I don't fucking care

di Alexi_Core
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1. ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2. (parte 1) ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 2. (parte 2) ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3. ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 4. ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 5. ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 6. ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 7. ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 8. ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 9. ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 10. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



PROLOGO.



Mi chiamo Alexys Lockwood e ho sedici anni. Capelli marroni, occhi azzurri grigi e altezza media. Ora, dopo questa presentazione molto inutile passiamo alla vera parte della storia.
Sono stata adottata proprio quest'anno dalla famiglia Miller, Luke e Teresa, che erano degli amici di famiglia che non avevano potuto avere figli. E ora voi vi chiederete: "Perchè dovrebbero addottare un'adolescente coin sbalzi d'umore, ribellione all'ordine del giorno e ormoni a palla?". Beh semplice, più o meno. I miei erano stati trucidati  e loro si sentivano in colpa. Perchè? Perchè, invece di andare a cene a casa con i miei, sono dovuti andare dalla medre di Teresa. Io non li incolpo assolutamente, anzi sarò sempre grata del gesto che hanno fatto. Non avendo zii o parenti, sarei stata sbattuta in uno sporco e triste orfanotrofio di New York. Eh si, vivevo nella Grande Mela, una delle città più belle e famose del mondo, ma tra quei palazzi e quella gente c'era un dolore infinito da parte mia.
Il giorno della morte dei miei ero da una mia amica, poi, tornata a casa trovai i cadaveri di Alexandra e Charles e Lockwood. Lei era un'insegnante in un liceo e mio padre era un agente dell'FBI.
I cadaveri erano pieni di tagli causati da coltelli secondo la polizia, metre per me erano ferite causate da artigli. Ma, sfortunatamente, nessuno crede al sovrannaturale. Sembrava che un grosso cane avesse deciso di giocare un po' troppo violentemente.

Prima di chiamare la polizia,però, ricordo di essermi avvicinata a loro, per chiuderli gli occhi. Notai che c'era una specie di liquido viscoso su di loro e, accanto c'era una squama, come quelle dei serpenti, solo molto più grande.
Avevo lo spirito investigativo di mio padre. Il mio cervello era sempre attivo. Tutte le cose che non capivo alla fine ottenevano una soluzione.
Quella notte, invece di disperarmi, ho cercato indizi che mi conducessero a scoprire chi fosse il bastardo che li aveva uccisi. 
Poi afferrai il telefono e chiamai la polizia. facendo qui tre numeri crollai. Mentre chiamavo ero in lacrime, singhiozzavo senza riuscire a fermarmi. 
Andavi di nuovo vicino i corpi, feci scorrere le mani sui loro occhi, chiudendoli. Vendendo le facce sembrava che dormissero, ma se spostavi lo sguardo sui corpi capivi che se ne erano andati per sempre. 
Tagli profondi sul petto, sul collo, sulle gambe e sulle braccia. C'erano perfino delle ustioni in delle parti del copro.
Sul pavimento c'era una gigantesco pozza di liquido rosso scuro.
Poi la polizia arrivò, qualcuno di loro chiamò i Miller e quello che successe dopo era solo un ricordo confuso. 
Il rapporto della polizia diceva che un fuggitivo da uno ospedale psichiatrico, Eichen House, aveva ucciso per primo mio padre per averlo fatto internare, poi anche mia madre perchè era lì. Due giorni dopo l'accaduto si era suicidato, lasciando una lettera con scritto che non poteva vivere ancora ad Eichen House e così si buttò dal ponte di Manhattan alle tre del mattino. Tutto risolto.
Da quella notte per due settimane sognavo sempre qualcuno, tutto nero con degli artigli e un punto interrogativo sulla faccia che uccide i miei. Non credevo che fosse stato lui, non aveva neanche confessato di aver compiuto quell'omicidio. Sarà stato anche un pazzo, ma di solito confessano prima di porre fine alla loro vita. Poi la polizia non aveva trovato nessuna impronta digitale, o indizio, che potesse risalire a lui.

 Ci trasferimmo in una casa a due piani a Beacon Hills, una piccola cittadina della California. Hanno deciso di trasferirsi per lasciarsi alle spalle quello che era successo a New York. Lo avevano fatto per me, ma anche per loro. Se ne facevano una colpa. Io continuavo ad indagare e indagare.

Qualche volta tornavano i sogni e ogni volta di aggiungeva un pezzettino.Ma ancora non avevo trovato chi fosse l'assassino.





MY CORNER
HELLOOOOOOOOOOO(?) Allora, iniziamo col dire che è la terza volta che pubblico qualcosa ma, come dire, ho cancellato le storie precedeni. Forse le riscriverò.
Coooomunque, TALK ABOUT THE STORY. Ho deciso di fare questo capitolo molto triste e deprimente perchè ci stava. La scusa della morte dei genitori non sarà una scusa per farsi consolare dal ragazzo che le affibbierò, ( a molte non piacerà)ma a rendere la nostra Alexys più forte e più determinata a scoprire chi ha fatto questo scempio ai suoi genitori. D
Questa stranno, storia non seguirà molto la storyline della 5A di Teen Wolf, sarà un po' rivisitata. I personaggi non lo saranno, ma ci saranno delle new entry e modificherò un pochino i Dread Doctors.Ho in mente di finirla quando scopriremo un po' di più su Theo e i noti Dottori del Terrore.
_Fra_

PS: il titolo della fanfic è spudoratamente copiato dal titolo della canzone "IDFC" di Blackbear che dovete assolutamente ascoltare sennò'( E' italiano o solo toscano?) vi trovo e ve la canto(I cori che fanno allo stadio sono più intonati di me). La storia è stata anche ispirata dalla canzone

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1. ***


CAPITOLO 1.
 

Era da una settimana che eravamo a Beacon Hills e, tutto sommato, non era brutta come cittadina. Non avevo ancora conosciuto nessuno e andava bene così. La morte dei miei genitori non era ancora una cosa con cui potevo convivere e conoscere nuove persone subito non mi andava proprio. Lo stare tutto il giorno con persone che conoscevo e che conoscevano me era la cosa che mi serviva di più in quel momento. Comunque questa ‘’piacevole’’ situazione sarebbe collassata di lì a poco.
Infatti tra due giorni avrei iniziato la scuola. Quello sarebbe stata l’inizio della scuola per tutti dopo l’estate.
La cosa di riprendere a studiare e fare i compiti … non l’aspettavo per niente. E, soprattutto, conoscere nuove persone. Allora, io non sono mai stata una persona molto chiusa, anzi il contrario, più persone da conoscere c’erano meglio era. Però anche se sono passati mesi dalla morte dei miei, non  me la sentivo per niente di rifare amicizia e raccontare un’altra volta cosa era successo.
Però dovevo farlo e quindi niente storie.
Poi venne la domenica, maledetta domenica. Ho sempre odiato quel momento della settimana. Il giorno prima pensi: “Posso svegliarmi presto e non devo andare a scuola. Che bello”, mentre il giorno dopo pensi: ”Perché è lunedì, non vedo l’ora che sia sabato”.
Non pensi mai alla domenica come vero e proprio giorno di relax, tanto il giorno dopo è lunedì. Anzi, preferisco il primo giorno della settimana invece dell’ultimo.
Comunque quella domenica pensavo che andasse tutto bene. Ovvero disperarmi per il primo giorno di scuola, invece no.
Più o meno verso le dieci di mattina, qualcuno suonò alla porta. Credevo che andasse o Teresa o Luke, ma restai piacevolmente(si fa per dire) scoprire che i due bei piccioncini dormissero ancora. E, visto che ero l’unica sveglia, dovetti andare ad aprire, scomodandomi da quel bel divano bianco morbidissimo.
Fortunatamente mi ero messa qualcosa addosso. Era ancora troppo caldo per mettersi i miei cari e vecchi maglioni. Indossavo semplicemente una canotta corta verde menta e dei jeans chiari corti strappati.
Mente camminavo sentii il piacevole fresco del pavimento sotto la pianta dei piedi.
Quando aprii la porta non mi aspettavo proprio di vedere un  ragazzo con un vassoio di biscotti in mano.
<< Ciao >> dissi io, squadrandolo da capo a piedi.
Quel ragazzo, Theo, mi aveva incuriosita. Con quegli occhi scuri, quasi neri, quelle labbra non troppo carnose e soprattutto quello sguardo un po’ enigmatico. Era abbastanza alto, forse un metro e ottanta, ed era molto ben piazzato. Con qui muscoli avrebbe potuto sollevare l’intero Emipre State Builing. Indossava dei semplici jeans un po’ larghi e una maglietta nera che non faceva altro che risaltare le ore in palestra a cui aveva dedicato tempo.
Tutto sommato, lasciatemelo dire, era un gran pezzo di figo.
<< Ciao, io sono Theo Reaken e sono il tuo nuovo vicino- si presentò lui porgendomi la mano. Gliela strinsi per educazione, accennando un sorriso per non sembrare scortese- Questi ve li offre mia madre per darvi il benvenuto a Beacon Hills>>
Li presi e dissi: << Io sono Alexys e dì a tua madre che la ringraziamo molto. Ah, un’altra cosa, come fai a sapere che non abitavo a Beacon Hills prima di venire in questa cosa. Voglio dire, potevo anche vivere qui ma in un’altra casa >>
<< Dimentichi che questa è una città piccola, tutti sanno tutto di tutti >> rispose lui
<< Giusto >> dissi io per acconsentire anche se lo feci solo per educazione, un’altra volta.
<< Se posso chiedere, da dove vieni? >>
<< Da New York >>
<< Okay, allora ci vediamo domani a scuola, a quale anno sei? >>
<< Secondo >>
<< Anch’io. Ciao >>  
Appena se ne fu andato chiusi la porta e andai in cucina ad appoggiare i biscotti sul tavolo da pranzo. Ne presi uno. Era veramente buono, il sapore dell’impasto e le gocce di cioccolato si sposavano perfettamente. Cosa potevo chiedere di meglio?  Una dolce colazione appena sveglia.
Tornando a Theo, quel ragazzo sembrava simpatico, ma chi poteva saperlo. Si dice che la prima impressione è quella giusta, ma non sempre è vero. Quando ero ancora a New York avevo conosciuto una ragazza, Stacy Stuart, sembrava dolce e carina, ma poi se n’è andata senza dirmi niente. Ho provato e provato a contattarla per settimane, ma poi ho rinunciato visto che non mi rispondeva mai.
<< Chi era alla porta? >> urlò Teresa dal salotto. Non mi ero neanche accorta che fosse scesa.
<< Il figlio dei nuovi vicini. Ci ha portato dei biscotti >> risposi io
<< Quel campanello ha un suono alquanto fastidioso >>disse lei una volta in cucina
<< Credevo dormissi >>
<< Infatti, credevi perché te l’ho fatto credere. Ero sveglia dalle otto credo, ma non avevo voglia di scendere e alzarmi da letto >> confessò lei.
Le tirai la stagnola che era sopra il vassoio di biscotti
<< Ehi >> si lamentò lei.
<< Te lo meriti, mi hai fatto alzare dal divano>> l’accusai io ridendo
<< Ho visto che non ti dispiaceva però>> disse lei intendendo Theo e guardandomi con uno sguardo un po’ malizioso.
Le tirai uno schiaffetto sulla spalla dicendo: <<  Teresa! >>
<< Ehi ho detto solo la verità>> si difese lei.
<< Quindi mi stavi spiando >> conclusi io
<< Non stavo proprio spiando, vi stavo guardando senza che ve ne accorgeste … okay, hai vinto,- disse alzando le mani in segno di resa dopo aver visto il mio sguardo- vi stavo spiando. Volevo accertarmi che lui fosse un tipo apposto >> si difese lei, di nuovo, sorridendo.
A quel punto scoppiammo tutte  e due a ridere, noncuranti di Luke che ci stava osservando, appoggiato allo stipite della porta, sorridendo felice, sollevato dal nostro rapporto.
 
