Un prima e un dopo

di Shasir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte e giorno ***
Capitolo 2: *** Uno strano animale ***
Capitolo 3: *** L'inseguimento ***
Capitolo 4: *** Due solitudini insieme ***
Capitolo 5: *** Una notte bianca ***



Capitolo 1
*** Notte e giorno ***


E anche l'ultima sigaretta è stata fumata. Getto il mozzicone consumato sull'asfalto mentre continuo a camminare tra la folla notturna. Il mio corpo veloce e duro si fa largo lungo la strada appiccicosa e vociante, mentre sopra di me i neon lampeggiano viscidi di pioggia. Non penso a niente, respiro e basta.

Arrivo al Nites. Lela è sulla porta in cerca di clienti e già mi vede: "Ryooo", strilla con la sua vocetta acuta. Mi ritrovo fra le sue braccia spugnosette e molli, una parte di me la detesta.

"Tesooooooorooooo, mi sei mancatoooo", chissà se mente o se è abbastanza vacua da provare nostalgia per un animale come me. "Non potevo non venire, micetta", le rispondo infilandole una mano fra le tette. E' carina e profumata come tutte le altre troie della zona.

Entro e ordino da bere. Ho un'ora di tempo, poi saranno le tre. Alle tre uscirò e mi incamminerò verso il luogo del mio appuntamento. Maki dovrebbe arrivare in tempo per prenderlo alle spalle e tagliargli la via di fuga.

Mi piego verso la mia birra in arrivo sul bancone, mentre sorrido tutto denti alla ragazzina dientro al bancone. Il peso della mia Magnum mi sfiora la coscia mentre mi siedo sullo sgabello: è lei la mia donna, il mio unico amore. Anche stasera farà il suo dovere, e non mi tremerà la mano anche se sono alla diciottesima birra...o almeno lo spero! Fai la brava, cazzo! Ahahaha.

 

“Cazzo Makimura, potresti almeno offrirmi una sigaretta!”

Lui si butta in macchina e io metto in moto: "Lasciami riprendere fiato, Ryo, ti prego...”, sospira. Mi viene da ridergli in faccia come al solito, per fortuna non se la prende mai.

“Te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta. Tu sei arrivato in tempo e tutto è filato liscio”.

“Già”.

D’improvviso è triste, già dietro a pensieri solo suoi. Lo lascio stare e mi concentro a guidare. Voglio bene a quest’uomo, ma secondo me è troppo sentimentale. Troppo sensibile per questo lavoro, per questo mondo. O forse sarebbe più giusto dire che sono io quello senza sentimenti, quello freddo, quello arido. Maki dovrebbe pensare di meno, come me, gli farebbe bene.

Quando fermo l’auto sotto casa sua ricomincia a piovere fitto. “A domani, socio”, gli do una pacca sulla spalla. Vorrei vederlo più allegro di così. In fondo, anche stasera ha portato a termine il suo incarico, è tornato vivo a casa e soprattutto, cosa più importante, ha qualcuno che lo aspetta. Eppure, mentre lo guardo avviarsi verso il portone, capisco quanto possa essere dura per lui. Da un certo punto di vista, il nostro lavoro per lui è più difficile. Lui non può rischiare la vita ogni volta a cuor leggero, morire gli dispiacerebbe sicuramente più di quanto dispiacerebbe a me. Non tanto per sè stesso, quanto per ciò che lascerebbe. La sua vita è ricca di legami, di responsabilità, ha una famiglia, parla sempre di sua sorella.

Io forse una volta avevo qualcosa. Ma ormai, qui in Giappone, non ho più niente.

 

Finalmente arrivo a casa, sono le 5 del mattino. Butto i vestiti bagnati in un angolo, spero non facciano troppa muffa. Mi asciugo i capelli dalla pioggia e mi butto sul letto nudo. Le lenzuola non hanno il  migliore degli odori, prima o poi dovrò cambiarle...ma sono sempre troppo stanco.

La stanza è buia e il silenzio immenso.

