Avventurieri per sbaglio

di Tilpion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** La prima sortita ***
Capitolo 3: *** Mancato pagamento ***
Capitolo 4: *** Un'allegra giornata ***
Capitolo 5: *** Uno strano posto ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


L'inizio-Astolfo
 

Mi destai in uno orrido loco ipogeo. Mi guardai intorno, scoprendomi attorniato da torce et da una torma de guitti. Li osservai uno ad uno, tentando di carpire le loro intenzioni. Uno si trovava vestito come uno damerino, et lo suo aspetto mi confermò tale disposizione: habea li lineamenti dello volto troppo delicati, come le sue mani, et la chioma castana est troppo curata. Mi avvidi che contorna delle bizzarre orecchie a forma de daga. Un altro era de simil forma di volto, senochè lo suo viso era orridamente deturpato da una cicatrice che andava dall’occhio ai lati della bocca. La sua chioma era aurea et sembrava de membra più possenti et virili. Potea essere uno mercenario. Uno mi inquietò molto: aveva lo viso spigoloso et nobile, dalla pelle bianchissima con una chioma corvina. Era de membra più agili del precedente, poteva essere un saltimbanco, ma mi avvidi che tenea uno arco dietro la schiena, l’arma delli felloni et infedeli. Poi vidi uno possibile giullare, tale era la sua bassezza et la sua chioma scaraventata. Le sue lame sembravano giocattoli. Se non fosse stato pello pelame, gli avrei detto “Figliuolo, smettela de dilettarti con cotali ludi et impugna la zappa come ogni bravo villico”. Vicino a lui vi era uno essere con forma affine a quello dalla chioma corvina, ma costui era più simile alla Morte in persona, de corporatura più debole et cagionevole, con una chioma pallida come la Luna. Inoltre, la sua pelle era purpurea come li fiori dei campi franchi. Dallo suo vestiario intuì che dovea essere uno di quelli maghi pagani che abitivano le selve con i loro ignobili rituali. Poi vidi l’oscenità assoluta: uno soggetto basso ma non troppo, quanto una botte di cervogia. Tenea una zazzera et mustacchi da rivaleggiare un lanzichenecco, ma lo suo sguardo era tutt’altro che determinato: sembrava quasi estraniato et li occhi si incrociavano le vie. Inoltre, emanava l’odore che aveo sentito in vari palazzi de califfi. Doveano essere spezie luciferine.

Stavo per alzare lo mio maglio, quando sentii uno bussare alla porta della cripta. Decisi de prepararmi a una possibile pugna. Se costoro fossero stati una minaccia, me avrebbero già ucciso. Li vedo posizionarsi ognuno a loro modo, ma io me metto davanti. Per lo onore, questo et altro.

La porta se spalancò et entrano VI creature mostruose, tanto laide che lo baffuto pareva bello come uno cherubino al confronto. Tale orrore non poteva esser benevolo, et sollevai lo maglio vibrando un possente colpo. Per qualche strano artefizio, lo mio colpo mancò clamorosamente. Vicino a me, se mise lo corvino. Allora non era tanto codardo. Dietro de lui si posizionò lo incantatore, con sguardo ambiguo. Lo tappo de damigiana se mise dietro lo damerino et lo mercenario se avvicinò a me, come lo mustacchione. Lo corvino tentò un colpo con una spada, ma anche lui fallì et subì un contrattacco. Il bianco chiomato lo guardò con timore et , dopo aver blaterato qualcosa et agitato le mani, un bagliore aureo circondò lo spadaccino formando una sphera. Ohibò, qual oscuro incanto est mai questo? Ma non me venne concesso lo lusso di pensare altro. Lo druso rivelò una balestra et lanciò un quadrello, che centrò la spalla di un laido mostro. Lo giullare, dopo qualche acrobazia da saltimbanco, infilzò lo pugnale nella fiancata de un altro. Lo mercenario, con risolutezza, vibrò un poderoso colpo colla sua ascia. La botte, con l’ascia et lo coltellino brillanti de foco( orpo, paradisiaco et celestiale non est de certo!) finì un altro. Per vedere lo loro valore et la loro propensione, finsi di errare ogni colpo et giuro, dinnanzi a voi tutti, che era solo finzione. Mi stupii et me intimorii quando vidi lo damerino far luccicar le sue dita de un bagliore ceruleo, che criogenò uno inimico. Lo corvino viene colpito un’altra volta, et ritrovassi steso a terra. Lo sacerdote lo guardò con preoccupazione et impose le mani su di lui (cosa puote sperar de fare, lui che di sicuro non ha la benedizione divina!), ma vidi un altro bagliore, più viridiano stavolta che chiude in parte la ferita del morente, pur lasciandolo semiincosciente. Mi accorsi quindi che costui dovea essere uno perfido eretico, me assicurerai di consegnarlo alla giustizia appena potrò, se non darà qualche segno di umanitade. Lo soggetto dallo sguardo perso finì, dopo uno scontro lungo et estenuante, i rimanenti colle sue armi piene de infernal foco.

La porta era aperta et dissi alli miei accombagnatori: “Bene, compagni, ho avuto la prova che, anche se adoperate tattiche eretiche, non siete malevoli. Ora, seguitemi et usciamo da questo malsano loco”. Tutti mi guardarono come si guardan le latrine (doveva esser il mio carisma ad impietrirli, ero riuscito a far colpo sulla loro fedeltà!) et annuirono. Lo sacerdote et lo damerino in particolare mi fissavano con i lati della bocca tendenti verso l'alto, per chissà quale motivo. Uscimmo, et ci imbattemmo in una stranezza.

