Orgoglio e pregiudizio

di Ely_fly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Tra moglie e marito non mettere il dito ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Rapporti di buon vicinato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Ballando sotto le stelle ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Il gentiluomo di città e la fanciulla di campagna ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Biscotti e pettegolezzi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Se son rose fioriranno ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - La curiosità è donna? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Fratello e sorella ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Una torre per due ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Nessuna nuova, buona nuova... O no? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


«Orgoglio e che cosa? Ma che roba è? » proruppe Daisuke, attirando gli sguardi di parecchie persone all’interno del bar. «Scusate» mormorò con un sorriso, prima di tornare a rivolgersi ai suoi amici, che lo guardavano impassibili, sorbendo le loro bevande.

«Orgoglio e pregiudizio!» lo corresse Miyako, fulminandolo con lo sguardo.

«È un’opera di una scrittrice inglese, Jane Austen» lo informò Sora, tra un sorso e l’altro del suo succo di frutta.

«Ed è una delle più celebri storie d’amore di tutti i tempi» aggiunse Hikari, lanciando un’occhiata inequivocabile a Takeru, che però stava controllando il cellulare.

Detto sguardo venne notato da tutti gli altri Digiprescelti seduti al tavolo, che sorrisero divertiti. Era decisamente ora che quei due si svegliassero fuori! Era palese che si piacessero, come ben sapevano Sora e Ken, sfortunati confessori dei due ragazzi.

Fortunatamente,  Daisuke era troppo concentrato a capire il suo ruolo in quella novità inglese per notarlo.

«E io che c’entro con tutto ciò?» domandò infatti il ragazzo.

«La nostra scuola, in associazione con la loro» spiegò paziente Iori, indicando i Digiprescelti più “vecchi” «ha deciso di organizzare uno spettacolo basato su Orgoglio e pregiudizio per il festival scolastico. E tutti gli studenti devono partecipare, quindi da domani si apriranno i provini per le parti principali.»

«Cosa?? Ma io non ne sono capace!» esclamò Daisuke, crollando indietro sulla sua sedia.

«A me sembra che tu sia bravissimo a fare la vittima» gli fece notare Yamato, appoggiandosi allo schienale della sua sedia e tirando su una lunga sorsata del suo tè freddo con la cannuccia.

«Non è divertente» mugugnò il ragazzo, offeso, mentre il resto del gruppo scoppiava a ridere.

«Comunque è una direttiva del preside e domani cominceranno a farci i provini» gli disse Takeru, una volta calmatosi.

«Gne gne gne…» lo scimmiottò il giovane calciatore.

«Che vuoi che succeda? Al massimo non ti prendono!» gli fece notare Miyako.

«Speriamo…» mormorò il ragazzo, depresso, abbandonando la testa sul tavolo.

 

 

 

 

 

 

 

«Che bello! Oggi mettono fuori i risultati!! Non vedo l’ora di sapere che parte mi hanno dato!!» esclamò contenta Miyako, quasi correndo verso la scuola.

«Nessuno sano di mente ti affiderebbe una parte…» borbottò Daisuke. La sua prova era stata disastrosa… Non che gli importasse, ovvio. Solo, pensava, sarebbe stato piuttosto bello interpretare Mr. Darcy al fianco di Hikari (non che lui conoscesse la storia, semplicemente gliel’avevano riassunta molto brevemente. La cosa importante che aveva capito era che Mr. Darcy era il personaggio più figo del romanzo e che sposava la protagonista).

Immerso nel suo sogno ad occhi aperti, non si era accorto di essere arrivato davanti alla bacheca cui erano affissi i risultati dei provini. A risvegliarlo ci pensò l’urlo di sofferenza di Miyako: «Nooooooooooo!»

«Che è successo?» domandò allarmato il ragazzo, guardandosi attorno alla ricerca di eventuali nemici. «Chi ci sta attaccando?»

«Nessuno!» strillò la ragazza dai capelli viola, portandosi le mani alla testa, disperata.

«E allora che c’è?» chiese Daisuke, seccato.

«Non posso credere che stia succedendo a me!» continuò ad urlare Miyako, entrando in crisi di panico.

«Ce lo dici o cosa?»

Niente, Daisuke era destinato a rimanere nell’ignoranza.

Per sua fortuna intervenne Hikari: «Che bello! Avrò la parte di Jane! E tu Miya sarai mia madre!»

 «Hai visto chi sarà il padre?» domandò urlando la ragazza dai capelli viola, additando il cartellone.

«Oh, congratulazioni, Daisuke! Sarai Mr. Bennett!» annunciò contenta la castana, voltandosi verso di lui.

«Sul serio?!? E chi è?» esclamò il ragazzo, facendo crollare tutti a terra con la sua idiozia.

«Ti prego, dimmi che stai scherzando…» mormorò Iori, scuotendo la testa disperato.

«Mr. Bennett è il padre di Elizabeth e Jane» spiegò pazientemente Hikari. Ma niente, Daisuke ancora non ci arrivava.

«E con questo? Perché la pazza ha da urlare a quel modo?» domandò infatti il ragazzo, indicando Miyako, che ancora stava dando di matto.

«Perché Mr. Bennett è il padre di Elizabeth e Jane. Lei è la madre, Mrs. Bennett. Quindi voi due sarete marito e moglie» illustrò Takeru, illuminando infine il povero ragazzo.

Che ebbe la stessa identica reazione di Miyako.

I loro quattro amici li guardarono disperati. In quel momento arrivarono anche i ragazzi più grandi, dal momento che il loro liceo e la scuola media dei ragazzi si trovavano nello stesso complesso.

 «Buongiorno!» esclamò allegramente Taichi.

«Buongiorno» salutò Yamato, con l’aria di uno che non aveva la minima idea di come avesse fatto ad alzarsi dal letto. Cosa che effettivamente poteva essere vera, visto che Sora e Taichi l’avevano praticamente tirato fuori dal letto e poi vestito.

«Ciao, ragazzi» disse Sora, spuntando da dietro il suo ragazzo.

«’Giorno. Cosa hanno da urlare quei due?» domandò Kōshirō, guardando storto Miyako e Daisuke, che continuavano a strillare.

«Sono usciti I risultati dei provini. Saranno marito e moglie» spiegò Ken, nascondendo un sorriso. Quei due erano troppo divertenti quando facevano così.

«Sul serio?» domandarono in coro i ragazzi più grandi, lanciandosi verso i cartelloni, dimenticandosi completamente degli altri sei.

«Wickham? E chi diavolo sarebbe?» chiese Taichi, consultando il tabellone. Non ricordava di aver mai sentito parlare di quel tizio, nei riassunti di Orgoglio e pregiudizio che aveva letto e sentito.

«Quello che si mette in mezzo tra Elizabeth e Darcy» gli spiegò sua sorella, guardando poi in direzione di Sora e Yamato, che sembravano essere rimasti senza parole.

«Allora? Vi piacciono i vostri ruoli?» domandò Takeru maliziosamente.

I due si voltarono verso di lui, piuttosto imbarazzati.

«Come dire…» cominciò Sora, guardando il biondo.

«Non so se mi sentirò a mio agio» concluse il ragazzo, ricambiando lo sguardo.

«Perchè no? Insomma… Voi due state insieme!» esclamò senza alcun tatto Daisuke, uscendo finalmente dalla crisi di nervi che sembrava averlo colto.

Tutti quanti lo guardarono malissimo.

«Cosa c’è ora? Non è forse vero?» chiese, cercando di difendersi.

«Daisuke… Non è la stessa cosa, stare insieme nella vita reale e farlo anche sul palco» tentò di spiegare Yamato, ma il suono della campanella li distrasse.

Schizzarono via tutti quanti, lanciandosi saluti e dandosi appuntamento per la fine delle lezioni.

 

 

«Ragazzi, la scuola mi distrugge!» esclamò Daisuke, accasciandosi sul tavolo del solito bar.

«Vorrei sapere cosa non ti distrugge» commentò caustico Yamato, facendo sedere Sora, prima di prendere posto accanto a lei.

«Ahahah, buona questa!» ridacchiò Taichi, contagiando tutti quanti attorno al tavolo.

«Oh, sei di buon umore. Vediamo se posso farti cambiare idea. Allora, perché non ti sentirai a tuo agio sul palco a fare la parte del fidanzato della tua fidanzata?» cambiò le carte in tavola il ragazzo, con un sorriso di trionfo. Il biondo, infatti, si era come rattrappito su se stesso, maledicendo il ragazzo sottovoce.

«Ancora insisti? Pensavo che la cosa fosse chiusa!» intervenne Hikari, lanciandogli un’occhiataccia.

«Scusa, ma… Sono curioso!» tentò di fare marcia indietro Daisuke, facendosi piccolo piccolo sotto lo sguardo della sua amata.

«Non ti preoccupare Hikari, non c’è problema» intervenne Sora, con un sorriso gentile. Poi si voltò verso il leader della seconda generazione di Digiprescelti. «Vedi, Daisuke, non è il fatto che reciteremo la parte di due fidanzati il problema. Il fatto è che la cosa ci sembrerà strana perché avremo tutti gli occhi puntati addosso. Non sono in tanti a sapere che stiamo insieme…»

«Di questo non sarei troppo sicura. Non appena hanno visto che tu e Yamato andavate in giro più vicini del solito, tutte le ragazze della scuola hanno iniziato ad odiarti e lo stesso i ragazzi. Praticamente tutto il liceo e tutta la scuola media lo sanno» la interruppe Mimi.

Il biondo e la rossa la guardarono con tanto d’occhi. «Come?» chiesero in contemporanea.

«Mi spiace dirvelo ragazzi, ma non siete esattamente degli sconosciuti, nella nostra scuola» commentò la ragazza, facendo spallucce.

I due si guardarono esasperati, mentre Daisuke coglieva la palla al balzo per attaccare di nuovo la coppia: «Quindi, ora che lo sapete, non avrete problemi, no?»

«Daisuke, non è così semplice. Anche se ormai tutta la scuola lo sa, i genitori di tutti gli studenti della scuola non lo sanno,c osì come non lo sanno il resto delle persone che verranno al festival» tentò di farlo ragionare Sora.

«Per fartela semplice, Daisuke, ci sembrerà di rivivere la nostra storia dall’inizio e per di più davanti a un sacco di sconosciuti. Sei contento, ora?» sbottò Yamato, lanciando sguardi assassini al ragazzo.

«Okay, credo di essere soddisfatto ora» rispose l’interpellato, un po’ a disagio. Per cambiare argomento si rivolse agli altri: «Allora, voi che ruolo avete? Tranne la pazza, che lo so già e la mia dolce Hikari che avrà il ruolo della co-protagonista, voi che farete?»

«Quella pessima persona di Wickham» rispose allegramente Taichi, facendo l’occhiolino a Yamato e Sora, che stava cercando di tranquillizzare il ragazzo, parlandogli a bassa voce e tenendogli una mano sul braccio. Tuttavia, la ragazza captò l’azione del suo migliore amico e gli rivolse un debole sorriso.

«Io sarò lo zio di Elizabeth e Jane» rispose in fretta Jyō, un po’ imbarazzato. Non aveva mai partecipato ad uno spettacolo teatrale in tutta la sua vita e si sentiva molto a disagio, pur avendo una parte piuttosto secondaria.

«Io il cugino, che…» iniziò Kōshirō, ma Mimi lo interruppe: «Che sposerà me, ossia la migliore amica di Elizabeth!» La ragazza aveva un sorriso che andava da una parte all’altra del viso, mentre prendeva sottobraccio il rosso, che avvampò. La sua cotta per la Digiprescelta della Purezza era cosa nota da secoli, tra i Digiprescelti.

«Altri due piccioncini, fantastic. Ken, tu che farai?» commentò Daisuke, sbuffando.

«Il colonnello Fitzwilliam. Il cugino di Darcy. Non ho molte battute, però» rispose l’altro.

«Oh, poverino. Non potrai mostrare al mondo il tuo ennesimo talento!» lo prese in giro Daisuke, ricavandone una linguaccia.

«E tu, Iori?» chiese Miyako al più piccolo della compagnia, che cercava di non farsi notare.

«Io non ho una parte sul palco. Sarò il narratore» rispose il ragazzino.

«Perché tu puoi startene in disparte e io devo andare sul palco vestito come un buffone?» esclamò Daisuke, improvvisamente arrabbiato.

«Perché lui è timido» intervenne in sua difesa Miyako, pronta a tutto pur di litigare con Daisuke.

«Anche io!» esclamò il ragazzo.

«Come no» lo prese in giro Takeru, sbuffando.

«E sentiamo, simpaticone, tu che parte hai? Il servo? Il mio seggiolino per i piedi?» replicò il calciatore.

«Io sarò Mr. Bingley.»

