I'll heal you, my love.

di scarlett_midori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Discovering. ***
Capitolo 2: *** Wondering. ***
Capitolo 3: *** Sharing. ***
Capitolo 4: *** Falling. ***
Capitolo 5: *** Feeling Afraid. ***
Capitolo 6: *** Loving. ***



Capitolo 1
*** Discovering. ***


"I learned early in my life that I had healing gift. It's the kind of magic I do. So I work here, for crap pay, at this hospital, and I do what I can to heal mundanes who would scream if they knew what I really looked like.
I could make a fortune selling my skills to Shadowhunters and dumb mundanes who think they know what magic is, but I don't. I work here."
- Catarina, City of Fallen Angels
 
 
Beth Israel Hospital, New York.
 
Il turno di notte era quello preferito dall'infermiera, durante il quale passeggiava lungo il reparto, osservando tranquilla il sonno sereno dei pazienti, o almeno di alcuni.
Occuparsi degli altri era la sua alta vocazione, era una delle poche cose che la faceva sentire davvero realizzata.
Nonostante la morte, il dolore, le lacrime, lei cercava di dare il suo contributo a quella piccola parte di umanità, destinata alla decadenza.
Perché solo nel curare creature così deboli - ma perfette - Catarina trovava la pace.
Non negava che, a volte, quando il dolore provato dai pazienti era troppo acuto e questi urlavano e strepitavano, Catarina allungava una mani verso di loro e usava la magia.
Alleviava le loro pene per un po'.
Loro si addormentavano tranquilli, con la mano della Stregona sul petto che dondolava lentamente, cullata dai loro respiri.
E, solo a quel punto, Catarina stava un po' meglio, si sentiva meno colpevole, nonostante colpe non ne avesse, in verità.
Magnus glielo ripeteva sempre: "sei troppo buona, amica mia" e lei si limitava a rivolgergli uno dei suoi sorrisi più dolci. Perché si trattava di Magnus, si trattava di quel pazzo, irresponsabile e fantastico amico di sempre.
In fondo aveva ragione, anche se la Stregona tanto buona non si sentiva.
Più i giorni passavano, più nel suo cuore si acuiva il dolore provato, la sensazione di impotenza.
Catarina oltrepassò la soglia della stanza numero cinque e controllò la temperatura del piccolo bambino steso sul letto a dormire. Gabriel era il suo nome ed era in ospedale già da tre mesi. Per Catarina non era stato facile spiegare ai genitori quale fosse la malattia del bambino, non perché non ne fosse capace, ma perché dire "il vostro bambino ha una grave insufficienza polmonare" era qualcosa di estremamente complesso e doloroso.
Il dottor Smith le aveva assegnato il compito tanto facilmente, come se per lei fosse semplice, come se la Stregona non provasse sentimenti a proposito.
I genitori l'avevano sommersa di domande, perplessità, le avevano confessato le loro speranza. Alla fine, Catarina li aveva tranquillizzati e loro l'avevano ringraziata.
«Ciao, peste» sussurrò la Stregona e sistemò le coperte del piccolo paziente.
Lui dormiva tranquillo, scosso solo da qualche colpo di tosse. Stringeva tra le braccia un piccola giraffa verde di peluche che, sotto suggerimento di Catarina, aveva chiamato Ragnor.
Il bambino aveva apprezzato entusiasta quella idea e aveva passato un giorno intero a gironzolare per la camera, facendo volare Ragnor, come se fosse stato un aeroplano.
Catarina, quel giorno, si era persa nei pensieri dedicati all'amico scomparso, ormai da tempo.
Le mancava davvero tanto: le mancava il tempo trascorso con lui, i viaggi, le chiacchiere, i discorsi seri, le sue prese in giro verso Magnus. Le mancava il suo viso verde, che assumeva una strana tonalità di colore quando imbarazzato, a causa di Magnus, la maggioranza delle volte.
Quello stesso giorno, Catarina aveva ricordato il loro viaggio in Perù secoli prima. Uno dei tanti disastrosi viaggi in Perù, in realtà, e quello in particolare si era concluso con Ragnor infuriato, chissà a causa di chi.
Catarina passò un dito sulla piccola giraffa, pensando che almeno lei sarebbe rimasta immutata nel tempo.
*~*~*
«Magnus, che ci fai qui?»
La Stregona sorrise nel vedere il vecchio amico camminare verso di lei. Tra le mani aveva un vassoio con sopra un caffè ed una mega ciambella.
«Buongiorno» la salutò l'amico e poco dopo sbadigliò vistosamente.
Erano le sette del mattino e vedere Magnus sveglio (almeno in apparenza) e davanti a lei era sconvolgente.
«Non guardarmi come se fossi qui per puro caso» le disse Magnus, con tono altezzoso.
«Pensavo fossi a dieta» scherzò Catarina ed entrò nell'ospedale, con l'amico dietro che la seguiva.
Si sentiva bene quella mattina: si era alzato di buon ora, aveva fatto una colazione veloce, aveva portato qualche pasto caldo ai senzatetto del suo quartiere e poi si era incamminata verso l'ospedale.
«E infatti sono a dieta» puntualizzò Magnus, «questo è per te.»
Catarina si fermò davanti alla porta dello spogliatoio delle infermiere e si girò, fissando lo Stregone negli occhi.
«Che pensiero gentile, davvero. Ma ora dimmi, di cosa hai bisogno?»
L'amico assunse un'espressione offesa e lei alzò lo sguardo al cielo, trattenendo a stento un risolino.
«Pensi davvero che io mi sia alzato all'alba e ti abbia portato la colazione a lavoro solo perché mi serve un favore?»
Catarina non rispose, la sua espressione era abbastanza eloquente.
«Magnus, io devo cominciare a lavorare» gli fece notare, dedicandogli però un sorriso dolce ed assumendo un tono calmo.
«Non mi serve nulla, davvero» disse lui, infine. Le lasciò il vassoio tra le mani, le diede un bacio sulla guancia ed andò via.
Quegli stivali da cowboy facevano fin troppo rumore sul pavimento, constatò la Stregona, mentre l'amico andava via.
Nonostante tutto, dopo indossò il camice, controllò allo specchio di aver il suo solito aspetto umano e iniziò a lavorare.
*~*~*
«Buongiorno, Matthew» esclamò Catarina allegra, si avvicinò alle finestre della camera ed aprì le tende, lasciando che un fascio di luce inondasse la camera grigia.
Matthew le aveva rivolto un sorriso dolce e le aveva chiesto "come stai?"
Catarina aveva riso, poiché solitamente era lei a rivolgere quella domanda.
«Come stai tu?»
Aveva sistemato le coperte, anche se non era compito suo. Poi gli aveva misurato la temperatura, prelevato una fialetta di sangue e aveva sostituito il flebo.
«Non trattarmi così» disse improvvisamente Matthew e socchiuse gli occhi.
Catarina lo guardò e si sentì improvvisamente malinconica.
«Così... come?» domandò e la sua voce era gentile, dolce. Si comportava sempre bene con i pazienti, tutte quelle persone le stavano a cuore, non credeva di essersi comportata male con qualcuno.
Ma non si poteva mai sapere come un malato avrebbe potuto reagire alle sue gentilezza, anche questo aveva imparato.
«Così. Come se domani dovessi morire. Non trattarmi bene solo perché devi» dichiarò Matthew.
Oh.
Caterina era alquanto confusa, aveva capito già da tempo che i Mondani erano creature davvero troppo suscettibili al dolore.
«Sono gentile per mia natura, Matthew, non lo faccio perché provo pena per le tue condizioni o di qualche altra persona.»
Lui non rispose nuovamente e chiuse gli occhi.
«Ora devo riposare.»
A volte era così difficile trattare con Matt, era sempre di pessimo umore, ma nonostante ciò, Catarina cercava sempre di essere buona nei suoi confronti.
«Certo. Se hai bisogno di qualcosa, chiama.»
Lasciò la stanza e si diresse verso il successivo paziente, la successiva malattia, la successiva storia.
La sera, uscita dall'ospedale, notò sul cellulare tre messaggi non letti. Sorrise, immaginando già l'autore.
"Era buona la ciambella? Mangiala pure tutta, hai ancora un ottimo fisico, nonostante la tua veneranda età."
Catarina sorrise e lesse il messaggio seguente: "Alec qui presente crede che dovrei lasciarti in pace, poiché sei una donna socialmente impegnata, aiuti i malati e bla, bla, bla.
Ma tu sei la mia compagna d'avventura, vero Catarina Loss?"
La Stregona rise divertita e poi pensò al volto del Cacciatore tanto amato dal suo amico, mentre pronunciava quelle parole.
L'ultimo messaggio diceva: "Beh, ormai siamo a Marzo, sai che significa, miss salopette rossa? Probabilmente no.
Significa che a breve si inaugurerà la nuova collezione primavera - estate. Nuovi vestiti. Nuovi colori.
E tu, da mia amabilissima compagna da avventure, mi accompagnerai a fare shopping!
Ormai Alec ha abolito la mia politica di "acquisto" degli abiti.
PS. Comprerò qualcosa anche a te, ciambellina."
Catarina scoppiò in una risata gioiosa, che finì poco dopo, non appena realizzò che Magnus l'avrebbe trascinata a fare shopping.
Si strinse nel suo cappotto e tornò a casa, ipotizzando una probabile fuga in Perù...

