The girl with red hair and green eyes

di astiles03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


La pioggia batteva sulle finestre mentre Lydia si asciugava i lunghi capelli rossi. Si passò una mano sul collo ricordandosi di quando avevano cercato di strangolarla. Era stato il Darach, il primo ad averla chiamata "banshee", ma non il primo ad aver cercato di ucciderla. Il primo fu Peter, colui che mordendola le donò il potere da banshee.
Camminò a piedi nudi lungo il corridoio diretta in camera sua. Poggiò la mano sulla maniglia della porta e immediatamente arrivarono le voci. E' questo ciò che fanno le banshee, pensò, sentono le voci. Continuava a sentire dei bisbigli da giorni e ripetevano sempre la stessa cosa: sta tornando.
Stanca di ignorare le voci decise di avvertire i suoi amici, la sera stessa aveva un appuntamento con loro alla clinica veterinaria.
Salì in macchina e si mise al volante. Una volta in strada accese la radio e iniziò a canticchiare, cercando di ignorare i sussurri che si facevano sempre più forti. La pioggia aumentò ancora di più una volta che giunse alla clinica. Scendendo di macchina i capelli le si bagnarono e alzò gli occhi al cielo.
"Fantastico," si disse "li avevo appena lisciati."
Alla porta c'era Scott ad aspettarla, le sorrise ed entrò insieme a lei.
Nella piccola stanza della clinica c'erano già tutti ad aspettarla: Liam seduto a braccia conserte in un angolo, appoggiati al muro c'erano Stiles e Malia, Deaton osservava tutti in silenzio da dietro il freddo lettino di metallo e Kira in piedi accanto a lui.
"Dunque, siamo dovuti venire qui nel bel mezzo della notte e della tempesta per cosa?" Chiese Liam con aria strafottente. Il piccolo beta assunse una faccia interrogativa che Lydia avrebbe voluto prendere a schiaffi.
La banshee aveva già aperto la bocca per parlare quando sentì un rumore assordante, come se qualcuno sbattesse dei libri su un tavolo o come qualcosa che cade, seguito dagli stessi sibili.
"Lydia, hai sentito qualcosa?" Stiles si staccò dal muro e si mise davanti a lei "Cosa senti? Lydia, cosa senti?"
Ma lei non lo sentì, i rumori erano troppo forti e lei non sapeva come fare a fermarli. I sibili continuavano a ripetere le solite, fredde parole. Le sembrava di impazzire, strinse i pugni lungo i fianchi e chiuse gli occhi. Cercò di calmarsi, di respirare a fondo ma le voci non volevano fermarsi.
"Lydia, devi dirci cosa senti" disse cauto Deaton "altrimenti non possiamo aiutarti."
Lei voleva essere aiutata, sì, voleva fermare le voci. Non voleva più sentirle, voleva liberarsene. Si sentì toccare una spalla da qualcuno e piano piano aprì gli occhi. Davanti a lei c'era Malia che la guardava con i suoi grandi occhi marroni.
"Lydia, va tutto bene" le sussurrò l'amica "devi solo dirci cosa senti."
"Bisbigliano," finalmente Lydia riuscì a parlare, rilassò le mani e pronunciò la frase che voleva dire da tre giorni "le voci dicono che sta tornando."
Malia guardò Stiles preoccupata e curiosa allo stesso tempo.
"Chi sta tornando? Lydia?" Stiles si avvicinò di nuovo alla ragazza dai capelli rossi, ma lei non li sentiva più. Aveva iniziato a urlare.

