Orgoglio e pregiudizio di Ely_fly (/viewuser.php?uid=176658)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Tra moglie e marito non mettere il dito ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Rapporti di buon vicinato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Ballando sotto le stelle ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Il gentiluomo di città e la fanciulla di campagna ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Biscotti e pettegolezzi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Se son rose fioriranno ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - La curiosità è donna? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Fratello e sorella ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Una torre per due ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Nessuna nuova, buona nuova... O no? ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
«Orgoglio
e che cosa? Ma che roba è?
» proruppe Daisuke, attirando gli
sguardi di parecchie persone all’interno del bar.
«Scusate» mormorò con un
sorriso, prima di tornare a rivolgersi ai suoi amici, che lo guardavano
impassibili, sorbendo le loro bevande.
«Orgoglio e pregiudizio!»
lo corresse Miyako, fulminandolo con lo sguardo.
«È
un’opera di una scrittrice inglese, Jane Austen» lo
informò
Sora, tra un sorso e l’altro del suo succo di frutta.
«Ed
è una delle più celebri storie d’amore
di tutti i tempi»
aggiunse Hikari, lanciando un’occhiata inequivocabile a
Takeru, che però stava
controllando il cellulare.
Detto
sguardo venne notato da tutti gli altri Digiprescelti seduti
al tavolo, che sorrisero divertiti. Era decisamente ora che quei due si
svegliassero fuori! Era palese che si piacessero, come ben sapevano
Sora e Ken,
sfortunati confessori dei due ragazzi.
Fortunatamente, Daisuke era
troppo concentrato a capire il suo ruolo in quella novità
inglese per notarlo.
«E
io che c’entro con tutto ciò?»
domandò infatti il ragazzo.
«La
nostra scuola, in associazione con la loro» spiegò
paziente
Iori, indicando i Digiprescelti più
“vecchi” «ha deciso di organizzare uno
spettacolo basato su Orgoglio e
pregiudizio per il festival scolastico. E tutti gli studenti
devono
partecipare, quindi da domani si apriranno i provini per le parti
principali.»
«Cosa??
Ma io non ne sono capace!» esclamò Daisuke,
crollando
indietro sulla sua sedia.
«A
me sembra che tu sia bravissimo a fare la vittima» gli fece
notare Yamato, appoggiandosi allo schienale della sua sedia e tirando
su una
lunga sorsata del suo tè freddo con la cannuccia.
«Non
è divertente» mugugnò il ragazzo,
offeso, mentre il resto del
gruppo scoppiava a ridere.
«Comunque
è una direttiva del preside e domani cominceranno a
farci i provini» gli disse Takeru, una volta calmatosi.
«Gne
gne gne…» lo scimmiottò il giovane
calciatore.
«Che
vuoi che succeda? Al massimo non ti prendono!» gli fece
notare Miyako.
«Speriamo…»
mormorò il ragazzo, depresso, abbandonando la testa
sul tavolo.
«Che
bello! Oggi mettono fuori i risultati!! Non vedo l’ora di
sapere che parte mi hanno dato!!» esclamò contenta
Miyako, quasi correndo verso
la scuola.
«Nessuno
sano di mente ti affiderebbe una parte…»
borbottò
Daisuke. La sua prova era stata disastrosa… Non che gli
importasse, ovvio.
Solo, pensava, sarebbe stato piuttosto bello interpretare Mr. Darcy al
fianco
di Hikari (non che lui conoscesse la storia, semplicemente
gliel’avevano
riassunta molto brevemente. La cosa importante che aveva capito era che
Mr.
Darcy era il personaggio più figo del romanzo e che sposava
la protagonista).
Immerso
nel suo sogno ad occhi aperti, non si era accorto di
essere arrivato davanti alla bacheca cui erano affissi i risultati dei
provini.
A risvegliarlo ci pensò l’urlo di sofferenza di
Miyako: «Nooooooooooo!»
«Che
è successo?» domandò allarmato il
ragazzo, guardandosi
attorno alla ricerca di eventuali nemici. «Chi ci sta
attaccando?»
«Nessuno!»
strillò la ragazza dai capelli viola, portandosi le
mani alla testa, disperata.
«E
allora che c’è?» chiese Daisuke, seccato.
«Non
posso credere che stia succedendo a me!» continuò
ad urlare
Miyako, entrando in crisi di panico.
«Ce
lo dici o cosa?»
Niente,
Daisuke era destinato a rimanere nell’ignoranza.
Per
sua fortuna intervenne Hikari: «Che bello! Avrò la
parte di
Jane! E tu Miya sarai mia madre!»
«Hai visto chi
sarà il
padre?» domandò urlando la ragazza dai capelli
viola, additando il cartellone.
«Oh,
congratulazioni, Daisuke! Sarai Mr. Bennett!»
annunciò
contenta la castana, voltandosi verso di lui.
«Sul
serio?!? E chi è?» esclamò il ragazzo,
facendo crollare tutti
a terra con la sua idiozia.
«Ti
prego, dimmi che stai scherzando…»
mormorò Iori, scuotendo la
testa disperato.
«Mr.
Bennett è il padre di Elizabeth e Jane»
spiegò pazientemente
Hikari. Ma niente, Daisuke ancora non ci arrivava.
«E
con questo? Perché la pazza ha da urlare a quel
modo?» domandò
infatti il ragazzo, indicando Miyako, che ancora stava dando di matto.
«Perché
Mr. Bennett è il padre di Elizabeth e Jane. Lei è
la madre,
Mrs. Bennett. Quindi voi due sarete marito e moglie»
illustrò Takeru,
illuminando infine il povero ragazzo.
Che
ebbe la stessa identica reazione di Miyako.
I loro
quattro amici li guardarono disperati. In quel momento
arrivarono anche i ragazzi più grandi, dal momento che il
loro liceo e la
scuola media dei ragazzi si trovavano nello stesso complesso.
«Buongiorno!»
esclamò
allegramente Taichi.
«Buongiorno»
salutò Yamato, con l’aria di uno che non aveva la
minima idea di come avesse fatto ad alzarsi dal letto. Cosa che
effettivamente
poteva essere vera, visto che Sora e Taichi l’avevano
praticamente tirato fuori
dal letto e poi vestito.
«Ciao,
ragazzi» disse Sora, spuntando da dietro il suo ragazzo.
«’Giorno.
Cosa hanno da urlare quei due?» domandò Kōshirō,
guardando storto Miyako e Daisuke, che continuavano a strillare.
«Sono
usciti I risultati dei provini. Saranno marito e moglie»
spiegò Ken, nascondendo un sorriso. Quei due erano troppo
divertenti quando
facevano così.
«Sul
serio?» domandarono in coro i ragazzi più grandi,
lanciandosi
verso i cartelloni, dimenticandosi completamente degli altri sei.
«Wickham?
E chi diavolo sarebbe?» chiese Taichi, consultando il
tabellone. Non ricordava di aver mai sentito parlare di quel tizio, nei
riassunti di Orgoglio e pregiudizio
che aveva letto e sentito.
«Quello
che si mette in mezzo tra Elizabeth e Darcy» gli
spiegò
sua sorella, guardando poi in direzione di Sora e Yamato, che
sembravano essere
rimasti senza parole.
«Allora?
Vi piacciono i vostri ruoli?» domandò Takeru
maliziosamente.
I due
si voltarono verso di lui, piuttosto imbarazzati.
«Come
dire…» cominciò Sora, guardando il
biondo.
«Non
so se mi sentirò a mio agio» concluse il ragazzo,
ricambiando
lo sguardo.
«Perchè
no? Insomma… Voi due state insieme!»
esclamò senza alcun
tatto Daisuke, uscendo finalmente dalla crisi di nervi che sembrava
averlo
colto.
Tutti
quanti lo guardarono malissimo.
«Cosa
c’è ora? Non è forse vero?»
chiese, cercando di difendersi.
«Daisuke…
Non è la stessa cosa, stare insieme nella vita reale e
farlo anche sul palco» tentò di spiegare Yamato,
ma il suono della campanella
li distrasse.
Schizzarono
via tutti quanti, lanciandosi saluti e dandosi
appuntamento per la fine delle lezioni.
«Ragazzi,
la scuola mi distrugge!» esclamò Daisuke,
accasciandosi
sul tavolo del solito bar.
«Vorrei
sapere cosa non ti distrugge» commentò caustico
Yamato,
facendo sedere Sora, prima di prendere posto accanto a lei.
«Ahahah,
buona questa!» ridacchiò Taichi, contagiando tutti
quanti
attorno al tavolo.
«Oh,
sei di buon umore. Vediamo se posso farti cambiare idea.
Allora, perché non ti sentirai a tuo agio sul palco a fare
la parte del
fidanzato della tua fidanzata?» cambiò le carte in
tavola il ragazzo, con un
sorriso di trionfo. Il biondo, infatti, si era come rattrappito su se
stesso,
maledicendo il ragazzo sottovoce.
«Ancora
insisti? Pensavo che la cosa fosse chiusa!» intervenne
Hikari, lanciandogli un’occhiataccia.
«Scusa,
ma… Sono curioso!» tentò di fare marcia
indietro Daisuke,
facendosi piccolo piccolo sotto lo sguardo della sua amata.
«Non
ti preoccupare Hikari, non c’è problema»
intervenne Sora, con
un sorriso gentile. Poi si voltò verso il leader della
seconda generazione di
Digiprescelti. «Vedi, Daisuke, non è il fatto che
reciteremo la parte di due
fidanzati il problema. Il fatto è che la cosa ci
sembrerà strana perché avremo
tutti gli occhi puntati addosso. Non sono in tanti a sapere che stiamo
insieme…»
«Di
questo non sarei troppo sicura. Non appena hanno visto che tu
e Yamato andavate in giro più vicini del solito, tutte le
ragazze della scuola
hanno iniziato ad odiarti e lo stesso i ragazzi. Praticamente tutto il
liceo e
tutta la scuola media lo sanno» la interruppe Mimi.
Il
biondo e la rossa la guardarono con tanto d’occhi.
«Come?»
chiesero in contemporanea.
«Mi
spiace dirvelo ragazzi, ma non siete esattamente degli
sconosciuti, nella nostra scuola» commentò la
ragazza, facendo spallucce.
I due
si guardarono esasperati, mentre Daisuke coglieva la palla
al balzo per attaccare di nuovo la coppia: «Quindi, ora che
lo sapete, non
avrete problemi, no?»
«Daisuke,
non è così semplice. Anche se ormai tutta la
scuola lo
sa, i genitori di tutti gli studenti della scuola non lo sanno,c
osì come non
lo sanno il resto delle persone che verranno al festival»
tentò di farlo
ragionare Sora.
«Per
fartela semplice, Daisuke, ci sembrerà di rivivere la nostra
storia dall’inizio e per di più davanti a un sacco
di sconosciuti. Sei
contento, ora?» sbottò Yamato, lanciando sguardi
assassini al ragazzo.
«Okay,
credo di essere soddisfatto ora» rispose
l’interpellato, un
po’ a disagio. Per cambiare argomento si rivolse agli altri:
«Allora, voi che
ruolo avete? Tranne la pazza, che lo so già e la mia dolce
Hikari che avrà il
ruolo della co-protagonista, voi che farete?»
«Quella
pessima persona di Wickham» rispose allegramente Taichi,
facendo l’occhiolino a Yamato e Sora, che stava cercando di
tranquillizzare il
ragazzo, parlandogli a bassa voce e tenendogli una mano sul braccio.
Tuttavia,
la ragazza captò l’azione del suo migliore amico e
gli rivolse un debole
sorriso.
«Io
sarò lo zio di Elizabeth e Jane» rispose in fretta
Jyō, un po’
imbarazzato. Non aveva mai partecipato ad uno spettacolo teatrale in
tutta la
sua vita e si sentiva molto a disagio, pur avendo una parte piuttosto
secondaria.
«Io
il cugino, che…» iniziò Kōshirō, ma
Mimi lo interruppe: «Che
sposerà me, ossia la migliore amica di Elizabeth!»
La ragazza aveva un sorriso
che andava da una parte all’altra del viso, mentre prendeva
sottobraccio il
rosso, che avvampò. La sua cotta per la Digiprescelta della
Purezza era cosa
nota da secoli, tra i Digiprescelti.
«Altri
due piccioncini, fantastic. Ken, tu che farai?»
commentò
Daisuke, sbuffando.
«Il
colonnello Fitzwilliam. Il cugino di Darcy. Non ho molte
battute, però» rispose l’altro.
«Oh,
poverino. Non potrai mostrare al mondo il tuo ennesimo
talento!» lo prese in giro Daisuke, ricavandone una
linguaccia.
«E
tu, Iori?» chiese Miyako al più piccolo della
compagnia, che
cercava di non farsi notare.
«Io
non ho una parte sul palco. Sarò il narratore»
rispose il
ragazzino.
«Perché
tu puoi startene in disparte e io devo andare sul palco
vestito come un buffone?» esclamò Daisuke,
improvvisamente arrabbiato.
«Perché
lui è timido» intervenne in sua difesa Miyako,
pronta a
tutto pur di litigare con Daisuke.
«Anche
io!» esclamò il ragazzo.
«Come
no» lo prese in giro Takeru, sbuffando.
«E
sentiamo, simpaticone, tu che parte hai? Il servo? Il mio
seggiolino per i piedi?» replicò il calciatore.
«Io sarò Mr.
Bingley.»
