Endless Dark

di DarkYuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


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Capitolo 1. 








 
Fuori le gocce di pioggia avevano preso a ticchettare cadenzate sull’asfalto sdrucciolevole, non appena avevo messo piede fuori dal ristorante, andando sempre più aumentando, fino ad esplodere in un tipico acquazzone invernale.
 
 
Ma non era inverno e l’estate, la più fredda degli ultimi cent’anni, era quasi giunta al termine: cinque giorni all’equinozio d’autunno. Non feci molto caso ai nuvoloni minacciosi che si erano addensati nel manto oscuro, poiché non era accaduto altro negli ultimi mesi. Solo in un secondo momento, lo interpretai come uno sventurato segno del destino.
 
 
Stavo attenta a dove mettevo i piedi, nel percorrere la via polverosa nel sottosuolo di Manhattan, adiacente alla linea della metropolitana. Vi erano poche luci che rischiaravano il percorso dissestato e la pavimentazione rovinata.
L’odore stantio di putrido, bagnato e spazzatura, era un fetore difficile da sopportare, tranne per chi era abituato, come me. Tenevo tra le mani la busta colma di viveri e bevande, comprate nel pomeriggio, durante la pausa, e saltellavo tra un sasso e l’altro, evitando piccole buche o sudiciume ammassato. Canticchiavo nel silenzio del sotterraneo, spezzato solamente dal fischio delle metropolitane sulle rotaie, che passavano ad una velocità tale, da farmi perdere l’equilibrio e scompigliare i lunghi capelli neri.
 
 
Svoltai l’angolo e percorsi il breve corridoio freddo, bagnato e ricoperto da ciottoli rotti, fino a quando un rumore familiare mi impose di smettere di cantare.
 
 
L’eco di una spada che trafiggeva, affondava e tagliava l’aria, rimbombava minaccioso e cupo sulle pareti umide e un sorriso nacque spontaneo sulla bocca. Affrettai il passo, per assistere ad uno spettacolo che amavo in modo viscerale.
La sera, una volta uscita dal turno di lavoro, cercavo di arrivare in tempo e spesso, come stavolta, ero fortunata.
 
 
L’ombra nella pozzanghera dinanzi a me, lo anticipava, faticando a replicare le esatte azioni mortali ed inesorabili. Nella mente un miliardo di immagini, scaturite dai residui dei miei ricordi, agglomerava un bisogno spasmodico di incontrare la ragione per cui, la maggior parte delle persone che conoscevo, mi consideravano strana e una ragazza da evitare.
 
 
Nuada era al centro del suo rifugio segreto, torreggiante e maestoso, proprio sotto il fascio di luce bianco che filtrava dal tombino sopra di esso e lambiva la lunga chioma platino, zuppa. Fu impossibile per me non restarne incantata, come la prima volta che lo incontrai.
Rivoli di pioggia fangosa, colavano di frequente dalle fenditure della strada e gli scivolavano addosso, tuttavia lui restava in silenzio, fermo in una calma apparente, concentrato sull’allenamento duro che eseguiva ogni giorno, come se solo in quel modo riuscisse a placare momentaneamente la rabbia che regnava sovrana nel cuore di tenebra.  
 
 
Mi dava le spalle, ma ero consapevole che avesse percepito il mio arrivo da qualche minuto, ma che non si sarebbe fermato per darmi un caloroso benvenuto.
Non era da Nuada avere simili cortesie, per nessuno, nemmeno per me. Il Principe degli Elfi che odiava gli umani… ed io ero solo una misera umana.
 
 
No, lui era un guerriero, dall’animo gelido, vissuto in un solitario esilio, bisognoso di vendetta e sangue e sapevo che presto o tardi, sarebbe giunto il terrificante momento in cui sarebbe risalito nel mondo, per distruggerlo. Le sue mani erano sporche di sangue e sarebbe stato presto di nuovo così.  
 
 
La pelle cerea della schiena nuda, era cosparsa di cicatrici di varie grandezze, reminiscenze indelebili di guerre combattute dalla lancia d’argento che teneva salda nella mano destra, pronta a stroncare altre vite, seminare distruzione e supplizio. Fece roteare lesto la picca, in una coreografia letale, piantando la lama con un movimento preciso e pericoloso.
Il tempo smise di scorrere e si inchinò al suo cospetto, mentre una danza mortale veniva eseguita dal Principe e il mio cuore tuonò affranto nel petto, battendo per un amore malsano che avrebbe portato solo sofferenza e rovina.
 
 
I muscoli sodi erano tesi, guizzanti, sotto la pelle bagnata e assecondavano gli ordini del crudele padrone, mentre dimostrava una bravura innata nell’uccidere chi si trovava sfortunatamente sul suo cammino.
Proseguiva così per ore, come se volesse spingersi verso il limite della follia e superare se stesso, per affermare una superiorità palese, che non aveva bisogno di rivendicare. L’ira guidava le azioni e non vi era altro che quel sentimento in lui… sentimento con cui si nutriva, abbeverava, respirava, toccava, sentiva e che aveva finito per avvelenare il suo sangue.
Viveva per finire ciò che non aveva compiuto l’ultima volta e non avrebbe trovato pace fino a quel momento. 
 
 
Restavo sempre attonita e senza fiato, dinanzi a quello spettacolo esiziale, cosciente che, anziché venerarlo nel suo folle delirio, avrei dovuto fermarlo con ogni mezzo a mia disposizione, a costo di morire nel tentativo.
 
 
La lancia turbinò ancora, prima di cessare il famelico ballo, ancora una volta a digiuno di vittime e Nuada si voltò deciso verso di me.
La spaventosa bellezza mi si riversò addosso, ghermendomi il cuore e squarciando un’anima già in brandelli dal rimorso di aver voltato le spalle alla mia razza, per prendermi cura di un essere assetato di sangue umano.
 
 
La quiete dopo l’agghiacciante tempesta, venne troncata dal transitare di una metropolitana e i neon illuminarono le iridi gialle del Principe. Le pupille nere erano dilatate e mi fissavano rigide. L’adrenalina fluiva nel corpo nerboruto e solo un leggero affanno gli espandeva e riduceva la gabbia toracica.
 
 
Sorrisi, mio malgrado, anche se non avrei ricevuto alcuna gentilezza in cambio.
<< Ti ho portato da mangiare. >>, esordii, con la gola secca, per tirarmi fuori dall’impaccio di idolatrarlo come un Dio tra i mortali e nascondere l’espressione rapita dipinta sul viso. Ero così innamorata, che mi odiavo per essere arrivata al punto di non poter aspettare nemmeno il trascorrere di un abituale giorno, per poterlo vedere.
 
 
Avevo superato il confine del non ritorno, nel momento in cui mi ero accorta che la normalità era un vestito che calzava stretto e la straziante smania di lasciare ciò che mi legava agli umani, per vivere in una realtà che non mi apparteneva, era divenuto un pensiero costante. Giudicavo i mortali con asprezza e ragionavo come se non appartenessi più a loro, anche se, fondamentalmente, restavo umana e ne ero penalizzata. 
 
 
Avanzai fino al vecchio ripiano sporco, scavato nella pietra del muro e appoggiai la busta accanto al fuoco accesso e crepitante. Spostai da una parte le catene arrugginite per far posto alle uniche cose colorate all’interno del rifugio e provai a dare una formazione ordinata al cibo inscatolato.  
 
 
Non aveva parlato e fu come se non esistesse, ma sapevo che era in grado di muoversi furtivamente, così feci finta di nulla e proseguii nelle quotidiani e ripetitive azioni, che compivo una volta giunta nel nascondiglio.
Cercai le pentole trasferite in precedenza e quell’innaturale quiete, creò un pesante imbarazzo, che mi obbligò a cercarlo, per poi pentirmi di averlo fatto.
 
 
I bagliori provenienti dalla superficie, sfioravano il corpo massiccio e appetibile, ora completamente nudo, che asciugava via il sudore e le gocce di pioggia, con uno degli asciugamani portati da me.
Provai con tutte le mie deboli forze a distogliere lo sguardo, per evitarmi una prematura morte per infarto, tuttavia gli occhi restavano cuciti su di lui, assaporando ogni piega, cicatrice, rotondità e perfezione, che si presentava alla mia vista impreparata, privo di alcuna vergogna.
Anelai impetuosa di poter essere la pioggia che viveva su di lui o la stoffa spugnosa dell’asciugamano che tamponava su di sé. Qualsiasi cosa, purché avessi la medesima opportunità di godere di quel contatto così intimo.
 
 
Divoravo con gli occhi ogni centimetro di quel fisico splendido, vigoroso, dalle spalle larghe, i bicipiti gonfi, i fianchi stretti e le gambe possenti. Dimenticai perfino il mio nome, dove mi trovavo e che giorno fosse.
Per quanto ricordassi, quella era la prima volta che si denudava in mia presenza, episodio mai accaduto in precedenza e alquanto bizzarro e, mentre rimuginavo su ciò, per sbaglio colpii il vetro di una delle ampolle dei suoi esperimenti. Quella tintinnò e mi portò allo scoperto.
 
 
Abbassai prontamente le palpebre sulle mani tremanti, giusto pochi secondi prima che si accorgesse che lo stessi osservando avida, eppure fui sicura che Nuada sapesse. Lo immaginavo quasi sorridere, cosa più impossibile che rara.  
 
 
In realtà era difficile nascondergli qualcosa, dotato di quell’odioso potere di riuscire a leggere chiunque toccasse, per questo aspettavo di sentire le forti mani sulle mie spalle, come faceva di solito, per rendersi conto di che tipo di pensieri impuri affollassero la mente di una stupida ragazzina. In alcun modo riuscivo a zittire la fantasia loquace, che proponeva scene fin troppo vivide e sconvolgenti.  
Nonostante detestassi quella capacità, era proprio grazie ad essa, che Nuada mi aveva risparmiato la vita e mi aveva concesso l’opportunità di occuparmi di lui fin da quando ero bambina: un portale verso l’esterno.
 
 
<< Ti sento turbata, Sonia. >>, sussurrò la voce calda, bassa, modulata,  prettamente maschile, ma più vicina di ciò che aspettassi.
 
 
Alzai il capo, fissando le crepe gocciolanti davanti a me e perfino il sangue bollente reagì a quell’aspettativa di avvertire il suo calore, mischiarsi con quello della mia pelle. Era un desiderio lancinante e doloroso, che aveva bisogno di trovare sollievo.
Il respiro si spezzò in gola e lo percepii attorno a me, come se ogni oggetto, muro e ciottolo che componeva il rifugio, fosse impregnato della sua essenza di fuoco.
 
 
<< Sono solo stanca: è stata una lunga giornata. >>, mentii spudoratamente, sicura di essere già stata scoperta. 
Fallii miseramente per tre volte, nel tentativo di aprire la lattina di zuppa da riscaldare e maledii muta il tremore eccessivo delle mani.
Sbuffai sonora, cercando disperata di scaricare quella tensione che mi scorreva elettrica nelle vene e ritrovare un briciolo di lucidità.
 
 
D’improvviso le braccia del Principe si avvolsero attorno a me e il petto accogliente aderì perfetto alla mia schiena, stabilendo una vicinanza conturbante e a cui non ero preparata.  
Le dita cercarono le mie e i polpastrelli sostarono su di esse, accarezzandole lentamente. Il respiro tiepido sfiorava il mio collo sensibile e un miliardo di brividi esplosero dentro di me.
Ora era a conoscenza dei pensieri torbidi.  
 
 
<< Che cos… >>, iniziai a domandare, ma lui parlò e lasciai cadere la frase, rispettando la posizione nobiliare che ricopriva.  
 
 
<< Ho sempre dubitato degli umani… sempre. Così avidi, subdoli e crudeli…. poi sei arrivata tu. Uguale nell’aspetto, ma diversa nell’anima. Non sei come loro e non sei come noi: hai il meglio di entrambe le specie, ma sei sospesa tra due razze. Un raggio di luce nell’oscurità… il mio raggio di luce, in quest’oblio perpetuo. >>, calcò la parola “mio”, come se il nostro rapporto fosse mutato d’un tratto e si fosse evoluto, nella maniera che avevo sempre sperato.
 
 
Non potevo frenarmi dal fantasticare la bocca corvina che si premeva sulla mia, così come la sua voglia, placata dal mio corpo.
 
 
Nuada mi obbligò a poggiare il barattolo, per poi spingermi a voltarmi e lui era lì, le iridi gialle che miravano dritte dentro di me e uno sguardo dolce, quasi amorevole - che non gli avevo mai visto-, ammorbidire i tratti rigidi. Il corpo nudo premeva sul mio, vestito invece da diversi strati di indumenti umidi e rabbrividii involontariamente.
Il cuore pompava così lesto il sangue, che la testa prese a girarmi come una trottola e tutto il rifugio sotterraneo anche. Il rumore assordante della metropolitana che stava transitando, deflagrò nelle orecchie e le fecero fischiare forte. 
 
 
Giocherellò con una ciocca dei mie capelli corvini, sul punto di parlare ancora e la bocca socchiusa, venne umettata dalla lingua. Mi persi in quel semplice ed erotico gesto spontaneo, dicendo addio alla lucidità razionale.
<< Non hai paura di me? >>, chiese semplicemente,  ben informato delle mie riflessioni. Ripeté la prima frase, pronunciata da lui stesso, il mattino che ci conoscemmo.
 
