La Bella e il Dannato

di All In My Head
(/viewuser.php?uid=784976)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


 

I


Altea non riusciva a prendere sonno ed era un continuo rigirasi tra le lenzuola che ormai si erano annodate alle sue gambe, lasciandola mezza scoperta. Se l'avesse vista sua zia, agitata in quel modo, le sarebbe preso un colpo. Non tanto perché fosse preoccupata per la nipote, che a quanto sembrava aveva moltissimi pensieri per la testa, ma perchè una signorina del suo rango non si sarebbe mai dovuta contorcere in quel modo nel letto e a quell'ora tarda della notte avrebbe già dovuto essere tra le braccia di Morfeo da un pezzo. Ma per fortuna la zia a quell'ora dormiva, com'era giusto che fosse, e lei poteva muoversi quanto voleva, nessuno le avrebbe detto nulla, almeno quella notte, perché la mattina successiva, ne era sicura, l'avrebbero rimproverata per le occhiaie che quasi sicuramente avrebbe sfoggiato. Non era però colpa sua, lei avrebbe voluto tanto dormire, ma ogni volta che chiudeva gli occhi e provava a smettere di pensare, l'immagine dell'uomo con cui, purtroppo a detta sua e per fortuna a detta della zia, dello zio e dell'intera servitù, avrebbe dovuto passare l'intera serata il giorno successivo e, sperò con tutta se stessa non fosse realmente così, il resto della sua vita, faceva capolino e lei apriva gli occhi più angosciata che mai. L'aveva incontrato poche volte, ma le erano bastate per farsi un'idea molto chiara su di lui e capire che quello non era l'uomo che avrebbe voluto sposare. Troppo ingessato per i suoi gusti e si dava un sacco di arie, cosa che la faceva imbestialire non poco: odiava gli uomini troppo sicuri di sé che non avevano alcun motivo d'esserlo. Era sicura che tutti la pensassero come lei, compresi i suoi zii, ma visto che dalla sua parte quell'uomo aveva un grandissimo patrimonio e un nome importante, lei era costretta da coloro che pensava l'amassero più di tutto, ma a quanto pareva non più del denaro, a diventare sua moglie. Ricordava benissimo l'espressione entusiasta di sua zia mentre il marito informava entrambe della richiesta di permesso di matrimonio con la sua unica nipote che il duca Leopoldo de Lupis gli aveva sottoposto e ovviamente del fatto che lui aveva accettato con piacere. Ricordava benissimo anche il rimprovero che le era stato fatto in seguito alla sua espressione disgustata e furiosa e alle lamentele che le erano uscite spontanee di bocca in seguito alla terribile notizia. Non riusciva a credere che suo zio l'avesse venduta a quell'uomo, soprattutto perché era a conoscenza del ribrezzo che provava nei suoi confronti.

Una settimana dopo sua zia stava organizzando un ballo, il più bello mai visto a detta sua, a cui avrebbero preso parte i più importanti esponenti della nobiltà e anche il duca, che le avrebbe fatto la proposta in quell'occasione. Tutti aspettavano con ansia e fervore la sera del ballo, tutti tranne lei che aveva più volte pensato di fuggire il più lontano possibile da quel luogo e da quell'uomo. Le sarebbe andato bene qualsiasi posto, non le importava di lasciare la sua famiglia, la sua casa e la sua migliore nonché unica amica, l'unica che la capiva e che cercava di sostenerla in quella terribile situazione, purché quell'incubo in cui si sarebbe trasformata la sua vita non iniziasse mai. Forse poteva sembrare un tantino melodrammatica, ma non lo era affatto, sapeva quello che diceva e pensava e aveva completamente ragione, nessuna donna con un minimo d'intelligenza e amor proprio avrebbe voluto sposare il duca Leopoldo de Lupis. E poi, che razza di nome era? La voce sulla proposta di matrimonio era circolata presto e quasi tutti ormai ne erano a conoscenza; alcune ragazze con cui prendeva il the si erano dimostrate invidiose di lei, ma solo perché lui era un duca e perché loro non avevano un minimo d'intelligenza, si curavano solo del loro aspetto e si preoccupavano di accaparrarsi un uomo in possesso di una certa somma di denaro, non importava quanto orribile fosse. Lei d'altro canto, sognava un uomo conscio e sicuro di sé, che sapesse quello che voleva e che non avesse nessuna paura di ottenerlo; qualcuno che non si vantasse nonostante la possibilità di farlo, che sapesse corteggiarla come si conveniva e che si dimostrasse interessato non solo alla sua bellezza. Certo, il duca era molto sicuro di sé, ma quella sicurezza derivava tutta dalla sua possibilità economica e questo era ciò che più disprezzava in lui. Se non fosse stato di rango nobiliare sarebbe stata una persona inutile, senza carattere e più ignorante di quanto già non fosse, ma per quello non ci voleva poi molto. E poi era incredibilmente brutto d'aspetto e non era un particolare da trascurare visto che anche gli occhi vogliono la sua parte. Insomma, lei non era affatto una ragazza superficiale, ma se doveva stare con un uomo ignorante che almeno fosse bello per compensare.

Comunque, il ballo si sarebbe tenuto il giorno seguente e lei sperava con tutta se stessa che il sole non sorgesse mai più, cosa purtroppo impossibile, lo sapeva bene. Quando lui le avrebbe fatto la proposta davanti a tutta quella gente, lei avrebbe dovuto rispondere affermativamente e nessuno l'avrebbe salvata da quello che si prospettava essere il suo infelice futuro. A quel pensiero una lacrima le solcò veloce la guancia destra finendo la sua corsa sul cuscino imbottito che stava stringendo con le braccia e finalmente si addormentò.

Il mattino seguente fu svegliata dalle grida di sua zia contro le povere domestiche che stavano sistemando le ultime cose nella stanza a fianco la sua, non che servisse a molto visto che nessuno ci sarebbe entrato, ma la padrona di casa voleva che fosse tutto perfetto, compreso il seminterrato che aveva fatto pulire al figlio della cuoca e a quello del giardiniere tre giorni prima. E andiamo, chi mai sarebbe andato nel seminterrato? La contessa dava in escandescenza da giorni ormai e anche il marito non ne poteva più, per questo aveva deciso di passare cinque giorni nella loro altra dimora insieme ad alcuni amici e cacciare quanti più animali possibile. Sarebbe però tornato da un momento all'altro visto che non avrebbe mai potuto perdersi il grande evento. La domestica personale di Altea entrò nella camera in quel momento, seguita a ruota dalla padrona di casa che iniziò a dare ordini a destra e a manca anche a lei.

«Cosa ci fai ancora a letto? Dovresti essere già in piedi da un'ora! Oggi è il grande giorno, non puoi permetterti di non essere pronta all'arrivo degli ospiti!», stava gridando e lei sentì l'impulso di mandarla al diavolo e ripararsi sotto le coperte, ma sapeva bene che questo l'avrebbe fatta agitare ancora di più e così si alzò infilandosi la vestaglia.

«State tranquilla zia, il ballo si terrà stasera e se non l'avete notato è ancora mattina. Che ore saranno? Le otto?», risposte con una punta di sarcasmo nella voce, cosa che la donna non notò o fece finta di non notare e con ancora più stizza ordinò alla cameriera di vestirla e pettinarla a dovere.