Fuori, la città dorme. Ognuno nel suo letto. Li immagino dentro i loro begli appartamenti, al calduccio, dormire beati e contenti, accanto alle loro mogli, mariti, figli, madri, padri...Non diversi gli uni dagli altri, non estranei al loro facile mondo, non prosciugati da una vita maledetta.

Alla finestra, le goccie di pioggia continuano a scivolare cieche una dietro l'altra. Una, cento, mille, infinite.

Ad un tratto lo sento, il mio caro vecchio amico, la sensazione ricorrente di ogni fottuta sera passata dentro quest'appartamento: il vuoto. Viene a trovarmi e si impossessa di me, mi cresce dentro come un’ enorme bolla di sapone. Mi leva quasi il respiro.

Sento che avrei bisogno di un altro drink.

Sento di essere solo un cane.

Un cane stanco.

Mi addormento.

 

 

Mi sveglia il rumore della porta che si richiude. Apro gli occhi e le lancette della sveglia segnano le cinque del mattino. Ancora mezzo addormentata sento i passi di Hideyuki avviarsi verso la sua camera da letto. Dio mio, anche stanotte è stato fuori, ma perchè? E con questa pioggia per giunta! Che lavoro orrendo che deve fare, povero fratello mio. Ogni giorno sono tremendamente in ansia per lui, e questo mi fa arrabbiare. Devo assolutamente convincerlo a cambiare lavoro.

Gli occhi mi si richiudono.

Domani mattina gli parlerò di nuovo.

 

Alle otto sono in cucina a cuocere le uova per la colazione. Hide non si sveglierà che in tarda mattinata, quindi gliele lascerò da parte insieme a due tost. Sistemo tutto con cura e gli lascio un bigliettino di saluti sulla tavola. Poi prendo la borsa e corro fuori.

La giornata è splendida dopo il diluvio di stanotte. Il cielo si apre azzurro sopra le cime dei palazzi e le vie si asciugano lentamente al sole nella luce fresca del mattino.

Stamattina sono uscita decisa a trovarmi un lavoro, qualcosa per contribuire alle spese della casa. Sono convinta infatti che ora, finito il liceo, sia arrivato per me il momento di rendermi utile a mio fratello. Con un lavoro mio potrei partecipare alle spese e forse lui...a quel punto forse lui si convincerebbe a lasciare il suo mestiere orrendo per sceglierne un altro migliore. Sì, questa è sicuramente la soluzione migliore. Sono grande ormai, e lui ha bisogno di me!

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Capitolo 2
*** Uno strano animale ***


