiese lei alzando il capo – Perché lo avete tenuto nascosto?”
“Speravo che vostra sorella riuscisse a calmare il suo animo, superare il dolore e il lutto, e vivere una vita tranquilla a Tewkesbury con vostra madre. Purtroppo mi sono sbagliato, e ora sono costretto a prendere in mano la situazione, usare questo potere che avrei preferito non usare mai.”
“Come può odiarmi così tanto?” chiese Anne, forse più a se stessa che a Richard.
“Non vi odia, mia amata, non per davvero: lei odia me, quello che ho fatto alla sua famiglia, e sapere che voi avete scelto me piuttosto che lei le ha fatto dire parole che non pensava.”
“E allora perché mi sento così? – chiese alzando lo sguardo – Perché mi sembra di aver perso la mia unica sorella?”
Finalmente le lacrime tanto a lungo trattenute uscirono copiose, rigando le guance della bella Anne, e prontamente Richard la strinse più forte a lui e iniziò a cullarla come fosse una bambina.
“Va tutto bene, amore, va tutto bene. – le sussurrò all’orecchio – Sfogati, piangi, stringiti a me: domani andrà meglio e presto saremo a York, a Middleham, e quando torneremo a Londra stringerai tra le braccia il nostro Edward e tutto sarà dimenticato.”
Le baciò il capo, continuò a cullarla dolcemente, a lenire il suo dolore come meglio poteva. Anne continuò a singhiozzare per un tempo indefinito, disperata, e solo quando fu completamente stremata e sopraffatta dalla stanchezza riuscì a contenere il pianto e addormentarsi tra le forti e rassicuranti braccia di Richard.
“Mi dispiace, ma belle, - le sussurrò una volta che si fu addormentata – mi dispiace d’averti recato nuovamente dolore. Perdonami.”



 
*


Angolo Autrice: Quanto #mainagioia con questi Plantageneti. Spero non ci siate rimasti troppo male per l'atteggiamento di Isabel, tantomeno che la consideriate una str*nza, ma a modo suo anche lei soffre moltissimo.
Il prossimo dovrebbe essere più allegro, prevedo finalmente la nascita del figlio di Richard e Anne, e.... nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante il dramma e il ritardo nell'aggiornamento.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 17
*** 17. ***











Partirono alla volta di York due giorni dopo, come prestabilito, e al loro seguito si aggiunse inaspettatamente anche la Contessa di Warwick.
La donna aveva espresso il desiderio di tornare per qualche giorno a Middleham, destinazione ultima della coppia reale, al castello un tempo appartenuto alla famiglia Neville e ora abitato da Francis Lovell, fedele amico del Re, a cui era stato concesso quel pezzo di terra affinché lo gestisse in vece della Corona, vera possidente del suddetto castello.
Richard aveva accolto con piacere la richiesta della madre acquisita, sapeva che per Anne avere qualcuno della sua famiglia al suo fianco era importante, specialmente dopo quello che era accaduto con Isabel e in vista della nascita del loro primo figlio.
Sperò, inoltre, che la donna tornasse a Londra con loro per stare accanto alla minore delle figlie durante il parto, in modo da dare sicurezza ad Anne e supportarla durante quel momento così delicato della sua giovane vita.

Si fermarono solo cinque giorni a York, due in meno di quelli inizialmente previsti, e lentamente continuarono il viaggio verso nord.
Anne e sua madre viaggiavano in una lettiga, e questo rallentava considerevolmente il viaggio, ma fortunatamente il tempo sembrava essere dalla loro parte e non ci furono problemi ad arrivare sani e salvi a Middleham.

“Mia cara, - chiamò Richard, accostandosi alla lettiga, attirando l’attenzione di Anne – siamo quasi arrivati. Il castello è all’orizzonte, in meno di un’ora prevedo che voi e vostra madre potrete finalmente sgranchirvi le gambe.”
“Siamo arrivati, davvero? – negli occhi e nella voce di Anne trapelò una forte emozione e sul suo viso apparve un grande sorriso – Oh, Richard, non potrei cavalcare con voi? Mi sono mancati così tanto i paesaggi del nord.”
“Figliola, nella vostra condizione è pericoloso cavalcare, potrebbe provocarvi un travaglio non desiderato.”
“Vostra madre ha ragione: – concordò Richard, ringraziando mentalmente la prudenza e la saggezza della donna, ben sapendo che la giovane moglie non avrebbe mai messo in discussione i suoi consigli – Non è saggio cavalcare nelle vostre condizioni.”
Anne abbassò il capo, increspò le labbra come sempre faceva quando era costretta a fare qualcosa contro la sua volontà, ma alla fine annuì: “Aye, avete ragione: il bambino e la sua salute vengono prima, non posso essere egoista.”
“Molto bene. Vogliate scusarmi, mie signore, ma da quello che vedo il mio vecchio amico Lovell ci sta venendo incontro per porgere i suoi rispetti e scortarci fino al castello ed è bene che io vada a salutarlo.
Di sicuro avrà preparato un grande banchetto in nostro onore, giornate di feste, forse anche una caccia con il falco e se siamo fortunati avrà chiamato alla sua corte i migliori menestrelli della zona.”
Si scambiò un ultimo sorriso complice con Anne – non aveva nominato i menestrelli per caso, sapeva quanto Anne avesse bisogno di svago e di divertimento dopo la permanenza a Tewkesbury che tanto l’aveva provata, e sperò che Lovell avesse ricevuto la sua lettera in cui annunciava il suo arrivo e dava disposizione di assumere i migliori guitti e menestrelli per compiacere la sua amata Regina – e spronato il cavallo tornò alla testa della fila.


 
**



I giorni che vennero furono allegri, festosi, pieni di momenti indimenticabili.
Anne trovò a Middleham i ricordi della sua infanzia, grazie ai suoi vecchi amici riuscì persino a dimenticare le tensioni e la furiosa discussione con sua sorella Isabel, e avere Richard al suo fianco rendeva tutto più speciale.
Non era ancora giunta l’alba quando quella mattina Anne spalancò gli occhi, percependo il bambino che portava nel suo ampio grembo scalciare, e non riuscendo a riprendere sonno e a far calmare l’irrequieto figlio decise di alzarsi per non far destare dal suo profondo sonno Richard e camminare inosservata e indisturbata per i corridoi immersi nella penombra del castello.
Vagò per svariati minuti, senza neanche accorgersene i suoi passi la condussero in quella che un tempo era stata la sua stanza, la nursery che aveva occupato fino all’età di cinque anni.
Sorrise, tornando indietro nel tempo, ricordando memorie sbiadite: aveva posato per la prima volta i suoi occhi chiari e curiosi su Richard proprio in quella stanza, attraverso i vetri della finestra, mentre fuori stava per imperversare un temporale.
Era solo una bambina di tre anni all’epoca, non aveva quasi memoria di quel giorno, ma ricordava vividi il rumore degli zoccoli dei cavalli, tutta quella gente che entrava spedita nel cortile del castello di suo padre, e lo sguardo timido e l’aria spaesata del minore dei figli del Duca di York.
Lei era a letto, reduce da una brutta influenza che aveva fatto temere a tutti il peggio, e Richard era giunto con il resto della famiglia per motivi che aveva dimenticato.
All’epoca entrambi i loro padri erano ancora vivi, tutti sembravano felici, pieni di speranze del futuro: poi venne Ludlow, la strage di Sandal Castle, e niente fu come prima.
Sospirò, tornando al presente, e sorrise malinconicamente notando i segni accanto alla suddetta finestra, segni che erano rimasti intatti e testimoniavano la crescita di ogni bambino che aveva occupato quella stanza sin dai tempi di suo nonno Richard.
Una parte di lei avrebbe voluto crescere i suoi figli a Middleham, crescere il bambino che portava in grembo in quella stanza e tra quei corridoi, ma gli eventi avevano preso una piega inaspettata e ora che era divenuta Regina i suoi figli sarebbero cresciuti molto lontano dal nord.
Se fosse stato un maschio, l’Edward in cui speravano, sarebbe cresciuto a Ludlow come ogni principe del Galles e avrebbe conosciuto la dimora dei suoi avi solo attraverso le storie che lei gli avrebbe raccontato.

“Mia cara, state bene?” chiese con voce pacata Richard, entrando nella stanza e fermandosi sullo stipite della porta, inclinando leggermente il volto.
Si era svegliato di soprassalto pochi minuti dopo l’abbandono della stanza da parte della giovane, e non trovandola ma percependo le coperte ancora calde aveva iniziato a cercarla ovunque, trovandola infine nella nursery.
“Non riuscivo a dormire, - confessò con altrettanta calma – il bambino non faceva altro che scalciare, così mi sono alzata e ho iniziato a passeggiare per calmarlo. Sembra aver funzionato.”
“Capisco… - disse lasciando in sospeso la frase a avvicinandosi fino ad circondarle la vita con le braccia e farla indietreggiare leggermente per appoggiare la sua schiena contro il suo petto – E scommetto che ritornare in questa stanza ha fatto riaffiorare dei ricordi.”
“Ogni cosa di questo posto mi fa riaffiorare dei ricordi, dal cortile fino alla sala grande, ma confesso che questa stanza è speciale: attraverso questa finestra vi ho visto per la prima volta e sempre in questa stanza ci siamo conosciuti. In questi corridoi siamo cresciuti, siamo diventati amici, e con il tempo qualcosa di più…”
“Come dimenticare. – le diede un bacio sulla guancia – I vostri ricordi sono anche i miei e prometto che verremo a Middleham ogni volta che i tempi lo permetteranno.”
“E che i nostri figli conosceranno la dimora dei loro avi, che impareranno ad amare questo posto e il nord come abbiamo fatto noi, senza mai dimenticare il loro sangue Neville: promettetemelo, Richard!”
“Lo prometto, mia cara, lo giuro. – prese entrambe le mani di lei tra le sue e le baciò con devozione – Ora, però, torniamo nelle nostre stanze: a breve la servitù inizierà a vagare per i corridoi e voi non dovete stancarvi troppo. Il parto è sempre più vicino e mancano solo due settimane prima dell’inizio del vostro confinamento.”


 

**


Il confinamento non iniziò mai: quattro notti dopo, due giorni prima del loro ritorno a Londra, Anne fu svegliata da un dolore lancinante.
Le doglie iniziarono quasi subito, il travaglio fu lungo, e solo al pomeriggio del giorno successivo nacque l’erede che tutta l’Inghilterra stava attendendo.
Non appena Anne si accorse di ciò che stava succedendo svegliò Richard, il quale dovette appurare con orrore quello che stava succedendo, e immediatamente fu svegliato l’intero castello e la Contessa fu al fianco della figlia per starle vicino durante il difficile parto.
Anche la levatrice accorse subito dopo e, tra la preoccupazione di tutti per la precoce nascita e la salute del nascituro e della madre, Anne si preparò ad affrontare come una vera Regina la nascita del suo primo figlio.

“E’ passato troppo tempo, sono ore che non si hanno notizie, e il bambino… - Richard camminava nervosamente avanti e dietro per la sala grande del castello – Dio, è troppo presto, troppo presto!”
“Entrambi staranno bene, dovete avere fede nei piani dell’Altissimo. – gli disse Francis, il suo amico di sempre, che in quelle ore non lo aveva mai lasciato solo – Anne è una combattente, voi siete un combattente, e anche vostro figlio non sarà da meno.”
“Spero abbiate ragione, Francis, lo spero davvero.”


In quello stesso momento una delle levatrici, una donna giovane e corpulenta, fece il suo ingresso nella sala grande con aria trafelata:
“Maestà! – esordì per il fiatone provocato dalla corsa – E’ nato, Maestà, il Principe è nato.”
“Principe?” chiese retoricamente, scambiandosi uno sguardo con Francis.
Aye, Maestà. La Regina ha dato alla luce un maschio qualche minuto fa: è piccolo, un passerotto oserei dire, ma sembra in salute.”
“Voglio vederlo!”
“La Contessa ha dato disposizione di farlo immediatamente allattare dalla balia, così da nutrirlo, ma verrà presto riportato nelle stanze della Regina.”
“Anne… - sussurrò. Come aveva fatto a dimenticare Anne? – Come sta la Regina?”
“Stanca e affaticata, il parto è stato lungo e non semplice, ma sta bene. Potete vederla, se vi compiace, è pronta per ricevere visite.”


Richard si precipitò nella stanza da letto che in quei giorni lui e Anne avevano condiviso, trovando quest’ultima ancora circondata da donne che entravano e uscivano creando un nervoso andirivieni, un brusio fastidioso che avrebbe preferito non udire affatto.
Era pallida, aspetto comprensibile, ma i suoi abiti erano stati cambiati e grandi cuscini erano stati posti dietro la sua schiena per aiutarla a stare in una posizione seduta ma comoda allo stesso tempo.

“Richard…” sussurrò con voce stanca, abbozzando un sorriso, protendendo una mano nella sua direzione.
“Anne, mia cara.”
La raggiunse precipitosamente, inginocchiandosi al suo capezzale, e strette le sue pallide e fredde mani nelle sue le baciò e le sorrise.
“Lo avete visto? Il nostro Edward. – ricambiò il sorriso – E’ un piccolo passerotto, così fragile, ma anche io e voi lo eravamo e guardate dove siamo arrivati: è un combattente, proprio come noi, sarà un grande sovrano.”
“Ci renderà fieri, ne sono sicuro, e voi mi avete reso così orgoglioso. – si sporse verso di lei per poterla baciare – Vi amo, Anne.”
“Vi avevo detto che sarebbe stato un maschio, il nostro Edward, e il mio istinto di madre non ha fallito. Sarà il primo di molti, mio caro, voglio mantenere la mia promessa e darvi una dozzina di figli.”
“A tempo debito, mia cara, - l’ammonì con tono scherzoso – ora dovete pensare a recuperare le forze. E’ stato un parto difficile, la levatrice me lo ha detto, e ci sarà tantissimo tempo per pensare ad altri figli.”
“Il mio Edward! – esclamò Anne, notando la figura della balia sulla porta, tendendo le braccia per prenderlo – Datemelo e lasciateci soli. Dite a tutti di non disturbarci, dite che il Re necessita di passare del tempo con il suo figlio ed erede, che ci sarà tempo per festeggiare.”

