Dangerous Games

di Cinziart_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Are you kidding? ***
Capitolo 2: *** Welcome ***
Capitolo 3: *** Answers ***
Capitolo 4: *** Life ***
Capitolo 5: *** A present for you ***



Capitolo 1
*** Are you kidding? ***


Note Tecniche:
La storia ha un totale di cinque capitoli che verranno pubblicati nel giro di un mese… più o meno. Appuntamento ogni cinque giorni.
Ho pensato a questa ff in modo tale da poter essere letta in poco tempo, ideale per tutte quelle persone che aspettano l’aggiornamento di altre ff (me compresa!) oppure per quelle che non hanno voglia di impegnarsi in storie lunghe e difficili.
Insomma... Un modo simpatico per fare una pausa.
Personaggi:
Beh… Ten è chiaramente presente. U_U
L’altro personaggio è una ragazza che potete trovare qui---> “Dottore, abbiamo un problema
e qui---> “The Sphere’s Melody
…il tutto è molto più complesso di come sembra, ma la cosa importante da sapere è che Lara è una normalissima ragazza terrestre, “usata” in questa ff al solo scopo di companion del Signore del Tempo. Perché? Perché non mi andava di cimentarmi con il carattere delle solite companion del Dottore, ecco perché. *incrocia le braccia* Lei è un personaggio di mia invenzione, tratta da… beh, me. Che fantasia. Ha diciotto anni e va per i diciannove, è alta per la sua età, anche se non è molto in confronto a quella pertica umana che è il Dottore- I capelli castani, lunghi e mossi, vengono tenuti raccolti in una coda. Veste comoda dalla punta delle sue scarpe alle doppie punte dei suoi capelli.
 
…Diciamocelo. Vi siete già stufati.
Vi mollo tra le mani del capitolo. Se riuscite ad arrivare in fondo sani e salvi, gradirei sapere che ne pensate. :) Buona lettura e grazie per essere passati! *W*




 

Are you kidding?