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Capitolo 2
*** Wondering. ***


"Buona giornata lavorativa, amica mia."

Catarina, quella mattina, si era svegliata con il leggero "beep" prodotto dal cellulare, segno che un messaggio era appena arrivato. 
Un messaggio di Magnus. 
L'ennesimo messaggio di Magnus, in realtà. 
Erano molti giorni che l'amico non la lasciava da sola, sia con messaggi e chiamate, oppure con improvvise apparizioni. 
La Stregona non ne capiva il senso in realtà; voleva bene a Magnus, le faceva piacere vederlo, ma tutta quella situazione era davvero bizzarra. 
Forse l'amico le stava rivolgendo tutte quelle attenzioniin vista di un mega favore che le avrebbe chiesto. 
Ma, ad ogni modo, Catarina era troppo buona con lui per soffermarsi su tali pensieri, specialmente quella mattina.
Proprio quel pomeriggio, il piccolo Gabriel sarebbe stato portato via dall'ospedale, per essere trasferito in un ospedale che trattava unicamente paziente al si sotto dei diciotto anni. 
Per il piccolo sarebbe stato molto meglio, anche perché avrebbe avuto la possibilità di essere circondato da ragazzini della sua stessa età. 
A Catarina sarebbe mancato stare in sua compagnia e raccontargli storie su come i cattivi venissero sempre sconfitti. 
"Anche le malattie fanno parte della squadra dei cattivi?" aveva domandato Gabriel, tempo prima, mente Catarina gli somministrava la medicina. 
Le si era stretto il cuore in una morsa a quell'affermazione, ma aveva annuito convinta e aveva accarezzato i rossi capelli del piccolo paziente. 
"E dato che io sono un supereroe, sconfiggerò i cattivi?"
"Oh, ma certo, Gabriel."
Lui aveva stretto tra le mani la giraffa verde e poi aveva cominciato a tossire, cosa che causò il brusco risveglio della madre. 
Catarina gli aveva fatto sorseggiare un po' di latte caldo e poi lo aveva lasciato alle cure amorose della madre, estremamente preoccupata. 
La sera stessa era stata quella in cui Catarina aveva consigliato al piccolo di chiamare la giraffa Ragnor, poiché il bambino le aveva rivolto una domanda un po' strana: "Hai un amico che non c'è più?"
Catarina aveva pensato ai tanti amici che con gli anni erano venuti a mancare, ma non si soffermò a lungo sul pensiero. 
"Sì, perché me lo domandi?"
"Il mio amico John è andato via ieri."
Catarina ricordava anche lui, John Riddle, morto il giorno prima. Ricordava lui e Gabriel giocare insieme; ricordava i suoi capelli neri e gli occhi vispi. 
"Mi dispiace, Gabriel."
Il piccolo aveva scosso la testa e stretto al petto il peluche verde. 
"Ti racconto una storia, vuoi?"
"Sì."
E si era avvicinata al letto del paziente e gli aveva raccontato di tre amici inseparabili, che avevano vissuto tante avventure e che tante ancora ne avrebbero dovute affrontare, se non fosse stato a causa della morte di uno di loro.
Gabriel ascoltava curioso, gli occhi umidi, la testa sul cuscino candido. 
"E come si chiamavano questi tre amici?"
"Beh... Catarina, Magnus e Ragnor."
Aveva raccontato la storia senza timori o riserve, dopotutto si trattava solo di un bambino, non aveva nulla da temere. 
"Io voglio chiamare la mia giraffa verde Ragnor o Magnus. Che mi consigli?"
"Ragnor" aveva sussurrato l'infermiera (anche perché giraffe verdi non se ne vedevano tutti i giorni) e poco dopo era quasi corsa via dalla camera del bambino, non potendo più trattenere le lacrime.
Ad ogni modo, nonostante Gabriel quel giorno lasciasse l'ospedale, Catarina era sicura di aver lasciato un pezzo di sé anche in quel piccolo paziente.