«Mmm, l’ho già sentito…»

«È il fidanzato di Jane, genio» gli fece notare Mimi.

Daisuke fece due più due. Jane era il ruolo di Hikari. Bingley era il fidanzato di Jane. Takeru avrebbe fatto Bingley. Una lampadina si illuminò sulla sua testa.

«Takeruuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!!!» ululò il ragazzo, cercando di saltare al collo del biondino, che si alzò di scatto e cominciò a correre, inseguito dal calciatore.

Tutti gli altri ragazzi scoppiarono a ridere.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Tra moglie e marito non mettere il dito ***


«È cosa ormai risaputa che uno scapolo in possesso di un vistoso patrimonio abbia bisogno soltanto di una moglie. Questa verità è così radicata nella mente della maggior parte delle famiglie che, quando un giovane scapolo viene a far parte del vicinato – prima ancora di avere il più lontano sentore di quelli che possono essere i suoi sentimenti in proposito – è subito considerato come legittima proprietà di una o dell’altra delle loro figlie» lesse Iori, con la sua voce calma e tranquilla, da dietro il sipario.

«Caro Mr. Bennet, hai sentito che Netherfield Park è finalmente affittato?» recitò Miyako, nel ruolo di Mrs. Bennet.

 Nessuna risposta seguì questa domanda. Tutti si voltarono verso Daisuke, che interpretava il ruolo di Mr. Bennet e che, teoricamente, doveva rispondere che non lo sapeva affatto.

Il ragazzo, però sembrava paralizzato al suo posto, seduto su una sedia di legno piuttosto scomoda, che al momento dello spettacolo sarebbe stata sostituita da una poltrona.

Con un sospiro, l’insegnante responsabile dell’arrangiamento teatrale, il signor Tawada, ordinò: «Stop! Motomiya, si può sapere che ti prende?»

«Signore, non ce la posso fare» mormorò come se fosse in punto di morte il povero ragazzo.

Dietro le quinte, Hikari e Takeru ridacchiarono, imitati prontamente da Ken. La situazione era troppo divertente per trattenersi.

«Dove sta il problema?» tentò di capire l’insegnante.

«Il problema è lei, signore» rispose il ragazzo, indicando Miyako, che stava sbuffando sonoramente e che, a questa affermazione, si infiammò peggio di un fiammifero.

«Io? Io sarei il problema?? Come ti permetti, razza di idiota!!»

«Inoue, calmati o sarò costretto a mandarti dal preside. Motomiya, non mi sembra una scusa valida, quindi impegnati e vedi di fare la tua parte. È solo finzione» dichiarò il signor Tawada, stancamente. Era abituato a quei due, ma non poteva cambiare i loro ruoli. Erano perfetti così e quei due se ne sarebbero fatti una ragione, volenti o nolenti. «Orgoglio e pregiudizio, capitolo 1, prova due. Azione!» esclamò, battendo le mani per riportare tutti all’ordine.

 

«Signor Tawada!» esclamò Miyako, interrompendo di nuovo la scena, dopo nemmeno cinque minuti dall’ultima interruzione, in cui Daisuke si era quasi rifiutato di recitare la battuta in cui il signor Bennet commentava la bellezza di sua moglie.

“Ma chi me l’ha fatto fare” pensò il signor Tawada. «Cosa c’è Inoue?»

«Signore, non credo di poter continuare a recitare nel ruolo di Mrs. Bennett.»

«Perché no, Inoue?»

«Signore, credo che il mio personaggio lusinghi troppo quello del deficiente qui presente.»

«Inoue, nell’Ottocento funzionava così, devi abituartici.»

Mentre Miyako e l’insegnante discutevano, dietro le quinte la gente aveva cominciato a stancarsi: erano passate due ore buone ed erano ancora a metà del primo capitolo. Ormai si poteva vedere gente addormentata su una panca o impegnata in tornei di carte, come Hikari, Takeru e Ken. In fin dei conti si stava bene là dietro, a far niente.

Finalmente, il professore riuscì a calmare la ragazza e la scena riprese.

Dopo qualche altra interruzione, finalmente i due ragazzi riuscirono a recitare l’intera scena.

Dietro le quinte, i ragazzi, cominciarono a ringraziare tutti i kami e tutte le reincarnazioni di Buddha. Forse sarebbero tornati a casa per la notte, dopotutto.

«Bene, ragazzi, per oggi mi sembra che abbiamo fatto abbastanza. Ci vediamo domani e voi due, vedete di risolvere i problemi tra voi» li congedò l’insegnante, filandosela quasi più in fretta dei suoi studenti.

 

I Digiprescelti, tutti e dodici, si riunirono al loro solito bar.

Miyako e Daisuke si lanciavano occhiate assassine, da un capo all’altro del tavolo.

«Ragazzi, credete che reciteremo anche noi?» gli chiese ad un certo punto Takeru, ridendo.

«Non sei divertente, Takeru. Io non posso recitare con questa oca starnazzante!» rispose piccato Daisuke.

«E io con questo pezzo di cretino» ribadì Miyako.

«Ma dai! Secondo me eravate davvero carini!» si intromise Hikari, sorridendo.

«Carini?!?» esclamarono i due, dimenticando gli attriti fra loro per un momento.

Tutti quanti scoppiarono a ridere, mentre i due, irritatissimi, tornavano a sorseggiare le loro bevande.

«Comunque sono molto contenta di questa cosa, non vedo l’ora di entrare in scena» commentò Mimi, una volta calmatasi. Davanti ai suoi occhi si parò la sua vita da sogno come stella di Broadway.

«Mimi, a Broadway non si recitano romanzi ottocenteschi. Solo musical. E tu sei stonata come una campana» le fece presente Sora, beccandosi un’occhiataccia.

«Pane e simpatia a colazione, signorina?» le chiese la castana, storcendo il naso.

«Dai, lo sai che ti voglio bene lo stesso» rispose l’altra, facendole un sorriso che avrebbe fatto sciogliere chiunque.

«Immagino di sì» ammise Mimi, soffocando un sorriso.

«Ragazzi, io devo andare. Ho le prove della band…» annunciò Yamato, alzandosi e posando sul tavolo una banconota per pagare la sua bibita.

«Vengo con te!» esclamò Sora, tracannando la sua aranciata, per poi posare anche lei dei soldi sul tavolo. «Ci vediamo domani, ragazzi!»

I due uscirono mano nella mano, sotto gli sguardi inteneriti degli altri.

«Eeeeh, l’amore!» esclamò Taichi, facendo scoppiare tutti a ridere.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Rapporti di buon vicinato ***


«Buongiorno a tutti!» esclamò allegra Sora, arrivando nel cortile della scuola. Anche se era sabato e quindi non c’era lezione, il signor Tawada aveva ritenuto opportuno fissare delle prove anche nei weekend, vista l’impossibilità di Miyako e Daisuke di lavorare insieme. Quel giorno, con un po’ di fortuna, sarebbero entrati in scena anche gli altri personaggi.

I suoi amici si voltarono e la salutarono con altrettanto calore. Soltanto Miyako e Daisuke avevano un’aria depressa.

«Siete pronti?» chiese la rossa, sorridendo. Si voleva male, poveretta, perché entrambi la guardarono e ringhiarono: «No!» E diedero il via all’ennesima serie di battibecchi.

«Ignorali, Sora. Ignorali» le consigliò Hikari, nascondendo un sorriso.

«Piuttosto, come è andata, ieri sera?» chiese Mimi, avvicinandosi alla sua migliore amica e stringendole un braccio attorno alle spalle.

«Sembri un vecchio ubriaco!» rise la ragazza, cercando di nascondere il rossore. Erano fatti suoi cosa avessero fatto lei e Yamato la sera prima, no?

Mimi sembrò leggerle nel pensiero, perché disse: «Eddai, a me lo puoi raccontare. Lo sai che sarei muta come una tomba!»

«Come no, ci credo di sicuro. Comunque niente di che…»

«E allora perché tu sei arrivata più tardi del solito e lui non ancora?» domandò maliziosa la ragazza, facendo scoppiare a ridere anche gli altri ragazzi.

Sora stava per rispondere in maniera decisamente volgare e poco adatta alla situazione, quando il professor Tawada uscì dall’edificio scolastico chiamando a raccolta gli alunni.

Cicalando eccitati, tutti gli studenti lo seguirono all’interno della scuola, nell’auditorium e lì cominciarono ad allestire il palco per le prove.

 

«Per amor di Dio! Kitty, non tossire a quel modo! Abbi pietà dei miei poveri nervi. Li metti proprio alla tortura» recitò Miyako, dando particolare enfasi alla frase, come richiesto dalla parte. Effettivamente il ruolo della nevrotica le riusciva piuttosto bene, constatò Iori, da dietro le quinte.

«Sono tanto in ritardo?» domandò in quel momento Yamato, sbucando alle spalle di Taichi e Kōshirō. Il ragazzo più giovane soffocò uno strillo sorpreso, mentre il castano si voltava verso il suo migliore amico. Il ragazzo biondo era tutto rosso e piuttosto scompigliato. «No, abbiamo iniziato da un dieci minuti scarsi. Prima abbiamo dovuto obbligare Miyako e Daisuke a recitare insieme. Una tragedia» rispose il ragazzo, additando i due amici sul palco, mentre Ogawa, la ragazza che recitava la parte di Kitty, compagna di classe di Iori (doveva chiamarsi Eriko, se non sbagliava), declamava la sua battuta.

«Immagino. Andrò a chiedere scusa al professore» commentò Yamato, lanciando un’occhiata colpevole all’insegnante, seduto in prima fila.

«Buona fortuna, allora. Oggi ha i nervi a fior di pelle, quei due sono già riusciti a stressarlo» gli augurò Jyō, alzando gli occhi dal suo libro di scienze. Interpretando un personaggio che non sarebbe comparso per almeno una quindicina di scene, aveva deciso di occupare saggiamente il suo tempo. Al contrario di gente come Taichi, che si trastullava con chiacchiere e partite con la sua console portatile.

«Grazie» mormorò il biondo, prima di abbandonare i suoi amici per avvicinarsi al professore.

 

«Sono stufa di Mr. Bingley!» esclamò Miyako, con un che di drammatico nella voce. Era decisamente nata per quella parte.

«Mi dispiace. Ma perché non dirmelo prima? Se lo avessi saputo soltanto questa mattina, non sarei davvero andato da lui! È un peccato. Ma ormai che la cosa è fatta, non possiamo più evitarne la conoscenza» rispose Daisuke, inceppandosi sull’ultima frase.

«Professore…» sussurrò Yamato, avvicinandosi all’insegnante.

Sul palco, tutti si voltarono verso di lui, che assunse un’espressione colpevole.

Il signor Tawada si voltò, lo vide e ordinò cinque minuti di pausa. «Motomiya, ripassa l’ultima battuta, mi raccomando» ordinò a Daisuke, prima di voltarsi verso il biondo.

«Ishida, che c’è? Hai una giustificazione per il tuo ritardo?»

«Sì, signore, ho avuto un imprevisto lungo la strada. Ecco, mio padre ha ritenuto necessario consegnarle questo» rispose il ragazzo, porgendogli un foglietto vergato nella calligrafia di suo padre. L’insegnante lo prese, lo lesse in fretta e disse: «Va bene. Fortunatamente sei riuscito ad arrivare in tempo prima della tua entrata in scena. Raggiungi gli altri dietro le quinte.»

«Sì, signore.» E detto ciò, il ragazzo si allontanò velocemente, riunendosi ai suoi amici, cui si erano aggiunti anche quelli in scena al momento del suo arrivo.

 

«Yamato! Sei arrivato!» esclamò Sora, saltandogli addosso.

«Già. Tutto bene?» domandò il ragazzo, baciandole rapidamente il naso, prima di allontanarsi per fronteggiare anche i suoi amici, che ridacchiavano: era divertente vedere il loro ghiacciolo ufficiale sciogliersi in quel modo quando entrava in scena Sora.

«Tutto a posto, sono perfino riuscita a dire un paio di battute» sorrise lei, posandogli la testa sulla spalla.

«Addirittura? Di questo passo entrerò in scena pure io, in giornata!» replicò il ragazzo, guardando con intenzione i due responsabili dei continui ritardi. Miyako e Daisuke arrossirono imbarazzati, ma proprio mentre stavano per dire qualcosa a loro discolpa, il signor Tawada richiamò gli attori in scena. La pausa era durata anche troppo.

