Sherlock Holmes e il Testimone Scomparso

di Evola Who
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitoli 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento



 

SHERLOCK HOLMES
E IL TESTIMONE SCOMPARSO

 
 


 

Prologo



 

Londra giugno teatro ore 22:30

Un sacco di persone stavano uscendo dal gran teatro e molti stavano andando per la loro strada.

Ma una ragazza, una 16enne con i capelli lungi fino alle spalle di color castano scuro, lisci all’inizio e mossi alle punte, occhi neri, occhiali ovali di montatura marrone, naso un po’ a pattata, labbra sottili, faccia un po’ rotonda, viso maturarle e altra 1,65.

Addosso aveva dei bleu jens chiari, sciarpe bianche da ginnastica blu, bianche e nere con le stras, felpa nera lacciata e una tracolla nera con la scritta davanti in bella mostra in bianco: “The Beatles” .

Mentre le altre persone camminavano fuori dal edifico, lei stava ferma davanti al ingresso (ormai chiuso), prese il suo cellulare, cliccò un numero in Rubrica e aspettò la risposta.

“Ciao John!... si, lo spettacolo è stato bello! Avesti potuto venire con me, avevi detto che ti piacciono le commedie…. Si ma non poi farti sempre condizionale da lui! È un adulto con comportamenti infantili, grande e vaccinato. Sa stare da solo!... ah, poi ti lamenti che non ti trovi una ragazza!” e rise.

“Scusami!” e rise ancora e continuò a parlare:

“D’accordo… non, predo un taxi e sarò li fra 20 minuti, Okay…. Si, mamma!” e rise divertita, salutò, chiuse il telefono, mise la musica sul telefono con le cuffie allo orecchie.

Solo pochi minuti dopo il suo cellulare provò e sul display cera scritto: “Numero privato”, lei lo trovò strano, tolse le cuffie e rispose con un tono normale:

“Pronto?”

“Buona sera, signorina Facchini”

La ragazza si fermò con la faccia sorpresa ma anche un po’ spaventare, si girò in torno e disse: “Chi è?”

“Oh, non girare in tondo, tanto non mi troverai.” Rispose lui con tono divertito.

Allora la ragazza rimase immobile senza sapere cosa dire e ascoltò la telefonata.

“Sono felice che ti sia fermata. Almeno non devo dirtelo, ma comunque fra meno di un minuto arriverà una macchina nera, si fermerà davanti a lei e devi solo salire” continuò lui.

La ragazza non sapeva cosa pensare ma non voleva stare li muta senza rispondere, cosi chiese con tono di sfida: “E se non lo faccio?”

“Se non lo farai? Beh… non ti costringerò a farti salire, ma ti chiamerò ogni giorno in un orario diverso finché non accetterai la mia proposta.”

“Sa? Io ho un amico che è un consulente investigativo, e dove posso parlare di lei e di quello che mi ha detto e la troverà in qualche modo e poi Dio solo sa cosa le farà!” e fece un piccolo sorriso di vittoria.

“Oh, ma io lo conosco molto bene il suo consulente investigativo.” Ripose l’uomo con aria convita.

La ragazza rimase sorpresa e chiese subito: “Davvero?”

“Certo. Più di quanto lei possa immaginare.”

 E rimasero in silenzio.

Una macchina nera si fermò davanti a lei e l’autista gli apri lo sportello.

“Allora? Vuole salire?” fece lui con tono scuro.

La ragazza ci pensò, sopirò rassegniate e rispose: “Va bene!”

ma apparso la testa e aggiunse: “Almeno prima di partire posso fare una telefonata?”

“No, niente telefonate o messaggi fino alla fine di questa serata,” ripose lui e aggiunse :

 “Ora, la pregherei di salire in macchina.” E chiuse la chiamata.

Cosi guardò la macchina, sopirò e sali dietro e l’autista chiuse il sportello e si rimise a guidare.

Vicino a lei c’era una donna giovane, sui 30 anni, con un completo nero, scarpe col tacco, dello stesso colore, lunghi capelli di color castano scuro e un cellulare in mano da dove non si staccò nemmeno quando la ragazza Salì in macchina.
Prima rimasero in silenzio poi lei ruppe il silenzio dicendo senza staccate gli occhi nel cellulare: “Bella tracolla.”

Lei rimase sorpresa e disse con un po’ di imbarazzo: “Grazie… e… bel cellulare.”

“Grazie”

E rimasero mute.

“Mi scusi ma.. quello che mi ha chiamato per salire qui, era il suo capo?” chiese la 16enne.

“Si.”

“E.. è pericoloso?”

La ragazza nel telefono rise dicendo: “No. ma basta che rispondi alle sue domande e non ti farà niente.” E sorrise.

La ragazza guardò il finestrino, non disse nulla ma pensò a John che probabilmente sarà preoccupato.

Quando la macchina si fermò, l’autista apri lo sportello, scese e si guardò attorno:

Era dentro in una specie di magazzino abbandonato, vecchio , arrugginito e pieno di scaffali vuoti.

“Oh dio. non è che mi piccheranno e mi uccideranno?” pensò lei un po’ preoccupata.

“Buona sera, signorina Facchini”

Senti la stessa voce maschile nel telefono, si girò e vide un uomo alto, sui 1:90, completo nero elegante, camicia bianca, scarpe nere e cravatta rossa.

Aveva i capelli tutti dentro alla testa rossi, con la fronte alta e scoperta, viso liscio e si appoggiava su un lungo ombrello nero, tenendo le gambe incrociate.

Lei non disse nulla, voleva capire chi poteva essere quel tizio.
Ma lui sorrise e disse: “Si sedia”

 E indicò con l’ombrello una sedia blu da “Cucina”, di metallo.
Lei all’inizio non voleva assecondarlo, ma cambiò idea e si sedette con le gambe accavallate e le braccia conserte, senza dire nulla.

Lui si avvicinò a lei rompendo il silenzio: “Bella tracolla."

“Se mi dirà di togliere la mia borsa se lo scordi.” Disse lei con tono convinto e con aria un po’ irritata.

Ma aggiunse con tono ironico:

“Comunque che bell’ ombrello! Lo usa per far la camminata in stile ‘Ministry Of Silly Walks’ oppure quando piove le piace cantare ‘I’m Singin In The Rain’?” e fece una piccola risata ironica.

Il tizio fece un sorriso tirato, dicendo: “Molto divertente ma se fossi in lei non rideri cosi. E comunque… hai appena citato un vecchio sketch dei Monty Python e una canzone di un vecchio film del 52. Un po’ troppo giovane per sapere queste cose?”
“E lei non poteva fare una telefonata un po’ più normale?” chiese lei con tono di sfida, ma lui non rispose.

“E comunque, che cosa vuole da me?”

“Niente, solo delle informazioni e delle risposte.” Disse lui camminando per la stanza facendo girare l’ombrello.

“Su John Waston e su Sherlock Holmes.” Aggiunse ancora.
La ragazza rimase sopra ma non rispose.

“Lei li conosce, non è vero signoria Facchini?” 

In quel momento lei aveva capito chi era e lo disse con tono sorpreso e indicandolo: “Hey… aspetta un momento, lei non è il fratello maggiore di Sherlock? Myc? Il politico dei servizi segreti di sua maestà?”

Lui si fermò davanti a lei con aria sorpresa ma non voleva dimostrarlo.

“Comunque il nome è Mycroft Holmes e…”

“Mycroft? Su serio? Il suo nome è veramente Mycroft? Come mai? Per caso siete imparentati con Bill Gates?” interruppe lei e rise.

Mycroft se la prese, ma ignorò il commento e disse: “Ma… chi ti ha parlato di me?”

“John” disse lei con tono normale.

“Una volta ho chiesto a John se Sherlock avesse una famiglia, una sorella o un fratello e lui mi ha detto che ha un fratello più grande che lavora nei servizi segreti; più strano ma tranquillo di lui e che si chiama Mycroft. All’inizio ho pensato che fosse un nome di copertura.” E guardò in basso.

“Allora ti ha detto che l’ho conosciuto più o meno cosi.” Disse lui con un sorriso sicuro.

“Cosa?” chiese la ragazza alzando la testa.

“Niente.” Disse lui camminando avanti e indietro.

Ma lei aveva capito e disse: “Aspetti vuol dire che per incontrare John ha fatto la stesa cosa con me?” chiese lei incuriosita.

“Non proprio la stessa, ma si.” Rispose lui indifferente.

“E solo perché conosceva e frequentava suo fratello?”

“Esatto.”

La ragazza rimase sorpresa e sbalordita ed esclamò: “Wow”

ma aggiunse anche: “Ma… perché tutto questo stalking su suo fratello? E perché fa così ogni volta che ha un nuovo amico?”

Lui fece una risata e rispose: “Tu pensi che una persona come Sherlock può avere mai degni amici? E comunque, io faccio cosi solo perché mi preoccupo per lui, in fondo, tu non hai dei fratelli?”

“Si, ho dei fratelli e anche io mi preoccupo per loro. Ma non è che ogni volta che mio fratello maggiore parla con una ragazza la inseguo per poi interrogarla per sapere che rapporti anno.” Ripose lei.

Poi pensò a quello che aveva appanna detto e disse tra se a se: “Però sarebbe fico”

“Comunque” disse Mycroft attritando l’attenzione della ragazza e continuò:

“Ho letto il caso nel tuo amico Antonio Ruggeri e dove eri coinvolta in un certo senso.”

E lo diceva facendo avanti e indietro per la stanza.

“E dove Sherlock e John ti hanno ospitato da loro finché il caso non fosse stato chiuso. Ma ormai dopo due settimane dall’ arresto dell’assassino, quindi la fine del caso , ma tu continui ancora a vivere li. Perché?”

“Perché ho chiesto se potevo stare da loro per tutta l’estate e hanno detto di sì.” Rispose lei con tono sicuro.

Le si fermò davanti con aria serie dicendo: “Bene, allora perché non mi racconti quello che è successo in quelle due settimane e il tuo rapporto con John e Sherlock”

La ragazza capi quella che voleva e con tono quasi scontroso disse:

“Aspetti… lei mi ha fatto prendere uno spavento per quella telefonata, salendo in quella macchina, pensando chissà cosa succederà o a quello che ho fatto solo per sapere che è successo in quelle due settimane?”

“Certamente” rispose lui.

Lei rimase sbalordita dalla situazione e disse: “Mi scusi ma non c’è un fascicolo o roba nel genere che parla nel mio caso?”

“Si, e l’ho letta. Ma lì non ci sono le risposte che mi interessarono” ripose Mycroft.

“E cosi mi ha chiamata perché io ho quelle risposte?” aggiunse lei.

“Esattamente, quindi… mettiti comoda e racconta”

Lei sopirò e disse con tono serio: “Senta, io lo farei molto volentieri ma è un po’ tardi e credo che John e Sherlock si staranno già preoccupando, quindi non è meglio che la ricontatti domandi o un altro giorno?”

“No” disse il politico con tono deciso.

“Ormai sei qui e io sono qui davanti a te, quindi adesso lo racconterai. E dopo ho una proposta da farti.”
La ragazza si incuriosì e chiese: “Che tipo di proposta?”

“Una piccola proposta che ti interesserà, ma la farò dopo la tua versioni dei fatti; e poi se la racconti adesso la finirai prima non credi?” spiegò Mycroft con tono convincente.

Lei ci pensò, lo guardò e disse: “Okay! Ora racconterò la mia versione dei fatti partendo dalla prima volta che ho conosciuto Sherlock Holmes e John Watson…”


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Note della autrice:

Ciao! Questa è la mia prima FF su Sherlock.
Probamimente chi sarano dei errori grammaticali
ma per la mia dislessia ma lo fatto coreggere e..
qundi spero che non chi sono dei errori.
Ma... li prologo della storia mi è venuta in 
mente gaurdando i primo episodio di
Sherlock, sopratuto dove John conosce Mcy
(forse si è capito) e è nata la storia.
Spero che vi piaccia, l'asciate un commento e...
ciao!
Evola

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Londra due settimane prima ora 12:00

C’era il corpo di un uomo, strangolato a pancia in giù, con il viso appoggiato nell’asfalto, con indosso un maglione verde scuro, pantaloni neri, scarpe marroni consumate, capelli neri che stavano cominciando a schiarirsi e barba incolta.
In torno a lì c’era Lestrade, con il suo completo, Sherlock con il suo cappotto nero, sciarpa blu, pantaloni neri e scarpe dello stesso colore e John con i suoi jeans, maglione giallo, e giacca di pelle nera.

“Antonio Ruggeri, Italiano ma qui a Londra da un paio d’anni come raccontano i sui vicini, 41 anni, insegnante.” Disse Lestrade, parlando della vittima.

I tre si trovavano attorno al corpo, mentre la squadra omicidi era nella zona per cercare degli indizi.

“Morto?” chiese Sherlock senza guardarlo.

“Accoltellato, tre coltellate per essere preciso.” Rispose lui.

John si inginocchiò davanti alla vitta, si mise i guanti, alzò il corpo e vide il maglione ormai sporco di sangue e disse: “Si, tre coltellate, due sulle spalle e una sul petto, l’ultima è stata quella fatale e dalla sua temperatura è morto da più di due ore.” E si alzò e tolse i guanti.

Sherlock invece prese la sua lente di i gradimento e controllò il corpo in cerca di indizi.

“Qualche movente?” chiese John guardando Greg.

“Aggressione, all’inizio abbiamo pesato a una rapina ma quando abbiamo controllato le sue tasche aveva solo le chiavi di casa e il portafoglio con i suoi documenti e 50 stelline ancora dentro.” Ripose lui.

“Quindi, è uscito di casa, stava camminando ed è stato assalito da un pazzo che gli ha dato tre coltellate senza motivo.” Disse Anderson.

“No. Anzi, la vittima aspettava il suo aggressore.” Disse Sherlock con tono sicuro, guardando ancora il corpo.

“E questo come fai a dirlo?” chiese lui in tono di sfida.

Sherlock sospirò, alzò la testa e disse guardando Greg: “Lestrade, chi vive in questo quartiere?”

“Beh... qui in zona solo perone anziane e uomini o donna di mezza età . In pratica lui era la persona più giovane di tutti qui.”

“Ma è morto prima lui con un coltello” disse John

“E quindi? Che centra?” disse Anderson verso a Sherlock.

“In questo quartiere ci vivono solo anziani con una pensione bassa o uomini o donne con un stipendio minimo, quindi la maggio parte di loro stanno chiusa in casa. È quasi un quartiere isolato, quindi perché un aggressore o un rapinatore dovrebbe rapinare in un posto nel genere? Se volessi rapinare o aggredire qualcuno andrei dietro a un vicolo nel centro o un quartiere in periferia.”

“Ma come fai dire che lo stava spettando?” chiese John.

“Se volesse uscire si doveva mattiesi una giacca, delle scarpe più nove o una tracolla, visto che era un insegnante e probabilmente o usa per il lavoro, quindi non era fuori per uscire.”

“Ma sulle tasche aveva sia le chiavi di casa che il portafoglio” disse il sergente Donovan

“E il cellulare? Che la aveva?”

Tutti rimasero muti.

“No, sulle sacche non cerano.”

“Allora alza più la probabilità che stava aspettando qualcuno davanti a casa che uscendo per farsi una camminata.”

“Ma aveva il portafoglio e le casi di casa.” Disse di nuovo Donovan.

“Probabilmente il portafoglio lo aveva già in tasca da prima e le chiavi era per rientrare di nuovo in casa.” Spiegò Sherlcok.

“Allora, la vittima conosceva il suo assassino.” Disse Anderson.

“Logico. Però questa ipotesi lo sapevo già dal suo abbigliamento. Sei sempre più lento Anderson.” Disse Sherlock con tono campo e senza guardarlo.

Lui non rispose ma lo fulminò con lo sguardo.

“Ma se lo conosceva e lo stava aspettando… perché la ucciso?” chiese John dubbioso.

“Non lo so ma…” non fini la frase perché vicino alla colpo, più nel preciso vino alla gamme vide una piccola palina nera:

Sherlock la notò, la prese, si alzò e chiese a Lestrade: “Ci sono dei testimoni?”

Greg rimase un po’ soppresso dalla sua reazione dubbiosa ma ripose: “No, non ci sono dei testimoni. Abbiamo intero gatto tutti i vicino e quelli che abitavano di fronte ma non anno né sentito nulla e né visto niente. E poi come hai già detto tu, questo è un quartiere isolato.”

“No. chi deve essere stato un testimone!” ripose Sherlock con tono sicuro e continuò alzandosi:

“Qualcuno è venuto qui e probamente ha assistito al l’omicidio”

“Ma come poi dire che c’è stato qualcuno che ha assistito tutto?” chiese Anderson con tono un po’ irritato.

“Con questo.” E fece vedere la palina nera che aveva trovato.

“Che cosa è?” chiese John.

“È una pallina. Fatta con i fili, probamente i fili dei lacci delle tute; dal peso e dal suono ci sarà almeno più di una dentro a questa.” E la fece cadere e si senti un suono pieno.

Tutti rimasero dubbiosi e John chiese: “Dove l’hai trovata?”

“Vicino al corpo. È difficile notarlo subito, visto che qui la strada è molto scuro e questa piccola pallina è nera.” Spiegò Sherlock, raccogliendola.

“Okay, hai trovato una pallina e allora? Potrebbe essere della vittima” disse Anderson, con una voce un po’ irritante.

“Non può essere nella vittima. Non credo che un uomo adulto avrebbe tempo e voglia di fare una pallina di tessuto. E non può essere neanche dell’assassino.”
“Forse è caduta alla vittima dalle tasche.” Disse Anderson.

“No, le tasche sono troppo grandi. Quindi anche se fosse caduta non sarebbe rotolata fuori dai pantaloni e poi è caduta di fronte alla strada. Se fosse rotolata fuori dai pantaloni sarebbe andata dietro verso alla testa e invece l’ho trovata vicino alla gambe.”

“Quindi.. qualcuno è andato verso il corpo, si è ginocchiato e gli è volata via la pallina.” Disse Lestrade.

“Esatto, qualcuno è andato di fronte al corpo, si è inginocchiato per controllare il battito cardiaco e gli è caduta questa. Probabilmente da una felpa, più che dai pantaloni.” Disse Sherlock inginocchiassi nuovo per spiegare la sua ipotesi.

“Ma chi farebbe mai nelle palline di lacci delle tute?” chiese John dubbioso.

“Qualcuno di giovane, probabilmente dei ragazzini con una certa abilità con le mani, che le fanno per divertimento o per noia.” Ripose Sherlock e aggiunse:

“E probabilmente conosceva la vittima.”

E rimasero muti.

“Fantastico.” Disse John, dopo tutto quello che ha detto.

“Figurati, è banale” ripose lui con tono calmo.

“Ma noi non abbiamo trovato nessun testimone. Abbiamo già chiesto a tutti nella zona.” Spiegò Greg.

Sherlock ci pensò, gli venne un dubbio e disse guardandolo: “E come avete scoperto il cadavere?”

“Come?” chiese Lestrade.

“Se nessuno ha visto o sentito niente, come avete fatto a scoprire che qui cera un corpo?” ripose Sherlock

“Abbiamo ricevuto una telefonata al nostro centralino, diceva che qui cera un corpo e basta.” Ripose Donovan.

“E non sapete chi ha chiamato?” chiese Sherlock

“Non lo sappiamo, chi hanno chiamato.” Disse Anderson.

Sherlock non disse nulla e pensò, John si avvicinò a lui dicendo: “Pensi che quello che ha fatto la telefonata sia una testimone?”

“Ovvio. Però, preferisce nascondersi che testimoniare. Perché?”

“Forse è traumatizzato?” suppose John.

“O forse non c’è un testimone e ha denunciato un vicino o qui in zona.” Disse Anderson.

“Impossibile. Se forse stato denunciato da un vicino e siete andarti ad interrogagli qualcuno lo avrebbe detto, ma nessuno sapeva niente e qualcuno in zona? Non credo visto che abbiamo già stabilito. Dovresti stare più attendo Anderson.” E lo fissò.

Lui invece voleva tirargli un pugno.

“E se fosse stato il testimone ad ucciderla?” chiese il sergente Donovan.

“Per poi controllare il battito cardiaco e chiamare la polizia? No, non è possibile. Lei o lui hanno visto qualcosa, ma non lo vuole dire… perché?” e si girò.

Davanti alla strada c’era un vicolo cieco, lontano, ma dove si poteva vedere bene la scena e dietro a quel muro vide qualcosa muoversi di scatto .

Sherlock lo vide e disse tra se a se: “Ma credo di saperlo.”

Poi disse ad altra voce: “John! Vieni con me.”

Lui obbedì e lo seguì, e cominciarono a camminare.

“Lestrade, voi restate lì e non mi seguite.”

Lui era confuso e preoccupato e disse verso di lui: “Ma… Sherlock…”

“Non mi seguite!” disse ancora e camminarono.

Greg sopirò pazientemente e rimase fermo li con la sua squadra.

Mentre John e Sherlock camminavano verso il vicolo, il dottore chiese: “Okay, ora dove stiamo andando?”

“A cercare il nostro testimone” ripose lui.

John rimase sorpreso e disse: “Cosa? Pensi che il testimone sia qui?”

“Si, non molto lontano, in questa zona. Probabilmente non sapeva dove andare.”

E andò sul vicolo, e la prima cosa che videro fu un trolley blu, grande, con la maniglia alzata, appoggiata al muro e ancora il foglio attaccato del check-in.
Loro rimasero sorpresi, ma John alzò lo sguardò e disse indicando in fondo:

“Sherlock!”

Alzò lo sguardo e videro una persona con indosso dei blu jeans scuri, scarpe da ginnastica bianche senza lacci con il cappuccio alzato che correva via.
“E lui!” disse il detective e cominciarono a seguirlo.


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Note della autrice:
Ecco il primo e vero capitolo di
questa storia!
Spero che vi sia 
paiccuto e...
l'asciate una recesione
e se chi sono dei errori
grammaticiali vi chiedo
sucsa da morire...
ma rigrazio a tutti quelli
che la leggerano e che 
l'asciano delle recesioni
alla prosima!
Ciao!
Evola


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Nel vicolo c’era un’altra strada, il fuggitivo correva verso di lì, ma sapeva di essere seguito.

Vide una rete di ferro, si fermò, ma sentendo i passi del detective e del dottore cominciò a scavalcarla a fatica;
quando fu arrivata quasi a metà, lo raggiunsero i suoi inseguitori, John lo prese per le braccia, lo mise a terra dicendo: “La fuga è finita!”

Il testimone ripeteva solo: “Lasciami, lasciami!”, John lo bloccò a terra, anche se il fuggitivo era leggermente più alto di John, ma teneva ancora la testa bassa con il cappuccio alzato.

Sherlock la guardò e disse: “Bene. se non tu dispiace… vorrei togliere il cappuccio” e cosi fece e vide il volto di una ragazzina.

E sia John che Sherlock rimasero sopresi, ma John di più. La ragazza aveva lo sguardo basso, arrabbiato e gli occhi rossi.
Indossava una tracolla nera con la scritta “The Beatles” in bianco.

Sherlock la guardò attentamente e la prima cosa che chiese: “Come ti chiami?”

John rimase sorpreso da quella domanda ma non disse nulla.
La ragazza alzò gli occhi e senza cambiare aspersione rispose:

“Eva”

“Nome completo.” Chiese lui inespressivo.

“Eva Facchini”

“Quanti anni hai?”

“16”

Si guardavano rimanendo muti.

“Sia? Potevi correre via meglio avresti dovuto abbandonare la tracolla e la sacca, potevi arrampicarti meglio e scapare più in fretta.”

“E abbandonare tutto quello che ho adesso? No, grazie!” rispose Eva con voce irritata.

“Comunque, bella tracolla.” Rispose Sherlock senza neanche guardare la borsa.

John e Eva rimasero confusi da quel complimento.

“Conoscevi Antonio Busi?” chiese Sherlock.

“Il cadavere? No, non lo conoscevo.” Ripose lei con tono normale.

Sherlock la guardò con aria interrogativa e chiese: “E perché eri nascosta qui dentro?”

“Volevo andare da un’alta parte, accanto ai poliziotti e voi, non potevo passare cosi mi sono messa qui finché non siete andati via.” Rispose Eva sicura.

“E non hai visto l’assassino?”

“No, sono arrivata qui da due minuti!” aveva lo sguardo inespressivo.

Sherlock la guardò con attenzione e chiese: “Perché sei scappata?”

“Perché ho pensato che mi avrebbero scoperto se restavo li, cosi quando siete andati via sono scapata.”

“Scoperta da cosa?” 

Eva guardò in basso per un po’, non rispose ma poi disse sconfitta:
“Vendo roba.”

John e Sherlock rimasero confusi.

“Che cosa?” chiese il dottore.

Eva alzò un po’ la testa e lo disse con tono convito: “Vendo roba!” e aveva lo sguardo irritato.

“Vendi droga?” chiese Sherlock.

“Esatto, vendo droga. Qualsiasi droga. Erba, coca e acidi di tutti i tipi.” Rispose lei.

“E in questa tracolla e in quello zaino c’è la tua roba?”

“Anche, ma in questa tracolla c’è solo i miei oggetti personali.”

“E la valigia blu?” chiese John.

“È mia. Li c’è più gli oggetti del mestiere tipo siringhe, lacci emostatici, sacchetti e soprattutto i sordi.” E fece un piccolo sorriso.

John era incredulo, ma Sherlock fece un altro sorriso, ma questa volta sorrise sicuro, dicendo: “No, non è vero.”

John e Eva alzarono la testa verso di lui con aria sorpresa.

“Tu non sei una spacciatrice. No, tu sei una ragazzina Italiana dal tuo nome e cognome; hai una buona pronuncia Inglese ma si sente che sei straniera; sei arrivata qui a Londra solo oggi, visto che la tua valigia ha ancora il foglio del check in attaccato. Stavi andando verso casa della vittima, ma hai visto qualcosa che ti ha spaventato e ti sei nascosta qui dietro, poi sei andata verso il corpo, per vedere se era ancora vivo e hai chiamato la polizia.” Spiegò Sherlock con tono convinto.

La ragazza rimase sorpresa e anche John.

“E poi gli spacciatori non vedono la loro ‘roba’ qui. E poi la maggior parte sono uomini o ragazzi con grandi problemi economici, famigliari e dipendenti anche loro dalle droghe. Non ragazze di 16 anni, con la facce innocenti e acqua e sapone.” Aggiunse.

“E lei come lo sa?” chiese Eva.

Sherlock non rispose e disse: “Questo non ha importanza.” E rimasero muti.

“Comunque, le sue sono solo ipotesi! Io non centro nulla! Non conosco la vittima e non ho chiamato la polizia! Ma soprattutto non ho visto nulla!” ripose lei sicura.

“Ah si? Allora non sai cosa è questo.” Disse il detective e della tasca nel suo capetto tirò furi la pallina nera di filo trovata vicino al cadavere.

Eva guardò la pallina e disse subito: “Il mio mini- gomitolo!” ma poi si accorse di essersi fregata da sola e guardò in basso.