«Sono le nove Altea e tu avresti già dovuto aver fatto colazione. Il conte arriverà a momenti con un ospite e voglio che tu sia pronta per accoglierlo», detto questo uscì dalla stanza lasciandola perplessa a chiedersi chi mai fosse l'ospite che sarebbe arrivato con suo zio. Non poteva essere il duca, altrimenti sua zia non sarebbe sembrata tanto scocciata e poi lui non l'avrebbe visto prima di quella sera, ne era sicura.

«Beatrice, tu conosci l'identità dell'ospite che arriverà a momenti? Sono sicura non sia il duca o almeno lo spero», chiese Altea alla domestica sussurrando però l'ultima parte della frase. Lei la sentì benissimo, ma fece finta di niente e pose fine ai suoi dubbi, non riuscendo però a nascondere bene il sorriso divertito che le comparve sul volto vedendo l'espressione leggermente allarmata della ragazza che ormai considerava quasi come una figlia. Beatrice era la sua domestica da sempre e con lei si confidava raccontandole tutti i suoi dubbi, le sue paure e incertezze come faceva con Serena, la sua migliore amica. La considerava come una seconda madre, una donna a cui poteva parlare tranquillamente di tutto senza preoccuparsi.

«Non preoccuparti figlia mia, il duca lo vedrai stasera al ballo, puoi stare tranquilla ancora per un po'. L'ospite in compagnia di tuo zio non so chi sia, però ho sentito la contessa parlarne con una sua amica ieri, mentre prendevano il the in giardino e sembrerebbe un nobile inglese venuto qui da Londra. Dicono che stia girando il mondo. Il conte era un grande amico di suo padre e lui ha approfittato del suo viaggio per fargli visita. Dicono sia arrivato ieri e che si fermerà per qualche tempo, quindi lo ospiterete in questa casa. Tuo zio ne è molto entusiasta».

«Mia zia però non sembra dello stesso parere a quanto ho potuto vedere», ribatté sempre più curiosa la ragazza.

«Hai ragione. Girano delle voci sul suo conto poco rassicuranti e tua zia ne è venuta a conoscenza».
Beatrice smise di parlare, ma in seguito ad un'occhiata di Altea che la spronava a dirle di più riprese. 
«Non ne so molto, solo quello che ho sentito dire da tua zia. Comunque, si dice che si diverta molto in modo poco consono con le belle ragazze che ha il piacere d'incontrare. Ha uno stile abbastanza», fece una breve pausa per cercare la parola più adatta, «libertino ecco».

«E mia zia ha paura che si possa divertire anche con me», concluse Altea per lei.

«Esattamente, ma non vi dovete preoccupare, sono sicura siano solo voci e poi vostro zio lo conosce e non l'ospiterebbe mai se le ritenesse veritiere», cercò di tranquillizzarla, ma non ce n'era alcun bisogno. Altea per un momento pensò che se quelle voci fossero state vere magari la sua vita avrebbe potuto avere una piacevole svolta: nessuno l'avrebbe sposata se non fosse stata più pura, nemmeno il duca e lei preferiva rimanere sola che stare con lui. Si pentì però subito di quei pensieri e li scacciò dalla mente; idee del genere non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarla.

«Sai il suo nome Beatrice?», un'ultima domanda, pronunciata quasi con timidezza.

«Credo si chiami Dorian. Dorian Gray», e dopo quest'ultima risposta Altea uscì dalla sua camera diretta in cucina per la colazione, mente Beatrice apriva le finestre e rifaceva il letto più disfatto che mai.

«Altea! Altea dove sei? È arrivato tuo zio e sta per entrare dalla porta, vieni subito qui!», pensava che sua zia avesse raggiunto il limite massimo di agitazione questa mattina mentre urlava dietro la servitù, ma a quanto pareva si sbagliava di grosso.

«Sono qui, sono qui, non c'è bisogno di agitarsi tanto», rispose lei correndo al fianco della zia che si era calmata un poco vedendola arrivare vestita e acconciata di tutto punto.
«Ero in cucina a fare colazione», aggiunse poi poco prima che la porta si aprisse e fecero il suo ingresso il padrone di casa e il famoso Dorian Gray.

Altea si stupì di quanto fosse bello e poté giurare anche sua zia che però, al contrario suo, manteneva un'espressione il più indifferente possibile. Lei invece non riuscì a non spalancare di un poco la bocca e sgranare gli occhi, la tipica espressione da pesce lesso, come le fece notare la donna quando non era possibile esser sentite da altri, e quando se ne accorse abbassò di scatto il volto fissando i suoi grandi occhi verdi sul pavimento piastrellato che pareva parecchio interessante in quel momento e arrossì un poco. Dorian se ne accorse e sorrise apertamente con uno sguardo che lasciava intendere tutto e niente, poi si avvicinò alle due donne e si presentò.

«Dorian Gray madame», disse rivolgendosi alla contessa, «lieto di fare la vostra conoscenza. La casa è davvero magnifica, quasi quanto lo è lei, sono sicuro farete una splendida figura stasera al ballo», e fece un leggero inchino baciandole la mano.

«Finalmente vi conosco signor Gray», rispose la donna, ma il giovane, con voce melliflua, la interruppe

«Vi prego, chiamatemi Dorian», e sorrise. Leggermente sorpresa e piuttosto scossa dal suo sguardo e dalla sua incredibile bellezza riprese. «Dorian. Ho sentito diverse voci sul suo conto, alcune poco piacevoli, spero solo siano soltanto dicerie», la voce era tornata dura e lo sguardo diffidente.

«Suvvia mia cara, non crederai di certo a simili pettegolezzi! Dorian è un vero gentiluomo, così come lo era suo padre, non c'è da preoccuparsi. Giusto mio caro?».
Ll conte Della Torre s'intromise nel discorso per evitare che la moglie potesse offendere in qualche modo il loro giovane ospite e infine si girò verso il diretto interessato in attesa di una conferma a quanto aveva affermato. Anche lui aveva sentito quelle voci, ma non ci poteva credere, conosceva bene il padre del ragazzo e nonostante fosse morto prima della sua nascita sapeva che non sarebbe potuto essere tanto differente. Come dice il detto: "La mela non cade mai lontano dall'albero'. E poi era stato allevato ed educato dal nonno, un uomo dai rigidi principi e dalla mano ferma. Purtroppo però non era riuscito a zittire del tutto quella voce che preoccupata gli diceva di stare attento a sua nipote, per questo adesso voleva, anzi pretendeva, quella rassicurazione. Dorian non lo fece attendere molto, poiché guardando tutti i presenti e soffermandosi un poco più su Altea disse:

«Potete stare tranquilli, non farò niente che possa nuocervi in alcun modo e per quanto si dice in giro», si rivolse soprattutto alla contessa, «credo ci sia differenza tra pettegolezzo e diffamazione. Il pettegolezzo lo trovo una cosa deliziosa, dopotutto la storia che si studia non è altro che un pettegolezzo. Ma la diffamazione», fece una pausa, «quella è un pettegolezzo reso noioso dalla morale e penso non esista cosa più triste».

Rimasero tutti un po' allibiti in seguito a quella risposta, nessuno era sicuro del vero significato che avrebbero dovuto attribuirgli, ma il conte si sentì alquanto sollevato nel sentire che Dorian non avrebbe toccato la loro Altea. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo e chiamò i domestici.

«Mostrate al signor Gray la sua stanza e portateci le sue cose, resterà con noi per quanto tempo desidera. È il benvenuto!», ordinò sempre sorridente.