Con rapidi cenni di saluto, gli attori tornarono velocemente sul palco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA: tutte le battute sono prese dalla mia edizione di Orgoglio e pregiudizio, edito da Newton Compton Editori e tradotto da Italia Castellini, Riccardo Reim e Natalia Rosi ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Ballando sotto le stelle ***


La scena del secondo capitolo fu recitata senza alcun intoppo e finalmente si poté passare al terzo capitolo, quello del ballo. Parecchie ragazze attendevano quel momento, perché i due fratelli Ishida (anche se uno era passato ad essere Takaishi) sarebbero comparsi insieme sul palco. C’era di che rifarsi gli occhi per ore. Peccato per il fatto insignificante che Yamato fosse impegnato e che anche Takeru era ad un passo dall’esserlo. Ma questo non avrebbe impedito alle ragazze di guardarli, assolutamente.

 

«Orgoglio e pregiudizio, capitolo tre, prova uno! Tutti pronti?» domandò il professor Tawada, guardando i suoi alunni. Notò con piacere che erano già sul palco. Con un cenno di soddisfazione si sedette sulla sua poltrona in prima fila.

Iori cominciò a leggere l’introduzione del capitolo, poi, finalmente, i due biondi entrarono in scena.

«Suvvia, Darcy, vorrei proprio che tu ballassi. Mi dà veramente fastidio vederti lì impalato a quel modo. Faresti molto meglio a muoverti» disse Takeru, voltandosi verso il fratello maggiore e calandosi nel suo ruolo.

«Per nulla al mondo. Lo sai che detesto il ballo se non conosco bene la mia compagna, e in una riunione simile mi sarebbe addirittura insopportabile. Le tue sorelle sono impegnate , e non c’è una sola signora in tutta la sala con la quale ballerei senza sacrificio» replicò Yamato, con tutta la serietà di cui era capace.

«Direi che è il ruolo perfetto per lui. Ha detto quasi la stessa cosa, la prima volta che gli ho consigliato di provarci con qualcuna» commentò Taichi, dando di gomito a Kōshirō ed entrambi ridacchiarono sotto i baffi, ricevendo delle occhiate dai loro compagni.

Intanto, sul palco, la scena era andata avanti e si era arrivati alla battuta più famosa di Darcy: «A chi alludi? È passabile, ma non abbastanza bella per tentarmi, e non sono affatto in vena di consolare le signorine trascurate dagli altri giovanotti. Faresti meglio a tornare dalla tua bella e a bearti dei suoi sorrisi, perché con me perdi il tuo tempo.»

«Quanto è vero!» sussurrò Taichi, forse un po’ troppo forte perché tutti lo sentirono, compresi Yamato e Sora che si voltarono a fulminarlo, mentre il professor Tawada sospirava profondamente e lo riprendeva: «Yagami! Sei pregato di tacere finché non sarà il tuo turno!»

«Chiedo scusa» ridacchiò il ragazzo, grattandosi la nuca imbarazzato.

«Continuiamo…» sospirò l’insegnante, in tono rassegnato.

I ragazzi in scena ripresero da dove erano stati interrotti, mentre i ragazzi dietro le quinte soffocavano le risate per la figuraccia di Taichi.

 

«Taichi, se continuerai così Yamato ti ridurrà in poltiglia, lo sai, vero?» gli chiese Kōshirō, guardandolo preoccupato.

«Se non lo farà prima Sora, ovviamente» aggiunse Jyō, che ben conosceva il caratterino della rossa.

«Ragazzi, state tranquilli! È tutto sotto controllo!» ridacchiò spavaldamente il castano.

«Se lo dici tu…» mormorò Ken, tornando a rivolgere la sua attenzione al palco: metà dei personaggi erano usciti di scena, visto che il ballo era finito e i loro personaggi non erano più richiesti sulla scena. Il che significava che anche Yamato era… «Taichi! Preferisci che ti faccia fuori subito o immediatamente?»

I toni soavi erano i suoi.

Taichi scattò in piedi e cominciò a scappare, ridendo come un matto. Yamato lo inseguiva lanciando urla disumane. Ovviamente il tutto scatenò una serie di incidenti lungo il percorso seguito dai due ragazzi: Taichi ribaltò uno sgabello, Yamato travolse due imprudenti ragazze che si erano messe in mezzo ed entrambi scivolarono su una macchia d’acqua causata da una bottiglia aperta che Taichi aveva ribaltato.

La loro corsa si fermò ai piedi del professor Tawada, che soltanto grazie ad un’enorme dose di autocontrollo riuscì a trattenersi dall’urlargli addosso. Inspirò profondamente, poi chiese: «Yagami, Ishida, che cosa sta succedendo?»

«Niente!» esclamarono i due ragazzi in coro.

«Quindi non vi dispiacerà passare la prossima ora in punizione, giusto?» domandò l’insegnante, con un tono mellifluo che fece accapponare la pelle ai due ragazzi.

Due minuti dopo, i due ragazzi erano in piedi nel corridoio con due secchi in mano e uno in testa. Pieni d’acqua.

«Molto bene. Proseguiamo!» commentò soddisfatto il signor Tawada, tornando nell’aula sfregandosi le mani, soddisfatto.

 

«Quanto non lo sopporto quell’uomo, quando fa così!» esclamò Taichi, rischiando di far cadere il secchio che teneva in testa.

«Io invece non sopporto te, quando fai così» replicò gelido Yamato, cercando di voltarsi verso di lui e nel contempo cercare di evitare di lavarsi tutto.

«Così come, Yamato caro?» fece lo gnorri il ragazzo castano.

«Vuoi morire giovane?» chiese l’altro.

«Ma come? Yamatuccio è sensibile su un certo argomentino, eh?» lo stuzzicò Taichi, che si stava divertendo da matti.

«Taichi, ti avverto. Potrei non rispondere delle mie azioni» ribatté Yamato, quasi ringhiando.

«Oh, come sei sensibile. Finalmente capisco cosa ci trova Sora in te!» scherzò ancora il ragazzo castano.

«Trovo cosa in chi?» chiese la voce di Sora da davanti a loro.

I due ragazzi scattarono colpevoli, facendo cadere i secchi ed impiombandosi d’acqua. La ragazza non poté trattenersi dal ridere e anche Taichi scoppiò a ridere come un matto.

«Ragazzi, siete troppo buffi!» esclamò, aiutandoli a liberarsi dei recipienti ormai vuoti.

«Fantastico» commentò gelido Yamato.

«Su, Yamato. Fattela una risata!» gli disse la ragazza, prendendolo sotto braccio e stampandogli un bacio delicato sulla guancia.

«La risata la farei volentieri, se non implicasse il fatto di essere bagnato fradicio alle dieci di mattina» commentò il biondo, imbronciato. «Comunque, tu cosa ci fai qui? Non dovresti essere in scena?»

«Siccome il nostro ruolo era pressoché nullo, l’insegnante ci ha lasciati liberi, tranne Miyako e Daisuke. Loro stanno finendo la loro parte. Comunque mi ha mandato a chiamarvi, ha detto che avete sofferto anche troppo» spiegò la ragazza.

«Che gentile» brontolò Yamato, cercando di sistemarsi i capelli.

«Lascia fare a me» si offrì Sora, liberandogli il braccio per sistemargli il ciuffo.

«Bè, direi che io me ne vado. Sono di troppo! Addio!» esclamò Taichi, eclissandosi nell’aula.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Il gentiluomo di città e la fanciulla di campagna ***


«Certo che Taichi è un vero disastro, vero?» domandò Sora, finendo di sistemare i biondi capelli del suo ragazzo ed ammirando poi l’effetto finale. Poteva andare, decise.

«Taichi non è umano. È un uragano con le gambe» commentò secco il ragazzo, cercando di strizzare come poteva la camicia della divisa. Anche se era sabato e non era un regolare giorno scolastico i ragazzi erano tenuti ad indossare la divisa.

Sora ridacchiò, condividendo in pieno l’opinione del ragazzo. «Rientriamo? Nella prossima scena dobbiamo recitare entrambi» domandò, facendo un passo verso la porta.

«Tu reciterai. Io starò fermo immobile come una statuina a sentire te e Hikari parlare di me e Takeru» replicò il ragazzo, seguendola.

«Ti stai forse lamentando, Yamato Ishida?» chiese la ragazza, fulminandolo con lo sguardo.

«Mai. Lo sai che puoi fare di me ciò che vuoi» rispose lui, infinamai con un tono scherzoso, prendendole la mano e baciandola, proprio come avrebbe fatto Mr. Darcy. «Andiamo, signorina?»

«Volentieri, signore» rispose lei, accettando il braccio che le offriva ed entrando insieme a lui nella stanza.

«Yamato… Sei tutto bagnato!»

 

«Ishida, Takahashi! Spostatevi leggermente a destra. Così, perfetto. Immobili, per cortesia. Takenouchi, Yagami, voi state lì, molto bene. Ricordate, al momento della recita sarete a letto. Tutto chiaro? Allora cominciamo!» ordinò il signor Tawada, raggiungendo la sua solita panchina in prima fila. «Un momento! Ishida, che ti è successo? Sei tutto bagnato, sei sicuro che non prenderai un raffreddore?»

«Un piccolo incidente di percorso, professore. Nulla di grave, non si preoccupi» rispose Yamato, maledicendo il momento in cui aveva accettato le provocazioni di Taichi. Oh, ma dopo gliel’avrebbe fatta vedere, eccome!!

«Se lo dici tu… Va bene, iniziamo!» rispose il professore, rivolgendo la sua attenzione solo a Sora e Hikari.

«È proprio quello che dovrebbe essere un giovane» iniziò Hikari. «Intelligente, con un buon carattere, allegro. Non ho mai incontrato nessuno con modi così avvincenti, semplici e pieni di educazione.»

«Ed è anche bello. Hai ragione, non gli manca veramente nulla per essere il tipo del giovanotto ideale» replicò Sora.

«Sono stata così lusingata del suo secondo invito! Non mi sarei mai aspettata una cortesia simile.»

«Non te l’aspettavi? Io sì, per te. È proprio in questo che siamo tanto diverse noi due. Ti stupisci sempre che la gente sia gentile con te, io mai. Non c’era niente di più naturale che ti invitasse per la seconda volta. Non poteva fare a meno di accorgersi che eri la più bella di tutta la sala. Non è davvero il caso di avere della gratitudine per la sua galanteria. In ogni modo è molto simpatico e sono d’accordo che ti piaccia. Hai ammirato persone ben più inconcludenti.»

«Ma… Lizzy!» esclamò Hikari, con il giusto tono di indignazione. Somigliava davvero tanto a Jane, così delicata e benpensante, pensò Takeru, dall’altra parte del palco, guardando le due ragazze. Anche quando erano a Digiworld, ricordò con nostalgia. Gli sarebbe piaciuto tornarci per qualche giorno. Solo che sarebbe stato decisamente impossibile, tra scuola e prove, in quei giorni. Avrebbero dovuto aspettare almeno la fine della scuola.

Intanto, le due ragazze avevano finito la loro parte ed ora toccava a Iori leggere il breve brano descrittivo dei due protagonisti maschili, che divennero il centro dell’attenzione, con loro enorme vergogna.

«Bene, ragazzi. Non c’è male. Vi concedo una pausa di mezz’ora. Siate puntuali!» esclamò l’insegnante, rifugiandosi in sala professori per un caffè.

I Digiprescelti si ritirarono in giardino, attorno ad una panchina.

 

Come da copione, si azzuffarono per chi dovesse sedersi, ma alla fine i ragazzi decisero di comportarsi da cavalieri e cedettero il posto alle ragazze.

«Come siete spontanei» commentò Mimi, risistemandosi la gonna e guardando i suoi amici.

«Se non ti va di sederti puoi sempre alzarti e lasciarmi il posto» le fece notare Daisuke, piuttosto irritato. Aveva rinunciato a sedersi per lei e quella principessina osava anche avere qualcosa da ridire!

«Neanche morta» replicò la castana, distogliendo altezzosamente lo sguardo.

Il resto del gruppo rise e quando le risate si calmarono, Takeru disse: «Sapete… Prima, stavo ripensando a Digiworld e a quanto mi piacerebbe tornarci. Vi capita mai?»

«Tutti i giorni» rispose Hikari, guardandolo con tenerezza e facendolo arrossire leggermente.

Anche tutti gli altri ragazzi mormorarono che pure a loro capitava, piuttosto spesso, ad essere sinceri.

«Peccato che siamo troppo impegnati per dedicare una giornata intera a Digiworld» si lamentò Jyō, che era impegnatissimo anche con i doposcuola per poter entrare all’università di medicina di Tokyo. Poco importava che mancasse ancora più di un anno, doveva essere pronto.

«Già…» dissero gli altri sconsolati, riconoscendo che effettivamente avevano ben poco tempo da dedicare alla loro vita privata.

«Ragazzi! Ho un’idea!» esclamò all’improvviso Daisuke, richiamando su di sé gli sguardi sorpresi dei suoi amici.

