The Time Trials [In sospeso]

di bloodywimey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il tichettio delle sue scarpe bianche risuonava per i corridoi freddi dell'edificio.
Era uno di quei suoni che ti restano impressi nell'anima, forse perchè, come in questo caso, era un suono inquietante, che significava una serie di avvenimenti.
Pochi avevano il permesso di essere rinchiusi tra quelle mura di salvezza e pochi riempivano quelle pareti di vita, se così si poteva chiamare.
Aprì la porta che conduceva ai laboratori e una serie di altri tichettii seguì il ritmo di quella musica spaventosa. 
Una varietà di scienziati erano seduti alle proprie scrivanie con gli occhi appiccicati allo schermo del proprio computer. Nessuno osava proferire parola, troppo occupati a preoccuparsi che i loro progetti giungessero ad una fine.
La WICKED, l'avevano chiamata, un'associazione che pur definendosi buona si era nominata malvagia. Da anni cercavano di migliorare un mondo che non aveva mai chiesto il loro aiuto, da anni non trovavano modi migliori se non sacrificare persone innocenti per una causa sconosciuta.
La donna si avvicinò all'ufficio principale dove stava seduto il suo collega fidato.
A differenza di ogni parete nelle vicinanze, quella stanza era colorata di un azzurro chiaro che non si allontanava comunque dal bianco circostante.
"E' tutto pronto?" la sua voce da donna seducente era ormai sparita, sostituita da quella di una dittatrice, comandante.
"Stanno preparando gli aerei, partiremo fra dieci minuti." il suo collega stava seduto sulla poltrona morbida, le scarpe sulla scrivania e i suoi lineamenti da ratto venivano rimarcati ogni volta che apriva bocca.
Sorrise soddisfatto del proprio lavoro e poi si alzò, avvicinandosi allo schermo pincipale della sala.
"Sono ancora così ingenui." si trattava di vita e di morte, eppure nella sua voce non si notava la minima preoccupazione.
"Presto saranno pronti." disse lei prima di uscire dalla stanza e ripetere lo stesso percorso per i corridoi freddi.
Raggiunse l'esterno dell'edificio e la rampa dell'aereo maggiore.
All'interno altri scienziati e piloti sedevano ai loro posti, pronti a partire.
Cinque  minuti alla partenza.
Gli utlimi addetti al recupero entrarono nell'elivelivolo,mentre i piloti accendevano i motori uno dopo l'altro.
"Si sieda, signora Paige." un uomo le indicò una piccola sedia alla sua destra, lei ci si avvicinò e si fece legare stretta.
Iniziò il conto alla rovescia e Ava sentì una stretta al petto. 
"E' per una buona causa." continuava a ripetersi, anche sapendo che poco era rimasto di buono.
L'aereo si alzò in volo, diretto a quella città fredda che avevano scelto. 
Il momento del giudizio era arrivato.
*
Rimangono 2 minuti.

Troppe volte aveva sentito dentro la sua testa quella spaventosa voce metallica e fra poco non l'avrebbe più sentita.
Una folla di persone correva da una parte all'altra della città senza fermarsi, si percepiva l'arrivo delle tenebre da ogni angolo.
Thomas era interamente coperto dalla sua felpa, eppure il freddo gelido, che aveva caratterizzato quel luogo già dal primo giorno del loro arrivo, lo tagliava nel profondo facendolo camminare a fatica. 
Passo dopo passo, respiro dopo respiro, cercava di avvicinarsi a quella macchina colossale che sarebbe stata la sua via d'uscita.

Rimane 1 minuto.

Doveva sbrigarsi. Voleva andarsene il prima possibile. 
Odiava quel posto.
Centoventi persone innocenti erano state portate in quella città glaciale, senza cibo, senza aiuto, solo buttalì lì ad aspettarsi chissà cosa da quella missione. 
Era stato quasi impossibile sopravvivere e molti di loro non ce l'avevano fatta. Il numero a tre cifre da cui erano partiti si era presto trasformato a due, erano rimasti in poco più che una trentina.
Avevano creato un gruppo di coraggiosi che provavano a cercare provviste nelle città confinanti, ed erano riusciti a rubare cibo per due settimane di vita.
Molti di loro, anche se non erano morti, non riuscivano a muoversi a causa del freddo che ogni giorno aumentava.
Poteva vederlo ovunque: quando i suoi occhi vagavano per quelle strade vuote e tristi, vedeva solo ghiaccio, morte, ingiustizia.
Nei centri abitati le madri piangevano per la mancanza dei figli, gli uomini si gridavano contro per un pezzo di pane, i bambini urlavano per le dita che rifiutavano di stare attaccate alle mani gelide. 
Thomas, non sapeva perchè ma quello era il nome che gli era stato assegnato, non si era mai lamentato troppo. Mangiava la sua razione di cibo e cercava di muoversi per evitare la morte.
Ma adesso il tempo stava per giungere alla fine.