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"Se non smette di piovere domani non vengo alla partita!" Esclamò ridendo la ragazza.
Guardò la foto sul comodino che ritraeva lei e sua sorella: erano praticamente identiche. Stessi capelli rossi, stessi occhi verdi e stesse labbra carnose.
Era al telefono con Mason, il suo migliore amico, e discutevano sul da farsi per il giorno dopo. Avevano programmato di andare a vedere la partita di lacrosse della scuola ma la tempesta non accennava a placarsi.
"Oh, andiamo! Ci saranno tutti, non puoi mancare!" Le rispose Mason.
"Sì che posso, e lo farò"
"So che verrai alla fine" le disse l'amico con sfida.
"Vedremo." involontariamente sorrise, alzando gli occhi al cielo "buonanotte Mason, a domani."
"Sapevo che avresti ceduto alla fine, a domani Em."
Riattaccò e si diresse in bagno per prepararsi per la notte. Percorse il corridoio freddo, le pareti illuminate solo dalla luce bianca della luna che entrava dalle finestre. Si affacciò in camera di sua sorella: la luce spenta, il letto al centro della stanza era ordinato e non c'erano tracce della ragazza. Probabilmente era fuori con i suoi amici, di nuovo.
A volte invidiava sua sorella; era più grande, più libera, più brava in tutto. La madre la adorava e le lasciava fare qualsiasi cosa, perfino uscire con gli amici nonostante il giorno dopo ci fosse scuola.
Lasciò perdere e continuò a camminare verso il bagno strascicando i piedi.
Una volta messo il pigiama, essersi lavata e essersi pettinata i lunghi capelli rossi iniziò a dirigersi verso la propria camera, dove un letto caldo e accogliente la aspettava per la notte.
Sotto le coperte si sentì finalmente al sicuro, finalmente lontana dagli occhi di tutti. Infilò una mano sotto il cuscino e ne estrasse una foto. La foto ritraeva una giovane donna al fianco di un uomo; quest'ultimo aveva in braccio una bimba con un vestitino viola e un ciuffetto di capelli rossi sulla testa. Ai piedi della donna, invece, c'era una bambina poco più grande, anch'essa con un vestito viola e i capelli rossi raccolti in due codine.
La donna sorrideva raggiante, i capelli castani raccolti in una crocchia e il corpo magro avvolto da un vestito lungo e bianco.
Emma girò la foto e lesse per due volte la frase che leggeva ogni giorno. Sorrise e ripose la foto sotto il cuscino, come ogni sera.

I veri paradisi sono i paradisi che si sono perduti.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


La mattina dopo Lydia si svegliò con un brutto presentimento, uno di quelli per il quale ti convinci che dovresti rimanere a casa, uno di quelli che ti spaventa a morte. La ragazza avrebbe solo voluto restare sotto le coperte e evitarsi un altro interminabile giorno scolastico, ma si fece coraggio e si alzò. Da quando la notte prima aveva urlato alla clinica veterinaria le sembrava di essere impazzita e ebbe paura che i suoi amici le nascondessero qualcosa.

Nella stanza accanto sua sorella Emma si svegliò di buon umore, il sorriso già stampato in faccia. Si stiracchiò un po' prima di alzarsi per iniziare un nuovo giorno. Quando si affacciò alla finestra vide il sole alto in cielo senza nessuna nuvola intorno, il sorriso le si allargò ancora di più mentre apriva la finestra per dare un po' di aria alla camera.
Poi le arrivò un odore forte proveniente dalla cucina e il sorriso le si allargò ancora di più. Pancakes.
Scendendo di corsa le scale per andare a fare colazione trovò sua sorella Lydia che invece sembrava uno zombie. La scansò e continuò a scendere due scalini per volta.
"La prossima volta che fai così ti butto di sotto dalle scale." La minacciò la Banshee stropicciandosi gli occhi.
"Che hai? Ti sei vista allo specchio?" Scherzò la sorellina prendendola in giro sui capelli tutti arruffati e il trucco sbavato. Le era rimasto perfino il segno del cuscino sulla guancia e dovette soffocare una risata per non beccarsi un'occhiataccia da parte di Lydia.
La Banshee le fece una smorfia e la sorpassò per andare in cucina dove la madre, che era già vestita e truccata, girava per la stanza indaffarata a cucinare.
La colazione si svolse tranquillamente e in silenzio, gli occhi stanchi di Lydia erano fissi sulla sua tazza di cappuccino mentre gli occhi vivaci di Emma andavano da una parte all'altra della stanza aspettando che una delle due donne dicesse qualcosa. Aspettò, ma per tutta la durata della colazione regnò il silenzio in quella stanza, un silenzio ricco di tensione, che piano piano iniziò a scacciare il buon umore di Emma sostituendolo con un banale nervosismo.
Si girò a guardare sua sorella, era così bella anche con i capelli spettinati e le occhiaie. Guardò sua madre e pensò che era davvero una giovane e bella donna, con i capelli castani e corti e i grandi e luminosi occhi azzurri.
"Su, vestitevi e andate a scuola." Affermò decisa la donna. Diede un bacio sulla testa di ognuna e, dopo aver preso la borsa e le chiavi, uscì di casa.

