La Maledizione del Tesoro dei Sogni di tutti i ladri

di ChibiNekoChan
(/viewuser.php?uid=199134)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sfida ***
Capitolo 2: *** Sogni ***
Capitolo 3: *** Fra Tradimento e Perdono ***



Capitolo 1
*** Sfida ***


La casa era piccola e disordinata, un misero televisore a tubo catodico riempiva il silenzio, fra una perdita di segnale e l’altra.
- Risale a oggi l’ultima morte che si è verificata nei pressi di Tokyo, e le caratteristiche delle misteriose departenze e dei deceduti sembrano essere sempre le stesse: uomini di una spanna di età che va dai trenta ai cinquanta anni, morti nel proprio letto, si ipotizza nel sonno. Nessun segno di colluttazione e nessuna traccia di droghe o alcol nel corpo. Tutte le morti rimangono tutt’ora avvolte nel mistero e--
Un uomo in boxer coi capelli afro, seduto sul suo letto disfatto, sospirò. Le parole della speaker del telegiornale cominciarono ad ovattarsi nelle sue orecchie ed erano ormai indistinguibili, l’uomo era perso nei suoi pensieri. Osservava il televisore ad intermittenza ma ognuna di quelle morti di cui parlavano in TV gli appariva stranamente familiare.
Squillava nella sua testa una risata acuta e femminile, e vaghe immagini di lunghe scalinate, chiese e tanti grossi cubi che era costretto a scalare nei suoi sogni. Gli apparivano davanti agli occhi senza che lui ne avesse il controllo, ma le ricordava chiaramente.
Provenivano dai sogni che aveva cominciato ad avere quella settimana, e che ogni mattina lo facevano svegliare esausto ed in un bagno di sudore.
- Si registrano un totale di ben venti morti, tutti avvenuti negli ultimi sette giorni, ma non--
Il televisore emise un suono statico per qualche istante ma il segnale non c’entrava, Vincent alzò gli occhi. L’immagine era cambiata radicalmente, in TV stava un ragazzo giovane vestito elegante e tutto di bianco, con tanto di mantello, tuba e monocolo. Egli si schiarì la voce.
- Salve! Scusate per la forzata interruzione! - Salutò, seduto a gambe incrociate su una poltrona in un luogo non ben specificabile ma con pareti e pavimento bianchi - Per chi non mi conosce, il mio nome è Kaito Kid! So che sono solito annunciare i miei furti per mezzi meno eclatanti, ma questa è una formale eccezione! Prestate bene attenzione. - Batté le mani ed al suo fianco apparve un grafico che diceva “Ruberò il Tesoro Dei Sogni di ogni ladro!” e con il tipico simboletto stilizzato di Kaito Kid al centro, che faceva una linguaccia - Questo San Valentino, come potete leggere, avverrà il mio prossimo colpo! Vediamo se riuscite a fermarmi! - Sorrise.
Vincent ascoltava con vago interesse, passandosi la mano sulla guancia.
- Bye by--
Un altro suono statico. Dopodiché le immagini in TV cambiarono ancora, ed al posto del ragazzo vi si trovava ora un uomo, anch’esso vestito in modo moderatamente elegante, con la giacca rossa, camicia blu e cravatta gialla. Si sistemò il polsino della camicia e sorrise.
Vincent riconobbe quel viso.
- Il mio nome è Lupin III, e sfido ufficialmente Kaito Kid. Ci si vede a San Valentino. Bye bye~
E la trasmissione si interruppe bruscamente con Lupin che salutava con la mano, con un sorriso di sfida in volto. La ragazza che presentava il TG riapparve sullo schermo. Stava scambiando uno sguardo confuso col suo co-presentatore, facendo spallucce.
- Uuh… ci scusiamo per questa... inaspettata interruzione… - Improvvisò il co-presentatore, sfogliando i fogli delle notizie e guizzando gli occhi ogni tanto al gobbo, che suggerisce cosa dire, per capire come continuare. Purtroppo, era andato in corto circuito. Lui balbettava, la presentatrice lo osservava perplessa.
Vincent spense la tv e si prese la testa fra le mani, immergendosi nuovamente nei suoi pensieri. Era da tanto che non vedeva Lupin, suo fratello, e riaverlo davanti agli occhi così all’improvviso lo aveva scosso. Strinse leggermente la presa. Si chiedeva se fosse il caso di ricontattarlo dopo tutto quel tempo, temeva per la vita di entrambi. Gli mancava.
 

