Kind of Special

di Ludos98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pilot ***
Capitolo 2: *** Believe ***
Capitolo 3: *** White Horse ***
Capitolo 4: *** The Prophecy of the Phoenix ***



Capitolo 1
*** Pilot ***


A Viki,
perché lei è la mia persona
e mi rende coraggiosa.
Kind of Special
Chapter 1: Pilot
Ci sono molte storie sulle fate
ed è probabile che voi non ci crediate,
perché questa è incredibilmente vera.
Roma 10/08/14
La maggior parte dei racconti inizia con due innamorati, a bordo di una motocicletta d’epoca, che sfrecciano verso l’ignoto. Ma questa non è una storia d’amore. O meglio, lo è in parte, però è anche la storia di una ragazza un po’ speciale.
Tuttavia, trascorse moltissimo tempo, prima che anche lei se ne rendesse conto. Poiché, per quanto essere ordinari sia semplice, essere fuori dall’ordinario è estremamente complesso.
Eppure, avevo la certezza che lei sarebbe stata all’altezza della situazione, perché era una persona forte, lo era sempre stata.
Comunque, come ogni storia che si rispetti, credo sia meglio cominciare dal principio.
Quel lontano, caldo e umido giorno di agosto le strade di Roma erano deserte. Fatta eccezione per due giovani, un ragazzo e una ragazza, che si stavano dirigendo in tutta fretta da qualche parte. Anche se la loro andatura sembrava in completa contrapposizione con la calma calata sul resto della città.
-Potresti andare un po’ più veloce? Lo sai quanto è importante per me! – sbraitò la ragazza nell’orecchio del conducente. Musa, questo era il suo nome. Aveva quasi diciotto anni, a quel tempo, e,  probabilmente era anche la persona più scettica e anticonformista che avessi mai incontrato. Non sopportava le ingiustizie, infatti giungeva sempre in aiuto dei più deboli, e fu anche etichettata ribelle per ciò. 
Tuttavia, questi aggettivi non sono sufficienti per descrivere Musa. Lei era una persona piena di vita, purtroppo segnata dalle esperienze del passato, che l’avevano costretta a celare la sua vera essenza. Sì, Musa era decisamente una di quelle persone che riescono a trasmettere moltissimo al prossimo, anche solo con un sorriso. Anche se un modo per esprimere sé stessa l’aveva trovato: il canto. Mediante esso, Musa riusciva a mostrare la sua visione delle cose, e non solo.
Il canto per lei significava tutto. Non era importante che fosse felice o triste, perché le note rappresentavano un rifugio, grazie al quale magicamente si sentiva meglio.
Un’altra particolarità di Musa erano i suoi capelli, di un blu cobalto assai raro. Nonostante lei avesse provato a tingerli, qualche ora dopo tornavano al colore naturale. Inizialmente, aveva cercato qualche soluzione, ma poi decise di accettare quella sua stranezza, e trasformarla in una qualità.
-Se accelero ulteriormente, la moto ci abbandona. – contestò lui con fare annoiato, come se non potesse evitarlo. Musa non tollerava quel genere di risposte, poiché era una persona tenace, e, quando voleva raggiungere un obiettivo, ci riusciva. – Preferisci andare a piedi al Teatro dell’Opera?
Il ragazzo la canzonò, mostrando un mezzo sorriso, che però fece alzare al cielo gli occhi di lei. Andy, il conducente, era davvero molto affascinante: capelli scuri, occhi neri, un fisico slanciato. Inoltre, condivideva con Musa la passione per la musica. Ma, a differenza di quest’ultima, per lui rappresentava soltanto un hobby. Invece lei aveva intenzione di diventare qualcuno, un giorno. E ci sarebbe riuscita, in un modo che probabilmente non si aspettava.
Per questo fremeva per arrivare in Piazza Beniamino Gigli: per la prima volta, dopo moltissimi anni, il Teatro dell’Opera stava reclutando cantanti emergenti, che non si dedicassero solo alla lirica. Musa aveva lavorato per quella audizione durante tutta l’estate, e non poteva lasciarsi scappare un’occasione simile, a causa di un guasto tecnico.
Essendo una persona fatalista, se non fosse arrivata in tempo per il provino, sapeva già quale sarebbe stato il suo futuro: avrebbe completato gli studi nel liceo linguistico, che ormai frequentava da quattro anni, e avrebbe continuato a cantare al Frutti Music Bar, locale dei genitori di Andy, per il resto dei suoi giorni.
Non riusciva a immaginare nulla di più noioso. Eppure, non poteva minimamente sapere che, di lì a poco, avrebbe vissuto l’avventura più epica della sua vita.
 

Alfea, lo stesso giorno
Nel lontano universo di Magix, dove la magia esisteva, quattro fate Enchantix si stavano allenando nello spazio compreso tra la foresta di Selvafosca e la scuola di Alfea, per fronteggiare le forze oscure.
Un tempo, il college rappresentava un luogo sicuro in cui le studentesse avrebbero ricevuto una formazione esemplare. Era un luogo in cui i sogni diventavano realtà, in cui nascevano bellissime storie d’amore e amicizie durature.
Purtroppo, per quanto dall’esterno quell’edificio rosa risultasse accogliente, all’interno il panico e la paura si stavano facendo strada nelle menti delle giovani alunne. La situazione sarebbe degenerata ulteriormente, se non fosse intervenuto qualcuno. Eppure, credo che l’aiuto che tutti si aspettavano, che bramavano intensamente, affinché il periodo di tristezza e malinconia finisse, non fosse proprio quello sperato. 
La preside Faragonda osservava di soppiatto l’allenamento delle sue allieve dalla finestra del suo ufficio, e si sentiva così impotente. Una sensazione del tutto nuova, per l’anziana donna. Lei era probabilmente una delle fate più potenti, ancora in vita, dell’intera Dimensione Magica. Aveva fatto parte della Compagnia della Luce, insieme ai rispettivi presidi delle altre scuole di Magix, Saladin e Griffin, sconfiggendo le Tre Streghe Antenate e fermando una minaccia che avrebbe portato caos e distruzione.
Adesso che il male stava tornando, Faragonda non sapeva come affrontarlo, e questo la spaventava a morte, poiché, la sua parte più razionale le ricordava continuamente che le quattro ragazze che si stavano allenando, non ce l’avrebbero mai fatta da sole. Infatti, il piano che aveva intenzione di mettere in atto, era rischioso, illogico, ma rappresentava la loro unica possibilità.
-Voleva vedermi, preside Faragonda? – domandò una voce esile alle spalle della signora. Apparteneva a Stella, principessa del pianeta di Solaria, e fata del Sole e della Luna. Anche se, in quel momento, risultava tutto tranne che solare. Lei cercava di celare il suo stato d’animo agli altri, continuando a vestirsi e raccogliere i lunghi capelli dorati nello stesso modo, ma lo sguardo era spento, e, nonostante fosse una fata molto forte per la sua età, sembrava che anche lei fosse caduta in balia del panico e della paura che si aggiravano per la scuola.
Faragonda si voltò, accostando rapidamente la tenda, come se fosse stata colta in flagrante, e andò a sedersi sulla poltrona rossa della sua scrivania.
-Certo. Prego, accomodati. – la esortò, indicando due sedie vuote. Stella le scrutò entrambe un istante, cercando di capire seduta su quale avrebbe ricevuto la ramanzina peggiore, e alla fine scelse quella a destra. Prima che Faragonda potesse dire qualsiasi cosa, lei fece un respiro profondo e la prese in contropiede.
-Senta, se mi ha chiamata per rimproverarmi, perché non mi sto allenando con le altre, mi dispiace. – la voce di Stella diventava acuta quando era nervosa, e anche quando mentiva. Come in questo caso. - Le prometto che domani farò un doppio allenamento.
In realtà lo ripeteva da mesi, ormai. Da quando le forze del male si erano ripresentate, e le avevano sottratto tutto ciò che le era più caro al mondo, lei si limitava a frequentare le lezioni mattutine. Ma le persone le concedevano delle attenuanti, perché stava passando un periodo difficile.
-Oh no, non voglio parlarti di questo. – Faragonda scosse divertita la testa, sapendo con certezza che la fata stesse mentendo. Eppure non avrebbe fatto niente a riguardo, perché, con il suo piano, sperava di risolvere anche questa situazione. Infatti, spesso la preside ricordava una nonnina che si preoccupa affinché i suoi nipoti mangino. E, considerando la capigliatura grigia e cotonata, le impressioni delle alunne non erano del tutto errate. – Voglio raccontarti una storia.
Stella sgranò gli occhi, e cominciò a sudare freddo. Il tono di Faragonda si era fatto serio, e questo poteva significare solo una cosa: responsabilità.
Di cui, ovviamente, non era pronta a farsi carico.
-Molto tempo fa, quando le Tre Streghe Antenate tentarono di conquistare la Dimensione Magica, su un pianeta successe qualcosa di insolito, qualcosa che influenza la storia della magia ancora oggi. – precisò Faragonda, indicando con un dito la scrivania. Stella aggrottò le sopracciglia, non capendo dove volesse andare a parare. Lei conosceva quella storia, tutte le fate la conoscevano. Si studiava al primo anno. Perché la preside gliela stava ripetendo?
-Mi scusi, - disse in tono dubbioso la giovane fata, interrompendo il discorso della donna. – ma sappiamo tutti com’è andata. Le Tre Streghe Antenate cercarono di distruggere invano Domino, poiché furono fermate dalla Compagnia della Luce. Anche il mio pianeta, Solaria, fu attaccato, però riuscì a cavarsela. Lo stesso vale per il resto della Dimensione Magica, quindi: qual è il punto?
Una volta la voce di Stella non sarebbe stata così schietta e fredda, ma il corso degli eventi l’aveva portata a riconsiderare molti aspetti del suo carattere.
Faragonda sospirò, comprendendo i dubbi dell’allieva, e si alzò dalla poltrona rossa, iniziando a passeggiare per lo studio. Le sue mani, come al solito, si trovavano dietro la schiena.
-Il punto è, mia cara Stella, che stai per venire a conoscenza di una parte della storia, che non si studia nei libri di testo. – rispose seria l’anziana donna, fermandosi vicino allo specchio, che l’avrebbe aiutata a convincere la fata. Infatti, attraverso quell’oggetto, che gli umani utilizzavano solo per accentuare la loro vanità, Faragonda mostrò a Stella un ricordo del passato, il quale era stato celato fino a quel momento, per motivi di sicurezza. Eppure, l’universo magico si trovava a un punto di rottura, per cui era giunto il momento di scoprire tutte le carte. – Adesso, assisterai alla distruzione di Melody. 
Scene terribili si palesarono davanti agli occhi di Stella. Fenomeni naturali che si abbattevano sul pianeta, inarrestabili. Persone innocenti che cercavano invano di salvarsi. Il panico che si era creato, all’interno del palazzo reale, mentre i sovrani tentavano di trovare una soluzione, per salvare il loro popolo. Infine, il buio.
-Queste immagini sono false. – affermò prontamente la fata del Sole e della Luna, indicando lo specchio. – Tutti sanno che il pianeta di Melody fu risparmiato, poiché ritenuto inutile il potere che conteneva.
La preside incrociò le braccia al petto, osservando la ragazza dai capelli biondi, che continuava a fissare lo specchio, incredula. Sperava che intuisse da sola il senso di ciò che aveva appena visto, ma, vedendola sempre più accigliata, decise di fornirle un ulteriore suggerimento.
-Allora, puoi spiegarmi, come mai non arrivano alunne provenienti dal pianeta della musica? – attraverso quella domanda retorica, Faragonda era certa che Stella avrebbe capito. Infatti, le certezze della fata scomparvero, quando comprese il discorso della donna. Sgranò gli occhi, e, se prima la sua espressione era accigliata, in quel momento era assai sorpresa.
-Lei mi sta dicendo che…il pianeta di Melody è stato distrutto durante la Guerra Oscura? – chiese titubante la giovane, poiché la sua ipotesi le risultava ancora più assurda, detta ad alta voce. Faragonda sorrise, divertita dallo stupore della ragazza. Poi si allontanò dallo specchio, per tornare alla scrivania, sulla quale si appoggiò.
-No, nemmeno questo è esatto. – stavolta non aspettò i commenti di Stella, e proseguì con il racconto. Era arrivato il momento di rivelare la parte più importante, e Faragonda sapeva di potersi fidare. – Nello specchio, hai potuto scorgere le figure dei due sovrani di Melody discutere animatamente. Entrambi, quando la magia oscura colpì il pianeta, stavano cercando una soluzione per salvare il regno. Grazie all’aiuto di un consigliere, la Regina entrò in possesso di un incantesimo tanto antico quanto potente, che avrebbe garantito la sicurezza dell’intera popolazione. Chiaramente, la magia ha un prezzo, e la Regina lo pagò con la sua stessa vita.
Nonostante Stella stesse ancora cercando di elaborare le parole di Faragonda, adesso non sentiva più il bisogno di fare battute, o di controbattere ciò che la preside le aveva mostrato. Lei ci credeva. In qualche modo assurdo, sapeva che le rivelazioni dell’anziana donna avrebbero cambiato per sempre il destino della Dimensione Magica.
Tuttavia, continuava a domandarsi perché si confidasse proprio con lei. Bloom era il capo del gruppo, la più potente, colei che prendeva le decisioni difficili. Lei era semplicemente Stella, la fata fissata con lo shopping e la migliore amica che tutti avrebbero voluto avere, poiché contagiava la gente con la sua allegria. Ultimamente, non era stata in grado di fare nemmeno quello, per cui non afferrava lo scopo della convocazione da parte della preside.
-In cosa consisteva l’incantesimo? - chiese invece. Il suono della sua voce uscì forte e chiaro, perché la curiosità la stava uccidendo, e non avrebbe aspettato ulteriormente per conoscere l’intera verità.
Faragonda tornò finalmente a sedersi sulla poltrona rossa, e sospirò, come se dovesse farsi coraggio, e affrontare l’ultimo round di uno scontro corpo a corpo.
-La Regina stava cercando un incantesimo, che le permettesse di celare la magia del suo regno alle Streghe Antenate. – Stella storse la bocca, poiché era convinta che la preside stesse evitando la domanda. Invece, dovette ricredersi qualche istante dopo. –Tuttavia, quando lo trovò, scoprì che c’era una falla nel sistema, perché qualcuno o qualcosa avrebbe dovuto incanalare tutto quel potere.
Stella stava cominciando a unire le tessere del puzzle, e questo le permetteva di avere una visione più dettagliata della storia. Tecna sarebbe stata così fiera di lei.
-Eppure, nessuno era in grado di trasferirlo, giusto? Per questo la Regina perse la vita. – affermò risoluta la fata del Sole e della Luna. Un senso di soddisfazione, che non provava da molto tempo, la pervase quando Faragonda annuì, confermando le sue teorie.
-Esatto. Però l’incantesimo riuscì a portarlo a termine, prima di esalare l’ultimo respiro. – Stella strabuzzò gli occhi, comprendendo che il mistero si infittiva maggiormente. O forse no. – Ciò che ti sconvolgerà, mia cara, è scoprire chi ha incanalato tutto quel potere. Infatti, la Regina non scelse un candidato qualunque, bensì sua figlia.
La reazione di Stella fu inaspettata, persino per lei. Il disgusto e la tristezza che stava provando, erano talmente grandi, che non riuscì a spiccicare parola. Semplicemente, rimase lì, a bocca aperta.
Il suo cervello da ragazza bionda non le permetteva di capire come mai una madre potesse decidere di sacrificare sua figlia, per salvare un intero regno. La famiglia viene prima, così le avevano insegnato i suoi genitori. Quindi, qualsiasi altra situazione le sembrava impensabile.
-La…bambina è sopravvissuta? - questa volta la sua voce uscì come un sussurro, poiché il solo pensiero che una donna adulta e cosciente potesse mettere il destino di un popolo, nelle mani di una bambina, la spaventava a morte.
-Inaspettatamente, sì. – Stella trasse un sospiro di sollievo, rendendosi conto, in quel momento, di essere rimasta in apnea per qualche secondo. – Tuttavia, pensavamo che fosse andata perduta in un regno lontano. Invece, l’abbiamo localizzata: si chiama Musa, sta per compiere 18 anni, e si trova sulla Terra.
Finalmente, la giovane fata comprese il motivo di quel colloquio. Faragonda stava organizzando una missione di salvataggio, e voleva che lei ne facesse parte. All’improvviso, il peso della responsabilità, che aveva provato entrando nell’ufficio, tornò a farsi sentire e sopraffò Stella.
-Oh no. Non sono assolutamente la persona indicata per svolgere questo compito. – la ragazza si alzò di scatto, urtando la sedia e facendola cadere. Iniziò a tremare, e, nonostante volesse fuggire da quella situazione, non riusciva a muoversi. Sentiva le gambe pesanti, incollate al suolo. Inoltre, il cuore le batteva all’impazzata.
-Sì, lo sei. – ribatté convinta la preside. Lentamente, si avvicinò a Stella, e l’afferrò per le spalle, con lo scopo di calmarla. –Tu sei quella che ha affrontato le profondità della terra, pur di salvare le Pixie, e il tuo grande amore, Brandon. Hai ottenuto lo Charmix, comprendendo che l’amicizia è un tesoro prezioso. Ti sei battuta con valore, per riportare indietro Bloom e fermare le forze del male. Infine, ma non meno importante, avresti sacrificato la tua vita per quella di tuo padre, e questo ti ha fatto guadagnare la trasformazione Enchantix. Devi essere tu la prima a crederci, Stella.
Quelle parole la investirono come un treno e funsero come campanello d’allarme. Si era spinta troppo oltre, ed era giunto il momento di agire, prima di cadere nel baratro. Infatti, smise di tremare e il suo respiro tornò regolare.
Certo, Bloom poteva anche essere la fata più potente dell’intera Dimensione Magica, perché possedeva il potere della Fiamma del Drago. Ma lei era Stella, la fata del Sole e della Luna, Principessa di Solaria e non si sarebbe tirata indietro. Una principessa aiuta sempre chi ne ha bisogno, questo lo aveva imparato nel corso degli anni.
-Sì, ci credo.
Faragonda mollò la presa su di lei, e, negli istanti che si susseguirono, spiegò alla giovane fata cosa avrebbe dovuto fare, una volta arrivata sulla Terra. Non ci fu modo di contestare, o chiedere chiarimenti, poiché Stella si smaterializzò e iniziò il suo breve, ma intenso viaggio, dove avrebbe trovato ben altro, che un’innocente da salvare.
 
 
Fonterossa
Se nel college per fate di Alfea si percepiva un clima di calma apparente, pronto a esplodere da un momento all’altro, a Fonterossa si respirava un’aria del tutto diversa.
Ci si iscriveva qui per diventare dei guerrieri, che come obbligo morale hanno il compito di proteggere le creature magiche. Coloro che mostrano interesse e abilità per le armi, vengono comunemente chiamati Specialisti. Mentre, coloro che sono più predisposti a utilizzare la magia, li soprannominano Maghi.
La formazione di un guerriero inizia poco dopo la pubertà, e, in quel momento, gli studenti frequentano tutti i corsi, per poi specializzarsi negli anni successivi.
Generalmente, uno Specialista si riconosce subito. Loro sono spericolati, utilizzano spade laser, guidano moto volanti e galoppano draghi. Se un ragazzino dimostra di essere competente in questi campi, è sicuro che diventerà uno Specialista.
Invece, i Maghi sono più difficili da trovare, e, infatti, costituiscono una piccola percentuale della scuola. Per diventare un Mago si deve dimostrare di possedere enormi qualità psichiche, oltre che qualità magiche.
Probabilmente, questo è uno dei motivi per cui diminuiscono sempre di più.
Riven stava riflettendo sulla situazione del collegio, mentre osservava l’allenamento delle matricole dalla finestra della sua stanza, che condivideva con Brandon. Loro erano entrambi Specialisti, anche se, all’inizio della sua carriera, il professor Codatorta gli aveva confidato, che avrebbe avuto buone probabilità sia come Mago, sia come Specialista.
Al tempo giovane, Riven non riuscì a credere alle proprie orecchie, poiché raramente uno studente era portato per entrambe le specializzazioni. Infatti, scelse di ignorare i consigli dell’insegnante, e si iscrisse ai corsi per diventare Specialista insieme ai suoi amici.
Anche se, adesso che avrebbe dovuto farsi carico delle responsabilità che ne conseguivano, l’idea di specializzarsi in arti magiche non sembrava più così malvagia.
 
 
-No, non esiste. Io non lo faccio. – Le riflessioni di Riven furono interrotte, quando il professor Codatorta lo invitò a seguirlo nell’ufficio del preside Saladin. Ora si trovava in piedi, davanti alla sua scrivania, tentando di esprimere al meglio il disappunto che stava provando, in merito a quell’assurda proposta che gli avevano appena fatto. Infatti, il volto del ragazzo era accigliato, e puntava un dito a terra, per sottolineare la posizione che aveva deciso di prendere. – Io non proteggerò un’altra fata.
Il discorso che stavano facendo a Riven, era molto simile a quello che Faragonda aveva fatto a Stella, ma il ruolo che lui avrebbe dovuto ricoprire in tale missione, era completamente diverso. Poiché, mentre Stella sarebbe stata il suo mentore, Riven avrebbe avuto il compito di proteggerla. Sarebbe dovuto diventare il suo guerriero.
Raramente accadeva che a uno Specialista venisse richiesto di proteggere una fata, in maniera formale, quindi lui iniziò a pensare che dovesse trattarsi di un caso particolare.
-Non te lo chiederei, se non fosse strettamente necessario. – ribatté il preside, cercando di mantenere la calma. Anche perché era facile perdere la pazienza, con una testa calda come quella di Riven. Eppure, in quanto Mago, Saladin riusciva, in qualche modo, a non scomporsi di fronte a nulla. A volte, il giovane Specialista si domandava come fosse riuscito a rimanere in carica per così tanti anni, e, soprattutto, come avesse preso decisioni importanti senza un minimo di esitazione. Quella lo era, e, mentre manteneva lo sguardo, fisso negli occhi del vecchio, continuava a chiedersi perché mai avesse scelto proprio lui. – Comprendo i tuoi trascorsi, e capirò se vorrai rifiutare, ma sappi, Riven, che alcune paure vanno superate nella vita. Altrimenti, resterai ancorato al tuo scoglio, solo, come un’isola.
Le minacce velate di Saladin avevano smesso di intimorirlo molto tempo fa. Tutto ciò che provava nel guardare quell’ammasso di pelle secca, e piena di rughe, era ribrezzo.
C’era stato un periodo in cui Riven idolatrava la figura del preside, ritenendolo persino il Mago più potente dell’intera Dimensione Magica.
Ma era stato prima.
Prima dell’accaduto.
Riven era al primo anno di specializzazione, praticamente non riusciva ancora a sostenere un combattimento. Saladin sapeva che non era pronto, ma decise comunque di premiarlo per la sua costanza, e così gli affidò una fata, affinché la proteggesse. Lei non era come le altre, e Riven non impiegò molto tempo a capirlo. Soltanto che le cose non andarono per il verso giusto, e, a causa di un suo errore, la ragazza rischiò la vita.
Quando gli rimossero la custodia, lui si sentì male per mesi, a tal punto da non riuscire più a impugnare una spada. Grazie all’aiuto, e al sostegno di Codatorta, Riven riacquistò le sue capacità motorie e psichiche, e, da quel momento in poi, giurò a se stesso che non avrebbe mai più accolto una richiesta da parte di Saladin.
Il preside non aveva idea di che cosa significasse la parola paura. Non poteva permettersi di sminuire ciò che aveva vissuto, ciò che lo aveva segnato, probabilmente per sempre, utilizzando quella parola.
Saladin era invecchiato da solo, senza mai sposarsi e senza mai avere figli, per cui non poteva conoscere sentimenti come il dolore, la gioia o l’amore. Invece Riven sì, li aveva sperimentati sulla propria pelle, e non ci teneva a replicare.
Se questo significava restare ancorati al proprio scoglio, almeno la sua sanità mentale ne avrebbe giovato.
-Non mi interessa, perché non accetterò l’incarico. – rispose in maniera sfacciata il ragazzo, e mostrò il suo solito sorriso falso, che utilizzava quando non voleva far comprendere agli altri cosa stesse pensando. Iniziò ad allontanarsi, e, prima di lasciare la stanza, voltò il capo verso Saladin. – E non mi scuserò per questo.
Dopodiché uscì, sbattendo la porta talmente forte, che il vecchio, di solito impassibile agli eventi, sobbalzò.
 
 
Roma
Quando Andy e Musa giunsero in Piazza Beniamino Gigli, la ragazza scese dal motorino, ancora prima che si fermasse, e si incamminò, a passo svelto, verso il lungo viale, che la separava dal Teatro dell’Opera. Probabilmente, se non fosse stata in ritardo, si sarebbe soffermata sui dettagli, come le composizioni floreali, che costeggiavano il viale, o la fontana, che si trovava al centro della piazza.
Andy parcheggiò il veicolo, e si affrettò a seguire la ragazza, la quale ormai era arrivata davanti all’ingresso principale. Il portone in vetro colorato, ricoperto di pietre preziose, era assolutamente all’altezza della maestosità dell’edificio.
-Musa, aspettami. – la supplicò, sperando che, nonostante ciò che aveva fatto, lo volesse ancora lì, ad assistere al suo grande momento.
Invece, lei lo ignorò, ed entrò nella struttura. Poiché nella hall non c’era nessuno, che potesse darle delle informazioni riguardanti le audizioni, si diresse verso la sua meta: il teatro.
Scostò le pesanti tende, le quali fungevano da porta, e, una volta dentro, sentì il desiderio viscerale di voler appartenere a quel luogo incantato. Infatti, guardandosi intorno, Musa si prese un attimo per mettere a fuoco ogni dettaglio, per poterlo ricordare in futuro: il parquet ben curato, le poltrone rosse della platea, rivestite in velluto, i quattro piani delle balconate, illuminati da una moltitudine di luci, lo spazio riservato all’orchestra, ed infine, il palco.
La ragazza scacciò le emozioni negative, che aveva provato fino a quel momento, in parte a causa di Andy, e si lasciò travolgere dalla bellezza e la grandiosità del posto che aveva bramato per tutta l’estate. O forse, per tutta la vita.
Inoltre, un’altra cosa che la sorprese, fu il silenzio che regnava sovrano, ma che, al tempo stesso, raccontava moltissime storie. Lei adorava restare in silenzio, l’aiutava a riflettere. Infatti, era convinta che il suono del silenzio fosse uno dei più potenti al mondo. Purtroppo, i suoi amici non la pensavano allo stesso modo, per questo spesso si ritrovava a dover celare la sua vera essenza, per non essere catalogata come pazza.
Tuttavia, qualcuno lassù, forse il fato, o forse una divinità, aveva stabilito che non era ancora arrivato il suo turno. Musa era destinata a diventare ben altro nella vita, e, probabilmente, questo era l’ennesimo segnale per farglielo capire.
-Il teatro sta chiudendo, signorina. Le serve qualcosa? – domandò una voce femminile alle sue spalle. Musa si voltò di scatto, come se l’informazione non fosse giunta al cervello, e si ritrovò davanti la classica segretaria bionda, con la coda di cavallo, e il tailleur nero. Sembrava una Barbie.
-Veramente sì. Sono venuta qui per le audizioni, - si affrettò a prendere il modulo compilato dalla sua borsa, e lo porse alla giovane donna. – e so di essere in ritardo, ma spero che non sia un problema. Ci tengo davvero tantissimo, mi sono preparata durante tutta l’estate.
Musa stava farfugliando, se ne rendeva conto, però non poteva permettersi di farsi scappare la sua opportunità, adesso che c’era così vicina. Purtroppo, dovette prepararsi all’ennesimo colpo basso della vita.
-Mi dispiace tanto, Musa. – disse addolorata la segretaria, leggendo il suo nome dal modulo che stringeva tra le mani. Infatti, glielo porse. – Le audizioni sono terminate ore fa. Il teatro sta chiudendo.
Ripeté la frase e finalmente lei capì.
Era finita.
Non era riuscita ad arrivare in tempo, e la sua occasione era sfuggita come sabbia tra le dita.
La prima reazione di Musa fu quella di piangere, ma non avrebbe ceduto davanti a una sconosciuta. Lo avrebbe fatto ore dopo, in camera sua, da sola. Lei odiava mostrarsi debole, quindi si fece forza, ricacciò indietro le lacrime, e si avviò verso l’uscita, senza aggiungere altro.
Mentre stava lasciando la sala, udì la voce della donna che le consigliava di provarci l’anno successivo. Ma, in cuor suo, Musa sapeva che non ci sarebbe stato un anno successivo. Era questo il momento di dare una svolta alla sua vita, e lei se l’era lasciato scappare. O meglio, Andy aveva permesso che ciò accadesse.
All’improvviso, le passò completamente la voglia di piangere, e passò all’emozione successiva: la rabbia.
Quando uscì dall’edificio, lui era ancora lì, appoggiato al motorino con fare sornione, come se il mondo di Musa non fosse appena andato in pezzi. Ma era successo, a causa sua, e lei non sarebbe più riuscita a guardarlo nello stesso modo.
-Già di ritorno? Scommetto che hai lasciato i giudici a bocca aperta. – ipotizzò divertito. Aveva le braccia conserte, e, non sapeva spiegarsi il motivo, ma Musa percepì una punta di invidia dietro a quella battuta.
Lei percorse a ritroso l’intero viale, questa volta a testa bassa. Il sorriso ironico di Andy scomparve, quando Musa gli si parò di fronte e lo guardò con un tale odio, che avrebbe potuto cancellarlo dalla faccia della Terra. Di sicuro, lui non se lo sarebbe dimenticato tanto facilmente.
-Perché sei ancora qui? Hai già fatto abbastanza, mi pare. – il tono della ragazza era gelido, e non le si addiceva per niente. Lei era dolce e comprensiva, ma, in quel momento, l’avrebbe incenerito, se avesse potuto. Nessuno l’aveva mai delusa a tal punto, quindi disse a se stessa che è proprio vero che non si finisce mai di conoscere una persona.
-Musa, mi dispiace moltissimo. – la voce era supplichevole, ben diversa da quella usata dalla segretaria nel teatro. Probabilmente, lui ci teneva sul serio a ottenere il suo perdono, ma a lei poco importava. – Ti prego, dimmi che c’è qualcosa che posso fare. Qualsiasi cosa.
Tutto ciò che venne in mente a Musa, fu ridere. E rise di gusto, poiché non riusciva a capacitarsi di quanto fosse falsa la gente. Adesso, lentamente, i tasselli del puzzle stavano tornando al loro posto e tutto fu chiaro: Andy era sempre stato geloso del suo talento, e aspettava l’occasione perfetta per tagliarla fuori. Lui sapeva che l’audizione significava molto di più che un provino qualunque. Rappresentava il biglietto di sola andata verso una nuova, meravigliosa, e scintillante vita. Musa era stufa di sentirsi ordinaria, lei voleva essere straordinaria.
-Non c’è niente che tu possa fare, ormai. – disse, quando smise di ridere. Ora, il suo desiderio più grande era quello di allontanarsi da lui. Non sapeva quale sarebbe stata la prossima mossa, ma, di certo, non includeva Andy nel quadro generale. Infatti, si incamminò verso la fermata degli autobus. – E non seguirmi.
 
 
Probabilmente, qualsiasi adolescente, si sarebbe diretto a casa del suo migliore amico, per raccontare l’accaduto e piangere sul latte versato. Ma Musa no.
Lei, a differenza di altri, riteneva che il posto più sicuro al mondo fosse casa propria. Rappresentava la sua isola felice, un luogo in cui non era permesso il libero accesso alle cose brutte. Inoltre, viveva lì con suo nonno, l’unica persona che le voleva bene per ciò che era, da quando aveva memoria. Lui era il suo famigliare più prossimo, poiché Musa aveva perso entrambi i genitori in tenera età, per ragioni a lei sconosciute. Loro l’avevano abbandonata, in qualche modo, quindi era il nonno a rivestire il ruolo di colonna portante nella sua vita. Quella casa era il loro posto, infatti, non appena varcò la soglia, le sensazioni negative che le ribollivano dentro, iniziarono a svanire.
-Sono a casa! – annunciò, dopo essersi chiusa la porta alle spalle. Nonostante l’audizione non fosse andata come previsto, Musa decise di concentrarsi su quanto ancora di buono era presente nella sua vita, e, poiché aveva suo nonno e stava bene, concluse che le bastava. Trasse un respiro profondo, e tentò di ritrovare la positività che la contraddistingueva. Poi lasciò, come di consueto, le chiavi e la borsa all’ingresso e si incamminò verso la stanza adiacente. Svoltò a destra, e si ritrovò nella sala da pranzo, che era costituita dal salone e l’angolo cottura.
Le tapparelle di legno, della finestra del salone, erano abbassate, per evitare che il sole filtrasse attraverso di esse. Tuttavia, Musa comprese che si stava avvicinando il tramonto. Inoltre, la televisione era spenta, per cui dedusse che suo nonno si doveva trovare già ai fornelli, intento a preparare la cena. Infatti, l’olfatto non la tradì, e, quando si voltò, fu inebriata dal profumo del suo piatto preferito: fettuccine ai funghi porcini.
Le aveva assaggiate per la prima volta da bambina, quando il nonno la portò a raccogliere le castagne in un bosco nei pressi del lago di Nemi. Sulla via del ritorno, l’anziano signore volle fermarsi per pranzo, ed è allora che accadde la magia. Eppure, nonostante lui sapesse quanto Musa amasse quel piatto, glielo cucinava soltanto in occasioni speciali.
-Oh sì, sapevo che saresti arrivata. – una delle tante risposte ambigue del vecchio. Il nonno era una figura particolare, poiché,  sebbene avesse i capelli grigi e il volto ricoperto di rughe, con la sua vitalità sembrava un uomo senza età. O almeno, Musa aveva perso il conto degli anni molto tempo prima. La cosa più curiosa era che lui conosceva sempre il suo stato d’animo, quindi non bisognava fornirgli molte spiegazioni. Infatti, quando la ragazza dai lunghi capelli blu si sedette su uno sgabello, di fronte all’isola della cucina, l’anziano signore continuò a tagliare i funghi, indisturbato.
-A cosa devo l’onore di questa prelibatezza? – domandò fingendosi sorpresa, e sfilandosi l’iPhone 5s dorato dalla tasca, e appoggiandolo sull’isola. Stranamente, lui non commentò la presenza del cellulare, che considerava un’entità malvagia, la quale impediva di fare conversazione. D’altro canto, Musa evitava di utilizzarlo in sua presenza, ma, in quel momento, aspettava una chiamata che non sarebbe mai arrivata.
-E’ stata una giornata lunga, e soltanto perché non hai ottenuto ciò che volevi, non significa che tu non possa ancora trarne qualcosa di buono. – il nonno aveva terminato di affettare i funghi, e adesso stava controllando che bollisse l’acqua della pasta. Eppure, attraverso quelle parole distratte, era riuscito a far sorridere di nuovo la sua nipotina preferita. Musa ammirava la saggezza del vecchio, e, sperava un giorno, di poter dare lei stessa dei consigli dispendiosi. – Poi, in questi casi, il cibo è il tuo migliore amico. Quindi, ho pensato di cucinarti un piatto salutare, altrimenti ti saresti finita la mia vaschetta di gelato!
Risero entrambi.
Il nonno era una persona speciale anche per un altro motivo: perché oltrepassava continuamente il confine tra serietà e ironia, e Musa adorava ciò, poiché la aiutava ad affrontare la vita in maniera più rilassata.
Tuttavia, fu brutalmente riportata alla realtà, quando la suoneria del suo telefono invase la cucina e il nome di Andy comparve sullo schermo.
L’espressione della ragazza cambiò, e, improvvisamente, tutte quelle sensazioni negative che era riuscita a scacciare, anche grazie alla presenza del nonno, la investirono in pieno. Se il telefono non fosse costato quasi mille euro, lo avrebbe scaraventato sul pavimento, per smettere di vedere la foto del suo contatto, nella quale sorrideva, e non sembrava affatto la persona peggiore del pianeta.
-Come esco da questa situazione? – chiese tristemente Musa, ignorando il cellulare, appoggiando il viso su una mano e fingendo di rivolgersi all’audizione incompiuta. Forse, indirettamente, il suo scopo era anche quello. Ma non l’avrebbe mai detto apertamente, perché lui avrebbe intuito dove volesse andare a parare.     
Infatti, il nonno scelse il momento adatto per utilizzare una delle sue risposte vaghe.
-Se tutte le strade portano a Roma, come si lascia Roma? – esordì in questo modo, lasciando perdere la cena e portandosi una mano sul mento, con fare pensieroso. – Sai, me lo sono sempre chiesto. Soprattutto perché le persone pensano troppo e agiscono molto poco. In generale, credo che, se qualcuno vuole seriamente far parte della tua vita,  farà l’impossibile per esserci.
Musa rimase spiazzata dal discorso del nonno, perché, per la prima volta, comprendeva ciò che stava dicendo, e, trovava un senso a quelle frasi sconnesse tra di loro. Eppure, nonostante Andy insistesse, lei non riusciva a premere il tasto “Rispondi”.
-Anche se, d’altra parte, dietro gli schermi, perdiamo il valore di uno sguardo. – proseguì il vecchio, non riscontrando nessuna reazione da parte della nipote. - Dimenticando che, quando qualcuno ci dedica il suo tempo, ci sta regalando l’unica cosa che non recupererà mai più. La vita è costituita da attimi, sai? Oggi sono qui, e domani? Domani chi lo sa. Quindi, volevo dirti che, se vuoi qualcosa, se vuoi veramente qualcosa, corri a prenderla senza voltarti indietro. Guarda la paura in faccia, e superala, mettendoci l’anima.
Musa ebbe come l’impressione che il nonno non si stesse riferendo semplicemente alla telefonata, o all’audizione, ma scelse di non indagare. Infondo, aveva ragione: Andy tentava di contattarla disperatamente, perché sapeva che non ci sarebbe stato rimedio a quello che aveva fatto.
Lei non doveva perdonarlo, però poteva ascoltare la sua versione dei fatti. Quindi, prima che terminasse l’ultimo squillo, afferrò il telefono, scorse sullo schermo, e rispose.
-Hai un minuto. – gli comunicò, tentando di imitare il tono gelido che aveva utilizzato precedentemente, senza successo, tuttavia. – Quindi ti conviene sfruttarlo al meglio.
Dall’altro capo del telefono, Andy fece un respiro profondo, e, per la prima volta, Musa lo percepì titubante. Non era mai successo, poiché, essendo il chitarrista della loro band, lui ricopriva il ruolo del bello impossibile, che le fan bramavano ardentemente.
-Probabilmente non mi crederai, ma io non volevo che tutto ciò accadesse. Non volevo farti soffrire, però, se non avessi fatto nulla, tu te ne saresti andata. Avresti voltato pagina, senza di me. – lei era a conoscenza dei sentimenti di Andy, ma fingeva il contrario, poiché non poteva ricambiarli e un rifiuto avrebbe rovinato la loro amicizia. Eppure, dopo quella disastrosa giornata, Musa non avrebbe dovuto più fare questi pensieri, perché Andy e la sua vita sarebbero stati solo un lontano ricordo. – Comunque, anche se non otterrò mai il tuo perdono, ti ho chiamata per ricordarti che stasera c’è il falò per la notte di San Lorenzo.
Musa socchiuse gli occhi, perché lo aveva completamente rimosso. Oppure, il suo cervello le aveva fatto un favore, occultandole che, in un mondo parallelo, il falò avrebbe rappresentato motivo di festeggiamento. In un mondo parallelo, lei avrebbe superato l’audizione, Andy non sarebbe stato geloso del suo successo e, insieme, avrebbero festeggiato davanti al fuoco. Chissà, forse si sarebbero anche fidanzati.
Ma quello era il mondo reale, e non c’era spazio per le fantasie. Nel mondo reale il falò le ricordava che aveva fallito, di nuovo. Riportava in superficie la rabbia che provava nei confronti di Andy, e, soprattutto, la faceva sentire smarrita.
Eppure, qualcosa le suggeriva che doveva andarci lo stesso. Infatti, incrociò lo sguardo del nonno, e comprese che lui era d’accordo.
-Okay, verrò. – Musa sentì le grida di gioia dall’altro lato del telefono, quindi decise di calmare i suoi animi. – Ma, probabilmente, sarà l’ultima volta che ci vedremo. Un egoista come te non può far parte della mia vita.
E riattaccò.
In quel preciso momento, aveva stabilito che il falò sarebbe stata la fine di un’Era. Dopo quella serata, sarebbe andata avanti, senza voltarsi indietro, proprio come aveva detto il nonno.
Anche se, ironia della sorte, Musa andò avanti e cambiò vita, ma non nel modo in cui si aspettava.
-Credo proprio che dovrò rimandare le fettuccine. – ammise tristemente, rivolgendosi al nonno, il quale annuì. Poi si alzò e si diresse verso le scale, che l’avrebbero portata in camera sua. – Sto per chiudere un capitolo della mia vita.
Il tono di Musa era entusiasta, e non immaginava minimamente cosa sarebbe avvenuto nelle ore successive, ma il nonno sì, e, una volta che la nipotina ebbe lasciato la cucina, si affrettò a raggiungere la finestra per scrutare il cielo.
Fulmini.
Questo non preannunciava nulla di buono.
-O forse, sta per iniziarne un altro.
 
 
Santa Severa, la sera
La Notte di San Lorenzo era l’evento dell’estate, poiché fungeva da apripista alla “settimana dei falò”, come la chiamava Musa. Grandi e piccini si riunivano intorno a un fuoco per osservare le stelle cadenti, raccontarsi storie dell’orrore, suonare una canzone.
La piccola cittadina marittima di Santa Severa occupava un posto speciale nel cuore di Musa, perché rappresentava la sua infanzia: avrebbe sempre ricordato con piacere le innumerevoli estati trascorse in quel luogo sperduto, le amicizie che aveva stretto. Alcune di quelle persone facevano ancora parte della sua vita, tra cui Andy, ma, dopo il falò, avrebbe messo un punto a tutto questo.
Il lungomare era popolato da famiglie che passeggiavano, da genitori che tentavano di afferrare i figli scalmanati, da ragazzi in bici, che si affrettavano per scorgere anche una sola stella cadente. Il desiderio è uno strumento potente, e gli umani ne sono talmente succubi, da non comprendere che sono loro a scegliere il proprio destino. Eppure, anche la persona più razionale si recava a scrutare il cielo, perché sperare in un miracolo è una mera consolazione, per tutti coloro che non hanno il coraggio di compierlo.
Musa non rientrava in questa categoria, poiché, sebbene lei fosse scettica, agiva per ottenere ciò che voleva. Spesso cadeva, ma poi si rialzava. Anche se, dopo l’ennesima delusione, non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Comunque, la maggior parte degli stabilimenti era aperta, quella sera, e la gente ci si dirigeva per trascorrere un po’ di tempo in compagnia, e avere il libero accesso alla spiaggia, perché era lì che si teneva lo spettacolo suggestivo. Infatti, il litorale laziale era illuminato da moltissime luci, che appartenevano ai falò, e Musa immaginò di osservare la scena dalla costa. Probabilmente, sarebbe rimasta a bocca aperta.
Lei e i suoi amici avevano scelto un posto in prima fila, per poter festeggiare quella notte magica: si trovavano nelle vicinanze dell’imponente e antico Castello di Santa Severa, che un tempo apparteneva agli Etruschi. Quando frequentava le elementari, Musa lo aveva persino visitato, e ne era rimasta davvero colpita.
La luna piena brillava alta nel cielo, e, dopo aver mangiato della pizza, comprata lungo la strada, era arrivato il momento di cantare qualcosa.  Per l’occasione, Musa aveva deciso di indossare un paio di pantaloncini rossi e un top bianco, dal quale si intravedeva il costume, anch’esso rosso. In testa portava un cappellino con la visiera, nonostante non ci fosse il Sole, sulle stesse tonalità dell’outfit. I lunghi capelli blu cobalto erano raccolti in due codini bassi, e il colore degli elastici si abbinava alle righe verdi, presenti sul top.
-Che ne dite, cantiamo un pezzo? – propose Andy, il quale si stava già dilettando ad accordare la chitarra. Solitamente, la sera del falò, cantavano una delle canzoni della band, attirando l’attenzione di altre persone, e trasformando il tutto in una grande festa. Come la scena di un Disney Channel Original Movie.
Se avesse superato l’audizione, Musa avrebbe cantato volentieri la canzone che aveva composto lei stessa, e di cui andava molto fiera, poiché era convinta che l’avrebbe portata alla vittoria. Ma non aveva vinto, quindi non sapeva se, in futuro, avrebbe mai avuto modo di cantarla.
-No, non ne ho proprio voglia. – rispose schietta, facendo spallucce. Ciò che le sembrava più assurdo, era che Andy si comportava come se non fosse accaduto nulla. Come se non avesse recepito l’ultima frase che gli aveva detto al telefono ore prima. Probabilmente non l’aveva presa sul serio, ma Musa aveva ancora intenzione di attenersi al piano: dopo il falò, avrebbe cancellato qualsiasi contatto con lui, e si sarebbe fatta una nuova vita. Letteralmente. - Scusate.
Lei non aveva nulla di cui scusarsi, ma decise di mantenere le apparenze, così da non dover fornire nessuna spiegazione al resto del gruppo. Poiché sapeva, che sarebbero stati dalla parte di Andy. Infatti, gli altri la sopportavano perché era sua amica, e perché cantava splendidamente, ma, alla resa dei conti, non avevano quasi nessun interesse in comune. Musa aveva deciso di lasciarli anche per un altro motivo: perché, quando era con loro, non riusciva ad essere sé stessa. Questo peso la stava opprimendo, e ne aveva abbastanza.
-Allora, perché ognuno di noi non dice cosa esprimerebbe se vedesse una stella cadente? – propose ancora, e gli altri lo canzonarono. Mentalmente, Musa si diede un colpo sulla fronte. Come aveva potuto diventare amica di una persona tanto stupida? Invece, fu l’unica a parlare. Se avesse dovuto iniziare una nuova vita, almeno avrebbe abbandonato la vecchia, essendo semplicemente sé stessa.
-Voglio essere diversa, un po’ speciale. – le altre persone presenti, che prima sghignazzavano, adesso si erano ammutolite, e la ascoltavano, assorti. – Voglio che qualcuno mi ami per ciò che sono, e non per quello che rappresento. Voglio trovare un posto in cui sentirmi straordinaria, e soprattutto non voglio restare in uno dove sono obbligata ad essere ordinaria, per via delle circostanze. Infine, ma non meno importante, voglio essere circondata da persone che mi vogliono bene davvero.
Mentre parlava, Musa teneva lo sguardo fisso davanti a sé, e, una volta ultimato il suo discorso, si aspettava di ricevere battutine o versi canzonatori. Invece, non accadde nulla di tutto ciò, perché la ragazza spostò lo sguardo verso il cielo e vide una stella cadente. Eppure, non era una stella qualsiasi, assomigliava di più a una cometa, e si stava avvicinando terribilmente alla spiaggia.
Eventi di tale portata avvengono circa ogni mille anni, e Musa pensò che i telegiornali avrebbero annunciato il passaggio di una cometa. Sinceramente, lei non ci teneva per niente ad essere testimone di questa scoperta astronomica (se fosse sopravvissuta dopo lo schianto), quindi si alzò e iniziò ad indietreggiare, verso la strada. Le voci del resto del gruppo le risultarono ovattate e scelse di ignorarle.
Anche se, quella stella sembrava volere proprio lei, e negli istanti che si susseguirono, avvenne l’impossibile. La stella cadente si scagliò al suolo, a pochi metri dai piedi di Musa, e, dalla luce, che aveva rischiarato la notte buia, uscì una ragazza.
Aveva la stessa età di Musa, convenne lei, lunghi capelli biondi e occhi ambrati. Indossava un vestito color Tiffany, con delle strisce fucsia, che le arrivava circa a metà coscia. Sulla vita portava una cinta, anch’essa fucsia, e, ironia della sorte, rappresentava proprio una cometa. Era eccessivamente truccata, infatti sembrava essere appena uscita da un cartone animato. Dai lobi pendevano un paio di cerchi, i quali includevano una stella, che si abbinava al colore del vestito. I capelli erano sciolti, fatta eccezione per un cerchietto che aveva in testa, il quale sembrava ricoprire un ruolo puramente decorativo. Infine, ai piedi indossava delle zeppe, e a Musa sembrarono le scarpe più scomode del mondo.
-Questi viaggi ultradimensionali sono sempre così stancanti! – si lamentò lei, mentre si stiracchiava. Sbadigliò, e poi iniziò a guardarsi intorno. – Credo proprio che la prossima volta prenderò il treno.
Musa cominciò a pensare di essere impazzita. Aveva bevuto un bicchiere di birra, e questo non poteva essere un effetto collaterale. Probabilmente, quando si era incamminata verso il marciapiede, doveva essere inciampata, e, in seguito, aver battuto la testa. Sì, stava sognando, decise infine.
Inoltre, lo dedusse, dal fatto che, le altre persone non sembrarono scosse dal recente avvenimento. Anzi, proseguirono con le loro vite, come se niente fosse.
-Chi sei tu? – domandò titubante Musa, temendo la risposta. Continuava a sbattere le ciglia, sperando, in cuor suo, che la misteriosa ragazza si dissolvesse nel nulla. Anche se, in qualche modo assurdo, le ispirava fiducia.
Finalmente posò gli occhi su di lei, e le rivolse un sorriso che le scaldò il cuore.
-Oh ciao! Io sono Stella, la fata del Sole e della Luna. – rispose in maniera allegra e disinvolta la ragazza. Fata? Quella parola impiegò un po’ ad arrivare al cervello di Musa. All’inizio, pensò che fosse qualche modo di dire che lei non conosceva, ma, in seguito, ricordò come era giunta sulla spiaggia. Stava decisamente impazzendo, era ufficiale. – Tu come ti chiami, invece?
L’allegria di Stella risultava contagiosa. Infatti, quando le rivolse quella semplice domanda, Musa stava per abbattere il muro di diffidenza che aveva costruito intorno a sé. Ma, d’altronde, lei era cresciuta nel mondo degli umani, quindi non era così facile.
-Io sono Musa. – disse incerta, e rimase sorpresa dalla reazione della fata. Difatti, Stella strabuzzò gli occhi, come se avesse avuto un’illuminazione. Il che sembrava un eufemismo, considerando che lei era la fata degli astri. – Come hai fatto ad arrivare fin qui?
Per una volta, la chiacchierona Stella rimase senza parole. Era lei. Era lei la ragazza che custodiva il potere dell’intero pianeta di Melody. Aveva provato ad immaginarsela, nel corso del viaggio, ma la realtà non poteva essere paragonata alla fantasia. Adesso che Musa si era presentata, Stella riusciva a percepire l’immenso potere che scorreva nelle sue vene.
Doveva agire, proteggerla, portarla al sicuro.
-Non c’è tempo per le spiegazioni. – concluse in maniera sbrigativa. Il male poteva essere in agguato, e lei non voleva assolutamente deludere la preside Faragonda. – Dobbiamo prima andare al college di Alfea, e, una volta arrivate lì, potrai pormi tutte le domande che vuoi.
Il mondo intorno a Musa iniziò a vorticare. Le frasi di Stella sembravano sconnesse e prive di senso. Che cos’era il college di Alfea? E, soprattutto, perché aveva tutta quella fretta di andarsene? La sua parte razionale le disse che è con il lavaggio del cervello che una vittima di rapimento viene tranquillizzata. Ma Stella le aveva confessato di essere una fata, ed era arrivata attraverso una strana luce, quindi le sue ragioni non potevano essere losche. Infondo, nei racconti mitologici, le fate sono sempre state dipinte in maniera positiva, per cui Musa non aveva nulla da temere.
Eppure continuava a dubitare.
-Non posso venire con te, nemmeno ti conosco! – esclamò di rimando, accorgendosi che Stella l’aveva presa per un braccio, allentando la presa. Per quanto le cose stessero andando a rotoli, lei aveva la sua vita lì, suo nonno. Non poteva semplicemente seguire una sconosciuta attraverso un bagliore di luce. Le serviva una motivazione più che valida, per farlo. – Dammi un motivo, per il quale dovrei lasciare tutta la mia vita. Dammelo, e allora ti seguirò.
Stella rimase spiazzata. Quando Faragonda l’aveva convinta a intraprendere quella missione, non pensava di ritrovarsi di fronte una persona cocciuta quanto lei. Da una parte, comprendeva le ragioni di Musa, ma, il suo spirito di fata, le imponeva di portarla in salvo. In un modo, o nell’altro.
-Perché vuoi essere diversa, un po’ speciale. A guardarti bene, credo proprio che tu lo sia. – scelse di parlare con il cuore, poiché, in altre occasioni, si era rivelata l’arma migliore. Durante l’ultima parte del viaggio, quando stava sorvolando il cielo di Santa Severa, aveva ascoltato il desiderio di Musa, ed era certa, che, se fosse andata con lei, avrebbe potuto realizzarlo. – Sei una fata, Musa. Vuoi trovare un posto dove sentirti straordinaria, quindi non puoi restare in uno dove sei obbligata ad essere ordinaria, per via delle circostanze. 
Il discorso di Stella la confuse ulteriormente, poiché aveva immaginato di poter essere moltissime cose, ma di certo non una fata. Anche se, ripercorrendo la sua vita, comprese la ragione per la quale si era sempre sentita fuori posto: semplicemente, non era umana.
Inoltre, Stella aveva utilizzato le stesse parole del desiderio, e Musa voleva davvero tutto questo. Forse, si sarebbe avverato in una maniera che non si aspettava, oppure, sarebbe stata la svolta migliore della sua vita. Decise che lo avrebbe scoperto soltanto vivendo. Insomma, al massimo si sarebbe svegliata la mattina dopo, nel suo letto, con un fortissimo mal di testa da sbronza.
-Okay, mi hai convinta. Dov’è che si trova esattamente questa Alfea?
Purtroppo Stella non poté rispondere, perché altre tre figure si palesarono dal nulla, e, a differenza di quando era apparsa la fata del Sole e della Luna, Musa non provò la stessa sensazione di fiducia.
 