Vi era uno soggetto vecchio et barbuto, forse un eretico mago che doveve essere stato condannato al rogo più volte, a giudicare dallo vestiario stravagante. Dopo un secondo sguardo, notai che riuscivo a veder attraverso di lui la parete dietro. Ohibò, quanto era malmessa et lurida! Et lo mago era uno spettro! Impugnai lo mio martello et gridai: “Presto, alleati, fuggite da cotesto spirito dell'Averno! Io lo trattengo con la mia santità!” Lo druso me guardò con noia et disse :“Caro paladino, facci il piacere di tacere!”. Lo pagano accanto annuisce. Io mi sentii indignato, ma tentai l'attacco contro il dimonio.... passandogli attraverso. Lo tappo alto quanto un pargolo urlò:” Deficiente! E' una proiezione magica! Non può farci un emerito nulla!”. A quel punto, lo mago aprì la bocca et disse:

“Ordunque,io son colui che vi trasse da vostro loco naturale(perfido profanatore dell’equilibrio pensai). Affinchè possiate far retorno ne lo vostro loco natio sappiate che dovete farmi uno servizio: recuperare uno oggetto de mia proprietà, che me fu sottratta da la Mano Scarlatta(immantinente me figurai una congrega de vetusti monaci assai goffi a miniare).” Ciò detto si dileguò in una foschia malsasna”. “ Codesto est un gran bifolco et deduco da li modi poco cortesi est uno vile et pravo individuo”. La masnada me guardò come quando Carlo disse ,dopo essere passato sopra a uno cadavere de bestia con lo suo destriero, che poiché non esalava fiato doveva esser morto. Lo tappo aprì la sua immonda bocca come per proferir qualcosa, ma la rinserrò. La mia vertudde li lasciava senza favella.

A quel punto, uscimmo insieme, notando che era il crepuscolo, quando lo chiomocorvino cadde come corpo morto cade. Stavo per rialzarlo, quando vidi che lo eretico dalla candida capigliatura si avvicinò a lui con sguardo apprensivo et lo sollevò per le spalle. Lo mercenario lo guardò seccato et proclamò: “ Ci conviene fermarci per la notte”. Io fui subito concordante con lui. Fortunatamente, li membri del gruppo avean l'occorrente per montare una tenda, nella quale venne messo lo caduto. Lo damerino accese un fuoco nelle vicinanze et la botte de cervogia andò in cerca di cibarie. Quando tornò, dissi loro: “Ohibò, la sorte mi ha fatto unire con voi folli, tanto vale che ognuno sappia chi sia l'altro. Io tengo come nome Astolfo, servivo lo nobile Imperatore dopo una vita ad allenarmi come suo paladino et, dopo una bella pugnata , me addormentai et mi ritrovai dove ero prima”.

Lo bassissimo mi guardò et disse:”Finalmente hai smesso.”. Io stavo per alzarmi dalla furia ma lo pagano iniziò a favellar et io, per educazione, mi sedetti. Disse con tono annoiato di chiamarsi Tilpion, che era di una comunita de de eretici che veneravan la Natura invece che lo benevolo imperatore(ohibò, poveri pagani), et che avea intrapreso gli studi per adoperare li poteri che lo vincolavano alla natura. Preparai lo mio crocefisso, in caso di assalto del dimonio.

Scoprì che lo “fanciullo”, chiamato Azogo, ero un spregevole ladruncolo et che in loco de laborar alla gleba come ogne buon villico, sprecavo lo suo tempo a rubacchiare. Per sicurezza nascosi lo sacco de monete sotto l’usbergo.

Lo mercenario, Feanorld, era invece era de nobile stirpe , ma era stato privato de lo trono(ovviamente come in tutti i regni pagani, non come ne lo impero) et aveva trascorso ad allenarsi con le armi et al servizio de i consimili della damigiana(non a tutti capita de poter scegliere uno buono feudatario per diventar cavaliere).

La suddetta botte, Brunin, favellò de una depravata storia de fumi et altre sostanze diaboliche con la disdicevole presenza de un presunto maestro che comandava li elementi pertanto ascoltai distrattamente.

Infine lo damerino, Aramil(ohibò, proprio da druso), dicea de esser nato in una familia in seguito scomparsa et de aver manifestato poteri da eretico fin dall'infanzia(deh, con tutti questi felloni, mi converrà nascondere li oggetti de valore!), senza nemmeno aver chiesto scusa per li danni causati.

Alla fine, decidemmo di allearci per compiere la nostra ricerca.

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Capitolo 2
*** La prima sortita ***


Tilpion

Passai la notte guardando la Luna. Era... meravigliosa. Così fredda e elegante. I miei nuovi alleati avevano già fatto ogni cosa, perciò non avevo niente di meglio da fare. Come i miei simili elfi, non avevo mai avuto bisogno di dormire. Se avessi avuto ancora il mio amico Blaithe con me, avrei potuto passare meglio il tempo. Invece non c'era, e l'altro elfo si stava stabilizzando. A un certo punto, mi accorsi che il Sole stava sorgendo. Stavo per iniziare le mie orazioni mattutine, quando vidi il nano (come si chiamava? Runin? Branin?) uscire e, probabilmente, iniziare le sue. Brunin(ah, questo era il suo nome) non mi piaceva. Troppo assente e il suo sguardo vacuo non mi convinceva. Inoltre, la sua magia da sciamano sembrava una versione più rudimentale della mia. Mi stavo affilando le unghie con una pietra quando i due mezziumani(Feanir e Aramil?) e l'halfling( Azogo, forse?) uscirono dalla tenda. Quello stolto dell'umano aveva detto di stare a guardia, ma si era addormentato due ore dopo. Fissai il mezzoumano dai capelli dorati. Lui ricambio lo sguardo e disse rudemente: “Preparati, noi andiamo in avanscoperta. Le tue capacità ci serviranno per chi starà per ultimo nel gruppo.”. Lo squadrai annoiato e indicai la tenda. Lui capì e disse che il paladino si sarebbe occupato del ferito. Le mie mani si chiusero per un instante, facendo penetrare le unghie nelle mani. Si rilassarono subito e sospirai. “D'accordo, se voi avrete bisogno di aiuto, sarebbe illogico non darvelo, in quanto morirei da solo”. Era la verità, purtroppo. Di certo non sarei rimasto con loro un momento di più altrimenti. Maledizione. Che tu, umano, sia maledetto. Anche tu, mezzosangue. Avrei potuto passare la giornata da solo. Ma devo trovare Blaithe. Ci incamminammo verso sud nella foresta

Intanto all'accampamento, il paladino curava il ferito...
“Necessitate de qualche premura, messere?””...(Perplesso”” Vi est d'uopo che siate servito?””....(ancora di più)””Suvvia, non avete cagion essere retrivo?””Chiè cagionevole”pensieri”Codesto villanzone possiede una dura cervice”.”Cosa sta blaterando questa lattina umana sgrammaticata e analfabeta?!”. “Gradireste un poco d'acqua?” “No, grazie mille” “Un tocco de companatico?” “Non stare a preoccuparti sono a posto così” “ Un cuscino?” “Non ce n'è biso...” “ Qualche minuto et terminerò l'impresa” (qualche minuto dopo) “Ecco qui” “grazie, ma non ce n'era bisogno” “Fole” “Ma di che cosa è fatt... arghhhhh!” (esce di corsa)“ ohibò me scordai de controllare se vi fossero quelle che lo volgo appella ortiche, conviene che vada a soccorrerlo: necessita di aiuto”.