Sherlock sorrise e disse: “Bene, e ovviamente ti è caduta della sua felpa, ti consiglio di mettere dei Jeans la prossima volta.” E se lo mise in tasca.

La ragazza alzò gli occhi di Sherlock con aria sconfitta.

“Quindi è la nostra testimone?” chiese John.

“Esatto, quindi lasciala andare.” Disse lui girandosi per andare via.

John la lasciò andare ma Eva con tono convito si rivolse a Sherlock:

“Tanto se mi mandate dalla polizia io non dico nulla!”

Sherlock si girò, la guardò e lei aggiunse: “E non dirò nulla neanche
a voi due!” 

“Ma noi non siamo della polizia.” Ripose John.

“Qualunque cosa siate voi due, io non dirò nulla!” e abbassò la testa.

“Tu hai visto qualcosa, ma non voi dirlo. Perché?” chiese Sherlock.

“Beh… ha capito subito che non ero una spacciatrice quindi… capirà anche il perché non dirò nulla di quello che ho visto, no?”

“Questo l’ho capito, è ovviamente la paura, ma di che cosa hai paura?” chiese lui.

Eva questa volta aveva l’aria preoccupata e si mise a braccia conserte.

John si mise davanti a lei e per la prima volta la guardò in faccia e disse con tono rassicurante: “Ascolta Eva, so che questa non è una situazione facile ma se c’è qualcosa che ti spaventa su quello che hai visto, noi potremmo aiutarti, ma se non dici nulla non posiamo farlo.”

“Non è per Antonio!” ripose lei guardando John.

“E’ per me.” Aggiunse con tono basso.

“In che senso?” chiese lui confuso.

“Nel senso che è una mia questione personale, che non riguarda la vittima e se la dico la polizia forse mi aiuterà ma… non come me lo immagino io” spiegò Eva.

“E ovviamente per questa questione non voi parlare di quello che hai visto.” Aggiunse Sherlock.

“Diciamo di si.” E guardò in basso.

John era dispiaciuto per lei e non sapeva che cosa fare, poi guardò Sherlock, che fissava Eva con attenzione.

“Se ti mando in un posto più adatto dove raccontare la tua ‘paura’, palerai?” chiese Sherlock con tono normale.

“Vi ho già detto che non parlerò con la polizia.” Disse Eva con tono deciso.

“Come ha già detto il mio amico, noi non siamo della polizia.”

Eva lo guardò e chiese perplessa: “Allora che cosa siete?”

“Per cominciare io sono Sherlock Holmes, consulente investigativo. E lui è il mio collega e blogger Dottor John Watson.” 

John rimase perplesso da questa prestazione e anche Eva.

“Aspetti… ‘Consulente investigativo’? Cioè?”

“Quando la polizia non riesce a risolvere un caso, mi chiamano per risolverlo.” Spiegò in breve Sherlock.

“Quindi… una specie di detective privato ma anche per la polizia?” chiese Eva perplessa.

“Preferisco di più consulente investigativo.” E lei rimase in silenzio.

“Allora? Visto che non siamo della polizia, chi racconterai tutto?” chiese John con tono calmo.

Lei ci pensò attentamente, sopirò pazientamene e disse: “Va bene, ma solo se la polizia non saprà ancora di me… per ora.”

“D’accordo.” Rispose Sherlock.

John lo guardò perplesso, volendo controbattere che era una testimone, che bisognava dirlo a Lestrade.

Ma Eva disse: “Volete che lo racconto qui adesso?” 

“No, ti ho detto che la racconterai in un posto più adatto e anche più confortante quindi aspettaci qui e attendi il nostro segnale.” Spiegò Sherlock.

La ragazza capi e non disse nulla.

Sherlock si girò verso a John dicendo: “John preparati, dovrai zoppicare.”

Ma lui rimase confuse e chiese: “Perché?”

“Beh… ti hanno sparato a una spalla e credevi di zoppicare, quindi lo sia già fare.” Spiegò lui

Eva rimase confusa da questo dialogo, ma non disse nulla.

“Si, ma perché?” chiese ancora.

“Tu fallo e basta.” Rispose 

“Io intanto mi preparo.” Aggiunse.

Così si slegò la sciarpa la lasciò attorno alle spalle senza legarla, aprii il capotto, prese con le mani un po’ di terra e si sporcò un po’ i pantaloni e un po’ la giacca e così fece anche quelli di John (Che non disse nulla)

Poi alla fine di tutto disse: “Bene, ora posiamo andare… ha! Un'altra cosa.” Si girò verso a Eva dicendo: 

“Mi serve il tuo bagaglio. Posso prenderlo?”

Eva rimase un po’ sorpresa da quella domanda, già tutta questa situazione sembrava cosi surreale e a quello si aggiungeva anche quella richiesta.

“Si, se gli serve se la prede pure. Tanto ormai…” e sopirò.

“Bene, la ringrazio.” Rispose Sherlock.

Lui e John andarono verso la valigia e prima di andare guardò John dicendo: “Pronto?”

Lui sopirò e ripose: “Si.”

“Bene, allora che inizi il gioco!” 

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Note della autrice:
Salve! Ecco il nuovo capitolo!
Spero che vi piacia
e rigrazio a tutti quelli che la 
legono e che la seguono!
A presto!
Evola

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Cosi Sherlock andò da Lestrade con aria sconfitta e a testa bassa e John che lo segui piano facendo finta di zoppicare.

Quando Greg li vide rimase sorpreso e un po’ spaventato: “Oh Dio ragazzi! Che è successo?”

“Che l’ho fatto scapare! Ecco che è successo!” rispose Sherlock con tono scontroso.

John gli mise una mano della sua spalla per appigliarsi e per farlo calmare (Ovviamente per finta)

“Wow Sherlock! Ti sei fatto scappare il nostro unico testimone! I mei complimenti genio!” esclamò Anderson con tono ironico.

“Sta zitto Anderson!” ripose lui.

Greg sopirò pazientemente e chiese: “Comunque, lo avete visto?”

“Si era alto, un ragazzo probabilmente sui 16 /17 anni, per l’abbigliamento, e aveva il cappuccio alzato quindi non lo abbiamo visto in faccia.” Spiegò John.

“Però abbiamo trovato questa” disse Sherlock idicando la valigia.

Lestrade rimase sorpreso guardando la valigia: “Che cosa è?”

“È il bagaglio della testimone. E guardando dal foglietto ancora attaccato è arrivato qui a Londra oggi.” spiegò Sherlock.

Lestrade guardò il bagaglio e chiese: “E ora?”

“Mi porto la valigia con me.” Ripose lui calmo.

L’ispettore lo guardò confuso dicendo: “Cosa? Perché te la devi portartela con te?”

“La valigia è del testimone, non della vittima o dell’assassino. Quindi non si può considerare una prova per il caso. E poi ci saranno oggetti personali molto importanti, quindi se li dovrà riprendere.” Spiegò Sherlock.

“E poi John si è strappato qualche muscolo della gamba, qunidi è meglio che lo porta a casa” aggiunse e guardò l’amico.

“Davvero? Oh mio dio John! Ho notato che zoppicavi, stai bene?” chiese Greg un po’ preoccupato.

“Va tuto bene, è solo che abbiamo dovuto arrampicarci su una rete e quando siamo ritornai indietro, ho saltato e mi è strappato un muscolo della gamba.” Spiegò John con tono convincente.

“Allora vi chiamerò un taxi.” Disse Greg prendendo il suo telefono.

“Ma… e il caso?” chiese Donovan.

“Vi chiamerò io quando avrò scoperto qualcosa.” Disse Sherlock e andò verso al vicolo insieme a John.

E lei lo fulminò con lo sguardo.

Intanto Eva aveva guardato tutta la scena dietro al muro (ovviamente nessuna l’aveva vista)

Quando Sherlock fu vicino al vicolo disse a basa voce: “Gli abbiamo detto che sei scapata via, arriverà un taxi e quando te lo dirò io entra dentro.”

“Ok e… grazie.” Rispose lei a bassa voce.

Il taxi arrivò proprio davanti a loro, difronte al vicolo.

John aprì lo sportello bloccando la visuale della strada, Sherlock intanto metteva la valigia nel bagagliaio, facendo il segno a Eva di entrare, cosi Sherlock entrò, poi John che chiuse la portiera.

Eva era sul sedile posteriore a destra, a guardare fuori dal finestrino con la sua tracolla appoggiata alle ginocchia, Sherlock in mezzo e John a sinistra.

Tutti e i tre non dicevano niente.

“Che intenzioni hai con lei? Come farai a farla parlare se non voleva parlare con la polizia?” Chiese John a bassa voce.

Lui non ripose, intanto Eva apri la sua borsa, tirò fuori una penna e un quaderno nero a righe e cominciò a sfogliarlo.

Dopo pochi minuti lo rimise a posto.

“Lo vedrai” ripose lui alla domanda di John.

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Note della autrice:
E.. eccoci con un nuovo capitolo!
Si, lo so.
è corto ma...
devo un pò accocare
per vari motivi.
Ma spero che vi piaccia e...
alla prosima!
Ciao!


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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Quando arrivò a Baker Street…

Eva usci per prendere la sua valigia dal bagagliaio, John pagò il taxista e Sherlock si fermò davanti alla porta.

Quando Eva vide il quartiere si guardò in torno e disse: “Carino.”

“Grazie.” Rispose Sherlock con tono un po’ fiero.

Quando furono davanti alla porta, Sherlock la aprì, salirono le scale e entrarono dentro.

Quando Eva vide la casa rimase un po’ meravigliata dall’arredamento… cosi poco Inglese.

Vie lo “Smile” giallo sul muro e lo trovò carino. Poi vide dei fori e chiese: 

“Ma… quelli non sono colpi di pisola sul muro?”

“Si.” Ripose Sherlock togliendosi il capotto, la sciarpa e sedendosi nella poltrona.

Intanto John prese una sedia e la mise in mezzo al salotto davanti alle poltrone di John e di Sherlock.

Eva andò verso la sedie, vide per qualche secondo la cucina dove cera un grosso microscopio e vari oggetti scientifici e rimase perplessa.

“Ma.. vivete qui?” chiese lei a tutte e due.

“Si.” Rispose Sherlock mettendo le mani sotto al mento.

Eva capi, si sedete e rimasero in silenzio.

“Comunque, è davvero una bella casa.” Disse lei rompendo il 
silenzio.

“Grazie.” rispose lui.

“Okay… Eva, ora ti faremmo delle domande molto semplici, poi ci dovrai spiegare quello che è successo. Ma comunque non ti vogliamo mettere ansia. Va bene?” disse John 

sedendosi nella sua poltrona con tono calmo.

La ragazza lo guardò, sopirò e disse: “Okay.”

“Bene… allora comico io. Conoscevi già Antonio Ruggeri?” disse il dottore guardandola.

“Beh… “ stava raccontando Eva ma Sherlock la interruppe dicendo: 

“Era il suo ex professore di sostegno.”

John e Eva lo guardavano e lei disse confusa: “Come?”

“Antonio Ruggeri era il suo insegnante di sostegno. Per causa della sua dislessia.”

“Dislessia?” chiese John,

“Detta anche DSA. Di Disturbi Specifici di Apprendimento, cioè…”

“Che sei lento a leggere, a scrivere o fare i calcoli. E mundi che fai a fatica anche ricordare alcune cose.” disse Eva interrompendo Sherlock.

John rimase sorpreso mentre Eva e Sherlock si fissavano a vicenda.

“Come fa a saperlo?” chiese lei.

“Semplice. Dalla tua tracolla.” Rispose lui indicandola con gli occhi.

“Dalla mia borsa?”

“Certo”

Lei rimase confuse e chiese: “E questo che centra che sono dislessica?”

“Semplice: quando ha aperto la tracolla ho visto due buste di plastica. Nella prima c’erano dei foglie bianchi a righe, con una scrittura in stampatello molto in grande. Stano, visto che si insegna a scriver in corsivo in terza elementare, quindi non sai scrivere in corsivo, probabilmente non sai scrivere le parole o forse nessuno capirebbe quello che scrivi, quindi scrivi in stampatello. Ma sopra alla lettere cerano dei segni in rosso con altre scritte in rosso. Probamente è la frase corretta scritta da un adulto, probabilmente da un insegnante o da un educatore. Quindi ti piace scrivere, ma con errori grammaticali ma non te ne accorgi ma sai che ci sono. Nella seconda busta, anche se era poco visibile, c’erano fogli bianchi ma con dei tratti colorati, fatto con le sfumature di matita. Quindi sono disegni. Poi ho visto quando hai preso il tuo quaderno nero, stava scrivendo delle frase in Inglese ovvero ‘destra’ e ‘sinistra’. Ma hai sbagliato a scriverli. Nella altra pagine c’erano sempre altre frasi Inglesi ma in più c’era il significato in Italiano e anche come si pronunciano. Quindi deduco che sai solo parlare L’Inglese ma non sa né leggero e ne scriverlo. E poi c’è un'altra cosa che mi ha fatto capire che lei è dislessica.” Spiegò tutto Sherlock.

“Davvero? E quale?” chiese Eva.

“Le sue scarpe” rispose lui

“Le mie scarpe?” chiese lei guardandole.

“Si. Scarpe da ginnastica con allacciatura a stretch. Pulite ma molto costumate, vendo la scoloritura delle punte. Quindi ha sempre usato un paio di scarpe nei ultimi anni. E poi sono a stretch. Ormai nessuno fa più scarpe con gli stretch per adolescenti. Ma solo per i bambini con pochi mesi di vita, quindi non sai ancora allacciarsi le scarpe. Una cosa molto comune tra i ragazzi dislessici.”

John rimase sorpreso e Eva a bocca aperte e chiese: “Lei per caso è una stolcker?”

“No. sono solo uno che è bravo con le deduzioni.” Rispose Sherlock .



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Note della autrice:
Slave e buona domenica!
Si, lo so. 
E solo un capitolo per
dimostare le doti che tutti
noi conosavo su Sherlock.
E anche per spiegare 
cosa è la Dislessia.
Spero che vi piaccia
e... buona domenica!
Ciao!
Evola

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Eva lo fisò con aria incuriosita chiedendo con tono di sfida: “AH si? E se lei è tanto bravo con le deduzioni, perché non mi dica qualcos’altro su di me?”

Sherlock la fisò ma John disse subito:”Hem… Sherlock, non mi sembra il caso, né il momento e non credo che sia anche opportuno…. Abbiamo lasciato una scena nel crimine e abbiamo nascosto a Lestrade il fatto che…”


“Okay” ripose lui a Eva.

“Oh cristo…” disse John fra se a se rassegnato.

Sherlock si alzò dalla sua poltrona e camminò avanti e indietro, davanti a lei dicendo: 

“Non hai né trucco, né smalti, né gioielli. Quindi non ti curi nel tuo aspetto ma non ti importa. Non segui neanche la moda, visto dai tuoi blu jeans non aderenti e con lo svoltino dentro. Probabilmente ti stavano troppo lunghi, cosi hai deciso di accorciarli facendo lo svoltino dentro ai pantaloni, in modo che sembrino veramente lunghi cosi.”

Eva si guardò i Jaens e lui continuò: 

“Non solo, hai indosso una felpa che ti sta anche un po’ larga. Probabilmente è di un fratello maggiore che ormai non gli va più. Dalla tua tracolla sei appassionata di musica, ma quella dei anni 60/70, e I Beatles sono il tuo gruppo preferito. Perché nessuno comprerebbe quella borsa senza conoscere il gruppo e sai quello che sono successi in quei anni grazie alla musica. Ti piace anche scrivere e disegnare e non l’ho capito solo dai tuoi fogli dentro alla tracola, ma anche dalla tua mano destra.”

Eva si fisò la mano e Sherlock continuò:

 “Il dito medio ha un callo, segno che tieni molto la penna, le dita sono macchiate di inchiostro nero. Quindi in questo periodo stai più scrivendo che disegnando. Ti piace anche leggere ma probabilmente solo fumetti, biografie musicali e romanzi rosa. Pensi di non essere pronta per lettura impegnativa. Ma sei anche una teledipendente dalla fossa dei occhi, e poi cosa può fare una bambina che non riesce al leggere oltre a giocare è guardare la tv.”

Eva lo guardò di nuovo a bocca aperta.

“Sei fiera di quello che sei. Sei più matura dei tuoi coetanei per quello che hai dovuto passare e anche per le tue passioni, ma ti senti insicura quando ti paragoni con le altre persone. Perché fin da piccola ti hanno sempre preso presa in giro e per questo non riesci a socializzare e non hai amicizie stabili. Ma ti piace stare con gli adulti, perché fin da piccola hai avuto a che fare più con loro sempre per il tuo problema. Dei ragazzi della tua età ma non ti importa, anzi sei felice nella tua situazione.”

Poi si fermò davanti a lei e disse:

“Sei un ragazzina che vive del suo mondo, con la sua intelligenza, sei sempre stata presa di mira fin da piccola, ma l’hai affrontato e ora voi andare avanti, hai affrontato la tua dislessia, non ti interessa la moda e quello che pensano le persone su di te, e voi andare avanti con la tua vita, con le tue passioni e interessi. Ma sei una persona emotiva, sensibile, fragile e permalosa. Ti senti sola perché non hai nessuno con cui condividere i tuoi interessi ma riesci a conviverci.  E ora in questo momento vorresti dire quello che hai visto ma non voi parare perché hai paura, su una questione che riguarda solo a te.” finì Sherlock e si sedette sula sua poltrona.

Eva lo guardò con aria sorpresa, John anche ma era anche un po’ preoccupato della sua reazione.

“Si! Ha ragione. In poche parole sono un asociale, appassionata di musica, che scrive e legge storie e che vive nel suo mondo imaginario perché sa che quello reale non è bello e cosi nella sua mente si sente più a sicuro. Si e dimenticavo di dire che sono andata in depressioni per quasi tutti gli anni delle medie e dove facevo avanti e indietro fra casa e la psicologa e in più prendevo un sacco di medicinali. Avrebbe detto tutta la mia vita in breve.” E fece una piccola risata nervosa e guardò in basso.

“E… si, ha ragione su tutto. Ma sa cosa ho scoperto sulle lingue? Che se ne sai due potresti essere dislessico in un una. Bene. io sono dislessica della mia lingua madre e analfabeta in quella Inglese. È come dire più il danno che la beffa.” E fece un'altra risata nervosa e rimasero in silenzio.

John ruppe il silenzio dicendo: “Okay, visto che conosci già la vittima… dicci di come vi siete conosciuti, che rapporto avevate e il perché eri ferma sotto a casa sua.”

Eva lo fisò, sospirò e poi raccontò:

“Antonio era il mio insegnante di sostegno in prima media e faceva anche l’insegnante di tecnica in tutte tre le classi…”

Lo aveva avuto per un anno ma restò in quella scuola a insegnare tecnica finché Eva non era andata al liceo.

Dopo le medie si frequentarono molto come amici, avevano in comune un sacco di cose: la musica, i fumetti, il disegno e le serie animati.
Lavorava in tre scuole diverse.

“Poi un giorno su Intenet ha letto che si poteva diventare educatore in una scuola privata Inglese. Cosi ha chiamato, ha chiesto informazioni, ha fatto il test e mentre io finivo il secondo anno di liceo, lui si trasferì a Londra. Ma ci sentivamo spesso in video chart.” Fini Eva.

“In che senso educatore?” chiese John perplesso.

“L’educatore in una scuola non è un insegnante di sostegno che ti da il programma scolastico diverso per i ragazzi con qualche difficoltà. L’educatore aiuta i ragazzi a mandare avanti il programma stabilito dagli insegnati e dove lo partecipa delle attività extra scolastiche e per aiutare a socializzare con gli altri studenti. Ecco, Antonio era educatore di tre ragazzi in tre classi diverse. Due ragazze e un ragazzo: una ragazza sorda, una con la sindrome di down e un ragazzo che soffre di un lieve sindrome di autismo. Lui adorava quei ragazzi, me ne parlava sempre con gioia…” spiegò Eva con un tono un po’ nostalgico.

“E Antonio ti ha chiesto di andare qui a Londra con lui?” chiese Sherlock ma che probabilmente sapeva già la riposta.

“Si, prima che la scuola finisse mi ha chiesto se potevo venire a Londra con lui per tutta l’estate. Mi ha detto che lavorava in un campo estivo per un mese e potevo vedere tutti i posti Beatlesiani di Londra e di Liverpool.” E fece un piccolo sorriso.

“Io non chi ho pensato due volte e gli ho detto di si. Ma però i miei sono molto protettivi ma Antonio li ha conviti e così ero potevo per andarci! E… oggi ho preso l’aereo per venire fin qui…” guardò in basso

John era dispiaciuto per Eva, per Antonio e per la situazione che stava affondando.

Sherlock la stava fissando ma non mostrava un minimo di emozione nel suo sguardo e i nei suoi occhi.

“E che è successo?” chiese John.

Eva fissò il suo volto per un po’ prima di rispondere, ma parlò con una voce calma:

“Beh… ecco, avrei dovuto prendere l’aereo delle 8:00 per Londra, cosi per essere li per le nove ma c’è stato un ritardo nel volo cosi io e mio padre (che mi ha accompagnato fino all’ aeroporto e aspettato l’aereo con me) abbiamo aspettato quello delle 9:20 e potevo essere li per le 10:15” spiegò e continuò:

“Volevo chiamarlo per avvertirlo del ritardo, ma non rispondeva, cosi gli ho inviato un messaggio sperando che lo leggesse. Mi sono imbarcata sull’aereo e sono partita. Quando sono arrivata volevo chiamarlo ma non c’era segnale, cosi sono uscita dall’ aeroporto e dovevo chiamare un taxi per andare subito da lui ma… in quel momento mi sono persa nella città, cosi controllavo la mappa nel mio cellulare e mi sono fatta un giro per una mezzora. Poi ho pensato di prendere un autobus, perché ho sempre sognato di salire in quegli autobus a due pani rossi, ho chiesto in giro se cera una fermata in quella zona. Cosi ho preso l’autobus, mi sono fermata alla mia destinazione e sono andata a piedi.” Finì Eva.

“E poi? Che cosa è successo?” chiese John con tono calmo.

Lei sopirò e raccontò: “Quando sono arrivata in quel vicolo, in lontananza ho visto prima un uomo che era di spalle e Busi che discuteva con lui con aria preoccupata e spaventata…”

“Hai sentito quello che dicevano?” chiese Sherlock.

Fece un cenno con la testa dicendo: “No, non avevo sentito, però da quello che ho capito sembrava una discussione seria e.. preoccupante.”

“E cosa hai fatto?” chiese John.
 
“Mi sono nascosta in quel vicolo, perché non volevo discutere e non volevo andare li a interromperli. Cosi mi sono nascosta e ho aspettato che finissero di parlare, poi…” disse Eva con un nodo in gola.

“Su, calmati, non preoccuparti, predi tempo.” Disse John con tono dolce.

Ma Sherlock la guardò dicendo: “E poi?”

“Ha… preso un coltello della tasca dei Jens e lo ha  trafitto ad una spalla”  rispose lei con le lacrime agli occhi e con una voce singhiozzante e continuò:

“Ma io mi sono subito girata con gli occhi chiusi. Non volevo vedere, ma sentivo i colpi del coltello e dei piccolo urli. Quando non ho sentito più nulla ho aperto gli occhi ho visto il tizio che correva via. Ovviamente l’ho visto solo da dietro.”

“E… lo sapresti descrivere?” chiese John.

“Si, aveva un giubbotto di pelle nera, dei pantaloni militati, delle vecchie scarpe da ginnastica nere, dei guanti da barbone color rosso, un berretto di lana nero e una cicatrice rossa sul collo.” Cercò Eva di ricordare.

“E poi? Che cosa hai fatto quando l’assassino è scappato via?” disse Sherlock.

Lei sospirò e con voce quasi rotta nel pianto raccontò:

“Volevo girami per vedere la situazione ma… non ci riuscivo. Non riuscivo a girami ma ho preso coraggio e… l’ho visto. Antonio sdraiato per terra immobile in messo alla strada l, io ero…. Impietrita. Non riuscivo più a respirare e a muovermi. Dopo sono andata da lui sperando che fosse ancora vivo e che stava lottando tra la vita e la morte; cosi mi sono inginocchiata di fronte a lui, prima controllando il battito cardiaco sul polso e poi sul colo ma… niente!”

Eva scoppiò a piangere dicendo: “Era morto! E io non volevo crederci!” e continuò a piangere.

Sherlock rimase fermo a fissarla senza nessuna espressione.
John invece era molto dispiaciuto per Eva.

Si alzò dalla sua poltrona, prese un fazzoletto, si inginocchiò vicino a lei, e disse mettendole una mano sulla spalla:

“Ascolta.. so che stai provando, è davvero una sensazione molto dura e dolorosa, affrontare una perdita nel genere tardandosi di un amico. Soprattutto assassinato in quel modo, ma… ti promettiamo che sia io che Sherlock troveremo l’assassino e ti giuro che non la passerà liscia.”

Eva lo guardò e chiese: “Da… davvero?” e si tirò su il naso.

“Certo. E… so che sarà molto difficile per te ma.. pian, piano riuscirai ad affrontare questa situazione. Certo, all’ inizio sembra quasi impossibile ma… so che con il tempo che la farai.” E fece un piccolo sorriso.

Eva lo ricambiò dicendo: “Grazie e.. spero di farcela.”

“So che la farai.” Rispose lui.

E si sorrisero.

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Note della autrice:

Salve! Si lo so che sono un pò
iritardo ma... è in corso di coreggere
qundi chi vorà un pò a completare la storia.
Ma spero che vi sia piacuta e che John sia
stato dolce e che sia piacuto.
Fatte le vostre recesioni e ditemi che
cosa ne pensate!
Ciao!
Evola

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Sherlock alzò gli occhi al cielo dicendo: “Comunque… dopo che ha fatto?”

“Beh… all’ inizio ho pianto per la disperazione, poi sono andata dietro al vicolo e ho chiamato la polizia dicendo che ero una persona del posto. Cosi mi sono nascosta per tutto il tempo ma poi siete arrivati voi.. e eccoci qui.” Spiegò in breve Eva.

“Ma perché quando non hai chiamato la polizia non hai raccontato tutto quello che è successo?” chiese John confuso.

“Beh… perché avevo un motivo per non farlo ma… è una cosa personale.”

“Devi dircela. Per quale motivo hai deciso di non raccontare subito la sua testimonianza?” chiese Sherlock con tono fredo.

Lei sopirò e disse:

“Se io avessi subito testimoniato che cosa sarebbe successo a me? Mi riportavano in Italia, visto che sono una ragazzina minorenne straniera, dove avrei dovuto raccontare tutto a miei genitori e dove la prossima volta che mi faranno uscire sarà dopo i 40 anni? oppure mi avrebbero spedita in una di quelle ‘case studenti’ dove tutti sono più intelligenti di me e io ovviamente non potevo dire a nessuno il perché ero li e dove mi avrebbero subito esiliata? No… come scelte non erano delle migliori…”

“E che cosa avresti fatto? Non testimoniare e nascondendoti per tre mesi?” chiese Sherlock.

