Saint-Romain project di Grimilde Deveraux (/viewuser.php?uid=847303)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Dieci anni dopo ***
Capitolo 3: *** Dushka ***
Capitolo 4: *** Michael-VS-Sherlock ***
Capitolo 5: *** Appuntamenti e proposte ***
Capitolo 6: *** Keath ? ***
Capitolo 7: *** Inviti ***
Capitolo 8: *** Perchè no? ***
Capitolo 9: *** Ritorni ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Albany,
1985 orfanotrofio Saint-Romain
<<
Ciao, io mi
chiamo Keath, tu come ti chiami? >> la bambina
guardò la sua simile che
indossava un delizioso vestitino rosso e un grande fiocco dello stesso
colore in
testa:<< Io… >> <<
Devi avere un nome, tutti hanno un nome
>> la bambina sorrise appena rassicurata dal tono allegro
della
ragazzina:<< Talia, mi chiamo Talia >>
Keath sorrise:<< È un
bel nome >> poi voltandosi verso un punto indistinto
sotto al porticato
dell’orfanotrofio aggiunse felice:<<
Papà, ti prego posso… >> un
uomo alto e scuro scese i gradini del portico avvicinandosi alle due
bambine:<<
Che cosa c’è dushka?
>> lei
sorrise al padre facendogli gli occhi dolci:<< Lei
è Talia…avevi detto
che avevi bisogno di qualcuno che mi facesse compagnia…
>> lui guardò
Talia con curiosità per qualche istante:<<
Ciao piccola >> lei
salutò con voce flebile, quell’uomo le metteva una
certa soggezione, a dire il
vero tutti gli adulti le mettevano soggezione da quando era stata
lasciata
davanti all’orfanotrofio ancora in fasce ed era stata
cresciuta dalle suore del
Saint-Romain.
<<
Io mi chiamo Abraham
Carson e lei è mia figlia >> poi stringendo la
mano di Keath e porgendone
una a Talia aggiunse:<< Ti va di venire a casa con noi?
>> <<
A casa vostra? Per il pomeriggio signore? >>
domandò Talia con timore:<<
No a vivere! >> le rispose Keath con allegria, Abraham
rise a sua volta
baciando affettuosamente i capelli della figlia:<<
Sì, Keath ha ragione,
vuoi venire a vivere con noi? >> Talia restò
immobile per un attimo, di
solito le famiglie o le coppie che si recavano
all’orfanotrofio erano alla
ricerca di bambini piccoli dai visi rotondi e paffuti, deliziosi
neonati da
coccolare e viziare…nessuno si sarebbe mai interessato a lei
ora che era troppo
grande; sei anni erano troppi nel giro delle adozioni e la madre
superiora
glielo aveva ripetuto più volte:<< Allora
piccola, ti piacerebbe?
>> ancora timorosa Talia alzò gli occhi
sull’uomo che la guardò con i
suoi penetranti occhi azzurri per poi rispondere piano:<<
Perché io? Ci
sono tanti neonati che… >> << Io
con un neonato non ci posso
giocare, io voglio un’amica >> rispose Keath
saccente guardando il padre
come a volergli dire di sbrigarsi così Abraham sorrise
alzandosi in piedi:<<
Vado a parlare con madre Lidia, voi intanto preparate le valige di
Talia va
bene >> Keath annuì sorridendo alla sua nuova
amica.
|
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Capitolo 2 *** 1. Dieci anni dopo ***
New
York, Hamptons dieci anni dopo…
<<
Taly muoviti o
faremo tardi! Dai quanto ti ci vuole ancora? >> e con la
sua solita voce
allegra Keath bussò alla porta del bagno di quella che ormai
praticamente era
sua sorella con una certa impazienza:<< Dai faremo tardi!
Papà ci aspetta
in macchina, andiamo! >> un minuto dopo la porta si
aprì e Talia sorrise
splendida con i capelli neri a caschetto, i pantaloni neri e la
camicetta
argento che riluceva alle luci del tramonto:<< Non mi
piace che mi chiami
Taly lo sai >> Keath sorrise per scusarsi poi
commentò:<< Wow…sei
uno schianto…Ora andiamo >> poi voltandosi
fece svolazzare il vestito
rosso in stile Marylin Monroe.
Talia
la osservò mentre
scendeva lo scalone centrale, esattamente come il giorno in cui
l’aveva
conosciuta Keath portava un fiocco rosso nella massa lunga di capelli
neri e
sorrideva come se il mondo intero le avesse regalato la
felicità, spesso Talia
la prendeva in giro dicendole che sembrava Biancaneve per quanto amava
la vita
e il suo cane, un bastardino mezzo lupo color biscotto di nome Hyde.
<<
Ah eccovi qui.
Andiamo, aspettano solo noi per cominciare >> e
sorridendo Abraham Carson
fece salire le ragazze sulla berlina scura accanto a lui.
Una
volta arrivati
davanti al liceo dove entrambe studiavano, la Hamptons Hammond School,
Abraham
le lasciò all’ingresso con la promessa di
incontrarsi dopo appena prima della
premiazione.
<<
Allora Taly...
>> e Keath cominciò a ridere:<<
Non mi chiamare così >> <<
Scusa, è più forte di me. Comunque
dicevo…che intenzioni hai? >>
l’amica
la guardò preoccupata:<< Che intenzioni ho per
cosa? >> domandò
poi, ma prima che
il discorso potesse
andare avanti una voce maschile le fece voltare verso
l’ingresso della
palestra:<< Buon pomeriggio signorine >>
Keath sorrise allegramente
mentre Talia deglutì nervosa, ora capiva le parole di Keath,
anche se non si
era aspettata di trovarselo davanti:<< Ciao Dante
>> << Signorina
Carson, signorina Taylor >> e il giovane assistente di
Abraham fece il
baciamano ad entrambe indugiando appena sulla mano di Talia stretta
nella
propria:<< Ciao Dante >> salutò
lei pigolando come quando era
piccola:<< Papà è andato a cercare
Mr Smith, se vuoi aspettarlo qui ti
facciamo compagnia >> propose Keath con un sorriso
sedendosi ad un
tavolino di pietra nel grande cortile della scuola:<< Non
vi do fastidio?
>> domandò Dante con la galanteria e i modi di
un uomo d’altri tempi:<<
Assolutamente no >> e guardando la sua amica che non
riusciva a togliere
gli occhi dal bell’assistente Keath si soffermò a
pensare che Dante era quasi
un loro coetaneo, ma si comportava come un cinquantenne dedito solo
alla
carriera, come molte delle persone che lavoravano per i Carson anche
lui aveva
avuto una vita difficile ed era stato costretto a crescere in fretta
quando era
rimasto orfano a poco più di quattordici anni, tuttavia
Keath era fermamente
convinta che anche lui meritasse un po’ di
felicità e quella felicità
probabilmente portava il nome di Talia Taylor.
Quella
sera dopo la
consegna dei diplomi e della borsa di studio offerta da Abraham Carson,
Keath e
Talia fecero per risalire sulla berlina insieme a Dante e al padre
quando
quest’ultimo si fermò richiamato dal suo collega e
socio in affari:<< Dante
porta a casa le ragazze, io vi raggiungerò più
tardi, ho un affare da sbrigare
con Sergje >> l’assistente annuì e
fece per salire in macchina ma Keath
si voltò verso il padre:<< Papà
ma… >> Abraham guardò la figlia con
un sorriso pensando a quanto lei assomigliasse alla sua defunta moglie,
morta
per dare alla luce quel piccolo miracolo:<< Vai a casa
tesoro, sarò di
ritorno prestissimo >> Keath fece per protestare ma
l’arrivo di Mr Smith
bloccò ogni sua parola.
Senza
discutere salì in
macchina sedendosi accanto all’amica:<< Non
faccia quella faccia
signorina, il dottor Carson arriverà tra poco e…
>> ma prima che lei potesse
rispondere il suono secco di uno sparo la fece voltare verso la scuola
giusto
in tempo per vedere, attraverso i vetri oscurati, un uomo alto e scuro
che
cadeva a terra:<< Papà! >> e
Keath guardò allarmata un altro uomo
incappucciato che si avvicinava con la pistola e sparava un altro colpo
e poi
un altro.
<<
Aodhán ferma la
macchina! Aodhán fermati! Torna indietro! >> e
Keath guardò l’autista con
disperazione e le lacrime agli occhi:<< Signorina Carson
non può, ho
l’ordine di… >> << No
Dante! È mio padre, non lo lascerò lì
a
morire! >> << Ho ordine di tenervi al
sicuro >> poi girandosi
verso Aodhán aggiunse:<< Ferma la macchina
>> e scendendo dalla
vettura aggiunse:<< Portale a casa e assicurati che a
loro non succeda
niente, tornerò non appena sarà tutto a posto
>> l’autista annuì e non
appena Dante ebbe chiuso la portiera ripartì alla volta di
Carson House.
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Capitolo 3 *** Dushka ***
La
notizia della morte
del famoso scienziato multimilionario e filantropo Abraham Vlad Carson
fece in
poco tempo il giro del mondo, come anche l’immagine di sua
figlia in lacrime
davanti alla bara nera che veniva interrata accanto a quella di sua
madre nel
giardino della proprietà.
<<
Signorina Keath
>> e la voce di Dante la fece voltare verso
l’ingresso dello studio di
suo padre dove si era rifugiata per sentire meno la sua
mancanza:<< Cosa
c’è? Non ho voglia di altre interviste e non ho
voglia di vedere nessuno
>> il giovane entrò chinando il
capo:<< Volevo scusarmi con lei, è
colpa mia se…avrei dovuto ascoltarla e tornare subito
indietro, ma… >>
Keath sorrise sedendosi sulla vecchia poltrona di pelle del
padre:<< Non
è colpa tua Dante, non ti incolpo per la sua morte
>> poi guardando la
foto di suo padre insieme a lei e Talia poggiata sulla scrivania
aggiunse:<<
Anzi ti sono grata, ci hai salvato la vita, a me e Talia e non
finirò mai di
essere in debito con te per questo >> poi guardando il
ritratto dei suoi
genitori che campeggiava sulla parete a mo’ di vecchio
dipinto di famiglia
sorrise:<< Adesso voglio solo andare a dormire, penseremo
domani a cosa
fare >>
New
York, 2003
<<
Dov’è
l’obiettivo Dante, lo riesci a vedere? >> la
voce del suo ormai fidato
amico e collaboratore le risuonò chiara
nell’orecchio:<< Alla tua destra,
ore due. L’uomo con lo smoking >> Keath si
guardò intorno trattenendo una
smorfia irritata:<< Siamo ad un party di beneficenza, qui
sono tutti in
smoking >> << Quello con il garofano giallo
all’occhiello >>
commentò la voce di Talia che gironzolava
dall’altra parte della sala in uno
sfavillante abito a sirena color smeraldo:<< Sei favolosa
con quel
vestito tesoro te l’ho già detto? >>
commentò Dante aggiustandosi il mirino
del fucile ammirando la profonda scollatura dell’abito che
lasciava intravedere
il tatuaggio che Talia aveva alla base della schiena.
<<
Eh
piccioncini…stiamo lavorando. Lasciate il romanticismo per
dopo ok >> e
soffocando una risata Keath si avvicinò al suo obiettivo con
passo deciso ma
senza dare troppo nell’occhio.
<<
Hai una fiala
di scorta? >> domandò Dante:<<
Non è il mio primo lavoro, ma grazie
per la fiducia >> lui rise:<< Scusa,
è solo per precauzione
>> lei sorrise ricordando che fino a qualche anno prima
lui era
incaricato della protezione sua e di Talia, prima che succedesse la
tragedia,
prima che tutto finisse con quello sparo e quella bara nera.
<<
Posso offrirle
qualcosa da bere signorina? >> e una voce carezzevole la
fece voltare
verso un giovane dagli occhi scuri e i capelli biondi dal taglio
militare, lo
smoking nero enfatizzava il suo fisico possente, ma
l’attenzione di Keath fu
catturata dalla cicatrice sul lato destro del suo viso che gli arrivava
fin
quasi al mento:<< Ci conosciamo? >> lui
fece un sorriso
allungandole un calice di champagne:<< No, ma intendevo
offrirle da bere
per rimediare >> << Talia
c’è un tipo attorno a Keath, cerca di
portarla via, non abbiamo molto tempo >>
commentò Dante dall’auricolare,
ma prima che Talia potesse muoversi Keath sorrise all’uomo
bevendo un sorso del
bicchiere:<< Mi spiace doverla deludere, ma sto
aspettando una persona e
ora devo proprio andare, arrivederci >> lui sorrise quasi
si fosse
aspettato quella risposta:<< Non si preoccupi signorina,
in fondo a
queste feste c’è sempre la stessa gente, avremo
modo di rivederci prossimamente
>> e voltandole le spalle così
com’era arrivato lo sconosciuto si
avvicinò ad un uomo brizzolato di spalle seduto su una sedia
a rotelle.
<<
Torniamo al
lavoro signore? Vorrei essere a casa per ora di cena >>
commentò Dante
ridendo:<< Solo se cucini tu tesorino >>
gli fece eco Talia
nascondendo una risata dietro al bicchiere di rosso che aveva in
mano:<< Tutto
quello che vuoi piccola >> << Prendetevi
una camera, per favore
>> e fingendosi esasperata Keath si avvicinò
ai tre uomini che conversavano
individuando il suo obiettivo di quella sera: Angus McLauren,
imprenditore
petrolifero di alto profilo che possedeva alcuni giacimenti minerari
nei pressi
delle montagne del Nepal e da cui estraeva gemme che vendeva al mercato
nero,
non sapeva esattamente che cosa aveva fatto di male McLauren, ma loro
erano
pagati profumatamente per eseguire, non per pensare.
