The reign of Egypt - la profezia del principe perduto -

di LittleDreamer90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il bambino dagli occhi color dell'oro ***
Capitolo 3: *** Presentimenti ***
Capitolo 4: *** Addii e inganni ***
Capitolo 5: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 6: *** Primi contatti ***
Capitolo 7: *** Frammenti di verità ***
Capitolo 8: *** Uno scorcio sul passato che fa tremare il presente ***
Capitolo 9: *** Prima tappa: vecchie conoscenze (s)gradite? ***
Capitolo 10: *** Ad Amarna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Oasi di Dakhla, 1214 a.C.



Un giovane uomo riposava pigramente all'ombra ristoratrice di una grande palma, con le braccia incrociate dietro la testa.

Intorno a lui i figli del deserto vociavano, allestendo l'accampamento temporaneo e preparando tende e giacigli per la notte.

- Dannazione! – sbottò il figlio del capo tribù – Ehi, Miroku! Hai visto per caso il mio pugnale? – chiese al compagno che stava passando lì vicino.

Il ragazzo dagli occhi blu scosse il capo in segno di diniego.

L'altro cominciò a guardarsi intorno in cerca del coltello perduto, ma una risatina sarcastica alla sua sinistra lo fece voltare: - Tsk! Non perdi la testa solo perché ce l'hai attaccata al collo! E tu dovresti essere l'erede degli Yoro? Patetico! – lo schernì Ayame, appoggiata a braccia conserte ad un albero, rivolgendogli un'occhiata d sufficienza.

Koga la osservò a lungo per poi sogghignare: - Oh, mia cara! L'alta opinione che hai di me mi lusinga – ironizzò – Hai detto bene, però! Io sono il figlio del capo, e tu… sarai la mia regina, ricordatelo -.

La rossa gli riservò uno sguardo di fuoco.

Era stupefacente come quei bellissimi occhi color giada sapessero diventare caldi e penetranti. Caldi di rabbia in quel momento, certo, ma erano comunque spettacolari.

Al pensiero di poter un giorno osservare quegli occhi all'apparenza freddi accendersi di passione, un intenso e subitaneo brivido solcò la schiena abbronzata e sudata del giovane.
Koga socchiuse appena gli occhi azzurri come il cielo terso del deserto, tentando di placare la fitta di desiderio che l'aveva pervaso. Dio, quanto desiderava quella femmina che, invece, faceva di tutto per respingerlo!

- Giammai! Scordatelo! Io non sarò mai tua. Non sono di nessuno, io! E tu sei solo uno stupido ragazzino borioso ed arrogante, che si crede chissà chi solo perché è il figlio del capo… - berciò la donna, furente.



Poco lontano, Sango li osservò sconsolata: - Ah, non cambieranno mai! Di questo passo, sarà impossibile che Aya finisca per sceglierlo come compagno – considerò mentre, con una mano, si detergeva il sudore dalla fronte.

Anche solo muoversi sotto il caldo afoso del deserto era micidiale! Per fortuna la presenza della zona ombreggiata da grandi e maestose palme creava un po' di ristoro. Una volta finto di ordinare le suppellettili, avrebbe chiesto ad Ayame se le andava di farsi un bagno con lei nelle fresche acque dell'oasi.

Una risatina alle proprie spalle, accompagnata da un braccio che le cinse la vita, la fece sobbalzare: - Eh, già. Koga si dimentica sempre del regime matriarcale che regola la comunità dei figli del deserto. E tu, Sanguccia? Scegliersi me come marito, non è vero? – le chiese Miroku, con fare sensuale, alitandole nell'orecchio e strusciando la punta del naso contro il suo collo coperto da un velo di sudore.

Sango arrossì e fece per rispondere, quando il braccio di lui si mosse verso l’alto.

Il suono di uno schiaffo risuonò nel silenzio del deserto.

- Idiota pervertito! La prossima volta che riproverai a palparmi il seno ti taglio la mano. Hai capito, razza di debosciato?! – sbottò Sango.



Dal lato opposto dell’accampamento, Kohaku e Shippo, si osservarono sconsolati: - Non c'è speranza, vero? – commentò il più piccolo.

Kohaku sorrise, accondiscendente: - Ma no! In realtà quei quattro si vogliono un gran bene. Abbi fiducia -.

Il bambino dai capelli rossi e gli occhi verdi lo fissò poco convinto: - Sarà… comunque è un vero spasso vedere tua sorella picchiare Miroku, Kohaku! – ridacchiò.

- Nah! Le scenette tra Koga e tua sorella sono meglio! Più lei lo snobba, più lui si invaghisce di lei – replicò il ragazzino quattordicenne.

- Oh, sì. Aya è fortissima! – si pavoneggiò Shippo, spostando di nuovo la sua attenzione verso la sorella maggiore e il suo spasimante non ricambiato.

Koga si era portato una mano al petto con fare teatrale: - Mi ferisci così, piccola! -.

- Io non sono la tua piccola! – ringhiò la ragazza, ma la voce di uno dei tirapiedi di Koga la interruppe:

- Capo! Ecco il tuo coltello! – annunciò Ginta, correndo verso di loro seguito da Hakkaku.

- Salve, sorella Ayame! – la salutò quest'ultimo.

Lei parve sul punto di esplodere: - IO NON SONO VOSTRA SORELLA! E NEMMENO LA SUA PICCOLA O ALTRO, SONO STATA CHIARAAA?! -.

Koga la fissò con occhi adoranti: - Che donna! Diventi ancora più bella, quando ti arrabbi – considerò.

Il grido aveva attirato l'attenzione degli altri componenti del clan e fatto sì che l'anziana Kaede, matriarca del gruppo, si affacciasse dalla propria tenda.



Il giovane dai lunghi capelli corvini che stava riposando in disparte, al riparo dalla calura, aprì pigramente gli occhi, piuttosto seccato, mostrando due iridi color dell'oro.

Uno sbuffo gli uscì dalle labbra: - È mai possibile che debbano sempre fare casino? Accidenti a loro! – commentò infastidito, facendo per girarsi su un fianco, dando le spalle al rumoroso gruppo di compagni e rimettersi a dormire.

Come gli era ormai automatico, giocherellò con la catenella del ciondolo che portava al collo.
Lo sguardo gli si adombrò.

Già, loro litigavano, ma erano pur sempre una famiglia, una comunità molto unita e che si voleva bene. Volevano bene anche a lui, tutto sommato, ed il giovane considerava oramai quel branco di matti come la sua nuova famiglia, però…
La mano andò a stringersi automaticamente intorno alla pietra del ciondolo, mentre il consueto dolore sordo gli dilaniava il cuore, come ogni volta che ripensava a ciò che aveva perso.

Un miagolio lo ridestò dai cupi pensieri.

- Ehi, ma… Kirara! Che ti prende? E poi, dove diavolo eri finita? – disse Sango alla sua gatta che stava attraversando di corsa l'accampamento.

Il felino però la ignorò, trotterellando decisa verso il giovane semisdraiato ai piedi della palma.

Quello la accarezzò e Kirara strusciò la testolina contro la sua mano, facendo le fusa.
Infine lo fissò con occhi intelligenti, allontanandosi da lui di poco e fermandosi, miagolando ancora, osservandolo, come a dirgli: “Su, alzati! Seguimi, avanti!”.

“Che diavolo aveva quella gatta, ora?” pensò il giovane.


Il nitrito di un cavallo riscosse i presenti da quella strana scena.
Hakkaku  aguzzò la vista, alzandosi sulle punte dei piedi usando la spalla di Ginta come appoggio, avvicinandosi ai margini dell'oasi e scrutando verso l'orizzonte increspato dall'afa.
La calura sprigionata dalla sabbia rendeva le immagini sfocate, distorte, simili a miraggi a causa della rifrazione.

- Ehi! Arriva qualcuno! Sembra… no, aspettate! Sono due, credo – affermò.


Una coppia giunse infatti al loro cospetto, fermando i cavalli, scalpitanti e affannati dalla corsa, all'ombra della prima palma.

Il silenzio faceva da padrone, mentre i presenti li fissavano attoniti, chi paralizzato nel mezzo di un'azione, chi con la mano già pronta sull'elsa della spada ricurva, arma tipica del figli del deserto.

La più minuta delle due figure smontò da cavallo, dopo aver lanciato una veloce occhiata all'altra persona, ferma e dritta sulla sella, quasi in posizione ieratica.

Quando i piedi toccarono la sabbia rovente, i presenti poterono constatare che era di bassa statura, ma fu nel momento in cui, con gesto fluido, si tolse il cappuccio dalla testa, che rimasero ancora più basiti.
Era una donna!

Kirara trotterellò verso i due, strusciandosi contro le gambe della misteriosa giovane e fermandosi davanti all'imponente cavallo del secondo misterioso straniero, sedendosi docilmente e quasi con venerazione, dopo aver emesso un miagolio.

Un movimento attirò l'attenzione della ragazza, che volse lo sguardo oltre le persone in prima fila, verso la palma in ombra, verso…

Si fissarono per un lungo momento, occhi dorati in occhi marroni.


Infine, la ragazza più bella che il giovane avesse mai visto, dischiuse le labbra e, con gli occhi velati di emozione, esalò un'unica parola sussurrata: - InuYasha…. -.






Salve! Ok, sono tornata ^^
È corto, questo prologo, lo so. Ed un po' vago, anche ^^ tutto sarà più chiaro alla luce del prossimo capitolo. Anche se un minimo di indicazioni ve le ho date XD siamo nel deserto… il dove ancora non ve l'ho rivelato, ma spero si intuisca, visto il titolo della fiction! :-P Avete però un'importante indicazione nella connotazione cronologica, non tanto l'anno in sé, quanto la piccola cosa che lo segue ;-) 
Comunque sia, vorrei precisare che i personaggi sono umani, TUTTI! Niente demoni ^^ farà un po' tanto AU ma vabbè XD Come avrete notato, ho inserito Shippo come fratellino di Ayame... tutti e due con occhi verdi...e capelli rossi... XD
Per ora fidatevi ^^
Ah, la storia si svilupperà come flashback, fino ad arrivare al punto narrato nel prologo e da lì andare avanti ^^
Spero di non confondervi le idee o di destabilizzarvi ^^
Grazie a chi accetterà di seguirmi in questa mia nuova follia XD
Ah, e dovrei ringraziare anche una scrittrice di efp ed amica, che mi ha aiutato davvero tanto a dare verosimiglianza all'ambientazione di questa storia… capirete bene dal prossimo capitolo il cosa XD grazie, Lunedì74  ^^ senza il tuo apporto temo sarebbe venuta una schifezza. Grazie a Serena per l'idea del titolo ^^ senza di te starei ancora lì a scervellarmi a vuoto (come ho fatto, per altro, da questa mattina -_-).
Infine… spero di non aver deluso le altre pazzerelle che tanto hanno spasimato per poter leggere questa cosa e che mi incoraggiano sempre  contente, omonime + Faby? XD XD
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate ^^
 alla prossima!

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Capitolo 2
*** Il bambino dagli occhi color dell'oro ***


Capitolo 1   Il bambino dagli occhi color dell'oro.


Un'ombra oscura funesterà il regno d'Egitto,
Un'anima avida e superba sarà la rovina del regno del Sommo Faraone gentile.
La stirpe si disperderà e tutto sembrerà perduto.
Ma presto Horus risorgerà, l'occhio d'oro del falco
Schiaccerà il seme della tirannia.
E sul capo del legittimo erede tornerà la sacra corona del regno
”.


[Diciotto anni prima]

Antico Egitto, Nuovo Regno, 1232 a.C.


Il giovane principe Sesshomaru sbuffò, alzando lo sguardo annoiato dalla pagina del libro delle profezie che l'anziano scriba Myoga lo aveva obbligato a leggere.

Pur avendo nove anni possedeva un'intelligenza degna di un adulto e riteneva quell'ammasso di geroglifici una sciocchezza bella e buona. Il legittimo erede? Lui, era l'erede! Lui era il principe. Anche se…

A breve ci sarebbe stata quella scocciatura!

Una piccola ruga gli si formò in mezzo alla fronte, infastidito dal continuo andare avanti e indietro dell'imponente figura del padre.

- Mio Signore…. – titubò il vecchio Myoga, rivolto al suo re – Distraete il principe, così. Non avete motivo di paventare! Gli Dei sono con voi e con la regina. E poi, sono cose naturali! -.

Inu No Taisho osservò il piccolo uomo grassottello con la coda dell'occhio. Spostò poi lo sguardo sul suo primogenito. Infine sbuffò, rassegnato, nascondendo un sorriso: - Il tuo compito dovrebbe essere istruire a dovere il futuro principe d'Egitto, non fare la paternale al tuo faraone – lo schernì, incrociando le braccia dietro la schiena.

Lo scriba tremò, mortificato e tentò di prostrarsi.

Sesshomaru sogghignò, segretamente soddisfatto. Proprio non sopportava quel precettore chiacchierone e pusillanime.

La porta della sontuosa stanza privata del principino, in cui il padre si era rifugiato per tentare di tener a freno il proprio nervosismo, venne aperta di colpo ed una donna dall'aria affannata ma felice si prostrò sul pavimento: - Maestà, è nato! È un maschio, mio signore! -.

Un'espressione di pura gioia si dipinse sul viso del faraone, che si affrettò però a chiedere all'ancella: - E lei? Lei come sta? -.

- La regina Izayoi è in perfetta salute, mio sovrano! Il travaglio è stato lungo, ma tutto è andato nel migliore dei modi. Vi attende, ansiosa di mostrarvi vostro figlio – lo rassicurò la giovane donna.

- Lode ai supremi Dei d'Egitto! La potente Hator e le figlie della luce*, il benigno Bes e la prospera Tueret hanno vegliato su di lei! Lode a Ra, a Mehetueret e a Nut! Eccelse Meskhenet ed Heket–  iniziò a sproloquiare Myoga – Grandi Iside, Osiride e Horus -.

Sesshomaru alzò gli occhi al cielo: - Andate, padre, prima che si metta ad elencare l'intera trafila! – sbuffò.

Inu No Taisho annuì prima di dirigersi, sollevato, verso le stanze della moglie.



Adagiata tra le morbide coltri dopo le fatiche del parto, Izayoi gli sorrise: - Mio amore. Venite, mio signore. Venite a vedere – mormorò, tornando a rivolgere lo sguardo al fagottino che teneva tra le braccia.

All'improvviso però sussultò: - Per gli Dei! -.

- Che succede, mia regina? – si allarmò il faraone.

- I suoi occhi! Inu! I suoi occhi sono… -.

Fu solo quando il faraone prese tra le braccia il suo secondogenito ed il piccolo riaprì gli occhi, fissandolo, che, nella mente del supremo dominatore d’Egitto, ritornarono prepotenti le parole sussurrate solo poco prima dal figlio maggiore concentrato nella lettura.

Oro.

Il bambino concepito con la sua Izayoi aveva le iridi color oro.


 
~*~*~*~*~*~


Anno 1226 a.C., palazzo reale di Menfi.


Due piccole figure infantili sgattaiolarono lungo l'imponente corridoio.

- Inu Aspettami! Non correre! Sono stanca! – si lamentò la più minuta delle due.

Il principino Inuyasha le rivolse un'occhiata scocciata: - Shht! Zitta! Ci farai scoprire, così! BAH, femmine! -.

Notando una guardia di palazzo venire loro incontro, prese la piccola Kagome per mano, nascondendosi con lei dietro una delle grandi statue lì accanto.

- No, non tirarmi! – si lamentò lei.

- Zitta, stupida! – le sibilò l'amico.

La bambina lo fissò corrucciata, mettendosi un dito in bocca.
Il giovane principino attese che la guardia li superasse.
Non li notò, acquattati com'erano dietro il maestoso piedistallo.

- Bene! Via libera! Andiamo – la esortò poi.

- Ufaaa! Ma io volevo restare a giocare con la mamma e la Signora! -.

- Oh, ma quanto sei noiosa! Perché mi sei venuta dietro, allora! Rompiscatole! – le rispose Inuyasha, trascinandola verso la balconata ad archi che si affacciava sul cortile degli allenamenti.

Si alzò in punta di piedi, per poter sbirciare oltre il davanzale, strizzando per un attimo gli occhi abbagliati dalla potente luce solare.

Kagome gli tirò una ciocca dei lunghi capelli scuri: - Li vedi? Uffa, io non ci arrivo! Non vedo niente! -.

Inuyasha non rispose, incantato nell'osservare i riflessi del sole contro la lucida lama della spada e i movimenti fluidi del fratello maggiore che si esercitava con essa.
All'ombra di un piccolo baldacchino, il faraone scrutava attento i progressi del figlio prossimo al compimento dei sedici anni, affiancato dallo spadaio Totosai.

- Allora? Inuuu! – lo chiamò ancora la piccola Kagome.

- Nana rompiballe! Ho capito, ho capito! Vieni qui, scocciatrice! – sbuffò Inuyasha, tornando a guardarla accigliato ed infastidito.
 Ciononostante si accucciò, dandole la schiena: - siediti sulle mie spalle, ti alzo per farti vedere, contenta? -.

La bambina sorrise radiosa, abbracciandolo da dietro: - Grazieeee -.

- Uff, quanto pesi! – si lamentò il principe.

- Oohh! Li vedo! Che bravo che è il tuo fratellone! E… oh-oh! – soffiò di colpo, non appena incontrò lo sguardo accigliato del Faraone, fisso su di loro.

- Che succede? Ehi! Smettila di dimenarti! Finiremo per cadere! Kagom- Ahia!! -.

Non riuscendo più a mantenere l'equilibrio a causa dell’irrequietezza della compagna di giochi, il bambino si era sbilanciato, cadendo all'indietro di sedere e ritrovandosi Kagome addosso, in un groviglio di gambe e braccia.
Al tonfo causato dalla loro caduta scomposta seguì un acuto strillo.
A differenza dell'amico, Kagome era infatti atterrata in avanti. La presenza di Inuyasha sotto di sè le aveva attutito il colpo, ma la bambina aveva comunque picchiato il naso, scoppiando in un pianto accompagnato da urla, anche a causa dello spavento: - Ahiaaaaaaaaaaa! Mi sono fatta maleeeeeeee! -.

Inutili furono i tentativi del principe di calmarla.

Disturbato dalle grida, Sesshomaru alzò lo sguardo verso la balconata sopra la sua testa: - Maledetti mocciosi! – sbuffò – Non bastava avere tra i piedi il microbo – considerò, riferendosi al fratellastro che il padre aveva generato con la sua seconda moglie – Ci mancava solo la sua tirapiedi! -.

Kagome era infatti la figlia di quattro anni dell'ancella preferita di Izayoi, Misaki.
Anzi, la donna era la migliore amica della regina, proveniente come lei da terre straniere.
Il principino e la bambina, che avevano due anni di differenza, erano praticamente cresciuti insieme e la madre di Kagome aveva finito per diventare la balia preferita di Inuyasha.

- Per gli Dei! Kagome! Principe Inuyasha! Quante volte vi abbiamo ripetuto di non scappare via! – ansimò una donna, procedendo verso di loro.

- M-mamma!!! – pianse Kagome, premendosi le manine sul naso offeso.

Misaki sospirò rassegnata e fece per sgridare la figlia, ma fu interrotta da una risata gentile: - Non prendertela con lei! Sono pronta a scommettere che è stato mio figlio InuYasha, a voler sgattaiolare via. Kagome l'ha solo seguito, non è vero, piccola? Dove va lui, lei lo segue, da brava guardia del corpo. Ho indovinato? – le sorrise la regina Izayoi.

- Madre! Non è assolutamente vero! – tentò di giustificarsi il bambino, sgranando gli occhi color del sole per mascherare l'espressione colpevole.

La bellissima donna lo osservò con sguardo amorevole.
Oltrepassò poi la propria ancella, accucciandosi in un fruscio di pregiate stoffe, davanti alla bambina infortunata: - Fa vedere, tesoro. – le disse gentile, costringendola a scostare le mani dal volto.

Kagome puntò su di lei i grandi occhi marroni pieni di lacrime.

- Che bel naso rosso, che abbiamo qui! Dai, vieni, andiamo dalla somma Urasue a farci dare una controllata, che ne dici? – parlò ancora la regina, prendendo in braccio la bambina ed alzandosi in piedi – E tu? Sua maestà il principe sta bene, oppure anche il suo regale fondoschiena ha bisogno di una controllata? – rise, rivolgendosi al figlio.

Inuyasha arrossì e voltò il capo, offeso: - Madre! Smettetela! Non è divertente! – bofonchiò ancora, rimettendosi in piedi.

Izayoi alzò gli occhi al cielo senza farsi notare.
- Madre! - ripetè per la terza volta il bambino, guardandola accigliato.
Quando faceva così assomigliava proprio al fratello.
La regina gli fece una carezza sul capo ricoperto da folti capelli scuri, copia dei propri.

Kagome si appoggiò contro la spalla della regina, rilassandosi, cullata dal suo dolce profumo e dalla morbidezza delle lunghe chiome.
Voleva molto bene alla Signora. Era una donna dolce, gentile e molto paziente. Una vera principessa.


La tonante voce del Faraone si levò in tutta la sua magnificenza: - Tutto bene, mia regina? – chiese alla moglie, osservandola dal basso.

Izayoi si girò verso di lui, osservandolo dall’alto con sguardo sicuro ma gentile: - Niente di rotto, Vostra Maestà. Stanno bene – lo rassicurò – Perdonate l'interruzione, Sommo Sesshomaru. Non era loro intenzione disturbare i vostri esercizi. Erano solo curiosi, e volevano ammirare dal vivo la vostra abilità. Togliamo subito il disturbo – si scusò poi con l'erede al trono che considerava comunque come un figlio.

Sesshomaru mosse impercettibilmente il capo, mostrando alla matrigna di aver recepito le sue parole.

Inu No Taisho osservò con occhi pieni di amore e orgoglio l'amata sposa e proruppe in una sonora risata.

- InuYasha – chiamò non appena fu tornato serio e composto – Vieni qui, figliolo – gli propose il padre – Tuo fratello non avrà nulla in contrario se assisti ufficialmente al suo allenamento. Basta che tu stia composto ed in silenzio. Giusto, Sesshomaru? – chiese al primogenito, rivolgendogli uno sguardo tra l'ironico e il perentorio.

Quello sbuffò appena, alzando gli occhi al cielo.
Anche se avesse risposto che non voleva il microbo tra i piedi, il padre avrebbe comunque fatto di testa propria.
Il volere del supremo dominatore d'Egitto era legge.

- Davvero? Posso, padre? – domandò entusiasta il bambino con gli occhi ambrati resi ancora più luminosi dalla gioia – Arrivo! – gridò quasi, correndo verso le scale.

- Principe! No, non correte così! – tentò di frenarlo Misaki, inutilmente.

Izayoi ridacchiò appena e la sua ancella la guardò, rassegnata. Contemplò poi la figlia, ancora stretta tra le braccia della regina.
- Datela a me, vostra maestà – le disse.

- Non importa, Misaki. Non è affatto pesante e, in verità, devo confessare che non mi dispiace tenere questa bella signorina! Il mio bambino sta diventando restio a farsi coccolare – ammise, rammaricata.

Fu solo un momento, perché subito tornò serena e si voltò verso la direzione da cui erano giunte, alla ricerca della somma Urasue, l’anziana guaritrice di cui si fidava cecamente. 




Nel frattempo il principe InuYasha si era affrettato verso il cortile.

Fece per girare l'angolo ed immettersi nell'ultimo grande corridoio del piano terra che lo avrebbe condotto dal padre quando…
Impattò contro qualcosa e finì per cadere di nuovo.

Alzando gli occhi, incontrò lo sguardo ambiguo e sprezzante del nuovo grande sacerdote di palazzo.
L'uomo lo contemplò e, per un solo istante, ad InuYasha sembrò di vedere un sorriso malvagio e di scherno increspargli le labbra.

- Dovreste stare più attento, mio principe – gli disse, prima di superarlo e proseguire per la sua strada.

Una figura si stagliò in controluce, fermandosi all'imboccatura esterna del corridoio e la voce di Inu No Taisho rimbombò nel silenzio: - InuYasha, dove sei finito? -.

Naraku si arrestò, voltandosi indietro.

- Vostra Maestà – affermò, chinando il capo in modo ossequioso – I miei omaggi. Vi chiedo perdono, mio Signore. Ho involontariamente intralciato il cammino del principe -.

Il bambino, ancora seduto a terra, osservò circospetto il sacerdote.
Quell'uomo aveva un'aria sinistra, non gli piaceva affatto. In sua presenza provava sempre una strana sensazione di inquietudine e di allarme.
Si affrettò ad alzarsi e avvicinarsi al padre.

Il faraone contemplò il secondogenito: - Tutto bene, piccolo? – gli domandò.

InuYasha puntò le iridi dorate su di lui, annuendo.

- Bene. Andiamo, altrimenti tuo fratello ci sgriderà – sorrise l'uomo, prendendo il bambino per mano.

Il principino lo seguì, docile. Mentre camminavano verso l'uscita che li avrebbe condotti all'aria aperta non poté però evitare di voltarsi indietro un'ultima volta, guardando alle sue spalle.
Il sacerdote era sparito, avvolto dalla penombra e, nel corridoio, rimbombava solo il suono dei passi di padre e figlio.

 
~*~*~*~*~*~*~


In un angolo isolato del palazzo reale un tendaggio si agitò appena, come se fosse stato accarezzato dal vento.

- Ma che diavolo..? – sbuffò Tsubaki, percependo il refolo sulla pelle accaldata ed alzandosi per chiudere completamente la stoffa che fungeva da barriera tra la stanza buia e misteriosa e il palazzo pieno di vita.

- Come avrà fatto una corrente d'aria ad arrivare fino a qui? – si chiese – Questa topaia è nascosta nei meandri dell'edificio! Mah! – borbottò, tornando a riporre i vasi di terra cotta, il cui contenuto era servito per preparare un impacco per la mocciosa che la regina aveva condotto da loro.

Una nuova folata mosse con più vigore il tessuto e il fuoco posto in un alto braciere si innalzò in una funesta fiammata.

Un grido allarmò la donna, che si volse verso l'anziana guaritrice di cui era assistente.
Urasue emise un nuovo gemito, gli occhi spiritati all'inverosimile rivolti verso il fuoco, le labbra rugose contratte in una smorfia allarmata.

- Sciagura!!! Una terribile sciagura! ahhh! Il male! Il male si avvicina! Orrore! sciagura!!!– farfugliò l'anziana donna, tentando di alzarsi e rischiando di carcollare.

Tsubaki corse a sostenerla: - Calmatevi, maestra! Ecco, bevete un po' d'acqua – le disse, porgendole una scodella.

In poco tempo Urasue si quietò e la discepola la aiutò a distendersi sul suo giaciglio.

Mentre sistemava la scodella tra il vasellame da lavare, Tsubaki sorrise sorniona, osservando con la coda dell'occhio l’anziana profondamente addormentata.
Il calmante che aveva aggiunto all'acqua aveva avuto azione immediata.
Senza far rumore la donna uscì dalla piccola stanza, brandendo sottobraccio la cesta di giunchi intrecciati contenente le erbe da far essiccare al sole.

Sbucando da un corridoio secondario, intravide la figura del Gran Sacerdote procedere nella sua direzione.

Naraku le lanciò un sorriso lascivo e Tsubaki arrossì, deliziata e compiaciuta.

Notando che non era solo, chinò il capo, rendendo così omaggio al grado superiore dell'uomo.

- Capite, sommo Naraku? – gli stava dicendo Myoga.

- È un bel problema, sommo scriba – replicò quello.

Sollevato dall’accondiscendenza del sacerdote, l'anziano ometto continuò a ciarlare, incurante di ciò che lo circondava.

Nel momento in cui furono uno di fronte all’altra, Naraku e Tsubaki si guardarono negli occhi.

Fu solo un istante, ma un perfido sorriso complice incurvò le labbra di entrambi.







Note per saperne di più:
La suddivisione cronologica della storia egiziana, intesa come Antico Egitto (dal 3150 a.C. al 332 a.C.; poi, infatti, ci fu la dominazione greco-romana, l'araba, l'ottomana eccetera), è abbastanza complessa.
Si susseguirono sostanzialmente sei grandi periodi, inframmezzati da “stacchi”, chiamati periodi intermedi (3 in tutto): 

1) periodo predinastico → i sovrani egizi si dividono infatti in dinastie e tale categorizzazione classifica i faraoni dal periodo arcaico in poi.

2) periodo arcaico 
3) Antico regno
                   (primo periodo intermedio)
4) Medio regno
                   (secondo periodo intermedio, detto anche degli Hyksos)
5) Nuovo regno
                   (terzo periodo intermedio)
6) periodo tardo

Perché questa spiegazione? ^^ beh, per motivare la mia scelta di ambientare la storia nel Nuovo regno.
Mi servirà infatti per alcune cosette che spiegherò in seguito.
Per ora vi basti questo: dal Medio regno in poi ma soprattutto durante il nuovo, la casta sacerdotale che aveva il suo centro nella città di Tebe, tende ad entrare in contrasto con il potere del faraone ed innalzarsi in importanza.
(N.B. Tebe oggi non esiste più, è un sito archeologico presso le attuali Karnak e Luxor. Omero, nell’Iliade, definì Tebe “la città dalle cento porte”).
Inoltre durante il nuovo regno si ha la massima espansione dell’impero. Il sovrano acquista una connotazione di re-generale. La connotazione sacrale di Re-Dio è comunque sempre presente ma, come detto, i sacerdoti tendono a monopolizzare l'ambito sacrale e politico. Inoltre, è dal Nuovo regno che i faraoni cominciano a prendere in moglie nobili straniere (o anche donne non nobili, seppur raramente), a differenza di quanto accadeva in passato (la sposa del sovrano è scelta sempre e solo tra le donne NOBILI di Menfi, capitale e centro amministrativo dell’Egitto).

Insomma, calzava a pennello per come ho immaginato Izayoi e Inu No Taisho. ^^

Maggiori informazioni sulle dinastie, i periodi eccetera le trovate su wikipedia. 
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27Egitto
E su questo magnifico sito/portale
http://www.aton-ra.com/egitto/storia-egizia/storia-antico-egitto.html



- Gli dei e le dee citate sopra da Myoga non sono scelte a caso. Tutte hanno qualcosa a che fare con il parto, la vita, la nascita o la famiglia. Inoltre la triade sacra Iside-Osiride-Horus è praticamente la.. indivisibile trinità del pantheon egizio.

Vi lascio il link (anzi, i link XD) sul marasma di divinità egizie (occhio che c’è da perderdersi, là dentro xD)

http://www.aton-ra.com/egitto/religione-antico-egitto.html

http://www.aton-ra.com/egitto/religione-antico-egitto/gli-dei-egizi.html

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Religione_egizia

unica precisazione: le Figlie della Luce*, dette anche le sette hator, sono classificate tra le divinità minori.



Angolo autrice:
Eccoci ^^ lo scenario è stato delineato. Tutto sembra tranquillo e puccioso, vero? :-P Chissà quanto durerà, però, la quiete o.o XD 

Piccola precisazione per questioni di correttezza. Come dicevo nel prologo, la vicenda si strutturerà a flashback. Tuttavia.. ho modificato un po' questa idea: la linea temporale presente (cioè l'oasi) non scomparirà, tornerà a fare capolino di tanto in tanto, in un'alternanza di passato-presente-ricordi ^^
Spero di non confondervi troppo XD 
Tenete comunque conto delle indicazioni temporali che metterò, nella speranza di aiutarvi almeno un pochino ^^
Alla prossima ^^

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Capitolo 3
*** Presentimenti ***


Capitolo 2    Presentimenti.



Menfi, 1224 a.C.    [due anni dopo]


La regina Izayoi passeggiava pigramente nel giardino del palazzo reale, persa nei suoi pensieri.

Si fermò al limitare del laghetto situato al centro di esso, osservando i fiori di loto azzurri, simbolo della rinascita della vita e del sole che sorge, galleggiare lievi a pelo d'acqua.

Da tempo percepiva uno strano senso di inquietudine, come se qualcosa dovesse succedere da un momento all'altro.

Era quasi il tramonto ed una insolita folata di vento stranamente fresco fece frusciare le canne di papiro che circondavano parte del bacino d'acqua e le foglie delle numerose palme.

La donna rabbrividì appena, facendo scorrere i palmi delle mani sulle braccia nude.

Sorrise, rassicurata, non appena sentì qualcuno cingerla dolcemente da dietro e delle braccia robuste ed abbronzate corsero a circondarle la vita.
Con un sospiro soddisfatto, si abbandonò alla dolce stretta dell'uomo che amava, appoggiandosi al suo ampio e protettivo torace.

Inu No Taisho le diede un bacio sui capelli: - Qualcosa non va, mia regina? Sembri triste - le disse.

La moglie scosse appena il capo, in segno di diniego: - Non è nulla, mio amore. Pensavo - gli rispose.

L'uomo la fece voltare, sempre tenendola tra le braccia, per potersi specchiare nei limpidi occhi castani che tanto amava: - Parlamene - le ordinò dolcemente.
Izayoi gli sorrise, affondando poi il viso nel petto di lui, godendosi il calore della sua pelle abbronzata, nuda e dal profumo maschile, rassicurante.

- Non lo so. Forse è solo la consapevolezza che... Il mio bambino sta crescendo. Tra poco compirà otto anni - considerò.

Il faraone rise: - Che ha combinato, questa volta? -.

L'amata tornò a guardarlo, con sguardo di sfida: - Ha chiesto a Misaki cosa fosse una moglie . Qualcosa mi dice che quella peste deve aver origliato il discorso che hai fatto a Sesshomaru l'altro giorno - ridacchiò - E, ottenuta una risposta, ha detto: "Oh, ovvio che il fratellone non vuole una moglie! Nessuno sarebbe in grado di sopportarlo" - gli raccontò - Ma il peggio è stato quando la piccola Kagome ha commentato con "Perché, tu credi di essere di migliore compagnia rispetto a lui? Che sciocchezza! Per fortuna che una persona che ti sopporta c'è: io!" - rise, raccontandogli l'ennesimo strano battibecco dei due.

- Uh... e come mai non è scoppia una guerra? - chiese curioso il faraone.

- E infatti la litigata c'è stata eccome! Solo che prima tuo figlio è arrossito tremendamente, riuscendo solo a farfugliare qualcosa di indistinto, poi ha bofonchiato un "ma chi ti vuole, nanerottola", facendo arrabbiare Kagome e infine... se n'è andato, facendo l'offeso - sorrise lei.

Inu No Taisho rise di gusto: - Forse allora gli Dei stanno tentando di dirmi che ho scelto il figlio sbagliato, come successore, che ne pensi? Mi costa ammetterlo, ma credo che il nostro cucciolo abbia ragione. Sesshomaru è davvero un osso duro! Ha diciotto anni ormai e non ne vuole davvero sapere! InuYasha invece finirà per fare stragi di cuori - considerò il faraone con un sospiro.

La donna si staccò appena da lui, ricominciando a camminare per il giardino, mano nella mano con l'amato.
- Eppure il volere del sommo faraone è legge. Mi stupisco che tu non abbia ordinato al tuo erede di prendere moglie - iniziò, punzecchiandolo - Anche se, visto quanto ti assomiglia, credo che non si piegherebbe affatto ad una tale imposizione -.

- Che vorresti insinuare, mia regina? - si finse risentito il faraone, fermando il loro incedere nei pressi del grande albero di sicomoro e tirandola di nuovo a sè.

Izayoi lo fissò con amore, negli occhi una scintilla birichina: - Nulla, mio sire. Volevo solo fare presente al mio signore che anche qualcun altro, a suo tempo, si intestardì nel voler fare a modo suo e che, alla fine, la ebbe vinta, finendo per prendere in moglie una donna straniera  - ridacchiò.

- Ovviamente! - ribattè Inu No Taisho - Il volere del supremo dominatore d'Egitto è legge. Ed ora... Vieni più vicina e baciami, mia terribile principessa straniera! - sussurrò suadente.

La regina emise un sospiro nel sentire le calde labbra dell'uomo che amava baciarle avidamente la bocca per poi scendere, dopo lungo tempo, a lambirle la serica pelle del collo.
- Ti amo, Inu - sospirò, affondando una mano tra i lunghi capelli scuri di lui.


Pensando al passato, ancora le sembrava impossibile che il faraone d'Egitto avesse scelto lei, una nobile iraniana, come moglie, invece di un'egiziana.
Ne era stata lusingata, all'inizio, e sorpresa.

Aveva già diciotto anni, quando l'uomo l'aveva chiesta in moglie e, in verità, il pensiero di andare in sposa ad un uomo non più giovane l'aveva un po' spaventata.
Ma, non appena i suoi occhi avevano incontrato quelli del futuro marito, ogni dubbio era svanito all'istante.

All'improvviso non era più importato che lui avesse 30 anni e lei 18. Che, per gli standard dell'epoca, lei avesse superato di almeno tre anni l'età da marito. Né che lui fosse il faraone e che avesse già un altro figlio.
Tutto era scomparso e, oggi come allora, davanti a sè lei vedeva solo l'uomo magnifico e carismatico che l'aveva conquistata con uno sguardo, che la amava immensamente e che non smetteva per un solo istante di dimostrarglielo in modo dolce e gentile.

Sorrise appena nel sentirlo scostare lievemente il ciondolo che lui stesso le aveva regalato, mentre scendeva pericolosamente verso la pelle tenera del seno e le sue braccia la cingevano dolcemente, accarezzandole la schiena attraverso la sottilissima stoffa di bisso** della tunica.
L'uomo interruppe il suo dolce assalto, sentendola ridere lievemente.

- Che c'è? - le domandò alzando la testa e contemplando in un misto di soddisfazione e desiderio le guance arrossate e il respiro affannato della sua donna.

- Non ti pare che siamo un po' troppo vecchi, per amoreggiare all'aperto come ragazzini? -

- Vecchio a chi? - sbuffò il faraone - Sono ancora aitante, per l'età che ho! - si risentì il marito 39enne - E sia ben chiaro: non azzardarti a cercarti un amante, mia cara! Tu devi essere mia e solo mia - precisò imperioso.

Izayoi gli lambì le labbra in un dolce bacio: - Sono sempre stata tua, lo sai. Tua e di nessun altro, mio faraone, unico sovrano del mio cuore, della mia anima e del mio corpo - sussurrò, venendo poi tramortita da un nuovo esigente bacio del marito.

Una voce di bimbo però li spaventò, facendoli sobbalzare e staccare: - Madre! Padre! Dove siete? Oh, per Ra, che schifo!!! - brontolò InuYasha, avendo visto i genitori baciarsi.

- I-inuYasha - balbettò Izayoi, imbarazzata.

Il marito invece si corrucciò, osservando il figlio minore con sfida: - Come sarebbe a dire "che schifo"? - lo punzecchiò - Vedremo che dirai, fra qualche anno! -.

Lui alzò gli occhi al cielo ma una nuova presenza, fino a quel momento rimasta celata all'ombra delle maestose colonne, si palesò: - Mio Faraone! - pronunciò, inchinandosi ossequiosa in un tintinnio di bracciali d'oro - Il gran sacerdote vorrebbe conferire con voi -.

L'uomo annuì, lanciando alla moglie uno sguardo rammaricato, come a volersi scusare.
Senza lasciarlo trasparire all'esterno, si fece preoccupato e pensieroso. Ultimamente Naraku aveva velatamente suggerito l'idea di allargare i confini del già vasto regno d'Egitto, approfittando della presenza ad est di popolazioni che tendevano ad essere belligeranti, varcando talvolta i confini. Sosteneva inoltre che tra quelle popolazioni ci sarebbero di certo stati valorosi uomini da reclutare. La cosa tuttavia non lo aggradava per nulla. Il faraone non era tipo da guerreggiare senza una giusta causa. Inoltre, la stagione di conquista ed ampliamento del regno si era un po' arrestata negli ultimi tempi ed Inu No Taisho si era infatti guadagnato la nomea di sovrano giusto tanto in tempo di pace quanto in guerra.

Izayoi gli sorrise: - Non ti preoccupare per me, mio amore. Vai pure. Non sono sola, ci sono nostro figlio e una delle mie dame di compagnia - gli disse, rivolgendo un cenno gentile alla figura ancora lievemente piegata.

Il bambino però si dondolò nervosamente sul posto, sfoderando il suo tipico sguardo da cucciolo: - Veramente io devo... Ecco... Io ero venuto da voi, madre, per chiedervi se potevo prendere questo per... - balbettò, mostrando ciò che teneva nascosto in un pugno chiuso: un braccialetto di lapislazzuli.*

La regina si chinò alla sua altezza, abbracciandolo con dolcezza: - Sono certa che a Kagome piacerà molto - gli rispose, facendolo arrossire - Vai a portarglielo, avanti - lo incitò - Potreste accompagnarlo fino alle mie stanze? - chiese poi, gentile, alla donna ancora ferma davanti a loro.

Essa represse un brivido di irritazione e stizza.

Quella dannata principessa impura! Solo perché era la moglie del faraone, doveva obbedirle! Lei, una nobile egiziana. Pur di riuscire a rimanere a corte, aveva dovuto accettare l'ordine del faraone e fare da dama a quella...

- Certamente, mia signora - rispose con un sorriso tirato - Venite, principe -.

- Non ho affatto bisogno della balia, sono grande, ormai! - ribattè sprezzate InuYasha, avviandosi, seguito dalla donna.

Il faraone sospirò, per poi sorridere.
Era orgoglioso fino al midollo, quel bambino. Sì, decisamente era figlio suo.
- Permettimi di riaccompagnarti dentro, mia regina - disse ad Izayoi, porgendole galantemente un braccio.

La donna sospirò a sua volta, appoggiandosi a lui.

Mentre procedevano con calma lungo il corridoio, Izayoi giocherellò inquieta con il pendente che aveva attorno al collo.
Era stato il marito a regalarle quel monile, la cui pietra le ricordava la terra natia.

La sensazione nefasta che da qualche tempo la accompagnava non l'aveva ancora abbandonata.

La vita a palazzo, in quei due anni, era andata avanti tutto sommato tranquillamente, funestata solo dall'improvvisa morte, qualche mese prima, dell'anziana Urasue.
Tsubaki, la sua assistente, si era tuttavia rivelata un'ottima continuatrice dell'operato dell'anziana guaritrice.


Nel frattempo InuYasha era arrivato davanti alla porta delle stanze della madre.
Prima di entrare, si girò appena verso la donna che lo aveva lentamente seguito, sorvegliandolo a distanza, sussultando quando la trovò ad osservarlo in modo strano, come se lo stesse analizzando per bene.

- G-grazie di avermi accompagnato, signorina - balbettò a disagio.

Lei gli sorrise, mascherando la strana luce che le aveva attraversato gli occhi: - Di nulla, mio principe! Siete diventato davvero un bel bambino. Tra qualche anno sono sicura che diventerete più affascinante persino di vostro fratello - proferì, facendolo arrossire.

Uno strano brivido di paura però lo attraversò. Era come se, per un momento lei... lo avesse guardato come a... volerselo mangiare?

InuYasha scosse la testa, scacciando quell'assurdo pensiero.

Si affrettò quindi ad aprire la porta, ma venne preceduto da qualcuno da dentro la stanza.

- Oh, eccovi qui, Signorino InuYasha! Lo scriba Myoga vi sta cercando. Non vorrete saltare nuovamente la lezione, vero? - gli disse Misaki.

Il bambino sbuffò: - No, no. Però prima volevo fare una cosa... - iniziò incerto, tentando di scrutare oltre la figura dell'ancella, come per cercare qualcuno nella stanza dietro di lei - Emh... Kagome...? - chiese, lasciando la domanda in sospeso.

La donna lo fissò sgomenta: - Non era con voi? Mi aveva detto che sarebbe venuta a cercarvi! -.

Un miagolio li riscosse, insieme al sussulto di spavento della seconda donna lì presente, che aveva sentito qualcosa di peloso infilarlesi tra i piedi.

- Buyo! - esclamò il giovane principe, chinandosi ad accarezzarlo.

Il grosso gatto, inseparabile compagno di Kagome, lo fissò, strusciandosi contro la mano del bambino ed emettendo rumorose fusa.

- Sai dove è Kagome? - gli chiese InuYasha.

Il felino miagolò appena, trotterellando nella direzione da cui era venuto e guardandolo con fare intelligente. Sì, era decisamente un "certo, vieni con me"!

Il principe si affrettò a seguirlo, mentre Misaki, accortasi solo in quel momento della presenza dell'altra dama della regina, si affrettò ad inchinarsi in segno di rispetto e sottomissione al rango elevato della donna: - Grazie di aver accompagnato il principino. Me ne occuperò io, ora, nobile Kikyo - le disse, mentre la donna, senza indugiare oltre, stava tornando verso i propri alloggi.

 
*~*~*~*~*~*



Naraku si sistemò meglio la pelle di leopardo sopra la lunga veste di lino, tergendosi con una mano il leggero velo di sudore che gli copriva la fronte a causa del caldo.

Quei maledetti voltagabbana! Beh, poco male, se la sarebbe cavata da solo, anche senza ricorrere a degli stupidi mercenari!
Aveva già pronto il piano di riserva.

Si diresse senza esitazione verso l'ormai ex stanza laboratorio di Urasue, ora occupata unicamente dall'allieva.

Entrò, scostando il tendaggio senza troppe cerimonie, facendo sobbalzare Tsubaki: - Mio Signore! - gli disse quella, suadente.

- L'hai terminato? - le chiese imperioso.

La donna sorrise, annuendo col capo, mentre si alzava, dirigendosi verso un angolo della stanza.

Aprì una cesta di vimini dall'aria logora, frugandoci attentamente all'interno, tornando poi velocemente dal gran sacerdote con una piccola ampolla tra le mani.

- Ecco a voi, mio signore - s'inchinò, porgendogliela.

Naraku sorrise, soddisfatto, osservando il liquido trasparente contenuto in essa: - Siamo sicuri che funzioni senza lasciare traccia? - le domandò con una luce maligna negli occhi.

- Dubitate forse del mio operato? - si risentì Tsubaki - Credevo di avervelo già ampiamente dimostrato sperimentandolo sulla vecchia. Nessuno si è accorto di nulla, come avete avuto modo di vedere, mi sembra e - si interruppe di colpo, trovandosi all'improvviso senza fiato, la gola stretta in una morsa.

Naraku l'aveva infatti presa per il collo, osservandola furente: - Bada a come parli, donna! Potrei anche dimenticarmi del nostro accordo! - ringhiò, per poi tirarla a sè e catturarle la bocca in un violento bacio.

Quando la lasciò andare, Tsubaki si massaggiò la gola dolorante ma sorrise, soddisfatta ed eccitata, bisbigliando un rauco: - Mio Sovrano. Nessuno lo scoprirà, nessuno. E voi potrete diventare il fara- -.

- Taci, donna! Non dire altro! In questo palazzo hanno orecchie perfino i muri. Presto. Presto l'Egitto sarà mio. Tieniti pronta - sibilò, uscendo dalla stanza nascondendo velocemente la boccetta tra le pieghe dell'opulenta tunica.

Nell'ombra del corridoio una figura attirò la sua attenzione.

Byakuya, guardia di palazzo a lui fedele, gli si avvicinò furtivo. Con uno sguardo di intesa gli passò, senza farsi notare, un piccolo oggetto avvolto in un panno di lino che Naraku si affrettò a nascondere tra le pieghe della veste.

Ritornato nella propria stanza, il sacerdote si diresse velocemente verso una piccola cassapanca, spostandola e rivelando una piccola nicchia nel muro, in cui nascose l' ampolla, dopo averne osservato in controluce il contenuto incolore.
Infine prese ciò che il suo fedelissimo gli aveva consegnato.