“Non ho detto questo! In quel momento avevo mille pensieri in testa e non sapevo che cosa fare! Ovviamente volevo testimoniare ma… poi? Che cosa sarebbe successo a me? Ora capisce perché è una cosa personale?”

“Beh… un po’ egoistico da parte tua.” Disse lui facendo spallucce.

John e Eva rimasero sorpresi da quella frase.

“Sherlock!” lo rimproverò subito il dottore.

Ma il detective si giustificò: “Andiamo John! Non poteva testimoniare contro l’assassino del suo amico e ex professore di sostegno perché non sapeva che cosa avrebbe fatto la polizia di lei? È un po’ da egoisti.”
 
“Senta! Avrei detto che volevo testimoniare! Ma ero scotto shock e non sapevo che cosa sarebbe successo di me quindi…” spiegò lei con voce un po’ irritata, ma John la interruppe dicendo con tono calmo:
 
“Lascia perdere. Se parli di queste cose con lui sprechi solo fiato.”
Eva sopirò e si calmò.

“Ma… se questo è il suo più grande problema, avrei una proposta.”
John e Eva lo fisarono dubbiosi.

“Che tipo di proposta?”

“Se mi aiuterai con le indagini puoi restare qui.” Disse lui alzandosi dalla poltrona e fermandosi davanti a lei con tono normale.

“Che cosa?” chiese Eva sorpresa.

“Che cosa?!” aggiunse John sorpreso.

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Note:
Salve! Come va?
So che il capitolo è breve ma
spero che sia stato inteso per voi e
sperando che vi sia piacuta!
Fate una recesione e... alla prosima!
Ciao!
Evola

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


“Ma…come?” chiese Eva perplessa.

“E dove dormirà?” aggiunse John.

“Beh… Lestrade vorò fare sicuramente un perquisizione alla casa di Atonio per vedere se trova qualcosa di sospetto e visto che lei lo conosceva bene, potrà capire subito se c’è qualcosa di anomalo.” Rispose Sherlock.

“E dormirà in camera tua.” Aggiunse lui rispondendo alla domanda di John.

“Sentite, io non voglio rubare letti a nessuno!” disse Eva.

“No, tranquilla, la signora Hudson ha una branda e la metteremo in camera mia, cosi John ha sempre un letto.” Ripose lui calmo.

A John non sembrava che piacesse l’idea ma era inutile discuterne.

“Ma… ci sarà un altro modo, no? tipo un hotel e o un bed&breakfast?” propose lei.

“Ah si? E lei se lo può permettere?”

Eva guardò in basso e ripose: “Beh.. avevo pensato che poteva pagarlo lei fino alla fine del caso…” e si grattò la tesa.

“Beh… potrei farlo ma è meglio che tu sia in contatto con noi e più vicina possibile e quindi è meglio che lei stia qui.” Ripose Sherlock
e aggiunse:

 “E… no. Per noi non è un disturbo.” E fece un piccolo sorriso.

Eva rimase perplessa, guardò John che sembrava dire: “Per me va bene. Tanto è sempre lui a decidere.”

Così sopirò e rispose: “D’accordo, accetto la sua proposta… su serio che lei riuscirà a scoprire il colpevole e anche il perché l’ha fatto?”

“Beh… non è un caso divertente ma…” rispose Sherlock risonandosi dalla sua poltrona ma Eva si alzò e con rabbia disse verso di lui.

“Divertente? Divertente! È morta una persona innocente che era un mio gradissimo amico e una bravissima persona che non portò mai più rivedere e lei lo trova divertente?! E poi c’è ancora il suo assassino a piede libero che potrebbe essere un pazzo, un maniaco, che potrebbe uccidere ancora o pure mi sta cercando!”

“Lei pensa che la sta cerando?” chiese lui perplesso.

“Non lo so, ma potrebbe essere un ipotesi.” Ripose lei con rabbia


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Note:
Slave! Qui, Sherlock mostra
la sua sensibilità e il nato.

Si, sono ironica ovviamente.
Ma spero che vi piaccia!


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


“Il punto è che c’è in mezzo un innocente che non aveva nessuna colpa, un assassino libero là fuori e una testimone che ha perso uno dei suoi più cari amici e lei questo lo trova divertente?!”

Sherlock si girò verso di lei, la fissò senza alcun tipo di emozione .
John era sorpreso dalla reazione di Eva in quel momento e tutti e tre rimasero muti.

Finalmente Sherlock ruppe il silenzio dicendo:

“Si. lo trovo divertente. Altrimenti non farai quello che faccio e non ti aiuterei, anche se il tuo caso non è cosi divertente e se il tuo amico aspettava l’assassino… allora aveva a che fare con qualcosa di più grande di lui, quindi… non credo che sia cosi innocente come credi.”

E andò sulla sua scrivania e acese il computer.

Eva era a bocca aperta per quello che aveva appena detto e voleva tirargli un pugno.

John, invece, lo fulminò con lo sguardo per il suo comportamento.

“John accompagna Eva in camera sua, io chiamo Lestrade per avvisare che abbiamo la testimone.”

“Okay, andiamo Eva.”

John prese la sua valigia e andarono verso la camera.

“Eva.” Chiamò Sherlock

Lei si girò ma non ripose.

“Poi darmi anche del ‘tu’ se voi.”

Ma fottiti!” ripose lei in Italiano e seguì John.

Il medico non capì e il detective non l’aveva ascoltata.
Quando arrivarono davanti alla porta della camera, John disse aprendola:

“Eccoci qua. Spero che la camera ti piaccia e che ti sentirai un po’ confortata.” E abbassò la tenda.

Eva vide la camera:
Cera un letto singolo, un armadio mattone, dei cassetti, una finestra, una lampadina e una scrivania.

“Si, è molto carina, grazie.” Ripose Eva con tono gentile.

“E… mi dispiace di rubarle la camera. Aggiunse.

“No, no, no. Fa niente, anzi spero che ti fa sentire più al tuo agio.” Rispose lui sorridendo.

Eva lo ricambiò e poi disse a testa bassa: “E… scusatemi per prima per aver urlato cosi io...”

John la interruppe dicendo: “No, no,no. Tranquilla, non ti devi scusare, anzi al massimo è lui che si deve scusare con te, ma visto che non lo farà mai mi scuso io per lui. E poi non sei né la prima e né l’ultima persona al mondo che vorrebbe urlare e dagli un pugno.” E fece una piccola risata.

“Immagino…” rispose Eva e rimasero muti.

“Dunque… la camera di Sherlock è sotto, in fondo al corridoio, il bagno è la porta a sinistra e se hai fame non aprile il frigo, anzi dillo a me che ti farò qualcosa molto volentieri.” Spiegò John.

Lei rimase confusa e chiese: “Mi scusi, ma perché non posso aprire il frigo?”
Il dottore non sapeva cosa dire, non poteva dire cosi, su due pieni che il suo coinquilino metteva pezzi di organi umani del frigo per fare i suoi strani esperimenti.

“Sherlock lo usa come… frigo per i suoi esperimenti. E non chiedermi che esperimenti siano.”

Eva non capi ma non disse nulla.

“Ma se hai bisogno di qualcosa io e Sherlock siamo nel soggiorno e se non ci siamo sotto c’è la nostra affittuaria la signora Hudson che è molto gentile.” Finì di spiegare John.

“Beh… allora grazie mille per la sua ospitalità e spero di non essere un disturbo.” Disse Eva con tono timido.

“Di nulla e non sei un disturbo. E poi puoi darci del tu.” Rispose John, si sorrisero e lei entrò in camera con la valigia chiudendo la porta.

John sopirò, andò in soggiorno e vide Sherlock seduto alla scrivania, con le mani sotto al mento e quando John entrò lui disse subito:

“Ho chiamato Lestrade, ho detto che  Eva ci ha raccontato la sua testimonianza e che è con noi.”

“E gli hai detto la verità di come  la abbiamo conosciuta?” chiese John.

“Certo che no. gli ho detto che avevamo trovato il suo numero nella valigia, l’ho chiamata, l’ho convita a testimoniare e il perché non l’ha fatto prima e gli ho detto che restava con noi.”

“Aspetta un momento.” Disse Mycroft interrompendo la storia di Eva.

“Come fai a sapere quello che anno detto se in quel momento eri in camera di John?” chiese perplesso il politico.

“L’ho sentito.” Ripose Eva con tono sicuro.

Mycroft rimase perplesso e chiese “L’hai sentito?”

“Si.”

“E come?”

“Beh… lei non poi crederci ma io ho sempre avuto un grande udito.”

Lui rimase sorpreso e anche un po’ dubbioso e chiese: “Davvero?”

“Si. ora posso continuare con la mia storia senza essere interrotta?”

“Prego” ripose lui.

“Grazie, allora… dove sono rimasta… ha si!”
Inizio flashback
 
“… che restava con noi.” Spiegò Sherlock.

“Okay…” disse John ma lo guardò e disse: “Sherlock, perché gli hai detto che restava da noi?”

----------------------------------
Note della autrice:
Ecco il mio nuovo 
capitolo.
è un pò più
lungo e spero che vi
sia piacuto.
Il prosimo capitolo
forse lo pubblicerò un pò 
in la. Qundi,
spero che avete pazienza.

Alla prosima!
Ciao
Evola

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


“Okay…” disse John ma lo guardò e disse: “Sherlock, perché gli hai detto che restava da noi?”

“Beh.. ovvio, non sapeva dove andare e non voleva ritornare in Italia. Quindi, perché non farla restare qui fino alla fine del caso? E poi potrebbe esserci utile in qualche modo per il caso. Ha fatto tutta questa strada per venire fin qui perché mandarla via.” Spiegò Sherlock.
 
“Si ma non abbiamo idea di come gestire una adolescente, o meglio, io non ho idea di come gestire una adolescente.” Ripose John con tono un po’ preoccupato.
 
“Tranquillo John, sarà facile gestirla. Fin da piccola ha avuto più contatti con gli adulti che con i bambini della sua età e si è sempre sentita  a suo agio. Per noi questo è un vantaggio e poi per te e per le sue conoscenze ti sembrerà più matura dei suoi compagni. quindi non preoccuparti.” Spiegò Sherlock con tono sicuro.
 
Il dottore si senti un po’ sollevato ma era preoccupato per lei, di come potrebbe gestire questa esperienza terribile ed era molto dispiaciuto. Ma non sapeva bene come gestire una ragazza cosi giovane, ma anche in quei pochi dialoghi scambiati con lei, aveva capito che Sherlock (ovviamente) aveva ragione.
 
“Però c’è una cosa che forse non riusciremo a gestirla” aggiunse Sherlock con tono serio.
 
Il dottore rimase sorpreso da quelle parole e chiese: “Davvero? E cosa?”
 
“Il suo umore.” Ripose.
 
John rimase confuse dicendo: “Il suo umore?”
 
“O meglio dire i suoi sbalzi di umore” si corresse Sherlock.
 
Lui rimase ancora più confuso e perplesso e chiese: “Sbalzi di umore? Perché? Pensi che lei ha gli sbalzi di umore?”
 
“Certo che li ha! E le ha anche dimostrato, ma tu guardi ma non osservi  John. Come sempre, dopo tutto.” Rispose Sherlock convito.
 
Lui non ripose, ma lo guardò male per l’ultima frase e chiese: “E come puoi dire che soffre sbalzi di umore?”
 
“Un po’ per la sua età, ha pur sempre 16 anni ed è normale che ne soffra. Ma anche di quello che ha dovuto subire fin da piccola con le sue emozioni.”
 
L’amico rimase confuso e  chiese: “Sbalzi di umore in che senso?”
 
“Fin da piccola si è subito sentita diversa e questo per lei fu un grande shock. Quindi soffriva dentro ma ovviamente qualcuno di incompetente le ha detto di buttare fuori le sue emozioni. E ora deve esprimere ogni volta quello che prova, ma in un modo confuso e spesso fuori controllo. Cosi ha i suoi sbalzi di umore.” Spiegò Sherlock.
 
“E l’ha dimostrato: all’inizio ha della giornata era allegra per patire, poi ha visto l’assassino con la vittima e si è nascosa ed era preoccupata. Poi ha visto accoltellarlo, si è nascosta e in quel momento si è spaventata e dopo è scoppiata a piangere, ha chiamato la polizia sempre spaventata. Poi ha pensato a se stessa e li era più preoccupata che spaventata; cosi è scapata via e quando l’abbiamo presa era arrabbiata ma anche rassegnata. Ma prima di raccontare la sua storia voleva provare a distogliere l’attenzione su di lei ma ha fallito” fece un piccolo sorriso di vittoria e continuò:
 
“Cosi quando abbiamo raccontato che non eravamo della polizia si è sentita un po’ più sicura ma era anche rassegnata; cosi ha accettato di venire con noi e quando ha raccontato la sua storia all’inizio era tranquilla, poi ha cominciato ad agitarsi dal ricordo fino al piangere. E quando ho detto che non era un caso divertente si è subito alzata con rabbia e mi ha urlato.” E fini di spiegare.
 
John rimase sorpreso e chiese dubbioso: “Ed è un problema?”
 
“Per me si.” disse subito.
 
“John, per me l’emozioni e i sentimenti sono un errore chimico. Un pericolo, un arma a doppio taglio che usano contro di te nel momento giusto e soprattutto quando abbassi la guardia, è per questo che io cerco di tenerli lontano e non avere nulla a che fare con loro.” Ripose Sherlock e guardò lo schermo del potatile.
 
“Oppure hai paura.” Ripose l’amico.
 
Lui rimase confuse, lo guardò e disse: “Come?”
 
“Sherlock, tu non vuoi affrontare gli sbalzi di umore di Eva, non perché pensi che siano un ‘errore chimico’ tu non vuoi perché hai paura.”
 
Lui fece un piccolo gringo e rispose con tono sicuro: “Perché doveri avere paura per dei stupidi sbalzi di umore e ormonali adolescenziali ed emotivi.”
 
“Perché Eva riesce a tirare fuori le sue emozione e buttali fuori per sentirsi meglio oppure per sentirsi al sicuro da qualcosa. Mentre tu le nascondo con la scusa dell’arma a doppio taglio o lo dici perché probabilmente hai vissuto una situazione che solo tu hai dovuto vivere e ora ti rifiuti di esprimere i tuoi sentimenti e adesso hai paura di confrontarti con lei.” Spiegò John sedendosi della sua poltrona.
 
Sherlock rimase sorpreso dalla sua spiegazione ma si girò subito nel suo computer dicendo: “Sciocchezze.” E non disse nel altro.
 
John in vece prese un libro, e alzò gli occhi al cielo dalla risposta del detective.
 
Alle due nel pomeriggio John di stava preparando per uscire “Sherlock io vado a fare un po’ dispesa, voi qualcosa?”
 
“Si, potresti portati Eva con te?” ripose lui (intanto era seduto nella sua poltrona leggendo una rivista)
 
John rimase perplesso e chiese: “Cosa?”
 
“Oh! Prendi anche il pane e il burro che lo abbiamo finito.” Aggiunse lui guardandolo per un attimo poi ritornò sulla rivista.

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Note della autrice:
Ciao! Ecco il nuovo capitolo
dopo... anni di attesa.
Finalmente una scena 
con John e Sherlock da
soli con l'agormeto
particolare: I setimenti!
Spero che vi sia piacuto
Buone feste
Evola.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


“Perché vuoi ce mi porti Eva con me?” chiese il dottore perplesso.
 
“Beh… è qui da 12:30 e non è uscita da quella stanza.” Spiegò lui.
 
“Già. Quando ho ordinato cibo cinese, le ho chiesto se voleva mangiare e ha detto che non aveva fame.” Disse John con tono un po’ preoccupato.
 
“Già, e forse è meglio che esca un po’ da casa e veda meglio la città. Le farebbe bene.”
 
“Sherlock, non credo che abbia voglia di uscire adesso.” Spiegò John.
 
“Perché no? In fondo ha detto che ama Londra, anche se la prima cosa che ha visto è stato un omicidio.”
 
“Forse è per questo che non abbia voglia di uscire.” Propose il dottore.
 
“Io in vece penso che vedere per un po’ la città e visto che resterà qui da noi, forse è meglio che  la porti con te a fare la spesa, cosi potrai prendere quello che le piace.” Aggiunse Sherlock.
 
John lo guardò in un modo strano dicendo: “Non vuoi Eva in casa con te vero?”
 
“Certo che no! se tu ne vai le resterebbe dentro in quella stanza fino a sta sera.”

John aveva qualche dubbio su questo argomento, ma se ne parlava non usciva vincitore, quindi disse: “Va bene, cercherò di convincerla ma secondo non uscirà la fuori” e camminò verso in camera.
 
“Io credo di si.” rispose Sherlock.
 
Quando arrivò in camera bussò la porta dicendo: “Eva, posso entrare?”
 
“È pur sempre camera tua” ripose lei.

John rimase un po’ sorpreso dalla sua risposta e pensò: “Questo è vero.” Ma riprese: “Vuoi dire che questo che è un si?”

“Si.” ripose lei.

Cosi entrò e rimase un po’ stupito dalla scena:

Eva seduta nel letto a gambe incrociate con i calzini bianchi, le scarpe difronte al letto, con un indosso una tuta nera, maglia a maniche lunghe nere con una scritta bianca, aveva il computer portatile blu in mano, con il caricatore nero attaccato alla presa.
La valigia blu era appoggiata al muro, la tracolla dei Beatles sulla scrivania.

E la sacca nera (che aveva sulla schiena) era appoggiata sul letto aperto e in trono al letto cerano due fumetti, un libro e un panna, cellulare e delle cuffie nere.

Non sapeva il perché John rimase sorpreso da quella scena, forse per lo sguardo di lei:

Calmo ma con gli occhi pieni di tristezza e di malinconia. Quello sguardo, John lo riconobbe subito.

Eva guardò il medico dicendo subito: “Mi ha chiamato mia madre.”

Lui rimase stupito e chiese subito: “Davvero? Le hai detto quello che è successo?”

“Oh certo! Le ho detto che sono arrivata davanti a casa sua, ho visto il suo omicidio, sono l’unica testimone e per questo adesso sono ospitata dal un detective strambo e il suo assistente. Nessun genitore nel mondo prenderebbe un infarto sentendo questa notizia.” Disse Eva con tono sarcastico ma con la faccia inespressiva.

John sopirò e disse: “Già, quindi che cosa hai detto?”

Lei ci pensò dicendo: “Beh.. Gli ho detto che ero da Antonio, che stavo bene, che ho mangiato e che domani mi porta a scuola per i lavori estivi.”

John si avvicinò a lei dicendo: “Lo sai che prima o poi dovrai dire la verità vero?”
 
Lei sopirò dicendo: “Lo so, ma non so come e…” tirò su il naso e si mise le mani in faccia e cominciò a singhiozzare.

John si sedette sul bordo del letto, mettendole la mano della sua spalla dicendo: "Hey, Eva.”

Lei abbassò le mani, lo guardò dicendo: “John… io non so come comportarmi!”

Lui rimase confuso dicendo: “In che senso?”

“Insomma… ho visto un delitto! E… io mi sento in colpa solo a stare qui Tranquilla sul computer! E in più quel pazzo nel tuo collega mi ha dato dell’egoista!” e continuò a piangere.
John cercò di consolarla: “Eva non devi sentirti in colpa, certo è difficile superare una morte di un amico, soprattutto vedendolo morire cosi, però non devi sentirti in colpa per questo. E non ascoltare quello che ha detto Sherlock. Non capisce quando deve stare zitto e a volte non capisce quello che dice.”
Eva lo guardò con gli occhi lucidi e non ripose.
“Però, so che non sarà facile superarlo e devi fare con calma, ma lo devi affrontare, accettare e non sentirti in colpa per niente. E forse è quello che avrebbe voluto Antonio.” Rispose John con voce calma.

Lei sorrise un po’ dicendo: “Già… hai ragione. Antonio mi coccolava sempre quando piangevo, e forse anche adesso mi vorrebbe forte… ma non so se ce la farò.”

“Vedrai che ce la farai.” Rispose il dottore convito.

Eva fece un piccolo sorriso dicendo: “Lo spero. Grazie.”

John ricambiò il sorriso dicendo: “Di niente.”

Lei prese un pacco di fazzoletti e si asciugò le lacrime e rimasero in silenzio.

“Senti… io stavo per uscire per fare la spesa e… mi domandavo se ti andava di venire con me per farmi compagnia.” Rispose John, rompendo il silenzio.

“Il tuo amico non ti accompagna a fare la spesa?” chiese Eva con tono normale.

“No, lui esce fuori di casa solo quando ha un caso da risolvere. Altrimenti resta a casa, si annoia e spara la muro.” E risero.

“Quindi… voi venire con me?” rispose e aggiunse: “Se ti va.”

Lei ci pensò dicendo: “Beh… perché no, in fondo ho sempre amato l’Inghilterra e soprattutto Londra. E poi la prima cosa che ho visto è stato un omicidio quindi… uscire un po’ mi farebbe bene.” E fece un sorriso e aggiunse: “Dammi il tempo di cambiarmi e vengo.”

“Okay… allora ti aspetto in soggiorno.” Rispose John e uscì dalla camera.

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Note della autrice:
Salve e buon Natale!
Anche se è già pasatto...
spero che avete pasato un bel Natale,
che avete mangiato fino a scopiare e altre
cose. 
Ecco un nuovo capitolo,
spero che vi piiaccia
e... Buone feste!
Ciao
Evola

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Il dottore andò in salotto e vide Sherlock davanti al computer dicendo: “Viene?”

John rimase un po’ spaventato dicendo: “Si. Ha detto di si.”

Lui fece un piccolo sorriso dicendo: “Lo sapevo”

“Si, sai che cosa mi ha detto?”

“Cosa?”

“Che si sente in colpa. Perché non sa come comportarsi in questa situazione, e anche perché le hai dato della egoista.” Spiegò John con tono severo a Sherlock.

Ma lui non cambiò la sua espressione impassibile dicendo: “E poi?”

John rimase sorpreso dalla sua reazione ma poi si ricordò che per lui le emozione e i sentimenti sono solo un errore chimico e una arma a doppio taglio.

E continuò: “Ha chiamato sua madre, e non gli ha detto la verità.”

“Immagino.”

“Gli ha detto che Antonio è vivo e che è a casa con lui.” E sopirò pazientemente.

“Sherlock sono un po’ preoccupato per lei. Insomma sai che ha già avuto una depressione, da quello che hai detto tu. E.. forse… secondo me… pensa che ci andrò di nuovo.”

“Figurati John, sa già quello che vissuto e sono convito che non lo vuole rivivere di nuovo. L’unica cosa che vuole è solo comprensione e coraggio da qualcun’altro. Bassa autostima, tipico che soffre di dislessia.”

John voleva parlare ma fu interrotto da Eva dicendo: “Eccomi”

Vide lei con i Jens, la felpa, la tracolla e le scarpe.

Lui rimase sorpreso: “Già pronta?”

“Si, in fondo quando tempo ci vuole metesi una maglia, una felpa, dei jeans, delle scarpe, andare in bagno e venire qui? I somma, io chi metto davvero poco a cambiami.” Rispose lei con tono normale.

John rimase un po’ sorpreso.

“Okay, allora andiamo.” Rispose il dottore.

Prese il portafoglio, la giacca e se andarono salutando Sherlock, ma lui non rispose.

Presero un taxi e non si parlavano.

Quando camminavano verso il supermercato, Eva ruppe il silenzio dicendo:
“Allora… che fai di preciso con lui?”

“Beh… in realtà sono un dottore. Lavoro in un ospedale con Sherlock e lo aiuto con i suoi casi.”

Eva rimase sorpresa dicendo: “Davvero? Caspita! E che cosa hai fatto prima di conoscere Sherlock?”
 
E entrarono nel supermercato.

“Ero un medico militare in Afghanistan, ma sono stato congedato.”
Rispose lui con tono tranquillo.

Eva rimase sorpresa dicendo: “Ha..”

John rimase un po’ dubbioso dicendo: “Perché quel ‘ha’?” e la guardò.

“Niente… è solo che io… non credo alla guerra.” Rispose lei con tono normale.
“Quindi, sei una pacifista?” chiese lui.

“Certo. Insomma se ascolti I Beatles e ami la musica anni 60/70 o diventi appassionato di musica o pacifista o tutti e due le cose.”

Aggiunse: “Però non ti giudico per quello che hai fatto, anzi. Sono felice che ci sei andato per aiutare le altre persone, no?”

“Certo. Infondo ho guarito e curato sia soldati che civili, e l’ho fatto per me stesso e anche per il mio paese.” Rispose John con tono un po’ fiero.

“Già, peccato che danno più medaglie a chi uccide e non a chi guarisce di più.” Disse lei.

John la guardò con aria un po’ severe e si fermavano.

Eva lo guardò un po’ perplessa dicendo: “Che c’è?”

“Niente, è solo che è bello che il mio sacrifico per te è solo questo, cioè il nulla. Mi fa piacere.”

E cominciarono a camminare e a mettere la roba nel carello.

“Non intendevo questo. Ho solo detto che danno le medaglie a chi uccide di più e non a chi aiuta di più, e per me questo non è giusto. E sono felice che tu sia andato li per aiutare sia soldati che civili, andando in un posto dove stanno combattendo una guerra senza senso.” Spiegò Eva.

“Come tutte le guerre in fondo.” Aggiunse John.

“E la detto un medico militare non io!” e risero e rimasero muti.

“Allora… tu per colazione che cosa maggi di solito?” chiese John fermandosi al reparto biscotti, marmellata e brioches.

“Beh… latte caldo con caffè e biscotti al cioccolato.” Spiegò Eva e aggiunse:

“E scommetto che voi mangiate uova e pancetta”

John rise e rispose prendendo due pacchetti di biscotti al cioccolato: “Certo, forse la maggio parte degli Inglesi. Ma noi facciamo colazione con tè caldo, biscotti e marmellata.” E prese un barattolo di marmellata di fragole.

“Davvero? Quindi voi mangiate leggero a colazione?” chiese Eva un po’ perplessa.

“Si, già che la colazione ce la porta la nostra padrona di casa, cioè la signora Hudson e poi Sherlock non magia molto, quindi non mangiamo quasi mai qualcosa di fritto a colazione.” Spiegò John continuando a camminare.

“Ah… allora perché Sherlock ha le camicie che gli vanno strette?” chiese Eva pensandoci.

John si fermò, ci pensò e disse: “Non lo so. Forse la signora Hudson le lava con acqua calda e si restringono, ma a lui non gli importa!” e entrambi risero.

John gli piaceva farla ridere e sentirla. Almeno poteva essere un po’ allegra dopo tutto quello che è successo.

Era felice di tirala un po’ su il morare con qualche battuta stupida e continuarono a camminare.

“Però… hai lasciato l’esercito o ti hanno mandato via?” chiese Eva.

“Mi anno congedato.” Ripose lui con tono indifferente.

“Cioè?”

“Cioè che mi hanno sparato sulla spalla, credevo di zoppicare e cosi mi hanno riportato in patria” spiego John un po’ veloce.

Eva rimase sorpresa e disse la prima cosa che gli veniva in mente: “Caspita”

“Già.”

“E… è stata una fortuna o una sfortuna?” chiese lei un po’ dubbiosa.

