May The Odds Be Ever In Your Favor

di A_GleekOfHouseStark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mietitura ***
Capitolo 2: *** La Perdita ***
Capitolo 3: *** La Preparazione ***
Capitolo 4: *** La Mischia ***
Capitolo 5: *** La Famiglia ***
Capitolo 6: *** La Verità ***
Capitolo 7: *** L'Impazienza ***
Capitolo 8: *** La Separazione ***
Capitolo 9: *** La Brama ***
Capitolo 10: *** La Morte ***



Capitolo 1
*** La Mietitura ***


La Mietitura
 
Aerys Targaryen era appena giunto sul balcone centrale della Fortezza Rossa, quello dove teneva i discorsi presidenziali e ogni primo giorno di maggio da quindici anni annunciava la mietitura per gli Hunger Games. I suoi occhi violetti scrutavano la marea di ragazzi ai piedi delle mura della sua residenza: alcuni, i più giovani, erano terribilmente spaventatati ma cercavano di darsi un contegno, altri sembravano rassegnati mentre una minoranza aveva una sorta di ghigno arrabbiato sul volto. Adolescenti dai dodici ai diciotto anni, nulla di più che capri espiatori delle colpe di quei ribelli che avevano agito quando la maggior parte di loro era poco più che un neonato. Dopo aver sedato la rivoluzione, prendersela con dei ragazzi innocenti gli era parsa la soluzione più crudele, quella che avrebbe coinvolto indirettamente e nel modo peggiore ogni partecipante alla rivolta mirata a sottrargli il potere e nessuno era stato in grado di dissuaderlo dalla folle idea, nemmeno Doran Martell, padre della moglie di suo figlio Rhaegar e suo consigliere più fidato.
“Non c’è alcun onore nell’uccidere dei ragazzini innocenti.” Gli aveva detto quindici anni fa “Impicca Stark, Baratheon e Arryn e metti la parola fine a tutto questo.”
“No.” Aveva risposto lui fermamente “Voglio che paghino il prezzo più alto per ciò che hanno commesso. Erano pronti ad uccidere noi e le nostre famiglie Doran! Che ora vedano i loro figli perire.”
E così era stato.
Aveva permesso ai tre capi della rivolta, Ned Stark, Robert Baratheon e Jon Arryn, di tornare a casa dalle proprie mogli e formare delle belle famiglie soltanto per distruggerle brutalmente in seguito. Aveva adottato anche a Westeros i famosi Hunger Games seguendo come modello Panem, la più grande nazione d’oltreoceano, allo scopo di tenere a bada la popolazione sfruttando il miglior metodo di controllo esistente: la paura. La vendetta del Drago però non si era esaurita perché sei mesi prima della quindicesima mietitura aveva chiamato a palazzo i tre rivoltosi e quella volta essi erano morti davvero. Li aveva fatti impiccare sulla collina di Visenya, una delle tre alture su cui sorgeva la capitale, mentre tutto veniva trasmesso in diretta nazionale. Aveva detto che stava mandando un messaggio, ma il popolo capì che quello era il gesto di un dittatore, un pazzo tiranno che aveva mostrato di poter fare quello che voleva, quando voleva e senza alcun tipo di freno.
 
“Buongiorno a tutti.” Gridò alla piazza gremita “Oggi, come ogni anno, otto di voi verranno estratti per partecipare ai Giochi. Sappiate che coloro che lasceranno la capitale come tributi saranno investiti di un grande onore: quello di diventare un ideale, un modello da seguire. Il vincitore di questo combattimento mortale sarà ricoperto di ogni gloria e potrà richiedere ciò che vorrà alle famiglia Targaryen-Martell.” Il presidente si fermò per riprendere fiato e in quegli istanti di silenzio si rese conto di quanto potessero suonare vane, vuote le sue parole. Quei ragazzini sapevano di essere soltanto carne da macello e ben pochi credevano che fosse un onore finire in quell’arena con la consapevolezza di poter essere ucciso da un momento all’altro. Nonostante ciò continuò la farsa. “Coloro che non ce la faranno, verranno onorati in egual modo come esempi di coraggio, lealtà e spirito di sacrificio. Ma ora bando agli indugi e dichiaro ufficialmente aperta la quindicesima edizione dei Giochi Westerosiani.”
Un applauso si levò controvoglia dalla giovane folla sottostante mentre la bellissima figlia del presidente, Daenerys Targaryen, si accingeva ad estrarre i nomi dalla boccia di vetro. Anche lei odiava i Giochi, nonostante facesse parte della famiglia presidenziale e ne fosse di diritto esclusa, perché considerava una crudeltà vedere ogni anno un gruppo di adolescenti strappati alle loro famiglie e mandati in un’arena ad essere quasi certamente massacrati e non era l’unica di quest’avviso all’interno della sua famiglia. Ad esempio anche sua cognata Elia Martell e la nipote di quest’ultima Arianne l’avevano spesso definita una barbarie, così come Doran, il consigliere di suo padre, il quale aveva tentato più volte nel corso degli anni di convincere il presidente a rinunciare ad un’inutile carneficina, ma naturalmente Aerys non aveva ascoltato nessuno ed era rimasto fermo sulle sue convinzioni.
Con il cuore colmo di tristezza la ragazza prese il primo biglietto e lesse il nome:
“Shireen Baratheon!”
Si trattava della nipote del ribelle Robert.
La folla attorno alla nominata si diradò, lasciando che Daenerys vedesse che aveva appena estratto una bambina che non poteva avere più di tredici anni, la cui faccia era stata sfigurata da chissà quale malattia. La prima tributa iniziò a camminare coraggiosamente verso il palco e i suoi occhi non versarono neanche una lacrima: Shireen rimase composta e fredda in una maniera micidiale. La Targaryen continuò il suo odioso lavoro estraendo un nome dietro l’altro, mandando verso morte certa un ragazzo dietro l’altro.
Vennero chiamati due bastardi, Jon Snow e Gendry Waters, ma a parte questo i due non avevano nient’altro in comune. Il primo veniva dalle terre del Nord, era il figlio di una cameriera della famiglia Karstark e lavorava come addestratore nei canili, mentre il secondo era l’apprendista di un fabbro della capitale.
“Entrambi di bell’aspetto…” pensò Dany mentre li presentava di fronte alle telecamere che trasmettevano crudelmente la mietitura in ogni casa di Westeros dato che ai genitori non era permesso accompagnare i figli nella capitale. Successivamente fu il turno di un’altra bambina, ossia Arya Stark. Quel cognome suscitò diverse emozioni nella folla perché tutti sapevano che quella ragazzina dall’aspetto maschile era niente meno che la figlia di Eddard Stark. A differenza della fredda compostezza di Shireen, Arya sembrava più combattiva anche se la sorte era decisamente contro di lei.
“Non arriverà mai alla fine. Potrà essere agile, brava a combattere ma nulla potrà quando si dovrà scontrare con uno dei due bastardi.” Disse Dany fra sé e sé.
La famiglia Baratheon parve tristemente sfortunata in quanto un altro tributo si rivelò essere Joffrey, il figlio maggiore di Robert. Sembrava dannatamente perfido e aveva i lineamenti quasi femminili, capelli biondi e occhi color smeraldo.
“Tutto l’opposto di suo padre.” Rifletté Daenerys, la quale aveva visto l’esecuzione del ribelle e ricordava perfettamente i suoi capelli castani e gli occhi blu scuro.
La terzultima tributa invece era un’orfana che viveva in un villaggio nel Nord. Si chiamava Ygritte Covington e pareva essere una ragazza molto aperta e ironica ma naturalmente le circostanze non le permisero di mostrarlo. Aveva i capelli più rossi che Daenerys avesse mai visto e un paio di occhi verdi che irradiavano pura rabbia.
“Non vuole stare qui” pensò lei “e non posso biasimarla, nessuno lo vorrebbe.”
Quell’anno si verificò anche un evento piuttosto raro, ovvero la presenza di due volontari. Erano i fratelli Margaery e Loras Tyrell provenienti dall’Altopiano, una delle terre meridionali di Westeros, i quali avevano rispettivamente sedici e diciassette anni. Daenerys non sapeva cosa avesse spinto i due ragazzi ad offrirsi volontari, non concepiva come un adolescente potesse credere davvero a tutte quelle fandonie sull’onore e il diventare un modello di vita che berciava suo padre in ogni discorso precedente alla mietitura. Alla fine i tributi erano stati scelti e la situazione iniziale sembrava stranamente equilibrata perché i partecipanti ai giochi erano quattro ragazzi e quattro ragazze appartenenti a varie classi sociali e provenienti da tutto il paese. Una volta terminata la presentazione, la ragazza elencò i loro nomi per l’ultima volta prima che essi salissero sul treno diretti nelle Terre dei Fiumi, sede dell’arena per la quindicesima edizione.
“Dunque pubblico, ecco a voi i tributi.” Esclamò rivolta alle telecamere “Shireen Baratheon, Loras Tyrell, Margaery Tyrell, Jon Snow, Gendry Waters, Arya Stark, Joffrey Baratheon e Ygritte Covington.”
Uno dopo l’altro i ragazzi abbandonarono il palco per recarsi alla stazione lasciando la Targaryen sola e prima che le trasmissioni si chiudessero ella esclamò trstemente: “Possa la fortuna essere sempre a loro favore.”




Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Non so davvero da quale parte del mio cervello sia nata questa folle idea ma non potevo esimermi dallo svilupparla, quindi ecco qua il primo capitolo. So già che sarà una sofferenza uccidere tutti questi personaggi tranne uno, ma mi auguro che il risultato sia buono e ne venga fuori una bella storia.
Spero di avervi incuriosito :D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 2
*** La Perdita ***


La Perdita
 
La mietitura era appena terminata e Catleyn Stark era ancora sotto shock. Erano ormai tre anni che suo figlio Robb era in età per essere estratto, così come poteva accadere allla secondogenita Sansa, la quale aveva quattordici anni e ad Arya, dodici appena compiuti. Per la prima volta aveva mandato la sua piccolina nella capitale e le era rimasta solo la consapevolezza che difficilmente avrebbe fatto ritorno. La sua bambina era veloce, agile e sapeva maneggiare discretamente diversi tipi di armi ma nell’arena sarebbe stata considerata un bersaglio facile per via della sua giovane età e la corporatura gracile. Poteva sopravvivere qualche giorno ma, per quanto le costasse fatica ammetterlo, le probabilità che vincesse erano decisamente scarse.
Poi c’era quel ragazzo.
Dio, come gli somigliava. Doveva essere lui, il figlio bastardo che suo marito aveva generato nel periodo della rivolta e che a malincuore non aveva potuto tenere con sé perché la madre era scappata dalla guerra crudele ed infida per proteggerlo, perciò Ned non lo aveva più incontrato. Non glielo aveva mai nascosto, addirittura i loro figli sapevano di avere un fratellastro che viveva in chissà quale parte del Nord e di cui probabilmente non avrebbero mai visto il volto se non fosse stato per la mietitura. Cat aveva sofferto per quella rivelazione e nonostante non lo avesse mai incrociato ad eccezione di quando lo aveva visto sullo schermo, all’inizio aveva provato una sorta di ripudio nei suoi confronti ma pian piano aveva iniziato a tollerare la sua esistenza fino quasi a dimenticarla. In quel momento però fu come rivedere un giovane Ned Stark e il sentimento di ripugnanza che aveva provato tanti anni fa tornò più vivido che mai, ma non era riuscita ad odiare il ragazzo. Era il frutto di un tradimento e avrebbe dovuto essere quasi felice che il suo nome fosse stato estratto ma non ne era stata in grado. Anche lui aveva una madre, qualcuno che piangeva per la sua estrazione ma sperava nella sua vittoria. Jon Snow non meritava la sorte che gli era toccata, così come non lo meritavano gli altri sette ragazzi.
Cat non riuscì a provare altro che compassione.
“Ho mandato tre dei miei figli nella capitale e soltanto due saranno a casa entro domani.” Questo pensiero le fece venire le lacrime agli occhi ma si impose di essere forte per Bran e Rickon, i due pargoletti che per ancora qualche anno sarebbero stati risparmiati dalla crudele furia di Aerys Targaryen. Inevitabilmente la sua memoria corse verso Ned, il suo amato marito, così testardo e dannatamente legato all'onore da essere morto per non tradire se stesso.
“Glielo avevo detto di non lasciarsi coinvolgere nella rivolta. Sapevo che le conseguenze sarebbero state più grosse di quanto avremmo mai potuto affrontare, ma non mi aveva ascoltato.”
Quando lo aveva visto tornare a Grande Inverno nella primavera di quindici anni fa, credeva di star sognando perché non riusciva a capacitarsi che quel mostro avesse graziato senza apparente motivo i capi della ribellione più grande che Westeros avesse mai visto. Soltanto sei mesi fa aveva capito che il despota era stato misericordioso prima soltanto per causare più dolore in seguito.
Il volto di Catelyn Stark era solcato da lacrime calde. Avrebbe imposto a se stessa di ritornare forte qualche minuto più tardi, adesso voleva soltanto piangere perché lei era una roccia, ma se continuamente sottoposte alle intemperie anche le rocce possono subire dei danni.
 
