All I Want for Christmas is You

di proudtobea_fangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Magnus & Alec ***
Capitolo 2: *** Clary & Jace ***
Capitolo 3: *** Simon & Isabelle ***
Capitolo 4: *** All I Want for Christmas is You ***



Capitolo 1
*** Magnus & Alec ***


Magnus & Alec

— CHI OSA DISTURBARE IL SOMMO STREGONE DI BROOKLYN?
— Ehm... il postino.
Magnus Bane si diede mentalmente una botta in testa, mentre alle sue spalle Alec scoppiava a ridere. — Non è divertente — sbraitò, e schiacciò il pulsante per l’apertura del portone. — Prego, entri pure — sbottò nel citofono.
— Aspettavi visite? — Alec raccattò da terra il Presidente Miao, che si stava di nuovo facendo le unghie sul battiscopa.
— È periodo di Natale — spiegò Magnus. — Tutti i Nascosti di New York hanno l’obbligo morale di farmi gli auguri.
La faccia di Alec era buffissima. — Vivo qui da sei anni, e nessun Nascosto ti ha mai fatto gli auguri. Né per Natale, né per Pasqua, né per il Ringraziamento o per il tuo compleanno.
— Sì, sì, okay, aspettavo Catarina — ammise lo Stregone. — Il venticinque lavora tutto il giorno, quindi ha detto di voler passare prima per consegnarci i regali. Volevo tenertelo nascosto. — Mise il broncio. — Doveva essere un segreto.
Alec ridacchiò e gli lanciò un bacio con la mano. — È meglio così, almeno avrò il tempo per prepararmi psicologicamente al terzo grado che ci propinerà Catarina non appena entrerà dalla porta.
— Per Lilith, hai ragione... — Magnus rabbrividì.
— Vai a svegliare Chrysta — concluse Alec, dirigendosi verso la cucina. — Io intanto preparo la colazione.
Lo Stregone gli scoccò un’ultima occhiata e si fiondò nella stanza di Chrysta. La bambina ronfava beatamente, con la coperta tirata fin sotto il mento. — Ehi... — Le fece il solletico. Si sentiva in colpa a destarla da un meraviglioso sonno, ma doveva farlo. Erano guai se Chrysta non faceva colazione entro le nove. Era successo un paio di volte, e il muro della cucina ne aveva pagato le conseguenze: la piccola l’aveva quasi distrutto a furia di lanciare incantesimi a casaccio.
Chrysta si svegliò sbadigliando. Magnus la prese in braccio e le stampò un bacione a schiocco sulla guancia, provocandole uno di quei sorrisetti mezzi sdentati che adorava. Lei prese ad agitarsi e a indicare continuamente la porta, così la portò in salotto e si fermò di fronte a una parete. — Oggi ne abbiamo... Alec, che giorno è oggi?
Magnus posò a terra Chrysta e si massaggiò i bicipiti. Lei era un fuscello, cioè una piuma per uno Stregone super allenato come lui, ma quella peste non la smetteva di scalciare. Era già scampato per miracolo a due colpi diretti nelle parti dove non batte il sole, e non voleva ripetere l’esperienza.
— È il ventitré, Magnus — gli gridò Alec dalla cucina. — Domani è la Vigilia di Natale.
— Oh, già. — Magnus prese di nuovo Chrysta in braccio. — Quindi dobbiamo aprire... qui. — Indicò alla bambina un punto sul calendario dell’Avvento. Lei allungò la mano e spalancò le finestrelle di carta, che rivelarono un delizioso bonbon con ripieno al caramello. — Eh no, questo lo mangio io — la rimproverò, prendendo il cioccolatino. — Tu hai avuto tutti gli altri dolci, ora tocca a me!
— Andiamo, Mag — lo supplicò Alec, comparendogli alle spalle all’improvviso. Gli posò un veloce bacio sulla guancia e, approfittando della distrazione dello Stregone, ridiede il cioccolatino a Chrysta. — Non essere così severo.
La piccola riuscì a liberarsi dalla stretta di Magnus e zampettò via verso la cucina. Lui la guardò con orgoglio e sorrise senza accorgersene. — Vedremo chi sarà severo, quando comincerà ad uscire e a tornare tardi a casa, a tingersi i capelli, a strappare le calze, ad accorciare progressivamente la lunghezza delle minigonne...
Alec fece una buffa smorfia e abbracciò Magnus da dietro. Profumava di caffè. — Non lo farà.
— Sì che lo farà — rise Magnus. — Anche lei crescerà... be’, almeno fino a una certa età.
Il moro si rese conto che la conversazione minacciava di prendere una brutta piega. Fece voltare lo Stregone e lo baciò appassionatamente sulle labbra, evitando così una replica. O, perlomeno, rimandandola. — Dai, non ci rimuginiamo adesso — mormorò, la voce attutita dalla maglia di Magnus. — È quasi Natale, dovremmo pensare solo a cose belle.
— Ma nostra figlia è una cosa bella.
— Hai capito cosa intendevo — brontolò Alec.
— A proposito... — Le pupille da gatto di Magnus lampeggiarono maliziose. — Fai una telefonata all’Istituto, Fiorellino. Ho in mente una grande sorpresa.