Rimangono 30 secondi.

Cinque metri, non ce l'avrebbe fatta.  
"Che femminuccia, morire già alla sua prima volta." Thomas non avrebbe permesso che la gente pensasse questo di lui. 
Provò ad aumentare il passo, ma ogni volta che metteva un piede davanti all'altro, l'aereo, o qualunque cosa fosse quella macchina, sembrava più lontana e la sua morte più vicina.
Quattro metri e i secondi passavano troppo velocemente.
Avrebbe voluto saper fare di più, essere più forte. L'anima dento di lui continuava a ripetergli che non ce l'avrebbe fatta, che era troppo debole, che sarebbe morto e che nessuno avrebbe saputo chi fosse, nell'aldilà lo avrebbero conosciuto  come quello che non è riuscito a sopravvivere neanche per due minuti.

10 secondi.

Un'altro passo, un'altra fitta dolorante, un'altro centimetro in meno.
Il rumore dei motori di quel mostro di metallo si fecero più forti e, senza neanche essersene reso conto, si trovava in mezzo a quella folla di perseguitati a chiedere aiuto.
Con le ultime forze che il suo corpo dimostrava d'avere, si fece spazio fra la gente, spintonando, urlando, piangendo.

9 secondi.

Nonostante stesse superando un gran numero di persone, queste sembravano aumentare sempre di più e le sue possibilità di entrare nell'aereo si facevano di secondo in secondo più improbabili.
La folla gridava, alzava le mani al cielo sperando che qualcuno le prendesse, piangeva come disperata.
Thomas continuava a spingere e a spingere, sempre più forte.

8 secondi.

Solo pochi riuscivano a salire per la rampa, solo pochi erano certi della loro sopravvivenza, solo pochi si stavano preparando per la prossima città in cui avrebbero ripreso luogo le loro sofferenze.
Thomas si trovava sotto la rampa, dove una lunga coda attendeva di entrare.
Si sentiva come quando da piccolo andava al cinema con sua madre e non vedeva l'ora di entrare nella sala.
Questa volta però non ci sarebbe stato nessuno spettacolo da vedere, e non c'era sua madre.

7 secondi.

La coda non si muoveva di un centimetro.

6 secondi.

Pochi passi lo dividevano da quella porta, non avrebbe permesso che proprio ora che era così vicino al traguardo qualcuno prendesse il suo posto.
Per la prima vota in vita sua Thomas pensò solo a se stesso, a sopravvivere, senza curarsi di quello che che sarebbero andati incontro gli altri.

5 secondi.

Strattonò una serie di uomini, spinse donne e bambini, mentre la porta faceva per chiudersi.
Altri centimetri, altri strattoni, altra gente che lo insultava. Ma non gli importava.
Doveva farcela.

4 secondi.

Il rumore assordante delle porte che si stavano per chiudere faceva pulsare le orecchie di Thomas.
Le persone davanti alla porta correvano per entrarvici e il ragazzo non potè far altro se non imitarli.
Ogni tentativo di raggiungere la meta sembrava però vano.

3 secondi.

Il mondo intorno a Thomas iniziò ad andare a rallentatore.
Potè percepire ogni sibilo, ogni urlo rotto, ogni lacrima che scendeva dagli occhi delle persone intorno a lui.
Potè sentire i macchinari della porta che ruotavano per chiuderla, i motori che prendevano forza per lasciare quella landa ghiacciata, la gente che correva via dopo essersi arresa.
Ogni battito del suo cuore, ogni mano che lo toccava, ogni speranza che svaniva.

2 secondi. 

