Cuore di Ghiaccio

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La leggenda del Cuore di Ghiaccio ***
Capitolo 2: *** Nel Tempio di Odino ***
Capitolo 3: *** Qualcosa di insolito nella notte artica ***
Capitolo 4: *** Gocce di passato ***
Capitolo 5: *** Sogni e voci: suggestione o realtà? ***
Capitolo 6: *** Freddo e insensibile come un fiocco di neve ***
Capitolo 7: *** Sola nella tempesta ***
Capitolo 8: *** Un raggio di luce dopo la tempesta ***
Capitolo 9: *** L'alba dei ricordi ***
Capitolo 10: *** Finalmente una piccola tregua ***
Capitolo 11: *** Sotto lo stesso tetto ***
Capitolo 12: *** Il Libro di Badeneisten ***
Capitolo 13: *** La Festa del Sole di Mezzanotte ***
Capitolo 14: *** Il ritorno delle tenebre ***
Capitolo 15: *** La ricomparsa del Cuore di Ghiaccio ***
Capitolo 16: *** Ombra sulla luce ***
Capitolo 17: *** Insieme contro il male ***
Capitolo 18: *** La luce nei suoi occhi ***
Capitolo 19: *** La ricomparsa di Badeneisten ***
Capitolo 20: *** Dove eravamo rimasti? ***



Capitolo 1
*** La leggenda del Cuore di Ghiaccio ***




LA LEGGENDA DEL CUORE DI GHIACCIO
 


 
 
Ai confini delle terre del nord, in un luogo non ben definito ed in un tempo imprecisato, esisteva il regno di Badeneisten.
La pace e l’armonia rendevano tutta la popolazione fiera di appartenere a quel modesto, ma felice paese. La vita non era semplicissima ed era spesso messa a dura prova dalle estreme condizioni atmosferiche. Nonostante questo, nessuno si scoraggiava e tutti facevano la loro parte perché ogni cosa procedesse nella giusta direzione.
Questo lembo di terra così remoto era governato dal saggio re Bondhus e dalla regina Senja che si adoperavano giorno dopo giorno per garantire pace e prosperità alla loro gente. I sovrani avevano un unico figlio il quale era stato battezzato con il nome di Burian seguendo scrupolosamente le interpretazioni degli oracoli del dio Odino da parte del venerabile Theon, il Grande Sacerdote della Kasta dei dodici Ministri del Nord. Ad una settimana dalla nascita del principino infatti il re e la regina organizzarono la solenne cerimonia in onore di Odino, il quale avrebbe battezzato con il sacro Fuoco del Nord l’erede al trono di Badeneisten, imponendogli il nome a lui gradito e fornendo attraverso l’oracolo quello che la vita avrebbe riservato al bambino.
Ed ecco che come il piccolo fu posto sull’altare ed il tempio fu inondato dai canti e dalle preghiere, due lingue di fuoco andarono a formare un cuore dalla purezza paragonabile al ghiaccio incontaminato. Tale visione si dissolse in una pioggia di scintille che si posarono sul bambino incidendo sul ciondolo che portava al collo il nome di Burian, il Vento del Nord.
Non era mai accaduto prima di allora che le lingue del fuoco di Odino generassero una simile visione, i Ministri cercarono negli antichi testi di Badeneisten tracce di quanto accaduto senza alcun risultato. Fu proprio il vecchio Theon ad interpretare il volere di Odino restando per lunghe notti ai gelidi venti polari in meditazione: nel principino si sarebbero concentrati i destini del regno intrecciandosi con l’immenso potere del Cuore di Ghiaccio, pietra di origine divina che dalla notte dei tempi garantisce prosperità e pace al regno di Badeneisten.
Come tutto questo avrebbe avuto luogo nessuno poteva saperlo.
 
Passarono gli anni, la vita scorreva tranquilla, la stagione dei ghiacci si alternava ciclicamente con la breve stagione del sole e solo la famiglia reale e la Kasta erano a  conoscenza dell’inquietante oracolo sul principino.
Questi aveva compiuto i dodici anni di età ed era stato affidato a Theon perché provvedesse alla sua educazione ed istruzione. Aveva un carattere ribelle e detestava dal profondo i libri e lo studio, ne combinava di tutti i colori mandando quotidianamente su tutte le furie i genitori ed il suo precettore. Non passava giorno che Burian si nascondesse in qualche stanza del castello per sottrarsi ai suoi doveri di erede al trono, a lui interessava solo sgattaiolare fuori e giocare nella neve.
 
Finché un giorno il destino prese la sua via.
 
Scappando ai continui richiami di Theon, Burian finì per nascondersi nella torre proibita del castello, quella denominata Svarta Dreka. Lassù, frugando dappertutto, si imbatté in un insolito oggetto a forma di bottiglia che sembrava vuoto nonostante fosse ermeticamente chiuso dal sigillo della Kasta. Il ragazzino, curioso com’era, tentò di aprire quel recipiente, ma il tappo non voleva saperne di uscire. Era tenuto stretto da corde color verde scuro, forse strappandole la bottiglia si sarebbe aperta. Ci mise tutta la forza di cui disponeva, ma rendendosi conto della nullità dei suoi sforzi afferrò il Pugnale di Bloch, appartenuto ai suoi antenati, e con un taglio netto recise la corda. Contemporaneamente il saggio Theon lo trovò e lo trascinò via tirandolo per l’orecchio, impossessandosi del Pugnale che lo scapestrato principino aveva sottratto poco prima dal Tempio di Odino presente nel palazzo. Quella bottiglia dal sigillo oramai compromesso, restò lì abbandonata e purtroppo pronta a scatenare una tempesta senza precedenti su Badeneisten.
 
Durante i sette giorni successivi all’accaduto per ordine dei sovrani, esasperati dall’irrequietezza del figlio ed ignari della sua bravata, il bambino restò in punizione sorvegliato a vista notte e giorno, mentre Theon e i membri della Kasta si ritirarono per tutto il tempo in meditazione nel Tempio di Odino.
Nell’aria si respirava nervosismo ed inquietudine, c’era il timore tangibile che qualcosa di grosso fosse in procinto di accadere e per questo, su consiglio dei Ministri del Nord, furono anticipati i tempi del fidanzamento ufficiale del principe Burian con colei che Odino aveva individuato come la giusta consorte e futura regina di Badeneisten.
 
“Cosa?! State scherzando spero!”
“Silenzio Burian!”
“Ma, padre, io ho solo dodici anni! Voglio godermi la vita, non attaccarmi una mocciosa alle spalle!”
“Taci! Se Odino ha deciso in questo modo, devi obbedire senza riserve. E’ l’unico modo per tentare di controbattere l’incombente minaccia la cui ombra si sta avvicinando alla nostra terra. Theon e i Ministri hanno visto tutto nel Fuoco del Nord!”
“Ma io…”
Con un gesto della mano il sovrano intimò il figlio scapestrato che non voleva sentire storie, quel che era deciso si doveva fare.
Il ragazzino chinò la testa, aveva dentro un tale rabbia che avrebbe preso a calci il mondo intero pur di non obbedire agli ordini di suo padre. Non appena ebbe il permesso di ritirarsi, se ne uscì nel cortile del palazzo sfogando con calci e pugni nella neve tutto la rabbia e il disappunto che covava dentro.
Dall’alto della Torre di Gull Dreka, Theon osservava il principino sfogarsi coi ghiacci: lui era il solo a conoscere la verità sul destino del giovane erede al trono, non lo aveva rivelato neanche ai sovrani poiché voleva evitare loro inutili allarmismi facendo anche l’impossibile per scongiurare ciò che l’oracolo gli aveva mostrato.
Tuttavia l’irrequietezza di Burian aveva dato una spinta al destino e quel suo gesto apparentemente innocuo di tagliare i lacci alla misteriosa bottiglia conservata nella Torre di Svarta Dreka poteva essere l’inizio della fine. Per questo durante le sue meditazioni aveva compreso che l’unico modo per scongiurare la catastrofe consisteva nel ricorrere agli sconfinati poteri del Cuore di Ghiaccio e ciò comportava anche l’anticipo del fidanzamento e le conseguenti nozze del ragazzino non appena i tempi fossero stati maturi.
 
E finalmente arrivò il fatidico momento dell’incontro fra i due promessi sposi durante il ballo sfarzoso al quale era stata invitata tutta la popolazione del regno.
Burian, nonostante fosse ancora poco più di un bambino, indossava l’uniforme dei NorksDrakon, antico ordine cavalleresco di cui facevano parte tutti i reali delle terre del Nord. Nei suoi occhi blu come il Mare Artico vi si poteva scorgere una tempesta senza fine, tanta era la rabbia che sentiva dentro, non accettava il passo che era costretto a compiere, voleva essere libero di vivere come più gli andava a genio e l’idea di prender moglie era l’ultima cosa che aveva in testa. Era ben deciso a mandare a monte i piani matrimoniali della corte, sapeva che suo padre sarebbe andato su tutte le furie, ma non gliene importava niente. Testardo com’era non si sarebbe mai piegato al loro volere.
La promessa sposa, appartenente ad una nobile famiglia del regno di Rosenthal, fu portata al cospetto dei sovrani con ogni onore: era una deliziosa bimba di forse dieci anni dai lunghi capelli castani chiari elegantemente acconciati. I suoi occhi cristallini incrociarono per la prima volta quelli del futuro consorte: da entrambe le parti vi fu solo disgusto e disappunto.
Iniziarono i discorsi di rito, tanti paroloni volti a decantare la grazia e le virtù della sposa; Theon aveva notato la tensione fra i ragazzini, decise di intervenire una volta terminate le solenni cerimonie di presentazione chiedendo ed ottenendo il permesso di parlare ai piccoli sposini in privato.
Accompagnò Burian davanti alla ragazzina perché le consegnasse il medaglione di Badeneisten a perenne ricordo di quel momento nonché segno tangibile del loro fidanzamento. Doveva essere lui a metterlo al collo di lei, lo fece solo grazie all’incoraggiamento non proprio indolore di Theon stesso che non si era allontanato di un millimetro onde evitare qualche passo falso da parte del principe. Questi si avvicinò a lei, muta ed immobile, portò le mani dietro al suo collo per allacciare il monile, la guardò negli occhi sussurrandole “Vorrei poterti strangolare con questa stupida collanina.”
Lei, per niente intimorita, rispose “Se non lo faccio prima io con te, brutto sbruffone.”
Theon alzò gli occhi al cielo, la faccenda era spinosa da ambo le parti, perciò prese i due neo fidanzatini per la mano, si congedò da corte ed invitati ritirandosi con loro nei retrostanti terrazzi del palazzo.
 
“Ascoltatemi bene voi due!” Li mise letteralmente con le spalle alla balaustra sotto la quale si apriva un volo di parecchie decine di metri. “Io non so cosa stia passando per le vostre testoline, so solo che se non decidete di filare dritti farete…. Faremo tutti una brutta fine! Se siamo stati costretti ad anticipare il vostro fidanzamento c’è un gravissimo motivo e per questo esigo serietà e collaborazione da parte vostra! Sono stato abbastanza chiaro?!”
I due non risposero, ma i loro occhi stavano per schizzare fuori dalle orbite, tanta era la rabbia che ribolliva nelle loro vene.
“Prima che sia troppo tardi…..”
Non riuscì a concludere la frase perché un fortissimo boato fece sobbalzare tutto il regno.
 
