Saint-Romain project

di Grimilde Deveraux
(/viewuser.php?uid=847303)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Dieci anni dopo ***
Capitolo 3: *** Dushka ***
Capitolo 4: *** Michael-VS-Sherlock ***
Capitolo 5: *** Appuntamenti e proposte ***
Capitolo 6: *** Keath ? ***
Capitolo 7: *** Inviti ***
Capitolo 8: *** Perchè no? ***
Capitolo 9: *** Ritorni ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic

Albany, 1985 orfanotrofio Saint-Romain

<< Ciao, io mi chiamo Keath, tu come ti chiami? >> la bambina guardò la sua simile che indossava un delizioso vestitino rosso e un grande fiocco dello stesso colore in testa:<< Io… >> << Devi avere un nome, tutti hanno un nome >> la bambina sorrise appena rassicurata dal tono allegro della ragazzina:<< Talia, mi chiamo Talia >> Keath sorrise:<< È un bel nome >> poi voltandosi verso un punto indistinto sotto al porticato dell’orfanotrofio aggiunse felice:<< Papà, ti prego posso… >> un uomo alto e scuro scese i gradini del portico avvicinandosi alle due bambine:<< Che cosa c’è dushka? >> lei sorrise al padre facendogli gli occhi dolci:<< Lei è Talia…avevi detto che avevi bisogno di qualcuno che mi facesse compagnia… >> lui guardò Talia con curiosità per qualche istante:<< Ciao piccola >> lei salutò con voce flebile, quell’uomo le metteva una certa soggezione, a dire il vero tutti gli adulti le mettevano soggezione da quando era stata lasciata davanti all’orfanotrofio ancora in fasce ed era stata cresciuta dalle suore del Saint-Romain.

<< Io mi chiamo Abraham Carson e lei è mia figlia >> poi stringendo la mano di Keath e porgendone una a Talia aggiunse:<< Ti va di venire a casa con noi? >> << A casa vostra? Per il pomeriggio signore? >> domandò Talia con timore:<< No a vivere! >> le rispose Keath con allegria, Abraham rise a sua volta baciando affettuosamente i capelli della figlia:<< Sì, Keath ha ragione, vuoi venire a vivere con noi? >> Talia restò immobile per un attimo, di solito le famiglie o le coppie che si recavano all’orfanotrofio erano alla ricerca di bambini piccoli dai visi rotondi e paffuti, deliziosi neonati da coccolare e viziare…nessuno si sarebbe mai interessato a lei ora che era troppo grande; sei anni erano troppi nel giro delle adozioni e la madre superiora glielo aveva ripetuto più volte:<< Allora piccola, ti piacerebbe? >> ancora timorosa Talia alzò gli occhi sull’uomo che la guardò con i suoi penetranti occhi azzurri per poi rispondere piano:<< Perché io? Ci sono tanti neonati che… >> << Io con un neonato non ci posso giocare, io voglio un’amica >> rispose Keath saccente guardando il padre come a volergli dire di sbrigarsi così Abraham sorrise alzandosi in piedi:<< Vado a parlare con madre Lidia, voi intanto preparate le valige di Talia va bene >> Keath annuì sorridendo alla sua nuova amica.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. Dieci anni dopo ***


New York, Hamptons dieci anni dopo…

<< Taly muoviti o faremo tardi! Dai quanto ti ci vuole ancora? >> e con la sua solita voce allegra Keath bussò alla porta del bagno di quella che ormai praticamente era sua sorella con una certa impazienza:<< Dai faremo tardi! Papà ci aspetta in macchina, andiamo! >> un minuto dopo la porta si aprì e Talia sorrise splendida con i capelli neri a caschetto, i pantaloni neri e la camicetta argento che riluceva alle luci del tramonto:<< Non mi piace che mi chiami Taly lo sai >> Keath sorrise per scusarsi poi commentò:<< Wow…sei uno schianto…Ora andiamo >> poi voltandosi fece svolazzare il vestito rosso in stile Marylin Monroe.

Talia la osservò mentre scendeva lo scalone centrale, esattamente come il giorno in cui l’aveva conosciuta Keath portava un fiocco rosso nella massa lunga di capelli neri e sorrideva come se il mondo intero le avesse regalato la felicità, spesso Talia la prendeva in giro dicendole che sembrava Biancaneve per quanto amava la vita e il suo cane, un bastardino mezzo lupo color biscotto di nome Hyde.

<< Ah eccovi qui. Andiamo, aspettano solo noi per cominciare >> e sorridendo Abraham Carson fece salire le ragazze sulla berlina scura accanto a lui.

Una volta arrivati davanti al liceo dove entrambe studiavano, la Hamptons Hammond School, Abraham le lasciò all’ingresso con la promessa di incontrarsi dopo appena prima della premiazione.

<< Allora Taly... >> e Keath cominciò a ridere:<< Non mi chiamare così >> << Scusa, è più forte di me. Comunque dicevo…che intenzioni hai? >> l’amica la guardò preoccupata:<< Che intenzioni ho per cosa? >> domandò poi,  ma prima che il discorso potesse andare avanti una voce maschile le fece voltare verso l’ingresso della palestra:<< Buon pomeriggio signorine >> Keath sorrise allegramente mentre Talia deglutì nervosa, ora capiva le parole di Keath, anche se non si era aspettata di trovarselo davanti:<< Ciao Dante >> << Signorina Carson, signorina Taylor >> e il giovane assistente di Abraham fece il baciamano ad entrambe indugiando appena sulla mano di Talia stretta nella propria:<< Ciao Dante >> salutò lei pigolando come quando era piccola:<< Papà è andato a cercare Mr Smith, se vuoi aspettarlo qui ti facciamo compagnia >> propose Keath con un sorriso sedendosi ad un tavolino di pietra nel grande cortile della scuola:<< Non vi do fastidio? >> domandò Dante con la galanteria e i modi di un uomo d’altri tempi:<< Assolutamente no >> e guardando la sua amica che non riusciva a togliere gli occhi dal bell’assistente Keath si soffermò a pensare che Dante era quasi un loro coetaneo, ma si comportava come un cinquantenne dedito solo alla carriera, come molte delle persone che lavoravano per i Carson anche lui aveva avuto una vita difficile ed era stato costretto a crescere in fretta quando era rimasto orfano a poco più di quattordici anni, tuttavia Keath era fermamente convinta che anche lui meritasse un po’ di felicità e quella felicità probabilmente portava il nome di Talia Taylor.

Quella sera dopo la consegna dei diplomi e della borsa di studio offerta da Abraham Carson, Keath e Talia fecero per risalire sulla berlina insieme a Dante e al padre quando quest’ultimo si fermò richiamato dal suo collega e socio in affari:<< Dante porta a casa le ragazze, io vi raggiungerò più tardi, ho un affare da sbrigare con Sergje >> l’assistente annuì e fece per salire in macchina ma Keath si voltò verso il padre:<< Papà ma… >> Abraham guardò la figlia con un sorriso pensando a quanto lei assomigliasse alla sua defunta moglie, morta per dare alla luce quel piccolo miracolo:<< Vai a casa tesoro, sarò di ritorno prestissimo >> Keath fece per protestare ma l’arrivo di Mr Smith bloccò ogni sua parola.

Senza discutere salì in macchina sedendosi accanto all’amica:<< Non faccia quella faccia signorina, il dottor Carson arriverà tra poco e… >> ma prima che lei potesse rispondere il suono secco di uno sparo la fece voltare verso la scuola giusto in tempo per vedere, attraverso i vetri oscurati, un uomo alto e scuro che cadeva a terra:<< Papà! >> e Keath guardò allarmata un altro uomo incappucciato che si avvicinava con la pistola e sparava un altro colpo e poi un altro.

<< Aodhán ferma la macchina! Aodhán fermati! Torna indietro! >> e Keath guardò l’autista con disperazione e le lacrime agli occhi:<< Signorina Carson non può, ho l’ordine di… >> << No Dante! È mio padre, non lo lascerò lì a morire! >> << Ho ordine di tenervi al sicuro >> poi girandosi verso Aodhán aggiunse:<< Ferma la macchina >> e scendendo dalla vettura aggiunse:<< Portale a casa e assicurati che a loro non succeda niente, tornerò non appena sarà tutto a posto >> l’autista annuì e non appena Dante ebbe chiuso la portiera ripartì alla volta di Carson House.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Dushka ***


La notizia della morte del famoso scienziato multimilionario e filantropo Abraham Vlad Carson fece in poco tempo il giro del mondo, come anche l’immagine di sua figlia in lacrime davanti alla bara nera che veniva interrata accanto a quella di sua madre nel giardino della proprietà.

<< Signorina Keath >> e la voce di Dante la fece voltare verso l’ingresso dello studio di suo padre dove si era rifugiata per sentire meno la sua mancanza:<< Cosa c’è? Non ho voglia di altre interviste e non ho voglia di vedere nessuno >> il giovane entrò chinando il capo:<< Volevo scusarmi con lei, è colpa mia se…avrei dovuto ascoltarla e tornare subito indietro, ma… >> Keath sorrise sedendosi sulla vecchia poltrona di pelle del padre:<< Non è colpa tua Dante, non ti incolpo per la sua morte >> poi guardando la foto di suo padre insieme a lei e Talia poggiata sulla scrivania aggiunse:<< Anzi ti sono grata, ci hai salvato la vita, a me e Talia e non finirò mai di essere in debito con te per questo >> poi guardando il ritratto dei suoi genitori che campeggiava sulla parete a mo’ di vecchio dipinto di famiglia sorrise:<< Adesso voglio solo andare a dormire, penseremo domani a cosa fare >>

 

New York, 2003

<< Dov’è l’obiettivo Dante, lo riesci a vedere? >> la voce del suo ormai fidato amico e collaboratore le risuonò chiara nell’orecchio:<< Alla tua destra, ore due. L’uomo con lo smoking >> Keath si guardò intorno trattenendo una smorfia irritata:<< Siamo ad un party di beneficenza, qui sono tutti in smoking >> << Quello con il garofano giallo all’occhiello >> commentò la voce di Talia che gironzolava dall’altra parte della sala in uno sfavillante abito a sirena color smeraldo:<< Sei favolosa con quel vestito tesoro te l’ho già detto? >> commentò Dante aggiustandosi il mirino del fucile ammirando la profonda scollatura dell’abito che lasciava intravedere il tatuaggio che Talia aveva alla base della schiena.

<< Eh piccioncini…stiamo lavorando. Lasciate il romanticismo per dopo ok >> e soffocando una risata Keath si avvicinò al suo obiettivo con passo deciso ma senza dare troppo nell’occhio.

<< Hai una fiala di scorta? >> domandò Dante:<< Non è il mio primo lavoro, ma grazie per la fiducia >> lui rise:<< Scusa, è solo per precauzione >> lei sorrise ricordando che fino a qualche anno prima lui era incaricato della protezione sua e di Talia, prima che succedesse la tragedia, prima che tutto finisse con quello sparo e quella bara nera.

<< Posso offrirle qualcosa da bere signorina? >> e una voce carezzevole la fece voltare verso un giovane dagli occhi scuri e i capelli biondi dal taglio militare, lo smoking nero enfatizzava il suo fisico possente, ma l’attenzione di Keath fu catturata dalla cicatrice sul lato destro del suo viso che gli arrivava fin quasi al mento:<< Ci conosciamo? >> lui fece un sorriso allungandole un calice di champagne:<< No, ma intendevo offrirle da bere per rimediare >> << Talia c’è un tipo attorno a Keath, cerca di portarla via, non abbiamo molto tempo >> commentò Dante dall’auricolare, ma prima che Talia potesse muoversi Keath sorrise all’uomo bevendo un sorso del bicchiere:<< Mi spiace doverla deludere, ma sto aspettando una persona e ora devo proprio andare, arrivederci >> lui sorrise quasi si fosse aspettato quella risposta:<< Non si preoccupi signorina, in fondo a queste feste c’è sempre la stessa gente, avremo modo di rivederci prossimamente >> e voltandole le spalle così com’era arrivato lo sconosciuto si avvicinò ad un uomo brizzolato di spalle seduto su una sedia a rotelle.

<< Torniamo al lavoro signore? Vorrei essere a casa per ora di cena >> commentò Dante ridendo:<< Solo se cucini tu tesorino >> gli fece eco Talia nascondendo una risata dietro al bicchiere di rosso che aveva in mano:<< Tutto quello che vuoi piccola >> << Prendetevi una camera, per favore >> e fingendosi esasperata Keath si avvicinò ai tre uomini che conversavano individuando il suo obiettivo di quella sera: Angus McLauren, imprenditore petrolifero di alto profilo che possedeva alcuni giacimenti minerari nei pressi delle montagne del Nepal e da cui estraeva gemme che vendeva al mercato nero, non sapeva esattamente che cosa aveva fatto di male McLauren, ma loro erano pagati profumatamente per eseguire, non per pensare.

