Relazione in Mi Maggiore

di keinit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Adagio ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Crescendo ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Andante ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Allegro ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Adagio ***


- Capitolo I -

Adagio

 
La preparazione di un buon Roast Beef richiede degli ingredienti di prima scelta, della carne di ottima qualità ed un cuoco in grado di combinare i vari elementi in modo da elevarne il sapore.

Si dava il caso che Hannibal Lecter, ex psichiatra e galeotto, possedesse tutto questo.

Nella sua casa in stile moderno, in Provenza, il dottor Lecter si dilettava nella difficile preparazione di perfetti Yorkshire puddings; specialità britanniche di pastella e cotte in forno, che tradizionalmente accompagnavano l'arrosto della domenica e delle salse molto ricche.

Perché era proprio ciò che Hannibal stava preparando, per l'ex consulente dell'FBI e compagno William Graham: un tradizionale arrosto della domenica in pieno stile inglese.

Subito dopo il volo giù dalla scogliera, dopo aver ucciso il serial killer Francis Dolarhyde ( più conosciuto come il Grande Drago Rosso ), i due ora amanti si risvegliarono sulla costa Sud della Virginia. Soccorsi da dei ragazzi di ritorno da una festa sulla spiaggia, appresero di essere morti.

Od almeno era ciò che l'FBI aveva reso pubblico utilizzando la ben nota carta-Freddie Lounds; che non aveva mancato di enfatizzare, con risvolti assurdamente romantici, come i due “amanti fossero rimasti uniti, così com'erano stati in vita, anche nella morte. La fine dei Murder's Husbands era quasi una moderna versione di Romeo e Giulietta”. Quella volta, Hannibal non potè impedirsi di ridacchiare lascivamente nell'osservare l'espressione angustiata e che giurava vendetta che era improvvisamente comparsa sul volto di William, al paragone.

Avevano approfittato della disinformazione dei ragazzi, che non avevano riconosciuto Hannibal the Cannibal (o forse non potevano riconoscerlo, coi sensi sicuramente annebbiati dalle quantità di droghe ed alcool cui erano entrati in contatto alla festa), per fuggire in tutta fretta verso l'entroterra, prima che Jack Crawford potesse tornare a perseguitarli. Perché il vecchio Jack era sicuro che i due fossero ancora vivi e vegeti. Ciò che ignorava, era che le resistenze nel cuore di Will Graham, suo ex collaboratore, erano venute meno: gli bastò vedere che ciò che gli prometteva Hannibal era vero; combattere al suo fianco e per lui contro quel nemico che sembrava imbattibile, tanto era forte, ad aprirgli gli occhi. E quando lo sconfissero, quando il Drago cadde, Will capì. Ma guardò nuovamente in direzione di Hannibal, e trovò in quel volto stanco e coperto di sudore e sangue un sorriso amico. Si abbracciarono, e l'ex psichiatra gli rivelò che quello era il luogo designato alla loro vita assieme: luogo in cui erano state Miriam Lass, ed Abigail Hobbs...

Ma erano braccati, poiché Jack non era di certo molto lontano. Allora l'ex consigliere dell'FBI si beò del porto confortevole che le braccia di Lecter gli offrivano. Convinto com'era che quello sarebbe stato il primo ed ultimo momento in cui sarebbe stato sincero coi propri sentimenti per l'uomo che aveva di fronte, prima di spiccare il volo che avrebbe dovuto uccidere entrambi, si decise a baciare quelle labbra sottili e rese quasi gelide dal freddo della notte e dall'emorragia. L'ex dottore rimase sorpreso, sulle prime; ma quando sentì la terra sotto ai piedi sparire ed il frangersi delle onde sulla scogliera sempre più vicino, strinse a se il corpo caldo del più giovane e continuò quasi disperatamente quel contatto talmente intimo, visti i loro trascorsi, che quasi lo stordì.

Ed ora eccoli a due anni di distanza da quel giorno: dopo un viaggio al cardiopalma attraverso nove stati; superato il confine del Messico in un camion, con la preoccupazione costante di un controllo. Dopo aver trovato dei documenti falsi ed essersi trasferiti in Francia, in Provenza, dove avevano incominciato una nuova vita: l'uno con la professione di medico; l'altro come assistente in una pensione per cani.

Il contorno, delle patate arrosto, era stato messo in forno assieme alla carne, che era stata condita e legata con uno spago, cosicché mantenesse una forma regolare durante la cottura. Perché, se c'era qualcosa che Hannibal era, era un perfezionista. Lo si evinceva dal suo essere perfettamente vestito anche per cucinare; con una camicia bianca dal taglio elegantemente semplice e dei pantaloni blu navy fatti su misura.

Osservando la morbidezza con cui quegli abiti ricadevano sulla figura scultorea del dottor Lecter, un semi-addormentato William Graham, in una ben poco elegante mise formata da canottiera bianca di cotone, boxer azzurro chiaro e occhiali non ben centrati sul volto, si chiese se non stesse ancora sognando.

« Buongiorno, Will. » la voce dell'ex psichiatra interruppe la contemplazione estatica dell'ex professore.

Will non potè tuttavia replicare, dato che le calde labbra del dottor Lecter si posarono sulle sue un attimo dopo, in un casto bacio. Quando si separarono, il dottore si sciolse in su sorriso, nel riscontrare in che condizioni era l'amante: prese quindi gli occhiali dell'altro e glieli mise di nuovo, stavolta in una ben più degna e corretta posizione.

Quel piccolo gesto, insieme a tanti altri, faceva sentire all'ex consulente dell'FBI il consistente divario d'età che li separava: quando Hannibal lo carezzava; quando lo sorprendeva con scatole di cioccolatini o lo teneva stretto tra quelle sue calde braccia, lui si sentiva minuscolo, quasi tornato bambino.

Poi il dottore gli indicò una sedia vuota, una delle due vicine al bancone, e disse « Ti preparo il caffè. »

« Non è cucina francese... » notò un non molto perspicace William, quando gli Yorkshire Puddings vennero messi a freddarsi sulla superficie di marmo bianco solcato da venature tendenti all'argento della Penisola.

Hannibal, a quell'affermazione, sembrò fiero: fiero che il suo giovane amante avesse sviluppato la conoscenza tale da distinguere la cucina elaborata e ricercata francese da quella più carica di sapori forti ed avvolte esotici della cucina britannica. Si riprese quasi subito da quella deliziosa sorpresa e cominciò a preparare il caffè; una volta pronto glielo porse, assieme a dei biscotti posti su di un piattino di maiolica decorato con motivi floreali.