Torniamo a prima...

Stavamo camminando nella zona boschiva, quando all'improvviso il fesso d'un nano lanciò un grido. Imprecando contro la sua stupidità, mi voltai e vidi che si ritrovava disteso a terra, mentre una creatura che sembrava quasi un orso, ma più simile a una donnola. Dovea essere un ghiottone, quindi. Notando che i compagni sembravano tenere al nano, a giudicare dal loro scatto, e mi preparai ad aiutarli. Azogo tentò una pugnalata ai fianchi della fiera, riuscendo a ferirla. Idiota. Così non l'hai nemmeno ferito seriamente e l'hai fatto solo arrabbiare. Deciso a porre fine alle sofferenze del povero ghiottone, scelsi di farlo in modo “naturale”. Strinsi il mio rametto d'agrifoglio e sussurrai la formula, alzando l'altra mano al cielo. L'aria iniziò a turbinare e si formò un globo smeraldino, che circondandosi di scritte fluttuanti si allargò. Scomparve, rivelando la forma di un ippogrifo. In passato, avevo letto qualcosa su di loro... Indicai il ghiottone, e l'ippogrifo capì.. Si lanciò contro la belva e lo squarciò con gli artigli e il becco. Dopo di che, scomparve.La Natura ha dato, la Natura ha tolto, pensai amaramente. Se non fosse stato per quello stupido nano e per l'idiota ladruncolo, non sarebbe successo. Fu proprio lo sciamano a finirlo, facendo apparire nelle sue mani una lama di fiamme condensate. Il ghiottone cadde, morto. Stavo osservando il corpo, quando Feanir si avvicinò, lo raccolse e lo mise nello zaino. Gli chiesi “Ehm, non dovresti...” “Cosa?” “Vedi... Seppellirlo?” “No.” “D'accordo”. Deficiente di un Feanir. Brunin ci guardò storto e disse, con gli occhi storti: ”Potevo.... Cavarmela da solo.”. Aramil, con gentilezza, rispose: “Certo, la vita.” Trattenni un ghigno. Continuammo ad avanzare, quando lo stregone ci disse di fermarci. Ci chiese se sentivamo niente. Iniziai a sentire uno strano ronzio. Egli rivelò:” C'è una barriera magica qui... Dobbiamo vedere se è pericolosa o meno.” .“Ci penso io” rispose allegramente Feanir. Tirò fuori dal suo zaino il corpo del ghiottone e lo lanciò in avanti di qualche metro. La carcassa rimase inerte. Decidemmo quindi di passare e il guerriero si rimise il ghiottone nello zaino. Dopo un po', notammo una casetta. L'halfling si avvicinò e sbirciò da una finestra. Ci fece segno di avvicinarci. Una volta vicini, notammo strane creature che sembravano orsi umanoidi con gli occhi che brillavano di rosso. “Bugbear”sussurrò Azogo. “E sotto incantesimo, a giudicare dagli occhi” suggerì Aramil. Feanir, probabilmente troppo curioso, aprì la porta parzialmente. Disse che le creature non parevan reagire. Ordinò quindi di prepararci per un attacco. Non posi obiezioni: se erano sotto incanto, dovevo liberarle in qualche modo. Feanir aprì del tutto la porta e Azogo entrò come un lampo e pugnalò uno dei bugbear, mentre Aramil lanciò un raggio gelido. Feanir si avvicinò a quello. Richiamai un lupo come prima avevo fatto con l'ippogrifo, in modo da “scuotere” gli esseri dalla maledizione. Il lupo tentò di morderne uno, ma lo mancò e scomparve. Feanir colpì con il suo urgosh e lo finì. Il rimanente tentò di difendersi, ma Brunin lo colpì con la sua lama di fiamme e il suo tirapugni mentre evocavo un altro lupo che fallì anch'esso. Aramil lo terminò con un raggio. Dopo ciò, notammo che c'era una scala. Ci avvicinammo ad essa.

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Capitolo 3
*** Mancato pagamento ***