«State attenti con quello, è molto importante per me. Riponetelo con cura a fianco del letto e non scopritelo, me ne occuperò poi io personalmente». Due uomini stavano entrando dall'ingresso con un grande pacchetto, probabilmente un quadro di inestimabile valore a giudicare dalla reazione del giovane che aveva sul volto uno sguardo preoccupato, ma cercava comunque in tutti i modi di nasconderlo. Altea se ne accorse e s'incuriosì.

«Cosa contiene signor Gray?», chiese infatti lei. Dorian si girò, un lampo di fastidio causato dalla domanda appena ricevuta gli attraversò gli occhi, ma prontamente si ricompose e sorrise.

«Se ve lo dicessi, dovrei uccidervi». Una risposta data con apparente leggerezza che tutti colsero come una battuta di spirito, infatti scatenò l'ilarità dei presenti, ma Altea capì che c'era qualcosa di più, qualcosa che lui nascondeva e che lei voleva portare alla luce.

«Uh, che paura», sorrise lei ripromettendosi che avrebbe scoperto il suo segreto un giorno o l'altro.

«Temo che non ci siamo presentati a dovere, vi porgo le mie scuse. Io sono Dorian», e le fece il baciamano soffermandosi però qualche secondo in più sulla sua mano di quanto aveva fatto con sua zia. Piacevolmente sorpresa fece un leggero inchino.

«Altea», fu l'unica cosa che riuscì a dire e lei non era di poche parole, per niente.

«Incantato», la sua risposta accompagnata da uno sguardo penetrante. Pensò che se lui avesse continuato di quel passo non sarebbe sopravvissuta ancora per molto. Sentiva che le gambe le avrebbero ceduto da un momento all'altro, per questo ringraziò mentalmente Beatrice che arrivò ad informarli che il pranzo era pronto.

Una volta arrivata nella sua stanza Altea espirò profondamente buttando fuori tutta l'aria che aveva trattenuto fino a quel momento. Si sentì stanca, anzi esausta, come se avesse corso per giorni senza potersi mai fermare un secondo a prendere fiato, il cuore le batteva più forte del normale e non riusciva a formulare pensieri di senso compiuto, figuriamoci frasi. Per questo sperò con tutta se stessa che nessuno entrasse e le parlasse per un po'. Fissò per qualche tempo la porta in attesa, ma per fortuna nessuno l'aprì, così si stese su letto e si concesse di ripensare a quanto successo l'ora prima.

«Era tutto ottimo Francesca, come al solito».
Altea sorrise alla cuoca, che ora stava portando via i piatti vuoti, e lei ringraziò per l'apprezzamento sorridendo a sua volta. Tutti sembrarono essere d'accordo con il parere appena espresso dalla ragazza, ma solo Dorian lo disse ad alta voce sorprendendo Altea per l'ennesima volta quel giorno. Non si aspettava che qualcun altro si complimentasse con la cuoca e nemmeno la cuoca stessa, che per la sorpresa quasi non fece cadere un piatto a terra: nessuno esprimeva mai pareri positivi sulla sua cucina a lei, ma alla contessa che ogni tanto in privato, ma solo quando era di ottimo umore, faceva qualche apprezzamento sull'ottimo lavoro da lei svolto. Nessuno tranne Altea, che non perdeva mai occasione per complimentarsi o elogiarla e di questo le era veramente grata. Le volevano tutti un gran bene in quella casa: era sempre gentile e quando la zia non guardava, si rendeva utile per quanto potesse, cercava di non dare mai ordini, ma chiedeva sempre "per favore".

«Ho visto che avete uno splendido giardino, mi piacerebbe farvi una passeggiata se possibile. Di solito passeggio sempre all'aria aperta dopo pranzo», disse ad un tratto Dorian.

«Certamente figliolo, mi piacerebbe accompagnarti, ma ho da sistemare alcune questioni burocratiche nel mio ufficio, infatti è meglio che vada ora. Ci vediamo stasera», e con questo il padrone di casa si congedò.

«Io devo finire i preparativi per il ballo di questa sera, dovrà essere tutto perfetto e se non mi sbrigo non sarà mai tutto pronto in tempo», disse la signora alzandosi da tavola.
«Altea, ricordati che il tuo vestito per stasera è nell'armadio in camera tua, vedi di essere impeccabile per quando arriveranno gli ospiti e ricordati che ci sarà anche il duca», aggiunse prima di sparire in un'altra sala.

«E voi? Vi andrebbe di farmi compagnia?», disse Dorian rivolgendosi alla giovane che in quel momento avrebbe voluto tanto scappare per non vedere mai il duca che, per fortuna, aveva dimenticato da quando il signor Gray era arrivato in quella casa. Alzò lo sguardo su di lui e accennò un sorriso.

«Mi piacerebbe, ho proprio bisogno di un po' d'aria».

«Perfetto, allora andiamo», rispose porgendole il braccio. Uscirono in giardino a braccetto e per un momento nessuno dei due fiatò, entrambi immersi nei loro pensieri. L'aria era fresca e il cielo limpido, non faceva per niente freddo e all'ombra degli alberi si stava magnificamente. Gli uccelli volavano nel cielo, alcuni rincorrendosi anche, e gli usignoli cantavano. La strada sterrata che stavano percorrendo era segnata da siepi alte poco meno di un metro, di uno splendido color verde e ben curate, che viste nel loro insieme formavano un elaborato disegno geometrico. Più in là un'immensa distesa verde con al centro una grande fontana in stile barocco, occupavano l'intera vista. Fu Dorian ad interrompere il silenzio che li circondava.

«C'è qualcosa che vi turba?».
Altea alzò lo sguardo nuovamente sorpresa, non pensava si notasse, in fondo nessuno aveva accennato nulla a riguardo.

«Si nota così tanto?», domandò infatti.

«Abbastanza. Avete un'espressione preoccupata e rassegnata da quando vostra zia ha nominato il ballo e il duca, prima a tavola. Vostro zio mi ha detto che stasera vi farà la proposta e che tutti ne sono entusiasti. Tutti tranne voi a quanto posso notare», rispose lui. La ragazza accennò un triste sorriso ed espirò rassegnata.

«Già, non voglio sposarlo, io non lo amo e mai lo amerò. È una persona disgustosa, incredibilmente superficiale e si crede chissà chi. Non ha nessun motivo di essere così sicuro di sé, eppure lo è! È incredibilmente ignorante e dalla sua parte ha solo tantissimi soldi ed è per questo che vogliono che lo sposi. Provo solo ribrezzo per lui».
Le parole le uscirono di bocca come un fiume in piena, senza che lei potesse fermarle. Le venne naturale parlarne con lui, pensava potesse capirla. Non aveva mai detto niente di tutto questo a nessuno a parte a Beatrice e a Serena e se ne pentì subito: non avrebbe mai dovuto parlare del duca in quel modo davanti a Dorian, lo sapeva benissimo. Sperò con tutto il cuore che lui non andasse a riferirlo a suo zio o peggio, a sua zia e tenne la testa bassa aspettando che dicesse qualcosa. Dorian rimase in silenzio e la condusse a sedersi su una panchina sotto una quercia ai lati del giardino, lì si sentiva il profumo delle rose che crescevano nelle siepi dietro di loro, e le alzò il volto con il pollice e l'indice incastrando i loro occhi e asciugandole una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Lo sguardo di Altea era pieno di tristezza e solitudine e urlava disperatamente aiuto. Dorian si sentì stringere il cuore a quella vista e ne rimase assolutamente sorpreso, non gli capitava da moltissimo tempo e credeva fortemente non gli potesse più capitare.