“E’ bellissimo, perfetto. – disse con somma gioia Richard, osservando il bambino tra le braccia di Anne, accarezzando il piccolo viso – E’ davvero un passerotto, ma dentro di se ha la forza di un leone, dimostra già di essere un degno principe del Galles.”
“Voglio allattarlo da me, voglio che si nutra con il latte materno, che cresca forte. – disse con sicurezza e Richard seppe immediatamente che nonostante tutto non avrebbe ceduto a compromessi. – So che non è decoroso, che molti criticheranno questa decisione, ma non mi importa: è mio figlio, io sono sua madre, e lui ha bisogno di me.”
“Non sono favorevole a questa cosa, sarò sincero con voi, ma so anche quanto testarda voi siate e che non cambierete idea. – sospirò – So che lo fate per il bene del nostro bambino, per la sua salute, e per questo lo accetto.
Anche per questo tornerò da solo a Londra tra tre giorni: voi e il bambino rimarrete qui, lontano dalla città e dalla sua aria nociva, e quando sarà abbastanza forte da viaggiare tornerete a Westminster. Nel frattempo organizzerò il battesimo, in modo che tutta la nobiltà lo conosca, e chiederò a mio fratello Edmund di officiare la cerimonia.”
“Sarebbe splendido. – sorrise e lo baciò – Oh, Richard, sono così felice! Ho avuto paura, certo, ma adesso non più. Ora che tutto è andato bene, che posso stringere tra le braccia il nostro bambino e stare con voi come una famiglia so che tutto andrà per il meglio, non posso evitare di sentirmi felice dopo così tanto tempo.”
“Siamo in due: anche io sono felice, sono stato benedetto, e prevedo per noi e per il nostro primogenito un futuro glorioso.”



 

*


Angolo Autrice: Salve, gente! Pensavate di esservi sbarazzate di me o, peggio, che io mi fossi dimenticata della storia ma così non è stato!
Rieccomi, dunque, ad un mese di distanza dall'ultimo aggiornamento a postare il nuovo capitolo. Che dire? E' molto zuccheroso e spero vi sia piaciuto.
E spero anche che il prossimo arrivi con meno ritardo ma non assicuro nulla! ^^"
Alla prossima,
V.

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Capitolo 18
*** 18. ***










L’estate era trascorsa tranquilla a Middleham, il piccolo Edward era cresciuto e aveva preso peso anche grazie al latte materno, e non appena il caldo si attenuò Anne diede disposizione di preparare il viaggio di ritorno.
Lasciare quel posto tranquillo e pieno di ricordi – a quelli della sua infanzia si era aggiunto quello della nascita di suo figlio, del suo primogenito, un ricordo che non avrebbe mai dimenticato – le provocava molta tristezza, ma il pensiero di rivedere il suo adorato Richard rendeva il distacco più sopportabile, così come la consapevolezza di dover ritornare ai suoi doveri di regina.
Aveva deciso che il suo Ned avrebbe portato il nome di Edward di Middleham, in onore al luogo in cui era nato e alle sue origini, e anche Richard aveva approvato la scelta con discreto orgoglio; il Re stava organizzando il battesimo che si sarebbe svolto a Windsor, nella Cappella di San Giorgio appena terminata, e a officiarla sarebbe stato il fratello maggiore Edmund.

“Presto rivedrai tuo padre, Ned, e sono sicura che quando ti rivedrà non potrà credere ai suoi occhi: sei cresciuto tantissimo in questi mesi. – stava dicendo Anne a voce bassa mentre cullava il bambino. – E conoscerai la tua famiglia, la Duchessa tua nonna, tuo zio Edmund e anche le tue cugine. Spero troverai in Bess e Cecily delle buone amiche, almeno fino a quando non darò a tuo padre un altro figlio, a te un fratello. Un Richard, magari, o un Edmund.”
“Anne? – la Contessa entrò in silenzio nella nursery – Anne, cara, tutto è pronto: possiamo partire non appena sei pronta.”
“Si è quasi addormentato. Date disposizione di tenersi pronti entro mezz’ora.”


Partirono a metà mattina, iniziarono la loro lenta marcia scortati da Francis Lovell, il quale avrebbe partecipato anche lui con sua moglie al battesimo in quanto protettore del nord e nuovo Conte di Lovell, titolo che Richard gli aveva concesso pochi mesi prima insieme alle terre.
Il tempo fu sereno e la temperatura gradevole, i due giorni a York furono piacevoli sia per Anne che per la Contessa, e ripreso il viaggio fecero ancora una fermata a Nottingham prima di arrivare a Windor.
Quando il castello fu all’orizzonte, e alcuni uomini mandati da Richard vennero loro incontro, il cuore di Anne fu sollevato e sul suo viso comparve un sorriso sereno: finalmente avrebbe rivisto il suo Richard.
 
 

**


Il castello di Windsor era in fermento e ogni paggio, servo, o dama di compagnia camminava con andatura nervosa avanti e indietro per i corridoi.
Un messaggero era giunto alle prima luci dell’alba, annunciando l’arrivo della Regina e del Principe, provocando immediatamente una generale confusione: ogni cosa doveva essere perfetta per accogliere il ritorno della sovrana e nel cortile interno ci sarebbero stati molti più nobili del previsto, nobili provvisti di occhi impazienti di posarsi per la prima volta sul piccolo Principe, bocche pronte a sussurrare e sparlare per le settimane successive.

Il battesimo era previsto entro tre giorni, ed Elizabeth Woodville, la Regina Vedova come si faceva chiamare, era stata impegnata ad organizzare ogni cosa nei minimi dettagli in quanto designata dal Re stesso come madrina del Principe.
Elizabeth aveva accolto con gioia la notizia della nascita dell’erede, era stata sinceramente contenta per la giovane Anne, eppure non era riuscita a contenere un moto d’invidia: la ragazza era riuscita a dare a suo marito e sovrano un erede maschio al primo tentativo, un bambino sano seppure gracile, era riuscita dove lei aveva fallito.
Il bambino era stato chiamato Edward, in onore del suo defunto marito, come il figlio che aveva dato alla luce a Westminster in quella fredda sera di Novembre e che non era vissuto più di due giorni.
Se solo fosse vissuto le cose sarebbero state molto diverse…


“Madre! – la voce squillante della piccola Bess la riportò alla realtà – Madre, sono arrivati!”
“Bess, quante volte devo dirti di non correre? Sei una principessa e le principesse non corrono a perdifiato.”
“Ma, Madre, la Regina e il Principe stanno arrivando! – esclamò nel tentativo di giustificarsi – Entreranno nel castello tra pochi minuti.”
“E noi saremo al nostro posto, pronte per salutare, porgere i nostri omaggi al Principe. – abbozzò un sorriso e accarezzò i capelli biondi della primogenita. – Vai a chiamare tua sorella, andate nella sala grande insieme alla vostra balia, io vi raggiungerò tra poco.”
Bess annuì e a passo svelto ed entusiasta uscì dalle stanze della madre.

Elizabeth Woodville prese un profondo respiro, ripensò per un attimo a Ned, e dopo essersi specchiata velocemente per controllare che il suo aspetto fosse impeccabile si diresse anche lei verso la sala grande del castello.


Anne trovò una folla in festa ad aspettarla nelle strade che circondavano il castello, il popolo riunito per acclamare il nuovo erede d’Inghilterra, la loro amata regina.
La giovane li salutò attraverso le leggere tende della lettiga, osservò i petali di bianchi svolazzare leggiadri nell’aria, le sembrò di rivivere i momenti del suo matrimonio con Richard e della loro incoronazione.
Tutto era perfetto, come un sogno, e sperò che anche negli anni a venire il popolo avrebbe amato il suo bambino con lo stesso calore.
Trovò Richard ad aspettarla nel cortile, l’osservò sorridere fiero nel vederla scendere dalla lettiga con in braccio il loro figlio, avvicinarsi con passo svelto e aria solenne.

“Bentornata, mia Regina. – la salutò con un inchino – Ci siete mancata immensamente, e la corte non vede l’ora di conoscere il loro nuovo principe, di dargli il benvenuto che merita.”
“E’ stato un lungo viaggio, siamo entrambi molto stanchi, ma sono certa che Ned conquisterà ugualmente il cuore dei suoi nobili sudditi.”
“Venite, - la invitò portando un braccio dietro la sua schiena, senza però toccarla, sfiorandole appena i capelli coperti da un leggero velo – entriamo dentro: qui fuori fa fin troppo caldo per un bambino così piccolo.”

Dentro il castello si erano radunati molti meno nobili di quelli che Anne aveva previsto: la maggior parte di essi avrebbe raggiunto Windsor il giorno stesso del battesimo ma in quel momento non mancarono visi noti, membri del consiglio reale, parenti e amici.
Camminando con Ned tra le braccia, Anne si fermò davanti a Rob Percy, William Hastings, Lord Rivers arrivato due giorni prima da Calais, Dick Ratcliff, persino Thomas Stanley, Conte di Derby, con la sua seconda moglie Margaret Beaufort, sposata qualche mese prima, e infine davanti a Edmund Plantageneto, Arcivescovo di York.
“E’ un bellissimo bambino, mia cara sorella e regina, e sono certo che renderà voi e suo padre estremamente orgogliosi.”
“Grazie, Edmund. -  sorrise – Sono contenta di sapere che sarete voi a battezzarlo, che potrà sempre contare sulla vostra presenza e sui vostri saggi consigli, proprio come suo padre il Re.”
Si scambiarono un’ultima occhiata affettuosa e Anne continuò il suo lento cammino lungo il corridoio di marmo.
Poco distante i due troni, impazienti, la Duchessa di York e la Regina Vedova, Elizabeth Woodville, stavano attendendo anche loro di conoscere il nuovo principe: l’ex regina era stata nominata, sotto consiglio di Richard, madrina del bambino e avrebbe avuto un ruolo importante durante la funzione battesimale.
Anne, da parte sua, avrebbe preferito concedere quell’onore a Cecily Neville, sua zia e madre acquisita, ma comprendeva bene le motivazioni che avevano spinto Richard a decidere altrimenti: Elizabeth, sebbene diventata un’amica e una confidente, aveva ancora una forte influenza sui nobili e la sua famiglia disponeva in Inghilterra di un potere non indifferente.
I Woodville erano preziosi alleati per l’Inghilterra e per Richard, lord Rivers era persino Capitano di Calais, e questa concessione avrebbe rafforzato i rapporti.
La Duchessa sarebbe stata madrina del prossimo, si ripromise Anne, e in futuro avrebbe fatto di tutto perché questo accadesse e non avrebbe permesso a nessuno – neanche a Richard – di interferire con i suoi desideri di madre.

“Mia cara figlia! – esordì la Duchessa baciandola sulle guance – La Vergine vi sorride, ha benedetto la vostra unione con un erede, e non potrei essere più felice e orgogliosa di voi.”
“Tutti noi lo siamo, - intervenne Lisbeth – l’intero regno festeggia questa preziosa nascita, la prima di molte.”
“Grazie, le vostre parole e il vostro affetto significano molto, non saranno dimenticate.”


 

**



“E’ stato così strano vedere tutte quelle persone rendere omaggio ad un bambino così piccolo, e non oso immaginare quanti ancora ne giungeranno tra tre giorni per il battesimo, la folla che si accalcherà fuori le mura.”
Era calata la sera, e dopo una cena con pochi fortunati Anne e Richard si erano ritirati nelle loro stanze, si stavano accingendo a passare la prima notte insieme dopo più di tre mesi.
“La cosa vi sorprende? – chiese con un sorriso sghembo Richard – Quando è nata Bess i nobili non erano da meno, e lei era solo una bambina: nostro figlio, al contrario, è il futuro Re d’Inghilterra, quando arriverà ad un’età giusta sarà proclamato ufficialmente Principe del Galles, e tutti dovranno imparare ad amarlo e rispettarlo. E’ il futuro, dopo tutto, e spero che diventi un uomo saggio e un abile condottiero.”
“Le vostre speranze sono anche le mie. – disse Anne, posando una mano sul suo braccio, sorridendogli e baciandolo sulla guancia destra. – Mi siete mancato immensamente.”
“Anche voi, ma belle, tantissimo.”

Richard la strinse, baciandola nel modo in cui aveva desiderato baciarla per tutto il giorno, con urgenza e possessione. Il desiderio per lei fu immediatamente palese, e Anne non fu da meno, facendogli capire che anche lei desiderava la stessa cosa.
Nei minuti successivi il pavimento fu ricoperto dalle loro vesti, le coperte fresche furono scostate dall’imponente letto a baldacchino, e i loro corpi si riscoprirono e si bearono del piacere dell’altro per tutta la notte.
In cuor suo Anne sperò di dare presto a Richard un secondo figlio, ma sapeva anche che non c’era alcuna fretta, che Ned avrebbe avuto bisogno delle sue attenzioni per qualche tempo ancora; inoltre, suo malgrado, nel giro di pochi anni il loro primogenito avrebbe lasciato Londra per stabilire la sua dimora nel Galles, a Ludlow, e sebbene il sol pensiero la rendesse piena di malinconia e profonda tristezza comprendeva e conosceva da sempre quali oneri una Regina era costretta a sopportare.