Azogo


Per le chiappe di un ogre, che ho fatto di male nella mia vita da ladro per meritarmi simili babbei come compagni?! Che branco di goblin! Tuttavia devo ammettere che possa risultare utile uno stuolo di gente che ti eliminano i soggetti pericolosi per depredarli… Come ad esempio quella coppia di pellicce ambulanti che avevano appena accoppato nell’ingresso della casa. Mi domandavo come potesse non averci sentito nessuno, se per ucciderlo avevano fatto più rumore di un gigante delle colline col raffreddore in una cristalleria. In ogni modo dopo di ciò l’elficiattolo naturalista si mette ad origliare se c’è qualcuno aldilà della porta a destra. Dopo questo immenso sforzo mi ingiungono di aprire quella serratura assolutamente ridicola, perché quando c’è dal lavorare questi gran incantatori delegano ad altri, peggio di degli schiavisti. Dopo che ebbi finito l’orda si precipita dentro e mi fa aprire un’altra porta: una dispensa(ovviamente non li abbiamo presi su subito, nosignore!). dall’altra parte della cucina dove ci troviamo c’è un solito sgabuzzino(non starò più a tediarvi con la solita storiella che tanto tutte le porte le fanno aprire a me, addirittura se ci fosse solo una porta in mezzo alla pianura me la farebbero aprire, razza di kuo-toa!). e dietro chi troviamo? Un elfo ( forse bardo, di genere indefinito) e subito penso “Ottimo altro bottino” e invece gli altri gli stanno a chiedere chi è, da dove viene , come si chiama il tuo topo crudele e simili baggianate. Del resto lui( o lei? Facciamo lui) furbescamente fu molto evasivo; e poi la congrega dei buonisti( lo sfregiato, il fumatone e il signor “sono bello, bravo e buon”, che ci aveva raggiunto nel frattempo) decidono di non derubarlo, che babbuini. In ogni modo usciamo da lì e ci dirigiamo all’altra porta. L’elficiattolo ci avverte di un pericolo oltre la porta.”Bene” mi dico “è il momento buono per squagliarsela o lasciarla chiusa”. Invece quell’incosciente di un guerriero li convince a battersi. Si può essere più stupidi? Ci disponiamo per l’assalto e il furbone di un bardo si mantiene in disparte, perché non lo faccio anch’io? Ah già sono tenuto sotto mira dagli altri. Apro, la porta vado nelle retrovie e... Per le teste di un ettin! Sulla soglia appare una maledetta armatura animata armata di randello e scudo e dietro si intravede un'altra stramaledettissima lattina ambulante con tanto di alabarda. Comincia una rissa furibonda e mica mi cade una freccia dall'arco mentre sto tirando?!?La prima mazzulla il druido che si ritrova mezzo distrutto, l'incompetente manco è buono di lanciare un incantesimo senza che questo non funzioni, prima di essere ridotta a un'ammasso contorto di ferro e il suo compare fa la stessa fine. Lo sciamano si avvicina subito al druido, mentre muove le mani e uno strano bagliore emerge dal terreno e inonda il tipo dai capelli bianchi. L'elfo lo guarda stupito e gli dice:”Mastro nano, forse ti ho giudicato male. Sarò tuo alleato da adesso all'avvenire”. Idiota. Mai fare tali proposte. Entriamo dentro questa stanza con due porte, apriamo la prima e cosa troviamo? Un forziere pieno di gemme e soldi; finalmente questa avventura comincia ad avere un senso! Dopo aver alleggerito il tesoro( figurarsi se quei sottotipi di goblin se ne accorgono). L'altra porta si apre su un'armeria che pare che siano passati secoli dall'ultima volta che qualcheduno l'abbia usata. Saliamo su per la scala facendo rumore come un branco di bisonti(chiedere consigli su come si fa per muoversi mentre sei in un edificio sconosciuto no, eh?). E infatti quel perfettino del paladino si trova alla fine delle scale quattro pantegane pulciose grandi come cani che lo attaccano. Con grazia e maestria supero con un solo salto il paladino e i topi e li attacco. Mi seguono Brunin e anche Astolfo. Il paladino ne spappola due con il suo martello, lo sciamano ne affetta uno, mentre l'ultimo lo squarta lo Feanir. Quel fellone di un druido ha tentato qualche bastonata, mancandole tutte. Niente da dire, avrebbero un futuro come sterminatori di ratti. Mentre quell’ inetto di un bardo ha fatto la sua bella figura , cascando dalle scale mentre cercava di colpirne uno. in questa stanza circolare ci sono quattro porte. Dietro una ci sono varie gabbie con dentro animali( l'elficiattolo albino(Tilpion, forse? Vabbè, chiamiamolo così) rompe fino a che non gli diamo una mano ad aprirle). L'altra pareva una stanza d'alchimista con tanto di calderone e varie pozioni(Aramil ne prende quattro, comincia a capire qualcosa). Nella terza c'era un'altra porta, con una combinazione per aprirla, un tavolo protetto da una barriera di forza( grazie ancora ghiottone) e alcuni scaffali con vari oggetti che arraffiamo. apriamo la quarta e freghiamo due libri su una scrivania(gli altri erano protetti da una barriera che gli altri non potevano annullare ovviamente). Trovano anche un foglio con un indovinello e, dopo che li guardavo da cinque minuti scervellarsi, hanno avuto un'idea(che geni) che per fortuna era quella giusta. E dentro c'era un dannato cofanetto, probabilmente del mago. Il dannato fattone propone se continuare su per le scale, certo perché quando si prende ciò per cui si è venuti si va ancora in giro a rischiare la pellaccia. Per fortuna, sentiamo dei rumori e ragionevolmente ritorniamo al piano terra. Il damerino si rivela utile usando i suoi trucchetti per trasportare il bottino( un bel disco volante non è male). Torniamo da quell’inutile ranger e facciamo bisboccia e meno male, con squisita carne di ghiottone arrosto.