<<
Buonasera
signori…posso unirmi a voi? >> i tre uomini si
voltarono a guardarla così
Keath continuò la sua sceneggiata:<< Non credo
ci abbiano ancora
presentato, Beatrice Williams >> McLauren la
guardò come si guarda una
succulenta portata poi prendendole la mano aggiunse:<<
Piacere di
conoscerla signorina Williams, non credo di averla mai vista da queste
parti
>> lei fece un gesto noncurante con la mano
giocherellando con un
ricciolo della parrucca rossa che indossava:<< Sono
ospite di amici e
visto che mi annoiavo ho deciso di partecipare a questa festa
>> lui
sorrise come un patetico divo di Hollywood di
second’ordine:<< Un’idea
eccellente allora >> Keath sorrise cercando di resistere
alla tentazione
di tirargli un pugno, quell’uomo era viscido e lei detestava
gli uomini di quel
tipo.
<<
Andiamo Angus,
lascia alla signorina Williams un po’ di respiro
>> commentò una voce
roca che la fece voltare verso il terzo uomo, uno schianto assoluto con
i
capelli castani leggermente lunghi legati dietro la nuca e un paio di
occhi
verdi che sembravano due smeraldi tanto brillavano:<< Sei
arrivato tardi
Johnatan, l’ho vista prima io >> lei rise
appena poi facendo bene
attenzione a toccare la mano di McLauren con il proprio anello
aggiunse:<<
Spiacente di deludervi signori, ma sono già impegnata
>> e mostrando il
brillante con cui poco prima aveva toccato la mano dell’uomo
sorrise divertita:<<
Oh un duro colpo per un uomo miss Williams >>
<< Forse con la
prossima avrà più fortuna >> poi
come in un vecchio film di serie B
l’allarme antincendio cominciò a suonare inondando
d’acqua il party e i suoi
costosi invitati.
Approfittando
della confusione
Keath si defilò da un’uscita laterale e si
fermò qualche istante nel corridoio
per prendere fiato:<< Ottima via di fuga Talia, grazie
>> l’amica
tirò un paio di boccate alla propria sigaretta guardando la
festa dall’altro
lato del marciapiede:<< Di nulla, sai avevo voglia di una
sigaretta e
credo di essermi messa troppo vicino ad uno di quei sensori per il
fumo…che
peccato… >> <<
Keath…tutto bene? >> domandò
Dante:<< Sì,
tutto secondo i piani, domattina leggeremo sui giornali della morte di
McLauren
a seguito di un attacco cardiaco >> <<
Bene, ci vediamo a casa tra
poco >> << Va bene, a dopo ragazzi
>> e guardando le scale
Keath fece per scendere e tornarsene a casa quando:<< Ah
ecco dov’era…
>> lei si voltò riconoscendo la voce
dell’amico di McLauren:<<
Salve…signor…Johnatan?
Perdoni non ricordo il suo cognome >> lui sorrise
avvicinandosi
minaccioso come una pantera che ha puntato la sua
preda:<< Non l’ho mai
detto >> commentò lui
sorridendo:<< Capisco…mi scusi ma ora devo
andare, mi stanno aspettando >> e cercando di
allontanarsi da lì il più
in fretta possibile Keath indietreggiò di qualche
passo:<< Andiamo
signorina Williams, non abbia fretta, abbiamo tutto il tempo
per… >> ma
prima che uno dei due potesse aggiungere altro o che Dante e Talia con
il fiato
sospeso dall’altra parte della strada intervenissero una voce
di velluto fece
voltare Keath verso lo sconosciuto militare biondo che le aveva offerto
lo
champagne al party:<< Ah sei qui tesoro…non ti
trovavo in mezzo a quella
confusione, mi hai fatto venire un colpo >> lei lo
guardò cercando di
capire che cosa fare, due uomini di notevole prestanza fisica non erano
uno
scherzo nemmeno per una persona allenata come lei, senza contare il
fatto che
non aveva armi con sé e la seconda fiala di veleno riservata
a McLauren avrebbe
potuto uccidere uno solo di loro, l’altro sarebbe comunque
rimasto a darle
problemi.
<<
Io veramente…
>> << Sì, lo so che abbiamo
litigato, ma cerca di perdonarmi dushka,
sai che farei qualsiasi cosa per
te >> sentendo quel nomignolo che anche suo padre usava
con lei, a Keath
mancò un battito:<< Come mi hai chiamata?
>> << Tesoro non
fare la permalosa, dai ci stanno aspettando…vieni
>> e prendendola per
mano il bel soldato, sì oramai era certa che fosse un
militare se non
addirittura un marine, la trascinò con sé
giù per le scale allontanandola dal
fascinoso anonimo e alquanto pericoloso signor Johnatan.
Quando
uscirono dal
retro del palazzo lui le lasciò il polso e la
guardò sorridendo:<< Va
tutto bene? >> lei annuì restando un
po’ sulla difensiva:<< Sì,
grazie ma… >> lui sorrise facendo un paio di
passi verso l’uscita del
vicolo:<< Ti avevo detto che ci saremmo rivisti,
arrivederci mia cara
>> e lasciandola lì in piedi con quel costoso
abito scuro e lo sguardo
perso si allontanò salendo su una limousine dai vetri
oscurati.
|
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Capitolo 4 *** Michael-VS-Sherlock ***
<<
È andato tutto
bene Mick? >> gli domandò l’uomo
davanti a lui quando l’auto fu
ripartita:<< Sì, tutto a posto. Sta bene
>> commentò il biondo poi
con un sorriso aggiunse:<< È una donna
magnifica, devi solo essere fiero
di lei >> l’altro guardò la vecchia
foto di due giovani ragazzine che
portava nell’agenda di pelle nera:<< Lo sono
sempre stato, ma adesso
dobbiamo tirare lei e Talia fuori da lì, non
passerà molto prima che Sergje le
faccia diventare le sue prossime cavie >>
<< Pensi che non ci abbia
ancora provato Abraham? >> un redivivo Abraham Vlad
Carson sorrise acido:<<
Non so più cosa pensare, so solo che se quel verme ha osato
toccare le mie
ragazze gli strapperò il cuore con le mie mani
>>
<<
Keath stai
bene? >> << Tutto a posto? >>
e Dante e Talia un po’
affannati la raggiunsero nel vicolo:<< Sì, sto
bene >> << Ma
cos’è successo? Chi erano quei tipi?
>> lei sorrise appena incamminandosi
verso la macchina che li aspettava in una strada lì
accanto:<< Andiamo a
casa, parleremo dopo >>
Una
volta di nuovo nel
suo lussuoso loft, confinante con quello dei suoi migliori amici e
colleghi, se
così si potevano chiamare, Keath si tolse le scarpe tacco 12
e sdraiandosi sul
divano lasciò andare la testa contro lo schienale facendo
cadere a terra la
parrucca rossa:<< Allora…ci vuoi dire chi
erano quei tizi? >>
domandò Talia sedendosi vicino a lei:<< Non lo
so…uno è un certo Johnatan
non so cosa, era insieme a McLauren quando gli ho dato il veleno, non
sembrava
pericoloso, ma quando me lo sono trovata davanti sulle scale di
servizio lo era
eccome! >> Dante prese mentalmente nota del
nome:<< Farò un
controllo, non possono esserci molti Johnatan a quel party, ad ogni
modo vedrò
di recuperare qualche foto, riusciresti a riconoscerlo vero?
>> Keath
sorrise:<< Sì, certamente >>
evitò di ripetere a Dante che lei e
Talia non erano più bambine e che poteva smetterla di essere
così apprensivo,
ma sapeva che lui non sarebbe mai cambiato.
<<
L’altro invece?
Era il tizio che ti ha offerto da bere prima vero? Quella specie di
stangone
biondo dall’aria inquietante >> Keath
ripensò al militare biondo e alla
cicatrice che gli attraversava il viso:<< Non era
inquietante…anzi…mi ha portato
via quando Johnatan stava diventando pericoloso, sembrava essere
già lì…non so
è comparso al momento giusto >> Taly
sorrise:<< Sì…il principe
azzurro che salva la principessa, non sapevo avessi bisogno di essere
salvata
amica mia >> Keath la fulminò con lo
sguardo:<< E non ne ho
bisogno, solo che non so ho avuto una sensazione strana
>> Talia la
guardò preoccupata:<< Strana come?
>> lei alzò gli occhi sulla foto
di loro due insieme ad Abraham fatta poco prima della sua
morte:<< Mi
sono sentita come quando c’era papà
>> nessuno fiatò, erano anni ormai
che Keath non nominava suo padre, anche se tutti e tre pensavano ogni
maledetto
giorno a quello che era successo quella sera fuori dalla Hamptons
School.
Nello
stesso momento in
una lussuosa villa poco fuori città un uomo sulla
cinquantina stava guardando
le foto di alcuni bambini con evidente interesse:<<
Questi sono gli
ultimi dottor Talbot? >> l’uomo con il camice
bianco sorrise compiaciuto:<<
Sì signor Smith, i migliori che abbia mai sperimentato
>> Sergje guardò
ancora le foto soffermandosi sul viso rabbioso di un bambino di circa
dieci
anni dai capelli e gli occhi nero carbone:<< Questo
ragazzino per
esempio, non è troppo grande? Il progetto Saint-Romain era
fatto per
ricalibrare giovani menti, dai nove anni in poi non sono più
così influenzabili
e modificabili >> Talbot sorrise gonfiando il petto come
un pavone che fa
la ruota:<< Lo credevo anch’io signore, ma ho
voluto provare. Gavriel ha
dieci anni, ma i risultati sono stati dei migliori,
un’intelligenza fuori dal
comune, una curva di apprendimento impressionante >>
<< Che cosa
hai usato? >> stavolta un po’ timoroso Talbot
si fece coraggio:<< L’ultimo
DNA del signor Carson, mi avevate detto di eliminarlo e ho provato ad
impiantarlo nel ragazzo, non credevo potesse funzionare, il campione si
stava
per deteriorare, ma sembra aver funzionato bene >> Sergje
Smith sorrise
acido guardando di nuovo la foto del bambino:<< Bene
Abraham, almeno da
morto mi sei stato utile…chi l’avrebbe mai detto
>> poi la voce della sua
segretaria dall’interfono lo avvisò di una
chiamata:<< C’è la signorina
Carson al telefono signore >> << Passamela
>> rispose acido
prendendo la chiamata:<< Keath cara…hai buone
notizie spero >>
dall’altro lato Keath guardò fuori dalla finestra
sulla grande mela che si
illuminava indossando il vestito della notte:<<
Sì, tutto a posto
>> poi prendendo fiato aggiunse:<< Signor
Smith, per il ballo
all’orfanotrofio di quest’anno…potrei
evitare di venire, sa non vorrei che…
>> ma la replica di Sergje interruppe le sue
parole:<< Come puoi
dire una cosa del genere tesoro, tuo padre non avrebbe voluto, in fondo
la tua
amica Talia è vissuta lì e anche il giovane
Dante, faresti un grande affronto
ai tuoi amici se non venissi >> << Nemmeno
loro vogliono partecipare
e non mi sembra il caso di… >>
<< Voi verrete e non intendo
discuterne oltre, ci vediamo domani mattina >> e
chiudendo la telefonata
tornò a guardare Talbot:<< Veda di mettere a
punto questi giovani prodigi
dottore, il ballo dell’orfanotrofio è tra una
settimana e non ho alcuna
intenzione di deludere i miei compratori >> Timothy
Talbot annuì poi
chinando il capo in segno di rispetto come davanti ad un re
uscì dall’ufficio
tornando al suo laboratorio.
Intanto
chiuso nel suo
lussuoso attico affacciato sul Brooklyn Bridge l’anonimo
Johnatan stava
guardando le luci del ponte che si accendevano alla luce della
sera:<< Com’è
stato il party signore? Interessante? >> e un uomo sulla
settantina entrò
nel soggiorno portando un vassoio d’argento con un calice di
vino rosso al
centro:<< Sì Bruce, decisamente interessante
>> il maggiordomo si
avvicinò porgendogli il calice di cristallo:<<
Avete trovato qualcosa che
ha stuzzicato il vostro interesse signor Doyle? >> lui
prese il vino
sorridendo e ripensando al viso della signorina Williams e ai suoi
occhi nero
carbone:<< Infatti Bruce, credo proprio di aver bisogno
delle tue
conoscenze >> l’anziano servitore
sorrise:<< Che cosa devo cercare
stavolta signore? >> Johnatan sorrise:<<
Non si tratta di un cosa,
ma di un chi. Una donna >> << Una donna?
Signorino Sherlock,
permettetemi di ricordarvi che… >>
<< Non mi chiamare così >>
e la voce decisa del giovane aggiunta ai suoi occhi freddi e spietati
gli fece
chinare il capo all’istante:<< Mi spiace, le
vecchie abitudini sono dure
a morire e voi sapete che… >> Sherlock
tornò di nuovo a sorseggiare il
suo vino:<< Sai che odio quel nome, se non fosse
perché siamo insieme da
troppo tempo ormai, ti avrei già licenziato >>
Bruce sorrise sapendo bene
che le minacce di Sherlock Doyle erano senza fondamento, quel ragazzo
faceva lo
spavaldo da quando aveva cominciato a parlare, ma il suo cuore era
più buono e
puro di quello di un bambino.
Continuando
a pensare
alla bella miss Williams Sherlock pensò a come si era
comportato su quella
scala antincendio.
Non
era da lui. Erano
anni che non si comportava come un cavernicolo davanti ad una donna,
gli anni
in orfanotrofio e a servire negli hotel di lusso avevano sortito il
loro
effetto trasformandolo in un gentiluomo, che cosa gli aveva fatto
quella donna
per risvegliare i suoi bassi istinti?
Ripensando
alla sua
adolescenza la vivida immagine di una ragazzina dai capelli e gli occhi
neri
gli si parò davanti facendogli accapponare la pelle e
fremere il sangue nelle
vene.
Strano
come dopo tutti
quegli anni gli facesse ancora quell’effetto, ma lei era
davvero la cosa più
eccitante e sexy che avesse mai visto, anche se era solo
un’adolescente.
Il
suo nome era Keath
Natacha Carson ed era la figlia del benefattore
dell’orfanotrofio dove lui era
cresciuto.
Sentendo
l’aria
mancargli intorno e il cuore fermarsi Mick aprì gli occhi
spaventato
boccheggiando per la paura.
Un
incubo.