*~*~*

La mattinata e l'intero pomeriggio erano stati infernali, a causa di un enorme incidente autostradale a pochi chilometri dall'ospedale. Catarina era nel reparto del Pronto Soccorso quando il tutto era cominciato e aveva dovuto rianimare decine (forse centinaia) di corpi, disinfettare e ricucire ferite superficiali ed intervenire prontamente sulle ferite interne più gravi.
Alle diciannove, la situazione sembrava essere migliorata e il traffico autostradale aveva ripreso a scorrere abbastanza tranquillo. 
La Stregona era davvero esausta, tanto che l'incantesimo che rendeva il suo aspetto più umano aveva cominciato a scemare, lasciando intravedere qualche piccolo lembo di pelle azzurra. 
Era l'orario del cambio di turno, quindi sperò che la magia reggesse ancora per un poco. 
«Jane» salutò Catarina, con in suo solito sorriso e l'altra infermiera ricambiò, anche se aveva il volto nascosto nell'ombra. 
«Tutto bene?» domandò la Stregona. 
«No, in realtà. È morto il paziente della dieci» sussurrò semplicemente e Catarina capì, poiché tali avvenimenti accadevano ogni giorno in ospedale, ed ogni volta facevano sentire le infermiere e i dottori più impotenti di prima. 
Catarina si limitò a posare una mano sulla spalla della collega in modo affettuoso, pronta a dire qualche parola di conforto, ma improvvisamente l'intero braccio si tinse di azzurro e fu costretta a infilarlo in una felpa. 
«Or-ora devo andare, se avrai bisogno di me, chiamami.»
Dette queste parole andò via, diretta verso casa.

Il sole era tramontato già da tanto tempo, la neve cominciava ad essere meno intensa, ma i venti gelidi continuavano a soffiare forte e a rendere le serate di Marzo molto fredde. 
Era per questo che Catarina camminava molto velocemente verso casa sua ed era anche per quella ragione che aveva il capo chino e gli occhi leggermente socchiusi. 
«E stia più attenta a dove cammina!» esclamò una voce e la Stregona alzò improvvisamente la testa, accorgendosi di essere quasi caduta sullo sconosciuto.
«Mi scusi, davvero» sussurrò e le sue guance si tinsero di una leggera tonalità viola, segno del proprio imbarazzo. Aveva gli occhi dello sconosciuto puntati sul viso, tanto che desiderò che la sua pelle fosse ancora rosa. 
«Matthew?» 
Scrutò meglio il volto dell'uomo e si accorse di conoscerlo: era proprio uno dei pazienti del Beth Israel Hospital! 
«Che ci fai qui?» chiese, sconvolta. Date le condizioni del paziente non sarebbe proprio dovuto essere in giro, al freddo, da solo...
«Matt!» esclamò non appena l'uomo si accasciò a terra e cominciò a tremare, probabilmente a causa della febbre. 
Catarina era sfinita, ormai la sua pelle era completamente azzurra, i capelli bianchi come la neve che era cominciato a cadere. 
Era a pochi passi da casa, ormai e scosse Matt, in modo da fargli fare almeno qualche passo verso casa, poi ci avrebbe pensato lei.

*~*~*

Lo aveva fatto stendere sul suo letto e, con gli ultimi residui di magia, gli aveva curato la febbre. 
Lui si era anche svegliato, nel frattempo, e aveva cominciato ad urlare, vedendo una mano azzurra che lo stava curando, poggiata sul suo petto nudo e bollente. 
Ma Catarina non era molto preoccupata, dato che avrebbe potuto ricondurre i ricordi di Matt al delirio causato della febbre altissima. 
Lo aveva coperto per bene, gli aveva preparato del thè caldo ed era rimasta sulla soglia a guardarlo dormire. 
Il petto che si alzava lentamente su e giù, uno strano sorrisetto sul volto.
Il ricordo dei suoi occhi verdi, la testa nascosta da un capello. 
La mattina seguente lo avrebbe accompagnato all'ospedale, anche se l'impresa sarebbe stata dura.
Per la prima volta nella sua carriera da infermiera, Catarina si chiese se quello che stava ora facendo non fosse troppo anche per lei.

*~*~*

«Sai, forse non dovresti intrometterti.»
«Non la penso allo stesso modo.»
«Allora dille tutto, a questo punto.»
«Non posso.»
«E perché?»
«Tutto deve andare come deve andare, inoltre, non ci si intromette nell'Amore.» 

