Frozen Time

di Recchan8
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Nuvole Grigie ***
Capitolo 2: *** Let it snow ***
Capitolo 3: *** It's always a good time ***
Capitolo 4: *** Don't let me be misunderstood ***
Capitolo 5: *** Epilogo: Neve ***



Capitolo 1
*** Prologo: Nuvole Grigie ***


Ciao...
E' da un po' che non ci vediamo, vero? Sono passati sessant'anni dall'ultima volta... Mi fa sentire strano essere qui di fronte a te... Forse perché non puoi più vedermi.
Forse perché sei morta.
Me ne sono accorto subito, sai? Per la prima volta dopo secoli mi sono sentito raggelare il sangue nelle vene e ho sentito un peso ghiacciato nel petto... Io, io che sono lo spirito dell'inverno. E' un po' comico a pensarci bene. Ho sentito il bisogno di venire a cercarti, ed eccomi qua: sono venuto al tuo funerale. Posso giurarti che è proprio come te lo aspettavi: un funerale tenuto all'aperto nel cimitero della città, con parenti e amici stretti.
Il cielo è coperto da nuvole grige e il vento si sta alzando.
Fa male vederti così, sai? Fa davvero male...
Sembra che stia per cominciare la cerimonia; ho deciso che assisterò al tuo funerale.
Sai, ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati...



NOTA DELL'AUTRICE
Salve a tutti! Questo è il prologo di una breve fanfiction che scrissi poco dopo aver visto il film "Le 5 Leggende". Come avrete capito, è una fanfiction in cui il narratore è proprio Jack Frost. Ho voluto provare a descrivere la sofferenza che ha afflitto Jack per secoli e che, in fondo, lo accompagnerà per sempre.
Lasciate qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate :) Al prossimo capitolo! 
 

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Capitolo 2
*** Let it snow ***


Per secoli sono stato solo. Nessuno credeva all'esistenza di Jack Frost, lo spirito dell'inverno. Col passare del tempo imparai a convivere con questa solitudine, ma non riuscii mai a diventare immune al desiderio di essere notato da qualcuno e di avere degli amici con cui divertirmi.
Poi la incontrai, e la mia esistenza prese una svolta inaspettata.
Ero arrivato da poco in Europa, e per quell'inverno avevo deciso di stabilirmi sulle montagne delle Highlands scozzesi. Una mattina, trasportato dal vento del nord, scesi fino a Edinburgo e cominciai a far nevicare. Mi divertii per un po' a far ghiacciare l'erba dei prati e l'acqua delle fontane, poi decisi di prendermi una pausa e mi sedetti sul davanzale della finestra di una scuola. Incuriosito, sbirciai attraverso il vetro appannato, e appena uno sprovveduto ragazzino aprì la finestra, entrai rapidamente dentro l'aula. Tutti i ragazzini della classe rabbrividirono e incitarono il loro compagno a chiudere immediatamente la finestra.
Come al solito, nessuno riusciva a vedermi; come al solito, potevo aggirarmi indisturbato tra i banchi e gettare per terra i libri e i quaderni; come al solito...
-"Ehi"-.
Alzai lo sguardo da terra e i miei occhi incrociarono quelli marroni di una ragazzina. Spalancai gli occhi sbalordito. Possibile che quella ragazzina si stesse rivolgendo proprio a me?
-"Che ci fai qui?"-.
-"Beitris, con chi stai parlando?"- le domandò una vicina di banco.
-"Con Jack Frost. Non lo vedi?"-.
Dovetti reggermi al bastone per non cadere a terra. Non potevo crederci: quella ragazzina poteva vedermi. Quella ragazzina sapeva chi ero!
-"Tu... Tu puoi vedermi?"- le domandai con la voce che mi tremava dall'emozione.
Lei smise di discutere con la compagna di banco e annuì nella mia direzione.
-"Quanti anni hai?"- le chiesi.
-"Quattordici"- mi rispose.
-"Signorina Rose, credo che farebbe un enorme favore a tutti se se ne andasse dalla classe per il resto dell'ora"- la rimproverò l'insegnante.
La ragazzina sbuffò, scostò la sedia dal banco e si avviò verso la porta. Prima di aprirla e di andarsene si girò verso di me e, con un cenno del capo, mi ordinò di seguirla.