« No, infatti. Ho notato che la cucina francese non ti è molto congeniale: ho forse sbagliato, William? »

Il proprio nome fuoriuscire da quelle labbra capaci di donare piacere o morte era qualcosa di molto intimo, per l'ex professore; ma il ricordo della loro cena a base di lumache fece sbiadire quel sorprendente brivido che di solito gli percorreva la schiena nel sentirsi chiamare così dal suo Wendigo.

« Non so come fai a mangiare quelle cose: sono orrende, » disse dopo aver bevuto il primo sorso di caffè e addentato un biscotto al limone « viscide e rivolanti. »

Un bambino viziato” pensò l'ex psichiatra mentre osservava il compagno intento a parlare con la bocca piena per decantare gli aspetti negativi delle escargot. « Io e molti altri sparsi per il mondo le troviamo delle prelibatezze. Credevo di averti già dimostrato che, prima di giudicare, bisogna assaggiare. »

Quei doppi sensi, molte volte poco velati, che rivelavano la vera natura della fame di Hannibal! Quante volte, Will, Jack e molti altri, avevano ascoltato quelle affermazioni ma mai riflettuto su di esse?

Non ho alcun interesse nel capire le pecore, solo nel mangiarle.” Era stata talmente imprudente, l'affermazione di Hannibal al dottor Chilton, che credette quasi di essersi smascherato. Eppure nessuno ne colse appieno il significato, se non troppo tardi.

« Renditi presentabile per il pranzo, Will. » La voce bassa e calma dell'ex psichiatra interruppe nuovamente il flusso di pensieri del più giovane, facendolo risvegliare come da una trance. « Sarà pronto alle 13 in punto. »

Ma ancora una volta, William Graham: ex professore di Criminologia all'università di Baltimora ed ex consulente dell'FBI, riuscì a sorprendere lo Squartatore di Chesapeake utilizzando quell'arma a doppio taglio che era la sua genuina innocenza:

« Ok, daddy. »

Candidamente, l'uomo si alzò dal suo posto vicino alla teglia di Yorkshire puddings e, portandosi con se la tazza di caffè, salì le scale in direzione della camera da letto situata al secondo piano, lasciando dietro di se un allibito e piacevolmente sorpreso Hannibal Lecter.
 

Eccoci qui, per chi ha finito di leggere questo primo di quattro capitoli. 

Come avrete notato, si parla di "daddy": ho voluto lasciare il termine in inglese poiché reputo che il corrispondente in italiano sia...ridicolo. Ed inquietante. 

Grazie a chiunque abbia dedicato del tempo a leggere questo mio delirio cercando di destreggiarmi in questa novità assoluta che è il daddy kink, e grazie alla mia beta reader che mi ha commissionato/fatto venire voglia di scrivere ciò che avete appena letto e mi scuso con chi come me non è avvezzo al daddy kink e si è ritrovato a dir poco spaesato leggendo tutto ciò. 

P.S.: per capire il perché del rating dovrete aspettare...



 

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Crescendo ***


- Capitolo II -
Crescendo

 
 
La sala da pranzo era drasticamente più piccola, rispetto all'imponente sala della casa a Baltimora; una sala dove i ricordi si intrecciavano, creando dei quadri con tutte le esperienze degli ospiti che vi erano stati: Jack Crawford e la moglie Bella Crawford ( deceduta per mano dello stesso marito); la dottoressa Alana Bloom ( con cui sia William che Hannibal hanno avuto una storia, e che negli ultimi tempi si diletta in pratiche saffiche con Margot Verger, sorella del defunto e non compianto Mason Verger); il Dottor Chilton, ridotto dal Drago Rosso in un ammasso di carne bruciata che ancora si degna di respirare e molti altri.

Il forse più assiduo frequentatore della tavola di mogano posta trionfante al centro della sala ed ornata di volta in volta con piatti sopraffini era forse stato quel William Graham tanto diverso da quello che ormai aveva sotto gli occhi ogni giorno, il dottore: un uomo che si era trovato a dover giocare al gioco di Hannibal, e non aveva perso. Gli aveva tenuto testa, ed infine era riuscito a sfilargli la corona; gettandola con se ed il Re sconfitto in quell'abisso sulle coste del Maryland che avrebbe dovuto inghiottirli.

La nuova tavola in legno di quercia bianca, anche se presentava una cornucopia di vimini piena di frutti maturi al centro, era pur sempre molto piccola rispetto alla tavola cui il dottor Lecter era abituato. Per William un tavolo era soltanto un “posto dove mettersi a mangiare”, e preferiva questa versione ridimensionata: la sala da pranzo diventava così meno formale e più...intima.

Alle tredici in punto, come annunciato poco prima dall'ex psichiatra all'ex professore universitario, la tavola era perfettamente apparecchiata ed imbandita; il cuoco, fiero del proprio lavoro, si soffermò per alcuni istanti ad osservarla e spostare minuziosamente la disposizione delle posate o dei bicchieri così che non vi fosse nulla fuori posto. Questa mania per la perfezione si riscontrava anche nel completo che il dottore aveva scelto ed indossato appositamente per quell'occasione:
camicia e cravatta bianco panna con gilet, pantaloni e giacca in una sfumatura di colore definita pervinca. Controllò l'orologio: le 13:02, ed attese l'arrivo di Will. Nell'attesa, che verosimilmente non sarebbe durata poi molto dato che si trovavano nella casa, ricontrollò l'ordine e la lucentezza delle posate. Attese, poi controllò nuovamente l'orologio al polso: le 13:06. Eppure era stato chiaro, che il pranzo sarebbe stato servito alle tredici esatte, e William sapeva benissimo quanto il dottor Lecter fosse rispettante degli orari e considerasse segno di cattiva educazione, il tardare.

Ancor più cattiva educazione, però, poteva considerarsi l'indossare un outfit non consono all'occasione: William Graham aveva, difatti, deliberatamente deciso di “rendersi presentabile” sovrapponendo al pigiama ( e per pigiama si intendono una canottiera bianca e dei boxer azzurri ) una ridicola camicia di un azzurro più scuro rispetto ai boxer, con stampati...dei bassotti. L'intera camicia era tappezzata di questi bassotti stilizzati, neri e marroni, con due di questi neri a decorarne il colletto; un ricordo del loro viaggio a Bucarest. Per coprire i boxer azzurri, invece, aveva optato per dei pantaloncini color sabbia; ricordo del loro travagliato soggiorno in un motel fatiscente in Messico, con la pressante paura di essere riconosciuti e catturati. Ma quel giorno era domenica, così il dottor Lecter decise di soprassedere al buffo connubio di quella camicia troppo larga e quei pantaloncini troppo stretti.