 
 
MY CORNER
Hellooooooooo. ALLORA, PARTIAMO COL DIRE CHE RINGRAZIO UN SACCO ELLIE SPRAYBERRY PER AVER RECENSITO. SEMBRA UNA COSA DA NIENTE, MA PER ME SIGNIFICA MOLTO, QUINDI GRAZIE, GRAZIE ,GRAZIE.
COMUNQUE TAL ABOUT THE STORY. Questo capitolo è un po’ corto, ma molto importante, perché introduce Theo (personaggio molto importante per la storia), Stacy, che sarà anche lei molto importante per la storia(molto più che nella serie) e accenna anche alla personalità di Alexys che è dura e combattiva, ma anche molto dolce con le parsone che ama, e che è sempre molto educata, (Ho deciso di farla essere educata perché si legge sempre di persone maleducate e strafottenti con tutti neanche conoscendo le persone e non mi vanno a genio sinceramente) si accenna anche alla personalità di Teresa e del rapporto che hanno.
Se vi è piaciuto questo capitolo ditemelo con una recensione, anche piccina piccina, e ci vediamo(anche se non ci vediamo, ma non sapevo cosa usare come verbo) con il prossimo capitolo.
Ciauzzzzzzzzzzzz (lo scrive sempre una mia amica e mi ha contagiata ormai, quindi la colpa è sua)

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2. (parte 1) ***





CAPITOLO 2. (parte 1)



Era lunedì mattina, più precisamente erano le cinque  e trenta. Ero andata a letto troppo presto evidentemente. Comunque non riuscivo a prendere sonno un’altra volta, anche se mi sentivo terribilmente stanca.
Quindi misi un po’ di musica a volume basso e mi concessi dieci minuti di relax totale ascoltando “Angel with a shogun”. Adoravo letteralmente quella canzone, era un po’ la colonna sonora della mia vita. Rispecchiava la mia personalità. Avrei potuto affrontare tutto per le persone che amavo.
Poi ascoltai “Little bad girl” che non significava praticamente niente, solo uno che vede una ragazza ch balla e si sente bene … ehm si, ma era carina e dava la carica per alzarsi da letto e andare verso il fastidioso primo giorno di scuola.
Quindi mi tirai su a sedere e scesi dal letto, benedicendo il clima caldo che sostava su Beacon Hills. Se c’è una cosa che odio, è quella di avere freddo la mattina di inverno, ma nonostante questo preferivo l’inverno all’estate.
Andai verso il bagno. Avevo la fortuna di avercelo in camera. Aprii l’acqua e mi feci una doccia abbastanza lunga fino alle sei, quando sentii la canzone della sveglia che non avevo nella playlist che avevo messo.
Uscii dalla doccia e andai verso l’armadio, prendendo la prima cosa che avevo. Un paio di pantaloncini corti chiari e una maglietta nera con un acchiappasogni bianco.
Dopo essermi asciugata un po’ meglio indossai i vestiti, mettendo della scarpe basse bianche.  Andai di nuovo in bagno e usai il phon.
Erano le sei e venti quando sentii qualcuno bussare alla porta. Era Teresa che mi avvertiva che la colazione era pronta.
Quindi scesi e mangiai uova strapazzate e beacon, con una tazza di caffelatte. E vi chiederete “Caffelatte dopo uova e beacon?” , si, state parlando con una che si mangia le patatine e poi la marmellata.
Tornai di sopra per fare lo zaino e pettinarmi i capelli. Li lasciai sciolti.
Qualcuno, poi, suonò alla porta quando stavo uscendo per andare a scuola.
Sulla soglia della porta c’era Theo. Okay che eravamo vicini e che lui aveva portato dei biscotti, tra l’altro buonissimi, ma perché era lì, davanti a me, di mattina alle sette? Io di mattina sono la persona più intrattabile che esista al mondo.
Così, esternai i miei pensieri dicendo con tono piuttosto infastidito : << Cosa ci fai qui?>>
<< Che entusiasmo, calmati per favore>> disse lui in tono sarcastico.
<< Che ci fai qui? >> ripetei.
<< Ti accompagno a scuola, mi sembra ovvio>> rispose, facendo lo sguardo da chi nasconde qualcosa. Non mi piaceva.
<< Chi te l’ha detto di darmi un passaggio?. Io di sicuro no.  Non so lo sai ma abbiamo parlato solo per due minuti … >>
<< Mia madre. – visto che lo stavo fulminando con lo sguardo aggiunse in fretta – Ti spiego. Mia madre non è una pazza scellerata, solo che con gli ultimi vicini ho fatto un po’ di casini e ora loro mi odiano e considerano i miei genitori dei pazi da legare, quindi sperano che con voi sia diverso>> spiegò lui.
<< Okay >>dissi semplicemente.
<< Quindi … vieni con me o no? Anche veloce, sai si sta facendo tardi >>
Ci pensai un secondo. Era più conveniente andare con Theo che conosceva già la scuola per evitare ritardi il primo giorno. E io, essendo educata e troppo buona, decisi di accettare.
<< Okay. Teresa, io vado con Theo a scuola, ci vediamo dopo >> stavo quasi per uscire di casa, quando la donna mi fermò e mi dette le chiavi di casa, dicendo: << Io e Luke non ci saremo quando tornerai, dobbiamo fare altre cose per la casa >>. Detto questo uscii da casa salutandola nuovamente.
 
Il viaggio fu abbastanza corto. Impiegai tutto il tempo a cercare una canzone che mi piacesse, ma con scarso successo. Su una stazione radio c’era la messa. Mentre io cercavo come una dannata sentivo Theo ridacchiare. Figo quanto  ti pare, ma anche insopportabile quanto ti pare. Non sopporto le persone invadenti.
 

 


MY CORNER
Hellooooooooooo. Allora, ringrazio per aver recensito la mia storia e di seguirla. E’ importante per me perché so che a qualcuno piace quello che scrivo e posso dare libero sfogo alla mia fantasiaaaa.
Comunque TALK ABOUT THE STORY. E’ un capitolo di passaggio, nel prossimo, che ci sarà oggi (o meglio stasera), si vedrà il primo giorno di scuola di Alexys.
Come si comporterà con Theo, bene o male? Anche se è una persona educata e gentile (cosa che in questo capitolo non lo è stata molto) accadrà qualcosa che la farà arrabbiare o ricredere nei confronti di Theo?
Ùim questo capitolo non succede praticamente nulla, solo il tragico sapere che devi andare a scuola. E l’incontro abbastanza non gradito con Theo.
Spero che vi sia piaciuto e ci vediamo al prossimo aggiornamento, ciauzzz
_Fra_ 

 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 2. (parte 2) ***


CAPITOLO 2 (parte 2).
 


Appena scesi dalla macchina, una ragazza si fiondò su Theo, baciandolo come se non ci fosse un domani. Sembrava che gli volesse mangiare la faccia.
Comunque, entrai a scuola e cercai la segreteria, per avere il programma e il codice dell’armadietto.
Fortunatamente, trovai subito la stanza. Una donna con una voce calda e molto gentile, dopo avermi dato il foglio, mi fece vedere le prime due aule  e anche dove fosse l’armadietto. La ringraziai e andai verso armadietto.
Aprirlo non fu difficile come nei film. Nei film c’è la ragazza che è in difficoltà e arriva il ragazzo più bello della  scuola ad aiutarla … Ehm, no. Nella realtà non succede, e non mi dispiace. Sono capace di aprire uno stupido armadietto.
Suonò la campanella che avvertiva gli studenti di andare in classe. Così feci, la prima lezione che avevo era quella di storia.
Quando entrai in classe il professore Yukimura, mi presentò alla classe. Questi, come si poteva intuire dal cognome, era di origine orientale. Aveva di piccoli occhi scuri e il viso tondeggiante. Aveva anche un po’ di pancetta.
Mi misi a sedere nell’ ultima fila. Dopo qualche minuti di lezione, entrò Theo, che continuava a tenere una mano sul collo, come per nascondere qualcosa.
<< Reaken! Primo giorno e già in ritardo, promettente.>> disse il signor Yukimura, scatenando qualche risatina degli studenti.
L’unico banco libero era quello vicino a me. Per una volta volevo che Theo fosse nei paraggi.
Dopo che si era seduto e sistemato, gli chiesi : << Cos’hai sul collo? >> fingendo di fare l’ingenua.
Lui mi guardò, poi si tolse la mano dal collo per farmi vedere. C’era un segno rosso.
<< La prossima volta tu e quella ragazza andateci piano. Siamo in un luogo pubblico e situazione del genere – intendendo lui – fanno sentirti in imbarazza, ma le devi fare, così fate ridere la gente >>. Mentre dicevo tutto questo, sembravo Shia LaBeouf nel video dove diceva di inseguire i propri sogni, battendo pure il pugno sul pugno dell’altra mano.
In tutta risposta ricevetti una penna sul braccio da Theo. Stavamo ridendo tutti e due.
Per il resto della lezione non parlammo, ma sentivo lo sguardo indagatore di Theo farmi i raggi X.
Finita la prima ora, andai direttamente in classe, senza passare dall’ armadietto.
La seconda lezione che avevo era quella di letteratura.
Come aveva fatto il professor Yukimura, anche la signora Martin mi presentò alla classe.
Mi sedetti in penultima fila, fu la scelta migliore che potessi fare. Di fianco a me c’era un ragazzo con i capelli neri, occhi scuri,
labbra fini e ben piazzato. Invece, dietro di lui, c’era un ragazzo con i capelli castani, occhi marroni e una spruzzata di nei su tutto il viso.
<< Ho un brutto presentimento >> disse quello i capelli neri.
<< E’ da tutta la mattina che vai avanti così, è solo una sensazione>> replicò l’altro.
<< Stilinski, McCall silenzio! >> li rimproverò la professoressa, facendo sobbalzare tutti e tre. Quel cognome, McCall, non mi era nuovo, ma non riuscivo a ricordarmi dove lo avessi sentito
Comunque, dopo due secondi iniziarono a parlare.
<< E se qualcuno dovesse veramente morire? >>
<< Oltre che lupo mannaro, ora sei anche un veggente, anzi una banche? >> Cosa? Banshee? Lupo mannaro? Sperai che stesse scherzando, altrimenti o si erano drogati o avevano qualcosa che non andava al cervello. Sperai per loro che si fossero drogati invece di dover farmi rimettere apposto la rotella mancante in un ospedale psichiatrico, o da uno psicologo.
<< Divertente, Stiles. Io sto parlando sul serio. Se qualcuno dovesse morire … >>
<< C’è un lato positivo. Se fosse Theo non avremmo più dubbi su di lui … >> rispose quello con i capelli castani. La cosa mi fece sorridere, lui lo sopportava meno di me.
<< Stiles, l’unico che ha dubbi su di lui sei tu. Smetti da farti paranoie su Theo. E’ apposto >>
<< Te hai quel brutto presentimento, lasciami avere  anche il mio. Io non mi fido di Theo >> il ragionamento di Stiles non faceva una piega.
Poi il cellulare di Stiles vibrò.
<< E’ da parte di Lydia. “Qualcuno sta per morire”  >>
<< Il mio presentimento era giusto …>> una cosa che trovai strana fu quella che Scott non disse “te l’avevo detto” a Stiles, non gli fece pesare in fatto che gli diceva soltanto che era un presentimento. Poi la parte razionale del mio cervello ebbe la meglio. Stavano parlando di una ragazza che sapeva predire la morte. E di un lupo mannaro. Ho già espresso come la penso.
<< Che facciamo, allora? >> chiese Stils a Scott
<< Non lo so Stiles, non lo so …>>
Si vedeva che i due erano molto amici. Bastava guardare come Stiles credeva in Scott.
Loro non parlarono più, e io cercavo di seguir la lezione, ma non ci riuscivo.
Continuavo a pensar a quello che avevano detto. Ho sempre creduto che non fosse stato un uomo ad uccidere i miei, ma probabilmente un animale, anche se i poliziotti avevano scartato quell’ipotesi dato che avevano visto qualcuno che stava eretto, e non a quattro zampe.
Pensavo che, se i lupi mannari esistono, forse era stato uno di loro a uccidere i miei. Ma non escludevo la possibilità che fosse stato lo stesso Scott, anche se ne dubitavo altamente.
La campanella suonò e io uscii dalla classe più in fretta degli altri.
 