Osservò Richard dormire tranquillo, i lineamenti rilassati del ragazzo che ogni giorno sentiva di amare sempre di più ma a cui non era ancora riuscita a dichiarare quello stesso amore, e pregò che i giorni e gli anni a venire fossero pacifici e felici.
Il passato era passato, la guerra e i lutti alle spalle, e con un po’ di fortuna la stirpe dei Plantageneti avrebbe regnato per moltissimi anni e l’Inghilterra non avrebbe mai più sanguinato a causa di una guerra combattuta da componenti di una stessa famiglia.


 


*


Angolo Autrice: Salve, gente! Capitolo di passaggio, in cui non succede moltissimo, ma che ogni tanto fa sempre bene. Nel prossimo, forse, ci sarà un salto temporale di qualche anno. Non ne sono ancora sicurissima, devo ancora decidere se scrivere del battesimo o sorvolare e andare avanti di qualche anno.
Siamo a più di metà della storia, non manca ancora tantissimo, vorrei finirla entro i 25 capitoli. E, niente, spero che anche questo aggiornamento vi sia piaciuto.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 19
*** 19. ***








 
Londra, Marzo – Agosto 1475





Erano passati tre anni dalla nascita di Edward di Middleham, Principe del Galles, dell’erede al trono d’Inghilterra.
Tre anni erano trascorsi in pace e tranquillità, senza guerra e rivolte, in cui Richard e Anne avevano girato per il paese e avevano fatto del loro meglio per regnare con saggezza e conquistarsi la benevolenza dei nobili e del popolo; tre anni in cui tutti avevano pregato per l’arrivo di un nuovo principe, un secondo figlio per la coppia reale, un infante che non era ancora nato.
Non c’erano state più gravidanze portate a buon fine dopo il precoce parto avvenuto nel nord dell’Inghilterra, - c’erano stati due aborti negli anni passati, uno avvenuto nove mesi dopo la nascita di Edward, l’altro nei primi mesi dell’anno precedente – e da più di un anno Anne non mostrava sintomi di alcuna gestazione.
Come se questa triste certezza non fosse abbastanza, in quella Primavera appena inizia il suo unico figlio avrebbe lasciato Londra per stabilirsi nel Galles, a Ludlow, per iniziare la sua istruzione sotto la guida di quello che era stato proclamato il suo tutore, Edmund Plantageneto.

“E’ così piccolo… - disse sottovoce Anne quando Richard entrò nelle loro stanze e la trovo stesa a letto con accanto il piccolo addormentato – Non ha ancora tre anni, ha bisogno di me, eppure domani andrà a Ludlow e io non lo vedrò per chissà quanto tempo.”
“Anne, mia adorata, sapevamo che questo momento sarebbe arrivato e non possiamo fare nulla per impedirlo: ho già rimandato troppo e ora che il suo terzo compleanno si avvicina non posso più attenere oltre. – si sedette sul bordo del letto e accarezzò la rosea guancia del piccolo – Sarà difficile anche per me vederlo andare via domani, dopo tutto sono suo padre, ma non posso dimenticare di essere anche il sovrano d’Inghilterra.”
Anne annuì suo malgrado e Richard proseguì: “Edmund si prenderà cura di lui, gli starà sempre vicino, e ogni volta che potremo andremo a trovarlo.”
“Mi fido di vostro fratello, so che grazie a lui il nostro Ned diventerà un ragazzo forte e colto, ma questo non cambia il fatto che per lui sarò un’estranea…”
Ma belle, vi prego, non dite queste cose. – le accarezzò una guancia e notò che era umida – Ned vi vorrà sempre bene, siete sua madre, e presto avremo altri figli da amare che colmeranno il vuoto lasciato dalla sua partenza.”
“Una dozzina di figli… - sorrise malinconicamente mentre pronunciava la frase che era solita ripetere sempre a Richard quando erano soli – Prima ne ero certa ma adesso non so se sarà in grado di adempiere alla promessa.”
“Certo che sarete in grado, siete ancora così giovane, e abbiamo tanti anni davanti a noi per concepire e avere altri figli.”
La baciò e stendendosi accanto a lei concluse: “Dormite ora: siete esausta, il vostro viso è pallido, e domani ci attende una giornata difficile.”

 

**



Anne era impegnata in un lavoro di cucito quella mattina, insieme a lei nella stanza c’erano le sue dame di compagnia, le figlie del defunto sovrano Edward, Elizabeth e Cecily, e anche la figlia del Re, Katheryn.
Quest’ultima, che da poco aveva compiuto sei anni e aveva la stessa età della minore delle figlie del precedente sovrano, era stata convocata a corte dalla Regina Anne, nella speranza di far sentire meno solo il suo consorte ora che il loro unico figlio aveva lasciato il Castello due settimane prima.
Kat era una bambina dolcissima, era stata istruita in quegli anni come una perfetta lady, e seppure le due si fossero viste raramente aveva sviluppato un affetto nei confronti di quella silenziosa e gentile sovrana dai capelli ramati.

“Il Re è ancora impegnato con i consiglieri?” chiese Anne.
“Temo di sì, Milady. – rispose Elizabeth Woodville, anche lei presente nella stanza, anche lei impegnata con il cucito – Mio fratello Anthony è tornato giusto ieri da Calais, a quanto ho saputo non con buone notizie, e temo che una guerra con la Francia sia nell’aria.”
“Una guerra?” Anne sgranò gli occhi per l’inaspettata notizia.
“Louis e il suo esercito premono sui confini delle nostre terre oltre il mare, le sue continue minacce alla Borgogna non sono un segreto, e ho paura che presto si arriverà all’inevitabile decisione di prendere le armi contro il regno di quel subdolo Ragno.”
“Prego la Vergine che questo momento non arrivi mai! – esclama Anne facendosi il segno della croce – Non potrei sopportare un’altra guerra, vedere Richard partire alla volta della Francia, non sapere se tornerà da me.”
“Le vostre paure sono anche le mie, cara sorella, e pregherò anche io con voi affinché la guerra sia evitata e la pace continui per molti anni ancora.”

 

**


“E’ vero quello che dicono? – chiese Anne quando Richard la raggiunse nelle sue stanze per passare la notte insieme – Attaccherete la Francia?”
“Le notizie corrono più veloci del vento. – disse piccato – Aye, il consiglio pensa che attaccare Louis sia la cosa più saggia, specialmente dopo le continue minacce ai nostri territori vicino Calais e alla Borgogna.”
“Voi, invece, cosa ritenete sia più giusto?”
Richard si sedette accanto a lei, le prese una mano e disse: “Credo che il Ragno francese abbia bisogno di una lezione; credo che aiutare la Borgogna e il marito di mia sorella in questi momenti difficili sia nostro compito; credo che questa guerra riporterà onore all’Inghilterra e ci permetterà di riconquistare i territori della Normandia e dell’Aquitania.”
Anne si alzò, iniziò a camminare nervosamente per la stanza, metabolizzando le notizie appena ricevute dal marito: aveva pregato la Vergine di concedere al suo popolo anni di pace, ma era anche vero che l’aveva pregata con tutta la sua forza anche per un secondo figlio, un bambino non ancora nato.
Probabilmente, pensò, la Beata Vergine era sorda alle sue preghiere e i due aborti e questa guerra alle porte ne erano la conferma.
“Riconquistare i territori dei vostri avi è alquanto pretenzioso, non trovate? – chiese in modo retorico – Costerà la vita di molti uomini, anni e anni di guerra lontano da casa, e se l’Inghilterra dovesse perdere…”
“Non perderemo! – esclamò sicuro Richard – Con la Borgogna al nostro fianco siamo nettamente più forti e superiori, Louis non avrà scampo, e torneremo vittoriosi prima del quarto compleanno del nostro Ned.”
Anne abbassò lo sguardo e non disse nulla: sapeva di essere impotente, solo una donna sebbene fosse la Regina, e qualsiasi cosa avrebbe fatto o detto non avrebbe cambiato le idee del suo Re e del consiglio tutto.
“Sarete reggente in mia assenza, governerete il regno, a voi sarà affidato ogni potere… - la informò mentre posava le mani sulle sue spalle – Anne, mia adorata, so che questa notizia vi ha sconvolta ma credetemi quando vi dico che non c’era alternativa.”
“Sconvolta? – Anne scosse la testa – Tutta la mia breve esistenza è stata caratterizzata da guerre, sin da piccola osservavo mia madre distruggersi per mio padre, per la sua incolumità; sono stata in esilio, sono stata sposata al Principe del Galles per consolidare un’alleanza che ha portato solo morte, ho visto uccidere mio padre e il mio primo marito e ora l’idea di poter perdere anche voi…
No, Richard, non sono solo sconvolta ma terrorizzata!”
“Anne, mio solo amore… - Richard l’abbracciò da dietro e la strinse forte a lui – So di causarvi ulteriori preoccupazioni ma vi prometto che tutto andrà bene: sarò cauto, contemplerò bene ogni mossa prima di agire, e tornerò sano e salvo da te.”
“So che lo farete…” le disse sorridendo timida, omettendo di dirgli che anche suo padre e il suo primo marito le avevano detto le stesse parole prima di partire per la loro ultima battaglia, l’ultima volta che li aveva visti.
“Fate l’amore con me, adesso. – ordinò intrecciando le braccia attorno al suo collo e iniziando a giocare con i suoi capelli ricci – Voglio concepire un figlio prima della partenza, voglio che vi uniate a me ogni notte da oggi a quelle che ci separano dal nostro congedo, voglio…”
Richard la baciò prepotentemente sulle labbra, iniziò a slacciarle il vestito dalle pregiate rifiniture, e quando entrambi rimasero vestito con solo i loro indumenti da notte la condusse verso il letto, facendola sedere a cavalcioni su di lui, lasciandole come spesso faceva il pieno controllo tra le lenzuola.


**



Seduta sul trono della sala grande del Castello di Westminster, Anne osservava le dame a lei più vicine danzare sulle note dolci di un liuto, mentre la sua mano si accarezzava distrattamente il ventre gonfio.
Era incinta, da quasi cinque mesi portava in grembo il figlio di Richard, del suo sovrano impegnato oltre mare in una guerra che l’Inghilterra sta vincendo.
Il suo esercito si era alleato con quello potente di Charles di Borgogna, insieme stavano riportando vittorie sul terreno francese, schiacciando Louis, e nelle lettere che Richard le spediva di frequente il sovrano scriveva di essere più che fiducioso di una definitiva vittoria e di mantenere la promessa a lei data: riuscire a tornare da lei prima del quarto compleanno del piccolo Ned.

Ogni cosa stava andando nella giusta direzione, le notizie erano liete, e Anne stava conversando con alcune dame – la Duchessa di York e madre del sovrano, Cecily Neville, Elizabeth Woodville, sua zia Katherine Neville, moglie di Lord Hastings, e la figlia di primo matrimonio di lei, Cecily Bonville, Baronessa di Harington, sposa di uno dei figli della regina vedova, Thomas, anche lui impegnato a combattere in Francia insieme a suo fratello Richard e suo zio – quando un emissario arrivò a corte con una missiva urgente da consegnare esclusivamente alla regina.

Anne si alzò immediatamente dallo scranno, una nefasta sensazione pervase il suo animo, e con mani tremanti aprì la lettera sigillata con della cera su cui vi era impresso il cinghiale bianco, emblema del sovrano, e iniziò a leggerne il contenuto.
“No! – esclamò portandosi una mano alla bocca – Vergine, no, non questo!”
“Vostra Maestà, cosa succede? - chiese Cecily Neville – Notizie di mio figlio?”
“Richard… - un groppo in gola rendeva difficile parlare – E’ stato gravemente ferito in battaglia, i suoi uomini più fedeli lo stanno portando in tutta fretta a Calais, e se non fosse stato per…”
Lasciò la frase in sospeso e guardò in direzione di Elizabeth Woodville: “Mia cara sorella, le parole non possono dire quanto io sia rammaricata, quanto mi dispiaccia per quello che è accaduto…”
“Quale dei due? – disse con voce ferma Lisbeth – Thomas o Richard?”
“Richard… - rispose – Se non fosse stato per lui adesso il Re sarebbe morto, era tra quelli che lo hanno difeso, che sono morti per proteggerlo.”
“Il mio ragazzo, il mio povero ed eroico ragazzo… - chiuse una mano a pugno – La pagheranno, Louis e il suo popolo la pagheranno, lo giuro!”
“Cosa pensate di fare a riguardo, figliola?” chiese Cecily Neville.
“Farò preparare una nave, andrò a Calais e starò accanto a mio marito, veglierò notte e giorno su di lui fino a quando non sarà guarito…”
“Maestà, nelle vostre condizioni è pericoloso viaggiare, potrebbe mettere a rischio la vita del figlio che portate in grembo e anche la vostra.”
“C’è anche la reggenza da considerare – intervenne uno dei giovani lord rimasti a Londra, Henry Stafford, Duca di Buckingham e cugino del sovrano  – Chi baderà al regno se anche voi andrete a Calais?”
“Elizabeth, mia cara sorella, so che questo momento il vostro cuore è pieno di dolore ma ho bisogno di voi: siete l’unica che ha abbastanza esperienza da mantenere momentaneamente una reggenza, l’unica che può fare le mie veci fino al mio ritorno.”
“Vostra Maestà mi onora con tale fiducia e sarò onorata di adempiere a questo delicato compito.”
“Allora è deciso: fate preparare una nave, salperò questa sera stessa con l’alzarsi della marea, e se i venti ci assisteranno domani arriveremo a Calais.”


Partirono come stabilito al tramonto, all’alzarsi della marea, lasciandosi alle spalle la caotica città di Londra, diretti verso Calais.
L’ultima volta che Anne si era avventurata verso quella città era stato molti anni prima, quando suo padre era ancora vivo, quando erano stati costretti a fuggire: sua sorella Isabel aveva dato alla luce Margaret durante la traversata, rischiando la vita di entrambe, mentre adesso era lei quella gravida.
Anne si accarezzò il ventre e sospirò mentre ascoltava il bambino muoversi, pregando che tutto andasse bene, senza poter sapere che quel viaggio avrebbe richiesto un prezzo molto alto.