Il sole entrava prepotente dalle finestre, bloccato solo dalla grossa scritta nera in kanji “Studio Investigativo Kogoro Mouri”. Il suddetto spense il televisore emettendo un verso di fastidio.
- Tsk, questi ladri di oggi non hanno niente di meglio da fare che sfidarsi fra loro, e poi a me rimane il lavoraccio di capire cosa pianificano di rubare. Che faticaccia essere un detective.
Conan lo guardò con un espressione infastidita che sembrava dire “Non dirlo a me”, alzando gli occhi al cielo, poi tornò a riflettere su ciò che aveva appena visto svolgersi. Si scrutava le mani con disinteresse, non prestando attenzione, seduto sul divano.
Ran stava con le braccia appoggiata sullo schienale dello stesso divano, dietro Conan - Dai papà, non essere così pessimista, vedrai che non sarà così male. E poi almeno con questi casi puoi guadagnare qualcosina.
- Mphf. - Si lamentò lui, prendendo poi un sorso dalla sua lattina di birra.
Il telefono dell’agenzia squillò, e lui, ancora con la lattina nella mano destra, rispose, tenendo la cornetta impugnata goffamente nella mano sinistra.
- Pronto, agenzia investigativa Kogoro, in cosa posso esserle utile?
Qualcuno, nel frattempo, suonò alla porta.
Kogoro portò il telefono all’altezza del collo per tenerlo con la spalla e liberarsi la mano, con la quale fece un gesto infastidito come per dire “rispondete voi”. Conan si diresse verso la porta.


La TV aveva appena finito l’intermissione, Lupin la spense.
Sostava in un appartamento modesto in un palazzo malmesso, gli unici mobili in quella stanza erano un letto sfatto e con lo scheletro in legno, un piccolo televisore a tubo catodico poggiato su un tavolinetto in legno storto e malridotto ed un divano in finta pelle, su cui lui stava seduto.
- Wow, sto davvero bene in TV! Dovrei farlo più spesso. Tu che ne pensi Jigen? Come sono andato secondo te? - Ridacchiò.
L’altro uomo, che si trovava dietro il divano, aspirò dalla sua sigaretta che stringeva fra le dita con avidità.
Gettò il fumo dalla bocca - Non lo so Lupin, a me non pare una buona idea mettersi contro un altro ladro di quel calibro. Sei sicuro?
Lupin tossì e agitò la mano per cacciare via la coltre di fumo - Non preoccuparti - tossì nuovamente - So cosa sto facendo, - si girò a guardare Jigen, appoggiando il braccio sullo schienale del divano - E poi ci sei sempre tu a tenermi le spalle coperte, non è così? - Sorrise.
Jigen lasciò cadere a terra la sigaretta e la spense col piede con un colpo secco.
- Già… è così. - Disse in uno sbuffo di fumo.
 

Kaito Kid lanciò una lattina di Coca Cola contro lo schermo del suo televisore, ringhiando - Impossibile! - Sbatté i pugni contro le sue gambe.
Fece una serie di respiri per tranquillizzarsi. Ticchettò ritmicamente le dita sui braccioli della sedia di legno dove era stravaccato.
Infine si calmò.
Sbuffò - Beh, se è la guerra che vuole… - sorrise - la guerra avrà.


Conan aprì la porta. Si trovò davanti un uomo sulla trentina con l’afro. Il bambino assunse uno sguardo pensieroso e diffidente.
Scrutò l’uomo dal basso verso l’alto, per poi fermarsi al viso.
Lui lo guardò di rimbalzo, perplesso e quasi impaurito.
- Posso? - La sua voce era insicura, ma si sforzava di essere decisa.
“Questa voce…” pensò Conan “mi è familiare…”.
Vincent sembrò spazientirsi, sporse la testa per vedere dentro - Cercavo il famoso detective Kogoro il dormiente, c’è? - Batteva il piede nervosamente.
Il bambino sgranò gli occhi “Lupin! Questa voce è… identica a quella di Lupin. Ma lui non ci assomiglia molto… tranne che per la sua posizione… mani in tasca e gambe arcuate… che siano parenti?” riflettè.
Dall’interno della stanza si sentì un telefono venir posato con forza e la voce di Kogoro urlare - Conan, c’è qualcuno lì? Lascialo entrare! Non vedi che sei in mezzo, moccioso?
Il bambino sembrò come risvegliato da una trance, si spostò esitante ed in modo impacciato, lasciando passare l’uomo.