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Capitolo 3
*** Sharing. ***


Lo aveva lasciato riposare sul letto tutta la notte e lo aveva controllato quasi ogni ora. Alla fine, verso quattro si era addormentata sullo scomodo divano del salotto; tempo prima, avrebbe dovuto accettare l'offerta di Magnus di cambiare quell'odioso divano, magari ora non avrebbe sentito la schiena andare a pezzi. 
Preferiva, comunque, che fosse la sua schiena ad andare a pezzi, invece che Matthew. Se non lo avesse trovato, chissà cosa gli sarebbe capitato. Chissà in quale luogo si sarebbe trovato svenuto. 
Alle sei e trenta la sveglia era suonata e Catarina si trovò ad avere un gran mal di testa. Ma, nonostante il dolore, preparò la colazione a Matthew e andò a controllare che si sentisse bene. 
Dopo aver spinto la porta con un piccolo calcio, quasi non fece cadere il vassoio a terra alla vista dell'uomo seminudo, a pochi metri da lei. 
«Sc-scusa» sussurrò, dopo aver poggiato le spalle al muro del piccolo corridoio. 
«Scusami tu, invece.»
Si rivestì velocemente e si affacciò alla porta, leggermente rosso in viso, ma sorridente. 
«Ti senti meglio, noto con piacere.» 
La Stregona allungò il vassoio con la colazione tra le mani di Matthew e solo in quel momento si accorse di quanto l'uomo fosse più alto di lei. 
«Mangia con calma, poi ti riaccompagnerò in ospedale...»
«No.» Il tono di voce dell'altro era perentorio.
«Ma perché? Hai bisogno di cure. E poi, perché eri fuori, ieri sera?»
Catarina respirò profondamente, leggermente rossa in volto.
«Io...» cominciò l'uomo, «non mi andava più di restare.»
La Stregona annuì lentamente, perché lo capiva, in quanto cosciente del suo dolore umano, ma non poteva comprenderlo in quanto medico. 
E precisamente perché? 
Non avrebbe potuto fare un'eccezione per quell'uomo dagli incredibili occhi verdi? 
No, non sarebbe stato professionale. 
«I tuoi parenti saranno preoccupati» sussurrò l'infermiera. 
«Catarina» la chiamò l'uomo, per la prima volta pronunciando unicamente il suo nome «hai mai visto qualcuno al mio capezzale?»
La donna non poté far altro che annuire nuovamente, fin troppo imbarazzata. 
Matthew aveva ragione: nessuno era mai stato lì al suo fianco, nessuno aveva mai domandato a medici o infermiere delle condizioni dell'uomo. 
Perché la Stregona non l'aveva notato prima, allora?
Si sentì, ancora una volta, incredibilmente impotente. 
Fu a quel punto che il suo essere professionale e impeccabile cadde a pezzi. 
«Non voglio tornare in ospedale, tornerò a casa mia. Grazie per la colazione e... l'ospitalità.»
«Matthew, per favore. Hai bisogno di cure, non puoi andare via.» 
«No.»
La figura esile e pallida dell'uomo si allontanò dalla camera, diretta verso la porta principale. 
«Matthew, aspetta... Potresti»
Non ci poteva credere, non poteva credere che davvero stava per dirlo! 
«Puoi restare qui, in questo modo posso controllarti. Cioè, posso controllare la tua salute...»
"Almeno per in tempo che ti rimane" pensò, ma fortunatamente non lo disse.
L'altro la guardò negli occhi e per un attimo la Stregona credette di aver lasciato la sua pelle azzurra. 
«Va bene» accettò l'uomo, improvvisamente più pallido di prima. 
Catarina sorrise dolcemente e gli prese la mano, portandolo di nuovo verso la camera. 
Era tutto così sbagliato e giusto allo stesso tempo, era tutto semplicemente confuso, ma tutta quella situazione le procurava una bella sensazione alla bocca dello stomaco. 

*~*~*

«Libera! Libera!»
«Che cosa gli è accaduto?»
«Una sparatoria in pieno centro: due proiettili lo hanno colpito allo stomaco, uno alla gamba.» 
«Veloce! Dobbiamo intervenire prima che l'emorragia interna peggiori.»
«Chiamate il dottor Cooper.»
«Ci aspetta già in sala operatoria.»

Però, forse, gli infermieri non erano stati abbastanza veloci; oppure il paziente era stato soccorso troppo tardi; oppure due pallottole calibro 25 nello stomaco erano troppo. 
Erano troppo anche per Catarina, che, dopo aver dichiarato il decesso dell'uomo alle ore venti e trentadue, era tornata verso lo spogliatoio delle infermiere. 
Eppure era abituata a tutto quello. I mondani morivano tutti i giorni e così facilmente.
Perivano lentamente, o troppo velocemente e, alla fine, nulla poteva salvarli. 
A volte, neanche Catarina poteva. Durante gli interventi e i soccorsi medici era circondata da persone, come poteva mettere in atto le sue doti curative tra tanti testimoni?
"Non è colpa tua" si ripeteva, ma non ci credeva mai fino in fondo. 
«Hai saputo cosa è accaduto oggi in reparto?»
La voce di Jane riscosse la Stregona dai propri pensieri. 
«Di cosa stai parlando?»
«Matthew Simmons è andato via l'altro l'altro giorno e...»
Catarina si aspettò quasi che la collega le dicesse: "ehi, sappiamo che è da te", ma in verità si limitò ad aggiungere: «...e oggi una sua parente è venuta qui. Quando le abbiamo spiegato che Simmons era andato via, poiché era liberissimo di farlo, ha cominciato ad urlare e ad insultare. 
Il dottor Smith è fortunatamente intervenuto.»
«Chi era questa donna?» 
«Ha dichiarato di essere sua moglie.»

Quindi Matthew una famiglia l'aveva, probabilmente aveva anche dei figli, sorelle, fratelli, genitori. Ed una moglie. 
Catarina provò una strana fitta al cuore, ma non ci fece caso. Sapeva solo che il suo umore era davvero tetro, quella sera. 
«Ciao!»
Una voce la sorprese alle spalle e Catarina si girò velocemente, trovandosi la faccia schiacciata contro il petto di Magnus.
«Profumi di sandalo» sussurrò all'amico, che le poggiò una mano sulla testa e la tenne stretta a sé, ma solo per poco.
«Allora» esordì lo Stregone, decisamente troppo allegro, ma Catarina gli sorrise dolcemente, come sempre.
«Allora?»
«Come è andata a lavoro, oggi?» Magnus la prese a braccetto: il suo lungo cappotto viola stonava accanto al semplice giubbotto giallo dell'amica. 
«Solito» sussurrò semplicemente. 
«E tu come stai?» 
«Indaffarato. Ti dico solo che ho ancora un Cacciatore tra le mie lenzuola» le sussurrò Magnus. 
"Che coincidenza, anche io ho un paziente tra le mie lenzuola" pensò Catarina e ridacchiò, nonostante la situazione generale. 
Le faceva sempre bene stare in compagnia di Magnus. 
«Mi accompagni fino a casa oppure torni... tra le tue lenzuola?»
«È un quartiere pericoloso questo, ti accompagno fin casa. Poi salgo e sorseggiamo un bel bicchiere di vi-»
«No!» esclamò improvvisamente l'amica e si ritrovò addosso lo sguardo incuriosito e sospettoso dell'altro. 
«E perché no? Dai, per questa sera non mi lamenterò del tuo divano orrendo.»
Catarina si bloccò davanti a Magnus e gli poggiò le mani sul volto (più tardi si sarebbe accorta di avere le dita sporche di brillantini) e lo guardò negli occhi felini ed intelligenti. Gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò in direzione di casa sua, l'amico non la seguì. 
«Sono stanca morta, torna da Alec, per stasera. A presto.»
Si sentì cattiva a lasciarlo lì, da solo e senza una vera spiegazione, ma doveva tornare a casa per occuparsi di Matt e per parlargli. 