Cersei Lannister era ancora ammutolita davanti al televisore nonostante l’estrazione dei nomi fosse conclusa.
“Mi dispiace sorellina.” Le aveva ripetuto Jaime ma lei respinse quelle parole, era come se non le avesse sentite affatto. Soltanto dopo una mezz’ora passata a piangere silenziosamente, tirò fuori gli artigli e se la prese con chiunque capitasse a tiro.
“Non me ne frega un accidenti del tuo dispiacere!” urlò furibonda “Il mio bambino, il nostro bambino, è stato spedito in un’arena dove ha poche possibilità di sopravvivere.”
“Joffrey può vincere.” Egli finse di non aver colto l'allusione alla sua paternità e le rispose in quel modo per cercare di calmarla, ma era evidentemente poco convinto.
“Sappiamo tutti che non è così.” Esclamò Tyrion che così facendo s’inimicò ancora di più la sorella “È troppo impulsivo, troppo assetato di sangue. Riuscirà a venire fuori dalla grande mischia ma sarà la sua brama di vittoria ad ucciderlo.”
“SMETTILA NANO! Non voglio sentire un’altra parola dalla tua bocca maledetta.”
“Stai reagendo così perché sai che sto dicendo la verità!”
“Tyrion ti sembra il caso? Non vedi che sta male? Un po’ di compassione per la miseria!” lo rimproverò Jaime.
“Questo nano schifoso odia il sangue del suo sangue.” Continuò Cersei isterica.
“Non odio Joffrey, sto dicendo le cose come stanno. Tu vedi solo quello che vuoi quando si tratta dei tuoi figli.” Ribatté Tyrion con tono pacato.
“Se soltanto quell’idiota di mio marito non avesse giocato a fare l’eroe con i suoi amichetti adesso questi dannatissimi giochi non esisterebbero e lui sarebbe ancora vivo!” la donna Lannister era fuori di sé dalla rabbia verso il suo defunto marito, che considerava la causa dei suoi mali da quindici anni a questa parte, e di disperazione perché nonostante si rifiutasse di ammetterlo, suo fratello aveva ragione: Joffrey sarebbe stato ucciso dalla sua sete di potere e di sangue. Vederla in quello stato la fece apparire quasi umana agli occhi di Tyrion, una donna con delle debolezze che avrebbe fatto di tutto per i suoi figli.
“Cersei, ascolta” disse il Folletto in tono pacato “Mi dispiace per quello che ho detto prima, ma è la verità. Lo so io come lo sai tu e credo di non averti mai visto in queste condizioni quindi significa che il tuo dolore è reale. Tutto ciò che puoi fare è sperare nel suo ritorno e nel frattempo tornare ad essere la madre di Tommen e Myrcella. Non puoi dimenticarti di loro.”
Dopo tanto, forse troppo, tempo la donna rivolse al fratello parole sincere: “Sì, devo essere forte anche per loro.”
 
 
Raramente Olenna Tyrell restava senza parole, ma vedere i suoi nipoti offrirsi volontari come tributi l’aveva lasciata completamente spiazzata. Era terrorizzata dall’idea di poterli perdere, come tutti i parenti di quei ragazzini ai piedi della Fortezza Rossa del resto, però non aveva mai pensato che quei due avessero deciso di andare incontro alla morte così spudoratamente, senza neanche dirle una parola. In casa Tyrell, una delle ville più belle e curate di Alto Giardino, regnava il silenzio. Mace e sua moglie erano sconvolti tanto quanto Olenna, mentre Willas e Garlan, i fratelli maggiori dei due tributi, apparivano visibilmente scossi.
“Non so davvero cosa dire.” Esclamò Willas, il quale era stato vincitore della dodicesima edizione dei giochi. Era tornato zoppo, con la gamba destra storta, ma almeno era ritornato.
“Io sì.” Disse Olenna puntando il dito verso suo figlio “è colpa tua! Da quando sono bambini hai riempito loro la testa di sciocchezze sull’onore, di storie su guerrieri forti e coraggiosi. Cos’hai ottenuto? Che si offrissero per andare al macello! Congratulazioni!”
“Non puoi incolpare me!” obiettò l’uomo “Non sono nella loro testa. Questa è stata una decisione arbitraria.”
“Una decisione arbitraria stupida! Ti rendi conto che nella migliore delle ipotesi ne tornerà uno solo? Capisci che uno dei tuoi figli è certamente morto?
A quelle parole Mace Tyrell sbiancò e sua moglie iniziò a singhiozzare.
“Loras è un bravo guerriero e maneggia perfettamente la lancia. Margaery è un’ottima stratega. Insieme se la caveranno.”
“è davvero tutto ciò che sai dire? Sai a cosa servirà la strategia quando la mia piccola si ritroverà a dover affrontare uno dei bastardi o la ragazza dai capelli rossi? Avete visto la sua espressione? Sembrava che potesse incenerire tutti con lo sguardo!” Si fermò un attimo e aggiunse “Anche se arrivassero ad essere gli ultimi due, Dio mio… non voglio nemmeno pensarci. Con permesso...” E lasciò il salotto per dirigersi nella sua camera. Raggiunse il grande mobile accanto al suo letto, aprì un cassetto e tirò fuori un medaglione il cui interno era diviso in quattro sezioni. Ogni sezione era occupata da una foto dei suoi quattro nipoti, ma erano i volti di Loras e Margaery che le interessavano di più. Mentre li contemplava pensò: “Cosa diavolo credevate? Che la vita fosse come una di quelle favole che vi racconta vostro padre? Perché lo avete fatto? è stato forse per amore verso qualcuno, per gloria o per la brama di potere?”
Olenna voleva credere che fosse stato il primo sentimento a spingerli in quell’arena, il più nobile, ma sperava che almeno uno dei due ritornasse a casa per poter avere la conferma. Nel frattempo però poteva soltanto seguire i Giochi e pregare che Loras o Margaery, almeno uno di loro, vincesse e facesse ritorno da lei.
 
 
Per tutta la durata della mietitura Stannis Baratheon rimase freddo e composto, proprio come sua figlia che era stata chiamata per prima sul palco. Entrambi implacabilmente dignitosi, entrambi stavano nascondendo un terrore viscerale che non potevano permettersi di mostrare. Sua moglie invece aveva pianto, si era disperata e stava accusando il marito di essere un insensibile perché non aveva versato neanche una lacrima.
“Non posso permettermi di crollare Selyse. Se crollassi non sarei più in grado di rialzarmi.” Pensò Stannis, ma non lo disse apertamente.
Shireen era stata una delle poche piacevoli sorprese nella vita di quell’uomo sempre serio e burbero. Aveva perso i genitori, colti da una tempesta mentre erano in barca.
Aveva perso i suoi fratelli, uno giustiziato per tradimento da Aerys Targaryen e l’altro ucciso brutalmente nella scorsa edizione dei giochi Non avevano mai avuto un buon rapporto, ma la loro morte lo aveva turbato parecchio.
E ora aveva perso anche sua figlia, l’unica vittoria che sarebbe mai riuscito ad ottenere nella vita. Avrebbe voluto sperare nella sua sopravvivenza ma sarebbe stato come sperare che Robert e Renly tornassero in vita. Shireen era agile ed intelligente ma era anche piccola, troppo piccola per non aver già un bersaglio attaccato sulla schiena e questo Stannis lo sapeva fin troppo bene. Lasciò che la moglie continuasse a sfogarsi ed uscì sul balcone per assaporare la brezza marina e schiarirsi le idee. Il vento era impetuoso e ogni particolare di quella situazione gli ricordava sua figlia: il mare che lei adorava, il vento in cui aveva fatto volare il suo primo aquilone, la stessa casa continuava a fargliela tornare in mente.
“Non la rivedrò mai più.” Fu questo il pensiero che lo atterriva. Stannis Baratheon amava sua figlia più di ogni altra cosa al mondo e a volte la amava così tanto da desiderare che non fosse mai nata in modo da non dover essere catapultata in quel mondo troppo malvagio per una bambina dolce e genuina come lei. Altre volte però era grato della sua nascita perché Shireen era l’unica persona al mondo con cui riusciva a concedersi un sorriso o un vero abbraccio.
Il vento era diventato troppo freddo per stare fuori, così l’uomo tornò dentro e per la prima volta dopo tanto tempo, al riparo dagli occhi di sua moglie, si concesse di versare qualche lacrima.



Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Ecco qua il secondo capitolo e ho deciso di raccontare i sentimenti delle quattro famiglie che hanno visto estrarre i propri figli alla mietitura (e come potete notare Stannis ha dei sentimenti perché è deliberatamente ispirato al Book!Character e non a quello della serie if you know what I mean...).
Spero abbiate apprezzato! Dalla prossima settimana si entra nel vivo dei giochi...
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 3
*** La Preparazione ***


La Preparazione
Gli otto tributi si stavano recando in fila verso la stazione senza alzare gli occhi dalla strada né dire una parola. Neanche coloro che si conoscevano stavano chiacchierando ed era impossibile biasimarli. Ad un tratto però quella monotonia però fu spezzata da Margaery Tyrell, l’ultima della fila, che agguantò il braccio del fratello il quale camminava davanti a lei.
“Cosa ti sei messo in testa?” sibilò in tono minaccioso “A cosa diavolo stavi pensando quando ti sei offerto?”
“A cosa diavolo stavi pensando tu, sorellina!” la sua voce era triste ma colma di rimprovero.
“Credevi davvero che ti avrei lasciato andare al macello senza neanche una spiegazione? Mi conosci davvero così poco?”
I toni si stavano alzando e la colonna si fermò per ascoltare il discorso.
“Allora la tua idea è stata quella di affiancarmi mentre vado al macello? Davvero geniale Margaery!” Esclamò voltandole le spalle, ma ella continuò nonostante lui non desse cenno di ascoltarla.
“Mi devi una spiegazione Loras!”
“Una spiegazione su cosa?” la interruppe il loro accompagnatore, Oberyn Martell, membro della famiglia presidenziale.
“Nulla signor Martell. Mi scusi.” Concluse la Tyrell in modo frettoloso ma lanciò uno sguardo di fuoco al fratello prima di calmarsi. Il dorniano accompagnò i ragazzi sul treno e non appena furono tutti seduti cominciò il suo discorso di rito. Lo teneva ogni anno mentre li accompagnava nell’arena perché voleva che sapessero che lui, come la maggior parte della sua famiglia, odiava i giochi e stavano cercando anno dopo anno di persuadere Aerys ad abolirli.
“Buongiorno a tutti." Esclamò "È inutile che mi prodighi in discorsi di incoraggiamento, so che non serviranno a nulla, ma voglio dirvi che sono in pochi nella Fortezza Rossa a godere del vostro massacro e stiamo tentando in tutti i modi di convincere il presidente a smettere con questa orribile pratica. Purtroppo però sapete dove viviamo, un paese comandato da un tiranno (questa parola la pronunciò a bassa voce) che dopo la ribellione di quindici anni fa ha paura di sollevarsi di nuovo. Aerys sa che molti dei suoi parenti e fedeli consiglieri sono contrari alle sue scelte, ma va avanti imperterrito…” Oberyn si fermò un momento e poi concluse “Mi dispiace ragazzi.”
“Anche a me dispiace.” Disse prontamente Ygritte “Mi dispiace di avere tutta la vita davanti sapendo che ho una possibilità su otto di sopravvivere in quell’arena, mi dispiace perché sarò costretta ad uccidere soltanto per soddisfare la sete di sangue di quel pazzo e quindi nel caso remoto in cui tornassi a casa non sarò mai, mai più la stessa persona. Aerys Targarten ha avuto tutto ciò che voleva: potere, ricchezza, la possibilità di sfruttare senza ritegno la popolazione e non è ancora contento. Vuole anche il nostro sangue, sangue di persone che non hanno avuto nulla a che fare con quella dannata rivolta...” Pronunciò le ultime parole come se fosse stanca.
Stanca di continuare a parlare di quanto quel mondo fosse ingiusto quando era convinta che la sua vita fra pochi giorni sarebbe giunta al termine e quindi non avrebbe mai visto mai visto il cambiamento che tanto desiderava. Oberyn non trovò il modo di replicare al discorso della ragazza e li mandò nelle proprie cuccette, le quali per chi viveva una vita di stenti come Gendry o la stessa Ygritte, sembravano delle vere e proprie case.
Il viaggio verso le terre dei fiumi durò tutta la notte e non appena il sole sorse il treno era già arrivato a destinazione, ma prima di lasciarli scendere per entrare nel centro Oberyn diede loro alcune indicazioni su come si sarebbero svolte le giornate precedenti all’ingresso nell’arena.
"D'accordo ragazzi, siamo arrivati. Questo l'edificio dove starete per i prossimi tre giorni" disse Oberyn puntando il dito verso un ammasso di cemento più largo che alto "È stato costruito su tre piani: al primo troverete la palestra dove vi allenerete, al secondo c'è la mensa e al terzo le vostre stanze. Adesso andate a cambiarvi per il pranzo, alle due inizierete le sessioni di gruppo in palestra, mentre l'ultimo giorno ci sarete solo voi e gli strateghi, coloro che costruiscono le arene e ne regolano il funzionamento."
"C'è un solo piccolo dettaglio." esclamò Arya "Con cosa dovremmo cambiarci? Non mi risulta che qualcuno abbia portato valigie o altro."
"Nelle stanze troverete tutto ciò che vi serve." rispose l'uomo "Ora potete andare, ci vediamo a mezzogiorno in mensa."
Il gruppo si sciolse e ognuno sì recò nella stanza assegnata. Oberyn non aveva mentito perché ci avevano trovato davvero di tutto, da vestiti a un benvenuto floreale (come se davvero avesse potuto far loro smettere di pensare a cosa sarebbero andati incontro), per finire con oggetti talmente tecnologici e avanzati che nemmeno i fratelli Tyrell o Joffrey, i tributi più abituati al lusso, avrebbero saputo usare. Il tempo concesso per prepararsi al pranzo volò e gli otto ragazzi si ritrovarono per la prima volta tutti insieme, senza che qualcuno facesse da mediatore. La tensione si tagliava con un coltello e nessuno sembrava avere intenzione di parlare. Alla fine però Ygritte trovò il modo peggiore per rompere il silenzio e si rivolse ad Arya e Jon:
"Voi due vi somigliate parecchio..." disse in modo gentile per cercare di fare conversazione.
"Già." Rincarò la dose Shireen, senza però cattive intenzioni "Potreste essere parenti."
Arya si chiese se Jon sapesse che aveva di fronte la sua sorellastra.
Si chiese se Jon sapesse che Eddard Stark era suo padre.
Queste domande però non gliele pose. Non gli sembrava il momento opportuno e purtroppo in quella circostanza non lo sarebbe mai stato, così abbassò la testa e continuò a mangiare. La tavolata a quel punto ripiombò nel silenzio. Joffrey,terminato il suo pranzo, aveva iniziato a scrutare con quei sadici occhi verdi i presenti perché cercava di capire forze e punti deboli di ciascuno dato che fin dal momento in cui era stato estratto aveva in mentre una sola cosa: ucciderli tutti e tornare a casa. Anche Loras Tyrell aveva finito presto, quindi si alzò per tornare in camera prima di scendere per gli allenamenti. Se la sua idea era quella di restare solo per qualche momento, dovette cambiare i piani perché sua sorella lo seguì non appena si abbandonò la mensa. Era strano vederli così poco legati, arrabbiati l’uno con l’altro: davvero non si rendevano conto che da soli sarebbero stati più vulnerabili?
“Faranno pace prima di entrare nell’arena?” Pensò Jon mentre li vedeva allontanarsi.
L’unico motivo per cui il bastardo del Nord fingeva di preoccuparsi delle dinamiche della famiglia Tyrell era per evitare di pensare a ciò che aveva detto prima Ygritte, sperava in buona fede e non per provocarlo volontariamente, riguardo alla sua famiglia.
Ella aveva ragione, era impossibile non notare la somiglianza fra lui e Arya Stark e la ragione era molto semplice, ovvero condividevano il padre. Jon sapeva di essere il figlio illegittimo del ribelle Eddard Stark, sua madre glielo aveva raccontato ma sulle prime non ci aveva creduto, poi aveva azzardato e chiesto al signor Karstark che gli diede la conferma ufficiale. Ciò che non sapeva però era se anche i suoi fratellastri fossero a conoscenza della sua esistenza e di certo l’ultima cosa che voleva era turbare quella ragazzina dicendogli “Ehi guarda, sono tuo fratello. Non mi hai mai visto in vita tua eppure abbiamo lo stesso padre”.
Non lo trovava giusto nei suoi confronti.
 