Il giorno dopo ci rimettiamo in marcia seguendo le indicazioni che emette il cofanetto(non ve l’ho detto, beh era ovvio che un cofanetto ti dica dove portarlo). Sul sentiero incontriamo un vecchio signore, che ci chiede di scortarlo a casa. Ovviamente i seccatori acconsentono, quando, mentre lo accompagniamo, cadiamo quasi tutti in una buca. Stranamente, Tilpion è riuscito a salvarsi nonostante sia più debole di una lucertola e inizia a ridere guardando il vecchio. Questi tenta la fuga(e bravo furbacchione), ma il druido lo guarda ghignando, mormora qualcosa agitando le sue erbe e dei rovi emergono dal terreno e si avvinghiano al vecchio. Allora sei utile a qualcosa. Il vecchio si ferma e inizia a farfugliare qualcosa, mentre io lo perquisisco e l'elfo gli fa scorrere un falcetto sulla gola con calma. Poi gli avvicina la mano alla faccia e dice:”Non mi muoverei, queste piante sono un po' appuntite. Voglio evitare problemi.” Ovviamente il moralista riesce a risalire:”Poffare, cotal anziano habet tentato de derubarci”. Ma davvero?. Ma continua anche:”Dovremmo tenerlo con noi et scortarlo alla prossima prigione”. Salgono anche lo sfregiato e il nano, che acconsentono. Il druido li guarda seccato e annuisce. Almeno riusciamo a chiedergli se c'è qualcosa di interessante in giro...
Ci facciamo condurre in una strana grotta, della quale lui a paura. Non appena Astolfo si volta a osservarla, il guerriero libera rapidamente il vecchio, che scappa a gambe levate. Cosa troviamo a all’ingresso? Un cartello con strani caratteri. Il damerino si avvicina, con gli occhi luminosi e sbrilluccicanti, e traduce: “Pulirsi i piedi”. La cosa mi Col cavolo. Per ripicca( andiamo, perché dovrei?) vado a cercare una pozzanghera ed entro con i piedi fangosi inzaccherando tutto, con una soddisfazione! L’inquilino non gradisce: una mano artigliata e enorme mi butta fuori, mentre esclama, con voce troppo pomposa:” Mi hai sporcato tutto il pavimento!” . E io riento. E la mano mi usa come straccio per pulire e mi butta definitivamente fuori, che caratteraccio. Il druido si avvicina, si scherma gli occhi e mormora qualcosa: il martello del paladino si illumina, mostrando il soggettino: un drago di bronzo alto quanto un edificio! Il drago ci squadra uno ad uno, e dice: “Salute, solo il drago Malduin. E' interessante notare tali bizzarri viaggiatori. Nobile cavaliere al servizio della giustizia, puoi mettere via il tuo martello. Anch'io sono al servizio della benevolenza e della verità.”. Astolfo lo guarda come un allocco e mormora:”Poffare, cotanta benevolenza et saggezza merita magna admiratione” e si inginocchia. Il drago lo guarda con aria bonaria e riprende:”Per questo, ti darò questo dono. Ti aiuterà nel difenderti dai nemici” e gli porge un anello. Poi guarda lo sciamano e gli dice:”Orbene, anche tu sei benevolo, ma non tanto devoto alla legge. Quindi, ti concederò un mio consiglio per una volta”. Con lo sfregiato”Ahimè, sei buono, ma non hai mai considerato le leggi”. Si volta verso Aramil: “Con te, invece, non saprei cosa fare. Non hai mai fatto una vera scelta per la parte in cui stare, ma ho sempre provato simpatia per gli stregoni. Ti piazzerò due rune sulla pelle, una per il rispetto delle leggi e una per la volontò di perseguire il bene. Dovrai sempre agire così.” Ignora me(Fesso) e il bardo(anzi, ora lo capisco) e guarda il druido:” Tu non hai mai scelto, né hai mai pensato di farlo”. Tilpion lo guarda annoiato e risponde:”La colpa non è mia, è tua, se sei innaturale nella condotta”. Inizio a rispettarlo, quasi quasi. Il drago lo guarda severo e ci lascia uscire. Poi proseguiamo e arriviamo davanti a una entrata sotterranea. Vicino ci sono due cavalli con un gufo vicino, e lo stregone esclama:”Raul!” mentre il druido urla:”Blaithe”. Probabilmente, si riveriscono agli animali, ma solo ora le teste di aberrazione si accorgono che gli animali dormono. Notiamo inoltre due gabbie, delle quali non riusciamo a distinguere il contenuto. Entriamo nel sotterraneo e troviamo niente di meno che il mago. Dopo avergli consegnato la scatola,il fetente non vuole mica pagarci per il servizio, troppo preso dalla cassa. A un certo punto, mister”son bello bravo e buono” punta il dito contro il mago e urla:”Ohibò, pello Imperatore, cotesto manipolatore de oscuri artefizi emana una presenza malevola et obscura!”. Feanir impugna subito il suo urgrosh e lo colpisce, mentre io decido di “pagarlo” con una bella doppia pugnalata. Subito dopo, il vecchio ancora sovrappensiero, il paladino grida”Pella Luce dello Imperatore!” mentre il suo martello risplende di luce dorata e si abbatte sul mago. Il bardo prova a non starsene con le mani in mano, ma è troppo incapace e la spada gli scivola. Infine il druido, evidentemente contrariato per ciò che il mago avrò fatto agli animali, gli dà una sonora bastonata addosso che lo fa cadere. Deprediamo il vestito( niente... Solo qualche straccio di pelle che il druido decide di indossare...) e decidiamo di portare la cassa con noi.
Usciti ci ritroviamo davanti due animali normali: un ragno e uno scorpione. Solo che sono all'incirca...5...6...7...234 volte le dimensioni di un esemplare normale. Ci accorgiamo che gli animali prima dormienti si sono svegliati, ma almeno non sono ostili. Il gufo si avvicina subito al druido e gli salta in spalla. Il druido sorride e dice:”Adesso mi sento completo”. Ingaggiamo subito uno scontro contro i due schifosi aracnidi. Lo stregone inizia subito a congelarli, mentre il druido la bastona urlando”Bestie innaturali, lasciatevi purificare!” mentre il suo gufotto li artiglia. Poco dopo riusciamo a ammazzarli. Dopo la disinfestazione torniamo al campo. E adesso sto camminando verso il vilaggio più vicino con Astolfo, Aramil e il ranger che ancora non si è presentato, mentre il bardo è sparito e il fattone, l’elficiattolo e il damerino si teletrasportano poco dopo grazie a un orpello che avranno trovato nella cassa del mago, senza faticare. Tanto per cambiare!

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Capitolo 4
*** Un'allegra giornata ***


Attenzione, ultimamente scrivo insieme al dungeon master, perciò sono possibili vari errori di battitura dovuti alla differenza di formati, come vari cambi di tempo verbale. Perciò, scusate eventuali disagi ma grazie per la fedeltà e la perseveranza. Infine, per ricordare i personaggi:Azogo=ladro halfling, Astolfo=paladino umano, Aramil=stregone mezzelfo, Feanir=guerriero mezzelfo, Tilpion=druido elfo,


Brunin



Ci avviammo nel sentiero. Avevo appena fatto un piccolo “giretto” nel mondo degli spiriti con l'erba-pipa del mio maestro, e il mio spirito orso girava vicino a me, anche se stava diventando più etereo e distante. Tilpion e io stavamo iniziando a conversare più del solito, e quel pallidino di un elfo si stava facendo quasi simpatico, per quanto poco interessato al mondo degli antenati….