Era
da tanto che non ne
aveva, era da quando era uscito dall’ospedale che non gli
venivano più quegli
attacchi di panico notturni che non lo lasciavano dormire.
Passandosi
poi le mani
sul viso sudato ripensò agli avvenimenti di quel pomeriggio,
aveva promesso ad Abraham
che avrebbe tenuto d’occhio sua figlia fino a che non fosse
arrivato il momento
di rivelarle la verità e che si sarebbe assicurato che non
le succedesse niente
di male, allora perché quando era scattato
l’allarme antincendio a quel dannato
party era andato di corsa a cercarla come se da quello dipendesse la
sua vita?
Si era sempre vantato di saper dividere la sua vita privata dal lavoro,
che
cosa gli stava succedendo?
Guadando
la polaroid che
aveva scattato pochi giorni prima alla bella figlia del suo
capo/migliore
amico, Mick sorrise acido davanti alla reazione del suo corpo anche
davanti ad
una semplice istantanea.
<<
Sei un verme
Michael Deveraux, sei un verme pervertito >> si disse poi
pensando a cosa
gli avrebbe fatto Abraham se avesse saputo quello che gli stava
succedendo, la
morte sarebbe stato un sollievo in confronto e lui lo sapeva.
La
mattina dopo furono i
timidi raggi del sole a svegliarla, si era addormentata poco dopo che
Talia e
Dante erano tornati nel loro appartamento, avevano parlato a lungo di
quello
che dovevano fare, ma purtroppo non avevano scelta e far felice Sergje
Smith
partecipando a quello stupido ballo di beneficenza
all’orfanotrofio sembrava la
sola scelta praticabile.
Prima
che potesse
poggiare i piedi sul morbido tappeto rosso il campanello della porta la
fece
voltare verso l’ingresso:<< Arrivo
>> urlò poi allo sconosciuto
infilandosi la sua vestaglia di seta e guardando dallo spioncino.
Era
un fattorino o
meglio un pony express con una busta fra le mani:<<
C’è una consegna per
Keath Carson >> lei aprì la porta
sorridendo:<< Sono io >> <<
Ecco metta una firma qui >> lei firmò la
ricevuta sul palmare del giovane
sorridendo:<< Tenga, buona giornata >> lei
sorrise ancora:<< Buona
giornata anche a lei >> poi richiudendo la porta
guardò il pacchetto
senza mittente e solo con il suo indirizzo scarabocchiato in fretta.
Senza
farsi pregare
Keath si sedette al tavolo da pranzo aprendo il pacchetto e facendo
scivolare
il suo contenuto sul piano di cristallo:<< Ma
cos’è? >> e un pezzo
di stoffa rosso cremisi scivolò sul tavolo facendo
tintinnare qualcosa che era
appeso alla sua estremità.
Prendendo
il nastro tra
le mani Keath riconobbe immediatamente il laccio per capelli, era come
quelli
che usava da ragazzina e che,
proprio
come quello che teneva tra le mani, aveva un ciondolo dorato alla fine.
Guardando
il piccolo
pendente a forma di gufo un piccolo sorriso le scappò dalle
labbra, lei amava
quelle buffe sagome di pennuti, da piccola aveva un peluche del genere
e per un
attimo il ricordo di suo padre le balenò davanti agli occhi
facendole scivolare
una lacrima sul viso.
Prima
che potesse
lasciarsi andare ai ricordi il suo cellulare
l’avvisò di un sms.
Aprendolo
di fretta
Keath rimase immobile davanti allo spazio vuoto accanto alla parola DA,
un
messaggio anonimo? Ma chi diavolo era?
Poi
leggendo il testo
rimase di stucco: Piaciuto il regalo?
Vorrei vedertelo addosso domani sera, c’è un party
all’hotel Bristol, io sarò
lì.
Chiudendo
il cellulare
si guardò allo specchio dandosi dello stupido da solo, che
cosa gli era venuto
in mente di mandarle quel regalo? Certo sapeva che le sarebbe piaciuto,
ma
solamente la sera prima si era detto che doveva separare il piacere dal
lavoro
e invece lui li stava pericolosamente mischiando.
<<
Signor Doyle,
signore. Ha una visita >> e la voce di Bruce lo
bloccò mentre tirava
pugni al sacco intento a sfogare la frustrazione:<< Non
ho voglia di
ricevere nessuno Bruce, mandalo via >> il maggiordomo
fece per replicare
ma prima che potesse aggiungere altro la porta della palestra si
spalancò lasciando
entrare un uomo alto e ben piazzato che camminava con imponenza facendo
oscillare un bastone di metallo al fianco, sembrava non curarsene ma si
vedeva
che quel bastone gli serviva per sostenere la gamba
zoppa:<< Lei sta
diventando molto difficile da rintracciare signor Doyle
>> voltandosi
verso il nuovo venuto Sherlock lo guardò con
odio:<< Forse è difficile
trovarmi perché non voglio essere trovato Mr Smith, ho
già ricevuto la sua
proposta e ho cortesemente rifiutato, sto bene come sto
>> Sergje lo
guardò non lasciandosi impressionare da quel
rifiuto:<< Tutti hanno un
prezzo signor Doyle, deve solo dirmi il suo, posso farle avere tutto
quello che
vuole, tutto >> ripensando alla sua adolescenza tra le
fredde mura di
Saint-Romain Sherlock fece una smorfia:<< No, non
può darmi quello che
voglio, quindi per favore se ne vada da casa mia, mi lasci in pace
>> Sergje
Smith si voltò dando un ultimo sguardo al giovane in
canottiera e calzoncini
corti:<< Ci rivedremo signor Doyle, arriverà
un giorno in cui si pentirà
di aver rinunciato alla mia offerta >> Sherlock fece
finta di non
ascoltarlo bevendo da una bottiglietta d’acqua, ma
lasciandosi avvolgere dai
ricordi di lei e della prima volta in cui l’aveva vista.
Il
ballo di beneficenza
dell’orfanotrofio, l’annuale galà dove
lui e gli altri bambini deliziavano i
donatori con spettacolini e balli improvvisati, odiava quelle feste
perché
ormai non era più un bambino e la sola cosa che voleva era
scappare da lì e
rifarsi una vita.
Ricordava
ancora la
prima volta in cui l’aveva vista, la più bella
adolescente che avesse mai
varcato la porta dell’orfanotrofio, si vedeva lontano un
miglio che lei non
aveva mai dovuto faticare un giorno della sua vita, che era adorata e
amata dall’uomo
che ogni anno varcava con lei quel portone tenendola fermamente per
mano
insieme all’altra bambina mora accanto a loro.
Non
gli ci era voluto
molto per capire che quella ragazzina era Keath Carson e che suo padre,
Abraham
Vlad Carson, era il maggior finanziatore del centro e che quindi, anche
solo
per una semplice questione di sopravvivenza, lui era il diretto
responsabile
del suo sostentamento e sua figlia era un gioiello intoccabile sotto
ogni punto
di vista.
<<
Qualcosa non va
Mick? >> e Abraham lo guardò dal divano dove
era seduto sorseggiando una
tazza di caffè:<< Come dici? >>
domandò il giovane giocherellando
con la propria tazzina seduto al tavolo del soggiorno:<<
Hai l’aria
strana, sembra che tu non abbia dormito bene >> Mick fece
un sorrisetto
forzato:<< Va tutto bene Abraham, non ti preoccupare
>> il famoso
genio si avvicinò all’amico poggiandogli una mano
sulla spalla:<< Da
quando non ti preoccupa più avere incubi? >>
Mick alzò gli occhi
sorpreso:<< Come sai che ho avuto un incubo?
>> Abraham chinò il
capo serio:<< I nano robot annotano tutto quello che ti
succede, ogni tuo
minimo sbalzo d’umore è registrato, ho visto il
tuo tracciato di stanotte
>> << Mi stavi controllando?
>> Abraham alzò scherzosamente
le mani in segno di resa:<< No, sono solo preoccupato per
te, che cos’è
che ti angoscia? >> Mick guardò fuori dalla
grande vetrata che dava sul
giardino:<< Mi uccideresti se sapessi la
verità >> Abraham sorrise
dolcemente:<< Ho accettato che Dante fosse pazzo di
Talia, posso
accettare che tu provi qualcosa per mia figlia Michael >>
Mick si voltò
spaventato:<< Come lo sai? Come sai che io…
>> poi rendendosi conto
di quello che aveva appena confessato guardò Abraham
aspettando la condanna a
morte:<< Sei un uomo degno d’onore Mick,
è ora che anche tu cominci a
considerarti tale >> Michael guardò le proprie
mani con sdegno stringendo
la sinistra a pugno:<< Non sono più un uomo e
tu lo sai >> poi
guardando l’amico con sguardo colpevole
aggiunse:<< Non ce l’ho con te e
ti sarò sempre grato per quello che hai fatto, ma questa
cosa mi ha cambiato,
io non mi sento più un uomo e non lo sarò mai
più >>
|
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Capitolo 5 *** Appuntamenti e proposte ***
La
sera dopo nella
lussuosa hall dell’hotel Bristol Keath si guardò
intorno incuriosita, Taly ed
Dante l’avevano messa in guardia circa quel regalo e
l’anonimo sconosciuto che
sembrava averla presa di mira, ma lei era ben più testarda
di loro e alla fine
l’aveva avuta vinta:<< Sai che non sono
d’accordo con questa storia vero
>> e la voce di Dante la riportò alla
realtà.
Sì
lui le aveva concesso di andare a
quello strano
appuntamento a patto che lui e Talia fossero andati con lei per tenerla
d’occhio.
<<
Hai intenzione
di starmi incollato tutta la sera Dante? >> lui rise
guardando negli
occhi la sua fidanzata:<< Ehi io mi sto solo godendo un
drink con la mia
donna, che cosa vuoi da me >> << Sei peggio
di una zecca
fastidiosa, se continui così spengo l’auricolare
>> commentò acida:<<
Il rosso è decisamente il tuo colore sai >>
sentendo quella voce lei si
voltò di scatto trovandosi davanti il marine del party con
due calici di rosso
in mano:<< Barbera, spero ti piaccia >> lei
sorrise prendendo il
bicchiere:<< Uno dei miei preferiti >> poi
guardandolo con
curiosità aggiunse:<< Sei stato tu? Sei tu che
mi hai mandato il nastro
>> lui guardò di sfuggita il fiocco rosso che
riluceva come un rubino sui
capelli neri di lei:<< Sì, ti sta
d’incanto >> poi a bassa voce
aggiunse:<< Anche se a dire il vero mi sono immaginato a
sfilartelo
>> sentendo quel commento Dante fece per alzarsi dallo
sgabello del bar
soffocando un impulso di rabbia quando Mick alzando la testa nella sua
direzione rise divertito:<< Richiama il tuo cagnolino,
non hai nulla da
temere con me >> << Ehi io non sono il
cagnolino di nessuno, adesso
vado lì e gli spacco quel bel faccino e…
>> << Dante va bene così,
sta tranquillo >> commentò Keath
calma:<< Se avrò bisogno di aiuto
voi sarete qui, sta tranquillo >> Talia riuscì
a calmare il fidanzato
facendolo sedere di nuovo:<< Fidati di lei, siamo qui se
succederà
qualcosa >> lui tornò al suo Mojito e
brontolò piano:<< Non mi fido
di quel tizio >> << Le ha già
salvato la vita una volta, perché
dovrebbe farle del male? >> Dante non
commentò, da quando avevano sparato
ad Abraham Carson sentiva che quelle due giovani donne erano una sua
responsabilità, una perché era la sua ragazza,
l’altra una cara amica.
<<
Allora? La
festa che doveva esserci qui? >> domandò Keath
guardandosi intorno e non
vedendo niente:<< C’è, vieni con me
>> e porgendole il braccio lui
la scortò fino ad un salone addobbato a festa dove sembrava
aver luogo una
festa di compleanno o roba simile:<< Ma dove mi hai
portato? >> lui
sorrise scortandola verso l’open bar del
ricevimento:<< Siamo al
matrimonio di un amico, vedila così >>
<< Ad un matrimonio? Potevi
dirmelo, mi sarei vestita adeguatamente >> guardando il
corto tubino fumo
di Londra e le scarpe di strass lui lanciò un fischio
ammirato:<< Sei
bellissima anche così, tranquilla vai benissimo
>> Keath chiamò il
barista ordinando un altro bicchiere di rosso:<< Non
è strano portare una
donna ad un matrimonio al primo appuntamento? Potrei farmi strane idee
>>
lui rise bevendo il suo calice di vino:<< Chi ti ha detto
che è un
appuntamento? >> lei rise civettando
volutamente:<< Il regalo, il
messaggio…come sei vestito >> Mick si
guardò fingendo indifferenza, il
completo che indossava, anche senza cravatta e con la camicia aperta
sul collo,
lo faceva sembrare ancora più sexy dello smoking che
indossava la prima volta
che lo aveva incontrato, senza contare che con
quell’abbigliamento la cicatrice
sul viso lo faceva assomigliare ad un contrabbandiere pirata della
peggior
specie.
<<
Ad ogni modo
non ci siamo ancora presentati. Keath Carson >> lui era
il primo uomo da
molto tempo a cui rivelava il suo vero nome, ma sentiva di potersi
fidare di
lui:<< So chi sei >> commentò
lui bevendo un altro goccio di vino:<<
Sarebbe giusto ricambiare il favore >>
commentò lei piccata:<< Hai
ragione, scusami >> poi prendendole la mano e sfiorandole
le nocche con le
labbra aggiunse:<< Michael Deveraux >> lei
sorrise:<< Francese?
>> << Mio padre lo era, ma è
morto prima che nascessi >> <<
Mi spiace >> lui storse il naso:<< A me no,
aveva intimato a mia
madre di abortire poco prima che avesse l’incidente che
l’ha ucciso >>
pensando a sua madre che era morta per darla alla luce Keath si
rabbuiò:<<
Che cos’hai? Ho detto qualcosa di male? >>
perché moriva dalla voglia di
dirgli tutto? Perché con lui si sentiva al sicuro come
quando c’era suo padre?