-Sorelle, guardate chi abbiamo incontrato! – esclamò divertita la ragazza al centro. Il tono della sua voce non risultò per nulla amichevole, e Musa iniziò a preoccuparsi quando vide l’espressione spaventata di Stella. – La nostra fatina preferita!
Dato che era in atto uno scambio di battute tra le tre sorelle, Musa si prese un momento per osservarle meglio, e rimase sorpresa: le ragazze indossavano delle tutine aderenti, rispettivamente viola, blu e color vinaccia. La cosa assurda, era che avevano il trucco abbinato al vestito. Inoltre, i loro capelli sfidavano le leggi della fisica.
-Mi permetto di dissentire, - ribatté annoiata la ragazza dai capelli corti e ricci. Finse di limarsi le unghie, già perfette, e poi si portò una mano sul fianco e sorrise compiaciuta. – la mia preferita è sempre stata Flora.
La terza sorella, che fino a quel momento non aveva parlato, tossì, per attirare l’attenzione su di lei. Musa la scrutò attentamente, e comprese che non sarebbe stata una passeggiata arrivare sane e salve ad Alfea.
-Vi ricordo che dobbiamo portare a termine una missione, per cui concentriamoci. – le rimproverò duramente, e incrociò le braccia al petto. Di quale missione stavano parlando? Musa aveva come l’impressione che non avrebbe portato nulla di buono. Infatti, evitò di aprire bocca, perché capiva bene che lei e Stella si trovavano già abbastanza nei guai. – Che mossa astuta, quella di mandarti sulla Terra da sola.
Improvvisamente, l’espressione di Stella cambiò. Ritrovarsi faccia a faccia col nemico, le aveva fornito una scarica di adrenalina, che non provava da moltissimo da tempo. Se si fosse trovata in pericolo da sola, non le sarebbe importato, ma adesso c’era anche la vita di Musa nel quadro generale, e lei aveva giurato a sé stessa, che l’avrebbe portata a Magix viva. Inoltre, le pessime battute di Darcy, l’avevano sempre irritata parecchio. L’ironia non era certo il suo forte.
-Trix, anche per me è un piacere rivedervi! – ammise sarcastica Stella, sorridendo. Le Trix erano tre sorelle, Icy, Darcy e Stormy che avevano frequentato la scuola di Torrenuvola, e questo le rendeva streghe. Purtroppo, la loro brama di potere, le aveva portate a compiere azioni poco nobili, e di conseguenza a scontrarsi con Stella e le sue amiche. – A cosa devo l’onore di questa imboscata?
Finalmente, le streghe si accorsero della presenza di Musa, e Icy, le puntò un dito contro. La ragazza impallidì, non sapendo cosa fare.
-Il nostro alleato la vuole, e noi siamo venute a prenderla. – confessò schietta. Stella aggrottò le sopracciglia, irritata, poiché comprese il motivo per cui la strega ne aveva omesso il nome: se lo avesse utilizzato, la fata sarebbe esplosa per la rabbia repressa, che provava nei suoi confronti, non avrebbe più ragionato, e le Trix sarebbero riuscite a catturare Musa senza problemi.
Ma Stella deglutì e incassò il colpo, non lasciandosi ingannare dalle provocazioni delle streghe.
-Mi dispiace, ma non sarà così facile. Stella Enchantix! – un fascio di luce la avvolse, e, nei secondi successivi, assunse la forma di una vera fata. Musa rimase affascinata dalla sua bellezza: i capelli biondi si erano allungati, e, alcune ciocche, erano raccolte in un paio di codini. Al posto del cerchietto, ora vi era un diadema, il che la rendeva una principessa a tutti gli effetti. Il resto del costume comprendeva un top arancione, e una gonna a balze dello stesso colore, con alcuni riflessi di rosa, nella parte anteriore, che si abbinavano perfettamente ai guanti. Al collo portava una collana a forma di stella, la quale conteneva la polvere di fata. Infine, ma non meno importante, a completare il tutto vi erano le possenti e forti ali, che avevano le stesse tonalità dell’abito. - Scarica di Energia Solare!
La battaglia ebbe inizio. Il colpo di Stella era diretto a tutte e tre, ma, poiché fuori allenamento, arrivò solo ad Icy, la quale cadde a terra. Darcy e Stormy partirono al contrattacco: la prima, essendo la strega dell’ipnosi, si smaterializzò, per poi accerchiarla, creando cloni di sé stessa. Ma Stella aveva già visto quel trucco e non si lasciò ingannare.
-Oceano di Luce! – i cloni di Darcy scomparvero, e lei si accasciò al suolo. Però, nel frattempo, Icy si era ripresa, e aveva intenzione di portare a termine la missione. Infatti, con la coda dell’occhio, Stella vide che si stava dirigendo verso Musa. Non ci pensò due volte, e le si parò davanti. – Scudo Lunare Enchantix!
Purtroppo, da sola, non sarebbe riuscita a mantenerlo a lungo. Ne ebbe la conferma, quando Icy cominciò a ghiacciare il suo scudo, per poterlo abbattere. La situazione peggiorò ulteriormente, poiché Stormy lanciò uno dei suoi tornado, facendo volare via il berretto di Musa, e distraendo Stella.
Darcy tornò in scena, approfittando della debolezza della fata, per accecarla temporaneamente. Lo scudo finalmente si ruppe, e Stella si afflosciò sulla sabbia, inerme.
-Sei finita, fatina! – esclamò la gelida Icy, pronta a ibernarla in uno dei suoi blocchi di ghiaccio. Ma, nel quadro generale, le Trix non avevano considerato un dettaglio importante: Musa.
Infatti, la novellina, in una fase di totale incoscienza, incanalò il rumore del tornado di Stormy e lo spinse con forza contro le tre streghe. Il risultato fu sorprendente: le Trix caddero a terra, stordite dall’incantesimo di Musa.
Lei si guardò le mani, spaventata. Non riusciva a capacitarsi di essere stata in grado di fare una cosa del genere. Dopotutto, le frasi sconnesse di Stella stavano assumendo un senso.
Stella!
L’adrenalina iniziò a circolare nel suo organismo, per cui dovette mettere momentaneamente da parte la paura. La cercò con lo sguardo, e vide con piacere che si era rialzata, e che l’incantesimo di Oscurità di Darcy si era dissolto, quindi ci vedeva ancora.
-Te l’avevo detto: sei una fata. – affermò soddisfatta la fata del Sole e della Luna. Faragonda non si era affatto sbagliata sul conto di Musa, e quest’ultima lo aveva appena dimostrato. D’altro canto, ascoltare quelle parole, in seguito a ciò che aveva fatto, rendeva il tutto reale. Infatti, sebbene non avesse più certezze, non poteva tornare a vivere la vita di tutti i giorni, dopo aver messo ko tre potentissime streghe.
-Mi hai convinta, verrò con te! – adesso che lo scontro si era concluso, la voce di Musa riprese a tremare. In quei pochi istanti, aveva compreso, che un incantesimo può fare la differenza tra la vita e la morte, e sperò vivamente di non doversi mai più ritrovare sopra a quel confine. Stella sospirò sollevata, e le strinse la mano. Guardò la situazione e decise di affrettarsi, poiché le Trix si stavano riprendendo.
-Reggiti. Velocità della Luce del Sole!
Stella attivò il teletrasporto e, pochi istanti dopo, le fate si dissolsero nel nulla, lasciando le Trix con un pugno di mosche.
 
 
Foresta di Selvafosca, la stessa sera
L’orgoglio di Riven non vinse la battaglia, quel giorno. Infatti, lo Specialista si trovava appollaiato sul ramo di un albero, nei pressi di Alfea, aspettando trepidante l’arrivo della fata fuori dagli schemi.
Non molto tempo prima, aveva utilizzato quello stesso albero per ragioni non esattamente nobili, ma si era pentito, ed aveva dimostrato al resto del mondo, di poter essere una persona migliore.
Spinto dalla curiosità, e dalla sua coscienza, la quale gli imponeva, in un modo o nell’altro, di fare sempre la scelta giusta, Riven si era diretto verso il suo nascondiglio personale. Codatorta lo aveva informato, in maniera indiretta, poiché conosceva il ragazzo, e sapeva che avrebbe seguito le sue direttive, che la fata sarebbe giunta al college di Alfea in tarda serata. Quindi, adesso, scrutava la situazione, che risultava ancora tranquilla, attraverso un binocolo.
Al di fuori dei cancelli della scuola, c’era una schiera di persone, che aspettava in silenzio la venuta della misteriosa ragazza: sulla sinistra, il professor Wizgiz e il professor Palladium, affiancati dall’ispettrice Griselda e dalla preside Faragonda. Mentre, sulla destra, erano presenti le Winx.
Riven si accorse che l’unica mancante all’appello era Stella, e, per un istante, un brivido gli percorse tutta la schiena, ma, poco dopo, un bagliore comparve dal nulla, rischiarando la notte buia. Era un portale creato dalla fata del Sole e della Luna, Riven lo aveva riconosciuto. Infatti, la luce si spense, lasciando intravedere Stella, la quale era seguita da un’altra ragazza.
La fata fuori dagli schemi, pensò lo Specialista.
La principessa di Solaria aveva assunto la sua forma Enchantix, per cui Riven dedusse che era reduce da un combattimento. Un sorriso compiaciuto si palesò sul volto del ragazzo. Sapeva perfettamente, che la fata non stava attraversando un periodo facile, ma vederla lì, trasformata e soddisfatta, lo rese così fiero di lei.
Poi il suo sguardo si spostò su un’altra persona, la cui espressione mostrava il terrore e la confusione che stava provando dentro di sé. Fino a quel momento, Riven non era riuscito a vedere interamente il viso della ragazza, poiché coperto dal cappuccio del mantello che indossava. Ma, una volta accettato l’invito di Faragonda, ad entrare nella scuola, lei se lo tolse e lo porse all’ispettrice Griselda, che, per la prima volta, non replicò.
Ecco, in quel preciso momento la vita di Riven cambiò.
E’ lei.
Quando vide i suoi lunghi capelli blu cobalto, legati in due codini, e i suoi occhi lucidi spaesati, gli sembrò di ricevere una scarica elettrica, infatti sobbalzò, allontanando il binocolo, e per poco non cadde dall’albero.
Una miriade di immagini, appartenenti a un passato che non ricordava, gli attraversarono la mente, senza sosta: aveva cinque anni, si trovava su un pianeta in subbuglio, e molte persone urlavano. La situazione si placò quando giunsero i reali, i quali passarono tra la gente e si fermarono sulla piazza della città.
Quegli stessi occhi spaventati, lo Specialista li aveva già visti sul volto di una bambina, la quale era saldamente attaccata alle gonne della regina.
Musa.
 
 
Alfea
Stella entrò nella sua stanza, sentendosi stanca, come non lo era da molto tempo. Guardò il letto circolare, che si trovava al centro della camera, e desiderò con tutta sé stessa sdraiarcisi sopra, e dormire per tre giorni di fila. Il combattimento l’aveva stremata, però almeno Musa era al sicuro nell’altra stanza, e, al momento, le importava solamente quello.
Infatti, per quanto la stanchezza stesse prevalendo, Stella riteneva che la ragazza dai capelli blu un po’ scettica, avrebbe rivoluzionato per sempre la sua vita. Inoltre, dovette ammettere che Faragonda aveva ragione ancora una volta: prendersi cura di un altro essere umano/fatato, le avrebbe fatto staccare la spina dalla vita cupa e triste che ormai conduceva da mesi.
Quella sera, aveva superato una prova importante, ovvero quella di trasformarsi e utilizzare i suoi poteri, per difendere il prossimo. Si era comportata da vera fata, e pensava fermamente che non sarebbe più accaduto.
La mente della ragazza iniziò a viaggiare, immaginando tutto ciò che avrebbe insegnato a Musa, tutti i consigli che le avrebbe dato. Poi, il cellulare sul comodino squillò, e l’unica parte ancora integra della vita di Stella, andò in pezzi.
-Pronto?! – rispose, dopo essere sobbalzata e aver guardato rapidamente il mittente sullo schermo del telefono. Brandon, il suo ragazzo, non la chiamava mai a tarda notte. Lui era uno Specialista nella scuola di Fonterossa, per cui necessitava di molte ore di sonno, affinché potesse essere in grado di proteggere le fate, e, più in generale, l’intera Dimensione Magica. Poi, ultimamente, il loro rapporto non era stato dei migliori, per cui non comprendeva il motivo della telefonata. Tutto ciò che Stella aveva dovuto affrontare, perdere l’affetto di suo padre, trasformarsi in un mostro orribile, l’aveva portata a chiudersi in sé stessa, escludendo persino lui.
-Stella, ciao. – il suo tono di voce era tentennante, come se non sapesse più approcciarsi alla ragazza che diceva di amare. Eppure, la fata decise di non farci caso, perché per la prima volta vedeva la luce in fondo al tunnel, e aveva assolutamente bisogno di condividere questa gioia con Brandon.
-Tu non hai idea di quello che è accaduto oggi! – esclamò entusiasta, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – Faragonda mi ha coinvolta in una missione di salvataggio, spedendomi sulla Terra per cercare una fata, proveniente da Melody! Tu sai cosa significa questo per tutti noi? Finirà, Brandon. Tornerà tutto come prima.
Stella aveva un sorriso a 32 denti, e, improvvisamente, la stanchezza sembrava essersi dissolta. Inoltre, stava per commuoversi, perché il solo pensiero che potesse tornare tutto come una volta, la rendeva immensamente felice.
Ne aveva bisogno
-No, non è vero. – dissentì lui, dopo un lungo silenzio. Per Brandon pronunciare le seguenti parole fu arduo, ma, in quel momento, gli sembrava la cosa più giusta da fare.
Guardò fuori dalla finestra della sua stanza, fece un respiro profondo e proseguì il discorso. – Niente sarà più come prima, perché…non posso continuare a stare con te. Mi dispiace.
La fata spalancò la bocca e rimase sotto shock per circa due minuti, cercando di capire se l’informazione arrivata al cervello fosse corretta.
No, non stava succedendo. Non a lei.
In tutto quel casino, Brandon era la sua unica certezza, e adesso lui non poteva semplicemente chiamarla e comunicarle che fosse finita.
Loro ne avevano superate tante, quindi, a un certo punto, Stella aveva stupidamente pensato che sarebbero stati insieme per sempre. Lei sapeva che, dopo gli ultimi avvenimenti, Brandon non la cercava per concederle lo spazio necessario, affinché si riprendesse. Gli era infinitamente grata per questo.
Allora, perché aveva deciso di mettere un punto alla loro storia?
-Non puoi dire una cosa del genere, Brandon. – lo ammonì, cercando di trattenere le lacrime. Non voleva mostrarsi debole ancora una volta. – Tu sei quello che ha quasi sposato la Principessa Amentia, per salvarmi. E…io ti ho perdonato, quando mi avevi mentito sulla tua vera identità. Come puoi dimenticare tutto ciò? COME?
Inevitabilmente aveva alzato la voce, e, se lui non avesse detto qualcosa all’istante, sarebbe scoppiata in un pianto isterico.
-Io…ho bisogno di te.
Dall’altro capo del telefono, Brandon continuava a rimanere in silenzio, sentendosi malissimo per quello che stava facendo. Tuttavia, non era d’accordo con Stella: lei non aveva bisogno di lui, ma di sé stessa.
Era uno dei motivi per cui la stava lasciando, perché non poteva aiutarla in tale compito.
-Mi dispiace, Stella. E’ finita. – ripeté in maniera automatica, e mise giù, poiché non sopportava più i singhiozzi trattenuti di lei.
La fata fissò il telefono a lungo, poi lo lasciò cadere sul pavimento, senza curarsi che potesse rompersi. Infine, scivolò sul bordo del letto, e, quelle lacrime che prima erano di gioia, adesso si trasformarono in dolore, e inondarono il suo viso.
 
Fonterossa
Dopo averla vista, Riven era saltato giù da quell’albero, spinto da sensazioni di cui nemmeno lui riusciva a cogliere il senso, per raggiungere Fonterossa il prima possibile. Il preside Saladin non gli aveva dato un ultimatum, ma lui sapeva, che, se non si fosse affrettato, avrebbe assegnato il compito a qualcun altro.
Lungo il cammino, il quale separava le due scuole, Riven non smetteva di pensare a quelle immagini che si erano palesate prepotentemente nella sua mente. Cosa significavano? Erano ricordi?
A differenza di altri Specialisti, Riven non conosceva i dettagli del proprio passato. Infatti, lui sosteneva di non ricordare come fosse la sua vita prima di iscriversi alla scuola di Fonterossa. Molti, dopo aver udito questa frase, lo canzonavano, dandogli del sentimentale, ma era la pura verità. Quindi, la sua storia poteva benissimo essere legata a quella di Musa, e c’era un solo modo per scoprirlo.
I corridoi della scuola erano deserti, di notte, per cui non fu difficile raggiungere l’ufficio del preside Saladin. Riven sapeva che lo avrebbe trovato lì, perché, nonostante fosse vecchio e decrepito, non prendeva sonno facilmente.
Camminava a passo svelto, e il cuore gli batteva all’impazzata. Non riusciva a scrollarsi di dosso quel desiderio di protezione, che era nato in lui, nei confronti di Musa, non appena aveva scorto, attraverso il binocolo, il suo sguardo spaventato. Non conosceva nulla di lei, ma l’avrebbe protetta, a qualsiasi costo. Probabilmente, la storia si sarebbe ripetuta, e Riven avrebbe commesso gli stessi errori, però scelse di correre il rischio.
Infatti, quando fece irruzione nell’ufficio, le sue teorie si rivelarono esatte: il preside Saladin era lì, seduto alla sua scrivania, intento a parlare con il professor Codatorta. La presenza di quest’ultimo rassicurò Riven, poiché gli trasmise sicurezza, e ne aveva bisogno, considerando ciò che doveva dire.
-Io la proteggerò. – durante il tragitto, aveva pensato a come avrebbe comunicato la notizia. Inizialmente, l’idea era di fare un discorso. Ma, ripensandoci, quella frase risultò essere molto più ad effetto. Difatti, i due insegnanti si guardarono sbalorditi, e poi spostarono il capo verso Riven. Sul volto di Codatorta comparve un sorriso di approvazione, e il ragazzo non sapeva se avrebbe potuto dire lo stesso del preside Saladin.
Comunque, adesso che lo aveva detto ad alta voce, la situazione era diventata reale, e, di conseguenza, la paura aveva deciso di ripresentarsi. Forse l’avrebbe superata, o forse no, ma faceva tutto parte del gioco.
 
 
Andros
La Dimensione Magica era composta da una moltitudine di pianeti, alcuni importanti, altri meno, e di questi faceva parte il pianeta di Andros. Era perlopiù ricoperto d’acqua, ma, a differenza della Terra, il pianeta era popolato da creature marine, quali sirene e tritoni. Invece, la parte terrestre del regno, era popolata da fate e maghi. Aisha, un’amica di Stella, ricopriva il ruolo di principessa. Sarebbe risultato un pianeta del tutto inutile, se non avesse ospitato il portale della Dimensione Omega, una prigione riservata ai criminali più rinomati.
Dopo aver stretto un’alleanza con Lord Darkar, l’anno precedente, le Trix erano state confinate lì, ma nemmeno questo le aveva fermate. Infatti, le autorità dell’Universo Magico avevano dato l’allarme, annunciando la loro evasione.
Il fatto si era verificato mesi prima, e, ad eccezione di qualche piccolo attacco, come, per esempio, quello effettuato sul pianeta di Solaria, e, naturalmente, su quello di Andros, nessuno aveva ancora intuito i piani delle tre perfide streghe.
Il loro covo si trovava proprio lì, nei meandri del regno dell’Oceano, e non erano sole. Mentre tentavano di trovare una via d’uscita, avevano incontrato uno stregone tanto affascinante quanto potente. Valtor, questo era il suo nome. Aveva lunghi capelli color biondo cenere, occhi azzurri come il mare, e un particolare gusto nel vestire. Icy lo aveva liberato dalla prigione di ghiaccio in cui giaceva da 17 anni, ed era nata subito un’intesa tra i quattro.
Lo stregone non aveva ancora rivelato le sue intenzioni alle Trix, ma, d’altro canto, essendo assetate di potere, lo avrebbero seguito in ogni caso.
-La fatina c’è sfuggita come sabbia tra le dita, letteralmente. – comunicò, con un finto tono annoiato, Icy. La strega del ghiaccio era in piedi, a braccia conserte, di fronte a Valtor, affiancata dalle sorelle, Darcy e Stormy. Invece, l’uomo era di spalle, intento ad osservare quanto succedeva nel mondo esterno, attraverso uno specchio magico. In quel preciso momento, stava studiando la situazione ad Alfea, e, in particolare, stava spiando le azioni di Musa. La ragazza si trovava nella camera che le avevano assegnato, era seduta sul letto, e contemplava la notte piena di stelle, con l’aria spaesata.
-Se non ci fosse stata Stella a proteggerla, l’avremmo catturata! – esclamò furiosa Stormy, la più impulsiva delle tre. Detestava perdere una battaglia, soprattutto se le avversarie erano le fatine. Inoltre, così come Icy e Darcy, anche lei era caduta in balia del fascino di Valtor, per cui avrebbe fatto di tutto per attirare la sua attenzione. Al contrario, lui continuava a restare in silenzio.
-Ti ricordo, - aggiunse Darcy, la strega più riflessiva. – che se Musa non avesse lanciato quell’incantesimo, l’avremmo presa. Stella era già stata sconfitta dalla mia illusione ottica, da stupida fata quale è.
Icy sospirò, irritata. Lei era la maggiore, per cui le spettava sempre il compito di placare gli animi delle due sorelle. Spesso, invano.
-Invece di discutere della nostra dipartita, dovremmo pensare alla prossima mossa. – affermò seria, sperando di provocare interesse in Valtor, con il suo discorso intelligente. – Dato che, chiaramente, sarà impossibile avvicinarsi a lei, ora che si trova ad Alfea.
Finalmente, lo stregone si voltò, e, ricordando il volto spaventato della giovane fata, che aveva visto attraverso lo specchio, sorrise compiaciuto.
-Oh no, non vi preoccupate. – le rassicurò, spiazzandole. Le Trix non si aspettavano una reazione del genere, da parte sua. Questo rendeva la faccenda ancora più intrigante. Valtor stava guardando un punto fisso nel vuoto, immaginando tutto ciò che avrebbe conquistato. – E’ esattamente dove voglio che sia.
 



Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP!
Wow, mi era mancato dirlo. E' passato molto tempo dall'ultima volta che ho postato una fan fiction, e credo mi abbia fatto bene questo periodo di "pausa", perché mi sento più matura e sono pronta a buttarmi in una nuova avventura.
Infatti, sono nuova nel fandom delle Winx, ma seguo il cartone dalle prime stagioni, quindi nutro un profondo rispetto per l'opera originale. So che probabilmente avrete molte domande, dopo aver letto questo capitolo, e io sarò lieta di rispondervi nelle recensioni. Quindi, non siate timidi!
Il processo di stesura è stato il più lungo, estenuante e difficile tra tutte le storie che ho scritto fin ora. Mi ritengo soddisfatta del mio lavoro, e spero che la trama vi abbia incuriositi.
Come ho scritto all'inizio del capitolo, l'intera storia è dedicata a Viki, la mia persona. Lei è più che una migliore amica, e durante il periodo di scrittura mi ha supportata, ha ascoltato i miei scleri a tarda notte, e, soprattutto mi ha resa coraggiosa. Probabilmente, se non mi avesse incoraggiata, non stareste leggendo queste righe oggi.
Quindi grazie, libra, per esserci sempre.
Dopo questo papiro egiziano, mi dileguo, e spero di vedervi nel prossimo capitolo.
Un abbraccio,
-Ludos98

 
 
 

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Capitolo 2
*** Believe ***


Ai Lettori Anonimi,
perché siete voi che ogni tanto,
sapete darmi il coraggio di andare
,
sola forse non saprei neanche come aprire le ali.
Chapter 2: Believe
All’età di sei anni,
quando non ottenevo ciò che volevo,
mio nonno mi ripeteva sempre:
“Guarda il cielo, punta in alto e credici.”
Eppure, molte cose sono cambiate.
Adesso, quando guardo il cielo,
so che è popolato da creature fatate.
Quindi, in che cosa dovrei credere?
Alfea, il giorno dopo
La mattina seguente, Musa si risvegliò in una stanza che non era la sua. Generalmente, la prima cosa che faceva, quando apriva gli occhi, era controllare le notifiche sul telefono. Infatti, in uno stato di dormiveglia, allungò distrattamente la mano verso il comodino, che, tuttavia, non si trovava nel solito posto.
Aprì gli occhi, sbadigliando, e, una volta resasi conto di non essere in casa propria, rizzò a sedere di scatto. Aveva dei ricordi confusi riguardo la notte precedente: sapeva con certezza di essere andata al falò e di aver espresso un desiderio. Poi, come se qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere, una strana ragazza bionda, Stella, era apparsa dal nulla, rivelandole di essere una fata.
Una fata?
Lei?
No, probabilmente dovevano averla drogata e trascinata in un edificio abbandonato. Eppure, quella camera, nonostante fosse spoglia, risultava molto accogliente: il letto in cui si era risvegliata, aveva un materasso morbidissimo, il quale era rivestito da lenzuola e copriletto di un color rosa pastello. Innumerevoli cuscini le contornavano le spalle, e lasciavano intravedere la testiera, che ricordava i rami di un albero.
Musa appoggiò i piedi sul pavimento, scoprendo con piacere, che era ricoperto da una soffice moquette bianca. Iniziò a vagare per la stanza, in cerca di un calendario, un giornale, per capire quale giorno fosse. In cuor suo, sperò di non aver dormito molto.
Prima, si avvicinò alla cassettiera in legno, la quale era in prossimità del letto, ma non trovò nulla di interessante. Intravide solo la sua immagine riflessa nello specchio, e rabbrividì per le pessime condizioni che l’oggetto affisso al muro rendeva evidenti: aveva decisamente bisogno di una doccia.
Eppure, non era il momento di pensarci.
Doveva comprendere cosa stesse succedendo.
Infatti, si incamminò verso la parte opposta dell’abitazione, che era composta da una piccola scrivania, sulla quale qualcuno aveva lasciato dei libri e un messaggio.
Musa lo afferrò con foga e prese a leggere rapidamente, non cogliendo a pieno il significato di quelle parole.
11/08/04
“Gentile signorina Musa,
siamo lieti di averla con noi nella scuola magica per fate di Alfea. Qui di fianco troverà una copia di tutti i libri di testo che utilizzerà nel corso dell’anno scolastico, il quale inizierà il giorno seguente alla notte delle stelle cadenti.
Le lasciamo, quindi, il programma delle lezioni, che sarà tenuta a seguire, e una piantina del collegio, affinché non si perda e non arrivi in ritardo.
Infine, le forniamo un cambio di vestiti, considerato il lungo e stressante viaggio a cui è stata sottoposta, che troverà nel bagno personale, alla sua sinistra.
Speriamo vivamente che la sua permanenza qui sia piacevole e illuminante.
Per qualsiasi dubbio, non esiti a visitare il mio ufficio.
Cordiali saluti,
la preside Faragonda.”
Se avessero immortalato l’espressione di Musa, sarebbe stata di certo esilarante. Rimase a bocca aperta, con gli occhi strabuzzati, per almeno cinque minuti, come se l’informazione si rifiutasse di giungere al cervello.
Una parte di lei, quella che tentava in tutti i modi di giustificare il desiderio di essere speciale, voleva crederci. Tuttavia, vinse la ragione.
Quello che stava vivendo non poteva essere vero: infondo, la magia non l’aveva mai attirata. Musa era una persona razionale, ambiziosa, pratica, che riusciva sempre a sfuggire alle situazioni peggiori, grazie alla sua arguzia.
Quindi, arrivò ad una conclusione: se non l’avevano rapita, si trattava di un sogno.
Oppure, di un incubo, a seconda dei punti di vista.
Forse, il subconscio si stava burlando di lei, mostrandole ciò che da sveglia non avrebbe mai immaginato di volere. Per esempio, qualsiasi altra ragazza sarebbe stata entusiasta di risvegliarsi in una stanza rosa confetto, in perfetto stile Disney, ma non Musa. Lei odiava quel colore, e, se avesse potuto, avrebbe ristrutturato la camera da cima a fondo.
Okay, fatta eccezione per la moquette bianca.
Comunque, decise che, non l’avrebbe mai scoperto, poiché si diede un pizzicotto sulla spalla, per interrompere quella follia. Glielo aveva insegnato il nonno molti anni prima, e si era rivelato uno stratagemma piuttosto efficace, quando si trattava di sfuggire agli incubi.
Eppure, quella volta non funzionò.
Infatti, riaperti gli occhi, Musa si trovava ancora nella Meringa.
Sì, era quello il soprannome che gli aveva affibbiato.
Sbuffò, annoiata, poiché detestava doversi svegliare naturalmente dai brutti sogni. Le succedeva spesso, da bambina, prima che il nonno le svelasse quel trucco. Anche se, all’epoca, ciò che tormentava il suo riposo, era assai peggiore di una camera rosa.
A testa bassa, si avviò verso il bagno e si fece una doccia, che la rimise in sesto. L’inquietudine si scatenò in lei, quando apprese quali vestiti le erano stati lasciati: un canottiera rossa striminzita, la quale permetteva di vedere gran parte della pancia, e un paio di jeans a vita bassa, a zampa d’elefante. Il tutto veniva completato da delle scarpe da ginnastica rosse e bianche, che si rivelarono abbastanza comode.
Fa molto 2004, pensò la ragazza, mentre si osservava allo specchio del bagno.
Se non altro, il rosso era il suo colore preferito, per cui avrebbe sopportato il fatto di dover restare mezza nuda, fino al suo risveglio. In un armadietto adiacente allo specchio, trovò degli elastici, che si abbinavano alla maglietta e alle scarpe, e scelse di utilizzarli per raccogliere i lunghi capelli lisci in due codini.
Pettinò la frangia e si preparò ad affrontare quel sogno assurdo.

Quando si richiuse la porta della stanza alle spalle, notò che su di essa vi era affisso il suo nome. Come se avessero sempre saputo, che sarebbe arrivata.
Comunque, non ebbe il tempo di risolvere l’arcano mistero, poiché Stella comparve all’improvviso, cogliendola di sorpresa e facendola sobbalzare.
-Ti sei svegliata, finalmente! – esclamò, utilizzando un tono squillante, che sembrava una mescolanza tra gioia e impazienza. Indossava gli stessi abiti del giorno precedente, e Musa cominciò a domandarsi se fosse finita in un cartone animato. Stella non sembrava una persona che avesse trascorso l’intera notte a piangere, poiché mascherava il dolore dietro a un sorriso.
Lei era fatta così: poteva piangere tutta la notte e tornare forte il giorno seguente.
Inoltre, adesso il suo compito consisteva nell’occuparsi di Musa, e non avrebbe deluso la preside Faragonda per nulla al mondo. – Noto con piacere che stai indossando i vestiti che ho selezionato per te!
La ragazza dai capelli blu non voleva smorzare l’entusiasmo, per cui si sforzò di sorridere. Anche se, d’altra parte, avrebbe dovuto immaginarlo: soltanto Stella avrebbe potuto lasciarle un capo così attillato.
-Oh grazie! – chiunque sarebbe stato in grado di capire che Musa stava mentendo spudoratamente, ma quest’ultima sperò che Stella non ci arrivasse. Infondo, era bionda. Infatti, si portò una mano al petto, per sottolineare la sua finta gratitudine. – Spero solo di non indossarli per il resto dei miei giorni, sai come in un cartone animato.  
Le strizzò l’occhio con fare ammiccante, sperando di estrapolarle delle informazioni, ma Stella sembrò non cogliere l’ironia, quindi dovette escludere a priori quella teoria.
-Dai, vieni. Ti presento le mie amiche! – la esortò, cingendole le spalle e portandola alla fine del corridoio, in cui erano presenti altre tre porte, e Musa ipotizzò che dovessero essere le stanze delle ragazze che stava per conoscere. In quel momento, il cuore le batteva all’impazzata. Temeva seriamente che Stella la rendesse un’adepta della sua setta di fate.
Invece, dovette ricredersi, quando varcò la soglia della sala comune. La stanza era abbastanza ampia e luminosa, grazie alla presenza di una finestra vetrata, la quale permetteva alla luce del sole di entrare. Le pareti erano di un lilla sbiadito, sulle quali Musa vi vide affissi dei quadri, delle piante, e un orologio, che segnava le 9.00.
Poi, il suo sguardo si spostò verso il centro e notò quattro figure, sedute composte, alcune su delle poltrone, altre su un divano rosa, chiaramente.
Sorseggiavano un tè, il quale era accompagnato da dei pasticcini, ma, una volta resesi conto della presenza di Stella e Musa, interruppero le loro azioni, per osservare meglio la nuova arrivata. Vedere tutti quegli occhi puntati addosso, la fece sentire a disagio, poiché detestava trovarsi al centro dell’attenzione. A patto che non si trattasse di cantare, lì la questione era totalmente diversa.
-Ragazze, lei è Musa! – annunciò la fata del Sole e della Luna, rompendo quel silenzio imbarazzante che si era creato, e indicandola, con fare entusiasta. – Musa, loro sono le Winx.
La prima a presentarsi, fu una ragazza dalla folta chioma rossa spettinata, la quale indossava un completo, composto da gonna e maglietta a maniche corte, sui toni del blu, il quale si abbinava ai suoi occhi azzurri.
Infatti, appoggiò la tazza di tè sul tavolino, e si alzò prontamente per andare a svolgere il suo ruolo da leader del gruppo.
-Ciao, io sono Bloom, la fata della Fiamma del Drago e anche la più potente della Dimensione Magica. – le strinse con forza la mano, e Musa rimase scioccata per due motivi: il primo, riguardava quel gesto, poiché pensava che fosse un’usanza solo dei terrestri. Mentre l’altro, si riferiva alla strafottenza di lei. – E, come avrai capito, sono il capo del gruppo. Benvenuta ad Alfea!
Musa aveva incontrato molte persone false e ipocrite nel corso della sua vita, e, dopo la recente delusione, pensava di aver visto tutto. Bloom le dimostrò che non era affatto così.
-Volevo sapere: ma, ogni tanto scendi dal piedistallo o le altre devono idolatrarti come se fossi una dea? – ritrasse la mano, disgustata, e indicò le Winx con un dito, sforzandosi di sorridere. Il sarcasmo aveva svolto a lungo il ruolo di unica difesa della ragazza, e avrebbe continuato ad usarlo, nonostante la scoperta dei suoi poteri magici. Provò un certo piacere, nel vedere quell’oca sbiancare, anche se la soddisfazione ebbe breve durata, poiché un’altra fata entrò in scena, in difesa dell’amica.
-Ehi! – sbraitò, alzandosi di scatto e raggiungendole con un’espressione adirata, stampata in volto. – Non conosci Bloom, quindi non puoi permetterti di giudicarla!
I suoi tratti erano completamente opposti a quelli di Miss Perfettina (sì, Musa affibbiava soprannomi a tutti) : aveva la pelle olivastra, gli occhi chiari, lunghi capelli ricci castani e un fisico atletico. Indossava una canottiera lilla e bianca, che le lasciava scoperta gran parte della pancia, quindi Musa arrivò alla conclusione che dovesse trattarsi di una moda, e una gonna militare. Ai piedi portava delle scarpe verdi, le quali erano coperte da un paio di scaldamuscoli bianchi.
Inizialmente, Musa indietreggiò, preoccupata dalla reazione che la ragazza avrebbe potuto avere. Insomma, non voleva di certo essere coinvolta in una rissa, per aver affermato l’ovvietà. Per fortuna, Stella intervenne e riuscì a calmare le acque.
-Aisha, non esagerare. Ognuno è libero di dire ciò che pensa. – affermò, ponendosi davanti a Musa, e sollevando le mani, in segno di resa. Sorrise nervosa, sperando di intenerire il cuore di pietra della fata dei Fluidi, e raggiunse l’obiettivo. Infatti, quest’ultima tornò a sedersi, bofonchiando, seguita da Bloom. - Quindi, che ne dite di proseguire con la nostra colazione?
La fata del Sole e della Luna la invitò a unirsi a loro, e Musa, furbamente, scelse di sedersi dalla parte opposta rispetto a Bloom e Aisha.
Sulla Terra, la colazione rappresentava il pasto più importante della giornata, quindi Musa si abbuffava senza ripensamenti con biscotti, ciambelle e cornetti. Invece, qui, trovò dei miseri pasticcini accompagnati da un infuso di tè, a delle erbe a lei sconosciute. Solo in quel momento, realizzò di non ingerire nulla dalla sera precedente.
Difatti, allungò una mano verso un dolcetto al cioccolato e lo mandò giù con gusto.
-Sono felice che tu sia arrivata ad Alfea sana e salva. – disse una voce smielata, che apparteneva a una ragazza seduta sulla poltrona accanto a quella di Musa. Si trattava di Flora, la fata della Natura. Lei probabilmente era la persona più dolce e buona del mondo, che non restituiva mai un torto con la stessa moneta. Inoltre, era di una bellezza disarmante: lunghi capelli lisci biondo cenere, occhi verdi e una carnagione abbronzata.
Eppure, con quell’affermazione, aveva provocato inquietudine in Musa, che la guardò confusa.
-Non dovrei esserlo? – domandò curiosa, aggrottando le sopracciglia. Flora comprese di essersi rovinata con le sue stesse mani, e cercò suggerimenti per rimediare. Incontrò lo sguardo di Stella, che le mimò chiaramente di evitare di affrontare quel discorso.
-Ciò che Flora intendeva, - s’intromise la fata del Sole e della Luna, mentre si versava altro tè, per salvare la situazione. – è che la rende immensamente felice il fatto che tu possa cominciare a frequentare la scuola.
Bevve un sorso, e guardò dritta negli occhi la fata della Natura, intimandola a non aggiungere altro. Flora chinò il capo, seguendo le sue direttive. Per il momento, Musa non doveva sapere perché l’avevano portata lì. Infatti, quest’ultima, scrollò le spalle e continuò a mangiare tranquilla.
-Tecna, ti sei accorta che è arrivata una nuova ragazza? – Stella si rivolse all’unica persona che non aveva ancora proferito parola: fisico minuto, capelli corti fucsia e occhi verde acqua fissi sullo schermo del suo computer. Lei era ovviamente la fata della Tecnologia.  
Musa spostò l’attenzione verso di lei, e rivide se stessa con un iPhone in mano. Comprese solo allora quanto dovesse essere fastidioso per gli altri, il fatto di estraniarsi con un oggetto elettronico. Si ripropose di non farlo più.
Certo, se fosse stata in grado di svegliarsi.
-Oh sì, ciao. Io sono Tecna, e sto perfezionando il mio computer, affinché le ricerche siano più rapide ed efficienti. – rispose frettolosamente, continuando a digitare sulla tastiera, senza alzare lo sguardo e liquidando i convenevoli con un gesto della mano.
Musa fece un sorriso di circostanza. Sinceramente, non le importava legare con quelle persone, anche perché, da un momento all’altro, sarebbero diventate solo dei ricordi confusi.
-Bene, dopo questa rifocillante colazione, credo sia giunta l’ora di andare. – comunicò Stella, alzandosi. Le altre fate la ignorarono, poiché il terzo anno sarebbe iniziato soltanto i primi giorni di settembre. - Musa, le tue lezioni stanno per cominciare. 
La ragazza sperò vivamente di svegliarsi in quel preciso momento, poiché non accettava il fatto di dover frequentare la scuola anche nei suoi sogni.
Tuttavia, non accadde e si affrettò a seguire Stella fuori dalla sala comune.
 