«Mmm, l’ho già
sentito…»
«È
il fidanzato di Jane, genio» gli fece notare Mimi.
Daisuke
fece due più due. Jane era il ruolo di Hikari. Bingley era
il fidanzato di Jane. Takeru avrebbe fatto Bingley. Una lampadina si
illuminò
sulla sua testa.
«Takeruuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!!!»
ululò il ragazzo, cercando di
saltare al collo del biondino, che si alzò di scatto e
cominciò a correre,
inseguito dal calciatore.
Tutti
gli altri ragazzi scoppiarono a ridere.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Tra moglie e marito non mettere il dito ***
«È cosa ormai risaputa che
uno scapolo in possesso di un vistoso patrimonio abbia bisogno soltanto
di una
moglie. Questa verità è così radicata
nella mente della maggior parte delle
famiglie che, quando un giovane scapolo viene a far parte del vicinato
– prima ancora
di avere il più lontano sentore di quelli che possono essere
i suoi sentimenti
in proposito – è subito considerato come legittima
proprietà di una o dell’altra
delle loro figlie» lesse Iori, con la sua voce
calma e tranquilla, da
dietro il sipario.
«Caro
Mr. Bennet, hai sentito che Netherfield Park è finalmente
affittato?» recitò Miyako, nel ruolo di Mrs.
Bennet.
Nessuna risposta
seguì
questa domanda. Tutti si voltarono verso Daisuke, che interpretava il
ruolo di
Mr. Bennet e che, teoricamente, doveva rispondere che non lo sapeva
affatto.
Il
ragazzo, però sembrava paralizzato al suo posto, seduto su
una
sedia di legno piuttosto scomoda, che al momento dello spettacolo
sarebbe stata
sostituita da una poltrona.
Con un
sospiro, l’insegnante responsabile
dell’arrangiamento
teatrale, il signor Tawada, ordinò: «Stop!
Motomiya, si può sapere che ti
prende?»
«Signore,
non ce la posso fare» mormorò come se fosse in
punto di
morte il povero ragazzo.
Dietro
le quinte, Hikari e Takeru ridacchiarono, imitati prontamente
da Ken. La situazione era troppo divertente per trattenersi.
«Dove
sta il problema?» tentò di capire
l’insegnante.
«Il
problema è lei, signore» rispose il ragazzo,
indicando Miyako,
che stava sbuffando sonoramente e che, a questa affermazione, si
infiammò
peggio di un fiammifero.
«Io?
Io sarei il problema?? Come ti permetti, razza di idiota!!»
«Inoue,
calmati o sarò costretto a mandarti dal preside. Motomiya,
non mi sembra una scusa valida, quindi impegnati e vedi di fare la tua
parte. È
solo finzione» dichiarò il signor Tawada,
stancamente. Era abituato a quei due,
ma non poteva cambiare i loro ruoli. Erano perfetti così e
quei due se ne
sarebbero fatti una ragione, volenti o nolenti. «Orgoglio e pregiudizio, capitolo 1, prova
due. Azione!» esclamò, battendo
le mani per riportare tutti all’ordine.
«Signor
Tawada!» esclamò Miyako, interrompendo di nuovo la
scena,
dopo nemmeno cinque minuti dall’ultima interruzione, in cui
Daisuke si era
quasi rifiutato di recitare la battuta in cui il signor Bennet
commentava la
bellezza di sua moglie.
“Ma
chi me l’ha fatto fare” pensò il signor
Tawada. «Cosa c’è
Inoue?»
«Signore,
non credo di poter continuare a recitare nel ruolo di
Mrs. Bennett.»
«Perché
no, Inoue?»
«Signore,
credo che il mio personaggio lusinghi troppo quello del
deficiente qui presente.»
«Inoue,
nell’Ottocento funzionava così, devi
abituartici.»
Mentre
Miyako e l’insegnante discutevano, dietro le quinte la
gente aveva cominciato a stancarsi: erano passate due ore buone ed
erano ancora
a metà del primo capitolo. Ormai si poteva vedere gente
addormentata su una
panca o impegnata in tornei di carte, come Hikari, Takeru e Ken. In fin
dei
conti si stava bene là dietro, a far niente.
Finalmente,
il professore riuscì a calmare la ragazza e la scena
riprese.
Dopo
qualche altra interruzione, finalmente i due ragazzi
riuscirono a recitare l’intera scena.
Dietro
le quinte, i ragazzi, cominciarono a ringraziare tutti i
kami e tutte le reincarnazioni di Buddha. Forse sarebbero tornati a
casa per la
notte, dopotutto.
«Bene,
ragazzi, per oggi mi sembra che abbiamo fatto abbastanza. Ci
vediamo domani e voi due, vedete di risolvere i problemi tra
voi» li congedò l’insegnante,
filandosela quasi più in fretta dei suoi studenti.
I
Digiprescelti, tutti e dodici, si riunirono al loro solito bar.
Miyako
e Daisuke si lanciavano occhiate assassine, da un capo
all’altro
del tavolo.
«Ragazzi,
credete che reciteremo anche noi?» gli chiese ad un
certo punto Takeru, ridendo.
«Non
sei divertente, Takeru. Io non posso recitare con questa oca
starnazzante!» rispose piccato Daisuke.
«E
io con questo pezzo di cretino» ribadì Miyako.
«Ma
dai! Secondo me eravate davvero carini!» si intromise Hikari,
sorridendo.
«Carini?!?»
esclamarono i due, dimenticando gli attriti fra loro
per un momento.
Tutti
quanti scoppiarono a ridere, mentre i due, irritatissimi,
tornavano a sorseggiare le loro bevande.
«Comunque
sono molto contenta di questa cosa, non vedo l’ora di
entrare in scena» commentò Mimi, una volta
calmatasi. Davanti ai suoi occhi si
parò la sua vita da sogno come stella di Broadway.
«Mimi,
a Broadway non si recitano romanzi ottocenteschi. Solo musical.
E tu sei stonata come una campana» le fece presente Sora,
beccandosi un’occhiataccia.
«Pane
e simpatia a colazione, signorina?» le chiese la castana,
storcendo il naso.
«Dai,
lo sai che ti voglio bene lo stesso» rispose
l’altra,
facendole un sorriso che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
«Immagino
di sì» ammise Mimi, soffocando un sorriso.
«Ragazzi,
io devo andare. Ho le prove della band…»
annunciò
Yamato, alzandosi e posando sul tavolo una banconota per pagare la sua
bibita.
«Vengo
con te!» esclamò Sora, tracannando la sua
aranciata, per
poi posare anche lei dei soldi sul tavolo. «Ci vediamo
domani, ragazzi!»
I due
uscirono mano nella mano, sotto gli sguardi inteneriti degli
altri.
«Eeeeh,
l’amore!» esclamò Taichi, facendo
scoppiare tutti a
ridere.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Rapporti di buon vicinato ***
«Buongiorno
a tutti!» esclamò allegra Sora, arrivando nel
cortile
della scuola. Anche se era sabato e quindi non c’era lezione,
il signor Tawada
aveva ritenuto opportuno fissare delle prove anche nei weekend, vista
l’impossibilità
di Miyako e Daisuke di lavorare insieme. Quel giorno, con un
po’ di fortuna,
sarebbero entrati in scena anche gli altri personaggi.
I suoi
amici si voltarono e la salutarono con altrettanto calore. Soltanto
Miyako e Daisuke avevano un’aria depressa.
«Siete
pronti?» chiese la rossa, sorridendo. Si voleva male,
poveretta, perché entrambi la guardarono e ringhiarono:
«No!» E diedero il via
all’ennesima serie di battibecchi.
«Ignorali,
Sora. Ignorali» le consigliò Hikari, nascondendo
un
sorriso.
«Piuttosto,
come è andata, ieri sera?» chiese Mimi,
avvicinandosi
alla sua migliore amica e stringendole un braccio attorno alle spalle.
«Sembri
un vecchio ubriaco!» rise la ragazza, cercando di
nascondere il rossore. Erano fatti suoi cosa avessero fatto lei e
Yamato la
sera prima, no?
Mimi
sembrò leggerle nel pensiero, perché disse:
«Eddai, a me lo
puoi raccontare. Lo sai che sarei muta come una tomba!»
«Come
no, ci credo di sicuro. Comunque niente di che…»
«E
allora perché tu sei arrivata più tardi del
solito e lui non
ancora?» domandò maliziosa la ragazza, facendo
scoppiare a ridere anche gli
altri ragazzi.
Sora
stava per rispondere in maniera decisamente volgare e poco
adatta alla situazione, quando il professor Tawada uscì
dall’edificio
scolastico chiamando a raccolta gli alunni.
Cicalando
eccitati, tutti gli studenti lo seguirono all’interno
della scuola, nell’auditorium e lì cominciarono ad
allestire il palco per le
prove.
«Per
amor di Dio! Kitty, non tossire a quel modo! Abbi pietà dei
miei poveri nervi. Li metti proprio alla tortura»
recitò Miyako, dando
particolare enfasi alla frase, come richiesto dalla parte.
Effettivamente il
ruolo della nevrotica le riusciva piuttosto bene, constatò
Iori, da dietro le
quinte.
«Sono
tanto in ritardo?» domandò in quel momento Yamato,
sbucando
alle spalle di Taichi e Kōshirō. Il ragazzo più giovane
soffocò uno strillo
sorpreso, mentre il castano si voltava verso il suo migliore amico. Il
ragazzo
biondo era tutto rosso e piuttosto scompigliato. «No, abbiamo
iniziato da un
dieci minuti scarsi. Prima abbiamo dovuto obbligare Miyako e Daisuke a
recitare
insieme. Una tragedia» rispose il ragazzo, additando i due
amici sul palco,
mentre Ogawa, la ragazza che recitava la parte di Kitty, compagna di
classe di
Iori (doveva chiamarsi Eriko, se non sbagliava), declamava la sua
battuta.
«Immagino.
Andrò a chiedere scusa al professore»
commentò Yamato,
lanciando un’occhiata colpevole all’insegnante,
seduto in prima fila.
«Buona
fortuna, allora. Oggi ha i nervi a fior di pelle, quei due
sono già riusciti a stressarlo» gli
augurò Jyō, alzando gli occhi dal suo libro
di scienze. Interpretando un personaggio che non sarebbe comparso per
almeno
una quindicina di scene, aveva deciso di occupare saggiamente il suo
tempo. Al contrario
di gente come Taichi, che si trastullava con chiacchiere e partite con
la sua
console portatile.
«Grazie»
mormorò il biondo, prima di abbandonare i suoi amici per
avvicinarsi al professore.
«Sono
stufa di Mr. Bingley!» esclamò Miyako, con un che
di
drammatico nella voce. Era decisamente nata per quella parte.
«Mi
dispiace. Ma perché non dirmelo prima? Se lo avessi saputo
soltanto questa mattina, non sarei davvero andato da lui! È
un peccato. Ma ormai
che la cosa è fatta, non possiamo più evitarne la
conoscenza» rispose Daisuke,
inceppandosi sull’ultima frase.
«Professore…»
sussurrò Yamato, avvicinandosi all’insegnante.
Sul
palco, tutti si voltarono verso di lui, che assunse
un’espressione
colpevole.
Il
signor Tawada si voltò, lo vide e ordinò cinque
minuti di
pausa. «Motomiya, ripassa l’ultima battuta, mi
raccomando» ordinò a Daisuke,
prima di voltarsi verso il biondo.
«Ishida,
che c’è? Hai una giustificazione per il tuo
ritardo?»
«Sì,
signore, ho avuto un imprevisto lungo la strada. Ecco, mio
padre ha ritenuto necessario consegnarle questo» rispose il
ragazzo,
porgendogli un foglietto vergato nella calligrafia di suo padre.
L’insegnante
lo prese, lo lesse in fretta e disse: «Va bene.
Fortunatamente sei riuscito ad
arrivare in tempo prima della tua entrata in scena. Raggiungi gli altri
dietro
le quinte.»
«Sì,
signore.» E detto ciò, il ragazzo si
allontanò velocemente,
riunendosi ai suoi amici, cui si erano aggiunti anche quelli in scena
al
momento del suo arrivo.
«Yamato!
Sei arrivato!» esclamò Sora, saltandogli addosso.
«Già.
Tutto bene?» domandò il ragazzo, baciandole
rapidamente il
naso, prima di allontanarsi per fronteggiare anche i suoi amici, che
ridacchiavano: era divertente vedere il loro ghiacciolo ufficiale
sciogliersi
in quel modo quando entrava in scena Sora.
«Tutto
a posto, sono perfino riuscita a dire un paio di battute»
sorrise lei, posandogli la testa sulla spalla.
«Addirittura?
Di questo passo entrerò in scena pure io, in
giornata!» replicò il ragazzo, guardando con
intenzione i due responsabili dei
continui ritardi. Miyako e Daisuke arrossirono imbarazzati, ma proprio
mentre
stavano per dire qualcosa a loro discolpa, il signor Tawada
richiamò gli attori
in scena. La pausa era durata anche troppo.
Con
rapidi cenni di saluto, gli attori tornarono velocemente sul
palco.
NOTA:
tutte le
battute sono prese dalla mia edizione di Orgoglio
e pregiudizio, edito da Newton Compton Editori e tradotto da
Italia
Castellini, Riccardo Reim e Natalia Rosi ^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Ballando sotto le stelle ***
La scena del secondo capitolo fu
recitata senza alcun
intoppo e finalmente si poté passare al terzo capitolo,
quello del ballo.