Arrivai all’armadietto, posai il quaderno e l’astuccio nell’ armadietto, come feci con lo zaino. Non feci neanche in tempo a chiuderlo che Theo venne a farmi visita.
<< Ehi >> iniziò lui
<< Ciao >>
<< Qual è la tua prossima lezione? >>
<< Chimica >>
<< Anche la mia. Va bene se andiamo insieme? Almeno te non perdi tempo e io mi sento la coscienza apposto>>
<< Okay, ma perché ti dovresti sentire con la coscienza apposto?>>
<< Perché stamattina non ti ho aiutata >>
<< Sono una ragazza con un bambino di due anni, so trovare la segreteria e delle aule >>
<< Questo non lo metto in dubbio, ma lo volevo fare e non l’ho fatto. Tutto qua >> detto questo sorrise. Beh, inutile dire che aveva un sorriso perfetto. Aveva i denti bianchissimi e dritto.
<< Ah, una cosa, – ripresi a parlare io – come si chiama la ragazza che ti ha baciato? >>. Era semplice curiosità, e poi pensare a lei come “la ragazza che ha baciato Theo” non era molto carino. C’erano i nomi apposta.
<< Gelosa,eh ? >> chiese lui, sorridendo maliziosamente.
<< Hai completamente ragione, ti ho parlato per dieci minuti e sono già pazza di te. Se ti bacia un’altra volta giuro che le strappo tutti i capelli >> dicendo tutto ironicamente e facendo, per l’ultima frase, l’imitazione di una ragazza senza cervello.
Lui rise, io feci lo stesso.
<< Comunque si chiama Abigail >>
<< Bel nome >> dissi io, non sapendo cosa dire. In realtà odiavo quel nome, sembrava il nome di una gallina. Infatti, quando avevo cinque anni andai al pollaio di amici di famiglia e chiamai la gallina più antipatica, aveva tentato di mordermi più volte, Abigail.
Suonò la campanella e io e Theo andammo in classe.
 
Anche questa volta, il professore mi presentò. Quello di chimica vestiva molto elegante, portava degli occhiale tondi e aveva un’ espressione seria. Aveva occhi scuri piccoli ma attenti, naso aquilino e bocca estremamente fine, come se non ce l’avesse.
Comunque scoprii che in realtà era molto simpatico, sapeva come prendere i ragazzi e, se qualcuno sbagliava, non si arrabbiava.
L’ora passo in fretta facendo l’esperimento che ci aveva assegnato da fare in coppia. Mi ricredetti anche su Theo, forse non era così male come credevo. In quella lezione
L’unica cosa strana che accadde fu quella che una ragazza continuava a fissarmi. Aveva i capelli castano chiaro poco sopra le spalle, labbra carnose e grandi occhi marroni. Ma la ignorai.
La campanella suonò, e questo significò dover andare alla lezione di matematica.
Poi, però, la voce del preside rimbombò in tutta la scuola, interrompendo l’afflusso di studenti.
Lui disse :“Tutti gli studenti sono pregati di uscire ordinatamente dalla scuola”.
Tutti esultarono, tranne Theo, io, Scott e Stiles, che avevo visto nel corridoio.
Mi feci veloce strada tra gli studenti, raggiungendo l’eterno.
C’erano almeno due volanti della polizia, due ambulanze e altre macchine del corpo di polizia che non riuscivo a riconoscere. Mi sembrò di rivivere la stessa notte dell’omicidio dei miei, solo a pochi mesi di distanza. Rividi l’agente che veniva ad avvisarmi che i miei genitori erano morti e, in quel momento, ricordai che l’agente che me lo disse si chiamava Rafael McCall, ecco perché quel cognome non mi era nuovo.
Dopo quel breve momento di smarrimento corsi verso la striscia gialla della polizia che limitava lo spazio da non oltrepassare per le persone non incaricate.
E, beh, quello che vidi mi riportò esattamente a quella maledetta notte. Sentii qualcuno trascinarmi di peso via da quella scena. Non riuscii neanche ad oppormi, continuavo a tenere lo sguardo nel punto in cui avevo visto il corpo, con gli occhi spalancati dallo stupore. Quella persona distesa, con tagli simile a quelli che avevano i miei genitori, era Teresa.

 
 
 
 
MY CORNER
Helloooooooooo. Allora per prima cosa scusate se ieri non ho aggiornato ma invece di fare “copia” ho fatto “incolla” e prima non avevo salvato il capitolo, quindi è andato a farsi mettere un vestito(?). Non potete capire la rabbia, ci avevo messo tipo 4 ore e in due nanosecondi tutto il lavoro è andato perso. Avevo pensato anche di riscriverlo, ma era l’una di notte e dovevo fare ancora i compiti (avevo poltrito tanto quel pomeriggio)
Coooomunque TALK  ABOUT  THE STORY.  Sinceramente adoro questo capitolo. Ci sono Scott e Stiles, ho adorato scrivere di loro, anche se la prima volta che lo avevo scritto era meglio, ma è andato. Poi si accenna a Lydia e Malia. Malia non è gelosa, mettiamolo in chiaro, non farò nessun triangolo Stiles-Malia-Theo, un triangolo forse ci sarà, ma non ne sono ancora sicura.  Ah, e fate attenzione alle frasi in corsivo, sono importanti perché danno degli “indizi” per capir come andrà avanti la storia. E sono stata abbastanza un pezzo di merda (lasciatela passare) a scegliere Teresa come vittima di quella creatura.
Quindi ci vediamo al prossimo capitolo, ciauzz
 

 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 3. ***



CAPITOLO 4.



Dire che quel giorno non era andato come immaginavo era un eufemismo. Sinceramente parlando, chi si apetterebbe che mentre sei a scuola qualcuno pensi di attaccare un tuo genitore, anche se nel mio caso era adottivo.
Inutile dire che la persona che mi aveva trascinata via come un sacco di patate era Theo. Beh, ovviamente, era l'unico che conoscevo. Certo, preferivo qualcun'altro, ma mi ha risparmiato una rovinosa caduta a terra... E una sbucciatura alle ginocchia.
Non piansi neanche. Mi ero fatta una promessa, ovvero quella di non piangere più dopo la morte dei miei genitori, e non la infransi.
Quando salii in macchina, mi accorsi che la polizia stava facendo allontanare tutti, e, di lì a poco avrebbero portato Teresa all'ospedale. Speravo che a Beacon Hills avessero dei bravi dottori, altrimenti mi farei fatta sentire. Anche con le mie scarse conoscenze di medicina, si poteva intuire che ce l'avrebbe fatta, non era come erano messi i miei. O almeno speravo. Non potevo permettere che morisse un'altra persona a cui tenevo. Poi mi ricordai di Luke, il mio adorato Luke. Da piccolla lo chiamavo "zio" ,come chiamavo "zia" Teresa anche se non erano miei parenti. In quel momento mi chiesi cosa avrebbe fatto lui una volta saputa il ritrovammento di sua moglie. Loro erano stati sempre molto vicini, qualunque cosa accadeva li potevi rivedere mano nella mano.

<< Theo, dove stiamo andando? >> chiesi una volta pronta a parlare.
<< In un posto dove riesco sempre a calmarmi >> disse lui, sorridendo senza neanche guardarmi
<< Cioè? >>
<< Il bosco di Beacon Hills >>
<< Ah, okay... >> dissi io alquanto perplessa. Non credevo che Theo fosse un tipo da bosco. Intendo che non credevo che gli piacesse la calma. Non so, non pensavo che gli piacesse il bosco, anche se non potevo basarmi solo sulla prima impressione.

Una volta arrivati all'ingresso del bosco mi guardai intorno. Non era molto folto, e gli alberi avevano già le foglie gialle e arancioni. Evidentemente l'autunno è arrivato prima... Avevo appurato che come città era veramente strana. Erano quasi trenta gradi e le foglie erano già secche. Questa cosa non mi tornava per niente, ma decisi di lasciar perdere. Troppi interrogativi per una sola cittadina.
Theo si girò verso di me e, con un cenno del capo, mi fece intendere che dovevo seguirlo. Infatti, lui era si era già incamminato, mentre io ero rimasta in piedi come una cretina a guardare le foglie.
Quegli alberi, quell'aria fresca, mi ricordavano uan gita che io e la mia famiglia avevamo fatto qualche anno fa. Non so perchè ma avevo solo qualche ricordo sfuocato di quell'episodio. Ricordavo però una casa in fiamme.
<< Qualcosa non va? >> chiese Theo. Per la seconda volta non mi ero accorta di quello che faceva. Ora si era fermato, perchè io stavo continuando a camminare guardando un punto preciso.
<< Si certo >> dissi sacrcastica. Ovviamente andava tutto bene. Avevo visto per la seconda volta il corpo trucidato di una persone che amavo. Si, come si fa a non stare bene? E' bello vedere quel tipo di scene. Rimaranno per sempre impresse come un marchio a fuoco nella tua mente per sempre.
<< Non intendevo quello >>disse lui. Evidentemente queste cose non le avevo pensate solamente. Le avevo esternate. MI detti un cinque mentalmente per la mia stupidità, dando la colpa al ritrovamento di Teresa.
<< Stavi andando avanti come se conoscessi il bosco >>
<< Non so cosa sto facendo sinceramente >> confessai.
<< So come ti senti. Trovai anch'io una persona che amavo morta. - a quel punto mi girai verso di lui - Mia sorella. Era caduta in un ruscello qui vicino. Non sarebbe successo nulla se quella non fosse stata la notte più fredda dell'anno. E' morta di  epotermia. Quando sono arrivato era già troppo tardi. Ogni anno,  all'inniversario della sua morte lascio un giglio bianco in quel fiume. Non so il perchè, ma mi aiuta a superare la sua scomparsa. Avrà avuto dodici anni quando è successo >> mentre diceva tutto questo potevo vedere tutta la tristezza nei suoi occhi che erano diventati lucidi.
<< Non l'avrei mai detto >> 
<< Cosa ? >> chiese lui confuso
<< Che avessi passato questo. Sembri così sicuro di te stesso, che niente ti scalfisca... >>
<< E' più facile fingere >> disse lui.
Io lo capivo perfettamente. Per tutto questo tempo ho solo finto, finto di saper reggere la cosa, finto di saperla controllare, finto di essere forte. Ma dovevo farlo, per Teresa e Luke. Loro che avevano deciso di prendermi sotto le loro ali prottettive. Probabilmente sarei stata affidata a qualche famiglia che non mi sarebbe piacuita. E poi, diciamolo, chi vorrebbe già un'adolescente. Non potersi godere gli anni dell'innocenza dei bambini, che con un solo sorriso saprebbero far sorridere il mondo.
<< Beh, ti capisco. Ho perso tutte e due i miei genitori. E li ho trovati io, nella mia casa >> decisi di confessarglilo perchè lui lo aveva fatto con me. E, mentre lo dicevo, mi avvicinai a lui.  Ci separava un metro di distanza.
<< Non lo sapevo >> 
<< Ovvio, non lo avevo detto a nessuno.- disse sorridendo tristemente -  Lo sanno solo Teresa e Luke. Il resto della mia famiglia... Beh, non so neanche se ce l'ho il resto della famiglia... >> Ora fu il suo turno di avvicinarsi. Eravamo vicini, ma non troppo. 
<< Anch'io sono stato adottato. I miei mi accusavano di aver spinto io mia sorella in quel ruscello. Come si chiamavano i tuoi? Se non vuoi dirmelo va bene, lo caspisco >>
<< Tranquillo, per due nomi mica inizio a piangere come una bembina a cui le hanno tolto la bembola. Si chiamavano Charles e Alexandra. L' "Alex" è di famiglia >> dissi riferendomi al mio nome.
Lui accennò un sorriso.
<< Che ne dici se camminiamo e non parliamo più di questo. Ne ho avuto abbastanza in tutti questi anni >> popose lui, sforzndosi di fare un sorriso.
<< Ci sto >> 