Il college di Alfea era un labirinto di corridoi, i quali sembravano tutti uguali, sottopassaggi, che portavano chissà dove, nascondigli, che forse proteggevano tesori preziosi, e scale, fin troppe. Probabilmente, senza la guida di Stella, Musa si sarebbe già persa.
La fata del Sole e della Luna le comunicò, che, prima dell’inizio delle lezioni, la preside Faragonda desiderava vederla. Infatti, era verso il suo ufficio che si stavano dirigendo.
Nell’udire quel nome, Musa ripensò al biglietto che aveva trovato la stessa mattina. In parte, provava curiosità nel conoscere la donna misteriosa, ma, dall’altra, non capiva come mai la preside volesse vedere proprio lei.
Che avesse fatto qualcosa di male?
Ne dubitava fortemente.
Certo, escludendo la frecciatina tirata a Bloom.
Durante il corso della sua carriera scolastica, non aveva mai passato guai seri, quindi, ricevere un invito ufficiale, la rendeva un po’ nervosa.
-Non preoccuparti, la preside Faragonda è l’essere più gentile che io conosca. – la rassicurò Stella, percependo lo stato d’animo inquieto della ragazza, e parlando per la prima volta, da quando avevano lasciato la sala comune. – Inoltre, io sarò lì accanto a te tutto il tempo.
Le labbra di Musa si incurvarono, mostrando il suo bellissimo sorriso. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la presenza di Stella le trasmetteva positività e quelle parole le diedero la sicurezza di cui aveva bisogno.
-Grazie, Stella. – e lo pensava sul serio. Eppure, c’era un qualcosa di agrodolce in quella situazione: sicuramente, il subconscio la stava canzonando, proiettando in Stella le caratteristiche di un’amica che non avrebbe mai avuto.
Scelse di non pensarci e di concentrarsi nel colloquio che si sarebbe tenuto a breve. Infatti, la fata del Sole e della Luna si fermò davanti a una porta più imponente, rispetto alle altre, e Musa comprese che avevano raggiunto la meta.
Dopo aver bussato, varcarono la soglia, e, per la prima volta, Musa riuscì ad apprezzare a pieno una stanza: due delle quattro pareti, erano ricoperte da scaffali e scaffali, contenenti libri di incantesimi antichi. Lunghe tende color rosso rubino, pendevano dal soffitto, per andare ad adagiarsi dolcemente sulle finestre. Al centro, si trovava una scrivania in legno, dietro la quale, era seduta la preside Faragonda.
Quest’ultima, quando le vide avanzare, si alzò dalla sua poltrona, per salutare le giovani allieve. Era una signora anziana, dall’età indefinita, un po’ in carne, e portava i capelli, ormai bianchi, cotonati. Indossava un tailleur indaco, e un paio di scarpe col tacco nere.
-Benvenuta ad Alfea, Musa. – l’accolse calorosamente la donna, stringendole la mano. La ragazza si rilassò, e ricambiò la stretta, accennando un sorriso. Come era accaduto con Stella, poco prima, anche Faragonda sembrava una persona di cui potersi fidare. L’opinione di Musa non sarebbe cambiata nel corso del tempo. – Stella, ti ringrazio per averla accompagnata. Prego, accomodatevi. Volevo informarti di alcune cose, prima che iniziassi il tuo primo anno.
Le ragazze presero posto su delle sedie che si trovavano di fronte alla scrivania, mentre la preside tornò alla sua poltrona rossa. Faragonda si schiarì la voce, preparandosi a modificare un discorso che era rimasto invariato per anni. Eppure, le circostanze lo richiedevano.
-Il college per fate di Alfea esiste da moltissimo tempo, e, da sempre, accoglie allieve provenienti da tutta la Dimensione Magica, l’universo in cui ci troviamo adesso. – un brivido percorse la schiena di Musa, quando venne a conoscenza del fatto che non si trovava più nel Sistema Solare. - Come qualsiasi scuola, ci sono delle regole da rispettare: le alunne non possono utilizzare la magia al di fuori dell’edificio, a meno che la situazione non sia disperata.
Questo non era vero, e Stella lo sapeva. Le fate dovevano usare i loro poteri al di fuori di Alfea, altrimenti le forze del male le avrebbero sopraffatte. Quindi, non riusciva a capire dove la preside volesse andare a parare. Perché stava mentendo a una delle fate più potenti di tutti i tempi?
La fata del Sole e della Luna non aveva una risposta, però conosceva Faragonda, e si convinse che avesse una buona ragione per farlo.
-La scuola è protetta da una barriera magica, che cala sull’edificio alle 22, per cui ti consiglio di non rientrare tardi. – proseguì lei. Da quando il male aveva bussato di nuovo alle loro porte, Faragonda e gli altri professori si erano uniti per fornire un’ulteriore protezione alle alunne. – Durante il mese di agosto, le lezioni inizieranno alle 9.30 e termineranno alle 12.30. L’orario definitivo ti sarà comunicato nel mese di settembre, nel momento in cui cominceranno tutti i corsi. Per il momento, frequenterai Metamorfosimbiosi e Storia della Magia, due materie fondamentali per la formazione di qualsiasi fata.
Ogni volta che si rivolgevano a lei come fata, Musa sorrideva divertita, poiché la situazione le sembrava ancora assurda. Tuttavia, durante il discorso della preside, la ragazza dai capelli blu aveva quasi dimenticato che si trattasse di un sogno. Infatti, una volta sveglia, avrebbe dovuto scriverci un libro, così, se non fosse riuscita a sfondare nella musica, sarebbe diventata la nuova Alice nel paese delle meraviglie.
-Come avrai notato, Stella è venuta a prenderti sulla Terra la notte scorsa ed è qui insieme a noi oggi. Infatti, sarà la tua mentore: potrai rivolgerti a lei per qualsiasi dubbio magico. – quella era un’ottima notizia per entrambe, poiché Stella avrebbe dimostrato ancora quanto valeva, e Musa sarebbe stata guidata dall’ottimismo e dall’esperienza della fata del Sole e della Luna. Soprattutto, col tempo, sarebbe nata una bellissima amicizia tra le due, che nulla al mondo fu mai in grado di distruggere. – Inoltre, ho chiesto in prestito al preside Saladin uno dei suoi ragazzi, affinché si preoccupi della tua sicurezza. Si chiama Riven, e ti proteggerà.
Stella dovette trattenersi dall’urlare che era la scelta più sbagliata da fare. Lei conosceva Riven, fin troppo bene, e poteva affermare con certezza, che lui non era il tipo di persona che si sacrificava nel momento del bisogno.
Nel frattempo, Faragonda aveva scritto il nome del ragazzo su un foglio, per porgerlo a Musa in un secondo momento. Quest’ultima ebbe la stessa reazione di Stella, soltanto che, a differenza della biondina, parlò.
-Io non sono debole, e non ho bisogno che una persona mi protegga. – affermò convinta, aggrottando le sopracciglia. Non riusciva a capacitarsi di come un mondo magico fosse rimasto indietro nella mentalità: nella sua dimensione, le donne si erano battute per secoli per ottenere la loro indipendenza, e, con ciò che le aveva appena comunicato Faragonda, tutti quegli sforzi le risultarono vani.
No, non poteva accettarlo.
-Lo so, tesoro, ma lì fuori ci sono dei pericoli più grandi di noi. – tentò di convincerla, utilizzando un tono di voce dolce. Avere a che fare con delle ragazze, le aveva insegnato che, a volte, è necessario essere comprensivi. – Non c’è nulla di male nel farsi aiutare.
Musa non condivideva la stessa opinione, poiché se l’era sempre cavata da sola, e non aveva mai avuto davvero una persona su cui contare.
Tranne suo nonno, probabilmente.
-Bene, d’accordo. Accetto di interpretare la damigella in pericolo, e di restare in questo circo di matti, ma ad una condizione: mio nonno deve essere informato. – la voce della ragazza era ferma, senza alcuna esitazione. Quello era il suo sogno, e avrebbe ottenuto ciò che voleva, in un modo o nell’altro. – Non farò un bel niente, fin quando non verificherò personalmente che lui stia bene.
Faragonda accennò una risata, che represse, non appena vide lo sguardo accigliato delle allieve. Le condizioni di Musa avevano scatenato l’ilarità nell’anziana donna, perché, nonostante avesse usato maniere brusche, il suo fine ultimo era proteggere una persona che amava. Quindi, la preside non aveva commesso un errore: lei era quella giusta per salvarli tutti.
-Oh, non preoccuparti, lui sta bene. – confessò, provando a contenere il suo entusiasmo. Unì le mani e vi appoggiò il mento. – Anzi, ti manda i suoi saluti. Nel pomeriggio, dovrebbero arrivare degli scatoloni contenenti le tue cose.
Musa sgranò gli occhi.
Certo, ora era tutto chiaro.
Per questo lui conosceva sempre lo stato d’animo della nipote, e utilizzava delle frasi contorte: il nonno sapeva.
In un primo momento, la ragazza dai capelli blu se la prese, poiché non glielo aveva mai rivelato, ma, successivamente non riuscì ad essere arrabbiata col nonno, gli voleva troppo bene.
-Ora è meglio che andiate, non vorrai fare tardi il primo giorno! – le liquidò, facendo loro l’occhiolino e sorridendo, con fare sornione.
 
La mente di Musa era sovraccarica di tutte le informazioni, che Faragonda le aveva fornito. Ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che le aveva rivelato: lei era una fata.
Nonostante le sarebbe piaciuto scoprirlo prima, si disse che forse era meglio così.
Mentre si dirigevano verso le aule, Musa notò che i corridoi non erano molto affollati, questo perché le matricole costituivano una piccola parte del corpo studentesco. Inoltre, si accorse che, le altre alunne avevano sicuramente qualche anno in meno rispetto a lei.
-Come mai devo frequentare il primo anno, se sono quasi maggiorenne? – domandò ingenua, a Stella, durante il tragitto. La fata del Sole e della Luna si irrigidì, cercando di elaborare in fretta una frase che risultasse credibile. – Insomma, è come se fossi una ripetente.
Stella comprendeva lo stato di confusione, che stava vivendo la ragazza dai capelli blu. Infondo, era stata una ripetente lei stessa, tre anni prima.
-Diciamo, che abbiamo scoperto tardi il tuo essere speciale. – il che era vero. Insomma, Faragonda conosceva da sempre l’esistenza di Musa, quindi, perché mai avrebbe dovuto aspettare così tanto, per permetterle di imparare ad utilizzare i poteri magici? Stella non ne aveva idea. Ma, in cuor suo, sapeva che l’anziana donna stava elaborando un piano, per salvare la Dimensione Magica. – Però, ehi, questo non significa che tu non possa rimetterti in pari col programma e iniziare a frequentare i corsi del terzo anno, nel mese di settembre.
Musa alzò gli occhi al cielo e accennò una risata. Le piaceva l’ottimismo di Stella, anche se, a volte, lo trovava eccessivo. Sì, era la sua mentore, ma non poteva illuderla in quel modo.
-Non potrebbe succedere, neanche se diventassi la più brava della classe. – ammise, affranta. Purtroppo, per quanto il luogo in cui si trovava adesso, la lasciasse sognare ad occhi aperti, lei era umana, e il pessimismo rientrava nel suo DNA. – Ho visto ciò che sei stata in grado di fare, la notte scorsa, per salvarmi dalle grinfie delle streghe. Non penso che raggiungerò mai quel livello.
Stella apprezzò l’ammirazione che provava nei suoi confronti, poiché la faceva sentire più sicura di se stessa. Allora, scelse di cambiare strategia. Durante il suo apprendimento, aveva avuto l’occasione di osservare fate anziane, come la preside Faragonda, ed era riuscita a comprendere che, il metodo più efficace per aiutare una compagna in difficoltà, era quello di entrare in empatia con lei.
-Sai, credo che tu sia più potente di quanto pensi. Insomma, te lo dice una ripetente. – e le fece l’occhiolino. Musa inarcò le sopracciglia, sorpresa. Non si aspettava che la fata le confidasse un segreto così personale. Infatti, Stella non ne parlava spesso, ma non se ne vergognava più come un tempo. Aveva commesso un errore, il quale le aveva permesso di imparare moltissimo. – Ricordo ancora il mio primo giorno: ho fatto esplodere il laboratorio di pozioni.
Musa scoppiò in una fragorosa risata, e Stella ne fu felice, poiché era riuscita nel suo intento: tranquillizzarla. Nel frattempo, le due ragazze avevano raggiunto la meta e l’ansia tornò a far visita nel corpo di Musa.
-Adesso vai, e rendi la tua mentore fiera di te. – le accarezzò dolcemente una spalla, per fornirle ulteriore incoraggiamento. Adorava utilizzare la parola mentore, perché la faceva sentire importante e, considerato il periodo che stava passando, ne aveva bisogno.
Musa entrò in classe e Stella pensò a un modo per tenere la sua mente occupata, ma non impiegò molto a trovarlo, dato che Nova, un’altra studentessa proveniente da Solaria, le inviò un messaggio che la fece preoccupare.
Vieni in camera mia, c’è qualcosa che devi vedere.
 
Musa prese posto in un banco singolo, che si trovava al centro della classe e attese l’inizio della lezione. Come diceva il programma, la prima ora era dedicata a Metamorfosimbiosi, anche se lei non aveva la ben che minima idea di cosa si trattasse.
Le altre ragazze conversavano allegramente tra di loro, con l’intenzione di stringere nuove amicizie, ma Musa si mostrò disinteressata.
Nei minuti successivi, poco dopo il suono della campanella, entrò in aula il professore e lei strabuzzò gli occhi, poiché non aveva mai visto una creatura più buffa: le ricordava uno gnomo con le orecchie da pipistrello, anche se la definizione esatta era leprecauno.
-Buongiorno ragazze, e benvenute nel college di Alfea! Io sono il professor Wizgiz, e insegno Metamorfosimbiosi. – esordì, sistemandosi il fiore arancione, appuntato sulla maglietta gialla a maniche lunghe che indossava. Alcune ciocche dei capelli dorati si intravedevano dal cappello verde a punta, il quale si abbinava perfettamente alla salopette. Il suo strano tono di voce lo rendeva ancora più buffo, agli occhi delle alunne, che non smettevano di ridere. – Durante le mie lezioni, imparerete a plasmare la forma degli oggetti, e, negli anni successivi, anche la vostra.
Dei commenti di apprezzamento si diffusero in tutta la sala, e anche Musa era particolarmente interessata. Soprattutto, il fatto di poter cambiare forma, la incuriosiva parecchio.
-Oggi, dato che è la prima volta che ci vediamo, inizieremo con qualcosa di semplice. – proseguì Wizgiz, camminando, con le mani riposte dietro la schiena, tra i banchi. Musa dovette allungare per poterlo guardare in faccia. – L’incantesimo di Riflesso.
Schioccò le dita, e su ogni tavolo, comparve uno specchio.
Versi di sorpresa uscirono dalle bocche delle allieve, mentre il professore tornava alla cattedra e ci si sedette sopra. Adesso, tutte riuscirono a vederlo meglio.
-Ciò che dovrete fare, - spiegò lui, incrociando le esili braccia al petto. – è trasferire la vostra immagine nello specchio incantato. Sono sicuro che sarà facile come bere un bicchier d’acqua, dato che la maggior parte di voi pratica la magia da sempre. Buon lavoro!
Dopo l’ultima affermazione, il volto di Musa si rabbuiò, poiché lei partiva svantaggiata. L’unica occasione, in cui aveva utilizzato i suoi poteri, era stata la sera precedente, quando aveva scacciato le tre streghe, salvando sia Stella che se stessa.
Ma scelse di provarci comunque.
Afferrò decisa lo specchio e chiuse gli occhi, andando alla ricerca di quella magia che l’aveva contraddistinta durante lo scontro. All’inizio non successe nulla, poi, percepì il potere scorrere dentro di lei, per trasferirsi nello specchio. Infatti, quando riaprì gli occhi, vide la sua immagine riflessa.
Un sorriso le spuntò sul viso, anche se la soddisfazione di avercela fatta durò poco, poiché, una volta alzato lo sguardo, si ritrovò gli occhi di tutta la classe puntati addosso.
-Wow! – esclamò il professor Wizgiz estasiato, saltando sul banco dell’allieva. – Sei la prima fata che riesce a farlo in così poco tempo! Qual è il tuo nome, ragazza?
Lei appoggiò delicatamente lo specchio sul banco, sperando di non fare rumore, e guardò il leprecauno dritto negli occhi.
-Musa.
Wizgiz inarcò le sopracciglia, come se avesse visto un personaggio famoso. Lei era una sopravvissuta, quindi, in un certo senso la reazione del professore poteva essere giustificata. La ragazza dai capelli blu si sentiva a disagio, ma non lo diede a vedere.
-Bene, Musa. Sono certo che farai grandi cose, anche perché la stoffa ce l’hai. – e le strizzò l’occhio. Non capiva come mai in quel sogno tutti si divertissero a farlo. Probabilmente, stavano tentando di metterla al corrente di qualcosa che non riusciva a cogliere.
 
L’aria si fece glaciale, durante l’ora di Storia della Magia. Infatti, le allieve stavano chiacchierando tranquillamente, scambiandosi consigli, quando una figura minuta entrò a grandi passi nella stanza, sbattendo violentemente la porta.
Le fate sobbalzarono, ammutolendosi e Musa cercò di studiare meglio la nuova professoressa. Assomigliava molto a Stella, quindi si chiese se non fosse la sorella: aveva lunghi capelli biondi, i quali si arricciavano sulle punte, gli occhi marroni e uno sguardo severo.
Indossava una lunga maglietta azzurra, che aveva delle rifiniture in merletto sulle maniche e sulla vita, e un paio di pantacollant a righe sulle tonalità del verde.
No, si vestiva troppo fuori moda per essere imparentata con la fata del Sole e della Luna.  
-E’ la sorella di Bloom, e dicono sia una stronza. – le bisbigliò nell’orecchio una ragazza, togliendole ogni dubbio. In effetti, osservandola riconobbe la stessa forma degli occhi, ed entrambe, a primo impatto, risultavano delle persone altezzose. Chissà, se si sarebbe ricreduta. Infondo, il frutto non cade mai molto lontano dall’albero.
-Io sono Daphne, e cercherò di imprimere nelle vostre testoline qualche nozione di Storia della Magia. – scrisse il nome alla lavagna, poi si voltò, senza guardare nessuno in particolare, per sottolineare la sua superiorità, e proseguì con la presentazione. –  A differenza dei miei colleghi, i quali vi gratificheranno per ogni minimo incantesimo riuscito, durante le mie ore si studierà la teoria. Infatti, ritengo, che ogni fata debba conoscere la storia della Dimensione Magica. Per questo motivo ho insistito, affinché Faragonda la inserisse come materia obbligatoria al primo anno.
Alcune alunne si lamentarono a bassa voce, per il fatto di non essere nate qualche anno prima, ma Daphne le udì lo stesso, e le squadrò.
Chiuse la mano a pugno, intimandole a tacere. Stranamente, lo fecero.
-Prima lezione, vi suggerisco di prendere appunti. - quel consiglio suonò più come un ordine, in realtà. Tutte le alunne, compresa Musa, si affrettarono ad afferrare carta e penna. Daphne si appoggiò sulla cattedra. – Nell’universo magico, esistono due tipologie di fate:  le vere fate e le fate acquisite. Quest’ultima categoria, che rappresenta l’1% della popolazione, è costituita da quelle persone, provenienti da regni lontani, che sviluppano una qualità magica nel corso della vita.
Musa alzò leggermente la testa, sentendosi chiamata in causa. Infondo, lei aveva appena scoperto di possedere dei poteri magici e proveniva dalla Terra, un regno lontano. Poi, la preside Faragonda non aveva specificato quale tipo di fata fosse. Che avesse omesso di proposito quell’informazione, per non rivelarle che apparteneva alla seconda categoria?
-Se qui tra di noi dovesse esserci qualche fata acquisita, le consiglio di lasciare la scuola. – si appoggiò una mano sul cuore, che probabilmente non batteva più da molto tempo, per accentuare le sue finte premure. - Loro non sono come le vere fate, e le aspetta solo un destino: la morte.
 
Alfea, pausa pranzo
Finalmente, quelle lezioni bizzarre terminarono e Musa si sentì sollevata. Non le aveva trovate noiose, anzi, durante l’ora di Metamorfosimbiosi si era persino divertita: l’incredulità stampata sul volto del professor Wizgiz, nel vederla eseguire l’Incantesimo di Riflesso senza problemi, era un’immagine che non se ne sarebbe andata tanto presto.
Nel mondo reale, doveva impegnarsi a fondo per ottenere bei risultati a scuola. Invece, qui sembrava tutto molto più semplice.
Musa sorrise compiaciuta, all’idea di poter utilizzare la magia per il resto della sua vita. Tuttavia, durò solo un istante.
Infatti, le tornarono in mente le parole di Daphne: “Se qui tra di noi dovesse esserci qualche fata acquisita, le consiglio di lasciare la scuola. Loro non sono come le vere fate, e le aspetta solo un destino: la morte.”
Un brivido le percorse la schiena, ma cercò di scacciarlo, concentrandosi sulla bellissima giornata soleggiata che le si prospettava davanti. Inoltre, quello era il suo sogno, e non sarebbe morta per nessuna ragione al mondo.
Al suono della campanella, Musa non seppe bene cosa fare.
Di solito, sulla Terra, si recava alle macchinette automatiche, per comprarsi uno snack e poi mangiarlo, mentre controllava le notifiche sul telefono.
Dato che, non sapeva se esistessero dei distributori in quell’universo parallelo, e non aveva il cellulare con sé, decise di seguire altre ragazze, le quali si stavano dirigendo verso il cortile.
Nonostante fosse metà agosto (o almeno lo era nella sua dimensione), si percepiva sulla pelle una brezza piacevole.
Musa andò a sedersi su una panchina libera, al centro del giardino, e, mentre revisionava gli appunti che aveva preso, si ricordò del bigliettino, che le aveva dato Faragonda, e lo tirò fuori dalla tasca dei jeans.
Riven
Cortile, ore 13.
La preside le aveva comunicato che un ragazzo era stato incaricato di proteggerla, e lei aveva provato a controbattere, ma invano. Non si riteneva una persona debole, per cui stava ancora cercando di capire il motivo di quella scelta.
Purtroppo, lo avrebbe compreso nelle ore successive, a sue spese.
Comunque, la ragazza volse lo sguardo verso l’orologio affisso sul portico, il quale segnava le 13 in punto.
I pensieri di Musa furono interrotti dal rumore di un veicolo che stava entrando nel collegio. Infatti, un ragazzo in tuta aderente, sfrecciò nel cortile a bordo di una moto volante rossa.
Lei non aveva mai visto un marchingegno del genere, quindi iniziò a pensare di essere finita nel futuro.
D’istinto, si alzò, lasciando cadere una penna sul quaderno. Era davvero curiosa di sapere se si trattava del ragazzo misterioso.
Quest’ultimo parcheggiò vicino all’ingresso e si sfilò il casco, rivelando una chioma color vinaccia, acconciata minuziosamente, dei tratti facciali spigolosi e due occhi viola.
Sì, proprio così.
Il mondo di Musa prese a scorrere lentamente, e, quando incrociò il suo sguardo, provò la strana sensazione di averlo già visto.
Si disse che era impossibile. Insomma, se avesse incontrato un ragazzo dal fisico slanciato, che indossava una tuta aderente, e aveva i capelli color vinaccia, se lo sarebbe ricordato.
Eppure, quella figura la incuriosiva moltissimo, per cui decise di avvicinarsi.
D’altro canto, Riven, quando sollevò il capo e la vide arrivare, fu travolto da un’altra serie di ricordi, appartenenti a un passato che non conosceva: questa volta, le immagini mostravano una versione bambina dello Specialista, il quale si dirigeva in tutta fretta da qualche parte, tenendo per mano una piccola Musa.
-Cerca di tenere il passo, la navicella non è distante! – le aveva gridato, mentre continuava a correre. Lei annuì spaventata, non riuscendo a comprendere ciò che era appena successo. Nemmeno Riven sapeva spiegarselo, ma di certo l’avrebbe portata sana e salva al veicolo, anche a costo della sua stessa vita.
I due bambini proseguirono a passo svelto per un po’, fin quando un uomo, che Musa conosceva bene, non sbarrò loro la strada.
A quel punto, Riven sbatté le palpebre, ritornando alla realtà. Posò gli occhi sulla ragazza e constatò che, crescendo, era diventata ancora più bella.
Rispetto all’ultima volta che credeva di averla vista, i suoi capelli si erano allungati, e, adesso li teneva raccolti in due codini, che svolazzavano per via del vento.
Anche il suo sguardo, gli sembrò diverso: prima, in quei presunti ricordi, l’espressione stampata sul viso di Musa era quella di puro terrore. Mentre, in quel momento, percepì sicurezza.
-Sei Raeven, giusto? – domandò lei, rompendo il ghiaccio, e leggendo il suo nome dal foglietto che le aveva dato Faragonda, poiché era il più assurdo che avesse mai sentito, da quando si trovava lì. Infatti, dallo sguardo accigliato di lui, comprese di aver sbagliato la pronuncia. Si ricordò solo allora, che nella Dimensione Magica non conoscevano l’inglese, e volle darsi uno schiaffo per la vergogna.
-Si dice Riven, ma sì, sono io. – rispose, accennando un sorriso divertito, che fece arrossire Musa, la quale abbassò il capo, per non darlo a vedere. Lui non era una persona loquace e sorrideva di rado, ma quella ragazza gli trasmetteva positività, quindi immaginò che l’avrebbe fatto più spesso, d’ora in avanti. – E tu devi essere Musa.
Lei tornò a guardarlo, soltanto dopo che aveva pronunciato il suo nome. Le piaceva come suonava. Inoltre, era divertente il fatto che entrambi conoscessero i nomi l’uno dell’altra, ancor prima di presentarsi.
Di solito, Musa non si mostrava così impacciata con i ragazzi, però, la situazione in cui si trovavano, era talmente bizzarra, che non sapeva come approcciarsi.
-Esatto. – confermò, giocherellando con una ciocca di capelli, e osservandolo da capo a piedi. Quella sensazione di dejà - vu persisteva, e si maledì per non riuscire a risolvere il rompicapo. Poiché tra i due si era di nuovo creato un silenzio imbarazzante, Musa disse la prima cosa che le venne in mente. – Tu hai i capelli vinaccia.
Riven fu colto di sorpresa, dato che non si aspettava di ricevere un commento sulla sua capigliatura. Infatti, si sentì leggermente offeso da quell’osservazione, perché la percepì come una presa in giro.
Nella Dimensione Magica, i ragazzi solevano portare le pettinature più assurde, e nessuno aveva mai da ridire, quindi non comprendeva il disappunto di Musa. Infondo, lei era una terrestre, e aveva sicuramente visto di peggio.
-E i tuoi sono blu. – stavolta non sorrise, e utilizzò quel tono tagliente che tanto lo contraddistingueva. Musa sgranò gli occhi, incredula. Era la prima persona a tenerle testa, e l’unica a cui, col tempo, l’avrebbe mai permesso. – Comunque, oggi sono a tua completa disposizione. Quindi, cosa vuoi fare?
Lei rimase spiazzata dal repentino cambiamento di tono, dapprima serio e ora rilassato, e intuì prontamente che non le avrebbe mai reso la vita semplice.
Inoltre, quella proposta le sembrava molto allettante. Stella le aveva detto che la città di Magix distava qualche chilometro dalla scuola, e lei moriva dalla voglia di visitarla, prima di svegliarsi.
-Un giro.
Dovrei credere in qualcosa di nuovo, che non conosco?
 
Lago di Roccaluce, nello stesso momento
Musa non era stata l’unica a decidere di allontanarsi dalla scuola. Infatti, due amiche si trovavano sulle rive del lago di Roccaluce. Anche se, loro erano più che amiche.
Loro erano amanti.
Il lago, nel corso dei secoli, aveva assunto una connotazione quasi mistica, considerate tutte le leggende che confermavano la presenza di mostri infernali, al suo interno.
Eppure, da sempre, quel luogo rappresentava anche un nascondiglio per le coppiette.
Infatti, Bloom e Aisha erano sdraiate su un telo da pic-nic e contemplavano il cielo. Sin da quando si erano conosciute, facevano lo stesso gioco: osservare il cielo e scovare le forme delle nuvole più divertenti.
Aisha non avrebbe mai dimenticato la prima volta che era successo: Faragonda aveva concesso alle Winx una breve vacanza, prima dello scontro finale con Lord Darkar.
Nelle terre selvagge di Wildland non potevano utilizzare la magia, quindi dovettero ingegnarsi per trovare un passatempo. Fu Bloom a proporlo, confidandole che su Domino molti bambini si divertivano in quel modo.
La fata dei Fluidi accettò entusiasta, poiché, conoscere meglio gli usi e i costumi di quella ragazza, che stava diventando sempre più speciale per lei, le riempiva il cuore di gioia.
La prima figura che avevano individuato era un incrocio tra un delfino, un gatto e un elefante. Proseguirono fino al calar del sole e, mentre si stavano alzando per raggiungere gli altri, intorno al falò, i loro visi si sfiorarono.
Aisha provò il desiderio viscerale di afferrarle la faccia con entrambe le mani e stamparle un bacio sulla bocca. Purtroppo, non lo fece, ma non aveva più dubbi: era innamorata di lei.
La chimica tra le due risultava palese agli occhi di chiunque, però né Aisha né Bloom aveva mai oltrepassato quella linea, poiché era una situazione nuova per entrambe. Inoltre, la fata della Fiamma del Drago era la fidanzata storica di Sky, quindi Aisha non sperava nemmeno che potesse ricambiarla.
Eppure, una notte, tutto cambiò.
Le forze del bene e del male si erano scontrate per l’ennesima volta, e Fate e Specialisti avevano trionfato su Lord Darkar.
Quella sera, ad Alfea si teneva una festa, anche se Aisha aveva preferito rimanere in disparte, per non assistere alle smancerie di Bloom e Sky. Da quando aveva ammesso a se stessa i suoi sentimenti, vederli insieme corrispondeva a ricevere una pugnalata nel petto.
Infatti, aveva persino chiesto all’ispettrice Griselda di cambiarle stanza, per il semestre successivo. Probabilmente, se avesse continuato a dormire nella stessa camera di Bloom, avrebbe finito per confessarle tutto, e non voleva rovinare la loro amicizia.
Mentre stava raccattando le sue cose, Bloom comparve sulla soglia, sconcertata, nel vedere quegli scatoloni.
-Dov’eri finita? Ti ho cercata dappertutto! – esclamò la ragazza dai capelli rossi, sorridendo nervosa, cosa che era solita fare, quando non comprendeva la situazione. – E questi scatoloni?
Aisha sapeva perfettamente che non avrebbe potuto continuare ad ignorarla all’infinito, per cui fece un respiro profondo, si voltò e affrontò la questione di petto.
-Me ne vado, cambio stanza. – la faccia sconvolta di Bloom resterà per sempre impressa nella mente di Aisha, anche se, all’epoca era troppo orgogliosa per cogliere qualsiasi segnale. – Sai, credo che tu e Sky meritiate un po’ di privacy, dato che siete stati lontani per qualche tempo.
In realtà, non lo pensava affatto. Ma, da quando erano riusciti a salvarla dalle grinfie di Lord Darkar, aveva tentato di elaborare una scusa che non dirottasse Bloom verso la verità.
Durante lo scontro finale, Aisha aveva avuto l’ennesima conferma che l’amica non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti: infatti, era stato Sky a salvarla dall’oscurità, con il suo amore.
-Permesso. – disse in tono neutro la fata dei Fluidi, iniziando a trasportare gli scatoloni fuori dalla camera, poiché non riscontrava nessuna risposta.
-Quando ero sotto l’influsso di Darkar, e Sky ha rischiato la vita pur di salvarmi, non sono tornata me stessa soltanto grazie a lui. – Bloom interruppe quel silenzio imbarazzante, che si era creato tra le due, facendo arrestare di colpo il corpo di Aisha, la quale si trovava quasi fuori dalla porta. – Anche in quel momento, mi sono ricordata delle nuvole, e delle chiacchierate fino a tardi, di quando mi hai insegnato a ballare. Ti amo, Aisha.
Nessuno gliel’aveva mai detto, e, improvvisamente, il mondo della fata riprese a scorrere veloce. Impiegò un attimo per decidere come agire, ma, arrivati a quel punto, non c’era altro modo.
-E ti ho cercata stasera, perché volevo dirtelo, ma… - Aisha non le lasciò finire la frase, poiché mollò uno scatolone, si girò ed andò ad assaporare quelle labbra che bramava da mesi.
Il primo bacio fu esattamente come l’aveva immaginato: dolce, tenero e romantico.
Poi, Bloom prese in mano la situazione, penetrando la bocca dell’altra con la sua lingua, e Aisha la seguì di conseguenza. Le loro lingue iniziarono a danzare all’unisolo, mentre le mani di entrambe vagavano per tutto il corpo, come se si vedessero per la prima volta.
In un certo senso, era così.
Aisha comprese che il tutto avrebbe preso una piega bollente di lì a poco, per cui interruppe il contatto, e notò che Bloom non ne sembrava felice, per andare a chiudere a chiave la porta.
Dopodiché, si avvicinò lentamente, poiché percepiva la sua eccitazione e le sussurrò in un orecchio:
-Questo vestito ti dona moltissimo, ma adesso voglio vedere cosa c’è sotto. – Bloom si irrigidì un istante, ma l’esitazione scomparve, quando Aisha prese a baciarle il collo. La fata della Fiamma del Drago era in completa assuefazione, e non vedeva l’ora che Aisha la facesse sua.
Quest’ultima, le tirò giù la zip del vestito azzurro che indossava, e lo fece scivolare dolcemente a terra, rivelando una lingerie nera in pizzo piuttosto sexy.
Bloom lo scacciò via, sfilandosi anche le scarpe col tacco, e riprendendo a baciare Aisha con la lingua. Stavolta, fu lei a toglierle il vestito, e notò con piacere che la ragazza non indossava il reggiseno.
-Non è un gioco alla pari. – disse Aisha col fiato corto, tra un bacio e l’altro. Allora Bloom si allontanò un momento, e, con un sorriso malizioso sganciò il gancetto del suo reggiseno, e lo lanciò dall’altra parte della stanza, mostrando il seno prosperoso che aveva sempre avuto.
Aisha non le permise di riprendere il controllo. Infatti, iniziò a baciare ogni fibra del suo corpo, partendo dalle labbra, per poi proseguire col collo, fino ad arrivare al seno, sul quale si soffermò, mentre palpava l’altro con la mano sinistra.
Infine, le diede dei teneri baci sulla pancia per giungere finalmente alla meta: la vagina.
Alzò un attimo gli occhi per comunicarle cosa aveva intenzione di fare, poi, con un rapido gesto, tirò giù le mutandine, rivelando la sua intimità.
Innumerevoli volte l’aveva vista nuda, ma solo in quel momento le sembrava di vederla sul serio.
-Adesso chi è che bar…- Bloom non riuscì a proferire altro, perché Aisha cominciò a farle un servizio lì sotto, che la fece gemere come mai prima d’ora.
Quando ebbe finito, la fata della Fiamma del Drago decise di ricambiarle il favore. La spinse sul suo letto, dato che era stufa di restare in piedi, e le tolse prepotentemente le mutandine.
-Sei stata fantastica, adesso tocca a te godere un po’.
Era la prima volta che faceva l’amore con una donna, quindi non sapeva bene come comportarsi, ma conosceva Aisha e non ci sarebbero stati problemi.
Iniziò il suo lavoretto con calma, assaporando ogni parte dell’intimità della ragazza, attraverso le labbra e la lingua. Poi, la penetrò con un dito, e la schiena di Aisha si inarcò leggermente, per cui ne infilò un altro, per farla arrivare al massimo del piacere.
Quella notte si addormentarono l’una al fianco dell’altra, esauste, ma felici. Questo si verificò per molte altre notti, nei sei mesi successivi.
 
-Cosa ne pensi di Musa? – domandò Bloom, mantenendo lo sguardo fisso sul cielo limpido, e riportando Aisha alla realtà. Molte cose erano cambiate da quella notte, mentre altre, erano rimaste immutate nel tempo.
Come il pessimismo e la gelosia della fata dei Fluidi.
-Non ci aiuterà. – ammise risoluta, contemplando le nuvole. Anche se, quel giorno, non ce n’erano tante. –E’ immatura, e non sa a cosa sta andando in contro.
Bloom si mise su un fianco, e le rivolse un sorriso compiaciuto.
-Sei gelosa. – la canzonò, alzando le sopracciglia. Eppure, Aisha era orgogliosa, e non l’avrebbe mai detto ad alta voce.
-Non è vero. – controbatté, cercando di evitare il suo sguardo, perché sapeva, che, se l’avesse guardata, si sarebbe tradita.
-Sì, invece. – si avvicinò e iniziò a solleticare il braccio di Aisha per attirarne l’attenzione. Ma lei sembrava incorruttibile. – Anche se non capisco il motivo.
Aisha rizzò a sedere di scatto, dopo quest’ultima confessione, poiché non credeva che la persona che amava fosse così stupida.
-Ah no?! Beh, vorrei ricordarti che poco più di un anno fa, ero io la ragazza nuova! – esclamò, risentita. Bloom sgranò gli occhi, stupita dalla reazione della ragazza. – E, guarda caso, siamo finite a letto insieme.
L’ultima frase uscì come un sussurro, perché, da quando era successo, avevano cercato di essere il più discrete possibile.
Senza successo, la maggior parte delle volte.
Però, in quei sei mesi, Bloom aveva avuto modo di conoscerla meglio, e adesso sapeva, che, quando metteva il broncio, solo una cosa la faceva stare bene: il sesso.
Infatti, si mise alla stessa altezza di Aisha e le infilò una mano sotto alla gonna, iniziando a giocare con la sua intimità.
-Io non penso che tu debba essere gelosa. – ammise, fissandola negli occhi, ma continuando a divertirsi lì sotto. – Né di Musa, né di nessun altro.
Rimarcò le ultime parole, dato che aveva intuito che non era Musa il problema.
Aisha finse di non provare piacere e, inaspettatamente, allontanò la mano di Bloom.
-Se non lo dici a Sky, non verrò più a letto con te. – il problema fondamentale, nella loro relazione, da sei mesi a questa parte, era proprio quello. Poiché, nonostante fossero state insieme la notte della festa, Bloom aveva continuato a frequentare Sky.
Certo, lei giurava di non averci fatto più nulla, dopo il fantastico sesso con Aisha, ma, quest’ultima, ci credeva poco.
Fornirle un ultimatum le sembrava l’unica soluzione: se la cercava solo per il sesso, glielo avrebbe negato fino a nuovo ordine.
Eppure, Bloom sembrò non recepire il messaggio.
Infatti, le si avvicinò, baciandole il collo, perché era il punto debole di entrambe.
-Dai, sono state settimane stressanti. Divertiamoci un po’. – un altro problema era proprio quello: il fatto che Bloom volesse solo divertirsi con lei. Era una paura costante, che perseguitava Aisha giorno e notte.
Le aveva detto che l’amava, ma pretendeva dei fatti adesso.
Tuttavia, sapeva che non avrebbe ottenuto nulla in quel momento, quindi si lasciò cadere in balia dell’eccitazione che esplodeva in tutto il corpo.
Baciò Bloom con sicurezza, fino a farla stendere sul telo. Poi, le tirò giù la gonna, preparandosi a darle il miglior orgasmo della sua vita.
Oppure dovrei credere in qualcosa che non cambierà mai?
 
Alfea
Dopo aver ricevuto quel messaggio ambiguo, Stella si era precipitata nella stanza di Nova, la quale si trovava nella direzione opposta.
Lei era una studentessa del secondo anno, proveniente da Solaria, e ben informata su tutti i gossip riguardanti il regno. Per cui, la fata del Sole e della Luna dedusse, che dovesse comunicarle brutte notizie.
Nell’ultimo periodo, si erano verificati molti problemi sul suo pianeta, a causa di Valtor, uno stregone potente, il quale aveva intenzione di conquistare l’intera Dimensione Magica. Infatti, durante il Ballo della Principessa, con l’aiuto della contessa Cassandra, era riuscito a catturare il sole di Solaria, provocando caos e confusione. Ma, oltre a quel tragico evento, colei che ci aveva rimesso di più, era stata proprio Stella. Il padre, re Radius, in preda a un comportamento insolito, aveva cacciato lei e le Winx dal castello, ritenendole streghe.
Un insulto gravissimo per una fata.
Settimane dopo, in occasione di una festa, organizzata dai genitori di Sky sul pianeta Eraklyon, Stella l’aveva rivisto, finalmente, notando la totale assenza nel suo sguardo. Purtroppo, la serata era stata interrotta da Valtor, seguito dalle Trix, che avrebbe provocato la morte dei partecipanti, se le Winx non fossero intervenute.
Stella si era battuta lealmente, rischiando la vita per salvare il padre, e ottenendo, di conseguenza, la trasformazione Enchantix.
Comunque, da quel fatidico giorno, Stella non aveva avuto più notizie di re Radius, e ciò la faceva stare malissimo.
-Stella, per fortuna che sei arrivata! – esordì Nova, quando la vide entrare. La ragazza si trovava seduta sul divanetto della sala comune, che ricordava molto quella delle Winx, e teneva in mano il telecomando. Aveva lunghi capelli color pel di carota, di una sfumatura più lieve, rispetto a quelli di Bloom, e indossava un completo, composto da giacchetta e pantaloni, sulle tonalità del bianco, verde e blu. L’espressione dipinta sul suo viso, trapelava l’agitazione che stava provando. – Guarda qui.
Stella andò a sedersi accanto a lei, cauta, temendo ciò che avrebbe potuto vedere in tv. Una parte di lei sapeva che la notizia riguardava suo padre, e, il telegiornale registrato, confermò la suddetta teoria.
Nova fece partire il filmato, distruggendo ogni frammento di speranza, presente nel cuore della principessa.
-Re Radius e la contessa Cassandra hanno appena rivelato alla stampa, che convoleranno a nozze il mese prossimo. – la rivelazione investì Stella come un treno. Spalancò gli occhi, incredula. Non riusciva a provare un minimo di gioia per due semplici ragioni: la prima, poiché sperava ancora in una riappacificazione tra i genitori, e la seconda, ma non meno importante, perché Cassandra era una donna arrogante e cospiratrice. Quindi, non riusciva a capire cosa ci trovasse il padre. – La data non è stata ancora confermata, però si presume, che si scambieranno i voti i primi giorni di settembre. Ora vi lascio alle dichiarazioni della coppia più chiacchierata del reame.
Nova interruppe il programma, tentando di evitare un dispiacere all’amica, se avesse visto l’intero filmato. Stella sembrava pietrificata, e lo sguardo fisso sullo schermo, rendeva il tutto ancora più inquietante.
-Voglio vederlo, fallo partire. – interruppe quel silenzio glaciale, utilizzando lo stesso tono neutro che aveva adoperato nell’ufficio di Faragonda il giorno prima. Non le apparteneva, ma non riuscì a sottrarsi, altrimenti, sarebbe scoppiata a piangere. Nova temporeggiò, poiché aveva la certezza, che le immagini seguenti, avrebbero cambiato la vita di Stella per sempre. Eppure, la fata del Sole e della Luna insistette. – Sono la principessa di Solaria, e ti ordino di rimettere quel dannato notiziario!
Di solito, non sfruttava il suo titolo nobiliare, per maltrattare le persone. Non era quel tipo di principessa, anche se, in quel momento, non sembrava affatto. Infondo, si trattava del destino del regno in cui era nata, per cui lei pretendeva di sapere.  
Nova, tremando, schiacciò il tasto play.
-Radius e io siamo molto felici. – comparve il faccione della contessa Cassandra, naturalmente. Era una donna affascinante tanto quanto ingannevole: aveva lunghi capelli biondi, anche se alcune ciocche stavano diventando bianche, occhi marroni ed era abbastanza in forma, per la sua età. – Nonostante il fidanzamento sia stato breve, noi sapevamo sin dall’inizio che ci saremmo sposati.
Si strinse intorno al braccio del re, e la telecamera inquadrò, finalmente, il padre di Stella. Aveva lo stesso sguardo assente dell’ultima volta, e, per la giovane fata fu un colpo al cuore, vederlo così.
Eppure, adesso, notò un dettaglio che in altre occasioni le era sfuggito. C’era qualcosa di strano nei suoi occhi, i quali non sembravano solo tristi e spenti: erano segnati dal marchio di Valtor.
Avrebbe riconosciuto quella firma tra mille, poiché era la stessa con cui aveva schiavizzato le sirene del pianeta di Andros, il regno di Aisha.
Ma Valtor si era già impadronito del sole di Solaria, quindi cosa poteva ricavarne da re Radius?
Poi Stella capì.
Era stata la contessa Cassandra ad architettare tutto: aveva aiutato Valtor a raggiungere il suo scopo, e, quest’ultimo l’aveva ricompensata, stregando il re, affinché lei potesse diventare la nuova regina.
E, sua figlia Chimera, la nuova principessa di Solaria.
Infatti, dopo una breve dichiarazione del padre di Stella, apparve nello schermo un’intervista fatta a quella ragazzina spocchiosa.
-Sono davvero eccitata per questo matrimonio. Insomma, sarò la damigella d’onore e poi diventerò la nuova principessa. Sarà un giorno importante! – aveva utilizzato la solita vocina irritante, caratterizzata dalla presenza della erre moscia, che la rendeva ancora più ridicola. Stella aggrottò le sopracciglia, desiderando di incenerirla con le sue stesse mani. – Mi dispiace per il recente allontanamento della principessa Stella, ma, dati i suoi trascorsi, vi assicuro che sarò una nobile migliore di lei.
La fata del Sole e della Luna avrebbe voluto ridere di gusto, poiché sapeva che non sarebbe mai successo: ciò che ti rende una principessa non è un titolo nobiliare, ma un modo di essere.
Ma non lo fece.
Non riusciva né a piangere, né a ridere.
Sentiva solo quest’immenso vuoto nel petto, che niente e nessuno sarebbe mai stato in grado di colmare.
Brandon l’aveva lasciata, il padre era vittima degli imbrogli di Cassandra, lei aveva perso il suo ruolo da principessa: il mondo perfetto di Stella era appena andato in pezzi.
Adesso si trovava da sola, contro il mondo, e, forse, questa volta, il bene non avrebbe trionfato.
 