«Non piangete, molte donne sono costrette a matrimoni combinati, ma non tutte sono infelici. Forse il duca non è quello che appare e nessuno esclude che tu possa amarlo un giorno».

«Grazie, ma nemmeno voi credete a quello che avete detto, come posso crederci io?» ribattè convinta e più sconsolata che mai.

«Avete ragione, ma io non credo nemmeno nel matrimonio».

«E come mai signor Gray?», chiese sinceramente incuriosita.

«Un mio caro amico una volta mi disse che il matrimonio per un uomo è una vera rovina: esso lo abbruttisce quanto le sigarette e costa molto di più», rispose convinto.

«Che paragone orribile. Io non sono per niente d'accordo. Il matrimonio è il coronamento di un sogno d'amore e sono assolutamente convinta che solo due persone veramente e completamente innamorate dovrebbero sposarsi».

«Se sono così innamorate non c'è nessun bisogno di sposarsi. Il matrimonio è solamente la prova che un uomo appartiene ad una donna e che quindi nessun'altra può toccarlo. Questo dimostra che l'amore in cui credi tanto non esiste».
Detto questo prese una sigaretta e se la portò alla bocca accendendola con un fiammifero.

«Siete mai stato innamorato?», riprovò lei.

«Una volta. Lei era un'attrice di un teatro poco importante di Londra. La vidi la prima volta in un bar e me ne innamorai, ma se ne andò prima che mi decidessi ad avvicinarmi, poi la rincontrai per caso passando davanti a questo teatro e le parlai. Era bellissima e bravissima, amava quello che faceva ed è per questo che le chiesi di sposarmi. Lei accettò felice e mi disse che aveva deciso di abbandonare il teatro per amor mio, perché le bastavo io per essere completamente felice. In quel momento perse tutto il suo fascino. Con la sua decisione aveva ucciso il nostro amore e così la lasciai. Poco tempo dopo la ritrovarono morta sulle rive del Tamigi», rispose atono, come se questo non lo turbasse affatto. Altea invece ne era rimasta scioccata, come poteva parlarne con tanta leggerezza? Era evidente che quella donna si era uccisa perché lui l'aveva lasciata, ma non mostrava alcun rimorso. Per un momento ebbe paura.

«Come potete parlarne in questo modo? Non vi dispiace nemmeno un poco? Non vi sentite in colpa? Dopotutto si è uccisa perché l'avete respinta dopo averle chiesto di sposarvi. Come potete essere cosi meschino?», era quasi disgustata da lui, ma non riusciva ad andarsene, voleva conoscere i motivi del suo comportamento.

«Certo che mi sono sentito in colpa, ho anche pianto per qualche tempo, ma alle anime superficiali occorrono degli anni per liberarsi di un'emozione, mentre l'uomo padrone di sé pone fine a un dolore con la stessa facilità con la quale improvvisa una gioia. E io sono completamente padrone di me».
C'era qualcosa nei suoi occhi che metteva i brividi e per quanto volesse, Altea non riusciva a reggere quello sguardo.

«Voi non siete padrone di voi stesso, semplicemente non avete un'anima», quasi urlò, dall'orrore di quel discorso o dalla paura che provava in quel momento non seppe dirlo, ma sapeva che voleva andarsene e non rivederlo più. Si chiedeva come avrebbe fatto a vivere con lui in casa e come suo zio avesse potuto pensare che fosse un brav'uomo. Aveva ragione sua zia a dubitare di lui.

«Avete ragione, non ce l'ho un'anima. Io vivo per sviluppare me stesso. Questo è il vero scopo della vita. Ognuno di noi è al mondo per realizzare perfettamente se stesso. Per questo non voglio essere in balia delle mie emozioni. Voglio servirmene, goderle e dominarle. Non puoi biasimarmi per questo», si avvicinò pericolosamente al suo viso e il suo cuore perse un battito. Si sorprese a pensare che voleva assaggiare quelle labbra con tutta se stessa, ma allo stesso tempo aveva paura di lui. Era bloccata, non riusciva a muovere nessun muscolo e così aspettò. Lui continuò ad avvicinarsi fino a che le loro labbra s'incontrarono. All'inizio fu un bacio dolce, casto e lei pensò che le labbra di lui erano morbide come sembravano, poi si sentì prendere per i fianchi e in un attimo i loro corpi furono attaccati. Dorian approfondì il bacio stringendola di più a sé e Altea colta da un impulso improvviso affondò le mani nei suoi capelli neri come la notte e incredibilmente morbidi. Il cuore le batteva forte quasi le volesse uscire dal petto e il suo stomaco si stava annodando su se stesso. Non si era mai sentita così in vita sua, vulnerabile e invincibile allo stesso tempo. Per un attimo dimenticò ogni cosa, i suoi zii, il duca, Beatrice e Serena, i suoi doveri, persino il suo nome. C'era solo Dorian che la baciava con passione, le sue mani che vagavano sul suo corpo e la stringevano con forza. All'inizio non si accorse nemmeno che aveva iniziato a piovere, per questo quando Dorian si staccò e le disse che era meglio entrare lei non capì. Le ci volle del tempo per rendersi conto di quello che stava facendo e, come una doccia fredda, le caddero addosso tutti i sensi di colpa. Si sentì incredibilmente sporca e così si alzò e corse via diretta nella sua stanza. Solo quando era certa di essere completamente sola si stese sul letto e ripensando all'accaduto pianse. Pianse tanto, soprattutto perché, nonostante non l'avrebbe mai ammesso, quel bacio lo desiderava da tempo e le era piaciuto.


Angolo Autrice
Buonasera a tutti! Sinceramente non ho molto da dire, se non che questa è la prima storia che pubblico e che spero tanto vi piaccia. Ovviamente le recensioni, sia positive che negative, sono ben accette. Soprattutto le critiche, così che io possa capire i miei errori e migliorarmi.
Un'altra cosa che voglio dirvi riguarda le frasi in corsivo, che rappresentano le citazioni di Oscar Wilde prese pari pari e alcune battute del film.
Infine ringrazio chi seguirà la storia o chi semplicemente è arrivato fino a qui.
Alla prossima :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


