Tell Me A Lie

di adorevhaz
(/viewuser.php?uid=901867)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Capitolo 1

7:00

*suona la sveglia*

Un'altro giorno da incubo sta per cominciare.

Vorrei restare per sempre accoccolata tra le mie coperte ma non posso, come diceva la mamma: prima il dovere e poi il piacere.

Tutta decisa mi alzo dal letto ma subito dopo mi ricordo che vita di merda ho, e perdo le speranze, quelle che illudono sempre, ma che ti aiutano, giorno dopo giorno a sopravvivere. 
Che brutto che è svegliarsi di buon umore e subito dopo rendersi conto che la realtà non è tutta rose e fiori.

Mezza addormentata mi incammino verso il bagno, mi dirigo verso la doccia e mi spoglio. Apro il soffione della doccia, aziono l'acqua fredda e mi immergo nei pensieri.

La mattina è l'unico momento della giornata in cui regna la pace, c'è solo il sussurro dell'acqua che rimbomba nel silenzio, è come se volesse dirmi qualcosa, qualcosa di triste, come se i ricordi fossero collegati ad essa in qualche modo.

Esco dalla doccia e mi dirigo verso camera mia, apro l'armadio e scelgo il primo paio di jeans che trovo, li abbino ad una canotta bianca. Ovviamente non possono mancare le mie adorabili vans nere! Finito di vestirmi torno in bagno a mettermi un velo di trucco.

Entro in stanza di Jason, mio fratello, per vedere se stesse ancora dormendo ed avevo ragione, quindi gli do un bacino sulla guancia. Credo che se ne sia accorto perché ha fatto un lieve sorriso, che mi ha fatto sciogliere il cuore, è così tenero il mio fratellone.

Prendo lo zaino e scendo in cucina, trovo mia Zia che sta canticchiando non so che canzone. Non so come faccia ad essere sempre così felice. Forse anche lei ha avuto momenti bui, ma non lo da a vedere. Chi lo può sapere?

'Ciao Jennifer, dormito bene?'

'Solito' rispondo fredda.

'Ti ho preparato la colazione' disse lei con il suo solito tono allegro.

'Non ho fame' dissi.

'Ah' si rattristò alla mia risposta, ma cosa potevo farci se non avevo fame? Avrei mangiato dopo, a scuola.

Si erano già fatte le 8:00, era ora di andare.

Saluto la zia e mi incammino verso le strade della città.

Apro il telefono e faccio partire la musica.

[...]

Arrivata al cancello della scuola, tolgo le cuffie e le metto nello zaino. Sono arrivata in anticipo, come sempre del resto,quindi decido di andare a sedermi nella panchina nel retro della scuola. Non ci va mai nessuno, per questo vado là, e poi bhè, stare da soli non fa mai male a nessuno. Anche se io quando sono sola penso sempre alla mia vita e al passato, alla mia vita a Manchester.

Non so perchè ma la vita, in generale, mi affascina, forse perchè c'è un passato che non si può cambiare, un presente in cui devi fare delle scelte che influenzeranno il tuo futuro. L'idea della morte mi fa sentire male, ma se penso che tutti siamo destinati a morire sto un pò meglio.

Dopo questo momento di riflessione arrivo al rifugio, sento delle voci che non credo di aver mai sentito prima. Mi nascondo dietro un muretto e cerco di vedere quacosa. Scorgo due ragazzi, un ragazzo di spalle, giubbetto nero, con dei ricci ribelli, che parla con un'altro ragazzo di cui vedo solo il ciuffo biondo.

Non riesco a sentire di cosa stiano parlando, ma il riccioluto gesticola e sembra sia parecchio incazzato con il biondino. Non so perchè la voce del riccioluto mi pare familiare, quella voce così bassa l'ho già sentita da qualche parte.

Non faccio in tempo ad ascoltare il loro discorso che suona la campanella. Merda, sono stata troppo tempo qua!

Corro più veloce che posso per riuscire ad entrare nell'edificio. Arrivata al cancello, vedo che la maggior parte degli alunni è ancora comoda a chiaccherare tra di loro. Secondo me non si sono nemmeno accorti della campanella.

Entro nell'edificio e mi dirigo direttamente verso l'aula di matematica, vedo i miei compagni di corso ammassarsi davanti alla porta. Non ho mai capito che senso abbia ammassarsi uno sull'altro solo per prendere posto.

Quando si crea lo spazio necessario per passare dalla porta entro in classe, e come sempre rimane libero solo il primo banco.

[...]

Finite le due ore di matematica arriva la ricreazione e mi avvio verso il bar. Faccio la fila e finalmente arriva il mio turno. La cameriera al bancone, una ragazza bionda, occhi azzurri, piena di tatuaggi mi guarda.

'Caffè e brioche' dico io con il mio solito tono freddo.

'Altro?' mi chiede la bionda con un sorriso a 32 denti.

'No, basta così' rispondo.

La ragazza mi guarda male e mi da il caffè e la brioche.