A un certo punto, il gufo di Tilpion, che stava nelle retrovie, iniziò a sbattere le ali e a stridere. Io guardai la mia guida e notai che che stava muovendo freneticamente la zampa dietro di me. Iniziai a chiedermi cosa potesse dire, visto che il mio spirito tendeva spesso a darmi messaggi tanto enigmatici e difficili da comprendere.
A un certo punto, sentii la voce del buon druido urlare: “Atten...”. Si interruppe non appena udii un rumore sordo. Ci voltammo tutti e notammo che il pallidino era a terra, ormai incosciente. Il suo gufo stridette furioso e iniziò ad alzarsi in volo per fronteggiare l'aggressore. Era un essere enorme, con un brutto muso allungato e un randello stretto nella mano poderosa. Iniziai rapidamente ad abbandonare il mondo spirituale e corsi verso Tilpion. Nel frattempo, Feanir, che aveva chiamato il coso “ogre”, e Astolfo si gettarono davanti al mostro, mentre il ladruncolo si insinuò dietro di esso. L'elegante mezzelfo impugnò la balestra e scoccò una freccia, che si ruppe sulla pelle dell'ogre. Il paladino e il biondone lo colpirono, mentre il gufo gli graffiava la testa e la nuova donnola di Aramil gli si attaccava alla gamba. Io invocai la benedizione degli antenati e una luce emerse dal suolo, entrando nel druido. Ehi, non avrei potuto lasciarlo morire, per quanto poco amante del giusto uso delle erbe. Subito aprì gli occhi verdi e si alzò. Mi guardò rapidamente, poi guardò l'ogre. Sollevò le mani e disse: “Mastro sciamano, ora lascia che ti mostri qualcosina… Eregband!”. Dei rovi spuntarono dal terreno, e mi accorsi che non povevano essere effetti del mio “viaggetto”, dato che l'ogre urlò mentre le piante gli si attorcigliavano addosso. Astolfo urlò: “In nome della Justitia, io te castigo!”, mentre il suo martello brillava, ma l'ogre parò il colpo con il randello. Io sfoderai il mio nuovo randello, per gentile concessione del druido, e la mia ascia. Mentre Azogo tempestava di pugnalate il tallone del mostro, questi diede una bella randellata al povero Astolfo, che si ritrovò nella stessa condizione di Tilpion poco prima. Sentii la voce di Aramil sussurrare qualcosa e vidi un bastone fluttuare sopra di me e cadere sulla testa dell'ogre, colpendolo in un occhio. Approfittando della distrazione, diedi dei pesanti colpi, ansimando per riuscire a scalfire la sua pelle coriacea, alla gamba della creatura, mentre Feanir riuscì a colpirlo allo stomaco con l'urgrosh. Infine, una freccia di Aramil colpì l'ogre in testa.L'ogre cadde a terra all'indietro, mentre l'halfling si allontanava rapidamente evitando di diventare come una melma. Tilpion si avvicinò leggermente preoccupato al paladino. Lo seguii. Lo curai con i miei poteri spirituali, mentre il druido gli velocizzò la guarigione. Poco dopo Astolfo si alzo : “ Cotesta volta me la sono veduta poco pulchra, ve rengratio”. Il druido lo ignorò, si voltò verso di me e disse: “ Brunin, è la seconda volta che mi salvi. Non lo dimenticherò”. Io lo guardai fisso, nonostante il mio sguardo che tornava a perdersi tra gli elementi, e risposi: “Mghmghhgmhghhm…. Non fa nulla.. Nulla.. mmhgmhghmh” e iniziai a rivedere il mio nobile spirito. Diamine, senza erbe. Stavo migliorando. Riuscii solo a sentire il ladruncolo esclamare: "Accidenti, niente di utile addosso!" prima di cadere.


Poco dopo, mi svegliai e notai che Feanir stringeva una stella del mattino, dicendo soddisfatto: "Qualcosina nella sua tana c'era.".
Avanzando, ci imbattemmo in una locanda ormai a sera. Il guerriero disse: “Compagni, propongo di fermarci. Siamo usciti da un bello scontro e ci conviene riposare”. Tutti acconsentimmo ed entrammo.
Ci sedemmo in una tavola grande e iniziammo a ordinare. Tirai fuori la mia pipa, ma notai una cosa terrificante: avevo finito l'erba-pipa! Tilpion doveva aver notato il mio disagio, perché si avvicinò sorridendo e disse: “Compagno, direi che posso iniziare a ripagarti.” e mi lasciò delle foglie in mano. Iniziava a piacermi. Mangiammo tranquillamente. Stavamo per andare a dormire, quando sentimmo un gruppo vicino a noi. Stavano parlando di un arco bello che avevano ottenuto. Ci guardarono, ubriachi quasi quanto ero fatto, e ci urlarono: “Fashamo una gara de bevute. Chi vinshe si prende il nostro arco”. Il nostro gruppo accettò e io mi misi in competizione con il biondo e il paladino. Feanir ci chiese: “Bene, ragazzi, siete bravi a reggere la birra?”. Astolfo rispose: “Ah, remembro ancora quanta aurea cervogia tracannai alle belle osterie”. Io dissi: “Sono un nano, la birra è il mio mestiere!”.
Iniziammo a bere. E bevemmo come non mai. La birra iniziò a uscire dal naso.Astolfo fu il primo a cadere, dopo un'ardua dozzina di boccali. Dopo qualche boccale, decisi di far vincere Feanir e finsi di svenire. Finsi tanto bene che iniziai a perdere i sensi e vidi la mia guida che ballava una strana danza, con le zampe anteriori conserte, le posteriori che facevano su e giù e uno strano vestiario bianco e verde.
Quando rinvenni, vidi Tilpion che spiegava qualcosa agli avversari, dicendo cose come “Non sono stato io a creare un bagliore magico che vi ha fatto cadere i boccali, eravate tanto ubriachi che l'avete visto voi”. Evidentemente, avevamo vinto. Ci diedero l'arco, che venne preso il druido. Andammo a coricarci.

Vidi il mio orso che continuava la sua danza, con un gatto. A un certo punto, Feanir e Tilpion mi svegliarono. Mi sussurrano: “Non fare rumore, abbiamo sentito qualcosa.”. Mi alzai e, mentre Astolfo, Aramil e quell'anonimo elfo coi capelli neri dormiva, uscimmo dalla stanza. Vedevo abbastanza bene,Il druido schioccò le dita e quattro fiammelle azzurre fluttuanti apparvero, e stavolta ero sicure di non essere in botta. Forse le aveva fatte per il guerriero. Le inviò nel corridoio e Feanir le seguì, con noi dietro. Dopo un po', ci ritrovammo alla porta di ingresso, socchiusa. Le fiammelle scomparvero, ma Feanir riuscì ad aprire la porta. Notammo una figura che si allontanava. Il druido ci guardò e suggerì: “Io non lo seguirei, anche se sembrava zoppicare. E notte fonda e non sembra averci preso nulla”. Decidemmo di tornare dentro e dormire.

