Il volo della mosca bianca

di Laylath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. La mosca bianca ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Guardie del corpo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Riti di passaggio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Il falco bianco ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. L'impero della pantera. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Il destino di un principe ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. Generazioni a confronto ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. Reggente e imperatore ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. Verso occidente ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Una matassa intricata ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Le difficoltà dei cambiamenti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. Lettere ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. L'arte della persuasione ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. Le domande giuste ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Strategie a breve e lungo termine ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. La battaglia di confine ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. Pensieri di donne ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. Di ritorno da una spietata danza ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. Il coronamento ideale dell'amore ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. La fine del volo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. La mosca bianca ***


Capitolo 1.
La mosca bianca



 
“Una famiglia unita è sempre più numerosa di una famiglia divisa”
Proverbio cinese

 
 
Palazzo imperiale di Xing, 1896
 
Il piccolo Shao camminava rispettosamente dietro la madre, tre passi dietro per essere precisi, proprio come gli era stato insegnato. Si sentiva un po’ costretto in quegli abiti cerimoniali che gli avevano fatto indossare e intuiva che nemmeno lei era entusiasta del suo pesante abito color zafferano: i movimenti, specie i passi, erano limitati e la postura eretta era troppo obbligata dalle imbottiture sulla schiena.
Tuttavia la mente curiosa del principino si soffermò solo brevemente su questi dettagli negativi e si puntò quasi subito sulla stretta treccia scura che cadeva sulla schiena della madre, un dettaglio voluto nell’elaborata acconciatura carica di gioielli: dondolava con vivacità da una parte all’altra, dando un senso di movimento del tutto particolare alla figura materna.
“Il principino Shao è teso all’idea di incontrare l’imperatore?” la voce della donna del clan Ming era calma e cerimoniale, ma il bambino fu rapido a riconoscere la rassicurazione in essa insita. Era come una strana e curiosa recita a favore delle due anziane dame di corte che li stavano scortando in quei corridoi così fastosi.
“No, madre, non sono teso. Sarà un onore poter incontrare il Celeste Sovrano.”
Shao dovette trattenere un sorriso mentre dava una simile risposta, sempre più preso dalla sua parte in quel gioco così strano. Più che onorato era solo estremamente curioso di conoscere suo padre: quel palazzo, i tanti occhi che sentiva sulla sua piccola persona, non lo intimorivano per niente. Perché lui era lì solo di passaggio, ad adempiere un rito che faceva parte della tradizione da tempi immemori e che prevedeva che, al suo quinto compleanno, un principe venisse presentato all’imperatore per essere riconosciuto ufficialmente. Poi, finito quel cerimoniale, sarebbe tornato a casa sua, nel nord del paese, nei possedimenti del clan Ming: non vedeva l’ora di rivedere il nonno e raccontargli le meraviglie del viaggio che…
“… shi’te…”
Le sue orecchie acute colsero quel bisbiglio proveniente da dietro una delle massicce colonne che costeggiavano quel corridoio. A dire il vero non era la prima volta che sentiva quell’espressione: da quando erano arrivati a palazzo la sera prima più volte quel “shi’te” era stato pronunciato, sempre da quelle voci nascoste da cui sua madre l’aveva messo in guardia.
Aveva tanta voglia di chiedere alla donna cosa volesse dire, ma sapeva che durante quel cerimoniale doveva parlare solo se interpellato.
“Eccoci arrivati, principino – lo avvisò la donna, mentre si fermava davanti a delle enormi porte d’oro massiccio, intagliate in elaborati disegni che rappresentavano le spire di un drago – adesso verremo ammessi alla presenza dell’imperatore: sii gentile e cortese, come ti ho raccomandato.”
Shao annuì, mentre la stretta treccina che teneva fermi i suoi capelli scuri ciondolava allegramente nella sua schiena. Il suo visino, in genere dall’espressione divertita e vivace, divenne serio e solenne e tutta la sua piccola persona si fece più dritta.
Le donne che li avevano scortati pronunciarono alcune frasi di rito che chiedevano di aprire la porta per permettere ai supplicanti di entrare.
Non capisco perché – si disse Shao – del resto ci hanno chiesto loro di venire. Il nonno dice sempre che l’ospite va accolto alla porta di casa, è più educato.
Ma come gli aveva detto sua madre, il mondo del palazzo imperiale era un qualcosa di completamente diverso da quella che era la loro vera casa.
 
Il Divino Imperatore del Trono Celeste era colui che, da ormai undici anni, governava tutto l’immenso impero di Xing. La sua parola era legge, il suo dominio praticamente infinito, a lui si piegavano tutti i cinquanta clan di cui era composto il paese, persino quelli più valorosi e potenti.
Poiché rivestiva un ruolo così importante era chiaro che doveva essere pure lui una persona fuori dal comune, magari con attributi divini. Almeno era questo quello su cui Shao aveva riflettuto per tutta la durata del loro viaggio dalle lontane terre di Ming.
Poter finalmente vedere quella figura così mitica era un’esperienza che il principino aspettava con trepidazione. Non che lo vedesse come un padre, assolutamente: il concetto di famiglia era riferito a sua madre, suo nonno e gli altri parenti del clan Ming. Per un principe di Xing l’idea di padre era pressoché sconosciuta: l’imperatore era prima di tutto il grande sovrano a cui doveva tutta la sua devozione. Dare e ricevere affetto era una cosa impensabile.
Per cui, quando si inginocchiò rispettosamente davanti alla piccola scalinata che portava alla piattaforma dove stava il trono, Shao non era di certo alla ricerca di una figura paterna da amare.
“Sovrano Celeste – disse la voce di sua madre, inginocchiata accanto a lui – ho l’onore di condurre alla tua presenza il nono figlio che gli dei ti hanno concesso. Come rappresentante del clan Ming, lascia che ti presenti il principe Shao, che oggi ha compiuto cinque anni.”
A quelle parole l’inchino del piccolo si fece ancora più profondo, come gli avevano insegnato.
Aspettò qualche secondo, impaziente di vedere finalmente l’imperatore, di sentirne la sua voce, ma sembrava che il momento non arrivasse mai.
“Alzati, Shao del clan Ming.”
Era una voce piatta, si sarebbe potuta definire disinteressata: sembrava rimbombare in quella grande stanza vuota, dalle alte colonne rosse che sparivano verso il soffitto. Tuttavia Shao non ne ebbe paura: aveva capito che quello era tutto un gioco di suoni e di eco, proprio come gli aveva fatto vedere suo nonno una volta che l’aveva portato a visitare una grotta vicino casa.
Lo sa che la sua voce non è davvero così potente?
Il viso di Shao, mentre si alzava in piedi, rimase immobile, cercando di scrutare quella figura che, nascosta com’era dietro quegli imponenti vestiti e quell’elaborata acconciatura, pareva davvero indefinibile. Forse era anche la distanza, ma il bambino non riuscì a cogliervi un briciolo di personalità: era un viso inespressivo, quasi una maschera messa lì a beneficio di chi entrava.
“Il bambino è stato esaminato dai medici di corte come da rituale – disse ancora sua madre – nessun difetto è stato riscontrato in lui. E’ un maschio sano e forte quello che il clan Ming ha donato al Sovrano Celeste.”
La voce di sua madre, al contrario, era educata e devota, ma lasciava trapelare immenso orgoglio per il figlio. Shao fu tentato di rivolgersi verso lei e sorriderle, ma gli era stato detto che non doveva distogliere la sua attenzione dall’imperatore che, forse, gli stava dando un minimo di considerazione.
“Bene – disse il Sovrano Celeste – come da tradizione sia scritto che io, in questo giorno, riconosco Shao Ming come mio nono figlio ed erede al trono. Possano gli dei concedergli lunga vita in modo che possa onorare Xing ed il suo clan.”
Una frase di rito, ripetuta decine e decine di volte nel corso dei secoli, la nona volta per quell’imperatore. Era un momento veramente solenne, quello in cui un principe veniva riconosciuto ufficialmente e dunque entrava di diritto nella linea di successione.
Ma ad onor del vero Shao era in parte deluso da quell’incontro.
 
Shan-Ju del clan Ming aveva appena ventiquattro anni ed era considerata la perla della sua famiglia.
Alta, slanciata, dai lineamenti fini, era dotata di un fascino incredibile che le avrebbe sicuramente procurato moltissimi pretendenti. Tuttavia era anche l’unica figlia del capo del clan Ming, Liu-Shu, e questo aveva segnato il suo destino: a sedici anni era stata mandata a corte per diventare concubina dell’imperatore e dargli un figlio, così come succedeva per ogni principessa di clan.
Dopo tre anni aveva dato alla luce il piccolo Shao e dopo una settimana dalla nascita del bimbo, era tornata assieme a lui nei possedimenti di famiglia. Funzionava così del resto: erano pochi i principini che crescevano nel palazzo reale. La maggior parte di loro passava la propria infanzia nelle terre del proprio clan e solo in età più matura entrava nel pericoloso mondo di corte.
Tuttavia Shan-Ju sapeva che per il suo piccolo figlio le cose sarebbero state differenti.
“Il principino Shao è stato felice della sua visita a corte? – chiese quella sera stessa mentre, assieme al suo piccolo seguito, cavalcava lontano dalla capitale per tornare a casa – Non ha detto parola per tutto questo tempo e non è da lui.”
Il bambino, seduto davanti alla madre, continuò a fissare il panorama che ormai si arrendeva al calare della notte: ancora poco e si sarebbero accampati per poi ripartire all’alba del giorno successivo. Gli piaceva poter essere di nuovo all’aria aperta, lontano da tutti quegli ambienti così sfarzosi ed imponenti: si sentiva meno minacciato e più libero di esprimere se stesso, persino nel parlare.
“Madre, ma l’imperatore è un uomo come tutti noi, vero?” chiese dopo qualche secondo di silenzio.
“L’imperatore era un uomo come tutti… anzi, un principe come lo sei tu – sorrise Shan-Ju, accarezzandogli i capelli neri ancora stretti nella treccia scura – solo che un giorno è salito al trono ed è diventato il signore di Xing. Questo lo pone un gradino sopra gli uomini, capisci?”
“A me sembrava solo annoiato – commentò il bambino, arricciando il naso con lieve disappunto a quella spiegazione – lo sarei pure io a stare in quella stanza da solo.”
“Lui non sta sempre da solo – spiegò pazientemente la donna – la maggior parte del suo tempo lo passa assieme al Consiglio dei Clan per governare al meglio Xing.”
“Il nonno però non va mai a quel consiglio: è sempre a casa.”
“Perché il clan Ming è diverso. Adesso il principino Shao è troppo piccolo per capirlo, ma col tempo imparerà che non tutti i clan sono uguali.”
Shao annuì, reprimendo uno sbadiglio. Ma subito il sonno venne cacciato via da una nuova domanda che gli bruciava nell’anima.
“Madre, che vuol dire shi’te?”
Shi’te? Oh, le orecchie del mio piccolo principe sono davvero aguzze… ha contato quante volte l’hai sentito a corte?”
“So contare fino a dieci – rifletté lui – e ogni volta ripartivo dall’inizio. L’ho fatto per ben tre volte.”
“Allora sono trenta.”
“Però non mi hai detto cosa vuol dire quella parola.”
“Mosca bianca.”
“Mosca bianca?” chiese con perplessità.
“Sì, ossia una cosa rara e difficile da trovare: le mosche sono scure, no? Quante mosche bianche ha visto in vita sua il principe Shao?”
“Nessuna, madre, nemmeno in autunno quando ce ne sono molte. E quindi io sono una cosa rara? Perché?”
“Perché il principe Shao è del clan Ming… e noi siamo diversi da tutti gli altri clan.”
“E’ per questo che il nonno non va mai al consiglio dell’imperatore?”
“In parte. Ma anche questo verrà imparato col tempo: adesso direi che è il caso di fermarci per la notte. La strada è ancora lunga ed è tempo di riposare.”
 
Una delle cose più belle del viaggiare era poter osservare le stelle: d’estate le temperature non scendevano così tanto e dunque si dormiva all’aperto, senza bisogno di tende, con la volta celeste proprio sopra di sé. A dire il vero per un principe di Xing e sua madre potevano essere richiesti ben più agi, come tende, cuscini, servitù e quanto altro, ma Shan-Ju del clan Ming non riteneva simili cose necessarie né per lei né per suo figlio: bastava il tanto giusto per accamparsi e le guardie fidate di suo padre.
Per quanto fosse effettivamente stanco, Shao rimase diverso tempo sdraiato supino ad osservare il cielo, il piccolo indice che si muoveva abilmente a seguire le costellazioni che aveva imparato a riconoscere.
Accanto a lui sentiva il rassicurante respiro della madre e questo bastava a farlo sentire tranquillo e protetto: a poca distanza i rumori familiari dell’accampamento, come i movimenti dei cavalli, lo scoppiettare del fuoco e il mormorio delle guardie, contribuivano a cullarlo.
“Secondo me è un uomo come tutti gli altri…” bisbigliò lentamente e con un sorrisino furbo, lo stesso che aveva trattenuto per la sua breve permanenza a corte. Gli sembrava di essere appena entrato in possesso di un segreto particolarmente importante, qualcosa che in qualche modo lo poneva al di sopra di tutti, persino dello stesso imperatore. Forse ne avrebbe parlato col nonno, ancora non lo sapeva: non era molto bello dire cose non proprio gentili sul proprio sovrano, però Shao intuiva che la sua scoperta non era propriamente malvagia o mancante di rispetto.
Era la semplice verità.
All’improvviso il suo orecchio acuto percepì un nuovo suono rispetto a quelli dell’accampamento e questo lo fece rizzare seduto, gli occhi spalancati.
“Lao…” mormorò, cercando con lo sguardo il capo della scorta.
L’uomo, dalla profonda cicatrice sulla guancia destra, il guerriero più forte che conoscesse da quando era nato, rimase seduto davanti al fuoco, ma il principino vide chiaramente il lieve gesto che fece con la mano: sdraiati e resta immobile.
Obbedendo a quell’ordine il bimbo si accucciò nella sua coperta e si strinse al petto della madre.
“Clan Zao – mormorò la donna, quasi un sussurrò, cingendolo a sé e sollevandosi in ginocchio– non fiatare, figlio mio.”
 
I cinquanta clan di Xing erano spesso in contesa tra di loro.
Erano pochi quelli che non avessero dei nemici giurati e molto spesso bastava un nulla per scatenare delle contese latenti. Il fatto che non si sfociasse mai in guerre vere e proprie era dovuto alla presenza dell’imperatore… anzi, alla carica di imperatore. La contesa al trono era aperta a tutti i principi e principesse, nessun clan escluso: era solo questione di essere più forti e scaltri degli altri, sopravvivendo a quell’ascesa spietata al potere che non esitava ad uccidere anche dei bambini inermi pur di levarli dalla successione al trono. E l’imperatore prendeva in sposa una donna di ciascun clan, eccetto il proprio: in questo modo si aveva la garanzia di non formare una vera e propria dinastia che avrebbe dato eccessivo potere ad un particolare clan.
Il clan Ming si teneva abilmente fuori da queste lotte interne di potere in quanto non era mai stato interessato al trono: in centinaia d’anni di successioni, mai un Ming era diventato imperatore. In realtà se questa famiglia avesse voluto, avrebbe potuto garantire al proprio candidato un appoggio più che potente: le terre della sua provincia erano tra le più fertili e prolifiche della parte nord del regno e fornivano eccellenti guerrieri altamente fedeli al loro signore. Inoltre i Ming avevano la gestione esclusiva dei rapporti commerciali con il regno di Drachma, dato che era gli unici a confinare con il grande autarcato: la famiglia aveva legami così stretti con la nobiltà di quel paese che era quasi come avere degli alleati stranieri pronti a correre in loro aiuto.
Alla luce di questo i Ming godevano di una posizione privilegiata agli occhi dell’imperatore: i benefici che provenivano da quella provincia erano troppo importanti per l’economia di Xing e dunque c’era una sorta di immunità nei loro confronti.
Tuttavia, a prescindere da questo, erano gli stessi Ming a non voler partecipare alla contesa per il trono, da sempre.
Semplicemente non ne erano interessati.
Non aveva senso lottare per un potere ed un’influenza che sarebbero durati per una generazione appena, quando avevano già una sorta di piccolo regno che godeva di diverse autonomie. L’unica cosa di cui si preoccupavano era di dimostrarsi sempre fedeli all’imperatore, tenendosi per il resto discretamente fuori dai giochi. Questa loro posizione era ormai tradizione e di conseguenza gli altri clan erano completamente disinteressati all’erede della famiglia Ming.
Ma il clan Zao era diverso.
Era direttamente confinante con i territori sud-orientali della loro provincia e più volte aveva cercato di conquistare buona parte dei fertili possedimenti di quelle zone. Sebbene venisse quasi sempre respinto quella contesa durava ormai da tempi immemori, inasprito soprattutto da parte degli Zao.
Gli unici che avessero interesse a rapire, o persino uccidere, Shao e sua madre… non tanto in quanto concubina dell’imperatore e rispettivo figlio, ma come figlia ed erede della stessa famiglia Ming.
Shao aveva dunque imparato a detestare il nome Zao fin dalla più tenera età e sentirlo pronunciare dalle labbra materne gli fece impazzire il cuore d’angoscia: mai si era trovato così vicino al pericolo.
Avvertì un movimento della mano di sua madre e capì che aveva sfoderato un piccolo pugnale dal suo vestito. Un’estrema difesa nel caso le guardie non ce l’avessero fatta.
Nascosto com’era contro il petto materno, il bimbo poté solo udire i suoni della battaglia che imperversava attorno a lui: spade e lance che si intrecciavano con foga, con poche esclamazioni ad accompagnarle. Più che altro erano i cavalli a fare rumore, innervositi da tutti quei movimenti e dal pericolo: scalpitavano e nitrivano con frenesia, chiaramente cercando di liberarsi e allontanarsi.
No, ce ne sono anche altri – capì il bimbo, facendo attenzione ai suoni – devono essere quelli dei nemici.
Era freddo, lucido, calmo, nonostante quell’esperienza in parte lo spaventasse: sentiva il corpo della madre teso come mai era successo, pronto a scattare come un elastico. La sua piccola mente assorbiva tutti i rumori, immaginandosi le scene di combattimento.
Combattono vicino al fuoco, ma attorno a noi ci sono delle guardie nostre… ci proteggono. Non sono molti i nemici, forse quanti noi. Però Lao ce la farà, lui è il migliore.
Il tempo prese a scorrere seguendo i ritmi di quel forsennato combattimento: ogni tanto si sentiva un gemito soffocato e questo voleva dire che qualcuno era stato ucciso. E contemporaneamente sentiva che anche la tensione del corpo di sua madre diminuiva, segno che erano i loro soldati a prevalere.
Alla fine tutti i rumori di combattimento cessarono: restarono solo alcuni respiri affannosi e alcuni passi che andavano in diverse direzioni, anche verso di loro.
“Mia signora, voi e il principino state bene?” la voce di Lao era a pochi metri da loro.
“Sì, stiamo bene – annuì Shan-Ju, liberando il bambino dalla coperta e permettendogli di alzarsi in piedi – clan Zao, vero?”
“Senza ombra di dubbio – spiegò Lao, guardandosi attorno mentre i suoi uomini provvedevano a dare una mano a chi era ferito e a calmare i cavalli – dovevano essere sulle nostre tracce da quando abbiamo lasciato la capitale. Tuttavia in territorio sotto il diretto controllo imperiale non hanno azzardato un’imboscata troppo numerosa, avrebbero provocato troppo scalpore. Scaveremo una fossa e li seppelliremo qui.”
Shan-Ju annuì e poi si fece da parte per lasciar lavorare i soldati.
“Il principe Shao si è spaventato molto? – chiese con dolcezza sedendosi accanto al bambino che osservava a sua volta i movimenti nel piccolo accampamento – Vedere i cadaveri lo turba?”
“Volevano far del male a me e a te, madre – rispose il bambino, guardando in parte affascinato quei corpi senza vita che venivano spostati lontano dal fuoco – meritavano la morte, no? E Lao è il più forte di tutti, lo dice sempre il nonno.”
“Andrà decisamente meglio quando saremo a casa, vero?” gli accarezzò con tenerezza la fronte.
“Sì, madre – annuì Shao, notando le gocce di sangue che cadevano a terra mentre un cadavere veniva sollevato da due uomini – andrà meglio.”
 
Mentre l’imperatore aveva dato a Shao l’idea di qualcosa di estremamente artificioso, suo nonno rispecchiava l’ideale di un vero e proprio governante.
Liu-Shu aveva cinquantacinque anni e li portava splendidamente: sedeva dritto sui cuscini, col naso aquilino che contribuiva a rendere il viso ancora più espressivo. Gli occhi scuri erano sempre pronti a notare qualsiasi dettaglio e la sua voce era sempre colma di carattere. E, soprattutto, almeno agli occhi di Shao, non si nascondeva dietro vestiti sfarzosi, capigliature elaborate e piattaforme soprelevate: il signore dei Ming riceveva i suoi ospiti, di qualunque ceto sociale, seduto semplicemente su un comodo cuscino sul pavimento, a poca distanza dalla persona con cui interloquiva.
Quella sera, tuttavia, non era nella sala delle udienze, ma in una parte più privata della sua grande dimora, più precisamente nella sala che usava per mangiare assieme alla sua famiglia. In particolare era felice di sentire il resoconto del viaggio da parte del suo giovane nipote, nel quale riponeva grandissime speranze. Il destino aveva voluto che lui e sua moglie non avessero avuto che Shan-Ju e l’amore profondo che l'aveva legato alla consorte l’aveva fatto desistere da seconde nozze dopo la sua morte avvenuta dieci anni prima. Dunque la sua famiglia era costituita dalla figlia e dal nipotino, nonostante ci fosse anche un fratello che tuttavia stava spesso lontano da casa per il suo compito di ambasciatore imperiale.
“E così ora sei il nono principe di Xing – dichiarò infine con tono importante, rivolgendosi al bambino che finalmente taceva dopo aver parlato così tanto da aver dimenticato di cominciare la sua cena – come ti senti ad aver ricevuto ufficialmente un simile titolo?”
“A dire il vero non lo so, nonno – ammise Shao, dopo aver mangiato finalmente qualche boccone del suo riso – uguale a prima, penso. Forse è perché sono una mosca bianca come mi ha spiegato mia madre.”
“Il principe Shao ricorda anche il termine giusto?” lo interrogò Shan-Ju con un sorriso.
Shi’te.” rispose prontamente il bambino.
“E perché secondo te sei una mosca bianca?” continuò Liu-Shu.
Shao rimase in silenzio per diverso tempo, posando la sua ciotola di riso e meditando profondamente, quasi fosse incerto su cosa dire, o meglio… come se stesse valutando quanto si potesse confidare con il nonno e la madre.
“Secondo me sono una mosca bianca perché ho visto che l’imperatore in realtà è solo un uomo.”
La donna e l’uomo rimasero interdetti a quella risposta, tanto che il bambino per qualche attimo li fissò timoroso di un lieve rimprovero. Tuttavia i suoi occhietti scuri brillavano di fierezza per quella risposta.
Alla fine Liu-Shu scoppiò a ridere e si protese per arruffare i capelli del nipote.
“Questo giovanotto ha più intelligenza di quanto credessi! – esclamò con divertimento – E’ proprio così, piccolo principe di Xing, l’imperatore è solo un uomo non scordarlo mai. E che tipo di uomo ti è sembrato?”
“Triste, solo… annoiato!” rispose prontamente Shao, sicuro ormai di poter parlare apertamente.
“E perché solo? – Liu-Shu continuò a sondare la capacità d’intuito del bambino – Eppure hai visto pure tu quanta gente c’è a corte. Senza contare che ha già otto figli oltre a te.”
“La mamma durante il viaggio mi ha raccontato come avviene la successione – continuò Shao, scuotendo il capo – i principi combattono tra di loro, si uccidono anche… oppure lo fanno le loro famiglie per farli diventare imperatori. Eppure sono fratelli.”
“Sono eredi, non fratelli, ricordalo bene.”
“In ogni caso non sono una famiglia – scrollò le spalle il bambino – e dunque l’imperatore è solo. Io da grande non diventerò imperatore, nonno, è questa la mia decisione. Non voglio diventare come lui, non voglio stare in quel posto: voglio diventare come te e stare qui, a casa mia.”
“Queste sono parole degne di un membro del clan Ming, principino – sorrise Shan-Ju con orgoglio – mi rendi molto felice di te.”
E Shao annuì con orgoglio, lieto che la sua famiglia approvasse le sue decisioni per il futuro.




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E di nuovo bentrovati e benvenuti ad eventuali nuovi lettori! ^____^
Come vedete non ho perso troppo tempo e mi sono subito buttata sullo spin off del principe Shao (una fic che può essere letta anche come storia singola, senza considerare La danza spietata della pantera) da alcuni di voi richiesto a gran voce. 
Ho deciso di partire da questo episodio abbastanza significativo per il piccolo Shao, delineando così il suo carattere sin da piccolo. Durante la storia poi ho deciso di farlo intrecciare anche con Ling Yao una volta che sarà diventato imperatore di Xing, anche se non ho ben chiari ancora gli sviluppi della trama che mi farò venire in mente di volta in volta.
Spero che anche questa storia vi piacerà: a dire il vero è una delle rare volte che vado fuori dal team Mustang, trattando di altri personaggi. Certo, Shao è un mio OC, ma ci sono anche Ling e Lan Fan dei quali è la prima volta che scrivo e che non sono nemmeno sicura di voler rendere come coppia.
Anyway, dalla base è tutto: ringrazio già in anticipo chi seguirà, ricorderà, preferirà e recensirà questa storia ^___^
Enjoy!


Laylath

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Guardie del corpo ***


Capitolo 2.
Guardie del corpo



“Il nemico del tuo nemico è tuo amico”
Proverbio cinese
 
Shan-je, capoluogo della provincia Ming, 1897.
 
Shao cercò di ignorare il dolore al fianco e riguadagnò la posizione eretta.
Sapeva che suo nonno lo stava osservando, ma era soprattutto per orgoglio personale che non voleva cedere, nonostante avesse tutte le giustificazioni del mondo. Ormai la sessione d’addestramento quotidiano era giunta al termine e, come sempre, Lao non gli aveva dato tregua: i suoi muscoli di fanciullo di quasi sette anni protestavano vivacemente ed il livido sul fianco sinistro gli rendeva difficili i movimenti.
“Sono pronto…” ansimò, cercando di non far caso al sapore di sangue che sentiva in bocca e consolidando la propria presa sul bastone di legno con il quale si stava allenando da almeno due ore.
A poca distanza da lui, fresco come una rosa, Lao annuì con approvazione e rinsaldò a sua volta la presa sul proprio bastone, mettendosi in posizione di difesa.
“Coraggio, principe, un ultimo attacco e per oggi abbiamo terminato.”
Che fosse il primo o l’ultimo a Shao non importava: era ormai diventata questione di principio riuscire a superare le difese del suo avversario e mandare a segno almeno un colpo. Giorno dopo giorno si impegnava con tutto se stesso in quell’impresa che pareva impossibile e continuava a tentare nonostante gli innumerevoli fallimenti che gli erano costati un notevole assortimento di lividi.
Calmo… calmo – si disse, cercando di controllare il respiro – l’impazienza è la tua nemica peggiore. Trova il varco, trovalo…
I suoi occhi scuri si socchiusero nella concentrazione, mettendo a fuoco solo la figura del guerriero a torso nudo davanti a lui: percorse ogni centimetro di quel corpo muscoloso e snello, cercando di trovare il punto esatto dove colpire e alla fine lo vide… proprio lì, una piccola apertura che lasciava scoperto il torace, dalla parte sinistra. Senza emettere grido, che gli avrebbe levato parte delle energie residue, si scagliò con rapidità verso Lao, tenendo puntato il bastone contro di lui: aspettò solo l’ultimo momento per spostarlo rapidamente verso il bersaglio da lui scelto e per qualche frammento di secondo si illuse di avere la vittoria in pugno.
Tuttavia, rapida ed impietosa, una bastonata secca e decisa gli arrivò sulla spalla facendogli perdere l’equilibrio e buttandolo a terra. Rotolando su se stesso con gli occhi serrati per quel nuovo dolore, Shao imprecò contro la sua persona, chiedendosi dove avesse sbagliato.
“Hai fissato il tuo bersaglio troppo a lungo, principino – spiegò Lao andandogli accanto e arruffandogli i capelli sporchi di polvere e terriccio – hai svelato il tuo piano con troppa facilità.”
Shao rispose con un gemito davanti a quell’errore così sciocco e ricacciò indietro le lacrime.
“Ma il tuo ragionamento era giusto: non avessi avuto quell’ingenuità e fossi stato più in fresco forse ce l’avresti fatta. Comunque una buona sessione anche oggi, non puoi che esserne fiero.”
“Ottimo lavoro ad entrambi – Liu-Shu avanzò verso di loro battendo le mani in segno d’approvazione – non c’è che dire: mio nipote migliora di giorno in giorno.”
“Ha un fisico snello ed agile, molto elastico e soprattutto una mente sveglia e rapida – annuì Lao, facendo rialzare il bambino e dandogli una pacca sulle spalle – puntando su queste sue abilità e sulla velocità riuscirà a prevalere sui suoi avversari senza troppi problemi.”
“Però su te ancora non prevalgo…” sospirò Shao, tuttavia felice di sentire quei complimenti.
“Ahah, che impazienza! – scoppiò a ridere Liu-Shu – Giovanotto, ricorda che l’impazienza è tua nemica anche in questi ragionamenti: il tuo obbiettivo non è solo quello di riuscire a battere Lao, ma, e direi soprattutto, quello di imparare a difenderti da tutti gli attacchi che potrai subire nella tua vita. Ieri a corte è stato presentato un nuovo principe, sai? E’ il decimo figlio dell’imperatore e appartiene al potente clan Yu. Che cosa significa questo?”
“Che c’è un altro pretendente per il trono – rispose Shao scrollando le spalle con indifferenza – e che la sua vita da questo momento è in pericolo: magari sarà il maggior bersaglio perché è il più piccolo e facile da eliminare.”
“Appunto: ricordati che anche se mosca bianca sei comunque un principe di sangue reale e che questo fa di te un potenziale bersaglio non appena esci dalla sicurezza di questa provincia. Devi esser sempre pronto a cavartela, a prescindere dalle guardie del corpo che potrai avere attorno a te.”
“Gli Yu proteggeranno come si conviene il loro erede fino a quando non sarà in grado  di cavarsela da solo – disse Lao – le loro guardie del corpo sono rinomate per essere tra le migliori.”
“Nessuno può batterti Lao – disse il bambino con orgoglio, anche se il guerriero non era la sua guardia del corpo personale, ma il capo delle forze armate di suo nonno – di certo non io!”
“Ancora no, giovane signore – ridacchiò il guerriero, recuperando la propria leggera veste di lino – per adesso è ancora necessario che tu vada da tua madre e ti faccia curare quei lividi.”
 
Un’altra prova di coraggio quotidiana era cercare di dissimulare il dolore mentre sua madre gli curava le ferite con impacchi ed unguenti. Per quanto le mani della donna fossero estremamente dolci e gentili l’entità dei danni era sempre parecchio elevata.
“Però questa volta l’ho quasi colpito – spiegò Shao con orgoglio, mentre il torso gli veniva fasciato per permettere all’impacco di aderire meglio – sono stato uno sciocco a cadere per un dettaglio simile. La prossima volta starò più attento e riuscirò a colpire Lao.”
“Che questo pensiero però non attanagli troppo la mente del mio piccolo principe – sorrise Shan-Ju, provvedendo poi a prendere un pettine e sciogliendogli la treccia sporca per potergli lavare i capelli – ricorda che ogni cosa va fatta a suo tempo.”
“Parli delle altre lezioni, madre? – chiese Shao con un sorriso furbo tremendamente accattivante nonostante il viso sporco e affaticato – Eppure il maestro è felice di me, non temere. So bene che per essere signore di Ming dovrò diventare bravo sia di corpo che di mente, lo dice sempre il nonno.”
La donna rispose al sorriso nel medesimo modo, estremamente fiera di come stesse crescendo il suo bambino. Aveva sempre ritenuto che Shao fosse bello, ma col passare del tempo si rendeva conto che possedeva un vero e proprio fascino, così strano per la sua età. I suoi sorrisi, per quanto dolci e sinceri, brillavano sempre di una forma di malizia del tutto particolare, come se tutto facesse parte di uno strano gioco che lui amava osservare.
No, non avrei mai permesso che tu entrassi a far parte di quella spietata selezione di principi a corte – si disse mentre gli lavava i capelli scuri con acqua calda e oli profumati – tu sei diverso da tutti loro, figlio mio, sei molto di più che un mero pretendente al trono… sei un qualcosa che gli altri non saranno mai.
“Il principe Shao sa di rendermi orgogliosa ogni giorno che passa?” chiese infine, avvolgendogli la chioma in un telo di cotone.
“Ovvio, madre – sorrise lui – so bene che quello che faccio ti rende orgogliosa di me.”
Shan-Ju lo abbracciò con tenerezza, avvolgendolo con le ampie maniche della sua veste: si chiese per quanto tempo ancora si sarebbe potuta concedere un gesto simile, quanto tempo sarebbe passato prima che l’orgoglio impedisse al bambino di lasciarsi andare a tali dimostrazioni d’affetto. Ormai aveva quasi raggiunto il settimo anno e la sua indipendenza si faceva sempre più forte.
Però, osservando quel viso furbo che la sbirciava con amore, si disse che in fondo Shao l’avrebbe sempre tenuta in un posto d’onore nel suo cuore e che se anche le sue manifestazioni d’affetto non sarebbero state così plateali, si sarebbe comunque trattato di una normale evoluzione.
“Affamato?” sorrise.
“Tantissimo! – annuì il bimbo – mangerei per due a cena! Allenarmi con Lao mi mette sempre fame!”
La donna stava per sorridergli e annunciargli che tra le pietanze previste c’erano anche le sue preferite, tuttavia quel momento così intimo venne interrotto da alcuni richiami concitati che provenivano dal cortile e che chiamavano a gran voce Liu-Shu.
 
Shao aveva visto diverse volte suo nonno tenere udienza: da quando aveva compiuto sei anni gli era stato permesso di sedere a poca distanza da lui, a patto che non disturbasse. Quella che sembrava una scelta indulgente in realtà serviva a far assorbire al principe tutte quelle regole di buon governo che da grande gli sarebbero servite a governare la sua vasta provincia.
In genere Shao trovava buona parte di quelle udienze poco interessanti, sebbene fosse sempre attento a cogliere tutti i dettagli di ogni caso, ben sapendo che il nonno gli avrebbe potuto rivolgere delle domande in qualsiasi momento. Erano quasi sempre questioni relative all’amministrazione del territorio, a qualche richiesta particolare, a rapporti periodici di tasse, rendimenti e così via. E l’atteggiamento di Liu-Shu, bonario e rilassato, dimostrava che tutto procedeva bene nella provincia Ming.
Tuttavia quella sera ci fu un’udienza straordinaria e Shao si intrufolò nella stanza lievemente incerto di avere l’autorizzazione a prendervi parte. Tuttavia quando vide suo nonno limitarsi a lanciargli una breve occhiata, si tranquillizzò e prese posto nel solito cuscino.
Le udienze si tenevano in un’ampia sala aperta, dove la luce del sole riusciva a penetrare persino al tramonto. A Shao era sempre piaciuto osservare i giochi di colore che venivano provocati dal tempo delle diverse stagioni: le pareti decorate e le carte colorate che costituivano i divisori prendevano sempre delle nuove sfumature e le figure in esse disegnate sembravano ogni volta vive e pronte a raccontare una nuova storia.
Per la prima volta Shao non fece caso a tutti questi dettagli: la sua attenzione fu subito catturata dall’aria di tensione presente in tutta la sala dove, oltre a suo nonno, c’erano Lao, un soldato a lui sconosciuto e… due bambini, più o meno della sua età.
Erano sporchi, coi vestiti stracciati ed i visi pallidi ed esausti, tanto che il principe si chiese come ancora potessero tenere gli occhi aperti e non crollare addormentati a terra. Uno di loro aveva un grosso livido sotto l’occhio destro ed era l’unico dettaglio che, apparentemente, lo distinguesse dall’altro.
Era la prima volta che Shao vedeva dei gemelli e ne rimase estremamente affascinato.
“… dalle terre di confine all’estremo sud-est, mio signore – stava dicendo il soldato sconosciuto, pure lui stanco ed impolverato per il lungo viaggio: se venivano davvero da quelle zone allora avevano passato almeno tre giorni in viaggio… sempre a patto di andare a velocità sostenuta – un’incursione che ha distrutto tre villaggi: tutti morti, uno spettacolo orrendo… li hanno tutti decapitati e poi infilzato le loro teste nelle picche: donne, bambini, anziani… persino dei neonati – a quel punto all’uomo sfuggì un singhiozzo rabbioso – Abbiamo trovato questi due bambini nascosti sotto alcune coperte nella capanna del capo villaggio: sono gli unici sopravvissuti.”
“Come mai il fronte era scoperto?” chiese Liu-Shu accigliato.
“Siamo stati ingenui, mio signore – si inginocchiò con disperazione l’uomo – hanno simulato l’attacco verso la città di Losh, dove c’erano i magazzini con le riserve per l’inverno per le guarnigioni lungo il confine. Ci siamo rivolti subito lì… non pensavamo che si comportassero con tanta vigliacca barbarie su persone disarmate ed inermi, su centri così piccoli…”
“L’ingenuità è stata dettata anche dalla morale che abbiamo noi – dichiarò cupo il signore di Ming – mai ci si rivolge contro il popolo inerme e così continueremo a fare. Il clan Zao si è macchiato di un’azione davvero tremenda e questo non resterà impunito. Lo devo al mio popolo, specie a questi bambini… come vi chiamate?”
“Io sono Mio e lui e mio fratello Sin – rispose con voce roca quello con il livido – siamo i figli del capo villaggio di Mis.”
“E come vi siete salvati?”
“Abbiamo visto i soldati arrivare e nostra madre ci ha ordinato di nasconderci – questa volta rispose l’altro, la voce leggermente rotta al ricordo dell’orrore che aveva visto – ci siamo messi sotto un mucchio di coperte e i soldati non ci hanno trovato… e abbiamo atteso fino a quando non sono arrivati gli altri soldati.”
“Siete stati molto bravi – annuì l’uomo con un sorriso incoraggiante – avete visto gli uomini che vi hanno attaccato?”
“Signore, abbiamo visto i soldati da lontano – disse Mio stancamente – e poi siamo corsi a nasconderci. Ma abbiamo visto la bandiera viola che tenevano.”
“L’hanno lasciata anche sul campo di battaglia – annuì il soldato, accennando ad uno sporco vessillo viola piegato malamente che era stato posto a terra, a pochi metri dal cuscino di Liu-Shu – non si sono fatti problemi a dichiararsi apertamente.”
“Generale Lao – Liu-Shu si rivolse al suo fidato uomo – che mi puoi dire di questo vessillo?”
“Non sono le loro truppe solite – spiegò Lao, rivoltando col piede un lembo di quella stoffa sporca di terra – l’emblema del clan è fatto in modo diverso ed è più ricco. Questo è sicuramente appartenente a qualche squadrone di mercenari che hanno assoldato e che adesso stanno a riposo lungo il confine… li usano durante le contese, ma poi li tengono lontani dagli altri componenti dell’esercito.”
“In ogni caso erano sotto il loro controllo – disse Liu-Shu alzandosi in piedi – sotto la loro responsabilità. Hanno deliberatamente permesso che varcassero il confine, probabilmente speravano di infliggerci qualche danno, come è in effetti successo. Il clan Zao è diventato dunque arrogante sino a questo punto, ma imparerà ancora una volta che il clan Ming non rimane inerme a simili barbare provocazioni. Shao, alzati in piedi!”
Sentendosi chiamato in causa così all’improvviso, il principe sussultò e si accostò al nonno.
“Sì, nonno?” chiese, cercando di apparire più adulto e serio che poteva, nonostante il racconto di quanto era successo l’avesse profondamente turbato.
“Questi due bambini sono sotto la protezione della nostra famiglia: hanno vissuto un’esperienza tremenda che li ha privati dei loro cari… cose simili sono delle mancanze che ci portano vergogna, capisci? – il suo volto esprimeva solo amarezza – Domani mattina presto partirò e farò giustizia per quanto successo.”
“Andrete a corte dall’imperatore?” chiese il bambino.
“No – scosse il capo – non permetterò che il clan Zao si nasconda dietro i giochi di corte. Impara bene, ragazzo: portare un caso a corte vuol dire scontrarsi con lungaggini burocratiche e con il perfido gioco di alleanze nel consiglio dei clan. Si rende torbida e complicata una cosa molto più semplice.”
“Però – ammise Shao, cercando di capire se suo nonno lo stesse mettendo alla prova – la giustizia tra clan va regolata dall’imperatore, no?”
“Le vite di qualche centinaio di contadini non trovano spazio in quelle sale – dichiarò ancora Liu-Shu – ma il clan Ming può permettersi di agire in autonomia, fa parte dei nostri diritti speciali. Guiderò un’azione di rappresaglia contro il loro territorio: i soldati che si sono vigliaccamente accaniti contro quella povera gente verranno giustiziati.”
“Non li consegneranno mai – ammise Shao – sarebbe ammettere la loro colpa…”
“Lo faranno quando sfonderò con l’esercito nei loro confini… lo so, il tuo sguardo mi dice che è un’azione davvero avventata e forse troppo forte, vero? Però ricordati, ragazzo, i soldati di Ming sono forti e valorosi, quelli di Zao vigliacchi e tronfi di una vittoria contro della povera gente. Metti sempre sulla bilancia tutti i pro ed i contro. Ed in ogni caso, non dimenticare: hai dei doveri nei confronti della tua gente.”
“Mi prenderò cura dei nostri due ospiti – rispose Shao con un cenno del capo – e aspetterò con ansia il tuo ritorno, nonno.”
“Perfetto, è quello che volevo sentire.”
 
Qualche giorno dopo, mentre terminava la lezione d’equitazione, Shao rifletté su quanto gli sembrasse vuota quella grande tenuta senza la presenza di suo nonno e di Lao. Nonostante le sue attività di studio e allenamento procedessero senza intoppi sentiva la mancanza degli occhi scuri di Liu-Shu che controllavano ogni progresso e lo interrogavano sulle lezioni quotidiane, così come la voce di Lao che lo guidava durante gli addestramenti… mai dura o cattiva, sempre pacata ma inflessibile. Il soldato che lo stava momentaneamente sostituendo non aveva lo stesso carisma, anche se il principe non mancava di metterci il solito impegno in modo da poter mostrare a Lao i suoi grandi progressi.
“Molto bene, principe – disse il suo maestro d’equitazione, osservandolo smontare dal cavallino bianco che gli era stato regalato qualche mese fa – adesso vai pure a strigliarlo e ad assicurarti che abbia l’acqua nuova e da mangiare, per oggi hai terminato.”
Con un cenno del capo Shao prese le redini ed iniziò a guidare l’animale fuori dal recinto dove si erano esercitati, verso le grandi stalle della tenuta. Mentre percorreva quel centinaio di metri che lo separavano dall’edificio sentì su di lui gli sguardi di due persone e questo lo indusse ad inarcare le sopracciglia.
Sono venuti a vedermi anche oggi.
I gemelli erano davvero di pochissime parole, ma sua madre gli aveva spiegato che poteva dipendere dalla tragedia che avevano vissuto. Se era possibile rispondevano con cenni del capo ed inchini, nonostante non mancassero mai di essere educati e rispettosi.
“Non torneremo più a casa, vero?”
“No, piccolo, ma non devi temere per la vostra sorte. La famiglia Ming si prenderà sempre cura di voi.”
“I nostri genitori sono morti e il nostro signore è andato a vendicarli. Mio padre diceva sempre che è un buon signore, aveva ragione.”
Era stata questa la conversazione più lunga che avevano avuto la sera del loro arrivo, mentre consumavano il pasto che era stato preparato per loro. Per il resto non avevano versato lacrima, almeno non davanti a lui: erano diventate delle silenziose presenze nella tenuta che si presentavano puntualmente ai pasti e per il resto della giornata sparivano.
Ma Shao sapeva che erano semplicemente nascosti e lo osservavano durante le sue lezioni ed i suoi allenamenti.
Arrivato alla scuderia del suo cavallino provvide a levargli le briglie e la sella e a procedere con la strigliatura. Gli sguardi erano ancora su di lui, ovviamente, ma sentiva che passo dopo passo i gemelli stavano decidendo di uscire allo scoperto, una cosa che gli faceva molto piacere.
Perché quei due ragazzini gli erano piaciuti sin da subito: come aveva detto suo nonno erano una sua responsabilità ed era convinto che fossero arrivati da lui per volere del destino. Aveva letto diverse storie di grandi signori ed eroi e molto spesso i loro fidi compagni, coloro che erano destinati a seguirli fedelmente, venivano conosciuti nelle occasioni più strane e disparate.
Perché non poteva essere lo stesso anche per loro?
Se c’era una cosa che Shao voleva era di fare buona impressione su di loro: ormai aveva deciso che li voleva al suo fianco, ma per farlo capiva anche di doversi guadagnare la loro fiducia. Sapeva bene che avrebbe semplicemente potuto ordinare loro di seguirlo o di fare quanto voleva, ma non rientrava assolutamente nel suo modo di fare.
All’improvviso fecero di proposito rumore, in modo che lui si girasse e prendesse ufficialmente nota della loro presenza. Erano in piedi davanti all’ingresso del box, vestiti entrambi con delle semplici vesti azzurre strette in vita che sua madre aveva preparato per loro.
Per quanto ci fosse ancora il livido sbiadito ad identificare Mio, il principe aveva imparato a riconoscere delle minuscole sfumature per distinguerli: l’attaccatura dei capelli era identica, ma Sin aveva una piccolissima cicatrice sulla tempia sinistra. Mio era quello che tendeva a parlare per primo, le rarissime volte che succedeva, mentre Sin era più taciturno… al contrario era lui quello che era più abile a sparire.
E adesso stavano a pochi metri di distanza da lui, in piedi, in discreto silenzio, ad osservare ogni sua singola mossa. A Shao non dava fastidio quello studio minuzioso: del resto era quello che faceva lui stesso. Anzi gli dava parecchia soddisfazione perché quei due bambini gli sembravano parecchio svegli e sapere di essere interessante ai loro occhi gli dava parecchie speranze per la riuscita del suo piano di farli diventare suoi servitori.
Parlare o non parlare?
Shao aveva la netta sensazione che se avesse sbagliato si sarebbe giocato per sempre di avvicinare gli elusivi gemelli. Raramente aveva avuto a che fare con suoi coetanei: spesso ne vedeva quando andava al grande mercato con Lao o con il nonno, ma le uniche interazioni che aveva avuto erano state scambiare qualche cenno di saluto con chi lo salutava a gran voce.
“Mio nonno punirà quella gente.”
Sembrò quasi una dichiarazione spavalda, ma Shao non si pentì di averla detta: sapeva che l’argomento buono con cui iniziare la conversazione era suo nonno, una persona che i gemelli avevano dimostrato di apprezzare.
Quelle due paia di occhi scuri continuarono a fissarlo con estrema attenzione, quasi valutandolo.
“Sarei voluto andare pure io – continuò – ma non avrebbe avuto senso: sono troppo giovane e ho ancora tanto da imparare.”
Ammissione di colpa? Banale scusa quasi a giustificare una mancanza che non aveva commesso per davvero? O forse semplice realtà dei fatti? Per lui era l’ultima delle tre, ma i gemelli potevano interpretarla diversamente.
“Quando sarò grande e sarò signore di questa provincia punirò chiunque commetta atti del genere, proprio come mio nonno – disse ancora, girandosi verso di loro – Lui ha il generale Lao come fidata guardia del corpo e sa di avere un valido aiuto… io non ho ancora nessuno, ma mi piacerebbe avere voi due.”
Ecco l’aveva detto: senza troppi giri di parole aveva fatto a quei due ragazzini la proposta decisiva.
I due si lanciarono solo una rapida occhiata e poi tornarono a fissarlo. Per tutta risposta Shao posò la spazzola con cui stava pulendo il pelo del cavallino e si mise a braccia conserte, attendendo la loro decisione.
“Che sia ben chiaro – si premurò di aggiungere – per me non è un gioco, assolutamente. Se diventerete mie guardie del corpo vi dovrete addestrare duramente e poi seguirmi come ombre. Probabilmente vi toccherà ad uccidere, ma anche io lo farò se toccherà a me farlo. Non vi sto promettendo niente, né ricchezza né altro… lo faccio solo perché voi due mi piacete e vorrei davvero avervi al mio fianco.”
Troppo complicato come discorso? In fondo erano due ragazzini che provenivano dalla campagna e forse erano abituati a parole più semplici.
Ma prima che potesse avere ancora qualche dubbio i due gemelli fecero un breve cenno d’intesa e poi si inginocchiarono all’unisono davanti a lui, estremamente seri nei loro atteggiamenti. Del resto l’età del gioco per loro era terminata una decina di giorni prima quando la loro gente era stata barbaramente uccisa.
“Noi, Mio e Sin, figli del capo villaggio di Mis, giuriamo fedeltà assoluta al principe Shao Ming – disse Mio, parlando anche a nome del gemello – ci addestreremo e diventeremo le tue guardie del corpo, mio signore, e ti proteggeremo a costo della nostra stessa vita. Lo giuriamo solennemente.”
Shao si limitò ad annuire, ma dentro di sé esultava: a nemmeno sette anni si era appena guadagnato le sue guardie del corpo personali.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Riti di passaggio ***


Capitolo 3.
Riti di passaggio



 
“Ogni paese ha le sue leggi, ogni famiglia le sue regole”
Proverbio cinese
 
 
Shan-je, capoluogo della provincia Ming, 1901.
 
Clack.
Il colpo di forbice fu netto e Shao sgranò gli occhi nel capire che il tutto era ormai finito… nemmeno cinque secondi e la sua stretta trecciolina nera era stata recisa.
“Dieci anni – sospirò Shan-Ju con un sorriso, accarezzando quel cimelio prima di riporlo in un fazzoletto di seta in attesa di bruciarlo durante la cerimonia del giorno dopo – come vola il tempo, mio piccolo principe: ormai sei davvero grande.”
Shao  si alzò in piedi con orgoglio, cercando di non far caso ai capelli corti che, rimasti senza treccia, gli cadevano in ciuffi disordinati sulla nuca. Non gli sembrava vero di aver ormai raggiunto quel traguardo e di aver fatto un altro passo importante verso l’età adulta. A dieci anni non si era più bambini, ma si entrava in quell’età di passaggio verso l’età adulta che arrivava ai sedici anni: la stretta treccia tipica delle pettinature infantili dei nobili veniva tagliata e poi offerta agli antenati protettori del clan, affinché aiutassero il giovane nel suo percorso verso la vita.
Però per Shao in quel momento quei discorsi rituali poco importavano.
“Madre, oggi posso scendere al mercato da solo con Mio e Sin? Te ne prego! Ormai sono grande, no?”
Non perse tempo a rivolgerle quella fatidica domanda alla quale ormai stava pensando da settimane: arrivò addirittura a stringerle le braccia attorno al collo, dimenticandosi del tutto del suo solito atteggiamento da adulto.
“Piccolo principe, ma davvero questo è il modo di comportarsi di un ragazzo a cui è appena stata tagliata la treccia? – ridacchiò la donna, non mancando però di rispondere a quell’abbraccio – forse te la devo riattaccare?”
“Oh no, madre – scosse il capo lui con un sorriso, scostandosi da lei il tanto per guardarla in faccia – però mi hai detto più volte che a dieci anni un principe è in grado di essere molto responsabile, ed io lo sono. Ti prego, concedimi il permesso: sarà solo un giro con le mie guardie del corpo.”
“Guardie del corpo che non sono ancora tali dato che sono ancora in pieno addestramento – puntualizzò Shan-Ju, posando l’indice sul naso del bambino – nonostante tutti affermino che sono molto bravi. E cosa vorrebbe dimostrare il mio principe andando al mercato da solo con loro?”
“Voglio dimostrare al popolo che ora ho tagliato la treccia e dunque non sono più un bambino che deve seguire la madre e le serve quando va al mercato.”
“La mia compagnia turbava così tanto il piccolo Shao?”
“Oh no! Però è differente – Shao scosse il capo con forza, cercando di tenere a freno quell’entusiasmo: effettivamente poteva essere un atteggiamento controproducente per convincere sua madre – è un’esperienza nuova. E sia il nonno che Lao dicono sempre che l’esperienza è la migliore maestra.”
Tornato su quei sentieri più diplomatici, il bambino capì che il permesso era quasi a portata di mano: si sciolse dall’abbraccio materno e rimase davanti a lei, cercando di esprimere tutta la maturità possibile.
“E il nonno del giovane Shao cosa ne pensa di questa avventura al mercato senza nessuna persona adulta? Ne è stato informato?”
“Non ancora, ma glielo chiederò non appena otterrò il tuo permesso, madre – dichiarò Shao, facendo sfoggio di tutto il suo fascino – era giusto prima chiedere a te.”
E soprattutto se andava dal nonno con già il permesso della madre i giochi erano fatti a metà.
“Da quando sono una persona con cui usare tutte queste tecniche di seduzioni, mio bimbo? – lo prese in giro Shan-Ju, dimostrando di conoscerlo meglio del previsto – non dimenticare che anche tua madre è una Ming fatta e finita e certe cose con me non funzionano. Comunque sia, va bene, permesso concesso.”
“Sapevo che non mi avresti detto di no!”
“Porterai un regalo a tua madre in ricordo di questa grande avventura?”
“Certo che sì, madre: è un’avventura in tuo onore!”
 
Quel pomeriggio, dopo aver ottenuto anche il permesso del nonno, Shao uscì dalla tenuta di famiglia accompagnato solo da Mio e Sin che lo seguivano a due passi di distanza. Era innegabile che sia il principe che i gemelli fossero particolarmente orgogliosi di quel momento in cui mostravano al mondo il loro essere cresciuti. Effettivamente quegli anni trascorsi e gli allenamenti avevano in parte trasformato i loro fisici fanciulleschi: erano cresciuti tutti e tre in altezza ed i loro corpi erano molto più muscolosi e agili rispetto a quelli dei loro coetanei. In particolare i gemelli si erano dimostrati dei veri e propri talenti nelle arti marziali e lo stesso Lao riteneva che avessero davanti a loro un promettente futuro.
Di conseguenza Shao si sentiva estremamente sicuro di sé mentre procedevano verso il sentiero che li avrebbe condotti nel vero e proprio centro abitato e dunque al grande mercato. I ciuffi di capelli neri erano mossi da una leggera brezza ed il principe era particolarmente contento di quell’effetto: tutti avrebbero notato che la trecciolina gli era stata tagliata.
“Adesso non mi taglierò più i capelli – disse con orgoglio ai gemelli – e quando saranno abbastanza lunghi li potrò raccogliere sulla nuca, proprio come fanno gli adulti.”
Mio e Sin annuirono all’unisono, ma non proferirono parola.
Shao non si lamentò per quella scarsa loquacità: negli anni che avevano trascorso assieme aveva imparato che i gemelli erano fatti così. Ovviamente c’erano momenti in cui avevano giocato assieme e allora le risate e gli scherzi non erano mancati, ma nelle occasioni ufficiali come quella si chiudevano in un rispettoso silenzio, rispondendo solo se necessario e focalizzando la loro attenzione sulla protezione del loro principe.
“Hanno l’anima del guerriero, prendono le cose estremamente sul serio e questo farà di loro delle guardie del corpo di altissimo livello: non è solo l’addestramento fisico a contare, ma anche la mentalità che si adotta a seconda delle occasioni.”
Era stato così che Lao aveva elogiato i gemelli in presenza dello stesso Liu-Shu, nemmeno qualche settimana fa, e Shao non aveva potuto fare a meno di gonfiare il petto per l’orgoglio quasi fosse solo merito suo.
Ben presto i loro passi svelti li fecero arrivare alla grande piazza del mercato che quel giorno brulicava di gente e di bancarelle per la vicina fiera del raccolto. Già nei sobborghi della città si erano accampati molti contadini e pastori provenienti dalle campagne circostanti, intenzionati a vendere i loro prodotti nei prossimi giorni di festa. Inoltre non mancavano banchi di dolciumi, spezie, gioielli, e ninnoli strani e curiosi che contribuivano a creare uno splendido gioco di suoni, colori e odori che aveva il potere di inebriare chiunque mettesse piede in quella piazza, cuore pulsante della provincia Ming.
Shao fece mentalmente il conto delle monete che aveva portato con sé: ovviamente aveva intenzione di prendere un regalo a sua madre, ma la sua mente di fanciullo aveva anche deciso che era più che giusto approfittare dell’occasione per comprare anche qualche prelibatezza da mangiare e poi dividerla con le sue fidate guardie del corpo.
“Oh, il principe Shao, guardate!”
“E’ senza treccia! Allora ha fatto il rituale… salute a te, principe!”
“Guardate che portamento nobile, è davvero uno splendido ragazzo!”
“Che il divino l’abbia in gloria ora e sempre, siamo davvero fortunati!”
“Principino! Benvenuto tra di noi!”
“Evviva la dinastia Ming!”
I commenti e le acclamazioni si succedevano e Shao non faceva altro che rivolgere sorrisi e saluti alla folla che si accalcava intorno a lui e ai gemelli senza però essere troppo opprimente, quasi fosse in grado di scorgere una linea di demarcazione da rispettare.
Dopo quell’ingresso trionfale, con sommo piacere del principino, ciascuno tornò ai suoi affari lasciano i tre ragazzini liberi di poter fare i giri che desideravano tra le bancarelle. Ovviamente i vari mercanti erano più che pronti a mostrare i propri tesori a quel visitatore d’eccezione e un’ora buona venne trascorsa a vagare tra quelle meraviglie provenienti da tutte le zone del grande impero di Xing.
“Sapete, io ho uno zio – spiegò Shao ad un certo punto, mentre assieme ai gemelli si allontanava da una bancarella che vendeva dei gioielli provenienti da Drachma: nella tasca della sua veste, accuratamente infagottato, stava ora un piccolo pendente d’ambra per sua madre – a dire il vero è il fratello minore di mio nonno, quindi sarebbe un prozio, ma non è questo l’importante… lui è l’ambasciatore della famiglia e di tutto Xing a Drachma. L’ultima volta che è tornato a casa è stato poco prima che arrivaste voi, quindi potete capire che sta via per tanto tempo ogni volta.”
Il silenzio dei gemelli rispose a quell’affermazione, ma per Shao fu come se i due gli avessero chiesto di continuare a parlare di quell’argomento.
“Come vi dicevo, si mio zio si chiama Liu-Be e ogni volta che torna a casa racconta un sacco di cose di quel paese. Sapete, lui è grande amico di uno dei signori più potenti della nobiltà di Drachma… se non ricordo male si chiama Esdev… duca Esdev. Duca è un titolo che noi non usiamo, ma sta ad indicare una persona di rango alto, inferiore solo al loro sovrano che si chiama Autarca e non imperatore come il nostro. Oh, ecco! La frutta caramellata!”
La sua dotta disquisizione su Drachma e su suo zio venne interrotta dalla visuale della bancarella che stava cercando ormai da qualche minuto: quell’anziana signora faceva la miglior frutta caramellata di tutto il mercato e ormai per Shao era un’abitudine andare da lei a fare scorta di dolci ogni volta che ne aveva occasione.
“Buongiorno, principino, oggi da solo? – lo salutò l’anziana con un inchino sorridente – oh, ma non abbiamo più la treccia. Sua madre deve esser davvero orgogliosa!”
“Domani mattina ci sarà la cerimonia della fine dell’infanzia – annuì con orgoglio Shao, indicandole tutti i canditi da mettere nel sacchetto di carta che la donna stava preparando – la treccia verrà offerta agli antenati come da tradizione! Sarà mio nonno ad officiare la cerimonia.”
“Che la vostra vita sia piena di fortuna e gioia, principino – salutò la donna, dandogli il sacchetto e ricevendo in cambio due monete, ben più di quanto costassero quei dolci – oh ma…”
“I vostri auguri sono preziosi e sinceri, signora – sorrise elegantemente Shao – mi sembra il minimo ricambiare in qualche modo.”
Quel gesto ovviamente scatenò i commenti deliziati delle persone che stavano lì vicino e passò ancora del tempo prima che Shao ed i gemelli potessero di nuovo camminare in relativo anonimato. Ad un certo punto, sentendosi stanco, e ritenendo che anche le sue guardie del corpo meritassero una pausa, si diresse vero una piccola fontana ai lati della piazza, nello spazio sul retro di alcune bancarelle dove quindi passava pochissima gente. Qui si sedette sul muretto di pietra e aprì il sacchetto davanti a Mio e Sin che subito infilarono le mani per prendere i pezzi di frutta caramellata.
Shao, masticando a sua volta, osservò come i gemelli stessero comunque vigili e all’erta, nonostante le labbra sporche di caramello: vestivano dei semplici pantaloni scuri e una veste del medesimo colore stretta in vita. Eppure Shao sapeva che a loro era già concesso di portare dei piccoli pugnali: Lao sosteneva che prima prendevano confidenza con queste armi meglio era.
“Vi dicevo di mio zio – riprese, rimuginando sul fatto che lui ancora un’arma propria non l’aveva – mio nonno mi ha fatto vedere una lettera in cui dice che arriverà a casa tra qualche settimana. Sarà fantastico: avrà un sacco di cose da raccontare, ne sono certo… e chissà quali meraviglie avrà portato da Drachma! Ve lo presenterò, ovviamente, del resto voi siete le mie guardie del corpo e…”
“Ladro! Ladro! Qualcuno lo fermi!”
Quel richiamo improvviso interruppe il racconto del principe che subito balzò in piedi per vedere quanto stava succedendo.
 