Camminammo parlando del più e del meno, anche se sapevamo tutti e due cosa stava  pensando l'altro. E, in teoria stavamo pensando alla stessa cosa:la famiglia.
Solo che io mi interruppi a metà discorso. Stavamo parlando delle materie che ci piacevano di più, anche se non mi ricordavo come avevamo fatto ad arrivarci. Comunque, la cosa che mi distrasse fu la comparsa di tre persone vertite in modo strano. Okay, molto più che strano. Uno indossava un mantello lungo quasi fino alle caviglie e una strana maschera a gas, decisamente inquietante. Gli altri due indossavano mantelli più corti, e diverse maschere a gas, ma lo stesso inquietanti. Poi, un secondo dopo sparirono. Ero piuttosto confusa. Li avevo immaginati o no?
<< Che c'è? >> chiese Theo, vedendo che stavo fissando il vuoto.
<< N-n-niente. Mi ear sembrato di vedere un animale >> cercai di sorridere, ma ottenni un risultato penoso. 
Poi, notai un piccolo pezzetto di legno lavorato chiaro per terra. Lo raggiundi e lo raccolsi. Era uguale a quello che aveva uno di quie cosi sul mantello.
Evidentemente non me li ero immaginati.




MY CORNER
HELLOOOOOOOOOOO. Allora, premetto che non posso stare più di tanto al computer, quindi sarò abbastanza  breve.
TALK ABOUT THE STORY. Alloooora, questo è un capitolo carico di domande e risposte. Scopriamo qualcosa di più su Theo e il suo passato. Sinceramente non mi ricordavo se avessero detto il motivo per cui Theo fu adottato, ma credo che questo regga comunque. Si scoprono anche i nomi dei genitori di Alexys, e possiamo capire che è una ragazza molto forte. Ho voluto dare l'immagine della ragazza non forte, ma NORMALE. In molte ff vedo che la protagonista piange e piange e piange e lui la consola,  riconsola e ririconsola(?), quindi ho detto STOP. E ho fatto questo personaggio che non crollare e che ha deciso di non piangere più. Ho scritto quello che avrei fatto io quindi non so se può piacere o no. Allora ho descritto Theo come un ESSERE UMANO. E' un maschio e piange, punto. E' normale.
ORA VOLO VERSO L'INFINITO E OLTRE(?) CI SE BECCA ALLA PROSSIMA( non so cosa sto dicendo)


 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 4. ***


CAPITOLO 4.



<< Cos'è? >> chiese Theo.
Per un attimo mi ero scordata che c'era. 
<< Non li hai visti? >> azzardai a chiedere io.
<< Visto cosa? >> 
<< Gli uccelli >> inventai sul momento.
<< Eh? >>
<< C'erano degli uccelli con la coda blu >> 
Lui mi guardò con aria interrogativa, poi iniziò a sorridere.
<< Non li ho visti >>
<< Perché stai sorridendo? >>
<< Non lo so >>
<< Siamo messi bene, allora >> bisbigliai io, dicendolo tra me e me.
<< Cosa? >> chiese lui divertito.
<< Cosa? >> replicai io.
<< Cosa hai detto? >>
<< Che siamo messi bene se non sai perché sorridi? >>
<< Si >>
<< Allora? >>
<< Niente >>
<< Okay... Sai per caso se in questo bosco c'è qualche sostanza che può nuocere al cervello di una persona? Perché in quella zucca - dissi picchiettando sulla sua tempia con due dita - qualcosa non va >>
<< Che ne dici se continuiamo, la parte bella del bosco deve ancora arrivare >> propose lui.
<< Meglio.. >> io accettai, quella conversazione stava diventando imbarazzante.

Lui fece strada, ma io sapevo già dove andare. Era come se avessi vissuto in quel bosco. Era una sensazione molto più potente della conoscenza della strada. Un senso primordiale. Non sapevo come fosse possibile. Tutto in questa città stava diventando troppo strano.
Il bosco intorno a me stava diventando più fitto. Sentivo il bisogno di andare nella direzione opposta in cui stava andando Theo. Ci eravamo trovati davanti un bivio, lui era andato a destra, ma io dovevo andare a sinistra, e così feci.
Sentivo in lontananza Theo che mi chiamava, ma in quel momento era come se qualcuno avesse preso possesso del mio corpo e che mi stesse guidando in un luogo di vitale importanza.
Ad ostacolare il mio percorso fu il tronco di un albero caduto, ma lo sollevai senza problemi, come se avessi la superforza. Quello che mi ritrovai davanti mi lasciò alquanto sorpresa.
In mezzo a quegli alberi fitti, con le foglie verdi come smeraldi, e il vento che soffiava incessantemente, mi trovai in una specie di radura. Gli alberi non erano più così vicini, ma si sviluppavano molto di più in altezza, infatti il sole era quasi stato oscurato completamente. Il che lo rendeva ancor più inquietante, se fosse stato completamente immerso nel buoi sarebbe stato meno strano. Quei pochi spiragli di luce che riuscivano a passare dal poco spazio che le foglie lasciavano, gettavano strane ombre sugli alberi e sul terreno. Certo che però il vento non aiutava a rendere l'atmosfera più piacevole di come era. Sentivo brividi percorrermi ogni centimetro della pelle, anche quella coperta dalla maglietta e dai pantaloncini. Avrei potuto andarmene, ma le mie gambe continuavano ad avanzare verso una cosa.
Al centro di quella radura c'era la base di un tronco di un albero. Ma non era normale, era gigantesco. Se mi ci fossi distesa sopra in tutta la mia lunghezza, 1,70, ci sarei entrata senza problemi, anzi, mi sarebbe anche aveanzato spazio. 
La sensazione che dovevo arrivare a qualcosa era scomparsa, am fu sostituita da una paura irrazionale. Avevo la sensazione di essere osservata da ochhi famelici pronti a d attaccare. Non so come, ma riuscì a ribbellarmi a quella forza che mi costringeva a continuare a camminare verso quel tronco e tornai indietro-

<< Dove sei stata? >>
<< Avevo sentito un rumore da quella parte - dissi indicando la parte sinistra di quella biforcazione - e sono andata a vedere >>  risposi io, inventando la prima cosa che mi era venuta in mente.
<< Potevi dirlo, mi hai fatto preoccupare a morte >>
<< Ehi, non essere così melodrammatico. E' solo un bosco, non può mangiarmi >> lo dissi, anche se dentro di me sapevo che avevo pensato l'esatto contrario quando ero stata in quella specie di radura.
<< Che ne dici se andiamo a casa, ti vedo un po' pallida >>
<< No, no sto bene. Qual'era la cosa che mi volevi far vedere >>
<< Può aspettare >> sorridendo comprensivamente. Aveva capito che volevo solo andarmene
Quel bosco mi aveva già stancata. La sensazione di quello sguardo famelico continuava a perseguitarmi. Non capivo se continuava ad osservarmi o era solo l'immaginazione della mia testa. Poi sentii un'altra volta quel brivido attraversarmi la schiena. Se la persona che aveva compiuto l'omicidio dei miei voleva fare lo stesso con me, non ce l'avrebbe fatta.
Così tornammo alla macchina e tornammo in città.

<< Sicura di voler stare a casa tua da sola, puoi venire da me se ti va. Mia madre non vede l'ora di conoscerti >> mi propose Theo.
<< Come fa tua madre a sapere che c'è una ragazza come vicina? >>
<< E' una città piccola >>
<< Mmm... Comunque si, sono sicura. Voglio stare da sola. Devo aspettare che torni Luke. Non voglio farlo preoccupare ulteriormente >>
<< Se cambi idea io abito nella porta accanto >>
<< Conosci il detto del ragazzo della porta accanto? >>
<< Si, perché? >>
<< Ho l'impressione che tu non sia il tipico ragazzo della porta accanto? >>
<< Cosa significa questo? >>
<< Ciao Theo >> detto questo tornai a casa, lasciandolo nel dubbio.






MY CORNER
HELLOOOOOOOOOO. Partiamo col dire che questo capitolo non mi soddisfa affatto, ma sentivo il bisogno di scrivere qualcosa. Soprattutto il primo dialogo che c'è tra loro.
TAL ABOUT THE STORY. Alloraaa, Alexy e Theo continuano la loro scampagnata nel bosco e Alexys è sicura di aver visto quei "cosi", ma Theo non li ha visti, o almeno è quello che dice.
Lei, inconsciamente trova il Nemeton e si accenna alla superforza. Cos'è, una chimera/lupo mannaro o è come Parrish o nessuno dei due? Lo scopriremo nelle prossime puntate ( non so perche ma dicendo questo mi sento molto Cesar di Hunge Games, perchè non si sa.
Ancora non si hanno dei momenti Theo/Alexys, e ce ne vorrà ancora un po', non ci si innamora in tre giorni. Prima amici poi qualcosa di più, e poi lui è fidanzato.
Lei dice di sentirsi osservata, sarà vero o è solo una cosa che è dentro la sua testa, lo scopriremo nei prossimi episodi (?). Per oggi ho finito, un bacioneee, ciauzzzzzz.

 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 5. ***


CAPITOLO 5.



Ero a casa, e stavo aspettano che Luke tronasse. Stavo facendo avanti e indietro per il soggiorno, pensando ai vari modi per dargli la notizia.
Poi il pensiero che lui potesseto già saperlo mi balenò nella mente. Di conseguenza poteva anche essere andato all' ospedale, cosa che io non avevo fatto. Ero troppo occupata a vedere e sentire cose ,che probabilmente mi stavo solo immaginando, in un bosco. Che bello, vero?
Così decisi di chiamarlo. Composi il numero e, dopo qualche squillo, scattò la segreteria telefonica. Poteva andare peggio? Eccome, ma il momento non era ancora arrivato.
" Forse, se chiamo l'ufficio posso parlargli", poi mi venne in mente una cosa. Se chiamo un ufficio di polizia, faceva il poliziotto a New York e ora a Beacon Hills, solo per parlargli è legale?. Non sapevo se il mio cervello se ne stesse andando, am qualcosa non andava. Certo che potevo farlo, sua moglie rischiava di morire! Era un'emergenza. Poi sorse un'altro problema. Il numero. Se avessi chiamato il numero di polizia dovrei aver denunciato qualcosa di sospetto, ma escludendo delle specie di dottori con delle maschere a gas, non avevo visto nulla.
Comunque il suono del campanello interruppe quegli stupidi pensieri. 

Sulla soglia della porta c'era Luke. Non aveva un'espressione particolarmente triste o distrutta come credevo avesse avuto. Anzi, sembrava felice. Che non sapesse niente di questa storia mi parve piuttosto strano. Era un'agente di polizia, e  la centrale si stava occupando di questo caso.