La sottilissima lama cesellata e decorata di un piccolo pugnale con l'elsa a forma di serpente e tempestata di gemme luccicò alla luce morente del sole e l'uomo sorrise, osservandola bene.

La rinfoderò di scatto, voltandosi verso la presenza che aveva sentito entrare di soppiatto nei propri alloggi.

Fruscio di pregiate stoffe e di gioielli tintinnanti. Due paia di occhi che si osservavano bramosi e complici. Sorrisi maligni.

Due giorni.

Due giorni e sarebbe stato l'inizio della fine.







La notte, calda e piena di stelle era infine giunta.

I benefici raggi di Ra avevano abbandonato la terra già da tempo, ma la Regina Izayoi ancora non riusciva a dormire.

L'inquietudine serpeggiava tra le sue membra, stringendole il cuore come le spire di un serpente.

Solo la furtiva visita silenziosa nella camera del figlio, attigua alla propria, le aveva dato una sorta di serenità, facendola sorridere intenerita alla scena che le si era presentata davanti:
InuYasha e Kagome addormentati insieme, abbracciati, nel grande letto del principino. 
La bambina stringeva in una mano il braccialetto ricevuto in regalo e una ciocca dei lunghi capelli corvini del principe nell'altra, costringendolo così inconsciamente a starle vicino anche nel sonno.

Anche se InuYasha faceva l'orgoglioso, quella strana e dolce abitudine di addormentarsi solo con l'amica accanto non era ancora mutata.

Un sorriso divertito aveva ornato le labbra della regina al pensiero di quando i due sarebbero cresciuti. Chissà!
Sicuramente avrebbero continuato a volersi bene, e a battibeccare.
Spesso e volentieri i rimproveri che si rivolgevano a vicenda erano peggio di quelli che avrebbero ricevuto dalle loro stesse madri!

Anche quello stesso pomeriggio, ad esempio: quanto si era arrabbiato, InuYasha, nello scoprire che Kagome, nel suo girovagare alla ricerca dell'amico, si era persa nel piccolo labirinto presente in uno dei giardini del palazzo!

La bambina si era gettata tra le braccia del principe, piangendo disperata ed impaurita, frenando la ramanzina di InuYasha.
Lui l'aveva stretta a sè e, una volta calmata, erano tornati nel palazzo, anche grazie alla guida di Buyo.

Più serena, la regina fece una carezza ai due bimbi addormentati, uscendo silenziosamente.
Invece di tornare nelle proprie stanze, si diresse verso quelle del marito, bisognosa della sua presenza.

A metà strada però sobbalzò, spaventata, intravedendo qualcuno seduto a cavalcioni sul davanzale del porticato del piano superiore, con la schiena appoggiata ad una delle colonne. Un gomito appoggiato alla gamba piegata ed i piedi stranamente nudi.
Fu solo un istante, perché subito lo riconobbe e gli si avvicinò: - Cosa fate sveglio, principe? - gli domandò.

Un alito di vento mosse appena i lunghi capelli e il bordo del lungo gonnellino bianco, accarezzando la pelle del torace lasciato scoperto.

Sesshomaru sospirò appena, distogliendo lo sguardo dal disco lunare che brillava in cielo e rivolgendolo alla matrigna: - Potrei farvi la stessa domanda - borbottò, criptico, tornando quasi immediatamente a rivolgere lo sguardo al cielo.

La regina contemplò a sua volta l'astro, in silenzio.
- Tra due notti, secondo lo scriba ci sarà un'eclissi - soffiò l'erede al trono d'Egitto.

Izayoi sentì di nuovo quel brivido di inquietudine che proprio non voleva abbandonarla.
- Sesshomaru? - sussurrò, abbandonando ogni formalismo - Io... Sento che sta per succedere qualcosa. Ho bisogno che tu mi faccia una promessa, sommo principe - gli disse, decisa ed imperiosa come non mai.

Il giovane uomo non rispose ma la donna capì di avere la sua attenzione dal modo in cui si irrigidì.

- Proteggi tuo fratello, Sesshomaru. Qualunque cosa accada, promettimi che, quando sarà il momento, veglierai su di lui, te ne prego - gli chiese, accorata - So di non essere nessuno, per te, ma... non vuole essere un ordine da regina, il mio. Te lo chiedo in qualità di donna, di madre. Al minimo pericolo, promettimi che ti metterai in salvo e che porterai tuo fratello con te - continuò con voce strozzata a causa del nodo di angoscia che le aveva chiuso la gola.

Dopo un istante che le parve eterno, Sesshomaru, che l'aveva segretamente osservata con la coda dell'occhio, annuì impercettibilmente in segno di assenso ed Izayoi sorrise.

- Vi ringrazio, Sommo Sesshomaru - gli disse, più serena, inchinandosi a lui e lasciandolo sbigottito.

Una regina che si inchinava davanti a un principe, anzi no, ad un ragazzo che non era nemmeno suo figlio, era una cosa mai vista.

Prima ancora di poter dire qualcosa, la donna si era già allontanata.



Giunse anche il mattino e la notte, ancora.

Un altro giorno passò.

E rimase una mattina. Una sola.

L'ultima in cui un bambino ed una bambina poterono giocare insieme, ridere felici, essere spensierati ed innocenti.

L'ultima in cui due principi poterono passeggiare tra i lunghi corridoi del palazzo che era la loro casa, al sicuro.

L'ultimo giorno in cui poterono percepire il calore di un abbraccio di una madre e la rassicurante presenza silenziosa di un padre a vegliare su di loro. L'amorevole presenza di una balia amica e la morbidezza di un letto.
L'ultima mattina in cui poter apprezzare quella quotidianità che troppo spesso si dà per scontata e si è pronti a vituperare.

L'ultimo giorno in cui un re ed una regina poterono scambiarsi parole d'amore in questa vita.

La mattina che precedette l'eclissi di luna.

L'ultima, perchè dopo ci furono solo dolore, lacrime, grida. Grida di morte, di disperazione, di separazione.

Ed una notte di fuga, di dolorosi addii, mentre un cavallo veniva spronato a tutta forza verso la solitudine del deserto.






*Il lapislazzulo, chiamato anche turchese è il simbolo di Iside e dell'aldilà. Tra le sue funzioni si hanno quelle, secondo gli Egizi, di sviluppare la capacità comunicativa e di allontanare energie negative.

**Il bisso è una fibra tessile di origine animale, una sorta di seta naturale marina ottenuta dai filamenti che secerne una specie di molluschi bivalvi marini (Pinna nobilis) endemica del Mediterraneo volgarmente nota come nacchera o penna, la cui lavorazione è stata sviluppata esclusivamente nell'area mediterranea.


Curiosità per saperne di più:
- usi nel vestiario:
Dall'inizio del mesolitico e fino al Medio Regno il clima dell'Egitto era molto più caldo rispetto a quello attuale e consentiva quindi di vestire poco e assai semplicemente. Nell'Antico Regno gli uomini usavano un perizoma oppure un gonnellino dall'estremità sovrapposte che durante le dinastie del Medio Regno si trasformò allungandosi fino alle caviglie e caratterizzato da pieghe e trasparenze. Il torace era coperto con una stola di tessuto: molto usato era il colore bianco e il tessuto di lino mentre la lana non era gradita per motivi religiosi, in quanto la pecora come animale vivo era considerato impuro. I nobili usavano adornarsi con gioielli e usavano sandali in papiro o legno di palma con lacci di cuoio.

Ora capirete perchè mi sono soffermata su certi particolari, come la presenza di monili (la figura che compare nel giardino è una nobile, quindi ha gioielli addosso. Sesshomaru è con i piedi "stranamente nudi", Izayoi è vestita di bisso e ha le braccia nude. eccetera ^^ )

 Le donne usavano tuniche aderenti lunghe con una o due bretelle. Successivamente divennero ornate di complessi disegni e colorate ma la maggior caratteristica fu l'impiego del sottilissimo trasparente lino, chiamato bisso, e delle cinture. Sempre durante il Medio Regno si incrementò l'uso di gonne lunghe e di stoffa a pieghe sul busto lasciando le braccia scoperte. Fu proprio durante il Medio Regno che l'abito, divenuto più complesso, acquisiva svariate fogge atte ad individuare la classe sociale di appartenenza come si evidenzia nelle immagini funebri. Le donne sono rappresentate sempre a piedi nudi al contrario degli uomini che invece portano i sandali.

I sacerdoti usavano una veste di lino e la caratteristica pelle di leopardo. La testa era rasata e spesso coperta con copricapo di cuoio. 
I militari usavano un perizoma con una protezione triangolare in cuoio pesante davanti all'addome. La testa era protetta dal sole con un copricapo di stoffa e in caso di battaglie con semplici elmi di cuoio. Stavano generalmente a torso nudo ma per proteggersi potevano indossare una camicia. 

Il popolo ovviamente si abbigliava in maniera diversa dai nobili, sia per motivi economici che pratici. Semplici calzoni, gonnellini, quando addirittura non lavorassero nudi, sia uomini che donne. I fanciulli del popolo andavano sempre completamente nudi, e ciò era visto come assolutamente normale; nello specifico le bambine coprivano il pube con un panno leggero, ma comunque le natiche restavano normalmente scoperte. Invece i bambini non indossavano nulla, e giravano con i genitali e i glutei esposti. Questa condizione di totale nudità durava finché i bambini non compivano dieci anni. È da notare che la nudità, di adulti e bambini, era costume abituale.

- Regno ed esercito: 
L'antico Egitto raggiunse l'apice della sua potenza ed estensione territoriale nel periodo chiamato Nuovo Regno ( periodo che va, cronologicamente all'incirca dal 1560/1530 a.C. al 1085/1080 a.C. e comprende le dinastie di faraoni dalla 18^ alla 20^ secondo la cronologia dello storico e sacerdote egizio Manetone, vissuto all'inizio del III sec a.C.) quando i confini dell'impero andavano dalla Libia all'Etiopia al Medio Oriente.

Durante l'Antico Regno non vi fu necessità di un esercito permanente. Quando vi era bisogno di affrontare un'incursione beduina o la necessità di un bottino, si organizzava una leva; venivano dunque reclutati giovani che, una volta terminata la guerra, tornavano al loro lavoro abituale. Molto più comune era però il reclutamento di mercenari, in particolare Libici e Nubiani. Questi ultimi erano molto apprezzati come arcieri. L'esercito assunse un ruolo importante a partire dal Medio Regno, giungendo al proprio apice nel Nuovo Regno, periodo di grandi spedizioni militari.
L'esercito egizio era perfettamente organizzato, e alla guida delle truppe stava sempre il faraone, sul quale ricadeva il comando assoluto. Malgrado questa concentrazione di potere, egli, come avveniva col suo potere religioso, delegava le sue funzioni ai generali.

- Così era più o meno costituito un giardino nell'Antico Egitto:
Uno o più bacini d'acqua, attorno ai quali erano distribuiti gli alberi tipici, tra cui: il papiro, simbolo di Osiride. Palma e Sicomoro, simboli della dea del Cielo Nut. Acacia, albero considerato sacro, essendo per tradizione nato dalla tomba di Osiride.
Nei laghi galleggiavano fiori di Loto, in particolare di colore azzurro, simbolo del sorgere del sole e del ritorno alla vita.


Angolo autrice:
Ed eccomi di ritorno. È stato difficile ritrarre gli eventi, sforzandomi di rimanere sul vago, di alludere alle cose senza dirle ^^' 
immagino si sia capito cosa è accaduto e che abbiate intuito cosa contenga l'ampolla. ^^
Sappiate che il racconto di cosa successe non si fermerà qui. Lo scoprirete, anche se a tempo debito XD la verità verrà a galla pian piano, un tassello per volta.

Ultime due quisquilie e poi non vi tedio più: tenete d'occhio i dettagli perchè ritorneranno. XD Già sulla provenienza di Izayoi ho usato la licenza poetica, in quanto il tipo di pietra che userò per la sua collana non è affatto iraniana XD

Perchè Izayoi dice che, a 18 anni era "fuori tempo"? suona strano, al giorno d'oggi, lo so. Si iniziava molto presto, sia a sposarsi che a fare figli nell'Egitto dei faraoni, già a 14/15 anni. E, se ci pensate, anche la vita media non era lunga. Ci sono state eccezioni, ovviamente, come nel caso del faraone Ramesse II che regnò ben 67 anni, e morì a ben 97 anni, avendo per altro, tra principali e secondarie 77 mogli da cui ebbe la bellezza di 169 figli XD (grazie a Serena x l'informazione ^^).

Detto questo, mi eclisso XD 
Alla prossima. ^^
se vi va, fatemi sapere le vostre opinioni e teorie su cosa succederà!

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Capitolo 4
*** Addii e inganni ***


N.B. piccola precisazione a scanso di equivoci: con questo capitolo facciamo un bel salto in avanti; come vedrete sotto, nella prima parte si continua brevemente il precedente, ma poi si fa un salto di 10 anni, tornando quindi al tempo del prologo! Buona lettura! ^_^



Capitolo 3        Addii e inganni. 





1224 a.C., notte dell'eclissi.


Il principe InuYasha ci aveva provato, a rimanere sveglio e restare con il naso all'insù verso il cielo.

Kagome era caduta addormentata già da un po', appoggiata alla spalla dell'amico, così Misaki l'aveva infine portata nel suo letto, prendendola in braccio, senza svegliarla.

Anche il compagno di giochi però aveva finito per cedere al sonno, sebbene avesse pressoché implorato il fratello maggiore di restare con lui e tenerlo sveglio per poter assistere all'eclissi.

Seduto sul primo dei quattro gradini della scala che separava il giardino dal piccolo corridioio a colonnato,  Sesshomaru sospirò, osservando il microbo addormentato accanto a sé su una stuoia, praticamente raggomitolato su se stesso.

Chissà quanto doveva essere comodo, il pavimento... tsk! Che seccatura! Perchè doveva toccare proprio a lui il compito di portarlo dentro? Mai che ci fosse un'ancella, quando davvero serviva!

Stava per allungare una mano verso di lui quando un grido lo agghiacciò.

Scattò in piedi e si diresse verso la fonte del rumore, ma, prima che potesse arrivarci, fu fermato da Izayoi che, sconvolta e in lacrime, gli si era quasi gettata addosso.

Gli bastò un solo sguardo per capire.

- Non avete più mangiato o bevuto nulla, dalla cena, vero? - si assicurò la regina, con una strana intonazione della voce.

Al cenno di diniego del principe, tirò un sospiro di sollievo.

Aveva subito capito, sentendo quello strano odore di mandorle non appena aveva tentato di avvicinarsi alla bocca dell'amato. Veleno.
Qualcuno aveva avvelenato il faraone.
Le sfuggì un singhiozzo a quel pensiero. Il suo amato! Il suo Inu era morto e lei non aveva potuto fare nulla per salvarlo!

- Sesshomaru - disse solamente, guardandolo decisa e perentoria, riacquistando lucidità.
Era giunto il momento.

- Va da Totosai, presto! - gli ingiunse.

- Mamma, che succede? - li raggiunse una vocetta assonnata di bambino.

La donna tentò di sorridere al figlio comparso dietro al maggiore.
InuYasha sbadigliò, sfregandosi un occhio color dell'oro per scacciare il sonno.

- Niente, amore mio. Va tutto bene - gli disse - Ora tu, io e tuo fratello torniamo di là, vero? - si finse indifferente, lanciando però un' occhiata di intesa a Sesshomaru, che si era già allontanato, non prima di aver sillabato un silenzioso: - Alle stalle. Tra dieci minuti - prima di precederli, sparendo dalla visuale in poco tempo.

Izayoi si guardò attorno con circospezione, prima di avviarsi lentamente lungo il corridoio mano nella mano con il figlio.

InuYasha si guardò attorno a sua volta, confuso dalle grida che sentiva ancora provenire da qualche parte del palazzo reale.

- Dove stiamo andando, madre? Io volevo vedere l'eclissi! E poi la nostra camera non è... - osò chiederle dopo alcuni minuti, ma fu spiazzato dal sibilo della regina che, irrigidendosi di colpo, gli ordinò di correre.
Izayoi aveva infatti percepito una presenza alle loro spalle.

Arrivati all'imboccatura del corridoio che portava alle stalle, trovarono Sesshomaru ad aspettarli. Fortunatamente nessuno sembrava averli seguiti.

 - Totosai è pronto a partire ed ha preparato due cavalli. Andiamo! - disse Sesshomaru alla matrigna, ma spalancò gli occhi in una muta espressione di sgomento, così inusuale per lui, nel vedere la donna sorridergli mestamente e scuotere appena la testa.

- No, Sesshomaru. Solo tu e lui - gli confermò mesta la regina - InuYasha - esalò poi in un sospiro pieno dolore, inginocchiandosi davanti al figlioletto, prendendolo per le spalle - Vieni qui, abbraccia la tua mamma. Forte, abbracciami forte - singhiozzò, affondando il viso nei folti capelli scuri del bambino.

Il principino la osservò confuso per un momento e fu solo quando la madre lo prese di peso tra le braccia, passandolo a Sesshomaru che capì: - No! - urlò quasi.

Izayoi gli sorrise, carezzandogli una guancia: - Shht. Andrà tutto bene, te lo prometto. Fidati di me. Obbedisci sempre a tuo fratello, è un ordine! Ed ora andate -.

- No! – ripeté il bambino, aggrappandosi disperato alla veste della donna.

In un ultimo atto di amore materno, la regina lo fece staccare e lo baciò, mettendogli al collo la propria collana: - Non aver paura, amore mio. Io sarò con te, sempre. Anche se non mi vedrai. Sempre. Sarò sempre con te -.

- No, aspetta! - singhiozzò il bambino, sconvolto - Devi esserci anche tu, e papà, e... Kagome! Non abbiamo preso Kagome! Sta ancora dormendo. E Misaki… - realizzò.

- Hai ragione, andrò a prenderle e vi raggiungeremo prestissimo. Voi cominciate ad andare - gli rispose Izayoi, ben sapendo di star dicendo una bugia. Lei doveva restare. Era la regina dopotutto, l’unica regnante in carica ancora in vita al momento. E poi doveva riuscire a far guadagnare loro, ai suoi figli, l'unica parte ancora in vita del suo cuore, un po' di tempo per allontanarsi indisturbati.
- Andate! - ripeté, abbracciando anche Sesshomaru - Dovete vivere! - gli sussurrò piano in un orecchio - Vi voglio bene - singhiozzò, staccandosi.

Il ragazzo guardò per l'ultima volta la matrigna, anzi no, la madre e, con una strana sensazione all'altezza del petto, si voltò, dirigendosi a passo spedito verso le stalle.
Non lo aveva mai ammesso, ma nutriva per quella donna molto rispetto e ammirazione.

- No! - gridò per l'ennesima volta il fratellino, tentando di divincolarsi dalla stretta del fratello maggiore - Secchan! Lasciami, no! Dobbiamo prendere la mamma, e Kagome. Lasciami ho detto, lasciami, fratellone! Lasciamiiiii - pianse disperato, graffiandogli le spalle.

Ma Sesshomaru non si fermò, anzi, lo avvolse goffamente in un impacciato abbraccio, stringendoselo contro e mettendogli una mano sulla testa.

Lesto, salì a cavallo e lo spronò, dirigendosi verso il deserto, accompagnato dallo spadaio che lo aspettava davanti al portone di legno già aperto.

- Ehi, ma... e la... - balbettò Totosai, vedendoli senza la regina, ma il principe lo gelò con uno sguardo, facendolo tacere.

- Andiamo! - ordinò, guardando dritto davanti a sé.

InuYasha piangeva ancora, stringendo tra le mani il ciondolo della madre, il viso affondato nel petto del fratello, ripetendo come una nenia: - Madre... Padre... Kagome... no... no. Lasciami andare, fratellone... lasciami andare... -.

Arrivato sulla cima di una duna, Sesshomaru si voltò indietro per un unico lungo istante, guardando il palazzo. E la vide. Una figura resa piccola dalla lontananza. Eppure la riconobbe.

Bella e fiera come la regina che era, Izayoi li osservò, affacciata alla balconata superiore, con le lacrime agli occhi, ma ergendosi fiera e maestosa: - Andate, figli miei, forza! Dovete vivere - singhiozzò.
Si portò una mano alle labbra, allungando poi il braccio verso le figure appena visibili nella notte.
Un bacio. Un bacio silenzioso che loro non poterono vedere data la distanza, ma che lei sperò arrivasse ai loro cuori.

- InuYasha - disse Sesshomaru - Guarda. È così che la dovrai ricordare. Alza la testa e guarda. Imprimiti nella memoria l'immagine della nostra casa. E ricorda. Ricorda la forza di chi ti ha amato tanto da sacrificarsi per la nostra salvezza -.

- Quella è una vera regina - commentò Totosai, commosso, guardandosi indietro.

All'improvviso però qualcosa sibilò a poca distanza da loro. 
Una freccia.

- Dannazione! Quel maledetto bastardo - imprecò il principe, spronando il cavallo - Via, presto! Ci hanno scoperti! Dobbiamo andare! - vociò, notando delle figure uscire dal palazzo a tutta velocità.
"Ma torneremo, un giorno, lo giuro sul mio onore. Vi vendicherò, padre. Perdonatemi, non sono stato in grado di fare nulla per la vostra sposa, ora. Ma tornerò. L'onta che abbiamo subito da quel maledetto non resterà impunita. Lo schiaccerò, quell'insulso insetto!" promise mentalmente.



Izayoi alzò gli occhi a fissare il cielo, asciugandosi le lacrime.

- Luna rossa. Un'eclissi - sussurrò, contemplando l'astro.
- Dei dell'Egitto, vi invoco. Proteggeteli. Proteggete i miei figli - esalò poi, ad occhi chiusi.

Prese un profondo respiro, inalando a fondo il profumo della notte e riaprì gli occhi.
Rimase con lo sguardo fisso per un lungo istante, come se stesse guardando il nulla. 
Infine si voltò, tornando all'interno del palazzo in un fruscio di stoffe.

Pronta ad affrontare il suo destino.











Palazzo reale di Menfi, 1214 a.C.   [10 anni dopo]




Era stato così semplice.

Non aveva dovuto fare altro se non restare a guardare mentre gli altri facevano il lavoro sporco al posto suo.

Far sì che il Faraone assumesse il veleno per mano di un'ignara ancella.
Ed incastrare quella sciocca ambiziosa di Tsubaki, accusandola, facendola processare e condannare a morte.
E convincere il popolo che la regina si fosse uccisa, gettandosi tra le fiamme dell'incendio improvvisamente divampato a palazzo, preda della follia e della disperazione per la la morte del marito e la scomparsa improvvisa e misteriosa dei figli.

Un unico particolare era però sfuggito al suo piano.
I due principi.

Il suo piano originale prevedeva di inscenare l'aggressione violenta al palazzo da parte di alcuni mercenari, dando loro il compito di uccidere i principi, approfittando dello scompiglio. Quei maledetti eredi erano però fuggiti!

E quella banda di sette sciocchi ancora una volta non aveva rispettato i patti.
Ma Naraku era furbo e far sì che attaccassero veramente il palazzo quella notte era stato molto semplice, in realtà.
Era bastato rapire quella bambinetta, che oltretutto si era rivelata più utile del previsto.

Semplice.
Far spargere la voce, il sospetto che fosse stato il principe maggiore ad avvelenare il padre, per potersi impossessare del trono anzitempo.
Che fosse stato lui ad appiccare l'incendio, ad assoldare i mercenari e a far sparire l'odiato fratellastro per poi fuggire.

E, una volta sepolto con tutti gli onori il faraone defunto e occupatosi anche delle sommarie esequie dei poveri resti della sfortunata regina, fingendosi addoloratissimo, far credere che lui, il Gran Sacerdote Naraku, avesse a cuore il destino del regno e che solo per questo si fosse offerto come provvisorio reggente e tutore della misteriosa unica erede rimasta di Inu No Taisho, una bimbetta in fasce avuta con chissà quale serva e celata al mondo fino alla morte di quest'ultimo.

Naraku sorrise, bevendo un sorso di vino.

Una mano affusolata gli si posò sulla spalla, per poi allungarsi e rubargli il calice.
Alzando lo sguardo, il Gran Sacerdote, ora a capo dell'Egitto, osservò Kikyo portarsi il bicchiere alle labbra e bere, per poi rivolgergli un'occhiata con espressione lasciva.

Senza parlare, l'uomo se la tirò in braccio, facendola sedere sulle sue gambe e baciandola, assaporando il gusto della sua bocca mischiato all'aroma del vino.

- Mio Signore - sussurrò la nobile egiziana.

- Sei felice, ora, mia futura regina? - le domandò.

- Quasi - fu la risposta di lei - Se solo fossimo sicuri che quel maledetto abbia smesso una volta per tutte con i suoi tentativi di incursione. Sono parecchi mesi che abbiamo perso le sue tracce - riflettè la donna.

Naraku si accigliò. Quel dannato erede dell'ex faraone!

Fino ad ora era riuscito a far credere ai consiglieri e al resto della corte che si trattasse di attacchi sporadici di predoni.

Il fatto poi che avessero tenuto presso di loro la mocciosa del cuore del secondo principe, pensava avesse giocato a suo sfavore.

Quella ragazza era sempre stata una presenza scomoda, ma con le minacce prima e con le punizioni poi, era riuscito a piegarla, tenendola con sé ed usandola come serva.
Tuttavia quella maledetta mulatta era scomparsa nel nulla circa tre anni prima. Fuggita anche lei!

Quell'idiota di Hakudoshi se l'era lasciata scappare da sotto il naso!
Pensare che aveva ritenuto quel ragazzino una valida spia, scegliendolo come silenzioso osservatore di ciò che accadeva nei meandri della corte!

Fosse stato per Naraku, l'avrebbe fatta fuori già dieci anni prima, la mocciosa, facendola lavorare fino alla morte, come aveva fatto con la madre.

Kikyo però non era stata della stessa opinione: diceva che la presenza della ragazzina sarebbe stata un motivo in più per spingere i principi fuggitivi a tentare di fare ritorno a palazzo, per liberarla, nel caso in cui fossero stati ancora in vita.
E allora, loro avrebbero potuto distruggerli una volta per tutte.


Un lieve bussare interruppe le sue elucubrazioni: - Un messaggio per voi, mio Signore - annunciò una strana ragazzina dalla pelle bianca come il latte così come i capelli. Un'albina. Un'orfana di cui, per statuto, il sovrano d'Egitto doveva prendersi cura ed accogliere a corte.

Naraku allungò un braccio, facendosi dare il papiro arrotolato.

Kikyo si alzò da lui, dopo avergli dato un fugace bacio: - Ti lascio alle tue incombenze - affermò - Kanna! - si rivolse poi con tono imperioso alla ragazzina - È pronto il mio bagno di bellezza al latte d'asina? -.

Kanna fece un piccolo inchino: - Certamente, Signora - le comunicò flebilmente - Se volete seguirmi... -.

- Molto bene! - asserì soddisfatta la nobile egiziana, superando la servetta ed uscendo dalla sala del trono.

Kanna rimase ancora qualche istante, aspettando eventuali altri comandi dal suo Signore.

- Puoi andare - disse quello, senza alzare lo sguardo dal foglio che stava leggendo.

Dannazione! Le cose si stavano complicando.
Molti nobili egiziani facevano pressione affinché la principessa venisse eletta faraone, scavalcando così la reggenza dell'ex gran sacerdote e visir di Inu No Taisho, ossia Naraku stesso.

Idioti! Se solo avessero saputo chi fosse in realtà quella ragazzina!

Era stata una passeggiata per lui, sfruttare il proprio ruolo e falsificare documenti e testamento del defunto faraone, crearne di nuovi dal nulla, facendo figurare quella popolana come figlia illegittima e segreta del monarca d'Egitto, frutto di una scappatella.

Ed essendo la principessina molto piccola, alla morte del presunto padre, Naraku era facilmente riuscito a farsi eleggere tutore della bambina di due anni.
Ora però di anni ne stava per compiere tredici ed era quasi il momento di farla sposare.

Fortunatamente nessuno aveva dubitato della veridicità dell'identità della ragazzina e il fatto che lei fosse stata un'infante, l'aveva facilitato anche nell'educarla, rendendola certa di essere davvero figlia del faraone.

Fatte fuori le serve degli ex sovrani, non era praticamente rimasto nessuno che potesse sostenere il contrario, ad eccezione di quella mocciosa figlia della serva iraniana, anche lei caduta nel tranello.

Solo l'improvviso ritorno dei veri principi avrebbe potuto smascherarlo, ma, fino ad ora, era riuscito ad avere tutto sotto controllo, accentrando su di sé ogni potere.

Non aveva voluto attorno a sé alcun collaboratore, ad eccezione dei suoi fedelissimi.
Nessun visir, nessuno scriba pusillanime come quel Myoga che, tra l'altro, se la doveva essere data a gambe durante l'incendio del palazzo.

E, con Byakuya a capo dell'esercito, era sicuro di poter schiacciare sul nascere ogni tentativo di rivoluzione!
Se solo quello stupido fosse riuscito a trovare il principe ed ucciderlo una volta per tutte!

Durante il suo colpo di stato di dieci anni prima, si era accorto della fuga degli eredi, sfuggiti per un soffio grazie alla complicità di quel decrepito maestro d'armi e aveva inviato proprio Byakuya al loro inseguimento per ucciderli!

Il soldato però non era riuscito a prenderli, ma gli aveva assicurato che una delle frecce che aveva lanciato loro addosso aveva centrato un bersaglio.

Effettivamente lo stesso Naraku sospettava che il principe più piccolo fosse morto e che il mandante delle incursioni che aveva subito in quegli anni fosse il fratello maggiore.
Tuttavia erano stati attacchi molto deboli, come di prova o opera di una figura incompetente e, proprio da questo, gli era sorto il sospetto che ci fosse stata la possibilità che il sopravvissuto fosse invece il figlio dell'iraniana.

Nel dubbio, aveva provveduto ad essere preparato ad ogni eventualità, tenendosi da parte, tra gli altri, l'asso nella manica della ragazzina amica d'infanzia.
Peccato che quella bastardella fosse fuggita!

Le varie missioni segrete di Byakuya ed Hakudoshi alla ricerca dei principi avevano avuto esito negativo, ma Naraku era certo che quei maledetti si sarebbero fatti di nuovo vivi, prima o poi.


Era pronto ad affrontare ogni cosa, qualsiasi eventualità e intanto era riuscito a regnare dieci anni, grazie all'inganno dell'erede fasulla.

La credevano tutti una vera principessa... quanto si sbagliavano!

Il reggente accartocciò il foglio di papiro, lanciandolo da qualche parte nella stanza, mentre un ghigno malvagio gli stravolgeva i lineamenti.

Sì, li avrebbe trovati ed uccisi, e poi avrebbe fatto fuori anche la finta principessa, rimanendo quindi l'unico al potere, insieme a Kikyo.

Era solo questione di tempo.






Kikyo stava percorrendo piano il corridoio in penombra, diretta alle sue stanze, accompagnata da Kanna.
All'improvviso però una cosa pelosa non ben identificata le sfrecciò davanti, facendola spaventare.
Quel dannato gatto! Se solo non fosse stato un animale sacro, l'avrebbe volentieri fatto fuori! Non era ancora arrivato il momento che tirasse le cuoia, dannazione? Doveva avere almeno 11 anni, ormai!

Una voce di ragazza la raggiunse: - Buyo? Torna qui!! oh, salve, somma Kikyo! -.

La donna sfoderò il più falso ed allenato dei suoi sorrisi: - Buongiorno a voi, principessa. Non dovreste girovagare fuori dalle vostre stanze, lo sapete bene. - la sgridò - E poi, per l'amor del cielo, quante volte dobbiamo ripetervelo che una buona principessa cura il proprio aspetto? Avete raccolto un'altra volta i capelli in quella scialba pettinatura e, per gli Dei, cosa sarebbe quello? Un codino!?! - sbuffò, esasperata - E ancora a correre dietro a quell'anziano gatto! -.

La dodicenne arrossì, mortificata: - Mi dispiace, somma Kikyo. I-io... Buyo è mi è molto caro, signorina. Mi è stato affidato da - soffiò, ma la nobile la interruppe:
- Una principessa non deve mai scusarsi! E non nominate quella popolana traditrice, ve ne prego! Devo forse ricordarvi che vi ha abbandonato, dandosi alla fuga non appena ne ha avuto l'occasione? Non ha avuto alcun rispetto per voi e per l'amicizia che diceva di provare nei vostri confronti -.

La principessina si morse un labbro.

Si sentì invadere dalla tristezza, nel ripensare all'amica con cui era cresciuta.
Era strano, ma l'aveva sempre quasi considerata una specie di sorella maggiore. Era sbagliato, lo sapeva. Lei era una principessa, la figlia del faraone, l'erede al trono, ma la ragazza le era sempre stata accanto, da che ne aveva memoria!

Nonostante tra loro ci fossero solo quattro anni di differenza, aveva legato con lei fin da subito.
Le aveva tenuto compagnia nei lunghi anni in cui era rimasta confinata nelle proprie stanze.
Le sembrava di essere una reclusa a volte, ma il suo tutore, il sommo Naraku, le aveva spiegato che era per il suo bene, per evitare che qualche malintenzionato attentasse alla sua vita, come era capitato a quei due fratelli che non aveva mai potuto conoscere.

Aveva chiesto qualche volta all'amica, divenuta sua dama di compagnia, di raccontarle di loro, ma di fronte allo sguardo triste e addolorato della ragazza, aveva smesso di porgerle quella domanda.

Un giorno di tre anni prima però, svegliandosi, non aveva più trovato la giovane al suo fianco.

Fuggita.

Tutti le avevano detto così, ma lei aveva sempre percepito qualcosa di strano, in quella convinzione.
Il gatto.
L'aveva inspiegabilmente lasciato lì e, da quel giorno, il felino le era sempre stato attaccato, non la lasciava un attimo, come se gli fosse stato chiesto di vegliare su di lei.


- Kagura! - vociò Kikyo, chiamando l'ancella preposta alla cura dell'erede al trono.

La donna sopraggiunse immediatamente.
- Riaccompagna la principessa nelle sue stanze - le ordinò - E vedi di non fartela sfuggire di nuovo. Non può andarsene a zonzo a suo piacimento per il palazzo - sibilò velenosa.

Kagura trattenne un moto di stizza.
Detestava quella donna dal profondo del cuore.
E sapeva bene, nonostante fosse loro sottomessa, quale malvagità si celasse nell'animo di Naraku e Kikyo.
"Riaccompagna la principessa.... Tsk!" pensò "Certo, come no. Probabilmente potrei essere più nobile io di questa sciocca ragazzina! La figlia segreta del faraone... Che branco di sciocchi creduloni".

Nonostante questo, si mostrò docile e remissiva agli ordini di Kikyo, mentre quell'irrequieta della futura regina correva via senza aspettarla.

- Ah, e quando avrai finito con lei... Ho bisogno che qualcuno mi spazzoli i capelli. Spicciati, serva - la schernì la nobile.

- Sì, signora. Vossignoria necessita anche che le sia lavata la schiena? - le domandò Kagura, con malcelato sarcasmo.

Kikyo la fissò truce e lei sostenne lo sguardo.
Stranamente però poi la nobile sorrise, perfida: - Se insisti tanto nell'essere così servizievole per la tua signora... Ti attendo nella sala da bagno - le rispose - Bene, possiamo andare, ora! - disse infine a Kanna, tornando a camminare.

Kagura la osservò allontanarsi.
Avrebbe trovato il modo di essere finalmente libera, prima o poi, ma non ora.
Non era ancora il momento. Avrebbe dovuto pazientare ancora un po'.






Oasi di Dakhla, 1214 a.C.





L'anziana Kaede osservava soddisfatta i giovani del gruppo lavorare alacremente nell'allestire l’accampamento.
 Persino i bambini si stavano ancora dando da fare.
Tutti, tranne una persona.

“Ragazzo mio” pensò la matriarca con un sospiro.

Da quel lontano giorno, aveva fatto di tutto per far sì che quello sperduto bambino, ormai divenuto un giovane uomo trovasse nei figli del deserto una nuova famiglia.
Aveva fatto una promessa, dopotutto! Aveva promesso che se ne sarebbe presa cura fino a quando lui non sarebbe tornato, e così era stato.

I figli del deserto gli avevano insegnato a combattere, a cavarsela da solo nelle difficoltà. Gli avevano impartito un codice d'onore.

In breve tempo il ragazzo si era adattato a quella vita, partecipava attivamente ai doveri della comunità, seguiva Miroku e gli altri uomini quando era ora di andare a caccia e procacciarsi il cibo.

Principalmente però si allenava a combattere e a tirar di spada con Koga, ma soprattutto con il membro del gruppo che maggiormente spiccava per la caparbietà, abilità guerriera e carisma: Ayame.

Ed era sicura che la cosa gli avesse giovato, che il suo cuore ferito si fosse almeno in parte risanato in quegli anni, grazie alle nuove amicizie che aveva stretto tra loro.

Solo lei sapeva chi lui fosse davvero.
Per gli altri era semplicemente InuYasha. Un ragazzino che uno degli uomini aveva soccorso ormai dieci anni prima e che era rimasto con loro.

Nonostante l'alone di mistero che lo circondava, il giovane aveva stretto una solida amicizia specialmente con Koga, l'esuberante ed avventato figlio del capotribù, e con Miroku.

Perfino le ragazze lo avevano accettato facilmente, forse attirate dalla tristezza che aleggiava in quelle iridi dal colore così strano.

Era un bravo ragazzo, InuYasha, capace costantemente di migliorarsi, assetato di conoscenza.
Aveva un carattere un po' permaloso e chiuso, a dire il vero, ma era sempre pronto ad aiutare gli amici, pur tentando di non darlo a vedere. Anche con Shippo: l'anziana matriarca sapeva bene che, dietro ad ogni rimprovero, baruffa o battibecco, c'era un profondo rispetto reciproco.

Non era stato per niente facile, convincerlo a lasciarsi andare, riuscire a fargli aprire il cuore almeno un po'.

Era comprensibile, quel suo chiudersi in se stesso, comunque: aveva paura di soffrire ancora, di amare e perdere di nuovo tutto.

Kaede lo aveva subito capito, non appena il fanciullo aveva aperto su di lei quel suo strano sguardo, spaventato, terrorizzato nel trovarsi tra gente estranea. Terrorizzato nel rendersi conto di essere da solo.

In effetti non era stata una grande idea, quella di lui ... lasciarlo presso di loro all'improvviso, senza aspettare che si svegliasse dalla convalescenza dopo quella caduta da cavallo che gli aveva fatto perdere i sensi. Lasciarlo lì senza avergli quasi dato un qualche tipo di rassicurazione se non dire a lei un "è per il suo bene, digli che tornerò".

Erano inseguiti, d'accordo.
Però anche lui era ferito, ma, nonostante quello, non aveva voluto indugiare se non il minimo indispensabile.
Ah, gli uomini!

La donna osservò il ragazzo seduto all'ombra della palma con una punta di preoccupazione nello sguardo.

Quando si isolava, non era mai un buon segno.
Significava che si stava di nuovo soffermando su quei pensieri, in quei ricordi, in una muta sofferenza interiore.
E la luce che gli aveva talvolta visto negli occhi, l'aveva più e più volte fatta incupire. Voglia di rivalsa, ma soprattutto di vendetta.

Era stata particolarmente attenta che certe voci e notizie non gli arrivassero, e il fatto che fossero un gruppo nomade aveva in parte aiutato.

Kaede tornò per un momento a rivolgere la propria attenzione al resto del clan, ridendo silenziosamente della perseveranza di Koga e della cocciutaggine di Ayame.
Le urla di quest'ultima si erano sentite per tutta l'oasi!

Un movimento ripetuto sopra la sua testa le costrinse però ad alzare il viso verso il cielo, scrutandolo e sgranare l'unico occhio che le era rimasto.
Un falco? Strano, lei non aveva più mandato mesaggi, da un mese a quella parte!

Di colpo nel gruppo si scatenò un insolito trambusto.

La strana gatta che Sango aveva trovato qualche anno addietro, sfrecciò come un fulmine davanti all'entrata della tenda dell'anziana.

E poi… cavalli?
Dei viaggiatori?
Che fosse... oh, si era forse finalmente deciso a tornare a riprenderlo?

Eppure... No, non pareva lui, anche se...

No, non si era del tutto sbagliata.
Quel nome conosciuto pronunciato da una figura di donna ancora sconosciuta diede conferma a Kaede che il tempo era infine giunto.

Qualcosa si stava muovendo e forse la tanto attesa rivalsa non era poi così lontana.




Per saperne di più:

(e per rispondere alla giusta domanda che vi sarete posti: Naraku, gran sacerdote, come ha potuto diventare reggente? C'è stata la scappatoia di farsi tutore di un'eventuale erede dell'ex faraone, ok. Però...)

Storicamente, l'Egitto ebbe la più articolata amministrazione dell'antichità. Agli ordini diretti del faraone c'era una specie di primo ministro, il visir, cui faceva capo l'intero apparato amministrativo: egli controllava la gestione della giustizia, il tesoro e le entrate fiscali, sovrintendeva ai lavori pubblici. Il visir aveva al proprio servizio numerosi funzionari, distribuiti in ordine gerarchico negli uffici centrali e in tutti i distretti del paese.
Dato che tutti gli atti pubblici venivano accuratamente registrati e archiviati, gli scribi formavano l'ossatura della burocrazia egiziana, presenti a corte come nei più lontani uffici periferici, nelle esattorie delle imposte, nei campi e censire il bestiame o a misurare i raccolti, avevano un ruolo primario e insostituibile, che garantiva loro prestigio e privilegi. La complessità della scrittura geroglifica richiedeva del resto lunghi anni di studio, e solo pochi la apprendevano.

Nell'ampio sistema di funzionari amministrativi, il visir aveva comunque la carica più elevata. Fino alla XVIII dinastia vi fu un solo visir per tutto l'Egitto, ma nel regno di Thutmose III la funzione si sdoppiò e vi fu un visir del sud che risiedeva a Tebe e un visir del nord che aveva la sua sede a Eliopoli. 

SACERDOTI: La casta sacerdotale aveva un ruolo importante nella gestione del potere, affiancando i faraoni e minacciandone a volte la supremazia.
Il sacerdote aveva il compito di officiare i numerosi e complicati riti imposti dagli dèi. Poteva inoltre avere l'accesso alla parte più interna del tempio, quella in cui era conservata la statua del dio, dopo preventive pratiche purificatorie.
La circoncisione, la rasatura del corpo, l'astensione da cibi come le verdure a foglia verde o i pesci di mare, il divieto periodico di rapporti sessuali (ai sacerdoti era consentito sposarsi) costituivano la regola.

Capirete quindi il metodo atipico che il mio Naraku ha utilizzato per prendere il potere. Ha accentrato tutto nella sua persona, diventando visir oltre che Sacerdote. È una specie di "assolutismo", il suo.
Non essendo un nobile, non poteva ambire direttamente al trono, quindi si è creato da solo le condizioni per poterlo fare. ;-)

- Orfani a corte: è il momento di sfatare un mito. XD avrete notato che non ho mai usato la parola "schiavo". Ancelle, serve, sottoposti, ma non schiavo.
Non esisteva la compravendita di uomini, nell'Antico Egitto. E nemmeno la schiavitù. Si diventava "schiavi" solo per pene dovute a delitti o per prigionia di guerra.
La persona punita era comunque trattata bene, serviva come manovalanza per le opere pubbliche o per lavori domestici. Solamente, non erano retribuiti XD. Avevano però vitto, alloggio e cure mediche.
Il lavoratore, in caso di esubero, veniva ceduto ad altri, di solito ad una persona di grado superiore o più ricca, anche perché se il "padrone" non aveva i mezzi per provvedere al sostentamento del sottoposto, poteva essere benissimo denunciato per maltrattamenti.

Similmente, non esistono orfanotrofi. I bambini non venivano mai abbandonati a se stessi in strada, di solito erano radunati a palazzo perché il faraone, RESPONSABILE DEL BENESSERE DEL POPOLO, aveva l'OBBLIGO di prendersi cura di loro ^^ (pensate ad esempio alla vicenda di Mosè XD).
Anche i nobili potevano prendere i bambini sotto la propria ala protrettrice. Da grande, il bambino, poteva poi svincolarsi e andarsene per la sua strada.




E rieccoci! ^^
Ammetto di non essere proprio il massimo, nel mantenere i misteri -.-''' ci ho provato, ma non so... XD
Forse ho seminato troppe briciole di Pollicino e troppo in fretta, temo. Questa storia sta diventando davvero un labirinto! ^^'

Piccola precisazione che avrei dovuto fare già nello scorso capitolo, ma me ne sono dimenticata XD Magari sarà anche una cosa superflua, ma la dico comunque :P
Le età dei personaggi XD
Come avete avuto modo di vedere, sono più o meno in linea con le età apparenti nel manga: InuYasha, Kagome, Sango, Miroku, Ayame, Koga e compagnia, sono dei ragazzi dai 16 ai 20 anni. Sesshomaru è più grande di InuYasha.
Kaede è anziana, Shippo un bambino.
Kagura, Kanna, Byakuya (ricordo che son tutti umani! ^^) e futuri personaggi che compariranno hanno il solito aspetto e la solita età.
Le eccezioni sono poche:
Naraku è in effetti un uomo adulto, quando InuYasha è un bambino ^^' diciamo che ha l'età di Izayoi o poco più. Sui.. 38 anni, al tempo "presente della narrazione" (=1214 a.C.).
Kikyo, in questa fic, non è coetanea di InuYasha, ma più grande. Il perché di questa scelta lo spiegherò poi, ma diciamo che ha all'incirca 5 anni in meno della regina Izayoi.
Kohaku è di qualche anno più grande rispetto al manga, ha solo due anni meno di Kagome, quindi 14.
La misteriosa ragazzina (che immagino avrete già capito chi sia -.-'') ha due anni meno di Kohaku.

(Quindi, a titolo di esempio, nel momento del "fattaccio" i personaggi sono così distribuiti:
Inu No T: 39 anni.
Izayoi: 27.
Kikyo: 22.
Naraku: circa 28.
InuYasha: 8 anni.
Kagome: 6.
Sesshomaru: 18 anni.)
Può essere benissimo che io abbia sbagliato i conti, comunque XD come si conviene ad ogni amante delle discipline umanistiche, io e la matematica non andiamo proprio a braccetto ^^'

Detto questo, vi saluto, scusandomi se vi ho fatto venire l'ansia e il magone con questo capitolo non proprio allegro ^^'
alla prossima! :-*

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Capitolo 5
*** Ritrovarsi ***


Capitolo 4   Ritrovarsi




Oasi di Dakhla, 1214 a.C.


Credeva che quella si sarebbe prospettata l'ennesima noiosa giornata della piatta esistenza che aveva vissuto fino a quel momento.

Beh, noiosa non proprio, in verità.
Il solito: tentare di far lavorare quello scansafatiche di Koga, provare a far sì che quei due inetti che l'amico si ritrovava come tirapiedi riuscissero per una buona volta a portare a termine qualcosa.
Staccare Miroku dalle sottane di Sango, o evitare che la spiasse durante il bagno, intervenendo prima che quest'ultima lo riempisse di legnate, possibilmente senza rimanerne coinvolto anche lui.
Battibeccare con Shippo, per poi farsi rimproverare da Kaede con lo sguardo perchè trattava male quel mocciosetto.
Andare a caccia, cavalcare, allenarsi con la spada insieme ad Ayame.

Eppure... era da quella mattina che si sentiva nervoso, come inquieto. Come se da un momento all'altro, dovesse accadere qualcosa.

Per questa ragione, nonostante gli sforzi, non era nemmeno riuscito a rilassarsi con il consueto sonnecchiare. Non era certo stata colpa del pasticcio che Koga ed Ayame stavano facendo nel battibeccare come al solito; non del tutto, almeno.