Si precipitarono nel salone, Theon fece scudo col suo corpo per proteggere i bambini bloccandoli sull’ingresso. Al centro della grande stanza videro formarsi una figura nera, sinistra, che si avvicinava lentamente ai sovrani.
Tutti erano gelati dal terrore.
 
“Re Bondhus, Regina Senja.” Si inchinò beffardo. “Scusate il ritardo con cui mi presento alle vostre maestà.”
Il sovrano guardò la moglie con gli occhi pieni di terrore: quel losco figuro materializzatosi altri non era che il leggendario Galdramardur, stregone che per il potere assoluto si era macchiato di gravissime colpe, tanto che Odino e tutto il pantheon celeste lo aveva relegato in un limbo fuori dal tempo e dallo spazio.
“Per gli dei del cielo…. Com’è possibile che sia qui?”
La regina era esterrefatta non sapeva cosa rispondere al marito.
Lo stregone sogghignò. “Come faccio ad essere qui? Chiedetelo a vostro figlio, sire.”
Il re lanciò un’occhiata colma di risentimento verso il principino, anch’egli terrorizzato come tutti i presenti.
“Avete un erede decisamente fuori dagli schemi della real corona di Badeneisten. E compatisco voi, Theon, voi che avete taciuto al vostro re ciò che invece doveva sapere. Ditegli ora cos’ha fatto il vostro pupillo, rivelategli che è stato lui a tagliare le corde che tenevano sigillata la bottiglia che mi imprigionava da cinque secoli!”
Nell’aria gelida si udiva solo un lievissimo brusio di incredulità.
“E’ compassionevole il vostro misero tentativo di contrastare il mio ritorno, ora che sono libero niente e nessuno potrà mettere a tacere la mia sete di vendetta!” Alzò le mani verso il cielo richiamando oscure magie nel tentativo di intimorire i sovrani. “Per questo sono qui, per questo sono tornato finalmente! Io sono più potente del vostro insulso Odino che per invidia mi ha condannato all’eterno oblio! Adesso nessuno potrà più fermarmi e mi riapproprierò una volta per tutte del simbolo del mio sconfinato potere: consegnatemi immediatamente il Cuore di Ghiaccio prima che sia troppo tardi!”
Iniziarono ad addensarsi nubi vorticose mentre tutti i presenti presi dal panico tentarono di mettersi in salvo.
Il saggio Theon, comprendendo che il destino si stava compiendo, spinse via il principino e la piccola promessa sposa lanciandosi verso Galdramardur. “Non avrai mai il Cuore di Ghiaccio, maledetto!”
Invocò l’incantesimo più potente che conosceva: fece in modo che la famosa pietra, conservata in un luogo segreto del castello, si disgregasse, rigenerandosi in seguito quando le condizioni sarebbero state favorevoli. Quello era l’unico modo di rendere momentaneamente inoffensivo lo stregone, Theon lo sapeva bene ed era consapevole di correre un enorme rischio ma non si fermò. Un fortissimo bagliore avvolse tutto il regno di Badeneisten; quando tutto si calmò Theon stremato cadde a terra, chiuse gli occhi per sempre con la consapevolezza di aver messo davvero al sicuro il Cuore di Ghiaccio. Il potentissimo amuleto sarebbe tornato un giorno ed avrebbe messo per sempre a tacere Galdramardur quando i tempi sarebbero stati maturi.
Naturalmente lo stregone montò su tutte le furie e richiamò a sé tutti i gelidi venti polari, chiudendo in una tomba di cristallo di ghiaccio tutto il palazzo reale di Badeneisten e tutti i suoi abitanti.
 
 
Proprio tutti?
 
 
Il principe Burian e la sua piccola promessa sposa riuscirono a scappare giusto un attimo prima di rimanere intrappolati in quell’inferno gelato. Precipitarono in un anfratto finendo su un grosso cumulo di neve che ne attutì la caduta, si rialzarono rapidamente continuando a fuggire nella speranza che lo stregone non si fosse accorto della loro rocambolesca fuga.
Correvano spaventati a morte, videro in lontananza il piccolo borgo che si affacciava sul mare, lì avrebbero chiesto aiuto. Burian afferrò per il polso la bambina trascinandola lungo un crepaccio nonostante questa continuasse a piagnucolare dalla paura e riprendendo a correre senza mai voltarsi indietro.
I gelidi venti polari si intensificavano attimo dopo attimo, facendosi sempre più impetuosi e minacciosi. I due piccoli correvano con il terrore negli occhi, col fiato che si affievoliva passo dopo passo, con la consapevolezza che se Galdramardur li avesse individuati, sarebbe stata la fine. Si fermarono solo un istante in cima ad una lunghissima discesa che li avrebbe condotti al villaggio, Burian guardò là dove esisteva il suo palazzo: c’era un’enorme montagna di ghiaccio che aveva imprigionato come in una tomba tutta la sua famiglia.
Ricacciò dentro le lacrime, prese di nuovo la sua compagna di disavventura per il polso e riprese a correre.
Fecero solo pochi passi e una nuvola di ghiaccio e neve li avvolse impedendo loro di vedere cosa stava attorno.
“Piccolo mascalzone!” Una voce terrificante fece rabbrividire i bambini. “Speri di fuggire dalla mia ira? Non permetterò a nessun membro della famiglia reale di Badeneisten di sopravvivere!”
Scagliò un potentissimo incantesimo verso i due bambini, un insolito lampo generato proprio dal principino incendiò il cielo del nord e in un piccolo barlume di calma, Burian vide la sua piccola promessa sposa cadere in un crepaccio che si era aperto a seguito dello sconquassamento causato da Galdramardur. Fu l’ultima cosa che ricordò prima di sprofondare nell’oscurità e quell’urlo agghiacciante lo avrebbe accompagnato per il resto dei suoi giorni.
Di nuovo dal suo petto si generò un lampo che quasi lo accecò, si sentì sollevare da terra e scagliare nel vuoto mentre Galdramardur malediceva Badeneisten, Theon e il Cuore di Ghiaccio.
Poi tutto tacque tornando all’apparente normalità.
 
 
 
Da allora nessuno ha più saputo niente degli abitanti di Badeneisten, del suo leggendario castello, del principino e della sua piccola mancata consorte. E nessuno conosceva la sorte della pietra dagli straordinari poteri, l’unico mezzo in grado di far tornare ciò che non era più.
 
Nacque così la leggenda del Cuore di Ghiaccio.
 
 





 
 
Ciao a tutti!
Inizia da qui una nuova avventura che spero incontri il vostro favore.
Spero inoltre di aver raccontato in modo decente quello che ha dato il via alla vicenda che, mi auguro, vi farà compagnia nelle settimane a venire.
Non esitate a commentare queste prime righe della storia, perciò non siate timidi e fatevi avanti!
 
Chi mi conosce sa che solitamente aggiorno ogni venerdì, ma la prossima settimana festeggeremo il Natale per cui rimanderò di qualche giorno.
Approfitto per augurare BUONE FESTE  a tutti e alla prossima.
 
Un abbraccio
 
La Luna Nera

 

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Capitolo 2
*** Nel Tempio di Odino ***


  
 
NEL TEMPIO DI ODINO
 
 
 
 
DIECI ANNI DOPO
 
Ranja terminò di intrecciare i suoi lunghi capelli, indossò il mantello cerimoniale ed uscì dalla sua stanza per raggiungere il Tempio dove suo padre Aryus, gran Sacerdote di Odino, stava per celebrare la funzione per il popolo di Beflavik, il piccolo paese affacciato sul mare del nord la cui popolazione aveva iniziato a vivere stabilmente poco meno di dieci anni prima. Scese le scale e fece il suo ingresso nel Tempio da una porta laterale, terminò di accendere le candele e si mise seduta in attesa dell’inizio della funzione. Il tempio era composto da una grande nicchia che conservava la statua di Odino, davanti alla quale c’era un altare su cui il sacerdote deponeva ceri ed offerte da parte dei fedeli. Fra questo e l’effige del dio c’era il grande braciere del Sacro Fuoco che ardeva perennemente fornendo oracoli ed ammonimenti interpretati dal ministro del culto. Un elegante colonnato divideva questa parte dell’ambiente  da quella in cui si radunavano le persone per assistere alle funzioni religiose che si stavano disponendo ordinatamente nelle panche in attesa che il rito iniziasse.
Non appena il sacerdote Aryus fece il suo ingresso nella zona sacra del tempio in compagnia della moglie Dilia, tutti si alzarono in piedi intonando inni volti ad onorare Odino. Ranja seguiva con attenzione e devozione ogni istante della funzione, tuttavia nell’aria c’era qualcosa di insolito quel giorno. Percepiva una strana sensazione nel cuore, come se stesse per accadere qualcosa di grosso che la riguardasse molto da vicino. Questa sua percezione pareva essere confermata dal Fuoco Sacro che produceva strane fiamme dal colore molto meno intenso del solito: erano di un giallo estremamente pallido e nella parte inferiore brillavano delle lingue di fuoco azzurrognole che si disponevano circolarmente attorno a quelle predominanti come a formare una corona. Gli occhi del padre erano incollati su quella visione, era evidente che poteva vedere ciò che l’oracolo di Odino stava mostrando e dalla sua espressione non era niente di buono. Per di più l’aria si era fatta di colpo fredda e gelata, come se da qualche finestra entrasse il vento del nord, ma erano tutte ben chiuse e non c’erano tracce di spifferi o fessure.
Tutto ad un tratto le fiamme tornarono normali, ma Aryus respirava affannosamente, non riusciva quasi ad alzarsi in piedi perciò pregò la moglie di recitare le preghiere conclusive e congedare la folla dei fedeli. Così tutti quanti si apprestarono a lasciare l’edificio sacro facendo ritorno alle proprie abitazioni in modo calmo e ordinato. Restava solo una persona in fondo al locale, appoggiata in un angolo poco distante dal portone. Dilia chiese alla figlia di invitare il giovane rimasto nel tempio ad andarsene mentre lei si sarebbe occupata del padre che ancora non si era ripreso dal malore. La ragazza ubbidì e si diresse verso quel tipo sconosciuto: non c’erano tantissimi abitanti in quel piccolo villaggio, li conosceva tutti e lui non era di Beflavik, ne era certa. Man mano che si avvicinava al ragazzo, sentiva il freddo impossessarsi delle sue ossa, eppure non c’era un alito di vento in quel luogo. Lo sconosciuto alzò gli occhi verso di lei e come se ne rese conto Ranja si sentì completamente paralizzata: nel suo sguardo c’era il ghiaccio.  Come per un oscuro incantesimo le sue gambe si fecero pesantissime, impedendole di avvicinarsi oltre.
Non poteva nascondere a se stessa che quell’individuo le metteva ansia e paura, non per il suo aspetto fisico, ma piuttosto per un qualcosa di misterioso che aleggiava attorno alla sua figura: il suo sguardo in particolare aveva qualcosa di inquietante, come se la sua anima o il suo cuore fossero prigionieri di una spessa coltre di ghiaccio. Gli occhi del ragazzo, blu come il mare, la fissavano incessantemente rendendola incapace di portare a termine il compito richiestole dalla madre, ma in qualche modo doveva pur chiedergli di uscire per poter chiudere il portone del tempio prima che la notte artica scendesse sul villaggio.
Si fece coraggio. “Senti….”
Quello corrucciò lo sguardo nel tentativo di intimorirla.
“Devo chiederti di uscire….” Deglutì. “Devo chiudere.”
“Qui c’è un archivio, non è vero?” Il ragazzo rispose con una domanda che non aveva niente a che fare con la richiesta della ragazza.
“Devi tornare domani, adesso è tardi e devo chiudere.”
Si scostò dalla parete muovendo alcuni passi verso di lei che indietreggiò. “Ti ho chiesto se avete un archivio e se c’è voglio vederlo adesso. Non m’importa se devi chiudere, capito?”
Ranja se la diede a game rifugiandosi nella zona vicino all’altare nella consapevolezza che se le cose avessero preso una brutta piega, poteva contare sulla piccola porta che l’avrebbe condotta dai suoi genitori. Urtò inavvertitamente un vaso che si rovesciò a terra provocando un forte rumore amplificato dall’eco che richiamò Aryus, ripresosi dal malore, e Dilia. Come si accorse della presenza dei genitori, Ranja si andò a nascondere fra le braccia della madre mentre il padre fissò quel tipo che imperterrito continuava a chiedere di visionare l’archivio del tempio senza fornire una valida giustificazione alla sua richiesta.
“Il destino ha preso la sua via…” Mormorò Aryus. “L’oracolo di Odino preannunciava la discesa del Vento del Nord sulla nostra vita perché quello che un tempo era, possa tornare ad essere.”
Le due donne si guardarono in faccia non comprendendo il significato di quelle parole.
“Posso vedere questo dannato archivio?!” Il ragazzo iniziava a dare segni di impazienza.
“Domani mattina allo scoccare delle dieci.” La risposta di Aryus fu lapidaria, ma il misterioso giovane accettò seppur contrariato.
 