 

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Capitolo 20
*** 20. ***









Calais, Francia – Londra, Inghilterra – Agosto, Settembre 1475
 
 
 
 
Le tempeste estive erano molto frequenti nello stretto di mare che separava l’Inghilterra dal resto del continente, e quella che colpì la nave durante la traversata fu una delle tante, una tempesta crudele che colse i marinai di sorpresa.
La possente nave iniziò ad oscillare, le onde iniziarono ad infrangersi a prua e a poppa, entrando persino sottocoperta.
Anne, che in quel momento si trovava nella sua cabina insieme alle sue dame, iniziò a pregare insieme a queste affinché tutto andasse bene e raggiungessero la costa sane e salve: per lei fu come tornare indietro nel tempo, alla tremenda tempesta in cui lei e la sua famiglia avevano rischiato la morte, e inconsciamente si portò una mano sul ventre.
Anche lei, come sua sorella a quei tempi, aspettava un bambino e anche se la sua gravidanza non era in stato avanzato come lo era stata quella di Isabel una strana sensazione presagiva un avvenimento nefasto.
Erano ancora in preghiera quando la nave rischiò quasi di rovesciarsi e la Regina, insieme alle sue dame, venne sbalzata nel fondo della cabina, contro le pareti di legno che impattarono bruscamente contro i loro esili corpi.

“Maestà! – prontamente Veronique, Baronessa di Lovell, le fu accanto e l’aiutò seppure con difficoltà a rialzarsi – Maestà, state bene?”
“Bene, bene. – rispose lei, indolenzita e ancora scossa, circondando il ventre fortemente colpito da quello sbalzo con entrambe le mani – Non preoccupatevi, mia cara amica, sto bene. Ricominciamo a pregare!”
Le donne si scambiarono un’occhiata perplessa ma, non volendo disubbidire alle volontà della Regina, fecero come ordinato e tornarono a pregare.
Pochi minuti dopo, finalmente, qualcuno dal ponte gridò con voce rauca ma forte che era Calais all’orizzonte e che presto sarebbero stati sani e salvi nel porto.

Scesi dalla nave, Anne e il suo seguito trovarono ad attenderle una lettiga e alcuni uomini fidati, uomini capeggiati da Lord Rivers.
L’aitante capitano si precipitò verso la Regina, inginocchiandosi al suo cospetto, e con voce alta e possente annunciò:
“Maestà, il vostro arrivo è inaspettato quanto gradito, il Re è finalmente fuori pericolo e presto sarà nuovamente in piedi.”
Il cuore di Anne divenne più leggero, un sorriso libatorio comparve sul suo viso stanco e pallido, e mentalmente ringraziò la Vergine per aver vegliato sull’uomo che amava.
“Milord, vi prego di portarmi da lui, e in fretta!”


 
**



Richard giaceva ancora addormentato in un letto, la spalla era completamente fasciata da bende, la sua pelle era pallida ma i medici giuravano che il peggio era oramai passato e che presto si sarebbe rimesso completamente.
Anne si precipitò al suo capezzale, ordinando a tutti i presenti di uscire e lasciarli soli, e presa la mano di lui tra le sue iniziò la sua veglia.
Il Re aprì gli occhi più di un’ora dopo, il suo viso era affaticato, e nel vedere Anne accanto a lui pensò di star sognando.

“Mio caro… - sussurrò Anne, baciandogli la mano, sorridendo – Mio caro, ero così in pena per voi, sono quasi impazzita quando mi hanno detto che eravate stato ferito gravemente sul campo di battaglia.”
“C-cosa ci fate voi qua?” chiese con voce bassa e rauca.
“Il posto di una moglie è accanto al proprio marito, non potevo restare in Inghilterra, dovevo venire e starvi accanto; dovevo venire per dirvi che non posso vivere senza di voi o, se fosse successo il peggio, dirvi addio.”
“Sciocca moglie, testarda moglie… - l’apostrofò con rimprovero – Chi governa la nazione al nostro posto, chi avete lasciato a fare le nostre veci?”
“Elizabeth… - rispose con sguardo basso – So di essere stata impulsiva, di aver corso dei rischi, ma dovevo venire! Se vi fosse capitato qualcosa, se foste morto e io non fossi riuscita a dirvi addio, a dirvi che vi amo con tutta me stessa e morirei io stessa di dolore nel perdervi, io…”
“Mi amate, Anne, davvero?” chiese sbalordito.
“Sì…- rispose con le lacrime agli occhi, confessandogli per la prima volta a voce alta i suoi sentimenti – Vi amo, probabilmente vi ho sempre amato, non ho mai smesso in tutti questi anni.”
“Anne… - posò una mano sul suo viso – Mia dolce, dolce, Anne.”

Si scambiarono un sorriso carico di amore e promesse, sul viso della sovrana comparve una lacrime, ma fu quello che avvenne dopo a mettere nuovamente in discussione tutto e invertire i ruoli: sul volto di Anne comparve una smorfia di dolore, una forte fitta al ventre sembrò quasi dilaniarla, e quando lei urlò nel vedere il sangue sporcare il suo vestito tutto fu tristemente chiaro.
Immediatamente le sue dame accorsero, la portarono in una stanza poco lontano, mandarono a chiamare una levatrice e nelle due ore che seguirono tutto terminò.
Un maschio.”
Furono le uniche parole pronunciate dalla levatrice, annuncio di un destino segnato dal primo momento, dell’ennesima perdita che aveva subito.
Il suo bambino non c’era più, non era mai vissuto, e la colpa era solo e soltanto la sua: se non si fosse imbarcata e non avesse affrontato la tempesta che l’aveva scaraventata contro quella parete, provocando la morte del bambino, loro figlio sarebbe vissuto.
Richard aveva avuto ragione: era stata una sciocca testarda, un’egoista, e questo era il castigo per le sue avventate azioni.

“Anne…”
Richard era sulla porta, anche lui debole e affranto, aveva saputo pochi minuti prima quello che era accaduto e andando contro ogni supplica dei medici si era messo in piedi ed era andato da lei.
Un maschio.”
Le parole della donna riecheggiarono nella mente di Anne, la quale scoppiò nuovamente in un pianto disperato, affondò il viso nei cuscini.
“Mi dispiace, Richard, mi dispiace così tanto.”
“Sì, lo so… - sospirò – Siete stata irresponsabile, le vostre azioni sono state scellerate, avete messo in pericolo la vita di tutti!
Mi hanno detto della tempesta, Lord Rivers mi ha detto tutto, e non riesco a capacitarmi di ciò che avete fatto: lasciare la reggenza che io vi avevo ordinato di tenere in mia assenza, cederla ad una donna non adatta, venire qui nonostante le tempeste che imperversano in questo periodo, nonostante la gravidanza. E ora il nostro bambino…”
“Richard, vi prego, non odiatemi. – supplicò in lacrime – Sono stata una stupida, ho sbagliato, non mi perdonerò mai per quello che ho fatto a nostro figlio, ma vi supplico di non odiarmi…”
Il Re abbassò lo sguardo e sospirò, non sapendo cosa dirle per consolarla, non riuscendo a guardarla negli occhi: “Non appena sarete in grado di stare in piedi tornerete a Londra. – ordinò – Io, d’altra parte, ho ancora una guerra di cui occuparmi: Louis ha chiesto un trattato di pace, è disposto a ridarci l’Aquitania, dei ribelli lancastriani in cambio della destituita Margherita d’Angiò, ed ero anche incline a firmare per un matrimonio con il suo delfino nel caso il bambino…
Ma ora è tutto inutile, non credete? – sorrise amaro – Rimettetevi, Anne, rimettetevi e concedetemi del tempo per riflettere e stare da solo.”
“Richard… no, Richard, vi supplico.”
Anne si portò a sedere, tese le braccia in direzione della porta, osservando impotente il suo sovrano e marito voltarle le spalle e lasciare la stanza.

 


**
 


Il 29 Agosto del 1475 fu firmata la Pace di Piquigny. Negli accordi, Louis concedeva all’Inghilterra i territori dell’Aquitania un tempo appartenuti al regno; concedeva a Richard settantacinquemila scudi d’oro in cambio del repentino abbandono dell’esercito inglese dei territori francesi; altri cinquantamila scudi e la testa di alcuni ribelli tra cui Jasper Tudor furono concessi in cambio della liberazione di Margherita d’Angiò e, essendo le figlie di Louis già promesse in sposa, quest’ultimo si impegnò di dare in sposa il suo delfino Carlo se e quando Richard avesse avuto una figlia femmina.

L’esercito e il sovrano ritornarono in Inghilterra nei primi giorni di Settembre, e dopo essere sbarcati nel Kent, si diressero verso nord alla volta di Londra. Per le strade della città una folla festosa si era riunita per acclamare il vittorioso Re Richard e i suoi nobili alfieri, benedirli e cospargerli di candidi petali di rosa.
Nel cortile del Castello di Westminster, insieme alle altre dame, anche Anne stava attendendo il ritorno di Richard: i due non si erano più visti o scritti dopo quell’infelice episodio, lei continuava a rimproverarsi della morte del loro bambino, a chiedersi se lui continuasse ad odiarla o avesse trovato nel suo buon cuore la forza di perdonarla.

“Milady! – esclamò Richard dopo essere smontato da cavallo e baciandole le mani più con freddezza che con sentimento – Vi trovo bene.”
“Anche Vostra Maestà è splendido, si è rimesso completamente dalla brutta ferita, e tutti noi ne siamo lieti.”
Richard abbozzò un frettoloso sorriso, lasciò le sue mani, e superandola si diresse verso sua madre, la Duchessa di York, salutandola in modo altrettanto solenne ma molto più dolce e simpatetico.
Successivamente al ritorno dei nobili cavalieri e del sovrano ci fu un ricco e ampolloso banchetto, in cui non mancarono menestrelli, giullari, ottimo cibo e fin troppo vino.
Richard bevve più del solito, mangiò poco, scambiò pochissime parole con Anne, seduta accanto a lui, e quando le celebrazioni terminarono e insieme si ritirarono per la notte le diede un veloce bacio sulla guancia, facendole così capire che non sarebbe andato da lei quella notte, che in quelle settimane passate non era ancora riuscito a trovare la forza di perdonarla per le azioni che avevano portato alla conseguente perdita del loro figlio.


*



Angolo Autrice: Sì, ecco, salve! Ora mi state odiando, vostro diritto farlo, e sappiate che anche a me è dispiaciuto scrivere quello che ho scritto! Sono una brutta persona, lo so, ma prometto che mi farò perdonare.
Ringrazio, al solito, tutti voi che leggete in silenzio, seguite e lasciate fantastiche recensioni.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 21
*** 21. ***




 




Londra, Castello di Westminster -  Windsor, Castello di Windsor, Novembre - Dicembre 1475
 
 
 


Richard stava sbrigando alcune faccende burocratiche – leggere pergamene una dopo l’altra piene di lamentele da parte di alcuni lord, scrivere a sua volta altre lettere da inviare l’indomani al sorgere del sole, firmare decreti e apporci sopra il sigillo reale – quando la sua lady madre, la Duchessa di York, fu annunciata dal suo paggio.
Richard si alzò dal suo scranno non appena la donna mise piedi nel suo studio privato, regale e fiera nel suo abito dai colori scuri, e la salutò con il consueto baciamano seguito da un altro bacio, molto più affettuoso, su di una guancia.