*~*~*

La sorpresa più grande fu trovare la cena in tavola, la casa ordinata ed una luce soffusa che rendeva l'atmosfera davvero rilassante. 
Catarina, per un lunghissimo e spaventoso minuto, si domandò se tutto quello fosse opera di Magnus e lei, invece, lo aveva lasciato solo e confuso.
Tutto fu più chiaro quando Matthew apparve dalla porta della camera con in mano una bottiglia di vino ed un sorriso sul volto. 
Era pallido e faticava a camminare, ma riusciva ancora a mantenere una posizione stabile. 
«Per ringraziarti di tutto.»
Purtroppo, il suo spirito caritatevole la tradì ancora una volta e non poté fare altro che avvicinarsi all'uomo e controllare la pressione, la temperatura.
«Sto bene, sono riuscito a fare la spesa, a cucinare... A proposito, grazie per la chiave della porta.»
«Quante volte hai perso la coscienza, oggi?»
«Non sai dire semplicemente "grazie"?»
«Tua moglie è venuta in ospedale, ti cercava.»
Catarina non seppe se quello che vide negli occhi dell'altro fu più dolore, sorpresa o delusione.
«Il che significa che hai una moglie, una famiglia, magari dei figli. Ora saranno a casa a preoccuparsi per te.»
«Quindi è di questo che si tratta? Vuoi che me ne vada? Bastava dirlo.»
L'uomo lasciò la bottiglia sul tavolo ed andò verso la camera, intenzionato a recuperare le sue cose ed andare via.
«Matthew, per favore, non sto dicendo questo.»
Lo raggiunse nella propria camera e gli poggiò una mano sulla spalla e, per pochi secondi, fu come se lei riuscisse a percepire il dolore fisico dell'altro. 
Fu atroce. 
«Matthew, stenditi, tu non stai bene» gli consigliò la Stregona, ormai stanca.
«No, io...» 
E non fece in tempo a concludere la frase che Matthew cadde a terra. Aveva quasi perso conoscenza.

«Non... Non siamo più... sposati, ormai» egli aggiunse poco dopo, mentre Catarina lo aiutava a sistemarsi sul letto e gli poggiava una mano sulla fronte coperta dal solito cappello blu. 
«Shh. Va tutto bene, Matt. Grazie per la cene, ma ora riposa» sussurrò la Stregona, mentre l'uomo socchiudeva lentamente gli occhi e si addormentava. 
Tutta quella situazione, presto o tardi, non avrebbe portato a nulla di buono.

*~*~*

«Come ti è sembrata?»
«Stanca. Come alla fine di ogni giornata lavorativa.»
«Nient'altro?»
«Non ha voluto farmi entrare in casa.»
«Tu credi già che...»
«Probabilmente.»

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Capitolo 4
*** Falling. ***


Le condizioni di Matthew Simmons erano peggiorate nelle ultime settimane e Catarina lo avvertiva. 
Ma, nonostante la malattia dell'uomo avanzasse inesorabilmente, il legame tra i due cresceva ogni volta di più. 
La sera, dopo il ritorno di Catarina dal lavoro, Matthew le faceva trovare una buonissima cena. 
Passavano il loro tempo a chiacchierare, a parlare del più e del meno, a guardare degli stupidi quiz alla tv. 
E poi ridevano, ridevano come bambini. 
Inoltre, Matthew stava aiutando la Stregona con la mensa dei poveri, cosa che la rendeva davvero grata e felice. 
Le piaceva avere Matt lì.
Lo apprezzava anche quando lui cadeva a terra, svenuto o sfinito. Oppure perdeva conoscenza. 
Era a quel punto che Catarina si diceva di essere stupida ed egoista e cercava di convincere se stessa a portare Matt in ospedale. 
Ma cosa avrebbe fatto l'ospedale, se non rendere l'umore dell'uomo pessimo?
Inoltre, se ne sarebbe andato via, non appena avesse ripreso conoscenza. 
Così, la sera la figlia di Lilith si accomodava su una poltrona accanto al letto e osservava l'uomo dormire.
Finalmente aveva acquistato un nuovo cappello, verde smeraldo e con deliziose rifiniture azzurre. Lo stesso azzurro della pelle di Catarina. 
La Stregona aveva sorriso a quel pensiero, appena visto il cappello e per la prima volta desiderò che Matthew potesse vederla per quello che era in realtà. Purtroppo non era possibile, non poteva rischiare di perderlo. 
Doveva assicurarsi di farlo stare bene nelle sue ultime settimane.
Catarina poggiò una guancia su una mano, respirando profondamente. 
Gli occhi verdi dell'uomo erano chiusi, aveva la pelle bianca e un nuovo accenno di barba sul viso. 
Il petto si alzava lentamente su e giù, come ogni volta in cui Catarina rimaneva a fissarlo, ovviamente. 
Ma quel ritmo così scandito e tranquillo la faceva sentire bene; faceva apparire tutto come una favola. 
Durante il sonno, Matthew sembrava un semplice uomo non segnato dalla malattia e dalla morte. 
L'infermiera si lasciò andare a quei pensieri e, nel frattempo, socchiuse gli occhi. 
Il sonno arrivò lentamente e dolcemente, nonostante il freddo.

*~*~*

L'aria di Marzo continuava ad essere gelata, nonostante le nevicate fossero diminuite da qualche giorno. 
Quella sera, Matthew era in piedi e aveva le guance leggermente arrossate. 
Era accanto a Catarina e la stava aiutando a preparare la cena, alla quale avrebbero partecipato anche Magnus e Alec. 
Lui ne sembrava entusiasta, Catarina un po' meno. Non voleva che Magnus risultasse indelicato nei confronti di Matthew. Anche se, solitamente, lo Stregone era un'ottima compagnia, non disdegnava le sottili battutine che facevano arrossire i presenti e i diretti interessati. 
Era anche per quella ragione che Catarina aveva raccomandato allo Stregone un comportamento gentile ed era stata contenta a proposito della partecipazione di Alec. 
Il cacciatore era davvero gentile e silenzioso. 
La Stregona sorrise e guardò Matthew indaffarato.
«Non pensavo fossi un cuoco così bravo» notò lei. 
«Beh, era il mio lavoro prima di... Prima della malattia.»
«Oh.» Un attimo di silenzio.
«E avevi anche un ristorante?»
«Era, o meglio lo è ancora, di mia moglie. La sua famiglia possiede una grande catena di ristorazione qui a New York, a Dallas e a Los Angeles.»
Catarina rimase decisamente sorpresa, non pensava che Matthew potesse essere un personaggio noto... Ed infatti, l'uomo smentì le sue credenze poco dopo. 
«Ma, nonostante questo, io sono solo un piccolo cuoco. Era mia moglie a prendersi tutti i meriti» disse ed un sorriso amaro apparve sul suo volto. 
«È per questo che, beh, vi siete lasciati?» chiese, ma se ne pentì subito dopo. 
«Non devi rispondere, se non vuoi, scusami» aggiunse.
«Anche per questo. Non l'amavo più da molto, ormai. L'unico in quella famiglia che mi apprezzava era il padre, anche se ormai non ha più notizie di me da mesi» raccontò. Finì poi di decorare i tortini al cioccolato e li mise nel frigorifero.
«Raccontami di te: hai parenti qui?»
Catarina aggrottò le sopracciglia, cercando qualcosa da dire.
«I miei genitori sono morti» disse ma poi pensò "più o meno".
«Non ho fratelli e sorelle. Ma Magnus è come un fratello per me.»
«Capisco. E nessun amore? Una persona meravigliosa come te.»
Sorrisero entrambi.
«No, o almeno, nessuno da tanto tempo.»
Tanto, tanto, tanto, tanto tempo...
Matt allungò una mano verso Catarina, pronto a farle sentire il suo conforto, ma subito venne interrotto dal suono del campanello e da una voce squillante all'esterno della casa che urlava "siamo noi!".