InuYasha si era ormai rassegnato a non poter dormire e stava giusto riflettendo se fosse stato il caso di alzarsi ed andare a dare una mano con le tende, quando era sopraggiunta Kirara.

Il trambusto successivo lo aveva costretto ad alzarsi definitivamente e poi...

Nel momento in cui aveva visto quella minuta figura scendere da cavallo e avanzare con leggiadria di un paio di passi, aveva come sentito l'impulso di avvicinarsi a sua volta, uscendo dall'ombra.
Quando poi si era tolta il cappuccio, il giovane aveva trattenuto il fiato di fronte ad una tale bellezza e, stranamente, aveva percepito il cuore sfarfallare, avere come un tonfo.

- InuYasha... -.

Quella donna aveva pronunciato il suo nome?

Quegli occhi marroni traboccanti di emozione, la voce rotta.
Era come se li avesse già visti da qualche parte, quegli occhi, eppure... eppure era certo di non aver mai incontrato quella ragazza.

Come avrebbe potuto? Da quella notte di talmente tanti anni prima da averne quasi perso il conto, non aveva avuto altri contatti se non con i Figli del Deserto e qualche sporadico mercante con cui avevano saltuariamente intrattenuto rapporti commerciali nel loro continuo girovagare. E, anche in quei casi, Kaede era sempre stata chiara: lui avrebbe solo accompagnato gli amici, stando ben attento a non dare nell'occhio, mantenendosi in disparte e parlando solo se strettamente necessario.

Era perciò certo di non conoscere quella donna così bella.
Però, allora, perchè aveva sentito di nuovo quella specie di battito sordo nel petto? Perchè quegli occhi gli sembravano familiari?

- InuYasha, sei davvero tu... oh, InuYasha! - balbettò ancora la ragazza, commossa, avvicinandosi ancora un po', non lasciandosi scoraggiare dalla postura guardinga e minacciosa dei presenti.
- Lui mi aveva assicurato che tu fossi vivo, però... Perdonami per averti fatto aspettare così tanto! Io... io volevo! Volevo cercarti subito, ma lui non me lo ha permesso... - esalò freneticante.

Il giovane continuò ad osservarla stranito, anzi, ebbe quasi l'inspiegabile e bizzarro istinto di indietreggiare.
Lei non distolse lo sguardo da lui, corrucciandosi appena nel notare la rigidità del ragazzo.

I presenti continuavano ad osservare perplessi ma vigili la strana scena.

Infine Koga decise che fosse il caso di intervenire: - Ehi, Inu! Conosci questa tizia? - gli chiese, mentre quella avanzava ancora.
- Ehi ehi, bellezza! Frena! Dove credi di andare, splendore? Sarebbe buona educazione che tu ti presentassi, tesoro - le si rivolse beffardo, cingendole il braccio per fermarla.

Ayame inarcò un sopracciglio, stupendosi dello strano senso di... fastidio, nel vedere il giovane futuro capo tribù dare confidenza a quella sconosciuta. Nel sentirlo chiamarla con certi appellativi. Che farfallone! Anche se... Con una punta di invidia dovette ammettere che l'avvenenza della misteriosa ragazza fosse più che evidente.

L'istintivo gesto di Koga provocò però nella sconosciuta un'inaspettata reazione: dopo essersi irrigidita per un istante e sgranando gli occhi in un'espressione terrorizzata, si liberò con uno strattone, ruotando appena il busto e tentando di assestare una bella sberla sul viso del giovane Yoro che però parò il colpo, afferrandole il polso.
- Accidenti! Datti una calmata, piccola furia! - rise Koga.

- Toglimi.le.mani.di.dosso - ringhiò quella, quasi trapassandolo con un'occhiata furente.

- Suvvia, gente, cerchiamo di darci una calmata, eh? - intervenne Miroku, tentando di quietare gli animi.

Approfittando dell'interruzione, la nuova venuta riuscì intanto a liberarsi dalla presa di Koga e percorrere a grandi falcate la distanza che ancora la separava dal giovane rimasto nei pressi della palma.

Si fermò ad un paio di passi da lui, ansimando per il caldo, continuando a mantenere il contatto visivo con InuYasha, mentre una goccia di sudore le scendeva lungo la tempia.

Il cuore del giovane perse un altro battito.

Vista da vicino assomigliava terribilmente a... no, non poteva essere!

- Chi diavolo sei? - sibilò lui, al limite dell'udibile, sentendo la testa girare, di fronte alla conclusione a cui il suo cervello era giunto.
Per gli dei, non poteva essere lei!

Leggendo sconcerto e timore in quegli occhi brillanti come l'oro, la ragazza alzò una mano, schiudendo le labbra inaridite dal caldo: - Non mi riconosci? Sono io. Guardami. Sono passati molti anni, lo so, ma... sono io! Sono Kag- - iniziò, tentando nel mentre di toccargli un braccio, ma InuYasha si ritrasse, come scottato:

- No! - urlò quasi, inaspettatamente. - Non pronunciare quel nome! Lei è morta! Morta, come tutti gli altri! Sono rimasto solo io a... se fossero vivi, sarebbero ritornati - ansimò il giovane, frenetico.

Sotto lo sguardo ansioso di tutti, artigliò il pendente che portava al collo, appoggiandosi con la schiena contro una palma, come senza forze mentre, per l'ennesima volta, i ricordi di quella notte ritornavano prorompenti.




Dieci anni prima, 1224 a.C., Menfi, notte dell'eclissi.



Due cavalli correvano a rotta di collo nel deserto, tentando disperatamente di distanziare gli inseguitori.

Sesshomaru imprecò tra sè, digrignando i denti: - Maledizione! Quei dannati proprio non mollano! -.

- Mio principe - ansimò l'anziano Totosai, che galoppava al suo fianco, scrutando sempre più preoccupato l'oscurità alle loro spalle - Non potremo continuare in questo modo ancora a lungo. Stiamo cavalcando senza sosta da ore. Dobbiamo trovare una soluzione...  - pigolò.
 

- Dannazione! Se solo ci fosse un posto dove nascondersi! - sibilò Sesshomaru.

Stavano correndo alla cieca, fuggendo verso sud.
Un'improvvisa illuminazione lo folgorò. Leggermente più ad ovest, a qualche chilometro di distanza, gli sembrava di ricordare ci fosse un'oasi.

- Totosai, dividiamoci! Dobbiamo tentare di depistarli. Se tutto andrà bene, rincontriamoci nei pressi del Lago Qaroun  - gli ordinò e lo spadaio lo guardò come fosse matto.

- Dei dell'Egitto, assisteteci! - brontolò l'anziano, vedendo il principe far voltare appena il destriero, abbandonando l'immaginaria linea dritta che stavano tenendo, distanziandosi da lui.
 "E che Osiride me la mandi buona!!! Qui ci lascio le penne, diamine!" pensò, terrorizzato, nel sentire il sibilo dell'ennesima freccia passargli poco lontano dall'orecchio.

I due si divisero, tentando di depistare gli inseguitori, ma la fortuna non fu dalla loro parte.

Imprecando, Totosai appurò infatti che la maggior parte dei soldati, con a capo Byakuya, continuava a tallonare il cavallo dei principi.


Sesshomaru riuscì a percorrere qualche altro kilometro, scansando frecce, fino ad arrivare a costeggiare il fiume Nilo.
Nel mentre stava anche tentando di rincuorare -a modo suo, s'intende!- uno spaventatissimo InuYasha.

Purtroppo però, una freccia colpì il fianco del cavallo, che rovinò nella sabbia con un nitrito straziante di dolore.

L'imprecazione che sfuggì di bocca al maggiore dei principi fu irripetibile.
In pochi istanti Sesshomaru si rialzò da terra, appurando che il cavallo non avrebbe potuto rimettersi in piedi. Oltre alla ferita al fianco, si era anche spezzato una zampa. "Siamo spacciati!" considerò.

L'unica possibilità, per quanto assurda e disperata sarebbe stata...
- Sei tutto intero? - domandò al fratellino.

InuYasha, seppur dolorante e terrorizzato, assentì col capo.
- Bene, allora corri! - sibilò il maggiore, trascinandolo verso il sacro Fiume.

- Cosa?!? Sei impazzito, Sessh- - tentò di protestare InuYasha, ma il fratello lo fulminò con un'occhiata glaciale, zittendolo, prima di caricarselo di nuovo in braccio.

Corse, arrancando nella sabbia, tentando di orientarsi grazie alla fioca luce degli astri e della Luna ancora reduce dall'eclissi.

Temette davvero per un istante che non sarebbero sopravvissuti, ma, ricordando la promessa fatta al padre defunto e alla matrigna, strinse i denti.
Avevano un'unica possibilità di salvezza. Una sola, anche se molto pericolosa. Il Nilo.
Se si fossero gettati tra le sue acque... la superficie del fiume era scura e il pericolo di essere trascinati via da mulinelli o da chissà quale abitante del fiume era tutt'altro che remoto, ma non avevano altre vie.

A pochi passi dalla riva del fiume, tuttavia, un dolore atroce alla spalla sinistra fece barcollare Sesshomaru.

- Fratellone! - strillò terrorizzato il piccolo InuYasha nel vedere un rivolo di sangue colargli dalla bocca.
Era stato colpito.

- Corri. Devi gettarti in acqua, InuYasha - sibilò sofferente quello, caracollando in ginocchio tra la sabbia del deserto  e liberando il fratello minore dalla stretta delle proprie braccia.

- No! Io non ti lascio! Non voglio! Non perderò anche te! Alzati, fratellone, alzati! - affermò concitato il bambino.

Grazie alla forza della disperazione, Sesshomaru obbedì e, prendendo la mano che il fratellino gli porgeva, riuscì ad arrivare con lui alla sponda del Nilo.

Udendo il concitato clamore degli inseguitori, afferrò di nuovo saldamente InuYasha, ignorando la fitta di dolore dovuta alla freccia ancora conficcata nella spalla.
- Trattieni il respiro più che puoi e reggiti forte a me. Non lasciare che la corrente ti trascini via! - gli ordinò, un attimo prima di gettarsi tra le acque.

- Dannazione! Si sono buttati! - ringhiò furente Byakuya, smontando da cavallo - Guardie, cercateli! Anche ammesso che riescano a sopravvivere alla corrente, dovranno pure riemergere! - abbaiò.

- Eccoli là, signore! Li ho visti! - gridò un soldato, indicando un punto nell'oscurità, vicino alla sponda, una ottantina di metri più avanti. 

Lo scagnozzo di Naraku ghignò, malefico: - Prendeteli! Non mi sfuggiranno! -.

Tuttavia, prima che i sottoposti potessero eseguire l'ordine, un sibilò tagliò l'aria.
In un gemito, il soldato colpito in pieno petto dal dardo si accasciò, morente.

- Che accidenti?! - sbraitò di nuovo Byakuya.

- Comandante, ci sono degli uomini, ad una cinquantina di metri! Ci attaccano! - gridò un soldato, prima di essere trafitto a sua volta da un'altra freccia.

- Ritirata! - ordinò allora "Me la pagherete, dannati. Chiunque voi siate, vi troverò e vi sterminerò, insieme a quei dannati eredi!" pensò rabbioso, già tremando al pensiero di dare la cattiva notizia al Gran Sacerdote. No, non poteva arrendersi! Doveva trovarli a tutti i costi, se voleva aver cara la pelle!









L'acqua li avvolgeva.
Non riusciva più a trattenere il respiro. Voleva dire a Sesshomaru di riemergere ma non ne ebbe la forza. Sentì qualcosa che gli graffiava un fianco. Una roccia, forse. Ma c'erano rocce, nel Fiume Sacro? Non lo sapeva.
Sapeva solo che non ce la faceva più.
Prese inconsciamente un respiro, ingoiando acqua.

Poi tutto divenne nero.




Sesshomaru riprese conoscenza quel tanto che bastava per percepire il contatto con l'aria e la sensazione di essere sballottolato.
Una voce ovattata gli giunse alle orecchie ma non capì cosa dicesse.
Che li avessero presi?
Eppure, se così fosse stato, li avrebbero uccisi seduta stante, no?
Ricordò vagamente che qualcuno lo avesse sollevato di peso dalle acque ma…
Tentò di ribellarsi, sentendo delle mani afferrarlo saldamente, immobilizzandolo.

- Calmati! Dobbiamo estrarre la freccia – disse qualcuno.
Tentò di dire qualcosa, di sapere se anche InuYasha fosse lì, ovunque si trovassero in quel momento, ma quel dolore insopportabile alla spalla lo tramortì di nuovo, facendolo ricadere nell'oblio.





Si risvegliò lentamente, sentendo la testa girare e la spalla pulsare in modo insistente. Si sentiva uno straccio, non c'era parte del corpo che non gli dolesse.
Che diavolo..?
In una frazione di secondo però tutto gli tonò alla mente, e lui sbarrò gli occhi, alzandosi a sedere di scatto dal giaciglio su cui era sdraiato.

Spaesato e preoccupato, si guardò freneticamente attorno, alla ricerca di...
Una voce proveniente dalle sue spalle lo sorprese e gli fece alzare automaticamente la guardia: - Se cerchi il bambino, tranquillizzati. Sta bene, tutto sommato, come puoi vedere tu stesso. Siete stati davvero fortunati. Rimettiti sdraiato, avanti, o ti si riaprirà la ferita -.
Era stata un'anziana donna a parlare.

Sesshomaru la fissò per un lungo istante, prima di spostare gli occhi scuri alla sua sinistra, dove InuYasha riposava su un letto improvvisato simile al suo.
Osservò poi il luogo in cui si trovavano. Sembrava una tenda.

- Siete al sicuro, mio Signore, non temete – tornò a parlare la donna – Al momento ci troviamo in un'oasi nei pressi del lago Qaroun. Non abbiamo intenzioni ostili, gli uomini del clan che si erano recati in ricognizione vi hanno recuperati dalle acque del Nilo e messo in fuga i vostri inseguitori – gli comunicò.

Sesshomaru aggrottò le sopracciglia, riflettendo: - L’oasi di Fayoum – mormorò.

La donna fece un cenno di assenso: - Il mio nome è Kaede e noi siamo i – ma prima che potesse completare la frase, un uomo alto, dalla pelle abbronzata entrò nella tenda, sbuffando.
- Somma Kaede, qui fuori c'è un vecchietto che sostiene di conoscere i due ragazzi che abbiamo ripescato dal Nilo -.

Un grido alle sue spalle lo fece sobbalzare, non appena Totosai sgusciò trafelato da dietro l'uomo: - Sia lode agli Dei! State bene, miei principi!!! – pigolò con le lacrime agli occhi.

- Ma che cavolo…- sbottò il capoclan – Dannazione, Koga! Ti avevo ordinato di trattenerlo fuori! -.

Un bambino dalla stessa pelle abbronzata, capelli scuri tagliati alle spalle e occhi talmente azzurri da fare concorrenza al cielo terso si affacciò all’ entrata della tenda con espressione contrita: - Mi dispiace, padre! -.

Nel mentre Sesshomaru aveva trucidato il maestro d’arme con un'occhiata. Quel rimbambito aveva appena rivelato involontariamente la loro identità a dei perfetti sconosciuti!

Quello però continuò come se niente fosse: - Che fortuna, essere salvati dai figli del deserto! Ci è mancato davvero poco! Ho temuto di non farcela! – si lagnò.

“I Figli del Deserto?” pensò il principe.
Un lamentò lo riscosse, facendolo tornare a focalizzare la propria attenzione sul fratellino.
InuYasha si stava agitando nel sonno e sembrava soffrire.
Kaede si affettò al suo capezzale, posandogli sulla fronte una pezza bagnata che Sesshomaru notò solo in quel momento.
- La febbre sta salendo ancora, maledizione. La ferita al fianco deve aver fatto infezione durante la mezza giornata di cavalcata che avete impiegato per tornare qui  – la sentì mormorare.

Automaticamente il giovane tentò di guardare fuori. Quanto tempo era trascorso? Sembrava mattino inoltrato, però se la donna aveva parlato di mezza giornata di viaggio, allora…

Fu Totosai a rispondere indirettamente a ciò che il principe si stava silenziosamente domandando: - Non potete capire il terrore che ho provato! Vi ho cercato per oltre un giorno, se non di più! -.

Era dunque trascorso un giorno e mezzo, da quella notte e lui era rimasto privo di conoscenza per almeno un intero giorno!?

- Koga? Potresti portarmi un secchio d'acqua pulita, per cortesia? – disse intanto Kaede.

Non appena il bambino si fu allontanato, fissò in modo serio Sesshomaru e Totosai.

Il giovane mantenne il contatto visivo, studiando la donna a fondo.
Era come se stesse decidendo se fidarsi di lei.

Inaspettatamente fu l'anziana a parlare: - Cosa ci fa il principe ereditario d'Egitto in mezzo al deserto? – domandò, provocando un sussulto nell’anziano spadaio.

Di fronte all'espressione tesa dei due, Kaede sorrise, rassicurante: - Ci sono arrivata da sola, sia per le vesti che indossate sia perché… beh, lasciatemelo dire, assomigliate moltissimo a sua maestà, principe. Benché io abbia visto voi e il faraone Inu No Taisho un'unica volta nella mia vita, avete un viso che non si dimentica facilmente -.

- C-come?!? I-il principe? – boccheggiò il padre di Koga, affrettandosi ad inchinarsi – I vostri umili servitori sono al vostro servizio, maestà -.

- Lui è vostro fratello minore, dico bene? – aggiunse Kaede, osservando Inuyasha.

In breve Totosai raccontò alla matriarca e al capo tribù gli accadimenti della notte dell’eclissi, lasciandoli sconcertati.

Sesshomaru socchiuse impercettibilmente gli occhi.
I Figli del Deserto.
Stentava a credere alla fortuna sfacciata che avevano avuto.
I Figli del Deserto. La tribù di guerrieri nomadi che da tempo immemore si era dichiarata fedele al sovrano d'Egitto, pronta a difendere lui e l'intero regno in caso di necessità.






Era da poco passata l'ora del pasto quando un grido di allarme si levò dalle sentinelle della comunità.

Il padre di Koga, allontantatosi in ricognizione, rientrò trafelato nella tenda di Kaede.

- Mio principe, abbiamo un problema. A quanto pare i vostri inseguitori non hanno affatto desistito, continuando a vagare alla vostra ricerca. E tra poco arriveranno qui – comunicò loro.

- Merda! – sibilò Sesshomaru, osservando preoccupato il fratellino ancora incosciente.
Avrebbero dovuto scappare ma…
Si morse il labbro a sangue, nervosamente, tentando di pensare in fretta.

Purtroppo la sua mente riusciva a prospettare un'unica dolorosa soluzione.

- Donna! – esalò, rivolgendosi a Kaede – Dovete farmi un favore -.







Era passato un altro giorno.

Kaede osservò il bambino che ancora non aveva ripreso conoscenza.
La febbre era quasi scomparsa ma…
Le si strinse il cuore al pensiero di cosa avrebbe dovuto dirgli, una volta che si fosse svegliato.
Il fatto poi che, nel delirio, lui continuasse a chiamare la madre, il fratello, il padre ed una misteriosa persona di nome Kagome, le provocava una stretta al cuore.

No, non sarebbe stato per niente facile dirgli che il fratello, seppur ferito, aveva deciso di fare da esca agli inseguitori e che, per proteggerlo, aveva pregato loro di nasconderlo, di accudirlo e crescerlo fino a quando non sarebbe tornato a riprenderlo. E di non rivelare a nessuno, per sicurezza, la sua identità. Solo lei è il capo tribù sapevano.



InuYasha infine si era risvegliato, trovandosi solo, attorniato da gente sconosciuta.
Terrorizzato ed incredulo nell’udire l'assurda spiegazione che quella strana vecchia gli aveva dato.

Solo. Era solo.
Non aveva più niente, ad eccezione del pendente della madre a ricordargli il passato ed una cicatrice sul fianco a convincerlo che quella fosse la realtà e non un sogno.
Nulla, ad eccezione di un doloroso bagaglio di atroci ricordi, di rimpianti, di solitudine, di rassegnazione.

Nonostante tutto era andato avanti, aspettando, costruendosi pian piano una nuova vita, facilitato dal fatto che, dopo la morte improvvisa del capo tribù, solo l'anziana matriarca fosse a conoscenza delle sue origini.

Non era più nessuno, ormai.
Non il principe, non il secondogenito del faraone.
Solo un orfano accolto nella tribù dei Figli del deserto.
Solo… InuYasha.






Oasi di Dakhla, presente, (1214 a.C.)



- InuYasha - sussurrò di nuovo la ragazza, addolorata, riscuotendo il giovane dai ricordi. – Non avere paura di me, ti prego! – gli disse, con le lacrime agli occhi.

Aveva atteso quel momento per così tanto tempo ed ora... ora lui la stava respingendo.

Vide l'amico d'infanzia portarsi una mano a coprirsi gli occhi ed emettere un sospiro tremulo, forzato, quasi sofferente.
Infine InuYasha tornò finalmente a guardarla, scrutandole nell'animo e incatenando i loro sguardi.

Quegli occhi grandi, limpidi e color della terra...
Lentamente la contemplò da capo a piedi e Kagome, rendendosi conto di quell'attento esame, provò una stranissima sensazione, irrigidendosi impercettibilmente e trattenendo il fiato.

Un automatico senso di sollievo la pervase non appena, tornando a specchiarsi in quegli occhi ambrati, vi scorse una sorta di scintilla, una luce di incredulo riconoscimento.

- Ka...go..me? - soffiò il giovane, timoroso.

Il sorriso felice e rassicurante che la ragazza gli rivolse fece tremare il suo cuore. Di nuovo.

Quegli occhi, quel sorriso e... quell'espressione di rimprovero e di vago scherno che sempre in passato gli veniva rivolta quando diceva qualche fesseria...

Non gli sembrava vero.

Kagome. La sua Kagome.

- Zuccone eri e zuccone sei rimasto, eh? Sì, sono io, Inuyasha. Sono Kagome e sono qui, di fronte a te, testa di legno! - lo rimbrottò, tentando invano di mascherare la commozione.
Quanto avrebbe voluto gettarsi tra le sue braccia!

Prima ancora che potesse completare il pensiero, lui la sorprese, avanzando verso di lei, continuando a guardarla come se fosse stata uno spirito o un miraggio.

- Kagome? - soffiò di nuovo, chiudendo  una mano a pugno come se si stesse impedendo di toccarla, o avesse paura di farlo.

La ragazza sorrise ancora, notando quel gesto e provocandogli un sussulto nel momento in cui, delicatamente, gli prese quella stessa mano tra le sue.
Lo sentì tremare.

Stava per parlare di nuovo, quando la misteriosa figura rimasta in disparte la chiamò.

I presenti sussultarono nell'udire il tono della nuova voce.
- Cosa?! Un'altra femmina? - sbottò Koga, accigliandosi - Si può sapere chi caspita siete? -.
Non gli riuscì di aggiungere altro perchè la ragazza di nome Kagome corse di nuovo al proprio cavallo, borbottando: - Ah, sì, giusto! Mi perdoni! - e mettendosi a rovistare in una delle bisacce.

Ne estrasse un rotolo di papiro, voltandosi poi a squadrare i presenti, dubbiosa.
Sì illuminò però nello scorgere Kaede e si affrettò a porgerle il messaggio che aveva in mano: - Siete Kaede, la matriarca, vero? Mi è stato ordinato di consegnarvi questo e... beh, non è mio compito illustrarvi i dettagli o il da farsi, ma ci penserà lei - sorrise, accennando col capo alla persona che la accompagnava, concludendo: - Dico bene, Somma Midoriko? -.

La donna smontò da cavallo, levandosi a sua volta il cappuccio e spolverandosi il mantello. Ad un suo muto comando, il falco messagero che si era posato su un ramo, la raggiunse, appollaiandosi sulla mano di Midoriko.

Lei gli legò un messaggio alla zampa, per poi ordinare all'animale: - Va. Ritorna da lui. Deve sapere che lo abbiamo raggiunto e che a breve ci metteremo in marcia - disse, lasciando che spiccasse il volo.
Abbassò poi lo sguardo verso i propri piedi, contemplando Kirara che le si stava strusciando allegramente contro le caviglie: - Sì, hai fatto un eccellente lavoro anche tu, Kirara - la lodò, provocando con quella frase lo sconcerto dei presenti e di Sango in particolare.

Infine si rivolse all'anziana matriarca dei Figli del Deserto: - Vi rendo omaggio, somma Kaede. Il mio nome è Midoriko e sono una sacerdotessa e guaritrice guerriera, di origini iraniane. Il mio compito era di trovare voi e colui che a voi è stato affidato,  accompagnando lei in questa missione - affermò, indicando Kagome.

L'anziana donna arrotolò di nuovo il papiro che aveva appena terminato di leggere, sospirando con aria grave: - Capisco. Le cose si stanno muovendo, nevvero? Bene, credo che ci siano parecchie cose di cui io e lei dovremmo discutere. Se vuole seguirmi nella mia tenda... - disse Kaede, facendo strada.
- Ah, Koga? - aggiunse.

Il futuro capo tribù, sebbene ancora parecchio sconcertato, si mise sull'attenti.
- Evitate di accamparvi del tutto. Basterà un minimo rifugio per la notte. Entro un paio di giorni al massimo dovremo rimetterci in marcia, a quanto pare, giusto il tempo necessario per lasciare che le noste ospiti si ristorino, riprendendosi dal viaggio che hanno affrontato -.

- Ma Kaede... Non sappiamo nemmeno chi siano, queste pazze e tu le accogli così? E poi vorrei tanto sapere che c'entra InuYasha con tut- - tentò di protestare il giovane.

- Non discutere! - lo rimproverò l'anziana - Fai come ti dico, tutto sarà spiegato a tempo debito - affermò sibillina, lanciando una rapida occhiata ad un ancora frastornato, incredulo e cupo InuYasha.

Lui la guardò a sua volta, forse percependo lo sguardo della donna su di sè, rivolgendole un tiratissimo cenno.

Kaede tentò di rassicurarlo con un sorriso: "Non temere, ragazzo mio. Le cose si stanno pian piano sistemando. Sarà un difficile percorso, il tuo, ma andrà tutto bene. Noi ti aiuteremo" pensò.
- Posso contare sulla vostra ospitalità femminile, ragazze? - domandò poi a Sango ed Ayame, che annuirono.
- Ottimo. Miroku? Mi raccomando! - concluse, sogghignando e conducendo Midoriko verso la sua tenda privata mentre Sango si affrettava ad aggiungere:
- Non temete, Somma Kaede. Lo tengo d'occhio io, questo deviato! -, strappandole un nuovo sorriso ed un sospiro rassegnato.






Angolo autrice

Sono viva!!! Mi scuso per il ritardo ma tra esami, corsi universitari e impegni vari il tempo è tiranno. Aggiungeteci poi il fatto che questo capitolo è stato un parto, tra personaggi che non volevano collaborare, e la mia voglia di scrivere e la concentrazione che erano scomparse… ^^’’’
Grazie a chi ha avuto la pazienza di attendere! Spero che il capitolo abbia un senso XD dal mio punto di vista è stato un inferno!!! XD

Due piccole precisazioni:
Come potreste ben intuire, i tempi di percorrenza nel deserto sono un tantino difficoltosi. In realtà dal Nilo ad Al lago Qaroun ci vuole più tempo, ho semplificato per esigenze di copione XD tra Menfi e Faiyum ci sono circa 100 km, e, anche a cavallo, ci vuole come minimo un giorno, a voler essere ottimisti!

Che il fiume Nilo presso gli Egizi fosse al pari di una divinità immagino che sia cosa nota anche ai sassi. Potrebbe sembrare un azzardo il fatto di far buttare i fratelli in acqua ma… sfatiamo un'altra credenza… il Nilo di per sè è un fiume tranquillo, i coccodrilli sono presenti all'altezza del delta o in zone paludose. Lungo il resto del suo corso il pericolo maggiore è dato dai mulinelli.

Infine metto qui sotto il link della cartina che io stessa uso per orientarmi tra antiche città e nomi di oasi ^^

https://www.google.it/search?q=cartine+antico+egitto&oq=cart&aqs=chrome.2.69i57j69i39l2j0.2987j0j4&client=tablet-android-asus&sourceid=chrome-mobile&ie=UTF-8#imgrc=Aa9zqJCJz3Ys-M%3A


Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Primi contatti ***



Capitolo 5     Primi contatti


Oasi di Dakhla, 1214 a.C.

Kagome seguì con lo sguardo le figure della matriarca e della Somma Midoriko fino a quando scomparvero oltre l’entrata della tenda dell’anziana.

Nervosa, si guardò attorno con circospezione, sentendo ancora su di sé gli occhi dei presenti e percependo l’atmosfera tesa, confusa e diffidente che aleggiava nell’aria.

Koga aveva ancora dipinta in volto un’espressione a metà tra l’incredulo e lo scocciato.
Ayame continuava ad osservare perplessa ma attenta quella strana ragazza che era piombata tra loro all’improvviso, interrompendo la loro quotidianità. Avrebbero dovuto fidarsi? Qualcosa di tutta quella situazione non le tornava per niente.
Scambiò uno sguardo d'intesa con Sango e fece per parlare, quando la situazione fu presa in mano da qualcuno di inaspettato.

Kagome si sentì tirare l’orlo del mantello e guardò in basso, incontrando così un paio di occhi verdi, una zazzera fulva e un faccino curioso.

Il bambino le sorrise: - Ciao signorina. Lo sai che sei proprio bella? – esordì, spiazzandola.

Ayame arrossì, affrettandosi a sgridare il fratellino: - Shippo! Che diavolo ti salta in testa?!? – gridò, affrettandosi a raggiungerlo e prenderlo in braccio.

Koga spalancò gli occhi alle parole del bambino, mentre Kohaku si coprì il viso con una mano e Miroku si lasciò scappare un sorrisino compiaciuto.

Nel giro di pochi istanti, però, fu colpito da un paio di pugni in testa, ad opera di Sango e Koga.

- Ahi! Che vi prende? – chiese, massaggiandosi la parte lesa.

- Dannato porco! Scommetto che gliel’hai insegnato tu, a dire certe cose. Deficiente! – lo sgridò Sango, furente.

Kagome osservò perplessa quella strana scena. In che razza di persone era incappata?

Automaticamente volse lo sguardo verso il luogo dove aveva lasciato InuYasha, appurando con una stretta all’altezza dello stomaco che il giovane non era più lì.

Nel mentre Miroku tentò di sdrammatizzare: - Su, ragazzi. Il piccoletto non ha detto nulla di male, in fondo! Solo la pura verità, ed è stato molto cordiale, non è vero Shippo? -.

- Te lo do io, il cordiale! – ringhiò Ayame – Con un bel pugno sul muso! E tu – continuò rivolgendosi al fratellino che teneva tra le braccia – Quante volte ti ho detto di NON dar retta a ciò che ti dice questo maniaco, eh? -.

Il bambino abbassò lo sguardo, mortificato: - Scusa, sorellona -.

Kagome sorrise, affrettandosi a calmare gli animi: - Ma no, non sgridarlo. Non ce n’è motivo – disse alla rossa – Ti ringrazio, sei stato davvero galante. Ne sono lusingata. Io sono Kagome. Lieta di fare la tua conoscenza, piccolo Shippo – disse poi al bambino, che la fissò, illuminandosi ed abbandonando l’espressione abbacchiata precedentemente tenuta. 

- Finalmente qualcuno che mi capisce! – gongolò Miroku, facendo per avvicinarsi a Kagome: - Oh, divina creatura… - iniziò, ma fu preceduto da Sango, che lo fulminò con un’occhiata di ammonimento preceduta dall’ennesimo cazzotto.

- Non ti azzardare ad iniziare con le tue pantomime – sibilò. “Dannazione a me! Proprio di un farfallone simile, mi dovevo innamorare?” pensò con un sospiro, avanzando di alcuni passi, fino ad arrivare di fronte alla loro ospite.
- Ciao! Kagome, giusto? Il mio nome è Sango e loro sono Ayame, Shippo, Miroku e Koga. Immagino che sarai stanca per il viaggio. Ti andrebbe un bel bagno ristoratore? Io ed Ayame stavamo giusto programmando di farci un tuffo nello specchio d’acqua dell’oasi – le disse con un sorriso la giovane.

La ragazza contemplò per un istante Sango, infine assentì col capo, rivolgendosi a tutti i presenti: - Perdonate la nostra intrusione e il disturbo arrecatovi. Non voglio essere un peso per voi. Se necessitate di qualsiasi tipo di aiuto, chiedete pure. La fatica non mi spaventa – disse, chinando il capo in segno di rispetto.

Ayame la fissò sbalordita. Che strana ragazza.



Circa un’ora più tardi Kagome si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto. Il bagno tra le fresche acque dell’oasi le aveva ridato le energie.

Lisciò distrattamente la candida tunica che Sango le aveva prestato come ricambio nell’attesa che i propri vestiti si asciugassero. Era un po’ grande per lei e si era trovata costretta a legarla sotto il seno con una piccola cintura di spago per tentare di attenuare in qualche modo la scollatura che le sue forme non riuscivano a riempire.

La freschezza del tessuto di lino sulla pelle la fece sospirare di piacere.
Erano anni che non indossava qualcosa di simile.
Durante i tre anni precedenti si era dovuta adattare agli abiti di taglio maschile che circolavano nel rifugio e, ancora prima… un brivido, questa volta di disagio e inquietudine, le solcò la schiena. Tsk. Lino? Non era roba destinata a lei, figuriamoci! Nonostante il tempo trascorso, riusciva ancora a percepire la spiacevole sensazione di prurito data dai vestiti di rozza canapa che sfregavano contro la pelle sensibile.

Scosse la testa, tentando di allontanare i brutti ricordi, concentrandosi sul presente.

Durante il bagno aveva avuto modo di fare amicizia con le due ragazze, che le erano parse subito cordiali e amichevoli. Non aveva però potuto sbottonarsi troppo, appurando che ciò di cui lui l’aveva avvertita, corrispondesse alla realtà.
A quanto pareva nessuno di loro era a conoscenza delle vere origini di InuYasha e del suo passato. Che fosse uno dei figli del defunto faraone.
Si era trovata perciò a mentire, o meglio, a svelare delle mezze verità. Dopotutto era vero che lei e il giovane erano amici di infanzia e che non si vedevano da anni…

Con un sospiro si sedette sul giaciglio che era stato preparato apposta per lei, pettinandosi i capelli ancora umidi con le dita.

Già… InuYasha… poteva comprendere benissimo la paura, l’inquietudine di lui, però… se pensava a quanto aveva sognato il momento in cui si sarebbero rivisti di nuovo!

Effettivamente non sapeva nemmeno lei come avrebbe reagito, si era semplicemente affidata al suo istinto e forse aveva sbagliato tutto.

Un frastuono misto ad imprecazioni proveniente dall’esterno la fece sobbalzare, distogliendola dai pensieri e lei si affrettò ad affacciarsi verso l’esterno della tenda che avrebbe occupato insieme alla Somma Midoriko.




InuYasha, seduto su una duna ai margini dell’oasi, alzò lo sguardo verso il cielo.

Aveva sentito il bisogno di isolarsi, di stare da solo per tentare di calmare il battito forsennato del proprio cuore e il groviglio confuso dei pensieri.

Ancora stentava a crederci. Kagome. La piccola nana rompiballe della sua infanzia.

Nel confrontare la pallida immagine della bambina che affollava i suoi ricordi con la figura reale comparsa di fronte a lui poco prima, una strana sensazione gli fece attorcigliare le viscere.

Dieci anni. Erano molti, troppi per non subire un qualche cambiamento.
Erano cresciuti e lei era diventata una donna, ormai. Una donna bellissima, oltretutto.
Per un momento gli era sembrato di avere di fronte a sé la dolce Misaki, madre di Kagome e sua amata balia.

Kagome. Kagome era viva ed era tornata da lui.

Chiuse gli occhi, abbagliati dal sole, reclinando il capo indietro.

Si sentiva come se una tempesta di sabbia si fosse improvvisamente abbattuta su di lui, lasciandolo preda della confusione.

La donna di nome Midoriko, oltretutto, aveva parlato di una missione. Che diavolo stava succedendo? Possibile che fosse tutto opera di…  un moto di stizza e nervosismo lo assalì. Prima lo aveva mollato lì su due piedi e ora… maledetto!

Una presenza proveniente dalle sue spalle lo riscosse.

Senza dire una parola Koga sospirò, sedendosi accanto al giovane.
- Tutto bene, amico? – gli domandò preoccupato il futuro capo clan.

InuYasha rimase zitto ancora per qualche istante, poi socchiuse appena gli occhi: - Non lo so, Koga. Non so più niente -.

L’altro lo fissò, accigliato e preoccupato.

Rivide davanti a sé l’InuYasha dei primi tempi, quel bambino spaventato e smarrito con cui il padre gli aveva ordinato di fare amicizia. Quel bambino di un anno più piccolo di lui che all’inizio lo aveva sempre respinto, con cui aveva litigato, si era azzuffato, ma che col tempo era diventato un compagno di avventura nonché il suo migliore amico.

Eppure – e se n’era reso conto solo in quel momento – il passato di InuYasha gli era sempre rimasto celato.

Ricordava bene il vecchietto lamentone e quel ragazzo così freddo e all’apparenza irraggiungibile che aveva lasciato l’amico sotto la loro custodia, ma, anche a causa dell’espressione sofferente di InuYasha nelle rare volte in cui la curiosità era strabordata e aveva osato chiedergli chi fossero quei due tizi del suo passato, aveva sempre desistito dal riprendere l’argomento.

Aveva accettato InuYasha per ciò che era, un ragazzo volenteroso, intraprendente, assetato di conoscenza e sempre disposto a farsi in quattro per le persone a cui teneva, benché facesse di tutto per non darlo a vedere.

E, nelle tappe più importanti della sua vita, lui e Miroku erano sempre stati al suo fianco: con loro aveva imparato a cavalcare, a maneggiare le armi. Era con InuYasha che si era confidato quando aveva capito di essersi innamorato dell’intrepida Ayame ed era stato sempre InuYasha a recargli silenzioso conforto nel doloroso momento della perdita improvvisa del padre.
In effetti quella fu l’unica occasione in cui l’amico gli aveva parlato di una minuscola parte del suo passato, confidandogli di sapere come ci si sentiva a perdere i genitori.

Istintivamente Koga gli diede un cameratesco pugno sulla spalla: - Ehi! Cos’è quell’aria da funerale? Se quella tizia è davvero una tua amica, dovresti essere felice di averla rincontrata, no? – tentò di scherzare – Oppure hai paura che sia una bugiarda? Possiamo fidarci? -.

InuYasha sospirò: - No, sono certo che sia davvero lei. E sono così… sollevato, felice che lei sia… viva. Che sia di nuovo davanti a me – iniziò titubante.

- Però? C’è un però, me lo sento! – si intromise Koga, con un sorriso sornione.

L’amico lo guardò di sbieco, come rimproverandolo: - Però è così… strano, ecco. È passato tanto di quel tempo ed io… ecco, io… è come se non sapessi cosa dirle, cosa fare, e poi uff! – sbuffò – Lei è così diversa. Voglio dire…. Era una mocciosa come Shippo, ma adesso è… - si accigliò, non trovando le parole adatte.

Koga scoppiò in una fragorosa risata: - Non mi dirai che hai paura di una femmina!?! Oddio, devo ammettere che è un vero schianto, ben fatta, proporzionata e scattante - insinuò maliziosamente -  E ha davvero un bel gancio. Se non l'avessi fermata in tempo, mi avrebbe rotto il naso – considerò.

InuYasha arrossì, scattando in piedi: - Ehi! Ma che cavolo…? Ti sei fatto traviare da Miroku, per caso? Che razza di discorsi sono? -.

Con una punta di stizza dovette ammettere che in parte il problema era anche quello: faticava a far combaciare l’immagine dell’amica d’infanzia con quella di quella Kagome così cambiata… così donna, così bella. Avrebbe tanto voluto abbracciarla, per appurare che lei fosse davvero lì, che fosse vera e non uno strano miraggio della sua mente. Ma aveva avuto paura. Lei allora lo aveva anticipato, prendendogli una mano tra le sue. Ancora sentiva su di sé quel tocco delicato e caldo...

Una nuova risata di Koga lo riscosse e lo fece innervosire ancor di più: - Dacci un taglio, idiota! E piantala di fare quella faccia da schiaffi! Mi dai i nervi! – berciò InuYasha, a disagio.

In quel momento Miroku giunse a chiamarli: - Ehi, fidanzatine?! Tutto bene? È da un bel po’ che vi siete rintanate qui a tubare! Devo preoccuparmi? Se rimanete ancora al sole a fare l'abbronzatura, finirete per essiccarvi come lucertole – li schernì.

- Ma quanto sei cretino tu, eh? Decerebrato! Come diavolo fa Sango a sopportarti non lo capirò mai – brontolò InuYasha - Che vuoi? -.

Il giovane li raggiunse, ridendo: - L’anziana Kaede vuole parlarti – gli annunciò.

Sospirando, l’amico si voltò per tornare al piccolo accampamento all’interno dell’oasi, quando il rumore di una baruffa in corso giunse alle loro orecchie.




- Guarda che disastro! Sei il solito imbranato! – brontolò Hakkaku, contemplando i resti della loro tenda, sparsi nella sabbia.

- Io?! Guarda che la nostra tenda l’avete tirata su tu e il capo! – si difese Ginta – E comunque ha parlato il genio! Sei un impiastro tale e quale a me, cugino -.

- Come?!? Non è vero! – si risentì il primo.

- E comunque è stata colpa di Shippo. Mi è sgusciato tra i piedi correndo, mentre io avevo le braccia cariche! Mi ha fatto perdere l’equilibrio ed io sono caduto! -.

- Seh, cariche! Che vuoi che siano quattro coperte! Aveva le braccia cariche, dice lui! Feh! – smucciò Hakkaku – La verità è che sei il solito sbadato e non guardavi dove andavi, finendo per ruzzolare a peso morto addosso alla nostra tenda! – rincarò la dose.

- Può anche darsi, d’accordo! -  si difese Ginta – Sta di fatto che avete montato la tenda in modo ridicolo! È bastato un piccolo urto ed è collassata su se stessa! – insinuò saccente, incrociando le braccia al petto.

- Piccolo urto? Guarda che io ero dentro ed ho sentito distintamente il tuo dolce peso arrivarmi nella schiena! – ringhiò ancora Hakkaku – Ed è tutta colpa tua! -.

- Ma non è vero! -.

- Sì che è vero! -.

- E invece no! -.

- Sì, invece -.

- No! -.

- Sì! -.

- Ho detto di No! -.

-  Ed io ho detto di sì!! -.

- Scemo bugiardo! -.

- Imbranato!! -.

I due stavano quasi per venire alle mani, ma il sopraggiungere di Koga fu provvidenziale: - Ehi, idioti! Che state facendo? -.

- Ma capo!! Lui ha detto… - si lamentarono contemporaneamente in coro i due, guardandosi poi in cagnesco.

Ayame sospirò, avvicinandosi ai tre, battendo le mani un paio di volte: - Bambini!!! Fate i bravi, su! Se non litigate nonna Kaede poi vi da in premio un dattero ciascuno – li sbeffeggiò sarcastica.

Miroku, rimasto insieme ad InuYasha ai margini dello spiazzo, sospirò, massaggiandosi una tempia: - Accidenti. La vedo nera. Ora si azzuffano. Perché Ayame deve sempre intromettersi per punzecchiarli? Che facciamo, interveniamo? – chiese all’amico.

InuYasha però non lo stava ascoltando.

Aveva infatti percepito un movimento ai margini del suo campo visivo.

Come incantato, osservò Kagome affacciarsi oltre il panno che fungeva da porta alla tenda, mentre si passava distrattamente le dita tra le lunghe ciocche corvine.

La vide osservare curiosa la scena e… ridere?
Sì, aveva appena riso, discretamente e in maniera quasi impercettibile, mentre osservava quei due pazzi di Ayame e Koga iniziare una delle tante loro consuete scenette.

Subito però la vide tornare seria e posare lo sguardo su qualcosa oltre le figure dei quattro amici che ancora stavano battibeccando, facendosi allarmata.

Velocemente Kagome uscì dalla tenda, dirigendosi verso i resti della tenda ai piedi di Hakkaku.

- Mi scusi... – disse al ragazzo – Le dispiacerebbe spostarsi da lì? – gli chiese, indicando un lembo della tenda che lui stava calpestando.

Hakkaku la fissò, interrogativo.

- Se non lo lascia uscire da lì, finirà per soffocare – gli spiegò ancora lei.

Stranito il ragazzo seguì la direzione dello sguardo della giovane, lanciando poi un mezzo grido. Ad alcuni centimetri dal suo piede qualcosa si dimenava, avvolto nel tessuto della tenda.

- Ah!!! Che cavolo?! – si spaventò Hakkaku, interrompendo con il suo grido Ayame e Koga.

Sospirando, Kagome si affrettò a creare un varco tra la stoffa: - Stai bene, piccolo? Ti sei fatto male? -.

Uno scarmigliato ed impaurito Shippo emerse dal groviglio, gettandosi in lacrime tra le braccia della ragazza: - Che paura!!!! -.

- Oh Dei! Shippo! – gridò Ayame – Brutta testa di ippopotamo! Stavi schiacciando il mio fratellino e neanche te ne sei accorto! – ringhiò, afferrando il povero Hakkaku dal lato superiore della tunica.

- S-sorella Ayame! Piano! Mi stai strozzando! – pigolò quello.

Nel frattempo Sango si era inginocchiata accanto a Kagome: - Tutto bene, piccola peste? – chiese al bambino ancora affondato contro il seno di Kagome.

Shippo si scostò appena, mostrando all’amica il dito indice della mano: - Mi sono tagliato – pianse, infilandosi il dito in bocca.

Sango gli sorrise amorevolmente: - Non è niente, dai. Andiamo a bagnarlo con un po’ d’acqua, vuoi? Vieni! – gli disse, prendendolo dalla stretta di Kagome e avviandosi, con lui in braccio, verso il laghetto dell’oasi di Dakhla.

Kagome fece per alzarsi, spolverandosi la candida tunica dalla sabbia.

Purtroppo per lei però ricevette un’involontaria e del tutto accidentale barilata d’acqua addosso.
Kohaku infatti, trasportando un pesante barile di acqua potabile per la cena, inciampò nelle coperte abbandonate malamente a terra da Ginta, ruzzolando in avanti e rovesciando buona parte del contenuto addosso alla ragazza inginocchiata.

Fu inevitabile per Kagome lasciarsi sfuggire un urletto di sorpresa.

- Oh Cielo! Che disastro! Mi perdoni! Non era mia intenzione… mi scusi tanto! – balbettò mortificatissimo il fratello di Sango, alzandosi da terra.

La ragazza, scostandosi i capelli bagnati da davanti alla faccia, gli rivolse un cenno, come a dire di non preoccuparsi.

Si alzò, rabbrividendo a causa dell’acqua che le colava lungo la schiena.

I presenti la guardarono strabuzzando gli occhi ed arrossendo improvvisamente.

- Dei, vi ringrazio per questa sublime visione! – proruppe Miroku in estasi e con espressione da maniaco adorante.

Stranita e confusa, Kagome seguì la direzione dello sguardo del ragazzo.

Gridò imbarazzatissima, affrettandosi a portare le mani al petto nel rendersi conto che l’acqua aveva reso praticamente trasparente la tunica di lino, che le si era appiccicata addosso, mostrando a tutti le sue forme.

- Lo spettacolo è finito, gente! Smammare! – ordinò Koga, prendendo in mano la situazione.

Con un gesto repentino afferrò una delle coperte ancora a terra, affrettandosi ad avvolgere Kagome con essa.