Ormai lo spazio che delimitava la chiusura della porta era inpenetrabile.
Diede più forza alle gambe e in poche mosse fu vicinissimo alla porta.

1 secondo.
Fine.

Thomas si trovò all'interno di quell'orrendo cumulo di tecnologia. Una parte della sua felpa era rimasta incastrata nella chiusura della porta, ma non gli importava.
Ce l'aveva fatta.
Era salvo.
Si guardò intorno e vide che solo pochi erano riusciti a oltrepassare quel macigno, erano una decina.  La felicità che si era impossessata del ragazzo svanì, non era certo che ne fosse valsa la pena. 
Si chiese se a qualcuno importasse davvero delle loro vite. 
La risposta vagò nella mente di Thomas, mentre qualcosa lo punse e cadde nel buio.
*
"Thomas."

"Thomas, apri gli occhi."

"Sbrigati, dobbiamo andare!"
Urla, tonfi, rombi di motori, il rumore assordante delle eliche. 
Una serie di rumori seguirono il suo risveglio affannato.
Una ragazza sostava sopra di lui, aveva i capelli neri come la pece e gli occhi azzurri come il mare. Sembrava spaventata e respirava a malapena.
"Non guardarmi così bell'addormentato, dobbiamo sbrigarci!" si scostò dal corpo del ragazzo e si mise uno zaino in spalle.
"Forza!" gli disse un'ultima volta, prima di correre via.
Thomas non stava capendo affatto ciò che stava succedendo, ma da ciò che vedeva attorno a lui capì che era arrivato il momento di lasciare l'aereo e raggiungere un'altra città mortale.
Fece tutto il possibile per mantenere la calma e non sembrare più spaventato di com'era veramente.
Prese i pochi averi che gli erano rimasti e si fece strada tra le persone, cercando di non andare contro nessun pazzo.
Quando oltrepassò la porta dell'elivelivolo, quasi rimpianse la città gelida da cui era partito.
Questo, era peggio dell'Inferno.
*
UFFICI DELLA W.I.C.K.E.D 

"Signorina Paige, siamo molto fieri del suo lavoro. Il progetto sta avendo un grande successo e tutto sta rimanendo nell'ombra, come da programma." una voce velata dall'ombra, un uomo importante ma invisibile, la causa di tutte quelle pene.
"Sono felice che sia soddisfatto. Presto avremo risultati efficaci." si sentiva piccola, sola davanti a quella chiamata aperta. 
Nessuno aveva mai spaventato Ava, ma quell'uomo le faceva paura. 
Stava a testa bassa, guardandosi la punta delle sue scarpe alte, sperando che dall'altra parte non si vedesse la sua ansia.
"Lo spero. Alla prossima comunicazione, arrivederci." prima che potesse guardare l'ombra inquietante di quell'uomo, la chiamata fu messa a tacere.
Ava ricominciò a respirare.
Si avvicinò allo schermo e vide la folla di persone che aveva appena mandato in quella città orrenda. Gente qualunque, gente che non aveva mai chiesto di passare quelle disgrazie, non avevano mai voluto il loro aiuto.
Era davvero per una buona causa?
Non avrebbe dovuto avere rimpianti.
Chiuse gli occhi e sospirò. "WICKED è buona."

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***



Quando provò a mettersi una mano davanti agli occhi, la situazione non migliorò affatto, anzi quest'ultima si riempiva di una sabbiolina bianca a cui Thomas non sapeva dar nome.
Era un'avvenimento molto strano in quanto, attorno a lui non poteva vedere alcuna sabbia.
All'improvviso tutto quel vento pungente si fermò e Thomas potè finalmente  aprire gli occhi.
Buio.
Nient'altro che buio e vuoto lo circondava.
Si trovavano in una di quelle città che al giorno d'oggi viene definita "metropoli". Peccato che i negozi, le persone e tutto ciò che rende una città degna di questo nome, fosse sparito o distrutto.
Rimaneva qualche grattacielo qua e là, un po' traballante ma ancora integro. 
Se guardava dietro di sè, vedeva solo un precipizio senza fine. Quella città non aveva via d'uscita.
Il cuore di Thomas perse qualche battito,quasi fermandosi del tutto.
Il peggio arrivò quando tuoni e lampi fecero compagnia a quella grande coltre di nubi che sostava sopra le loro teste.
"Correte!" anche se era quasi senza voce, riuscì a incitare il piccolo gruppo a seguirlo. 
Correndo come dei pazzi entrarono in quella città inquietante e buia, chiedendosi chi ne avrebbe fatto ritorno.
*
UFFICI DELLA W.I.C.K.E.D.