"Prendi la macchina, vero?" Chiese Emma alla sorella con tono speranzoso.
"Certo che sì." La Banshee usò, invece, un tono noncurante e uscì dalla stanza.
La più piccola dopo aver posato la propria tazza seguì Lydia per le scale.
"E intendi accompagnare anche me, giusto?"
"Certo che no." Lydia si fermò di scatto e si girò a guardare la sorellina, la osservò un po' e le sorrise, poi riprese a salire le scale.
"Ma me lo avevi promesso!" Iniziò a protestare Emma. Una cosa era certa: nonostante fosse più piccola non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa tanto facilmente. "E una promessa è una promessa."
"Anche tu avevi promesso che non avresti più usato i miei vestiti per uscire, eppure l'hai fatto."
Lydia entrò nella propria camera e si avviò verso l'armadio per scegliere i vestiti che avrebbe indossato quel giorno.
"Mi dispiace, ti ho già chiesto scusa! Che ti costa darmi un passaggio fino a scuola?" Insistette Emma.
Le sorelle si fissarono negli occhi per qualche secondo e l'espressione dura della Banshee si ammorbidì appena.
"E va bene, ma siccome passo a prendere anche Kira devi stare sul sedile posteriore ed in silenzio." Si raccomandò Lydia, certa che la sorellina non avrebbe eseguito le sue richieste.
Tornò a concentrarsi sui vestiti presenti nell'armadio estraendone qualcuno e osservandolo con sguardo critico; quelli che potevano andare bene li buttò sul letto, gli altri li infilò nell'armadio come se nulla fosse. Emma contò almeno quattro maglie che le sarebbe piaciuto indossare e che Lydia giudicò non sufficienti per quel giorno.
"Un'ultima cosa" iniziò Emma tutta sorridente "posso prendere qualche tuo vestito per oggi?"
La ragazza più grande si voltò a guardarla alzando un sopracciglio e sgranando gli occhi.
"Sparisci!" Gridò alla sorella minore tirandole un cuscino.
Emma soffocò una risata ed uscì dalla stanza sbattendo la porta, quindi si diresse in camera sua per prepararsi. Finalmente aveva ritrovato il suo buon umore.

Quando entrarono in macchina Emma si mise le cuffie e si perse nella musica, lasciando Lydia sola con i suoi pensieri. Come poteva spiegare a Kira e ai suoi amici che non era pazza, che lei non voleva più sentire quelle voci insistenti che la portavano ad urlare? Cercò di formulare un discorso sensato per quando avrebbe fatto salire la Kitsune in macchina per andare a scuola ma il massimo che le venne in mente fu: non sono pazza, perchè i pazzi non sanno di essere pazzi. Anche se non ne era molto convinta.
Prese la borsa dal seggiolino accanto al conducente, una volta arrivati davanti a casa di Kira e la passò alla sorella che la prese alzando gli occhi al cielo.
"Attenta," le sussurrò la sorella maggiore "è Prada."
Emma fece una smorfia sospirando: non condivideva la passione per le borse della sorella, però decise di posarla con delicatezza accanto a lei.
Lo sportello davanti si aprì facendo entrare la ragazza dai capelli neri. Salutò Lydia che intanto mise in moto e partì.
La banshee poco dopo alzò il volume alla radio, meritandosi un'occhiataccia da parte di Emma che cercava di ascoltare la sua musica in pace.
"Oh, Lydia, dopo la scuola ci vediamo tutti a casa di Scott" la informò Kira con la sua solita enfasi "tu ci sarai, vero?"
"Posso venire anche io?" Domandò Emma intromettendosi nella conversazione e sorridendo a Kira.
La Kitsune si voltò verso Lydia con la sorpresa che le increspava i suoi bei lineamenti.
"Ma tu non stavi ascoltando la musica?" Chiese Lydia mordendosi un labbro sovrappensiero e vide subito che la sua sorellina si tirò indietro con delusione, i loro occhi verdi si fissarono attraverso lo specchietto retrovisore.
"Neppure per una volta? Che problema c'è se vengo insieme a te per una volta?" Chiese con voce sottile.
"E' che ormai abbiamo fissato noi, non so se agli altri possa andare bene." Cercò una scusa Lydia mentre entrava nel parcheggio della scuola, dopotutto non le poteva spiegare che dovevano parlare di cose importanti a livello di vita e di morte.
"Non credo Scott abbia nulla in contrario se oggi ci sarai anche tu." Kira fu sopraffatta dal dispiacere e acconsentì a quella follia guadagnandosi un'occhiata spaventata da parte dell'amica.
Emma sorrise soddisfatta e si sistemò la treccia di capelli rossi sulla spalla prima di scendere dalla macchina della sorella. Attraversò la strada sotto gli sguardi degli alunni del primo anno ed entrò nell'edificio.