Il Signore del Tempo e la ragazza svoltarono di corsa un angolo, trovandosi davanti l’ennesimo corridoio spoglio. Sulle pareti grigio-giallognole si affacciavano diverse porte numerate. Tutte uguali, tutte marroni. Il Dottore si arrestò bruscamente a metà del corridoio, controllò la targhetta d’ottone che aveva in mano e la rimise nella tasca destra dei suoi pantaloni blu.
-Allora…- balbettò Lara tra i respiri affaticati. –Ti prego… dimmi che siamo arrivati.-  concluse a fatica, sollevando il busto.
Lui scosse la testa e le prese la mano. –No. Non ci siamo ancora.- rispose.
Iniziava a essere un po’ stanco anche lui, ma non potevano concedersi assolutamente il lusso di fermarsi.
-Dai, andiamo.-
I due ricominciarono a correre per i corridoi dell’albergo.
Salirono un altro piano.
-Mi puoi… dire il numero?- chiese la ragazza guardando dritto davanti a sé.
-No, non ti piacerebbe saperlo.-
-Grandioso!- esclamò lei ironica. –Siamo già al milleduecento cinquantatreesimo piano. Potresti almeno dirmi quanto ancora dobbiamo salire!-
Ma il tono ironico venne smussato dalla corsa, dai respiri e dal rumore dei passi attutiti dalla moquette. Lui evitò di guardarla e le lasciò la mano, in modo da permetterle di correre al ritmo che preferiva.
-Ci siamo quasi.-
-…lo avevi detto anche dodici piani fa.- borbottò tra sé la ragazza.
Non ci furono altri commenti ad accompagnare i tre piani successivi che scalarono. Dovettero però fermarsi, esausti, all’inizio del quarto.
-Dimmi… perché diamine… stiamo correndo.- disse Lara scivolando contro una parete del corridoio.
Le lampade dalla calda luce gialla creavano un’atmosfera finta.
Il Dottore ridacchiò. –Per non faci prendere!- rispose piegandosi sulle ginocchia.
Era abbastanza sicuro che se solo si fosse seduto non si sarebbe più tirato su.
-Dottore, abbiamo seminato quei robot tremila piani più in basso!- esclamò lei. –Per quel che ne sanno loro potremmo essere in una qualunque di queste camere!-
Lui scosse piano la testa. –Già… infatti le stanno controllando tutte, una per una.-
-E allora abbiamo un sacco di tempo! Non hai notato quanto sono lenti?-
Il Signore del Tempo le passò accanto e, prendendole le mani, si sbilanciò all’indietro per alzarla in piedi. Lara si lasciò circondare un momento dalle sue braccia.
-Ci sono quattro robot che pattugliano ogni piano.- iniziò a spiegare lui. –In totale, per controllare ogni camera del piano impiegano circa dieci minuti.-
Lei si allontanò da lui, iniziando a camminarsi lentamente verso la fine del corridoio. –E allora? A che ci è servito salire fin qui?-
Prendendo un respiro profondo, l’uomo seguì la ragazza iniziando una corsa leggera che subito venne imitata. –Alla fine del giro di ogni piano, i quattro robot danno il permesso agli altri quattro del piano successivo per iniziare il giro di controllo.-
-Quindi…- pensò a voce alta la ragazza, iniziando per l’ennesima volta a correre. –Quindi più saliamo più tempo abbiamo!-
Il Dottore approvò con un sorriso.
-…ma per fare cosa?-
Lui in risposta salì un’altra rampa di scale ed estrasse dalla tasca dei pantaloni la medaglietta in ottone. –Ancora un piano.- disse semplicemente.
La ragazza rallentò leggermente la corsa in corrispondenza della successiva scalinata, fino a fermarsi davanti all’unica porta in metallo grigio. Si allacciò meglio la coda di cavallo che le legava i capelli mossi. L’ascensore aveva due semplici bottoni esagonali spenti. Le veniva una rabbia a pensare che fino a cinque minuti prima stavano usando l’ascensore per salire velocemente i piani dell’albergo. Ne avevano saliti più di mille, poi i robot si erano accorti della cosa e avevano disattivato tutto, rompendo i comandi. Ora quell’apparecchio se ne stava lì, inerte. Sembrava addirittura dispiaciuto di non poter lavorare.
-Lara?- la chiamò il Dottore dalla cima delle scale.
Lei si voltò a guardarlo, lo sguardo un po’ assente per la stanchezza.
-Dai, vieni!-
Con un ultimo sguardo malinconico rivolto all’ascensore, la ragazza si lasciò convincere e salì le scale velocemente. Il Signore del Tempo era alla fine del corridoio, di fronte a una porta marrone, come tutte le altre, senza maniglia. Lara lo affiancò.
-Arrivati?-
Il Dottore lanciò in aria la piastra in metallo e la riprese al volo con la mano.
-Arrivati.- e appoggiò la targhetta sotto il numero inciso sulla porta: 2644.
Quest’ultima si aprì dolcemente con un morbido “clic” e i due entrarono nella stanza.
Era una camera abbastanza spaziosa sui toni dell’arancione-rosa e si era appena illuminata grazie a una luce da notte a forma di cuore posta sopra al letto matrimoniale. A sinistra, addossato al muro, un ampio armadio a due ante chiaro, in cui il Signore del Tempo era mezzo scomparso. Lara distolse lo sguardo da lui, soffermandosi sul morbido letto che occupava gran parte della camera. C’era un odore di miele e pesca e tutto sembrava sospeso in una soffice coltre di tranquillità.
-Finalmente al sicuro.- disse lei lasciandosi cadere a braccia aperte sul materasso.
Il Dottore interruppe il suo ossessivo rovistare nell’armadio per voltarsi verso la ragazza sdraiata. Aveva un’espressione rilassata, un sorriso leggero sulle labbra.
-…scherzi vero?-
Lei corrucciò la fronte e si alzò a sedere, guardando il Signore del Tempo. –No, tu scherzi.- ribatté.
Il Dottore riemerse completamente dall’armadio e la ragazza notò come una ventina di capi d’abbigliamento stavano strabordando dalle ante. Lui poi ne aveva un mucchio indistinto tra le braccia e alcuni sulle spalle.
-No, io non sto scherzando.- disse voltandosi. –Ti sei dimenticata dei controlli per piano?-
Prima ancora che l’uomo avesse completato la domanda retorica, Lara era scattata in piedi come una molla.
-Cosa cerchi?- chiese, improvvisamente consapevole della loro precaria condizione.
-Pigiami.- rispose il Dottore, mollando nelle mani della ragazza tutto quello che aveva tenuto lui fino a quel momento.
-Pigiami?- chiese lei. –E per cosa?-
Mentre parlavano il Signore del Tempo stava dando sempre più vestiti alla ragazza che stava progressivamente diventando un attaccapanni umano.
-Non per cosa. Per chi.- rispose lui bloccandosi con dei pantaloni a righe gialle e arancioni in mano. –Secondo te questi sono della mia misura?-
Lara buttò a terra e vestiti e lo osservò appoggiarsi il nuovo paio su quelli che indossava, guardandosi un po’ da tutti i lati.
-A parte il colore tremendo, credo di sì. Perché poi?-
-Perché me li devo mettere!- esclamò lui togliendosi dalle spalle alcuni vestiti per gettarli alla rinfusa nell’armadio.
-Ma… ma ne hai già addosso un paio!- ribatté Lara senza capire.
-Senti, Lara.- la richiamò il Dottore prendendola per le spalle. –Lo so che è stata una lunga e complicata giornata. So che sei stanca e che non hai più voglia di fare niente. Ma so anche che tra qualche minuto quattro droni inizieranno a perlustrare le camere e grazie al cielo abbiamo una delle ultime stanze del piano.- disse conciso. –Perciò dobbiamo illuderli del fatto che noi siamo dei clienti dell’albergo e che abbiamo pagato il prezzo per il soggiorno. E metterci dei pigiami e andare sotto le coperte è una delle caratteristiche fondamentali del piano. Intesi?-
Lei annuì e il Dottore le lasciò una carezza sulla guancia.
-Molto bene.- le abbandonò tra le braccia un vestito. –Mettitelo. E’ la misura più piccola che ho trovato.-
Lara sospirò e distese il vestito di fronte a sé. -…ma è una camicia da notte!-
Il Signore del Tempo si era già tolto la giacca blu e ora si stava sbottonando la camicia bianca. –E’ un grosso e invalicabile problema?-
-No… è che non sopporto i vestiti. E mi piace essere comoda per andare a letto.-
-E’ solo per poco.- le fece notare lui sfilandosi le maniche della camicia mentre si girava per darle la schiena. –E ricordati che non abbiamo ancora molto tempo, perciò muoviti.-