 

Si chiamava Beitris Rose. Era una ragazzina piuttosto vivace, dagli occhi nocciola e i capelli mossi color mogano. Avevo finalmente trovato la persona che cercavo, qualcuno che credesse nella mia esistenza. Trascorsi quell'inverno in sua compagnia, anche se inizialmente Beitris non sembrava molto contenta di avermi intorno.
-"Io odio l'inverno"- mi disse una domenica pomeriggio. -"Odio questo freddo scozzese, odio la neve e odio il cielo nuvoloso"-.
-"Ma dai!"- risi. -"Dici sul serio?"-.
-"Sì"- rispose avvolgendosi al collo una sciarpa lilla. -"Infatti quando sarò più grande me ne andrò via da qui"-.
-"E dove vorresti andare di bello?"- la punzecchiai.
-"In Italia. La mia famiglia ha una piccola casa laggiù..."-.
Scoppiai a ridere, sollevai i piedi da terra e cominciai a volteggiarle lentamente intorno.
-"Jack, smettila, mi dai fastidio!"-.
-"Vai pure dove ti pare, sappi che io posso far nevicare ovunque; mi basta solo volerlo!"-.
-"Non ci provare!"- mi ammonì.
Risi ancora più forte e dal cielo plumbeo cominciò a scendere la neve. Beitris guardò verso l'alto, poi mi lanciò un'occhiataccia.
-"Jack!"-.
Incurante degli sguardi dei passanti, si mise a rincorrermi e a urlarmi dietro, ma mi rese felice constatare che in realtà si stesse divertendo un sacco.

 

-"Beitris?"-.
Era passata la mezzanotte quando andai a bussare alla finestra della camera di Beitris.
-"Beitris!"-.
Stava dormendo come un ghiro e non riuscivo a svegliarla. Provai a picchiettare più forte contro il vetro, e finalmente, mezza addormentata, si alzò dal letto e venne ad aprirmi.
-"Jack, che ci fai qui?"- biascicò stropicciandosi gli occhi.
-"Io... Volevo dirti che devo andare"-.
-"Mh?"-.
Chiusi la finestra e le soffiai in faccia, nella speranza che con un po' di freddo si sarebbe svegliata a modo. Beitris indietreggiò e si portò le mani al viso.
-"Jack!"- strillò indignata. -"Non mi soffiare in faccia, mi fai freddo!"-.
-"Non alzare la voce!"- la zittii subito.
Mi lanciò un'occhiataccia e si infilò rapidamente sotto le coperte.
-"In che senso?"- mi chiese dopo qualche minuto.
-"Cosa?"-.
-"Dove devi andare?"-.
Non riuscii a risponderle subito. Mi ero preparato a dirle che me ne dovevo andare via, ma in quel momento non ero pronto a separarmi dall'unica amica che avevo.
-"Aspetta, stai cercando di dirmi che l'inverno sta per finire?"-.
La guardai e annuii lentamente. Beitris sorrise e si rintanò sotto le coperte.
-"Finalmente! Il freddo se ne andrà! Niente neve, niente nuvole!"- esclamò.
Sorrisi debolmente.
-"Allora io vado"- dissi aprendo la finestra.
-"Jack"- mi chiamò Beitris.
Mi voltai e vidi che era riemersa dalla sua tana.
-"Il prossimo inverno tornerai?"-.
-"Ovviamente"- risposi.

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Capitolo 3
*** It's always a good time ***


Non sono mai stato a un funerale prima d'ora, e non pensavo fosse così dannatamente triste. Dovevo aspettarmelo, del resto non è mai bello dover dire addio a qualcuno...
Mi sono seduto nella fila più lontana da te, così ho lasciato il posto alle persone che per te ci sono sempre state. Penso che ti farà piacere sapere che sono presenti le tue due migliori amiche con le loro rispettive famiglie. Se non sbaglio quella donna in prima fila è tua figlia... Ti somiglia tanto, sai? Però, nonostante le lacrime e l'aria distrutta, riesco a capire che non ha il tuo stesso carattere forte e deciso.
Eri davvero una grande persona, lasciatelo dire...

 