<< Buonasera signori…posso unirmi a voi? >> i tre uomini si voltarono a guardarla così Keath continuò la sua sceneggiata:<< Non credo ci abbiano ancora presentato, Beatrice Williams >> McLauren la guardò come si guarda una succulenta portata poi prendendole la mano aggiunse:<< Piacere di conoscerla signorina Williams, non credo di averla mai vista da queste parti >> lei fece un gesto noncurante con la mano giocherellando con un ricciolo della parrucca rossa che indossava:<< Sono ospite di amici e visto che mi annoiavo ho deciso di partecipare a questa festa >> lui sorrise come un patetico divo di Hollywood di second’ordine:<< Un’idea eccellente allora >> Keath sorrise cercando di resistere alla tentazione di tirargli un pugno, quell’uomo era viscido e lei detestava gli uomini di quel tipo.

<< Andiamo Angus, lascia alla signorina Williams un po’ di respiro >> commentò una voce roca che la fece voltare verso il terzo uomo, uno schianto assoluto con i capelli castani leggermente lunghi legati dietro la nuca e un paio di occhi verdi che sembravano due smeraldi tanto brillavano:<< Sei arrivato tardi Johnatan, l’ho vista prima io >> lei rise appena poi facendo bene attenzione a toccare la mano di McLauren con il proprio anello aggiunse:<< Spiacente di deludervi signori, ma sono già impegnata >> e mostrando il brillante con cui poco prima aveva toccato la mano dell’uomo sorrise divertita:<< Oh un duro colpo per un uomo miss Williams >> << Forse con la prossima avrà più fortuna >> poi come in un vecchio film di serie B l’allarme antincendio cominciò a suonare inondando d’acqua il party e i suoi costosi invitati.

Approfittando della confusione Keath si defilò da un’uscita laterale e si fermò qualche istante nel corridoio per prendere fiato:<< Ottima via di fuga Talia, grazie >> l’amica tirò un paio di boccate alla propria sigaretta guardando la festa dall’altro lato del marciapiede:<< Di nulla, sai avevo voglia di una sigaretta e credo di essermi messa troppo vicino ad uno di quei sensori per il fumo…che peccato… >> << Keath…tutto bene? >> domandò Dante:<< Sì, tutto secondo i piani, domattina leggeremo sui giornali della morte di McLauren a seguito di un attacco cardiaco >> << Bene, ci vediamo a casa tra poco >> << Va bene, a dopo ragazzi >> e guardando le scale Keath fece per scendere e tornarsene a casa quando:<< Ah ecco dov’era… >> lei si voltò riconoscendo la voce dell’amico di McLauren:<< Salve…signor…Johnatan? Perdoni non ricordo il suo cognome >> lui sorrise avvicinandosi minaccioso come una pantera che ha puntato la sua preda:<< Non l’ho mai detto >> commentò lui sorridendo:<< Capisco…mi scusi ma ora devo andare, mi stanno aspettando >> e cercando di allontanarsi da lì il più in fretta possibile Keath indietreggiò di qualche passo:<< Andiamo signorina Williams, non abbia fretta, abbiamo tutto il tempo per… >> ma prima che uno dei due potesse aggiungere altro o che Dante e Talia con il fiato sospeso dall’altra parte della strada intervenissero una voce di velluto fece voltare Keath verso lo sconosciuto militare biondo che le aveva offerto lo champagne al party:<< Ah sei qui tesoro…non ti trovavo in mezzo a quella confusione, mi hai fatto venire un colpo >> lei lo guardò cercando di capire che cosa fare, due uomini di notevole prestanza fisica non erano uno scherzo nemmeno per una persona allenata come lei, senza contare il fatto che non aveva armi con sé e la seconda fiala di veleno riservata a McLauren avrebbe potuto uccidere uno solo di loro, l’altro sarebbe comunque rimasto a darle problemi.

<< Io veramente… >> << Sì, lo so che abbiamo litigato, ma cerca di perdonarmi dushka, sai che farei qualsiasi cosa per te >> sentendo quel nomignolo che anche suo padre usava con lei, a Keath mancò un battito:<< Come mi hai chiamata? >> << Tesoro non fare la permalosa, dai ci stanno aspettando…vieni >> e prendendola per mano il bel soldato, sì oramai era certa che fosse un militare se non addirittura un marine, la trascinò con sé giù per le scale allontanandola dal fascinoso anonimo e alquanto pericoloso signor Johnatan.

Quando uscirono dal retro del palazzo lui le lasciò il polso e la guardò sorridendo:<< Va tutto bene? >> lei annuì restando un po’ sulla difensiva:<< Sì, grazie ma… >> lui sorrise facendo un paio di passi verso l’uscita del vicolo:<< Ti avevo detto che ci saremmo rivisti, arrivederci mia cara >> e lasciandola lì in piedi con quel costoso abito scuro e lo sguardo perso si allontanò salendo su una limousine dai vetri oscurati.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Michael-VS-Sherlock ***


<< È andato tutto bene Mick? >> gli domandò l’uomo davanti a lui quando l’auto fu ripartita:<< Sì, tutto a posto. Sta bene >> commentò il biondo poi con un sorriso aggiunse:<< È una donna magnifica, devi solo essere fiero di lei >> l’altro guardò la vecchia foto di due giovani ragazzine che portava nell’agenda di pelle nera:<< Lo sono sempre stato, ma adesso dobbiamo tirare lei e Talia fuori da lì, non passerà molto prima che Sergje le faccia diventare le sue prossime cavie >> << Pensi che non ci abbia ancora provato Abraham? >> un redivivo Abraham Vlad Carson sorrise acido:<< Non so più cosa pensare, so solo che se quel verme ha osato toccare le mie ragazze gli strapperò il cuore con le mie mani >>

<< Keath stai bene? >> << Tutto a posto? >> e Dante e Talia un po’ affannati la raggiunsero nel vicolo:<< Sì, sto bene >> << Ma cos’è successo? Chi erano quei tipi? >> lei sorrise appena incamminandosi verso la macchina che li aspettava in una strada lì accanto:<< Andiamo a casa, parleremo dopo >>

 

Una volta di nuovo nel suo lussuoso loft, confinante con quello dei suoi migliori amici e colleghi, se così si potevano chiamare, Keath si tolse le scarpe tacco 12 e sdraiandosi sul divano lasciò andare la testa contro lo schienale facendo cadere a terra la parrucca rossa:<< Allora…ci vuoi dire chi erano quei tizi? >> domandò Talia sedendosi vicino a lei:<< Non lo so…uno è un certo Johnatan non so cosa, era insieme a McLauren quando gli ho dato il veleno, non sembrava pericoloso, ma quando me lo sono trovata davanti sulle scale di servizio lo era eccome! >> Dante prese mentalmente nota del nome:<< Farò un controllo, non possono esserci molti Johnatan a quel party, ad ogni modo vedrò di recuperare qualche foto, riusciresti a riconoscerlo vero? >> Keath sorrise:<< Sì, certamente >> evitò di ripetere a Dante che lei e Talia non erano più bambine e che poteva smetterla di essere così apprensivo, ma sapeva che lui non sarebbe mai cambiato.

<< L’altro invece? Era il tizio che ti ha offerto da bere prima vero? Quella specie di stangone biondo dall’aria inquietante >> Keath ripensò al militare biondo e alla cicatrice che gli attraversava il viso:<< Non era inquietante…anzi…mi ha portato via quando Johnatan stava diventando pericoloso, sembrava essere già lì…non so è comparso al momento giusto >> Taly sorrise:<< Sì…il principe azzurro che salva la principessa, non sapevo avessi bisogno di essere salvata amica mia >> Keath la fulminò con lo sguardo:<< E non ne ho bisogno, solo che non so ho avuto una sensazione strana >> Talia la guardò preoccupata:<< Strana come? >> lei alzò gli occhi sulla foto di loro due insieme ad Abraham fatta poco prima della sua morte:<< Mi sono sentita come quando c’era papà >> nessuno fiatò, erano anni ormai che Keath non nominava suo padre, anche se tutti e tre pensavano ogni maledetto giorno a quello che era successo quella sera fuori dalla Hamptons School.

Nello stesso momento in una lussuosa villa poco fuori città un uomo sulla cinquantina stava guardando le foto di alcuni bambini con evidente interesse:<< Questi sono gli ultimi dottor Talbot? >> l’uomo con il camice bianco sorrise compiaciuto:<< Sì signor Smith, i migliori che abbia mai sperimentato >> Sergje guardò ancora le foto soffermandosi sul viso rabbioso di un bambino di circa dieci anni dai capelli e gli occhi nero carbone:<< Questo ragazzino per esempio, non è troppo grande? Il progetto Saint-Romain era fatto per ricalibrare giovani menti, dai nove anni in poi non sono più così influenzabili e modificabili >> Talbot sorrise gonfiando il petto come un pavone che fa la ruota:<< Lo credevo anch’io signore, ma ho voluto provare. Gavriel ha dieci anni, ma i risultati sono stati dei migliori, un’intelligenza fuori dal comune, una curva di apprendimento impressionante >> << Che cosa hai usato? >> stavolta un po’ timoroso Talbot si fece coraggio:<< L’ultimo DNA del signor Carson, mi avevate detto di eliminarlo e ho provato ad impiantarlo nel ragazzo, non credevo potesse funzionare, il campione si stava per deteriorare, ma sembra aver funzionato bene >> Sergje Smith sorrise acido guardando di nuovo la foto del bambino:<< Bene Abraham, almeno da morto mi sei stato utile…chi l’avrebbe mai detto >> poi la voce della sua segretaria dall’interfono lo avvisò di una chiamata:<< C’è la signorina Carson al telefono signore >> << Passamela >> rispose acido prendendo la chiamata:<< Keath cara…hai buone notizie spero >> dall’altro lato Keath guardò fuori dalla finestra sulla grande mela che si illuminava indossando il vestito della notte:<< Sì, tutto a posto >> poi prendendo fiato aggiunse:<< Signor Smith, per il ballo all’orfanotrofio di quest’anno…potrei evitare di venire, sa non vorrei che… >> ma la replica di Sergje interruppe le sue parole:<< Come puoi dire una cosa del genere tesoro, tuo padre non avrebbe voluto, in fondo la tua amica Talia è vissuta lì e anche il giovane Dante, faresti un grande affronto ai tuoi amici se non venissi >> << Nemmeno loro vogliono partecipare e non mi sembra il caso di… >> << Voi verrete e non intendo discuterne oltre, ci vediamo domani mattina >> e chiudendo la telefonata tornò a guardare Talbot:<< Veda di mettere a punto questi giovani prodigi dottore, il ballo dell’orfanotrofio è tra una settimana e non ho alcuna intenzione di deludere i miei compratori >> Timothy Talbot annuì poi chinando il capo in segno di rispetto come davanti ad un re uscì dall’ufficio tornando al suo laboratorio.

 

Intanto chiuso nel suo lussuoso attico affacciato sul Brooklyn Bridge l’anonimo Johnatan stava guardando le luci del ponte che si accendevano alla luce della sera:<< Com’è stato il party signore? Interessante? >> e un uomo sulla settantina entrò nel soggiorno portando un vassoio d’argento con un calice di vino rosso al centro:<< Sì Bruce, decisamente interessante >> il maggiordomo si avvicinò porgendogli il calice di cristallo:<< Avete trovato qualcosa che ha stuzzicato il vostro interesse signor Doyle? >> lui prese il vino sorridendo e ripensando al viso della signorina Williams e ai suoi occhi nero carbone:<< Infatti Bruce, credo proprio di aver bisogno delle tue conoscenze >> l’anziano servitore sorrise:<< Che cosa devo cercare stavolta signore? >> Johnatan sorrise:<< Non si tratta di un cosa, ma di un chi. Una donna >> << Una donna? Signorino Sherlock, permettetemi di ricordarvi che… >> << Non mi chiamare così >> e la voce decisa del giovane aggiunta ai suoi occhi freddi e spietati gli fece chinare il capo all’istante:<< Mi spiace, le vecchie abitudini sono dure a morire e voi sapete che… >> Sherlock tornò di nuovo a sorseggiare il suo vino:<< Sai che odio quel nome, se non fosse perché siamo insieme da troppo tempo ormai, ti avrei già licenziato >> Bruce sorrise sapendo bene che le minacce di Sherlock Doyle erano senza fondamento, quel ragazzo faceva lo spavaldo da quando aveva cominciato a parlare, ma il suo cuore era più buono e puro di quello di un bambino.

Continuando a pensare alla bella miss Williams Sherlock pensò a come si era comportato su quella scala antincendio.

Non era da lui. Erano anni che non si comportava come un cavernicolo davanti ad una donna, gli anni in orfanotrofio e a servire negli hotel di lusso avevano sortito il loro effetto trasformandolo in un gentiluomo, che cosa gli aveva fatto quella donna per risvegliare i suoi bassi istinti?

Ripensando alla sua adolescenza la vivida immagine di una ragazzina dai capelli e gli occhi neri gli si parò davanti facendogli accapponare la pelle e fremere il sangue nelle vene.

Strano come dopo tutti quegli anni gli facesse ancora quell’effetto, ma lei era davvero la cosa più eccitante e sexy che avesse mai visto, anche se era solo un’adolescente.

Il suo nome era Keath Natacha Carson ed era la figlia del benefattore dell’orfanotrofio dove lui era cresciuto.

 

Sentendo l’aria mancargli intorno e il cuore fermarsi Mick aprì gli occhi spaventato boccheggiando per la paura.

Un incubo.