Lara si tolse velocemente scarpe e calze, si sfilò il maglione arancione e si girò verso la porta. –Non ti voltare per nessuna ragione al mondo.- gli fece sapere lei mentre si slacciava la corta cerniera dei Jeans.
Il Dottore si stava infilando la parte superiore del suo nuovo pigiama. –Ma qui non siamo sulla Terra.-
-Hai capito perfettamente cosa intendo.-
I pantaloni di entrambi scivolarono giù dalle gambe di entrambi con un sorriso sottile. Le guance leggermente calde.
Il Signore del Tempo coprì i suoi boxer chiari con i pantaloni mentre la ragazza, dietro di lui faceva passare le braccia e la testa fuori dalla sua camicia lunga e azzurrina. Aveva dei ricami sull’orlo delle spalline che scendevano lungo i fianchi.
Un suono acuto bloccò i loro movimenti.
-Veniva da fuori.- constatò l’uomo, cercando una conferma nello sguardo della ragazza.
Nel momento in cui quest’ultima si voltava, un secondo suono, uguale al primo, percorreva le pareti.
-Sì decisamente.- disse lei slegandosi la coda. –Viene dal corridoio.-
L’uomo lasciò cadere a terra le sue All Star rosse e si avvicinò alla porta lentamente.
Ancora il suono di prima.
Lara guardò il Dottore appoggiare un orecchio sul legno della porta proprio nel momento in cui il quarto fischio attraversava rapido il corridoio per raggiungere anche loro.
-Arrivano.- bisbigliò lui. –Sei pronta? Vai sotto le coperte.- continuò appena la vide farsi passare l’elastico attorno al polso mentre saltellando alternativamente su un piede si sfilava le calze chiare.
Prima di obbedire la ragazza ammonticchiò tutti i capi d’abbigliamento che avevano tirato fuori nell’armadio. Si era creata una massa informe, dall’aspetto anche abbastanza inquietante, che a malapena non fuoriusciva dalle ante. Il Dottore ci lanciò dentro le calze e Lara rischiuse con un sonoro “clic”.
-Sssh!- intimò lui mentre la ragazza faceva il giro del letto e si sdraiava sotto le coperte.
Il Signore del Tempo la seguì, tirando le coperte verso l’alto. A malapena riuscivano a coprir loro le spalle.
-…poi ce li riprendiamo i nostri vestiti, vero?- sussurrò Lara girandosi sul fianco per guardare l’uomo.
-Non preoccupare di questo adesso.-
-Ehi!- esclamò piano. –Io non voglio andare in giro in camicia da notte!-
-Sssh!- rispose lui appoggiandole un indice sulle labbra.
-Ok.- si arrese lei. –Allora adesso che si fa?-
Il Dottore la guardò e le tolse il dito dalla bocca. –Adesso devi abbracciarmi.- rispose mettendosi supino.
Una porta di una camera vicino alla loro si chiuse, facendo rabbrividire l’uomo.
-….dimmi che stai scherzando.- disse la ragazza.
-No. Non sto scherzando.- rispose lui, poi si girò a guardarla. –Perché continui a pensarlo?-
-Perché là fuori ci sono quattro robot che se ci trovano ci uccidono e tu mi stai chiedendo un abbraccio!- urlò piano.
-SSSH!!- ripeté il Dottore, esasperato. -…che c’è di strano? Ci abbracciamo in ogni momento possibile…!-
-No, non è vero.- ribattè seccata Lara. –Non quando stiamo per essere uccisi!-
Il Dottore sbuffò. –Beh, allora dovremmo iniziare a farlo. A partire da adesso, magari.-
Altre porte si aprirono e si chiusero. Molto vicine.
I due si guardarono.
-Abbraccio. ORA.- le intimò lui.
Lara finalmente si decise e si avvicinò al Dottore, appoggiandogli la guancia destra sul petto mentre con il braccio sinistro gli cingeva la vita sottile. Era strano. Era abituata ad abbracciare praticamente chiunque ma ora, con la paura di morire, un abbraccio era l’ultima cosa che voleva dare o ricevere. Avrebbe volentieri corso via.
-Puoi almeno spiegarmi?- chiese piano.
-…ma voi umani dovete chiedere spiegazioni sempre nei momenti peggiori?- disse esasperato lui, facendo scorrere il braccio sinistro sul tessuto morbido della camicia da notte della ragazza.
Le circondò piano la vita.
-Ascolta, metti… metti il braccio sopra alla mia spalla.- le disse il Signore del Tempo.
-…ora non va bene nemmeno come ci abbracciamo, non ci credo!-
Il Dottore era sull’orlo di una crisi. –Fallo e basta!-
Lara obbedì e chiuse la bocca, permettendo al silenzio di entrare nella stanza. Ora l’unica cosa che sentiva era il veloce tamburellare del cuore dell’uomo seguito dall’eco del gemello.
-…respira più piano, chiudi gli occhi.- disse il Dottore a Lara, sentendo come il suo unico cuore le batteva forte nel petto. –Fingi di dormire.-
In quel momento la porta della camera si aprì, riversando all’interno la luce del corridoio. I cuori dei due persero un battito. A terra, sulla leggera moquette color pesca, si allungava l’ombra ingombrante del robot grigio e bianco che sostava sulla soglia.
Un ronzio leggero appena percepibile scandagliò l’intera stanza per un’abbondante manciata di secondi.
Il respiro dei due era ridotto al minimo, Lara iniziava ad accusare anche un certo mal di testa.
Dai… dai vattene, si ritrovò a pensare il Dottore più e più volte a occhi chiusi. Siamo solo una delle coppie che alloggiano in questo albergo da incubo… vai via, fidati questa volta, forza!
Ma il robot non se ne andava. Non un suono che annunciasse una cosa qualsiasi. Nessun allarme, perciò teoricamente non li avevano scoperti, ma nonostante questo era ancora lì. La porta non si era chiusa.
E i secondi passavano.
Lara rabbrividì e si strinse di più al Dottore che le accarezzò la schiena in un gesto un po’ goffo e teso.
Il robot fece una seconda scansione ronzando. Finalmente si reputò soddisfatto e lasciò la stanza. La porta si richiuse piano.
La ragazza sollevò la testa dal petto del Signore del Tempo, allontanandosi dal suono agitato di quei tamburi.
-E’ andato via?- mormorò.
-Sssh…-
Il Dottore tese le orecchie e la spinse di nuovo contro il suo torace.
Sentì qualche porta aprirsi e chiudersi ancora, poi il silenzio.
-Sì… sì dovrebbero essere andati adesso.- rispose piano, incerto.
Lara si allontanò dall’uomo e ricadde sul suo cuscino, sospirando.
-Ora siamo al sicuro, vero?- chiese a occhi chiusi.
Si sentiva improvvisamente stanchissima.
Il Dottore alzò il busto dal materasso sostenendosi con un braccio il capo. Scosse piano la testa appena la ragazza gli rivolse uno sguardo.
-Fino a quando saremo in questo albergo tutto è pericoloso per noi. Tutto.-
-…bello.- commentò lei. –Qual è il piano adesso?-
-Il piano è sopravvivere.-
-Siamo sopravvissuti mi pare. Ora?-
-Continuiamo a sopravvivere.-
Lara roteò gli occhi e non fece altre domande al Dottore, che intanto si era seduto sul letto.
Qualcosa non gli tornava. Era stato tutto fin troppo facile. Insomma si erano infilati in fretta e furia un paio di pigiami, si erano abbracciati e avevano fatto finta di dormire. Davvero bastavano queste cose sciocchezze per eludere la guardia? E proprio questo dubbio gli faceva pizzicare fastidiosamente la nuca.
Lara di fianco a lui sbadigliò fino a far scricchiolare le ossa.
-…stanca?-
Lei annuì e si rannicchiò sotto le coperte. Anche questa cosa era un po’ strana, il Dottore ne era certo. Solo che non riusciva a cogliere il punto. Scosse la testa per cercare di schiarirsi le idee ma il gesto non fece altro che provocagli un forte mal di testa.
Emise un gemito e ricadde sul letto, senza forze. Cercò con fatica la mano di Lara sotto il piumino e la strinse.
Non dormire… Lara svegliati! Non ti addormentare!
Purtroppo il pensiero era troppo pesante per concretizzarsi in suono. La via per raggiungere le labbra sembrò decisamente troppo ardua.
Lara, ci hanno scoperto! Dobbiamo… andare!
I pensieri iniziarono a confondersi sempre più, il Dottore perse la percezione di dove e quand’era mentre un vuoto buio e profondo soffocò ogni suo tentativo di opposizione.


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La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.