 
Finché eravamo accostati in quella maniera intima, avrebbe letto qualsiasi cosa la mia mente scrivesse. Questa volta la domanda era erotta proprio da quelle fantasie carnali, che si specchiavano nelle iridi iridescenti e non dalla sorpresa provata da un mostro, stupito da un’umana che gli si avvicinava come se nulla fosse. 
 
 
<< Tu hai paura di me? >>, replicai a mia volta, ripetendo il copione del passato. Tenevo il mento alto ed incontrai gli occhi grandi e tristi… una tristezza che gli avevo scorto spesso in questi anni e che avrei voluto guarire con il mio amore sconsiderato. La voragine scavata nel petto era impossibile da richiudere, ma sarei stata felicissima, se mi avesse permesso di provarci.
 
 
L’espressione si intenerì.
<< Non hai l’abilità di uccidermi, mentre io sì… perché questi incoscienti desideri lussuriosi per me? Riesco ad udirli anche in lontananza. Sono un guerriero che semina morte e distruzione, tra la tua gente… sei perfino consapevole dei miei piani e nonostante questo, hai sempre provato… >>, indugiò qualche secondo, cercando l’esatta parola da usare, <<… affetto… per me. Sin dall’inizio. Neppure a quel tempo, provavi paura, ma solo curiosità per qualcuno che era diverso, ma così affine. >>.
 
 
“Affetto.”, lo aveva classificato lui, “amore.”, l’avrei chiamato io.
 
 
Azzardai a sfiorare il volto pallido, la cui luce ombreggiava le pieghe e donava uno colorito inquietante, sottolineando la crudeltà di quegli occhi, impossibili da non fissare.
Lo amavo, era solo quello che importava, la mia verità e la mia vita, non contava chi fosse o cosa volesse fare. Era davvero come decantavano i grandi filosofi della storia: l’amore era cieco e anche molto strano. Era in grado di indurti a compiere azioni imperdonabili e ad aiutare qualcuno che doveva essere ucciso.
 
 
<< Vedo cosa c’è oltre. Oltre il dolore, la rabbia e la vendetta. Vedo cosa c’è qui, Nuada. >>. Gravai il palmo della mano sul pettoruto torace, lì dove sotto gli strati di pelle, ossa e muscoli, vi era un cuore vivo e pulsante, con dei buoni sentimenti ed intenzioni. Ne ero sicura.
 
 
Bloccò il polso con una presa ferrea, ma non tanto da procurarmi dolore. Non era mai arrivato a farmi del male, anzi, spesso mi aveva tutelata, mentre andavo al Mercato dei Troll, dove un essere umano non era ben accetto.
Anche Mr. Wink, l’unico amico di Nuada in questo esilio, oltre me, mi aveva offerto protezione, a dispetto dell’aspetto mostruoso e pericoloso.
 
 
<< Non c’è niente lì. >>, commentò aspro e tornò a ripararsi prudente dentro la prigione di spietatezza e solitudine, dove trascorreva la maggior parte del tempo.
Voltò il viso da un lato e s’irrigidì.
 
 
Lo amavo anche quando si ostinava ad interpretare quella parte, da cattivo senza redenzione.
<< Nemmeno per me? >>. L’avevo solo pensato e la bocca aveva fatto il resto. Mi chiedevo dove stessi prendendo tutta questa audacia.
 
 
Uno scatto della testa e mi divorò con quelle iridi intense, profonde ed ammalianti, come se gli avessi appena dato una terribile notizia su se stesso. Il respiro gli sibilò in gola e con soverchiante delizia, un sorriso si aprì sulla bocca e ne restai estasiata, poiché credevo che mi avrebbe schiaffeggiata.
 
 
Stava sorridendo… per me.
 
 
<< Vorrei riuscire ad odiarti, come riesco con tutto il resto… eppure, per ogni sforzo, l’unica cosa che sono in grado di fare è provare lo stesso sentimento che ti pervade adesso. >>, rivelò e quasi le mie orecchie si rifiutarono di assimilare una simile confessione. Stavo ancora boccheggiando, quando Nuada si accostò agile, usufruendo dei riflessi da guerriero e premette le labbra scure sulle mie, alla ricerca di un bacio che avevo agognato da tutta una vita.
 
 
Sgranai le palpebre disorientata, frastornata ed emozionata, permettendo all’amore, a lungo frenato, di liberarsi dalle catene e di impossessarsi di me. Il cuore volteggiava frenetico all’interno della gabbia toracica e le farfalle nello stomaco, spiccarono un volo d’arcobaleno nella luce della notte.
 
 
Teneva i miei polsi fermi a mezz’aria, intanto che lo sentivo invadermi la bocca, con il suo sapore non umano, ma più dolce di qualsiasi altra cosa avessi assaporato. Un attimo dopo, le mani valenti e risolute, trovarono la stoffa degli indumenti e senza alcuno sforzo ne stracciarono il tessuto, come fossi vestita da carta velina, impaziente di togliere via l’unico ostacolo che mi teneva lontana da lui.
 
 
E tutto smise di esistere attorno a me, il frastuono provocato dall’ennesima metropolitana di passaggio, il transitare del traffico in strada, le gocce frenetiche che ticchettavano sui ciottoli, il passato colmo di orrori, il presente incerto e il futuro spaventoso, così come i pensieri negativi che mi assillavano ogni giorno.
L’unica cosa che volessi fare era vivere quel momento fino in fondo e portare nel cuore quel ricordo, poiché ogni attimo con Nuada, poteva essere l’ultimo.
Non ero pronta a dirgli addio, però era un destino inevitabile e presto sarei rimasta orfana della sua presenza. Non mi sarei ripresa mai più.
 
 
Il Principe si fermò d’improvviso e quasi mi intrappolò nella ragnatela degli occhi penetranti.
<< Sono qui adesso… >>, disse ansimando, così da spegnere il cicalare fastidioso delle mie preoccupazioni e ciò che feci fu amarlo con ogni fibra del mio essere, ed essere felice per quella notte.
 
 
Tornò a baciarmi e ricambiai, stavolta non impreparata, con più slancio, libera finalmente di poterlo toccare e stringere forte, così da avere il suo profumo addosso.
 
 
Mi issò sulle braccia possenti, tenendo fisso lo sguardo nel mio, fino al piccolo giaciglio dove riposava, e mi adagiò sui cuscini raffinati e la stola dorata, comprati dalla sottoscritta qualche settimana prima. Avevamo passeggiato insieme per il Mercato dei Troll e lui aveva accettato il regalo. Uno dei giorni in cui ero stata felice.
 
 
Nuada si sdraiò accanto a me e adesso il fascio di luce lo rendeva una creatura eterea, resa magicamente vera, da un fatale gioco del destino.
Accarezzò i miei capelli e i polpastrelli caldi percorsero il corpo sensibile, tracciando una mappa d’amore, sigillata dalla dolcezza delle sue labbra assettate.
Un gemito incontrollato echeggiò nel rifugio e adesso lui era su di me, ipnotizzandomi in un’istante privo di tempo, dove il mio Dio esisteva in lui e tutto ciò che avevo bisogno per vivere, era dinanzi la sottoscritta.
 
 
Intrecciammo le mani in una promessa eterna e trepidante attesi il momento in cui, una misera mortale ed un maestoso elfo, sarebbero divenuti una sola cosa, amandomi nella maniera che avevo anelato. Lo sentivo muoversi dentro di me, rapido, sicuro e inesorabile, proprio come quando si allenava e allo stesso modo riusciva ad essere maestoso, di una bellezza terribile, perfetto ai miei occhi, con i capelli ancora bagnati che finivano sul volto, adesso deformato dal piacere. I sospiri di godimento, staccarono via la spina del cervello.
 
 
Si spinse oltre, possedendomi in ogni maniera che la mia natura umana permetteva, facendomi sua per sempre e decretando per me l’inizio della fine. Fino a quando mi prendevo solo cura di lui, restavo bloccata nel piccolo spazio che mi aveva elargito, ma ora, dopo questo, non esisteva più un limite e ci fondemmo in un legame ultraterreno.
 
 
Più tardi, nel dormiveglia, protetta dalle coperte profumate, cercai il suo corpo nudo, così da sentirmi nuovamente completa e, mentre la lucidità fluiva in me, il tono di Nuada era tornato forte e aveva abbandonato la tenerezza che aveva usato qualche ora prima.
Non era solo e parlava piano, per non svegliarmi.
 
 
<< Mr. Wink, amico mio. >>, disse il Principe solidale e la voce calda era accompagnata dal respiro ansante di Mr. Wink. << Se qualcosa non dovesse andare come avevamo programmato, porta Sonia lontana da qui e tienila al sicuro da qualsiasi cosa. Non voglio che le mie azioni ricadano su di lei. >>.
 
 
Il grugnito di Mr. Wink fu la maniera di dargli la parola d’onore.
 
 
Nel terrificante silenzio della notte, dove l’unico rumore proveniva dal battere terrorizzato del mio cuore, capii che quel giorno tanto temuto era infine giunto: l’esilio del Principe Nuada, lancia d’argento, figlio di Re Balor, era terminato e adesso la sua rivalsa si sarebbe compiuta.   
  










Note: 
Ed eccomi qui in questa sezione, totalmente presa e rapita dal Principe Nuada. (Ho scartavetrato le ovaie a tutte le mie povere amiche, che mi sopportano e supportano xD vi amo ragazze!)  
Lo so, lo so, il film Hellboy The Golden Army è uscito nel 2008, ed io sono arrivata solo ora, ma tant'è, seguo sempre l'istinto e poi l'ho visto solamente prima di Natale, quindi mi sono fissata ora. 

So che avrei potuto fare di meglio, ma sono molto fuori fase ultimamente e quindi è uscita così questa ff. Chiedo venia!
Dico già da ora che non sarà lunghissima, che la trama è molto veloce e che tutto si svolgerà con una rapidità intensa. Spero solo che possa piacere a qualcuno. 

La storia è stata scritta, supponendo che, chiunque la leggesse avesse visto il film, quindi non mi sono soffermata molto sulle descrizioni o parti che sono palesi nel film. E' un "what if", che mi girava nella testa da qualche giorno, quindi ho stravolto un po' il copione, i tempi, le battute ed ovviamente il finale. Alcune scene sono rimaste uguali, ed ho provato a riportarle nel corso della trama. 

Il titolo della storia è dettato da una canzone (mi ispirano sempre) della mia band preferita: gli HIM. Il testo di questa canzone si abbina molto a questa storia e al Principe Nuada e Sonia. 

La copertina è stata realizzata da mio fratello, siccome io sono sempre negata! 

La storia può presentare errori ortografici, dato che preferisco non sottoporre le mie storie a nessuna Beta. 


Non accetto insulti, commenti idioti, critiche gratuite senza un vero motivo logico. Non verranno accettate nemmeno le critiche pesanti, con i "non ti offendere", sperando che io non mi offenda.Verranno segnalate al sito e poi cancellate. Se non vi piace, nessuno vi obbliga a leggere e soprattutto a commentare.

Aggiornerò lentamente, poiché, visto che sono pochi capitoli, preferisco non bruciarmeli tutti insieme. 

Ringrazio già da adesso chi commenterà o chi leggerà solamente. 


Un abbraccio.
DarkYuna.  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


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Capitolo 2. 






 
 
Il respiro caldo uscii dalla bocca come una piccola nuvoletta di vapore e si abbatté sul vetro freddo, accanto a me.  
Disegnai ghirigori immaginari sulla finestra opaca e fissai triste le gocce di pioggia che piangevano dal cielo e morivano sulla via bagnata.
I cinerei nuvoloni gonfi si raggrumavano alle pendici delle montagne di Manhattan e annunciavano che il temporale si sarebbe proteso per altre ore, se non giorni.
Strade colme di persone che sfidavano coraggiose il diluvio, correvano veloci e plasmavano un paesaggio inquieto, annoiato e distante da me.
 
 
Era un tempo da schifo e peggiorava la stanchezza accumulata nelle notti insonni, trascorse nel letto di Nuada, che aveva deciso di amarmi come un condannato a morte, pronto ad affrontare la sentenza capitale.
Conoscevo la ragione di quel comportamento, ma non riuscivo a sollevare la questione con lui, per timore di litigare e perdere tempo prezioso, che potevo impiegare in sua compagnia.
 
 
Dalle cuffiette, la mia band preferita, mi separava dal frastuono del mondo e mi strappava dalla tangibilità quotidiana: un piccolo toccasana, prima di tornare al nascondiglio.
La musica e le parole andavano a nutrire il dolore che si dibatteva al centro dell’anima, lì dove lo squarcio pulsava e sgorgava sangue come un rubinetto aperto.
Il cervello era perso altrove, nella bolla tetra ed opprimente dei pensieri, che lavorano ad una velocità impressionante, elaborando una moltitudine indefinita di riflessioni e mille piani diversi, che mai si sarebbero realizzati.
 
 
Cercavo una motivazione valida, per far desistere Nuada dalla folle impresa, che lo avrebbe probabilmente separato via da me per sempre. Perfino lui stesso, non confutava una percentuale di sconfitta, ma solo con Mr. Wink, credendomi addormentata, poiché non avrebbe avuto il coraggio di dirmi addio definitivamente e nemmeno io.
Non lo rivelava mai a parole, tuttavia provava amore per me, solo che non riusciva a dimostrarlo, non come lo facevo io… non come un normale essere umano. Le piccole attenzioni che mi serbava, erano la forma muta di quel che nutriva e a me bastava.
 