E' mezzogiorno passato. Allungo il passo per rientrare a casa dopo aver trascorso la mattinata su e giù in cerca di un impiego. Voglio affrettarmi perchè ho bisogno di fare un po' di spesa e poi tornare in tempo per preparare il pranzo.
Ho appena girato l’angolo verso il supermarket quando improssamente mi blocco. Qualcosa ha colpito la mia attenzione, o meglio...qualcuno.
Con un guardingo passo indietro lancio uno sguardo oltre l'angolo appena voltato. Mi copro gli occhi dal riverbero del sole e scopro cosa mi ha colpito: una schiena familiare, una schiena coperta da una giacca blu. Ho visto quella stessa giacca, su quella stessa schiena sotto casa mia una volta, in compagnia di mio fratello, una di quelle misteriose sere che lui rientrava tardi senza spiegazioni.
Quella giacca e quella schiena sono sicuramente collegate al misterioso lavoro di mio fratello, fanno parte il suo segreto, o comunque lo riguardano in qualche modo.
Mi acquatto dientro l’angolo e inizio ad osservarlo. Sta in piedi davanti ad uno stand degli hot dog ed ha appena comprato un panino. E’ alto, slanciato, largo di spalle, con i capelli neri, un po’ trasandati. Sotto la giacca indossa una t-shirt rossa, con jeans e mocassini. Si curva sul suo hot dog, da cui inizia a strappare grandi morsi.
Chi è? Non ha l’aria di essere un collega. Sembra più giovane di mio fratello, ma sicuramente molto più grande di me, anche se qualcosa dal suo atteggiamento lo fa sembrare più vecchio. Ha un’aria molto strana.
Potrebbe sembrare un tipo come un altro, ma c’è qualcosa in lui di diverso, forse anche un po’ inquietante. Come una nota fuori dagli schemi, un dettaglio particolare, una vibrazione sottile. Quella figura così possente, eppure anche un po’ ridicola così piegata a masticare un panino, rapisce il mio sguardo e vengo a poco a poco assorbita dalla strana energia che emana.
Ad un tratto lui tira fuori la lingua per leccarsi via dalle dita un po’ di salsa colata giù, mentre io lo guardo sbigottita come si guarda uno strano animale.
In quel momento mi lancia un’occhiata di traverso. Mi ha scoperto! Mi giro e fuggo via a capofitto. Corro e corro e corro senza voltarmi indientro neanche un secondo e mi fermo solo dieci minuti dopo, dentro al supermercato.
“Uff, ora sono al sicuro”, penso mentre riprendo fiato. Ma un attimo dopo mi stupisco: perchè sono scappata via in quel modo? In effetti, non sono nemmeno sicura che mi abbia davvero guardato. Perchè mi sono spaventata così tanto? Forse era un tipo spaventoso? Beh, in un certo senso sì, lo era, con quell’occhiata mi ha fatto paura.
Sospiro, appoggiandomi sconsolatamente al bancone della frutta. Non andrò tanto lontano così se voglio scoprire qualcosa di più su mio fratello...e sul quel tipo.

 

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Capitolo 3
*** L'inseguimento ***


Sono passate due settimane e non sono ancora riuscita a scoprire nulla.
Non ho più visto il tipo dalla giacca blu, nè da solo nè con Hideyuki. Come se non bastasse, mio fratello si è comportato in modo irreprensibile in questi giorni, tornando dal lavoro sempre a orari regolari e senza sorprese, così non ho avuto nessuna occasione di indagare oltre. Ma non per questo la mia curiosità si è assopita.
Ogni giorno il mio pensiero è tornato a lui, al misterioso uomo dalla giacca blu. Ogni giorno mi arrovello sulle stesse domande: chi è? In che rapporti è con mio fratello? Cosa fanno insieme? Che persona è?
Penso e ripenso alla mattina che l'ho incontrato, tornando con la memoria ad ogni dettaglio. A lui, al suo aspetto, al suo atteggiamento e, soprattutto, all'aurea che emanava.
Insomma...strano uomo, chi sei? ...Cosa sei?

