Genesis.

di be_proud_of_me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - The Fall ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Birth ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Choices ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Oblivion ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Bright ***



Capitolo 1
*** Prologo - The Fall ***


Quando Lilith cadde la terra non era nient'altro che un cumulo di fango vuoto e dimenticato da Dio. 

La creazione si era conclusa da poco, il male regnava nel suo regno sotterraneo di fuoco e di tenebra e il cielo proteggeva i divini tenendoli più vicini possibile al creatore stesso. Lui, il Grande, aveva fatto in modo che lo spazio sacro che aveva creato si dividesse da se, come se avesse una mente propria, e cullasse i suoi pargoli immersi in una gioia senza fine, così da potersi concedere del meritato riposo mentre il suo potere cresceva dentro di lui. Il Suo disegno, infatti, sembrava essersi finalmente compiuto, permettendo a tutti quei figli di vivere da eguali e lontani mondi e mondi dalla corruzione. Nessuna situazione avrebbe, di fatto, richiesto il suo immediato intervento. Il mondo, per quel momento, era in grado di governarsi da se. 

Poi, però, lei cadde.

Per dieci giorni e dieci notti la giovane creatura scivolò in un oblio senza fine fatto di luce abbagliante e di solitudine. Il suo corpo fu straziato, dilaniato, disintegrato e poi riassemblato. L'opera aveva origine dalla mano dell'angelo Moloch, protettore dei sacri legami e appartenente all'ordine degli angeli, che era legato alla Luna ed era, per questo, il ramo gerarchico più vicino al luogo del castigo. 

Durante la discesa Lilith pianse e lo pregò, urlò e tentò di sfuggirgli, fino a quando, stremata, giunse alla nona notte. Se in un primo momento, infatti, il dolore si era semplicemente legato agli altri sentimenti che lei già conosceva, a lungo andare esso aveva iniziato a mutare, diventando sempre più potente e incontrollabile e piegando l'umana al suo volere. Di questo Moloch era consapevole e fu proprio per tale motivo che, nell'esatto secondo in cui la mente di Lilith capitolò, la zona di luce in cui si trovava si illuminò più intensamente, animata dal sorriso perverso dell'essere che di divino non sembrava avere più nulla. La fanciulla, mentre lo guardava, si chiese come fosse possibile che il loro Padre, così misericordioso, avesse permesso una simile tortura e si tormentò con quel pensiero lasciando che tutto ciò che aveva dentro di se fosse ricoperto da una potente nube di tenebra rabbiosa e vendicativa. 

Moloch, intanto, gioì di quella desolazione, godette nel vedere quanto grande era stato il risultato del suo operato. Non si curò delle conseguenze, né del Destino che aveva tentato di opporsi. Non badò al significato delle sue azioni o alla macchia nera che aveva portato con le sue stesse mani in quella luce così pura. Lui, infatti, aveva portato a termine il volere del cielo e di Dio, del Grande Padre. Era stato scelto tra i tanti suoi compagni e aveva trionfato, allontanando quel pezzo di carne che non era nient'altro che male. Sarebbe stato acclamato come un vincitore.

Infervorato da tali pensieri, l'angelo passò il decimo giorno a rimirare la propria opera, a crogiolarsi nel proprio trionfo, fomentando le proprie convinzioni mentre si paragonava al Creatore, con il quale pensava di condividere la misericordia. La fine della caduta per lui passò lentamente, consumato com'era dall'attesa di ottenere l'agognata gloria, al contrario, invece, di quanto fu per Lilith.

Per lei, infatti, nulla era più e tutto era nulla. Arrivata al punto di non ritorno aveva perso ogni cosa e si era annullata, lasciandosi andare in un vuoto quasi pacifico che, come un anestetico, le aveva permesso di concludere la caduta senza percepirla affatto. Si era rassegnata a se stessa e la sensazione fu talmente potente e totalitaria che, quando toccò distrutta la terra, né un rumore rabbioso simile ad un tuono, né il dolore fisico così innaturale per lei, né la tristezza di essere ormai più vicina all'inferno che al cielo riuscirono a farla smuovere. Rimase semplicemente lì, abbandonata a se stessa anche dal suo carnefice, nuda e in balia delle tenebre più oscure. Non aveva più niente da cercare, da costruire, da vedere. Sentiva solo il vuoto, dentro di se e fuori. Se avesse avuto ancora un briciolo di resistenza avrebbe alzato la testa e avrebbe combattuto, come era destino che facesse, ma non ne fu in grado. 

C'è chi dice che, se l'avesse fatto, le cose sarebbero state diverse, più felici, per lei. Ma, forse, fu meglio così. Perché mentre la sua testa giaceva inerte sotto il mare di ricci rossi, appesantita da tutto quel bagaglio di pena, i gemiti iniziarono a riempire la terra per la prima volta. E questo poteva solo significare che stavano arrivando. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Birth ***


Sentiva le mani sporche di sangue e cenere, straziata com'era da quelle urla continue. Non c'era dolore nel suo corpo, di questo ne era sicura, ma nella sua anima? Riusciva a sentirne il peso anche solo alzando le spalle per respirare. Cos'era successo? Non riusciva a trovare una risposta adeguata. Perché non c'era Lui, il Grande, ad aiutarla? Ne aveva bisogno. 

Arrivò il sole e la luce abbagliò i suoi occhi spenti e pieni di lacrime. Lei non si mosse. Aveva passato l'intera notte ferma in quella posizione, in attesa di un qualsiasi tipo di aiuto che non era arrivato. La speranza, dopo tutto quel tempo, era scomparsa, ma lei non riusciva ancora a muoversi. Era la paura a tenerla bloccata. Una paura cieca, buia, indefinita. Non era la solita che era abituata a provare. Era più potente. 

Se le altre volte, infatti, quando sentiva montare dentro di se quel sentimento sconvolgente che la immobilizzava sul posto, sapeva esattamente che cosa temere, in quel momento sentiva che non le era concesso neanche quello. Per tale motivo, si sorprese a chiedersi di nuovo, dopo tanto tempo, perché suo Padre avesse permesso che provasse così tanto dolore nell'anima, ma come l'ultima volta non riuscì a trovare alcuna risposta. 

Così, urlò.

Le sue urla si mischiarono al pianto che non aveva smesso per tutta la notte, al rumore dei fulmini e dei tuoni in lontananza, al rumore delle foglie della sua casa poco lontano. Le sue urla si innalzarono, si sparsero nell'aria, iniziarono a volare. Le sue urla, finalmente libere, sovrastarono tutto quanto, a tal punto che l'intero universo cadde in un profondo silenzio come per ascoltare il suo dolore. Sapeva che loro l'avrebbero sentita, l'avrebbero cercata. Ma non le importava. Nulla di quello che era in grado di fare ognuno di loro poteva essere paragonato a quel dolore lacerante nel suo cuore. 

- Lilith. -

Con una certa amarezza, lei alzò lo sguardo. In fondo, aveva sperato di avere più tempo prima che arrivasse. 

- Bambina, cos'è successo? - 

Valefar, il demone dagli occhi neri quasi umani, si piegò e si sedette di fianco a lei, portando una mano fetida sulla sua spalla, come se davvero fosse interessato ad una sua risposta. A Lilith questo fece venire un principio di conato, ma, conoscendo la reazione che lui aveva avuto l'ultima volta, si trattenne dal farlo percepire. Non desiderava subire un altro attacco come quello. 

Si strinse le gambe al petto, come a proteggere il suo corpo nudo dal ricordo di tali immagini piene di dolore che era stata costretta a subire sulla propria pelle, ma si sentì immediatamente sciocca. I ricordi non facevano male dal di fuori. Per quello era sufficiente che lui alzasse una mano. 

Il demone con uno strattone le girò il viso, costringendola a guardarlo dentro quei buchi neri e pieni di malvagità che erano i suoi occhi. Sapeva benissimo che lei tremava dalla paura in quei momenti, in particolare quando il riflesso della luce faceva sì che il suo profilo si delineasse dentro a quel mare di tenebra, ma questo, più che fargli provare pena, sembrava divertirlo. 