Durante la cena il silenzio più totale ristagnava nella semplice cucina in cui Ranja stava consumando il pasto serale con i genitori: aveva la certezza che suo padre sapesse qualcosa su quel ragazzo, chi fosse, da dove provenisse e il motivo per cui chiedeva con insistenza dell’archivio storico di Beflavik. Tuttavia lo vedeva talmente scuro in volto che evitò di rivolgergli domande inopportune e si ritirò nella sua camera una volta terminata la cena.
Quella notte i cieli del nord furono illuminati da una spettacolare aurora boreale che incendiava l’aria di lunghissime scie dai colori verdi, poi volgenti al blu per sfumare sul rosso e riprendere incessantemente con quel meraviglioso gioco di luci e colori tanto inquietanti quanto affascinanti. Era un fenomeno abbastanza comune per quelle latitudini, eppure c’era qualcosa di assolutamente spettacolare che aveva caratterizzato lo spettacolo che per tutta la notte era stato di compagnia a coloro che invece di farsi vincere dal sonno erano rimasti col naso all’insù nel contemplare la forza delle luci del nord.
 
Allo spuntare del nuovo giorno Ranja fu incaricata di alcune commissioni dai genitori: doveva passare dallo spaccio del villaggio per acquistare del pane, poi recarsi in sartoria per portare a rammendare alcuni abiti cerimoniali che, a suo giudizio, non ne avevano bisogno e infine dal porticciolo per prenotare dello stoccafisso per i giorni a venire. Tutti questi compiti non le erano mai stati richiesti, sembrava che i suoi genitori non la volessero in casa quella mattina, nonostante queste supposizioni uscì di casa con il sorriso sulle labbra.
Fece tutto quello che le era stato richiesto con tranquillità finendo per incontrare la sua cara amica Arvika a poca distanza dalla sua abitazione, cosa che le permise di vedere il misterioso giovane uscire dalla porta laterale del tempio.
“Chi è quel tipo?” Arvika non lo aveva mai visto prima.
“Non ne ho idea. Si è presentato ieri al termine della funzione chiedendo con una certa insistenza dell’archivio.”
“E perché?”
Ranja restò muta scuotendo la testa non sapendo davvero cosa rispondere all’amica. Il ragazzo si mosse nella loro direzione tenendo sempre lo sguardo fisso sulla ragazza la quale, esattamente come il giorno prima, iniziò a sentire freddo nelle ossa con le gambe incapaci di muoversi. Le raggiunse guardando prima una poi l’altra in totale silenzio, dopo di ché riprese la sua strada senza dire niente, lasciandole stupite e con mille domande per la testa.
“Vuoi che ti accompagno a casa?”
Ranja spostò gli occhi sull’amica che la osservava con preoccupazione, si sentiva di nuovo padrona del suo corpo ed accettò comunque l’offerta di Arvika con un debole sorriso.
“Sicura di non conoscerlo?”
“Non abita qui, di questo ne sono certa, ma onestamente non so chi possa essere né da dove provenga.”
“Quindi non sai neanche il suo nome.”
“Già.”
Si voltò a guardarlo scomparire nel bianco della neve. “Però è carino, non trovi?”
“Sì ma…. Non lo so…” Si strinse nelle braccia. “Ha qualcosa di strano che non mi fa stare tranquilla.”
Giunsero davanti alla porta d’ingresso della sua abitazione, salutò l’amica, aprì e mentre si toglieva il mantello, involontariamente udì i genitori parlare.
“Tranquilla, non si è accorto di nulla.”
“Sei sicuro? A me pareva piuttosto scuro in volto.”
“Lui è fatto così, è diffidente nei confronti di tutto e di tutti. L’importante è che non trovi l’antico testo di Badeneisten.”
“Eppure non credo sia giusto nei confronti suoi e di….”
“Ranja, tesoro!” Aryus si accorse della presenza della figlia bloccando in modo piuttosto brusco le parole della moglie. “Non ti abbiamo sentita rientrare.”
“Vi ho forse interrotti?”
“Oh no, niente affatto…. Sei riuscita a sbrigare tutte le commissioni?”
“Sì." Poggiò il cestino con il pane sul tavolo. “Gli abiti cerimoniali saranno pronti entro alcuni giorni, mentre per lo stoccafisso dovremmo attendere una settimana.” Rispose educatamente a quanto richiesto nonostante avesse ben compreso che i genitori avevano cambiato di proposito l’argomento.
Si ritirò nella sua camera ingannando il tempo leggendo il libro che le avevano regalato un paio di mesi prima in occasione del suo ventesimo compleanno e che narrava di un principe misterioso rinchiuso in un vecchio maniero. Adorava quel genere di storie e infatti quel libro l’aveva talmente rapita che le mancavano solo poche pagine al termine, perciò il giorno successivo sarebbe scesa in archivio in cerca di qualcosa di nuovo da leggere.
E solo pronunciando mentalmente la parola archivio subito il giovane misterioso balzò prepotentemente al centro dei suoi pensieri. E pure quelle parole origliate al suo rientro a casa: suo padre aveva di proposito nascosto un libro…. Perché lo aveva fatto? Aveva forse a che fare con quel ragazzo?
 
La notte artica scese di nuovo a coprire con il suo manto gelato le piccole case di Beflavik che, al pari di tante sorelle colorate, si stringevano l’una accanto all’altra come a volersi incoraggiare a vicenda nell’affrontare il clima così estremo che ogni giorno flagellava quel remoto lembo di terra proteso verso il nord.
 
 
 



 
Ciao a tutti!
Con quallche giorno di ritardo rispetto alla consuetudine, sono tornata con il secondo capitolo di questa mia nuova storia. Qua ha inizio la vicenda vera e propria ed incontriamo molti dei personaggi che faranno compagnia a tutti quelli che vorranno accompagnarmi lungo questa nuova avventura.
In questo capitolo non ci sono particolari colpi di scena, ma non temete, in futuro arriveranno! Quindi, se vorrete continuare a seguirmi, vi do appuntamento per i primi giorni del nuovo anno (spero) non prima di aver ringraziato VOI che avete recensito e tutti quelli che hanno inserito la storia in una delle liste delle seguite/da ricordare/preferite.
 
Grazie a tutti ed ovviamente BUON 2016!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 
 

 

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Capitolo 3
*** Qualcosa di insolito nella notte artica ***


 
 
QUALCOSA INSOLITO NELLA NOTTE ARTICA
 
 
 
 
 

