Libretto maledetto

di HellSINger
(/viewuser.php?uid=380857)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Petali rosati ***
Capitolo 2: *** Lacrime di perla ***
Capitolo 3: *** La farfalla e il fior d'acanto ***
Capitolo 4: *** Un allegro lamento ***
Capitolo 5: *** inverno ***
Capitolo 6: *** La bambola d’oro ***
Capitolo 7: *** Il pennello ***
Capitolo 8: *** Cappuccetto bianco nebbia ***
Capitolo 9: *** Rgb ***



Capitolo 1
*** Petali rosati ***


In un tempo assai remoto,
vi era un albero di ciliegio incantato che
era sempre fiorito,la cosa piu’ strana era il colore
rosato dei petali dei suoi fiori.
Un giorno un anziano passante, rimase incantato a tal punto
da questa stranezza,che non potè fare a meno di chiedere
all’albero il motivo per il quale i suoi fiori erano di quel colore,
ma le piante non parlano.
In quel momento il vento passò dolcemente tra le fronde,
e l’uomo sentì queste parole portate dalla folata:
 
”In un tempo ancor piu’ remoto di quello che ora vivi vi era una giovane principessa innamorata di un principe straniero.
La ragazza era la seconda figlia della regina di questo regno, il suo nome era Sarah,
ed odiava il suo nome in quanto significa principessa, insomma una principessa chiamata principessa, per lei era inaccettabile.
 
Un giorno, vennero tutti i grandi monarchi della regione,per assistere ad un evento che accade una sola volta in un anno: il suo compleanno.
Suo padre aveva organizzato una grande festa, con: musica, balli.
Fu li’, che un misterioso giovane la invitò a ballare.
Il ragazzo era un principe straniero,e nel momento in cui la ragazza lo guardò nei suoi occhi
cadde ai suoi piedi , anche lui venne colpito da quei maledetti dardi di cupido.
I due si erano subito dichiarati amore eterno.
Si lasciarono che ormai era mezzanotte,con la promessa che da li’ a breve si sarebbero rivisti.
Ma la sorella maggiore di Sarah: Felicita era gelosa della gioia della sorellina, poiché anche lei si era innamorata del giovane.
La sera seguente Felicita portò alla sua sorellina una lettera,
nella quale il principe le dava appuntamento al di fuori delle mura del castello a mezzanotte spaccata.
La giovane presa dalla gioia e dall’entusiasmo cominciò a preparasi.
Pochi minuti dalla mezzanotte, lei era gia’ lì che lo aspettava con aria sognante.
Aspettò e aspettò fino a quando finalmente sentì alcuni passi provenire alle sue spalle,
e mentre si girava colma di felicità, una lama la trafiggeva freddamente,
era la sua sorellona Felicita che fatto il misfatto, tornò velocemente al castello.
Mentre la principessa stava per morire passò una strega che mossa da grande pietà la tramutò in un albero, ma la poveretta non era felice, anzi piangeva petali rosati come il sangue versato.
Questa è la ragione per la quale i miei petali hanno questo colore”
 
Il passante piangeva, si sedette ai piedi dell’albero e  disse: ”Finalmente ti ho trovato, quando ho saputo della tua scomparsa, sono subito corso nel tuo regno. Qui ho incontrato una strega che mi ha parlato di una fanciulla che aveva tramutato in albero; così ti ho cercata per tutti questi anni volevo solo dirti TI AMO ”
L’uomo dette queste parole,chiuse dolcemente gli occhi: era morto.
Ma aveva un sorriso stampato sulle labbra, sembrava quasi un’angelo. Ora sarebbe sempre restato con la sua amata. E niente li avrebbe mai divisi,
neanche la morte. 



Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Lacrime di perla ***


Molto tempo fa,non ricordo ieri o oggi o domani, non ha importanza.
Questa storia comincia come tutte le storie:
dallo sfondo sulla quale poi si muoveranno vividamente i personaggi nella tua fantasia.
L’ oceano del nord, era un mare freddo, con dei colori così vivi che neanche il piu’ abile pittore sarebbe riuscito a catturarli.
Nelle profondità buie di quel mare, viveva una giovane sirenetta, chiamata: Serena.
Ora bisogna sapere che Serena, da molti giorni piangeva.
Le sue lacrime erano piccole perle argentate, velenose per ogni creatura vivente, fatta eccezione delle sirene.
Un giorno o forse una notte, una murena detta Lun, le si avvicinò cautamente indossando una maschera ed una tuta, per evitare il contatto con il fiele.
Lun le chiese perché piangeva, e lei rispose che tutte le sirene erano state catturate dai marinai, che dopo averle torturate per farle piangere, le avevano impanate e fritte, per poi mangiarsele (Le antiche leggende piratesche narrano che bevendo le lacrime di una sirena o mangiandone la carne si possa diventare immortali).
Lun abbraccio la ragazza e dato che era una murena molto sensibile si mise a piangere e dato l’ aumento di pressione nella sua muta, la maschera gli schizzò via. Per sua fortuna la sirena aveva smesso di piangere, era salvo, la ragazza era finalmente felice: non era più sola.
Ma dato che il destino è bastardo, capitò che proprio che in quel momento Passasse un peschereccio.
E i due abbracciati diventarono un’ottima frittura di pesce.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La farfalla e il fior d'acanto ***


Cento o mille anni or sono.
in un campo verde sconfinato spettinato incessantemente dal vento,lì vivevan:
Una farfalla: triste, sola, gialla con due puntini uguali su di ogni una delle ali.
E un fiore d'acanto, che era uno schianto, per la sua bellezza e il suo profumo rinomato, dava a tutti immensa dolcezza e su ogni petal bianco avea una sfumatura ramata.
Un vil dì accadde, che la sola farfalla vide su questo fiore un farfallone dalle ali dalla splendida colorazione. La povera subito s'innamorò, e corse volando a parlar damore con quella creatura,senza paura.
Passò l'intera giornata a svolazzar attorno la suo amato, ma quell vil si dovea esser impreziosito, non la degnava neanche di uno sguardo stizzito.
Ma era cos' innamorata che decise di non arrendersi per mostrar lui quanto era interessata.
Passò 2 giorni a svolazzare senza neanche mangiare, tutta focalizzata a cercar attenzioni dal vil della quale era innamorata, ma niente esto solea di continuare quel suo comportamento assente.
La povera gialla farfalla continuò questa folle ricerca, finchè stremata morì e cadè sulla terra arata, e anche mentre moriva l'altro la ignorava.

Il vento continuava a soffiare e a muovere i petali, che per uno scherzo del destino, sembrarono alla farfalla quel suo amor che la rese folle.

...

ANGOLINO DELL’ AUTRICE


Salve lettori =)
allora, ditemi sono pazza o i fiori d'acanto sembrano delle farfalle su un fiore?
beh grazie per aver letto fin qui.
kisses Yuky

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Un allegro lamento ***


Un giorno un uccellin, color cenere col petto bianco, cadde dal suo nido.
Accadde che vi passò vicin un uomo d’animo gentil,
che avuta pietà della creatura, la portò con sé con grande premura.
Passò il tempo e la bestiola, cantava ogni dì, su per giù
e il suo salvatore ne trovava gran conforto per tutte le sue sciagure.
Un giorno, dato che l’ estate portava una gran afa e la bestiola ne soffriva gravemente,
il poveretto decise di portar la gabbietta in una zona più fresca e come a voler ringraziarlo,
per la bontà la creaturina cantava gioiosamente, ma successe,
che una tegola del tetto ruppe quella gioia, così come il capo dell’anima gentil che L’uccellin ha tanto adorato.
Cadde e la gabbia si ruppe, e l’esserino si posò sulla ferita per veder se il suo salvatore era ancora vivo,
ma sfortunatamente era ormai passato.
L’uccellin addolorato cantò tutto d’un fiato, tutto l’affetto provato e Fu un gran bel canto e chi lo sentì
non capì che era un lamento.
Così esso ricorda cantando l’affetto provato e come ricordo gli è restata quella macchietta rossa,
che gli ha dato il nome: “pettirosso”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** inverno ***


Passeggiando potresti udire il silenzio passare dolcemente trai pensieri.
Il cielo cade in briciole, nevica.
Non si può neanche immaginare il lavoro che sta dietro ad ogni fiocco, ma le fate d’inverno lo sanno bene.
Lo sapevi che non esiste un fiocco di neve uguale all’altro? Nabu Ceve lo sapeva bene.
Ma prima di parlar di lei, vorrei dirvi un po’ chi sono queste fate:
schive, dolci e amorevoli .
vivono in gruppi o sole, data la loro paura di poter essere catturate per poi entrare a far parte di una qualche collezione di farfalle.
Amano i posti: bui o in penombra: come le grotte o gli incavi degli alberi.
Passeggiano sulle lande nevose, con tale dolcezza che non lasciano impronte, ne riescono a rompere il silenzio.
Hanno la pelle bianca come la neve i capelli: biondissimi, bianchi o azzurri.
Le loro ali sono invidiate da tutte le altre fate: leggere come uno sbuffo, forti come una tormenta, hanno in loro tutta la bellezza e il colore dell’inverno, dietro di loro lasciano un dolce profumo di muschio bianco e brillano come cristalli.
Ora bisogna sapere che ogni 5 anni nasce una fata coi capelli più scuri, insolito vero?