Dopo aver tagliato e servito l'arrosto, accompagnato dai contorni e dalla salsa cremosa, Hannibal poté finalmente sedersi e cominciare a mangiare il frutto di quasi due ore del suo lavoro. La carne era succosa, la salsa non ne copriva il sapore, ma lo esaltava... E prima che potesse fare una qualunque considerazione sugli Yorkshire puddings, avendo visto di sfuggita cosa stava facendo Will, dovette intervenire.

« È un Chianti del 2008, costa quasi 130 dollari. Dovresti gustarlo, non trangugiarlo. »

Il volto dell'ex professore intento a versarsi un altro bicchiere di vino non si scompose minimamente. Anzi, commentò: « Siamo americani, viviamo in Francia, hai cucinato inglese e stiamo bevendo italiano? Qualcuno qui è confuso, e per una volta non sono io. »

Il tempo assieme non aveva certo addolcito il più giovane; che anzi provava quasi una sorta di sadica soddisfazione nel vedere l'espressione contrita dell'ex psichiatra, quando gli ricordava che lo aveva quasi indotto alla follia per vedere sino a che punto sarebbe arrivato. C'era quasi riuscito, ovviamente, ma altrettanto ovviamente William reagì con una fiera resistenza. Forse, ripensandoci, fu proprio quella, ad accendere l'interesse del dottor Lecter per quel suo paziente così particolare; nella sua sconfinata empatia aveva trovato la forza per resistere all'influsso che Hannibal cercava costantemente di esercitare su di lui.

« Non sono confuso, William. » il tono era velatamente sorpreso, mentre il dottore si obbligava a non guardare il compagno per non dargli la soddisfazione di aver colpito una nota dolente « Reputo solo che il Chianti ed il Roast Beef siano perfetti, assieme. Mi ricordano noi. »

L'attenzione del giovane si spostò dal proprio bicchiere contenente il liquido color rubino sino al volto concentrato nella degustazione, dell'amante. Avidamente aspettava una risposta a quel quesito rimasto in sospeso; che trovò voce quando, dopo una sorsata di quel dolce nettare, il dottor Lecter riprese: « Veniamo da realtà lontane, eppure riusciamo a coesistere. Ci fondiamo l'uno nell'altro, ci arricchiamo... Alle volte stoniamo, certo. Ma non è forse questo il bello di essere diversi? »

Ammutolito da una risposta tanto esauriente, Will non poté fare altro che continuare a mangiare. Ora che si obbligava a non guardare in direzione dell'altro in una sorta di muta protesta al suo sapere tutto, riuscì ad assaporare appieno la consistenza e la dolcezza della carne, che si univa alla sapidità dei contorni, smorzata a loro volta dalla salsa avvolgente e lievemente speziata che lasciava sulla lingua una sensazione di pizzicore. “Ha usato del pepe” convenne William, ma di certo non rivelò i propri sospetti allo chef.

Ma, concentrato com'era sull'assaporare quel delizioso cibo, l'ex consulente dimenticò una regola fondamentale tra le mura di casa Lecter, anche se adesso erano divenute, in via non ufficiale dati i nomi falsi sui passaporti e le carte di identità, le mura di casa Lecter-Graham: i gomiti sul tavolo.

Se c'era qualcosa che Hannibal odiasse più dei fazzoletti sporchi sui tavolini o dei coltelli per misurare lo spessore del grasso dei maiali nelle sue poltrone italiane in pelle erano i gomiti poggiati sulla tavola durante il pasto. Perciò, accortosi della cosa smise di mangiare e guardò il più giovane, nella vana speranza che capisse. Convenuto che il giovane stesse obbligandosi a non guardarlo, allora lo chiamò « William? »

Ma non ottenne che un grugnito in risposta.

« Will: smetti di mangiare e guardami, per favore. »

Con l'espressione scocciata di un bambino cui si è impedito di continuare a giocare prima di aver finito i compiti, il giovane uomo ingoiò l'ultimo boccone di roast beef con una sorsata di vino, e finalmente guardò coi propri occhi azzurri il volto impassibile del dottore. « Cosa? »

Appellandosi al proprio autocontrollo, messo a dura prova dai clienti cui aveva a che fare e con le stravaganti ed improvvise prese di posizione del giovane compagno, decise per un appoggio pacato: « I gomiti sul tavolo, toglili. »

Certamente non era un ordine, forse una richiesta unita ad un ammonimento: ma il giovane obbedì quasi all'istante e fu quasi tentato di chiedere scusa. “Sono solo dei gomiti su una stupida tavola, non devo chiedergli scusa proprio per niente” si convinse: ma quello sguardo e quel tono che trasudavano autorità e controllo lo mettevano a disagio. William abbassò di nuovo gli occhi sul proprio piatto, mangiando civilmente ed assaporando ogni sorso ed ogni morso di ciò che portava alla bocca.

« Bravo, piccolo mio. » Si lasciò sfuggire Hannibal.

Era la prima volta che usava la parola “piccolo” nei confronti di Will; ritenendo che la cosa avrebbe potuto offenderlo aveva deciso di impedirselo. Il sottolineare che gli appartenesse, poi, non era proprio nel suo stile: velatamente glielo faceva intendere, con degli sguardi e delle parole dal significato ambiguo e delle piccole attenzioni, come con dei delicati morsi sulla collottola o sulle spalle duranti i rapporti.

Il giovane uomo rimase per qualche istante con la forchetta contenente della carne e della salsa a mezz'aria, vicinissima alla bocca; la guardava, ma non riusciva veramente a vederla: perché quella frase gli suonava così... intima?

Certo: vi erano dieci anni di differenza, tra loro; ma l'ex professore non era mai arrivato a quantificarli e considerarli, nel loro rapporto. Eppure sapeva che c'erano, e che pesavano su di loro costantemente.

Forse per effetto del vino, più probabilmente per quel turbinio emotivo che una semplice frase di Hannibal aveva causato, ma le guance del più giovane cominciarono a tingersi di rosso. Abbassò, quindi, la forchetta che ancora arpionava gli ultimi bocconi di quello squisito pranzo sino a poggiarla sul piatto sottostante, poi tornò con lo sguardo a cercare quello dell'altro.