Parecchie ragazze attendevano quel momento, perché i due
fratelli Ishida (anche
se uno era passato ad essere Takaishi) sarebbero comparsi insieme sul
palco.
C’era di che rifarsi gli occhi per ore. Peccato per il fatto
insignificante che
Yamato fosse impegnato e che anche Takeru era ad un passo
dall’esserlo. Ma
questo non avrebbe impedito alle ragazze di guardarli, assolutamente.
«Orgoglio e pregiudizio,
capitolo tre, prova uno! Tutti pronti?»
domandò il professor Tawada,
guardando i suoi alunni. Notò con piacere che erano
già sul palco. Con un cenno
di soddisfazione si sedette sulla sua poltrona in prima fila.
Iori cominciò a leggere
l’introduzione del capitolo, poi,
finalmente, i due biondi entrarono in scena.
«Suvvia,
Darcy, vorrei proprio che tu ballassi. Mi dà veramente
fastidio vederti lì impalato a quel modo. Faresti molto
meglio a muoverti»
disse Takeru, voltandosi verso il fratello maggiore e calandosi nel suo
ruolo.
«Per
nulla al mondo. Lo sai che detesto il ballo se non conosco
bene la mia compagna, e in una riunione simile mi sarebbe addirittura
insopportabile. Le tue sorelle sono impegnate , e non
c’è una sola signora in
tutta la sala con la quale ballerei senza sacrificio»
replicò Yamato, con tutta
la serietà di cui era capace.
«Direi
che è il ruolo perfetto per lui. Ha detto quasi la stessa
cosa, la prima volta che gli ho consigliato di provarci con
qualcuna» commentò
Taichi, dando di gomito a Kōshirō ed entrambi ridacchiarono sotto i
baffi,
ricevendo delle occhiate dai loro compagni.
Intanto,
sul palco, la scena era andata avanti e si era arrivati
alla battuta più famosa di Darcy: «A chi alludi?
È passabile, ma non abbastanza
bella per tentarmi, e non sono affatto in vena di consolare le
signorine
trascurate dagli altri giovanotti. Faresti meglio a tornare dalla tua
bella e a
bearti dei suoi sorrisi, perché con me perdi il tuo
tempo.»
«Quanto
è vero!» sussurrò Taichi, forse un
po’ troppo forte perché
tutti lo sentirono, compresi Yamato e Sora che si voltarono a
fulminarlo,
mentre il professor Tawada sospirava profondamente e lo riprendeva:
«Yagami!
Sei pregato di tacere finché non sarà il tuo
turno!»
«Chiedo
scusa» ridacchiò il ragazzo, grattandosi la nuca
imbarazzato.
«Continuiamo…»
sospirò l’insegnante, in tono rassegnato.
I
ragazzi in scena ripresero da dove erano stati interrotti,
mentre i ragazzi dietro le quinte soffocavano le risate per la
figuraccia di
Taichi.
«Taichi,
se continuerai così Yamato ti ridurrà in
poltiglia, lo
sai, vero?» gli chiese Kōshirō, guardandolo preoccupato.
«Se
non lo farà prima Sora, ovviamente» aggiunse Jyō,
che ben
conosceva il caratterino della rossa.
«Ragazzi,
state tranquilli! È tutto sotto controllo!»
ridacchiò
spavaldamente il castano.
«Se
lo dici tu…» mormorò Ken, tornando a
rivolgere la sua
attenzione al palco: metà dei personaggi erano usciti di
scena, visto che il
ballo era finito e i loro personaggi non erano più richiesti
sulla scena. Il
che significava che anche Yamato era… «Taichi!
Preferisci che ti faccia fuori
subito o immediatamente?»
I toni
soavi erano i suoi.
Taichi
scattò in piedi e cominciò a scappare, ridendo
come un
matto. Yamato lo inseguiva lanciando urla disumane. Ovviamente il tutto
scatenò
una serie di incidenti lungo il percorso seguito dai due ragazzi:
Taichi
ribaltò uno sgabello, Yamato travolse due imprudenti ragazze
che si erano messe
in mezzo ed entrambi scivolarono su una macchia d’acqua
causata da una
bottiglia aperta che Taichi aveva ribaltato.
La
loro corsa si fermò ai piedi del professor Tawada, che
soltanto
grazie ad un’enorme dose di autocontrollo riuscì a
trattenersi dall’urlargli
addosso. Inspirò profondamente, poi chiese:
«Yagami, Ishida, che cosa sta
succedendo?»
«Niente!»
esclamarono i due ragazzi in coro.
«Quindi
non vi dispiacerà passare la prossima ora in punizione,
giusto?» domandò l’insegnante, con un
tono mellifluo che fece accapponare la
pelle ai due ragazzi.
Due
minuti dopo, i due ragazzi erano in piedi nel corridoio con
due secchi in mano e uno in testa. Pieni d’acqua.
«Molto
bene. Proseguiamo!» commentò soddisfatto il signor
Tawada,
tornando nell’aula sfregandosi le mani, soddisfatto.
«Quanto
non lo sopporto quell’uomo, quando fa
così!» esclamò
Taichi, rischiando di far cadere il secchio che teneva in testa.
«Io
invece non sopporto te, quando fai così»
replicò gelido
Yamato, cercando di voltarsi verso di lui e nel contempo cercare di
evitare di
lavarsi tutto.
«Così
come, Yamato caro?» fece lo gnorri il ragazzo castano.
«Vuoi
morire giovane?» chiese l’altro.
«Ma
come? Yamatuccio è sensibile su un certo argomentino,
eh?» lo
stuzzicò Taichi, che si stava divertendo da matti.
«Taichi,
ti avverto. Potrei non rispondere delle mie azioni»
ribatté
Yamato, quasi ringhiando.
«Oh,
come sei sensibile. Finalmente capisco cosa ci trova Sora in
te!» scherzò ancora il ragazzo castano.
«Trovo
cosa in chi?» chiese la voce di Sora da davanti a loro.
I due
ragazzi scattarono colpevoli, facendo cadere i secchi ed
impiombandosi d’acqua. La ragazza non poté
trattenersi dal ridere e anche
Taichi scoppiò a ridere come un matto.
«Ragazzi,
siete troppo buffi!» esclamò, aiutandoli a
liberarsi dei
recipienti ormai vuoti.
«Fantastico»
commentò gelido Yamato.
«Su,
Yamato. Fattela una risata!» gli disse la ragazza,
prendendolo sotto braccio e stampandogli un bacio delicato sulla
guancia.
«La
risata la farei volentieri, se non implicasse il fatto di
essere bagnato fradicio alle dieci di mattina»
commentò il biondo, imbronciato.
«Comunque, tu cosa ci fai qui? Non dovresti essere in
scena?»
«Siccome
il nostro ruolo era pressoché nullo, l’insegnante
ci ha
lasciati liberi, tranne Miyako e Daisuke. Loro stanno finendo la loro
parte.
Comunque mi ha mandato a chiamarvi, ha detto che avete sofferto anche
troppo»
spiegò la ragazza.
«Che
gentile» brontolò Yamato, cercando di sistemarsi i
capelli.
«Lascia
fare a me» si offrì Sora, liberandogli il braccio
per
sistemargli il ciuffo.
«Bè,
direi che io me ne vado. Sono di troppo! Addio!»
esclamò
Taichi, eclissandosi nell’aula.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Il gentiluomo di città e la fanciulla di campagna ***
«Certo
che Taichi è un vero disastro, vero?»
domandò Sora, finendo
di sistemare i biondi capelli del suo ragazzo ed ammirando poi
l’effetto
finale. Poteva andare, decise.
«Taichi
non è umano. È un uragano con le gambe»
commentò secco il
ragazzo, cercando di strizzare come poteva la camicia della divisa.
Anche se
era sabato e non era un regolare giorno scolastico i ragazzi erano
tenuti ad
indossare la divisa.
Sora
ridacchiò, condividendo in pieno l’opinione del
ragazzo. «Rientriamo?
Nella prossima scena dobbiamo recitare entrambi»
domandò, facendo un passo
verso la porta.
«Tu
reciterai. Io starò fermo immobile come una statuina a
sentire
te e Hikari parlare di me e Takeru» replicò il
ragazzo, seguendola.
«Ti
stai forse lamentando, Yamato Ishida?» chiese la ragazza,
fulminandolo con lo sguardo.
«Mai.
Lo sai che puoi fare di me ciò che vuoi» rispose
lui,
infinamai con un tono scherzoso, prendendole la mano e baciandola,
proprio come
avrebbe fatto Mr. Darcy. «Andiamo, signorina?»
«Volentieri,
signore» rispose lei, accettando il braccio che le
offriva ed entrando insieme a lui nella stanza.
«Yamato…
Sei tutto bagnato!»
«Ishida,
Takahashi! Spostatevi leggermente a destra. Così,
perfetto. Immobili, per cortesia. Takenouchi, Yagami, voi state
lì, molto bene.
Ricordate, al momento della recita sarete a letto. Tutto chiaro? Allora
cominciamo!»
ordinò il signor Tawada, raggiungendo la sua solita panchina
in prima fila. «Un
momento! Ishida, che ti è successo? Sei tutto bagnato, sei
sicuro che non
prenderai un raffreddore?»
«Un
piccolo incidente di percorso, professore. Nulla di grave, non
si preoccupi» rispose Yamato, maledicendo il momento in cui
aveva accettato le
provocazioni di Taichi. Oh, ma dopo gliel’avrebbe fatta
vedere, eccome!!
«Se
lo dici tu… Va bene, iniziamo!» rispose il
professore,
rivolgendo la sua attenzione solo a Sora e Hikari.
«È
proprio quello che dovrebbe essere un giovane»
iniziò Hikari. «Intelligente,
con un buon carattere, allegro. Non ho mai incontrato nessuno con modi
così
avvincenti, semplici e pieni di educazione.»
«Ed
è anche bello. Hai ragione, non gli manca veramente nulla
per
essere il tipo del giovanotto ideale» replicò Sora.
«Sono
stata così lusingata del suo secondo invito! Non mi sarei
mai aspettata una cortesia simile.»
«Non
te l’aspettavi? Io sì, per te. È
proprio in questo che siamo
tanto diverse noi due. Ti stupisci sempre che la gente sia gentile con
te, io
mai. Non c’era niente di più naturale che ti
invitasse per la seconda volta. Non
poteva fare a meno di accorgersi che eri la più bella di
tutta la sala. Non è
davvero il caso di avere della gratitudine per la sua galanteria. In
ogni modo
è molto simpatico e sono d’accordo che ti piaccia.
Hai ammirato persone ben più
inconcludenti.»
«Ma…
Lizzy!» esclamò Hikari, con il giusto tono di
indignazione. Somigliava
davvero tanto a Jane, così delicata e benpensante,
pensò Takeru, dall’altra
parte del palco, guardando le due ragazze. Anche quando erano a
Digiworld,
ricordò con nostalgia. Gli sarebbe piaciuto tornarci per
qualche giorno. Solo che
sarebbe stato decisamente impossibile, tra scuola e prove, in quei
giorni. Avrebbero
dovuto aspettare almeno la fine della scuola.
Intanto,
le due ragazze avevano finito la loro parte ed ora
toccava a Iori leggere il breve brano descrittivo dei due protagonisti
maschili, che divennero il centro dell’attenzione, con loro
enorme vergogna.
«Bene,
ragazzi. Non c’è male. Vi concedo una pausa di
mezz’ora. Siate
puntuali!» esclamò l’insegnante,
rifugiandosi in sala professori per un caffè.
I
Digiprescelti si ritirarono in giardino, attorno ad una
panchina.
Come
da copione, si azzuffarono per chi dovesse sedersi, ma alla
fine i ragazzi decisero di comportarsi da cavalieri e cedettero il
posto alle
ragazze.
«Come
siete spontanei» commentò Mimi, risistemandosi la
gonna e
guardando i suoi amici.
«Se
non ti va di sederti puoi sempre alzarti e lasciarmi il
posto»
le fece notare Daisuke, piuttosto irritato. Aveva rinunciato a sedersi
per lei
e quella principessina osava anche avere qualcosa da ridire!
«Neanche
morta» replicò la castana, distogliendo
altezzosamente lo
sguardo.
Il
resto del gruppo rise e quando le risate si calmarono, Takeru
disse: «Sapete… Prima, stavo ripensando a
Digiworld e a quanto mi piacerebbe
tornarci. Vi capita mai?»
«Tutti
i giorni» rispose Hikari, guardandolo con tenerezza e
facendolo arrossire leggermente.
Anche
tutti gli altri ragazzi mormorarono che pure a loro
capitava, piuttosto spesso, ad essere sinceri.
«Peccato
che siamo troppo impegnati per dedicare una giornata
intera a Digiworld» si lamentò Jyō, che era
impegnatissimo anche con i
doposcuola per poter entrare all’università di
medicina di Tokyo. Poco importava
che mancasse ancora più di un anno, doveva essere pronto.
«Già…»
dissero gli altri sconsolati, riconoscendo che
effettivamente avevano ben poco tempo da dedicare alla loro vita
privata.
«Ragazzi!
Ho un’idea!» esclamò
all’improvviso Daisuke, richiamando
su di sé gli sguardi sorpresi dei suoi amici.
«Che
c’è? A volte capita anche a me, sapete?»
disse in tono di
difesa il ragazzo.