Era da tanto che non ne aveva, era da quando era uscito dall’ospedale che non gli venivano più quegli attacchi di panico notturni che non lo lasciavano dormire.

Passandosi poi le mani sul viso sudato ripensò agli avvenimenti di quel pomeriggio, aveva promesso ad Abraham che avrebbe tenuto d’occhio sua figlia fino a che non fosse arrivato il momento di rivelarle la verità e che si sarebbe assicurato che non le succedesse niente di male, allora perché quando era scattato l’allarme antincendio a quel dannato party era andato di corsa a cercarla come se da quello dipendesse la sua vita? Si era sempre vantato di saper dividere la sua vita privata dal lavoro, che cosa gli stava succedendo?

Guadando la polaroid che aveva scattato pochi giorni prima alla bella figlia del suo capo/migliore amico, Mick sorrise acido davanti alla reazione del suo corpo anche davanti ad una semplice istantanea.

<< Sei un verme Michael Deveraux, sei un verme pervertito >> si disse poi pensando a cosa gli avrebbe fatto Abraham se avesse saputo quello che gli stava succedendo, la morte sarebbe stato un sollievo in confronto e lui lo sapeva.

 

La mattina dopo furono i timidi raggi del sole a svegliarla, si era addormentata poco dopo che Talia e Dante erano tornati nel loro appartamento, avevano parlato a lungo di quello che dovevano fare, ma purtroppo non avevano scelta e far felice Sergje Smith partecipando a quello stupido ballo di beneficenza all’orfanotrofio sembrava la sola scelta praticabile.

Prima che potesse poggiare i piedi sul morbido tappeto rosso il campanello della porta la fece voltare verso l’ingresso:<< Arrivo >> urlò poi allo sconosciuto infilandosi la sua vestaglia di seta e guardando dallo spioncino.

Era un fattorino o meglio un pony express con una busta fra le mani:<< C’è una consegna per Keath Carson >> lei aprì la porta sorridendo:<< Sono io >> << Ecco metta una firma qui >> lei firmò la ricevuta sul palmare del giovane sorridendo:<< Tenga, buona giornata >> lei sorrise ancora:<< Buona giornata anche a lei >> poi richiudendo la porta guardò il pacchetto senza mittente e solo con il suo indirizzo scarabocchiato in fretta.

Senza farsi pregare Keath si sedette al tavolo da pranzo aprendo il pacchetto e facendo scivolare il suo contenuto sul piano di cristallo:<< Ma cos’è? >> e un pezzo di stoffa rosso cremisi scivolò sul tavolo facendo tintinnare qualcosa che era appeso alla sua estremità.

Prendendo il nastro tra le mani Keath riconobbe immediatamente il laccio per capelli, era come quelli che usava da ragazzina e  che, proprio come quello che teneva tra le mani, aveva un ciondolo dorato alla fine.

Guardando il piccolo pendente a forma di gufo un piccolo sorriso le scappò dalle labbra, lei amava quelle buffe sagome di pennuti, da piccola aveva un peluche del genere e per un attimo il ricordo di suo padre le balenò davanti agli occhi facendole scivolare una lacrima sul viso.

Prima che potesse lasciarsi andare ai ricordi il suo cellulare l’avvisò di un sms.

Aprendolo di fretta Keath rimase immobile davanti allo spazio vuoto accanto alla parola DA, un messaggio anonimo? Ma chi diavolo era?

Poi leggendo il testo rimase di stucco: Piaciuto il regalo? Vorrei vedertelo addosso domani sera, c’è un party all’hotel Bristol, io sarò lì.

 

Chiudendo il cellulare si guardò allo specchio dandosi dello stupido da solo, che cosa gli era venuto in mente di mandarle quel regalo? Certo sapeva che le sarebbe piaciuto, ma solamente la sera prima si era detto che doveva separare il piacere dal lavoro e invece lui li stava pericolosamente mischiando.

 

<< Signor Doyle, signore. Ha una visita >> e la voce di Bruce lo bloccò mentre tirava pugni al sacco intento a sfogare la frustrazione:<< Non ho voglia di ricevere nessuno Bruce, mandalo via >> il maggiordomo fece per replicare ma prima che potesse aggiungere altro la porta della palestra si spalancò lasciando entrare un uomo alto e ben piazzato che camminava con imponenza facendo oscillare un bastone di metallo al fianco, sembrava non curarsene ma si vedeva che quel bastone gli serviva per sostenere la gamba zoppa:<< Lei sta diventando molto difficile da rintracciare signor Doyle >> voltandosi verso il nuovo venuto Sherlock lo guardò con odio:<< Forse è difficile trovarmi perché non voglio essere trovato Mr Smith, ho già ricevuto la sua proposta e ho cortesemente rifiutato, sto bene come sto >> Sergje lo guardò non lasciandosi impressionare da quel rifiuto:<< Tutti hanno un prezzo signor Doyle, deve solo dirmi il suo, posso farle avere tutto quello che vuole, tutto >> ripensando alla sua adolescenza tra le fredde mura di Saint-Romain Sherlock fece una smorfia:<< No, non può darmi quello che voglio, quindi per favore se ne vada da casa mia, mi lasci in pace >> Sergje Smith si voltò dando un ultimo sguardo al giovane in canottiera e calzoncini corti:<< Ci rivedremo signor Doyle, arriverà un giorno in cui si pentirà di aver rinunciato alla mia offerta >> Sherlock fece finta di non ascoltarlo bevendo da una bottiglietta d’acqua, ma lasciandosi avvolgere dai ricordi di lei e della prima volta in cui l’aveva vista.

Il ballo di beneficenza dell’orfanotrofio, l’annuale galà dove lui e gli altri bambini deliziavano i donatori con spettacolini e balli improvvisati, odiava quelle feste perché ormai non era più un bambino e la sola cosa che voleva era scappare da lì e rifarsi una vita.

Ricordava ancora la prima volta in cui l’aveva vista, la più bella adolescente che avesse mai varcato la porta dell’orfanotrofio, si vedeva lontano un miglio che lei non aveva mai dovuto faticare un giorno della sua vita, che era adorata e amata dall’uomo che ogni anno varcava con lei quel portone tenendola fermamente per mano insieme all’altra bambina mora accanto a loro.

Non gli ci era voluto molto per capire che quella ragazzina era Keath Carson e che suo padre, Abraham Vlad Carson, era il maggior finanziatore del centro e che quindi, anche solo per una semplice questione di sopravvivenza, lui era il diretto responsabile del suo sostentamento e sua figlia era un gioiello intoccabile sotto ogni punto di vista.

 

<< Qualcosa non va Mick? >> e Abraham lo guardò dal divano dove era seduto sorseggiando una tazza di caffè:<< Come dici? >> domandò il giovane giocherellando con la propria tazzina seduto al tavolo del soggiorno:<< Hai l’aria strana, sembra che tu non abbia dormito bene >> Mick fece un sorrisetto forzato:<< Va tutto bene Abraham, non ti preoccupare >> il famoso genio si avvicinò all’amico poggiandogli una mano sulla spalla:<< Da quando non ti preoccupa più avere incubi? >> Mick alzò gli occhi sorpreso:<< Come sai che ho avuto un incubo? >> Abraham chinò il capo serio:<< I nano robot annotano tutto quello che ti succede, ogni tuo minimo sbalzo d’umore è registrato, ho visto il tuo tracciato di stanotte >> << Mi stavi controllando? >> Abraham alzò scherzosamente le mani in segno di resa:<< No, sono solo preoccupato per te, che cos’è che ti angoscia? >> Mick guardò fuori dalla grande vetrata che dava sul giardino:<< Mi uccideresti se sapessi la verità >> Abraham sorrise dolcemente:<< Ho accettato che Dante fosse pazzo di Talia, posso accettare che tu provi qualcosa per mia figlia Michael >> Mick si voltò spaventato:<< Come lo sai? Come sai che io… >> poi rendendosi conto di quello che aveva appena confessato guardò Abraham aspettando la condanna a morte:<< Sei un uomo degno d’onore Mick, è ora che anche tu cominci a considerarti tale >> Michael guardò le proprie mani con sdegno stringendo la sinistra a pugno:<< Non sono più un uomo e tu lo sai >> poi guardando l’amico con sguardo colpevole aggiunse:<< Non ce l’ho con te e ti sarò sempre grato per quello che hai fatto, ma questa cosa mi ha cambiato, io non mi sento più un uomo e non lo sarò mai più >>

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Appuntamenti e proposte ***


La sera dopo nella lussuosa hall dell’hotel Bristol Keath si guardò intorno incuriosita, Taly ed Dante l’avevano messa in guardia circa quel regalo e l’anonimo sconosciuto che sembrava averla presa di mira, ma lei era ben più testarda di loro e alla fine l’aveva avuta vinta:<< Sai che non sono d’accordo con questa storia vero >> e la voce di Dante la riportò alla realtà.

Sì lui le aveva concesso di andare a quello strano appuntamento a patto che lui e Talia fossero andati con lei per tenerla d’occhio.

<< Hai intenzione di starmi incollato tutta la sera Dante? >> lui rise guardando negli occhi la sua fidanzata:<< Ehi io mi sto solo godendo un drink con la mia donna, che cosa vuoi da me >> << Sei peggio di una zecca fastidiosa, se continui così spengo l’auricolare >> commentò acida:<< Il rosso è decisamente il tuo colore sai >> sentendo quella voce lei si voltò di scatto trovandosi davanti il marine del party con due calici di rosso in mano:<< Barbera, spero ti piaccia >> lei sorrise prendendo il bicchiere:<< Uno dei miei preferiti >> poi guardandolo con curiosità aggiunse:<< Sei stato tu? Sei tu che mi hai mandato il nastro >> lui guardò di sfuggita il fiocco rosso che riluceva come un rubino sui capelli neri di lei:<< Sì, ti sta d’incanto >> poi a bassa voce aggiunse:<< Anche se a dire il vero mi sono immaginato a sfilartelo >> sentendo quel commento Dante fece per alzarsi dallo sgabello del bar soffocando un impulso di rabbia quando Mick alzando la testa nella sua direzione rise divertito:<< Richiama il tuo cagnolino, non hai nulla da temere con me >> << Ehi io non sono il cagnolino di nessuno, adesso vado lì e gli spacco quel bel faccino e… >> << Dante va bene così, sta tranquillo >> commentò Keath calma:<< Se avrò bisogno di aiuto voi sarete qui, sta tranquillo >> Talia riuscì a calmare il fidanzato facendolo sedere di nuovo:<< Fidati di lei, siamo qui se succederà qualcosa >> lui tornò al suo Mojito e brontolò piano:<< Non mi fido di quel tizio >> << Le ha già salvato la vita una volta, perché dovrebbe farle del male? >> Dante non commentò, da quando avevano sparato ad Abraham Carson sentiva che quelle due giovani donne erano una sua responsabilità, una perché era la sua ragazza, l’altra una cara amica.

<< Allora? La festa che doveva esserci qui? >> domandò Keath guardandosi intorno e non vedendo niente:<< C’è, vieni con me >> e porgendole il braccio lui la scortò fino ad un salone addobbato a festa dove sembrava aver luogo una festa di compleanno o roba simile:<< Ma dove mi hai portato? >> lui sorrise scortandola verso l’open bar del ricevimento:<< Siamo al matrimonio di un amico, vedila così >> << Ad un matrimonio? Potevi dirmelo, mi sarei vestita adeguatamente >> guardando il corto tubino fumo di Londra e le scarpe di strass lui lanciò un fischio ammirato:<< Sei bellissima anche così, tranquilla vai benissimo >> Keath chiamò il barista ordinando un altro bicchiere di rosso:<< Non è strano portare una donna ad un matrimonio al primo appuntamento? Potrei farmi strane idee >> lui rise bevendo il suo calice di vino:<< Chi ti ha detto che è un appuntamento? >> lei rise civettando volutamente:<< Il regalo, il messaggio…come sei vestito >> Mick si guardò fingendo indifferenza, il completo che indossava, anche senza cravatta e con la camicia aperta sul collo, lo faceva sembrare ancora più sexy dello smoking che indossava la prima volta che lo aveva incontrato, senza contare che con quell’abbigliamento la cicatrice sul viso lo faceva assomigliare ad un contrabbandiere pirata della peggior specie.

<< Ad ogni modo non ci siamo ancora presentati. Keath Carson >> lui era il primo uomo da molto tempo a cui rivelava il suo vero nome, ma sentiva di potersi fidare di lui:<< So chi sei >> commentò lui bevendo un altro goccio di vino:<< Sarebbe giusto ricambiare il favore >> commentò lei piccata:<< Hai ragione, scusami >> poi prendendole la mano e sfiorandole le nocche con le labbra aggiunse:<< Michael Deveraux >> lei sorrise:<< Francese? >> << Mio padre lo era, ma è morto prima che nascessi >> << Mi spiace >> lui storse il naso:<< A me no, aveva intimato a mia madre di abortire poco prima che avesse l’incidente che l’ha ucciso >> pensando a sua madre che era morta per darla alla luce Keath si rabbuiò:<< Che cos’hai? Ho detto qualcosa di male? >> perché moriva dalla voglia di dirgli tutto? Perché con lui si sentiva al sicuro come quando c’era suo padre? Perché un perfetto sconosciuto la faceva sentire quasi più a casa di quanto non lo fosse mai stata negli ultimi dieci anni?