Non c’era niente di strano nel fatto che ci fossero dei ladri in una piazza così affollata come quella del mercato. Ogni giorno c’erano almeno una decina di furti, tutti di piccola entità: signori che, tornando a casa, si accorgevano di essere stati alleggeriti del sacchetto delle monete, qualche mercante che si trovava alcuni articoli in meno, e cose simili. La presenza di alcune guardie garantiva che, comunque, non accadesse niente di grave ed i ladruncoli cittadini, spesso e volentieri solo ragazzini in vena di bravate, sapevano entro quali limiti stare.
Ma in occasioni come quella di una grande fiera, oltre a mercanti e contadini provenienti da zone lontane, non mancavano di arrivare anche dei ladri stranieri che non conoscevano per niente lo strano codice tra guardie e borsaioli di Shan-je.
E sicuramente era il caso di quel giovane che correva trafelato tenendo stretto a se un qualcosa che era chiaramente la refurtiva. Continuava a sbandare in mezzo a tutta quella folla, approfittando del fatto che ancora molti non capivano davvero quello che stava accadendo e dunque non si preoccupavano di afferrarlo per tempo. E ovviamente pure le guardie erano in difficoltà a farsi largo in quella ressa.
Shao notò tutto questo in pochi e cruciali secondi, mentre il suo istinto gli diceva che nella sua città non doveva succedere niente del genere.
Notando come il ladro venisse dalla loro parte, il principe salì sopra un bancone di frutta che stava lì vicino e presa una mela la scagliò con rapidità e precisione verso quella figura in movimento. Il frutto colpì sulla spalla l’uomo, mettendo leggermente a repentaglio il suo equilibrio, ma questo non bastò a rallentare la sua fuga lontano da quella piazza, verso i vicoli dove aveva qualche possibilità di salvezza.
Shao stava per lanciare un altro frutto, ma poi si rese improvvisamente conto che i suoi proiettili non avrebbero mai avuto l’effetto desiderato: era un’arma ridicola e lui aveva bisogno d’altro. Era diventata una sua personalissima sfida.
“Mio, Sin – chiamò, lanciando uno sguardo ai gemelli che erano già accanto a lui – la sua corsa deve finire adesso!
Fu come se i due non stessero aspettando altro che quell’ordine, desiderosi chiaramente di poter prendere parte all’azione, quasi a mettere alla prova gli anni d’addestramento: scattarono come fulmini in strada, ponendosi proprio sulla traiettoria del loro obbiettivo. Come per magia un piccolo stiletto legato al quale stava un cavo d’acciaio comparve nella mano di Mio che fu rapido a lanciarlo al gemello che stava già dall’altra parte della via; i due poi saltarono all’unisono sopra i banconi che costeggiavano la strada e attesero quei tre secondi prima che il ladro impattasse contro la loro trappola con un violento strattone che lo colpì in pieno addome. L’impatto fu tale che i gemelli rischiarono di venir sbalzati via, data la differenza di peso, e solo il loro addestramento e dunque la capacità di tenere saldi i piedi su un supporto evitò loro un ruzzolone catastrofico.
Il ladro emise un verso soffocato mentre cadeva a terra e una piccola sacca si rovesciava davanti a lui rivelando la refurtiva di diverse monete d’oro. Tuttavia la forza della disperazione lo fece immediatamente rialzare.
“Fermati!” ordinò Shao, facendosi avanti.
Il ladro alzò lo sguardo verso di lui e probabilmente non riconobbe chi era. Forse vide come ultimo atto di salvezza il prendere come ostaggio un ragazzino all’apparenza disarmato e così si protese verso Shao, pronto a ghermirlo.
Gli occhi scuri del principe di Xing si socchiusero pericolosamente: non avrebbe tollerato di venir attaccato così impunemente da un comune ladro di strada. Bloccò con una rapida occhiata i gemelli che erano già pronti a colpirlo alle spalle e, con una precisa mossa di arti marziali che tanto bene aveva imparato, fece una mezza piroetta su se stesso e colpì il ladro con un calcio proprio all’altezza del collo. Aveva dieci anni, pesava poco più di venti chili che vennero tutti scaricati in quel poderoso colpo che mandò a terra il ladro.
Proprio in quel momento sopraggiunsero le guardie che furono rapide a bloccare l’uomo e a chinarsi davanti a Shao che nel frattempo era stato raggiunto dai gemelli.
“Principe, siete ferito?”
“No, proprio no – disse Shao, portandosi in mezzo alla strada e squadrando con disprezzo quell’uomo che lo fissava incredulo nell’apprendere la sua identità – non ne ha avuto modo. Chi è stato a subire il furto?”
La folla si scostò e si fece avanti la vecchia signora del banco della frutta caramellata: si torceva le mani con disperazione, quasi non volesse credere di aver scomodato il principe.
“Mio signore…” balbettò con le lacrime agli occhi.
“E’ il ricavato di un’onesta e faticosa giornata di lavoro – spiegò Shao, raccogliendo il sacchetto e mettendovi dentro le monete cadute, prima di porgerlo alla legittima proprietaria – sono felice di potertelo restituire, buona signora. Il tuo banco ha subito danni?”
“No… no, principe.”
“Molto bene, ne sono contento.”
Fece un gesto elegante della mano per congedarla e poi, una volta che fu lontana, puntò i suoi occhi scuri contro il ladro che ancora si dibatteva.
“Mio… mio principe – mormorò l’uomo – chiedo pietà!”
“Hai rubato il frutto di una giornata di lavoro ad una povera signora – sibilò Shao – hai seminato panico in questo posto pacifico e soprattutto hai osato minacciare la mia persona, quella del nono figlio dell’imperatore di Xing… come osi anche solo implorare pietà?”
“Non… non sapevo che… che eravate voi!” si disperò ancora il ladro.
“E dunque se non si trattava di me avresti vigliaccamente preso un ragazzino inerme come ostaggio? Non solo sei un ladro, ma sei anche un vile… a Shan-je non tolleriamo le persone come te. Guardia! Qual è la pena per chi ruba?”
“Taglio della mano destra, mio principe!” si chinò subito una delle guardie che non tenevano il prigioniero.
“No! Ve ne prego!”
Una piccola parte della mente di Shao si disse che quella persona in fondo era solo un uomo, magari un poveraccio spinto dalla fame e con una famiglia da mantenere. Ma guardandolo bene si accorse che di povero aveva ben poco: i suoi vestiti erano buoni, così come alcuni anelli che indossava… ed il volto in generale faceva capire che si trattava solo di un furfante che cercava di salvarsi la vita nel modo più untuoso possibile.
“Il taglio della mano destra è la pena per chi ruba – sentenziò – la pena invece per aver tentato di assalire e prendere in ostaggio un figlio dell’imperatore è la morte. Portatelo in prigione ed eseguite la condanna: che gli venga prima tagliata la mano e poi sia ucciso secondo le leggi.”
Aveva l’autorità per farlo? In fondo era appena uscito dall’infanzia e la treccia nemmeno era stata offerta agli antenati. Probabilmente un simile dubbio venne anche alle guardie, ma se ci fu durò solo qualche secondo. Shao si raddrizzò ulteriormente, facendo appello a tutta la dignità che aveva, e annuì compiaciuto quando vide che le guardie gli davano ragione e portavano via il ladro che piagnucolava ancora pietà.
“Che sia chiaro che a Shan-je non vengono tollerati simili gesti – dichiarò alla folla che ancora lo osservava – mia brava gente, ve ne prego, riprendete le vostre attività: mancano ancora due ore al tramonto ed il mercato ancora non chiude.”
Fu un invito, un ordine… o forse entrambi, nemmeno lui seppe dirlo. Sapeva solo che aveva appena condannato a morte una persona e che tutto sommato era giusto così e non c’era nulla da rimpiangere: aveva fatto il suo dovere di principe e la sua sentenza non era stata diversa da quella che avrebbe emesso suo nonno.
Ricacciò quindi indietro quel minimo senso di colpa che provava e poi si rivolse ai gemelli.
“Mio, recupera il sacchetto di frutta caramellata: torniamo a casa.”
Però in cuor suo sapeva che non l’avrebbe mangiata.
 
Non era la prima volta che aveva a che fare con la morte.
Ricordava bene i cadaveri dei soldati del clan Zao che li avevano attaccati nel viaggio verso casa quando lui aveva appena cinque anni: non gli avevano fatto né caldo né freddo, giusto avevano suscitato in lui una strana e morbosa curiosità che era durata solo qualche ora.
Per il resto sapeva che i gemelli avevano perso la loro famiglia e la loro gente in maniera orribile e che poi suo nonno era riuscito a far giustiziare i centoventi soldati mercenari che avevano compiuto quella strage: i loro corpi avevano subito la medesima sorte delle persone che avevano ucciso… decapitati e poi le teste infilzate su picche: per diversi mesi quei macabri trofei avevano segnato il confine tra le due province.
A corte un giovane principe, l’ottavo erede al trono, era morto avvelenato… sicuramente eliminato da un clan rivale: le sue guardie del corpo erano state giustiziate per non aver compiuto degnamente il loro dovere.
Tutti questi pensieri si accavallavano nella mente del giovane Shao quella notte, mentre seduto a gambe incrociate sul suo giaciglio osservava il cielo stellato che si vedeva dalla finestra.
“Il fatto che tu non abbia sonno è una grande consolazione per me.”
La voce di Liu-Shu fece trasalire il principino: era così assorto nei suoi pensieri che non si era accorto di quando suo nonno era entrato.
“Forse non avevo il diritto di dispensare giustizia – mormorò Shao, alzando lo sguardo sull’uomo che si era seduto accanto a lui – il rituale di passaggio non è nemmeno terminato.”
“No, ma a te più che altro tiene sveglio il pensiero di aver levato, seppur indirettamente, la vita di una persona, cattiva o buona che fosse non importa. Ed è un bene: non è mai una cosa che va presa alla leggera. Hai agito da buon principe, tutto qui.”
“Se fossi stato certo che magari era solo un disperato… non l’avrei condannato a morte.”
“Ma lui non era una persona buona da quanto ho capito. Perché sei stato così sicuro della tua valutazione?”
 “Una persona buona, seppur disperata, non avrebbe tentato di prendere in ostaggio un innocente.” rispose Shao, sicuro di questa sua opinione del mondo in generale.
“Gli antenati ti aiutino, ragazzo – sospirò Liu-Shu – questa realtà è vera cinque volte su dieci. Tu oggi sei incappato nella metà giusta, ma non sempre è come dici tu. Comunque è bene che ti lasci alla tua notte di riflessione: ma alla fine non perdere il sonno, giovane principe, devi comunque andare avanti.”
“Certo, nonno, ti auguro la buonanotte.”
Ma rimase a riflettere fino a notte fonda.




______________
vorrei ricordare che non c'è molto da stupirsi che Shao ed i gemelli abbiano simili abilità nelle arti marziali. Ricordiamoci che hanno 10 anni, ossia l'età di May Chang nel manga e tutti sappiamo che è in grado di fare xD

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Il falco bianco ***


Capitolo 4.
Il falco bianco



“Meglio una cosa vista che cento raccontate.”
Proverbio cinese
 
 
Xing, 1906.
 
“Il tempo di ritirare le missive che l’imperatore ha preparato per l’Autarca e poi potremo partire: questione di uno o due giorni – spiegò Liu-Be, godendosi quella tiepida mattinata di viaggio a cavallo verso la capitale di Xing – sono davvero felice che mio fratello ti abbia concesso il permesso di venire con me a Drachma, ragazzo: è un’esperienza che ti formerà, non ci sono dubbi.”
Shao annuì con un sorrisetto enigmatico, impaziente di cominciare la grande avventura che aspettava ormai da più di cinque anni. Partire come ambasciatore di Drachma assieme a suo zio era stato il suo più grande desiderio da sempre, ma sia suo nonno che sua madre avevano insistito perché lui arrivasse alla maggiore età e terminasse il suo addestramento prima di compiere un viaggio simile.
E così per ben tre volte, nel corso di quel lungo arco di tempo tra il suo decimo ed il suo quindicesimo compleanno, suo zio era tornato e ripartito, ogni volta lasciandolo con un senso d’aspettativa che non faceva altro che crescere: Drachma gli sembrava il paese più meraviglioso della terra, un mondo carico di promesse e di colori che non faceva altro che chiamarlo con insistenza ogni volta che aveva occasione di pensarci. I racconti e le lettere di suo zio erano sempre carichi di descrizioni e storie che ormai al giovane principe sembrava di conoscere quel regno meglio dello stesso Xing.
Però quest’impazienza era ben celata da un atteggiamento calmo e rilassato: gli anni avevano affinato questa caratteristica del giovane Ming, facendolo diventare un ragazzo dai movimenti felini e placidi, perfetti per nascondere le sue vere doti di combattente.
“L’Autarca sarà molto felice di conoscere un principe di Xing – continuò Liu-Be – purtroppo con me si è dovuto accontentare di un semplice membro della famiglia Ming…”
“Non è da poco!” ridacchiò Shao.
“… beh, se oltre a Ming sei anche di sangue reale le cose sono decisamente diverse – terminò l’altro rispondendo a quella risatina, estremamente simile a quella del nipote – tu e suo figlio, Derekj, avete più o meno la stessa età. Sarà interessante per te conoscere qualcuno di tuo pari grado, non credi?”
“Non è proprio pari grado – considerò Shao – lui è l’erede designato al trono di Drachma, io sono solo uno dei tanti principi… adesso mi pare che siamo sui trentasette: negli ultimi anni sono nati parecchi principi e principesse. Mi è parso di capire che altri due o tre nasceranno nell’arco dei prossimi mesi. Non credo che Derekj possa vantare tanti fratellastri e sorellastre.”
“Ne hai conosciuto qualcuno?”
“No – scrollò le spalle Shao – dopo il riconoscimento ufficiale non sono più tornato a corte. Ma non ho mai sentito il bisogno di conoscerli, specie perché molti di loro forse preferirebbero vedermi fuori combattimento: credo che per alcuni sia difficile comprendere che i Ming non sono interessati al trono.”
“I soliti stolti – commentò Liu-Be – se preferisci puoi restare fuori città…”
“Ho le mie guardie del corpo con me – ribatté Shao, indicando i gemelli che cavalcavano silenziosamente dietro assieme al gruppetto di servitori dell’ambasciatore – non ho bisogno d’altro.”
“Ben detto, figliolo, ben detto! Adesso lascia che ti racconti del viaggio che dobbiamo fare: saranno un tre mesi buoni considerato che dobbiamo poi risalire verso la provincia di mio fratello e farci i trecento chilometri che conducono al confine… e da lì poi dobbiamo calare verso…”
E Shao si dimenticò ben presto delle dinamiche della famiglia imperiale per lasciarsi andare alle meraviglie di Drachma.
 
Erano passati dieci anni da quando Shao era stato presentato all’imperatore.
Allora gli era sembrata una figura distante, sola, intrappolata nel suo ruolo ed in quella grande sala vuota dove l’aveva ricevuto assieme a sua madre.
Quella primavera il Sovrano Celeste aveva compiuto il suo cinquantacinquesimo anno, il ventisettesimo del suo regno, ma a Shao sembrava molto più vecchio. Non era più seduto in quel grande trono, su quella piattaforma, ma stava adagiato su un comodo mucchio di cuscini di seta in una delle sue stanze private dove aveva deciso di accogliere Liu-Be e parlare con lui della prossima ambasciata a Drachma.
Non aveva i vestiti cerimoniali dell’altra volta, ma delle semplici vesti da camera e questo dettaglio, unito alla distanza molto più ridotta, permise al principe di osservarlo con attenzione. Per una decina di secondi cercò qualche somiglianza in quel viso leggermente flaccido e segnato da diverse rughe, negli occhi scuri dal taglio allungato, nell’attaccatura dei capelli che ormai erano in buona parte ingrigiti… ma non ne trovò nemmeno una.
Sono davvero imparentato con lui? – rifletté Shao, in qualche modo sollevato da quella scoperta – Mi sembra quasi inverosimile.
Ma no, non era inverosimile: del resto lui era una mosca bianca, un Ming e tutto quello che era lo doveva alla sua famiglia e non certo a quell’uomo che leggeva con occhi stanchi una pergamena. Lui assomigliava a suo nonno e in misura maggiore a suo zio, mentre il taglio degli occhi l’aveva preso da sua madre.
Questi pensieri furono interrotti dall’imperatore che, con un verso soddisfatto, annuì e arrotolò la missiva, passandola poi ad un segretario affinché vi apponesse il sigillo. Quindi si sistemò meglio nel suo nido di cuscini e solo allora parve accorgersi della presenza di Shao, seduto al basso tavolino accanto allo zio
“Con il vostro permesso, mio sovrano – disse proprio Liu-Be, facendo un lieve inchino col capo – in questa ambasciata sarò accompagnato anche da Shao Ming, il vostro nono erede.”
“Shao… eh? – il tono di voce era vagamente incuriosito – Quanti anni hai adesso?”
“Quindici compiuti un mese fa, Celeste Sovrano.” rispose rispettosamente Shao chinando appena il capo.
“Quindi ormai sei quasi maggiorenne: sei cresciuto bene, ne sono felice – scrollò le spalle l’imperatore – conti di ricoprire il ruolo di famiglia di ambasciatore presso Drachma?”
“Sarebbe un onore per me, Celeste Sovrano.”
“Se hai un decimo dell’intelligenza di tuo zio coprirai questo ruolo con grande beneficio per Xing.”
“Oh, promette molto bene – annuì Liu-Be, con quell’orgoglio paterno che il vero padre di Shao non mostrava minimamente – non lo porterei con me a quindici anni se non fossi certo del suo grande potenziale, mio sovrano. A Drachma saranno onorati di conoscere un principe di Xing.”
“Allora conto che farai onore al nostro paese, giovane principe.”
Più di quanto lo fai tu…
Fu un pensiero assai irriverente e Shao abbassò prudentemente lo sguardo per evitare che trasparisse dai suoi occhi.
 
Mentre suo zio provvedeva ad alcuni iter burocratici, il giovane principe ne approfittò per fare un giro negli ampi cortili del palazzo imperiale: ricordava bene di come sua madre l’avesse portato a fare una passeggiata tra quelle piante e quelle fontane il giorno prima della sua presentazione all’imperatore.
Camminava con calma, le mani dietro la schiena, godendosi la fresca brezza pomeridiana, tuttavia cosciente delle decine di persone nascoste che lo osservavano con discrezione. Ma non era intimorito: sapeva che tra quegli sguardi c’erano anche quelli di Mio e Sin e questo lo faceva sentire protetto quanto bastava.
Shi’te! Shi’te! Shi’te!
Anche se non veniva pronunciata, quella parola continuava ad aleggiare attorno a lui.
Tuttavia invece di sentirsene oppresso, Shao ne fu deliziato.
Era l’eccezione, la mosca bianca, quello contentissimo di non aver niente a che fare con l’imperatore suo padre. Quel mondo di corte non gli interessava minimamente: a lui importava solo di Drachma e di quanto gli avrebbe offerto.
Lui era ad un livello superiore rispetto a tutti gli altri, adesso se ne rendeva perfettamente conto.
Perché era fuori dagli schemi, non catalogabile e questo gli dava un potere fuori dal comune.
Oh sì – gongolò – senti come si dibattono perché sono stato ricevuto dall’imperatore! Probabilmente la maggior parte degli altri principi non ha mai avuto un simile onore… poveri sciocchi! Mi credono davvero favorito al trono per questo? Non hanno idea di come invece mi sia proposto come ambasciatore a Drachma, snobbando il potere imperiale.
La sua passeggiata lo portò ad un ampio colonnato che, se ben ricordava, portava all’ala del palazzo dove stavano gli appartamenti delle concubine dell’imperatore. Capendo che non era il caso di andare oltre fece per girarsi, ma la sua attenzione venne attratta da un lieve movimento dietro una colonna.
Istintivamente le sue braccia si tesero, pronte ad afferrare lo stiletto che aveva nella manica destra della veste, tuttavia non diede segno di aver scorto l’osservatore: continuò a passeggiare girando a sinistra di quelle ampie colonne color porpora.
Con la coda dell’occhio sbirciò indietro per vedere se il suo ipotetico avversario decideva di attaccare, ma si concesse un sorrisetto indulgente quando si rese conto che l’osservatore era solo un bambino sui cinque anni che lo sbirciava con aria curiosa, probabilmente sicuro di essere perfettamente nascosto.
Indossava una camicia gialla ed aveva una treccina di capelli scuri che però lasciava libere parecchie ciocche disordinate che gli cadevano sul viso tondo e… sporco di briciole. Probabilmente si era appena concesso una lauta merenda.
Clan Yao? – si chiese Shao, notando alcuni dettagli dell’abbigliamento del bambino – allora è il dodicesimo principe di Xing se non ricordo male. Ling Yao, ma certo… beh, per essere la prima volta che incontro un mio fratellastro non è niente male. Almeno è originale.
Sì, gli mancava decisamente l’aria impettita che si aspettava essere parte fondamentale dei contendenti al trono: quel ragazzino sembrava solo estremamente curioso di vedere quell’estraneo di cui probabilmente aveva sentito bisbigliare nelle ore precedenti.
“Pulisciti il viso, principe Ling del clan Yao – disse con calma, facendo un rapido cenno di saluto – oppure tutta la corte verrà a sapere che ti sei ingozzato con i dolci di riso.”
Il bambino scappò? Rimase ad osservarlo? Le sue guardie del corpo si affrettarono a portarlo al sicuro?
Shao non lo seppe mai e nemmeno gli importò: riprese a camminare nel cortile, sperando che suo zio finisse presto con quelle pratiche.
 
La grande pista commerciale per Drachma.
A dire il vero si trattava solo di un sentiero di terra battuta che spezzava in due le vaste praterie di quella parte di Xing, ma per Shao era un qualcosa di magico. Quel verde sembrava perdersi all’infinito, legandosi al cielo in una linea perfetta che solo gli stormi di uccellini selvatici, che ogni tanto spiccavano il volo dall’erba alta, riuscivano a superare. Per Shao era come viaggiare in un immenso mare verde, con un forte senso di libertà che pervadeva ogni fibra del suo essere, tanto che si doveva sempre trattenere dal spronare la sua cavalcatura al galoppo più sfrenato.
Le giornate di viaggio passavano procedendo ad andatura calma ma sostenuta, in modo da evitare che le bestie si affaticassero inutilmente. Ogni tanto, ed in maniera sempre più rada, si incontrava qualche piccolo centro abitato, con delle stazioni di sosta per far abbeverare e riposare gli animali: si chiamavano “mesiux” – gli spiegò suo zio – ed avevano un ruolo fondamentale nella grande via commerciale.
Più di una volta incontrarono carovane che procedevano in entrambe le direzioni: per Shao era la prima volta che vedeva degli abitanti di Drachma.
“Non sono molto diversi da noi…” notò una volta.
“Provengono dalla provincia di Kyravic, proprio al confine con il nostro impero – gli spiegò lo zio – e si vede che gli scambi con noi non sono stati solo commerciali. Del resto le frontiere tra i nostri due regni sono state sempre aperte… imparerai che ciascuna delle dieci famiglie nobiliari di Drachma ha le sue peculiarità: i Kyravic, oltre ad avere molto spesso dei tratti che ricordano i nostri, sono abili commercianti e sono famosi soprattutto per aver creato le principali arterie di comunicazione del paese. I sentieri in mezzo alle steppe sono diventati strade e, pensa, ad inizio secolo… nemmeno cinque anni fa… hanno sovrinteso alla costruzione della prima linea ferroviaria del paese.”
“Com’è la provincia di Kyravic?”
“Oh, steppe e montagne per lo più, ma noi taglieremo subito verso sud per andare verso la provincia Esdev dove il clima è decisamente più gentile. Però per te sarà interessante vedere anche quella parte di regno: la natura selvaggia concede degli spettacoli di notevole livello… molto diversi da quelli di Xing.”
 
Le settimane si succedettero così, con Shao che imparava sempre più su Drachma e sulla gente che avrebbe conosciuto. Un giorno, tuttavia, mentre si stavano mettendo in viaggio al sorgere del sole, si accorse che c’era una novità nel paesaggio verde della prateria.
“Vedo una montagna all’orizzonte…” mormorò.
“E’ la montagna del falco bianco: si trova esattamente al confine tra i due paesi. Una volta superato il passo montano saremo a Drachma.”
“Non ho mai sentito parlare di questo tipo di uccello – ammise il principe, aggrottando le sopracciglia – non si trova a Xing.”
“No, è tipico solo di questa particolare zona – rispose Liu-Be con aria di chi la sa lunga – ed è estremamente raro poterne vedere uno. In oltre trent’anni che faccio avanti e indietro tra i due paesi mi è capitato di vederlo solo due volte… e sempre da lontano. Si dice che le sue piume bianche portino grande fortuna. Chissà, ragazzo, se gli auspici ti saranno favorevoli anche tu lo vedrai volare durante i tuoi viaggi.”
In quella giornata riuscirono a raggiungere il rilievo e a fare la prima parte di scalata.
Shao si accorse che la montagna era davvero particolare: era alta oltre i millecinquecento metri, ma per buona metà aveva una pendenza estremamente dolce, quasi collinare. Il sentiero si trovava a quota di circa settecentocinquanta metri e sopra di esso, in contrasto con la dolcezza della collina, iniziava una parete rocciosa praticamente verticale, dove non era possibile procedere se non scalando a mani nude.
“I nidi del falco bianco si trovano sicuramente in quella parte della montagna – spiegò Liu-Be mentre la piccola carovana si accampava per la notte in un’erbosa radura proprio accanto al sentiero – in questo modo le uova sono protette ed inaccessibili e… oh, guarda! Il falco bianco! Ragazzo mio, la fortuna è davvero con te se lo vedi già al primo viaggio!”
Shao alzò immediatamente lo sguardo nella direzione che lo zio gli indicava e, alla luce soffusa del tramonto, vide una specie di piccolo gioiello bianco che si muoveva sopra di loro, probabilmente controllando che non costituissero un pericolo per il suo territorio di caccia.
Certo si trovava ad altezza considerevole, ma la vista acuta del principe riuscì a distinguere chiaramente i tratti di quel maestoso animale: aveva un’apertura alare di oltre un metro e mezza e planava regalmente lungo lo strapiombo della montagna lanciando dei fischi acuti. Il sole del tramonto batteva su quelle piume spettacolari, facendole risplendere come dei gioielli.
E’… è perfetto! – fu tutto quello che Shao riuscì a pensare, guardando incantato il volatile che spariva dietro il versante della montagna. Bellezza, maestosità, libertà… quell’animale riusciva ad esprimere così tanto con il suo volo, una caratteristica che un comune falco domestico non avrebbe mai potuto fare.
“Volava radente alla parete rocciosa – notò Sin, avvicinandosi al principe – stava certamente per atterrare. Il nido non deve essere molto distante da qui.”
Shao si voltò verso la sua guardia del corpo con aria interrogativa. Sapeva bene che Sin era molto esperto nella conoscenza dei volatili e si fidava di quanto aveva detto.
“Quanto manca prima che faccia del tutto buio?” chiese distrattamente.
“Meno di mezz’ora, mio signore.” fece Mio, raggiungendoli.
“Il nido è lì, vero?”
“A passo rapido e sostenuto e con una scalata andiamo e torniamo prima che cali del tutto la notte, signore!” confermò Sin.
I tre si scambiarono una rapida occhiata e poi, senza attendere altro, iniziarono a correre verso la direzione dove era scomparso il falco bianco.
E’ troppo perfetto per lasciarlo andare via in un simile modo.
 
Se il falco bianco aveva scelto un posto simile per fare il nido c’era un buon motivo: era veramente difficile accedervi. La parete era praticamente verticale e con pochissimi appigli; la roccia era friabile e ad ogni passo si rischiava di franare rovinosamente sul sentiero che mano a mano diventava sempre più piccolo.
Al contrario della maggior parte delle persone, Shao non aveva paura di guardare in basso: non gli provocava minimamente vertigini o panico e, anzi, lo trovava molto utile per valutare l’altezza che mano a mano si raggiungeva.
“Principe, vedete qualcosa?” chiese Mio, tenendosi agilmente ad uno dei rari appigli sulla roccia.
“E’ ancora più in alto – rispose Shao, osservando la figura di Sin che procedeva alcuni metri sopra di loro – non riesco a vederlo, ma credo che possa essere dove si vedono quei rami sporgenti. Forse c’è una specie di rientranza.”
“Sì, mio signore! – confermò Sin, usando uno dei suoi kunai per creare un nuovo appiglio e darsi la spinta verso l’alto – Vedo un agitarsi di qualcosa di bianco! E’ certamente lì!”
“Fai andare avanti me – ordinò Shao – voglio essere io ad arrivare al nido.”
Sin si girò a guardarlo e poi annuì: con un agile balzo lungo la parete riuscì a spostarsi di lato e a lasciare il passaggio libero per il suo signore.
Seguendo gli appigli già usati dalla sua guardia del corpo Shao proseguì la difficile scalata, intuendo che gli era rimasto veramente poco tempo per arrivare al suo traguardo. Doveva considerare che stava mettendo a repentaglio anche l’incolumità delle sue due guardie del corpo e dunque non poteva permettersi di proseguire nell’impresa se la luce del sole diventava troppo debole.
Un cinque minuti al massimo e poi dobbiamo iniziare la discesa…
Quella valutazione gli fece stringere i denti e proseguire ancora, ignorando le sue mani nude che protestavano per i piccoli tagli e sbucciature che si era provocato durante la scalata. Adesso riusciva a vederlo: era lì, in una rientranza protetta da alcuni arbusti… ed il falco era nel nido e lo stava aspettando.
“Non voglio farti del male – dichiarò, arrivando a una decina di metri sotto il nido – voglio solo vederti… da vicino. Oh, se sei meraviglioso!”
Il falco si era spostato sul bordo del suo rifugio, aprendo le ali in tutta la loro ampiezza e fissando il principe di Xing con occhi il cui colore era quello dell’oro liquido. Era una visione così bella da mozzare il fiato e Shao dovette fare appello a tutta la sua volontà per ricacciare indietro le lacrime.
Quasi volesse fare mostra di sé, l’animale iniziò a sbattere le ali, creando meravigliosi giochi di luce con gli ultimi raggi del sole e le sue candide piume. Tutto bianco: non una macchia nera a scalfire quella perfezione.
Shao salì ancora: ormai era a soli tre metri dal nido.
Il falco emise un verso d’ammonimento e fissò il principe con sospetto. Poi si girò dall’altra parte e spiccò il volo, non prima di essersi girato a lanciare un’ultima occhiata a quell’inaspettato ospite che era quasi arrivato al suo rifugio.
Shao sospirò: certo non era nei suoi progetti fare amicizia con quel superbo animale, anzi gli era andata più che bene a potersi avvicinare così tanto. Però vederlo sparire non poteva che suscitare in lui grande malinconia.
“Signore, torniamo indietro?” giunse la voce di Sin, poco sotto di lui.
“Sì – annuì – ora torniam…”
Si bloccò, alzando lo sguardo verso il nido.
Con un ultimo sforzo superò anche quella distanza e approdò alla rientranza dove si trovava quel rifugio di rami e altro materiale vegetale. Non essendo la stagione delle uova non c’erano altro che resti di cibo e…
Piume.
Sei splendide piume bianche giacevano sul fondo del nido e sembravano brillare di luce propria.
Con reverenza Shao ne prese una e la accarezzò, accorgendosi di quanto fosse morbida, eppure estremamente forte.
“Mio signore?” chiamò ancora Sin.
“Vengo!” esclamò Shao, raccogliendo tutte e sei quelle meraviglie bianche e mettendole al sicuro dentro la sua veste.
Il falco bianco non avrebbe potuto fargli un regalo migliore.
 
“Andiamoci piano con questi colpi di testa, ragazzo – brontolò Liu-Be, circa un’ora dopo, osservando con aria cupa il nipote che se ne stava seduto accanto al fuoco intento a lavorare su quelle piume bianche – hai rischiato grosso: quella parete rocciosa non è uno scherzo.”
“Ma quello era il falco bianco, zio – rispose Shao con un sorrisino, senza nemmeno alzare lo sguardo dal suo lavoro – un’occasione simile potrebbe non capitare mai più nella vita, l’hai detto tu stesso. E vederlo da così vicino… beh, ne è valsa davvero la pena.”
“Senza dubbio deve esser stato uno spettacolo di rara bellezza. Ne convenite anche voi?”
Mio e Sin annuirono all’unisono e poi rimasero ad osservare quanto stava facendo il loro signore.
Con abili mosse ed un piccolo pugnale, Shao aveva limato le attaccature di tutte e sei le piume e ora le stava infilando in dei sottili stiletti d’argento. Prese quindi della colla animale che stava in un vasetto accanto a lui e la spalmò delicatamente dove argento e piuma si incontravano, in modo da consolidare quella presa.
“Armi davvero insolite…” considerò Liu-Be, avvicinandosi e fissando con attenzione e ammirazione quel lavoro preciso e raffinato.
“Da quando ho compiuto dieci anni mia madre mi ha educato nell’uso dell’alkaestry – spiegò Shao, con una scrollata di spalle – una delle basi fondamentali è che per attivare il flusso del drago ci deve essere un cerchio, in modo che l’energia possa circolare… può essere disegnato, o fatto in altri modi, questo non ha importanza. Allora ho pensato – si alzò in piedi tenendo le sei piume in mano – usando le piume di un così regale animale, quasi sacro oserei dire, che cerchio potrei mai ottenere?”
Non attese risposta: soppesò la prima delle cinque piume e la lanciò improvvisamente davanti a Sin, il quale non si mosse. Girò quindi attorno al giovane, procedendo a piantare quelle piume sul terreno, fino a circondarlo.
“Fai vedere le mani.” disse infine, inginocchiandosi davanti a lui.
Sin obbedì, mostrando i palmi scorticati.
Shao annuì e posò la mano a terra ed immediatamente una luce iniziò a correre tra le sei piume, fino a formare un cerchio d’energia.
“Splendido – mormorò Shao con soddisfazione – riesco a sentire il flusso del drago con molta più chiarezza.”
Le ferite nelle mani del guerriero, nel frattempo, avevano iniziato a rimarginarsi e, nell’arco di pochi secondi, tornarono perfettamente sani.
“Grazie, principe.”
“Adesso lascia il posto a tuo fratello.”
“Vedi di non parlare troppo dell’alkaestry quando sarai a Drachma – gli ricordò Liu-Be – la religione di stato è molto rigida su determinate cose e la nostra scienza medica potrebbe essere interpretata come magia ed eresia.”
“Che sciocchezze!” sbuffò Shao, guarendo anche le ferite di Mio.
“Certo che lo sono – scrollò le spalle Liu-Be – ma è il loro credo e non mi pare il caso di incrinare dei rapporti più che ottimali tra i nostri due paesi.”
“Tranquillo, zio, non ne farò parola.”
“Che ne farai delle tue sei piume bianche? Non vorrai certo portarle in giro così, vero?”
Shao recuperò le sei piume dal terreno ed annuì, rendendosi conto che l’osservazione era più che giusta. Dopo averci riflettuto per qualche minuto andò a frugare tra i suoi bagagli fino a recuperare la custodia in raffinato cuoio bianco di un piccolo pugnale. Con precisione tagliò l’estremità e provvide a fissarci tutte e sei le punte d’argento, serrando poi il tutto con un piccolo nastro bianco che, posto in quel modo, sembrava puramente ornamentale.
“Che te ne pare del mio ventaglio? – chiese con malizia, mostrando la sua opera e muovendo il nuovo ornamento con grazia – non credo che nemmeno la più ricca dama di Xing ne abbia uno così pregiato.”
“Un ventaglio… ma certo!” lo prese lievemente in giro lo zio.
“Certamente! Per una mosca bianca va benissimo un ventaglio bianco, no?”
E non poté far altro che rimirare quel fantastico oggetto che aveva creato con il dono del falco bianco.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. L'impero della pantera. ***


Capitolo 5.
L'impero della pantera



“Frequentare potenti è come dormire con una tigre”
Proverbio cinese.
 
 
Drachsjna, capitale di Drachma, 1906
 
Un vero sovrano.
Il primo pensiero che Shao ebbe dell’Autarca Dars III fu quello di un vero capo di stato, secondo la sua personale concezione del termine. Quell’uomo, che teneva in mano le redini di un impero vasto quasi quanto Xing, esprimeva potenza, autorità, vitalità, intelligenza, tutte quelle doti che il principe aveva provato a cercare in suo padre senza trovarne traccia.
Aveva quarantasette anni e li portava splendidamente: il corpo era snello e scolpito, tanto che la muscolatura si intravedeva anche dagli abiti pesanti che indossava. Il viso aveva dei lineamenti eleganti, fieri, con penetranti occhi azzurri ai quali non sfuggiva il minimo dettaglio. Ma era soprattutto l’atteggiamento che indicava che Dars III era perfettamente a suo agio nel suo ruolo: per quanto la corte di Drachma fosse un posto ricco e raffinato, lui vi si muoveva con la grazia di una tigre, o meglio di una pantera, come ricordava lo stemma di quel paese. Elegante, preciso, eppure pronto ad essere il più temibile dei nemici.
Ma quell’uomo era solo l’ultima esternazione di un paese che sin da subito gli aveva trasmesso un senso di potenza e grandiosità. La sua capitale, Drachsjna, era un vero e proprio spettacolo da vedere: abitazioni dai tetti colorati, edifici religiosi con guglie che andavano a sfidare il cielo… così diversi dai templi di Xing, dai tetti bassi e piatti. E poi la Cittadella, il cuore pulsante del potere: una collina, al confine del centro abitato, dove sorgeva un complesso di palazzi che raccoglievano tutte le dieci famiglie nobili di Drachma. Edifici meravigliosi, dove marmo e avorio si sfidavano per dare l’effetto più imponente.
“Si vede che il ragazzo è promettente – annuì l’Autarca, con voce profonda e decisa, distogliendo Shao da quei pensieri – sarà un vero piacere averlo a Drachma! Non vedo l’ora che Derekj arrivi per poterglielo presentare: per lui sarà un’esperienza interessante confrontarsi con un suo coetaneo di Xing.”
“Spero che il principe goda di buona salute come quando l’ho lasciato due anni fa.” disse Liu-Be.
“Sta benone e cresce – commentò con grande orgoglio Dars – i suoi maestri sono fieri di lui, ma lo vedo io stesso che le mie aspettative sono state rispettate. Sarà un grande sovrano, parola mia! Ah, eccolo qua: vieni avanti, ragazzo, ti devo presentare una persona speciale.”
Shao si girò verso la grande porta di legno pregiato, curioso di vedere se l’erede di Drachma assomigliasse a qualcuno dei suoi fratellastri o, almeno, a come si immaginava che fossero.
Oh no, proprio no – rifletté – lui sì che è un vero principe.
Per quanto Shao non fosse per nulla abituato alle persone con i capelli biondi, già la visione di diversi drachmiani erano stati per lui una vera sorpresa, riteneva che su quel viso nobile ci stessero benissimo e che gli occhi azzurri e svegli completassero il perfetto ritratto di quel futuro gran governante che prometteva di essere Derekj Drachvoic.
“Ambasciatore Liu-Be – salutò proprio questi, con voce già improntata verso le tonalità da adulto – sono felice di rivederla a Drachma.”
“Salute a voi, principe – sorrise Liu-Be con un cenno del capo – lasciate che vi presenti mio nipote Shao Ming, nono erede del trono di Xing. Penso che mi seguirà molto spesso nelle mie ambasciate.”
I due ragazzi si squadrarono con attenzione, con Shao che per la prima volta riteneva di aver trovato un coetaneo di sangue nobile alla sua altezza. Addirittura, si sentì obbligato a controllare che la sua postura fosse rilassata ma dritta, le sue mani composte, il suo sguardo tranquillo come sempre.
Perché Derekj Drachvoic sapeva benissimo come leggere l’animo umano e sicuramente pure lui apprezzava le eccellenze.
“Principe Shao…”
“Principe Derekj…”
“Bene, bene! – ridacchiò Dars, mettendo una mano sulla spalla di ciascuno – Mi auguro che diventerete buoni amici in questo periodo di tempo: conoscere i propri vicini è sempre una grande esperienza, figlio, non dimenticarlo. Specie se sono di sangue reale come te.”
“Certamente, padre – scrollò le spalle Derekj con un sorriso – avrò cura del principe Shao durante il suo soggiorno a Drachma. Spero, anzi, che ci concederete di partecipare alle vostre riunioni: sarebbe per entrambi un’esperienza interessante, non credete?”
Oh sì – annuì mentalmente Shao – tu gestisci i giochi proprio come faccio io.
Sapeva che nel suo viaggio a Drachma avrebbe incontrato personalità interessanti… ma non si aspettava che l’Autarca ed il suo erede lo fossero a tal punto.
 
“E così non hai mai conosciuto uno dei tuoi fratellastri: lo trovo incredibile, ma in fondo ti capisco. Non credo che ci siano i presupposti per creare un buon rapporto, vero?”
“Non ne vale la pena in ogni caso – disse Shao, rispondendo ad una delle innumerevoli domande che Derekj gli stava ponendo: quesiti acuti ed adeguati che indicavano come il principe fosse sinceramente interessato ad approfondire la conoscenza del paese alleato – alla fine la nostra è solo parentela per parte di padre: non ci consideriamo una vera famiglia, ma solo eredi al trono imperiale. E la competizione è così alta che penso sfumi qualsiasi possibilità di legame.”
“Non mi paiono buoni presupposti per un governo stabile – commentò Derekj, facendogli cenno di seguirlo nel sentiero che conduceva ad uno dei tanti cortili del complesso del palazzo: bisognava fare parecchia attenzione, altrimenti era molto facile perdersi in quel labirinto di colonnati, sentieri e parchi comunicanti – insomma, quando un imperatore sale al trono poi si ritrova ad avere come consiglieri o comunque cortigiani tutti i suoi precedenti rivali. Non penso che il rancore sparisca così in fretta, specie se la competizione è così accesa.”
“Dipende da quanto l’imperatore sa gestire il gioco dei clan, specie nei primi anni di governo. Poi la situazione si stabilizza e si aspetta la nuova cucciolata di eredi per rimettere le carte in tavola.”
Nel frattempo il principe non poteva fare a meno di continuare ad ammirare quel mondo fatato che era la Cittadella. Ma soprattutto iniziava a capirne anche il vero senso politico: tutte le dieci famiglie nobili di Drachma vivevano lì, ciascuna in un palazzo personale, in modo che tutti fossero sotto il diretto controllo dell’Autarca. Shao aveva appreso parecchio su quel sistema di governo assoluto e non poteva che approvare il modo in cui veniva gestita l’eredità al trono. Monogamia, con l’Autarca che sceglieva la moglie tra le dame delle altre nove famiglie… in questo modo, spesso e volentieri, vuoi per figlie femmine o per altri imprevisti, si garantiva un cambio di dinastia che, almeno in teoria, consentiva a tutti di poter accedere a quello scranno.
“E dunque da voi anche le femmine possono diventare imperatrici?”
“E’ successo poche volte, ma sì: sono state comunque buone governanti, almeno così riportano gli annali.”
“Le capacità di una donna non sono mai da sottovalutare: si dice che dietro un grande uomo ci sia sempre una grande donna! – ammise Derekj – ah, ecco una persona che ti voglio presentare, anzi due.”
Shao guardò oltre il cortile, dove stava un basso muretto di pietra.
Alla tiepida luce di quel sole primaverile stavano seduti due ragazzi, entrambi dai folti capelli scuri, impegnati a muovere le pedine di chissà quale gioco. Quello a sinistra vestiva con un saio scuro, tanto che Shao si sorprese: possibile che fosse già entrato in un ordine religioso alla sua età? Eppure sembrava anche più giovane di loro. L’altro vestiva lo stesso di nero, ma i suoi vestiti erano quelli dei nobili di Drachma: alti stivali, pantaloni, tunica… l’unica cosa che stonava era la posizione non proprio nobile a gambe incrociate e a braccia conserte.
Questo è una testa calda – intuì Shao, notando l’espressione corrucciata… anzi furente che indicava come la partita non stesse andando molto bene.
L’altro invece era più calmo, sebbene anche il suo viso facesse trapelare notevole concentrazione.
Fratelli? O comunque parenti: si somigliano tanto.
“Cavaliere in capitale – dichiarò proprio il secondo spostando una pedina – ho vinto Alex, per la terza volta.”
“Cosa? Cosa? – l’altro guardò incredulo la tavola di legno dove si stava svolgendo il gioco – No, aspetta non… oh, no! Shek! Shek! Shek! Maledettissima…”
“Suvvia non te la pren…”
Shek!*sbraitò quello che era stato chiamato Alex, buttando il gioco a terra con un tintinnare di pedine che cadevano – Non gioco più con te Michy! E’ umiliante perdere con uno stupido, inutile, novizio!”
“Se la smettessi di essere così impaziente e riflettessi sulle tue mosse prima di…”
“Non farmi la morale… non farmi la…”
“… potevi vincere se…”
Ho detto di non farmi la morale… sono io l’Anditev! Sono io lo stratega! Non tu!”
“Cugino, e dai! – il giovane in saio si alzò in piedi e sospirò con tristezza guardando il disastro del gioco caduto a terra – in primis sei stato tu a voler fare la partita, e poi non mi pare il caso di prendersela… ho studiato strategia ultimamente e…”
“Non dovevi startene a pregare? L’anno prossimo entri in monastero, no?”
L’altro stava per ribattere, ma si accorse della presenza di Derekj e di Shao e subito un sorriso gli rischiarò il volto dai lineamenti già aspri nonostante la giovane età. Anche quello chiamato Alex smise la sua espressione furente a favore di una più tranquilla, anche se il disappunto non sparì del tutto dal suo volto.
“Ragazzi – Derekj si fece avanti – vi voglio presentare il principe Shao Ming di Xing, il nono figlio dell’imperatore. Principe, questi sono i miei migliori amici, nonché futuri consiglieri: Michael Esdev e Alexand Anditev.”
“Il loro destino è già stabilito?” chiese Shao, mentre i due gli rivolgevano un cortese inchino di saluto.
“L’abbiamo deciso sin da quando avevamo dieci anni – disse Derekj con aria sicura – e niente cambierà le cose. E’ tutto deciso: Alexand diventerà il mio braccio destro, Michael diventerà Patriarca, ossia il capo della religione del nostro paese, e siederà lo stesso nel consiglio accanto a me. Siamo un trio inattaccabile.”
C’era più di un briciolo d’ingenua vanteria nelle parole di Derekj, ma Shao non ci fece caso. Aveva riconosciuto un po’ se stesso in quelle dichiarazioni: del resto lui ed i gemelli avevano fatto il medesimo discorso quando erano ancora più giovani di quei tre. Evidentemente pure l’erede all’autarcato ed i suoi amici avevano capito che certe cose erano scritte nel destino.
“Perdonate la scena di prima – si affrettò a dire Michael, mettendo le mani dentro le maniche ampie del saio – ma mio cugino non ha un carattere facile.”
“Smettila di fare il saccente…” sibilò Alexand.
“Però è un valoroso combattente ed un grande amico e cugino.”
Alexand sbuffò, un ciuffo di capelli che si sollevava sulla fronte, ma una strana forma d’orgoglio gli illuminò gli occhi scuri, segno che ci teneva parecchio al parere dell’altro; arrivò addirittura ad allungare una mano per scompigliargli i capelli, un gesto che fece capire a Shao come Michael fosse il più piccolo del gruppo. Davanti a quella scena Derekj fece una risatina divertita.
“Siete dunque il figlio del duca Esdev – fece Shao per cambiare argomento, rivolgendosi a Michael – allora saremo anche suoi ospiti.”
“Giusto – rispose quello – da sempre il nobile Liu-Be alloggia nel nostro palazzo quando è in visita a Drachma. Spero vi troverete bene anche voi, principe.”
“Sicuramente sarà un soggiorno più che interessante!” commentò sinceramente Shao.
Con dei personaggi simili conosciuti appena il primo giorno non poteva che essere così.
Chissà che tipo di persone compongono la famiglia Esdev – si chiese con curiosità.
 
La risposta la ebbe quella sera stessa, quando assieme a suo zio ebbe occasione di cenare con il duca Esdev e tutta la sua famiglia. Con sua somma delusione Andarev Esdev non gli fece la stessa impressione dell’Autarca e di Derekj: per quanto avesse un portamento nobile, gli mancava l’aura di autorità che aveva riscontrato in Dars e suo figlio. Tuttavia compensava con una grande simpatia, tanto che Shao si sentì ugualmente attratto da lui: per quanto in genere preferisse aver a che fare con persone di un certo livello, il duca gli piaceva, come un lontano parente a cui si è bonariamente affezionati.
Oltre a lui, il resto della famiglia era composto da Michael, che si era scoperto avere quattordici anni, il fratello maggiore Andrey, di diciannove anni, e poi due gemelli di undici anni, Kora e Kyril. A dire il vero furono soprattutto loro due ad attirare l’attenzione di Shao: spiccavano come due gioielli d’oro rispetto ai fratelli dai capelli scuri.
Avranno preso dalla madre? – si chiese Shao, prudentemente avvisato che la duchessa Doris era deceduta per parto.
Il bambino aveva un’aria molto sveglia ed intelligente: parlava con Liu-Be chiedendogli un sacco di cose su Xing e sul viaggio, tanto che più di una volta il padre gli disse di non disturbare troppo l’ospite con quelle domande così pressanti.
“Oh, non si preoccupi, duca – sorrise bonario l’ambasciatore – una mente giovane e desiderosa di conoscenza dev’essere nutrita. E’ sempre un piacere parlare con il giovanissimo Kyril.”
La bambina invece sembrava aver puntato l’attenzione su Shao: lo fissava con un musetto attento e malizioso, come se stesse decidendo come catalogarlo.
“Anche tu porti i capelli lunghi come una femmina!” disse all’improvviso, con una piccola linguaccia.
“Kora!” Michael fu pronto a sgridarla.
“E’ vero! – protestò lei, sbuffando con impazienza – Guarda: ha la crocchia come le governanti o le signore vecchie! A Xing sono strani, vero Kyril?”
“Non dovresti dire così! Offendi gli ospiti!” arrossì il gemello.
“Kora, per cortesia…” la ammonì il padre.
“E tu sei strana ai miei occhi, signorina – rispose Shao, per nulla turbato – sei bionda, con gli occhi azzurri: nel mio paese non ci sono bambini così. Solo scimmiette dal pelo dorato!”
“Scimmiette? Mi stai dicendo che sono una scimmia?!” lei si inalberò.
“La tonalità di voce è più o meno la stessa…” Shao sorrise con naturalezza, mangiando un boccone del suo arrosto. Anche se quella ragazzina aveva undici anni non aveva alcuna remore a rimetterla in riga con qualche risposta tagliente: le sarebbe servito di lezione.
“Ma come osi?” strillò la ragazzina, prendendo un pezzo di pane vicino al suo piatto e lanciandolo con forza contro il suo antagonista, seduto proprio davanti a lei. Ovviamente Shao fu pronto ad evitare il proiettile, ma inarcò le sopracciglia per il caratterino niente male.
“Adesso basta, Kora!” Michael batté entrambe le mani sul tavolo, alzandosi in piedi.
“E’ lui!”
“Chiedi scusa, immediatamente al nostro ospite!”
“Non ci penso nemmeno!” strillò lei, alzandosi in piedi nella sedia e sfidando apertamente il fratello.
“Kora, dai!” sibilò Kyril, afferrandola per il lembo della gonna rosa che indossava.
“E comunque sei tu una scimmia!”
“Bene, basta così – Andrey si alzò dal tavolo con un imbarazzato sorriso e corse accanto alla sorellina, sollevandola a forza ed imprigionandola tra le braccia – direi che è ora di andare a letto, vero Kora? Augura la buonanotte ai nostri ospiti!”
Mai!” si dimenò.
“Buona notte, piccola scimmietta – la salutò amabilmente Shao – sogni d’oro!”
“Signori, mi scuso profondamente per il comportamento di mia figlia…” iniziò il duca mortificato.
“Oh, non si preoccupi – lo bloccò Liu-Be – evidentemente a lady Kora mio nipote sta particolarmente simpatico per averlo considerato in un simile modo.”
“Nessun problema davvero – annuì Shao – lady Kora ha un caratterino decisamente originale: una giovane holai, senza dubbio.”
Holai?” chiese Kyril incuriosito.
“Una bomba che non sai quando esploderà.” strizzò l’occhio il principe.
 