“Beh… diciamo meglio di niente. In somma, ho fatto il mio lavoro, sono fiero di quello che ho fatto e… ora posso dire che sto bene. Sai, quando mi hanno congedato facevo degli incubi sulla mia esperienza in guerra e credevo di zoppicare, ma ora non più… sto bene, quindi… meglio di niente.” Ripose John.

Eva rimase affascinata dal suo racconto e rimasero muti.

“Ma poi? Si insomma dopo che è stato congedato che hai fatto?” chiese Eva incuriosita.

“Beh… sono stato un po’ da solo, senza chiedere l’auto di ma sorella, ho incontrato un vecchio amico che mi ha fatto conoscere Sherlock e… eccoci qui!”

“Quindi sei sia un dottore che un assistente per Sherlock?”

“Già.” Rispose John.

“Wow, scommetto che il lavoro dell’assistente sia quello più pesante!” aggiunse Eva con un tono po’ ironico e risero.

Quando arrivarono alla cassa automatica, Eva rimase sorpresa di vedere una cosa del genere e John cercò di non litigaci.

“Ma… come fai a lavorare e vivere con lui?” chiese lei al medico.
“In che senso?” chiese John anche se un po’ la risposta la sapeva.

“Nel senso, come puoi convivere con un arrogante, presuntuoso, strappo, saputello e insensibile come lui?” spiegò Eva in breve.

John rise per la descrizione della ragazza, pagò la spesa e uscirono fuori.
Lei rimase sorpresa dalla sua risata dicendo: “Che c’è?”

“Niente, è solo che sono mesi che sento descrizioni offensive su Sherlock e ti giuro che questa è la più ‘gentile’ di tutte!” e continuò a ridere.

Anche Eva rise dicendo: “Immagino!” e risero entrambi.

“Ti va di fare qualche altro giro? Oppure prenderti qualcosa?” chiese John a Eva.

Lei ci pensò dicendo: “Beh… sono un po’ curiosa di provare qualche gelateria Inglese.”

“Quindi vorresti perderti un gelato?” disse John cominciando ad camminare.

“No, un frappè.” Ripose

“Un frappè?”

“Si, un frappè. Voglio vedere se sono più buoni qui o in Italia!” e fece un piccolo sorriso.

“Ma… comunque devi avere un sacco di pazienza con lui.” Disse Eva ritornando al discorso di prima.

“Più di quanto puoi immaginare…”

“Allora… perché stai con lui?” chiese lei incuriosita e aggiunse:

 “In somma, perché una persona come te, che ha vissuto un’esperienza cosi forte, ha deciso di vivere e avere un amico che trova divertiti i casi di omicidio?”

Eva rimase sorpresa dalla sua risposta e John continuò:

“Vedi… Sherlock avrà un sacco di difetti, forse una infinità di difetti ma… non è cattivo. È così e basta, certo trova divertenti gli omicidi e vuole a tutti i costi risolverli perché per lui è un rompicapo e lo intriga, ma questo non significa che non gli importi delle persone. Non è cattivo, anzi avrebbe potuto trovare divertente creare piani terroristici, dare piani ai serial killer e uccidere una persona e farla franca. Ma invece ha deciso di aiutare le presone e la polizia a risolvere i casi a modo suo; certo per lui è anche un divertimento. Come ha detto una volta suo fratello “ha la mente di uno scienziato o di un filosofo, invece ha deciso di risolvere crimini”. Non so davvero perché lo faccia, forse ha un innato senso di giustizia… ma lui non vuole essere un eroe, anzi mi ha detto proprio questo: ‘Se gli eroi esistessero io non sarai uno di loro’ quindi avrà i suoi difetti, ma è la persona migliore che conosca. E poi personalmente… mi ha aiutato molto…Ma non dirgli che te l’ho detto” spiegò John con tutta la sincerità del mondo.

Cosi disse a Mycroft:

“Quando John mi ha detto queste cose… ho capito una cosa: se un tipo come John: buono, gentile, onesto e con dei grandi valori morali provava così tanto affetto per uno come Sherlock che… beh, si sa come è fatto, ho capito che aveva ragione. Sherlock non è cattivo, solo che lui è fatto cosi, e l’unico modo per aver un rapporto con lui è questo: o accertare tutti i suoi difetti e sopportarli o te ne vai. John ha deciso di accettare e di sopportarlo rimanendoci amico, e Sherlock forse si è reso conto che ha davvero un grande amico e che si deve sentire fortunato.” E fece un piccolo sorriso di gioia.


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Note della autirce:
Prima di inizare, vuorei rigrazare
una persona molto inportate: 
La mia scritte preferita Adlerlock
che non solo recesice le mie storie
ma sta coreggerno e ha scitto l'utima
parte di questo capitolo.
Qundi il merito a questa storia è anche
il suo e vi consiglio a leggere le sue storie ;)
Qundi, garzie mille per il tuo aiuto :)
Spero che vi sia piacuto,
rigrazio a tutti quelli che legono,
Buon anno a tutti (anche se sono
Iritardo) e... 
alla prosima!
Ciao!
Evola

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 
Mycroft rimase davvero sorpreso da quel racconto ma disse con aria seria:

“Però, anche tu hai accettato i suoi difetti e sei rimasta sua amica. Ma potevi andartene, perché non lai fatto?”

“Chi arriveremo a questa parte Mycroft, in tanto fammi finire la storia. Okay?”
Lui non rispose e Eva continuò: “Okay… dove ero rimasta… ha si!”
 
Continua flash - back.
 
 
Quando John fini di parlare, Eva rimase sorpresa, dicendo: “Wow… non credevo che provavi cosi tanto affetto e ammirazione per lui.”

John fece una piccola risata dicendo: “Beh… non sai quello che abbiamo passato! E poi è solo un amico!” specificò.

Lei rise dicendo: “Io non ho detto niente! Ma comunque non avrei niente in contrario.”

“Davvero?” chiese il dottore.

“Certo! E’ sempre amore e non c’è niente di sbagliato. Però mi domando com’è essere fidanzato con lui.” Rispose Eva e rise.

Quando arrivarono in gelateria, fecero la fila e per l’attesa del loro turno lei chiese con tono dubbioso: “Ma Sherlock ha una famiglia?”

“Come?” chiese John confuso.

“Sherlock ha un fratello, una sorella, dei genitori…”

“Oh sì! Ha un fratello maggiore, Mycroft.”

Eva rimase confusa dicendo: “Mycroft?”

“Si, Mycroft.”

Lei rimase dubbiosa dal nome e chiese: “E lo conosci?”

“Se conosci Sherlock conoscerai anche lui.” Rispose John con tono paziente.
E in quel momento Eva disse davanti al maggiore degli Holmes: “E ha ragione!”

Ma lui alzò gli occhi al cielo e lei continuò:
 
“E lui che cosa fa?”

“Lavora nei servizi segreti britannici” rispose John con tono normale.
Eva rimase sorpresa: sia dalla sua reazione e di come la detto.
“Lavora nei servizi segreti di sua maestà?” chiese lei stupita.

“Già.” Rispose calmo.

“Tipo… stile 007: elegante, audace, astuto che va sempre in giro per il mondo… oppure che sta seduto davanti ha una scrivania a controllare tutti e tutto in un solo punto?” chiese Eva incuriosita.

John chi pensò e rispose: “Credo di più alla seconda che alla prima. E perché riesce a controllare suo fratello in quel modo, e poi non ho mai fatto domande nel suo lavoro e anche se lo facessi non mi risponderebbe mai.” E rimasero in silenzio.

Eva sbalordita e sorpresa pensò solo: “Wow…”
 
“E… com’è? Cioè è uguale o diverso da Sherlock?” chiese Eva incuriosita.
John ci pensò ma arrivò il loro turno: “Che gusto vuoi per il frappè?”
“Cioccolato, tu?”
 
“Io alla vaniglia” rispose John e aspettarono le loro bevande.

“Lo prediamo anche uno per Sherlock?” chiese Eva

Lui fece una piccola risata dicendo: “Non so se lo vorrà! E non so anche che gusto gli potrebbe piacere.”

“Beh… possiamo prendere un gusto che ci piace entrambi e poi se non lo vorrà ce lo divideremo per noi.” Suggerì Eva sorridendo.

John ci pensò dicendo: “Si, perché no. Tanto ce lo berremo noi!”
Risero, cosi presero un frappè per Sherlock.

Quando uscirono dalla gelateria con le loro bevande (Eva in mano aveva anche quello per Sherlock) e chiese: “Ma… il fratello di Sherlock, con me?”
John sopirò dicendo: “Beh… è un po’ come lui, è bravo con le deduzioni ma vuole sembrare più intelligente degli altri e soprattutto di suo fratello. Sherlock preferisce stare al centro dell’attenzione con i casi mentre a Mycroft piace stare tranquillo e gestire l’Inghilterra dietro a una scrivania.”
 
“Quindi… sono uguali ma diversi, ma sono tutti due strambi?” e fecero una piccola risata.

“Più o meno, e in più Mycroft si preoccupa un po’ eccessivamente di suo fratello.” Aggiunse John.

Il politico interruppe di nuovo dicendo: “‘Un po’ troppo eccessivamente’?! e sarei anche quello strambo?”
 
“Beh… mi chiama alle dieci e mezza di sera con un tono misterioso, facendomi perdere da una macchina, mi porta in un posto buio e appartato, soltanto perché conosco suo fratello. Non è una preoccupazione eccessiva. No”

Rispose Eva con tono ironico.

Mycroft stava già cominciando ad odiare quel tono ironico.

“E poi tutto questo è da persone normali, non uno strappo che storcerka suo fratello anche lui anche se lui è strappo.” Disse ancora con tono ironico.

“Tu non conosci Sherlock come lo conosco io. E anche John se pensa di conoscerlo, in realtà non sa neanche il 10% di lui. Quindi… mi preoccupo sia di mio fratello che delle presone che staro attorno a lui. È chiaro?” disse il politico con tono serio e con lo sguardo severo.

Eva rimase un po’ sorpresa da quella reazione e fece si con la testa.

“Bene. Ora poi continuare con la sua storia.” Disse Mycroft con tono calmo.

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Note della autrice:
Si, un pò di Mcy ci vuole,
Scusatemi se la pubblixo cosi poco ma..
è in cora in corso di corezzion e di scirutta 
al pc.
Spero che piacia il capitolo, lasciate qualche recesione
e... alla prosima!
Ciao!
Evola

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Lei era ancora un po’ sorpresa dalla sua reazione ma continuò con il raccontò:
 
“Okay… dopo John mi ha chiesto se…”
 
 
Continuo flash back
 
 “E in vece tu? Hai dei fratelli o sorelle?”

“Si, uno fratello maggiore di due anni che mi considera come un tappetino del bagno e una sorella che ha quattro anni meno di me, che è testarda, arrogante, presuntuosa, volgare e vanitosa.” Spiegò Eva.

John capi dicendo: “Quindi non chi vai tanto d’accordo.”

“No, e anche per questo che volevo venire qui a Londra. Per stare un po’ lontano dai mei genitori che sono cosi protettivi che mi lasciano prendere il treno da sola neanche per andare in una città vicino; sai per i mei fratelli che non fanno altro che prendermi in giro o non considerami.” Spiegò Eva.

John sopirò dicendo: “Capisco.”
 
“Tu invece? Hai un fratello o una sorella?” chiese Eva bevendo il suo frappè con la cannuccia.

“Si, ho una sorella maggiore…” rispose John con tono indifferente.

“E… ci vai d’accordo?”

“Beh… non tanto, da quando ha divorziato con sua moglie ha cominciato a bere… e molto. Ora si sta facendo aiutare ma non credo che resisterà cosi a lungo, quindi… il nostro rapporto si è un po’ raffreddato.” Spiegò lui in breve.

Eva capi e abbassò la testa, dicendo: “Oh… mi dispiace.”

“Non fa niente, sono cose che posso capitare.” Rispose John e rimasero muti.

Ma poi Eva pensò: “Aspetta, ha detto: ‘Da quando ha divorziato da sua moglie’? Sua sorella?” capi ma non disse nulla.

Quando finirono i frappè John chiese a Eva: “Voi che andiamo a casa o vorresti fare un altro giro?”

“Forse è meglio andare a casa, hai in mano quelle buste della spesa da più di mezzora! E poi… non saprei dove andare adesso… anche se ho mille posti in testa.” Rise e aggiunse: “Ma grazie” e sorrise.

John ricambiò il sorriso, chiamò un taxi e rintonarono a Baker Street.

Quando arrivarono a casa, vicino alle scale, trovarono la signora Hudson con indosso un vestito viola lungo, calze marrone scuro e con le scarpe nere con un po’ di tacco.
Stava scendendo dalle scale quando Eva e John entrarono in casa.

“Salve John!” saluto la signora fermandosi davanti a loro.

“Salve signora Hudson” salutò John a sua volta.

“Sei uscito a fare compere?” chiese lei, vedendo le buste.
“Si ci mancavano delle cose e ovviamene sono andato io a comprale” rispose John sorridendo.

“Oh, io invece vi ho portato di sopra il vostro tè e ho parlato a Sherlock di una vicenda che…” raccontò ma poi si interruppe vedendo Eva che le disse con un tono codiale: “Salve.” E fece un sorriso timido.

La signora Hudson ricambiò il sorriso e la salutò a sua volta, ma chiese a John a bassa voce: “Hemm… John, lei chi è?”

Lui cominciò a spigare: “Oh! Sinora Hudson, lei è Eva e…”
Ma la ragazza lo interruppe dicendo subito:

“Sua nipote!” con un sorriso nervoso e mettendo un braccio introno alla vita di John.

Lui rimase sconvolto da quello che aveva appenda detto e la signora Hudson era sorpresa a sua volta.

“Sua nipote?”

John non sapeva cosa dire, guardò Eva che aveva un sorriso nervoso che sembrava dire: “Ti prego, stai al gioco, ti prego stai al gioco, ti prego stai al gioco”

Cosi guardò la proprietaria e disse con tono convincente: “Si! Mia nipote.”

Lei fece perplessa: “Oh… ma non mi aveva detto che Harry avesse una figlia.”

“Beh… Harry e sua moglie volevano un figlio, cosi hanno adottato Eva quando aveva tre anni. Ma quando anno divorziato la custodia di Eva fu affidata alla Ex moglie di mia sorella, e lei poteva vederla nei week-end e passarci l’estate. Ma ora che Harry è in riabilitazione e… sua madre mi ha chiesto se potevo tenerla per tutta l’estate, gli ho detto di si.”

Spiegò John, sorrise e mise un braccio attorno alla sua spalla.
La signora Hudson si intenerì dicendo: “Oooh John, che bel gesto da parte sua. È stato davvero gentile.”

“Beh… è pur sempre mia nipote!” rispose il dottore.

“E poi, sarà anche un modo per conoscere meglio zio John” e sorrise.

La padrona di casa ricambiò il sorriso ma chiese: “Ma ha già conosciuto Sherlock?”

“Si, l’ho già conosciuto.” Rispose lei.

“Comunque io sono la signora Hudson, la proprietaria dell’appartamento.”

“Piacere di conoscerla” rispose Eva con tono gentile e si strinsero le mani.

“Oh! Comunque stavo per uscire! Devo portare alcune cose da mia sorella! È meglio che mi sbrighi!” prese la borsa, salutò sia Eva che John e andò via.

“Gentile.” Disse guardando John.

“Già! E anche lei ha tanta pazienza verso di noi.” Rispose lui tranquillo.

“Allora… dovete avere un affitto molto alto.”

“No, la sinora Hudson ha un debito con Sherlock e quindi ci fa pagare meno.”

“Che debito?” chiese lei incuriosita.

“Beh…. In pratica Sherlock ha confermato la condanna a morte di suo marito in Florida.” Rispose John.

Eva rimase sorpresa “Cosa? Ma… davvero?”

“Si. Ed è tutto quello che so su di lei.” Rispose John e cominciarono a camminare verso le scale.

Eva disse fra se a se: “Caspita…”

“Ma… perché hai detto che sei mia nipote?”

“Beh… non volevo la sua compassione, insomma, dopo che il tuo coinquilino mi ha dato della ‘egoista’ dopo tutta questa storia non voglio più avere né pietà e né compassione. E poi non dobbiamo raccontare per forza tutto a chiunque incontriamo.” Spiegò Eva e poi aggiunse: “E poi non volevo spaventarla per la mia storia.”

“Tranquilla, la signora Hudson conosce Sherlock. E deve sopportare le ispezioni a sorpresa della polizia, i suoi strani esperimenti e gli sparli al muro per noia, quindi sentire la tua storia sarà la cosa più normale del mondo.”

Eva si fermò con aria sorpresa dicendo: “Aspetta, spara la muro per noia?”

“Esatto.” Rispose John fermandosi anche lui.

Lei rimase sorpresa: “Haaa… ecco perché c’erano degli spari sullo Smile giallo. E io che mi lamento perché non riesco a trovare nulla di decente in TV o su YouTube.” E rise.
John sorrise ed entrarono in casa.

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Note della autrice:
E... ecco il mio nuovo capitolo!
E in più c'è la vecchia signiora Hudes!
(Si... lo so, avrò scritto male ma pazienza!)

E Eva ha detto una piccola bugia ;)
Ora... cosa sicederà?
Scopriterlo! ;)
Spero che vi piaccia e...
alla prosima!
Ciao
Evola

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


“Siamo tornati.” fece John.

Ma Sherlock era sulla scrivania con le mani sotto il mento, gli occhi chiusi a pensare.

Eva lo fissò un po’ incuriosita, ma poi chiese a John: “Voi una mano con la spesa?”

“Si, si grazie.” Cosi andò in cucina e aiutò il dottore.

Eva vide i tanti oggetti scientifici sopra al tavolo: microscopio da laboratorio, provette, liquidi e varie altre cose.

“Eeeeh… perché Sherlock ha il ‘piccolo chimico’ in formato adulto qui in cucina?” chiese un po’ incuriosita.

“Di solito fa dei esperimenti, a volte per risolvere un caso, a volte per noia o per… ‘passione’ diciamo cosi.” Spiegò John.

Lei si avvicinò e chiese: “E che tipo di esperimenti fa?”

“Sinceramente? Non lo la minima idea di quello che fa o quello che vede in quel microscopio.” Disse John con tono sconfitto.

Cosi Eva si avvicinò a quel tavolo un po’ schifata dicendo: “Ma questo è un dito umano?!”

John si girò, la guardò e disse con tono un po’ imbarazzato: “Si Eva, forse devo dirti una cosa riguardante Sherlock.”

Lei rimase stranita dicendo: “Che cosa?”

“Beh… ti ricordi quando ho detto che non devi toccare il frigo?”

“Si?”

“Ecco… l’ho detto perché lì a volte ci mette dei pezzi umani.” Disse John con un po’ di imbarazzo.

Eva aveva gli occhi fuori dalle orbite dicendo: “Cosa?”

“Si, lo so è un po’ stano ma è vero… perciò stai attenta a quello che trovi.”

Lei era confusa e disse: “Si, ma che cavolo se ne fa?! E poi… dove li trova?!”

“Beh… è una cosa un po’ complicata da dire ma in pratica lui…” cercò John di spiegare, ma in quel momento Sherlock apri gli occhi dicendo: “Ha, siete già arrivati?”

“Si, da 5 minuti fa per essere precisi.” Rispose John.

“Hai preso il pane e il burro?” chiese subito.

“Si, l’ho preso.”

“Bene.” E cominciò a digitare i tasti del potatile.
Eva guardò entrambi e non sapeva bene perché sentiva un po’ di tensione.

Prese il frappè (che aveva messo sul tavolo) lo appoggiò vicino al computer
Dicendo: “Tieni”

Il detective guardò il bicchiere con aria stranita e chiese: “Che cos'è?”.

“È un frappè. È come il gelato ma sciolto.” Spiegò Eva.

“Bevilo, è buono.” Aggiunse John finendo di mettere a posto la spesa e sedendosi sulla sua poltrona.

“Magari più tardi.” Rispose lui lavorando al computer.

Eva lo guardò strano e John sopirò e rimasero muti.
“Quando siete andati a perdere un frappè?”

“Beh… sicuramente siete pari. Quello che ho bevuto era molto dolce, come se avessero usato una barretta di cioccolato a late Milka. Anche se della mia gelateria che andavo spesso in Italia il frabè è molto buono e dolce. Ma una volta in un'altra città per uno sprecatolo teatrale per la scuola, dopo lo spettacolo siamo andati a predaci un gelato e io avevo preso un frabè sempre al cioccolato perché non avevo voglia del gelato. E li era un po’ più amaro.” 

Sherlock annui ma tutte e due avevano l’impressione che non li stava ascoltando.

“E di cosa avete parlato?” Chiese Sherlock un po’ più interessato.

Lei rimase un po’ sorpresa ma cercò di spiegare; ma in quel momento le vibrò il cellulare, lo prese dalla tasca, vide il numero, sopirò dicendo: “Scusatemi, è mio padre, devo rispondere.”

E andò verso in camera di John.

Quando furono da soli, Sherlock prese il frappè, prese un sorso dalla cannuccia e rimase sorpreso: “Frutti di bosco?”

“Già, le ho detto che non sapevo che gusto potrebbe piacerti, cosi ha preso uno che piaceva sia a me che a lei…”

“Cosi se a me non mi fosse piaciuto, potevate berlo voi due più tardi.” Fini Sherlock.

“Esatto.”

“Astuta.”

“Ti piace?” chiese l’amico.

“No, troppi coloranti e agenti chimici. Mettilo in frigo, cosi potete pero più tardi.” Rispose Sherlock appoggiando il frappè.

John sopirò e disse: “Prima di salire abbiamo visto la signora Hudson. Stavamo raccontando il perché Eva era qui ma ha mentito raccontando che ero suo zio e non ho detto niente.”

“E perché hai mentito?” chiese Sherlock.

“Perché non voleva raccontare la sua storia per non avere la sua compassione. E io sono stato al gioco perché mi sembrava giusto farlo.”
 
“Gentile da parte tua.” Rispose l’amico con indifferenza.

John rimase sorpreso dalla sua reazione e lo rimproverò con tono serio:

“Sai Sherlock, io l’ho conosciuta solo oggi e devo dire che è davvero una ragazza straordinaria. Le ho parlato della mia esperienza di guerra, mi ha detto che la guerra è una cosa stupida e che è pacifista ma mi ha detto che ho fatto del bene. E poi sai cosa mi ha chiesto?”

“Cosa?” chiese lui.

“Perché io stavo con te.”

Lui rimase un po’ perplesso, si girò verso di lui dicendo: “Davvero?”

“Certo.”

“E che cosa le hai riposto?”

“Le ho detto che sei fatto così, di come sei arrogante, presuntuoso e molti altri tu difetti. Ma che mi hai aiutato tantissimo:” disse John con tono serio.

Sherlock era sorpreso, ma cercò di non dimostralo e non disse nulla.

“E secondo me, vuole conoscerti ma tu la ignori, e questo secondo me non è giusto.”
 
“Perché dovrei conoscerla? Tanto fra pochi giorni scoprirò chi è l’assassino e perché l’ha fatto. Quindi non c’è un motivo per conoscerla meglio.” Disse lui con sguardo inespressivo osservando lo schermo.

“Perché è molto più di quello che tu pensi!” rispose John quasi urlando e rimasero muti.

“Sherlock, Eva sta vivendo in un brutto momento che nemmeno lei sa cosa fare, e anche se non vivrà  un'altra depressione ha sempre bisogno di conforto e sicurezza  per sentirsi meglio. Ed è quello che sto cercando di fare ma tu, la stai proprio ignorando, e secondo me ci è rimasta male. E poi sei stato tu a chiedere se vuole stare da noi!” spiegò il medico con tono calmo ma con espressione arrabbiata.

“Gliel'ho chiesto solo per avere la sua testimonianza e la sua collaborazione al caso! Niente di più!” ripose Sherlock con tono irritato.

“E poi? Lei dove andrà? Che cosa farà? Che cosa succederà? A questo non ti importa?”

“No. Tanto ci penserà la polizia.”

John non disse nulla. Lo guardò male, Sherlock e il suo comportamento cosi insensibile verso Eva.

“Tanto è abituata.” Aggiunse l’amico rompendo il silenzio.

John rimase confuso dicendo: “Abituata a cosa?”

“A questo. Fin da piccola ha sempre parlato con gli adulti e ha capito il loro linguaggio, ha avuto diversi maestri di sostegno nel corso della sua vita. E in nove mesi di scuola si è talmente affezionata a loro per avere un rapporto di amicizia. Quindi sa già come farsi affezionarsi ad un adulto in fretta.”

“Ma non credo che lo usa come arma a suo piacimento.” Aggiunse John con tono convinto.
Sherlock non ripose e anche John e capi che il discorso era finito li.

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Notr della autrice:
E ecco il mio nuovo capitolo!
Spero che ti sia piacuta!
John che difende Eva e Sherlock
che la ingoria... come va avanti?
Lo so che è pasato un pò da l'utimo
capitolo ma siamo ancora in corso di copiare
e di corezzione.
Ma spero che vi sia piacuta
e rigrazio a tutti quelli che leggono e 
recesicono e quelli che leggono
e non recesicono!
Vi grazio a tutti!
Alla prosima.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


 
Alle 7:50 di sera.

John andò in camera di Eva, che non era uscita da li da quando aveva ricevuto la telefonata da parte di suo padre.

Bussò, chiese se poteva entrare e lei disse di si.

Apri la porta e chiese: “Eva, vuoi qualcosa per cena?”

La ragazza lo guardò (era seduta a gamme incrociate sul letto con la tuta addosso, leggendo un fumetto) e rispose:

“Oh… non lo so, per me è uguale”

“Va bene, allora ti va una pizza?”

“Certo, anche se sono Italiana e potevo magarla li tranquillamente invece di farmi un’ora di aereo e mangiarla anche qui.” Ripose Eva con tono sarcastico.

John sorrise e ripose: “Anche il gelato potevi mangiarlo lì, e evitare di farti un’ora e mezza di aereo.”

“Si, ma il gelato è universale!” rispose lei e risero.

“No, se non voi la pizza, possiamo ordinare qualcos’altro, tipo Cinese, Indiano, Greco…” ripose John sedendosi al bordo del letto.

“Credevo che avevate già mangiato cinese oggi” disse lei appoggiando il fumetto e sedendosi vincono a John.

“Si, io mangerò una pizza, ma se tu voi qualcos’altro lo ordino, e… no! Non è un disturbo!” ripose lui ridendo.

Eva rise e ripropose: “Okay… allora visto che siamo Inghilterra… del Fish and Chips?”

John fece si con la testa e disse: “Okay, ordinerò del Fish and Chips. Però, posso chiediti una cosa?”

“Certo.” Ripose Eva.

“Perché dopo la telefonata di tuo padre non sei più venuta in soggiorno?” chiese John, con tono dubbioso e anche un po’ preoccupato.

Lei guardò in basso dicendo: “Non volevo disturbarvi, e poi credo che Sherlock… non voglia la mia compagnia”

“No, non è che non vuole. È solo che ha… un modo un po’ particolare di fare conoscenza. Tutto qui.” Spiegò John.