II

Quando, qualche ora più tardi, bussarono alla sua porta, si accorse di essersi addormentata e di avere ancora addosso gli abiti bagnati del pomeriggio.
«Chi è?», chiese con voce stanca e un poco allarmata.
«Sono Serena, posso entrare?», sentì in risposta.
«Si, entra pure», disse mettendosi a sedere sul bordo del letto.
Quando l'amica entrò le venne un colpo: Altea era bagnata, i capelli color dell'oro spettinati le ricadevano sulle spalle e le coprivano il viso e tremava.
«Oddio, ma cosa ti è successo?», esclamò lei portandosi le mani alle labbra in gesto di sorpresa.
«Non urlare per favore, non mi va che arrivi mia zia a fare domande a cui non posso rispondere e chiudi la porta».
Serena fece come le era stato detto e poi andò a sedersi a fianco dell'amica.
«Guardati, sei una straccio. È per il duca?», azzardò più preoccupata che mai.
Riusciva a capirla, anche se non del tutto visto che non si trovava nella sua situazione, ma essere costretti a sposare un uomo che non si amava era davvero orribile e ancor di più se quell'uomo era il duca de Lupis.
«Si e no. In parte, ma la parte più piccola».
ra agitata, si vedeva benissimo.
«Vuoi dirmi cos'è successo?».
Altea scosse il capo, non avrebbe potuto dire a nessuno quello che aveva fatto e non sarebbe nemmeno riuscita a spiegare le ragioni di quel gesto; non le comprendeva del tutto nemmeno lei.
«Sei sicura Altea? Lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa. Ricorda che non sono qui per giudicarti, ma solo per aiutarti; sei la mia migliore amica e odio vederti così».
«Lo so Serena, ma davvero non ne voglio parlare», le disse tentando di trattenere le lacrime.
«Forse un giorno, ma non ora», aggiunse poi un po' titubante.
Serena le sorrise per mostrarle che aveva capito e che non voleva obbligarla a fare niente che non volesse; per quello c'erano già i suoi zii. Non aveva mai compreso perché l'amica non si fosse mai completamente ribellata alla loro decisione e quando gliel'aveva chiesto la sua risposta la spiazzò. Il padre di Altea era un commerciante che apparteneva all'alta borghesia e quando aveva sposato sua madre aveva poco più di vent'anni. La madre di Altea invece ne aveva sedici ed era rimasta incinta pochi mesi dopo il matrimonio. Quando lei era nata vivevano tutti in una casa nel centro del villaggio vicino, ma qualche anno dopo i suoi genitori morirono di malattia; si ammalò prima suo padre che contagiò la moglie e Altea venne affidata alla zia, la sorella di sua madre, che aveva sposato un conte diventando contessa. Si presero cura di lei come se fosse stata figlia loro, visto anche l'impossibilità della donna di avere figli e così ora Altea non se la sentiva di venir meno ad un loro desiderio, soprattutto perché in fondo lo facevano per il suo bene credendo così di darle un promettente futuro da duchessa. Quello che non capivano era che a lei non importava dei titoli o dei soldi, ma desiderava qualcuno che l'amasse e soprattutto che lei amasse. Serena ammirava molto la forza dell'amica nell'affrontare quella situazione. Altea aveva imparato ad accettare quel suo futuro, ma continuava a sperare che i suoi zii cambiassero idea e cercava quanto più poteva di fargli capire che lei non voleva assolutamente sposare il duca. «Penso che tu debba andare a prepararti, è quasi ora e se tua zia ti dovesse trovare in queste condizioni le verrebbe un colpo», cambiò discorso cercando di strappare un sorriso all'amica per tirarle su il morale, forse ricordarle che tra poco si sarebbe tenuto il ballo non era il modo migliore, ma funzionò perché Altea rise immaginandosi l'espressione della contessa se l'avesse davvero vista così com'era in quel momento. Dopo aver abbracciato la sua migliore amica si alzò dal letto e si diresse verso il bagno per lavarsi.
Poco dopo nella stanza entrò Beatrice che l'aiutò a mettere il vestito e le sistemò i capelli e quando Altea si guardò allo specchio sul suo viso non trovò alcuna traccia dell'amarezza che l'aveva colta quel pomeriggio. Indossava un abito rosso e semplice, con merletti pregiati che mettevano in risalto la sua figura elegante fungendo da cornice, i capelli erano raccolti, ma lasciavano cadere piccole ciocche di ricci dorati che le avvolgevano il volto. Le labbra piene e rosse in contrasto con la pelle bianca e gli occhi di un verde intenso messi in risalto dalle folte ciglia nere. Sorrise al suo riflesso e poi si girò verso le donne che erano presenti nella stanza. Si avvicinò a Beatrice e l'abbracciò ringraziandola di cuore, si sentiva bella, ma soprattutto si sentiva bene, poi insieme a Serena uscì dalla porta e scese le scale diretta nel salone adibito per il ballo. A metà strada sentirono la voce della zia che dava gli ultimi ordini e quella dello zio che le diceva di rilassarsi perché tutto sarebbe andato per il meglio.
«Serena», chiamò Altea fermandosi in mezzo al corridoio,
«Vai avanti tu, io arrivo tra poco. Ho bisogno di un momento».
L'amica fece un cenno d'assenso e proseguì arrivando nel salone. Altea la sentì rassicurare i suoi zii dicendo che lei sarebbe arrivata presto e poi fece un profondo respiro. Pensava di essere pronta, ma quando sentì i primi ospiti arrivare le prese il panico e iniziò a camminare nella direzione opposta. Decise di uscire in giardino per prendere un po' d'aria fresca, ma cambiò idea quando udì una dolce melodia provenire da una delle stanze della tenuta. Seguì il suono e quando fu arrivata alla sua sorgente aprì piano la porta cercando di non disturbare chiunque stesse suonando. Quando entrò vide Dorian seduto al piano che accarezzava dolcemente i tasti producendo quella musica meravigliosa, la più bella che avesse mai ascoltato. Ne rimase completamente affascinata e senza rendersene conto si avvicinò sempre di più a lui, fino ad arrivargli a poco più di un metro. Dorian all'inizio non se ne accorse preso totalmente da ciò che stava suonando, ma quando Altea si appoggiò allo splendido pianoforte a coda smise di toccare i tasti e alzò lo sguardo su di lei.
«Scusatemi, non era mia intenzione interromperti, anzi non dovrei neppure trovarmi qui. È meglio che vada», disse frettolosamente colta da un improvviso imbarazzo, ma Dorian le sorrise tranquillizzandola.
«Non preoccuparti, avevo finito», e si alzò avvicinandosi un poco a lei che indietreggiò di un passo.