 
Sull’orlo di una crisi di nervi, tolsi via le cuffiette e mi distrassi, servendo ai tavoli e prendendo altre ordinazioni. Però la voce nella mente proseguiva il monologo scoraggiato, inventando e assemblando idee stupide e alienate, a cui Nuada non si sarebbe mai sottoposto.
 
 
Voleva vendetta e sangue, non amore e tranquillità.  Avrei potuto donargli solo i secondi, però lui ambiva ai primi.  
 
 
Adocchiai l’orologio nella sala dell’elegante ristorante in cui lavoravo da un paio di anni, subito dopo la morte di mio padre. La fine del turno si avvicinava, quando il palloncino dei miei lugubri pensieri di morte, fu scoppiato dalla voce sorpresa di Alexia, la cameriera che mi affiancava nel pomeriggio.
Il biondo platino dei capelli, mi ricordò quello di Nuada e mi ritrovai ancora una volta sospesa tra due mondi, che mi reclamavano a gran voce: da una parte la razza di appartenenza e dall’altra, lì dove il cuore esisteva e dove mi sentivo realmente me stessa.
 
 
Una decisione aspettava di essere presa. Non avrei potuto a lungo dividermi tra gli umani e colui che voleva distruggerli tutti.
 
 
Alexia era ferma sotto il televisore della cucina, colma di odori, colori e cibi diversi, cotti e pronti per essere serviti ai clienti; l’espressione scioccata era puntata sullo schermo luminoso e alzò il volume, tenendo una mano dinanzi la bocca.
 
 
<< Oh mio Dio! >>, mormorò attonita, agitata dalle immagini che si susseguivano veloci al telegiornale. << È terribile! >>.  
 
 
Al notiziario, i giornalisti stavano intervistando un torreggiante ammasso di muscoli rossi, che parlava ai microfoni come se nulla fosse, quasi felice che il mondo mortale fosse appena venuto a conoscenza che, oltre gli esseri umani, questa terra, era popolata da ben altre creature, che si nascondevano nel buio. Dietro di lui una ragazza umana e un essere di colore blu, somigliante ad un pesce con le gambe, cercavano di sottrarsi dalle luci della popolarità.
 
 
Mi sentii d’un tratto come se fossi stata appena scoperta io stessa, meno umana di quel che potessi apparire, ma uguale nell’aspetto. Nessuno all’interno della cucina mi stava osservando, concentrati invece a studiare il comunicato sconvolgente.
La diversità si dibatteva al mio interno: fuori rimanevo una persona qualunque.
Provai a capire cosa fosse realmente accaduto, se il mondo sotterraneo era in pericolo, allorché un particolare sconcertante richiamò la rimescolata attenzione.
 
 
Identificai istantaneamente i due scrigni rettangolari neri, con il sigillo d’oro che, degli uomini in divisa bruna, stavano caricando su un camion della spazzatura e al contempo il numero alto delle vittime mi diede un forte capogiro, costringendomi a trovare appoggio al tavolino in ferro, dove erano posti i piatti colmi di viveri.
Nuada le aveva comprate al Mercato dei Troll quella stessa mattina, insieme a me e a Mr. Wink. Non avevo chiesto il contenuto di quei bauli, perché la risposta mi sgomentava. Lo stridere sinistro, era bastato per non indagare maggiormente.
 
 
Qualsiasi cosa fosse, aveva ucciso quelle persone durante l’asta ed era accaduto per mano sua. Ma non avrei pianto per questo.
Lo sgomento mi inchiodò a terra, incapace di parlare, pensare o semplicemente respirare e non ero nemmeno in grado di eseguire il semplice comando del cervello, di strapparmi via il grembiule per correre da Nuada, al nascondiglio.
 
 
La bile tossica rimase bloccata in gola, nel terrore puro di scoprire il corpo senza vita del Principe, riportato da Mr. Wink nel rifugio, in attesa del mio arrivo. Mi sarei tolta la vita, quella stessa notte.  
Stava bene? Era ferito? Lo avevano ucciso? E poi cosa? Se era vivo, mi sarei arrabbiata? Avrei chiesto spiegazioni? Sarebbe stato un addio definitivo?
 
 
Mi ero già dichiarata pronta a spalleggiare un assassino, solo che pensarlo era un conto e la realtà era un boccone amaro, che non riuscivo a digerire.  
Non avrei dovuto neppure pormi quelle domande inutili. Era nella sua natura e non era mai stato un mistero il fatto che, era nato per uccidere e che avrei assistito a questo terribile evento.
Non potevo e non volevo fuggire via, per sottrarmi alla promessa fatta a me stessa, decisa a stargli accanto, qualsiasi cosa fosse accaduta o che avrebbe compiuto.
 
 
La decisione spettava a me.
O restare tra la mia gente o lasciare ogni cosa ed entrare in un altro mondo, sorda e cieca all’olocausto in corso.  
 
 
La scelta era già presa.
Scrutavo uno ad uno i volti delle persone che avevano condiviso con me anni, risate, chiacchiere e problemi, immaginandoli morti, per volere di Nuada e la morsa attorno al cuore, ben presto si allentò, così come lo sconcerto di sapere chi era il responsabile del massacro di quei poveri innocenti.
 
 
Non mi importava di nessuno, se non di lui.
Perfino la mia salvezza contava zero e mi sarei sacrificata per salvarlo, da qualsiasi pericolo, che lo reclamava.
Si poteva amare sino a tal punto?
Si poteva amare un mostro?
Ero disposta ad assisterlo in questo squilibrio di sterminio, aiutandolo per giunta a camminare su una strada lastricata di cadaveri?
Sarei stata altrettanto colpevole e responsabile, nel sapere e nel non fare nulla per far cessare questo abominio.
 
 
Espirai e con il fiato, dalla bocca, uscì del tutto la ragione, così come il concetto di cosa fosse sbagliato o meno: Nuada viveva, gli altri morivano, la terra tornava sotto il suo dominio e io restavo con lui, fino a quando la mia natura mortale me l’avrebbe permesso.
Questo importava e mi sarei battuta per far sì che il piano riuscisse e lui fosse finalmente felice.
 
 
Sciolsi adagio il nodo del grembiule bianco, per non attirare l’interesse ed approfittai della confusione del telegiornale. Sgattaiolai via dalla porta di servizio.
Non sarei più tornata, quindi non mi sarei dovuta preoccupare di inventare una patetica scusa, volta a giustificare quel comportamento furtivo, ed evitare di perdere il posto di lavoro… il mio posto adesso, era al fianco del Principe Nuada.
 
 
Corsi sotto la pioggia battente, abbandonando tutto ciò che per me era umano e imboccando un percorso tenebroso, costellato di lacrime, sangue e irta di pericoli mortali.
Completamente zuppa, tremante ed esausta, scesi nel sotterraneo di Manhattan e continuai a filare lesta, i muscoli bruciavano e imploravano pietà, l’ossigeno nei polmoni sfregava e il freddo pungeva, ma non mi sarei fermata, almeno fino a quando non avrei raggiunto il nascondiglio per constatare che Nuada fosse vivo e non ferito gravemente.
Pregavo qualsiasi divinità in ascolto, che me lo lasciasse per sempre e che non potessi mai vederlo morire.
 
 
L’attacco di panico venne meno, non appena irruppi a perdifiato nel rifugio e la figura alta, longilinea, possente, abbigliata di nero ed integra del Principe degli Elfi, prese forma nel mio campo visivo. Ruppi ogni indugio e timore e mentre lui si voltava, stupito del mio inatteso arrivo in anticipo, mi gettai tra le sue braccia accoglienti e scoppiai in un pianto frenetico.
 
 
Ora ero a casa.
 
 
Era vivo e benché lo stessi stringendo con tutta la forza a mia disposizione, la paura che gli fosse accaduto qualcosa di brutto era stata così alta, da non permettermi di credere alla tangibilità.
 
 
<< Sonia. >>, sussurrò, meravigliato da quella condotta singolare, accarezzandomi i capelli e venendo a conoscenza delle angosce, che mi avevano spinta ad affrontare il diluvio. << Non dubitare mai delle mie capacità: sono più che in salute. >>.
 
 
Tirai più volte su con il naso, singhiozzando forte, incapace di fare altro, se non aggrapparmi a Nuada e constatare se stesse dicendo la verità o volesse solo calmarmi, con bugie.
 
 
Intrappolò il mio mento tra il pollice e l’indice e m’indusse ad alzare il viso, per incontrare gli occhi splendenti, sorridendo deliziato per quella preoccupazione esagitata, nei suoi confronti.
<< Non potrei mai mentirti. >>, affermò tenero e sfiorò la mia bocca gemente, in un bacio leggero, volto solo a restituirmi la calma che avevo smarrito. Un tocco delicato, che servì solo a farmene desiderare di più, come un’eroinomane con la droga più nociva. 
 
 
<< Non lasciarmi mai sola. Ti prego. Sei l’ultima persona che mi rimane. Dopo di te, ho perso tutte le persone che amo. >>, farfugliai affranta, asciugando le lacrime e provando a darmi un contegno.
 
 
L’espressione di Nuada cambiò brusca e la sgradevole sensazione che stesse per darmi una brutta notizia, mi ammutolii.
<< Stanotte resterai qui. I Bogart ti terranno compagnia. Ho bisogno di scambiare parole con mio padre e voglio che tu stia nell’unico luogo, che reputo sicuro. >>. Mi diede le spalle e proseguì a prepararsi per l’importante evento, come stava facendo, prima che lo interrompessi.
 
 
Un paio di piccoli Bogart erano seduti accanto al fuoco e si litigavano una lattina vuota di Coca Cola, stridendo in una lingua che non padroneggiavo. 
 
 
Questa era la prova: l’esilio di Nuada era terminato.
 
 
Aveva appena rotto un’antica tregua tra gli elfi e gli umani, uccidendo delle persone. E se stava tornando tra i suoi simili, di certo Re Balor, non gli avrebbe mai perdonato questo disumano peccato, men che meno l’assurdo intento di voler riprendersi la terra, che gli spettava di diritto.
Nuada non avrebbe cambiato idea, così come suo padre.
Quello non era un semplice avvicendarsi di opinioni, solo spargimento di sangue e morte certa.
 
 
<< No! >>, sbottai e la voce raggiunse picchi isterici altissimi. Lui proseguiva imperterrito, indossò sul tronco superiore una lorica corvina, per poi stringere il nodo della cinta in tessuto rosso, proprio sotto lo stemma reale dorato. << Non ti lascerò andare da solo. >>.
 
 
La spada d’argento prillò scattante e rapida tra le mani leggiadre, per poi essere ancorata nel fodero al fianco sinistro.
<< Non sarò solo. >>, commentò asciutto. << Mr. Wink mi accompagnerà. È un buon combattente. >>. Lo sforzo di quietarmi, fallì penosamente. Non volevo sentire ragioni.
 
 
<< Puoi portarti anche un carro armato e i bazooka dietro, non m’importa: io verrò con te! >>, ripresi ostinata.
 
 
Nuada smise di muoversi, fermo ed immobile nella durezza della postura elegante. Il vestiario scelto rendeva la figura snella, agile e raffinata. 
<< Vado da mio padre a dichiarare guerra agli umani e porto con me un’umana? Non sono molto credibile, non trovi? >>. Finalmente affrontò la mia cocciutaggine, restando però con un’espressione lieta, serena e divertita da tanta caparbietà.
 
 
Riuscì a zittirmi con il semplice raziocinio delle parole veritiere, ma non potevo cedere e non l’avrei fatto. Questa battaglia dovevo vincerla io a qualsiasi costo.  
Inarcai le sopracciglia e raddrizzai le spalle.
 
 
<< Puoi uccidermi davanti a loro, per far capire che fai sul serio… ma non andrai senza di me. >>.
 
 
Una cascata di emozioni si riversarono sul volto cereo, intanto che assimilava il significato tetro della frase.
Stupore. Incredulità. Irritazione. Mestizia.
E cosa anche?
Amore?
Forse, ma non ne ero certa e sarebbe stata una magnifica menzogna in cui credere. M’illusi che fosse spinto anche da quella ragione, per volermi lontana dal rischio, d’altronde aveva chiesto espressamente a Mr. Wink di portarmi in salvo, in caso qualcosa fosse andato storto.
 
 
Da sotto la lorica estrasse un pugnale, dall’elsa intarsiata di ricami dorati e adagiandola su entrambi i palmi, me la porse con un inchino del capo, nemmeno fossi una creatura a cui portava uno sconfinato rispetto.
 
 
<< Qualsiasi cosa accada… >>, iniziò a dire, alzando lo sguardo autorevole fino a me, << … voglio che tu usi quest’arma per difenderti da chiunque provi ad attaccarti. So che non hai mai combattuto e ucciso, ma tu sei più importante di chiunque altro su questo mondo. Anche più di mio padre e mia sorella Nuala… hai trascorso con me la solitudine del mio esilio. Se dovessi cadere in battaglia… >>.
 
 
Feci per contraddirlo, ma lui poggiò due dita sulla mia bocca, per far cessare la protesta.
 