Qualche ora dopo Shao finalmente poté ritirarsi nelle stanze che gli erano state assegnate.
Fu con gratitudine che si fece un bagno caldo e si mise le più comode vesti da camera che aveva.
Si sedette quindi sul grande letto e chiuse gli occhi con aria meditativa.
“Mio, Sin…” chiamò.
Ci fu un lieve fruscio delle tende che impedivano all’aria fresca di entrare con troppa forza dalle finestre aperte ed il principe fu sicuro che i gemelli fossero inginocchiati davanti a lui.
“Signore…”
“Allora, che cosa ne pensate dei nostri ospiti di Drachma?”
“Quell’Alexand Anditev e l’erede al trono erano perfettamente consapevoli della nostra presenza, per tutta la durata della conversazione.” disse Mio.
“Anche l’Autarca sapeva sicuramente che eravamo nella stanza – aggiunse Sin – sono persone con occhi acuti, mio signore. Ma attualmente non costituiscono una minaccia per l’ambasciata: non credo sia nelle loro intenzioni, del resto.”
“Già, è quello che pensavo anche io – Shao aprì gli occhi e sorrise lievemente – devo ammettere che sono molto affascinato dal futuro Autarca e dal suo braccio destro. L’altro mi ha lasciato qualche perplessità, devo essere sincero.”
I gemelli come sempre non risposero, ma l’altro proseguì come se gli avessero chiesto il motivo di quella sua ultima considerazione.
“Ho notato che mentre era in compagnia del cugino e di Derekj aveva un atteggiamento molto più rilassato. Quando invece eravamo riuniti a cena non sembrava essere molto felice: credo che si trovi a disagio con la sua stessa famiglia… anche se ancora non ne capisco il motivo.”
“La giovane che voi avete definito holai?” propose Mio.
“Una ragazzina particolarmente vivace di carattere – scrollò le spalle Shao – originale a modo suo, lo ammetto. Devo dire che lei ed il gemello sono completamente diversi dal resto della famiglia.”
“Sono figli della seconda moglie del duca, mio signore – disse Sin – ce l’ha riferito un servitore di vostro zio che fa parte del suo seguito da anni.”
“A proposito di seguito, avete mangiato? Vi hanno assegnato alloggi adeguati?”
“Ovviamente, principe, ma il controllo sulla vostra persona non è cessato nemmeno per un minuto.”
“Su questo non avevo dubbi. Comunque devo ammettere che questo paese è davvero intrigante – considerò Shao, sdraiandosi sul letto e fissando con un sorrisino sarcastico il soffitto – eccetto la nostra piccola scimmietta bionda, gli altri personaggi di spicco mi hanno fatto tutti una buona impressione. Voi che ne pensate?”
I due gemelli si scambiarono un’occhiata da dietro le maschere cerimoniali che indossavano sopra le loro vesti scure da guardie del corpo. Shao poté immaginare alla perfezione i loro visi impassibili, i loro occhi scuri capaci di dialogare senza dire nemmeno una parola, forti di un legame indissolubile.
“E’ diverso dalla corte di Xing, mio signore – rispose infine Mio – qui l’erede al trono è uno solo e non ci sono minacce apparenti contro di lui. Quello dell’Autarca è un potere forte e autoritario, quello di una tigre che domina sul suo territorio.”
“O una pantera…”
“Anche.”
“Dars III è un vero sovrano – ammise Shao – da quanto ho capito sotto il suo regno Drachma sta facendo dei grandi passi in avanti a livello di progresso. Ed invece a Xing? Che cosa ha fatto l’imperatore in quasi trent’anni di regno? Ha tenuto stazionaria una situazione ormai vecchia e logora.”
Lo disse con tono amaro, vergognandosi ancora una volta di avere nelle vene anche il sangue di quell’uomo che in qualche modo contaminava quello dei Ming.
I gemelli non risposero a quello sfogo, sapendo bene che non era quello che si attendeva da loro: succedeva spesso che il principe facesse dei monologhi in loro presenza senza aspettarsi delle vere e proprie risposte.
“Staremo a Drachma almeno un anno – sospirò infine Shao – bene così, sul serio: ho sempre ammirato il modo di governare di mio nonno. E sono sicuro che anche l’Autarca non potrà che sorprendermi.”
Del resto non si aspettava altro da lui e da Derekj Drachvoic.




* imprecazione in dialetto che si può tradurre con "Merda!"

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. Il destino di un principe ***


Capitolo 6.
Il destino di un principe



“Il gatto desidera i pesci ma non vuole bagnare le zampe”
Proverbio cinese
 


Drachsjna, capitale di Drachma, 1907.
 
Se c’era una cosa che Derekj e Shao apprezzavano era quando veniva loro concesso di prendere parte agli incontri privati tra l’Autarca e l’ambasciatore di Xing. Tra Dars III e Liu-Be intercorreva una buona forma di amicizia e rispetto reciproco e non erano rare le volte in cui il signore di Drachma chiedesse consiglio all’uomo di Xing, seppure il forma privata.
Quel giorno la questione interessava particolarmente i due ragazzi in quanto riguardava Amestris, il paese al confine sud di Drachma. Shao ne sapeva ben poco: a separare Xing da quello stato dalla curiosa forma circolare ci pensava il grande deserto dove sorgevano le rovine della mitica Xerxes. Sapeva altresì che sicuramente c’erano delle piste seguite da alcune carovane coraggiose, ma per il resto i rapporti con la sua patria erano ridotti al minimo, si poteva dire a mera conoscenza reciproca.
“Sono entrati nel sesto anno di guerra civile – stava dicendo Dars III in quel momento, indicando sulla mappa stesa sul grande tavolo un preciso punto nel confine sud orientale di Amestris, dove spiccava il nome Ishval – le loro truppe sono stanche e logorate e certamente il ragionamento del barone Anditev non è sbagliato, tuttavia qualcosa non mi convince. Non sono sicuro di voler rischiare uno sfondamento a Briggs, non mi pare ne valga la pena.”
“Avete spesso parlato di Briggs come una fortezza inespugnabile, mio signore.” commentò Liu-Be.
“Il barone sostiene che si tratta di un momento di instabilità: in teoria la fortezza non è mai stata così vulnerabile.”
“A cosa è dovuta l’instabilità, padre?” chiede Derekj con curiosità.
 “C’è stato un cambio di guardia, adesso c’è un nuovo comandante. Una donna a quanto pare.”
“Una donna? – il giovane erede sgranò gli occhi – Una donna soldato?”
“Ad Amestris le donne possono entrare nell’esercito – confermò Dars – e raggiungere anche alti gradi, come puoi vedere.”
“Il sesso non deve essere un metro di criterio – disse Liu-Be con accortezza, rivolgendosi al giovane erede di Drachma – a Xing le femmine sono guerriere temibili quanto i maschi. Sono sicuro che, ad Amestris, se una donna ha ottenuto il comando di un punto strategico come Briggs non è l’ultima arrivata.”
“E’ quello che penso pure io – ammise l’Autarca, tormentandosi il corto pizzetto biondo – e questo mi porta a dire che, per quanto siano impegnati con la guerra civile, i vertici di stato non commetterebbero una leggerezza simile: sono già troppo compromessi a sud per rischiare un fronte aperto anche a nord. No, a conti fatti non accetterò la proposta del barone.”
“Certo il barone Anditev non la prenderà bene: sembrava parecchio ansioso di poter condurre una sortita contro la fortezza.” ammise Derekj.
“Si dovrà arrendere all’evidenza – scrollò le spalle il padre – non è il momento di iniziare nuove contese con Amestris. C’è un trattato di non aggressione che, per quanto debole, regge ancora: non vale la pena di romperlo.”
Il giovane annuì e poi riprese a guardare la cartina del paese, come se stesse rimuginando su qualcosa.
Shao lo osservò con attenzione, certo che stesse per fare qualche proposta: col tempo aveva imparato a conoscere Derekj e aveva scoperto che gli piaceva essere parte attiva alle decisioni del paese, per quanto la sua età ed il suo ruolo di erede lo consentissero. Dars approvava questo atteggiamento e ascoltava tutto quello che il figlio aveva da dire, soppesando ogni cosa e analizzando assieme a lui la situazione.
“Pensavo… – iniziò infine, indicando un punto della cartina – qui ad ovest ultimamente ci sono stati diversi disordini con la popolazione degli Ileti e con la stessa Rosha: poca roba, niente di effettivamente pericoloso, ma in maniera continuativa, tanto che tutte le zone limitrofe ne hanno avuto danni economici. Potremmo distogliere l’attenzione del barone per andare a sedare queste rivolte una volta per tutte.”
“Un contentino? – Shao inarcò le sopracciglia, intervenendo per la prima volta – lo accetterà? Avete detto voi stesso, principe, che è roba di poco conto. Il barone aveva in mente ben altro.”
“E’ una buona osservazione – ammise Dars, a braccia conserte, curioso di vedere come il figlio avrebbe gestito quell’obiezione – cosa rispondi?”
Derekj sorrise maliziosamente e spostò il dito su un altro preciso punto, poco lontano dalla fortezza di Briggs, ma sempre lungo la catena montuosa che segnava i confini tra i due stati.
“Questa piccola parte della provincia Tojanev è da tempo richiesta dal barone Anditev: effettivamente faceva parte del territorio della sua famiglia, ma poi, per motivi poco chiari, circa un centinaio di anni fa è stata segnata come facente parte della provincia Tojanev. Se il barone porta a compimento la sua missione ridando stabilità ai confini occidentali, diciamo che finalmente questa disputa si risolverà in suo favore.”
“E i Tojanev?”
“I Tojanev non hanno protetto bene i confini occidentali che danno sulle loro province, padre: non potranno certo dire niente se il barone Anditev, una volta completata brillantemente la sua missione, verrà ricompensato. Del resto è una porzione di territorio occupata più che altro da boschi e montagne, praticamente inabitata: non ha reale interesse, se non strategico in quanto confinante con Amestris.”
“E ovviamente è un bene che simile confine così delicato sia gestito da un vero signore della guerra come il barone Anditev…” terminò Shao per lui.
“Semplice buonsenso: i Tojanev non potranno che capire, no?” commento Derekj.
I due adulti li osservarono in silenzio per qualche secondo e poi Dars scoppiò in una delle sue risate tonanti, battendo una mano sulla spalla del figlio.
“Ragazzo mio, sei una vera soddisfazione per me! Hai ballato splendidamente tra strategia e diplomazia… prendendo due piccioni con una fava: distogliamo il barone dalla sua idea di sfondare a Briggs, rendiamo più sicuri i confini occidentali e, dulcis in fundo, risolviamo finalmente la questione di quella parte di provincia da tempo contesa. Ben fatto, Derekj, davvero ben fatto!”
“Il principe dimostra davvero un grande talento – si complimentò Liu-Be – è una buona cosa che la saggezza sia tanta già in giovane età.”
 
Quando i suoi consigli ricevevano una simile approvazione Derekj ne era sempre felice.
Uscì da quella stanza consiliare assieme a Shao con un sorrisetto soddisfatto che proprio non riusciva a nascondere.
“Credi che Alexand si offenderà per la decisione che verrà presa? – chiese il moro, passando a dargli del tu come sempre facevano quando erano da soli – Pure lui parlava dell’idea del padre come di una grande impresa.”
“Il mio amico ha il grande entusiasmo e foga tipici della sua famiglia: magari sulle prime sbraiterà un po’, ma poi si renderà conto che è stata la soluzione migliore. Ma finché mio padre non renderà ufficiale la cosa non gliene parlerò.”
Si recarono nel grande cortile dove proprio Alexand si stava allenando con la spada assieme ad alcuni soldati. In quell’anno che Shao aveva passato a Drachma il giovane si era ulteriormente irrobustito e ormai le sue capacità con la spada erano più che eccellenti. Anche il carattere si era in minima misura sgrezzato, sebbene la focosità tipica degli Anditev continuasse a farla da padrone in diverse occasioni.
Con la coda dell’occhio Shao notò che diverse fanciulle stavano ai lati del cortile e sbirciavano con maliziosa curiosità gli affondi e le parate dell’erede della provincia Anditev. Ma più di una, al loro arrivo, spostò l’attenzione su Derekj, sperando sicuramente di attirare la sua attenzione.
Di certo costituivano dei partiti più che buoni.
“Credo che sentirò parecchio la mancanza di Michael quando Alexand riceverà la notizia – commentò Derekj, per nulla interessato a quelle occhiate – è sempre stato l’elemento di distensione, quello capace di far ragionare persino una testa calda come il cugino.”
Shao annuì, ritenendo che, effettivamente, la mancanza di un componente del trio si facesse sentire. Era come se sia Derekj che Alexand fossero stati privati di un supporto molto importante, tanto che spesso sembravano cercarlo con lo sguardo, tanto non si erano ancora abituati alla sua assenza.
“Dovrà stare molto in convento?” chiese Shao.
“Beh, in genere il noviziato dura circa tre anni, ma poi anche per i successivi due non è che gli sia permesso di lasciare il convento tanto spesso…” c’era una lieve nota di rammarico in quell’affermazione.
“Sono sicuro che Michael si trova bene lì.”
“Sì, non ho dubbi in merito.”
Era solo la lontananza il problema… che poi di lontananza nemmeno si trattava considerato che il convento era annesso alla grande Cattedrale che sorgeva all’estremità della Cittadella. Erano semplicemente le regole ferree di quella religione di stato che impedivano al giovane di avere distrazioni durante il suo noviziato.
“Non ho mai avuto ben chiara la situazione religiosa di Xing – riprese Derekj, come ad allontanare quel triste pensiero – insomma, da voi gli uomini di religione non hanno ruolo politico?”
“No, proprio no – scosse il capo Shao – per il semplice motivo che non c’è un solo dio: crediamo che la natura e gli elementi si possano manifestare anche in forme divine: se avrai occasione di venire a Xing vedrai che molto spesso sono presenti dei piccoli altari o dei tempietti lungo i sentieri o nei boschi. Anche i nostri antenati rivestono particolare importanza: per esempio nella mia casa c’è un piccolo altare dedicato a loro… ed è a loro che chiediamo consiglio e protezione. Capisci che non sarebbe possibile farne una religione di stato.”
“Gli antichi culti di Drachma erano così, specie per le forze della natura – ammise Derekj, mettendosi a braccia conserte – forse qualcosa sopravvive ancora nelle provincie del nord.”
“E poi c’è il drago – continuò Shao, non potendo fare a meno di prendere il ventaglio appeso alla cintura e aprirlo – simbolo dell’energia che scorre in ogni più piccola parte del paese… il flusso del chi. Ma lascia stare, sono cose complicate, difficili da capire per chi non ha ricevuto l’adeguata preparazione. In ogni caso, per tornare al discorso principale, sono presenti templi e monaci dediti a qualche culto particolare, ma sono tanti e sparsi in tutto il paese. Certo se è un culto è molto sentito, magari verso qualche grande eroe del passato, allora i suoi sacerdoti e monaci sono più potenti… ma tutto si riduce a cerimonie più sfarzose, a offerte maggiori per il tempio, tutto qui. E poi, per tradizione, chiamiamo l’imperatore Celeste Sovrano e diamo alla sua carica un qualcosa di divino.”
“Ne parli come se tu non ne fossi davvero interessato.”
“Sono i nostri rituali, le nostre tradizioni: porto grande rispetto per i miei antenati e per determinati culti. Semplicemente sostenevo che la religione a Xing è molto personale e quindi, al contrario di quello che accade qui, non si può parlare di religione di stato.”
Terminò la frase con una scrollata di spalle e riprese a guardare Alexand che metteva fuori combattimento il soldato che si allenava con lui, provocando il discreto ma entusiasta applauso delle dame. Ma proprio come aveva fatto in precedenza Derekj, nemmeno il giovane Anditev parve farci caso.
Ha una buona tecnica e soprattutto delle grandi doti naturali – Shao iniziò ad analizzare lo stile di scherma – stranamente il suo carattere focoso viene messo in secondo piano: resta lucido, ragiona e segue l’istinto…
“Principe, posso farti una domanda?” la voce di Derekj proveniva da parecchio lontano, impegnato com’era nella sua analisi.
“Certo.”
… la foga la mette solo quando è sicuro del colpo. Credo che saranno ben pochi gli avversari che lo metteranno in seria diff…
“Dato che ne sei così scontento, perché non hai mai fatto nulla per cambiare il tuo paese?”
Shao ebbe un sussulto e dovette rinforzare la presa sul suo ventaglio per evitare che cadesse a terra. Si girò verso Derekj con espressione interrogativa e vide che il biondo lo squadrava con attenzione, come se finalmente avesse esternato un dubbio che si portava dietro da tempo.
“Non credo di aver capito…” iniziò.
“E’ una cosa a cui sto pensando da parecchio – continuò l’altro – sulle prime pensavo fosse solo perché ti trovavi in un ambiente nuovo, ma poi mi sono accorto che è proprio il tuo modo di fare. Sei intelligentissimo, le tue analisi sono impeccabili, così come il tuo spirito critico che ti porta a capire quali sono i problemi di qualsiasi realtà, compresa quella del tuo paese… anzi è proprio per Xing che le tue analisi sono particolarmente implacabili. Eppure non ti ho mai sentito dire qualcosa come… “io farò questo per migliorare questa situazione” oppure “cercherò di convincere l’imperatore a fare questa cosa perché come è adesso non va bene”… eppure la tua condizione di principe te lo permetterebbe.”
Shao rimase impietrito davanti a quella critica spietata, perché a conti fatti era una critica.
Era la prima volta che qualcuno lo faceva sentire carente in qualche cosa, ribaltando la sua posizione di osservatore neutrale… quella che la sua famiglia aveva sempre assunto nel corso dei secoli.
“E’ diverso – disse alla fine, riprendendosi da quella sorpresa iniziale – tu sei l’unico figlio dell’Autarca, a te è richiesto di prendere parte alle decisioni del regno, io non…”
Tu critichi tanto tuo padre, ma oggettivamente non è nelle tue intenzioni fare niente per migliorare il tuo paese – scosse il capo Derekj aggrottando le sopracciglia dorate – mi parli sempre degli scontri tra i vari clan, di come il sistema di governo sia da svecchiare… e le tue idee sono più che buone, accidenti se lo sono! Eppure te ne stai nel tuo orticello, nella tua provincia… invece di prendere in mano la situazione. Quando, secondo me, con le tue guardie del corpo e con l’appoggio della tua famiglia… e se vuoi anche di Drachma, riusciresti a diventare il prossimo imperatore di Xing.”
“Non è un ruolo che voglio assolutamente ricoprire!” inorridì Shao.
“Perché? – Derekj non riusciva a capacitarsene – Solo perché lo vedi come una gabbia? Beh, potresti fare in modo di cambiare questa gabbia e aprirla anche per te stesso… Ma non è questo il vero problema! Diamine, se quello che mi hai raccontato dei tuoi fratelli in generale è vero, io non potrei mai sopportare l’idea di vedere il mio regno nelle mani di uno di loro! E’ questa la considerazione che hai della tua stessa gente, del tuo popolo?” adesso nel tono di voce di Derekj c’era un non so che di accusatorio.
“Mi dispiace per la tua analisi – Shao si irrigidì e fece una smorfia sfastidiata – ma al contrario di te, che hai la pappa bella pronta, se io diventassi imperatore non potrei certo permettermi di cambiare le regole da un giorno all’altro: sarebbe pura follia!”
“Sai benissimo di poterlo fare: hai la capacità di calcolare i tempi ed i modi giusti, non negarlo! – il drachmiano scosse il capo con fervore – Se non cambiare radicalmente le cose potresti comunque spianare la strada per la generazione successiva! La semplice verità è che tu non vuoi farlo!”
Il bruno lo fissò con stizza, riuscendo però in parte a capire quello che voleva dire.
Derekj era nato per governare, ma non solo per titolo. Aveva una forte empatia nei confronti della sua gente e tutto quello a cui aspirava era essere un buon governante per Drachma: certo, lo faceva in modo astuto ed elegante, ma era solo un dettaglio che aggiungeva una fetta di soddisfazione personale a un qualcosa che già lo faceva sentire realizzato.
Ma io… no, io non sono così.
“E’ vero, forse non voglio farlo – annuì senza troppa esitazione, mostrando di non provare alcuna vergogna per le sue idee – forse fa parte della mentalità Ming, ma non ne faccio di certo un problema. C’è chi pensa, c’è chi agisce… chi fa entrambe le cose e chi no. Io, dopo mio nonno, prenderò il controllo della mia provincia, così come dopo mio zio, continuerò ad essere  ambasciatore qui a Drachma: sarà questo il contributo che darò a Xing.”
“Lo trovo un atteggiamento molto egoista!” sbuffò Derekj.
“Se e quando ci sarà davvero bisogno di me, ci sarò.”
“Che frase fatta… puoi fare di meglio, principe Shao!” il tono di voce fu così alto che tutte le altre persone presenti nel cortile si girarono per osservare quella piccola disputa.
“A volte una frase fatta è sufficiente a spiegare alla perfezione una situazione, principe Derekj – ribatté il moro con voce piatta – ti auguro una buona giornata.”
E senza attendere risposta girò sui tacchi e se ne andò.
 
Sentiva che Mio e Sin erano vicini a lui, come sempre, in silenziosa attesa nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa, anche di una semplice parola. Ma questa volta Shao trovava difficile tirare fuori tutta la sua grande loquacità.
Se ne stava sdraiato nel suo letto, cercando di convincersi che le parole di Derekj non gli avevano dato così tanto fastidio come invece sembrava essere. Si obbligava a mantenere il viso rilassato, quando invece avrebbe voluto mordersi ferocemente il labbro inferiore o fare qualche minimo gesto per dare sfogo alla sua irritazione.
Sì, era vero: lui non era propositivo come Derekj, ma questo non voleva dire che non aveva a cuore le sorti del suo paese e della sua gente. Semplicemente sapeva bene che non competeva a lui salire sul trono di Xing e ne era ben felice. Se aiutava la sua gente lo faceva a modo suo, magari in maniera più silenziosa e nascosta, ma non era questo l’importante.
Ho sempre pensato al benessere del mio popolo – si disse, mentre alla memoria gli tornava l’episodio del mercato, quando aveva emesso la sua prima condanna a morte. Da allora erano passati quasi sette anni ed erano state altre le volte in cui aveva amministrato la giustizia o preso delle decisioni di governo per la sua provincia, ovviamente sempre sotto la supervisione di suo nonno.
No, Derekj non poteva capire che a Xing la situazione era completamente diversa.
“…Quando, secondo me, con le tue guardie del corpo e con l’appoggio della tua famiglia… e se vuoi anche di Drachma, riusciresti a diventare il prossimo imperatore di Xing.”
“Oh no, proprio no! – esclamò, battendo un pugno sul materasso – non sarà mai così!”
Sì, avrebbe fatto di tutto per il suo popolo tranne restare imprigionato in una carica che non avrebbe mai sentito sua. Non ci poteva fare niente, era la sua natura: lui era come il falco bianco che volava libero sulle montagne di confine… senza niente ad imprigionarlo. Derekj invece era come la pantera raffigurata nello stemma di Drachma: una pantera nera passante con collare giallo scuro. Un collare che indicava comunque una prigionia… un collare che Shao non aveva nessuna intenzione di indossare.
Si alzò a sedere sul letto sentendo che la rabbia finalmente svaniva, lasciandolo calmo e rilassato. Fece qualche esercizio di respirazione e si sentì di nuovo se stesso.
“La rabbia è una cattiva cosa – disse, senza volgere lo sguardo verso le sue due guardie del corpo – un uomo saggio non dovrebbe mai lasciarsi trasportare da una simile emozione.”
“Le emozioni sono umane, principe.” disse Mio.
“Sì, ma in questo caso non dovevo lasciarmi andare. Un buon ambasciatore non si comporterebbe mai in una simile maniera: dopo andrò a chiedere scusa al principe Derekj.”
“Principe – fu Sin a parlare questa volta – voi avete sempre pensato alla vostra gente: non dovete dubitare di questo.”
“Lo so, Sin – annuì Shao – però il principe ha giustamente notato che con le mie doti potrei fare molto di più. Ma questo significherebbe snaturare me stesso ed è l’ultima cosa che voglio. Non diventerete mai le guardie del corpo di un imperatore, sappiatelo.”
“Mai chiesto di diventarlo, signore.”
Il principe annuì stranamente sollevato: sapere che la sua decisione incontrava l’approvazione di Mio e Sin era una gran cosa.
Ma sicuramente anche i miei familiari la pensano in questo modo… e anche Derekj in fondo sa bene che Drachma e Xing sono due realtà ben differenti e che quello che vale per lui non è valido per me.
“L’imperatore mio padre è un uomo oltre i cinquant’anni – constatò – l’ultima volta che l’ho visto, più di un anno fa, dal suo viso ho dedotto che comunque non avrà una vita molto lunga: è stanco, il peso del governo l’ha provato più del previsto. Non riuscirà a sostenerlo ancora a lungo… ancora qualche anno e si scatenerà la lotta tra i principi di Xing per il trono.”
I gemelli rimasero in attesa.
“Il principe Shao Ming sarà fedele alla tradizione di famiglia di restare neutrale – continuò con serietà – osserverà queste lotte senza intervenire. Se il nuovo imperatore sarà degno della sua stima e della sua fiducia farà in modo di dargli dei consigli per migliorare il regno di Xing ed un appoggio che vada oltre il semplice ruolo di ambasciatore… queste sono le mie intenzioni.”
“Credete che ci sarà qualche principe che rispetterà queste aspettative?”
“Non lo so – scrollò le spalle lui – e anche se c’è non è detto che sia lui a spuntarla nella contesa al trono. Ma la mia posizione non cambia assolutamente e… chi è?”
Fece cenno a Mio di andare ad aprire la porta e rimase sorpreso nel veder entrare suo zio.
Al contrario del solito aveva un’espressione trafelata e preoccupata e nella mano teneva stretta una missiva.
“E’ arrivata adesso da Xing – dichiarò – devi immediatamente tornare a casa.”
“A casa? Ma che è successo?”
“Tuo nonno ha avuto un improvviso malore… dalla lettera di tua madre non se ne capisce l’entità, ma pare una cosa seria. Io purtroppo non posso partire: i miei doveri di ambasciatore mi impongono di restare qui ancora diversi mesi… ma tu devi partire domani, se non oggi stesso!”
A Shao iniziarono a rombare le orecchie.
Suo nonno? Com’era possibile?
Per quanto avesse ormai sessantasei anni il suo fisico era in perfetta forma e niente lasciava pensare che potesse venir colto da un malore improvviso. Scoprire che quella figura così salda, che aveva da sempre costituito una delle certezze della sua vita, fosse probabilmente in pericolo di vita lo fece impazzire.
“La missiva di quando è? – chiese – Mio avvisa i servitori che noi tre partiamo tra due ore: bagaglio al minimo… giusto le scorte ed il necessario per viaggiare leggeri.”
“Diverse settimane fa, lo sai come vanno queste cose… ma sono sicuro che è vivo. Ehi, Shao, guardami bene – lo prese per le spalle ed accostò la fronte alla sua – è mio fratello maggiore: se fosse morto lo sentirei dentro il mio cuore. Corri a casa, certo, ma non versare lacrime prima del dovuto, non ha alcun senso.”
“Va bene… va bene!” annuì Shao, cercando di ritrovare la calma.
“Forza, ti aiuto a preparare la roba.”
 
“Ricordatevi di seguire il sentiero fino al confine con la provincia – disse il duca Esdev – poi prendete la deviazione verso Xing: guadagnerete almeno tre giorni di tempo… per grandi carovane non va bene, ma voi viaggiate leggeri.”
“Grazie duca – annuì Shao, tirando le redini del suo cavallo – di tutto… sul serio, la sua casa e la sua famiglia sono state davvero generose con me.”
“Di niente, figliolo, spero di rivederti presto!” annuì il bonario nobile drachmiano.
“Mi raccomando, mandami una missiva dettagliata appena torni a casa – Liu-Be strinse la mano del nipote – viaggia sicuro, ragazzo, gli spiriti dei viandanti di proteggano.”
“Ti scriverò, zio, promesso.”
Senza sprecare altro tempo, Shao batté i fianchi della sua cavalcatura e si avviò al galoppo verso l’uscita della Cittadella, seguito a pochi metri di distanza dai gemelli. La sua mente cercava di calcolare i giorni che ci avrebbero messo per arrivare a Shan-je… e gli sembravano sempre troppi.
E’ vivo… deve essere vivo, me lo sento.
Era così immerso nei suoi pensieri che si accorse solo all’ultimo di due figure che stavano al lato del sentiero, proprio alla grande porta che faceva uscire dalla Cittadella, nella strada in discesa che poi proseguiva nei campi coltivati, dall’altra parte rispetto al centro abitato.
Frenò bruscamente la sua cavalcatura.
“Ho saputo di tuo nonno – disse Derekj facendosi avanti, seguito da Alexand – spero che andrà tutto bene, sul serio.”
“Grazie, principe – annuì Shao, stringendo quella mano così forte e fresca – come tornerò a casa manderò notizie a mio zio: così anche tu ne verrai informato.”
“Te ne sono grato – il biondo esitò per qualche secondo – Stamane non volevo offenderti, sul serio.”
“Nemmeno io volevo reagire in quel modo. Sarai un grande Autarca, Derekj Drachvoic.”
“Sarai un grande ambasciatore e consigliere, Shao Ming… invidierò l’imperatore che ti avrà al suo fianco.”
Shao riuscì a sorridere a quel complimento, la nube di quella piccola discussione che ormai svaniva del tutto dal suo cuore.
“Non avrai niente da invidiare finché al tuo fianco avrai Alexand Anditev e Michael Esdev, fidati di me.”
Derekj sorrise con orgoglio, mentre Alexand faceva un cenno del capo in segno di ringraziamento.
“Viaggia bene, principe – disse proprio quest’ultimo – Drachma ti accoglierà sempre.”
“Grazie!”
Con un ultimo cenno di saluto i due giovani nobili di Drachma si fecero da parte, permettendo a Shao di ripartire al galoppo.
Dopo qualche minuto, quando la discesa fu finalmente lasciata alle spalle, Shao si girò a fissare il mondo incantato della Cittadella che diventava sempre più piccolo. Per più di un anno quella era stata la sua vita, la sua realtà.
Ma sono un principe di Xing… non posso dimenticarlo.
“Forza, dobbiamo sfruttare ogni minuto di luce possibile!” esclamò, rivolgendosi a Mio e Sin.
Arrivederci Drachma.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. Generazioni a confronto ***


Capitolo 7.
Generazioni a confronto



“Vi sono due cose durevoli che possiamo lasciare ai nostri figli: le radici e le ali”
Proverbio Cinese
 
 
 
Xing, gennaio 1914
 
Gli occhi scuri di Shao osservavano impassibili le truppe mercenarie del clan Zao avanzare lungo la piana. Non batteva ciglio, era completamente calmo, tanto che persino il cavallo nero che montava sembrava riflettere quello stato d’animo non muovendosi di un millimetro.
“Principe?” fece Lao.
“Fateli avanzare ancora – disse con voce piatta – la loro formazione a cuneo deve arrivare oltre metà della piana. Solo in quel momento partite con la cavalleria ai lati: aspettate il segnale prestabilito. Oggi il clan Zao deve subire la sconfitta definitiva, non ci devono essere errori.”
“Molto bene, mio signore.”
Spronando la sua cavalcatura, l’anziano generale iniziò a discendere il fianco di quella collina dove si era posizionato il giovane Ming per condurre la battaglia. Come da tradizione Shao non sarebbe sceso a combattere: si trattava di truppe mercenarie che non meritavano la sua presenza e, se doveva essere sincero, era contento di quella scelta. Lui preferiva i combattimenti uomo contro uomo, dove poteva dare sfogo a tutte le sue abilità con le arti marziali o con la sua spada ricurva. Nei combattimenti tra eserciti era invece più bravo ad elaborare le strategie… quelle vincenti.
Formazione vecchia e mal gestita – pensò mentre osservava l’esercito nemico che si infilava nella trappola – mai lasciare i fianchi scoperti in un simile modo.
“Cavalleria sul fianco destro pronta, mio signore.” avvisò Mio, poco dietro di lui.
“Cavalleria sul fianco sinistro pronta, mio signore.” gli fece eco Sin.
Ancora qualche metro… ecco ci siamo… ora!
Fece un rapido gesto con il suo ventaglio e i due gemelli lanciarono all’unisono dei razzi colorati. I fischi delle loro scie furono gli unici rumori udibili per cinque interminabili secondi. Poi nel cielo grigio di quella mattina di gennaio iniziò a sentirsi il rombo della cavalleria che scendeva dai due fianchi laterali della valle: duemila cavalieri addestrati per lato calavano su quell’esercito tremila uomini.
Il primo sangue arrivò dal lato destro: una poderosa zoccolata colpì la testa di un fante che stava nelle file più esterne staccandogliela quasi dal collo. Fu una scena che durò solo due secondi netti prima che il resto degli eserciti si scontrasse, ma Shao la vide perfettamente: fu anche certo di sentire il rumore dello zoccolo che schiacciava l’elmo di metallo leggero.
Poi fu solo caos… l’ordinato caos di un esercito addestrato che distrugge quello avversario.
E il signore dei Ming rimase ad osservare fino a quando l’ultimo nemico non fu ucciso o catturato.
 
Nemmeno due settimane dopo quell’ultima battaglia Shao tornò finalmente a Shan-je.
Era felice di essere a casa, non poteva nasconderlo: quella campagna militare era durata diversi mesi e mai una volta si era concesso il lusso di tornare nella sua tenuta. Certo, erano state rare le volte in cui aveva combattuto personalmente, ma per il resto non aveva abbandonato le sue truppe nemmeno per un istante, condividendo con loro la maggior parte dei disagi di una campagna invernale.
Negli accampamenti era sempre presente la sua tenda bianca dove spiccava il suo personalissimo stemma del falco bianco, un diritto che si era arrogato dopo la sua prima vittoria militare.
Adesso, proprio quello stemma sventolava fiero nella bandiera che teneva Mio, il quale spronava il suo destriero per annunciare il ritorno a casa del suo signore.
L’esercito era stato sciolto, la maggior parte delle truppe tornate alle loro case man mano che si procedeva verso il capoluogo: erano rimasti solo due battaglioni di veterani che si stavano già predisponendo ad accamparsi appena fuori la città per passare lì il resto dell’inverno. Il fedele Lao era rimasto assieme ai soldati, ma Shao non aveva proprio resistito: adesso che casa era così vicina sentiva l’esigenza di tornare.
Si dovette trattenere dal mandare al galoppo il suo destriero tra le strade della città: c’era la sua gente a salutarlo, felice di vederlo incolume dopo tanti mesi, e non poteva esimersi dal rispondere a quella dimostrazione d’affetto con dei cenni del capo e della mano.
Gli parve un vero e proprio miracolo quando finalmente il centro abitato terminò e poté galoppare libero per quell’ultimo tratto di strada che lo portava dentro la tenuta di famiglia.
Ad attenderlo, proprio sulla soglia della dimora, c’era Shan-Ju con un sorriso raggiante che gli aleggiava sulle labbra.
“Madre!” esclamò, scendendo dal destriero e andandole incontro.
 “Bentornato a casa, figlio mio – lo abbracciò lei, baciandolo con tenerezza sulla guancia destra – sono così felice di rivederti, non ne hai idea.”
“Non dovresti abbracciarmi così – ridacchiò Shao– sono pieno di polvere dopo giorni di cavallo.”
Ma subito dopo posò le sue labbra sulla fronte materna, beandosi dell’odore delicato che emanava, quello che conosceva sin da quando era piccolo. Rimase a godere di quel contatto per qualche secondo e poi si scostò per guardarla bene e farsi osservare a sua volta, in un’analisi reciproca come per assicurarsi che in quei mesi non fosse cambiato niente. Ma Shan-Ju era sempre la stessa: nessuna ruga solcava il suo volto perfetto, nessun grigio intaccava i suoi folti capelli neri. L’espressione era sempre quella dolce e attenta, forse leggermente velata dalla preoccupazione, ma quest’ultimo sentimento sarebbe svanito nell’arco di poche ore, sostituito dal sollievo.
“L’importante è che tu sia qui – sorrise la donna, facendogli cenno di seguirlo per le stanze – do subito disposizioni per un bagno caldo di cui hai proprio bisogno. Nelle tue lettere non hai mai specificato il giorno preciso del ritorno: eravamo in attesa da ormai una settimana.”
“Perché non ero sicuro fino all’ultimo: molte questioni hanno richiesto la mia attenzione. La fine di una campagna militare non è mai uno scherzo… e anche ora non è del tutto terminata: feriti, morti, prigionieri. Ho tanto lavoro da fare.”
“Ma potrai farlo per la maggior parte qui: forza, adesso vai nelle tue stanze.”
“Il nonno?”
“Nella stanza che dà sul giardino, ma ti conviene salutarlo dopo che ti sarai lavato e cambiato.”
“Ai tuoi ordini, madre – la prese in giro lui con una strizzata d’occhio – sei tu l’imperatrice della casa.”
 
Liu-Shu osservava il giardino innevato con aria pensierosa, quasi assorto nella contemplazione di un ramo che stava per cedere sotto il peso della neve.
Shao, seduto in un cuscino davanti a lui, riteneva che ormai suo nonno fosse arrivato a quello stadio della vita che si può definire senza età: il viso era un disegno di rughe, eppure c’era una serenità tale da sembrare quasi infantile. Gli occhi scuri sembravano persi già in un mondo che andava oltre la vita, eppure erano ancora attenti a cogliere i più piccoli dettagli.
Del malore che l’aveva colpito sette anni prima rimaneva poca traccia visibile: solo quando camminava si notava una lieve difficoltà che, tuttavia, poteva essere perfettamente attribuita all’età avanzata. I medici non avevano un nome specifico per il malessere che l’aveva colpito. Tutto era iniziato con un semplice mal di testa che nell’arco di poche ore era sfociato in una paralisi completa della metà destra del corpo. Persino l’alkaestry non aveva potuto fare molto: l’uomo era rimasto in tale condizione per settimane, cadendo spesso in periodi di amnesia o in sonni così lunghi che sembravano preludio di morte. Tuttavia, dopo circa un mese, aveva iniziato a riprendersi: la paralisi aveva iniziato a scemare tanto che Shao, tornato da Drachma, l’aveva trovato già in grado di sedersi.
Tuttavia, nonostante corpo e mente avessero avuto un egregio recupero, era stato da subito chiaro che Liu-Shu non poteva più reggere gli impegni di governo e dunque Shao gli era succeduto nel controllo della provincia.
“Quanti mesi di campagna militare?” chiese infine Liu-Shu, spezzando quel silenzio.
“Quasi cinque, nonno – rispose Shao con calma – ma la vittoria è stata completa: i mercenari usati dal clan Zao sono stati sconfitti definitivamente. Inoltre ho catturato alcuni dei loro generali più valorosi: due sono addirittura della famiglia Zao stessa.”
“Insomma posso morire quasi del tutto sereno.”
“Morire? – Shao scosse il capo – Nonno, tu hai ancora molti anni davanti a te: i medici dicono che sei in ottima salute ed è vero. Sono partito che tu mi avevi appena battuto a gosh-ai e sai che non è facile.”
“Sopravaluti questo vecchio – ridacchiò l’uomo – del resto quasi settantacinque anni non sono un’età che viene raggiunta dai più, non credi? Mi ritengo ampiamente soddisfatto.”
“Quasi soddisfatto dicevi – lo richiamò con gentilezza Shao – dunque ci sono ancora dei motivi che ti tengono ancorato a questo mondo. Devo dire che ne sono felice, sarei quasi tentato di non vederli mai risolti se questo vuol dire averti ancora qui.”
“Non vuoi nemmeno sapere di che si tratta?” lo guardò con malizia il vecchio.
“Provo ad immaginare…”
“Shao… io non ho che una figlia e sia io che mio fratello ormai siamo anziani e, come ben sai, tua madre è stata concubina dell’imperatore, quindi è come se fosse sposata… è un vincolo che dura per sempre.”
“Non mi sarei sentito pronto per un fratellastro – scrollò le spalle il giovane cercando di evitare il nocciolo della questione – già mi bastano i miei… fammi pensare… quarantadue fratellastri per parte di padre. Ventitré maschi e diciannove femmine se non erro. Rapporti difficili anche se non ci siamo mai visti, sai come vanno queste cose: siamo troppo gelosi delle troppe attenzioni del nostro caro e celeste padre.”
“Shao, evitando il sarcasmo, hai ventitre anni: sei un ottimo governatore e stratega…”
“… sono anche ambasciatore presso Drachma, la mia è una vita impegnata, lo sai…”
“….hai dato prova di essere maturo per determinate responsabilità…”
“… proprio di Drachma vorrei parlarti, che coincidenza! Pensavo giusto di partire tra qualche mese. E’ da tanto che il duca Esdev mi chiede di tornare e mi pare proprio il caso di…”
Shao Ming! Invece di continuare ad interrompermi, perché non inizi a pensare sul serio all’idea di prendere moglie e fare in modo che il nostro clan sopravviva?”
“… diamine, nonno, in genere un ritorno a casa dovrebbe essere motivo di festa! Ma se devo essere sincero mi stai facendo venir voglia di ripartire di nuovo per una campagna militare!”
“Impertinente!”
“Tutto mio nonno, senza dubbio!”
I due si guardarono per qualche secondo con sfida e poi scoppiarono a ridere all’unisono: tuttavia era chiaro che lo facevano per prendere tempo ed escogitare la prossima mossa, proprio come una spietata battaglia tra strateghi
Prendere moglie? Ma manco per idea! – Shao dovette trattenersi dall’alzarsi in piedi ed andare via – non ho nessuna intenzione di legarmi a chissà quale nobile di Xing. Piuttosto preferisco andare a Drachma e sposarmi quella matta di Kora Esdev!
“Devi solo mettere al mondo dei figli…”
“Non sono un cavallo da riproduzione, grazie.”
“Ehi, non mancare di rispetto! Ricordati che se dici così è come se dessi della giumenta a tua madre!”
“E’ diverso! Senti, nonno, smettiamola con questa storia: il matrimonio non rientra nei miei prossimi impegni, va bene?”
“Oh, e quando ci rientrerà? Ragazzo mio, sei uno spirito libero, l’ho sempre rispettato ed apprezzato…”
“… non è che lo dimostri in questo momento…”
“… ma ci sono dei doveri che hai nei confronti della nostra famiglia. Che tragedia che ne fai! Senti, mosca bianca, non complicare delle cose semplici! Tu sei sempre in viaggio, per un motivo o per un altro. Se ti sposi, tua moglie la vedrai per quanti mesi all’anno? Ben pochi! Te la scegli tranquilla, di buon carattere, paziente… perché a volte ci vuole davvero tanta pazienza con te…”
“… posso scegliere anche in base al nome, all’età, se è carina, ha i denti dritti, sa leggere, scrivere…”
“… e diamine se ne dovrà avere di pazienza!”
“Nonno, calmo, ti sentirai male così.”
Liu-Shu sospirò e Shao capì che per quella volta aveva vinto lui. Con un sorrisino soddisfatto fece un lieve inchino col capo e si alzò in piedi.
“Caro nonno, i Ming sono fatti per volare – dichiarò, sventolandosi col ventaglio nonostante fosse pieno inverno – non per avere le ali tarpate. E’ questo che mi hai insegnato tu stesso.”
“Voglio solo che la mia famiglia non si estingua con te.”
“Non lo farà, nonno – concesse Shao – ma sarà con i miei modi ed i miei tempi.”
“Allora per morire dovrò aspettare i tuoi comodi?” borbottò sarcasticamente il vecchio.
“Potrebbe essere davvero una buona idea!”
 
Scampato momentaneamente al pericolo matrimonio, Shao si poté finalmente dedicare all’amministrazione quotidiana della provincia che era stata in parte trascurata durante la campagna militare. Furono settimane cariche di tranquilla soddisfazione in cui spesso si poteva concedere lunghe scampagnate in compagnia dei gemelli. Piano piano le questioni post guerra venivano risolte e anche gli ultimi soldati tornarono alle loro case. Il clan Zao fu costretto a pagare un grosso riscatto per riavere indietro i propri generali e le condizioni della resa furono davvero pesanti, un punto su cui il principe era stato particolarmente inflessibile: voleva accertarsi che per molti anni quei dannati non si potessero rialzare… e soprattutto voleva che capissero che lui era anche più temibile di suo nonno e non era per niente da sottovalutare.
Ma per il resto c’erano solo pace e tranquillità, una cosa che persino Shao apprezzava in determinati periodi della sua vita. Proprio come un falco bianco che torna felice al nido per riposare, prima di partire per nuove mete, così faceva lui.
Tuttavia all’inizio della primavera giunse un messaggero da corte ed il principe non ebbe alcun dubbio sul contenuto della missiva che egli recava.
 
Che allegra riunione di famiglia.
Dovette trattenersi dal dire quella frase ad alta voce, una decina di giorni dopo, quando prese posto in uno dei tanti cuscini che erano stati messi in quella grande sala del palazzo imperiale. Se non tutti e quarantatre, erano sicuramente più di trentacinque, con relativi seguiti: eccoli gli aspiranti eredi del trono imperiale.
Shao diede una rapida occhiata in giro, ma ben pochi gli assomigliavano, anzi forse nessuno. Erano tutti tremendamente diversi l’uno dall’altro, accomunati solo da una feroce determinazione.
Degli avvoltoi che girano attorno alla preda morente.
“Principe Shao Ming!”
Shao non aveva mai sentito quella voce, ma il tono irato gli fece capire subito l’identità di quel giovane che si avvicinava a lui: fronte alta e spaziosa, ulteriormente sottolineata dai capelli tirati indietro, occhi sottili come la bocca… e soprattutto una voglia incredibile di attaccare briga seduta stante.
“Principe Cao Zao, presumo – nemmeno si alzò in piedi per salutare il suo fratellastro e vicino di provincia – sì, decisamente ho visto lo stemma che avete ricamato nella casacca ben troppe volte. Come stanno i vostri zii? Non erano molto simpatici durante la loro prigionia prima del pagamento del riscatto.”
Ormai l’attenzione era su loro due e Shao ebbe la netta impressione che la maggior parte dei presenti desiderasse che la lotta si scatenasse per vedere almeno uno dei due contendenti morire.
Ma Shao fece cenno a Mio e Sin di stare prudentemente in guardia senza però prendere iniziative.
“Con che faccia tosta…”
“… voi avete invaso i nostri confini per la decima volta? – terminò Shao per lui – Già, bella domanda, principe: effettivamente il clan Zao pare avere la tendenza a dimenticarsi le cose, eh? Forse dipende dal fatto che tirate troppo i capelli, diamine pare che la fronte stia per staccarsi! Alcuni medici dicono che fa male all’afflusso di sangue… e forse provoca emicranie che rendono una persona particolarmente irritante ed indisponente.”
Ovviamente davanti ad una provocazione simile Cao stava per implodere assieme ai suoi accompagnatori: Shao individuò subito la guardia del corpo, ma per il restò intuì che si trattava di semplice seguito teso a dare solo dimostrazione di potere. Del resto non era stato l’unico ad usare quella mossa per intimorire l’avversario.
“… con che diritto avete preteso simili sanzioni? Voi non siete l’imperatore!”
“No, ma sono il governatore della provincia Ming che, come ben sapete, gode di parecchie autonomie. Ah no, è vero… forse con le amnesie non ve lo ricordate molto spesso. Comunque, sì, ho agito nei miei pieni diritti: spero che abbiate messo per iscritto che i tributi che mi dovete sono per i prossimi quindici anni. E’ tutto registrato anche qui a corte, sapete? Sono una persona precisa.”
“Quando sarò imperatore…!”
“Ahi ahi ahi – ridacchiò Shao, sventagliandosi amabilmente con il ventaglio e facendo cenno con lo sguardo al resto della sala – affermazione infelice in una sala piena di gente che vorrebbe diventare imperatore, non trovate? Voi siete il…mh, decimo figlio vero? Ma non importa, sappiamo che nostro padre era il ventesimo erede. Per esempio… voi, fratellastro del clan Han, giusto? Avete sentito che ha detto il fratellastro Cao Zao? Parecchio maleducato parlare in questo modo quando il nostro celeste imperatore è ancora in vita!”
Oh quanto ci stava godendo in quel momento: aveva il potere di scatenare una guerra di proporzioni mastodontiche in quella sala, il tutto con il semplice uso della dialettica.
Del resto non c’è niente di male a divertirsi un po’
“Non deviare il discorso, dannato! – lo richiamò Cao – Sono questioni tra i nostri due clan!”
“Non vedo che questioni ci siano: il vostro clan ha attaccato i confini della mia provincia e si è preso una batosta di notevole livello…”
“Questa è una…”
“… verità inconfutabile…”
“… sfida!”
“No, non ne ho proprio voglia. Anzi, se volete scusarci tutti… Mio, Sin, andiamo a prendere una boccata d’aria: non sono molto interessato a stare qui.”
Si alzò in piedi con noncuranza ed iniziò ad avviarsi fuori dalla sala.
Si sentiva estremamente compiaciuto della piega che aveva preso la situazione: umiliare in quel modo Cao Zao, davanti a tutti gli altri principi, era stato un colpo da maestri. E gli aveva anche fornito l’occasione giusta per andare via.
“Visto che famigliola unita? – commentò arruffando di passaggio i capelli ad una bambina che stava seduta solitaria proprio accanto all’uscita – i nostri fratelli sono proprio delle persone care e amorevoli.”
Come le porte si furono chiuse alle loro spalle, lasciando il caos dietro di loro, Shao non riuscì più a trattenere una risata che arrivò quasi a farlo lacrimare.
“Ah, Derekj, amico mio! – disse – Vorrei che tu fossi qui a vedere quello che ho combinato: se non scorrerà del sangue in quella sala nelle prossime ore sarà davvero un miracolo!”
“Signore, andiamo via?”
“Andiamo a farci una passeggiata nei cortili e aspettiamo che la riunione di famiglia abbia fine: qualcuno sarà poi così gentile da informarci di quanto stato detto e…”
“Principe Ming – un alto funzionario di corte lo raggiunse da un corridoio laterale – dove eravate finito? Vi stavo cercando in quella stanza e…”
“Le persone presenti in quella stanza stanno decisamente meglio senza me… come posso esservi utile?”
“Dovete venire con me, altezza.”
“Ah sì? E dove?”
“Da sua maestà imperiale, ovvio! Ha chiesto specificatamente di voi.”
Il ventaglio si fermò a metà movimento.
Certe cose riuscivano a sorprendere persino Shao Ming.
 
L’imperatore stava morendo, non c’erano dubbi.
L’uomo sdraiato su quell’ampio letto era profondamente malato: il viso era scavato e la pelle pendeva in maniera grottesca laddove una volta c’era il grasso. Le mani posate sul petto erano scheletriche e scosse da uno strano tic nervoso ad intervalli irregolari. Ma era soprattutto l’odore a far capire l’infelice condizione del malato: un tanfo che nemmeno i bracieri con erbe aromatiche, sparsi in tutta la stanza, riuscivano a nascondere. Era l’odore della malattia che consuma piano piano il corpo… quella che anticipa la morte.
Pochi mesi… è sopravissuto anche troppo.
Shao fissò quell’uomo con un misto di pietà ed indifferenza: non provava alcun sentimento per lui, come poteva? Era la terza volta che lo vedeva in vita sua. I medici ed i collaboratori erano stati mandati via e anche a Mio e Sin era stato chiesto di restare fuori: padre e figlio erano soli in quella stanza.
“Che cosa vedi?”
La voce era spettrale, roca… parlava già dall’oltretomba.
“Un uomo morente.” rispose Shao in completa sincerità.
“E’ così che il cielo tratta il suo figlio prediletto…”
“Siete solo un uomo, mio signore – scrollò le spalle Shao, prendendo il suo ventaglio e accarezzando una delle piume – il cielo ve lo ricorda in questo modo: niente è più mortale ed umano di una malattia come la vostra.”
“Sono le frasi più oneste che abbia sentito da diversi mesi a questa parte – l’uomo con grande sforzo girò il capo per fissarlo con i suoi occhi stranamente lucidi – questi dannati medici si ostinano ad essere ottimisti, ma sappiamo bene che non c’è molto da fare.”
“Avete vissuto la vostra vita, mio signore… il ciclo si conclude.”
“E se ci fosse l’immortalità?” la voce assunse un nuovo tono, più febbrile… quasi da delirio.
Shao aggrottò le sopracciglia davanti a quella dichiarazione: non capiva se stesse parlando lucidamente o fosse in preda ad un momento di follia dovuto alla febbre.
“Forse è meglio che…”
“Conosci le antiche leggende…”
“Sì, le conosco – sospirò Shao infine – la pietra filosofale, la promessa della vita eterna. Ma sono leggende, mio signore: si perdono nel tempo, nella storia del grande saggio dai capelli e dagli occhi d’oro proveniente dall’Ovest secoli fa.”
“E se esistesse?”
“L’uomo è mortale, così ci ha creato il cielo – scosse il capo il principe – temere la morte fa parte della vita, sebbene i saggi riescano ad accettarla con più serenità. Non è fatto per vivere per sempre, è contro la sua natura.”
Rimasero in silenzio entrambi.
Shao capì subito che l’imperatore si era aspettato una risposta differente ed iniziò anche a capire il motivo per cui tutti i principi erano stati convocati in quella sala. Non avrebbe parlato apertamente, certo, ma i più avrebbero capito il sottinteso.
Portare un grande dono all’imperatore, certo… ed il vincitore si prende il trono.
“Drachma ha grande stima di te.”
“Così pare: ora che la contesa con il clan Zao è finita conto di riprendere il mio ruolo di ambasciatore. Mio zio inizia ad essere vecchio e il troppo viaggiare lo affatica molto.”
L’imperatore lo fissava con attenzione, come se stesse valutando la veridicità di quelle parole.
“Non vuoi salire al trono.” mormorò infine.
“No, non voglio – ammise candidamente Shao – ma avete una sala piena di figli che non vedono l’ora di poter avere tale onore, non vi preoccupate.”
“E proprio il miglior candidato non – un colpo di tosse bloccò la frase e Shao vide delle macchie di sangue sporcare le labbra del padre – non… non vuole…”
“Sì, forse sono il migliore, ma non capisco che autorità abbiate voi per dirlo: non conoscete minimamente gli altri.”
“Credimi che vi conosco meglio del previsto. Ma tu… tu sei l’unico con cui ho parlato.”
“Ne sono onorato.”
“Xing deve continuare a vivere… l’imperatore deve continuare a vivere” l’uomo sospirò e girò la testa dall’altra parte
“Xing è un impero forte e vivrà per secoli – dichiarò Shao, con un inchino di congedo – l’imperatore è solo un uomo che vivrà fino a quando gli verrà concesso. Prendo congedo da voi, mio signore, spero che i medicinali possano alleviare le vostre sofferenze.”
Fu quello l’ultimo incontro che ebbe con suo padre.

 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. Reggente e imperatore ***


Capitolo 8.
Reggente e imperatore



Chi torna da un viaggio non è più la stessa persona che è partita”
Proverbio cinese.
 
 
Xing, primavera 1915.
 
“Le condizioni del Celeste Sovrano sono identiche a ieri, altezza – sospirò il medico – continua ad essere in uno strano stato di dormiveglia da cui raramente esce. Un simile torpore in genere è preludio di morte, ma l’imperatore sta dimostrando grande resistenza: è impossibile dire per quanto resisterà ancora.”
Shao annuì e sospirò a sua volta, ma al contrario del medico che l’aveva fatto con tristezza, lui lo fece con irritazione, sventolando con impazienza il suo ventaglio.
“… sua altezza vuole andare a trovarlo?” chiese con timore quell’uomo posto a capo di tutti i medici di corte che da anni ormai si occupavano della salute instabile del signore di Xing.
“Per cosa? Per vederlo sprofondato nel suo torpore? – chiese Shao con impazienza, girando sui tacchi per uscire dall’anticamera delle stanze imperiali: se fosse andato in quella stanza probabilmente non si sarebbe trattenuto dal dare il colpo di grazia a quel dannato che, in qualche subdolo modo, era riuscito ad imprigionarlo. Non gli importava se soffocandolo con un cuscino o pugnalandolo dritto nel cuore: non avrebbe resistito alla tentazione di liberarsi definitivamente di lui – No, grazie, non ho nessuna voglia di andare a contemplarlo: ho ben altri impegni.”
Come governare il paese in sua vece!
Questo perché le cose non erano andate come aveva previsto Shao.
Innanzitutto era passato più di un anno da quando era stato convocato a corte assieme a tutti i suoi fratelli e ancora l’imperatore restava ferocemente aggrappato alla vita, se così si poteva considerare quello stato vegetativo in cui si trovava ormai da mesi. Ormai non parlava più ed erano rare le volte che era cosciente: la malattia l’aveva del tutto consumato, tanto che guardarlo era davvero spaventoso, però il cuore si ostinava a battere, così come i polmoni a fare dei lenti e faticosi respiri, uno dopo l’altro.
Ma quello che bruciava al principe Ming non era tanto questo procrastinare la morte, tanto il fatto che, prima che le sue condizioni diventassero così critiche, quell’uomo era riuscito ad imprigionarlo affidandogli la reggenza del regno, in attesa che un altro dei suoi figli si dimostrasse degno del trono.
O magari spera che io cambi idea, ma si sbaglia di grosso.
Però, dalla fine del 1914, ossia da più di sei mesi, lui si trovava lì nella capitale, a reggere di fatto le redini dell’impero. Infatti un ordine scritto, che gli era arrivato ad ottobre dell'anno prima, gli imponeva di stare a corte e badare alcune questioni di governo che, a conti fatti, si erano rivelate di vera e propria reggenza.
Non dovrei essere qui in questo momento – pensò con rabbia, passeggiando in uno dei tanti corridoi per sbollire il senso di frustrazione che provava – dovrei essere in tutt’altro posto.
Per esempio sarebbe dovuto essere a casa sua, a governare la sua provincia senza obbligare sua madre ad addossarsi dei compiti così gravosi, nonostante lei se la cavasse più che egregiamente, proprio come ci si aspettava da una signora dei Ming.
E avrebbe dovuto essere anche a Drachma: qualche mese prima gli era arrivata una missiva del duca Esdev che lo avvisava della tragica scomparsa del padre di Alexand, morto in una sortita contro Briggs. Nessun sopravissuto, una disfatta a tutti gli effetti. Tutta la simpatia del principe era andata a quel giovane dal carattere così difficile che ora si trovava a governare una provincia e a far fronte ad una perdita così tremenda.
Ed invece sono bloccato qui… a osservare consiglieri e fratellastri che si aspettano da un momento all’altro che faccia chissà quale colpo di stato e diventi imperatore di Xing. Quale follia…
Ancora non si capacitavano che, in tutti quei mesi di governo, non avesse preso il potere, ma si fosse limitato ad amministrare l’impero. Nessuna legge o provvedimento a favore dei Ming era stato preso: i suoi interventi si erano limitati a condannare svariati funzionari corrotti, levare delle tasse troppo gravose ad alcune regioni che erano state colpite da un inverno troppo freddo e così via. Piccoli e semplici gesti di buon senso che però non andavano ad intaccare minimamente il trono.
E così tutti continuavano ad attendere, con la certezza che Shao Ming, prima o poi, sarebbe uscito allo scoperto e avrebbe approfittato della ghiotta occasione che gli era stata offerta dallo stesso imperatore.
“Ricordami gli impegni che ho adesso…”
“Un incontro con i consiglieri tra circa venti minuti, mio signore – rispose prontamente Mio che camminava a due passi da lui proprio come il gemello – c’è da decidere su alcuni accordi commerciali con Drachma.”
“Bene, almeno si parlerà di qualcosa che mi riguarda – annuì – sono accordi più che vantaggiosi come sempre: il dazio alle dogane non subirà nessuna variazione, a prescindere dalle obiezioni di qualcuno. Certi idioti non sanno proprio come si tengono i buoni rapporti tra i due paesi e…”
Fu un riflesso: fece una brusca torsione ed il kunai gli passò a pochi millimetri dal busto, andando poi a conficcarsi nel bracciale di cuoio rinforzato del braccio destro di Sin.
La reazione da parte del trio fu immediata: non era la prima volta che Shao subiva attentati del genere da parte di clan rivali. Subito Mio scattò in avanti iniziando a lanciare i kunai sapientemente nascosti nei suoi vestiti. Sin invece si mise davanti al principe, pronto a fargli scudo con il suo corpo.
Shao alzò gli occhi verso il soffitto, in quelle false decorazioni che in realtà celavano dei nascondigli utilissimi per chi volesse fare l’agguato.
“La terza colonna!” sibilò.
E, quasi l’avesse sentito, Mio fece un agilissimo balzo, usando poi il muro come trampolino, e si ritrovò tra quelle travi dipinte che sostenevano la volta del colonnato.
“Portatelo giù!” ordinò, facendo cenno anche a Sin che, immediatamente, eseguì una manovra identica a quella del fratello, sebbene dall’altro lato.
Fu questione di pochi secondi e il misterioso aggressore, il viso nascosto da una maschera cerimoniale, fu costretto a danzare abilmente tra quelle travi, in un prodigioso gioco d’equilibrio che non era da meno rispetto a quello dei suoi avversari.
E’ solo… quale follia! – pensò Shao, seguendo con attenzione quel duello.
Però era evidente che quello sconosciuto ci sapeva davvero fare: resisteva agli attacchi dei gemelli nonostante lo spazio ristretto. Evidentemente aveva agito in solitaria per poter sfruttare al meglio quei nascondigli e…
La sua mano si mosse istintivamente al ventaglio: in un secondo aveva estratto una delle piume. Con millimetrica precisione roteò su se stesso e scagliò quell’arma micidiale, colpendo all’occhio destro l’avversario che si trovava ad una decina di metri da lui, riuscendo a trovare quel minimo spazio dato dal foro nella maschera di ceramica.
Con un grido disumano, l’uomo cadde a terra, contorcendosi e cercando di levarsi il tremendo proiettile che sicuramente gli era penetrato dentro l’occhio, come testimoniava anche il sangue che iniziava a sporcare la maschera.
“Principe!” esclamò con angoscia lo sconosciuto che combatteva contro i gemelli. Una distrazione che gli fu fatale perché il kunai di Mio penetrò rapidamente all’altezza del suo cuore. Del resto non aveva senso: il principe avversario era colpito a morte. Chiunque fosse quella guardia del corpo ne avrebbe seguito lo stesso destino, come da tradizione.
“Clan Yen – sospirò Shao, levando la piuma dalla punta d’argento dal volto del suo avversario e togliendogli la maschera: il giovane era già morto con un’orribile espressione di dolore e sorpresa – il sesto erede al trono di Xing. Ci mancava anche questa.”
“Il suo clan chiederà spiegazioni…” disse Sin, mentre lui e Mio scendevano a terra trasportando con loro il cadavere del guerriero.
“La spiegazione è sempre la stessa – scrollò le spalle il principe, per nulla impietosito dalla sorte del fratellastro – ha attaccato un altro principe ed ha perso. Qualunque cosa dicano, le prove sono contro di loro… Mio, chiama dei servi, che riportino questi due sciagurati al loro clan in modo da procedere con la cerimonia funebre.”
“In teoria, principe – proseguì Sin – non meriterebbero simile onore: hanno attaccato il principe reggente. Spetterebbe la pena riservata agli alti traditori.”
“Lasciare le loro teste sopra una picca affinché tutti possano vederli? – Shao sorrise sprezzante – No, non farò il gioco del mio diletto padre: sarebbe il primo passo per farmi considerare imperatore. Questo è stato solo… un incidente di percorso, come spesso succede quando la successione al trono si avvicina.”
“Sì, altezza.”
E che arrivi presto – rifletté con rabbia, guardando quel giovane che aveva solo cinque anni più di lui – almeno questa stupida faida finirà.
“Principe Ming! – chiamò una voce eccitata, mentre un servitore arrivava di corsa – Altezza!”
“Che altro succede?”
“Il pr… oh, ma…” si bloccò vedendo i cadaveri.
“Lascia stare; è solo un attentato alla mia persona. Dicevi?”
“Il principe Ling Yao e la principessa May Chang sono ritornati! E sono qui, a corte: chiedono di vedervi immediatamente!”
 