La prima sessione di allenamento si rivelò una generale sorpresa. Da un lato tutti scoprirono di avere una specialità in cui primeggiavano sugli altri, ma dall’altro ognuno era ritenuto una potenziale e letale minaccia. Jon fu felice di trovare fra le armi una sorta di spada, stessa arma che scelse Arya, Gendry si accaparrò una mazza da combattimento, Loras Tyrell una lancia e Joffrey una balestra. Margaery si mostrò particolarmente pericolosa in quanto sapeva maneggiare diversi veleni e conosceva molti tipi di piante mentre Shireen aveva un’abilità del tutto particolare ma di certo non meno importante: era capace a sopravvivere.
“Se si tiene lontana dagli altri e supera la mischia iniziale può avere una chance concreta." Pensò Jon.
Ad Ygritte invece brillarono gli occhi quando vide un arco e una faretra colma dei tipi di freccia più disparati. Jon la osservò tirare al bersaglio e ammise che era davvero brava; continuò ad osservarla e pensò che la trovava anche davvero bella. Aveva gli occhi di un colore che virava al verde al marrone in base alla luce del sole e una folta massa di ricci rossi ad adornarle il volto.
Bella e letale. Una combinazione che non andava affatto bene.
Il ragazzo cercò di smettere di pensarci ma era come se lei lo facesse apposta a capitargli sempre intorno: mentre si esercitava a tirare fendenti con la spada, Ygritte era accanto a lui a scoccare frecce contro bersagli di cartone e questo bizzarro “inseguimento” durò tutto il pomeriggio.
Alla fine delle quattro ore di allenamento, l’istruttore Theon Greyjoy, vincitore degli scorsi Hunger Games, si congratulò con loro:
“Complimenti ragazzi! Erano anni che non vedevo un gruppo così omogeno. Ora so di cosa siete capaci e dove dovrete migliorare ed è su questo che ci concentreremo domani prima dell’incontro con gli strateghi. Adesso potete andare a prepararvi, la cena sarà fra un’ora.”
Il gruppo si sciolse, ma prima che Jon raggiungesse la sua stanza fu fermato da Arya. Si mosse velocemente e il suo tocco fu così leggero e improvviso che lui si spaventò.
“Scusami, non volevo farti paura.” Iniziò lei il discorso.
“Cosa c’è?” Chiese lui.
“Volevo parlarti di oggi, a pranzo… quello che ha detto la ragazza dai capelli rossi…”
“Io so chi sei Arya.”
“Davvero?”
“È una delle mie poche certezze. So di essere il fratellastro dei ragazzi Stark e Dio solo sa quanto mi sarebbe piaciuto conoscervi.”
“Anche a me. Quando papà ce l’ha detto sembrava triste di averti lasciato.”
“Mia madre doveva proteggermi dalla guerra ma mi ha raccontato che Eddard Stark sarebbe stato capace di crescermi nella sua famiglia legittima. Ne parlava come se fosse un male, essere una persona d’onore intendo…”
“L’onore lo ha fatto uccidere. Io… io gli volevo tanto bene” Esclamò Arya e per la prima volta si mostrò indifesa, vulnerabile, come è giusto che sia una bambina di dodici anni. Jon si sentiva onorato che ella avesse deciso di aprirsi con lui, ma non sapeva come risponderle. Ad un tratto pensò che la cosa giusta da fare fosse abbracciarla, così strinse fra le sue braccia quello scricciolo.
“Sono sicuro che gli volevi bene.”
“Scusami.” Disse poi lei liberandosi dalla stretta “Non dovevo permettermi di piangere. Devo essere forte.”
“Lo sei Arya. Lo sei fin troppo.”
 “Non posso pensare al fatto che nel migliore dei casi uno di noi due morirà. Non volevo incontrarti così.”
“Neanche io Arya. Dovevo venire a Grande Inverno quando ne avevo l’occasione.” Si fermò un attimo poi esclamò: “Mi dispiace…”
Il ragazzo fece per andarsene ma lei lo chiamò di nuovo.
“Dimmi.” Esclamò lui.
“Detesto mostrarmi così debole, solo… potresti abbracciarmi di nuovo?”
Egli acconsentì e i due rimasero stretti anche mentre Joffrey usciva dalla sua stanza. Poi Jon le stampò un bacio sulla fronte e se ne andò.



Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Ancora un capitolo di preparazione (la settimana scorsa ho mentito, perdonatemi) perché non voglio farli troppo lunghi correndo il rischio di farvi annoiare, ma vi prometto che la settimana prossima si entrerà nell'arena. Spero che nel frattempo abbiate apprezzato questo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 4
*** La Mischia ***


La Mischia
I due giorni successivi seguirono con una routine ferrea: sveglia, colazione, allenamento. Pranzo, un'ora di pausa e altre tre ore in palestra. Sembrava quasi che volessero privarli di ogni forza prima di farli entrare nell'arena. I momenti di gruppo erano sempre intrisi di un silenzio imbarazzante poiché nessuno aveva legato (o voleva legare) con persone che presto sarebbero morte. Dopo la conversazione del primo giorno, Jon e Arya non avevano più parlato e il ragazzo era grato che lei lo stesse evitando perché non avrebbe potuto sopportare di instaurare un rapporto con sua sorella poco prima dell'inizio della carneficina, inoltre sembrava che la Stark si stesse avvicinando a Gendry, l'altro bastardo dato che i due si allenavano insieme e si punzecchiavano spesso con commenti sarcastici.
"Forse è un bene." Rifletté Jon "Se si alleano sono meno vulnerabile."
Se si fossero alleati sarebbero stati anche più pericolosi ma a questo preferì non pensarci.
Il ragazzo non aveva mai avuto una vera conversazione neanche con Ygritte ma avevano continuato ad osservarsi, a studiarsi per tutta la durata dell'addestramento. Quando Oberyn Martell, dopo aver fatto iniettare i chip nei loro avambracci, li ebbe scortati uno alla volta nei cilindri di vetro che li avrebbero condotti direttamente sulle piattaforme d’inizio gli otto tributi, volenti o nolenti, capirono che i giochi stavano iniziando e la battaglia per la sopravvivenza sarebbe stata più ardua del previsto. Anche nelle case di tutta Westeros regnavano l’ansia e il terrore, specialmente in quelle in cui vivevano i parenti dei tributi, costretti a guardare in diretta quel macello.
 
Tutti dovevano attendere un minuto sulle piattaforme prima del fischio d’inizio e l'attesa serviva principalmente osservare l’ambiente, i possibili luoghi verso cui correre per nascondersi e le armi accatastate sulla cornucopia. Tutte quelle usate negli addestramenti erano presenti. Jon notò un arco in cima alla pila, una mazza ferrata che Gendry avrebbe preso senza ombra di dubbio e anche una lama scintillante al sole. Doveva essere una spada e se lo era, doveva essere sua ad ogni costo.
Dieci.
Nove.
Il conto alla rovescia era partito. I tributi si stavano ancora guardando attorno. Cercavano di capire dove fossero, sondare il territorio per quanto fosse possibile farlo da lontano.
Otto.
Sette.
Erano su una pianura, circondati da un bosco ed essendo nelle Terre dei Fiumi avrebbero trovato senza dubbio terreni paludosi e qualche corso d'acqua.
Sei.
Cinque.
La tensione si poteva tagliare con un coltello. Tutti avevano paura, era inutile negarlo o nasconderlo sotto un ghigno o un sorriso furbo.
Quattro.
Tre.
Il momento stava arrivando anche se nessuno di loro lo aveva chiesto. Nessuno voleva stare lì, ma ormai erano sulla pista e dovevano ballare.
Due.
Uno.
Le voci di Petyr Baelish e Varys, i commentatori degli Hunger Games, stavano annunciando all'unisono la partenza, la temuta mischia iniziale dove solitamente almeno ne morivano uno o due. Arya Stark fu la più veloce ad uscirne: prese dalla cornucopia una delle numerose spade e uno zaino pieno di viveri e fu seguita a ruota da Gendry Waters, il quale corse via nella stessa direzione della ragazza. Jon lo notò e si ritrovò a sperare che i due si alleassero sul serio perché se si fossero scontrati, per Arya sarebbe stato difficile uscire viva da uno scontro così impari. Il ragazzo giunse alla cornucopia e come la sorellastra prese un'arma e uno zaino per poi scappare, ma non tutti furono così fortunati. Joffrey Baratheon infatti, per accaparrarsi un sacco a pelo colpí la cugina Shireen, attaccandola da dietro. La bambina non se lo aspettava, così perse l'equilibrio e sbatté la testa sul freddo acciaio della struttura al centro dell'arena. Cadde a terra e un lago di sangue si formò sull'erba all'altezza del capo. Non aveva avuto neanche il tempo di provare a difendersi perché il ragazzo l'aveva colta di sorpresa attaccandola alle spalle.
Una vita troppo giovane spezzata brutalmente da una gomitata inaspettata.
Finita, morta.
Il primo cannone rombò.
Margaery Tyrell era proprio lì quando Shireen cadde. Era stata testimone di tutto e la vista di quella bambina riversa a terra la fece stare male. Non era abituata al sangue, alla violenza gratuita. Non era di certo una debole, ma aveva imparato a prendersela solo con chi la maltrattava e il corpo di Shireen le fece realizzare che non sarebbe sopravvissuta a lungo se avesse continuato ad agire in questo modo. Si sentì strattonare e quando ritornò alla realtà e si rese conto di essere immobile a fissare quel corpicino inerme.
"Margaery! Margaery smettila!" La voce era di suo fratello "Andiamo via da qui!"
Lei non rispose.
"Margaery ci uccideranno. Vieni con me."
Ella rinsaví e corse con Loras verso il bosco.
 