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Capitolo 2
*** Welcome ***


Capitolo 02: Welcome

Qualcosa come un vociare cupo a tratti più forte o più ovattato fece aprire di scatto le palpebre al Signore del Tempo.
Una serie di linee scure si stagliarono, sfocate, su un fondo chiaro per qualche rapido secondo. Richiuse gli occhi, colto da un capogiro. Prese un paio di respiri profondi, allontanando la nausea.
C’era uno strano odore nell’aria. Di sudore, di tensione, di paura.
Pian piano il Dottore tentò di riaprire le palpebre. Le linee verticali che aveva visto prima lo circondavano. Erano tante e sottili, coprivano anche il suo cielo dall’irreale colorazione bianco-crema. Si muoveva leggermente e sembrava avere una consistenza morbida.
L’uomo scosse la testa. Il cielo non è morbido, pensò. E non è a righe.
Qualcosa si mosse sotto di lui, gemette leggermente e cercò di cambiare posizione.
-L…Lara?-
-No…- gli rispose la voce impastata della ragazza, da qualche parte vicino a lui. –Ti prego…-
-Cosa?-
-Due… minuti…-
Il Signore del Tempo fallì in quell’istante il suo tentativo di alzarsi a sedere e ricadde sulla pancia della ragazza.
-A…ahio.-
Il Dottore si girò su un fianco, borbottando qualche scusa, per poi mettersi a fatica in ginocchio. Nonostante ci stesse seriamente provando, non riusciva ad alzare la fronte dal corpo di Lara, ancora sdraiata davanti a lui. Gli girava la testa. Gli girava terribilmente la testa e non riusciva a capire dove si trovava.
-Dobbiamo… alzarci…- balbettò rivolto più che altro a sé stesso.
Lara probabilmente lo intuì e aprì piano gli occhi.
-Prima tu…- mormorò.
Lui corrucciò la fronte, ma non riuscì proprio a schiarirsi le idee. Decise di imprimere un po’ di forza nelle braccia, almeno si sarebbe alzato dalla pancia della ragazza.
Dopo un paio di tentativi aveva il busto sollevato, il volto rivolto verso l’alto.
La mente e i sensi iniziarono a schiarirsi.
Sentiva un vociare sempre più forte proveniente dall’esterno di quelle sbarre scure e lucide.
Sbarre.
Con una mano si massaggiò gli occhi e la radice del naso, scese poi sul petto e cercò di allargare il tessuto della sua abituale giacca marrone con le dita. Tuttavia i suoi polpastrelli incontrarono solo il tessuto morbido e un po’ appiccicoso di sudore del pigiama che si era messo.
-No, i vestiti… la camera…- si diede dell’idiota. –Il cacciavite è rimasto…-
-Dottore…?-
La voce impastata di Lara lo riportò con i piedi per terra.
-Cosa… cosa sta succedendo?-
A fatica anche lei si era riuscita ad alzare. Aveva piegato le gambe e ci si era rannicchiata sopra, chiudendo gli occhi.
-Mi fa…- inspirò, corrucciando la fronte. –Mi fa male la testa…-
-Anche a me, Lara.-
Lei aprì gli occhi e, con la testa appoggiata alle braccia incrociate, si diede un’occhiata attorno.
-Dove siamo finiti? Ci hanno preso…?-
Il Dottore si avvicinò alle sbarre che li bloccavano e allungò un braccio verso l’esterno.
-Cosa stanno facendo là fuori?- chiese ancora la ragazza, via via con un tono più preoccupato. –Cos’è… questo…?-
-Starei proprio cercando di… scoprirlo…- rispose lui, la faccia premuta contro lo spazio tra due sbarre. -…no, non ci arrivo.-
Il telo chiaro si muoveva impercettibilmente appena fuori dalla portata del braccio dell’uomo, proteso verso l’esterno. Lara gattonò fino a raggiungerlo, i movimenti leggermente impacciati per colpa della camicia da notte. Inciampò nel tessuto e cadde in avanti ma, come in un sogno, venne sostenuta dal Signore del Tempo che poi dolcemente la fece appoggiare a sé.
-Dottore… già mi fa male la testa, perché tutto questo… casino?-
Effettivamente il brusio proveniente da fuori era diventato quasi insostenibile.
Improvvisamente si spensero le luci tutt’attorno a loro, come se qualcuno avesse fatto saltare la corrente. Il silenzio arrivò quasi subito.
Il Dottore cercò Lara nel buio.
Nel preciso istante in cui il silenzio era diventato assoluto, una luce calda, molto più forte e accecante di quella di prima, abbagliò la gabbia che racchiudeva i due ragazzi. La folla intera esplose in un boato di gioia quando, con uno scatto secco, il telo venne rimosso.
Il Dottore si guardò attorno, confuso. Era in un’arena circolare molto molto grande, attorniato da spettatori. Ne intravedeva il movimento, avvolti com’erano nel buio.
-D… Dottore?-
La ragazza, accanto a lui, cercò la sua mano e la strinse, tremando.
-Ho paura…-
Essendo ancora seduti a terra, la sensazione che tutta quella folla aliena stesse per riversarsi loro addosso era fortissima. Quasi cercasse di toglierti il respiro. Solo delle alte mura spoglie li proteggevano da quella valanga appena percepibile. Nascosta nel buio dei riflettori.
-Stanno aspettando qualcosa.- disse il Signore del Tempo, stingendo la mano fredda della ragazza. –Ma cosa?-
-Non lo voglio sapere.- gli rispose lei. –Voglio solo andare via. Per favore.-
Il Dottore appoggiò le mani a terra e sollevò un ginocchio, cercando di alzarsi in piedi.
-Forse per andarsene bisogna fare qualcosa. Qualcosa di particolare che noi non sappiamo.- spiegò appoggiandosi con la schiena a un paio di sbarre per rimanere eretto. –Dobbiamo chiedere.-
-A chi?-
Il Dottore tese le braccia verso Lara che ne afferrò debolmente le mani per alzarsi.
-Non so a chi, ma non possiamo rimanere qui fermi a non far nulla.-
Le sbarre iniziarono a quel punto a scivolare nel terreno tiepido, scomparendo completamente in pochi secondi. La terra tremò e i due si abbracciarono per non cadere.
-Benvenuti signori. Benvenuti.-
La voce attirò su di sé l’attenzione del Signore del Tempo: non riusciva a capirne la provenienza.
-Non affaticatevi. Sono molto lontano da qui e al tempo stesso sono ovunque.- continuò con un tono leggermente divertito.
Sembrava avere a che fare con situazioni del genere continuamente.
L’arena intanto si stava trasformando, accompagnata da tremori più o meno consistenti.
-So che volete andarvene. Lo desiderano tutti, qui.- si fermò un momento. –E chi sono io per impedirvelo?-
Lara guardò il Dottore. –Chi è? Perché dice così?-
-Non ne ho idea Lara. Ti giuro che non lo so.-
Quando la voce si fece sentire ancora, il Dottore notò che non riusciva nemmeno a distinguere se era una voce maschile o femminile. Era registrata però. Di questo era sicuro.
-Non posso impormi sulla vostra volontà. Non posso e non voglio.- proseguì come se stesse cordialmente chiacchierando di fronte a una tazza di tè fumante. –Dovete capire che la mia è una posizione complicata… non posso scegliere, sono costretto a fare quello che faccio.-
Dai lati dell’arena sgorgarono due fiamme di fuoco liquido, le pareti lisce si ricoprirono di spuntoni rocciosi bucherellati come le pietre laviche, dal medesimo colore nerastro.
-Dottore, che succede?-
Lui avvertì la ragazza circondargli la vita con le braccia, mentre assieme notavano con orrore come l’arena iniziava a ricoprirsi di lava incandescente. Da quel fiume di fuoco emergevano a distanze irregolari spuntoni, iceberg di roccia roventi, da cui pori colava il fuoco arancione e rosso.
La voce registrata continuò il suo lento monologo, mentre il Dottore e Lara correvano verso una roccia abbastanza grande da tenerli su entrambi. Iniziava a sentirsi fin troppo bene il calore della lava, che ancora usciva dalle bocche laterali. –Non è mia intenzione farvi del male, non fraintendetemi.- stava dicendo.
Al Dottore sembrò che stesse scuotendo mestamente la testa.
-Anzi. E’ mia intenzione salvarvi. Tutti e due. Anche a costo di qualche sacrificio.-
I due si guardarono e il Signore del Tempo notò in quell’istante quanto Lara fosse effettivamente spaventata. Si teneva alla roccia con braccia e gambe, nonostante il calore che proveniva da essa.
-Per questo dovete seguire i miei consigli. Per mettervi al sicuro. Per salvarvi.- spiegò la voce.
Il Dottore vide la ragazza, proprio di fronte a lui, stringere forte gli occhi, le nocche bianche contro la roccia nera.
-La vedete l’uscita?-
Il Signore del Tempo si arrampicò verso l’alto, sfuggendo a uno schizzo di fuoco liquido che lambiva il loro scoglio. Si diede un’occhiata attorno proprio mentre una luce, dal soffitto, illuminava una porta metallica semplice e piccola.
-Lo so a cosa state pensando, lo so. E non vi biasimo per questo. E’ lontana. C’è il fuoco tutt’attorno a noi. Come dovremmo fare per raggiungere l’uscita?-
Lara attirò l’attenzione del Dottore toccandogli il braccio.
-Il livello del fuoco sta salendo.- gli disse preoccupata.
-Dobbiamo spostarci verso l’uscita.- disse lui indicandole una roccia abbastanza vicina da essere raggiunta con un salto.
-Credo di non potervi dare alcun consiglio. Non c’è nulla di più di quel che vedete.- disse la voce di nuovo, assolutamente indifferente all’aumentare del fuoco e del calore. –Vi aspetto all’uscita.- concluse leggermente, con noncuranza. –E mi raccomando, state attenti.-
La folla ancora una volta manifestò il suo apprezzamento per quelle inutili parole con un boato di risa, urli, scalpitii che durarono qualche breve secondo.
Il Dottore e Lara nemmeno lo notarono.
La terra era instabile sotto i loro piedi nudi. Fortunatamente le rocce su cui si arrampicavano e scivolavano non erano troppo aguzze o appuntite. C’erano poi molte cavità in cui infilare le dita e issarsi verso l’alto, al sicuro dal calore insopportabile.
Il Signore del Tempo sospinse la ragazza sulla parete dell’arena, poi afferrò uno dei tanti spuntoni e si mosse verso sinistra, seguendo Lara.
-Dai, continua a muoverti!- le disse quando a un tratto si fermò.
La lava stava salendo ancora.
-…non posso!-
-Sì che puoi! Stai andando benissimo, continua in quella direzione!-
La vide scuotere la testa e appiattirsi contro la parete. Lui si sporse: c’era solo un’altra roccia, poi, per riuscire ad evitare il fuoco, avrebbe dovuto saltare verso l’ennesimo iceberg galleggiante.
-…Lara.- chiamò il Dottore, cercando di andarle vicino. –Lara, guardami!-
Una vampata di calore tolse ad entrambi il respiro.
-Dottore…- boccheggiò lei, le braccia tremanti per lo sforzo di tenersi su. –Dottore… non ce la faccio! Non ci riesco!-
Lui le vide il volto bagnato di lacrime e sudore, il vestito sporco e strappato. Avrebbe tanto voluto capire cosa stava succedendo, cos’era quel posto orribile. Indicibile.
-Lara! Devi saltare, non possiamo rimanere qui!- le urlò il Signore del Tempo. –Ce la puoi fare!-
Lara distolse lo sguardo dal suo e i suoi occhi cercarono qualcosa verso l’alto. L’uscita era proprio a due passi da loro.
E anche il fiume di fuoco.
-TI prego, Lara! Veloce, salta!-
E lei saltò.
Il Dottore vide i suoi piedi nudi staccarsi dai solidi spuntoni di roccia della parete e raggiungere la roccia galleggiante.
La vide cercare di aggrapparsi ma le sue dita non trovarono nessun orifizio. Nessun poro della roccia abbastanza grande da sostenerla.
Un lungo e sconvolto “NO!” raggiunse la ragazza e si spense con lei nelle fiamme roventi.