 
<< Voglio che tu fugga via con Mr. Wink. Lui saprà dove portarti e tenerti al sicuro. >>.
 
 
Scossi la testa e me ne accorsi solo quando Nuada provò a farmi ragionare. Nella mente, immagini cruente, vedevano il Principe trafitto da una spada e crollare su stesso, spirando poi in un lago di sangue.
Il cuore si spezzò nell’istante preciso, in cui la lama lo trapassava da una parte all’altra e fui sul punto di scoppiare di nuovo a piangere.  
 
 
<< Mai! >>, urlai e la voce risuonò nel rifugio, come un boato, soffocata poi dal fragore della metropolitana alle mie spalle.
 
 
Era tutto sbagliato e Nuada lo sapeva perfettamente.
Io.
Lui.
Noi.
Questa guerra.
Il proposito di reclamare la terra.
Il voler sterminare la razza umana.
 
 
Vi era molto più da perdere, che da guadagnare. Il prezzo era alto e, almeno io, non ero in grado di pagarlo, dato che, se lui fosse morto, con lui avrei smesso di vivere anche io.
Non ero in grado di tutelarlo e non riuscivo a pensarlo da solo, davanti ad una consistente milizia, che volevano fermalo a tutti i costi.
 
 
Scrollò impercettibile il capo, afferrandomi per le spalle, scuotermi energico e farmi comprendere bene i suoi ordini.
<< Devi! Devi lasciarmi andare e fuggire con Mr. Wink! Se cadrò, voglio essere sicuro che tu viva altrove. Giuralo sul tuo onore, Sonia. Giuralo! >>.
 
 
Respiravo a fatica, addolorata per quella promessa fasulla che stavo per pronunciare. L’amavo e non sarei mai scappata via, anzi, mi sarei aggrappata al corpo senza vita del Principe, fino a morire di dolore. Speravo che, almeno, Mr. Wink si sarebbe messo in salvo, così di questi anni, lui avrebbe conservato i ricordi per sempre nel cuore.
 
 
Nuada allacciò la mano alla mia, avvisato ora della menzogna, dell’insopportabile dispiacere che mi dava e le riflessioni desolanti che sfociavano dentro di me, come un mortale veleno.
 
 
<< Non mentirmi, Sonia. >>, pregò e il suono vellutato della voce morbida, fu come un balsamo sulle ferite dell’anima.
 
 
Presi il pugnale e lo infilai nella tasca interna del giaccone, preparata a difendere lui, più che la sottoscritta.
 
 
<< Non chiedermi di vivere senza il mio cuore, allora. Non me ne andrò senza di te. Mai! >>.
 
 
Una luce strana sfilò fulminea in quelle iridi zafferano e finalmente parve recepire quanto sconfinate fossero l’amore e la lealtà nei suoi confronti.
 
 
Sorrise tenero e tamburellò l’indice sul naso, adoperando un’indulgenza, mai sperimentata in precedenza.
 
 
<< Sei umana solo nell’aspetto fisico e per un fortuito scherzo del destino. Ma non appartieni neppure a questo mondo, mio essere celestiale… non vi è corruzione in te o avidità, solo luce che riesce a scaldare anche il mio gelo perpetuo. Mia impavida Principessa. >>.
 
 
“Mia impavida Principessa.”.
 
 
Sbattei le palpebre e non riuscii a credere alle mie orecchie.
Lo sgomento e il supplizio, vennero momentaneamente domati dall’incontenibile felicità, dettata dai termini che mi aveva regalato e per il modo in cui ora mi valutava.
Da un pezzo avevo smesso di indossare le vesti da essere umano e nel tempo, era divenuta simile a Nuada, più che un elfo stesso.
 
 
Sorrisi raggiante e lo baciai con trasporto.
Un bacio forte, infuocato, delicato, che reclamava tutto e niente, bisognoso di spingersi oltre e toccare vette inesplorate, fino a far girare la testa, come una potente droga, di cui diventare irrimediabilmente dipendenti.
 
 
Nuada era la cura e la malattia stessa, ed io avevo bisogno di entrambe, come l’aria per i polmoni.
 
 
I passi pesanti all’interno del piccolo tunnel, che anticipava il rifugio, spezzarono il momento idilliaco e nell’istante dopo, il Principe degli Elfi, era di nuovo spietato, crudele e pronto alla battaglia.
 
 
Mr. Wink apparve nel nascondiglio, grugnendo e ciondolando, goffo nel corpo alto e appesantito, con nessuna fattezza umana nell’aspetto fisico. Pronto a difendere Nuada e aiutarlo nella battaglia, amico fedele di mille avventure.   
 
 
Lui annuì deciso, segno che non vi era più tempo di indugiare e bisognava agire oramai.  
<< È ora di tornare a casa e verificare, quanto quella sia ancora casa mia e quanto, le persone che vi abitano, siano la mia famiglia. >>, disse il Principe deciso e risoluto, eppure, una nota amara nel tono, tradì il timore nascosto, che niente sarebbe stato come lo ricordava e che una funesta verità l’attendeva.  









 
Note: 
Eccomi qui con il secondo capitolo. 
Sono molto contenta che il primo vi sia piaciuto e spero anche questo. Mi ero dimenticata di dire che, anche se pubblico lentamente, la ff sarà pubblicata tutta e mai interrotta, perciò non vi preoccupate, che non la lascerò a metà! 

Ringrazio tutte le persone che mi hanno commentata e ai fantasmini che hanno solo letto in silenzio!

La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna.  



 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***



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Capitolo 3. 





 
Ferrovia East Side.
Mezzanotte in punto.
Il terzo starnuto decretò l’arrivo di un’imprevista influenza rovinosa, che non potevo assolutamente permettermi. Costrinsi me stessa a non ammalarmi in un momento davvero pessimo e cruciale, in cui sarei dovuta essere al massimo delle forze e non con un piede nella fossa, a causa della mia dannata natura mortale.
 
 
Mr. Wink tentava di ripararmi dalla pioggia scrosciante, usando l’imponente braccio metallico come ombrello improvvisato, nonostante lo sforzo, il vento colpiva la pelle, come una frusta e mi faceva rabbrividire visibilmente. Strinsi le mani attorno alle braccia e mostrai tenacia, anziché debolezza.
 
 
Il Principe Nuada sostava collerico dinanzi un grande manifesto pubblicitario azzurro, che riportava l’apertura di un centro commerciale la prossima estate. Stagione in cui, molto probabilmente, nessuno umano sarebbe vissuto abbastanza per completare la costruzione e divertirsi a fare spese.
Ruotò su se stesso, una mano già sulla spada, indotto alla lotta. Guardò prima me, dopo Mr. Wink e con un cenno del mento, ci esortò a seguirlo, fin dentro il vecchio fabbricato abbandonato, dalle grandi finestre rotte e una fioca luce arancione, che si disperdeva nella notte.   
 
 
Verificare quanto caduta in basso fosse la sua razza, lo mandava in bestia e quei lineamenti spigolosi, conditi da un silenzio spettrale, ne erano la prova.
 
 
All’interno, la costruzione era in pessime condizione, usata come discarica naturale, colma di spazzatura e oggetti in disuso, perlopiù arrugginiti dall’umidità. L’edera incolta era cresciuta tra le fenditure, trasformando quell’edificio in una foresta selvaggia.  
 
 
Un soffio di vento fece cigolare la scala a chiocciola fatiscente e Nuada mi spinse dietro la sua schiena, per ripararmi con il corpo, ed evitarmi incidenti pericolosi.
<< Fa’ attenzione. >>, ammonì, angustiato che mi facessi male. Non avrebbe voluto che lo seguissi e sul volto aleggiava il disappunto. Tra i tre, ero l’unica che correva un serio rischio.  
 
 
<< Scusa. >>, mormorai, rimanendo lì dove il Principe voleva che stessi: tra lui e Mr. Wink.
Ero alquanto scettica e incredula, che una popolazione antica e nobile come gli elfi, si fosse stabilita in un luogo del genere, che gettava disonore su una casata così remota e preziosa.   
 
 
<< Altezza reale! >>, strepitò d’un tratto una buffa voce gentile, proveniente dallo stanzone alla nostra sinistra.
 
 
La camerata era asettica e fredda, se non fosse stata per dei grossi tubi deteriorati che ancora reggevano, anche se non per molto. Sotto ad uno di essi, dalla forma di una Y rovesciata, vi era una bizzarra creatura, dall’aspetto divertente e abbigliata da lunghi drappeggi puliti e raffinati.
L’avrei trovato quasi dilettevole, se non fosse stato affiancato da ambo i lati da altre otto esseri, divisi in due squadre da quattro. Avevano una spaventosa testa da corvo nera e uno spadone enorme tra le mani, che studiai con orrore: guardie a protezione del luogo.
 
 
Nuada scese i gradini che lo portavano proprio al centro del frangente, così esposto e in repentaglio, sentii che fosse assolutamente sbagliato lasciarlo andare allo scoperto, in quella maniera così barbara. Ma quando feci per seguirlo, Mr. Wink bloccò il mio braccio, per obbligarmi a restare accanto a sé.  
Fui sul punto di protestare, nonostante ciò, abbandonai in fretta l’idea, per non creare inutili distrazioni.  
 
 
La creatura buffa parlò di nuovo, utilizzando la lingua degli elfi, che non conoscevo. L’unica parola che carpii, fu il nome del Principe.
A dispetto del corpo, la creatura buffa, disponeva di braccia lunghe e magrissime, così come le mani, composte da dita sottili, che muoveva costantemente come una normale funzione degli arti.
 
 
Si inchinò, per poi proseguire in inglese.
<< Prima di entrare nella camera del consiglio… dovete consegnare la vostra arma. >>, chiese gentilmente, indugiando sulle ultime parole.
 
 
<< Non lo farò. >>, fu la risposta secca e sgarbata di Nuada, ghermendo l’impugnatura della spada, minacciato da tale richiesta.
 
 
E, come se avessero avuto un ordine invisibile e insonoro, gli otto guardiani brandirono lo spadone a due mani, per uccidere il Principe al prossimo passo falso.
 
 
Sussultai agghiacciata per quella reazione fulminea,  afferrai il pugnale all’interno del giaccone, in una reazione naturale, al precipitare degli eventi. Non sarei stata molto utile e prevedevo di morire nell’arco di due secondi, ma almeno avrei avuto una fine onorevole, accanto all’uomo che amavo.
 
 
Il ruggito acuto di Mr. Wink, mi costrinse a rinunciare in fretta e furia all’idea, per tapparmi le orecchie.
Imploravo che potesse esserci un epilogo diverso e che tutti e tre, saremmo potuti tornare sani e salvi al rifugio.
 
 
<< Questo è il protocollo sire. Vale sia per i contadini, che per i principi. >>, affermò la creatura buffa, agitando le mani da E.T.
 
 
Lo stavo ancora studiando e solo all’ultimo, mi accorsi che Nuada aveva estratto, con una velocità impensabile, la spada d’argento e dopo due volteggi su se stesso, aveva poggiato la fredda lama sul collo inesistente della buffa creatura, parlando nella sua lingua, in quella che risuonò come una minaccia.
Gli otto guerrieri si avvicinarono a lui, come risultato spontaneo di quel grave gesto e l’atmosfera divenne così tesa, da poter essere tagliata con un coltello.  
 
 
Trattenni il fiato e Mr. Wink faticò a farmi restare ferma. La mano impugnava l’elsa del pugnale e, mentalmente, organizzai un piano, per permettere al Principe di guadagnare secondi preziosi e darsi alla fuga, anche a costo della mia vita.
Avrei fatto qualsiasi cosa, anche offrirmi come vittima sacrificale, purché non gli torcessero un capello.
 
 
Di nuovo la lingua elfica, ma i vocaboli indecifrabili, furono pronunciati da qualcuno che non avrei mai previsto.
 
 
Il Principe si irrigidì e la lama della sua spada scivolò via dalla creatura buffa, oramai fuori pericolo. Si voltò piano, nell’istante stesso in cui, dall’ombra dietro di noi, un elfo donna molto simile a Nuada, faceva il suo ingresso all’interno della camerata: sua sorella gemella, la Principessa Nuala.
Era avvolta in una frusciate veste lunga, con il rosso e il nero che si alternavano nell’abito sofisticato. Una grande cinta d’orata circondava la vita sottile, fin sotto il seno, rendendo così l’aggraziato fisico longilineo, ancor più elegante. Al centro di essa vi era un emblema che non avevo mai scorto e non era il sigillo reale.
Il viso aristocratico era reso bellissimo, per via di quella mestizia ricamata nei tratti perfetti e femminili.
Il suo arrivo mise fine alla disastro che stava per compiersi, sotto i miei occhi sgomenti.
 
 
Il Principe Nuada convertì la condotta spietata e assetata di sangue, fermando il proposito di uccidere la creatura buffa e porgendo la spada alla sorella, in segno di deferenza e sottomissione.
<< Per te, sorella… qualsiasi cosa. >>. Chinò il capo e fui stupita, che eseguisse gli ordini di qualcuno, che non fosse se stesso.
 