 
Terminato il pranzo e prima di occuparsi della preparazione del tempio per la funzione, Ranja scese nell’archivio alla ricerca di qualche testo interessante con cui occupare le lunghe giornate in attesa della breve stagione del sole che non tramonta mai. Spalancò le due finestre per far entrare nel locale la poca luce del giorno prima che venisse sopraffatto dall’oscurità del nord. Incredibilmente davanti ai suoi occhi comparve il ragazzo dallo sguardo di ghiaccio.
La ragazza tentò di chiudere la finestra invano, con un agile balzo lui saltò dentro. Ranja indietreggiò visibilmente spaventata, sentiva le gambe tremare ma qualcosa nella sua testa le suggeriva di non urlare, piuttosto di ascoltare le ragioni che avevano spinto il ragazzo a compiere quel gesto apparentemente incomprensibile. Quello si preoccupò solo di chiudere la finestra e si avvicinò con passo calmo e tranquillo alla ragazza che si fece coraggio provando a parlargli.
“Si può sapere chi sei e che cosa vuoi?”
“Se te lo dico, tu indietro cosa mi dai?”
“Dove vuoi arrivare?”
“Al mio passato.”
Restò stupita da quella risposta, tutto si aspettava da quel tizio, ma non le parole che aveva pronunciato. Forse aveva davvero bisogno di aiuto per qualcosa di veramente importante, un qualcosa che lei non sentiva di conoscere.
“E credi che io sia in grado di aiutarti?”
“Forse.” Le si era avvicinato terribilmente, i loro corpi erano separati si e no da un paio di centimetri. “Qui manca un libro, vero?”
“Non ho avuto il modo di controllare niente, ho a mala pena aperto le finestre e tu sei piombato qui all’improvviso.”
“E non vuoi dare un’occhiata assieme a me?”
Non rispose perché la sua faccia si era fatta pericolosamente vicina.
“Non vuoi aiutare il vecchio Burian che vaga da anni alla ricerca del suo passato?”
Sentì le sue mani passarle dietro ed afferrarle la vita avvicinandola al suo corpo. Istintivamente portò i palmi sul petto di lui, pronta a spingerlo via in caso di mosse troppo azzardate. Sentì un gran freddo provenire dal corpo di Burian, se aveva ben capito era quello il suo nome, sembrava che al posto del sangue scorresse dell’acqua gelida e che ogni suo muscolo fosse fatto di neve pur essendo concreto al tatto.
“Allora? Non mi vuoi aiutare, bellezza?”
Stava forse tentando di sedurla?
Non ebbe il tempo di pensarci poiché in un attimo si trovò le labbra di Burian incollate sulle sue. E se dapprima la cosa l’aveva fatta rabbrividire per la repentinità del gesto e per l’inconsueto gelo avvertito in quel contatto, qualcosa mutò gradualmente man mano che i secondi passavano.
E la cosa valeva per entrambi.
Se lui aveva scelto di baciarla con l’effettivo scopo di sedurla e scoprire ciò che voleva, adesso si sentiva rapito e catturato. La cosa era reciproca: Ranja non riusciva a capire cosa c’era di tanto meraviglioso in tutto quello che stava vivendo! Come poteva uno, di cui a mala pena conosceva il nome, sconvolgerla a quel modo?! Perché non si era ribellata a quel bacio che, anzi, stava iniziando a corrispondere con gran piacere?
I loro corpi si trovarono ben presto stretti in un meraviglioso abbraccio, sembrava che si fossero amati da sempre e che quel sentimento improvviso e sconvolgente avesse riempito i loro cuori come una valanga senza lasciare scampo.
L’aria del locale, da fredda e gelida, sembrava scaldarsi inspiegabilmente man mano che quel bacio andava avanti. Sì, perché nessuno dei due pareva avere intenzione di porre fine a quel momento di improvvisa passione.
Fu il rumore della porta dell’archivio che, scricchiolando, li fece allontanare: si guardarono in faccia con occhi increduli poiché nessuno dei due era in grado di dare una logica spiegazione all’accaduto…. Che cosa potevano significare le sensazioni provate? Così forti da far perdere ad entrambi il senno?
“Ranja?” Aryus scese nel locale con la moglie Dilia. “Che cosa ci fai qui? Che cosa ci fa questo delinquente?!”
“Ehi, ehi! Piano con le parole!”
“Silenzio!”
“Papà, posso spiegarti…”
“Non adesso Ranja, non adesso.” L’uomo era rosso di collera. Si avvicinò ai due giovani, guardò prima la figlia poi Burian. “Tu….” Gli puntò il dito all’altezza del naso. “Non farti vedere mai più da queste parti. Hai già visto con i tuoi occhi che in questo archivio ciò che cerchi non c’è, quindi ti consiglio di andare altrove e alla svelta. Sono stato abbastanza chiaro?!”
Quello, per niente intimorito, piegò l’angolo destro della bocca. “E tu credi di spaventarmi? Io non prendo ordini da nessuno, ho sempre fatto di testa mia e così continuerò a fare. Qui c’è qualcosa, lo sento, e non sarai certo tu a fermarmi.”
Si avvicinò alla finestra da cui era entrato, la aprì e con un agile salto uscì fuori.
Un colpo di vento gelido scompigliò i capelli della ragazza che non sapeva cosa dire al padre per giustificarsi.
“Ti ha messo le mani addosso quel bastardo.”
“No.”
“E cosa sono queste macchie?”
Ranja osservò che, in corrispondenza della vita dove Burian l’aveva tenuta per stringerla a sé e in gran parte dell’abito c’erano dei segni: sembrava che il tessuto del suo vestito fosse stato a contatto con dell’acqua. “Io… non ne ho idea…” Notò pure che nel punto del pavimento su cui era stato il ragazzo c’erano delle macchie di umidità mai viste prima.
“Non voglio che tu rimetta più piede qui, siamo intesi?!”
Abbassò lo sguardo annuendo in silenzio.
“E soprattutto non voglio che tu veda di nuovo quel farabutto. E’ chiaro?!”
Di nuovo annuì.
“Fila subito in camera tua a cambiarti, poi raggiungici nel tempio che fra mezz’ora inizia la funzione.”
La ragazza obbedì e fece quanto il padre le aveva ordinato senza fiatare e continuando a tenere la testa bassa.
 
 
Passavano i giorni, ma il ricordo di quel bacio era sempre impresso nella mente di Ranja che non smetteva mai di sperare nel ritorno di Burian: si metteva spesso ad osservare la riva del mare nella speranza di scorgerlo a passeggio, oppure quando si recava in giro con la madre guardava in tutte le direzioni nel tentativo di vederlo fra la gente.
Che veramente fosse andato via?
 
 
Il vento del nord quella notte spazzava il mare artico e portava con sé qualcosa di magico che impediva a Ranja di prendere sonno. Era abituata alle tempeste polari e non era affatto spaventata dall’ululato del vento che soffiava attraverso le piccole case del villaggio, eppure quella notte c’era un qualcosa di strano ed insolito. Scese da letto, indossò la pesante vestaglia dopo aver acceso la lanterna sul comodino, infilò le pantofole e si diresse verso la cucina: lì sul tavolo vide la chiave dell’archivio. Pensò fra sé e sé che  era molto strano poiché suo padre la conservava gelosamente, specie dopo quel giorno in cui l’aveva colta lì dentro con Burian. Sapeva di non doverlo fare, sapeva che se suo padre l’avesse scoperta sarebbero stati guai seri, ma in quella stanza c’era qualcosa da scoprire che la stava chiamando attraverso la misteriosa voce del vento. Afferrò la chiave e scese le scale giungendo rapidamente e in totale silenzio davanti alla grande porta di legno che, come uno scrigno, custodiva libri e testi su cui erano riportate le cronache di Beflavik e delle zone circostanti. Aprì con mano ferma e determinata facendo attenzione a non provocare alcun rumore, entrò in punta di piedi illuminando come meglio poteva l’ambiente. Sulle pareti si allungavano lo ombre dei libri e degli scaffali dando vita a figure non troppo rassicuranti, tuttavia non si lasciò intimorire e passò lentamente in rassegna tutti gli angoli per verificare che ogni volume fosse al suo posto. Effettivamente tutto pareva in ordine: i rotoli e le pergamene contenenti invocazioni e preghiere, i registri degli abitanti di Beflavik su cui venivano rispettivamente annotati i nuovi nati, i matrimoni e i decessi. Più in là c’erano alcuni testi riguardanti leggende e storie fantastiche facenti parte del patrimonio culturale e folkloristico delle loro terre, ognuno dei quali perfettamente in ordine numerico. Poi la sua attenzione fu catturata dalle ante di vetro leggermente socchiuse che custodivano il libro più vecchio della loro raccolta: a dire la verità non era troppo antico perché non superava neanche i cento anni, ma suo padre diceva sempre che lì c’era la storia di quel luogo quando Beflavik ancora non esisteva. Sapeva infatti che i suoi genitori erano stati i primi a stabilirsi lì una decina di anni fa e che poi altre persone si erano unite gradualmente dando vita al villaggio attuale. Ma quasi nessuno conosceva ciò che vi si trovava un tempo, perché quel luogo era apparentemente disabitato e perché ogni qual volta lei chiedesse qualcosa a riguardo al genitore, questi finiva sempre col cambiare discorso.
Quel libro non c’era più.
Ricordò le parole origliate per caso alcuni giorni fa quando suo padre parlava appunto di un libro che non doveva essere trovato: da chi? Forse da lei oppure da Burian? L’aveva nascosto di proposito?
Dall’esterno il vento sembrava aumentare di intensità, pareva volerla esortare a lasciare quell’ambiente con i suoi violenti ululati che spingevano forte sulle ante delle finestre. Un brivido percorse la schiena della ragazza, perciò decise di tornare indietro prima che suo padre si accorgesse di quanto aveva scoperto. Sempre il totale silenzio raggiunse la cucina, depositò la chiave sul tavolo e dopo alcuni istanti vide la figura di suo padre entrare in quell’ambiente.
“Papà….”
“Cosa fai alzata?”
“Io… Avevo sete e poi non riuscivo a dormire a causa del vento.”
“Vento?” L’uomo si guardò attorno.
Inspiegabilmente l’aria all’esterno era calma, tutta quella specie di tempesta era scomparsa quasi all’improvviso. “Forse l’ho sognato.” Abbassò lo sguardo, era evidente che qualcosa di anomalo era accaduto in quei minuti precedenti. “Torno a letto, buonanotte papà.”
Rientrò nella sua camera sentendosi sempre gli occhi del padre incollati addosso. Chiuse la porta appoggiandosi alla parete tentando di riflettere su quanto scoperto, poi la sua attenzione fu catturata dall’insolita luminosità proveniente dall’esterno: aprì la finestra e davanti ai suoi occhi si presentò la più bella aurora boreale mai vista in vita sua.
 
 
Il cielo risplendeva di lunghe scie di luce contrastanti con l’oscurità della volta celeste. Era una danza fuori dal tempo che fin dagli albori dell’umanità affascina ed inquieta lo spettatore che non può resistere ad un tale spettacolo. Archi e lunghe scie di luce quasi bianca si incrociavano nel cielo formando insoliti cerchi vagamente riconducibili alla forma di un cuore circondato da ulteriori pennellate luminose che a loro volta di intersecavano fra di loro.
“Bello spettacolo, vero?”
“Burian?” Ranja scoprì con grande sorpresa il ragazzo appoggiato al muro della sua abitazione.
“Sorpresa di vedermi?”
“Sì, credevo te ne fossi andato.”
Piegò l’angolo sinistro della bocca guardando per un attimo la neve al suolo per poi riportare la sua attenzione sul cielo. “Non sono il tipo che si fa intimorire tanto facilmente. Io so per certo che qua c’è qualcosa che mi riguarda e voglio scoprirlo ad ogni costo.”
Lei preferì non rivelargli del libro scomparso dall’archivio e continuò a guardare l’aurora boreale in silenzio fino a che la natura decise che era il momento di terminare quello spettacolo. Il cielo era di nuovo buio con le uniche piccole fonti di luce di ogni notte, cioè le stelle.
“E’ meglio che torni a dormire adesso, potresti prendere freddo.”
Si voltò verso di lui. “Tu hai un posto dove ripararti?”
“Certo. Adesso ce l’ho.” Si scostò dal muro e si mise davanti a lei. “Promettimi di aiutarmi a trovare il mio passato.” La fissava negli occhi debolmente illuminati dalla luce delle stelle.
Sorrise. “Lo farei volentieri, ma non so com…..”
Burian le serrò le labbra con le sue baciandola in modo candido ed apparentemente innocente.
Poi scomparve nella notte lasciandola con il cuore in fiamme.
 
 
 



Buon 2016 a tutti!
Spero che queste feste che, ahimé, stanno per terminare siano trascorse in modo piacevole per ognuno di voi.
In questo terzo capitolo iniziano ad emergere delle cose inusuali che mettono qualche dubbio nella testa di Ranja. E sembra proprio che suo padre nasconda qualcosa che non vuole rivelare né alla figlia né a Burian.
 