"Quello che sta per correre è un grande rischio, signore." Ava era seduta alla sua postazione e non osò alzarsi neanche una volta.
Un'altra chiamata con quell'uomo spaventoso e possente, una chiamata importante, piena di preoccupazione.
"So quello che faccio, signorina Paige." la donna non riuscì a percepire la minima insicurezza nelle sue parole e questo, la faceva terrorizzare. 
"Si tratta del PROGETTO B signore, la sua vita potrebbe essere messa in serio pericolo."
"Ogni giorno la vita di migliaia di persone è in pericolo e non ce ne preoccupiamo, una vita da sacrificare in più non nuoce a nessuno."
"Nuoce alla nostra associazione." il suo tono di voce si alzò senza neanche essersene resa conto e capì di aver esagerato, tornò a guardarsi le solite scarpe bianche.
"Aiuterà la vostra associazione. Si fidi di me."
Ava non proferì parola e non si mosse di un centimetro, troppo spaventata dall'intera faccenda.
"Ho bisogno della sua approvazione per far partire il progetto." la richiesta le balenò in testa per qualche minuto, finchè non decise di lasciare fare a quell'uomo quello che voleva.
"Accetto."
*
"Thomas."

"Thomas, mi vedi?"

"Mio dio, sembra morto stecchito."