 
Il sollievo per la scampata fine atroce, venne obliato da quel legame potente e radicato, inconfutabilmente palese, tra Nuada e Nuala. Così palpabile e inconsueto, da procurarmi un feroce morso allo stomaco, a cui non seppi collegare una parola precisa, per spiegare l’affilato e nocivo fastidio, che causava.
Invidiai suddetta congiunzione così intensa tra di loro, poiché, mai nulla di simile, mi avrebbe legata a lui, nell’identica maniera totalitaria. Le erano bastati pochi vocaboli, per farsi ubbidire. Era solo sua sorella, ma con un potere che non potevo comprendere.
In fin dei conti, ero pur sempre un’umana, che seguitava a dimenticare la sua natura mortale.
 
 
 
La creatura buffa ci fece strada all’interno dell’edificio, con un’andatura bislacca, come se volasse, piuttosto che camminare.
 
 
Procedevo a testa curva, tra Nuada e Mr. Wink, che costituivano una protezione invisibile e taciturna, anche se nessuno parve accorgersi effettivamente della mia presenza.
La Principessa Nuala, accanto al fratello, camminava con un portamento nobile e leggiadro, quasi sembrasse una danza fatata e mentre scrutavo i bellissimi e lunghi capelli platino, le iridi grandi, gialle e curiose, caddero su di me, cogliendomi sul fatto. A poco servì distogliere immantinente l’attenzione, dato che aveva notato l’occhiata indiscreta e sfacciata.
La quiete che aleggiava sull’insolito gruppo, costituito da creature di razze completamente diverse, era un urlo raccapricciante su quanto precario fosse l’equilibrio del filo sopra cui procedevamo.  
 
 
<< Sire, vi prego. >>. La creatura buffa, si tirò da un lato, agitando le mani lunghe e con un inchino regale, si fermò, per fare spazio a noi.
 
 
Svoltammo nell’ultima sala del vecchio edificio in rovina e la visuale d’insieme, mi lasciò senza fiato.
Le tubature creavano come una fortezza attorno al popolo antico, nonostante ciò la decadenza era un particolare triste, che aleggiava tra le mura scheggiate.  
Non potei fare a meno di attardarmi a scrutare l’incantesimo delle foglie dorate che piovevano pigre e delicate sul suolo polveroso.
Elfi, erano disposti in file appena dopo l’entrata e le guardie-corvo sorvegliavano al cospetto di Re Balor, seduto su un trono al confine della camera.
L’anziano padre ieratico, non era come lo avevo inventato nella mente, molto dissimile dai suoi figli e sul capo, come accrescimento spontaneo della testa, aveva una corona irta di rami. Ricordava un vecchio druido della mitologia Irlandese.
 
 
Un lieve brusio si alzò, mentre il Principe faceva ufficialmente ritorno dall’esilio e sfilava sicuro tra la sua razza.
 
 
Mr. Wink ed io sostammo sull’uscio, lontani dall’accozzaglia, fedeli al piano di restare ai margini del coacervo. La Principessa Nuala mi era di fianco e di tanto in tanto incrociava i miei occhi, come se volesse chiedermi l’assurda motivazione che portava un essere umano ad affiancare un individuo che voleva decimarci tutti. I sentimenti di animosità verso di lei nacquero istintivamente e non mi assillai ad arrestarli.   
 
 
Nuada s’inchinò, in una riverenza ossequiosa al Re e disse una parola in elfico, in segno di rispetto per le origini, che tanto amava.
Re Balor rispose nello stesso idioma, ma il suo tono era contrariato, arrabbiato e angustiato, sicuramente deluso dall’atteggiamento riprovevole del figlio, a proposito degli umani.
 
 
Nuada tornò in piedi e l’urlo afflitto di suo padre, rimbombò all’interno dell’edificio.  
 
 
<< Per liberarci. >>, fu la sola replica del Principe, pronunciata come parere delle sue chiarissime intenzioni. << Tutti noi padre. >>.
 
 
Fu un susseguirsi di discorsi in elfico, da parte di Re Balor, ed opinioni in inglese di Nuada.
Per ogni diatriba sollevata dal padre, il figlio spiegava nella mia lingua, come se volesse mettere al corrente anche me, del nocciolo della questione.
 
 
<< Tregua basata sull’onta, padre. >>, perseverò, sconcertato che nessuno capisse le nobili intenzioni di voler ripulire questo mondo, da coloro che lo avevano deturpato.
 
 
E in quel momento fui sbalordita, dall’inquietante rivelazione che lui avesse ragione e che io condividevo il ragionamento appieno.  
 
 
<< Gli umani… gli umani hanno dimenticato gli Dei, distrutto la terra e per cosa? >>, incominciò, per poi rivolgersi alla sua adorata stirpe, che lo ascoltava in una rigorosa quiete. << Parcheggi, centri commerciali, l’avidità ha scavato un buco profondo nei loro cuori, che non verrà mai colmato abbastanza. >>. Poggiò una mano sul petto e si voltò nuovamente al Re.
 
 
Suo padre mormorò e gli occhi spenti si poggiarono su di me, ora al centro delle attenzioni di tutti. Desiderai nascondermi dietro la mole robusta di Mr. Wink, così da sottrarmi dalle domande e curiosità, ma restai immobile e rigida nella posizione, fiera di essere dalla parte del Principe, benché non fossi un elfo.
 
 
<< Lei non è umana. >>, fu l’esegesi del Principe. << È qualcosa che non ha annotazione o appartenenza ad alcuna razza conosciuta su questa terra. >>.
 
 
Fui estasiata e profondamente colpita che mi avesse presentata in quel modo, alla sua gente, a suo padre e alla sorella.
 
 
Nuada era bellissimo e potente come non mai, certo delle sue congetture, accalorato dalla disquisizione, soggetto all’ira di come ogni cosa fosse andata in malora attorno a sé, mentre era rilegato in esilio.
 
 
<< Onorare?!? >>, ripeté, con amaro scherno. << Guarda questo posto! Dove vedi l’onore? Padre, tu un tempo eri un superbo guerriero, da quanto sei diventato un loro burattino? >>.
 
 
Re Balor non aggiunse nulla a quella obiettività. Puntellò il gomito sul bracciolo del trono e lo sguardo si perse nel vuoto.
 
 
Il Principe si orientò di nuovo a coloro che aveva dietro di sé, per dare un annuncio ufficiale.
<< Sono tornato dall’esilio, per dichiarare guerra e reclamare la nostra terra per diritto di nascita. E per questo, chiederò l’aiuto di tutto il mio popolo, ed essi mi risponderanno. >>. Da sotto la lorica prese un gioiello d’oro a me estraneo. << I buoni… i cattivi… e i peggiori. >>, dichiarò, ora a suo padre, mostrando il monile.
 
 
Increspai le sopracciglia confusa, sforzandomi di capire cosa fosse, però non riuscii a seguire l’intera faccenda, a causa del mio handicap nel linguaggio.  
 
 
Come se avesse appena udito un’ignobile bestemmia, Re Balor coprì il sigillo d’oro sulla cintura di cuoio, nemmeno lo volesse proteggere dal figlio e sproloquiò veloce e scandalizzato.   
 
 
<< Forse lo sono, padre. >>, ammise Nuada e poi la tristezza svigorì la voce grintosa. << Forse mi ci hanno fatto diventare. >>.
 
 
La Principessa Nuala si frappose nel discorso, aumentando l’ostilità che alimentavo nei suoi confronti, poiché pareva essere contraria ai sogni del fratello.  
 
 
Lui increspò la fronte, incredulo a quel che aveva appena udito.
<< Questo no, non avverrà >>.
 
 
Il padre proseguì e una brutta sensazione si fece largo nello stomaco, agguantato da mille aghi affilati, che si infilzarono contemporaneamente.  
 
 
<< È questa… mi dispiace padre. >>.
 
 
Re Balor sospirò addolorato e dopo aver concluso il colloquio, le guardie-corvo scattarono in una formazione da combattimento, incrociando le spadone dinanzi al sovrano, per ucciderne il figlio.
 
 
Atterrita, ansimai sopraffatta, più che sicura che quello fosse l’ultimo giorno di vita di noi tre. Sguainai il misero pugnale, avanzando sicura e lo spintone di Mr. Wink mi catapultò violentemente sul terreno, ferendo la pelle, i palmi e i gomiti. Il contraccolpo svuotò i polmoni dall’ossigeno in maniera dolorosa e l’arma rotolò lontana da me.      
 
 
<< E tu sorella… >>, proseguì Nuada affranto, <<… sei favorevole al verdetto del Re? >>.
 
 
Conoscevo bene il destino che li offriva legati da una sorte di scherno, dove i gemelli di questa razza, erano uniti da un intreccio trascendente. Se il Principe periva, la Principessa aveva in serbo l’identica fine.
 
 
<< Lo sono, fratello. Lo sono. >>, confermò lei, finalmente in inglese, impavida dinanzi alla morte.   
 
 
Nuada socchiuse le palpebre, ferito profondamente dal tradimento del popolo a cui era legato. 
 
 
<< Sei impazzita! >>, eruppi scombussolata, destando l’interesse dei presenti e quando feci per alzarmi, una fitta alla schiena mi bloccò al suolo.
 
 
Nuala mi osservò rammaricata e la sofferenza per quella decisione non sua, le incupiva il viso femminile. Era obbligata dal volere del padre e dal raziocino della ragione.
Ciò che era giusto, andava preservato, cosa che non condividevo affatto.  
<< L’armata d’oro, non va svegliata. >>, farfugliò come per scusarsi, ma di qualsiasi cosa stesse blaterando, non valeva quanto la vita del fratello, disposta a sacrificare.
 
 
<< Vaffanculo tu e la tua armata del piffero! >>.
 
 
Lei non si sarebbe opposta.
Io sì.
E fino a quando avrei avuto fiato, avrei combattuto.
Rotolai d’istinto su un fianco, riuscendo a recuperare lo stiletto. Strisciai, non badando al dolore e a fatica tornai in piedi, sorreggendomi al muro.  
 
 
 
<< Molto bene, allora. >>, concluse il Principe, scrutando impavido il destino crudele a cui stava andando in contro, a volto scoperto. Era pronto a soccombere. << Morte sia. >>.
 
 
Scossi la testa, neppure fossi sotto shock, sussurrando dei “no” attoniti, mentre mi spingevo nella sua direzione, incline ad uccidere chiunque avrebbe provato a fargli del male.
 
 
Una guardia-corvo si avventò su Nuada, dando il via all’inevitabile spargimento di sangue. Lui riuscì a schivare l’affilato spadone a due mani, facendo poi quello per cui era nato: uccidere.
Un cenno del Principe e Mr. Wink entrò in scena, trucidando gli esseri in nero alle spalle dell’elfo.
La battaglia riprese.
Nuada era da solo contro le altre guardie-corvo e il mio ennesimo sforzo di entrare nello scontro fu demolito da Mr. Wink che mi arginò completamente tra le braccia ponderose.
Sua sorella mi squadrava incredula e turbata da tanto attaccamento verso Nuada. Tra le due, quella che ci teneva maggiormente, ero io.
 
 
<< Lasciami! >>, strillai furente a Mr. Wink, dibattendomi come un’ossessa, con scarsi risultati di successo. << Lasciami andare, maledizione! >>.
Ero solo un’umana. Una debole, patetica e fragile umana. Mai, come in questa situazione, l’inferiorità era manifesta.
Mi odiai ferocemente.
E non ci fu altro che morte, assordante fragore di spade, sangue dorato che schizzava e corpi privi di vita che stramazzavano al suolo. Il Principe era inesorabile contro tutti e vederlo all’opera per la prima volta, fu anche meglio che assistere agli allenamenti.
La bravura che sfoggiava, non poteva essere uguagliata da nessuno dei presenti e dopo tanto tribolare, una fiamma di speranza si accese dentro di me: poteva farcela.     
 
 
Il legame tra i due gemelli, fu rimarcato dopo che, il Principe fu colpito in viso da una guardia-corvo e un rivolo di plasma scivolò giù dal naso. Stessa sorte si ripeté sulla sorella traditrice.
 
 
Solo due custodi erano sopravvissuti a protezione del Re e il traumatizzante presentimento che Nuada arrivasse a sacrificare il padre, per vedere realizzata l’ambizione di esigere la terra, spense le mie proteste violente, per correre ad aiutarlo.
Si sarebbe spinto a tanto? Immolare colui che gli aveva dato la vita, per comandare un mondo, che non lo avrebbe mai ringraziato per tale perdita? Cos’altro era disposto ad immolare, per suddetto scopo?
Non riuscivo neppure a raffigurare la scena nella mente scossa e non vi fu nemmeno bisogno che lo facessi, poiché si palesò davanti ai miei occhi un’istante dopo.
 
 
Re Balor si alzò dal trono e le guardie si gettarono su Nuada, che le eluse abile, scivolando al suolo e trapassandole con delle spade, recuperate nel bel mezzo dello scontro.
A poco era servito consegnare l’arma, per entrare senza difesa nella camera del consiglio. Un guerriero poteva essere letale, anche con una pietra a disposizione.
Volteggiò su se stesso e con un balzo fluido trafisse il Re, che ricadde sul trono. Lo sguardo vitreo, decretò il trapasso.
 
 
Un silenzio sinistro calò repentino sulla sala, mentre Nuada scrutava la mano usata per uccidere il padre e con la stessa, accarezzava il volto del cadavere, trasformatosi in una statua di marmo.
Sussurrò poche parole incomprensibili, che non riuscii a sentire e con uno scatto, strappò via il gioiello, che la scultura -ora scheggiata- aveva in vita.
Accostò il monile recuperato a quello in suo possesso e come se fossero costituiti da vita propria, si unirono magicamente, realizzando la base per una corona.
 
