Quando il tempo ti cambia la vita.

di Valu Valonsa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Un secondo. ***
Capitolo 3: *** Un minuto. ***
Capitolo 4: *** Un'ora. ***
Capitolo 5: *** Una vita. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***





Quando il tempo ti cambia la vita.




 

Quando ogni uomo
avrà raggiunto la felicità,
il tempo non ci sarà più.
F. Dostoevskij


 

 

Bene. Grandioso.
Anzi male, malissimo.
La panchina del parco era gelida e così anche il mio sedere, che iniziava ad intorpidirsi stando schiacciato nella stessa scomoda posizione da ore.
Riguardai l’orologio ed erano passate esattamente due ore e 7 minuti, precisi.
Solo due ore in confronto a tutta la vita che mi si palesava dinanzi.
Tanti, tanti, tanti e tanti altri giorni senza rincorrerlo.
Quella mattina mi ero alzata con una carica bestiale e tanto di quel coraggio da far invidia ad un equilibrista, ma da due ore e 9 minuti era tutto sparito.
La discussione mi aveva sfiancata, la realtà mi era stata sbattuta in faccia troppo violentemente, a tal punto che mi era venuta voglia di massaggiarmi le guance. Mi ero sentita così fiacca e debole che nel tragitto di ritorno verso casa, avevo deciso di sostare un paio di minuti nel parco.
Quei minuti erano diventati oramai due ore e 12 minuti, precisi.
Più del dolore stranamente fisico, realizzavo sempre più che ero stata una completa scema. Non avevo ascoltato mai nessuno, non avevo dato retta ai segnali, ai gesti che di colpo erano diventati così chiari e definiti.
Una scema.
E come una stupida aspettavo il vero risultato per cui avevo intrapreso quella crociata: un senso di pace.
Ero partita in quarta e sicura di ciò che avrei voluto finalmente dirgli, perché ero arrivata al limite di sopportazione. Dopo cinque anni trascorsi a inseguirlo avevo bisogno di mettere un punto. Quei segnali ambigui, quei sorrisi, quelle carezze e quel quasi bacio di qualche settimana prima dovevano trovare una collocazione, o sarei impazzita.
E dopo esattamente due ore e 15 minuti mi resi conto che non ci sarebbe più stata gelosia, né dubbi. Nessun rimorso, né rimpianti. Avevo finito di piangere lacrime amare e di attenderlo all’infinito.


Tu non sei la mia ragazza.”

Avevo ricevuto la risposta che tanto agognavo.
E faceva dannatamente male.
Stanca di rimuginare ancora mi alzai, provando un’immediata fitta al sedere.

“Cazzo!”
Imprecai, maledicendo me, la panchina, il parco, il mondo intero. Indolenzita e un po’ zoppicante mi incamminai verso casa, riaccesi lo smartphone , precedentemente spento  e  respirai a fondo.
Mi confortava il pensiero che quelle sarebbero state le ultime ore perse dietro quel citrullo, ne avevo davvero abbastanza di ridurmi come uno zerbino.
Purtroppo ero anche cosciente che la chiusura definitiva di un capitolo tanto lungo, sofferto e sentito non avrebbe incluso l’esser felici.
Non subito almeno, ma potevo sempre lavorarci su.

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Capitolo 2
*** Un secondo. ***



 

 

 

Quando il tempo ti cambia la vita.








 



DESMOND: Non ce la farò mai a mettermi con Mary… eppure mi piace tanto.
CHEYENNE: Il segreto è il tempo Desmond. Passa del tempo con lei, tutto il tempo che le serve, e si metterà con te, vedrai. Perché è il tempo che le lusinga…e poi il tempo dà sicurezza. Per favore non mollare con Mary, Desmond, promettimelo!

Dal film This must be the place













 

 Non appena il mio cellulare fu al 100% attivo iniziò a squillare, non dovetti nemmeno guardare lo schermo. Già sapevo chi era.
 
“Hey, tutto bene. Sto andando a casa. E no, non è andata per il verso giusto, ma sì, stavolta basta.”
Sospirai pronta a ascoltare il suo punto di vista. La mia migliore amica, sorella acquisita Nora. Eravamo cresciute insieme e sapeva ogni cosa di me, come io di lei d’altronde.

“Mi dispiace. Davvero davvero. Che stronzo…Ceni da me e mi racconti tutto?”
Quella parolaccia mi fece sorridere e lei era quella che controllava il mio stile nel parlare! Mi accusava ogni giorno di dire troppe parolacce per una ragazza così graziosa, testuali parole. Sinceramente non avevo la benché minima voglia di rivivere quel pomeriggio, ma stare con lei era di gran lunga migliore che tornarmene a casa. Così acconsentì, passai a casa solo per lavarmi e lasciare un biglietto vicino al frigo e riuscì.
Mio padre ci lasciò due anni e mezza fa, preferendo la sua nuova famiglia, con la sua nuova baby-moglie a me. Mia madre non accusò il colpo, in quanto già frequentava altri uomini da anni. I miei genitori erano separati in casa, litigavano ma non lasciavano mai la presa. Fin quando, per l’appunto, mio padre trovò nuova moglie e decise di chiudere ogni ponte anche con me.
Non che io lo avessi tradito con altri papà, sia chiaro. Fu una sua scelta e per quanto ci provai con tutta me stessa non volle più saperne niente di me.
Ricordo come fosse ieri il giorno in cui mi lasciò da sola in casa, dopo aver raccolto tutte le sue cose ed essere semplicemente uscito dalla porta. Mi lasciò solo un bacio sulla testa e poi si dileguò.
Il vuoto fu incolmabile.
Ero molto legata a lui e non capivo come il nostro rapporto potesse sgretolarsi così facilmente, senza nemmeno darci una possibilità.
L’assenza mi devastò.
Con mia madre il rapporto non era mai stato idilliaco, conversazioni standard senza eccedere in nulla. Non volevo giudicarla per le scelte sentimentali, ma speravo solo vivamente non fosse genetico.
In men che non si dica arrivai a casa di Nora e prima ancora che potessi suonare il campanello, lei venne a spalancare la porta.

“Aurora!”
E mi strinse a se, talmente forte che per un attimo pensai di ricordarle che dovevo respirare anche io, ma era così confortante che la lasciai fare. Mai come in quel momento mi resi conto di aver bisogno di un abbraccio.

“Vieni entra. Stasera pizza, film e pettegolezzi. Voglio sapere tutto.”
Accennai un sorriso, sforzandomi di farlo sembrare per lo meno naturale.