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Capitolo 2
*** Clary & Jace ***


Clary & Jace

BOOM! CRASH!
Un potente tonfo seguito da un rumore di vetri infranti fece saltare Clary su dalla poltrona dove fino a poco prima stava cullando Lorianne, ora addormentata. Menomale che la piccola aveva un sonno molto profondo. — Jace, sei vivo? — indagò.
— Sì — rispose lui. — Spero che anche queste palle lo siano.
Clary non riuscì a trattenere una risata sguaiata. — Di quali palle stai parlando?
La testa di Jace spuntò da dietro la porta. — Di quelle di Natale — chiarì con tono ironico. — Fortunatamente. — Fece un gesto con la mano, per esortarla a seguirlo. — Dai, vieni. L’albero non si addobba da solo.
— L’albero? Quale albero? — domandò Clary, confusa. — Non c’è nessun albero.
Jace sorrise. — E invece c’è. Su, lascia Lori a Maryse, mettiti un cappotto e scendi anche tu.
Incredula, la rossa chiamò Maryse e le chiese di fare da babysitter a Lorianne. Si attardò ancora un momento per infilarsi un giaccone, il cappello di lana che le aveva regalato Simon l’anno prima e un paio di guanti, poi finalmente corse giù per le scale e uscì nella gelida aria dicembrina.
Dalla sua destra provenivano delle voci. Per la fretta di raggiungere Jace e gli altri ragazzi quasi scivolò sui gradini innevati. — Ehi! — gridò. — Cosa combinate?
Quando svoltò l’angolo restò a bocca aperta. L’albero di Natale più grande che avesse mai visto – più grande di quello del Rockfeller Center – svettava fin quasi a sfiorare le guglie dell’Istituto. Si accorse con meraviglia che era vero, non sintetico. Spuntava direttamente dal terreno ed emanava un profumo delizioso, avvertibile anche a distanza.
Seminascosto nell’ombra, Magnus Bane dava gli ultimi ritocchi alla sua opera, sprizzando scintille di magia azzurra dalla dita. — Clary! — esclamò. — Aspettavamo te per iniziare a decorarlo.
Clary si avvicinò a passi lunghi e lenti, naso all’insù. — Wow — riuscì a sussurrare. — Complimenti.
— Bello, eh? — disse Isabelle, uscendo da dietro l’angolo. Portava uno scatolone leggermente più piccolo di quello di Jace, pieno fino all’orlo di nastri, catene di perline e cianfrusaglie varie. — Da piccoli facevamo l’albero solo quando c’erano mamma e papà. Ossia giusto un paio di anni. — Le si incupì lo sguardo. — L’ultima volta c’era anche Max.
Alec spuntò dall’altra parte del tronco, si avvicinò a loro a passi larghi e si affrettò a rispondere: — Ma adesso c’è Magnus, c’è Simon, c’è Clary... — Una manina afferrò l’orlo del suo cappotto e lo tirò. — E sì, ci sei anche tu, Chrysta! — Rise, e finalmente Isabelle tornò raggiante.
Iz posò a terra lo scatolone e iniziò a rovistare al suo interno. Ne tirò fuori varie foglioline dorate. Le fissò per qualche secondo, urlò: — Simooon? Dove seei? — e prese a rincorrere il povero ragazzo per potergliele infilare nei capelli.
— BU! — Jace comparve all’improvviso di fronte a lei, facendola sussultare. — Su, addobbiamo quest’albero.
Il primo punto da affrontare furono le luci. Magnus aveva portato diverse serie, ma i ragazzi non riuscivano ad accordarsi su quali usare. Isabelle voleva metterle viola, Jace e Clary bianche, Alec rosse, Magnus blu – “Come gli occhi del mio Fiorellino!”. Esasperato, Simon strillò: — Ma le multicolore non se le fila nessuno? — e così finirono per scegliere quelle.
Risolto il problema se ne presentò subito un altro: come disporle su un albero di più di venti metri? Fortunatamente Magnus aveva la soluzione. A un suo schiocco di dita Clary, Jace, Alec, Isabelle e Simon si alzarono magicamente in volo, insieme alla neve che aveva ricominciato a cadere. — Vi conviene sbrigarvi — gridò lo Stregone per farsi sentire. — Non riuscirò a mantenere l’incantesimo per molto!