«Non
ci siamo abituati. Avanti, stupiscici» rispose Yamato per
tutti.
«Andiamo
a prendere i nostri Digimon, li portiamo qui e i nostri
genitori li portano allo spettacolo del festival! Geniale, no?
Così, dopo il festival,
possiamo partire tutti per Digiworld» spiegò
entusiasta il ragazzo, guardandosi
attorno e cercando sguardi di approvazione.
Ci fu
un lungo silenzio, rotto da Ken: «Non mi sembra
un’idea
malvagia. E non essendoci pericoli, per i Digimon non sarebbe un
problema
restare sulla Terra per qualche giorno.»
«Così
ti voglio, Ken!» gridò contento Daisuke,
mostrandogli
entrambi i pollici alzati in segno di approvazione.
«Bè,
l’idea non mi dispiace. Mi farebbe piacere avere Armadillomon
a casa e anche al nonno, ne sono sicuro» aggiunse Iori,
timidamente.
«Esatto,
esatto» annuì entusiasticamente il leader del
secondo
gruppo di Digiprescelti.
«Per
una volta ci hai azzeccato pure tu!» esclamò
Miyako,
tirandogli un dolorosissimo pugno sulla spalla che a suo parere voleva
essere
un cameratesco colpo sulla spalla.
«Se
anche Miyako è d’accordo come posso non esserlo
io? Però bisogna
stare attenti» commentò Taichi, mentre
l’altro ragazzo cercava di risistemare
la spalla, che sembrava essersi dislocata.
«Certo!
Quando mai non lo siamo stati, Taichi?» chiese Takeru,
contentissimo all’idea di rivedere Patamon di lì a
breve.
«Vuoi
una risposta sincera, Takeru?» domandò ironico suo
fratello,
fissandolo con i suoi occhi azzurri, identici ai suoi.
«Non
penso di essere troppo sicuro di volerla sapere, quindi mi
accontenterò di una bugia» rispose il biondino,
con un sorrisino colpevole.
«Come
vuoi. Siete sempre stati attenti ragazzi, meno male che non
è mai successo nulla!» declamò allora
il fratello maggiore, con un tono davvero
convincente.
«A
questo punto era meglio la verità»
commentò debolmente Takeru.
I
ragazzi scoppiarono a ridere.
«Andiamo
questa sera a prenderli?» domandò Kōshirō, una
volta
riguadagnata una parvenza di serietà.
«Credo
si possa fare» commentò Taichi, guardando gli
altri, che
fecero grandi cenni di assenso.
Tutti
tranne Yamato che disse, tristemente: «Io purtroppo ho un
impegno con la band. Stiamo preparandoci al festival cittadino che si
terrà tra
un mese, quindi abbiamo bisogno di provare, mi dispiace.»
«Non
ti preoccupare, ci penso io ad accompagnare Gabumon da te. A che
ora finirete?» domandò Sora, guardandolo con i
suoi occhioni dolci.
«Credo
verso le undici, le undici e mezza al massimo» rispose il
ragazzo.
«Allora
sarò da te per le undici, se non ci sei ti aspetto dentro.
Le chiavi sono sempre al solito posto, vero?» chiese ancora
la ragazza.
Tutti
quanti li guardarono con tanto d’occhi. Addirittura i posti
segreti delle chiavi?!? Erano davvero seri, quei due!
«Sì.
Grazie mille, Sora» rispose il ragazzo, ignorando bellamente
il loro gruppo e chinandosi sulla ragazza per baciarla delicatamente
sulla
guancia.
«Figurati»
rispose lei, sorridendo.
«Ragazzi!
Tutti dentro!» esclamò all’improvviso il
signor Tawada,
sbucando nel cortile. Sbuffando, tutti gli studenti radunati in
giardino
cominciarono ad avviarsi e così anche i Digiprescelti,
tranne Yamato, che
trattenne Sora con lui per baciarla dolcemente sulle labbra, al riparo
da occhi
indiscreti.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Biscotti e pettegolezzi ***
«Molto
bene, possiamo cominciare con la prova del quinto capitolo!»
esclamò soddisfatto il signor Tawada, quando vide che tutti
gli studenti erano
pronti sul palco.
«Inoue,
quando vuoi cominciare, parti pure» disse l’uomo,
facendo
un cenno a Miyako. Era contento del fatto che in scena ci fossero
soltanto le
ragazze, se si escludeva un ragazzino di prima media che recitava nel
ruolo del
fratellino di Charlotte Lucas. Ma era certo che lui non gli avrebbe
creato
problemi, come invece tendevano a fare Motomiya e Yagami.
La
ragazza annuì e cominciò: «Hai iniziato
bene la serata,
Charlotte. Fosti la prima ad essere scelta da Mr. Bingley.»
Mimi
rispose con entusiasmo forse eccessivo, ma in fondo era la
sua prima battuta e il signor Tawada lasciò correre.
«Sì, ma poi lui diede
indubbiamente prova di preferire la seconda.»
«Vuoi
alludere a Jane, perché ballò due volte con lei?
Certo,
mostrò apertamente la sua ammirazione; e pareva realmente
sincero; ne era
addirittura infatuato. Ho sentito dire qualcosa, non so di preciso di
cosa si
trattasse… A proposito di Mr. Robinson»
continuò Miyako, che senza Daisuke sul
palco si sentiva molto più a suo agio.
A quel
punto intervenne Sora: «Parli forse del discorso che ho
sentito io per caso, tra lui e Mr. Robinson? Non ve l’ho
raccontato? Mr.
Robinson gli chiese se gli piacevano le nostre riunioni di Meryton e se
non gli
sembrava che ci fossero parecchie belle signore e signorine,
chiedendogli quale
fosse secondo lui la più graziosa. E lui, pronto, rispose
immediatamente: “Oh,
senza dubbio la maggiore delle signorine Bennet: è
impossibile dare un giudizio
diverso in proposito”.»
«Scommetto
che è quel che direbbe Takeru se gli si chiedesse chi
è
la più graziosa nel nostro gruppo»
commentò sarcastico Taichi, lanciando una
frecciatina al biondo minore, che arrossì, mentre Daisuke
quasi esplodeva. Come
si permetteva Takeru di pensare una cosa simile di Hikari?!? Solo lui
poteva
farlo!
«Taichi,
non ricominciare a torturare mio fratello. Quando si
sentirà pronto si dichiarerà, cosa vuoi
farci?» intervenne Yamato. Lo sguardo
di riconoscenza che Takeru gli aveva lanciato quando aveva iniziato a
parlare
si trasformò in una luce omicida quando il biondo
terminò la frase.
«Ragazzi,
smettetela. Lasciate in pace Takeru!» intervenne Jyō,
mentre i due scoppiavano a ridere.
«Perché
dovremmo? È una cosa troppo divertente!»
esclamò Taichi.
«Ti
piacerebbe se venisse fatto a te?» replicò il
ragazzo più
grande.
«Non
saprei, bisogna provare. Appena scoprirete se mi piace
qualcuno, potrete farlo» disse il ragazzo castano. Poi, come
ripensandoci,
aggiunse: «Hai mai visto Yamato sclerare perché lo
prendevo in giro riguardo a
Sora?»
«Sì,
non più tardi di mezz’ora fa» rispose
l’altro.
Taichi
imprecò sottovoce, sibilando al suo amico: «Ma
perché voi
due dovete essere così suscettibili?»
«Materiale
genetico scadente, immagino» commentò il biondo,
tornando a concentrarsi sul fratellino, che sbirciava il palco con
un’espressione
da patetico idiota. Esattamente quella che aveva lui quando guardava
Sora,
anche se nessuno si sarebbe mai sognato di farglielo notare. Nessuno
escluso
Taichi, ovviamente, che aveva uno spiccato desiderio di morte.
Intanto,
sul palco, anche Hikari continuava a distrarsi e a
lanciare occhiate alle quinte. Riusciva a scorgere tutti i suoi amici e
in
particolare Takeru. Arrossì leggermente, guardandolo mentre
parlava con Taichi.
Chissà cosa gli stava dicendo suo fratello…
Sperò nulla che avesse a che fare
con lei.
«Yagami?
Sei con noi?» la richiamò alla realtà
la voce del
professor Tawada.
«Mi
scusi?» domandò, arrossendo ancora di
più.
«La
battuta. È il tuo turno» le sussurrò
Sora, indicandole un
punto sul copione.
«Oh,
certo. Mi scusi. Ehm… Miss Bingley mi ha detto che non parla
mai molto, tranne con gli amici intimi, con i quali
però è particolarmente
cortese» lesse in
fretta la ragazza, cercando di dare un senso a quello che stava dicendo.
«Non
posso crederlo. Se avesse avuto…»
attaccò Miyako, ma già a
questo punto Hikari tornò a perdersi nei suoi pensieri.
Con la
coda dell’occhio lanciò di nuovo
un’occhiata alle quinte e
vide che Takeru era stretto nella morsa di suo fratello. Si
ritrovò a sperare
che la scena finisse presto per poter andare a salvarlo.
Purtroppo
ne avevano ancora per qualche minuto… In quel momento il
biondo si liberò e nel farlo si ritrovò voltato
verso il palco, a guardare
Hikari. Entrambi arrossirono e distolsero lo sguardo.
Nel
frattempo si era arrivati al monologo di Mary, interpretata da
una ragazza della sezione C, che Hikari conosceva di vista: «L’orgoglio
è un difetto assai comune. Da tutto
quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente;
che la natura umana
vi è facilmente incline e che sono pochi quelli tra noi che
non provano un
certo compiacimento a proposito di qualche qualità, reale o
immaginaria, che
suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi
tra loro, anche se
queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona
può
essere orgogliosa senza essere vanitosa. L’orgoglio si
riferisce soprattutto a
quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a
ciò che vorremmo che gli altri
pensassero di noi.»
Yamato,
dietro le quinte, si distrasse per un momento dal suo
compito di stuzzicare Takeru sull’argomento Hikari per
riflettere su quelle
parole: era decisamente vero, in particolar modo per lui. Tutti erano
convinti
che lui fosse piuttosto vanitoso e ne trovavano la ragione nel suo modo
di
essere: era bello e lo sapeva, si curava e tendeva a non stringere
amicizia
facilmente. Per questo motivo, le persone che non lo conoscevano, erano
restie
a parlare con lui troppo a lungo, temendo che questo potesse
infastidirlo o
comunque che lui si potesse fare delle idee sbagliate.
Ma in
realtà lui era solo molto orgoglioso: non gli interessava
quello che pensavano gli altri, pretendeva soltanto il meglio da se
stesso. E stringeva
amicizia con quelli che lo capivano.
Stava
ancora pensandoci, quando sentì due mani fredde posarglisi
sugli occhi. Fece un salto, mentre sentiva la voce di Sora chiedergli:
«Indovina
chi sono?»
«Sora,
lo so che sei tu» rispose, con un tono piuttosto annoiato.
«A
cosa stavi pensando?» gli chiese lei, senza curarsi del suo
tono da asociale e liberandogli gli occhi.
«Niente,
riflettevo sul monologo di Mary a proposito
dell’orgoglio»
replicò lui, guardandola negli occhi.
«Immaginavo
che ti avrebbe colpito…» mormorò lei,
baciandolo
dolcemente sulla guancia. «Non ti preoccupare, lo sappiamo
tutti come sei fatto
e ti vogliamo bene per questo.»
Detto
questo la ragazza raggiunse il loro gruppetto, che si stava radunando
in attesa della scena successiva, Takeru ed Hikari continuando a
guardarsi e a
distogliere lo sguardo.
Yamato
sorrise e raggiunse la sua ragazza. Sì, aveva fatto
amicizia con le persone giuste.
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Se son rose fioriranno ***
Le prove lasciarono i ragazzi
completamente distrutti.
Fu con un’enorme sforzo
di volontà che si trascinarono
fino al solito bar, dove crollarono sui tavolini.
«Ragazzi…
Se continuiamo così, mi dovrete raccogliere con il
cucchiaino!» esclamò Daisuke.
«E
di chi credi che sia la colpa?» domandò acido
Takeru,
fulminandolo con lo sguardo.
«Stai
insinuando che è colpa mia?» rispose
l’altro, tirandosi su
di scatto.
«Non
insinuo, affermo. Tu e Miyako avete fatto il possibile per
rovinare ogni singola scena, anche quelle dove non
recitavate!» scattò il
biondo, fronteggiando il compagno.
La
tensione tra i due era evidente e Hikari intervenne per evitare
uno scontro: «Ragazzi, basta. Siamo tutti stanchi, non
c’è bisogno di litigare
così.»
I due
cessarono improvvisamente ogni ostilità, con grande
delusione di Taichi e Yamato, che erano pronti a veder scorrere il
sangue e a
scommettere su uno o l’altro dei contendenti.
«Hikari
ha ragione, non ho energie sufficienti per litigare con te»
disse Takeru, tornando alla sua bibita.
«Hai
soltanto paura, ammettilo!» lo provocò Daisuke,
ricevendo in
tutta risposta un pugno in faccia.
«Spero
che ora tu stia zitto per un po’»
borbottò il biondino,
ignorando l’espressione di dolore dell’amico, oltre
ad ignorare completamente
la sua aura assassina.
«Lo
sai che Takeru è più forte di
te…» gli disse Ken, passandogli
una lattina gelata per raffreddare la parte colpita.