«Siete davvero bravo, a suonare dico», balbettò dandosi poi mentalmente della stupida perché, specificando di cosa stesse parlando, aveva alluso a quel pomeriggio. Sperò che lui non se ne fosse accorto. Speranza inutile visto che sorrise più apertamente cercando di nascondere malamente una risata.
«Grazie», le rispose avvicinandosi ancora di un passo e lei si allontanò nuovamente.
«La maggior parte degli ospiti sarà già arrivata, forse anche il duca, siete sicura di voler andare?», chiese accennando un sorriso che lasciava intendere ciò che avrebbe voluto fare con lei.
«Avete promesso ai miei zii che non avreste fatto nulla che avrebbe potuto nuocergli, ma già pomeriggio non avete mantenuto la vostra parola, non vorrete ripetere lo stesso errore ora, mi auguro», disse lei con più sicurezza di quanto pensasse di avere.
«L'avete detto anche voi che non ho un'anima, quindi infrangere una promessa non dovrebbe toccarmi in alcun modo. E pensavo che vi fosse piaciuto ciò che è successo pomeriggio», un altro sorriso arrogante, ma che lasciava comunque senza fiato.
«Vi sbagliate signor Gray, non mi è affatto piaciuto. E ora, se volete scusarmi, mi attendono ad un ballo», e girò su se stessa diretta alla porta.
«Aspettate, vengo con voi», rise ancora all'ostentata sicurezza di lei e l'affiancò.
Arrivarono all'entrata del salone in pochissimo tempo e lì Altea si fermò. Le tremavano le mani e non era sicura di voler davvero entrare, ma ritrovò la determinazione quando sentì il braccio di Dorian cingerle la vita. Alzò lo sguardo su di lui e vide che le sorrideva incoraggiante, sarebbe stato al suo fianco e nonostante quello che aveva scoperto di lui si sentiva stranamente più sicura, così ricambiò il sorriso e dopo un respiro profondo mosse un passo all'interno della stanza. Sua zia la notò subito, sicuramente controllava l'entrata nella speranza di una sua apparizione, e le andò incontro.
«Ma dov'eri finita? Serena ci ha detto che saresti arrivata qualche minuto più tardi, ma è passata mezz'ora! Sono arrivati ormai quasi tutti, compreso il duca che sta parlando con tuo zio in tua attesa! Ti sembra il modo di comportarti questo?», la contessa era furiosa e cercava in tutti i modi di contenersi senza grandi risultati.
Altea stava per rispondere quando il giovane al suo fianco la batté sul tempo.
«Temo sia colpa mia contessa: ho trovato un pianoforte in una delle stanze al pianoterra e ho iniziato a suonarlo, Altea mi ha sentito ed è venuta a vedere chi fosse. Ma non si preoccupi, ora è qui e la serata è ancora lunga, ha tutto il tempo per stare con il duca».
La donna si tranquillizzò un poco dandogli ragione, ma Altea si irrigidì al sentirgli pronunciare l'ultima frase: non voleva passare del tempo con il duca, preferiva stare con Dorian pur sapendolo senz'anima e capace di tutto. Sua zia però la prese sottobraccio allontanandola da lui e trascinandola dal suo futuro marito.
«Non voglio che passi troppo tempo con il signor Gray, non mi piace», le sussurrò all'orecchio e poi a voce più alta disse:
«Duca de Lupis, mia nipote Altea è appena arrivata». Il duca si volse verso di loro e sorrise felice, nulla a che vedere con il sorriso di Dorian, e s'inchinò di fronte a lei. «Miss Altea, finalmente ho il piacere di passare del tempo in sua compagnia», le disse il duca baciandole la mano in un modo che lei osò definire viscido e facendole venire la pelle d'oca. Si prese un momento per guardarlo con attenzione e questo bastò per confermare tutte le sue paure. Era leggermente più basso di lei e indossava un frac di colore nero che evidenziava al massimo le sue forme alquanto rotonde, segno di un ottimo tenore di vita. Il volto era leggermente rosso e paffuto e si poteva facilmente affermare che i suoi capelli biondi avevano certamente visto giorni migliori: sembrava un pinguino spennacchiato.
«Il piacere è mio duca», rispose più per educazione che per altro e quando incontrò lo sguardo di sua zia, azzardò perfino un sorriso, ma solo per evitarsi l'ennesima ramanzina sul comportamento che una giovane donna dovrebbe tenere in occasioni importanti come questa. Certo, per lei quel ballo non era in alcun modo un'occasione importante, anzi tutt'altro, ma poco importava di quello che pensava, giusto? Il duca iniziò a parlare di una sua qualche proprietà in Francia e sua zia ne sembrò davvero molto interessata, ma visto che perfino la sua voce la disgustava, lei smise presto di ascoltare accarezzando l'intero salone con lo sguardo. I tavoli rotondi giacevano apparecchiati vicino alle pareti per dare spazio a chiunque volesse ballare e in fondo alla sala, dalla parte opposta rispetto alla porta d'entrata, c'era una lunga tavolata rettangolare ricoperta completamente da vassoi contenenti cibo di ogni genere. Altea vide gli ospiti che di tanto in tanto la guardavano con compassione oppure con una punta d'invidia e poi parlavano tra loro, probabilmente perché sapevano dell'imminente proposta del duca. E meno male che doveva essere una sorpresa! Spostando lo sguardo verso l'entrata poté riconoscere alcune delle ragazze con cui passava il giovedì pomeriggio a bere the e parlare di cose frivole. Che poi, loro parlavano mentre lei si limitava ad ascoltare e ad annuire ogni tanto per far sembrare che le stesse ascoltando, quando in realtà non vedeva l'ora di tornarsene a casa, proprio come stava facendo in quel momento. Con sua somma sorpresa però, loro non stavano guardando nella sua direzione bisbigliandosi commenti poco carini come stavano facendo la maggior parte degli invitati, così seguì il loro sguardo fino a metà della sala. Lì, a fianco di uno dei tavoli, Dorian se ne stava in piedi con in mano un bicchiere di vino rosso e non le toglieva gli occhi di dosso. In un attimo si sentì completamente spoglia di qualsiasi protezione. Doveva distogliere lo sguardo, ma lui l'aveva incatenato al suo e lei si sentiva sempre più accaldata. Dorian sorrise come se conoscesse i più oscuri segreti di lei e si portò il bicchiere alle labbra, assaporando ancora il gusto dolce del liquido rosso sangue che teneva tra le mani. Altea mosse un passo nella sua direzione, spinta da un chissà quale intenso desiderio, ma fu presto fermata dalla mano di sua zia che le toccò piano il braccio, riscuotendola da quel torpore che l'aveva accolta non appena aveva incrociato un paio di occhi color della pece.