“Allora tu come hai fatto ad essere il suo amico?” chiese Eva dubbiosa.
“È una luuunga storia!” ripose John ironico e risero.

“No, comunque vorrei solo che magnassi con noi in soggiorno, e che non ti isoli qui dentro. Venire in salotto a mangiare, guardare un po’ di TV oppure parlare un po’ con noi” disse il medico con tono calmo.

Ma Eva abbassò lo guardo dicendo: “Grazie, ma… non vorrei essere un fastidio per voi quindi…

“Hey! Ti ho già detto che non è un disturbo ospitarti qui, non è un disturbo dormire in camera mia e non sei un fastidio per nessuno. E se lo dirai ancora ti calcio fuori da qui!” disse John con tono ironico e risero.

“Okay, verrò in soggiorno e cercherò di essere gentile con Sherlock.” Rispose lei guardandolo in faccia.

“Beh… ti sei scusata per averlo urlato in faccia e gli hai comprato un frappè… più gentile di cosi!” e risero.

Andarono in soggiorno e trovarono il detective, stravaccato sul divano con gli occhi chiusi, le mani sotto al mento, con indosso solo la camicia, i pantaloni e le maniche della camicia arrotolate.

Eva rimase perplessa da quella scena e chiese a John: “Ma… sta dormendo?”
“Oh no, è solo nel suo ‘palazzo mentale’.” Rispose John prendendo il suo telefono.
“Palazzo mentale?” chiese lei confusa.

“In pratica è un palazzo imaginario nella sua mente, che tiene tutti i suoi ricordi e le sue informazioni che per lui sono utili. E quando va lì, non sente e non ascolta nessuno.” Spiegò in breve il medico.

“Ha.” Ripose Eva sorpresa, poi guardò John dicendo: “In pratica… è come se avesse un modo imaginario tutto suo dove può richiudersi dentro quanto vuole.” Rispose John mettendo il telefono all’orecchio, aspettando una risposta.

“Un po’ lo capisco. Anche io ho un mondo imaginario tutto mio sulla mia testa. Infatti la gente dicono che vivo troppo nel mio mondo, ma se la vita reale non ti piace ti crei un mondo tutto tuo dove poi stare in pace e a pensare senza essere disturbato e evadere per un po’ dalla realtà che c’è fuori. Almeno per un po’ prima di affrontare di nuovo.” Disse lei sedendosi della poltrona di Sherlock.

John la guardò con aria sorpresa per quello che aveva appena detto, un pensiero cosi profondo che pensò: “Ma ha veramente sedici anni?”

Ordinarono cibo di trasporto, lo mangiarono in soggiorno davanti alla tv.
Dopo 20 minuti…

Sherlock apri gli occhi, si alzò e vide questa scena:

Eva seduta nella sua portone finendo il fish and chips, guardandosi un programma in tv e John sulla sua scrivania con il suo computer per aggiornare il suo blog.

Si alzò, Eva lo guardò ma si girò subito e continuò a guardare la televisione.
Ma lui andò verso di lei e chiese soltanto: “Che stai guardando?”

John si girò subito per vedere quello che poteva succedere ma non disse nulla.

“Una sitcom divertente sulla BBC. Molto carina, e voi siete fortunati. Voi inglesi avete una rete pubblica che vi offre un buon intrattenimento e ottimi canali. Noi invece abbiamo una rete pubblica che offre tutt’altro che buon intrattenimento.” Ripose Eva con tono normale.

“Ma, che cosa hai detto a tuo padre questo pomeriggio al telefono?” chiese subito Sherlock.

Lei guardò in basso, sopirò e disse: “La stessa cosa che ho detto a mia madre. Cioè che sono da Antonio e che sto bene.” E lo disse con espressione triste.

“Bene, ma ti consiglio di riposarti per domani mattina.”

Eva spense la tv, lo guardò con aria interrogativa dicendo: “Perché? Che succederà domani?”

Anche John lo guardò con la stessa espressione di Eva.

“Domani mattina andremo insieme dalla polizia per perquisizione dell’appartamento di Antonio Ruggeri. E visto che tu lo conoscevi bene, potrai venire con noi.” Spiegò lui con tono normale.

La ragazza rimase sorpresa ma lui aggiunse: “In fondo è quello che ho detto anche stamattina, è anche uno dei motivi per cui ti ho fatto restare qui.”

“Sherlock… io non credo che lei abbia voglia di andare in quell’appartamento.” Disse John con tono un po’ imbarazzato.

“E poi non c’è una squadra di polizia li a perquisire la casa per trovare qualcosa di sospetto? Oppure non è compito tuo?” aggiunse Eva dubbiosa.

“Si, ma la squadra di Scotland Yard è sempre stata lenta nei casi, per questo chiamano me.”

“Modesto.” Disse Eva tra se a se.

“E poi io controllerò il suo computer per trovare delle e-mail o dei file sospetti, tu con la polizia controllerai la casa, e tu hai delle probabilità in più per scoprire qualcosa.”

“E se non voglio venire?” chiese lei con tono di sfida e braccia conserte.

“Io credo che tu voglia venire.” Ripose lui di rimando e si guardarono al lungo negli occhi.

John guardò la scena con aria sorpresa ma non disse nulla.

“Okay. Verrò se posso dare una mano.” Disse lei sospirando pazientemente.
Lui fece un piccolo sorriso trionfante dicendo: “Bene.”

E tornò al divano, prese una piccola rivista e cominciò a leggere.
“Domani a che ora?” chiese Eva a lui.

“Se ti svegli alle nove e mezza sarebbe perfetto.” Ripose lui con tono normale.

Eva lo guardò con aria paziente ma non ripose, accese la TV, abbassò il volume e la guardò.

John dalla scena rimase un po’ sorpreso e colpito dai comportamenti di entrambi, ma ritornò al suo blog e non si parlarono per tutta la sera.

Alle dieci e mezza di sera andarono a letto, Eva presa una pillola di valeriana che aveva in borsa, la prese con un po’ di acqua e cercò di dormire.

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Nota della autrice:
Bene! Come si dice...
"Quando John cera di meterla a suo
agio, Sherlock rovina tutto con le sue 
idee e piani" più o meno
Spero che questo capitolo
vi sia piacuto!
Rigazio a tutti e...
alla prosima!
Ciao!
Evola

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


A mezzanotte era ancora sveglia.

Non riusciva dormire, pensava ancora a quello che aveva visto: Antonio accoltellato, le sue urla di dolore, il suo corpo stesso a terra e il suo corpo freddo.

E il pensiero che di non rivederlo mai più, le bugie che stava raccontando ai suoi e il senso di colpa la stavano tormentando e singhiozzò.

All’una continuò a piangere, ma senti un suono dolce, anzi, una melodia misteriosa che sentiva in lontananza.

Eva capi che quello era un suono di un violino ma non capi chi la stesse suonando, cosi si alzò, si mise le sue pantofole, gli occhiali, usò la felpa come vestaglia e segui il suono.

Arrivò in soggiorno, facendo piano le scale e vide una scena che rimase a bocca a aperta:

Sherlock con il suo pigiama e la vestaglia blu, era in piedi davanti alla finestra a suonare il violino con maestria.

Era la prima volta che Eva vedeva qualcuno dal vivo suonare il violino, soprattutto in quel modo.

Smise di suonare, posò il violino per scrivere una nota sullo spartito ma non notò subito Eva. La notò quando lei starnuti, si girò e la guardò con aria sorpresa.

“Oh! Scusami! Non volevo disturbare, non riuscivo a dormire, ho sentito il violino e…”

“E sei venuta qui. Strano che la valeriana non ti faccia effetto, anche se non è una cosa insolita.” Interruppe Sherlock posando il violino e l’arco.

Eva rimase stupita dicendo: “Come fa a sapere che prendo la valeriana per dormire?”

“Ho visto la confezione dentro alla borsa. E immagino che prendevi qualcosa durante la depressione per aiutarti a dormire, ovviamente qualcosa di più forte.” Spiegò Sherlock.

Lei si mise a braccia conserte dicendo: “Si, anche per gli attacchi d’ansia” e guardò in baso e non si parlarono.

“Voi una tisana?” chiese Sherlock, rompendo il silenzio.

Lei lo guardò un po’ strano, poi fece spallucce dicendo: “Perché no.”

E andarono in cucina.

Eva si sedette nel tavolo mentre guardava il detective bollire l’acqua e chiese: “Perché suonava il violino a quest’ora nella notte?”

“Mi annoiavo, cosi volevo suonare qualcosa per passare il tempo e pensare.” Spiegò Sherlock prendendo una confezione di camomilla.

“Non riuscivi a dormire?” chiese Eva.

“Dormire è noioso.” Rispose lui.

“Ma… non disturbi John, la signora Hudson e quelli dei dintorni?” chiese lei perplessa.

“No, la signora Hudson ci è abituata, al massimo si lamenta. John ha cominciato a mettere dei tappi per le orecchie e gli altri non mi interessano. Quanto zucchero vuoi nella tisana?” spiegò Sherlock.

“Due, grazie” rispose lei.

Cosi mise due cucchiaini di zucchero, lo appoggiò davanti a Eva, lei lo ringraziò e si sedette di fronte a lei rimanendo muti.

“Però, mi è piaciuto il modo come suoni il violino” disse lei rompendo il silenzio.

Sherlock rimase un po’ sorpreso da quella risposta dicendo: “Davvero?”

“Certo, in fondo mi è sempre piaciuto il suono del violino. Così dolce, melodioso, rilassante e bello. Sai? Da piccola volevo suonare il violino e ho chiesto a mio padre di comprami un violino e trovare qualcuno che me lo insegnasse a suonare.”
Rispose Eva sorridendo dal ricordo.

“E poi? Che è successo?” chiese lui interessato, ma non voleva dimostralo.

“Mio padre non mi ha mia comprato un violino, non ha mai trovato un maestro e non ho mia imparato a suonarlo. Però mi è sempre piaciuto il suono.” E sorrise.

“E pensi che lo suono bene?” chiese Sherlock con aria interrogativa.

“Beh… non sono una esperta o una critica musicale… ma da come lo suonavi, con quella melodia cosi particolarmente dolce…. Si, penso che tu suoni bene il violino.” Rispese Eva sorridendo e aggiunse:

“Perché? C’è gente che pensa che lo suoni male?”

“Beh… la signora Hudson dice che lo suono benissimo, John dice che sto solo ‘strimpellando’ e mio fratello dice che sono pessimo. Ma non mi importa.” Rispose Sherlock con differenza.
“Si, John mi ha parlato di tuo fratello maggiore. E anche io ho un fratello più grande di due anni e credimi, ti capisco…. Più o meno.” E bevette il primo sorso di tisana.

Lei continuò a guardarlo, sopirò dicendo: “Va bene… te lo dico: non riesco a dormire perché ripenso a quella scena.” E fissò il pavimento.
“Stai ancora pensando alla scena di stamattina? È per questo che ti tormenta. E vedo dai tuoi occhi rossi che stavi piangendo.” Capì subito Sherlock.

Lei alzò la testa verso di lui dicendo con tono un po’ infastidito: “Si, stavo piangendo! Vedo ancora quella scena quando chiudi gli occhi, lui che viene accoltellato, sento le sue grida, mi sento in colpa per aver mentito ai miei e…”

Aveva già delle lacrime agli occhi mentre raccontava, ma si mise le mani sul viso e continuò a singhiozzare.

Sherlock la stava guardando con aria passiva e disse subito: “Perché devi piangere?”

Eva lo guardò con aria sconvolta dicendo subito: “Perché? Antonio è stato ucciso e io non potrò mai più rivederlo! Che cosa che aspettavi che facessi?”

“No, perché devi sempre piangere.” Disse Sherlock con aria seria.

Eva lo guardò perplessa, si asciugò le lacrime e chiese: “Cosa? In che senso ‘perché devo sempre piangere’?”

“Tu sei sempre stata una ragazza emotiva e sensibile, quindi per te è normale piangere. Ma tu fai di più, tu piangi per ogni momento difficile e duro della tua vita e non solo piangi. Ma ti arrabbi e ti scoraggi da sola, quindi pensi che sia troppo difficile per te. Tu in quei momenti butti fuori tutto quello che provi in una sola volta e mi domando perché?”
Eva lo fisò con aria sorpresa da quella spiegazione e da quella domanda.

E chiese quasi con tono ironico: “E questo proprio non lo sai?”

“No.” Disse Sherlock serio.

Si guardarono con sguardi seri per un po’.

Lei fece un piccolo sghignazzio dicendo: “Sai? Non mi sorprende che tu non lo sappia.”

Bevette un lungo sorso di tisana e quando appoggiò la tazza disse guardandolo:

“Sai il perché piango ogni volta? Perché non so urlare.”

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Note della autrice:
Ecco! Una scena di confronto
tra Eva e Sherlock.
Che ne pensate della scena?
Che rapporto posso avere?
Chi vincerà tra Eva e Shelrokc?
Spero che vi piaccia
rigrazio a tutti quelli che leggono,
che receisico e a tutti.
Alla prosima!
Ciao!
Evola

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Il decetive alzò un sopracciglio e rimase soppresso e lei continuò: “Fin da piccola mi sono sempre sentita diversa. Tutti hanno cominciato a parlare a due anni, io invece a tre. Alle elementari tutti facevano i calcoli, tutti sapevano leggere, tutti erano simpatici… io invece ero la ragazzina ‘lenta’ senza amici che faceva avanti e indietro da un logopedista fino a casa con sua mamma. E ovviamente quella presa di mira dai bulli. Ma non bulli che ti picchiavano, bulli che ti facevano male con le parole, ovvero il bullismo piscologico.”

Bevette un ultimo sorso di tisana e continuò:

“Dove ti prendevano in gito perché non sapevi l’alfabeto, le tabelline e altre cose. Dove non volevano giocare con te e non ti invitarono mai alle loro feste di compleanno. E a casa invece c’era tuo fratello maggiore che era tutto perfetto, andava bene a scuola, aveva un sacco di Amci, veniva invitato alle feste. E io che cosa facevo? Beh… avevo scelto due strade se volevo vivere felice: piangere e creare un mio mondo per sentirmi felice. Ma in realtà piangevo perché non sapevo urlare. Non riuscivo a urlare le mie emozioni, quello che provavo, quello che soffrivo e non mi sono mia fatta valere dagli altri. Cosi era più facile piangere di nascosto buttarmi tutto quello che provavo che urlare a tutti che non ero una stupida.” E guardò in basso con aria triste.

E continuò: “Dove ho pianto fin dalla asilo perché non riuscivo a fare una cosa, ho pianto per tutti gli anni delle elementari nei bagni perché era troppo difficile, ho pianto dei bagni delle palestre perché tutti erano più bravi di me (e infatti, quasi tutti i ricordi peggiori delle elementari gli ho avuto l’ora di ginnastica) e dove piangevo per la rabbia. E ancora oggi vanno a piangere nei bagni per una ingiustizia. Perché la prima cosa che facciamo appena nati è piangere per dimostrare che siamo vivi. E probabilmente, piangere sarà l’ultima cosa che farò prima di morire.” E guardò in basso.

“Ma piangere ti fa sentire meglio?” chiese Sherlock.

“No! Non mi fa sentire meglio! Anzi, mi fa sentire ancora più patetica!” rispose Eva guardandolo e con tono un po’ arrogante.

Ma si calmò e aggiunse con tono normale: “Ma mi aiuta a sfogarmi tutto quello che ho dentro e mi aiuta ad affrontare meglio la giornata. Perché se tengo tutto dentro senza sfogarmi… mi fa sentire ancora più male e c’è il riesco che impazzisco.”

E si fissarono a lungo e lei aggiunse: “Ecco perché piango.” E guardò la tazza vuota e nessuno dei due parlava.

“E poi tu dovresti capirmi.” Disse Eva rompendo il silenzio.

Lui rimase sorpreso da quella frase e chiese subito: “Capirti su cosa?”

“Su tutto quello che ho dovuto subire.” Ripose guardando con sguardo serio.

Sherlock cercò di rimanere indifferente ma fallì, aveva lo sguardo sorpreso da quella esclamazione.

“Andiamo Sherlock, non sarò brava con le deduzioni, ma capisco quando una persona si è sempre sentita diversa per tutta la vita.” E fece un piccolo Sorriso di soddisfazione.

“E credimi, ho capito quattro cose sul comportamento umano nell’ambiente scolastico e non. E solo questi: se sei troppo intelligente ti disprezzano, stessa cosa anche quando sei diverso. Se sei troppo stupido ti prendono in giro, se sei un'anticonformista, hai delle tue idee e non pensi come la massa vieni emarginato. E se sei un conformista che pensi come tutti gli altri ti accettano. Ed è quello che ho imparato a scuola. E io ero e sono diversa e anti conformista, sono stata emarginata da tutti n po’ disprezzata. Tu invece eri quello intelligente, saputello che sapeva di tutte e di tutti.
E probabilmente nessuno ti sopportava. Anzi, forse ti odiavano, ti prendevano in giro e probabilmente hai avuto sia bullismo fisico che psicologico.”

Sherlock non sembrava particolarmente colpito, ma la stava ascoltano con interesse e disse: “Continua”

“A scuola ti hanno sempre emarginato e a casa avevi un fratello maggiore (da quello che ho capito da John) è uguale a te ma siete diversi, e quindi, ti sei sempre sentito in competizione con lui e ti faceva sentire come uno stupido. E scommetto che ti sentivi solo ma non ti importava di nulla. Quindi invece di creati un mondo tutto tuo per esprimenti meglio e buttare tutte le tue emozioni come faccio, tu hai creato il tuo ‘palazzo mentale’ dove ti tieni i tuoi ricordi per pensare in pace. Tieni tutte le tue emozioni dentro per un motivo particolare o un episodio spiacevole che ti ha sconvolto e che ora hai deciso di tenerti tutto dentro. E anche se te lo chiedo non mi risponderesti mai.” Racconto Eva con tono normale ma con uno sguardo serio.

Sherlock rimase davvero impressionato da lei. Ma domandò solo:

“Pensi di essere intelligente?” ma non lo chiese con arroganza e serietà. Lo chiese come se forse una vera domanda con interesse e curiosità.

“Io non sono intelligente. So tutto questo perché ci ho vissuto e combattuto. Tutto qui.” Rispose lei alzando gli occhi al cielo con tono paziente e sopirò.

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Note della autrice:
Ecco... è un capitolo
molto serio, lo so.
Ma chi tengo molto
e... spero davvero
che vi piaccia, sopratrutto
dal argomentto e dal
rapporto di tra Shelock
e di Eva.
Rigrazio a tutti!
Ciao!
Evola


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


“Però c’è una altra grande differenza tra me e te.” Aggiunse Eva sempre con lo sguardo in cielo.

“E quale?”

“Sarai anche un saputello, arrogante e insensibile, ma… almeno c’è qualcuno che ti tiene a te e che prova tanto affetto e ammirazione.

“John…” pensò subito Sherlock con aria un po’sorpresa.

“Invece io… oltre ai miei genitori, ai mie fratelli… non ho più nessuno.”
 
 E guardò in basso con aria triste e le lacrime che cominciarono a scendere.

“Beh… John sta già dimostrano affetto e ammirazione per te. E io penso che hai già trovato qualcuno in più.” Rispose il Detective con tono vago.

Eva lo guardò con aria sorpresa dalle sue frasi e pensò: “Vuoi dire che tu provi animazione per me?” e si fissarono a lungo.

“Comunque, sei pronta fra… sette ore e mezza?” chiese Sherlock rompendo il silenzio e Cambiando discorso.

Lei sopirò e rispose con tono normale: “Non lo so, spero di si ma… se io controllo la casa, tu che fai?” e lo guardò con aria interrogativa.

“Io controllerò i suoi oggetti personali. Tipo computer, email, cellulari…”

Cellulari?” pensò Eva, si alzò e disse con tono sorpreso: “È vero!” e andò via.

Sherlock rimase perplesso e confuso da quella reazione impulsiva, ma ritornò in pochi secondi con in mano il mano il telefono, lo diede al detective dicendo: “Tieni.”

Sherlock rimase sorpreso e chiese: “cose è?”
“È il cellulare di Antonio.”

Era un Samsung Galaxy G360F nero.

Il detective rimase confuso e disse con tono un po’ arrabbiato: “Tu avevi il cellulare di Antonio e non lai mai detto?”

“Volevo dartelo ma dopo tutta l’agitazione e la paura di quei momenti me ne sono dimenticata. Ora tu hai detto 'Cellulare
’ e me ne sono ricordata.” Spiegò lei con tono calmo.


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Note della autrice:
Salve! Spero che il capitolo vi sia
piacuto anche se è corto.
Rigrazio a tutti voi e...
alla prosima! 
Ciao
Evola

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Lui sopirò e chiese: “Quando l’hai preso?”

“Dopo aver capito che Antonio era morto… ho preso il suo cellulare per vedere dai messaggi se c’era qualcosa di sospetto. Perché acquane frasi so ma altri no, ma… c’erano solo i miei messaggi. Volevo controllare sulle e-mail, ma non c’era una rete Wi-Fi, cosi me lo sono tenuto e ho chiamato la polizia.” Spiegò Eva.

Sherlock la guardò con aria interrogativa e chiese:

“E se avessi trovato una rete Wi-Fi, come facevi a leggere le sue E-mail se non conoscevi la password?”

“Di solito quando vai nel tuo account c’è già tutto, E-mail e la password, quindi basta solo accedere.” Spiegò lei con tono sicuro.

Si guardarono con aria di sfida.

Sherlock accese il cellulare, lo connesse con la sua rete Wi-Fi, andò nelle e-mail e… Eva aveva ragione.

L’account la password in pallini era già inserita e andò ad controllare le E-mail.

“Allora? Qualcosa di insolito?” chiese lei incuriosita.

“No. Solo spam e E-mail di offerte e pubblicità.” Rispose Sherlock, poi notò una mail con un titolo strano.

Rimase sorpreso ma spense il cellulare dicendo:

“Ma è meglio controllare domani su uno schermo di un computer. È più facile che su uno schermo di un cellulare.” E lo posò sul tavolo.

“Ha… Okay.” Rispose Eva un po’ delusa e rimasero muti.

Sopirò e con le braccia sul tavolo appoggiò la testa, sbadigliò e chiese a Sherlock con tono assonato: “Sherlock… puoi continuare a suonare il tuo violino?”

Lui rimase perplesso e chiese: “Se posso continuare a suonare il mio violino?”

“Si. È un suono così dolce, mi aiuta a rilassami.” Spiegò lei.

Cosi Sherlock si alzò, prese il suo violino e continuò a suonare la melodia interrotta prima e in pochi minuti, Eva si addormentò.

“Quando mi sono svegliata dal tavolo, ho visto l’ora sul cellulare di Antonio: erano le tre e mezza di notte e Sherlock non cera più.
Ma la cosa più strana che i miei occhiali erano appoggiati sul tavolo davanti a me. Strano, eppure quando mi sono addormentata mi ricordo che avevo gli occhiali addosso. Poi sentivo caldo alle spalle, ma era un caldo molto piacevole e ho visto che sopra di me avevo un lungo capotto nero usato come una coperta. Vidi una piccola linea rossa sul bavero e... Capi che era di Sherlock.” Raccontò Eva a Mycroft con un piccolo sorriso dolce. 

“E tu pensi che sia stato lui?” chiese Mycroft incuriosito.

“Sappiamo entrambi che è stato lui. Altrimenti, chi potrebbe essere stato?” disse Eva con tono sicuro e si fissarono.

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Note della autrice:
Questo... è la mia parte 
preferitta. Su serio,
Lo scritto con il cuore con
questa scena come tutto
il capitolo dove inizia il
suonare il violino.
Spero che vi sia piacuto :)
Rigrazio a tutti voi a quelli
che recesicono e che leggono
e.... Buona Domenica!
Ciao
Evola

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Poi raccontò la sua storia: “Poi sono andata a dormire mettendo a posto il cappotto e mi sono svegliata alle nove e mezza come mi ha detto lui…”

Quando Eva andò in cucina era in tuta nera, con la maglia nera a maniche lunghe, le pantofole bianche e andò in cucina dove cera già John che le stava preparando il latte caldo con dentro caffè in povere, mise due cucchiaini di zucchero, lo mescolò, lo mise davanti sul tavolo con un pacco di biscotti al cioccolato vicino alla tazza.

Lei rimase sorpresa dicendo: “Wow! Potevo farmi il latte da sola, ma grazie mille John.” E si sedette.

Il dottore si sedete vicino a lei con il suo tè e rispose: “Non preoccuparti per me. È un piacere. E comunque, buon giorno.”

“Buon giorno.”

E cominciarono a fare colazione.

“Dormito bene?” chiese John.

Eva rispose mordendo il primo biscotto inzuppato nel latte.

“Si, ho dormito bene. Certo prima ero un po’ agitata ma poi mi sono calmata.”

“Bene.”
E continuarono a fare colazione.

Eva si guardò intorno e chiese a John: “Ma… Sherlock?”

“Non lo so. Quando mi sono svegliato non c’era più nel suo letto. Probabilmente sarà in bagno.” Rispose il medico con tono un po’ perplesso.

Eva non rispose ma in quel momento passò il detective con il suo pigiama e la vestaglia che passò davanti a loro senza dire nulla, andò in soggiorno dove c’era il suo te mattutino lasciato dalla signora Hadson e cominciò a bere.

“Si, buongiorno anche a te Sherlock.” Disse John con voce irritato.

“Ha… buongiorno.” Rispose con aria indifferente e camminando verso la cucina.

“Dormito bene?” disse lui verso a Eva.

Lei lo guardò con aria un po’ sorpresa e lo fissò.

Aveva la stessa espressioni di ieri: indifferente e senza emozioni, ma Eva capi che stava nascondendo qualcosa dentro di se. Probabilmente una emozione.

“Si, ho dormito bene, all’inizio ero un po’ agitata ma poi mi sono calmata. Grazie” E fece un piccolo Sorriso.

John rimase un po’ perplesso dal quel “Grazie” e da quel sorriso.

Iniziava a essere un po’ sospettoso ma non disse nulla.

“Pronta?” chiese Sherlock a Eva.

“A vedere l’appartamento di Antonio per la prima volta dal vivo dopo quasi due anni in chat, ma questa volta solo per trovare qualcosa di sospetto del suo omicidio? Chi non è pronto per questo?” rispose lei con tono normale finendo la colazione.
“Lestrade è già li con la sua squadra?” chiese John.

“Ovvio. Anche se non c’era bisogno.” Rispose il detective.

“Ma hai già parlato che Eva resterà con noi o gli hai detto un'altra bugia?”

“No, gli ho detto che resterà con noi finché non finirà il caso. E gli ho detto che era l’unico modo per farla testimoniare.”

“Anche se è il contrario.” Aggiunse Eva.

“Però credo che lo sappia solo Lestrade.” Finì Sherlock e rimasero muti.

“Beh… allora vado a preparami. Tanto ci vorrà solo un minuto al massimo.” Disse lei alzandosi, mettendo la tazza sul lavandino e se andò via.

“Sei sicuro di voler portare Eva con noi?” chiese John dubbioso.