La ragazza sospirò, grata e lui le fece l’occhiolino: - Tranquilla, ci penso io ai guardoni -.

- Grazie – soffiò lei.

- Grazie a te, dolcezza, per aver salvato il mio futuro cognatino. Hai freddo? – le domandò poi, sentendola rabbrividire – va’ a cambiarti, forza – la esortò, strofinandole appena le braccia per darle calore.

Quell’inaspettata premura, una tale gentilezza nei confronti della nuova arrivata, provocò una fitta al cuore di Ayame che rimase sorpresa dalle sue stesse sensazioni.

Perché vedere Koga soccorrere prontamente Kagome le aveva provocato fastidio?

Confusa, scosse la testa, affrettandosi a cingere la ragazza per le spalle: - Vieni, andiamo nella mia tenda. Ti aiuto ad asciugarti. Anche se fa caldo, tra poco il sole tramonterà, è meglio non rischiare di ammalarsi – le disse trascinandola con sé – E voi scansafatiche intanto sistemate quella tenda, andate di nuovo a prendere l’acqua e iniziate ad accendere il fuoco! Marsch! – ordinò.

- Ti adoro quando ti immedesimi nel ruolo del capo, piccola! – commentò Koga, ghignando.

Aspettandosi da lei la consueta risposta battagliera, si stupì non poco nel ricevere dalla ragazza solo una fugace smorfia.

Kagome si lasciò condurre docilmente, ma si irrigidì nell’incontrare lo sguardo di InuYasha fisso su di sé.

Si sentì come bruciare davanti a quegli occhi color del sole che non smisero di osservarla in modo strano fino a quando le due donne non entrarono nella tenda occupata da Ayame e Sango.


La sera era infine giunta.

Seduta davanti allo scoppiettante e caldo fuoco, Kagome osservava rilassata i vari componenti del gruppo dei Figli del Deserto interagire tra loro. Doveva ammettere che vedere Sango malmenare Miroku era divertente e che, manie a parte, il ragazzo era anche simpatico.

Sorrise a Kohaku che le aveva passato di nuovo il piatto con i datteri. Il ragazzino non aveva ancora smesso di scusarsi per l'incidente di prima.  Era davvero molto dolce, le faceva tenerezza e in un certo senso le ricordava... Rin.

Si intristì, sentendosi ancora in colpa per averla lasciata sola, alla mercè di quei... quei...

Sospirando decise di alzarsi e fare un giro per l'oasi, alla ricerca di un po' di tranquillità.

Arrivata circa a metà dello spiazzo centrale dell'accampamento però, quasi si scontrò con InuYasha, uscito in quel momento dalla tenda di Kaede con uno sguardo più che mai cupo.

I due giovani si fissarono, impacciati ed imbarazzati. Fu Kagome a distogliere lo sguardo per prima.

Abituato com'era alla bambina impertinente, battagliera e senza peli sulla lingua dei suoi ricordi, InuYasha la contemplò, confuso.

Senza nemmeno rendersene conto le aveva messo un dito sotto il mento, costringendola ad alzare lo sguardo. Arrossirono entrambi.

- C-ciao - mugugnò lui, dandosi mentalmente dell'idiota. Dieci anni che non la vedeva e se ne usciva con "ciao"?!?

- Ciao a te - gli rispose lei - Io... stavo andando a fare due passi - gli spiegò.

InuYasha fece un cenno, invitandola a precederlo.

Osservandola camminare, una parte del suo cervello registrò la lunghezza dei suoi capelli, che le scendevano in morbide e setose onde fino alla vita.

In silenzio, si sedettero nei pressi di una palma, fissando la luna.

Kagome osservò il giovane con la coda dell'occhio, trattenendo il fiato.

Era diventato ancor più bello di quanto ricordasse. No, i ricordi che aveva di lui non gli rendevano affatto giustizia.

Era diventato alto, lo aveva notato subito, rendendosi conto di dover alzare parecchio il capo per poterlo guardare in faccia.

Si soffermò sui capelli scuri, la mascella tesa in un'espressione così concentrata che le ricordò Sesshomaru.

Il deserto aveva temprato il fisico già di per sè asciutto del giovane, scolpendolo e rendendolo abbastanza muscoloso, anche se non troppo.

Sobbalzò quando la voce di lui spezzò il silenzio, facendole capire di essere stata anche scoperta in flagrante a fissarlo: - Mi è spuntato un bernoccolo in fronte, per caso? Che c'è, non hai più visto un maschio, da quando ci siamo separati? - le domandò. Si era subito reso conto benissimo di aver detto una valanga di sciocchezze, ma quello era l'unico modo di iniziare il discorso che gli fosse venuto in mente.

Kagome strabuzzò gli occhi, gonfiando poi le guance: - Scemo! Non sei cambato di una virgola, eh? Sempre il solito acido! - gli rispose.

Nel giro di un attimo però InuYasha vide i grandi occhi marroni della ragazza farsi lucidi e si allarmò.

Kagome tentò di scacciare il groppo che le aveva serrato la gola: "Non hai più visto un maschio, da quando ci siamo separati?"  Magari fosse stato veramente così!

- Ehi, non starai per piangere, vero? - le disse lui - Capisco di esserti mancato, però non c'è bisogno di - aggiunse, ma lei lo interruppe, sprezzante:
- Oh, certo! Credi di essere stato il centro del mio mondo, vero? Tu non sai cosa ho passato -.

- Oh, perché la mia vita in dieci anni è stata una passeggiata, vero? Beh, ti sbagli! - la interruppe a sua volta InuYasha - Hai idea cosa vuol dire sapere di essere stato abbandonato tra gente che non conosci da tuo fratello, credere di essere rimasto solo al mondo dopo che - si arrabbiò, dando voce dopo molto tempo a tutta l'amarezza che covava dentro.

Kagome emise una risata stridula: - Non lo so, dici? Lo so fin troppo bene, invece. Ho visto morire giorno dopo giorno mia madre, provata dalle angherie, ho dovuto restare a guardare impotente mentre tutto il mio mondo veniva distrutto, lottando ogni giorno per rimanere in vita. Sopportando, tenendo duro a tutti i costi. Coltivando la speranza che un giorno tu saresti ritornato a prendermi, che avresti cacciato quei... quei... - urlò, scoppiando poi in un pianto a dirotto, il capo affondato tra le ginocchia.

InuYasha sentì il proprio cuore spezzarsi.

Un veloce movimento e Kagome si ritrovò stretta nel caldo e rassicurante abbraccio dell'amico di infanzia, che riusciva solo a pronunciare il nome di lei come in una litania.

- InuYasha - singhiozzò a sua volta.

Lasciò che lei si calmasse, limitandosi a stringerla e ad affondare il naso tra i suoi capelli. Il suo profumo lo riportò con la mente ai lontani e ormai perduti giorni felici della loro infanzia, fatti di giochi, risate, battibecchi.

Una lacrima gli solcò la guancia. In un battito di ciglia aveva perso la madre, il padre, la sua casa. Suo fratello chissà dove diavolo era... eppure lei era lì, era davvero tra le sue braccia.

Kagome. Kagome era riuscita a tornare da lui. Non tutto il suo passato era perduto. Lei. Aveva ancora lei.

Paradossalmente, una volta che la ragazza si fu tranquillizzata, fu InuYasha a lasciarsi andare ad un sussurro pieno di dolore, stringendola talmente forte da rischiare di soffocarla: - Kagome! Sei qui, sei qui davvero. Non sono solo, allora! Non sono solo...-.

Lei ricambiò la stretta, commossa, mormorando: - Sono qui. No, che non sei solo. Non lo sei mai stato InuYasha. Sono qui, ti ho trovato e non ti lascerò più. Ci eravamo fatti una promessa noi due, dopotutto, ricordi? - sorrise la ragazza, spostandosi appena per guardarlo negli occhi.
- La nostra promessa - sussurrò, tirando fuori dalla scollatura un piccolo spago, alla cui estremità era legato un piccolo sacchettino di stoffa.

Senza sciogliere del tutto l'abbraccio, Kagome lo aprì, svelandone il contenuto: - Si è un po' rovinato, ma ho fatto i salti mortali per riuscire a conservarlo. Anche solo guardarlo mi ridava la forza per superare i momenti più bui - gli confidò con un sorriso triste - Ho detto una mezza bugia, prima. È vero. È vero che sei stato 'il centro del mio mondo'. È stato il pensiero di te, il tuo ricordo, che mi ha aiutato a non impazzire - ammise.

InuYasha sbarrò gli occhi, riconoscendo quel monile: il braccaletto di lapislazzuli che era appartenuto a sua madre e che lui stesso aveva regalato a Kagome esattamente due giorni prima che tutto accadesse!

 Automaticamente portò la mano destra a stringere il ciondolo che aveva al collo, a quello che era stato a sua volta il suo talismano, mentre la sua espressione si addolciva nel ricordare quella piccola grande promessa che due bambini ancora ignari del futuro si erano scambiati.


Palazzo reale di Menfi, dieci anni prima, 1224 a.C.


La piccola Kagome piangeva disperata, seduta nella polvere al centro del labirinto artificiale di uno dei giardini del palazzo di Menfi.

Era stata una vera sciocca. La mamma gliel'aveva ripetuto mille volte, di non gironzolare da sola, specialmente in quel giardino, ma lei, cocciuta, non le aveva dato ascolto, continuando imperterrita a voler seguire Buyo nel suo girovagare. Ed ora si era persa. Fino a qualche minuto prima il gatto era rimasto con lei, ma poi era scomparso, saltando agilmente oltre una delle siepi.

Non l'avrebbero più trovata e lei sarebbe rimasta lì da sola per sempre.

Tra i singhiozzi le sembrò di sentire una voce ed un miagolio.

Mentre tentava di asciugarsi il viso inondato di lacrime, Buyo  spuntò miagolando da dietro un angolo, seguito da...
Nello scorgere l'amico, la bambina gli si gettò tra le braccia, rischiando di sbilanciarlo dalla sorpresa: - InuYasha!!!! - gridò in lacrime.

Il bambino la guardò allarmato: - Che è successo? Ti sei fatta male? Fa vedere -.

Ma la piccola continuava a stargli appiccicata: - Ho avuto tanta paura! -.

InuYasha sbuffò: - Ecco, lo sapevo. Non riuscivo più ad uscire, vero? E ti sei fatta prendere dal panico. Sei proprio una nana scema! - la punzecchiò.

Kagome lo guardò accigliata, tirando su col naso: - Io non sono scema! -.

Il principino alzò gli occhi al cielo: - Smettila di frignare, piagnona. Guarda. Questo è per te - le disse, mettendole in mano il bracciale di lapislazuli chiesto alla madre.

L'amichetta lo guardò a bocca aperta, esclamando: - Ma è bellissimo! -.

InuYasha si finse indifferente per nascondere la contentezza di vedere accettato il proprio regalo con tale entusiasmo: - Andiamo, dai. Tua mamma ti starà cercando - le disse, prendendola per mano e trascinandola verso l'uscita.

- Inu? - mormorò la bambina.

- Mhh? - mugugnò lui senza voltarsi.

- Grazie. Per il braccialetto e per essere corso a cercarmi. Quando sono in difficoltà ci sei sempre tu, ad aiutarmi -.

Il principino sì fermò, arrossendo.

- Mi dispiace, se ti ho fatto preoccupare. Scusami! - concluse la bambina.

- Tzè! Io non ero affatto preoccupato - si schermì lui.
Altrochè se lo era, in realtà! Gli era quasi venuto un colpo quando aveva capito dove Buyo si stava dirigendo!

- Inu? Mi prometti che, se avrò bisogno, tu arriverai sempre a darmi una mano? - gli domandò Kagome.

- Che domande! Certo, scema! Ovunque sarai, io ti troverò - promise, solenne.

L'amichetta gli gettò le braccia al collo con un gridolini di gioia: - Ti voglio bene, Inu-chan! Anch'io, anch'io prometto che ti aiuterò sempre. Resterò per sempre al tuo fianco - gli disse felice.



Presente, oasi di Dakhla


Kagome sorrise, sfiorando una delle pietre: - Lapislazzuli - sussurrò - Simbolo di Iside e dell'aldilà. Dicono che scacci le energie negative ed io credo proprio che sia così - sorrise, fissando InuYasha con volto sereno.

Il giovane la fissò intensamente, accarezzandole una guancia: - È vero, hai mantenuto la promessa di allora. Sei tornata da me - esalò ripensando all'episodio della loro infanzia e facendola arrossire.

Nello scorgere le sue gote colorarsi di rosa percepì uno strano brivido, ritrovandosi ancora a pensare che fosse diventata davvero bella.

Che strana sensazione!

Non era certo la prima volta che vedeva una ragazza, ma era anche vero che con nessuna si era mai avvicinato così, nemmeno Sango ed Ayame avevano il permesso di abbracciarlo.

Sobbalzò nel sentire le dita della ragazza sfiorare il ciondolo che lui portava al collo. Il ciondolo di sua madre.

- Ma questo... - la sentì mormorare.

InuYasha la fissò con sguardo sofferente, prendendole la mano nella sua.

I suoi occhi color dell'oro si specchiarono in quelli marroni di lei, leggendo in essi la stessa impotenza, lo stesso dolore, la stessa rabbia.

Kagome fu sul punto di piangere di nuovo: - Mi dispiace. Mi dispiace tanto, InuYasha - sussurrò, appoggiando la fronte a quella di lui.

Il ragazzo chiuse gli occhi, tremando.
- Me la pagherà. Naraku me la pagherà - ringhiò poi facendo sobbalzare la ragazza.
- Kaede ha tentato di far sì che io non venissi a sapere del suo coinvolgimento, ma io non sono stupido e le voci circolano. Il reggente provvisorio, tzè! Potrà aver ingannato il popolo, ma non me - sputò, riaprendo gli occhi.

Furia. Totale, incontrollabile e cieca furia fu ciò che la ragazza lesse in quelle iridi ardenti.

Sentendo Kagome ritrarsi e leggendo paura nei suoi occhi, il giovane rimase spiazzato.
Un sospetto fece capolino nella sua mente: - Cosa sai, Kagome? Mi stai nascondendo qualcosa, te lo leggo in faccia. O Dei! - esalò, strabuzzando gli occhi - Tu eri a palazzo, vero? In questi dieci anni tu sei rimasta là. Cosa ti hanno fatto, Kagome? Dimmelo! - si infervorò, afferrandola per le spalle.

La ragazza non rispose, mordendosi il labbro e distogliendo lo sguardo.

Una voce dietro di loro li fece sobbalzare: - Calmatevi, principe. Le state facendo male. E non potete obbligarla a raccontare cose che non è ancora pronta a rivelarvi - lo ammonì pacata Midoriko - Immagino che l'anziana matriarca vi abbia informato sul da farsi. Dopodomani ci metteremo in marcia. Diversi giorni di viaggio ci attendono. Domani mattina rivelerete ai vostri compagni le vostre origini. Il tempo è giunto - sentenziò.

InuYasha si alzò in piedi, dopo aver allentato la presa su Kagome, facendole un'impacciata carezza sul capo, come per scusarsi e fronteggiò Midoriko: - Chi diavolo siete, donna? Non vi conosco. C'è Sesshomaru dietro a tutto questo, vero? - realizzò, lanciando un'occhiata a Kagome rimasta seduta sulla sabbia - Perchè proprio ora, eh? Dove diavolo è stato, in questi dieci anni, eh? - sibilò con astio, stringendo i pugni.

- Presto lo saprete, pazientate ancora un po' - fu la sibillina risposta di lei - Il tempo è ormai maturo - concluse prima di voltarsi ed addentrarsi nell'oscurità dell'oasi.

 
*~*~*~*~*~*


Il falco atterrò elegantemente sul braccio teso di un uomo, che si affrettò a slegargli il messaggio dalla zampa e a rifocillarlo. Aveva percorso la distanza in meno di due giorni, volando sotto il sole cocente del deserto ed era esausto.

Jinenji sobbalzò, voltandosi, quando l'ombra di un'alta figura dietro di lui si palesò nel suo campo visivo. Non l'aveva nemmeno sentito avvicinarsi e non avrebbe saputo dire se e da quanto tempo fosse già lì.

Si affrettò comunque a chinare il capo in segno di rispetto: - Un messaggio per voi, mio Signore. Dalla somma Midoriko -.

Una mano affusolata afferrò la piccola striscia di papiro.

L'espressione dell'uomo rimase imperturbabile anche dopo aver letto.

- Tra qualche giorno avremo ospiti, pare - osservò - Puoi andare - disse al suo collaboratore - Avvisa le truppe di tenersi pronte. Manca poco ormai -.

Jinenji annuì, lasciandolo solo.

Avvolto dal silenzio, l'uomo contemplò il tramonto.

Una folata di vento caldo mosse i lunghi e fini capelli ed una luce febbrile gli attraversò gli occhi scuri.

Un sorriso sinistro gli piegò appena le labbra:"Presto la tua testa rotolerà ai miei piedi... Naraku. Goditi questi giorni di gloria, perchè saranno gli ultimi. La nostra vendetta non ammette sconti".
 



Buona sera ^_^ eccomi di ritorno. Devo dire che sono abbastanza soddisfatta di come è uscito questo capitolo ^^
Beh, Inuyasha sembra un po' .. Emh.. Bipolare? ^^' spero di no XD Capitelo, povero! L'arrivo di Kagome l'ha un po' scombussolato ed le emozioni sono esplose u.u
E la persona che compare nel finale? Chi sarà? Bah XD
Le cose si mettono in moto, comunque u.u
Stay tuned :-P
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Frammenti di verità ***



Capitolo 6        Frammenti di verità


Una bambina di non più di otto anni e dall'aspetto scarmigliato era inginocchiata sul pavimento, spazzolando un tappeto Macchiato di vino.

Le mani screpolate e piene di tagli e graffi le dolevano, ma lei non si lasciò sfuggire nemmeno un lamento. Aveva imparato a sue spese che era meglio non farlo.

Si concesse un unico sospiro, nel vedere di aver terminato il suo compito. Doveva sbrigarsi, era quasi l’ora del bagno della signora e avrebbe dovuto pulirle i vestiti sporchi.

Una lieve smorfia sarcastica le increspò le labbra. Sporchi. Feh, se i vestiti di Kikyo erano sporchi, lei in confronto era ridotta peggio di una mendicante.

Si faceva praticamente tre bagni al giorno, la signora!
Per quello che le riguardava, invece, era già un lusso se poteva in qualche modo sciacquarsi nell’acqua usata per i panni.

Persa com’era nelle sue riflessioni, non si accorse della presenza che era sgattaiolata silenziosamente alle sue spalle.

Un calcio e il secchio d’acqua sporca si riversò sul tappeto.

- Ops! Che sbadata che sei, serva! Ti conviene rimediare, e in fretta anche, altrimenti la Signora Kikyo ti darà una bella punizione… come al solito, d’altronde! Ihihihi – sghignazzò Hakudoshi.

La bambina gli lanciò uno sguardo carico d’odio. Quanta cattiveria era insita in quel moccioso di solo un paio d’anni più grande. Perché, perché non la lasciava in pace? Era colpa sua se veniva sempre punita ingiustamente!

Hakudoshi si accigliò, prendendola per i capelli e facendola gemere di dolore: - Cos’è quello sguardo, eh, pezzente?!? Devi portarmi rispetto, hai capito, mulatta? – sibilò sprezzante, scaraventandola malamente sul pavimento, prima di uscire dalla stanza con aria soddisfatta.

La bambina si morse le labbra per non dargli la soddisfazione di sentirla lamentarsi dal dolore.
Attese mezzo minuto, poi, in silenzio, si rialzò, ricominciando il suo lavoro.

Solo dopo molte ore poté trascinarsi stancamente verso l’angolo delle cucine che costituiva la sua stanza, gettandosi sullo sgangherato giaciglio di secca paglia.
Con le ultime forze che le restavano mangiò il tozzo di pane che costituiva la sua cena.

Quando fu sicura che tutti fossero andati a coricarsi, strisciò fino all’angolo del muro, tastando la base.
Sfilò un piccolo mattone, rivelando la piccola nicchia che faticosamente aveva scavato con le unghie, estraendone una striscia di stoffa.
Se la portò al petto, dopo aver rimesso al suo posto il mattone e andò a stendersi di nuovo sul giaciglio.

Chiuse gli occhi, accarezzando la fredda e liscia superficie dei lapislazzuli di cui era fatto il braccialetto.

Due anni. Erano passati due anni.

Un miagolio e una pelosa carezza strusciante.

Nel più completo silenzio la piccola Kagome versò la sua quotidiana dose di lacrime, stringendo a sé il gatto: - Cosa devo fare, Buyo? Non ce la faccio. Aiutami, aiutami tu. Sono da sola. La mamma è morta l’anno scorso e io non so più cosa fare.  InuYasha. Vieni a prendermi, ti prego! InuYasha – singhiozzò.

Si addormentò un’ora dopo, provata, come tutte le sere, dalle lacrime e dalla fatica, stringendo al petto il suo tesoro e immaginando che il calore del gatto accoccolato al suo fianco fosse invece quello del corpo di un bambino che la abbracciava nel sonno.





Boccheggiando Kagome si mise a sedere di scatto, il fiato grosso e il cuore che le batteva all’impazzata.

Si accorse di essere sudata fradicia e di rabbrividire.
Contemplò con sguardo assente la coperta che le si era aggrovigliata intorno alle gambe.

Le sfuggì un singhiozzo che si affrettò a tacitare, coprendosi le labbra con una mano, nel timore di svegliare Midoriko.

L’essersi lasciata andare con InuYasha doveva aver riportato involontariamente a galla brutti ricordi.

In un automatico gesto accarezzò le pietre del bracciale che la sera precedente lo stesso InuYasha le aveva messo al polso.
Con un sospiro lo slacciò, infilandolo di nuovo nel sacchettino, rimettendoselo al collo.
Era una cosa sciocca e insensata, lo sapeva, ma le mancava percepire il leggero e rassicurante peso di quell’oggetto appoggiato nell’incavo dei seni. Preferiva tenerlo così, come sempre, vicino al cuore.

Si alzò ed uscì dalla tenda senza far rumore, avvertendo il bisogno di detergersi il sudore.
Dovevano essere all’incirca le sei passate e l’accampamento dei figli del Deserto stava iniziando a destarsi, appurò.
 


InuYasha sbirciò verso l’esterno della tenda. Di lì a poco avrebbe dovuto parlare agli amici e a quella che era diventata la sua nuova famiglia. Ed era terrorizzato.

Kaede tentò di rassicurarlo, posandogli una mano rugosa su una spalla: - Andrà tutto bene, ragazzo. Non temere. Capiranno sicuramente -.

Il giovane sogghignò, tentando di smorzare la tensione: - Feh. Certo. Alla peggio cosa mi potrà mai capitare? Ah, giusto. Essere assalito da un branco di Figli del Deserto infuriati. Quisquilie – ironizzò.

L’anziana sbuffò, divertita: - Ragazzo… - lo ammonì.

- Giusto! Posso comunque far finta di aver perso la memoria e dare tutta la colpa a te. Ci sei dentro anche tu fino al collo, nel misfatto, dopotutto, vecchia! -  gongolò InuYasha – Sono un genio – scherzò.

La matriarca gli diede uno schiaffetto sulla nuca. – Smetti di fare il pagliaccio, InuYasha. Tra tutto, credo proprio che questa sia la prova che tu debba temere meno – considerò.

Il ragazzo si fece cupo.
Già. Ancora stentava a crederlo ma… Sesshomaru. C’era il suo zampino. E, a quanto pareva, a breve lo avrebbero raggiunto. Dove, ancora non lo sapeva.
Di una cosa era però certo: appena lo avrebbe rivisto, nessuno gli avrebbe impedito di tirargli un bel pugno su quel suo brutto muso altezzoso!

Prese un respiro profondo, notando che i componenti del clan si erano tutti radunati al centro dell’oasi, come era stato chiesto loro di fare la sera precedente.

Il momento della verità era giunto.

Lo avrebbero accettato, oppure avrebbe perso tutto una seconda volta?




Shippo sbadigliò, assonnato, osservando distrattamente la sorella compiere i suoi consueti esercizi per riattivare i muscoli.
Era la migliore guerriera del clan, forte e coraggiosa anche più di alcuni maschi -se maschi si potevano definire quei mollaccioni di Ginta ed Hakkaku-  ed esserlo costava fatica e strenuo e costante esercizio.

Miroku sbuffò, lamentandosi per il caldo: - Sono solo le sette e qualcosa e già fa un caldo da morire. Stupido deserto -.

Sango gli lanciò un’occhiata di sufficienza: - Ogni tanto mi domando se tu sia davvero figlio di un egiziano. Sei di una lagna continua -.

Il giovane si risentì: - Scusami tanto, eh, se sono solo un mezzo Numida*, abituato al clima della costa e non un fiero Nubiano** come vossignoria, abituata al Grande Deserto – ribatté acido.

La ragazza addolcì lo sguardo, contrita. Era così abituata ad averlo attorno, a considerarlo parte del gruppo che tendeva a dimenticarsi del fatto che il suo Miroku fosse praticamente un “esterno” al clan, proprio come InuYasha.
Entrambi erano entrati a far parte della famiglia dei Figli del Deserto da piccoli, certo, ma non così tanto da non ricordare la loro vita precedente.

Era una storia triste, quella di Miroku: figlio illegittimo e non voluto di un sacerdote e di una prostituta, aveva vissuto fino all'età di sei anni con la madre, a Cirta***
Alla morte della donna il padre si era rifatto vivo, per educarlo alla vita sacerdotale, ma durante il viaggio attraverso il Deserto Bianco, nei pressi dell’oasi di Farafra, Miroku era scappato, imbattendosi in loro.

Rammaricata, si avvicinò al ragazzo, ad occhi bassi, mormorando: - Scusami. Non volevo essere così brusca o irrispettosa. È che… sono nervosa. Questa nuova situazione è… strana. Sento qualcosa nell’aria – ammise, posandogli una mano all'altezza del petto.

Il giovane la strinse a sé: - Scuse accettate, mia dea – bisbigliò – Oh, mio tesoro! Che meraviglia! – sospirò appagato.

Un nervo pulsante fece capolino sulla tempia di Sango. Con una mossa fulminea pizzicò la mano morta che le stava accarezzando alacremente la curva dei glutei e lo atterrò nella sabbia, mettendosi a cavalcioni sullo stomaco di Miroku, trucidandolo con sguardo tetro.

- Ouch! – sibilò lui – Mossa eccellente, Sanguccia! – il suo sguardo si illuminò, lasciando la ragazza confusa – Inoltre devo dire che questa posizione non mi dispiace per nulla, tesoro. Non ti facevo così intraprendente! -.

Giusto un minuto prima InuYasha era comparso nello spiazzo, accompagnato da Kaede che lo guidava ad andare avanti, tenendogli una mano in mezzo alle scapole.
Kagome gli era subito corsa incontro, sorridendogli timida e lui le aveva rivolto uno sguardo teso, mentre Kaede li lasciava soli, continuando ad avanzare. Il giovane si irrigidì ancor di più nel notare una certa ed improvvisa atmosfera tetra e grondante di furia, nonostante l'occhiata rassicurante che l'anziana matriarca gli aveva rivolto.

- Oh, merda! – gli sfuggì all'improvviso.
Con una mossa fulminea agguantò il braccio di una confusa Kagome, affrettandosi a scansarla appena verso la sua destra.

Nel giro di qualche secondo un polverone preceduto da un tonfo si levò accanto a loro, facendoli tossicchiare.

Quando la polvere si fu diradata, Kagome notò sorpresa un ammaccato e dolorante Miroku alzarsi dalla sabbia, su cui era atterrato con il viso rivolto verso il basso.
Sentendo InuYasha sospirare, lo fissò interrogativa, ma l'amico si limitò a fare spallucce: - Avrà dato aria alla bocca come al solito. Tutto regolare. È meglio non chiedere, fidati – le disse, per poi aggiungere: - Bel lancio, Sango! -.

La diretta interessata si spazzolò con le mani i pantaloni in pelle, facendo oscillare la lunga coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli, sorridendo malignamente.
- Visto? Grazie InuYasha. Complimenti anche a te per la prontezza di riflessi – gli rispose – Perdonami, Kagome. Non vi avevo proprio visti. L'avrei lanciato dall'altro lato, altrimenti, senza rischiare di colpirvi – si scusò.

Shippo zampettò verso i due amici, calpestando senza remore il povero Miroku: - Buongiorno Kagome! Ciao Inu! – li salutò.

- Come mai sei così gioviale tutto d'un tratto tu, eh? Che stai macchinando, marmocchio? – gli domandò il ragazzo.

- Sto bene, eh! Non aiutatemi, tranquilli! – ansimò intanto Miroku.

Kaede riportò in fretta l'ordine, avanzando verso i componenti del clan sparpagliati nello spiazzo a formare uno scomposto semicerchio: - Miei cari. Vi starete chiedendo perché io vi abbia radunati qui. Come avete notato, abbiamo accolto tra noi due nuove ospiti, la venerabile Midoriko e la dolce Kagome. Ebbene, non è un caso se sono arrivate fino a qui. Pare che sia giunto per me il momento di onorare una promessa fatta anni orsono, promessa che coinvolge anche voi tutti – fece una pausa, sospirando grave – Molti di voi erano ancora piccoli, altri non erano neppure nati quando, ormai dieci anni fa, giurai sull’onore del clan e con la complicità del tuo defunto padre, Koga, di rendere i miei servigi al Signore d'Egitto – proferì, cercando per un attimo con lo sguardo il giovane Yoro.

Un vociare perplesso si levò tra gli uomini più anziani.

La matriarca alzò una mano, riportando il silenzio: - Giurai all’erede del Grande Faraone Gentile di prendermi cura di una persona a lui cara – continuò, lasciando ancora più perplessi i presenti – Senza essere al corrente della verità, voi lo avete accolto, aiutato a diventare un uomo. L'avete apprezzato, amato, sostenuto come si fa con un fratello. È giunto però il tempo di riportare le cose al loro stato originario, così come avrebbero dovuto essere, affinché il destino si compia e tutto torni alla normalità -.

Kagome percepì InuYasha farsi sempre più teso, mano a mano che il discorso dell’anziana andava avanti. Senza dire nulla, gli strinse una mano, facendolo sussultare.
Lui la guardò e lei gli sorrise, incoraggiante: “ Andrà tutto bene. Tranquillo. Io sono qui” sembravano dirgli le iridi castane di lei.

InuYasha deglutì ritornando a guardare in avanti.

- Per questo vi chiedo se siete disposti ad intraprendere un nuovo cammino, un viaggio che sarà impervio, temo, e non mi riferisco solo al sentiero fisico da percorrere –  sentenziò solenne Kaede. Un sorriso furbetto le spuntò però tra le labbra, un momento prima di aggiungere: - Sempre ammesso che il contributo di un gruppo di nomadi del deserto sia accettato. Questo spetta a voi deciderlo, non è vero, principe InuYasha? – domandò retorica, facendo sussultare il ragazzo è tutti i presenti ad eccezione di Kagome e Midoriko.

“Questa me la pagherai, dannata vecchiaccia!” pensò allarmato il ragazzo, vedendo l'espressione attonita degli amici.

Dopo un momento di silenzio, Koga riuscì a tartagliare: - Tu… tu… sei cosa!?!? P-p-p-principe!?! -.

Perfino Ayame lo stava fissando ad occhi sgranati!

- Non ci posso credere! – sussurrò Sango sgomenta.

InuYasha nascose per un momento gli occhi dietro la frangia scura, borbottando: - Delicata come sempre, vecchia! Avresti fatto prima a far girare un proclama! -.

- Ma pensa! E chi l'avrebbe mai detto! Furbo, amico mio! È una buona carta da giocare con le fanciulle, questa! – sogghignò Miroku, mettendogli un braccio al collo – Sai come capitolerebbero a dir loro “ah, a proposito… non sono solo bello da far paura, ma anche un principe”? -.

L'amico alzò la testa, furente, già pronto a tirargli un pugno per l'assurdità che aveva appena pronunciato, ma rimase interdetto di fronte al sorriso e all'occhiolino che lui gli fece.
InuYasha sgranò gli occhi, comprendendo. L'aveva fatto apposta, il cretino, per sdrammatizzare e aiutarlo ad uscire dall’impasse.

Sospirò, raddrizzando le spalle che aveva inconsciamente ingobbito, assumendo una posizione di difesa e osservò i compagni radunati.
- Credo proprio di dovervi una spiegazione – affermò risoluto.

Kagome sorrise, orgogliosa dell'espressione determinata e della luce fiera che gli lesse negli occhi.

Eccolo lì il principe dei suoi ricordi, scanzonato e pungente, a volte impacciato, ma all'occorrenza serio e deciso, totalmente sincero e convincente, in grado di ispirare istantanea fiducia come lui solo era in grado di fare.

Osservando un punto imprecisato nel cielo, InuYasha raccontò sommariamente loro della sua fuga da palazzo.

Kagome sentì gli occhi riempirsi di lacrime nell’udire di come si fossero gettati nel Nilo.

- Il resto lo sapete – concluse il giovane – Da allora io sono rimasto tra voi, e, a questo proposito, vi devo ringraziare. In voi tutti ho trovato una seconda famiglia. Mi dispiace avervi mentito ma io stesso sono praticamente stato tagliato fuori da tutto, non ho idea di cosa sia successo in questi anni in Egitto, se non per le sporadiche e sussurrate voci che sono circolate – ammise con un sospiro – Anche perché la vecchiaccia qui, ha sempre tenuto la bocca cucita su tutto – borbottò sprezzante.

- Ehi! Vecchiaccia a chi, giovanotto! – si risentì quella.

- Mhhhh – mugugnò Shippo, fermandosi davanti ad InuYasha e osservandolo concentratissimo. La sua espressione seria era quasi inquietante.
- Kaede? – chiamò poi.

- Sì, Shippo? Dimmi -.

Il bambino squadrò ancora InuYasha, infine domandò: - Ma sei proprio sicura? Non ha mica la faccia da principe, lui! – appurò, facendo arrossire il giovane.

- Razza di…. Come ti permetti, dannato! – si arrabbiò InuYasha, afferrandolo per la collottola, mentre gli altri ridevano.

- Ma è vero! – ribadì il bambino.

- Ah,  sei insopportabile, marmocchio! Quasi più di Kagome quando aveva la tua età! Lei almeno mi portava rispetto -.

La ragazza chiamata in causa sbuffò, rubando Shippo dalla presa di InuYasha: - Ti portavo rispetto? Ma quando mai! – gli fece la linguaccia – Tuo fratello sì che incuteva timore, non tu! -.

L'amico la guardò male, incrociando le braccia con espressione offesa: - Irriverente! – bofonchiò.

- Ma allora è vero che siete amici da tanto! Era così irritabile anche da piccolo, quindi? – chiese a Kagome il fratellino di Ayame.

Prima che la giovane potesse rispondere ed InuYasha arrabbiarsi di nuovo, proprio Ayame intervenne: - Basta fare il buffone, Shippo! La questione è seria, ricomponiamoci – li rimbrottò – Dunque, se le cose stanno così, la mia domanda ora è: che dovremmo fare noi, quindi? Cosa intendi per “onorare la promessa” di preciso, Kaede? Che ruolo avremmo noi in tutto questo, a parte fare da balia a lui? – domandò, indicando InuYasha con un cenno – Nemmeno il diretto interessato sembra sapere alcunché. Perciò credo proprio che tocchi alle due nuove arrivate rispondere alle nostre domande – concluse, fissando con sospetto Midoriko.

La donna, rimasta fino ad ora in disparte avanzò: - Mi congratulo con te, guerriera. Hai una mente arguta e attenta. Tuttavia ci sono particolari che non mi è permesso rivelarvi. Non spetta a me. La vostra Matriarca ne è stata informata. Io posso solo chiedervi di fidarvi – affermò.

Koga la guardò in cagnesco, mentre Sango sbuffò, sprezzante: - Bell'affare! Non mi pare né equo né tantomeno vantaggioso per noi, andare allo sbaraglio. Concordo con Ayame. Qualcosa ancora non quadra -.

Kaede sospirò. In cuor suo era orgogliosa dell'arguzia dei suoi ragazzi. E si era aspettata delle rimostranze.

- Ayame. Sango. Il mio compito non era solo quello di “fare da balia” ad InuYasha, bambine, ma anche – iniziò l'anziana.
La voce di Koga la precedette, facendola sussultare: - “Noi siamo i Figli del Deserto. Siamo liberi, ma la nostra fedeltà e riconoscenza va al sovrano d'Egitto, a colui che ci ha concesso di vagare liberamente tra le sue terre, chiedendoci in cambio di sostenerlo nel momento del bisogno, che sia in pace o in guerra” – recitò – Mio padre me lo ripeteva ad ogni occasione. E sono d'accordo, su questo. Noi dobbiamo aiutarlo, e fin qui ci siamo – rifletté – Tuttavia chi è il sovrano, ora? Chi dobbiamo sostenere? A chi dobbiamo essere fedeli? Come tutti ben sappiamo, il faraone è morto dieci anni fa. Sono rimasti i suoi figli, ok. Però ora è come essere tra due fuochi, anzi, tre -.

Kaede gli sorrise: - Tuo padre sarebbe fiero di te, Koga. Sei cresciuto – constatò, facendolo arrossire.

- Comprendo le vostre perplessità – intervenne ancora Midoriko – Da un lato abbiamo il reggente in carica, dall'altro gli eredi del precedente sovrano, ossia il giovane InuYasha che voi conoscete e il primogenito che -.

- Tsk! Primogenito che fino ad ora si è limitato a fare il coniglio – la interruppe InuYasha con rancore.

La donna gli rivolse un'occhiata di rimprovero: - Non dovreste sputare sentenze riguardo ciò che non conoscete – lo redarguì.

Lui distolse lo sguardo.

“InuYasha” pensò preoccupata Kagome.

- Se credi davvero che lui ti abbia abbandonato, ti sbagli, ragazzo mio – intervenne grave Kaede – Non te l'ho mai detto, e ti concedo di essere arrabbiato con me per questo. Tuo fratello ti ha sempre tenuto d'occhio, InuYasha. Nei limiti del possibile, ovviamente, attento a non farsi scoprire, ha intrattenuto con me una corrispondenza spiccia – confessò.

Il ragazzo spalancò gli occhi: - Cosa!?! -.

- Per non destare sospetti bruciavo immediatamente le sue missive – continuò.

- Ma certo! Gli intrugli medicinali che barattavi in cambio di stoffe, tele e sacchi di iuta – realizzò Sango – Ecco perché il mercante, in quei casi non era mai lo stesso! -.

Kagome dovette sforzarsi di nascondere un sorriso triste. InuYasha pensava che Sesshomaru non si fosse curato di lui… quanto di sbagliava! Pur ostentando la solita indifferenza ed impossibilità, il principe aveva sempre avuto un pensiero per lui e lei lo sapeva bene! Lo dimostrava il fatto che, a differenza di Kaede, avesse conservato gelosamente le missive in cui l'anziana gli illustrava i progressi del fratello!

- La questione mi pare chiara, comunque – s’intromise Miroku – Per quel che mi riguarda, per ora la mia “fedeltà” non va ad alcun fantomatico sovrano, ma all'amicizia che ho instaurato con questo brontolone – affermò, ammiccando verso InuYasha – Lui dovrebbe mettersi in cammino per ricongiungersi al fratello? Bene, se mi vuole, lo accompagnerò ed ascolterò cosa quello avrà da dire a lui e a noi. Il resto si vedrà -.

- Giusto! Io sono con Miroku – concordò Kohaku.

- Dì la verità, ragazzino! Sei solo ansioso di affrontare chissà quale mirabolante avventura! – lo prese in giro uno degli uomini del gruppo.

- Perché tu no? – lo punzecchiò a sua volta un altro.

- Allora, gente? Che ne dite? Il pensiero di Miroku è anche il mio, ma non voglio obbligare nessuno – vociò Koga.

- Ma sì, un po' di movimento non mi farà male, e poi sono davvero curiosa di vedere in faccia quel tale fratello di Inu – decise Ayame.

In breve tempo mormorii di assenso si levarono tra i presenti.

- Bene, sembra che siamo giunti ad una decisione – tirò le somme Sango – Però abbiamo fatto i conti senza l'oste – sorrise, voltandosi verso InuYasha – Nessuno ha chiesto cosa tu voglia, amico mio. Vuoi partire? E se sì, desideri portarci con te? – gli chiese con la sua consueta schiettezza.

- Che razza di domande, Sanguccia! Ovvio che sì – affermò Miroku – Dove vuoi che vada questo qui, senza di noi? Siamo la sua ombra – lo prese in giro, facendo l’ occhiolino.

InuYasha sentì il proprio cuore riempirsi di calore. I suoi amici!
Arrossì, spintonando poi Miroku che gli si era avvicinato per dargli qualche colpetto sulla spalla: - Per la miseria, vuoi piantarla di farmi l’occhiolino tu? Devo forse iniziare a preoccuparmi? Non è che la scoperta che io sia un principe ti ha fatto cambiare... gusti? – lo sbeffeggiò, togliendoselo di dosso.

La faccia scandalizzata ed inorridita dell'amico, che indietreggiò perfino di un paio di passi, con una mano premuta all'altezza del cuore, lo fece ridere, così come gli altri.

Koga in particolare si stava tenendo la pancia a causa dei singulti: - Questa te la sei proprio cercata! -.

Rimasta in disparte, Kagome si asciugò una lacrima di commozione. Era felice che lui avesse trovato degli amici così cari.
Lo osservò interagire con loro, rimanendo sempre composto, ma senza quella rigidità nervosa che gli aveva visto addosso da quando era arrivata.

La voce del piccolo Shippo, che si era dimenticata di tenere ancora in braccio, la riscosse: - Perché piangi, Kagome? Sei triste? – le domandò.

La ragazza lo rimise giù, sorridendogli: - Affatto! Anzi, sono felice – lo rassicurò, ma il bambino la guardò non troppo convinto.

- Direi che è andata bene, non trovi? – osservò Kaede, avvicinandosi a lei.

Kagome le sorrise appena, annuendo.

- Bene, ragazza. Ora tocca a te e alla somma Midoriko guidarci verso la nostra destinazione. Siamo nelle vostre mani – affermò per poi aggiungere: – Andiamo, Shippo. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti a sistemare ed impacchettare i vari recipienti che ho nella tenda. Posso contare su di te? – e senza attendere risposta, prese per mano il bambino, trascinandolo con sé.





Seduta all'ombra, Kagome osservava gli uomini mentre finivano di preparare i bagagli in vista del viaggio dell'indomani. Era pomeriggio inoltrato e, dopo essersi concessi un buon pranzo ristoratore, si erano tutti rimessi al lavoro.
Anche le ragazze avevano aiutato, e in verità sia Ayame che Sango si erano stupite della caparbietà di Kagome nel voler dare una mano.

Sebbene fosse stata abituata alla fatica, una cosa era sfacchinare al chiuso, un'altra farlo sotto il sole cocente! Beh, non che nei tre anni precedenti avesse disdegnato l'aria aperta, anzi, tuttavia non era abituata ai ritmi serrati dei Figli del Deserto.
Cocciuta come sempre, aveva voluto strafare fino a quando, barcollando, aveva rischiato di cadere scompostamente a terra.

La prontezza di riflessi di InuYasha e il fatto che la tenesse sempre inconsciamente d'occhio avevano fatto sì che l'amico la prendesse al volo, per poi andare a posarla sotto una palma, intimandole con sguardo di rimprovero, di starsene lì buona.

Così aveva fatto, riposandosi ed osservando di tanto in tanto gli uomini al lavoro.
Dopo un po' vide InuYasha tornare verso di lei, tergendosi il sudore da fronte e collo con l'ausilio di un panno di lino.
Sospirando, il giovane le si sedette accanto; - Uff, che lavoraccio. Stupido caldo torrido – borbottò, passandosi una mano tra i capelli corvini appiccicati e scostandoli dal collo.

Una strana ed incomprensibile sensazione si agitò in Kagome, che distolse lo sguardo.
- Hai sete? Vado a prenderti dell'acqua? – gli domandò.

- Non serve, ma grazie. Tra poco vado a buttarmi nel laghetto dell’oasi, non appena ci sarà un po' meno folla – le rispose lui – Tu come stai? Non avresti dovuto strafare, cocciuta! -.

Lei sorrise appena, in un misto di sarcasmo e tristezza: - Strafare… che novità. Gli ultimi tempi sono stati una vacanza, in confronto a... – sussurrò, sussultando nel rendersi conto di aver parlato troppo.

InuYasha la osservò cupo, il cuore stretto dall’angoscia: - Raccontami. Per favore – disse – Voglio sapere. Devo, altrimenti non smetterò di pensarci ed immaginarmi che… -.

La giovane si irrigidì, ma l'amico non demorse, prendendole il viso tra le mani e guardandola dritta negli occhi: - Kagome - sussurrò.
Continuando a non ottenere risposta, chiuse gli occhi, prendendo in sospiro. Infine si alzò, lo sguardo basso: - Scusami. Io… non importa. Non posso obbligarti, se non te la senti -.

Trasalì nel sentirsi abbracciare da dietro.

- Sto bene. Io… te ne parlerò. Ora però concentriamoci sulle cose più immediate. Abbiamo un viaggio da intraprendere – gli disse lei, la voce attutita.

InuYasha sospirò di nuovo, stringendole le mani ancora allacciate intorno alla sua vita. Sulle labbra gli si formò un sorriso sghembo: “La mia piccola forte Kagome. Non è cambiata, ostinata e cocciuta anche di fronte alle difficoltà e al dolore. La creatura più caparbia e insieme fragile che io abbia mai conosciuto” pensò – Hai ragione. Non che sia poi così impaziente di rivedere la brutta faccia granitica di quello là, sia chiaro! – borbottò voltandosi verso di lei e stringendola tra le braccia.

Kagome si rilassò nell’inaspettato abbraccio dell'amico: “Sì, certo! Qualcosa mi dice che hai paura di rivederlo, invece” rifletté, mordendosi appena il labbro nello sforzo di non esternare quel pensiero.

- Cavolo, quanto puzzi! – disse invece.

- Cosa!?! Razza di… Guarda che anche tu non profumi certo di aloe – iniziò a brontolare, ma li raggiunse la voce di Sango, che chiedeva a Kagome un aiuto per la preparazione della cena.




L’alba del nuovo giorno arrivò lesta. Il momento di mettersi in viaggio era giunto.

Come di consueto nei loro spostamenti da un luogo all'altro, i più piccoli, tra cui Shippo, erano stati posti nella parte centrale della carovana, quella più protetta, insieme alle provviste e vettovaglie. Accanto al bambino, seduta sul carro, viaggiava l'anziana matriarca, accompagnata da Kohaku.
Gli uomini più prestanti chiudevano la fila in funzione di difesa, mentre i giovani, battaglieri e veloci, cavalcavano in testa alla carovana.
Tra di essi, Sango ed Ayame non avevano ancora smesso di scrutare Midoriko, che fungeva da apripista a tutti loro. Accanto a lei stavano Koga e Miroku, uno per lato, seguiti dalle due ragazze.

Appena dietro non mancavano i cugini compari del giovane Yoro ed InuYasha.

Kagome osservò, davanti a lei,  il giovane principe che cavalcava fiero, la schiena dritta.
Il sole cominciava a bruciare sulla pelle e a far sì che la schiena del giovane iniziasse ad essere solcata da minuscole gocce di sudore.

Serrò gli occhi, deglutendo. Che diavolo le prendeva?

La voce di Midoriko che la chiamava la costrinse a tornare alla realtà.
Spronò il cavallo, galoppando agilmente in testa al gruppo.

InuYasha la osservò scambiarsi veloci frasi con la donna.