Angolo Autrice
Ed eccomi con il secondo capitolo che spero vivamente appreziate.
Ringrazio TheSalvatore_ per aver inserito questa storia nelle preferite e tutti quelli che sono arrivati fin qui.
Alla prossima :)  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei informarvi di un'aggiunta fatta al capitolo precedente, per cui per evitare di non comprendere questo e l'evolversi della storia, vi invito a riguardarlo.


III

«Mia cara», disse la contessa, «rispondi al duca, ti ha fatto una domanda».
Il sorriso forzato di sua zia, accompagnato da una memorabile occhiataccia e la frase che le rivolse in quel momento, furono per Altea una doccia di acqua gelata che spense i bollori dovuti allo sguardo penetrante di Dorian. Il duca le aveva fatto una domanda, ma quale? Sua zia le stringeva il braccio sinistro con forza, esortandola, senza aprire bocca, a rispondere, ma lei non conosceva l'argomento della conversazione a cui, in teoria, stava partecipando e men che meno la natura della domanda che il duca De Lupis le aveva posto. In un attimo le prese il panico, non per paura di fare una brutta figura davanti a lui ammettendo di essersi distratta, ma perché aveva il terrore che la domanda fosse quella domanda. E se il duca le avesse appena fatto la proposta di matrimonio? Non era ancora pronta per quel momento, nonostante sapesse perfettamente che sarebbe arrivato inevitabilmente presto. Era sicura però che il duca avrebbe anticipato la proposta con un lungo discorso su quanto sarebbe stato felice di prenderla in moglie, quanto sarebbero state felici le loro vite insieme e tante altre cose di quel genere, com'era d'uso, ma forse si era persa pure quello. Si guardò intorno sicura che tutta l'attenzione degli ospiti fosse focalizzata su di loro, ma con sua grande sorpresa ognuno si faceva i fatti suoi, tranne le solite occhiatine impietosite o invidiose che alcuni le scoccavano. Quella sera di una cosa era sicura: il duca Leopoldo De Lupis le avrebbe proposto di sposarlo in grande stile, con un discorso pomposo e rivolto all'attenzione di tutti i presenti, per cui se nessuno li stava guardando, la domanda che le era stata posta non era di certo quella. Rincuorata da quel pensiero prese un bel respiro e sorrise rivolta al duca, poi con la più totale innocenza disse:
«Mi scusi duca, ma non ho sentito la vostra domanda, potrebbe ripeterla di grazia?».
Suo zio alzò gli occhi al cielo, ben attento a non farsi vedere se non da lei e poi scosse la testa cercando di nascondere un sorriso divertito. Nonostante anche lui approvasse il matrimonio, non poteva nascondere una certa complicità che provava nei confronti della nipote, che sorrise di rimando. Sua zia invece le strinse ancor di più il braccio ed emise un colpo di tosse infastidito, comunicandole che dopo l'aspettava una sonora ramanzina sul comportamento da tenere in pubblico. Il duca però, era talmente preso dalla bella Altea che non si preoccupò molto della sua disattenzione, anzi ripetè con rinnovato piacere la domanda.
«Vi chiedevo se voleste concedermi l'onore di un ballo».
Sotto lo sguardo sorpreso di Altea il duca divenne paonazzo dall'imbarazzo e abbassò lo sguardo, temendo un rifiuto da parte della ragazza. Quella fu la prima volta in cui rifletté veramente sulla sua condizione: sapeva di essere un buon partito per molte donne, con un vasto patrimonio alle spalle e un nome importante, ma Altea portò a galla la consapevolezza della sua ignoranza e anche del suo aspetto a dir poco sgradevole. Gli passò per la mente la possibilità di un rifiuto alla proposta di matrimonio e si vergognò di se stesso e per le derisioni che ne sarebbero scaturite. Non poteva permetterlo. Il conte gli aveva assicurato che il matrimonio avrebbe avuto luogo e la contessa dava la stessa impressione di sicurezza che aveva lui riguardo a tutta quella questione, per cui poteva star sicuro che Altea l'avrebbe sposato. Con quella nuova certezza alzò lo sguardo puntandolo negli occhi della giovane che lo trovò buffo ed impacciato nei modi altezzosi che cercava di sfoggiare e che, suo malgrado e con una certa ripugnanza, accettò il suo invito. Il duca piegò il braccio destro e Altea vi infilò il sinistro e si diressero insieme al centro della sala. C'erano altre coppie che stavano già ballando, per cui aspettarono che terminasse la musica prima di cimentarsi anche loro in quelle danze. Altea aveva preso molte lezioni da un insegnante privato che aveva assunto la contessa e aveva partecipato già a molti balli dando sfoggio delle sue doti di ballerina, per cui si preoccupò non tanto delle sue capacità, ma di quelle del duca che non aveva mai avuto il piacere, se si può chiamare così, di vedere all'opera. Dopo qualche minuto di attesa la musica cambiò e loro si misero in fila insieme alle altre coppie, pronti per ballare la polonaise. Altea fu particolarmente contenta che le toccò proprio quel ballo, visto che prevedeva pochissimo contatto fisico se non per le mani, che si sarebbero toccate per la maggior parte del tempo, e ad un certo punto avrebbero anche dovuto scambiarsi i partner. Ballarono per mano sotto le note della musica di Chopin facendo inchini, giravolte e camminando intorno al salone insieme alle altre coppie. Ogni tanto il duca le lanciava occhiate sognanti esibendo un sorriso che sottolineava i suoi denti storti, ma lei continuava a guardare dritto davanti a sé, oppure cercava di fare conversazione facendole domande insignificanti sui tendaggi della sala o sui fiori inseriti negli antichi e bellissimi vasi della contessa, ma anche in quel caso Altea non gli prestava molta attenzione. Il duca non ballava di certo male, questo doveva concederglielo, ma la sua sola presenza la infastidiva, così quando giunse il momento di scambiarsi i partner, Altea ne fu immensamente felice, a differenza del povero duca che decise avrebbe rimediato chiedendole anche il prossimo ballo.
Uno, due, tre, quattro, mani su, giù con inchino, passo, giro e giro e cambio.
Uno, due, tre, quattro, Dorian.
Altea si bloccò di colpo, sorpresa di trovarsi Dorian davanti, ma lui le afferrò prontamente la piccola mano guidandola in quella danza di origine polacca. Passarono quel momento di vicinanza in perfetto silenzio, solamente guardandosi negli occhi, accompagnati dalle note in G minore e dall'incessante battito del cuore di Altea che sembrava volesse uscirle dal petto. Quando giunse il tempo di scambiarsi ancora, fu troppo presto. Altea continuò a danzare e così Dorian, ma non persero occasione per scambiarsi sguardi furtivi e il sorriso sfrontato del giovane aumentava sempre più. Altea stava cadendo sempre più velocemente ai suoi piedi e lui non doveva nemmeno sforzarsi per conquistarla, come accadeva con tutte d'altronde. Questa volta, doveva ammetterlo, aveva sperato che la conquista sarebbe stata più ardua e il fatto che non fosse stato così l'aveva un po' deluso, ma non per questo si sarebbe lasciato sfuggire il bel corpo della dolce Altea.
«La ringrazio per questo ballo», disse Altea inchinandosi al duca quando la musica s'interruppe.
«È stato un piacere», le rispose il duca per poi aggiungere: «Vorrebbe concedermi anche il prossimo?».
Altea rimase, per l'ennesima volta, spiazzata da quella richiesta e cercò in tutta fretta un modo per togliersi dall'impiccio, ma per sua fortuna non ce ne fu bisogno.
«Mi dispiace, ma la signorina ha promesso di concedere a me il prossimo ballo».
Dorian s'intromise nella conversazione con una spavalderia inaudita e sfoggiando il suo solito sorriso sornione e il duca indietreggiò d'un passo, colto alla sprovvista e intimorito dal fascino che il giovane esercitava.
«Oh... Beh... Credo che...».
Dorian non gli lasciò nemmeno il tempo di concludere la frase che cinse la stretta vita di Altea con un braccio e la condusse al centro della pista, ignorando i commenti poco carini del duca sulla sua spudoratezza e maleducazione. La giovane portò una mano al volto cercando di coprire una risata con un leggero colpo di tosse e poi, guardando Dorian di sottecchi disse:
«Ti ringrazio».
Senza accorgersene gli diede del "tu", come se lo conoscesse da una vita e non da poche ore, forse per la forte intesa emotiva e mentale che sentiva nei suoi confronti, anche se non condivideva alcuni suoi pensieri e comportamenti, e lui fece altrettanto.
«Credimi, è stato un vero piacere», rispose esibendo un altro dei suoi sorrisi perfetti, poi, appena prima che la musica iniziasse, si mise in posizione e iniziò a condurre la ragazza in un Valzer viennese con movimenti fluidi, cadenzati e perfetti, da far invidia ai più grandi ballerini.