Nabu Ceve era una creatura d’inverno, timidissima col suo vestitino di brina e i capelli color ruggine.
Tutte le sue sorelle la fissavano sbigottite, e difficilmente un gruppo la voleva con sé.
I suoi capelli erano troppo appariscenti .
Lei non era affatto diversa dalle altre.
Un giorno conobbe uno scricciolo ferito ad un’ala, la bestiolina non poteva volare e probabilmente sarebbe morta.
Nabu’ (la chiameremo così per mia comodità) provò una grande pena e prese l’uccellino con sé.
Mentre di giorno lavorava: cucendo e tagliando i fiocchi di neve, pesando la grandine e scolpendo la luce sulle stellatiti di ghiaccio. Di notte, quando finiva il suo turno, accudiva la creatura con l’amore di una madre, senza mai riposarsi un momento.
Cominciava l’ora del racconto: lei raccontava delle fiabe. Più tardi anche lo scricciolo cominciò a raccontare delle storie, ed era un grande narratore.
Raccontò di come un suo antenato era riuscito a diventare il re degli uccelli, in barba all’aquila, oppure di come un suo cugino diventò il “pettirosso” e tante altre storielle…
Passò un mese o forse più e mentre la fatina gentile tornava a casa, indebolita come era, fu sballottolata dal vento, che la fracassò contro il tronco di un albero. Lo scricciolo: Wren era il suo nome era ormai preoccupato per il gran ritardo della sua amica.
Si scatenò una tormenta e per quanto cercasse di volare, l’eroico uccellino non vi riusciva.
Con il giorno la tormenta si placò e passeggiando sulla neve Wren non trovava l’amica da nessuna parte.
Passava intere giornate a cercarla, ma sfortunatamente lei era morta e occultata dalla neve.
Lo spirito di Nabu Ceve supplicò il guardiano della foresta di farle trovare il modo per poter avvisare l’amico, ed egli mosso a compassione creò un fiore e vi mise l’anima della fata.
La pianta germogliò, proprio dove era caduta, e bucò la neve.
Era un piccolo fiore lilla con gli stami color ruggine.
Wren fece la triste scoperta.
Ringraziò l’amica di tutto.
Ora bisogna sapere che l’animale ogni volta che cerca qualcosa saltella qua e là sul terreno.
E che da quel giorno quel fiore fu chiamato: ”bucaneve”
e fiorisce tra la neve nel periodo in cui il re degli uccelli torna dalla migrazione, pronto a raccontare qualcosa di bellissimo…



ANGOLINO DELL’ AUTRICE


salve popolo di efp (ye lo ho scritto giusto)
allora volevo svelare due cosucce sui nomi dei miei personaggi:
NabuCeve è un'anagramma, della parola... suspance -non ve lo dico- XP
Wren è scricciolo in inglese
ciò mostra la mia grande "originalità" nel dare i nomi
beh kiss Yuky
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La bambola d’oro ***