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Capitolo 3
*** Answers ***


Capitolo 03: Answers

Il Signore del Tempo rimase immobile, il grido spento ancora sulle sue labbra. Era caduta. Non era possibile, non… poteva essere caduta. Era semplicemente impossibile.
Nei suoi occhi aperti, ancora sconvolti, Lara cadeva. Cadeva tra le fiamme.
Ma la mente non se ne capacitava.
Perché piangeva? Perché i suoi occhi si erano riempiti di lacrime quando la sua mente sapeva che lei era salva? Lara era lì sulla roccia. Doveva essere lì. Aveva visto male, era tutta un’illusione.
Ma gli occhi ancora piangevano, offuscandogli la vista, annebbiandogli i pensieri.
Un’ondata di calore. Schizzi di fuoco lo raggiunsero, riportandolo con un sonoro schiaffo alla realtà.
Il Dottore in un secondo vide la lava lambigli i piedi nudi, un paio di lapilli incandescenti scottagli la pelle delle caviglie e bruciacchiagli i vestiti.
Saltò più lontano che poté, quasi senza guardare dove sarebbe atterrato.
Per poco, davvero poco, non cadde nel fuoco.
Sentì il caldo sommergerlo, tagliargli il respiro in gola. Aveva male ai piedi, alle braccia tremanti e le dita delle mani non le sentiva quasi più. Il respiro bloccato gli uscì dalla bocca nel momento in cui guardò verso l’alto.
L’uscita.
Si sentì quasi male quando, con un ennesimo stanco salto, cadde in ginocchio sulla soglia. La porta metallica priva di maniglia lo sovrastava. Sembrava enorme, imponente. Quella superficie lucida, fin troppo regolare, sulla soglia della perfezione, pareva respingerlo. Non voleva che lui fosse lì.
E il Dottore sapeva il perché. Non doveva esserci. Sarebbe dovuto essere al posto di Lara. Non si meritava di vivere lui.
Lui che aveva condannato a morte il suo popolo.
La folla esplose in un grido di gioia e approvazione.
L’uomo sobbalzò e distolse lo sguardo dall’anonima porta per volgerlo alle sue spalle. Tutto il pubblico che prima si acquattava nell’ombra ora usciva allo scoperto, illuminato dall’irreale luce dei riflettori. Urlava e scalpitava sugli spalti come se, da un momento all’altro, sarebbero riusciti a uscire e soffocarlo. Saranno stati milioni. Milioni di alieni che di fronte ai suoi occhi lucidi e sconvolti dall’orrore si agitavano e applaudivano. Battevano i piedi a terra e gridavano la loro felicità.
Ma lui non riuscì a sopportare quella valanga di gioia. Era troppa. Era insensata e paradossale.
La assorbì per due, tre secondi, tremando. Poi scattò in piedi.
-… BASTA!-
L’urlo, il grido disperato e nonostante tutto fermo, echeggiò per tutta l’arena ovale, zittendola. La disperazione, la paura e l’angoscia dell’uomo arrivarono a tutti. Milioni di alieni colpiti da un’unica parola pesante come l’Universo intero.
Trattennero il respiro. Si spaventarono.
-COME POTETE ESSERE FELICI?! COME POTETE DOPO AVER VISTO MORIRE UNA PERSONA?! COME!?!-
La folla tremò.
La porta in metallo scivolò dietro alle spalle del Signore del Tempo e lui barcollò all’indietro prima di poter dire altro.
-Bentrovati.-
Il Dottore arretrò in una specie di ballatoio stretto, dal soffitto molto alto e irrealmente illuminato. La porta si richiuse e scomparve completamente nel muro.
Bloccato. Incastrato lì con quella voce registrata.
-Spero stiate bene.- disse la voce inconsistente. –Entrambi?-
Gli occhi del Signore del Tempo si chiusero, lasciando andare le lacrime che a stento trattenevano. Gli rigarono il volto, bruciandogli la pelle. E lei cadeva. Cedeva. E cadeva ancora.
Si passò entrambe le mani sul volto sporco di terra, polvere e disperazione ma non ne venne via nulla di tutto ciò.
Le spalle sussultarono appena, cercando di trattenere le lacrime.
-Oh… ma…- ricominciò la voce registrata con quel suo tono innocente. –Non rilevo più… insomma, sei da solo…-
Il Dottore ebbe l’impulso di urlare. Gridare a quella voce tutto ciò che stava provando. Tutto quello che ingiustamente gli stava facendo passare.
-Perché?- disse, la voce distorta. –Perché devi giocare con i sentimenti?!-
-Ti starai sicuramente chiedendo perché.- continuò la voce, compassionevole, quasi dispiaciuta. –Perché lei e non io. Perché qui e adesso.-
Il Dottore avvertì quelle parole trapassarlo da parte a parte, più e più volte. Le sentiva lacerargli i cuori come lame di ghiaccio. Ghiaccio così gelido da bruciarlo.
I pugni stretti lungo i fianchi. La schiena contratta per lo sforzo di non lasciarci sommergere da emozioni per lui ingestibili. Ma ogni volta che i suoi occhi stanchi si chiudevano in un sofferto bruciore lei si allontanava da lui. Cadeva e per quanto le sue braccia si tendessero, non riusciva ad afferrarla.
Ormai l’aveva persa. Non darebbe tornata. Per lui non avrebbe mai più sorriso.
-Beh… c’è un perché, chiaramente.- continuò imperterrita la voce registrata, assolutamente esente dal dolore. –Solo che non ve lo…-
Il Dottore sussultò.
-Perdonami. Solo che non te lo posso dire.- disse la voce con un tono che chiedeva di farsi perdonare un errore irreparabile. –Non adesso e non qui.-
Lui rimase impietrito. Quella registrazione era assolutamente inutile. O meglio, diceva solo cose per farti sentire peggio.
Quanto avrebbe voluto non ascoltare.
Con un gesto arrabbiato si appoggiò le mani sulle orecchie. Era stufo, stanco di sentire quella voce forzatamente gentile riempire l’aria. Un’aria già troppo satura di dolore e angoscia per contenere altro.
-Tieni presente questa cosa, per favore.- stava dicendo. –Stai facendo tutto questo per un fine molto nobile.-
Il Dottore scosse la testa. –Hai ucciso la mia amica! Cosa c’è di nobile in questo?!-
Non poteva crederci. Stava veramente urlando contro un disco registrato.
-In pochi, davvero pochi, hanno il privilegio di poter aiutare tanto.-
-Io non voglio…!-
-Lo so.- continuò pacata la voce. Sembrava voler tranquillizzare un bambino in lacrime con delle affettuose carezze sulla schiena. –Lo so che adesso, soggettivamente parlando, a te non interessa…-
Lui non aveva più la forza per urlare.
-Infatti…- mormorò, lo sguardo fisso a terra.
Ma perdere non significava arrendersi, si disse.
-Però vedi…-
Sul muro grigiastro davanti all’uomo si creò il profilo lucente di una semplice porta rettangolare. Ancora una volta senza maniglia.
-Devi metterti nella mia posizione.-
-…come se non fosse già abbastanza difficile stare nella mia.- si disse a mezza voce il Dottore, inspirando a pieni polmoni.
-Vengo continuamente controllato. Le informazioni che ricevi sono selezionate. Vorrei aiutarti di più.- continuò la voce, improvvisando un falso tono dispiaciuto.
La porta intanto si stava aprendo, scorrendo piano verso destra.
-Oh, no…- gemette il Dottore, barcollando qualche passo in avanti.
Un’altra arena, identica alla prima, si allungava sotto il suo sguardo stanco e per alcuni tratti disperato. Questa volta non si trovava nell’arena ma in un punto rialzato. Come su un trampolino alto almeno ottanta metri. Reggendosi allo stipite della porta, il Dottore guardò verso il basso. Dal pavimento iniziavano a salire blocchi di granito chiaro dalle forme geometriche più strane, come di cavità molto profonde e irregolari.
-Facciamo così.- continuò imperterrita la voce registrata. –Cercherò di aiutarti senza farmi scoprire. Dovrai arrivare all’uscita illeso.-
Come l’altra volta una porta anonima, identica a quella da cui si stava affacciando, venne illuminata da un riflettore. Si trovava alla stessa altezza del suo sguardo.
-Arriva lì ed esci. Ti aspetterò con le risposte che cerchi.-
L’arena iniziò a riempirsi velocemente di acqua come qualche tempo prima si era riempita di fuoco. I due getti laterali crearono un vortice nero-verdastro dall’aspetto pericoloso. Malsano.
Inconsapevolmente, la mente del Signore del Tempo stava creando un percorso per evitare quell’acqua scura, di velluto.
-…devo andare, mi dispiace.- disse rapidamente la voce. –E… un’ultima cosa. Non preoccuparti del colore o della consistenza dell’acqua. Preoccupati di quello che potrebbe nascondersi al suo interno.-
Neanche a farlo apposta, una sorta di coda squamosa uscì e rientrò dall’acqua senza sollevare uno spruzzo. Il Dottore, comunque sia, si ritrasse dalla superficie.
-E’ più facile di quello che sembra.- concluse la voce, chiudendo la porta alle spalle di lui. –Buona fortuna.-
Il nuovo pubblico che avrebbe assistito all’impresa venne di colpo illuminato e l’acqua scura si colorò di bagliori bianchi.
Urla, scalpitii e applausi per due secondi, tre al massimo. I riflettori si spensero. Nell’enorme arena tornò il silenzio.
E il Dottore fu quasi assalito da un profondo senso di vertigine.
Era solo contro il gioco adesso.
Solo uno dei pericoli di cui non conosceva né l’origine né tantomeno la grandezza. Non sapeva con certezza se fosse stato possibile davvero sopravvivere. Non da solo.
E il pubblico, trepidante e fremente di impazienza, vide quel piccolo uomo fare il suo primo passo in quel capitolo del gioco. Videro i suoi piedi nudi e le sue braccia scoperte che si allargavano alla ricerca di equilibrio su quelle instabili mattonelle galleggianti.
Assorbirono la sua paura. La sua rabbia e il suo senso di vertigine. Condivisero con lui ogni sentimento, ogni emozione perché loro, ormai, erano solo gusci vuoti.
Creature che bramano solo tornare al proprio passato, ma che trovano nell’immediato presente un buon compromesso per sperare di vivere un futuro.