Hannibal lo stava guardando, poiché si era reso conto che quella sua improvvisa frase aveva creato una qualche sorta di effetto, in William: se positivo o negativo, questo effetto, ancora non riusciva a capirlo. Quando vide quegli occhi azzurri, la midriasi ( la dilatazione della pupilla ) era evidente: quelle incaute parole avevano dunque sortito un effetto probabilmente positivo. Il dottore sperò di essere nel giusto, mentre avvicinava la grande e calda mano verso la guancia coperta di barba incolta dell'altro: quando incontrò la pelle prese a disegnare dei cerchi concentrici con la punta di alcune dita.

Con la mano destra di Hannibal premuta sulla guancia sinistra, intenta a carezzare la pelle diafana e qua e la coperta peluria, Will si rese conto di quanto fosse piccolo in confronto a lui. Fisicamente era poco più basso e meno muscoloso del compagno, che d'altro canto sapeva esercitare una forza fuori dal comune; era anche meno preparato per quanto riguardava l'arte, la storia, la cultura e qualsiasi ambito che potesse interessare all'egocentrismo del ( forse? ) ex Squartatore di Chesapeake.

Delle volte si ritrovava a pensare ad Hannibal come uno di quei grossi felini che l'evoluzione ha perfezionato, ed a se stesso come un cucciolo smarrito che ha bisogno di una guida. Le arti di combattimento erano, in quella creatura enigmatica, portate ad un livello quasi inumano; così come le abilità nelle musica e nel disegno, ed ancora nella cucina e nella retorica.

Se c'era qualcosa che mancava, però, al dottor Lecter, questa era una controparte che lo completasse: se da un lato era il Wendigo, il Cacciatore perfetto ed il letterato per eccellenza, dall'altro si sentiva solo.

Era stata la solitudine, il bisogno di essere compreso, a spingerlo verso William; ed una volta avvicinatosi troppo, fu come essere un incauto asteroide che, passando vicino ad un pianeta, viene catturato dalla gravità di quest'ultimo ed è destinato a precipitare. Ed Hannibal precipitò in William, precipitò con William, poiché solo precipitando si sarebbe potuto fondere a lui, e non essere più solo.

Ma quel frutto che avrebbe dovuto mettere fine a quel vuoto che sentiva dentro era ancora acerbo: il dottor Lecter avrebbe dovuto curarne la crescita, occuparsi di lui e proteggerlo da quegli incauti viaggiatori che, trovandoselo vicino, provano a coglierlo incuriositi dalla sua luminosità.

Sorprendendo se stesso ed il dottore che gli era di fronte, il giovane uomo richiuse gli occhi e portò una mano a carezzare quella che era poggiata alla propria guancia; per carezzarne, riconoscentemente per quelle attenzioni, il dorso.

« Dillo ancora, daddy. »
 
Ed ecco qui il capitolo 2! 

Avevo detto che sarebbe uscito verso pomeriggio inoltrato/sera, per motivi che non dipendono da me mi sono ridotto a questo momento, scusate.
Ringrazio, come sempre, chiunque abbia deciso di leggere questa mia storia, e ringrazio la beta reader ( le faccio leggere un capitolo alla volta  )
Per il terzo capitolo dovrete aspettare domani, cercherò di uploadarlo appena torno a casa.

Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Andante ***


- Capitolo III -

Andante
 

Bastarono poche frasi e pochi gesti, per trasformare il loro rapporto: da quella carezza e quella infantile richiesta di Will Graham passarono ben presto delle settimane; settimane in cui il rapporto tra i due si arricchì di una serie di epiteti e di attenzioni che prima erano sconosciute. Hannibal aveva preso ben presto l'abitudine di portar la colazione a letto al suo “piccolo”, così lo chiamava. La colazione consisteva, solitamente, in una spremuta fresca di arancia leggermente zuccherata ed un croissant, variando la domenica in pancakes o muffins ai mirtilli.

Una mattina, mentre metteva la spesa nella macchina così da poter tornare a casa ed iniziare la preparazione del pranzo, Hannibal passò di fronte ad un negozio di abbigliamento dall'aspetto promettente. Essendo presto, e volendo comprare qualcosa che coprisse di più William durante la notte rispetto a canottiera e boxer, decise di entrare.

Nel frattempo Will si era svegliato. Non avendo trovato Hannibal ed il vassoio della colazione ad aspettarlo, decise di fare una doccia calda prima di scendere in cucina. Con ancora alcune ciocche di capelli bagnate si mise a mangiare il croissant alla crema in veranda, sostituendo alla spremuta del caffè. Il compagno diceva che il caffè lo sovra-eccitava, ma lui non dava più peso alle sue teorie su di se da quando lo aveva indotto a credere di essere pazzo; quando nella realtà dei fatti le allucinazioni erano causate da una encefalite autoimmune.

Il giovane quel sabato mattina, nuovamente in quella mise di canottiera ( stavolta grigia ) e boxer (grigi anch'essi ) che tanto il compagno non sopportava all'infuori della camera da letto, osservava il vasto giardino ben curato e coperto qua e là di fiori. Poteva vedere, da quella posizione, la curva da cui sarebbe arrivata di lì a poco la macchina del compagno. Solo poche volte non aveva trovato Hannibal al proprio fianco, durante i giorni liberi, ed era perché andava a fare la spesa la mattina molto presto, così da evitare la calca che di lì a poco si sarebbe formata.

Come previsto il rumore dell'auto e poco dopo la sua figura grigia superarono la curva per entrare nel vialetto di casa. Istintivamente William sorrise, non rendendosene nemmeno conto. E sempre non avendole coscienza, si ritrovò in piedi ad aspettare che dalla macchina parcheggiata uscisse l'ex psichiatra. Gli andò incontro per aiutarlo con le buste della spesa, ma invece di un dolce sorriso si ritrovò davanti una maschera imperscrutabile.

« Oggi non fa abbastanza caldo da stare in intimo: va' in casa e vestiti. » Annunciò la voce bassa ed autoritaria del nuovo arrivato, passando all'uomo in pigiama una busta di carta bianca, dall'aspetto scialbo.

Volendo replicare ma non sapendo in quale modo, talmente era stato colto alla sprovvista da quel tono duro con il quale era stato accolto, il giovane uomo prese la busta ed entrò in casa. Si ritrovò, senza averne coscienza, nella camera da letto che condivideva con Hannibal; seduto e con la busta sistemata sulle gambe.