«Che c’è? A volte capita anche a me, sapete?» disse in tono di difesa il ragazzo.

«Non ci siamo abituati. Avanti, stupiscici» rispose Yamato per tutti.

«Andiamo a prendere i nostri Digimon, li portiamo qui e i nostri genitori li portano allo spettacolo del festival! Geniale, no? Così, dopo il festival, possiamo partire tutti per Digiworld» spiegò entusiasta il ragazzo, guardandosi attorno e cercando sguardi di approvazione.

Ci fu un lungo silenzio, rotto da Ken: «Non mi sembra un’idea malvagia. E non essendoci pericoli, per i Digimon non sarebbe un problema restare sulla Terra per qualche giorno.»

«Così ti voglio, Ken!» gridò contento Daisuke, mostrandogli entrambi i pollici alzati in segno di approvazione.

«Bè, l’idea non mi dispiace. Mi farebbe piacere avere Armadillomon a casa e anche al nonno, ne sono sicuro» aggiunse Iori, timidamente.

«Esatto, esatto» annuì entusiasticamente il leader del secondo gruppo di Digiprescelti.

«Per una volta ci hai azzeccato pure tu!» esclamò Miyako, tirandogli un dolorosissimo pugno sulla spalla che a suo parere voleva essere un cameratesco colpo sulla spalla.

«Se anche Miyako è d’accordo come posso non esserlo io? Però bisogna stare attenti» commentò Taichi, mentre l’altro ragazzo cercava di risistemare la spalla, che sembrava essersi dislocata.

«Certo! Quando mai non lo siamo stati, Taichi?» chiese Takeru, contentissimo all’idea di rivedere Patamon di lì a breve.

«Vuoi una risposta sincera, Takeru?» domandò ironico suo fratello, fissandolo con i suoi occhi azzurri, identici ai suoi.

«Non penso di essere troppo sicuro di volerla sapere, quindi mi accontenterò di una bugia» rispose il biondino, con un sorrisino colpevole.

«Come vuoi. Siete sempre stati attenti ragazzi, meno male che non è mai successo nulla!» declamò allora il fratello maggiore, con un tono davvero convincente.

«A questo punto era meglio la verità» commentò debolmente Takeru.

I ragazzi scoppiarono a ridere.

«Andiamo questa sera a prenderli?» domandò Kōshirō, una volta riguadagnata una parvenza di serietà.

«Credo si possa fare» commentò Taichi, guardando gli altri, che fecero grandi cenni di assenso.

Tutti tranne Yamato che disse, tristemente: «Io purtroppo ho un impegno con la band. Stiamo preparandoci al festival cittadino che si terrà tra un mese, quindi abbiamo bisogno di provare, mi dispiace.»

«Non ti preoccupare, ci penso io ad accompagnare Gabumon da te. A che ora finirete?» domandò Sora, guardandolo con i suoi occhioni dolci.

«Credo verso le undici, le undici e mezza al massimo» rispose il ragazzo.

«Allora sarò da te per le undici, se non ci sei ti aspetto dentro. Le chiavi sono sempre al solito posto, vero?» chiese ancora la ragazza.

Tutti quanti li guardarono con tanto d’occhi. Addirittura i posti segreti delle chiavi?!? Erano davvero seri, quei due!

«Sì. Grazie mille, Sora» rispose il ragazzo, ignorando bellamente il loro gruppo e chinandosi sulla ragazza per baciarla delicatamente sulla guancia.

«Figurati» rispose lei, sorridendo.

«Ragazzi! Tutti dentro!» esclamò all’improvviso il signor Tawada, sbucando nel cortile. Sbuffando, tutti gli studenti radunati in giardino cominciarono ad avviarsi e così anche i Digiprescelti, tranne Yamato, che trattenne Sora con lui per baciarla dolcemente sulle labbra, al riparo da occhi indiscreti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Biscotti e pettegolezzi ***


«Molto bene, possiamo cominciare con la prova del quinto capitolo!» esclamò soddisfatto il signor Tawada, quando vide che tutti gli studenti erano pronti sul palco.

«Inoue, quando vuoi cominciare, parti pure» disse l’uomo, facendo un cenno a Miyako. Era contento del fatto che in scena ci fossero soltanto le ragazze, se si escludeva un ragazzino di prima media che recitava nel ruolo del fratellino di Charlotte Lucas. Ma era certo che lui non gli avrebbe creato problemi, come invece tendevano a fare Motomiya e Yagami.

La ragazza annuì e cominciò: «Hai iniziato bene la serata, Charlotte. Fosti la prima ad essere scelta da Mr. Bingley.»

Mimi rispose con entusiasmo forse eccessivo, ma in fondo era la sua prima battuta e il signor Tawada lasciò correre. «Sì, ma poi lui diede indubbiamente prova di preferire la seconda.»

«Vuoi alludere a Jane, perché ballò due volte con lei? Certo, mostrò apertamente la sua ammirazione; e pareva realmente sincero; ne era addirittura infatuato. Ho sentito dire qualcosa, non so di preciso di cosa si trattasse… A proposito di Mr. Robinson» continuò Miyako, che senza Daisuke sul palco si sentiva molto più a suo agio.

A quel punto intervenne Sora: «Parli forse del discorso che ho sentito io per caso, tra lui e Mr. Robinson? Non ve l’ho raccontato? Mr. Robinson gli chiese se gli piacevano le nostre riunioni di Meryton e se non gli sembrava che ci fossero parecchie belle signore e signorine, chiedendogli quale fosse secondo lui la più graziosa. E lui, pronto, rispose immediatamente: “Oh, senza dubbio la maggiore delle signorine Bennet: è impossibile dare un giudizio diverso in proposito”.»

«Scommetto che è quel che direbbe Takeru se gli si chiedesse chi è la più graziosa nel nostro gruppo» commentò sarcastico Taichi, lanciando una frecciatina al biondo minore, che arrossì, mentre Daisuke quasi esplodeva. Come si permetteva Takeru di pensare una cosa simile di Hikari?!? Solo lui poteva farlo!

«Taichi, non ricominciare a torturare mio fratello. Quando si sentirà pronto si dichiarerà, cosa vuoi farci?» intervenne Yamato. Lo sguardo di riconoscenza che Takeru gli aveva lanciato quando aveva iniziato a parlare si trasformò in una luce omicida quando il biondo terminò la frase.

«Ragazzi, smettetela. Lasciate in pace Takeru!» intervenne Jyō, mentre i due scoppiavano a ridere.

«Perché dovremmo? È una cosa troppo divertente!» esclamò Taichi.

«Ti piacerebbe se venisse fatto a te?» replicò il ragazzo più grande.

«Non saprei, bisogna provare. Appena scoprirete se mi piace qualcuno, potrete farlo» disse il ragazzo castano. Poi, come ripensandoci, aggiunse: «Hai mai visto Yamato sclerare perché lo prendevo in giro riguardo a Sora?»

«Sì, non più tardi di mezz’ora fa» rispose l’altro.

Taichi imprecò sottovoce, sibilando al suo amico: «Ma perché voi due dovete essere così suscettibili?»

«Materiale genetico scadente, immagino» commentò il biondo, tornando a concentrarsi sul fratellino, che sbirciava il palco con un’espressione da patetico idiota. Esattamente quella che aveva lui quando guardava Sora, anche se nessuno si sarebbe mai sognato di farglielo notare. Nessuno escluso Taichi, ovviamente, che aveva uno spiccato desiderio di morte.

 

Intanto, sul palco, anche Hikari continuava a distrarsi e a lanciare occhiate alle quinte. Riusciva a scorgere tutti i suoi amici e in particolare Takeru. Arrossì leggermente, guardandolo mentre parlava con Taichi. Chissà cosa gli stava dicendo suo fratello… Sperò nulla che avesse a che fare con lei.

«Yagami? Sei con noi?» la richiamò alla realtà la voce del professor Tawada.

«Mi scusi?» domandò, arrossendo ancora di più.

«La battuta. È il tuo turno» le sussurrò Sora, indicandole un punto sul copione.

«Oh, certo. Mi scusi. Ehm… Miss Bingley mi ha detto che non parla mai molto, tranne con gli amici intimi, con i quali  però è particolarmente cortese» lesse in fretta la ragazza, cercando di dare un senso a quello che stava dicendo.

«Non posso crederlo. Se avesse avuto…» attaccò Miyako, ma già a questo punto Hikari tornò a perdersi nei suoi pensieri.

Con la coda dell’occhio lanciò di nuovo un’occhiata alle quinte e vide che Takeru era stretto nella morsa di suo fratello. Si ritrovò a sperare che la scena finisse presto per poter andare a salvarlo.

Purtroppo ne avevano ancora per qualche minuto… In quel momento il biondo si liberò e nel farlo si ritrovò voltato verso il palco, a guardare Hikari. Entrambi arrossirono e distolsero lo sguardo.

 

Nel frattempo si era arrivati al monologo di Mary, interpretata da una ragazza della sezione C, che Hikari conosceva di vista:  «L’orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli tra noi che non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità, reale o immaginaria, che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vanitosa. L’orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo che gli altri pensassero di noi.»

Yamato, dietro le quinte, si distrasse per un momento dal suo compito di stuzzicare Takeru sull’argomento Hikari per riflettere su quelle parole: era decisamente vero, in particolar modo per lui. Tutti erano convinti che lui fosse piuttosto vanitoso e ne trovavano la ragione nel suo modo di essere: era bello e lo sapeva, si curava e tendeva a non stringere amicizia facilmente. Per questo motivo, le persone che non lo conoscevano, erano restie a parlare con lui troppo a lungo, temendo che questo potesse infastidirlo o comunque che lui si potesse fare delle idee sbagliate.

Ma in realtà lui era solo molto orgoglioso: non gli interessava quello che pensavano gli altri, pretendeva soltanto il meglio da se stesso. E stringeva amicizia con quelli che lo capivano.

Stava ancora pensandoci, quando sentì due mani fredde posarglisi sugli occhi. Fece un salto, mentre sentiva la voce di Sora chiedergli: «Indovina chi sono?»

«Sora, lo so che sei tu» rispose, con un tono piuttosto annoiato.

«A cosa stavi pensando?» gli chiese lei, senza curarsi del suo tono da asociale e liberandogli gli occhi.

«Niente, riflettevo sul monologo di Mary a proposito dell’orgoglio» replicò lui, guardandola negli occhi.

«Immaginavo che ti avrebbe colpito…» mormorò lei, baciandolo dolcemente sulla guancia. «Non ti preoccupare, lo sappiamo tutti come sei fatto e ti vogliamo bene per questo.»

Detto questo la ragazza raggiunse il loro gruppetto, che si stava radunando in attesa della scena successiva, Takeru ed Hikari continuando a guardarsi e a distogliere lo sguardo.

Yamato sorrise e raggiunse la sua ragazza. Sì, aveva fatto amicizia con le persone giuste.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Se son rose fioriranno ***


Le prove lasciarono i ragazzi completamente distrutti.

Fu con un’enorme sforzo di volontà che si trascinarono fino al solito bar, dove crollarono sui tavolini.

«Ragazzi… Se continuiamo così, mi dovrete raccogliere con il cucchiaino!» esclamò Daisuke.

«E di chi credi che sia la colpa?» domandò acido Takeru, fulminandolo con lo sguardo.

«Stai insinuando che è colpa mia?» rispose l’altro, tirandosi su di scatto.

«Non insinuo, affermo. Tu e Miyako avete fatto il possibile per rovinare ogni singola scena, anche quelle dove non recitavate!» scattò il biondo, fronteggiando il compagno.

La tensione tra i due era evidente e Hikari intervenne per evitare uno scontro: «Ragazzi, basta. Siamo tutti stanchi, non c’è bisogno di litigare così.»

I due cessarono improvvisamente ogni ostilità, con grande delusione di Taichi e Yamato, che erano pronti a veder scorrere il sangue e a scommettere su uno o l’altro dei contendenti.

«Hikari ha ragione, non ho energie sufficienti per litigare con te» disse Takeru, tornando alla sua bibita.

«Hai soltanto paura, ammettilo!» lo provocò Daisuke, ricevendo in tutta risposta un pugno in faccia.

«Spero che ora tu stia zitto per un po’» borbottò il biondino, ignorando l’espressione di dolore dell’amico, oltre ad ignorare completamente la sua aura assassina.

«Lo sai che Takeru è più forte di te…» gli disse Ken, passandogli una lattina gelata per raffreddare la parte colpita.

«Sei un amico, Ken» si incupì l’altro, accettando comunque la lattina. Quel maledetto biondastro da strapazzo era troppo forte, come sempre.

«Quando posso essere d’aiuto» replicò il ragazzo, con un ghigno sardonico stampato sul viso.