Non fu facile posizionare le luci. Simon rischiò di strangolarsi con il filo, Clary si ritrovò le gambe legate come un agnello e un tacco di Isabelle si impigliò in un ramo, rischiando di rovinare tutto il lavoro svolto fino ad allora. Solo Jace se la cavò egregiamente, fluttuando intorno all’albero come un artista del Cirque du Soleil.
A quel punto Magnus mandò su gli scatoloni con gli addobbi e, presa Chrysta in braccio, raggiunse i ragazzi in aria. — Mi sono ricordato di essere il Sommo Stregone di Brooklyn — spiegò. — La levitazione per me è una bazzecola.
Il colore delle decorazioni non fu oggetto di polemiche. Tutti concordarono subito sul fatto che l’albero dovesse essere il più variopinto possibile, Magnus in primis – naturalmente.
Jace si stava divertendo come un bambino: acchiappava nastri, palline, Babbi Natale in miniatura e finte caramelle e si fiondava tra i rami, emergendone sempre più eccitato.
Clary lo guardò di sottecchi: non l’aveva mai visto così felice ed esuberante, specialmente negli ultimi tempi. La morte di suo padre lo perseguitava ancora nel sonno, facendolo stare sveglio anche per quattro o cinque ore. Quella stessa notte non aveva proprio azzeccato occhio. La rossa si stupì nel constatare che i segni della spossatezza erano scomparsi del tutto, comprese le occhiaie.
E quando lui le mise una ghirlanda dorata in testa e le sorrise a trentadue denti, si convinse che il Natale poteva davvero fare miracoli.
Fu Jace a posare l’angelo sulla cima – non un angelo classico, bensì una riproduzione esatta di Raziel in persona – e a toccare terra per ultimo.
Magnus fece apparire dal nulla un bottone rosso. — A te l’onore — disse, porgendoglielo.
Jace lo schiacciò con il palmo aperto, esultando. L’albero prese vita, risplendendo di oro, argento, bianco, blu, rosso e viola. Le palline lucide brillavano, quelle opache catturavano la luce creando magnifici giochi e motivi che si rispecchiavano nei vetri dell’Istituto.
Tutti non poterono fare altro che sussurrare — Wow — in coro. Il “Wow” dello Stregone fu però più flebile. Alec fece giusto in tempo ad afferrarlo per le braccia prima che si accasciasse come un sacco di patate. — Okay, Magnus, torniamo a casa.
— È il caso che anche noi rientriamo. — Jace prese la mano di Clary. — Per Lori è quasi l’ora della pappa. Simon, Isabelle, voi restate qui?
— Sì — confermò lei. — Arriviamo tra un po’.
Clary seguì Jace dentro l’Istituto fino alla propria camera, che ora era diventata la camera di entrambi. Jocelyn aveva finalmente acconsentito che dormissero insieme, ma solo “per il bene di Lorianne”.
Non appena entrarono nella stanza Jace le tolse il cappotto e lo appese all’attaccapanni come un perfetto gentleman. Si sfilò la giacca e appese anche quella, poi passò alle scarpe – anfibi, come sempre in inverno. Infine si lasciò cadere sul letto e sbadigliò. — Fare l’albero è stancante. — Il suo tono era sommesso, quasi assonnato, ma stava ridendo con gli occhi.
Clary sprofondò accanto a lui. Istintivamente si girò su un fianco e gli prese il viso tra le mani per baciarlo. — Ti rendi conto che questo è l’ultimo Natale che passiamo da fidanzati? L’anno prossimo saremo sposati da, mmm... undici mesi?
— Già — ammise Jace. — E sai questo cosa significa?
Clary lo capì subito. Scese dal letto per chiudere la porta a chiave. — Che dobbiamo commemorarlo.