Diversamente dalla volta precedente Thomas non si era addormentato e non era stato sedato, era seplicemente rimasto immobile con gli occhi aperti come uno sciocco.
La stessa ragazza che lo aveva riportato tra i vivi la volta prima, lo aveva resuscitato di nuovo.
Thomas capì ciò che doveva provare dall'espressione scocciata che gli stava riservando.
"Finalmente sei di nuovo vivo! com'è che ogni volta che ci incontriamo sei senza sensi?"
"Chi sei?" fu poco più che un respiro e poco a poco cominciò ad alzarsi, cercando di non cadere addosso a quella strana ragazza.
"Sono Teresa, ti starai chiedendo come faccio a sapere il tuo nome e la risposta è che tutti sanno chi sei."
"Come tutti sanno chi sono?" doveva sembrare un perfetto idiota, ma tutta la faccenda sembrava intersecarsi sempre di più e la sua testa stava per scoppiare.
"Sei, diciamo, la star del gruppo dei missionari. Tutti qui contano su di te senza lasciartelo vedere, lavori meglio se non sei a conoscenza della tua fama, o così dicono."
Thomas era ancora più confuso di prima, ma decise di non farci molto caso.
Non capiva perchè tutte quelle persone pensassero che fosse una specie di salvatore o che fosse degno di essere un leader. 
Thomas era solo Thomas, solo un ragazzo come tanti, solo un'altro nome in una lunga lista di cavie.
Non riusciva a combattere i suoi mostri, non provò neanche a pensare come dovessere essere combattere quelli  degli altri.
*
Detriti, macerie, case distrutte, vite rovinate.
Cosa diventa una città se la si priva delle persone?
Cosa diventa il mondo se lo si priva della vita?
Diventa nient'altro che un mucchio di resti inutili. 
L'uomo cerca sempre di marcare il proprio territorio, la necessità di sussistere attraversa ogni secolo della storia. Ma l'uomo è inconsapevole della quantità di importanza che ha per il pianeta: città, vita, amore. 
Senza sentimenti e scoperta, il mondo è un soffio del vento.
Insegne led spente e dimenticate, case e librerie vuote, si trovavano nella discarica del passato.
Thomas conduceva il piccolo gruppo attraverso quei quartieri remoti, alla ricerca di indizi sul tipo di sfida che avrebbero dovuto affrontare.
Per la città gelata la sfida era parsa chiara a tutti dal primo momento, ma questa città aveva una sfumatura misteriosa che nessuno di loro riusciva a comprendere.
Ogni passo che compivano, le tenebre sembravano diventare più fitte. Da ogni grattacielo che affiancava i loro piccoli corpi, provenivano suoni inquietanti e di strutture che si rompevano.
Videro un supermercato non molto lontano da loro e decisero che la prima cosa da fare era trovare del cibo.
Quello che trovarono dentro non gli piacque molto.
*
Specchi.
Immagini riflesse, loro stessi milioni e milioni di volte.
Nessun supermercato, nessun'idea di cosa avrebbero dovuto fare, solo una continua ripetizione di Thomas e gli altri.
Thomas fissò il se stesso dello specchio: i vestiti strappati,  gli occhi umidi,  la pelle screpolata dal freddo che aveva dovuto sopportare, l'espressione confusa e spaventata in volto.
Poco dopo la sua immagine sparì e vide qualcun'altro, qualcuno che lui conosceva ma allo stesso tempo era un'immagine troppo annebbiata da poter riconoscere.
"Thomas" l'immagine gli parlò e gli tese la mano.
"Thomas, tienimi per mano. Non vorrai perderti?" quella voce, lui sapeva bene di chi era, si ricordava bene di aver già vissuto quella scena.
La mano di sua madre fuoriuscì dallo specchio e Thomas non potè fare altro se non stringerla.
A poco a poco l'immagine uscì dal vetro e diventò più chiara e Thomas la rivide.
Dopo tanti anni lei era sempre la stessa, la stessa donna sorridente, magnanima e la sola persona che Thomas era riuscito ad amare.
Stringere la sua mano faceva quasi paura, la sua mano minuta e calda, la mano con la quale aveva rassicurato tante volte il figlio, la mano che Thomas stringeva quando aveva paura. Era passato tanto e il suo desiderio di stringerla era come da bambino. 
Tutte le sere avrebbe voluto avere sua madre di fianco, per abbracciarla e non lasciarla più, e adesso poteva finalmente farlo.
"Thomas, non ti allontanare!" sua madre iniziò a urlare e la sua espressione si fece sempre più preoccupata. 
Thomas lasciò la sua mano per paura e vide la madre aprire le palpebre  per scoprire che non c'erano occhi all'interno, ma solo buio.
"Thomas." la sua voce mielosa e confortante era svanita, adesso sembrava parlare l'abisso.
Thomas provò a toccarla di nuovo ma una mano esterna lo fermò.
"Non toccarla, se la tocchi morirai. E' uno spirito." Teresa gli salvò la vita per l'ennesima volta.
Thomas si guardò intorno e vide altri spiriti per ogni membro del suo piccolo gruppo, uscire da quei vetri maledetti.
Alcuni li toccarono e caddero a terra doloranti, per poi rimanere fermi e senza vita.
Guardò un'ultima volta sua madre che cercava di afferrarlo, "Scusami, ti prego perdonami." Thomas pianse senza contegno.
Cercò di unire le loro mani ancora, cercò di ricordarla com'era, cercò di ricordarsi dei suoi sorrisi e non degli ultimi attimi della sua vita.
Teresa lo spinse fuori da quel locale di morti viventi, sua madre urlava da lontano il suo nome. 
Il buio e la tristezza tornarono ad essere padroni del suo corpo, volle scappare, arrendersi, raggiungere la madre.
Thomas non era così, non era un tipo debole. 
Si alzò e decise che sarebbe sopravvissuto, qualsiasi sfida gli sarebbe capitata davanti.
Si erano sbagliati su quel posto, non era la discarica del passato, ma la discarica dei loro incubi peggiori.
La loro sfida era solamente combatterli. 
Avrebbero combattuto contro loro stessi.



A/N: note dell'autrice:
Salve pivelli, 
mi scuso se non ho messo le note nel capitolo precedente ma avevo la febbre quindi ero un po' su di giri.
Ecco qua il primo capitolo di questa mia idea malsana. Dietro a queste condizioni del tutto poco agiate ci sono tantissimi interrogativi che verranno svelati.
Spero che sia interessante e che catturi la vostra attenzione perchè a mio parere ne vale la pena.
Se ho fatto errori o fa totalmente schifo, non siate timidi e ditemelo.
Se volete fare un salto nel mio profilo troverete le altre mie storie.
Ringrazio le culopesche per il supporto che mi danno.
Baci a tutti,