I ragazzi repressero una risata, mentre finalmente i bollenti spiriti di Daisuke venivano placati.

«Non per fare il guastafeste, ragazzi, ma io devo andare a casa. Devo consegnare una ricerca lunedì mattina e devo ancora lavorarci. Con le prove di mezzo, non ho molto tempo» disse improvvisamente Jyō, con un’occhiata all’orologio.

«Vengo anche io, devo andare ad allenamento di kendō, se no chi lo sente mio nonno?» si accodò Iori, alzandosi insieme al ragazzo più grande e preparandosi per andarsene.

«Allora ci vediamo domani pomeriggio» li salutò Kōshirō con un cenno della mano.

«A domani!» salutarono i due ragazzi, uscendo dal bar.

«Mi sa che è meglio se vado pure io… Mia madre ha detto che probabilmente ci sarebbe stato bisogno di me in negozio, stasera. E meno vedo la sua faccia da stupido, meglio sto!» annunciò Miyako, facendo una linguaccia a Daisuke e salutando poi gli amici, che sospirarono al suo insulto verso il ragazzo.

Daisuke si preparò per reagire, ma Sora intervenne precipitevolmente: «Non stavi andando, Miyako? Non vorrai far aspettare i tuoi, vero?» La ragazza annuì e decise di ignorare l’amico, uscendo dal locale.

Altro massacro scampato in tempo. Ormai stava diventando uno sport, nel loro gruppo, evitare i litigi di quei due.

 

Dopo un’altra mezz’ora passata a chiacchierare del più e del meno, evitando altri due battibecchi tra Daisuke e Takeru (il suo avversario preferito, dopo Miyako), quasi tutti i ragazzi se ne andarono. Alla fine rimasero soltanto i due fratelli Yagami, Yamato, Sora e Takeru.

Con estrema calma, i cinque pagarono e si avviarono verso casa.

Hikari e Takeru lasciarono subito indietro i tre ragazzi più grandi, camminando immersi nella loro conversazione.

«Non sono carini?» commentò Sora, con voce tenera.

«Carini? Sono patetici!» esclamò Taichi, senza il minimo tatto.

«Hai dato del patetico a mio fratello? Ti informo che non è l’unico ad andare in palestra» lo minacciò Yamato, alzando un pugno.

«Ho dato del patetico a tuo fratello e a mia sorella» lo corresse il ragazzo, senza preoccuparsi minimamente.  «Insomma, cosa aspettano? Che arrivi la fata madrina?»

«Non è così facile come la fai sembrare, Taichi» gli fece notare Sora, spostandosi tra i due ragazzi per evitare scene di violenza.

«Andiamo, anche un cieco lo capirebbe che quei due si piacciono!» si lamentò il castano.

«Devo dare ragione a Taichi… Anche il peggior sociopatico del mondo si accorgerebbe che si piacciono» ammise Yamato, guardando i due ragazzi davanti a loro.

«Vedi? L’ha capito anche lui!» esclamò trionfante Taichi.

«Spera di non avermi appena dato del sociopatico, perché è la volta buona che ti riduco in poltiglia» ringhiò il biondo, voltandosi verso il suo cosiddetto migliore amico.

«Su, su, fate i bravi» li calmò Sora, spostando poi l’attenzione sul discorso precedente. «Comunque, Taichi, per loro è difficile affrontare questa cosa, perché sono migliori amici da una vita. Hanno paura delle conseguenze, perché non vogliono perdere il rapporto che c’è tra loro. Però…»

«Però cosa, Sora? Dai, sono perfetti insieme! Ed è da una vita che si piacciono!» quasi gridò Taichi, disperato. Quei due gli mettevano addosso un nervoso…

«Taichi, non mettergli fretta. Corri il rischio di rovinare tutto, e non è quello che vuoi, vero?» intervenne Yamato, con il famoso cipiglio imbronciato di casa Ishida.

«Ovviamente no» sospirò il ragazzo, arrendendosi di fronte ai due amici.

Poco dopo, i fratelli Yagami si separarono dagli altri tre ragazzi, con appuntamento per l’indomani.

 

 

 

Da: Taichi

Oggetto: ohmioddio!

Yamato! Non ci posso credere! Takeru ha chiesto a mia sorella un appuntamento!!

 

Da: Yamato

Oggetto: sei un pettegolo

Taichi, sei una comare di paese. Lasciali in pace! (sono Sora)

 

 

P.S. Era ora, che mio fratello si svegliasse fuori! Y.

 

Da: Taichi

Oggetto: bomboniere

Secondo te le bomboniere, meglio rosa o bianche?

 

Da: Yamato

Oggetto: senza parole

Taichi, sono sempre Sora. Sono scandalizzata.

In questo momento ti si adatta una delle battute di Mr. Darcy: “L’immaginazione femminile è veloce: dall’ammirazione passa all’amore, dall’amore al matrimonio in un momento solo.”

 

Da: Taichi

Oggetto: la tua ragazza

Dì alla tua ragazza di non darmi più della donna. E fatti restituire il cellulare, dannato!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - La curiosità è donna? ***


Il giorno dopo il sole splendeva su Tōkyō e Hikari si alzò prima della sua sveglia. Nulla di strano, se non per il fatto che anche suo fratello, noto dormiglione, era già sveglio e seduto al tavolo della cucina con un sorriso a dir poco sospetto.

 

«Buongiorno, sorellina!» esclamò gioviale, mentre lei entrava nella stanza guardandolo con tanto d’occhi.

«Taichi. Che ci fai già sveglio?» domandò la ragazza, seccata.

«Il mattino ha l’oro in bocca!» replicò lui, per nulla toccato dal suo tono, offrendole allegramente una tazza di tè.

«Solo se sei Jack Torrance. Allora, cosa c’è sotto?» chiese lei, sospettosa, sedendosi al tavolo e prendendo la tazza che il fratello le porgeva.

« La tua sfiducia mi offende, sorellina. Un povero ragazzo non può svegliarsi di buon’ora e preparare la colazione per la sua adorata sorella minore che a momenti uscirà con un biondino da strapazzo?» L’ultima frase, più che dirla, l’aveva ringhiata, perdendo tutta la sua nonchalance.

«Ah! Lo sapevo che c’era l’inganno!!» esclamò Hikari, trionfante, puntandogli il dito contro. «Tra l’altro, come fai a sapere che uscirò con Takeru, oggi?» gli chiese poi, colta da un sospetto.

«Come dire… Ho messo in pratica le mie innate doti di spia» gongolò il fratello, accarezzandosi il mento con fare vissuto.

«Un altro modo per dire che hai letto le mie mail, giusto?»

«Se vuoi dirla così brutalmente… Sì. Potrei averlo fatto» ammise candidamente il ragazzo.

«E ti pare una cosa di cui vantarti??»

«Finché servirà a salvarti dalle grinfie di un imberbe mocciosetto, sì.»

«Calma, Hikari, devi stare calma. Estremamente calma» si disse la ragazza, prendendosi la testa fra le mani e pensando ad un modo per porre fine in maniera lenta e dolorosa all’esistenza del fratello.

«Che fai, parli da sola? Lo sapevo, quel ragazzo ti ha già rovinato!!» gridò teatralmente Taichi, alzando le braccia al cielo.

«La smetti?» esclamò lei di rimando, lanciandogli il tovagliolo in piena faccia.

«Mai!» ribatté lui, ignorando bellamente il tovagliolo.

 

Nella cucina calò un silenzio innaturale, mentre i due fratelli si guardavano in cagnesco.

«Pensavo che Takeru ti piacesse» osservò Hikari dopo qualche secondo, decidendo di trattare il fratello come una persona normale e non come un mentecatto qual era. Chissà, forse avrebbe risolto qualcosa.

Taichi trovò improvvisamente interessante il fondo della sua tazza.

«Lo conosci da anni… Non è il primo sconosciuto che ho incontrato per strada!» continuò la ragazza.

«Ci mancherebbe altro!» scattò subito il fratello, sollevando lo sguardo dalla tazzina alla sorella.

«E allora dove sta il problema?» esclamò lei, esasperata.

«Il problema è che tu sei la mia sorellina e che è mio dovere proteggerti da tutto!» replicò lui, altrettanto esasperato. Perché Hikari si ostinava a non capire??

«Taichi… Sono grande abbastanza…»

«Oh, certo! Solo perché sei entrata alle medie non vuol dire che tu sappia tutto della vita.»

«E invece tu, uomo vissuto, sai tutto, vero?» ribatté Hikari, piuttosto arrabbiata, adesso. La stava trattando come una bambinetta dell’asilo.

«Sicuramente più di te. E sono sicuro che Takeru non vada bene.»

«Come puoi dire una cosa del genere? L’hai visto crescere, praticamente! E comunque non ci stiamo sposando, usciamo solo un pomeriggio, senza il solito codazzo di persone dietro di noi a giudicarci!» praticamente urlò la castana, ad un passo dalle lacrime.

«Hikari…» tentò di calmarla Taichi, allungando una mano verso di lei. La ragazza si ritrasse involontariamente.

«Io voglio solo uscire con il ragazzo che mi piace per un pomeriggio. Magari andrà bene, magari no, ma almeno lo saprò per esperienza diretta. Capisci quello che voglio dire?» disse lei, guardandolo con gli occhi lucidi.

Ci fu un altro momento di imbarazzante silenzio, mentre Taichi cercava di rielaborare quello che gli era stato detto. Dopo quella che sembrò un’eternità, finalmente annuì. «Ho capito. Forse ho un po’ esagerato. Ma quando si tratta di te, sorellina, lo sai che mi faccio prendere la mano…»

«Lo so. E ne sono contenta, perché significa che mi vuoi bene. Ma devi lasciare che anche io abbia le mie esperienze. E per le ramanzine c’è sempre papà, hai presente? Quel signore mezzo calvo, che cena con noi tutte le sere… »

«Mmm, ora che mi ci fai pensare, forse l’ho già visto, un paio di volte…» stette al gioco lui, aprendosi in un sorriso spontaneo, che contagiò anche la sorella. La ragazza si alzò dal suo posto e corse ad abbracciare il fratellone.

«Vedrai, non sarà così tremendo» gli sussurrò in un orecchio, prima di precipitarsi in camera a cambiarsi. Doveva vedersi con Miyako al centro commerciale e poi si sarebbe vista con Takeru, dopo pranzo.

Taichi rimase a fissare la scatola di biscotti davanti a lui, scuotendo la testa e mormorando: «Stai invecchiando, vecchio mio…»

 

 

«Hikariiiiii! Sono qui!» esclamò Miyako, facendo girare mezzo centro commerciale.

Hikari la raggiunse con non poco imbarazzo.

«Allora, pronta per oggi?» chiese la ragazza dai capelli viola, sorridendo.

Il cuore di Hikari perse un battito. Come faceva a saperlo? Non l’aveva detto a nessuno del suo appuntamento! Suo fratello non contava, l’aveva scoperto da solo…

«Oggi?» chiese nervosamente.

«Ma sì, alla fine abbiamo deciso che saremmo andati oggi a prendere i Digimon, non ricordi? Ieri sera si è fatto troppo tardi e poi ognuno aveva degli impegni…» le rispose la sua amica, guardandola sospettosa. Non era da Hikari dimenticarsi le cose, soprattutto della sua adorata Gatomon. Qualcosa bolliva in pentola, e lei avrebbe scoperto cosa. Oh, sì, che l’avrebbe scoperto.

«Ah. Ah, ma certo! Sono prontissima, ovvio!» replicò, troppo in fretta, la castana, rilassandosi all’istante. Ma certo, i Digimon! Nessuno sapeva di lei e Takeru!

«Sicura di stare bene? Mi sembri un po’ nervosa…» disse Miyako.

«No no, non ho niente. Sono solo agitata per stasera, sai… Non vedo Gatomon da un sacco di tempo e…»

La tirata di Hikari venne interrotta dal suono del suo cellulare. Una mail!

Impallidendo, infilò una mano nella borsetta e ne tirò fuori il telefono.  Non aveva il coraggio di guardare chi le scrivesse.  E se era Takeru che cancellava tutto perché in realtà lei non gli piaceva?

Miyako notò il suo comportamento e da pettegola qual era, decise di farsi i fatti della sua amica. Ma, naturalmente, doveva farlo con stile… Fu quindi con una voce molto querula che cominciò a recitare: «E così, Jane, chi ti scrive? Che c’è di nuovo? Che cosa dice? Via, Jane, spicciati, raccontaci; presto, amor mio!»

Hikari riconobbe le battute di Mrs Bennet e scoppiò a ridere, prontamente imitata da Miyako. Quando si calmarono, la castana controllò finalmente lo schermo. Arrossì improvvisamente e non riusciva quasi a respirare dall’ansia. Perché effettivamente il mittente era Takeru…

 

«Hikari? Ci sei? Guarda che se non la apri tu, questa mail, la apro io!» minacciò Miyako.