Alzò gli occhi verso il cielo azzurro, osservandone la calma.

A quanto pareva avrebbero dovuto viaggiare per almeno sei giorni come minimo, pur mantenendo i cavalli al trotto per non farli stancare troppo e, secondo i suoi calcoli, si stavano dirigendo in direzione Nord Est.

Solo a metà pomeriggio si concessero una meritata pausa, stremati dal sole.

- Temo ci vorrà più tempo del previsto – disse Midoroko a Kaede – Confido però di poter essere in vista di Ain Umm Dabadib**** entro la prossima sera. Potremmo accamparci nei pressi del piccolo bacino d'acqua, per prepararci alla parte più dura del viaggio, quella in pieno deserto -.

E il viaggio continuò tra cavalcate e soste.




Erano passati ormai quattro giorni da quando Kagome era arrivata a scombussolare la realtà di InuYasha e la ragazza era stata per lui una continua fonte di sorprese.

Prima di tutto si era stupito di quanto bene sapesse cavalcare. Era aggraziata, non si lamentava mai. E pensare che da piccola i cavalli la terrorizzavano!

Cosa ancor più sconvolgente, qualcuno doveva averle insegnato a maneggiare le armi o per lo meno a conoscerle; non si spiegavano altrimenti le giuste osservazioni che aveva mosso a Ginta ed Hakkaku durante una delle soste, osservandoli mentre uno affilava i coltelli e l'altro controllava lo stato delle corde dell'arco.

Notando come lei si stesse asciugando il sudore dalla fronte, spronò appena il proprio destriero, affiancandolesi: - Acqua? – le domandò, porgendole la propria borraccia.

La ragazza la accettò di buon grado, con un sorriso.

Nel bere, una goccia le scappò, scendendole lungo la curva della gola, terminando il percorso oltre il bordo del mantello.

InuYasha si stranì nel rendersi conto di aver notato quel particolare e dello strano effetto che quella vista aveva avuto in lui.

Poco più avanti Ayame borbottò: - Uffa! È quasi il tramonto. Dove cavolo è quella stramaledetta cittadella con oasi? -.

- Sei stanca, piccola? – le domandò Koga, che procedeva accanto a lei.

- Piantala! – gli rispose con un occhiataccia – Piantala con quel nomignolo. E con le domande sceme. Per la cronaca, no, non sono stanca. Non è quello. È che sono stufa del sole, non vedo l‘ora di concedermi un bagno rinfrescante - gli rispose, scrocchiandosi collo e spalle.

Nell’udire quel veloce scambio di battute tra i due, Kagome ridacchiò.

L'amico d'infanzia le rivolse uno sguardo incuriosito, a cui lei rispose facendo spallucce, restituendogli la borraccia: - Niente. Pensavo solo… commento pervertito di Miroku sul bagno in arrivo tra tre… due… uno… -.

- Un bagno? Sarei più che lieto di farvi compagnia, ragazze. Potrei lavarvi la schien- Ahia! – disse infatti Miroku, puntuale come il sole che sorge.

InuYasha ridacchiò, seguito da Kagome che commentò tra le risate: - Visto? Ho iniziato a conoscerli un po' – affermò felice.

Ed era vero. Nonostante i pochi giorni passati, aveva davvero iniziato a legare con gli amici di InuYasha. Erano simpatici, nonostante tutto.

- Pff! Non è che ci voglia un colto scriba per comprendere quel maniaco mentecatto, eh! – ribatté InuYasha – E neanche per indovinare che, se continuerà così, finirà per essere scuoiato da Sango -.

- O da Koga – aggiunse Kagome – Lo sta guardando malissimo! -.

- Ci siamo quasi – osservò Midoriko, scrutando l'orizzonte – Bene, il piano è accamparsi nei pressi della piccola oasi, senza farci vedere, rimanendo ad una ragionevole distanza dalla cittadella. Tutt'al più, domani mattina potremmo inviare qualcuno oltre le mura, vedendo se sia possibile commerciare o barattare qualcosa. Che ne pensate? – domandò, fissando Koga ed Ayame.

“Ma perché lo chiede a me?” pensò il giovane, a disagio, facendo per chiamare Kaede, rimasta chissà dove nella parte più consistente del gruppo di viaggiatori.

- Che ne dici di renderti utile, maniaco dei miei stivali? Forza, vai a dare un'occhiata all’oasi! – si intromise Sango, dando una sonora pacca al cavallo di Miroku.

L’animale, spaventato, partì al galoppo, prendendo in contropiede il suo cavaliere: - Sango!!! Accidenti a te! – sbottò Miroku, mentre la compagna sghignazzava.

Con un agile scatto, Kirara balzò giù dal cavallo di Sango, seguendo Miroku. Nel passare accanto a Midoriko miagolò, come a volerle comunicare di star andando in avanscoperta.

Kagome, avvicinatasi alle ragazze, domandò: - E lo fate andare da solo? Può essere pericoloso -.

- Certo cha va da solo! Non preoccuparti, sa badare a se stesso. Ora dobbiamo solo aspettare il segnale -.

“Il segnale?” si chiese la ragazza, perplessa.

- E poi c'è Kirara, con lui – concluse Sango, lanciando però un’occhiata in tralice a Midoriko.

Lo scoprire che quella che credeva essere la sua gattina fosse in realtà fedele a quella donna, e che fosse stata inviata apposta presso di loro come sorvegliante, non le era per niente piaciuto. Tuttavia Midoriko le aveva assicurato che la gatta le si fosse affezionata, e la aveva esortato a considerarsi la nuova custode del felino.

Nel giro di poco, Kagome notò un bagliore intermittente, come di una luce riflessa su una superficie di metallo.

- Via libera, gente! Possiamo andare ad accamparci – annunciò Ayame.

- Se la zona è praticabile, quello è il segnale. Basta rivolgere la lama della sciabola verso il sole affinché faccia riflesso. Se al contrario ci fossero stati dei pericoli o delle altre persone già accampate, l'esploratore sarebbe tornato silenziosamente indietro – disse Kohaku a mo’ di spiegazione, raggiungendo la sorella.

Così il gruppo raggiunse la tappa stabilita, rispettando inaspettatamente le tempistiche predette da Midoriko.
Avevano già percorso un terzo del tragitto.



InuYasha osservò pensieroso la cittadella che si stagliava a non più di un chilometro e mezzo da loro.

Le ragazze si erano concesse un bagno e gli altri stavano allestendo l'accampamento notturno sotto la supervisione di Kaede.

- Però! Non sembra male. In effetti domani mattina si potrebbe anche fare una scappata nella cittadina. Qualcosa di utile si trova sempre – disse Koga, raggiungendo l'amico.

InuYasha sbuffò: - Ehi! Si può sapere perché mi segui ovunque? Sei il mio cagnolino, per caso? Capirei Shippo, ma tu? – gli disse.

- Prego?! Abbassa la cresta, principe dei miei stivali! – si risentì l'altro – Bah, che roba! Vedi che si ricava, a preoccuparsi degli amici? – sbottò, dandogli le spalle e facendo per andarsene, incrociando le braccia sulla nuca.

- Koga – lo chiamò InuYasha, rimanendo girato di spalle – Grazie -  disse semplicemente.

I due si capivano al volo ormai, e il giovane Yoro era diventato un abile interprete dei silenzi e delle espressioni corrucciate del riservato amico.

- Sono nervoso, lo ammetto. Questa incertezza, il non sapere cosa ci sia in serbo per me. Rivedere mio fratello dopo anni. Mi spaventa – gli confessò in un impeto di sincerità.

Koga fece spallucce: - Quanti problemi! Su cosa ci riserverà il futuro, beh, si vedrà. Basta attendere, senza fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Riguardo a tuo fratello – sogghignò – Se mi ricordo bene il tipo, alla peggio ti darà della mezza calzetta. Non c'è nulla di cui preoccuparsi, insomma -.

InuYasha lo guardò male: - Divertente, mr. simpatia! – ribatté, ottenendo in cambio solo un sorrisino canzonatorio da sopra la spalla.

All'improvviso però un urlo di ragazze squarciò la quiete.

- Che cavolo… - sibilò Koga.
I due giovani si fissarono per un attimo negli occhi: - Miroku! – dissero all'unisono.

- Dannazione! Avevo chiesto a Shippo di tenerlo d'occhio! Me la pagherà! – borbottò Koga, correndo verso il bacino d'acqua. “Insomma, non è giusto! Io non ho mai visto la mia Aya nuda. La precedenza ce l’ho io, non Miroku!”.

- Aya! Che è successo? – gridò, sopraggiungendo dove si trovavano le ragazze.

- Eh? Ah, ci sei anche tu a fare il guardone? Resta lì, razza di debosciato, non ti azzardare, altrimenti ti gonfio! – ringhiò la rossa, furente, finendo di allacciarsi la tunica che aveva sostituito l'impolverato completo maschile da viaggio.

Nel frattempo InuYasha aveva sorretto per un braccio, sottraendolo a Sango, un malconcio Miroku, che esibiva fiero una serie di bernoccoli in testa e il segno di una bella cinquina su una guancia: - Deficiente! Sei proprio masochista, eh? – lo sgridò.

Quello sospirò: - Ah, Inu! Ne è valsa decisamente la pena! Sapessi cosa ho… Uh? Che succede? – si interruppe, sentendo il giovane diventare rigido come una statua.

InuYasha rimase immobile, pietrificato, rifiutando di credere a ciò che, per un breve ma interminabile istante, i suoi occhi avevano intravisto.

- Kagome! – vociò.

La giovane sussultò, tentando goffamente di uscire dall'acqua e contemporaneamente finire di avvolgersi il corpo nel telo. Maledizione! Nell'imbarazzo del momento aveva solo pensato a celare i seni alla vista di Miroku, voltandosi di spalle, dimenticandosi che…

Sotto gli sguardi straniti e confusi degli amici, InuYasha la raggiunse a grandi falcate, afferrandola per un braccio, impedendole di fuggire.

- Kagome – ripeté tremando e sentendola tremare a sua volta.

- No. Lasciami, per favore! InuYasha! – singhiozzò, serrando gli occhi invasi dalle lacrime nel sentirlo scostarle appena dalla schiena i capelli grondanti d'acqua insieme alla stoffa umida del telo.

Il ragazzo quasi smise di respirare mentre il mondo sembrava vorticargli attorno. Deglutì con forza, serrando gli occhi, mentre la presa delle sue dita sul braccio di lei perdeva forza, lasciandola andare.

Piangendo Kagome si lasciò cadere in ginocchio.

Sulla sua schiena le cicatrici ormai sbiadite dei soprusi del passato sembrarono bruciarle come fossero vive.














* Mi rendo conto che è un anacronismo anche piuttosto consiatente, questo, dato che il termine Numidia si forma verso il IV-III sec. a.C. mentre la mia storia si colloca alla fine del XIII secolo a.C. ^^' chiedo scusa. >_<
Cooomunque .. Numida = abitante della Numidia. Numidia è la denominazione, nell'antichità, di quella parte del Nordafrica compresa tra la Mauretania (all'incirca l'attuale Marocco) e i territori controllati da Cartagine (la zona dell'attuale Tunisia). Corrispondeva quindi, grosso modo, alla parte nord orientale dell'attuale Algeria (anche se spesso nella storia i suoi confini mutarono anche di molto). Essa ospitò diversi regni berberi e divenne in seguito una provincia dell'Impero romano.
Il termine Numidia andò precisandosi nella sua determinazione geografica in età romana. Da principio, esso indicava genericamente i territori a occidente di Cartagine: Polibio ed altri storici lo usavano per indicare tutto il territorio fino al fiume Molochat (oggi Moulouya), a circa 150 km a ovest di Orano.
Era abitata dai Numidi, nome che probabilmente riproduce un nome locale di popolazione, ma che molti hanno interpretato come equivalente alla parola greca Nomades indicante "pastori" nomadi, e ne hanno dedotto che i Numidi erano in origine popolazioni nomadi dedite alla pastorizia.

** abitante della Nubia.
La Nubia è una regione comprendente l'Egitto Meridionale ("Bassa Nubia") lungo le rive del Nilo e la parte Settentrionale del Sudan ("Alta Nubia"), approssimativamente dalla Prima Cateratta alla Quarta Cateratta del Nilo. Il clima è fortemente continentale con ampie escursioni termiche tra il giorno e la notte. La regione si presenta montuosa e desertica. A parte il Nilo ed i suoi affluenti, data la scarsità delle precipitazioni, i corsi d'acqua sono a carattere torrentizio stagionale (widyān).
Etimologicamente, il termine "Nubia" deriva dall'antico egizio "NWB", che significava "oro", essendo concentrata nella regione l'estrazione di gran parte del prezioso metallo, dai tempi più remoti fino ai primi secoli dell'era cristiana. Nel periodo arcaico e nel periodo classico, è praticamente impossibile separare la civiltà nubiana da quella egizia, in quanto la Nubia fu più volte vassalla (ed - in certuni periodi - pure annessa al potente regno egizio). Fino al 280 a.C., addirittura, la scrittura nubiana era il geroglifico. Tutte le fonti storiche di cui disponiamo sul paese sono di provenienza egizia. Dai dati più recenti sembra emergere che, prima dell'avvento del regno unitario del faraone Narmer, o Menes, nel 3200 a.C. circa, l'Egitto fosse diviso in due regni, quello settentrionale e quello meridionale. Quello meridionale estendeva il suo territorio circa fino alla Terza Cataratta, quindi comprendente gran parte della Nubia classica e l'intero Dodecascheno, e fu proprio questo regno che procedette all'annessione del suo omologo settentrionale.

In sintesi, l'idea che volevo esprimere qui, tirando il ballo tutti questi nomi, è che Miroku non è un abitante “autoctono”, a differenza di Sango XD

*** Cirta è un'antica città dell'attuale Algeria che fu capitale del regno di Numidia e poi romana e bizantina. Corrisponde all'odierna città di Costantina, Algeria.

****A circa 40 km a nord-ovest di el-Kharga, alla base della scarpata nord, Ain Umm el-Dabadib è in una remota regione dell'oasi che si trovava sul Darb Ain Amur, l'antico percorso di Dakhla Oasis. Qui, una piccola ma imponente fortezza con un tempo circondato da un grande insediamento che doveva essere ben popolato, rimane uno dei luoghi più suggestivi del Nord Kharga. Il sito comprende un tempio in stile egizio, una chiesa cristiana, diversi cimiteri e un vasto sistema di irrigazione.
Il territorio altopianeggiante su cui Ain Umm el-Dabadib spicca era attraversato da almeno tre tracce antiche, propaggini del Darb Ain Amur. La prima traccia portava dalla fortezza di el-Labekha, passando el-Dabadib e proseguiva verso ovest in direzione di Ain Amur e Dakhla Oasis, mentre un secondo attraversava la pianura direttamente verso Tempio Hibis. Una terza pista attraversava el-Dabadib e da nord-ovest sopra la scarpata, portando alla fine a un percorso che collega la valle del Nilo con Dakhla.


Angolo autrice

Immagino sarete un po' confusi, riguardo a Kagome XD nel capitolo precedente e in incipit di questo si allude ad una sua permanenza nel palazzo di Menfi, ma poi sembra anche conoscere particolari su Sesshomaru che... O.O è onnisciente? Mah u.u chissà XD avanti con le elucubrazioni :-P
E che diavolo le sarà successo? Prima che andate in panico, tranquille! Niente di troppo brutto. Diciamo che è ancora come mamma l'ha fatta, se è questo che vi preoccupa :-P :-P :-P 
Sono stata cattiva ad interrompere il capitolo così ^^' ma sarebbe stato troppo lungo e pesante, poi!
Piccola precisazione: per motivi di continuità, questa volta non ho messo indicazioni temporali. È vero che l'inizio è un flashback, ma è anche un ricordo/sogno di kagome, ed interrompere con la noticina del "oasi di Dahkla, anno.."Eccetera, mi sembrava straniante. Spero si sia capito che l'inizio è un " palazzo di Menfi, 10 anni prima", comunque! ^^'
Che altro... Uff, in questo capitolo non succede quasi nulla :/ ma dal prossimo vi assicuro che una certa ragazza inizierà un po' a raccontare. U.U *era ora!!! Nd.tutti* o.o ^^'''''''
Concludo con un doverosissimo ringraziamento alle ormai indispensabili Serena e Serena (mettiamole uguali, va, così non litigano per il primo posto XD) che sono sempre pronte ad aiutarmi con i loro preziosi e fruttuosi consigli (ma, soprattutto, a sopportarmi XD)  :-*  :-* 
Beh, se vi va, esponetemi pure pareri, dubbi, perplessità, critiche, teorie... ^.^ tutto è ben accetto ^^
Alla prossima ^^

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Capitolo 8
*** Uno scorcio sul passato che fa tremare il presente ***



Capitolo 7    Uno scorcio sul passato che fa tremare il presente.


Oasi nei pressi di Ain Umm Dabadib, 1214 a.C.


InuYasha prese un lungo respiro, ancora ad occhi chiusi, tentando di calmarsi, il cuore che gli rimbombava furioso nel petto.

Nella sua mente continuava a rivedere l'immagine della schiena di Kagome, sulla quale spiccavano tre lunghi segni, tre cicatrici oblique, ormai bianche e vecchie di anni, ma ancora visibili ad un occhio attento.
Frustate. E, poco più sopra, verso la spalla sinistra, una strana cicatrice frastagliata e dalla forma ovoidale.

Deglutì, reprimendo l'istinto di strapparle di dosso il telo e controllare tutto il corpo di lei, alla ricerca di altri segni. C'erano sicuramente. Sarebbe stato da ingenui credere che, chiunque le avesse fatto quello, si fosse limitato a tre sole frustate.

Si riscosse ed aprì gli occhi, sentendo la ragazza emettere un singhiozzo soffocato.

La contemplò per un attimo. Sembrava così piccola, così indifesa, rannicchiata com'era su se stessa, inginocchiata nella polvere davanti a lui, dandogli le spalle.
Spinto da un irrefrenabile impulso, InuYasha mosse qualche passo, portandosi di fronte alla giovane ed inginocchiandosi davanti a lei.

Kagome si morse il labbro, gli occhi serrati, sentendolo muoversi.
Sussultò quando lui la costrinse gentilmente ad alzare il viso, asciugandole le lacrime con i pollici.

Aveva le dita ruvide.

Titubante lo guardò, aprendo appena gli occhi, le lunghe ciglia ancora umide di lacrime.
Si era aspettata di leggere furia negli occhi ambrati di lui, rabbia o anche dolore, ma ciò che vide la spiazzò.

InuYasha aveva lo sguardo fermo, quasi impenetrabile, risoluto a non mostrare emozioni.
Se le iridi che stava contemplando non fossero state color dell'oro, avrebbe potuto dire con certezza di essere davanti allo sguardo di Sesshomaru.
Ma InuYasha era InuYasha.
Nonostante gli sforzi di lui, la ragazza poté vedere il dolore e l'angoscia che il giovane tentava di nascondere nella linea tesa del collo e nella mascella ostinatamente serrata.

In un inaspettato gesto tenero che la fece arrossire, lui la tirò a sé, baciandole la fronte mentre la abbracciava goffamente. Kagome sospirò, conscia di non poter rimandare oltre il momento della verità.

Koga si dondolò da un piede all'altro, a disagio e sentendosi di troppo: - Ehm… noi andiamo di là, allora… - bofonchiò.

La ragazza però si scostò dalla stretta dell'amico, scuotendo la testa: - Grazie della premura, Koga, ma potete restare, se vi va. Non… ecco… - tartagliò, non sapendo bene come continuare.

Per un bizzarro meccanismo psicologico, si sentiva più sicura nel raccontare con loro presenti, invece che solamente a tu per tu con l'amico. Rimanendo sola con InuYasha, non era certa di riuscire a confessare fino in fondo. Conoscendosi, sapeva che si sarebbe trattenuta, che avrebbe omesso qualcosa, intimorita da lui e dal pensiero del dispiacere che gli avrebbe dato.
Inoltre confidava nel fatto che gli amici avrebbero potuto fungere da deterrente nel caso di attacchi d'ira di InuYasha. Conoscendone il carattere, con loro presenti, forse si sarebbe trattenuto, oppure i ragazzi stessi sarebbero stati in grado di frenarlo.

Sango sorrise incoraggiante a Kagome: - Come vuoi, però ti consiglierei di rivestirti, prima. Potresti prendere un malanno – le disse e la ragazza annuì.

L'amico la lasciò andare ma l'occhiata che le rivolse fu eloquente: Non pensare di svignartela, questa volta, parvero dirle quegli occhi.

Pochi minuti dopo, Kagome raggiunse il gruppetto, radunato in disparte attorno ad un piccolo focolare. A breve sarebbe calata la notte.

Per stemperare la tensione, Sango aveva provveduto a portare ad ognuno un po' di zuppa di cipolle che era stata preparata per cena, servita insieme alle immancabili strisce di carne essiccata e pane di farro.

Mangiarono in silenzio, lanciando ogni tanto occhiate preoccupate ad InuYasha, che se ne stava nella posizione più lontana dal fuoco, la cena ancora davanti a sé, intatta.
Kagome era stata ben attenta a sedersi il più lontano possibile da lui, prendendo posto tra le due ragazze e la cosa gli aveva provocato un certo disappunto.

Aveva forse paura di lui? Ce l'aveva con lui per averla abbandonata, perché l'aveva lasciata sola alla mercé di quei dannati? Non avrebbe potuto biasimarla, in effetti.
Era una delle cose che non si era mai perdonato, quella, e vedere i segni che lei aveva addosso… codardo. Era stato un vile codardo. Non aveva nemmeno provato a cercarla, a fare qualcosa per lei e… strinse i pugni, amareggiato e furioso, sentendosi quasi soffocare.

Un rumore sordo, come di una ciotola di legno lanciata a terra e la voce di Kagome spiccò nel silenzio, in un sussurro pieno di rimprovero: - Smettila! Non è stata colpa tua, InuYasha! So perfettamente cosa stai rimuginando e la risposta è no! Non avresti potuto fare nulla, in ogni caso. Smettila di colpevolizzarti! -.

Il giovane spalancò gli occhi e fu il suo turno di sussultare.
Alzò la testa e fissò l'amica. Gli occhi castani mandavano scintille di furia ed InuYasha sentì lo stomaco aggrovigliarsi nel realizzare quanto ancora bene lei lo conoscesse, nonostante tutto.

Deviò lo sguardo, nascondendo gli occhi sotto la frangia.

- E le cose non sono state così terribili come sembra… beh, più o meno – tentò di scherzare la ragazza, senza successo.

- Feh, e tu piantala di minimizzare, scema! Voglio la verità, intesi? – la sgridò lui.

Kagome sospirò.

- Innanzitutto, ci tengo a precisare che i… segni, sono piuttosto recenti. Risalgono a circa quattro anni fa – iniziò – Ci sono particolari… logistici che ti saranno spiegati da tuo fratello, InuYasha, ma credo che, bene o male, tu abbia capito cosa sia successo, dopo la vostra fuga – continuò, con espressione seria.

- Già, mia madre è morta, immagino, e Naraku ha attuato una qualche macchinazione per prendere il potere – sputò sprezzante InuYasha.

- La versione ufficiale che si narra tra la gente è che Sesshomaru abbia ucciso te e vostro padre, e che la regina, in un impeto di follia si sia gettata tra le fiamme. Pare però che il faraone avesse una figlia illegittima, così il grande sacerdote… - fece il punto Ginta, intromettendosi nel discorso, mentre raccattava le ciotole sporche. Sarebbe toccato a lui e ad Hakkaku lavare gli utensili, quella sera.

Koga gli diede uno scappellotto: - Torna al tuo dovere e taci, cretino! – Lo sgridò.

- Ehi! Che modi! Che avrò detto mai-Ahia!!!! – si lamentò, quando anche Miroku gli tirò un calcio negli stinchi – Ma che cavolo! – iniziò, ma Sango gli fece cenno di tacere, ammiccando verso la figura incupita di InuYasha.

- Ah.. emh… ops! I-io è meglio che vada, sì – realizzò.

- Ecco, bravo, vattene, cervello di gallina! – sibilò Ayame – Cosa avrà fatto di male sua madre per avere avuto un figlio così cretino… - .

Kagome deglutì, riprendendo a parlare: - Per i primi tempi, io sono stata una specie di… ancella della somma Kikyo – riprese – Mi facevano pulire vestiti, tappeti, tendaggi. Provvedere ai bagni della nobile signora, cose così. Mia madre è morta poco dopo la Regina, nel giro di sei mesi o poco più. E, come sai, è il compito del sovrano provvedere agli orfani, così sono rimasta a palazzo -.
Fece una pausa, sorridendo mesta a Sango, che le aveva stretto una mano, come per confortarla.
- A quel tempo ero piccola, e non sono stata vittima di… violenze, non nel vero senso del termine. C'era un bambino, che Naraku ha pescato chissà dove che – continuò, raccontando loro dei molti dispetti che Hakudoshi le faceva e delle punizioni che le venivano date per colpa sua.

Ayame la fissò, inorridita. Non era stata vittima di violenze, aveva detto? Eppure quelle angherie a lei sembravano una violenza bella e buona. Non fisica, ma psicologica.
Che altro aveva dovuto passare, quella povera ragazza?

- Le cose andarono avanti così qualche anno, ma tutto cambiò quando compii dodici anni – sussurrò Kagome, incupendosi e portandosi istintivamente una mano alla spalla sinistra, sfiorandosi la strana cicatrice che faceva mostra di sé in quel punto.



Palazzo di Menfi, 1218 a.C.    [quattro anni prima, ovvero sei dopo la fuga di InuYasha e Sesshomaru]


Una ragazzina camminava a passo sostenuto lungo il corridoio centrale.

Arrivata davanti ad una porta, la socchiuse, sbirciando all'interno.
Sorrise, appurando che le tende fossero ancora tirate. Entrò di soppiatto, senza far rumore, infine tirò i tendaggi, lasciando che il sole facesse irruzione nell'ampia camera.

- È ora di svegliarsi! Forza! – disse allegra Kagome.

Un mugugno e la testolina arruffata di Rin fece capolino dal lenzuolo. La bambina osservò la propria ancella di quattro anni più vecchia e sbadigliò.
- Buongiorno, Kagome! – la salutò.

La ragazzina dodicenne le sorrise: - Buongiorno a voi, principessina Rin – rispose alla bambina di otto anni.

Con tutta calma, la aiutò a prepararsi, lavandola e vestendola.

Pronta, Rin osservò la sua giovane ancella ripiegare con cura il lenzuolo di lino.
- Ti fa ancora male, Kagome? – le domandò con apprensione, scorgendo, a causa del movimento di lei e della tunica senza maniche, la ferita arrossata che la dodicenne aveva all'altezza della spalla sinistra.

Kagome sussultò: - Oh, no, sto bene. Non dovete preoccuparvi, signorina – la rassicurò.

La bambina si aprì in un sorriso sollevato: - Meno male! Spero non ti ricapiti più di essere così sbadata – ridacchiò.

L'altra si adombrò, non vista. Ufficialmente si era scottata, rovesciandosi addosso una pesante brocca di bronzo, colma di acqua calda da utilizzare durante il bagno della Somma Kikyo. Posta su una mensola in stato precario, la brocca era caduta non appena la ragazzina era caduta malamente a terra, inciampando in un lembo della tovaglia e il pesante recipiente le era finito sulla schiena.

Bugie! Solo una enorme bugia. Nessuna brocca era caduta, no. Era stata Kikyo a tirargliela addosso, inviperita dall’eccessivo calore dell'acqua in essa contenuta. Quel segno non era affatto una scottatura, ma la forma che il pesante contenitore metallico scagliatole addosso con forza le aveva impresso sulla pelle mentre, mortificata, si era prostrata davanti alla nobile come le era stato insegnato.

Il dolore era stato talmente intenso che la ragazzina avrebbe potuto giurare di avere l'osso della spalla rotto, cosa che, per fortuna non era avvenuta.
Acciaccata com'era, non aveva potuto provvedere ai consueti lavori domestici e, dopo essere stata posta come assistente nelle cucine per una settimana circa, era poi stata definitivamente inserita tra le ancelle della giovane erede al trono, la principessa Rin, visto l'assoluto fallimento della attività come cuoca.

Quell’inaspettato avanzamento aveva giovato alle condizioni della giovane Kagome, sia dal punto di vista fisico che emotivo.
Nel giro di un mese infatti, tra lei e la bambina si era instaurato un rapporto di complicità e di amicizia.

Era buona e per niente altezzosa o arrogante, Rin.

Inoltre, crescendo, Kagome aveva imparato a contrastare i dispetti di Hakudoshi, che sembrava aver perso pian piano interesse nel maltrattarla, visto che la ragazza si faceva scivolare addosso senza badarci ogni cattiveria. Da un po' di tempo, poi, il ragazzino sembrava essere scomparso.

Sperò che lo avessero cacciato e di non rivederlo mai più.

Tutto sommato Kagome poteva dire di essere felice, anche se la sensazione diveniva agrodolce non appena si fermava a riflettere sul fatto che, al posto della piccola Rin, avrebbe potuto esserci un ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi brillanti come il sole di mezzogiorno. Il particolare poi che la bambina avesse occupato quelli che erano stati gli appartamenti di InuYasha, rievocava in lei antichi ricordi, dolci ed amari.


Un altro anno passò, pieno di novità. Nulla di eccezionale, ovviamente, ma comunque bastante ad interrompere la monotonia di quella vita: il consolidarsi dell'amicizia con Rin, l'arrivo a palazzo di nuove persone, tra cui Kagura e la sorellina Kanna. Non che avesse parlato molto con loro: la prima se ne stava tutta sulle sue e la bambina aveva un che di inquietante, anche a causa dell’aspetto albino.
Come fosse in poco tempo diventata l’insolita assistente del gran Sacerdote Naraku era per lei tutt'ora un mistero.

Si sa però che la tranquillità dura solo pochi attimi, specialmente in un ambiente come il Palazzo Reale.

Sbarazzatasi delle attenzioni di Hakudoshi, l'ormai quasi tredicenne Kagome attirò lo sguardo di Byakuya, guardia di palazzo fidata del reggente Naraku.
Già da tempo affidato alla guardia degli appartamenti privati della principessa Rin, il soldato aveva notato come il corpo dell'ancella fosse pian piano sbocciato, rendendola invitante.
Non si era spinto oltre, ma da mesi Kagome aveva iniziato a percepire su di sé lo sguardo dell'uomo e la cosa la faceva rabbrividire.

Tutto era iniziato una sera, quando, per pura sgradita coincidenza, la ragazza aveva involontariamente sorpreso il soldato appartato con una servetta delle cucine in un corridoio secondario.

Nonostante la giovane età, non le era stato difficile capire cosa la donna, inginocchiata davanti all'uomo, che aveva i pantaloni abbassati, stesse facendo.

Impietrita, la giovane aveva tentato di allontanarsi, in silenzio, ma proprio in quel momento, Byakuya aveva aperto gli occhi, scorgendola.
Arrossendo a dismisura, Kagome era fuggita.

Da quel giorno era iniziata per lei una nuova tortura. Si sentiva costantemente quello sguardo addosso e la cosa le faceva orrore.

Un pomeriggio Kagome aveva accompagnato Rin a fare una passeggiata in uno dei giardini del palazzo.

La bambina aveva iniziato a correre, inseguendo Buyo.
Era una gioia vederla andare così d'accordo con il suo gattone! L'animale sembrava avere una particolare propensione con i bambini e lui e Rin avevano da subito legato.

- Signorina Rin! Non corra così. Finirà per cadere e farsi male – la ammonì Kagome.

Una voce alle sue spalle la pietrificò: - Non ci sono più le principesse di una volta, vero? – ironizzò mellifluo Byakuya.
Non avendo nulla da fare, aveva preso l'abitudine di osservare la chiassosa “principessina”, vigilando anche di notte fuori dalle sue stanze, a mo' di guardia personale. Un ottimo pretesto per girovagare di notte nel palazzo, intrattenendosi in fugaci e spicci incontri con qualche ancella vogliosa di attenzioni o una delle nuove servette della cucina…

Vedendola rigida, la schernì: - Non dirmi che ti faccio paura, ragazzina! Eppure mi sembrava che lo spettacolino dell'altra sera non ti fosse dispiaciuto – le sussurrò, scostandole una ciocca di capelli dal collo.

Kagome sussultò e fece quasi un salto in avanti, allontanandosi da lui.

- Oh, come siamo suscettibili! Non temere, ragazzina. Sei carina, non lo nego, ma le bambinette non mi attirano… magari tra qualche anno se ne potrà riparlare – le fece l’ occhiolino.

La ragazza lo fissò, gli occhi grandi ed atterriti.

- Nel frattempo, permettimi di darti un consiglio, amichetta del cuore degli ex principi: mai abbassare la guardia – continuò il soldato, emettendo un'inquietante risatina, a metà tra l'ironico ed il maligno.

- Byakuya. Il Sommo Naraku ti cerca – li raggiunse la voce di Kanna, comparsa silenziosamente dietro l'uomo.

Byakuya alzò gli occhi al cielo, sbuffando appena: “Che noia! Il grande capo sta diventando paranoico! Solo perché ogni tanto c'è un via vai di gruppi di stranieri, uniti a qualche piccola baruffa o tafferuglio, gli viene il terrore che dietro ci sia uno dei vecchi principi!” pensò annoiato “Ecco perché, nonostante tutto, preferisco fare il subordinato. Essere a capo di qualcosa dà alla testa e ti fa venire le manie di persecuzione! Beh, doveva pensarci prima di invischiarsi in cose illecite. Poi però a me tocca fare il lavoro sporco mentre lui se ne sta placido sul suo scranno. Che schifo!” – Arrivo, arrivo – bofonchiò, avviandosi verso l'interno del palazzo.

Kagome rimase ferma dov'era. Le tremavano le gambe. Prese un profondo respiro, tentando di recuperare il controllo di se stessa.

Rin ricomparve con Buyo in braccio: - Kagome? Stai bene? – le chiese, ignara.

L’ancella annuì, dissimulando il proprio turbamento.

Fingere. Doveva fingere che tutto andasse bene. Era diventata brava a farlo, no? Fingere di essere fedele a Kikyo e Naraku per salvarsi la pelle. Fingere di essere felice, quando invece il suo cuore aveva come smesso di battere da quella notte d'eclissi di sei anni prima. Fingere per non fare preoccupare Rin, l'unica persona per cui nutriva dell'affetto e l'unica persona cara che le fosse ormai rimasta in quella vita.

Nel frattempo Kanna si era silenziosamente allontanata dal sole cocente che la infastidiva, rifugiandosi all'ombra del colonnato.

- Dovresti lasciar perdere. Finirai solo nei guai, o ne provocherai di grossi – disse con il solito tono di voce monocorde ed indifferente.

Un'ombra, rimasta nascosta dietro una colonna, si palesò: - Non sono cose che ti riguardano – la ammonì Hakudoshi.

A differenza di quanto Kagome credeva, il ragazzo non aveva affatto desistito, anzi. La piccola mulatta gli piaceva, lo intrigava, soprattutto ora che stava crescendo. La voleva e sarebbe stata sua, un giorno. Con le buone o con le cattive.


Quella stessa notte Kagome stava ritornando nella stanza della principessina Rin per controllare che la bambina dormisse.
Poco prima di giungere davanti alla porta della stanza, però, si sentì strattonare ed una mano le coprì la bocca, tacitando lo spontaneo grido di spavento che le era salito alle labbra.

- Guarda un po' chi ho trovato! È un bel po' che non ci vediamo, vero, mocciosa? Stai crescendo davvero bene, devo dire – sibilò Hakudoshi.

Era mancato da palazzo per oltre un anno, visto che Naraku lo aveva inviato come infiltrato tra i popoli confinanti insieme a un soldato sotto copertura, tale Moryomaru, al fine di controllarli meglio ed appurare che non ci fossero piani latenti di insurrezzione. Finita quella parte della missione, era stato poi costretto a fare il giro dei vari nobili ed alleati del reggente.

Naraku era infatti inquieto. Da qualche tempo aveva ricevuto strani messaggi e alcune incursioni di gente non ben identificata avevano portato scompiglio tra la popolazione.
Niente di troppo preoccupante, stando al parere di Byakuya: voci infamanti, sospetti, dicerie riguardo la principessina erede al trono o sul Gran Sacerdote stesso. Tutto era comunque stato messo a tacere sul nascere.
Parte del compito di Hakudoshi era stato anche cercare di captare eventuali notizie, voci sulla presenza degli ex principi, ma aveva ricavato poco o niente. E Naraku non ne era stato affatto contento.

Ritornato a Palazzo era quasi rimasto di stucco nel notare quanto quella stupida serva mezzosangue avesse intanto iniziato a…. sbocciare.
Vedere poi Byakuya parlare con lei… La cosa non gli andava affatto bene. Lui e solo lui aveva la prerogativa di creare in quegli occhi scuri quella luce arrabbiata o terrorizzata che tanto lo eccitava.

Kagome riuscì a divincolarsi dalla stretta di Hakudoshi.
Benché il cuore le battesse all'impazzata per la paura, si voltò a fronteggiarlo: - Ancora tu? Che vuoi ancora da me, maledetto? Lasciami stare! – riuscì a sibilare.

Hakudoshi sogghignò, afferrandole un braccio e sbattendola contro il muro, facendola gemere di dolore: - Quanto siamo diventate combattive, dolcezza! Cosa voglio da te, uh? Non lo so ancora, devo pensarci… - sussurrò ad un centimetro dal suo viso.

La ragazzina tentò di sottrarsi, voltando il viso di lato, ma lui le afferrò il mento, costringendola a star ferma.

Con orrore Kagome realizzò che le stava osservando le labbra.
“Ti prego, no!” pensò disgustata, vedendolo avvicinarsi. Non voleva! Aveva solo dodici anni e poi… no, non così, non… non lui!
- No! Non voglio! Lasciami! Lasciami, mostro schifoso! – urlò divincolandosi.

Non sapendo nemmeno lei come, riuscì a sfuggire alla stretta di Hakudoshi.

- Dove pensi di andare, maledetta? Non mi sfuggirai! – rise lui, tentando di riacciuffarla.

Con una mossa fulminea però la ragazzina gli tirò uno schiaffo, correndo via.

Il quindicenne emise un ringhio. Quella maledetta puttana! Come osava respingerlo? Dargli del “mostro schifoso”? Gliel'avrebbe fatta pagare molto cara!
Un sorriso sinistro gli si formò sulle labbra.
Sapeva già cosa fare.


Corse fino ad arrivare alla stanza di Rin, chiudendosi la porta alle spalle.
La bambina dormiva, così, per non disturbarla, Kagome si rintanò nel bagno e lì pianse tutte le sue lacrime. Più volte dovette premersi una mano contro le labbra per frenare i singhiozzi ed il senso di disgusto che le aveva provocato un conato di vomito.

La morte sarebbe stata meglio di quella vita.

Sobbalzò, serrando gli occhi nel realizzare ciò che aveva pensato.

No. Doveva resistere, non poteva arrendersi! InuYasha non gliel'avrebbe perdonata, altrimenti.
“Mi manchi tanto, Inu-chan. Quanto vorrei rivederti. Chissà se stai bene” pensò.

Il giorno successivo passò come se niente fosse accaduto, o quasi.

Rin aveva infatti notato che qualcosa nell’amica non andasse, ma non aveva voluto insistere.

La vendetta di Hakudoshi però non si fece attendere troppo.

Era il tramonto e le due ragazzine avevano indugiato sotto il colonnato.

Byakuya, accompagnato da Kagura, le raggiunse, rivolgendosi a Kagome: - Ehi, ragazzina! La Signora Kikyo vuole vederti. Sei nei guai – sogghignò.

La ragazza si alzò, allarmata. Kikyo aveva chiesto di lei? Un brivido freddo le percorse la schiena. Brutto segno. Quel giorno, oltretutto, la nobile era stata parecchio irritabile con tutti, furente per aver perso un certo monile a cui era affezionata.
  Titubante, seguì il soldato fino alla sala del trono, mentre Kagura rimaneva con Rin.


La stanza era in penombra e Kikyo la attendeva accanto alla finestra, girata di spalle.

Intimorita, Kagome si affrettò ad abbassare il capo. Sussultò nel sentire l'aspro e arrabbiato tono di voce della donna: - Cos'hai da dire a tua discolpa, ragazzina? -.

Lei alzò appena lo sguardo, sbirciandola con la coda dell'occhio, confusa. Discolpa? Di cosa?

- Ed io che ti ho anche svezzata, sono stata clemente e ti ho permesso di vivere a palazzo… razza di ingrata – tuonò ancora.

- I-io non capisco… - balbettò la giovane – Mia signora, non – si costrinse a dire, reprimendo il disgusto che l'aveva colta nel doverla chiamare in quel modo.

- Osi negare, maledetta ladra? Le prove parlano chiaro! Questa è stata trovata malamente nascosta tra le lenzuola del tuo letto! – si adirò, mostrandole ciò che stringeva nel pugno: la collana scomparsa.

Il grosso ciondolo tondo e piatto, ornato al centro da un grosso rubino, oscillò nel vuoto.

Kagome sussultò, sgomenta.
- N-nel mio letto? M-ma… no, io non… non avrei mai potuto prendere qualcosa di vostro! Ve lo giuro! – si affrettò a spiegare la ragazza.

Le cose si stavano mettendo male.

Kikyo la trucidò con lo sguardo, sospettosa.
- Eppure un testimone afferma di averti visto entrare nelle mie stanze – insinuò ancora l'altra, parandosi di fronte alla ragazzina, che si fece piccola piccola.

- Somma Kikyo! – disse Rin, irrompendo nella stanza, seguita da un'affannata Kagura – Posso confermare che Kagome  non c’entra! È sempre stata con me, posso giurarlo – la difese.

La donna la guardò contrariata: - E tu cosa ci fai qui? – borbottò, guardando male Kagura.

“Non è colpa mia se questa mocciosa è sfuggente come un'anguilla” pensò quest'ultima “Ci manca solo di venir punita perché non ho saputo tenerla buona, dannazione!”.

- Kagome è buona, è mia amica – continuò la piccola.

Frase sbagliata. Kikyo rise in modo cattivo: - Vostra amica? È un'ancella, una serva, non un'amica – sibilò sprezzante.

A quelle parole Kagome non riuscì a frenare l'occhiata ostile e di disprezzo che le venne spontanea.
Per sua sfortuna la cosa non sfuggì a Kikyo.

- Tu! Come osi guardarmi così! Non sei degna nemmeno di fissarmi i piedi! – le disse, afferrandole il mento.

Kagome gemette appena nel sentire le lunghe unghie della donna graffiarle la gola, ma non distolse lo sguardo, anzi.

Qualcosa scattò in Kikyo.

Quell’espressione, quegli occhi castani che la fissavano con ostinata sfida e disprezzo. Lo stesso sguardo di…

Con un grido, la scaraventò a terra: - Maledetta!!! – gracchiò.
In un impeto di follia ceca, afferrò una candela di cera, accesa per profumare l'ambiente e gliela tirò addosso, mancando fortunatamente il bersaglio.

Rin strillò, spaventata.

Tremante, Kagome si mise a bocconi, rivolgendole uno sguardo attonito: - Voi siete pazza – sussurrò appena.

La furia di Kikyo divampò. Come osava, quella maledetta ragazzina! Nessuno doveva permettersi di sfidarla in quel modo.

- Hakudoshi! Portami la frusta! – vociò, facendo agghiacciare Rin e Kagome.

- No! Somma Kikyo! Non potete! – tentò di fermarla Rin, afferrandole l’orlo della veste – Non potete! Vi vieto di fare una cosa del genere! -.

- Me lo vieti? Chi, tu? – rise sarcastica – Tu che sei solo una piccola, sudicia pop- - iniziò a dire, ma Byakuya la fermò in tempo, prima che di bocca le uscisse la verità:
 - Mia Signora – la redarguì – Lasciate che ci pensi io – si offrì, strappando di mano ad Hakudoshi, appena giunto nella stanza, il frustino usato per i cavalli.

- No! No! Vi prego! – strillò Rin, invano.

- Portala via! – ordinò infatti Kikyo a Kagura.

- No! – perseverò Rin, ormai in lacrime, tentando di sgusciare dalla presa di Kagura.

- Vai anche tu, Hakudoshi – aggiunse la Signora.

Il giovane annuì, sebbene rammaricato di non poter assistere alla punizione. Prima di lasciare la stanza, rivolse un ghigno soddisfatto a Kagome, ancora a terra.

La ragazzina sgranò gli occhi, preda di un'intuizione. Lui! Era stata tutta opera sua!!!

Si morse con forza il labbro, per non dare la soddisfazione a quei maledetti di vederla piangere di terrore e si fece forza.

Byakuya la prese per i capelli, chinandosi verso il suo orecchio per sussurrarle: - Sono costernato, piccola. Ma credimi, è meglio che sia io a farlo. Spera solo che lei soddisfi presto la propria furia, accontentandosi di poche percosse– le disse, prima di lasciarla andare.

Il sibilo del frustino rigido che tagliava l'aria precedette il colpo e poi fu solo dolore.



- Kagome... Kagome... -.

Una voce in lontananza stava chiamando il suo nome.

“Chi è? Chi mi chiama? InuYasha, sei tu? Sono morta, vero? InuYasha…”.

- Kagome! -

Riprese lentamente i sensi, percependo un atroce bruciore alla schiena. Gemette, percependo il gelo entrarle perfino nelle ossa.

- Kagome, non mollare, ti prego! Rispondimi! -.

- R..i..n.. – riuscì a dire.

- Oh, Kagome! Mi dispiace, mi dispiace tanto! – pianse la bambina – Coraggio, ti riprenderai. Ora tenterò di portarti in camera, va bene? -.

“In camera?” pensò, poco lucida a causa del dolore. Ricordò le tre atroci frustate. Poi doveva essere svenuta.

- Dove…? – tentò di chiedere.

- Nelle prigioni – le rispose Rin – Riesci ad alzarti? – le chiese.

Impiegarono quasi un'ora per arrivare al piano superiore del palazzo. Ad ogni passo Rin tentava in tutti i modi di non lasciarla cadere a peso morto, sostenendola per la vita senza toccare le ferite , ma l'amica era pesante e continuava a barcollare.

Per loro fortuna Kagura le raggiunse, aiutandole.
Giunti nelle stanza di Rin, si adoperò perfino nel medicare a Kagome i segni delle frustate.

Alla ragazza occorsero cinque giorni prima di riuscire ad alzarsi dal letto. Nel mentre Kagura le era subentrata come ancella della piccola Rin.

Passarono altri tre giorni e Kagome, seppur ancora un po' dolorante, aveva ricominciato a svolgere le sue mansioni. Le ferite le tiravano ancora, ma lei cercava di non badarci troppo.

Non aveva più incontrato Kikyo, ed Hakudoshi era stato inviato incontro a Naraku, che proprio quel giorno tornava a palazzo, dopo dodici giorni di assenza a causa di un improvviso viaggio fino a Giza.

Cosa fosse andato a fare non si sapeva, ma il Sacerdote se l'era presa comoda, preferendo al viaggio via terra quello via acqua, lungo il Sacro Fiume Nilo.

Era tardo pomeriggio e Kagome aveva indugiato nel tentare di pulire una tunica macchiata della principessina. La stava stendendo ad asciugare, quando Buyo le si avvicinò, strusciandosi contro le caviglie della padroncina, facendo le fusa.

- Ciao, mio piccolo ruffiano! Che c'è? – gli sorrise la ragazza, chinandosi per accarezzarlo – Come mai non sei con Rin? -.