- Ti nascondi da me, adesso? -

Con un gesto che sembrava quasi dolce le prese le mani fra le sue, facendo pressione sulle sue spalle, così da costringerla a distendersi e svelare il resto del suo corpo pallido e magro. 

- Così va molto meglio. - 

Sussurrò, appoggiandosi sul suo fianco per avvicinare le labbra al suo orecchio. I suoi movimenti erano calmi, lenti. Le mettevano ansia e agitazione e la spaventavano ogni volta che andavano a collidere con la sua pelle.

Lui la sfiorò.    

Lilith sussultò.

Il suo corpo era stanco e impuro, distrutto da quello che era successo durante la notte e che non si era ancora riuscita a spiegare, lo percepiva. Non aveva la forza di sottostare di nuovo a lui, tra polvere, sangue e urla. Ma cosa poteva fare? Non c'era via di fuga. Stava già per arrendersi e sprofondare nell'oblio quando quel lamento che era svanito senza che lei se ne fosse accorta, riprese. 

Valefar scattò in piedi e si guardò intorno.

- Cos'è? - disse - Lilith, cos'è? -

La tirò su con un braccio solo e la scosse con violenza, come se oltre ad essere fatta d'aria ne avesse anche l'identico piccolo valore. Se fosse stato uno dei primi giorni sulla terra quello, probabilmente Lilith si sarebbe opposta, avrebbe lottato, avrebbe dato una voce al suo povero pensiero maciullato. Ma era passato troppo tempo da allora. Ormai si era rassegnata sia alle violenze sia al fatto che, nonostante le venissero poste delle domande, nessuno di loro era interessato ad una risposta. A lei, la povera umana che aveva peccato e che valeva meno di ognuno di loro, era concesso solo di far sfogare la rabbia e la frustrazione dei demoni. Era inferiore e come tale doveva comportarsi. 

- Parlami, Lilith - un lampo rabbioso illuminò di rosso gli occhi del demone - è un ordine. Dimmi cos'è questo rumore. - 

La donna, però, non si osò. Non ne aveva le forze. Si limitò ad accasciarsi a terra e a spostare lo sguardo verso l'ammasso di pietre nere e sporche tra le quali aveva deposto quel piccolo essere, sperando invano che tacesse. Valefar non sembrava contento del suo comportamento, ma non disse nulla perché troppo curioso e preoccupato di scoprire quale fosse la fonte di quel rumore fastidioso. Lilith, dal canto suo, era troppo debole per fare o anche solo pensare a qualsiasi cosa. Voleva solo ritornare alla sua piccola casa terrena e lasciare Valefar e il piccolo al loro destino. Il mostro, però, non era della stessa idea. Non appena raccolse il corpo insanguinato, infatti, la sua espressione mutò e i suoi occhi congelarono sul posto l'umana inerme, come se la colpa di tutto quel rumore fosse sua e non dell'essere. Poi, senza dire una sola parola, le scattò addosso, aprendole la gambe per ispezionarle ogni lembo di pelle in modo furioso, lasciandola spiazzata e costretta a subire. 

Durante quell'atto di rabbia, il cucciolo scivolò dalle mani del demone fino al grembo di Lilith che, d'istinto, lo trattenne dal cadere sulla terra nera. Quel semplice atto calmò inspiegabilmente il cucciolo che smise di urlare e anche di dimenarsi, stringendosi il più vicino possibile al suo corpo. L'umana pensò che quella fosse una cosa buona e perciò se ne rallegrò un poco, ma non poté goderne neanche qualche secondo che subito Valefar la punì. Caricando il braccio con una forza inaudita le colpì il viso per poi strapparle l'essere dalla mani, facendolo scoppiare di nuovo in lacrime. 

Girando la testa di scatto, spaventata e sconvolta, lei guardò il demone in faccia, cogliendo con una veloce occhiata il volto del bambino sporco che teneva tra le braccia. Il primo pensiero che le balenò in testa non appena la sua mente registrò tale immagine fu che fino a quel momento non aveva mai visto un'immagine tanto sbagliata. Una cosa così pura stretta nelle mani delle tenebre più nere non doveva e non poteva esistere. Era inconcepibile. 

Quella, però, non era l'unica cosa strana. 

Infatti, rimanendo immobile, aspettò un qualche rimprovero che potesse anche solo spiegarle il suo errore, come era consueto che avvenisse. Tutto ciò che ottenne però fu solo un'occhiata incomprensibile.

- Va via. -

Disse lui, dopo un po', facendole bloccare persino il respiro. Cos'aveva appena detto? 

- Muoviti, Lilith! -

Valefar le tirò un calcio e lei si alzò di botto, indietreggiando di qualche passo per non ritrovarsi troppo attaccata a lui. Lo guardò per qualche secondo, cercando di capire che cosa fosse successo, ma non riuscì a cogliere nulla, tantomeno il suo sguardo che sembrava quasi evitarla. Impaurita che potesse aizzarsi di nuovo contro di lei e anche stanca di tutti quei lamenti infiniti da parte del bambino, si decise a fare come gli aveva ordinato e si protese verso di lui per riprendere ciò che lei stessa aveva trovato per prima. 

Ma fu allora che un demone si ritrasse per la prima volta dal suo tocco. 

- Questo non è più cosa per te. Ora va, prima che cambi idea. -

Spiazzata, ma molto più spaventata da quest'ultima affermazione, l'umana si girò e iniziò a correre, preoccupata del destino del piccolo essere ma felice di aver scampato il pericolo. Non era sicura che quella fosse stata una buona cosa, ma di certo non sarebbe tornata indietro per cercarne una migliore. Il desiderio di rintanarsi nell'unica zona verde che era riuscita a far cresce in quella desolazione era troppo forte per farla ritornare sui suoi passi e poi un'occasione del genere non le era mai stata data. Inoltre, non avrebbe retto un altro incontro con uno di loro. 

Il sole era alto quando lei giunse al suo piccolo luogo segreto, buttandosi sull'erba all'ombra di una grande quercia giovane. Era così contenta di essere a casa e di essere un poco al sicuro che quasi fu tentata di godersi l'attimo e di rimandare le faccende ad un secondo momento, se non fosse stato che, per rimanere in tale beatitudine, era necessario che le portasse a termine. Riluttante, quindi, Lilith si sedette a gambe incrociate, appoggiò la schiena all'imponente tronco e alzò le braccia. Il suo fisico era troppo debole per reggere quel tipo di sforzo da in piedi, per questo iniziò a pronunciare le prime parole antiche rimanendo seduta tra la vegetazione. A dir la verità, non si sentì bene a farlo ma la determinazione era in lei. Quella casa ne valeva la pena.

Per questo, continuò. E non si fermò fino a quando l'ultimo raggio di sole non si spense dietro la montagna di fuoco.        

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Choices ***


Buio.

Luce.

Lilith aprì gli occhi e si ritrovò ad essere investita da un forte bagliore bianco che, oltre a ricoprire interamente ogni singolo essere vivente nel suo piccolo angolo verde, aveva scaldato l'aria in modo eccessivo. Per un bravissimo attimo, la parte di lei che ancora era legata al Padre e che era in grado di sperare, prese il sopravvento e pensò che potesse effettivamente trattarsi di un suo fantomatico ritorno avvenuto per riscattarla dalla condizione nella quale il Cielo l'aveva fatta cadere. Solo per un brevissimo attimo, però. Dopo quella piccola debolezza, infatti, la ragione aveva ripreso il posto di comando e lei si era resa conto che tale opzione era praticamente impossibile. Prima di tutto, il Grande non aveva una luce così debole e sopratutto essa non era così poco potente da essere sopportata dagli esseri inferiori come gli umani. In secondo luogo, poi, lei era lì per una ragione. Non importava che il giudice che l'aveva spedita in quel luogo non era stato Dio stesso. Di fatto il Cielo ne faceva le veci lassù ed era in grado di compiere scelte giuste.