Magix
Durante il corso del suo apprendistato, Riven non avrebbe mai immaginato che, proteggere una fata, significasse accompagnarla a fare shopping.
Quando Musa gli aveva chiesto di visitare la città, pensava volesse vedere il museo delle nove ninfe di Magix, oppure passeggiare sulla spiaggia. Invece, lei lo aveva trascinato in un giro di acquisti casalinghi compulsivi: tende, pittura, federe, lenzuola, lampadari, e persino gli scaffali per costruire una libreria.
Ovviamente, aveva dovuto pagare lui, poiché la ragazza non conosceva la moneta locale.
Prima che Musa varcasse la soglia dell’ennesimo negozio, e si comprasse un letto, compromettendo i risparmi di Riven per sempre, lo Specialista la fermò, suggerendole di mangiare un boccone.
Quindi, in quel momento, erano seduti ad un bar della piazza principale, occupando tre posti in più per via delle buste. Musa addentava amabilmente un pezzo di pizza margherita, come se non toccasse cibo da giorni.
Anche se, infondo, Riven si disse che gli sarebbe potuta andare peggio: magari, un’altra persona gli avrebbe chiesto di giudicare i vestiti che indossava.
Ripensandoci, qualcuno l’aveva fatto.
-Perdona la domanda ovvia, - chiese lui, mentre sorseggiava una spremuta d’arancia. Musa prestò attenzione alle sue parole, interrompendo il buonissimo pasto, che stava facendo. – ma hai intenzione di ristrutturare un appartamento? Non ti hanno assegnato una stanza, ad Alfea?
Lei alzò gli occhi al cielo, con fare annoiato, e afferrò una salvietta dal tavolo, per pulirsi le mani unte di olio. Certo, le avevano permesso di utilizzare una stanza, ma non sarebbe mai stata in grado di dormirci, considerato l’arredamento da principessina delle fiabe.
-Oh sì, l’hanno fatto. – rispose finalmente lei, mentre riprendeva a mangiare. L’educazione voleva che una signorina per bene non parlasse a bocca piena, soprattutto davanti a un uomo, ma lei era una ragazza qualsiasi. O almeno, così credeva. – Però, penso mi abbiano scambiata per un’altra Musa. Infatti, se fosse per me, darei fuoco all’intera stanza e terrei solo la moquette bianca. Questo è un primo passo verso la ristrutturazione completa.
Lo affermò convinta, sorridendo, sembrando persino un po’ inquietante. Riven dovette trattenersi dal riderle in faccia, poiché, osservando gli acquisti, lui pensava che l’opera fosse già completa. Quindi, si limitò ad annuire, mostrandosi interessato.
-Inoltre, questo è il mio sogno. – proseguì sicura, indicando ciò che la circondava. Era la prima volta che lo affermava ad alta voce. Chissà, forse Riven le sembrava il tipo di persona a cui confidare tutto, persino le follie. E, avrebbe continuato a farlo, nel tempo. – Posso comportarmi come voglio, perché, quando mi sveglierò, sarà solo un bellissimo ricordo. Oh, quanto si divertirà il nonno nell’ascoltare che mi avevano affiancato un cavaliere dalla scintillante armatura.
A quel punto, iniziò a pensare che fosse pazza.
Eppure, lui non poteva sapere che, sulla Terra, la magia fosse semplicemente un espediente narrativo, utilizzato nei film. Per Riven, rappresentava la normalità.
-Fidati, la mia armatura non è così scintillante. – ammise mesto, facendo una smorfia con la bocca. Quell’affermazione l’aveva rattristato, poiché, una piccola parte di lui ancora sosteneva, che avrebbero dovuto affidare l’incarico a Sky, o a Brandon. Loro sì, che erano dei valorosi guerrieri. 
-Bene, vediamo: acconciatura perfetta, fisico scolpito, sguardo assente, come se fossi superiore al mondo, braccia conserte. – Musa aveva terminato il suo pranzo, e adesso stava facendo un quadro generale del ragazzo, che si trovava di fronte. A casa, lo considerava un superpotere, dato che indovinava i segreti più oscuri delle persone, soltanto osservandole. Forse, anche qui era considerato tale. – Sei il bel tenebroso che finge di non tenere a niente e nessuno, ma che, alla fine della giornata, farebbe pazzie per amore.
Il ragazzo era stato colto in flagrante, infatti arrossì, senza capire bene il motivo.
O meglio, lui lo sapeva.
Un tempo, si era innamorato di una ragazza che gli aveva spezzato il cuore e, dopo quell’esperienza, giurò a se stesso che non avrebbe più amato nessuna così.
-Io vado a pagare, tu aspettami qui. – evitò di rispondere, alzandosi e dirigendosi all’interno del negozio. L’espressione di Musa era un misto di noia e soddisfazione: aveva indovinato anche stavolta. Riven si voltò, poco prima di varcare la porta, e la indicò. – Non ti muovere.
Rimarcò le ultime parole, poiché aveva l’impressione che la fata novella non fosse una persona facile da tenere sotto controllo. Musa percepì la sua eccessiva preoccupazione, e lo liquidò con un gesto della mano, mentre si guardava intorno. Il suo sguardo si posò su qualcosa di interessante, che avrebbe giurato di non aver notato prima: un negozio di musica.
Si trovava in una stradina secondaria, rispetto alla piazza, ma decise di avvicinarsi comunque. Mentre camminava, gettò un occhio all’interno del bar, e vide che c’era molta fila alla cassa.
Perfetto.
Avrebbe fatto un rapido giro all’interno del negozio, e sarebbe tornata prima che Riven si accorgesse che era sparita. Infondo, come aveva detto a Faragonda, lei sapeva cavarsela da sola.
Esposti in vetrina, c’erano dischi di cantanti a lei sconosciuti, e fantasticò sul fatto che, magari un giorno, ci sarebbe stato il suo cd. Spinta dalla curiosità, aprì la porta e si addentrò nei meandri del punto vendita.
L’interno ricordava qualsiasi altro negozio di musica, che lei avesse mai visto sulla Terra, anche se lì, non conosceva nessun titolo.
-Buongiorno! – salutò, allungando il collo, alla ricerca di un bancone, con dietro il proprietario, ma non vide nessuno. Forse è andato in pausa pranzo, pensò Musa. Allora, perché la porta era aperta? La situazione non le quadrava, però decise di dare una rapida occhiata. Infondo, non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di ascoltare la musica di un altro pianeta!
Al centro della sala, c’era una scatola con dei dischi in offerta, e Musa ci si avvicinò. Ne afferrò uno a caso, il quale si intitolava The Death Fairy.  
La fata morta.
Un brivido le percorse lungo tutta la schiena, e la sensazione che aveva avuto prima, riguardo quel luogo, tornò a farsi sentire prepotentemente.
Rimise il disco nel mucchio, preparandosi a lasciare quel luogo spettrale.
Tuttavia, Darcy comparve dal nulla, spaventandola.
-Ti serve aiuto? – domandò, facendo sobbalzare la ragazza. Era apparsa sotto mentite spoglie, ma, osservandola bene, chiunque l’avrebbe riconosciuta. Infatti, Musa lo capì, e tentò di trattenere lo stupore, sperando che la sua espressione non la tradisse.
Non si sarebbe certo dimenticata delle tre streghe malvagie che avevano attaccato lei e Stella, la sera prima.
-No, io stavo andando via. – confessò, utilizzando il tono di voce più calmo che conosceva. Anche se, all’interno, stava morendo di paura. Non aveva la minima idea del perché le Trix la perseguitassero, ma, di certo, non doveva essere nulla di buono.
Si avviò verso la porta da cui era entrata, mantenendo un passo regolare, nonostante morisse dalla voglia di correre via. Appoggiò una mano sulla maniglia, sentendosi quasi sollevata, perché avrebbe lasciato quel luogo sinistro e sarebbe tornata da Riven, al sicuro.
Eppure, quando aprì la porta, si ritrovò davanti Icy e Stormy.
-Vai da qualche parte, fatina?! – le chiese la strega del ghiaccio, sogghignando. Musa sentì i piedi incollarsi al suolo, per via del panico. Era circondata.
Fece un respiro profondo, pensando rapidamente a una strategia. Non avrebbe permesso loro di farla franca.
-Sai, non è carino uscire da un negozio, senza aver acquistato nulla. – la canzonò Darcy, la quale aveva riassunto il suo solito aspetto, ed era apparsa, al fianco delle sorelle, appoggiando un gomito, sulla spalla di Icy. – Questi dischi sono speciali. Infatti, dopo averli ascoltati, alle persone accade ciò c’è scritto sulla copertina.
La strega dell’illusione le mostrò il cd che Musa aveva visto prima, sorridendo compiaciuta. Quest’ultima rabbrividì, e decise che quello era il momento giusto per svignarsela.
Infatti, si girò, correndo più velocemente possibile, verso la porta di servizio.
Le Trix cominciarono a lanciarle dei sortilegi, che Musa schivò prontamente, rallentandole, lanciandogli un carrello stracolmo di dischi, il quale fece cadere Stormy.
Finalmente, giunse di fronte all’uscita d’emergenza, e, dopo una serie di spinte, uscì alla luce del sole, lasciandosi alle spalle le tre streghe.
Tirò un sospiro di sollievo, e si guardò intorno, per ritrovare la via che l’avrebbe condotta alla piazza. Si disse che non avrebbe potuto abbassare la guardia, fin quando non avesse trovato Riven.
Se il suo senso dell’orientamento non la ingannava, prendendo la prima svolta a sinistra, avrebbe raggiunto la meta.
Purtroppo, non appena fece un passo, le Trix comparvero di nuovo, sbarrandole la strada. Musa sobbalzò.
-Sorelle, questa fatina è proprio scortese. – prese la parola Stormy, gesticolando con una mano, adoperando un finto tono annoiato. – Direi che si merita una lezione di buone maniere. Tu cosa ne dici, Icy?
La strega dai capelli bianchi annuì, compiaciuta. Era la maggiore, quindi le decisioni spettavano sempre a lei. Inoltre, Icy era l’unica a conoscere il piano di Valtor: lo stregone, le aveva confidato, che il loro unico scopo, doveva essere quello di provocare Musa, affinché si trasformasse. Non sapeva il perché, ma si fidava del suo alleato più di chiunque altro.
-Dico che hai ragione, Stormy. – acconsentì, ridacchiando, e si preparò a lanciare uno dei suoi colpi migliori. – Rinfreschiamo un po’ l’atmosfera.
Icy aveva intenzione di lanciarle una lastra di ghiaccio, convinta, che l’avrebbe spinta a trasformarsi di conseguenza. L’alternativa, era quella di restarvi intrappolata.
Nel frattempo, Musa era ancora intenta a cercare una soluzione, per sfuggire da quella situazione. Improvvisamente, il panico e la paura scomparvero dalla sua mente, quando si ricordò che stava sognando.
A rigor di logica, lei non avrebbe percepito dolore, seppur l’avessero colpita. Anzi, al massimo si sarebbe svegliata da quel delirio.
Decise che era giunta l’ora di darci un taglio, e si preparò a ricevere la sveglia peggiore di sempre.
Purtroppo, prima che il maleficio la toccasse, Riven sbucò dal nulla, rimanendo bloccato nel ghiaccio al posto suo.
Musa non ebbe il tempo di realizzare cosa stava succedendo, poiché fu una scena troppo rapida. Uno sconosciuto aveva appena evitato che qualcuno la ferisse.
-Certo, ora è tutto chiaro: dietro le Winx ci sono sempre gli Specialisti. – affermò leggermente adirata Icy, poiché non era riuscita a portare a termine la missione, affidatagli da Valtor, in tempi brevi. Musa si trovava ancora sotto shock per il salvataggio compiuto da Riven, quindi ascoltava passivamente i commenti delle streghe. Infatti, avrebbe voluto ribattere che lei non si sentiva un membro del gruppo, ma non le sembrò il momento adatto.
Adesso, doveva salvare la vita del ragazzo, prima che andasse in ipotermia.
-Hai scelto la parte sbagliata, di nuovo. – disse in tono deluso Darcy, avvicinandosi alla sagoma ghiacciata, e graffiandola con un’unghia. Musa comprese che c’erano stati dei trascorsi tra di loro, anche se non avrebbe saputo definire di che genere. Poco le importava, aveva altre priorità ora.
Infatti, una rabbia crescente si instaurò in lei, provocandole emozioni fortissime. Alzò lo sguardo, fiera, e fissò le tre streghe, tentando di far tornare regolare il respiro.
-Lui potrà anche aver scelto la parte sbagliata, ma almeno è riuscito a tornare indietro. – Musa incrociò le braccia al petto, con aria di sfida. Desiderava con tutta se stessa cancellare dai loro visi quel sorriso soddisfatto. – Non si può dire lo stesso di voi.
I muscoli di Musa si irrigidirono, e lei si pose davanti alla sagoma di Riven, con l’intenzione di proteggerlo a qualsiasi costo. Le Trix non l’avrebbero ucciso, non quel giorno.
Poi, la determinazione, la rabbia e la paura, sovrastarono Musa, facendo avvenire l’impensabile: si trasformò per la prima volta.
Un fascio di luce l’avvolse, sfilandole i vestiti che indossava e adagiandole un abito rosso con le pailette, il quale aveva una sola spallina, ed arrivava poco più in basso dei glutei. Ai piedi portava un paio di stivali, anch’essi rossi, che coprivano l’intero polpaccio. I capelli erano sempre raccolti in due codini, e sulle orecchie aveva un paio di cuffie viola, le quali le consentivano di percepire ogni suono che la circondava, da cui avrebbe potuto trarre forza. Anche se, ciò che la sorprese maggiormente, furono le ali: erano azzurre, e ricordavano quelle di una libellula.
La sera prima, quando aveva visto le maestose ali di Stella, aveva pensato che potessero costituire un fastidio. Invece, mentre sbatteva le sue, le sembrò di avere un terzo braccio, che era sempre stato lì, nascosto nell’ombra.
-Tornatevene da dove siete venute, streghe! – gridò, alzandosi leggermente da terra, e si sentì, in qualche modo leggera. Poi, si preparò a colpire, nonostante stesse infrangendo un mucchio di regole. Non le importava, doveva portare lei e Riven al sicuro. – Potere del Suono!
Un alone fucsia contornò il corpo della fata, e dalle sue mani uscirono delle vibrazioni che stordirono le streghe, fino a farle sparire nel nulla.
Quando scomparvero, l’incantesimo lanciato su Riven si dissolse, e il ragazzo si accasciò a terra. Musa rimase a mezz’aria per un attimo, non sapendo cosa fare, poi si precipitò verso di lui, prima che sbattesse la testa al suolo.
Gli cinse le spalle, aspettando che riaprisse gli occhi ma non successe. Infatti, Musa non aveva mai sentito un corpo così freddo. Si avvicinò al petto, ma non udì battito cardiaco.
-Riven, non puoi abbandonarmi così! – lo ammonì, nonostante lui non potesse ascoltarla. Poi, mentre scuoteva il suo corpo floscio, un flashback la investì come un treno. Si trovavano nella medesima situazione, soltanto che erano più piccoli, e Riven perdeva sangue da una tempia. Musa voleva aiutarlo, ma lui l’aveva obbligata ad andarsene, così la bambina era scappata dalla parte opposta. Il ricordo confuso terminò, anche se ci avrebbe pensato più tardi: adesso Riven doveva tornare nel mondo dei vivi. – Onda Sonica!
Gli sussurrò in un orecchio, mentre posizionava una mano sul suo petto, affinché la magia affluisse sul cuore. Non aveva la benché minima idea di come sapesse quegli incantesimi, ma sperò che funzionasse. Prima, era successo.
Dopo qualche minuto, le onde sonore riattivarono il muscolo cardiaco dello Specialista, e sciolsero la corazza che si era creato negli ultimi anni, impedendogli di provare sentimenti. Quando rinvenne, espirò l’aria, trattenuta per troppi minuti e si guardò intorno, spaesato.
-Musa, cosa è successo? – domandò, in preda a un brivido di freddo. Poi, guardandola, e notando la sua prima trasformazione, ricordò: si era buttato nel ghiaccio per impedire che Icy la colpisse. Lo aveva fatto senza esitazioni, nonostante sapesse benissimo che avrebbe potuto rimetterci la pelle. – Oh mi dispiace di averti lasciato in balia delle Trix, avrei dovuto proteggerti…
Musa non gli lasciò finire la frase, poiché gli mise una mano sulla bocca, impedendogli di parlare. Lui la osservava, assorto.
-Non preoccuparti, l’hai già fatto. – rispose lei, trattenendo le lacrime, e abbracciandolo. Il suo corpo tremava, per via dello stress accumulato, e, probabilmente, in altre circostanze, non sarebbe stata così espansiva. Ma, quei due avevano appena vinto la morte, e non poteva mostrarsi distaccata in una situazione del genere.
Riven, stranamente, ricambiò l’abbraccio, e, quando cinse le spalle della fata, lei scoppiò a piangere copiosamente.
Avevano vinto la loro prima battaglia, ma non sarebbe stata l’ultima.
Alfea, la stessa sera
Stella si stava rigirando nel letto da ore, senza riuscire ad addormentarsi. Gli eventi degli ultimi giorni, l’avevano provata, perseguitandola persino mentre cercava di prendere sonno.
Doveva trovare una soluzione, altrimenti sarebbe crollata, permettendo al dolore di uscire. In un momento così delicato, non poteva lasciare che accadesse.
Si mise a sedere, scostando le coperte bianche, e appoggiando i piedi nudi sul pavimento. La notte l’aveva sempre resa inquieta, nonostante fosse la fata del Sole e della Luna, poiché rappresentava incertezza, e rendeva evidenti le peggiori paure dell’essere umano. Inoltre, il buio la spaventava sin da quando era una bambina.
Si passò una mano tra i capelli, chiedendosi per l’ennesima volta, se fosse la decisione giusta. Eppure, non riusciva a immaginare un’altra risoluzione, che le permettesse di evadere dalla realtà.
Infatti, afferrò una scatolina, che custodiva gelosamente, in un cassetto del suo comodino, e si alzò, incamminandosi verso il bagno.
Richiuse la porta alle spalle, nonostante sapesse che nessuno l’avrebbe vista, poiché le altre Winx dormivano  da tempo. Fece un respiro profondo, con l’intenzione di cancellare qualsiasi dubbio persistente. Poi, posò il recipiente sul lavandino, aprendolo, e rivelandone il contenuto: polvere di fata.
Stella la prelevava periodicamente dalle sue ali, affinché potesse usarla, in caso qualcuno si ferisse in maniera superficiale nel dormitorio. Tuttavia, era severamente vietato assumerla per bocca, o sotto forma di infuso, perché, dava assuefazione a qualunque creatura magica la ingerisse.
Lei lo sapeva, dato che ne era già uscita una volta, affrontando un processo di recupero intenso e devastante. Ma, al momento, le sembrava l’unico modo per sfuggire da quella realtà, che la stava lentamente opprimendo. 
Guardò il suo riflesso nello specchio, ritrovando solo una ragazza che aveva perso ogni cosa, che era tutta sola nella foresta, in preda ai mostri della notte.
Non avrebbe permesso al dolore di uscire, non se quella sostanza avesse potuto evitarlo. Lei doveva mostrarsi forte, sempre, nonostante si sentisse spezzata e piegata.
Quindi, scelse di drogarsi, per zittire i pensieri, almeno per un po’.
Travasò qualche grammo della polvere nella mano, avvicinò il viso e, senza ulteriori ripensamenti, sniffò il contenuto.
La sostanza entrò in circolo, anche se impiegò alcuni minuti, prima che facesse effetto, poiché erano passati anni, dall’ultima volta. Sul volto della ragazza si palesò un sorriso beota, e il dolore scomparve. Il battito cardiaco si rilassò, concedendole quella pace a cui tanto aspirava.
Dato che non si faceva da molto tempo, Stella era ancora cosciente, nonostante i contorni di ciò che la circondava, risultassero lievemente sfocati. Infatti, in uno stato di tranche, tornò a letto, con la consapevolezza, che sarebbe stata la prima di innumerevoli dosi.
 
Invece, nella stanza a fianco, Musa sognava beatamente. Certo, era stata dura addormentarsi, poiché le immagini del corpo morente di Riven persistevano, ma, alla fine, la stanchezza del combattimento aveva prevalso.
Infondo, la fata si era detta, che, una bella dormita sarebbe stata la fine perfetta di quel delirio. Così, acciambellata sotto le coperte, stava aspettando che il sonno la rapisse, sperando che fosse senza sogni.
Purtroppo, nemmeno quella volta fu accontentata.
Lo scenario rappresentava un maestoso castello in pietra rosa, il quale si trovava in cima ad una collina. Al suo interno, le persone che vi abitavano, sembravano in fermento: una guerra magica era in procinto di scoppiare.
Eppure, la loro regina, Wa-nin, pensava di aver trovato un incantesimo, che li avrebbe salvati tutti. Ma, si sbagliava.
Lei era una donna di alto rango, tanto affascinante quanto ingenua. Tentava sempre di vedere il buono negli altri, anche quando non c’era. Aveva i capelli corti viola, tagliati in maniera sbarazzina, e poco consona per una nobile, però alla donna non importava dell’aspetto fisico. I suoi occhi richiamavano il colore dei capelli, e le labbra, dipinte da un rossetto rosa, erano sottili. Indossava un lungo chimono lilla, il quale metteva in risalto le sue forme, pur facendole mantenere la serietà di una regina.
In quel momento, camminava spedita nei corridoi del palazzo, i quali sembravano tutti uguali, fino a fermarsi davanti una porta. Musa, che stava seguendo il sogno, come se fosse stata un fantasma, si ritrovò a spalancare la bocca, quando vide il suo nome affisso sulla soglia.
Quindi, dedusse, che doveva trattarsi di un ricordo. Era accaduto lo stesso pomeriggio, dopo lo scontro con le Trix, mentre rianimava Riven, ma aveva sottovalutato la cosa, dando la colpa allo stress.
Wa-nin bussò, guardandosi intorno, nervosa. Quando ricevette il consenso, da una voce appartenente a una bambina, varcò l’ingresso, permettendo alla Musa adolescente di scorgere una versione più piccola di se stessa.
Non era cambiata molto: i capelli li aveva raccolti sempre in due codini, anche se, alcune ciocche fuoriuscivano dall’acconciatura, ricadendo morbidi sulle spalle. Gli occhi vispi e attenti li possedeva anche la bambina, i quali si rabbuiarono, quando videro l’espressione accigliata della regina.
-Madre, cosa sta succedendo? – domandò preoccupata, adoperando una vocina esile, e interrompendo il disegno che stava colorando. Quindi, Wa-nin era la mamma di Musa. No, non poteva essere vero. Lei si rifiutava di crederlo, poiché il nonno le aveva rivelato che i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, quando aveva cinque anni. Probabilmente, il subconscio si divertiva a burlarsi della ragazza.
-Uhm, dobbiamo svolgere un compito da reali. – il tono di voce della regina risultava sempre sicuro, ma non se si trattava di sua figlia. Come poteva spiegarle ciò che aveva intenzione di fare? Insomma, Musa era una bambina. Le si avvicinò, accucciandosi, per essere alla stessa altezza, e le appoggiò delicatamente una mano sulla guancia. – Andrà tutto bene, Musa. Tu sarai bravissima, e dopo ti sentirai molto meglio. Tutti noi staremo meglio.
Wa-nin si costrinse a trattenere le lacrime, altrimenti la piccola avrebbe intuito che qualcosa non andava per il verso giusto. A differenza di altri regnanti, lei aveva messo sempre al primo posto la famiglia, quindi la distruggeva il fatto di rinnegare i propri principi.
Nel frattempo, la Musa adolescente, tentava di contestualizzare la scena a cui stava assistendo. Primo, avrebbe voluto sapere dove si trovavano, poiché, dai vestiti che indossavano, era chiaro che non si trattasse della Terra.
Entrò cauta nella stanza, ricordandosi solo successivamente che non potevano né vederla né sentirla, ed iniziò a frugare in giro, fin quando non trovò una mappa della Dimensione Magica, la quale indicava il pianeta in cui era ambientato il sogno: Melody.  
Quella parola le suonava familiare, anche se, la sua memoria le impediva di coglierne a pieno il significato. Era come se allungasse una mano verso un oggetto, il quale si allontanava senza mai fermarsi.
Secondo, le sarebbe piaciuto comprendere quali legami di parentela ci fossero tra la regina e lei. Infatti, si segnò un promemoria mentale, che le avrebbe dovuto ricordare di documentarsi nella biblioteca di Alfea, una volta sveglia. Forse, avrebbe trovato anche qualche informazione sul passato di Riven, per comprendere se fosse o meno legato al suo.
-Dopo tutto questo, avremo un giorno in più. – la voce della regina sembrò convincente, nonostante nemmeno lei ci credesse davvero. Osservando la situazione dall’esterno, Musa notava dei dettagli, che, al posto della sua versione bambina, l’avrebbero fatta diffidare dell’ipotetica madre: le mani le tremavano leggermente, nonostante cercasse di celarle, sotto le maniche lunghe e larghe del chimono, distoglieva spesso lo sguardo, evitando il contatto visivo, e sbatteva le palpebre, per ricacciare indietro le lacrime. Non aveva idea di cosa stesse architettando, ma doveva trattarsi di qualcosa di terribile. – Sei pronta?
La bambina annuì, e Wa-nin le porse la mano, per aiutarla ad alzarsi, e lei l’accettò, stringendola con gioia. Insieme, sottobraccio, lasciarono la camera, e Musa volle seguirle, per capire quale fosse il grande mistero celato dietro le parole della regina.
Purtroppo, non poté, poiché la porta si chiuse improvvisamente, sbarrandole la strada. In quanto sogno, non riusciva a toccare gli oggetti.
Sbuffò, adirata.
Avrebbe scoperto solo molto tempo dopo i piani di Wa-nin, e non le sarebbero piaciuti per nulla.
Prima di svegliarsi, Musa volse lo sguardo nella direzione della scrivania, sulla quale, la versione bambina di se stessa, stava disegnando. Ciò che vide, la spaventò a morte: era rappresentata una fata morta, e non una qualsiasi.
Bensì lei.
Non avrebbe potuto sbagliarsi, poiché indossava il vestito rosso della trasformazione.
Per fortuna, il subconscio ebbe pietà della sua povera anima in pena, e interruppe quel sogno che si era appena tramutato in un incubo.
Musa si svegliò di soprassalto, sudata e spaesata, ritrovandosi avvolta nelle coperte della Meringa. Portandosi una mano sul viso, scoprì di aver pianto nel sonno.
La verità investì la ragazza come un treno: tutto ciò che aveva fatto, durante quella giornata, era accaduto davvero.
Non si trattava affatto di un sogno.
Penso di aver trovato una risposta.
Dovrei credere nell’amicizia?
Dovrei credere nell’amore?
Dovrei credere nella magia?
Sì, perché mi definiscono.
-Sono una fata.  


Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP! 
Sì, lo so. Mi state guardando malissimo perché sono passati mesi dal primo capitolo. Mi dispiace moltissimo di avervi fatto aspettare, ma, con l'inizio della scuola, il tempo per scrivere si è dimezzato.
Anyway, dedico il capitolo ai Lettori Anonimi (ovvero il mio gruppo di YouTube), perché they'are my people and they'll always be. Grazie mille ragazzi per aver sopportato il mio disagio, durante la stesura di questo capitolo. Penso che la dedica all'inizio, racchiuda tutto ciò che voglio esprimere.
Se avete delle curiosità o delle domande, non esitate a chiedere nelle recensioni!
Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate.
Ci vediamo al prossimo capitolo (sperando che arrivi presto) !
Un abbraccio,
-Ludos98





 

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Capitolo 3
*** White Horse ***


Chapter 3: White Horse
Per come la vedo io,
esistono due tipi di persone al mondo:
quelle buone e quelle cattive.
Eppure, prima di scegliere da che parte stare,
queste persone erano figli, mariti e padri di qualcuno.
Io sono una persona.
E’ abbastanza?
Una settimana dopo
Alfea
Il sole caldo di fine agosto filtrava attraverso la finestra della camera di Musa, la quale era in via di ristrutturazione. Infatti, il pavimento era stracolmo degli scatoloni che il nonno le aveva inviato, molti dei quali erano ancora sigillati, di mensole e attrezzi vari.
Quella mattina, lei e Riven si stavano dedicando alla pittura delle pareti. La giovane fata aveva chiesto l’aiuto dello Specialista, e quest’ultimo non poté rifiutare, poiché doveva occuparsi di lei, e, inoltre, sentiva come se dovesse sdebitarsi e ringraziarla per averlo strappato dalle grinfie della morte.
Era trascorsa una settimana dallo scontro con le Trix, e, mentre tentavano di capire come mai li avessero attaccati, i due avevano avuto l’opportunità di conoscersi meglio. Infatti, sembrava che fossero amici da una vita, nonostante sapessero poco l’uno dell’altra.
-Allora, hai intenzione di raccontare a Faragonda quanto è successo? – la stuzzicò lui, mentre si occupava delle rifiniture intorno alla finestra, senza distogliere lo sguardo. Musa alzò gli occhi al cielo, seccata. Ormai glielo ripeteva da una settimana, e la risposta della ragazza era sempre la stessa. Quindi, la fata non comprendeva perché continuasse a porgliela. – Potresti ottenere le risposte che cerchi, sai.
Musa sospirò, contando mentalmente fino a dieci, poiché non voleva assalirlo. Infondo, Riven era confuso tanto quanto lei. Certo, lui conosceva bene le Trix, ma non aveva ancora capito dove volessero andare a parare.
-Te lo ripeto, in caso l’informazione non fosse giunta al cervello: non è necessario che lei lo sappia. – affermò risoluta, aggrappandosi saldamente con una mano alla scala, sulla quale si trovava, mentre utilizzava l’altra per dipingere di rosso le parti più alte della parete. – Siamo vivi, è l’unica cosa che conta.
Riven sbuffò, non capacitandosi di quanto fosse testarda. Eppure, una parte dello Specialista riusciva a immedesimarsi in lei: infondo, nemmeno lui aveva fatto rapporto al preside Saladin.
La realizzazione della stanza procedeva lenta, ma, per averla iniziata da una settimana, erano già a buon punto. Come da programma, l’unico aspetto che Musa aveva mantenuto intatto era la moquette bianca. Invece, qualche giorno prima, aveva trascinato Riven di nuovo a Magix, ed era riuscita a sostituire il letto da principessa con un uno più funzionale: abbastanza ampio, rivestito da un copriletto giallo, e dotato di qualche cuscino arancione sparso qua e là.
Inoltre, aveva optato per dei mobili in legno chiaro, poiché i precedenti, in legno bianco, non le piacevano affatto. Quindi, aveva sistemato una cassettiera in prossimità del letto, sulla quale Flora si era preoccupata di lasciare un geranio, all’interno di un vaso. Musa vi aveva aggiunto una foto incorniciata della sua prima esibizione in pubblico. Aveva 10 anni, e non si sarebbe mai dimenticata quella giornata.
Al di sopra, vi era uno specchio dalla forma tondeggiante. Mentre, dall’altro lato del letto, si trovava un comodino, il quale era dotato di una lampada piuttosto strana, che Musa adorava. Anche qui, la fata aveva voluto personalizzarlo, aggiungendoci una foto scattata insieme a suo nonno, qualche anno fa.
Riven fischiettava, mettendo a dura prova la pazienza di Musa. La ragazza necessitava di silenzio assoluto, affinché stendesse il colore in maniera omogenea.
-Senti, tu hai ragione. – confessò, ruotando il capo nella sua direzione e gesticolando con la mano che stringeva il rullo per pittura. Riven smise di fischiettare, prestando attenzione. Non pensava che avrebbe mai ascoltato quelle parole. Eppure, non provava nessuna sensazione di vittoria. – Ma non posso dirlo a Faragonda: lei mi rivelerebbe storie, che non sono pronta a sentire. Quindi, cambiamo discorso.
In più, c’era stato quello strano sogno, che Musa non riusciva a spiegarsi e di cui non aveva parlato a nessuno, neppure a Riven. Non aveva dimenticato le immagini fugaci, che si erano palesate dopo lo scontro, le quali riguardavano una versione bambina di entrambi.  La fata non era giunta a una soluzione, poiché non sapeva se ci fosse un collegamento tra le due vicende.
-Okay, come vuoi. – concordò, sollevando le mani in segno di resa, e afferrando un rullo, per aiutarla a pitturare la parte inferiore, mentre Musa si occupava della superiore. – Lo sapevi che oggi è il compleanno di Stella?
Lei sbiancò.
No, non lo sapeva.
Si fermò improvvisamente, dispiacendosi per quanto poco conoscesse la sua mentore. D’altra parte, Stella non le aveva dato modo: infatti, non si era fatta vedere molto in giro, se non durante i pasti. Il resto del tempo lo aveva trascorso  segregata nella sua stanza, a combinare chissà cosa.
Tuttavia, voleva rendere quella giornata memorabile. Insomma, glielo doveva.
-Tu come fai a saperlo? Da dove vengo io, i ragazzi non ricordano mai le date importanti. – chiese, socchiudendo leggermente gli occhi, mettendosi sulla difensiva. In effetti, era vero: Andy confondeva sempre il giorno del suo compleanno, facendola infuriare ogni volta. Non voleva che accadesse lo stesso alla Fata del Sole e della Luna.
Riven sorrise, divertito. Avveniva di rado, e Musa lo aveva notato, infatti, quando i loro sguardi si incrociarono, le si scaldò il cuore.
-Ti ricordo, che la conosco da molto più tempo di te. – probabilmente, Riven era colui che la conosceva meglio di tutti. Comunque, non aveva adoperato il suo solito tono freddo e distaccato, per sottolineare il fatto che avesse ragione, anzi si poteva percepire un pizzico di ironia nella sua voce. – Inoltre, i ragazzi della Dimensione Magica sono diversi: quando si tratta di qualcosa di importante, lo ricordano sempre.
Lo Specialista aveva mantenuto gli occhi fissi in quelli di Musa, senza mai abbassarli, mentre rispondeva, soffermandosi in maniera decisa sull’ultima frase.
Senza comprendere il motivo, la ragazza avvampò, imbarazzata, ed interrompendo la connessione che si era creata tra i due, poiché distolse lo sguardo, tornando a concentrarsi sulla parete.
Ci stava forse provando con lei?
No, impossibile.
Lui aveva il compito di proteggerla, non certo di sedurla.
-Visto che sei più informato di me, - balbettò lei, riportando la conversazione a una temperatura normale. Deglutì, cercando le parole giuste, poiché, in quel momento, il suo cervello era un miscuglio di idee. – sai se ha organizzato una festa?
Riven fece una smorfia, e scrollò le spalle, provocando ilarità in Musa, la quale non provava più l’imbarazzo di qualche istante prima. Sinceramente, il ragazzo non ne aveva idea.
-Di solito, era Re Radius a occuparsene. – ammise mestamente, poiché aveva sentito cosa stesse accadendo su Solaria, e ricordando le feste maestose degli anni precedenti. Musa intravide la nostalgia nei suoi occhi, e lo comprese: era la stessa che provava nei confronti del nonno. – Ma, considerando gli ultimi avvenimenti…
Non fu necessario aggiungere altro, dato che Musa aveva visto il notiziario e sapeva che il padre di Stella l’aveva ripudiata, per ragioni misteriose, ed era in procinto di sposare la contessa Cassandra.
Forse, aveva trovato il motivo per cui la fata del Sole e della Luna si era segregata in camera sua.
Gli ingranaggi del cervello di Musa iniziarono a elaborare dei piani, e, alla fine, le venne in mente un’idea, che avrebbe risollevato l’animo di Stella, e reso Riven meno nostalgico dei bei tempi andati.
-Ho trovato: organizziamole una festa a sorpresa! – esclamò entusiasta, alzando verso l’alto il rullo. Aveva un sorriso contagioso, e si sentiva eccitata al solo pensiero, poiché nessuno l’aveva mai fatto per lei. Quindi, provava il desiderio di prepararla per Stella, nonostante la conoscesse a malapena, perché aveva l’impressione che sarebbe diventata una persona molto importante nella sua vita. – Possiamo scegliere un tema, e io potrei cantare una canzone che ho scritto di recente!
La sua mente viaggiava con la fantasia, e già immaginava l’espressione contenta di Stella, nel vedere alcune delle persone a cui teneva di più, riunite per festeggiare quel giorno speciale. Purtroppo, Riven la riportò con i piedi per terra.
-Non penso sia una buona idea, Stella odia le sorprese. – smorzò l’entusiasmo della fata, la quale smise di sorridere per un attimo, nell’udire quell’affermazione. – Poi, abbiamo poco tempo per organizzarla e Faragonda non ci concederà mai il permesso.
A questi dettagli non aveva pensato, ma non l’avrebbero fermata: quando Musa si prefissava un obiettivo, lo raggiungeva.
In un modo, o nell’altro.
-Tentar non nuoce. – affermò convinta, sorridendo in una maniera quasi inquietante. Stava prendendo il sopravvento la versione perfezionista di Musa. Diede un’ultima passata alla parete, e appoggiò il rullo nella scatola, che si trovava sul gradino più alto della scala. – Inoltre, non abbiamo bisogno di Faragonda, poiché la festa si terrà a Fonterossa.
Riven le aveva raccontato che nella scuola per Specialisti, organizzavano spesso feste, in cui erano invitate fate e streghe. Quindi, le sembrava un territorio neutrale perfetto per l’occasione. Purtroppo, lei non sapeva della rottura tra Brandon e Stella, e ciò avrebbe causato non pochi problemi, quella sera.
Il ragazzo rimase inizialmente spiazzato dalla proposta, ma, riflettendoci a fondo, non ebbe nulla da obiettare. In fin dei conti, fate e Specialisti condividevano un profondo legame da secoli.
-Per me va bene, ne parlerò col preside Saladin. – assentì Riven, e la fata tornò a sorridere, felice. Non vedeva l’ora di mettersi all’opera, e lo Specialista, nonostante non fosse così entusiasta, sapeva che, alla fine, l’avrebbe seguita anche in questa folle avventura. Infondo, era lì per quello.
-Fantastico! – dichiarò Musa, allegra. Prese a gesticolare, comportamento che si palesava quando provava emozioni forti. – Il piano iniziale è questo: tu vai a parlare con Saladin, mentre io andrò a informare Faragonda dei nostri programmi serali.
Riven non ebbe il tempo di acconsentire, poiché, mentre scendeva dalla scala, Musa inciampò su se stessa e gli piombò addosso. Non era riuscito a prevedere le sue mosse, per cui si ritrovarono entrambi sul pavimento morbido, ricoperto dalla moquette bianca.
La fata riaprì prima un occhio e poi l’altro, comprendendo che lo Specialista aveva attutito la caduta, e che si trovava a pochi centimetri dal suo viso. Inizialmente, non aveva notato quanto fossero magnetici gli occhi del ragazzo: avrebbe potuto fissarli per ore, senza stancarsi.
Oltre a ciò, le mani di Musa erano finite sul petto possente di Riven, e si rese conto solo in quel momento di quanto fosse allenato. Invece, le sue braccia le cingevano la vita. Da vicino, la pelle della giovane fata risultava ancora più perfetta, e lo Specialista sarebbe rimasto a contemplarla a lungo, se fosse stato per lui.
-Potrei baciarti, adesso. – le propose, sorridendo compiaciuto. In realtà, c’erano almeno mille ragioni per le quali non avrebbe dovuto dirlo, ma si trattava di Riven, quindi, chiaramente, aveva fatto la prima cosa che gli era passata per la testa. Forse, nel suo subconscio, desiderava davvero baciarla.
Eppure, non l’avrebbe mai ammesso apertamente.
-Ti piacerebbe. – lo canzonò Musa, sorridendo a sua volta. Il comportamento dello Specialista era piuttosto insolito, e, poiché aveva la certezza che la stesse prendendo in giro, l’unico modo per ripagarlo con la stessa moneta, era utilizzare il sarcasmo. Inoltre, decise di aggiungere un pizzico di pepe alla situazione, per metterlo alla prova: si avvicinò al suo orecchio sinistro, e ci sussurrò dentro una frase. – Un bacio non si chiede, si dà e basta.
Dopodiché si alzò, non aspettando la reazione di lui, perché infondo la temeva, e varcò a grandi passi la soglia della stanza, ritrovandosi col fiato corto e tentando di metabolizzare ciò che era appena successo.

 
Nella stanza adiacente, Stella si stava drogando. Non aveva fatto altro, per tutta la settimana, e, adesso, iniziava a pagarne le conseguenze. Infatti, non riusciva più a distinguere cosa fosse vero e cosa no. Quindi, le capitava spesso di avere delle allucinazioni riguardanti il padre, quando il cervello decideva di torturarla e rendere lo sballo meno divertente, oppure, riguardanti Brandon.
Come quella mattina.
Negli ultimi giorni, era andato a trovarla sovente attraverso le visioni, per cui Stella si affrettò a ingerire la polvere di fata, poiché desiderava vederlo.
A differenza della prima volta, preferì iniettarsela in vena, mediante una siringa che aveva rubato dall’infermeria del collegio, perché aveva constatato, che la sostanza entrava in circolo più rapidamente. 
Nascose le prove del misfatto nel comodino, il quale si trovava vicino al letto, e la sensazione di leggerezza non tardò ad arrivare. Si accasciò sui cuscini, socchiuse gli occhi, sorridendo, e, quando li riaprì, Brandon era seduto accanto a lei.
Il ragazzo aveva le stesse sembianze che assumeva nella vita reale: capelli castani spettinati, occhi marroni, mento squadrato e un sorriso irresistibile.
-Sapevo che saresti arrivato. – ammise, accennando una risatina nervosa, e rizzando a sedere di scatto. Giocherellò con una ciocca dei lunghi capelli biondi, e si avvicinò lentamente al viso dello Specialista, il quale avrebbe soddisfatto i suoi desideri proibiti. Si guardarono negli occhi un istante, poi presero a baciarsi voracemente. Le mani di Brandon le palpavano tutto il corpo, mentre quelle di Stella si erano soffermate sui pettorali, già scoperti. – E’ un piacere vederti.
Come accadeva nella maggior parte delle allucinazioni, lui non parlava. La fata del Sole e della Luna non aveva trovato una spiegazione, poiché ciò che le importava era godere e nient’altro.
Tra un bacio e l’altro, gli aveva sfilato i pantaloni, rivelando un’erezione gonfia ed desiderosa di unirsi alla sua. Stella si era tolta la camicia da notte bianca, mostrando il seno nudo, e concedendogli di toglierle le mutandine. In realtà, Brandon non l’avrebbe mai fatto, perché Stella aveva un aspetto orribile, provato dalle droghe che stava assumendo. Ma lì, nella loro dimensione, lo fece.
Adesso che erano entrambi nudi, iniziava la parte divertente. Infatti, lui la stese sul letto, e poi prese a baciarle ogni fibra del corpo, aumentandone l’eccitazione. Stella percepiva l’erezione di Brandon sulla sua, e, quando capì che non ce l’avrebbe fatta ad aspettare ulteriormente, allargò le gambe per permettergli di entrare. Il ragazzo comprese subito le intenzioni della fata, e procedette con la penetrazione.
Nonostante fosse una visione, Brandon conosceva il corpo di Stella, e sapeva, che non avrebbe dovuto fermarsi, fin quando non l’avesse deciso lei.
La schiena della ragazza si inarcò, buttò il capo all’indietro, e si strinse saldamente alle lenzuola del letto, pronta a raggiungere il massimo del piacere. Non mancava molto, e, dopodiché, avrebbe ricompensato lo Specialista.
Purtroppo, il divertimento fu interrotto da quest’ultimo.
-Sorgi e splendi, Stella. – parlò per la prima volta da giorni, rivelando di possedere la stessa voce del vero Brandon. Sorrise compiaciuto, allontanando il suo membro dalla vagina della Principessa di Solaria, prima che potesse raggiungere l’orgasmo. Lei sbiancò, mostrando un’espressione incredula e al tempo stesso seccata. L’effetto della polvere di fata stava svanendo, decisamente. – E’ il tuo compleanno!
In seguito, lui scomparve, riportandola prepotentemente alla realtà: era nuda, nel suo letto, sudata, e non ricordava ciò che avesse appena fatto.
Volse lo sguardo verso il calendario, affisso sulla parete del bagno e vide la data: 18 agosto 2004.
Era il suo compleanno, e l’aveva dimenticato.
 
L’acqua tiepida della doccia bagnava il corpo nudo di Aisha. Rientrava nelle sue abitudini mattutine, altrimenti non riusciva a svegliarsi. Tuttavia, quel giorno si era destata prima del solito, poiché voleva riprendere gli allenamenti, per mantenere il fisico in forma, affinché fosse pronta ad affrontare le lezioni di Autodifesa dell’ispettrice Griselda a settembre.
L’obiettivo che si era prefissata, comprendeva coprire l’intero perimetro della scuola, correndo. Inoltre, in seguito alla scappatella avuta con Bloom al lago di Roccaluce, aveva stabilito che non sarebbe più andata a letto con lei, fin quando non avesse lasciato Sky. Difatti, durante il corso della settimana, aveva tentato di evitarla in ogni modo: alzandosi presto, trascorrendo la maggior parte del tempo a Magix, o addormentandosi di proposito sul divano della sala comune.
Eppure, nonostante i suoi piani fossero studiati minuziosamente, quella mattina, Bloom la colse in contropiede.
-Che ne dici di risparmiare un po’ d’acqua? – domandò la fata della Fiamma del Drago, aprendo decisa la porta a vetri della doccia, e sorridendo maliziosa. Lei non era stupida, e sapeva perfettamente che Aisha stesse facendo tutto ciò, per punirla. Quindi, aveva scelto il momento in cui la riteneva più debole, così da poter sfruttare la situazione in suo favore. Indossava una maglietta nera attillata, la quale fungeva da pigiama e ne risaltava le forme, e un perizoma del medesimo colore.
Aisha stava cercando in se stessa la forza di respingerla, ma certi impulsi erano impossibili da reprimere. L’unico pensiero, che persisteva nella sua mente, riguardava quanto desiderasse strapparle i vestiti di dosso e possederla lì, nella doccia.
Si morse il labbro, come se avesse bisogno di aggrapparsi a un appiglio per non cedere. Purtroppo, Bloom la conosceva fin troppo bene, e glielo lesse in faccia, che, infondo, la voleva più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Tolse la maglietta con un rapido gesto, gettandola sul pavimento del bagno, mostrando il candido seno, il quale fece accrescere l’eccitazione della fata dei Fluidi. Dopodiché, sfilò le mutandine, allontanandole con un calcio, e si diresse sicura verso la ragazza.
-Bloom, penso che dovresti uscire. – tentò di stroncare il rapporto sessuale sul nascere, indietreggiando, anche se aveva la certezza, che Bloom non l’avrebbe ascoltata. Infatti, non lo fece.
Le afferrò il viso con entrambe le mani, e prese a baciarla con foga. In seguito a tale gesto, ogni resistenza di Aisha crollò, e ricambiò il bacio, penetrandole la bocca con la lingua, sollecitando quella di Bloom a seguirla. Fu come tornare a respirare dopo una lunga apnea, ed entrambe accantonarono i loro problemi, per impegnarsi affinché l’altra raggiungesse il massimo del piacere.
Involontariamente, Miss Perfettina l’aveva spinta contro il muro, e una gamba di Aisha le cinse i fianchi, così da annullare ogni barriera tra i due corpi bagnati. Quest’ultima era la fata dei Fluidi, quindi adorava fare sesso sotto la doccia.
La rilassava.
Mentre Bloom era intenta a baciarle il collo, sul quale si sarebbe ritrovata un succhiotto nelle ore successive, Aisha le percorse l’intera schiena, utilizzando le mani, con il fine di soffermarsi sul sedere della ragazza, che iniziò a palpeggiare. Poi, senza preavviso, le infilò un dito all’interno e il corpo della fata si irrigidì un istante, sorpresa, e cominciò a emettere gemiti di piacere nei secondi che seguirono.
Nonostante Aisha le stesse regalando un servizio non indifferente, la fata della Fiamma del Drago era ancora arrabbiata per come l’aveva trattata la settimana precedente. Quindi, spostò l’attenzione dal collo della ragazza ai seni, sapendo con certezza che avrebbe ceduto. Infatti, lei tolse il dito dal suo sedere, assorta, abbandonandosi completamente alla parete, impaziente affinché Bloom andasse a trovarla nell’intimità.
Tuttavia, tornò lucida, un attimo prima che potesse mettere la bocca sulla sua vagina, e l’allontanò in maniera brusca. Aisha ribaltò la situazione, afferrandola per le spalle, e sbattendola violentemente sul muro, continuando a baciarla. Per quanto fosse eccitata, voleva dimostrarle che non era il giocattolo di nessuno, che non poteva irrompere nella doccia e possederla, per poi nasconderla nell’armadio della vergogna.
Quindi, decise che sarebbe stata Bloom la prima, e unica, a raggiungere l’orgasmo, quella mattina.
-Questo sì, che si può definire un buongiorno. – disse la fata, tra un gemito e l’altro, attaccandosi saldamente alla parete, per evitare di cadere a terra, strafatta di piacere. Di certo, Aisha sapeva il fatto suo, poiché capitava di rado, che Bloom non godesse a pieno, durante il rapporto. Proseguì convinta, fin quando non udì la ragazza urlare il suo nome, e giudicò il lavoro concluso. – Wow, Aisha, non mi deludi mai.
C’era un non so ché di sprezzante nel tono di voce, il quale rivelava la vera natura della fata: arrogante e ipocrita.
Porse una mano ad Aisha, la quale la strinse, e si alzò lentamente, tornando alla stessa altezza di Bloom. Inizialmente, quest’ultima non voleva ricambiarle il favore, poiché doveva comprendere che non avrebbe mai più dovuto comportarsi così, poi trovò un altro modo per rendere il tutto agonizzante: il bagnoschiuma.
Afferrò il flacone, e si versò una parte del liquido sulla mano, avvicinandosi di nuovo alla ragazza.
-Sarà meglio darsi una ripulita, prima di uscire di qui. – affermò divertita, accennando un sorriso, e ponendosi alle spalle di Aisha, iniziando a insaponarle le spalle, i seni, il ventre, l’inguine. La fata dei Fluidi non ebbe il tempo di obiettare, nonostante volesse farlo, per dirle che desiderava soltanto, che la penetrasse con qualsiasi cosa, pur di riuscire a godere. Il mancamento di tale risultato, le stava provocando un prurito interno non indifferente, che l’avrebbe portata alla pazzia nei minuti successivi, se Bloom non avesse fatto il suo dovere. Eppure, la ragazza non parlò, poiché sapeva che ne sarebbe valsa la pena.
La fata della Fiamma del Drago giocherellò beatamente con l’intimità di Aisha, la quale appoggiò il capo sulla sua clavicola, preparandosi a gemere. Bloom le infilò un paio di dita all’interno della vagina, e, nonostante il corpo della fata si raddrizzò per un istante, tornò a rilassarsi e a godere del servizio.
Riusciva a sentirlo, ormai non mancava molto. Una volta raggiunto, nient’altro avrebbe avuto più importanza.
Un altro minuto, e quello si sarebbe trasformato nel miglior risveglio di sempre.
Purtroppo, la voce di Sky interruppe la magia.
-Amore, sei sotto la doccia?! Pensavo di andare a fare un giro, dato che ho la giornata libera. – adoperò la solita voce smielata, che irritava chiunque gli stesse vicino. Aisha lo odiava, e non solo perché lui era fidanzato ufficialmente con Bloom. No, lei non concepiva il fatto che una persona potesse essere tanto cieca nei confronti di chi ama. La Principessa di Domino lo stava tradendo da mesi, ormai. Non era possibile che lui non sospettasse nulla. – Oppure, potrei raggiungerti lì dentro.
Bloom impallidì, all’idea che Sky aprisse la porta e le trovasse in quella situazione. Allontanò prontamente la mano dall’intimità di Aisha, riponendo l’altra sulla sua bocca, intimandola a tacere, e si affrettò a chiudere l’acqua. Poi, affrontò la questione di petto, impedendo il disastro.
-Tu resta qui, me ne occupo io. – sussurrò nell’orecchio della fata, la quale era tesa tanto quanto lei. Nessuno avrebbe mai immaginato che, soltanto qualche minuto prima, si stessero regalando orgasmi a vicenda. Dopodiché, alzò la voce, rivolgendosi allo Specialista. – Sì, mi piacerebbe fare una passeggiata! Aspetta, esco dalla doccia e andiamo.
In seguito, il tutto si susseguì rapidamente: Bloom si mise addosso un telo bianco, lasciando la fata dei Fluidi nuda, infreddolita e insaponata, all’interno della doccia. Si richiuse la porta alle spalle, lasciandola, tuttavia, accostata, permettendo di intravedere quanto stesse succedendo nell’altra stanza.
Aisha ebbe un tuffo al cuore, quando li vide baciarsi e comprese il motivo per il quale lei non gli avrebbe confessato della loro relazione segreta. Sky rappresentava sicurezza, un ottimo partito, mentre, tra le due era iniziato tutto come l’avventura di una notte.
Lei sarebbe stata sempre un gioco agli occhi di Bloom.
 