Uscito dalla mischia, Jon iniziò a perlustrare l'arena. Era ovviamente una zona palustre con fango, giunchi e salici ovunque. La nota positiva era che si stava avvicinando ad un corso d'acqua dolce perché il terreno sotto i suoi piedi stava diventando sempre più molle. Lo trovò dopo circa un'ora e finalmente riempì la borraccia che aveva trovato nello zaino, poi si mise alla ricerca di un posto per stabilirsi e qualche animale da uccidere per sfamarsi. Avrebbe voluto accendere un fuoco ma non si arrischiava perché avrebbe certamente attirato ospiti poco desiderati. Voleva rimanere da solo il più possibile ma sapeva che con un alleato sarebbe stato tutto più facile e meno pericoloso: insieme avrebbero potuto anche cuocere ciò che avrebbero cacciato perché uno dei due sarebbe stato sull'attenti per scorgere eventuali attacchi.
Stava girovagando ormai da un paio d'ore ma non aveva ancora trovato nulla che potesse costituire una cena sostanziosa.
Non si aspettava un banchetto ma neanche di patire la fame.
Non era nello stile dei giochi far morire i tributi in questo modo.
Ad un tratto sentì dei rumori fra i cespugli e lentamente tirò fuori la spada dalla cintura dell'equipaggiamento. Non sapeva se fosse un animale o una persona ma quell'arma tenuta ben salda in mano gli dava sicurezza, anche se non era sicuro di usarla. Si avvicinò piano alla fonte del rumore e scorse finalmente una massa di capelli rossi.
Ygritte.
Era impressionante che fosse ovunque lui andasse.
La ragazza si girò verso Jon e disse sorridendo leggermente:
"Finalmente ti ho trovato!"
"Mi stavi cercando?" chiese lui stupito.
"Certo. Ti ho osservato mentre ti allenavi e sei bravo." poi abbassò la voce, che si trasformò in una sorta di sussurro "E sono sicura che anche tu hai osservato me."
"Cosa vuoi?" domandò lui senza dar segno di aver colto la provocazione di Ygritte.
"Certamente non voglio ucciderti, quindi abbassa quella spada per favore."
Jon si irrigidì ancora di più e servì un'altra rassicurazione della ragazza per convincerlo.
"Seriamente, la mia arma è l'arco e tu saresti in grado di mozzarmi una mano ancora prima che io riesca ad incoccare una freccia. Voglio semplicemente allearmi con te."
"Un'alleanza?" ripeté lui.
"Sì. Saremo meno vulnerabili in due." Esclamò una volta che lui si fu calmato "Ascolta, so che ci stai pensando, riesco a leggerlo nei tuoi occhi. Questo accordo ci porterà solo dei vantaggi perché è meglio avere qualcuno da proteggere e da cui essere protetto. Il bastardo e la Stark sono insieme, li ho visti mentre venivo qui, così come i fratelli Tyrell che sono andati via insieme. Da sola non rimango, non con quel pazzo di Joffrey nei paraggi, dato che è in grado solo di attaccarti alle spalle. Hai visto cosa ha fatto a sua cugina?"
"Sì... Ho visto." Ammise lui. Era stata sufficientemente convincente "D'accordo, siamo alleati."
"Grazie Jon Snow."
"Non so se debba esattamente essere ringraziato..."
Ygritte lo superò per aiutarlo a cacciare, poi si voltò verso di lui e gli sorrise. Era un sorriso sincero, diverso da tutte quelle smorfiette ironiche che le aveva visto sfoggiare in precedenza. Jon sentì qualcosa dentro, all'altezza dello stomaco, ed era sicuro che non avrebbe portato a nulla di buono, ma in quel momento si impose di non pensarci.
Ormai glielo aveva promesso.
Ygritte era sua alleata.


Note dell'autrice :3
Come promesso, i tributi sono finalmente entrati nell'arena quindi preparatevi ad una morte ad ogni capitolo (o quasi) D: 
A causa dell'inizio della scuola non sono sicura di riuscire ad aggiornare così frequentemente ma mi auguro di farcela. Ad ogni modo spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ci vediamo al più presto.
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 5
*** La Famiglia ***


La Famiglia
 
Loras aveva preso il braccio di Margaery e l'aveva condotta nel bosco, abbastanza lontano da Joffrey e le altre possibili minacce. Era evidente che la morte di Shireen l'aveva sconvolta, i suoi occhi erano ancora come vuoti e lo sguardo perso ma almeno non era rimasta ferma davanti al cadavere. Egli si sentiva tremendamente responsabile per la presenza della sorella in quell'arena perché era sicuro che il suo folle gesto di offrirsi volontaria era stato dettato dal suo istinto di doverlo proteggere ad ogni costo.
Avevano corso per centinaia di metri e una volta trovato uno spiazzo vicino un piccolo laghetto si fermarono.
"Va bene qui?" chiese lui "C'è abbastanza legna per accendere un fuoco e posso andare a vedere se trovo qualche animale in giro."
"D'accordo." Rispose. La determinazione stava tornando parte di lei. Prima che il fratello le voltasse le spalle, ella esclamò sottovoce:
"Loras..."
"Sì?"
"Temo di aver commesso un terribile errore. “
A quel punto lasciò perdere la caccia e si sedette accanto a lei, attendendo in silenzio che iniziasse a parlare.
"Ho sempre odiato la violenza, specie quella sui deboli, sugli indifesi, ma tutto ciò a cui pensavo mentre ti vedevo offrirti come tributo era che non potevo permetterti di andare al macello senza nemmeno una spiegazione. Volevo sapere cosa ti aveva spinto, ma soprattutto volevo proteggerti."
Loras sentì i sensi di colpa invaderlo e annullare ogni altra emozione, come una mareggiata che cancella tutto ciò che trova sul suo percorso lasciando soltanto desolazione.
"È per questo che mi sono offerta con te. Non ho riflettuto nemmeno un secondo al fatto che per proteggerti avrei sacrificato addirittura me stessa, ma non avevo paura di morire se tu fossi rimasto in vita. Adesso però capisco che se voglio aiutarti a vincere non basta morire, dovrò iniziare ad attuare la violenza che ho sempre odiato. È questa la parte peggiore dei giochi: perdere una parte di te stesso. Se per caso hai la fortuna di uscirne vivo, non c’è modo di tornare ad essere la persona che eri prima. Questa maledetta arena ti cambia."
La voce di Margaery era diventata glaciale. Il suo vero scopo era proteggere Loras, la persona a cui teneva di più al mondo, a scapito della sua stessa vita e questo la rendeva più pericolosa di quanto gli altri avessero mai potuto pensare perché era addirittura pronta a rinnegare la sua natura pur di permettergli di sopravvivere. Il ragazzo non aveva idea di come replicare, il discorso della sorella lo aveva sconvolto, quindi rimase in silenzio e la cinse con un braccio. La serata trascorse in una strana bolla di normalità, ma di certo egli non era pronto a quello che Margaery avrebbe fatto il giorno dopo.
 
 
Arya e Gendry avevano deciso fin dal secondo giorno di addestramento che si sarebbero alleati.
Uno grande e forte, l'altra agile e veloce.
Uno abile nello scontro corpo a corpo, l'altra con quasi ogni tipo di lama.
Formavano una squadra molto equilibrata anche se spesso e volentieri discutevano animatamente e battibeccavano per delle sciocchezze. Il loro ultimo litigio avvenne subito dopo essere sfuggiti alla mischia riguardo il posto dove insediarsi. Arya avrebbe continuato a cercare ancora ma Gendry, dopo circa due ore di cammino senza aver trovato una zona in pianura e una fonte d'acqua, aveva deciso di stabilirsi presso un laghetto circondato da un bosco. La ragazza sosteneva che qualcuno li avrebbe trovati subito perché erano troppo esposti ma alla fine i suoi tentativi per convincerlo a spostarsi furono vani e la discussione archiviata. In realtà ogni loro discussione finiva come se non fosse mai esistita: nessuno dei due si scusava perché entrambi troppo orgogliosi ma allo stesso tempi bastava poco tempo per calmare le acque.
I due cenarono mangiando un coniglio che avevano preso nel bosco e decisero di tenere la pagnotta trovata nello zaino di Gendry per la colazione del giorno dopo. Quando calò la sera, Arya si stese lasciando al ragazzo il primo turno di guardia, ma il sonno non accennava ad arrivare. La sua mente continuava a rivolgersi a Shireen Baratheon, al suo corpo senza vita riverso sul prato accanto alla cornucopia e inevitabilmente pensò anche alla famiglia di quella bambina che sembrava troppo innocente per aver meritato quella fine, per essere stata assassinata così vigliaccamente.
"Ti conviene dormire finché hai tempo." esclamò Gendry.
"Non ci riesco." Rispose lei mettendosi a sedere "Continuo a pensare a Shireen, al fatto che la sua famiglia a Capo Tempesta sperava in un suo ritorno."
Il ragazzo rimase in silenzio per un po', osservando il fuoco spegnersi per lasciare spazio alle braci incandescenti.
"Com'è?" Chiese poi all'improvviso.
"Com'è cosa?"
"Avere una famiglia."
Ora era Arya quella senza parole.
“È passato troppo tempo da quando c’era ancora qualcuno che si prendeva cura di me, qualcuno a cui importava della mia esistenza.” Continuò il ragazzo “Tu sei stata decisamente fortunata.”
Non l’aveva mai vista in quei termini, infatti credeva che dopo la morte di suo padre tutto sarebbe stato succhiato in un vortice infinito di tristezza e sciagure. Non si era mai fermata per riflettere che da qualche parte c’erano ragazzi che avrebbero desiderato più di ogni altra cosa avere almeno una madre e dei fratelli ancora vivi. Quando finalmente riuscì a trovare le parole disse:
“La famiglia è quel gruppo di persone a cui vuoi bene incondizionatamente, che ti mancano da morire quando sei lontano ma non vorresti fare altro che scappare quando ti assillano. Sono persone che possono essere completamente diverse da te nonostante condividiate lo stesso sangue però alla fine sai che potrai contare sempre su di loro, nella buona e nella cattiva sorte.” la sua voce si era incrinata, ma Arya Stark si sforzò di non piangere “Quando hanno impiccato mio padre sembrava che la mia famiglia potesse frantumarsi in mille pezzi da un momento all’altro ma non è mai successo. Eravamo costantemente sul ciglio di un burrone ma non siamo mai caduti. Mia madre si è dimostrata una delle donne più forti che abbia mai conosciuto e io e i miei fratelli siamo stati costretti a crescere troppo in fretta per evitare di cedere alla disperazione.”
“Questo si vede. I tuoi discorsi non sono esattamente tipici per una bambina di dodici anni.” La interruppe lui.
“Il dolore ci ha cambiati." disse con fermezza "Per questo voglio vincere: per poter riportare un minimo di speranza. Non sopporterei di essere per loro fonte di altra sofferenza, ne abbiamo passate troppe e non ce lo meritiamo.”
“Wow… è davvero un bell’obiettivo. Tornare a casa per loro e non per te. Non so se riuscirei ad essere mai così altruista.” Disse il ragazzo. Arya non replicò e provò di nuovo ad addormentarsi, seguita poco dopo da Gendry.
“Dovesti fare da guardia.” Sussurrò la ragazza quando si anche lui coricò.
“Credo che stanotte nessuno verrà a cercarci, la morte di Shireen è stata abbastanza cruenta per placare gli animi almeno la prima notte.”
“Spero che tu abbia ragione.” Esclamò Arya poco convinta.
 
La mattina dopo la Stark si svegliò e accanto a lei, nello spazio dove la sera prima si era coricato Gendry, trovò il vuoto. Il panico s’impossessò di lei e iniziò ad imprecare contro la sua testardaggine e la troppa fiducia nei confronti degli altri tributi. Inspirò ed espirò un paio di volte poi, dopo essersi calmata, prese la spada e si mise alla sua ricerca, facendo attenzione a non fare rumore.
“Dove diavolo sei?” sussurrò quando dopo svariati minuti non lo aveva ancora trovato “Possibile che non abbia sentito il cannone? E se è ancora vivo dove diamine è andato?”
Dopo circa un quarto d’ora di ricerca lo trovò accanto ad un cespuglio, non troppo lontano dal luogo dove si erano accampati.
“Ma sei idiota?” urlò avventandosi contro di lui.
“Whoa! Calmati! Stavo raccogliendo qualcosa da mangiare.”
“Mi hai lasciata sola alla mercé degli altri?” Arya era incredula “Sai che lo scopo primario di questa alleanza è proteggerci a vicenda?”
“E anche mantenerci in vita, il che è impossibile se non mangiamo qualcosa.” Esclamò sventolando una manciata di frutti di bosco.
“Torniamo indietro per favore. Mi hai spaventata, credevo fossi morto!”
“Sono vivo e vegeto per fortuna.” Disse con un sorriso “Dai, vuoi le fragole o i mirtilli?”
“Fragole.” Rispose lei con stizza.
“D’accordo. Questi li lascio vicino all’albero, ricordiamo di prenderli in caso dovessimo spostarci.”
 
Anche quella mattina l’arena fu tranquilla. I cannoni non emisero alcun suono e nel palazzo presidenziale Aerys Targaryen e i suoi figli maschi, Rhaegar e Viserys, iniziavano a perdere la pazienza.
“Perché non si scontrano ancora?” Sbraitò l’uomo davanti allo schermo
“Aspetta fino a stasera.” Rispose il figlio maggiore “Se non succede nulla fino ad allora avvisa gli strateghi e lasciali intervenire.”
Ma sfortunatamente bastò attendere soltanto fino ad ora di pranzo.
 