Il gatto miagolò, chiudendo gli occhi.
Kagome lo prese in braccio, affondando il naso nel suo pelo: - Ehi, perché senti di mirra, Buyo? Fammi indovinare, Rin ha di nuovo tentato di lavarti. Povero il mio gattone! - gli sussurrò, facendogli un grattino tra le orecchie - Torniamo dalla nostra principessina, ti va? - gli sussurrò.

Era a circa metà strada dal giardino, quando trovò il cammino intralciato. Degli assistenti di palazzo stavano provvedendo a sostituire, nel corridoio centrale, una grande statua raffigurante Naraku.

Infastidita, Kagome decise di deviare, imboccando un corridoio secondario di sinistra. Conosceva il palazzo come le sue tasche, ormai. Non che l'idea di passare vicino agli appartamenti privati di Naraku la attirasse, ma non aveva altra soluzione. Ne sarebbe stata lontana il più possibile.

Tuttavia, passando vicino alla biblioteca, Buyo le scappò, forse attratto da qualche roditore.
- No! Torna qui, gatto pestifero! Oh, accidenti! - brontolò, vedendolo entrare nella stanza.

Ci mise un po' a riacciuffarlo e stava per uscire quando delle voci provenienti da dietro la porta la paralizzarono.

Seguendo un inconscio istinto di fuga, si nascose dietro ad un pesante tendaggio, situato in fondo alla sala.
Con suo sommo stupore, Kikyo entrò nella biblioteca, seguita da un alterato Naraku.

- Ti è dato di volta il cervello, donna? - sibilò furente il reggente - Non hai pensato alle conseguenze, se si fosse sparsa la voce che hai punito uno degli orfani accolti a palazzo a causa di una stupida collana? -.

- Tu non capisci! Lei non è un'orfana qualsiasi, Naraku! È la bimbetta legata a quelli! È una straniera, della stessa razza di lei! E poi, no, non puoi capire! Lo sguardo che mi ha rivolto... Quegli occhi...perché, anche da morta, quella maledetta puttana della regina Izayoi continua a perseguitarmi?! - strillò isterica.

La frase che seguì fermò il cuore di Kagome. No, non era possibile. Non poteva aver sentito ciò che aveva sentito!

Solo l'istinto di sopravvivenza e il terrore di venire scoperta le consentì di stare zitta.

- Sono morti, Kikyo! Tutti! Non c'è motivo di temere - tentò nel frattempo di calmarla Naraku.

Kikyo rise in modo subdolo: - Non c'è motivo? E allora dimmi perché sembri un cobra pronto ad attaccare alla prima avvisaglia! Sei un abile bugiardo, Naraku, ma non puoi nascondermi nulla, amore mio - lo schernì la donna - Tu hai paura. Temi che dietro ai recenti tafferugli ci sia uno dei principi, vero? Non abbiamo la certezza che siano morti anche loro, dopotutto -.

Naraku serrò i denti: - Taci! - le ingiunse.

Ma Kikyo continuò: - Non è forse questo il motivo del tuo recente viaggio, Signor Reggente d'Egitto? Recarti di persona dai nobili compiacenti tuoi alleati, alla ricerca di sostegno e di una possibile protezione in caso di attacco? Qualcosa si sta muovendo, Naraku, lo senti anche tu, vero? - sussurrò perfida la donna - È anche per questo che stai vagliando l'idea di far sparire anche la finta principessa -.

L'uomo non rispose, limitandosi ad afferrarle con poca delicatezza il mento e baciarla in modo rude, costringendola così al silenzio.

Probabilmente si sarebbero anche spinti oltre, se Byakuya non avesse bussato alla porta, interrompendoli: - Mio Signore. Mia Signora. I nobili vi attendono - annunciò.

I due si guardarono fissamente negli occhi, poi, con un cenno di intesa, si allontanarono in silenzio.

Prima si richiudere la porta dietro di sè, Byakuya lanciò un'occhiata alla penombra della stanza. Gli era sembrato di sentire un rumore.

Dopo aver atteso qualche altro secondo, in completo silenzio, scosse la testa, e se ne andò.

Un istante dopo, Kagome uscì dalla tenda, mettendosi bocconi e lasciando andare Buyo che, incredibilmente, era stato perfettamente silenzioso per tutto il tempo.
La ragazza aveva il fiato grosso, il cuore a mille.
No. Non poteva essere. Non...

Fu in quell'istante, con gli occhi traboccanti di lacrime e la bile che rischiava di risalirle dallo stomaco, che prese la sua decisione.

Doveva andarsene al più presto da lì. Portando Rin con sé.



Oasi di Ain Umm Dabadib, presente, 1214 a.C 


Un silenzio attonito aleggiava nell’aria mentre i presenti cercavano di assimilare ciò che Kagome aveva loro raccontato.

InuYasha si alzò in piedi, senza emettere fiato, lo sguardo basso e i pugni talmente stretti da conficcarsi le unghie nella carne.
Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto e aveva voglia di urlare.

In silenzio e senza guardare nessuno, si allontanò di gran carriera, fermandosi solo quando giunse ai margini dell’oasi.

Non sapendo che fare, gli amici restarono dov’erano, guardandosi l’un l’altro, preoccupati.

Kagome emise un sospiro ed infine si alzò, ricalcando la direzione presa da InuYasha.

Il giovane le dava le spalle e lei si morse il labbro, rammaricata.

Si sarebbe aspettata di vederlo infuriato, arrabbiato. Quel silenzio pesantissimo la spaventava.
E pensare che aveva volontariamente omesso di raccontare ciò che aveva sentito da Naraku e Kikyo. Non lo aveva detto a nessuno, nemmeno a Sesshomaru. Era qualcosa di troppo grosso e troppo doloroso per i principi.
Nel suo racconto di poco prima si era limitata a dire di essere fuggita dal palazzo, dopo essersi ripresa dalle frustate.

La voce di InuYasha, roca di dolore, la fece sobbalzare: - Perdonami. Sarei dovuto tornare a prenderti… avrei dovuto salvarti da… - sussurrò – Lo so che mi odi per questo. Perdonami… -.

Kagome sentì gli occhi riempirsi di nuove lacrime: - No, non è vero che ti odio! Io… sì, non posso negare di aver pregato che tu tornassi, non posso negare di aver pianto credendo che tu mi avessi dimenticata, però… - si affrettò ad aggiungere, notando le spalle di lui irrigidirsi ancor di più – Non ti ho mai odiato, InuYasha. Non seriamente. Anzi, crescendo ho iniziato a pregare che tu non venissi, perché mi sono resa conto che se tu… se tu – si interruppe, cercando di scacciare il groppo che le si era formato in gola – Loro avrebbero potuto farti del male, ucciderti, se tu fossi ritornato là. Ed io non volevo che ciò accadesse. Se qualcuno doveva soffrire, era meglio che fossi io, non tu – ammise amaramente.

Quell’ultima frase lo mandò in bestia ed InuYasha si voltò, gli occhi fiammeggianti di furia: - Pazza masochista! Come puoi pensare una cosa simile? Era meglio che fossi tu a soffrire?!? Ma ti ascolti, quando parli? Io avrei dovuto essere lì con te, a proteggerti! Come puoi non odiarmi? Come puoi avermi perdonato? – urlò, facendo qualche passo verso di lei. Traballò, come se l'intero peso del mondo si fosse riversato all'improvviso sulle sue spalle.
- Tu devi odiarmi, devi! Io sono stato un buono a nulla e basta! I-io… io odio me stesso per – continuò, ma la mano che Kagome gli mise davanti alle labbra, dopo essersi quasi gettata contro di lui, lo fermò.

- No! Non dirlo! Capisci perché non volevo dirti nulla? Non voglio che tu odi te stesso, non voglio! Non è stata colpa tua, eravamo solo dei bambini, cosa avremmo potuto fare di fronte a qualcosa di così tanto più grande di noi?  - gli disse accorata - No, non potrei mai odiarti, InuYasha! Odio loro, odio la sofferenza che hanno provocato in tutti noi, odio il fatto che ti abbiano fatto soffrire e che abbiano coinvolto così tanti innocenti a causa della loro brama – ammise, abbassando lo sguardo – Ma non potrei mai odiare te. Sei così prezioso per me ed io ti voglio bene – esalò, avvampando un attimo dopo nel rendersi conto di ciò che aveva detto – Perché sei mio amico – si affrettò ad aggiungere, tentando di salvarsi dall’imbarazzo.

Nonostante l’amarezza e l’odio verso se stesso che ancora provava, a quel “ti voglio bene”, InuYasha si sentì pervadere dalla tenerezza. Percepì però anche una sorta di… delusione? Che strano, non c’era nulla di sbagliato nel resto della frase di lei, dopotutto. Era vero che erano amici, e anche lui le voleva bene, molto.

Un refolo di vento fresco fece rabbrividire la ragazza ed InuYasha la abbracciò d’istinto per riscaldarla. Non che gli ci volesse poi molto, visto che lei gli era già appoggiata contro il torace!

Kagome si irrigidì per un attimo nel sentire, attraverso la stoffa, i polpastrelli di lui percorrere, forse inconsciamente, le cicatrici sulla sua schiena.

InuYasha stava per ritrarsi e scusarsi, ma la sentì rilassarsi quasi subito.
La ragazza chiuse gli occhi, sospirando, e cingendogli a sua volta la vita, godendosi quell’abbraccio caldo e rassicurante. Si sentiva protetta. Solo con InuYasha era stato naturale lasciarsi stringere; con tutti gli altri si era sempre irrigidita anche al seppur minimo contatto fisico, specialmente maschile.

- Mi dispiace. Mi dispiace così tanto, Kagome – mormorò ancora il giovane, facendola sospirare di frustrazione e alzare il capo a guardarlo, rimanendo abbracciati.

Si fissarono a lungo negli occhi, in silenzio, fino a che Kagome vide quietarsi la tempesta di emozioni nelle iridi di lui.

Gli sorrise, alzando una mano per accarezzargli una guancia: - Diamine, quanto sei diventato alto! Che ti hanno dato da mangiare, i Figli del Deserto? – scherzò, appurando che nemmeno mettendosi in punta di piedi e con le braccia alzate sopra la testa, sarebbe riuscita ad arrivare alla sua stessa altezza.

InuYasha sbuffò divertito: - Cretina! Sei tu ad essere rimasta una nanetta! – la prese in giro – Dai, torniamo dagli altri intorno al fuoco, stai tremando dal freddo –  ma lei negò con il capo. Quel brivido era stato causato dal clima solo in parte.
Rivedere in lui quell'espressione birichina, di scherno giocoso, le aveva provocato un tuffo al cuore.

- No, sto bene. Possiamo rimanere ancora un po' qui? – gli chiese, innocente.

Il ragazzo stava per ribattere, quando un rumore alle loro spalle li fece sobbalzare.

Nel giro di pochi istanti Kirara fece capolino da un arbusto, seguita da Shippo: - Kirara! Ferma! Dobbiamo andare a dormire, dove vai? – brontolò il bambino, fermandosi però di colpo nello scorgere InuYasha e Kagome. – Oh, scusate! Non volevo disturbarvi! Spero di non aver interrotto qualcosa – aggiunse, facendo arrossire i due.

- Ehi, moccioso! Dannazione a te! – borbottò il giovane, imbarazzato – È ufficiale, dobbiamo tenerti ben lontano da Miroku! -.

Shippo però lo guardò con finta innocenza: - Guarda che io ho detto “disturbare” in senso generico, sei tu che mi hai risposto come se vi avessi beccati a fare le cose da fidanzati! -.

Colto in fallo, InuYasha avvampò ancor di più, boccheggiando, senza parole.

Nel mentre Kagome si era chinata per prendere in braccio la gatta. Le grattò la gola e il felino fece le fusa.
- Ma che bella gattina! Saresti andata d'accordo con il mio Buyo – le scappò senza pensare e subito si intristì.
Il suo gattone. Chissà se era ancora con Rin… e chissà se Rin stava bene...

Notandone il turbamento, InuYasha commentò, ritrovando l'uso della parola: - Chi, quel vecchio mangiapesce a sbafo? Tsk, figurati! Dormirebbe tutto il giorno e basta, quel ciccione! -.

- Mhhh… sì, credo tu abbia ragione – rise l'amica.

La voce di Ayame risuonò nel buio: - Shippo!!! È ora della nanna! Non costringermi a venirti a cercare, peste! –

Lo sguardo di InuYasha si adombrò per un attimo. La frase di Ayame lo aveva riportato a ricordi lontani e dolci, a quando Misaki e la regina Izayoi rivolgevano lo stesso rimprovero al se stesso bambino e ad una piccola Kagome...
Il miagolio di Kirara lo ridestò dai pensieri e, alzando lo sguardo, incontrò il dolce sorriso un po' triste di Kagome, che sembrava avergli letto nel pensiero per l'ennesima volta.




La quiete della notte la avvolgeva.

Stesa supina, Kagome si rassegnò al fatto di non riuscire a dormire. Senza far rumore, riuscì ad uscire dalla tenda che divideva con Sango ed Ayame.

Koga, nel bel mezzo del suo turno di guardia, alzò la testa, sentendo qualcuno avvicinarsi. Riconoscendo la ragazza, alzò un sopracciglio, sorpreso: - Ehilà! Come mai non dormi? Va tutto bene? – le domandò incerto. Da quando la ragazza aveva raccontato loro degli anni trascorsi a palazzo, il giovane Yoro sembrava impacciato, come se non sapesse bene come comportarsi con lei.

La giovane lo salutò, bisbigliando: - Tutto tranquillo all'orizzonte? – gli domandò, scrutando verso dove sapeva si trovasse la cittadella - Ain Umm Dabadib, eh? Ne ho sentito parlare. Essendo uno snodo commerciale e carovaniero sarà quasi sicuramente un luogo pieno di vita, visitarlo non dovrebbe essere tanto male – riflettè.

- Se vuoi domani mattina puoi unirti a me, Sango e Kohaku – le propose Koga – il piano era di andarci in quattro, ma una persona in più non è un problema, basta non dare troppo nell’occhio e siamo a posto -.

La ragazza gli sorrise, raggiante: - Davvero posso? -.

- Certo! Ammesso che il tuo principe da guardia non si metta a dare di matto – scherzò il giovane – E, no, il quarto componente non è lui, né quel piantagrane di Miroku. Te lo immagini il casino, a lasciare quel farfallone a piede libero in una città popolata? – finse di rabbrividire – Nah! Ingestibile! Si perderebbe subito dietro alla prima gonna che incontra, e poi chi la fermerebbe Sango, nel tentare di ucciderlo? Meglio quello stordito di Ginta, che almeno non dovrebbe fare troppo casino – le spiegò.

Kagome si sforzò di sopprimere una risata, corrucciandosi poi nel realizzare come Koga avesse definito InuYasha: - Ehi! Guarda che non è mica la mia balia! Anzi, io dovrei essere la sua, in realtà -.

Koga emise un verso divertito: - Non so se lo hai notato ma… tende ad essere un tantino ansioso, quello là – ammiccò allusivo.

- Grazie, Koga. Per essergli così amico. Vi ho osservati bene e posso dire per certo che tu sei come un fratello per lui. Grazie per averlo sempre aiutato e sostenuto – esordì all'improvviso la giovane con un sorriso sincero, facendolo imbarazzare.

- Ma va! Guarda che quella che lo capisce al volo sei tu, non io! – si schermì – Anzi, ti dirò che… vi invidio a morte – aggiunse, spiazzandola – Anche io vorrei avere una simile complicità con una donna, quel “io sono qui per te e tu ci sei allo stesso modo per me” -.

- Mhhh.. e, quell'ipotetica “una donna” generica… in realtà si chiama Ayame, vero? – lo prese in giro Kagome.

Koga sospirò, fissandola con rassegnazione – Si nota così tanto? Eppure lei… lei non mi sopporta, pare. Sango ed InuYasha sostengono il contrario, però… beh, io non ho certo intenzione di mollare, sia chiaro! – si rianimò – Però vedervi tutti Pucci Pucci… diciamo che non aiuta! – scherzò.

- Pucci che? Ma no, Koga, che dici! Noi siamo solo amici! - si agitò Kagome, percependo però uno strano stato di confusione e batticuore pervaderla internamente.

- Se ti rode tanto, potresti provare a baciarla a tradimento, Ko. Ti pesterebbe a sangue, poi, ovviamente, ma ne varrebbe la pena – si intromise Miroku, arrivato a dargli il cambio, anche se in anticipo.
- Tsk, io non sono te, Miroku, so aspettare. E poi… Nah, quando bacerò la mia Ayame, non sarà con l'inganno. La mia piccola guerriera deve essere conquistata. Da me – sentenziò l'amico, alzandosi da davanti al fuoco e stiracchiandosi – Bene, gente. Io vado a dormire, e ti conviene farlo anche tu, ragazzina, prima che mr. allegria si accorga che stai andando a zonzo. Conoscendolo, nemmeno lui starà dormendo -.

- Oppure potresti rimanere a farmi compagnia, dolce Kagome – osservò Miroku, ricevendo un occhiataccia dall'amico.

- Certo che tu hai un problema di seria dipendenza alla vista di un qualsiasi essere di sesso femminile! Piantala! E tu va a dormire, Kagome – ribadì il giovane Yoro – Altrimenti te la scordi la gita in città, domani -.

- Ricattatore! Vado, vado! Agli ordini! – fu la risposta di Kagome – Buona notte capo Koga. E buona guardia, Miroku. Sei fortunato, guarda! Qualcuno che ti fa compagnia c'è – gli fece notare, indicando Kirara, che dormiva acciambellata su se stessa poco lontano, prima di tornare verso la sua tenda.

Non visto, InuYasha sospirò rassegnato, scuotendo la testa, affrettandosi a tornare sui suoi passi fino al suo giaciglio. Ci mancava solo Kagome a dar corda a quei due rompiscatole di amici che si era ritrovato ad avere!
 
~*~*~*~*~*~*~*~*~


Alto Egitto, da qualche parte nel deserto.


Un piccolo gruppo di uomini attraversava le dune, spronando i cavalli ad andare più veloci, nonostante il sole cocente.

- Ancora non ho capito il perché abbiamo dovuto essere noi a muovere il culo per andare da lui! Oltretutto… non dovrebbe essere un nemico, il simpaticone? Ufaa! Si stava così bene in quella cittadina. Avevamo cibo, dei bei ragazzi a farci divertire… - si lamentò un ragazzo, facendo tintinnare i tanti sottili braccialetti d'oro, tipicamente femminili, che gli riempivano le braccia.

L'uomo in testa al gruppo gli rivolse un'occhiata truce da dietro la spalla destra, facendo così ondeggiare la lunga treccia di capelli corvini: - Piantala! Sono stufo di dover sempre giustificare le mie decisioni a te! – sbottò, gli occhi azzurri pieni di furia.

Jakotsu trattenne un brivido, ma non di paura: - Per gli Dei, quanto sei eccitante quando ti arrabbi, fratello – ansimò con fare perverso l'altro, leccandosi le labbra in modo equivoco.

Un terzo uomo sbuffò, asciugandosi la testa totalmente pelata con un fazzoletto di pregiato lino. Dovevano assolutamente trovare una qualche carovana da saccheggiare. Aveva bisogno di un turbante, il sole cocente lo stava uccidendo.

- Ti ricordo che abbiamo stretto una specie di accordo con quel tizio, ed è giunto il momento di rispettarlo – intervenne un quarto uomo, dai lunghi capelli corvini e dallo sguardo stranamente gentile.

- Tsk! Rispettare un accordo? Ti devo ricordare che siamo dei mercenari, Suikotsu? Tendi sempre a dimenticarlo – lo schernì l’uomo senza capelli.

- Affatto! So bene cosa siamo, fratello Renkotsu – replicò Suikotsu.

- Ihihihi, lascialo stare, Suikotsu. Renkotsu è così suscettibile perché è a corto di donne da stuprare per poi rubare loro tutto il denaro che possiedono – si intromise un deforme e basso omuncolo totalmente vestito di bianco.

- Taci, Mukotsu! – abbaiò l'uomo chiamato in causa – E non attribuirmi le tue perversioni! Ho perso ormai il conto di quante donne sono fuggite urlando, lasciando insoddisfatti i tuoi appetiti – ghignò malefico.

Mukotsu digrignò i denti. Dannato Renkotsu! Prima o poi gli avrebbe messo nel vino una bella dose di veleno!

- Fatela finita! – li sgridò Bankotsu, ma una inquietante e cavernoso voce lo chiamò:

- Capo, si intravede il fiume – ruggì un impressionante individuo dalle dimensioni mastodontiche.

- Kyokotsu  ha ragione – confermò il settimo e ultimo componente del gruppo, strizzando gli occhi.

- Cosa vedi, Ginkotsu? – chiese Renkotsu all’uomo dai capelli rossi, ricoperto da una strana armatura. Aver depredato circa un anno prima nelle terre al di là del Nilo una carovana proveniente da oriente aveva fornito loro un'impressionante quantità di armi e cose utili.

- C'è qualcosa, anzi, c'è qualcuno, fermo in prossimità della riva. Che ci stia aspettando? – si chiese l'uomo.

Bankotsu sogghignò: - Lo scopriremo presto! Andiamo! – ribadì, spronando ancor di più la propria cavalcatura, provata anche dal peso della grande alabarda che il capo della Squadra dei Sette portava legata alle spalle.

Fecero arrestare i cavalli ad una decina di metri di distanza, in attesa.

La figura solitaria andò loro incontro. Era un uomo, alto e dai capelli scuri e l'aria seriosa: - Seguitemi, Mercenari. Il mio Signore vi sta aspettando – disse solo, prima di risalire in sella e procedere verso una grande chiatta poco distante.
 
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~



Palazzo reale di Menfi, 1214 a.C.

Rin sospirò, osservando il sole morente fuori dalla finestra lasciata aperta. Era sola, dopo essere stata messa in castigo.

Da quando, tentare di uscire dal palazzo per visitare la città era un crimine? Aveva quasi 13 anni, ormai, e non era mai uscita oltre il muro di cinta del palazzo.

Che male c'era, nel voler visitare il proprio regno e i propri sudditi?

La voce di Kagura, proveniente dalle sue spalle, la fece spaventare:

- Principessa Rin! Chiuda immediatamente quella finestra! - la ammonì severamente.

La bambina le rivolse un'occhiata truce, obbedendo.

- Venga, è ora del bagno - le disse la donna.

- Cosa c'è che non va in me, Kagura? - le chiese triste Rin, stupendola.
- Forse... Non sono una brava principessa? - continuò mesta.

La donna si addolcì impercettibilmente, provando ad apparire meno aspra: - Non c'è niente che non vada, in voi, principessa -.

- Non mentirmi! Tutti non fate altro che ripetermi che va tutto bene, che non mi devo preoccupare di nulla. Poi però la Signora Kikyo non fa altro che sgridarmi, anzi, sembra perfino mal tollerare la mia sola presenza. E per il Signor Naraku è come se non esistessi. Nessuno mi vuole bene, non più!  - si sfogò la piccola.

Anche se non lo aveva dato a vedere, l'abbandono di Kagome, la perdita di quella che era la sua unica vera amica, l'aveva ferita molto.

Kagura sospirò, intuendo la direzione dei  pensieri di Rin.

Per il bene della bambina però era meglio che rimanesse all'oscuro di tutto ancora per un po'. Che non sapesse di non essere la principessa. E che Kagome, nel momento della sua fuga, avrebbe voluto dirle la verità e portarla con sé, se solo Kagura stessa non glielo avesse impedito, facendole capire che Rin stava bene e al sicuro lì dov'era, almeno per il momento.

"Hai un debito con me, ragazzina. Vedi di ricordartelo, Kagome" pensò "Sbrigati a trovare quei due principi dei miei stivali e sconfiggi Naraku, tirandoci fuori da questa prigione dorata" le ingiunse col pensiero, prima di tirare i pesanti tendaggi delle finestre e chiudere fuori gli ultimi raggi del sole al tramonto.





Per saperne di più:

- Alto e Basso Egitto. Il rischio di confusione è facilmente prevedibile, perciò vorrei ricordare che con "Alto Egitto"  si indica la zona meridionale (= SUD) dell'Egitto, a partire dalla prima cateratta (o cataratta) del Nilo (nome moderno Assuan) e NON IL NORD.
Il Nilo ha infatti le sue sorgenti nella parte sud del continente africano.

Con Basso Egitto si indica la zona settentrionale dell'Egitto, ossia la regione del delta/foce del Nilo, che appunto si getta nel mar Mediterraneo.

Il simbolo del Basso Egitto era il papiro, quello dell'Alto Egitto il loto o il giunco.

Per capirci, Menfi è a Nord, quindi nel Basso Egitto.
InuYasha e C.o. invece si trovano a sud, in Alto Egitto (*e qui vi sto dando un indizio bello grosso, che i più attenti spero colgano xD*)

Esiste anche un "Medio Egitto", termine con cui si intende, per convenzione, la regione a nord di Tebe ed a sud del Basso Egitto.
Il termine è usato in modo particolare in riferimento al periodo storico detto Secondo Periodo Intermedio.
A differenza dei termini Alto e Basso Egitto, che possedevano un ben preciso significato geografico fin dall'antichità (non a caso la traduzione del termine regale, di titolo del faraone,  in egizio può essere resa come Re dell'Alto e Basso Egitto),  il termine Medio Egitto è un termine moderno usato dagli storici per indicare appunto la regione centrale della Valle del Nilo.

- Giza. Giza (trascritto anche come Gizah o el-Ghiza, in Arabo: الجيزة, al-Gīzah), è una città dell'Egitto, capoluogo del governatorato omonimo. Si trova sulla riva occidentale del fiume Nilo, circa 20 km a sud-ovest dalla capitale Il Cairo, nei pressi del confine nord-orientale del governatorato.
Deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto. A Giza sorgono infatti, oltre ad una gran quantità di sepolture minori, le tre più famose piramidi egizie: quelle di Cheope, Chefren e Micerino (o Mykerinos), secondo i nomi tramandati dalla tradizione greca ed ellenistica, tutte appartenenti a sovrani inseriti nella IV dinastia. La più grande piramide esistente è quella di Cheope.
Sempre presso Giza si trova un altro famoso monumento dell'antico Egitto: la Grande Sfinge.



Angolo autrice: 

Salve! ^^ Finalmente ce l'ho fatta, a terminare questo capitolo XD che tormento e che tempi biblici!
Spero di essermi fatta perdonare per l'attesa, infarcendo la trama di succosi indizi ed un capitolo bello lungo ( anche se un po' ingarbugliato, con tante cose, lo so u.u)
Chi legge sarà lì ad arrovellarsi con domande del tipo: Come avrà fatto Kagome a fuggire da palazzo? E cosa c'entra Kagura? O.O
Cosa ha sentito la ragazza, di così sconvolgente, nella biblioteca, oltre che Rin non è una principessa, da non poterlo dire nemmeno a Sesshomaru? E, a questo proposito... Sesshomaru?!? Che legame c'è, tra lui e Kagome?
Mistero!!! XD xD XD beh, nel prossimo capitolo, alcune di queste domande troveranno risposta, lo prometto xD u.u

Nel frattempo, tiriamo un po' le somme:
1) abbiamo avuto un accenno a nuovi personaggi xD ebbene sì, anche la Squadra dei Sette ha fatto il suo ingresso u.u Da che parte stanno, ancora non si sa :-P

2) spero che Kikyo non sia risultata troppo eccessiva. (*ma come! Se ancora non ho fatto nulla, di quello che mi vuoi far fare!* NdKikyo )

3) la parte "sentimentale". Pian piano ci sto arrivando, anche se non è facile mischiare mistero, "fluffosità", eventi tragici. Dal mio punto di vista, Inuyasha e Kagome stanno facendo piccoli passi verso un rapporto sentimentale più maturo, ma la strada che li porterà a comprendere che ciò che sentono non è più solo amicizia, è ancora lunga. Abbiate pazienza. ^^'' (spero non diventi una soap opera! >.<)
Nel mentre però mi sto divertendo anche con Koga ed Ayame xD ho qualcosa in serbo anche per loro ;-)

Bene, alla prossima! ( anche se non so di preciso quando sarà ^^'''')
Grazie a chi lascerà un commento, a chi leggerà e basta, a chi segue/ricorda/preferisce la storia ^^

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Capitolo 9
*** Prima tappa: vecchie conoscenze (s)gradite? ***


Capitolo 8    Prima tappa: vecchie conoscenze (s)gradite?


Ain Umm Dabadib, 1214 a.C,


Kagome si guardava intorno, quasi sopraffatta dalla miriade di colori, suoni e odori della cittadina.
Si sentiva euforica e su di giri e la cosa era assolutamente comprensibile. Dopotutto aveva trascorso gran parte della sua vita in ambienti limitati, il palazzo reale di Menfi prima, e poi…
Anche il suo alloggio dei tre anni precedenti era stato piuttosto isolato.
Lungi dall'aver trascorso un'esistenza solitaria, non era comunque abituata alla folla, si sentiva come un pesce fuor d’acqua, ma allo stesso tempo tutto ciò suscitava in lei un certo senso di attrazione.
Da brava bambina obbediente stava attenta a non perdere di vista i suoi compagni: Ginta stava praticamente sbavando, osservando con desiderio una bancarella di cibo, mentre il giovane Kohaku stava abilmente contrattando con il proprietario per alcuni sacchi di cereali.
L’attenzione di Kagome venne attirata da una venditrice di abiti e stoffe.
Incantata da un rotolo color cobalto che al tatto sembrava seta, sobbalzò quando la voce di Koga la raggiunse da dietro le spalle:
- Ti piace? È un bel colore e credo ti starebbe bene - le sorrise il giovane, fermo poco lontano.

Voltandosi appena per sorridere al ragazzo, Kagome decise di non farlo aspettare oltre, allontanandosi dalla bancarella dopo aver rivolto un cenno cortese alla proprietaria.

Mentre si affiancava alla sua guardia del corpo, quasi sbuffò al ricordo del putiferio che si era scatenato quando, quella mattina, il giovane Yoro aveva annunciato che Kagome li avrebbe accompagnati nel loro giro nella cittadella.
Solo la promessa solenne dell’amico di non perderla di vista e di vegliare su di lei a costo della vita era riuscita a placare le rimostranze di InuYasha. Avevano quasi dovuto ricorrere alle maniere forti per impedirgli di aggregarsi, ostinato com’era nel volerla proteggere a qualsiasi costo.

“Come se un mercato cittadino fosse un luogo mortale, poi! Zuccone!” pensò Kagome.

Raggiungendo Koga, si sorprese nel notarlo osservare rapito qualcosa dietro di lei.
Una strana luce gli illuminò lo sguardo e lo sentì sussurrare: - ...Lo stesso colore dei suoi occhi… chissà come le donerebbe - rifletté Koga. Quasi istantaneamente però un sospiro scettico e di scherno verso se stesso gli sfuggì: - Ma chi prendo in giro! Figurarsi. Me lo tirerebbe dietro seduta stante, se le facessi un regalo del genere - borbottò.

Non ci volle molto perché Kagome, tornando a guardare le stoffe, intuisse a cosa il ragazzo si riferisse.
Con un sorrisino complice, si diresse verso Sango che stava contrattando per alcune corde e tele cerate, prendendola per il gomito per attirarne l'attenzione.
Le due ragazze confabularono brevemente ed infine la più anziana annuì.
Koga rabbrividì istintivamente quando Sango gli fece una specie di occhiolino.
Dopo di che, Kagome tornò a passo di carica verso la venditrice di stoffe.

Prima che potesse impedirglielo, la ragazza gli era tornata accanto, mollandogli tra le braccia un pacchetto: - Le piacerà un sacco, vedrai! - gli disse.

Rimasto senza parole, Koga aprì appena l'involto, sbirciandoci dentro e sfiorando con un dito il contenuto, quasi con riverenza: una magnifica tunica di seta verde smeraldo.

- Come... cosa.. ma... - balbettò, finendo per arrossire furiosamente quando Sango gli diede una gioviale pacca su una spalla:
- Coraggio, amico mio! Probabilmente farà la sostenuta, ma sono certa che Ayame apprezzerà il regalo. È una donna, dopotutto - ridacchiò.

Il giovane tentò di negare, finendo per fallire miseramente: - È mai possibile che si noti tanto? Sono così prevedibile, accidenti?!? - borbottò con falsa indignazione, facendo ridere le due ragazze.

La voce di Kohaku richiamò il gruppetto: - Ehi, sorellona! Vieni a vedere. Che ne pensi di queste? Ginta ne avrebbe bisogno ma non sa scegliere - chiese nei pressi di una modesta e nascosta bancarella.
Su di essa facevano bella mostra di sè alcune spade corte, pugnali, utensili per riparare le armi, frecce ed una piccola scelta di corde per archi.
Proprio a queste ultime faceva riferimento il ragazzino.

- Arrivo, arrivo - sospirò Sango, guardando poi stranita Kagome raggiungere i due di corsa, eccitata e contenta come un bambino di fronte ad un cesto di datteri.

- Emh... - si schiarì la voce Koga - Non è che avrei fatto meglio a prenderle una spada? Visto come ha reagito la ragazzina lì, forse Ayame... - tentò.

Sango riuscì solo a fare spallucce, sorpresa di come una ragazza dolce e femminile come Kagome si fosse illuminata tutta di fronte ad oggetti -ossia le armi- che di solito suscitavano prevalentemente l'interesse degli individui di sesso maschile.



Quando tornarono dai compagni rimasti nell'oasi, era già l'ora del pasto.
Il gruppetto però fu accolto da uno strano trambusto che fece allarmare Kagome.
Sango si limitò a scuotere il capo con un sospiro rassegnato mentre i tre maschi si illuminano.
Ginta raggiunse il cugino, schierato come molti altri a semicerchio, intenti ad osservare con molto interesse qualcosa davanti a loro.

- Ancora? Fammi indovinare, è il principino ad aver insistito? Chi sta vincendo? E le scommesse? - domandò Koga, avvicinandosi a Shippo.

Kagome gli rivolse un'occhiata sbalordita e prese ad avvicinarsi, sgomitando tra gli astanti.
Sentì a malapena la risposta di Shippo al giovane Yoro, rapita com'era dalla scena che le si presentò davanti.

Al centro dello spiazzo, con le spade in pugno, sudati, ansimanti e coperti di sabbia, Ayame ed InuYasha si osservavano circospetti, attenti alla prossima mossa dell'altro.

- Che domande! Hanno iniziato come al solito, no? Con Inu che, da vero stupido, ha borbottato qualcosa riguardo alla resistenza scarsa delle femmine alla fatica – rispose intanto Shippo.

- Tsk! Stupido botolo! Nessuno batte la mia Aya! – ribattè Koga.

- Mah, spero di no, capo! Io ho scommesso su Inu – si inserì nella conversazione Hakkaku.

- S-scommesso?!? – sussurrò Kagome.

- Tranquilla Kagome, è la norma. Fanno sempre così. Mentre quei due si dilettano a fare gli spacconi a colpi di spada, gli altri si divertono a modo loro – le disse Miroku.

- Bah, che passatempi idioti! Uomini…- commentò sprezzante Sango.

- Questa tua affermazione è un colpo al cuore, mia cara Sango – replicò Miroku per poi farsi pensieroso: – Vorresti dirmi che allora Aya è un uomo!?! Ed io che pensavo che quelle belle curve fossero genuine! -.

- Cretino! Sempre a fare il melodrammatico tu, eh!? – sibilò arrossendo la giovane, colpendolo in testa con un pugno.

Un aumento nelle grida di incoraggiamento degli spettatori catalizzò di nuovo l'attenzione di Kagome.
Ayame era riuscita a parare con il lato piatto della spada un affondo di InuYasha, che però aveva sfruttato la propria prestanza fisica per far arretrare l'avversaria. Ansimando per lo sforzo, la ragazza lo guardò in cagnesco.
InuYasha, accorgendosi della presenza di Kagome, sfoderò un sorriso strafottente, non perdendo di vista la contendente: - Non male, rossa! Sei riuscita a tenermi testa, dopotutto. Sono quasi pronto per finire il riscaldamento – la sbeffeggiò.

Kagome alzò gli occhi al cielo. Sbruffone montato!
Era evidentemente stanco, altro che riscaldamento! Entrambi i contendenti avevano il fiatone ed erano esausti.

- Chiudi il becco, pallone gonfiato! – gli rispose Ayame, riacquistano la posizione di combattimento.
Con uno scatto degno di un'amazzone, ripartì all'attacco. InuYasha sbuffò, schivando facilmente, preparandosi ad atterrare la ragazza che ora gli dava le spalle.
Il sorrisetto compiaciuto e vittorioso che già faceva capolino tra le labbra del ragazzo sì trasformò improvvisamente in un ghigno attonito nel momento in cui, con una mossa repentina, Ayame gli fece lo sgambetto, facendolo finire a terra in posizione prona.

- Auch! Dannata donna sleale! – si lamentò lui girandosi a pancia in sù.

- In amore e in guerra tutto è concesso, mio caro! – gli rispose Aya, sovrastandolo e puntandogli la lama alla gola, dall'alto – Ho vinto, principe dei miei stivali! Tsk, sleale, dice! Vorrei vedere quale nemico, nel bel mezzo di una battaglia, si metterebbe a duellare in modo onorevole, senza fare sgambetti o dare gomitate o testate! Quando è questione di vita o di morte vale tutto! – lo istruì, sedendosi sul suo stomaco.

- Brava la mia donna! Bella, abile ed intelligente – le fece eco Koga.

- Koga… - ringhiò Ayame a titolo di avvertimento, facendo per guardarlo male.

Quella distrazione le fu fatale.
InuYasha, flettendo i muscoli, la disarcionò ribaltando le posizioni ed inchiodandola a terra.

- Ahia! Che cavolo fai, idiota? – disse la giovane tentando invano di divincolarsi.

- In guerra tutto è concesso, l'hai appena detto tu! – sorrise malevolo il principe.

- Razza di – iniziò la ragazza, ma prima che potesse completare l'insulto, Kaede pose fine alla contesa:
- Parità! Bravi ad entrambi, ma l'allenamento è finito, giovani! È quasi ora di pranzo. Alzatevi ed andate a darvi una rinfrescata, su! -.

- Ma no! Come pari? E con le scommesse come facciamo ora? – si lamentò Hakkaku, dando voce allo scontento generale.

Con un sospiro InuYasha si rimise in piedi, scrocchiandosi il collo per poi tendere una mano verso Ayame, rialzandola da terra in segno di pace.

- Cavolo, la testa! Che botta! – pigolò quella.

- Eh, la prossima volta ci penserai due volte a far sbattere la testa agli altri – fu la risposta di InuYasha – Anche se sei minuta, quando mi hai atterrato mi hai fatto un male d'inferno! -.

- Ma figurati! Al massimo la tua capoccia avrà suonato vuota! Niente di cui preoccuparsi! – gli fece la linguaccia la ragazza.

- Oi! Che vorresti dire? -.

Kagome ridacchiò, ma l'occhiata interrogativa di InuYasha le fece distogliere lo sguardo.
Perché tutt'ad un tratto si sentiva imbarazzata e a disagio?
Scosse la testa, allontanando quei pensieri ed affrettandosi a raggiungere Sango per aiutarla nel riporre gli acquisti di quella mattina.
Una parte del suo cervello non poté però fare a meno di ripensare alla figura di InuYasha mentre duellava, la prestanza del suo fisico, l'eleganza innata delle sue mosse… e se pensava che aveva imparato a maneggiare la spada tutto da solo…
Checché ne dicesse lui, era il degno fratello di Sesshomaru.
Con una punta di rammarico si rese conto di aver perso l'ennesima “fase” della crescita dell'amico di infanzia: il giovane principe non se la cavava affatto male con la spada. Chiunque gli avesse insegnato a maneggiarla era stato un maestro più che valido.
I tempi in cui giocavano a balenare maldestramente in giro le spade di legno appartenute a Sesshomaru sembravano così lontani…

- Ehi, te ne avanza un po' di quel sapone? – le domandò colui che occupava i suoi pensieri, avvicinandosi alla pozza d'acqua in cui Kagome stava finendo di lavare alcuni panni, tra cui la casacca del piccolo Shippo, che si era sbrodolato durante il pasto.

- Ops! Ehi, non mi dirai che ti ho fatto paura, nana! – la schernì InuYasha, vedendola sussultare e portarsi una mano al petto.

- Nooo, guarda! Non mi hai spaventato! Affatto – ironizzò la ragazza per poi continuare, guardandolo di sbieco – Che brutto vizio quello di comparire alle spalle della gente nel più completo silenzio! – lo rimproverò – E poi vuoi darci un taglio con quel nomignolo!?! Ti sembro forse una nana!?! – lo sfidò, alzandosi in piedi e fronteggiandolo, le mani sui fianchi.

Il giovane deglutì, sentendosi la gola improvvisamente chiusa ed una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Nana? Affatto! Le forme generose, i capelli lunghi e selvaggi, le labbra piene non erano certo quelle di una bambina…
- Sei bassa – riuscì a replicare, nonostante si sentisse la bocca impastata, come a corto di saliva.

Desiderò non aver aperto bocca quando fu quasi trafitto dagli occhi marroni di lei, traboccanti di furia ed irritazione: - Oooh! Sei… sei… irritante! – sbottò Kagome – E prenditi il tuo cavolo di sapone, a me non serve più! – gli disse, facendo per andarsene.

- E-ehi! N-no, Kagome, aspetta! Io… - tentò di fermarla, ma fu interrotto da un ringhio disumano ed un'esclamazione di terrore:
- Dannato imbecille!! Vieni qui, Miroku!! -.

- Oh, andiamo, Ko! Stavo scherzando! Auch!-.

Nel giro di un istante la figura di Miroku comparve correndo nella piccola radura circondata da palme, inseguito da un furibondo Koga.
- Che gli Dei mi assistano! Pietà! – bofonchiò il primo, venendo atterrato nella sabbia dal suo inseguitore.

- Ehi, che cavolo… Koga! – esclamò InuYasha, vedendolo pronto a tirare un pugno in faccia all’amico.

Kagome trattenne a stento un grido nel momento in cui il pugno di Koga sfiorò la testa di Miroku, finendo per schiantarsi nel terreno.
- Dannazione! Tu e i tuoi stupidi commenti del cavolo! – ringhiò frustrato il giovane Yoro – E che vuoi tu? Lasciami, Inu! Lasciami andare, che lo gonfio di botte, quell'invidioso frustrato! – vociò quando InuYasha li separò con la forza.

- Koga! – lo richiamò anche Sango, raggiungendoli con il fiatone – Lascialo andare, è il solito idiota che non pensa prima di dare aria alla bocca, lo sai! E poi, alla fine, lei lo ha accettato il regalo, te lo giuro! – disse veemente.

- Oh, fanculo! Non osare comparirmi davanti fino a domani mattina, deficiente – ringhiò Koga, allontanandosi da InuYasha con uno strattone.

Quest'ultimo lo fissò basito mentre si allontanava, rivolgendo poi uno sguardo tra l’incuriosito e l'arrabbiato all'amico ancora a terra: - E per fortuna che dovrei essere io, la testa calda, eh? Che cavolo hai combinato questa volta? – domandò a Miroku, dandogli un innocuo calcio su un fianco prima di aiutarlo ad alzarsi dalla sabbia.

- Il solito commento inopportuno in una situazione delicata e che non lo riguardava – sospirò Sango.

- Oh, andiamo! Koga era talmente imbarazzato e rigido mentre stava dando il suo regalo ad Ayame! E l'espressione di lei era talmente sorpresa e rapita che non ho potuto trattenermi dal commentare! – tentò di giustificarsi Miroku.

- D'accordo, ma dovevi proprio uscirtene con “Accidenti che lusso! La conserverai per la prima notte di nozze, Aya?” - gli fece il verso Sango.

- Ma che cavolo… no, non ci si può credere! Sei cretino per davvero, allora! – commentò InuYasha, portandosi una mano alla fronte.

- E poi cosa è successo, Sango? – osò chiedere Kagome.

- Beh, Aya è diventata più rossa dei suoi capelli, ha fatto la finta arrabbiata, come al solito, lanciando addosso a Miroku la tunica. Poi Koga si è messo ad inseguirlo – li informò la ragazza.

- Oh Santi cielo! – borbottò Kagome.

- Però posso giurare che, mentre nessuno ci faceva caso, Ayame ha raccolto l'indumento, portandoselo via. Koga non l'ha visto, ma lei, nonostante le scene, lo ha accettato – la rassicurò la ragazza.

Kagome sospirò, avvicinandosi a Miroku: - Forse è davvero il caso che tu smetta di punzecchiare quei due – gli disse – Koga era davvero imbarazzato ed emozionato per questo regalo. Tu non c'eri al mercato, ma Sango ed io sì. Se non fossi andata io ad acquistarlo per lui, Koga non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di avvicinarsi alla bancarella – ammise.

- Possibile che tu riesca a fare solo disastri? – rincarò la dose InuYasha.

- Questa volta ho esagerato, vero? – mormorò imbarazzato l'amico.

- Tsk! Vieni, farfallone dei miei stivali, provo ad aiutarti a farti perdonare da Koga – disse Sango a Miroku, tirandolo per un braccio.

- Poi vai a scusarti anche con Ayame! - gridò loro dietro InuYasha.

- Sì, agli ordini… papà – lo schernì Miroku, prima di ricevere uno schiaffo da Sango:
- Ha detto con Ayame, non con il mio fondoschiena, porco! -.

- Uff, Dei dell'Egitto, datemi la forza – borbottò il principe – Ehi! Perché ridi? – si risentì, rivolgendosi all’ amica d'infanzia.

Kagome gli rivolse un sorriso intenerito che lo fece arrossire un po': “È sempre il solito! Si preoccupa per gli altri, ma non lo vuol dare a vedere e nasconde tutto dietro a mille borbottii”.



Nel tardo pomeriggio il gruppo iniziò a rassettare il campo.
Alcuni uomini, tra cui Ginta ed Hakkaku, si misero ad affilare le spade e a verificare lo stato di archi e frecce.

- Quella corda è troppo spessa per un arco di quella forma – osservò distrattamente Kagome, passando per caso lì accanto.

- Oh, È arrivata miss so tutto io! – sputò Ginta, a cui non andava giù per niente il fatto di essere continuamente corretto da quella ragazzetta proveniente da chissà dove.

Poco lontano InuYasha si fermò ad osservarli. “Brutta mossa, Ginta! Quello sguardo di sfida non ti porterà a nulla di buono! Se c'è una cosa che Kagome non perdona sono gli spacconi che tentano di farle la predica” pensò.

Infatti Kagome non esitò nel rivolgere al cugino di Hakkaku un sorriso di sfida: - So tutto io? Non era mia intenzione impicciarmi, figurati! Volevo solo darti una mano, evitarti di compiere uno dei tipici errori in cui un arciere può incorrere! -.

- Ah, perché tu te ne intendi di archi, novellina ? – ridacchiò il giovane.

“Uhh, pessima mossa, amico! Pessima mossa istigarla così! Era altamente permalosa da piccola, quando la si sfidava!” fu il nuovo pensiero di InuYasha “Ora sono proprio curioso di vedere che si inventa!”.

- Diciamo che me la cavo – replicò vaga Kagome, con una luce pericolosa negli occhi – E tu, ragazzino? Facciamo una prova? – propose.

Nel giro di poco, tutti i presenti avevano momentaneamente cessato le proprie attività per osservare Ginta prendere la mira verso il bersaglio improvvisato -un sacco di iuta contenente cereali- posizionato presso una palma al lato opposto della piccola oasi.

- Ne ha di fegato, la fanciulla! Ginta non è certo alle prime armi e la sua mira è invidiabile – commentò Miroku appoggiandosi mollemente alla spalla di InuYasha.

- Umh – grugnì quello – E levati di dosso, sanguisuga appiccicosa! – Lo scacciò poi – Non sei mica un peso piuma -.