«Sei
un amico, Ken» si incupì l’altro,
accettando comunque la lattina.
Quel maledetto biondastro da strapazzo era troppo forte, come sempre.
«Quando
posso essere d’aiuto» replicò il
ragazzo, con un ghigno
sardonico stampato sul viso.
I
ragazzi repressero una risata, mentre finalmente i bollenti
spiriti di Daisuke venivano placati.
«Non
per fare il guastafeste, ragazzi, ma io devo andare a casa. Devo
consegnare una ricerca lunedì mattina e devo ancora
lavorarci. Con le prove di
mezzo, non ho molto tempo» disse improvvisamente Jyō, con
un’occhiata all’orologio.
«Vengo
anche io, devo andare ad allenamento di kendō, se no chi lo
sente mio nonno?» si accodò Iori, alzandosi
insieme al ragazzo più grande e
preparandosi per andarsene.
«Allora
ci vediamo domani pomeriggio» li salutò Kōshirō
con un
cenno della mano.
«A
domani!» salutarono i due ragazzi, uscendo dal bar.
«Mi
sa che è meglio se vado pure io… Mia madre ha
detto che
probabilmente ci sarebbe stato bisogno di me in negozio, stasera. E
meno vedo
la sua faccia da stupido, meglio sto!» annunciò
Miyako, facendo una linguaccia
a Daisuke e salutando poi gli amici, che sospirarono al suo insulto
verso il
ragazzo.
Daisuke
si preparò per reagire, ma Sora intervenne
precipitevolmente: «Non stavi andando, Miyako? Non vorrai far
aspettare i tuoi,
vero?» La ragazza annuì e decise di ignorare
l’amico, uscendo dal locale.
Altro
massacro scampato in tempo. Ormai stava diventando uno sport,
nel loro gruppo, evitare i litigi di quei due.
Dopo
un’altra mezz’ora passata a chiacchierare del
più e del meno,
evitando altri due battibecchi tra Daisuke e Takeru (il suo avversario
preferito, dopo Miyako), quasi tutti i ragazzi se ne andarono. Alla
fine
rimasero soltanto i due fratelli Yagami, Yamato, Sora e Takeru.
Con
estrema calma, i cinque pagarono e si avviarono verso casa.
Hikari
e Takeru lasciarono subito indietro i tre ragazzi più
grandi, camminando immersi nella loro conversazione.
«Non
sono carini?» commentò Sora, con voce tenera.
«Carini?
Sono patetici!» esclamò Taichi, senza il minimo
tatto.
«Hai
dato del patetico a mio fratello? Ti informo che non è
l’unico
ad andare in palestra» lo minacciò Yamato, alzando
un pugno.
«Ho
dato del patetico a tuo fratello e a mia
sorella» lo
corresse il ragazzo, senza preoccuparsi minimamente.
«Insomma, cosa aspettano? Che arrivi la fata
madrina?»
«Non
è così facile come la fai sembrare,
Taichi» gli fece notare
Sora, spostandosi tra i due ragazzi per evitare scene di violenza.
«Andiamo,
anche un cieco lo capirebbe che quei due si piacciono!» si
lamentò il castano.
«Devo
dare ragione a Taichi… Anche il peggior sociopatico del
mondo si accorgerebbe che si piacciono» ammise Yamato,
guardando i due ragazzi
davanti a loro.
«Vedi?
L’ha capito anche lui!» esclamò
trionfante Taichi.
«Spera
di non avermi appena dato del sociopatico, perché
è la
volta buona che ti riduco in poltiglia» ringhiò il
biondo, voltandosi verso il
suo cosiddetto migliore amico.
«Su,
su, fate i bravi» li calmò Sora, spostando poi
l’attenzione
sul discorso precedente. «Comunque, Taichi, per loro
è difficile affrontare
questa cosa, perché sono migliori amici da una vita. Hanno
paura delle
conseguenze, perché non vogliono perdere il rapporto che
c’è tra loro.
Però…»
«Però
cosa, Sora? Dai, sono perfetti insieme! Ed è da una vita che
si piacciono!» quasi gridò Taichi, disperato. Quei
due gli mettevano addosso un
nervoso…
«Taichi,
non mettergli fretta. Corri il rischio di rovinare tutto,
e non è quello che vuoi, vero?» intervenne Yamato,
con il famoso cipiglio
imbronciato di casa Ishida.
«Ovviamente
no» sospirò il ragazzo, arrendendosi di fronte ai
due
amici.
Poco
dopo, i fratelli Yagami si separarono dagli altri tre
ragazzi, con appuntamento per l’indomani.
Da:
Taichi
Oggetto:
ohmioddio!
Yamato! Non ci posso
credere! Takeru ha chiesto a mia sorella un
appuntamento!!
Da:
Yamato
Oggetto:
sei un pettegolo
Taichi, sei una comare di
paese. Lasciali in pace! (sono Sora)
P.S. Era ora, che mio
fratello si svegliasse fuori! Y.
Da:
Taichi
Oggetto:
bomboniere
Secondo te le bomboniere,
meglio rosa o bianche?
Da:
Yamato
Oggetto:
senza parole
Taichi, sono sempre Sora.
Sono scandalizzata.
In questo momento ti si
adatta una delle battute di Mr. Darcy:
“L’immaginazione
femminile è veloce: dall’ammirazione passa
all’amore, dall’amore al matrimonio
in un momento solo.”
Da:
Taichi
Oggetto:
la tua ragazza
Dì alla tua
ragazza di non darmi più della donna. E fatti
restituire il cellulare, dannato!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - La curiosità è donna? ***
Il giorno dopo il sole splendeva
su Tōkyō
e
Hikari si alzò prima della sua sveglia. Nulla di strano, se
non per il fatto
che anche suo fratello, noto dormiglione, era già sveglio e
seduto al tavolo
della cucina con un sorriso a dir poco sospetto.
«Buongiorno,
sorellina!» esclamò gioviale, mentre lei entrava
nella stanza guardandolo con tanto d’occhi.
«Taichi.
Che ci fai già sveglio?» domandò la
ragazza, seccata.
«Il
mattino ha l’oro in bocca!» replicò lui,
per nulla toccato dal
suo tono, offrendole allegramente una tazza di tè.
«Solo
se sei Jack Torrance. Allora, cosa c’è
sotto?» chiese lei,
sospettosa, sedendosi al tavolo e prendendo la tazza che il fratello le
porgeva.
«
La tua sfiducia mi offende, sorellina. Un povero ragazzo non
può
svegliarsi di buon’ora e preparare la colazione per la sua
adorata sorella
minore che a momenti uscirà con un biondino da
strapazzo?» L’ultima
frase, più che dirla, l’aveva ringhiata, perdendo
tutta la sua nonchalance.
«Ah!
Lo sapevo che c’era l’inganno!!»
esclamò Hikari, trionfante,
puntandogli il dito contro. «Tra l’altro, come fai
a sapere che uscirò con
Takeru, oggi?» gli chiese poi, colta da un sospetto.
«Come
dire… Ho messo in pratica le mie innate doti di
spia»
gongolò il fratello, accarezzandosi il mento con fare
vissuto.
«Un
altro modo per dire che hai letto le mie mail, giusto?»
«Se
vuoi dirla così brutalmente… Sì.
Potrei averlo fatto» ammise
candidamente il ragazzo.
«E
ti pare una cosa di cui vantarti??»
«Finché
servirà a salvarti dalle grinfie di un imberbe mocciosetto,
sì.»
«Calma,
Hikari, devi stare calma. Estremamente calma» si disse la
ragazza, prendendosi la testa fra le mani e pensando ad un modo per
porre fine
in maniera lenta e dolorosa all’esistenza del fratello.
«Che
fai, parli da sola? Lo sapevo, quel ragazzo ti ha già
rovinato!!» gridò teatralmente Taichi, alzando le
braccia al cielo.
«La
smetti?» esclamò lei di rimando, lanciandogli il
tovagliolo in
piena faccia.
«Mai!»
ribatté lui, ignorando bellamente il tovagliolo.
Nella
cucina calò un silenzio innaturale, mentre i due fratelli si
guardavano in cagnesco.
«Pensavo
che Takeru ti piacesse» osservò Hikari dopo
qualche
secondo, decidendo di trattare il fratello come una persona normale e
non come
un mentecatto qual era. Chissà, forse avrebbe risolto
qualcosa.
Taichi
trovò improvvisamente interessante il fondo della sua
tazza.
«Lo
conosci da anni… Non è il primo sconosciuto che
ho incontrato
per strada!» continuò la ragazza.
«Ci
mancherebbe altro!» scattò subito il fratello,
sollevando lo
sguardo dalla tazzina alla sorella.
«E
allora dove sta il problema?» esclamò lei,
esasperata.
«Il
problema è che tu sei la mia sorellina e che è
mio dovere
proteggerti da tutto!» replicò lui, altrettanto
esasperato. Perché Hikari si
ostinava a non capire??
«Taichi…
Sono grande abbastanza…»
«Oh,
certo! Solo perché sei entrata alle medie non vuol dire che
tu sappia tutto della vita.»
«E
invece tu, uomo vissuto, sai tutto, vero?» ribatté
Hikari,
piuttosto arrabbiata, adesso. La stava trattando come una bambinetta
dell’asilo.
«Sicuramente
più di te. E sono sicuro che Takeru non vada bene.»
«Come
puoi dire una cosa del genere? L’hai visto crescere,
praticamente! E comunque non ci stiamo sposando, usciamo solo un
pomeriggio,
senza il solito codazzo di persone dietro di noi a
giudicarci!» praticamente
urlò la castana, ad un passo dalle lacrime.
«Hikari…»
tentò di calmarla Taichi, allungando una mano verso di
lei. La ragazza si ritrasse involontariamente.
«Io
voglio solo uscire con il ragazzo che mi piace per un
pomeriggio. Magari andrà bene, magari no, ma almeno lo
saprò per esperienza
diretta. Capisci quello che voglio dire?» disse lei,
guardandolo con gli occhi
lucidi.
Ci fu
un altro momento di imbarazzante silenzio, mentre Taichi
cercava di rielaborare quello che gli era stato detto. Dopo quella che
sembrò
un’eternità, finalmente annuì.
«Ho capito. Forse ho un po’ esagerato. Ma quando
si tratta di te, sorellina, lo sai che mi faccio prendere la
mano…»
«Lo
so. E ne sono contenta, perché significa che mi vuoi bene.
Ma devi
lasciare che anche io abbia le mie esperienze. E per le ramanzine
c’è sempre
papà, hai presente? Quel signore mezzo calvo, che cena con
noi tutte le sere… »
«Mmm,
ora che mi ci fai pensare, forse l’ho già visto,
un paio di
volte…» stette al gioco lui, aprendosi in un
sorriso spontaneo, che contagiò
anche la sorella. La ragazza si alzò dal suo posto e corse
ad abbracciare il
fratellone.
«Vedrai,
non sarà così tremendo» gli
sussurrò in un orecchio,
prima di precipitarsi in camera a cambiarsi. Doveva vedersi con Miyako
al
centro commerciale e poi si sarebbe vista con Takeru, dopo pranzo.
Taichi
rimase a fissare la scatola di biscotti davanti a lui, scuotendo
la testa e mormorando: «Stai invecchiando, vecchio
mio…»
«Hikariiiiii!
Sono qui!» esclamò Miyako, facendo girare mezzo
centro commerciale.
Hikari
la raggiunse con non poco imbarazzo.
«Allora,
pronta per oggi?» chiese la ragazza dai capelli viola,
sorridendo.
Il
cuore di Hikari perse un battito. Come faceva a saperlo? Non
l’aveva
detto a nessuno del suo appuntamento! Suo fratello non contava,
l’aveva
scoperto da solo…
«Oggi?»
chiese nervosamente.
«Ma
sì, alla fine abbiamo deciso che saremmo andati oggi a
prendere i Digimon, non ricordi? Ieri sera si è fatto troppo
tardi e poi ognuno
aveva degli impegni…» le rispose la sua amica,
guardandola sospettosa. Non era
da Hikari dimenticarsi le cose, soprattutto della sua adorata Gatomon.
Qualcosa
bolliva in pentola, e lei avrebbe scoperto cosa. Oh, sì, che
l’avrebbe
scoperto.
«Ah.
Ah, ma certo! Sono prontissima, ovvio!» replicò,
troppo in
fretta, la castana, rilassandosi all’istante. Ma certo, i
Digimon! Nessuno
sapeva di lei e Takeru!
«Sicura
di stare bene? Mi sembri un po’
nervosa…» disse Miyako.
«No
no, non ho niente. Sono solo agitata per stasera, sai… Non
vedo Gatomon da un sacco di tempo e…»
La
tirata di Hikari venne interrotta dal suono del suo cellulare. Una
mail!
Impallidendo,
infilò una mano nella borsetta e ne tirò fuori il
telefono. Non aveva
il coraggio di
guardare chi le scrivesse. E
se era
Takeru che cancellava tutto perché in realtà lei
non gli piaceva?
Miyako
notò il suo comportamento e da pettegola qual era, decise
di farsi i fatti della sua amica. Ma, naturalmente, doveva farlo con
stile… Fu
quindi con una voce molto querula che cominciò a recitare:
«E così, Jane, chi
ti scrive? Che c’è di nuovo? Che cosa dice? Via,
Jane, spicciati, raccontaci;
presto, amor mio!»