Perché un perfetto sconosciuto la faceva sentire quasi
più a casa di quanto non
lo fosse mai stata negli ultimi dieci anni?
Scossa
da quei pensieri
Keath si alzò dallo sgabello dove si era seduta guadagnando
l’uscita:<< Scusami
Michael, mi spiace ma devo andare…io devo…
>> lui non si mosse nemmeno
guardandola con dolcezza:<< Vuoi scappare da me?
>> lei lo guardò
scioccata:<< No, solo che devo…
>> lui sorseggiò ancora il vino
come se stessero parlando del più e del
meno:<< Aspetterò. Se vuoi tempo
aspetterò, ma non rinuncio mai a quello che mi piace sappilo
>> << Dammi
un buon motivo, una parola e io gli spacco la faccia, sono qui fuori,
devi solo
chiedere Keath >> la voce di Dante le diede il coraggio
di affrontare da
sola quell’uomo che le stava sconvolgendo la
vita:<< Non c’è bisogno
Dante >> poi guardando di nuovo Michael
aggiunse:<< Non sono il
tipo di persona con cui puoi giocare, non mi lascio prendere in giro
>>
lui scese dallo sgabello andandole vicino e afferrandole un braccio
portando la
bocca a pochi centimetri da quella di lei:<< Io non gioco
mai >>
poi come se fosse la cosa più naturale del mondo
chinò il capo sfiorando le
labbra di Keath in un casto bacio a stampo poco prima di lasciarla
andare.
<<
Che diavolo
voleva quello si può sapere? >> e Dante con il
viso imbronciato per essere
stato messo all’angolo da quel militare senza nome
guardò l’amica:<< Vuoi
la verità? Non lo so. Non riesco a capirlo >>
<< Però gli hai detto
il tuo nome. Maledizione Keath non dovevi farlo…e se fosse
uno di quelli che
ha... >> sapendo bene come sarebbe finita la frase di
Talia Keath la
fermò immediatamente:<< Mi fido di lui Talia,
non so perché e non riesco
ancora ad inquadrarlo, ma mi fido di lui >> Dante fece
per replicare ma
Keath salì al volante della Porsche dichiarando chiuso il
discorso.
I
primi raggi di sole
che filtravano dalle veneziane chiuse male lo svegliarono
immediatamente
facendogli trovare Bruce davanti con il vassoio della
colazione:<< Buongiorno
signore >> Sherlock lo guardò brontolando un
insulto a mezza voce,
quell’uomo era troppo ottimista per i suoi
gusti:<< Ti sembra un
buongiorno Bruce? Non ho chiuso occhio stanotte >> il
maggiordomo posò il
vassoio sul carrello di legno accanto al letto:<< Ha
pensato alla
proposta del signor Smith? >> Doyle alzò gli
occhi come se l’altro avesse
tentato di ucciderlo:<< Non c’è
nulla da pensare, ho rifiutato la sua
offerta una volta e l’ho farò ogni volta che me la
riproporrà. Io sono un
ladro, non un assassino >> Bruce gli versò il
caffè correggendolo con
panna e Baileys:<< Magari non è per quello che
il signor Smith vi vuole
nella sua squadra >>
E
come sempre Bruce
aveva ragione perché nel suo ufficio Sergje Smith stava
ricontrollando un
vecchio elenco di nomi spuntandone alcuni:<<
Com’è andata ieri sera Mr
Smith? >> Sergje alzò i suoi occhi da carogna
sul suo scienziato, certo
che per avere un cervello geniale quell’uomo a volte era
veramente ottuso:<<
Come pensi che sia andata Talbot? Il signor Doyle ha bisogno di
un’ulteriore
motivazione per essere persuaso, ma non mi arrendo, riuscirò
ad averlo di nuovo
qui, la mia collezione non può essere completa senza di lui
>> << E
per quanto riguarda Keath e Talia? >> di nuovo Sergje lo
guardò come si
guarda un bambino che fa domande idiote:<< La signorina
Taylor è solo una
parte secondaria del progetto, mentre la piccola Keath tra poco
tornerà qui.
Permanentemente >> e sorridendo malevolo
guardò la bottiglia di vino
rosso che teneva sulla scrivania, Barbera…
Lo
teneva lì
appositamente per lei.
<<
Vuoi che venga
con te? Non mi piace saperti là da sola >>
<< È il nostro capo, non
mi farà del male Talia, smettila di essere così
apprensiva sei peggio di Dante
>> chiamato in causa il bel moretto alzò la
testa dalla PS3 con cui stava
giocando:<< Ehi… >> poi mettendo
in pausa il gioco aggiunse:<<
Ad ogni modo sono d’accordo con lei, nemmeno a me piace
saperti con quel pazzo
da sola >> << Smith non è pazzo,
solo un po’ eccentrico >> <<
È pazzo, lo detestavo già quando lavorava con
papà, figurati adesso che non ha
nessuno a mettergli un freno >> le ricordò
Taly determinata a farle
cambiare idea:<< So che il nostro lavoro non è
il migliore del mondo
Talia, ma che scelte avevamo? Ci ha offerto una mano quando
papà è morto
>> meglio quella versione, dire a sua sorella e a Dante
che era stata
costretta ad accettare quel folle accordo pena la vita delle due
persone a cui
teneva di più al mondo, sarebbe stata solamente la goccia
che avrebbe fatto
traboccare il vaso.
<<
Ad ogni modo
c’è poco da dire, vado o arriverò in
ritardo >> poi prendendo le chiavi
della Porsche uscì dall’appartamento dirigendosi
alla maestosa villa fuori
città.
Rimasti
soli Talia e
Dante si guardarono pensando esattamente la stessa cosa, nessuno di
loro si
fidava di Sergje Smith e sapevano bene che anche per Keath era
così, solo che
lei si ostinava a sentirsi in debito con quel pazzo con manie di
grandezza.
<<
Keath…mia
cara…credevo non saresti venuta >> lei
alzò appena gli occhi per guardare
l’uomo brizzolato seduto dietro l’enorme scrivania
in fondo allo studio:<<
Mi scusi il ritardo signor Smith, ho avuto un contrattempo
>> Sergje
spinse verso di lei un bicchiere con del liquido rosso
all’interno:<< Non
c’è problema, so bene che non mancheresti mai ad
uno dei nostri incontri
>> lei si morse mentalmente la lingua per evitarsi di
rispondergli male,
anche quegli stupidi incontri settimanali erano parte del ricatto per
mantenere
in vita Dante e Taly e lei avrebbe fatto di tutto per tenerli al sicuro.
<<
Non vi
rinuncerei mai signor Smith lo sapete bene >> lui la
guardò contrariato:<<
Puoi chiamarmi Sergje lo sai bene… >> poi
spingendo di nuovo verso di lei
il bicchiere aggiunse:<< Bevi, è
Barbera…il tuo preferito se non sbaglio,
l’ho fatto arrivare dall’Italia apposta per te
>> lei prese il bicchiere
avvicinandoselo al viso:<< Non doveva signor Smith, non
doveva
disturbarsi tanto >> lui sorrise aspettando che lei
assaggiasse il vino:<<
Ma non è un disturbo mia cara, ero un amico di tuo padre, il
minimo che possa
fare è prendermi cura di te per lui >> Keath
non rispose, non le piaceva
parlare di suo padre, non con Sergje almeno.
Non
sapeva perché ma
aveva una brutta sensazione quando Smith nominava Abraham Carson, come
se
nascondesse qualcosa e un brivido freddo le percorreva la schiena ogni
volta
che pensava alle ultime parole di suo padre sul suo vecchio socio in
affari: Sergje è come un
cacciatore, fiuta la sua
preda e non si arrende finché non la vede stramazzare a
terra davanti a lui.
<<
Allora
tesoro…riguardo al ballo
dell’orfanotrofio… >> Keath
alzò lo sguardo su
di lui:<< Ci saremo, non deve preoccuparsi di questo
>> << Oh
lo so bene tesoro, mi spiace essere stato duro, ma sai bene che cosa
significa
quel posto per me e significava tanto anche per tuo padre
>> Keath chinò
il capo:<< Sì lo so >> Sergje la
guardò incrociando le mani sulla
scrivania di legno scuro:<< A questo proposito volevo
farti una proposta
Keath >> << Una proposta? >>
<< Sì, mi piacerebbe che
mi accompagnassi al ricevimento quest’anno >>
lei lo guardò come se fosse
impazzito bevendo una generosa sorsata di vino prima di
rispondere:<< Veramente
io non so se… >> << Oh andiamo.
Fai contento un povero vecchio…che
male può farti… >> pensando a
Micheal Deveraux prima e alla reazione che
avrebbero avuto i suoi amici poi Keath cercò di mantenere la
calma:<< A
dire il vero pensavo di venire con una persona al party e…
>> lui la
squadrò dubbioso:<< Una persona? Frequenti
qualcuno? È qualcosa di serio
per caso >> come mai tutto quell’interesse?
Come mai sembrava che quella
notizia lo avesse sconvolto più del dovuto?:<<
Non è nulla di che…è solo
un amico, ma stavo pensando di… >> ma che
stava dicendo? Non aveva
pensato a quella possibilità nemmeno nei suoi sogni
più remoti, ma in quel
momento le era sembrata la scusa ideale per sfuggire a
quell’invito
indesiderato:<< Beh puoi sempre uscirci
un’altra volta. Questo ballo è un
evento importante e vorrei davvero che tu lo condividessi con me
>> <<
Davvero signor Smith non mi sembra una buona idea che io…
>> stringendo i
pugni per contenere la rabbia Sergje la guardò con
odio:<< Tu verrai con
me. Devo ricordarti che cosa c’è in gioco? Stai
diventando molto capricciosa
signorina Carson >> davanti a quella minaccia la mano di
Keath si strinse
attorno al sottile stelo del calice di vino:<< Va bene.
Lo farò >>
poi alzandosi in piedi aggiunse:<< Ora se non ha
più bisogno di me andrei
>> Sergje cercò un dossier dal cassetto della
scrivania e con noncuranza
glielo porse:<< C’è
un’ultima cosa. Ho bisogno che rintracci una persona,
so dove abita >> Keath lo guardò
perplessa:<< Se sa dove abita
perché ha bisogno di me, non capisco >>
<< È un uomo molto
sfuggente e ho bisogno che tu lo convinca
a venire qui, è essenziale che io lo incontri
>> << Costringa
vuole dire? >> lui
sorrise mellifluo:<< So che hai degli ottimi metodi di
persuasione, non
avrai difficoltà a farti ascoltare >>
deglutendo nervosa Keath allungò
una mano prendendo il dossier:<< Come si chiama
quest’uomo del mistero?
>> Mr Smith sorrise ancora più
cattivo:<< Sherlock
Ebenezer Doyle >> a quel nome a Keath mancò
il fiato, conosceva un solo uomo con quel nome, o meglio un solo
ragazzo e di
certo non potevano esserci migliaia di Sherlock Doyle a New York.
<<
Ho detto
qualcosa che ti ha turbato mia cara? >> lei scosse il
capo e aprì con noncuranza
il dossier dove figurava una foto dell’uomo in questione, un
altro respiro le
si mozzò in gola: il misterioso Johnatan…quello
che aveva cercato di aggredirla
o approfittare di lei, non sapeva come dirlo. Possibile che fossero
davvero la
stessa persona?
<<
Ci penserò io,
non si preoccupi >>> poi avviandosi alla porta
aggiunse:<< C’è
altro? >> << Per adesso nulla, ma ricordati
quello che mi hai
promesso >> lei non rispose uscendo dallo studio con la
cartellina gialla
in mano, aveva assolutamente bisogno di parlare con Dante e Talia.
<<
Come sarebbe
che hai trovato il Johnatan della festa? Non è risultato
niente delle nostre
indagini >> lei sorrise a Dante porgendogli un
fascicolo:<< Lo so,
ma Johnatan non è il suo vero nome >> lui
aprì la cartelletta guardando
prima la foto e poi il nome che compariva in alto sulla scheda
anagrafica:<<
Sherlock Doyle? >> Keath annuì, ma fu Talia a
parlare:<< Perché
questo nome non mi suona nuovo? >> Keath
guardò l’amica con un sorriso:<<
Era anche lui al Saint-Roman, più o meno nel periodo in cui
ci eravate anche tu
e Dante prima che papà vi portasse via da lì. Ci
ho parlato ad un paio di balli
di beneficenza…mi è sempre sembrato un ragazzo
solo e infelice >> <<
Ma certo! Doyle! Adesso mi ricordo >> e Talia si
gettò sul divano con il
viso scioccato:<< Non ho collegato subito
perché lui non si faceva mai
chiamare con il suo nome di battesimo, solamente Doyle o a volte anche
con
degli pseudonimi che inventava al momento >> << Hai
ragione, adesso mi ricordo
>> e anche Dante si unì alla
conversazione:<< Una volta gli ho
chiesto perché non usasse il suo vero nome e lui mi ha detto
che lo odiava, era
stupido e il solo motivo per cui lo aveva era che sua madre aveva una
passione
per la letteratura. Anche il suo cognome era stato frutto
dell’invenzione di
sua madre a quanto mi ha raccontato >> poi guardando
Keath domandò
curioso:<< Come hai fatto ad avere il dossier di Doyle?
Anzi chi si è
preso la briga di farne uno >> << Me lo ha
dato Smith. Ha detto che
ha bisogno che io lo convinca ad andare alla villa da lui. Pare sia una
questione di vita o di morte >> << Senti so
che non vuoi sentirlo
dire, ma a me questa storia non convince, ti prego fai attenzione
>>
Keath si sedette su una sedia accavallando le gambe:<<
Non ho intenzione
di consegnare quel poveraccio a Smith su un piatto d’argento,
voglio saperne di
più prima >> << Di
più di cosa? Che cosa hai in mente? >> le
domandò Talia che conosceva fin troppo bene quel suo sguardo
sicuro:<< Voglio
vederci chiaro, Dante ha ragione. C’è qualcosa che
non torna in tutta questa
storia >> poi avvicinandosi alla porta di casa degli
amici aggiunse:<<
Io vado a prepararmi, farò una visitina a Doyle stanotte
>> << Veniamo
con te >> lei si voltò verso
Talia:<< Restiamo in contatto via
radio, non mi accadrà niente >>
<< Ha già provato una volta ad
aggredirti >> << Non ho detto che
andrò disarmata, mi ha colto di
sorpresa una volta, non accadrà ancora >> poi
aprendo la porta si diresse
verso il suo appartamento pronta per rivedere quella sua vecchia
conoscenza.