Nel frattempo il tiro di Ginta era stato davvero invidiabile, centrando quasi il centro esatto del sacco.
- Sì! – esultò – Ecco a te, Kagome. Fai di meglio, se ne sei capace – la sbeffeggiò, porgendole il proprio arco.

- Non male – commentò la giovane – Certo, con una corda adeguata avresti potuto evitare la lieve modifica della traiettoria della feccia, nonché il rimbalzo che la corda ha avuto quando hai scoccato – ponderò per poi rivolgergli un sorriso serafico – Ti ringrazio, ma ho il mio – gli comunicò, dirigendosi verso la propria cavalcatura ed estraendo un arco.

- Oh, la signorina ha il suo – ironizzò Ginta.

Quando però, senza battere ciglio, la freccia di Kagome divelse in due quella da lui lanciata, la baldanza del ragazzo subì una brusca battuta d'arresto. La ragazza non si era nemmeno data la pena di tornare verso il punto di lancio, scoccando direttamente da dove si trovava, allungando il tiro di qualche metro.

- Acciderbolina! – esalò Ayame, rimasta a bocca aperta – Che precisione, gente! -.

- Ahahah, questa te la sei voluta, Ginta! – ridacchiò Shippo prima di correre da Kagome – Sei stupefacente Kagome! Come hai fatto? Mi insegni? Ti pregoooo! Questi due lagnosi non ne hanno voluto sapere, anche se gliel'ho chiesto un sacco di volte – piagnucolò.

Il fischio ammirato di Miroku destò InuYasha dal momentaneo stato di torpore attonito in cui era caduto: - Tosta, la ragazza! Non lasciartela scappare, amico – scherzò, dando ad InuYasha una giocosa pacca tra le scapole, guadagnandosi un'occhiataccia.

Fu un solo attimo, subito il principe tornò a fissare Kagome, ammaliato dall'affascinante sorriso di lei mentre, imbarazzata, rispondeva a Shippo e ai vari complimenti ed elogi che i presenti le stavano rivolgendo.



Il viaggio verso la loro sconosciuta destinazione si protrasse per altri nove giorni.
Ad ogni sosta l’orgoglio ferito di Ginta esigeva una rivincita su Kagome, uscendone continuamente perdente.
Ad ogni sfida tra i due, InuYasha osservava sempre più affascinato i movimenti aggraziati e flessuosi di Kagome, la sua postura dritta, la concentrazione prima di scoccare.
Era davvero, davvero brava. Chissà chi le aveva insegnato!

- InuYasha? Ehi?!? Ci sei? Accidenti, gente, lo abbiamo perso! Lo sapevo che Miroku era contagioso nella sua perversione – scherzò Sango.

- Feh! Che c'è! Ti serviva qualcosa? – si riprese InuYasha, dissimulando il proprio imbarazzo per essere stato beccato in stato contemplativo.

- Kohaku dice che si scorge il Nilo in lontananza – lo informò.

- Siamo vicini. Molto vicini, quasi finalmente a destinazione – si intromise Midoriko – Vi conviene prepararvi, principe, il destino avrà tra breve inizio – sentenziò con una delle sue tipiche frasi sibilline.

Prima del tramonto erano giunti alle sponde del Fiume Sacro.
- E adesso? Non mi piace essere così scoperti – domandò Sango – Questo non è certo un buon posto per accamparci – osservò, cercando la matriarca Kaede con lo sguardo.

Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, una sorta di luccichio attirò l'attenzione degli occhi più attenti ai dettagli: - Ehi! C'è qualcosa là! Sembra… una chiatta? – li informò stupefatta Ayame, indicando le acque.

- Già! E osservate verso l'altra sponda, c'è qualcosa anche là! – notò Kohaku, riferendosi a un'ombra presente circa un chilometro più a Sud – Sembrano… mura? -.

- Che efficienza! Li avete informati voi, Somma Midoriko? Ci stanno già venendo a prendere! – disse serafica Kagome, guadagnandosi un'occhiata stranita dai presenti che erano scesi da cavallo, assumendo una posizione di difesa.

Nel frattempo la chiatta era giunta a riva e da essa era scesa una persona. Un uomo alto, dai capelli scuri e dall’aria seriosa.

- È un piacere vedervi, nobile Setsuna – chinò il capo Midoriko.

- È un piacere vedervi di ritorno, sane e salve e in compagnia – ribatté l'uomo – Che gli Dei siano con voi, Figli del Deserto – si rivolse poi al gruppo – Sentitevi liberi di accamparvi qui. Mi rincresce non poter trasportare tutti dall'altro lato del fiume. Il mio Signore vi attende, pregandovi di accompagnare il vostro protetto davanti a lui. Desidera inoltre conferire con la Matriarca e con il capo della tribù o, in alternativa, con i guerrieri più valorosi -.

InuYasha deglutì l'improvviso nodo di panico che gli aveva serrato la gola.
Sobbalzò quando una mano gli strinse l'avambraccio.
Koga gli rivolse un cenno di incoraggiamento, seguito da Miroku, Sango ed Ayame.
Kagome gli sorrise, prima di lasciare la sua presa sul braccio.

Tornando a contemplare il Nilo, la ragazza si illuminò improvvisamente, correndo a rivolgersi al traghettatore rimasto a bordo della chiatta: - Jinenji! Ciao! Sono contenta di vederti! Come stai? -.
Il massiccio ragazzo mormorò qualcosa di inintellegibile agli altri.

- Giovane Kagome - la richiamò Setsuna – Condurli entro le mura sarà compito tuo. Un’importante missione mi attende e sono costretto a lasciarvi – asserì brevemente – Nobile Midoriko. – si congedò prima di spronare la propria cavalcatura.

- Che Osiride, Iside, Horus, Ra e tutti gli Dei siano con te, Takemaru – rispose la sacerdotessa guerriera.

InuYasha sussultò. Quel nome… quel nome fece scaturire in lui un ricordo, talmente fumoso da sembrare un'illusione, un miraggio, un'invenzione della sua mente.
Aveva già sentito quel nome, per bocca di sua madre, in un lontano pomeriggio in cui un'ambasceria era giunta a palazzo per conferire con la regina Izayoi.
Possibile che fosse quello stesso uomo che  la madre chiamava affettuosamente “mio buon Takemaru”?

- Bene – affermò Kaede – Direi che è ora di proseguire. Kohaku! – chiamò – Dì agli altri di preparare il campo. Ci fermeremo qui per qualche giorno, immagino. Dobbiamo riposarci, effettivamente. Immagino anche che voi quattro vogliate accompagnare il vostro amico, giusto? – proseguì rivolgendosi ad Ayame, Sango, Miroku e Koga.
Al cenno affermativo e risoluto dei quattro, l'anziana continuò: - Hey, traghettatore. Ci stiamo in otto su quella chiatta? – domandò.

- Certo, Signora! – rispose Jinenji.

- Ottimo, procediamo, allora – asserì l’anziana donna.

- Otto? Ma non è giusto! Voglio venire anche io con la sorellona! E anche Kohaku – piagnucolò il piccolo Shippo.

- Ah, no, non se ne parla, cucciolo! – lo fermò la sorella – Tu rimarrai qui buono e tranquillo, intesi?-.

- Ma Aya! – tentò di protestare il bambino.

- Intesi!?!? – ribadì Ayame.

Prima che Kagome potesse anche solo aprire bocca per tentare di confortare il piccolo dai capelli rossi, InuYasha inaspettatamente smontò da cavallo, afferrando Shippo per la collottola: - Senti un po' tu. Guarda che ti stiamo lasciando qui affidandoti una grande responsabilità – gli disse – Pensaci – continuò all'occhiata confusa e scettica di Shippo – Se Koga e Ayame sono via, chi rimane al comando del gruppo? Ginta ed Hakkaku. Non mi vorrai dire che intendi lasciare Kohaku da solo nel badare a quei due impiastri! – brontolò.

Il piccolo rimase a bocca aperta un istante, per poi ricomporsi e dire con aria solenne, nonostante il luccichio commosso negli occhi: - Assolutamente no! Ci penso io a quei due, lo prometto! Non vi deluderò -.
- Bravo moccioso – ribatté InuYasha mettendolo di nuovo con i piedi per terra e scompigliandogli i capelli.



Il piccolo gruppo fece fermare i cavalli per poter contemplare le malandate mura di quella che sembrava una città in rovina.
Koga e Sango si rivolsero un'occhiata perplessa a quella vista. In che razza di posto erano finiti?
Dopo essere stati traghettati da quella specie di gigante d’uomo, si erano limitati a seguirlo verso la città che si scorgeva in lontananza, nel più completo silenzio.
L'atmosfera tesa e carica d'ansia ed aspettative non aveva accennato ad alleggerire la propria stretta.

La discreta risatina di Kaede ruppe la tensione: - Scelta scaltra ed allo stesso tempo bizzarra, quella di impostare la propria base in questo luogo. Nessuno si sognerebbe mai di cercarlo qui – rifletté con una punta di ammirazione.

- Qui? Non ti seguo, Kaede. Dove sarebbe “qui”, oltretutto? – domandò Ayame.

- Credo di aver pensato la stessa cosa la prima volta che sono giunta di fronte a queste mura, somma Kaede – disse Kagome, per poi aggiungere, facendo rimanere i presenti a bocca aperta per lo stupore – Benvenuti ad Amarna* ragazzi – annunciò - O ciò che ne resta, almeno – ammise.

Nel silenzio attonito che seguì a quell'affermazione avevano raggiunto la porta di accesso alle mura.

Proseguendo oltre furono ben presto consci dei discreti lavori di ricostruzione di quelle che erano in principio solo rovine.
Jinenji li scortò fino a quello che sembrava un antico palazzo, parecchio provato dal tempo.
Smontarono, lasciando i cavalli stanchi in un angolo dell’ampio cortile.

- Bene, e adesso? – chiese Miroku, ma l'attenzione di tutti fu catturata dal rumore di ferro che veniva percosso.
Kagome sorrise: - InuYasha? – lo chiamò – Credo proprio che laggiù ci sia una nostra vecchia conoscenza, sai? -.

- Eh? – le fece lui confuso.

- Accidenti, si sta dando un bel da fare! Ehi, Totosai! – chiamò facendo sobbalzare InuYasha.

Il suono del martello che batte sul ferro si interruppe, seguito da una voce borbottante: - Destino ingrato! Io, uno dei maestri di spada più famoso ed anziano dell'Egitto, costretto a fare il fabbro e riparare le armi di quei… quei… oh, abbiamo ospiti, per caso? – chiese, affacciandosi verso lo spiazzo aperto. - Ma guarda! La bambina è tornata! – osservò, notando il gruppo fermo poco distante.
- Ehi! Quante volte vi ho detto di non chiamarmi così, mastro Totosai? Non sono più una bambina! – si lamentò Kagome – Piuttosto, c'è una persona che dovrebbe venire a salutare, sa? Missione compiuta! – si diede un tono, appoggiandosi al fianco di InuYasha.

- Sul serio? Oh, ma guarda un po'! – affermò – Ohi, la mia schiena! – borbottò, tentando di raddrizzare la propria postura.

- Totosai? – sbottò incredulo InuYasha – È ancora vivo? È immortale, per caso? -.

- Ma pensa! Chi si rivede, il vecchietto logorroico! Mi ricordo di lui! – gli diede man forte anche Koga.

- Ragazzini impertinenti! Non c'è proprio più rispetto per gli anziani nelle nuove generazioni! – borbottò il maestro di spada – E tutta questa gente? Ci mancava solo di dover accogliere altri loschi individui! E tu… - sbottò puntando un nodoso dito contro il principe – Razza di disgraziato, quanto ci hai fatto penare! Ce ne hai messo di tempo per saltar fuori! -.

Il giovane aggrottò un sopracciglio, pronto a ribattere, quando una voce si sovrappose:
- Hai finito di chiacchierare, vecchio cialtrone? Rivoglio la mia Banryu – vociò.

Kagome percepì chiaramente il sangue gelarlesi nelle vene.

No, non era possibile! Non loro!!!

- Ehi, fratello! Guarda un po' chi c'è! Quella disgustosa bambolina! – aggiunse un'altra voce.

- Kagome? – sussurrò InuYasha, percependo una sorta di panico irradiarsi dall’amica – Che..- fece per domandarle.

- Oh, la bambina ha paura, lo senti, fratello Bankotsu? – rise Jakotsu – Beh, posso tollerare la sua presenza solo perché ha portato tutti questi bei fanciulli! Sono così prestanti! Come sarebbe bello duellare con loro per poi farlo a pezzi lentamente – gongolò.

- Ci risiamo! Basta che sia circondato da uomini piacenti e si mette a fantasticare come una cagna in calore – lo schernì Renkotsu, affiancandosi ai due compagni.

Ayame portò istintivamente una mano all’elsa della spada. Quella situazione non le piaceva. E i tizi inquietanti men che meno.

- Che diavolo?! Non vi è permesso entrare qui! Gli accordi erano chiari, mi pare! – disse Totosai.

- Tsk! Taci, vecchia mummia incartapecorita! Credevi davvero che avremmo tenuto fede a quella stupida disposizione? Siamo mercenari, cocco! Andiamo dove ci pare – lo sbeffeggiò Jakotsu.

- No. Non loro – continuò a sussurrare Kagome, tremando, facendo così aumentare la confusione e la preoccupazione di InuYasha.

- Oh, andiamo! Non mi saluti neanche, dolcezza? Dopo tutto questo tempo e quello che c'è stato tra noi! – rise Bankotsu.

Sotto lo sguardo stupito dei presenti si avvicinò a Kagome, sfiorandole una ciocca di capelli.
La ragazza, rimasta fino a quel momento rigida e con i pugni serrati, scattò all’indietro, schiaffeggiandogli la mano, riservando all'uomo uno sguardo di fuoco, dietro cui però era evidente l'inquietudine mista a panico.

- Oh oh! La gattina ha tirato fuori gli artigli! – rise il mercenario.

- Tu.. – sussurrò la ragazza.

Con uno scatto InuYasha si frappose tra Kagome e Bankotsu, facendo scudo all’amica con il proprio corpo, pronto a contrastare qualsiasi evenienza.
Quel tizio non gli piaceva affatto.
Anche i restanti componenti del gruppo, ad eccezione di Kaede e Midoriko, si erano stretto intorno a Kagome ed InuYasha, pronti a fornir loro sostegno.

Il capo dei mercenari squadrò InuYasha e il suo ghigno si ampliò ulteriormente: - Oh, e questo qui chi sarebbe? Il figliol prodigo ritornato all’ovile? In effetti lui e l’algido principe si assomigliano – osservò.

- Uhh! Quanto è carino, Ban! Che bel paio di occhi imbronciati e dal colore intrigante! Me lo regali, fratello? Ti prego! È così sexy! – piagnucolò Jakotsu.

- Sì è preso l’ennesima cotta, fantastico! – latrò scocciato Renkotsu, alzando gli occhi al cielo.

Il compagno lo fulminò con lo sguardo: - Taci, pelato invidioso! Lui è mio! Il piacere di vederlo contorcersi in agonia sarà mio! – ringhiò, portando una mano alla spada.

Miroku represse un brivido d’inquietudine. Quel tizio strano ed effemminato stava squadrando InuYasha come se volesse mangiarselo. In senso letterale.

- State buoni, voi due! – li fermò il capo dei Sette, non distogliendo lo sguardo da InuYasha.

- Quindi questo sarebbe l’altro degli imbecilli che si son fatti soffiare il trono da sotto il naso, eh! Patetico. Come è patetico anche l’attaccamento di questa mocciosa nei confronti di questi perdenti – riprese il discorso Renkotsu, rivolgendo a Kagome uno sguardo carico di pietà.

- Perdenti? Come ti permetti, testa a palla! – gli rispose per le rime Ayame.

- Uhh, una rossa! Posso farle lo scalpo, fratello? Posso? Ho sempre desiderato vedere come starei con una parrucca di capelli rossi – appurò pensieroso Jakotsu.

- Ehi! Non ti azzardare a toccare la mia donna, individuo inquietante! – sbottò Koga.
- Cerchi rissa, begli occhioni blu? In effetti non mi dispiacerebbe fare quattro salti con te – sorrise il ragazzo.

Miroku rabbrividì ancora. Perché sentiva che in quella frase c'era il doppio senso?

Intanto, senza farsi notare, Jinenji era sgattaiolato all'interno per cercare rinforzi. Quella situazione non gli piaceva per niente. Si fermò però quasi subito.
A quanto pare, lui era già qui…
Non vista, un'ombra era infatti sgusciata verso il ballatoio della scalinata che permetteva di accedere all'interno della costruzione.

La tensione tra i due gruppi era ormai palpabile ed ognuno era pronto a dar battaglia.

Il capo della Squadra dei Sette fece un paio di passi in avanti.
InuYasha rimase in guardia, pronto a scattare alla minima mossa dell'altro e più che desideroso di cancellargli dalla faccia quell'irritante sorrisino che…

Improvvisamente un sibilo fendette l'aria e Bankotsu arretrò, facendosi scappare di bocca una maledizione.
Anche InuYasha si spostò istintivamente all’indietro, giusto quanto bastava per schivare ciò che il suo sesto senso e la visione periferica avevano percepito arrivare verso di lui.

I presenti fissarono attoniti la spada che ancora oscillava, dopo essersi conficcata con precisione millimetrica in uno dei pali di legno usati per fermare i cavalli per le redini , alle spalle di Koga.
Per sua fortuna il giovane Yoro era riuscito a rimanere immobile e l’arma gli era sfrecciata accanto, sfiorandogli i capelli scuri. Nonostante questo, si poteva scorgere un certo pallore dato dallo spavento nella carnagione naturalmente abbronzata del ragazzo.

- Oh cielo! Koga! Stai bene? – gli chiese con apprensione Ayame, ricomponendosi subito al rigido cenno di assenso del compagno. Non si era preoccupata, certo che no!

- Che diavolo? – imprecò InuYasha – Chi è stato? Mostrati! -.

Il suono di un passo e poi un altro riecheggiò nel silenzio improvviso.

Il capo della Squadra dei Sette si portò una mano alla guancia destra, pulendosi il sangue che gocciolava da un piccolo taglio all'altezza dello zigomo – Bastardo! Mi ha fatto sanguinare! – ringhiò, voltandosi furente verso un punto preciso alla sua destra - Stavi per decapitarmi! È così che si ringraziano gli alleati, dannato figlio di un cane? -.

- Ma che caspita sta succedendo? – sussurrò Sango, sussultando quando si rese conto che, nella penombra di un architrave della porta situata ad una decina di metri da loro, si nascondeva una figura.

Nello stesso istante in cui Bankotsu aveva imprecato, Totosai si era lasciato sfuggire un sibilo sorpreso ed inorridito, finendo infine per sospirare: - Che razza di modo di trattare quella povera spada! Dopo tutto il lavoro che ho fatto su di essa. Ragazzino ingrato, feh! La mia povera Bakusaiga - iniziò a blaterare, mordendosi però la lingua sulla frase finale, nel momento in cui una voce profonda, serafica e quasi glaciale echeggiò nell’atmosfera immobile e la misteriosa figura uscì allo scoperto sotto la canicola:

- Gli alleati tendono a rispettare gli accordi, gli ordini e le disposizioni, mercenario. Il particolare di avere in parte il medesimo obbiettivo non ci rende di certo amici e men che meno alleati. Anzi, voi siete subordinati a me, mi pare. Avevamo fatto un patto tre anni fa, o te ne sei già dimenticato, omuncolo? – lo schernì.

Totosai si fece scappare uno sbuffo di sufficienza, incrociando le braccia e assumendo un’espressione arcigna che subito si trasformò in una di terrore all’occhiata glaciale che ricevette dal suo signore.
“Osa chiamarmi ancora ragazzino, vecchio, e ti farò chiudere la bocca per sempre” sembrò volergli dire.

“Che carattere, mio sire! Che carattere! E me tapino, costretto a sopportarlo da quando era un ragazzetto! Da chi abbia ereditato tutta quella alterigia non lo capirò mai!” pensò l’anziano spadaio.

Ad InuYasha si bloccò il fiato in gola ed il cuore iniziò a battergli a ritmo strano.

Per un solo istante l’alta e regale figura dai capelli scuri, coperto solo dalla vita in giù da un paio di ampi calzoni di candido lino e dagli avambracci ornati da cerchi d’oro gli aveva ricordato… il suo papà.
Ma quello sguardo serissimo e il ghigno di scherno appena accennato non appartenevano ad Inu No Taisho, no. Quello era…

- Sesshomaru! -.

Il sussurro però non era uscito da lui, ma dalla ragazza alle sue spalle.

Ancora tremante, Kagome fece un passo in avanti, affiancandosi ad InuYasha: - Perché loro sono qui? – domandò al principe maggiore – Li hai chiamati tu? Sei impazzito? E poi, che razza di modo di intervenire era mai quello? Stavi per tagliargli il naso! – gli si rivolse in tono di rimprovero.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio: - Avresti preferito rimanere a guardare mentre si facevano a brandelli? O ad osservare come quella checca aveva intenzione di uccidere voi femmine per poi sodomizzare gli uomini restanti? Proprio tu dovresti ben sapere quali siano le loro inclinazioni, ragazzina petulante e fastidiosa. Oppure volevi concedere al capo di questo ridicolo gruppetto di squinternati di finire ciò che non ha portato a compimento l’ultima volta e rischiare di nuovo di farti stuprare? - le rispose zittendola e facendo rimanere a bocca aperta InuYasha.

Lei… loro… cosa?!?

La ragazza si adombrò, sussultando quando InuYasha emise un vero e proprio ringhio di rabbia per poi avventarsi su Bankotsu, afferrandolo per la tunica: - Che cosa le hai fatto, maledetto? – urlò.

L’uomo sogghignò nella sua presa: - Cosa ho fatto? – finse di pensarci su, provocando così un altro ringhio da parte di InuYasha - Andiamo, cucciolo! Mi sono trovato a ripescare questa bellezza che fuggiva dal palazzo di quel figlio di buona donna… pensavo fosse una delle sue puttane! Come non avrei potuto farci un pensierino? -.

- InuYasha! No! Fermo! – gridò a sua volta Kagome, vedendo l’amico d’infanzia prepararsi a sferrargli un pugno.

Il colpo non arrivò a segno a causa della nuova intromissione del principe maggiore.

- Sparite dalla mia vista, mercenari. Vi ho accolto tra le mura della città, ma non tollererò altri tafferugli a causa vostra – sibilò glaciale, con ancora il polso del fratello stretto tra le dita – Potrei sempre riconsiderare il nostro accordo – ricordò a Bankotsu – e la ragazzina che stai cercando potrebbe finire giustiziata come complice di Naraku – insinuò malefico, facendo impallidire il mercenario – E tu – si rivolse poi ad InuYasha, strattonandolo e facendogli perdere la presa sul capo della Squadra dei Sette – Datti una calmata, testa quadra! -.

- Dannazione – sibilò Bankotsu – Bene, despota bastardo. Come il principe desidera - lo schernì – Andiamo, fratelli -.

- Ma Ban! – piagnucolò Jakotsu.

- Ho detto andiamo! – lo zittì il capo - E tu, vegliardo – si rivolse poi a Totosai – Ti do un’ora per finire di sistemare la mia alabarda, altrimenti… - lo minacciò, allontanandosi.

- Che razza di casino! – commentò Miroku, grattandosi la testa e mascherando il proprio sollievo per il mancato scontro. Non che volesse tirarsi indietro, ma quella gentaglia aveva un qualcosa di sinistro e pericoloso che lo aveva messo sul chi va là. E lui si era sempre fidato delle proprie sensazioni.

Ciò che seguì fu del tutto inaspettato.
L’ira di InuYasha, ben lungi dall’essersi pacata, si riversò sul fratello maggiore che non vedeva da anni.
Con una mossa fulminea insegnatagli da Ayame, si liberò dalla presa di Sesshomaru, deciso a regalare a lui il cazzotto che ancora gli faceva prudere le dita.
Non considerò però l’esperienza e la prontezza del maggiore, che schivò con abilità sorprendente, atterrandolo.

- Ti ho detto di darti una calmata, microbo fastidioso – sussurrò Sesshomaru con sguardo impassibile, sovrastandolo dall’alto, inchiodandolo a terra con un piede posato sullo stomaco.

Passata l'iniziale confusione a causa del modo repentino in cui era stato messo fuori combattimento, la rabbia e l’indignazione di InuYasha raggiunsero un nuovo picco.

Quel maledetto! Non solo l’aveva abbandonato come un pacco indesiderato, facendosi vivo solo quando ne aveva avuto voglia, ma ora aveva anche la faccia tosta di… argh!
Ora si comportava come il re del mondo, senza neanche degnarlo di un saluto dopo tutto quel tempo e, anzi, lo scherniva e lo trattava da inferiore!?! Quanto lo odiava!!!
- Lasciami andare, stronzo! – soffiò.

La reazione del fratello maggiore lo stordì: Sesshomaru si lasciò scappare un sorrisetto.
- Che bocca sporca! A sentirti parlare così, nostro padre ti avrebbe sculacciato a fondo, dopo averti fatto lavare la lingua col sapone -.

- Ma guarda! Il signor imperscrutabile sa fare le battute! – sussurrò tra sé Koga.

Ayame invece non aveva detto una parola da quando il principe Sesshomaru aveva fatto la sua apparizione.

Kaede si schiarì la gola: - Bene, ricomponiamoci, per favore – affermò – È un piacere rivedervi, principe. Vi trovo bene – si rivolse quindi a Sesshomaru – Grazie per averci convocati ed accolti nella vostra dimora – s’inchinò.

L’uomo emise uno sbuffo, guardandola con sufficienza: - Finiamola con i salamelecchi, vecchia. Jinenji – chiamò – Conducili alle stanze loro assegnate. Midoriko, devo parlarvi – sentenziò, dirigendosi a passo spedito a recuperare la propria spada – Vecchio. Rimettiti al lavoro, ora! Non farmelo ripetere – ordinò poi, facendo per tornare all’interno del palazzo.

- Sissignore. Obbedisco – sussurrò l’anziano – Per Ra, che carattere insopportabile! Mi domando dove io e il buon sovrano Inu abbiamo sbagliato nel crescerlo… - borbottò, accarezzandosi la barba mentre tornava verso la fucina, sparendo dalla vista.

- Eh, no! Aspetta un attimo tu! – s’intromise di nuovo InuYasha, ancora accovacciato a terra – Mi devi delle spiegazioni, fratellone. Molte spiegazioni. E non solo tu. Qualcuno ha omesso un bel po’ di cose nel suo racconto – insinuò, scoccando a Kagome uno sguardo accusatore.

- Dopo, ragazzo mio, dopo. Siamo tutti stanchi e nervosi. Dobbiamo riposarci e calmarci, non credi? - gli rispose conciliante Kaede.

Ma Sesshomaru si fermò, rivolgendosi al minore  senza nemmeno voltarsi: - Colgo una certa quantità di astio, fratellino. Sei davvero sicuro di voler sentire la risposta alle tue domande, poppante? Potresti rimanere turbato – lo provocò.

In realtà non aveva molta voglia di discutere, ma, conoscendo il carattere del fratello ed il proprio, sapeva bene che la propria pazienza era al limite e che l’altro non avrebbe avuto pace fino a quando non avesse scaricato tutta la rabbia che covava ancora in corpo. E se voleva risolvere la cosa venendo alle mani, così sia. In effetti era un paio di giorni che non faceva esercizio.

- Poppante?!? Ha parlato il grand’uomo – replicò InuYasha rialzandosi e mettendosi in posizione di combattimento, sfoderando la sua spada - Ora vedremo se abbasserai la cresta, razza di borioso, arrogante, altezzoso, testa di- auch! – si lamentò, parando a stento la forza dell’assalto del fratello piombato su di lui senza preavviso e con ammirevole grazia.
Cozzando tra loro, le spade diedero un clangore sordo.

- Meno parole e più fatti, InuYasha – disse Sesshomaru, pronunciando dopo tanto tempo il nome dell’altro.

Senza esitazione, lo disarmò con un’abile rotazione del polso, facendo volare la spada lontano da lui e ricevendo dal fratellino un’occhiata torva: - Sei il solito spaccone, Sesshomaru  - borbottò il minore, tentando di nascondere il disappunto per l’evidente sconfitta.

- Oh, ora basta! Fatela finita! Bambocci rissosi, idioti e dall’ego gonfio come un otre – sbottò Kagome, oltrepassando i due contendenti e precedendo tutti all’interno dell’antico palazzo.

inuYasha la fissò perplesso: - Ma cosa le è preso? – domandò a nessuno in particolare.
Cioè, lui l’aveva difesa e lei… si arrabbiava con lui? Donne!

- D’ora in poi lascio a te i suoi sbalzi d’umore. Per i miei gusti ho fatto da balia alla tua preziosa amichetta per tre anni di troppo – affermò Sesshomaru rinfoderando la spada e voltandosi di nuovo per addentrarsi nell’edificio.

- Quello… quello sarebbe il fratello di InuYasha? Wow! – esclamò Ayame, sinceramente ammirata - Cioè, voglio dire… sembra un buon combattente! – continuò imbarazzata all’occhiata basita che ricevette dai compagni.


 
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~




InuYasha grugnì, schivando per un pelo l'ennesimo pugno diretto al suo viso. La guancia sinistra stava già iniziando a gonfiarsi e non ci teneva ad avere anche l'altra a fare pendant.
Vagamente si chiese come avesse fatto a finire in quella situazione e perché avesse sempre creduto che il fratello maggiore non fosse incline a sporcarsi le mani, o meglio, nel caso specifico, ferirsele nel fare a pugni.
Annaspò quando un nuovo colpo andò a segno contro il suo sterno.
Lanciò un fugace sguardo alle spade, abbandonate in un angolo.

Dannazione a lui e alle sue stupide idee!

La mattina successiva al loro arrivo ad Amarna si era infatti ritrovato a sfogare le proprie preoccupazioni come era solito fare: allenandosi con la spada.
Era trascorsa circa mezz'ora quando Sesshomaru aveva deciso di intromettersi e fargli la lezioncina:
- Non te la cavi male, lo devo ammettere. Ma ti mancano le nozioni base. Saper prevedere l'avversario, mantenere la calma e studiare le sue mosse. Se ti getti subito d'impeto nella mischia, finirai massacrato in pochi minuti e non riuscirai mai ad arrivare ad affrontare Naraku – gli aveva detto con il solito tono di superiorità.

Naraku...

Nel sentire quel nome la rabbia ritornava, insieme alle immagini negative che il cervello di InuYasha non era riuscito a non formulare dopo ciò che il fratello maggiore gli aveva finalmente raccontato la sera precedente.



Amarna, la notte precedente:


Tutto sembrava tranquillo nel deserto.

Sesshomaru era sparito chissà dove poche ore prima.
Gli amici avevamo banchettato e poi si erano ritirati a dormire. Tutti tranne Kagome, scomparsa nel nulla anche lei.

InuYasha desiderava ardentemente poterle parlare, far sparire da quegli occhi marroni la scintilla oscura di paura ed inquietudine che credeva di aver già in parte dissipato. Ma la ragazza sembrava essere intenzionata a non farsi trovare, quella sera.

Frustrato, InuYasha si stese nel grande letto che troneggiava nella stanza in cui gli era stato detto di aspettare, finendo per appisolarsi.

Sembrava trascorso un solo secondo quando una voce ed un calcio all'altezza dei reni lo riportarono bruscamente alla realtà:
- Scendi dal mio letto – gli ordinò Sesshomaru.

- Ahia! Ma sei scemo? – borbottò il ragazzo, massaggiandosi la schiena – Beh? Cos'è quello sguardo, eh? – abbaiò poi.

Aveva sempre detestato quando lui lo guardava dall'alto in basso!

Sesshomaru si sedette sul davanzale della finestra, il viso rivolto al cielo notturno.
- È stato circa tre anni fa – iniziò – Saprai già del coinvolgimento di Naraku nella fine del regno di nostro padre, no? -.

Il fratello minore lo fissò sbalordito, raddrizzandosi sul letto, attento alla spiegazione che finalmente sembrava sul punto di arrivare.




Menfi, 1217 a.C., tre anni prima.


Sesshomaru si riparò all'ombra di un vicolo, calcandosi il cappuccio del mantello in testa, attento a non farsi scoprire.

Dopo mesi di sortite esterne dirette a sondare la potenza di Naraku e la sua catena di alleanze, aveva deciso di esporsi in prima persona, approfittando di un momento di apparente calma per fare un sopralluogo in incognito nella capitale. Aveva in mente un piano preciso.

Con un cenno, fece segno al suo collaboratore di procedere oltre.
Grazie alle informazioni raccolte, ma soprattutto grazie al suo intuito, era ormai sicuro di sapere chi fosse la bambina che l'usurpatore aveva spacciato per principessa.

Takemaru Setsuna si fermò guardingo di fronte ad una catapecchia.
Bene, doveva essere quello, il covo della banda di mercenari chiamati La Squadra dei Sette.

Un movimento attirò la sua visione periferica e Sesshomaru si abbassò, schivando il pugnale ed un'inaspettata vampata di fuoco. Come se il caldo clima non fosse abbastanza!

- Sei veloce, amico. Nonostante questo non è stata una mossa saggia venire ad importunarci – affermò un uomo.

Sesshomaru strinse appena gli occhi: - Tu devi essere Renkotsu, esperto di armi e abile manipolatore del fuoco. Il terzo in comando nella vostra “fratellanza” – appurò il principe.
Renkotsu apparve per un attimo stupito, ma subito si ricompose.

- Esigo di parlare con il vostro capo – continuò l’altro come se nulla fosse.

Prima che il mercenario potesse replicare, dall'interno della casupola si udì un frastuono, seguito da imprecazioni e da un grido di donna.

- Ma che… dannazione! – impiegò Renkotsu oltrepassando i due uomini e spalancando la porta – Per la miseria, Mukotsu! Non sei neanche in grado di fare da balia ad una ragazzina! – si lamentò.

Il piccolo uomo grugnì, massaggiandosi la mascella contusa, ancora accovacciato contro la parete dove era atterrato dopo aver ricevuto un calcio.

Sesshomaru si affacciò oltre la soglia, assistendo ad una strana scena: al centro della stanza, dimenandosi ed urlando inutilmente, una ragazza dalle vesti stracciate era tenuta a terra con la forza da un ragazzo dall'aspetto femminile.
- La vuoi piantare, inutile gallina? Mi stai perforando i timpani! Taci! – urlò Jakotsu, dandole un calcio nel fianco, tale che la ragazzina finì sdraiata supina.
Un solo gemito strozzato le uscì dalle labbra.

Bankotsu, seduto al centro della stanza, alzò lo sguardo annoiato verso il nuovo arrivato che superava in altezza Renkotsu di almeno una testa e mezza: - E tu chi saresti? – domandò, rivolgendosi poi alla ragazza stesa a terra davanti a lui: - Fa la brava, bambina! Shht! Se starai buona buona non ti farò troppo male, intesi? -.

Percependo la presenza di un estraneo, quella girò faticosamente il capo verso la porta, in una disperata richiesta muta di aiuto.

Fu così che Sesshomaru incontrò di nuovo un paio di occhi noti dopo tanti anni.

Come gli era capitato solo un paio di volte nella vita, l'ex principe sussultò stupito, grato per l'occultamento che il cappuccio gli forniva.
Dannazione! Che ci faceva lei lì? Secondo le sue fonti avrebbe dovuto essere… bah!
Questo complicata le cose… o forse no.

- Ho un accordo da proporti, capo dei mercenari – disse quindi, lanciando una nuova occhiata alla figura stesa a terra. Era immobile e con gli occhi chiusi. Doveva aver perso i sensi.

Bankotsu lo studiò di nuovo: - Chi, tu? Non farmi ridere, mendicante – iniziò, salvo poi interrompersi e rabbuiarsi non appena Sesshomaru palesò il proprio volto.



Circa un'ora dopo, allontanatosi abbastanza dalla città, Sesshomaru decise di fare una sosta, approfittando di una piccola ansa del Fiume Nilo nei pressi.

Mentre si rinfrescava il viso, osservò di soppiatto il nobile Setsuna occuparsi della mocciosa, di Kagome.
Kagome che, guarda caso, scelse proprio quel momento per riprendere i sensi.

- Stia calma, signorina! È al sicuro, ora. Ha una brutta distorsione alla caviglia sinistra ed è parecchio disidratata e contusa – tentò di placarla Setsuna.

- Cosa… chi siete? – gracchiò quella, a causa della gola secca.

Sesshomaru sbuffò internamente: usare quella ragazzina fastidiosa come merce di scambio con quei mercenari… doveva essere uscito di senno!

- Sta giù. Abbiamo un viaggio non indifferente da compiere, è meglio che tu ti rimetta in forze il più presto possibile. Inoltre non siamo ancora abbastanza lontani da Menfi, dobbiamo affrettarci a riprendere il cammino – le disse avvicinandosi a lei.

Kagome sussultò e tentò di mettere a fuoco quella che le sembrava solo una macchia sfocata davanti a lei.
Quella voce… anzi, no, quel modo autoritario e spiccio di parlare… no, impossibile!
- T-tu sei… - balbettò.

L'uomo scostò appena il cappuccio, permettendole di scorgere meglio il suo volto: - Sì. Ti ho detto di riposare. Obbedisci – le disse brusco.

Inaspettatamente un sorriso sereno si formò sulle labbra inaridite della ragazza.

- Sesshomaru – le uscì in un sussurro, prima di chiudere gli occhi e ritornare nell'incoscienza.







Per saperne di più: 

*Amarna (comunemente, ma meno correttamente noto come Tell el-Amarna) è il nome moderno della località ove sorgeva Akhetaton, la città egizia di Akhenaton.
Il nome Tell El-Amarna risale al XVIII secolo e fa riferimento ad una tribù beduina nota come "Ben Amran", Tale tribù si insediò in quest'area del Medio Egitto dando vita a quattro distinti villaggi: el-Till, El-Hagg Qandil, el-Amiriya ed el-Hawata. Il nome del primo di questi villaggi, si confuse con quello della tribù che lo abitava dando così vita ad "el-Till el-Amarna" dalla cui successiva "corruzione" derivò il termine "Tell-el-Amarna" oggi abbreviato, e più noto, semplicemente come "Amarna".
La storia di Tell el-Amarna è intimamente connessa a quello di Akhetaton, o Akhetaten ed alla figura del sovrano "eretico" Amenhotep IV che, modificato il suo nome in Akhenaton, instaurò il culto di Aton (in una sorta di monoteismo, di fatto più assimilabile ad una forma di enoteismo). Per allontanarsi, anche fisicamente, dal potere gestito dai sacerdoti di Amonnell'antica Ipet-Eswe (l'attuale Karnak), e per non legarsi ad alcun'altra divinità ed al rispettivo clero, Akhenaton decise di fondare dal nulla una nuova capitale. 
Essa finì però per essere abbandonata ed in parte distrutta alla morte di Akhenaton, con la restaurazione del vecchio culto di Amon

Per maggiori informazioni: 

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Amarna


http://www.aton-ra.com/egitto/localita-egitto/38-localita-egitto/444-tell-el-amarna.html


Akhenaton: nome assunto dal faraone egizio Amenofi IV (1372-1354 ca. a.C.), figlio di Amenofi III e sposo di Nefertiti. Akhenaton è una figura unica nella storia egizia: sovvertì il millenario ordine religioso introducendo il monoteismo. Sovrano della XVIII dinastia del Nuovo Regno, assunse il nome del dio Aton, cioè il dio Sole, con cui si identificò. Dopo aver imposto il culto di questa divinità, il faraone trasferì la capitale da Tebe ad Akhetaton (l’attuale Tell el-Amarna), che divenne il centro del nuovo culto, e combatté contro i potenti sacerdoti che cercavano di mantenere vivo il culto del dio Amon. Risoluto nella sua battaglia contro la potente casta sacerdotale tebana, Akhenaton distolse l’attenzione dal governo dell’impero e soprattutto trascurò le province più lontane, lasciando così ai suoi successori un impero meno vasto e più debole. La riforma religiosa di Amenofi / Akhenaton ebbe tuttavia importanti conseguenze sull’arte egizia [ definita appunto Arte egizia del Nuovo Regno], che passò dalla consueta forma rituale stilizzata a una rappresentazione di carattere più naturalistico, e sulla letteratura religiosa, che conobbe un nuovo sviluppo. Il fiorire di questa nuova cultura ebbe però fine con la morte del faraone Akhenaton. Tutankhamon, che salì sul trono pochi anni dopo la morte di Akhenaton, riportò la capitale a Tebe e restaurò il culto di  Amon.

Maggiori informazioni su Akhenaton:
 http://www.aton-ra.com/egitto/faraoni-egizi/akhenaton-il-faraone-eretico.html




Angolo autrice:

*si nasconde*
Sono imperdonabile, lo so. Tre mesi. Sono ben tre mesi che non aggiorno questa storia. Spero che ci sia ancora qualcuno che non di sia stancato di aspettarmi, dandomi per dispersa irrimediabilmente ^^’’’
Riprendere il filo del discorso -e dell'ispirazione- non è stato facile. Spero solo che ne sia uscito qualcosa di decente :-D in compenso il capitolo è venuto più lungo di quanto credessi, e non ho nemmeno messo tutto ciò che avevo pensato di svelare!!
Due personaggi mi hanno dato qualche problema in questo capitolo: Jakotsu. È facile nelle ff appioppargli il ruolo cliché dell’amico gay spiritoso, ma qui volevo mantenerlo come l’autrice di InuYasha l’aveva tratteggiato nel manga. E dare alla componente ironica del personaggio quella sfumatura di… inquietante sottinteso sessuale misto a violenza ed intenti omicidi (per la serie: “quanto è figo InuYasha! Me lo prendo io, è mio, mi piace e quindi sarò io a torturarlo lentamente e ad ucciderlo” *-* :-D ) non è stato facile, e temo anzi di non esserci riuscita bene ^^’’’’’
E poi… lui, Sesshomaru. La sua entrata ad effetto era una di quelle scene che avevo impresse nella mente e che mi sembrava davvero wow e “da lui” ( e cioè: mentre gli altri si azzuffano, arriva lui a fare la sua entrata ad effetto da super principe, sedando la rissa imminente a modo suo, e cioè con un bel lancio di spada che lascia i presenti attoniti XD)… peccato poi che, nel momento di metterla in atto, non ne voleva sapere di uscire bene  -_-‘’’’ ed ho il terrore di averlo fatto troppo loquace e gentile xD
Comunque… beh, abbiamo assistito ad un altro tassello di passato.
Sesshomaru e Bankotsu sembrano avere un accordo, ma di che tipo? E ancora non si sa come la nostra Kagome sia riuscita a fuggire dalle grinfie di Naraku e Kikyo. Lo scoprirete nel prossimo capitolo, dove il tassello mancante sarà spiegato attraverso i ricordi di Kagome :-D
Giuro che eviterò di far fare ad inuyasha altri atterraggi nella polvere! XD è già stato scaraventato a terra a sufficienza, in questo capitolo :-P e gli altri personaggi interverranno un po' di più xD
Alla prossima! Spero di metterci meno tempo di quest’ultima volta xD 

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Capitolo 10
*** Ad Amarna ***



Capitolo 9      Ad Amarna


1217 a.C.

La tredicenne Kagome represse l'ennesima lamentela, conscia che se avesse aperto ancora bocca, questa volta Sesshomaru avrebbe tranquillamente potuto farla tacere per sempre.
Specialmente dopo l'ultima sfuriata.
Però era quasi una settimana che viaggiavano ininterrottamente e lei era così stanca!
Il sole cocente le bruciava la pelle nonostante gli strati di vestiti che la ricoprivano e la schiena le faceva un male d'inferno.

Davanti a lei, il principe Sesshomaru, non visto, trattenne un sospiro scocciato.
Poteva comprendere il fatto che fosse ancora convalescente e che anni al chiuso non avessero giovato alla sua capacità di affrontare il deserto. Il problema era che quella dannata ragazzina non era stata zitta un secondo!
Dove stiamo andando? Manca ancora molto? Quando ci fermiamo? E InuYasha? Se tu sei vivo, allora anche lui… perché non andiamo a prenderlo?

Era stato sul punto di gettarla a mollo nelle acque del Nilo, o di abbandonarla alla prima oasi in cui fossero incappati, ma il non ricevere risposta doveva infine averla fatta desistere.
Quella ragazzina petulante e fastidiosa!
Takemaru tendeva a conversare con lei, nonostante fosse anch'egli tendenzialmente schivo e silenzioso.
Ma ciò che di più aveva infastidito Sesshomaru, era stata quella strana punta di rimorso da lui stesso provata quella mattina, quando l'ennesima domanda a cui non sapeva dare risposta l'aveva fatto imbestialire. Il suo scatto d'ira doveva aver terrorizzato la ragazzina che, infatti, non aveva più fiatato da allora.

“Non ti ha chiesto nulla di male, in fondo. Solo perché l'avessi salvata” gli ricordò la coscienza con quella che sembrava inquietantemente la voce del defunto Faraone Inu No Taisho.

La spiegazione era infine avvenuta grazie al Nobile Setsuna: - Il fatto che voi abbiate vissuto per un po' a palazzo vi rende una valida fonte di informazioni, signorina – aveva esordito – Certo, non ci saremmo mai aspettati di trovarvi nelle mani di quei mercenari, ma la vostra presenza ci ha fornito altresì una valida occasione di scambio -.

Kagome era rimasta ancor di più senza parole nell'apprendere che Rin, la cara piccola Rin, non fosse altro che… la sorellina dell'uomo chiamato Bankotsu!
Durante il colpo di Stato da lui ordito, Naraku si era vendicato sulla squadra dei mercenari -assoldati per dar fuoco al palazzo ma poi fuggiti con il compenso senza portate a termine il lavoro, tradendolo- rapendo la bambina ancora in fasce ed utilizzandola poi a proprio vantaggio.
Con una punta di egoismo e rimorso, Kagome si chiese se le cose avessero potuto andare diversamente se, nella sua fuga dal palazzo, fosse riuscita a portare la piccola con sé, come aveva inizialmente pianificato.
Già sapeva del coinvolgimento di Naraku e Kikyo, e che Rin fosse tutt'altro che una principessa, ma mai l'avrebbe associata alla sinistra figura del capo della Squadra dei Sette!

Al pensiero di ciò che avrebbero potuto farle, brividi di terrore e disgusto le percorrevano ancora la schiena.
È non se la sentiva certo di biasimare Sesshomaru per averla usata come merce di scambio. Affatto. Nonostante il carattere burbero, il principe era stato la sua salvezza.

L'accordo stipulato con i mercenari era semplice: aiuto nella battaglia contro Naraku in cambio della salvezza della ragazzina di nome Rin, che sarebbe tornata sana e salva tra le braccia del fratello.

“Ammesso e non concesso che Rin non impazzisca nello scoprire la verità e che accetti di tornare con un fratello che non ha mai conosciuto” era stata la riflessione inespressa da Kagome.

Il perché poi il principe si fosse fatto consegnare anche lei, ancora le sfuggiva. La spiegazione del Signor Takemaru riguardo al suo aver vissuto a palazzo non la convinceva del tutto.
Che lo avesse fatto per gentilezza, allora? Perché, in fondo in fondo, a lei ci teneva?

La giovane Kagome lanciò un’occhiata dubbiosa alla figura che le cavalcava innanzi.
Forse avrebbe dovuto dirgli ciò che aveva sentito? Cioè il fatto che Kikyo…
Si morse il labbro, indecisa e nervosa.

No. Era una cosa troppo grande e dolorosa.
Dirglielo non avrebbe giovato, anzi, avrebbe contribuito a risvegliare quella vena di rabbia e avventatezza che anche il rigoroso primogenito di Inu No Taisho in fondo possedeva al di sotto della facciata glaciale.
No. Ora non era il caso. Un giorno, forse, glielo avrebbe raccontato. Non aveva nemmeno molta voglia di ripensarci, oltretutto.
Ora voleva solo gustarsi un po' della tanto agognata libertà.