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La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.

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Capitolo 4
*** Life ***


Life

Lara si sporse dalla roccia di granito chiaro che la sosteneva. Avvertì il Dottore fare lo stesso alla sua destra. Le appoggiò una mano sulla spalla bagnata in segno di ringraziamento, poi si allontanò, per quanto poteva permetterglielo l’irregolare ripiano su cui si erano arrampicati. Tempo qualche secondo e l’acqua era tornata la piatta superficie nerastra in cui lei si era tuffata un momento prima.
Delle risate malvagie uscirono sulla superficie sotto forma di bollicine verdastre, dall’aspetto disgustoso e malato. Un guizzo viscido indicò alla ragazza la loro provenienza.
Ebbe un brivido, sia per il freddo che per la sensazione di aver avuto quelle squame attorno al corpo.
-Lara?-
La voce del Signore del Tempo la distolse da quei pensieri, facendola voltare verso di lui. Era bagnato tanto quanto lei, stanco e tremante, mentre indicava un’altra roccia chiara poco distante.
Dietro ad essa, una serie di mattonelle piatte galleggianti collegava, con un’irreale linea retta, l’ingresso e l’uscita di quell’incubo. Era la via più semplice quella. La più immediata.
Purtroppo non percorribile.
Il Dottore aveva scoperto, a sue spese, che molte di queste mattonelle erano troppo sottili per sostenere anche solo il peso di uno di loro alla volta. Era caduto in acqua e aveva gridato quando qualcosa aveva deciso di assaggiargli il braccio.
La strada più lunga e articolata era diventata così l’unica loro possibilità per raggiungere l’uscita.
-Lara…-
Lei si riscosse da quei suoi pensieri con un brivido e vide come gli occhi del Dottore scattavano su vari punti della superficie dell’acqua, seguendo il viscido movimento di una di quelle… creature. Si agitava e si arrotolava su se stessa, in preda a chissà quali pensieri poco rassicuranti.
-Non è solo una.- le fece sapere lui, abbassando il braccio verso sinistra.
Lara vide un’altra coda guizzante avvicinarsi e iniziare a muoversi attorno alla roccia velocemente. Nemmeno riusciva a dire quanto fossero state lunghe quelle cose viscide. Quanto grosse o quanto affamate.
Guardò lo spuntone di roccia su cui avrebbe saltato. Sembrava una vetta di ghiaccio lambita da un mare nero come la morte. Profondo come la disperazione stessa. La distanza, perlomeno, non era molta.
-Possiamo…- balbettò lei abbracciandosi la pancia per il freddo. –Possiamo arrivarci con un salto.-
Lara vide il Dottore annuire. –Tocca a me fare da esca.- disse dirigendosi dalla parte opposta.
-No, no… aspetta!- lo interruppe lei afferrandogli una mano. –Non è necessario, la roccia è abbastanza vicina.-
-Non possiamo rischiare.- ribatté lui, fissando in modo strano l’acqua.
Gli occhi della ragazza corsero al braccio destro dell’uomo, proprio dove, qualche tempo prima, era stato morso. Per cercare di rallentare l’emorragia, aveva strappato le maniche del pigiama a righe e le aveva legate attorno al braccio. Strette. Più strette che poteva.
Il sangue però aveva continuato imperterrito a uscire, andando a sporcare tutto il braccio destro, fino alla punta delle dita tremanti. Il macabro effetto era anche accresciuto dai rivoli d’acqua che, sporcandosi di scarlatto, andavano a macchiare i pantaloni bagnati, appiccicosi contro la pelle delle gambe.
-Ma non stiamo correndo nessun rischio.- insistette Lara, togliendosi una ciocca di capelli bagnati dalla faccia. –Non possono raggiungerci se saltiamo.-
Il Signore del Tempo si voltò e lei venne quasi trapassata dal suo sguardo preoccupato e sofferente.
-E se qualcosa va storto? E se non riesci ad aggrapparti e finisci in acqua?-
-Va… va bene allora.- balbettò lei, sconfitta. –Salta prima tu, però.-
-Che cosa stai dicendo, Lara?-
Lei distolse lo sguardo dalla figura del Dottore. Sentiva come fosse difficile per lei disobbedire a un comando. Ma allo stesso tempo non poteva permettergli di cadere in acqua di nuovo. Ora che quei mostri pinnati lo avevano morso, che cosa le assicurava che non lo avrebbero rifatto?
-Ti sto dicendo… - riprese lei fissando il nero. -…che farò io da esca.-
Lara si era concentrata particolarmente sul tono. La frase non era uscita male, alla fine. Decisa ma comunque tremolante sul finale.
Vide il Dottore portarsi una mano al viso e scostarsi i capelli bagnati con una smorfia di dolore. Dal gomito caddero sulla roccia delle gocce di sangue puro, non allungato dall’acqua.
-Stiamo facendo da esca una volta a testa.- stava dicendo lui. –Ci siamo accordati all’inizio. Perché adesso non va più bene?-
Lara corrucciò la fronte, arrotolandosi la camicia da notte tra le dita, nervosa.
-Lara?-
Le mani del Dottore si appoggiarono sulle braccia di lei, pretendendo una risposta.
-Perché… perché ti hanno morso. E poi perché quel taglio continua a sanguinare e… e perché lo so, lo vedo che stai male, anche se lo neghi in ogni tuo gesto. Con ogni tuo sguardo.- ormai quella frase si stava trasformando in un complesso balbettio sulla scia di troppe lacrime. –Perché ogni volta che vado in acqua io, loro, quelle creature… non sono interessate a me. Mai. Vogliono sempre e solo te… ogni volta!- pianse ancora, circondata dal debole abbraccio dell’uomo. –Ma… ma io… io, Dottore… io non posso perderti…-
Lei quasi non notò le lacrime, né il sangue macchiarle con la sua strana consistenza la camicia da notte azzurrina.
-…Lara… quelle creature…- disse lui dolcemente. -…mi stai ascoltando?-
La ragazza annuì, riuscendo, in quelle parole, a trovare un po’ di forza per riprendersi.
-Quelle creature sono attratte da me solo perché sanguino. Non ci sono altre ragioni, hai capito?-
-Allora… lascia andare me, per favore…-
-E se te lo lasciassi fare? Cosa cambierebbe?-
Lara non trovò nemmeno una vocale per rispondere, persa in quegli occhi marroni così belli e sofferenti.
-Non cambierebbe nulla. Al prossimo ostacolo saremmo ancora a questo punto. E poi ancora e ancora, e non è giusto. Non devi mettere la tua vita in pericolo per me.- spiegò lui. –Hai capito, Lara?-
Annuire fu l’unica cosa che lei riuscì a fare, nemmeno consapevole di ciò che le sue orecchie sentivano, persa nella stanchezza, nel dolore, nella paura che dilagava veloce dentro di lei.
-Lara… Lara, promettimelo. Per favore.-
-Te… lo prometto, Dottore.- balbettò lei asciugandosi gli occhi con il dorso umido della mano. –Però promettimi che non mi lascerai… mai da sola.-
Le braccia di lui la circondarono di nuovo, le spalle tremanti.
-Mai. Per nessuno motivo al mondo.-
Sorrise un poco, affondando il viso in quel pigiama logoro e bagnato, molto diverso dal suo completo abituale, impeccabilmente pulito e ordinato. Quanto le mancava quel profumo nemmeno riusciva a immaginarlo.
Lara avvertì l’abbraccio sciogliersi piano e tutto quanto, parve crollarle addosso. Le gambe e le braccia divennero pesantissime, la mente pulsante di preoccupazioni.
Guardò il Signore del Tempo inginocchiato sul bordo della roccia su cui si erano fermati. Fissava l’acqua attentamente, ne scrutava il colore e la consistenza come se cercasse qualcosa sotto la superficie.
Quando Lara lo guardava così assorto non riusciva a non sorridere. Sta guardando l’invisibile, si diceva.
Ma le labbra della ragazza questa volta non si arricciarono in un sorriso. Le gambe la portarono sul bordo della roccia opposta a quella del Dottore, proprio di fronte a uno spuntone dall’aspetto spugnoso. La parte emersa dall’acqua era quasi il doppio dell’altezza stessa di Lara e si piegava verso destra in una sorta di ripiano simile a quello su cui poggiavano i sui piedi adesso.
Doveva, con un salto, raggiungere almeno il bordo di quel ripiano di fortuna, issarsi e aiutare il Dottore a uscire dall’acqua.
Poteva e doveva farcela. Era quello che davvero contava.
-Lara?-
I due si guardarono.
-Sei pronta?-
Lei annuì, cercando di convincere se stessa della verità di quel gesto. Come faceva il suo tono a ostentare tanta calma e sicurezza?
Lara distolse lo sguardo dal Dottore solo dopo che lo ebbe fatto lui. Lo sforzo di quel semplice gesto fu incredibile.
Si sentiva qualcosa nuotare dentro di lei. Una sensazione di pericolo imminente che lottava pervenire a galla. Per rivelarsi ai suoi occhi ancora ciechi.
Rabbrividì e calcolò la distanza che la separava dallo spuntone di roccia. 1 m e mezzo più o meno. E non aveva nemmeno molto spazio per prendere una rincorsa adeguata.
Lara fece comunque qualche passo indietro, gli occhi fissi sulla roccia bianca. Il dottore era un passo da lei. Pronto a tuffarsi.
Non devi mettere la tua vita in pericolo per me.
La ragazza si chiese mentalmente il motivo proprio quando il corpo del Signore del Tempo rompeva la piatta superficie scura dell’acqua con un sonoro tuffo.
I pensieri gelarono all’istante. I muscoli si tesero al massimo e Lara saltò via da quella roccia.
Volò per un istante davvero troppo corto poi le mani afferrarono l’irregolare consistenza ormai familiare. I piedi caddero nell’acqua. Le gambe si bagnarono per gli spruzzi, ma vennero sottratte da quel nera abbastanza velocemente.
Ansante, Lara riuscì a raggiungere il ripiano della roccia.
Un grido la fece voltare di scatto.