Altea si chiese quali altre doti nascondeva la sua figura, fino a quel momento aveva scoperto il suo talento nel suonare il piano e nella danza, ma era sicura ci fosse molto di più, come ad esempio quel quadro a cui teneva particolarmente. Chissà cosa vi era raffigurato e soprattutto per quale motivo Dorian non volesse che altri lo guardassero. Pensò a varie congetture fino a quando Dorian, accortosi che la ragazza fosse soprappensiero, non la strinse ancor di più riscuotendola, ma durò poco poiché Altea iniziò a concentrarsi sui loro corpi così vicini, dimenticandosi delle persone che li circondavano. Ripensò a quel pomeriggio, quando Dorian l'aveva baciata appassionatamente su di una panchina nel cortile della tenuta, ai suoi capelli lisci che le avevano stuzzicato il viso, alle sue mani che l'avevano toccata con desiderio, come nessuno aveva mai fatto ed infine alle sue labbra, morbide e voraci allo stesso tempo. Pensò che voleva baciarlo ancora, proprio in quel momento, non le importava delle persone che li avrebbero visti e nemmeno di sua zia che di sicuro sarebbe svenuta all'istante, men che meno del duca. Voleva Dorian con ogni fibra del suo corpo, ma sapeva che non avrebbe potuto.
«La contessa non ci toglie gli occhi di dosso», disse Dorian, «Non sembra molto contenta».
Girarono su loro stessi scambiandosi di posto, in modo che anche Altea potesse vedere con i propri occhi sua zia senza dare nell'occhio.
«Non vuole che passi del tempo con te», le rispose, «È convinta che tu sia un libertino».
«E tu che dici?», le chiese lui sorridendo per metà.
«Dico che ha ragione ovviamente, mi sbaglio?», lo sfidò lei.
«Non ti sbagli affatto mia dolce Altea», e il suo sorriso aumentò, andando ad illuminare il suo volto e contagiando di furbizia gli occhi scuri.
«Forse non avrei dovuto accettare di ballare con te».
«Hai ragione, forse avresti dovuto concedere un altro ballo al povero duca», la prese in giro e lei arricciò il naso disgustata, facendolo ridere di gusto.
Altea non l'aveva mai sentito ridere così, fin dal loro primo incontro era sempre stato molto contenuto e sentire adesso la sua risata prorompere in quel modo, le riempì il cuore. Era così bella e calda. Continuarono a volteggiare stretti fino a che la musica non finì, poi conclusero la danza con un profondo inchino ed un sorriso.
«È stato un piacere ballare con te e questa volta dico sul serio», disse la ragazza e Dorian sorrise dicendo che il piacere era stato tutto suo, poi si voltò con l'intenzione di sparire tra la folla, ma l'espressione mutata in panico di Altea lo fece fermare. Quando si girò nella direzione del suo sguardo, vide il duca avvicinarsi, seguito a pochi passi dalla contessa, e senza pensarci due volte prese la mano di Altea trascinandola nella folla di persone alle loro spalle, fino a sparire dalla vista degli aguzzini della ragazza. Sapeva che non avrebbe dovuto intervenire ulteriormente, ma non era riuscito ad abbandonarla in quella situazione che sapeva essere così stressante per lei. La portò fuori sulla terrazza e poi giù dai gradini fino a raggiungere il giardino dove passeggiarono a braccetto esattamente come quel pomeriggio.
«Credo di doverti nuovamente ringraziare», disse Altea rompendo il silenzio.
«Avrai modo per sdebitarti», la provocò lui facendola arrossire lievemente.
«Comunque», continuò lei sorvolando appositamente sulla sua risposta, «non credo di poterli evitare per sempre, prima o poi mia zia mi prenderà e mi farà un bel discorsetto, dopodiché sarà il turno del duca e della sua proposta di matrimonio a cui dovrò dire "sì"».
Il suo tono di voce era sconsolato e la testa china ad osservare il vialetto in pietra che stavano percorrendo.
«Non sarà terribile come pensi», disse Dorian facendo prorompere Altea in una risata forzata ed amara.
«E come fai a dirlo? Non sei tu a dover sposare un uomo che non ami, un uomo senza intelletto né bellezza, che pensa solo ai beni materiali e a se stesso. Vuole sposarmi solamente per usarmi come bene da tenere esposto, come si fa con i premi vinti, per sfoggiarmi alle feste e in società e non posso accettarlo. Soprattutto non posso accettare di sposare un uomo che non mi ami, perché il duca Leopoldo De Lupis non mi ama. Come può farlo se nemmeno mi conosce? E anche se un giorno dovesse amarmi, il vero problema è che io non lo amo e mai potrò farlo!».
Durante il suo discorso la voce si era man mano alzata di tono fino a sfociare in grida disperate e colme di rabbia, accompagnate da copiose lacrime che le scendevano sulle guance e di cui non se n'era nemmeno accorta. Avevano già affrontato quella conversazione e come quel pomeriggio Altea cercò uno sfogo in Dorian a cui nuovamente gli si strinse il cuore alla vista della sua disperazione. Fin da quel pomeriggio, su quella panchina, Dorian aveva cercato di spaventare Altea, prendere le distanze da lei, ma allo stesso tempo di conquistarla e farla sua. Provava sentimenti contrastanti nei suoi confronti, sentimenti che non avrebbe mai dovuto provare, per questo voleva a tutti i costi mantenere le distanze, almeno da parte sua. Adesso sapeva che Altea non si sarebbe mai concessa a lui, almeno che non fosse emotivamente coinvolta, per cui avrebbe dovuto farla innamorare, senza però rimanere coinvolto lui stesso. Sarebbe stato semplice per lui se la ragazza non fosse stata la dolce e bella Altea, ma comunque, si ripromise, ci sarebbe riuscito.
«Hai ragione, ma, come ti ho già detto, io non mi sposerei nemmeno. D'altra parte, il matrimonio è solo un contratto sulla carta e tu sarai comunque libera di vivere la tua vita come meglio credi e potrai perfino trovare l'amore se vorrai. L'unico tuo dovere sarà quello di partecipare agli eventi sociali in sua compagnia e fingerti una brava moglie dandogli un erede, ma è soltanto un piccolo prezzo da pagare. Non passerete molto tempo insieme se non sarà necessario e tu sarai libera di fare ciò che vuoi senza nemmeno sentirti in colpa, perché lui farà altrettanto».
«Ma io non sono quel tipo di persona, non riuscirei mai a vivere la mia vita, a tradire mio marito, sapendomi sposata», disse lei, con la più assoluta sincerità.
A Dorian ricordò Sybil Vane e provò un lampo di pietà nei suoi confronti.
«Nel matrimonio, una vita tessuta d'inganni è assolutamente necessaria per entrambe le parti», rispose allora.
«Non capirò mai come riesci ad essere così cinico. Sei sempre stato così?», gli chiese.
Dorian ci pensò su, indeciso se rispondere sinceramente alla domanda oppure no, poi disse:
«In realtà no, prima d'incontrare Henry ero esattamente come te, credevo nell'amore, nel matrimonio e nella speranza di una vita felice, poi lui mi aprì gli occhi. Mi fece capire che se vogliamo qualcosa dobbiamo prendercela senza preoccuparcene troppo, che l'amore non esiste perché effimero, ciò che dura è il desiderio anche se sempre mutevole. Mi ha fatto capire che la giovinezza e la bellezza sono le uniche cose davvero importanti e bisogna sfruttarle finché ne abbiamo la possibilità e soprattutto che non dobbiamo privarci di niente perché quello è il vero peccato. E solo allora ho iniziato a vivere davvero».
Le sue parole stregarono Altea che iniziò seriamente a pensare se non avesse ragione. Forse era davvero ingiusto privarsi di un piacere per seguire le regole che la società imponeva, che sua zia le aveva imposto. Forse per essere felice le bastava davvero poco, anche se avrebbe sposato il duca nulla le impediva di vivere come voleva, a costo di farlo nell'ombra. Ma avrebbe vissuto in pace con se stessa comportandosi nel modo in cui faceva Dorian? Di certo non poteva saperlo, la sua decisione sarebbe stata un salto nel buio. Era in bilico su di un filo: da una parte la luce e cioè una vita fatta di comportamenti moralmente giusti, in linea con il pensiero comune, ma infelice, dall'altra parte il buio, quindi una vita di apparenza e inganno, di corruzione e tradimento, senza nemmeno la certezza che sarebbe stata felice. Altea sapeva che avrebbe dovuto scegliere e che sarebbe stato difficile, ma se dalla prima era possibile tornare sui propri passi, dalla seconda non c'era via d'uscita, avrebbe portato il peso del rimorso per tutta la vita. Cos'avrebbe dovuto fare? Guardò Dorian negli occhi e decise, compì quel salto consapevole di non poter tornare indietro e per la prima volta si sentì libera di vivere davvero.


Angolo Autrice
Buonasera a tutti cari lettori!
Chiedo umilmente perdono per il ritardo immane con cui ho aggiornato la storia, ma spero che continuiate comunque a seguirla.
Vorrei ringraziare coloro che leggono la storia e Nadie che ha recensito i capitoli precedenti. 
Spero di aggiornare presto!
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2930883