-E’ un disastro! – sbraitò la preside Faragonda, camminando nervosamente nel suo ufficio. Quel tono non le si addiceva, poiché la donna riusciva a mantenere la calma anche nelle situazioni più disperate. Eppure, in seguito a quanto era accaduto la settimana precedente, non aveva idea di come proseguire con il piano per salvare la Dimensione Magica. Si sentiva persa, e non cedere al panico risultava ogni istante assai arduo. – La traccia di Musa può essere percepita da chiunque, ora.
Nonostante la giovane fata non gliel’avesse confidato, Faragonda conosceva la verità riguardo lo scontro avuto con le Trix, che l’avevano spinta a mutare forma per la prima volta. Infatti, nel medesimo momento in cui era avvenuto, Musa aveva rilasciato delle onde magnetiche, percepibili da qualsiasi creatura magica, nei pressi di Magix e dintorni.
In termini tecnici, si trattava della traccia
La traccia era un strumento di localizzazione, presente nel corpo di qualsiasi fata, la quale si attivava al momento della prima trasformazione. Chiaramente, alcune erano più forti di altre. Quella di Musa rientrava nella suddetta categoria, poiché lei conteneva l’intero potere di Melody.
-Qui c’è lo zampino di Valtor, ne sono certa. – affermò risoluta, e le sue teorie si rivelarono esatte, purtroppo. Lo stregone aveva chiesto alle Trix di provocare Musa, affinché si trasformasse. In realtà, questa richiesta ambigua faceva parte di un piano molto più grande, che nessuno avrebbe mai conosciuto veramente. – Non so come proteggere Musa, adesso.
Difatti, l’anziana donna temeva che, una luce forte come quella posseduta dalla ragazza dai capelli blu, potesse essere spenta dall’oscurità.  
Nonostante gli anni cominciassero a farsi sentire, lei era determinata e non avrebbe mai permesso che le forze del male prevalessero sul bene.
-Potresti dirle la verità. – suggerì l’ispettrice Griselda, l’interlocutrice di quella conversazione. Era una donna alta e snella, capelli castani che superavano appena il mento, e dallo sguardo severo, il quale provocava terrore nelle studentesse. Anche se, infondo, sotto la corazza di ghiaccio che si era creata, lei teneva moltissimo alle sue alunne. Insegnava Autodifesa e ricopriva anche il ruolo di assistente personale di Faragonda. Tuttavia, col tempo, le due erano diventate amiche. Infatti, la preside non avrebbe condiviso con nessun altro membro del consiglio scolastico il suo turbamento. Nel corso degli anni, un legame indissolubile le aveva unite: avevano combattuto insieme nella Compagnia della Luce, durante la Guerra Oscura, assaporando il piacere della vittoria. Inoltre, avevano partecipato ai loro rispettivi matrimoni, assumendo la veste di testimone. Infine, Griselda le era stata accanto, aiutandola ad affrontare, la precoce dipartita del marito.
-Non è ancora arrivato il momento. – contestò, voltandosi verso l’amica, e appoggiandosi alla scrivania, per poi sedersi sulla solita poltrona rossa. Si evinceva la stanchezza dal volto affaticato della preside, e Griselda detestava il fatto di non poter aiutarla in alcun modo. – Ho bisogno di più tempo, per pensarci.
L’insegnante di Autodifesa annuì, nonostante non fosse d’accordo. Lei riteneva che Musa dovesse essere messa al corrente del suo passato, e di ciò che era in grado di fare con i suoi poteri. Mentirle non significava proteggerla, piuttosto mettere a rischio la sua vita.
Eppure, non proferì parola, poiché Faragonda aveva anni di esperienza in materia, quindi non si sarebbe permessa di controbattere.
-Le assegnerò un compito, affinché non possa lasciare la scuola. – decise infine la preside, adoperando un tono di voce fermo, per sottolineare che non ci sarebbero stati ripensamenti. Afferrò carta e penna, con lo scopo di inviare una Lettera Volante, nella stanza di Musa, inserendo tutte le istruzioni. Il piano consisteva nell’invitarla a sistemare la biblioteca, lavoro che l’avrebbe tenuta occupata per giorni, mentre lei guadagnava tempo al fine di trovare un modo per distruggere il male. – Poiché è al sicuro solamente qui.
Purtroppo, le intenzioni di Faragonda risultarono vane, perché Musa varcò la soglia, cogliendola di sorpresa. La ragazza si era recata lì, per ottenere il permesso di organizzare una festa a Stella nella scuola di Fonterossa. Aveva udito le ultime frasi pronunciate dalla preside, e, nonostante pensasse che stavano parlando di lei, accantonò prontamente l’idea, per non peccare d’arroganza.
-Salve, preside Faragonda! Scusi se mi intrufolo così, ma la porta era socchiusa. – tentò di giustificarsi l’allieva, indicando con una mano la porta alle sue spalle, poiché aveva percepito la tensione nell’aria. Infatti, aveva compreso che qualcosa non andasse per il verso giusto, però preferì stare al gioco e mostrare un sorriso di circostanza. L’anziana donna la invitò a sedersi, e lei accettò, concentrandosi al massimo per raggiungere lo scopo. – Volevo chiederle, se fosse possibile organizzare una festa, in onore del compleanno di Stella, questa sera a Fonterossa.  
Musa non era solita supplicare, ma il tono utilizzato sembrava piuttosto simile. Infondo, le serviva il suo consenso, prima di trasferire una scuola di fate in un collegio maschile, pullulante di testosterone e ormoni impazziti, per una notte.
O almeno, era così che immaginava gli Specialisti.
D’altra parte, Faragonda avrebbe voluto impedirglielo, esclamando un sonoro “No!”. Poi si ricordò dell’immagine, che doveva mantenere di fronte alle studentesse. Inoltre, la scuola di Fonterossa era abitata da guerrieri e Maghi, quindi Musa sarebbe stata al sicuro lo stesso.
-Trovo che sia una splendida idea. – affermò, nascondendo le sue vere emozioni. Musa balzò in piedi improvvisamente, felice, poiché avrebbe avuto l’opportunità di fare qualcosa di bello per Stella. – Su, su corri! Hai poco tempo, però sono sicura che preparerai un party senza precedenti.
La ragazza dai capelli blu ringraziò la preside, e si diresse in tutta fretta verso l’uscita della stanza, lasciando le due donne da sole. Non vedeva l’ora di mettersi a lavoro. 
Faragonda e Griselda si scambiarono un’occhiata fugace, poi l’anziana signora affermò l’ovvietà:
-Dopo la festa, le racconterò tutto.
 
Andros, lo stesso giorno
Le prigioni del pianeta di Aisha si trovavano al di sotto dell’ingresso del palazzo reale, e, probabilmente, erano le più anguste e inquietanti dell’intero universo magico.
Rappresentavano una sorta di anticamera agli orrori presenti nella Dimensione Omega, nonostante anche lì venissero rinchiuse persone malvagie, coloro che commettevano crimini non pronunciabili ad alta voce. Infatti, lo stregone Valtor vi aveva risieduto per circa 12 anni, in seguito a quanto era accaduto durante la Guerra Oscura.
Eppure, in quel momento, vi si aggirava fiero, come se fosse già il padrone del mondo. Non sapeva, che il cammino sarebbe stato lungo e tortuoso, prima di raggiungere l’obiettivo.
Mentre camminava tra i corridoi, alcuni criminali si sporsero attraverso le sbarre, per attirare la sua attenzione, poiché avevano intuito, che ormai era lui il signore indiscusso di Andros. Tuttavia, Valtor li ignorò, proseguendo a passo deciso, in direzione della meta.
Indossando un completo bordeaux in lino, un paio di stivali costosi, e avendo i lunghi capelli lisci ben pettinati, sembrava un pesce fuor d’acqua, rispetto al luogo triste e misero in cui era.
Lo stregone si fermò davanti a una cella, distante dalle altre, nella quale si trovava il nonno di Musa.
L’uomo anziano era seduto sul pavimento freddo, ed aveva i polsi incatenati a delle manette magiche, che gli avrebbero impedito di praticare incantesimi per fuggire. Non aveva propriamente un bell’aspetto: si notava dal suo sguardo quanto fosse disidratato, il che poteva essere considerato un eufemismo su Andros. Inoltre, non potendo adoperare la magia, si sentiva debole.
Valtor lo aveva fatto prigioniero la settimana precedente, e, da quel momento in avanti, si era rifiutato di mangiare, poiché lo stregone non sembrava disposto a rivelargli il motivo del rapimento.
La situazione sarebbe cambiata negli istanti che seguirono.
Il cattivo si piegò sulle ginocchia, avvicinandosi alle sbarre della cella, e porgendogli un vassoio con un bicchiere d’acqua e una minestrina.
-Ti consiglio di accettare il pasto, stavolta, perché ho intenzione di svelarti tutto. – esordì lo stregone, altezzoso, allungando il braccio. I due si scrutarono per qualche secondo, mantenendo lo sguardo fisso, e aspettando che l’altro cedesse. Alla fine, il nonno abbassò il capo, arrancando fino al cibo, che afferrò con foga, utilizzando l’ultimo briciolo di forza che gli rimaneva.
-Cosa vuoi da me, Valtor? – sussurrò l’uomo anziano, poiché aveva la gola secca, dato che non parlava da giorni. Si portò il cucchiaio, ripieno di minestra, alla bocca, e ne ingerì il contenuto. Non aveva un buon sapore, ma gli sembrò di aver recuperato le forze dopo un solo boccone, quindi prese a mangiare frettolosamente.
-Tua nipote. – ammise, sorridendo compiaciuto. Nessuno avrebbe mai conosciuto il vero piano di Valtor, però, in quel frangente, confessò parte delle sue intenzioni. Infondo, il nonno non aveva modo di scappare, per cui avrebbe custodito quel fardello, impotente. – La farò passare al lato oscuro.
Il nonno spalancò gli occhi, sbigottito. Lui conosceva lo stregone da tanto tempo, e sapeva che, dietro a quella frase criptica, si nascondeva molto di più. Infatti, si scervellò, tentando di comprendere dove volesse andare a parare. Ma, la mancanza di ossigeno e glucosio nel sangue, gli impedì di giungere ad una conclusione.
Poi, conosceva anche sua nipote, e, poteva affermare con certezza che non si sarebbe lasciata sedurre dal male. Il cuore di Musa era stracolmo di bontà, poiché l’aveva cresciuta così. Quindi, la rivelazione di Valtor provocò ilarità nell’anziano signore.
-Lei è più forte di te, e non accetterà mai. – sottolineò, ridacchiando divertito. Tuttavia, a causa della debolezza del suo corpo, la risata uscì come un gemito soffocato. Avvicinò una mano alla bocca, e la tosse scosse l’organismo del nonno.
Il sorriso non era ancora scomparso dal volto dello stregone, perché lui pensava di avere già la vittoria in tasca. Avrebbe scoperto a sue spese, che in realtà gli avversari erano molto agguerriti.
-Oh, ma è per questo che sei qui. – confessò, rilassato, tornando in posizione eretta, e incrociando le braccia al petto. Il nonno seguì i suoi movimenti, senza distogliere mai lo sguardo, aspettando trepidante che Valtor terminasse la frase. – Tu sei il mio piano B.
Stavolta, non necessitò di ulteriori spiegazioni. Aveva compreso quanto fosse crudele il piano dello stregone, e si sentì perso all’idea di non poter intervenire per evitarlo.
Lui avrebbe spinto Musa oltre il limite, ricattandola, e, poiché si trattava del nonno, lei avrebbe ceduto, provocando caos e distruzione.
Un sabotaggio dall’interno, geniale.
Detto ciò, Valtor alzò i tacchi e si preparò a ripercorrere il cammino a ritroso.
-Ti abbiamo già sconfitto una volta, perché la luce prevale sempre sull’oscurità! – il nonno si aggrappò alle sbarre, e adoperò tutta la voce che gli era rimasta, affinché capisse, che i buoni non avrebbero smesso di lottare. Ottenne la reazione sperata, dato che Valtor interruppe la camminata e girò il capo.
L’anziano signore socchiuse gli occhi, trattenendo invano il fiatone, causato dallo scatto che aveva appena fatto, e sperò di non risultare pietoso in quelle condizioni. Tale affermazione creò una crepa nella corazza di ghiaccio del cattivo, destabilizzandolo. Anche se, cercò di non darlo a vedere.
-E se spegnessi quella luce? – la domanda non era rivolta a nessuno in particolare, ma provocò inquietudine nel nonno, il quale non ebbe il tempo di rispondere per le rime, poiché Valtor accelerò il passo, dirigendosi verso l’uscita della prigione.
 
Alfea
Il consenso di Faragonda aveva reso Musa felicissima, poiché significava che la sua idea poteva realizzarsi, prendere vita. Nonostante non si aspettasse di convincerla subito, adesso era arrivato il momento di elaborare un piano. Infatti, mentre si dirigeva verso la camera di Stella, reggeva sulla mano destra un vassoio, il quale conteneva una speciale colazione – da – compleanno, e utilizzava la sinistra per scambiarsi messaggi con Riven, al fine di accordarsi sui dettagli.
Sì, lei era mancina.
Dopo una serie di discussioni, accompagnate da faccine minacciose, avevano trovato un punto d’incontro: la festa sarebbe cominciata alle 20, e avrebbe avuto come tema gli anni ’80, poiché, a detta di Riven, la fata del Sole e della Luna adorava quel periodo.
Musa era rimasta piacevolmente sorpresa nello scoprire che, le differenze tra la Terra e la Dimensione Magica, diminuivano ogni giorno di più.
Il ruolo assunto dalla fata novella consisteva nell’essere il leader del piano, quindi delegare i lavori pesanti agli Specialisti, intanto che lei distraeva Stella.
Infondo, era una signora, e non si sarebbe sporcata le mani.
Invece, le Winx avevano proposto di occuparsi del catering e Musa non ebbe nulla da obiettare.
Giunse davanti alla porta della Principessa di Solaria, si mise il telefono in tasca, e diede un leggero colpo, poiché non voleva imbattersi in un’ipotetica furia, in caso interrompesse il suo sonno sacro.
Eppure, nessuno rispose.
Provò ancora, ma non ottenne alcun segnale di vita, quindi decise di entrare senza permesso.
-Buongiorno! – esclamò, una volta appurato che Stella non stesse dormendo, e si richiuse la porta alle spalle. Avanzò in direzione del letto disfatto e vi appoggiò il vassoio, guardandosi intorno. La sensazione che aveva percepito, varcando la soglia, era quella di un pesante odore di chiuso misto a qualcos’altro, che, però, non riusciva ad identificare. – Oggi qualcuno si è dimenticato di fare colazione. Per fortuna, ci ho pensato io a chiedere un favore alla cuoca!  
Affinando l’udito, Musa sentì lo scrosciare dell’acqua, per cui dedusse che la fata del Sole e della Luna doveva trovarsi sotto la doccia. Sebbene fossero trascorse solo due settimane dal loro primo incontro, aveva avuto modo di conoscerla, e, poteva affermare con certezza, che non sarebbe uscita di lì prima di mezz’ora.
Quindi, ne approfittò per curiosare in giro.
La camera di Stella era senza dubbio una delle più ampie che avesse mai visto, da quando frequentava Alfea. D’altronde, lei era una principessa, e meritava il meglio. Infatti, non aveva nemmeno una compagna di stanza.
Adiacente alla finestra vi era il letto a baldacchino, il quale aveva una forma circolare, ed era rivestito da un copriletto color salmone. Oltre a ciò, delle tende celesti lo sovrastavano, e Musa pensò che fossero molto utili per impedire alla luce del giorno di insinuarsi.
Uno specchio avente una cornice dorata, era affisso sul muro, e si trovava proprio tra il letto e una scrivania. La ragazza dai capelli blu non si sorprese nel notare, che la superficie fosse principalmente costituita da cosmetici, piuttosto che da libri scolastici. Infatti, le spuntò un sorriso.
Tornando a sedersi sul letto, una scatolina chiusa ermeticamente, lasciata sul comodino, attirò la sua attenzione. L’afferrò, e, dopo aver svitato il coperchio, si versò parte del contenuto sulla mano.
Polvere di fata.
Non aveva ancora avuto l’occasione di osservarla da vicino, dato che il suo apprendistato era iniziato da circa una settimana. Però, l’aveva studiata durante l’ora di Storia della Magia della professoressa Daphne, e ne conosceva le proprietà.
La polvere di fata era una sostanza che si manifestava per la prima volta al raggiungimento della trasformazione Enchantix, e si percepiva nelle ali. Aveva delle doti curative, poiché era in grado di risanare la maggior parte delle ferite di guerra, e, soprattutto, poteva spezzare gli incantesimi oscuri.
Tuttavia, la sorella di Miss Perfettina le aveva avvisate: la polvere di fata non doveva essere assunta in maniera incosciente, perché provocava assuefazione e conduceva alla dipendenza.
Pertanto, la domanda di Musa sorse spontanea: perché Stella ne custodiva una scorta?
Le sue ipotesi furono confermate, quando la fata del Sole e della Luna spalancò la porta del bagnò, rivelando il terribile aspetto che aveva ottenuto a causa di quella sostanza stupefacente. Infatti, il viso aveva perso il colorito roseo che la contraddistingueva, sostituendolo con un pallore spettrale. Gli occhi gonfi erano circondati da aloni rossi, ai quali si aggiungevano due occhiaie, che sottolineavano il fatto che non dormisse da giorni. Le labbra risultavano screpolate e secche.
Indossava un accappatoio rosa pastello, e, Musa ebbe come l’impressione che il suo corpo sembrasse ancora più fragile. I lunghi capelli biondi bagnati le ricadevano sulle spalle, fungendo da cornice a quel quadro spaventoso.
-Perché stai ficcando il naso nella mia roba?! – sbraitò Stella, in maniera aggressiva, incrociando le braccia al petto. Persino la voce aveva qualcosa di diverso: era più bassa, carica di risentimento. Musa posò prontamente la scatola sul comodino, nonostante ormai l’avesse colta con le mani nel sacco.
Letteralmente.
-Ti ho portato la colazione! – provò a sviare il discorso, sorridendo impacciata, e sollevando il vassoio, il quale giaceva sul letto. Sperò di riuscire a mantenerla tranquilla, giocandosi la carta della colazione. Insomma, era stata un’impresa ardua convincere la cuoca a preparare dei pancake al cioccolato, affiancati da un latte bianco caldo. Lì, le persone andavano avanti nutrendosi di aria. – Buon compleanno!
Stella alzò gli occhi al cielo, annoiata. Gli anni precedenti avrebbe adorato trovarsi al centro dell’attenzione, ma non quel giorno. La sua nascita le ricordava la vita di sofferenze e rinunce che aveva condotto fino a quel momento.
Non sarebbe stato più così.
-Oh, beh grazie. – la canzonò, mostrando un sorriso di circostanza, il quale assomigliava a una smorfia. Prese tra le mani il vassoio, e lo appoggiò prepotentemente sulla scrivania, rischiando di rovesciare il contenuto della tazza. Poi, tornò da Musa, e, aveva stampata in volto un’espressione talmente cattiva che la ragazza dai capelli blu fu costretta ad indietreggiare, spaventata. – Ora, rispondi alla mia domanda: perché stai ficcando il naso nella mia roba?
Musa non aveva mai interagito con un drogato, prima d’ora, quindi non era affatto esperta in materia. Certo, ne aveva visti nel corso della sua vita da umana, ma non si aspettava che fosse un problema che affliggeva anche i giovani, in un mondo, il quale appariva apparentemente perfetto.  
Pertanto, non sapeva come approcciarsi.
-Stella, ti stai drogando!? – uscì più come un’esclamazione che una domanda, però aveva bisogno di sentirselo dire. Altrimenti, la situazione non sarebbe sembrata reale. La sua parte ingenua sperò vivamente di sbagliarsi, e che Stella avesse passato solo una nottataccia. Ma, infondo, era certa di aver indovinato. – Hai un aspetto terribile!
L’intenzione di Musa era quella di intaccarla in ciò che le importava di più, affinché crollasse. Purtroppo, le persone che hanno una dipendenza, sono le prime a negare il problema. Infatti, Stella finse di non curarsene, scrollando le spalle con fare seccato.
-Grazie tante. E quindi? Posso smettere quando voglio. – la ragazza dai capelli blu dovette trattenersi dal ridere, poiché Stella sembrava non capire che una volta dentro, uscirne era assai difficile. A volte, quasi impossibile.  Lei aggrottò le sopracciglia, con aria di sfida, come se dovesse convincere più se stessa che gli altri. – Inoltre, le creature magiche non possono morire se si fanno di polvere di fata.
Questo era vero, però Musa aveva letto nel libro che la suddetta sostanza, se ingerita sovente, provocava danni permanenti nei cinque sensi, o peggio, nei poteri magici. Stella ricopriva il ruolo di sua mentore e guida, e non poteva permettersi di rimbecillirsi da un giorno all’altro.
Per cui, decise di investigare, al fine di arrivare alla fonte del problema.
-E’ per tuo padre? – chiese, senza preamboli. La barriera che Stella si era creata, iniziò a sgretolarsi. Infatti, non appena Musa nominò Re Radius, le lacrime premettero negli occhi della fata, impazienti di uscire e inondarle il viso. Eppure, rimase in silenzio, incapace di proferire parola, e fissando un punto nel vuoto. Se l’avesse fatto, la sua voce si sarebbe spezzata in un pianto disperato. – Puoi parlare con me, Stella!
In quel momento, la fata del Sole e della Luna crollò. Si accasciò sul letto, scoppiando in lacrime. Di solito, sarebbe stata in grado di controllare le sue emozioni, ma, l’assunzione compulsiva di polvere di fata, le rendeva squilibrate.
Musa andò a sedersi cauta accanto a lei, poiché non voleva invadere il suo spazio vitale in un frangente così delicato. Si avvicinò lentamente, cingendole le spalle con le braccia, come se avesse paura di toccarla, temendo che potesse respingerla.
Invece, Stella si abbandonò in quell’abbraccio, coprendosi il volto con le mani, per la vergogna.
-La vita è dura, io ci provo. – biascicò, tra un singhiozzo e l’altro. Il petto le si abbassava e le si alzava velocemente, quindi Musa allentò la presa, affinché riprendesse a respirare in maniera regolare. – Però mio padre non mi parla, Brandon mi ha lasciata per telefono e…
Non terminò la frase, perché riprese a piangere. La fata novella le accarezzò i capelli, tentando di calmarla. In realtà, l’ultima confessione l’aveva resa piuttosto interdetta: insomma, che razza di persona è una che lascia l’amore della sua vita per telefono?
Uomini.
-Quando mi drogo, ho delle visioni e spesso c’è Brandon. – proseguì, allontanandosi da Musa, e asciugandosi le lacrime. La ragazza dai capelli blu rabbrividì all’idea che fosse già arrivata a quello stadio. Doveva intervenire, assolutamente. – Non è per il sesso, è solo che mi manca.
Wow, quante passioni in comune avevano gli adolescenti terrestri e quelli della Dimensione Magica. Seriamente, per Musa era inconcepibile il fatto che una persona troncasse una storia senza fornire ulteriori spiegazioni.
Quei due avevano bisogno di confrontarsi e lei conosceva il modo e la situazione affinché ciò avvenisse.
-Certo, la vita è dura, ma sei tu a decidere quanto renderla tale. – rientrava nel repertorio delle frasi criptiche del nonno, che solo adesso riusciva a comprendere pienamente. Musa si alzò in piedi, cercando in se stessa tutta la positività da trasmettere alla sua mentore. – Poi, oggi è il tuo giorno! Quindi noi adesso usciremo, dimostrando al mondo, e a Brandon, che non sono degni di averti.
Alla fine, un sorriso spuntò sul volto di Stella, e Musa già la considerò una vittoria. Non fu difficile convincerla, dato che le propose di andare a fare shopping. Ma, la fata del Sole e della Luna era ignara del fatto che fosse uno shopping mirato, per la sua festa a sorpresa.
Inoltre, Musa realizzò solo in quel momento quanto il piano elaborato da lei e Riven fosse concreto: dopotutto, avrebbe dovuto davvero distrarla.
Le persone sfuggono via come il vento.
Spesso, coloro che ci circondano,
 sono quelli distanti anni luce.
Loro non comprenderanno mai il tuo essere semplicemente speciale,
perché non hanno visto le lacrime nascoste dietro a un sorriso.
 
Fonterossa, la sera
Dopo aver trascorso l’intera giornata a Magix, in cui Musa aveva approfittato per acquistare ulteriori decorazioni per la sua stanza, tra spese, confessioni e cibo, le due fate stavano tornando ad Alfea. Nonostante Stella non sapesse, ciò che gli altri avevano architettato in occasione del suo compleanno.
Riven aveva suggerito alla ragazza dai capelli blu di prendere l’autobus 1012 (sì, perché nella Dimensione Magica i bus avevano quattro cifre), poiché vi era una fermata che consentiva di accedere liberamente alla scuola per Specialisti e Maghi.
Musa rimase impressionata, quando vide il veicolo spiccare il volo, affinché potesse raggiungere la piattaforma di atterraggio della scuola. Difatti, il collegio maschile di Fonterossa era probabilmente l’edificio più imponente che lei avesse mai scorto: sospeso nello spazio vuoto, forma triangolare rovesciata, rivestito in metallo nella parte inferiore, dove si trovavano i dormitori, classificati in ordine d’età. Mentre, la parte superiore era ricoperta da una tettoia in rosso mattone, composta da una serie di giardini, ed infine, da una cupola, la quale rappresentava l’arena in cui si svolgevano scontri, spettacoli e, come nel loro caso, feste.
-Musa, perché siamo qui? – domandò la fata del Sole e della Luna, ignara, una volta scese dal veicolo, mentre si accingevano a salire al piano superiore, mediante un ascensore. Stella era bionda, quindi non l’avrebbe mai capito. Inoltre, nello stato d’astinenza in cui era, sarebbe stato impossibile formulare un ragionamento logico.
Eppure, durante il corso della giornata, la Principessa si era riformattata, mascherando l’aspetto orribile di quella stessa mattina, e nessuno avrebbe mai ipotizzato che stesse facendo uso di droghe.
Indossava un tubino aderente verde smeraldo, il quale risaltava le sue forme, arrivava a metà della coscia, e la clavicola era contornata da una pelliccia color rosa pastello, che si abbinava con gli orecchini a forma di cuore.
I lunghi capelli biondi erano sciolti, fatta eccezione per la frangia, che l’aveva raccolta attraverso alcuni fermargli, lasciando intravedere la fronte. Ai polsi portava dei braccialetti delle stesse tonalità del vestito, mentre ai piedi aveva un paio di scarpe col tacco.
Musa aveva la certezza che sarebbe stata la più bella quella sera. Infondo, Stella era la festeggiata.
-Aspettami qui. – le ordinò, uscendo dall’ascensore, ritrovandosi nel giardino di Fonterossa, il luogo concordato per inscenare la sorpresa. Musa si diresse verso la sala ricreativa degli Specialisti, con l’intenzione di depistarla, mentre Stella rimase lì, sul portico, a contemplare la notte illuminata da innumerevoli astri. – Cerco Riven, e poi ce ne andiamo.
La scusa che avevano deciso di utilizzare, consisteva nel dover consegnare allo Specialista gli orari scolastici di Musa, affinché lui potesse organizzarsi con i suoi. Chiaramente, era una bugia, poiché l’orario definitivo non sarebbe stato reso pubblico prima di settembre.
Ma questo Stella non poteva saperlo.
La ragazza dai capelli blu proseguì la camminata a passo deciso, fin quando non si rese conto che la sua mentore non la stava più guardando, infatti si nascose dietro una colonna. Volse lo sguardo verso il cortile e notò con piacere i visi di Winx e Specialisti, appartati a ridosso degli alberi, come stabilito.
Attirò la loro attenzione, e, sollevando un braccio, li sollecitò ad invadere il campo visivo di Stella, in seguito al conto alla rovescia.
3,
2,
1.
-Sorpresa! – esclamarono voci, che la fata del Sole e della Luna conosceva. All’improvviso, sbucarono dal nulla Winx e Specialisti, facendola sobbalzare per lo spavento. Nessuno le aveva mai organizzato una festa a sorpresa, nonostante fosse una principessa. Lei era abituata a celebrazioni in grande, però la rendeva felice pensare che qualcuno ci tenesse così tanto da preparare ciò. Quindi, la prima reazione che ebbe fu quella di shock completo: non si capacitava di quanto stesse accadendo, sbatteva ripetutamente le palpebre per capire se fosse un sogno o meno, e la bocca era spalancata con il fine di sottolineare la sua incredulità. – Buon compleanno!
Dopo aver compreso che non si trattasse di un sogno, Stella avrebbe voluto piangere di gioia. Le sue emozioni erano ancora fuori controllo a causa della polvere di fata, e sarebbe scoppiata lì, se le Winx non fossero corse a stritolarla, in un tipico abbraccio di gruppo tra amiche.
Si sentì a casa, per la prima volta dopo mesi, e il suo corpo si rilassò, godendosi il momento. Tra le loro braccia, Stella abbandonò persino l’idea di continuare a drogarsi. Non aveva bisogno di assumere stupefacenti, se era circondata da così tante persone che le volevano bene. Purtroppo, l’ipotesi fu accantonata negli istanti che seguirono, quando osservò gli Specialisti e vide Brandon.
Il cuore prese a batterle all’impazzata, e il corpo si irrigidì di nuovo, immobilizzandola. Durante il corso della settimana precedente, aveva tentato di immaginare come sarebbe stato il loro primo incontro di seguito alla rottura, e dedusse che non sarebbe stata pronta neanche tra un milione di anni.
La presenza dello Specialista influenzava ancora la vita di Stella, e lei sperò vivamente che non facesse nulla, altrimenti avrebbe pianto sul serio, senza riuscire a contenersi. Infondo, abusando della polvere di fata, aveva rimandato una reazione che il corpo necessitava di sperimentare, per poter andare avanti.
Per fortuna, Brandon rimase accanto ai suoi amici, osservando il caloroso abbraccio tra le Winx, e sforzandosi di sorridere, al fine di mascherare le emozioni contrastanti che stava provando. Lui non voleva nemmeno partecipare alla festa, però era stato convinto dagli altri Specialisti, i quali non sapevano che si fossero lasciati.
Si odiava per averla fatta soffrire, troncando la loro relazione in quel modo, ma restava convinto che le sue motivazioni fossero giuste. Se avesse avuto l’occasione di trovarla da sola, glielo avrebbe spiegato quella sera.
-Grazie ragazze, davvero. – confessò Stella, sciogliendo l’abbraccio e facendo qualche passo a ritroso. Si obbligò a sorridere, poiché non avrebbe permesso a Brandon di rovinarle la serata. Eccetto Musa, nessun altro era a conoscenza che lui l’avesse mollata per telefono, ed era meglio così. Insomma, aveva una reputazione da mantenere! – Siete state geniali ad organizzare il tutto senza che mi accorgessi di nulla. Temevo lo aveste dimenticato.
La fata del Sole e della Luna non poteva immaginare che l’idea fosse nata dalla mente diabolica di Musa. Negli ultimi tre anni, erano state le Winx le sue persone, quindi non riusciva nemmeno a pensare che una ragazza appena conosciuta, fosse capace di sforzarsi tanto per renderla felice.
Flora, che era la più umile del gruppo, intervenne affinché la Principessa di Solaria scoprisse la verità.
-Veramente, il merito è di Musa. – rivelò, indicando la ragazza dai capelli blu, la quale era rimasta in disparte, poiché ancora non si sentiva parte integrante della comitiva. Infatti, si allontanò dal portico, da dove aveva osservato la scena, per dirigersi verso gli altri.
Sorrise timidamente, dato che detestava essere al centro dell’attenzione. Probabilmente, se avessero organizzato un evento del genere in occasione del suo compleanno, si sarebbe chiusa in bagno per tutta la durata della festa. Musa era fatta così: evitava di prendersi il merito, anche quando doveva farlo.
Inoltre, avrebbe voluto schiaffeggiarsi, perché aveva spedito la lista degli inviti prima che la Principessa di Solaria le confidasse di essersi lasciata con Brandon. Mettendola, di conseguenza, in difficoltà.
In cuor suo, forse Stella l’aveva sempre saputo, infatti non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni, poiché improvvisamente tutto divenne chiaro: Musa si era impegnata affinché uscisse dalla sua stanza, e si rendesse presentabile, mentre Winx e Specialisti si occupavano del resto.
Wow, che piano geniale!
Le due non si abbracciarono, perché non era sufficiente un contatto fisico, a sottolineare quanto la fata novella avesse fatto per la sua mentore, durante il corso dell’intera giornata. Musa l’aveva vista in uno dei suoi momenti più oscuri, e Stella non doveva ringraziarla per averle organizzato una festa.
Lei già lo sapeva.
Quindi, si scambiarono una serie di sguardi, dietro ai quali vi si nascondevano parole non dette, ma sentite.
Poi, Riven comparve sulla scena, parlando per la prima volta da quando si trovavano lì.
-Non menzionate il mio contributo, mi raccomando! – sbraitò, fingendosi offeso, e facendosi largo tra la folla, mostrando tutto il suo fascino. Indossava un paio di pantaloni grigio scuro, che mettevano in risalto il colore dei capelli, e una camicia di cotone bordeaux, abbottonata distrattamente, la quale lasciava intravedere il petto dello Specialista. Infine, al collo portava un foulard nero, che rispettava fedelmente il tema del party. Era la prima volta che Musa lo vedeva in borghese, e dovette ammettere a se stessa che non fosse affatto male. Inoltre, sperò di non essere arrossita, poiché aveva ripensato alla situazione imbarazzante, che si era creata tra i due, solo qualche ora prima. – Tanti auguri, Stella.
Negli istanti che seguirono, accadde l’impensabile: Riven abbracciò Stella, e lei ricambiò.
Non era un abbraccio qualsiasi, sembrava confidenziale. Si conoscevano da moltissimo tempo, e il legame che li univa non poteva essere spiegato a parole. Lo Specialista si sentiva in colpa per averla evitata nell’ultimo periodo, quindi desiderò di rimediare alle sue mancanze attraverso quel gesto. D’altra parte, ogni volta che le possenti braccia di Riven avvolgevano il corpicino esile di Stella, lei provava sicurezza.
Quella sera non fu da meno, e fu felice che Musa avesse scelto proprio lui come aiutante. Infondo, era la persona adatta: conosceva lati di lei celati al resto del mondo.
La ragazza dai capelli blu rimase sconcertata di fronte a ciò che stava succedendo. Certo, lo Specialista le aveva rivelato di aver fatto la sua conoscenza tanti anni prima, quindi inizialmente la fata novella aveva pensato che si fosse instaurata un’amicizia profonda tra i due.
E, se in quell’abbraccio si nascondesse qualcosa di più?
Musa non aveva idea del perché stesse elaborando la suddetta teoria. Forse, era dettata dal fatto che, la stessa mattina, Riven ci aveva provato spudoratamente con lei, e adesso stava stringendo in maniera calorosa Stella, e lui non era un tipo espansivo, questo l’aveva capito.
I suoi sentimenti erano un misto di incertezza e fastidio, nonostante non ne comprendesse il motivo. Infondo, avevano trascorso insieme soltanto un paio di settimane: potevano essere considerate sufficienti per provare gelosia nei confronti di qualcuno?
Preferì non darsi una risposta, poiché non le sarebbe piaciuta.
O forse sì.
-Che la festa abbia inizio! – esclamò Riven, interrompendo il momento catartico, pur mantenendo un braccio intorno alle spalle di Stella, mentre utilizzava l’altro per incitare Winx e Specialisti a dirigersi verso l’arena. Gli altri si avviarono, entusiasti all’idea di mangiare, bere e divertirsi, invece Musa aspettò di essere l’ultima, per incamminarsi.
La sua testa era piena di pensieri, ma decise di metterli a tacere, per il momento, e godersi la serata.
 
Durante la festa
Il risultato ottenuto fu strabiliante: ai lati, avevano allestito alcuni tavoli, i quali erano stati suddivisi rispettando le passioni di Stella (trucchi, vestiti e scarpe), per permettere alle persone di consumare un pasto sedute, o semplicemente, per riposarsi tra un ballo e l’altro.  In quel momento, la preside Faragonda sorseggiava una bevanda assieme all’ispettrice Griselda, la quale era affiancata dal professor Palladium. Musa decise di invitare anche gli insegnanti, poiché, sin da subito, aveva compreso quanto non ricoprissero solo quel ruolo nei confronti delle studentesse. Infondo, erano maestri di vita e lei riteneva giusto che partecipassero ad un passo così importante nel percorso della fata del Sole e della Luna.
Il perimetro dell’arena era addobbato da innumerevoli striscioni verdi, il colore preferito della festeggiata. Quando Riven glielo aveva rivelato, la ragazza dai capelli blu rimase parecchio stupita, poiché convinta che fosse il rosa.
Al centro della pista fate e Specialisti ballavano spensierati, seguendo il ritmo della musica, e scattandosi occasionalmente qualche foto. Invece, Musa si trovava vicino al tavolo delle bevande, e teneva in mano un bicchiere di punch al limone. Sembrava essere il drink più alcolico in quella dimensione, perciò dovette accontentarsi.
Nonostante fosse fiera del successo riscontrato, non riusciva a divertirsi. Ad eccezione delle Winx e i loro rispettivi ragazzi, non conosceva nessuno e non era mai stata brava a stringere nuove amicizie. L’esperienza glielo dimostrava. Infatti, le pareva di essere tornata indietro nel tempo, quando Andy la trascinava ai party contro la sua volontà e lei si annoiava terribilmente.
Scrollò le spalle, con l’intenzione di allontanare qualsiasi ricordo che riguardasse quella persona orribile. Adesso stava vivendo la vita alla quale era sempre stata destinata, e sebbene avesse incontrato ostacoli durante la strada, lei ce l’avrebbe fatta a renderla diversa dalla precedente.
-Come mai gli organizzatori di una festa sono coloro che se la godono di meno? – domandò Riven, comparendo dal nulla, facendo sobbalzare la fata novella, la quale era immersa nei suoi pensieri, e versandosi del punch in un bicchiere. Appoggiò la caraffa sul tavolo, afferrando il suo drink, e voltò il capo in direzione di Musa, aspettando una risposta che, tuttavia, lei non aveva. – Insomma, guarda: hai creato tutto questo in meno di 24 ore. Dovresti essere soddisfatta di te stessa.
La ragazza dai capelli blu deglutì, tentando di formulare una frase sensata. Ogni volta che lo vedeva, non poteva fare a meno di pensare a ciò che era accaduto la stessa mattina, e non comprendeva come mai lui fosse così tranquillo. Inoltre, l’immagine dell’abbraccio tra lo Specialista e Stella, perseguitava senza sosta la mente della fata, disturbandola.
-Non avrei potuto farlo senza il tuo aiuto. – ammise, spiazzandolo. Infondo, era vero: se non avesse avuto le conoscenze di Riven, non sarebbe stata in grado di organizzare tale evento. Lui si stava portando il bicchiere alla bocca, ma, in seguito a quell’affermazione, rimase a fissarla, incuriosito. Notò che indossava un top a righe colorate, il quale aveva una sola manica lunga e le lasciava scoperta gran parte della pancia, dei pantaloncini di jeans e un paio di sneakers. Naturalmente, i capelli erano raccolti in due codini. – Grazie mille, a proposito.
Riven annuì, e bevve un sorso del suo drink, trovandolo abbastanza buono. Musa fece lo stesso. Entrambi si scambiarono sguardi complici, dietro ai quali si nascondevano parole che non avevano il coraggio di dire. Lei avrebbe voluto accennare all’episodio divertente di quella mattina, ma non sapeva come introdurre il discorso, per cui rimase in silenzio. Lui avrebbe voluto complimentarsi per il suo abbigliamento, però non aveva idea di come approcciarsi, senza risultare volgare.
-Perché hai abbracciato Stella prima? – chiese Musa, deglutendo e allontanando il bicchiere, e interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato. Distolse lo sguardo, poiché non riusciva a reggere il contatto visivo. Era giunta alla conclusione, che non si sarebbe divertita fin quando non avesse scoperto la verità. Non conosceva le ragioni del suo malessere, e sperò che Riven le desse la risposta che stava cercando. – Mi siete sembrati intimi.
Lo Specialista dovette trattenersi, altrimenti sarebbe scoppiato a ridere e non avrebbe più smesso. Non pensava di essere costretto a spiegare un gesto così naturale. Lui voleva bene a Stella, quindi gli sembrava il miglior modo per dimostrarglielo. Eppure, dal tono di voce utilizzato dalla fata novella, capì che, forse, i suoi fini erano altri.
-Sei gelosa? – la punzecchiò, attirandone l’attenzione, poiché i loro occhi tornarono a incrociarsi. Riven sorrise fiero, dato che comprese di aver toccato un tasto dolente. Infatti, Musa arrossì, per poi squadrarlo e inarcare un sopracciglio. – Stella ed io siamo amici da moltissimo tempo.
Anche se, tale termine non era sufficiente a descrivere il loro rapporto. Il sentimento che li univa era talmente profondo e positivo, che aveva superato gli errori di entrambi. Spesso lui si chiedeva cosa avrebbe fatto, se non avesse avuto al suo fianco una persona come la fata del Sole e della Luna.
Inoltre, confessare alcune delle motivazioni per cui aveva abbracciato Stella, significava riportare alla luce il suo passato, e Riven non era ancora pronto a condividerlo con lei.
-Cosa?! Io? No! – esclamò convinta. Poi prese a giocare con una ciocca dei capelli, e la suddetta azione rendeva evidente che stesse mentendo. Eppure, non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. Sorrise nervosa, cercando di non distogliere nuovamente lo sguardo, nonostante avesse voluto farlo. – Mi sembrava strano, tutto qui.
Stavolta fu Riven a girare il capo. Scrutò i volti di ogni invitato, fin quando non posò gli occhi sulla festeggiata: Stella si trovava al centro della pista, insieme alle Winx, e pareva divertirsi come una pazza.
Appunto, non era vero.
Chiunque, prestando maggiore attenzione, avrebbe notato le risatine eccessive, l’affetto che dimostrava nei confronti di persone che non la conoscevano davvero, e il ballare canzoni che non le piacevano affatto.
-Sta fingendo di divertirsi, anche se non capisco il motivo. – affermò lo Specialista, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Musa si sentì malissimo, poiché necessitava di condividere quel fardello con qualcuno, ma non sapeva se potesse fidarsi o meno di lui. Quindi, si limitò a scrollare le spalle. – Tu ne sai qualcosa?
Per fortuna, il professor Codatorta impedì alla ragazza dai capelli blu di rispondere, perché parlò attraverso il microfono, facendo ammutolire gli ospiti.
-Adesso, è arrivato il momento più speciale della serata. – esordì, stringendo saldamente il microfono, affinché la voce uscisse forte e chiara. Gli invitati interruppero le loro azioni, per scoprire di cosa stesse parlando l’insegnante. Infatti, nonostante l’uomo fosse bravissimo nelle arti marziali, si sentì a disagio, quando vide tutti quegli occhi puntati addosso. Anche se, proseguì lo stesso. – Musa canterà una canzone in occasione del compleanno di Stella!
Tutti spostarono lo sguardo sulla fata novella, incluso Riven, sebbene lui sapesse. Ora che era stata chiamata in causa, non poteva più tirarsi indietro.
La principessa di Solaria sorrideva curiosa, poiché non vedeva l’ora di ascoltarla. Non aveva dubbi che fosse bravissima, dato che, quando si esercitava sotto la doccia, la udiva sin dalla sua stanza, dall’altro lato del corridoio. Eppure, nessuno aveva mai cantato per lei.
Per cui, si sentì onorata.
-Augurami buona fortuna. – disse in tono di sfida a Riven, lasciandogli il suo drink. Si avviò verso il palco improvvisato, senza aspettare una risposta. Ma dovette fermarsi, poiché lui parlò, complicando ulteriormente la situazione tra di loro.
-Non ne hai bisogno. – il cuore di Musa perse un battito, però proseguì la sua camminata, nonostante tale affermazione l’avesse confusa. Lo Specialista non l’aveva mai sentita cantare, ma percepiva che sarebbe stata all’altezza e avrebbe stupito tutti quanti. Inoltre, una piccola parte di lui moriva dalla voglia di ascoltarla, sin da quando le era balenata in testa l’idea.
La fata novella giunse sul palco per esibirsi davanti a molte persone per la prima volta in vita sua, e, avrebbe scoperto tempo dopo, che non sarebbe stata l’ultima.
 
Musa si avvicinò al microfono a gelato, il quale era appoggiato su un’asta apposita, e lo strinse con entrambe le mani. Provò sicurezza, poiché si era sempre esercitata con quella tipologia. Inoltre, come già affermato in precedenza, nonostante lei detestasse essere al centro dell’attenzione, la situazione si ribaltava completamente, quando si trattava di cantare.
Fece un respiro profondo, da cui trarre coraggio, e schioccò le dita, affinché partisse la base.
-Buon compleanno, Stella! – esclamò entusiasta, mentre tentava di focalizzarsi sulla nota d’attacco. Da sempre, la reputava la parte più complessa, poiché l’inizio avrebbe determinato l’esito finale, che, purtroppo, o per fortuna, era fornito dal pubblico. Inoltre, l’ansia crebbe, nel momento in cui si rese conto, di esibirsi per la prima volta da sola. Non ci sarebbe stata alcuna band di supporto alle sue spalle, bensì lei e un microfono. – Ti auguro di pretendere un giorno in più.
La fata novella aveva le luci del palcoscenico puntate in faccia, quindi non poté scorgere la reazione della sua mentore, ma sperò vivamente che avesse recepito il messaggio. Musa non avrebbe permesso che lei si arrendesse per nessuna ragione al mondo.
 
Creo que el deseo más grande que tengo es volar.
La mente me ayudaria a acercarme a ti (a ti)
 
La ragazza dai capelli blu aveva scritto suddetta canzone, in seguito al sogno della settimana precedente. Era sempre stata una sua particolarità, ovvero quella di buttare giù dei testi in base alle emozioni che stava provando.
Musa alzò gli occhi al cielo, sperando, attraverso tali parole, di avvicinarsi alla misteriosa donna, la quale aveva affermato di essere sua madre.
Ahora mirame fijo a los ojos,
Siente el latido del corazón
Te aseguro que lo haré
Volando yo lo sé
¡Que voy a estar junto a ti!
 
Allontanò una mano dal microfono per indicarsi gli occhi, per poi portarla sul cuore. Le luci diminuirono l’intensità, permettendole di vedere il pubblico. Infatti, rimase colpita nel notare quanta gente fosse lì ad ascoltarla. Anche se, ormai l’ansia era sparita. Poiché poteva guardare le persone che aveva di fronte, Musa indicò Stella, la quale sorrise contenta.
 Regalame otro dia más
Porque quiero verte aquí
 
Abrazarte y sonreir.

Per scegliere il titolo della canzone, si era ispirata a quello che la Regina le aveva detto, cioè che avrebbero avuto un giorno in più. Lei aveva plasmato a sua immagine e somiglianza il discorso, trasformandolo in una supplica, senza conoscerne il motivo. Infondo, Musa era cresciuta con suo nonno, che le aveva trasmesso più amore di qualsiasi genitore fittizio. Quindi, la fata non capiva perché volesse abbracciare e sorridere insieme ad una persona che non aveva mai incontrato.
Regalame otro dia más,
porque tienes que saber
que anoche te soñé.
 
Afferrò il microfono, per poi staccarlo dall’asta e iniziare a camminare sulla scena. Non riusciva mai a stare ferma, quando si esibiva. Riven, il quale non si trovava molto distante dal palcoscenico, rimase estasiato nell’ascoltare la voce di Musa. Immaginava che fosse brava, ma, non appena attaccò col ritornello, un sorriso beato gli comparve sul viso.
Las cosas dificeles se van a arreglar
Y de ahora en más
Aunque estemos distantes
Sé que estaras cerca de mi.
 
Questa strofa era dedicata in parte a Stella, poiché, inconsciamente, aveva indovinato che qualcosa non andasse, ancor prima che lei si confidasse. Infatti, voltò il capo nella sua direzione.
Invece, la seconda parte si riferiva al nonno. Lui era una presenza costante, sebbene si trovasse in un altro universo al momento. Per sottolineare quanto ne sentisse la mancanza, allungò una mano verso il cielo, e la strinse a pugno. Come se, mediante quel gesto, potesse annullare le barriere che li separavano.
Es como si estueviese a tu lado
Siento mi corazon explotar
No hay manera de borrar
Tu sonrisa va a quedar
Dibujada en mi
 
Interruppe la camminata, poiché le note da raggiungere nel suddetto pezzo erano davvero alte, e Musa necessitava fermarsi, affinché eseguisse correttamente la respirazione col diaframma. Spalancò il braccio con il quale non reggeva il microfono, e, in seguito, portò una mano al petto, la quale evidenziava che il suo cuore stesse esplodendo. Tutti dovettero concordare con Riven, nell’aver avuto i brividi in quel momento. Lo Specialista non si impressionava facilmente, ma la voce della fata novella gli faceva venire la pelle d’oca, e sarebbe rimasto ad ascoltarla per ore, incantato.
Regalame otro dia más
Porque quiero verte aquí
Abrazarte y sonreir.
Regalame
otro dia más,
porque tienes que saber
 
Intonò il secondo ritornello con più enfasi, poiché l’attiva partecipazione del pubblico le trasmetteva sicurezza. Difatti, molte persone saltavano, urlavano, e cantavano con lei. Questo la rese immensamente felice, e avrebbe voluto piangere di gioia, però prima doveva concludere la canzone.
Voy a ayudarte a borrar
Todas las dudas que tengas
La unica cosa que importa eres tu
Estas en mi vida y ya
Sé que no terminará…
 
Musa si fermò all’estremità del palco, così da poter osservare gli invitati, e, inaspettatamente, nel pronunciare le prime due frasi della strofa, guardò dritto negli occhi Riven, il quale era stato lì tutto il tempo. Forse lo fece perché, in cuor suo, avrebbe voluto rivelargli quello che stava combinando Stella, e quindi, cancellare qualsiasi dubbio.
Successivamente, indicò di nuovo la fata del Sole e della Luna, poiché sentiva che sarebbe diventata una delle persone più importanti nella sua vita, e non l’avrebbe lasciata andare.
Regalame otro dia más
Porque quiero verte aquí
Abrazarte y sonreir.
Regalame
otro dia más,
porque tienes que saber
 
Tornò alla postazione iniziale, e rimise il microfono nell’asta. Le luci si alzarono, nascondendo il pubblico, e Musa guardò un punto fisso davanti a sé.
Que anoche te soñé.
 
Il pubblico applaudì per cinque minuti, e la ragazza dai capelli blu sorrise fiera, perché ce l’aveva fatta. Era stata in grado di esibirsi da sola, di fronte una folla di persone quasi sconosciute. Un paio di settimane prima non l’avrebbe mai immaginato, poiché riteneva che il suo sogno fosse stato archiviato dopo l’occasione persa, ma, in realtà, non sapeva, che era appena cominciato.
 