<< Luke, stai bene? >> chiesi io piuttosto stanita.
<< Perché non dovrei. Sono felicissimo >>
<< Perché sei così felice? >> dissi, chiudendo la porta ancora aperta.
<< Ti ricordi quando parlavamo di andare in Italia, quest'estate? >>
<< Si... >>
<< Beh, ti dico solo che dovrai portare una bella macchina fotografica >> disse lui entusiasta.
<< E' fantastico! >> cercai di sembrare uforica, però non ci riuscii.
<< Non vuoi più andare in Italia? >> mi chiese lui un po' deluso.
<< No, no, ovvio che no. E' solo che è successa una cosa... >>
<< Mica sei incinta?. Non voglio finire in quel programma " 16 anni incinta"... >>
Accennai un piccolo sorriso. Lui riusciva sempre a sdrammatizzare su tutto. Sperai lo facesse anche su quello che gli stavo per dire.
<< Luke... Teresa è all'ospedale. E' grave>> confessai io, tenendo lo sguardo sul pavimento.
Nessuno dei due riusciva a parlare.
Dopo qualche secondo di smarrimento, si portò una mano sulla bocca e si sedette sul divano. Io feci lo stesso.

<< C-Cosa è successo? >>
<< L'hanno trovata nel parcheggio della scuola, con dei tagli su tutto il corpo >>
<< T-Tu l'hai vista? >>
Annuii semplicemente, fissando un punto indefinito sul tappeto nero.
I suoi occhi iniziavano a luccicare. Così lo abbracciai.
Lui appoggiò la testa sulla mia spalla, e iniziò a singhiozzare. Sentivo le sue lacrime bagnarmi la spalla.
Dopo qualche minuto si staccò da me e continuò a parlare: << Sei già andata in ospedale? >>
<< No, stavo aspettando te >>
<< Allora dai, alziamoci e andiamo. Devo sapere come sta Teresa >>

Quando arrivammo all' ospedale sentii l'aria mancare. Non era la prima volta che ci andavo per lo stesso motivo. La notte dell' omicidio dei miei, avevano provato a portarli in ospedale. Forse perché vedevano una ragazzina piangere come una matta, o forse perché molto di quelle persone conoscevano i miei e non volevano perderli. Comunque loro erano già morti. L'ora del decesso era alle 11,57, otto minuti prima che tornassi io. Tutti mi dicevano che sarei stata la casa per quell'ora sarei morta con loro, ma non lo credevo affatto. C'era un motivo ben più preciso per quelle due morti, me lo sentivo.
Comunque questa era diverso. Teresa ce la poteva fare, e di questo ne ero sicura. Lei era forte.

Io mi sedetti subito su una di quelle scomodissime sedie di plastica, mentre Luke andava a chiedere notizie sullo stato di Teresa all'infermiera dietro il bancone. Mi accorsi che era Melissa McCall, ma non avevp le forzeb per andare a salutarla. Stare in questo posto, anche se ero appena arrivata, mi aveva prosciugato tutte le forze. Se sei qui per il mio motivo, o comunque che sta veramente male, non è bello.
Quando Luke si voltò, con quella faccia orrenda, capii che c'era qualcosa di ancora peggio.
<< Allora ? >>
<< La percentuale che lei sopravviva sono del 60 per cento. Alexys probabilmente ce la farà >>
Io sospirai, sorridendo felice come non lo ero mai stata. Lei ce l'avrebbe fatta. Forse le cose sarebbero potute peggiorare, ma non lo hanno fatto
<< Comunque mi hai fatto prendere un colpo prima. Avevi una faccia terribile, ho pensato al peggio >>
<< Beh scusa >> disse lui un po' divertito.
<< Lo hai fatto apposta, non è così? >>
<< Affermativo. Counque ne è valsa la pena, hai sorriso. Ti ho visto proprio felice >>
<< Sei unico. MA VERAMENTE CATTIVO >> dissi, sottolineando l'ultima frase e dandogli un pugno abbastanza forte sulla spalla.
<< Forse questa volta andrà meglio >> 
<< Si, lo spero tanto anche io >>
Detto questo appoggia la testa sulla sua testa e, dopo poco mi addormentai.




MY CORNER
HELLOOOOOOOO. Parttiao dal presupposto che sto chattando con una mia amica su  whatapp alle 00:53 e che lei sta sclerando di brutto. E anche che questo capitolo è imbarazzantemente (?) corto.
Coooomunque TALK ABUOT THE STORY. Alloooora, in questo capitolo si introduce Luke. Sarà uno dei miei personaggi preferiti. Arriava tutto bello pimpante dicendo che andranno in Italia per una vacanza ma lui non sa niente. La nostra Alexys si fa coraggio e gli dice tutto. Comunque Teresa non sta così male come si credeva. E si poù ben vedere che Luke è molto simpatico e affronta i problemi con sarcasmo.
E' tutto, ciauzzzzzzzz 
_Fra_ 


PS Mi dimenticavo sempre i scorddi mettere la firma ahahah

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 6. ***



CAPITOLO 6.



Mi risvegliai con un l'odore del bosco di Beacon Hills nelle narici. In un primo momento mi inquietai un pochino. Poi riconobbi anche l'odore della cannella quindi non ero nel bosco di Beacon Hills, dove non volevo assolutamente tornare. Comunque decisi di aprire gli occhi. Ero in ospedale, fin qui tutto apposto, ma non stavo usando la spalla di Luke come cuscino, stavo usando quella di Theo Raken. E sentivo anche la presenza di una felpa a me sconosciuta sulle mie spalle. Stamattina non l'avevo messo, e non l'avevo neanche presa prima di venire qui. Luke non aveva felpe, quindi facendo due più due, quella felpa era indubbiamente di Theo.
Stetti appoggiata alla sua spada ancora un po', non era male. Stavo tenendo gli occhi chiusi quindi l'addormentometro era acceso. Visto che non mi ero accorta dello scambio di spalla/cuscino, cosa mio impediva di addormentari un' altra volta. Beh qualcosa c'era. La sedia. Quella cosa era un aggeggio infernale che usavano nel Medioevo per torturare la gente. Decisi di alzare la testa.

<< Ehi >> disse lui.
<< Ciao >>ricambiai io il saluto, ancora con la voce impastata dal sonno. 
<< Come stai? >>
<< Ehm... Non lo so >> risposi io. Veramente non capivo perché lui mi avesse fatto quella domanda. Mi ero appena svegliata, e quando sono appena sveglia riesco a malapena a ricordarmi il mio nome, figuriamoci come sto. Un "Come stai?" in quel momento era sprecato.
<< Luke? >> chiesi io.
<< E' da Teresa, voleva vederla prima che la riportassero in sala operatoria >>
<< E perché sei qui? >>
<< Volevo vedere come stavi >>
<< Perché? >> 
<< Nel bosco ti comportavi in modo stano, credevo avessi qualcosa >>
<< Ah già, nel bosco. Se vuoi saperlo ero solamente stanca, molto stanca. Ecco perché stavo dormendo su questa comodissima sedia, usando una spalla come cuscino. Quando sono veramente stanca mi addormenterei anche sul cemento. Infatti non mi sorprende che non mi sia accorta che Luke si sia alzato e che la mia testa abbia cambiato appoggio senza che io me ne accorgessi >>
<< Ti addormenteresti veramente sul cemento? >> chiese lui, con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
<< Oh sì, - dissi girandomi verso di lui - è successo veramente... >>
<< Davvero? >> 
<< Si. Avevo dieci anni, e  non dormivo da due giorni. Avevo involontariamente visto una scena di un film horror e, essendo molto impressionabile anche all'ora, mi immaginavo che quella che avevo visto in televisione venisse da me e mi tagliasse la testa.  Visto che non volevo chiedere aiuto ai miei, ero molto orgogliosa, mi imposi di superare questa "paura" da sola. E così mi addormentai nel giardino di Teresa e Luke il terzo giorno. Beh, te potresti dire che potevo dormire sul divano. La risposa è no. Per dormire il divano che avevo era orribile, e non riuscivo a dormirci. Quindi si, mi sono addormentata sul cemento nel giardino dei Miller. 
<< Okay, per qualche strano motivo ti credo >>
Scoppiammo a ridere tutti e due. Poi sbadigliai. Avevo ancora sonno.
<< Un altro giro? >> disse Theo accennando alla sua spalla.
<< Un  altro giro >>risposi io sorridendo.
Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi. Il suo odore era veramente buono, sembrava di dormire su una nuvola. Dopo poco mi addormentai.
 
Sognai di essere di nuovo in quel bosco,vicino a quel tronco, con quei dottori folli che venivano verso di me. Due di loro mi immobilizzarono, mentre quello rimasto mi iniettava il liquido verde attraverso la siringa extra large nel collo.
Poi tutto cambiò.
Mi trovavo nella mia vecchia casa, quella a New York, e stavo in piedi, ferma, ad osservare l'aggressore dei miei genitori. Come nei precedenti sogni riguardanti la faccenda, la persona che stava uccidendo i miei era una figura indistinta nera con un punto interrogativo sulla faccia. Ma stavolta qualcosa era diverso. Infatti stavo guidando il mio sogno. Data quella vantaggiosa situazione, andai vicino a quella figura e la toccai. 
Il corpo non era più una figura indistinta, era quello di una ragazza. La stavo vedendo da dietro e non riuscivo a vederle la faccia. Poi quella si voltò le vidi il volto. Ero io. IO avevo fatto uccidere i miei, tornando troppo tardi. 
Poi aprii gli occhi, ma qualcosa non andava. Non riuscivo a muovere niente, neanche le dita.
Ero all'ospedale, ma vedevo camminare quei dottori e la figura di una me con gli occhi rossi, gli artigli e le zanne che correva verso di me. Si fermò a due centimetri dalla mia faccia e sussurrò : " E' tutta colpa tua se loro sono morti. Tutta colpa tua" . Quella frase mi entrò nella testa, come una canzone fastidiosa che non riesci a dimenticare. Solo che questa non era qualcosa di superfluo, ero la verità. Io avevo ucciso i miei genitori. E ancora non riuscivo a muovermi.
Sentivo il mio cuore battere all'impazzata, e cercai di fermarlo. Magari potevo uscire da quella paralisi del sonno.
Dopo qualche secondo riuscì a muovermi.

Alzai la testa di scatto. Stavo ansimando.
<< Stai bene? >> i chiese Theo preoccupato, mettendomi una mano sul braccio.
<< Si, si. Solo un incubo >> cercai di sorridere, ma ottenni un risultato alquanto deludente. Si vedeva troppo bene che ero sconvolta.
<< Cosa hai sognato? >>
Girai la testa verso di lui e lo guardai. Era piuttosto preoccupato, si leggeva chiaramente nei suoi occhi. Stavo valutando l'opzione di non dirglielo. Okay, sapeva che i miei genitori erano andati, ma non doveva per forza sapere TUTTO.
<< Ehm... >> iniziai imbarazzata. Nella mia testa dire :" Non voglio raccontarlo" era facile da dire, me nella realtà non lo era affatto. Che poi, non voler raccontare un sogno non è così grave come nascondere che qualcuno voglia ammazzare qualcuno.
<< Ho capito. Non vuoi raccontarmelo. Tranquilla >> gli fui veramente grata per averlo capito da solo.
Poi la sua mano scivolò nella mia, e lui la srinse, e io ricambiai la stretta. Tutt' a un tratto il numero 23 di una stanza era diventato molto interessante. E, tanto per essere chiari, quella stanza si trovava proprio dalla parte opposta di Theo.





MY CORNER
HELLOOOOOOOOOOOOOO. Lo so, faccio altamente schifo. Non ho aggiornato per un po', ma avevo il cosidetto "blocco dello scrittore" in contemporanea al "blocco del lettore". Non è stato un periodo molto happy, no no.
Cooomunque, TALK ABOUT THE STORY. Allora, questo è un capitolo molto bello bello, perchè è incentrato completamente su Alexys e Theo (Thaxys o Aleho?). E' stato qualcosa di stupeno tornare a scivere questa long, e sono abbastanza contenta di come sta andando avanti quindi sono felice. E sono anche felice perchè l'ultimo episodio della terza stagione di "diario di una nerd superstar" dura 40 minuti.
Per chi segue questa long, deve ringraziare una mia carissima amica, che sclera peggio di me, ( sa un passo di Harry Potter a memoria, è qualcosa di stupendo!) che mi ha dato la forza di scrivere, ovvero mi stava rompendo talmente tanto che lo dovevo fare per forza. Mi ha dato anche l'idea di come far risvegliare Alexys. Nei prossimi capitoli ci saranno anche gli altri personaggi, non dico quali, ma io li adoro troppo *-*. 
Alla prossima. Ciauuuuz.
_Fra_






 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 7. ***



CAPITOLO 7.