 
“Vuoi qualche mirtillo?” Chiese Gendry.
“Okay…” rispose Arya. Il ragazzo si alzò e prese il mucchietto che aveva lasciato la mattina stessa ai piedi di un albero. Ne diede una manciata alla ragazza e poi iniziò a mangiare, ma dopo averne ingoiato soltanto uno iniziò a sentirsi male. Gendry iniziò ad avere spasmi alle braccia e poco dopo arrivarono anche le convulsioni; dalle sua labbra fuoriusciva una bava biancastra. Arya imprecò e non mise in bocca nemmeno il primo frutto, poi si avvicinò a lui con le lacrime agli occhi e cercò di calmarlo. Non provò neanche a rianimarlo perché sapeva di non esserne in grado dato che quelli erano palesi sintomi di un avvelenamento, Theon Greyjoy glielo aveva spiegato il secondo giorno di addestramento, ed ella non sapeva da che parte iniziare a cercare un antidoto.
“Non puoi già abbandonarmi!” gridò lei “Non puoi! Per favore Gendry, non puoi morire!” Si mostrò finalmente come una bambina di dodici anni. Era dannatamente spaventata perché era rimasta da sola ed era consapevole di essere considerata un bersaglio facile. Prima che l’artiglio scendesse per prelevare il corpo, prese i suoi averi e si allontanò. Nel suo cuore c'era solo la rabbia per essersi sentita così impotente, per non aver fatto nulla per salvarlo. S'incamminò verso gli alti alberi nonostante non avesse la minima idea di dove andare, ma aveva deciso che si sarebbe nascosta bene perché chiunque lo aveva avvelenato voleva uccidere anche lei.
Il cannone suonò quando Arya era già entrata nel bosco.
Era solo il secondo giorno.
Gendry era già morto.

Note dell'autrice :3
Voi non avete idea di quanto mi sia dispiaciuto uccidere Gendry già adesso, ma giuro che a tutto c'è un motivo e Arya non resterà con le mani in mano... Sono felice di aver avuto la possibilità di aggiornare anche questa settimana, speriamo che la scuola sia clemente ancora per un po' dato che siamo quasi a metà della storia.
Comunque mi auguro abbiate apprezzato anche questo capitolo!
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 6
*** La Verità ***


La Verità
Quando Loras si svegliò per affrontare il secondo giorno nell’arena, trovò sua sorella seduta, appoggiata all’albero vicino il laghetto da dove si godeva di una visuale perfetta di tutto lo spiazzo. Non sapeva ancora come comportarsi dopo il dialogo avuto la sera precedente: non voleva che lei perdesse una parte di se stessa per colpa sua, ma di certo non le avrebbe fatto cambiare idea se non le avesse fornito una spiegazione convincente. Fece un respiro profondo e andò verso di lei con l’intenzione di raccontarle tutto, ma si accorse subito che qualcosa la stava turbando.
"Tutto bene?" Le chiese.
"Non proprio..." Rispose lei "Non ho chiuso occhio tutta la notte. Pensavo a quello che ti ho detto ieri sera, riguardo al perdere una parte di me stessa pur di proteggerti."
Loras si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio.
Come poteva dirle la verità, ovvero che non desiderava affatto protezione, senza sembrare ingrato?
"Stamattina ho visto Gendry Waters che raccoglieva dei frutti di bosco." Continuò lei ed egli non capiva come quella storia potesse riguardarli "Li ha appoggiati ai piedi di un albero e ha iniziato a parlare con la sua alleata, la ragazzina Stark. Mi sono avvicinata piano, senza fare alcun rumore e ho scambiato i mirtilli con alcune bacche velenose. Pensavo di non avere problemi dopo lo scambio, in fondo lo avevo fatto per te, invece sono qui da alcune ore ad essere divorata dai sensi di colpa. Non importa che abbia agito per proteggerti, mi sento terribilmente in errore. Sono una debole, una vigliacca..." La sua voce era incrinata. Loras non riusciva a credere al fatto che sua sorella avesse ucciso due ragazzi soltanto per permettergli di sopravvivere e si sentiva dannatamente egoista a dirle che si era offerto per andare in quell'arena soltanto per morire, quindi si lasciò trasportare da un discorso consolatorio anche se sapeva non sarebbe stato di grande conforto.
"Sorellina! Non sei affatto debole né vigliacca anzi, hai dimostrato di essere una delle persone più coraggiose che io conosca ad offrirti per proteggermi. Sei sempre stata ambiziosa e hai adorato primeggiare fin da quando eravamo piccoli, eppure non hai pensato due volte a seguirmi qui. Hai preso una decisione che sapevi non ti avrebbe giovato soltanto per puro altruismo nei miei confronti." Loras prese fiato e concluse "Sentirti in colpa per aver ucciso non ti rende codarda ma semplicemente un essere umano."
"Non credevo di poter fare una cosa simile. Mi odio Loras. Ho avvelenato due ragazzi..."
Non poté sopportare di vedere ancora la sorella in quello stato, così perse coraggio e decise di raccontarle tutto.
"Margaery ascolta, non voglio che tu soffra né che rinunci alla tua natura per colpa mia."
"È stata una mia decisione." Gli ricordò.
"Che hai preso a causa mia, perciò siediti e ascoltami per favore. Quando abbiamo preso il treno hai detto di voler sapere cosa mi aveva spinto ad offrirmi volontario e siccome non posso continuare così devo dirtelo."
Margaery rimase un po' interdetta ma alla fine esclamò: "D'accordo."
"Due anni fa alla mietitura ho incontrato qualcuno... Un ragazzo."
Ella non fu affatto sorpresa da questa dichiarazione. L’intera famiglia Tyrell aveva sempre sospettato che Loras fosse gay ma egli non lo aveva mai confermato né negato. Questa era la prima volta che decideva di uscire allo scoperto.
“Si chiamava Renly… Renly Baratheon.”
“Era parente di quel Robert, il ribelle che hanno impiccato qualche mese fa?”
“Il fratello minore. Era così bello Margaery, bello da togliere il fiato. Ma non era solo questo: aveva forza, galanteria e soprattutto altruismo, ma sapeva anche essere talmente ironico da sembrare antipatico però non m'importava; ero talmente abbagliato da lui e i suoi modi che ero disposto a passarci sopra. Dopo che Daenerys chiamò tutti i nomi, si avvicinò per parlarmi. Mi disse che eravamo stati fortunati e che lui doveva averne ancora un pizzico per un anno e poi sarebbe stato troppo grande per essere estratto. Poi abbiamo archiviato i convenevoli e abbiamo iniziato a parlare seriamente. Mi raccontò che viveva in una casa a Capo Tempesta solo con i suoi fratelli perché i genitori erano morti anni prima, ma quei tre non andavano granché d’accordo e prendeva anche lezioni di scherma.” Il tono di Loras era a metà fra il sognante e il triste.
“Proprio come te…” esclamò Margaery.
“Già. Alla fine avevamo chiacchierato tutto il giorno e la sera, quando dovevamo lasciare la capitale, si fece promettere che sarei andato a trovarlo prima della prossima mietitura, poi mi baciò e mi accompagnò fino al treno che ci avrebbe riportati ad Alto Giardino. È stato così tenero, così fugace che avevo paura non fosse mai successo e allo stesso tempo era la cosa più reale che mi fosse mai capitata. Non avevo mai provato dei sentimenti così vividi.”
Margaery rimase in silenzio, così egli continuò a parlare.
“Ti ricordi quando avevo insistito tanto con papà affinché mi mandasse proprio a Capo Tempesta qualche mese per prendere lezioni di scherma?”
“Me lo ricordo, mi ero rattristata molto quando aveva acconsentito a lasciarti andare. Non mi piaceva l’idea di te da solo in una grande città… e di me a casa con mamma e papà.” Disse abbozzando un sorriso.
“Beh, ora sai che non ero solo. L’ho rivisto e non mi sono mai sentito così felice. Non credevo si ricordasse ancora di me, invece lo aveva fatto… I mesi trascorsi a Capo Tempesta, così vicino a lui, sono stati i migliori della mia vita.”
Loras si zittì perché sapeva che era arrivato il momento di raccontare la parte dolorosa, quella che avrebbe voluto cancellare dalla sua memoria.
“Poi arrivò la mietiura dell’anno scorso. Lo intravidi nella folla ai piedi della Fortezza Rossa ma c’era troppa gente per poter avvicinarmi, così promisi a me stesso di correre da lui non appena quella tortura fosse conclusa... ma purtroppo non finì. Daenerys estrasse il suo nome. L’ultimo ricordo che ho di lui, dal vivo s’intende, è lo sguardo che mi lanciò quando ormai era già sul palco. Uno sguardo rassegnato. Non ho mai avuto l’occasione di dirgli addio.” Una lacrima stava solcando il viso di Loras “All’inizio credevo quasi più di lui che potesse farcela perché era forte, intelligente e in gamba ma le cose non andarono bene perché una codarda, una ragazza dai capelli rossi, lo pugnalò alle spalle. Era l’unico modo per ucciderlo con sicurezza, quando aveva la guardia abbassata. Ho visto l’unico ragazzo che abbia mai amato morire in diretta televisiva.”
Ormai non aveva più senso provare a smettere di piangere e Margaery approfittò del suo silenzio per rimettere insieme i pezzi, ma ormai non era più così arduo.
“Quindi questa è una missione suicida?” Esclamò inorridita dopo qualche minuto “Tu non vuoi la mia protezione perché il tuo scopo è morire in questa arena. Non hai intenzione di tornare a casa!”
Era tutto così chiaro ora che il puzzle era stato ricomposto.
“Non capisci. Non voglio tornare a casa perché non ne ho più motivo, una parte di me è già morta.”
“Hai ancora tutta la vita davanti! Non puoi arrenderti così!”
“Mi dispiace Margaery. Mi dispiace per te perché se te lo avessi detto prima adesso non saresti qui.”
“Beh nemmeno tu. Credi davvero che avrei lasciato offrirti se avessi saputo? Ti avrei convinto a restare, sai che lo avrei fatto.”
“Mi hai sempre convinto sorellina, ma questa volta sarebbe stato diverso.”
“Quindi ora cosa facciamo?” Chiese lei dopo qualche istante di silenzio.
“Tu vincerai, ti aiuterò in tutti i modi necessari, tornerai a casa e racconterai a tutti le mie motivazioni.”
“Non hai idea del sacrificio che mi stai chiedendo.” Adesso anche Margaery stava piangendo “Io ero pronta ad uccidere per te, a morire per proteggerti. ”
“Ehi, ehi, guardami.” Disse prendendo il suo volto fra le mani “Sei più forte di me. Puoi farcela, lo so bene!” Poi aggiunse “Mi dispiace, mi dispiace da morire…”
Il loro abbraccio fu interrotto dal suono del cannone e nel cielo apparve il segnale che annunciò la morte di Gendry Waters.
“Ce la faremo, ti farò uscire viva da questo inferno. Okay?”
“Okay.”

Note dell'autrice :3
Hola e scusate per il ritardo! Okay, due cose prima di lasciarvi andare: grazie a tutti quelli che hanno deciso di leggere questa storia e magari recensirla/metterla fra le seguite perché mi fa davvero piacere. Secondo, ho dipinto una Margaery forse un po' OOC ma mi piace pensare che farebbe di tutto per il fratello, anche mollare tutto per proteggerlo. 
Spero di non avervi dato troppo angst a causa della Lorenly ma era quasi necessario :'D
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 7
*** L'Impazienza ***


L’Impazienza
 
Sapeva di essere l'unico senza un alleato. Aver colpito Shireen da dietro, quando lei non era in grado di difendersi né di contrattaccare gli aveva sicuramente procurato una pessima fama nell'arena e ne era ben consapevole.
"Dio, ma cosa si aspettavano? Siamo qui per ucciderci a vicenda!" pensò Joffrey mentre cercava invano di accendere un fuoco. Gli strateghi avevano fatto piovere per tutto il terzo giorno e la legna adesso era umida e inutilizzabile. Preso da un attacco di rabbia, diede un calcio ai ciocchi facendo volare schegge da tutte le parti.
"Non mi importa cosa pensano questi idioti. Li ucciderò tutti e tornerò a casa, a Castel Granito. Da mamma, da zio Jaime e zio Tyrion, dai miei fratelli. Non morirò qui dentro per mano di un bastardo o una ragazzina."
Doveva darsi da fare se voleva che la sua permanenza nelle terre dei fiumi fosse più breve possibile perciò attese che calasse la notte, prese gli occhiali per la visione notturna e andò alla ricerca di un'altra preda.
 