Attesi con impazienza il momento di tornare in Europa a portare l'inverno, e quando finalmente il momento arrivò, mi catapultai in Scozia. Inizialmente temetti che Beitris si fosse dimenticata di me, ma dovetti ricredermi quando ci incontrammo alla sua uscita da scuola. Vidi un barlume di contentezza balenarle negli occhi, scambiò un rapido saluto con le amiche e corse verso di me. Fece per abbracciarmi, poi all'ultimo si ricordò che solo lei era in grado di vedermi, così si fermò, raccolse la cartella da terra e si incamminò verso casa, facendomi cenno di seguirla. Quando fummo abbastanza lontani dagli sguardi indiscreti dei suoi compagni di classe, mi gettò le braccia al collo e mi strinse forte a sé.
-”Sei cresciuta”- le dissi dopo che mi liberò dalla sua presa affettuosa.
-”E tu sei sempre lo stesso!”-.
Le sorrisi debolmente, appoggiandomi al mio bastone e stringendomi nelle spalle. Beitris notò il mio lieve turbamento e mi diede una pacca affettuosa sulla spalla.
-”Giovinezza eterna, eh? Non me ne parlare!”- esclamò alzando gli occhi al cielo con fare teatrale. Scoppiò a ridere e la sua risata cristallina contagiò anche me.
Dopo avermi afferrato per mano mi trascinò verso il parco vicino casa sua e mi chiese di fare una cosa che la Beitris di un anno prima non si sarebbe mai sognata di chiedermi:
-”Faresti nevicare?”-.
Non ci pensai su due volte ed esaudii la sua richiesta. Appoggiato al mio bastone, la guardai mentre, a occhi chiusi e braccia aperte, volteggiava tra i miei fiocchi di neve. Con un punta di rammarico constatai che Beatris era davvero cambiata, e non solo fisicamente.
-”Non stare lì imbambolato!”- mi esortò lanciandomi una palla di neve in pieno viso.
La guardai, sorpreso, e lei ricambiò il mio sguardo con quei suoi occhioni color nocciola. Si lasciò scappare una risatina, che tentò di nascondere nella sciarpa lilla che portava attorcigliata attorno al collo.
-”Osi tu sfidare lo spirito dell'inverno?”- le domandai ingrossando la voce. 
Giocammo insieme per tutto il pomeriggio, non facendo caso alle occhiate perplesse degli altri abitanti di Edimburgo. A Beitris non importava se la gente pensava che fosse pazza; finché poteva stare con me era più che felice.
E io, ovviamente, condividevo pienamente il suo stato d'animo.

 

Anche quell'anno l'inverno stava per volgere al termine, ma c'era una questione che volevo risolvere prima di andarmene.
Nonostante fossero le undici di sera passate, Beitris era ancora sveglia a leggere un libro nel suo letto. Non ci fu bisogno di bussare, si accorse subito della mia presenza. Si alzò e venne ad aprire la finestra, facendo entrare me e il gelido vento che mi seguiva ovunque andassi.
-”Ciao Jack”- mi salutò a bassa voce andando subito a infilarsi sotto le spesse coperte.
-”Ciao...”-.
-”Sei venuto a salutarmi, vero?”- mi domandò.
Esattamente come l'anno precedente, mi aveva tolto le parole di bocca. Per me è sempre stato doloroso separarmi da Beitris. Mi sedetti sul bordo del suo letto e guardai fuori dalla finestra. La Luna mi stava fissando.
-”Bei, c'è una cosa che mi sono sempre chiesto”- iniziai dopo qualche istante di silenzio. -”Tu... Tu come fai a vedermi?”- le domandai.
Beitris incrociò le braccia al petto e alzò lo sguardo al soffitto, un'espressione pensosa stampata sul volto.
-”Mi dispiace”- esordì dopo un po'. -”Non ne ho la più pallida idea”- scosse la testa dispiaciuta. -”Ma l'importante è che io riesca a vederti, giusto?”-.
-”Giusto”- sorrisi, un poco deluso dal non aver ricevuto una risposta al mio interrogativo.
Beitris sospirò, un po' scocciata, e venne a sedersi accanto a me.
-”Ho deciso di farti un regalo”- mi bisbigliò all'orecchio.
La guardai, lanciandole un'occhiata interrogativa, e intravidi accendersi nei suoi occhi una luce di divertimento e qualcos'altro che non riuscii a definire.
-”Perché?”- le domandai.
-”Per ringraziarti”- rispose con un dolce sorriso.
-”Ringraziarmi? Per cosa?”-.
-”Per esistere, Jack”- sussurrò, e posò le sue labbra calde sulle mie, fredde di secoli e secoli d'inverno perenne. In quell'istante, per la prima volta in tutta la mia esistenza, mi sentii veramente vivo. Ne ero quasi sicuro: mi si era appena sciolto il cuore.
-”Sei diventato rosso, Jack!”- rise, appoggiando la fronte alla mia.
-”Anche tu, Bei”- mormorai abbracciandola.
-”Il prossimo inverno tornerai?”-.
-”Ovviamente”-.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Don't let me be misunderstood ***


Le parole del parroco, appena coperte dal rumore del vento che attraversa le fronde degli alberi, non arrivano alle mie orecchie. Non ci riesco. Faccio ancora fatica ad accettare la tua morte. Tua figlia è distrutta, le tue amiche stanno continuando a guardarla con compassione.
Tuo marito non c'è? Dov'è l'uomo che amavi così tanto? Dov'è il ragazzo per cui mi hai cacciato dalla tua vita? Io ci sarei sempre stato per te, lo sai. Sarei stato al tuo fianco fino alla fine dei tuoi giorni.
Non riuscirò mai a trovare una persona come te.