 
Mi risvegliai, un’altra volta, con l’odore di cannella e bosco di Theo. Se in un primo momento lo trovavo carino da parte sua, ora era ancora più adorabile. Era rimasto per non so quanto tempo con un peso sulla spalla senza andarsene, bravo Theo.
Guardai l’orologio sul muro e vidi che erano le sei del pomeriggio. E’ veramente passato così tanto tempo? Evidentemente quelle mini-dormite mi facevano piuttosto male, perché mi sentivo così piena di forze che potevo correre dal punto più a sud del Sud America al punto più a Nord dell’Alaska.  Si prospettava una lunga notte, sicuramente non avrei avuto il bisogno di dormire fino alle otto di mattina, nel preciso istante in cui mi sarei seduta sul banco alla prima ora.
 
<< Buongiorno >> disse Theo, sbattendo più volte le palpebre. Probabilmente si era addormentato anche lui.
<< Buongiorno. Quanto ho dormito ? >> chiesi io.
<< Più o meno tre ore >>
<< Ok >> risposi semplicemente, mentre nella mia testa stavo pensano a qualche metodo per addormentarsi anche senza essere stanchi ,e poi rinunciare a quell’opzione.
Poi vidi Luke uscire  dalla camera di Teresa e aveva una faccia alquanto strana. Non riuscivo a capire cosa stesse provando in quel momento. La sua espressione era una come una tavola di legno. Piatta.
<< Teresa sta meglio >> annunciò con tono atono, ma guardandomi negli occhi come per dire :” Ne parliamo dopo”.  Sapevo cosa intendeva. Non voleva parlare con Theo davanti. E  lo capivo.
<< Ok, andiamo a casa? >> chiesi speranzosa. Dopo quella giornata così intensa l’unica cosa che volevo fare era una bella doccia calda, ma una di quelle di dieci minuti, ma una di quelle di almeno un’ora. Dovevo rilassarmi. Tutta la tensione accumulata non se ne era andata dormendo per qualche ora.
<< Si, ma tra un po’. Dobbiamo restare giusto cinque minuti per avere la diagnosi dei dottori.
<< Allora io vado. Ciao Alexys, signor Miller >> disse Theo, capendo di doversene andare.
 
Dopo che se ne fu andato Luke si sedette accanto a me.
<< Allora, Teresa sta un po’ peggio di quello che avevano i dottori e non sanno se  … >>
<< Se ce la possa fare? Lei ce la farà >> lo interruppi io.
<< Non sanno quando potrà tornare a casa >>
<< E hai fatto quella faccia da funerale perché non Teresa torna più tardi di quello che credevi? >>
<< No >>
<< E allora perché ? >>
<< Perché ho visto come dormivi sulla spalla di quel ragazzo >>
<< Stai scherzando, vero? >> chiesi leggermente infastidita.
<< No, dormivi meglio su di lui che su di me, mi sento profondamente offeso dal tuo comportamento >> disse questo con un sorriso che non finiva mai. Qualche volta si comportava come un fratello maggiore che vuole far arrabbiare la sorellina. Lo adoravo per questo.
Scoppiammo tutti e due a ridere, beccandoci delle occhiatacce dalle altre persone che erano in sala d’aspetto.
<< Comunque hai ragione, dormivo molto meglio sulla sua spalla. E’ più larga rispetto alla tua. Sai, quando si ha una certa età i muscoli si afflosciano. Ah, a guarda, è la stessa cosa che è successa a te! >> dissi guardando il suo braccio.
Sapevo che quando qualcuno insinuava che stesse diventano vecchio si arrabbiava. L’unica cosa negativa di farlo infastidire era che poi si vendicava, anche se questo lo faceva solo con me ovviamente.
 Infatti,allungò le braccia verso di me e i fece il solletico sulla pancia. Inutile dire che iniziai a ridere come una pazza. Ora, io soffro il solletico dappertutto, e intendo DAPPERTUTTO, ( anche se qualcuno non mi ha ancora toccato, io inizio a ridere )quindi tutto normale. Solo che la pancia è il mio punto più debole.
Da piccola, quando rimanevo con i Miller, se disubbidivo iniziavano a farmi il solletico, e, per qualche strano motivo, diventavo subito ubbidiente. Non che le cose siano cambiate.
 
Comunque, tornammo a casa. La prima cosa che feci fu quella di togliermi i vestiti e mettermi comoda. “Quella maglietta non la metterò mai più” mentre lo pensavo, mi accorsi di avere ancora la felpa di Theo. Anche quella sapeva di bosco e cannella.
Mi stesi sul letto, malgrado fossero solamente le sei e mezzo, ma volevo ascoltare  la musica. Avevo voglia di canzoni felici, dopo tutto quello che era successo, alla fine era andato tutto bene, e mi sentivo molto bene.
Dopo solo una canzone avevo voglio di una doccia calda, e così feci.
Stetti un’ ora e quaranta minuti sotto il getto d’acqua fresca e, quando uscì dal bagno con due asciugamani, uno sul copro e uno  in testa, vidi che erano già le otto e venti. Ciò significava solo una cosa. Cibo.
Corsi giù per le scale ancora con i piedi bagnati, rischiai di inciampare ma non mi importava. Al richiamo del cibo non si comanda, o lo segui o lo segui.
Andai verso la cucina ancora correndo e, nel farlo non i ero minimamente accorta che ci fossero degli ospiti in salotto.
 
<< Luke, che c’è per cena? Sto morendo di fame. Ordiniamo la pizza? >> dissi sporgendomi dallo stipite della porta.
<< Alexys, non ti sei accorta di niente ? >>
<< Di cosa? Che ho finito l’acqua calda? >> il che era vero. Avevo lasciato l’acqua sempre aperta e non veniva più calda, ecco perché ero uscita dalla doccia. Mi sentivo uno schifo. Oltre che aver fatto alzare di molto la bolletta dell’acqua, avevo consumato litri e litri di acqua dolce.
<< Cosa hai fatto ? >> chiese lui alzando il sopracciglio. Quando lo alzava significava che si stava arrabbiando e questa cosa con andava bene.
<< Era così per dire >> inventai.
<> disse lui, leggermente imbarazzato.
Io diventai tutta rossa, sia di rabbia che di imbarazzo. Okay, i nuovi vicini erano nel MIO salotto e i avevano visto mezza nuda e con una specie di turbante in testa. Non poteva andare meglio, vero?
<< Cosa hai aspettato a dirmelo? >> mentre dicevo questo ero entrata in cucina, avvicinandomi minacciosamente a Luke.
<< Ti stavi facendo la doccia e… >>
<< E… invitarli il giorno dopo era troppo difficile. Oppure mandarmi un messaggio era troppo complicato? >> dissi furente. Sicuramente avevo assunto una faccia assassina. Quando sono veramente arrabbiata mi trasformarmi in un’ assassina pronta a scuoiare vivo con i denti chiunque mi abbia fatto arrabbiare.
<< Ehm … >>
<< Lascia stare, spera solo che non ci sia Theo >> dissi il suo nome sussurrando.
Dalla sua espressione nervosa e tesa capii che era come temevo. Qualcuno della mia scuola mi aveva vista.
Decisi di affrontare la cosa con dignità, ovvero dare la colpa a Luke.
Uscii dalla cucina e vidi che tutti e tre i componenti della famiglia erano seduti sul divano e mi stavano fissando, sbigottiti.
<< Non sapevo sareste venuti … >> dissi alquanto imbarazzata. La dignità se n’era andata. Magari poteva mandarmi una cartolina da “Dignità-land”, il pardo per tutte le dignità del mondo perse dalle persone.
<< Non ti preoccupare >> disse la madre di Theo.
<< Si giusto, non è successo niente >> disse il padre del ragazzo, sorridendo.
Ma non mi preoccupavo per loro, ma per Theo. Continuava a guardarmi senza dire una parola, facendo scorrere lo sguardo dalle dita dei piedi alla cima dell’asciugamano.
Me ne tornai filata in camera a mettermi qualcosa. Mi arrivò un messaggio. Era da parte di Luke, “ E’ pronta la cena “.




MY CORNER
Non ho tempo di scrivere altro, quindi dico solo questo, avevo detto che in questo capitolo ci sarebbero stati altri personaggi, ma volevo più ALHEO, quindi ho scritto questo. Spero ch evi si apiaciuto comunque, e scusate per questo " My corner" più corto.
Alla prossima, ciauzzzzzzz
_Fra_

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 8. ***



CAPITOLO 8.
 


 
Sinceramente non mi aspettavo che, dopo aver fatto quella orribile figuraccia, dovessi anche cucinare. E io sono una schiappa ai fornelli, è già tanto che io sappia come si accende un fornello.
Comunque, appena arrivai di sotto Luke venne a dirmi che dovevo fare qualcosa di decente, e non come lui che aveva bruciato il pollo.
<< Fai qualcosa di commestibile. Ci sono gli ingredienti per fare una pizza … >>
<< Ripeto, non potremmo ordinarla?. Te vai a parlare con loro, io sgattaiolo via dal retro e vado a comprare la pizza >>
<< Non hai la patente >>
<< Okay, posso prendere la bicicletta, per quella non serve la patente >>
<< Dai, l’hai già fatta, e non venne male >>
<< Si, solo che ero in un campo estivo, avevo otto anni, e c’era un aspirante cuoco che mi ha fatto tutto, tranne la farcitura. E poi lui veniva dall’ Italia, la pizza italiana è buona anche fatta male >>
<< E allora fai la pizza italiana. Per favore? >> mi implorò lui.
<< Bene, ma perché non puoi farla te? >>
<< I genitori di Theo vogliono parlarmi >>
<< Sai che quando fai così ti odio proprio >>
<< Si, si lo so. Solo che non mi odierai mai >> detto questo andò verso i genitori di Theo e io andai in cucina.
 