“Ma Mère, cosa ci fate voi qui? – chiese sorpreso – Sarei venuto da voi la prossima settimana, come vi avevo scritto nella lettera inviatavi qualche giorno fa.”
“Lo so bene, Dickon, ma ho preferito anticipare la visita e venire da voi oggi.”
Cecily Neville abbozzò un mezzo sorriso, nonostante tutto continuava a chiamare il suo figlio minore con il suo nomignolo d’infanzia, proprio come aveva sempre fatto anche con il maggiore, Edward, dopo che questi era divenuto il sovrano d’Inghilterra.
“Ho sentito alcune voci circolare, - proseguì mentre lui le porgeva la sedia su cui si sedette – voci che non mi sono affatto piaciute, e sono qui perché sono preoccupata per voi.”
“Voci? – Richard inarcò un sopracciglio e tornò a sedersi dall’altra parte del tavolo – Quali voci vi sono giunte, madre?”
“Ho saputo che il rapporto tra voi e la Regina è nuovamente instabile, che dopo la vittoria in Francia e la sfortunata tragedia capitata a Calais qualcosa si è spezzato tra di voi, che in questo mese passato avete evitato il suo letto. – disse con una calma che celava apprensione – Inoltre, voci più che attendibili mi hanno parlato di un ritorno di Elizabeth Shore a corte, e sappiamo entrambi quale sia la reputazione di quella donna.”
“Non ho intrapreso alcun rapporto con Lady Jane se è questo che state insinuando, Madre, tantomeno ho intenzione di prendere un’amante. – mise subito in chiaro Richard – Ho fatto un giuramento ad Anne, un giuramento che ha a che fare con la fedeltà e il mio onore, e intendo rispettarlo fino a quando il nostro legame avrà valore agli occhi di Dio e degli uomini e forse anche oltre.”
“Parole sagge, che ti fanno onore, eppure non smentiscono le mie paure: il vostro rapporto è stato nuovamente messo alla prova, la perdita del vostro povero bambino vi ha allontanato, e la partenza di Anne per Windsor ne è la prova.”
Il viso di Richard si indurì, la sua mascella si contrasse, e i suoi occhi vennero annebbiati da un velo di tristezza mista a rabbia.
“E’ stata una sciocca, una stupida sciocca, si è imbarcata verso Calais senza pensare alle conseguenze… - il suo pugno andò a sbattere violentemente contro il massiccio tavolo – Sua sorella Isabel ha quasi perso sua figlia in quello stesso tratto di mare, lei stessa è stata presente quando la tempesta ha cercato di reclamare la vita di tutti loro, e nonostante i pericoli si è imbarcata e…”
“Lo ha fatto perché in pena per voi, perché vi ama più della sua stessa vita, più…”
“Più della vita di nostro figlio? – Richard si alzò bruscamente e date le spalle alla madre fissò fuori dalla vicina finestra – Ned è tutto ciò che abbiamo, per quanto cresca in salute è di costituzione esile, e l’Inghilterra ha bisogno di un secondo figlio. Io avevo bisogno di quel bambino, di una nuova speranza, di un nuovo inizio per celebrare la mia vittoria in Francia…”
“Credi che non sappia costa state provando, figlio mio? – anche la Duchessa si alzò – So bene cosa entrambi state provando, anche io ho fatto tanti sbagli, ho perso un figlio per la mia testardaggine e il mio essere impulsiva.”
“Di cosa state parlando, madre?”
“Parlo di vostro fratello Henry, del bambino vissuto solo poche ore che ho dato alla luce nel Febbraio del 1441 a Rouen. – sospirò – Vostro padre era stato appena nominato luogotenente della città da Re Enrico, vostra sorella Anne aveva compiuto da poco un anno, e Richard ritenne fosse meglio per me e per la bambina rimanere in Inghilterra per altri mesi, fino alla nascita del bambino, alla fine dell’inverno. Io, invece, fui di parere discordante e contro i suoi ordini lo seguì subito dopo…
Ero avanti con la gravidanza, - continuò – qualche mese più avanti di Anne, prossima al confinamento eppure mi imbarcai e viaggiai su di una lettiga fino a Rouen. Poco dopo il mio arrivo iniziarono i dolori, dolori indescrivibili, e il bambino nacque prematuro e morì poco dopo. Vostro padre fu accecato dal dolore e dalla rabbia, per la perdita del suo primo figlio maschio, e per mesi evitò le mie stanze, non riuscì a guardarmi negli occhi.”
“E voi? Voi cosa avete fatto, madre?”
Cecily Neville sorrise tristemente ripensando a quelle settimane così lontane nel tempo, a quei ricordi dolorosi che aveva sepolto in un angolo buio della sua memoria, e con sguardo vacuo rispose:
“Piansi tutte le mie lacrime, mi maledii per la mia avventatezza, per non aver dato ascolto a vostro padre. Piansi e pregai tutti i giorni e tutte le notti la Vergine di perdonarmi, di concedere al lord mio marito la forza di perdonare e andare avanti, supplicai di farlo tornare da me così che io potessi dargli un altro figlio, l’erede che per causa mia gli era stato strappato in modo così crudele. – alzò lo sguardo verso il figlio e fece qualche passo nella sua direzione – Meno di un anno dopo nacque vostro fratello Edward, due anni dopo Edmund, poi le tue sorelle e infine voi.”
“Mi dispiace per ciò che avete passato, ma mère, davvero. Non avevo mai sentito questa storia, non avevo idea…”
“Io e vostro padre non ne abbiamo mai parlato, io non ne ho mai più parlato fino ad oggi, ma non è per la vostra comprensione e la vostra pietà che sono qui. – si avvicinò ancora e posò una mano esile e appena rugosa sulla spalla del figlio – Vi ho raccontato questo tragico avvenimento perché tu capissi che non importa cosa la vita riservi, quante perdite dovrete subire, alla fine tutto ciò che importa è la misericordia e l’amore che proviamo per le persone a noi care. Quello che davvero importa è l’amore che nutrite per Anne, quello che lei nutre per voi, e ciò che la vita vi ha concesso: vostro figlio, il piccolo Ned, e gli altri che sono sicura verranno se voi troverete nel vostro cuore la forza di perdonare.”
Richard abbassò il capo e annuì lievemente: “Amo Anne più della mia stessa vita, Madre, dovete credermi. Per lei farei di tutto, ma questo dolore…”
“Questo dolore è lo stesso che sta provando lei in questo momento, mentre parliamo, vi distruggerà se voi non vi dimostrerete più forti di lui e non starete insieme. – gli prese una mano – Richard, vi supplico, dovete credermi: andate da Anne, passate del tempo insieme, lenite insieme il vuoto dalla perdita e permettete al vostro amore di essere più forte di tutto questo.”
Richard rimase in silenzio per alcuni istanti, le parole di sua madre che si ripetevano nella testa, e alla fine disse: “Farò sellare il mio cavallo dopo pranzo, partirò per Windsor questo pomeriggio stesso, andrò da Anne e insieme cercheremo di andare avanti.”
Cecily gli accarezzò una guancia e sorrise orgogliosa: “Ecco, questo è il mio ragazzo!”
“Presumo di dovervi ringraziare. – Richard ricambiò il sorriso – Grazie, Ma Mère.”
“Che Dio vi protegga, sempre, e vi conceda quello che è stato a me negato: lunghi anni accanto alla persona amata, invecchiare insieme, guardare i propri figli crescere, diventare uomini forti ed essere orgogliosi di loro.”
 
 

**




In un angolo semibuio e intimo della cappella di Saint George, la Regina Anne stava raccolta in preghiera, le ginocchia esili posate sul freddo marmo e le mani giunte dalle quali pendeva un rosario.
Si era trasferita presso il castello di Windsor dieci giorni prima, nella speranza di fuggire le malelingue e gli occhi indiscreti della corte, evitare lo sguardo pietoso delle sciocche dame di compagnia e l’insopportabile presenza di Richard al suo fianco durante gli inutili banchetti e le cerimonie ufficiali.
La sola vista della sua ombra rendeva il suo cuore più pesante di quanto già non fosse, stare nella stessa stanza con lui e sopportare i suoi atteggiamenti freddi e distaccati le provocava attacchi di pianto isterico, e quando la notte lui non andava da lei, preferendole un letto vuoto e freddo, arrivava quasi a desiderare di essere morta lei su quella maledetta nave al posto del suo povero bambino innocente.
In quei giorni passati lontano da Londra, Anne aveva trascorso tutto il suo tempo a pregare chiusa nelle sue stanze o nella cappella privata adiacente il castello, arrivando persino a dimenticare di mangiare o dello scorrere inesorabile delle ore; spesso, a sera tarda, le sue dame andavano da lei per assicurarsi che stesse bene e riportarla nella sue stanza, così da prepararla per la notte, e in un paio di occasioni l’avevano addirittura trovata addormentata sul freddo marmo, stremata per la fatica a cui continuava a sottoporsi.
Anche quel giorno non era stato diverso dai precedenti: Anne si era alzata all’alba, aveva indossato i primi vestiti che le sue dame le avevano proposto, e dopo una veloce e frugale colazione si era incamminata verso la cappella per recitare le sue preghiere mattutine.
Aveva saltato il pranzo, con buona pace dei cuochi e dei paggi che con cura preparavano prelibate pietanze e imbandivano tavole, perso la cognizione del tempo e non si accorse neanche che qualcuno era entrato e stava percorrendo la navata in cerca di lei.

“Agnes, è già ora della messa a letto?” chiese con tono quasi irritato, costretta ad interrompere le sue preghiere dopo che un’ombra aveva coperto la sua primaria fonte di luce, trattenendo successivamente il fiato quando si accorse che la persona entrata non era affatto Agnes, la sua dama di compagnia, ma Richard.
“C-cosa ci fate qui?” chiese balbettando appena, rimanendo con le ginocchia piegate sul pavimento, sbattendo nervosamente le palpebre.
“Volevo accertarmi delle vostre condizioni, mia cara, della vostra salute. – si avvicinò di un paio di passi, posizionandosi in modo da poter vedere bene il suo viso, il suo bel viso non più roseo ma pallido e smagrito – Anne, mia cara, siete pallida come la cera di queste candele e il vostro viso è così scarno.”
“Da qualche tempo non ho appetito, sto digiunando per fare ammenda dei miei peccati, per purificare la mia anima. – spiegò in tono calmo – La preghiera è il mio pane e la mia acqua, mi tiene in forze, e non ho bisogno di altro. Quello di cui ho bisogno è pregare, chiedere perdono, espiare i miei peccati.”
“Anne, mia dolce Anne, non c’è alcun peccato da espirare. – le disse con voce instabile: vederla in quello stato gli spezzava il cuore, lo faceva sentire personalmente responsabile, un mostro privo di anima – Usciamo da qui, torniamo al castello, ceniamo insieme. La cuoca ha preparato dell’ottimo cervo, e ci sono anche i tuoi dolci preferiti, buon vino.”
“Così da darvi nuovamente occasione di guardarmi con disprezzo e sentirmi rifiutata da voi? – Anne scosse la testa – No, vi ringrazio Maestà, ma come ho detto non ho fame.”
“Anne, mia cara, non sono giunto qui per guardarvi con disprezzo, tenere le distanze da voi, rifiutarvi ma per chiedervi perdono per avervi trascurata e incolpata ingiustamente della perdita del nostro bambino. Sono qua, davanti a voi, perché voglio cercare di dimenticare e andare avanti insieme; perché vi amo più di ogni cosa, della mia stessa vita; perché non posso vivere senza di voi e proprio per questo non permetterò a questo dolore di dividerci e di consumarci lentamente.”
“Ma è colpa mia, Richard, quello che è successo è solo colpa mia: avrei dovuto pensare, agire saggiamente e in modo cauto come ci si aspetta da una Regina, e invece mi sono imbarcata e sono corsa al vostro capezzale senza pensare alle conseguenze. – Anne trattenne un singhiozzo – Se solo non fossi stata così sciocca, così impulsiva, adesso stringerei tra le braccia il nostro bambino. Un bambino, Richard, un secondo erede!”
“Basta, Anne, basta con queste assurdità! – la prese tra le sue braccia, la strinse forte nonostante le sue proteste, e quando la sentì singhiozzare come una bambina spaventata le accarezzò i lunghi capelli ramati racchiusi in una lunga treccia e le baciò più volte il capo – Io vi amo, Anne, e qualsiasi pensate essere la vostra colpa io vi perdono! Vedrete, ci saranno altri figli, dozzine di figli e molto presto questa sciagura sarà un lontano ricordo.”
“Anche io vi amo, vi amo e non merito il vostro perdono, la vostra misericordia…”
“Basta, Anne, basta. Calmatevi adesso, asciugate le lacrime, e lasciate insieme a me questo posto saturo dell’odore di incenso e candele. Voi non appartenete a questo posto, ma al cielo azzurro e limpido, alle feste di corte, a me. – le tese una mano e l’aiutò ad alzarsi – Venite, ma belle, andiamo.”
Anne annuì, afferrando la mano calda di lui e alzandosi, permettendogli di condurla fuori da quelle tenebre che quasi l’avevano inghiottita, verso la luce e una ritrovata serenità, un nuovo capitolo della loro vita insieme.

 

**



Richard decise di festeggiare il Santo Natale presso Windsor, lasciare la capitale a favore di un clima più mite, ridurre al minimo i lussi e lo sfarzo dopo la dispendiosa guerra francese.
Anche i nobili che presenziarono furono in numero minore rispetto agli anni precedenti, pochi intimi e membri del consiglio, familiari giunti da ogni dove: la Contessa di Warwick, Isabel Neville – quest’ultima aveva deciso di ritirarsi presso il convento dell’Abbazia di Tewkesbury e vivere una vita fatta di preghiere il più lontano possibile dalla corta e dagli intrighi politici – con sua figlia Margaret, le sorelle di Richard, Ann ed Elizabeth, la Duchessa di York, e più importanti tra tutti Edmund Plantageneto, il quale era giunto tre giorni prima da Ludlow insieme al piccolo Edward di Middleham, Principe di Galles.
Rivedere suo figlio per la prima volta dopo la tremenda perdita aveva fatto riacquistare ad Anne il sorriso, la spensieratezza e la gioia che sembrava aver perso per sempre, e anche Richard riuscì a liberare la mente da dolorosi pensieri e godersi quegli attimi preziosi che insieme avevano speso come una vera famiglia.

Quella sera, la sera prima dell’inizio del festeggiamenti del Santo Natale, sarebbe stata speciale anche per un altro motivo: Anne aveva finalmente realizzato di essere nuovamente pronta per concedersi completamente a Richard, compiacerlo e ritornare ad essere in tutti i sensi sua moglie.
Il sovrano giunse nelle sue stanze non appena le dame uscirono, trovandola in piedi accanto all’imponente letto intarsiato, vestita solo con una tunica di lino.
Anne gli sorrise nervosa, le sue mani si spostarono verso i nastri della sottile veste, iniziando a slacciarli mentre Richard si avvicinava a lei impaziente e la guardava con occhi pieni di desiderio.
Non appena la veste toccò terra circondò il suo esile corpo con le sue braccia, facendo scontrare gentilmente i loro corpi, e come un felino si avventò famelico sulle sue labbra.
“Fate l’amore con me stanotte, mio amato, datemi un figlio.”
Richard sorrise in risposta, percorse la linea della schiena nuda con la punta delle dita, e a pochi centimetri dalle sue rosee labbra confessò: “Temevo che non me l’avreste mai chiesto.”



*



Angolo Autrice: Salve, gente! Dopo il capitolo precedente dovevo a questi due una riconcigliazione degna di loro, e spero di esserci riuscita al meglio! Il racconto di Cecily, ovviamente, è frutto della mia fantasia ma ha basi storiche visto che il bambino che diede alla luce a Rouen visse per pochissime ore e che il parto avvenne poco dopo il loro trasferimento nel continente.
Avviso che stiamo al termine della storia, vorrei scrivere altri quattro capitoli in tutto se riesco, non manca molto.
Infine, come sempre, ringrazio tutti voi che leggete in silenzio, seguite la storia e recensite.