Scossa da quei pensieri Keath si alzò dallo sgabello dove si era seduta guadagnando l’uscita:<< Scusami Michael, mi spiace ma devo andare…io devo… >> lui non si mosse nemmeno guardandola con dolcezza:<< Vuoi scappare da me? >> lei lo guardò scioccata:<< No, solo che devo… >> lui sorseggiò ancora il vino come se stessero parlando del più e del meno:<< Aspetterò. Se vuoi tempo aspetterò, ma non rinuncio mai a quello che mi piace sappilo >> << Dammi un buon motivo, una parola e io gli spacco la faccia, sono qui fuori, devi solo chiedere Keath >> la voce di Dante le diede il coraggio di affrontare da sola quell’uomo che le stava sconvolgendo la vita:<< Non c’è bisogno Dante >> poi guardando di nuovo Michael aggiunse:<< Non sono il tipo di persona con cui puoi giocare, non mi lascio prendere in giro >> lui scese dallo sgabello andandole vicino e afferrandole un braccio portando la bocca a pochi centimetri da quella di lei:<< Io non gioco mai >> poi come se fosse la cosa più naturale del mondo chinò il capo sfiorando le labbra di Keath in un casto bacio a stampo poco prima di lasciarla andare.

 

<< Che diavolo voleva quello si può sapere? >> e Dante con il viso imbronciato per essere stato messo all’angolo da quel militare senza nome guardò l’amica:<< Vuoi la verità? Non lo so. Non riesco a capirlo >> << Però gli hai detto il tuo nome. Maledizione Keath non dovevi farlo…e se fosse uno di quelli che ha... >> sapendo bene come sarebbe finita la frase di Talia Keath la fermò immediatamente:<< Mi fido di lui Talia, non so perché e non riesco ancora ad inquadrarlo, ma mi fido di lui >> Dante fece per replicare ma Keath salì al volante della Porsche dichiarando chiuso il discorso.

 

I primi raggi di sole che filtravano dalle veneziane chiuse male lo svegliarono immediatamente facendogli trovare Bruce davanti con il vassoio della colazione:<< Buongiorno signore >> Sherlock lo guardò brontolando un insulto a mezza voce, quell’uomo era troppo ottimista per i suoi gusti:<< Ti sembra un buongiorno Bruce? Non ho chiuso occhio stanotte >> il maggiordomo posò il vassoio sul carrello di legno accanto al letto:<< Ha pensato alla proposta del signor Smith? >> Doyle alzò gli occhi come se l’altro avesse tentato di ucciderlo:<< Non c’è nulla da pensare, ho rifiutato la sua offerta una volta e l’ho farò ogni volta che me la riproporrà. Io sono un ladro, non un assassino >> Bruce gli versò il caffè correggendolo con panna e Baileys:<< Magari non è per quello che il signor Smith vi vuole nella sua squadra >>

 

E come sempre Bruce aveva ragione perché nel suo ufficio Sergje Smith stava ricontrollando un vecchio elenco di nomi spuntandone alcuni:<< Com’è andata ieri sera Mr Smith? >> Sergje alzò i suoi occhi da carogna sul suo scienziato, certo che per avere un cervello geniale quell’uomo a volte era veramente ottuso:<< Come pensi che sia andata Talbot? Il signor Doyle ha bisogno di un’ulteriore motivazione per essere persuaso, ma non mi arrendo, riuscirò ad averlo di nuovo qui, la mia collezione non può essere completa senza di lui >> << E per quanto riguarda Keath e Talia? >> di nuovo Sergje lo guardò come si guarda un bambino che fa domande idiote:<< La signorina Taylor è solo una parte secondaria del progetto, mentre la piccola Keath tra poco tornerà qui. Permanentemente >> e sorridendo malevolo guardò la bottiglia di vino rosso che teneva sulla scrivania, Barbera…

Lo teneva lì appositamente per lei.

 

<< Vuoi che venga con te? Non mi piace saperti là da sola >> << È il nostro capo, non mi farà del male Talia, smettila di essere così apprensiva sei peggio di Dante >> chiamato in causa il bel moretto alzò la testa dalla PS3 con cui stava giocando:<< Ehi… >> poi mettendo in pausa il gioco aggiunse:<< Ad ogni modo sono d’accordo con lei, nemmeno a me piace saperti con quel pazzo da sola >> << Smith non è pazzo, solo un po’ eccentrico >> << È pazzo, lo detestavo già quando lavorava con papà, figurati adesso che non ha nessuno a mettergli un freno >> le ricordò Taly determinata a farle cambiare idea:<< So che il nostro lavoro non è il migliore del mondo Talia, ma che scelte avevamo? Ci ha offerto una mano quando papà è morto >> meglio quella versione, dire a sua sorella e a Dante che era stata costretta ad accettare quel folle accordo pena la vita delle due persone a cui teneva di più al mondo, sarebbe stata solamente la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.

<< Ad ogni modo c’è poco da dire, vado o arriverò in ritardo >> poi prendendo le chiavi della Porsche uscì dall’appartamento dirigendosi alla maestosa villa fuori città.

Rimasti soli Talia e Dante si guardarono pensando esattamente la stessa cosa, nessuno di loro si fidava di Sergje Smith e sapevano bene che anche per Keath era così, solo che lei si ostinava a sentirsi in debito con quel pazzo con manie di grandezza.

 

<< Keath…mia cara…credevo non saresti venuta >> lei alzò appena gli occhi per guardare l’uomo brizzolato seduto dietro l’enorme scrivania in fondo allo studio:<< Mi scusi il ritardo signor Smith, ho avuto un contrattempo >> Sergje spinse verso di lei un bicchiere con del liquido rosso all’interno:<< Non c’è problema, so bene che non mancheresti mai ad uno dei nostri incontri >> lei si morse mentalmente la lingua per evitarsi di rispondergli male, anche quegli stupidi incontri settimanali erano parte del ricatto per mantenere in vita Dante e Taly e lei avrebbe fatto di tutto per tenerli al sicuro.

<< Non vi rinuncerei mai signor Smith lo sapete bene >> lui la guardò contrariato:<< Puoi chiamarmi Sergje lo sai bene… >> poi spingendo di nuovo verso di lei il bicchiere aggiunse:<< Bevi, è Barbera…il tuo preferito se non sbaglio, l’ho fatto arrivare dall’Italia apposta per te >> lei prese il bicchiere avvicinandoselo al viso:<< Non doveva signor Smith, non doveva disturbarsi tanto >> lui sorrise aspettando che lei assaggiasse il vino:<< Ma non è un disturbo mia cara, ero un amico di tuo padre, il minimo che possa fare è prendermi cura di te per lui >> Keath non rispose, non le piaceva parlare di suo padre, non con Sergje almeno.

Non sapeva perché ma aveva una brutta sensazione quando Smith nominava Abraham Carson, come se nascondesse qualcosa e un brivido freddo le percorreva la schiena ogni volta che pensava alle ultime parole di suo padre sul suo vecchio socio in affari: Sergje è come un cacciatore, fiuta la sua preda e non si arrende finché non la vede stramazzare a terra davanti a lui.

<< Allora tesoro…riguardo al ballo dell’orfanotrofio… >> Keath alzò lo sguardo su di lui:<< Ci saremo, non deve preoccuparsi di questo >> << Oh lo so bene tesoro, mi spiace essere stato duro, ma sai bene che cosa significa quel posto per me e significava tanto anche per tuo padre >> Keath chinò il capo:<< Sì lo so >> Sergje la guardò incrociando le mani sulla scrivania di legno scuro:<< A questo proposito volevo farti una proposta Keath >> << Una proposta? >> << Sì, mi piacerebbe che mi accompagnassi al ricevimento quest’anno >> lei lo guardò come se fosse impazzito bevendo una generosa sorsata di vino prima di rispondere:<< Veramente io non so se… >> << Oh andiamo. Fai contento un povero vecchio…che male può farti… >> pensando a Micheal Deveraux prima e alla reazione che avrebbero avuto i suoi amici poi Keath cercò di mantenere la calma:<< A dire il vero pensavo di venire con una persona al party e… >> lui la squadrò dubbioso:<< Una persona? Frequenti qualcuno? È qualcosa di serio per caso >> come mai tutto quell’interesse? Come mai sembrava che quella notizia lo avesse sconvolto più del dovuto?:<< Non è nulla di che…è solo un amico, ma stavo pensando di… >> ma che stava dicendo? Non aveva pensato a quella possibilità nemmeno nei suoi sogni più remoti, ma in quel momento le era sembrata la scusa ideale per sfuggire a quell’invito indesiderato:<< Beh puoi sempre uscirci un’altra volta. Questo ballo è un evento importante e vorrei davvero che tu lo condividessi con me >> << Davvero signor Smith non mi sembra una buona idea che io… >> stringendo i pugni per contenere la rabbia Sergje la guardò con odio:<< Tu verrai con me. Devo ricordarti che cosa c’è in gioco? Stai diventando molto capricciosa signorina Carson >> davanti a quella minaccia la mano di Keath si strinse attorno al sottile stelo del calice di vino:<< Va bene. Lo farò >> poi alzandosi in piedi aggiunse:<< Ora se non ha più bisogno di me andrei >> Sergje cercò un dossier dal cassetto della scrivania e con noncuranza glielo porse:<< C’è un’ultima cosa. Ho bisogno che rintracci una persona, so dove abita >> Keath lo guardò perplessa:<< Se sa dove abita perché ha bisogno di me, non capisco >> << È un uomo molto sfuggente e ho bisogno che tu lo convinca a venire qui, è essenziale che io lo incontri >> << Costringa vuole dire? >> lui sorrise mellifluo:<< So che hai degli ottimi metodi di persuasione, non avrai difficoltà a farti ascoltare >> deglutendo nervosa Keath allungò una mano prendendo il dossier:<< Come si chiama quest’uomo del mistero? >> Mr Smith sorrise ancora più cattivo:<<  Sherlock Ebenezer Doyle >> a quel nome a Keath mancò il fiato, conosceva un solo uomo con quel nome, o meglio un solo ragazzo e di certo non potevano esserci migliaia di Sherlock Doyle a New York.

<< Ho detto qualcosa che ti ha turbato mia cara? >> lei scosse il capo e aprì con noncuranza il dossier dove figurava una foto dell’uomo in questione, un altro respiro le si mozzò in gola: il misterioso Johnatan…quello che aveva cercato di aggredirla o approfittare di lei, non sapeva come dirlo. Possibile che fossero davvero la stessa persona?

<< Ci penserò io, non si preoccupi >>> poi avviandosi alla porta aggiunse:<< C’è altro? >> << Per adesso nulla, ma ricordati quello che mi hai promesso >> lei non rispose uscendo dallo studio con la cartellina gialla in mano, aveva assolutamente bisogno di parlare con Dante e Talia.

 

<< Come sarebbe che hai trovato il Johnatan della festa? Non è risultato niente delle nostre indagini >> lei sorrise a Dante porgendogli un fascicolo:<< Lo so, ma Johnatan non è il suo vero nome >> lui aprì la cartelletta guardando prima la foto e poi il nome che compariva in alto sulla scheda anagrafica:<< Sherlock Doyle? >> Keath annuì, ma fu Talia a parlare:<< Perché questo nome non mi suona nuovo? >> Keath guardò l’amica con un sorriso:<< Era anche lui al Saint-Roman, più o meno nel periodo in cui ci eravate anche tu e Dante prima che papà vi portasse via da lì. Ci ho parlato ad un paio di balli di beneficenza…mi è sempre sembrato un ragazzo solo e infelice >> << Ma certo! Doyle! Adesso mi ricordo >> e Talia si gettò sul divano con il viso scioccato:<< Non ho collegato subito perché lui non si faceva mai chiamare con il suo nome di battesimo, solamente Doyle o a volte anche con degli pseudonimi che inventava al momento >>  << Hai ragione, adesso mi ricordo >> e anche Dante si unì alla conversazione:<< Una volta gli ho chiesto perché non usasse il suo vero nome e lui mi ha detto che lo odiava, era stupido e il solo motivo per cui lo aveva era che sua madre aveva una passione per la letteratura. Anche il suo cognome era stato frutto dell’invenzione di sua madre a quanto mi ha raccontato >> poi guardando Keath domandò curioso:<< Come hai fatto ad avere il dossier di Doyle? Anzi chi si è preso la briga di farne uno >> << Me lo ha dato Smith. Ha detto che ha bisogno che io lo convinca ad andare alla villa da lui. Pare sia una questione di vita o di morte >> << Senti so che non vuoi sentirlo dire, ma a me questa storia non convince, ti prego fai attenzione >> Keath si sedette su una sedia accavallando le gambe:<< Non ho intenzione di consegnare quel poveraccio a Smith su un piatto d’argento, voglio saperne di più prima >> << Di più di cosa? Che cosa hai in mente? >> le domandò Talia che conosceva fin troppo bene quel suo sguardo sicuro:<< Voglio vederci chiaro, Dante ha ragione. C’è qualcosa che non torna in tutta questa storia >> poi avvicinandosi alla porta di casa degli amici aggiunse:<< Io vado a prepararmi, farò una visitina a Doyle stanotte >> << Veniamo con te >> lei si voltò verso Talia:<< Restiamo in contatto via radio, non mi accadrà niente >> << Ha già provato una volta ad aggredirti >> << Non ho detto che andrò disarmata, mi ha colto di sorpresa una volta, non accadrà ancora >> poi aprendo la porta si diresse verso il suo appartamento pronta per rivedere quella sua vecchia conoscenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Keath ? ***


Il cigolio di una finestra lo fece svegliare, aveva sempre avuto il sonno leggero, restando immobile nel grande letto matrimoniale Sherlock stette in attesa, se c’era qualcuno in casa doveva solo aspettare, prima o poi chiunque fosse sarebbe entrato anche in camera.