Ma allora, che cos'era?

Lilith si alzò dall'erba umida in cui si era coricata la sera prima e si mise a sedere, cercando di scorgere qualcosa attraverso quella luce che andava via via svanendo. Le figure non era ben distinguibili e i suoi occhi erano ancora in gran parte impastati dal sonno, ma era in grado comunque di intravedere un contorno poco distante, come se di fronte a lei ci fosse un uomo. Mentre i suoi occhi si abituavano a poco a poco a mettere a fuoco e il bagliore si riduceva sempre più, la figura iniziò ad avvicinarsi, favorendo il suo tentativo di coglierne i dettagli. Da quello che poteva intravedere, il personaggio di fronte a lei era sicuramente un uomo, piuttosto alto e dal corpo asciutto. La forte luce che l'aveva accecata sembrava provenire direttamente dal suo volto e ciò indicava che quella figura potesse far parte di una specie sola: gli angeli. La loro anima era talmente forte e potente da manifestarsi al di fuori di loro e da ricoprire ogni cosa tutte le volte che comparivano da qualche parte. Era una cosa che Lilith invidiava particolarmente, insieme al fatto che avessero il dono di parlare con la voce del paradiso stesso.

- Lilith. -

Quando lui pronunciò il suo nome, infatti, fu come se mille campanelle si fossero messe a suonare contemporaneamente producendo un suono eccessivamente forte, ma allo stesso tempo bellissimo e ipnotizzante.

La donna si tirò su da terra per avvicinarsi a lui, ma non fece in tempo neanche a fare un passo che subito lui le fu di fronte, guardandola in modo curioso e con una purezza che lei aveva visto poche volte. La luce che gli aleggiava intorno al viso ormai era svanita, permettendo così ad un viso scolpito, due occhi azzurri come l'acqua dell'Eden e una folta chioma di capelli biondi di rivelarsi. Nessuno degli angeli che Lilith avesse mai incontrato sembrava avere qualcosa in comune con quell'essere e, d'istinto, lei si chiese cosa ci facesse lui in sua presenza. Incuriosita da ciò, quindi, si osò.

- Chi sei? -

Chiese, quasi impaurita dalla sua stessa voce. Se c'era qualcosa che era cambiato, da quando era caduta, era il suo modo di approcciarsi con gli altri. I demoni, infatti, con i loro attacchi era come se le avessero rubato la parola e lei ormai non era più abituata neanche a sentirla.

Lilith si domandò se avesse fatto bene ad aver abbandonato ogni tipo di rancore o paura stando di fronte a quella creatura. Si rese subito conto, però, che se non fosse stata corrotta da quei mostri, non avrebbe avuto mai questo tipo di problemi. Gli angeli, quando si trovava ancora a casa, non la maltrattavano se lei osava rispondere o esprimere la sua idea. Loro non avevano mai fatto in modo che temesse per la propria vita. Dunque, non aveva nulla da temere in presenza di uno del Cielo.

- Non è importante come mi chiamo. Sono venuto fin qui per vederti - l'essere, dopo aver risposto, fece una pausa, come se volesse prima di continuare analizzarla in modo dettagliato - e finalmente ti ho trovata. -

- Volete riportarmi a casa? -

La domanda le sfuggì di bocca tanto velocemente che si accorse di averla pronunciata solo dopo averlo fatto. In un secondo, infatti, tutte le sue speranze si erano di nuovo fatte strada nella sua mente, mettendole una certa agitazione addosso tanto da farle perdere il controllo di se stessa. Sapeva che nessuno di quelli che aveva incontrato fino a quel momento, angeli o demoni, capiva queste sue emozioni così forti e prorompenti, ma era anche consapevole di non poterle controllare. Così, non si preoccupò di nascondere la sua emozione di fronte all'angelo, consapevole anche del fatto che, per aver fatto ciò, non sarebbe stata punita con un attacco.

- Non mi è stato dato questo potere purtroppo, piccola Lilith. - le accarezzò il viso affettuosamente, ormai così vicino da far si che l'umana percepisse il calore del suo corpo - però sono qui per aiutarti. -

Tutte le sue fantasie si disfarono in un momento, ma ciò non le impedì di continuare a porre domande. Dopotutto, nonostante fosse ritornata per l'ennesima volta con i piedi per terra, rimaneva una donna molto curiosa.

- In che modo? - chiese.

- Ti posso proteggere. -

Lilith indietreggiò fino a toccare con le spalle il tronco dell'albero sotto il quale aveva riposato. Di colpo, si sentiva male a stare così vicino a quella creatura. Come faceva a sapere che aveva bisogno di essere protetta? Sapeva anche da cosa? Conosceva quei mostri? Quindi là in alto loro sapevano che cosa le stava accadendo? E se era effettivamente così, perché non l'avevano aiutata subito? Perché non avevano ascoltato le sue preghiere?

L'angelo le si avvicinò un po' di più, assumendo un'espressione corrucciata, come se non capisse cosa stesse accadendo.

- Piccola. - disse, sfiorandole il braccio - Cosa c'è che non va? -

- Perché sei arrivato solo ora? -

- Avevi bisogno di me. -

- Io avevo bisogno di qualcuno molto prima di questa tua apparizione e dubito che le mie preghiere non siano mai state udite a nessuno. Ammesso ciò quindi, mi chiedo: perché avete deciso di agire solo adesso? -

Il suo sentirsi ferita fu talmente potente che Lilith se ne uscì con una frase così ricca di sentimento. Questo la sorprese, facendole ricordare come effettivamente era stata tempo: così fiera e così orgogliosa. Per un attimo fu come se si trovasse ancora lassù, in quel luogo perfetto, con gli animali, le piante e Adam. Era forse possibile che avesse ancora dentro di se quella forza? Poteva veramente essere ancora in grado di confrontarsi alla pari con qualcuno?

Forse si.

Si allontanò di scatto, spostandosi dalla trappola tra le braccia dell'angelo e il tronco e lo guardò, prendendo le opportune distanze.

Sapeva che era sbagliato comportarsi così, non a caso il suo carattere fin troppo marcato l'aveva fatta precipitare, ma ormai più in basso di così non poteva stare. E poi, lui non era un demone: non le avrebbe fatto alcun male. Era contro la sua stessa natura.

Cosa aveva da perdere?

- Mancava un po' a tutti il tuo modo di essere, sai? - disse lui ridendo.

- E questa sarebbe una risposta? -

- No. Era una constatazione. E per ritornare al discorso di prima, ti posso solo dire che hai ragione. Eravamo a conoscenza della tua situazione da molto tempo. -

Lilith percepì il sangue ribollire nelle vene e una forte rabbia crescerle nel petto. Era da tanto che non si arrabbiava così, probabilmente dall'ultima volta che aveva parlato con Adam, ma ciò non la stupiva affatto. Sebbene i demoni fossero stati malvagi con lei, non le avevano dato mai un'aspettativa più alta di quella che già aveva nei loro confronti. Gli angeli, invece, si. E l'avevano delusa. L'avevano tradita. Questo non poteva accettarlo, anzi. La faceva imbestialire.

- Vattene. -

Gli girò le spalle, digrignando i denti e aspettando che scomparisse nello stesso identico modo in cui era arrivato. Non le importava se era venuto a offrirle una via di scampo da tutto quel dolore, non le importava se lui era buono e gli altri cattivi. L'aveva ferita e, nonostante non avesse problemi a far rimarginare i danni esterni, trovava estremamente difficile riparare quelli nell'anima.