"Allora oggi ci vediamo alla partita?" Chiese Mason affiancandola.
"No." Gli rispose cercando di trattenere il sorriso, lui la guardò accigliandosi e incoraggiandola a continuare.
"Oggi vado a casa di Scott, insieme a mia sorella."
"Scott chi?"
"McCall, è un amico di mia sorella." Rispose soddisfatta spettinando con una mano i capelli scuri dell'amico.
Mason annuì guardandosi intorno come se avesse appena detto una parolaccia e con la scusa di andare in classe fuggì via sotto lo sguardo perplesso di Emma.
La ragazza cercò Lisa, una sua amica, tra la folla di studenti che si affrettavano ad entrare nelle loro classi ma non la trovò. Decise di aspettare la ragazza in classe, forse era semplicemente in ritardo.

La prima lezione in programma era quella di algebra, a differenza di sua sorella lei odiava l'algebra. Troppi numeri e lettere insieme, troppo complicato e non le riusciva nulla.
Si sistemò in un banco in fondo, nell'ultima fila, tra Mason e un altro ragazzo di cui non conosceva il nome.
Emma osservò il ragazzo scoprendo che non era male, per niente. I capelli castani spettinati e corti, i muscoli delle braccia in risalto. Emma non riusciva a levarsi dalla testa la sensazione di averlo già visto da qualche parte. Girandosi verso il professore pensò che magari era stato una preda della sorella.
"Emma!" bisbigliò qualcuno.
La ragazza si girò in cerca del rumore, squadrando tutti gli alunni presenti nella classe e notando di nuovo che Lisa non c'era.
"Emma" questa volta il bisbiglio fu più forte, fu pronunciato quasi ad alta voce, dandole modo di riconoscere la voce e riuscire a girarsi verso la fonte dei bisbigli.
"Mason, che vuoi?" Chiese al ragazzo seduto alla sua destra.
"Smettila di fissare Liam!" Le sussurrò sorridendo.
"Chi diavolo è Liam?" Gli chiese con una smorfia che strappò una risata da parte dell'amico.
Mason guardò il ragazzo accanto a lei e lo indicò con un cenno della testa.
"E' uno dei miei migliori amici" concluse l'umano facendole l'occhiolino.
Lei sgranò gli occhi diventando paonazza per l'imbarazzo e si girò verso il ragazzo di cui aveva appena conosciuto il nome: Liam. Quest'ultimo li stava guardando sorridendo soddisfatto ed Emma non potè far altro che osservare gli occhi del ragazzo, di un azzurro splendente. Quando si riscosse pensò che forse il ragazzo aveva sentito ogni singola parola della conversazione tra lei e Mason. Per evitare altre figuracce iniziò a concentrarsi sulla lezione di algebra e aprendo il quaderno pensò che non sarebbe riuscita a dimenticare gli occhi del ragazzo tanto facilmente.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