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Capitolo 3
*** Simon & Isabelle ***


Simon & Isabelle


Simon sedeva sull’unica panchina non innevata, la testa di Isabelle in grembo. Le accarezzava i capelli con movimenti ritmici, lenti, quasi meccanici. Aveva le dita gelate e insensibili, tuttavia riusciva ancora a percepire la morbidezza della chioma della sua ragazza.
Ragazza. Che grande parola. Stentava a crederci, nonostante fosse ormai chiaro ad entrambi che erano nati per stare insieme. Ne avevano passate di cotte e di crude, ma sembrava che il futuro si prospettasse più semplice. Non privo di problemi e pericoli, certo; solo più semplice.
Se fosse stato possibile, per regalo di Natale Simon avrebbe chiesto di poter vivere in pace. In cuor suo era consapevole che scegliendo di Ascendere si era messo nei guai, guai seri. Ma era sicuro che, se fosse tornato indietro, l’avrebbe rifatto senza pensarci due volte.
Dopotutto essere uno Shadowhunter significava anche e più di ogni altra cosa avere Isabelle.
— Ehi? Simon? — Iz gli schioccò le dita guantate davanti agli occhi. — Sei tra noi?
— Ops... scusami — farfugliò lui, riscuotendosi dai suoi crucci.
— Stai gelando — gli fece notare Isabelle. Sfilò lo stilo dalla tasca del pantalone di Simon, gli tirò su la manica e gli tracciò una runa. — Meglio, adesso?
— Sì, grazie. — Simon sospirò di sollievo, mentre un’ondata di calore si espandeva nel suo corpo. — Avevo dimenticato che ora anch’io posso usare questi trucchetti.
— Devi farci l’abitudine — commentò Isabelle allungando le gambe, infilate in un paio di stivali al ginocchio dall’aria costosa e pericolosa. Si alzò in piedi e si stiracchiò. — Abbiamo fatto proprio un bell’albero.
— Con tanto di luci alimentate a magia. — Simon balzò accanto alla ragazza. Le cinse la vita con un braccio, e lei abbandonò la testa sulla sua spalla. — È il primo Natale che passiamo insieme — le sussurrò all’orecchio. — Non intendo essere sdolcinato, ma direi che questo è un momento da ricordare.
Sentì Izzy ridere maliziosamente. Prima che potesse chiederle il perché, lei si era già chinata e in un batter d’occhio aveva formato una palla di neve dall’aspetto micidiale. — Hai ragione, è un momento da ricordare — lo stuzzicò, gli occhi brillanti. — Io in particolare ricorderò la tua faccia da fesso in questo momento. — Gli lanciò la palla, che lo investì in pieno. — Andiamo, rispondi al fuoco con il fuoco!
Simon scosse la testa, sorridente. — Non voglio rovinare il tuo cappotto nuovo. — Indietreggiò fino a trovarsi con le spalle contro il muretto che cingeva il giardino dell’Istituto. — Ma... lo farò! — Afferrò un mucchio di neve dal muretto e lo scagliò verso Isabelle. La ragazza evitò il colpo scattando agilmente di lato, raccolse dell’altra neve e prese a gettare munizioni a raffica contro Simon.
— Mi ero appena lavato i capelli!
— Tu mi hai inzaccherato il cappotto fresco di acquisto!
— Ti ricordo che l’ho pagato io, quel cappotto.
— Sì, con i soldi presi dal mio portafoglio!
Andarono avanti così per un bel po’. Iz era di parecchio in vantaggio sul povero Simon, che contava solo un paio di tiri vincenti.
Quando finalmente entrambi furono stanchi si lasciarono cadere a terra a peso morto, sprofondando nel soffice tappeto di neve. — Mi sento... appagata — mormorò Isabelle. — E sì, se vuoi sentirtelo dire, non ricorderò solo la tua faccia da fesso.
— Cos’altro, allora? — le chiese Simon, aggiustandole una ciocca di capelli che le copriva il viso.
— Ricorderò il suono delle nostre risate e delle nostre grida di gioia. Il tuo scivolone quasi letale. — Entrambi risero. — Sul serio, per poco non ti rompevi l’osso del collo — continuò lei con tono di rimprovero. — E sicuramente ricorderò... questo.
Con uno slancio degno di un felino Isabelle balzò sopra Simon, stringendogli i fianchi con le ginocchia. Agguantò il bavero della sua giacca, si abbassò lentamente e lo baciò. Era un bacio tranquillo, dolce, pieno di speranza. Natalizio.
Iz si staccò, saltò in piedi e si avviò verso il portone, trascinandosi dietro un Simon ancora inebetito. Solo alla seconda rampa di scale lui sembrò tornare in sé. — Mi stai portando nella tua stanza.
— Esatto — confermò Isabelle. — Hai presente ciò che mi hai detto dopo l’Ascensione?
— Sì. Festeggiamo.
— Esatto — ripeté la ragazza, spingendo con le spalle la porta della sua camera da letto. — Non abbiamo festeggiato abbastanza.