L'arrivo di Alec e Magnus sconvolse leggermente l'uomo e non per la piccola età dimostrata dai due o dal fatto che fossero fidanzati, ma la cosa che sconvolse Matt fu l'abbigliamento di Magnus.
«Luccicante» commentò infatti con un sorriso e l'altro annuì allegramente.
«Io sono Alexander Lightwood» sussurrò il Cacciatore, leggermente imbarazzato da tutta la situazione.
«E io Magnus Bane. Immagino già avrai sentito parlare di me.»
Catarina guardò l'amico, poi rise.
«Piacere, i sono Matthew Simmons e sì, Magnus ho sentito parlare di te.»
«Spero bene» commentò lo Stregone.
«Ovviamente.»
Forse alla parola fratello, Catarina avrebbe dovuto aggiungere minore, dato l'aspetto di Magnus. La Stregona rise; dimenticava sempre che per i Mondani tutto era diverso e che di certo non conoscevano l'esistenza dei Nascosti (o almeno la maggioranza di loro).
«Matthew è un cuoco, ha cucinato lui per noi, questa sera» disse Catarina dopo, portando i piatti colmi di cibo a tavola. 
«Cucina italiana» notò Magnus con piacere. 
«Allora, Matthew, raccontaci qualcosa di te» disse poco dopo, mentre gli altri già mangiavano e si complimentavano con il cuoco.
«Sono un cuoco, o almeno lo ero. Ho molti hobby, tra cui la lettura, la pittura, il...»
L'uomo rimase un attimo incantato, nel cercare di capire il senso della fantasia che decorava la camicia di Magnus.
«Il?» chiese Catarina e controllò che l'altro si sentisse bene.
«Giardinaggio» aggiunse poi Matt e cominciò a mangiare qualcosina. 
«Tu di cosa ti occupi, Alexander?»
Il Cacciatore arrossì, non abituato ad essere al centro dell'attenzione.
«Io, beh, uhm...»
«Va all'università» intervenne improvvisamente Catarina, sapendo che a diciannove anni era una consuetudine per i giovani mondani.
«Oh. E cosa studi?»
«Lingue» mentì Alec. Morte e demoniache, avrebbe aggiunto, ma non lo fece.

Il resto della serata sembrò trascorrere abbastanza bene. Il cibo era stato ottimo, la compagnia ugualmente. Infatti le uniche lamentele di Magnus furono a proposito del divano, ma questa volta, l'amica gli diede ragione. 
Sembrò essere andato tutto per il meglio, almeno fino a quando, sulla soglia della porta, Matthew non svenne e perse conoscenza.
«Dannazione» disse Magnus.
«Per l'Angelo» esclamò Alec spaventato. 
«Aiutatemi a portarlo di là, poi andate via, per favore» sussurrò Catarina. 
Magnus vide la sua pelle diventare lentamente azzurra. 
«Tanto non si riprenderà fino a domani mattina» lo rassicurò l'amica.
«Posso fare qualcosa per te?» chiese lo Stregone, poco dopo.
«Sì» sussurrò lei e diede un piccolo foglio all'amico.

*~*~*

Catarina aveva poggiato una mano azzurra sulla testa di Matthew e si era stesa al suo fianco, cominciando a curarlo.
Le tornò alla memoria quando, anni prima, aveva poggiato le mani sulle tempie dell'amico Magnus e aveva cancellato dalla sua memoria ogni traccia del ricordo della vampira Camille Belcourt.
O almeno i ricordi delle ultime settimane. 
L'amore lo aveva distrutto e, per un attimo, Catarina si chiese se non le stesse succedendo la stessa cosa.

 

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Capitolo 5
*** Feeling Afraid. ***


«Sei bellissima, Catarina.»
La Stregona sorrise e tenne stretta nella sua mano la mano di Matthew. 
«Shh» sussurrò, arrossendo lievemente, «devi riposare.»
«Avrò tanto tempo per riposare, tra un po'. Ora voglio guardarti e fissare la tua immagine nella mia memoria.»
 