Ringrazio di tutto cuore voi che avete inserito la storia in una delle liste. Non siate timidi, lasciate un commentino piccolo piccolo! Per me sarebbe un immenso piacere interagire con voi lettori!
Ed ovviamente GRAZIE a chi ha già recensito e vorrà continuare a farlo.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 4
*** Gocce di passato ***


 
 

GOCCE DI PASSATO
 
 
 
 
 
“Guarda com’è carino questo vestito!” Arvika era rimasta abbagliata da un delizioso abito esposto nella vetrina della sartoria del paese da cui era appena uscita in compagnia di Ranja.
“Hai ragione, è delizioso!” La ragazza mise nella capiente borsa gli abiti cerimoniali rammendati e ripartì con l’amica per riportarli a casa, come suo padre le aveva ordinato.
“Il mese prossimo ci sarà la Festa del Sole di Mezzanotte, quasi quasi me ne faccio realizzare uno per l’occasione.”
“Ti accompagna Kaspar?”
“Magari! E’ sempre fuori con quella barchetta a pescare merluzzi con suo padre… Ti confesso che a volte mi preoccupo un po’.” Sospirò. “Tu hai qualche accompagnatore?”
“Non saprei.” Alzò gli occhi e, in lontananza, vide Burian fra la gente. Quella visione la bloccò all’istante.
L’amica se ne accorse. “Quello è il tizio dell’altro giorno.”
“Burian, si chiama Burian.”
“Ah, capisco. Quindi devo pensare che vi conoscete.”
Ranja ripensò ai baci rubati rimasti segreti fra loro due e la cosa le scaldò il cuore. “Conosco solo il suo nome.” Si rifiutava di staccare gli occhi da lui.
La cosa non era passata inosservata ad Arvika che tentò di farla tornare coi piedi per terra agitandole la mano davanti agli occhi. “Capisco che sei innamorata persa di lui, ma ti prego ti tornare in questo mondo!”
“Eh?!” Si svegliò dal torpore. “Innamorata di uno del quale conosco solo il nome?! Ma come ti salta in mente?!”
Si mise a ridacchiare.
“Che cosa ridi? Lui è….. affascinante ma….. c’è qualcosa che mi incute timore ogni volta che lo guardo nonostante mi attiri… solo un po’.”
“Solo un po’? Io non direi.”Si beccò uno spintone dall’amica che sorrise e riprese la strada di casa.
 
Nel pomeriggio di quello stesso giorno tutta la popolazione prese parte alla funzione in onore di Odino, fra i fedeli c’era anche Burian che si andò a sedere nei primi posti, quelli più vicini alla zona sacra in cui Aryus e Dilia celebravano il rito. Solo Ranja lo aveva notato in quanto i genitori erano completamente assorbiti dalla solennità del momento. Gli lanciò un’occhiata piena di meraviglia, non si aspettava di vederlo lì considerando tutti i forti dissapori sorti con suo padre che pareva avercela a morte con lui. Burian ricambiò con un sorriso appena accennato, poi si concentrò sulla funzione che stava iniziando. Tutti quanti recitarono le preghiere rispondendo con fervore alle invocazioni del sacerdote che passò a chiedere pace e prosperità per la popolazione offrendo incensi profumati al dio che andarono a ravvivare il fuoco sacro.
Ed avvenne a quel punto qualcosa di inaspettato: le fiamme si fecero più sottili e presero ad innalzarsi verso l’alto avvolgendosi in una spirale i cui colori volgevano dal tipico colore del fuoco al bianco e all’argento. Aryus e Dilia avevano gli occhi incollati verso quel fenomeno del quale temevano gli sviluppi. Poi, dalla sommità delle fiamme, si generarono una moltitudine di scintille che si disposero a cerchio attorno alla base su cui bruciava il fuoco sacro: da esse si formò una corona che pareva sorretta dalle mani di  un’entità traslucida presente all’interno della fiamma principale. Ma ancora non era finita perché nelle menti di Aryus, Dilia, Ranja e Burian si udì una voce che diceva: I tempi sono maturi perché quello che un tempo era, possa tornare ad essere. Così vuole Odino, Signore supremo delle terre del Nord.
Tutti percepirono il gelo posarsi in ogni angolo del tempio sospinto da chissà dove fino a lambire la statua di Odino che emanò un lampo di luce.
La corona si dissolse e quella figura scomparve, nel giro di pochi secondi anche la fiamma sacra riprese ad ardere in modo del tutto normale.
Aryus respirava a fatica, si era portato una mano sul cuore ed era sorretto dalla moglie, anch’essa preoccupata da quanto appena visto.
“Lo hai visto anche tu?”
“Sì.” Rispose la donna. “Tu sai cosa significa, vero?”
Non rispose ma chiuse gli occhi per la forte fitta al cuore avvertita. “Aiutami a rimettermi in piedi, dobbiamo concludere la celebrazione.”
Si alzarono e si voltarono verso i fedeli che, in silenzio, attendevano le preghiere di congedo: fu allora che Aryus notò Burian fra le persone nel tempio.
“Lui è venuto per portarla via.”
Dopo qualche attimo di esitazione, recitò le formule conclusive a seguito delle quali i fedeli iniziarono a lasciare in modo calmo ed ordinato il luogo di culto. Nessuno, tranne Aryus, Dilia, Ranja e Burian si era reso conto del fenomeno manifestatosi nel corso della funzione religiosa.
Nel giro di pochi minuti il Tempio si svuotò, il Gran Sacerdote sorreggendosi alla moglie si apprestava a lasciare la zona celebrativa sotto lo sguardo preoccupato della figlia che, prima di seguire i genitori, lasciò un’ultima occhiata verso là dove stava il popolo: Burian non si era mosso dal suo posto, era accasciato su se stesso esattamente come se fosse stato colto da un malore.
Si avvicinò a lui visibilmente preoccupata e notò che tutto il suo corpo pareva bagnato. “Ehi, che ti succede?” Posò delicatamente la mano sulla spalla del giovane e percepì un gran freddo che la fece rabbrividire.
Burian non rispose, respirava in modo concitato tenendo le mani all’altezza del cuore, stringendo con forza il tessuto della sua casacca. Ranja si sedette accanto a lui, nonostante tutti i timori che il ragazzo le incuteva, sentiva di non doverlo abbandonare perciò decise di invitarlo a seguirla nei locali adiacenti il Tempio. Lui però non rispose e non mosse un solo muscolo, anzi, la vicinanza della ragazza pareva amplificare il suo malore, le sue mani grondavano di acqua cristallina che copiosamente andava ad inzuppare i suoi indumenti. Senza dire una sola parola Burian si alzò in piedi continuando a tenere la testa bassa, mosse qualche passo tentando di dirigersi verso l’uscita sotto lo sguardo di una Ranja visibilmente preoccupata. Barcollava vistosamente lasciando dietro di sé una scia di pozzanghere, dalla sua bocca uscivano solo smorfie di dolore, tutto il suo corpo tremava e allo stesso tempo continuava a grondare di acqua fino a che, giunto a pochi metri dal portone, si accasciò al suolo.
 
 
 
 
 
“Si sta riprendendo… Meno male!”
“Sembri più preoccupata per lui che per tuo padre.”
Ranja si voltò verso la madre con un forte disappunto stampato sul volto. “Non è assolutamente così, mamma. Papà si è ripreso rapidamente, lui è svenuto e per di più era zuppo di acqua! Ti sembra una cosa normale?”
“Appunto. Che motivo c’era di portarlo qui?”
“Non mi avete forse insegnato ad aiutare chi ha bisogno?”
Dilia non controbatté perché le parole della figlia non facevano una piega, tuttavia esortò la ragazza a lasciarlo andare prima possibile. Anche Aryus era dello stesso avviso,  non aveva mai visto di buon occhio Burian sin dal primo istante in cui era piombato nelle loro vite. Questi, nel frattempo, si era ripreso dal malore, aprì gli occhi e si guardò attorno con circospezione per rendersi conto di dove si trovasse: riconobbe Ranja e, dietro di lei, i suoi genitori.
“Come ti senti?”
Lentamente si mise seduto sul divano su cui lo avevano disteso e che adesso era impregnato di umidità, si massaggiò la fronte e fissò la ragazza negli occhi.
Come per incanto nella sua mente si materializzò un urlo agghiacciante: nonostante non ricordasse nulla del suo passato e in particolare della sua infanzia, quell’urlo risuonava spesso nei meandri della sua testa barcollante nell’oscurità dell’oblio. Gli occhi della ragazza parevano il primo raggio di sole che, dopo l’interminabile notte artica, spunta fra le montagne coperte di neve per annunciare il ritorno della luce: era certo di averli già visti da qualche parte nonostante non fosse nelle condizioni di ricordarne la circostanza. O forse somigliavano a quelli di qualche altra persona incontrata durante il suo lungo peregrinare attraverso le lande del nord? Non poteva dirlo con certezza. Ma l’urlo, quell’urlo udito improvvisamente nella testa sapeva bene che apparteneva ad una persona molto vicina a lui, ad una persona che Odino aveva scelto di mettergli accanto ma che purtroppo non era in grado di riconoscere. Poteva essere suo fratello o sua sorella, un parente o qualcuno di veramente importante i cui occhi somigliavano tantissimo a quelli di Ranja. O forse era lei che celava qualcosa di misterioso connesso con il suo passato?
Lì, a Beflavik, qualcosa c’era sul serio, esisteva un legame con il suo passato e quella ragazza poteva davvero essere la chiave per far luce sull’oscurità che da anni stazionava nella sua vita. Raccolse tutte le forze di cui disponeva e si alzò in piedi. “Mhm….” Mugolò appena massaggiandosi di nuovo la fronte.
“Rimettiti seduto, mi sembri ancora debole.” Ranja lo fissava preoccupata.
“Sto bene…. Sto bene.”
“Sei sicuro?”
“Sì.” Alzò lo sguardo verso il soffitto, poi rivolse una fugace occhiata verso Aryus e Dilia che stavano silenziosamente in disparte. “Ora è meglio che me ne vada.” Fece qualche passo incerto verso la porta che conduceva all’esterno. “Scusate il disturbo…. E grazie di tutto.”
Ranja lo seguì fin sulla soglia dell’uscita. “Non vuoi che ti accompagni?”
“No, resta pure con i tuoi.”
“Burian…” Gli sfiorò il braccio.
“Ci rivedremo presto.”
Lasciò la ragazza con lo sguardo fisso sulla sua persona che si allontanava passo dopo passo, sentiva quegli occhi addosso ma non poteva voltarsi perché sapeva bene di non essere gradito dai suoi genitori e non era certo il caso di farli indispettire ulteriormente: loro nascondevano un libro, un libro sulle cui pagine stava scritto quello che lui cercava da anni, ne era certo. Doveva riuscire a portare Ranja dalla sua parte, tramite lei voleva giungere a quel misterioso volume e lo avrebbe fatto a qualunque costo.
Lei era rimasta immobile sulla porta di casa, sembrava ipnotizzata da quanto accaduto, rifletteva in cerca di una risposta alle tante domande che le affollavano la testa, poi istintivamente si mise ad osservare la mano con cui poco prima aveva sfiorato il braccio di Burian e le vennero in mente dei particolari non trascurabili: il tessuto della sua casacca era asciutto in quel punto e poi, ne era certa, il gelo percepito nei giorni precedenti quando lui l’aveva stretta a sé e quando l’aveva baciata, si era attenuato tantissimo.
 
Rientrò nella sua abitazione, fuori il sole era scomparso sotto la linea dell’orizzonte e il cielo risplendeva appena della luce crepuscolare che ben presto sarebbe stata sconfitta dalle tenebre della notte.
Non mancava molto all’inizio della breve stagione del sole, quelle poche ma intense settimane in cui la notte non sarebbe mai scesa sulle terre del nord. Proprio in quell’occasione venivano celebrate grandi feste solenni in onore di Odino e di tutti gli dei celesti con abbondanti banchetti, canti e danze volti a ringraziare il dio per il ritorno della luce nelle loro vite. Ed allora ogni abitante di Beflavik avrebbe acceso una fiaccola dal Fuoco Sacro nel Tempio per portarla nella propria dimora come protezione contro il male e tangibile segno di devozione al dio stesso.
Quello sarebbe stato un periodo molto impegnativo per Ranja e la sua famiglia, lo era ogni anno ma qualcosa avrebbe preso una strada diversa e in quella occasione ciò che un tempo era, avrebbe intrapreso il cammino per tornare ad essere di nuovo.
 