Aspettò.

Un minuto, due.

Non accadde nulla.

Infilandosi la vestaglia di seta nera sopra i pantaloni del pigiama Sherlock si avvicinò alla porta della camera spalancandola di colpo e accendendo la luce della sala.

<< Ce ne hai messo di tempo. Credevo di dover venire a stanarti Doyle >> guardando la sconosciuta vestita di nero che sedeva sul suo divano di pelle color panna lui strabuzzò gli occhi:<< Come scusi? >> lei sorrise e si alzò avvicinandosi a lui, maledizione anche con quella specie di divisa nera da ladro dei cartoni animati era attraente, perfino con quegli assurdi anfibi:<< Ci conosciamo? >> lei si avvicinò ancora ridendo deliziosamente:<< Non mi riconosci? >> guardandola più attentamente Sherlock si bloccò, aveva già visto quegli occhi neri, pochi giorni prima…al party di beneficenza:<< Beatrice Williams >> lei rise di nuovo togliendosi il cappello da baseball degli Yankees e lasciando ricadere una cascata di boccoli neri sulle spalle:<< Quasi, ma ci sei andato vicino >> riconoscendo immediatamente quel viso da bambola e il piccolo fiocco rosso che lei portava nei capelli Sherlock rimase di sasso:<< Keath Carson? >> lei lo guardò soddisfatta:<< Ah allora non ti sei dimenticato di me >> lui rimase interdetto per qualche istante, che cosa ci faceva la reincarnazione dei suoi sogni di adolescente nel suo salotto?:<< Non è possibile…tu sei… >> << Sono cosa? Andiamo siediti, dobbiamo parlare >> come uno stupido cagnolino lui ubbidì poi guardandola aggiunse:<< Come hai fatto ad entrare? >> lei indicò la finestra aperta dietro le sue spalle:<< Non hai un valido sistema di sicurezza nonostante la tua fama >> lui la guardò rispondendo a quell’implicita sfida:<< Non ne ho bisogno >> << Vuoi spaventarmi? >> << Non è esattamente quello che ho in mente >> lei accavallò le gambe con voluta lentezza accorgendosi che lui seguiva ogni suo movimento:<< Non sono qui per flirtare, anche perché i tuoi modi non sono esattamente quelli di un galantuomo se permetti >> capendo solo in quel momento che lei era veramente la misteriosa signorina Williams lui rise appena:<< Avevo bevuto troppo e sono stato poco garbato, chiedo scusa >> lei lo guardò dritto negli occhi:<< Dobbiamo parlare >> << Di cosa? >> le domandò cercando ancora di capire che cosa avesse spinto la figlia orfana di un multimilionario ad addentrarsi in casa sua come un ladro:<< Conosci Sergje Smith? >> la domanda gli arrivò come un pungo allo stomaco, odiava quell’uomo quasi quanto l’orfanotrofio dove era cresciuto:<< Sì, che cosa centri tu con lui >> << È il mio capo e vuole che io ti porti da lui >> << Il tuo cosa? >>  le domandò quasi strozzandosi con la saliva:<< Tu lavori per quel pazzo? >> lei si passò una mano nei capelli impaziente:<< Non ti interessa che cosa faccio della mia vita, ad ogni modo voglio sapere che cos’hai di così speciale. Perché Smith ti vuole >> Sherlock si appoggiò allo schienale della poltrona su cui era seduto accavallando le gambe muscolose tese sotto la seta del pigiama:<< Lui non te l’ha detto? >> << No. Mi ha solo chiesto di portarti da lui >> << Pensava che tu saresti riuscita a convincermi? >> lei rise civettuola, ma poi tirò fuori una pistola da dietro la schiena giocherellandoci:<< Lui conosce i miei modi e parlare con te non era una delle opzioni >> << Volevi costringermi con la forza signorina Carson? >> Keath sorrise:<< Ti sorprenderesti di cosa posso fare >> << Non credo che la ragazzina dolce e gentile che ho conosciuto dieci anni fa possa fare del male a qualcuno >> con aggraziata velocità lei si alzò dal divano saltandogli a cavalcioni sulle gambe e puntandogli la pistola alla tempia:<< Quella ragazzina non esiste più, è cresciuta >> per un istante si guardarono fissi negli occhi.

Smeraldo e carbone, due occhi da gatto riflessi in quelli da serpente di Sherlock:<< Stai giocando con l’uomo sbagliato >> le sussurrò poi a fior di labbra:<< Non ti vantare tanto, non sei così fenomenale >> << Già, per questo sei eccitata vero… >> le sussurrò accarezzandole lo stomaco e risalendo piano lungo le coste del maglioncino nero.

Trattenendo il fiato e ricordandosi che Taly e Dante stavano ascoltando tutta la loro conversazione Keath espirò piano per poi sorridergli in segno di sfida:<< Non sapresti che fartene di una donna come me >> poi scivolandogli di dosso si mise in piedi accanto a lui sempre con la pistola puntata:<< Avanti adesso dimmi quello che voglio sapere, non voglio farti del male se non sono costretta >> lui si alzò a sua volta:<< Non so che cosa voglia Smith da me, mi ha contattato qualche mese fa offrendomi una cifra assurda per unirmi alla sua organizzazione e lavorare per lui. So bene che cosa fanno i suoi affiliati e io non sono così. Non uccido la gente per soldi, anzi non uccido e basta. Ho rifiutato e da allora mi da il tormento, non sa accettare un no quell’uomo >> << Sì, capisco. Non ti ha detto altro? >> << Ha detto che mi avrebbe dato qualsiasi cosa avessi voluto se mi fossi unito a lui, ma qualsiasi cifra non sarà mai abbastanza, quella vita non fa per me >> poi guardandola con gli occhi pieni di biasimo aggiunse:<< A quanto pare invece è quello che fa per te…non ti credevo capace di tanto >> lei prese fiato:<< Tu non sai niente di me, non mi giudicare >> << Ne so abbastanza per sapere che uomo era tuo padre, lui non avrebbe lasciato che sua figlia finisse così >> << Mio padre è morto, non osare parlare di lui >> << Quanto ti ha pagato quel cane? Quanto ti ha dato Smith per farti lavorare per lui? >> chinando il capo Keath si portò la mano all’orecchio spegnendo l’auricolare, non voleva che i suoi amici sentissero quello che aveva da dire:<< Non lo faccio per i soldi anche se sono tanti >> << Perché lo fai allora? >> Sherlock pareva seriamente interessato a scoprire che cosa l’aveva spinta a fare quello che faceva:<< Come ti ha detto Smith ognuno ha un prezzo. Lui ha scoperto il mio >> poi riaccendendo l’auricolare aggiunse:<< Cercherò di tirare in lungo il più possibile, ma non ti conviene farlo arrabbiare, non sai di cosa è capace >> poi avvicinandosi alla finestra afferrò la corda con il gancio che aveva usato per scendere dal tetto:<< Aspetta…non abbiamo ancora… >> lei si voltò sorridendogli poco prima di scivolare nel vuoto:<< Non ti preoccupare, so dove trovarti >> e attivando il riavvolgimento del cavo d’acciaio tornò sul tetto del palazzo sparendo dalla sua vista.

 

<< Keath! Keath! Keath apri! >> le urla di Taly le fecero aprire gli occhi troppo velocemente e la luce del sole che entrava dalle vetrate del soggiorno la fece imprecare:<< Arrivo…arrivo >> poi avvicinandosi alla porta l’aprì piano:<< Stai bene? Ma che fine hai fatto? >> lei guardò l’amica sbattendo le palpebre e spostandosi per lasciarla entrare:<< Come che fine ho fatto, sono andata da Doyle e poi sono tornata qui >> Talia la guardò preoccupata:<< Non sei tornata a casa, non ho idea di che ora fosse quando sei tornata >> << Cosa vuol dire che non sono tornata a casa? Ricordo perfettamente di essere uscita da casa di Doyle e di essere risalita in macchina per tornare qui >> << Non sei venuta a casa Keath. Abbiamo provato a chiamarti ma hai chiuso l’auricolare, ti abbia chiamato sul cellulare ma non hai risposto, mi ci è voluta tutta la mia persuasione per evitare che Dante ti venisse a cercare per tutta New York >> guardando l’amica e capendo che non stava scherzando Keath cercò di fare mente locale, che cosa era successo quella notte? Non poteva dire a Talia che non ricordava niente dopo che aveva girato la chiave nella Porsche, era come se il suo cervello fosse andato in blackout e si fosse risvegliato quella mattina con sua sorella che bussava agitata alla porta:<< Senti davvero non è successo niente, non vi preoccupate >> poi sollevando un braccio per passarsi una mano nei capelli fece per scusarsi di nuovo quando la faccia di Talia la bloccò di nuovo:<< Che c’è adesso? >> l’altra alzò una mano indicando il suo braccio:<< E quello da dove esce? Dove te lo sei fatto? >> non capendo a cosa alludeva Keath girò il braccio guardando le tre parole che vi erano tatuate sopra:<< Beh ecco io… >> << È appena fatto, ti sei fatta un tatuaggio stanotte? Keath ma cosa… >> << Senti io non so…davvero non… >> ma prima che potesse finire la frase il suo cellulare squillò, vedendo il nome di Smith sul display Keath lo mostrò a Talia:<< Devo rispondere >> l’altra incrociò le braccia sul petto:<< Noi due non abbiamo finito >> << Continueremo dopo il discorso va bene >> poi voltandosi verso la veduta di Central Park che aveva dalla sua finestra rispose.

 

<< Cosa vuol dire che si è fatta un tatuaggio? >> e Dante guardò la fidanzata che gli stava raccontando del suo incontro con Keath:<< Vuol dire che ha un tatuaggio. Sul braccio. >> << Cioè vuoi dirmi che è sparita tutta la notte per farsi un tatuaggio? Ma non poteva dircelo? >> Talia si strinse nelle spalle:<< Non lo so, c’è qualcosa di strano in tutta questa storia, quando le ho chiesto dove l’aveva fatto sembrava non ne sapesse niente nemmeno lei. Era come se non ricordasse di averlo fatto >> << Come se non se lo ricordasse? Andiamo d’accordo che lei ha un’alta soglia del dolore, ma un tatuaggio non è qualcosa che puoi dimenticare tanto facilmente >> << E se le fosse successo qualcosa? Se avesse incontrato qualcuno o magari Doyle avesse… >> << Doyle non si azzarderebbe mai a… >> cominciò Dante, ma le successive parole di Talia lo bloccarono:<< Hai sentito anche tu quello che ha detto ieri sera, ci ha provato con lei. È lo stesso uomo che ha cercato di aggredirla solo due giorni fa, se non l’avesse lasciata andare via come crediamo? >> << E l’avrebbe stordita o drogata e le avrebbe fatto un tatuaggio? >> sentendosi stupida per quella teoria arrampicata sugli specchi Talia si sedette sul divano guardando il fidanzato preoccupata:<< So che è assurdo, ma non so cosa pensare, so che nell’appartamento affianco c’è la mia migliore amica, ma quella di stamattina non era lei e nemmeno quella che stanotte è uscita dalla casa di Doyle, c’è qualcosa di strano. Lo so >>

 

<< Sei sicuro? Non mi stai prendendo in giro Mick? >> e Abraham guardò il suo amico che gli stava riferendo quello che era successo quella notte:<< No, mi avevi detto di seguirla e l’ho fatto. È andata a casa di quel tizio e dopo è andata a Chinatown, sembrava un automa. Credo che Smith le stia facendo qualcosa >> << Non puoi saperlo >> << Si è scolata un’intera bottiglia di scadente grappa cinese e poi è andata in uno di quei posti malfamati a farsi un tatuaggio, andiamo tua figlia farebbe una cosa del genere? >> ripensando alla deliziosa adolescente che aveva lasciato dieci anni prima Abraham si sedette alla scrivania guardando la foto di Keath e Talia:<< No, non l’avrebbe mai fatto, ma la ragazzina che ho lasciato non andrebbe nemmeno in giro ad uccidere per soldi e invece lo sta facendo >> << Sai bene che anche lì c’è lo zampino di quella carogna di Sergje Smith, hai cresciuto tua figlia con dei principi >> non sapendo che cosa pensare Abraham guardò lo schermo del computer dove stava controllando alcuni dati di vecchie ricerche:<< Dobbiamo aspettare Mick, tienila d’occhio e cerca di scoprire che cosa le sta succedendo, dobbiamo agire prima del ballo all’orfanotrofio. Avvicinala a te e portala qui >> << Vuoi che le dica la verità? >> Carson scosse il capo:<< No, non ti crederebbe e non voglio che si spaventi, finiremmo solo per spedirla tra le grinfie di Sergje >> Mick annuì poi voltandosi e facendo per uscire aggiunse:<< Le manchi ad ogni modo. Lo vedo quando la guardo e anche se sa che non tornerai più le manchi >> Abraham allungò una mano toccando la foto:<< Mancano anche a me >>

Deciso come sempre a fare di testa sua Mick uscì dallo studio prendendo in mano il suo cellulare ed inviando un sms.