- Non ho intenzione di farlo, piccola. -

- Questa è casa mia e non è facendomi notare che sono l'ultima arrivata su questo mondo che mi farai cambiare idea. Non mi piegherò, sopratutto davanti a un angelo traditore. -

- Non ti ho mai tradita. -

Gli occhi iniziarono a pulsare e il furore prese possesso di tutto il suo corpo. Si girò di scatto, avvicinandosi a lui come se volesse spingerlo. Era così simile ad Adam in quel momento, senza più quell'alone di luce intorno a se, che quasi pensò di poterlo fare veramente. Ma si trattenne.

- Non osare dirlo, traditore. Come consideri la decisione tua e di tutti i tuoi simili di avermi lasciata qui a marcire, a logorarmi? Come consideri il mio abbandono su questo sporco mondo, pieno di malvagità e dolore? Voi, angeli, che avete chiuso gli occhi di fronte ai loro soprusi e alle loro violenze non siete meno colpevoli di quanto lo siano quei mostri da cui sostieni di potermi difendere. -

- Quello che pensano i miei simili non coincide necessariamente con quello che penso io. -

- Ah no? E allora dimmi, perché non sei venuto tu a salvarmi? Perché nessuno di voi ha mai tentato di porre fine alle mie sofferenze? -

- Devi calmarti, Lilith. Posso spiegarti tutto, se solo tu... -

L'umana alzò una mano come per fargli cenno di tacere e sorprendentemente l'angelo lo fece. Poi, chiudendo gli occhi si passò una mano sul volto e prese un bel respiro, come se avesse avuto bisogno di raccogliere i pensieri prima di parlare di nuovo.

- Ascoltami bene. Non ho bisogno di nessuna spiegazione, ho già capito tutto ciò che c'era da capire. So perfettamente che questa potrà essere l'unica mia possibilità di sfuggire a Valefar e a tutti loro. Ma non mi interessa. Per quanto mi riguarda, non mi fido né di voi né di loro. -

La rassegnazione sul volto di lui era palpabile e Lilith pensò quasi che fosse sul punto di ascoltare il suo ordine e di andarsene. Tutto a un tratto, però, cambiò espressione e invece di sparire in un cono di luce prese a camminarle incontro. D'istinto lei si ritrasse, camminando all'indietro verso il limite del suo luogo segreto da cui iniziava poi la distesa di polvere nera, cercando di sfuggirgli.

- Io posso darti qualcuno di cui fidarti. Una protezione. Un'arma. Posso farti capire, non lo vedi? -

Sentì il suo piede sinistro sfiorare il granuloso terreno su cui i demoni vivevano e camminavano e d'istinto si bloccò. Non voleva stare troppo vicina a quella creatura celeste, ma, nonostante ammettesse il contrario, preferiva di gran lunga la sua compagnia che quella dei mostri. Purtroppo per lei, però, era troppo orgogliosa per ammetterlo.

- Posso salvarti, piccola. Dammene la possibilità. -

Le prese il viso tra le mani e la trascinò verso di se con fare protettivo, come se volesse dimostrarle di essere in grado di tenerla lontana dall'oblio. Lilith, però, era troppo arrabbiata per poter cedere alla sua più che buona offerta.

- Sono in grado di salvarmi benissimo da sola, grazie. -

- Non sembra così tutte le volte che ti prendono sotto di loro, piccola. -

A quell'affermazione, la sua mente capitolò. Come osava ricordarle quel loro tentativo di sottometterla a loro che per lei era stato così doloroso? Come osava farle sentire di nuovo ogni cosa solo per sostenere le sue idee?

Fomentata nuovamente dalla rabbia, lo allontanò da se dandogli finalmente un colpo alle spalle. L'azione lo colse di sorpresa, non essendo abituato alla violenza, e perciò perse la presa su di lei e fu costretto ad allontanarsi di poco per riprendere l'equilibrio. L'umana decise di approfittare del momento di debolezza e gli si parò davanti, cercando di usare tutta la flebile autorevolezza che possedeva per far valere il proprio pensiero.

- Vattene. Immediatamente. Non ho bisogno del tuo aiuto, né ora né mai. -

- Sei una sciocca, bambina. Ci sono cose che potrei insegnarti, spiegarti. Cose che non sai, cose che sono venuto a dirti per farti capire il significato di ciò che ti sta accadendo. Ma sei troppo orgogliosa per renderti conto che il male che stai combattendo è là fuori, non qui dentro. -

Si indicò il petto per poi finalmente indietreggiare. Lilith per un momento pensò alle sue parole e a cosa potessero significare. Per un qualche strano motivo, tutto ciò a cui riusciva a collegarle era lo strano arrivo del piccolo essere, poco tempo prima, ma nulla aveva senso anche in quel caso. Stavo quasi per fermarlo e dire che era disposta ad ascoltare, ma poi lo guardò in viso. E la rabbia esplose.

L'angelo, capendo di non avere più possibilità fu avvolto da una luce intensa e lei, per proteggersi, si schermì gli occhi e si rannicchiò a terra. Rimase in quella posizione per un periodo di tempo che le sembrò lunghissimo e, solo dopo essersi assicurata di non correre il pericolo di accecarsi, alzò la testa.

Si guardò intorno e notò che ogni cosa, intorno a lei, era al suo posto. Un lieve vento soffiava tra le foglie e i fili d'erba e tutto trasmetteva una certa sensazione di quiete. Lui, poi, da quanto poteva vedere, era svanito. Tutto ciò che ne rimaneva era il ricordo rabbioso di Lilith che, nonostante la calma apparente, non si era comunque placato. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Oblivion ***


Erano lì, sulla bassa collina poco distante, a parlare in modo concitato e a muoversi di qua e di là. Lilith non sapeva di che cosa stessero discutendo, era troppo lontana per sentire i loro discorsi, ma era lo stesso preoccupata. I demoni non le erano stati mai così vicini senza attaccarla. Cosa stava succedendo?

Si avvicinò con passi leggeri, quasi temesse che potessero udirla da lontano, all'ultima quercia del lato da cui stava tramontando il sole, aggrappandosi ai suoi rami in modo da nascondersi in mezzo alle foglie. La sua non era un'ottima tattica, considerato il fatto che se fossero stati lì per lei sarebbero già venuti a prenderla, superando tutte le sue deboli barriere con ben pochi colpi. Tutto ciò, però, la faceva sentire sicura. E la sicurezza era proprio una delle cose di cui aveva sentito di più la mancanza dall'arrivo dell'angelo.

Deglutì e si fece forza, cercando di concentrare tutta la sua attenzione sui volti di quegli esseri. I più lontani erano impossibili da identificare, sia per il buio che stava avanzando sia per il fatto di essersi ammassati tutti in un unico punto, ma quelli più vicini furono facilmente identificabili.

Sul lato destro del colle, vicino ad un enorme pietra nera, si stagliavano in tutta la loro maestosità quattro figure scure. Lilith si rese conto che i primi tre, posizionati a triangolo, non erano nient'altro che Paimon e i figli Bebal e Abalim. Erano immobili e scrutavano con fare disgustato la massa poco distante, come se persino i loro simili non fossero degni di loro. L'umana li aveva incontrati tutti insieme solamente una volta, nel momento in cui era atterrata, e poi non li aveva più visti, se non per qualche attacco occasionale da parte di Abalim e qualche altro demone. Si chiese che cosa ci facessero lì, loro che sembravano essere troppo potenti e importanti persino per starle vicino, e immediatamente rabbrividì alle varie possibilità. Di fianco a loro, un po' più spostato verso il centro, c'era Baal, re del primo regno e conoscitore di tutte le cose, con la sua solita espressione impassibile e inumana che lo faceva sembrare ancora più agghiacciante. Quasi a competere con la sua fermezza c'era, poi, nel mezzo della scena, il quinto re: Purson. Lui era venuto spesso a trovarla, sopratutto nell'ultimo periodo, ma non le aveva mai rivolto la parola. Il suo silenzio, però, non era uno di quelli che Lilith apprezzava, era inquietante. La faceva stare male più di quanto facessero le parole meschine degli altri.