“Però prima mangiamo, se no poi ci passa anche la fame.”
Sorridendo acconsentì e mi condusse in cucina, dove la mamma ci attendeva. Mi accolse, come sempre, con tanto affetto e tutte insieme divorammo la cena. Non terminai nemmeno di ingoiare l’ultimo boccone della pizza che Nora mi trascinò letteralmente di peso in camera sua.

“Ora racconta.”
Chiese curiosa, sedendosi di fronte a me sul letto.

“Ma non avevamo in programma un film da vedere?”
Domandai già in ansia pre-racconto.

“Oh dai Aurora, per favore. Voglio sapere tutto, ogni singolo dettaglio. Come solo tu sai fare.”
Mi sorrise e mi arresi. Insistere con lei era come combattere contro i mulini a vento, così mi misi comoda e provai a rivivere quella mezz’ora infernale.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal silenzio e…

Ero scesa da casa carica e per la prima volta da tempo, avevo un briciolo di speranza in più. Ogni passo verso casa sua mi spingeva a rivivere il quasi bacio che stavamo per darci in caffetteria. Potevo quasi sentire ancora il suo alito fresco che si infrangeva sulle mie labbra, i nostri respiri che galoppavano all’unisono, i nostri sguardi che si incrociavano. Quello era il preludio per un bacio epico, che fu interrotto dal prof. di Fisica, in fila per ordinare il suo caffè.
Non l’avevo sognato Nora, ci stavamo per baciare.
E così è sempre stato alla fine di ogni scontro, quella era la prova decisiva. Ci scannavamo, ma questo non faceva che alimentare l’attrazione tra di noi. Lo sapevo e coscienziosa e forte di questa sicurezza mi dirigevo verso casa sua…


Presi un respiro profondo e ripresi da dove mi ero interrotta, conoscendo, con il senno di poi, come sarebbe finita.

Bussai e mi aprì il fratello minore, mi disse che il fratello era in camera e lo potevo raggiungere lì. Così m’incamminai verso la sua stanza, seguendo le istruzioni del fratellino. Ero agitata, sapevo che avremmo litigato, ma alla fine io avrei ottenuto una risposta. Volevo capire cosa ero per lui e cosa, eventualmente, avremmo potuto essere. La porta era socchiusa, così l’aprì leggermente e lo chiamai, chiedendo se potessi entrare. Non ricevetti risposta, così la spalancai del tutto. E mi immobilizzai sul posto.

Aprì di scatto gli occhi e li puntai in quelli della mia amica.

“Arriva la parte brutta?”
Sussurrò come se non volesse farmi deconcentrare, annuì semplicemente, non le dissi che quello era solo la punta dell’iceberg. L’avrebbe scoperto a sue spese di lì a poco. Serrai gli occhi e strinsi il cuscino tra le mie braccia e ripresi il racconto.

Lui era…stava… era seduto sulla scrivania, mentre baciava una ragazza. Una volta entrata logicamente avevo interrotto qualsiasi cosa stessero per fare. Entrambi puntarono gli occhi su di me, ma io ricambiai pietrificata solo uno dei due sguardi. Non lo so se solo guardandomi capì che mi stavo distruggendo li davanti a lui, ma ebbe il minimo buon senso di scendere dalla scrivania e di chiedere a quella lì di uscire dalla stanza. Mentre le parlava notai lo stesso atteggiamento che aveva con me: autoritario. Mi parve più chiaro che mai che era la tecnica che usava con tutte le ragazze per farle sciogliere e anche io in caffetteria ci ero cascata con tutte le scarpe, in quella specie di trappola mortale. E in quel momento sentì che un’altra crepa si formava sul mio cuore. Non ci diedi peso, non era il momento.
Eravamo rimasti finalmente soli. Lui fu il primo a parlare.
“Cosa ti porta qui?”
Si sedette sul letto, mentre io restavo impalata vicino la porta. Notai un tono leggermente preoccupato, oppure era solo mia impressione.

“Non lo so più nemmeno io.”
Sussurrai più a me stessa che a lui, lo vidi sussultare a causa della voce roca e bassa che uscì dalla mia bocca. Ero amareggiata e pur volendo non riuscivo ad imprimere un tono tranquillo alle mie parole. Rimase in silenzio in attesa che parlassi.

“Voglio chiarezza. Voglio capire il perché tu ti comporti così con me. Voglio sapere cosa ti stava spingendo a baciarmi. Voglio che tu definisca cosa siamo e cosa vuoi da qualsiasi cosa siamo ora. Pretendo di sapere perché passi dall’indifferenza ad attaccarmi per delle sciocchezze per poi prendere le mie difese e ritornare di nuovo all’indifferenza. Voglio capirci qualcosa. Io… ho la mia opinione su di te e su ciò che potremmo essere, ma voglio la tua per poterle far coincidere.”

Sollevai lo sguardo e puntai i miei occhi verdi nei suoi color cioccolato e attesi il suo turno.

“Tu non sei la mia ragazza.”

Un doloroso colpo al cuore. Le crepe iniziali si stavano spaccando ulteriormente, piccoli pezzi mi si ritorcevano contro, procurandomi ancora più dolore.

“Mi hai interrotto con la mia ragazza, per una stronzata.”



Presi fiato e ricacciai le lacrime, non avrei mai pianto davanti a quell’essere. Non distolsi lo sguardo nemmeno per un attimo. Ero andata per sapere la verità e l’avrei ottenuta a tutti i costi.

“Mi diverto con te, ci gioco. Nulla in più.”

Avevo sempre frainteso tutto, mi ero illusa su ogni cosa. Lui non provava nemmeno una briciola dei sentimenti che sentivo io. Che stupida!

“E non ti stavo per baciare, non era per nulla mia intenzione.”

“Questo non è vero e lo sai. Ma se ti piace giocare a rinnegare ciò che è accaduto, ciò che entrambi abbiamo provato, non ti deluderò.”

Stronzo. Megalomane. Stronzo. Con le ultime briciole di forza e coraggio mi avvinai ad un passo da lui. Eravamo faccia a faccia, come era successo tante altre volte, ma in cuor mio sapevo che quella volta sarebbe stato diverso. Memorizzai ogni piccolo dettaglio: la sottile barba, le lentiggini, le labbra così dannatamente invitanti, l’alito fresco che mi accarezzava il volto e gli occhi accesi di curiosità. Ero stata così cieca da scambiare tutto ciò per qualcosa di più profondo, quando per lui era solo stato un gioco.

“Evita i pianti isterici, lasciali per quando torni a casa e ti sfoghi per tuo padre.”