La maggior parte dei principi era semplicemente rimasta in attesa della morte dell’imperatore.
Ben pochi avevano cercato di ingraziarselo, cercando vani rimedi per la sua malattia, magari studiando a fondo l’alkaestry o chiamando dei guaritori dagli angoli più remoti della provincia.
Ma all’immortalità avevano pensato solo due persone, quelle che, in quel momento, stavano davanti a Shao, il quale fissava con aria meditabonda lo scranno imperiale posto sopra una decorata piattaforma.
“Amestris e la pietra filosofale, eh?”
Gli era difficile crederlo, a dire il vero tutta la storia che gli era stata raccontata gli sembrava inverosimile.
Ma sapeva altrettanto bene che una menzogna di tale portata sarebbe stata scoperta in men che non si dica e dunque non sarebbe stato per niente astuto presentarsi a corte con una storia così irreale.
Il principe Ming si toccò lievemente le labbra con la punta del suo ventaglio e poi si girò a guardare lo strano trio che stava a pochi passi da lui.
Si ricordava bene di Ling Yao, dodicesimo figlio dell’imperatore, e del suo viso da bambino sporco di briciole. Adesso doveva avere circa sedici anni, ma ne dimostrava molti di più: il corpo era slanciato, muscoloso… virile per la sua età. Ma era soprattutto l’espressione a colpire: quel ragazzo aveva vissuto un’avventura che, se vera, era capace di segnare profondamente qualsiasi persona.
E non mi ha detto nemmeno tutto, è chiaro – capì Shao, guardando quegli occhi dal taglio allungato che lo fissavano con calma e serietà – sicuramente ha avuto a che fare con la pietra filosofale molto da vicino. E’ come se…
Non riusciva a decifrare la sensazione che provava: era come se in Ling Yao aleggiasse il fantasma… il ricordo di un’altra persona. Ed era come se il suo fratellastro non fosse del tutto abituato a quella strana presenza... o assenza.
“Esatto, la pietra filosofale – annuì Ling – voglio portarla a nostro padre.”
“Se lo guarirai e lo farai diventare immortale potrai dire addio ai tuoi sogni di imperatore – gli fece notare Shao – perché è questo che vuoi, principe Ling.”
“E’ un ruolo che vuoi tu? – chiese l’altro con sospetto – Eppure, a quella riunione di quasi due anni fa, mi ricordo che avevi detto ben altre cose.”
“Un ruolo che voglio io? – Shao scoppiò a ridere, una risata così sarcastica come rare volte gli usciva – Ah, mio caro fratellastro, sappi che il mio più grande desiderio è poter andare via da questo posto! Vuoi il trono? Accomodati pure!”
“E allora perché…”
“Perché è comunque una mia responsabilità – Shao lo bloccò, puntandogli il ventaglio all’altezza del petto – nostro padre mi ha incastrato nominandomi reggente del regno quando la sua malattia è diventata troppo grave. Odio ogni singolo momento che passo qui… ma è comunque un impegno che mi sono assunto e lo porterò a termine. Voglio solo sincerarmi delle tue intenzioni, Ling Yao.”
“Ti rendi conto che stai parlando così a quello che sarà il tuo imperatore? – chiese una ragazza, forse poco più giovane del suo signore, chiaramente la sua guardia del corpo – Le tue parole sono davvero…”
“No, Lan Fan – Ling la bloccò con un cenno della mano – ha ragione: sta facendo il suo dovere in maniera più che egregia.”
Shao annuì e osservò con attenzione quella guerriera.
Non aveva la maschera cerimoniale, uno strano fatto, e questo permetteva di vedere il viso tondo che ancora non aveva lasciato l’adolescenza. Ma anche lei, come il suo principe, aveva una dolorosa maturità a farla sembrare più grande della sua effettiva età. L’occhio acuto di Shao individuò che il suo braccio sinistro aveva qualcosa che non andava: gli trasmetteva l’idea di una strana rigidità, forse a causa di una ferita, anche se…
No, è ben altro.
“E tu, principessina del clan Chang? – chiese, infine, rivolgendosi alla ragazzina alla sinistra di Ling – Sei d’accordo che il nostro fratellastro diventi imperatore?”
Lei sobbalzò, quasi incredula che le fosse stato chiesto un parere. Probabilmente dipendeva dal fatto che il clan Chang era l’ultimo per importanza e dunque era assai insolito che il principe di un clan forte come quello dei Ming le rivolgesse la parola.
Un panda in miniatura che stava sulla sua spalla strofinò il musetto contro la sua guancia, quasi a farle forza. Forte di quel contatto May annuì e iniziò a parlare.
“Il principe Ling Yao ha promesso che si prenderà cura di tutti i clan di Xing, compreso il mio. Io credo a quanto ha detto… quindi, sì, sono d’accordo affinché diventi imperatore.”
“Anche tu ne hai passato di avventure, vero? – Shao le si accostò e le posò una mano sulla testa bruna – Leggo tanto dolore nei tuoi occhi, eppure tanta speranza. Sei cambiata da quella ragazzina che stava seduta in disparte mentre gli altri principi di Xing discutevano tra di loro. E hai avuto più coraggio della maggior parte di loro.”
Lei fu sul punto di piangere? Forse.
A Shao faceva grande simpatia e, allo stesso tempo, suscitava in lui grande rispetto. Se era arrivata ad appoggiare in questo modo il fratellastro allora c’erano buoni motivi per credere che Ling Yao fosse davvero la persona giusta per il trono.
“Ancora non mi hai risposto – disse, rivolgendosi di nuovo al fratellastro – vuoi guarire nostro padre?”
“No – scosse il capo Ling con calma – gli mostrerò la pietra filosofale, certo, ma poi lascerò che la natura segua il suo corso. L’immortalità non è per l’uomo e la pietra… ecco – esitò per qualche istante come per trovare le parole giuste – la sua creazione è costata così tante vite che non… non andrebbe usata per uno scopo così ignobile come voler sopravvivere a tutti i costi.”
“Posso vederla?”
Shao lo chiese senza malizia o avidità, solo sinceramente curioso di vedere quell’oggetto leggendario.
Sapeva benissimo che Ling poteva rifiutarsi, e ne avrebbe avuto tutto il diritto, ma considerato che in quella stanza erano riunite delle eccezioni rispetto ai soliti canoni di principi ereditari, era lecito porre una simile richiesta.
E difatti Ling, dopo qualche secondo d’esitazione, annuì e dalla sua giacca tirò fuori una piccola fiala.
“Eccola, Shao Ming – dichiarò – la pietra filosofale.”
Di uno strano color rosso, un liquido denso stava all’interno di quel contenitore trasparente.
Shao aggrottò le sopracciglia, stupito dello stato in cui si presentava quella chimera: il nome pietra era dunque fuorviante.
E se fosse solo un imbroglio…
Ma la sua percezione del chi, la sua grande sensibilità, lo avvertirono immediatamente che quel liquido possedeva un immenso potere… un qualcosa di vivo e numeroso che lo faceva sentire impotente solo all’idea. Era come se all’improvviso si rendesse conto di essere un minuscolo granello di sabbia in un enorme deserto.
“No – mormorò, facendo cenno a Ling di metterla via – assolutamente nostro padre non deve trarne beneficio. Io… fossi in te non userei mai un potere simile.”
“Nostro padre avrà dimostrazione del suo funzionamento, ma finirà lì – annuì il principe Yao – poi la pietra verrà custodita segretamente ed usata solo in casi di eccezionale necessità. Anzi, ti chiedo di non farne parola con nessuno.”
“E’ una decisione saggia. Vieni, Ling Yao, ti accompagno da nostro padre, ma io non entrerò con te.”
“No?”
“Gli ho già detto addio mesi fa – disse con voce tagliente – non ci tengo a rivederlo.”
 
All’alba del giorno dopo l’imperatore morì.
Fu un trapasso sereno a detta dei medici, nel sonno, senza nessun dolore a tormentarlo.
Era semplicemente la giusta conclusione dopo un lungo periodo di malattia e sofferenza.
In quanto reggente dell’impero, Shao Ming fu incaricato di aprire il suo testamento alla presenza del consiglio e di tutti i figli rimanenti e, con grande sorpresa della maggior parte di loro, non vi era indicato alcun nome per la successione al trono.
“… come potete vedere le disposizioni del Celeste Sovrano si riferiscono soltanto ai beni che spettano al suo clan e al suo funerale – disse Shao, alzando la mano per ottenere silenzio – tuttavia ben sappiamo come, più di un anno prima, egli avesse convocato tutti i suoi figli per chiedere un grande dono. Ebbene questo dono gli è stato portato da Ling del clan Yao, suo dodicesimo figlio, proprio il giorno prima della sua morte.”
A quel punto fece un gesto e Ling, seduto accanto a lui, si alzò in piedi.
“E quale sarebbe questo grande dono? – chiese uno degli innumerevoli fratellastri con stizza – che garanzia abbiamo che non sia solo un’alleanza tra di voi?”
“Senza contare che la coincidenza è davvero strana – disse un altro – torna il principe Yao e l’imperatore muore. Forse ci sono gli estremi per un’accusa di…”
“Statemi a sentire molto attentamente – sibilò Shao – mi esprimerò solo una volta, sono stato chiaro? Per tutti questi mesi sono stato reggente dell’impero e tutto quello che ho visto da parte vostra è stato disinteresse, avidità, inganno… speculavate su un regno che si trovava in un momento così delicato come quello della reggenza! Credete che non fossi a conoscenza di tutti i vostri tentativi di ottenere favori per il vostro clan sperando in un’amministrazione distratta e svogliata? Beh, mi dispiace per voi, cari fratelli e sorelle, ma io ho compiuto il mio dovere con grande efficienza e non ho mancato di annotare ogni vostra singola mancanza! E devo dire che sono pochi i lodevoli casi di clan che hanno fatto il loro dovere. Ling Yao, invece, ha messo in pericolo la sua stessa vita per compiacere l’ultimo desiderio di nostro padre e c’è riuscito. Il fatto che l’imperatore sia morto è solo la conclusione giusta della sua malattia: non c’era possibilità di salvarlo.”
“Ma tu in quanto reggente…”
“In quanto reggente io ho tenuto in mano le sorti di Xing, era questo il mio compito. L’ho fatto in modo totalmente neutrale e disinteressato, come possono dimostrare tutte le mie decisioni accuratamente messe per iscritto, una per una. Adesso mi avvalgo di un’altra prerogativa del mio ruolo: quella di avere voce in capitolo sulla successione…”
Ovviamente si scatenò un putiferio, ma Shao batté la mano sul tavolo con tale forza che ottenne di nuovo il silenzio.
“Ling Yao ha compiuto la sua missione: testimoni dicono che, dopo che ha parlato con l’imperatore, questi abbia mormorato con le lacrime agli occhi “ce l’ha fatta”. Sono testimoni non appartenenti al clan Yao e quindi del tutto neutrali. In base a questo io lo ritengo il successore legittimo del nostro defunto imperatore. Anche se nel testamento di nostro padre non è nominato, come non è nominato nessuno di voi, ci terrei a precisare, io mi avvalgo dei miei diritti di reggente per nominarlo nostro nuovo imperatore. E se qualcuno ha delle rimostranze… è pregato di alzarsi adesso e di dirmele in faccia: ma voglio prove concrete. Se mi parlate di stupidi diritti di clan vi riderò in faccia… sappiamo tutti che nel caso il diritto maggiore spettava a me, dato che sono stato nominato reggente da nostro padre in persona.”
Il silenzio adesso era totale.
Shao sentì un acido compiacimento nel vedere tutte quelle facce ammutolite dalla sua spietata logica. Non aveva dato loro nessun appiglio a cui aggrapparsi.
Sì, come potete vedere ho più potere di quanto immaginavate.
“Ling Yao, dodicesimo figlio del Celeste Sovrano – dichiarò dopo qualche secondo – ti riconosco come mio imperatore e ti giuro solenne fedeltà da parte mia e del clan Ming.”
Fece un rispettoso inchino col mezzo busto e poi si fece da parte, in modo che Ling potesse prendere il posto che gli spettava, davanti a tutti i presenti, e dire le sue prime parole da capo dell’impero di Xing.
“Grazie, fratello – disse Ling con solennità – la fedeltà tua e del tuo clan mi sono estremamente care. E spero che anche gli altri nostri fratelli e le loro rispettive famiglie vorranno seguire il tuo esempio. Essere a capo dell’impero di Xing sarà un grande onore e…”
Shao fece qualche passo di lato ed osservò quel giovane iniziare a parlare come se fosse un vero sovrano. In lui, nonostante la giovane età, c’era una grande autorità ed una grande consapevolezza di quali fossero i doveri di un imperatore.
E’ riuscito a fare quello che gli altri non sono stati in grado di fare: è andato oltre il proprio clan per pensare a tutto l’impero. Quanto ha vissuto ad Amestris l’ha fatto davvero cambiare… sono sicuro che prima del suo viaggio era spinto semplicemente dall’interesse per il proprio clan.
Ancora una volta il principe si chiese a quali sacrifici aveva acquistato una simile consapevolezza e maturità, ma quando il pensiero tornò alla pietra filosofale non poté fare a meno di reprimere un brivido.
Potere, immortalità, certo, ma anche morte e dolore, ecco cosa gli trasmetteva quel denso liquido rosso.
Che possa esser sempre custodito a Xing e che non cada mai in mani sbagliate.
Con un sospiro tremante si defilò lentamente e guadagnò l’uscita di quella stanza affollata.
“Mio, Sin…” chiamò.
“Signore!” subito i gemelli comparvero davanti a lui.
“Il nostro compito è finito: presto torneremo a casa.”
“Bene, principe.”
Già, decisamente bene!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. Verso occidente ***


Capitolo 9.
Verso occidente



“Chiamar le cose con il loro nome è l’inizio della saggezza”
Proverbio cinese
 
 
Xing, 1916
 
“Non lo vuoi? Posso?”
L’imperatore non aspettò nemmeno che Shao rispondesse e allungò la mano per afferrare il piatto col dolce di riso che stava davanti a lui. Con un sorriso carico d’aspettativa lo tagliò in due e poi si mise la prima metà in bocca, iniziando a masticare e lasciandosi diverse briciole di riso sul mento e sulle labbra.
“Fai pure, mio signore…” annuì causticamente Shao cercando di non lasciarsi andare a commenti sconsiderati sull’appetito ormai proverbiale del suo fratellastro.
E continua anche ad esercitarti e muoverti, altrimenti diventerai una palla di lardo in breve tempo. Diamine, ma come fa ad ingurgitare così tanta roba a pasto?
Un vecchio saggio una volta aveva dichiarato che mangiare è un piacere, ma Ling Yao portava questo detto alle estreme conseguenze. Ogni pasto che faceva era composto di almeno cinque portate al dir poco abbondanti, senza contare i numerosi spuntini fuori orario. Probabilmente le cucine imperiali non avevano mai lavorato così tanto per una singola persona.
Shao, più ci rifletteva, più si rendeva conto che erano state ben poche le volte in cui aveva incontrato Ling senza che questi fosse con un piatto a portata di mano.
Almeno non indulge nel bere – sospirò silenziosamente il principe, osservando la caraffa di semplice acqua fresca posta davanti a loro – ci sarebbe mancato solo questo.
“Dicevamo… – Ling ingoiò l’ultimo boccone e si pulì il viso con un ampia manica della sua preziosa veste di seta, un altro gesto che Shao preferì ignorare, rifugiandosi invece nel ricordo di come fossero educati e raffinati i pasti della nobiltà di Drachma – le cose con Drachma vanno bene, no?”
“Sì, mio signore, ho consegnato la relazione della mia ultima ambasciata ai funzionari preposti: puoi andare a vederla quando ti fa più comodo. Però ho portato una copia degli ultimi accordi commerciali qui con me – Shao con il mento accennò ad una pergamena che giaceva ingloriosamente al lato del tavolo, in una posizione molto pericolosa dato che era accanto al vassoio delle salse – se ti va possiamo…”
“Sono sicuro che andrà benissimo! Non c’è nemmeno bisogno che la guardiamo: del resto sei sempre stato ammirato da tutti per le tue doti, fratello – Ling si versò un generoso bicchiere d’acqua che trangugiò in un solo sorso – il nostro stesso padre si fidava di te. Uhm… però ho ancora un leggero appetito, se sono avanzati altri di quei dolci di riso li faccio portare. Tu ne vuoi?”
“No, grazie.”
“Mangi poco, lo sai?”
“Il giusto per me, mio signore.” rispose diplomaticamente Shao.
Ling scrollò le spalle con un sorriso e attese che un giovane servitore arrivasse con un piatto pieno dei dolci richiesti: ne prese uno e se lo rigirò tra le mani.
“Veniamo a noi – disse – a dire il vero volevo parlare con te di una questione che mi sta particolarmente a cuore e sono arrivato alla conclusione che tu sei la persona che fa al caso mio.”
“Sì? E di che si tratta.”
“Come ben sai le nostre relazioni diplomatiche con Amestris sono molto aumentate da quando sono salito al trono: ho un debito con diverse persone di quel paese e niente mi fa più piacere che i contatti tra di noi siano più frequenti. Il deserto ci ha separato per troppo tempo.”
“Se non ricordo male c’è una linea ferroviaria che lo attraversa.”
“Sì, ma è ormai ridotta molto male, tanto che è quasi tutta nascosta dalla sabbia: le comunicazioni tra i nostri due paesi sono sempre state sporadiche e per lo più clandestine. Io stesso ammetto di essere arrivato ad Amestris grazie a vie… non proprio legali.”
“Direi che è stato inevitabile.”
“Il punto è questo – Ling iniziò ad addentare il dolce – sono in ottimi rapporti con il generale del distretto Est di Amestris, quello direttamente confinante col deserto. Siamo del parere che la costruzione di una linea ferroviaria più moderna ed efficiente che attraversi il deserto sarà di grande beneficio economico.”
“Mi pare un’iniziativa più che lodevole – annuì Shao con convinzione, apprezzando la ventata d’innovazione che il contatto con Amestris avrebbe creato: Ling Yao sotto questo punto di vista stava rispettando le sue aspettative dimostrandosi di vedute ampie e pronto a svecchiare il sistema troppo statico di Xing – se ha bisogno del voto dei Ming durante il consiglio conti pure su di me, mio signore.”
Ling liquidò il consiglio con un gesto della mano, come se fosse una cosa di poca importanza.
Shao inarcò le sopracciglia tra il sorpreso ed il divertito.
Il consiglio che affiancava l’imperatore nelle decisioni governative era composto dai rappresentanti di tutti e cinquanta i clan: a volte si trattava dei principi e dunque dei fratellastri dell’imperatore, in altri casi, la maggioranza, si trattava dei capofamiglia, ossia dei padri delle concubine che avevano generato i vari eredi al trono. Avere un posto nel consiglio significava avere grande influenza considerata l’importanza che aveva nelle decisioni imperiali.
E, ovviamente, un imperatore giovane e pieno d’iniziativa come Ling Yao era abbastanza difficile da gestire: per diverse generazioni si erano succeduti sovrani che erano saliti al trono ben oltre i vent’anni d’età e che comunque erano già improntati a mantenere una situazione al dir poco statica. Ling non era così: era impaziente, desideroso di cambiare le cose e anche smanioso di farlo in autonomia, senza far caso a quanto diceva il consiglio. Shao attribuiva questo atteggiamento alla sua giovane età, certo, ma anche al carattere: del resto se aveva avuto l’ardire di andare ad Amestris per cercare la pietra filosofale non era certo uno che amava stare fermo ad ascoltare infinite discussioni.
Atteggiamento che Shao trovava anche encomiabile, sebbene si rendesse conto che non era proprio saggio mettersi contro il consiglio a circa un anno dall'ascesa al trono.
“Il consiglio farà quanto gli dico io, la problematica è un’altra.”
“Problematica?”
“Esatto – Ling si girò verso il mucchio di pergamene che stava in un lato sgombro del tavolo e recuperò una mappa di Xing: la aprì il tanto necessario per far vedere il lato occidentale del paese – come puoi vedere c’è segnata anche la vecchia linea ferroviaria, proprio qui, dove si vede il deserto… si trova in linea con East City, la città più importante del distretto est di Amestris…”
“East City, distretto est… quale fantasia!”
“… dalla corrispondenza che ho scambiato col generale Mustang, ne abbiamo convenuto che è effettivamente il punto più adatto per questa via di comunicazione. E come punto d’arrivo c’è questa provincia.”
“E io dovrei convincere il clan di questa provincia ad accettare che la linea ferroviaria passi nel loro territorio.”
“Potrei ordinarlo io stesso senza aspettare il loro parere – annuì Ling – ma ho pensato che sarebbe decisamente meglio se presentassi il progetto già sapendo di avere il loro supporto. Voglio che mettano per iscritto che sono favorevoli, così non dovrò aspettarmi attentati o cose simili. Sarebbe anche un modo per far capire che comunque sono interessato alle opinioni dei vari clan.”
“E quindi chi meglio del miglior ambasciatore e diplomatico di Xing?” sorrise con modestia il principe.
“Esattamente. Anche perché devo ammettere che il clan Yao non è mai andato d’accordo col clan Yen.”
“Clan Yen? – Shao si irrigidì – Ah… beh, allora potrebbe esserci qualche problema.”
“Come? E che tipo di problema?”
“Ho fatto fuori il loro erede al trono, nostro fratello.”
“Ma dai! – Ling fece una faccia tra il sorpreso e il divertito – credevo che tu non partecipassi alla contesa.”
“Ero reggente e quell’idiota mi ha attaccato – ammise Shao – semplice difesa personale, ma ammetto che non è proprio piacevole trovarsi a trattare con il clan del quale ho da poco ucciso l’erede. Dubito che…”
“… ho già annunciato l’arrivo della tua ambasciata per la settimana prossima.”
Cosa? – Shao inorridì – Mio signore, certe cose vanno pianificate, è la prima regola della diplomazia!”
“Scusa non lo sapevo – alzò le spalle Ling con aria contrita – magari potresti chiedere scusa…”
“Scusate se ho ucciso il vostro erede che voleva farmi fuori? Non sono così ipocrita, andiamo! Era in torto marcio e ha avuto quello che si meritava.”
“Esordirai così?”
“No – Shao si alzò in piedi con stizza – ma se tirano fuori l’argomento non mi farò troppi problemi a dire loro come la penso.”
“E’ dunque un sì?”
“Ovviamente. Mio signore, non fare l’ingenuo: avevi già stabilito tutto: non è proprio il caso di chiedere se accetto o meno! La prossima volta cerca almeno di non…”
Un’ombra scura si avventò contro di lui, seguita immediatamente da altre due.
Con destrezza Shao alzò il ventaglio e con la parte rigida parò il kunai che era rivolto contro di lui. Contemporaneamente Mio e Sin arrivarono alla gola di Lan Fan, uno per parte, puntandole un pugnale ciascuno.
“Le nostre guardie del corpo sono particolarmente abili – sorrise Ling – suvvia Lan Fan, non era intenzione del principe Ming offendermi. Anzi, direi che aveva ragione, stavo offendendo la sua intelligenza.”
“Non si dovrebbe comunque rivolgere così al proprio imperatore.” sibilò la giovane guardia del corpo, non facendo minimamente caso alle due lame puntate alla sua gola.
“Attenta, bambina – le sorrise amabilmente Shao, usando un tono di voce morbido ma letale – non metterti contro avversari più forti di te, non quando non c’è effettiva necessità.”
“Tu…”
“Uccidere un principe di rilievo come me macchierebbe irrimediabilmente il regno del tuo signore, non ci hai pensato? – la interruppe lui facendo un rapido strattone con la mano per liberare il suo ventaglio dal kunai – Adesso sei la guardia del corpo dell’imperatore, signorinella, non più di uno dei tanti principi di Xing: pondera doppiamente ogni tua azione, non farti prendere dall’ira o chissà che altro. Non te lo puoi permettere.”
Gli occhi scuri dietro la maschera si dilatarono per la furia, tanto che Shao ebbe la certezza che il suo volto fosse diventato paonazzo per la rabbia e l’imbarazzo. Tuttavia non si mosse di un centimetro, nonostante la tensione del suo corpo fosse evidente.
Shao fece un rapido cenno e Mio e Sin si allontanarono da lei.
“Ti chiedo scusa per Lan Fan – sorrise con indulgenza Ling – è fatta così.”
“Nessun problema, mio signore – scrollò le spalle Shao – e adesso, col tuo permesso, vado a prepararmi per il viaggio.”
“Lan Fan, non dovresti dire qualcosa al principe Shao?”
“Domando scusa, altezza reale.”
“Molto bene, davvero molto bene!” annuì l’imperatore.
Shao invece si limitò a sorridere ironicamente e avviarsi verso l’uscita.
 
“Chiamiamo le cose con il loro nome, principe – disse Mio il giorno dopo – andare in tre e basta dal clan Yen è un suicidio bello e buono.”
“Ma andare con un seguito più grosso ci avrebbe privato della discrezione necessaria per questa missione – rispose Shao – confidiamo che siano abbastanza accorti da non tentare di uccidere un legato ufficiale dell’imperatore stesso. Sebbene l’idiozia dimostrata dal defunto principe mi faccia propendere per il contrario.”
“E’ anche vero che la corte è un ambiente neutrale – propose Sin, levandosi la maschera cerimoniale per potersi godere del sole di quella mattina passata a cavallo – invece una volta entrati nella dimora del clan Yen entreranno in vigore le leggi dell’ospitalità.”
“Uccidere il proprio ospite è motivo di disonore e di sfortuna, è risaputo. Forse non hai torto, fratello.”
“Speriamo che se ne ricordino – sospirò Shao, sventolandosi col ventaglio – e che non siano come l’impulsiva guardia dell’imperatore. Che ne pensate di lei?”
“Abile combattente, ma pecca ancora in freddezza…”
“… attaccare quando non c’è reale pericolo è da sciocchi.”
“O da innamorati – alzò le spalle Shao – non vi è chiaro? Come hai detto prima, Mio, chiamiamo le cose con il loro nome: ragazzina infatuata.”
“Davvero stupido – disse Mio – lei è di rango inferiore e lui è l’imperatore.”
“Voi vi siete mai innamorati?”
“No, mio signore – rispose Sin – sia io che mio fratello abbiamo avuto esperienze, certo. Ma mai innamorati: del resto siamo le vostre guardie del corpo, non avremmo tempo e modi per portare avanti un vero e proprio corteggiamento.”
“Senza contare che potrebbe essere una distrazione, verrebbe stravolta la scala di valori che vede la vostra protezione al primo posto. Abbiamo fatto la nostra scelta anni fa, e ad essa ci atteniamo.”
“Già, forse è questo il punto – rifletté Shao – molto spesso le guardie del corpo di un clan provengono da una famiglia che ha questo compito da generazioni… proprio come tramandare il proprio mestiere da padre in figlio, no? Forse il destino della nostra piccola amica è stato segnato sin dalla sua nascita e non ha potuto effettuare la scelta che invece avete avuto voi. Quanti anni pensate che abbia?”
“Più giovane di noi, direi che è quasi coetanea dell’imperatore.”
“Facciamo che ne abbia sedici… non è quella l’età in cui ci si innamora? – Shao sorrise e salutò con un cenno del capo una contadina con la figlioletta in spalla che si era fatta di lato nel sentiero per permettere loro il passaggio e aveva mormorato con rispetto una benedizione – Gli spiriti della natura proteggano anche voi e la vostra famiglia, buona donna. Comunque, torniamo a noi: se già dall’infanzia la nostra Lan Fan è stata addestrata a diventare guardia del corpo del principe Ling, quante possibilità pensate che abbia avuto di avere una… vita personale propria? E tenete conto che in quanto Ming io sono sempre stato in parte esente dai pericoli della competizione. Del resto sono stato ben poche volte a corte quando era vivo mio padre.”
“Vero, principe… e poi lei è una femmina. Insomma, fosse stata la guardia del corpo di una principessa, magari le cose sarebbero andate diversamente.”
“Comunque si nota che l’imperatore ha grande fiducia in lei – ammise Shao – del resto se ha vissuto le medesime avventure ad Amestris una buona dose di esperienza l’ha avuta. Deve solo maturare in certi atteggiamenti, tutto qui. E comunque, mie care guardie del corpo, siamo appena usciti dal territorio della capitale: occhi aperti.”
 
Tre giorni dopo Shao e la sua scorta arrivarono al capoluogo della provincia Yen.
Geograficamente occupava un territorio molto ampio, anche se la parte occidentale era scarsamente abitata e con terre aride che aumentavano mano a mano che ci si avvicinava al deserto vero e proprio. La città era comunque un luogo fervente d’attività, anche se non poteva paragonarsi a Shan-je.
La tenuta della famiglia Yen si trovava proprio al centro della città, separata da una cinta muraria che racchiudeva diversi ettari tra giardini, alloggiamenti delle truppe e così via: si trattava praticamente di un piccolo nucleo autonomo.
Essendo stato preannunciato il suo arrivo, Shao trovò un paggio ad attenderlo già fuori dal centro abitato. Con aria solenne venne scortato tra le vie della città e più di una volta sentì addosso a sé gli sguardi ostili della gente e non se ne sorprese: il popolo appoggiava sempre il proprio pretendente al trono e vedere l’assassino che veniva lì, nel loro territorio, per ordine imperiale, era uno smacco difficile da mandare giù.
Tuttavia c’era quel paggio a garantire la loro sicurezza: teneva alto lo stendardo dei Yen, una tigre rampante, indicando così che il clan aveva accordato loro di entrare e dunque si rendeva responsabile della loro incolumità.
Sempre che non vogliano correre il rischio che la folla ci linci solo per poterci uccidere loro stessi – rifletté Shao, mantenendo l’espressione più neutra che poteva. Dietro di sé sentì che il cavallo di Sin scartava per il nervosismo, subito calmato dal proprietario, e inconsciamente si mise ad osservare eventuali vie di fuga, giusto a titolo precauzionale.
“I tetti…” mormorò, facendo poi un rapido gesto con la mano, sicuro di essere capito dai gemelli.
Sì, sarebbe stata quella la loro eventuale via di fuga.
Ma non ebbe il tempo di pensarci seriamente, perché la folla si diradò e arrivarono alle mura che portavano nella tenuta degli Yen.
 
Il clan Ming, con la sua posizione autonoma, poteva anche evitare di avere un esponente fisicamente presente nel consiglio dell’imperatore: in teoria era per non venire meno alla sua posizione neutrale, ma in realtà veniva considerato come una strana forma di pagamento per godere di tutta quell’indipendenza. Di conseguenza la presenza di un membro di quella famiglia era richiesta solo in casi eccezionali che riguardavano da vicino la provincia.
Il clan Yen costituiva un’altra eccezione, sebbene meno eclatante: era l’unico caso in cui al consiglio non sedeva né il capoclan né il principe, ma un altro membro della famiglia, in questo caso il fratello del capofamiglia. Era una scelta strana, in quanto, in genere, far parte del consiglio era di vitale importanza per le proprie influenze a corte, ma evidentemente la fiducia che era riposta nel rappresentante del clan era molto forte.
E anche perché quest’uomo è molto anziano – capì Shao, osservando l’anziano Tsao Yen che leggeva la pergamena vergata dallo stesso imperatore. Sicuramente aveva la stessa età di Liu-Shu, se non di più e gli anni erano stati meno gentili con lui a livello fisico: si vedeva che soffriva di dolori alle articolazioni e aveva difficoltà di movimento, anche se gli occhi scuri erano ancora limpidi e vigili… e non proprio felici di vedere quel particolare ambasciatore.
“E così… ora sei nostro ospite – disse con voce roca – in quanto legato ufficiale dell’imperatore.”
“Rimarrò solo il tempo necessario perché voi prendiate una decisione, mio signore – disse con voce neutra Shao – sono incaricato di spiegarvi i dettagli del progetto, affinché voi possiate comprendere quale grande beneficio porterebbe…”
“L’unico beneficio sarà quando sarete andato via da qui, assassino!”
Una donna di mezza età entrò con passo rigido nella sala delle udienze andando poi ad affiancarsi all’anziano capoclan.
“Yian, ne abbiamo già parlato.”
“Padre, permettete dunque all’assassino di vostro nipote… di mio figlio di stare così impunemente sotto il nostro tetto?”
“E’ legato ufficiale dell’imperatore, figlia, dobbiamo considerare quella faccenda come chiusa.”
“No, io non la considero per niente chiusa – il volto irato si volse verso Shao: gli occhi scuri, carichi di dolore e rabbia, iniziarono a lacrimare facendo perdere qualsiasi bellezza ad un volto già non più fresco di suo – voi, dannato! Con che coraggio avete potuto uccidere un principe di Xing a voi maggiore d’età?”
“Per semplice autodifesa, signora – rispose Shao impassibile – lui e la sua guardia del corpo mi avevano attaccato con la chiara intenzione di uccidermi. Sarei stato il primo a volerne fare a meno.”
“Vuote parole!”
“Le uniche che posso offrirvi, mia signora, me ne rammarico!”
“Yian, adesso basta…”
“Zia, per favore, vieni via!”
Una nuova voce femminile intervenne, calma, pacata, eppure con un’autorità tangibile. Una fanciulla vestita in abiti tradizionali color rosso, tipici del clan Yen, arrivò dalla medesima entrata da dove era giunta la madre del principe offeso.
“Brava, Sun – sospirò il vecchio – portala nelle sue stanze.”
“Anche tu sei dalla sua parte? – la donna si scostò dalla nipote con sguardo incattivito – proprio non hai nessun rispetto per il tuo defunto cugino?”
“Zia, non è il caso!” allungò la mano lei.
“Lasciami! Non toccarmi! Non metterò piede fuori dalle mie stanze finché quest’uomo sarà presente a casa nostra! Possano gli spiriti della vendetta accanirsi contro di te Shao Ming!”
Con un gesto rabbioso la madre del principe quasi corse via da quella stanza.
“Parole d'odio e maledizioni – sospirò Tsao, massaggiandosi la tempia con aria stanca – non è così che si onora l’ospitalità del clan Yen. Quest’ambasciata non inizia con i migliori presagi.”
“Non dire così, nonno – lo consolò la giovane posandogli una mano sulla spalla – è stato il dolore a far dire quelle cose orribili alla zia. Sono sicura che il principe Shao Ming comprende.”
“Assolutamente.” annuì questi con aria tranquilla.
“Permettetemi di chiedervi scusa per le parole scortesi di mia zia – proseguì la ragazza andando incontro a Shao e chinando leggermente il capo quando fu davanti a lui – a delle parole scortesi rispondo con un caloroso benvenuto al voi, illustre ospite, ambasciatore del nostro nuovo imperatore. Possano gli spiriti del cielo e del vento accompagnarvi nella vostra vita e renderla leggera e libera così come il nobile volatile al quale appartenevano le regali piume del vostro ventaglio.”
“Falco bianco – rispose Shao mostrandoglielo – e dovreste proprio vederlo almeno una volta nella vita, mia signora. Le vostre parole di benvenuto sono motivo di grande onore per me.”
Forse quella strana ambasciata non iniziava così tanto col piede sbagliato come aveva temuto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Una matassa intricata ***


Capitolo 10.
Una matassa intricata



“Il passo di chi sa camminare non lascia traccia”
Proverbio cinese.

 
 
Xing, 1916.
 
La cavalla bianca di Sun si muoveva con grande abilità sul terreno sabbioso, perfettamente a suo agio tra le nuvole di polvere che sollevava. La ragazza era nel pieno del suo elemento: spronava la sua puledra con energia, godendosi ampiamente quella giornata all’aperto. Il suo abito da equitazione rosso e oro si muoveva con grazia, così come i sottili capelli neri, acconciati in una semplice coda che cadeva sulla schiena.
Shao si fermò a fissarla per l’ennesima volta in quella giornata, ritenendola una creatura fuori dal comune per la vitalità che riusciva ad esprimere. Nessuna ragazza che aveva incontrato si poteva paragonare a lei e si trovò a pensare come mai Tsao Yen preferisse tener nascosta una simile perla.
“Venite, principe! – lo chiamò Sun, facendogli ampi gesti con la mano – siamo arrivati.”
Shao annuì e spronò il suo cavallo fino a raggiungere la ragazza che, nel frattempo, era scesa di sella e si era inginocchiata sulla sabbia.
“Ecco qui – annunciò con un sorriso, scoprendo un pezzo di metallo – siamo al punto d’arrivo della vecchia linea ferroviaria. Ricordavo bene! Una volta mio padre mi aveva portato in gita e mi aveva mostrato questa vecchia pista.”
“Penetra nel territorio di Xing più di quanto credessi." ammise Shao, considerato che erano parecchio distanti dal vero e proprio confine del paese.”
“Saranno almeno sessanta miglia – confermò lei, tirandosi indietro una ciocca di capelli che era sfuggita al nastro bianco che li teneva legati – tuttavia non è un percorso semplice: come avete potuto vedere è da parecchio che non abbiamo più incontrato centri abitati. Il terreno è arido e poco ci manca che sia vero e proprio deserto.”
“Se si riaprisse la via di comunicazione sarebbe un grande incentivo per il ripopolamento di quest’area.”
“Penso che mio nonno sia sinceramente interessato al progetto – ammise Sun, rialzandosi in piedi e spolverandosi i larghi pantaloni rossi – quest’area spopolata è sempre stata un suo cruccio, anche se non lo vuole ammettere.”
“In questi giorni ho avuto occasione di conoscerlo meglio e mi è parso un governatore carico di buon senso – Shao la seguì in quel gesto e poi lanciò una rapida occhiata ai gemelli che stavano accampati in una sorta di oasi non molto distante, assieme ad alcune guardie che costituivano la scorta della giovane – purtroppo paga il prezzo di aver perso il suo unico figlio maschio e suo nipote. Attualmente è senza eredi, eccetto voi.”
“Teme che il nome degli Yen vada perso per sempre, in fondo lo capisco.”
“Ammetto che a casa mia c’è un problema analogo – sorrise maliziosamente Shao – ma secondo le tradizioni voi avete il diritto di sposarvi e di tenere il nome di famiglia.”
“Sposarmi…”
La ragazza fissò le colline in lontananza con aria pensosa e Shao sentì di simpatizzare con lei: nemmeno Sun del clan Yen aveva molta simpatia per il matrimonio. In questi giorni l’aveva conosciuta bene: educata, gentile, una perfetta ospite, certo, ma allo stesso tempo una donna vogliosa di libertà e di indipendenza. Shao non aveva dubbi che sarebbe stata un’ottima governante anche senza marito.
A conti fatti al clan Yen è andata bene che sia morto quell’idiota del mio fratellastro.
“Briganti…”
La voce di Sun era poco più di un sussurro, ma il senso d’urgenza era tale che Shao alzò immediatamente lo sguardo per puntarlo nella medesima direzione dove era volto quello della fanciulla.
Sulle prime quelle colline di polverosi arbusti gli parvero del tutto vuote, ma poi la sua vista acuta colse un primo accenno di sabbia che veniva sollevata. Immediatamente si inginocchiò di nuovo e posò l’orecchio sulla rotaia di ferro, cercando di captare le vibrazioni del terreno.
“Credevo che ormai si fossero spostati da questo territorio – mormorò la ragazza con voce preoccupata – non si avevano più notizie di loro.”
“Sono almeno una trentina – disse Shao con occhi socchiusi, cercando di interpretare quello che captava: arrivò anche ad usare la sua capacità di percepire il chi e questo confermò il numero da lui proposto – e sicuramente ci hanno visti. Ai cavalli, presto.”
“Separiamoci – propose lei – io a sinistra e voi a destra per poi ricongiungerci ai nostri uomini. Li disorienterà almeno per qualche secondo.”
Shao valutò i pro ed i contro di quella proposta: l’idea di lasciarla cavalcare da sola per quanto per un tratto relativamente breve non gli piaceva, ma c’era una spietata logica in quel ragionamento.
E prima ci riuniamo, meglio sarà: noi siamo solo in sei contro almeno trenta briganti esperti del territorio.
Annuì e si affrettò verso i loro cavalli, aiutando la ragazza a salire sul proprio prima di balzare agilmente sul suo. Si scambiarono un rapido sguardo d’intesa e poi spronarono le loro cavalcature.
Le prossime ore sarebbero state davvero dure.
 
Le notti all’aperto avevano sempre qualcosa di affascinante e misterioso che non mancava di colpire l’anima del principe Ming.
Persino in una situazione di pericolo, praticamente braccati da diverse bande di briganti del deserto, non poteva fare a meno di osservare il cielo stellato e godere di quella bellezza così pura e incontaminata. Considerato che dovevano fare silenzio per non farsi scoprire, tanto che non avevano nemmeno osato accendere un fuoco, si erano accampati ai piedi di una collina, una zona abbastanza protetta: erano riusciti a depistare i loro inseguitori e alla fine, considerato lo sfinimento degli animali, era stato necessario concedersi qualche ora di tregua.
Avvolgendosi meglio nel suo mantello lanciò una breve occhiata alle sentinelle che stavano al lato opposto del piccolo campo: si doveva trattare di uno dei gemelli assieme ad una delle guardie della famiglia Yen. Lui invece aveva appena dato il cambio ad un’altra guardia per sorvegliare quella parte di territorio che, fortunatamente, aveva ben pochi punti d’accesso per i nemici.
“Mi dispiace che il mio territorio sia così ostile al principe Ming.”
La voce di Sun era praticamente accanto a lui e Shao dovette trattenere un sussulto: raramente una persona era stata capace di coglierlo così di sorpresa. Tuttavia i passi della giovane erano stati così silenziosi e discreti che era stato impossibile sentirli.
“Dovresti dormire – le disse, voltandosi appena a guardala: era incredibile quanto il cielo stellato e la luna avessero la capacità di illuminare in questo modo quelle piane desolate di Xing – sono state ore difficili e anche le prossime lo saranno. Dobbiamo ancora fare diverse miglia prima che i nostri inseguitori desistano nel loro intento.”
“Non riuscivo a prendere sonno, mi dispiace – sospirò Sun, sedendosi accanto a lui e avvolgendosi meglio nel suo mantello – troppe emozioni in una volta sola. Sono più sveglia di un grillo.”
“Prima dell’alba ci rimetteremo in viaggio: devi farti forza.”
“Non sono spaventata, altezza.”
Lo disse con sicurezza e Shao non ebbe alcun dubbio che si trattasse della verità: l’aveva vista durante quelle ore e se c’era una cosa che non mancava a Sun Yen era il coraggio. Per tutta la durata della cavalcata il suo bel viso non aveva mai tradito sentimenti d’angoscia, tutt’altro: aveva preso in mano la situazione mettendosi a capo del loro gruppo, guidandoli attraverso dei sentieri pericolosi che avevano accentuato la distanza tra loro ed i nemici.
Un vero e proprio capo.
“Non parlavo di paura, ma di semplice stanchezza fisica.”
“Vostra altezza potrebbe allora offrirmi la sua spalla per riposare meglio.”
Non c’era malizia in quella proposta, ma Shao sentì ugualmente un brivido lungo la schiena.
Era inutile negarlo: Sun Yen gli piaceva più di quanto gli fosse mai piaciuta qualsiasi altra donna. Andava ben oltre la bellezza fisica: era intelligente, coraggiosa, furba, in lei c’era una grazia del tutto particolare che non mancava mai di affascinarlo. E cosa importava se erano passati appena una decina di giorni da quando l’aveva conosciuta? Se Shao Ming provava simili sentimenti per lei sarebbe stato sciocco negarli.
E decisamente poco pratico.
E se ho fatto bene due più due mi sa che anche tu sei nelle mie stesse condizioni, Sun Yen.
“La mia spalla è a tua disposizione – sorrise, sistemandosi meglio il mantello in modo che lei potesse posare la testa – ma ti renderai anche conto che un simile gesto potrebbe far parlare.”
“Le mie guardie sono fidate e discrete e presumo pure quelle di vostra altezza.” Sun si accoccolò meglio a lui chiudendo gli occhi con un sorriso soddisfatto.
“Bel guaio, vero?”
“Già, non mi aspettavo proprio che potesse succedere.”
“Non rientrava nei miei progetti a breve termine trovare te.”
“Nemmeno nei miei, ma ammetto che è meglio che sia successo adesso piuttosto che da sposata. Lì sarebbe stato decisamente più complicato, non credi?” scivolò automaticamente nel tu. Era chiaro che non era più il caso di lasciarsi andare a simili formalismi. Per quanto fossero entrambi molto ligi all’etichetta erano anche abbastanza pragmatici da capire quando determinate formule erano inutili.
Shao non poté fare a meno di sorridere davanti a quella spietata logica.
“E’ già abbastanza complicato così, non credi? – rispose – Non è proprio un buon punto di partenza il fatto che io abbia fisicamente ucciso tuo cugino.”
“Mio cugino… – Sun sospirò e si rannicchiò ancora di più contro di lui – gli volevo bene, certo, ma non fui assolutamente d’accordo con la condotta che assunse quando l’imperatore si ammalò. E’ stato lui ad uccidere il principe del clan Su, lo sapevi?”
“No, non posso dire che queste cose mi interessassero molto. Tuo cugino alla fine non è stato peggiore di diversi altri principi di Xing.”
“Ma mia zia non dimenticherà… e nemmeno mio nonno, se devo essere sincera. Ti ha accolto come un degno ospite, sa che alla fine la colpa… non è veramente tua.”
“Ma gli ho comunque ucciso l’erede che aveva: non c’è bisogno di altre spiegazioni.”
Istintivamente liberò un braccio dal mantello per cingere quelle delicate spalle infagottate. Sun aveva un profumo davvero particolare: sapeva di delicato muschio, di fresco, di giovinezza. Aveva la capacità di inebriare Shao ora che aveva la possibilità di sentirlo così da vicino.
Per quanto fosse stato iniziato all’atto sessuale fisico, il principe non era mai stato coinvolto emotivamente in quelle esperienze amorose che aveva avuto. Si era sempre ritenuto una personalità troppo difficile da accontentare e si era in parte rassegnato all’idea che la donna che avrebbe sposato, con tutta la buona volontà, non avrebbe mai potuto… coinvolgerlo.
Ma con Sun era diverso: c’era prima un coinvolgimento mentale ed emotivo che spingeva verso la conoscenza più fisica. E questo era destabilizzante, era…
“Bene, Shao Ming – disse proprio lei – di te non si fa altro che vantare l’intelligenza, la furbizia, l’arte diplomatica: dipanare una matassa come la nostra non dovrebbe essere difficile, vero?”
“Sposarci?”
“Mi fa specie pensare subito ad una simile parola – ammise lei – ho diciotto anni e anche se molte mie coetanee sono già spose…”
“… nemmeno a me va di correre in un simile modo. L’idea di legarmi ufficialmente per quanto si tratti di te, non è ancora quello che voglio.”
“Nemmeno io: sarebbe quasi un’imposizione.”
“Penseremo a qualcosa – dichiarò Shao, dopo qualche secondo di silenzio – adesso riposati, sul serio. Tra qualche ora dovrai guidarci fuori da questa trappola ed è necessario che tu sia in forze.”
Sun annuì lievemente e si sistemò meglio contro di lui: dopo qualche minuto già dormiva.
Shao invece rimase a contemplare le stelle, cercando di trovare una soluzione a quel problema personale.
 
Tre giorni dopo Shao si trovava di nuovo nel palazzo del clan Yen, nelle confortevoli stanze che gli erano state assegnate.
I suoi abiti da viaggio sporchi di polvere e sudore erano stati sostituiti da comode vesti del tessuto più pregiato e un lungo bagno aveva contribuito a levargli ogni residuo di stanchezza.
Erano tutti salvi e questo lo dovevano a Sun che si era rivelata una guida migliore del previsto: li aveva condotti fino all’estremità del territorio dei banditi riuscendo ad evitarli nonostante fossero chiaramente sulle loro tracce. Forse erano stati anche fortunati, certo, ma il contributo della giovane Yen era stato più che fondamentale, tanto che Shao non aveva mancato di elogiarla quando avevano raccontato la loro avventura a Tsao.
Il vecchio Yen si era dimostrato più che orgoglioso della nipote sostenendo che aveva preso tutto da suo padre. Invece Yian non era stata del medesimo avviso: aveva sbottato che quello della ragazza non era certo un atteggiamento che si confaceva ad una dama di buona famiglia.
E Shao era stato certo di cogliere più di una punta di gelosia che l’aveva portato ad intuire che il vecchio Tsao avesse avuto da sempre una predilezione per la nipote femmina, anche quando era vivo il giovane principe che, in teoria, sarebbe dovuto essere il vero erede.
Insomma la situazione era più ingarbugliata del previsto: i rapporti tra i membri di quella famiglia non erano semplicissimi e, di conseguenza, l’idea di un impegno tra lui e la giovane appariva davvero improbabile.
“Dipanare la matassa – sospirò, sventolandosi con ventaglio e andando alla finestra per godere della brezza notturna – è forse la matassa più intricata con cui abbia mai avuto a che fare.”
E l’intrico era dovuto al fatto che ne era coinvolto a livello personale, era inutile negarlo.
“Principe – disse Mio che stava di guardia alla porta, mentre Sin stava nel corridoio – dobbiamo estendere la nostra protezione anche alla fanciulla del clan Yen?”
“Come corri! – esclamò Shao con un sorriso divertito – Non è ancora la mia sposa e poi mi pare perfettamente in grado di proteggersi da sola. Le sue dame di compagnia mi sono sembrate perfettamente a tono con lei, non credi?”
“Sono armate – confermò Mio – e dai loro movimenti si capisce che hanno avuto un addestramento nelle arti marziali.”
“Il clan Yen fa parte di quella fazione che preferisce che le proprie dame non abbiano a che fare con le arti del combattimento – scrollò le spalle Shao – ma credo che la nostra Sun sia una piacevole eccezione. Lo trovo encomiabile del resto: non mi piacciono le donne che vengono confinate in un ruolo di mere mogli e madri. Prendi la mia sorellastra May: la trovo decisamente in gamba e nutro grande rispetto per lei. Oppure prendi mia madre: anche se non è esperta in arti marziali è perfettamente in grado di governare una vasta provincia come la nostra.”
Forse Mio avrebbe risposto, ma Sin in quel momento aprì la porta.
“Principe – annunciò – la fanciulla del clan Yen si sta avvicinando. Credo che abbia intenzione di venire nelle vostre stanze.”
Shao annuì e ci pensò solo per qualche secondo.
“Mio, Sin, fate la guardia dall’esterno, in modo da non disturbare me e la signora.”
Gli occhi dei due gemelli, da dietro le maschere, esprimevano quella che si poteva definire sorpresa, tanto che il principe si dovette trattenere dal scoppiare a ridere. Ma lui non era per niente sorpreso: si era aspettato un simile evolversi della situazione.
Con un gesto elegante del ventaglio congedò i due fratelli che furono rapidi a recuperare il loro solito autocontrollo e a sparire discretamente dalla finestra. E così Shao rimase a fissare la soglia, aspettando che la sua graziosa ospite facesse la sua comparsa.
Dopo nemmeno venti secondi arrivò, aprendo la porta il tanto giusto per sgusciare dentro e poi chiudendola immediatamente alle sue spalle.
“Presumo di essere attesa – dichiarò, osservando Shao senza alcuna timidezza – hai persino mandato via le tue guardie del corpo.”
“Presumo che le tue dame sorveglino altrettanto bene in modo che nessuno venga a scoprire che sei qui.” ribatté il principe, facendole cenno di avvicinarsi.
“Sanno reggere il gioco.” si accostò lei, splendida nelle sue semplici vesti da camera rosse e con i capelli scuri sciolti sulle spalle.
Shao le prese il mento tra le mani: la sua pelle era così liscia e perfetta al tatto, tutto il suo viso lo era. Era la prima volta che lo osservava così da vicino, cogliendo i minimi dettagli di quel naso delicato, le sopracciglia sottili eppure volitive, le ciglia lunghe che incorniciavano quegli occhi scuri leggermente allungati.
“Sei bella, Sun Yen – le sussurrò Shao – saresti degna dell’amore di un grande sovrano.”
“Voglio solo essere degna del tuo, principe Shao – ribatté lei con il medesimo tono di voce – gli altri non mi interessano, anche se si trattasse dell’imperatore in persona.”
“Concedendoti a me – iniziò, prima di baciarla sul collo – segni il tuo destino in maniera indelebile, te ne rendi conto?”
“Anche tu ti leghi a me – lei si aggrappò con delicatezza alla sua veste – in maniera indissolubile.”
Era giovane, splendente, aveva tutta la vitalità del primo amore.
Shao fu delicato nei primi gesti, ma poi si lasciò andare proprio come stava facendo lei: le baciò ogni centimetro di pelle, la esplorò fino alla punta dei suoi lunghi capelli neri, beandosi di ogni minima sensazione che provava nel toccare quel corpo così perfetto.
Sì, si stavano mettendo in guai seri e, a dire il vero, era un’azione poco da lui.
Ma proprio come il falco bianco era una creatura che teneva prima di ogni cosa alla sua libertà, lo stesso valeva per lui: se voleva amare Sun e lei lo riamava alla stessa maniera non doveva esistere alcun ostacolo od impedimento alla loro relazione.
 