“Certo. Cosi la squadra di Lestrade non ci servirà e non perderemo tempo con le indagini.” Spiegò Sherlock.

“Hai chiesto di venire a vedere l’appartamento del suo insegnante dopo la sua morte! Più di vedere lo stesso punto dove l’hanno ucciso, è ancora shockata per quello che ha visto solo il giorno dopo! Non credo che portarla con noi, in quello appartamento pieno di poliziotti la farebbe stare meglio.”

“Tranquillo John, credo che voglia sapere la verità su Antonio più di chiunque altra persona.”

 Il Dottore rimase un po’ perplesso dalle sue parole. Poi vide il cellulare nero che aveva l’asciato Eva sul tavolo, lo prese e chiese: “È il cellulare di Eva?”

“No, nella vittima.” Rispose Sherlock.

L’amico rimase dubbioso e disse: “Della vittima? Cioè di Antonio?”

“Si.”

“Ma…. Ma… quando l’hai preso? Avevi detto che poteva essere in casa sua.”

“Infatti non l’ho preso io. La preso Eva ieri.”

John rimase confuso, voleva chiedere un'altra domanda ma senti lei arrivare dicendo: “Eccomi.”

Con indosso i blu jens, la felpa aperta, una t-sht nera con la scritta “Beatles” in bianco e le sue scarpe.

“Bene. Il tempo che io e John chi prepariamo e andiamo. Un consiglio, non portare la tracolla.” Disse Sherlock alzandosi e andò via.


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Note della autrice:
Ecco, ora che cosa sucedera?
Lo so, va un pò lenta la storia ma..
mi piace tenere sulle spine!
E spero che vi piaccia il caso e...
fatemi sapere che cosa ne pensatre, 
e... che cosa sucedderà?
Grazie a tutti quelli che leggono 
e recesicono!
Ciao!
Evola

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Dopo qualche minuto…

Presero un taxi e arrivarono davanti l’appartamento. Eva poteva vedere il luogo dove Antonio era rimasto ucciso, ma più vicino. Fece un lungo sopirò ma non disse nulla.

“Stai bene?” chiese John con tono un po’ preoccupato, mettendo una mano sulla sua spalla.

“Si, sto bene John. Grazie.” Rispose lei con tono normale e aggiunse: “Dai, prima iniziamo e prima finiamo.” Cosi tutti e tre entrarono in casa.

Quando furono dentro, c’erano già Lestrade, il Sergente Anderson davanti al ingresso dell’appartamento.

Era una casa piccola: un soggiorno con un divano a due posti, un tavolino di legno e una televisione appoggiata ad un mobile.

La cucina era arredata con tutto il necessari, in legno, un tavolo rotondo, con tre sedie sempre di legno.

Nel salotto e nella cucina c’erano due finestre e in mezzo una scrivania nera con sopra un portapenne, dei fogli e un piccolo portatile.

Fu la prima cose che vide Eva.

Il portatile dove si sentivano in chat per quasi due anni e era a casa sua, ma non come si sarebbe immaginata lei.

“Avete già ispezionato lapidazione??” chiese subito Sherlock.

“No, non abbiamo ispezionato niente. Come tu ci avevi ordinato.” Disse Anderson con tono un po’ acido.

“Bene.” Disse lui e fece le presentazioni: “Lestrade, lei è Eva Facchini. L’unica testimone nel caso Rugerri. Eva loro sono L’ispettore Gary Lestrade, Il Sergente Sally Donovan e Philip Anderson. Di Scotland Yard.” Quando fini andò dritto verso il computer.

“È comunque è Greg.” Corresse l’ispettore con tono un po’ secato.

“Aspetti… siete tutti di Scotland Yard?” domandò Eva sorpresa. 

“Si, sono di Scotland Yard” rispose John.

Eva guardò tutti e disse: “Ha.”

Tutti la guardavano un po’ perplessi e Greg disse: “Aspetti… che cosa è quel ‘ha’?”

Lei fece spallucce dicendo: “Niente. È solo che quando ho sentito ‘Scotland Yard per la prima volta ho pensato che rose una specie di FBI o una CIA in versione inglese o roba del genere.”

“Scotland Yard non è niente di tutto questo. È una delle centrali di polizia e investigazione più grande del paese.” Spiegò Donovan.

“Ha ragione, In fatti siamo come CSI inglese.” Aggiunse Anderson.

“Già, ma siete incompetenti, buoni a nulla, perdi tempo che chiamano me per riscoverei un caso. Oh si, Scotland Yard è molto ingamba.” Aggiunse Sherlock tutto in un fiato e con voce normale.

Greg sopirò pazientemente, Donovan e Anderson lo guardavano male, John fece una piccola risata e Eva disse tra se a se: “Viva la modestia…”

E rimasero muti per qualche secondo, quando arrivarono in soggiorno Lestrade chiese a Eva: “Allora… Sherlock mi ha raccontato la tua testimonianza e di quello che è successo. Me lo poi confermare?”

“Si certo.” E raccontò tutta la storia.

“Bene.” Disse Greg sicuro e chiese: “Ma… come la contattata per venire fin a casa sua?”

“Sulla mia valigia c’è il mio numero di cellulare. Mi ha chiamato, mi ha detto che aveva trovato la mia valigia, mi ha dato il suo indirizzo e visto che la valigia c’erano delle cose molto importanti… sono andata a prenderla e… mi ha fatto confessare la mia testimonianza.”

“Ho capito.” Disse Greg ma Sally si avvicinò a loro dicendo: “Aspetti, tutto questo è successo ieri?”

“Si, e allora?” chiese l’ispettore Tranquillo.

“Lei dove è stata durante la notte?” chiese Donovan con tono un po’ preoccupato.

“Da noi.” Rispose Sherlock con tono normale cercando i file sul computer.

Sally e Phil lo guardavano con sguardo confuso.

“Cosa da loro?” chiese Anderson.

“E lei l’ha lasciato fare?!” disse Donovan con tono un po’ irritato.

“Beh… Sherlock ha detto che l’unico modo per farla parlare sarebbe stato offrire un posto dove stare fino alla fine del caso e lei ha detto di si.”

“E comunque è stata bene con noi.” Aggiunse John con tono un po’ timido.

“Ma non potevi dire allo strambo che la polizia le avrebbe trovato un posto migliore oltre a quella casa!” aggiunse lei un po’ arrogante.

John rimase un po’ offeso e anche Eva da quell’ atteggiamento.

L’ispettore stava per palare ma fu interrotto dalla testimone dicendo: “Scusatemi, ma posso dire qualcosa io?” 

Tutti la guardarono (complesso Sherlock) e Sally fece si con la testa.

“Allora… il signior Holmes e il Dottor Watson mi hanno gentilmente chiesto di ospitarmi li dà loro fino alla fine del caso, in cambio della mia testimonianza. E io l’ho fatto molto volentieri e a me non mi dispiaccia restare lì, anzi mi dispiacerebbe lasciare quella casa. Quindi io mi sento veramente a mio agio con loro, visto che mi stanno aiutando non solo nel caso ma anche per proteggermi per qualsiasi imprevisto da parte dell’assassino, e non ringrazierò mia abbastanza per il loro aiuto. Quindi non c’è bisogno di preoccuparvi e concentratevi con il vostro lavoro.” Disse Eva con tono normale ma molto formale e con aria soddisfatta. 

Tutti rimassero sopresi da quelle frasi. Erano rimasti sbalorditi, perfino Sherlock era sorpreso da quelle frasi e rimasero muti per un po’.


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Note della autrice:
Si, Eva si fa valere e diffende sia John che Sherlock!
In somma.... chi non lo farebbe?
Spero che il capitolo vi sia piacuto,
rigrazio a tutti e... alla prosima!
Ciao
Evola


 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


“Bene… allora cominciamo a ispezionare la casa.” Disse Greg rompendo il silenzio e cominciarono a dividersi.

John andò verso al detective dicendo: “Trovato niente?”

“No, solo file di compiti, esercizi scolastici, E-mail di lavoro e foto personali.” Rispose lui un po’ frustrato.

“E poi… Eva non ha detto che si sentivano in video chat?” chiese il medico perplesso.

“Si.” confermò lui.

“Allora perché non c’è una web-cam sullo schermo?” indicò John indicando il bordo del computer.

Sherlock lo notò, andò sul programma del computer dicendo:
“Questo potatile è un modello abbastanza vecchio, quindi non c’era ancora la web-cam incorporata ma ha installato un programma operativo nuovo… quindi…”

Si girò verso in soggiorno dicendo: “Eva!”

Lei intanto stava guardando in giro, si girò verso di Sherlock dicendo: “Si?”

“Antonio aveva un altro portatile?”

Eva si avvicinò verso di loro e controllò il computer dicendo:

“Si, prima usava questo per lavorare, poi quando è andato a Londra si è comprato un Mac per lavorare e per sentirvi via chat ma, ha tenuto questo vecchio per le sue cose personale e scolastiche perché era ancora buono.”

“Bene, allora trova quel portatile, e se è dentro ha una borsa portala tutta con quello che c’è dentro.” Disse subito Sherlock chiudendo il computer.

“Si.” rispose lei e camminò verso il corridoio.

John alzò la testa e vide una foto incorniciata: “Eva, ma questa sei tu?”

Lei si girò, guardò la foto sorridendo dicendo: “Si. L’ho scattata verso alla fine della estate. E l’ho regalata cosi incorniciata prima che partisse… come se forse un regalo di addio.” Fece un sorriso triste, guardò in basso e poi se andò.

Sherlock guardò la foto: Era una foto scattata con un cellulare, l’aveva scattata Eva con un autoscatto, giudicando dalla posizione del braccio sinistro.

Erano seduti su una panchina e Entrambi stavano sorridendo e la cornice era piccola e gialla, molto curata.

Sherlock capi che Antonio era affezionato a lei, giudicando dal sorriso della foto e di come ha messo la foto, sopra di lui in un modo che tutti la potessero vedere.

La squadra di Scotland Yard rimasero po’ sorpresa di come Eva prendeva “Ordini” da Sherlock e Anderson chiese: “Non capisco… perché la testimone è ancora qui non noi?”

“Perché è utile, conosceva già la vittima, quindi se trova qualcosa di insolito o di sospetto per lei, se ne accorgerà subito e ci racconterà le sue abitudini. Come ha raccontato la storia del portatile.” Spiegò lui spostando il portatile dalla scrivania.

“Ma non ti sembra inopportuno portala qui? Nella casa del suo amico?” chiese Sally.

“No. E poi è sempre stata disponibile a farlo, quindi non mi sembra importuno.”

Il sergente sopirò con aria paziente e lo guardò male.
“Comunque trovato niente?” chiese Sherlock.

“Beh… nei cassetti solo prestito per la macchina e mutuo della casa in via di scadenza e qualche bolletta, niente altro.” Rispose Lestrade

“Quindi era al verde?” disse Anderson

“Oppure si era indebitato per qualcosa...” disse lui con tono sospetto.

"Cosa?” chiese Greg ma in quel momento arrivò Eva con in mano una tracola nera molto pensate dicendo: “Eccola, era in camera sua, e li c’è tutto. Computer documenti, portafoglio, tutto.”

Sherlock prese la tracolla tirando fuori il portatile dicendo: “Molto bene, ora controlliamo le e-mail.” E lo acese.

“Hai notato qualcosa di strano in camera sua? Fuori dalle sue abitudini”? chiese.

Lei sopirò dicendo: “No. Per ora niente. Mi sembra abbastanza normale, ma continuo a cercare.” E andò verso la cucina.

“Perché pensi che ci sia qualcosa di insolito in questo appartamento?” chiese John un po’ dubbioso.

Sherlock diede una occhiata a Eva, che stava controllando alcuni scaffali e rispose a passa voce:

“Antonio Ruggeri era davanti a casa sua ad aspettare l’assassino. Quindi si conoscevano già e probabilmente è già entrato qui.”

Tutti si incuriosirono e Anderson disse a bassa voce: “Si, ma perché avrebbe dovuto essere entrato qui dentro?”

“Per minacciarlo”

Tutti rimasero un po’ sopresi dalla sua ipotesi ma Sally disse: “Ma perché stiamo parlando a bassa voce?”

Sherlock non rispose e continuò con il suo lavoro.

John capì subito che aveva cominciato a spiegare dando una occhiata verso a Eva. Forse non voleva farsi sentire da lei? Non voleva farla spaventare ancora di più? Lo voleva dire in un altro momento?

No… non sarebbe da Sherlock.” Pensò John, ma ci pensò ancora.

Intanto Eva apri il mobile sotto al lavello e vide un cestino nero dei rifiuti di plastica, lo tirò fuori e cominciò a controllarlo.
C’era molta spazzatura, solo una buccia di banana, dei fazzoletti e una tazzina da caffè di plastica. Ma notò qualcosa di strano detto alla tazzina.

Un mozzicone di sigaretta.

Rimase sorpresa, prese un fazzoletto dalla tasca, lo tirò fuori e disse verso a tutti: “Sherlock! John! ho trovato qualcosa di strano!”

Tutti la guardavano, il consulente investigativo si alzò dalla scrivania e tutti andarono verso di lei.

Quando furono davanti al lavandino, Sherlock prese la tazza con dei guanti bianchi di lattice e Anderson disse solamente:

“Un mozzicone di sigaretta? Ci hai fatto chiamare per un mozzicone di sigaretta? E poi cosa c’è di sospetto?”

“Nulla, oltre che la vittima non ha mai fumato in tutta la sua vita e ha sempre disprezzato l’odore del fumo passivo.” Disse lei con tono sicuro e con lo sguardo serio.

“Quindi, non è sua.” E rimasero tutti un po’ sorpresi.

“Potrebbe essere di un amico.” Aggiunse Sally.

“Impossibile. Da quando era arrivato a Londra non ha mai fatto molte amicizie, e si era sempre occupato del lavoro e della casa; non mi mai detto che aveva invitato qualcuno a visitare la casa. E anche se fosse un amico, di certo non sarebbe stato un fumatore, visto che ho detto che odia il fumo passivo. Ma se avesse conosciuto un amico fumatore avrebbe un posacenere in casa. Ora voi tutti vi state chiedendo ‘perché doveva avere un posacenere in casa se odiava fumare? ’ Beh, se in casa aveva un amico o un’amica fumatrice, dovrebbe tenere un posacenere per quelle occasioni e invece no, nessun posacenere per gli amici. E poi come ho già detto non frequentava nessuno. Quindi, chiunque è venuto qui, si è accesso una sigaretta e ha usato la tazzina di caffè come posacenere. Probabilmente per dagli fastidio, quindi è venuto qui e sicuramente non è un tipo raccomandabile!” spiegò Eva parlando veloce.

Tutti rimasero sopresi dalla sua deduzione e rimasero muti.

“Geniale.” Disse Sherlock rompendo il silenzio.

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Note della autrice:
Beh... Sherlock è precupato per Eva,
Eva ha fatto una lezione di depuzione
alla sgaurda di Lestrand, e John... beh...
è solo di mezzo. U.U
Spero che il capitolo vi
sia piacuto! :)
Io in vece mi sto 
ripredendo da un malano.
E... niente!
Ciao!
Evola

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Tutti lo guardavano increduli e sbalorditi, persino Eva. Una frase cosi si aspettavano da John, ma mai da uno come Sherlock Holmes avrebbe dato del genio ha un altro essere umano.

“Figurati, lo conoscevo, quindi per me è stato facile, per te sarebbe stato il nulla.” Rispose Eva facendo spallucce.

“Lo so. Ma è geniale lo stesso.” E fece un piccolo sorriso, Eva lo notò e lo ricambiò, tutti gli altri invece trovano strano questa situazione.

“A ogni modo…” disse Anderson tornando al caso: “Che cosa possiamo dedure dal un mozzicone di sigaretta e caffè?”

“Oh, niente, a parte il tipo, la marca e da quanto tempo è li,” svuoto la cenere sulla mano insieme al mozzicone, la annusò e continuò a fissarlo:

“Dall’ odore di caffè misto alla cenere, è vecchia di tre giorni, il fumo deve essere forte ma economico, e a giudicare dalla forma del mozzicone, l’ultima parte è molto curvata, quindi lì ha spento con molta forza, come se dovesse lasciare un messaggio…”

Quando finì aveva lo sguardo perso e pensò alle e-mail che aveva visto sul cellulare, così posò tutto, tolse il guanto e andò sulla scrivania e acese il pc.

“Beh… è allora?” disse Greg.

“La sigaretta è dell’assassino. Probabilmente preso da un distributore automatico piuttosto che in una tabaccheria. È venuto qui esattamente tre giorni fa:”

Eva aveva lo sguardo preoccupato e guardò John, anche lui aveva la stessa espressione e gli mise un braccio introno alla sue spalle in segno di sicurezza.

“E hai trovato una e-mail tra lui e l’assassino?” chiese Donovan.

“Si, posta inviata e ricevuta, deve esserci qualcosa, un discussione tra di loro.”

“Prova anche in Bozze.” Suggerì Eva.

La guadarono ma non dissero nulla e lei anguse: “Lo uso spesso.” E rimasero muti.

Sherlock controllò tutte le cartelle e rimase sbalordito di quello che aveva scoperto, ma allo stesso tempo la sua espressione nascondeva un aria preoccupata ma si poteva vedere dei suo occhi, diede un occhiata veloce a Eva, che aveva la sua stessa espressione ma più visibile agli altri e John la stava rassicurando tenendo il braccio intorno alla sue spalle.

Sopirò, si alzò e disse: “Bene, John, Eva, abbiamo finito. Andiamo.” Spense il computer e si alzò dalla scrivania.

I due (ormai) amici si scambiarono delle occhiate perplesse e lo seguirono.

Greg disse verso a lui con tono frustato: “Che significa ‘Abbiamo finito’? Non so ancora il movente!”

“Prendete il computer e leggete le sue E-mail.” Disse soltanto e chiuse la porta.
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Note della autrice:
Lo so, un capitolo breve ma
inteso. 
Forse la storia va un pò lenta
ma spero che vi piaccia.
Grazie a tutti a quelli che elggono e scrivono
:)
Ciao!
Evola

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Quando furono in casa, Eva disse subito: “Allora? Che cosa hai scoperto?”

Sherlock non rispose, si tolse la sciarpa e il cappotto e si sedette della sua patrona.

Per tutto il viaggio nessuno aveva parlato. John ogni tanto gli faceva delle domande ma non aveva ottenuto risposta.
Tutti e due cominciarono a preoccuparsi.

“Sherlock, che cosa hai trovato in quelle Email?” chiese John con tono paziente.

Ma non rispondeva, aveva lo sguardo serio ma guardava il vuoto.
Eva si avvicinò a lui dicendo con tono impaziente: “Mi dici quello che hai scoperto?! Si può sapere perché stai facendo scena muta?!” e lo guardò con aria arrabbiata.

Il dottore rimase sorpreso da quella reazione e da quello sguardo: Occhi tristi ma arrabbiati, respiro affondato.

Finalmente lui la guardò dicendo: “Credi che io abbia scoperto qualcosa?”

John rimase sorpreso da quella domanda, una domanda che non si sarebbe mai aspettato da lui.

“Oh, certo che hai scoperto qualcosa! Se no, perché hai guardato tutto per andare via così? E poi, ho visto il tuo sguardo mentre controllavi il computer e sembravi sorpreso e sconvolto. Quindi, se hai scoperto qualcosa, io ho il diritto di saperlo! Perciò piantala di farla tanta lunga e racconta tutto quello che sai!” disse Eva con tono sicuro e lo sguardo autoritario.

Sherlock vide il lato che lei non sapeva di avere: quello sicuro e deciso. Ma che lo nascondeva. Un po’ per paura, ma per lei quel lato non esisteva, per lei era solo un gesto per farla parlare.

“Sei proprio sicura di volerlo sapere?” chiese Sherlock con tono serio.

Eva rimase un po’ perplessa, ci pensò a lungo, fece un sospiro e intanto John si avvicinò a lei, pronto a consolarla o per farla sentire al sicuro.

Si mise a braccia conserte e chiese a lui: “Perché? È così… ‘sconvolgente’ per me?”

“Probabilmente sì. E per questo che te lo sto chiedendo se lo vorresti veramente sapere.”

“E perché me lo chiedi?” disse Eva con tono normale guardandolo seriamente.

“C’è un motivo perché non te lo posso chiederlo?” disse subito Sherlock fisandola seriamente.

“Beh… di solito non ti interessa i comportamenti e i sentimenti umani.” Pensò John.

“Non lo so.” Rispose Eva sospirando.

“Bene. Allora te lo chiedo di nuovo. Lo vuoi veramente sapere quello che ho trovato in quel computer?”

“Si.” disse lei con tono deciso.

“Bene.” Ripose Sherlock, si alzò davanti a lei dicendo: “Antonio Ruggeri aveva un debito.”

Eva rimase sorpresa e sconvolta e disse subito: “Cosa?”

“Antonio aveva un debito, non sapeva come fare così ha chiesto aiuto a uno strozzino. Ma non sapeva come ripagalo, cosi lo strozzino primo lo ha minacciato e poi ucciso.”

Eva lo guardò, poi fissò in basso dicendo quasi urlando: “No… no. Questo non è possibile. Questo non è possibile!”

John gli mise le mani sulle spalle in segno di stare calma. E cominciarono ad arrivare le prime lacrime.

“Eva…” chiese John con tono un po’ preoccupato.

 Si staccò da lui, si sedette del divano a testa bassa e il dottore si sedete vicino a lei.

“Non è possibile!” disse Eva con tono serio guardando Sherlock che era ancora in piedi e aveva gli occhi rossi e continuò:

“È venuto fin qui a Londra perché qui diceva che la paga era meglio! Certo non era uno stipendio molto altro ma era molto di più di quello che riusciva a guadagnare in Italia. E poi, che debito poteva avere? In somma… Antonio era un uomo Tranquillo. Era gentile, simpatico, divertente, con tanti passioni. Non fumava, non beveva, o almeno qualcosa alle feste, ma non era un gran bevitore. Non giocava da azzardo e non credo che andava a donne! Quindi… una persona cosi, che razza di debito poteva avere?!”

E lo diceva con tono arrabbiato e disperato con gli occhi rossi e le lacrime che gli rigava le guance.

“Non lo so.” Ripose lui senza emozione e continuò: “Ma sulle E-mail c’era una discussione tra lui e il suo strozzino dove la prima E-mail scambiata era di tre mesi fa. E lì c’erano spiegazioni per il prestito e il pagamento in un modo abbastanza minaccioso.”

“E… pensi che lo strozzino sia l’assassino che ho visto?” chiese Eva facendo un profondo respiro prima di rispondere.

“Probabile.”

Lei guardò in basso con la testa e non disse nulla.

“Però ho ancora una domanda da farti.” Disse Sherlock.
Lei alzò la testa di scatto e si triò su il naso.

“Prima di partire, tu e Antonio vi siete sentiti in chat?”

Lei ci penso e fece sì con la testa dicendo: “Si… un mese prima di partire per essere precisi.”

“E non hai notato niente di strano durante quelle conversazioni?” chiese Sherlock con tono sicuro.

Eva ci pensò dicendo: “Beh… mi sembrava molto preoccupato, ma cercava di nasconderlo. Ma si vedeva che aveva un problema. Ma quando gli chiedevo se c’era qualcosa che non andava, mi rispondeva che si trattava dei ragazzi che aiutava. Tutto qui.”

Sherlock non rispose, John e Eva si guardavano preoccupati e lei chiese: “Perché?”

“Per sapere quanto andava avanti con questa storia…” rispose.
Eva continuò a piangere e abbracciò John. Lui rimase sorpreso ma la ricambiò.

Poi lei gli venne in mente una cosa, lo guardò e disse con tono spezzato: “Ma… se Antonio aveva un debito con uno strozzino ed era minacciato… perché mi ha chiesto di venire qui a Londra con lui?” e lo guardò con aria sorpresa, anche John lo fissò con la sua stessa espressione.

Sherlock sembrava sorpreso da quella domanda e rimase un po’ a bocca aperta.

“Non lo so.” Ripose alla fine guardandoli entrambi.

Eva non disse nulla, si appoggiò con la testa sul petto di John con le lacrime hai occhi e John che la abbracciava, cerando di consolarla.

“Mi dispiace.” Aggiunse Sherlock a testa bassa e il dottore lo guardò con aria stranita da quella frase.

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Note della autrice:
Ecco un nuovo capitolo, 
lo so, era da un pò che non 
pubblicavo ma... ero in vacanza
qundi... U.U
Spero che il capitolo vi sia piacuto
per le sue emozione 
ciao
Evola

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


“Ero sconvolta, Antonio è stato minacciato e assassinato da uno strozzino. E io non sapevo il perché di questa cosa, che debito poteva avere. Ma la cosa peggiore… non sapevo perché mi aveva portato qui, visto che era già sotto minaccia e Sherlock stranamente non lo sapeva.” Raccontò lei a testa bassa.

“E tu gli credevi?” chiese Mycroft

(Ora seduto in una sedia con le gamme accavallate che fisava Eva.)

“Si, e se avesse detto che non è vero e che lo sapeva non lo appetterebbe mai.” Rispose con tono sicuro e occhi passi.

“Poi che è successo?” chiese il maggiore dei Holmes.

“John mi accompagnò in camera, mi ha consolato e io per gentilezza gli ho offerto un pezzo di cioccolato che aveva della sacca sportiva e poi è andato di sotto per vedere Sherlock. E quello che racconterò adesso… me la detto John…”

E continuò con la storia…

Quando John andò in soggiorno, trovò l’amico sulla scrivania con le mani sotto al mento e chiese subito: “Come sta?”

Il dottore si spaventò di quella domanda, lo guardò e rispose: “È sconvolta, davvero… una cosa nel genere non si sarebbe mai aspettata da lui.” E guardò in basso con aria dispiaciuta.

“Lo avevo detto che sarebbe stato sconvolgente.” Ripose lui con trono Tranquillo.

John alzò la testa con aria interrogativa dicendo: “Perché mi hai chiesto come stava?”

Sherlock lo fissò, staccando le mani da sotto al mento e appoggiandole sulla scrivania dicendo: “Come?”

“Anzi, perché le hai chiesto se voleva sentire la notizia, di come stava ma soprattutto: ‘Mi dispiace’. Perché gli hai detto che ti dispiaceva?”

“Perché? Sei geloso perché ho detto ‘mi dispiace’ a una ragazzina di sedici anni?” rispose lui con tono indifferente.

“No, e che tu non dici mai che ti dispiace!” disse John con tono irritante e alta voce.

Il detective lo guardò con occhi spalancati, ma senza minima di emozione.

“Sherlock, ormai ti conosco e so che tu non dici mai quella frase, né tanto meno che tu ti dispiaccia per qualcosa. Tu tratti in un modo arrogante, inseribile e senza tatto le altre persone. E lo fai con me, la signoria Hudson, con Greg, con Molly ma soprattutto con i clienti. E ora hai detto quella frase davanti a lei ma con gli occhi bassi. Come se a te ti dispiace veramente per Eva.”

“C’è sempre una prima volta John. E poi… non posso essere dispiaciuto per lei?”