Un giorno accadde che l’amato nonno di Giuseppe Prete morì.
La sera successiva il giovane ragazzo, di Rende paesino nella provincia di Cosenza, ricevette una visita dal suo nonnino.(forse in sogno, non ricordo)
-Giusè ti devo dire ‘na cosa - disse non appena si face avanti
- Cosa Don-Mario*? - esclamò il raggazzo pieno di stupore
-Che io c’ho nasquosto ‘na cosa qui, una bambola d’oro e tu la devi pigliare per mantenere la tua famiglia ora che io nun ce so chiu ma ascuota nun te deve vedere nesciuno –
[trad: che io qui ci ho nascosto una cosa, una bambola d'oro e tu la devi prendere, per mantenere la famiglia ora che io non ci sono più]
Il nonno gli confidò il luogo della casa nella quale si nascondeva il tesoro: -Giusè ricorda è vicino alla “prima regina di cantoneira*”-
Continuò ripetendogli, che nessuno l’avrebbe dovuto vedere mentre disseppelliva il tesoro.
-buona fortuna –disse scomparendo
Ma come avrebbe fatto Giuseppe il più giovane di 11 fratelli a dissotterrare un tesoro senza essere visto?
Il giovane attese la notte, e quando fu sicuro, che per casa non vi fosse neanche un topolino, scese dal letto, uscì di casa e si recò dove suo nonno aveva posto la prima regina di cantoneira, impugnò la vanga e cominciò a scavare.
Continuò, finchè la pala non urto qualcosa: una scatola di legno, la aprì e dentro c’era proprio ciò, che Don Mario aveva detto: una bambola d’oro massiccio e mentre la contemplava sentì alle sue spalle –Giusè che stai a fa’? –[trad giusè, che stai facendo?]
Era Agatuccia: sua sorella.
La bambola era scomparsa nella pietra.
In quel luogo si trova sempre un po’ di polvere d’oro, e ci sono quelli che, troppo razionali, per credere alla leggenda, dicono che ci sia un qualche vena d’oro o cose simili.
Nessuno è mai riuscito a rompere quella pietra neanche il tempo potrà… almeno finchè ad un altro Prete (è un cognome) verrà detto di tenare di trovare il tesoro...

ed è qui che la verità mutò in leggenda
___________________________________________________


ANGOLINO DELL’ AUTRICE


vi stupirà sapere che questa storia è tramandata nella mia famiglia,
anche se ho dovuto modificare qualche punto per renderla breve, dato che le fiabe che ho scritto devono essere brevi tranne “petali rosati ” solo perché è la prima XP
note:
*Don: è un suffisso detto prima dei nomi in segno di grande rispetto nella famiglia
*regina di cantoneira:la pietra usata per le fondamenta è detta così (e solitamente vengono scelte le più belle)
spero che vi piaccia.
Kisses Yuky

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Il pennello ***


In un tempo assai remoto, in luogo che non so’ dir, viveva una pittrice di nome Clodir.
Che dire di lei? Nulla di che,
era una ragazza come tante altre, riusciva a passare completamente inosservata,
come avrebbe fatto un filo d’erba in un prato.
L’unica cosa di lei degna di nota è, che era innamorata di un assassino e non corrisposta.

Un giorno, mentre camminava malinconica, notò, sull’asfalto nero, un qualcosa luccicare, era un pennello, lei allora dipinse.
Dipingeva spesso, con il suo repertorio di blu e rossi e la sua passione.
Quando dipingeva si sentiva: persa, lontana dal suo mondo,
insomma era in pace ed estremamente felice.
Successe un altro fatto degno di nota:
Il pennello si innamorò di lei, ma non era corrisposto.

Un giorno la pittrice finì i soggetti da rappresentare,
si trovo' di fronte il suo ultimo quadro: un ritratto dell’assassino, così lei tornò ad essere malinconica.
Una notte mentre dormiva, il pennello mosso dall’ira, si
avvicino al quadro, e preso il nero, si accinse a cancellare gli occhi dell’uomo.
Quello stesso giorno l’assassino perse per sempre la luce,
ma Clodir, era troppo buona e non fu felice, anzi sempre piu’ infelice.
La notte seguente il pennello, preso da odio e gelosia, col colore, cancellò l’intera tela.
L’assassino sparì senza lasciare traccia.

Un giorno la pittrice si innamorò di un mercante, che per la sua abilità la sposò, ma siccome viaggiava spesso,
la tradiva in ogni dove, quando lei lo scoprì tornò alla sua tristezza.
Il pennello ripeté la procedura e l’uomo svanì.
Un giorno lei si innamorò di un giardiniere buono e gentile,
ma al pennello non importava cancellò anche lui,
poiché un giorno l’ avrebbe ferita.
Fu così che Clodir rimase sola con il panello.
Un giorno lei sentì la morte vicina,
si accinse a rappresentare il suo ultimo quadro, sulla tela non c’era niente:
solo un pennello d’argento.
Fu allora che il pennello sentì una grande solitudine, si accinse a ripetere un’ultima volta la procedura, fu così che scomparve.
Aveva distrutto colei che amava… privandola di tutto, accecato da un amore malato.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Cappuccetto bianco nebbia ***