Dalia

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Secoli di silenzio erano impregnati nelle loro menti e attimi di rumori assordanti riempivano le cicatrici di quell'inferno in terra.
Suoni di guerra: esplosioni, urla, metallo su metallo, un corpo che cade inerme sull'asfalto.
Thomas aveva perso la forza di parlare, la voglia di muoversi e le lacrime da versare.
Una folla di morti viventi li stava inseguendo nel buio, pezzi di vetro li ricroprivano ancora, quelli degli specchi che erano state le loro bare. La città era priva di ripari, perfetta per uno scenario di morte, una perfetta trappola per una missione sconosciuta.
Correvano perchè era l'unica possibilità rimasta, sapevano cosa li attendeva e non avevano altro se non i loro ultimi momenti.
Vuoto, buio, l'infinito prima della fine, un urlo prima del silenzio.
Questa volta Thomas chiudeva la fila, tentato di unirsi al gruppo immortale e di porre fine alla sua inutile prova di sopravvivenza. Il suo piccolo gruppo, ora formato da poco più di sei componenti, lasciava dietro di sè il segno della loro distruzione.
Potevano contare i loro compagni caduti dal sangue che ricopriva l'asfalto scivoloso e dal numero dei loro nemici che aumentava. Nelle loro menti già immaginavano il loro corpo che raggiungeva quello dei compagni. 
Il precipizio che incorniciava quella città maledetta si faceva sempre più vicino e Thomas vide aumentare la paura dei compagni.
Fece per rallentare il passo, ormai troppo stanco anche solo di provare ad arrivare a termine della missione, ma una mano più veloce di lui gli fece riprendere il ritmo precedente.
"Non ti permetterò di rinunciare adesso. Sei arrivato fin qui e adesso non mi diventi un debole, chiaro?" Teresa gli strinse il braccio così forte quasi da staccarglielo e Thomas annuì dando a vedere di aver compreso il concetto.
I loro piedi toccarono il confine del loro mondo.
Davanti a loro il nulla, dietro di loro morti viventi.
"Siete stati coraggiosi, vi ringrazio." Thomas scandì ogni parola e l'ultimo suo pensiero prima di dire addio alla sua vita da mortale fu sua madre che, affamata e irriconoscibile, si avvicinava per uccidere suo figlio.
Chiuse gli occhi.
*
UFFICI DELLA W.IC.K.E.D.

"Non sarebbero dovuti entrare in quel supermercato. Stiamo correndo un grande rischio." la radiolina che Ava stava utilizzando era fin troppo vecchia per poter funzionare.
"Il PROGETTO B sta prendendo forma e preso sarà possibile una maggiore sicurezza, per adesso si limiti a fare quanto detto."
Dall'altra parte della cornetta i suoni erano spezzati e poco comprensibili, eppure la voce di quell'uomo spaventoso era comunque inquietante.
Ava si limitò a sospirare e a chiudere quella conversazione. 
Dal piccolo computer fissò lo scenario di morte che i suoi concittadini stavano passando e si sentì mancare. Il lavoro di una vita stava per essere un completo fallimento e, soprattutto, tantissime persone ne erano rimaste coinvolte.
La WICKED era veramente diventata malvagia.