Avrebbe voluto replicare, lanciargli contro quella dannata busta o lasciarla lì, così che se la portasse da solo; invece aveva obbedito senza pensarci. Tutto ciò gli ricordava la coercizione con la quale l'altro era riuscito ad indurgli le crisi epilettiche; “No, non ha usato quella dannatissima luce, stavolta. Sono io, che l'ho lasciato fare.” rifletté William, carezzando la busta a disagio nel vederla chiusa. Perché l'altro, nel suo dirgli di vestirsi aveva in qualche modo sottinteso che avrebbe dovuto indossare ciò che conteneva. “Fa che non sia imbarazzante.”

Mentre Will si convinceva ad aprire la busta, Hannibal sistemò metodicamente la dispensa, ripassando mentalmente il menù per il pranzo: coq ou vin, pomme duchesse e pain perdu con mele caramellate.

Ovviamente l'ex psichiatra non si aspettava una reazione esagerata, né l'essere ignorato: se era stato duro con l'altro era solo per sviarlo dalla natura del contenuto della busta. L'altro, probabilmente, penserà si tratti di uno di quei pigiami per uomo che somigliano a dei completi e che il dottor Lecter era solito indossare; o forse, visto l'aspetto misero della busta, penserà si tratti di un qualche pigiama da quattro soldi acquistabile per pochi euro nel primo negozio di abbigliamento disponibile.

Di certo, mentre tagliava in pezzi il galletto per il coq au vin, il dottore non si aspettava di trovarsi abbracciato dal più giovane: aveva appena rimosso le interiora dall'animale quando le braccia di William, avvolte nel proprio regalo per lui, gli cinsero il ventre, ed il petto del giovane uomo si poggiò alla schiena larga e muscolosa del più grande.

« Vedo che è la misura giusta. » Disse quest'ultimo, riprendendo a tagliare.

« Grazie, Hannibal. Io... È bellissimo... »

Un sorriso increspò le sottili labbra dell'ex psichiatra, immaginandosi come avrebbe trovato l'altro, una volta giratosi. « Fatti ammirare, piccolo. » Mormorò quasi, cosicché l'altro lo lasciasse.

Il più piccolo infatti sciolse l'abbraccio così da dargli la piena libertà di movimento, ma prima di girarsi il dottor Lecter andò a lavarsi le mani: di certo non avrebbe resistito, al toccarlo. “L'attesa del piacere è essa stessa il piacere” citò mentalmente. Quando si girò dovette poggiarsi al banco da lavoro dietro di se, per bearsi di quella vista senza interferire; od almeno non al momento.

La longilinea figura di Will Graham era in piedi, avvolta in un pigiama dello stesso colore e con la stessa fantasia a bassotti della camicia-ricordo del viaggio a Bucarest.

In altre occasioni, Will avrebbe etichettato quel completo a bassotti come qualcosa di infantile, che avrebbe messo solo se fosse stato sicuro che nessuno l'avrebbe scoperto. Ma ultimamente, più precisamente da quando aveva chiamato Hannibal “daddy”, non era più tanto convinto della sua posizione in materia.

Aveva fatto ricerche sull'argomento, scoprendo che sia tra uomini che tra donne era diffusa questa concezione del prendersi cura del partner più giovane.

Inizialmente la cosa pareva alquanto deviata, “com'è possibile che delle persone accettino tutto questo?” pensò tra se; ed in effetti i primi giorni di quelle nuove attenzioni da parte di Hannibal confusero Will. Ma ben presto si abituò, ed assecondò quei rari momenti in cui sentiva di potersi abbandonare a quel suo lato quasi infantile che necessitava di attenzioni, e che vedeva nella figura autoritaria del dottor Lecter chi gliene potesse dare.

Il dottore fece un gesto con le dita, che indicava all'altro di fare un giro così da farsi ammirare. Il più giovane acconsentì, e quando si trovò a dare le spalle all'amante questi non poté trattenersi oltre e si sporse, così da poterlo stringere tra le braccia. Il più grande posò quindi il mento nell'incavo tra il collo e la spalla del giovane uomo, flettendo la testa così da potergli lasciare un caldo bacio su di una guancia, poi un altro verso la mascella ed un piccolo morso dove la mascella si unisce e si fonde con il collo. Sentendo i denti dell'ex cannibale sulla propria gola, un brivido freddo salì dalla schiena dell'ex professore: quello stesso punto era stato morso dallo stesso uomo al Grande Drago Rosso. Quasi timidamente le mani più piccole del pescatore si posarono sul dorso di quelle più grandi del medico, che stavano risalendo dal suo ventre e dalla cicatrice su di esso avvicinandosi al petto. I bottoni della camicia del pigiama erano stati diligentemente chiusi per rispettare il bisogno di perfezione del benefattore che aveva provveduto a regalargli quel completo, ma adesso erano solo d'impiccio: mentre la bocca del dottore continuava a lasciare caldi baci, scendendo sulla giugulare, le sue dita esperte cominciavano a rimuovere man mano, nella loro salita, i bottoni che trovavano sulla propria strada dalle asole.

Quando ogni bottone fu liberato dalle asole, le mani del dottore scesero nuovamente, posandosi sul basso ventre e risalendo sotto la maglietta: incontrarono ben presto la cicatrice che lui stesso procurò a Will, la notte in cui sarebbero dovuti fuggire loro due ed Abigail Hobbs. Quando il dottor Lecter si staccò dalla gola del più giovane, quest'ultimo girò il capo così da poter incontrare quelle sottili labbra rosee, accese di colore da quella scia di baci appena depositata. Il bacio fu quasi casto, mentre la mano sinistra risaliva lentamente verso il petto del più giovane e la destra rimaneva a carezzare la cicatrice sul ventre. Hannibal però interruppe il bacio quasi all'improvviso, tenendo ferme le mani e allontanando lievemente il volto « La cucina non è il posto adatto, per queste cose. »

L'intento del medico era quello di fornire, in modo poi non così velato, una “via di fuga” in caso William non fosse sicuro di ciò che stesse accadendo. Certamente aveva fatto le sue ricerche, come immaginava avrebbe fatto il giovane uomo, trovando ed analizzando informazioni che riconducevano ad un unico fattore comune alla base di quei rapporti che per alcuni versi rasentano il complesso di Edipo e quello di Elettra: la fiducia; e non era certo un mistero che William Graham non ne avesse poi molta nel dottor Lecter, dopo che questi lo ha fatto rinchiudere nel Maryland State Hospital for the Criminally Insane.