Jon e Ygritte avevano continuato la loro alleanza anche se erano così diversi che uno trovava da ridire su quasi ogni cosa che l'altro faceva. La ragazza non aveva disciplina, era irrequieta e non sopportava di restare in difesa quando tutto ciò che voleva era attaccare.
"Sono quarantotto ore che siamo fermi qui e sto cominciando a stufarmi!" Esclamò all'alba del terzo giorno.
"Lo so che non vedi l'ora di passare all'azione, ma ti ho già spiegato che ho intenzione di uccidere solo se strettamente necessario." Rispose lui.
"Beh allora non hai capito molto bene lo scopo dei giochi." Ribatté Ygritte ironicamente "Quel pazzo vuole vedere il sangue, ragazzini che si ammazzano l'un l'altro e se non non agiamo per conto nostro gli strateghi ci costringeranno."
"Come possono costringerci a commettere azioni che non vogliamo?"
"Non sai davvero niente Jon Snow. L'essere umano mette al primo posto la propria sopravvivenza: ci priveranno di cibo o acqua, oppure ci spingeranno a cercare un posto per scaldarci."
Un tuono rombante concluse il suo discorso ispirato.
"Visto? Sono sicura che faranno piovere finché due tributi, spinti dalla voglia di ripararsi, non si scontreranno. Sono così prevedibili..." Concluse sprezzante.
"Come fai a sapere tutte queste cose?" Chiese lui incuriosito.
"Basta osservare, ascoltare i silenzi e leggere fra le righe. Questi giochi sono stati adottati per vendicarsi dei ribelli toccandoli nel loro punto debole: la famiglia. Più sangue scorre, più cruenti essi sono, più Aerys Targaryen è felice perché anche per quell'anno la sua vendetta si è compiuta e altre persone hanno sofferto. Tutta il suo governo si riduce ad attuare violenza per vedere soffrire il suo popolo."
Jon era seriamente impressionato e Ygritte ne era compiaciuta.
"Wow..."
"Già, bella schifezza eh?"
La pioggia stava iniziando a cadere su di loro con un ritmo crescente. Dovevano allontanarsi dal fiume e cercare un posto per ripararsi.
"Credo che purtroppo dovremo dargli soddisfazione. Abbiamo bisogno di un posto coperto." Esclamò il ragazzo.
"Ti avevo avvisato." Rispose lei sorridendo, poi gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi "Dai, andiamo."
Camminarono per ore sotto la pioggia incessante perché, a quanto pareva, l’arena non era attrezzata per i temporali. Non che si aspettassero una casa in pietra, ma speravano di trovare almeno una grotta per passare la notte senza bagnarsi completamente.
“Avremmo potuto rimanere al fiume per quanto mi riguarda. Sicuramente sarei meno bagnata!” Disse Ygritte ridendo.
“Pensavo non ti dispiacesse fare le cose fuori dal comune.” Ribatté Jon ridendo a sua volta. Quella ragazza era in grado di farlo sorridere anche nei momenti più improbabili. Si avvicino a lei per scostarle i capelli che la pioggia le aveva attaccato al viso “Stai bene con i capelli fradici.” Esclamò poi con una punta di ironia per nascondere il fatto che la trovava bella sul serio, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
“Adesso non è proprio il caso di flirtare Snow.” Ribatté lei ma era evidente che le aveva fatto piacere. “Io direi che possiamo anche sederci qui e aspettare che smetta.”
“Concordo pienamente.” disse con voce stanca.
I due erano arrivati ad una parete rocciosa vicino al lago che, ironia della sorte, poco lontano ospitava i fratelli Tyrell. Con il calare della notte gli strateghi diedero un po’ di tregua a quei poveri ragazzi e li lasciarono dormire senza che la pioggia continuasse a cadere incessantemente e, come al solito, Jon e Ygritte si alternarono con i turni di guardia.
 
“Cosa stai facendo?” Chiese Jon alzandosi di soprassalto. Gli sembrava di aver iniziato a dormire neanche un’ora fa ma ben presto capì che Ygritte non lo stava svegliando per fargli iniziare il turno, dato che stava strisciando lentamente sopra di lui.
“Secondo te?” Rispose lei sorridendo ironicamente.
Quel sorriso lo mandava completamente fuori di testa.
“Non dovremmo…”
“Sì invece. Uno di noi morirà entro una settimana, forse moriremo entrambi. Lascia che mi tolga qualche sfizio.” Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò “Non fingere di essere indifferente, sappiamo entrambi che lo vuoi anche tu.”
La ragazza era pericolosamente vicina a lui, i loro volti erano a così poca distanza che potevano sentire l’uno il respiro dell’altro.
“Sei selvaggia fino al midollo.” Disse lui in tono di sfida ma non risultò affatto convincente perché ormai aveva calato tutte le difese. Non poteva competere con lei, non quella notte.
“Lo so.” Rispose sorridendo di nuovo.
Poi lo baciò e Jon si dimenticò di tutto. Non lo credeva possibile ma nulla, l’arena, gli altri tributi che avrebbero potuto ucciderli da un momento all’altro, l’intero paese che li guardava in diretta nazionale, aveva più importanza.
 
 
Arya Stark trascorse il terzo giorno nell’arena appollaiata su un albero, scendendo solo la sera per procacciarsi la cena e risalendo per dormire. Senza Gendry si sentiva terribilmente sola e rimanere lì, con i suoi propositi di vendetta verso l’assassino a farle compagnia, contribuì a farla stare ancora peggio. Per ventiquattro ore non si arrischiò a girare da sola perché sapeva di avere un gigantesco bersaglio attaccato alla schiena, ma l’impazienza era diventata impossibile da contenere quindi non appena il sole sorse andò alla ricerca dell’unica persona che secondo lei sarebbe stata di avvelenarlo: Margaery Tyrell. Ricordava delle sue prestazioni con le piante durante l’addestramento, sicuramente la migliore fra loro, perciò non sarebbe stato difficile per lei sostituire i mirtilli con una manciata di bacche velenose. Era l’unica teoria plausibile, se si esclude quella di Gendry che coglie direttamente i frutti velenosi dalla pianta, ma aveva deciso di scartare quest’ipotesi perché il suo alleato conosceva le piante abbastanza da non mettere in pericolo le loro vite.
Era stata Margaery, non c’era alcun dubbio.
La mattina dopo scese dal suo albero e si incamminò verso l’accampamento improvvisato dei due fratelli che aveva scorto il giorno precedente dato che l’aveva passato a circa quattro metri d’altezza. Dalla sua postazione li aveva visti ma non fu in grado di mettere a punto un piano. Il desiderio di vendetta le obnubilava la mente, quindi decise di andare alla cieca, nella speranza di uscire viva dallo scontro. Impiegò circa venti minuti per raggiungerli e, sguainata la spada, si avventò sulla ragazza. Non ricordò nemmeno di averla colpita che qualcuno la scaraventò a terra, allontanandola dal suo bersaglio.
Loras Tyrell era sveglio e aveva imbracciato la lancia.
“Cosa pensavi di fare?” Urlò lui.
“Ha ucciso Gendry!” Replicò Arya alzandosi in piedi e raccogliendo la spada.
Margaery rimase in silenzio fino a quando le accuse non la colpirono e il dolore fu più forte di quello inflitto da un qualsiasi coltello.
“Sì, l’ho ucciso io. L’ho avvelenato e anche tu dovresti essere morta. L’ho fatto perché volevo che mio fratello tornasse a casa.” Anche lei si stava rimettendo in piedi dopo l’agguato subito. “Bambina, siamo qui dentro per ucciderci a vicenda. È questo lo scopo dei Giochi.” Le disse con un tono a metà fra il compassionevole e l’arrabbiato.
“Credi che non lo sappia?” Urlò di nuovo la Stark “È per questo che sono venuta qui, ad ucciderla. Anche io voglio tornare a casa.”
“Mi dispiace.” Rispose Loras “Ma per uccidere mia sorella dovrai passare sul mio cadavere.”
Arya non se lo lasciò ripetere due volte e caricò verso il ragazzo come un toro inferocito. Iniziò così una sorta di danza macabra che si sarebbe conclusa soltanto con uno di loro ancora vivo. Il rumore dell’acciaio della spada che cozzava contro la lancia di Loras attirò anche Jon e Ygritte, i quali stavano cercando qualche animale da uccidere. Il bastardo del Nord riconobbe chiaramente tra le urla la voce della sorellastra che aveva conosciuto troppo tardi.
“Ygritte, fermati.” Sussurrò mentre si nascondeva dietro un cespuglio quando davanti a lui continuava il duello più impari che avesse mai visto.
“Cosa c’è?” rispose lei avvicinandosi.
“Arya… la mia sorellastra… sta lottando contro Loras Tyrell…”
“Cosa? Non ne uscirà mai viva!”
“Lo temo anch’io. Devo aiutarla.” Disse mentre accennava di dirigersi fuori dal loro nascondiglio.
“Non muoverti! Rischi di farti uccidere anche tu!”
“Non rimarrò qui mentre Tyrell la trafigge con quella dannata lancia!”
“Sei così dannatamente buono Jon Snow. Ho un’idea migliore che non implica la tua morte né quella della tua sorellastra.”
Ygritte indietreggiò di qualche passo, incoccò una freccia e mirò. Una volta lasciata la corda Jon capì che il suo obiettivo era Margaery Tyrell: la freccia l’aveva colpita alla caviglia ed ella iniziò ad urlare di dolore, cosicché Loras fu costretto a distrarsi per capire cosa andasse male.
Incoccò, tese e lancio una seconda volta, ma questa volta mirò al ventre. La Tyrell, terrorizzata, la notò tra i cespugli. Cadde all’indietro e a quel punto suo fratello lasciò perdere il duello e si precipitò a soccorrerla, dando ad Arya la possibilità di scappare lontano.
“Margaery! Margaery!” Lacrime calde solcavano il volto del giovane mentre la vita della sorella si spegneva piano piano.
“La ragazza… con i capelli rossi.” Tossì e sussurrò ancora più debolmente “È stata lei.”
“Ssh, non preoccuparti." continuò lui. Aveva gli occhi lucidi di pianto. "La ucciderò Margaery, fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Vinci, torna a casa. Ti prego.” Concluse lei in un soffio.
I suoi occhi si chiusero e Loras non ebbe il tempo di risponderle.
Il cannone suonò ed egli sfogo tutta la sua rabbia verso il tronco di un albero.
Quando non ebbe più forze in corpo si abbandonò sull’erba, pensando che forse Margaery era morta prima che lui potesse replicare alla sua supplica perché ella già sapeva quale sarebbe stata la sua risposta.



Angolo dell'autrice :3
Hola! Sono tornata con questo nuovo capitolo e premetto che d'ora in poi l'angst regnerà sovrano ma d'altronde è un AU!Hunger Games, avreste dovuto immaginarlo :'D La faccenda nell'arena si sta facendo sempre più complicata e ovviamente non potevo non inserire un momento Jygritte dato che sono la mia OTP di GoT/ASOIAF. Spero davvero che la storia vi stia piacendo. Al prossimo capitolo! (mi auguro di aggiornare il prima possibile)
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 8
*** La Separazione ***


La Separazione
 
“Perché l’hai uccisa?” Chiese Jon ad Ygritte mentre si allontanavano dal posto da cui avevano assistito alla morte di Margaery Tyrell.
“Ho trovato l’opportunità di avere un’avversaria in meno e l’ho colta.” Rispose lei come se fosse la spiegazione più logica del mondo.
“Non era necessario che lo facessi! Avresti potuto ferirla semplicemente.”
“Allora non hai capito qual è lo scopo di questi maledetti giochi!” Ribatté la ragazza con torno arrabbiato “Vogliono vedere il sangue, la violenza, che ci uccidiamo l’uno con l’altro. Lo scopo è quello di trasformarti in una loro arma che uccide altri innocenti così che tu possa sentirti una persona terribile.”
“Beh io non lascerò che mi cambino…”
“Sì lo so, ucciderai solo se sarà necessario. Ho capito.” Lo interruppe.
“E non dovresti nemmeno tu.” Esclamò Jon terminando il suo discorso.
Ygritte rimase in silenzio, poi sfoggiò un sorriso triste.
“Per quello è un po’ tardi Jon Snow. Pensi davvero che non abbia già ucciso? Vivevo in un villaggio nel Nord dove ottieni quello che vuoi solo con la violenza. Dove sei costretto a difenderti con la violenza…”
Non aggiunse altro ed egli decise che non era il caso di chiedere più informazioni così lei aggiunse:
“Ascolta, perché ti importa così tanto?”
“Perché ci tengo a te maledizione! Mi preoccupo per te!”
“Beh allora smettila! Non è il caso che ti preoccupi del fatto che la mia anima potrebbe essere compromessa dall’aver ucciso quella ragazza perché è troppo tardi! Tu credi che io sia come una di quelle ragazzine che hanno costante bisogno di protezione ma non è affatto così.”
“Se non è così perché mi hai chiesto di allearci?”
“Perché sapevo che avremo formato una bella squadra, perché mi interessi Jon Snow. Dio, vorrei avere la possibilità di conoscerti meglio ma non ce l’ho e mai la avrò perché uno di noi sicuramente morirà, potrebbe arrivare addirittura il momento in cui saremo rimasti solo io e te. Non posso permettermi di affezionarmi a te!”
Ygritte stava sputando quelle parole con un misto di disprezzo e tristezza, ma il suo tono rimaneva comunque arrabbiato. Jon non sapeva come replicare a quella dichiarazione quindi disse ciò che ritenne più giusto in quel momento per evitare di farla soffrire ulteriormente:
“Credo sia arrivato il momento di separarci…”
“Cosa?”
“Come hai detto, potremmo rimanere soli in questa arena e non voglio essere costretto a lottare contro di te, o peggio, ad ucciderti perché anche tu mi… mi interessi.” Decise di usare le sue stesse parole per sminuire la verità, ovvero che are attratto da lei in maniera spropositata.
Ygritte rimase in silenzio.
“Quindi questo è un addio…” Disse alla fine la ragazza.
“Direi di sì.” Cercò di suonare più convincente possibile.
“Allora non voglio rendere le cose più lunghe o patetiche del dovuto. Non ho intenzione di piangere.”
Si voltò verso la boscaglia e fece per seguire il sentiero opposto rispetto a Jon, ma egli la bloccò prendendola dalla vita, avvicinò il proprio volto al suo e la baciò.
La baciò con la consapevolezza che non l’avrebbe più rivista e questo lo feriva più di quanto qualsiasi sua freccia avrebbe potuto fare. Ygritte non poté fare a meno di rispondere perché d’altronde anche lei lo desiderava, ma dopo qualche istante si fece coraggio e si staccò.
“Addio Jon Snow.” Disse prima di girarsi e scomparire fra gli arbusti.
 