 
<< E ora… ora il pezzo finale, sorella. >>, disse il Principe, voltandosi verso di noi.  
 
 
Il sorriso spontaneo che ammorbidì la mia bocca, dato il concludersi positivo della vicenda raccapricciante, si smorzò di fronte alla smorfia contrariata di Nuada.
Mr. Wink mi liberò finalmente, nel secondo stesso, in cui ci accorgemmo che la Principessa era fuggita, con l’ultimo pezzo della corona che serviva al fratello.
 
 
<< Dov’è Wink? >>, apostrofò rudemente quest’ultimo, marciando furioso. << Dov’è? Va’ a cercarla, presto! Trovala subito! >>.
 
 
Mr. Wink ruggì così forte, che il mio cuore tremò nella gabbia toracica; e si gettò a capofitto all’inseguimento di Nuala.
 
 
<< Stai bene? >>, domandai apprensiva, una volta rimasta sola con l’elfo.
 
 
Camminava a passo svelto, per uscire da quel fabbricato traboccante di dolore e indimenticabili ricordi.
Faticavo a stargli dietro.
Fui sul punto di chiederglielo di nuovo, ma fui avvolta dalle braccia forti dell’elfo, in una taciturna stretta, come se stesse traendo coraggio ed energia dalla sottoscritta.
Dopo un’eternità, mi disarmò dal pugnale e riuscì a sorridermi, nonostante i tremendi eventi che lo avevano segnato quella notte.
 
 
<< Piccola guerriera, senza paura. >>, commentò dolce. << Cosa credevi di fare, eh? Non ti sei resa conto, che avevo tutto sotto controllo? Deve ancora giungere a questo mondo, colui che può sconfiggermi. >>.  Le mani presero salde le mie e studiò i graffi sui palmi.
 
 
<< Non è niente. >>, minimizzai. Da piccola, avevo sempre qualche ferita simile, per via della mia natura curiosa.
 
 
<< Sarà meglio curarle e… ho bisogno di riposare… con te. Ho bisogno di te, stanotte. Ho bisogno della mia luce. >>. Le iridi gialle, maestre nell’inganno, non poterono imbrogliare me, che avevo trascorso quasi tutta la vita insieme a lui, per questo non aggiunsi altro alla richiesta implicita d’amore, di cui voleva saziarsi.  









Note:
E' passato tantissimo tempo dall'ultimo aggiornamento: chiedo umilmente venia! 

Prometto che non trascorrerà più così tanto tempo da un aggiornamento e l'altro, ma sono stata un po' impegnata e non ho avuto
un momento di respiro per aggiornare. 

Beh che dire, per chi ha visto il film, questa scena è ripresa da lì, con la sola aggiunta di Sonia, che tenta di proteggere colui che ama
a tutti i costi, ma che, in fin dei conti, è più forte di quanto crede. Spero di essere riuscita a replicare l'atmosfera del film e la scena davvero magnifica, che ho riguardato tipo 490 volte. In generale ho perso il conto della visione di Hellboy 2, che amo! 

 
Ringrazio tutte le persone che mi hanno commentata e ai fantasmini che hanno solo letto in silenzio!

La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna.  

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


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Capitolo 4. 







 
Il Mercato dei Troll era un’imponente città-mercato, nascosta sotto il Ponte di Brooklyn, dove creature di molteplici razze, si avventuravano per fare acquisti o semplicemente per viverci e mettere distanza tra loro e gli ingrati umani.
Raramente, anzi, mai, era possibile incontrare un mortale. Non molto ben accetto in questo mondo.
Per questo, quando dovevo fare spesa, Mr. Wink e a volte Nuada, mi accompagnavano, per evitare problemi.
 
 
La settimana dopo quell’infausta notte, il Principe si era chiuso in un nostalgico mutismo, interrotto solo in mia presenza, per allietarmi la nuova permanenza nel rifugio. Avevo lasciato definitivamente il passato alle spalle, per trascorrere un nuovo futuro con lui.
 
 
Un conto era stare con Nuada di tanto in tanto e un altro era viverlo intensamente, con le inquietudini, la pace rigida, gli allenamenti costanti e una passione carnale che non gli avrei mai tributato.
Mostrava quell’insolito lato, in qualsiasi momento della giornata, spesso al termine dell’addestramento rigoroso e sfiancante. Usava un’incursione vigorosa, lussuriosa, sensuale, come se avesse bisogno di me, più dell’ossigeno stesso e non ne avesse mai abbastanza. La dolcezza con cui mi trattava era, per me, il paradiso sceso in terra.
 
 
All’apparenza, ero sveglia in un sogno di perfezione, invece la tangibilità era ben diversa. Della Principessa non vi erano più tracce, benché il legame tra i gemelli era vivo e pulsante, lei riusciva a depistare il fratello, così da guadagnare tempo e minare i suoi piani. E l’armata d’oro, di cui mi aveva parlato l’elfo in seguito, non poteva essere risvegliata, se non veniva recuperato l’ultimo pezzo della corona di Bethmoora.
 
 
Nuada era impaziente e di cattivo umore per questa ragione, anche se a volte risultava tranquillo, la collera esplodeva spietata durante l’esercizio intensificato, dove poteva sfogare la furia che gli scorreva come lava nelle vene. Il suo fuoco bruciava fulgido nella notte e ne restavo completamente abbagliata e soggiogata.
Gli unici brandelli di un’agognata esistenza normale -per quanto potesse concernere tra un’umana e un elfo- e affettuosa, sbucavano quando insisteva per insegnarmi a combattere. Non ero propriamente negata, solo che le lezioni finivano in grosse risate o ad amarci profondamente nel suo giaciglio.
 
 
Era uno squarcio di beatitudine nelle tenebre dell’ignoto, che non sarebbe perdurato ancora e al mattino, il terrore che la felicità fosse giunta al termine, mi artigliava lo stomaco e divorava crudelmente il cuore.
 
 
Aggiustai meglio il cappuccio della palandrana nera, che serviva per celare le fattezze umane e riempii il sacco di iuta con frutta d’ogni tipo, colore e grandezza.
Il Troll dall’altra parte del bancone, provava a scrutarmi meglio, per capire chi fossi e se le supposizioni fossero reali.
 
 
 
Mr. Wink mi sostava accanto ed ispezionava il Mercato. A confronto della sua mole gigantesca, risultavo ancor più minuta e fragile, di quel che apparissi ad un primo incontro.
 
 
Il Principe era rimasto al nascondiglio, intento ad armeggiare con un marchingegno dorato, dalla base rettangolare e che al vertice si apriva come un uovo, con dimensioni leggermente più voluminose. Una trovata in più, per arrecare danno ai nemici sulla sua strada.
 
 
Ero intenta a pagare il cibo e una lunga chioma di platino, sulla via principale del Mercato, attirò la mia attenzione. Gli occhi faticarono ad isolare il possessore di quei capelli, che mi ricordarono quelli di Nuada e quasi pensai che mi avesse raggiunta qui, per comprare qualcos’altro che gli serviva.
Solo in un secondo momento, riconobbi gli occhi dorati e il viso coperto a metà, così simile a quello del Principe, ma appartenenti a dei lineamenti femminili.
Qualche passo dietro di lei, una creatura con le fattezze di pesce provvisto di gambe, la tallonava cauto. L’avevo già intravisto da qualche parte, ma non ricordavo dove e di certo non era di queste parti.  
 
 
<< La Principessa Nuala. >>, sussurrai, per poi ripeterlo più forte, così da ottenere la considerazione di Mr. Wink. << È la Principessa Nuala, lì! >>. Indicai il punto preciso dove aveva appena svoltato e il mostro verde ruggì, lanciandosi goffo alla caccia.
 
 
Caricai il sacco di iuta e, malgrado sapessi che, in caso di pericolo, dovevo correre da Nuada ovunque fossi e allontanarmi da qualsiasi fonte potesse farmi del male, seguii l’istinto e corsi dietro Mr. Wink.
Schivai alcuni Troll e mostriciattoli volanti, faticando a non perdere le tracce del mio amico. Bastò svoltare nel sentiero sbagliato, per smarrire l’orientamento e la strada da prendere per tornare al nascondiglio.
 
 
<< Merda! >>, imprecai, esaminandomi attorno, tra spintoni e Troll così alti, da non permettermi di vedere nulla. Senza riuscire a scovare la rotta da seguire, fui obbligata a ripiegare sconfitta. Non una sola cosa in quel che mi cimentassi, andava in porto e finiva per rimarcare che non valessi niente nemmeno come essere umano.
Ignoravo il motivo per cui Nuada non mi avesse uccisa, dato la scarsità in qualsiasi campo.
 
 
Sbuffai e mentre provavo ad orientarmi, un forte trambusto raccolse la folla in piccoli gruppetti di spettatori, ai contorni del combattimento che stava avvenendo presso la casa dell’astronomo della città.
 
 
Uno scimmione rosso si stava battendo contro Mr. Wink e quest’ultimo era in evidente difficoltà. Da un lato il pesce blu, un uomo di latta e la Principessa Nuala, assistevano preoccupati.  
 
 
Solo ora ricordai dove li avessi già visti.
Erano in televisione una settimana prima e appartenevano ad un qualche bizzarro dipartimento per la tutela del soprannaturale, andati a ripulire il disordine creato da Nuada.
 
 
Lasciai cadere il sacco di iuta a terra e la frutta rotolò in ogni dove, un’istante dopo stavo correndo a perdifiato verso il fulcro del movimento, per aiutare Mr. Wink.
Il cappuccio scivolò sulla schiena, rivelando la mia vera natura e i capelli crearono un’onda corvina che mi finirono in volto, per lo scatto violento che avevo avuto nel partire. Mi liberai a fatica della palandrana, strappando il nodo, che non voleva saperne di sciogliersi.
 
 
<< Lascialo stare! >>, gridai con tutta la voce che avevo in corpo e per quanto stessi galoppando veloce, arrivai troppo tardi.
 
 
Il pugno metallico di Mr. Wink, l’arma più potente nel suo arsenale, rimase incastrato nel tritatutto, usato per smaltire i rifiuti, e lui fu trascinato al suo interno, morendo sbriciolato.
Non ebbi un solo istante di esitazione e mi avventai come una furia scatenata sullo scimmione rosso, colpendolo violentemente sui pettorali di granito, ma senza scalfirlo minimamente.
Tutti gli insegnamenti di Nuada, vennero annullati dalla furia cieca e dal dolore.
 
 
<< Brutto bastardo! >>, gridai incontrollata, sferrando pugni, che facevano male solo a me stessa. << Come hai osato! Perché lo hai fatto? Perché? >>. La mia voce un urlo tra l’accozzaglia.
 
 
Conoscevo Mr. Wink sin da bambina e, anche se non usava alcun linguaggio comprensibile, bastava un abbraccio, un’occhiata complice, o la propensione a tenermi fuori dai guai, a far capire che mi volesse davvero bene, nonostante fossi una mortale.
 
 
<< Ehi dolcezza, tranquilla eh! Non ti agitare troppo! >>, disse l’ammasso di muscoli, tentando di bloccare la rabbia con cui lo picchiavo. Da vicino, più che uno scimmione, somigliava ad un demone dell’inferno, però non mi feci fermare dall’aspetto.   
 
 
<< Dobbiamo andarcene, subito, subito! >>, strepitò l’uomo di latta, con uno strano accento e le lettere distorte, dure e ridicole.
 
 
Li odiai ferocemente tutti, dal primo all’ultimo. Soprattutto quella traditrice, che disonorava il sangue stesso nelle sue vene.
 
 
<< È l’umana che accompagna mio fratello. >>, rese noto la Principessa Nuala e prima che potessi scagliarmi anche su di lei, per strapparle via l’ultimo frammento della corona di Bethmoora, lo scimmione fermò i miei polsi dietro la schiena, mettendomi definitivamente fuori combattimento.
Vani furono i tentativi di liberarmi.  
 
 
<< E dov’è sua stronzezza reale? >>, chiese il mio carceriere, con quel tono arrogante e spavaldo. Venne affiancato dal pesce blu, che si atteggiava come protettore naturale dell’elfa.
Solo disgusto mi provocavano.
 
 
Lo affrontai a muso duro, malgrado la mole mi terrorizzasse e non poco. Obbligavo il viso a mantenere un’aria dura ed impavida: le gambe tremavano.
<< Puoi torturami a sangue, strapparmi la lingua, cibarti con la mia carcassa, ma non ti dirò mai dov’è Nuada! Se la morte è il destino che mi attende, per salvarlo… morte sia! >>. Fui fiera del tono ostile che ero riuscita a mantenere, non una sola volta avevo mostrato debolezza. Pronunciare le identiche parole che il Principe aveva usato dinanzi Re Balor, portò un briciolo d’onore nella persona che ero. Nuada era disposto a morire per uno scopo, io per lui.
 
 
Inarcò le sopracciglia, impressionato da simile coraggio.
<< E che schifo! >>.
 