« Si » Convenne il più giovane, girandosi tra le braccia accoglienti del compagno così da potersi trovare faccia a faccia con lui. Posò quindi la fronte solcata dalla cicatrice, che il compagno stesso gli causò utilizzando un seghetto chirurgico, su quella del più grande. Inspirò l'odore dolciastro dell'altro ad occhi chiusi, prendendosi un momento per metabolizzarlo, poi li riaprì. Mentre la mano destra carezzava una guancia di Hannibal e gli occhi azzurri di William erano fissi su quelli nocciola, disse:

« Andiamo in camera. »
 
E siamo arrivati al capitolo 3! 

Siete contenti? Vi è piaciuta la storia? 
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno letto, che hanno recensito ( i vostri commenti sono stati una manna per il mio umore un po' grigio, grazie! ) e alla beta reader che ha betato(?) la storia! 

Appuntamento a domani per la quarta ed ultima parte!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Allegro ***


- Capitolo IV -

Allegro



Il tragitto sembrò durare in eterno mentre i due amanti si avvicinavano alla camera da letto; la loro, camera da letto. Hannibal aprì la porta e fece cenno al compagno di precederlo, così da poterne ammirare le forme coperte da quegli indumenti forse troppo larghi per lui, ma che riuscivano a farlo apparire candidamente piccolo.

Tale si sentiva William: una piccola preda osservata dal predatore che le è alle spalle, e che sta aspettando il momento propizio per saltare e divorarla. Difatti il Wendigo si avvicinò: non per divorarlo, ma per cingergli la vita con un proprio braccio e condurlo verso letto ammantato da una coperta di cashmere bordeaux.

Con un movimento sinuoso, il più grande si fece scivolare seduto sul bordo del maestoso letto matrimoniale in legno di noce con testata intagliata in un motivo floreale in stile Luigi XV; nel movimento, il braccio del dottore dovette abbandonare il fianco destro del più giovane, che con un brivido si sentì improvvisamente vulnerabile.

Accortosi di ciò, quasi istintivamente Hannibal cercò le mani di William, da stringere nelle proprie. La differenza nelle dimensioni era notevole, tanto che quel semplice gesto fece affiorare un sorriso che increspò le labbra sottili del più grande. Si perse, anche se solo per qualche attimo, nell'ammirare quel dolce contrasto che acuiva in lui il bisogno di prendersi cura dell'ex paziente. Quando l'ex psichiatra rialzò gli occhi nocciola verso il volto del più giovane, trovò che quella nebbia di preoccupazione che gli scuriva il viso si era dissipata come la prima neve di fronte al calore del sole.

D'improvviso il più giovane prese l'iniziativa e decise di imporsi sul più grande, trovando posto a cavalcioni sulle sue gambe; tuttavia non sciolse le proprie mani da quelle dell'altro, che gli fece portare al petto mentre si chinava per poterlo baciare. Le labbra piene di William trovarono ben presto quelle del medico e danzarono con loro, in quel bacio dai tratti dolci ma con un ché di poco casto. Non trovando resistenza, ma anzi collaborazione, provò, quindi, a prendere il sopravvento su quel neo-asservito Hannibal Lecter e quindi spingerlo contro la coltre del materasso.

Il dottore si oppose a quella nuova presa di posizione, restando fieramente immobile sotto la pressione che il giovane uomo cercava di imprimergli. Quando l'ex professore pensò che finalmente l'altro si fosse arreso, dovette aggrapparsi saldamente alle sue spalle scultoree: benché avesse smesso di resistere alla pressione esercitata su di se, Hannibal non aveva di certo deciso di non opporre resistenza; ed in una mossa che avrebbe potuto ricordare quelle del judo, fece ritrovare William lungo disteso al centro del letto, sotto il corpo dell'amante.

Quel movimento fulmineo fece preoccupare non poco, il giovane uomo, che anche una volta poggiata la schiena contro la morbida coperta continuava a tenersi saldamente alle spalle dell'uomo che lo dominava dall'alto. L'espressione sul suo volto avrebbe di certo ricordato un pulcino spaventato, cosa che intenerì la maschera imperscrutabile sul volto di Hannibal facendone trasparire divertimento.

« Idiota. » Disse un William Graham a metà tra l'offeso ed il divertito, mentre quell'espressione di paura si trasformava dapprima in un broncio, e poi in un sorriso... Non prima di aver tentato di spingersi via di dosso il dottore. Quest'ultimo, per tutta risposta a quel vano tentativo di ribellione, si fece più vicino per ricolmare la distanza tra le proprie labbra e quelle del più giovane... Ed infine le morse, prima di staccarsi da quelle dolci labbra e stendersi di lato. Sulle prime Will restò nella stessa posizione in cui si era trovato, nell'assoluta certezza che Hannibal sarebbe ben presto tornato su di se.

Quando comprese che non l'avrebbe fatto si girò...e lo trovò intento a sfogliare il libro che la sera prima aveva lasciato sul comodino. Il più giovane si mise quindi seduto, aggrottano la fronte e guardandolo sfrontatamente, ma l'altro non restituì lo sguardo. Spazientito quindi fece « Beh? » Guadagnandosi uno di quegli sguardi del dottor Lecter che riuscivano a far sentire in pericolo anche gli uomini più coraggiosi.

« Ritenevo che il tuo riferirti a me come un idiota fosse il segno che non desiderassi le mie attenzioni. Ho forse sbagliato? » E così dicendo, languidamente, il dottore sfogliò un'altra pagina del libro sulla filosofia orientale.

Una volta comprese quelle parole, l'espressione sul volto di William mutò nuovamente, divenendo quasi rassegnata: quanto sapeva essere infantile, quell'uomo! « Se invece di guardare quelle pagine guardassi me, noteresti che hai sbagliato. » sbottò in un borbottio l'ex professore, sperando che risolto il disguido potessero continuare quel che avevano interrotto: difatti, nella zona del basso ventre, poteva già notarsi un rigonfiamento.

Difatti il loro rapporto non era come quelli nei romanzetti rosa o come nelle fanfictions, dove i protagonisti si accoppiano quasi ne andasse della loro vita: i due amanti vivevano il sesso come l'occasione per abbassare quelle barriere che ancora li allontanavano e li dividevano; qualcosa di talmente profondo da non potersi replicare poi così presto. Certo, nelle talvolta lunghe pause che intercorrevano tra quei periodi si praticavano sesso orale l'un l'altro o si lasciavano andare a delle carezze lascive, ma la voglia di sentirsi un tutt'uno con il compagno era molto forte, in William. Ora che aveva capito, che l'altro gli aveva dimostrato quanto davvero ci tenesse a lui, pur continuando ad avere delle remore, rendeva l'ex professore propenso al rimuginare sul come far evolvere il rapporto per renderli più attivi.