La mattina dopo ci incamminammo. Notando un villaggio, decidemmo di lasciare il moro dietro ed entrare. Era… deserto. O quasi. C'era qualche persona qua e là. Feanir disse: “Chiediamo di un mercato”. Andammo da un uomo solo. Gli chiedemmo di un mercato ed egli ci rispose parlando di un fabbro e ci indicò una fucina dalla parte opposta della strada. Ci avvicinammo, ma non notammo nessuna. Richiamammo il cittadino, che ci disse: “Ecco, il fabbro è lì”. Indicò l'aria. Chiesi, mentre la preoccupazione mi attaccava, ai miei alleati: “Sogno, o sono desto...?”. Tutti guardarono preoccupati e Aramil disse: "Temo che tu sia desto, Brunin...". Mentre un brivido mi saliva lungo la schiena, il druido, leggermente divertito, disse : “Bene bene, la cosa è…. interessante. Abbiamo una questione divertente tra le mani...”.

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Capitolo 5
*** Uno strano posto ***


Ma dico, questi rozzi esseri che mi circondano riusciranno mai ad avere un minimo di classe? E’ altamente frustrante questa situazione: trovarsi con una comitiva di gente, una più bifolca dell’altra. Spero solo che con la mia presenza impareranno qualcosa, per esempio come si può farsi ubbidire o convincere gli altri di essere una soggetto veramente speciale e fantastico solo con la presenza. Perlomeno questi bruti una funzione utile ce l’hanno: far strage di nemici, affinché io possa appropriarmi dei loro averi. Del resto tutti le persone con un briciolo di stile hanno un seguito e dovrà pur essergli utile a qualcosa. Certo è un ben strano gruppo: un sudicio nano costantemente dietro a disdicevoli abitudini, un elfo botanico con una smania per gli animali assolutamente indecorosa, un mezzelfo che dice di essere di stirpe regale, ma non ha fatto niente per dimostrarlo, con il volto sfregiato, un volgare ladro di cui non ho ancora capito l’utilità, anche se almeno è più sveglio degli altri e non si perde dietro a comportamenti moralmente corretti e infine un citrullo che blatera di bontà e legalità. Uno più rozzo dell’altro.
Ahi! Maledizione a queste miserabili rune, ogni volta che penso qualcosa che non sia pieno di buone intenzioni, ho fitte alla testa. Purtroppo mi conviene mantenere il contatto con il drago poiché sto imparando cose assai interessanti. In ogni modo, ci allontanammo dalla locanda il mattino presto, disgustato dal trambusto della notte. Dovetti sopportare a lungo il nano che continuava a bofonchiare contro la figura che aveva visto scappare. Comunque arrivammo al villaggio. “Finalmente” pensai “speriamo che ci sia qualcosa di utile per far fruttare i proventi del mio bottino conquistato”. Rimasi immediatamente deluso: era un povero villaggio di pezzenti con poche case malandate e una ridicola palizzata di legno come difesa. “Orsù, è andata così per stavolta; la prossima cercherò una luogo più decente”. Entrammo e notai che si erano pure dimenticati di lasciare una guardia sulla torre d’ingresso. Vedemmo in mezzo alla strada un uomo che parlava e per il resto la strada era deserta. Mi accostai a lui e dissi “Mi dica buonuomo, in che posto ci troviamo, di grazia?” “Un attimo, devo finire di parlare con lui” rispose indicando un punto vuoto davanti a sé. “Magnificamente! Oltre che sono con un gruppo di cenciosi in un villaggio squallido, gli abitanti sono degl’imbecilli. Che situazione ridicola!” “Grazie mille, buonuomo!” “Noblesse oblige, sopporterò anche questo”. Proseguimmo verso la piazza e, con mia somma frustrazione, rividi la scena precedente: poche e sparute persone la cui gran parte parlava con l’aria. La cosa cominciava a impensierirmi; poiché capita di imbattersi nello scemo del villaggio, ma un intero paesino ammattito è un fatto altresì curioso e vagamente sinistro. Certo è risaputo che i villici hanno uno scarso acume, a differenza di certi individui che nascono superiori, tuttavia una situazione di totale assenza di intelletto era grave persino per loro. In ogni modo optammo di andare verso quelle che parevano bottegucce che producevano squallidi utensili per clienti privi di qualsiasi raffinatezza, che non pensano ad altro che a riempirsi la pancia. Che squallore! Le inusuali stravaganze aumentarono. Infatti i vari laboratori erano deserti, mentre gli abitanti ci avevano assicurato che i loro proprietari erano presenti. Non si erano smentiti i mentecatti. Pensai che giustamente avrei potuto usufruire delle cianfrusaglie incustodite, ma con simili moralisti nei paraggi era sconsigliabile, giacché si avrebbero cominciato discorsi ampollosi e tediosi sul rispetto della legge ed altri simili sciocchezze. Non valeva neanche intavolare una qualsiasi sorta di discussione. Sarebbe stato fiato sprecato. I miei cosiddetti gregari si erano accorti delle stranezze, non avrei mai creduto che fossero così perspicaci, e arrivarono alla brillante e inaspettata conclusione che bisogna scoprire il perché di ciò. Niente da dire, sono finito in una congrega di maghi e saggi. In ogni caso ci avviamo verso il municipio cittadino. “Abbisogna che li magistrati ricevano lo avviso di cotali stranezze!” affermò il citrullo. Oserei affermare che fu la stessa madre a farlo cadere dal seggiolone per fargli battere la testa e reiterò il processo. Arrivati all’edificio con nonchalance mi posi davanti alla porta per primo. Non c’era neanche da discuterne: chi e se non io, l’unico dotato di fascino, carisma, affabilità, raffinatezza e abilità oratorie, poteva trattare in maniera decente e vantaggiosa con le autorità? Ci aprì un uomo sulla trentina che si presentò come adepto del villaggio. Chiesi di essere ammesso alla presenza della massima autorità cittadina e lui replicò che ci avrebbe portato dal capitano delle guardie. Ci accompagnò su per le scale e ci introdusse in una stanzuccia povera e grezza dove l’unico mobilio era una scrivania in legno scadente vuota. E l’uomo ci esortò: “Capitano ci sono degli stranieri che vogliono parlarvi.”