*

Il silenzio tornò a vagare tra quelle strade.
Thomas aprì gli occhi e quella strana sabbiolina bianca torno a coprirgli la vista.
Altri rumori assordanti gli riempirono le orecchie, ma questa volta sembrava riconoscerli.
Non capiva perchè ma si ritrovò davanti un'elicottero e una folla di persone che ne usciva, uccidendo ogni morto vivente che gli capitava a tiro.
Thomas non credeva ai suoi occhi e si chiese se anche questa mossa fosse stata prevista dall'associazione.
Una cosa l'aveva capita: era salvo, almeno per ora.
Il gruppo di martiri finì di porre fine alla vita di quei mostri e si avvicinò al pendio dove ancora si trovavano. Avevano un'espressione meno spaventata di quella che avevano loro arrivati in quella landa desolata, era come se fossero stati avvertiti in precedenza.
Un ragazzo, che sembrava essere il capo gruppo, si fece strada fra i compagni e tirò fuori la sciabola contro i sopravvissuti, come per minacciarli.
"Non siete capaci di salvarvi da soli? Come avete fatto ad arrivare fin qui?" i compagni risero e il ragazzo si avvicinò di più chiedendo chi fosse il capo.
Thomas fu spinto in centro alla scena dalla mano di Teresa. Quella ragazza sarebbe stata la sua morte.
Da questa vicinanza potè notare le caratteristiche di quel ragazzo sconosciuto: aveva i capelli biondi e scompligliati, sfoggiava un sorriso smagliante e meschino, era alto ma magrolino. Thomas si chiese più volte se fosse abbastanza forte per essere davvero il capo.
Il biondino alzò il sopracciglio, incitandolo a parlare.
"Ehm...Si. Io sono Thomas, piacere" allungò la mano, incerto se fosse la mossa giusta da fare, ma poi vide che il ragazzo ricambiava la stretta e ricominciò a respirare.
"Io sono Newt. Sei tu il capo, quindi? E hai lasciato che i tuoi compagni morissero piuttosto di provare a salvarli?"
"No, noi eravamo senza speranze. Quelli ci venivano addosso" il respiro di Thomas tornò ad essere affannoso. Quel Newt doveva proprio non capire nulla.
Newt rise e scosse la testa, deluso o forse scioccato dalle parole del bruno.
"Noi saremo i vostri compagni, per così dire. Non è la prima volta che partecipiamo a questi stupidi giochetti senza senso. Dato il vostro poco allenamento, d'ora in avanti saremo noi a portare ordine." il gruppo annuiva, fiero del grande capo che avevano nominato e seguito.
"No!" Teresa si mise di fianco a Thomas, furibonda come mai l'avevano vista. "Non potete venire qua e darci ordini! Chi ti credi di essere?"
Newt rimase impassibile alla scenata e iniziò a guardarsi le unghie, che per lui dovevano essere molto più interessanti di quella ragazza isterica.
"Sentite non mi interessa se siete contro o con noi, vedetela così," alzò lo sguardò puntandolo su ognuno di loro quasi per trapassarli. "se starete con noi sopravvivere, altrimenti laggiù c'è un pendio." sorrise un ultima volta prima di dirigersi all'interno della città.
Sarebbero stati dei lunghi giorni.

*
Rimangono 2 minuti.

Fra tutti i posti dove l'elicottero avrebbe potuto parcheggiarsi, ovviamente l'assocciazione aveva scelto quello più lontano da loro, dove 2 minuti non sarebbero bastati neanche per respirare.
La situazione era tutta un subbuglio: da una parte c'era il gruppo di Newt che correva verso la salvezza portando tutte le provviste possibili, dall'altra c'era il gruppo di Thomas dove ognuno pensava a se stesso e a quante cose importanti avrebbe dovuto portare.
Lo ammetteva, il suo gruppo era un casino. Non c'era unione, non c'era un pensiero di salvezza, pensavano solo ai loro beni materiali. Gli unici con un po' di buon senso erano lui e Teresa, ma non poteva semplicemente lasciare lì i suoi compagni.
Rimane 1 minuto.
Non poteva farlo, eppure non vedeva altri modi per rimanere in vita.
Afferrò la mano di Teresa e iniziò a correre per la via della città, l'elicottero che sostava a infiniti chilometri di distanza.
Ormai sembrava impossibile raggiungerlo e mettersi in salvo e ogni volta che homas guardava dietrò di sè,  vedeva i suoi compagni ancora intenti a fissare i loro oggetti, come incantati.
Per quanto si sentisse egoista nel farlo, continuò a correre.

Rimangono 30 secondi

Ormai Newt stava già aiutando i suoi seguaci a salire sul grande mezzo, mentre Teresa e Thomas correvano il più veloce che potevano.
Non mancava così tanto, avrebbero potuto farcela.
Un passo, un altro, uno sguardo, un secondo.

Rimangono 20 secondi

Erano davvero vicini, ma allo stesso tempo troppo lontani.
Per Newt e gli altri ormai la vita era salva, per loro stava al tempo decidere.
Non importava quanto corressero, la distanza sembrava sempre aumentare.
Spesso il loro sguardo si erà incrociato per decidere se mollare o meno, ma ormai sarebbe stato uno spreco.
Tredici giorni, tredici giorni passati a litigare, a scappare, a sopravvivere, tredici giorni che non avrebbero mai dimenticato. 
Quella città era davvero quello che avevano immaginato all'inizio: una trappola mortale. Avevano trovato trappole di tutti i tipi ovunque e molte erano riusciti a disattivarle. Sarebbero potuti saltare in aria da un momento all'altro.