Le sembrava passata una vita da quando era riuscita a fuggire dal palazzo di Menfi e invece erano passati solo dieci giorni.
Rabbrividì al solo ricordo di quanto era stata vicina a farsi scoprire…


Palazzo reale di Menfi, dieci giorni prima, 1217 a.C.


Il suono strascicato dei suoi stessi passi riecheggiava nel silenzio, nonostante stesse facendo di tutto per essere la più silenziosa possibile. 
Il cuore le batteva forte ma Kagome  si sforzò di restare calma. 
Dentro di sé stava maledicendo ogni Dio possibile immaginabile a causa del primo grande intoppo nel suo piano di fuga. Non era infatti riuscita a parlare con Rin, tantomeno prenderla con sé nella fuga. La bambina era infatti stata convocata dalla Signora Kikyo per non si sa cosa. 
Poco aveva lenito la sua amarezza il lasciare il suo gattone nella stanza dell'amica, ordinandogli di proteggere Rin in sua assenza. Chissà se Buyo aveva capito le sue parole… le era sembrato di sì dal modo in cui l'aveva guardata fissa negli occhi, però… 
Non era stato il caso di indugiare oltre, vista l'insperata occasione propizia: Naraku non c'era, guardie e servi erano presi dall'euforia per i festeggiamenti in onore di Hapi* 
In pratica era la sera perfetta per passare inosservata.

Furtivamente riuscì a superare la porta di servizio che dava sulle stalle, meravigliandosi della mancanza della sentinella. Probabilmente la guardia lavativa avrebbe finito per meritare una bella punizione, se non peggio. 
Ecco, mancava così poco… doveva solo riuscire a prendere un cavallo e.. 
Un sussulto terrorizzato le uscì dalle labbra nel momento in cui, girando un angolo, impattò contro qualcuno.
Maledizione, l'avevano scoperta!

- Che diavolo?!? Si può sapere cosa avevi intenzione di fare, razza di stupida? – sibilò Kagura. 

Le era bastato un solo sguardo al suo abbigliamento per intuire le intenzioni della ragazzina. 

Kagome riuscì a ricambiare l'occhiata di rimprovero della donna, sostenendone lo sguardo con fermezza e apparente calma. Dentro di sé era invece in preda al panico. 
Kagura l'avrebbe sicuramente portata da Kikyo e… quella pazza l'avrebbe uccisa, questa volta! 
Sentendosi strattonare per un braccio, Kagome tentò istintivamente di liberarsi. 
Inaspettatamente però Kagura non fece altro che spintonarla nell'ombra dietro di sé, imponendole con un sussurro brusco di starsene zitta, prima di sfoderare un'espressione spezzante. 

Nello stesso istante, Kagome sentì dei passi pesanti avvicinarsi a loro.

- Tsè! È così che fai la guardia, Byakuya? Andandotene a zonzo invece di sorvegliare la porta? – disse la donna, per lo sgomento della ragazza nascosta.

Cosa? Byakuya? A guardia della porta c'era Byakuya!?! Un nuovo brivido di terrore scosse Kagome al pensiero del rischio corso. 

- Taci, serva! Non è affar tuo ciò che faccio io, Kagura! – fu la replica dell'uomo – Non ti conviene scherzare con me, sai? Anche tu non dovresti essere a zonzo – appurò Byakuya. 

Sfoderando un sorriso di irriverente scherno, Kagura gli si avvicinò, facendo così in modo di allontanarlo da dove Kagome si nascondeva: 
- Ti ritieni tanto furbo, tu, vero? Vorresti fare la spia al tuo padrone? Ti faccio notare che la domanda successiva sarebbe il perché tu eri in cortile, invece di startene a guardia del corridoio – puntualizzò la donna.

- Dovevo pisciare. Ti basta come giustificazione? – rise Byakuya – A meno che tu abbia in mente una diversa motivazione per distrarmi… - alluse con un ghigno.

- Ti piacerebbe, babbuino pervertito… - lo fulminò lei, precedendolo verso la porta – Andiamo, signora guardia! O hai intenzione di restare lì? Tra poco le temperature basse della notte inizieranno ad essere impietose - disse, spronandolo a tornare all'interno. 
Vedendolo esitare, aggiunse: - Ho già fatto un giro e non c'è nessuno, fidati. Sono tutti dentro a gozzovigliare -.

Byakuya sbuffò: - Già... Come li invidio... D'altro canto, se è vero che quando il gatto non c'è i topi ballano, almeno io devo starmene all'erta, mentre voi altri scarafaggi fate festa -.

La donna ridacchiò: - Anche perché, se capitasse qualcosa, saresti il primo a finire tra le grinfie del "gatto" -.

- Dannata! - la rimbrottò l'uomo, restio ad ammettere che aveva perfettamente ragione.

Nascosta nel suo angolo, Kagome non osava nemmeno respirare.

Un momento prima di chiudere la porta che dava sul cortile, Kagura lanciò un'ultima occhiata verso il buio dove sapeva si nascondeva quella incosciente ragazzina: "Buona fortuna, pazza avventata. Non so cosa speri di ottenere, ma... Che il deserto ti sia clemente" pensò. 


Anche quando il cortile tornò perfettamente buio e silenzioso, Kagome attese un paio di minuti prima di muoversi, tentando disperatamente di riprendersi.

Kagura... Kagura la stava lasciando andare? Stentava veramente a crederci. 
Vagliando le ipotesi, Kagome appurò che prendere un cavallo avrebbe comportato troppo rumore, specialmente con i sensi vigili che Byakuya aveva. L'unica alternativa era davvero sgattaiolare via a piedi.

Rabbrividì al pensiero del deserto, ma si costrinse a procedere. Ora o mai più.

Sgusciò furtiva verso il portone, finendo poi per congelarsi accorgendosi della presenza di due guardie che sopraggiungevano per dare il cambio. 
Dannazione, questa proprio non ci voleva!

"Ok... Piano B" pensò, tornando sui suoi passi per poi dirigersi a lato delle mura. 
Lì un modesto albero di tamarindo sporgeva appena oltre il muro di cinta.
Avrebbe dovuto fare molta attenzione.
Arrampicandosi il più silenziosamente possibile, si sedette in bilico su un ramo che si allungava al di là del muro.
Un paio di metri più avanti, un piccolo cespuglio mezzo rinsecchito resisteva tra la sabbia. Forse avrebbe potuto…
Attendendo il momento propizio, Kagome soppesò tra le mani il sasso che aveva afferrato in precedenza, prima di scagliarlo con tutte le sue forze nella direzione da cui era venuta.

Le guardie, attirate dal rumore, si voltarono, iniziando a dirigersi verso la fonte del suono, consentendo alla ragazza di lasciarsi scivolare tra la sabbia.

Benché fosse atterrata malamente, la ragazzina non si fermò, correndo il più velocemente possibile verso il cespuglio, acquattandosi tra i rovi.
Fatto ciò, si preparò ad attendere. Darsela a gambe immediatamente l'avrebbe resa di facile individuazione.

Passata circa un'ora, i primi segni di cedimento dati dalle temperature che si abbassavano, iniziarono a fare capolino nelle sentinelle.
Anche Kagome tremava di freddo nonostante gli strati di vestiti ad avvolgerla. Iniziava a rimpiangere la sua decisione avventata quando lo squillo di un corno la fece trasalire.
Quello era il segnale di quando…

Nel giro di alcuni minuti le guardie erano in fermento, pronte a schierarsi ad accogliere il reggente inaspettatamente di ritorno a palazzo nel cuore della notte.
Anche le sentinelle a poca distanza da lei si affrettarono a tornare verso l'entrata principale.

“Ok Kagome. Ora o mai più” si disse, distendendo i muscoli indolenziti “Corri. Corri come se in gioco ci sia la tua vita”. Così era, effettivamente.
E corse, arrancando nella sabbia, sperando con tutto il cuore che nessuno la vedesse.

Arrivata alle prime case del villaggio situato nei pressi del palazzo, era ormai senza fiato.
Accasciandosi nei pressi di una casupola per riprendere fiato, ansimò di terrore nell'udire una specie di ringhio alle sue spalle.

“Oh no!” realizzò in preda al panico, voltandosi a fronteggiare l'aggressivo e magro cane randagio che le ringhiava contro.
- Buono, cagnolino, a cuccia – tentò, ma l'animale le si scagliò addosso, mostrando i denti.

Per fortuna tutto ciò in cui riuscì ad affondare le fauci fu il fagotto con i miseri averi che la ragazza aveva portato con sé.
Terrorizzata, Kagome si rimise a correre, percependo l'animale alle calcagna.
Si sforzò di non piangere nonostante il dolore sordo alla milza e i polmoni che le bruciavano.
Era sfuggita alle grinfie di Naraku, non si sarebbe fatta sconfiggere da un cane!
In preda alla disperazione, finì per fare la cosa che chiunque avrebbe naturalmente fatto nello scorgere una figura poco più avanti: chiedere aiuto.

Ovviamente Kagome non era una sprovveduta, sapeva bene che il mondo era ben diverso dall'immagine dorata che veniva propinata tra gli sfarzi del palazzo reale. Sapeva che nel villaggio giravano malintenzionati e loschi individui, ma…

- La prego, mi aiuti! – implorò, afferrando l'uomo per il bordo dei pantaloni, gettandosi a terra per la fatica.

l'uomo dai capelli scuri, le rivolse uno sguardo dapprima confuso e poi gentile.

- Oh, povera piccina, ti sei persa? – tubò con voce innaturalmente melensa.
Il vago senso di sollievo che Kagome aveva provato mutò istintivamente in terrore quando il sorriso gentile dell'individuo si trasformò in un ghigno crudele.

Istintivamente la ragazza arretrò, mormorando un – No! – mentre una altrettanto sgradevole voce li raggiunse: - Ehi, Suikotsu, che ti prende? Muovit- oh, cosa abbiamo qui? Una mocciosa? – sibilò schifato un secondo uomo.

Kagome tentò di fuggire, ma emise un gemito sordo quando qualcosa le colpì violentemente la nuca.

- Non ti preoccupare, Jako. Qualcosa mi dice che Ban potrebbe apprezzare questa signorinella – fu tutto ciò che riuscì a sentire, prima che il buio dell'incoscienza la avvolgesse nelle sue spire.



Amarna, 1214 a.C.

Kagome si lasciò sfuggire un lungo sospiro prima di alzarsi dal suo giaciglio.

Accigliandosi, scostò il pesante tendaggio che manteneva la stanza nella penombra, socchiudendo gli occhi alla luce improvvisa proveniente dall'esterno.
Sarebbe stato da sciocchi starsene al chiuso a rimuginare ancora a lungo, comunque.
Certo, come no... rimuginare? stava scappando, altro che rimuginare! La verità era che aveva fatto di tutto per evitare il confronto con InuYasha.

"Kagome, sei una vera stupida!" si auto rimproverò mentre scendeva le scale, diretta verso l'esterno.
Si stupì nel trovare i corridoi più deserti del solito.

Affacciandosi sul cortile, sgranò gli occhi davanti alla strana scena che le si parò davanti:
Miroku e le due ragazze se ne stavano in un angolo osservando il duello di scherma in corso tra Koga e... Sesshomaru?!? 
Istintivamente la ragazza cercò InuYasha, trovandolo infine seduto scompostamente a terra, accanto a Sango. Sembrava abbacchiato e si teneva il palmo di una mano contro la guancia.
Sussultò quando il ragazzo alzò il viso, permettendole di scorgere la guancia sinistra gonfia e il labbro inferiore spaccato.
Aveva fatto a botte?!?

- Ah, i giovani! Sempre pieni di energia -.

Kagome si voltò stupita, incontrando il bonario sorriso di Kaede.
- Se ti stai chiedendo cosa è successo qui, la cosa è semplice. Per farla breve, i ragazzi hanno assistito ad una specie di allenamento tra i due principi. Immaginerai bene che Sesshomaru non è il tipo da elogi ed i ragazzi si sono un po' risentiti ai suoi commenti sulla capacità di combattimento di InuYasha. Considerando poi che fu il papà di Koga ad addestrare sia il figlio sia Ayame e InuYasha... - sorrise l'anziana.

Kagome scosse la testa, rassegnata. Sesshomaru come insegnante? Sapeva bene di cosa fosse capace, altrochè! Se non fosse stata per la presenza rassicurante della Somma Midoriko, sarebbe ancora in un angolo a piangere per come il principe perdeva subito la pazienza con lei, nel doverle insegnare a difendersi! Per sua fortuna Sesshomaru non era particolarmente amante dell'arte del tiro con l'arco e, durante i tre anni precedenti, aveva lasciato prevalentemente a Totosai e alla Sacerdotessa il compito di formarla.
Unica eccezione era stata l'autodifesa. E non ci era andato affatto leggero, anche se lei era una ragazza!

Tornando a concentrarsi sullo scontro, represse un sorriso rassegnato quando il principe maggiore ne uscì vincitore.

- Dannazione! - imprecò Koga, gettando a terra la sua arma.
Aveva perso, con Ayame che lo stava guardando, oltretutto!
Pensava di poter far abbassare la cresta a quel damerino impettito, e invece...

- Non ti abbattere, Koga! Era plausibile che le cose andassero così. Oltretutto, la spada non è la tua arma preferita - osservò Miroku.

- Speravo in qualcosa di meglio, futuro capo dei Figli del Deserto - osservò intanto Sesshomaru.

Kagome assottigliò gli occhi. Era ora di prendersi una piccola rivincita sul maggiore dei figli del faraone per il modo in cui aveva impunemente spifferato i fatti suoi davanti a tutti il pomeriggio precedente!

- Forse è perché date per scontato che il figlio del capo debba essere automaticamente il migliore, mio signore - osservò con un sorriso, facendo trasalire InuYasha che non l'aveva sentita arrivare.

La giovane fece un cenno complice ad Ayame, per poi tornare a rivolgersi a Sesshomaru, che strinse gli occhi, guardandola di sbieco.

Kagome conosceva bene quell'espressione. Era la faccia da “ragazzina, ti avverto! Non tirare troppo la corda. E non credere che non abbia colto lo scherno nel modo in cui mi hai chiamato. La mia pazienza è agli sgoccioli”.
In tre anni a contatto con lui aveva imparato molto. Specialmente a non farlo arrabbiare!

Ayame osservò Kagome e poi il fratello di InuYasha, trasalendo nel notare lo sguardo penetrante di quest'ultimo fisso su di sé in conseguenza dell'ammiccare di Kagome.

Sesshomaru si accigliò: - Una donna, eh? – appurò in un sussurro al limite dell'udibile – Il vostro miglior combattente sarebbe lei? -.

Il sorriso di Kagome si allargò. “Il sommo Sesshomaru non si starà facendo problemi nell'affrontare una donna!” fu ciò che l'uomo lesse nello sguardo della ragazzina che da tre anni viveva con lui.

- E sia! Non credere che ci andrò leggero solo perché questo è un allenamento e perché sei una donna – fu infine la risposta del principe.

- Ottimo. Non pretendo nulla di meno – ribatté coraggiosamente Ayame.

Sesshomaru rispose con un lieve cenno del capo, salvo poi rivolgersi al resto dei presenti: - Non pensiate di essere esonerati dal combattimento – disse a Sango e Miroku – Se ho preteso di incontrare i guerrieri migliori del vostro gruppo, non è certo per fare quattro chiacchiere – affermò.

InuYasha trattenne uno sbuffo, alzando gli occhi al cielo. Il solito arrogante!

La reazione del minore non passò di certo inosservata all'attento sguardo del fratello che sorrise appena ed una luce inquietantemente birichina gli illuminò gli occhi: - Nel frattempo, Kagome, potresti medicare il tuo caro amichetto – osservò con una punta di malizia, riferendosi ad InuYasha. “Eccoti servita, ragazzina! La prossima volta ci penserai due volte a burlarti di me e a sfidarmi” diceva a chiare lettere quello sguardo.

La ragazza si irrigidì, colta di sorpresa. Assottigliò lo sguardo, lanciando a Sesshomaru un'occhiataccia. Quel… quel… argh! Permaloso vendicativo!

- Ayame? – sussurrò Kagome alla ragazza dai capelli rossi – Guardia alta e… è inutile cercare di trovare un varco dal lato che ritieni essere quello debole. Sa usare la spada anche con la mano sinistra – la avvertì.

- Mh-mh. Prima o poi voglio battermi anche con te, Kagome. Sei davvero forte, ragazza – le sorrise complice la rossa – Non temere. Il signorino può anche essere affascinante, ma non mi farò di certo trovare impreparata – promise, prima di avanzare a fronteggiare il suo avversario.

Mentre gli altri iniziavano a fare il tifo, Kagome fece un cenno ad InuYasha, ordinandogli silenziosamente di seguirla. “Andiamo, impiastro! Assicuriamoci che non ti abbia rotto nulla” fu il suo pensiero.




InuYasha emise un sibilo di dolore quando Kagome gli tamponò con un panno bagnato il taglio sul labbro.

- Fermo! – lo rimbrottò – La prossima volta ci penserai bene, prima di fare a botte – proseguì.

- Uff - sbuffò scocciato InuYasha – Non c'è bisogno che tu mi faccia la predic- Ahia! Kagome! Accidenti a te! – sbottò.

- Zitto – rise sotto i baffi la giovane.

Emise però un gridolino quando, per rappresaglia, l'amico la rovesciò sul letto su cui erano seduti.
- InuYasha! – si lamentò Kagome, divincolandosi, ma il giovane la tenne stretta, costringendola su un fianco e facendola appoggiare con la schiena al suo torace.

- Come stai, Kagome? – le chiese in un sussurro dopo qualche momento di silenzio.

La giovane sospirò: - Sto bene, dico davvero – ribadì nel sentirlo stringere le sua presa appena un po' di più – E tu? Sei… sei arrabbiato? – osò domandare.

- Più che altro mi sento scombussolato – ammise – E già mal sopporto sua spocchiosità – sputò, riferendosi al fratello – Forse sarebbe stato meglio che fosse rimasto qui a farsi i fatti suoi ancora per un po'! Anche se… - “Anche se, senza di lui, non ti avrei mai ritrovata” si costrinse ad ammettere mentalmente con una punta di invidia. Avrebbe voluto essere lui a salvarla e non Sesshomaru.
- Kagome… mi dispiace per ieri – ammise infine – Ero nervoso e… - tentò di scusarsi senza nemmeno sapere come – Non sei obbligata a dirmi tutto. Voglio dire – balbettò – Non ha importanza – “L'importante è che tu stia bene e che sia qui con me”.

Lasciò appena la presa, sentendola ruotare tra le sue braccia fino a girarsi faccia a faccia con lui.

- Non è quello – sussurrò Kagome, giocherellando con una ciocca dei capelli di lui – Non è che non volessi dirtelo. È che… non era necessario che tu lo sapessi. Non era rilevante al fine di… Voglio dire – si affettò ad aggiungere all'occhiata trova che l'amico le lanciò – Non è successo niente di irreparabile, tuo fratello mi ha tirato fuori dai guai e io sono qui. Sana e salva. E poi… onestamente è una parte che ho deciso di dimenticare – ammise.

InuYasha la strinse un po' di più. La sua nanetta.

- Scusami – riprese lei, ma lui la zittì:
- Shht! Ho detto che non importa. Va bene così – ribadì, carezzandole la schiena – Mi chiedo solo una cosa – borbottò – Come cavolo hai fatto a non uscire di testa nello stare a contatto per tre anni con Mr. simpatia e il vecchietto logorroico? – affermò, facendola ridere.

- La vera domanda invece dovrebbe essere: come faccio ad essere ancora viva dopo aver stuzzicato continuamente tuo fratello! – ammise Kagome.

- Nah! Quello abbaia tanto, ma non morde! – sentenziò InuYasha prima di sistemarsi più comodamente nel letto con uno sbadiglio. L'allenamento l'aveva distrutto e, benché fosse pieno giorno, moriva di sonno.

Kagome si alzò su un gomito a guardarlo, scostandogli una ciocca ribelle dalla frangia: - Dormi. Sei stanco – disse, facendo per alzarsi.

Aprendo appena un occhio, il giovane la trattenne: - Resta. Non mi è andato affatto giù il fatto che tu sia sparita, ieri – la rimbrottò, facendola sdraiare.

- Come il principe desidera – lo prese in giro la ragazza, accoccolandosi al suo fianco.

- Insolente! – borbottò InuYasha mentre la risatina e il confortante tepore del corpo di Kagome premuto contro il fianco destro lo accompagnavano nel sonno.

Si risvegliò all'incirca un'ora dopo, a causa della fame.
Si sorprese nel trovare ancora l'amica al suo fianco, addormentata con la testa contro il suo braccio.
Riflettendoci, erano anni che non riposava così bene, con il cuore sgombro da ogni preoccupazione. Era stato come quando erano bambini e facevano il pisolino dopo mangiato…
Peccato che non fossero più due bambini.
InuYasha sentì il cuore reagire in modo strano nel momento in cui si soffermò ad osservare la ragazza dormiente. Era diventata davvero bellissima.

Assorto com'era nella sua contemplazione, quasi fece un salto quando, inaspettatamente, Kagome socchiuse gli occhi, sbattendo le ciglia.
Doveva proprio scegliere il momento in cui la stava guardando per svegliarsi, dannazione?!?

InuYasha deglutì, tentando di ricomporsi, finendo per arrossire ancora di più quando Kagome si stiracchiò come un gatto, le braccia alzate sopra la testa e il busto inarcato a mettere in evidenza le sue forme.
Il principe si ritrasse ancor di più di fronte ai propri pensieri inopportuni.

- Ciao… umphf! Ma che fai?!? – si lamentò la ragazza, ritrovandosi quasi giù dal letto da quanto era stato forte lo spintone che InuYasha le aveva dato.

InuYasha arrossì, distogliendo lo sguardo mentre si sistemava delle inesistenti pieghe sui pantaloni: -Vado a lavarmi e a mettere qualcosa nello stomaco – annunciò con finta noncuranza.

Kagome lo osservò lasciare la stanza, sbattendo perplessa le palpebre.
Che diavolo gli era preso, così all'improvviso?!?


Giunto nella stanza da bagno, InuYasha la trovò già occupata da Miroku e Koga. Il primo canticchiava allegramente mentre si sciacquava; il secondo, invece, se ne stava in un angolo, il mento sulle braccia appoggiate sul bordo della tinozza in cui era immerso, dando agli altri le spalle.

- Ehilà! – salutò Miroku.

InuYasha rispose con un cenno: - Che gli prende? – domandò riferendosi a Koga – Perché ha quell'aria… apatica? -.

Miroku fece spallucce prima di sfoderare il consueto ghigno.

- Niente. Non ho niente! Perché dovrei avere qualcosa? E perché dovete sempre farvi gli affari miei, eh? – sbottò il giovane Yoro, alzandosi dall'acqua ed asciugandosi sommariamente prima di rivestirsi e lasciare la stanza.

- Ookk. Questo posto deve avere qualcosa che non va. Forse andrebbe fatto un esorcismo contro gli attacchi di bile, eh? Siamo tutti un po' nervosetti – osservò Miroku.

InuYasha non rispose, rimanendo ad osservare accigliato la porta dietro la quale Koga si era dileguato.


Nel frattempo Kagome aveva raggiunto le ragazze.
Le trovò a gironzolare intorno a Totosai. Sango rimasta impressionata dall'abilità dell'uomo nel riportare alla vita vecchie armi ed Ayame, da quando aveva scoperto che era stato l’anziano ad addestrare Sesshomaru da giovane, non aveva smesso nemmeno un secondo di pregarlo di rivelarle i suoi segreti come maestro di Spada.
La sfida con il Principe Maggiore era stata impegnativa e, benché Ayame ne fosse uscita sconfitta, non si era persa d'animo, anzi, aveva trovato lo scontro molto soddisfacente e stimolante.
Anche Sesshomaru, in fondo, aveva riconosciuto la caparbietà della ragazza, commentando con un – Non male, per essere una donna. Davvero niente male -. Che, detto da lui, era la cosa più vicina ad un complimento che ci si potesse aspettare.


La vita del gruppo venne ben presto caratterizzata da una certa routine.

La parte più importante della giornata erano gli allenamenti. Ben lungi dall'essere soddisfatto della preparazione del fratello minore, Sesshomaru decise di addestrarlo lui stesso, dando anche sporadici consigli burberi al resto della combriccola.
Il progetto di Sesshomaru era evidente: radunare il maggior numero di alleati e fedeli all’ex faraone, marciare su Menfi, attaccare il Palazzo e spodestare Naraku, riappropriandosi di ciò che spettava loro di diritto.
Già da alcune sere aveva indetto delle riunioni private con Totosai, InuYasha, Kaede e Midoriko.
Inaspettatamente l'anziana matriarca aveva preteso la presenza anche dei giovani Koga, Ayame, Miroku e Sango.

InuYasha si era stupito non poco della passiva accettazione del fratello alla presenza degli altri e di Kagome in particolare.
Era come se, benché la cosa lo infastidisse, fosse abituato ad avere la ragazza attorno e la considerasse come… un collaboratore? Un fastidioso e petulante collaboratore, certo… a meno che si fosse rassegnato a pensare ad InuYasha e Kagome come una sorta di indivisibile diade...

Un fastidioso grido lo riscosse dai pensieri:
- Kagome! – le corse incontro il piccolo Shippo, entrando in Amarna in compagnia di Koga.

Erano trascorsi alcuni giorni e il giovane Yoro tendeva a recarsi sempre più spesso al di là dal Nilo per controllare la sua gente.

- Buon giorno, Shippo! – lo salutò la ragazza.

Poco lontano, InuYasha squadrò preoccupato l'amico.
Da alcuni giorni Koga era strano, sfuggente.
Tra tutti, era quello che maggiormente mal sopportava gli allenamenti e le riunioni. O almeno questo era ciò che pensava InuYasha.

Kagome invece credeva di aver intuito quale fosse il vero problema del giovane, ma aveva deciso di non intromettersi, sperando di sbagliarsi.
- Come mai qui? – domandò poi a Koga – Non avresti dovuto portarlo con te, Sesshomaru ha indetto una nuova riunione tra un paio d'ore e – la ragazza si interruppe, mordendosi la lingua.

Alla menzione del nome del fratello di InuYasha, lo sguardo color del cielo di Koga si era oscurato in fastidio.

- Sono stato io ad insistere! – spiegò in fretta Shippo – Volevo… volevo vedervi, ecco! Mi mancavate – ammise, chinando il capo imbarazzato – Lui lo vedo spesso – fece loro notare, riferendosi a Koga - Ma tu, Inu, Sango e Miroku… e la sorellona! -.

- La sorellona… Tsk! – fu il sussurro velato di astio di Koga, che però subito si riprese, notando su di sé lo sguardo di Kagome – Andiamo, fanciullo! Ti va di vedere un po' di cose belle? Ci sono dei cavalli davvero forti, là dentro. E anche una fucina, sai? – propose con un sorriso a Shippo.

- Ohh! Sul serio? Forte! – gli rispose il bambino, entusiasta, saltandogli in braccio.

- Mi preoccupa, il modo in cui si comporta – osservò InuYasha, avvicinandosi a Kagome dopo che Shippo e Koga si furono allontanati – Ho sempre avuto una certa sintonia con lui, ma non riesco a capire cosa gli sia preso, questa volta – ammise.

Kagome sospirò.

Ritornando verso il cortile, si imbatterono in Sango e Miroku, intenti ad allenarsi.
Anche Sesshomaru era stato sorpreso dalla prestanza fisica della ragazza e dell'abilità con cui maneggiava, oltre a spada e pugnali, una strana e pesante arma: un grande boomerang d'osso.

Con un sorriso, Miroku parò l'ennesimo affondo di spada di Sango: - Sei stupefacente, mia cara Sango. Così aggraziata… -.

- E tu sei un grandissimo ruffiano! Smettila di fare il buffone e combatti! – lo rimbrottò la giovane. Nonostante questo, i suoi occhi bruciavano dal divertimento.

- Feh! Guarda che roba! Sembrano due bambini che amano farsi i dispetti a vicenda! – commentò InuYasha.

Kagome sorrise, intenerita: - E che male c'è, scusa? Si vogliono bene e, benché si ostinino a negarlo, sono una coppia -.

- Mhnpf! – bofonchiò il principe – Certo, certo… Sango se lo è scelto proprio bene, con tutta la fatica che deve fare per tenerlo a bada, tsk! -.
Sotto sotto, però, anche lui la pensava come l'amica e da tempo vedeva i due come la coppia più salda del gruppo. Guai però se Miroku avesse scoperto questa sua convinzione! No, piuttosto che sorbirsi i gongolamenti da ebete del giovane, si sarebbe portato quel segreto pensiero nella tomba!

- Sei impazzito?!? Che ti è saltato in mente di portarlo qui? – irruppe improvvisamente la voce di Ayame – E questa storia che vai e vieni come ti pare e piace non... -.

- Perché, ora non posso neanche andare a vedere come se la passa la mia famiglia? Cos'è, devo chiedere il permesso a te o a Sua Signoria? – le rispose Koga, interrompendola.

La ragazza lo fissò attonita per un momento: - Cosa?!? E questo che vorrebbe dire? -.

- Sì, certo. E poi, non ti è mai interessato cosa faccio io. Non vedo perché tutta questa improvvisa premura. Bah, lasciamo perdere! – sbottò Koga, dandole le spalle ed andandosene.

Ayame rimase impalata dov'era, finendo poi per rivolgere lo sguardo agli amici: - Ma che gli prende?!? – domandò a Sango.

Quella le rispose con un cenno di diniego e tornò subito a concentrarsi su Miroku e l'allenamento, non prima di aver rivolto un'occhiata preoccupata al resto degli amici.

 
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Kagome sospirò, stiracchiandosi. La giornata era stata davvero lunga, indaffarata e… afosa!
Aveva giocato un po' con Shippo fino all'ora di pranzo, finendo poi per riaccompagnare il bambino dall’accampamento del gruppo, dato che Koga sembrava sparito di nuovo nel nulla. Non aveva nemmeno partecipato alla riunione indetta da Sesshomaru.

InuYasha era inquieto, si vedeva che avrebbe voluto fare qualcosa per l'amico, ma non sapeva come iniziare. C'era voluta tutta la capacità di persuasione di Kagome per farlo desistere dall’andare da Ayame e poi da Koga e far loro una bella ramanzina.
Il giovane le aveva impunemente riso in faccia quando, con tatto, aveva tentato di fargli capire che il problema di Koga era la gelosia causata dal fatto che Ayame pareva essersi invaghita di…
- Piantala di dire stupidaggini, Kagome! Ayame e… Sesshomaru?!? Ahahaha! Divertente! - l'aveva schernita inizialmente.

Tuttavia un certo margine di dubbio si doveva essere insinuato nella sua mente poiché Kagome aveva notato come, quel pomeriggio, InuYasha fosse particolarmente attento alle reazioni della ragazza in presenza del fratello. La faccia truce con cui il minore dei principi era infine uscito dalla sala al termine della riunione diceva tutto.

“Che situazione! Povero Koga! Ed Ayame sembra non capire” rifletté la ragazza, alzando lo sguardo verso le fronde della palma sotto cui era seduta.

Aveva scoperto quella minuscola pozza d'acqua circondata da un paio di palme tre anni prima, poco dopo il suo arrivo ad Amarna e quello era il suo posto segreto per rilassarsi e pensare. Sesshomaru aveva desistito quasi subito dallo sgridarla per essere uscita dalla città da sola. Quel luogo era ben visibile dalle mura e non distava dalle porte della cittadella più di una cinquantina di metri.

Un sorriso triste le si formò sulle labbra al pensiero che, dopo aver trascorso del tempo presso l’allegro accampamento dei Figli del Deserto, sempre così pieno di vita, la prospettiva di starsene da sola e in silenzio non sembrava più così allettante.
Lei stessa era sempre stata una persona socievole, dopo tutto, le piaceva avere gente intorno.

Rise tra sé al ricordo dei suoi primi giorni ad Amarna: terrorizzata di rimanere di nuovo sola, senza nessuno che conoscesse, aveva finito per seguire Sesshomaru come un cagnolino.
Sebbene fosse palese che la presenza della ragazzina lo infastidisse, il principe non aveva  detto niente.
Almeno fino a quando, una notte, Kagome si era ritrovata a vagare per quel palazzo ancora sconosciuto a causa di un incubo che l'aveva svegliata. La sua intenzione era stata quella di recarsi al pozzo per bere un sorso d'acqua, ma si era persa. Disorientata, confusa e spaventata, era quasi sull’orlo del pianto a causa della frustrazione, quando Sesshomaru l’aveva scorta per puro caso mentre vagava al buio nel cortile interno.

Quella sera fu la prima è forse unica volta in cui il giovane fu palesemente premuroso nei suoi confronti. Beh, a modo suo, s'intende!
- Che diavolo ci fai in giro, ragazzina ficcanaso? Dormono tutti, a quest'ora -.

Sollevata per la presenza familiare, la giovane Kagome era riuscita a calmarsi abbastanza da fargli notare che anche lui era sveglio.

- Ragazzina Petulante! Avevo del lavoro da fare – aveva dissimulato indignato il principe, prima di allontanarsi.

Notando però che la ragazza non lo seguiva, si voltò dopo pochi passi: - Hai intenzione di startene lì? Non ho la minima voglia di venirti a cercare, se ti perdi di nuovo – le aveva detto brusco.

In silenzio, Kagome lo aveva seguito fino alla porta della stanza occupata dal giovane.
- Da qui gira a destra alla fine del corridoio. La tua camera è la sesta porta – aveva borbottato spiccio.

La ragazzina si era limitata ad annuire, mordendosi il labbro, come indecisa ad andarsene.
Lei stessa non comprendeva le proprie emozioni. A Menfi era stata anni da sola, prima di diventare l'ancella di Rin. Perché allora la prospettiva di tornare nella grande stanza semivuota che le avevano assegnato le provocava un certo senso di sgomento e di inutilità?
Inutilità… ecco! Prima, benché sola, aveva una prospettiva davanti a sé, un qualcosa da fare che le consentiva di alzarsi dal letto e affrontare una nuova giornata, ossia occuparsi di Rin.
Ora, invece, si sentiva come svuotata. Era di nuovo libera, certo, ma non aveva più uno scopo.
Anche l'idea di rintracciare InuYasha era crollata, visto che Sesshomaru sembrava avere tutto sotto controllo, anche se non le aveva ancora detto dove fosse l’amico, limitandosi a rassicurare che era vivo e vegeto e che sarebbe andato a prenderlo quando sarebbe stato il momento.
InuYasha le mancava così tanto… ed ora che non aveva con sé né Buyo né Rin, si sentiva così sola e persa!

Uno sbuffo la riscosse.
- Aspetta qui – le disse Sesshomaru, rientrando velocemente nella propria stanza.

Ne riuscì subito, brandendo uno piccolo foglio di carta, come quelli usati per scambiarsi messaggi tramite l'uso di volatili.
- Ti ricordi ancora come si legge, no? Tieni. È solo l’ultimo di molti altri. Quando hai finito, riportamelo. Lo devo bruciare, come ho fatto con tutti i precedenti – le spiegò spiccio.

Confusa, Kagome afferrò il pezzo di carta. La grafia era tremolante, come se a vergare i geroglifici fosse stata una mano non più ferma:
Tutto procede bene. Il germoglio cresce e si fortifica. Siamo diretti…

Fu così che la ragazza apprese della corrispondenza spiccia e sibillina che Sesshomaru aveva con Kaede.
Erano messaggi ridotti all'osso e con espressioni quasi in codice, nella non remota possibilità che lo scritto potesse cadere nelle mani sbagliate. Per lo stesso motivo, Sesshomaru bruciava ogni messaggio dopo averlo letto.

- Ma allora… sta bene! Sta bene sul serio! – sussurrò Kagome, un'espressione di pura gioia ad illuminarle il viso.

- Umphf! – sbuffò il Principe Maggiore – Ora la smetterai con l'aria cupa e con le domande ossessive, spero, ragazzina – bofonchiò – Ed ora levati dai piedi e va a dormire – ordinò.

Ben presto Kagome divenne l’incaricata di provvedere a quel delicato tipo di missive. Non si permise mai di mettere becco nelle risposte di Sesshomaru a Kaede e ovviamente spettava all'uomo le prima lettura di ogni messaggio ricevuto dalla matriarca.
In una sorta di assenso muto, di abitudine ben presto consolidata e accettata, Kagome riceveva il falco messaggero, affrettandosi a portare al principe il messaggio ancora chiuso.
Dopo averlo letto, lui lo passava alla ragazzina rimasta nella stanza, lasciando poi a Kagome stessa l’onere di gettare nel braciere il foglio di papiro, supervisionando alla definitiva distruzione dello stesso. Sempre alla ragazza toccava poi portare l'eventuale messaggio di risposta a Jinenji affinché venisse legato alla zampa del falco messaggero.

Mentre rimuginava su quanto effettivamente Sesshomaru fosse stato gentile con lei, un improvviso tonfo accanto a sé la fece quasi urlare di spavento.
Preoccupato per lei, InuYasha l'aveva infatti raggiunta e affiancata senza farsi notare, lasciandosi cadere con poca grazia sulla sabbia al suo fianco.

- Oddei! – ansimò la ragazza.

Il giovane sogghignò: - Bisogna sempre stare in guardia. Sua Alterigia non te lo ha insegnato? Avrei potuto essere una belva feroce venuta a divorarti! – la prese in giro.

Kagome lo guardò male: - Una bestia feroce… nel deserto? -.

- I coccodrilli sanno anche camminare – continuò lui con finta serietà.

- Scemo! – rise lei. 

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, semplicemente godendosi la reciproca compagnia.
- Uff! – sbuffò infine InuYasha, scrocchiandosi il collo.
Gli allenamenti continui lo stavano sfinendo. Non che non fosse abituato alla fatica, ma il ritmo incalzante a cui Sesshomaru lo sottoponeva avrebbe stroncato anche il più robusto degli uomini.
Sobbalzò appena, sentendo la delicata e piccola mano di Kagome massaggiargli una spalla.

- Ti senti indolenzito, vero? Se vuoi ho da parte un unguento che è un toccasana per rilassare i muscoli contratti – gli propose – Tirando con l'arco, è diventato indispensabile -.

- Ovvio! Gracilina come sei… - la prese in giro l'amico.
Alzò un sopracciglio, fissandola con sguardo sarcastico quando lei gli tirò un pugno sul petto che non gli fece assolutamente nulla: - Feh! E quello cos'era? L'ho detto, che sei gracile! -.

- Però questa “gracilina” non è mai stata atterrata da Sesshomaru in una lotta. Non è poi così difficile imparare a schivare, eppure mi pare che qualcuno sia finito a terra come un sacco di patate. Chi era? – finse di pensarci - Ah, giusto: tu! – gli disse facendogli una dispettosa linguaccia.

- Quindi pensi di essere più abile di me? Non scherziamo, nana! – si accigliò offeso InuYasha.

- Mai dire mai, mio caro! -.

Il giovane la fissò, sorridendo appena con  aria di sufficienza: - Ah, ma davvero? –. Quanto gli erano mancate le loro schermaglie!

Guardandosi intorno, InuYasha notò un alberello rinsecchito a pochi passi da loro. – Se le cose stanno così… Vediamo un po' che sai fare, ragazzina! – la schernì, alzandosi.
Perplessa, Kagome lo osservò avvicinarsi ad un albero secco e divellere da esso due rami, soppesandoli poi nel palmo della mano.
Brandendo il pugnale che conservava attaccato alla cintola, InuYasha smussò le estremità che erano state attaccate al tronco, levigando il tutto alla bell' e meglio. Dopo di che tornò da Kagome, porgendole una delle due armi improvvisate.
La ragazza sorrise internamente. Proprio come quando erano piccoli.

- Embè? Non dirmi che hai paura, adesso! – la spronò il giovane.

- Non darti troppe arie. Tuo fratello mi ha insegnato qualche mossa. Non ti conviene sottovalutarmi – gli rispose Kagome, alzandosi ed accettando il ramo che lui ancora le porgeva – In guardia, Principe! -.

Nonostante la facciata da spaccone, InuYasha iniziò con attacchi lenti, giusto per sondare le capacità di lei e… non farle male.
Con sua sorpresa, appurò che Kagome non aveva mentito. Beh, non sarebbe stata in grado di reggere un combattimento serio per più di qualche minuto, ma la ragazza sapeva come difendersi.
Per sua sfortuna, tuttavia, il ramo di Kagome doveva essere marcio, perché si spezzò non appena la ragazza esercitò su di esso un po' più di pressione.
- Accidenti! – si lamentò.

- Ah, che imbranata – commentò InuYasha.

- Ehi, non è colpa mia! Sei stato tu, confessa! Hai fatto apposta a darmi il ramo messo peggio. Sei un baro! – brontolò gettando via il moncone di legno.

- Un baro?!? Io!?! Come ti permetti, nana? – si finse arrabbiato il giovane, gettando a sua volta il proprio ramo.

- Disonesto! – continuò Kagome.

- Kagome! – si lamentò lui – Ok, l'hai voluto tu. Non avrei voluto arrivare a questo ma… ora ti faccio vedere io. Preparati a correre, signorina! - le disse.

Intuendo dal suo sguardo le intenzioni del ragazzo, Kagome scattò lontano da lui, ridendo: - Aaahh, non mi prendi, lumaca! – cantilenò.

- Tsk! Ora vedrai – le rispose, InuYasha inseguendola.

Riuscì ad acchiapparla vicino al bordo del piccolo bacino d'acqua: - Presa! – gioì, stringendola per la vita.
Finirono entrambi sdraiati nella sabbia a faccia in giù.

- Inu! Levati! Mi stai schiacciando! Pesi!!! – brontolò Kagome, sempre ridendo.

- Gracilina! – sbuffò il ragazzo, consentendole però di ruotare a pancia in su, mentre lui continuava a sovrastarla, appoggiandosi a terra sugli avambracci per tenersi appena sollevato e non gravarle troppo sopra.

Kagome aprì gli occhi e gli sorrise.

Proprio come qualche giorno prima, InuYasha fu colpito nel trovarsela così vicina.

- Cosa… - provò a dire Kagome, alzando una mano per carezzargli una guancia, confusa dalla strana occhiata che le stava dando, ma lui la scansò, girando il viso di lato.
Che diavolo gli stava succedendo, dannazione? Perché improvvisamente sentiva il cuore battere a mille e le guance calde, come se fosse arrossito? Era come se… come se…

Dal canto proprio, anche Kagome iniziava a percepire un certo disagio. Lui le pesava addosso e si sentiva un po' schiacciata ma… era piacevole. Il peso di InuYasha era rassicurante, la faceva sentire protetta.

- Oh, che scena disgustosa! Se volete fornicare, fatelo almeno lontano dalla mia vista! – li soprese una voce.
Jakotsu.

I due ragazzi si rimisero in piedi immediatamente, InuYasha con atteggiamento protettivo, Kagome rigida ed agitata.

Il mercenario li osservò con aria annoiata, mentre si chinava a riempire la borraccia dell’acqua: - A cuccia, cuccioletto! Non ho intenzione di sciupare la tua sciacquetta. Però, se tu volessi farmi un po' di compagnia… - si leccò le labbra, allusivo.

- Stai lontano da me, tizio disgustoso! – ringhiò InuYasha, tentando di mascherare l'inquietudine e l'orrore al pensiero di… di… per Ra, che schifo!

Sentiva Kagome rabbrividire appena, appoggiata alla sua schiena.
Senza aggiungere altro, la prese per mano, allontanandosi in fretta, in direzione della città.
Non si fermò fino a quando giunsero oltre la porta fortificata.

- Per tutti gli Dei. Quel tizio è così… così… inquietante! – sbottò InuYasha – Stai bene, Kagome? – le domandò subito, voltandosi a guardarla.
- Kagome… - ripeté, cingendole una guancia, preoccupato dal suo silenzio e dallo sguardo smarrito, quasi vacuo.

“Inquietante… fosse solo quello!” era il pensiero di lei, rabbrividendo nel rivivere improvvisamente la sua -per fortuna breve- permanenza presso il covo della Squadra dei Sette. Quel tipo era anche abbastanza perverso. L'aveva rinchiusa in una stanza, lasciandola senza cibo né acqua, mettendole Mukotsu come guardiano. Aveva avuto così tanta paura quando aveva ripreso i sensi.
Per sua fortuna, però, l'inaspettato ed insperato intervento di Sesshomaru l'aveva preservata da qualsiasi cosa avessero avuto intenzione di farle e…

Nel disperato tentativo di distrarsi, si concentrò sul viso dell'amico.
Per un lungo e dolce momento si specchiò nei suoi occhi. Quegli occhi così belli e splendenti, dolci e pieni di preoccupazione per lei.

- Kag- - riprovò InuYasha, trovandosi però stretto in un improvviso abbraccio: la ragazza gli si era gettata contro, mettendogli le braccia intorno al collo in una presa quasi soffocante.
- Shhht. Va tutto bene. Calmati – sussurrò lui dopo un primo attimo di smarrimento, ricambiando la sua stretta e affondando il viso nei capelli setosi e scuri della giovane.

Kagome pianse alcune lacrime silenziose contro la sua spalla.
Non sapeva nemmeno lei cosa le fosse preso così all'improvviso. Voleva solo sentirsi abbracciare dall'amico, sentirlo vicino, stringerlo fino a quando i brutti ricordi fossero scomparsi.
Nel giro di un minuto si ricompose, allontanandosi appena da lui e sorridendogli imbarazzata.
- Grazie – disse soltanto, prima di baciargli fulminea una guancia.

Colto di sorpresa, InuYasha allentò la presa, consentendole di sgusciare via e dirigersi frettolosamente verso l'interno del palazzo.

- Ma… ma… - balbettò ad occhi sgranati il principe, rosso in viso.
Senza nemmeno rendersene conto, si sfiorò la guancia in punta di dita, quando…

- Ohhh! Pare che oggi abbiamo fatto di nuovo colpo! – ridacchiò Miroku, dall'altro lato del cortile, intento a prendersi cura dei cavalli.

InuYasha lo fulminò con lo sguardo: - Taci, tu! -. 

Dall'alto del muro di cinta da cui era stato testimone dell'intera scena, Sesshomaru osservò il fratello andarsene infuriato, ricalcando la strada percorsa da Kagome: - Ci mancava solo la stagione degli amori, tsk! Dannati ragazzini – esalò, prima di voltarsi e continuare il proprio percorso.





Per saperne di più:

*Hapi, divinità egizia incarnazione della fecondità dell'inondazione del fiume Nilo, e non la personificazione stessa del fiume. Era quindi simbolo di fertilità della terra, dell'abbondanza dei raccolti e della vita rinnovata dall'inondazione annuale.





Angolo autrice:
sono sempre più ritardataria, lo so ^^’’’’
Sono soddisfatta del capitolo? Ni. Ho continuato ad aggiungere pezzetti, a riscrivere cose, sperando di rendere questo capitolo di passaggio un po' meno di passaggio.
Ayame e Inuyasha fanno proprio la figura dei tonti e.. sì, forse è ora che il principino si dia una svegliata. XD abbiate fede… tra cotture a fuoco lento e piccole gelosie, ce la faranno xD e comunque il bersaglio in fronte ce l'ha Ayame… tutto il resto saranno effetti collaterali per darle una scossa n_n
Fans di Sesshomaru, non fucilatemi!!! Mi diverto troppo a dargli nomignoli tramite gli altri personaggi xD ovviamente non si sognerebbero mai di chiamarlo così con lui presente, ci tengono alla pelle!!! >_<

Alla prossima!!! *fugge*

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