“Dai, non è così tanto difficile” pensai, cercando di convincermi che ce la potevo fare.
Cercai una ricetta su internet e iniziai.
Poi sentii dei passi dietro di me, pensavo fosse Luke.
<< Allora, se qualcuno di voi si intossicherà, sappi che è colpa tua Luke. Farmi cucinare non è stata una delle idee migliori. Poi la pizza … gli hot dog sarebbero stati meglio >>
<< Ehm non sono Luke >> disse Theo. Siamo già a due figuracce. Può andare peggio? Ovviamente si.
<< Allora, Theo – dissi girandomi verso di lui – sai fare la pizza? >>
<< No >>
Sbuffai. Era inutile quel ragazzo. Eccetto per … per cosa? Per la sua macchina.
<< Dai, ti aiuto >> disse lui.
<< Non mi serve il tuo aiuto se non sai fare una pizza >>
Anche se avevo detto che non avevo bisogno di lui, si avvicinò a me e prese il mio cellulare. Lesse la ricetta.
<< Farina? >> chiese lui.
<< C’è >> risposi io, come una stupida. Avevo l’abitudine di aiutare la mamma con gli ingredienti perché si preoccupava sempre di dimenticarsi qualcosa.
<< Acqua ? >>
<< Secondo te sono scema? So gli ingredienti che servono per fare una pizza. E poi, poi anche guardarti un pochino intorno e vedere che le cose che stai dicendo ce le hai proprio sotto il naso, letteralmente >> dissi io acida. Non avveo voglia di cucinare, né di avere qualcun altro a cena e, soprattutto volevo stare da sola. Non con tre sconosciuti che si aspettavano del cibo commestibile da me.
<< Okay, mi arrendo, chef.  Cucina >>
<< Oddio >>
<< Cosa? >>
<< Stai facendo l’offeso. Senti non so se hai capito che oggi non è proprio un giorno perfetto. Sono successe più cose in queste ventiquattro ore che in tutta la mai vita. Quindi, se ti rispondo male e faccio la stronza, mi scuso in anticipo. E non rompere >> mi sfogai un po’ troppo liberamente con Theo.
<< Okay, lo capisco. Quando è morta mia sorella ero come te  >>
<< Una pazza, o meglio, un pazzo sclerotico? >>
<< Non proprio, ero arrabbiato con il mondo … >>
<< Possiamo evitare di parlare di morte e cose deprimenti fino a domani? >>
<< Okay. Mettiamoci a fare questa dannata pizza >>
 
IL CAOS. Dico solo questo.
La farina era finita dappertutto, e, soprattutto nostri vestiti. Sembrava che fosse nevicato in casa Miller.
Per no parlare dell’acqua. Per fare la pizza si deve fare una specie di vulcano e mettere l’acqua al centro. Ne avevamo messa troppa e quindi era strabordata, bagnando tutto il bancone e il pavimento.
Ma, il secondo tentativo era andato meglio. Ora dovevamo solo lanciare l’impasto in aria.
<< Lo voglio fare io >> dissi io convinta.
<< Va bene >> accettò lui, allontanandosi da me. Io gli feci una smorfia. Non sono così pericolosa.
Il primo e il secondo lancio andarono bene, ma poi mi ero fatta distrarre da Theo e l’impasto gli finì in testa.
<< Ops! >> dissi io, andando verso di lui. Feci per togliergli quella roba dalla testa, ma Theo fu più veloce. Ne strappò un pezzo e me lo tirò addosso.
<< Ehi! >>
<< Mi hai tirato quel coso in testa! >>
<< No l’ho fatto di proposito >> mi difesi, indietreggiando. Volevo prendere la farina e avere vendetta.
<< Si, come no! >> disse, tirandomi un altro pezzetto. Questa volta andò a finire nei miei capelli.
Ora era guerra. Presi una manciata di farina e gliela lanciai sulla maglietta nera.
<< Questo l’ho fatto apposta! >>
<< Lockwood, così non va proprio! >> quasi urlò lui. mi stava guardando come un killer guarda la sua vittima.
Corse verso di me e iniziò a farmi il solletico. Tra una risata e l’altra riuscii a fuggire da quella tortura e uscire dalla cucina.
Ma Theo era dannatamente veloce, quindi non ci mise neanche mezzo secondo a venirmi dietro e continuare a farmi il solletico.
Stavo ridendo come una matta, e lo sentivo ridacchiare dietro di me.
<< Okay, o mi lasci o chiamo la polizia >> riuscii a dire ridendo
<< E per cosa mi denunci? >> chiese lui divertito.
<< Per molestie … solleticali >>
<< Te la potevi anche risparmiare questa >>
<< Troppo tardi >>
Poi qualcuno tossicchiò, attirando la nostra attenzione. Tutti e due girammo la testa verso la fonte del rumore. Era stato Luke. E,
a quanto pare, non gli andava proprio bene che Theo praticamente mi abbracciasse da dietro, anche se non erano circostanze romantiche.
 
<< Alexys, vuoi spiegarmi perché siete conciati così? >> chiese Luke con una voce fintamente pacata. Inutile dire che Theo mi lasciò subito dato lo sguardo del mio padre adottivo.
<< Abbiamo cercato di fare la pizza ma … ma, si beh, diaciamo con scarsi risultati … >> cercai di giustificarci, imbarazzata. Sentii le guance andare a fuoco.
<< Questo l’avevo notato … >>
<< Ehi, io avevo detto che era meglio fare gli hot dog >> dopo aver fatto questa specie di battuta, i genitori di Theo sorrisero, soffocando una risata poco opportuna.
<< Luke, mia moglie ha fatto le lasagne, non preoccuparti >> disse il padre di Theo. Che quell’uomo sia fatto santo. Una stata in suo onore nel nostro giardino, anzi no, nella mia stanza, con una targhetta: “ L’uomo che ha salvato Alexys dalla griglia”.
<< Allora, per questa volta la passi, ma non ce ne sarà un’altra >>
<< Okay >> risposi io.
 
Feci per andare verso le scale, ma Luke mi fermò.
<< Cambiatevi, fate veramente schifo >> iniziò lui.
<< Grazie >> borbottai io.
<< Cosa? >> chiese lui, irritato. Evidentemente mi aveva sentito.
<< Niente >> risposi subito io. Meglio non alimentare la sua rabbia.
<< Dai una mia maglietta a Theo. E per quanto riguarda te, ragazzo, toccala un’altra volta e … >>
<< Ciao Luke >> presi Theo per un polso e salii le scale con lui dietro.
 
Diedi una maglia di Luke a Theo. Fortunatamente adorava andare a correre, altrimenti avrei dovuto dare a quel povero ragazzo una camicia. Forse ne sarebbe valsa la pena sfotterlo un pochino.
<< Allora, lì c’è il bagno per cambiarti >>detto questo andai nella mai stanza e mi misi una maglietta a caso, vidi che era larga quindi meglio.
 
Io e Theo scendemmo e andammo al piano di sotto. Era già tutto pronto, e Luke sembrava meno arrabbiato. Forse non aveva ancora visto la cucina.
 
La cena passò molto velocemente. Clare e Tedd Reaken erano vermente simpatici, e mi fecero dimenticare cosa era successo prima che io e Theo iniziassimo a cercare di preparare la pizza. Cosa che, però, non fece Theo. Mi lanciò qualche frecciatina durante la cena.
 
Quando arrivò il momento dove loro dovevano andarsene, li accompagnai anche fuori dalla porta. Non per educazione o altro, ma perché avevo sentito un rumore e volevo vedere cosa fosse. Ero quasi certa che il rumore proveniva dal tetto, come se qualcuno, o qualcosa, ci camminasse sopra, ma era piuttosto improbabile.
Mentre ci salutavamo visi che sul parquet del pavimento del portico c’era un liquido trasparente e viscoso, come quello che avevo visto selle scene dei due crimini. Il destino non volle che un uccellino ci posasse sopra e, ad un tratto, si fermò e cadde a terra. Anche la famiglia che era nostra ospite se ne era accorta. Mi accovacciai e lo presi tra le mani. Dopo qualche minuto si mosse e volò via.
Giuro, giuro di aver visto la coda simile a quella di un rettile, solo gigante, sul tetto di casa. Forse sarà stata l’immaginazione, ero molto stanca.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 9. ***


 CAPITOLO 9.
 
 


I giorni dopo l’attacco d Teresa passavano immersi di pensieri e ansia per Teresa. Fortunatamente la scuola ancora non era oppressiva.
Una delle cose che mi aveva turbato era il bosco. I quella radura, quel moncone di quell’ albero. Quelle strane persone che avevo visto solo io … o sto diventando matta o il sovrannaturale esiste. Speravo la seconda opzione fosse quella giusta.
In quei giorni mi ero soffermata anche  a pensare a Theo e a quanto il nostro rapporto stava evolvendo. Eravamo diventati amici. Ma sentivo che lui mi stesse nascondendo qualcosa. Molte volte  lo vedevo andare con altri ragazzi, che parlavano con aria circospetta. Quei ragazzi erano Scott e Stiles, quelli che dicevano che i lupi mannari esistono.
Ma c’era una cosa che non quadrava. I dottori avevano detto che Teresa sarebbe uscita dall’ ospedale in poco tempo, ma ancora non avevano detto quando. E cosa intendevano per poco tempo? Cioè intendevano giorni o settimane, o addirittura mesi. Dipende dallo stato del paziente, giusto?
Tutta l’ansia che avevo accumulato, si poteva chiaramente vedere nei miei atteggiamenti.
 
Il lunedì successivo non mi aspettavo che sarebbe stato così intenso.
La mattina prima di andare a scuola, tutto apposto. Come al solito andai con Theo e, come al solito, cercavo delle canzoni decenti, ma senza successo. Tutto fastidiosamente uguale.
 
Partiamo dal presupposto che non mi sarei mai aspettata di vedere Tracy Stuart un’altra volta nella mia vita.
Era successo tutto nella terza ora. Era l’ora di storia e accanto a me vidi questa ragazza con i capelli castani che le coprivano la faccia, e non capii chi fosse. Non prestai comunque molta attenzione a quello che faceva.
Quasi alla fine attirò la mia attenzione, e anche quella di un’altra ragazza. Capelli scuri, quasi neri e evidenti origine latine. Era Hayden Romero, lo avevo scoperto mentre il professore Yukimura faceva l’appello.
La ragazza che era accanto a me aveva rotto il banco. Era tutta l’ora che lo stingeva ai lati, ma arrivare a spaccarlo letteralmente a metà era un po’ esagerato. Non credeva avesse tutta quella forza.
Poi l’allarme antincendio suonò, ma la ragazza on accennava a volersi alzare. Così mi misi davanti a lei, le stavo per dire qualcosa, ma vidi che era Tracy Stuart, una ragazza che avevo conosciuto a New York.
<< Tracy, ti ricordi di me? >> le chiesi con calma. Intanto Hayden stava in piedi, preoccupata per Tracy, a guardare la scena.
<< Alexys Loockwood? >>
<< Si, sono io. Che ne dici di alzarti, dobbiamo andare >>
Poi il suo sguardo guardò oltre la mia spalla, e nei suoi occhi si poteva leggere puro terrore. Mi girai per vedere cosa stesse guardando. C’erano due ragazzi che erano entrati in classe. Uno era Scott, e l’altro non lo avevo mai visto. Non molto alto, ma muscoli ben visibili. Aveva gli occhi chiari e labbra carnose. Era carino. E. accanto a loro c’era il professore. Non capivo come quei tre soggetti potessero spaventarla tanto. All’improvviso prese per un polso Hayden. Aveva gli artigli.
<< Mi sta facendo male >> disse Hayden con voce supplicante. Dal suo polso stava uscendo del sangue.
<< Lasciala >> la invitò Scott, con voce estremamente calma e dolce. Sembrava che non fosse la prima volta che trattava ragazzi pazzi.
<< Stanno arrivando per tutti noi >> detto questo, Tracy svenne e dalla bocca ne fuoriuscì un liquido argentato. Sembrava mercurio.
<< Perché le sta uscendo del mercurio dalla bocca? >> chiesi più e me stessa che a qualcun altro i quella stanza.
<< Come fai a sapere che è mercurio? >> chiesi il ragazzo con i capelli biondi mentre Scott e il professore la portavano via. Li seguii e altri due ragazzi vennero li vennero incontro. Uno era Stiles, e l’altra era la ragazza che mi fissava il primo giorno a chimica
<< Sinceramente, non so come faccio a saperlo. – la mia frase non aveva molto senso, ma era la verità – Dove la stanno portando? >> chiesi.
<< Credo all’ospedale >> aveva indugiato troppo sulla frase. Non la stavano potando all’ospedale, cosa che ritenevo anche giusta. Spiegare degli artigli non credevo che sarebbe stato molto facile. Mi ero quasi dimenticata delle zanne che le erano spuntate e degli occhi che da marroni sono diventati gialli, come quelli di un lupo. Forse i lupi mannari esistevano, ma solo forse. Ne avevo avuto uno davanti agli occhi.
<< Hayden, stai bene? >> chiesi quando mi riscossi da quei pensieri.
<< Vuoi che ti accompagni in infermeria? >> chiese il ragazzo di cui non sapevo ancora il nome.
<< No, ce la faccio da sola >> rispose lei acida.
<< Hayden, aspetta. Fammi vedere un attimo >>
<< Okay >>
Guardai il suo polso, c’era solo il sangue, non ferite.
<< Hayden, è molto strano, ma non c’è niente >>
<< Cosa? >>
<< Si, non ci sono ferite. Andiamo in bagno, ti faccio vedere >>
Andammo in bagno, lasciando Liam da solo. Quasi mi dispiaceva che lei lo trattasse male, aveva la faccia a orsacchiotto.
 