Jon imboccò il sentiero opposto rispetto a quello preso dalla ragazza e sapeva che se avesse continuato a camminare avrebbe ritrovato il luogo dove avevano passato la notte dopo la tempesta. Era abbastanza riparato e decise che avrebbe atteso lì in attesa di capire cosa fare.
Ciò di cui era sicuro però era che non avrebbe compromesso la sua anima, non avrebbe ucciso soltanto per puro gusto anche se ormai aveva realizzato, Ygritte gli aveva fatto realizzare, che non poteva aspettare in eterno senza agire. A chi voleva tornare a casa (e decisamente lui lo voleva) non era concesso il lusso di attendere che gli altri si uccidessero l’un l’altro.
La consapevolezza di dover fare qualcosa per spianarsi la strada verso casa e la volontà di non compromettersi si stavano scontrando duramente e lui non sapeva chi parteggiare. Passò la notte da solo in una radura e si svegliò soltanto quando, all’alba del quinto giorno, qualcuno chiamò il suo nome. Egli sfoderò lentamente la spada ma solo più tardi si rese conto che in quella zona, a portata di fendente, non c’era nessuno.
La voce lo chiamò una seconda volta e a quel punto Jon poté distinguerla chiaramente: si trattava senza dubbio di Arya.
“Dove sei?” Urlò al vuoto.
“Alza gli occhi.” Ella rispose ridendo.
Jon seguì le sue istruzioni e la vide appollaiata sul ramo di un albero che senza dubbio non sarebbe mai stato in grado di raggiungere.
“Pensi di scendere per salutarmi o credi che voglia ucciderti?” Si rivolese a lei sorridendo a sua volta.
“Non l’ho pensato neanche un secondo. Se lo avessi fatto non ti avrei neanche chiamato.” Replicò mentre si accingeva a scendere dalla sua postazione.
“Da quanto tempo sei lì?” Chiese lui una volta che alla fu a terra.
“Da quando Loras Tyrell stava... stava per uccidermi.” Il suo volto s’incupì al ricordo di quella storia “A proposito, grazie per avermi salvato…”
“Volevo proteggerti, ma è stata Ygritte ad averti aiutato davvero. Beh, è stato un lavoro di squadra ” Disse alla fine.
“Ha ucciso lei Margaery?”
“Sì.”
“Se la avesse soltanto ferita probabilmente Loras avrebbe avuto il tempo di uccidermi prima di tornare da lei per curarla.”
“Invece ha fatto leva sul suo amore fraterno...”
Ci fu una pausa nel loro dialogo in cui Jon si rese conto che anche Arya credeva che la morte di Margaery Tyrell fosse stata necessaria e non era affatto giusto: sua sorella era poco più che una bambina e non avrebbe dovuto avere a che fare con queste cose.
“In ogni caso” continuò Arya “la tua ragazza è una tosta…”
“Non è la mia ragazza.”
“Vi ho visto.”
“Quando?”
“Prima che Gendry morisse. Ci eravamo stabiliti su una pianura vicino al lago e voi siete passati da lì, ma poi vi siete allontanati e avete proseguito verso il fiume. Ho visto come la stavi guardando ed è decisamente uno sguardo diverso da quello che hai ora che non è più qui con te.”
Era dannatamente saggia per essere una bambina.
“Non era la mia ragazza e non posso neanche chiamarlo amore, però era… qualcosa. Qualcosa che neanche io sono in grado di definire e purtroppo qui non posso permettermi il lusso di capire fino in fondo di cosa si tratta. Non posso distrarmi.”
“Già. Questo è decisamente il posto sbagliato.”
“Sbagliato per cosa? Per distrarmi?” Jon le sorrise.
“No, per vivere.”
Quelle parole lo colpirono duramente e di nuovo provò compassione per la sorellina da poco conosciuta e con un bagaglio di sofferenze troppo pesante per le sue fragili spalle.
“Sai che ho visto un lupo l’altro giorno?” Esclamò all’improvviso riacquistando una certa fanciullezza.
“Quando?” chiese lui incuriosito.
“L’altra sera. Ero su un altro albero, non quello su cui mi hai trovato, perché stavo aspettando il momento giusto per andare a far visita ai Tyrell. Joffrey è passato proprio vicino al mio nascondiglio e ho avuto paura che mi uccidesse, ma solo un po’… sai, è facile per lui prendersela con coloro che crede indifesi.”
“Come faceva a vedere al buio?”
“Aveva una specie di occhiali da sole, forse erano quelli ad aiutarlo. Beh, alla fine un lupo l’ha attaccato proprio sotto il mio albero. Gli ha graffiato la faccia e morso una spalla!”
“Quindi è piuttosto malandato adesso…”
“Già. Ci ha messo un sacco di tempo a rimettersi in piedi e correre via.”
“Mi piacerebbe vederlo questo lupo…” Esclamò arruffandole i capelli.
“Anche a me.”
Poi si sentì soltanto il leggero sibilo di un corpo che scalfisce l’aria e qualcosa venire trafitto.
Arya cadde tra le braccia di Jon, il quale notò subito che una macchia di sangue si stava allargando sulla sua schiena, all’altezza dei reni. Fortunatamente non era una freccia, non sapeva come avrebbe reagito se fosse stata Ygritte a fare questo, ma si trattava di un dardo di balestra. Alzò la testa e vide Joffrey Baratheon che teneva in mano l’arma nonostante la spalla fasciata a causa del morso del lupo.
“Maledetto!” Sibilò mentre il biondo non si muoveva. Sogghignava mentre Jon teneva sua sorella fra le braccia, dilaniato dal desiderio di correre da lui e ucciderlo e quello di restare accanto a lei nei suoi ultimi istanti. Alla fine decise la seconda opzione.
“È finita…” Sussurrò lei.
“Non dire così Arya, per favore.” Gli occhi di Jon si stavano riempiendo di lacrime. Era ingiusto, non doveva andare in quel modo.
“È la verità. È stato un codardo, mi ha attaccato alle spalle.”
“Non pensarci…”
“Lo ucciderai, vero?”
Il ragazzo rimase in silenzio.
“Promettimi che non gli permetterai di vincere. Promettimelo.”
“Te lo prometto Arya.” Inspirò profondamente e aggiunse “Dovevo venire a Grande Inverno quando ne avevo l’occasione. Dovevo conoscervi prima che capitasse tutto questo.”
“Non colpevolizzarti.” La sua voce stava diventando sempre più debole “Sono felice di averti conosciuto. Va bene così"
“No, non va bene!” Ormai era troppo tardi per fermare le lacrime “Mi dispiace tanto…”
Sua sorella Arya esalò il suo ultimo respiro fra le sue braccia. Il cannone suonò ed egli si allontanò per permettere che quella specie di artiglio prelevasse il corpo. Sapeva che Joffrey era ancora dietro i cespugli ad osservare la scena, magari anche con un ghigno sul volto.
“Ti sei goduto lo spettacolo?” Urlò Jon “Sei soltanto un codardo, capace di ammazzare solo ragazzine senza dar loro la possibilità di difendersi.”
“Se vuoi posso concederti un combattimento alla pari, bastardo.” Esclamò uscendo dal suo nascondiglio.
“Sei davvero sadico.” Il ragazzo era fuori di sé dalla rabbia. Stava per prepararsi all’attacco quando qualcosa lo precedette. Un animale saltò addosso al biondino e tra i due iniziò una lotta decisamente impari perché la bestia sembrava quasi più furiosa di Jon. Dopo alcuni minuti però Joffrey riuscì a liberarsi dalla stretta di quello che sembrava in tutto e per tutto un lupo e scappò via nonostante fosse piuttosto malconcio e perdesse parecchio sangue dal braccio. Jon si ritrovò solo con la sua rabbia, la sua frustrazione, la sua voglia di ucciderlo.
“Volevo uccidere solo se necessario, ma il desiderio vendetta è un valido motivo togliere la vita ad una persona? O forse questi giochi hanno cambiato anche me?”


Note dell'autrice :3
Okay, questo è stato il capitolo più difficile da scrivere perché, insomma, fra la separazione tra Jon e Ygritte e la morte di Arya (vi assicuro che doverla immaginare è stato terribile...) c'è angst per tutti i gusti, Ho voluto rendere la scena fra i due fratelli molto simile a quella fra Lyanna e Ned, spero die ssere riuscita nell'intento.
In ogni caso, chiedo scusa per l'angst e ci vediamo al prossimo capitolo!
Kisses 
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 9
*** La Brama ***


La Brama
Da quando Margaery era morta Loras sentiva di essere stato troppo presuntuoso poiché la sopravvivenza nell'arena era diventata ancora più difficile ora che non aveva nessuno a coprirgli le spalle. Inoltre lui non voleva neanche uscirne vivo, tirava avanti solo perché le aveva promesso che avrebbe ucciso la sua assassina, la ragazza dai capelli rossi.
L'intera situazione sembrava un brutto scherzo del destino.
La sera del quinto giorno stava provando ad accendere un fuoco: non gli interessava particolarmente il fatto che avrebbe potuto attirare dei nemici, voleva solo scaldarsi e cuocere ciò che aveva trovato nel bosco. Mangiò dei pezzi di coniglio, poi decise di spegnere le fiamme non appena finì il pasto. Mentre stava buttando dell'acqua del lago sui rimasugli, qualcosa, o non da escludere, qualcuno, lo spinse ed egli cadde in avanti sulle braci ancora incandescenti. Fu in grado di girarsi per deviare la caduta e riuscì a salvarsi da ustioni sulle mani e il volto, a scapito però del braccio destro che venne ugualmente a contatto con la materia bollente. Loras si concesse un solo urlo e in preda al dolore credette di vedere l’ombra che lo aveva aggredito camminare verso il bosco. Una volta calmatosi iniziò a controllare la ferita: strappò la camicia che copriva l'area ustionata e si rese conto che nonostante facesse davvero male, non era molto profonda. Si alzò e andò verso il lago per bagnarsi anche se non sapeva se fosse consigliato o meno.
Anche in questo caso però vinse l'istinto di sopravvivenza.
L'acqua era fredda e a lui sembrava che qualcuno avesse cercato di friggere il suo braccio.
Non c'era tempo per pensare, voleva solo fermare il dolore dunque immerse l’arto nell’acqua e, suo malgrado, non riuscì a trattenersi dal gridare una seconda volta perché la carne completamente esposta a contatto con la materia fredda faceva quasi più male dell’ustione in sé. Estrasse il braccio e lo fasciò con un pezzo di stoffa ricavato dai pantaloni di cotone, poi si addormentò pensando che doveva resistere ancora un po’, solo il tempo di dare giustizia a Margaery, poi tutto sarebbe finito.
 
Prima di entrare nell'arena Ygritte pensava di potercela fare anche da sola, ma la verità era che da quando si era separata da Jon Snow si sentiva vulnerabile come non mai. Aveva sottovalutato il potere di un’alleanza, avere qualcuno che ti copra le spalle e ti permetta di ottenere qualche minuto di tranquillità perché sai che lui sarà lì per proteggerti. Il problema però era che Jon Snow, il bastardo del Nord, uno degli avversari più temibili, era diventato più che un semplice alleato. Ygritte lo desiderava e la sua non era solo passione nuda e cruda, ma qualcosa che nemmeno lei riusciva ad identificare perché era decisamente presto per essere amore, ma d’altra parte non aveva ancora trovato una definizione propria. Le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio ed era sicura che anche lui pensava lo stesso nonostante non condividesse alcune sue scelte o non gli piacessero determinati aspetti del suo carattere.
“Ha voluto che ci separassimo per rendere le cose più facili alla fine, per evitare di rimanere da soli qui dentro con l’unica alternativa di ucciderci a vicenda. Lui non ha sbagliato, sono le circostanze ad essere tremendamente sbagliate.” Pensò mentre cercava di scalfire una pietra per renderla appuntita. Da qualche ora infatti era completamente disarmata perché aveva terminato le frecce malgrado fosse stata oculata ad usarle, quindi stava cercando di costruirsi un’arma rudimentale con ciò che trovava. “Preferisco che muoia prima di dover affrontarmi piuttosto che doverlo uccidere io.” Continuò a riflettere mentre lavorava. Era un pensiero dannatamente egoista, lo sapeva bene, ma non teneva ancora abbastanza a Jon da sacrificarsi affinché egli potesse tornare a casa.
Avrebbe ucciso per lui, ma non si sarebbe mai uccisa per lui.
Ad un tratto sentì una voce diffondersi per tutta l'arena: erano senza dubbio i due conduttori ed Ygritte sapeva cosa aspettarsi da loro a quel punto della gara.
"Cari concorrenti!" Esordí Varys "Siete rimasti solo in quattro ormai e questo vuol dire una sola cosa."
"Che la fatica si fa sentire." Rincarò petyr Baelish.
"Pertanto" Continuò Varys "gli strateghi hanno deciso di allestire un festino affinché possiate trovare ciò di cui avete bisogno per arrivare alla fine della gara."
"E sappiamo che tutti voi avete bisogno di qualcosa, perciò siete attesi tra tre ore esatte alla cornucopia. Possa la fortuna essere sempre a vostro favore."
La voce si spense e Ygritte tornò a lavorare sulla sua freccia pensando che tra qualche ora, se la fortuna fosse stata davvero a suo favore, avrebbe vinto e sarebbe tornata a casa. Sapeva di essere l'unica ragazza in gara e che era ben lontana dall'essere favorita per la vittoria ma la sua brama di uscire da quell'inferno in miniatura era abbastanza potente da farle decidere di giocare il tutto per tutto e andare al festino piuttosto che aspettare che gli altri tre si uccidessero a vicenda. Inoltre le frecce le servivano davvero, dunque raccolse l’arco e il suo zaino e s’incamminò verso la pianura dove erano stati catapultati qualche giorno fa. Arrivò alla cornucopia prima del previsto, quindi non poté far altro che nascondersi fra gli arbusti bassi e aspettare che i conduttori annunciassero l’inizio del festino. Sperava di essere la prima a prendere ciò che le serviva e magari togliere dalla circolazione anche qualche avversario.
Quando la voce di Petyr Baelish risuonò in tutta l’arena, capì che anche gli altri tributi, i quali stavano pian piano uscendo dai loro nascondigli, avevano risposto al richiamo degli strateghi. Ygritte iniziò a correre più velocemente di quanto avesse mai fatto, ma purtroppo non fu abbastanza veloce.
Qualcosa la colpì la fece barcollare in avanti, ma riuscì a non cadere appoggiando le mani sul freddo acciaio della cornucopia. Si girò ancora con la testa che le doleva per il colpo e notò Loras Tyrell che brandiva una lancia nonostante avesse soltanto una mano utilizzabile. Cercò di scappare, spinta dal solo pensiero di voler scampare alla morte, ma di nuovo non fu abbastanza veloce.
 