Lui spalancò gli occhi, in contemporanea con i miei.
Più o meno fu in quel preciso istante che il mio cuore si frantumò in milioni di pezzi. Lui sapeva tutto il mio trascorso, non avrebbe mai dovuto colpirmi su un nervo ancora scoperto. Quella frase mi ferì più di mille schiaffi. Pronunciata da lui, con quel tono di scherno mi sgretolò il cuore. Come potevo provare dei sentimenti preziosi per una persona così cattiva, che mi feriva a più non posso e con tutti i mezzi di cui disponeva.

“Io…Mi dispiace. Aurora ti prego….Io non lo so perché ho det-”

“Basta.”
Lo interruppi, feci un passo indietro e lo guardai ancora una volta. Non c’era più divertimento nei suoi occhi e quella mano a mezz’aria, che pochi attimi prima mi aveva sfiorato il braccio, era rimasta immobile e sospesa.
Come avevo potuto credere che uno come lui potesse essere cambiato per me.
Non avrei pianto davanti a lui, a costo di cavarmi le ghiandole lacrimali, quella soddisfazione non l’avrebbe avuta.

“Aurora so-”

“Ho detto basta. Stai zitto!”
Urlai esplodendo, buttai fuori tutto di un fiato la rabbia, lasciandomi guidare dall’amarezza e dalla delusione più cocente.

“Fai come se non esistessi più. Fa come ti pare, ma ignorami, non parlarmi e non ti avvicinare più a me!”
Era insensato continuare a subire senza riceverne nulla in cambio, era più che sufficiente quello che mi aveva dimostrato. A riprova che non avevo mai capito niente.

“Ascoltami Aurora, io non volev-”

“Volevi eccome. Tu vuoi sempre ferirmi, godi nel vedermi in difficoltà e quelle rare volte in cui te ne dispiaci intervieni a sistemare ciò che tu stesso hai causato. E io che avevo frainteso tutto, ma è questa la realtà! Questo è quello che sei, non ci sono altre facce o altri te, sei solo questo. ”
Si era rifatto sotto colpito e affondato, ma non l’avrei più lasciato avvicinarsi. I suoi occhi privi ormai di divertimento non fermarono il mio risentimento.

“Fa come se non esistessi più.”
Mi allungai verso la porta di quella maledetta stanza diretta verso quella d’ingresso e lo sentì seguirmi, mentre cercava di afferrarmi. Quella ragazzetta era stravaccata sul divano e quando ci vide arrivare si alzò in un batter d’occhio. Non so se lui la degnò di uno sguardo e in quel momento non me ne importava un fico secco, volevo andarmene. Avevo avuto tutte le risposte che cercavo, adesso dovevo tirare le somme e concentrarmi solo su me stessa.



“Aurora…”
Lo sentì sussurrare per richiamare la mia attenzione, mi voltai verso di lui poco prima di chiudermi la porta alle spalle.
Lo guardai per l’ultima volta, ero scossa e lui turbato, ma ciò non mi fermò. Avevo sbagliato tanto volte con lui, niente era come sembrava, quel momento non faceva eccezione. Aveva infierito ancora su di me, sui miei punti deboli,  oltrepassando il limite.

“Lasciami stare Leonardo. Lasciami. Stare.”
Mi chiusi la porta alle spalle e scesi in fretta e furia i due piani, una volta fuori il palazzo respirai a pieni polmoni. Volevo tornare a casa, ma mentre camminavo mi sono fermata al parco. Mi sono seduta su quella stessa panchina dove lo vidi per la prima volta tempo fa. E ci sono rimasta per due ore e 15 minuti. Il resto lo sia già.


Riaprì gli occhi asciugandomi in fretta una lacrima che era sfuggita e vidi Nora completamente in lacrime.

“Perché piangi ora?”
Le chiesi scossa, dovevo piangere io mica lei!

“È che… non mi piace vederti così triste.”
L’abbracciai e subito ricambiò il calore.

“Hey lui mi lascerà perdere e io puoi star tranquilla che non lo cercherò più. Lo voglio fuori dalle palle.”
Provai a sorridere, ma forse il risultato fu una smorfia con accenni di denti. Era il massimo che potevo offrire quel giorno e lei se lo fece bastare.

“Qualsiasi decisione prenderai io ti appoggio sempre, mi basta sapere che ti rende felice.”
Ci stritolammo in un altro abbraccio fraterno, fin quando non fu ora di rientrare per me. La ringraziai per la serata, mi era servito a schiarirmi ancora di più le idee. Avevo fatto la cosa giusta e prima o poi avrei potuto godere dei risvolti positivi.
Ripensai al tragico pomeriggio anche mentre rientravo a casa  e mi autoconvincevo sempre di più che ora tutto sarebbe andato per il verso giusto. Sarei stata finalmente serena, non avrei dovuto far altro che aspettare la fine del semestre e poi io e Nora avremmo cambiato città. E allora sì che mi sarei lasciata tutto alle spalle.
Una volta per tutte.
Ero giunta fuori il mio palazzo, in procinto di salire, quando mi bloccai sul primo scalino.
Seduto vicino al portoncino c’era Leonardo, con una faccia da funerale. Appena mi vide balzò in piedi e infilò le mani nelle tasche del jeans.
Cazzo se era bello. Si era solo infilato la giacca, ma aveva ancora gli stessi vestiti di qualche ora prima.
Tanto bello quanto stronzo.
Da quanto tempo era lì seduto? Mi schiaffeggiai mentalmente. A me non doveva interessare da quanto tempo fosse lì!
Respirai a fondo e determinata ad entrare in casa, senza degnarlo di una sola attenzione, salì i pochi scalini che ci dividevano.

“Ciao.”
Non lo risposi, mi concentrai nella ricerca delle chiavi di casa. Le avevo pescate pochi attimi prima, ma per la sorpresa erano ricadute in borsa. Bene un’altra cosa per cui incolparlo!

“Hai cinque minuti per parlare?”
Proseguì, mentre io svuotavo la mia borsa in cerca di quelle dannatissime chiavi. La rabbia cocente e la delusione profonda alimentavano la mia forza di volontà che non mi permetteva, a sua volta, di alzare lo sguardo e cadere ancora una volta nella sua trappola.

“Aurora, per favore.”
Mi sfiorò con un dito il braccio, feci un balzo enorme verso il cancello. Era un gesto imprevisto e mi colse alla sprovvista. Anche lui rimase sorpreso per la mia reazione e boccheggiò per qualche attimo. I nostri sguardi si incrociarono ancora una volta e mi obbligai a non vedere nei suoi nessun tipo di risentimento, nè di emozione che sicuramente avrei frainteso. Finalmente beccai le chiavi, alla velocità della luce le inserì nella serratura e spalancai il portone. Lui era ancora lì fermo, un po’ scioccato e impreparato. Entrai nell’atrio e prima di chiudere la porta mi rivolsi ancora a lui, che seguiva ogni mio movimento da quando mi aveva visto fuori casa, pochi minuti prima.