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Capitolo 6 *** Keath ? ***
Il
cigolio di una
finestra lo fece svegliare, aveva sempre avuto il sonno leggero,
restando
immobile nel grande letto matrimoniale Sherlock stette in attesa, se
c’era
qualcuno in casa doveva solo aspettare, prima o poi chiunque fosse
sarebbe
entrato anche in camera.
Aspettò.
Un
minuto, due.
Non
accadde nulla.
Infilandosi
la vestaglia
di seta nera sopra i pantaloni del pigiama Sherlock si
avvicinò alla porta
della camera spalancandola di colpo e accendendo la luce della sala.
<<
Ce ne hai messo
di tempo. Credevo di dover venire a stanarti Doyle >>
guardando la
sconosciuta vestita di nero che sedeva sul suo divano di pelle color
panna lui
strabuzzò gli occhi:<< Come scusi?
>> lei sorrise e si alzò
avvicinandosi a lui, maledizione anche con quella specie di divisa nera
da
ladro dei cartoni animati era attraente, perfino con quegli assurdi
anfibi:<<
Ci conosciamo? >> lei si avvicinò ancora
ridendo deliziosamente:<< Non
mi riconosci? >> guardandola più attentamente
Sherlock si bloccò, aveva
già visto quegli occhi neri, pochi giorni
prima…al party di beneficenza:<<
Beatrice Williams >> lei rise di nuovo togliendosi il
cappello da
baseball degli Yankees e lasciando ricadere una cascata di boccoli neri
sulle
spalle:<< Quasi, ma ci sei andato vicino >>
riconoscendo immediatamente
quel viso da bambola e il piccolo fiocco rosso che lei portava nei
capelli
Sherlock rimase di sasso:<< Keath Carson?
>> lei lo guardò
soddisfatta:<< Ah allora non ti sei dimenticato di me
>> lui rimase
interdetto per qualche istante, che cosa ci faceva la reincarnazione
dei suoi
sogni di adolescente nel suo salotto?:<< Non è
possibile…tu sei… >>
<< Sono cosa? Andiamo siediti, dobbiamo parlare
>> come uno stupido
cagnolino lui ubbidì poi guardandola
aggiunse:<< Come hai fatto ad
entrare? >> lei indicò la finestra aperta
dietro le sue spalle:<< Non
hai un valido sistema di sicurezza nonostante la tua fama
>> lui la
guardò rispondendo a quell’implicita
sfida:<< Non ne ho bisogno >>
<<
Vuoi spaventarmi? >> << Non è
esattamente quello che ho in mente
>> lei accavallò le gambe con voluta lentezza
accorgendosi che lui
seguiva ogni suo movimento:<< Non sono qui per flirtare,
anche perché i
tuoi modi non sono esattamente quelli di un galantuomo se permetti
>>
capendo solo in quel momento che lei era veramente la misteriosa
signorina
Williams lui rise appena:<< Avevo bevuto troppo e sono
stato poco
garbato, chiedo scusa >> lei lo guardò dritto
negli occhi:<< Dobbiamo
parlare >> << Di cosa? >> le
domandò cercando ancora di
capire che cosa avesse spinto la figlia orfana di un multimilionario ad
addentrarsi in casa sua come un ladro:<< Conosci Sergje
Smith? >>
la domanda gli arrivò come un pungo allo stomaco, odiava
quell’uomo quasi
quanto l’orfanotrofio dove era cresciuto:<<
Sì, che cosa centri tu con
lui >> << È il mio capo e vuole
che io ti porti da lui >> <<
Il tuo cosa? >> le
domandò quasi
strozzandosi con la saliva:<< Tu lavori per quel pazzo?
>> lei si
passò una mano nei capelli impaziente:<< Non
ti interessa che cosa faccio
della mia vita, ad ogni modo voglio sapere che cos’hai di
così speciale. Perché
Smith ti vuole >> Sherlock si appoggiò allo
schienale della poltrona su
cui era seduto accavallando le gambe muscolose tese sotto la seta del
pigiama:<<
Lui non te l’ha detto? >> << No.
Mi ha solo chiesto di portarti da
lui >> << Pensava che tu saresti riuscita a
convincermi? >>
lei rise civettuola, ma poi tirò fuori una pistola da dietro
la schiena
giocherellandoci:<< Lui conosce i miei modi e parlare con
te non era una
delle opzioni >> << Volevi costringermi con
la forza signorina
Carson? >> Keath sorrise:<< Ti
sorprenderesti di cosa posso fare
>> << Non credo che la ragazzina dolce e
gentile che ho conosciuto
dieci anni fa possa fare del male a qualcuno >> con
aggraziata velocità
lei si alzò dal divano saltandogli a cavalcioni sulle gambe
e puntandogli la
pistola alla tempia:<< Quella ragazzina non esiste
più, è cresciuta
>> per un istante si guardarono fissi negli occhi.
Smeraldo
e carbone, due
occhi da gatto riflessi in quelli da serpente di
Sherlock:<< Stai
giocando con l’uomo sbagliato >> le
sussurrò poi a fior di labbra:<<
Non ti vantare tanto, non sei così fenomenale
>> << Già, per questo
sei eccitata vero… >> le sussurrò
accarezzandole lo stomaco e risalendo
piano lungo le coste del maglioncino nero.
Trattenendo
il fiato e
ricordandosi che Taly e Dante stavano ascoltando tutta la loro
conversazione
Keath espirò piano per poi sorridergli in segno di
sfida:<< Non sapresti
che fartene di una donna come me >> poi scivolandogli di
dosso si mise in
piedi accanto a lui sempre con la pistola puntata:<<
Avanti adesso dimmi
quello che voglio sapere, non voglio farti del male se non sono
costretta
>> lui si alzò a sua volta:<<
Non so che cosa voglia Smith da me, mi
ha contattato qualche mese fa offrendomi una cifra assurda per unirmi
alla sua
organizzazione e lavorare per lui. So bene che cosa fanno i suoi
affiliati e io
non sono così. Non uccido la gente per soldi, anzi non
uccido e basta. Ho
rifiutato e da allora mi da il tormento, non sa accettare un no
quell’uomo
>> << Sì, capisco. Non ti ha
detto altro? >> << Ha
detto che mi avrebbe dato qualsiasi cosa avessi voluto se mi fossi
unito a lui,
ma qualsiasi cifra non sarà mai abbastanza, quella vita non
fa per me >>
poi guardandola con gli occhi pieni di biasimo
aggiunse:<< A quanto pare
invece è quello che fa per te…non ti credevo
capace di tanto >> lei prese
fiato:<< Tu non sai niente di me, non mi giudicare
>> << Ne
so abbastanza per sapere che uomo era tuo padre, lui non avrebbe
lasciato che
sua figlia finisse così >> <<
Mio padre è morto, non osare parlare
di lui >> << Quanto ti ha pagato quel cane?
Quanto ti ha dato Smith
per farti lavorare per lui? >> chinando il capo Keath si
portò la mano
all’orecchio spegnendo l’auricolare, non voleva che
i suoi amici sentissero
quello che aveva da dire:<< Non lo faccio per i soldi
anche se sono tanti
>> << Perché lo fai allora?
>> Sherlock pareva seriamente
interessato a scoprire che cosa l’aveva spinta a fare quello
che faceva:<<
Come ti ha detto Smith ognuno ha un prezzo. Lui ha scoperto il mio
>> poi
riaccendendo l’auricolare aggiunse:<<
Cercherò di tirare in lungo il più
possibile, ma non ti conviene farlo arrabbiare, non sai di cosa
è capace
>> poi avvicinandosi alla finestra afferrò la
corda con il gancio che
aveva usato per scendere dal tetto:<<
Aspetta…non abbiamo ancora…
>> lei si voltò sorridendogli poco prima di
scivolare nel vuoto:<< Non
ti preoccupare, so dove trovarti >> e attivando il
riavvolgimento del
cavo d’acciaio tornò sul tetto del palazzo
sparendo dalla sua vista.
<<
Keath! Keath!
Keath apri! >> le urla di Taly le fecero aprire gli occhi
troppo
velocemente e la luce del sole che entrava dalle vetrate del soggiorno
la fece
imprecare:<< Arrivo…arrivo >>
poi avvicinandosi alla porta l’aprì
piano:<< Stai bene? Ma che fine hai fatto?
>> lei guardò l’amica
sbattendo le palpebre e spostandosi per lasciarla
entrare:<< Come che
fine ho fatto, sono andata da Doyle e poi sono tornata qui
>> Talia la
guardò preoccupata:<< Non sei tornata a casa,
non ho idea di che ora
fosse quando sei tornata >> << Cosa vuol
dire che non sono tornata
a casa? Ricordo perfettamente di essere uscita da casa di Doyle e di
essere
risalita in macchina per tornare qui >> <<
Non sei venuta a casa
Keath. Abbiamo provato a chiamarti ma hai chiuso
l’auricolare, ti abbia
chiamato sul cellulare ma non hai risposto, mi ci è voluta
tutta la mia
persuasione per evitare che Dante ti venisse a cercare per tutta New
York
>> guardando l’amica e capendo che non stava
scherzando Keath cercò di
fare mente locale, che cosa era successo quella notte? Non poteva dire
a Talia
che non ricordava niente dopo che aveva girato la chiave nella Porsche,
era
come se il suo cervello fosse andato in blackout e si fosse risvegliato
quella
mattina con sua sorella che bussava agitata alla porta:<<
Senti davvero
non è successo niente, non vi preoccupate >>
poi sollevando un braccio
per passarsi una mano nei capelli fece per scusarsi di nuovo quando la
faccia
di Talia la bloccò di nuovo:<< Che
c’è adesso? >> l’altra
alzò una
mano indicando il suo braccio:<< E quello da dove esce?
Dove te lo sei
fatto? >> non capendo a cosa alludeva Keath
girò il braccio guardando le
tre parole che vi erano tatuate sopra:<< Beh ecco
io… >> << È
appena fatto, ti sei fatta un tatuaggio stanotte? Keath ma
cosa… >> <<
Senti io non so…davvero non… >> ma
prima che potesse finire la frase il
suo cellulare squillò, vedendo il nome di Smith sul display
Keath lo mostrò a
Talia:<< Devo rispondere >>
l’altra incrociò le braccia sul
petto:<<
Noi due non abbiamo finito >> <<
Continueremo dopo il discorso va
bene >> poi voltandosi verso la veduta di Central Park
che aveva dalla
sua finestra rispose.
<<
Cosa vuol dire
che si è fatta un tatuaggio? >> e Dante
guardò la fidanzata che gli stava
raccontando del suo incontro con Keath:<< Vuol dire che
ha un tatuaggio.
Sul braccio. >> << Cioè vuoi
dirmi che è sparita tutta la notte per
farsi un tatuaggio? Ma non poteva dircelo? >> Talia si
strinse nelle
spalle:<< Non lo so, c’è qualcosa di
strano in tutta questa storia,
quando le ho chiesto dove l’aveva fatto sembrava non ne
sapesse niente nemmeno
lei. Era come se non ricordasse di averlo fatto >>
<< Come se non
se lo ricordasse? Andiamo d’accordo che lei ha
un’alta soglia del dolore, ma un
tatuaggio non è qualcosa che puoi dimenticare tanto
facilmente >> <<
E se le fosse successo qualcosa? Se avesse incontrato qualcuno o magari
Doyle
avesse… >> << Doyle non si
azzarderebbe mai a… >> cominciò
Dante, ma le successive parole di Talia lo bloccarono:<<
Hai sentito
anche tu quello che ha detto ieri sera, ci ha provato con lei.
È lo stesso uomo
che ha cercato di aggredirla solo due giorni fa, se non
l’avesse lasciata
andare via come crediamo? >> << E
l’avrebbe stordita o drogata e le
avrebbe fatto un tatuaggio? >> sentendosi stupida per
quella teoria
arrampicata sugli specchi Talia si sedette sul divano guardando il
fidanzato
preoccupata:<< So che è assurdo, ma non so
cosa pensare, so che
nell’appartamento affianco c’è la mia
migliore amica, ma quella di stamattina
non era lei e nemmeno quella che stanotte è uscita dalla
casa di Doyle, c’è
qualcosa di strano. Lo so >>
<<
Sei sicuro? Non
mi stai prendendo in giro Mick? >> e Abraham
guardò il suo amico che gli
stava riferendo quello che era successo quella notte:<<
No, mi avevi
detto di seguirla e l’ho fatto. È andata a casa di
quel tizio e dopo è andata a
Chinatown, sembrava un automa. Credo che Smith le stia facendo qualcosa
>> << Non puoi saperlo >>
<< Si è scolata un’intera
bottiglia di scadente grappa cinese e poi è andata in uno di
quei posti
malfamati a farsi un tatuaggio, andiamo tua figlia farebbe una cosa del
genere?
>> ripensando alla deliziosa adolescente che aveva
lasciato dieci anni
prima Abraham si sedette alla scrivania guardando la foto di Keath e
Talia:<<
No, non l’avrebbe mai fatto, ma la ragazzina che ho lasciato
non andrebbe
nemmeno in giro ad uccidere per soldi e invece lo sta facendo
>> <<
Sai bene che anche lì c’è lo zampino di
quella carogna di Sergje Smith, hai
cresciuto tua figlia con dei principi >> non sapendo che
cosa pensare
Abraham guardò lo schermo del computer dove stava
controllando alcuni dati di
vecchie ricerche:<< Dobbiamo aspettare Mick, tienila
d’occhio e cerca di
scoprire che cosa le sta succedendo, dobbiamo agire prima del ballo
all’orfanotrofio. Avvicinala a te e portala qui
>> << Vuoi che le
dica la verità? >> Carson scosse il
capo:<< No, non ti crederebbe e
non voglio che si spaventi, finiremmo solo per spedirla tra le grinfie
di
Sergje >> Mick annuì poi voltandosi e facendo
per uscire aggiunse:<<
Le manchi ad ogni modo. Lo vedo quando la guardo e anche se sa che non
tornerai
più le manchi >> Abraham allungò
una mano toccando la foto:<< Mancano
anche a me >>
Deciso
come sempre a
fare di testa sua Mick uscì dallo studio prendendo in mano
il suo cellulare ed
inviando un sms.