Riconoscere tutti quei personaggi malvagi le mise una certa agitazione addosso, tanto da desiderare di distogliere lo sguardo, ma era troppo rapita dai loro movimenti concitati per farlo davvero. Sembravano quasi più umani in quel momento e la cosa la attirava non poco. Purtroppo, però, era anche consapevole del fatto che le cose non potevano essere così e solo l'idea che potesse esserci qualcosa di così grande da agitarli in quel modo la terrorizzava.

Fece scorrere nuovamente lo sguardo su ciascuna faccia, riconoscendo di volta in volta sempre più volti. Asmodeus, il settimo re, Agares, Sitri, Orobas, Phenex, erano tutti lì, riuniti, e tra loro vi erano anche delle figure che lei non aveva mai visto. Involontariamente si maledì per non aver accettato l'aiuto di quell'angelo che sembrava sapere cose a lei ignare, ma si disse anche che ormai era fatta. Lui era fuggito e lei era rimasta sola, piena di domande e fin troppo vicina al pericolo. Cosa poteva fare?

- Lilith. -

Una voce profonda e fin troppo conosciuta proveniente dalle sue spalle la fece immobilizzare di colpo. Come aveva potuto non accorgersi della sua mancanza? Si morse il labbro così violentemente che quello iniziò a sanguinare, lasciandole un gusto amaro in bocca. Era rimasta così incantata e spaventata da quell'immagine che non aveva fatto minimamente caso al fatto che Valefar il demone non era presente. Così, aveva inavvertitamente abbandonato ogni tipo di difesa, essendo sicura di poter tenere sotto controllo tutti i pericoli, permettendo a quell'essere di varcare le sue barriere e di avvicinarsi a lei.

Sciocca. Maledetissima sciocca.

Le si avvicinò, passandole un braccio intorno alle spalle e premendo il suo corpo contro il suo in un gesto fin troppo dolce. Portò le sue labbra al collo di lei e le stampò un bacio viscido, prima di farla voltare con forza di modo che lo guardasse.

- Sono venuto a salutarti, principessa. -

Principessa? Cosa? Lilith corrugò la fronte, mentre il suo corpo veniva intrappolato tra il demone e lo stesso tronco che fino a poco prima era stato uno dei suoi tanti nascondigli. Perché le aveva dato quell'appellativo? E cosa voleva da lei?

- Cosa ci fai qua, Valefar? -

Si osò. Si osò talmente tanto da pronunciare il suo nome senza neanche battere ciglio. Era da tanto che non lo faceva, ma cosa aveva da perdere di più? I demoni erano alle porte del suo luogo segreto. L'angelo, unica sua possibilità, se n'era andato. Persino il suo essere buona se n'era andato, nel momento in cui aveva abbandonato a quei mostri quella piccola creatura solo per un motivo egoistico. Non le restava più nulla. Nulla, a parte quella sua rabbia disperata che con l'arrivo dell'angelo si era manifestata più potente che mai.

Il demone fece una mezza smorfia inquietante, somigliante quasi ad un sorriso.

- Da quando hai ripreso a parlare? -

- Non ho mai smesso. Solo non lo facevo con te. -

Digrignò i denti e strinse i pugni, cercando di trattenersi dal scacciarlo da se. Il corpo del demone continuava ad essere premuto contro il suo e le sue mani correvano lungo i suoi fianchi nudi in quel modo disgustoso che lei non sopportava, ma non poteva di certo rischiare di farlo arrabbiare ancora di più allontanandolo. Era stata una sciocca che aveva osato troppo, si, ma non era ancora totalmente pazza.

- È stato l'angelo, non è vero? - la guardò, bloccando il movimento all'altezza della sua vita - cosa ti ha fatto, mia principessa? -

- Perché questo nome? -

La strinse tra le dita tanto da farle male, mentre un sorriso maligno gli si dipingeva sul volto. Era così spaventoso.

- Non dovresti ribattere ad una domanda con un'altra domanda. - e con questa affermazione, lasciò la presa - ma, poiché sei la mia principessa, ti risponderò. Il mio buon re, Zagan il sesto, ha ricevuto una voce questa notte. Diceva che eri Potere. -

Lilith deglutì, non sapendo bene cosa fare. Il corpo troppo forzuto e vigoroso di Valefar le impediva qualsiasi movimento e le sue parole spiazzanti le avevano completamente tolto le parole di bocca. Si sentiva come in una bolla d'acqua, una di quelle che qualche volta si metteva a creare al mattino, sulla riva. Erano gelide e toglievano il respiro quando toccavano la pelle, congelando ogni cosa intorno a loro, compreso lei stessa.

- Tocca a te rispondermi, principessa. -

- Io... -

Notando la sua titubanza, le prese il volto tra le mani, avvicinandolo al suo al punto da condividere il respiro con quello di lei. Sapeva di sangue e morte e questo la disgustava non poco, ma, cercando di trattenersi per non scatenare la sua furia, rimase in quella posizione.

- Parla. Parlami nello stesso modo che hai fatto con lui. -

Come faceva quell'essere a sapere che aveva parlato con l'angelo, si chiese. L'aveva forse spiata? Rabbrividì al solo pensiero, cercando di non immaginarselo intento a guardarla in ogni momento della sua giornata. Non bastava che lui la tormentasse con quei suoi attacchi dolorosi, doveva anche osservarla ora? Come avrebbe potuto dormire ancora o anche solo abbassare la guardia sapendo questo? E poi, cosa rappresentavano quelle domande sull'angelo se lui già sapeva tutto?

Nulla aveva senso. Il suo corpo iniziò a tremare leggermente.

- Non avere paura, Lilith. Non ti sto chiedendo di averne. -

- Non hai il diritto di chiedermelo. -

Non era vero, però. Lui, fin da quando l'aveva incontrato per la prima volta, poco dopo la sua caduta, non aveva fatto altro che darle ordini. Era stata tutta colpa sua che glielo aveva permesso e di certo opporsi ora non avrebbe risolto la situazione. Anzi. Nonostante ciò, però, lei l'aveva fatto. Dimostrando nuovamente di essere solamente una sciocca confusa.

Come punizione il demone le tirò uno schiaffo talmente forte da farle girare la testa da un lato. La guancia iniziò a bruciarle un poco, ma il dolore vero sembrò nascerle da dentro. Un simile atto era l'ennesima dimostrazione di quanto lei fosse sottomessa a quell'essere ripugnante e la cosa peggiore era che entrambi lo sapevano. Rendersi conto di questo, nonostante fosse una cosa scontata dopo tutto quel tempo, la fece stare male, come se tutta la sua forza le fosse stata risucchiata via in un colpo solo. Non era la prima volta che si sentiva così, ma se aveva anche solo pensato di poter riacquistare un poco di se stessa dopo l'incontro divino, in quel momento aveva dovuto ricredersi totalmente. Valefar aveva ancora su di lei un certo potere, così grande da poterle portare via anche la speranza. Come aveva potuto anche solo pensare di potercela fare contro di lui?

- È davvero possibile cambiare così tanto in così poco tempo? Sei sorprendente, piccola. - il suo volto si aprì in un ghigno raccapricciante, prima di continuare - è così che ti chiama lui, no? Beh, capisco anche il perché. Sei talmente insignificante che per chiunque è impossibile evitare di schiacciarti. -

Lilith arrossì.

Era da tanto che ciò non succedeva, ma era anche da tanto che qualcosa riusciva a metterla a disagio a tal punto da farla reagire in quel modo. Benché quei mostri l'avessero torturata giorno e notte nell'ultimo periodo, nessuno di loro aveva mai tentato di giocare con i suoi sentimenti o di prendersi gioco di lei. Nessuno l'aveva mai costretta a vergognarsi di se stessa.

Ora, però, lui l'aveva fatto. Il limite era stato superato. Era stata per l'ennesima volta violata nel profondo. Sarebbe stata in grado di ricostruire le sue barriere interiori di nuovo? Non era sicura della risposta. E il mostro lo sapeva.