Mi siedo in un posto isolato dal mondo e comincio a mangiare. Intanto non riesco a non pensare al ragazzo che ho visto prima, devo ricordarmi dove cavolo l'ho visto.

Ad interrompere i mie discorsi con la parte pensante del mio cervello è una ragazza del mio corso di fisica, mi pare si chiami Jess.

'Ehi Jenna, hai sentito dei due nuovi arrivati? Pare vengano dalla tua città, dico bene?' mi dice con nella voce un pizzico di curiosità.

'Non ho sentito niente di niente, parla' le dico sperando che stia parlando dei ragazzi che ho visto al rifugio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Jess si siede proprio di fronte a me e comincia a parlare.

'Allora, da quel che ho capito sono quei tipi di ragazzi da cui è meglio stare alla larga. Sono di quei ragazzi che se gli dai una spinta ricambiano con un pugno e..' la fermo.

'A me interessano i nomi Jess, non altro' dico cercando di finire l'ultimo sorso di caffè.

'Si okay Jenna calma, volevo solo dirti le voci che girano ora, comunque quello dai ricci ribelli si chiama...' dice prima di essere interrotta dal suono della campanella.

'Scusa Jenna devo scappare altrimenti il prof di scienze mi fa un culo così, ci vediamo dopo, nell'ora di fisica ti racconto tutto' dice prendendo la borsa che ha appoggiato sul tavolo e scappando via come un fulmine.

Mi alzo dalla sedia, prendo lo zaino che ho portato con me ed esco dal bar. Non c'è molta strada da fare tra il bar e l'aula di informatica quindi cammino lentamente tra i corridoi.

Devo prepararmi psicologicamente al test che si sarebbe tenuto l'ora successiva ma la mia mente ha preso tutt'altra piega. Potete immaginare che posso pensare solo ad una persona: il riccio. La sua voce ha riempito ogni spazio della mia mente, non riuscivo a non pensarci. L'ho già sentita quella voce, non so dove e devo scoprirlo, non so come ma devo.

Ad interrompere i miei pensieri è un ragazzo che scontra contro di me facendomi cadere i libri per terra. Non si è neanche fermato a raccogliermeli, che generazione di merda. Tutti che stanno a pensare agli affari loro, senza preoccuparsi della gente che gli circonda. Mi chino verso il basso e sento una mano afferrarmi la spalla. E' un ragazzo riccioluto con gli occhi verdi e un sorriso mozzafiato. È lui? Non credo.

'Scusa se ti ho fatto cadere i libri, sai ero un po' di fretta' dice con un velo di preoccupazione.

Strano.

'Certo che potevi fare un pò più di attenzione no?' dico con un tono forse troppo sgarbato, ma vabbè.

'Scusami davvero' dice e mi raccoglie i libri da per terra.

'Sisi okay' e mi incammino più veloce che posso verso l'aula. Guardo l'orologio, merda 5 minuti di ritardo. Il professore mi ammazza.

Appena arrivata di fronte all'aula faccio un respiro profondo ed entro.

'Buongiorno signorina, è venuta un pò tardi, non crede?' dice facendo finta di essere arrabbiato.

'Scusi ma ho avuto un contrattempo' dico sperando che mi abbia creduto.

Mi avvicino verso il banco in prima fila e trovo davanti a me il test. Prendo la penna e comincio, spero solo che sia facile.

[...]

Finita l'ora consegno il foglio ed esco dall'aula. Il test poi non era chissà che roba. Vado verso il mio armadietto e prendo l'occorrente per l'ora successiva: inglese.

Sul mio armadietto trovo lo stesso riccio sgarbato di prima, mi viene da sbuffare ma mi trattengo.

'Che vuoi ancora tu?' dico piuttosto irritata dal suo comportamento e dal ghigno presente nel suo bel faccino.

'Volevo solo che accettassi le mie scuse, per prima' dice.

'Okay ti scuso, ora te ne vai?' dico piuttosto incazzata.

'No, non finchè non mi dici come ti chiami' dice e sembra piuttosto serio.

'Jenna, mi chiamo Jenna' dico piuttosto seccata a dover ritrovarmi a parlare con un tipo a caso, mentre potrei essere già in classe.

'Harry, piacere' dice e gli spunta un sorriso abbastanza strano per essere finto.

'Okay' dico e me ne vado.

Dopo quel momento da "telenovela" mi avvio verso l'aula di inglese. La professoressa non dovrebbe fare problemi.

Appena mi ritrovo di fronte all'aula vedo che non è ancora arrivata la prof., quindi entro e mi siedo al mio posto in seconda fila. Prendo il diario e comincio a fare disegnini strani.

Dopo 5 minuti abbondanti, finalmente arriva.

[...]

Alla fine dell'ora sono esausta, non vedo l'ora di tornare a casa. Fortunatamente manca ancora soltanto un'ora, quella di fisica. Il bello è che posso incontrare Jess che mi finirà di parlare di quei famosi ragazzi del rifugio, ed io non vedo l'ora.
Ma il brutto è che manca solo un'ora all'uscita, e ciò vuol dire un'altro scontro con Mike.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3326714