10 secondi.

"Forza Thomas! Non arrenderti!" il ragazzo pensò che Teresa non si fosse mai arresa nella vita, non riusciva mai a non porre fine a qualcosa. Era davvero orgogliosa, ma in un bel modo. Riusciva ad incitarti a fare qualsiasi cosa, tanta era la sua forza di volontà.
Allora Thomas correva, correva ancora più veloce, fino a sentire sempre di più quel rumore assordante.
9 secondi
Erano davanti al gigantesco elivelivolo e potevano vedere l'altro gruppo all'interno che si sistemava.
Thomas lasciò andare avanti Teresa che sembrava avere più forze di lui.
Si fermò un secondo, un secondo di troppo.

8 secondi.

"Thomas, Thomas muoviti!" Teresa era ormai salva all'interno del mezzo e urlava come una pazza alla vista dell'amico.
Thomas steso al suolo senza fiato, come morto. Peccato che il tempo stesse per scadere e non poteva prendersi il tempo per riposare.

7 secondi.

-Alzati Thomas, devi andare. Sei alla fine ormai. Perchè non ti alzi? Hai paura di non riuscire a sopportare un'altra missione? Hai paura di essere debole. Non lo sei. Mostra a tutti che non lo sei. Mostra a Newt che hai la stoffa del capo. Alzati.-

6 secondi.

I muscoli si muovevano lentamente ma con tutta la forza possibile.
Si avvicinò all'elivelivolo sempre di più, la mano di Teresa lo attendeva.

5 secondi.

Tese la mano per raggiungerla e si ricordò di dover ringraziarla per avergli salvato la vita per la innumerevole volta.
Fece per stringerla, quando la terra sotto i suoi piedi sparì. 
Una bomba.

4 secondi.

I motori vennero definitivamente accessi mentre Thomas cercava un appiglio a cui tenersi. 
Teresa si tirò indietro sapendo che questa volta non avrebbe potuto fare nulla per aiutarlo.
Gli appigli erano impossibili da trovare.

3 secondi.

L'aereo si stava alzando in volo e Thomas si trovò senza speranza.
Quando una mano lo strinse per il braccio.

2 secondi.

Newt. 
Newt che lo aveva detestato da subito. Newt che si riteneva migliore di lui.
Newt che lo stava salvando dalla morte.
Newt che lo tirò su e lo fece entrare nell'aereo.

1 secondo.
Fine.

Le porte si chiusero.
Ce l'aveva fatta, di nuovo. Tutto grazie a Newt. 
Le loro mani erano ancora intrecciate e Newt staccò quel contatto facendo solo un cenno per evitare ringraziamenti.
Dopotutto, aveva imparato a conoscerlo, non si sarebbe mai fatto ringraziare.
Per adesso, l'unico problema che si poneva Thomas era di scoprire dove li avessero portati.
E questa volta era meno sicuro se sarebbe ancora sopravvissuto.
*
LUOGO SCONOSCIUTO.

"Si..Si.. Si, l'abbiamo inviato.. Si, è consapevole dei rischi... Ok, teniamoci in contatto." l'uomo chiuse la chiamata con faccia disgustata. Toccava sempre a lui fare i lavori sporchi per quelli della WICKED. 
Mentre Ava se ne stava al sicuro, lui era in quel buco di fogna a tenere tutto sotto controllo e fare in modo che Il Maggiore non morisse o si ferisse in qualche modo.
"Bene, bene. Prossima fermata: il bosco" un grande sorriso gli si stampò in faccia, alla fine quel lavoro lo faceva divertire.






N.A: note dell'autrice:
Salvee pivelli,
non mi scuserò mai abbastanza per questo ritardo colossale, ma è stato un brutto periodo e ho avuto pochissimo tempo.
Per quelli che seguono la storia, mando un enorme abbraccio se ancora vorrete proseguirla.
Ringrazio tutti.
Alla prossima che non so quando sarà.
Baci,

Dalia.

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