“Vattene a casa Leonardo. Qui non c’è niente che possa interessarti.”
E chiusi il cancello dietro di me.
E per la seconda volta, in quella giornata, lasciai i miei sentimenti dietro la porta.

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Capitolo 3
*** Un minuto. ***









 

Quando il tempo ti cambia la vita.






























 





 

Ogni minuto che passa è un’occasione per rivoluzionare tutto completamente.
S. Serrano, dal film Vanilla Sky


 















La sveglia stava suonando già da un pezzo ormai. Avrei dovuto staccarla, invece la lascia squillare ancora un po’ così che anche mia madre si sarebbe svegliata. E invece trascorsero solo un altro paio di minuti, quando mamma , già pronta per uscire, fece capolino in camera mia.

“Allora sei già sveglia. Spegnila su e scendi a fare colazione, io devo essere a lavoro tra 10 minuti. Forse ci vediamo a pranzo, ti avviso. Baci Au.”
E uscì così come era entrata.

“Buon giorno anche a te.”
Svogliatamente mi alzai, presi i vestiti che avevo ordinatamente preparato ieri sera e mi diressi in bagno. Non ero riuscita ad addormentarmi subito, continuavo a pensare e ripensare a Leonardo sotto casa mia. Raccontai anche a Nora l’accaduto e ne fu sorpresa quanto me, ma non avrei cambiato idea. Per occupare meglio il tempo notturno mi preparai zaino e vestiti per il giorno seguente, solo dopo una lunga lettura riuscì a riposare un po’. Nonostante avessi sonno anticipai la sveglia.
Terminata la doccia, mi asciugai e mi vestì, scesi e mangiucchiai qualcosina. Non avevo per nulla fame.
Avvisai Nora che ci saremmo viste all’entrata, al solito posto e che non avrei saltato nessuna lezione. Mi rispose quasi subito complimentandosi con me. Ridendo iniziai a scendere verso l’ingresso, inserì le cuffie e feci partire la prima canzone scelta a casaccio. Era quasi una tradizione ormai, qualsiasi fosse stata la canzone l’avrei canticchiata per lo meno per tutta la mattina.
Love me like you do.
Bene. La riproduzione casuale aveva qualche problema con me.
Giunta al piano terra, salutai il portiere, il sign. Giovanni, arzillo come se avesse 40 anni e non 85. Mi mandò il solito bacio e io ricambiai con il solito timido saluto.
Spalancai il portone e la luce del sole mi colpì in pieno volto.

“Merda e che sole.”
Venne spontaneo.
L’appartamento di mamma era al completo buio, non entravano raggi di sole nemmeno a pagarli, mi sentivo scottare sotto tutto quel calore. Era accecante ma al contempo familiare. Presi un respiro profondo e mi feci forza, in men che non si dica la giornata sarebbe giunta al termine. Ero fiduciosa.
La mia buona sorte non mi portò tanto lontano.
Sul marciapiede di fronte c’era Leonardo. Sembrava che aspettasse qualcuno.
Ora che desideravo evitarlo me lo ritrovavo ovunque, era una congiura!
Mi vide e si raddrizzò, per un attimo si incontrarono i nostri occhi, ma non mi fermai e gli passai accanto come se non esistesse. Lui sembrò per un attimo imbambolato, poi si riprese e mi seguì.

“Aspetta Aurora! Per favore, ho bisogno di parlarti.”
Feci finta di non ascoltare, avevo le cuffie come potevo d’altronde?
Ok, il volume era minimo, ma non avevo voglia di parlare con lui, né di discutere prima delle 10:30. Non ero ancora del tutto sveglia!
Mi si parò davanti bloccando la mia marcia pacifica verso la nostra facoltà.

“Ma cosa diavolo vuoi?”
Sbottai cercando di tenermi in equilibrio e di non appoggiarmi a lui per non cadere, ma fu più veloce e mi afferrò per i fianchi. Sobbalzai ancora una volta per il contatto inaspettato, ma la presa era salda e da lì non mi potetti muovere. Ingoiai a vuoto e lentamente , giusto per dargli il tempo di cambiare idea, sollevai lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Eravamo molto vicini, troppo secondo i parametri della lontananza che mi ero prefissata.
 
“Cosa vuoi?”
Cercai di risultare annoiata, ma le mie corde vocali erano  tese almeno quanto le corde di un violino, quindi fuoriuscì un sussurro agognante.
Ovviamente a lui non sfuggì, così decise di prendere le distanze e farmi respirare. Mi faceva rabbia il fatto che continuavo ad essere alla sua mercé nonostante quello che mi aveva detto meno di 24 ore prima. Il ricordo del pomeriggio precedente mi colpì di nuovo in pieno volto, mi irrigidì all’istante.
Nemmeno questo gli sfuggì.

“Vorrei parlarti. Devo parlarti, per favore. Mi dispiace per quello che ho detto su tuo padre. Scusami. Davvero sono stato un vero coglione.”
Lo fissai con occhi di ghiaccio, era chiaro che fosse dispiaciuto, ma ciò non avrebbe cambiato assolutamente nulla. Non potevo ricascarci ancora, meglio starci male una volta sola, ma buona.

“Lo sapevo già questo. Accetto le tue scuse. Ora, se permetti, devo andare.”
Lo scansai e ripresi il mio cammino, alzando il volume della musica.
Leonardo non era però intenzionato a lasciar perdere. Mi riprese per le braccia, ma questa volta la sorpresa non mi impedì di reagire e di scrollarmelo di dosso.

“E per il resto? Come… insomma, come rimaniamo?”
Chiese insicuro. Lui insicuro?!

“Pensavo di essere stata chiara ieri pomeriggio. E ieri sera.”
Affermai sicura, almeno così cercavo di apparire, ma dentro di me il cuore accelerava a ritmo di musica.
Stupido cuore!

“Mi dispiace per quella. È venuta senza preavviso e io no-”
Lo bloccai immediatamente. Quella la sera prima era la sua ragazza e mi aveva accusato di averli interrotti…perché mentire?
Sgranai gli occhi.

“Ti diverti a vedermi soffrire?”
Fui rude, ne ero consapevole, ma il disprezzo aveva ulteriormente preso il possesso di me.