« Lo avevo notato, William. » rivelò il medico, pur continuando a sfogliare le pagine di quel libro che il più giovane stava imparando ad odiare sempre più ad ogni fruscio che le sue maledette pagine producevano.

« ...Non ci credo: ti sei offeso perché ti ho chiamato idiota. Ti ho chiamato cannibale, assassino, pazzo criminale; ho tentato di ucciderti e fantasticato di farlo, e tu sei rimasto offeso perché, scherzando, ti ho chiamato idiota. » Dicendo ciò si passò una mano sul volto e tra i capelli, assolutamente divertito e quasi allibito. Non ricevendo risposta e provando la sgradevole sensazione che la cosa non si sarebbe risolta poi tanto facilmente, decise di cedere terreno...per il momento: « Va bene: mi perdoni, dottor Lecter, se ho osato darle dell'idiota. »

« L'intenzione c'è, ma la forma non è corretta. » Annunciò la voce profonda del medico, che aveva deciso di abbandonare la lettura nuovamente sul comodino e concentrare la propria attenzione sull'uomo che aveva di fianco. « Riformula le tue scuse in maniera più appropriata. »

Data la ben nota testardaggine dei due uomini, quella battaglia intellettuale sarebbe potuta durare secoli, ed ad aggravare la situazione vi era il fatto che William non avesse afferrato a cosa alludesse il dottore. Lo capì dal suo sguardo che sembrava scavargli una breccia nell'anima e che riusciva a farlo sentire impotente. Si tolse allora gli occhiali, li ripiegò e li poggiò sul comodino, proprio sopra quell'ormai odiato libro di filosofia orientale. Per effettuare quell'operazione, quindi, si mise quasi totalmente sdraiato su di Hannibal, puntellandosi coi polsi per non gravargli completamente sul ventre. Allora si girò, una volta conclusa quella manovra, verso il volto una volta tanto odiato che permetteva al suo possessore di risultare attraente; vi si avvicinò e quasi sussurrò, in un mormorio morbido e carezzevole: « Scusami, daddy: non avrei dovuto risponderti male. » Quelle parole, una volta pronunciate, fecero sì che le guance del più giovane si imporporassero quasi d'imbarazzo: si era quasi sentito realmente colpevole.

Verosimilmente a ciò che era accaduto nella cucina della villa nel Maryland del dottore, l'espressione di quest'ultimo si sciolse in quel che ricordava un sorriso accennato, ed il caldo palmo della sua mano lambì la guancia di William per depositarvi una carezza; ma stavolta non vi erano coltelli in agguato. « Scuse accettate, bambino mio. Ma non voglio dovertelo ricordare nuovamente. » Gli lasciò un casto bacio a fior di labbra, che William continuò nel tentativo di approfondire il contatto e ritornare ben presto a ciò che avevano interrotto poco prima. Parve funzionare: il fianco del più giovane venne ben presto afferrato dal più grande, che tentò nuovamente di ribaltare le posizioni. Stavolta l'ex professore era preparato e non protestò per quel repentino cambiamento; ma anzi lo incoraggiò divaricando le gambe cosicché Hannibal potesse sistemarsi tra di esse.

L'ex psichiatra, quindi, tornò nella posizione dominante e interruppe il caldo bacio che stava scambiando con Will solo per visualizzare gli effetti che scatenava su quel volto tanto amato: il rossore sulle guance era aumentato, le pupille erano nuovamente in midriasi; il dottore non poté imporsi di non carezzare quelle guance, benché meno di non passare il pollice sulle labbra lievemente spalancate dell'uomo sotto di se. Lo sorprese vedere che quest'ultimo chiudesse gli occhi, ed altrettanto sorpreso rimase quando sul proprio pollice sentì il contatto di un bacio.

Quella scena gli ricordò il mito di Ganimede; alla guisa di Zeus si sentì quando si avventò nuovamente a baciare quella bocca che adesso gli pareva bollente, bruciante come lava incandescente. Sentì poi quel novello Ganimede circondargli il collo con le braccia ed issarsi con le stesse, per amplificare il contatto tra di loro. Allora lui, in veste del Sovrano dell'Olimpo, gli cinse la vita con un braccio e spostò la mano dapprima poggiata alla sua guancia barbuta sino nuca ricoperta di riccioli castani, per sostenerla; ciò aveva anche lo scopo di imporre la propria volontà sul corpo del giovane uomo.

Quel lasciarsi guidare dall'uomo più esperto ( come gli rivelò essere il dottor Lecter ) diede la possibilità a Will di concentrarsi sulle sensazioni che tutto ciò gli faceva provare: l'essere spogliato dalle sue mani lo faceva sentire minuscolo; l'espressione di muto orgoglio che saettò sul volto dell'ex psichiatra nell'osservare il suo corpo lo fece sentire bello; il rigonfiamento della patta dei pantaloni di Hannibal, che riusciva a sentire chiaramente quando si chinava per baciargli le labbra, lo faceva sentire desiderato.

Recitando quel ruolo quasi passivo, poté osservare il corpo del dottore venire man mano rivelato dal proprietario, che cominciò con lo slacciare il bottone sopra la cerniera dei pantaloni. Stava portando le mani alla zip quando un moto partecipazione suggerì a Will di chiedere: « Posso farlo io? Per favore... »

Non dando a vedere la propria sorpresa, il più grande acconsentì: osservò dall'alto mentre il più giovane abbassava delicatamente la zip e poi la abbandonava per raggiungere i due lembi del pantalone, così da abbassarli alquanto lentamente e rivelare man mano la forma di Hannibal. Trovò sotto la superficie di cotone dei boxer color blu notte. Provò a passare le mani sulla stoffa tesa, ma venne bloccato da un mormorato « No » del proprietario degli stessi, che lo esortava di continuare a svestirlo riprendendo dalla camicia bianca. Allora William si issò seduto per intraprendere quell'operazione e rimuovere i bottoni dalle asole cui erano assicurati, ed ogni bottone rivelava qualche centimetro della pelle del dottore; cominciò dal basso, così che una volta arrivato a liberare dalla stoffa il petto non esageratamente ricoperto di peluria dell'altro potesse perdersi a carezzarlo. Stavolta il compagno non lo bloccò, e rimase ad osservare quell'esplorazione del suo essere effettuata dall'altro.