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Capitolo 4
*** All I Want for Christmas is You ***


All I Want for Christmas is You


Tutti si svegliarono sulle note di Jingle Bells, provenienti da una radiolina che un certo Stregone aveva segretamente piazzato nel corridoio.
Quando Michael Bublé iniziò a cantare Santa Claus is Coming to Town, Jace si alzò, mandò Magnus a quel paese con epiteti decisamente poco carini e spense la radio tagliandola a fettine con una lama angelica. Ma quella, oltre ogni previsione, si riparò magicamente e riprese in totale tranquillità a strimpellare melodie natalizie.
— BAAANE! — ruggì Jace. — Te la farò pagare!
Un Simon mezzo addormentato fece capolino da dietro una porta. — Che meraviglia svegliarsi al dolce suono di un urlo — sbadigliò. — Belli i boxer, Jace.
Il biondo abbassò automaticamente lo sguardo sull’unico indumento che indossava, con stampe di renne in volo su sfondo rosso. — Regalo di Clary — brontolò.
— Sì, dell’anno scorso — rise Simon. — Ti vanno un tantino stretti.
Jace grugnì qualcosa di molto simile a “mondano”. O forse era “la amo”. Per non turbare l’atmosfera festosa, ci atterremo alla seconda traduzione.
Fatto sta che – in un caso o nell’altro – Clary, evidentemente sentendosi chiamata in causa, uscì dalla stanza saltellando e stampò un bacio con tanto di schiocco sulla guancia di Jace. — Oh, dov’è finito il tuo spirito natalizio? — lo punzecchiò. — Ieri sei stato proprio tu ad addobbare l’albero...
— Non è vero — puntualizzò Isabelle, sbucando alle spalle di Simon. Come sempre era impeccabile anche di prima mattina. — Ognuno ha dato una mano.
All’improvviso si sentì uno scoppiettio e l’ologramma di Magnus Bane spuntò dalla radio, cantando We wish you a Merry Christmas. Il Presidente Miao in versione fantasma lo seguiva, intonando l’accompagnamento con le fusa e dei sommessi miagolii.
Terminato il siparietto musicale lo Stregone sfoderò un sorriso a trentadue denti, disse: — Stasera a cena da noi! Portate il dolce, mi raccomando — e scomparve con uno sbuffo di vapore glitterato.
Istintivamente tutti si allontanarono da Isabelle. — Andiamo! — sbottò lei, irritata. — Siate più buoni, è Natale!
Jace formò una croce con gli indici. — Vade retro, Satana! Vuole ucciderci!
— Non ci ucciderà — promise Simon. — La terrò lontana dalla cucina.
Gli occhi di Iz brillarono maliziosi mentre si voltava verso di lui. — E come vorresti farlo?
Simon arrossì e balbettò tre o quattro parole senza significato.
— Faresti meglio a cominciare a pensarci, fratello — consigliò Jace, dandogli una pacca su una spalla. — Isabelle è una tosta.
— Bene — concluse Clary. — E adesso — afferrò Jace per un braccio e lo spinse in camera, — ci si mette ai fornelli!