*~*~*
 

Marzo era quasi terminato e  le nevicate erano cessate, lasciando posto a leggere piogge e pomeriggi soleggiati, anche se ancora freddi.
Catarina si era presa una vacanza, anche se a malincuore. Aveva impegnato il suo tempo in varie ricerche, ma, alla fine, aveva affidato il lavoro a Magnus.
Nel frattempo, la Stregona si prendeva cura di Matthew, che sembrava stare un po' meglio nelle ultime settimane. 
Nonostante ciò, entrambi sapevano che non sarebbe durata, specialmente perché rimaneva poco tempo all'uomo.
«Cosa hai fatto di bello questa mattina?» domandò una sera, mentre infornava la sua specialità: torta al pistacchio e cioccolato.
«Mi sono occupata di qualche visita medica gratuita al centro dedicato ai senzatetto» spiegò Catarina, mentre osservava la torta nel forno.
Matthew le sorrise, troppo colpito dalla sua bontà per dire qualcosa.
«Potrei fare qualche torta da donare loro. Sai, almeno mi renderei un po' utile nelle mie ultime settimane.» 
«Se vuoi farlo, fallo solo perché ti va...»
Il cellulare di Catarina squillò poco dopo e lei rispose a bassa voce, sussurrando quasi; era Magnus e aveva novità interessati riguardo le ricerche.
«Va bene, sì. Domani, credo. Certo, ti farò sapere. E... Magnus, grazie.» 
Matthew, intanto, regolava la temperatura del forno e canticchiava allegramente.
«Tutto okay?» domandò l'uomo, un attimo dopo.
«Certo, Matt. Devo dirti una cosa, però.» 
L'altro annuì sorridente e si sedette di fronte all'infermiera.
«Ti ricordi quando mi parlasti di tua moglie? Del tuo lavoro?»
Matthew annuì nuovamente, ascoltandola in silenzio.
«Sai, ho pensato che... Data la situazione in cui ti trovi, avresti voluto vedere qualche tuo caro prima di, sai...»
«Morire, Catarina. Si dice "morire".»
La Stregona abbassò lo sguardo. Lavorava con persone moribonde giornalmente, ma forse quella di Matt era una morte che non riusciva ad accettare.
«Sì. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere qualcuno...»
Matthew, inaspettatamente, si alzò e con sguardo torvo guardò Catarina.
«Se avessi voluto incontrare qualcuno, lo avrei fatto, no? Non ci credo, tu hai fatto tutto questo alle mie spalle.»
E andò via. Non in camera, ma prese il cappotto e la sciarpa ed uscì dalla porta del piccolo appartamento.
«Matthew!»
Catarina si alzò e lo seguì, dimenticando perfino il cappotto ed il resto. 
Fortunatamente era sera, poiché la Stregona si accorse che la sua copertura umana stava svanendo e tracce di pelle azzurra stavano apparendo.
"Dannazione" pensò.
Cercò di concentrarsi, in modo da far funzionare l'incantesimo ancora per un po' e prese a rincorrere l'uomo.
«Matthew!» ripeté ancora. Era stanca, la voce era affannata e il freddo era troppo. 
L'uomo svoltò dietro un palazzo e si ritrovò in un vicolo abbastanza scuro.
«Lasciami in pace, Catarina, voglio rimanere solo.»
Catarina lo raggiunse poco dopo. 
Matthew era di spalle e guardava verso l'alto, come se fosse incantato. 
Non stava bene e questo fu ancora più chiaro quando si accasciò al suolo. La Stregona lo raggiunse velocemente e cercò di tirarlo su. 
«Matt, Matt!» urlò e poggiò una mano sul petto dell'uomo per provare a farlo rinvenire, ma era davvero esausta. L'ultima poca forza rimasta la utilizzò per riportare l'uomo a casa e sistemarlo nel letto, al caldo.
«Cat...» sussurrò improvvisamente Matt, mentre la Stregona stava sistemando le coperte. 
«Ti vedo azzurra» sussurrò ancora e rise. Catarina rimase pietrificata, ma poi non si preoccupò. Matthew si era addormentato un'altra volta. 

*~*~*

Quando Magnus varcò la porta dell'appartamento, Catarina era seduta sul divano e stava osservando lo schermo spento della televisione.
«Sai, se l'accendi potresti vedere figure muoversi» scherzò l'amico e si sedette al suo fianco.
«Grazie per le informazioni» sussurrò Catarina. Si avvicinò di più a Magnus e poggiò la testa sulla sua spalla. Il suo vecchio amico profumava di sandalo.
«È stato semplice rintracciare il padre dell'ex moglie, dopotutto è un personaggio abbastanza conosciuto.»
«Già.»
«Matthew lo ha chiamato? Ho avvisato l'uomo di un'eventuale chiamata e ne è stato contento.»
Catarina sospirò.
«Non ho concluso neanche il discorso con lui, in realtà. Si è arrabbiato ed è scappato via...»
Magnus Bane alzò un sopracciglio, in un'espressione sorpresa e al contempo seccata.
«Ha perfino visto il mio vero aspetto.»
«Cosa?» Lo Stregone sembrava perplesso.
«Sì, ma non era del tutto cosciente, quindi» spiegò Catarina e socchiuse gli occhi.
«Semmai accadrà potrai sempre cancellare la sua memoria» propose l'amico.
«Non voglio cancellare la sua memoria. Inoltre, semmai mi vedesse, non credo che resterebbe qui per farsela cancellare.»
Magnus avvertì uno strano tono nella voce dell'amica. 
«No, non ci credo! Tu vuoi che ti veda!»
Catarina storse le labbra, contrariata e si concentrò nell'osservazione delle tende bianche di fronte a lei.
«Ehi! Non far finta di niente.»
Magnus le punzecchiò il braccio.
«No, Magnus. Cioè... Non lo so. È tutto strano.»
«Vieni qui, Scoiattolo Azzurro.»
Magnus sentì l'amica sorridere, mentre l'abbracciava e la teneva stretta tra le braccia, finché lei si addormentò.

*~*~* 

"Ricorda che io ci sono sempre, qualunque cosa accada e qualunque sia la tua scelta.
Ora vado, buonanotte.

                         - Volpe Rossa"

Catarina sorrise leggendo il biglietto lasciato da Magnus la sera prima. 
Sorrise finché non ricordò gli avvenimenti del giorno prima. Nonostante ciò, si alzò dal divano e preparò la colazione. Stava perdendo il suo tocco professionale, stava coinvolgendo troppo i sentimenti e, cosa peggiore, stava riponendo vane speranze in un uomo che presto sarebbe morto.

«Buongiorno» mormorò e poggiò il vassoio sul comodino. 
L'uomo la guardò e accennò un sorriso a mo' di saluto e di scusa.
Catarina preparò le medicine che Matthew avrebbe dovuto prendere e si avviò verso la porta.
«Catarina... Aspetta.» 
La Stregona si girò e rimase ad osservare colui che sarebbe dovuto rimanere semplicemente un paziente, ma non lo era mai stato, in verità.
Gli occhi dell'uomo ancora brillavano di un verde magnifico; apparivano come un universo a parte, in quel corpo segnato dalla malattia.
«Mi dispiace per ieri sera, mi sono comportato come un ragazzino.»
«Non preoccuparti» rispose l'altra.
«È solo che l'idea di incontrare qualcuno della mia famiglia non mi piace.»
Catarina fece qualche passo avanti e si sedette sul letto, accanto a Matt.
L'uomo le prese la mano e per qualche secondo rimase ad osservare la pelle dell'altra. Catarina sorrise nervosa.
«I miei genitori sono morti da anni ormai e le altre persone non si sono interessate a me durante la malattia, quindi.»
«Lo capisco e mi dispiace, io volevo sol-»
«Solo tu ti sei presa cura di me, Catarina.»

Fu inaspettato come la pioggia d'estate e intenso come il calore del sole.
Quando Matthew baciò Catarina per un attimo tutto si spense e un attimo dopo fu come essere sommersi da una luce.
Fu una sensazione nuova e già provata, allo stesso tempo, ma fu comunque bellissima. 
Ma un istante dopo, la realtà si scontrò con la bellezza del momento, così Catarina aprì gli occhi e scosse la testa. Si alzò dal letto ed indietreggiò.

«No, io non... posso.»