Ho
voglia di vederti, possiamo riprovarci? Little Italy,
questa sera. Michael
|
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Capitolo 7 *** Inviti ***
Leggendo
il messaggio un
piccolo sorriso apparve sulle labbra di Keath scatenando la
curiosità di Talia:<<
Ehi, cos’è quell’aria sognante?
>> Keath arrossì mettendo di nuovo il
cellulare nella tasca del cappotto rosso:<< Che cosa? Non
ho niente…
>> poi guardando davanti a sé sorrise entrando
nel piccolo bistrot dove
aveva prenotato.
<<
Ancora non
capisco perché ti sei fatta quel tatuaggio, dicevi di
odiarli… >> le
ricordò l’amica quando il ricordo della sua
smemorata nottata fece capolino da
sotto la manica larga del golf di lana:<< Non
c’è un motivo preciso,
chiamala una botta di testa, ho letto un libro ultimamente e il
protagonista
aveva un tatuaggio simile…sarà stata una sorta di
empatia, che vuoi che ti dica
>> una strana sensazione alla nuca fece scuotere
leggermente la testa di
Talia, chissà perché ma quella scusa le puzzava
di bugia lontano un miglio, era
sempre stata brava a capire le persone al volo e con
Keath…beh con Keath le
veniva praticamente naturale dal momento che erano cresciute insieme.
<<
Non mi guardare
con quella faccia, ho fatto un tatuaggio non è un crimine
>> Talia
abbassò gli occhi sul menù:<< Lo
so, non è quello che mi preoccupa, ma
sei sparita per tutta la notte, potevi dirci almeno dove andavi,
eravamo
preoccupati >> Keath sorrise:<< Eravate
preoccupati o Dante ti ha
fatto impazzire? >> << Non prenderci in
giro, sai che ti vogliamo
bene, siamo tuoi amici >> Keath bevve un po’
dell’acqua che aveva portato
il cameriere sorridendo in segno di scusa:<< E va bene,
non lo farò più. Promesso
>> e incrociando le dita come la piccola scout che non
era mai stata
piegò la bocca in quel suo smagliante sorriso da
angelo:<< Non sei
divertente >> le ricordò sua sorella con una
punta di acidità nella voce,
ok doveva cercare di essere seria, ma c’era qualcosa di
diverso in lei in quel
periodo, qualcosa che la faceva sentire stranamente euforica.
Intanto
chiuso nella
palestra del suo loft Dante stava cercando di pensare e di dare un
senso a
tutto quello che stava succedendo.
Talia
era sicura che ci
fosse qualcosa che non andava in Keath e lui per esperienza diretta
aveva
imparato che raramente le sue sensazioni erano sbagliate, quindi aveva
due ore
di tempo, il loro consueto pranzo settimanale fra donne, per capire che
cosa
stava succedendo e trovare una soluzione.
Continuando
a far leva
sulle braccia lasciò perdere il conto delle flessioni
ripensando a quello che
era successo dopo che la loro amica era andata a casa di
Doyle…
Perché
era successo
tutto lì vero? Era lì che le era capitato
qualcosa e…
O
forse era successo
prima? Ma Keath non era andata da altre parti prima di quella sera,
erano
sempre stati insieme e non era successo niente di strano...
Poi
fermandosi a metà di
un piegamento Dante alzò gli occhi verso il cecchino che
aveva attaccato alla
parte in fondo alla stanza: Smith.
L’unico
altro posto in
cui Keath era andata senza lui o Talia era a casa di Smith per i loro
“incontri
di lavoro”, ma era davvero possibile? Quell’uomo
poteva averle fatto
intenzionalmente qualcosa di male?
Certo
né lui né Talia si
fidavano di Smith e Dante sapeva bene che nemmeno Keath si fidava fino
in
fondo, ma quell’egocentrico megalomane sarebbe davvero
arrivato a farle del
male? Per quale motivo poi dal momento che loro tre lavoravano
già per lui e non
aveva nulla da guadagnarci?
Rialzandosi
poi in piedi
guardò la propria immagine riflessa nello specchio e
pensò al suo ultimo
incontro con Abraham Carson la mattina del suo omicidio.
<<
Devi prenderti
cura di loro per me Dante, se mai mi dovesse succedere qualcosa devi
promettermi che le proteggerai e baderai a loro, so che sembrano
ragazze forti,
ma hanno bisogno di qualcuno che stia loro vicino >>
Tornando
a guardare il
suo corpo fin troppo scolpito dagli allenamenti in palestra e dagli
sporadici
incontri di boxe con qualche vecchio amico del Saint-Romain Dante fece
una
smorfia di disgusto, a che gli serviva tutto quell’esercizio?
A cosa gli
serviva quella massa di muscoli se non poteva capire quello che stava
succedendo a Keath o proteggerla da qualsiasi cosa la minacciasse?
Con
Talia era sempre
stato facile, loro due erano fatti per stare insieme e lei
più volte l’aveva
definito il suo migliore amico oltre che il suo compagno, ma con Keath
la cosa
era diversa.
Con
lei si era sempre
sentito un po’ in colpa perché non aveva fatto in
tempo a salvare Abraham e
aveva tolto all’amica la sola famiglia che le era rimasta.
Cercando
di far sparire
i sensi di colpa Dante cominciò a contare mentalmente, forse
gli sarebbe
bastato arrivare a dieci per calmarsi, di solito funzionava…
Uno.
Due.
Prese
fiato.
Tre.
Quattro.
Ok
stavolta il senso di
colpa faceva troppo male, ma doveva resistere.
Cinque.
Sei.
Maledizione
perché non
riusciva a capire che cosa stava succedendo?
Sette.
Otto.
Il
suo pugno chiuso
frantumò il vetro dello specchio prima ancora che la sua
mente arrivasse a
nove.
Non
faceva male, nessuna
delle ferite o delle botte che si era fatto nel corso degli anni gli
aveva mai
fatto male…a volte un lieve pizzicore, ma nulla di
insopportabile.
Un’alta
soglia del dolore,
così gli aveva detto uno dei medici al pronto soccorso
quando si era rotto un
ginocchio da bambino giocando tra gli alberi del Saint-Romain.
Lasciando
perdere il
vetro in frantumi lui si diresse verso la cucina, aveva bisogno di bere
qualcosa.
<<
Sei splendida
>> e la voce calda di Michael l’accolse non
appena lei uscì dal palazzo
con addosso quella mise a dir poco provocante, non sapeva
perché ma c’era
qualcosa in lui che l’attraeva particolarmente e provava
irrefrenabile
desiderio di piacergli ad ogni costo, era peggio di una sfida e lei
adorava
vincere!
<<
Felice che ti
piaccia, ci ho messo un po’ a scegliere che cosa mettere, ho
pensato a cosa ti
avrebbe eccitato di più >> Mick rise aprendole
la portiera della
macchina:<< Vacci piano tigre, non siamo ancora nemmeno
usciti >>
lei salì sulla BMW aspettando che lui facesse il giro della
macchina:<< Hai
detto che non rinunci mai a quello che vuoi, voglio essere sicura che
tu non lo
faccia >> lui girò la chiave e la
guardò di sfuggita:<<
Cos’è
successo alla ragazza che è scappata da me l’altra
sera? >> << L’ho
chiusa nell’armadio, dovrai accontentarti di me stasera
>> Michael diede
un’occhiata ai jeans neri e alla camicetta di pizzo rosso
costellata di
lustrini, non avrebbe fatto molta fatica, ne era certo…
Il
locale era come al
solito affollatissimo, ma lui per fortuna aveva prenotato un
tavolo:<< Ah
signor Deveraux, è tanto che non veniva, che piacere
riaverla qui >> Mick
sorrise al maître e solo in quel momento Keath si prese
qualche momento per
osservarlo con attenzione: la camicia blu elettrico che risalvata a
contatto
con la sua pelle abbronzata e sotto il completo grigio antracite,
sembrava un
modello uscito dalla copertina di Vogue, perfino i due bottoni
slacciati sul
collo lo facevano sembrare elegante e sexy da morire, il tutto
completato da un
costoso paio di scarpe italiane.
Sì
decisamente Michael
Deveraux non era niente male quella sera e lei era già pazza
di quell’uomo
nonostante tutti i suoi misteri e le sue ambiguità.
<<
I signori
desiderano ordinare qualcosa come aperitivo? >>
domandò loro il cameriere
di turno con un blocchetto e una penna in mano:<< Vino?
>> le
domandò lui con un sorriso, ma quella sera Keath aveva
voglia di cambiamenti,
non c’era più spazio per la previdente e calma
ragazza che era stata fino a
quel momento, non quella sera almeno:<< Un Appletini per
favore >>
Mick la guardò sorridendo:<< Scotch, liscio
grazie >>
Quando
il cameriere si
fu allontanato Keath tornò a guardare il suo
accompagnatore:<< Volevo
chiederti scusa, l’altra sera sono scappata via e…
>> Michael sorrise
allungando una mano sul tavolo per prendere la sua:<< Non
ti preoccupare,
so di essere stato troppo insistente, ma tu…
>> lei accennò un piccolo
sorriso, adorava il modo diretto e galante con cui Michael la
corteggiava:<<
Io cosa? >> lui fece per rispondere quando il cameriere
tornò con i loro
drink:<< Avete deciso cosa ordinare signori?
>> Mick la guardò con
un sorriso:<< Qui fanno un’ottima tagliata di
manzo >> lei lo
guardò incuriosita, come diavolo faceva a conoscere i suoi
gusti alla
perfezione? Sarebbe sembrato inquietante se lei non fosse stata
infatuata di lui:<<
Per me al sangue >> commentò poi nascondendo
un sorriso dietro la coppa
del Martini:<< Cottura media grazie e una bottiglia di
rosso della casa
>> concluse lui ridando i menù al cameriere.
<<
È uscita di
nuovo con quel tizio? Ma perché non me l’hai detto
prima? >> << Andiamo
potresti fidarti di lei per una volta? Sta solo frequentando un uomo,
non c’è
niente di male…non siamo più due bambine Dante
>> prima che lui potesse
replicare il campanello di casa li fece voltare entrambi e lui si
alzò per
andare ad aprire.
<<
Una consegna
per lei signor Lowell >> e il portiere gli porse una
busta color crema
con il suo nome stampato sopra:<< Grazie Phil, buona
serata >>
l’uomo sorrise salutando e risalendo nell’ascensore.
<<
Che cos’è?
>> gli domandò Talia quando lui chiuse la
porta tornando verso il tavolo:<<
Non lo immagini? >> e lui le porse la busta come se fosse
un virus letale
e volesse liberarsene il prima possibile.
Talia
prese la busta tra
le mani aprendola piano estraendone l’invito vergato in oro.
Dante Lowell & Talia
Taylor
Saint-Romain Orphanage,
09/22
21 PM
Come
ogni anno l’invito
non diceva altro, solamente i loro nomi e luogo e ora di dove si
sarebbe svolta
la festa.
<<
Dobbiamo
proprio andarci? >> domandò Talia con una
smorfia, odiava tutto quello
che quel posto le ricordava, ma soprattutto odiava la gente che Smith
invitava,
più che facoltosi riccastri pronti a fare beneficenza
sembravano degli invasati
ad un’asta, si interessavano agli ospiti del Saint-Romain in
modo quasi
ossessivo e in fondo in fondo quella sensazione le aveva sempre messo i
brividi.
<<
Keath ti
direbbe che è un obbligo che abbiamo verso quelli meno
fortunati di noi
>> commentò Dante con evidente
sarcasmo:<< Lo so e so che ha
ragione, ma quel ballo mi fa venire i brividi >>
|
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Capitolo 8 *** Perchè no? ***
Anche
Keath aveva i
brividi, anche se i suoi erano di tutt’altro genere!
Dio
era troppo tempo che
si concentrava solo sul “lavoro” e non usciva se
bastava una semplice cena con
un uomo qualsiasi per farle quell’effetto devastante! Poi
guardando bene
Michael dall’altra parte del tavolo con il bicchiere di vino
in mano sorrise,
lui non era un uomo qualunque, certo c’erano ancora delle
cose che doveva
chiarire, ma di sicuro lui non era uno qualsiasi.
<<
Se continui a
guardarmi con quella faccia dovrò portarti fuori da qui
>> lei si
riscosse dai suoi pensieri:<< Cosa? >>
<< Smettila di
mangiarmi con gli occhi, siamo in un luogo pubblico >> un
sorriso sexy e
malizioso le si disegnò sulle labbra:<< Non
dirmi che la cosa ti
sconvolge perché non me la bevo >>
<< Sono un gentiluomo non lo
dimenticare >> le ricordò sfiorando la mano di
lei che era appoggiata sul
tavolo:<< Finisci di mangiare in fretta e forse potrai
smettere di
esserlo >> ok adorava quella ragazza! Sì certo
forse era iniziata come un
lavoro o un favore che doveva ad un amico, ma ora Keath era qualcosa di
più e
ogni momento che passava con lei era come un piccolo sogno che si
avverava.
<<
Che cos’hai
fatto alla mano? >> gli domandò poi curiosa
notando la cicatrice oramai
rosa che usciva appena dalla manica della camicia e gli correva lungo
il dorso
della mano:<< Ferita di guerra >>
<< Scusa, non volevo
>> per un istante i momenti terribili che aveva passato
gli tornarono in
mente, ma li accantonò subito per non risprofondare
nell’autocommiserazione:<<
Non ti preoccupare, è successo molto tempo fa
>> poi come se la cosa non
avesse importanza lui tornò a concentrarsi sulla sua
bistecca.