Per fortuna Simon riuscì a tenere alla larga Isabelle grazie al semplice espediente di farla giocare con Lorianne. Inizialmente voleva scendere in cucina per “dare una mano a Clary e Jace” – ossia architettare in un modo subdolo e meschino la loro morte – ma alla fine la bambina, con i suoi occhioni verdi e imploranti, l’aveva convinta a restare.
Simon si fiondò giù per le scale e raggiunse i due, che intanto avevano aperto ogni singolo sportello, anta o cassetto disponibile per trovare il forse inesistente libro di ricette di Maryse.
— Scusate un secondo — obiettò. — C’è Internet.
Clary si bloccò di colpo, subito imitata da Jace. Entrambi si girarono lentamente e sussurrarono: — Già.
Simon sospirò sarcasticamente e recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Passò un minuto buono a imprecare tra i denti perché come al solito la pagina impiegava ore a caricarsi a causa delle pareti dell’Istituto che bloccavano il segnale del wi-fi, ma alla fine l’ebbe vinta. — Che ne dite di un tronchetto? — Mostrò loro la foto e la ricetta, che sembrava abbastanza facile. — Mi ispira parecchio.
— Va bene — acconsentì Clary, spalleggiata da Jace. — Facciamolo.
Così, a colpi di farina, burro, zucchero, uova – Jace si assicurò personalmente che non fossero di anatra – e latte, alla fine il dolce fu pronto per il forno. Si preoccupò Simon di controllare la cottura, mentre Clary e Jace si erano appartati chissà dove a fare chissà cosa.
Ghignò sotto i baffi. I piccioncini erano incredibili. E si erano persi la parte migliore: ricoprire tutto il tronchetto con cioccolato fondente fuso.
In seguito, facendo quattro conti, Simon si rese conto che si era spazzolato più di un quarto del cioccolato durante la preparazione, quindi il tronchetto risultò un po’ più pallido di come sarebbe dovuto apparire. Ma chi se ne importava.
Lo mise in una tortiera e lo infilò nella credenza per nasconderlo a occhi indiscreti – agli occhi di Isabelle, che chissà come mai ultimamente stava mangiando più del normale – e se ne tornò in camera, sperando che Magnus non decidesse di ricadere nelle vecchie abitudini e invitare, quella sera, anche l’intero Sottomondo di New York.


Il loft di Magnus era alquanto luminoso, il che non era insolito data la quantità industriale di lustrini e glitter che lo Stregone amava mettere dappertutto. Ma in occasione della Vigilia di Natale ogni singolo angolo della casa risplendeva di lucine colorate che si accendevano e si spegnevano a intermittenza. Perfino il collare del Presidente Miao pareva una palla da discoteca.
Sugli stipiti delle porte Magnus aveva appeso del vischio, che campeggiava anche a centrotavola in linea con il servizio di piatti e bicchieri – presi in prestito da un negozio sulla Quattordicesima nel quale pensava di fare un salto, presto o tardi.
Le ragazze, compresa Lorianne, entrarono per prime. Isabelle si lanciò in una polemica con il fratello sui gusti discutibili dello Stregone, mentre Clary e Lori, sedute sul divano, spostavano lo sguardo dall’uno all’altra come in una partita da tennis.
Jace e Simon, bagnati come pulcini, le raggiunsero di corsa, inzaccherando di neve l’atrio di Magnus, che subito accorse urlando: — VIA DAL MIO PAVIMENTO! — Poi alzò la testa e sorrise. — Baciatevi.
Loro gli scoccarono una di quelle occhiate a metà tra il compassionevole e il disgustato che si riservano solitamente agli internati nei manicomi. — Cosa? — chiesero in contemporanea.
— Il vischio. — Magnus lo indicò, ancora con quel sorrisetto irritante sulle labbra. — Dovete baciarvi, se siete sotto il vischio.
I due impiegarono qualche secondo per registrare la risposta, si guardarono nauseati e gridarono: — CHE SCHIFO! — rabbrividendo.
— Ehi — replicò lo Stregone. — Siete in casa mia e fate quello che dico io. — Con un cenno della mano evocò un getto d’aria calda che li asciugò e ripulì il pavimento. — E adesso venite a tavola, bambini.