 

 

Per un anno non feci altro che pensare al “regalo” di Beitris. Era successo così rapidamente e inaspettatamente che sul momento non me n'ero reso neppure conto.
Quell'anno ci fu un inverno disastroso in tutto il mondo: ero completamente fuori controllo. I miei pensieri andavano ripetutamente a quella ragazzina dai capelli mogano e gli occhi nocciola. Credevo di aver trovato non solo una persona in grado di vedermi, ma una che mi amasse. Era passato talmente tanto tempo che avevo dimenticato come ci si sentisse ad amare ed essere amato.
Tornai in Europa e mi precipitai in Scozia. Come l'anno precedente, mi appostai all'uscita da scuola di Beitris, impaziente di rivederla e di abbracciarla. Dovetti attendere poco: eccola, coi lunghi capelli mossi un poco dal mio vento, la punta del naso arrossata dal freddo e gli occhi... Gli occhi impauriti. Quando i nostri sguardi si incrociarono il viso di Beitris si rabbuiò. Si separò dalle sue compagne e, a passo spedito, si tuffò nelle strade della città.
Non capivo cosa fosse appena successo. Senza esitazione, mi lanciai al suo inseguimento. Mi fu facile trovarla e raggiungerla; io potevo volare, lei no.
-”Bei!”- la chiamai afferrandola per una spalla. -”Beitris, sono io!”-.
Beitris si strinse la cartella al petto e nascose il viso nella solita sciarpa lilla. Si voltò dall'altra parte per non guardarmi.
-”Cosa ti succede?”- le domandai con un fil di voce.
-”Lasciami”- mormorò.
Una semplice parola che aprì una voragine nel mio petto. La mia mano si aprì di scatto permettendo a Beitris di correre lungo la via e di sparire dalla mia vista. Mi ressi al bastone per non crollare a terra; avevo le ginocchia tremanti e una fastidiosa morsa allo stomaco. Probabilmente se fossi stato ancora un essere umano sarei impallidito, ma la mia pelle era perennemente candida.
Evocai il vento del nord e gli ordinai di portarmi sulle montagne delle Highlands. Decisi che quella sera sarei andato a trovare Beitris.

 

 

Era chiaro come la neve dell'Islanda che non fosse contenta di vedermi. Certo, mi aveva aperto la finestra e mi aveva permesso di entrare in camera sua, ma poi Beitris non si era più mossa da sotto le coperte; si era limitata a seguire i miei movimenti con duri occhi vigili.
Decisi di rimanere seduto sul davanzale della finestra, non sentendomela di avvicinarmi ulteriormente a lei
-”Domani devo andare a scuola”- disse. -”Non farmi fare tardi”- aggiunse freddamente.
Strinsi le mani attorno al manico del mio bastone talmente forte che le nocche sbiancarono vistosamente.
-”Cos'è successo?”- le domandai andando dritto al punto.
Beitris distolse lo sguardo dai miei occhi e lo abbassò per terra. C'era così tanta tristezza e dispiacere nel suo volto che per un momento pensai di andare ad abbracciarla, sussurrandole all'orecchio che non c'era niente di cui preoccuparsi. Ma non potevo farlo. Ormai tra noi c'era un muro di ghiaccio infrangibile.
-”Non possiamo più vederci, Jack”- mormorò.
Mi sarei aspettato tutto fuorché quello. La morsa che aveva attanagliato lo stomaco fino a quel momento scomparve, solo per ripresentarsi una manciata di secondi dopo ancora più forte di prima. Il bastone mi scivolò dalle mani; non feci in tempo a riafferrarlo prima che toccasse il pavimento, e un suono sordo si propagò per la camera.
-”Devo portare avanti la mia vita”- continuò. -”Non posso perdere tempo dietro a una persona che non esiste”-.
Ogni sua parola era come una pugnalata nella schiena. Nonostante fossi seduto, barcollai e rotolai giù dal davanzale, finendo sdraiato sul pavimento. Beitris non si scompose minimamente; il suo sguardo era totalmente apatico. Faceva male, un male cane. Mi sentivo tradito.
-”Io... esisto”- mormorai a fatica, gli occhi velati dalle lacrime. -”Io esisto, Bei...”-.
Beitris distolse lo sguardo da me e scosse con convinzione la testa.
-”L'hanno scorso mi hai baciato...”-.
-”Hai frainteso”- rispose prontamente, troncando sul nascere la mia successiva domanda.
Non riuscii più a controllarmi e lasciai che le guance mi si rigassero di gelide lacrime. Piansi in silenzio come non facevo da secoli. Mi chinai a raccogliere il bastone e lo strinsi tra le mani.
-”Non puoi rinnegarmi così”- sussurrai.
Le mani di Beitris si chiusero attorno al lembo della coperta, ma un attimo dopo erano delicatamente posate l'una sopra l'altra.
-”Posso”- disse lapidaria.
-”Bei, ti prego, non cacciarmi!”- la supplicai.
Si voltò di scatto verso di me e i suoi occhi color nocciola mi penetrarono nell'anima.
-”Amo un altro ragazzo, sto crescendo e tu sei un impedimento per la mia maturità. Addio, Jack”-.
Mi aveva rinnegato. Aveva smesso di credere in me. Non aveva più senso stare in quella stanza. Non aveva più senso vivere. Vivere... Che idiozia. Io sono morto. Quella notte morii una seconda volta.
Il vento del nord mi trascinò via a forza e la Luna provò a consolarmi, ma io non la ascoltai: avevo il cuore spezzato e la colpa era solo sua.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Epilogo: Neve ***