Finchè una sera non arriva l'occasione che aspetto. Squilla il telefono ed io, constantemente impegnata ad intercettare ogni minimo indizio, lascio che mio fratello risponda e poi mi getto sul telefono in camera mia. Trattenendo il respiro, alzo la cornetta per ascoltare di nascosto. Hideyuki sta parlando con una collega dalla voce molto femminile.
"...mi ha contattata adesso, tu hai saputo?" chiede lei.
"No, si vede che non ha avuto il tempo di chimarmi.", risponde mio fratello.
Lei continua: "Mi ha detto che era sulle tracce di uno degli uomini di Shiba. Dice che ha intenzione di catturarlo per farlo parlare. Vedi se riesci a raggiungerlo, sai che quelle informazioni farebbero comodo anche a noi. E poi, sai...potrebbe avere bisogno di te."
"Ahahaha, chi, Ryo??" - RYO! E' il nome dell'uomo dalla giacca blu, ne sono sicura! - "Comunque hai fatto bene a chiamarmi. Ti ha detto dov'è?"
"Sì! Quando l'ho senito era al sottopassaggio Oedo vicino al fiume. Raggiungilo, Maki!"
"Certo, vado subito".
Riattaccano. Lentamente anch'io riabbasso la cornetta, cercando di fare chiarezza in ciò che ho appena ascoltato.
Dunque, lui si chiama Ryo...In qualche modo sembra lavorare con mio fratello e...sembra facciano il lavoro di poliziotti...ma allora perchè così di nascosto? La faccenda non torna.
Nel frattempo sento Hideyuki affrettarsi ed uscire di casa sbattendo la porta e immediatamente capisco che questa è l'occasione  d'oro, l'opportunità che aspettavo per scoprire come stanno realmente le cose. D'impulso, senza avere la benchè minima idea di cosa stia facendo, esco di corsa anche io.
Mentre mio fratello prende la macchina dal garage, faccio le scale di soppiatto ed esco in strada. La mia Panda è parcheggiata all’angolo, salgo e metto in moto. Quando la macchina di lui esce dal parcheggio conto fino a 5 e poi parto anche io. Lascio che ci siano sempre alcune auto a separarci, per permettermi di seguirlo senza che mi noti.
Sono un fascio di nervi. Non posso credere di trovarmi in macchina, all’inseguimento del mio povero fratello ignaro, verso un appuntamento a dir poco losco.
Comincio a sudare, per l’eccitazione, per la paura e anche un po’ per il senso di colpa. Sono determinata a scoprire cosa sta succendendo, ma allo stesso tempo...ahimè...me la sto facendo sotto!
Dopo poco arriviamo al sottopassaggio di cui avevano parlato al telefono. Maki ferma la macchina lungo la strada, mentre io mi affretto a parcheggiare la Panda nascondendola in un vicolo vicino. Ho una gran paura di perdere di vista Hideyuki e ritrovarmi lì da sola, le gambe mi tremano da morire. E’ notte ormai, e pochi lampioni illuminano qua e là la strada deserta.
Il più silenziosamente possibile seguo da lontano la figura di mio fratello che si infila nel passaggio sotteraneo, spingendomi ansante fino al suo ingresso. Le pareti della galleria, umide e puzzolenti, riflettono a tratti la luce livida riverberata dal fiume. Mi stringo nella felpa e cerco di acquattarmi il più possibile, nascondendomi fra il muro e dei cassonetti luridi.
Nella galleria vedo due figure. Una è molto alta, sta in piedi e con il gomito shiaccia la gola dell’altro, più basso e corpulento, che si tiene in bilico quasi con i piedi sollevati da terra.
Mio fratello si sta avvicinando a loro e quando li raggiunge inizia a parlare con quello alto. Sembrano mettersi d’accordo su qualcosa, poi entrambi si rivolgono al prigioniero e allora quello inizia a parlare rabbiosamente, sforzando la voce sotto la morsa dell’altro, ma sono troppo lontani perchè le parole arrivino fino a me.
Trattengo il fiato. Il cuore mi martella nel petto. Non posso credere di essermi cacciata in una situazione così, sicuramente finirà male e mio fratello mi ucciderà, se non morirò prima per conto mio.
La scena fra i tre continua per alcuni minuti, che a me sembrano ore intere, ma d’improvviso in lontananza si avvertono le sirene della polizia.
Quando quel suono raggiunge la galleria, i tre smettono di parlare. Hide e l’altro si guardano per un attimo e poi, come se si fossero messi precedentemente d’accordo, liberano il tipo, lo sdraiano faccia a terra e mentre questo scalcia e si lamenta, mio fratello lo ammanetta e lo immobilizza con un ginocchio sulla schiena. A quel punto si salutano: Hide rimane solo ad aspettare la polizia, mentre l’altro fugge dalla parte opposta sparendo alla vista.
Le sirene sono quasi dietro di me, così sono costretta a scappare anch’io. Molto silenziosamente esco dal mio angolo e ritorno correndo all’aria aperta. Cambio subito strada e arranco lungo la scalinata verso il ponte.
Così dall’alto, vedo la polizia accerchiare il sottopassaggio e già i primi agenti si avviano verso Hideyuki ed il prigioniero, seguiti da un’elegante poliziotta in borghese.
Ormai hanno occupato tutta la strada, quindi non posso tornare alla macchina senza farmi scoprire, così non mi resta che attendere che se ne vadano.
Mi giro verso il fiume per trovare un posto sicuro dove aspettare e, per caso, scorgo in lontananza il tipo di prima correre lungo il ponte e attraversare il fiume.
In quel momento, non so perchè, sento l’istinto di seguirlo. Lo so, non è una buona idea addentrarsi nella notte sulle orme di un perfetto sconosciuto, ma non riesco a resistere.
I miei piedi si muovono da soli e in un attimo sto correndo anch’io verso l’altra sponda del fiume. E’ un’autentica follia, ma se è lui, se è il tipo dalla giacca blu, il cui nome forse è Ryo, allora devo vederlo, devo scoprire chi è, devo incontrarlo.