La frase di Petyr Baelish mentre annunciava l’imminente festino continuava a rimbombare nelle orecchie di Jon Snow, che nel frattempo si chiedeva come potessero sapere che anche a lui serviva disperatamente qualcosa. Il suo non era un bisogno fisico, aveva cibo, acqua e un’arma, avrebbe potuto lasciare che i tre tributi restanti si uccidessero fra loro mentre lui rimaneva nell’ombra ad aspettare, ma fu il desiderio di vendetta a costringerlo a lasciare il suo rifugio e dirigersi verso la cornucopia, dove sapeva che avrebbe trovato Joffrey Baratheon poiché egli aveva bisogno di curare le ferite inflitte dal lupo di Arya.
Arya.
Era per lei che lo stava facendo.
Era stata la sua morte ad innescare nella sua testa qualche meccanismo che gli impediva di ragionare lucidamente.
Era per lei che stava rinunciando consapevolmente ad una parte di se stesso.
Ygritte gliel’aveva predetto.
Lei sapeva che quell’arena lo avrebbe cambiato perché la vista di quegli orrori mischiata al desiderio di voler tornare a casa modificano la tua identità e non c'è niente da fare per può evitarlo.
Quante cose sapeva Ygritte, quante cose ancora avrebbe potuto insegnargli...
Sperava vivamente di non rimanere solo con lei e aveva paura ad immaginare la fine di quell'ipotetico, tremendo scenario: era convinto di non avere la forza di volontà per ucciderla perché aveva sentito per lei ciò che di più simile all’amore avesse mai provato in tutta la sua vita. Non voleva che quello che c’era stato si tramutasse in sangue e morte e sperava che anche lei pensasse nello stesso modo.
 
Una volta che il festino ebbe inizio, Jon Snow individuò subito la sua preda: aveva ancora il volto solcato dai graffi e una spalla fasciata rudimentalmente, dunque sarebbe stato più facile raggiungere il suo obbiettivo. Tenne la spada nel fodero e si limitò a correre verso di lui per spingerlo ai limiti della pianura, dove poi lo avrebbe finito. Il biondo cadde a terra ma la sua resa non fu così facile come Jon si aspettava perché anche lui fu trascinato a terra. Rotolarono fra la polvere, scalciando e colpendosi a vicenda, fin quando il bastardo di Eddard Stark non riuscì ad avere la meglio. Ormai era sopra la sua preda e decise di estrarre il coltello dalla tuta.
“Era mia sorella.” Esclamò “L’hai uccisa davanti ai miei occhi nel più vile dei modi.”
“Dovevo farlo.” Sogghignò “Davvero credevi che quella ragazzina avrebbe potuto sopravvivere qui dentro?”  Concluse sputando del sangue sul terreno.
“Sei stato un vigliacco. Arya, Shireen... Erano due ragazze a cui non hai dato neanche il tempo di difendersi e non hai avuto nemmeno il coraggio di guardarle in faccia mentre le ammazzavi!”
“Sembra che tu invece abbia l’abitudine di veder morire i tuoi alleati.” Disse Joffrey con un sorriso maligno mentre guardava oltre la spalla del suo assalitore. Jon si voltò e vide Ygritte con una lancia conficcata all’altezza dello stomaco. Loras Tyrell era in piedi davanti a lei e sembrava quasi sollevato di averla uccisa.
“Che spettacolo terribile, non è così?” Continuò il biondo sarcasticamente.
“Spero brucerai all’inferno.” Rispose Jon con rabbia.
La lama del suo coltello disegnò un profondo solco nella gola del ragazzo, che morì con quel ghigno cinico impresso sul volto.


Note dell'Autrice :3
Ciao a tutti! Ci avviciniamo alla fine, infatti il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Finalmente Joffrey è morto e ammetto che è stato una soddisfazione scriverlo, anche se ovviamente non tutto è rose e fiori (Ygritte, è una mazzata ogni volta che vedo la scena della 4x09, figuriamoci scrivere della sua morte...)
In ogni caso, vi ringrazio per aver letto e ci vediamo presto con il capitolo conclusivo.
Kisses -A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 10
*** La Morte ***


La Morte
“Death doesn’t let you say goodbye”
 
Le mani di Jon erano ancora lorde del sangue di Joffrey Baratheon ma non gli importava perché tutto ciò che voleva era arrivare da Ygritte in tempo.
“In tempo per dirle addio.” Pensò.
Si alzò e iniziò a correre verso la parte opposta della cornucopia, ma riusciva già a scorgere la ragazza in ginocchio sull’erba. Ella gli lanciò un’occhiata che lo scosse come nessun terremoto avrebbe mai potuto fare. Loras Tyrell era davanti a lei, non si era ancora mosso dopo averla colpita, e brandiva la sua lancia dalla punta rossastra, gocciolante di sangue. La ragazza ad un tratto si lasciò cadere in avanti, sfinita, senza lasciare a Jon il tanto desiderato tempo per dirle un’ultima parola.
Ygritte era morta e non c’era modo di tornare indietro.
Non riusciva prendersela totalmente con Loras, d'altronde non aveva agito vigliaccamente come Joffrey, però in quel momento riusciva a provare per lui solo disprezzo; tuttavia il destinatario principale del suo odio non era quel ragazzo, che nonostante tutto sembrava sollevato, quanto piuttosto quel sistema sbagliato in ogni sua parte, quel gruppo di persone che dall'alto muovevano i fili e li costringevano a partecipare ad un gioco mortale.
"La morte non ti permette di dire addio" Esclamò con tono quasi saccente il giovane Tyrell senza staccare gli occhi dal cadavere. In quello stato, Ygritte pareva così indifesa, così diversa dalla ragazza spavalda e intrepida che Jon aveva conosciuto qualche giorno fa.
Tu non mi hai permesso di dirle addio.” Rifletté il bastardo del Nord, ma non ebbe la forza per dirlo ad alta voce perché non riusciva a smettere di fissare quel corpo esanime e ancora non si capacitava che tutta la sua vita, le sue speranze e i suoi sogni fossero stati spazzati via dal colpo preciso di Loras Tyrell.
“Dovresti smettere di guardarla.” Esclamò di nuovo il biondo interrompendo il silenzio. “Non vuoi avere quest’immagine come suo ultimo ricordo.”
“L’ultimo bel ricordo che ho di lei non avrebbe dovuto essere l’ultimo.” Ribatté con freddezza pensando a quel bacio disperato che le aveva rubato prima che si separassero. “Era così giovane, così piena di vita… Aveva davvero una chance di tornare a casa.”
“E mia sorella non era giovane? Lei non meritava di tornare a casa?” Sputò con rabbia quelle parole.
“Nessuno di noi ha voluto tutto questo!” Rispose esasperato “Nessuno pianificava di essere qui, ma fin dal momento in cui siamo stati estratti sapevamo che sette di noi avrebbero incontrato morte certa!” La scintilla di disprezzo verso il mondo si stava tramutando in un fuoco che iniziò a divampare e quindi gli permise di continuare a gridare: “Se non vi foste offerti, sareste entrambi a casa vostra, circondati dalle persone che amate e che vi amano, quindi devo correggermi: non è vero che nessuno voleva essere qui perché voi due avete deciso spontaneamente di venire al macello! Puoi incolpare me per aver voluto distrarti in modo da salvare Arya, puoi incolpare Ygritte per aver scoccato quelle frecce ma la verità è che sapevate cosa avreste affrontato!”
“Allora è stata tutta colpa mia! Io mi sono offerto senza dirle niente, io non volevo tornare a casa, io ho pensato di venire al macello!” Urlò come per liberarsi di un peso “Margaery non doveva seguirmi, non l’avevo previsto. La sua morte è stata un effetto collaterale del mio egoismo e del suo amore nei miei confronti perché lei non aveva idea dell’inferno che l’Arena sarebbe stata e se mai ce l’avesse avuta, non gliene importava! Puoi incolparla per essersi offerta volontaria, ma non puoi biasimarmi per aver voluto vendicare la sua morte.”
Jon era sconvolto, ma non ebbe bisogno di trovare una risposta perché Loras lo incalzò continuando il suo discorso “Sai cosa mi ha detto in punto di morte? Di vincere. E sai cosa le ho risposto? Nulla! Quindi, Jon Snow, questa…” Si girò verso il cadavere di Ygritte “Questa era l’unica cosa che potevo fare prima di perdere definitivamente anch’io. Non potevo permettere all’assassina di mia sorella, l’unica persona che mi ha sempre amato, di farla franca, ma adesso il mio compito è finito.”
“Cosa vuoi dire?”
“Farò quello per cui mi sono offerto volontario.”
Loras Tyrell estrasse un coltello dalla cintura e iniziò a tracciare un profondo solco verticale dal polso salendo verso l’incavo del gomito.
“Cosa diavolo stai facendo?”
Egli alzò lo sguardo e per un attimo si fermò.
“L’unico modo per fermare questa sofferenza è smettere di fare qualsiasi altra cosa.”
“Non capisco…”
“Troppe persone a cui tenevo se ne sono andate Jon Snow e credo che tu non sappia cosa vuol dire vedere parti di te morire insieme a loro, una dopo l’altra. Non ho mai voluto vincere questi giochi perché che la mia è una battaglia persa in partenza.”
“Quello che stai facendo è arrenderti!” Provò Jon a dissuaderlo da quella follia senza neanche avere un valido motivo “Sono sicuro che ci sono altre persone al di fuori di questo campo di forza che tengono a te. Nessuna battaglia è persa in partenza!”
Loras s’infiammò e rispose con parole cariche di disprezzo e rabbia:
“Tu non sai niente! Non azzardarti a farmi la morale e non saranno di certo le tue parole a farmi cambiare idea! Credi sia stato facile arrivare a questa conclusione?” Urlò e lasciò cadere il coltello per terra, ma dal suo avambraccio stava già uscendo troppo sangue. “Ormai è troppo tardi per tornare indietro.” Concluse mostrandogli il braccio martoriato.
Jon non disse nient’altro e si limitò a constatare tra sé e sé che Loras Tyrell non aveva urlato neanche una volta perché evidentemente per lui la prospettiva di smettere di stare al mondo, di smettere di soffrire, valeva quel dolore atroce provocato dalla lama. 
“Congratulazioni. Hai vinto.” Disse il biondo alla fine “Ora però vattene bastardo. Non ho bisogno di assistenza, sono a posto così.”
 
Le trombe squillarono e i due conduttori annunciarono Jon Snow come vincitore della quindicesima edizione dei Giochi, ma lui non riusciva ad esserne felice. Ovviamente era sollevato di essere sopravvissuto a quell’incubo e di avere la possibilità di tornare a casa, a Kharold, ma allo stesso tempo sapeva che quell’esperienza non l’avrebbe dimenticata facilmente. Forse non l’avrebbe dimenticata affatto, perché ogni anno l’Arena uccide sette giovani, sette innocenti, ma qualcosa muore anche nel sopravvissuto. Ygritte gliel’aveva detto e ora non poteva far altro che crederle.
Sulla strada verso il Nord ripensò a coloro che erano morti affinché lui potesse essere su quel treno: Shireen, così piccola ma allo stesso tempo davvero intelligente, i fratelli Tyrell, terribilmente coraggiosi e testardi, Joffrey, la sua unica vera vittima e del quale ogni tanto vedeva ancora il sangue sulle proprie mani, Gendry, l’altro bastardo, sempre silenzioso e alleato di Arya, sua sorella conosciuta troppo tardi ma alla quale aveva voluto bene fin dal primo istante e la cui morte lo aveva segnato di più. Poi c’era Ygritte. Quello che c’era stato fra loro due non si poteva definire in alcun modo. Non era amore, ne era consapevole, ma qualunque cosa fosse stato odiava che un insieme di cause di forza maggiore glielo avesse portato via .
Ma soprattutto odiava che la morte gli avesse impedito di dirle addio.
La stessa morte che ormai era come una presenza costante attorno a lui.
La stessa morte che aveva preso possesso anche di una parte di lui, nonostante fosse ‘il Vincitore’. 


Note dell'autrice :3
Eccoci alla fine di questa storia. Ammetto che è nata così, un po' per noia durante un pomeriggio quest'estate, ma vedere che è stata apprezzata mi ha reso davvero felice. Volevo ringraziarvi per essere arrivati fino alla fine e spero di scrivere qualcos'altro in questo fandom il prima possibile in modo da ingannare l'attesa per il sesto libro/sesta stagione.
Alla prossima!
-A_GleekOfHouseStark

P.S: Dieci punti a chi indovina la citazione :D

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