La settimana successiva il principe si dovette preparare per il viaggio di ritorno a corte.
Lo scopo della sua missione era stato raggiunto: Tsao Yen aveva dato a sua approvazione al progetto imperiale di riaprire la linea ferroviaria. Avrebbe raccolto le sue truppe per dare inizio alla guerra contro i briganti e Shao gli garantì che in questo sarebbe stato aiutato dall’imperatore stesso: sicuramente sarebbero stati inviati adeguati rinforzi.
“E così il grande diplomatico ha compiuto la sua ambasciata con successo – sospirò Sun, mentre si concedevano una breve passeggiata nei cortili del palazzo, in attesa che tutti i bagagli fossero pronti – e ora ritorna presso l’imperatore, lasciandomi di nuovo da sola.”
Non c’era rimprovero o rimpianto in quella frase, forse un briciolo di malinconia. Erano entrambi dispiaciuti di doversi separare, ma era sciocco negare che sapevano entrambi che per il momento non c’era altro da fare.
“Se ci dovesse essere qualche matrimonio in vista non esitare a chiamarmi – disse Shao con serietà, giocherellando con una delle piume del suo ventaglio – non cercare di gestire da sola un gioco così complicato, promettimelo.”
“Tranquillo. E poi non credo che ci sia un matrimonio in vista: non dimenticare che sono l’unica erede del clan Yen…”
“Concubina dell’imperatore?”
“Potrebbero volermi preservare per un simile ruolo, ci ho riflettuto. Del resto l’imperatore è ancora giovane e potrebbero passare alcuni anni prima che decida di iniziare a prendere delle concubine: questo ci farebbe guadagnare tempo e forse, nel frattempo, i rapporti tra te e mio nonno potrebbero migliorare ancora di più.”
“Sarà difficile, specie finché tua zia continuerà a… esistere.”
“Ha perso comunque l’unico figlio che aveva – scrollò le spalle Sun con un velo di tristezza – non si può biasimarla troppo. Ed il suo carattere è fatto per indugiare nel dolore piuttosto che reagire.”
“A proposito di figli…”
“Ho preso una tisana speciale – sorrise lei – non devi preoccuparti per questo, principe. Se ti darò dei figli, come spero un giorno accadrà, sarà al momento giusto.”
“Saresti la felicità di mio nonno, inutile negarlo – ammise lui inarcando le sopracciglia – spero un giorno di poterti portare a visitare le mie terre. Sono molto diverse da queste.”
E anche distanti… e siamo i due eredi diretti dei nostri rispettivi clan. La situazione è davvero complicata, Sun, eppure noi siamo qui a sorriderci e a prendere commiato, sebbene non sappiamo nemmeno quando sarà la prossima volta che ci rivedremo. Siamo proprio dei folli.
“E’ da stupidi volerti dare un pegno d’amore?” chiese la fanciulla arrossendo lievemente.
“Pare che si usi così, non mi pare stupido se ci tieni.”
“E’ solo uno dei miei nastri per capelli – sorrise lei, tendendogli un semplice nastro di seta bianca – niente di eccezionale.”
“Lo porterò sempre con me – dichiarò Shao prendendolo e legandoselo con cura al polso sinistro – è una promessa. Vorrei baciarti un’ultima volta, ma purtroppo siamo in vista in questo giardino.”
Sun si guardò attorno e poi annuì.
“Le mie dame dicono che non c’è nessuno in vista per i prossimi dieci secondi! Ti amo, principe!” Sun gli strinse le braccia al collo e gli diede un rapido bacio, ma non per questo poco appassionato.
“Tornerò – promise lui accarezzandole rapidamente la guancia – tu aspettami.”
“Lo farò.”
Ed il cuore di Shao Ming era assai pesante mentre, venti minuti dopo, usciva a cavallo dalla tenuta della famiglia Yen.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Le difficoltà dei cambiamenti ***


Capitolo 11.
Le difficoltà dei cambiamenti



“Purtroppo sono più numerosi gli uomini che costruiscono muri di quelli che costruiscono ponti.”
Proverbio cinese
 
 
Xing, 1918.

E’ praticamente una donna!
Fu questo il pensiero che attraversò la mente di Shao quando vide May Chang avanzare verso di lui e rivolgergli un sorriso incantevole. Prima di partire per la sua ultima ambasciata a Drachma l’aveva lasciata in piena adolescenza, ma in quei nove mesi d’assenza era sbocciata in una giovane ed incantevole donna.
“Bentornato, fratello – sorrise lei, mentre il piccolo panda si affacciava allegramente sulla sua spalla – è un piacere rivederti a corte.”
“Scusa, ma ci conosciamo? – la prese in giro Shao, toccandole la punta del naso – Assomigli alla mia sorellastra May Chang, ma lei è poco più di una bambina, proprio non capisco…”
“Ho sedici anni ormai – rise la ragazza, in maniera assolutamente adorabile – ma sono sempre io, te lo assicuro.”
“Ti voglio credere – annuì il principe, prendendo da una tasca della sua veste un piccolo pacchetto – altrimenti questo pensierino che ho portato da Drachma lo starei dando alla persona sbagliata.”
“Per me? – gli occhi scuri di lei brillarono di gioia nel prendere il pacchetto e nello scoprire che dentro c’era un ciondolo ambrato – Grazie! E’ bellissimo!”
“Lavorato dagli artigiani della provincia  Shintenov: i migliori per questi gioielli.”
La osservò compiaciuto mentre non perdeva tempo ad indossare quella piccola collana.
Si era sinceramente affezionato alla sua sorellastra minore, forse era la persona a cui teneva di più da parte paterna. Ne aveva sempre apprezzato la forza interiore, il coraggio, la tenacia, ma anche il buon cuore: aveva temuto che la vita di corte l’avrebbe potuta cambiare, ma May del clan Chang era rimasta fedele ai suoi principi. A dimostrazione c’era il semplice vestito che indossava che, sebbene di buona fattura, non andava a ricercare lo sfarzo tipico delle dame di corte o delle altre principesse loro sorellastre.
In fondo pure lei a modo suo era una piccola mosca bianca che si era distinta dal resto della famiglia.
E così, ogni volta che andava a corte, Shao era felice se riusciva vederla: anche se non avevano molte occasioni di stare assieme si erano particolarmente affezionati l’uno all’altra. Più volte il principe aveva pensato che una vera sorella come May non gli sarebbe per niente dispiaciuta.
“Mi parlerai ancora di Drachma?” chiese la fanciulla mentre si avviavano per i corridoi.
“Certamente, solo se mi dici da quando hai cambiato la pettinatura: dove sono finite le tue sei treccine?”
“Oh, era proprio ora che cambiassi – arrossì lei, toccandosi d’istinto i suoi lunghi capelli neri ora pettinati con una treccia per lato che si raccoglieva in una delle due crocchie – le treccine era troppo infantili e ormai io sono grande. Sono maggiorenne, nel caso te lo fossi dimenticato.”
“Già, ormai di anni ne hai sedici – sospirò il principe – diamine, mi fai sentire vecchio!”
“Non sei credibile, fratello… però ora ti devo raccontare un’importantissima novità!”
“Quella per cui sei così eccitata, potrei giurarci!”
Lei lo ignorò e arrivò anche ad afferrargli una manica della veste.
“E’ arrivata da Amestris una persona davvero speciale! – esclamò lei – E’ venuto qui con due compagni per studiare meglio l’alkaestry e si fermerà per parecchio tempo. Credo di averti già parlato di lui: è uno dei fratelli Elric, Alphonse!”
Shao inarcò le sopracciglia: adesso capiva l’entusiasmo di May. Più volte le aveva decantato le lodi di questo personaggio aggiungendovi ad esse la speranza che un giorno venisse a Xing per imparare meglio l’alchimia del loro paese.
“Beh, se si tratta proprio di lui sarò davvero curioso d’incontrarlo.”
 
Biondo, alto, occhi dorati ed intelligenti… e molto di più, ma del resto non c’era da aspettarsi altro se quel ragazzo aveva condiviso le medesime avventure che avevano coinvolto May e Ling ad Amestris. Si capiva che tra quel giovane, la principessa, l’imperatore e anche la sua guardia del corpo c’era un legame di profonda amicizia.
Shao infatti preferì stare il minimo indispensabile nella stanza dove stavano i quattro, assieme a due… energumeni che avevano qualcosa di strano. Si limitò a salutare con deferenza l’imperatore, presentarsi cortesemente agli ospiti e poi si congedò, sostenendo di essere stanco per il viaggio e che, in ogni caso, ci sarebbe stato tutto il tempo per parlare con l’onorevole signore venuto da Amestris.
Mentre stava nelle stanze a lui assegnate a farsi un bagno e rilassarsi, si rese conto che quel ragazzo doveva avere dei legami anche con il generale Mustang, l’ambasciatore di Amestris che era venuto l’anno prima assieme alla sua squadra ad inaugurare l’apertura della linea ferroviaria.
Linea ferroviaria che, effettivamente, si stava rivelando un grandissimo successo: l’innovazione voluta da Ling si era avverata e ora in quella parte della provincia Yen erano già sorti diversi piccoli centri commerciali che, tra le varie novità, avevano portato pure alcuni costruttori di automail provenienti di Amestris.
E così Xing scopriva delle nuove tecnologie, delle nuove persone, riuscendo in parte ad aprirsi a nuovi mondi. Sebbene molte famiglie nobili non fossero ancora del tutto favorevoli a tanti cambiamenti, una cosa che Shao si era aspettato.
Ci vorranno decenni prima che possa cambiare modo di pensare... sebbene parte della mia generazione sia favorevole alle novità, se tutto va bene potrà essere la prossima a fare passi molto più importanti in questo senso.
E sembrava che anche Ling se ne rendesse conto: dopo che era partito in maniera così esplosiva con tutte quelle novità, adesso aveva saggiamente deciso di dare a Xing il tempo di assestarsi. La cosa importante era consolidare quello che era stato fatto, specie le relazioni diplomatiche con Amestris, in modo da creare delle solide basi per il futuro.
Mentre finiva di cambiarsi rifletté che anche a Drachma c’era aria di cambiamento: purtroppo l’Autarca non era più in forma come una volta. Certo, ormai Dars III era vicino alla sessantina, ma Shao aveva il timore che potesse trattarsi dei primi sintomi di una malattia. Certo, erano dei piccoli segni che sicuramente i più non avevano notato, ma per chi come lui lo vedeva ad intervalli di tempo irregolari, il cambiamento era stato più evidente. Gli sarebbe enormemente dispiaciuto: quell’uomo era stato un sovrano eccezionale che lui aveva sinceramente ammirato. Senza contare che la sua morte sarebbe stata un duro colpo per Derekj, nonostante fosse chiaro che il giovane fosse perfettamente in grado di ricoprire quel ruolo così importante.
“Andate pure a mangiare qualcosa – sospirò, facendo un cenno a Mio e Sin – siete stanchi pure voi e avete tutto il diritto di riposare.”
“A corte, mio signore?” Sin, impegnato a sistemare un laccio della sua maschera, inarcò il sopracciglio.
“Beh, sebbene con mio fratello le cose sembrino più tranquille… effettivamente non mi pare il caso. Siamo abituati troppo bene con Drachma, avete ragione. Sin, vai prima tu e poi fai il cambio con Mio. Bentornati alla corte di Xing, ragazzi miei.”
 
Poco dopo era comodamente seduto a consumare la cena quando Mio gli annunciò che c’era un visitatore che desiderava conferire con lui.
“Consigliere Shu Yen – si alzò in piedi per ricevere l’inaspettato ospite – a cosa devo l’onore di questa visita?”
L’anziano consigliere era il fratello minore di Tsao Yen e dunque il prozio di Sun: aveva una considerevole età, sicuramente oltre i settanta, ma li portava discretamente bene. Forse lottare quotidianamente con il consiglio aiutava a restare in forma. A Shao quell’uomo piaceva, sebbene l’avesse incontrato solo poche volte e parlato faccia a faccia con lui ancora più raramente: forse era la persona a cui era meno dispiaciuta la dipartita del nipote.
“Perdonate il disturbo, principe – si fece avanti il vecchio – ma attendevo con ansia il vostro arrivo a corte. Mi urge parlarvi di una questione molto importante che potrebbe compromettere i buoni risultati che si sono raggiunti con la ferrovia.”
“Sedetevi, vi prego – annuì cortesemente Shao, accostandosi all’uomo e aiutandolo a raggiungere il tavolo – avete tutta la mia attenzione.”
Gli offrì una tazza di vino speziato ed attese.
“Mi duole arrecarvi disturbo ora che siete appena tornato da Drachma, principe, ma vi ritengo la persona più adatta per ricevere consiglio. Prima di presentare la questione all’imperatore vorrei conoscere il vostro parere in merito, considerato che diverse volte in questi anni siete stato di persona nella provincia del mio clan e dunque avete una visione complessiva più profonda.”
“Andate avanti.”
“Mia nipote Sun mi ha inviato parecchie lettere negli ultimi mesi in cui mi rende noto di strani eventi che sono capitate in zone limitrofe alla ferrovia. Per ora casi isolati come alcune aggressioni a qualche carro di mercanti diretto verso i nuovi centri… ma negli ultimi tempi pare si siano intensificate.”
Tirò fuori da una tasca dei vestiti diversi fogli di pergamena arrotolati e li porse a Shao che fu rapido a riconoscere la scrittura elegante della sua amante. Si prese tutto il tempo necessario per leggere quei resoconti, affidandosi completamente alle grandi doti di osservatrice di Sun.
“Non paiono per niente opera dei briganti che abbiamo sconfitto due anni fa – disse infine – quelle erano bande del deserto, beduini… qui c’è un’impronta di un’organizzazione molto più elevata.”
“E’ quello che ho pensato anche io: non colpiscono a caso, se avete notato.”
“Già… carichi di metallo destinati ai laboratori dei costruttori di automail. Le implicazioni sono diverse.”
“Non facciamo certo una buona figura con coloro che sono venuti da Amestris per renderci edotti in questa nuova arte.”
“Indiscutibilmente – Shao ripiegò le pergamene e le ripassò al vecchio – quelle officine devono aver la possibilità di lavorare. I meccanici di automail sono ancora pochi e confinati nella vostra provincia, com’è naturale. Piano piano sarà possibile per loro diffondere l’arte nel resto di Xing, ma devono avere delle basi sicure, un nucleo di popolazione che ormai sia completamente a loro favore.”
“E quando le cose vanno male il popolo inizia a credere che le divinità non siano felici del cambiamento – sospirò Shu Yen, arrivando alle medesime conclusioni – quei volenterosi forestieri verrebbero additati come portatori di sfortuna e dunque discriminati o peggio. No, non possiamo permetterlo.”
“Qualcuno non è chiaramente favorevole a questa improvvisa apertura ad Amestris – sentenziò Shao alzandosi in piedi ed iniziando a camminare avanti ed indietro per la stanza – potrebbe voler mettere in difficoltà la politica dell’imperatore e contemporaneamente anche il clan Yen. Pensiamoci, non è da escludere: del resto i primi benefici sono per la vostra provincia.”
“Benefici guadagnati onestamente – si irrigidì l’uomo – abbiamo appoggiato l’imperatore senza riserve, lo sapete pure voi. Abbiamo speso le nostre risorse per ripulire quelle terre dai briganti e ricostruire il tratto di ferrovia, garantendo poi un degno benvenuto agli Amestriani.”
“Già, ed il clan Yen è improvvisamente diventato parecchio importante agli occhi dell’imperatore, mentre prima non aveva un simile privilegio, inutile negarlo.”
“Insomma è sempre la solita storia – sospirò il vecchio – la guerra tra i clan continuerà ad esserci.”
“Però questo ci dà un interessante vantaggio – ammise Shao – abbiamo dei sospettati da cui iniziare, no?”
“Capite però che non è bene che ne parli davanti all’imperatore.”
“No, assolutamente – Shao si bloccò e lo squadrò con sorpresa – sarebbe come sbandierare al nemico che abbiamo deciso di fare qualcosa, mossa sbagliatissima. Già questa vostra venuta nelle mie stanze potrebbe non essere passata inosservata, ma non ci possiamo fare niente.”
“Ammetto che sono preoccupato, principe – confidò Shu chinando il capo – mio fratello ormai è molto anziano e non può gestire una simile emergenza. E Sun è così sveglia ed intelligente, ma non mi piace che affronti tutto da sola… a seconda di chi è il nemico che abbiamo davanti potrebbe essere molto pericoloso per lei.”
Shao non poté che annuire: nemmeno a lui piaceva che Sun affrontasse da sola quel nuovo caso. Una vocina lo avvisava che se c’erano in mezzo delle questioni di clan era meglio che ci fosse pure lui: purtroppo Sun era cresciuta lontano dagli intrighi di corte, mentre un’educazione di questo tipo era stata data al cugino, e dunque poteva avere delle difficoltà di gestione.
“Accennerò all’imperatore della questione in maniera del tutto privata – disse infine – e decideremo sul da farsi. Chiederò io stesso di andare a vedere di persona e state certo che darò una mano a vostra nipote.”
“Sapevo di poter contare su di voi, principe – annuì Shu, alzandosi in piedi con fatica – siete una persona irreprensibile… ancora sono desolato per quanto è successo con mio nipote.”
“Acqua passata, consigliere. Adesso lasciate fare a me: cercherò di risolvere la questione.”
 
La sala della mappa era una stanza occupata per la maggior parte da un grande tavolo dove era stesa una grandissima pergamena con rappresentato il paese di Xing. Risaliva al secolo prima ed era stata voluta dall’imperatore stesso e nel bordo superiore vi stava un ideogramma in antico xinghese ad indicare l’unità dell’impero che prevaleva sulla singolarità di ogni clan.
Ling Yao osservava quella mappa con attenzione mentre Shao gli raccontava del colloquio avuto con il consigliere Shu Yen. Il principe era stato prudente in ogni sua mossa. In genere lui e l’imperatore avevano l’abitudine di passeggiare per il palazzo mentre veniva fatto il resoconto dell’ambasciata a Drachma. Man mano che parlavano, tuttavia, Shao aveva lentamente indirizzato il suo signore verso quella sala che sapeva essere molto tranquilla e soprattutto con poche possibilità di origliare. Sicuramente Ling aveva intuito che c’era un qualcosa di cui andava discusso con la massima segretezza e così aveva retto il suo gioco.
Addirittura Shao aveva usato la sua percezione del chi per assicurarsi che nelle immediate vicinanze non ci fossero che Mio, Sin e Lan Fan.
“Non mi piace…” disse infine Ling con aria cupa.
“Bisogna bloccare tutto quanto prima che diventi di pubblico dominio e soprattutto prima che il fenomeno sia troppo esteso – ne convenne Shao – convieni con me che non si tratta di semplici banditi, mio signore.”
“E’ sicuro – annuì l’altro, sbuffando e sollevando così una delle ribelli ciocche di capelli neri che gli cadevano sulla fronte – e ci sono almeno una dozzina di clan che potrebbero esser dietro questi banditi. Te la senti di andare?”
“Come ti ho già detto, mio signore, ho confidenza con quel territorio e sono sicuro che io ed il clan Yen potremmo collaborare con risultati più che prolifici.”
“Adesso se non sbaglio è la nipote del capoclan a tenere in mano la situazione.”
“Sì, il vecchio Tsao è ormai anziano e anche parecchio acciaccato dall’età: la giovane Sun è molto capace e sa governare la provincia, ma in questo caso è necessario l’aiuto esterno dell’imperatore.”
“Certamente… fai in modo di risolverla al più presto, fratello: i rapporti con Amestris mi sono molto cari e mi ritengo direttamente responsabile per l’incolumità di quelle persone che sono venute qui.”
“Partirò domani stesso, il tempo di organizzare il viaggio.”
Ling annuì e poi si mordicchiò il labbro inferiore con un pizzico di rammarico.
“May Chang ne sarà delusa – commentò – era molto felice del tuo ritorno a corte.”
“Cenerò con lei questa sera – abbassò lo sguardo Shao – dispiace anche a me, ma non ho molta scelta.”
“Molto bene, allora attenderò poi tue notizie: massima discrezione, mi raccomando.”
“Messaggi cifrati come sempre.”
Shao si chinò leggermente poi iniziò ad avviarsi verso la porta, ma la voce di Ling lo fermò.
“Vorrei evitare un intervento militare vero e proprio.”
“Non te lo posso promettere, mio signore – disse il principe con onestà, fissando una delle piume del suo ventaglio – se davvero è coinvolto qualche clan l’eventualità di avere a che fare con le loro truppe non è poi così remota.”
“Nel caso scenderò io stesso a comandare le truppe imperiali.”
Shao stava per ribattere, ma poi annuì. Ling Yao aveva circa diciannove anni e per quanto fosse un abile combattente ancora non aveva dimostrato il suo valore come condottiero, una lacuna che andava colmata. Shao avrebbe potuto prendere il comando delle truppe senza nessun problema, ma si rendeva conto che, per consolidare il suo potere, il giovane Yao doveva dimostrare anche questo al suo popolo.
E sarà anche una dimostrazione di quanto userà il pugno di ferro contro chi intende ostacolarlo.
“Nell’eventualità di uno scontro tra truppe la mia esperienza sarà al tuo servizio, mio signore.” si limitò a dire con un nuovo, lieve, inchino.
“Molto bene, puoi andare.”
 
“Una trasmutazione al contrario, eh? – Shao osservò affascinato i fogli che il giovane Alphonse Elric aveva messo sul tavolo – Dividere ciò che è stato unito e far tornare le chimere allo stato originario.”
Oh se era affascinante, ma era un qualcosa di così diverso dall’alkaestry che Shao faticava ad entrarci dentro: ma la dedizione con cui Alphonse si dedicava al problema era encomiabile e la sua intelligenza fuori dal comune.
“Del resto sono presenti tutti gli elementi che sono stati usati per creare le chimere – ribadì proprio questi con voce sicura – bisogna solo trovare una formula inversa.”
Shao si picchiettò il naso con l’indice e poi disse.
“… la domanda che mi sorge spontanea, da completo profano della tua forma di alchimia, è la seguente: sono vive entrambe le componenti che hanno  usato per le chimere? Per esempio: l’anfibio che hanno usato per il tuo amico Jerso è ancora vivo? Oppure solo la parte umana lo è? Te lo chiedo perché potrebbe avere un peso fondamentale se vuoi scindere quel che è stato unito… nel caso non avresti più i due elementi originari, ma uno di essi avrebbe alterato il suo stato essendo ormai defunto.”
Alphonse annuì con serietà, prendendo immediatamente appunti sull’osservazione che gli era stata fatta.
Certamente il compito che si proponeva era difficilissimo, se non impossibile, ma Shao gli augurava con tutto se stesso di riuscirci. In quella cena con lui e May aveva capito di avere davanti uno studioso di grande talento e le storie che gli aveva raccontato avevano davvero dell’incredibile.
Osservando di sottecchi notò che anche May stava guardando il biondo con aria entusiasta. Era raggiante quella sera, chiaramente felice che lui ed Alphonse si fossero piaciuti a vicenda.
Oh, May, tu ne sei chiaramente innamorata, eh?
Era palese, adesso che li vedeva assieme ne aveva conferma. E lui, nonostante fosse preso dai suoi studi, sembrava osservare la ragazza come se la vedesse per la prima volta. Cosa più che ovvia: Alphonse Elric non aveva visto May per diversi anni… e al posto della ragazzina si era ritrovato la donna.
Apriti cielo…
 
“E così domani partirai – May fece un leggero broncio quando, un’ora dopo, erano seduti da soli al tavolo: Alphonse aveva preso congedo ed era andato nelle sue stanze e così i due fratellastri avevano avuto occasione di stare sola – speravo stessi più tempo a corte.”
“Una situazione inaspettata che richiede la mia attenzione – ammise Shao – non ti dovrebbe sorprendere. Ti racconterò di Drachma un’altra volta, promesso.”
May annuì e giocherellò distrattamente con il ciondolo ambrato che portava al collo.
“Nostro fratello lo sa?” chiese Shao all’improvviso.
“Presumo di sì – annuì lei – ma forse non si è accorto che sono cresciuta come invece hai fatto tu.”
“Sei una principessa di Xing – il principe osservò pensieroso una tazza di the ormai freddo – secondo tradizione dovresti sposare il figlio di qualche capoclan.”
“Alphonse è un eroe nel suo paese, anche se ha scelto una vita normale – disse la giovane scuotendo il capo con ostinazione – Amestris non ci sarebbe più senza il suo sacrificio…”
“Tuo nonno lo sa? La tua famiglia… May, da quanto tempo non torni a casa?”
“Forse un anno buono – ammise la fanciulla – qui a corte…”
“Qui a corte speri che Ling ti custodisca da un matrimonio che non vuoi affrontare, vero?” Shao si massaggiò la tempia destra con stanchezza. Era chiaro, fin troppo: essendo May Chang particolarmente cara all’imperatore, le possibilità di contrarre un ottimo matrimonio erano parecchie… e per il clan Chang, da sempre uno dei più poveri e meno influenti, era un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
“Ammetto che prima di partire ad Amestris non mi sarei mai sognata di oppormi ad una decisione simile – sospirò lei dopo qualche minuto di silenzio – avrei fatto di tutto per il mio clan, come è mio dovere. Ma ora il clan Chang ha avuto grandi benefici: Ling ha mantenuto la sua promessa e si è preso cura di tutti quanti. La nostra economia ha avuto dei grandi aiuti, abbiamo più influenza decisionale a corte… in tutte queste generazioni quale membro della famiglia Chang ha ottenuto così tanti risultati?
“Ehi, dai, non mi pare il caso di piangere – Shao si alzò e le andò accanto – il tuo discorso è giustissimo: sei riuscita a fare per il tuo popolo quello che nessun altro è riuscito a fare. Ne puoi essere fiera.”
“Il clan Chang può benissimo… – lei ingoiò il groppo alla gola con fatica mentre il piccolo panda cercava di asciugare le lacrime della padroncina – può… può fare a meno di un mio matrimonio con un figlio di un altro capoclan.”
“May, ascoltami, quello che vuoi è… socialmente impossibile. Quale sarebbe la reazione di tuo nonno se venisse a sapere le tue intenzioni?”
“Furente… ma io… io troverò una scappatoia! Ho combattuto contro ben altro! Shao, tu mi darai una mano, vero? Con il tuo appoggio forse…” nella foga si aggrappò al fratellastro, nascondendo il viso sul suo petto.
“May, no – la abbracciò con imbarazzo lui – non fare così, suvvia. Senti, per quanto riguarda il matrimonio combinato con chiunque sia, farò in modo di evitarlo, promesso. Hai ragione, hai fatto davvero tanto per il tuo clan, non c’è bisogno di questo tuo sacrificio. E sono sicuro che anche Ling sarà d’accordo.”
“E per… per Alphonse?” la fanciulla lo fissò con gli occhi scuri lucidi per le lacrime.
Ecco… lui invece è un bel problema; anche se è un eroe nel suo paese ed è chiaramente amico dell’imperatore, questo non significa che sia automaticamente degno della tua mano per le tradizioni di Xing. E per ora le relazioni tra i nostri due paesi sono così flebili che per la maggior parte dei nobili non approverebbe mai e poi mai.
“E’ un discorso diverso, May – sospirò – per quello non ti posso garantire nulla, sarò sincero. Forse con gli anni, ma non adesso… non in un simile frangente.”
“Lui non è nobile, lo so… ma io sono così innamorata.”
“E’ che… se fosse di Xing sarei il primo ad oppormi ad un simile matrimonio – ammise Shao – ma è di Amestris e sotto un certo punto di vista questo rende ancora le cose più difficili considerato che stiamo parlando di un paese con una società completamente diversa.”
“Rinuncio al mio status di principessa! – scosse il capo lei con ostinazione – E’ un sogno che cullo da troppo tempo per potervi rinunciare!”
“May, non puoi rinunciare a quello che è tuo di nascita. Sei figlia dell’imperatore di Xing, questo non lo cambierà mai nessuno, nemmeno tu. Senti, i tempi sono precoci per discorsi simili, la cosa migliore è che ora tu resti qui a corte e stia tranquilla.”
Lei lo osservò con aria decisamente delusa: sicuramente si era aspettata un appoggio più concreto, ma Shao non poteva darle altro.
“Ne riparleremo al mio ritorno.” promise.
 
A conti fatti, quando una decina di giorni dopo arrivò al capoluogo della provincia Yen, Shao si sentiva decisamente sollevato: preferiva affrontare una problematica come quella piuttosto che la questione del matrimonio di May Chang. Per quanto Alphonse Elric gli piacesse seriamente, non poteva fare a meno di pensare a quella differenza di status sociale e a tutte le difficoltà a cui sarebbe inevitabilmente andata incontro May. Il giovane era un eroe nel suo paese, godeva di buoni rapporti con il generale Mustang, era un caro amico dell’imperatore… ma non era un nobile xinghese.
Matrimonio misto di una principessa di Xing? No, imploderebbe il paese! Si fosse trattato di un nobile di Drachma le cose sarebbero state decisamente più semplici!
L’unica cosa che ora si potesse fare era attendere e vedere come si evolveva la situazione: May in fondo aveva diciassette anni e dunque poteva aspettare ancora un poco prima del matrimonio.
Ed in ogni caso un primo passo era risolvere la questione nel territorio della provincia Yen.
 
Venne accolto da Tsao Yen che gli parve più invecchiato che mai, ormai prossimo alla morte.
Gli vennero assegnate le solite stanze e gli venne detto che Sun doveva ancora tornare da un sopralluogo nel sito dell’ultima aggressione. L’arrivo della donna era previsto per quella sera, ma a Shao quelle ore parvero lunghissime: le passò nella sue stanza adducendo la scusa che era stanco, ma in realtà non aveva voglia di vedere nessuno al di fuori di lei.
Era passato più di un anno dall’ultima volta che erano stati assieme: in realtà avrebbe voluto prenderla e portarla a Shan-je e lì stare in pace con lei, senza che nessuno venisse a disturbarli con problemi esterni. Perché Shao adorava il suo compito di ambasciatore a Drachma e non si tirava indietro davanti a certe missioni, tutt’altro, ma avrebbe preferito di gran lunga uno stacco tra le varie cose.
Rimase così tanto a rimuginare su queste cose che si addormentò profondamente.
Per essere svegliato da un delicato bacio sulle labbra.
“Bentornato, principe…” sorrise Sun, ancora in tenuta da equitazione.
Shao si mise a sedere sul letto e la cinse a sé, respirando il buon profumo di muschio che non la abbandonava mai. Cercò di nuovo le sue labbra morbide e tutto quello che desiderò fu che quella stanza si isolasse dal resto del mondo per le prossime ore.
“Stai bene?” le chiese.
“In splendida forma, come te.”
“Con una barba di diversi giorni? – sorrise amaramente lui, passandosi una mano sulla guancia ispida – Ammetto di preferire la mia versione perfettina.”
“Versione perfettina o meno, non hai idea di quanto sia felice che tu sia qui.”
“Sarei voluto venire per un’occasione più tranquilla.”
“Non importa – lei lo baciò di nuovo – proprio no.”
E Shao non poté che darle ragione.

 



Nda.
Ammetto che all'inizio non avevo nessuna intenzione di rendere così profondo il rapporto di Shao con uno dei personaggi di FMA.
Le relazioni con Ling sono di grande stima e di discreta amicizia, ma non troppo strette.
Invece stasera mi sono ritrovata a scrivere questo capitolo ed è uscito tutto così spontaneo che ho deciso di non cambiare niente; mi piace pensare che si sia trattato di un caso di simpatia ed alchimia reciproca e che May, comunque un po' isolata dal resto dei fratellastri dato le origini del suo clan, si sia subito trovata bene con Shao.


 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. Lettere ***


Capitolo 12.
Lettere



“Se tu desideri la grande quiete, preparati a sudare bianche perle.”
Proverbio cinese
 
 
Xing, 1918.
 
La maggior parte delle volte che aveva visitato la provincia Yen, Shao si era dovuto arrendere a precise regole di discrezione nel suo rapporto con Sun: forti della fedeltà delle rispettive guardie, non avevano mai avuto problemi a passare le notti assieme, tuttavia durante il giorno erano sempre stati attenti a controllare il minimo sguardo o gesto, in modo da non insospettire nessuno.
Di conseguenza quando, il giorno successivo al suo arrivo, il principe si fece condurre verso il luogo dell’ultima aggressione, si ritrovò a pensare che poter cavalcare con la sua amata accanto era una sensazione meravigliosa che gli era mancata tantissimo. Lei era sempre splendida e fiera in groppa alla sua briosa puledra bianca: continuava ad emanare quel senso di libertà e orgoglio che poche altre donne avevano, e lo faceva con una grazia tale da restare una visione indimenticabile.
“Ho seriamente pensato di mettere delle guardie lungo la strada percorsa dai vari mercanti – stava dicendo la giovane in quel momento – tuttavia è veramente troppo lunga e le aggressioni sono avvenute in punti completamente diversi: non c’è un riferimento a cui aggrapparsi.”
“Se stai mettendo in dubbio le tue capacità, sappi che per come stanno le cose hai fatto tutto il possibile – commentò Shao, notando il cruccio che era apparso nel bel viso – ora come ora non ci sono indizi certi e qualsiasi altro governante avrebbe fatto quello che hai fatto tu: chiedere sostegno all’imperatore.”
“Quelle persone sono morte nel territorio del mio clan – scosse il capo lei – erano sotto la mia protezione. E so bene quanto l’imperatore tenga a questo progetto: non voglio venirgli meno.”
“E difatti non gli stai venendo meno – Shao si leccò le labbra con aria dubbiosa nel vedere come quella strada fosse effettivamente isolata, e poi cambiò argomento – Tuo nonno è stato molto silenzioso in merito: ieri a cena non ha detto molto sulla questione.”
“Queste aggressioni l’hanno turbato molto: anche se non l’ha detto in tua presenza, ti confesso che ha iniziato a pensare che forse non è stata una buona idea avvallare il progetto della ferrovia. Dice che sta diventando solo fonte di guai, ma credo che sia anche la stanchezza a parlare per lui.. è vecchio ormai: voleva trascorrere gli ultimi tempi in pace e così mi ha affidato il governo della provincia, però come ha sentito di questi omicidi lui…”
“Non credo che abbia dei dubbi su di te: è normale che si sia sentito in dovere di… controllare di persona che tu te la sapessi cavare. Una decina di omicidi in pochi mesi non sono cosa da poco, Sun, e sono sicuro che hai intuito che le implicazioni sono più profonde di quanto sembrino.”
Erano intanto arrivati al preciso luogo, ma c’era ben poco da vedere: la via commerciale era una semplice strada sterrata in mezzo alla campagna. Ovviamente i corpi dei mercanti uccisi erano stati portati via, così come i resti del loro carro: l’unica cosa che distingueva quel particolare tratto di strada era un notevole assortimento di orme di umani ed animali che si erano succeduti frenetici nell’ultima giornata.
“Chi erano?” chiese Shao, scendendo da cavallo ed iniziando a sventolarsi col ventaglio.
“Mercanti provenienti dall’interno – rispose Sun raggiungendolo – dalla provincia Cho che confina direttamente con noi: hanno diverse miniere ed i loro prodotti sono buoni. Hanno preso tutto quanto il carico quei dannati.”
“Avete provato a seguire le tracce?”
“Sì, ma è stato inutile: dopo poco si perdono, sono furbi… sicuramente si dividono il maltolto e prendono direzioni diverse per poi ricongiungersi. Così non lasciano tracce troppo profonde e confondono eventuali inseguitori.”
“Abbiamo a che fare con dei professionisti, eh? – Shao scese di cavallo e affidò le redini a Sun; quindi andò proprio in mezzo a quella moltitudine di orme, come se volesse stare al centro della scena del delitto per trovarvi chissà quale indizio – Per ora si tratta solo di abitanti di Xing, vero?”
“Sì – la ragazza rimase a cavallo e giocherellò con le redini che le erano state affidate – i meccanici di automail provenienti da Amestris vivono e hanno le loro botteghe in centri abitati, dunque sono presenti dei corpi di guardia: personalmente non hanno subito nessuna aggressione.”
“Perché chi ha fatto tutto questo aspetta che sia il popolo a rivoltarsi contro di loro – Shao prese il ventaglio ma nemmeno lo aprì, limitandosi a batterselo pensosamente contro la gamba – la paura dell’estraneo è molto forte tra la gente comune: già i tratti somatici differenti sono una novità destabilizzante, ma tutti questi omicidi...”
“E se mi trovassi a dover prendere le difese degli Amestriani contro il mio stesso popolo sarebbe motivo di sommosse – Sun, sospirò con rabbia, mentre una ciocca di capelli sfuggiva dalla sua pettinatura – la gente ancora non nutre per me la stessa fiducia che ha nei confronti di mio nonno.”
“Chiunque ci sia dietro si è fatto dei calcoli ben precisi.”
“Shao – la giovane accostò il proprio cavallo al principe e tese la mano per afferrare quella dell’amante: la stretta era urgente e preoccupata – non abbiamo molto tempo, me lo sento. Ho bisogno disperatamente del tuo aiuto.”
Shao rimase sorpreso nel sentire quel tono così impaurito: in tutti quegli anni Sun non aveva mai fatto affiorare così esplicitamente una simile emozione. Per loro tutto era sempre stato un furbo gioco d’amore e di discrezione, sicuri del fatto che la sorte avrebbe sempre sorriso alla loro relazione.
Ma ora è diverso…
“Non ti lascerò mai nei guai – mormorò, ricambiando quella stretta e fissandola negli occhi – Sun Yen, stai certa che risolveremo anche questa. Sono qui con te, fidati.”
E quella stretta di mano se da una parte lo esaltava, dall’altra lo spaventava.
Che cosa ci sta succedendo?
 
Shao aveva spesso sentito parlare degli automail e sapeva che la guardia del corpo dell’imperatore ne aveva uno impiantato nel braccio sinistro. Tuttavia non aveva mai avuto occasione di vederne uno dal vivo, tantomeno mentre era ancora in fase di lavorazione.
Il meccanico si chiamava Tobias ed era venuto dalla Rush Valley, un luogo che si trovava quasi al centro di Amestris: aveva circa cinquant’anni, tanto che il principe non poté far a meno di riconoscere ed apprezzare la tempra e la tenacia dell’aver deciso di trasferirsi in un età così avanzata. Assieme a lui lavorava Eloise, sua figlia, una donna di circa trent’anni dagli stessi modi decisi del genitore. Del resto anche fisicamente si somigliavano: occhi castani, capelli del medesimo colore, viso squadrato e naso deciso che combaciavano perfettamente con il carattere dei due Millian, così facevano di cognome.
“Certo non abbiamo ancora molte possibilità: dovremmo ampliare il laboratorio – ammise Tobias, continuando a lavorare ad una protesi di gamba – impiantare un automail non è comunque un’operazione facile e c’è un processo di riabilitazione da seguire.”
La sua voce era roca e decisa, con un forte accento delle sue parti: l’orecchio attento di Shao fu rapido ad abituarsi a quella cadenza, ma sapeva bene che per gli altri abitanti di Xing le parole apparivano scandite in maniera molto difficile da capire. L’aria concentrata che aveva Sun, nell’atto di cogliere bene la frase che era stata detta, la diceva lunga.
“Riabilitazione?” Shao era sinceramente incuriosito.
“Sì, signore – intervenne Eloise, sistemandosi meglio la manica del suo vestito xingese – non è come mettere una normale protesi: qui ci sono dei cavi che si connettono con il sistema nervoso del corpo. E’ un’operazione molto dolorosa e il corpo si deve abituare piano piano…”
“Dubito che nei primi tempi troverete uomini coraggiosi per sottoporsi ad una cosa simile – commentò il principe – è un tipo di… medicina totalmente diversa dalla nostra che…”
“Non è medicina, ma meccanica – corresse Eloise – comunque siamo consapevoli delle difficoltà: per ora ci limitiamo a delle normali protesi. Anche quelle migliorano la vita delle persone, no?”
Shao annuì, ben sapendo quanta gente, specie ex soldati, fossero costretti ad una vita difficile dopo aver perso qualche arto in guerra. Già poter fare a meno di una gruccia poteva voler dire tanto.
Quale follia voler ostacolare una simile innovazione… non capiscono quanti benefici ne trarrebbe la gente comune?
“Vi trovate bene in questo villaggio?” chiese Sun, facendosi avanti e facendo attenzione a scandire bene le parole.
“Non si deve preoccupare, signora – sorrise la donna – non ci siamo di certo aspettati degli inizi facili: siamo felici di poter fare quel poco che la gente per ora ci concede. Speriamo di spianare la strada ad altri meccanici che verranno in seguito.”
“Quindi adesso i quantitativi di metallo che vi servono…” iniziò Shao.
“Sono relativamente pochi, non c’è problema – annuì Tobias, prendendo in mano il suo lavoro ed osservandolo con aria critica alla ricerca di qualcosa da correggere – abbiamo sentito di quanto sta succedendo.”
Il principe stava per ribattere, ma poi la sua attenzione fu attirata da un automail che giaceva su una mensola poco distante. Si avvicinò ad esso, osservando con curiosità i fili che uscivano dall’estremità in attesa di essere collegati al corpo del proprietario. Era un bellissimo lavoro: le dita, la mano… tutto seguiva alla perfezione l’anatomia del corpo umano, tanto che Shao non ebbe dubbi che le giunture fossero in grado di fare tutti i movimenti che si voleva.
“Oh, quello è un modello base – spiegò Eloise, avvicinandosi – l’ho fatto io. Ovviamente ci si possono aggiungere un sacco di cose, basta chiedere. Per esempio in questa parte del braccio può essere benissimo inserita una lama… gli automail da combattimento sono una vera specialità della Rush Valley.”
“Automail da combattimento, eh?” Shao sorrise con furbizia ed iniziò a sventolarsi con il ventaglio di piume.
“Certo, signore: ad Amestris abbiamo portato molto avanti quest’arte. Ogni automail può avere diverse aggiunte e con tanta guerra che c’è stata… beh, capirà pure lei…”
“Certamente. Bene, grazie mille per la conversazione: è stata molto illuminante!”
 
Quella notte Shao si sorprese a pensare alla prima volta che lui e Sun si erano amati: allora lei era appena diciottenne e nonostante tutta la passione c’era stata anche tanta inesperienza e timidezza. Adesso, fissando la compagna che stava pigramente con la testa posata sul suo petto, si accorse di quanto fosse cresciuta anche sotto quel punto di vista. Avevano fatto l’amore con calma e lentezza, assaporando ogni bacio, ogni movimento, ogni sussurro… e lei era stata così incredibilmente sensuale.
Già da tempo aveva capito di essere indissolubilmente legato a quella donna, ma quanto stava succedendo a sua sorella May lo portò a riflettere sulla loro situazione in maniera più profonda. Per quanto lui fosse un principe di Xing, uno tra i più importanti, e Sun fosse una nobile di buona famiglia, il matrimonio non era così scontato. Purtroppo il clan Yen non aveva altri eredi oltre lei e dunque c’era la necessità di portare avanti il nome di famiglia. In una situazione normale non ci sarebbero stati problemi: Sun avrebbe sposato il secondogenito di qualche altro capoclan, o un altro componente della nobiltà xingese che non fosse erede diretto del nome del proprio clan, e avrebbe tenuto per sé ed i suoi eredi il nome Yen.
La problematica si presentava dal momento che pure Shao era l’unico erede del clan Ming e di conseguenza ci si aspettava che la sua discendenza avesse il suo nome e non quello della madre. Ed inoltre Sun aveva il dovere di amministrare la sua provincia e non poteva certo permettersi i numerosi spostamenti dell’amante che, a conti fatti, aveva sempre costituito un’eccezione nel sistema imperiale.
No, non possiamo restare imprigionati pure noi… c’è sicuramente un modo e…
“Sai – disse Sun, interrompendo i suoi pensieri – mi sono resa conto che, quando parlavi con quella donna di Amestris, hai avuto un grande cambiamento. Come se finalmente avessi capito qualcosa.”
“Intuizione – rispose lui, non potendo fare a meno di reprimere un sorrisino – diciamo che ho aggiunto un piccolo tassello al nostro rompicapo.”
“Non intendi dirmelo, vero?” la donna sorrise e sollevò la testa per baciarlo.
“Mai esporre le proprie teorie prima di avere la certezza, mia cara – la canzonò – ma ammetto che parlare con Eloise Millian mi ha fatto riflettere su alcuni dettagli che prima non avevo minimamente considerato. E che mi fanno tornare ai cari, vecchi, tradizionali, sistemi di Xing.”
“Mh, pare interessante come spunto… spero che ne potremmo trarre giovamento per la nostra missione.”
Shao non rispose, preferendo tornare a concentrarsi su di lei, così bella con i capelli sciolti sulle spalle: non voleva sprecare la notte parlando dei loro avversari.
“Pensavo… – disse dopo qualche minuto, seguendo con l’indice la linea della mascella di lei – ormai sono più di due anni che ci conosciamo e siamo amanti. Tu ormai sei una donna a tutti gli effetti, una governante fantastica per la tua provincia…”
“Tutti questi complimenti, mio principe… – sorrise Sun, sorpresa da quel nuovo argomento – ora dirai che ti sei stancato di me? Ho sentito dire che spesso gli uomini fanno così.”
“No, al contrario – non poté fare a meno di baciarla – pensavo che forse è il caso di pensare un poco anche alla nostra situazione, Sun del clan Yen.”
“Pensiamoci pure…” il sorriso di lei era incantevole alla luce delle lampade.
“Ecco ­– intrecciò le dita con le sue e rispose a quel sorriso – dato che le cose vanno bene tra di noi si potrebbe iniziare a riflettere su un qualcosa di più ufficiale.”
“E’ una proposta, altezza reale?”
“Può darsi… diciamo che, se riuscissi a risolvere brillantemente la problematica delle aggressioni, potrei chiedere come ricompensa all’imperatore il matrimonio con te.”
“E come la mettiamo con il mio clan? Ho il nome dei Yen da dover portare avanti.”
“Non hai altri parenti lontani?”
“No – sospirò con malinconia la fanciulla – eravamo io e mio cugino gli unici componenti della nuova generazione. In un certo modo sei stato tu a mettermi nei pasticci, Shao Ming: sarei liberissima da qualsiasi impegno se mio cugino fosse ancora vivo.”
Shao stava per rispondere, ma qualcuno bussò discretamente alla porta.
“Mia signora, conviene che tornate nelle vostre stanze – la voce di una delle ancelle esprimeva notevole urgenza – Vostra zia si è alzata.”
“Dannazione – sibilò Sun, alzandosi di scatto e recuperando in fretta la sua veste da camera – inizia a sospettare qualcosa, me lo sento.”
“Credi ci abbia visti in tutti questi anni?”
“No, credo piuttosto che non sia per niente felice della cordialità che c’è tra noi – spiegò, vestendosi più in fretta che poteva – e la sua mente è andata più avanti del previsto. Il problema è che ci ha preso! A più tardi, mio principe!”
“A più tardi!”
Shao non poté altro che osservarla correre verso la porta e chiuderla delicatamente dietro di sé. Sicuramente avrebbe raggiunto le proprie stanze in tempo: tutto era sempre calcolati alla perfezione in un gioco dove anche le sue ancelle erano veramente esperte.
Con un sospiro si riadagiò sui cuscini e lasciò la sua mente a vagare.
Torniamo a noi… chi sarebbe interessato ai metalli per la fabbricazione di armi?

****

 
Lettera inviata all’imperatore Ling Yao nel secondo anno del suo regno da parte del suo ambasciatore principe Shao Ming.
 
Saluti cordiali all’imperatore.
 
Mio regale fratello,
con questa lettera ti aggiorno sullo svolgimento delle indagini a proposito delle aggressioni avvenute nella strada commerciale della provincia Yen. Sono passate quasi quattro settimane dal mio arrivo e, purtroppo, ci sono state altre due aggressioni.
Da una parte è un miglioramento dato che prima del mio arrivo, nel medesimo arco di tempo, le aggressioni erano state ben quattro, ma sia io che la signora Sun Yen ci sentiamo responsabili per quelle persone brutalmente uccise.
Tuttavia le indagini proseguono e sono arrivato a tracciare un quadro abbastanza chiaro della situazione.
Il primo fatto che è saltato all’occhio, esaminando i rapporti delle varie aggressioni, è che esse avvengono nel tratto della strada commerciale maggiormente vicino alla provincia Cho: in nessun caso si sono addentrati più di trenta miglia nel territorio del clan Yen.
Le modalità sono sempre le stesso: in genere i commercianti viaggiano in gruppi di massimo cinque persone. Vengono attaccati, uccisi e poi il bottino viene diviso tra i vari componenti della banda che fuggono in direzioni diverse per mettere in difficoltà eventuali inseguitori.
Ancora prima di partire per la provincia avevamo ipotizzato che più che di briganti comuni si trattasse di gruppi organizzati agli ordini di qualche clan ostile alla tua politica pro Amestris. Sono ancora del parere che siamo sulla pista giusta: c’è organizzazione, precisione, coordinamento… si tratta di vere e proprie azioni di guerriglia, non c’è che dire.  
Tuttavia recenti riflessioni mi hanno portato a pensare che le loro intenzioni vadano oltre. A essere aggrediti sono sempre i trasporti di ferro e di carbone, elementi necessari per creare la lega che poi viene usata per gli automail. Parlando con una delle meccaniche arrivate da Amestris sono venuto a conoscenza di come in questi arti artificiali possano essere impiantate anche delle armi.
Di conseguenza è logico pensare che, oltre ad impedire a questi meccanici di svolgere il loro lavoro, chi si è impossessato di tutti quei metalli li stia utilizzando per la costruzione di armi. Sappiamo bene come ogni clan abbia il dovere di rendere edotto l’imperatore dei propri armamenti e di come tu abbia serrato questo tipo di controlli. Trattandosi di furti, tuttavia, è chiaro che le armi vengano prodotte in clandestinità.
Questo mi fa supporre che la problematica sia più grande di quanto pensassimo.
Per ora sono solo congetture, non ho ancora trovato delle prove certe, ma sono sicuro di non sbagliarmi: a ben pensarci se si voleva semplicemente mettere in cattiva luce la gente di Amestris sarebbe bastato uccidere quei mercanti. Ma il fatto che gli assassini si siano presi il disturbo ed il rischio di rubare il materiale estratto dalle miniere, porta a pensare che ci siano anche altri scopi.
Abbiamo deciso, con la signora della provincia Yen, di prendere contatto con la provincia Cho: ogni carico che parte dalle loro miniere dovrà essere scortato da almeno cinque guardie. Speriamo in questo modo di scoraggiare gli aggressori o comunque di far commettere loro un passo falso.
Nel frattempo continuerò con le indagini e ti terrò informato.
 
In attesa di tuoi ordini.
 
Tuo fratello, principe Shao Ming.
 
****
 
Ling Yao, primo del suo nome al fratello principe Shao Ming.
 
Fidato fratello,
la tua lettera mi ha impensierito non poco, ma non posso che concordare con le tue ipotesi.
So bene che la mia giovane età e la mia politica innovativa hanno fatto storcere il naso a parecchi clan e non è per niente strano che diversi di essi possano aver pensato anche ad una ribellione vera e propria.
Sono certo della fedeltà tua e del clan Yen e questo mi porta a guardare con sospetto gli altri clan che si trovano tra il deserto ed il territorio della capitale. Ovviamente sarebbe troppo rischioso lanciare aperte accuse e dunque confido nella tua discrezione e nella tua capacità di indagare.
Ho fatto alcuni calcoli a partire dal momento in cui sono iniziate le aggressioni: chiunque ci sia dietro ancora non è in grado di costituire una minaccia per me, sarebbe follia.
Tuttavia non è da escludere che, mano a mano che si rafforza, il nemico riesca a coinvolgere anche altri clan che per ora vacillano in una scontenta neutralità nei miei confronti.
Qualunque cosa tu necessiti non esitare a farmelo sapere.
 
In attesa di nuove.

Tuo fratello Ling Yao

 
****
 
May Chang al principe Shao Ming.
 
Carissimo fratello,
speravo tornassi più presto qui a corte, ma dalla faccia di nostro fratello Ling intuisco che le cose sono più difficili del previsto nella provincia Yen.
Ammetto che mi manchi tanto: vorrei potermi confidare con te, l’unica persona che ritengo affidabile.
La presenza di Alphonse Elric diventa ogni giorno più meravigliosa e importante nella mia vita, ma allo stesso tempo anche più difficile.
Ogni giorno mi rendo sempre più conto che quello che avevo provato per lui, quando ero ad Amestris, non era altro che l’idea dell’amore innocente di una ragazzina. Adesso provo dei turbamenti molto differenti che in un attimo mi fanno passare dalla felicità assoluta alla desolazione più totale.
E non avere nessuno con cui potermi sfogare, qualcuno da poter cercare nel momento del bisogno, mi fa sembrare questa corte ancora più grande.
Più che mai adesso vorrei scappare con te nella bella provincia di Ming, a vedere tutti i meravigliosi posti di cui mi hai raccontato. Oppure, ancora meglio, a Drachma: vorrei vedere la bella Cittadella con i suoi immensi palazzi, la montagna dove vive il falco bianco, i palazzi dell’Autarca.
Vorrei essere in qualsiasi altro luogo in modo da cacciare via questa tremenda confusione che aleggia nel mio cuore.
Sperando che tu torni presto.
Tua sorella May
 
Shao ripiegò quella lettera e sospirò con tristezza.
Si sentiva stanco, irritato, era come se il nemico fosse a portata di mano eppure sempre qualche passo avanti a lui.
“Nostalgia di casa?” chiese Sun, entrando nelle sue stanze in veste da notte.
“Nostalgia di tranquillità – la corresse, alzandosi dallo scrittoio e sistemando con cura le lettere in una cassetta che chiuse a chiave – voglia di prendere te e di portarti via, a Drachma, a farti vedere la neve.”
“Un giorno lo farai davvero?” gli tese la mano per condurlo verso il loro letto.
“Sì, lo faro… è una promessa.”

 




per rendervi più facile la situazione geografica ho creato una cartina di Xing con segnati i vari clan fino ad ora comparsi.
https://www.facebook.com/297627547093139/photos/a.298237483698812.1073741828.297627547093139/417097838479442/?type=3&theater

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. L'arte della persuasione ***


Capitolo 13.
L'arte della persuasione



“Quando un cane inizia ad abbaiare contro qualcosa altri cento lo imitano.”
Proverbio cinese.
 


Xing, 1918.
 
Ling Yao non era per niente contento della situazione: la sua persona non faceva che emanare turbamento, irritazione, ma anche una buona dose di preoccupazione che mancava poco sfociasse in paura vera e propria. Camminava nelle sue stanze private come un animale in gabbia, continuando a tenere lo sguardo sul bel pavimento di marmo.
Shao, tornato a corte dopo due mesi d’assenza, non poteva che stare in piedi, calmo, ed osservare quel necessario sfogo fisico. Ogni tanto lanciava qualche occhiata alla guardia del corpo, Lan Fan, che imitava la sua posa nel lato opposto della stanza: anche se faceva la bella statuina si capiva che pure lei era turbata e preoccupata per la situazione in cui si trovava il suo signore.
E vorrei ben vedere – pensò Shao – affrontare quel consiglio non sarà per niente semplice.
Ling aveva diciannove anni, di cui quasi tre da imperatore: si era dimostrato un buon governante, ma aveva peccato nell’eccessiva innovazione. Shao non mancava di apprezzarlo per questa sua apertura mentale, ma da sempre aveva temuto che prima o poi avrebbe attirato su di sé le ire del consiglio dei capiclan. Fosse stato più grande, con più esperienza, i suoi oppositori non avrebbero osato esporsi in maniera così sfacciata.
Perché un Consiglio che convoca l’imperatore e non viceversa è un paradosso veramente grave.
“Avanti, che cosa devo fare? – Ling sbottò, andando verso Shao e fissandolo con rabbia – Tu hai tenuto in pugno quei maledetti durante tutta la reggenza!”
“Ero reggente, non imperatore, lo sai bene quanto siano diverse le cose – gli ricordò subito il principe – e soprattutto sai quanto il ruolo del mio clan sia sempre stato neutrale. Era chiaro che non sarei mai diventato imperatore approfittando della mia carica… persino la maggior parte del consiglio è stata abbastanza intelligente da capirlo! Tu sei in una situazione completamente differente, fratello.”
“Con quale arroganza osano convocare me?”
“Possono farlo, la legge lo consente – ammise Shao, evitando di dire che nel corso dei secoli era successo davvero poche volte – e se posso darti un consiglio, presentarti così furente vorrà dire fare il gioco di coloro che ti vogliono mettere in difficoltà.”
“Adesso ci mettiamo anche a fare i superiori? – l’imperatore si parò davanti a lui quasi volesse aggredirlo: le mani serrate a pugno gli tremavano per la rabbia – Ti ricordo che sei solo un principe, Shao Ming, mentre io sono il tuo sovrano! E ti ricordo anche che se siamo arrivati a questo è colpa della tua inutilità.”
Shao fu abbastanza prudente da trattenere il sorrisino sarcastico che voleva prepotentemente uscire.
Era veramente interessante vedere Ling Yao che si lasciava andare ad una simile sfuriata, come un bambino offeso nei confronti dei compagni che non sono stati alle sue regole del gioco.
Sì, probabilmente nel tuo viaggio ad Amestris ne hai viste di cotte e di crude, rischiando la tua vita e chissà che altro. Ma questa è semplice politica, fratello mio, spietata e semplice politica… E devi giocare secondo le regole se vuoi ottenere qualcosa.
Shao Ming conosceva bene queste regole: l’esperienza come governatore di provincia, ambasciatore e reggente dell’impero lo avevano perfettamente formato come politico. Sapeva benissimo di aver sempre avuto una predisposizione naturale per quei sottili giochi di intrighi, ma il suo più grande vantaggio era stato quello di esser sempre stato uno spettatore neutrale che aveva sempre giocato in solitaria.
Ling Yao invece non aveva sulle spalle che due anni e mezza scarsi di governo, in parte protetto dalla sorpresa che aveva suscitato la sua nomina ad imperatore. Aveva creduto, o forse sperato, di avere gioco facile per ancora più tempo, ma le cose non erano andate come voleva lui.
E ora si trovava a dover affrontare il consiglio che gli chiedeva conto di quei morti nella provincia Yen e sicuramente ne avrebbe approfittato per chiedere la sospensione dei trattati d’alleanza con Amestris.
Quanto all’accusa di inutilità, Shao se la fece scivolare via con una mentale scrollata di spalle.
In due mesi aveva fatto tutto il possibile, arrivando a definire un quadro pressoché perfetto della situazione: motivazioni, cause… c’era tutto: mancavano solo i nomi, o meglio c’erano ma era impossibile portare delle prove contro di loro.
“Mi avessi portato un solo nome!” Ling parve quasi seguire la sua linea di pensiero.
“Fratello, ma tu li hai i nomi – disse, prendendo istintivamente il suo ventaglio e aprendolo – e vedrai le loro facce tra poco, durante il consiglio. Loro sospettano che tu sappia chi sono, ma sono anche sicuri che non puoi avanzare accuse se non hai delle prove.”
“Quelle armi…”
“Credimi, ho fatto tutte le indagini possibili nelle province limitrofe a quella Yen, ma non ci sono tracce di dove possano averle portate. Sono le uniche prove che dobbiamo trovare: l’altra opzione sarebbe estorcere delle confessioni, ma è una mossa che scatenerebbe il putiferio e la tua posizione è già in bilico.”
“E quindi? – Ling lo squadrò con rabbia più contenuta. Almeno aveva avuto il buon senso di capire che il fratellastro era forse l’unico che gli potesse dare una mano in quel delicato momento politico – come mi devo comportare davanti al consiglio? Se vado ad accusarli faccio un passo falso, ma non posso permettermi di far finta di niente, ne converrai pure tu.”
Shao per qualche secondo fu tentato di lasciarlo bollire nel suo brodo per qualche minuto, nell’attesa che gli arrivasse l’illuminazione giusta: sarebbe stata un’esperienza di maturazione che gli sarebbe servita. Ma poi decise di dargli una mano: in fondo in quel frangente lui non era proprio neutrale ma schierato dalla parte del governo e non del consiglio.
“Sai benissimo come ti devi comportare, mio signore – dichiarò, sventolandosi con calma, cercando di indirizzarlo verso l’atteggiamento giusto – sei l’imperatore di Xing e loro sono dei semplici consiglieri che si chiedono se le tue decisioni pro Amestris siano valide. Sei ancora convinto delle tue scelte politiche?”
“Mai messe in dubbio.”
“E allora saprai bene come ricondurre i tuoi consiglieri all’ordine senza tuttavia offenderli. Ricordati, loro sono il tuo consiglio, i tuoi sudditi.”
… miei…” l’espressione di Ling si fece remota mentre pronunciava quell’aggettivo possessivo.
Shao sentì un brivido che gli percorreva tutta la spina dorsale come se, improvvisamente, nella stanza ci fosse una nuova e ingombrante presenza: di colpo i suoi pensieri tornarono a quel liquido denso e rosso che aveva visto una sola volta in vita sua. Fu una sensazione spiacevolissima che durò per due secondi, poi l’imperatore tornò ad essere quello di sempre, sebbene la sua espressione fosse leggermente perplessa, come quella di qualcuno che ha avuto un attimo di smarrimento.
“Tutto bene, mio signore?” si azzardò a chiedere Shao.
“Sì, tutto bene – annuì Ling – comunque… hai ragione tu. So benissimo come comportarmi davanti al consiglio.”
 