 
 



Buonasera a tutti!
Sono riuscita ad aggiornare in tempo quasi per puro caso perché tutta una serie di motivi mi hanno tenuta lontana dal computer e solo una “dura” lotta contro il tempo mi ha consentito di essere puntuale. Spero di esserlo anche in futuro, ma ad oggi non posso garantirvelo.
In questo capitolo sembra che qualche remoto ricordo stia iniziando a riemergere dal passato e dall’incantesimo oscuro che ha colpito Burian da bambino e di cui non ha memoria. Ranja avrà davvero a che fare con il suo passato?
 
Grazie a tutti quelli che vorranno commentare.
A presto! (Spero)
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 

 

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Capitolo 5
*** Sogni e voci: suggestione o realtà? ***


 

SOGNI E VOCI: SUGGESTIONE O REALTA'?


 

Ranja accese le due candele che adornavano la grande specchiera davanti alla quale era seduta. Non ricordava di possederne una così bella ed elegante e non ricordava neanche che la sua camera da letto fosse così spaziosa ed arredata in modo quasi regale, tuttavia questa sistemazione le piaceva moltissimo e le infondeva una grande tranquillità. Iniziò a spazzolarsi i lunghi capelli per prepararsi alla cerimonia organizzata dalla sua famiglia in quel palazzo, entrarono poi tre cameriere che con fare gentile e discreto, l’aiutarono ad indossare un magnifico abito non particolarmente sontuoso, ma semplice ed elegante allo stesso tempo. Intrecciarono magistralmente i suoi capelli posando sulla sua testa una piccola coroncina di brillanti. Dopodichè, così com’erano entrate, le cameriere uscirono senza fare rumore. Ranja si affacciò alla porta della sua camera, guardò prima a destra poi a sinistra: il corridoio era buio e deserto, udiva solo il sibilo del vento. All’improvviso apparve un ometto dalla lunga barba bianca che si inchinò a lei invitandola a raggiungere il piano inferiore dove gli invitati attendevano.
Chi erano gli invitati? Attendevano lei?
L’ometto non diede ulteriori spiegazioni e scomparve in una nuvola di nevischio. La ragazza uscì chiudendo la porta alle sue spalle e dopo vari tentativi si trovò in cima ad una lunga scalinata coperta da un tappeto blu che conduceva verso il basso dove probabilmente si trovava il salone presso il quale era attesa. Scese le scale e si affacciò timidamente dalla porta socchiusa oltre la quale tantissime persone stavano prendendo parte ad un fantastico ballo… Erano quelli gli invitati che la stavano aspettando? Si fece coraggio e spinse in avanti per entrare, ma due mani nere come la notte più scura la bloccarono trascinandola indietro e facendola finire sul pavimento. Si voltò e davanti ai suoi occhi terrorizzati vide una figura che come un incubo si riaffacciò dopo tanti anni: quell’uomo portava un lungo mantello nero che copriva tutto il suo corpo, teneva le mani l’una sull’altra all’altezza del ventre, sopra di esse brillava un medaglione al centro del quale era incastonata una pietra dai riflessi corvini e dalla forma riconducibile a quella di un cuore rovesciato. Il misterioso personaggio aveva la pelle bianchissima, il volto pulito senza barba né baffi, gli occhi parevano fatti di fuoco ed erano incorniciati da capelli neri che gli scendevano lungo le spalle, sopra la testa portava un copricapo simile ad una corona d’oro dal bordo liscio.
“Dove credi di andare?” L’uomo pronunciò quella semplice domanda che gelò il respiro di Ranja. “Tu non devi oltrepassare quella porta per nessuna ragione al mondo.” La voce era fredda e bassa, sembrava provenire dall’inferno. “Mi sono spiegato?”
La ragazza avrebbe voluto urlare, ma dalla sua bocca non usciva alcun suono, era come se un oscuro incantesimo l’avesse privata della facoltà di parlare. Portò la mano destra sulla gola e fu in quel momento che aprì gli occhi
rendendosi conto di trovarsi nel suo letto con il fiato corto ed una goccia di sudore a rigarle la fronte. Non aveva mai fatto un incubo tanto verosimile come quello: era infatti quasi certa che quell’oscuro personaggio non fosse frutto della sua fantasia, qualcosa dentro il suo cuore le suggeriva di averlo già incontrato in passato…. Già, ma in quale occasione?
Un alito di vento gelido la fece rabbrividire, si strinse nelle sue braccia e cominciò a piangere.
 
 
Quasi negli stessi istanti Burian stava uscendo dalla casetta sul retro della Locanda del villaggio un tempo adibita a piccola rimessa, che dal suo arrivo aveva occupato più o meno regolarmente. Aveva tutta l’intenzione di trascorrere la giornata dando un’occhiata nelle zone circostanti Beflavik alla ricerca di un minimo particolare che gli potesse far tornare qualcosa alla mente e al ritorno era ben deciso a far visita a Ranja per continuare nel suo intento di seduzione finalizzato a farsi rivelare dove fosse stato nascosto quel libro tanto misterioso quanto indispensabile. Chiuse la porta, fece pochi passi nella neve e fu bloccato da un urlo disperato quanto agghiacciante. Si voltò in tutte le direzioni, ma vide solo poche persone piuttosto tranquille che camminavano fra le case e per la piazzetta del paese. Forse lo aveva percepito solo nella sua mente, gli era capitato spesso da quanto ricordava, ma non era riuscito a scoprire niente di più. Come se questo non fosse stato sufficiente, iniziò a sentir piangere e singhiozzare, qua e là fra le lacrime giunse alle sue orecchie una richiesta di aiuto dalla voce di una bambina forse.
Ma attorno a lui non c’era nessuno in pericolo o che avesse bisogno di aiuto.
Scosse la testa tentando di scacciare quei pensieri proseguendo per la sua strada. Si inerpicò su per un sentiero che conduceva ad una vasta zona disabitata e completamente coperta di neve: era formata da un altopiano su cui, poco più in là, posavano le pendici delle montagne non particolarmente elevate formate di roccia apparentemente scura che contrastava con il bianco immacolato della neve. Si guardò intorno con attenzione per tentare di scorgere qualsiasi cosa che potesse finalmente fargli capire di essere sulla strada giusta, erano anni che vagava senza una meta ben precisa fra i regni ed i villaggi del nord seguendo quella fortissima sensazione che lo accompagnava da troppo tempo ormai e che lo supplicava di far tornare ciò che un tempo era. Quasi ogni sera si era addormentato con quella frase nella testa, anche quando crollava sul suo misero giaciglio alla fine delle dure giornate di lavoro presso il porto di Akran, località che lo aveva accolto poco più che bambino e che gli aveva offerto la possibilità di guadagnare qualche soldo e quindi di sopravvivere. Così, non appena gli fu possibile, lasciò quel luogo in cui si era spaccato ripetutamente la schiena nello spostare casse di pesce, tirare reti e liberarle dalla sporcizia. Seguì quella sensazione che gli chiedeva con insistenza di cercare le sue origini: lui infatti conosceva il suo nome solo perché era inciso sulla faccia inferiore di un medaglione che rappresentava l’unico cenno tangibile della sua infanzia sconosciuta. Sulla faccia superiore invece era presente una sorta di stemma con due spade incrociate: nello spazio fra le due else troneggiava un piccolo cuore bianchissimo, in ciascuno degli altri tre spazi invece vi erano tre stelle. Non era sicuramente un monile prettamente decorativo, doveva per forza avere un significato ben preciso come pure poteva appartenere a qualche potente famiglia, ma tutti quelli che lo avevano visto non erano stati in grado di fornirgli spiegazioni o dettagli utili. Erano anni che fissava quel medaglione, erano anni che cercava e cercava, erano anni che la neve gli sembrava sempre uguale dappertutto ed ogni angolo di quelle terre era sempre uguale agli altri. Non aveva trovato alcuna risposta, alcun segnale, alcuna traccia del suo passato e in più di una occasione Burian era stato sul punto di abbandonare ogni cosa, tornarsene ad Akran e riprendere a spaccarsi la schiena con le reti dei pescatori. Si mise seduto su di una roccia affiorante dalla neve e posò la faccia fra le mani mentre un insolito venticello non troppo carico di gelo gli sfiorava i biondi capelli che disordinatamente gli scendevano fin sulle spalle.
“Non demordere, mio signore. Non devi farti prendere dallo sconforto.”
Quello tirò su la testa di scatto e si guardò intorno. “Chi c’è? Chi ha parlato?!”
“Non puoi vedermi, mio signore, poiché ancora non è il momento.”
Burian si alzò facendo qualche passo, visibilmente colto di sorpresa e leggermente spaventato da quella voce misteriosa.
“Ascoltami bene, principe Burian….”
“Principe?!”
“Io sono colui che in virtù dell’infinita potenza del grande Odino ha guidato i tuoi passi fin qui, dove esiste il mondo che un tempo era tuo.”
“Chi sei?”
“Ancora non posso dirti nulla, se parlo adesso potrei mettere in serio pericolo la tua vita e compromettere tutto quello per cui fin ora ho pregato. Non devi arrenderti, mio signore, non devi assolutamente farti prendere dallo sconforto ora che sei così vicino alla meta. Tu sei un forte e valoroso principe, tira fuori la nobiltà del tuo cuore perché gli errori di un tempo siano cancellati.”
“A-aspetta…. Cosa vuol dire che io sono un principe?! Non ho fatto altro che pescare merluzzi!”
“E’ quello che ti ricordi prima che l’oscuro incantesimo di Galdramardur cancellasse ciò che eri prima.”
Restò ammutolito: effettivamente non ricordava niente dei suoi primi anni di vita, neanche sapeva chi fossero i suoi genitori e i suoi parenti, perché non poteva davvero essere un principe?
“Adesso va’ Burian, lascia questo luogo e torna in quel paese chiamato Beflavik, lì c’è chi può aiutarti e lo sai bene. Il mio tempo sta per scadere, ma non temere perché ti accompagnerò per sempre così come ho fatto fino ad ora.”
“No, un momento!” Guardava l’aria attorno a lui nella vana speranza di scoprire la fonte di quella voce. “Non ho capito un accidente di quello che hai detto!”
“Verrà il momento in cui tutto tornerà a splendere grazie a te Burian di Badeneisten!”
Restò immobile respirando lentamente mentre il suo sguardo si perdeva là dove il sole iniziava ad abbassarsi: allora in quei luoghi c’era davvero il suo passato, aveva visto giusto e quella misteriosa voce ne era la conferma. Non aveva bisogno di ulteriori indicazioni per capire chi fosse la persona in grado di aiutarlo: quella ragazza di nome Ranja sarebbe stata la chiave per giungere a quel libro scomparso sulle cui pagine, ne era sicuro, avrebbe letto il nome Badeneisten, il nome di quello che con ogni probabilità era il suo regno.
Rianimato da questa certezza, lasciò l’altopiano e scese giù per il sentiero che lo avrebbe riportato in paese, osservando ogni dettaglio delle casette colorate ammassate l’una vicino l’altra, con i loro comignoli in pietra, le piccole finestre dagli infissi bianchi e tutta la magia che erano in grado di sprigionare. Non troppo distante dalla riva del mare c’era il Tempio di Odino illuminato, segno evidente di una cerimonia in corso, e la sua mente  ripensò all’ultima volta che vi aveva messo piede, quando dal Sacro Fuoco uscì una voce del tutto simile a quella che gli aveva parlato poco fa. Era stato colto da un lieve malore dal quale si era ripreso abbastanza rapidamente forse proprio grazie alle cure prestategli da Ranja, per non parlare di quello strano fenomeno che lo aveva colpito di recente, cioè l’insolita fuoriuscita di acqua gelida dal suo corpo.
Perso in questi pensieri, si ritrovò di fronte all’entrata del Tempio in cui era sempre in corso la funzione, si aggiustò i capelli ed entrò: Ranja era lì e questo lo sapeva bene. Sapeva altrettanto bene che, con la certezza di aver trovato tracce concrete del suo passato, doveva sbrigarsi nel suo proposito di sedurla e farsi rivelare il nascondiglio di quel preziosissimo libro scomparso.
 