 

Angolo autrice -
Innanzitutto, a te che sei arrivato fino a qui: grazie!
Spero che così tanti canon non ti abbiano confuso un po'.
Come avete potuto capire questo AU ha qualche differenza rispetto
ai canon dei lavori di Fiction (gli anime e il videogioco) di cui è composto.

I personaggi non sono propriamente definibili OOC,
li ho soltanto resi più... profondi e tormentati, diciamo.
Spero che vi sia piaciuto finora, più in avanti diverrà sempre più seria!
Ah, per precisare, in questo AU Vincent ricorda i sogni che fa,
come si può notare, inoltre Vincent e Lupin sono fratelli.
E c'è giusto un pizzico di LupinxJigen accennata.
Comunque...
Grazie ancora per aver letto!
Se ti è piaciuto, una recensione è sempre gradita.
Al prossimo capitolo: "Sogni"!

Edit: Appena ho notato di aver confuso il nome "Vincent" con "Victor"
ho fatto un facepalm assurdo. Chiedo venia!
Probabilmente capiterà di nuovo in futuro, mi scuso in anticipo.
In ogni caso, adesso ho corretto. Grazie della pazienza.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sogni ***


Vincent era seduto sul divano dell’agenzia investigativa Kogoro, le mani tenute fra le gambe come a farsi piccolo piccolo, ogni tanto le strofinava come si fa quando si sente freddo. Si strinse nelle spalle.
Ci volle qualche minuto perché Kogoro posasse la sua tintinnante lattina e si alzasse per avvicinarsi al cliente, finendo per sedersi sulla poltrona accanto al divano. Gambe incrociate e mano sul mento. Conan intanto si era sistemato anch’egli seduto sul divano, accanto a Vincent ma sempre a distanza di sicurezza.
Ran era andata in cucina a preparare del thé caldo per accogliere l’ospite.
L’imbarazzante silenzio fu rotto dal detective dormiente, che emise un verso impacciato.
- Uuh… dunque. Cosa ti porta qui?
Vincent strabuzzò gli occhi e alzò lo sguardo verso l’uomo, Conan rimaneva in silenzio ma attento.
- Riguarda quelle morti avvenute questa settimana. - Mormorò con voce roca, Kogoro si sporse per avvicinarsi a Vincent, interessato.
Si sentì qualche rumore metallico sparso dalla cucina, probabilmente dovuto al trafficare di Ran.
Vincent continuò - Ecco, vede… credo di esserne collegato. Non so bene come ma… dal giorno esatto in cui è iniziata questa tragedia, i miei sogni si sono fatti strani. Cruenti, terribili. Ed in questi… - si schiarì la voce che aveva cominciato ad affievolirsi - una voce squillante e femminile mi parla di come tutti coloro che sono “finiti lì” pagheranno, mi fa i nomi delle vittime… anche prima che esse divengano tali… e le dichiara, beh, usa il termine “agnelli da macello”. Ed in questi sogni ho sempre la sensazione di rischiarci la vita… e mi preoccupa. Per favore, mi aiuti lei. Non so cosa significhi ma dev’essere collegato. - sospirò -  Deve esserlo. La prego.
Kogoro stette in silenzio, con lo sguardo fisso sul cliente e le mani giunte davanti alla bocca.
All’improvviso scoppiò a ridere sguaiatamente, così forte da far sussultare sia Vincent che il bambino.
- Tu non ci stai con la testa! - si asciugò una lacrimuccia - Suvvia, avrai visto qualche telegiornale di troppo al massimo! - Annaspò di quanto aveva riso - Dai, non farmi perdere tempo, su.
Vincent non ebbe il tempo di rispondere che il telefonino di Kogoro squillò, lui alzò la mano come a simboleggiare “aspetta un attimo”.