“Beh… di solito non lo fai mai, e quando accade è strano.” Rispose lui con tono normale.

Ma Sherlock non rispose.

John lo guardò, pensò e disse dubbioso: “Aspetta… non dirmi che c’è qualcosa che tu sai del caso e che non chi voi dire.”

Il Detective non rispose subito, ci pensò e disse: “Probabile…”

John rimase sconvolto e disse: “Allora è per questo che sei dispiaciuto per Eva. Non solo per il caso, ma anche il perché c’è qualcosa che non poi dire.”

“Esatto.” ripose Sherlock con tono un po’ irritato.

“E perché non vuoi dirmelo?”

“Perché lo diresti subito a Eva!” rispose lui con arroganza, verso John.

Il Dottore non rimase colpito dalla sua reazione ma per un po’ rimase spaventato.

Sherlock si alzò, andò verso di lui dicendo: “John, ascoltami. Quello che ho letto su quelle e-mail, le sue discussioni, i suoi segreti… sconvolgerebbe Eva ancora di più e cambierebbe l’immagine su di lui.”

John rimase sorpreso e chiese: “Perché? Che cavolo hai letto?
“È meglio se non lo sai.” Rispose l’amico e ritornò della sua poltrona.

John rimase sorpreso e irritato dal suo atteggiamento dicendo: “Sei davvero incredibile!” e andò via della stanza.

Alle 20:30 di sera.
Il medico era in camera con Eva a consolarla.

Sherlock era da solo, a pensare dove potrebbe essere stato uno strozzino con una cicatrice del collo.

Il Dottore non ritornò in cucina a magiare o a prendere qualcos’altro. (Probabilmente Eva aveva del cibo con se e lo aveva condiviso con lui) e il detective non pensò nemmeno di mangiare.

Stava a pensare a tutti i posti più squallidi di Londra o a contattare la sua rete dei senza tetto. Ma poi senti una suoneria.

Capi che non era il suo né quello di John. Ma il cellulare di Antonio.
Segui il suono, andò del suo cappotto appoggiato sulla poltrona di John e lo tirò fuori dalla tasca.

Sherlock rimase soppresso, vide il display ma c’era scritto “Numero privato” 

Capì subito di chi si trattava, accettò la chiamata e rispose: “Pronto?”

“Salve Mister Holmes.” Ripose una voce maschile.

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Note della autrice:
Ecco un nuovo capitolo
corto ma intenso.
Spero che vi sia
piacuta 
e...
ciao!
Evola 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Aveva una voce calma ma inquietante, parlava a passa voce e aveva un tono catarroso.

Capì che doveva essere una persona che fumava da anni per avere una voce cosi.

“Chi sei?”

“Secondo lei? C’è un tizio che chiama da un numero di telefono di una persona morta? Chi potrei essere? Babbo Natale?” e rise.

Ma Sherlock aveva lo sguardo serio e anche arrabbiato.

“Comunque sia, oggi uno dei miei ‘colleghi’ era nascosto verso la casa di Antonio e ha visto che è entrato e uscito. E visto che lei è una specie di celebrità l’abbiamo subito cercata, trovando in modi non molto legali il suo indirizzo.”

“Che cosa vuoi?” chiese Sherlock.

“Secondo lei? Ha una cosa molto importante che mi serve molto presto.”

“Cosa?”

“Lo sa.” Rispose lui con tono convinto.

Sherlock ci pensò e disse subito: “Eva.”

“Esatto. Voglio la ragazza.”

Lui rimase fermo con aria inespressiva ma con gli occhi arrabbiati.

“E se non lo faccio e vi denuncio alla polizia?” chiese.

“Oh… la polizia non ci troverà mai, i nostri numeri Cambiano in quasi ogni ora, come cambiamo postazione e i nostri amici cono molto esperti di ‘nascondino’.” E fece una risata ironica.

Sherlock aveva gli occhi pieni di rabbia ma restò calmo e il tizio continuò: “Comunque se non ci dai la ragazzina, la prederemo con la forza. E credimi, non sarà piacevole sia per voi che per lei…”

Il detective rimase immobile e non rispose.

“Allora?”

“Va bene.” Rispose lui con tono calmo: “Ti darò la ragazzina”

“Perfetto! Sapevo che sei è una persona ragionevole Signor Holmes.” E rise soddisfatto.

“Le invierò tutte le istruzioni via messaggio e non cerca di imbrogliarmi Signor Holmes. Perché a noi le persone imbroglione non ci piacciono.”

E rimase in silenzio.

“Bene. Ci vediamo presto Signor Holmes.” E chiuse la telefonata.

Quando appoggiò il telefono sulla scrivania prese il suo cellulare per inviare un messaggio ma poi senti una piccola suoneria breve sulla scrivania, capi che era un massaggio del telefono di Antonio, lo prese e lesse il messaggio delle istruzione dell’assassino.

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Note della autrice:
Si, lo so.
Ancora corta ma intensa!
Spero che vi sia piacutta! 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Alle 20:30 di sera….

John e Eva era ancora in camera del ex militare. Poi Sherlock entrò dicendo solo: “Usciamo.”

I loro due erano seduti sul bordo del letto con il portatile sulle ginocchia di Eva per distarsi.

Tutti e due lo guardavano con aria perplessa e confusa.

“Cosa?” chiesero insieme, e si guardavano perplessi per aver detto la stessa frase insieme.

“Doppiamo uscire.” Rispose Sherlock.

“Dove?” rispose John e Eva insieme.

“Un giro” rispose Sherlock con tono calmo.

Tutti lo guardavano con aria dubbiosa.

“In che senso un giro?” chiese lei.

Tutti rimasero muti.

Sherlock non sapevo cosa dire non voleva ammettere, così decise di dire la verità: “Ho ricevuto una telefonata dal cellulare di Antonio.”

Eva e John capirono che cosa si trattava e il Dottore disse: “Vuoi dire che ha chiamato l’assassino?”

Sherlock sopirò dicendo: “Si.”

“E io devo venire?” chiese Eva Subito, con tono preoccupato.

“Si.” rispose il detective.

“Perché?” chiese Eva con tono irritato.

“Eva non abbiamo tempo per queste domande!” rispose Sherlock subito.

“No!” disse Eva quasi gridando.

Sherlock e John si guardarlo con aria sorpresa.

“Ora, tu mi dirai il perché devo venire anche io e dove probabilmente incontrerò l’assassino di Antonio!” disse Eva con tono irritante.

“Eva, ti ho già detto che c’è tempo per le domande!”

“Ah si?” chiese lei con tono interrogativo, cosi andò verso alla porta la chiuse a chiave, si sedette al bordo del letto con la chiave in mano.

“Bene! Ora non usciremo di qui finché non rispondente alle mie domande! E non mi importa se perderemo tempo!”

“Certo, e con la chiave in mano. Lo sai che ho 50 modi per prenderla senza farti male?” rispose Sherlock con tono normale.

“Ha si?” disse lei con tono di sfida.

Cosi alzò un po’ il coletto della maglia e se la mise dentro della maglia.

Si mise in braccia incrociate e disse con tono di sfida: “Bene? Ora quanti mondi hai per prendere la chiave senza sembrare un maniaco?”

John era un po’ imbarazzato, Sherlock non ripose subito ma aveva una espressione sorpresa dicendo: “Astuta.”

“No. Si chiama moralità.” Rispose lei.

Sherlock si avvicinò a lei, si ginocchio difronte a lei dicendo:

“Eva ascoltami. So che hai delle domande e so che hai diritto delle risposte. Ma ora ti devi fidare di quello che ti chiedo, quindi devi fidarti sia di me e di John. Come stai facendo adesso. E se vuoi sapere chi è stato ad uccidere Antonio perché l’ha fatto… devi venire con noi.”

Eva sopirò dicendo: “E se mi succedesse qualcosa?”

“Non ti succederà nulla. Ci siamo io e John. Forse con me non sei proprio in mani sicure ma con John sei di più che al sicuro.” Disse con tono sicuro.

John rimase un po’ perplesso, ma sorrise un po’.

“Ora ci farai uscire?” chiese con tono normale.

Eva lo guardò, sopirò, tirò fuori la chiave: “Probabilmente sto facendo la cosa più stupida e più pericoloso di tutta la mia vita.”

“Ma importante per il caso.” Disse Sherlock perdendo la chiave.
Lei rimase perplessa ma anche preoccupata.

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Note della autrice
Lo so che vado un pò allilento 
ma... per tenere un pò più delle
spine ;) 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


10 minuti dopo…

Sherlock, John e Eva erano dentro in un taxi.
Sherlock con giacca e sciarpa vicino al finestrino sinistro, John al centro con la sua giacca di pelle e Eva a guardare il finestrino con aria preoccupata.
Nessuno parlava e c’era un silenzio glaciale.

Arrivarono in una zono isolata da Londra, davanti a dei magazzini chiusi molti vicini tra di loro, ed erano almeno 200.

Quando furono davanti, Sherlock inviò un messaggio all’ assassino con il cellulare della vittima e scrisse: “Siamo arrivati, ora?

John e Eva si guardavano perplessi, davanti a quei magazzini e lei stava molto più vicina a John che ha Sherlock.

“Okay… siamo qui. E adesso?” chiese Eva un po’ preoccupata guardando il consulente.

Sherlock stava per rispondere, ma sentì il cellulare, lo prese e lesse: “Dividetevi!”

Il detective non rimase sorpreso, posò il cellulare nella tasca dicendo: “Dobbiamo entrare e dividerci.”

“Cosa?” chiese John confuso.

“Che cosa?!” chiese Eva spaventata.

“Dobbiamo entrare lì e dividerci.”

“Stai scherzando vero?!” chiese lei.

“Stai dicendo di entrare qui, li dentro, dividerci e con un assassino che c sta aspettando, come fosse un film Horror di serie B? E io non ho ancora capito che diavolo faccio qui?!”

“Tranquilla, con te chi sarà con John, sarai al sicuro.” Disse Sherlock cercando di entrare.

“E tu via in giro là dentro, da solo con un pazzo in giro? Con cavolo che io e John non ti lasceremo entrare!”

Sherlock e John rimasero sopresi dalla sua preoccupazione e dal suo tono serio.

John si avvicinò a loro dicendo: “Hai ragione, e forse è meglio che stiamo uniti.”

“Oh John, lo sai che so difendermi.”

“Si ma, andare a trovare un killer dentro in un labirinto è un'altra cosa!” rispose L’amico con tono preoccupato.

Sherlock rimase davvero impressionato dalla sua preoccupazione sia di John che di Eva, ma non la dimostrava.
 
Sherlock sopirò, mise la sua mano sulle spalle di Eva dicendo con tono serio: “Eva, ascoltami, ti ho detto che ti devi fidare e che non ti succederà nulla e sarà così. Però devi fare quello che ti dico, e poi chi sarà John con te e sarà più al sicuro. E poi ho un piano.”

Eva lo guardò, sopirò dicendo: “Davvero?”

“Certo.” Rispose Sherlock.

“Quindi entro e non seguitemi.”

“Okay.” Ripose Eva.

Cosi Sherlock dalla tasca prese due torce, diede una a John e una se la tenette dicendo: “Bene, se notate qualcosa di strano inviatemi subito un messaggio, okay?”

Tutti e due dissero di sì e Sherlock andò a destra, John e Eva a sinistra.

Lei stava tenendo la mano del medico con la faccia preoccupata. E John che la teneva stretta con la torcia in mano e camminando in silenzio.

“Spaventata?” chiese lui rapprendo il silenzio e a passa voce.

“Certo che no… siamo in un magazzino che sembra un labirinto, c’è l’assassino di Antonio qui in giro, Sherlock è da solo a fare chi sa cosa e io non so neanche il perché sono qui! Secondo te non sarei spaventata!” rispose Eva con tono ironico ma a bassa voce.

John fece una piccola ristata ma ritornò serio dicendo: “Tranquilla, vedrai che non ti succederà niente.”

“Tanto lo so che lo dici solo per tenermi Tranquilla, e credermi, non sta funzionando!”

John non ripose e continuò a camminare e in tanto si guardavano in trono.

“Però sono preoccupata per Sherlock. È li da solo, a trovare quel criminale… e se lo uccidesse? E se lo trova ma non sa difendersi? Che faremo?” chiese Eva con tono spaventato.

Si fermarono e John rimase sbalordito dalla preoccupazione di lei.
 
Perché proprio lei era cosi preoccupata per Sherlock? In fondo lui l’aveva ignorata per quasi tutto il tempo ed era stato molto scortese dei suoi confronti.

Ma ora Eva si spaventava al pensiero che forse morto, forse era per la situazione di quel momento.

“Tranquilla, Sherlock sa come difendersi con i criminali, di certo non li affronta senza avere un arma. Quindi, sa quello che fa. E poi ci sono io con te, sono un militare e ho ucciso anche io delle persone.”
Spiegò John.

Eva lo guardò strano dicendo: “Ma non eri un dottore?”

“Si, ma anche io ho dovuto differmami dai nemici.” Rispose John.

“E a volte ho avuto anche io delle giornate no.”

Aggiunse fra ste stesso. E continuarono a camminare.

“Però Sherlock ha parlato di un piano.” Disse Eva fissandolo.

“Già, quindi una idea per fermarlo ce l’ha.” Rispose lui normale.

Eva lo guardò con aria perplessa e chiese: “E… tu non sai che piano sia?”

John fece una piccola risata nervosa e rispose: “Credimi, se Sherlock avesse un piano sarei l’ultimo a saperlo.”

Eva rimase sorpresa da quella frase dicendo: “Aspetta, lavorate insieme e non vi dite i vostri piani?”

“Beh… diciamo che se li vuole tenere per se.” Cercò di spiegare John.

Eva non capì ma non disse niente.

“Comunque qualsiasi cosa succederà tu rimani accanto a…” cercò di spiegare di John, ma non finì la frase.

Eva lo guardò stranito e disse: “John?”

Ma non rispose.

“John?” disse di nuovo e cominciò a preoccuparsi.
Alla fine cadde per terra, Eva si paventò dicendo: “Oh mio dio, John!”
 
Si inginocchiò di fronte a lui e la prima cosa che fece fu controllare il battito cardiaco sul collo per vedere se la batteva.

Sopirò di sollievo, sentendo il battito ma cominciò a scuoterò dicendo: “John? John mi senti?”

Ma non rispose, non sapeva cosa fare ma vide la torcia elettrica ancora accesa, la prese e la puntò sul corpo del dottore in cera di qualche ferita o segno.
Puntò la torcia e vide una piccola siringa attaccata al braccio destro e giudicando da come era puntata doveva aver usato molta forza.

Eva rimase stranita e disse: “Ma cosa…” ma senti qualcuno che le bloccò la bocca e la tirò verso di sé.

Intanto Sherlock stava camminando in giro ma senti il cellulare della vittima, lo prese e rispose: “Pronto?”

“Salve Sig. Holmes, indovina il perché l’ho chiamata?”

“Immagino che abbia trovato Eva” rispose lui

“Indovinato!” e rise.

Sherlock non disse nulla, era impassibile, ma dentro conteneva un odio e rabbia verso di lui.

“Ma, se la vuole rivedere. Per l’ultima volta, basta che segue la luce che c’è del cielo. La vede Signor Holmes?”

Alzò lo sguardo verso in alto e vide una luce di una torcia elettrice.

“Bene, allora per lei non sarà difficile trovare il punto. Ma si sbrighi. Se lei ci mette tanto… per noia mi metto a sparare sia all’una… che all’altro.”

Sherlock pensò all’ultima farse e pensò: “John!” ma disse: “Che cosa gli hai fatto?!”

“A presto Signor Holmes.” Rispose lui e chiuse la telefonata.

Sherlock disse con tono arrabbiato: “Accidenti!” e sopirò.

Prese il suo cellulare, scrisse un messaggio veloce e corse fino al punto della torcia.

Quando arrivò, la prima cosa che vide era John, appoggiato in una parete di un magazzino.

“John!” disse subito Sherlock spaventato.

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Note della autrice:
Si, un altra scena sopressa U.U 
Si, lo so, sto un pò esagerando.....
ma spero che questa storia
vi sta piacendo, rigrazio a tutti quelli
che leggono e recesciono e...
ciao!
Evola

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Stava andando per soccorrerlo ma sentì una voce maschile, guardò avanti, vide la luce della torcia che puntava su di lui e la spensa rimanendo in buio.

Sherlock puntò la sua e vide un uomo, sui 36 anni, berretto di lana verde, occhi verdi, barba incolta, giacca verde militare, maglia nera, pantaloni militate e scarponi gialli, aveva una cicatrice lungo sul collo rossa.

Aveva Eva accanto a lui con mano sinistra la teneva ferma stringendola forte, aveva messo un pezzo di stoffa intorno alla bocca e lei stava piangendo.

Mentre lui sorrideva trionfante.

Il tizio tirò fuori una pistola dalla mano destra, la puntò verso alla testa di Eva dicendo: “Ha-ha-ha! Un altro passo verso di me e vedrai come sarà fatta la sua testa.” E sorrise.

Eva capi quello che gli stava facendo e aveva gli occhi chiusi continuando a piangere con lo sguardo terrorizzato.

Sherlock si allontanò un po’ da lui dicendo: “Non credo che lo faresti. Dopo tutta questa strada per avere Eva solo per uccidere, non avrebbe senso.”

“Hai ragione.” Rispose lui con tono normale e aggiunse: “Ma potrei uccidere lui.” E puntò la pistola verso a John.

Sherlock perse un battito e il fiato vedendo la scena: John, senza i sensi, con un tizio che gli puntava la pistola a dosso.
Anche Eva era spaventata da quella situazione.

“Pensa… se lo uccido adesso sarebbe veloce e indolore, anzi, non si rederebbe conto che sta per morire!” e rise.

Sherlock si spaventò ma non diede a vedere, lo guardò e disse con tono calmo: “Che cosa voi?”

“Beh… ho già la ragazzina, però sono alla metà del mio scopo… e il resto mi serve anche lei.” Spiegò lui.

“In che senso?” chiese lui confuso.

“Penso che sia stupido? So che dopo la nostra prima telefonata ha già avvertito mezza polizia. E so che dopo l’ultimo messaggio ha inviato uno alla scotland yard. Quindi probabilmente arriveranno dei poliziotti. Quindi lei mi aiuterà a fuggire da loro. Altrimenti ucciderò sia lei che la ragazza.”

“E vorresti Eva dopo tutto questo?” chiese Sherlock dubbioso.

“Si fidi, anche da Morta vale qualcosa.” E continuò a ridere.

Lei rimase confusa da quella frase ma tutto quello che pensava era il perché era lì, che cosa centrava, aveva paura di essere uccisa ma soprattutto, voleva essere salvata.
E Sherlock lo lesse nei suoi occhi rossi.

“Lo sai che se ti faccio scapare, loro ti troveranno lo stesso, vero?” disse Sherlock con tono sicuro.

Lui rise dicendo: “Lei non chi conosce Signor Holmes. Noi siamo dei nomadi, ci spostiamo ogni volta che siamo a rischio.  E quando ci troveranno… forse per lei sarà troppo tardi,” e la guardò con aria malefica.

“Però… se farà la brava... riuscirà ad arrivare fino a 20 anni.” E con la pistola accarezzò il collo di lei.

Eva chiuse gli occhi per non vedere ma puntò di nuovo a Sherlock.

“E da domani voglio leggere sulle prima pagine sui giornali: “Il fallimento di Sherlock Holmes. Fa scappare uno strozzino e perde una minorenne straniera’ la mia soddisfazione.” E rise.

Sherlock lo guardò con rabbia ma diede una occhiata a John che si stava riprendendo e gli venne una idea, cosi cominciò a parlare: “E… Che cosa gli farai a Eva?”

Lui rise dicendo: “Andiamo Signor Holmes, sa cosa gli farò…”

la guardò con sguardo un po’ eccitato e continuò: “Sarà ben vestita, ben truccata, sarà messa in dei bei posti con della bella gente…. E se farà quello che dice lui e porterà quello che deve portare, forse sarà ‘promossa’ ma se si ribella… rischierà la vita…” e sorrise sodisfatto.

Eva lo guardò con sguardo arrabbiato e disgustato.
 
“E pensava veramente che quel morto di fame di Antonio voleva ospitarla solo per fare dei ‘lavori estivi’, ma visto che lei è una asociale ingenua ci ha creduto subito!” e rise.

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Notte della autrice:
Ho messo la nota aracione perchè
da adesso la storia comica a predere
una piega un pò più "forte" e per evitare

problemi ho messo evetenze.
Lo so è ancora un finale sulle spine.
ma avevte conosuto il cattivo e...
quello che voleva fare con Eva.
Come riusianrdo a tirasi fuori da 
quella stiruazione? 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Al quel punto Eva non che la faceva più. Con un gesto si riballerò con le mani da lui e gli diede una gomitata sullo stomaco, poi gli diede un pugno in faccia talmente forte che fece cadere la pistola, e infine una ginocchiata sui testicolo per mobilizzarlo.

Sherlock rimase sconvolto dalla sua reazione. Sapeva che nascondeva della rabbia repressa dentro di lei, ma non aveva mia immaginato che lo avrebbe tritata fuori cosi. E rimase impassibile.

Quando Eva vide la pistola caduta vicino a John, la prese, si tolse il fazzoletto dalla bocca, lo puntò a tizio gridando: “FERMO!”
 
Lo strozzino si riprese dai dolori, la guardò, sorrise compiaciuto, alzò le mani come segno di resa dicendo:

“Ma brava, ti sei ribellata e hai in mano la pistola. Allora non sei stupida come pensavo.” E continuò a sorridere.

Lei aveva il respiro affannato e lo sguardo furioso.
Sherlock si avvicinò cercando di chiamarla.

Ma lei si girò dicendo con tono serio: “Non avvicinati Sherlock! O ti giuro che potrei sparati senza volerlo!”

Lui rimase sorpreso, alzò le ma mano sinistra libera dalla torcia e si allontanò.

Eva puntò la pistola all’assassino e a quel punto John si riprese e vide la scena:

Lei che puntava la pistola allo strozzino e Sherlock che non faceva niente.

John non sapeva cosa fare, cosi decide di fingere di essere ancora stordito.

“E… adesso? Che cosa voi farmi? Sparami?” chiese lui.

“Oh, lo vorrei tanto in questo momento, credimi. Ma ora voglio sapere una cosa: Perché?” rispose lei con sguardo freddo.

John e Sherlock non rimasero sopresi da quella domanda, ma di come lo ha riposto, con quel tono freddo.

Ma lui rimase leggermente confuso dicendo: “Il perché di cosa?”

“Tu lo sai! Dimmi il perché hai ucciso Antonio Ruggeri! Non farmelo Ripetere se non ti sparo in qualche arto!” disse Eva minacciandolo e lo strozzino rise dicendo:

“Non lo sai? Davvero? Il tuo amico detective non te l’ha detto?”

“So che era per un debito, ma che tipo di debito?
Gioco? Fumo? Donne?”

“Nessuno di questi.”

Eva rimase sorpresa e chiese: “Allora che cosa?”

“Lo voi sapere? Bene te lo dico: Aveva un debito per la macchina.” ripose lui Tranquillo.

Eva rimase Shock, John era sorpreso e Sherlock abbassò la testa.

“Per la macchina?” chiese lei dubbiosa.

“Già.” Rispose lui: “Si era appena acquistato una macchina nuova e la stava pagando a rate, visto che stava guadagnando così bene; ha deciso di comprala per intero con i suoi risparmi, ma lo ha fatto in un momento sbagliato. Della sua scuola privata dove lavorava, in vece di alzare le tasse di iscrizioni, anno deciso di tagliare i stipendi dei suoi insegnanti e visto che lui era solo un educatore. Alla fine si trovò lo stesso stipendio che guardava prima. Non riusciva più ad arrivare alla fine del mese e in più doveva finire di compare la macchina. Voleva fare un prestito alla banca ma nessuno lo conscese, cosi un giorno alla metro ci siamo consulti e… l’ho aiutato.”

“E cosi gli hai dato i sordi che gli servivano, ma dopo doveva pagarti subito.” Fini Eva con aria perplessa.

“Già. Senza interessi ovviamente. Però non che la aveva così lo minacciato dicendo se andava dalla polizia finiva male se lui che la macchina.” Anguse lo strozzino sorridendo. 

Eva non voleva crederci. Non pensava che Antonio avrebbe fatto tutto questo per una macchina.

Aveva già le lacrime hai occhi ma disse dubbiosa: “Si, ma io che centro con questa storia?”

Lui rise dicendo: “Oh, questa è la mia parte preferita: Una volta sono andato a casa sua per minacciarlo di persona. Quando oh visto la vostra foto insieme e o chiesto chi era lei e mi ha raccontato tutto di te, e mi è venuta in mente una idea dicendo: ‘Sai? Potremo trovare un altro modo per pagarmi il debito. Io e mio giugno lavoreremo in un altro campo con delle ragazze e lei sarebbe perfetta per questo lavoro.’.” e sorrise sodisfatto.

John capi subito e ne rimase subito disgustato e arrabbiato.

Eva non capiva, o meglio non voleva capire dicendo: “Che tipo di lavoro?”

“Oh, davvero sei cosi ingenua e non saperlo? Dopo quello che oh detto a proposito di vestiti e trucco? O pure fai finta di non voler saperlo?”

“Mi… voleva prostituire?” chiese Eva spaventato.

“Beh… non esattamente.” Disse lui facendo finta di essere incerto e continuò:

“In pratica, tu ti preparavi entrando in una camera, entrarono con degli uomini, gli facevi quello che volevano, ti davano dei sordi e poi me li davi o a me o a mio giugno. E in tre mesi, non solo Antonio poteva pagassi la macchina, ma anche riavere i suoi risparmi. E se non eri brava… beh, vendita dei organi. Ho un alto giugno che se ne occupa e credimi, si fanno un sacco di sordi con gli organi altrui.” E sorrise.

Eva era scioccata, John era sbalordito e arrabbiato ancora di più e Sherlock in vece teneva la tessa bassa.

Lei fece no con la testa e disse quasi urlando: “NO,NO! Questo non è vero! Antonio non farebbe mai una cosa nel genere! Non lo farebbe mai a nessuno!”

“Oh, davvero? Allora il tuo amico detective non te la detto?”

Eva guardò Sherlock puntato sempre la pistola allo strozzini e disse al consulente investigativo:

“Sherlock… tu lo sapevi? Non sta mentendo… vero?” e lo guardò con gli occhi malinconici.

John lo guardò pensò: “Ti prego Sherlock! Dirmi che sta mettendo! Dimmi che sta mettendo!”

Lui guardò in basso poi alzò la testa, ma guardò dicendo senza espressione: “No Eva, non sta mettendo. E sì, io lo sapevo già.”

Eva rimase a poca aperta dicendo: “Cosa?”

John in vece abbassò la testa un po’ deluso.

“Antonio e Mark si sono organizzato per email ogni dettaglio della prima giornata a Londra. Ma soprattutto per il viaggio e le ultime tre settimane.” E guardò in basso.

“Già, ogni tanto andavo a casa per ‘ricordarlo’ un po’ di quello che sarebbe successo.” Anguse Mark con tono allegro.