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Capitolo 6
*** Loving. ***


Matthew Simmons morì tre giorni dopo quel bacio. 
Catarina avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto salvarlo, avrebbe voluto che la malattia non avesse consumato Matt fino alla fine. 
E Matthew si era semplicemente addormentato, durante la notte, mentre osservava sorridente il volto stanco della persona che si era presa cura di lui oltre ogni limite. Medico, professionale, personale. 
La mattina della morte dell'uomo sarebbe anche dovuta essere quella dell'incontro tra lui e il padre dell'ex moglie; quando, però, l'uomo anziano si era presentato alla porta, Catarina era scoppiata in lacrime. Ancora una volta. 
Di lui se ne era occupato Magnus, presente nella casa dalla notte, come se avesse saputo quello che stava per accadere. 
E lui lo sapeva davvero: mesi prima aveva avuto delle visioni abbastanza confuse a proposito di Catarina e una nuova persona. Una persona speciale. 
Da quel momento non aveva fatto altro che starle accanto più del solito. 
Alec gli aveva detto che lui non si sarebbe dovuto intromettere, ma come poteva Magnus Bane abbandonare una delle sue migliori amiche? 
Ovviamente, non poteva. C'era molto che legava i due, il che era normale dopo un'amicizia che durava da secoli.

*~*~*

Magnus Bane fu anche quello che successivamente si occupò di organizzare il funerale, rintracciare e informare le persone della scomparsa di Matthew. 
Anche l'ospedale venne avvisato e il giorno dopo Jane si presentò a casa dell'amica e le stette semplicemente accanto, senza dire niente.

«Mi manca tanto, sai» sussurrò Catarina a Magnus, la sera successiva alla scomparsa di Matthew. 
«Posso immaginare» rispose semplicemente lo Stregone, dopo migliaia di anni, troppe parole risultavano superflue. 
«Ragnor, intendo, ora intendo lui.»
«Oh. Perché stai pensando a lui, ora?» 
«Perché, una volta, mi disse che per quante persone avessi potuto perdere, lui sarebbe sempre stato accanto a me.»
La voce della Stregona risultò come un flebile soffio di vento, mentre parlava. 
«E invece...»
Magnus fu accanto all'amica in pochi secondi.
«Questo te l'ho detto anche io, amica mia e ti prometto che io non andrò da nessuna parte. E, in verità, neanche Ragnor e Matthew andranno davvero via.»
Ad ascoltare quelle parole, qualunque persona avrebbe potuto dire che sembrano patetiche, vuote, finte, ma non lo erano. 
Per creature immortali come loro, ogni giorno equivaleva a ricordare per sempre le perdite. Quindi sì, i morti sarebbero stati nei loro ricordi a lungo. 
 

La sera Alexander si unì a Magnus e Catarina, anche se si sentiva un po' fuori luogo. Ma il Cacciatore aveva portato alla Stregona un thè caldo e cercava di rendersi utile.
«È un cucciolo» commentò Catarina, abbozzando il primo sorriso della giornata.

*~*~*

Gli altri giorni passarono, tristi e lunghi. Catarina partecipò al funerale, al quale, si accorse con disappunto, non c'erano più di undici persone. 
Eppure Matthew Simmons era stato un brav'uomo, altruista, sincero. Meritava di essere dimenticato dalla maggior parte delle persone che lo conoscevano? Era giusto che lui fosse unicamente l'ennesimo granello di sabbia? 
Catarina non conosceva le risposte, continuava unicamente a chiedersi cosa l'avesse spinta ad accogliere quell'uomo nella sua casa, nel suo cuore. Amore? Pena? 
Socchiuse gli occhi ed ascoltò la cerimonia funebre, mentre l'officiante ripeteva le favore parole "cenere alla cenere, polvere alla polvere".
Catarina trattenne le lacrime e, finita la celebrazione, sentì il bisogno di andare via, lontano, lontano.

Casa sua non gli sembrava più tanto adatta, l'ospedale ancora meno, quindi si era ritrovata a girovagare verso il centro di New York, diretta nel vecchio ristorante abbandonato. Il locale era appartenuto al padre di Matt, che come il figlio aveva un grande amore per l'arte culinaria. 
Catarina entrò dal retro (la magia era sempre utile, se si trattava di entrare in posti abbandonati) e si guardò intorno. C'era solo tanta polvere e senso di abbandono, ma nonostante ciò quello sembrava il posto più adatto. 
Catarina prese dalla tasca del cappotto una busta di carta e tirò fuori la lettera chiusa all'interno:

Cara Catarina, 
se stai leggendo questa lettera significa che... tadà, hai deciso di fare una torta, dato che ho nascosto la busta tra il pacco di farina per dolci e lo zucchero a velo. Qualunque sia la torta che stai per preparare, ricorda i dosaggi giusti. Saranno fondamentali affinché la torta abbia un giusto equilibrio tra morbidezza, dolcezza e gusto.
Detto questo...
Non so bene come continuare, quindi andò dritto al punto. 
La famiglia della mia ex moglie ebbe, tanto tempo fa, contatti con "creature soprannaturali". 
Specificando, degli Stregoni. 
Sorpresa? Io un po' meno, quando capì la vera fonte del loro guadagno. 
Ma non mi importa e non deve importare a te. 
Ti ho detto questo per farti capire che... Beh, ti ho vista. Ho visto la vera te. Ed eri bellissima. 
Quel tono di azzurro che è la tua pelle mi piace tantissimo. I capelli candidi sono fantastici. 
Tu sei fantastica. E speciale, ma speciale dentro.

Catarina, tutto questo è confuso, lo ammetto ma è per farti capire un'unica, semplice cosa: ti avrei amata in ogni caso, forma, colore. 
Perché già per me sei qualcosa di estremamente caro. 
E maledico il tempo e la malattia perché mi strapperanno dalle tue braccia troppo in fretta. E benedico la mia condizione perché mi ha permesso di incontrare te, anche se per poco tempo. 
Manca poco, ormai, lo sento. 
Promettimi solo di ricordare la parte migliore di me, se ne hai trovata una. 
Grazie per tutto, Catarina. 
Avrei tanto voluto amarti per bene, profondamente e sinceramente, ma per ora mi limiterò ad amarti in disparte. 
Hai un grande cuore. Guarda dentro di te, l'amore che hai dentro è qualcosa di straordinario. Non smettere mai di amare.

 

Matthew. 



 

Fine
 

{Ringrazio tutti coloro che hanno seguito la storia, a voi un saluto speciale. Grazie sempre di supportarmi. 
Con amore, 
scarlett_midori.

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