- Pronto? - Rispose, e subito si precipitò nell’altra stanza per restare in privato - Si, si.
Presto non si riuscì più a distinguere cosa diceva.
L’uomo con l’afro cacciò un sospiro avvilito.
Cominciò a toccarsi le mani e pizzicarsele probabilmente per l’ansia.
- Hey. - Abbozzò Conan, Vincent alzò lo sguardo - Parlando d’altro… ho notato… - fece una pausa per raccogliere coraggio, poi riprese - … assomigli molto a Lupin.
L’uomo annuì - … E’ mio fratello. Ma, ecco, non ci sentiamo da tanto. - Si passò una mano fra i capelli, appoggiandosi poi completamente sullo schienale e assumendo una posizione più rilassata, lo sguardo puntato verso il tetto e le braccia dietro la testa. Incrociò le gambe e cominciò a dondolarne una - Nemmeno tu mi credi, non è così?
Conan fu preso alla sprovvista da tutta quella sincerità, e scrutava Vincent con perplessità.
Scosse la testa - A dire il vero… ti sbagli. Mi interessa molto ciò che hai detto.
- Devi credermi, - ribadì il trentenne - ne va della mia stessa vita.
- Ti credo.
Vincent prese qualche respiro - Non so come avvenga, ma sono collegate… le morti e i miei sogni. Dev’essere così, per forza. - Strinse i pugni.
La porta della cucina si aprì, spezzando la pesante aria di tensione che si era formata.
Ran entrò radiante e posò un vassoio di thé fumante sul tavolo davanti al divano, procedendo poi col telecomando ad accendere il televisore - Rilassatevi pure. - Sorrise.
Sia Vincent che Conan presero una tazza fra le mani facendo attenzione a non scottarsi, soffiarono e poi scrutarono al suo interno quel liquido trasparente e scuro.
Kogoro tuonò nella stanza chiudendo con astio la chiamata al telefonino, poi sbuffò e si andò a sedere dov’era prima. Lo sguardo corrucciato.
- Ascolta. Non so chi tu sia né quanta sanità mentale ti manchi, ma non possiamo escludere nessuna pista. Mi vedo costretto a chiederti il numero, e ti prego di rimanere reperibile nei prossimi giorni.
Mentre i due si scambiavano i numeri, Conan prestava una vaga attenzione al televisore, senza neppure guardarlo. Ran fece lo stesso.
- Come sempre San Valentino si avvicina! E le vendite della nuovissima collana in edizione limitata si impennano--
Conan gettò lo sguardo verso i due uomini, distogliendo per un istante l’attenzione.
- Comprate anche voi al vostro amato o alla vostra amata il Regalo dei loro Sogni! Questa fantastica collana può essere vostra per un prezzo davvero modico! - Il bambino sbarrò gli occhi - Ispirata direttamente dall’inestimabile collana conservata con cura al Dream Palace Hotel, è il regalo ideale per dimostrare il vostro amore!
Ran osservava la TV, e pensava al suo Shinichi. “Si sta avvicinando davvero la festa degli innamorati” pensava, “ed io non ho ancora deciso cosa prendergli…” Si sedette accanto a Conan e prese anche lei una tazza di thé. Le sembrò di vederci i lineamenti del volto del suo amato. Sorrise malinconica.
“Il regalo dei sogni, huh…” Conan prese un sorso dalla tazza ancora fumante, pensieroso.
Vincent si schiarì la voce e si alzò, ringraziando per l’ospitalità. Si fermò sull’uscio - Comunque… grazie per avermi creduto, almeno un po’. Ora ho altro da fare, ma ci rivedremo presto. - Uscì senza salutare. Kogoro sbuffò - Tutti a me gli strambi.