Eva lo guardò con aria confusa e disse verso a lui con tono un po’ incolpa: “Ma Antonio lavorare come educatore in una scuola provata e… so che è brutto da dire ma… conosceva altri ragazzi oltre a me. Perché proprio io?”

“Beh… in effetti mi aveva parlato dei ragazzini che lavorare ad difuori di te, ma... sì sa con me, tra una sorda e un autistico non erano adattati. Nessuno voleva pagare per scoparsi degli andicappati.”

Eva lo guardò con occhi pieni di rabbia e disse solo: “Lei mi fa schifo.”

“Oh, Tranquilla, sai? Se non ha mia avuto esperienze con dei ragazzi, te lo insegnavo io il le pratiche del mestiere. E forse dopo quella lezione non ti farò cosi schifo.”

John voleva alzassi e picchialo, ma lei disse ancora:

“Però, c’è una cosa che non ho ancora capito. Se lei e Antonio vi siete organizzati così bene per farmi lavorare perché la ucciso prima che io arrivassi?”

“Beh… ero stufo di aspettare e in più eri in ritardo e quando sono stufo di aspettare, l’ho ucciso, per vedere i suoi organi per ripagarmi dal debito, ma dovevo chiamare i mei collegi per farmi aiutare ma quando siamo arrivati circa un’ora dopo, il corpo non cera più. E ho subito capito che eri stata tu a chiamare la polizia altrimenti ci poteva chiamarla in una zona cosi isolata. Cosi sapevo che eri nascosta da qualche parte… ma sapevo che saresti andata in quella casa, cosi ho lasciato uno dei miei collegi a sorvegliare la zona sia notte e girono. E solo il giorno dopo ho ricevuto una foto dove cera tu, il dottore e il detective e ho capito una cosa, se volevo te, dovevo contattare lui e… eccoci qua!” e rise.

Eva stava odiando a morte quella risata, voleva farlo tacere per sempre capi che non poteva farlo.

“Un consiglio piccola Eva, la prossima volta che un adulto suo aiuto… tu non lo accettare. Le ragazze complicate come te sono destinate ad stare sole.”

Eva gridò subito: “STA ZITTO!”

E con gli occhi chiusi sparò e colpi il braccio sinistro.
John rimase sorpreso e preoccupato da quel gesto e di scatto si alzò gli diede un pungo allo stomaco e andò subito da Eva.

Lei dopo lo sparo fece cadere la pistola, cadde con le ginocchia a terra piangendo a dirotto.

Sherlock rimase sorpreso e si avvicinò.

John si inginocchiò anche lui dicendo: “Eva!”

E lei subito si buttò del suo petto con le braccia intorno alla sua schiena per piangere.

John rimase sorpreso ma lo ricambiò mentre lei singhiozzò.

“Mi voleva prostituire per pagarsi una macchina. Mi voleva farmi prostituire per pagarsi una cazzo di macchina!” continuò a dire con le lacrime.

“Lo so, lo so. Ma ora è tutto finito Eva, è tutto finito.” Disse John con voce rassicurante.

Sherlock mise una mano sulla spalla di Eva e abbassò la testa e non disse nulla.



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Note della autrice:
Ecco un nuovo capitolo,
per vari motivi ho messo la storia
in aracione, per evitare problmei. 
Siamo quasi alla fine della storia,
Sherlock si farà predonare dal suo
errore? Lo scoprirete....
Spero che vi sia piacuto e...
ciao!
Evola

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Capitolo 32
*** Capitoli 31 ***


Dopo qualche minuto…

John, Sherlock e Eva erano fuori da quel posto ma cerano macchine di polizia, delle ambulanze che una stava trasportando lo stozzino.

Sherlock e John davanti a Lestrade a spiegare la situazione.
“Quindi… quando John si stava riprendendo, tu hai cominciato a distrarlo chiamandolo ma quando si è girato tu hai seguito, John lo ha preso di spalle, dando un pugno talmente forte da far cadere la pistola, tu hai preso Eva, John lo ha picchiato e poi hai preso la pistola e hai mirato in un braccio.” Disse Greg analizzando la storia di Sherlock. 
 
“Esattamente, sapevo che la dose di John non era molto potente e quindi si poteva riperdere facilmente ma ovviamente dovevo aspettare, cosi l’ho rallentato un po’, e quando si è girato, ho passato la pistola, John lo ha preso di spalle e ha dato un pugno, ha allentato la presa, ho preso Eva per il braccio e quando ho visto la pistola per terra, l’ho presa e sparato in un braccio per immobilizzarlo. E ora non avete solo uno strozzino, ma anche uno sfruttatore di prostituzione e un venditore di organi.” Rispose Sherlock quasi fiero.

John invece lo guardò un po’ storto (Certo, capiva che era meglio non dire che era stata Eva a sparare. Però non gli piaceva che Sherlock si prendesse tutto il merito)

“Bene, ma adesso? Che ne faremo di lei?” disse Lestrade guardando la testimone.

 John e Sherlock la fissarono: era seduta del bordo di una ambulanza aperta, con la testa bassa, sguardo triste, occhi rossi che continuava a piangere. E sopra alle spalle c’era una coperta arancione.

John la guardò con aria dispiaciuta ma Sherlock disse solo: “Ci penseremo noi.” E camminò verso di lei, John lo seguì e Lestrade invece rimase perplesso.

Quando John e Sherlock, arrivarono all’ ambulanza, il dottore si sedette vicino a lei a destra, mettendo il braccio introno alla sua palle e il consulente investigativo vicino a lei a sinistra.

“Hey…” disse John rompendo il silenzio: “Come ti senti?”

“Non lo so.” Disse lei facendo spallucce e continuò: “Ho appena scoperto che Antonio voleva farmi prostituire per pagarsi la macchina e ho sparato a un uomo. Come mi dovrei sentire?” e si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

“Beh… triste, arrabbiata, amareggiata, shoccata.” Cominciò ad elencare John.

Ma Sherlock lo interruppe dicendo: “Beh… se non era schoccata non avrebbela coperta dello shock.”

Tutti e due rimasero confusi da quella frase e lo fissarono.

Lui li guardò e non disse nulla.

“Non… non posso credere che Antonio abbia fatto una cosa del genere. E tu lo sapevi!” disse Eva ,con tono normale ma fissando il detective.

“Beh… te lo avevo detto che sarebbe stato sconvolgente per te. E poi se l’unico modo per farlo uscire e arrestarlo eri tu…beh abbiamo dovuto farlo. Al costo di quello che sarebbe successo…” spiegò Sherlock.

Lei lo guardò ma non disse nulla, abbassò la testa dicendo: “Ha ragione lo strozzino. Sono una stupida ragazzina problematica.” E si rattristì.

John cercò di dire qualcosa per consolarla ma il consulente aggiunse: “Non sei stupida.”

Eva lo guardò con aria prepensa dicendo: “Che cosa?”

“Che cosa?!” disse il dottore incredulo.

“Tu non sei stupida. Sei ingenua e vivi in un modo tutto tuo, ma per il resto non sei né stupida e né idiota.”

Eva rimase a bocca aperta da quella frase e anche John era profondamente sorpreso. Sherlock considerava tutti degli idioti a prescindere.

“E poi c’è un'altra cosa che non sai di Antonio.”

“Che cosa?” disse lei incuriosita.

“Antonio voleva annullare tutto.”

La ragazza non chi credeva, John non sapeva più che cosa pensare.

“Aspetta… Antonio voleva annullare tutto sul fatto del debito?”

“Esatto, i sensi di colpa lo stavano tormentando così ha deciso ha deciso di annullare l’accordo e di affrontare Mark di persona.” 

Eva era a bocca aperta e anche John.

“E come lo sai?” chiese subito, speranzosa.

“Ho letto tutte le mail, sia inviate e ricevute, ma ho contralto anche le sezione Bozze, e cera una mail mai inviata, dove spiegava di voler abbandonare il piano, dicendo che non saresti dovuta venire".

 Lei rimase pietrificata non sapeva se doveva sorridere o no ma chiese: “E… quando l’ha scritta?”

“Il Giorno prima della tua partenza, probabilmente il senso di colpa lo distruggeva ma non riusciva ad affrontarlo di persona sapendo che rischiava la sua vita.” Spiegò Sherlock.

“Ma… ma perché non mi ha chiamato o inviato qualche messaggio?” chiese Eva

“Probabilmente te l’ha invitato metri eri in viaggio, ma era in modalità aerea quindi… è difficile ricevere le chiamate prese o i messaggi.”

Eva e John lo guardarono incuriositi.

“Quando eri arrivata a Londra in ritardo era già fuori casa aspettando Mark e sperando che non saresti venuta, ma ti sei fatta dei giri e… sei arrivata al momento finale.”

Lei non lo guardò più, si girò e fissò il vuoto dicendo: “Allora Antonio non era un bastardo… è ed morto per me…” poi si ricordò e disse subito guardandolo sconvolta: “Oh mio dio! E io gli ho sparato! Perché non me l’ha detto?”

“Dirti che Antonio è morto per te? No, voleva provocarti.” Disse Sherlock.

“Gli ho dato un gomitata allo stomaco, un pugno e gli ho sparato su braccio! Potevo ucciderlo!”

“No, non avresti potuto.”  Disse Sherlock con tono normale.

“E come puoi dirlo?” chiese John.

“La pistola non era puntata sul petto o un organo vitale, ma solo verso il braccio sinistro, non la puntavi come si dovrebbe puntare la pistola visto che lo hai mai fatto. E in più, avevi gli occhi lucidi e rossi, quindi la mira non sarebbe mia stata perfetta e la probabilità di ucciderlo era molto bassa, quindi sapevo che avresti colpito il braccio o la spalla. E poi era l’unico modo per uscire da quella situazione.”

“Aspetta… sapevi che avrebbe sparato?” chiese John sorpreso.

“Ovviamente. Dopo una provocazione del genere chi non lo avrebbe fatto.” Disse Sherlock con tono normale e aggiunse: “E poi, era un modo più facile uscire da li.”

E nessuno disse più nulla.

“Eva?” chiese John un po’ preoccupato.

“Ma... come ho fatto a sparare così?” chiese Eva ad entrami.

“Beh, perché hai urlato.” Rispose Sherlock guardandola.

Lei rimase sorpresa da quella frase ma John disse con tono confuso: “Che cosa?”

“Eva, tu fin da piccola volevi urlare la tua rabbia e frustrazione, arrabbiati e difeseti dalle prese in giro dei tuo compagni, le sgridate dei tuo insegniati, gli rimproveri dei tuoi genitori e le ingiustizie che hai dovuto affrontare. Ma non sei mai uscita ad esprimere la tua rabbia. Hai solo pianto per sfogatati, ma hai oppresso la tua rabbia, ma quando hai capito che piangere non ti sarebbe servito, cosi hai usato la tua rabbia come forza e anche per sapere la verità su Antonio e per salvati sia a te e anche per John. Quindi per la prima volta hai usato sia per la salvati te stessa che anche noi.” Spiegò Sherlock.

John capi ma Eva chiese subito: “Ma... e quando ti ho urlato quando hai detto che il caso non era divertente?”

“Oh, quella era solo la rabbia della affermazione. Lo fanno tutti i miei clienti e anche John.” Rispose lui con tono campo e aggiunse: “Ma questa volta… ti sei difesa per la prima volta senza piangere.”

Eva rimase sorpresa dicendo sconvolta: “Wow…. Per la prima volta mi sono difesa da sola… ma non da un bullo… ma da uno strozzino, sfruttatore e assassino, picchiandolo e sparando in un braccio!”

“E… come ti senti?” chiese John con tono un po’ preoccupato.

“Beh… sono un po’ sconvolta da me stessa! Ho fatto una cosa che non pensavo di fare una cosa che non pensavo di fare! Però… mi sento come se avessi urlato per tutta la mia rabbia, sfogarmi e adesso è come se stessi sospirando di sollievo e sentendomi più leggera e togliendomi un peso dallo stomaco.” E fece un piccolo sorriso.

John lo ricambiò le mise una mano sulla spalla dando confronto e rimasero muti per po’.

“E adesso?” chiese Eva e aggiunse: “Che cosa succederà?”

“In che senso?” chiese il medico.

“Ormai il caso è finito… e ora non vi servo più. E quindi… adesso?” disse Eva con sguardo confuso e tono un po’ dispiaciuto.

John e Sherlock si guardarono un po’ imbarazzati.

Ex medico militare sopirò un po’ triste dicendo con tono normale: “Beh… Eva se forse per me, ma anche per Sherlock... ti potevamo ospitare per tutto il tempo che ti serve, ma… abbiamo detto a Lestrede che stavi con noi fino alla fine del caso e visto che sei una minorenne e in più straniera, probabilmente tonerai...”

“Oppure…” disse Sherlock interrompendoli e tutti e due lo guardarono con aria perplessa e continuò: “Poi stare con noi per tutta l’estate.”

“Cosa?” chiese John sorpreso.

“Davvero?”

“Mi serve qualcuno che mi aiuta con gli esperimenti, John non è molto bravo in materia, ma tu mi sembra interessata alla chimica. E poi… cosi potrai vedere Londra come voi tu.”

Eva era a bocca aperta, sorrise dicendo: “Davvero?”

“Certo! E… no! Non sarà un disturbo.” Rispose Sherlock

Eva guardò John che lui sorrise dicendo: “Per me non c’è problema.”

Lei rise abbracciò John sorridendo dicendo: “Grazie! Grazie davvero tanto!”
Il medico ricambiò il sorriso e l’abbracciò.

Sherlock guardò la scena senza dire nulla, ma poi Eva abbracciò anche lui, appoggiando la testa del suo petto dicendo con tono allegro: “Grazie! Grazie con tutto il cuore!” e rimase cosi.

Sherlock rimase sorpreso da quella reazione emotiva di Eva e non sapeva cosa fare. Ma mise un braccio introno alla sua spalla dicendo: “Non c’è di che Eva.” E diede qualche completo leggero sulla spalla.

John sorrise per la scena.

Intanto… un po’ lontano dalla ambulanza…

Anderson stava andando via insieme a Donovan ma poi videro quel abbraccio tra Eva e Sherlock e rimasero sconvolti.

“Oh mio dio!” disse Phil sconvolto.

“Greg! Vieni a vedere!” disse Sally chiamando il suo capo.

Lestrad andò verso a loro dicendo quello che avevano visto vide la scena dicendo: “Oh cavolo!” e rimasero a bocca aperta.

“Ha visto? Qualcuno sta abbracciando lo strambo!” disse Donovan con un tono un po’ sconvolto.

“Secondo me lo ricattava per questa abbraccio.” Aggiunse Anderson.

Ma Greg non rispose, anzi sorrise per quella scena un po’ surreale.

“Dobbiamo preoccuparvi per lei?” chiese Sally.

“No, non dobbiamo preoccuparci per Eva. Anzi, l’unica persona per cui dobbiamo preoccuparci è Sherlock.” Disse Greg con tono sicuro e se andò, lasciando i due agenti un po’ confusi.

Dopo l’abbraccio Sherlock si ricordò di una cosa dicendo: “Ha! Un'altra cosa.”

Mise una mano in tasca tirando fuori una piccola palina nera.
“Credo che questo sia tuo.”

Eva lo prese e disse subito sorridendo: “Il mio mini-gomitolo!”

“L’ho tenuto con me da quando ho scoperto il corpo di Antonio e usarlo come prova della tua testimonianza. Volevo dartelo ma ne me lo sono dimenticato. Quindi tieni.”

Eva lo guardò dicendo: “Grazie! Peccato di non aver più un laccio.”

“Beh, se voi posso perdere uno dai pantaloni della tuta di Anderson…” rispose Sherlock.

Eva e John risero.

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Note della autrice:
Bene, siamo quasi alla fine 
della storia, orami il caso
è finito ma... c'è ancora una
questione aperta... e se avete  
leto bene, avete capito ;)
spero che vi sia piacuta, rigrazio
a tutti quelli che leggono e 
recesicono ;)
Alla prosima,
Evola

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


“E dopo quella serata, ho cominciato a vivere con loro. Ho detto a mia madre via skype che Antonio è morto, ma che due dei suoi amici mi hanno ospitata da loro per tutta l’estate. E gli ho detto che uno è un dottore che lavorava in un ambulatorio e l’atro che è un insegnante di chimica in ferie e che mi stava insegnando la sua materia. Cosi potevano stare tranquilli e non mi sentivo in colpa, alla fine.” Disse Eva guardando il maggiore dei Holmes.

Lui aveva lo guardo attento e chiese: “E… dopo due settimane? Come passi la giornata con loro?”
 
“Beh… John mi sta insegnando a leggere e scrivere inglese, mi aiuta con la vostra pronuncia, aiuto John con la spesa, lo aiuto con il blog, si sfoga con me quando si arrabbia con Sherlock” fece una piccola risata e continuo: “Poi aiuto Sherlock con i suoi strani esperimenti, senza dirmi di che cosa stiamo sperimentando, faccio compagnia alla signora Hudson e spesso esco da sola per qualche giro, tipo oggi per il teatro e…. Basta.”

Mycroft rimase un po’ sorpreso, ma senza dimostralo e non disse nulla.

“Bene… visto che sa tutta la storia, posso andare via adesso?” chiese Eva un po’ imbarazzata.”

“Beh… veramente se ricorda, in cambio del suo racconto avevo detto che avrei detto la mia offerta.” Disse Mycroft.

“Che offerta? Soldi?” chiese Eva.

“No, meglio” e sorrise, si alzò e andò davanti a lei.

“E… allora cosa?” chiese Eva perplessa.

“Come ha detto lei, è una fan dei Beatles.” Disse subito Mycroft.

“Si” disse lei un po’ confusa.

“Bene, allora potrà vedere tutti i posti legati a loro, sia a Londra che a Liverpool, potrà allogare uno dei miglior Hotel nel paese, avrà una autista dove poterà ovunque vorrà e in fine avrà una carta di credito illimitata dove può compare qualsiasi cose che lei vorrà.”  E sorrise.

Eva rimase a poca a aperta da quella proposta dicendo: “Davvero? Posso vedere tutti i posti Beatlesiani sia di Londra che di Liverpool per tre mesi e in più una carta di credito illimitata?”

“Già, ma in cambio di una cosa” disse il polito con un finto sorriso di cortesia.

“E quale?” chiese Eva

“Dovrai continuare a frequentare John e Sherlock e darmi qualche informazione.”

“Mi vuole pagare con le mie passioni per spiare suo fratello?” chiese lei perplessa.

“Esatto.”

“E non può ingaggiare una spia dei servizi segreti di sua maestà?”

“Purtroppo no. Mio fratello non è stupido e se ne agognerebbe subito. E per questo che lo chiedo a lei.”

“E scommetto che ha fatto la stesa cosa con John.”
Disse Eva con tono sicuro.

“Esatto, ma per i soldi e ha rifiutato.”

“Bene.” Rispose lei si alzò davanti a lui dicendo: “Allora mi rifiuto anche io.” E lo guardò dritti negli occhi.

Mycroft rimase impassibile dicendo: “Vuoi rinunciare al viaggio dei tuoi sogni per stare con loro?”

“Esatto” confermò Eva sicura.

“Te me pentirai di questa scelta.”

“Vero, ma forse anche no.” Disse lei a braccia consorte e aggiunse: “E se voglio fare quel viaggio voglio fare a modo mio e senza tradire o spiare qualcuno.”

Il polito alzò un sopracciglio dicendo: “Caspita, non so se questo sia coraggio o onore su quello che provi”

“No. Quello che provo è solo buon senso nei loro confronti. John è quello con onore e coraggio. Io non sono coraggiosa.” Disse Eva con tono normale.

“Si sotto valuta signorina Facchini. E non so se è un bene o un male per lei.” Rispose il politico guardandola dei occhi.

Eva non rispose ma pensando: “Non mi sto sottovalutando, sono solo realistica.”

“Posso andare?” chiese lei rompendo il silenzio.

Mycroft cominciò a camminare via facendo girare l’ombrello: “Certo, può andare ora, ho tutto quello che ho bisogno. La mia assistente sa già la via, quindi non si preoccupi di nulla”

“Okay, grazie” e andò verso la macchina dove c’era già l’assistente.

“Ha! Eva” disse Mycroft.

Lei rimase sorpresa di sentirsi chiamare per nome da lui. Era la prima volta che lo faceva e rimase sorpresa e anche un po’ spaventata.

Si girò verso di lui dicendo: “Si?”

“Salutami John e Sherlock” rispose con aria di quasi indifferenza.

Lei rimase un po’ perplessa dicendo: “Okay, va bene” e aggiunse.

“Allora… ci rivedremo?”

“Probabilmente” rispose Mycroft e la guardò e andò via. L’autista apri la macchina, entrò, chiuse lo spoetarlo e partivano.

Cera la solita segretaria con il cellulare in mano. Eva guardò il suo per vedere l’ora: “23:20 15 chiamate perse da John”

“Cazzo!” disse lei tra se a se, guardò fuori dal finestrino.

Quando si fermò davanti alla porta, e prima di scendere chiese alla ragazza: “Scusi, ma… quando il suo capo dice ‘probabilmente ci vedremo’ quando… tempo ci vorò che si faccia vivo con me?”

“Dipende che cosa farà ha suo caro fratellino, o che cosa farà lui.” Rispose lei con tono calmo.

Eva capi, salutò e andò aprire la porta ma c’era già John con la faccia preoccupata.

Lei si spaventò un po’, ma capì dicendo: “Ciao John” con un Soriso imbarazzato.

“Dove sei stata? Ti ho chiamato almeno 100 volte!" disse mentre Eva entrò in casa e tutti e due andarono su.

“Lo so, lo so e mi dispiace, davvero tanto, credermi. Ma ho avuto un imprevisto.”

Ed erano davanti alla porta

“In che senso?” chiese John confuso. Lei sopirò e dicendo: “Sherlock sta dormendo?”
 
“No, sta ‘pensando’ del divano.” Rispose John.

“Perché?” chiese confuso.

“Perché è una cosa che voglio dirvi insieme.” Rispose lei.

Apri la porta del appartamento e subito disse andando in cucina: “Sherlock, tuo fratello mi ha rapita e cercato di comprarmi.”

John la guardò con aria confusa dicendo: “Che cosa?”

Sherlock in vece che era strigliato sul divano gli occhi chiusi e le mani sotto il mento, ma poi apro gli occhi dicendo: “Davvero?”

“Si” rispose lei perdendo un picchiere d’acqua.

“Aspetta… hai conosciuto il fratello di Sherlock?” chiese John confuso.

“E come?”

E lei spiegò in breve la storia.

“Davvero?” chiese ex medico militare subito.
Lei fece si con la testa.

“Wow, allora il governo inglese non cambia mai il suo modo.” Disse John.

“E chi sa se farà la stessa cosa con le ragazze che gli piace.” Disse Eva ironica e entrambi risero.

“E ti fa raccontare tutto il su di noi dopo due settimane?” chiese Sherlock.

“Si.”

“E ha cercato di comprati?”

“Si”

“Come?”

“Beh… mi ha offerto il viaggio dei mei sogni, ma in campo di informazioni su di te.”

“E hai rifiutato?”

“Si.”

“Potevi viaggiare insieme con John. La prossima volta pensarci più volte.” E chiuse gli occhi.

Eva rise dicendo: “Beh… la prossima volta non rifiuterò.”

Andò perdere una confezione di valeriana in un monile.
“E… hai detto qualcosa di particolare?” chiese John un po’ ironico.

Lei ci pensò dicendo: “Beh…”

 

Flash back.
 

Stavano entrano in camera ma Mcy la chiamò di nuovo dicendo: “Dirmi una cosa? Perché una ragazza, come lei, vuole pensare il tempo con due soggetti come John Watson e Sherlock Holmes?”
 
Eva lo guardò con aria perplessa ci penso e disse: “Beh…  John è un uomo davvero fantastico. È gentile, leale, simpatico, aperto e ha un cuore d’oro e una pazienza davvero finita…” rise e continuò:
 
“E poi… mi piace ascoltarlo, fargli compagnia durate la spesa, mentre si sfoga con me e lo aiuto con il blog. E poi mi ascolta, mi dice che ho ragione che ho torto, mi apprezza e… è un amico. E poi… è anche una figura paterna. Cioè, mio padre ha fatto un sacco di cose per me. Ma non era tanto presente durante la mia infanzia e John… la copre un po’” fece un dolce sorriso.
 
“E Sherlock invece?” chiese Mycroft  perplesso.
 
“Sherlock i vece…. Beh… ha un sacco di difetti; è egocentrico, arrogante, saputello, insensibile e molte altre cose ma… mi piace. E se vuole che resti con lui ho deciso di restare, come John.” Rispose lei sincera.
 
“Sì, ma perché?” chiese il politico seriamente.
 
Lei ci pensò: “Non lo so, forse perché ha quel ‘non so che’ di affascinate, oppure… in un cento senso chi assomigliamo e… mi ha detto che non sono stupida e detta da lui è… come ricevere una Mediglia d’onore!”

rise e continuò: “Ma… io credo che lui mi capisca davvero tanto, e in più sto con lui più mi capisce. E lo penso davvero.” E alzò gli occhi.

Mycroft la guardò con aria sorpresa ma senza dimostralo davvero e non disse nulla.
 

Fine flask back

“Beh… niente dal particolare” disse Eva facendo spallucce, prese due compresse di valeriana accompagnata con l’acqua e disse: “Bene, ora vado a dormire. Buona notte”

“Notte.” Disse John e la andare via della stanza di sopra.

“Incredibile” disse John sbalordito.

“Che cosa?” chiese Sherlock.

“Ha conosciuto tuo fratello in un modo che ogni ragazzino del mondo si spaventerebbe, raccontando tutto e ha certato di comprarla. Ma è rimasta cosi calma e tranquilla come se nulla forse.” Disse il medico impressionato e aggiunse: “È incredibile!”

“Beh, dopo tutto quello che ha vissuto nelle ultime settimane, per lei non è niente.” Rispose calmo.

John lo guardò e disse: "Secondo te ha detto qualcosa su di noi a Mycroft?”

“Oh, sì.” rispose Sherlock sicuro.

“E cosa secondo te?”

“Non lo so, ma qualunque cosa abbiamo detto… l’avrà detta con sincerità” e fece un piccolo sorriso.

John invece lo fece un grande sorriso.

“E probabilmente ha parlato male di me.” Aggiunse Sherlock e John rise di gusto.

Ma la vacanza di Eva era appena cominciata… non sapeva quante avventure e disavventure appena vissuto con loro ma sapeva una cosa: John e Sherlock non l’avrebbero abbandonata mai.

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Note della autrice:
Ecco! Finalmente la fine
di questa storia! La mia pirma
FF su Sherlock! Sono comessa
spero che vi sai piacuta,
rigarzio a tutti quelli che anno
letto e recesito! Un rigrazio
speciale ha 
adlerlock che
ha recesito molto e ha coretto 
questa storia, Qundi Grazie mille! :)
Per il resto ho già un segutio della
storia e un altra storia ma solo
Sherlokc e Eva. 

Qundi... spero che vi 
piaccia e rigrazio ancora!
Alla posima!
Ciao!
Evola


 

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