Magnus credeva di averli avvertiti che la cena sarebbe stata tutto meno che leggera. Invece si accorse di non averlo fatto, in quanto Clary cominciò a lamentarsi dell’eccessiva quantità di calorie presenti in ogni piatto. Compreso l’aperitivo, ossia delle semplicissime tartine con gamberetti affogati nella maionese.
Oddio, forse i due primi erano un po’ eccessivi. Già, magari alla lasagna con frutti di mare, zucchine e provola non sarebbero dovuti seguire gli spaghetti al sugo d’astice, no. E anche il baccalà e gli scampi pastellati e fritti non si potevano definire dietetici.
La botta finale fu data dal dolce, che mandò definitivamente tutti dritti sul divano, sazi come mai prima.
Mentre Chrysta e Lorianne giocavano sul tappeto, Clary si lanciò in una questione su come avrebbe ritrovato la linea se il suo futuro cognato – dal quale erano invitati a pranzo una domenica sì e l’altra pure – avesse continuato a cucinare pasti così pesanti. — Mi spiegate come riuscirò a smaltire i chili della gravidanza? — concluse sospirando lamentosamente.
— Clarissa cara — obiettò lo Stregone, — non hai un filo di pancia né hai preso peso durante la gravidanza, tanto che ti sei accorta di essere incinta solo poco più di una settimana prima del parto. Ti converrebbe mettere qualche chilo piuttosto che perderlo. — La squadrò con aria critica. — Sei un grissino.
— Una mazza da scopa vestita* — puntualizzò Jace.
— E dai, adesso smettetela — sbottò Isabelle. — L’allenamento da Shadowhunter è un ottimo metodo per dimagrire. Guardate me. — Arricciò le labbra in una smorfia di dissenso quando Simon prese a far finta di scattarle fotografie con un’invisibile macchina professionale. — Anni e anni a mangiare le schifezze di Taki’s e non ho mai superato il peso forma. Su, Clary, non ti demoralizzare.
— Ecco — ribadì Magnus. — Sennò non mi fai felice.
Alec scoccò una strana occhiata al suo fidanzato, ormai futuro marito. — Non so se la sua improvvisa passione per la cucina sia un bene o un male... ho paura che inizierò a trovare i glitter anche nei piatti.
— Oh, ma ci sono già — gongolò Magnus. — Ho apportato una piccola modifica al sapone della lavastoviglie. Ora sì che è Fairy.
Alec, terrorizzato, fece per alzarsi e andare a controllare, ma proprio in quel momento l’orologio batté la mezzanotte.
Dai regali sotto l’albero si levò un fumo rosso dall’odore caldo e speziato di cannella e zenzero, che si condensò in una figura alta, rotonda e barbuta: un Babbo Natale firmato Magnus Bane. Brontolò: — Oh oh oh, Merry Christmas! —, diede un buffetto sulla guancia di Lorianne e Chrysta e consegnò loro dei pacchetti, salutò gli altri con la mano guantata di nero e svanì al suono di campanelli.
Le bambine, seppur non avessero palesemente capito nulla dell’accaduto, risero ed esultarono. Chrysta saltò in braccio allo Stregone, che le arruffò – si fa per dire – i capelli ricci e le prese il naso tra due dita. — Il Sommo Stregone di Brooklyn non si smentisce mai.