Sera.
Un mantello bianco si agitava svolazzante grazie alla forza del vento, illuminato dal chiarore lunare, in contrasto col limpido cielo blu scuro. Una figura tutta in bianco era appiattata sulla finestra del modesto appartamento di un palazzo, non si distingueva l’espressione a causa della poca luce.
- Finalmente ci si incontra, Kaito Kid. - Commentò una voce maschile da dentro l’appartamento.
- Dovevi aspettartelo, Lupin. - Rispose con tono di sfida il giovane.
L’uomo, in pigiama e poggiato con la schiena sul muro opposto alla finestra, un braccio dietro la testa, rise.
- Si, dopotutto si.
Il ragazzo entrò finalmente, chiudendo la finestra alle sue spalle, la sua figura non era ancora chiaramente visibile. Lupin usò la sua mano libera per accendere l’interruttore. La lampadina scattò un paio di volte emettendo un ronzio, per poi illuminare la stanza di una pallida luce gialla.
- E così hai davvero intenzione di rubarlo? Hai intenzione di sfidarmi? - Chiese Kaito, serio.
- Non era abbastanza chiaro dalla mia interruzione?
Il ragazzo digrignò i denti, ma poi sorrise - D’accordo. - Sibilò, eccitato per la sfida.
- E poi ci si potrebbe fare un bel gruzzolo, considerando le gemme.. - Sogghignò Lupin, staccandosi dal muro per accendersi una sigaretta - Perché mai dovrebbe interessarti un oggetto del genere?
- Il mio motivo è sempre lo stesso. - rimase vago - E non sono tenuto a dirtelo. - rispose secco.
- Capisco. - Aspirò dalla sigaretta Lupin.
Il fumo si riversò a nuvoloni dalla sua bocca. Abbozzò un mezzo sorriso, tenendo lo sguardo basso.
- In ogni caso, non pensare che solo perché tu abbia più esperienza sarà una passeggiata, io non--
Il telefono di Lupin squillò, egli troncò la discussione e gli intimò di far silenzio. Rispose.
Kaito strinse i pugni, sentendosi quasi offeso, ma stette zitto.
- Si? - Asserì Lupin.
Una voce estremamente familiare chiamò il suo nome con ansia. Lui sgranò gli occhi.
Ascoltò attento. A tratti annuiva.
Kaito Kid cercava in maniera assillante di comprendere con chi stesse parlando, ma senza successo.
Lupin sospirò - Adesso sono occupato.
Chiuse la chiamata e il telefono emise un bip sommesso.
Il ragazzo lo interrogò con gli occhi, ma incontrò lo sguardo intenso dell’uomo.

- Non era nessuno di importante. - Tagliò corto - Dicevi?




 

- Angolo autrice -
Che dire, eccoci con un altro nuovo capitolo.
Mi scuso per un particolare importante: mi ero dimenticata
di aggiungere OOC agli avvertimenti. Mi dispiace.
In ogni caso non i personaggi non sono particolarmente
out of character, vi ho soltanto messo del mio. Spero non dia fastidio.
Cosa vorranno rubare i due ladri? E chi mai avrà chiamato Lupin?
Come si concluderà il tutto? Cosa si nasconde dietro i sogni di Vincent?

Alla prossimo capitolo: "Fra Tradimento e Perdono"!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fra Tradimento e Perdono ***