Di colpo, tutti i suoni dell’Universo arrivarono alle sue orecchie.
Sentì il suono viscido di quelle creature, la loro risata malvagia, le grida semi-soffocate dall’acqua e dalla fatica di rimanere a galla.
Vide l’acqua muoversi, impazzita, e le bracciate del Dottore per raggiungere lo stesso punto in cui si trovava lei. Tese un braccio, gli sguardi si incrociarono.
Ancora una risata il corpo dell’uomo sparì completamente sott’acqua.
-No!- urlò lei sconvolta. -Dottore!!-
Il liquida scuro e vischioso ribolliva, assunse una tonalità verdognola e altre bolle raggiunsero la superficie.
-Dottore!-
Prima che potesse decidere di tuffarsi, una macchia scura dilagò come olio sull’acqua, rendendo la torbida, pastosa. Raggiunse la roccia e la colorò di scarlatto.
Lara indietreggiò, gli occhi sbarrati dall’orrore e dalla paura. Non poteva essere. Non era vero.
Non doveva essere vero.
L’acqua esplose di oro, fumò. Altre bolle raggiunsero la superficie poi nulla.
Un nulla così vuoto e silenzioso da angosciare.
-Do… DOTTORE!-
Non le rispose nessuno. Nemmeno quelle risate crudeli che le facevano accapponare la pelle.
Se lo sentiva. Non avrebbe mai più ricevuto una risposta da quella voce antica e simpatica.
La mente iniziò a correre. Correva veloce sopra all’incessante tamburellare del cuore della ragazza. Lei ancora non era convinta. Doveva per forza esserci un’altra soluzione, un dettaglio che dava un senso a quel vuoto attorno a lei.
Si strinse nelle braccia, accucciandosi contro la roccia.
I suoi occhi scuri, ancora dilatati dalla paura, percorrevano la superficie dell’acqua, su cui ancora galleggiava mollemente il sangue scuro del Signore del Tempo. Era nero, ancora più nero dell’acqua, e riusciva ad assorbire un il suo sguardo come una spugna.
Si erano appena abbracciati. Non doveva finire così. Lui glielo aveva promesso, non sarebbe rimasta sola.
Mai. Per nessun motivo al mondo, così aveva detto.
Lara distolse lo sguardo dall’acqua. Come poteva pensare di continuare il percorso da sola?
Improvvisamente la realtà le cade addosso, schiacciandole il petto con un macigno. Si sentì male. Si sentì debole, ferita. Impotente.
Pregò che il Dottore venisse a prenderla. Il prima possibile. Voleva trovarselo davanti con un sorriso giocoso sulle labbra. Avrebbe trovato una frase, lì su due piedi, per prenderla in giro. E lei si sarebbe asciugata le lacrime, ridendo, dicendogli che aveva un modo idiota di divertirsi.
Lara sollevò lo sguardo sull’arena ma nascose il volto nelle ginocchia un attimo dopo. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Non riusciva a fermarle.
Dietro alle palpebre chiuse si formavano immagini. Il Dottore era proprio a due passi da lei, in piedi. La guardava. Vedeva le sue spalle scosse dai singhiozzi, dal freddo e dalla paura. I piedi snelli gelati tanto quanto le gambe, che spuntavano dalla logora camicia da notte. Il braccio destro dell’uomo era grondante di sangue. Lo stesso sangue che creava un irreale macchia nera-rossastra attorno alla sua figura alta, appena protesa in avanti. Sul punto di cadere.
Mi dispiace, stava dicendo con le lacrime agli occhi. Mi dispiace tanto… Non volevo lasciarti sola.
Sola.
Sola.
Lara pianse ancora. Era più forte di lei, non poteva fermarsi. Voleva andare via di lì. Tornare a casa.
I singhiozzi cessarono.
Voleva uscire. Aveva un obiettivo.
Si asciugò gli occhi e tentò, nei limiti del possibile, di ricacciare indietro le lacrime. Basta piangere. Lei odiava piangere. Non poteva continuare. Dovevo uscire da quell’orribile posto.
Groowug
La ragazza alzò lo sguardo, ancora un po’ tremolante, sul paesaggio che la circondava. Individuò subito la fonte di quel rombo profondo e oscuro. Alla sua sinistra, proprio sotto l’uscita che quella voce registrata le aveva indicato, andava a formarsi un grosso gorgo. Lara lo paragonò a quello che succedeva quando, da piccola, riempiva il lavandino di acqua e poi la guardava scivolare giù dal tubo. La cosa che più le piaceva era il suono, ma adesso, di fronte a quella situazione assolutamente improbabile, era un po’ complesso farsi piacere la scena.
Lara vide con orrore come l’acqua scura venisse risucchiata velocemente, abbassandone il livello, mentre quelle creature squamose e viscide lottavano contro la corrente. Stavano urlando.
Le grida si sentivano acutissime ogni qualvolta uno di loro usciva con un salto dall’acqua. Il loro urlo graffiante era di puro terrore, la ragazza poteva quasi vedere la loro faccia verde distorta, gli occhietti rossi dilatati.
Le urla aumentarono di intensità, sembravano provenire da ogni parte.
Sempre più forte, sempre più alte e graffianti.
Lara gemette, premendosi le mani sulle orecchie per cercare di isolarsi da tutta quella paura. Quelle grida le entravano nella pelle come aghi e le raggiungevano senza fatica il cuore, già colmo di tristezza, orrore e disperazione.
Si rannicchiò contro la roccia, le gambe strette al petto, le braccia tremanti.
Non voleva vedere. Non voleva sentire più niente.
Venne accontentata qualche secondo dopo. Dallo stesso luogo da cui tutto era cominciato, tutto veniva assorbito e l’enorme arena sprofondò nuovamente in un silenzio umido e malsano.
Lara aspettò ancora qualche secondo prima di osare alzare la testa dalle braccia e guardare.
Pur essendo tutto calmo e tranquillo come quando era entrata con il Dottore, ora la sensazione era completamente diversa. Non poteva contare sull’aiuto di nessuno.
Traballando leggermente, la ragazza si azzardò ad alzarsi in piedi aggrappandosi alla roccia. Si scostò una ciocca di capelli bagnati dal viso e guardò dove fino a prima non aveva avuto il coraggio di guardare. L’acqua attorno a lei era stata risucchiata via quasi completamente. Ne rimaneva giusto qualche pozza fatiscente sul pavimento chiaro, tra le rocce porose che articolavano lo spazio.
Lara distolse lo sguardo dallo strapiombo, alla ricerca dell’uscita per calcolare un percorso alternativo. Ora saltare da una roccia all’altra era assolutamente impossibile.
Il suo petto ebbe un sussulto. La porta metallica era scomparsa.
Qualunque fosse stata la direzione del suo sguardo preoccupato, non incontrava altro che nero. C’erano solo spalti tutt’attorno a lei. Gente che la guardava, assorbiva ogni sua emozione per sentirsi un po’ più viva.
Improvvisamente si sentì vulnerabile e, in qualche modo, nuda sotto il loro sguardo.
Tornò, rabbrividendo, a cercare un’uscita.
L’arena era perfettamente ovale, le pareti lisce da cui solo sporadicamente scaturivano spuntoni rocciosi costellati da insenature. L’unico elemento diverso era proprio il tunnel oscuro in cui era scomparsa tutta l’acqua.
Doveva rischiare e camminarci attraverso, sperando di non incontrare altre di quelle mostruose creature acquatiche.
Va bene, si disse raggiungendo a piccoli passi il bordo della piattaforma che la sorreggeva, va bene. Ora devo solo scendere.
Lara non soffriva le vertigini. Se n’era resa conto quando sua mamma le aveva chiesto di stendere i panni al terzo piano della loro casa. Aveva il vuoto sotto i palmi delle mani era qualcosa che non poteva spiegare. Un brivido di paura e uno di divertimento che continuavano ad annullarsi a vicenda.
Ma ora non era a casa. Non era rilassata. Non doveva stendere i panni bagnati.
Era in un gioco impossibile. Era stanca e sola. Doveva sopravvivere.
Lara prese un respiro molto profondo e guardò giù, oltre il bordo.
La roccia che l’accoglieva diventava più ampia mano a mano che si avvicinava al terreno. Ridiscenderla non doveva essere molto difficile.
Non guardare giù, iniziò a dirsi tra sé e sé mentre si inginocchiava e sporgeva le gambe nel vuoto.
Non guardare giù.
Le dita iniziarono a farsi sudate, i piedi freddi, ma trovare orifizi in cui appoggiarsi era veramente semplice seppur Lara si costringesse a non guardare in basso. Non sia mai che improvvisamente si accorgesse di soffrire le altezze.
Quello era decisamente il momento peggiore per scoprirlo.
Poco meno di dieci minuti e Lara si ritrovò con i piedi ben attaccati al suolo.
Guardò in alto e quelle enormi masse rocciose parvero cercare di schiacciarla con la loro grandezza.
Un grido stridulo le fece accapponare la pelle.
A terra, poco distante dai suoi piedi si contorceva nell’acqua verdastra una di quelle orrende creature. Appena Lara si rese conto che quei movimenti convulsi avevano il solo scopo di raggiungerla, non permise al suo sguardo di soffermarsi oltre.
Iniziò correre via, verso il tunnel nero. Gli occhi rossi della creatura fissi sui suoi movimenti.
Quando raggiunse l’apertura guardò indietro, verso l’arena chiara.
Pensò che non avrebbe dovuto andare via così. Poteva ancora esserci il corpo del Dottore, magari incastrato in qualche roccia. Forse il gorgo non era riuscito a risucchiato via. Avrebbe dovuto… Fare qualcosa. Anche se non sapeva cosa. Come facevano i funerali Signori del Tempo?
L’immagine del Dottore campeggiò un momento tra i pensieri della ragazza. Disse parole inudibili e prima che potesse fare altro scomparve nel nero.
Lara stava percorrendo di corsa il tunnel.
-Oh, eccoti!- disse la voce registrata, accendendo una luce alla fine della galleria. -Iniziavo a preoccuparmi…-