«No!» esclamò la ragazza, stringendosi il cellulare al petto, per proteggerlo dalle grinfie dell’amica.

«Stai calma, stavo scherzando! Tieniti pure i tuoi segreti, se ci tieni» ribatté l’altra, offesa.

Hikari la guardò con tristezza. Non voleva litigare con la sua migliore amica. Quindi prese un respiro profondo e disse: «È Takeru.»

Miyako la guardò raggiante, l’offesa di poco prima completamente dimenticata. «Sul serio?!? E cosa dice??»

«Miya, sembri davvero Mrs Bennet, adesso! Dai, controllati» le disse ridendo la castana, decidendosi finalmente ad aprire la mail.

«Ma io sto morendo di curiosità! Sii buona, dimmi cosa dice!» la pregò l’altra, giungendo addirittura le mani.

In sé, la mail non era nulla di che. Si trattava semplicemente della conferma per luogo e ora dell’appuntamento (alle 16 davanti alla torre di Tōkyō, se l’era sognato tutta la notte!), ma le fece piacere. Ora si trattava di dirlo a Miyako senza che tutto il resto del centro commerciale venisse a saperlo.

«Vieni, andiamo a sederci a quel tavolino» le disse, trascinandola verso il baretto davanti a loro.

 

Una volta sedute e ordinato un succo, finalmente si sentì pronta a raccontare tutto alla sua amica. Amica che, in quel preciso istante, sembrava seduta su un cuscino di spine, perché non riusciva a stare ferma e a trattenere la sua curiosità.

Prese un respiro profondo e poi cominciò: «Miya, tu sai che mi piace Takeru, vero?»

«Se lo so?!? Ma pensi che io sia cieca? Certo che lo so!» esclamò la ragazza.

«Okay, bene… Anzi, no, non bene. Si vede così tanto che mi piace?» domandò la castana, colta da un dubbio.

«Se non sei Daisuke, che ha la gamma di emozioni di un cucchiaino, abbastanza. Però non c’è niente di male, tranquilla! Anche a lui piaci un sacco, si vede lontano un chilometro!»

Okay, se voleva rassicurarla, non c’era riuscita per niente.

«Cos…? Sul serio? E io sono l’unica a non essersene accorta?»

«Ma ci sei o ci fai? Quel ragazzo è cotto di te da anni! Ancora mi chiedo perché non ti abbia chiesto di uscire, ma immagino che sia molto timido. Oppure…»

Prima che Miyako si lanciasse in qualche volo pindarico, Hikari la interruppe: «Fermati, fermati. Davvero è cotto? Non è che ti stai immaginando tutto?»

«Fidati di me. Certe cose si capiscono. Siete due libri aperti, solo che non riuscite a capirvi tra voi… Come se foste scritti in due lingue diverse.»

«Davvero?» chiese, speranzosa.

«Si è rotto il disco? Devo giurartelo sulla Costituzione? Te l’ho detto, è innamorato pazzo di te!» rispose seccata Miyako. Cosa c’era di difficile da capire?

Hikari si rilassò sulla sedia, tirando un sospiro di sollievo. «Okay, okay… Ho capito. Ma ci crederò solo se me lo dirà lui di persona.»

«Mi pare giusto. Quindi devi invitarlo ad uscire!» esclamò battagliera la ragazza con gli occhiali. Poi sembrò accorgersi dell’espressione della sua migliore amica, perché fece un sorrisetto saputo e le disse: «Ma mi sa che non ce ne sarà bisogno, giusto?»

Hikari arrossì ancora di più, ma non poté far altro che annuire: «Dobbiamo vederci oggi pomeriggio, alla torre.»

«Oh, ma è fantastico!!» gioì la ragazza, facendosi film tutti suoi. «E come ti vestirai?» chiese poi, curiosa.

«Ehm, pensavo di andare vestita così, no?» domandò Hikari, timidamente.

«Ragazza mia, non ci siamo proprio. Qua urge un intervento e avrò bisogno di mooooooolto aiuto» ribatté Miyako, squadrandola e tirando fuori il cellulare.

«Miya? Miya, chi stai chiamando? Miyako! No, ti prego, non chiamare…»

«Mimi? Ciao, tesoro, sono Miyako!»

Hikari si accasciò sulla sedia, prevedendo una lunghissima mattinata.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Fratello e sorella ***


«Io commetto un omicidio. Anzi. Un duplice omicidio.»

«Dai, Hikari, lo fanno perché ti vogliono bene.»

«O magari mi vogliono male. Hai visto cosa mi hanno portato non più tardi di un minuto fa?»

«Era molto… Come dire?»

«Brutto? Orrendo? Totalmente inadatto ad una persona della mia età?»

«Stavo per dire “classico”.»

«Ti ringrazio per il sostegno morale, Sora, ma una cosa orrenda so riconoscerla. E quella è una cosa orrenda.»

Sora fece per rispondere, ma venne interrotta dalla cantilenante voce di Mimi: «Hikaaaaaariiiiii! Che te ne pare di questo?»

Hikari gemette, mentre Sora le rivolgeva un debole sorriso: Mimi si stava trascinando dietro qualcosa che sembrava un tendone da circo.

«Mimi… Grazie davvero, ma non credo sia nel mio stile» la ringraziò la castana, cercando di non ferire i sentimenti della sua amica.

«Non… Non vuoi nemmeno provarlo?» le chiese la ragazza, con il suo tono da fanciulla ferita che le garantiva sempre quello che voleva.

E anche quella volta, infatti, non fallì. Con un sospiro, Hikari tese la mano e si accinse a provare la tenda, mentre Miyako arrivava di corsa con quello che sembrava il fratello gemello del vestito che aveva trovato Mimi. Di bene in meglio, insomma.

Fortunatamente per lei, intervenne Sora: «Ragazze, sono tutti vestiti molto belli, ma sapete che Hikari è piuttosto sobria… Non credete di stare esagerando?»

Le altre due la guardarono sconvolte. Loro, esagerare? Ma quando mai?

Poi videro la faccia di Hikari e si resero conto che forse, effettivamente, avevano esagerato. Ma un pelino. Appena appena. Quasi per niente. «Scusa, Hikari. Forse ci siamo fatte prendere un po’ la mano…»

«Scuse accettate. Ora toglietemi da davanti agli occhi questa cosa… E andiamo a cercare qualcosa che venga incontro al mio gusto, va bene?» rispose la ragazza, abbandonando il vestito su un attaccapanni lì vicino e dirigendosi con le sue amiche verso un nuovo reparto.

 

Mentre Hikari era in giro per negozi con Sora e le altre, Taichi aveva istituito una sorta di consiglio di guerra nel suo salotto. In realtà, gli unici partecipanti erano lui e Yamato, ma questi erano dettagli.

«Taichi, spiegami il senso di questa buffonata.»

«Buffonata? Perché mai dovrebbe essere una buffonata?» domandò piccato il castano, fulminando il suo migliore amico con lo sguardo.

«Forse perché mi hai costretto a indossare uno stupido elmetto e a imbrattarmi le guance con l’ombretto di tua madre?» chiese sarcastico l’altro.

«Questo, mio caro, significa essere pignoli, lo sai, sì?»

«Senti. Facciamo così. Io cercherò di assecondarti in questa cosa…» Taichi cominciò ad esultare. «Se!» Il ragazzo si accasciò sul divano. Lo sapeva, che c’era l’inganno. «Se mi fai pulire le guance e mi fai togliere questo coso.»

«Ma così rovinerai l’atmosfera» si lagnò il castano.

«Prendere o lasciare» lo minacciò il biondo.

«Okay, okay, mi arrendo. Puoi toglierti l’elmetto e l’ombretto» concesse Taichi, sbuffando, mentre l’amico si liberava di quel ridicolo travestimento.

«Bene. Ora che il signorino è a posto, può prestare attenzione a me?» domandò Taichi, quando Yamato riemerse dal bagno, dove era andato per lavarsi via il trucco dal viso.

«In realtà non vorrei farlo, ma mi hai praticamente obbligato a venire qui. Senza contare che se non lo faccio, Sora mi uccide.»

«Questo perché Sora ha ben chiare le sue priorità.»

«No, questo perché Sora non si fida di te.»

«Quello che è. Fatto sta che devi stare con me e aiutarmi nel mio piano.»

«Il tuo piano in cosa consisterebbe?»

«Seguire mia sorella e tuo fratello nel loro primo appuntamento e al momento giusto intervenire.»

«Giuro, non vorrei mai ammettere una cosa del genere, ma… Non ti seguo. Fino a ieri rompevi l’anima a chiunque perché non vedevi l’ora che mio fratello e Hikari capissero che si piacciono. E ora non vuoi che escano insieme? Per quanti problemi tu possa avere, questo mi sembra troppo anche per te!» tentò di ragionare Yamato.

«Questo perché fino a ieri pensavo fosse una cosa tenera e carina che quei due si piacessero e non se lo dicessero. Ma poi mi sono messo a pensare…»

«Ora ho paura sul serio.»

«Molto simpatico. Comunque, dicevo, mi sono messo a pensare e ho capito che in realtà non voglio che accada, perché Hikari è la mia sorellina e non voglio che quel bruto di tuo fratello le spezzi il cuore.» concluse Taichi, sembrando quasi serio.

«Punto primo, mio fratello non è un bruto e sono abbastanza sicuro che non spezzerà mai il cuore ad Hikari. È innamorato di lei da quando aveva sette anni, per l’amor del cielo! Punto secondo, tua sorella è grande abbastanza da sapere quello che vuole e soprattutto non ha bisogno che tu ti metta in mezzo.»

«Proprio quello che mi ha detto lei!» esclamò il castano.

«Forse perché è vero?» domandò sarcastico il biondo, guardandolo male.

«Vorrei vedere te, se avessi una sorella!»

«Ho un fratello, il concetto è lo stesso.»

«No, non lo è. Tuo fratello è un maschio

«Mi pare inutile, puntualizzare l’ovvio.»

«Allora insisti! Giuro, vorrei che ci scambiassimo i ruoli, così capiresti.»

«Capire cosa?» li interruppe in quel momento la voce di Hikari, appena rientrata insieme a Sora.

«Niente!» strillò Taichi.

«Che tuo fratello è paranoico» rispose allo stesso tempo Yamato.

Le ragazze entrarono nel salotto, sedendosi sul divano accanto ai due ragazzi. Sora scoccò un bacio sulla guancia a Yamato, sedendosi sul bracciolo accanto a lui e posandogli un braccio sulle spalle. «Come è andata la vostra mattinata tra uomini?»

«Male. Devo ancora capire cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo.»

«Esagerato.»

«Credimi, non è così.»

«Yamato, tu non capisci la gravità di questa cosa» intervenne Taichi, stufo di essere ignorato.

«Quale cosa? Non starai ancora parlando di me e Takeru, vero?» domandò sospettosa Hikari, guardando suo fratello.

«Ehm» rispose intelligentemente il ragazzo, cercando sostegno nel suo amico, che lo guardò impassibile con un’aria da “te l’avevo detto”.

«Taichi! Pensavo che avessimo raggiunto un accordo! Io esco con Takeru, mi godo il mio pomeriggio con la persona che mi piace e se non dovesse funzionare, torneremo amici come prima. Punto. E non mi pare di vedere la tua presenza, in tutto questo» scoppiò sua sorella, alzandosi in piedi e scappando nella sua stanza.

 

Ci fu un lungo momento di silenzio, poi Yamato rivolse poche, ma lapidarie parole al suo migliore amico: «Tutto quello che si presenta sotto la veste della furberia è spregevole.»

Taichi lo guardò confuso. Yamato si alzò dal divano e fece un cenno anche a Sora. Prese la sua giacca e finalmente parlò di nuovo: «Mr Darcy. Comunque penso che sia una frase che si adatti anche alla tua situazione. Parlandoci seriamente, Hikari è grande e può fare le sue scelte. Mio fratello pure, e sono sicuro che farà il meglio che può per tua sorella, anche nel caso in cui dovesse andare male tra loro. Ma ne dubito fortemente, non ho mai visto due persone più adatte a stare insieme di loro due. Quindi smettila di preoccuparti e di fare la parte del fratello geloso. Non ti si addice.»

E con questo uscì dalla porta, senza salutare.

Sora si fermò un attimo, indecisa sul da farsi. Poi decise che il suo migliore amico aveva bisogno di essere consolato. Era appena stato zittito da sua sorella minore e dal suo migliore amico. Troppo per lui, in una sola giornata. Quindi si sedette di nuovo sul divano, abbracciandolo.

Lui era ancora inebetito e quasi non se ne accorse, finché lei non parlò.