Alla prossima,
V.

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Capitolo 22
*** 22. ***








Londra, Settembre – Novembre 1476
 
 
 


“Porterete a caccia con voi tutta la corte oggi?” chiese Anne, la testa posata sul petto di Richard, le loro mani intrecciate.
Era stato un anno tranquillo, quello, senza guerra o rivolte in Inghilterra, ma le tensioni al confine con la Scozia avevano spinto Richard a chiamare i lord delle contee più settentrionali per decidere in consiglio quali misure attuare.
Anche la vita privata dei sovrani era tornata quella di un tempo, la tragedia che li aveva colpiti un anno prima sembrava essere oramai un ricordo lontano, specialmente adesso che nel ventre di Anne cresceva una nuova vita.
“Perché, state pensando di guidare voi il corteo?”propose in modo scherzoso lui, baciandole la fronte all’altezza della tempia.
“Con questa pancia? – posò la mano sul ventre prominente di sette mesi – A mala pena riesco a camminare.”
“Peccato, sarebbe stata una visione unica e non meno eccitante. – le baciò lascivamente il collo e accarezzò il suo corpo nudo intrufolando una mano nella veste da notte – La mia bellissima, feconda e intraprendente moglie.”
“Richard… - Anne cacciò la testa all’indietro e si morse un labbro: questa gravidanza la rendeva sensibile alle attenzioni dell’uomo, ogni sua più piccola carezza faceva accendere in lei un fuoco, e anche se la Chiesa riteneva peccato giacere con una donna gravida, per la maggior parte della gestazione i due avevano continuato ad essere intimi – Oh, mio amato, fermatevi prima che io impazzisca.”
“Non vi ricordavo così fremente quando aspettavate Ned, - ricordò – all’epoca eravate sempre stanca, quando cercavo di toccarvi lamentavate spesso dolori, ma questa volta…”
“Una gravidanza non è come un’altra, le levatrici me lo hanno detto, questa è diversa persino dalla seconda… - per un instante si incupì – Vi desidero ogni volta che entrate in una stanza, che il vostro profumo sfiora le mie narici, le vostre mani toccano la mia pelle. Magari è perché aspetto una bambina, magari nostra figlia ama già suo padre come e quanto sua madre, vi vuole sempre vicino.”
“Non mi dispiacerebbe avere una figlia, - confessò baciandola – ma nonostante io vi desideri tanto quanto voi ritengo saggio evitare l’intimità fino alla sua nascita. Non vorrei mai provocare una nascita precoce, Ned è nato prima del previsto, e non voglio che questo si ripeta.”
“Allora dovremo resistere alle tentazioni che ci verranno messe davanti durante questi due mesi, ricorrere alla preghiera, e chiedere perdono a Dio per aver peccato.”
“Non temete, ogni volta che ho peccato portandovi a letto in questi mesi di gestazione ho espiato le colpe per entrambi, la vostra anima è candida e pura come quella del bambino che portate in grembo.”
“Ed io vi amo ancor di più per questo. – sfregò i loro nasi e lo baciò a fior di labbra – Avete convocato anche Henry Percy a corte?”
“Non riuscite proprio a trovare alcuna simpatia per il Conte, vero?”
“Il Conte di Northumberland è sempre stato un lancastriano, i suoi predecessori volevano la testa di vostro fratello e anche la vostra, odiavano mio padre e tutti i Neville. – ricordò – Non mi fido di loro, non mi fiderò mai, e neanche voi dovreste.”
“E per chi mai potrebbero cercare di depormi? Il vecchio Enrico è morto, anche suo figlio, e come d’accordo Louis mi ha dato la testa di Jasper Tudor e il suo amato nipote è rinchiuso nella Torre in attesa di giudizio. E poi ci sono i miei eredi, Ned e il bambino che portate in grembo, i figli di mia sorella Elizabeth. Per non dimenticare Bess e Cecily.”
“Lisbeth presto vorrà un fidanzamento per la figlia prediletta, oramai ha quasi dodici anni e tra qualche anno sarà in età da marito.”
Aye, ne sono pienamente consapevole, e non ho dimenticato le figlie di mio fratello: ho preso alcuni accordi con i Portogallo, niente di ancora ufficiale, ma potrei promettere la mano al nipote del Re Afonso, Manuel, per sancire un alleanza tra i nostri paesi.”
“E per quanto riguarda il nord? Cosa avete intenzione di fare con la Scozia?”
“James non si è ancora dichiarato, ho il sospetto che il Ragno stia architettando qualcosa, ma non c’è nulla di sicuro. – rispose – Ho intenzione di nominare Francis Luogotenente dei Nord, è l’unico di cui mi fidi abbastanza a cui posso affidare tale potere, e se le tensioni dovessero crescere convocherò il consiglio e deciderò il da farsi.”
“E io pregherò affinché non si arrivi a questo e di farvi restare al mio fianco, in un paese in pace, per molto anni.”

 


**




“Mia madre scrive che non potrà essere presente al parto: la piccola Margaret ha la febbre alta, e le strade sono rese impraticabili dalla neve, non permettono un viaggio sicuro verso Londra. – Anne sospirò – Pare che questo bambino nascerà senza il suo aiuto.”
La Regina aveva iniziato da quasi una settimana il suo confinamento, il parto era imminente, e la lettera della Contessa arrivata quella mattina l’aveva fatta cadere nello sconforto: sua madre era sempre stata presente in ogni momento della sua vita, durante l’esilio e il suo primo matrimonio, al momento della nascita del suo Ned, e affrontare quel secondo parto senza di lei sembrava così assurdo.
“Se me lo permetterete vi starò accanto io. – si propose Elizabeth Woodville – Dalla morte di Edward ho assistito ai parti di alcune delle mie sorelle, e so cosa fare in queste circostanze delicate.”
“Mia cara sorella, sarei più che lieta di avervi al mio fianco, sapere di avere una presenza amica che mi dia coraggio quando il momento arriverà.”
“E darò al Re la notizia della nascita di un nuovo principe o principessa quando verrà al mondo, lo terrò sempre informato, qualsiasi cosa dovesse accadere.”


 

**




“Ci siamo quasi, Maestà, ci siamo quasi! - Elizabeth lasciò che Anne strinse più forte la sua mano e con l’altra tamponò la sua fronte imperlata di sudore – Vostro figlio sta per nascere, ancora qualche spinta, non manca molto.”
Anne spinse, spossata dal parto iniziato da otto ore, un parto più veloce e apparentemente più semplice del primo, e sperò che Lisbeth avesse ragione.
“Richard…”
“Sua Maestà è qua fuori! – disse una delle servette che assistevano la levatrice – Viene informato ogni ora, è insieme a sua madre e suo fratello l'Arcivescovo, aspetta con il fiato sospeso la nascita del suo secondogenito.”
Ci fu una seconda contrazione, una seconda spinta, poi un’altra e un’altra finale: il bambino nacque mezz’ora dopo, urlante e vivace, molto più robusto e forte di suo fratello maggiore, e si rivelò essere un maschio.
“Un maschio, Maestà, il Duca di York! – esclamò la levatrice mettendo il bambino avvolto in un panno di lino bianco tra le braccia della madre – Sano e forte.”
“Il nostro Richard… - Anne sorrise, stanca ma orgogliosa, piangendo di gioia – Pensavo fossi una bambina, Joan, invece eccoti qui.”
Lo porse ad Elizabeth: “Lavatelo e portatelo dal Re, sono certa che vorrà conoscere suo figlio, stringerlo tra le braccia.”


Anne si era addormentata quando a Richard fu permesso di entrare nelle sue stanze da letto risistemate con in braccio il bambino, riaprì appena gli occhi percependo il suo corpo sedersi sul bordo del letto, la mano sfiorare la sua.
“Come state, ma belle?”
“Stanca ma felice. – rispose con un lieve sorriso – Un maschio.”
“Il nostro Duca di York. Richard, come il suo predecessore, come mio padre.”
“Richard in onore dei suoi valorosi nonni e del suo amatissimo padre il Re.”
“Sono orgoglioso di voi, Anne, immensamente felice. – la baciò – Non potrei chiedere di più dall’Altissimo di quello che ho: voi, i nostri due figli, un regno in pace.”
“Gli scozzesi si sono dunque placati.”
“Così sembrerebbe, Francis sta facendo un ottimo lavoro, ma in questo momento non voglio parlare dei dannati scozzesi. – porse il bambino ad Anne e si stese accanto a lei – Questo momento è solo nostro.”
“Potrò tenerlo con me a corte, vederlo crescere? – chiese speranzosa lei, che ancora soffriva della lontananza di Ned, di doverlo veder crescere così lontano – Non potrei sopportare di separarmi da lui, di essere un’estranea come lo sono per Ned, di non poterlo stringere la notte quando ha un brutto sogno o stargli accanto quando imparerà ad andare a cavallo e fare le sue prime esperienze.”
“Farò in modo che cresca sempre vicino a voi, mia amata, che possiate stargli sempre accanto: rimarrà a Londra almeno fino ai sei anni, avrà i migliori tutori, e quando arriverà all’età giusta andrà a York per conoscere i suoi possedimenti. Questo, però, non accadrà prima di dieci, forse anche quindici anni.”
Anne parve rilassarsi, essere contenta di quella risposta, e alzato il capo cercò le labbra di Richard: “Vi amo.”
“E io amo voi, Anne, e i nostri bambini.”


 

*



Angolo Autrice: E rieccomi, con un po' di ritardo, ad aggiornare la storia. Finalmente il secondo figlio tanto desiderato è nato, e le cose sembrano andare per il verso giusto. Altri tre capitoli e la storia si concluderà, quindi siate preparati.
Grazie, al solito, a tutti voi che leggete in silenzio, seguite e recensite.

Alla prossima,
V.

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Capitolo 23
*** 23 ***


 






Londra, Giugno – Dicembre 1482






Anne, assopita e attorcigliata tra le fresche coperte di seta, allungò pigramente il braccio alla ricerca del suo sovrano e marito, trovando al suo posto un letto vuoto e freddo.
Erano passate svariate ore dal suo congedo dalla corte, invano aveva aspettato e combattuto il sonno in attesa che lui la raggiungesse, e preoccupata si domandò cosa lo avesse tenuto lontano dal loro talamo nuziale.
Con movimenti lenti e goffi, gli unici che la sua schiena dolorante e il ventre prominente le permettevano, si mise seduta e infilati i piedi leggermente gonfi nelle babbucce e indossata una sopratunica ricamata lasciò le sue stanze nella speranza di non essere notata.
Lo trovò nel suo studio, illuminato dalla luce tremante di poche candele non ancora estinte, sommerso di pergamene abbandonate sul pavimento e sulla scrivania di legno di quercia, impegnato a scrivere chissà cosa con una piuma d’oca imbevuta dello stesso inchiostro nero che macchiava la punta delle dita della sua mano destra.

“Richard…” lo chiamò in un lieve sussurro, attirando la sua attenzione.
“Mia cara! – si alzò immediatamente e le andò incontro – Cosa ci fate alzata a quest’ora? Nelle vostre condizioni dovreste riposare il più possibile.”
“Potrei chiedere la stessa cosa a voi. – fece notare piccata – E’ notte fonda, Richard, e in questi giorni siete sempre stanco e pallido: avete bisogno di dormire, non di passare le ore notturne immerso in documenti e lettere, con la mente piena di chissà quale preoccupazione.”
“Avete ragione, ma belle, ma le lotte ai confini con la Scozia si fanno sempre più frequenti, i soldi e i soldati inviati in questi ultimi due anni non sono più sufficienti e da quando hanno conquistato roccaforti importanti come Berwick i nobili di James si sono fatti più audaci. – sospirò – Francis non può andare avanti da solo per molto, ho bisogno dell’aiuto di Dorset e Northumberland se vogliamo tenerli a bada, e domani mattina il Consiglio dovrà affrontare questioni delicate.”
“Continuate a valutare la proposta di Alexander Stewart?”
Alexander Stewart, Duca di Albany, era il fratello minore di James di Scozia. I due fratelli erano da molti anni in contrasto, i rapporti tra loro si erano deteriorati a tal punto da spingere il minore in esilio a Parigi, dove aveva sposato Anna de la Tour D’Auvergne, nobildonna francese di alto rango, con la benedizione di Louis; quest’ultimo, però, non gli aveva dato il suo appoggio ad invadere la Scozia e deporre James come Alexander aveva sperato, e così le attenzioni dell’esiliato Stewart si erano spostate verso l’Inghilterra.
“Sarei uno sciocco a non considerarle, Francis e Hastings sono per una volta d’accordo sull’accettarle per riprenderci ciò che i cani scozzesi ci hanno rubato e anche di più, avere il controllo totale della Scozia. – rispose – Alexander sarà il mio burattino, potrei persino prendere un giorno in considerazione di suggellare l’alleanza con un matrimonio, dare in sposa una sua futura figlia a Ned o Dickon così da reclamare un giorno la corona.”
“Avete dunque intenzione di invitarlo a corte?”
Aye. Nelle prossime settimane inviterò lui e sua moglie, darò un banchetto in loro onore, e se le sue proposte saranno congeniali a me e al Parlamento allora partiremo alla volta della Scozia e daremo battaglia a James.”
Anne sospirò frustrata e rassegnata all’idea di vivere in una nazione dove la guerra e i conflitti erano inevitabile, pregustando l’amaro momento in cui avrebbe dovuto salutare per l’ennesima volta l’uomo che amava, i giorni che avrebbe speso inginocchiata davanti ad un altare pregando Dio di farlo tornare sano e salvo da lei.
“Sono molto stanca, il bambino ha ricominciato a muoversi irrequieto, e credo che tornerò nelle mie stanze. – disse cambiando argomento – Spero mi raggiungerete più tardi, quando i vostri oneri saranno terminati, in caso contrario vi auguro una buona notte.”
Anne si allontanò prima che lui potesse sfiorarla o baciarla, Richard capì immediatamente che la notizia di una nuova guerra l’aveva turbata, e per l’ennesima volta si ritrovò a maledire il peso della corona – una corona che non avrebbe mai dovuto essere sua – che suo fratello Edward gli aveva lasciato in eredità.