 

Ho voglia di vederti, possiamo riprovarci? Little Italy, questa sera. Michael

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Inviti ***


Leggendo il messaggio un piccolo sorriso apparve sulle labbra di Keath scatenando la curiosità di Talia:<< Ehi, cos’è quell’aria sognante? >> Keath arrossì mettendo di nuovo il cellulare nella tasca del cappotto rosso:<< Che cosa? Non ho niente… >> poi guardando davanti a sé sorrise entrando nel piccolo bistrot dove aveva prenotato.

<< Ancora non capisco perché ti sei fatta quel tatuaggio, dicevi di odiarli… >> le ricordò l’amica quando il ricordo della sua smemorata nottata fece capolino da sotto la manica larga del golf di lana:<< Non c’è un motivo preciso, chiamala una botta di testa, ho letto un libro ultimamente e il protagonista aveva un tatuaggio simile…sarà stata una sorta di empatia, che vuoi che ti dica >> una strana sensazione alla nuca fece scuotere leggermente la testa di Talia, chissà perché ma quella scusa le puzzava di bugia lontano un miglio, era sempre stata brava a capire le persone al volo e con Keath…beh con Keath le veniva praticamente naturale dal momento che erano cresciute insieme.

<< Non mi guardare con quella faccia, ho fatto un tatuaggio non è un crimine >> Talia abbassò gli occhi sul menù:<< Lo so, non è quello che mi preoccupa, ma sei sparita per tutta la notte, potevi dirci almeno dove andavi, eravamo preoccupati >> Keath sorrise:<< Eravate preoccupati o Dante ti ha fatto impazzire? >> << Non prenderci in giro, sai che ti vogliamo bene, siamo tuoi amici >> Keath bevve un po’ dell’acqua che aveva portato il cameriere sorridendo in segno di scusa:<< E va bene, non lo farò più. Promesso >> e incrociando le dita come la piccola scout che non era mai stata piegò la bocca in quel suo smagliante sorriso da angelo:<< Non sei divertente >> le ricordò sua sorella con una punta di acidità nella voce, ok doveva cercare di essere seria, ma c’era qualcosa di diverso in lei in quel periodo, qualcosa che la faceva sentire stranamente euforica.

 

Intanto chiuso nella palestra del suo loft Dante stava cercando di pensare e di dare un senso a tutto quello che stava succedendo.

Talia era sicura che ci fosse qualcosa che non andava in Keath e lui per esperienza diretta aveva imparato che raramente le sue sensazioni erano sbagliate, quindi aveva due ore di tempo, il loro consueto pranzo settimanale fra donne, per capire che cosa stava succedendo e trovare una soluzione.

Continuando a far leva sulle braccia lasciò perdere il conto delle flessioni ripensando a quello che era successo dopo che la loro amica era andata a casa di Doyle…

Perché era successo tutto lì vero? Era lì che le era capitato qualcosa e…

O forse era successo prima? Ma Keath non era andata da altre parti prima di quella sera, erano sempre stati insieme e non era successo niente di strano...

Poi fermandosi a metà di un piegamento Dante alzò gli occhi verso il cecchino che aveva attaccato alla parte in fondo alla stanza: Smith.

L’unico altro posto in cui Keath era andata senza lui o Talia era a casa di Smith per i loro “incontri di lavoro”, ma era davvero possibile? Quell’uomo poteva averle fatto intenzionalmente qualcosa di male?

Certo né lui né Talia si fidavano di Smith e Dante sapeva bene che nemmeno Keath si fidava fino in fondo, ma quell’egocentrico megalomane sarebbe davvero arrivato a farle del male? Per quale motivo poi dal momento che loro tre lavoravano già per lui e non aveva nulla da guadagnarci?

Rialzandosi poi in piedi guardò la propria immagine riflessa nello specchio e pensò al suo ultimo incontro con Abraham Carson la mattina del suo omicidio.

<< Devi prenderti cura di loro per me Dante, se mai mi dovesse succedere qualcosa devi promettermi che le proteggerai e baderai a loro, so che sembrano ragazze forti, ma hanno bisogno di qualcuno che stia loro vicino >>

Tornando a guardare il suo corpo fin troppo scolpito dagli allenamenti in palestra e dagli sporadici incontri di boxe con qualche vecchio amico del Saint-Romain Dante fece una smorfia di disgusto, a che gli serviva tutto quell’esercizio? A cosa gli serviva quella massa di muscoli se non poteva capire quello che stava succedendo a Keath o proteggerla da qualsiasi cosa la minacciasse?

Con Talia era sempre stato facile, loro due erano fatti per stare insieme e lei più volte l’aveva definito il suo migliore amico oltre che il suo compagno, ma con Keath la cosa era diversa.

Con lei si era sempre sentito un po’ in colpa perché non aveva fatto in tempo a salvare Abraham e aveva tolto all’amica la sola famiglia che le era rimasta.

Cercando di far sparire i sensi di colpa Dante cominciò a contare mentalmente, forse gli sarebbe bastato arrivare a dieci per calmarsi, di solito funzionava…

Uno.

Due.

Prese fiato.

Tre.

Quattro.

Ok stavolta il senso di colpa faceva troppo male, ma doveva resistere.

Cinque.

Sei.

Maledizione perché non riusciva a capire che cosa stava succedendo?

Sette.

Otto.

Il suo pugno chiuso frantumò il vetro dello specchio prima ancora che la sua mente arrivasse a nove.

Non faceva male, nessuna delle ferite o delle botte che si era fatto nel corso degli anni gli aveva mai fatto male…a volte un lieve pizzicore, ma nulla di insopportabile.

Un’alta soglia del dolore, così gli aveva detto uno dei medici al pronto soccorso quando si era rotto un ginocchio da bambino giocando tra gli alberi del Saint-Romain.

Lasciando perdere il vetro in frantumi lui si diresse verso la cucina, aveva bisogno di bere qualcosa.

 

<< Sei splendida >> e la voce calda di Michael l’accolse non appena lei uscì dal palazzo con addosso quella mise a dir poco provocante, non sapeva perché ma c’era qualcosa in lui che l’attraeva particolarmente e provava irrefrenabile desiderio di piacergli ad ogni costo, era peggio di una sfida e lei adorava vincere!

<< Felice che ti piaccia, ci ho messo un po’ a scegliere che cosa mettere, ho pensato a cosa ti avrebbe eccitato di più >> Mick rise aprendole la portiera della macchina:<< Vacci piano tigre, non siamo ancora nemmeno usciti >> lei salì sulla BMW aspettando che lui facesse il giro della macchina:<< Hai detto che non rinunci mai a quello che vuoi, voglio essere sicura che tu non lo faccia >> lui girò la chiave e la guardò di sfuggita:<< Cos’è successo alla ragazza che è scappata da me l’altra sera? >> << L’ho chiusa nell’armadio, dovrai accontentarti di me stasera >> Michael diede un’occhiata ai jeans neri e alla camicetta di pizzo rosso costellata di lustrini, non avrebbe fatto molta fatica, ne era certo…

Il locale era come al solito affollatissimo, ma lui per fortuna aveva prenotato un tavolo:<< Ah signor Deveraux, è tanto che non veniva, che piacere riaverla qui >> Mick sorrise al maître e solo in quel momento Keath si prese qualche momento per osservarlo con attenzione: la camicia blu elettrico che risalvata a contatto con la sua pelle abbronzata e sotto il completo grigio antracite, sembrava un modello uscito dalla copertina di Vogue, perfino i due bottoni slacciati sul collo lo facevano sembrare elegante e sexy da morire, il tutto completato da un costoso paio di scarpe italiane.

Sì decisamente Michael Deveraux non era niente male quella sera e lei era già pazza di quell’uomo nonostante tutti i suoi misteri e le sue ambiguità.

<< I signori desiderano ordinare qualcosa come aperitivo? >> domandò loro il cameriere di turno con un blocchetto e una penna in mano:<< Vino? >> le domandò lui con un sorriso, ma quella sera Keath aveva voglia di cambiamenti, non c’era più spazio per la previdente e calma ragazza che era stata fino a quel momento, non quella sera almeno:<< Un Appletini per favore >> Mick la guardò sorridendo:<< Scotch, liscio grazie >>

Quando il cameriere si fu allontanato Keath tornò a guardare il suo accompagnatore:<< Volevo chiederti scusa, l’altra sera sono scappata via e… >> Michael sorrise allungando una mano sul tavolo per prendere la sua:<< Non ti preoccupare, so di essere stato troppo insistente, ma tu… >> lei accennò un piccolo sorriso, adorava il modo diretto e galante con cui Michael la corteggiava:<< Io cosa? >> lui fece per rispondere quando il cameriere tornò con i loro drink:<< Avete deciso cosa ordinare signori? >> Mick la guardò con un sorriso:<< Qui fanno un’ottima tagliata di manzo >> lei lo guardò incuriosita, come diavolo faceva a conoscere i suoi gusti alla perfezione? Sarebbe sembrato inquietante se lei non fosse stata infatuata di lui:<< Per me al sangue >> commentò poi nascondendo un sorriso dietro la coppa del Martini:<< Cottura media grazie e una bottiglia di rosso della casa >> concluse lui ridando i menù al cameriere.

 

<< È uscita di nuovo con quel tizio? Ma perché non me l’hai detto prima? >> << Andiamo potresti fidarti di lei per una volta? Sta solo frequentando un uomo, non c’è niente di male…non siamo più due bambine Dante >> prima che lui potesse replicare il campanello di casa li fece voltare entrambi e lui si alzò per andare ad aprire.

<< Una consegna per lei signor Lowell >> e il portiere gli porse una busta color crema con il suo nome stampato sopra:<< Grazie Phil, buona serata >> l’uomo sorrise salutando e risalendo nell’ascensore.

<< Che cos’è? >> gli domandò Talia quando lui chiuse la porta tornando verso il tavolo:<< Non lo immagini? >> e lui le porse la busta come se fosse un virus letale e volesse liberarsene il prima possibile.

Talia prese la busta tra le mani aprendola piano estraendone l’invito vergato in oro.

 

Dante Lowell & Talia Taylor

Saint-Romain Orphanage,

09/22  21 PM

 

Come ogni anno l’invito non diceva altro, solamente i loro nomi e luogo e ora di dove si sarebbe svolta la festa.

<< Dobbiamo proprio andarci? >> domandò Talia con una smorfia, odiava tutto quello che quel posto le ricordava, ma soprattutto odiava la gente che Smith invitava, più che facoltosi riccastri pronti a fare beneficenza sembravano degli invasati ad un’asta, si interessavano agli ospiti del Saint-Romain in modo quasi ossessivo e in fondo in fondo quella sensazione le aveva sempre messo i brividi.

<< Keath ti direbbe che è un obbligo che abbiamo verso quelli meno fortunati di noi >> commentò Dante con evidente sarcasmo:<< Lo so e so che ha ragione, ma quel ballo mi fa venire i brividi >>

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Perchè no? ***


Anche Keath aveva i brividi, anche se i suoi erano di tutt’altro genere!

Dio era troppo tempo che si concentrava solo sul “lavoro” e non usciva se bastava una semplice cena con un uomo qualsiasi per farle quell’effetto devastante! Poi guardando bene Michael dall’altra parte del tavolo con il bicchiere di vino in mano sorrise, lui non era un uomo qualunque, certo c’erano ancora delle cose che doveva chiarire, ma di sicuro lui non era uno qualsiasi.

<< Se continui a guardarmi con quella faccia dovrò portarti fuori da qui >> lei si riscosse dai suoi pensieri:<< Cosa? >> << Smettila di mangiarmi con gli occhi, siamo in un luogo pubblico >> un sorriso sexy e malizioso le si disegnò sulle labbra:<< Non dirmi che la cosa ti sconvolge perché non me la bevo >> << Sono un gentiluomo non lo dimenticare >> le ricordò sfiorando la mano di lei che era appoggiata sul tavolo:<< Finisci di mangiare in fretta e forse potrai smettere di esserlo >> ok adorava quella ragazza! Sì certo forse era iniziata come un lavoro o un favore che doveva ad un amico, ma ora Keath era qualcosa di più e ogni momento che passava con lei era come un piccolo sogno che si avverava.

<< Che cos’hai fatto alla mano? >> gli domandò poi curiosa notando la cicatrice oramai rosa che usciva appena dalla manica della camicia e gli correva lungo il dorso della mano:<< Ferita di guerra >> << Scusa, non volevo >> per un istante i momenti terribili che aveva passato gli tornarono in mente, ma li accantonò subito per non risprofondare nell’autocommiserazione:<< Non ti preoccupare, è successo molto tempo fa >> poi come se la cosa non avesse importanza lui tornò a concentrarsi sulla sua bistecca.