- Ti ho forse ferito, piccola? Ti senti forse triste? - avvicinò le labbra al suo orecchio, premendo il corpo contro il suo con violenza - Ora puoi capire che cosa ho provato quando ti ho vista con quell'essere. -

Deglutì a stento, cercando di controllare il respiro che inspiegabilmente le si era fermato in gola. Cosa poteva dire? Che le dispiaceva? Ma le dispiaceva veramente? No. Cosa fare, dunque?

Lo guardò negli occhi, cercando di capire dove volesse andare a parare, di cogliere un qualche indizio. Quelle iridi nere, però, erano vuote e impassibili. Non avrebbe trovato nessuna risposta, lo sapeva, ma tentare non costa nulla a chi non ha più niente da offrire.

O almeno, così credeva lei.

- Sei mia. -

Le sussurrò di colpo, dopo aver ricambiato il suo sguardo.

- Sei mia. -

Le disse a fior di labbra, spingendola contro il tronco utilizzando tutto il suo peso.

- Sei mia. -

Urlò a pochi centimetri dal suo viso, con rabbia e frustrazione.

L'odio che aveva nel corpo sembrava non poter essere contenuto in quel momento e sembrava riversarsi nei suoi occhi a fiumi, rendendolo ancora più spaventoso di quanto già non fosse. Era sconvolto dai tremiti, mentre la stringeva a se piantandole le unghie nella carne, e sembrava totalmente fuori di se. Raramente Lilith l'aveva visto perdere il controllo in quel modo e questo le metteva terrore, perché le poche volte in cui era successo non era andata a finire bene. Si chiese che cosa le avrebbe fatto, non essendo pronta a subire nessun tipo di violenza, ma dentro di se sapeva già che cosa le sarebbe toccato in sorte. Tentava solo di convincersi che non fosse così.

Senza quasi accorgersi di essere stata spostata, percepì la schiena aderire al terreno e l'erba del suo luogo segreto solleticarle la pelle nuda. Se fosse stata una situazione diversa avrebbe goduto di quella situazione, ma in quel momento, in parte per essere stata spinta a terra con la forza, in parte per essere stata costretta a seguire gli ordini del demone, tutto ciò che riusciva a provare erano sentimenti negativi. La sua forza era stata sostituita di nuovo dal desiderio di sopravvivere e si era andata a nascondere nella parte più buia di lei, lasciandola completamente sola in balia dei desideri del mostro. La speranza, poi, era stata risucchiata dalla tenebra e al suo posto era subentrata la rassegnazione.

Non aveva più nessun arma, nessuna difesa contro di lei. Poteva solo piegarsi al suo volere.

- Sei mia, principessa. Sarò meglio di lui. -

Fu così che la sottomise.

Lei, per un po', urlò come era solita fare in quelle situazioni, nonostante il dolore fisico fosse anche sopportabile. Poi, però, smise. Si sentiva vuota e il mondo intorno a lei era così buio. A cosa serviva disperarsi? Non poteva più combattere.

L'attacco continuò, ancora e ancora. Durò di più degli altri, forse fu addirittura il più lungo, ma lei non avrebbe saputo dire con precisione di quanto. Tutto ciò che riusciva a percepire era una nube indefinita di sensazioni cattive e stralci di realtà. Nulla aveva più senso per lei, forse neanche il dolore. Era come se fosse precipitata dentro la bolla gelida del mattino e l'acqua l'avesse spezzata in tante piccole parti impossibili da ricostruire.

Non appena fu appagato a sufficienza Valefar la guardò, la strinse ancora una volta e poi si fermò, immobile e di nuovo impassibile sopra di lei. Era riuscito a far valere la sua posizione e a farla sottostare a lui come era giusto che fosse. Non aveva ottenuto una risposta alla sua domanda, era vero, ma che importava? Conosceva già tutto ciò che lei avrebbe potuto dirgli e, se proprio doveva ammetterlo, quello era stato solo un modo per testarla. Lei aveva fallito e infatti era stata punita. Tutto era normale.

Sorrise.

- Così è giusto, principessa. Inchinati al tuo re. -

Lui, però, non era un re, si rese conto Lilith. Questo poteva forse significare che lei non era una vera principessa? Non le importava granché, in realtà. Nulla aveva più senso ora che il suo ultimo tentativo disperato di risollevarsi era svanito nello stesso modo in cui era arrivato insieme a quell'angelo. L'unica cosa che poteva fare era abbandonarsi a quell'oblio che, in quel momento, sembrava così dolce e invitante. Almeno, lì, avrebbe dimenticato il dolore.

Si accasciò, chiudendo gli occhi, sotto il peso di lui che ancora le gravava addosso. Era buio, ogni forma o immagine era stata dimenticata e nulla sembrava esistere. C'era pace. Poteva andare bene.

Poi, però, ecco un lampo di luce.

Gli occhi di Lilith bruciarono e lei tentò di aprirli in qualche modo per capire quale ne fosse la causa, ma il dolore sembrava essere troppo grande. Sentì a poca distanza un urlo soffocato e poi un certo sollievo all'altezza del petto, come se il suo corpo si fosse librato nell'aria. Fu grata di questo, ma non abbastanza da passare oltre il dolore e la frustrazione derivata dal non poter sapere cosa stava succedendo.

Era forse morta? Oppure finalmente il Grande aveva accolto le sue preghiere? Era speranza, quella che vedeva in mezzo a tutto quel bagliore? Non capiva.

Fu buio.

Ogni cosa intorno a lei precipitò di colpo nell'oblio, portandosi con se tutti i suoi dubbi e tutte le sue domande. Stava quasi per chiedersi come fosse possibile tutto ciò, ma poi si rese conto che in quel momento non sembrava importare. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il desiderio di cadere tra le braccia di quelle tenebre così tranquille. Solo per poco, solo per riposare. Ne aveva bisogno. Era questo il suo scopo, dopo tutto, no? Nulla di quello che poteva offrirgli tutto ciò che non era la tranquillità dell'oblio le interessava.

Si lasciò andare.

Qualcosa, però, l'afferrò.

E fu di nuovo luce.

- Credi ancora che non sia opportuno accettare il mio aiuto? -

Aprì gli occhi. Il bagliore accecante la ferì, costringendola a socchiudere le palpebre per osservare il viso angelico di fronte a lei.

Dopo tutto, era sembrato veramente fin troppo semplice.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Bright ***


- Hai giusto il tempo di alzarti e correre con me, piccola. Non di più. -

L'angelo le tese la mano per tirarla su da terra, fissandola con una certa urgenza nello sguardo. I fini capelli biondi gli ricadevano lungo il viso, incorniciandogli quell'espressione meravigliosa e incantatrice, tipica della sua specie, che meravigliava tanto Lilith. La donna rimase qualche attimo a guardarlo, sopraffatta da così tanta bellezza e anche desiderosa di avere un breve momento di pura contemplazione prima di rimettersi in piedi. Per un attimo, le venne il dubbio che potesse essere fuori luogo, ma si rese subito conto che a lui non sembrava pesare quella situazione. Per lui, forse, era l'ennesimo mezzo per comunicarle quanto grave fosse la situazione in cui si trovavano.

- Dove andiamo? -

Chiese lei, finalmente accettando l'aiuto che lui le porgeva.

- Da qualche parte, possibilmente il più lontano da qui. - una pausa, l'angelo le strinse la mano - stanno arrivando. -

Lilith deglutì a fatica, cercando di concentrarsi su qualcosa che non fosse la paura, e poi annuì, come per dire che acconsentiva a seguirlo. Non si fidava molto di lui dopo quello che le aveva rivelato, ma sapeva che in quel momento aveva ragione. Dopo tutta quella luce e quel frastuono era impossibile che quei mostri, che per tutto il tempo non si erano mossi dalla collina, non avessero notato nulla. Inoltre, considerato che molti di loro sapevano che lei abitava quella zona, avrebbe potuto dire con certezza che sarebbero corsi a cercarla. Perciò, doveva andarsene. E l'unico modo che aveva per farlo con sicurezza in quel momento era con l'essere che la stava conducendo fuori dalla vegetazione.