Il consiglio dei capiclan era un qualcosa che Shao aveva sempre considerato delirante e divertente, a patto di sapere come gestirlo.
I veri dominatori delle varie province di Xing erano i capiclan, non i principi che nascevano dalle loro figlie. A pensarci bene questi esistevano solo in funzione della contesa per il trono: una volta che veniva eletto il nuovo imperatore restavano delle figure in ombra persino per il loro clan, buone solo a fare qualche matrimonio o a svolgere qualche ruolo particolare a corte. Difatti l’eredità della propria provincia in genere passava al figlio maggiore del capoclan stesso, dunque fratello della concubina dell’imperatore. Era anche un modo per evitare che ci fossero delle tare genetiche: se un principe avesse generato una nuova concubina imperiale sarebbe stato come portare a letto la propria nipote e questo alla lunga avrebbe creato delle problematiche.
In generale era un sistema che funzionava, anche se poi non c’era generazione in cui qualche clan si ritrovasse come erede il principe nato dall’imperatore, proprio come era successo nel caso di Shao. In quel caso la legge imperiale aveva trovato una via di fuga: o si poteva scegliere qualche altra donna di famiglia da mandare come concubina o si decideva di saltare una generazione in modo da diluire ulteriormente il sangue. Di conseguenza, un’eventuale figlia di Shao sarebbe diventata la concubina di un eventuale figlio di Ling.
In ogni caso, a prescindere dal funzionamento di queste linee di sangue, erano i capiclan le persone con cui l’imperatore doveva venire a patti. E ovviamente ciascuno di essi cercava di portare acqua al proprio mulino e dunque era raro vederli abbastanza coesi tra di loro.
E quella era una delle rare occasioni.
Eccetto una decina di eccezioni, tra cui il clan Yen, la maggioranza del consiglio era pronta a lottare per far rivedere all’imperatore le sue decisioni politiche. Ovviamente i veri antagonisti erano un quattro o cinque che però si erano sapientemente insidiati anche nelle menti di coloro che erano rimasti neutrali o solo leggermente contrariati. Un effetto valanga che ora Ling Yao doveva saper controllare se non voleva veder vacillare la sua posizione… perché sì, un consiglio contro voleva dire un numero crescente di attentati, a prescindere dall’aura divina che poteva circondare la figura imperiale.
Shao stava seduto nel posto che avrebbe dovuto occupare suo nonno, o al massimo suo zio: tuttavia i Ming costituivano un’eccezione alla regola e la loro presenza non era mai necessaria.
Stava calmo e serafico, osservando con attenzione Ling Yao che ascoltava con viso impassibile il capoclan dei Lu, la cui provincia era una di quelle che confinava direttamente con quella Yen, elencare tutte le problematiche che si erano presentate in quella parte d’impero da quando la ferrovia era stata ripristinata.
Accanto a lui il capoclan del clan Han, i cui territori confinavano sia con quelli Yen sia con il grande deserto, annuiva con decisione ad ogni parola che veniva detta.
Oh ma certo – considerò mentalmente Shao – la linea ferroviaria mette in seria difficoltà le rotte clandestine verso Amestris di cui il clan Han si occupa da sempre.
Sì, erano tutti coinvolti, forse solo il clan Cho, nel cui territorio si trovavano le miniere, era estraneo a tutto il complotto. Tuttavia il capoclan era diventato chiaramente ostile alla politica imperiale: vedere che i frutti delle sue miniere andavano perduti in un simile modo doveva essere uno smacco molto forte.
“… e dunque, mio sovrano – concluse con voce tonante il vecchio ma solido signore dei Lu – tutti noi ti invitiamo a rivedere queste tue scelte che stanno portando danno al paese. Non dubitiamo che tu l’abbia fatto per permettere a Xing di prosperare, ma i risultati si sono visti. Ed un sovrano si dimostra saggio quando riconosce i propri sbagli e vi pone rimedio, magari ascoltando la voce di chi ha più esperienza di lui: non è debolezza ma forza.”
Le parole continuarono ad echeggiare nella sala per qualche secondo e poi si fece il silenzio più totale.
Shao, come tutti gli altri, tenne gli occhi puntati su Ling che se ne stava immobile sul suo trono, con i pesanti paramenti ufficiali ed i capelli rigidamente tirati indietro nell’acconciatura imperiale.
“Ho accolto la convocazione del consiglio e ho ascoltato quanto avevate da dire – iniziò infine, alzandosi in piedi con calma – non posso che complimentarmi con la vostra eloquenza, consigliere Lu, avete esposto tutti i punti della questione con grande chiarezza, come se fosse stato voi stesso a preparare tutto quanto…”
Il sottinteso cadde pesante e Shao inarcò un sopracciglio con approvazione.
Una pausa studiata di pochi secondi e poi riprendi.
“… in ogni caso capisco bene quali siano le preoccupazioni della maggior parte di voi consiglieri: quegli attacchi ai mercanti di minerali sono preoccupanti e sicuramente danneggiano l’immagine del nostro paese, specie nei confronti di Amestris, verso cui ho un grosso debito d’amicizia. Effettivamente la soluzione più semplice sarebbe lasciar perdere il collegamento ferroviario e tornare alla situazione precedente la mia ascesa al potere.”
“Vostra altezza imperiale non si deve crucciare per il suo errore – intervenne di nuovo il consigliere – la sua giovane età e l’entusiasmo giustificano perfettamente certe decisioni. Ecco perché un consiglio di uomini di una certa età aiuta sempre a controbilanciare le cose fino ad arrivare al perfetto equilibrio.”
“Certamente – annuì Ling con un mezzo sorriso – come avete detto le mie idee sono state innovative per il paese, ma se pensate che ci rinuncerò vi sbagliate di grosso.”
Shao dovette trattenere una risatina e nascose il sorrisino dietro il ventaglio.
“Cosa? – il consigliere Han fissò l’imperatore con aria sorpresa – Ma, mio sovrano…”
“Ho detto che non ci rinuncerò – lo bloccò Ling con un gesto imperioso della mano – di certo non per causa di pochi stolti che hanno paura di veder persi i loro privilegi e dunque bloccano l’avvenire del nostro paese. Sarò molto chiaro, miei signori: ho già fatto molte indagini in merito e il quadro mi è abbastanza chiaro. Ben presto la macchina della giustizia imperiale si metterà in moto ed i colpevoli che, chissà, potrebbero sedere anche in questa stessa sala in questo momento…”
La sollevazione fu clamorosa: la maggior parte dei consiglieri si alzò in piedi sconvolta ed inorridita dalle accuse così aperte che venivano lanciate contro quell’organo di governo.
Ling non disse nulla davanti a quella reazione: si limitò a guardare Shao che capì di dover svolgere un suo ruolo in quella strana recita.
“Suvvia, miei signori – dichiarò, alzandosi a sua volta e sventolandosi amabilmente col ventaglio. La sua voce era calma e divertita, ma riuscì a giungere a tutti gli angoli della sala, portando il silenzio nell’arco di una decina di secondi – siamo nobili di Xing, non è il caso di… abbaiare in un simile modo. E poi, a che scopo? Se sapete di essere innocenti non dovete far altro che perdonare la genuina irruenza dell'imperatore: non siete voi, consigliere Lu, che poco fa avete detto quanto sia giovane il nostro signore?”
“Stai zitto, tu, shi’te! – sibilò l’uomo restando in piedi assieme a pochi mentre il resto dei consiglieri si sedeva – Tu non hai alcun diritto di parlare…”
“Ho chiesto personalmente al principe Shao Ming di fare indagini in merito e mi ha fornito un resoconto davvero interessante – intervenne Ling – ha tutto il diritto di parlare. Anzi, in questo momento direi che ha un incarico che lo eleva al di sopra di voi tutti.”
“Oh suvvia, consigliere Lu! – Shao ripiegò il suo ventaglio – non vedevo il vostro sguardo così irato da quando, ai tempi della mia reggenza, feci arrestare e condannare dei funzionari disonesti appartenenti alla vostra provincia! Mi dovreste ringraziare: ho preservato l’onore del vostro clan… pensi che scandalo se questa trattenuta illegale delle tasse vi avesse raggiunto. Ah, ma tanto sappiamo che quei disonesti, anche se hanno fatto il vostro specifico nome, mentivano spudoratamente!”
Il sordo ringhio del consigliere non fece altro che esaltare il principe.
“Comunque sia – disse Ling, riprendendo la parola – stavo dicendo che ho idee molto chiare di come siano andate le cose. Quindi voglio rassicurarvi: nell’arco di un mese questa spiacevole questione verrà chiusa e voi tutti vi potrete tranquillizzare in merito alla solidità delle mie decisioni politiche pro Amestris. Ora, si sta facendo ora di pranzo… il consiglio ha qualche altra questione di cui discutere?”
Più che perfetto – si complimentò Shao, godendo dell’ammutolimento generale che riempiva la sala – sei tu a dominare loro, non viceversa.
Ed evidentemente non c’era altro da discutere perché l’imperatore fece un rapido cenno del capo e si incamminò verso l’uscita.
 
“Con il tuo permesso, mio signore, tornerò nella provincia Yen il più presto possibile.”
Shao non perse tempo ad annunciare la sua decisione a Ling e nemmeno l’imperatore sembrò molto sorpreso: finì di ingoiare un boccone del pranzo luculliano che stava consumando e poi fissò con serietà il suo fratellastro maggiore.
“Adesso sei apertamente schierato con me – dichiarò – potrebbero anche cercare di farti fuori.”
“Le mie guardie del corpo faranno la dovuta attenzione affinché questo non succeda. Voglio comunque mettere in guardia e proteggere anche la signora Yen: le ho promesso che le avrei dato il mio appoggio e voglio tenere fede alla parola data.”
“Lei più che mai va protetta – annuì Ling – è la nostra chiave di successo: se venisse a mancare colei che si è prodigata così tanto per il mio progetto sarebbe un vero disastro e la popolazione di quella provincia andrebbe completamente fuori controllo. Che poi, se non erro, è anche l’unica erede di quel clan.”
“Sì – Shao a quella constatazione non poté fare a meno di irrigidirsi: non gli piaceva assolutamente che venisse tirata fuori quella determinata faccenda – il vecchio governatore ha avuto due figli: un maschio, deceduto da diversi anni, ed una femmina che, secondo tradizione, è andata concubina a nostro padre. Suo figlio era il sesto erede, ma come ben sai è rimasto ucciso quando tentò di farmi fuori durante la mia reggenza.”
“La signora Yen è dunque la figlia del figlio maschio… questi giochi di parole sono davvero infernali, lo ammetto.”
“Dovrà portare avanti il nome di famiglia – continuò Shao, con una scrollata di spalle – non è la prima volta che succede. Considerata l’alta percentuale di omicidi tra i nobili non è una rarità che resti solo un’erede femmina.”
E questo la mette automaticamente al sicuro dal diventare tua concubina – il principe lo pensò con grande sollievo mentre prendeva un piccolo dolce di riso e se lo rigirava tra le dita – il clan Yen a questo girò salterà la generazione.
Si arrischiò a guardare con attenzione Ling, cercando di carpirne i pensieri. Tuttavia pareva che l’imperatore non fosse ancora perfettamente consapevole di quali erano i suoi doveri nei confronti dei clan di Xing. A diciannove anni sicuramente ancora non pensava alle decine di fanciulle con cui avrebbe dovuto giacere: sicuramente molte sarebbero state parecchio più grandi di lui, ma questa era una conseguenza più che prevedibile.
“Sì, proteggila – riprese Ling con serietà – e dille pure che ho promesso che entro un mese la questione verrà risolta.”
“Intendi scendere in campo con le truppe imperiali?” chiese Shao con aria dubbiosa.
“Sì, ed è per questo che mi serve un punto dove colpire. Ti chiedo solo questo, Shao: trovami un punto dove possa colpire… che ci siano le armi o meno, ti concedo persino di creare artificialmente quel pretesto: tanto sappiamo chi sono i colpevoli.”
“Si chiama barare.”
“Si chiama rendere pan per focaccia… oh, a proposito – batté le mani e subito le porte si aprirono per far entrare un servo – portami altre focaccine, svelto.”
“Farò quello che posso – sospirò Shao – quanto tempo ho a disposizione?”
“Se parti già domani e dunque giungi in settimana nella provincia Yen… quindici giorni: a inizio mese arriverò io con le truppe. Oh, eccoti qua….bene, sono belle calde e…”
Un kunai si conficcò nel piatto che era appena stato posato, bloccando la mano dell’imperatore già protesa.
“Lan Fan?”
“Chi ha dato il piatto al servitore non era il solito cuoco – disse la giovane avvicinandosi all’imperatore – non le mangerei fossi in voi.”
Shao allungò la mano e prese una di quelle focaccine dall’aspetto così invitante. La annusò con attenzione e poi con un coltello la aprì in due, facendo fuoriuscire il condimento di formaggio fuso e miele.
“Semi di ricino – dichiarò, liberando con la lama uno dei piccoli semini – altamente tossici se ingeriti e direi letali se in quantità superiore ad uno o due… ed in questa focaccia ce ne sono almeno un cinque.”
“Avvelenamento per cibo – sospirò Ling – che spreco…”
“A dimostrazione di come il tuo discorso davanti al consiglio abbia fatto effetto – si rivolse quindi al giovane servo che era stato portato dentro la stanza da Mio e Sin – Tu ne sai qualcosa?”
“No, signore – mormorò il ragazzo al limite delle lacrime – mi… mi hanno semplicemente dato il vassoio… non… non potrei mai…”
“No, non è stato lui – scrollò le spalle Ling – è un servo della casata Yao sin da quando è nato: mi posso fidare. Ma farò approfondite indagini nelle cucine, anche se scommetto che nessuno avrà mai visto un nuovo cuoco.”
“Il che mi induce a partire prima del previsto, forse già stasera. Il tempo di salutare May.”
 
A posteriori il principe si pentì di aver deciso di passare a salutare la sorella.
“Venire con me? Ma stai scherzando?” chiese incredulo.
“Proprio no – sorrise lei mostrando una sacca da viaggio già pronta – vedrai che ti sarò d’aiuto: non dimenticare che ho fatto un viaggio fino ad Amestris con solo Xiao Mei.”
Il piccolo panda parve quasi sorridere a Shao, trasmettendo l’entusiasmo per l’avventura che stava per iniziare.
“Avevo intenzione di seguirti in ogni caso, sai, ma visto che ci siamo partiamo direttamente assieme!”
“Ferma, ferma, ferma! – Shao la prese per le spalle, impedendole di andare da una parte all’altra della stanza a raccattare roba – Prima domanda: come mai vuoi venire con me? Non hai un Alphonse Elric a cui fare compagnia?”
“E’ andato a trovare un vecchio studioso d’alkaestry nella provincia Yao: tornerà tra un paio di settimane se non più.”
E come mai non sei andata con lui?
Shao non fece direttamente quella domanda, ma May la capì lo stesso perdendo d’improvviso il suo entusiasmo.
“Sai quando ti scrissi che era il caso di staccare? Quando ti dissi di quanto questa corte mi stava facendo impazzire? Forse… forse era anche colpa di Alphonse. Insomma, lui è fantastico, ma… ma credo che non si sia ancora reso conto di cosa provi veramente per me. Ed io già sono distrutta per tutte le difficoltà sociali che ci sarebbero per il nostro amore; vederlo in uno stato di indecisione mi fa saltare i nervi. E così, ho pensato che forse avevo bisogno di essere per un poco la vecchia May, e non la principessa Chang.”
“Oh, May – sospirò Shao – non sto andando in gita di piacere.”
“Credi che non sappia cosa sta succedendo? Oh, andiamo, fratello! Tu mi sottovaluti.”
“E a Ling che dirai?”
“Già chiesto e non ha avuto niente in contrario! Del resto sono autonoma nelle mie scelte, non credi?”
“Tu sei folle e comunque io non ho alcuna intenzione di portarti con me.”
“Va bene, ci andrò da sola! – ribadì lei con serietà – Nessun problema, anzi arriverò prima di te.”
“May! – sbottò Shao – Non fare la stupida con me! Sono tuo fratello maggiore e…”
“Sì, sei il mio adorato e prezioso fratello maggiore – la giovane si aggrappò a lui – e ti aiuterò in quello che devi fare, te lo giuro. Shao, ti prego, non lasciarmi qui.”
Il principe si ritrovò ad abbracciarla, maledicendosi per il giorno in cui si era sinceramente affezionato a lei.
Se fossi un bravo fratello maggiore la rinchiuderei qui e affiderei la chiave a qualcuno… se fossi un bravo fratello maggiore non le permetterei di comportarsi in un simile modo… se fossi… oh, al diavolo!
La scostò da sé e la guardò negli occhi scuri, accorgendosi che anche le sue pupille avevano quella particolare sfumatura tra il grigio ed il blu… forse l’unica eredità paterna.
“Giurami che farai quello che ti dico io – le disse con voce impassibile – niente iniziative personali, niente sparizioni improvvise, niente combattimenti, niente mandare il tuo panda da qualche parte… niente di niente che io non autorizzi, siamo intesi principessa May Chang?”
“Intesi, principe Shao Ming! – ribatté lei portandosi la mano sul cuore – Non ti pentirai della tua scelta, fidati di me.”
“Questo si chiama ricattare emotivamente, lo sapevi?” sospirò Shao, tirandole una ciocca di capelli.
“Lo chiamo piuttosto un gesto d’amore fraterno… e da parte mia e da parte tua.”
Saresti un’eccellente politica, senza dubbio.
“Partiamo tra venti minuti, finisci di preparare i bagagli e fatti trovare nel cortine occidentale.”
“Non sai quanto abbia aspettato di sentire il verbo partire.”
O fuggire… – la corresse mentalmente lui.

 


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Capitolo 14
*** Capitolo 14. Le domande giuste ***


Capitolo 14.
Le domande giuste



“In linea di massima a proposito della battaglia, l’attacco diretto mira al coinvolgimento,
quello di sorpresa alla vittoria.”
Proverbio cinese.
 
Xing, 1918.
 
Quando Shao rifletteva sul fatto che cambiare aria era spesso una cura necessaria parlava per esperienza personale. Di conseguenza non rimase per niente sorpreso nel vedere i grandi cambiamenti di May appena qualche giorno dopo la loro partenza da corte. Come aveva sospettato pure sua sorella soffriva per quella che in fondo era una gabbia dorata: mentre Ling Yao era occupato nella gestione del complicato impero di Xing, la principessa Chang non aveva nessun ruolo particolare da svolgere. Era una sorta di auto esilio che si era imposta per sfuggire alle pressioni troppo forti della sua famiglia che voleva vederla coinvolta in un matrimonio d’interesse.
Osservandola cavalcare dritta e attenta a tutti i dettagli del paesaggio della provincia Yen, Shao si sentì estremamente compiaciuto e capì di aver fatto la scelta giusta nel concederle di accompagnarlo. May non era certo una di quelle nobildonne viziate che spesso aveva visto a corte: il viaggio a cavallo, con pochissimi agi, che avevano compiuto aveva dimostrato come avesse una grande resistenza alla fatica e un forte spirito di collaborazione. Non si era rifiutata nessun incarico: dall’accendere il fuoco, a prendersi cura del cavallo, a fare la legna… era persino riuscita a entrare nelle grazie di Mio e Sin che erano arrivati a scambiare qualche parola con lei. May Chang era una principessa di sangue imperiale, certo, ma aveva vissuto lontano dalle comodità e questo l’aveva formata in maniera molto differente.
“Quando andai ad Amestris passai decisamente più a sud rispetto alla linea ferroviaria – stava dicendo proprio la ragazza in quel momento, indicando un punto indefinito a meridione – Il territorio del mio clan si trova praticamente in linea d’aria con una cittadina mineraria chiamata Yous Well.”
“Ancora non riesco a credere che vostra altezza abbia fatto tutto quel viaggio da sola in così giovane età – ammise Sun, fissando con ammirazione la fanciulla – il deserto può essere fatale.”
“Ci sono stati momenti in cui ho creduto di non farcela – spiegò May, accarezzando la zampetta di Xiao Mei che stava comodamente sulla sua spalla – ricordo che quando arrivai finalmente in quella cittadina crollai svenuta. Per fortuna sono stati tutti molto gentili con me.”
“Avete la propensione per i viaggi – ridacchiò Sun – dovreste farvi portare da vostro fratello a Drachma.”
“Spero che lo farà un giorno, me l’ha promesso. Così come voglio vedere anche la provincia dei Ming.”
“Già, decisamente il nostro principe ha una grande capacità narrativa: viene voglia di visitare tutti i luoghi di cui parla da quanto li descrive bene.”
“E’ vero!”
Shao represse un sorriso nel vedere come le due giovani andassero d’accordo: si erano piaciute sin dal primo incontro e avevano stretto una profonda amicizia. Probabilmente a May faceva piacere avere una figura femminile a cui fare riferimento: gli aveva raccontato come sua madre fosse morta che lei era ancora piccola e di come non avesse avuto nessuna parente a farne le veci.
Il suo pensiero andò a sua madre e alla provincia Ming: era da tanto che mancava da casa e sarebbe dovuto tornare. Sapeva che le cose andavano bene e che anche suo nonno era in buona salute, ma era giusto che riprendesse in mano il governo della provincia sotto la sua responsabilità. Aveva nostalgia delle sue terre così verdi e fertili, della sua gente, della tranquillità della tenuta appena fuori Shan-je.
Chissà, potrebbe essere l’occasione buona per portare May con me: sono sicuro che piacerebbe alla mia famiglia.
Gli sarebbe piaciuto portare anche Sun, ma quello era un discorso che non voleva affrontare, almeno fino a quando erano impegnati in quella faccenda.
“Sei pensieroso, fratello.”
May si era accostata a lui e lo fissava con preoccupazione.
“No, niente – rispose lui, notando come Sun si fosse allontanata per andare a parlare con le guardie che li seguivano a discreta distanza – riflettevo su alcune cose.”
“Davvero farai quello che ti ha chiesto Ling? Parlo di creare le prove anche dove non ce ne sono.”
“Non lo so, se devo essere sincero preferisco tenerlo come ultima risorsa.”
Ma è anche vero che il tempo stringe e non ho ancora trovato quello che mi serve.
Stava sbagliando in qualcosa, di questo ne era certo: quelle armi non erano invisibili e da qualche parte erano state forgiate e nascoste. Non potevano essere passate sotto il suo naso senza che nemmeno se ne accorgesse, non così tante volte.
No, da qualche parte ho fatto un errore… ma dove?
“Comunque Sun Yen mi piace molto – disse May cambiando argomento – sai che la vedrei molto bene assieme a te?”
“Ah sì? Adesso ti metti a combinare matrimoni?” Shao sorrise con disinvoltura. Ovviamente lui e Sun in presenza di May si erano comportati in maniera più che impeccabile e niente era trapelato.
“Sì insomma – la fanciulla sorrise con malizia – ho sempre cercato di immaginare quale fosse il tuo tipo di donna ideale, ma ammetto che non ne avevo ancora trovato uno. Le nobili di corte non fanno per te, proprio no. Sun invece ha un… qualcosa in più: non credo di averti mai visto così a tuo agio con una femmina. Eccetto la sottoscritta, è chiaro.”
“E’ chiaro – annuì Shao – comunque, non mi pare il caso di pensare a simili cose: abbiamo poco tempo a disposizione prima che Ling arrivi con le sue truppe.”
“Devo dire che non so proprio da che parte iniziare – May si incupì – insomma, è completamente diverso da quello che ho vissuto ad Amestris.”
“E’ semplice strategia e politica, May Chang – la rassicurò Shao – è che bisogna farci l’esperienza. Forza, adesso dobbiamo tornare: si sta facendo buio ed il viaggio di ritorno non è breve.”
 
Che May fosse sinceramente interessata alla missione si era capito sin da subito.
Anche quella sera, dopo cena, si recò nella camera del fratello per poter riassumere quanto era accaduto durante la giornata. Sicuramente trovava molto utile poter esporre a qualcuno le proprie considerazioni: la aiutava a ragionare, a capire se le sue idee erano corrette, un atteggiamento che Shao trovava molto costruttivo.
“Allora – la ragazza prese una delle mappe di quella zona di Xing che stavano sul tavolo e la srotolò in modo che anche il fratello la potesse vedere – abbiamo controllato tutte le zone di confine delle province limitrofe: Han, Lu, Cho, Sou. Tuttavia non c’è traccia di quelle armi.”
Shao stava per annuire e suggerirle di proseguire, ma il primo embrione di un’idea si fece largo nella sua testa.
“Potresti ripetere quanto hai detto?”
 “Che abbiamo controllato tutte le provincie confinanti – mormorò lei con perplessità – e non abbiamo trovato niente.”
“Molto bene, continua pure ad espormi le tue idee.”
Tuttavia la sua mente aveva iniziato a lavorare e a capire dove stava la falla nelle sue intuizioni.
Aveva dato per scontato che i metalli finissero nelle provincie dei clan ostili all’imperatore, ma era un ragionamento così scontato e facile da scoprire che certamente anche i capoclan ci avevano pensato.
Studiò quella nuova possibilità da tutte le sfaccettature possibili e capì che si stava avvicinando alla vera realtà dei fatti.
Attese dunque che May si congedasse per la notte e poi chiamò a sé Mio e Sin, facendo vedere loro la cartina che ancora stava spiegata sul tavolo.
“Come ha detto mia sorella, nelle provincie confinanti non è stato trovato niente – iniziò, muovendo il dito a semicerchio sulla cartina per includere quei territori – ora, quando non si trova quello che si certa i motivi sono due: o si è cercato male, cosa che escludo, o semplicemente si sta cercando nel posto sbagliato.”
I gemelli rimasero in silenzio e si guardarono tra di loro cercando di seguire il ragionamento del loro principe. Alla fine fu Sin a mettersi a braccia conserte e chiedere.
“Suggerisci quindi che le armi siano qui nella provincia Yen, mio signore?”
“E’ un’ipotesi da tenere in considerazione – annuì Shao con aria pensosa – del resto non ci rimane altro a cui pensare. Escludendo Sun, che considero totalmente leale ed innocente, niente vieta che ci sia qualche legame tramite il quale i nostri avversari abbiano potuto nascondere le armi proprio qui.”
“A questo punto, considerato che è necessario appurare se è così in tempi relativamente brevi, non sarebbe meglio organizzare delle ispezioni in tutta la provincia?” propose Mio.
“No, richiederebbe troppo tempo e metterebbe in allarme gli avversari: in una situazione così delicata dobbiamo andare a colpo sicuro.”
“Lo dirai anche a tua sorella e alla signora del clan Yen?”
“No – decise il principe dopo averci riflettuto per qualche secondo – resterà solo tra noi tre. Siamo tutti tenuti d’occhio ed è meglio che pochissimi lo sappiano. Mi fido di Sun, ma so bene che in certi casi la segretezza è la miglior carta da giocare. Del resto il legame con i clan ostili potrebbe essere chiunque… non dimentichiamoci che per ogni clan sono presenti altri piccoli nobili con incarichi amministrativi. La corruzione di qualcuno di loro è altamente probabile.”
Mio appoggiò le mani sul tavolo e studiò con attenzione la mappa, arrivando persino a sollevare la maschera cerimoniale per poter veder meglio.
“La zona limitrofa al capoluogo è da escludere –dichiarò dopo qualche secondo – sarebbe un azzardo troppo grande per chiunque. Così come escluderei i centri abitati: la sorveglianza messa dalla signora avrebbe sicuramente portato alla luce qualsiasi movimento sospetto. Riflettiamoci bene, di che quantitativi stiamo parlando?”
“Va avanti da un anno buono – considerò Sin – migliaia di armi direi, senza contare gli equipaggiamenti come corazze e scudi.”
Shao annuì e prese il suo ventaglio con un gesto automatico; adesso che la guardava sotto un nuovo punto di vista la trama di quell’intrigo si stava rivelando completamente diversa da come l’aveva immaginata. Era stato come levare uno strato superficiale e accorgersi che al di sotto c’era qualcosa di più articolato.
Conoscendo abbastanza bene la situazione politica di tutti i clan di Xing e facendo anche alcune considerazioni a livello geografico…
Un freddo sorriso gli apparve sul viso mentre accarezzava una ad una le piume del ventaglio
“La domanda è differente, a mio parere: se gli eserciti regolari di ogni provincia sono comunque controllati dall’imperatore, chi sono i soldati da armare?”
Mio annuì pensieroso, trovando il quesito più che pertinente.
Sicuro che i gemelli stessero seguendo la sua stessa scia di pensieri, il principe continuò.
“I nostri cari vicini Zao ci hanno insegnato che molto spesso i mercenari sono comodi da usare. Sappiamo bene come queste scelte vadano a discapito della lealtà e della disciplina, ma abbiamo visto come siano comunque delle truppe che bisogna tenere sotto controllo per la loro pericolosità. Ora… il clan Zao usa i mercenari che provengono dai confini nord est di Xing… molto spesso dalla fascia costiera arrivano gruppi di nomadi che sono originari delle terre di nessuno più ad oriente. E’ facile attirarli con la promessa di ricompense e terre buone. Ma qui ad occidente? – si mise a braccia conserte e si mordicchiò il labbro inferiore – i briganti del deserto sono diversi, sono… troppo pochi. Sono gruppi di massimo una ventina di persone, se vogliamo unirli tutti non credo che si superino le trecento unità e…”
Si bloccò per una frazione di secondo mentre tutti i suoi sensi si allertavano.
Abbiamo ospiti, eh?
“… ed in ogni caso – intercettò lo sguardo di Sin indicandogli un determinato punto della parte, e ricevendo in cambio un piccolo cenno di conferma, segno che pure lui aveva sentito – non credo che siano le persone adatte…”
Potrei ordinare di prenderlo subito… ma rendiamo le cose più interessanti.
Un altro cenno con lo sguardo, questa volta ad indicare di non procedere con l’agguato: sarebbe stato decisamente più produttivo vedere a chi la spia andava a riferire quanto sentito. Così il principe continuò con i suoi ragionamenti in tutta calma, senza nascondere niente per non destare sospetti all’ascoltatore non invitato.
“… c’è un’ultima possibilità che forse è la più plausibile – disse infine – è che forse non ci sia niente nemmeno nella provincia Yen.”
Colse una sorta di brivido nel chi di chi stava ascoltando.
Oh dai, vuoi vedere che ho fatto centro?
Prese dal tavolo un'altra mappa, questa volta di tutto Xing, e la srotolò sul tavolo.
“Del resto noi abbiamo a che fare anche con il clan Han che, come sappiamo, è tradizionalmente impegnato nell’attraversamento clandestino del deserto per andare verso Amestris. E se invece di andare verso Amestris non facesse una deviazione a sud… o a nord per poi rientrare a Xing in provincie non confinanti con quella Yen?”
“Principe – Mio non nascose un sorriso – dalla provincia Wu si passa facilmente a quella Zao. Sono due clan spesso alleati tra di loro, come ben sappiamo, sebbene gli Wu non abbiano mai osato degli attacchi diretti contro la provincia Ming.”
“Ma guarda – Shao rispose a quel sorriso – pensavo che tutta questa vicenda non fosse altro che una manifestazione contro la politica di mio fratello… ed invece tornano in scena i miei cari vicini turbolenti. Oh, certo, loro ne hanno fin troppi di mercenari da armare. A questo punto, dato che la questione riguarda molto più da vicino la mia provincia, ho bisogno di informazioni più precise. Sin, procedi!”
La guardia del corpo scattò subito verso quella parete di pannelli di legno, tirando fuori uno dei suoi pugnali e conficcandolo in un punto ben preciso, alla sinistra. Subito si sentì un gemito soffocato e questo fu il segnale per Mio di accostarsi al fratello e trovare il meccanismo del passaggio segreto da far scattare.
Shao invece rimase a guardare la mappa, mentre sentiva la rabbia montare dentro di sé.
Se si trattava davvero del clan Zao l’avrebbero pagata cara: perché chiaramente avevano intenzione di attaccare il territorio Ming in sua assenza. Pensava che la lezione dell’ultima volta fosse servita, ma evidentemente, a quattro anni e più di distanza, volevano tentare un nuovo colpo.
Ignorò il trambusto a pochi metri da lui e serrò le labbra con forza.
Una parte attacca la provincia Ming, l’altra parte di mercenari scende verso sud per attaccare quella Yen, che si trova circondata da province nemiche. Due fronti aperti e dunque l’esercito imperiale costretto a decidere a quale dare priorità.
“Ascoltami bene – disse con voce piatta, sentendo il rumore di un corpo sbattuto per terra a pochi passi da lui: non si degnò nemmeno di guardarlo in faccia – ti farò le domande una sola volta e tu risponderai con sincerità. Sappi che mi renderò immediatamente conto se menti: per ogni bugia ti verrà tagliato un dito, poi passiamo alle orecchie, agli occhi… ti assicuro che modi di farti soffrire senza ucciderti ce ne sono a centinaia. Quindi valuta bene ogni singola parola che dirai. Mio, Sin, tenetelo fermo, in modo che non abbia possibilità di suicidarsi.”
“Certo, principe.”
“Prima domanda. Scommetto che sei originario del nord… dimmi, clan Wu o clan Zao?”
Passarono dieci secondi senza che si sentisse altro che il respiro ansimante del prigioniero. Il sorriso di Shao fu amaro e crudele
“Forse non hai capito che anche stare in silenzio è considerato mentire. Sin, il mignolo sinistro.”
Ci fu il rumore di una lama sguainata, un altro più soffocato e poi un gemito che venne subito zittito.
“No, non metterai in allarme nessuno con le tue grida – mormorò Shao, ben sapendo che Mio aveva provveduto a tappare la bocca del prigioniero con un panno per evitare che i suoi lamenti si sentissero per tutto il palazzo – prova ad urlare e il dolore sarà molto più forte. Ti ripeto la domanda: clan Wu o Zao?”
“…Wu…” il gemito fu quasi animalesco.
“Bene, iniziamo a ragionare. Adesso dimmi, quanti soldati sono pronti ad attaccare la mia provincia?”
“D…dieci…diecimila…”
“Mercenari?”
“La metà…”
“Scommetto che la maggior parte dei mercenari sono in viaggio nel deserto, vero? – Shao osservò la cartina, cercando di calcolare il tempo che ci avrebbe impiegato un esercito di quel tipo per passare a distanza ragionevolmente sicura dai confini di Xing – Quanti sono?”
“Diecimila pure loro…” la voce era dolorante e terrorizzata, ma il principe non fu minimamente impietosito.
“Da dove vogliono attaccare?”
“Dalla linea ferroviaria…”
“Quando? – Shao questa volta si girò a guardarlo: era piccolo e patetico, la classica spia che si mandava negli ambienti di corte, e si teneva la mano offesa stretta al petto. Non era come le guardie del corpo che restavano in silenzio fino alla morte: questo apparteneva ad una tipologia di servitori molto più untuosi e vigliacchi – L’imperatore ha detto che avrebbe risolto la faccenda entro un mese, lo sanno benissimo tutti quanti. Il mese scade tra tre settimane… quando sarà l’attacco?”
“… per… per favore, principe…”
“Mignolo destro!”
“No! No, ti prego!”
Shao lo prese per i capelli scuri e lo strattonò.
“Ti ripeterò la domanda una sola volta… a quando l’attacco?”
“Tra due settimane nella tua provincia…”
“Dove? Mi serve un dannato punto preciso!”
“Alla valle d’incrocio delle tre province…”
“Ed invece l’attacco alla provincia Yen?”
“Una settimana dopo, quando le… le truppe imperiali si saranno dirette a nord…”
“Certo, per sedare quell’attacco! – Shao mollò la presa con disgusto – perché finché si tratta di un clan che attacca l’altro l’imperatore non interviene, ma quando si passa a due contro uno allora la faccenda diventa seria.”
Fu sul punto di ordinare a Sin di uccidere quel traditore, ma si bloccò. Non era il momento di farsi prendere dall’ira, tutt’altro. Quella persona tornava più utile viva come testimone da portare davanti all’imperatore.
“Che facciamo di lui, principe?”
“Storditelo, legatelo ed imbavagliatelo.”
Si girò verso il tavolo riprendendo a fissare le mappe.
Doveva pensare bene ogni singola mossa.
 
I piccioni viaggiatori erano un mezzo che diverse famiglie nobili usavano per inviare messaggi di routine.
Raramente, tuttavia, erano usati per questioni importanti, preferendo affidare tali compiti a dei messaggeri che potessero spiegare nei dettagli la situazione al mittente.
Ma nel bigliettino in codice cifrato che solo i suoi generali più fidati e la sua famiglia conoscevano non c’era niente da spiegare. L’ordine era chiaro: preparare tutte le difese possibili e concentrarle nel punto di confine tra le province. Si fidava dei suoi soldati: Lao li aveva addestrati alla perfezione. Avrebbero gestito le truppe nella miglior maniera possibile.
Ragionando a mente fredda, infatti, Shao era arrivato alla conclusione che una sua partenza improvvisa avrebbe messo in allarme i suoi nemici. La cosa migliore era procedere con cautela, senza far capire nulla all’avversario… che pensassero pure che ancora brancolava nel buio.
Senza contare che, anche viaggiando più velocemente che poteva, avrebbe impiegato almeno cinque giorni per arrivare a casa, il piccione al massimo tre. Certo, una parte di lui si rammaricava di non poter andare personalmente a bloccare quell’attacco, ma non se lo poteva permettere.
Non ancora.
“Piccioni di Drachma, i più veloci – mormorò, arrotolando la sottile pergamena ed inserendola nel tubicino attaccato alla zampa dell’animale – sia ringraziato il momento in cui io e Sun abbiamo deciso di scambiarci missive. A casa, piccolo amico, vola a casa… coraggio!”
Prese il piccone tra le mani e poi lo lanciò in aria, osservando le piume grigiastre che frullavano con impazienza, pronte ad iniziare il viaggio verso la provincia Ming. Rimase a guardarlo fino a quando scomparve all’orizzonte e solo allora si decise a lasciare l’ambiente della voliera nel cortile del palazzo.
“Ehi – Sun era appena fuori che lo attendeva – è giorno da nemmeno un’ora, che è successo?”
“Niente – mentì lui – semplici comunicazioni alla mia famiglia. Mi sono ricordato di una cosa molto importante che dovevo riferire a mia madre e non ho perso tempo ad inviare uno dei piccioni.”
E adesso non rimane che avvisare l’imperatore.




Ecco la nuova cartina aggiornata :)
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Capitolo 15
*** Capitolo 15. Strategie a breve e lungo termine ***


Capitolo 15.
Strategie a breve e lungo termine



“Gli strateghi vittoriosi hanno già trionfato, prima ancora di dare battaglia;
i perdenti hanno già dato battaglia, prima ancora di cercare la vittoria.”
Proverbio cinese
 
 
Xing, 1918.
 
L’esercito imperiale era composto da quindicimila soldati che, a marce forzate, si erano mossi dalla capitale per arrivare ai confini della provincia Lu. A comandare quelle truppe vi era lo stesso imperatore Ling Yao che, tenendo fede alle sue parole, non aveva esitato a scendere di persona in campo.
Il quesito che Shao si poneva era se il clan Lu e quelli a lui alleati avessero ingaggiato battaglia contro il proprio sovrano: una mossa così azzardata, in caso di sconfitta, poteva compromettere seriamente la sopravvivenza del clan stesso.
“Nessuna novità? – chiese May, raggiungendo Shao alla voliera del grande cortile della famiglia Yen – Non è ancora arrivato nessun piccione viaggiatore?”
“No, non ancora – scosse il capo lui con calma – ma questo non deve metterti in allarme: l’ultimo messaggio diceva solo che le truppe imperiali erano praticamente giunte ai confini della provincia Lu. Non è per niente scontato che ci sia stata una battaglia.”
“Attendere mi dà sui nervi – ammise la principessa, accarezzando la testolina del suo panda – e poi mi sento letteralmente accerchiata: le truppe nemiche provenienti dal deserto entreranno a Xing tra meno di una settimana e se gli eserciti delle province ribelli ci attaccheranno ci ritroveremo tra l’incudine ed il martello.”
Shao annuì, ma non disse altro: sapeva bene che la loro posizione era veramente scomoda, ma non avevano altre alternative che attendere, come ormai facevano da più di due settimane, ossia da quando era stata catturata quella spia.
Purtroppo se l’esercito di mercenari proveniente dal deserto fosse arrivato prima delle truppe imperiali non avrebbero potuto fare molto: per quanto il clan Yen avesse una provincia abbastanza estesa, le sue truppe non erano altrettanto numerose, conseguenza di avere buona parte del territorio occupata da semplice steppa desertica praticamente disabitata. Ai soldati disponibili, circa cinquecento, era stato ordinato di dividersi tra i confini con le province Han, Sou e Lu e il capolinea della ferrovia, in una minima difesa di quei punti più sensibili. Ma era chiaro che se ci fosse stato l’attacco di qualche esercito ostile l’esito non sarebbe stato di certo favorevole.
L’unico fatto positivo era stato un messaggio provvidenziale da parte di Amestris dove si diceva che, a causa di una violenta tempesta di sabbia, il tratto ferroviario proprio al di fuori dei loro confini era stato danneggiato e dunque per più di una settimana non sarebbe stato possibile far viaggiare i treni.
“Oh, un piccione!”
Il trillo impaziente di May fece girare il principe verso destra e vide che un volatile bianco si stava avvicinando alla voliera con un frullare d’ali sempre più udibile. La vista acuta colse subito il piccolo contenitore marrone che stava attaccato alla zampetta e lo identificò come uno dei piccioni che facevano da tramite con la provincia Ming.
Con impazienza tese la mano e aspettò che il volatile, riconoscendo quel gesto, planasse gentilmente verso di lui. Come il piccione si fu posato sul palmo della sua mano, non perse tempo a slegare la piccola custodia di cuoio e permettere alla bestiola di volare verso l’abbeveratoio poco distante.
“E’ di Ling?” chiese May.
“No, da casa mia – spiegò Shao, recuperando il piccolo foglio di pergamena e leggendolo – sono sicuramente notizie sulla battaglia al fronte.”
Si malediva ogni giorno per non essere a casa sua a comandare di persona le sue truppe.
Non che non si fidasse dei suoi generali, ma la sentiva come una mancanza nei confronti della sua gente, della sua provincia. Circa una decina di giorni prima la guerra era calata sull’esercito Ming con una violenza inaudita: mai il clan Zao aveva tentato tanto. Tuttavia questa era la volta decisiva, lo sapevano bene: una volta iniziato l’attacco e dunque essersi messi allo scoperto dovevano andare fino in fondo. Così diecimila uomini, tra esercito ordinario e mercenari, si erano fiondati con violenza in quell’ampia vallata che costituiva l’accesso maggiormente strategico per la provincia Ming.
Le cose non erano andate come speravano: vi avevano trovato l’esercito Ming, precedentemente allertato dai messaggi di Shao, già schierato e pronto a sostenere l’assalto. Ma il principe sapeva bene che, nonostante i primi tentativi d incursione fossero stati bloccati, la situazione di stallo che si era andata a creare non era destinata a durare a lungo.
E da quanto c’era scritto nel messaggio le cose continuavano ad andare in quella maniera.
“Non va bene – borbottò, piegando il fogliettino e mettendoselo in tasca – l’esercito non può sostenere ancora per molto questa pressione: non eravamo minimamente preparati ad una simile forza d’attacco. I miei uomini devono chiudere la battaglia a breve.”
“Non puoi certo andare via da qui – disse May mentre lo seguiva fuori dalla voliera – siamo circondati, sarebbe difficilissimo passare. Ed inoltre Ling…”
“Lo so, si aspetta che io sia qui quando arriverà.”
“Principe, se posso – intervenne Mio che, assieme al gemello, aveva assistito all’intera scena – con le normali tattiche di battaglia l’esercito della tua provincia non potrà mai prevalere. C’è bisogno di qualcuna delle tue strategie: gli avversari devono venir colti di sorpresa. E’ chiaro che sono in grado di prevedere le mosse del tuo esercito: il clan Zao ha le medesime abitudini.”
Shao annuì, sapendo benissimo che la sua presenza sarebbe stata in qualche modo risolutiva di quella spinosa situazione. Tuttavia era molto restio ad elaborare qualche strategia non essendo fisicamente presente e dunque non potendo ponderare personalmente tutti i fattori di rischio.
Però Mio ha ragione, bisogna spezzare questo stallo. Va bene, proviamo il tutto e per tutto…
Deviò bruscamente quando ormai era a pochi metri dall’uscita del giardino e si diresse verso il punto dove diversi giardinieri stavano lavorando per creare un nuovo spazio verde. Senza perdere tempo si diresse verso un cumulo di sabbia che stava posto di lato assieme ad altri materiali, in attesa di essere utilizzato e per creare un muretto a secco e, presa una pala, ne mise davanti sè un discreto quantitativo.
“La valle Bianca – dichiarò, iniziando a ricreare quell’ambientazione – dalla parte della mia provincia c’è un ingresso relativamente stretto, ecco perché riusciamo ancora a proteggerlo. Un esercito di diecimila uomini non può riuscire a sfondare, non ci passano… il transito sarebbe al massimo per una cinquantina di soldati: un centinaio di uomini sono più che sufficienti per proteggerlo. Dalla parte Zao e da quella Wu ci sono invece dei pendii più dolci. La situazione attuale vede l’esercito dei mercenari e Zao stanziato proprio nella valle: ci sono stati ripetuti attacchi, ma si sono sempre conclusi con un nulla di fatto.”
“Non sapevo fossi stato in quel posto.” ammise May.
“Una sola volta, circa diciotto anni fa: mi ci portò mio nonno.”
“E ti ricordi tutti questi dettagli?” la principessa fissò meravigliata quella mappa che veniva velocemente creata davanti ai suoi occhi: oltre alle colline principali, il bastoncino che Shao aveva preso in mano stava tracciando alcune linee corrispondenti ai percorsi e al piccolo fiume che vi scorreva vicino.
“Memoria militare, si chiama così – spiegò Sin – da sempre gli istitutori di vostro fratello sono stati molto fieri di questa sua dote naturale. E’ la capacità di ricordarsi le caratteristiche dei luoghi anche se si sono visti una sola volta.”
“A comandare l’esercito c’è il principe Cao Zao in persona, il mio adorato fratellastro – Shao conficcò con forza il bastone al centro della valle da lui creata – a quando risulta dall’ultima missiva si è stancato di fare attacchi e si è accampato al centro della valle. Credo che aspetti notizie da questa parte di Xing: vuole sicuramente vedere come finirà lo scontro tra le truppe imperiali e quelle provenienti dal deserto.”
“Allora per ora puoi stare tranquillo – sorrise May – è come se ci fosse una sorta di tregua.”
“No, non va bene – sospirò lui – le mie truppe sono stanche, questa chiamata improvvisa non ha dato tempo di prepararsi bene: avrebbero bisogno di ricambi che non possono esserci… guarda, l’ingresso principale alla provincia viene protetto con relativa facilità, tuttavia il resto del mio esercito deve stare di guardia alle fasce laterali delle colline altrimenti ci sarebbe il pericolo di uno sfondamento dai lati.”
“Provare con la cavalleria lungo le colline?” suggerì Sin.
“No – Shao scosse il capo con disappunto – fossero in meno e con meno organizzazione ci potremmo provare, ma i numeri ci sono contro. E perdere la cavalleria vuol dire venir sconfitti.”
Il piccolo gruppetto rimase per diversi minuti in silenzio, cercando una soluzione a quello stallo militare che a lungo andare avrebbe sfavorito le truppe dei Ming.
Rifletti, Shao, c’è sicuramente un modo per sconfiggerli: conoscere bene l’ambiente è la prima chiave del successo lo sai. Ti sta sfuggendo qualche dettaglio importante: insomma, guardali, sono praticamente imprigionati dentro la valle e l’unica via di fuga che hanno è il fiume dietro di loro.
“Mio – mormorò – il fiume in questo periodo estivo è quasi in secca?”
“Non si può proprio definire secca, ma non è navigabile – confermò il guerriero – difatti i dispacci ci hanno informato che l’esercito nemico si rifornisce con approvvigionamenti provenienti da terra.”
“Siamo ad inizio estate – rifletté – a Ming c’è il vento che soffia da nord-ovest. Certo è un azzardo, ma forse si potrebbe tentare…” non terminò la frase: rimase a fissare quella mappa improvvisata.
Bisogna essere precisi ed aspettare la notte giusta. Certo che non essendo lì non posso valutare personalmente le condizioni ideali... Devo affidarmi al buonsenso dei miei generali.
“Hai qualche idea?” chiese May.
“La situazione di stallo deve essere spezzata, è chiaro…” sospirò.
“Sì, principe – annuì Sin – sappiamo bene quanto l’attesa favorisca loro e non noi.”
“Manderò un altro messaggio oggi stesso: se il tempo ed il vento ci sono favorevoli abbiamo la possibilità di vincere questa battaglia.”
“E come?”
“Col fuoco, May Chang: conosci i quattro elementi e avrai la vittoria a portata di mano.”
“Mio signore! Mio signore!”
Tutti si girarono per vedere Sun che correva verso di loro con aria eccitata: in mano teneva un fogliettino.
“Che succede?” chiese immediatamente Shao.
“E’ appena arrivato un piccione con questo! – esclamò la donna – l’imperatore ha sconfitto l’esercito Lu e sta venendo qui: arriverà con le sue truppe tra massimo tre giorni!”
“Meraviglioso!” esclamò May, saltellando felice.
“Bene, bene, le cose volgono a nostro favore. Adesso urge più che mai che io invii quel biglietto ai miei generali.”
 
La campagna militare, sebbene di breve durata, aveva fatto ulteriormente crescere Ling Yao.
Shao notò il cambiamento non appena l’imperatore arrivò a cavallo nella tenuta dei Yen, accompagnato da un esiguo seguito che comprendeva anche la sua guardia del corpo personale. L’armatura di placche d’acciaio lo valorizzava invece di renderlo una figura troppo giovane ed impacciata ed anche i suoi modi avevano in qualche modo acquisito la disinvoltura delle manovre militari. Smontò dal suo destriero bianco con agilità e si levò l’elmo, lasciando libera la capigliatura nera raccolta in una semplice coda, proprio come Shao l’aveva visto quando era tornato a Xing con la pietra filosofale.
Bene, si è adattato più in fretta di quanto sperassi: almeno il morale delle truppe è alto.
“Ti attendevamo, mio signore. Permettimi di presentarti Sun Yen, governatrice di questa provincia.”
“Le mie terre e la mia gente ti appartengono, celeste sovrano.” salutò Sun, chinandosi con deferenza davanti a Ling.
“Ti devo molto, signora – disse cerimoniosamente Ling, facendo un elegante gesto per invitarla ad alzarsi – la fedeltà del tuo clan sarà premiata, è certo. Allora, fratello, che notizie ci sono?”
“Ci vogliono almeno tre giorni prima che il nemico arrivi al confine di Xing: seguiranno il tratto della linea ferroviaria quindi non abbiamo dubbi su dove attaccheranno.”
“Molto bene, i tempi che mi sono prefissato ci sono tutti: oggi e domani l’esercito riposerà e poi partiremo: aspetteremo che siano penetrati nel territorio di Xing, in questo modo avremo il vantaggio di non dover combattere sul deserto vero e proprio. Loro invece saranno più stanchi dopo la marcia in mezzo alle sabbie. Notizie dalla tua provincia?”
“Aspetto l’esito di alcuni miei ordini che arriverà nei prossimi giorni – rispose Shao – se tutto è andato bene abbiamo reso inoffensivo l’esercito degli Zao.”
“Molto bene.”
“Se il celeste sovrano si vuole accomodare nella mia dimora – intervenne Sun – dovrà essere stanco ed affamato dopo una simile campagna militare.”
“Sì, ammetto di avere fame – a quel punto il viso di Ling tornò ad essere quello che Shao ricordava: noncurante, affamato, un poco… stupido – poi manda i tuoi cuochi in camera mia.”
 