 

Una volta usciti dal ristorante Michael guardò la sua compagna che sorrideva e guardava la luna che a malapena si intravedeva tra i grandi grattacieli newyorkesi:<< Stai cercando l’uomo della luna per caso? >> le domandò soffocando un sorriso, ma lo sguardo sognante e malinconico di Keath gli disse che aveva toccato un tasto dolente:<< No…stavo pensando a mio padre… >> eccolo di nuovo. Dio ogni volta che lei toccava l’argomento Abraham Carson lui aveva voglia di dirle tutta la verità, ma sapeva bene che il suo facoltoso amico in qualche modo glielo avrebbe impedito:<< Ti manca? >> lei sospirò triste:<< Sì, è morto quasi dieci anni fa, ma per me è come se fosse successo ieri. Guardo la luna per non dimenticarmi di lui >> sapendo che quelle parole non avevano molto senso lei si affrettò a spiegargli:<< Quando ero piccola e mio padre viaggiava spesso per lavoro molto spesso non poteva portarmi con lui e così mi diceva sempre di guardare la luna prima di andare a dormire perché l’avrebbe fatto anche lui e in qualche modo sarebbe stato come stare vicini, stupidamente continuo a farlo nella speranza che mi manchi di meno, ma non ha funzionato molto >> << Vorresti riaverlo vicino vero? >> << Più di ogni altra cosa al mondo >> << Se ci fosse un modo per… >> cominciò lui, ma la razionalità di Keath lo bloccò:<< Non esiste il dottor Frankenstein Michael, è inutile sperare in qualcosa che non potrebbe mai accadere >> lui fece per aprire di nuovo la bocca e dirle la verità, odiava vederla stare male, ma le parole che gli uscirono dalla bocca furono altre:<< Si sta facendo tardi, forse è il caso che ti riporti a casa… >> lei lo guardò sorpresa:<< Non sono una bambina, possiamo andare a bere qualcosa in un bar che conosco se ti va >> << Sarebbe complicato e poi io… >> lei lo guardò per un istante negli occhi per poi precederlo in direzione della macchina.

<< Beh allora buonanotte… >> e una volta di nuovo sotto casa sua Keath guardò il suo cavaliere cercando di capire come sarebbe andata a finire la sua serata, era cambiato qualcosa in lui dopo quella passeggiata e lei non sapeva spiegarsi che cosa:<< Buonanotte >> le rispose lui ma non accennò a voltarsi e tornare alla macchina:<< Michael che cosa c’è? Sei strano >> lui sorrise acido:<< C’è una cosa che desidero dannatamente >> Keath fece un passo verso di lui:<< Sei tu che hai detto che non ti arrendi quando vuoi qualcosa >> << Anche se quel qualcosa non vuole me? >> lei alzò il viso verso quello di lui leccandosi le labbra:<< Chi ti dice che non ti voglio? >> ok più diretta di così non poteva essere, ma aveva imparato molto tempo prima che non avrebbe risolto niente continuando a fare la damigella in attesa del suo principe azzurro:<< Keath non so se sia una buona idea, tu e io non… >> ma il resto della frase finì sulla bocca di Keath che si chiuse sulla sua in un bacio disperato.

Pochi minuti dopo quasi fossero due adolescenti sopraffatti dagli ormoni, Keath e Michael, erano avvinghiati all’interno dell’ascensore labbra contro labbra, troppo deboli per pensare alle conseguenze o troppo stufi di essere sempre soli per paura di soffrire ancora.

Una volta arrivati davanti alla porta di casa Keath ci mise poco ad aprire la serratura e mentre apriva la porta Mick la sollevò tra le braccia accarezzandole la schiena.

<< Tu sei…sei… >> cominciò lui cercando di trovare le parole per dirle quello che sentiva:<< Sta zitto e baciami >> gli intimò ridendo e spostando le mani sulle sue spalle facendo cadere la giacca del completo.

Era tutto perfetto, tutto dannatamente perfetto e lui era pazzo di quella giovane donna, fu solo quando sentì le mani di Keath che gli slacciavano ad uno ad uno i bottoni della camicia che si bloccò, impietrito da quel segreto che, per quanto gli avesse salvato la vita, gliel’aveva anche rovinata.

<< Aspetta Keath…io non... >> lei sbatté più volte le palpebre guardandolo spaesata:<< Tu non cosa? >> Michael si tolse le mani di lei da dietro il collo facendo un passo per allontanarsi:<< Mi dispiace, ma tutto questo…noi due…non può succedere >> e voltandosi verso la porta l’aprì sparendo giù per le scale.

Rimasta sola Keath guardò per un attimo il suo riflesso nello specchio a parete, che diamine era successo? Che cosa era cambiato in quei pochi minuti per far scappare Michael a quel modo?

Passandosi una mano sul viso buttò la testa indietro prendendo fiato per poi prendere un paio di forbici e chiudersi in bagno.

 

<< Ma che hai fatto? >> e Talia guardò il suo fidanzato con la mano sporca di sangue:<< Niente, mi stavo allenando e ho sbattuto contro lo specchio, sto bene >> lei si avvicinò prendendo la mano di lui accarezzandogli le nocche graffiate e sporche di sangue:<< Il fatto che tu abbia un’alta soglia del dolore non vuol dire che non devi farti medicare >> << Non mi fa male, non ho bisogno di niente >> commentò lui acido:<< Non fare il testardo, spaccarti una mano non risolverà i nostri problemi >> commentò lei con un piccolo sorriso:<< Non usare quel tono con me, mi dà sui nervi >> Talia gli baciò una guancia:<< Non lo faccio apposta, mi viene naturale >> << Odio la tua stupida empatia >> lei sorrise ancora accarezzandogli la mano ferita:<< Sì, ti odio anch’io dannato cocciuto >> Dante la guardò in silenzio per un istante sapendo che lei era la cosa che amava di più al mondo e meritava la sua sincerità:<< Prima stavo pensando a quello che sta succedendo a Keath. Forse stiamo sbagliando prospettiva >> Taly lo guardò inclinando appena la testa come un cucciolo curioso:<< Come sbagliando prospettiva? Non sappiamo nemmeno che cosa le stia capitando >> << Beh io ci ho pensato…credevo che le fosse successo qualcosa a casa di Doyle, che lui le avesse fatto qualcosa, ma se non fosse così…se ci fosse qualcun altro dietro? >> << Qualcuno tipo Smith vuoi dire? >> << Conosci qualcun altro abbastanza pazzo o schizzato da fare una cosa del genere? Tu non ti fidi di lui e so che anche per Keath è così >> Talia scosse il capo ricordando la lealtà dell’amica per quel pazzo megalomane:<< Non credo che lei la veda nello stesso modo, farebbe qualsiasi cosa lui le ordini, sempre >> << È vero, ma secondo me c’è qualcosa sotto, non può davvero fidarsi di lui così ciecamente >>  

 

Qualche sera dopo nel bar sotto al suo palazzo Keath si sedette al bancone:<< Buonasera miss, che cosa le porto stasera? >> e il barista, un uomo sulla trentina dai capelli verde fluo e gli occhi azzurri le si avvicinò con un sorriso:<< Ciao Fox, un chupito di assenzio per favore >> lui la guardò perplesso, quella non era la sua solita ordinazione, ma nemmeno lei sembrava la solita donna:<< Niente vino? >> lei sorrise:<< Niente vino >> non sapeva perché, ma quella sera aveva bisogno di qualcosa di più forte, aveva passato tutto il giorno a lambiccarsi cercando di capire che cosa le era successo e dove diavolo aveva fatto quel tatuaggio o quel drastico taglio di capelli, ma era come se la sua mente avesse cancellato quelle ore.

Due intere nottate della sua vita cancellate e la cosa la spaventava non poco.

<< Posso sedermi? >> lei si voltò trovandosi faccia a faccia con Sherlock Doyle:<< E tu che ci fai… >> << Anche io so dove trovarti >> prima che Keath potesse rispondere Fox le posò davanti un bicchierino colmo di uno strano liquido verde:<< Ci vai giù pensante >> lei sorrise prendendo il bicchiere:<< Ho un paio di cose da dimenticare >> lui sorrise con quel sorriso da capogiro che si ritrovava e le si sedette accanto:<< Vuoi compagnia? >> Keath sorrise guardandolo in segno di sfida:<< Tu non vuoi farmi compagnia >> lui guardò il barista ridendo:<< Quello che ha preso la signorina >> Keath scoppiò a ridere:<< Non lo reggerai >> << Sono un uomo, mettimi alla prova >>

 

Nello stesso momento, deciso a fare di testa sua nonostante i divieti di Abraham e la fine disastrosa del loro appuntamento, Mick, era davanti all’appartamento di Keath.

Era preoccupato per lei e voleva avere la certezza che non le succedesse niente; sapeva bene che cosa voleva dire avere quei fastidiosi affarini nel cervello e nel corpo e, anche se Abraham con lui l’aveva fatto solo per aiutarlo a riprendere la mobilità del braccio, sapeva che cosa significava non essere padrone delle proprie azioni.

<< L’effrazione rientra nei reati penali lo sa? >> e una voce femminile lo fece voltare verso il corridoio dove Talia lo stava guardando con la pistola puntata verso di lui.

<< Senti non è come sembra io… >> lei fece un passo in avanti, anche se le tremava la mano non sembrava avere paura:<< Che cosa vuoi dalla mia amica? Che cosa vuoi da Keath? >> Mick si alzò in piedi lasciando perdere la sua stupida idea di scassinare la serratura:<< Senti Talia, posso spiegarti e… >> << Come sai il mio nome? >> maledicendosi mentalmente per la sua boccaccia Mick fece un’alzata di spalle:<< C’è una spiegazione per tutto quello che sto facendo >> << Sei ossessionato da mia sorella, so che è così ma non devi… >> Mick sorrise alzando le mani in segno di resa:<< Sì, Keath mi piace ma… >> poi prendendo fiato decise che forse era il momento di dire almeno un pezzo della verità:<< Non è come sembra…lei si fida di me, perché non puoi farlo anche tu…io conosco Abraham e… >> Taly lo guardò fulminandolo con gli occhi:<< Conoscevi papà vuoi dire. Lui è morto >> Mick fece per aprire bocca, ma una fitta al cervello lo fece imprecare piano:<< Che cos’hai? >> gli domandò Talia immediatamente preoccupata, anche se non accennava a lasciar andare la pistola:<< Nulla, ma io ti devo dire che… >> 

non ci provare Micheal, non osare.

La voce di Abraham gli rimbombò nella testa come se il grande scienziato fosse nel suo cervello e urlasse con un megafono:<< Smettila >> disse poi prima di perdere i sensi e cadere a terra nel suo metro e ottanta di muscoli.

 

<< Ok, lo ammetto è divertente >> e poggiando l’ennesimo chupito sul bancone Keath guardò Sherlock con un caldo sorriso in viso; con ogni probabilità di lì a un paio di minuti l’alcol le avrebbe dato alla testa e finalmente avrebbe smesso di pensare a tutto quello che le era successo e a quel fantastico e stupido marine biondo dagli occhi di cioccolato fuso. Già l’unico uomo che sembrava non volerne sapere niente di lei, si sentiva davvero idiota!

<< Ti avevo detto che potevo reggerlo >> le ricordò lui scolandosi l’assenzio alla goccia:<< Sì, devo ammettere che non sei un rammollito come credevo >> lui finse di scandalizzarsi:<< Rammollito? Rammollito io? >> lei si voltò a guardarlo, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi in quel momento, qualcosa di ignoto:<< Vieni fuori con me un momento… >> e passandogli una mano sulla coscia scese dallo sgabello del bar lasciando i soldi sul bancone e precedendolo fuori.

Aspettando da tutta una vita quell’invito Sherlock non se lo fece ripetere e la seguì come un cagnolino, solo che quello che lo attendeva in strada non era esattamente quello che si aspettava.

<< Adesso tu fai il bravo e vieni con me, ci siamo capiti? >> e con la canna di una Mark XIX accanto alla tempia Doyle si voltò verso Keath non riconoscendo più la ragazza con cui aveva scherzato fino a pochi istanti prima dentro al locale:<< Che cosa stai facendo? A che gioco stai giocando? >> lei sorrise sprezzante togliendo la sicura alla pistola:<< Non sto giocando Doyle, adesso io e te facciamo un bel giretto >> poi aprendo la Porsche parcheggiata lì davanti gli fece segno di salire al posto del passeggero:<< Dove mi vuoi portare? >> << Mr Smith ti vuole e io ti porterò da lui, sono curiosa di vedere che cos’hai di così interessante >> poi vedendo che lui non si muoveva aggiunse:<< E non cercare di farmi scherzi, ho un’ottima mira e non esiterò a spararti >> non sapendo che cosa fare e sapendo bene quello che una Mark XIX poteva fare a quella distanza ravvicinata Sherlock la assecondò, non gli ci sarebbe voluto molto per scendere da quell’auto anche in corsa e, anche se ammaccato, sarebbe tornato a casa sulle sue gambe.

 

<< Ehi…si sta svegliando…Dante si sta svegliando… >> la voce di Talia gli arrivò soffocata mentre i suoi occhi si abituavano alla penombra dell’appartamento e al divano del soggiorno dove i due dovevano averlo sdraiato.