“NO! Assolutamente no… Ero scosso ieri sera e ho straparlato a vuo-”
Lo fermai ancora una volta, stufa delle sue scuse inutili e insensate, stanca di subire la sua cattiveria gratuita. Lo aveva detto per ferirmi, per vedere quanto potessi sopportare. Lui che aveva capito fin troppo bene il suo ascendente su di me, lo sfruttava a suo vantaggio per farmi sentire indifesa, stupida.

“Stai zitto! Ne ho abbastanza di te, delle tue accuse e della sofferenza che mi hai causato. Fino a ieri ero disposta a sopportare tutto perché… diavolo!, pensavo ci fosse qualcosa di vero dietro al nostro stuzzicarci, agli sguardi, e anche dietro il dolore. Erano tutte mie fantasie e ieri ne ho avuto la conferma. Quindi te lo ripeto per l’ultima volta: lasciami stare!”
Lo scansai e camminai a passo di marcia svizzera. Nora mi vide arrivare già meno incazzata di quando ero partita, ma comunque notò l’aura di cattivo umore che mi avvolgeva.

“Perché Leonardo stava dietro di te? Tutto bene?”
Chiese non appena fui abbastanza vicina da poterla sentire senza sbraitare. Le raccontai brevemente cosa era successo quella mattina e lei fu scioccata quanto me per le rivelazioni del giorno.

“Lo sai che io t’appoggio… ma se s’impegna tanto per scusarsi forse c’è altro che vorrebbe dirti. Era dispiaciuto quando gli hai ripetuto di lasciarti in pace?”
Mi domandò una volta entrate in aula, mi voltai verso di lei sorpresa perché lo aveva quasi difeso!

“Non mi ha detto altro. E no, non l’ho visto. Sono andata via.”
Nora sospirò pensierosa e rimuginò a lungo su ciò che le avevo confidato, perché per i minuti seguenti non proferì parola. Fortunatamente il suo senso di responsabilità verso lo studio mi salvò da eventuali ulteriori stupidi dubbi che voleva condividere.
La prof di Letteratura italiana, già in aula, attese che tutti entrassero per poi iniziare l’appello.
Leonardo entrò per ultimo.
Non solo dovevo subirlo al di fuori delle mura universitarie, il brutto era stare tante ore consecutive nella stessa aula. Respirare la stessa aria. Senza vie di fuga.
Poteva fare filone!
Come d’abitudine il mio sguardo cadde su di lui, i vizi brutti sono difficili da eliminare! Notai che parlava con la prof, la quale mi guardò per un nano secondo, ma scrollai le spalle pensando di essere eccessivamente paranoica. Mi dedicai così alla lettura della poesia che avremmo analizzato con lei.

“Cazzo sono 5 pagine piene di poesia!”
Sbottai alla fine verso Nora, la quale volgeva a sua volta lo sguardo davanti a sè. Seguì il suo sguardo un po’ perplessa.
Leonardo se ne andava in giro con un banco.
Leonardo posò quel banco accanto al nostro, ci aggiunse una sedia e si accomodò.
Restai a fissarlo imbambolata per qualche attimo, poi mi voltai verso Nora per esser sicura che non stessi avendo le allucinazioni, ma purtroppo anche lei era sconvolta.

“Cosa diavolo fai qui?”
Non avrei dovuto impicciarmi, perché non dovevo più rivolgergli la parola, ma trovarselo come compagno di banco nel contesto in cui vivevamo non era normale.

“Seguo la spiegazione della poesia.”
Rispose normalmente, come se non mi stesse pedinando da ieri!

“Dio mio! Ti regalo il libro e gli appunti, ma vattene da qui!”
Sibilai piena di rabbia, gli avrei spaccato la faccia. Prima o poi l’avrei fatto.
Finalmente il signorotto si degnò di guardarci in faccia.
Ok. Guardò prima me, poi passò in veloce rassegna Nora, per poi ritornare su di me. E lì restò.
Cacchio se eravamo vicini.
Di solito la vicinanza era questione di un attimo, massimo due…ma restare così vicini per più tempo del dovuto non mi avrebbe facilitato il compito. Ad ogni suo movimento una zaffata di profumo mi giungeva alle narici, i suoi occhi trapassavano la mia corazza e potevo quasi essere certa che sentisse il mio battito accelerare.

“Io da qui non mi muovo. Vuoi farmela pagare? Sono d’accordo con te! Non così però. Non… così no!”
Mantenni lo sguardo, non abbassai gli occhi o gliel’ avrei data vinta ancora una volta.

“Ti ho già spiegato come stanno le co-”

“Sì ma non mi sono spiegato io. Tu non mi fai parlare, né spiegare, né scusarmi, né tanto meno chiarirmi con te.”
Mi interruppe con tono brusco, stavamo iniziando a dare fastidio in aula, a tal punto che dovette intervenire Nora.

“Hey voi due smettetela. Dopo, nella pausa voi parlerete e quanto è vero che mi chiamo Nora, voi definirete questa… quello che…. Insomma qualsiasi cosa siate la chiarirete. E non è una richiesta, capito?”
Leggermente spaventata dai suoi occhi diabolici annuì senza pensarci due volte. Leonardo mi seguì a ruota, per poi fissare i suoi occhi soltanto sul libro.
Ottimo. Quella che pensavo fosse mia amica mi aveva incastrato con questa sottospecie di uomo, per un’ ora intera.
Un’ora.
60 minuti.
3600 secondi.
Precisi.

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Capitolo 4
*** Un'ora. ***













 

Quando il tempo ti cambia la vita.












 





Perduto è tutto il tempo che in amor non si spende.
T. Tasso




 









Entrai in palestra, che in realtà era un aula abbandonata adibita a ritrovo per studenti annoiati. Cercai di non attirare su di me l’attenzione, camminavo quatta quatta a ridosso del muro.
Nemmeno fossi una spia segreta!
Nora mi fissava circospetta e molto preoccupata, per lei ero una pazza, me lo aveva scritto su un bigliettino mentre la prof spiegava quella poesia immensa. Aveva scritto che ero una pazza impossessata, che avrei dovuto almeno farlo parlare e poi sbraitare. Volevo rispondere a tono, ma il nostro nuovo compagno di banco mi sfilò il bigliettino dalle mani, lo lesse e mi fissò. Sorridendo poi aggiunse un “grazie!” , con una calligrafia quasi perfetta, e lo passò a Nora.
Mi mancava solo la comunella tra di loro poi avrei completato il quadro della congiura.
Quel fogliettino poi sparì, Nora non sapeva dove fosse finito e di certo non avrei chiesto a quell’energumeno al mio fianco.
Una volta al sicuro all’interno della palestra, mi rilassai e mi avvicinai a Nora, che discuteva con una nostra compagna riguardo un principio di fisica.