“Anne…”
Sentendolo entrare nella stanza da letto la Regina represse immediatamente i singhiozzi e il pianto che l’aveva travolta una volta ritornata nelle sue stanze e chiusi gli occhi fece del suo meglio per sembrare addormentata.
Richard si sedette sul bordo del letto, togliendosi i calzari e il farsetto, stendendosi poi accanto a lei: sapeva che era sveglia, dopo dieci anni trascorsi insieme conosceva ogni suo più piccolo aspetto, e ne ebbe la conferma quando la sentì sussultare dopo averla abbracciata da dietro e intrecciato le sue gambe con quelle di lei.
“Anne… - sussurrò ancora senza ottenere risposta – Mio odio per avervi recato tanto dolore in questi anni, per essere costretto a darvi altre preoccupazioni, e se potessi porterei voi e i bambini in un posto sperduto e lontano da qui, dove nessuno ci conosce e le guerre sono solo un racconto lontano.”
Le baciò una guancia e nascose il viso nell’incavo del suo collo, concludendo: “Buona notte, amore mio.”


 


**



Il Duca di Albany e sua moglie giunsero a corte una settimana più tardi, furono accolti con tutti gli onori riservati al loro rango, e banchettarono al fianco dei sovrani.
Anne intraprese piacevoli discussioni con la sua omonima, Anna, presentò alla coppia i loro figli, il Principe del Galles giunto da Ludlow per passare il mese di luglio a corte e il Duca di York, Richard, di quasi sei anni.

“Avete dei figli meravigliosi, il Re deve essere molto fiero dei suoi eredi. – disse Anna – E presto ce ne sarà addirittura un terzo.”
“Credo che sia femmina questa volta, ma ammetto che pensavo la stessa cosa anche con Dickon, quindi potrei sbagliarmi. – ammise lei, osservando i suo figli seduti poco distante da loro, intenti a chiacchierare con Bess e Cecilia, con la loro cugina Margaret, di oramai dodici anni, giunta a corte in primavera per fare il suo debutto. La somiglianza dei due principi con il Re spiccava subito all’occhio, Richard non portava solo il suo nome ma anche il suo aspetto fisico, i suoi capelli neri e mossi e i suoi occhi grigi, il suo viso leggermente spigoloso e squadrato; Ned, invece, aveva gli occhi di Anne e capelli lisci come i suoi anche se scuri come quelli del padre, e nei suoi quasi dieci anni aveva un fisico molto asciutto ed esile, diverso da quello più massiccio del fratello minore, un fisico che ricordava vagamente quello di suo nonno Plantageneto e dei suoi zii Edward ed Edmund. – Ma anche voi avete avuto recentemente un figlio, John.”
Aye, otto mesi fa. – confermò – Un bambino forte e robusto, una tale gioia per tutti noi, specialmente per il Duca.”
“Brindiamo ai nostri figli, dunque, alla progenie delle nostre casata, che possano essere longevi e riempire d’orgoglio i propri avi.”
Anne alzò il calice, imitata dalla Duchessa, e portatoselo alle labbra ne prese un sorso.


 

**



“Richard, ti prego di ripensarci, di non agire avventatamente! – esclamò Edmund, camminando fianco a fianco del fratello minore, cercando inutilmente di persuaderlo a ritrattare la folle decisione che aveva preso durante la riunione del Consiglio – Francis in questi due anni ha condotto un ottimo lavoro in Scozia, a lui sono andati in aiuto gli altri nord del nord, si sono aggiunti persino Dorset e Stanley, e non vedo motivo per il quale dovresti andare anche tu.”
“Perché sono il re! – esclamò piccato – Gli uomini hanno bisogno del loro sovrano, inoltre ho dato la mia parola ad Alexander, ho stipulato un trattato e non ho intenzione di rimangiarmi la parola: ci riprenderemo le nostre terre, la Scozia diventerà dominio dell’Inghilterra, e quando il nostro l’esercito entrerà trionfante ad Edimburgo io sarò alla sua testa.”
“E Anne? – chiese ancora, fermandosi di colpo – Tra tre giorni inizierà il suo confinamento, il bambino nascerà nel giro di qualche settimana, e voi non sarete al suo fianco. Dimmi, fratello, vuoi davvero perdere la nascita di vostro figlio per rischiare nuovamente la tua vita in una campagna sciocca tanto quanto quella di Francia?”
“Mi terrò lontano dal campo di battaglia, se questo è ciò che vuoi sapere, ho imparato una dura lezione a Calais, ma i miei uomini devono sapere che il loro sovrano sarà con loro se la battaglia dovesse volgersi a nostro sfavore.”
Edmund sospirò, rassegnato, e deluso concluse: “Sei il mio sovrano, Richard, un uomo fatto e finito e non posso impedirti compiere le tue scelte, ma sappi che Anne non sarà lieta di questo nuovo conflitto, soffrirà molto sapendovi lontano nel momento più importante per lei.”
“Ma tu sarai con lei, tu e nostra madre, e la Contessa: Anne sarà circondata da persone che le vogliono bene, che la tratteranno con cura, e so che non appena mio figlio emetterà il primo vagito tu mi scriverai annunciandomi la nascita del mio terzo erede.”
“In questi sette anni mi sono preso cura del Principe di Galles come fosse mio figlio, l’ho cresciuto come avresti fatto tu, insegnandogli ogni cosa. – ricordò – Veglierò su di Anne come avresti fatto tu, poiché lei non è solo la mia regina ma anche mia sorella, e quando tuo figlio nascerà lo presenterò alla corte e lo battezzerò a Saint Paul come ho fatto già con i suoi fratelli.”


 
**



“Quando tornerà papà? – chiese il piccolo Dickon, spostando i suoi occhi azzurri dal cavallo di legno e puntandoli in quelli di Anne, in piedi accanto alla finestra – E Ned, mio fratello tornerà presto?”
Edward era ritornato in Galles per trascorrere là l’estate, l’aria di Londra non era adatta ad un bambino di dieci anni come lui, i medici e i suoi precettori avevano insistito affinché passasse più tempo possibile all’aria aperta e lontana dai fumi nocivi della capitale.
Anne sorrise al minore dei suoi due figli, aiutandolo a sedersi sul davanzale della finestra accanto a lei, così da poter vedere in lontananza la fila di cavalieri diretti in Scozia che lasciava la città.
“Il Re deve stare con i suoi uomini in questo momento delicato, incoraggiarli e far sentire loro la sua vicinanza, ma sono certa che presto tornerà da noi. – gli accarezzò i capelli scuri – Tuo padre non vorrebbe mai separarsi da te, lo sai questo? E neanche da me o dal bambino non ancora nato, ma purtroppo il dovere lo ha chiamato, e noi dobbiamo accettarlo. Un giorno, quando anche tu sarai grande e ti sarai stabilito a York, capirai.”
Dickon increspò le labbra, riflettendo sulle parole di sua madre, e anche se nei suoi quattro anni e mezzo non riuscì a capire ogni parola, annuì ubbidiente e suo malgrado accettò l’idea di passare del tempo lontano da suo padre.
D’altra parte, però, quella sarebbe stata la sua prima occasione di avere le attenzioni della madre esclusivamente per sé, senza dividerle con il fratello o il padre, e seppur egoistico quello fu un pensiero che rense la lontananza del genitore molto più sopportabile.


 

**
 


“Spingete, Maestà, un’ultima spinta!” esortò la levatrice, la stessa donna corpulenta e dal viso rubicondo che aveva fatto nascere il Duca di York quattro anni prima.
Il parto si stava dimostrando stranamente veloce, erano passate solo cinque ore dall’inizio delle doglie, e il bambino era già pronto ad uscire.
Accanto a Anne, sempre pronte a sostenerla, c’erano la Duchessa di York e sua madre la Contessa, giunta a Londra cinque giorni prima dell’inizio del travaglio. Le due donne non l’avevano mai abbandonata, le avevano infuso coraggio e tamponato il viso madido di sudore, e Anne si era sentita benedetta per tutto quell’affetto che la circondava.
Fuori, in attesa della nascita del terzo figlio della Regina, di quello che avrebbe portato il titolo di Conte o Contessa di March, titolo appartenuto un tempo al defunto Edward IV.
“Una bambina!” annunciò la donna, prendendo in braccio la neonata urlante e paonazza, posandola delicatamente in un lenzuolo.
Anne sorrise, contenta di aver dato alla luce la figlia che sia lei che Richard avevano da tempo desiderato, ed esausta si lasciò crollare tra i cuscini.
“Come volete chiamarla, figliola?” chiese la Duchessa.
“Joan. – sussurrò con voce flebile – Joan, come l’amata dama di Kent moglie del Principe Nero e madre del secondo Richard, nella speranza che sia bella e adorata dal suo popolo come lo è stata tanto tempo fa lei.”
Anne prese in braccio sua figlia, ammirandola e assicurandosi che fosse perfetta, le baciò il capo coperto di folti capelli rossicci e datala alle cure della balia si concesse il meritato riposo.
Nello stesso momento, fuori nel cortile, un messaggero lasciava di tutta fretta Londra con una lettera scritta dall’Arcivescovo di York in persona, una lettera indirizzata al Re – lo stesso sovrano che aveva appena fatto il suo ingresso trionfante nella città di Edimburgo dopo aver catturato e rinchiuso James di Scozia - che annunciava la nascita della Principessa.

 
**


“Ditemi, mia amata, avete mai visto una cosa più bella di questa?”
Era dicembre, la corte tutta si era riunita a Londra per rendere omaggio alla Principessa Joan in vista del suo battesimo, e per la prima volta dalla sua nascita i tre figli dei sovrani si erano ritrovati insieme.
“Non riesco a pensare a nulla di più perfetto, no. – rispose Anne – Ned è stato stregato dalla vista della sua sorellina, è evidente, e sono certa che tra qualche anno i nostri figli faranno a gara per starle accanto e proteggerla.”
“Anche Katherine è contenta di avere una sorella, anche se di molto più piccola, e ora che l’avete presa come vostra dama sono certo che potrà instaurare un rapporto più saldo con i suoi fratelli. – le baciò la fronte – Inoltre, ho deciso di iniziare a pensare alle nostre alleanze, non solo quella del Portogallo per Bess ma anche per Kat e Joan.”
“Non credi sia troppo presto per nostra figlia?” chiese timorosa.
“Mai troppo presto quando si parla degli scozzesi, e ora che Alexander è in fuga e i nostri sforzi si sono rivelati vani devo fare immediatamente la mia mossa: Joan andrà in sposa all'erede di James, sarà regina di Scozia un giorno, e attraverso la sua discendenza spero di poter portare pace tra i nostri due paesi.”
“Non la lascerò sposare prima dei diciassette anni, non metterà piede in Scozia prima del matrimonio, su questo sono irremovibile. – disse piccata – Decidi pure liberamente sul futuro di Bess, mandala in Portogallo se è quello che vuoi, ma Joan rimarrà qui.”
“E io farò ciò che voi mi ordinate, ma belle, tutto per voi. – le sorrise – Joan sarà istruita e cresciuta in Inghilterra, amata moltissimo da suo padre e sua madre, specialmente da sua madre. Sapete, più la guardo e più rivedo voi in lei, e questo mi rende ancor più orgoglioso.”
“Io, invece, rivedo voi in Dickon, mentre Ned è il perfetto connubio di entrambi.”
“Perfetto. – fece eco Richard – Sì, mia cara, è tutto perfetto.”



 

*




Angolo Autrice: Okay, rieccomi ad aggiornare questa storia anche se con ritardo. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo vero e proprio, seguito solo da un epilogo finale, e poi la storia sarà conclusa.
Ringrazio, al solito, tutti coloro che leggono in silenzio, seguono e recensiscono.
Alla prossima,
V.

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Capitolo 24
*** 24. ***










Londra, Gennaio – Marzo 1485






Le feste natalizie erano trascorse in pace e serenità, e con l’avvento del nuovo anno la corte si era riunita per celebrare le nozze della sedicenne Katherine Plantageneta, primogenita legittimata del Re, e William Herbert, Conte di Huntigdon, di nove anni più grande, che per sette aveva vissuto alla corte di Ludlow come ciambellano del Principe del Galles.
Ancor prima di questo matrimonio, solo qualche settimana prima, la diciannovenne Elizabeth di York era partita con le sue dame più fidate alla volta del Portogallo, dove avrebbe sposato Manuel D’Aviz, Duca di Beja e fratello della Regina Eleonora.
Come rappresentante della corona, incaricata personalmente dalla stessa Eleonora che molto a cuore aveva il nipote, era giunta a corte Joana di Portogallo, sorella dell’attuale sovrano e donna pia e dall’animo gentile che conduceva una vita semplice e aspirava a diventare suora presso le monache del convento di Avero, luogo in cui si era stabilita dopo la breve reggenza che l’aveva vista sul trono del suo paese in assenza del padre.