L’insegna al neon che diceva “Stray Sheep” ronzava a intermittenza, schiarando i contorni dell’arredamento del bar di un acceso rosso. Tante altre piccole luci al neon si occupavano di illuminare al meglio il posto, dandogli diverse sfumature verdi e fuchsia.
Il locale era completamente vuoto, fatta eccezione per due persone, eppure pareva ancora far eco il tintinnare dei bicchieri traboccanti di alcolici e il leggero brusio che lo animavano solitamente.
Vincent era seduto al suo solito posto, in religioso silenzio.
Una biondina, al bancone, lo osservava, anch’ella senza far rumore.
Ogni tanto l’uomo guizzava gli occhi alla sua destra e notava la giovane con la coda dell’occhio, non riusciva bene a distinguerle il volto ma giurava sorridesse mellifluamente.
In ogni caso era così terrorizzato da rifiutarsi di controllare, rimanendo quindi immobile, come paralizzato.
Si sentì squillare la suoneria di un telefonino, Vincent tremò.
Lo tirò fuori e, aprendolo, osservò con tensione lo schermo.
“Katherine”.
Bip.
Tenne lo sguardo fisso in avanti - Si? - rispose, con un filo di voce.
La sua ragazza gli parlava di come vi fossero dei problemi, sempre gli stessi, e di come si sarebbero visti nei giorni a seguire… le solite chiacchiere da innamorati. Vincent sudava freddo.
- Oh… - deglutì - Si, tesoro… ti amo anch’io. - balbettò con il petto che gli bruciava.
La ragazza al bancone continuava a fissarlo, a volte giocando nervosamente con le sue bizzarre codine boccolute. Vincent era convinto di sentirla ringhiare.
L’uomo strinse la presa sul telefono - N-no… ovvio. Tu sei l’unica. Si… lo so. - continuava - Ah… beh, ciao allora. Mh, ti… amo. - si schiarì la voce - Ciao… - chiuse la chiamata.
Quando guizzò nuovamente gli occhi alla sua destra, la ragazza non era lì.
Si girò, osservò per bene il bancone, il cuore gli palpitava in testa. Era vuoto.
Direzionò lo sguardo dove guardava prima e la figura della stessa ragazza era lì, davanti a lui, un po’ a sinistra, teneva in mano un vassoio con sopra due boccali di Rum & Cola. Sorrideva forzatamente.
- Ciao… Catherine. - azzardò con voce rauca l’uomo, sentendosi il cranio martellare.
Ella posò violentemente il vassoio sul tavolo e si sedette sul posto diametricalmente opposto a quello di Vincent. Erano uno di fronte all’altra, lui non osava fiatare.
In tutta tranquillità, Catherine afferrò uno dei boccali e cominciò a sorseggiare, senza staccargli lo sguardo di dosso.
Vincent si sentì minacciato - Senti… cara…
La bionda scaraventò con forza il boccale che teneva in mano contro il muro alla sinistra dell’uomo, mandandolo in frantumi. Tanti frammenti di vetro si sparpagliarono al suolo, il muro gocciolava trasudante di alcol.
Afferrò l’uomo per il colletto, stringendo la presa così forte che per un attimo lui ebbe paura di soffocare.
- Non… chiamarmi cara. Non qui, davanti a me, nel mio locale, dopo quella vomitevole telefonata. - sibilò, squadrandolo dritto negli occhi. Erano a pochi centimetri di distanza. 
La tensione era così forte che Vincent sentì il bisogno di piangere, fece di tutto per trattenersi.
Si portò le mani al collo, temendo per la sua vita - Io… volevo s-soltanto…
Catherine emise un verso di sdegno - Non fare l’ingenuo. Volevi mollarmi, non è così?
L’uomo annuì esitante, la ragazza scoppiò a ridere.
Quando tornò seria, tirò fuori dalla sua uniforme da cameriera un grosso coltello.
La lama scintillava sotto le luci del locale, affilatissima.
La avvicinò lenta verso il collo di Vincent.
- Lo sapevo che eri un meschino traditore. A chi credi siano dovuti i tuoi sogni?
Lui sbarrò gli occhi, terrorizzato - Huh… ?
- Voi uomini siete tutti uguali. Ci ho provato con tanti, sai, ma per voi le donne sono un gioco. - ghignò beffarda - E quindi capii che tutti voi bastardi state meglio sotto terra.
L’uomo ebbe un brivido.
- Sai, io… non sono come le altre troiette che usi nel tempo libero. Io non sono umana. - schioccò la lingua - No, io… ho dei poteri. E non ti permetterò di fare il cazzo che ti pare con me, o con qualsiasi altra ragazza. Diciamo solo che l’inferno che attraversi ogni notte… è a causa mia. - fece un occhiolino.
Vincent provò a dimenarsi, ma la vista del coltello lo rimise in riga, - L-Lasciami andare… - ringhiò.
- Bel tentativo, mi fai quasi pena. Sai questa bella collana che hai al collo? Quella che ti ho regalato io, già. - carezzò il pendente con la lama, era di metallo, a forma di cuore con due piccole corna e due alette da demone - E’ lei la causa dei tuoi problemi. Ho maledetto l’originale, e c’è solo un modo per sfuggire a tutto questo… per bloccare la maledizione, dovresti distruggere quella. - Rise - Buona fortuna, eh. Oh, e sai… ogni. Singola. Copia. E’ destinata a spedirti nel… ah, ma sto sprecando fiato, tanto tu morirai qui e ora.
La ragazza si preparò a fare uno scatto per sgozzare definitivamente l’uomo, riusciva quasi già a sentire il sangue sprizzare copiosamente dalla carotide, percorrendole mani e braccia e infine gocciolando lento sul pavimento. Fremeva a quell’idea.
Mancava davvero poco, lei era pronta. Ma si bloccò.
Vide la figura di un uomo all’uscio della porta, non riusciva a riconoscerla, ma vide che le puntava contro una pistola. La sua mira era ferma e decisa, come se quella persona si fosse trovata in quella situazione un’infinità di volte.
Si scambiarono degli sguardi carichi di tensione.


Era passata circa una mezz’oretta da quella chiamata, ma l’uomo dalla giacca rossa non riusciva a darsi pace.
- Ascolta, Kid. - iniziò Lupin, nervoso - Vorrei tanto stare qui con te a continuare la conversazione, davvero. Ma mi trovo costretto a lasciarti. E’ un’emergenza. - buttò a terra la sigaretta e la spense pestandola col piede.
- A-Aspetta! Lupin! - chiamò Kaito, cercando di scattare verso di lui.
- Ci incontreremo presto, un’altra volta. - gli sorrise, uscendo.
Il ladro vestito di bianco stette fermo, solo, in quella stanza. Sospirò.