Ci siamo. Stai per essere sepolta sotto terra. Lo so, dovrei venire a salutarti un'ultima volta prima che sia troppo tardi, ma non ce la faccio. Sono bloccato, le mie gambe non hanno intenzione di muoversi e il vento del nord si rifiuta di aiutarmi; non vuole che io soffra ulteriormente. Come se potessi stare peggio di così...
Stanno tutti posando dei fiori sulla tua bara. Io non ne ho neanche uno...
Mi dispiace, Beitris, non posso assistere ancora. Mi mancherai, mi mancherai tantissimo.

 

 

Salgo su una parte rialzata del cimitero e da lì osservo gli amici e i parenti di Beitris che, lentamente, abbandonano la cerimonia funebre. Non riesco più a resistere e lascio che le lacrime che fino ad ora mi hanno offuscato la vista scorrano sulle mie guance. Mi lascio cadere sull'erba e mi copro gli occhi con un braccio. Tremo. Tremo dal dolore.
Sento dei passi risalire l'altura ma non ci faccio caso; tanto nessuno può vedermi. Solo Beitris ci riusciva...
-”Ti ho trovato”- dice una voce delicata. -”Pensavo fosse impossibile, invece eccoti qui”-.
Sposto il braccio dai miei occhi e vedo la figlia di Beitris guardarmi.
Guardarmi.
Mi sta guardando...?
Mi alzo in volo a un metro da terra e inizio a girarle intorno; mi segue con lo sguardo. La figlia di Beitris mi vede!
-”Mamma mia ha sempre parlato di te, sai?”- mi dice sorridendo debolmente. -”E prima di... andarsene mi ha pregata di consegnarti questo”-.
Mi allunga un foglietto ripiegato che io prendo con mani tremanti. Torno coi piedi sull'erba e lancio un'occhiata alla donna di fronte a me, chiedendole con gli occhi il permesso di aprirlo. Sono talmente agitato da non riuscire a dire una parola. La figlia di Beitris china il capo a mo' di assenso.
-”Vi lascio soli”- dice, e se ne va.
Col cuore che batte a mille dispiego il foglietto e leggo le poche righe scritte sopra con una grafia elegante e leggermente inclinata verso destra:

 

Non permettere alla paura di ostacolarti.
Sei stato il rimpianto più grande di tutta la mia vita.
Perdonami, Jack. Ti ho amato, ti amo e ti amerò sempre.

P.S. Ho sempre adorato la neve, scusa per la bugia.

 

Stringo al petto quel misero foglietto di carta, perché è l'ultima cosa che mi rimane di quella ragazza dai capelli mogano e gli occhi color nocciola che ho amato.
No.
Che amo.
-”Nessun problema, Bei”- mormoro. -”La neve è la mia specialità”-.
Piccoli e candidi fiocchi di neve iniziano a scendere dal cielo biancastro; questo è il mio ultimo omaggio a lei.
Avverto gli occhi della Luna addosso, ma non mi importa; li ignoro. In questo momento, per me, siamo solo io e Beitris.






NOTE DELL'AUTRICE
E anche questa breve fanfiction è finita. Ringrazio chiunque l'abbia letta fino a qui :)
Purtroppo non sono molto brava nelle cose introspettive :/
Spero vi sia piaciuta ^^

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