 



 
 
Ciao a tutti!
Ho fatto i salti mortali pur di riuscire ad aggiornare, ne è venuto fuori un capitolo non troppo lungo e che, a dirla tutta, non mi convince tantissimo. Spero comunque apprezziate lo sforzo!
Prima di salutarvi, permettetemi per favore di ringraziarvi per l’ennesima volta: a costo di essere ripetitiva rinnovo tutta la mia gratitudine nei confronti di ognuno di voi che leggete e recensite, riempiendomi di euforia, energia e buon umore!
 
Grazie davvero di tutto cuore!
Un abbraccio
La Luna Nera

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Capitolo 6
*** Freddo e insensibile come un fiocco di neve ***



FREDDO E INSENSIBILE COME UN FIOCCO DI NEVE


 
 
 
Terminata la funzione, Burian attese che la folla lasciasse il luogo di culto tenendo lo sguardo fisso su Ranja; la ragazza aveva notato la sua presenza soltanto da poco ma non gli diede motivo di volergli rivolgere la parola. Continuò infatti a portare avanti i suoi compiti che consistevano  nel riordinare il Tempio e riporre al loro posto i libri usati dai genitori per celebrare il rito religioso.
Il ragazzo non si spostò di un solo millimetro dalla colonna alla quale si era appoggiato e che si stava inumidendo nel punto esatto in cui il suo corpo stava a contatto con la pietra.
“Hai bisogno di qualcosa, Burian?” Ranja gli rivolse la parola per mera educazione evitando di guardarlo in faccia.
“Avevo voglia di vederti.”
Al suono di quelle parole, la ragazza drizzò la testa voltandosi finalmente a guardarlo.
Quello sfoderò un sorriso da seduttore continuando a fissarla senza sosta.
Fu allora che il Sacro Fuoco aumentò di intensità in totale autonomia richiamando su di sé le attenzioni dei due giovani.
“Ecco che accade di nuovo.” Mormorò Ranja avvicinandosi lentamente al braciere seguita a poca distanza da Burian. “Da quando sei piombato nelle nostre vite questi fenomeni strani si verificano troppo spesso.” Si voltò verso di lui che, invece, teneva gli occhi fissi sulle fiamme.
Quello che videro nel Sacro Fuoco impressionò entrambi: si materializzò una figura estremamente oscura, dal lungo abito nero e dalle sembianze demoniache. Tale figuro veniva ad un tratto sopraffatto da un’altra ombra, questa volta decisamente più raccomandabile che, con un paio di semplici gesti, prevaleva su di esso. A conclusione di ciò, un guizzo di scintille formò un cuore e poi tutto si calmò.
Ranja era certa che quelle due figure non le fossero del tutto estranee, ma proprio non riusciva a ricordare in quale occasione le avesse incontrate. Abbassò per un attimo la testa tentando di riflettere e, osservano il pavimento, vide  che era bagnato: il corpo di Burian era completamente coperto di acqua che pareva sgorgare da ogni singolo poro della sua pelle. Questa scorreva su di lui al pari di una fontana zampillante, una cosa mai vista prima di allora. Lui presentava segni di sofferenza in volto, la sua bocca era piegata in una smorfia di dolore e la cosa peggiorò ulteriormente quando il ragazzo si portò le mani all’altezza del cuore stringendo forte la stoffa della sua casacca, si accasciò lentamente su se stesso cadendo sulle ginocchia e tenendo sempre le mani sul cuore. Iniziava pure ad emettere dei gemiti di dolore e i suoi muscoli tremavano prima quasi impercettibilmente, poi sempre più intensamente.
“Ehi, che ti succede?” La ragazza fu presa dal panico, non sapeva come comportarsi e per di più quello non rispondeva, ma restava sempre piegato su se stesso in preda alle fortissime fitte dolorose che lo avevano colto. E ancora il suo corpo trasudava acqua, dai suoi capelli zuppi cadevano piccole gocce che andavano ad ingrandire le pozze createsi sul pavimento proprio a causa di questo fenomeno strano ed impressionante.
“Riesci a sentirmi?!” Ranja poggiò la mano sulla schiena del ragazzo, lo sentiva respirare a fatica, però il suo corpo le pareva meno gelido di prima. Forse era solo suggestione?
“Sto…. Sto bene, non preoccuparti…”
Tirò un leggero sospiro di sollievo quando finalmente udì quelle poche parole. Burian alzò la testa, teneva sempre gli occhi chiusi ed una mano all’altezza del cuore, l’acqua gli scorreva addosso partendo dai capelli: era totalmente fradicio, sembrava appena uscito dal mare. Scostò la mano dal cuore ed entrambi notarono che il palmo era di un colore violaceo, come se fosse stato immerso per ore nella neve, c’erano pure dei minuscoli cristalli si ghiaccio, talmente piccoli che scomparvero nel giro di pochissimi secondi. Fu allora che dal Fuoco Sacro uscì una voce: Il destino sta per compiersi perché ciò che era torni ad essere di nuovo.
I ragazzi avevano lo sguardo fisso sul braciere nel quale le fiamme ardevano come di consueto. Pochi istanti dopo Dilia fece il suo ingresso nel tempio, la figlia infatti aveva tardato un po’ troppo e volle verificare di persona il motivo di questo ritardo. Vide allora il ragazzo completamente bagnato che si stava rimettendo in piedi con l’aiuto della figlia, attorno ad essi notò l’umidità fuori dal comune ed abbassò lo sguardo. Lei sapeva molte più cose di quanto i due giovani potessero immaginare, ma restò in silenzio riflettendo per alcuni istanti. Poi esordì. “Ranja, accompagnalo a casa. Mettigli addosso questo mantello per evitargli almeno un po’ di freddo. Tuo padre non si sente troppo bene, perciò vedi di rientrare a casa prima possibile. Penserò io a riordinare il tempio.”
La ragazza ascoltò la madre con buona sorpresa, tuttavia diede ascolto alle sue parole, prese il mantello, lo mise addosso a Burian e con lui si avviò fuori dall’edificio religioso.
 
Giunsero presso la casetta in cui abitava provvisoriamente il ragazzo, aprirono la porta ed entrarono: il locale era relativamente piccolo, c’era una sorta di giaciglio realizzato con della paglia e delle coperte di fortuna, una cassa di legno grande ed una piccola che svolgevano le funzioni rispettivamente di tavolo e sedia, una piccola stufa con accanto dei pezzi di legno. C’era freddo in quella stanzetta, perciò Ranja aiutò Burian a distendersi, poi si preoccupò di accendere il fuoco ed una piccola lanterna per illuminare al meglio quella specie di casetta, visto che la luce esterna si affievoliva attimo dopo attimo.
“Stai meglio? Hai ancora molto freddo?”
“Un po’.” Il ragazzo si mise seduto continuando ad osservarla mentre si occupava di ravvivare il fuoco. Quella era un’occasione servitagli su un piatto d’argento, non voleva assolutamente farsela sfuggire. “E’ solo che questi abiti bagnati potrebbero farmi prendere un malanno, forse dovrei toglierli.”
Un brivido percorse la schiena di Ranja che quasi cadde a terra non appena si rese conto che lui si era sfilato la maglia e l’aveva gettata sul pavimento non molto lontano da lei. “Che… Che stai facendo?”
“Sto tentando di evitarmi un’infreddatura, te l’ho detto, cos’altro dovrei fare?”
Si mise in piedi. “Allora…. Direi che è meglio se ti lascio tranquillo.” Con la coda dell’occhio e in preda ad un imbarazzo pazzesco, Ranja lanciò un fugace sguardo su di lui ed avvampò all’istante nel vedere come fosse terribilmente sensuale la vista del suo torace nudo, prestante ed aitante.
Lui se ne accorse e le sorrise in modo palesemente malizioso, si avvicinò a lei afferrandola per un braccio e trascinandola su di sé. In un attimo furono di nuovo distesi l’una sull’altro, occhi negli occhi, respiro nel respiro.
“Che significa?”
Sfoderò l’ennesimo sorriso mozzafiato. “Resti a farmi un po’ di compagnia?”
“Veramente dovrei….”
Le sue labbra furono serrate da un bacio colmo di dolcezza che spiazzò di colpo la ragazza. Burian l’attirò a sé catturandola fra le sue braccia ed accarezzandole su e giù la schiena, voleva sedurla con l’unico scopo di scoprire qualcosa sul misterioso volume scomparso dall’archivio e in un angolo remoto del suo cuore avvertì una leggerissima nota di colpa per quello che voleva fare nei confronti della ragazza che più di ogni altra persona era una presenza fissa nei suoi pensieri.
Si staccò. “Quanto sono lunghi i tuoi capelli?” Prima che potesse rispondere, le sciolse la treccia che imprigionava la sua capigliatura che scivolò attorno al suo corpo. “E’ un vero peccato che tu li tenga legati in modo così castigato, così sei bellissima.”
Ranja era viola dall’imbarazzo. “Devo andare…”
“No.” La bloccò fra le sue braccia. “Resta ancora un po’ per favore.”Di nuovo il sorriso mozzafiato illuminò le sue labbra. “Lo sai che io sono un principe?” Sussurrò queste parole con un filo di voce delicatissimo.
“Cosa?”
“Non so di quale paese, ma sono un principe, una di quelle persone comunemente dette teste coronate. Mi credi?”
“Me ne parli un’altra volta, ok?” Era totalmente rapita dai suoi occhi, ma voleva liberarsi da quella situazione pericolante.
“Oh, non credo proprio.” Le rubò un altro bacio. “Posso farti tornare a casa tua solo ad una condizione.”
“E sarebbe?”
Assottigliò gli occhi pronto a sferrare l’attacco finale. “Dimmi dov’è il libro che manca dall’archivio e ti lascio andare.”
“Cosa?” Di colpo scomparve ogni briciolo di emozione.
“Il libro, Ranja, dimmi dov’è il libro.”
Provò ad allontanarsi da lui. “Io non lo so, l’ha preso sicuramente mio padre e non ho idea di dove lo abbia nascosto!”
“E allora pensaci un po’ su.” Si avvicinò alle sue labbra per poi imprimere una scia di baci colmi di gelida passione sulla guancia e sul collo.
“Burian, ti prego, smettila!” Iniziava ad avere paura delle sue intenzioni.
“Certo che smetto.” E ancora baci. “Dimmi dov’è quel libro, potresti giovarne anche tu, sai?” Baci e carezze a non finire. “Quando ritroverò il mio regno, ti dimostrerò tutta la mia gratitudine.”
Lei invece era solo disgustata da tutta quella assurda situazione. “Smettila!!” Tentava di divincolarsi mentre lui, insensibile, proseguiva con la sua sporca azione seduttiva.
“Dai, non fare la preziosa….” Con la mano cercò e trovò l’allacciatura dell’abito della ragazza che restò quasi impietrita quando sentì saltare il bottone.
“Che… che vuoi fare?” Tremava come una foglia.
“Sto solo cercando di convincerti a rivelarmi dov’è quel maledetto libro. Visto che fai troppo la preziosa, passerò dalle buone alle cattive maniere.” Le sue dita gelide non si fermavano, continuavano a slacciarle l’abito passo dopo passo e su di lei avevano un effetto simile a quello generato da un goccia di acqua gelata che scorre giù per la schiena.
“Ti prego…..” Aveva le lacrime agli occhi.
Ma quello si mostrava gelidamente insensibile.
“Per favore….” La voce della ragazza era un flebile sussurro.
E lui niente. Con l’altra mano iniziò a liberarle completamente il collo per poi passare alle spalle. Fu in quella circostanza che Burian si bloccò di colpo: Ranja portava una collana particolarissima che non gli era del tutto estranea. Anche se i ricordi relativi alla sua infanzia erano pressoché inesistenti, quel ciondolo gli faceva tornare alla mente qualche cosa di concreto appartenente proprio al suo passato.
“Dove hai preso quest’oggetto che porti al collo?” Aveva gli occhi fissi sul pendente, non gli importava altro.
Ranja era finalmente riuscita a liberarsi dalla sua presa viscida e sgradevole, si riallacciò il vestito e si precipitò verso la porta senza dire una sola parola.
“Ranja, ti prego! Chi te lo ha dato?!”
Si voltò con gli occhi gonfi di lacrime e di rabbia. “Non sono affari tuoi, brutto porco schifoso!”
“Dimmelo per favore!!”
Ma quella si era già dileguata nella notte artica scesa su Beflavik.
Restò immobile sulla porta della sua casupola per alcuni secondi, poi rientrò e si mise seduto vicino alla stufa. Frugò nella sacca che si portava sempre appresso ed estrasse il medaglione su cui stava inciso il suo nome e che recava lo stemma che, probabilmente, apparteneva alla sua famiglia: lo osservò con molta attenzione ed ebbe la conferma: era praticamente uguale a quello che Ranja portava al collo.
 