Hikari
riconobbe le battute di Mrs Bennet e scoppiò a ridere,
prontamente imitata da Miyako. Quando si calmarono, la castana
controllò
finalmente lo schermo. Arrossì improvvisamente e non
riusciva quasi a respirare
dall’ansia. Perché effettivamente il mittente era
Takeru…
«Hikari?
Ci sei? Guarda che se non la apri tu, questa mail, la
apro io!» minacciò Miyako.
«No!»
esclamò la ragazza, stringendosi il cellulare al petto, per
proteggerlo dalle grinfie dell’amica.
«Stai
calma, stavo scherzando! Tieniti pure i tuoi segreti, se ci
tieni» ribatté l’altra, offesa.
Hikari
la guardò con tristezza. Non voleva litigare con la sua
migliore amica. Quindi prese un respiro profondo e disse:
«È Takeru.»
Miyako
la guardò raggiante, l’offesa di poco prima
completamente
dimenticata. «Sul serio?!? E cosa dice??»
«Miya,
sembri davvero Mrs Bennet, adesso! Dai, controllati» le
disse ridendo la castana, decidendosi finalmente ad aprire la mail.
«Ma
io sto morendo di curiosità! Sii buona, dimmi cosa
dice!» la
pregò l’altra, giungendo addirittura le mani.
In
sé, la mail non era nulla di che. Si trattava semplicemente
della conferma per luogo e ora dell’appuntamento (alle 16
davanti alla torre di
Tōkyō, se l’era sognato tutta la notte!), ma le fece piacere.
Ora si trattava
di dirlo a Miyako senza che tutto il resto del centro commerciale
venisse a
saperlo.
«Vieni,
andiamo a sederci a quel tavolino» le disse, trascinandola
verso il baretto davanti a loro.
Una
volta sedute e ordinato un succo, finalmente si sentì pronta
a
raccontare tutto alla sua amica. Amica che, in quel preciso istante,
sembrava
seduta su un cuscino di spine, perché non riusciva a stare
ferma e a trattenere
la sua curiosità.
Prese
un respiro profondo e poi cominciò: «Miya, tu sai
che mi
piace Takeru, vero?»
«Se
lo so?!? Ma pensi che io sia cieca? Certo che lo so!»
esclamò
la ragazza.
«Okay,
bene… Anzi, no, non bene. Si vede così tanto che
mi piace?»
domandò la castana, colta da un dubbio.
«Se
non sei Daisuke, che ha la gamma di emozioni di un cucchiaino,
abbastanza. Però non c’è niente di
male, tranquilla! Anche a lui piaci un
sacco, si vede lontano un chilometro!»
Okay,
se voleva rassicurarla, non c’era riuscita per niente.
«Cos…?
Sul serio? E io sono l’unica a non essersene
accorta?»
«Ma
ci sei o ci fai? Quel ragazzo è cotto di te da anni! Ancora
mi
chiedo perché non ti abbia chiesto di uscire, ma immagino
che sia molto timido.
Oppure…»
Prima
che Miyako si lanciasse in qualche volo pindarico, Hikari la
interruppe: «Fermati, fermati. Davvero è cotto?
Non è che ti stai immaginando
tutto?»
«Fidati
di me. Certe cose si capiscono. Siete due libri aperti,
solo che non riuscite a capirvi tra voi… Come se foste
scritti in due lingue
diverse.»
«Davvero?»
chiese, speranzosa.
«Si
è rotto il disco? Devo giurartelo sulla Costituzione? Te
l’ho
detto, è innamorato pazzo di te!» rispose seccata
Miyako. Cosa c’era di
difficile da capire?
Hikari
si rilassò sulla sedia, tirando un sospiro di sollievo.
«Okay,
okay… Ho capito. Ma ci crederò solo se me lo
dirà lui di persona.»
«Mi
pare giusto. Quindi devi invitarlo ad uscire!»
esclamò
battagliera la ragazza con gli occhiali. Poi sembrò
accorgersi dell’espressione
della sua migliore amica, perché fece un sorrisetto saputo e
le disse: «Ma mi
sa che non ce ne sarà bisogno, giusto?»
Hikari
arrossì ancora di più, ma non poté far
altro che annuire: «Dobbiamo
vederci oggi pomeriggio, alla torre.»
«Oh,
ma è fantastico!!» gioì la ragazza,
facendosi film tutti
suoi. «E come ti vestirai?» chiese poi, curiosa.
«Ehm,
pensavo di andare vestita così, no?»
domandò Hikari,
timidamente.
«Ragazza
mia, non ci siamo proprio. Qua urge un intervento e avrò
bisogno di mooooooolto aiuto» ribatté Miyako,
squadrandola e tirando fuori il
cellulare.
«Miya?
Miya, chi stai chiamando? Miyako! No, ti prego, non
chiamare…»
«Mimi?
Ciao, tesoro, sono Miyako!»
Hikari
si accasciò sulla sedia, prevedendo una lunghissima
mattinata.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Fratello e sorella ***
«Io
commetto un omicidio. Anzi. Un duplice omicidio.»
«Dai,
Hikari, lo fanno perché ti vogliono bene.»
«O
magari mi vogliono male. Hai visto cosa mi hanno portato non
più tardi di un minuto fa?»
«Era
molto… Come dire?»
«Brutto?
Orrendo? Totalmente inadatto ad una persona della mia
età?»
«Stavo
per dire “classico”.»
«Ti
ringrazio per il sostegno morale, Sora, ma una cosa orrenda so
riconoscerla. E quella è una cosa orrenda.»
Sora
fece per rispondere, ma venne interrotta dalla cantilenante
voce di Mimi: «Hikaaaaaariiiiii! Che te ne pare di
questo?»
Hikari
gemette, mentre Sora le rivolgeva un debole sorriso: Mimi
si stava trascinando dietro qualcosa che sembrava un tendone da circo.
«Mimi…
Grazie davvero, ma non credo sia nel mio stile» la
ringraziò la castana, cercando di non ferire i sentimenti
della sua amica.
«Non…
Non vuoi nemmeno provarlo?» le chiese la ragazza, con il suo
tono da fanciulla ferita che le garantiva sempre quello che voleva.
E
anche quella volta, infatti, non fallì. Con un sospiro,
Hikari
tese la mano e si accinse a provare la tenda, mentre Miyako arrivava di
corsa
con quello che sembrava il fratello gemello del vestito che aveva
trovato Mimi.
Di bene in meglio, insomma.
Fortunatamente
per lei, intervenne Sora: «Ragazze, sono tutti
vestiti molto belli, ma sapete che Hikari è piuttosto
sobria… Non credete di
stare esagerando?»
Le
altre due la guardarono sconvolte. Loro, esagerare? Ma quando
mai?
Poi
videro la faccia di Hikari e si resero conto che forse,
effettivamente, avevano esagerato. Ma un pelino. Appena appena. Quasi
per
niente. «Scusa, Hikari. Forse ci siamo fatte prendere un
po’ la mano…»
«Scuse
accettate. Ora toglietemi da davanti agli occhi questa cosa…
E andiamo a cercare qualcosa che venga incontro al mio gusto, va
bene?» rispose
la ragazza, abbandonando il vestito su un attaccapanni lì
vicino e dirigendosi
con le sue amiche verso un nuovo reparto.
Mentre
Hikari era in giro per negozi con Sora e le altre, Taichi aveva
istituito una sorta di consiglio di guerra nel suo salotto. In
realtà, gli
unici partecipanti erano lui e Yamato, ma questi erano dettagli.
«Taichi,
spiegami il senso di questa buffonata.»
«Buffonata?
Perché mai dovrebbe essere una buffonata?»
domandò
piccato il castano, fulminando il suo migliore amico con lo sguardo.
«Forse
perché mi hai costretto a indossare uno stupido elmetto e a
imbrattarmi le guance con l’ombretto di tua madre?»
chiese sarcastico l’altro.
«Questo,
mio caro, significa essere pignoli, lo sai, sì?»
«Senti.
Facciamo così. Io cercherò di assecondarti in
questa cosa…»
Taichi cominciò ad esultare. «Se!» Il
ragazzo si accasciò sul divano. Lo sapeva,
che c’era l’inganno. «Se mi fai pulire le
guance e mi fai togliere questo coso.»
«Ma
così rovinerai l’atmosfera» si
lagnò il castano.
«Prendere
o lasciare» lo minacciò il biondo.
«Okay,
okay, mi arrendo. Puoi toglierti l’elmetto e
l’ombretto»
concesse Taichi, sbuffando, mentre l’amico si liberava di
quel ridicolo
travestimento.
«Bene.
Ora che il signorino è a posto, può prestare
attenzione a
me?» domandò Taichi, quando Yamato riemerse dal
bagno, dove era andato per
lavarsi via il trucco dal viso.
«In
realtà non vorrei farlo, ma mi hai praticamente obbligato a
venire qui. Senza contare che se non lo faccio, Sora mi
uccide.»
«Questo
perché Sora ha ben chiare le sue
priorità.»
«No,
questo perché Sora non si fida di te.»
«Quello
che è. Fatto sta che devi stare con me e aiutarmi nel mio
piano.»
«Il
tuo piano in cosa consisterebbe?»
«Seguire
mia sorella e tuo fratello nel loro primo appuntamento e
al momento giusto intervenire.»
«Giuro,
non vorrei mai ammettere una cosa del genere, ma… Non ti
seguo. Fino a ieri rompevi l’anima a chiunque
perché non vedevi l’ora che mio
fratello e Hikari capissero che si piacciono. E ora non vuoi che escano
insieme? Per quanti problemi tu possa avere, questo mi sembra troppo
anche per
te!» tentò di ragionare Yamato.
«Questo
perché fino a ieri pensavo fosse una cosa tenera e carina
che quei due si piacessero e non se lo dicessero. Ma poi mi sono messo
a
pensare…»
«Ora
ho paura sul serio.»
«Molto
simpatico. Comunque, dicevo, mi sono messo a pensare e ho
capito che in realtà non voglio che accada,
perché Hikari è la mia sorellina e
non voglio che quel bruto di tuo fratello le spezzi il
cuore.» concluse Taichi,
sembrando quasi serio.
«Punto
primo, mio fratello non è un bruto e sono abbastanza sicuro
che non spezzerà mai il cuore ad Hikari. È
innamorato di lei da quando aveva sette
anni, per l’amor del cielo! Punto secondo, tua sorella
è grande abbastanza da
sapere quello che vuole e soprattutto non ha bisogno che tu ti metta in
mezzo.»
«Proprio
quello che mi ha detto lei!» esclamò il castano.
«Forse
perché è vero?» domandò
sarcastico il biondo, guardandolo
male.
«Vorrei
vedere te, se avessi una sorella!»
«Ho
un fratello, il concetto è lo stesso.»
«No,
non lo è. Tuo fratello è un maschio!»
«Mi
pare inutile, puntualizzare l’ovvio.»
«Allora
insisti! Giuro, vorrei che ci scambiassimo i ruoli, così
capiresti.»
«Capire
cosa?» li interruppe in quel momento la voce di Hikari,
appena rientrata insieme a Sora.
«Niente!»
strillò Taichi.
«Che
tuo fratello è paranoico» rispose allo stesso
tempo Yamato.
Le
ragazze entrarono nel salotto, sedendosi sul divano accanto ai
due ragazzi. Sora scoccò un bacio sulla guancia a Yamato,
sedendosi sul
bracciolo accanto a lui e posandogli un braccio sulle spalle.
«Come è andata la
vostra mattinata tra uomini?»
«Male.
Devo ancora capire cosa ho fatto di male per meritarmi
tutto questo.»
«Esagerato.»
«Credimi,
non è così.»
«Yamato,
tu non capisci la gravità di questa cosa»
intervenne
Taichi, stufo di essere ignorato.
«Quale
cosa? Non starai ancora parlando di me e Takeru, vero?»
domandò sospettosa Hikari, guardando suo fratello.
«Ehm»
rispose intelligentemente il ragazzo, cercando sostegno nel
suo amico, che lo guardò impassibile con un’aria
da “te l’avevo detto”.
«Taichi!
Pensavo che avessimo raggiunto un accordo! Io esco con
Takeru, mi godo il mio pomeriggio con la persona che mi piace e se non
dovesse
funzionare, torneremo amici come prima. Punto. E non mi pare di vedere
la tua
presenza, in tutto questo» scoppiò sua sorella,
alzandosi in piedi e scappando
nella sua stanza.
Ci fu
un lungo momento di silenzio, poi Yamato rivolse poche, ma
lapidarie parole al suo migliore amico: «Tutto quello che si
presenta sotto la
veste della furberia è spregevole.»
Taichi
lo guardò confuso. Yamato si alzò dal divano e
fece un
cenno anche a Sora. Prese la sua giacca e finalmente parlò
di nuovo: «Mr Darcy.
Comunque penso che sia una frase che si adatti anche alla tua
situazione. Parlandoci
seriamente, Hikari è grande e può fare le sue
scelte. Mio fratello pure, e sono
sicuro che farà il meglio che può per tua
sorella, anche nel caso in cui
dovesse andare male tra loro. Ma ne dubito fortemente, non ho mai visto
due
persone più adatte a stare insieme di loro due. Quindi
smettila di preoccuparti
e di fare la parte del fratello geloso. Non ti si addice.»
E con
questo uscì dalla porta, senza salutare.