«Sai, Taichi… Credo che Yamato abbia ragione. Poteva dirtelo in maniera meno brusca, ma sai come è fatto.»

Il ragazzo rimase in silenzio. Lei lo prese come un invito a proseguire e così fece: «Concorderai con me che ti sei comportato da sciocco. Fino a poco tempo fa, Hikari ha sempre cercato il tuo aiuto, ma adesso che si sta allontanando da te, tu la vedi come una minaccia alla tua figura di uomo forte. Mi sbaglio, forse?»

Taichi si limitò a fare un cenno di diniego.

«Ma vedi, è normale che Hikari stia uscendo dal suo guscio. Ed è anche normale che veda Takeru come nuovo punto di riferimento. Sono amici fin da piccoli e, soprattutto, si piacciono fin da quando sono piccoli. Hanno condiviso molte cose difficili da affrontare da soli e in quei momenti erano solo loro due. Credo che tra loro non potrà fare altro che andare bene. Non devi avere paura che lei si dimentichi di te, sarai sempre il suo fratellone.»

Taichi ancora non parlava.

Sora fece un sospiro, guardò l’orologio e, con un ultimo abbraccio al suo amico, si alzò dal divano. «Ci vediamo stasera» lo salutò, prima di andarsene.

 

In casa Yagami calò nuovamente il silenzio, mentre Taichi rifletteva su quello che gli aveva detto Sora e anche Hikari, che aveva ascoltato tutto dal corridoio, non vista. Però, quando suo fratello alzò lo sguardo, la vide. Lei si ritrasse, spaventata, ma lui le fece cenno di raggiungerlo sul divano.

I due fratelli rimasero abbracciati per un bel po’, poi finalmente Taichi si arrischiò a parlare: «Sono stato uno stupido. Un emerito stupido. E un fifone, soprattutto un fifone. Meno male che ho la Digipietra del Coraggio.»

Hikari fece un sorrisino, sopprimendo anche una risata. «Sì, sei uno stupido. Come puoi pensare che non avrò più bisogno di te, se con Takeru andrà bene? Sei il mio fratellone, con chi mi potrei confidare, se non con te?»

«Con Miyako?» domandò il ragazzo.

«Ma non sarebbe la stessa cosa. Anche perché ce l’ho con lei per aver chiamato Mimi, stamattina. Mi hanno costretto a provare delle cose orribili, davvero.»

E si lanciò in una descrizione molto dettagliata delle torture subite durante la mattina.

Quando la madre rientrò per pranzo, li trovò seduti abbracciati sul divano a ridere.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Una torre per due ***


Hikari lanciò un’occhiata disperata all’orologio: segnava, senza ombra di dubbio, le quattro e dieci. E lei doveva ancora arrampicarsi fuori dalla stazione della metropolitana di Akabanebashi. Maledisse tra sé e sé la distanza tra Hikarigaoka e la torre di Tōkyō, la sua lentezza nel prepararsi e la ficcanasaggine di sua madre, che l’aveva fermata per un interrogatorio lampo mentre stava uscendo per andare alla stazione.

Fece passare rapidamente la sua Suica, superando al volo una povera nonnina per poi correre su per le scale della stazione. Una volta in cima si fermò a riprendere fiato e poi ricominciò la sua folle corsa verso la torre, ben visibile da dove si trovava.

Cinque minuti dopo si fermò ansimando davanti ad un ragazzo biondo comodamente appoggiato al muro, gli occhi azzurri fissi sul cellulare. «Scusami, sono in ritardo!» proruppe la ragazza, cogliendolo di sorpresa.

«Hikari! Ciao! Respira, ti prego» la salutò lui, con un sorriso smagliante che la fece annaspare ancora di più.

Prima di rischiare l’iperventilazione (cosa a cui era comunque prossima), decise di seguire il consiglio di Takeru e prese un respiro profondo, mentre il ragazzo la guardava divertito.

«Va meglio?» le chiese, quando la vide tornare a respirare come una persona normale.

«Decisamente» rispose lei, con un sorriso.

«Ricominciamo da capo?» domandò lui. «Ciao, Hikari, che bello vederti!»

Divertita, la ragazza replicò: «Takeru, che piacere!»

I due ragazzi scoppiarono a ridere, poi Takeru disse: «Siccome è una bella giornata, che ne dici di salire?»

«Salire?» domandò incerta la ragazza.

«Sì, sulla torre. Se siamo fortunati, forse riusciamo a vedere anche il monte Fuji!» Il ragazzo notò la sua espressione dubbiosa, quindi si affrettò a spiegare: «Sia ben chiaro che pago io.»

«Cosa? Ma costa più di duemila yen, stai scherzando?» si agitò Hikari, cominciando a frugare nella borsetta alla ricerca del portafoglio.

«Mai stato più serio. Dai, vieni, ci divertiremo!» esclamò lui, prendendola per mano e trascinandola verso la biglietteria.

 

«Che ti dicevo? Abbiamo fatto bene a salire fin quassù!» disse Takeru, sorridendo e voltandosi verso Hikari.

La ragazza sorrise a sua volta. «Devo ammettere che avevi ragione. C’è un panorama splendido!»

«Io ho sempre ragione» replicò il ragazzo, con un cenno altezzoso della mano.

«E questa superiorità?» domandò lei, fingendo di guardarlo male. «Secondo me stai passando troppo tempo con Daisuke…»

«Ti stai confondendo, quello è il mio gemello cattivo» ribatté lui, facendola ridere.

«Che dici, ci facciamo una foto?» domandò Hikari, quando tornarono seri.

«Vedo che ti è rimasta la passione» sorrise lui, guardandola recuperare il cellulare dalla borsetta e settare la fotocamera interna.

«Direi di sì» rispose lei, facendogli cenno di avvicinarsi. «Sorridi!» gli ordinò, prima di scattare a raffica quattro o cinque fotografie.

«Wow, hai beccato la luce perfetta! Cosa non facile, in questa torre» si complimentò Takeru, quando Hikari gli fece vedere i risultati.

«L’occhio del fotografo» rispose lei, con un tono di superiorità.

«Chi è che sta passando troppo tempo con Daisuke, scusa?» la prese in giro il ragazzo.

«Il tuo gemello cattivo, no?» rispose lei, sorridendo.

«Giuuuuuuuusto. Continuo a dimenticarmi della sua esistenza!» ridacchiò lui. Poi, come colto da un’idea improvvisa, controllò l’orologio. «Accidenti, sono già le sei meno un quarto… Alle sei e mezza ci aspettano ad Odaiba per andare a prendere i Digimon» esclamò, con un’aria un po’ delusa.

«Cavoli, è vero! Credo che sia meglio se iniziamo a scendere e ci avviamo verso la metro» disse Hikari, con un’aria altrettanto delusa.

 

In silenzio, i due raggiunsero l’ascensore e tornarono alla base della torre. Qui, Takeru lanciò un’altra occhiata all’orologio e disse: «Contando che ci vorrà una mezz’oretta ad arrivare ad Odaiba… Credo che abbiamo il tempo per un gelato, non credi?»

A Hikari si illuminò lo sguardo: «Al gusto matcha?»

«Al gusto che vuoi! A patto che paghi io, naturalmente.»

«Ma, Takeru, hai già pagato la salita… Non è giusto che paghi anche il gelato!» tentò di protestare la ragazza castana, ma il biondo si infilò agilmente nella coda del bar e, prima che lei potesse capacitarsi della cosa, era già di ritorno con due coni gelato.

«Gelato al matcha, madame!» Takeru le consegnò il cono con un mezzo inchino.

«Grazie, davvero…» rispose lei, prendendolo quasi con esitazione.

«Figurati, nessun problema. Purtroppo non abbiamo tempo di sederci, ma possiamo mangiarlo mentre andiamo alla stazione.»

«Certo. Ma prima, ci vuole una punizione, perché hai pagato contro il mio volere» disse beffarda la ragazza, mentre un piano prendeva forma nella sua mente.

«Una punizione?» domandò sorpreso il ragazzo, mentre gli arrivava sul naso un ricciolo di gelato verde. «Ehi!» esclamò, mentre Hikari immortalava la scena con il suo telefono.

«Sei bellissimo, Takeru!» ridacchiò la ragazza, controllando lo schermo dell’apparecchio. «Sai, il verde ti dona.»

«Ma non mi dire» borbottò lui, pulendosi il naso e cercando di sbirciare la foto. «Scusa, hai problemi di vista? Come faccio ad essere bello se ho una cazzuolata di gelato verde su metà faccia, secondo te?»

«Oltre che con Daisuke, passi del tempo anche con Mimi?» lo prese in giro lei, mettendo via il telefono prima che lui cancellasse le prove.

«In realtà» disse lui, guardandola con i suoi occhi azzurri «preferisco passarlo con te, il tempo.»

Hikari lo fissò, gli occhi spalancati e le guance bollenti, il gelato completamente dimenticato.

Takeru si limitò a sorridere e a dire:  «Forza, dobbiamo andare.» E uscì dalla torre, mentre Hikari lo seguiva dopo qualche secondo, ancora imbambolata per quello che le aveva detto.

 

 

Hikari Yagami ha aggiunto due nuove foto presso 東 京タワー  Tokyo Tower con Takeru Takaishi

“Ti va un gelato, Takeru? :P “

 

A Miyako Inoue piace questo elemento.

A Sora Takenouchi piace questo elemento.

A Ken Ichijouji piace questo elemento.

A Miku Yoshida piace questo elemento.

A Mimi Tachikawa piace questo elemento.

A Ryonosuke Setagawa piace questo elemento.

A Iori Hida piace questo elemento.

A Jun Motomiya piace questo elemento.

A Seiji Sato piace questo elemento.

A Yamato Ishida piace questo elemento.

A Taichi Yagami piace questo elemento.

A Takeru Takaishi piace questo elemento.

 

Daisuke Motomiya ha commentato questo elemento: “Cooooooosa?!? Hikari e il biondino… Insieme… Torre… Noooooooooo!”

Miyako Inoue ha commentato questo elemento: “Daisuke, piantala di fare queste scenate. Ragazzi, siete fantastici! <3 <3 <3”

Daisuke Motomiya ha commentato questo elemento: “Zitta, maledetta! Miyako Inoue

Miyako Inoue ha commentato questo elemento: “ Non sei nemmeno capace di taggare -.-‘’ “

Hikari Yagami ha commentato questo elemento: “Ehm, ragazzi, potreste smetterla?”

Minako Kiuchi ha commentato questo elemento: “Hikari, è il tuo ragazzo? Belli, belli! Un bacio!”

Hikari Yagami ha commentato questo elemento: “Grazie, zia! “

Daisuke Motomiya ha commentato questo elemento: “Miyako Inoue, come osi?!? Hikari Yagami, ti prego, dimmi che è uno scherzo! T.T”

Takeru Takaishi ha commentato questo elemento: “Daisuke, perché dovrebbe esserlo?”

Taichi Yagami ha commentato questo elemento: “La cosa si fa interessante. Yamato, porta i pop corn!”

Yamato Ishida ha commentato questo elemento: “Taichi, ti prego -.-‘’ “

Daisuke Motomiya ha commentato questo elemento: “Takeru Takaishi, muoviti ad arrivare, che ti devo disintegrare! Biondino da strapazzo!”

Takeru Takaishi ha commentato questo elemento: “Uuuuh, che paura!”

 

 

«Credi che tu e Daisuke risolverete la faccenda prima che arriviamo ad Odaiba?» domandò Hikari, con fare casuale.

«Ho paura di no… Ha commentato di nuovo» rispose Takeru, sentendo il telefono vibrare per una notifica in arrivo.

«Che dice, stavolta?» chiese Hikari, incuriosita, sporgendosi per leggere.

«Ah, no. È mia nonna che mi ha scritto un messaggio. Vuole sapere come va con…» Takeru si interruppe con un suono strozzato e diventò tutto rosso. Cercò di nascondere il telefono il più velocemente possibile.

«Con? Tutto bene? Sei tutto rosso!» si preoccupò la ragazza, guardandolo.

«Tutto bene, ma ho come il sospetto che dopo stasera sarò figlio unico.»

«Che ha fatto Yamato?»

«Diciamo che ha spifferato cose che non dovevano assolutamente trapelare alla nonna. E adesso lo saprà tutta Nagoya, accidenti!»

«Sapere cosa?»

«Che…» Takeru deglutì nervosamente  «… che ti ho chiesto di uscire.»

«Oh.»

«Già.»

Tra i due calò un silenzio piuttosto imbarazzato: certo, erano usciti, ma nessuno aveva ancora detto ad alta voce che quello era un appuntamento in piena regola.