 

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Capitolo 4
*** Due solitudini insieme ***


Scappo dalla galleria e attraverso il ponte. Una volta dall’altra parte lancio un’occhiata lungo la sponda e, essendo tutto piuttosto tranquillo, con un sospiro mi appoggio alla balaustra del fiume, sopra l’acqua. 
Da qui non posso osservare i movimenti della polizia, ma so che ora la spia di Shiba è al sicuro nelle mani di Maki, che lo porterà in centrale e lo interrogherà insieme a Saeko. La mia parte l’ho fatta e le informazioni che ci servivano sono già nelle nostre mani. Ora non mi resta che aspettare un po’, giusto il tempo che le volanti si allontanino tutte, per riattraversare il ponte e tornare a casa. 
L’aria della notte è umida e fredda, intorno a me c’è solo il quieto scorrere del fiume ed il suono delle sirene in lontananza. Mi accendo una sigaretta accomodandomi a cavalcioni sulla sponda del fiume, seduto in contemplazione del silenzio.
Dopo qualche minuto, un movimento leggero cattura la mia attenzione. Vedo da lontano una piccola figura muoversi nel buio, guardinga ed indecisa. Sembra non sapere dove andare, deve essersi persa. Quando si accorge di me, seduto sulla riva, sembra immobilizzatasi un momento, per poi ricominciare ad avanzare più decisa.
Dopo qualche attimo la vedo uscire dal ponte ed avanzare nella mia direzione. Non sembra molto convinta, anzi, è piuttosto tremante, eppure non demorde. Ma è con me che ce l’ha?
Mentre si avvicina comincio a distinguerla alla timida luce dei lampioni. Sembra una ragazza, una di quei tipi un po’ mascolini, magra ed alta, ma con un faccino imbronciato inequivocabilmente femminile. Continua ad avvicinarsi, sempre più tremante, finchè alla fine non si ferma a pochi passi da me.
Ha i capelli tagliati corti, castani, una felpa con le maniche una su e una giù, dei jeans attillati e scarpe da ginnastica. Sta lì in piedi sul selciato senza spiccicare parola, fissandomi come fossi uno strano animale.
Chi è questa ragazza, e che diavolo vuole da me?
“Ehi...dico...che hai da guardare?”, le chiedo allibito.
“...Ecco io...”, balbetta spaventata.
“Senti, cioè, non so cosa vuoi ma...che hai? Che vuoi da me?” dico io, dato che lei non parla.
“Ehm...ecco, io volevo...io cercavo…”, niente, si zittisce di nuovo.
Ok, questa situazione non ha senso, non ho voglia di perdere tempo con questa marmocchia, quindi mi alzo e faccio per cambiare aria, ma lei subito mi blocca afferrandomi per la manica della giacca.
“No aspetta, aspetta!”, mi fa, “Tu...tu ti chiami Ryo, non è vero?”.
“Cosaaa? Ragazzina, tu come sai il mio nome?”
“No, io non lo sapevo, cioè...non sapevo che fossi davvero Ryo, ma...ne avevo il sospetto, ecco…”. Questo poi è davvero assurdo. Mi libero il braccio.
“Che hai detto??? Senti, dimmi come sai il mio nome! Dimmelo!”.
Lei si ritrae di qualche passo, improvvisamente a disagio per il mio tono brusco. Sembra perdere di nuovo quel briciolo di coraggio che aveva trovato e ricade di nuovo in silenzio.
Comincio a perdere davvero la pazienza, non ne ho mai avuta molta, del resto. La afferro per un braccio, piuttosto forte, e me la porto dietro fino a tornare sulla strada, in un angolo meno esposto. Lei viene trascinata impotente, è leggera come un uccellino.
“E adesso parla”. Guardandola, mi rendo conto che con le ultime mie mosse devo averla davvero spaventata a morte. Sono stato un po’ rude a trasportarla così fino a qui, ma sono i modi a cui sono abituato, niente di buono per delle ragazzine. Ad ogni modo, cerco di ingentilirmi un tantino: “Davvero, mi dici chi sei? Mi vuoi spiegare?” - e con uno sforzo di bontà aggiungo: ”per favore?”.