“Kat è bellissima. Non trovate anche voi, madre?” chiese Dickon, prossimo ai nove anni, seduto alla destra della madre.
Il secondogenito dei sovrani aveva sempre avuto un ottimo rapporto con la sorellastra: quest’ultima, infatti, si era trasferita a corte su richiesta di Anne quando lui aveva da poco più di cinque anni e i due avevano instaurato un legame molto forte nonostante i molti anni che li separavano.
“Una bellissima sposa, mio tesoro. – concordò con un sorriso – Sono certa che la nostra Katherine renderà fiero tuo padre e suo marito, darà a quest’ultimo molti figli sani e forti.”
Per Richard non era stato facile lasciare andare sua figlia, guardarla mentre recitava le promesse a quell’uomo molto più grande di lei, ma sapeva anche che William era una persona dal carattere nobile e gentile e che mai e poi mai l’avrebbe maltrattata.
Insieme sarebbero stati felici, come lui lo era con Anne, e presto la sua adorata Kat lo avrebbe reso nonno di molti bambini.
“Isabella ha dato alla luce una bambina, - sussurrò Richard all’orecchio della moglie, riferendosi a Isabella di Trastamara, Regina di Castiglia e moglie di Ferdinando – e i miei ambasciatori in Spagna mi hanno informato che sia lei che il suo consorte sono interessati ad un’unione inglese.”
“Appena nata e già venduta come una bestia da soma. - notò Anne, che mai in tutti quegli anni passati sul trono si era abituata all’idea delle alleanze tramite i figli che aveva dato alla luca – Presumo tu voglia darla in sposa al nostro Edward.”
Aye, è così. – confermò lui – E non dimentichiamoci che la neonata Caterina discende direttamente da John di Gaunt attraverso la di lui figlia di cui la piccola porta il nome.
In ogni caso, - proseguì – il matrimonio non avverrà prima dei suoi quattordici anni.”
“Per allora Ned avrà più di vent’anni, sarà un uomo fatto e finito, e temo la profonda differenza d’età che li separerà.”
“Vi preoccupate troppo, ma belle, e questo non vi fa bene. – le baciò la fronte, notando solo in quel momento quanto fosse accaldata, pallido il colorito della moglie – Mia adorata voi scottate, siete pallida, e le vostre mani sono gelide.”
“Sono solo molto stanca. – minimizzò lei – Queste giornate di festa mi hanno provato, ho bisogno di riposo, tranquillità. Forse dovrei andare a Windsor per qualche tempo.”
“Non con questo freddo, Anne, no. – si oppose Richard – Darò disposizione alle vostre dame di prendersi cura di voi, che nessuno vi disturbi, e quando vi sarete completamente rimessa in forze andremo insieme a Windsor.”


 
**



Ma Anne non riprese le forze, anzi divenne ogni giorno più debole, scossa da febbri che la costrinsero a letto e una brutta tosse che degenerò quando i suoi fazzoletti iniziarono a macchiarsi di sangue.
Richard ordinò immediatamente di tenere lontano dalle stanze della madre Dickon e la piccola Joan, e chiamò i migliori medici di Londra affinché si prendessero cura di lei e la guarissero dal male che la stava lentamente consumando.
Infine, a metà di Febbraio, i dottori dovettero ammettere la loro sconfitta e confessare con il cuore pesante che la Regina era affetta da tubercolosi; oltre a questo proibirono a Richard di dividere con lei il letto, per non rischiare il contagio, ed evitare quanto più possibile di visitare le stanze della donna.
Se entrambi avessero contratto il morbo, fossero andati incontro alla morte, il regno sarebbe passato nelle mani di un ragazzino di dodici anni troppo giovane e inesperto per governare, l’Inghilterra sarebbe caduta rovinosamente nel caos.

“Come sta Anne?” chiese Edmund, giunto quella mattina da Ludlow per stare vicino a suo fratello, dargli la forza che in quel momento necessitava.
“Sempre più debole… - rispose con voce rotta – I medici vorrebbero impedirmi di starle accanto, mi rimproverano ogni volta che mi vedono al suo capezzale, ma io non posso lasciarla sola. Lei è tutto il mio mondo, il mio cuore, la mia stessa vita.”
“Mi hanno riferito che Isabel Neville è giunta una settimana fa da Tewkesbury, portando con se delle lettere di sua madre la Contessa e dei rimedi naturali per curare la sorella, che non la lascia mai sola.”
Aye, ti hanno detto il vero. – confermò atono – Isabel le da forza, il legame che le lega è forte nonostante le vicissitudini che in questi anni le hanno divise, la fa sorridere.
Nonostante il parere dei medici sono convinto che Anne si rimetterà e presto tornerà a governare al mio fianco l’Inghilterra.”
“Pregherò Dio giorno e notte affinché sia così.”
Edmund sorrise al fratello minore e, per la prima volta dopo tanti anni, lo abbracciò stretto permettendogli di trovare in lui la forza di cui aveva bisogno.



 
**



Isabel uscì dalla stanza di Anne con occhi rossi e scossa da tremiti, incontrò immediatamente lo sguardo di Richard, anche lui in attesa di far visita alla sua adorata moglie.
Era arrivato Marzo, e le condizioni di Anne non erano migliorate, il Dottor Hobbys e i medici concordavano sulle poche settimane di vita che attendevano la Regina, e persino la loro madre Nan, Contessa di Warwick, era giunta al capezzale della figlia.
“Non avrei mai voluto questo. – disse Isabel con voce rotta dal pianto – Ho pregato per lei giorno e notte, non ho mai smesso di pregare per la sua salute, Dickon. E nonostante i nostri trascorsi, l’odio che per anni ho provato per voi, voi che mi avete strappato l’unico uomo che abbia mai amato, vostro fratello George, non ho mai desiderato questo.”
“Lo so, Isabel, lo so. – Dickon cercò di rassicurare la maggiore delle sorelle Neville, benché nel suo cuore non avesse più parole di conforto o di speranza – Promettetemi soltanto che starete vicino ai miei figli quando, quando…”
“Nessuno lascerà da solo voi o i vostri figli, vostra madre è pronta a lasciare il convento se servirà, e la mia si trasferirà a corte non appena voi darete l’ordine.”
“Grazie, Isabel… - sorrise con non poco sforzo – Posso vederla?”
La donna annuì e, fattasi da parte, osservò con il cuore pieno di dolore il fantasma di quello che un tempo era stato un sovrano e un uomo pieno di vigore sparire tra le ombre della stanza da letto.

“Non dovreste essere qui… - lo rimproverò dolcemente Anne quando lui si sedette sul bordo del letto e la prese tra le sue braccia – I dottori…”
“All’inferno i dottori, non mi importa delle loro preoccupazioni, delle loro parole.”
“Hanno paure che anche voi veniate infettato, per il regno, i nostri figli… - Anne sorrise al pensiero di Ned e Dickon, immagini di loro due che giocavano spensierati a Middleham durante l’estate appena passata ritornarono alla mente, così come quelle di Joan e delle sue prime parole. – Come stanno i bambini?”
“Credo che Ned abbia capito, nonostante voglia venire a Londra gli ho proibito di lasciare il Galles, mentre Dickon chiede spesso di voi. Joan, d’altra parte, è troppo piccola per rendersi conto di quello che sta succedendo.”
“Mia madre non lo accetta, sapete? Non riesce a farsene una ragione, anche se in mia presenza cerca di essere forte, proprio come Isabel.”
“Prego ancora affinché voi vi rimettiate, non importa quello che dicono i dottori, io continuo a pregare perché… - la voce di Richard si spezzò – Ho giurato di prendermi cura di voi, Anne, e in questi anni ho davvero pensato… Ho creduto di potervi tenere al sicuro da tutto il male che c’è in questo mondo, dalle sofferenze e dai lutti, e…”
“E lo avete fatto, amore mio, lo avete fatto. – gli accarezzò una guancia – Voi mi avete dato una seconda possibilità, rendendomi regina e vostra pari dopo la caduta di mio padre e di Edouard mi avete regalato una seconda vita, una vita piena e felice. E dei figli, dei bellissimi bambini che mi hanno resa orgogliosa e che un giorno diventeranno importanti per l’Inghilterra e l’Europa, dei sovrani illuminati.”
“Anne, mia amata…” Richard la strinse più forte, non sapendo cosa dire, cosa fare per alleviare il dolore al centro del suo petto.
“Sono serena, Richard, non ho paura: il dolore sta passando, e anche la febbre, e so che presto riabbraccerò mio padre. – sospirò – Ho solo paura per voi, mio caro, per il vostro futuro. Promettetemi giuratemi che andrete avanti per i nostri figli, che darete loro un futuro fatto di pace e giustizia e che farete di tutto per essere nuovamente felice.”
“Nessuno potrà mai rendermi felice come voi, Anne, mai.”
“Eppure il paese avrà presto bisogno di una nuova regina, e i nostri figli di una madre, qualcuno che li amerà e…”
“Basta, Anne, vi supplico! – esclamò stringendola più forte – Non voglio parlare di questo, non di questo, non con voi. Tutto ciò che voglio è stringervi a me e farvi sentire amata.”
Sorrise e annuì, stanca, cercando di combattere il sonno che pian piano la stava inghiottendo e bearsi ancora per qualche istante di Richard, del suo profumo, della morbidezza di quei capelli che aveva sempre amato; si accoccolò a lui, permettendogli di accarezzarle i lunghi capelli ramati sparsi sul cuscino e sulle sue deboli spalle, concedendosi un ultimo atto di egoismo prima della fine.

Anne Neville, Regina d’Inghilterra e Irlanda, spirò il 16 Marzo del 1485, mentre fuori il sole veniva oscurato da un’eclissi simbolo di sventura e cattivo presagio, poco dopo aver ricevuto il rito dell’estrema unzione da Edmund stesso.
Quando la luce tornò nella stanza, l’anima di Anne era volata via, lasciando nel cuore di tutti un vuoto che mai nessuno avrebbe colmato.
Nel cuore di Richard la luce non ritornò mai.


 


*


Angolo Autrice: Quanta tristezza! Scrivere questo capitolo non è stato affatto facile, di sicuro non ve lo aspettavate e ora sarete sconvolti, ma purtroppo è così che mi sono immaginata la fine della storia sin da subito e questo evento era inevitabile.
Siete liberi, dunque, di prendermi a male parole. Vi autorizzo! ç.ç
Il prossimo, e ultimo, sarà un breve epilogo in cui si ricopriranno velocemente gli ultimi anni di regno di Richard e ciò che accadrà dopo.

Alla prossima,
V.

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Capitolo 25
*** 25. Epilogo ***




 




Richard non si risposò mai. Negli anni che seguirono la devastante perdita di Anne, nonostante le pressioni del consiglio affinché prendesse in moglie una principessa francese o portoghese, Richard rimase fermo sulla sua posizione e rifiutò ogni offerta presentata.
Decise che avrebbe vissuto i restanti decenni che ancora lo attendevano vestendo il lutto, in segno di rispetto per l'amata, scomparsa prematuramente, che aveva pianto apertamente durante i funerali solenni tenutisi nell’Abazia di Westminster, luogo in cui Anne avrebbe riposato insieme ai sovrani che l’avevano preceduta.
Continuò ad essere un re giusto ma severo: durante il suo regno fiorirono le arti, la giustizia fu messa al primo posto e, sebbene nel privato diventò l’ombra dell’uomo che un tempo era stato, nelle occasioni pubbliche si dimostrò sempre gentile e affabile.
Lo scranno della regina posto accanto a lui rimase vuoto fino a quando Joan, l’ultima dei figli che Anna gli aveva donato, non raggiunse l’età adatta per sedersi al suo fianco durante i ricevimenti e i banchetti di corte, fino a quando non andò, diciannovenne, in sposa all’erede al trono di Scozia, James, a cui diede un figlio, anche lui chiamato James, prima della di lui dipartita avvenuta a pochi anni di distanza dalla loro unione.
Anche i suoi due fratelli maggiori si sposarono: Edward, Principe del Galles, sposò come stabilito Caterina d’Aragona, ultima figlia di Isabella e Ferdinando, nel Novembre del 1499, e dalla loro unione nacquero tre figli, di cui solo due, Mary ed Elizabeth, raggiunsero l’età adulta.
Dickon, infine, folgorato dalla bellezza di Maria di Tristamara, sorella maggiore di Caterina, giunta a corte insieme alla sorella per presenziare alle nozze, fece di tutto per conquistare il suo cuore e infine sposarla.
I due divennero marito e moglie nonostante le obbiezioni di Richard, che per il suo secondogenito aveva sempre aspirato ad un matrimonio francese, nell’Agosto del 1500. Dalla loro unione nacquero tre figli: Anne, Isabel, ed Edward.

Richard III d’Inghilterra spirò nel Marzo del 1509, a quattordici anni esatti dalla morte della sua amata Anne, e fu tumulato al suo fianco a Westminster.
Alla sua morte salì sul trono il figlio Edward VI, il quale governò al fianco di Caterina e fece prosperare il regno che il padre gli aveva lasciato fino alla sua morte avvenuta nel 1553.
Gli succedette Mary e, alla prematura scomparsa di lei, avvenuta senza eredi, la sorella Elizabeth, la quale portò il regno d’Inghilterra al suo massimo splendore.  



 


*



Angolo Autrice: E anche questa è finita! Forse non sarà stata la fine che vi aspettavate, avendo il precedente capitolo assestato un bel colpo, ma personalmente ne sono soddisfatta.
Precisazioni prima dei ringraziamenti: nella realtà Maria di Tristamara, sorella di Caterina e Giovanna "la Pazza", andò in sposa a Manuel del Portogallo dopo che questo rimase vedovo della sorella maggiore di entrambe, Isabella, e a lui diede dieci figli. In questa storia, però, essendo Manuel sposato con Elizabeth di York, ho cambiato le cose e fatto sposare Maria a Richard, così da far quadrare il cerchio e non escludere nulla.
Infine rigrazio, ancora una volta e per l'ultima, tutti coloro che hanno letto in silenzio, hanno deciso di seguire e soprattutto recensire questa storia. Grazie, davvero!
Non so se e quando scriverò nuovamente di questa coppia, ma se volete continuare a seguirmi potete farlo leggendo la mia long, Rosa Bianca Scarlatta, con protagonista Edmund di York oppure, se cercate altro, le mie originali in corso! ;)

Addio, e grazie per tutto il pesce,
V.

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