Vialetto di Fonterossa
Nel frattempo, Aisha aveva appena lasciato l’arena, per dirigersi verso la fermata dell’autobus, che l’avrebbe riportata ad Alfea. Non sopportava più di vedere Bloom e Sky scambiarsi effusioni dappertutto, poiché il comportamento della fata la faceva soffrire ed era stufa di sentirsi così. Eppure, nonostante la principessa di Andros si mostrasse forte agli occhi altrui, non era coraggiosa.
L’amore che provava nei confronti di Bloom l’aveva consumata a tal punto, da renderla impassibile ad eventi che avrebbe potuto cambiare, se solo l’avesse voluto. Quindi preferiva scappare, piuttosto che lottare per ciò in cui credeva.
-Perché stai andando via? – domandò una voce familiare, arrestando il suo passo svelto. Era Bloom, chiaramente. La loro relazione poteva essere definita come un tira e molla continuo: quando Aisha le dimostrava di essere presente, la principessa di Domino fuggiva, e viceversa. Un antico proverbio diceva che l’amore non è bello se non è litigarello, ma era davvero questo ciò che univa le due ragazze? La fata dei fluidi ebbe una sensazione di dejà vu, che le ricordò la loro prima volta. Anche se, quella sera, aveva la certezza, che non sarebbe terminata nello stesso modo. – Vuoi fare sesso? Perché io sono pronta. 
Tale affermazione confermò le sue ipotesi, e fece crescere in lei una rabbia, che sarebbe scoppiata negli istanti che seguirono. In quel momento, realizzò che, andandosene senza proferire parola, gliel’avrebbe data vinta.
Inoltre, Bloom non si era preoccupata minimante di abbassare la voce, quando le aveva rivolto quella domanda, e il suddetto gesto enfatizzava il fatto che non le importasse davvero di lei. Per la fata della Fiamma del Drago era stato semplice accettare la sua sessualità, mentre Aisha ci stava ancora lavorando. Ogni tanto si chiedeva, come avrebbero reagito i suoi genitori, all’idea che non si sarebbe mai sposata, o che non avrebbe avuto dei figli. Probabilmente, se si fosse confidata con loro, avrebbe causato una sofferenza immensa, infatti preferì evitare.
Ma, non poteva permettere che la principessa di Domino le calpestasse i sentimenti senza battere ciglio.
-Dio, Bloom! Io sono una persona! Ho dei sentimenti! – sbraitò, voltandosi, e adoperando un tono di voce talmente adirato, che la rossa dovette indietreggiare di qualche passo, temendo che potesse assalirla. Forse, all’epoca ne sarebbe stata in grado. I sentimenti negativi, che avevano oppresso il petto di Aisha fino a quel momento, stavano uscendo allo scoperto. Infatti, iniziava a sentirsi meglio. – Non sono il tuo giocattolo personale.
Per un istante, Bloom rimase interdetta. Colei che aveva sempre la risposta pronta, non sapeva cosa dire. Forse, in cuor suo, ci teneva davvero, ma non era mai stata capace di dimostrarglielo.
Quindi, si avvicinò e le cinse i fianchi, sorridendo maliziosa. Rimase sorpresa, nel vedere che Aisha non l’avesse respinta subito.
-Capisco. Sei arrabbiata con me perché non hai raggiunto l’orgasmo stamattina? – chiese, fingendosi ingenua. La fata dei fluidi avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, ma non lo fece. Oh no, non se l’era presa per quello. Aisha detestava il fatto di dover essere sempre una seconda scelta, quando per lei Bloom era la prima. – Posso rimediare.
La principessa di Domino tentò di intrufolarsi nella sua intimità, infilando una mano al di sotto della gonna verde pisello che indossava, però Aisha interruppe l’azione sul nascere. Le afferrò il polso, e la spinse via violentemente.
Non era mai stata una persona manesca, ma l’incoerenza della fata la stava facendo impazzire.
-Lasciami in pace! – esclamò, non curandosi che qualcuno potesse ascoltarle e comprendere la situazione. Adesso, era soltanto stufa. Per la prima volta, da quando la conosceva, Bloom temette ciò che la ragazza era in procinto di dire. Gli occhi socchiusi, le sopracciglia aggrottate, e la bocca ridotta a una semplice linea, non preannunciavano nulla di buono. – Ho chiuso con questa storia, fin quando non capirai cosa vuoi, perché io già lo so.  
Detto ciò, Aisha alzò i tacchi e si incamminò verso la fermata dell’autobus, lasciando la fata sconvolta, che, inaspettatamente, si ritrovò il viso rigato dalle lacrime.
Alla festa
Il party stava giungendo al termine, poiché Stella aveva appena finito di scartare i regali, i quali erano stati molti, ma il suo preferito sarebbe rimasto indubbiamente la canzone di Musa. Non aveva ancora avuto modo di complimentarsi con lei, e non vedeva l’ora, dato che non conobbe mai nessun altro che cantasse così bene. Eppure, la fata novella sembrava essersi dissolta nel nulla.
Comunque, la principessa di Solaria rimirava un ciondolo a forma di rosa, donatole da Helia e Flora, quando Brandon fece la sua comparsa. 
Lo Specialista aveva atteso l’intera serata, poiché l’ex ragazza era sempre circondata da altre persone, per interagire con lei. Sentiva di doverglielo, altrimenti l’avrebbe catalogato come idiota per il resto della sua esistenza, e non lo desiderava affatto.
-Stella, possiamo parlare un minuto? – domandò cauto, siccome non l’aveva notato e preferiva non spaventarla. La fata del Sole e della Luna distolse l’attenzione dal regalo, e posò lentamente gli occhi su Brandon. Era esattamente identico al ragazzo delle sue visioni, ma, in qualche modo, lui risultava più reale.
Durante tutto il corso della settimana precedente, aveva fantasticato su un ipotetico confronto, in cui lo Specialista l’avrebbe implorata di tornare insieme, perché si era reso conto di aver commesso un errore. Eppure, ora che stavano vivendo il momento, Stella realizzò di non avere niente da dirgli.
Infondo, se l’avesse amata davvero, non avrebbe aspettato così tanto prima di farsi vivo.
-No, Brandon. Non voglio parlare con te. – ammise, adoperando il tono di voce più distaccato che possedeva. Lui rimase sorpreso, nell’udire tale risposta. Tuttavia, la conosceva bene, e riusciva a distinguere quando stesse scherzando o meno. Purtroppo, si trattava del secondo caso. Il ragazzo dai capelli castani non riteneva di avere ragione, però voleva che Stella lo ascoltasse. – Perché tu mi hai lasciata, per telefono, e io pensavo di essere sbagliata, invece sei tu ad esserlo.
Per troppo tempo, forse per tutta la vita, Stella si era sentita inferiore rispetto agli altri. Ostentare la sua bellezza era un mezzo per dimostrare di essere all’altezza. Probabilmente, tale comportamento fu scaturito dall’assenza quasi totale di una madre, dato che i genitori avevano divorziato quando lei era molto piccola.
In ogni caso, si ripromise che non sarebbe accaduto mai più. La fata del Sole e della Luna non aveva bisogno di un ragazzo per essere forte, e ne avrebbe dato prova a tutti quanti.
Soprattutto, a Brandon.
-Per favore, ascoltami. – la supplicò, provando a scalfire la corazza di ghiaccio che si era creata. Eppure, Stella non sembrava intenzionata a cedere. Si poteva intuire dallo sguardo annoiato che rivolgeva nei suoi confronti. Inoltre, ad un certo punto, si guardò intorno, disinteressandosi completamente di ciò che le stava dicendo, e sbadigliò. – Vorrei spiegarti il motivo per il quale ti ho lasciata.
La principessa di Solaria non necessitò ulteriori spiegazioni, poiché corrispondeva ad affondare il coltello in una ferita aperta, e scelse di evitare. Infatti, liquidò il discorso con un gesto della mano.
-Brandon, non mi interessa. – insistette, facendo una smorfia con la bocca. Lo Specialista provò a giocarsi l’ultima carta, ovvero lo sguardo da cane bastonato, poiché in passato aveva funzionato svariate volte. Tuttavia, se un tempo Stella si era lasciata convincere, adesso non sarebbe più successo. Difatti, afferrò la sua borsetta, e si preparò a sorpassarlo con nonchalance. – Ora, scusami, ma ho bisogno di farmi.
La fata del Sole e della Luna si avviò in direzione del giardino, per appartarsi dietro ad un albero e drogarsi in pace, separandosi da un Brandon incredulo, il quale purtroppo si sentiva impotente, poiché l’aveva persa.
Le persone non ci deludono,
siamo noi a sopravvalutarle.
Loro sono quello che sono sempre state,
eravamo noi che avevamo bisogno di vederle migliori.
 
Cortile di Fonterossa
In realtà, Musa non si era dissolta nel nulla. Aveva abbandonato la festa al termine dell’esibizione, per riflettere su quanto accaduto nel corso della giornata, e piangere, senza che nessuno la vedesse.
Lei non si considerava emotiva e debole, però forse era stata sopraffatta dagli eventi dell’ultima settimana: il sogno, lo strano comportamento di Riven, il segreto di Stella e il fatto di aver cantato in pubblico per la prima volta.
Quindi, l’unica via d’uscita che il corpo doveva aver trovato, poteva essere espressa mediante le lacrime, che ne rigavano il candido viso. 
Eppure, nonostante stesse esternando le sue emozioni più intime, non riusciva a sentirsi meglio. Provava ancora un forte dolore al petto, e detestava di non conoscerne la ragione. Aveva bisogno di urlare, ma chi l’avrebbe ascoltata?
-Eccoti qui. Ti stanno cercando tutti! – esordì una voce maschile alle sue spalle. Sebbene lo conoscesse da poco, avrebbe distinto il tono tagliente di Riven ovunque. Lo Specialista aveva notato l’allontanamento precoce della fata novella, e, in quanto suo guerriero, ebbe il dovere di andare a vedere dove si fosse cacciata. Percepì sollievo, quando la vide lì, adagiata al tronco di un albero, viva. Lei si irrigidì di colpo, non appena udì quell’esclamazione. Oltre a sentirsi fragile, ciò che Musa non tollerava, era mostrarsi così davanti agli altri. Non voleva che qualcuno la guardasse con compassione, o pietà. Dato che la ragazza dai capelli blu sembrava non rispondere, Riven insistette. – La canzone era bellissima. Certo, hai stonato un paio di volte…
Lui non lo pensava davvero. Infatti, non avrebbe mai dimenticato la sensazione di beatitudine che il canto di Musa era stato in grado di trasmettergli. Tuttavia, doveva provocare una reazione in lei, perché aveva compreso che non stesse affatto bene.
Tale affermazione ruppe la bolla di sapone in cui si era rinchiusa, e la fece uscire di testa, poiché l’unica attività che l’aveva sempre contraddistinta, era proprio il canto e nessuno doveva provare a giudicarla. Soprattutto uno Specialista, il quale non ne sapeva nulla.
-Come ti permetti?! – gridò, voltandosi e osservandolo per la prima volta, da quando era arrivato. La fata novella tentò di nascondere il fatto che avesse pianto, tirando su col naso e sistemandosi il mascara colato, ma inutilmente. Aggrottò le sopracciglia, e Riven capì che non avesse inteso la battuta, poiché intravide le vene fuoriuscire dal suo collo. – Sai perché ho scritto questa canzone?
No, lui non poteva saperlo.
Per tutta la settimana, avevano giocato agli amiconi, dimenticandosi che erano poco più che conoscenti, i quali si erano ritrovati a trascorrere del tempo insieme, poiché costretti da terze parti. Forse, in circostanze diverse, non si sarebbero mai parlati.
Comunque, lo Specialista scosse la testa, in silenzio. Se si fosse accorto prima dello stato emotivo instabile in cui era, non avrebbe osato proferire parola. Purtroppo, comprendere le ragazze gli risultava ancora un mistero.
-L’ho scritta in seguito ad un sogno, in cui c’era una donna la quale affermava di essere mia madre, quando io so per certo che è morta! – la voce si spezzò in un pianto, che Musa non riuscì a trattenere e si odiò per questo. Non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno con Stella o la preside Faragonda, dal momento in cui era avvenuto. Sebbene non avesse stabilito se poteva fidarsi di lui o meno, il bisogno di dirlo ad alta voce era insopportabile. Riven rimase spiazzato da tale reazione, e desiderò abbracciarla, rassicurandola che si sarebbe risolto tutto per il meglio, però si trattenne. Inoltre, pensava che non si trattasse di una coincidenza il fatto che anche Musa stesse avendo dei flashback, di cui non ricordava la provenienza. – Quindi, perdonami se non rido.
La ragazza dai capelli blu smise di piangere, e fece ciò in cui era una campionessa: alzare i muri. Tuttavia, non sapeva che avrebbe riscontrato un valido avversario in Riven.
Entrambi si misero sulla difensiva, e questo atteggiamento sarebbe sempre stato uno dei principali problemi alla base della loro relazione. Necessitavano di confidarsi, ma, per qualche assurda ragione, non farlo risultava più semplice.
-Scusa, pensavo di conoscerti abbastanza da poter scherzare con te. – confessò, sincero. Tuttavia, Musa lo percepì come un affronto e provò risentimento. Lei sosteneva che nessuno la conoscesse sul serio, tranne suo nonno. Di conseguenza, non poteva accettare che lo Specialista la canzonasse su una tematica così importante e delicata.
-Questo è il problema: tu non mi conosci affatto. – la fata novella non voleva risultare cattiva, ma il tono utilizzato esprimeva il contrario. In parte, tale affermazione risultava vera, poiché Riven l’aveva incontrata da bambina, in una situazione non proprio favorevole, e molte cose erano cambiate da allora. Inoltre, la ragazza dai capelli blu non sarebbe stata lì a Magix, se lo Specialista non l’avesse aiutata a scappare anni prima. Dovevano giungere ad un compromesso, però non sarebbe stato facile. – Per cui, ti prego, d’ora in poi, comportati solo come una guardia del corpo, così non ci saranno ulteriori fraintendimenti.
Successivamente, si allontanò, poiché non avrebbe sopportato un’altra risposta pungente, per tornare alla festa e fingere di divertirsi. Riven non rimase dispiaciuto dalla suddetta comunicazione. Infondo, ne aveva sentite di peggio. Però, avrebbe fatto in modo che a pentirsi fosse lei.
 
Musa stava rientrando nell’arena, quando scorse tra gli alberi un’esile figura dalla chioma dorata, seduta ai piedi di un tronco, mentre stringeva tra le mani una scatolina a lei familiare.
Stella.
L’audacia mostrata nei confronti di Brandon, qualche istante prima, sembrava essere scomparsa. Infatti, la fata novella trovò la sua mentore in lacrime, che fissava il contenuto del recipiente con aria assorta.
Lei sapeva perfettamente cosa contenesse, e sperò che l’amica non ne avesse già abusato, altrimenti riportarla alla realtà, sarebbe stato uno spettacolo terribile.  
Nonostante Musa avesse appena discusso con Riven, doveva essere forte per entrambe, così fece un respiro profondo, si asciugò il residuo delle sue lacrime, e si avvicinò cauta alla fata del Sole e della Luna.
-Stella, cos’è successo? – chiese, per attirarne l’attenzione, dato che non l’aveva vista arrivare. Musa era consapevole che non ci fosse domanda più sbagliata, poiché glielo si leggeva in faccia, ma scelse di evitare un contatto fisico immediato, temendo la reazione adirata della stessa mattina. Le emozioni della principessa di Solaria erano ancora troppo volubili, per poterle prevedere. Difatti, rimase semplicemente lì, a contemplare un punto fisso. L’astinenza cominciava a colpire. – Dimmi che non hai usato ciò che penso.
No, Stella non si era ancora drogata. 
Aveva avuto con sé la scatolina contenente la polvere di fata per tutto il giorno, ma non ne aveva sentito il bisogno fino alla conversazione scambiata con Brandon. In un primo momento, aveva persino pensato che, rivolgergli tali parole, l’avrebbe fatta stare meglio, ma stava scoprendo a sue spese, quanto quell’ipotesi fosse sbagliata.
Lei provava una sensazione di vuoto all’interno del petto, che, prima o poi l’avrebbe inghiottita e cancellata per sempre. Aveva udito ciò che la ragazza dai capelli blu le aveva domandato, però anche parlare risultava arduo.
-Io sono sola, Musa. – evase la domanda, ammettendo ciò che per Stella rappresentava l’ovvietà. Tutti gli uomini della sua vita l’avevano abbandonata,  e non si poteva più tornare indietro. La fata novella, nell’ascoltare quelle parole, provò il desiderio viscerale di stringerla tra le braccia e rassicurarla, dicendole che ci sarebbe sempre stata lì, per lei. – Ho perso mio padre, il mio pianeta, Brandon. Hai la vaga idea di quanto abbia voglia di farmi in questo momento?
Certo, Musa non riusciva ad immaginarlo. Sebbene il suo passato fosse travagliato, per ciò che ne sapeva, non poteva competere con il presente di Stella. Spesso, tra la gente, la ragazza dai capelli blu si era sentita sola, ma accadeva perché non erano le persone giuste.
Quindi rimase in silenzio, poiché non aveva nulla da dire che potesse farla stare bene. Infondo, l’amicizia si basa su questo: insieme nel bene e nel male.
-Ho bisogno di un momento per dimenticare tutto. – proseguì supplichevole, dato che non riscontrava repliche dall’altra interlocutrice. Le sembrava l’unica soluzione plausibile, sebbene non comprendesse come mai non si fosse drogata prima dell’arrivo di Musa. Forse, era spaventata da ciò che l’aspettava dopo: le visioni, lo stordimento, la ripresa della conoscenza. Però, più di tutti, temeva i problemi, che non se ne sarebbero andati davvero. – Per favore, lasciami in pace. Non posso farlo se sei qui.
Musa si mise in ginocchio di fronte a lei, e le strinse calorosamente le mani. Finalmente, la fata del Sole e della Luna la guardò. Adesso era giunto il momento di parlare, e non avrebbe adoperato uno dei consigli contorti del nonno, bensì qualcosa che sentiva nel cuore.
-No, non lo farò. Io non ti lascio. – affermò convinta, fissandola dritta negli occhi. Tale azione, sottolineava quanto Musa tenesse alla ripresa della sua mentore. Nonostante si conoscessero da poco, c’era stata subito una connessione tra le due, che, col tempo, si sarebbe trasformata in un legame indissolubile. Tutto iniziava da qui, dalle seguenti parole pronunciate dalla fata novella. – Ora, tu hai bisogno di una persona a cui aggrapparti. Io sarò quella persona. Sarò la tua persona.  
Poi, Stella scoppiò in un pianto disperato, dovuto all’emozione e alla tristezza, e Musa l’abbracciò di conseguenza, sforzandosi di non commuoversi, sebbene fosse difficile. Tra le braccia della ragazza dai capelli blu, la fata del Sole e della Luna ebbe la certezza, che non si sarebbe mai più sentita sola.
Mai più.
Invece, succede a volte,
che una persona entra a far parte della tua vita,
e la stravolge completamente.
Ti spinge oltre i limiti,
 e ti fa notare cose,
 che prima non avresti mai immaginato.
Non possono essere definite “amiche”,
perché sono persone.
https://www.youtube.com/watch?v=AmV5ZiISOH0

 
Alfea, qualche ora dopo
Musa rientrò nella sua stanza a tarda notte, una volta che il party terminò definitivamente. Dopo essersi assicurata che Stella si addormentasse senza assumere stupefacenti, si diresse verso la Meringa, esausta.
Sì, avrebbe continuato a chiamarla così, nonostante non assomigliasse più ad una caramella.
Richiuse la porta alle spalle, e non vedeva l’ora di sdraiarsi sul letto e cadere tra le braccia di Morfeo. Tutto ciò sarebbe avvenuto nel giro di pochi minuti, se non le fosse caduto l’occhio su alcuni scatoloni inviatile dal nonno, che non aveva ancora aperto.
Tale decisione era dovuta dal fatto che temeva di scoprire qualcosa in più sul suo passato, il quale poteva rivelarsi peggiore di quanto immaginasse, e che non era preparata a conoscere.
Eppure, quella sera si sentiva ispirata, poiché, se la principessa di Solaria era stata in grado di rinunciare alla polvere di fata, lei doveva capire cosa ci fosse all’interno degli scatoloni.
Ne afferrò uno a caso, sul quale vi era scritto Melody, e si sedette sul letto.
Dentro, vi trovò gli oggetti più disparati: un vestitino da principessa, che doveva aver indossato in un’altra vita, degli spartiti, e un libro.
La copertina antica, sulla quale c’era il disegno di una chiave di violino, attirò la sua attenzione e decise di concedersi una sbirciatina. Sfogliando le pagine, notò con piacere che si trattava di incantesimi, e la calligrafia lineare corrispondeva a quella del nonno, quindi un sorrisone spuntò sul viso della ragazza dai capelli blu. Le mancava il vecchietto dalle frasi contorte, le mancava come l’aria.
Chissà, forse proprio nel passato che non ricordava, i suddetti oggetti appartenevano a lei, per tale motivo il nonno glieli aveva inviati. In realtà, la ragione non era importante, poiché la fecero sentire meno nostalgica di quanto già non fosse.
Tuttavia, mentre rimetteva a posto il libro, cadde un foglio ingiallito, che evidentemente non apparteneva al volume, e leggerne il contenuto, la sconvolse completamente.
Si trattava di una profezia, e Musa iniziò a sudare freddo, quando comprese che, forse, il suo destino era stato già scritto.
 
Andros, nello stesso momento
Il covo subacqueo dello stregone cominciava a non essere abbastanza per la sua grandezza, ma, prima di spostarsi, doveva tastare il terreno. Infatti, durante la visita alle prigioni di Andros, aveva mandato le Trix in spedizione.
Le tre streghe si erano intrufolate alla festa di Stella, sotto mentite spoglie, per osservare il nemico e carpirne le debolezze. Fu arduo assecondare i folli piani di Valtor, e non utilizzare i poteri contro le Winx, ma lo fecero comunque, poiché si fidavano di lui.
Infatti, sebbene all’inizio si annoiassero a morte, dato che dovevano fingersi fate, la situazione migliorò quando le coppiette presero a discutere tra di loro. Icy aveva assistito alla sfuriata di Aisha nei confronti di Bloom, ed era rimasta piacevolmente sorpresa, nello scoprire che quelle due avessero una storia. Non l’avrebbe mai immaginato.
Invece, Stormy aveva origliato la discussione tra Stella e Brandon, e rideva ancora al pensiero che una bambolina come la fata del Sole e della Luna potesse drogarsi. Infine, Darcy aveva scelto di spiare Riven, per via dei loro trascorsi irrisolti, e, di conseguenza, sapeva ciò che Musa gli aveva detto.
-Le abbiamo osservate, e ognuno di loro ha una debolezza. – prese la parola Darcy, poiché nemmeno le sue sorelle sembravano aver capito il piano dello stregone. Le Trix si trovavano in piedi di fronte al trono di pietra, sul quale era seduto Valtor. Lui sperava che si trasformasse in oro, un giorno. – Ma, qual è la debolezza di Musa?
Lo stregone ridacchiò divertito, come se gli avessero raccontato una barzelletta. L’ilarità fu provocata dal fatto che, non comprendeva come le Trix non vedessero la risposta, la quale era davanti ai loro occhi.
Valtor si alzò e iniziò a passeggiare nel nascondiglio, unendo le mani dietro la schiena, fino a fermarsi vicino allo specchio, che gli consentiva di avere una visione sul mondo esterno.
-Non capite? Lei considera Winx e Specialisti le sue persone. – disse, facendo comparire immagini della festa, che ritraevano il momento della sorpresa, l’esibizione di Musa, le diverse discussioni. Le tre streghe strizzarono gli occhi, ancora non comprendendo dove volesse andare a parare, ma desiderose di scoprirlo. – Ognuno di loro rappresenta una debolezza per Musa.
Le persone mentono,ingannano, feriscono.
Ma a loro sta bene così,
poiché non hanno una coscienza.
Eppure, questo non le rende meno persone di altre.
Alla fine della giornata,
ciò che ci rende degni di definirci tali,
è come vediamo noi stessi.
Io ero la principessa di Solaria,
ho perso mio padre e l’amore della mia vita.
Però sono una persona,
e questo mi basta.
 


Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP!
E' passato troppo tempo dall'ultima volta, e mi dispiace moltissimo di ciò, ma, come avrete notato dalla lunghezza del capitolo, non è stato semplice finirlo. Comunque, prima della fine dell'anno, volevo assolutamente pubblicarlo, quindi eccolo!
Stavolta la dedica non c'è, però le persone coinvolte sanno che penso sempre a loro mentre scrivo. :3
Vi auguro di passare un felice anno nuovo (non odiatemi troppo per quello che è accaduto), e di trovare delle "persone" che vi fanno sentire degni di definirvi tali.
Un abbraccio,
-Ludos98
Ps. L'accenno di caratterizzazione al personaggio di Bloom è dovuto al fatto, che ho scritto quella scena la sera di Natale, e insomma siamo tutti più buoni!
Pps. Lo so che adesso siete tutti "LUDO, ESCI LA PROFEZIA!", ma c'era già un sacco di carne al fuoco e preferisco inserirla nel capitolo 4. #sorrynotsorry



 
       

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Capitolo 4
*** The Prophecy of the Phoenix ***


Chapter 4: The Prophecy of the Phoenix
Passato, presente e futuro.
Sono sufficienti a determinare lo scorrere inesorabile del tempo?
Io dico di no.
Come affermava il filosofo Agostino,
il passato è già avvenuto,
il presente si trasforma subito in passato
e il futuro deve ancora arrivare.
Quindi, cos’è che definisce una persona?
Melody, molti anni prima
Tanto tempo fa, quando la Dimensione Magica non era ancora stata spezzata dalla Guerra Oscura, nel pianeta di Melody regnava la pace.
Si trovava nell’orbita più lontana dell’Universo Magico, il cui centro era rappresentato dal regno di Solaria, e sorgeva sulle sponde di un fiume, chiamato Armonia. Difatti, era ciò che si percepiva in ogni angolo del reame: gli abitanti sembravano allegri, spensierati, rilassati, e non litigavano mai tra di loro.
Questo avveniva, poiché Melody racchiudeva il potere della musica.
Gli altri pianeti lo deridevano spesso, considerandolo inutile, rispetto a Domino, il quale possedeva la magia del fuoco, o Zenith, il regno tecnologico, che aveva permesso la modernizzazione della specie. Eppure, soltanto gli ingenui avrebbero potuto sottovalutarlo.
La musica era la lingua universale del mondo, in grado di unire o separare le persone, a seconda delle circostanze. Per fortuna, gli umani lo avevano capito. Infatti, sulla Terra, la musica accompagnava i mortali nei loro momenti migliori, come in quelli peggiori, trasformandosi in una perfetta confidente, capace di offrire ottimi consigli, attraverso un semplice testo.
Inoltre, all’epoca, il pianeta di Melody stava attraversando un periodo di fioritura, perché il nonno di Musa governava, e la storia magica lo avrebbe sempre ricordato come un sovrano severo ma giusto.
All’ombra di un acero giapponese dalle foglie rosse, dato che l’autunno era alle porte, e sotto al quale sarebbe stata sepolta molti anni dopo, sedeva composta la principessa Wa-nin.
Lunghi capelli blu marino le ricadevo sciolti sulle spalle, sebbene alcune ciocche fossero appuntate con dei fermagli, i quali tenevano ferma la coroncina di fiori che indossava. Aveva una pelle candida, tendente al rosa, che la faceva sembrare delicata, quindi nessuno avrebbe potuto prevedere per quale ragione si trovasse lì.
-Indovina chi sono?! – domandò una voce maschile, arrivando alle sue spalle, sorprendendola, e poggiandole le mani sugli occhi. Wa-nin l’avrebbe riconosciuto tra mille, di conseguenza gli afferrò delicatamente i polsi, allontanandoli dal suo viso, sorrise, si voltò e gli stampò un bacio sulle labbra.
Lei gli cinse il collo con le braccia, lasciandosi trasportare dall’eccitazione che quello scambio di effusioni le stava provocando, diventando sempre più acceso, mentre lui le accarezzava la schiena nuda.
Le loro lingue si incontrarono, iniziando a danzare insieme, in perfetta sintonia, e lasciando intendere che i due bramavano di poter passare alla fase successiva. Purtroppo, ciò non poteva accadere, poiché Wa-nin era una reale, mentre il ragazzo un semplice apprendista mago. Infatti, avevano una relazione segreta da mesi ormai, e solevano incontrarsi sotto quell’albero, che si era tramutato nel loro posto.
-Devo fermarmi, perché non ti potrò soltanto baciare, se indossi quel vestito. – si allontanò, col fiato corto, e alludendo all’abito bianco, il quale era simbolo di castità, che la principessa indossava. Wa-nin alzò gli occhi al cielo, poi accennò una risata, divertita. Successivamente, si sedette sulle sue ginocchia, intenzionata a metterne a dura prova la forza di volontà. Il volto del mago si indurì, sottolineando il mento spigoloso e le sopracciglia violacee, aggrottate. Eppure, l’espressione seria non durò molto, soprattutto perché lei gli rivolse uno sguardo al quale era impossibile resistere.
-Perché ci hai messo tanto? E’ quasi l’ora del tramonto, e sai che devo tornare al castello. – finse di rimproverarlo, fissando quegli occhi azzurri come il mare che lo contraddistinguevano, nonostante il tono alterato non le si addicesse. Il Palazzo Reale si trovava al di là delle case adiacenti al fiume, nel cuore della Foresta Melodica. Il re lo considerava una roccaforte inespugnabile, sebbene Wa-nin si sentisse oppressa, ogni qual volta che si aggirava per i corridoi. Forse, perché non poteva esprimere il proprio amore alla luce del sole.
Ma quella sera sarebbe cambiato tutto. O almeno, così pensava.
-Mi dispiace, mia signora, Saladin mi ha trattenuto. – un brivido percorse la schiena della principessa, nell’udire quell’appellativo. Adorava quando la chiamava così. Poi annuì con il capo, comprendendo e giustificando il ritardo del ragazzo. Il padre, Saladin, era uno dei maghi più potenti dell’intera Dimensione Magica. Faceva parte della Compagnia della Luce, un circolo ristretto che professava la magia bianca, ed era stato entusiasta, nel momento in cui il figlio gli aveva comunicato di volersi specializzare nella sua materia di competenza. Quindi, i due erano partiti, per recarsi a Melody, e iniziare l’apprendistato in uno dei luoghi più armoniosi di sempre. Tuttavia, Saladin non avrebbe potuto prevedere che il suo rampollo si innamorasse. – Ma nulla poteva tenermi lontano da te. Mi manchi come l’aria, quando non ci sei.
Le loro bocche si unirono in un altro bacio appassionato, e fu come tornare a respirare. Anche Wa-nin ne sentiva la mancanza, e ormai non si accontentava più di condividere tali momenti, nascosti dal resto del mondo.
Ben presto, il capo del ragazzo si spostò sul collo della principessa, iniziandolo a baciare dolcemente. Lei inclinò la testa all’indietro, in preda all’eccitazione, e socchiuse gli occhi, appagata, mentre giocherellava con alcune ciocche dei suoi capelli corti color biondo cenere.
Le umide labbra del mago raggiunsero la scollatura del vestito, mentre lei si ritrovò a cingergli la vita con entrambe le gambe, percependo un rigonfiamento nei suoi pantaloni. La voleva, più di ogni altra cosa al mondo, e, se lei non l’avesse fermato, l’avrebbe posseduta su quello stesso albero.
Purtroppo, il rintocco delle campane interruppe la magia.
I due ragazzi sobbalzarono, tornando alla realtà. Tale suono indicava l’arrivo imminente del tramonto, e, di conseguenza, del Saluto al Sole, un canto eseguito quotidianamente dalle Ninfe della Musica. Quando era bambina, lo trovava uno spettacolo affascinante, poiché vedeva queste bellissime donne che cantavano al galoppo di cavalli alati.
Al momento, odiava l’armonia del regno, dato che aveva interrotto la sua pomiciata.
-Vieni al ballo, stasera, e dirò tutto a mio padre. – lo invitò lei, mentre recuperava il fiato e si sistemava le pieghe del vestito. Musa le assomigliava moltissimo. Il mago rimase sorpreso, poiché, infondo, la figura del nonno lo spaventava. Non osava immaginare quale sarebbe stata la sua reazione, all’udire che sua figlia aveva avuto una storia clandestina per tutti quei mesi. Eppure, ci erano dentro insieme, e, se lei riteneva che fosse giunto il momento di dirlo al mondo, l’avrebbe seguita in ogni caso. – Lui capirà, e poi potremo sposarci.
Ne avevano parlato innumerevoli volte, e, purtroppo, senza una cerimonia riconosciuta dal Sommo Sacerdote del regno, non avrebbero potuto spingersi oltre un bacio. Ormai era palese quanto entrambi si desiderassero, e, sebbene i pensieri perversi di qualche istante prima, lui la rispettava e l’amava così tanto da aspettare il matrimonio.
Certo, avevano solo 20 anni e al giorno d’oggi risulterebbe strano, ma, all’epoca, principi e principesse solevano sposarsi giovani. Inoltre, era nata subito un’intesa tra i due.
-Sei sicura? Insomma, non vorrei morire per mano del re. – la sicurezza mostrata nei confronti della principessa, mentre si stavano baciando, era svanita. Adesso, la sua espressione evidenziava quanto fosse spaventato e ciò la divertiva.
Si avvicinò a lui, stringendogli calorosamente le mani, per trasmettergli pace e serenità, mediante l’energia della musica. Tale abilità rientrava nei suoi poteri. Ci riuscì, poiché il ragazzo si rilassò.
-Io ti amo, e voglio passare il resto della mia vita con te. – ammise, mantenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi azzurri. Wa-nin pensava che non avrebbe mai conosciuto il vero amore, e che si sarebbe sposata per dovere. Invece, il mago aveva fatto irruzione nel suo cuore, stravolgendole l’esistenza. D’altro canto, lui riteneva che non fosse degno di meritare quell’amore, ma vederla lì, fiera dei propri sentimenti, gli faceva quasi credere il contrario. - Non mi interessa né di mio padre, né della legge. Non permetterò a nessuno di separarci.
La determinazione della principessa eliminò qualsiasi dubbio presente nel cervello del mago, il quale sorrise, entusiasta all’idea del futuro che li attendeva: lui avrebbe terminato l’apprendistato, poi si sarebbero trasferiti nel Castello della Nota, costruito appositamente per Wa-nin, governando insieme il regno.
Chissà, magari avrebbero anche avuto dei figli.
-Va bene, mi hai convinto.
Lei lasciò la presa, e iniziò ad incamminarsi verso il castello, mentre Mark prese la strada opposta.
Sì, quello era il suo nome.
 
Alfea, presente
-Se continui a truccarti in questo modo, non ti riconoscerà più nessuno. – affermò divertita Musa, la quale era sdraiata sul letto di Stella. Aveva trascorso la maggior parte del tempo insieme alla fata del Sole e della Luna, nelle ultime due settimane. Il giorno del suo compleanno le aveva promesso che ci sarebbe sempre stata per lei, e la ragazza dai capelli blu manteneva la parola data.
Difatti, erano esattamente 14 giorni che Stella non abusava di sostanze stupefacenti.
Musa l’aveva supportata durante le prime notti, in cui si svegliava urlando, desiderosa di drogarsi. Inoltre, tentava di non perderla mai di vista, poiché temeva che potesse cedere. Di conseguenza, dormiva molto più frequentemente nella sua stanza che nella Meringa.
Un’altra ragione, che giustificava tale decisione, era dovuta dal fatto che nella camera di Musa si trovasse la profezia, e la fata novella non si sentiva ancora pronta ad affrontarla. Di solito, ciò che la contraddistingueva era il coraggio, ma, in quella situazione, aveva intuito che si trattasse di qualcosa che non poteva affrontare da sola.
Quindi, avrebbe chiesto aiuto all’unica persona che conosceva perfettamente la storia dell’intera Dimensione Magica: Faragonda.
-Nuovo anno, nuova vita. – rispose decisa la principessa di Solaria, mentre ripassava il mascara per l’ennesima volta, riportando l’amica alla realtà e ricordandole un antico detto terrestre, che la fece sorridere. Guardò la sua immagine riflessa nello specchio, e si sistemò i capelli, fiera del risultato ottenuto. – Poi, ci saranno anche gli Specialisti al discorso di Faragonda e, avendo superato la fase Brandon, questa ragazza non vede l’ora di tornare in pista.
Se Musa l’avesse conosciuta due anni prima, avrebbe riso, poiché quella battuta rientrava nel repertorio della fata del Sole e della Luna. Eppure, molte cose erano cambiate da allora, e, sebbene si sforzasse di andare avanti, forse non l’avrebbe mai dimenticato davvero. Infondo, lo Specialista era il suo primo amore.
-Hai superato la fase Brandon, davvero?! – la canzonò, mettendosi a sedere e fissandola perplessa, dato che aveva capito che l’amica stesse mentendo. Stella si voltò, alzando gli occhi al cielo, annoiata. Tale comportamento lunatico, derivava dalla polvere di fata: infatti, nonostante la pelle avesse riacquistato un colorito roseo, le emozioni erano ancora imprevedibili. Odiava tutto ciò, ma cercare di non drogarsi risultava sempre più difficile. Allo scoccare del 15esimo giorno, avrebbe ricevuto la prima moneta della riabilitazione, ma la principessa di Solaria non sapeva se sarebbe stata in grado di resistere un’altra giornata. Musa l’aveva convinta a frequentare riunioni per persone con delle dipendenze, accompagnandola qualche volta, ma non poteva offrire maggiore contributo, se non era Stella la prima a crederci. – Quindi, non sei curiosa di sapere cosa stava per dirti alla festa, prima che tu lo interrompessi bruscamente.
Stella sbuffò, poi afferrò la cipria e un pennello dalla sua make-up collection e si sedette sul letto, di fronte alla fata novella. Forse, in cuor suo desiderava saperlo, ma doveva convincersi del contrario, per poter andare avanti.
-Non sono io quella che ha perso le staffe senza motivo, allontanando Riven e fingendo che non ti importi. – la punzecchiò, eludendo l’affermazione precedente, e applicandole la cipria sul viso, per conferire maggiore colorito alla sua carnagione candida. Musa non apprezzò tale gesto, poiché detestava truccarsi. Inoltre, riteneva che la principessa di Solaria non fosse la persona più adatta a giudicare la situazione, considerato che si era categoricamente rifiutata di affrontare Brandon. Oltre a ciò, una sensazione di gelosia le invase tutto il corpo, dato che la relazione tra Stella e Riven le sembrava sospetta, soprattutto dopo la scena a cui aveva assistito al compleanno della fata del Sole e della Luna.
-E’ uno zero a sinistra per me. – rispose indispettita, scrollando le spalle, facendo una smorfia con la bocca e scansando con un gesto della mano il pennello. Infondo, Musa sapeva di aver sbagliato, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. Difatti, nelle ultime due settimane, aveva evitato Riven come la peste. Temeva che, se lo avesse cercato nel momento del bisogno, lui le avrebbe riso in faccia. Aveva tutte le ragioni per farlo, considerato come si era comportata nei suoi confronti.
Eppure, le mancava.
Le mancava sistemare la Meringa insieme, punzecchiarlo e averlo sempre intorno. Non sapeva niente di lui, però era come se una forza esterna li avesse spinti l’uno verso l’altra, portandoli a incontrarsi e, inevitabilmente, a scontrarsi.
Che si trattasse del Fato?
Oppure il Destino?
No, lei non credeva a tali sciocchezze.
Sebbene fosse una fata, e avesse accettato la suddetta condizione, si riteneva ancora una persona razionale. Tuttavia, avrebbe scoperto presto ciò che la legava a Riven, e sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa da tale rivelazione.
-Capisco. – disse infine Stella, comprendendo che la ragazza dai capelli blu non volesse parlarne. Era curioso il fatto che riuscissero a risolvere i problemi sentimentali altrui, ma non i propri.
Comunque, la fata degli astri era decisa a mettere una pietra sopra la relazione con Brandon, e non le importava quanto tempo ci avrebbe impiegato. Purtroppo, non poteva sapere, che lui non gliel’avrebbe permesso.
Lo Specialista rappresentava la sua cura e il suo veleno, però, gliene aveva perdonate fin troppe e adesso era giunto il momento di voltare pagina.
-Stella, Musa muovetevi! Faragonda sta per fare il suo discorso! – sbraitò una voce dalla sala comune. Apparteneva a Bloom, ovviamente. Un altro avvenimento importante delle ultime settimane era stato l’ingresso ufficiale di Musa nel Winx Club. Non che la fata novella avesse fatto i salti di gioia, ma per tenere d’occhio Stella, aveva accettato. Inoltre, Musa pensava glielo avessero proposto solo perché la Principessa di Solaria era la sua mentore.
Tempo dopo avrebbe capito che, in realtà, ciò era avvenuto per la tenacia, il coraggio, e il sarcasmo che la ragazza dai capelli blu possedeva.
-Non mi sento pronta. – ammise la fata del Sole e della Luna balbettando, e alzandosi di scatto dal letto, iniziando a camminare a ritroso, fin quando una sedia non la fermò. Le tremavano le mani, infatti la cipria e il pennello utilizzati qualche istante prima, caddero sul parquet. L’ansia che stava provando, derivava dall’astinenza, che la portava ad essere più instabile del solito. Lei era convinta che non avrebbe sopportato lo stress scolastico, e ciò che ne conseguiva, quindi preferiva evitare di affrontare il mondo esterno. – Non ce la farò.
Tuttavia, Musa non condivideva la stessa opinione.
L’amica era sfuggita alla sua vita per settimane, ormai, per cui la fata novella riteneva che fosse giunto il momento di scendere nell’arena, fronteggiare i leoni, e ricevere gli applausi da parte del pubblico. Certo, nella sua situazione non sarebbe stato facile uscirne vittoriosi, ma la ragazza dai capelli blu credeva in lei, poiché stava già dimostrando una forza di volontà inimmaginabile.
-Invece sì. – ribatté sicura di se l’altra, raggiungendo la mentore e stringendole le mani, affinché smettessero di tremare, e si tranquillizzasse. In quel frangente, un’altra persona avrebbe potuto definire Stella “debole”, ma Musa non la vedeva così. Difatti, lei sosteneva che, una volta superata tale situazione, sarebbe diventata più forte che mai. – Affronterai questa giornata, e la supererai, perché so che puoi farlo. Se c’è una cosa che ho imparato, da quando sono qui, è che sopravvivere è importante tanto quanto vivere.
La Principessa di Solaria fissò le loro mani unite, incrociò gli occhi della fata novella e annuì. Dietro a quel gesto, vi erano nascoste parole superflue, che non avevano il bisogno di essere pronunciate ad alta voce, poiché entrambe le conoscevano.
Quindi, Musa si incamminò verso la porta, con Stella al seguito, pronte per assistere al discorso di Faragonda, in onore del primo giorno di scuola del terzo anno.
 
Quando giunsero nella sala comune, assistettero a una scena piuttosto esilarante. Infatti, Bloom camminava frettolosamente per la stanza, mantenendo il telefono attaccato all’orecchio e aspettando una risposta che non sarebbe mai pervenuta. Nel frattempo, Flora e Tecna erano sedute sul divano rosa e la osservavano divertite.
-Sono passate due settimane, io non capisco! – sbottò, fermandosi di fronte alle amiche, e dando le spalle a Stella e Musa, poiché non le aveva sentite arrivare. La fata della Fiamma del Drago si riferiva ad Aisha, la quale, dopo il loro litigio, aveva deciso di tornare ad Andros, il suo pianeta natio, a tempo indeterminato. Inizialmente, la Principessa di Domino si era sentita destabilizzata, dato che lo aveva scoperto tramite un biglietto lasciatole dalla fata dei Fluidi, la stessa sera del compleanno di Stella. Poi, aveva provato rabbia, come in quel momento, perché Aisha si rifiutava di rispondere alle sue chiamate. Di conseguenza, si sentiva preoccupata, poiché temeva che le fosse accaduto qualcosa di terribile. In tal caso, non se lo sarebbe mai perdonato.
-Credo che tu conosca il motivo della sua partenza, Bloom. – affermò Flora, lanciandole uno sguardo allusivo, di una persona che sa più di quanto dice. Forse, si trattava proprio di quel caso. Infondo, la fata dei Fiori era una grande osservatrice, e, nell’ultimo anno, aveva notato come le due ragazze si preoccupassero sempre l’una dell’altra. Una preoccupazione che superava l’amicizia, lasciando intendere altro. Inoltre, non avrebbe mai dimenticato la reazione folle che Aisha aveva avuto, quando Bloom era stata rapita da Lord Darkar.  Quindi, stava aspettando pazientemente che si confidassero con lei, perché era loro amica e avrebbe capito. – Penso che tu debba lasciarle un po’ di spazio, e, quando si sentirà pronta, tornerà.
La Principessa di Domino la guardò perplessa, ma non ebbe il tempo di ribattere, perché, seguendo lo sguardo di Flora, si accorse dell’arrivo di Musa e Stella.
-Oh bene, siete qui. – disse in tono annoiato, riponendo il telefono in una tasca della gonna e indossando nuovamente quella maschera di superiorità, che teneva a distanza chiunque. – Possiamo andare?
Le altre annuirono e si avviarono verso l’uscita, curiose di affrontare una nuova giornata, la quale si sarebbe rivelata grande, ma non nella maniera in cui tutti si aspettavano.
 