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Capitolo 5
*** A present for you ***


A present for you

-Oh, eccoti finalmente. Iniziavo a preoccuparmi.-
Il Dottore, ansimando per lo sforzo, camminò fino alla fine del tunnel, una mano appoggiata alla parete liscia per non cadere a terra.
-Basta… Basta… Ti prego, basta…-
Era solo un mormorio, una preghiera così debole da non poter essere udita. Non doveva essere udita. Non era assolutamente necessario.
Traballando sulle sue gambe instabili, il Signore del Tempo raggiunse la tipica porta in metallo. La guardò un momento, sotto la luce di una lampada di emergenza. Ne osservò il profilo pulito e semplice e pregò che quella fosse l’ultima volta che ne vedeva una uguale.
Due dita la accarezzarono ma lei, risoluta, rimase chiusa.
Un leggero senso di panico si diramò tra i cuori dell’uomo, mentre le mani si premevano sul metallo, sperando di forzarne la chiusura.
-Nonono… Dai, no.- Gemette. -Sono arrivato alla fine! Mi avevi detto che mi avresti lasciato andare…! Che era tutto finito…-
La voce registrata non rispose e il Dottore rimase nel silenzio del tunnel, i respiri amplificati dall’ambiente. Il suo corpo stanco, bagnato, si accasciò debolmente contro la parete destra della galleria. Una macchia d’acqua si diramò sotto i suoi vestiti bruciacchiati e lisi. La luce d’emergenza lampeggiò e si spinse.
-…Oh, per l’amor…-
-Il tuo viaggio è quasi terminato.-
-…Ciao anche a te.- Rispose mogio il Signore del Tempo alla voce.
Non potendo fare nulla nell’oscurità più assoluta del tunnel, si distinse le gambe al petto e chiuse gli occhi.
Se solo quella voce gli avesse detto che avrebbe dovuto affrontare una qualsiasi altra prova, avrebbe ripetuto la parola “no” in tutte le lingue che conosceva. All’infinito. E che non osassero pensare che non sarebbe stato capace.
-Sei stato molto bravo… Uno dei migliori, devo ammetterlo.- Disse la voce, simulando un tono orgoglioso.
-Ma davvero?- Chiese ironico il Dottore.
-Davvero sì.-
Un brivido percorse il corpo magro dell’uomo. -C… Cosa?-
-Oh, probabilmente stai pensando che sono ancora una voce registrata.- continuò. -No, no. Alla fine del percorso posso parlare di persona. Lo trovo più… Stimolante.-
-Che cosa… Che cosa stai dicendo?- chiese confuso il Dottore.
-Comprendo che a parole può risultare difficile. Ti faccio vedere.- si rese disponibile la voce.
La luce di emergenza che poco prima era saltata, tornò improvvisamente in funzione e il Dottore riaprì gli occhi su un ologramma.
Davanti a lui, all’altezza esatta del suo sguardo, si stagliava un piccolo pianeta grigio-verdastro, alla deriva nell’Universo.
-Gli abitanti hanno perso l’orbita del loro sole molto tempo fa. Si sono ritrovati senza alcun contatto con l’esterno, completamente perduti, e poco dopo persero anche se stessi.-
Il Dottore vide alcuni alieni vagare per delle terre anonime, confondersi e svanire tra alberi identici e senza spessore.
-Erano un popolo passivo per natura.- spiegò la voce. -Ma abbandonati dalla loro stella si videro incapaci di vivere e generare vita. Incapaci anche di avere abbastanza coraggio per porre fine a quella sofferenza.-
I volti di quelle persone diventarono pallidi sotto lo sguardo del Signore del Tempo. Figure inconsistenti che a stento stavano in piedi.
-Quando precipitai sul loro pianeta pensai di aiutarli. Ho creato quello che vedi. Arene in cui loro possono vivere finché il pianeta non troverà l’orbita di qualche altra stella.-
Il Dottore osservò la desolazione di quelle anime e di quelle terre, ma il solo sentimento che ne scaturì fu di rabbia.
-Rubare emozioni non è vivere!- esclamò stringendo i pugni. -Non hai il diritto di farlo!-
-Io non rubo le emozioni.- Rispose angelica la voce. -Le duplico per ogni abitante del pianeta.-
-Non puoi farlo comunque!- Gridò il Signore del Tempo. -Non puoi farlo! Non hai avuto nemmeno il nostro permesso!-
La rappresentazione digitale del pianeta scomparve, ma la luce non si spense.
-…Io non ho bisogno del vostro permesso. -Replicò la voce, leggermente irritata. -Io ho a cuore solo il destino di questo popolo.-
-Hai mai guardato quello che fai?- Gridò il Dottore contro la porta. -Hai notato che nei tuoi “giochi” per raccogliere emozioni le persone muoiono? Lo hai notato?!-
La voce rimase in silenzio, la luce si spense.
-Rispondi! Se davvero non sei solo una stupida registrazione!-
Il Signore del Tempo attese solo qualche secondo, poi la porta in metallo che aveva davanti si aprì scorrendo. Una luce calda, leggermente aranciata, lo avvolse.
-No… No no no! Non farò più nulla, chiaro?-
-Prima di iniziare la prova ti avevo detto che ti avrei spiegato.- Fece una pausa. -E l’ho fatto.-
Il Dottore scosse la testa più volte, ritraendosi da quella luce così forzatamente accogliente. Non aveva bisogno di quelle parole. Non voleva sentirle. Sarebbe sprofondato nel nero più fitto, più denso. E lì sarebbe cocciutamente rimasto.
Stava per voltarsi e correre via ma si ritrovò con le spalle appoggiate a un muro che prima non c’era.
-Non provarci! Non provare nemmeno a trattenermi qui!- Urlò poggiando i palmi delle mani al muro. -Lasciami andare via!-
Ne seguirono pugni e prove per abbattere quel muro che lo imprigionava. Che lo faceva sentire solo, impotente. Insignificante.
-Non sono così cattivo come credi. -Disse calma la voce. -Ma tu guardi le cose da una sola prospettiva.-
Il Dottore non è poteva davvero più. La sua soglia di sopportazione si era già da tempo notevolmente abbassata e ora quella voce l’aveva rotta completamente.
-Tu sei l’essere peggiore con cui io abbia mai avuto a che fare!- Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. -Ti ho dato le mie emozioni, ti ho dato la vita della mia amica Lara, ti ho regalato una parte di me!!-
Aveva le lacrime agli occhi, la gola bruciava immensamente e non riusciva a smettere di colpire quel muro che gli sussurrava di voltarsi e non tornare indietro.
-Io ti chiedo solo una cosa!- Gridò tra le lacrime. -Fammi! Uscire!-
E con queste parole sembrò perdere tutta l’energia che lo aveva animato. Le ginocchia cedettero e l’esile figura del Signore del Tempo si inginocchiò davanti al muro. Piangeva.
Piangeva perché era stanco. Piangeva perché quelle lacrime davano un senso alla perdita. Perché erano dolorose e alleviavano un male più profondo. Le spalle sussultarono piano, i capelli umidi gli ricadevano esanimi sulla fronte contratta.
-…Non posso lasciarti andare via così. Non dopo tutto quello che hai fatto.- Riprese la voce con gentilezza. -Lascia che ti faccia un regalo.- sembra sorridere quella voce.
Quella voce che distruggeva le vite.
-Io…- Balbettò il Dottore. -Io non voglio nessun regalo.- Disse insicuro. -Io non ho bisogno di niente.-
-Ma regalo che ti ho fatto si arrabbierà se lo rifiuterai.- Il Dottore scosse la testa. -Che cosa stai dicendo?-
-…Dottore?-
Il Signore del Tempo sobbalzò a sentire quella voce.
Ma non poteva averla davvero sentita. Non poteva sperare di voltare la testa e vedere la ragazza in piedi ad attenderlo con un leggero sorriso.
-…Dottore, se davvero tu?-
L’uomo si voltò di scatto. Lara lo stava osservando, ma lui era insicuro di quello che i suoi occhi gli mostravano. Una gocciolante figura in controluce dal vestito strappato in più zone. Le gambe tremanti per la fatica e la voce insicura di chi non è ancora pronta a credere che quella lì davanti alla realtà.
-L… Lara…!- Mormorò lui cercando di alzarsi in piedi senza cadere nuovamente a terra.
Mentre si chinava per trovare l’equilibrio, una mano fresca e bagnata lo sostenne per un braccio.
-Stai bene?- Chiese piano lei, cercando al contempo il suo sguardo.
-Sì, sì. Sto bene.- Rispose. -Tu? Come va?-
-…In realtà ho un po’ di fame e ho sonno.- Disse sorridendo al sorriso del Dottore. -E se devo dirla tutta mi fanno anche male le gambe.-
Il Signore del Tempo la circondò in un abbraccio che incontrò un’esitazione e non venne ricambiato.
-Tutto… questo. E’ reale?- Mormorò la ragazza sottraendosi all’abbraccio. -Tu eri…-
Il Signore del Tempo la guardò negli occhi. -Morto?-
Lei annuì. -Mi avevi detto che non ci saremmo mai separati.- Raccontò leggermente. -Ma mi hai abbandonato.-
-Anche tu eri morta per me.- Confessò lui. -Bruciata tra le fiamme.-
Lara si allontanò di un passo dall’uomo. -Allora chi siamo noi? Copie?-
-No, siete entrambi reali.- Si aggiunse la voce. -Il gioco è programmato per eliminare la copia che viene creata.-
-Come possiamo crederti?- Chiese il Dottore senza distogliere gli occhi dalla ragazza.
Sembrava preoccupato che improvvisamente potesse cercare di aggredirlo.
O che potesse farle lui del male.
-Pensate a quello che avete passato.- Rispose la voce.
Lara scosse la testa. -Non posso… È stato orribile…-
-Perché non erano interessati al tuo compagno? Perché tutto ciò che nel gioco viene creato deve essere dal gioco riassorbito.- Spiegò calma la voce. -Ho scoperto che la morte genera le emozioni più forti. Il pubblico vi adora.-
-A noi non ce ne importa!- Rispose il Dottore. -Non avevi il diritto di farlo!-
Lara distolse lo sguardo dal Signore del Tempo. Al centro della piccola stanza ovale si era materializzato un tavolino nero. Rifletteva debolmente la luce morbida dell’ambiente e sosteneva, paziente, i suoi vestiti e quelli dell’uomo, che ancora discuteva da solo.
-Dottore.-
-…Vorrei proprio sapere… Cosa?-
-Vieni con me.- Disse Lara prendendolo per mano.
Lo trascinò sotto una luce aranciata che ammorbidiva l’ambiente circolare. Era uno spazio molto simile a una delle tante arene che li avevano accolti in precedenza, solo decisamente più piccola. La folla, intorno a loro, ben visibile sotto i riflettori accesi, applaudì con pacata moderazione.
Non era assolutamente quello che si erano aspettati.
Prima c’era un caotico, angosciante frastuono che si montava al battito conciato dei loro cuori. C’erano urla, scalpitii e il rumore sconnesso di un popolo che batteva i piedi per emozioni incontenibili.
Emozioni che li allontanavano un po’ di più dal tempo e dalla morte.
Ma ora era tutto diverso.
Gli esseri più stravaganti non erano mossi dal desiderio di vedere e denudare le emozioni dei giocatori. Adesso sapevano. Erano solo riconoscenti.
E quella gratitudine arrivò anche nell’arena, sommergendo il Dottore e Lara di morbidi pensieri.
Non era possibile non sorridere.
-Voi siete reali.- Continuò pacatamente la voce. -Siete vivi, non ho mai avuto a cuore il desiderio di uccidervi.-
I due si guardarono e il dubbio abbandonò la loro mente.
Alcuni piccoli movimenti che l’altro faceva erano assolutamente perfetti. Non potevano essere replicati nemmeno dalla macchina più sofisticata del mondo.
-Al termine del gioco, vi riporterò alla vostra astronave. Proprio come e dove vi ho preso.-
Lara se possibile sorrise ancora di più, lasciandosi sfuggire un sospiro di appagamento.
-E allora cosa stiamo aspettando?- Gridò euforico Signore del Tempo al cielo.
La voce quando gli rispose parve confusa. -Beh… In questo momento siete diversi da come vi ho preso qualche giorno fa.-
Ora ad essere confusi erano i due amici.
La prima a capire fu la ragazza. -Ma che cos… Ah.-
Il Dottore guardò Lara scuotere la testa. -Guarda che non è indispensabile.-
-È molto importante invece.- Ribatté la voce.
-Scusate…- Si aggiunse il Signore del Tempo. -Io non ho…- Ma la frase non si concluse dato che i suoi occhi incontrarono la ragazza.
-Dottore, mi hai guardato bene? Ho una faccia che sembra un cadavere, il vestito da notte tutto strappato, i capelli che cercano di inventare nuovi modi per annodarsi e per coronare il tutto sono mezza bruciacchiata e sporca del sangue della tua copia.–
L’uomo dovette ammettere che aveva ragione, ma non lo pronunciò.
-…E, scusa se te lo faccio notare ma… Tu non sei messo meglio di me.-
Il Dottore si guardò. Non tanto perché non credesse alle parole di Lara, quanto per non incontrare il suo sguardo.
Era solo una copia, questo è vero, ma era pur sempre lui.
L’aveva lasciata sola e questo era quasi più doloroso di averla guardata morire tra le fiamme.
Un altro Dottore aveva infranto una promessa. Ma non era lui, accidenti!
Due braccia lo circondarono.
-Ti ho perdonato, lo sai vero?-
-Sì… Lo immagino.- Rispose lui fissando il sangue raggrumato sulla pelle delle braccia di lei. -Ma non mi hai ancora lasciato dire scusa.-
Lara si allontanò. -Io non voglio le scuse da te. Non sei stato tu a…-
Il Dottore le tappò la bocca con la mano. -Scusami.-
E lei fu costretta a sospirare, liberandosi.
-…se ora ti senti meglio…-
-Sì, grazie.-
L’arena fu sommersa da applausi estasiati, nemmeno fosse successa una cosa grandiosa, e la voce, ridendo, indicò loro una porta rossa.
Il Dottore e Lara la varcarono un attimo dopo essersi piegati in un profondo e alquanto teatrale inchino, tra le braccia i loro precedenti indumenti.
Si lavarono, si cambiarono, serviti dagli stessi Robot che inizialmente davano loro la caccia.
Il Dottore strinse la mano a uno di loro, facendosi promettere che l’avrebbe stretta anche attorno alla mano (o tentacolo) della voce che li aveva accompagnati.
Lara semplicemente li abbracciò forte forte.
Quando i due tornarono al Tardis del Signore del Tempo, Lara non perse un momento di più in quella Hall forzatamente accogliente.
Il Dottore invece parve dubbioso. Si sistemò l’abito e si schiarì la voce, prima di accarezzare la sua cabina telefonica. Osservò la lampada sulla cima, poi il suo sguardo tornò a terra.
La sala di accoglienza era deserta.
-Grazie.- Si sentì costretto a dire.
Poi aprì la porticina cigolante, si rifugiò all’interno e si tolse il trench marrone, posandolo su uno dei tanti coralli che decoravano la sala consolle.
Il Tardis lo salutò piano, muovendo su e giù il suo cilindro centrale. L’uomo sorrise, accarezzò la leva di avvio, poi si decise e la spinse verso il basso.
Non importa dove o quando.
Il Dottore chiuse gli occhi un momento, giusto il tempo di sentire gli scossoni quietarsi.
Sorrise, la lingua premuta sul palato, e riaprì gli occhi.
Iniziò a correre tra i corridoi alla ricerca di Lara: la sua vita era il regalo più bello che quella strana voce avrebbe mai potuto fargli.


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...eee niente. Questo è quanto.
Grazie per essere passati a leggere, spero di avervi lasciato qualcosa. ^_^

Ci si vede in giro
Gallifrey_96



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La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.

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