Sora
si fermò un attimo, indecisa sul da farsi. Poi decise che il
suo migliore amico aveva bisogno di essere consolato. Era appena stato
zittito
da sua sorella minore e dal suo migliore amico. Troppo per lui, in una
sola
giornata. Quindi si sedette di nuovo sul divano, abbracciandolo.
Lui
era ancora inebetito e quasi non se ne accorse, finché lei
non
parlò.
«Sai,
Taichi… Credo che Yamato abbia ragione. Poteva dirtelo in
maniera meno brusca, ma sai come è fatto.»
Il
ragazzo rimase in silenzio. Lei lo prese come un invito a
proseguire e così fece: «Concorderai con me che ti
sei comportato da sciocco. Fino
a poco tempo fa, Hikari ha sempre cercato il tuo aiuto, ma adesso che
si sta
allontanando da te, tu la vedi come una minaccia alla tua figura di
uomo forte.
Mi sbaglio, forse?»
Taichi
si limitò a fare un cenno di diniego.
«Ma
vedi, è normale che Hikari stia uscendo dal suo guscio. Ed
è
anche normale che veda Takeru come nuovo punto di riferimento. Sono
amici fin
da piccoli e, soprattutto, si piacciono fin da quando sono piccoli.
Hanno condiviso
molte cose difficili da affrontare da soli e in quei momenti erano solo
loro
due. Credo che tra loro non potrà fare altro che andare
bene. Non devi avere
paura che lei si dimentichi di te, sarai sempre il suo
fratellone.»
Taichi
ancora non parlava.
Sora
fece un sospiro, guardò l’orologio e, con un
ultimo abbraccio
al suo amico, si alzò dal divano. «Ci vediamo
stasera» lo salutò, prima di
andarsene.
In
casa Yagami calò nuovamente il silenzio, mentre Taichi
rifletteva su quello che gli aveva detto Sora e anche Hikari, che aveva
ascoltato tutto dal corridoio, non vista. Però, quando suo
fratello alzò lo
sguardo, la vide. Lei si ritrasse, spaventata, ma lui le fece cenno di
raggiungerlo sul divano.
I due
fratelli rimasero abbracciati per un bel po’, poi finalmente
Taichi si arrischiò a parlare: «Sono stato uno
stupido. Un emerito stupido. E un
fifone, soprattutto un fifone. Meno male che ho la Digipietra del
Coraggio.»
Hikari
fece un sorrisino, sopprimendo anche una risata.
«Sì, sei
uno stupido. Come puoi pensare che non avrò più
bisogno di te, se con Takeru
andrà bene? Sei il mio fratellone, con chi mi potrei
confidare, se non con te?»
«Con
Miyako?» domandò il ragazzo.
«Ma
non sarebbe la stessa cosa. Anche perché ce l’ho
con lei per
aver chiamato Mimi, stamattina. Mi hanno costretto a provare delle cose
orribili, davvero.»
E si
lanciò in una descrizione molto dettagliata delle torture
subite durante la mattina.
Quando
la madre rientrò per pranzo, li trovò seduti
abbracciati
sul divano a ridere.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Una torre per due ***
Hikari
lanciò un’occhiata disperata
all’orologio: segnava, senza
ombra di dubbio, le quattro e dieci. E lei doveva ancora arrampicarsi
fuori
dalla stazione della metropolitana di Akabanebashi. Maledisse tra
sé e sé la
distanza tra Hikarigaoka e la torre di Tōkyō, la sua lentezza nel
prepararsi e
la ficcanasaggine di sua madre, che l’aveva fermata per un
interrogatorio lampo
mentre stava uscendo per andare alla stazione.
Fece
passare rapidamente la sua Suica, superando al volo una
povera nonnina per poi correre su per le scale della stazione. Una
volta in
cima si fermò a riprendere fiato e poi ricominciò
la sua folle corsa verso la
torre, ben visibile da dove si trovava.
Cinque
minuti dopo si fermò ansimando davanti ad un ragazzo biondo
comodamente appoggiato al muro, gli occhi azzurri fissi sul cellulare.
«Scusami,
sono in ritardo!» proruppe la ragazza, cogliendolo di
sorpresa.
«Hikari!
Ciao! Respira, ti prego» la salutò lui, con un
sorriso
smagliante che la fece annaspare ancora di più.
Prima di rischiare
l’iperventilazione (cosa a cui era comunque
prossima), decise di seguire il consiglio di Takeru e prese un respiro
profondo, mentre il ragazzo la guardava divertito.
«Va
meglio?» le chiese, quando la vide tornare a respirare come
una persona normale.
«Decisamente»
rispose lei, con un sorriso.
«Ricominciamo
da capo?» domandò lui. «Ciao, Hikari,
che bello
vederti!»
Divertita,
la ragazza replicò: «Takeru, che
piacere!»
I due
ragazzi scoppiarono a ridere, poi Takeru disse: «Siccome
è
una bella giornata, che ne dici di salire?»
«Salire?»
domandò incerta la ragazza.
«Sì,
sulla torre. Se siamo fortunati, forse riusciamo a vedere
anche il monte Fuji!» Il ragazzo notò la sua
espressione dubbiosa, quindi si
affrettò a spiegare: «Sia ben chiaro che pago
io.»
«Cosa?
Ma costa più di duemila yen, stai scherzando?» si
agitò
Hikari, cominciando a frugare nella borsetta alla ricerca del
portafoglio.
«Mai
stato più serio. Dai, vieni, ci divertiremo!»
esclamò lui,
prendendola per mano e trascinandola verso la biglietteria.
«Che
ti dicevo? Abbiamo fatto bene a salire fin
quassù!» disse
Takeru, sorridendo e voltandosi verso Hikari.
La
ragazza sorrise a sua volta. «Devo ammettere che avevi
ragione.
C’è un panorama splendido!»
«Io
ho sempre ragione» replicò il ragazzo, con un
cenno altezzoso
della mano.
«E
questa superiorità?» domandò lei,
fingendo di guardarlo male. «Secondo
me stai passando troppo tempo con Daisuke…»
«Ti
stai confondendo, quello è il mio gemello cattivo»
ribatté
lui, facendola ridere.
«Che
dici, ci facciamo una foto?» domandò Hikari,
quando tornarono
seri.
«Vedo
che ti è rimasta la passione» sorrise lui,
guardandola
recuperare il cellulare dalla borsetta e settare la fotocamera interna.
«Direi
di sì» rispose lei, facendogli cenno di
avvicinarsi. «Sorridi!»
gli ordinò, prima di scattare a raffica quattro o cinque
fotografie.
«Wow,
hai beccato la luce perfetta! Cosa non facile, in questa
torre» si complimentò Takeru, quando Hikari gli
fece vedere i risultati.
«L’occhio
del fotografo» rispose lei, con un tono di
superiorità.
«Chi
è che sta passando troppo tempo con Daisuke,
scusa?» la prese
in giro il ragazzo.
«Il
tuo gemello cattivo, no?» rispose lei, sorridendo.
«Giuuuuuuuusto.
Continuo a dimenticarmi della sua esistenza!»
ridacchiò lui. Poi, come colto da un’idea
improvvisa, controllò l’orologio.
«Accidenti,
sono già le sei meno un quarto… Alle sei e mezza
ci aspettano ad Odaiba per
andare a prendere i Digimon» esclamò, con
un’aria un po’ delusa.
«Cavoli,
è vero! Credo che sia meglio se iniziamo a scendere e ci
avviamo verso la metro» disse Hikari, con un’aria
altrettanto delusa.
In
silenzio, i due raggiunsero l’ascensore e tornarono alla base
della torre. Qui, Takeru lanciò un’altra occhiata
all’orologio e disse: «Contando
che ci vorrà una mezz’oretta ad arrivare ad
Odaiba… Credo che abbiamo il tempo
per un gelato, non credi?»
A
Hikari si illuminò lo sguardo: «Al gusto
matcha?»
«Al
gusto che vuoi! A patto che paghi io, naturalmente.»
«Ma,
Takeru, hai già pagato la salita… Non
è giusto che paghi
anche il gelato!» tentò di protestare la ragazza
castana, ma il biondo si
infilò agilmente nella coda del bar e, prima che lei potesse
capacitarsi della
cosa, era già di ritorno con due coni gelato.
«Gelato
al matcha, madame!» Takeru le consegnò il cono con
un
mezzo inchino.
«Grazie,
davvero…» rispose lei, prendendolo quasi con
esitazione.
«Figurati,
nessun problema. Purtroppo non abbiamo tempo di sederci,
ma possiamo mangiarlo mentre andiamo alla stazione.»
«Certo.
Ma prima, ci vuole una punizione, perché hai pagato contro
il mio volere» disse beffarda la ragazza, mentre un piano
prendeva forma nella
sua mente.
«Una
punizione?» domandò sorpreso il ragazzo, mentre
gli arrivava
sul naso un ricciolo di gelato verde. «Ehi!»
esclamò, mentre Hikari immortalava
la scena con il suo telefono.
«Sei
bellissimo, Takeru!» ridacchiò la ragazza,
controllando lo
schermo dell’apparecchio. «Sai, il verde ti
dona.»
«Ma
non mi dire» borbottò lui, pulendosi il naso e
cercando di
sbirciare la foto. «Scusa, hai problemi di vista? Come faccio
ad essere bello
se ho una cazzuolata di gelato verde su metà faccia, secondo
te?»
«Oltre
che con Daisuke, passi del tempo anche con Mimi?» lo prese
in giro lei, mettendo via il telefono prima che lui cancellasse le
prove.
«In
realtà» disse lui, guardandola con i suoi occhi
azzurri «preferisco
passarlo con te, il tempo.»
Hikari
lo fissò, gli occhi spalancati e le guance bollenti, il
gelato completamente dimenticato.
Takeru
si limitò a sorridere e a dire: «Forza,
dobbiamo andare.» E uscì dalla torre,
mentre Hikari lo seguiva dopo qualche secondo, ancora imbambolata per
quello
che le aveva detto.
Hikari
Yagami
ha aggiunto due nuove foto presso 東
京タワー Tokyo
Tower con Takeru Takaishi
“Ti
va un gelato, Takeru? :P “
A
Miyako Inoue piace questo elemento.
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Sora Takenouchi piace questo elemento.
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Ken Ichijouji piace questo elemento.
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Miku Yoshida piace questo elemento.
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Yamato Ishida piace questo elemento.
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Taichi Yagami piace questo elemento.
A
Takeru Takaishi piace questo elemento.
Daisuke
Motomiya
ha commentato questo elemento: “Cooooooosa?!? Hikari e il
biondino… Insieme…
Torre… Noooooooooo!”
Miyako
Inoue
ha commentato questo elemento: “Daisuke,
piantala di fare queste
scenate. Ragazzi, siete fantastici! <3 <3
<3”
Daisuke
Motomiya
ha commentato questo elemento: “Zitta, maledetta! Miyako
Inoue”
Miyako
Inoue
ha commentato questo elemento: “ Non sei nemmeno capace di
taggare -.-‘’ “
Hikari
Yagami
ha commentato questo elemento: “Ehm, ragazzi, potreste
smetterla?”
Minako
Kiuchi
ha commentato questo elemento: “Hikari,
è il tuo ragazzo? Belli, belli!
Un bacio!”
Hikari
Yagami
ha commentato questo elemento: “Grazie, zia! “
Daisuke
Motomiya
ha commentato questo elemento: “Miyako Inoue,
come osi?!? Hikari
Yagami, ti prego, dimmi che è uno scherzo!
T.T”
Takeru
Takaishi
ha commentato questo elemento: “Daisuke,
perché dovrebbe esserlo?”
Taichi
Yagami
ha commentato questo elemento: “La cosa si fa interessante. Yamato,
porta i pop corn!”
Yamato
Ishida
ha commentato questo elemento: “Taichi, ti
prego -.-‘’ “
Daisuke
Motomiya
ha commentato questo elemento: “Takeru Takaishi,
muoviti ad arrivare,
che ti devo disintegrare! Biondino da strapazzo!”
Takeru
Takaishi
ha commentato questo elemento: “Uuuuh, che paura!”
«Credi
che tu e Daisuke risolverete la faccenda prima che
arriviamo ad Odaiba?» domandò Hikari, con fare
casuale.
«Ho
paura di no… Ha commentato di nuovo» rispose
Takeru, sentendo
il telefono vibrare per una notifica in arrivo.
«Che
dice, stavolta?» chiese Hikari, incuriosita, sporgendosi per
leggere.
«Ah,
no. È mia nonna che mi ha scritto un messaggio. Vuole sapere
come va con…» Takeru si interruppe con un suono
strozzato e diventò tutto
rosso. Cercò di nascondere il telefono il più
velocemente possibile.
«Con?
Tutto bene? Sei tutto rosso!» si preoccupò la
ragazza,
guardandolo.
«Tutto
bene, ma ho come il sospetto che dopo stasera sarò figlio
unico.»
«Che
ha fatto Yamato?»
«Diciamo
che ha spifferato cose che non dovevano assolutamente
trapelare alla nonna. E adesso lo saprà tutta Nagoya,
accidenti!»
«Sapere
cosa?»
«Che…»
Takeru deglutì nervosamente «…
che ti ho chiesto di uscire.»
«Oh.»
«Già.»
Tra i
due calò un silenzio piuttosto imbarazzato: certo, erano
usciti, ma nessuno aveva ancora detto ad alta voce che quello era un
appuntamento in piena regola.