CAPITOLO 3
 
Nel pomeriggio Lydia e i suoi amici dovevano vedersi a casa dell'Alpha, un normalissimo incontro fatto da persone che di normale avevano poco. La Banshee, però, non era molto entusiasta; a differenza di sua sorella Emma, che teneva d'occhio l'orologio facendo il conto alla rovescia. Per la prima volta avrebbe visto gli amici di sua sorella Lydia e li avrebbe conosciuti uno ad uno.
Quando suonò la campanella della fine delle lezioni Emma scattò in piedi e uscì di corsa dall'aula guadagnandosi uno sguardo furente da parte del professore.
Fuori il tempo andava a peggiorare sempre di più e l'aria si stava facendo sempre più fredda. Si pentì di non essersi portata un giacchetto con cui coprirsi e di essersi messa delle scarpe da ginnastica di tela.
Arrivò fino all'auto della sorella e si mise ad aspettare impaziente. Tirò fuori il cellulare per controllare se ci fossero stati messaggi da parte della madre; notò un messaggio di Mason in cui le chiedeva se sarebbe andata alla festa di quel fine settimana. Ci sarebbero andati molti della scuola, sarebbe stata una di quelle feste da urlo in cui tutti bevevano alcool fino a sentirsi male e vomitare. Ci era già stata a una di quelle feste una volta e non era andata a buon fine. Si ricordava poco ma la scena di sua sorella che la sgridava per averla trovata ubriaca le restava vivida in testa. Dubitava fortemente che sua sorella l'avrebbe mandata a un'altra festa ma probabilmente avrebbe potuto aggirare il pericolo fingendo di andare a dormire da un'amica.
Quando sentì dei passi e delle voci familiari avvicinarsi alla macchina alzò la testa e si infilò il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni e notò una cosa che quella mattina non aveva notato, forse perchè era troppo assonnata o forse perchè non si era soffermata sui dettagli.
Sua sorella si stava avvicinando ma non sembrava neanche lei: aveva la voce stanca, impastata e i capelli erano arruffati e annodati; aveva gli occhi rossi e un leggero rossore le ricopriva anche le palpebre. Era una cosa strana per Lydia che era sempre molto attenta al suo aspetto.
Non fece in tempo ad aprire la bocca che la Banshee le lanciò un'occhiata glaciale, quindi si limitò a sorridere amichevolmente a Kira e ad entrare in macchina.
 
 
Durante tutto il tragitto Lydia mantenne ben attenta gli occhi sulla strada ma era distratta. Era tutto il giorno che le tornavano in mente costantemente le voci che le sussurravano sempre la stessa cosa. Le tornavano in mente gli sguardi preoccupati dei suoi amici, il volto sconvolto di Stiles mentre lei esibiva il suo urlo da banshee.
All'ennesima sbandata dell'auto, Kira si girò verso di lei e notò la sua espressione lontana.
"Lydia?"
"Sì?" Lydia rispose con voce fioca ma sentì a malapena la voce dell'amica che la chiamava.
"Che ne direste se comprassi una moto da cross?" La sorellina dai capelli rossi spuntò dai sedili posteriori con un sorriso raggiante.
"Direi che verresti uccisa dalla mamma." La banshee si strofinò gli occhi insistentemente.
Emma allungò un braccio verso la kitsune e le mostrò una rivista in cui era presente uno spazio pubblicitario dedicato al motociclismo.
"Smetti di infastidire Kira." La voce solitamente vellutata di Lydia si fece dura, le mani si strinsero intorno al volante. La sorellina decise di restare in silenzio per il resto del viaggio, per evitare di infastidire ulteriormente la sorella.
Mezz'ora dopo iniziò a sospettare che la sorella si fosse persa e si guardò intorno con gli occhi verdi spalancati.
"Lydia? Dove siamo?" La ragazza asiatica poggiò delicatamente una mano sul braccio dell'amica ma quest'ultima sembrava non reagire.
"Lydia, se lo fai perchè ti ho dato fastidio smettila subito." Emma tornò a sporgersi verso i sedili anteriori e si scambiò un'occhiata con Kira. Notò che l'amica di sua sorella aveva dei bellissimi occhi marroni, caldi e pieni di affetto ma stavolta carichi di preoccupazione.
Intorno alle tre ragazze tutto sembrava scurirsi e la ragazzina dai capelli rossi guardò fuori dal finestrino incuriosita. In tutti quegli anni non aveva mai visto un posto del genere a Beacon Hills e non riusciva a capire dove potevano essere finite. Gli alberi si estendevano a perdita d'occhio, era l'unica cosa visibile in quel posto e il primo suo pensiero fu che la sorella la stesse portando nella riserva per spaventarla ma ciò che vide subito dopo fu orribile. C'erano carcasse animali dappertutto. Ovunque si girasse riusciva a vedere solo alberi e cadaveri. Fu in quel momento che capì che la sorella non sapeva dove si trovassero ma che sentiva il bisogno di portarle lì; per questo quando pronunciò quella domanda si sentì stupida:
"Lydia, dove diavolo ci stai portando?"
Poi non vide più niente.

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