- Lascia la presa, o sparo. - disse soltanto. Al sentire quella voce, Vincent sussultò.
Catherine lo osservò accigliata, lo maledisse a denti stretti, ma non ebbe altra scelta. 
Lasciò cadere il coltello a terra, esso produsse un tonfo sordo.
Subito dopo, liberò Vincent dalla presa e si sedette, sconfitta.
L’uomo subito annaspò e si tastò il collo, i polmoni gli bruciavano come se respirasse fuoco, con l’affanno percorse quel tratto di pelle come se vi ci dovesse trovare una grossa ferita pulsante. Sospirò, sollevato, ma tenendo ancora uno sguardo corrugato.
Quando ebbe finalmente la lucidità di guardare lì dove si trovava la biondina, ella non c’era più.
Lupin accorse verso il fratello e lo sostenne col braccio, aiutandolo ad alzarsi - Per fortuna sono arrivato in tempo… - fece un mezzo sorriso.


Uscirono e sostarono per qualche momento davanti al locale, Vincent che si trascinava a fatica per lo shock.
- Sai… - esordì Lupin - Quando mi hai chiamato all’inizio, dicendomi di venire… avevo deciso di non farlo. Dopo quello che è successo… non avevo intenzione di rivederti. Ma ho cambiato idea, non potevo… insomma, ignorarti così. Mi hai messo una paura addosso che nemmeno immagini.
Vincent sbuffò giocosamente - Ti ho chiamato ancor prima di entrare nel locale, perché non volevo ritrovarmi solo con lei come è successo… ce ne hai messo di tempo…
Il ladro ridacchiò agitato - Ahah, già…
- Hey - attirò la sua attenzione l’uomo con l’afro - …grazie. Per prima. … e scusami...
- Non preoccuparti di quello. Ora è meglio anda--
Lupin si fermò all’improvviso, ed in un primo momento Vincent non ebbe idea di cosa fosse successo. Il ladro si strinse alla spalla, emettendo un lamento di dolore.
Vincent guardò meglio e notò come fra le dita del fratello avesse cominciato a sgorgare lento del liquido rosso. I due uomini si voltarono alle loro spalle sgomenti, Lupin con più difficoltà.
La biondina era proprio lì, dietro di loro. In volto aveva stampato un sorriso di sfida soddisfatto.
Agitò la mano per salutare e poi scomparve in una nuvola di fumo viola.
Lupin cacciò un grido, si guardò la ferita.
Lo aveva sentito distintamente, la lama di un coltello gli aveva sfiorato il braccio procurandogli un taglio spaventosamente profondo, che adesso stava grondando di sangue.
Vincent era entrato nel panico, sosteneva Lupin evitando che cadesse, ma non aveva idea di come comportarsi.
L’uomo con la giacca rossa respirava affannoso, sudando, tenendosi per come poteva al fratello. Cercò di mantenersi forte ma sentiva le gambe cedere. 
Rise sommessamente - Alla fine ho fatto proprio bene a venire qui… pensa a cosa sarebbe potuto succederti. - La ferita gli bruciò terribilmente.
L’uomo con l’afro singhiozzò, sentendo dei goccioloni fuoriuscirgli dagli occhi, non vedeva più nulla.
Con la mano libera si strappò via la collana e la lanciò lontano, il suo pianto era incontrollabile.
- E’ colpa mia… tutta colpa mia… - Ripeteva.
La collana, cadendo, fece un distinto suono metallico. Vincent non vide dove andò a finire, ma non gli importava.
- Devo fare qualcosa… devo salvarlo…

Le lacrime macchiarono la preziosa giacca scarlatta del ladro, nella quale la macchia di sangue quasi non si distingueva.




 

- Angolo Autrice -
Ahh... uno dei miei capitoli preferiti è finalmente
stato pubblicato... spero di averlo reso come era nella mia testa.
Yep, in questo AU la proprietaria del locale è proprio Catherine.
Rispetto al motivo che aveva portato alla separazione dei due fratelli...
non credo lo specificherò. Lo lascio abbastanza aperto,
infondo non è utile ai fini della storia.
Che dire di più?
Se la storia intriga (spero di si) lasciate una recensione per supportarla.
Al prossimo capitolo: "Appeso a una catenina"!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3293162