Lei mi guarda con occhi enormi e lucidi, ingoia a vuoto e infine risponde: “Io stavo seguendo mio fratello Hideyuki. Eri con lui sotto la galleria e così ti ho seguito. E’ che voglio scoprire cosa fa quando esce di notte, perchè anche se mi racconta che è per lavoro io non ci credo e sono preoccupata per lui”.
C...cosa? Questa sarebbe la sorella di Maki? Ora capisco...La mia mano si allenta sul suo braccio e lei, liberandosi, comincia a stropicciarselo con l’altra mano.
“Ah, quindi tu sei sua sorella?”.
“Sì, ascolta...mi dispiace di avervi seguiti. Ti prego,non raccontargli mai che l’ho fatto.”
La guardo per un po’ in silenzio, non me lo sarei mai aspettato. Che tipo di ragazza si mette ad indagare sul proprio fratello seguendolo mentre fa un appostamento notturno? Non è un comportamento molto femminile...comunque deve avere un certo coraggio.
“Non avresti dovuto farlo”, le dico alla fine, “Sai quanto poteva essere pericoloso per te? Potevi rimanere immischiata in qualche guaio e farti molto male. Ti piace rischiare la vita?”
“NO! No, certo. Ma...mi dispiace.” risponde abbassando lo sguardo. 
Ora è pentita, non ci posso credere...Non capirò mai le donne. Beh, ad ogni modo non dovrebbe stare qui, comincio a pensare ad un modo per togliermela di torno, farla tornare a casa sana e salva ed evitare che suo fratello lo scopra.
“Ascoltami, se Maki torna a casa e non ti trova, capisci che si spaventerà a morte, e se dovesse sapere che sei con me potrebbe spaventarsi ancora di più. Quindi, ora fai la brava e vattene a nanna, chiaro?”
“No, non ci vado a casa”, risponde decisa, “Ho fatto tutto questo ed ora non me ne vado senza avere qualche risposta. Per favore, resta un po’ e raccontami la verità su mio fratello, qual’è il suo vero lavoro e che tipo di vita vive, non posso continuare ad essere l’unica a non sapere la verità su di lui!”
Inizialmente il suo rifiuto mi irrita, ma a mano a mano che la ascolto comincio a capire cosa l’ha spinta fino a qui, a scapito del pericolo. Il fatto di essermela ritrovata fra i piedi comincia a non sembrami poi così sbagliato e poi, sì insomma, la ragazza dimostra di avere davvero del carattere.
C’è solo un problema però, io non posso accontentarla: “Capisco…” le dico, “però vedi, non sono io a dovertene parlare. Non ho il diritto di svelarti delle cose su di lui a sua insaputa. Se ci tieni a sapere di più su tuo fratello, dovresti chiederlo a lui, non credi?”.
Lei rimane a bocca aperta, interdetta, ma non ribatte; comprende forse che non ho tutti i torti. 
Mi dispiace però deluderla così...un po’ indeciso mi guardo intorno. Nulla è cambiato, il fiume continua a sospirare sotto di noi e la notte diventa ogni minuto più silenziosa. Ora mi è passata la voglia di tornare a casa e, dopotutto, Hideyuki non si preoccuperà ancora per l’assenza di sua sorella perchè è in centrale con Saeko.
La guardo di sfuggita: è una ragazza molto carina, ora che ho potuto osservarla meglio; fra le ciglia nere luccica ancora un’ombra del recente spavento. Anche lei mi guarda di sottecchi, arrossisce un po’ ed abbassa lo sguardo. Sulle sue labbra appare però un accenno di sorriso.
Mi sento assalito da una profonda sensazione, come non mi capitava non so da quanto. Se mi sento così è perchè è da tanto che non mi capita di stare in compagnia di una donna tanto graziosa e risoluta. O meglio, non credo di averne mai incontrata una così. 
“Ti chiami Kaori, giusto?” le chiedo alla fine.
“Già”.
Senza aggiungere altro le porgo il mio braccio, a cui lei si appoggia leggermente con la punta delle dita, e così, senza sapere bene come e perchè, ci ritroviamo a camminare insieme sul lungo fiume.