“Ti annoi?”
Un brivido mi scosse, solo perché mi aveva alitato sul collo il mio corpo era già partito in quinta. Stranamente quella voce stava diventando fin troppo familiare e se da una parte la presa di coscienza mi alterava, dall’altra ne ero involontariamente confortata.

“Vattene.”
Più diretta di così non avrei potuto essere, non ci voleva una laurea in chimica organica per capire che lo stavo mandando a cagare. Ancora una volta!
Nora si voltò verso di noi, fulminandoci con lo sguardo. Se avesse potuto ci avrebbe ucciso a suon di schiaffi.
Ci aveva rivolto uno sguardo pieno di astio a tal punto che un po’ spaventata feci un passo indietro, andandomi a scontrare direttamente con la causa di ogni mio male. La mia schiena aderiva perfettamente al suo petto e la sua mano era salita a cingermi il fianco, senza che me ne rendessi conto.
Nelle sue mani ero come creta, e non ne andavo per niente fiera.
Il suo fiato continuava ad infrangersi contro il mio collo e la sua mano mi spingeva contro il suo corpo, come se volesse proteggermi da qualsiasi pericolo imminente.

“Vieni andiamo fuori.”
Intensificò la sua presa e mi condusse all’esterno, sul retro della palestra, dove di solito andavano i ragazzi per fumare. Lanciare uno sguardo di supplica a Nora non era servito a nulla, mi aveva ignorato completamente.
Anzi ci avrei scommesso la testa che ci avrebbe coperto pure con gli altri!
Una volta all’esterno, completamente soli decisi di farmi forza. Oggettivamente era una chiacchierata, non dovevo far altro che spiegare per la milionesima volta le mie motivazioni a questo stronzo e poi avrei goduto della mia meritata pace.
Prima di tutto però dovevo essere lucida al 100%, così mi allontanai dalla sua stretta e misi distanza tra di noi. Raccolsi una buona dose di aria, giusto per calmarmi e non spaccargli subito la faccia e infine incrociai le braccia al petto in attesa di sentirlo parlare.

“Ah! Devo iniziare io?”
Notando la mia posa mi chiese, alquanto sorpreso, una cosa per me più che ovvia.

“Sei tu che mi vuoi parlare! Se non hai nulla da dire rientro…”
Così facendo già scocciata mi riavvicinai alla porta, ma la sua mano mi bloccò di nuovo.

“Nono, voglio parlare. Ero solo convinto che volessi dirmi qualcosa tu prima…”
Ci riprovò.

“Cosa dovrei dirti apparte quello che ti sto ripetendo da ieri? Mi devi lasciar stare e metti giù le mani. Smettila di toccarmi in continuazione, mi dest-… mi irriti!”
Cazzo, ero in procinto di farla grossa. Cercai di calmarmi di nuovo, non dovevo far trapelare nessun altro tipo di frase compromettente.
Nemmeno se n’era accorto.

“Mi de-… cosa? Che stavi dicendo?”
Ecco appunto!

“Non ti riguarda. Parla o me ne vado!”
Lo minacciai facendo un ulteriore passo verso la porta, ma la sua mano era già pronta a riafferrarmi.

“Parla!”
Mi intimò con tono autoritario, il solito che utilizzava con le ragazze per farsi dire e fare ciò che lui desiderava, ma con me aveva smesso di funzionare. Lo fulminai con lo sguardo e ancora prima che potessi risponderlo lui riprese.

“Parla…per favore.”
Sorpresa lo fissai con la bocca aperta, era dal giorno prima che mi chiedeva le cose usando toni più gentili. Non sempre, ma almeno li aveva introdotti. Feci mente locale, non potevo distrarmi per questi piccoli gesti di cortesia. Mi scrollai la sua mano dal braccio e ripetei ancora una volta ciò che desideravo.

“Ho detto che non mi devi toccare. Mi…mi destabilizzi. Ora parla.”
Quasi immediatamente il suo sguardò si addolcì, per un breve attimo vidi la sua mano avvicinarsi al mio volto, ma il mio sguardo ancora una volta sorpreso lo convinse ad andare per gradi.

“Ok. Da dove inizio? Sì…Ho sempre avuto tante ragazze intorno, penso si sia notato. Ognuna di loro ha sempre cercato una cosa solo da me, o comunque è quello che alla fine ottenevano. Sono tutte costruite, mangiano solo insalata se le porti fuori, si attaccano come cozze al mio braccio, concordano con qualsiasi cosa io le dica, non hanno opinioni riguardo nulla, si mettono quei trampolini e poi si lamentano perché non riescono a camminare, si riempiono la faccia di trucco e ti linciano se le sfiori perché rovini il capolavoro. So di avere un carattere un po’ difficile, ma non ho mai pensato che fosse così complicato trovare una ragazza che sia giusta per me. Voglio dire sono abbastanza intelligente, sono un bel ragazzo e diavolo sono anche simpatico, però riuscivo solo ad attirare quelle ragazze che volevano vantarsi di avere un uomo bello al loro fianco e non appena provavo a mettere in mezzo sentimenti più seri, importanti perdevano interesse.”
Sorrise amareggiato, mentre io ascoltavo attenta e mi chiedevo perché stesse raccontando a me queste cose.
Cambiai gamba di appoggio e Leonardo spostò lo sguardo su di me, mi scrutò affondo, per poi fermare la sua corsa sui miei occhi.
Inchiodò i suoi ai miei.



“Poi sei arrivata tu.”
Mi si mozzò il fiato in gola.
Che significava? Cosa diamine stava succedendo?
Nonostante il mio corpo stesse dando i primi segni di cedimento cercai di non darlo a vedere e non spostai mai il mio sguardo dal suo.
Volevo affrontarlo.

 
“Ecco vedi! Tu mi guardi negli occhi.. Non voglio essere smielato, non so nemmeno come si faccia in realtà. Quello che sto provando a dirti è che tu mi hai scombussolato qui.”
Disse indicandosi lo stomaco.
Bene. Lo facevo vomitare.
Che dolce!