Nel frattempo, una navicella di Fonterossa volava alta nel cielo azzurro, dirigendosi verso Alfea, in occasione del discorso di Faragonda.
Fate e Specialisti condividevano un legame indissolubile da secoli, di conseguenza non risultava affatto strano che presenziassero alle rispettive cerimonie importanti.  
Come il primo giorno di scuola del terzo anno, per esempio.
Inoltre, poiché la Dimensione Magica si trovava sul piede di guerra, in procinto di scoppiare e rivelarsi la peggiore di tutti i tempi, gli Specialisti si recavano lì per conferire maggiore protezione alle fate.
I Maghi erano esclusi da tale intervento, perché il loro aiuto veniva considerato utile solo durante le battaglie. Difatti, controllare la magia degli elementi richiedeva un allenamento costante.
-Su con la vita, amico! – esclamò Brandon, dando una pacca sulla spalla di Riven, distogliendolo dai suoi pensieri. I due ragazzi erano capitati nella stessa stanza all’inizio del loro apprendistato, e da quel momento non avevano smesso di essere amici.
Sebbene avessero caratteri opposti, insieme formavano una squadra imbattibile. Forse, proprio questo rappresentava il loro punto di forza. Certo, Brandon era lo scudiero di Sky, ma in caso di necessità, non avrebbe rivolto a lui la sua lealtà. – Cambia questa faccia!
Lo Specialista lo squadrò irritato, mostrando la solita espressione che utilizzava per non lasciar trasparire le sue emozioni. Stava pensando a Musa, al fatto che non l’avesse né vista né sentita per due settimane, e, sebbene all’inizio fosse rimasto ferito dall’atteggiamento isterico di lei, adesso cominciava a temere che non volesse rivederlo mai più. Infondo, da quando gli avevano affidato il compito di proteggerla, aveva già rischiato la vita una volta. Avrebbe compreso, se avesse richiesto un altro Specialista come guardia del corpo.
Quindi, poiché riteneva che la miglior difesa fosse l’attacco, avrebbe fatto lui la prima mossa, per evitare di restare coinvolto, rispetto a quanto già non era.
-Non posso, questa è la mia faccia. – rispose scrollando le spalle, facendo una smorfia con la bocca e provocando ilarità nell’amico, il quale sorrise divertito. Anche il ragazzo dai capelli castani era sovrappensiero, teso all’idea di incontrare Stella, dopo la loro ultima conversazione. Sapeva di essersi comportato malissimo nei suoi confronti, e voleva rimediare. Le motivazioni per cui l’aveva lasciata erano serie, di conseguenza sperava di poterle fornire una spiegazione.
Tuttavia, aveva paura che non sarebbe mai avvenuto.
-Musa non mi parla da due settimane, e non so cosa fare affinché la situazione migliori. – Riven raramente esternava quello che provava, però Brandon era il  suo migliore amico, e poteva fidarsi, sapendo che non l’avrebbe mai raccontato a nessuno. – Ma tu dovresti essere felice, vedrai Stella.
Brandon sospirò, appoggiando la testa al sedile sul quale si trovava, equipaggiato, pronto per affrontare qualsiasi evenienza. Il compagno di stanza non era a conoscenza degli ultimi avvenimenti, e le ragioni per cui non gliel’aveva detto c’entravano con il loro passato, perché temeva che potesse ripetersi.
-Ci siamo lasciati il mese scorso. – disse mestamente, poiché ammettere ad alta voce di averla mollata per telefono, rendeva tale azione ancora più vile. Se Riven non avesse avuto la cintura di sicurezza allacciata, si sarebbe alzato, adoperando una delle tante armi che indossava, per ferirlo nel peggior modo possibile.
Stella era una delle persone a cui teneva di più al mondo, quindi non voleva che soffrisse per gli atteggiamenti immaturi dello Specialista.
Era già accaduto in passato, e l’immagine di Stella strafatta di polvere di fata, che ballava su un tavolo, perseguitava ancora i suoi incubi.
Sbatté le palpebre, per allontanare quel terribile ricordo.
-Cosa?! Sei pazzo?! – esclamò sorpreso, e al tempo stesso indignato. Aveva sempre pensato che Brandon e Stella fossero una di quelle coppie che sarebbero state insieme tutta la vita. Erano perfetti l’uno per l’altra: sebbene si prendessero in giro la maggior parte del tempo, provavano entrambi un sentimento di totale rispetto, lealtà e amore, che raramente Riven aveva visto tra due persone. Inoltre, non l’avrebbe mai ammesso, ma sperava di provare un affetto del genere nei confronti di qualcuno, un giorno. Tuttavia, chi si sarebbe innamorato di un ragazzo scontroso? – Perché hai rotto con lei?
Nonostante fossero migliori amici, Brandon preferiva non parlare della fata del Sole e della Luna con lui. Poi, in tale situazione, non poteva proprio farlo, altrimenti avrebbe messo a repentaglio la sua sicurezza e quella di Stella.
Ovviamente, non voleva che le accadesse qualcosa.
-Avevo le mie ragioni, non sono affari tuoi. – affermò schietto, eludendo la domanda. C’era una politica di tacito accordo tra i due Specialisti: se uno di loro pronunciava la suddetta frase, l’altro doveva evitare di chiedere. Eppure, Riven si sarebbe sempre sentito coinvolto e non poteva non esprimere la propria opinione. – Stella non è più un tuo problema.
Sembrava che Brandon stesse marcando il territorio, o almeno il ragazzo dai capelli color vinaccia percepì ciò dal tono della voce. Ogni tanto lo Specialista si illudeva che l’amico l’avesse perdonato per gli errori commessi in passato, ma infondo sapeva, che tali azioni l’avrebbero definito fino alla fine dei suoi giorni. Gli altri l’avrebbero sempre visto come il traditore che ha messo in pericolo la vita dei suoi amici.
-Lo so questo. Ma ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che l’hai ferita? – domandò in maniera retorica l’altro. Certo, Brandon lo ricordava. Infatti, interruppe il contatto visivo, e Riven comprese di aver scaturito una reazione in lui. Entrambi avevano commesso degli errori, però, forse, quelli di Brandon erano peggiori dei suoi. Lo Specialista dai capelli castani aveva amato Stella tanto quanto l’aveva distrutta e, sebbene lei l’avesse perdonato, tali azioni avrebbero sempre incrinato il loro rapporto. – Spero davvero che tu abbia avuto una buona ragione, altrimenti farò qualcosa.
Brandon accennò una risata, ma non perché avesse trovato dell’ironia nell’affermazione dell’amico. Infatti, lui riteneva che quell’interessamento fosse del tutto fuori luogo e non richiesto. Insomma, Riven aveva affermato molte volte di essere andato avanti!
Eppure, lo Specialista dai capelli castani non sapeva che volere bene a una persona fosse un lavoro a tempo indeterminato.
-E’inutile e lei non significa più niente per te, quindi stanne fuori. – sentenziò, guardandolo fisso negli occhi e aggrottando le sopracciglia, con fare intimidatorio. Ma Riven lo conosceva, e non si lasciò intimorire dalle sue false minacce. Infondo, lui aveva visto di peggio.
Di conseguenza, rispose:
-Lei significherà sempre qualcosa per me.
Il passato è un’arma a doppio taglio,
che potrà sempre essere utilizzata contro di noi.
Poiché è già successo,
e non importa quanta strada tu abbia fatto da allora.
Sarai sempre giudicato per gli errori commessi in passato.
  
 
Musa non l’avrebbe mai affermato ad alta voce, ma si sentiva emozionata all’idea di un nuovo anno scolastico. Certo, per lei era già iniziato settimane prima, in quanto le allieve del suo corso avevano cominciato le lezioni precedentemente. Però, quel giorno percepiva l’agitazione nell’aria, quindi decise di lasciarsi coinvolgere da tutta quell’eccitazione che le altre fate stavano provando, e di sorridere.
Sorriso che scomparve, quando giunse al portico del cortile, insieme alle Winx, e vide Riven. 
La paura, i dubbi e i timori che aveva nutrito nei confronti del ragazzo dai capelli color vinaccia, tornarono a galla, paralizzandola. Non si aspettava di trovarlo lì, appoggiato ad una colonna, a braccia conserte, con il suo solito sguardo accigliato.
Ecco, probabilmente il fatto che non fosse cambiato per niente  dall’ultima volta che l’aveva visto, le diede un po’ di sollievo.
Infatti, il cuore riprese a battere in maniera regolare, e il respiro si stabilizzò.
Eppure, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Temeva di essersi dimenticata che aspetto avesse, invece, osservandolo, ricordava ogni piccolo particolare: le sopracciglia aggrottate, le iridi viola ipnotiche, i capelli accuratamente acconciati. Inoltre, notò che i suoi muscoli erano in tensione, di conseguenza capì quanto dovesse sentirsi a disagio in quella situazione.
Riven soleva costruirsi un’armatura per allontanare il resto del mondo, affinché nessuno potesse ferirlo, e Musa avrebbe imparato nel tempo a intrufolarsi al suo interno, per capire cosa celasse.
La fata novella percepiva che le Winx si erano riunite con i loro rispettivi fidanzati, i quali affiancavano Riven, ad eccezione di Stella, che stava ignorando Brandon, ma lo Specialista aveva completamente catturato la sua attenzione. Difatti, si domandò quali pensieri stessero vagando nel cervello del ragazzo, poiché lo sguardo catartico era ricambiato.
Ultimamente, Musa si era chiesta come mai provasse tali emozioni contrastanti, dalla rabbia violenta alla gioia pura, alla vista di Riven.
No, non aveva ancora trovato una risposta.
Comunque, stabilì che, l’unico modo per comprenderlo, era sotterrare l’ascia di guerra.
Tuttavia, prima che la ragazza dai capelli blu potesse agire, fu colta di sorpresa dalla preside Faragonda, la quale apparve sulla scena, seguita da una figura minuta, facendole perdere la concentrazione.
L’uomo era di bassa statura, aveva lunghi capelli grigi, che rispecchiavano il colore degli occhi e delle sopracciglia, e indossava un abito sui toni del beige. In mano teneva uno scettro, la cui forma ricordava la creatura mitologica del dragone cinese.
Forse, nella Dimensione Magica esistevano persino i draghi.
Era curiosa di scoprirlo.
-Musa, permettimi di presentarti Saladin, il preside della scuola di Fonterossa. – ruppe il ghiaccio Faragonda, usando il timbro pacato della voce, che la contraddistingueva. Se avesse dovuto definirla, probabilmente la fata novella avrebbe detto “la calma al centro dell’uragano”. Rappresentava un punto di riferimento per ogni allieva di Alfea, perché ispirava fiducia. L’anziana donna la invitò ad avvicinarsi al mago con un gesto della mano, che lei seguì. – Saladin, lei è Musa, una fata del primo anno molto dotata.
La ragazza dai capelli blu sorrise imbarazzata, poiché non riteneva di essere all’altezza di altre fate.
Come Stella, per esempio.
Il preside Saladin le porse una mano, che lei strinse, dimostrandosi la brava bambina educata, che suo nonno aveva cresciuto. Se Faragonda le trasmetteva sicurezza e tranquillità, il mago faceva l’opposto, mettendola a disagio con quello sguardo arcigno, che tentava di mascherare attraverso un sorriso falso. Adesso comprendeva il motivo per cui gli Specialisti, in particolare Riven, erano diventati incredibilmente seri all’arrivo dell’uomo.
-E’ un piacere conoscerti, Musa. – pronunciò il suo nome con una voce viscida, che le provocò un brivido lungo la schiena,  riconfermandole quella sensazione di inquietudine, provata qualche istante prima. Eppure, nessun’altro sembrava essersene accorto, per cui finse di stare al gioco.
Saladin la osservò a lungo, e rimase stupito dalla somiglianza con Wa-nin, la madre di Musa. Si era ritrovato nella medesima situazione, ma in circostanze diverse, anni orsono.
L’ironia della sorte.
-Il piacere è mio, preside Saladin. – rispose la fata novella, allentando la stretta e riportando la mano lungo il fianco. Poi, si ricordò che doveva riferire assolutamente a Faragonda, quanto aveva scoperto grazie agli scatoloni inviatile dal nonno, soprattutto la profezia. Quindi, colse l’occasione per fuggire da quel contesto affatto rassicurante. – Preside Faragonda, posso parlarle un minuto?
La fata anziana stranamente s’irrigidì, poiché non si aspettava una richiesta così diretta da parte sua. Inoltre, anche lei doveva metterla al corrente della verità, prima che fosse troppo tardi e Musa smettesse di fidarsi della donna. Eppure, quello non era né il luogo né il momento adatto.
Quindi, tagliò corto, dicendo:
-Più tardi, Musa. La cerimonia di apertura sta per iniziare, e devo ripassare il mio discorso.
E si avviò verso il cortile, seguita dal preside Saladin, le Winx e gli Specialisti. Brandon tentò di approcciarsi nuovamente a Stella, la quale lo allontanò, raggiungendo le altre.
La ragazza dai capelli blu dubitava che una fata saggia e potente come lei avesse bisogno di prepararsi un discorso, ma preferì non indagare oltre.
Di conseguenza, tornò ad occuparsi del problema che l’affliggeva dall’inizio: Riven.
-Ciao. – lo salutò cauta. Non sapeva come approcciarsi a lui, dopo due settimane di religioso silenzio. In effetti, non esisteva nulla di giusto o sbagliato che potesse dire per cominciare una conversazione. Aveva semplicemente pensato, che, se fosse stata lei la prima a rompere il ghiaccio, il loro rapporto sarebbe tornato quello di sempre.
Ovviamente Riven non gliel’avrebbe permesso.
Lo Specialista si sentiva ancora ferito nel profondo, per come era stato trattato alla festa di Stella, e non si sarebbe accontentato di un misero tentativo da parte della fata novella.
Doveva meritarsi il suo perdono.
-Ciao. – rispose freddo, mantenendosi sulla difensiva. Il ragazzo aveva interrotto la sua camminata non appena lei gli aveva rivolto la parola, e adesso la stava guardando di sottecchi. Infondo, l’aveva ammirata a sufficienza, trovandola radiosa e incantevole, quando era giunta nell’atrio. Eppure, tentò invano di allontanare quegli strani pensieri, poiché gli annebbiavano la vista, rendendolo meno lucido e impedendogli di seguire il piano.
Difatti, proseguì in direzione degli altri Specialisti, i quali non erano molto distanti dal portico, senza aspettare ulteriori affermazioni da parte di Musa, che, però, non tardarono ad arrivare.
-Secondo te cosa dirà Faragonda? – chiese ingenua la fata novella, accelerando il passo, per poterlo raggiungere e porsi al suo fianco. Non esisteva domanda più inutile, però la ragazza dai capelli blu era pur sempre orgogliosa e detestava scusarsi. Se solo qualcuno le avesse detto che con un semplice “mi dispiace”, avrebbe risolto ogni incomprensione.
Riven sorrise divertito, sebbene non trovasse alcuna ilarità nella richiesta della fata. Ciò che lo infastidiva, era la sua indifferenza. Avrebbe tollerato le urla e gli insulti, persino il fatto che non si fosse scusata, ma non il totale menefreghismo.
Credeva che Musa fosse diversa, invece aveva dimostrato di essere uguale a tutte le persone che lo circondavano: falsa, calcolatrice e superficiale.
Tuttavia, lo Specialista era stufo di sentirsi usato dalla gente secondo le loro necessità. Forse, doveva ricominciare a pensare a se stesso, come un tempo.
-Mi dispiace, non posso fornire la mia opinione. Infondo, sono solo la tua guardia del corpo. – concluse, mostrando un ghigno, che fece alzare gli occhi al cielo alla fata novella. Finalmente, Musa comprese a quale gioco stesse giocando e non ne era affatto contenta. Detestava chi utilizzava le sue stesse frasi, pronunciate in un momento di debolezza, contro di lei. Entrambi si fermarono, guardandosi in faccia per la prima volta dall’inizio della conversazione. La ragazza dai capelli blu capì dalla durezza del viso dello Specialista, che non si trattava di uno scherzo. Purtroppo, non ebbe modo di ribattere. – Se vuoi qualcuno che ti faccia da psicologo, trovatene un’altra.
In seguito se ne andò, raggiungendo gli altri Specialisti, lasciandola lì, scioccata, mentre cercava di assimilare quanto aveva appena ascoltato, che sembrava un licenziamento immediato.
Il presente sfugge dalle nostre mani,
e non possiamo controllarlo.
Spesso,
ci dimentichiamo persino di viverlo.
 
-Buongiorno, Fate di Alfea e Specialisti di Fonterossa, e grazie per essere qui oggi, in una giornata tanto importante quanto speciale per la nostra scuola. – esordì la preside Faragonda, avvicinandosi al microfono, che si trovava sul palco allestito per l’occasione. Alle sue spalle, c’era il corpo docente: l’ispettrice Griselda, il professor Palladium, Wizgiz, Avalon e Daphne, l’inquietante sorella di Bloom, che insegnava Storia della Magia. Le studentesse erano in piedi, suddivise in diverse file, e ascoltavano assorte le parole della loro direttrice. Alle Winx chiaramente avevano riservato un posto in prima fila, poiché erano alunne del terzo anno, e, soprattutto perché avevano già raggiunto la trasformazione Enchantix, fondamentale nella vita di una fata. Invece, Musa osservava la scena dal fondo del cortile, in quanto apparteneva ad un altro corso. – Sebbene le forze del male siano tornate, costringendoci ad attraversare tempi bui e difficili, è giusto ricordarsi di gioire per gli avvenimenti positivi che compongono la nostra esistenza: come il termine del cammino scolastico di una fata.
Gli Specialisti circondavano il giardino, e avevano il compito di sorvegliare e difendere le allieve, in caso di un attacco dall’esterno. Certo, c’era la barriera protettiva, ma non bisognava mai essere troppo prudenti durante una guerra magica. Musa non poté evitare di cercare Riven con lo sguardo, il quale occupava un posto di guardia insieme a Brandon nei pressi del portico, che pareva non ricambiare. Tuttavia, la ragazza dai capelli blu non sapeva che posava gli occhi su di lei, quando non prestava attenzione.
La confessione dello Specialista l’aveva sconvolta, e, nonostante provasse a concentrarsi sul discorso di Faragonda, quelle parole continuavano a ronzarle in testa, senza fermarsi.
-La trasformazione a cui aspirerete si chiama Enchantix. E’ sostanziale che voi la raggiungiate, perché accrescerà i vostri poteri, permettendovi di utilizzarne di nuovi, come la polvere di fata. – proseguì l’anziana donna, ottenendo la concentrazione massima dai suoi spettatori. Infatti, persino le compagne di classe di Musa fantasticavano su quanto sarebbe stato fantastico diventare una fata Enchantix. Al contrario, lei si sentiva spaventata all’idea. Temeva di non essere all’altezza di un potere così immenso, e considerato come la polvere di fata aveva ridotto Stella, non moriva dalla voglia di provarla. – Però ricordate: da un grande potere, derivano grandi responsabilità. Infatti, per raggiungere questo livello, dovrete compiere un sacrificio nei confronti di un abitante proveniente dal vostro pianeta d’origine.
Musa iniziò a riflettere su chi avrebbe potuto salvare in circostanze disastrose: di sicuro, non Andy o la sua combriccola, dopo ciò che le aveva fatto. Poi, realizzò che, l’unica persona per cui avrebbe rischiato la vita, era proprio il nonno.
Nutriva un amore e un totale rispetto nei confronti dell’ex-sovrano di Melody, e, sebbene si fosse abituata a vivere nella Dimensione Magica, le mancava ogni giorno terribilmente.
-Per fortuna, abbiamo già delle fate Enchantix tra di noi, - affermò Faragonda, indicando le Winx, e lanciando uno sguardo allusivo a Bloom, poiché aveva notato l’assenza ingiustificata di Aisha. La Principessa di Domino scrollò le spalle, fingendosi sorpresa. – che avranno l’opportunità di perfezionare le loro abilità magiche, e ricevere, al termine dell’anno scolastico, il titolo di Guardiane.
Una folata di vento contaminò il momento idilliaco che il discorso di Faragonda aveva creato. Musa aggrottò le sopracciglia, sospettosa.
La barriera protettiva non doveva forse evitare anche l’intrusione dei fenomeni atmosferici?
Purtroppo, non ebbe modo di trovare una risposta, poiché un fulmine comparve dal nulla, colpendo la barriera e spaventando i presenti, i quali sussultarono.
Il cielo, fino a qualche istante prima limpido e sereno, fu coperto all’improvviso da una moltitudine di nuvole grigiastre, portatrici di pioggia. Su una di esse apparve un marchio violaceo, la cui forma peculiare sembrava la sovrapposizione di un cerchio e delle ali di qualche grottesca creatura.
Quattro figure lo attraversarono, palesandosi sopra la barriera protettiva del college di Alfea, e Musa dovette trattenere un grido, poiché riconobbe le ragazze che avevano attaccato lei e Riven nei vicoli di Magix il mese precedente. Di conseguenza, comprese che quella vicenda non si sarebbe conclusa nel migliore dei modi.
Stella l’aveva messa in guardia, confessandole che si trattava delle Trix, tre sorelle streghe, che erano state cacciate da Torrenuvola, perché assetate di potere. Si chiamavano Icy, Darcy e Stormy, e per la fata novella non fu complicato capire a chi appartenesse ogni nome. Infatti, le streghe avevano l’iniziale cucita sulle loro tutine aderenti.
In passato si erano scontrate in più occasioni contro Winx e Specialisti, accumulando sconfitte, quindi Musa non fu affatto sorpresa di vederle lì, al fianco di un nuovo nemico.
-Mi dispiace interrompere, ma il tuo discorso non era così interessante. – commentò sprezzante l’uomo circondato dalle Trix, incrociando le braccia al petto e sorridendo sornione.  Uno stupore generale si levò tra la folla, non appena l’imminente minaccia aprì  bocca, poiché dovevano averlo riconosciuto. Invece, la ragazza dai capelli blu non sapeva chi fosse, per cui si limitò a studiarlo, in caso si arrivasse allo scontro diretto.
Aveva lunghi capelli biondo cenere, i quali ricadevano disordinati sulla giacca bordeaux che indossava, una carnagione pallida, tendente al grigio, e degli occhi azzurri come il mare in una giornata di sole. Il suo look elegante, composto anche da pantaloni abbinati e un paio di stivali in pelle, lo resero una figura ancora più enigmatica agli occhi Musa.
Si era sempre immaginata i cattivi della storia come mostri spaventosi ( tra questi: vampiri, lupi mannari, morti viventi), mentre, se lo avesse incontrato per la strada, non l’avrebbe scambiato come tale.
-Valtor! – esclamò furiosa la preside Faragonda, socchiudendo gli occhi, stringendo i denti e mettendosi in una posizione difensiva, assomigliando a una leonessa pronta a difendere i suoi cuccioli. Anche gli Specialisti si prepararono a combattere, poiché sguainarono le spade.
Quindi, quello era il suo nome.
La fata novella stabilì che gli si addiceva, considerato l’aspetto esteriore.
-E’ facile parlare, - proseguì, sicuro di se, catturando l’attenzione di tutti, e nutrendosi della paura che aleggiava nell’aria. – però mi piacerebbe vedere l’influenza di queste parole sulle tue allieve in un momento di crisi.
Mormorii impauriti si diffusero tra le fate di Alfea, e anche Musa cominciò a lasciarsi trasportare, provando una sensazione che ricordava. Durante lo scontro con le Trix a Magix, si era trovata al confine tra la vita e la morte, ci aveva camminato sopra, e Riven stava per finire dalla parte sbagliata. Il terrore che si era impossessato del suo corpo in quella situazione, la teneva ancora sveglia la notte, pertanto aveva giurato a se stessa di evitare che accadesse nuovamente.
Purtroppo, non fu accontentata.
-Non sei il benvenuto, perciò allontanati dalla mia scuola! – ruggì l’anziana donna, mettendo a tacere qualsiasi voce, e riconfermandosi il punto di riferimento che Musa ammirava. Sebbene l’intenzione fosse di intimidirlo e costringerlo ad andarsene, Faragonda non ci riuscì. Infatti, lo stregone cominciò a ridere di gusto, tenendosi il ventre, divertito da quei tentativi vani. Forse si aspettava qualcosa in più, che le minacce vuote di una vecchietta decrepita.
La fata novella non poté trattenersi oltre, e cercò con lo sguardo Riven: lui ricambiò e, con un cenno del capo, le trasmise la sicurezza di cui aveva bisogno per affrontare tale circostanza.
Ovviamente non osava muoversi, per passare inosservata, ma, se avesse potuto farlo, si sarebbe gettata tra le sue braccia. Non voleva darsi una spiegazione di quel desiderio assurdo, non durante un momento critico, necessitava solo un po’ di contatto umano.
Almeno è così che tentò di giustificarsi, senza convincere nessuno.
-Sai, mi ha reso molto triste il fatto di non aver ricevuto un invito. – proseguì Valtor, fingendosi offeso, e portandosi una mano sul cuore, che probabilmente non batteva da tempo, per enfatizzare la sua affermazione. Musa restò sbigottita dal repentino cambio di espressione facciale, e capì quanto fosse squilibrato quel tizio. – Infondo, un tempo facevo parte della vostra comunità.
Stavolta fu Faragonda a ridere, nonostante non ci trovasse nulla di divertente nelle dichiarazioni dello stregone. Invece, la ragazza dai capelli blu si domandò a cosa si riferisse la preside. Durante le lezioni di Storia della Magia non aveva mai sentito parlare di creature magiche rinnegate.
Esistevano gli Specialisti e i Maghi.
Chissà, forse quest’ultimi si convertivano in stregoni una volta tradito il gruppo.
-Sciocchezze, non ne hai mai fatto parte davvero. – puntualizzò lei, senza mai distogliere lo sguardo dall’uomo. Aveva raggiunto un’età, questo era vero, ma non avrebbe permesso a nessuno di attaccare la sua scuola. Si era guadagnata quel posto col sudore della fronte, e non avrebbe affatto deluso le sue alunne. – Perché sei qui, Valtor?
I presenti trattennero il fiato, aspettando trepidanti la risposta dello stregone, coscienti che non avrebbe migliorato la situazione. Difatti, Valtor percepì la loro tensione e decise di prendersene gioco: piegò il capo da un lato, osservando un punto indefinito nel cielo grigio, facendo così credere che stesse scegliendo le parole adatte da usare, quando già le conosceva.
-Voglio la cosa più preziosa che si trova in questa scuola. – decretò impassibile, spostando lo sguardo sul pubblico all’interno della barriera. Eppure, non incrociò mai quello di Musa, per cui la ragazza dai capelli blu si sentì sollevata. Tuttavia, tale sensazione non durò a lungo. – Vi concederò mezz’ora per capire di che si tratta, e per consegnarmela. In caso contrario, raderò al suolo Alfea sotto ai vostri occhi.
Così com’era apparso, scomparve nella nebbia, seguito dalle Trix.
Poiché lo scambio di battute tra la preside Faragonda e Valtor si era concluso, scoppiò un panico generale, e le persone iniziarono a urlare e a scappare, in preda alla paura. Musa rimase immobile, senza comprendere come dovesse reagire di fronte a quella reale minaccia. Infatti, fu strattonata diverse volte, fino a ritrovarsi a terra.
Quando toccò il suolo, il cervello ricominciò a trasmettere impulsi, e la fata novella divenne cosciente delle circostanze. Di conseguenza, si alzò, prefissandosi un unico obiettivo: trovare Riven.
Si fece largo tra la folla a gomitate e spintoni, per raggiungere il luogo in cui lui era di guardia. Sperava che fosse lì, anche se in cuor suo si stava maledicendo per averlo perso di vista.
Invece, contro ogni previsione, si imbatté in Faragonda, la quale, adoperando un tono convinto e ambiguo al tempo stesso, le disse:
-Qualsiasi cosa accadrà oggi, ricordati chi sei.
Poi sparì.
Musa non ebbe modo di elaborare l’informazione, perché il suo scopo era quello di ricongiungersi con Riven e formulare una soluzione per la follia che stavano vivendo. Quindi, riprese a cercarlo.
Si guardò intorno, ma, in mezzo alla confusione, non riusciva a scorgere nessun volto conosciuto. La fata novella non aveva mai avuto paura di rimanere sola nel corso della sua vita, anzi amava la solitudine e il silenzio che ne conseguiva, però, in quel momento, si sentì il cuore più pesante. Provò a scacciare le sensazioni spiacevoli, e si costrinse a proseguire.
Per fortuna, si scontrò contro una persona più alta di lei, che si rivelò essere Riven.
Quando alzò il capo, si ritrovò il viso dello Specialista a pochi centimetri dal suo, e fu un sollievo per entrambi. Lui non si sarebbe mai perdonato, se non l’avesse raggiunta. Sebbene il piano di vendetta che aveva deciso di attuare, restava pur sempre il suo guerriero e non avrebbe permesso a nessuno di ferirla, senza che potesse essere lì a difenderla.
-Dobbiamo trovare gli altri, ed elaborare un piano. – sentenziò Musa, allontanandosi ma non eccessivamente. Poi, volse lo sguardo verso il cielo, nel punto in cui era comparso Valtor. – Questo pazzo furioso non distruggerà la mia nuova casa.  
Il futuro è incerto, è attesa,
non possiamo prevederlo.
Forse,
è il motivo per il quale ci spaventa così tanto.
 
Melody
Ci fu un tempo, molti anni orsono, in cui il Palazzo Reale del Pianeta della Musica era noto in tutta la Dimensione Magica per i Balli che ospitava. Infatti, sul Corso Chiave di Violino, viale sul quale si ergeva l’imponente edificio, carrozze provenienti da ogni regno, attendevano di varcare i cancelli d’orati e lasciare fuori il mondo esterno.
Sebbene l’armonia che caratterizzava Melody, la reggia era stata costruita in uno stile molto simile al barocco, sviluppatosi sulla Terra, per evidenziarne la potenza politica, economica e giudiziaria.
Un’innumerevole quantità di finestre bifore illuminate ricopriva la facciata, fungendo inoltre da contrasto con l’intonaco rosso rubino che avvolgeva l’intera residenza. Nel susseguirsi dei secoli, ogni sovrano vi aveva apportato le dovute modifiche, poiché, agli occhi dei sudditi, l’aspetto del Palazzo Reale suggeriva la tipologia di governo che il Re avrebbe intrapreso. Difatti, il tutto era ornato di elementi architettonici sfarzosi, che circondavano finestre, infissi, colonnine.
Naturalmente, il regno del Nonno di Musa fu sempre ricordato come un periodo di massimo splendore per il Pianeta della Musica.
Purtroppo non durò a lungo.
Se l’esterno incuteva timore e rispetto nei confronti dello spettatore, l’interno raggiungeva apici di magnificenza, stupendo ogni volta gli ospiti dei regni lontani.
La Sala del Trono, dove si soleva tenere banchetti e ricevimenti, sorgeva su una pavimentazione in mosaico, il quale narrava vicende significative per la famiglia reale.
Colonne portanti in stile corinzio costeggiavano la vastità di finestre presenti nella stanza, che assumevano le più rare forme geometriche, affinché la luce potesse  infiltrarsi e rischiarare ogni angolo. Eppure, ciò che catturava l’attenzione dopo aver varcato la soglia, erano i lampadari: realizzati in vetro e decorati in oro, ne scendevano dal soffitto almeno una dozzina, risultavano perfetti per la maestosità del luogo.
Quella sera, gli invitati sembravano divertirsi, dato che la maggioranza stava ballando seguendo il ritmo della musica suonata dall’orchestra reale.
Invece, il sovrano di Melody si trovava in disparte, osservando la festa con aria pensierosa, mentre sorseggiava un drink. Per fortuna, perse tale abitudine nel corso degli anni.
Uno squillo di trombe interruppe le danze, attirando di conseguenza l’attenzione dei presenti, perché segnava l’arrivo della principessa Wa-nin.
La fanciulla apparve sulla scalinata in tutta la sua disarmante bellezza. Rivolse un candido sorriso ai sudditi, poiché così le era stato insegnato dai precettori, appoggiò le dita sul corrimano preparandosi a scendere e raggiungere il fianco del re.
Indossava un abito bianco a maniche lunghe, il quale sottolineava la sua purezza, ma permetteva anche di accentuarne le forme. Intorno ai polsi e alla fine del vestito c’erano dei particolari in oro, rosso e argento bianco che ricordavano il tema dell’intero castello.
I capelli blu marino le ricadevano lisci sulle spalle, sebbene qualche ciocca fosse appuntata grazie a dei fermagli ricoperti di brillantini.
-Wa-nin, figlia mia, sei incantevole stasera. – si complimentò il sovrano, porgendole una mano che lei strinse, facendo una riverenza in segno di saluto. – Tua madre sarebbe fiera di te.
Il Nonno adoperò un tono triste, in quanto la Regina era defunta da tempo. Quella ferita sarebbe sempre stata motivo di incomprensioni tra i due, perché un lutto non si supera, bensì ci si convive ogni giorno.
La principessa sorrise mesta, e voltò leggermente il capo in direzione degli invitati, cercando con lo sguardo Mark, il quale cercava di dissimularsi tra la folla, ignaro del fatto che lei l’avrebbe trovato ovunque. Infatti, quando incrociò i suoi occhi azzurri come il mare, un brivido le percorse la schiena, rammentandole ciò che era in procinto di fare.
-Padre, devo confidarti un segreto, e spero di rendere fiero anche te. – sussurrò, affinché soltanto il sovrano udisse le sue parole. Lui aggrottò le sopracciglia, ignaro di quello che la figlia volesse raccontargli. La fanciulla fece un respiro profondo, attese che l’attenzione delle persone si distogliesse da loro due, e si preparò a confessare l’amore clandestino che provava nei confronti dell’apprendista mago. Nel frattempo, Mark li stava osservando, e iniziò lentamente ad avvicinarsi alla scalinata, così da supportare e giungere in aiuto della principessa in caso di necessità.
Purtroppo, il Nonno colse tutti in contropiede.
-Oh sono sicuro che possa aspettare, adesso che sei qui è giunto il momento di fare un annuncio. – eluse la richiesta velata della figlia, la quale avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, seccata, per aver ricevuto un ennesimo rifiuto da parte sua, ma non lo fece. Il Re si rivolse agli invitati, catturandone nuovamente l’attenzione, gonfiò l’aria nei polmoni, preparandosi a comunicare una decisione che avrebbe cambiato tutto. – Signori e signore, sovrani di ogni regno della Dimensione Magica, amici, questa sera sono lieto di proclamare l’unione in matrimonio di mia figlia, Wa-nin, e il Principe degli Usignoli, Ho-boè.
Le vittime di un incidente affermano come ci sia un prima e un dopo nelle loro vite dopo la tragica vicenda, e niente sia più lo stesso. Tutto cambia, o forse siamo noi a cambiare?
Ecco, la dichiarazione del padre rappresentava esattamente questo.
La principessa avrebbe voluto gridare, dato che lui le aveva sempre promesso che si sarebbe sposata per amore, e non per dovere. Forse conosceva la verità e per tale motivo non le aveva concesso di parlare. Scelse di accettare quell’ipotesi, perché l’altra risultava troppo ripugnante e spregevole.
Eppure, sebbene fosse sconvolta, finse di stare al gioco e mostrò un sorriso falso, che scomparve non appena vide Mark lasciare la sala, incredulo quanto lei.
 
-Mark, aspetta! – Wa-nin lo raggiunse sulla terrazza in cui si era rifugiato, quando le congratulazioni per l’imminente matrimonio cessarono, permettendole di sgattaiolare fuori inosservata. Lui era girato di spalle, vicino alle scale, e la fanciulla temeva che potesse scenderle e sparire nella notte. Nonostante volesse andarsene, dopo aver udito la sua voce, si fermò. L’avrebbe sempre fatto per lei. – Questa non è la fine.
L’apprendista mago si voltò e rise di gusto, sebbene non riscontrasse alcuna ilarità nelle parole della donna che amava. Come poteva essere ancora speranzosa in seguito a quanto era successo? Probabilmente, l’ottimismo e la tenacia erano le qualità che apprezzava di più in lei. Anche se non ebbe mai modo di confessarglielo.
-Mi stai prendendo in giro?! – esclamò, ferito. Non si capacitava di come la fanciulla rifiutasse di accettare la realtà. Il destino aveva giocato loro uno scherzo di cattivo gusto, era evidente. – Sei promessa in sposa ad un altro.
Il fatto che lui lo affermasse senza ulteriori preamboli, rendeva il tutto così reale, e Wa-nin non si sentiva pronta ad affrontarlo. Non poteva tollerare che il suo futuro fosse già deciso. Infatti, cercò il contatto visivo prima di dire ciò che stava pensando, però Mark aveva lo sguardo rivolto altrove.
Proseguì lo stesso, decisa.
-Non è così che deve andare, non per forza. – fece un respiro profondo, e attese di ottenere la sua massima attenzione. Nonostante evitasse di guardarla, lei sapeva che la stava ascoltando. – Possiamo scappare, così io non sarò più una principessa e staremo insieme.
Dirlo ad alta voce sembrava ancora più folle e insensato dell’idea stessa, ma le pareva l’unica possibilità. Una possibilità per iniziare una nuova vita, lontano da tutta quella ricchezza e falsità, in cui era cresciuta. Infondo, aveva sempre provato un senso di oppressione tra le mura della corte.
Quella poteva rivelarsi la loro occasione.
-Non te lo chiederei mai, Wa-nin. – raramente pronunciava il suo nome, ma sembrava così giusto detto da lui. Quando fantasticava sul loro futuro, immaginava se stessa anziana, mentre si teneva ancora per mano all’apprendista mago, sotto all’acero giapponese dalle foglie rosse. Purtroppo, non sarebbe mai successo. – Poi, credi che tuo padre non verrebbe a cercarti? E’ importante questa alleanza per voi.
Si mormorava da secoli che il male incombesse, che si stesse preparando per risorgere e sferrare l’attacco peggiore di tutti i tempi. Eppure, non era ancora accaduto. Di conseguenza, la principessa non comprendeva per quale motivo dovesse sacrificare la sua felicità per un’alleanza politica discutibilmente utile.
Comunque, non era questo ciò che aveva colto dalle parole di Mark.
-E quindi vuoi lasciarmi?
Lui sospirò, sorprendendosi di quanto la fanciulla fosse perspicace. Sebbene desiderasse tenerla con se per il resto della vita, era giunta l’ora di lasciarla andare. A volte è necessario compiere dei sacrifici nei confronti delle persone che amiamo, nonostante ci feriscano in prima persona.
Non sarebbe amore, altrimenti.
-E’ arrivato il momento di guardare in faccia la realtà: apparteniamo a due mondi diversi. – Mark sapeva che per convincerla a desistere, doveva impuntarsi su una promessa che si erano scambiati tempo addietro: dopo essersi baciati per la prima volta, avevano stabilito che nessuna differenza sociale si sarebbe intromessa nella loro relazione. Così era stato, almeno fino a quella sera. – Tu sarai sempre la principessa di Melody ed io l’apprendista mago che a malapena riesce a fare un paio di incantesimi, senza ferire nessuno.
Trattenere le lacrime risultava ogni istante più complicato. Non voleva mostrarsi debole, ma sentiva che non c’era ritorno da ciò che le stava dicendo.
Lo avrebbe perso, senza poter combattere per lui.
Per il loro amore.
-Ma stai ferendo me, adesso.
Una lacrima le rigò il candido viso, e lei non si preoccupò di trattenerla. Vederla così fu troppo per Mark: desiderava che fosse felice, ed era evidente che con lui non potesse esserlo.
-Mi dispiace. Addio, mia signora.
Poi sparì, lasciandola sola nel buio.
All’improvviso,
presente e futuro coincidono.
Il mondo galoppa velocemente,
mentre noi rimaniamo immobili,
contemplando ciò che avremmo potuto avere,
che si trasforma in un ricordo sbiadito del passato.
 
Alfea
L’ufficio di Faragonda si era trasformato in un fortino di guerra, in quanto tutti tentavano di organizzare un piano che potesse contrastare la minaccia di Valtor. Le Winx, gli Specialisti, i professori, l’ispettrice Griselda e la preside si trovavano intorno alla scrivania di quest’ultima, discutendo animatamente per scegliere la soluzione migliore. Invece, Musa stava in disparte rispetto agli altri, poiché non riusciva a pensare in mezzo a quella confusione.
Lo stregone aveva concesso loro soltanto mezz’ora per comprendere quale fosse l’oggetto più prezioso nel college di Alfea, e consegnarglielo. Altrimenti, avrebbe distrutto la scuola.
Il tempo stava scorrendo inesorabilmente veloce e l’ansia iniziava a prendere il controllo nella mente dei presenti, in particolare in quella della fata novella, poiché non sapeva come si sarebbe conclusa la giornata.
-Il libro si intitola The Untold Stories, e contiene appunto storie mai raccontate. – stava parlando Faragonda, rivolgendosi a Winx e Specialisti, catturandone l’attenzione completa. Al contrario, Musa cercava di capire cosa volesse intendere l’anziana donna con ciò che le aveva detto in giardino. Forse, il panico dell’attacco l’aveva portata a straparlare. O almeno, alla ragazza dai capelli blu succedeva spesso. – Ma non è solo questo: correlati alle novelle ci sono degli incantesimi oscuri, che nemmeno il Mago più esperto potrebbe destreggiare. Di conseguenza, penso che Valtor voglia adoperarlo per distruggerci.
Quindi, erano impelagati in una trappola senza possibilità di fuga: nel peggiore dei casi, lo stregone avrebbe raso al suolo Alfea sotto i loro occhi, e nel migliore dei casi l’avrebbe fatto comunque, sebbene gli avessero consegnato l’oggetto più potente.
Se conosci il nemico, puoi sconfiggerlo.
Una delle tante frasi criptiche del nonno, che solo in quel momento cominciò ad acquisire un senso.
Lei non conosceva Valtor, ma gli altri sì.
Nel corso della sua vita aveva compreso a fatica, che in una squadra non c’è posto per l’io, perciò avrebbe dovuto riporre fiducia nei propri compagni, e sperare che non sarebbero morti.
-L’unica cosa che possiamo fare, è guadagnare tempo. – ammise la fata novella, e tutti si voltarono a guardarla. Inizialmente, si irrigidì alla vista di così tanti occhi su di lei. Eppure, chiunque avrebbe definito il suo panico insensato, in quanto si esibiva di fronte a molta gente con una disinvoltura invidiabile. Però, come affermava Musa, quando saliva su un palcoscenico si sentiva invincibile e una volta terminato lo spettacolo tornava ad essere poco più che una persona normale. – Dobbiamo recuperare il libro, ma al tempo stesso contrattaccare, per creare un diversivo. Come si svolgono di solito gli assalti di Valtor?
Non rivolse la domanda a nessuno in particolare, anche se si augurò  di ottenere una risposta. Il mese precedente non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi a elaborare piani di guerra, circondata da Fate, Specialisti e Maghi.
Infondo, la vita è strana.
-Generalmente, posiziona le Trix in prima linea, ed interviene nel momento che gli sembra più indicato per finire lui stesso la vittima. – a prendere la parola fu Tecna, la Fata della Tecnologia, con la quale non aveva avuto modo di conversare a lungo, durante la sua permanenza a Magix. La ragazza dai capelli fucsia teneva in mano uno strumento elettronico che Musa avrebbe definito un successore dell’iPad, dal quale fuoriusciva una mappa tridimensionale dell’intera scuola. Era curioso come la scienza tecnologica fosse a volte più evoluta rispetto alla Terra, mentre altre meno. – Cosa hai in mente?
In realtà, Musa non ne aveva idea.
O almeno, fino a quel momento.
Di sicuro, era certa di non voler affrontare nuovamente le Trix. Quelle tre la spaventavano. Eppure, desiderava ancora meno scontrarsi con Valtor, perché non si sentiva pronta per poter sostenere un combattimento.
Quindi, giunse all’unica conclusione possibile.
-Dobbiamo lavorare d’astuzia. – esordì lei, riflettendo su come esporre la sua ipotesi senza che risultasse ridicola. Avrebbe voluto cercare lo sguardo di Riven, però realizzò che lui poteva metterla in difficoltà e non lo fece. Anzi, proseguì sicura di se, dimostrandosi una leader più valida di quanto Bloom sarebbe mai stata. – Se Valtor schiera le pedine deboli in prima fila, noi dobbiamo fare esattamente il contrario.
Il caos divampò un’altra volta nella stanza, perché i presenti cominciarono a formulare le proprie opinioni sullo schieramento e per fortuna intervenne l’ispettrice Griselda a calmare le acque.
D’altra parte, lei insegnava Autodifesa.
Sebbene fosse mingherlina, sarebbe stata in grado di spaventare un drago, Musa ne era convinta.
-Zitti! – sbraitò, Fate e Specialisti sobbalzarono, e il silenzio calò all’istante. Si posizionò gli occhiali che indossava, e si preparò a comunicare il piano che avrebbero attuato, senza ulteriori repliche. – Le Winx e  gli Specialisti si occuperanno della difesa di Alfea, scontrandosi di conseguenza contro le Trix. Faragonda ed io cercheremo il libro in biblioteca.
La ragazza dai capelli blu impallidì alla decisione della professoressa, poiché si ricordò che da un paio di settimane anche lei era diventata un membro ufficiale del Winx Club. Tuttavia, non comprendeva quale aiuto potesse fornire in battaglia, essendo una fata alle prime armi.
Di conseguenza, fece ciò che nessuna allieva prima di lei aveva osato: contestare il provvedimento di Griselda.
-Sono la fata meno potente in questa stanza, potrei occuparmi io del libro. – suggerì, ignara della magia che custodiva nel suo corpo. Faragonda la osservò, desiderosa di raccontarle la verità, affinché venisse a conoscenza della propria grandezza. Però, stavano attraversando un momento di stallo, e una tale confessione l’avrebbe confusa ulteriormente. Perciò decise di aspettare, sebbene ormai quasi tutti i presenti fossero al corrente dei fatti.
La preside approvò con un cenno del capo, prima che l’ispettrice Griselda potesse rimproverarla per la sua insolenza.
-Non esiste che tu vada da sola, io vengo con te! – esclamò Riven, parlando per la prima volta dall’inizio di quella riunione. La ragazza dai capelli blu rimase piacevolmente stupita dalla sua determinazione, considerato ciò che le aveva detto la stessa mattina. Probabilmente, non avrebbe mai compreso lo Specialista.
-Oh mi fa piacere, sapere che ti unisci a noi. – lo canzonò lei, nonostante non riuscisse a nascondere il sorriso che le era apparso sul viso. Per quanto lo negasse, la rendeva felice il fatto che Riven l’accompagnasse anche in quella avventura. In qualche modo, lui le trasmetteva sicurezza.
-Non c’è più tempo, andate! – dichiarò Faragonda, spingendoli verso la porta, mentre gli altri si preparavano ad affrontare le Trix.
Musa lanciò un’ultima occhiata alla stanza, come se dovesse imprimere quell’immagine nella sua mente per ricordarla in futuro, e incontrò lo sguardo terrorizzato di Stella.
Non ebbe il tempo di fermarsi, ma anche se lo avesse avuto, non sarebbe stata in grado di confortarla. Infondo, era spaventata quanto lei.
Perciò si limitò a guardarla, mentre varcava la soglia, convincendosi  che l’avrebbe rivista una volta terminata quella follia.
 