Il salotto di Magnus fu sommerso da carta decorata, nastri, coccarde e scontrini vari. Tra i suoi regali figuravano un completo sciarpa-cappello-guanti a fantasie psichedeliche da parte di Clary e Jace, un cappotto dal taglio sartoriale da Alec – era ovvio, dati i suoi gusti minimali – e un semplice ma gradito buono da cinquanta dollari per Sephora da Simon e Isabelle (— Non sapevamo cosa prenderti, ormai hai la profumeria intera in quel bagno — disse lei).
Lui invece aveva regalato ad Alec un jeans e un maglione con finte macchie di colore, a Jace un trattato sulla storia e sull’evoluzione delle armi e del combattimento corpo a corpo, a Clary e Isabelle una giornata intera in una SPA della Florida – con tanto di volo e tasse aeroportuali pagati – e a Simon un’edizione particolare del Codice, sperando che potesse essergli d’aiuto per la direzione dell’Istituto.
Chrysta e Lorianne avevano ricevuto da parte sua e di Alec una struttura da gioco per interni, adattabile a qualsiasi tipo di stanza, comprensiva di una vasca piena di quelle adorabili palline di plastica nella quale anche la persona più matura del mondo non avrebbe esitato a farsi un tuffo.
Non aveva prestato attenzione ai regali degli altri, soprattutto perché le palpebre cominciavano a diventare pesanti.
— Sapete una cosa, ragazzi? — disse, quando finalmente ogni scatola fu aperta e ogni busta strappata. — Mi avete fatto dei regali stupendi, eppure l’unica cosa che avevo chiesto per Natale era di poter stare con voi. — Li fissò a uno a uno. — In tutta la mia secolare vita non credo di essere mai stato così felice. Grazie.
Tutti sorrisero, lo abbracciarono e si abbracciarono a vicenda, e da qualche parte nell’estremo Nord, in una terra chiamata Lapponia, un uomo chiamato Santa Claus se ne andò a letto, contento di aver portato gioia per un altro anno.



Non mi andava di fare una NDA a ogni capitolo, quindi eccomi qui, alla fine di tutto (DAN DAN DAN DAAAN). Detto così sembra orribile *brr*

Insomma, ho notato che specialmente su Efp questa raccolta – è anche improprio chiamarla così... forse è meglio “minilong” – ha ottenuto parecchi consensi. Mi sa che mi conviene scrivere più spesso delle storie a tema...
Avrete notato che i nostri amati personaggi sono probabilmente un po’ OOC, in primo luogo Isabelle e Jace – lo so che con loro vado spesso OOC, ma ricordate sempre che siamo a sei/sette anni dalla fine di CoHF e che le persone cambiano – e che il loro Natale è tutto meno che americano. Okay, non so cosa mangino gli americani alla Vigilia (vi sembrerà molto strano, ma Internet è muto in proposito) né se si ingozzino come noi, quindi ho inventato tutto di sana pianta modellando le vicende, in particolare questo capitolo, su ciò che succede a casa mia.

* “mazza da scopa vestita”: gentilissimo epiteto usato da mia zia Stefania per descrivermi. Parla lei, poi.
Spero di avervi fatto ridere o perlomeno sorridere. Ho provato a essere ironica; fatemi sapere, per favore, per piacere, per misericordia cristiana, per carità di Dio, se ci sono riuscita.

A parte questo... capitolone di Living the Present in arrivo. Sarà tipo il... *fa quattro conti*... terzultimo, senza considerare l’epilogo con il matrimonio della Sizzy e la nascita dei gemelli.
A tal proposito avete letto in questo testo lo strano appetito di Isabelle e il modo in cui rincuora Clary. Sono riferimenti velatissimi alla sua gravidanza, che però spero abbiate colto. In Hearts are Breakable scrivo che Iz scopre di essere incinta agli inizi di dicembre, quindi al tempo di questa storia già lo sa.

Bene, adesso vi lascio e me ne vado al cinema con papà (perché ovviamente mamma diserta e mio fratello l’avremmo comunque lasciato a casa anche se avesse voluto venire) a vedere Il Professor Cenerentolo, di Pieraccioni. L’ha girato a Ventotene, Gaeta e Formia, rispettivamente l’isola dove vado un anno sì e un anno no per la festa di Santa Candida, la città in cui sono nata e quella in cui vivo. Se avete visto il trailer, la scena sulla barca con la Chiatti è stata filmata al Porticciolo Romano, dove io vado in palestra (*w*).
Ovviamente non l’ho mai beccato mentre girava. Uffa, volevo l’autografo. O almeno una foto.

Okay, la smetto.

Grazie di essere passati a leggere, e sperando di risentirci per gli auguri di Buon Anno vi faccio in anticipo gli auguri di un Buon Natale,

Federica

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