 

Dopo qualche minuto, Takeru si schiarì la gola e disse:  «Ehm, comunque… Spero che tu ti sia divertita.»

Hikari si riscosse dai suoi pensieri e si affrettò a rispondere: «Oh, sì, è stato tutto così divertente.» Divertente?!? Hai appena definito un appuntamento divertente?!? Bella mossa, Hikari! Ora sì che ti chiederà di essere la sua ragazza! si rimproverò mentalmente, lanciando uno sguardo sconfortato a Takeru, che sembrava perso nei suoi pensieri.

«Hikari, senti…» La voce di Takeru la richiamò all’improvviso alla realtà. Si voltò titubante verso di lui: «Che c’è?»

«Tu… Sai che mi piaci, vero?»domandò lui, praticamente bordeaux.

«Io… Sì, lo so» ammise la ragazza, senza guardarlo.

«Mi piaci più che come amica. Molto più che come amica. Sai anche questo, immagino.»

«Più o meno.»

«Che vuol dire “più o meno”?»

«Che… Che Miya mi aveva detto una cosa del genere e anche Sora, ma io… Io, ecco, volevo sentirlo da te» quasi sussurrò Hikari, ormai diventata un tutt’uno con il sedile, da quanto ci stava sprofondando dentro.

«Immaginavo che Sora l’avesse capito. Lei ha la Digipietra dell’Amore, dopotutto…» commentò amaro il ragazzo.

«Ehm, in realtà, l’hanno capito quasi tutti. Mi hanno detto che sei una persona molto trasparente» confessò la ragazza.

«Vorrei che fosse un complimento, ma ho paura che l'esser capito così a prima vista significhi che sono una persona di ben poco valore…»

«Mister Bingley, vero?» sorrise Hikari, riconoscendo la citazione.

«Già. Non si può dire che non stia studiando la mia parte» replicò lui, sbuffando.

Hikari gli sorrise di nuovo. «Comunque, è un complimento. Perché tu non sei assolutamente una persona di poco valore, Takeru. Sei una persona fantastica, sei sempre disponibile, gentile, carino e… E io sono innamorata di te.»

Ecco. L’aveva detto.

Passò qualche istante perché Takeru elaborasse quello che Hikari aveva appena detto. Poi, come colpito da una scossa elettrica, il ragazzo si rianimò e si voltò verso di lei.

«Dici davvero?» domandò incredulo.

«Certo che dico davvero! È da quando avevamo sette anni che sono innamorata di te!»

«Cosa?!? Anche io!»

«Davvero?»

«Sì! Oh, che stupidi siamo stati! Abbiamo aspettato sette anni per dirci una cosa del genere?» esclamò lui, soffocando una risata.

«Seriamente… Siamo pessimi!» ridacchiò anche Hikari.

«Direi che è il momento di rimediare, no?» domandò Takeru, tornando serio e prendendole la mano tra le sue.

«Direi di sì» rispose la ragazza, stringendogli la mano e appoggiandosi alla sua spalla.

In quel momento, il cellulare di Hikari iniziò a vibrare, facendo saltare tutti e due sul sedile. «Chi è che rompe, adesso?» domandò poco finemente la ragazza, controllando il nome sullo schermo.

«Chi è?» chiese Takeru.

«Miya. Ma tanto manca una fermata, direi che posso fare a meno di rispondere» rispose Hikari, rimettendo il telefono in borsa e appoggiandosi di nuovo a Takeru, che le passò un braccio dietro le spalle e la strinse a sé.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Nessuna nuova, buona nuova... O no? ***


«Ragazzi! Siete arrivati!» esclamò Miyako, agitando allegramente una mano in direzione di Takeru e Hikari, che si stavano avvicinando con tutta la calma del mondo, le mani intrecciate.

A quella vista, per poco Daisuke non si strozzò con la sua stessa saliva e cominciò a uscirgli il fumo dalle orecchie.

«Ma quanto siete carini?» urlò Mimi, posandosi le mani sulle guance e lasciandosi andare a una serie di urletti da fangirl isterica. I due ragazzi arrossirono lievemente, mentre Sora cercava di ricondurre la castana alla ragione.

Taichi fece per correre verso di loro, quasi a voler controllare lo stato di salute della sorella, ma in quella il DigiVarco sul computer di Kōshirō si illuminò e l’attenzione di tutti si rivolse in quella direzione.

 

Una ad una, delle figure luminose uscirono dal varco e si stabilizzarono davanti ai ragazzi, che a malapena trattenevano l’emozione.

«Daisuke!» Il primo a correre verso il suo compagno fu Veemon, seguito a ruota da Agumon e poi da tutti gli altri. Per qualche minuto, l’aria si riempì di “Da quanto tempo!” e “Quanto mi sei mancato!” e di gridolini di gioia. Quando i saluti furono terminati, i ragazzi si sedettero sulla spiaggia con i loro amici digitali, dividendo quel che si erano portati per merenda. Takeru ed Hikari rifiutarono gentilmente, ancora pieni dal gelato preso alla torre, cosa che ai Digimon interessò ben poco: più cibo per loro!

 

«Allora, ragazzi, novità?» domandò Jyō, passando distrattamente la mano sulla testa di Gomamon.

«Già, è un po’ che non abbiamo notizie» aggiunse Ken, guardando interrogativo il suo Wormmon.

I Digimon tacquero di colpo e i ragazzi sentirono un brivido freddo corrergli lungo la schiena.

Non era un buon segno.

«In effetti…» cominciò Agumon, evitando lo sguardo di Taichi. «Di notizie ce ne sarebbero, ma non sono buone.»

«Cos’è successo? Siete stati attaccati?» domandò preoccupato il ragazzo, osservando meglio il suo Digimon alla ricerca di eventuali ferite.

«Non ancora, ma nell’aria si sente qualcosa. Qualcosa di oscuro» confessò Tentomon, le antenne vibranti.

«Inoltre, da nord arrivano notizie poco rassicuranti, di intere comunità di Digimon scomparse nel nulla» aggiunse Gabumon, abbassando lo sguardo a terra.

«Scomparse? In che senso?» domandò Miyako.

«Nel senso che non ci sono più, no?» esclamò Daisuke, come se fosse ovvio (ed effettivamente tutti i torti non li aveva), alzandosi in piedi di scatto. «Ragazzi, dobbiamo intervenire!»

«Non sappiamo ancora di cosa si tratta» gli fece notare Yamato, guardandolo storto.

«Ma dobbiamo comunque fare qualcosa! Non possiamo lasciare che i Digimon scompaiano così, sotto il nostro naso! Ci siamo presi l’incarico di difendere Digiworld ed è quello che faremo!» si infiammò il ragazzo, agitando un pugno in direzione del biondo.

«Non sto dicendo che non lo faremo, sto dicendo che prima dobbiamo informarci su cosa sta minacciando Digiworld» ribatté Yamato, alzandosi in piedi a sua volta e sovrastando l’altro.

«Adesso basta, calmatevi!» esclamò Sora, mettendosi in mezzo, una mano sul petto del suo ragazzo e una a qualche centimetro dal naso di Daisuke. «Non c’è bisogno di litigare tra noi, dobbiamo mantenere la calma per poter essere in qualche modo d’aiuto. Daisuke, la tua voglia di fare è davvero ammirevole ma…»

«Che cosa c’è di tanto apprezzabile in una precipitazione che lascerebbe per forza metà delle cose in sospeso, e non porterebbe alcun vantaggio né a te né agli altri?» intervenne Yamato, citando il signor Darcy.

«Oh, il signorino sta studiando la parte, eh?» domandò sarcastico Daisuke, incrociando le braccia e sbuffando.

«Che parte?» domandò Veemon confuso, ma la sua domanda si perse nella risposta poco educata di Yamato, prontamente redarguito da Sora che cercava di mettere pace tra i due.

 

«Aaaaaaaaargh!!!!»

L’urlo di Miyako risuonò nell’aria e tutti, Digimon e umani, si voltarono verso di lei.

«Non ne posso più di sentirvi litigare! Ma vi pare il momento? Abbiamo la recita tra due settimane e adesso scopriamo che Digiworld è in pericolo, non possiamo permetterci di litigare!» esclamò la ragazza, guardando in cagnesco Daisuke e Yamato, che distolsero lo sguardo, colpevoli.

«Miyako ha ragione. Dobbiamo calmarci tutti e organizzare le cose come si deve» intervenne Kōshirō.

«Per prima cosa, per quanto grave possa essere la situazione a Digiworld, i Digimon hanno bisogno di riposare e noi pure» dichiarò Taichi. «Tra l’altro, domani abbiamo le prove della recita. Dobbiamo organizzare il nostro tempo tra quello, la scuola e Digiworld.»

«Sono sicura che ce la faremo!» esclamò Mimi, fiduciosa.

«Per il momento, torniamo a casa e facciamoci una bella dormita. Domani mattina prima di scuola, ci incontreremo al parco davanti a scuola e metteremo a punto un piano d’attacco» continuò Taichi, nel suo miglior tono da leader. I ragazzi annuirono, concordi e anche i Digimon dimostrarono la loro approvazione.

«Ovviamente a scuola non potrete venire, starete a casa e ci incontreremo una volta finite queste benedette prove, d’accordo?» concluse il ragazzo, guardando le creature digitali.

«Ma le prove di cosa?» domandò Agumon incuriosito.

«La recita della scuola, partecipiamo tutti» spiegò Iori, cominciando ad entrare nel dettaglio, ma venne bruscamente interrotto da Daisuke: «Sì, sì, vi racconteremo andando a casa. Ora dobbiamo andare, Hikari, ti accompagno?»

Hikari, Takeru e tutti gli altri lo guardarono con gli occhi sgranati.

«Che c’è?» chiese il ragazzo, con una smorfia.

 «Ehm, Daisuke, caro, so che con l’età ti stai rintronando sempre di più, ma… Posso ricordarti che non più tardi di un’ora fa Hikari è arrivata qui mano nella mano con Takeru?» domandò Miyako, indicando con un cenno della mano i due ragazzi, che assunsero una bella tonalità ciliegia.

Tutti i Digimon si voltarono verso di loro con un’espressione maliziosa, ma i due decisero di ignorarli.

«E con questo?» domando Daisuke, caparbio.

«E con questo, genio, vuol dire che stanno insieme! Ma si può essere così tonti?!?» gridò Miyako, alzando le braccia al cielo per non strangolare l’amico.

Takeru e Hikari ormai erano sul punto di scavarsi una fossa nella sabbia per seppellirvicisi e non uscirne mai più.

«Ma loro non stanno insieme!» esclamò in risposta il ragazzo. «Quindi io posso accompagnare a casa Hikari.»

«Io ci rinuncio» annunciò Miyako, recuperando la sua borsa e raggiungendo Hawkmon.

«Un caso perso» concordò Yamato, avvicinandosi a Gabumon insieme a Sora, seguita a ruota da Biyomon. «Ragion per cui, noi ce ne andiamo. Qualcuno gli faccia un disegnino, per favore» aggiunse in tono caustico, facendo un cenno di saluto all’indirizzo di tutti. Sora fece un gran sorriso e si allontanò mano nella mano con lui, i loro Digimon al fianco.

 

«Vedi? Loro si tengono per mano. E stanno insieme» disse Miyako, senza alcuna pietà, all’indirizzo di Daisuke.

«Lo so che stanno insieme, li prendiamo in giro un giorno sì e l’altro pure per questo. Non sono mica stupido!» ribatté il ragazzo.

«E fino a qui ci sei. Bene. Ora. Hai visto il post su Facebook?» continuò Miyako, tra le risate degli altri, mentre Mimi provvedeva a mostrare il post ai Digimon.

«L’ho visto e commentato. E allora?»

«E allora, testa di rapa che non sei altro, secondo te cosa vuol dire?»

«Che Hikari ha battuto forte la testa e che c’è un malinteso?»

Prima che la ragazza saltasse alla gola di Daisuke, Hikari decise di intervenire. «Daisuke, Miyako ha ragione. Io e Takeru oggi siamo usciti, abbiamo parlato e…» Si interruppe, per cercare le parole.

«E stiamo insieme» intervenne il biondo, poggiandole una mano sulla spalla. Lei arrossì leggermente, ma non si sottrasse al contatto, facendo andare Mimi e Miyako in pieno delirio da fangirl.

«Quindi, se non ti spiace, accompagno io Hikari a casa» concluse Takeru, con un’occhiata veloce a Taichi, che diede il suo consenso con un’occhiata altrettanto veloce.

I due ragazzi chiamarono i loro Digimon, che ormai stavano morendo dalla curiosità, e si avviarono verso la fermata della metropolitana, lasciando Daisuke con la bocca aperta.

 

«A quanto pare Yamatuccio ha dato qualche lezione a Takeru» commentò Taichi, ghignando.

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