La biblioteca risultò ancora più taciturna del solito, mentre Musa e Riven cercavano il libro nella sezione proibita, poiché la signorina Barbatea, la bibliotecaria, aveva suggerito loro di iniziare da lì.
Sebbene avesse deciso di aiutarla, non le aveva rivolto la parola da quando avevano lasciato l’ufficio di Faragonda, creando di conseguenza un silenzio imbarazzante.
Eppure, la ragazza dai capelli blu era una persona testarda, infatti tale aspetto aveva finito per rivelarsi un pregio o un difetto a seconda della situazione, e non avrebbe desistito prima di ottenere una risposta sensata da parte dello Specialista.
-Perché ti sei offerto volontario per accompagnarmi? – la voce della fata novella fu limpida e chiara, sembrò quasi annullare quell’incantesimo del silenzio che era calato sull’intera stanza. Riven si voltò, sorpreso, poiché la domanda gli risultava ovvia. – Mi pare di capire che volessi licenziarti.
Il ragazzo dai capelli color vinaccia alzò gli occhi al cielo, seccato, intanto che riponeva un libro sullo scaffale, perché non era quello che desideravano trovare.
Davvero non lo comprendeva?
Lo Specialista cominciò a chiedersi se fosse ancora lui ad attuare una vendetta nei suoi confronti, e non il contrario.
-Stiamo attraversando un momento di crisi, e ufficialmente sono ancora il tuo guerriero. – ammise, scendendo dalla scaletta sulla quale era salito per raggiungere il ripiano più alto. Poi, si scrollò la polvere che gli si era annidata tra le mani, e la guardò intensamente. – Quindi devo proteggerti, fine della storia.
Musa rimase scioccata dalla sua schiettezza, difatti inarcò le sopracciglia e strabuzzò gli occhi. Anche se, entrambi sapevano che nessuno avrebbe creduto a una giustificazione del genere.
In seguito, la ragazza dai capelli blu scelse di adoperare l’arma migliore per smorzare la tensione: il sarcasmo.
Durante la sua vita terrestre, prima di scoprire che fosse una fata, si era costruita un’armatura grazie all’ironia, nella quale amava nascondersi, per non permettere al mondo esterno di vedere le proprie debolezze. Inoltre, riteneva che fosse l’unico strumento difensivo che possedeva.
Se qualcuno le avesse raccontato la verità tempo addietro.
-Oh certo, non vorrei essere aggredita da qualche tomo. – lo canzonò scrollando le spalle, e facendo una smorfia con la bocca, perché voleva infastidirlo. In realtà, il sarcasmo le serviva anche a mascherare la paura, come in quel momento. Tuttavia, lo Specialista non poteva capirlo, perché era impantanato nella sua ragnatela di orgoglio. L’astio provato nei confronti del ragazzo dai capelli color vinaccia fu messo per un istante da parte, poiché nello scaffale in basso a sinistra, Musa vide il libro. – Riven, l’ho trovato! Possiamo salvare Alfea!
L’euforia li travolse entrambi, facendo dimenticare loro il mondo esterno, infatti la fata novella cominciò a saltare su se stessa, tenendo in una mano il volume, e  trascinando con l’altra un riluttante Riven.
-O forse, potete cadere con lei.
La gioia provata qualche istante prima cessò improvvisamente, quando ruotarono il capo e riconobbero a chi apparteneva quella voce.
Valtor.
Melody
La pioggia scendeva dolcemente, appannando le finestre del Castello della Nota. Erano trascorsi alcuni mesi da quel fatidico Ballo, quindi le nozze della principessa Wa-nin si avvicinavano sempre di più.
In effetti, si sarebbero tenute il giorno seguente.
La giovane donna aveva lo sguardo triste, assente e rivolto verso l’esterno, come se avesse voluto cogliere ogni goccia di quel terribile temporale.
Nel frattempo, il Re le stava parlando, ma lei era troppo presa dai suoi pensieri per potergli rispondere. Da quando Mark l’aveva lasciata, si sentiva bloccata in una bolla di sapone. Il resto del mondo si muoveva così rapidamente che lei non riusciva a raggiungerlo.
Di conseguenza, l’unica via fuga da ciò che la circondava fu quella di chiudersi in se stessa. Aveva eretto un muro, per tenere lontano tutti coloro che l’avevano fatta soffrire, e l’aveva tramutato nella sua armatura impenetrabile.
Inoltre, in preda alla disperazione, si era tagliata i suoi lunghi e setosi capelli. Mark li adorava, per cui aveva stabilito che se non poteva toccarli lui, nessun altro l’avrebbe fatto. Al momento, portava un caschetto spettinato, il quale sarebbe stato impossibile da acconciare per il matrimonio.
Forse, era proprio l’obiettivo della principessa.
Non poteva ribellarsi in alcun modo al sistema, e, sebbene avesse accettato di sposare Ho-boè, il principe degli Usignoli, in cuor suo sapeva di essersi soltanto sottomessa al volere del padre.
Quindi, quello era il solo modo che aveva trovato per vendicarsi.
-Spero tu comprenda il valore di questa unione, Wa-nin. I nostri regni stringeranno una solida alleanza, così da fronteggiare insieme le forze del male. – la principessa interruppe l’ascolto, poiché il Re le aveva fatto quel discorso innumerevoli volte, dal momento in cui si era fidanzata ufficialmente. Si vociferava che l’oscurità fosse in procinto di attaccare l’intera Dimensione Magica, e ogni Pianeta stava riponendo le proprie difese. Lei non credeva alle dicerie, come non credeva alle unioni puramente a scopo politico.
Aveva bisogno di fatti, non di false speranze.
-Wa-nin, mi stai ascoltando? – domandò seccato il sovrano di Melody. Si era abituato alla ribellione silenziosa che la figlia gli stava aizzando contro, ma non l’avrebbe sopportata oltre. Doveva capire che quel matrimonio faceva parte di un puzzle molto più grande, e, di conseguenza, smettere di comportarsi come una ragazzina capricciosa.
-No, padre. – ammise, proferendo parola finalmente. Incrociò le braccia al petto, e si sedette diritta sulla poltrona della toletta, guardandolo fisso negli occhi. – Non mi interessa sentire per l’ennesima volta il discorso che preannuncia il mio futuro. Tanto, l’unica a rimetterci sarò io.
Il Re inarcò le sopracciglia e spalancò la bocca, stufo dell’insolenza della figlia. Strinse i pugni, ma percepiva che la collera non sarebbe rimasta dormiente a lungo.
Infatti così fu.
-Non osare rivolgerti a me in questo modo, signorina! – sbottò furioso, puntandole contro un dito. Wa-nin non proferiva una frase di senso compiuto nei confronti del padre dalla notte del Ballo, però se quello era tutto ciò che aveva da dire, allora lui avrebbe reagito di conseguenza. Ormai non era più tempo di sermoni e risposte a monosillabo. – Domani attraverserai la navata, sposerai il principe, e lo farai con un sorriso stampato in faccia! E’ così che deve essere, così è stato deciso.
Le urla del Re provocarono finalmente una reazione nella principessa, la quale si alzò di scatto, allontanando la poltrona dalla toletta e preparandosi a ribattere.
Lei era consapevole del fatto che non potesse cambiare la propria situazione, ma il padre doveva sapere quello che pensava, affinché convivesse con un tale fardello per il resto dei suoi giorni.
-Immagino che sia stato facile per la mamma, sposare uno come te. – rifletté la fanciulla, mostrando un sorriso falso. Wa-nin detestava discutere. Piuttosto faceva commenti ironici, a discapito dell’altro interlocutore. Come in quel caso. Sua madre era deceduta mentre la dava alla luce, causando una profonda ferita in entrambi, che non si sarebbe mai risanata davvero. – Pensa che sollievo deve aver provato, quando è morta e ti ha lasciato.
Se Musa avesse assistito a quella scena, probabilmente non avrebbe riconosciuto suo nonno. Infatti, quest’ultimo, accecato dalla rabbia, colpì sua figlia in pieno viso con uno schiaffo.
Wa-nin indietreggiò, spaventata, tenendosi la guancia dolorante. Si chiese in quale modo il potere l’avrebbe influenzata, spingendola a cambiare, come era accaduto al Re.
Al momento lei non poteva immaginarlo, ma governare un regno l’avrebbe portata a scoprire lati oscuri di se stessa, che non credeva esistessero.
-Spero che per domani avrai imparato a tenere a freno la lingua. – le puntò nuovamente un dito contro, e la principessa si pentì di essere stata così arrogante. In un universo maschilista, in che modo pensava di riuscire a fare la differenza? – Hai tutta la notte per rifletterci, sogni d’oro.
Poi, uscì dalla stanza a grandi passi, sbattendo la porta.
Come di consueto, Wa-nin udì la chiave rigirarsi nella serratura, affinché non potesse scappare, e si sentì ancora una volta chiusa in gabbia.
La caduta di un fulmine la distrasse, facendola sobbalzare, e, quando si voltò per andare a chiudere la finestra, si ritrovò davanti l’amore della sua vita.
Mark.
Nei mesi precedenti aveva desiderato ardentemente rivederlo, anche solo per un istante, così che la sua immagine non sparisse nel dimenticatoio della memoria. Dopo ciò che si erano detti al Ballo, lei temeva che l’avesse abbandonata e che non si sarebbero incontrati mai più.
Invece adesso si trovava lì, in piedi di fronte a lei.
Doveva pur significare qualcosa.
-Ti sono mancato? – le chiese, adoperando il solito tono malizioso, che Wa-nin adorava. Infatti, sorrise. Rispetto all’ultima volta che l’aveva visto, era cambiato: indossava vestiti eleganti, aveva sicuramente lavorato sulla massa muscolare, e i suoi capelli erano più lunghi. 
Non assomigliava all’apprendista mago che aveva imparato a conoscere, ed in seguito ad amare. Sembrava sicuro di se stesso, e, quando lo osservò a fondo, notò un alone di malvagità intorno alla sua aura magica.
La principessa capì che non si trattava di una visita di cortesia, perciò decise di indagare, nonostante quell’oscurità l’attirasse molto.  
-Perché sei tornato, Mark? – domandò decisa, senza mai distogliere lo sguardo dal suo incantevole volto, con il fine di memorizzare ogni minimo particolare. Nemmeno lui riuscì a interrompere il contatto visivo, perché dopo averla rivista, gli sembrò di essere tornato a respirare in seguito ad una lunga apnea.
Nel periodo in cui erano stati lontani, Mark aveva viaggiato in svariate dimensioni dell’universo magico, migliorando le abilità magiche, e scoprendo nuove fonti di potere. Indubbiamente, si era avvicinato alle forze oscure, sebbene non avesse ancora stabilito quale fosse il suo schieramento.
Forse, era andato a cercarla per scoprirlo.
-Sono qui per avvertirti. – annunciò, e stava dicendo la verità. Sin dal loro primo incontro, Wa-nin gli aveva fatto desiderare di essere una persona migliore. Lui sperò di poter ancora aspirare a diventarlo, sebbene le azioni losche e meschine che aveva compiuto di recente. – Presto scoppierà una guerra, ed io non potrò proteggerti. A meno che tu non venga con me.
La fanciulla si domandò cosa avesse combinato, per confidarle tale informazione. Non che le importasse eccessivamente, in quanto l’apprendista mago aveva deciso di avvisare proprio lei, tra tutte le persone presenti sulla Dimensione Magica.
Non suo padre, bensì lei.
L’aveva sempre messa al primo posto, anche quando l’aveva lasciata andare, pensando che potesse trovare la felicità con qualcun altro.
Il problema era proprio questo: Wa-nin non avrebbe mai amato così tanto un uomo, come aveva amato Mark.
Loro si appartenevano, e sarebbe stato così anche in futuro, nonostante non potessero stare insieme.
Infatti, la dura realtà interruppe le sue fantasie con il lieto fine.
-Mark, io vorrei scappare con te, ma devo sposarmi domani. – quella notizia colpì il ragazzo, come se lo avessero aggredito fisicamente. Il suo sguardo si posò sull’abito bianco appeso ad un’anta dell’armadio, e se la immaginò all’altare: sarebbe stata la più bella delle spose. Purtroppo, alla fine della navata non avrebbe trovato lui ad aspettarla.
Nemmeno per la principessa fu semplice pronunciare quelle parole, perché infondo erano trascorsi mesi, ma la situazione non aveva accennato ad un cambiamento. Eppure, lei si sentiva diversa nel profondo, e percepì lo stesso nell’animo tormentato di Mark.
-Beh, allora credo che non abbiamo più nulla da dirci. – concluse mesto, avviandosi a testa bassa verso la finestra ancora aperta. Non aveva grandi aspettative, ma una piccola parte di lui, quella buona, sperava che lei accettasse. Adesso, era in grado di difenderla da chiunque, e se fossero fuggiti insieme, l’avrebbe fatto. Le avrebbe dimostrato che il confine tra bene e male non è così definito.
-Mark, aspetta! – esclamò, un attimo prima che sparisse nelle tenebre, e lui interruppe l’incantesimo del teletrasporto. E’ vero, non poteva abbandonare la sua vita a corte e seguirlo nell’ignoto, ma non voleva che la loro storia terminasse in quella maniera. Non voleva ricordarlo sulla soglia della finestra, con un espressione triste e delusa dipinta in volto. – C’è qualcosa che puoi fare per me.
Non furono necessarie ulteriori parole, poiché Mark si voltò, camminò a grandi passi verso di lei, e annullò la distanza che li separava, stampandole un bacio sulle labbra. Inizialmente, fu uno di quei baci dolci, un misto di tristezza e malinconia, perché consapevoli che sarebbe stato l’ultimo.
Eppure, quando si staccarono, avevano ancora voglia l’una dell’altro. Infatti, Wa-nin gli cinse il collo con le mani, e riprese a baciarlo, stavolta con desiderio. Lui comprese le sue intenzioni, perciò le fasciò i fianchi e l’avvicinò a se, affinché non ci fossero barriere tra i loro corpi.
Solo i vestiti.
Le lingue si incontrarono in una danza passionale, che si interruppe soltanto per permettere ai due di riprendere fiato. Allora la principessa si sfilò lentamente la vestaglia viola che indossava, e la fece cadere sul pavimento, rimanendo con una camicia da notte bianca, la quale lasciava poco spazio all’immaginazione. Mark si slacciò i bottoni della camicia, che ben presto andò a fare compagnia alla vestaglia.
Lei ammirò il suo petto possente e vi appoggiò le mani, mentre riprese a baciare l’apprendista mago in maniera delicata, con il fine di eccitarlo ulteriormente. Mark decise di prendere il controllo della situazione, perché la desiderava da così tanto tempo e non avrebbe aspettato un solo secondo in più per farla sua. La prese in braccio e la portò a letto, per poi posizionarsi sopra di lei e cominciare a baciarle il collo. Le era sempre piaciuto, anche quando non si spingevano oltre una buona pomiciata.
Quella notte non sarebbe stato così.
La principessa cadde in balia del piacere, mentre lui si occupava della sua gola, e lei passava le mani nei lunghi capelli biondi. Wa-nin desiderava che la vedesse per intero, perciò non appena lui allontanò le labbra dal punto in cui si sarebbe ritrovata un succhiotto più tardi, si tolse la camicia da notte, rimanendo completamente nuda.
Mark aveva sempre affermato che fosse bellissima, ma dopo averla vista in quel frangente, capì che i vestiti non le rendevano affatto giustizia. Prese a baciarle i seni, mentre lei percepiva un rigonfiamento nei pantaloni che ancora indossava.
Quando giunse all’inguine, le fece un servizio con la lingua che difficilmente avrebbe dimenticato. Gemiti di piacere uscirono dalla bocca della principessa, ma non era abbastanza.
Voleva che gridasse il suo nome.
Di conseguenza, si sfilò i pantaloni, rivelando un’erezione gonfia e desiderosa di unirsi alla sua vagina.
Wa-nin gli cinse i fianchi con le caviglie, con il fine di invitarlo a penetrarla e farle raggiungere il massimo del piacere.
Poi, avvenne.
Il dolore durò solo un istante, poiché fu sostituito da una sensazione mai provata prima. In quel momento, così vicini, lei si sentì invincibile e pensò di poter toccare il cielo con un dito.
Urlò il suo nome più volte quella notte, non curandosi che qualcuno potesse ascoltarli, perché stava facendo l’amore con l’uomo che amava.
Questo le bastava.
 
Alfea
Il primo pensiero di Musa fu quello di scappare e cercare aiuto. Se non l’avesse fatto, era certa che sarebbe morta nel giro di dieci secondi, per cui decise di non lasciare nulla di intentato.
Purtroppo, la stanza era sigillata da una barriera invisibile, innalzata da Valtor, col fine di impedirle di fuggire. Infatti, sebbene la colpì ripetutamente con dei pugni, non riuscì ad abbatterla, e si costrinse a desistere. Preferì conservare le proprie energie per un combattimento sempre più prossimo.
-Mi dispiace, non sarà così semplice. – si scusò lo stregone, sorridendo sornione e incrociando le braccia al petto, divertito dai tentativi fallimentari della fata novella. Lei fece un respiro profondo, raccolse il coraggio nascosto dentro di se, e concluse che, se era destino che lei dovesse morire, l’avrebbe fatto lottando fino alla fine.
Quindi, si girò e lo squadrò con l’aria più minacciosa che riuscì a trovare. Nel frattempo, Riven aveva sguainato la scimitarra.
-Oh puoi scommetterci. – lo sfidò, socchiudendo gli occhi, con fare intimidatorio. Anche se, serviva ben altro per spaventare Valtor. Afferrò il volume che le era caduto durante la sua fuga repentina, e lo indicò. – Vuoi questo libro? Allora dovrai passare sul mio cadavere, Magic Winx!
Si trattava solo della seconda volta in cui Musa attivava la trasformazione in battaglia, e durante la prima non era accaduto nemmeno per sua scelta.
Ma questo lei non lo sapeva.
Un fascio di luce l’avvolse, e negli istanti che seguirono avvenne il cambio d’abito, infatti si ritrovò il solito vestitino rosso ricoperto di brillantini, abbinato agli stivali alti, le cuffie sui toni del rosa e le ali da libellula. I lunghi capelli blu erano sempre raccolti in un paio di codini.
La fata novella atterrò al fianco dello Specialista, il quale pensò quanto fosse incantevole nella sua vera forma, anche se evitò di soffermarcisi a lungo, per concentrarsi sull’imminente scontro. Gli studenti di Fonterossa erano abituati sin dal primo anno a battersi per la propria vita, però, osservando Valtor, nemmeno un combattente esperto come lui poteva prevedere l’esito del duello.
Musa assunse una posizione difensiva, osservando il nemico per comprendere quale fosse il momento indicato per attaccare.
-Come ho fatto a non capirlo subito, sei la figlia di Wa-nin. – lo stregone stava temporeggiando, era chiaro. Al corso di Autodifesa con Griselda aveva imparato che ci sono due tipi di attacco: quello fisico e quello mentale. Naturalmente, lui stava utilizzando il secondo e da ciò che le aveva detto Tecna sul suo conto, non ne rimase affatto sorpresa. Eppure, quando pronunciò il nome della madre, Musa vacillò. Cosa c’entrava con tutta questa storia? – Caspita, siete proprio due gocce d’acqua.
La ragazza dai capelli blu non aveva mai parlato a Riven della sua famiglia, ad eccezione del nonno, e sebbene lui non cogliesse l’affermazione di Valtor, capì dall’espressione turbata di Musa quanto tale argomento la mettesse in difficoltà. Di conseguenza, era evidente perché lo stregone l’avesse scelto per torturare la vittima del giorno.
-Perché conosci il nome di mia madre? Lei non era una fata! – esclamò convinta, serrando i pugni. Detestava che qualcuno la nominasse invano, poiché aveva pochissimi ricordi che la riguardavano, senza considerare i flashback che aveva avuto negli ultimi tempi e a cui non voleva pensare.
Valtor rise di gusto, e la fata novella non capì se avesse trovato dell’ilarità in ciò che aveva detto, o se fosse solo uno squilibrato.
Probabilmente tutti e due.
-Ti sorprenderebbe scoprire la verità. – confessò, tornando all’improvviso serio. Infatti, la guardò fisso negli occhi, e Musa sentì come se potesse attraversarla e conoscere i suoi segreti più intimi. – Quel libro? Non rientra tra i miei interessi primari. In realtà, mi trovo qui perché entrambi veniate a conoscenza di una storia mai raccontata.
Musa e Riven si guardarono, aggrottando le sopracciglia e non capendo dove volesse andare a parare lo stregone.
Poi, Valtor schioccò le dita, apparve una sfera volante e tutto divenne chiaro.
Al suo interno si susseguirono spezzoni di una vita passata, che la fata novella non riconosceva come propria, in cui lei era una principessa e si aggirava nel Castello della Nota, insieme a sua madre, Wa-nin. Basandosi su ciò che vedeva, avrà avuto all’incirca cinque anni.
In seguito l’immagine cambiò, mostrando il Pianeta di Melody dilaniato dalla Guerra Oscura, scatenata dalle Tre Streghe Antenate: morte, sangue e distruzione stavano prendendo il sopravvento. Quindi, la regina, seguendo il suggerimento del suo consigliere, aveva deciso di travasare l’intero potere del regno all’interno del corpo di Musa.
La scena successiva fu terribile, poiché conteneva la Cerimonia del Trasferimento, in cui sua madre aveva perso la vita. Si trovavano sulla Piazza Principale del reame, e Musa poté osservare come ogni abitante collassasse mentre Wa-nin eseguiva l’incantesimo, fin quando a morire non fu proprio lei.
Una lacrima rigò una guancia della fata novella, la quale, nonostante non credesse a quanto aveva appena visto, non poté evitare di rivivere il dolore provato quando il nonno le aveva spiegato che i suoi genitori non sarebbero mai tornati a casa.
Infine, vide la sua fuga sulla Terra insieme al nonno, avvenuta grazie a una versione bambino di Riven, il quale l’aveva trovata in piazza, sconvolta, e l’aveva condotta a una navicella di Fonterossa, rischiando la vita.
-Non ti credo, queste immagini sono false. – decretò, sperando vivamente che la sua voce risultasse ferma e non spezzata dal pianto. Riven stava provando lo stesso tipo di shock, dato che non ricordava assolutamente nulla di ciò che Valtor aveva appena mostrato loro. – I miei genitori sono morti in un incidente d’auto, quando avevo solo cinque anni.
Adesso lo Specialista comprese perché non gliel’avesse mai detto: che quelle immagini fossero vere o meno, Musa era un’orfana, proprio come lui.
Avrebbe voluto confortarla, rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, ma sapeva che non era così.
Quell’esperienza li avrebbe cambiati entrambi inevitabilmente, sempre se fossero sopravvissuti.
-Non permettere ai tuoi falsi ricordi umani di offuscarti la mente. – la ammonì lo stregone, prendendosi una confidenza che non meritava. Musa sciolse i pugni, pensando a ciò che le aveva mostrato, che in qualche assurda maniera cominciava lentamente ad acquisire un senso nella sua mente. Anche se, la parte razionale e terrestre si rifiutava di accettarlo. – Come spiegheresti la presenza del tuo amico, Riven, giusto? So perfettamente che entrambi avete avuto dei flashback sul vostro passato. Eccovi fornita la spiegazione.
La fata novella e lo Specialista incrociarono i loro sguardi, sorpresi che fosse accaduto anche all’altro e al tempo stesso delusi per non essersi confidati. Un sorriso mesto comparve sul candido viso della ragazza dai capelli blu, che però non riuscì a provare gioia in tale circostanza.
-Ammesso che sia vero, perché ti sei disturbato di venire fino a qui per dirmelo?
Musa iniziò a credere che l’attacco ad Alfea fosse soltanto una scusa per parlarle e rovinarle il castello di carte in cui aveva sempre vissuto. Tuttavia, lei era ostinata e adesso pretendeva delle risposte.
-Ti sto offrendo la possibilità di scegliere il lato vincente. – le propose in maniera allettante, porgendole una mano che ritrasse repentinamente, in seguito ai suoi sguardi minacciosi, e poiché si stava preparando a mostrarle un’altra serie di flashback. – Infondo, noi ci siamo già incontrati. A Melody, ricordi?
Una seconda sfera volante comparve dal nulla, mostrandole il ricordo che le era venuto in mente incontrando Riven ad Alfea, durante il suo primo giorno di scuola. Durante la loro fuga verso la navicella, avevano incontrato un uomo che Musa conosceva e si trattava proprio di Valtor.
La fata novella fu scossa da una forte sensazione di nausea, quando finalmente vide il quadro generale: lo stregone era il consigliere della regina, le aveva suggerito di eseguire l’Incantesimo di Trasferimento con il fine di impossessarsi dei suoi poteri.
Poteri che non sapeva ancora gestire, tra l’altro.
Per fortuna, grazie a Riven non accadde.
-Tu sei pazzo se pensi che mi alleerò con te.
Nonostante la confusione generale, l’unica certezza a cui si appigliava era che quell’uomo fosse uno squilibrato e non l’avrebbe aiutato neanche morta.  
-Preferisci restare con le persone che ti hanno mentito, cancellato la memoria, e messa in pericolo, non rivelandoti la verità sui tuoi poteri?
In realtà, Musa non aveva pensato all’altro lato della faccenda, però evitò di giungere a conclusioni affrettate e focalizzò il suo odio nei confronti di quel folle bipolare.
Allora Riven intervenne, perché la ragazza dai capelli blu non ce l’avrebbe fatta da sola, e lui doveva fornirle tutto il sostegno possibile. Infondo, quelle rivelazioni erano state una grossa sorpresa anche per lui, e forse insieme avrebbero evitato di impazzire.
-Perché dovrebbe credere alle tue parole? – sbottò, adoperando il solito tono acido che lo contraddistingueva, e Musa rimase piacevolmente sorpresa nel vederlo prendere le sue difese. Infatti, sorrise di sfuggita. – Infondo, tutto questo potrebbe rivelarsi una gigantesca bugia.
Sebbene entrambi dovettero ammettere che si trattava della verità, ormai le prove erano schiaccianti.
Valtor sospirò con fare solenne, sembrando quasi infastidito da tale insinuazione, e prese a camminare per la stanza, con le mani dietro la schiena.
-Ho sempre odiato voi Specialisti, e il vostro comportamento arrogante. – lo stregone finse di leggere i titoli sulle costine dei libri, mentre proseguiva con la sua opinione distorta della realtà, evitando il contatto visivo. O almeno, fino a un certo punto del discorso. – Puoi anche non credermi, ma la tua memoria muscolare lo farà. Hai una cicatrice sul petto, vicino al cuore, di cui non ricordi la provenienza. E se riprendesse a sanguinare, proprio adesso?
Valtor gli rivolse uno sguardo penetrante, e Riven cominciò a massaggiarsi il petto dolorante. Di conseguenza, Musa scattò e senza ragionare lanciò contro il nemico un’Onda Sonica, che lui neutralizzò senza troppe difficoltà.
-Tu non oserai. – ringhiò, pronta a battersi da sola se fosse stato necessario. Non avrebbe permesso a quel maniaco di ferire Riven.
Comunque, mentre lo Specialista tentava di mantenere il proprio respiro regolare, lei aveva compreso come doveva essersi procurato quella ferita.
O meglio, chi gliel’aveva inflitta.
Era stato Valtor, quando li aveva incontrati durante la loro fuga in direzione della navicella anni orsono. Quindi, fu finalmente chiara la sensazione di dejà - vu che aveva provato in seguito allo scontro con le Trix a Magix, dopo aver rianimato lo Specialista.
-Invece oso. Nel mio specchio magico ho molti ricordi anche del tuo amichetto.
Una terza sfera apparve mostrando una versione più giovane di Stella, la quale aveva assunto la sua trasformazione base, e stava combattendo contro Icy, Darcy e Stormy.  
Sembrava esausta, eppure non si dava per vinta.
Musa sorrise fiera, perché sapeva che la sua mentore fosse una tosta.
Nel frattempo, Riven aveva iniziato a sanguinare, lo si poteva evincere dalla sua tuta macchiata, ma, prima di accasciarsi al suolo, realizzò di quale ricordo si trattasse e non voleva per nessuna ragione al mondo che la fata novella ne venisse a conoscenza.
Quella vicenda non si era conclusa bene.
Per cui, in un momento di distrazione dello stregone, lanciò la sua scimitarra sulla sfera, che stranamente si dissolse nel nulla.
Poi crollò a terra, semisvenuto.
-Riven! – gridò terrorizzata la ragazza dai capelli blu. Fino a quel momento, non aveva compreso quanto fosse grave la ferita dello Specialista, ma, quando si inginocchiò al suo capezzale per tamponare l’emorragia, si ritrovò ben presto impantanata in una pozza di sangue. Ce n’era troppo e non sapeva quanto ancora potesse resistere senza una trasfusione.
Tentò invano di restare lucida, però le lacrime le inondarono il volto, offuscandole la vista e i pensieri, poiché la possibilità di perderlo diventava ogni secondo più concreta.
Lui non doveva morire.
Non ora che entrambi ricordavano.
Aveva ancora così tante storie da raccontargli, e soprattutto non poteva morire pensando che lei lo odiasse, quando non era affatto così.
-La lotta tra il bene e il male affligge il mondo da secoli, Musa. – riprese a parlare lo stregone, mentre Riven impallidiva ogni secondo di più, sebbene la ragazza dai capelli blu si sforzasse di non ascoltarlo. Ne aveva abbastanza della sua voce tagliente. – E’ come una partita a scacchi: lenta, sofferta, complessa. Ma, alla fine, c’è un solo vincitore e quello sarò io.
Nonostante avesse pianto, cercò di rivolgergli l’espressione più minacciosa che conosceva. Non gli avrebbe concesso la soddisfazione di avere l’ultima parola.
-Nei tuoi sogni, forse.
Allora lo stregone mostrò finalmente la sua natura: quella di un mostro inquietante. Infatti, Musa intravide una luce rossa nei suoi occhi, che la fece rabbrividire.
-Ti ribadisco il concetto: io mangerò ogni pedina del tuo esercito, fin quando non giungerò al re per fare scacco matto! Allora saprai che il grande stregone Valtor ha trionfato, spegnendo ogni luce della Dimensione Magica.
In seguito, così com’era apparso, scomparve, con la tacita promessa di tornare e vendicarsi.
Ciò che accadde dopo, Musa lo ricordava in maniera poco nitida, poiché avvenne troppo velocemente.
All’improvviso, una dozzina di Specialisti invase la stanza, riponendo Riven su una barella e allontanandolo da lei, senza che potesse spiegare la situazione. Quindi si ritrovò tra le braccia di Stella, la quale era ancora in forma Enchantix, che la strinse a se mentre piangeva, sfogando così la tensione provata fino a qualche istante prima.
Tuttavia, quando arrivò Faragonda, Musa si allontanò dalla sua mentore e rivolse all’anziana donna delle parole, di cui più tardi si sarebbe pentita.
-Non sarò la vostra fottuta protagonista, è chiaro?!  
Poi varcò la soglia, dirigendosi verso la propria stanza, per lavare via il sangue di Riven che le ricopriva gran parte del corpo.
La sera
Bloom rientrò nella sua stanza esausta, dopo aver contribuito alla ricostruzione della scuola, frammentatasi in diverse aree a causa dell’attacco di Valtor. Quando varcò la soglia, rimase delusa nel non trovare Aisha sdraiata sul suo letto, intenta a studiare o ad ascoltare la musica.
Era stata una giornata lunga e faticosa per tutti, e la fata della Fiamma del Drago aveva ingenuamente pensato che la notizia dell’assedio fosse giunta anche nel Pianeta più remoto della Dimensione Magica, spingendo di conseguenza Aisha a tornare.
In quelle due settimane aveva iniziato ad abituarsi all’assenza della principessa di Andros, eppure le mancava da morire la quotidianità che ormai condividevano da oltre un anno. Le mancava chiacchierare fino a tarda notte, dormire abbracciate, tranquillizzarla una volta terminati gli incubi, e sì le mancava persino svegliarsi con il frastuono dei suoi allenamenti.
Eppure, Flora aveva ragione: la fata dei Fluidi era orgogliosa, e si sarebbe fatta viva al momento ritenuto da lei opportuno per affrontare la situazione a testa alta.
Infondo, Bloom la conosceva e sin da subito aveva intuito che, sebbene si mostrasse forte di fronte agli altri, era una persona fragile.
Tuttavia, durante la loro lontananza aveva avuto il tempo di riflettere su quanto si erano dette alla festa di Stella, e l’assalto di quella giornata l’aveva portata ad una conclusione.
Quindi, prese il telefono per lasciarle un ultimo messaggio.
-Ciao, lo so che non mi hai richiamata, e anche adesso sta rispondendo la segreteria, perciò deduco che tu non voglia parlarmi. – stava temporeggiando, poiché non era mai stata capace di esprimere i propri sentimenti. Sky le aveva reso tutto semplice, perché praticamente erano cresciuti insieme, quindi non furono necessarie molte parole per capire che si piacessero. Fece un respiro profondo, e tentò di rivolgersi a lei con il cuore in mano. – Avevi ragione tu, su ogni cosa. Io non so quello che voglio, ma oggi ad Alfea c’è stato l’ennesimo attacco e per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a te, e sperare che fossi al sicuro.
La principessa di Domino girò il capo in direzione di una parete, sulla quale era appesa una lavagnetta di sughero che conteneva foto di lei e Aisha. In particolare, si soffermò su una fotografia che avevano scattato durante la festa di fine corso del secondo anno, in cui sorridevano spensierate perché avevano appena sconfitto Lord Darkar. Inoltre, quella sera avevano fatto l’amore per la prima volta.
-Questo è un luogo in cui accadono fatti terribili, perciò avevi ragione ad andare via, probabilmente ti eviti una tragedia. Però guarda me, praticamente sono cresciuta qui. – il college di Alfea era stato una seconda casa per lei ancora prima di diventarne una studentessa. Infatti, i suoi genitori frequentavano spesso la scuola per via di Faragonda, perché erano stati membri della Compagnia della Luce, sconfiggendo le Tre Streghe Antenate. – Forse, questo mi ha fatto del male, cambiandomi in maniera radicale, tanto che non lo supererò mai.
Infondo, da quando si era iscritta lì, aveva dovuto affrontare la minaccia delle Trix, di Lord Darkar ed infine di Valtor. Qualunque persona sana di mente, avrebbe tagliato la corda.
Ma non Bloom.
-Tuttavia, ho un sacco di ricordi che mi legano a Magix: questo è il luogo in cui mi sono innamorata, in cui ho trovato le mie migliori amiche, è qui che ho imparato ad essere una fata. – sebbene spesso e volentieri si comportasse come una principessa arrogante, era infinitamente grata per ciò che aveva ricevuto da Alfea e le persone che la circondavano. Lo sarebbe sempre stata. – E’ il luogo in cui ho conosciuto te.
Pronunciò decisa quella frase, affinché la fata dei Fluidi comprendesse la sua importanza. Sin dal loro primo incontro, Aisha l’aveva spinta contro i propri limiti, spronandola ad essere migliore, comprendendola come nessuno aveva mai fatto.
Non si trattava solo di sesso, lei l’amava.
Si maledì per averlo capito troppo tardi.
-Quindi, credo di aver vissuto tanto quanto sono sopravvissuta. Dipende da come la guardi, io scelgo di vederla così e di ricordarti così. – Bloom riprese fiato, cosciente del fatto che forse avrebbe dovuto supplicarla di tornare e non riempirle la casella telefonica con un discorso criptico. Però, aveva tentato di convincerla innumerevoli volte in quelle due settimane, senza ottenere risposta. Di conseguenza, dedusse che Aisha avesse bisogno di ascoltare altre parole. – Spero che tu stia bene, ciao.
Attaccò il telefono un attimo prima di udire il “bip”, che l’avvisava che il suo tempo era scaduto. Poi, si diresse verso il bagno per rinfrescarsi, ignara del fatto che Aisha non avrebbe mai ricevuto quel messaggio, perché era prigioniera di Valtor.
Cambiare, migliorarsi, crescere,
pur rimanendo fedeli a se stessi.
Questo è il segreto.
 
Dopo aver cenato, Musa entrò a grandi passi nell’ufficio di Faragonda in cerca di risposte. Si era ripulita completamente dal sangue di Riven, nonostante ogni tanto controllasse le mani temendo di trovare altri residui.
-Non so se posso fidarmi di voi, ma ho bisogno che lei mi spieghi questo altrimenti impazzirò. – esordì, andandosi a sedere su una delle poltrone che si trovavano di fronte alla scrivania, e mostrando il foglio con la profezia alla preside.
L’anziana donna sobbalzò, sorpresa che quel pezzo di carta fosse sopravvissuto nel corso degli anni. Tuttavia, non la stupì che l’avesse trovato proprio lei.
-Arriverà da un pianeta lontano una ragazza dalla sinistra mano, il cui destino è salvare l’universo, nonostante il suo destino sia avverso. Dalle ceneri risorgerà, e il canto della fenice divamperà. – lesse ad alta voce la fata novella, non comprendendone il senso. Aveva intuito che potesse trattarsi di lei, ma, per non peccare d’arroganza, era giunta alla conclusione che fosse una coincidenza. Eppure, le immagini che Valtor le aveva rivelato continuavano a ronzarle in testa, suggerendole che quei versi nascondessero qualcosa di più. – Che significa?
Faragonda respirò a fondo, preparandosi a mettere tutte le carte in tavola.
Ormai non era più tempo di segreti e bugie.
In seguito a ciò che era accaduto, Musa meritava di sapere la verità, altrimenti non li avrebbe mai aiutati a sconfiggere il male.
-Allora, prima di tutto, devi sapere che quello che ti ha detto Valtor è vero. – le confessò mesta, poiché avrebbe preferito raccontarglielo in altre circostanze. La fata novella socchiuse gli occhi affranta, quando vide la sua ultima speranza sfumare all’orizzonte. Inizialmente, aveva pregato affinché la preside smentisse i farfugliamenti di quel pazzo bipolare, perché affrontare di nuovo la perdita dei genitori, il fatto di essere diversa, sarebbe stato troppo doloroso. – Sei la principessa di Melody, e ne contieni l’intero potere.
Adesso si spiegavano molte cose.
Per esempio, come fosse riuscita ad eseguire l’incantesimo di riflesso durante la lezione di Wizgiz il primo giorno di scuola, o come in seguito avesse rianimato Riven senza sapere il perché.
-Tua madre, la regina Wa-nin, è morta mentre eseguiva l’incantesimo. – udire quelle parole fu simile a ricevere una coltellata nel petto. Infatti, Musa emise un gemito, però si fece forza per trattenere le lacrime. Non si sarebbe perdonata, se fosse crollata. – Lei voleva concederti una seconda possibilità, quindi chiese aiuto alla Compagnia della Luce per salvarti dalle grinfie delle Tre Streghe Antenate. Saladin, Codatorta, Griffin ed io escogitammo un piano di salvataggio e, come hai visto, l’intervento di Riven fu sostanziale per la tua salvezza.
La ragazza dai capelli blu non si capacitava di ciò che Faragonda le stesse raccontando. Aveva sempre desiderato essere speciale, ma, in quel momento, si sentiva una specie protetta in via d’estinzione.
In quale modo una persona maldestra e smemorata come lei sarebbe stata in grado di gestire il potere di un intero Pianeta?
Non ne aveva idea, e ciò la spaventava, poiché era sempre stata razionale nel corso della sua vita umana.
Quando si prefissava un obiettivo, lo raggiungeva.
Ora si sentiva persa, non sapeva a cosa aggrapparsi.
-Quindi, il mio passato come si ricollega alla profezia? – domandò, prendendo finalmente coraggio, e interrompendo il discorso della donna, poiché non avrebbe tollerato rivivere quelle tragiche vicende. La fata novella guardò supplichevole la preside, la quale si intenerì e desiderò proteggerla, più di quanto non stesse già facendo. – Sono io, giusto? La ragazza di cui si parla.
Faragonda annuì.
Allora, ogni certezza di Musa crollò definitivamente e si sentì sospesa nel vuoto, mentre ripensava a un’esistenza pregna di bugie.
Tutta la sua vita era stata una menzogna, però si trovava ancora sotto shock per poter provare una qualunque emozione.
Avrebbe dovuto provare rabbia verso coloro che le avevano mentito, nascondendola sotto una campana di vetro, e impedito di sviluppare a pieno le proprie abilità magiche.
Avrebbe dovuto provare timore, perché non conosceva quello che il futuro aveva in serbo per lei.
Infine, avrebbe dovuto provare tristezza per la perdita dei genitori, di cui non ricordava quasi nulla.
-Tu sei la nostra unica speranza. – rispose avvilita, e Musa si stupì, poiché era certa che non l’avesse mai vista così demoralizzata. La donna anziana le prese una mano, e lei gliela lasciò stringere. – La fenice bianca, colei che trionferà sulle forze del male.  
Sebbene quell’avventura fosse cominciata in una maniera folle, e ciò che le stava proponendo la preside sembrava un suicidio, la ragazza dai capelli blu si convinse.
A differenza di Valtor, il quale voleva diventare il sommo stregone della Dimensione Magica, giustificando i mezzi loschi con l’obiettivo finale, Faragonda le aveva mentito per proteggerla.
L’aveva capito solo in quel momento, dopo aver ascoltato la sua versione dei fatti.
-Va bene, vi aiuterò. – concluse, rimanendo sulla difensiva, perché la preside non avrebbe recuperato subito la fiducia di Musa. Tuttavia, provò piacere nel vedere il sollievo dipinto sul volto di Faragonda. Poi, si alzò, dirigendosi verso la porta. Se affrontare l’oscurità rientrava nel suo destino, aveva bisogno di chiarirsi con una persona. – Adesso mi scusi, c’è una cosa che devo fare.
Fonterossa
Quando varcò la soglia dell’infermeria, Riven stava ancora dormendo. In altre circostanze, non le avrebbero concesso di vederlo, perché il coprifuoco era già passato da un pezzo.
Eppure, non si trattava di una situazione normale.
La fata novella richiuse lentamente la porta, poiché temeva di svegliarlo. Poi, si concesse un momento per contemplarlo, col fine di verificare quali fossero le sue condizioni: riposava beato in uno dei tanti letti presenti nella stanza, con le coperte rimboccate fino all’altezza della vita, poiché parte del petto era fasciata e Musa avrebbe giurato che al di sotto ci fossero dei punti, o il loro equivalente magico.
Spostò lo sguardo sul suo braccio sinistro, il quale era attaccato a una flebo, che ne rigenerava l’organismo attraverso una trasfusione di sangue. Il colorito della pelle stava pian piano tornando roseo, e i parametri vitali risultavano stabili.
Sospirò sollevata, perché se Riven fosse morto, niente avrebbe avuto più senso. L’unica nota positiva di quella tragica mattina era stata aver scoperto che condividevano lo stesso passato.
Il destino li aveva spinti a ritrovarsi, e, considerati gli ultimi avvenimenti, Musa dedusse che non fosse una semplice coincidenza.
In realtà, la ragazza dai capelli blu si era recata lì con l’intenzione di parlarci e spiegare il proprio comportamento da isterica. Però, vederlo sonnecchiare tranquillo, l’aveva portata alla conclusione che le sue scuse potessero aspettare il giorno seguente. Infatti, dopo essersi assicurata che stesse ancora dormendo, appoggiò una mano sulla maniglia della porta, preparandosi a sgattaiolare via silenziosamente.
Tuttavia, la voce dello Specialista non glielo permise.
-Musa, cosa ci fai qui? – domandò sorpreso, con la voce ancora impastata dal sonno. Ricordava alla perfezione cosa fosse accaduto, però rimase stupito nel trovare proprio lei al suo capezzale al momento del risveglio. Guardandosi intorno, capì di essere in infermeria e notò che la flebo con la sacca di sangue era quasi finita, infatti si sentiva molto meglio rispetto a quando l’avevano ricoverato. Anche il dolore al petto era diminuito, e sapeva che entro un paio di giorni si sarebbe rimesso completamente.
La fata novella si voltò, decisa a spiegarsi.
Ora o mai più.
-Sono venuta a scusarmi. – confessò spedita, senza ulteriori giri di parole. Musa aveva realizzato che, per sotterrare l’ascia di guerra, era necessario giungere a un compromesso. Di conseguenza, era andata a cercarlo, mettendo da parte l’orgoglio. – Sono venuta a scusarmi per come ti ho trattato al compleanno di Stella, perché ti ho urlato contro e non lo meritavi. Sono venuta a scusarmi per oggi, perché ho finto che non mi importasse quando invece non era così.
Riven accennò una risata, che smorzò la tensione, poiché non credeva alle proprie orecchie. La ragazza dai capelli blu sorrise nervosa, non comprendendo il motivo di quella reazione. Infondo, non c’era dell’ironia in ciò che aveva detto.
-Wow, mi fa piacere sapere che devo rischiare la vita per ottenere delle scuse. Me lo segno per la prossima volta. – mostrò il solito sorriso arrogante, che la spinse ad alzare gli occhi al cielo, sebbene avesse colto il suo sarcasmo. Lo Specialista aveva sempre la battuta pronta, però Musa capì da come la stava guardando, che l’avesse perdonata. – Per la cronaca, dispiace anche a me. Sono stato uno stupido, e ci ho fatto quasi uccidere entrambi.
La fata novella annuì, dato che non le era piaciuto affatto l’atteggiamento freddo e distante che le aveva riservato per tutto il giorno. Infatti, andò a sedersi sul letto di fronte a lui, senza aspettare che le desse il permesso.
Riven sussultò.
-Esatto, sono venuta a parlarti anche di questo. – aggiunse, puntandogli un dito contro che gli fece strabuzzare gli occhi, e lo vide persino più preoccupato di quando Valtor aveva riaperto la sua vecchia ferita. – Oggi non mi hai dato l’opportunità di esprimere la mia opinione, quindi ti comunico che rifiuto le tue dimissioni con effetto immediato.
Il ragazzo dai capelli color vinaccia distolse lo sguardo, perso nei ricordi. Lui non poteva proteggerla, però non riusciva a spiegarle il motivo.
Perché se l’avesse fatto, sarebbe cambiato tutto.
Riguardava una vicenda avvenuta due anni prima, che lo aveva distrutto, esortandolo a mettere in discussione i suoi principi.
-Mi dispiace, non posso farlo. Ho già vissuto questa situazione, e io… - lasciò la frase a metà, poiché, quando vide la speranza dipinta sul volto di Musa, la quale si aspettava una storia straordinaria con il lieto fine, si sentì tremendamente in colpa per ciò che era successo. Tuttavia, la fata novella non era un’ingenua e sospettava che si trattasse delle ultime immagini mostrate loro dallo stregone. – Mi dispiace, Musa.
Eppure, a lei non interessava.
Lo voleva al suo fianco, perché non ce l’avrebbe fatta ad affrontare ciò che l’aspettava. Altrimenti, l’aiuto che le aveva offerto, anni orsono a Melody, permettendole di salvarsi, sarebbe stato vano.
In una maniera del tutto inaspettata, lo Specialista stava diventando molto importante per Musa, facendole provare dei sentimenti che ancora non riusciva a spiegarsi.
-Non mi importa del tuo passato, Riven. Tutti commettono degli errori ed io credo, che non siano quelli a definirci. – affermò sicura, perché lei aveva provato di recente cosa significasse incolparsi per delle azioni commesse. Per esempio, nell’ultimo periodo si era maledetta per aver incontrato Andy e la sua allegra brigata. Però, quando ti ritrovi al confine tra la vita e la morte, capisci che è inutile serbare rancore. – Ritengo inoltre, che tu abbia fatto molta strada da allora.
Nonostante lui non volesse fornirle una vera motivazione, la ragazza dai capelli blu percepiva che fosse così. In caso contrario, non si sarebbe buttato nel ghiaccio quando si erano appena conosciuti, o non avrebbe rischiato di morire dissanguato per evitare che soffrisse.
Forse, Musa vedeva eccessivamente il buono negli altri, però le azioni dello Specialista non le sembravano malvagie.
Invece, Riven si sentiva solo un egoista.
-Sì, ma se sapessi ciò che ho fatto, non mi guarderesti più nello stesso modo. – l’avvertì, perché poteva tollerare gli sguardi sprezzanti delle persone che definiva “amici”, ma non il suo. Non la stava proteggendo, ne era consapevole, bensì tentava di compiere la scelta migliore, affinché nessuno provasse dolore. Al fine di sopportare da solo il peso di quel fardello. – Quindi, ti consiglio di richiedere un altro guardiano. Sky e Brandon sono tra i più valorosi del mio corso.
O almeno, erano le voci di corridoio a dirlo.
Riven aveva dimostrato in diverse occasioni di essere alla loro altezza, se non migliore. Tuttavia, lo Specialista detestava trovarsi al centro dell’attenzione, di conseguenza nascondeva le proprie capacità.
-Ancora non l’hai capito? Non ho bisogno di un altro guerriero. – lo canzonò, sorridendo divertita. Musa riusciva a capire come si sentisse, perché anche lei era sempre stata la seconda scelta nel corso della sua vita umana. Però, da quando viveva a Magix, aveva deciso che non sarebbe stato più così. – Io voglio te, Riven.
La fata novella non distolse neanche per un attimo lo sguardo dagli occhi del ragazzo, mentre pronunciava quella frase. Purtroppo, lui le infranse i sogni.
-Lo dici per compassione?
Stavolta fu Musa ad accennare una risata, nonostante desiderasse schiaffeggiarlo per la domanda insensata che le aveva rivolto. Perché lo Specialista non aveva un minimo di amor proprio, tanto da arrivare a credere che nessuno potesse tenere a lui?
-No, lo penso sul serio. Ho visto come ti sei battuto per me su Melody, e, dopo le rivelazioni di oggi, mi conosci meglio di chiunque altro. – ribatté convinta e al tempo stesso sorpresa da se stessa, poiché fino alla stessa mattina affermava che l’unico a conoscerla fosse il nonno. Eppure, le tragiche esperienze di cui erano stati vittime, li avevano in qualche modo legati indissolubilmente per il resto della vita. – Comprendo il tuo timore, nel non volerti confidare con me. Ma sappi che, quando vorrai farlo, io sarò proprio qui. Come tu ci sei sempre stato.
Infondo, le cose non cambiano mai.
Siamo noi a cambiare.
Alfea
Musa tornò al college con un sorrisone stampato in faccia, perché Riven non si era licenziato e avevano chiarito ogni incomprensione. Quindi, decise di condividere la propria felicità con Stella, la sua persona.
La principessa di Solaria le aveva promesso che l’avrebbe aspettata sveglia, così da scoprire subito le ultime novità. Infatti, la fata novella non si preoccupò di bussare e spalancò la porta della stanza dell’amica.
Tuttavia, rimase sorpresa quando non la vide sotto le coperte.
-Stella, mi devi cinque rossetti! – esclamò, prendendola in giro, poiché avevano scommesso sulla reazione di Riven, e la fata del Sole e della Luna aveva puntato sul fatto che lo Specialista non l’avrebbe perdonata. Invece, era accaduto l’esatto contrario. Musa si guardò intorno, non riuscendo a capire dove potesse essere l’amica, in quanto la luce era accesa. Ipotizzò che si trovasse sul soppalco a riordinare vestiti, perché sì, sebbene fosse notte fonda, lei aveva strane ossessioni. Però, quando allungò il collo, non scorse la sua esile figura. – Stella, dove sei?
Un lamento proveniente dal bagno la fece sussultare.
Si precipitò immediatamente verso l’abitacolo, e ciò che si ritrovò davanti la sconvolse.
Stella era stesa sul pavimento, aveva affianco una scatolina di polvere di fata vuota, e il suo corpo era scosso da spasmi. Sulla Terra l’avrebbero chiamata overdose, ma la principessa di Solaria le aveva assicurato che quella sostanza non uccidesse le creature magiche.
Musa non aspettò per verificare che tale teoria fosse vera, infatti si inginocchiò accanto a lei, e la mise su un fianco, sperando che espellesse il contenuto di ciò che aveva ingerito.
-Stella, perché l’hai fatto? – non poteva formulare domanda più sbagliata, ma fu l’unica cosa che le venne in mente in quel momento, per non farsi prendere dal panico.  Naturalmente, la fata del Sole e della Luna non le rispose, però, mentre la scuoteva, sentì che farfugliava il nome di Brandon. – Qualcuno mi aiuti!
Non possiamo cancellare ciò che è accaduto in passato,
ma possiamo imparare da esso.
 
L’ispettrice Griselda si aggirava nervosa nell’ufficio di Faragonda, intanto che parlava con quest’ultima. L’anziana donna l’aveva messa al corrente della profezia trovata da Musa, ed entrambe erano giunte ad una terribile conclusione.
-Quindi, sei proprio sicura? – chiese cauta, desiderando che smentisse le loro teorie. Purtroppo, avevano fatto delle ricerche in testi antichi per tutta la notte, tentando di decifrare i versi della profezia e ciò che ne era emerso, sembrava spaventoso.  
-Sì, mio malgrado. – ammise demoralizzata, mentre osservava la pioggia che scendeva copiosa in quella notte oscura. – Lei deve morire.
O forse no.




Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP!
Sì, lo so, sono una persona orribile perché ho aggiornato la storia dopo mesi che non lo facevo. Però il capitolo quattro mi spaventava, dato che è molto importante per la trama orizzontale. Mi scuso anche per la sua eccessiva lunghezza, e ho pure tagliato delle scene, altrimenti non l'avrei mai finito!
Detto ciò, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! Sono a vostra completa disposizione per chiarimenti, curiosità e teorie.
Quindi, vi aspetto nelle recensioni.
Alla prossima,
-Ludos98

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