La strada era rischiarata solo dalla flebile luce della luna.
La ghiaia scricchiolava debolmente sotto ogni passo, la nebbia non accennava minimamente a voler svanire.
Ogni piccolo dettaglio era avvolto celato da un velo bianco.
Il vestito bianco della ragazza si mimetizzava perfettamente,
Dando l’impressione che ella fosse una sorta di creatura magica vestita con un ampio abito costituito dalla foschia.
Gli alberi ritorti si ergevano sulla strada con i loro rami artigliati, apparivano all’improvviso come tanti mostri in agguato,
il cuore della fanciulla batteva più forte ad ogni passo.
Quanto ancora doveva comminare, l’albero di Elemah era ancora distante?
Il sentiero ormai stava sparendo per lasciare spazio al suolo della foresta.
Gli sterpi, gelosi della bellezza dell’abito, ne strapparono piccoli pezzetti per vestire le loro spoglie spine.
La ragazza proseguiva incurante, dei suoi graffi.
Non poteva ritardare, strinse i gioielli che aveva trafugato,
dal portagioie di sua madre.
Lei amava quel forestiero, che i suoi genitori vedevano così di malocchio.
Ora stava fuggendo via da tutto ciò che conosceva.
Lei lo amava, lo amava così tanto.
Sarebbero fuggiti assieme. Dovevano solo incontrarsi ai piedi del vecchio albero morto.
I pensieri non correvano più veloci della fanciulla.
La radura si aprì e sopra una collinetta l’antico albero si stagliava contro il cielo notturno, raggiunto esso ebbe l’occasione di riprendere fiato, accarezzò la fredda corteccia spaccata dal tempo.
Lui non era ancora arrivato.
Un ghigno strisciò di fronte a lei, il lupo cattivo la aveva presa.
La sua zanna d’argento le recise la gola, lei si specchiò nei suoi occhi.
Sapeva che non l’avrebbe fatta aspettare.
Perché lui l’amava.
La giovinetta sorrise, aveva sempre sognato di sposarsi con un abito rosso.
Peccato, era già tutto finito...
nessun garofano avrebbe ornato i suoi capelli, solo un folle rosso passionale.

Il mattino seguente i corvi si contendevano le spoglie della ragazza.
Gli sterpi che provavano pena e colpa, pregarono e la piansero.
E accadde che l’albero commosso, fiorì.
I suoi fiori erano bellissimi, ma avevano due colorazioni: erano bianchi o rossi.
Quelle erano le prime camelie.
“Il fascino che fa cadere le difese degli amanti.” questo fu ciò che più tardi un'uomo si sentì bisbigliare all'orecchio da una camelia caduta.
Gli sterpi invece cucirono dei piccoli fiori con la stoffa rubata perchè volevano serbare il ricordo della lezione, alla quale avevano assistito.
Fu allora che ebbero il nome di biancospini. E la loro lezione fu: “l’ingenuità fa male”.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Rgb ***


Era un uomo strano, non era mai uscito di casa.
John aveva un ossessione profonda verso il colore giallo: la sua casa, le pareti, i mobili, il soffitto erano gialli, i fiori nel suo giardino, i suoi vestiti; il resto del mondo, per John, era in bianco e nero.
Un giorno accadde qualcosa, un incidente.
Era una giovane donna.
Lui la guardò, un colore sconosciuto la colorava, facendola spiccare nel suo mondo. Pensò subito che fosse molto bella: i suoi capelli, la sua bocca, le sue guance i vestiti, tutto aveva quel colore.
Avrebbe dovuto parlarle, ma lei corse via e si disperse nella folla; ma il suo ricordo rimase stampato nella mente del nostro protagonista che scoprì così il rosso e lo associò alle cose belle per sempre.
Iniziò così a ricercare cose rosse, gli sarebbe piaciuto essere bello in quel modo.
Ma il rosso sembrava fuggire via da lui.
Camminò, Camminò e si sentì tornare bambino, no, tornò ad essere il bambino che non era mai stato, un piccolo osservatore alla ricerca della bellezza.
Osservava avido ogni dettaglio, alla ricerca di rosso. La giornata stava finendo e un vivido e vivace tramonto aranciato infuocò il cielo, per la prima volta John pianse, non gli era chiaro il perché, ma una domanda urlava nei sui occhi, perché, perché non lo ho mai visto? C'è dell'altro? Così arrivò la sera con i suoi cieli color cobalto e scoprì il blu, un colore leggero ed intenso come il suo nome.
Poi fu il turno del verde, e del viola.
E sapete? Un giorno rincontrò la donna rossa, solo che non era tutta rossa, i suoi occhi, ad esempio, erano blu: la trovò addirittura più bella.
E così capì che la vita, non era rinchiusa solo in un colore.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1825650