Quella notte, dopo diverso tempo, Shao e Sun condivisero di nuovo il letto.
Che la ragazza fosse scivolata in camera dell’amante con così tanti ospiti nel palazzo era stato un rischio bello e buono, tuttavia dopo tanti momenti d’incertezza c’era l’esigenza di passare qualche ora assieme ed in intimità. Di conseguenza il principe la accolse a braccia aperte e assaporò ogni secondo del fare l’amore assieme, sdraiandosi poi accanto a lei e cingendole la vita con le braccia in modo da avere la sua schiena posata contro il petto.
“Partirò con te e l’imperatore.” mormorò Sun.
“Sarebbe follia.”
“No – i suoi capelli neri si mossero appena mentre la testa faceva un lieve cenno di diniego: Shao riuscì perfettamente ad immaginarsi il suo viso serio e gli occhi neri illuminati dalla determinazione – devo farlo in quanto governatrice della mia provincia. Non posso certo pretendere che mio nonno si metta a cavallo alla sua età e con tutti i problemi di salute che lo tormentano: sai bene anche tu come ormai riesca a malapena a camminare.”
“Le tue truppe saranno sotto il comando dell’imperatore, non c’è bisogno. Se proprio vuoi farò io le tue veci in caso di necessità.”
“Obiezione respinta, principe – lei si girò e gli mise l’indice davanti alle labbra – il fatto che siamo amanti non ti autorizza a prendere delle responsabilità che non sono tue. E’ la mia provincia, il mio territorio ed è giusto che io sia presente. Piuttosto tu: scenderai in campo?”
“Non credo, piuttosto starò ad osservare: le truppe hanno già i loro comandanti e la mia presenza non è necessaria. Ovviamente se l’imperatore vorrà darmi qualche incarico particolare sarò a sua disposizione.”
“Mi ha fatto una strana impressione: è così giovane.”
“Ha più o meno la tua età e come te è cresciuto molto in fretta.”
Sun si girò supina, a conferma di quanto fosse agitata, tanto che il principe le accarezzò i capelli proprio come avrebbe fatto con una bambina spaventata.
“E così il clan Lu non esiste più…”
La frase cadde pesante tra loro due: faceva specie sentire che un clan così antico come quello Lu era stato riconosciuto colpevole di tradimento, di opposizione all’impero, e ne avesse pagato le conseguenze sul campo di battaglia.
“E’ stata una loro scelta – sospirò Shao – se hanno sottovalutato l’imperatore è stato un loro grosso errore.”
“Che succederà adesso?”
“Beh, presumo che le terre di quella provincia verranno smembrate tra il clan Cho e le altre provincie confinanti, anche la tua. Quanto al resto della famiglia Lu… sono caduti in disgrazia. Non credo che mio fratello pretenderà l’uccisione di eventuali bambini, ma sicuramente li esilierà da qualche parte o li metterà sotto stretta sorveglianza e passeranno il resto della loro vita come ostaggi o qualcosa di simile. Ma dubito che ci sarà mai un nuovo principe del clan Lu.”
“E’ stato un vero e proprio suicidio – commentò lei – mi chiedo come il capoclan abbia potuto mettere così a repentaglio la sua famiglia.”
“Ha fatto affidamento sugli altri clan senza essere certo di una simile alleanza, una mossa davvero stupida. Era più che ovvio che sarebbe rimasto solo non appena si fosse capito che le truppe imperiali non avrebbero esitato ad ingaggiare battaglia.”
“E’ quello che succederà anche al clan Zao e al clan Wu? C’è la confessione di quella spia, loro non possono assolutamente negarlo.”
“Probabile, anche se forse con loro l’imperatore ci andrà più leggero in quanto non sono ufficialmente facenti parte della congiura del clan Lu. Presumo che il tutto si risolverà con l’uccisione del principe Zao e con perdite dei territori delle loro provincie.”
“A favore della tua?”
“Con molta probabilità.”
“Vorrei non pensarci, ma ammetto di essere molto preoccupata per questa nuova spartizione dei poteri.”
“La tua provincia non ne subirà nessuna conseguenza negativa.”
“Lo so… però… è una strana sensazione – ammise Sun, nascondendo il viso nella spalla del principe – ho paura che molto presto sarò costretta ad andare in sposa a qualcuno. Sicuramente sarà necessario rendere più solide le alleanze all’imperatore ed io potrei essere parte di questo gioco…”
Shao non disse niente, limitandosi a stringerla a sé. Anche lui aveva pensato a delle simili evenienze e purtroppo non sapeva come comportarsi in merito: se un matrimonio di Sun poteva essere la chiave per garantire la stabilità di quella parte di Xing, la loro relazione doveva essere messa da parte.
“Senti – proseguì la fanciulla cercandolo con lo sguardo – lo so che i doveri nei confronti delle nostre famiglie ci impongono di… di non sposarci, è inutile girarci attorno. L’idea di un nostro matrimonio è assurda: se ne avessi possibilità abdicherei e lascerei il governo a qualcun altro, ma non c’è nessuno… un parente alla lontana, qualcuno che abbia il nome Yen… nulla.”
“Potresti pensare all’adozione, anche se è una pratica assai rara.”
“Perché, principe Ming – sorrise lei con ironia – davvero daresti il tuo nome a chi non è del tuo stesso sangue?”
Shao scosse il capo con amarezza, sapendo quanto fossero vere quelle parole. L’idea di un Ming che non fosse di vero sangue gli dava estremamente fastidio. Era l’ultima ratio quando qualsiasi altro modo di portare avanti il nome del clan fosse fallito.
Ma il clan Yen ha ancora lei: è giovane, sana, partorirà sicuramente dei figli garantendo la continuità del suo nome.
“In ogni caso – mormorò Sun, prendendo la sua mano e portandosela al petto – giuro che prima di sposarmi, prima di rinunciare del tutto a te…”
“Non succederà, non ancora!” la bloccò Shao.
“Cielo, mio principe… dove è finita tutta la tua preziosa razionalità?”
Shao fece una smorfia di disappunto.
Già, era vero, la sua preziosa razionalità veniva meno nel momento in cui capiva che la perdita di Sun si avvicinava sempre di più.
E poi dovrò prendere moglie sapendo che tu giaci assieme ad un altro? No, la sola idea mi fa impazzire di rabbia.
“Dovrei dire che mi pento del momento in cui abbiamo iniziato la nostra relazione…”
“Ma non lo farai – sorrise lei – così come non me ne pento io… senti… e supponiamo che un giorno, molto lontano, quando i nostri rispettivi figli saranno grandi e governeranno le provincie…”
“Adesso fai anche salti nel futuro…”
“Supponiamo che due amanti di vecchia data si ritrovino vedovi, da soli… magari lei non sarà più bellissima perché il tempo le avrà dato rughe, ingrigito i capelli… sarebbe così brutta l’idea di terminare la nostra vita assieme, Shao Ming?”
“No, non lo sarebbe affatto.” si costrinse a sorridere lui.
E’ il tempo che dovrà passare prima di arrivare a quel momento che mi spaventa.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. La battaglia di confine ***


Capitolo 16.
La battaglia di confine



“Anche se sei abile, mostrati inabile; anche se sei capace mostrati incapace”
Proverbio cinese
 

Xing, 1918
 
“Diecimila soldati armati con il ferro di Xing – la voce di Ling era sarcastica mentre osservava da una collina l’esercito che si iniziava ad intravedere in lontananza – faremo pagare loro il prezzo più alto che abbiamo mai richiesto.”
Shao prese un sottile cannocchiale e osservò quelle truppe, cercando di individuare se ci fosse qualcuno di conosciuto alla loro guida. Notò diversi uomini a cavallo, ma i loro tratti somatici non erano quelli di Xing, ma riconducibili ai paesi dell’est. Evidentemente nessun nobile xinghese aveva voluto sporcarsi la dignità prendendo il comando di quegli uomini.
“Sembrano abbastanza freschi – dichiarò – forse il loro ritardo è dovuto al fatto che hanno preferito riposare prima di quest’ultima marcia. Forse avevano il sentore che avrebbero trovato un esercito a fronteggiarli: dovevano avere qualche messaggero che li avvertiva degli eventi interni di Xing.”
“Allora sono stati degli stupidi a continuare il loro viaggio sino a qui – mormorò l’imperatore – vanno incontro ad una sconfitta e non hanno più alcun appoggio.”
“Sono nomadi – scrollò le spalle Shao – non hanno niente da perdere: hanno lasciato la loro terra natia alla ricerca di fortuna e tentano il tutto e per tutto. Non hanno posto dove andare: tra la morte nel deserto e quella in battaglia trovano più auspicabile la seconda.”
“Disperati…” Ling si morse il labbro inferiore con rabbia.
“Disperati pericolosi – ricordò l’altro – combatteranno fino allo stremo delle forze, con l’animo dell’animale messo in trappola. Non aspettarti di risolverla con semplicità, fratello: è in simili occasioni che questa gente mostra il peggio di sé.”
“Ho il vantaggio della scelta del terreno ed un numero di truppe maggiore e maggiormente organizzate. Devono solo arrivare qui ed ingaggeremo battaglia.”
Shao aggrottò leggermente le sopracciglia davanti a quella dichiarazione leggermente spavalda. Questo suo gesto non passò inosservato perché Ling lo osservò per qualche secondo e poi disse.
“Vuoi dirmi qualcosa, lo so. E sarei uno stupido a non ascoltare i tuoi pensieri: so bene che la tua mente vale più di tutto il consiglio dei capoclan messi assieme.”
“Quello è un confronto impietoso, mio signore – ridacchiò Shao, battendo alcune pacche amichevoli sul collo del suo cavallo – però sono felice che tu voglia ascoltare le mie riflessioni. Posso darti un consiglio? E’ vero che siamo superiori di numero e abbiamo la scelta del terreno dalla nostra parte, ma se mostriamo subito il nostro vantaggio possiamo comprometterci. Te l’ho detto: sanno di essere in trappola e non sappiamo cosa possono aver organizzato. Ho avuto modo di combattere diverse volte contro questi mercenari e spesso hanno tirato fuori dei trucchetti davvero niente male.”
“Non devo espormi dunque.”
“Esatto. E non vederla come debolezza, ma come prudenza e saggezza: sarebbe sciocco sacrificare la vita di diversi soldati solo per andare di sfondamento come spesso ci suggeriscono i testi di strategia militare.”
“Come appunto suggeriscono diversi dei generali che mi accompagnano…”
“Vecchia scuola – sospirò Shao, sventolandosi con aria rassegnata col suo ventaglio – sottovalutano il potere della cavalleria a favore di quello della fanteria. Io li accerchierei e li metterei in trappola.”
“Chiuderli in una gabbia, dici?”
“Sì, approfittando del fatto che loro non hanno che una ventina di cavalieri in tutto.”
“I generali non approverebbero una simile scelta.”
“Scommetto che sono rimasti scandalizzati anche alla descrizione di come il mio esercito ha vinto contro quello degli Zao.”
“Balle di rovi incendiate fatte rotolare nell’accampamento nemico di notte. Una vittoria senza combattere: il fuoco era alimentato dal vento in una maniera tale che è stato impossibile salvare qualcosa.”
Deshai, è questo il nome di quel vento: dura solo una quindicina di giorni prima dell’arrivo dell’estate vera e propria. Credo che un buon stratega debba saper usare anche questi piccoli aiuti dati dalla natura.”
“Considerato che le tue esperienze militari si sono sempre concluse con successo, seguirò i tuoi consigli.”
“Mi lusinghi, mio signore.”
“Quanto alla battaglia… vorrei scendere direttamente in campo, ma non mi pare il caso.”
“Decisamente no – confermò Shao – non è il tipo di battaglia dove l’imperatore di Xing va di persona a combattere. Creeresti scompiglio e basta, senza contare che almeno uno squadrone di cinquanta uomini ti circonderebbe per proteggerti.”
“Trovo molto irritante questa situazione! Vorrei mettermi alla prova: per ora ho avuto solo combattimenti corpo a corpo. Non mi è mai capitato di partecipare personalmente a battaglie tra eserciti.”
“Dovevi pensarci prima di diventare imperatore – Shao sorrise lievemente – hai potere, certo, ma lo paghi con la limitazione di molte libertà. Compresa quella di agire di testa tua.”
“Il mio clan ha tratto beneficio dalla mia ascesa al trono e anche gli altri – la sua voce sembrava cercare di convincere se stesso, ma si coglieva il rimpianto per quell’amara verità che il fratello aveva appena enunciato – è quello per cui sono nato e cresciuto.”
“A ciascuno il suo destino, Ling Yao: se ti può consolare, io nemmeno scenderò sul campo di battaglia.”
“Stai accanto a me con May e gli altri dello stato maggiore. Se ci dovessero essere pieghe inaspettate voglio avere il tuo parere in tempi più che celeri.”
“Sarà fatto, imperatore.”
 
Circa due ore dopo, come Shao vide l’esercito nemico fiondarsi a capofitto contro le truppe imperiali disposte in squadroni da cento soldati ciascuno, esultò interiormente.
Stava succedendo esattamente quello che aveva previsto: vedendo solo degli squadroni davanti a loro, i nemici si erano buttati a capofitto in quell’ultimo scontro, nella vana speranza di una minima vittoria. Mostrarsi più deboli ed organizzati di quanto in realtà fossero era uno stratagemma che avrebbe garantito l’effetto sorpresa all’esercito imperiale.
“Sciocchi…”
Fu uno dei generali anziani a sibilare quell’insulto ed il principe sospettò che fosse arrabbiato con i nomadi perché cadevano come polli nella trappola. Con tutta probabilità, nella sua arroganza, aveva sperato che il piano proposto fallisse e che si tornasse alle più normali strategie.
Proprio come nella politica, anche nell’esercito le innovazioni sono dure da recepire.
“Lasciateli avanzare ancora per qualche minuto – disse Ling con voce salda – al mio segnale avvisate i reparti di cavalleria.”
Se ne stava dritto sul suo cavallo bianco, vestito con l’armatura cerimoniale di lamine di ferro e decorazioni d’oro bianco e giada. Tuttavia aveva lasciato l’elmo nella sua tenda ed i capelli neri stavano raccolti indietro, lasciando solo qualche ciuffo in libertà, quasi una piccola ribellione. Avrebbe tanto voluto buttarsi nella mischia, si capiva: il suo destriero spesso scartava in conseguenza alla sua impazienza.
Lan Fan stava a cavallo dietro di lui e sembrava pronta a scattare, quasi avesse paura che all’improvviso il suo signore commettesse davvero la follia di dimenticarsi del suo rango e correre verso la battaglia per il puro gusto di misurare le proprie capacità.
Arrivò il momento e alla cavalleria venne dato il segnale.
Immediatamente l’aria si riempì del rumore sordo di oltre tremila cavalli che iniziavano a galoppare freneticamente, abbandonando le loro posizioni arretrate e iniziando la manovra d’accerchiamento dell’esercito nemico. In pochi secondi per le persone che osservavano dall’alto della collina non fu più possibile vedere niente: la polvere e la sabbia sollevati dagli zoccoli avevano formato una nuvola enorme che avvolgeva tutto il campo di battaglia. La pressione di quelle centinaia di animali era tale che persino l’imperatore ed il suo seguito poterono sentire lievi scossoni nella terra sotto i loro destrieri.
Shao lanciò una rapida occhiata alla sua destra e vide che Sun stava dritta sulla sua cavalla, perfettamente immobile: solo i suoi occhi scuri tradivano l’eccitazione ed il timore per quello spettacolo che per lei era una novità assoluta.
Andrà bene – cercò di comunicarle il principe col pensiero – non hai niente da temere: non entreranno oltre nella tua provincia ed il tuo popolo non avrà nulla di cui preoccuparsi.
Mosse leggermente il suo ventaglio fino a sfiorare, con quella che pareva casualità, la mano che serrava le redini. Sun ebbe un sussulto e si girò verso di lui non aria colpevole.
“Sto bene…” mormorò appena, tanto che Shao percepì cosa diceva solo dal movimento delle labbra.
“Ti stai comportando benissimo.”
Non era facile per lei, si capiva: vedere degli eserciti che si davano battaglia era comunque uno spettacolo d’impatto specie se si aveva la consapevolezza del prossimo sterminio di una delle due fazioni. Le esecuzioni a cui magari aveva assistito sin da giovane erano più fredde e impersonali e facevano parte comunque di una forma di quotidianità a cui era stata educata.
Ma una guerra non…
“E quello che sarebbe?!”
L’esclamazione di Ling lo fece voltare immediatamente verso il campo di battaglia.
La nuvola di polvere e sabbia sembrava aver preso vita, era l’unico modo per poter descrivere quanto stava accadendo. Non poteva essere un effetto naturale, anche perché quel fenomeno stava palesemente accanendosi contro i soldati di Xing, mettendoli in seria difficoltà.
“Non c’è un filo di vento! – esclamò Sun – Non è possibile!”
“Lo sapevo che il polverone provocato dai cavalli ci avrebbe messo nei guai…” sbottò il generale che aveva parlato poco prima.
“E’ alchimia! – esclamò May, incitando il suo cavallo per andare tra Shao e Ling – Non ci sono dubbi!”
“Probabile – annuì Shao, cercando di tenere fermo il suo destriero che scartava innervosito – non ho idea di che alchimia possano usare nei paesi oltre il mare, ma è chiaramente una manipolazione della sabbia.”
“Dannazione, chiunque la usi va immediatamente fermato!” sbottò Ling.
“Avverto il suo chi! – la principessa prese la mano di Shao tra le sue – lo senti pure tu? C’è l’alterazione del flusso del drago nel punto dove parte l’alchimia.”
Il principe si concentrò, mettendo da parte tutto il trambusto e concentrandosi sul potere che fluiva sulla terra: fu come se all’improvviso si tracciasse un sentiero irregolare che scendeva giù dalla collina per andare in un preciso punto del polverone.
“Sì, lo sento, però dobbiamo… May!”
La fanciulla aveva già lanciato il suo destriero al galoppo nel pendio della collina.
“Dannazione!” sibilò Ling.
“No! – lo bloccò Shao – Tu no, lo sai bene! Mio, Sin! Andiamo!”
Seguito dai due gemelli il principe non perse tempo ed incitò il suo destriero nella direzione presa dalla sorellastra. Era una follia bella e buona addentrarsi in quel campo di battaglia dove stava accadendo di tutto.
Ma come è vero che mi chiamo Shao Ming, la riporterò indietro sana e salva!
 
Quella nuvola di polvere e sabbia era come se fosse una vera e propria parete.
Quando il suo cavallo impattò contro di essa Shao sentì proprio come se uno spesso muro si infrangesse per fare entrare lui ed i gemelli in quell’inferno confuso che era la battaglia.
Ovviamente con quella manipolazione della sabbia i guerrieri di Xing avevano perso la loro compostezza e ora infuriava un corpo a corpo caotico e alla cieca: non c’era più alcuna formazione a tenere testa agli invasori, solo soldati spaventanti da quanto stava accadendo. Non era questa la tipologia di battaglia che erano abituati ad affrontare.
La visuale era ridottissima: Shao poteva vedere giusto a un paio di metri da lui, tenendo gli occhi socchiusi per impedire ai granelli di sabbia impazziti di accecarlo.
“Principe – gridò Mio, per farsi sentire in quel caos – è una follia stare a cavallo!”
Era vero: le bestie avevano netta difficoltà ad avanzare e cozzavano di continuo contro i soldati che combattevano.
“Smontiamo! – esclamò Shao di rimando – restiamo uniti… e seguite me! Tenete alta la guardia: devo restare concentrato sul chi di May per poterla trovare in mezzo a questo inferno.”
Non gli piaceva per nulla prendere una simile decisione, ma non aveva scelta: doveva abbassare tutte le sue difese e seguire quella flebile pista in mezzo all’inferno più totale di flussi di energia impazziti dalle forti emozioni che caratterizzavano la battaglia.
Strinse con la mano il suo ventaglio, cercando di trarre forza dalle piume di falco, ed iniziò ad avanzare quasi alla cieca. Dopo qualche secondo la sua concentrazione fu tale che i rumori cominciarono ad attutirsi nella sua mente, così come il fastidioso e pungente battere dei granelli di sabbia sul suo viso. Era come camminare su una pista surreale, solo in parte consapevole che Sin e Mio stavano probabilmente uccidendo chiunque si avvicinasse troppo a lui.
May… May… May – continuava a ripetere quel nome, come se fosse indispensabile per seguire quella debole traccia di chi che gli appariva come uno strano filo luminoso che rischiava di spezzarsi da un momento all’altro – May… sorellina… May!
Il filo lo portò a destinazione, proprio come aveva voluto.
La battaglia ritornò improvvisamente reale, tanto che ne ebbe quasi un impatto fisico devastante: non sapeva quanto tempo aveva passato in quello strano estraniamento, ma intuiva solo che se continuava a imperversare quella nuvola maledetta di polvere e sabbia sarebbe impazzito.
“Shao!” la voce di May fu l’elemento decisivo per farlo riscuotere.
Ignorando la coppia di soldati che combatteva a pochi passi da lui, il principe scattò in avanti e prese le redini del cavallo impazzito che la principessa cercava di calmare in tutti i modi. Tuttavia la bestia non riusciva a tollerare quella tempesta innaturale e si impennò per l’ennesima volta, tanto che May riuscì a non venir disarcionata per puro miracolo.
“Scendi! – le gridò, tirando con forza quelle redini in modo da far tornare la bestia sulle quattro zampe – non puoi tenerlo!”
La fanciulla obbedì ansimando e cercò di approfittare di quel momento di relativa calma per smontare. Tuttavia, dopo che ebbe levato un piede dalla staffa ed iniziato a muovere la gamba verso il lato della discesa, l’animale ebbe un nuovo scatto che nemmeno Shao riuscì a controllare.
Fu un attimo e la principessa ruzzolò a terra con il piede destro ancora impigliato nella staffa. Batté pesantemente la schiena sul suolo, mentre il piccolo panda rotolava a qualche metro da lei, e la sua gamba venne ancora strattonata dai movimenti del destriero, rischiando di portarla sotto gli zoccoli che scalpitavano.
“Shao!” esclamò disperata.
Merda! – sibilò il principe, impossibilitato a mollare la presa sulle redini – Fate qualcosa!”
Si girò verso i gemelli, entrambi impegnati a tenere lontano diversi assalitori che li avevano individuati e li vedevano come facili prede. Fu Sin a riuscire a disimpegnarsi e con un rapido balzo corse accanto a May, recidendo con un pugnale il pezzo di cuoio che legava la staffa alla sella. Raccolse la principessa tra le braccia proprio nell’istante in cui gli zoccoli posteriori scalciavano verso loro e rotolarono a diversi metri dal pericolo.
Shao mollò le redini e corse subito accanto a loro.
“Caviglia slogata, se non peggio – dichiarò Sin cercando di far risollevare la fanciulla – non può camminare.”
“May… May, da brava, guardami.”
La ragazza si aggrappò al fratello con un singhiozzo disperato, gli occhi rossi per il gran lacrimare dovuto alla polvere e alla sabbia. Il piccolo panda recuperò la sua posizione sulla spalla di lei e le strofinò la testolina contro la guancia.
“Scusami… scusami…”
Shao sentì appena quelle parole in mezzo a tutta la confusione che regnava attorno a loro.
Un secondo dopo Mio si era parato davanti a lui e aveva reciso la gola ad un soldato che si era fatto troppo vicino.
“Dobbiamo uscire da questo inferno!” dichiarò.
Facile a dirsi, ma con l’ingombro di May che doveva essere sostenuta si rendeva ancora più difficoltosa una situazione già al limite della sopravvivenza.
“May, tieniti a me e cerca di non sforzare troppo…”
“No! – lo interruppe lei, con voce ansante per il dolore – non possiamo tornare indietro! E’ , a poca distanza, lo sento!”
“Non siamo nelle condizioni di…”
“Lo sento!” si divincolò May con disperazione.
Shao fu tentato di darle un ceffone per l’imprudenza e l’isteria che stava dimostrando, tuttavia la sua anima di stratega fu consapevole che eliminare il manipolatore degli elementi voleva dire risolvere la battaglia. Si concentrò ancora, recuperando la pista che aveva percepito in cima alla collina: May aveva ragione, era davvero molto vicino.
Adocchiò la spada ricurva di un guerriero morto vicino a loro e poi affidò la sorella a Sin.
“Proteggetela a costo della vita!” disse, recuperando quell’arma.
“Principe!”
“E’ un ordine!”
Non aspettò risposta: iniziò ad avanzare di nuovo in mezzo a quelle folate di sabbia e polvere.
Non seppe quanto percorse, ma ad un certo punto si rese conto che piano piano quella tempesta stava diminuendo in maniera sensibile.
Certo, come al centro del ciclone – rifletté – fa in modo di non venir colpito da quello che scatena.
E infine lo vide.
Sembrava uno di quegli eremiti che vestivano solo di stracci o di pelli. Ma questo aveva un aspetto molto più selvatico e le sue guance erano tatuate con strani simboli azzurri. Era vecchio e scarno, nudo dalla cintola in su e con una pelliccia di qualche strano animale scuro a mo’ di mantello.
Stava lì, immobile, con la testa all’indietro e le braccia spalancate: mormorava parole in una strana lingua mentre, attorno a lui, sul terreno, uno strano cerchio di luce rossastra pulsava con violenza.
La circolazione del potere! – intuì Shao.
Gli bastò quell’elemento: corse verso quello strano stregone e con la lama della spada tracciò un solco in modo da spezzare il cerchio. L’effetto fu immediato e la luce rossastra svanì.
Il vecchio, troppo preso dal suo incantesimo, si rese conto solo in quel momento della presenza di Shao e di quanto era stato fatto. Rivolse sul principe i suoi strani occhi violetti e lo fissò con terrore e furia cieca, evidentemente stranito dal fatto che un non adepto avesse osato violare quei riti sacri e avesse riconosciuto la fonte dell’energia.
Shao non gli diede tempo di pensare ad altro: non voleva correre il minimo rischio di nuove dimostrazioni alchemiche. Con una mossa rapida gli andò addosso e gli tagliò la gola, concedendogli una morte rapida ed indolore.
E fu la fine della tempesta di sabbia.
 
Il giorno dopo Shao sedeva nella sua tenda, nell’accampamento dell’esercito che contava i danni dopo quella strana battaglia che comunque si era conclusa con una vittoria.
Era andata bene, ma erano stati sul punto di perdere, questo il principe non faticava ad ammetterlo.
Anche dopo che la tempesta di sabbia era improvvisamente cessata tutti i soldati erano comunque rimasti in uno stato di insicurezza e perplessità. La maggior parte della cavalleria era dispersa, considerato che i cavalli erano letteralmente impazziti per quel fenomeno al di fuori della loro concezione, e le poche centinaia di cavalieri ancora in sella avevano difficoltà a riorganizzarsi.
Shao era rimasto accanto al cadavere del mistico per qualche secondo e poi aveva alzato lo sguardo davanti a quello strano caos calmo di soldati che si guardavano attorno non capendo bene cosa era successo.
“Xing! – aveva gridato, ignorando il dolore alla gola secca – In formazione!”
Aveva alzato la spada e a quel segnale i soldati dell’impero più vicini a lui avevano iniziato a recuperare lucidità, ricomponendo come potevano le formazioni. Da quel piccolo nucleo la disciplina si era poi propagata lentamente nel resto del campo di battaglia, con i soldati che si disimpegnavano dal corpo a corpo per tornare in squadre compatte.
I nemici, già turbati dalla perdita del loro stregone, erano invece in netta difficoltà e non c’era nessun leader che prendesse in mano la situazione.
“All’attacco!”
Era stata Ling a gridare quelle parole: l'imperatore aveva spezzato qualsiasi indugio e si era catapultato a capofitto dalla collina, brandendo la sua spada.
E lì Shao aveva capito che avevano la vittoria in pugno.
“Sei ancora furente con me?”
La voce di May lo fece riscuote e si scostò leggermente da quella panca per farle spazio.
Zoppicava ancora, segno che si era rifiutata di usare l’alkaestry per guarirsi. Shao non le chiese il perché: probabilmente la ragazza considerava il dolore come una piccola espiazione per aver messo a repentaglio la vita sua e dei gemelli con quella corsa sconsiderata verso la battaglia.
Sull’essere furente con lei… sì, lo era ancora: l’avevano salvata per il rotto della cuffia e anche se la battaglia si era conclusa pure grazie al suo intervento, non era un gesto degno di lode, tutt’altro.
“Ho chiesto scusa a Mio e Sin – continuò la principessa – e anche a Ling, sebbene pure lui fosse furente con me. Ma credo che mi abbia perdonato, così come i gemelli: sono stati molto gentili e mi hanno detto che hanno semplicemente fatto il loro dovere.”
“Sei una principessa di Xing, cosa ti aspettavi? – sbuffò Shao – Che ti dessero lo schiaffo che meritavi?”
“Se ti può far sentire meglio allora dammelo pure questo schiaffo – si offrì lei – ma eravamo gli unici che potessero fare qualcosa in quel frangente, lo sai.”
“Se mi avessi dato qualche minuto di tempo, sicuramente avrei inventato qualcosa – disse il principe con voce cupa – ci hai colti di sorpresa e ringrazia la mia prontezza e quella di Mio e Sin. Rischiavi di morire schiacciata dagli zoccoli del tuo stesso cavallo. Questo lo chiami fare qualcosa?”
Lei abbassò il capo e rabbrividì: sicuramente quello era il ricordo peggiore di quella battaglia. Il dolore per la botta e la gamba ferita dovevano essere ancora vividi, ma soprattutto doveva esserlo quello della morte così vicina da poterla sfiorare.
“E’ successo anche ad Amestris, sai? – mormorò lei – C’è stato un momento in cui abbiamo davvero rischiato di perdere tutto, le nostre vite per prime. Ammetto che però lì ho avuto più coraggio, eppure… era una battaglia molto più dura ed estrema.”
“May, una battaglia tra due eserciti è un’esperienza totalmente diversa; agire d’impulso la maggior parte delle volte è dannoso e rischia di farti perdere.”
“Agisco d’impulso… non sei la prima persona che me lo dice. Ad Amestris diverse persone… sarei potuta diventare io imperatrice, sai? Avevo una creatura immortale tra le mani, prima che Ling avesse la sua pietra filosofale, ma… – sorrise tristemente mentre le lacrime iniziavano a colare – a quanto pare non posso fare a meno ad immischiarmi in cose che non mi riguardano, come le faccende di un’altra nazione. Però questo è il mio paese!”
“Bene, adesso anche le lacrime – sospirò Shao, passandole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé – non sono più furente con te, sei contenta?”
“Ho creduto davvero che quel cavallo mi ammazzasse! – pianse lei, cercando il suo abbraccio – In quegli orribili momenti non… non credevo che ce l’avrei fatta!”
“Direi che abbiamo tutti bisogno di un bel periodo di riposo – ammise il principe – tra una settimana, se Ling non ha più bisogno di me, tornerò a casa, a sistemare tutto quanto. Vuoi venire con me? Ti ho promesso da tempo che ti avrei portato a visitare la mia provincia e a conoscere la mia famiglia. Mi pare il momento migliore, no?”
May provò a sorridere, ma fece un vero disastro con il pianto in pieno corso.
Ma la sua risposta fu chiaramente positiva.

 
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. Pensieri di donne ***


Capitolo 17.
Pensieri di donne



“Donna che non si concede, donna che conquista.”
Proverbio cinese.


Xing, 1919.
 
“Non mi pare che abbia la minima intenzione di tornare a casa o alla capitale e, d’altra parte, nemmeno tu mi sembri dell’idea di farla andare via. Non credo di averti mai visto così affezionato a qualcuno, figlio mio.”
Shan-Ju disse quelle parole senza alcun rimprovero limitandosi a guardare divertita May che faceva una sessione di arti marziali assieme a Mio, mentre Sin osservava con attenzione al margine del campo d’addestramento.
“Diciamo che aveva proprio bisogno di uno stacco netto – ammise Shao – e se le settimane sono diventate mesi non importa. Tu ed il nonno siete molto felici di averla qui, inutile negarlo.”
“La principessa del clan Chang è davvero adorabile – annuì la donna – però è tua sorellastra. Prima o poi dovrai pensare seriamente a prendere moglie, Shao. Tuo nonno ormai ha settantasette anni e vorrebbe morire con la sicurezza che il nostro clan avrà degli eredi.”
Il principe si mordicchiò il labbro inferiore con aria pensosa: al contrario di quanto succedeva col nonno, con la madre non gli andava di avere dei battibecchi, seppure in tono tranquillo. Però era vero che la questione dell’erede stava diventando pressante e non sarebbe potuto fuggire per sempre: aveva quasi ventotto anni ed era nell’età giusta per contrarre matrimonio.
“Chi è lei?”
La voce di Shan-Ju era dolce e comprensiva e Shao nemmeno si girò. Da tempo sapeva che sua madre aveva intuito qualcosa senza però chiedergli spiegazioni. Forse era davvero arrivato il momento di parlarne.
O almeno sfogarmi con qualcuno di cui mi fido – si disse – la questione, tanto, mi pare definitivamente chiusa. Che poi aperta non è mai stata.
Erano passati più di otto mesi dall’ultima volta che aveva visto Sun, per quanto si fossero scambiati diversi messaggi tramite i piccioni viaggiatori. Ormai la situazione politica della provincia Yen e di quelle limitrofe era in corso di stabilizzazione: il territorio del clan Lu era stato smembrato e le zone andate sotto il governo di Sun erano prolifiche e tranquille, senza nessun funzionario testa calda che volesse mettersi contro la nuova signora. Anche i presunti alleati del clan Lu avevano ottenuto delle terre, sebbene Ling avesse imposto nei loro territori la presenza di diversi reparti dell’esercito: a titolo precauzionale aveva detto, ma tutti sapevano che era per tenere sotto controllo chi aveva tramato contro di lui.
“E’ la signora di una grande provincia – disse – che deve passare il nome del suo clan ai suoi figli.”
“Capisco – la mano della donna cercò quella del figlio e la strinse – per suscitare il tuo interesse questa fanciulla deve avere delle grandi doti.”
“Siamo amanti…”
Non seppe perché disse quella frase: era un dettaglio che avrebbe potuto benissimo tacere. Alle proprie madri in genere si evitavano notizie simili, sebbene magari non giungessero del tutto inaspettate.
“Sai, a volte mi sono chiesta come sarebbe stata la mia vita se mi fossi sposata normalmente – ammise Shan-Ju – con tuo padre è stato solo mero dovere, lo sai. Chiudevo gli occhi e aspettavo che finisse, chiedendomi se sarebbe stata la volta buona per restare incinta: non era molto piacevole.”
“Mi dispiace di averti fatto attendere più anni del previsto.”
“Sei stato veloce ad arrivare rispetto ad altri principi, non mi posso lamentare: ho passato solo due anni a corte. Ma per tornare al discorso principale, mi sono spesso chiesta cosa sarebbe successo se avessi trovato un uomo speciale.”
“Non sei facile da accontentare, madre, in questo sei come me.”
“Proprio per questo se l’avessi trovato avrei pensato seriamente di prenderlo come amante: credo che per determinate cose ne valga davvero la pena.”
“Le hai dette al nonno queste cose?” ridacchiò il principe.
“Lui e tua nonna si amavano molto, è diverso: hanno avuto la fortuna di trovarsi e stare assieme per tanti anni senza doversi nascondere. Credo che in certi casi sia proprio destino.”
“Destino… già. Il suo destino sarà sposare qualcun altro: se ci andrà bene ci rincontreremo quando saremo vecchi e vedovi.”
“Quanta amarezza in questa frase.”
“Perdonami se l’idea di doverla attendere per anni ed anni non mi esalta. E mi dispiace anche per colei che sarà la mia sposa: la sto tradendo ancora prima di conoscerla.”
“In qualche modo si farà… e che dici della nostra May? – Shan-Ju cambiò argomento – credi che per lei arriverà il vero amore?”
“Oh, per lei stiamo parlando di una situazione forse più complicata…”
Interruppe la spiegazione perché proprio May lanciò un grido felice e corse verso delle persone che, scortate da alcuni soldati della tenuta, erano appena giunte vicino al campo d’allenamento.
“Capelli biondi – commentò Shan-je – Drachma?”
“No – scosse il capo Shao – Amestris.”
Non avevo dubbi che prima o poi sarebbe venuto da lei.
 
May aveva preso la decisione giusta.
Aveva scelto di restare ospite presso Shao senza andare a cercare Alphonse Elric.
Non gli aveva scritto né altro, lasciando a Ling il compito di dirgli dove trovarla nel caso l’avesse chiesto.
“Mi sento molto diversa da quella che ero anni fa: non voglio corrergli dietro come una stupida ragazzina infatuata. Credo di provare qualcosa per lui, in senso maturo, ma voglio avere conferma dei suoi sentimenti.”
Così aveva detto la principessa una sera che lei e Shao stavano chiacchierando dopo cena.
Era come se May ogni tanto decidesse di crescere all’improvviso, aggiungendo nuove sfaccettature di maturità alla sua persona. Invece di lasciarsi andare aveva scelto di attendere e vedere se le sue impressioni venivano confermate: come se avesse capito che in alcune occasioni fosse meglio lasciar lievitare gli eventi da soli.
E se Alphonse Elric era venuto nella lontana provincia di Ming solo perché c’era May, allora le conferme su quell’amore c’erano tutte quante.
“Crediamo di amarci.”
Lo disse la stessa May circa due settimane dopo che il giovane alchimista di Amestris era arrivato da loro. Era calma, serena, senza quell’eccitazione che la caratterizzava in determinati momenti: era perfettamente consapevole di tutte le difficoltà che quella relazione poteva creare, ma allo stesso tempo preferiva aggrapparsi ai sentimenti che provavano l’uno per l’altra.
“Era evidente, mi pare.”
Anche Shao preferì essere sintetico nella sua risposta, tenendo il medesimo tono di voce.
Sapeva benissimo cosa gli stava chiedendo la sorella facendogli quella confidenza: voleva il suo appoggio quando le difficoltà politiche e sociali si sarebbero fatte sentire. Perché prima o poi lei ed Alphonse avrebbero dovuto lasciare il nido sicuro che la provincia Ming offriva e andare a palesare le loro intenzioni a corte, dallo stesso imperatore.
“Lui approverà.” proseguì May, seguendo i pensieri del fratello.
“Certo, ma si scontrerà di nuovo con il consiglio e con le tradizioni del nostro paese. Il destino di una principessa di Xing è affare di stato, lo sai, e ancora una volta nostro fratello non potrà permettersi di fare quello che vuole. Sarebbe un affronto troppo sfacciato al tuo clan che si è sempre dimostrato fedele.”
“Lo dici in tono così amaro…”
“E’ semplicemente una constatazione di quanto il nostro sistema sociale spesso ci intrappoli – sospirò Shao senza troppi giri di parole – una volta una persona che stimo tantissimo mi ha detto che sarei dovuto diventare imperatore per cambiare le cose: disse che se criticavo così tanto il sistema del mio paese, era comunque ipocrita che facessi ben poco per modificare quello che ritenevo sbagliato.”
“Tu imperatore? – May ci rifletté su per qualche secondo – Non saresti riuscito a tenere a freno la tua lingua, fratello, proprio no. Credo che avresti scatenato le ire del consiglio più di quanto lo faccia Ling.”
“E pensare che sono l’ambasciatore di Xing e dunque dovrei fare della diplomazia il mio stile di vita – ridacchiò lui – ma ammetto che è completamente diverso essere in terra straniera e dover comunque mantenere una certa neutralità. Qui a Xing diventa sempre più difficile: voglio stare lontano da corte il più possibile.”
“Vuoi recuperare te stesso?”
“In un certo modo. Ci sono certe questioni che mi hanno coinvolto più del previsto e una sei tu.”
“Mi dispiace di averti fatto scendere dal tuo piedistallo di mosca bianca…” sorrise lei.
“Ehi, l’appoggio di Shao Ming non è mai da prendere alla leggera – la prese in giro – vedrai che in qualche modo si risolve. Voglio che almeno per te le cose vadano bene.”
“Almeno per me? – la fanciulla lo fissò con attenzione – Perché? A te non sono andate bene?”
“Diciamo che ho scelto una strada abbastanza complicata e adesso ne sto pagando le conseguenze.”
“Scegliere… in amore non credo che ci sia molta possibilità di scelta: quando ti innamori succede e basta, non è così?”
Shao sorrise ammettendo la verità di quelle parole.
“Allora ho la tua promessa? – chiese ancora lei, alzandosi in piedi – Che mi darai il tuo appoggio quando sarà il momento?”
“Hai la mia promessa.”
“Grazie, sul serio! Adesso vado da Al: voglio chiedergli se ha voglia di fare una passeggiata prima di coricarsi. E’ sempre preso dai suoi studi che i momenti liberi sono davvero pochi.”
“Credo che un momento per te lo troverà sempre.”
 
Probabilmente fu l’aver visto May e Alphonse riuscire ad esternare i propri sentimenti, oppure fu il pensiero che presto o tardi una donna estranea sarebbe entrata nella sua vita, ma dopo qualche settimana Shao sentì l’impellente necessità di andare da Sun. Fu una decisione impulsiva, presa nel cuore della notte: si prese premura solo di avvisare sua madre che, dopo qualche secondo di silenzio, gli mise una mano sulla guancia e gli augurò buona fortuna.
Buona fortuna per cosa? Forse stava andando solo a dirle addio, forse l’avrebbe trovata già con dei pretendenti alla sua mano. Forse avrebbe fatto troppo male ad entrambi perché sapevano benissimo che non sarebbe stato il per sempre che avevano desiderato.
E tu sei solo uno scemo ad arrivare al suo palazzo in piena notte, dopo giorni di cavalcate estenuanti, entrare come un ladro scavalcando i muri di cinta con quelle due povere guardie del corpo che sicuramente si stanno chiedendo se hai perso la ragione…
Ma mentre pensava quelle cose poco onorevoli, atterrava con un balzo elegante nel balcone delle stanze della sua amante, occultandosi dietro le tende per evitare che qualche dama di compagnia potesse vederlo e spaventarsi facendo scoprire la sua presenza.
Tuttavia la stanza era quasi del tutto buia e dopo qualche secondo, nel silenzio, riuscì persino a sentire il respiro regolare di Sun che dormiva. Con un sospiro avanzò nel pavimento sino al letto, sedendosi poi accanto alla giovane e contemplandola alla luce di una piccola lampada posata in un basso tavolino poco distante. Rimase così diversi minuti, beandosi della sua semplice presenza, indeciso se svegliarla o meno.
Forse sarebbe la cosa migliore… andartene in silenzio e riprendere la via di ritorno verso casa.
Ma mentre pensava queste cose le posò una mano sulla guancia, in un gesto sufficiente a svegliarla.
“Shao? – lei aprì immediatamente gli occhi: era una di quelle rare creature che riescono a destarsi completamente nell’arco di un secondo – Sei proprio tu?”
“Un vero sciocco, lo so…” sorrise lui, abbracciandola non appena lei si mise seduta tra le lenzuola.
Le loro labbra non persero tempo ad incontrarsi, come assetati che trovano finalmente una fonte nel deserto dopo lunghi giorni di peregrinare. Era così, non ci potevano fare niente: per tutti quei mesi le loro lettere avevano cercato di nascondere la passione che provavano l’uno per l’altra come se, lentamente, avessero provato ad iniziare quel doloroso distacco. Ma tutto quel duro lavoro venne miseramente spazzato via da quei pochi secondi.
“Lo sapevo – mormorò lei tra un bacio e l’altro – sentivo che saresti tornato da me!”
“Allora dovevi tenere queste dannate finestre chiuse – ribadì il principe, iniziando a slacciarle la veste da notte – avresti dovuto impedirmi questa follia!”
“Mai e poi mai – sorrise lei trascinandolo con sé nel letto – le avrei tenute aperte fino alla fine del mondo in tua attesa, Shao Ming. Col caldo, con freddo… vento e pioggia non mi avrebbero fermato!”
“Siamo dei pazzi – sospirò Shao, scivolando tra le sue braccia, in quell’incastro perfetto che i loro corpi avevano imparato a creare – dei pazzi…”
Ma quella pazzia aveva il potere di inebriarlo e non riuscì a pensare ad altro che a giacere assieme alla sua amante.
 
“E così darai il tuo appoggio a May Chang… ne sono felice.”
L’alba li sorprese così, abbracciati l’uno all’altra in quel letto profumato, a parlare del futuro come se fossero una coppia di sposini senza alcuna ombra ad insidiare la loro felicità. Era un atteggiamento davvero stupido e una piccola parte del cervello di Shao continuava a martellare questo concetto nella mente del suo proprietario. Tuttavia il principe non voleva ancora abbandonare quella piccola illusione: si godeva ogni minuto, ogni secondo, nonostante quel dannato conto alla rovescia che portava al momento in cui una dama di compagnia avrebbe bussato per annunciare a Sun l’inizio della giornata.
“In qualche modo risolveremo… oppure il consiglio rovescerà il governo, chissà.”
“C’è sempre la possibilità che lei vada ad Amestris – propose Sun con aria sognante – non penso che le importi molto di stare qui a Xing. E da quanto mi ha raccontato ha diversi amici in quel paese: si potrebbe trovare bene.”
“Chissà… per adesso lei ed Alphonse Elric sono al sicuro a casa mia. Senza fare cose troppo compromettenti, non penso che andranno oltre i baci.”
“Non sono come noi che ci siamo lasciati andare in così poco tempo, vero? Ci dobbiamo considerare un pessimo esempio?” gli occhi scuri di lei brillavano con malizia.
“Indubbiamente!” la baciò lui.
Rimasero qualche minuto in silenzio, limitandosi a scambiarsi effusioni come due gatti impigriti.
Poi, quasi all’improvviso, Sun si fece seria in volto e, messasi supina, si mise a fissare il soffitto con aria assente.
“Ho preso la decisione che fino ai venticinque anni non mi sposerò: l’ho fatto sapere anche all’imperatore e lui ha accolto questa mia richiesta.”
Quella frase bastò per spezzare il bozzolo di illusione nel quale si erano rifugiati sino a poco prima. Shao non rispose, ma anche la sua espressione cambiò, diventando impassibile.
“Essendo io la governante di questa provincia voglio consolidare le basi del mio potere: se mi sposassi subito ci si potrebbe fare l’idea che sarebbe il mio consorte a capo del clan, ma non sarà così.”
“Sai già chi sarà?” Shao fece quella fatidica domanda: se Sun aveva parlato di matrimonio voleva dire che c’erano delle novità che via lettera non gli aveva comunicato.
“Clan Cho, il secondo figlio maschio… ha solo qualche anno più di me. Sarà anche un buon motivo di alleanza, sai? Del resto il clan Cho è quello da cui provengono i metalli per gli automail e questo indurrà i clan che hanno partecipato alla congiura a pensarci due volte prima di tentare altre mosse false.”
E così il rivale aveva finalmente un’identità.
Questo bastò a Shao per provare un feroce odio contro quella persona che nemmeno conosceva, a prescindere che fosse o meno il miglior uomo del mondo. Ma si costrinse a stare calmo: non sarebbe servito a niente far trasparire la sua rabbia.
“Un giorno verrò a sapere che pure tu ti sarai sposato – disse Sun con voce pacata – non so come potrò reagire alla notizia. Credo che impazzirò… lei non potrà mai essere alla tua altezza.”
“E quel giovane Cho sarà alla tua?” chiese sarcasticamente.
“No, non lo sarà – lei si mise seduta, il pallido sole del mattino che le illuminava la pelle bianca del fianco rivolto alla finestra – dopo di te nessuno potrebbe esserlo. Ma non si può fare altrimenti, lo sai.”
“Perdonami se non ti faccio le congratulazioni – ribadì lui – non… dannazione, Sun, dovevi dirmelo.”
“Se te l’avessi scritto, saresti venuto lo stesso da me?” chiese la ragazza con disperazione.
“Ovviamente.”
“Non mentire!”
“Sarei venuto anche prima, stupida, perché proprio adesso non ti fidi di noi due?”
Lo disse con rabbia, forse era la prima volta che usava un tono così duro con lei. Tuttavia c’era la bruciante delusione della sconfitta… quell’inevitabile sconfitta che aveva cercato di evitare fino all’ultimo.
Osservò la sua amante, vedendo come il viso fosse teso per l’angoscia; negli occhi scuri si intravedevano già le prime lacrime e questo lo indusse ad abbracciarla con amore e ad indurla a sdraiarsi di nuovo nel letto.
“Non hai idea di come mi sia sentita quando ho annunciato quella decisione – sospirò lei, abbandonandosi contro il suo petto – era come se il mondo mi stesse crollando addosso. Continuavo a guardare la porta, sperando che tu arrivassi e con qualche magia mi portassi via da quello che stavo facendo… che strappassi quella maledetta pergamena con l’impegno di matrimonio.”
“Se mi avessi avvisato…”
“Non possiamo…” mormorò Sun, lasciando fuoriuscire le lacrime in completa libertà.
La abbracciò e la consolò come avrebbe fatto con una bambina spaventata, ma la sua mente continuava a giacere su un limbo di rabbia, dolore e disperazione. La stava perdendo: quei venticinque anni sarebbero arrivati fin troppo in fretta.
Per un assurdo paradosso gli venne in mente l’imperatore morente: l’aveva dato per spacciato eppure quell’uomo era continuato a vivere ancora per mesi e mesi, prolungando un’agonia che non aveva nessun senso.
E’ lo stesso per noi… stiamo solo alimentando questo dolore.
“Shao… ascoltami…” mormorò lei, alzando il viso.
“Dimmi.”
“Rimani qui… almeno un paio di mesi – una nuova luce brillava nei suoi occhi scuri ed umidi per le lacrime – te ne prego.”
“Sun… come si fa? – le chiese con rassegnazione – Non ho motivo per stare qui, capirebbero tutti.”
“Che capiscano pure – scosse il capo – non importa! Anche se ho preso l’impegno con il Yu Cho fino al compimento del mio venticinquesimo compleanno sono una donna libera, al comando di una delle provincie di Xing.”
“E’ una follia…”
“C’è una piccola tenuta, ad un giorno di viaggio da qui – spiegò lei – mio padre la fece costruire per mia madre ed è lì che sono nata io. Non ci va nessuno da anni, ma si fa in fretta a levare la polvere… io, te, qualche servo fidato.”
“Una governante non si può assentare per qualche mese…”
“Tu lo fai – lo baciò Sun, impedendogli di proseguire – nei tuoi viaggi a Drachma manchi ben più di qualche mese da casa. Ed inoltre… se proprio servo manderanno un messaggero. Me lo devi, Shao Ming… lo dobbiamo a noi stessi. Se proprio ci dobbiamo separare, almeno un paio di mesi solo per noi devono esistere.”
Devono esistere.
Shao non poté far altro che annuire davanti a quell’ennesima fuga.
Siamo solo dei vigliacchi.
 
 




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Capitolo difficile da buttare giù e non sono per niente soddisfatta u.u
Anyway siamo alle fasi conclusive: spero di terminare entro un tre capitoli

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. Di ritorno da una spietata danza ***


Capitolo 18.
Di ritorno da una spietata danza*



“Se c’è un rimedio perché te la prendi? E se non c’è un rimedio perché te la predi?”
Proverbio cinese
 
Xing, luglio 1920
 
All’inizio dell’anno giunse la notizia che Dars III, Autarca di Drachma, qualche settimana prima era passato a miglior vita: la malattia di cui erano comparsi i primi sintomi qualche anno prima aveva stretto la sua morsa uccidendo l’uomo, che fino a quel momento aveva sopportato in maniera egregia l’infermità, nell’arco di una decina di giorni.
Shao fu profondamente rattristato: il ricordo che aveva di quell’uomo era assai positivo, ma soprattutto gli dispiaceva per Derekj che era stato profondamente legato al genitore. Purtroppo i tempi per arrivare a Drachma erano troppo lunghi e questo indusse il principe a non partire per il funerale: non sarebbe mai arrivato in tempo, tutt’altro. E sarebbe stato anche inutile andare a trovare Derekj: il duca Esdev, colui che gli aveva mandato la missiva, gli aveva anche scritto che, dal momento del funerale, era tradizione che l’erede al trono si ritirasse in meditazione e lutto per almeno due mesi. Di conseguenza tutto quello che Shao poté fare fu di scrivere una lunga e sincera lettera al suo amico e promettergli tutto il suo appoggio durante il periodo della sua incoronazione.
Proprio questo evento avrebbe segnato una svolta epocale nella storia di Drachma, non che Shao non se l’aspettasse: Derekj aveva dalla sua la giovinezza e l’entusiasmo per mettere in atto alcuni radicali cambiamenti come la pace con Amestris. E difatti all’incoronazione fu invitata ad assistere anche un’ambasciata di quel paese che era tradizionalmente nemico o con il quale, a periodi, c’era un trattato di non belligeranza.
Quello che sorprese il principe fu vedere che l’ambasciata era costituita dal generale Mustang e dalla sua squadra, persone legate da profonda amicizia con l’imperatore di Xing. E tutte le vicende che accaddero in quella primavera del 1920 nella cittadella della capitale di Drachma furono così intriganti e sconvolgenti che Shao ne fu profondamente deliziato e prese parte attiva alle azioni che si susseguirono a ritmo incalzante.
E strinse pure lui amicizia con quei soldati di Amestris che, come scoprì, erano veramente degni della sua stima.
 
“Mi riprometto di andare a vedere Amestris, prima o poi – concluse Shao con soddisfazione – il generale Mustang mi ha raccomandato di andare a trovarlo ad East City, ma ho il vago sospetto che presto diventerà Comandante Supremo.”
“Oh, non ho dubbi su questo – disse Alphonse che, assieme a May, l’imperatore e Lan Fan, aveva ascoltato il lungo resoconto delle vicende di Drachma – lo conosco sin da quando era colonnello e sono sicuro che sarà un grande governante per il paese. Ho grande fiducia in lui.”
“E’ supportato da uomini di grande livello – proseguì Shao – hanno caratteristiche differenti tra di loro, eppure sono una squadra molto coesa e compatta. Mh, a proposito, Alphonse, ti devo chiedere conferma se ad Amestris si mangia così bene: durante il viaggio di ritorno il maggiore Breda mi ha spesso decantato le lodi della vostra cucina.”
“Ci difendiamo – sorrise il biondo con una risatina – ed il maggiore è un’autorità in materia culinaria, ne può stare certo principe.”
“Mi sarebbe piaciuto partecipare a tutta questa storia – sospirò Ling con un briciolo di malinconia – mentre tu ti divertivi con tutti quei colpi di scena qui la situazione è leggermente degenerata.”
L’atmosfera della stanza privata di Ling di colpo si fece più cupa e Shao capì perché May, qualche ora prima, l’aveva accolto con quell’abbraccio che aveva un non so che di ansioso. Quando era partito per Drachma lei ed Alphonse avevano deciso di rientrare a corte, ma non sapeva se avevano palesato le loro intenzioni.
Ma adesso sono abbastanza sicuro che lo hanno fatto.
“Mi dispiace, fratello – continuò Ling – ogni volta che vieni a corte ho sempre qualche questione spinosa da proporti: le tue visite non sono quasi mai di mera cortesia o diplomazia.”
“E’ saltato fuori tutto, vero? Mio signore, tu ne eri informato?”
“Ne ho avuto conferma da May ed Al stessi quando sono tornati a corte, ma non sono rimasto troppo sorpreso – scrollò le spalle l’imperatore – a dire il vero pensavo di avere più tempo in merito per sbrogliare la questione, ma il nonno di May ci ha messo in netta difficoltà.”
“Matrimonio?”
“Esattamente, ha detto a May che è sua intenzione farla sposare con l’erede di un clan confinante la loro provincia ed è saltato fuori tutto. May si è appellata a me, ma non è semplice: tutto il consiglio insorgerà come è verrà a conoscenza di questa faccenda. Una principessa di Xing che sposa uno straniero è qualcosa che va oltre la loro soglia di tolleranza.”
“Non sposerò nessun altro che Al!” dichiarò l’interessata, aggrappandosi al braccio del fidanzato.
Lo sguardo di Shao si spostò proprio su quest’ultimo: i suoi strani occhi dorati esprimevano imbarazzo per essere in una simile, spinosa situazione, del resto il suo carattere era propenso ad essere il più discreto possibile, senza creare nessun problema. Ma dall’altra il principe vi lesse anche una profonda sicurezza nei confronti dei propri sentimenti e una forza di volontà fuori dal comune.
No, non rinuncerà mai a May ora che si è reso conto dei suoi veri sentimenti.
Da un lato la cosa gli fece enormemente piacere. Uno dei suoi più grandi desideri era che May trovasse la persona giusta con cui trascorrere il resto della sua vita. Fino a quel momento aveva sempre giudicato Alphonse Elric in positivo, ma alla luce degli ultimi sviluppi e di quello sguardo così solido anche quel poco di perplessità che era rimasta nella sua anima svanì di colpo.
“Vediamo di analizzare la situazione – disse, iniziando a sventolarsi – il clan dei Chang non è tra i più ricchi, tutt’altro: hanno ottenuto parecchio benessere con l’ascesa al trono di Ling ed il fatto che May sia nelle grazie dell’imperatore ha fatto aumentare anche il prestigio. Di che clan sarebbe il tuo presunto futuro sposo?”
“Clan Bei – rispose May – la provincia a nord: quella che poi va a confinare con il territorio della capitale.”
“Uao, decisamente un bel salto di qualità – sgranò gli occhi il principe – il clan Bei è uno dei più antichi di Xing, entrare nella loro famiglia è considerato un grandissimo onore.”
“Pare sia stato il capoclan dei Bei a proporre un simile matrimonio – spiegò Ling – durante le ultime generazioni la loro influenza nel consiglio dei capoclan è passata leggermente in secondo piano e dunque cercano di recuperare posizioni con questo matrimonio.”
“Dire di no ad un’offerta simile è quasi come rifiutare un’offerta ad un prestigioso tempio…” commentò Shao, ottenendo in cambio un cenno d’assenso da parte di Ling.
Il silenzio si fece di nuovo pesante, mentre Shao cercava di trovare delle vie di fuga: finché si era trattato semplicemente di avvallare il fidanzamento tra May ed Alphonse la questione era sembrata tutto sommato fattibile, sebbene con ovvie difficoltà. Ma adesso che c’era un pretendete ufficiale di simile livello la piega presa era davvero drastica.
“Alphonse, nel tuo paese hai un ruolo di prestigio?” chiese, pur immaginandosi la risposta.
“Io? – il giovane arrossì – No, non proprio. Insomma, sono in rapporti di amicizia con il generale Mustang…”
“No, intendo ufficialmente: qualche titolo, qualche possedimento… qualcosa da opporre al nome dei Bei.”
“No, non credo. Ad Amestris vivo in un paesino chiamato Resembool, a casa di una sorta di zia… con mio fratello e sua moglie, o almeno, lo sarà tra poco.”
“Non ci siamo proprio – scosse il capo Shao con disappunto – e quel titolo? Alchimista di stato mi pare si chiami.”
“Non lo sono, lo era mio fratello, ma poi vi ha rinunciato. Siamo entrambi, come si può dire – Alphonse cercò le parole giuste – studiosi indipendenti.”
“Ottime carte in regola per costituire un rivale degno dell’erede del clan Bei…”
“Shao, per favore!” supplicò May.
“Il nonno di May non ha voluto minimanete tenere in considerazione il parere della nipote – spiegò Ling – tutto quello che per ora ho potuto fare è stato prendere tempo: quando una principessa viene concessa all’erede di una casata così importante è necessaria per tradizione l’approvazione imperiale.”
“E’ più corretto dire che è necessaria nel caso l’imperatore sia il padre della principessa, quando si tratta di uno dei fratellastri non è più così importante come dettaglio – corresse Shao – ma speriamo che il consiglio non si ricordi di questo particolare, almeno fino a quando non si sarà trovata una soluzione.”
“Ho già detto a mio nonno che sono pronta a rinunciare al mio rango di principessa!” sbottò la fanciulla con aria agguerrita.
“E io, se non ricordo male, già tempo fa ti dissi che il tuo rango di principessa ti resta per sempre. E’ questione di sangue, May: siamo i figli del precedente imperatore e questo fa di noi principi a prescindere.”
“Scusate principe – intervenne Alphonse – ma come è stato possibile che un imperatore concedesse una delle sue potenziali eredi al trono in sposa? Non la escludeva dalla contesa in un simile modo?”
“Non sempre gli imperatori si sono comportati come nostro padre – scrollò le spalle Shao – nella maggior parte dei casi sceglievano il proprio erede tra i vari figli quando erano ancora saldamente sul trono. Tornando a noi, che altre informazioni abbiamo?”
“L’erede del clan Bei ha ventisei anni, lei diciotto – spiegò Ling – non c’è nemmeno una questione anagrafica da poter sollevare. Screditare contemporaneamente il clan Chang ed il clan Bei sarebbe un affronto che non posso permettermi: si sono comportati egregiamente durante la battaglia di due anni fa, fornendomi truppe e sostegno. E anche se sono l’imperatore, in teoria avrei ben pochi motivi per intromettermi in quelle che in fondo sono questioni interne tra clan.”
“La mia felicità vale dunque così poco agli occhi del mio stesso paese?” adesso May permetteva alle lacrime di uscire liberamente.
“Su, non dire così – mormorò Alphonse abbracciandola – vedrai che faremo il possibile.”
Shao non poté far altro che sospirare nel vedere quella scena: ecco che i doveri nei confronti della propria famiglia costringevano a mettere da parte i sentimenti che una persona provava. Perché era facile pensare a matrimoni combinati fino a quando si era completamente ignoranti in materia d’amore: si faceva meno fatica ad accettare l’idea e magari, con il passare del tempo, con il proprio coniuge si arrivava ad instaurare un bellissimo rapporto. Ma quando si incontrava la propria anima gemella era differente, lo sapeva bene.
Sono passati quasi sei mesi da quando ho visto Sun l’ultima volta – si trovò a pensare – dovrei tornare da lei.
Ripensò a quel piccolo rifugio dove avevano passato quasi due mesi, praticamente solo loro: avevano giocato ai perfetti sposini, lasciando fuori tutto quello che non riguardasse esclusivamente loro due. Una fuga infantile che li aveva resi felici, ma che alla fine aveva lasciato nel principe una sorta di amaro in bocca. Si erano salutati come se fosse scontato che lui tornasse, ma sul serio era giusto continuare in quel modo?
“Fratello, mi ascolti?”
“Sì? – si riscosse, girandosi verso Ling – dimmi pure.”
“Conosci meglio di me il consiglio e anche le eventuali tradizioni a cui fare riferimento.”
“Le dovresti conoscere anche tu, mio signore.”
“Ma non fino a questo punto – ammise l’imperatore con una scrollata di spalle – potrei mettere a lavoro decine di studiosi per trovare qualche cavillo legale, sempre che esista, ma preferirei che la questione restasse il più possibile tra noi.”
“Il consiglio dei capoclan è stato informato?”
“No, ma lo sarà a breve – sospirò Ling – penso che nell’arco di pochi giorni il capoclan dei Bei presenterà ufficialmente la richiesta durante una seduta del consiglio e allora salterà fuori tutto quanto. A dire il vero sono sorpreso che non sia ancora successo.”
Shao rimase in silenzio per qualche minuto, valutando tutte le possibili evoluzioni del comportamento dei consiglieri, ma poi scosse il capo.
“Non credo ci siano dei precedenti – dichiarò – se e quando qualche imperatore ha negato la mano di una propria figlia l’ha fatto per motivi più che validi come per esempio l’inadeguatezza del pretendente o del suo clan, ma non è il nostro caso: a guardarla da ogni lato dal punto di vista sociale e politico è un matrimonio perfetto che, a conti fatti, rafforzerebbe pure te, mio signore.”
Si girò verso Ling, così come fecero tutti gli altri.
L’ultima decisione, la più importante, spettava a lui. Shao Ming ci poteva mettere la sua saggezza ed i suoi consigli, ma davanti ad una situazione così chiara poteva fare ben poco se non confermare la realtà dei fatti: negare quel matrimonio a favore di uno straniero come Alphonse Elric avrebbe fatto esplodere le ire del consiglio e offeso irrimediabilmente due clan che si erano dimostrati dei leali sudditi.
Ling Yao pareva consapevole di tutto questo e si concesse diversi minuti di tempo per riflette: sicuramente aveva passato notti insonni per pensare a come sbrogliare quella matassa e forse aveva sperato che il ritorno di Shao potesse in qualche modo portare a nuove soluzioni. Ma non c’era stato verso.
Sì, mio signore, sei a un bivio davvero difficile – rifletté il principe, fissando il viso teso del fratellastro – Le tue innovazioni precedenti avevano come fine dei benefici politici e sociali ben chiari e piano piano anche i più stolti se ne stanno rendendo conto. Ma qui no, tutt’altro. Qui è cuore contro buonsenso: metti a repentaglio la stabilità che ti sei tanto faticosamente guadagnato. Sai bene quanto malumori di clan possano alla lunga essere pericolosi… e indisporre proprio due dei più fidati è molto rischioso.
“Come imperatore – iniziò Ling, spezzando il silenzio – so bene quello che dovrei fare: dare il mio avvallamento per queste nozze…”
“Ling! – ansimò May – Non puoi farmi questo!”
“… però devo tanto ai fratelli Elric – continuò il giovane sovrano, bloccando con un gesto la sorella – e nella nostra avventura ad Amestris abbiamo rischiato il tutto e per tutto, probabilmente la nostra stessa anima. Ora che ripenso a quei tempi mi sembrano incredibilmente lontani. Io… davanti a Lan Fan e al cadavere di un mio grande e fidato servitore ho promesso che sarei stato un buon sovrano e avrei posto fine alle lotte interne tra i vari clan e più o meno ce l’ho fatta… ora rischio di rovinare tutto.”
“Mio signore – disse Lan Fan, intervenendo per la prima volta – mio nonno aveva grande fiducia in te. Sono certa che lui sarà fiero di qualsiasi decisione prenderai.”
Shao si girò a guardare la guerriera, estremamente colpito dal tono caldo e commosso della sua voce: era la prima volta che Lan Fan esternava così tanto dei sentimenti.
“… May – disse Ling a voce bassa – non posso dimenticare che è anche grazie a te se Ed ha riavuto il suo braccio, proprio quando tutto sembrava perduto. Non posso scordare le tue lacrime mentre credevi di aver perso la persona che avevi più cara. Non posso permettere che succeda ancora, te lo devo.”
“Parlerai a mio favore davanti al consiglio?” la giovane singhiozzò senza parere.
“Non posso fare altro… e prepariamoci alla bomba che esploderà.”
 