Una
volta usciti dal
ristorante Michael guardò la sua compagna che sorrideva e
guardava la luna che
a malapena si intravedeva tra i grandi grattacieli
newyorkesi:<< Stai
cercando l’uomo della luna per caso? >> le
domandò soffocando un sorriso,
ma lo sguardo sognante e malinconico di Keath gli disse che aveva
toccato un
tasto dolente:<< No…stavo pensando a mio
padre… >> eccolo di nuovo.
Dio ogni volta che lei toccava l’argomento Abraham
Carson lui aveva voglia di dirle tutta la verità,
ma sapeva bene che il suo
facoltoso amico in qualche modo glielo avrebbe
impedito:<< Ti manca?
>> lei sospirò triste:<<
Sì, è morto quasi dieci anni fa, ma per me
è come se fosse successo ieri. Guardo la luna per non
dimenticarmi di lui
>> sapendo che quelle parole non avevano molto senso lei
si affrettò a
spiegargli:<< Quando ero piccola e mio padre viaggiava
spesso per lavoro
molto spesso non poteva portarmi con lui e così mi diceva
sempre di guardare la
luna prima di andare a dormire perché l’avrebbe
fatto anche lui e in qualche
modo sarebbe stato come stare vicini, stupidamente continuo a farlo
nella
speranza che mi manchi di meno, ma non ha funzionato molto
>> << Vorresti
riaverlo vicino vero? >> << Più
di ogni altra cosa al mondo
>> << Se ci fosse un modo per…
>> cominciò lui, ma la
razionalità di Keath lo bloccò:<<
Non esiste il dottor Frankenstein
Michael, è inutile sperare in qualcosa che non potrebbe mai
accadere >>
lui fece per aprire di nuovo la bocca e dirle la verità,
odiava vederla stare
male, ma le parole che gli uscirono dalla bocca furono
altre:<< Si sta
facendo tardi, forse è il caso che ti riporti a
casa… >> lei lo guardò
sorpresa:<< Non sono una bambina, possiamo andare a bere
qualcosa in un
bar che conosco se ti va >> << Sarebbe
complicato e poi io…
>> lei lo guardò per un istante negli occhi
per poi precederlo in
direzione della macchina.
<<
Beh allora
buonanotte… >> e una volta di nuovo sotto casa
sua Keath guardò il suo
cavaliere cercando di capire come sarebbe andata a finire la sua
serata, era
cambiato qualcosa in lui dopo quella passeggiata e lei non sapeva
spiegarsi che
cosa:<< Buonanotte >> le rispose lui ma non
accennò a voltarsi e
tornare alla macchina:<< Michael che cosa
c’è? Sei strano >> lui
sorrise acido:<< C’è una cosa che
desidero dannatamente >> Keath
fece un passo verso di lui:<< Sei tu che hai detto che
non ti arrendi
quando vuoi qualcosa >> << Anche se quel
qualcosa non vuole me?
>> lei alzò il viso verso quello di lui
leccandosi le labbra:<< Chi
ti dice che non ti voglio? >> ok più diretta
di così non poteva essere,
ma aveva imparato molto tempo prima che non avrebbe risolto niente
continuando a
fare la damigella in attesa del suo principe azzurro:<<
Keath non so se
sia una buona idea, tu e io non… >> ma il
resto della frase finì sulla
bocca di Keath che si chiuse sulla sua in un bacio disperato.
Pochi
minuti dopo quasi
fossero due adolescenti sopraffatti dagli ormoni, Keath e Michael,
erano
avvinghiati all’interno dell’ascensore labbra
contro labbra, troppo deboli per
pensare alle conseguenze o troppo stufi di essere sempre soli per paura
di
soffrire ancora.
Una
volta arrivati
davanti alla porta di casa Keath ci mise poco ad aprire la serratura e
mentre
apriva la porta Mick la sollevò tra le braccia
accarezzandole la schiena.
<<
Tu sei…sei…
>> cominciò lui cercando di trovare le parole
per dirle quello che
sentiva:<< Sta zitto e baciami >> gli
intimò ridendo e spostando le
mani sulle sue spalle facendo cadere la giacca del completo.
Era
tutto perfetto,
tutto dannatamente perfetto e lui era pazzo di quella giovane donna, fu
solo
quando sentì le mani di Keath che gli slacciavano ad uno ad
uno i bottoni della
camicia che si bloccò, impietrito da quel segreto che, per
quanto gli avesse
salvato la vita, gliel’aveva anche rovinata.
<<
Aspetta
Keath…io non... >> lei sbatté
più volte le palpebre guardandolo spaesata:<<
Tu non cosa? >> Michael si tolse le mani di lei da dietro
il collo
facendo un passo per allontanarsi:<< Mi dispiace, ma
tutto questo…noi
due…non può succedere >> e
voltandosi verso la porta l’aprì sparendo
giù
per le scale.
Rimasta
sola Keath
guardò per un attimo il suo riflesso nello specchio a
parete, che diamine era
successo? Che cosa era cambiato in quei pochi minuti per far scappare
Michael a
quel modo?
Passandosi
una mano sul
viso buttò la testa indietro prendendo fiato per poi
prendere un paio di
forbici e chiudersi in bagno.
<<
Ma che hai
fatto? >> e Talia guardò il suo fidanzato con
la mano sporca di sangue:<<
Niente, mi stavo allenando e ho sbattuto contro lo specchio, sto bene
>>
lei si avvicinò prendendo la mano di lui accarezzandogli le
nocche graffiate e
sporche di sangue:<< Il fatto che tu abbia
un’alta soglia del dolore non
vuol dire che non devi farti medicare >> <<
Non mi fa male, non ho
bisogno di niente >> commentò lui
acido:<< Non fare il testardo,
spaccarti una mano non risolverà i nostri problemi
>> commentò lei con un
piccolo sorriso:<< Non usare quel tono con me, mi
dà sui nervi >>
Talia gli baciò una guancia:<< Non lo faccio
apposta, mi viene naturale
>> << Odio la tua stupida empatia
>> lei sorrise ancora
accarezzandogli la mano ferita:<< Sì, ti odio
anch’io dannato cocciuto
>> Dante la guardò in silenzio per un istante
sapendo che lei era la cosa
che amava di più al mondo e meritava la sua
sincerità:<< Prima stavo
pensando a quello che sta succedendo a Keath. Forse stiamo sbagliando
prospettiva >> Taly lo guardò inclinando
appena la testa come un cucciolo
curioso:<< Come sbagliando prospettiva? Non sappiamo
nemmeno che cosa le
stia capitando >> << Beh io ci ho
pensato…credevo che le fosse
successo qualcosa a casa di Doyle, che lui le avesse fatto qualcosa, ma
se non
fosse così…se ci fosse qualcun altro dietro?
>> << Qualcuno tipo
Smith vuoi dire? >> << Conosci qualcun
altro abbastanza pazzo o
schizzato da fare una cosa del genere? Tu non ti fidi di lui e so che
anche per
Keath è così >> Talia scosse il
capo ricordando la lealtà dell’amica per
quel pazzo megalomane:<< Non credo che lei la veda nello
stesso modo,
farebbe qualsiasi cosa lui le ordini, sempre >>
<< È vero, ma
secondo me c’è qualcosa sotto, non può
davvero fidarsi di lui così ciecamente
>>
Qualche
sera dopo nel
bar sotto al suo palazzo Keath si sedette al bancone:<<
Buonasera miss,
che cosa le porto stasera? >> e il barista, un uomo sulla
trentina dai
capelli verde fluo e gli occhi azzurri le si avvicinò con un
sorriso:<< Ciao
Fox, un chupito di assenzio per favore >> lui la
guardò perplesso, quella
non era la sua solita ordinazione, ma nemmeno lei sembrava la solita
donna:<<
Niente vino? >> lei sorrise:<< Niente vino
>> non sapeva
perché, ma quella sera aveva bisogno di qualcosa di
più forte, aveva passato
tutto il giorno a lambiccarsi cercando di capire che cosa le era
successo e
dove diavolo aveva fatto quel tatuaggio o quel drastico taglio di
capelli, ma
era come se la sua mente avesse cancellato quelle ore.
Due
intere nottate della
sua vita cancellate e la cosa la spaventava non poco.
<<
Posso sedermi?
>> lei si voltò trovandosi faccia a faccia con
Sherlock Doyle:<< E
tu che ci fai… >> << Anche io so
dove trovarti >> prima che
Keath potesse rispondere Fox le posò davanti un bicchierino
colmo di uno strano
liquido verde:<< Ci vai giù pensante
>> lei sorrise prendendo il
bicchiere:<< Ho un paio di cose da dimenticare
>> lui sorrise con
quel sorriso da capogiro che si ritrovava e le si sedette
accanto:<< Vuoi
compagnia? >> Keath sorrise guardandolo in segno di
sfida:<< Tu non
vuoi farmi compagnia >> lui guardò il barista
ridendo:<< Quello che
ha preso la signorina >> Keath scoppiò a
ridere:<< Non lo reggerai
>> << Sono un uomo, mettimi alla prova
>>
Nello
stesso momento,
deciso a fare di testa sua nonostante i divieti di Abraham e la fine
disastrosa
del loro appuntamento, Mick, era davanti all’appartamento di
Keath.
Era
preoccupato per lei
e voleva avere la certezza che non le succedesse niente; sapeva bene
che cosa
voleva dire avere quei fastidiosi affarini nel cervello e nel corpo e,
anche se
Abraham con lui l’aveva fatto solo per aiutarlo a riprendere
la mobilità del
braccio, sapeva che cosa significava non essere padrone delle proprie
azioni.
<<
L’effrazione
rientra nei reati penali lo sa? >> e una voce femminile
lo fece voltare
verso il corridoio dove Talia lo stava guardando con la pistola puntata
verso
di lui.
<<
Senti non è
come sembra io… >> lei fece un passo in
avanti, anche se le tremava la
mano non sembrava avere paura:<< Che cosa vuoi dalla mia
amica? Che cosa
vuoi da Keath? >> Mick si alzò in piedi
lasciando perdere la sua stupida
idea di scassinare la serratura:<< Senti Talia, posso
spiegarti e…
>> << Come sai il mio nome?
>> maledicendosi mentalmente per
la sua boccaccia Mick fece un’alzata di
spalle:<< C’è una spiegazione per
tutto quello che sto facendo >> << Sei
ossessionato da mia sorella,
so che è così ma non devi…
>> Mick sorrise alzando le mani in segno di
resa:<< Sì, Keath mi piace ma…
>> poi prendendo fiato decise che
forse era il momento di dire almeno un pezzo della
verità:<< Non è come
sembra…lei si fida di me, perché non puoi farlo
anche tu…io conosco Abraham e…
>> Taly lo guardò fulminandolo con gli
occhi:<< Conoscevi papà vuoi
dire. Lui è morto >> Mick fece per aprire
bocca, ma una fitta al cervello
lo fece imprecare piano:<< Che cos’hai?
>> gli domandò Talia
immediatamente preoccupata, anche se non accennava a lasciar andare la
pistola:<<
Nulla, ma io ti devo dire che… >>
non
ci provare Micheal, non osare.
La
voce di Abraham gli
rimbombò nella testa come se il grande scienziato fosse nel
suo cervello e
urlasse con un megafono:<< Smettila >>
disse poi prima di perdere i
sensi e cadere a terra nel suo metro e ottanta di muscoli.
<<
Ok, lo ammetto
è divertente >> e poggiando
l’ennesimo chupito sul bancone Keath guardò
Sherlock con un caldo sorriso in viso; con ogni probabilità
di lì a un paio di
minuti l’alcol le avrebbe dato alla testa e finalmente
avrebbe smesso di
pensare a tutto quello che le era successo e a quel fantastico e
stupido marine
biondo dagli occhi di cioccolato fuso. Già l’unico
uomo che sembrava non
volerne sapere niente di lei, si sentiva davvero idiota!
<<
Ti avevo detto
che potevo reggerlo >> le ricordò lui
scolandosi l’assenzio alla goccia:<<
Sì, devo ammettere che non sei un rammollito come credevo
>> lui finse di
scandalizzarsi:<< Rammollito? Rammollito io?
>> lei si voltò a
guardarlo, ma c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi in
quel momento,
qualcosa di ignoto:<< Vieni fuori con me un
momento… >> e
passandogli una mano sulla coscia scese dallo sgabello del bar
lasciando i
soldi sul bancone e precedendolo fuori.
Aspettando
da tutta una
vita quell’invito Sherlock non se lo fece ripetere e la
seguì come un
cagnolino, solo che quello che lo attendeva in strada non era
esattamente
quello che si aspettava.
<<
Adesso tu fai
il bravo e vieni con me, ci siamo capiti? >> e con la
canna di una Mark
XIX accanto alla tempia Doyle si voltò verso Keath non
riconoscendo più la
ragazza con cui aveva scherzato fino a pochi istanti prima dentro al
locale:<<
Che cosa stai facendo? A che gioco stai giocando? >> lei
sorrise
sprezzante togliendo la sicura alla pistola:<< Non sto
giocando Doyle,
adesso io e te facciamo un bel giretto >> poi aprendo la
Porsche
parcheggiata lì davanti gli fece segno di salire al posto
del passeggero:<<
Dove mi vuoi portare? >> << Mr Smith ti
vuole e io ti porterò da
lui, sono curiosa di vedere che cos’hai di così
interessante >> poi
vedendo che lui non si muoveva aggiunse:<< E non cercare
di farmi
scherzi, ho un’ottima mira e non esiterò a
spararti >> non sapendo che
cosa fare e sapendo bene quello che una Mark XIX poteva fare a quella
distanza
ravvicinata Sherlock la assecondò, non gli ci sarebbe voluto
molto per scendere
da quell’auto anche in corsa e, anche se ammaccato, sarebbe
tornato a casa
sulle sue gambe.
<<
Ehi…si sta
svegliando…Dante si sta svegliando…
>> la voce di Talia gli arrivò
soffocata mentre i suoi occhi si abituavano alla penombra
dell’appartamento e
al divano del soggiorno dove i due dovevano averlo sdraiato.