. “Questa sottospecie di guaritore ha inalato troppi fumi di alcol a furia di disinfettare ferite”. Cercai gentilmente di fargli capire a quel povero mentecatto che non c’era nessuno seduto sulla sedia, ma era cocciuto come un somaro; come del resto tutti i campagnoli, sarà un fenomeno di reciproca influenza tra le due bestie. Me ne andai, prima che mi venisse voglia di lanciargli contro a quel baggiano un raggio di gelo, apostrofandolo sottovoce. Mi concessi il divertimento di inchinarmi al capitano prima di uscire, tanto per continuare a prenderlo in giro. Non appena fummo nel quadrato di terra battuta che gli abitanti immagino chiamassero piazza, mi diedi da fare per trovare un interlocutore nel villaggio con un minimo di qualifica da cui ottenere preziose informazioni. In breve, mi fu indicata un palazzotto che dava sulla piazza. Si trattava dell’abitazione dell’unico nobile. “Alfin riuscirò a parlare con qualcuno all’altezza”. Diedi disposizione ai barbagianni che mi seguivano; non persi nemmeno tempo a spiegargli il perché di come si dovevano comportare, come potevano capire anche solo minimamente i concetti di eleganza e di bon ton. Inoltre indossai il mio abito da cerimonia, tanto per sottolineare la differenza oggettiva tra me e gli altri.
Fummo introdotti in casa da un servitore. Constatai che era ammattito come tutti gli altri abitanti. Il nobile ci accolse con garbo e la stanza in cui ci trovavamo era ben arredata, anche se un po’ provincialotta. Dopo i convenevoli, cercai di impossessarmi di tutte le possibili informazioni, cosa che risultò estremamente difficoltosa, a causa degli importune, deficienti, inutili e continue interruzioni del signor Bontà e Giustizia. Per cercare di farlo tacere ricorsi a vari ceffoni sulla nuca e “Stai zitto”. Alla fine riuscimmo ad ottenere poco. Non capisco neanche come facemmo, anzi no, lo so: c’ero io. Scoprimmo che tutti i cittadini, nobile compreso, erano così da più di un mese. A quel punto ci ritirammo in una stamberga da quattro soldi, l’unica ovviamente. Non capivamo cosa stava succedendo ma l’avremmo scoperto a breve. Chiedemmo a quello che pareva il proprietario una stanza e un tavolo a cui mangiare. “ Mi spiace, ma siamo pieni, come potete vedere”, tutti i tavoli erano completamente vuoti. “Dannato pezzente cerebroleso, che tu possa rimanere nella tua infimità”. Cominciavo a pensare che tutto fosse una specie di complotto o scherzo solo per sfibrare la mia mente superiore che mal sopporta simili rozze e stupide stramberie. Ad ogni modo ci dirigemmo al piano di sopra, quello delle camere. Il ladro decise di aprire alcune porte, giusto per passare il tempo. E constatammo un fatto molto strano tutte le stanze erano occupate da gente che dormiva, a parte la nostra. Ripensandoci, mi sovvenne che l’oste aveva affermato che la nostra stanza fosse l’unica rimasta libera. Comincia a nutrire dei sospetti. Tentammo di svegliare uno dei tizi, ma non ci fu verso per svegliarlo. Reiterammo il processo ad altri inquilini, ma il risultato fu il medesimo: continuavano a russare indecorosamente. A quel punto ci riunimmo e dopo attente deduzioni, elaborate da me medesimo, arrivammo alla conclusione che metà della città dormiva e l’altra parte era in preda ad allucinazioni che gli facessero credere che tutto fosse normale. A quel punto io e il botanofil iniziammo a sondare i paraggi con i nostri poteri in cerca di una possibile fonte di quel maleficio e la individuai nord del villaggio, poco lontano dalle mura. Ci riposammo la notte, così che il mattino dopo ci dirigemmo verso il luogo da me indicato. Procedendo in tal maniera, ci ritrovammo davanti a una specie di enorme buco nel terreno, “Percepisco una grava presenzia in codesto loco” disse il citrullo. “Sempre ovvio non cambierà mai”. Caricai la mia balestra per dare man forte dalle retrovie. Non si rischia di perdere l’elemento migliore mandandolo in prima linea; è contro qualsiasi concezione strategica. Oltre al fatto che non volevo rischiare la vita del mio famiglio. Ah, già non ve ne ho accennato. E’ una donnola veramente intelligente che prende tutta dal suo padrone ed è particolarmente intelligente, a differenza di certe gente che mi circonda. In ogni modo, lo zoofilo evocò dei globi di luce fluttuanti e li mandò dinnanzi a noi. Ci addentrammo nel tunnel e subito fummo attaccati da una creatura umana dalla vita in su, mentre il resto era un ammasso di carne informe. Subito tutti si slanciarono con furia omicida su di lui, menando fendenti ed scagliandoli contro varie magie verdognole. Peggio dei barbari. Perfino il gufo di compagnia del fitofilo era impegnato con un corvo grosso ed orrendo, con brandelli di carne scoperti e gli occhi di fuoco. Io, da ottimo stratega quale sono, notai subito una figura scura e slanciata poco dietro il mostro: un drow. “Sicuramente il mago che l’ha evocato”. Nonostante la barriera difensiva che aveva evocato lo abbattei in due colpi e immediatamente i nostri avversari scomparvero. In fondo al tunnel c’era un giaciglio. Frugammo e prendemmo i pochi spiccioli che c’erano. Un’altra scabrosa situazione risolta brillantemente da me. Ritornammo al villaggio tutti soddisfatti. Appena entrati, vidi un villico da solo e gli chiesi: “Plebeo, come…” “Un attimo, che sto parlando con lui” indicando il vuoto. “Cosa?!?”. La maledizione non era stata spezzata.

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