Dopo
qualche minuto, Takeru si schiarì la gola e disse: «Ehm,
comunque… Spero che tu ti sia divertita.»
Hikari
si riscosse dai suoi pensieri e si affrettò a rispondere:
«Oh,
sì, è stato tutto così
divertente.» Divertente?!? Hai appena definito un
appuntamento divertente?!? Bella mossa, Hikari! Ora sì che
ti chiederà di
essere la sua ragazza! si rimproverò mentalmente,
lanciando uno sguardo
sconfortato a Takeru, che sembrava perso nei suoi pensieri.
«Hikari,
senti…» La voce di Takeru la richiamò
all’improvviso alla
realtà. Si voltò titubante verso di lui:
«Che c’è?»
«Tu…
Sai che mi piaci, vero?»domandò lui, praticamente
bordeaux.
«Io…
Sì, lo so» ammise la ragazza, senza guardarlo.
«Mi
piaci più che come amica. Molto più che come
amica. Sai anche
questo, immagino.»
«Più
o meno.»
«Che
vuol dire “più o meno”?»
«Che…
Che Miya mi aveva detto una cosa del genere e anche Sora, ma
io… Io, ecco, volevo sentirlo da te» quasi
sussurrò Hikari, ormai diventata un
tutt’uno con il sedile, da quanto ci stava sprofondando
dentro.
«Immaginavo
che Sora l’avesse capito. Lei ha la Digipietra
dell’Amore,
dopotutto…» commentò amaro il ragazzo.
«Ehm,
in realtà, l’hanno capito quasi tutti. Mi hanno
detto che
sei una persona molto trasparente» confessò la
ragazza.
«Vorrei
che fosse un complimento, ma ho paura che l'esser capito
così a prima vista significhi che sono una persona di ben
poco valore…»
«Mister
Bingley, vero?» sorrise Hikari, riconoscendo la citazione.
«Già.
Non si può dire che non stia studiando la mia
parte» replicò
lui, sbuffando.
Hikari
gli sorrise di nuovo. «Comunque, è un complimento.
Perché tu
non sei assolutamente una persona di poco valore, Takeru. Sei una
persona
fantastica, sei sempre disponibile, gentile, carino e… E io
sono innamorata di
te.»
Ecco.
L’aveva detto.
Passò
qualche istante perché Takeru elaborasse quello che Hikari
aveva appena detto. Poi, come colpito da una scossa elettrica, il
ragazzo si
rianimò e si voltò verso di lei.
«Dici
davvero?» domandò incredulo.
«Certo
che dico davvero! È da quando avevamo sette anni che sono
innamorata di te!»
«Cosa?!?
Anche io!»
«Davvero?»
«Sì!
Oh, che stupidi siamo stati! Abbiamo aspettato sette anni per
dirci una cosa del genere?» esclamò lui,
soffocando una risata.
«Seriamente…
Siamo pessimi!» ridacchiò anche Hikari.
«Direi
che è il momento di rimediare, no?»
domandò Takeru,
tornando serio e prendendole la mano tra le sue.
«Direi
di sì» rispose la ragazza, stringendogli la mano e
appoggiandosi alla sua spalla.
In
quel momento, il cellulare di Hikari iniziò a vibrare,
facendo
saltare tutti e due sul sedile. «Chi è che rompe,
adesso?» domandò poco
finemente la ragazza, controllando il nome sullo schermo.
«Chi
è?» chiese Takeru.
«Miya.
Ma tanto manca una fermata, direi che posso fare a meno di
rispondere» rispose Hikari, rimettendo il telefono in borsa e
appoggiandosi di
nuovo a Takeru, che le passò un braccio dietro le spalle e
la strinse a sé.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 - Nessuna nuova, buona nuova... O no? ***
«Ragazzi!
Siete arrivati!» esclamò Miyako, agitando
allegramente
una mano in direzione di Takeru e Hikari, che si stavano avvicinando
con tutta
la calma del mondo, le mani intrecciate.
A
quella vista, per poco Daisuke non si strozzò con la sua
stessa
saliva e cominciò a uscirgli il fumo dalle orecchie.
«Ma
quanto siete carini?» urlò Mimi, posandosi le mani
sulle
guance e lasciandosi andare a una serie di urletti da fangirl isterica.
I due
ragazzi arrossirono lievemente, mentre Sora cercava di ricondurre la
castana
alla ragione.
Taichi
fece per correre verso di loro, quasi a voler controllare
lo stato di salute della sorella, ma in quella il DigiVarco sul
computer di Kōshirō
si illuminò e l’attenzione di tutti si rivolse in
quella direzione.
Una ad
una, delle figure luminose uscirono dal varco e si
stabilizzarono davanti ai ragazzi, che a malapena trattenevano
l’emozione.
«Daisuke!»
Il primo a correre verso il suo compagno fu Veemon,
seguito a ruota da Agumon e poi da tutti gli altri. Per qualche minuto,
l’aria
si riempì di “Da quanto tempo!” e
“Quanto mi sei mancato!” e di gridolini di
gioia. Quando i saluti furono terminati, i ragazzi si sedettero sulla
spiaggia
con i loro amici digitali, dividendo quel che si erano portati per
merenda.
Takeru ed Hikari rifiutarono gentilmente, ancora pieni dal gelato preso
alla
torre, cosa che ai Digimon interessò ben poco:
più cibo per loro!
«Allora,
ragazzi, novità?» domandò Jyō, passando
distrattamente la
mano sulla testa di Gomamon.
«Già,
è un po’ che non abbiamo notizie»
aggiunse Ken, guardando
interrogativo il suo Wormmon.
I
Digimon tacquero di colpo e i ragazzi sentirono un brivido
freddo corrergli lungo la schiena.
Non
era un buon segno.
«In
effetti…» cominciò Agumon, evitando lo
sguardo di Taichi. «Di
notizie ce ne sarebbero, ma non sono buone.»
«Cos’è
successo? Siete stati attaccati?» domandò
preoccupato il
ragazzo, osservando meglio il suo Digimon alla ricerca di eventuali
ferite.
«Non
ancora, ma nell’aria si sente qualcosa. Qualcosa di
oscuro»
confessò Tentomon, le antenne vibranti.
«Inoltre,
da nord arrivano notizie poco rassicuranti, di intere
comunità di Digimon scomparse nel nulla» aggiunse
Gabumon, abbassando lo
sguardo a terra.
«Scomparse?
In che senso?» domandò Miyako.
«Nel
senso che non ci sono più, no?» esclamò
Daisuke, come se
fosse ovvio (ed effettivamente tutti i torti non li aveva), alzandosi
in piedi
di scatto. «Ragazzi, dobbiamo intervenire!»
«Non
sappiamo ancora di cosa si tratta» gli fece notare Yamato,
guardandolo storto.
«Ma
dobbiamo comunque fare qualcosa! Non possiamo lasciare che i
Digimon scompaiano così, sotto il nostro naso! Ci siamo
presi l’incarico di
difendere Digiworld ed è quello che faremo!» si
infiammò il ragazzo, agitando
un pugno in direzione del biondo.
«Non
sto dicendo che non lo faremo, sto dicendo che prima dobbiamo
informarci su cosa sta minacciando Digiworld»
ribatté Yamato, alzandosi in
piedi a sua volta e sovrastando l’altro.
«Adesso
basta, calmatevi!» esclamò Sora, mettendosi in
mezzo, una
mano sul petto del suo ragazzo e una a qualche centimetro dal naso di
Daisuke. «Non
c’è bisogno di litigare tra noi, dobbiamo
mantenere la calma per poter essere
in qualche modo d’aiuto. Daisuke, la tua voglia di fare
è davvero ammirevole ma…»
«Che
cosa c’è di tanto apprezzabile in una
precipitazione che
lascerebbe per forza metà delle cose in sospeso, e non
porterebbe alcun
vantaggio né a te né agli altri?»
intervenne Yamato, citando il signor Darcy.
«Oh,
il signorino sta studiando la parte, eh?» domandò
sarcastico
Daisuke, incrociando le braccia e sbuffando.
«Che
parte?» domandò Veemon confuso, ma la sua domanda
si perse
nella risposta poco educata di Yamato, prontamente redarguito da Sora
che
cercava di mettere pace tra i due.
«Aaaaaaaaargh!!!!»
L’urlo
di Miyako risuonò nell’aria e tutti, Digimon e
umani, si
voltarono verso di lei.
«Non
ne posso più di sentirvi litigare! Ma vi pare il momento?
Abbiamo
la recita tra due settimane e adesso scopriamo che Digiworld
è in pericolo, non
possiamo permetterci di litigare!» esclamò la
ragazza, guardando in cagnesco
Daisuke e Yamato, che distolsero lo sguardo, colpevoli.
«Miyako
ha ragione. Dobbiamo calmarci tutti e organizzare le cose
come si deve» intervenne Kōshirō.
«Per
prima cosa, per quanto grave possa essere la situazione a
Digiworld, i Digimon hanno bisogno di riposare e noi pure»
dichiarò Taichi. «Tra
l’altro, domani abbiamo le prove della recita. Dobbiamo
organizzare il nostro
tempo tra quello, la scuola e Digiworld.»
«Sono
sicura che ce la faremo!» esclamò Mimi, fiduciosa.
«Per
il momento, torniamo a casa e facciamoci una bella dormita. Domani
mattina prima di scuola, ci incontreremo al parco davanti a scuola e
metteremo
a punto un piano d’attacco» continuò
Taichi, nel suo miglior tono da leader. I ragazzi
annuirono, concordi e anche i Digimon dimostrarono la loro
approvazione.
«Ovviamente
a scuola non potrete venire, starete a casa e ci
incontreremo una volta finite queste benedette prove,
d’accordo?» concluse il
ragazzo, guardando le creature digitali.
«Ma
le prove di cosa?» domandò Agumon incuriosito.
«La
recita della scuola, partecipiamo tutti» spiegò
Iori,
cominciando ad entrare nel dettaglio, ma venne bruscamente interrotto
da
Daisuke: «Sì, sì, vi racconteremo
andando a casa. Ora dobbiamo andare, Hikari,
ti accompagno?»
Hikari,
Takeru e tutti gli altri lo guardarono con gli occhi
sgranati.
«Che
c’è?» chiese il ragazzo, con una smorfia.
«Ehm, Daisuke,
caro, so che
con l’età ti stai rintronando sempre di
più, ma… Posso ricordarti che non più
tardi di un’ora fa Hikari è arrivata qui mano
nella mano con Takeru?» domandò
Miyako, indicando con un cenno della mano i due ragazzi, che assunsero
una
bella tonalità ciliegia.
Tutti
i Digimon si voltarono verso di loro con un’espressione
maliziosa, ma i due decisero di ignorarli.
«E
con questo?» domando Daisuke, caparbio.
«E
con questo, genio, vuol dire che stanno insieme! Ma si può
essere così tonti?!?» gridò Miyako,
alzando le braccia al cielo per non
strangolare l’amico.
Takeru
e Hikari ormai erano sul punto di scavarsi una fossa nella
sabbia per seppellirvicisi e non uscirne mai più.
«Ma
loro non stanno insieme!» esclamò in risposta il
ragazzo. «Quindi
io posso accompagnare a casa Hikari.»
«Io
ci rinuncio» annunciò Miyako, recuperando la sua
borsa e
raggiungendo Hawkmon.
«Un
caso perso» concordò Yamato, avvicinandosi a
Gabumon insieme a
Sora, seguita a ruota da Biyomon. «Ragion per cui, noi ce ne
andiamo. Qualcuno gli
faccia un disegnino, per favore» aggiunse in tono caustico,
facendo un cenno di
saluto all’indirizzo di tutti. Sora fece un gran sorriso e si
allontanò mano
nella mano con lui, i loro Digimon al fianco.
«Vedi?
Loro si tengono per mano. E stanno insieme» disse Miyako,
senza alcuna pietà, all’indirizzo di Daisuke.
«Lo
so che stanno insieme, li prendiamo in giro un giorno sì e
l’altro
pure per questo. Non sono mica stupido!» ribatté
il ragazzo.
«E
fino a qui ci sei. Bene. Ora. Hai visto il post su Facebook?»
continuò Miyako, tra le risate degli altri, mentre Mimi
provvedeva a mostrare
il post ai Digimon.
«L’ho
visto e commentato. E allora?»
«E
allora, testa di rapa che non sei altro, secondo te cosa vuol
dire?»
«Che
Hikari ha battuto forte la testa e che c’è un
malinteso?»
Prima
che la ragazza saltasse alla gola di Daisuke, Hikari decise
di intervenire. «Daisuke, Miyako ha ragione. Io e Takeru oggi
siamo usciti,
abbiamo parlato e…» Si interruppe, per cercare le
parole.
«E
stiamo insieme» intervenne il biondo, poggiandole una mano
sulla spalla. Lei arrossì leggermente, ma non si sottrasse
al contatto, facendo
andare Mimi e Miyako in pieno delirio da fangirl.
«Quindi,
se non ti spiace, accompagno io Hikari a casa» concluse
Takeru, con un’occhiata veloce a Taichi, che diede il suo
consenso con un’occhiata
altrettanto veloce.
I due
ragazzi chiamarono i loro Digimon, che ormai stavano morendo
dalla curiosità, e si avviarono verso la fermata della
metropolitana, lasciando
Daisuke con la bocca aperta.
«A
quanto pare Yamatuccio ha dato qualche lezione a Takeru»
commentò Taichi, ghignando.
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