Cercando
di muoversi per
mettersi seduto Mick si accorse di avere i polsi e le caviglie legati
da delle
fascette stringi cavo:<< Credevi che ti avrei lasciato
libero? >>
gli ricordò Dante tagliente, Mick dovette soffocare una
smorfia, avrebbe potuto
liberarsi in un batter d’occhio visto quello che Abraham gli
aveva fatto, ma
forse se li assecondava aveva più possibilità di
convincerli ad ascoltarlo e a
credergli:<< Senti so che cosa stai pensando, ma non
è così, io non… >>
<< Tu cosa? Che cosa cercavi a casa di Keath?
>> Mick cercò di
alzarsi o per lo meno di mettersi a sedere:<< Non cercavo
qualcosa,
cercavo lei >> Dante incrociò le braccia sul
petto mettendo bene in
evidenza la pistola che teneva in mano:<< Cosa vuol dire
che cercavi lei?
Che cosa vuoi da Keath e chi diavolo sei realmente? >>
Mick guardò il
ragazzo fisso negli occhi, era una battaglia che doveva vincere ad ogni
costo e
Abraham o no, avrebbe detto loro la verità o almeno una
parte:<< Siete
preoccupati per lei e io so che cosa le sta succedendo, posso aiutarvi
>>
sentendo quelle parole Talia fece per avvicinarsi, ma Dante con un
braccio la
bloccò:<< Non così in fretta, chi
ci dice che non sia tu a farla stare
così >> << Voglio aiutarla, non
le farei mai del male >> <<
Provamelo >> Mick lo guardò sfidandolo
apertamente:<< Slegami
>>
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Capitolo 9 *** Ritorni ***
La
villa di Sergje Smith
era la più grossa dimostrazione di vanità umana a
cui avesse mai assistito, i
quadri alle pareti raffiguravano Mr Smith in ogni genere di posa eroica
quasi
fosse una reincarnazione divina o roba simile.
<<
Come fai a
lavorare per quel pazzo >> le domandò ancora
Sherlock mentre lei gli
puntava la Desert Eagle in mezzo alle scapole facendolo
camminare:<< Taci,
non ti è permesso parlare >> c’era
qualcosa che non andava, ne era
sicuro.
La
ragazza con cui stava
flirtando al bar non era certo quella che in quel momento gli puntava
una
pistola, ma che cosa poteva essere successo per trasformarla a quel
modo?
<<
Ah signor
Doyle…vedo che ha riconsiderato la mia offerta
>> e Sergje li accolse
seduto alla sua scrivania con un gran sorriso soddisfatto sulle
labbra:<<
Non credo di aver avuto molta scelta non le pare? >>
Sergje guardò Keath
che pareva avere gli occhi vuoti mentre guardava davanti a
sé:<< Molto
bene Keath, puoi andare cara…ci vediamo per il ballo
dell’orfanotrofio >>
Sherlock sentì la pistola abbassarsi e lei che si voltava in
silenzio:<< Keath
aspetta io… >> lei si fermò per un
istante, una piccola esitazione, poi
mise la mano sulla maniglia e uscì lasciandolo solo con quel
folle megalomane.
Fu
il rumore della
chiave nella toppa della serratura a farli destare tutti e tre, Mick
era ancora
legato ma sapeva benissimo anche lui che cosa poteva significare quel
suono,
Keath era di nuovo a casa e chissà in quali condizioni.
<<
Keath… >>
e la voce di Talia la fece voltare verso
l’amica:<< Che cosa vuoi?
>> l’astio e la rabbia altamente distinguibili
in quel tono sprezzante:<<
Dove sei stata? Eravamo preoccupati e… >>
Talia rimase di sasso notando solo
in quel momento il nuovo taglio dell’amica, i suoi lunghi
boccoli neri erano
diventati un radicale caschetto fin troppo corto, ma prima che potesse
aggiungere altro Keath replicò:<< Beh potete
smetterla di preoccuparvi
per me, non sono più una bambina e non ho bisogno della
balia >> <<
Ma che stai dicendo? Che cos’hai? >> Keath si
voltò verso quella che era
a tutti gli effetti sua sorella con gli occhi neri vuoti e privi di
espressione:<< Ti sto dicendo che voglio essere lasciata
in pace, hai
scelto lui bene, ma non sperare che io stia qui a giocare alla famiglia
felice
>> sentendo quelle parole Dante si avvicinò
alla porta arrabbiato:<<
Ma che diavolo stai dicendo? Quanto hai bevuto? >>
<< Bevuto? Devo
essere per forza ubriaca per capire finalmente la verità?
>> << Verità?
Quale verità? >> domandò Talia
preoccupata:<< Che se non fosse
stato per colpa di quel fallito che ti porti a letto papà
sarebbe ancora qui
>> poi estraendo la Mark XIX la puntò dritta
al cuore di Dante:<< È
colpa tua se mio padre è morto, è tutta colpa tua
>> << Keath
io…sai che mi dispiace e che… >>
<< Taci e risparmiami le scenette
pietose, non credo ad una parola di quello che dici, sei solo un
inutile
parassita >> e con quelle accuse sulle labbra fece per
premere il
grilletto, ma Michael, miracolosamente libero dalle manette, si
parò davanti a
Dante togliendole la pistola e bloccandola in un abbraccio che aveva lo
scopo
principale di immobilizzarla:<< Lasciami! Lasciami andare
idiota!
>> Mick sorrise a quell’idiota detto con
così poca convinzione:<< Vuoi
stare calma? Non ti faccio niente >> poi tirando fuori
una piccola
siringa piena di un liquido incolore gliela infilò nel collo
facendola cadere
inerme tra le proprie braccia.
<<
Che cosa le hai
fatto? >> lui si voltò verso Talia che lo
guardava preoccupata:<< Le
ho dato un calmante, dormirà per un’oretta e io
avrò il tempo di aiutarla
>> << Come diavolo hai fatto a slegarti?
>> gli domandò Dante
guardandolo con diffidenza e ancora scioccato per quello che la sua
amica aveva
appena fatto:<< Senti è una storia lunga e
adesso non abbiamo tempo, devo
portarla in un posto e ho bisogno del vostro aiuto >> poi
sistemandosi
meglio Keath tra le braccia aggiunse:<< La mia macchina
è qui sotto,
venite con me per favore >> << Dove?
>> gli domandò ancora
Dante sempre più diffidente:<< Senti so che
quello che ti è appena
successo non è stato un’esperienza piacevole, ma
lei non è in sé, ha bisogno di
aiuto >> il giovane Lowell guardò
l’amica priva di sensi tra le braccia
di Michael:<< Ha tentato di uccidermi, ha detto che
è colpa mia se
Abraham è morto >> poi guardando Talia
aggiunse:<< Probabilmente
l’ha sempre pensato >> Mick lo
guardò scuotendo il capo, ma in fondo
poteva capirlo:<< Non l’ha mai pensato e non
penso avrebbe mai voluto
spararti, senti la conosci e sai che persona è, se vuoi
aiutarmi bene,
altrimenti fa come vuoi, ma sai bene lei chi è e cosa pensa
di te >> poi
senza aspettarsi una risposta Mick si diresse giù per le
scale.
Era
quasi giunto alla
macchina quando:<< Aspetta >> e la voce di
Talia lo fece voltare
una volta poggiata Keath all’interno della
BMW:<< Che cosa c’è?
>>
lei si avvicinò seguita da Dante:<< So che ha
fatto una cosa orribile, ma
è mia sorella e non sarebbe capace di fare una cosa del
genere, anche se sembra
il contrario >> Michael aprì la portiera
posteriore:<< Salite
>> poi mettendosi alla guida accese la macchina diretto a
casa.
<<
Ma cosa?
>> e Talia rimase impalata vedendo l’auto
imboccare il vialetto della
loro vecchia casa:<< Che cosa ci facciamo qui?
>> Mick non rispose
fermando la macchina all’ingresso e scendendo per recuperare
Keath ancora priva
di sensi:<< Signor Deveraux, che
cos’è successo? >> ed
Aodhán, il
vecchio autista tuttofare dei Carson, aprì la porta correndo
loro incontro:<<
Chiama immediatamente il signore, Aodhán >>
<< Si arrabbierà, non
dovevate portarli… >> << Non
potevo lasciarla in quelle condizioni,
sbrigati maledizione >> e come se conoscesse quella casa
come le sue
tasche Mick portò Keath al piano di sopra in quella che da
bambina era stata la
sua stanza.
<<
Che cosa ci fai
a casa nostra? >> gli domandò ancora Talia che
guardava il giovane dalla
porta della stanza:<< Ci vivo >>
<< Abbiamo venduto la casa
anni fa ad un milionario straniero, eri tu? >>
<< No, ero io
>> e una voce roca fece voltare Talia verso il corridoio
e verso l’unico
uomo che non credeva avrebbe mai rivisto in vita sua, ma fu Dante a dar
voce ai
suoi pensieri:<< Abraham? Ma è
impossibile…tu sei… >>
<< Morto?
>> domandò l’uomo con un sorriso
acido avanzando con una siringa in mano:<<
Ci sarà tempo dopo per le spiegazioni, ora abbiamo poco
tempo >> poi
entrando nella camera aggiunse guadando Mick:<< Dovrei
essere arrabbiato
per la tua continua insolenza, ma si tratta della mia bambina e devo
ringraziarti per averle di nuovo salvato la vita >>
<< Ti avevo
detto che quel pazzo le stava facendo qualcosa, l’ho
addormentata, ma lui la
stava ancora controllando e… >>
<< Questo eliminerà quei cosi dal
suo organismo >> poi prendendo un braccio di Keath le
iniettò il liquido
arancione:<< Si sveglierà tra un po’
e vedremo se è tutto a posto
>> poi guardando Talia e Dante aggiunse:<<
Venite con me ragazzi,
devo spiegarvi un paio di cose >> ancora increduli di
aver davanti il
vero Abraham Carson, Dante si avvicinò mettendosi davanti a
Talia:<< Aspetta
un momento, come diavolo fai ad essere vivo? Ho visto io stesso il tuo
cadavere, so per certo che eri morto >> <<
Esistono cose a questo
mondo che sono in grado di ingannare perfino la morte Dante, dovresti
averlo
imparato molto tempo fa >> ricordando in quel momento le
ricerche su cui
stava lavorando Abraham dieci anni prima il giovane Lowell lo
guardò dubbioso:<<
Ma erano solo teorie, non avevi mai sperimentato…
>> Abraham li
precedette sulla scala che portava in soggiorno:<<
Venite, nel mio studio
staremo più comodi e vi spiegherò tutto, ve lo
prometto >> poi guardando
un’ultima volta Mick aggiunse:<< Avvisami
quando si sveglierà, voglio
essere io a dirle la verità >> Deveraux
annuì tornando a vegliare su
Keath addormentata.
Una
volta nello studio,
rimasto lo stesso di quando loro erano bambine, Talia si sedette sul
divanetto
di pelle scuro:<< Come fai ad essere vivo
papà? >> lui sorrise alla
figlia adottiva fiero della donna che era diventata:<<
Sei diventata una
splendida donna Talia, sapevo che sarebbe successo >> lei
arrossì appena
giocherellando con il caschetto di capelli neri:<< Ad
ogni modo ho finto
la mia morte, mi dispiace di avervi fatto stare male, ma dovevo trovare
il modo
di proteggervi e non avevo altra scelta >>
<< Proteggerci da cosa?
>> lui si sedette accanto alla figlia guardando anche
Dante:<< Da
Sergje >> << Mr Smith? Sapevo che quel
pazzo aveva qualcosa che non
andava, ma Keath era determinata a… >> Abraham
guardò il ragazzo con un
debole sorriso:<< Non avercela con lei, non era in
sé. Ad ogni modo
suppongo che Sergje abbia trovato il modo di obbligarla a far parte
della sua
disumana organizzazione >> << Pensi davvero
che l’abbia obbligata?
Keath sembrava così sicura di quello che faceva
>> << Tua sorella è
sempre stata fin troppo brava a fingere Talia e fin troppo determinata
a
proteggere la sua famiglia. Ad ogni modo ora dobbiamo trovare un modo
per fermare
Sergje prima del ballo dell’orfanotrofio >>
<< Vale a dire tra tre
giorni, è quasi impossibile >>
<< No Dante, ho già in mente che
cosa fare, l’unico problema è che non ci sono in
gioco solo le nostre vite
>> << Che cosa vuoi dire? >>
<< Quanto ricordi delle
mie ricerche? >> Lowell ci pensò un istante,
all’epoca aveva diciannove
anni e non ne capiva granché di biochimica molecolare e
neurochirurgia:<<
Ricordo che stavi cercando un modo per rendere possibile la
riabilitazione
anche dei casi più impossibili, mi avevi parlato di
nanotecnologia o roba
simile, non ricordo bene >> Abraham
sorrise:<< Esattamente, nano
robot. Piccoli esseri della grandezza di un atomo e in qualche modo
senzienti.
In grado di moltiplicarsi e di sostituire il cervello umano per alcune
funzioni
se debitamente controllati >> <<
Controllati da cosa? >>
domandò Talia curiosa:<< Da un computer, i
nano robot posso essere
impiantati in una persona e poi viene dato loro un ordine, possono
sostituirsi
ai nervi lacerati di un uomo dopo un incidente e permettergli di
riprendere la
mobilità o le funzioni vitali, purtroppo però
possono anche collegarsi al
tronco cerebrale e prendere il controllo di una persona per alcuni
momenti
>> << Come prendere il controllo?
>> << Se a contatto
con il cervello e controllati a distanza possono ridurre una persona ad
un
automa, chi ne è vittima non ricorderà nemmeno
ciò che ha fatto o ne avrà
solamente un lontano ricordo >> << In
pratica sarebbe l’equivalente
di un burattino >> << Esattamente
>> poi prima che potesse
continuare la sua spiegazione Aodhán bussò piano
alla porta dello studio:<<
Signor Carson…la signorina Keath…si è
svegliata >> il sorriso che
illuminò il viso di Abraham lasciava chiaramente intendere
quanto sua figlia
gli fosse mancata:<< Arrivo immediatamente
>>
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