 
Il pesce blu parò una mano davanti al mio viso, sbattendo le palpebre degli inespressivi occhi.
<< Red, l’umana lo difende perché ne è innamorata. Non riesco a vedere l’esatta ubicazione: scherma i suoi pensieri. Non so neanche come ci riesca… è solo un’umana. >>, chiarì perplesso e la Principessa inclinò la testa da un lato, come se tale notizia la stupisse.
 
 
Frequentando Nuada, avevo sviluppato una specifica tecnica, per evitargli di leggermi nella testa, anche se la maggior parte delle volte fallivo, ero felice che ora riuscissi a proteggerlo. Bastava solo riempirmi il cervello di scene disparate, che creassero una confusione immane, concentrandomi su più fronti contemporaneamente.  
 
 
“È solo un’umana.”, risuonò nelle orecchie, come una deflagrazione proprio al centro del sistema nervoso e fui collerica, che dovessero ricordarmi che ero niente, se comparata a loro. 
 
 
<< Questa umana ti rompe il culo, brutto tonno avariato! >>.
 
 
<< Perché lo fai? >>, chiese lei, voce dolce e delicata, con un passo verso di me. Se intendeva mitigarmi, con quelle paradossali moine, si sbagliava di grosso. << Lui vuole annientare la tua razza. >>.
 
 
Doveva proprio reputarmi una sciocca, se credeva che non lo sapessi.
<< Non è la mia razza! >>, risposi aspra. << Lui è la mia razza. Lui è ogni cosa che importa. Lui viene prima di chiunque altro, anche prima di me. Voi non potete capire, inutile marmaglia! >>.  
 
 
 
<< Portiamola con noi, questa dolcezza di ragazza, potrebbe rendersi utile. >>, propose lo scimmione rosso, credendo di risultare dilettevole ad usare quelle pessime battute di terza categoria.
Gli occhi diabolici riscontrarono quanto fossero allo scoperto al Mercato dei Troll e che fosse ora di togliere le tende, per evitare le ire del Principe.
Avrebbero dovuto uccidermi per portarmi con loro, non avevo alcuna intenzione di muovere un singolo passo.
 
 
<< Cosa diavolo fai, rivoltante gorilla spelacchiato! Non osare! >>. 
 
 
Mi trascinò di peso, issandomi su una spalla e sotto le mie acute grida e minacce, i Bogart assistettero scossi a tutta la scena: l’ultima mia speranza.
Se avessero fallito, sarei annegata in una pozza maleodorante, chiamata altresì “un mare di guai”. Non osavo nemmeno immaginare a che tipo di torture mi avrebbero sottoposta, per farmi vuotare il sacco su tutto ciò che sapessi.
 
 
<< Avvertite Nuada. >>, mimai con la bocca, agitandomi come un’indemoniata e la richiesta di aiuto, perpetuò in un veloce effetto domino.
 
 
Lo strano quintetto risalì in superfice, fino all’entrata del Mercato e lì, la Principessa Nuala, mise al corrente gli altri tre, dei piani del fratello.
 
 
<< Sporca traditrice! >>, sbraitai. << Nuada vi ucciderà tutti! >>.
 
 
<< Sì, certo. Che paura! >>, replicò lo scimmione rosso, in un botta e risposta che, per quanto mi riguardava, sarebbe continuato in eterno. Almeno una vittoria volevo aggiudicarmela. << Mi trema tutta la coda. >>.  
 
 
<< Tu sarai il primo, faccia di rospo! Mettimi giù! >>.
 
 
<< Datti una calmata, Principessa! Altrimenti ti fai tutto il viaggio di ritorno appesa a testa in giù. >>.
 
 
L’esalazione di quel puzzolente sigaro, che fumava, mi finì dritto in faccia e tossii così tanto, da rischiare di sputare un polmone.
<< Fammi scendere e ti faccio vedere chi si fa il viaggio di ritorno a testa in giù! >>, provocai, riempendolo di ginocchiate sul petto e mi bloccai solo quando una furente, fredda e familiare voce maschile, interruppe quel triste teatrino.  
 
 
<< Tu! >>.
 
 
Il gruppo si voltò in direzione di Nuada, venuto infine a salvarmi.  
Possente, letale e bellissimo, abbigliato di nero e pronto a vendicarsi. Fu quasi traumatizzante, accorgermi di bramare che li trucidasse tutti, sua sorella compresa: ero diventata assetata di sangue, come lui.   
 
 
<< Tu… toglile quelle indegne mani di dosso. Pagherei per aver tentato di portarla via da me e per quello che è successo al mio amico. >>.
 
 
Lo scimmione gettò il sigaro al suolo e finalmente toccai di nuovo terra, ma ancora prigioniera. Assemblai in fretta e furia una moltitudine di piani diversi, eppure nessuno di essi era abbastanza intelligente da essere eseguito.
 
 
<< Sì, come vuoi. >>. Estrasse una grande pistola dalla fondina e mi spinse indietro, per paura che sabotassi il suo attacco. << Accetti gli assegni? >>.  
 
 
Il Principe fletté la testa da un lato, quasi sbalordito da tanto ardire.
<< Satana, un grembo di ombra ti ha generato. Mandato a distruggere il loro mondo e ancora credi di farne parte? >>, chiese con disgustato sarcasmo. Le iridi gialle erano fisse su di me, in impaziente attesa del momento giusto per togliermi dalle grinfie del demone rosso.
Per il Principe era impensabile volersi mischiare con gli umani o volerne fare parte e non comprendeva di certo il demone, che aspirasse di insediarsi sulla terra, come una persona qualunque.
La vicenda aveva dei connotati piuttosto grotteschi, poiché avrei dato qualsiasi cosa, per non essere una comune mortale.
 
 
<< Ne parliamo tutta la notte? Perché ho un sonno da morire. >>
 
 
L’elfo sorrise sprezzante e tirò fuori dal piccolo sacchettino in velluto nero, legato in vita, l’uovo d’oro con cui stava trafficando, poco prima che andassi al Mercato dei Troll.  
 
 
<< No, fratello no! >>, strepitò Nuala, sgranando gli occhi e tremando sgomenta, indietreggiò.
 
 
Non avevo la più pallida idea di cosa fosse, tuttavia ero certa che era il giusto diversivo per scappare dai miei aguzzini.
L’uovo si aprì lento tra le dita ceree del Principe, rivelando un affarino verde, dalle dimensioni e forma di un innocuo fagiolo pulsante.
Lo prese e lo avvicinò alla bocca corvina.
 
 
<< Uccidilo. >>, ordinò e lo lanciò in aria, fino a quando passò accanto all’uomo rosso, rotolando a terra e catturando l’attenzione dei quattro.
Quello fu l’attimo tanto bramato, e frattanto che i quattro erano alle prese con lo strano fagiolo ruzzolante, Nuada mi prese di slancio in braccio, per condurmi lesto in salvo.
 
 
<< Resta qui! >>, ordinò perentorio, con un tono che non ammetteva repliche, depositandomi tra i cuscini del giaciglio.
Non mi sarei mai spinta oltre il limite della rabbia, per constatare che tipo di reazione avrebbe assunto con me, quindi non replicai affatto all’imposizione ricevuta. 
Mi lasciò al sicuro nel nascondiglio e senza ascoltare le suppliche disperate, tornò indietro per affrontare quelle creature.
La vendetta e la sofferenza per la dipartita di Mr. Wink, lo accecavano e non avrei potuto fare altro che attendere… attendere e pregare gli Dei, che nulla di male gli sarebbe capitato.
Provare a fermarlo, era come mettersi davanti ad un uragano, ed io non avevo alcun potere per contrastare una simile brutalità distruttiva.
 
 
La superfice sotto i miei piedi tremò violenta e le urla si levarono in lontananza, assieme a degli strani versi spaventosi.
Strizzai gli occhi, mi arrotolai in posizione fetale e tappai le orecchie, così tanto, da udire solamente il sibilo del respiro ritmato e il cuore che galoppava frenetico.
 
 
 
<< No. >>, ripetevo come un automa, scrollando la testa e gridando a squarciagola.
Non ci fu altro per un tempo interminabilmente lungo. Alla fine un silenzio sinistro e insopportabile mi schiacciò.
E di Nuada non vi era più traccia.  
 
 
Le gambe tremarono e per alzarmi dal giaciglio, ci impiegai qualche secondo di troppo, appoggiando le mani ai ciottoli umidi, per non cadere a terra.
Cercarlo era la priorità e poco importava se mi aveva dato una disposizione precisa, dato che la maggior parte delle sue insensate azioni erano dettate da una furia inestinguibile e non con una fredda razionalità.   
 
 
L’adrenalina scorreva rapida nel corpo ed ora che la solitudine bussava insistente alla mia porta, la crisi di panico, dettata dall’immenso terrore di perdere la vita, o peggio, Nuada stesso, confluì in un pianto affranto.
Non vi sarebbe mai stata alcuna normalità e anche se ne ero cosciente, non riuscivo a reggere questo ritmo sfiancante, dove il terrore di svegliarmi un giorno ed assistere alla sua morte, era divenuta quasi una drammatica concretezza quotidiana.
 
 
Oramai la morte era divenuta una nemica fedele nella mia vita… mia madre, mio padre, Mr. Wink e si sarebbero aggiunti altri nomi all’interminabile lista di lacrime.  
Quando ancora era in esilio, nutrivo delle speranze che la sete di rivalsa si potesse spegnere con l’andare del tempo, ma ogni secondo era confluito in un oceano di risentimento, dove voleva annegare i nemici.
Ora era un’incognita arrivare perfino a fine serata e Mr. Wink non avrebbe più visto l’alba del giorno dopo. Stavo per essere portata via da una squadra soprannaturale, che spalleggiava la Principessa e contrastava Nuada. E se non fosse arrivato in tempo? O i Bogart non avessero riportato il messaggio? Che fine avrei fatto?
Chi altro sarebbe morto la prossima volta? Io o lui? Eravamo solo noi due contro il mondo e non avevo la stessa forza di Mr. Wink, quindi nessuno poteva assisterlo in episodi come quello di stasera.
 
 
Se, per colpa mia, ci avesse rimesso Nuada, non me lo sarei perdonata, finché avevo vita… e a quel punto, ne avrei avuta davvero molto poca. 










Note: 
Okayyyyyyyyyyyy scusate l'immenso ritardo, ma sono stata impegnata e il tempo è passato velocemente. 
Avevo già detto che sarebbero stati pochi capitoli e ci stiamo avviando verso la fine di questa storia lampo. 


Ringrazio le persone che hanno commentato gli scorsi capitoli, chi ha messo la storia tra i preferiti e chi segue semplicemente. 


La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna.  
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


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Capitolo 5. 










Un sogno.
Un sogno così bello e reale, da illudermi.
Un sogno, che bramavo divenisse una concretezza quotidiana.
Le coperte calde mi avvolgevano in un morbido abbraccio e i raggi luminosi del sole, filtravano dalla persiana, lambendomi le palpebre ancora chiuse.
Mai la camera da letto, nella vecchia casa dove ero cresciuta, era stata così accogliente e piacevole, come un ricordo passato circondato da luce e tranquillità imperturbabile. Ero sospesa in un meraviglioso dormiveglia, in cui ogni cosa era possibile e non vi era nulla che potesse rompere gli argini della pace, dove mi cullavo beata.
 
 
Degli arti fantasma mi cercavano sotto la trapunta e mi cingevano in vita: mi sentii al sicuro. Non vi era bisogno di voltarsi, per sapere che accanto a me, in quel letto stipato d’amore, Nuada dormiva placido.
Più alcuna battaglia da fronteggiare, piani di rivalsa, nessuna schermaglia tra lui e gli umani, conquista della terra, morte e lacrime. Solo noi, in un empireo sfolgorante, da cui non sarei mai voluta destarmi.
 
 
Svegliati.”, ripeté una voce lontana, non mia. “Svegliati.”.   
 
 
 
Da qualche parte, una molesta sensazione di pericolo, turbava la bonaccia e obbligava a rimembrare l’orrore dove affogavo.
 
 
“Svegliati.”
 
 
Ancora una volta e il meraviglioso sogno a cui mi stavo aggrappando, si rivelò essere solo un’illusione del mondo onirico, che sfumò rapido e con violenza fui catapultata nella realtà.
 
 
Spalancai gli occhi e faticai a mettere a fuoco i ciottoli bagnati nell’oscurità del nascondiglio. Boccheggiai sconvolta, ancora contagiata dalla dolcezza del sogno e solo con un secondo di ritardo, tornò alla memoria la spiacevole vicenda, la morte di Mr. Wink e il mio tentato rapimento, andato a male.
Voltai il viso e fui sollevata nel trovare Nuada seduto a pochi centimetri da me. Teneva le gambe incrociate, l’espressione vuota, gli occhi gialli persi nel vuoto e la postura rigida.
I colori oscuri nella tana, cozzavano notevolmente da quelli tenui e pastello, del sogno.
 
 
<< Da quanto sei lì? >>, sussurrai e il silenzio prolungato, dopo la domanda, risuonò pesante e gelido.
 
 
Inspirò profondamente e il fiato si condensò nell’aria, in una nuvoletta grigia. Ponderò bene le parole da usare e fui certa che non avrei gradito il discorso, che si presentava doloroso e funesto.
<< Ti appartengo, Sonia. Ti appartengo così tanto, che nelle prossime vite, non sarò mai più completo, senza di te. >>.
 