La bomba esplose eccome: la settimana successiva all’arrivo di Shao la famiglia Bei presentò la propria proposta di matrimonio durante una seduta del consiglio e Ling non poté far altro che declinarla, spiegandone la motivazione. A memoria di Shao non c’era mai stata un’opposizione e una protesta così drastica nei confronti dell’imperatore, soprattutto non c’era mai stata così tanta rabbia.
Il nonno di May era furente: dichiarò che piuttosto che dare sua nipote in sposa ad uno straniero, le avrebbe tagliato personalmente la gola. Anche il capoclan dei Bei, nonno del promesso sposo, gridò allo scandalo: era inammissibile che una persona senza alcun titolo e alcuna rendita potesse ambire alla mano di una principessa di Xing. E ovviamente a lui si accodò il resto del consiglio, anche coloro che in genere appoggiavano le decisioni innovative di Ling.
La situazione degenerò a tal punto che l’imperatore trovò più prudente che Alphonse tornasse nel suo paese d’origine, almeno fino a quando le acque non si fossero calmante: la sua presenza non faceva altro che indisporre ulteriormente i consiglieri e questo andava contro la loro situazione già difficile.
E Shao non poté che dare ragione al suo fratellastro, nonostante le proteste di May: si offrì anzi di accompagnare il giovane fino alla ferrovia nella provincia Yen.
“Ci rivedremo May, promesso – disse Alphonse mentre saliva a cavallo – ma ora come ora è la cosa migliore da fare, i tuoi fratelli hanno ragione.”
“Dovrei venire pure io! – singhiozzò lei – Dovrei andare via da questo dannato paese!”
“Non dire così, suvvia…” cercò di consolarla.
“May, cerca di essere ragionevole – la prese per mano Shao – pensare all’incolumità di Alphonse è la priorità, capisci? E tu non ti puoi allontanare da corte e scappare da Xing: getteresti troppo disonore sul tuo clan con un gesto simile.”
“Come puoi pensare al mio clan? – sbottò lei, liberandosi di quella stretta con fastidio – Proprio loro sono la causa della mia infelicità!”
“Ma sono anche sudditi leali di nostro fratello. Non sono dei nemici, ricordatelo bene.”
“Da come si oppongono alla mia relazione con Al non li definirei sudditi leali.”
“E’ la tua rabbia a farti parlare così – scosse il capo Shao – se ci pensi bene…”
“In questo momento non ci voglio proprio pensare! – strillò con disperazione – ho fatto di tutto per il mio clan, non possono trattarmi in un simile modo! E se tu continui a prendere le loro difese, allora…”
“Ma ti sembra che io stia prendendo le loro difese? May, sto facendo di tutto perché tu e Alphonse vi possiate sposare e anche Ling: ci stiamo mettendo contro tutto il consiglio dei clan.”
Ma in quel momento May non ce la faceva proprio a fare la persona matura: era spaventata, preoccupata, sicuramente non credeva che le sue vicende personali diventassero di portata nazionale. Aveva creduto e sperato che al massimo avrebbero riguardato l’imperatore ed i due clan in questione.
Con un seccato mugugno di rabbia si allontanò da Shao per andare verso Alphonse e prendergli la mano per dieci interminabili secondi.
“Giurami che non mi lascerai qui… che sarà solo questione di tempo.”
“Lo giuro.” promise il biondo con aria seria.
Ma May non riuscì nemmeno a sorridere: si girò di scatto e corse verso il palazzo lasciando Shao, Alphonse e la loro piccola scorta da soli.
 
“Mi dispiace di aver creato tanti problemi – disse il giovane Elric, poco più di una settimana dopo, mentre saliva sul treno – spero che May capisca che è inutile prendersela in questo modo.”
“Si calmerà – confermò Shao – io e Ling faremo in modo di trovare qualche sistema per superare questo grosso ostacolo che si è presentato. Ci potrebbero volere anni, certo, ma in qualche modo ne usciremo: quello che ti chiedo e di lasciare fare a noi; capisci che la tua presenza a Xing non aiuta.”
“Lo so bene… forse… forse la cosa migliore sarebbe che May venisse davvero ad Amestris.”
“Una volta sposati certo – annuì Shao – ma non prima. E’ in ogni caso una principessa e voglio che conservi l’onore che è suo per diritto di nascita: questo lo deve al suo clan, al suo paese, ma anche a se stessa.”
“Sono sicuro che lo farà. Arrivederci, principe, grazie di tutto.”
Shao fece un lieve cenno del capo e osservò il giovane salire sui gradini del treno. Poi fece un malizioso sorriso e disse.
“Alphonse Elric, sono sicuro che tu sia la persona più adatta per May. Quando sarà il momento la renderai felice… se non lo farai verrò personalmente a fartela pagare.”
Alphonse lo guardò con aria incredula, bloccando il sorriso che stava facendo: rimase ad osservare Shao anche quando il treno iniziò a muoversi, non riuscendo a capire se quella minaccia fosse solo uno scherzo.
Il principe continuò a fissarlo fino a quando fu possibile il contatto visivo, continuando a mantenere il suo sorrisino noncurante. Non era minimamente pentito di quella minaccia: che quel giovane sapesse bene con chi aveva a che fare.
“Principe, torniamo alla capitale o a casa?” chiese Mio accostandosi al suo signore.
Shao stava per rispondere di prendere la strada verso la provincia Ming, ma poi il solito impulso che si presentava quando si trovava in territorio Yen si fece sentire. Ecco il solito dilemma: andare e riniziare di nuovo quello stupido gioco di illusioni oppure cercare di essere forte e tornare a casa?
Sì, certo, non ci credi nemmeno tu che tornerai a casa senza nemmeno averla vista dopo tanti mesi.
“Andiamo a trovare Sun.” mormorò.
Tanto sapeva benissimo che i gemelli immaginavano una simile risposta.
 
Per prudenza mandò Sin a chiedere ad una delle fedeli serve di Sun se la visita fosse possibile.
Rimase dunque sorpreso quando il giovane guerriero tornò da lui riferendogli che la signora non si trovava alla tenuta di famiglia, ma in quella più piccola dove avevano trascorso quei due mesi assieme.
“E’ successo qualcosa?” chiese con preoccupazione.
“Effettivamente in città stavo sentendo voci sul fatto che la signora fosse lì da diverso tempo, ma nessuno sa il perché. Dicono che sua zia è furente, ma non osa opporsi al suo ruolo di governatrice.”
“Che se ne stia al suo posto – disse Shao con disgusto – da quando è morto il padre ad inizio anno ha provato a minare il potere di Sun, ma non può fare niente: Sun è ufficialmente riconosciuta dall’imperatore… oh, ma che importa. Forza, andiamo.”
Si rimisero a cavallo e si diressero verso la piccola tenuta della famiglia Yen.
Per tutto il viaggio il principe rimase in silenzio mentre in lui si faceva strada la paura che fosse successo qualcosa di grave: una malattia, qualche contrasto irrisolvibile, qualsiasi cosa.
Quando all’alba del giorno dopo giunsero in vista della tenuta ormai la sua mente era impazzita di paura.
Scese da cavallo ed entrò con impazienza nell’edificio, ignorando una delle serve che gli era venuta incontro, sorpresa per il suo arrivo.
Si diresse con a passo rapido verso la loro stanza quella che avevano condiviso in quei due mesi di paradiso: sapeva che lei era lì, non poteva essere altrimenti.
“Sun! – esclamò entrando, incurante del fatto che la luce del giorno si fosse appena affacciata nel cielo – Amore mio, che cosa…?”
“Shao?” lei si svegliò all’improvviso, mettendosi a sedere sul grande letto.
Lui rimase a bocca aperta: era splendida, come mai era stata. I capelli le ricadevano sulle spalle in una cascata nera, il viso sebbene assonnato aveva una vitalità del tutto nuova. Gli occhi scuri dopo qualche secondo di sorpresa si illuminarono di gioia assoluta, come se in quel momento lei fosse la persona più felice del mondo.
Le sue mani andarono al ventre… rigonfio, chiaramente recante una nuova vita.
“E’… è…” Shao non riuscì a dire altro, avvicinandosi a lei e posando una mano su quel grembo coperto appena da una leggera veste di lino. Il bimbo proprio in quel momento scalciò e il palmo della mano del principe sentì la leggera pressione.
“E’ il nostro bambino – annuì Sun mentre una lacrima di felicità le colava sulla guancia – nascerà tra poco più di due mesi, ad ottobre.”
Shao avrebbe potuto dire milioni di cose in quel momento.
Per esempio come era possibile che fosse rimasta incinta dato che prendeva regolarmente dei sistemi per impedire che il suo seme attecchisse. Oppure come le era saltato in mente di non fargli sapere niente dato che la gravidanza era ormai avanzata. O ancora se era consapevole di quanto la loro situazione adesso si fosse fatta ancora più complicata. Come stava, se la gestazione proseguiva bene, se aveva avuto problemi, se aveva bisogno di qualcosa, se…
“… nostro figlio…” mormorò con un sorriso incredulo, cercando di ignorare la lacrima che gli pizzicava fastidiosamente l’estremità dell’occhio destro.
Non riuscì a pensare ad altro se non al contatto con quel ventre caldo dove cresceva il loro bambino.
 



* sia il titolo che la prima parte del capitolo si riferiscono alla storia principale: La danza spietata della pantera.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. Il coronamento ideale dell'amore ***


Capitolo 19.
Il coronamento ideale dell'amore



“E’ molto facile saper fare una cosa piuttosto che farla”
Proverbio cinese
 
Xing, 1920.
 
“E’ stato quando abbiamo deciso di passare quei due mesi assieme in questo posto che ho smesso di prendere la tisana di radici che mi impediva di concepire.” Sun fece quella dichiarazione con aria estremamente calma, accarezzandosi il pancione con orgoglio, quasi a dimostrare che quella scelta era stata ampiamente ripagata.
Il sole era ormai alto ed i primi momenti di meraviglia e sorpresa erano finiti: adesso Shao stava seduto accanto a lei nel letto, le loro mani intrecciate, e cercava di capire quali conseguenze avrebbe potuto avere quella gravidanza sulle loro vite. Certo, un bambino suo e di Sun era la cosa più bella a cui riuscisse a pensare e già l’orgoglio di padre si faceva largo nel suo cuore, però, politicamente parlando, non era quello che ci si aspettava da loro, tutt’altro.
“Non ti ho detto niente perché sapevo che non avresti approvato – continuò lei – e anche io ho ponderato bene la mia decisione. Ma volevo darti un figlio con tutta me stessa, amore mio, e dato che il matrimonio con Yu Cho è ormai questione di pochi anni, non mi restava molto tempo.”
A quelle parole Shao si irrigidì, riuscendo finalmente a capire il piano della sua amante.
Tuttavia non poteva accettarlo: Sun si stava imponendo un sacrificio troppo elevato e contronatura.
“No – scosse il capo – non puoi rinunciare al bambino: sei la madre, deve stare con te.”
Sun si posò contro la sua spalla e cercò il suo abbraccio: il suo viso si era fatto triste, ma una traccia di risolutezza restava sempre e comunque, come testimoniava la mascella leggermente rigida.
“Il clan Ming avrà il suo erede senza bisogno che ti sposi – mormorò la donna fissandolo con i suoi profondi occhi scuri – anche se nascerà fuori dal matrimonio non ci sarà nessun problema a riconoscerlo e a farne il tuo erede. Il piccolo crescerà con suo padre e non c’è altra persona al mondo a cui lo affiderei.”
“Con che coraggio ti posso portare via il bambino quando sarà appena nato? – chiese Shao ricambiando quello sguardo con durezza – Tra tutte le cose crudeli che mi vengono da pensare… e farlo proprio alla donna che amo! Quello che mi stai chiedendo è tremendo, Sun. Come puoi restare così tranquilla?”
“In fondo sapevo sin da principio che le cose sarebbero andate così – sospirò la donna – ho smesso di prendere quelle tisane con la consapevolezza che non avrei potuto crescere il mio bambino.”
“Sei una folle – la baciò in fronte il principe – sai bene che non permetterò una cosa simile.”
“Non ti sposerai, questo a me basta… e crescerai il nostro piccolo con tutto l’amore del mondo. Come puoi vedere sono riuscita a modificare in buona parte quello che sembrava già scritto dal destino: è un risultato di cui sono estremamente fiera.”
“Sì, ma a che prezzo lo stai facendo?”
La giovane scosse il capo con noncuranza ma, quasi a negare quel gesto, le sue mani andarono ad accarezzare il ventre rigonfio. Era ovvio che ora le cose fossero differenti: adesso Sun poteva sentire il piccolo crescere, così come aveva fatto per i precedenti mesi. Non era più pensare ad un ipotetico bambino che ancora doveva essere concepito: lui era nella pancia, legato indissolubilmente a sua madre, bisognoso di lei più di ogni altra persona al mondo.
“Purtroppo mia zia è venuta a scoprirlo quando ero al terzo mese e la pancia ha iniziato ad essere evidente – proseguì lei, cercando di cambiare argomento – si deve essere accorta che non avevo più le mie regole mensili. Avevo già progettato di venire qui, lei ha solo accelerato i tempi. L’ho redarguita che, a prescindere dalla mia gravidanza, restavo sempre la governatrice della provincia Yen per ordine dell’imperatore… questo la dovrebbe tenere a freno. Mio nonno ormai è ormai costretto a letto e la vecchiaia l’ha reso anche assente con la mente: non c’è nessun altro oltre me.”
“Ovviamente tua zia immagina chi sia il padre.”
“Credo che sospettasse già di noi… mi ha sputato addosso tutto il veleno di cui era capace – lo disse con indifferenza: non le importava molto del parere di quella persona – ha detto che era come se avessi ucciso mio cugino una seconda volta, che ero una vergogna per la famiglia… e tutte le altre cose che in genere si dicono in una simile occasione.”
“Se tuo nonno fosse ancora in forze non saresti così spavalda…” inarcò il sopracciglio Shao.
“Certo, ma ormai non lo è: gli rimane poco tempo se il destino sarà misericordioso con lui. Fa tristezza, certo, ma ha vissuto una vita lunga e piena, non ha alcun rimpianto.”
“E il tuo futuro marito cosa dirà? Questa storia salterà fuori…” il principe non era nemmeno più arrabbiato, cercava soltanto di raccogliere tutte le informazioni possibili per accomodare la situazione meglio che poteva. Perché il dato di fatto fondamentale lo sapeva già: nonostante un bimbo in arrivo il loro matrimonio era impossibile se si voleva continuare a garantire la sopravvivenza dei rispettivi clan.
“Il clan Cho è uno di quelli con minore prestigio, lo sai: che io sia vergine o meno non farà la differenza.”
“La verginità è una cosa – commentò lui – aver già partorito un figlio di un principe è tutt’altra questione, non credi?”
“Appunto, il figlio di un principe… lui è solo il secondogenito di un clan minore: sappiamo entrambi che è un matrimonio d’interesse teso a rafforzare un’alleanza che favorisce entrambi. Non ci saranno troppi scandali, credimi.”
Shao la fissò con interesse, notando come fosse diventata calcolatrice: gli anni di governo l’avevano fatta maturare anche in furbizia e, se doveva essere sincero, riconosceva la sua impronta in buona parte di quel ragionamento; anche se il loro rapporto era fondamentalmente d’amore, Sun non aveva perso occasione di assorbire tutte le informazioni utili per poter gestire al meglio la politica ed il governo della sua provincia.
“Sai – proseguì lei – mi chiedo se riuscirò ad amare gli altri bambini che avrò come questo…”
“Che domande ti fai? Saranno comunque tuoi figli, certo che li amerai…”
“Vorrei che tu gli dicessi la verità da subito – chiese – voglio che sappia la nostra storia e che non se ne vergogni. E che… che riesca a perdonarmi se non sarò presente nella sua vita, ma sono sicura che tua madre si prenderà cura di lui: mi hai sempre parlato di lei come una grande donna, non posso che fidarmi ciecamente.”
“E se lo tenessi almeno per i primi anni? Ne mancano ancora tre prima che tu ti sposi…”
“Poi la separazione sarebbe ancora più dolorosa – sospirò lei – no, preferisco che il piccolo vada via con te da subito. Spero di poterlo vedere qualche volta nella mia vita.”
“Sì che lo vedrai – si arrese Shao stringendola – ogni volta che vorrai basta che tu me lo faccia sapere. Ma sei pazza, Sun Yen, completamente pazza.”
“Giurami che sarai sempre e solo mio: sapere questo mi darà la forza di andare avanti.”
“Ragazza mia, hai messo un sigillo di proprietà enorme, ancora non l’hai capito?”
 
L’estate lasciò il posto ai placidi mesi autunnali, liberando finalmente la provincia Yen da quel caldo opprimente che la avvolgeva fino a metà settembre. Finalmente, il decimo giorno di ottobre, Sun venne colta dalle doglie durante le prime ore del mattino ed iniziò così il suo travaglio.
Shao, che per tutti quei mesi era rimasto al suo fianco, disinteressandosi completamente del resto del mondo, non poté far altro che restare fuori dalla stanza ad attendere che la levatrice e le serve aiutassero la sua donna a partorire. Rimase per tutte quelle ore immobile, fissando il sole che da pallido diventava sempre più alto, cercando di ignorare l’impulso di correre dentro quella stanza ed aiutare Sun in qualche maniera. Tuttavia il parto era una faccenda esclusivamente femminile ed i maschi non erano ammessi: la loro presenza avrebbe anche potuto portare male durante quel delicato evento.
Da qualche tempo si era accorto che i lamenti di Sun erano diminuiti: sapeva che lei si era ripromessa di gridare il meno possibile, ma non era stata in grado di reprimere urla di dolore quando le contrazioni si erano fatte più intense. Però nell’ultima ora aveva sentito solo qualche gemito soffocato.
Se non mi danno notizie entro i prossimi dieci minuti…
Il vagito di un bambino interruppe i suoi pensieri bellicosi.
In un secondo si sentì invaso da un’euforia che non aveva mai provato in vita sua, nemmeno quando aveva visto da vicino il mitico falco bianco. Dentro quella stanza, a pochi metri di distanza da lui, era nato suo figlio, non gli sembrava vero: non c’era più la pancia di Sun, ma un bambino.
Il suo erede.
Rimase lì, immobile, attendendo che qualcuno uscisse e gli dicesse qualcosa.
“Principe – annunciò una delle dame di compagnia più fidate di Sun, uscendo dalla stanza qualche minuto dopo con un sorriso entusiasta – è andato tutto bene, ringraziando i signori del cielo! La signora e la bambina stanno benone.”
“Femmina?” una nuova scarica d’eccitazione gli attraversò la spina dorsale. Raramente lui e Sun avevano parlato del sesso del bambino, ma sembrava che entrambi avessero dato per scontato che sarebbe stato maschio. Tuttavia l’idea che fosse femmina apparve al principe come estremamente giusta: con una madre come Sun non poteva che nascere una bambina, una perfetta bambina.
La donna gli fece cenno di seguirlo nella stanza, dove ancora aleggiava l’odore di sudore e di sangue che, tuttavia, stava venendo piano piano cancellato dalle erbe che erano state messe su alcuni bracieri e che servivano anche ad allontanare gli spiriti maligni secondo le tradizioni delle levatrici.
Sun era nel letto, la schiena posata contro diversi cuscini: aveva il viso estatico ed esausto, mentre una delle sue serve terminava di raccoglierle in una semplice treccia i capelli neri appena pettinati.
“Oh, Shao – sorrise, alzando lo sguardo dal fagottino che teneva tra le braccia – è così perfetta.”
Il principe non poté far altro che avvicinarsi al letto e sedersi accanto a lei. Mise una mano sulla copertina e scrutò con meraviglia quel visino rosso e contratto in una smorfia di disappunto. La piccola manina che si agitava sfiorò l’indice paterno in un tocco tremante e piacevolmente tiepido che ebbe il potere di mandare in estasi l’adulto.
“Stai piangendo, Shao Ming – mormorò Sun con voce commossa – in tutti questi anni non credo di avertelo mai visto fare in maniera così palese.”
“Come potrei non farlo davanti a questa perfezione? – Shao nemmeno provò a trattenere le lacrime, non riuscendo a levare lo sguardo da quella creaturina che portava il suo sangue – E’ meravigliosa… stupenda… non… non potrei immaginarla diversa da come è.”
“Vuoi prenderla in braccio? Coraggio, devi tenerle bene la testa…così.”
Era così leggera, un paio di chili appena: il suo peso si mischiava con quello della copertina che l’avvolgeva. Le palpebre arrossate dal parto si aprirono per la prima volta e due occhietti scuri e vacui lo fissarono con perplessità.
“Ciao, principessa – mormorò Shao – piccolo falco bianco, sei qui finalmente…”
“E’ così che la vuoi chiamare? Ying-Xi? – la voce di Sun era morbida e vellutata, carica d’amore per la loro figlioletta – Piccolo falco, mi piace…”
“Ying-Xi – valutò Shao – ti sta proprio bene, principessa. Ora torna da tua madre, coraggio.”
Ed erano felici, come mai lo erano stati, come solo due genitori alla nascita del primo figlio potevano esserlo. Di nuovo l’idea della separazione prossima era lontana dalle loro menti: in quel momento non potevano fare a meno di godersi la loro perfettissima bambina, il coronamento ideale del loro amore.
 
Nel progetto che aveva fatto Sun, era previsto che Shao partisse con la bambina appena dopo il parto.
Tuttavia nessuno dei due adulti ebbe il coraggio di mettere in atto quella decisione: Ying-Xi iniziò ad essere nutrita dalla madre piuttosto che essere affidata ad una balia. Nonostante fossero consapevoli che la separazione sarebbe stata molto più dura ogni minuto che passava, sia Shao che Sun preferirono ancora una volta rifugiarsi nell’illusione che il tempo a loro disposizione fosse infinito e che al di fuori di quella piccola tenuta non ci fosse un mondo esterno che reclamava la loro presenza.
A ricordarlo, una decina di giorni dopo il parto, fu l’arrivo di May.
Era venuta a cercarlo per chiedergli scusa del suo comportamento durante la partenza di Alphonse, ma come era ovvio la questione passò in secondo piano quando venne a conoscenza della bambina appena nata.
“Oh, quanto è carina! – mormorò quando la piccola le afferrò il dito con la sua manina – ancora non ci credo… figlia vostra! Come ho fatto a non capirlo che voi due avevate una relazione?”
“Lo considero come un tributo alla nostra discrezione.” commentò Shao, scambiando un sorriso complice con Sun.
“E ora cosa succederà?” chiese May, girandosi verso di loro con la bambina in braccio.
La domanda piombò come un’ascia, squarciando il velo d’illusione infantile che i due amanti avevano creato. Shao si irrigidì, stringendo la mano di Sun e si costrinse a dire la dura realtà dei fatti.
“Ying-Xi verrà con me a casa mia: la riconoscerò e sarà l’erede del mio clan. Purtroppo per la situazione politica che ci ritroviamo Sun non può venire meno al suo matrimonio combinato.”
May rimase interdetta davanti a quella spietata dichiarazione, tanto che la sua presa sulla bambina divenne meno salda e di conseguenza Ying-Xi si mise a piangere. Ma invece di chetarla, la ragazza si affrettò a consegnarla alla madre.
“La separerai da Sun?” chiese incredula, quasi che fosse stato Shao a decidere tutto quanto.
“Qui non è sicura – rispose Sun al posto del principe – ed essendo già promessa non sarebbe decoroso darle il nome degli Yen… sarebbe un’offesa troppo grossa nei confronti del mio futuro marito che già verrà a conoscenza dell’esistenza di questa bambina.
“Non… non è giusto! – esclamò May con le lacrime agli occhi – insomma, potreste chiedere a Ling e sposarvi, non credo che lui rifiuterebbe.”
“May, se noi ci sposassimo il clan Yen sparirebbe per sempre – spiegò sommessamente Shao – e siamo i diretti governatori delle rispettive province, lei non potrebbe mai venire a vivere con me lasciando la sua sede di governo.”
“Ma… ma c’è la bambina…”
“E’ stata una mia scelta – ammise Sun – Shao nemmeno sapeva che avevo smesso qualsiasi precauzione per evitare di concepire. E’ stato un gesto d’amore o di egoismo, vedila come vuoi, ma non lo rimpiango nemmeno per un secondo.”
“E quando dovrai lasciare la bambina? – May non sapeva come ribattere – Non… non sarà difficile?”
Furono solo le lacrime di Sun a rispondere a quella domanda e la principessa si limitò ad arrossire con forza, vergognandosi per averla anche solo pronunciata.
 
Dopo altri dieci giorni, quando ormai si era sicuri che la piccola gradiva anche il nutrimento di una balia, Sun decise che era arrivato il momento della separazione. Pregò Shao di partire e di prendere con sé la figlia ed il principe non osò opporre resistenza: aveva rispettato le tempistiche della compagna in assoluto silenzio, non avendo il coraggio di prendere una decisione così difficile in completa autonomia. Era stato un errore? Sarebbe stata meglio una brusca separazione già dal primo giorno piuttosto che quell’agonia in cui legame tra madre e figlia si era solidificato? Erano domande troppo difficili a cui dare risposta, tanto valeva non porsele nemmeno per evitare di aumentare il rimpianto ed il senso di colpa.
“Lo sai bene – mormorò, mentre Sun teneva per l’ultima volta in braccio la piccola – basta che me lo fai sapere e io te la porterò immediatamente. Lo so che è una misera consolazione, ma ti giuro che sarà così: le parlerò sempre di te... le dirò che sei stata la madre più meravigliosa del mondo.”
“Come potrà pensarlo se la sto abbandonando?” sussurrò Sun, passandogli la figlia e non riuscendo a trattenere le lacrime.
“Hai… hai deciso di farla nascere… che cos’è questo se non un gesto d’amore?” mormorò Shao, trovando veramente ridicole quelle frasi di circostanza.
“Va, ti prego – sospirò la donna, baciandolo un’ultima volta e posando una mano sulla copertina che avvolgeva la loro figlioletta – ogni minuto è una pena, non ne hai idea.”
Il principe annuì e affidò qualche secondo il fagottino a May in modo da salire a cavallo. Poi riprese la figlioletta e la sistemò nella fascia di stoffa che si era assicurato al petto. Quindi si girò per controllare che Mio, Sin e la balia della piccola fossero tutti pronti in sella ai loro destrieri.
“Grazie per restare a farle da conforto…” disse, rivolgendosi alla sorella.
“Tutto il tempo che serve – dichiarò May – io… non sai quanto mi dispiace di averti parlato in quel tono brusco quella volta. Se solo avessi saputo… in fondo i tuoi guai sono molto più seri dei miei.”
“E’ una promessa, May Chang – disse il principe con voce seria – farò in modo che almeno per te ed Alphonse Elric ci possa essere un lieto fine.”
“Dovrebbe esserci per tutti quanti noi.”
Shao non rispose: fissò Sun per qualche secondo, muovendo le labbra in un’ultima, silenziosa, dichiarazione d’amore e poi incitò il cavallo a muoversi verso l’uscita del cortile della tenuta.
Ying-Xi dormiva placidamente, un caldo fagottino premuto contro il suo petto.
 
“Ying?...Ying-Xi?... ciao, piccolo falchetto! Io sono il tuo nonnino! Ma quanto sei bella, principessa! Sei una perfetta, piccola Ming… mi ricordi molto la mia Shan-Ju da piccola, sai?”
Liu-Shu sembrava ringiovanito di almeno dieci anni mentre teneva in braccio la bis-nipotina e la cullava come se non avesse mai fatto altro in vita sua. Quella scena indusse Shao a sorridere lievemente e a dare un poco di pace al suo cuore carico di rimorsi.
“Credo che non ci saranno più discussioni in merito a matrimoni e nipoti – disse, rivolgendosi alla madre – erano anni che non lo vedevo così arzillo.”
“Animo del nonno – sentenziò la donna – anche alla tua nascita era altrettanto estasiato. E credo che con una nipotina femmina si lascerà andare molto di più.”
“Credevo che mi facesse più problemi date le circostanze della nascita di Ying, ma presumo che tu l’avessi in qualche modo messo sull’avviso della mia relazione con Sun, vero?”
“Quel tanto che bastava, anche se non mi aspettavo l’arrivo di una nipotina – il viso della donna si fece tenero e comprensivo – siete stati degli sciocchi, Shao.”
“Lo so – ammise lui, lasciandosi andare a quella mano che gli accarezzava la guancia – è stato tutto un errore, a partire da quando ci lasciammo andare anni fa. Solo adesso, sapendo che Ying crescerà lontano dalla madre, capiamo veramente quali sono state le conseguenze.”
Era così: per quanto il ritorno a casa fosse stato piacevole e la piccola fosse stata accolta con tutto l’amore possibile, Shao non poteva fare a meno di pensare a Sun che in quel momento stava vivendo le pene dell’inferno per la separazione dalla sua bambina. Più di una volta, durante il viaggio, era stato tentato di tornare indietro e di ridare quella creatura alla madre, dicendosi che in qualche modo avrebbe trovato la soluzione per stare tutti e tre assieme. E altrettante volte si era morso le labbra con violenza, dandosi dell’idiota: non c’era nessun altro modo di accomodare la questione. Se fosse tornato indietro che cosa avrebbe ottenuto? Magari qualche altra settimana di illusoria felicità, ma poi? Sarebbe stato sempre più difficile, soprattutto per Sun.
“Ah, ragazzo mio – Liu-Shu si avvicinò con la piccola in braccio – sapevo che da te mi dovevo aspettare di tutto, ma questo tuo ritorno a casa con una bis-nipotina proprio no.”
“La tua smania di eredi del nome Ming è soddisfatta, ora? – sorrise Shao, mettendogli una mano sulla spalla – ti ho dato la più bella nipotina che potessi desiderare. Pensa che bello: essendo l’unica erede del clan Ming non andrà concubina all’imperatore… salterà la generazione.”
Il vecchio lo guardò con attenzione, ben sapendo che questa era una decisione arbitraria di Shao. Anche Shan-Ju era stata figlia unica eppure era andata a corte per generare un principe, ma era anche vero che erano già diverse generazioni che il clan Ming non dava figlie in concubinaggio e dunque era stato indispensabile riprendere la tradizione per almeno una generazione.
“Si sposerà con un giovane degno di lei, sempre che esista – continuò il principe – e sarà una grande governatrice della provincia dopo di me. Avrà figli maschi e il nome Ming continuerà a sopravvivere.”
Nessun riferimento ad un suo matrimonio per avere altri figli e Liu-Shu non proferì parola in merito.
“Beh, considerato che tu e questa principessina avete fatto un lungo viaggio, direi che è il caso che vi laviate e cambiate entrambi prima di mangiare qualcosa, no?”
 
Qualche ora più tardi Shao entrò nella camera di sua madre, dove era stata sistemata la cesta per Ying-Xi.
Si accostò silenziosamente, ma la piccola era sveglia e ciangottò dolcemente come lo vide.
Sarebbe assomigliata a Sun, su questo il principe non aveva alcun dubbio.
“Però ho la netta impressione che il sorriso l’hai preso da me, vero piccolo falco?”
Prese il suo ventaglio e lo agitò lievemente davanti al viso della piccola che lo fissò con estrema curiosità per qualche secondo prima di muovere leggermente una manina per cercare di afferrare una delle morbide piume bianche.
“Oh, ti piace il ventaglio? Beh, sei una buongustaia, non è assolutamente come tutti gli altri: il falco bianco non concede le sue piume ai comuni mortali. Chissà che non lo veda pure tu nella tua vita… ma sono sicuro che avrai una simile fortuna.”
Ying continuava ad osservarlo e sorridere, come se fosse estremamente impaziente di sentire ancora quello che aveva da dirle.
“Sai, principessina, hai la fortuna di avere il sangue del clan migliore di tutta Xing – continuò Shao – non per vantarci, ma noi Ming siamo fuori dal comune, ne ho di cose da raccontarti.”
E scoprì che parlare con quella bambina non era così strano come aveva pensato: i suoi occhi scuri gli parlavano, esprimevano emozioni, amore, intelligenza. Nella sua mente sapeva già che la sua piccola avrebbe fatto grandi cose nella sua vita.
“… sei figlia di una mosca bianca, cara mia, non dimenticarlo mai.”

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. La fine del volo ***


Capitolo 20.
La fine del volo



  
“Ci sono tre verità: la mia verità. la tua verità, e la verità.”
Proverbio cinese
 
Xing, 1923.
 
“… di conseguenza acconsento al matrimonio della mia sorellastra, la principessa May Chang, con l’Amestriano Alphonse Elric. E con questo dichiaro chiusa la questione che, a parer mio, è andata avanti anche per troppo tempo, levando spazio a discussioni che interessano veramente il paese. La seduta straordinaria del consiglio è aggiornata, vi ringrazio per la vostra attenta partecipazione.”
Ling si alzò dal suo trono con un cipiglio autoritario che non ammetteva repliche e iniziò ad avviarsi verso l’uscita riservata all’imperatore. Shao, che per tutta la durata del consiglio era stato diligentemente in piedi accanto al sovrano, si affrettò a seguirlo, sebbene gli sarebbe piaciuto parecchio restare in quella stanza per sentire l’esplodere dei commenti non appena le porte si fossero richiuse.
Tuttavia in certi momenti i piaceri personali andavano tralasciati e le vittorie politiche andavano gustate in maniera più discreta. Per esempio entrando nella stanza dove May Chang aspettava con impazienza e rivolgendole un sorriso che faceva ben capire che esito avesse avuto la seduta del consiglio.
Capendo cosa volesse dire quel gesto, la fanciulla proruppe in esclamazioni di gioia, correndo ad abbracciare l’imperatore.
“Grazie, grazie infinite! – dichiarò commossa – non mi sembra vero… io ed Al finalmente potremo coronare il nostro sogno d’amore.”
“Ringrazia davvero tuo fratello Shao – sorrise Ling – senza il suo genio diplomatico saremo ancora a girare in tondo a questa faccenda, come se tre anni non fossero stati più che sufficienti.”
“Lavorarmi prima i Bei e poi i Chang non è stato uno scherzo – ammise Shao con finta modestia, come se quel suo successo fosse normale amministrazione e non il frutto di grandi fatiche – avrei preferito anche io chiudere prima la faccenda.”
Tuttavia aveva dovuto aspettare le tempistiche giuste e trovare anche le modalità perfette per accomodare i due clan. Con i Bei il lavoro era stato relativamente semplice: era bastato affidare loro qualche incarico di particolare importanza e avevano ripreso una posizione predominante agli occhi del consiglio. Ed inoltre avevano ottenuto un ottimo matrimonio in quanto il promesso sposo di May aveva ottenuto la mano di un’altra principessa imperiale, ben felice di entrare a far parte di quell’antico clan.
Chi era rivelato difficile da domare, come era prevedibile, era stato il clan Chang: a prescindere dalla mancata unione con il clan Bei, c’era ancora l’affronto di vedere la propria principessa desiderosa di andare in matrimonio ad uno straniero senza alcuna nobiltà nelle vene e senza uno straccio di proprietà o rendita da poter presentare. Un volgare vagabondo, approfittatore della dote di una principessa: così Alphonse Elric era stato definito con velenosa rabbia dal nonno di May. Shao aveva cercato con le buone e con le cattive di venire a patti con quella testa dura, ma non c’era stato verso: il vecchio aveva continuato a ribadire che avrebbe preferito tagliare di persona la gola a May piuttosto che vederla disonorata con una simile unione.
Shao si era arrovellato notti e notti alla ricerca della soluzione ideale: ormai era ferocemente determinato a far ottenere a May quelle nozze tanto desiderate. Gliel’aveva promesso e soprattutto l’aveva promesso a se stesso: lei sarebbe riuscita a realizzare quel sogno.
Alla fine, facendo salti mortali tra una legge polverosa e dimenticata ed un precedente che in qualche modo poteva essere applicato al caso, era riuscito  a cucire su misura la soluzione adatta al problema.
“Sai bene che dovrai andare ad Amestris e vivere lì con Alphonse – le ricordò il principe – non potrai tornare a Xing almeno per qualche anno, fino a quando le acque non si saranno calmate quel tanto per regolarizzare la tua situazione.”
“In altre parole il tuo matrimonio sarà celebrato ad Amestris e non a Xing – continuò Ling – e per tale motivo non verrà considerato proprio valido agli occhi degli altri clan, almeno in maniera ufficiale. Non è proprio essere concubina, stai tranquilla.”
“Non me ne importa nulla di quello che possono pensare i membri del consiglio e mio nonno – disse May con sicurezza – non saranno loro a distruggere i miei sogni. E poi è solo provvisorio, no? Io e Alphonse prima o poi potremmo venire a Xing se ci va.”
“Non possiamo quantificare quanto ci vorrà – annuì Shao – ma faremo in modo che succeda anche questo. Allora, sei pronta per la partenza? Dubito che sia necessario chiedere il permesso al tuo tutore ufficiale dato che è stato proprio lui a permettere tutto questo.”
“Tutore ufficiale – Ling arricciò il naso – non è che mi stia molto bene questo ruolo considerato che May ha superato da parecchio la maggiore età.”
“Non mettere in dubbio tu stesso quello che ti ho creato con tanta difficoltà, mio signore – ridacchiò Shao – puoi immaginare quanto tutto possa crollare se solo il consiglio si mette d’impegno. E questo mi induce a consigliare a nostra sorella la partenza più celere di cui è capace.”
“Avevo già allertato Alphonse in alcune lettere – annuì May – credo si aspetti il mio arrivo a breve! Allora vado a preparare i bagagli!”
“Ti accompagnerò io, sorellina – disse Shao – forza, fai in fretta.”
La principessa uscì con fare emozionato, parlando già col suo piccolo panda di tutte le cose da portare. Solo dopo che la porta si fu chiusa Ling si girò verso il fratellastro e gli parlò con serietà.
“Ovviamente prendendola sotto la mia tutela la sto di fatto togliendo al clan Chang… sono io a doverle fornire una dote. So già che May non accetterà mai, non le sono mai importate le ricchezze; tuttavia ti affiderò una discreta somma da darle: mi voglio assicurare che a lei ed Al non manchi mai nulla.”
“Farò come desideri – approvò Shao – la accompagnerò personalmente da Alphonse Elric e mi assicurerò della sua sistemazione. Mi assumo anche il compito di andare a trovarla periodicamente.”
“Sarebbe un’ottima cosa – annuì l’imperatore. Poi esitò qualche secondo prima di dire – mentre tu sarai via con May prenderò le prime concubine, sai? Clan Shu e Pang, hanno proprio l’età giusta.”
“Sei salito al trono molto giovane – ricordò Shao – potresti ancora attendere: nostro padre è asceso al trono a ventotto anni.”
“No – scosse il capo Ling – è comunque un mio dovere e presumo di dover dare ai vari clan qualcosa in cambio rispetto a tutte queste innovazioni che ho imposto in questi primi otto anni di governo.”
Shao guardò fugacemente Lan Fan che stava in un angolo, pronta ad intervenire come sempre: si ricordò dell’infatuazione che aveva intuito in lei sin da quando aveva iniziato ad interagire con il fratellastro appena salito al trono e si trovò a chiedersi come avesse preso la notizia. Certo, i suoi sentimenti non avrebbero mai cambiato una realtà di fatto come quella del concubinato, senza contare che Ling era sempre stato parecchio vago a livello sentimentale, se non totalmente assente, però il principe ebbe un moto di simpatia nei suoi confronti.
Spero solo che, con gli anni passati a suo fianco da quando è salito al trono, anche tu sia maturata il tanto da stemperare i tuoi sentimenti. Altrimenti è arrivato il momento in cui soffrirai di più.
Ma non lesse niente in quella bella e micidiale statuina che aveva il volto nascosto dalla maschera cerimoniale ed lo sguardo impassibile.
“Comunque su una cosa sono estremamente deciso – disse ancora Ling, distogliendo Shao dalla sua riflessione – non mi comporterò come nostro padre. Seguirò con attenzione la crescita di tutti i miei figli: parlerò con loro, mi assicurerò che abbiano l’educazione giusta e sceglierò quello che mi sembra più appropriato per il trono.”
“Non posso che approvare questa tua decisione – Shao era molto contento di quelle parole – non posso dimenticare il mio periodo di reggenza, quando tutto era in bilico. Sei un sovrano saggio, fratello: il destino ha scelto davvero bene per Xing.”
“Posso solo dire che sono felice che il clan Ming salti la generazione.”
“Oh, pure io lo sono.”
 
Resembool era un luogo quasi fuori dal mondo con case isolate e strade di campagna. Si respirava l’aria tipica dell’agricoltura e dell’allevamento ed il tempo sembrava scorrere con un ritmo tutto suo, lento e placido come gli animali che pascolavano sui campi.
Shao si disse che, per quanto quel posto fosse indubbiamente tranquillo e bucolico, non avrebbe resistito molto tempo in simili condizioni: preferiva di gran lunga la vita dinamica che gli offriva il suo essere ambasciatore.
“Sicura che starai bene qui?” chiese dubbioso a May, mentre questa lo accompagnava verso la stazione per prendere il treno.
“Sì – sorrise la fanciulla – non aspettavo altro da tutta la vita.”
“Vorrai avere una casa tutta tua… insomma, ora tu e Alphonse vivete praticamente a casa di suo fratello e lui e sua moglie hanno già due bambini…”
“Oh, nel caso si amplierà la casa – scrollò le spalle lei – e poi sarò felice che eventuali miei figli crescano assieme ai cuginetti. Certo, mi dispiace che non conosceranno Ying-Xi…”
Shao sospirò e cercò di trovare il lato positivo alla situazione, ma era molto probabile che zia e nipote si sarebbero incontrate di nuovo solo tra diversi anni. Lui non aveva intenzione di portare fuori Xing la bambina, non quando era ancora così piccola e May non sarebbe potuta tornare per parecchio, in una strana forma di esilio che in realtà costituiva la sua libertà.
La loro passeggiata, scortata dalla sileziosa presenza dei gemelli, li portò alla piccola stazione ferroviaria.
“Tornerai a Xing?”
“No, ho deciso di approfittare della mia presenza qui per andare ad East City a trovare il generale Mustang e la sua squadra – ammise Shao – è una promessa che feci tre anni fa ed è ora di mantenerla.”
“Allora è un arrivederci…” May cercò di sorridere mentre la separazione si faceva sempre più vicina.
“E’ un arrivederci, sorellina – annuì Shao, abbracciandola con forza – e per qualunque problema non hai che da scrivermi: sai bene che arriverò a salvarti.”
“L’hai già fatto così tante volte – pianse May – ormai abbiamo perso il conto.”
“Beh, a questo punto una in più che differenza fa? Ma sono sicuro che non ce ne sarà bisogno.”
Quel posto avrebbe accolto May meglio di qualsiasi clan di Xing.
 
Qualche mese dopo, nella tenuta dei Ming, la piccola Ying-Xi osservava con attenzione la noce sul palmo aperto della mano di Mio.
Il suo visino si contrasse in una smorfia di concentrazione mentre le sue piccole dita si muovevano con nervosismo, cercando di trovare il momento giusto per scattare in avanti e prendere quel piccolo trofeo. Studiò con attenzione ogni minimo movimento di quel palmo e poi i suoi occhietti scuri si illuminarono di aspettativa e la sua manina scattò in avanti.
“Oh no! – protestò quando la mano di Mio si chiuse sulla sua imprigionandola – Ho perso ancora!”
“Non sei ancora abbastanza veloce, piccola signora – la consolò il guerriero con un sorriso, liberandola dalla presa e sbucciando poi la noce per offrirla alla bambina – ma ogni giorno migliori: presto ci riuscirai.”
Ying fece ancora una smorfia di disappunto, ma poi si consolò con il piccolo premio.
“Mio, in braccio! – esclamò, tendendo le mani – Voglio toccare le nuvole!”
“Forza, arrampicati, piccola signora.” acconsentì Mio inginocchiandosi.
Una volta sollevata Ying rise deliziata, sollevando le manine verso le nuvole e cercando di afferrarle.
“Secondo te sono più bianche le nuvole o le piume del mio ventaglio? – Shao uscì nel cortile e si accostò alla coppia – E riflettici bene, principessina, è una domanda difficile.”
“Le piume! Le piume! – esclamò Ying, sgambettando per scendere dalle spalle di Mio e venir presa in braccio dal genitore – Le piume del ven… ventallo di papà!”
“Risposta corretta – annuì Shao, accogliendola tra le braccia – del resto dal mio piccolo falco non potevo aspettarmi altro. Allora, hai preso la noce?”
“No – il broncio della piccola fu davvero adorabile – Mio è troppo veloce per Ying!”
Poi il visino si rischiarò in un malizioso e seducente sorriso che dimostrava senza alcun’ombra di dubbio come fosse figlia di Shao. Non era l’unica caratteristica che aveva preso dal padre: anche gli occhi scuri e dal taglio leggermente allungato erano di eredità paterna, mentre dalla madre aveva preso i morbidi e lunghi capelli neri che stavano raccolti in due strette trecce.
“Sarà questione di tempo, fidati di me – la consolò il principe – ma adesso ho intenzione di rischiarare la tua giornata ancora di più. Hai presente che ti avevo promesso che presto ti avrei portato in viaggio con me?”
Dacma!” esclamò Ying, battendo le manine.
“Non proprio – la corresse Shao, mettendola a terra – andiamo a sud, principessina, ti porto a trovare una bellissima signora. Quindi corri dalla nonna e dille di prepararti: il viaggio durerà diversi giorni.”
“Solo io e te, papà?” chiese lei, estasiata, aggrappandosi alla sua gamba.
“Concederemo anche a Mio e Sin di accompagnarci, ma solo se per te va bene. Che ne dici?”
Ying scrutò con attenzione Mio che ancora stava lì vicino a loro e poi annuì.
“Va bene, ma solo perché a Ying piacciono Mio e Sin.”
“Ottima motivazione, direi. Coraggio, adesso vai.”
 
“Ti stanno davvero bene queste trecce, lo sai?”
Sun stava chiaramente trattenendo le lacrime mentre accarezzava i capelli della bambina.
L’incontro tra madre e figlia si stava svolgendo nella piccola tenuta della famiglia Yen, sebbene Sun ormai fosse tornata a vivere nel capoluogo della sua provincia e fosse venuta lì solo per quel caso eccezionale. Come del resto era venuta quando Shao le aveva portato la piccola Ying quando questa aveva circa un anno e mezza.
“L’hai già vista questa bella signora – disse il principe, inginocchiandosi accanto alla figlioletta – ma eri piccola per ricordarlo. Però ti parlo tanto di lei, ogni giorno.”
“E’ la mamma, lo so.”
Ying lo disse con estremo orgoglio, come se fosse felice di dimostrare quanto era brava. Sorrise e allungò la manina sulla guancia di Sun, in un gesto carico di curiosità: vedere la bella signora di cui il padre le raccontava sempre era un’esperienza davvero interessante.
“Piccolina… – Sun aveva la voce spezzata dalla commozione – mia piccola Ying…”
“Perché piangi?”
“Non hai pianto anche tu quando sono tornato dal mio viaggio a Drachma, piccolo falco? Non credo fossero lacrime di tristezza, tutt’altro – le ricordò Shao – Anche la mamma adesso piange lo stesso tipo di lacrime.”
Ying fissò il padre e poi annuì, asciugando con le sue piccole dita le lacrime di Sun e poi abbracciandola.
“Hai un bel profumo!” constatò con soddisfazione.
“Ti ringrazio – disse Sun prendendola in braccio e stringendola – ti ringrazio davvero.”
 
Qualche ora dopo Sun e Shao stavano seduti nel pavimento soleggiato che si apriva sul cortile.
Ying, ancora stanca per il viaggio, si era addormentata avvolta in una coperta, la testolina poggiata sul grembo paterno.
“E così tra due settimane ti sposi…” la frase cadde piatta, proprio come quelle ultime foglie di un albero davanti a loro che cedevano al freddo di novembre. Inconsapevolmente la mano destra si posò sul capo di Ying, quasi a proteggerla da una minaccia invisibile.
“L’anno sta per finire – annuì Sun – non potevo rimandare oltre.”
La sua voce era calma e neutrale, come se ormai si fosse arresa al dovere che l’attendeva.
Shao provò a cercare nella sua anima la stessa tranquillità, ma non ci riuscì, non ce l’avrebbe mai fatta.
In quegli anni in cui si erano visti pochissimo, rinunciando a qualsiasi atteggiamento da amanti, i suoi sentimenti non erano per niente mutati. E come poteva? Ogni volta che vedeva Ying si sentiva in colpa perché non c’era sua madre a vederla crescere, a pettinarle i capelli, ad amarla.
“Perdonami se non sarò presente alla cerimonia, ma sarebbe di cattivo gusto…”
“Oh, Shao – sospirò la donna, guardandolo con un sorriso stanco – mi mancavano le tue frasi sarcastiche, non ne hai idea.”
“Te le avrei volute offrire per qualche altra occasione.”
“Ti amo, lo sai? Non ci sarà giorno della mia vita da sposata in cui non penserò a te e a nostra figlia.”
“E’ già così per me, anche se non mi sposerò.”
Le loro mani si strinsero con forza.
“Rimpiangi qualche cosa?” chiese Sun.
“Che per noi non sia finita diversamente, tutto qui.”
 
Circa una settimana dopo il principe con la figlioletta e le sue guardie del corpo ritornava verso casa.
Era silenzioso, taciturno, sentiva che ormai era arrivato il punto di non ritorno per la relazione tra lui e Sun senza che ci potesse fare qualcosa.
“Papà…” lo chiamò Ying che stava seduta davanti a lui.
“Dimmi, tesoro.”
La manina di lei si strinse alla sua.
“Non mi piace se sei triste.”
“Lo sono?”
“Sì, lo sei.”
“Scusa, principessina, adesso papà cerca di riprendersi.”
“Guarda le nuvole… quando Ying è triste guarda le nuvole. Ecco… quello è un cavallino!”
“Sì? – Shao sorrise nell’alzare lo sguardo verso la nuvola indicata – Hai ragione.”
“Oh, guarda! Un uccellino – esclamò Ying estasiata – lo vedi, papà? Vola alto alto… ed è bianco! Come le nuvole… più delle nuvole!”
Shao fissò il cielo sconcertato cercando di individuare il volatile che la vista acuta della bambina aveva notato. Cercò tra le nuvole e dopo qualche secondo lo vide, restando senza fiato.
Che ci fai qui? Non è il tuo territorio!
Ma era indubbiamente il falco bianco: ne ebbe assoluta conferma quando il maestoso rapace scese in una breve picchiata. Le sue piume brillavano sotto i raggi del sole, ricordando uno splendido gioiello.
“Oh, se sei meraviglioso…” mormorò, ripetendo la frase che aveva detto anni prima, quando si era avventurato su quella montagna per raggiungere il nido dove aveva trovato quelle sei piume.
“E’ il falco bianco, papà? E’ lui?” Ying era eccitatissima.
“Sì… è lui…”
Il falco lanciò il suo acuto e orgoglioso richiamo prima di invertire bruscamente la sua rotta e dirigersi verso nord, probabilmente per ritornare nei suoi territori al confine con Drachma.
Shao si stava ancora chiedendo che cosa l’avesse spinto così lontano da casa, quando Ying recuperò il ventaglio bianco e lo strinse a sé con una risatina soddisfatta.
“Falco bianco! Falco bianco!” canticchiò felice.
“Già – sorrise Shao – il falco bianco.”
Un presagio migliore non ci poteva essere.
Come sempre.




______
nda
Ed eccoci arrivati alla fine del volo della nostra mosca bianca, con il nostro Shao che, compiaciuto dell'omaggio del suo amico falco bianco, prosegue per la sua strada, pronto a continuare con le sue paraculate in giro per il mondo. 
So che molti di voi sono un po' sorpresi da non happy ending per lui e Sun, ma non sempre le cose possono andare bene, nemmeno per lui. Alla fine hanno rigirato le loro sorti come meglio potevano e hanno avuto come risultato la piccola Ying, direi che è un bel premio. Confidiamo che la bimba sarà intelligente e paracula come il papà u.u
Quanto a Ling e Lan Fan e il loro mancato pairing, mi sono attenuta a quanto il manga/anime ci dice: ossia a quella foto dove c'è Ling in trono e Lan Fan dietro come guardia del corpo. Non mi andava assolutamente di rivoluzionare lo statuto di Xing per loro: non ho fatto cambiare la realtà nemmeno a Shao e Sun del resto. Invece May è certo che si sposerà con Alphonse quindi non sono andata fuori dal seminato.
E se qualcuno mi viene a dire che nella danza della pantera la royai c'era, rispondo che per Roy e Riza i segnali già nell'anime sono molto molto forti inutile negarlo. Nella mia visione dei fatti se c'è del sentimento è solo da parte di Lan Fan, specie nella prima parte dell'anime.
Comunque!
Sono felice che abbiate apprezzato Shao e la sua paraculaggine. Ammetto che a volte può risultare persino irritante nella sua sicurezza e sfacciataggine, ma rientra nel suo personaggio. Lui, da parte sua, non mancherà mai di privilegiarvi con il suo sguardo affascinante e con il suo ventaglino sbirluccicoso.
Detto questo, vi informo che la mia prossima long sarà sulla cara Riza, seguendo lo schema di The Memory Man e Brothers in arms
E vi ricordo anche che c'è l'evento dei miei OC in prestito a cui adesso potete aggiungere anche tutti quelli di questo spin off (lo trovate nella mia pagina fb... basta andare sul link che c'è sul mio profilo)
Vi aspetto anche lì :)

Bye

Laylath

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