Camminarono oltre il confine da cui è possibile veder sorgere il sole e continuarono ad avanzare per un tempo che a Lilith parve infinito. La distesa di polvere nera era tutto ciò che riusciva a vedere davanti a lei. Non c'erano rocce o rialzamenti del terreno dove fosse possibile trovare una fantomatica salvezza e lei iniziò a poco a poco a domandarsi come avrebbero fatto effettivamente a sopravvivere a tutti quegli esseri spaventosi.

- Non abbiamo speranze, angelo. Non c'è niente qui, dove vuoi nasconderti? -

Sbottò ad un certo punto, non potendo più trattenersi dal dire la sua.

- Chi ha parlato di nascondersi, piccola? -

L'umana si bloccò di colpo, spaventata. Come poteva dire una cosa del genere? Erano in due e di fatto solamente uno aveva le capacità di combattere. E loro erano migliaia. Migliaia! Non avevano nessuna possibilità di batterli.

- Non ti fermare. Se ti fermi, muori. -

Commentò lui, iniziando a trascinarla mentre ogni singola parte di lei era immobile, pietrificata dalla paura. Non aveva idea di che strada seguire in quel momento, essendo troppo debole per ribellarsi a quella scelta suicida e allo stesso tempo troppo impaurita per seguirla. Avrebbe voluto prendersi il suo tempo e analizzare al meglio la situazione, ma l'angelo non aveva tutti i torti nel dire che fermandosi avrebbe solo avvicinato di più il pericolo. Cosa doveva fare, quindi?

- Cammina, Lilith. Non avere paura. Devi fidarti di me. -

Ma come poteva fidarsi? La stava portando direttamente tra le fauci del lupo.

Si chiese se non fosse tutto un piano malvagio per farla soffrire ancora di più e immediatamente si diede della sciocca per aver avuto poco prima quell'attimo di debolezza dettato dalla paura. Non avrebbe dovuto seguire così istintivamente quell'essere, nonostante fosse per natura buono e divino. Per quanto ne sapeva, nessuno dei suoi simili aveva mai dimostrato nei suoi confronti benevolenza e proprio per questo non avrebbe dovuto fidarsi così ciecamente.

Ormai, però, l'aveva fatto. Che soluzione le era rimasta?

Iniziò a muoversi a piccoli passi, ammutolita e come in trance. Si sentiva leggera e la sua testa era come se fosse completamente immersa in una bolla. Sotto certi aspetti, era quasi idilliaco.

Poi, però, iniziò a sentire anche i rumori.

Migliaia di piedi battevano contemporaneamente sul terreno scuro e urla spaventose riempivano l'aria, sovrastando persino il violento pompare del cuore di Lilith. Stavano arrivando, poteva percepirlo anche senza voltarsi. Dove potevano andare?

- Corri. - disse in un soffio l'angelo - Veloce, piccola. -

Fece come gli era stato detto. Non c'era tempo per rifiutarsi o discutere sull'inutilità di quel piano. L'istinto di sopravvivenza era ancora forte dentro di lei e di certo non avrebbe lasciato il posto alla paura e alla rassegnazione. Aveva speranza dentro di se, dopo tutto.

- Ora - disse - fermati. -

Si bloccò. Erano sempre più vicini al pericolo e, se l'intento dell'angelo era quello di farla morire di paura, l'umana doveva ammettere che ci stava riuscendo perfettamente. I suoi comandi non avevano nessun senso logico, né sembravano essere parte di un qualsiasi tipo di piano. Erano dati a caso, come se avessero il fine di confondere non solo gli inseguitori ma lei stessa, e questo le fece ancora di più sorgere il dubbio che potesse trattarsi di una trappola. Un tempo, se si fosse ritrovata in una situazione di quel genere, non avrebbe mai ceduto alle parole di quell'essere né si sarebbe fatta comandare come invece stava accadendo. Purtroppo, però, lei non aveva più quella forza. E sapeva fin troppo bene di non essere più in grado di fare qualsiasi cosa che comportasse il mettersi in gioco totalmente.

- Lasciati andare. -

A queste parole, Lilith temporeggiò. Stava cercando forse di farla morire lentamente, logorandola dall'interno?

Cogliendo il suo dubbio, lui la lasciò per primo, ben consapevole che in quel mondo avrebbe ottenuto il medesimo effetto. Destabilizzata, lei lo guardò negli occhi, come per trovare una qualche risposta a tutte quelle domande che le stavano vorticando in testa. L'angelo, cogliendo l'attimo, decise allora di agire.

Con un balzo, le scivolò addosso, le prese la vita e la fece cadere a terra sotto il suo stesso peso. Poi, stringendola al petto in modo fin troppo violento, la sollevò e prese a correre nella direzione opposta a quella verso cui erano diretti, orientandosi in particolare verso il centro della folla di demoni. L'umana, dal canto suo, si abbandonò completamente a quella stretta, troppo debole per opporsi veramente e ormai rassegnata all'idea che non ci fosse più alcuna speranza. Stavano correndo verso il pericolo stesso: era impossibile pensare ancora che non si trattasse di una trappola per lei.

Lasciando andare la testa all'indietro, con la coda dell'occhio fu in grado di vedere bene i mostri che piano piano li stavano accerchiando. I loro occhi, pieni di malvagità, la guardavano con aria famelica e le loro braccia, sporche e scattanti, si protendevano già verso di lei. Tra quelle facce riuscì a distinguere un paio di volti conosciuti, tra cui lo stesso Valefar, che più di tutti sembrava adirato. Lilith si chiese per quale motivo avesse preso così sul personale la presenza di quell'angelo sulla terra, ma poi si decise che non aveva più importanza.

Mentre la sua mente divagava e il suo corpo giaceva inerme tra le braccia dell'essere divino, la prima linea dei demoni fece un balzo in avanti, come per diminuire ancora di più la distanza che piano piano si stava accorciando. L'angelo, senza dire una sola parola, si gettò tra loro cercando di saltare oltre le teste infernali che aveva di fronte. Il cuore di Lilith le salì in gola, non essendo abituata a movimenti così veloci e forti, e iniziò a prepararsi al dolore che avrebbe seguito l'impatto. Stranamente, però, il tempo di preparazione sembrò prolungarsi fin troppo a lungo. La donna spalancò gli occhi che fino a quel momento non si era accorta di aver tenuto chiusi e si guardò intorno. La prima cosa che riuscì a mettere a fuoco furono un paio di ali talmente enormi da riempire completamente il suo campo visivo, di un bianco lucente che sembrava provenire dal paradiso stesso. Sorpresa, si rese anche conto del fatto che esse erano parte dell'angelo e che si stavano muovendo velocemente, nello stesso modo in cui gli uccelli che tanto amava osservare la mattina nel Giardino le usavano per volare sopra le chiome degli alberi. Immediatamente, si chiese come avesse fatto a non accorgersi mai di quella magnifica caratteristica degli angeli quando si trovava ancora Lassù, ma poi, troppo attratta da quella visione divina, rinunciò a rispondersi. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era a quanto fosse bello quell'essere, così magnifico e potente con quella sua determinazione negli occhi blu e il vento tra i capelli. Le ricordava casa.

- Stai bene, piccola? -

Ci mise qualche attimo prima di elaborare a dovere la domanda che gli era stata posta, ma quando fu in grado di connettere tutti i pensieri tra loro, ogni sua preoccupazione le cadde di nuovo addosso. Dimenandosi tra la sua forte presa, tentò di voltare la testa per guardare dove fossero i mostri, ma tutto ciò che riuscì a scorgere fu una distesa nera sotto di se, che scivolava via ad una velocità impressionante.

- Cos'è successo? -

Chiese, rinunciando a cercare di capire da se, ancora troppo spaventata e frastornata per riuscirci a dovere.