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Capitolo 5
*** Una notte bianca ***


Fermiamoci qui, in questo bar; ti offro da bere. Non fare smorfie, ragazzina, è solo birra.
A quest’ora non c’è tanta gente. Siediti pure, non c’è fretta. 
Da qui si vedono un sacco di cose. Io ci vengo spesso, dopo mezzanotte, quando sono tutti ubriachi e l’ambiente si scalda; allora iniziano a chiacchierare nella maniera più disinvolta. Io li ascolto e così vengo a sapere molto cose utili.
E’ così che riesco ad essere bravo nel mio lavoro. Che lavoro è? Ehi, piccola, ti ho detto che non devi chiedermelo. Diciamo che ho dei clienti …I miei clienti, qui a Tokyo, sono molto diversi da quelli che avevo prima. Prima quando? Quando ero negli Stati Uniti. Sì, vivevo lì e ti assicuro che da quelle parti le cose vanno in modo diverso. Qui è una passeggiata in confronto alla mia vita precedente. I giapponesi non sono abituati alla merda vera, non vedono certe cose da troppo tempo e se cerchi di spiegarti non stanno neanche a sentire…
Qui i clienti mi danno incarichi da ridere, spesso affari privati, situazioni personali. Tiro su cifre scandalose a volte e neanche tiro fuori la pistola.
Ad esempio, in questi giorni viene da me un tipo basso, grassoccio, sempre in giacca e cravatta, è un segretario importante. Si trascina dietro un codazzo di gente, perchè questo tipo di persone è sempre circondato da un tipo “speciale” di amici. Pendono dalle sue labbra, comportandosi come schiavi e se il tizio solo apre bocca quelli lì scattano ad eseguire i suoi ordini. Beh, senti qua: nessuno di loro è stato in grado di difenderlo. Vuole affidarsi a me perchè qualcuno lo ha minacciato con un coltello. Ma ci pensi? Pisciarsi addosso per un coltello...
Lascia stare, non capiresti.
Altra birra? Serviti pure, non fare complimenti, l’apribottiglie te lo lascio qui, a portata di mano.