Si lavò il polso e avevo ragione. Non c’erano ferite, solo sangue.
<< Com’è possibile? >> chiese lei a nessuno in particolare, ovvero me. Continuava a guardare il polso.
<< Forse era il suo di sangue, e non il tuo. Hai sentito le unghie conficcarsi nella tua pelle? >>
<< No, ma non aveva la mano insanguinata >>
<< Molto strano >>
 
Stando un po’ con Hayden scoprii che era una ragazza veramente simpatica. Potevi parlare con lei di tutto.
Avevamo anche la prossima lezione insieme. Era quella di chimica. Non ero mai stata più felice. Volevo scoprire qualcosa in più sul mercurio e se può uscire dalla bocca delle persone, cosa che dubito altamente.
Comunque non ascoltai niente di quello che stava dicendo il professor Blake, avevo scoperto il nome grazie a Hayden. Oggi non ci fece fare nessun esperimento. Meglio, altrimenti, con la mia attenzione pari al meno dieci per ceto, avrei rischiato di far saltare in aria non solo il laboratorio, ma l’intera scuola.
Sfogliai il libro per vedere se ci fosse qualcosa di utile sul mercurio, ma niente.
Scrivevo le cose che spiegava il professore senza sapere effettivamente cosa. Pensavo continuamente alla scena di Tracy distesa sul pavimento e quel liquido che le scivolava fuori dalla bocca, a come sembrava morta.
Poi una risatina attirò la mia attenzione. Non mi ero neanche accorta che ci fossero Abigail e Theo seduti dietro di me all’ultimo banco. Non sapevo cosa stessero facendo, e neanche mi importava. Non sono esattamente una persona invadente.
<< Che vuoi? >> chiese Abigail, sussurrando.
<< Niente >> detto questo mi girai. Per tutta la lezione la mia mente non fece altro che  pensare a Teresa, a Tracy. Poi l’immagine di quei tizi nel bosco mi tornò in mente. Che fossero loro quelli che intendeva Tracy. Quando aveva guardato Scott, quel ragazzo, Liam (grazie Hayden, un’altra volta), e il professore, si stava forse immaginando qualcosa? Forse erano veramente gli stessi che avevo visto io.
 
Le altre ore passarono velocemente, senza problemi di nessun tipo.
In teoria Theo doveva accompagnarmi, ma non avevo voglia di vedere nessuno. Volevo starmene da sola. Andare a casa a piedi era la migliore alternativa.
 
Quei pensieri non volevano andare via. E anche con la musica. Cercavo inutilmente di concentrarmi sulle parole e sulla melodia delle canzoni, ma con scarsi risultati. Mi tolsi le cuffiette, con la musica era peggio
<< Vuoi un passaggio? >> mi chiese qualcuno.
Era Theo. Ovvio.
<< Cosa? >> non stavo capendo più niente.
<< Alexys, stai bene? Sembri strana. Non è mica per quello che è successo a scuola. La devi scusare, è che è gelosa >>
<< Cosa? No, no mica per quello >>
<< E allora per cosa? >>
<< Theo, voglio solo stare da sola >> detto questo, camminai più velocemente, sperando che Theo capisse. La mente mi stava scoppiando e raccontare quello che era successo alla terza ora sarebbe stato sol o peggio.
Inutile dire chela notte non riuscii a dormire. 






 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 10. ***


CAPITOLO 10.



Nel weekend inutile dire che non feci assolutamente niente, solo i compiti che avevano assegnato i professori. Ma, sinceramente, a me andava bene così. Non avevo voglia di tornare alla luce del mondo esterno. Mi bastavano il computer e la musica.
Mentre guardavo film, serie tv riuscivo a non pensare a tutto quello che era successo in quella settimana.
Ancora Teresa era in ospedale e credevo che Luke mi stesse nascondendo qualcosa. Ogni volta che il suo cellulare  suonava se ne andava nella sua stanza e quando tornava, se tornava, aveva una faccia stravolta. Credevo fortemente che fosse le telefonate fossero dall’ospedale, e che i medici aggiornassero Luke sulle condizioni di Teresa. Ogni volta che accennavo all’argomento se ne usciva con un “Non ora” o “Non lo so” oppure cambiava semplicemente discorso. Faceva male, ma dovevo restare forte per lui, che non aveva le forze necessarie per affrontare la cosa. Sapevo che lui avrebbe reagito male. Era sua moglie, e l’amava. Tutti potevano dire tutto su di lui, ma non che non fosse innamorato perso di sua moglie.
 
Avevo iniziato ad andare a scuola a piedi, anche se questo significava alzarsi quindici minuti prima. L’aria che si respirava in casa non era proprio buona. Luke era anche peggiore nelle mattine in cui andava a lavorare. Forse, alla centrale di polizia, non lo facevano lavorare al caso di Teresa. E lei era ancora all’ospedale. C’era qualcosa sotto il suo comportamento ansioso e dovevo scoprirlo senza scoprirlo. Intendo che non dovevo chiedere direttamente a lui, ma capirlo da sola. Per esempio con qualche origliatina. Forse sarò un po’ ipocrita. Ho detto che non mi piacciono le persone impiccione, ma questo riguardava anche me, più o meno.
 
Dopo venerdì, io e Theo non ci eravamo parlati, ma andava bene così. Hayden e io eravamo diventate abbastanza amiche negli ultimi giorni di scuola, e mi bastava. Avevo la sensazione che anche Theo mi nascondesse qualcosa, ecco perché non volevo parlargli. Forse chiedere sarebbe stata la cosa più sensata, ma sapevo che non mi avrebbe dato nessuna risposta.
Un’altra cosa strana era che ero attratta ancora di più dal bosco di Beacon Hills, anche dopo che avevo detto che non ci sarei entrata mai più. Mi inquietava, ma volevo vedere che misteri celava, perché si, sentivo che c’era qualcosa da scoprire. Quel moncone e quei tizi erano nella lista dei misteri non risolti.
 
Stavo camminando con Hayden nel corridoio per andare agli armadietti. Lei stava parlando di non so cosa, forse di quanto odiava Liam per non so quale motivo, quando sentii qualcuno dire: << Ha ucciso suo padre, e ora è morta anche lei … >>
<< Mi stai ascoltando >> chiese Hayden.
<< Si! >> mentii spudoratamente.
<< Cosa stavo dicendo? >>
<< Quanto non sopporti Liam >>
<< Giusto. E cosa stavo dicendo? >>
<< Che non sopporti Liam … >>
<< Non stavi ascoltando e quindi sei andata a caso, vero? >>
<< Assolutamente si >>
<< Cos’hai in questi giorni? >>
<< E’ la storia di Tracy >> dissi aprendo il mio armadietto. Hayden ci sarebbe andata dopo perché aveva la “fortuna” di aver l’armadietto esattamente accanto a quello di Liam. Ancora non mi aveva detto perché era così arrabbiata con lui.
 
<< Hayden mi devi dire perché sei arrabbiata con Liam. Non sembra cattivo >>
<< Praticamente quando eravamo in prima media mi colpì con il suo bel pugno il naso … >>
<< Di proposito? >>
<< No. Aveva dei problemi a gestire la rabbia e ci fu una rissa e per sbaglio ci capitai in mezzo. Guarda l’annuario >> disse lei, tirando fuori il cellulare. Aveva l’annuario scaricato.
C’era una foto di lei da piccola con un cerotto che le ricopriva tutto il naso e qualche livido sulla faccia. Trattenei una risata, ma non riuscii a non trattenere un sorriso.
<< Ehi! >> mi rimproverò lei offesa, anche se non lo era veramente perché stava sorridendo.
<< Come lo hai conciato? >>
Lei in tutta risposta mi fece vedere la foto di Liam dell’annuario. Aveva un occhio nero. Faceva ridere perché da piccolo aveva proprio la faccia a orsacchiottino, e vederlo con quel coso nero in faccia era esilarante.
Io e Hayden attaccammo a  ridere fino ad avere le lacrime agli occhi. Solo che io non ridevo tanto della faccia di Liam, ma dell’espressione trionfante che aveva Hayden quando mi aveva fatto vedere la foto.
<< Poverino >> dissi io, ancora ridendo.
<< Hai visto cosa avevo sul naso, vero? >> chiese lei tornando seria. Questo non fece altro che aumentare le mie risate.
<< Non è divertente! >> mi riproverò lei.
<< Scusa, scusa. Hai ragione >> cercai di dirlo assumendo un’espressione seria, ma avevo ancora un sorriso divertito stampato in faccia.
Suonò la campanella.
<< Che hai ora? >>chiesi io
<< Scienze >>
<< Io matematica >>
<< C i vediamo all’intervallo >> mi propose lei.
<< Certo >> accettai io.
 
Alla prima ora matematica era la cosa più brutta del mondo, ma almeno non era lunedì.
Ancora non era arrivato quasi nessuno, quindi la maggior parte dei banchi erano vuoti. Si prospettava una lezione molto noiosa, quindi presi delle precauzioni. Mi sedetti in quello all’angolo in ultima fila, vicino alla finestra. presi le cose di matematica, anche se sospettavo che avrei scritto cose a caso dappertutto. Quando in mano ho una penna e qualcosa su cui scrivere è la fine.
La maggior parte degli studenti era arrivata, e con loro anche la professoressa. Ero così immersa ei miei pensieri che non mi accorsi che Theo si era seduto davanti a me.
 
<< Ehi >> sussurrò lui.
Io non risposi, come se non lo avessi visto, fingendo di ascoltare.
<< So che non stai ascoltando >>
Non dissi niente, fingendo ancora.
<< Perché non mi parli? Ora sei te quella che fa l’offesa >>
Niente. Ovviamente non stava capendo.
Mi arrivò un messaggio da Theo.
“Cos’hai?”
“Niente”
“E perché sei arrabbiata?”
“Non sono arrabbiata”
“Si, e io sono la Fata Turchina”
“Staresti bene con il vestito azzurro e con un bel paio di tette”
“Ah, eccola Alexys. Cosa ti succede?”
Ogni tanto guardavo se la professoressa si era accorta che due dei suoi alunni avevano in mano i cellulari e che stavano scrivendo messaggi da cinque minuti. Stava scrivendo alla lavagna, quindi no problem.
“Niente”
“Non ti credo”
“Cosa sai riguardo a Tracy?”
Alzai lo sguardo su di lui. Si stava agitando sulla sedia, quindi era nervoso ,e molto probabilmente avrebbe detto una cavolata.
“Niente”
Avevo pensato bene.
“Ora sono io a non crederti”
“Non ne so niente”
“ E io non ti credo per niente”
Dopo aver mandato quel messaggio lui non mi scrisse più niente, e, anche se l’avesse fatto, non avevo intenzione di rispondergli, quindi andava bene così.
 
Dopo due secondi che la campanella suonò, ero già fuori dalla classe.
<< Okay, hai vinto >> disse una voce dietro le mie spalle. Era Theo.
<< Allora? >> lo intimai a parlare, avvicinandomi.
<< Molto probabilmente non mi crederai. Devi sapere un sacco di cose e prima devo chiedere agli altri se posso dirtelo >>
<< Quindi non me lo dirai subito >>
<< Già >>
<< E probabilmente non me lo dirai >>
<< Probabilmente >>
<< Okay. Ciao Theo >> lo salutai con voce atona, facendogli capire che la conversazione era finita.
 
Il resto della mattinata di scuola passò lentamente, alleggerito dalla presenza Hayden. Aspettando una risposta da Theo. Sapevo, in qualche modo, che facevo parte di tutta questa storia.

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