- Il mio piano ha funzionato. - sorrise, guardandola velocemente prima di ritornare a fissare il vuoto davanti a lui - controlla tu stessa. -

Con un movimento del polso la fece scattare verso il suo petto, costringendola a posare le braccia sulle sue spalle per non perdere l'equilibrio. Lilith era quasi pronta ad urlargli contro, ma non appena fece correre lo sguardo verso le sue ali iniziò a scorgere un flebile movimento tra un battito e l'altro. Concentrandosi, poté definirlo meglio attribuendolo ad una sottospecie di massa informe a svariati metri da dove si trovavano loro. Quest'ultima era di colore nero e anche piuttosto grande, per non parlare del fatto che era accompagnata da un concerto di suoni strazianti. Se non li avesse uditi, probabilmente l'umana non avrebbe creduto che quella che lei aveva identificato come un'enorme macchia scura era in realtà il gruppo di demoni dal quale avevano cercato di scappare. Ricordando, però, i loro versi disumani, in quel momento si rese conto che era quasi impossibile non associare le due cose.

- Sono loro. -

Disse in un soffio, realizzando quanto fossero distanti rispetto a prima. Era un sollievo, in realtà, vederli così poco distintamente da poter essere sicura di non essere in pericolo, ma allo stesso tempo sentiva di provare una certa sensazione di inquietudine. Com'era possibile che fossero riusciti a superarli? Dove stavano andando? E sopratutto, come avevano fatto a seminarli così tanto?

La risposta le riempì la testa di colpo, tanto che iniziò a darsi della sciocca da sola per non essersene accorta prima.

- Stiamo volando. -

Affermò con sicurezza, rimanendo ancora aggrappato al torso di lui e osservando la massa di mostri contorcersi sotto di loro.

- Si. - nel tono di lui si sentiva il sorriso che probabilmente doveva aver stampato in faccia - hai mai provato a volare, piccola? -

- No. -

- La considero una vittoria questa, allora. -

Lilith sentiva la testa leggera, libera dalla paura. Non riusciva a capire che cosa intendesse l'essere con quell'ultima frase, ma onestamente non le importava. Erano riusciti a fuggire. Non era più in pericolo. Lui l'aveva salvata.

Cos'altro importava?

- Manca poco. -

L'avvertì l'angelo, dopo una breve pausa. Dal suo tono traspariva sicurezza, come se fino a poco tempo prima non avessero rischiato la vita e i demoni non li stessero ancora seguendo. Lei non era molto d'accordo su questo suo comportamento, tanto che con la coda dell'occhio continuava a controllare che gli Infernali non si stessero avvicinando troppo, ma da un certo punto di vista lo ammirava. Probabilmente lui aveva ancora quella forza che nasce dalla consapevolezza di essere ancora in grado di fare qualcosa di buono, a differenza sua. Era confortante. Almeno non si era abbandonata completamente ad un essere in balia del mare di dolore che è la vita.

Mentre pensava a tutte queste cose, il vento iniziò a cambiare verso, soffiando diagonalmente. Le ali dell'angelo si curvarono verso il basso e una forte pressione colpì il cuore dell'umana. Stavano scendendo, si disse. Per quale motivo?

Iniziò ad agitarsi.

Pur essendo ancora molto distanti, i demoni ora sembravano più reali rispetto a prima. Le facce dei primi erano quasi distinguibili ora e questo la impauriva non poco. Non era più convinta che il divino fosse lì per condurla in una trappola, ma era comunque ancora spaventata dai suoi gesti avventati che non erano neanche accompagnati da una spiegazione. Dove stavano effettivamente andando? Avrebbero dovuto correre di nuovo?

I suoi piedi toccarono terra troppo presto. Mollando la presa dal corpo dell'angelo si lasciò andare, cadendo seduta a pochi passi da lui. La zona in cui si trovavano era molto più rocciosa di quella in cui era rimasta fino a poco prima e sembrava rialzata rispetto al resto del terreno. Poco distante si poteva scorgere un colle oltre cui svettava la chioma di una quercia rossa.

- Quella è casa mia? -

Chiese, indicando un punto a caso in quella direzione e tentando di non pensare a ciò che si stava avvicinando a loro.

- Si, piccola. - l'angelo si abbassò alla sua altezza, avvicinando il viso al suo - però al tuo posto non definirei quel luogo casa. -

Si scambiarono una sguardo lungo e profondo che Lilith non riuscì a comprendere. Il viso dell'essere sembrava emanare felicità e tranquillità, ma lei non era sicura che questi sentimenti fossero veramente parti della sua natura. Erano troppo idealizzati per essere veri.

Distolse lo sguardo.

- Alzati. -

Le disse, allora, lui, scattando in piedi e porgendole la mano di modo che seguisse il suo esempio. Lei, senza dire nulla, lo fece, volgendogli subito dopo le spalle per non far vedere il rossore che le aveva colorato le guance.

Sembrava quasi tranquillizzarsi, ma poi, guardando dritto davanti a se, sentì la terra mancarle sotto i piedi. Di fronte a lei, immobili come delle statue, c'erano quattro figure in ombra, di cui lei riusciva solo a scorgere il profilo che, a causa del sole, sembrava quasi disegnato. L'angelo, cogliendo il suo stupore e la sua paura, le si mise al fianco, passandole una mano lungo il braccio nudo in un gesto quasi rassicurante. Sotto quel tocco, la donna si sciolse un poco.

- Lilith, lascia che ti presenti i miei compagni. - Fece un passo avanti, alzando la mano con la quale l'aveva accarezzata e indicando la prima figura alla sua destra. - Questa è Ashtoreth, angelo dell'ultima schiera e padrona delle arti manuali. -

Ashtoreth si spostò dall'ombra, venendole incontro con passo deciso e sinuoso. Gli altri la seguirono e si fermarono sulla sua stessa linea, in modo fin troppo ordinato e silenzioso. Colpita dalla bellezza della prima, Lilith spostò lo sguardo sul secondo essere divino, curiosa di osservarlo, mentre il suo angelo lo introduceva.

- Azazel è protettore dei deserti e grande insegnante, piccola. Da sempre si accompagna a Samael - fece scorrere il dito verso il terzo personaggio - arcangelo della giustizia e del castigo. -

L'ultima parola da lui pronunciata fece rabbrividire l'umana, che fin troppo aveva temuto e evitato i castighi, da lei considerati dolorosi e senza senso. Guardò di sfuggita l'oggetto di quella descrizione e poi abbassò la testa, impaurita dalla potenza che emanava. Samael era bello, doveva ammetterlo, ma dopo la sua descrizione le pareva anche spaventoso e inquietante. Non aveva motivo di guardarlo oltre.

- Infine - il suo salvatore, notando che aveva smesso di osservare, riprese a parlare - lascia che ti presenti l'angelo del sacrificio e del fuoco: Moloch. -

E a quelle parole l'umana alzò la testa di scatto. Aveva sentito bene? Guardò attentamente quello che era stato chiamato con lo stesso nome del suo castigatore. Sapeva che, fisicamente, era impossibile riconoscerlo, considerato che non era mai riuscita a vederlo, ma poteva provare a percepire la sua aura. Puzzava di ingiustizia e paura, da quello che era riuscita a sentire. Doveva essere lui.

L'essere sorrise con malignità, guardandola come si guarda il cibo dopo aver digiunato per giorni e giorni.

- Com'è questo piccolo nuovo mondo, Lilith? - disse - Ti piace? Ci ho messo molto a sceglierlo, spero sia di tuo gradimento quasi quanto lo è per me. -

L'umana digrignò i denti. Cosa stava succedendo? Perché era lì? Perché tutti loro erano lì?

Un urlo demoniaca le riempì le orecchie, costringendola a tapparsele con le mani. Erano arrivati? Stavano venendo a prenderla? Chiuse gli occhi.

Era quella la fine?

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