“Sin da subito ho percepito che eri diversa. Tu mangi merendine a volontà e riesci ad essere dannatamente in forma, dici sempre la tua e non ti tiri mai indietro, mi contraddici ogni santissima volta e questa cosa mi eccita da morire! Il tuo trucco è talmente leggero che ogni volta che ti sono accanto mi verrebbe spontaneo accarezzarti il viso, perché non c’è pericolo che mi sbraiti contro. Sei di una bellezza unica, così acqua e sapone! Indossi jeans comodi e scarpe da ginnastica nelle giuste occasioni, e quella volta che ti incontrai alla festa di Nicole….Dio! Eri uno schianto. Lo sei sempre e questa cosa mi fa uscire pazzo. E sì, se il prof non ci avesse interrotti ti avrei baciato fino a quando avremmo avuto fiato. Tu sei maledettamente diversa dalle altre, tu mi guardi negli occhi, tu mi parli con i tuoi occhi e mi dici più di quello che mi vorresti far sapere. Tu… Ho intravisto che avevi interesse per me, ma avevo il terrore che ti rivelassi finta. Che tutto ciò che trovavo magnifico, attraente e unico fosse solo una maledetta copertura per attirare l’attenzione. Così ti mettevo alla prova, ma tu…tu sei tenace. E sei così come appari, sei trasparente e sincera sempre, lotti per ciò che ami. Mi dispiace di averti fatto passare le pene dell’inferno, e, nonostante io lo speri con tutto me stesso, non credo sia facile per te perdonarmi. Diamine, tu mi piaci da morire.”

Mi aveva lasciato completamente a bocca aperta.
Pensava tutte quelle cose di me? Perchè non mi ero mai accorta di nulla?
Oddio sì, credevo ci fosse qualcosa alla base del nostro rapporto confusionario, ma non tutto ciò.
Cercavo di rispondere in qualche modo, ma nella mia mente si ripetevano in sequenza le sue parole, quindi il risultato era ogni volta più scioccante. Aprivo la bocca per parlare, ma non emettevo suoni.

“Wow ho trovato il modo di zittirti?”
Chiese scherzosamente per alleggerire l’atmosfera, ma continuai a non rispondere. Ci fissavamo come due stupidi rinchiusi nei nostri pensieri.
Fin quando non fece un passo verso di me. Si avvicinò con cautela, per studiare la mia reazione, ma io ero nel pallone più totale.
Aveva parlato sinceramente, questo era certo, ma era difficile credere che avesse fatto tutto quel casino per mettermi alla prova. A me piaceva veramente ed era chiaro a tutti.
Mi ricomposi, o almeno ci provai, per cercare di chiarire ogni punto.

“Ehm… perché me lo dici oggi?”
Domandai incerta se fosse quella la cosa più importante da chiedere.


“Oh…E’ buffo che tu me lo chieda, cioè… ieri ci sono andato giù pesante e hai fatto bene a reagire così. Sono stato un coglione e devo pagarla per questo, ma non voglio perderti. Quello che abbiamo…quello che potremmo avere non voglio buttarlo via. E non voglio che tu rinunci a me proprio ora. Non mi arrendo, ti seguirò ovunque se servirà a farti capire che è con me che ci devi provare. Seriamente stavolta.
Quando sei andata via, ieri sera e questa mattina ho visto in te rabbia e la delusione, so che sono stato io, che è tutta colpa mia e ne sono dispiaciuto. Ho realizzato che eri seria, tu davvero volevi troncare ogni rapporto con me e mi sono spaventato a morte. Io ti voglio, non nel modo in cui ti ho dimostrato fino ad ora, ma ti voglio ti voglio per davvero.”
Ma dove era nascosto questo Leonardo? Era quello che io intravedevo così raramente, ma scontrarmi con la parte più sincera e veritiera mi tolse il respiro.
La scelta toccava a me quindi.
Sinceramente dovetti ammettere a me stessa che era stato chiaro e schietto, mi aveva detto tutto ciò che voleva e in effetti avrei dovuto dargli la chance di chiarire già ieri.
La suspance non ha mai ucciso nessuno però, e dopo tutto quello che mi aveva fatto passare, era il minimo. Era stato molto dolce e le sue intenzioni erano più che lusinghiere, ma in certe situazioni ero io a trovarmi in netta difficoltà.

“Quindi vuoi frequentarmi?”
Chiesi per maggiori delucidazioni, anche se il suo sguardo insistente e penetrante iniziava a mettermi a disagio. Mi sentivo nuda sotto il suo sguardo, ma anche confortata dal fatto che ciò che avevo sempre letto in esso fosse vero.

“Sì.”
Sicuro e deciso.

“Sul serio?... Cioè sei sicuro?”
Rise per il mio tono sorpreso, ma ciò non lo distrasse. Si avvicinò ulteriormente a me portandosi ad un palmo dal mio naso.

“Sì, sul serio. Non sono mai stato così sicuro in tutta la mia vita. Ho provato com’è perderti, come non scontrarmi più con te o non avere più legami ed è stato orribile. Si comprende il valore di ciò che si ha solo quando lo si perde. Perdonami se sono arrivato a tanto, ma adesso tutto mi è più chiaro. E voglio te, sono sicuro. Non mi farai cambiare idea.”
E ogni fibra del suo essere mi confermava che ciò che diceva era la pura e semplice verità.
Ripensai a tutte gli scontri e le discussioni avute in quegli anni, al tempo perso dietro ai nostri rispettivi scudi e mi apparve spontaneamente un sorriso. Tutto quel tempo sprecato ad arrabbiarci, a lottare , a prevalere sull’altro, quando in realtà potevamo risolvere più piacevolmente ogni discussione. Anche il dolore dei giorni precedenti divenne vano, mi era sempre piaciuto e se lo avessi messo alle corde prima forse avremmo risparmiato tempo prezioso.

“Bene.  Direi che hai detto tutto no?”
Si preoccupò visibilmente per il tono annoiato, appositamente scelto per prenderlo in giro.

“Io… tu cosa pensi? Vuoi… vuoi ancora che ti lasci stare?”
La sua voce tremò, forse per la paura, per l’agitazione, non saprei, ma tentennò rivelando una preoccupazione maggiore, rispetto a quella che voleva dimostrare.

“No, non voglio.”
La sua felicità fu immediata, era tentato anche ad abbracciarmi, ma non lo fece. Forse non pensava potesse prendersi già quel tipo di confidenza… ed io che pensavo già a baciarlo!

“Ottimo… sono sollevato, per non dire estasiato, felice, grato, contento, emozionato e altre mille cose insieme.”
Era chiaro che volesse almeno un contatto, ma si tratteneva sempre. Iniziai a pensare che forse emanavo un cattivo odore, o che avessi qualcosa in faccia o su i vestiti. Perché non voleva annullare quella piccola distanza tra di noi?