 
Increspai le sopracciglia e mi issai sui gomiti.
Sarebbe arrivato un “ma”, ne ero sicura. Era uno di quei discorsi, dove il dolce si usava per sopportare meglio l’amaro, tuttavia nemmeno con un barile di dolce, avrei tollerato l’amaro.
Allungai una mano per sentire il calore della schiena nuda, ma lo scatto improvviso del Principe, mi fece desistere.
 
 
Si alzò fluido in piedi, portandosi al centro del rifugio, proprio sotto il fascio di luce, che gli rendeva la capigliatura bianca. Un angelo corvino venuto dall’inferno, per insegnarmi un sentimento, che gli era sconosciuto.
Aveva bisogno di mettere distanza tra di noi e affrontò coraggioso i miei occhi. Non aveva lo stesso codice comportamentale degli umani, ma quello di un guerriero rispettabile e quindi se doveva dare una spiacevole notizia, preferiva affrontare l’ostacolo e non aggirarlo.
 
 
<< Devi tornare tra gli umani… ho perso il conto delle volte che ho messo in pericolo la tua vita. Stasera poi… la circostanza mi è sfuggita di mano e un amico ha pagato caro il mio peccato. >>.
 
 
Trattenni il fiato, il cuore smise la folle corsa nel petto e mi sentii rompere in mille pezzi. Dovevo contrastare quell’assurda decisione, ne ero consapevole, eppure fui così sconvolta da non spiccicar parola.
 
 
Una mano sul petto cosparso di cicatrici e proseguì a distruggermi, privo di una pietà, che mi sconcertava.
<< Giuro sul mio onore, che niente ti farà del male, una volta risvegliata l’armata. Voglio solo che tu viva, Sonia… ma lontano da ciò che sono. So perfettamente cosa vedi in me: lo sento. Però è solo una bugia di cui ti stai nutrendo. Non sono una creatura che può redimersi con l’amore… provo solo odio, rabbia e dolore… non vi è spazio per altro… non vi è spazio per te. >>, disse, fino a quando la voce divenne un debole sussurro, che desiderai non sentire, ma che udii fino all’ultimo.
Le iridi gialle non erano spietate, come mi aspettavo, ma colme di mestizia, profonda sofferenza radicata nell’anima, l’espressione distorta dall’angoscia, per quell’atrocità che stava compiendo su entrambe. Non voleva dividersi da me, però non sopportava l’idea di vedermi così in balia del rischio e di creature che lo potevano cogliere alla sprovvista, com’era avvenuto quella sera.
Quel mare di menzogne che mi propinava, sarebbero finite poi per sommergerlo e sopprimerlo.
 
 
<< Ho intenzione di partire: stanotte stessa! >>.
 
 
Sgranai le palpebre e quella notizia mi prese alla sprovvista. Il cuore mancò d’un colpo, mi sentii mancare e dovetti cercare appiglio al muro, per non cadere a terra.
 
 
<< Per dove? >>.
 
 
Raddrizzò le spalle e tenne il mento alto.
<< Per un posto dove un’umana non è ben accetta. >>, aggiunse, adesso duro e feroce, consapevole che non l’avrei lasciato andare, neppure se fosse andato sulla luna.
Era la prima volta che mi rinfacciava la mia natura mortale, in segno di inferiorità. Gli sarebbe servito a ben poco ferirmi, per farmi desistere.
 
 
<< Io non sono umana: l’hai detto tu. >>, rammentai e non seppi spiegarmi perché avessi detto una frase così sciocca ed inetta, invece di far leva sui punti deboli… che non aveva. Solo io ero fragile, innamorata… ed umana. << Non posso lasciarti andare. >>.
E mai come in quel frangete fui sincera. Non riuscivo a fare nulla senza di lui e anche solo immaginare un futuro, dove lui non fosse il fulcro della mia esistenza, era un’atroce abominio, che non potevo permettere.
 
 
<< È ciò che sei, non prendiamoci in giro! Non posso badare a te, se sono impegnato a non perdere la mia vita. >>, chiarì, perdendo la pazienza. << Io non sono sicuro di riuscire a portare a termine il compito e voglio che una parte di me perpetui attraverso te. >>.
 
 
D’istinto le mie mani si poggiarono sul ventre piatto, alla ricerca di un qualsiasi segnale che potesse confermare il folle ed impossibile pensiero che era balenato in testa.
 
 
<< Una vita sta crescendo dentro di te. >>, confermò e dietro la maschera dura, il desiderio di poter avere altra scelta, che seguire la propria sete di potere, svettò selvaggio. << Dalla notte in cui siamo stati assieme per la prima volta. >>.
 
 
La motivazione che aveva spinto Nuada a chiedere a Mr. Wink, di portarmi in un luogo sicuro, se gli fosse accaduto qualcosa si brutto, era questa dunque.
<< Non… >>, farfugliai confusa e incapace di articolare una frase comprensibile e, come se non potessi farne a meno, lo raggiunsi e gli gettai le braccia attorno al collo, stringendolo così forte, da farmi male. << Non ci pensare nemmeno adesso, ad andartene da solo a fare l’eroe! >>.
 
 
Afferrò i polsi per allontanarmi, impermeabile alle frasi d’amore.
<< Non sono l’eroe… sono colui che vuole distruggere il tuo mondo e la tua razza. Non sono affatto l’eroe. >>, corresse amaro, abbassando il volto, quasi dispiaciuto della strada intrapresa. Non aveva mai avuto segni di pentimento o cedimento in questi anni, ma la prospettiva di creare una famiglia, doveva aver aperto nuove porte allettanti, con un forte richiamo da assecondare.  
 
 
L’indice issò il mento, così da poter restare incatenata per sempre in quegli occhi di zafferano.
<< Sei il mio eroe. Loro non sono la mia razza e questo non è il mio mondo… la mia razza e il mio mondo sei solo tu, Nuada. >>. I polpastrelli cercarono il volto pallido, le labbra corvine e indugiarono sulla loro morbidezza. << Dove vai tu, verrò anche io, perché non esisto senza te. >>.
 
 
Sbatté le palpebre più volte e disegnò il profilo del mio viso, con le dita esperte. L’espressione divenne voluttuosa, lasciva e sensuale. Il respiro usciva lento dalla bocca socchiusa e lo sguardo si attardava sulla mia.
Assaggiò piano le mie labbra, alla sconfortata ricerca di una salvezza o una speranza… un futuro, dove potesse essere felice con me e l’odio non ne facesse da padrone. Troppi anni era vissuto nelle tenebre dell’esilio, dove covare e assaporare la vendetta, erano stati il suo pane quotidiano, ma l’avevano intossicato nel profondo e da un veleno simile, non si guariva. Mai.
 
 
Era l’ultima notte che trascorrevamo insieme, prima del risveglio dell’Armata D’oro e quindi di una guerra mondiale, che avrebbe spazzato via per sempre l’umanità. Non riuscivo ad immaginare lo scenario colmo di devastazione, milioni di morti, sangue ed urla, ma ben presto avrei assistito a tutto ciò e al sol pensiero, un brivido gelido scivolò giù per la schiena.
Nuada era lento nelle movenze, pigro, dolce e desideroso di godersi appieno ogni singolo istante di noi due, un bacio dopo l’altro, una carezza, uno sguardo, un sorriso complice e poi di nuovo, le mani che si intrecciavano alle mie, così da poter essere partecipe dei miei pensieri.
La luce che filtrava dal tombino sulle nostre teste, ci avviluppava in un fascio bianco, che mi rammentò il sogno, ma, la realtà, superava di gran lungo ogni desiderio dell’inconscio.
 
 
<< Guardami. >>, sussurrai e, per quanto assurdo ed impossibile fosse, mi sentii in grado di farlo desistere dai suoi intenti.
 
 
Alzò indolente le iridi di zafferano, così inumane e al contempo più terrene di qualsiasi altro essere, abitante questo pianeta.
 
 
<< Puoi cambiare le sorti del tuo destino… è solo terra, polvere e acqua ciò su cui vuoi porre il tuo dominio, quando potresti essere un Re: il Re del mio cuore. E Re del suo. >>. Poggiai la sua mano sulla mia pancia e modulai il discorso, usando un tono dolce, speranzoso e il più convincente possibile.
 
 
Il respiro leggero era l’unico udibile, oltre allo strepitare frenetico del cuore. Le braccia circondarono dolcemente i miei fianchi e si curvò sulla sottoscritta.
 
 
<< Ad un guerriero come me, da fanciullo, viene insegnata solamente l’arte della guerra… Nuala ha avuto la benedizione di essere nutrita con parole e sentimenti, cosa che per i maschi della nostra razza, erano delle sciocchezze a cui non prestare ascolto. Per molti secoli sono stato cieco. >>, si scostò appena e continuò a raccontarmi qualcosa di sé, dandomi modo di conoscere davvero il suo passato misterioso. << Uccidevo e pensavo che non vi fosse altro per cui vivere. Dopo che mio padre decise di scendere a patti con gli umani, me ne andai in esilio, pieno di rabbia, voglia di rivalsa e scioccato dal suo comportamento, poiché la terra è sempre stata nostra, per diritto di nascita. Nel buio della solitudine, ho covato solo risentimento e con quello mi alimentavo, in attesa del giorno in cui avrei fatto ritorno… poi sei arrivata tu. >>. Sorrise luminoso e negli occhi scivolò il ricordo del nostro incontro, dove una curiosa bambina dai lunghi capelli neri e le iridi di ghiaccio, era scesa nelle metropolitane di Manhattan, solo per vincere una scommessa contro qualcuno che la prendeva in giro. << Non hai mai avuto paura del mio aspetto fisico, così diverso dal tuo. >>.
 
 
Il ricordo era impresso a fuoco nel tessuto cerebrale, ed allora, come oggi, ero totalmente affascinata, soggiogata, innamorata di quell’elfo oscuro, che io reputavo più un angelo caduto.
<< Sai, che non sono mai stata molto normale. Non ho mai trovato un posto nel mondo dove potessi sentirmi a casa, non prima di vederti quel mattino. >>.
 
 
Giocò con una ciocca ribelle dei miei capelli, strofinandola tra le dita.
<< Com’è stata differente la mia vita con te! Se tu potessi sentire… se tu avessi lo stesso potere, che mi permette di avvertire tutto l’amore che nutri per me… sapresti quanto mi dai, anche quando non sei qui con me. E… non riesco quasi a dirlo, perché non sono stato mai istruito a dare voce ai sentimenti, ma solo a dare forza alla spada. Vorrei regalarti una parola che valga più del “ti amo”, poiché non bastano due semplici parole, per esprimerti quanto tu sia importante, quanto tu abbia fatto per me e quanto io morirei per te… e non credevo che il mio cuore potesse provare simili sensazioni per qualcuno… >>.
 
 
Deglutii piano e la confessione impacciata e dolce, mi fece sorridere e amarlo più di quanto stessi già facendo. Il limite era stato già ampiamento superato e fui vicina all’essere schiacciata da tale potenza e devastazione.
<< Regalami te stesso, Nuada. Sono mortale e la mia vita, presto o tardi, finirà… >>.
 
 
Ispirò brusco e ciò mostrò che ci aveva pensato spesso e lo addolorava profondamente.
 
 
<< … mentre tu esisterai ancora per moltissimi secoli… vivi con me l’esistenza da umana che mi resta. Adesso hai un motivo in più… vuoi che nostro figlio nasca in un mondo in guerra? Vuoi che nasca, senza conoscere suo padre? >>.
 
 
Calde e morbide le labbra del Principe premettero sulle mie, in un crescente bisogno di sentirmi in ogni singola cellula che lo componeva. Le mani trafugavano alla cieca, ma spedite a spogliarmi in fretta, con un’impellenza irrefrenabile e mentre provavo a fare altrettanto, il muro umido alle spalle mi intrappolò su quel corpo caldo, nerboruto e colmo di un desiderio passionale.
Alla fine, riuscii a stenti a togliergli via i soli pantaloni che indossava e poi fu come unire due tessere di un puzzle che attendeva da un’eternità di essere completato.
I gemiti erano spezzati da baci rubati, le carezze spegnevano la smania di appartenersi maggiormente, gli occhi raccontavano l’amore intenso che sfondava il cuore e mentre il rumore forte di una metropolitana si perdeva nella galleria adiacente, mi lasciai andare nel mare al piacere sconvolgente, che mi investii come una mareggiata infinita.
Nuada si irrigidì e poi si abbandonò sul mio corpo nudo. Rialzò la testa e gli occhi brillarono di una luce che non avevo mai scorto in passato: una decisione era stata presa.
 
 
<< A cosa serve essere il Re del mondo, se posso essere Re di un regno costellato d’amore, dolcezza e splendore? >>.
 
 
Faticai ad assimilare la frase, tanto era incredibile quel che aveva appena detto.
<< Hai capito bene, Sonia. Non importa di altro, se non restare al tuo fianco, orgoglioso che tu mi reputi degno. La mia vita è tua, piccola Principessa guerriera. >>.
 
 
L’abbracciai felice, come non lo ero stata mai e bevvi quelle labbra corvine che si modellavano sulle mie.
D’improvviso tutta la paura che mi aveva attanagliato lo stomaco, si dissolse in una nuvola di vapore e fui trascinata via dell’entusiasmo, consapevole che non sarebbe stata una vita facile, ma era l’unica che volevo vivere con lui.  




 
FINE
 

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