Cercando di muoversi per mettersi seduto Mick si accorse di avere i polsi e le caviglie legati da delle fascette stringi cavo:<< Credevi che ti avrei lasciato libero? >> gli ricordò Dante tagliente, Mick dovette soffocare una smorfia, avrebbe potuto liberarsi in un batter d’occhio visto quello che Abraham gli aveva fatto, ma forse se li assecondava aveva più possibilità di convincerli ad ascoltarlo e a credergli:<< Senti so che cosa stai pensando, ma non è così, io non… >> << Tu cosa? Che cosa cercavi a casa di Keath? >> Mick cercò di alzarsi o per lo meno di mettersi a sedere:<< Non cercavo qualcosa, cercavo lei >> Dante incrociò le braccia sul petto mettendo bene in evidenza la pistola che teneva in mano:<< Cosa vuol dire che cercavi lei? Che cosa vuoi da Keath e chi diavolo sei realmente? >> Mick guardò il ragazzo fisso negli occhi, era una battaglia che doveva vincere ad ogni costo e Abraham o no, avrebbe detto loro la verità o almeno una parte:<< Siete preoccupati per lei e io so che cosa le sta succedendo, posso aiutarvi >> sentendo quelle parole Talia fece per avvicinarsi, ma Dante con un braccio la bloccò:<< Non così in fretta, chi ci dice che non sia tu a farla stare così >> << Voglio aiutarla, non le farei mai del male >> << Provamelo >> Mick lo guardò sfidandolo apertamente:<< Slegami >>

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ritorni ***


La villa di Sergje Smith era la più grossa dimostrazione di vanità umana a cui avesse mai assistito, i quadri alle pareti raffiguravano Mr Smith in ogni genere di posa eroica quasi fosse una reincarnazione divina o roba simile.

<< Come fai a lavorare per quel pazzo >> le domandò ancora Sherlock mentre lei gli puntava la Desert Eagle in mezzo alle scapole facendolo camminare:<< Taci, non ti è permesso parlare >> c’era qualcosa che non andava, ne era sicuro.

La ragazza con cui stava flirtando al bar non era certo quella che in quel momento gli puntava una pistola, ma che cosa poteva essere successo per trasformarla a quel modo?

<< Ah signor Doyle…vedo che ha riconsiderato la mia offerta >> e Sergje li accolse seduto alla sua scrivania con un gran sorriso soddisfatto sulle labbra:<< Non credo di aver avuto molta scelta non le pare? >> Sergje guardò Keath che pareva avere gli occhi vuoti mentre guardava davanti a sé:<< Molto bene Keath, puoi andare cara…ci vediamo per il ballo dell’orfanotrofio >> Sherlock sentì la pistola abbassarsi e lei che si voltava in silenzio:<< Keath aspetta io… >> lei si fermò per un istante, una piccola esitazione, poi mise la mano sulla maniglia e uscì lasciandolo solo con quel folle megalomane.

 

Fu il rumore della chiave nella toppa della serratura a farli destare tutti e tre, Mick era ancora legato ma sapeva benissimo anche lui che cosa poteva significare quel suono, Keath era di nuovo a casa e chissà in quali condizioni.

<< Keath… >> e la voce di Talia la fece voltare verso l’amica:<< Che cosa vuoi? >> l’astio e la rabbia altamente distinguibili in quel tono sprezzante:<< Dove sei stata? Eravamo preoccupati e… >> Talia rimase di sasso notando solo in quel momento il nuovo taglio dell’amica, i suoi lunghi boccoli neri erano diventati un radicale caschetto fin troppo corto, ma prima che potesse aggiungere altro Keath replicò:<< Beh potete smetterla di preoccuparvi per me, non sono più una bambina e non ho bisogno della balia >> << Ma che stai dicendo? Che cos’hai? >> Keath si voltò verso quella che era a tutti gli effetti sua sorella con gli occhi neri vuoti e privi di espressione:<< Ti sto dicendo che voglio essere lasciata in pace, hai scelto lui bene, ma non sperare che io stia qui a giocare alla famiglia felice >> sentendo quelle parole Dante si avvicinò alla porta arrabbiato:<< Ma che diavolo stai dicendo? Quanto hai bevuto? >> << Bevuto? Devo essere per forza ubriaca per capire finalmente la verità? >> << Verità? Quale verità? >> domandò Talia preoccupata:<< Che se non fosse stato per colpa di quel fallito che ti porti a letto papà sarebbe ancora qui >> poi estraendo la Mark XIX la puntò dritta al cuore di Dante:<< È colpa tua se mio padre è morto, è tutta colpa tua >> << Keath io…sai che mi dispiace e che… >> << Taci e risparmiami le scenette pietose, non credo ad una parola di quello che dici, sei solo un inutile parassita >> e con quelle accuse sulle labbra fece per premere il grilletto, ma Michael, miracolosamente libero dalle manette, si parò davanti a Dante togliendole la pistola e bloccandola in un abbraccio che aveva lo scopo principale di immobilizzarla:<< Lasciami! Lasciami andare idiota! >> Mick sorrise a quell’idiota detto con così poca convinzione:<< Vuoi stare calma? Non ti faccio niente >> poi tirando fuori una piccola siringa piena di un liquido incolore gliela infilò nel collo facendola cadere inerme tra le proprie braccia.

<< Che cosa le hai fatto? >> lui si voltò verso Talia che lo guardava preoccupata:<< Le ho dato un calmante, dormirà per un’oretta e io avrò il tempo di aiutarla >> << Come diavolo hai fatto a slegarti? >> gli domandò Dante guardandolo con diffidenza e ancora scioccato per quello che la sua amica aveva appena fatto:<< Senti è una storia lunga e adesso non abbiamo tempo, devo portarla in un posto e ho bisogno del vostro aiuto >> poi sistemandosi meglio Keath tra le braccia aggiunse:<< La mia macchina è qui sotto, venite con me per favore >> << Dove? >> gli domandò ancora Dante sempre più diffidente:<< Senti so che quello che ti è appena successo non è stato un’esperienza piacevole, ma lei non è in sé, ha bisogno di aiuto >> il giovane Lowell guardò l’amica priva di sensi tra le braccia di Michael:<< Ha tentato di uccidermi, ha detto che è colpa mia se Abraham è morto >> poi guardando Talia aggiunse:<< Probabilmente l’ha sempre pensato >> Mick lo guardò scuotendo il capo, ma in fondo poteva capirlo:<< Non l’ha mai pensato e non penso avrebbe mai voluto spararti, senti la conosci e sai che persona è, se vuoi aiutarmi bene, altrimenti fa come vuoi, ma sai bene lei chi è e cosa pensa di te >> poi senza aspettarsi una risposta Mick si diresse giù per le scale.

Era quasi giunto alla macchina quando:<< Aspetta >> e la voce di Talia lo fece voltare una volta poggiata Keath all’interno della BMW:<< Che cosa c’è? >> lei si avvicinò seguita da Dante:<< So che ha fatto una cosa orribile, ma è mia sorella e non sarebbe capace di fare una cosa del genere, anche se sembra il contrario >> Michael aprì la portiera posteriore:<< Salite >> poi mettendosi alla guida accese la macchina diretto a casa.

 

<< Ma cosa? >> e Talia rimase impalata vedendo l’auto imboccare il vialetto della loro vecchia casa:<< Che cosa ci facciamo qui? >> Mick non rispose fermando la macchina all’ingresso e scendendo per recuperare Keath ancora priva di sensi:<< Signor Deveraux, che cos’è successo? >> ed Aodhán, il vecchio autista tuttofare dei Carson, aprì la porta correndo loro incontro:<< Chiama immediatamente il signore, Aodhán >> << Si arrabbierà, non dovevate portarli… >> << Non potevo lasciarla in quelle condizioni, sbrigati maledizione >> e come se conoscesse quella casa come le sue tasche Mick portò Keath al piano di sopra in quella che da bambina era stata la sua stanza.

<< Che cosa ci fai a casa nostra? >> gli domandò ancora Talia che guardava il giovane dalla porta della stanza:<< Ci vivo >> << Abbiamo venduto la casa anni fa ad un milionario straniero, eri tu? >> << No, ero io >> e una voce roca fece voltare Talia verso il corridoio e verso l’unico uomo che non credeva avrebbe mai rivisto in vita sua, ma fu Dante a dar voce ai suoi pensieri:<< Abraham? Ma è impossibile…tu sei… >> << Morto? >> domandò l’uomo con un sorriso acido avanzando con una siringa in mano:<< Ci sarà tempo dopo per le spiegazioni, ora abbiamo poco tempo >> poi entrando nella camera aggiunse guadando Mick:<< Dovrei essere arrabbiato per la tua continua insolenza, ma si tratta della mia bambina e devo ringraziarti per averle di nuovo salvato la vita >> << Ti avevo detto che quel pazzo le stava facendo qualcosa, l’ho addormentata, ma lui la stava ancora controllando e… >> << Questo eliminerà quei cosi dal suo organismo >> poi prendendo un braccio di Keath le iniettò il liquido arancione:<< Si sveglierà tra un po’ e vedremo se è tutto a posto >> poi guardando Talia e Dante aggiunse:<< Venite con me ragazzi, devo spiegarvi un paio di cose >> ancora increduli di aver davanti il vero Abraham Carson, Dante si avvicinò mettendosi davanti a Talia:<< Aspetta un momento, come diavolo fai ad essere vivo? Ho visto io stesso il tuo cadavere, so per certo che eri morto >> << Esistono cose a questo mondo che sono in grado di ingannare perfino la morte Dante, dovresti averlo imparato molto tempo fa >> ricordando in quel momento le ricerche su cui stava lavorando Abraham dieci anni prima il giovane Lowell lo guardò dubbioso:<< Ma erano solo teorie, non avevi mai sperimentato… >> Abraham li precedette sulla scala che portava in soggiorno:<< Venite, nel mio studio staremo più comodi e vi spiegherò tutto, ve lo prometto >> poi guardando un’ultima volta Mick aggiunse:<< Avvisami quando si sveglierà, voglio essere io a dirle la verità >> Deveraux annuì tornando a vegliare su Keath addormentata.

 

Una volta nello studio, rimasto lo stesso di quando loro erano bambine, Talia si sedette sul divanetto di pelle scuro:<< Come fai ad essere vivo papà? >> lui sorrise alla figlia adottiva fiero della donna che era diventata:<< Sei diventata una splendida donna Talia, sapevo che sarebbe successo >> lei arrossì appena giocherellando con il caschetto di capelli neri:<< Ad ogni modo ho finto la mia morte, mi dispiace di avervi fatto stare male, ma dovevo trovare il modo di proteggervi e non avevo altra scelta >> << Proteggerci da cosa? >> lui si sedette accanto alla figlia guardando anche Dante:<< Da Sergje >> << Mr Smith? Sapevo che quel pazzo aveva qualcosa che non andava, ma Keath era determinata a… >> Abraham guardò il ragazzo con un debole sorriso:<< Non avercela con lei, non era in sé. Ad ogni modo suppongo che Sergje abbia trovato il modo di obbligarla a far parte della sua disumana organizzazione >> << Pensi davvero che l’abbia obbligata? Keath sembrava così sicura di quello che faceva >> << Tua sorella è sempre stata fin troppo brava a fingere Talia e fin troppo determinata a proteggere la sua famiglia. Ad ogni modo ora dobbiamo trovare un modo per fermare Sergje prima del ballo dell’orfanotrofio >> << Vale a dire tra tre giorni, è quasi impossibile >> << No Dante, ho già in mente che cosa fare, l’unico problema è che non ci sono in gioco solo le nostre vite >> << Che cosa vuoi dire? >> << Quanto ricordi delle mie ricerche? >> Lowell ci pensò un istante, all’epoca aveva diciannove anni e non ne capiva granché di biochimica molecolare e neurochirurgia:<< Ricordo che stavi cercando un modo per rendere possibile la riabilitazione anche dei casi più impossibili, mi avevi parlato di nanotecnologia o roba simile, non ricordo bene >> Abraham sorrise:<< Esattamente, nano robot. Piccoli esseri della grandezza di un atomo e in qualche modo senzienti. In grado di moltiplicarsi e di sostituire il cervello umano per alcune funzioni se debitamente controllati >> << Controllati da cosa? >> domandò Talia curiosa:<< Da un computer, i nano robot posso essere impiantati in una persona e poi viene dato loro un ordine, possono sostituirsi ai nervi lacerati di un uomo dopo un incidente e permettergli di riprendere la mobilità o le funzioni vitali, purtroppo però possono anche collegarsi al tronco cerebrale e prendere il controllo di una persona per alcuni momenti >> << Come prendere il controllo? >> << Se a contatto con il cervello e controllati a distanza possono ridurre una persona ad un automa, chi ne è vittima non ricorderà nemmeno ciò che ha fatto o ne avrà solamente un lontano ricordo >> << In pratica sarebbe l’equivalente di un burattino >> << Esattamente >> poi prima che potesse continuare la sua spiegazione Aodhán bussò piano alla porta dello studio:<< Signor Carson…la signorina Keath…si è svegliata >> il sorriso che illuminò il viso di Abraham lasciava chiaramente intendere quanto sua figlia gli fosse mancata:<< Arrivo immediatamente >>

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3325353