Sai, qua vicino ci sono due night club, in uno fanno solo spogliarelli, nell’altro invece le ballerine vanno coi clienti. Spesso finisce in parapiglia perchè il pubblico dimentica la differenza e non distingue i due tipi di locali. Io mi faccio delle gran risate.
Già, come avrai capito, frequento posti malfamati di notte. Ma io non sono come questa gente, non me ne frega niente di loro. Quello che mi importa è conoscere il più possibile l’ambiente, perciò ogni tanto mi piace dare un’occhiata in questi locali.
Quando questi uomini sono insieme parlano liberamente fra loro, ed io ascolto. Questi farebbero fuori anche la propria madre, se l’offerta è buona. A volte li ascolto mentre sottovoce si raccontano chi sarà il prossimo, a chi tocca essere fatto fuori. Li sento mentre fanno il resoconto completo dei loro traffici, di quanto hanno estorto e come. E poi leggo i giornali e guardo i tg, così al momento buono posso sempre sapere cosa sta succedendo. E’ il mio metodo.
Sai, si comincia a dire che sono bravo...il mio nome un giorno sarà conosciuto. Magari un giorno gli altri della zona tremeranno al solo sentirlo. Ahaha!
Cosa c’è? Ti spavento forse? Ricorda che sei stata tu a venire da me. Ma non preoccuparti.
Stai guardando quel tipo con i tatuaggi? E’ il boss del quartiere. Sì, è quello con gli occhiali. E’ seduto lì al bancone coi suoi, sta contando gli incassi della giornata, non bada a noi.
No, non conosco tutti loro.
Questo è un mondo ancora da scoprire per me. Non è facile imparare tutto quello che c’è da sapere, certi imprevisti possono letteralmente "prenderti alle spalle".
Per questo serve un angelo custode, un socio. Tu sai cos’è un angelo custode? E’ uno che investe tutto se stesso per un altro. Qualcuno di cui ti fidi ciecamente, che sa quello che sai tu, che pensa quello che pensi tu, che ti conosce completamente. Qualcuno con cui essere un tutt'uno. Credimi, non è facile trovare una persona così.
Io ho avuto diversi angeli custodi nella mia vita, alcuni di loro erano anche gran bei pezzi di figliola, ma tutti erano veri amici. Amici nel senso più profondo della parola.
Sai, ragazzina...avevo pensato, trasferendomi in Giappone, di dare un taglio a questo genere di legami. Mi ero messo in testa di essere diventato forte a sufficienza per potermela cavare da solo.
Perchè, mi chiedi? Beh...non è facile spiegarlo.
Volevo farne a meno perchè...volevo stare da solo. Una volta c'erano delle persone con me, sai, a cui ero veramente legato; eravamo una famiglia. Sembrava che saremmo vissuti insieme felici e contenti per tutta la vita ed invece non è stato così purtroppo. Che è successo? Lascia stare, non sono cose di cui mi piace parlare.
Tutto è accaduto all’improvviso, come quando ti arriva un pugno nello stomaco. Allora sono andato via.
Nemmeno sotto tortura riuscirei a spiegare cosa mi passava per la testa mentre aspettavo l’aereo per il Giappone. Potrei raccontare che ero tormentato dal dolore di dover lasciare il paese dove sono cresciuto, ma non è così. Quella non è la mia vera patria ed io non ho mai sentito niente di simile. Diciamo che ero più legato alle persone che al paese, ma a quel punto quelle o erano morte oppure mi odiavano.
Qui in Giappone ho voluto ricominciare da capo. Da solo stavolta, come un lupo solitario.
Ci ho provato inizialmente, ma alla fine ho dovuto arrendermi perchè ho capito che bisogna avercelo l’angelo custode, altrimenti si rischia troppo e questo non va.
Tuo fratello? Sì, esatto, piccola. Ora è lui il mio angelo custode.
E' una brava persona ed un uomo serio, dal cuore puro, oltre che un vero amico.
Ma tu dici che con te ha un segreto. Per questo ti dai tanta pena e sei arrivata fin qui, pur di scoprire di cosa si tratta. Ma hai fatto una pazzia, è da lui che devi andare, solo a lui hai il diritto di chiedere.
Ed è proprio da lui che tornerai adesso, perchè si sta facendo tardi. Non so nemmeno perchè ho chiacchierato tanto stasera.
Ma cos'hai? Hai la faccia tutta rossa. Ecco, lo sapevo, mai dare da bere ad una ragazzina. Ce la fai a stare in piedi? Uff...forza, appoggiati, testarda di una marmocchia.
Torniamo indietro, ti accompagno alla tua macchina. Vedrai, ti sentirai meglio una volta a casa.

 

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