Stessa sorte toccò, poco dopo, ai boxer blu notte; non prima che Will ne convincesse, con un languido sguardo, il proprietario. Ottenuto nuovamente il permesso si mise a far vagare le dita sulla stoffa, autonomamente lasciando per ultimo il punto in cui era più tesa: quando finalmente arrivò a toccarlo, sentì tutto il calore che irradiava e sì chiese per per caso non stesse facendo male al proprietario. Nella certezza che, si, l'altro stesse provando se non dolore almeno fastidio, quasi mosso a compassione dato che l'altro si era imposto di non dire nulla per permettergli di esplorare, fece scorrere giù dalle sue gambe anche l'ultimo indumento rimanente prima che entrambi fossero nudi.

Con una premura che non gli era estranea, ma che era stata accentuata dalle sensazioni derivate da quel loro gioco, il dottore si occupò di stimolare il più giovane con le proprie labbra, lasciando una scia di baci e morsi che dal collo si estendeva fino alla base del membro; qui lambì il sesso del compagno con la bocca, cominciando a succhiarne la punta e scendendo man mano fino a trovarne nuovamente la base. Continuò per qualche minuto la stimolazione e quando fu soddisfatto dei gemiti che riusciva a strappare al giovane uomo sotto di se, lo liberò dalla stretta delle proprie fauci; godendo del mugolio irritato che risalì dalla gola del compagno.

Ricevette lo stesso trattamento, ovviamente William si bloccò nell'esatto momento in cui un brivido di piacere cominciava ad attraversare il suo corpo; una sorta di punizione per aver fatto lo stesso.

« Girati. » Sussurrò con voce resa roca dal piacere negatogli poco prima, ed aiutò il più giovane nell'operazione, prima di tornare su di lui: quella volta avrebbe dovuto essere speciale, quindi impiegò più tempo e più attenzione del solito per preparare l'entrata dell'ex professore, i cui gemiti sembravano riempire l'aria come fossero quasi musica.

Aveva appena indossato il profilattico quando William si girò per osservarlo, e lui si chinò per lasciargli un bacio sulle labbra e mormorargli: « Cosa c'è, piccolo? »

Per tutta risposta l'ex paziente gli morse piano le labbra, tirandole verso di se prima di lasciarle.

« Non farmi aspettare, dottor Lecter. »

Un sorriso sorse sulle labbra del dottore, che si posizionò nei pressi dell'entrata dell'altro. Prima di affondare nelle sue carni si avventò sulla collottola, mordendola per tenere ben fermo il compagno, che emise un gemito sorpreso che poi sfumò in un sospiro soddisfatto.

Quell'intrusione così improvvisa, quel sentirsi soggiogato dal corpo del più grande e quel morso fecero partire come una scarica elettrica dai punti colpiti dall'assalto del Wendigo fino ad irradiarsi in tutto il suo corpo. Il dottor Lecter ne fu consapevole, e baciò il punto appena morso mentre con le braccia cingeva e si stringeva contro il corpo dell'ex paziente: il petto premeva quindi sulla schiena imperlata di sudore di Will mentre la bocca andava a lambire il lobo di un orecchio, una mano saliva per cercare uno dei capezzoli e l'altra scendeva, per stimolare il sesso eretto del più giovane.

Le spinte cominciarono lente, alternate a dei movimenti circolari che riuscivano a strappare sospiri rochi alla gola dell'amante, per farsi più ravvicinate man mano che i muscoli si stendevano ed il fastidio dell'intrusione si dissipava.

Allora il volto di Will cercò quello di Hannibal, e labbra cercarono labbra. « Voglio...guardarti... » Riuscì a gemere l'ex consulente dell'FBI, mentre posava la propria mano su quella con la quale il compagno lo stava masturbando.

« Ed io voglio vedere te. » Asserì il dottor Lecter, uscendo dal corpo del compagno per rientrarvi poco dopo, subito dopo averlo aiutato a portarsi nuovamente con la schiena contro la coltre di coperte. Le mani del giovane le strinsero, quando il più grande rientrò con una spinta soltanto; e strinsero più forte quando Hannibal si fermò per portarsi le gambe del compagno sulle spalle, ed arrivare così più in fondo in quel corpo marchiato da una cicatrice che passava da un fianco all'altro.

Cambiarono poi nuovamente posizione: William si ritrovò steso su di un fianco, con l'ex psichiatra dietro di se che gli teneva sollevata una gamba, mentre con il braccio che passava sotto il corpo del compagno lambiva il membro pulsante del più giovane. Quest'ultimo cercava nuovamente le labbra bollenti del dottor Lecter, mentre con una mano tentava di arrivare a sfiorarne la guancia.

Quando il dottore fece per rallentare, sentendo l'altro così vicino al concludere, la mano si spostò a stringergli un fianco e poi tentare di spingere, anche se vanamente. Ma Hannibal comprese, si puntellò come meglio poteva con le dita dei piedi al materasso e prese a muoversi più velocemente: i gemiti del compagno si fecero più alti e ravvicinati, ed il flusso del suo umori ben presto fu riversato sulle costose coperte, ed in parte sul pavimento poco lontano. Poche spinte dopo anche l'ex psichiatra raggiunse il piacere, riversandosi nel profilattico con un roco sospiro, tenendolo comunque stretto a se.

Tra le braccia del dottore, carezzato dalle sue mani rese calde dallo sforzo fisico appena compiuto, stava William, disegnando cerchi concentrici sul petto marmoreo del compagno. Passò qualche minuto, poi un sorriso increspò le labbra gonfie dai baci ricevuti del giovane dai capelli ricci.
Sorpreso, il più grande chiese « Cosa ti fa ridere? »

« Cosa stavi cucinando? » Gli domandò William, e finalmente l'ex psichiatra ricordò che erano in ritardo per il pranzo.
« Coq ou vin, pomme duchesse e pain perdu. » Elencò un lievemente spazientito da quella dimenticanza Hannibal, ricevendo come risposta: « Avevi detto che non avresti cucinato francese. »

Chiudendo gli occhi e stringendosi ancor di più il giovane uomo contro, il dottore gli sussurrò all'orecchio:

« Le cose cambiano. »


 
Eccoci qui, dopo ben 4 capitoli.

Vi è piaciuto questo spaccato della vita quotidiana del Dottor Hannibal Lecter e del suo compagno, William Graham? Spero di si.

Come nello "spazio dell'autore" degli altri capitoli colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno dedicato il loro tempo a leggere la mia storia; coloro che l'han recensita, ricordata o messa trai preferiti e la mia adorata beta reader, che legge le mie ff un capitolo per volta e che uso come cavia per vedere se una storia possa piacere o meno.

Grazie a tutti voi, alla prossima.





 

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