“Ora potrei eventualmente toccarti e magari anche baciarti? Sto morendo dalla voglia di farlo!”
Mi anticipò e sciolse ogni dubbio stupido, stava semplicemente mantenendo fede alla richiesta che gli avevo posto. Questo mi fece comprendere che se eventualmente io gli avessi chiesto di continuare a ignorarmi, lui per me l’avrebbe fatto. Il dolore al solo pensiero che ciò potesse accadere mi strinse lo stomaco in una morsa infernale e dolorosa.
Fortunatamente era lì.


“E io che pensavo che non me l’avresti più chiesto.”
Lo attirai a me tirandolo per la maglietta e annullai definitivamente lo spazio tra di  noi e senza che glielo ripetessi Leonardo si offrì di eliminare ogni tipo di distanza.
In un attimo le sue labbra, che tanto avevo agognato, furono sulle mie. Il mio cuore esplose di gioia, automaticamente le mie mani si immersero nei suoi capelli mossi, mentre le sue riprendevano pieno possesso dei miei fianchi. Le nostre lingue si scontrarono quasi subito iniziando una rincorsa senza fine e i nostri respiri divennero un tutt’uno.
Fu come se ci baciassimo da tempo, come se non avessimo fatto altro che questo.
Quel nostro primo bacio aveva il sapore di casa, di ritrovo.
Ci allontanammo a corto di fiato e ci sorridemmo.
Nei suoi occhi, specchio dei miei, vi vedevo la felicità. Ci sorridevamo come due cretini e ne eravamo consapevoli.
E pensare che volevo gettare la spugna perché non ricevevo nulla di buono in cambio!
Mi prese per mano e guardandomi come se fosse la prima volta mi disse:

“Dobbiamo rientrare, sta per finire l’ora. Voglio che tutti sappiano, Nora per prima, quindi non sparire e non lasciarmi solo. Ho bisogno di te come tu di me.”
Ricambiai forte la stretta, cercando di rassicurarlo ulteriormente.

“Controllando l’agenda non noto viaggi imminenti in zone lontane. Da qui non mi muovo. ”
Mi baciò ancora una volta mentre un sorriso enorme, sincero come non l’avevo mai visto, gli spuntò sul viso. E il bacio, e il sorriso e il suo sapore, il profumo, quelle mani mi fecero andare in tilt, mi sciolsero completamente a tal punto che lo strinsi più forte. Prolungai fin quando potei il nostro bacio, come se fosse l’ultimo.
Mano nella mano rientrammo in palestra.
Incredibile come in 3600 secondi tutto possa cambiare.


 

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Capitolo 5
*** Una vita. ***


 

Quando il tempo ti cambia la vita.












 

Eravamo insieme. Tutto il resto del tempo l’ho scordato.
W. Whitman














 

Era una meravigliosa giornata di sole. Non potevamo sceglierne una migliore per andare al mare. La sessione estiva era finita ormai da un pezzo e potevamo goderci finalmente il meritato relax.
Nora, stesa al sole accanto a me ascoltava musica a tutto volume, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dal mio ragazzo che giocava a calcio con i suoi amici qualche metro più in là. Più lo guardavo e più non riuscivo a capacitarmi che fosse mio, che avesse scelto me quel giorno di nove mesi fa e che da allora eravamo diventati inseparabili.  Come se mi avesse letto nella mente lo vidi abbandonare gli amici e dirigersi sorridendo verso di me.

“Hey ti piace quello che vedi?”
Mi chiese sorridendo sedendosi tra le mie gambe e intrecciandole con le sue, allargai ancora di più il mio sorriso e mi avvicinai a lui per baciarlo.

“Molto.”
E sigillai quelle parole con un bacio. Ogni volta era come se fosse il primo e l’ultimo bacio insieme, non ne avevamo mai abbastanza e eravamo coscienti che ciò ci rendesse maledettamente felici. Iniziai a mugugnare quando mi accorsi che anche a qualcun altro piaceva come la situazione si stesse evolvendo.

“Leonardo!”
Lo ammonì non riuscendo a trattenere un sorriso, lui mi strinse ancora di più a sé, incurante degli sguardi altrui.

“Aurora sta zitta e baciami!”
Non me lo feci ripetere due volte e ripresi da dove avevamo interrotto.

Dopo le sue ormai famose rivelazioni ci evolvemmo in coppia fissa e il nostro rapporto cambiò radicalmente. Era costantemente dolce, protettivo e mi faceva sentire come l’unica donna al mondo. Per me aveva contattato anche mio padre, quasi pregandolo di poter parlare anche solo una volta con me, ma niente gli fece cambiare idea. Fu un duro colpo, ma grazie a Nora e a Leonardo, alle sue cure amorevoli riuscì a superare anche quel brutto ostacolo. Eravamo una forza insieme e anche Nora sosteneva che ci saremmo sposati. Stare con Leonardo si rivelò infinite volte meglio di quanto avessi anche solo immaginato. Quei nove mesi erano passati alla velocità della luce e il nostro legame si rafforzava giorno per giorno, sempre più.

Ci alzammo in piedi all’unisono, si staccò da me e protestai per l’inspiegabile lontananza. Mi strinse forte la mano e guardandomi negli occhi ci lesse il desiderio che avevo di lui. Non attese un attimo in più e mi trascinò all’interno degli spogliatoi della spiaggia.
Un’altra cosa eccezionale dello stare con Leonardo era fare l’amore. Non importava né dove, né come, né quando, se ci volevamo niente ci avrebbe fermato. Sapeva farmi sentire sempre bella e desiderata, fosse stato per lui avremmo passato giornate intere a rotolarci tra le lenzuola, ma la nostra coscienza “Nora” spesso ci riportava bruscamente sulla terra ferma.

Mi trascinò all’interno di uno stanzino, piccolo e angusto, ma come già detto non importava il dove, ci bastava stare insieme. Era sufficiente guardarci negli occhi per capire che tutto quello che d’importante avevamo era proprio difronte a noi.
Mi baciammo con passione, come se da ciò dipendessero le nostre vite, mi aggrappai alle sue spalle forti, possenti e prima di scollegarci dalla realtà riuscì solo a sentire il suo sussurro.

“Ti amo Aurora.”
Come ogni volta il mio cuore esplose di gioia, lo guardai negli occhi certa che lui capisse fino in fondo cosa provavo per lui. Era bellissimo, eccitato e completamente mio.

“Ti amo anche io Leonardo. Ora però stai zitto e fai l’amore con me.”
Sorridendo mi accontentò immediatamente, senza perdere ulteriore tempo.
Precisamente non saprei dirvi quanto tempo restammo chiusi lì, ma fu speso nel modo migliore che possa mai esistere.


Se esistesse un paradiso sicuramente sarebbe esattamente così...

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