Perché?
 
 
 



 
Chiedo umilmente scusa per aver mancato il consueto aggiornamento del venerdì, spero non me ne vogliate. Nella settimana che si sta concludendo me ne sono accadute di tutti i colori e questo mi ha tenuta lontana sia dalla mia storia che da quelle che sto leggendo. Ad ogni modo mi sono messa d’impegno e sono riuscita a tirar fuori qualcosa che, spero, incontri il vostro favore.
Qua succede qualcosa di particolare: Burian ha un nuovo forte malore ed approfittando dell’occasione tenta di sedurre Ranja al solo ed unico scopo di farsi rivelare qualcosa sul libro che sta cercando. Lei in un primo momento crede che il ragazzo provi qualcosa di profondo, ma quando si accorge che non è così inizia a sentirsi un’emerita stupida. Ma alla vista del ciondolo che porta al collo, Burian si blocca all’istante.
Qualcuno ha un’idea?
Fatevi avanti, vi aspetto!
 
Non garantisco l’aggiornamento nuovamente al venerdì, perciò vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo! Grazie a tutti!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 7
*** Sola nella tempesta ***


 
SOLA NELLA TEMPESTA
 


 

 
Il vento gelido soffiava in modo piuttosto impetuoso quella notte, sibilava fra le casette rannicchiate come gomitoli, sferzava impietoso insinuandosi nei comignoli semi coperti di ghiaccio causando un ululato per niente rassicurante.
Ranja non se ne curava perché il gelo che teneva dentro faceva somigliare quella situazione ad una tiepida primavera. Aveva gli occhi pieni di lacrime e il cuore sbriciolato, il morale a terra e la sensazione di sentirsi un’emerita stupida. Tutti i momenti trascorsi con Burian prima di quella sera, tutti i baci rubati e rimasti segreti l’avevano segnata così nel profondo da essere sull’orlo del burrone: si stava innamorando passo dopo passo di quel ragazzo piombato dal nulla. Aveva portato scompiglio nella sua vita e in quella della sua famiglia, suo padre lo detestava e l’aveva sempre esortata a starne alla larga. Nonostante ciò lei aveva fatto di testa sua continuando a frequentarlo seppure in modo saltuario. Suo padre aveva ragione, dopo quello che aveva passato negli ultimi minuti ne era certa. Quel porco stava tentando di approfittarsi di lei per scoprire qualcosa del libro mancante dal loro archivio, non perché nutriva dei sentimenti nei suoi confronti come invece le aveva lasciato intendere con i baci e gli sguardi intercorsi fra di loro. L’aveva illusa, l’aveva usata e presa in giro e si sentiva una stupida per essere cascata nelle sue sporche trame senza rendersene conto.
 
Giunse presso la sua abitazione, entrò in completo silenzio per non disturbare i suoi genitori, ma percepì subito qualcosa di strano nell’aria: dalla camera da letto del padre e della madre proveniva una luce, udiva del brusio al posto del solito silenzio, quindi si affacciò. Vide suo padre a letto, aveva una bruttissima cera resa ancora più preoccupante dall’espressione della madre.
“Che succede?”
“Papà sta male, tesoro…” Dilia si sforzava tantissimo per non scoppiare in lacrime.
“Papà….” Ranja si precipitò al suo capezzale stringendogli le mani.
“Ascoltami Ranja…. “Parlava e respirava a fatica. “Odino mi sta punendo per tutti i miei sbagli e…”
“Papà ma che dici!?”
“Io e tua madre ti abbiamo solo voluta proteggere dal destino che ti sta chiamando e che si è ripresentato non appena quel ragazzo di nome Burian è comparso nelle nostre vite.”
La ragazza restò interdetta e non proferì parola.
“Il mio cuore sta cedendo, ne sono consapevole, e non mi resta più molto tempo da vivere….” Nel suo volto comparve l’ennesima smorfia di dolore.
“Non parlare così papà, ti prego…. Ho capito che Burian è pericoloso proprio come mi hai sempre detto tu, ma ora sono qui con te e non lo rivedrò mai più, stai tranquillo… Adesso sono qui e andrà tutto bene…” Aveva il volto rigato di lacrime.
“Ascoltami bene Ranja…” Aryus piangeva. “Devi conoscere la verità, piccola mia, e voglio dirtela finché ne ho le forze.” Fece un profondo respiro. “Noi non siamo i tuoi veri genitori…”
Dilia scoppiò in lacrime mentre il volto di Ranja, in un istante, diventò una maschera di cera.
“Ti abbiamo trovata nei giorni in cui siamo venuti a vivere qui a Beflavik.” Prese fiato. “Eri poco più di una bambina, ti ho trovata in fondo ad un crepaccio svenuta e semi coperta di neve. Credevo fossi morta e quando mi resi conto che ancora respiravi, non ho esitato un istante nel portarti con me.”
La ragazza era piombata nel mutismo e nell’incredulità.
“Noi purtroppo non abbiamo potuto avere dei bambini, tu sei stata un dono del cielo e dal giorno in cui sei comparsa nelle nostre vite abbiamo giurato a noi stessi di farti crescere nell’amore e nella spensieratezza. E così abbiamo fatto fino al momento in cui quel ragazzo è piombato nel nostro villaggio.”
Tossì un paio di volte, portò una mano sul cuore i cui battiti si facevano sempre più deboli. “Voi due siete legati dal destino al quale ho tentato di oppormi, è ciò che vuole il grande Odino, Signore dei Cieli che ho servito fedelmente con tutto me stesso. Volevo solo proteggerti, tesoro mio, ed è per questo che Odino mi ha punito…. Non volevo che Burian ti portasse via, non volevo che mettesse la tua esistenza in pericolo….” Una smorfia di dolore gli distorse le labbra. “L’ho fatto solo perché ti voglio troppo bene, figlia mia…. Spero tu possa perdonarmi…..”
La sua mano cadde sul materasso, piegò la testa di lato chiudendo gli occhi serenamente, sulle sue labbra restò un sorriso sereno: Aryus se n’era andato.
Dilia scoppiò in lacrime posandosi sul corpo del marito, chiamandolo perché si svegliasse, strattonandolo nella vana speranza che riaprisse gli occhi. Fu travolta dalla disperazione più nera, si sentiva abbandonata e sola, impotente, inutile e distrutta. Ranja non aveva aperto bocca, pareva una statua rimasta lì dove il suo realizzatore l’aveva depositata. Era insensibile al pianto della madre, o meglio, della donna che fino ad un attimo prima credeva sua madre, china sul letto su cui giaceva il corpo senza vita dell’uomo che, andandosene, le aveva rivelato una verità a dir poco sconvolgente.
Restò immobile per una quantità imprecisata di tempo, sentì sgorgarle un’unica lacrima dall’occhio destro che, rigandole il volto, la destò da quello stato semi vegetale in cui era caduta nel momento in cui aveva appreso di non essere figlia delle due persone con cui aveva convissuto per dieci anni e che mai, in nessuna occasione, avevano pensato di rivelarle quel piccolo dettaglio che le era piombato addosso come un macigno. In definitiva, nel giro di poche ore, si era ritrovata sola al mondo e si era sentita tradita dalle persone più importanti per lei: Aryus e Dilia ai quali si aggiungeva anche Burian.
I battiti del suo cuore erano deboli e sempre più incerti, i muscoli si rifiutavano di muoversi, il fiato attimo dopo attimo si affievoliva: che senso poteva avere restarsene lì con quelle persone? Chissà se ancora c’era dell’altro sul suo conto? E chissà piuttosto se tutto quello che le era stato rivelato o che avrebbe appreso in futuro corrispondeva alla verità? Poteva fidarsi a quel punto?
Si mise seduta restando sempre in silenzio e tenendo lo sguardo verso il vuoto.
Nell’aria riecheggiavano solo i singhiozzi di Dilia ancora incredula di aver perso l’amato marito, il compagno di una vita nonché il custode del Tempio di Odino, sacerdote ed unico detentore dei segreti connessi a quei luoghi. La donna si voltò verso Ranja: vide la ragazza con un’espressione assente in volto, muta ed immobile. Si passò le mani sul viso tentando di liberare i suoi occhi dalle lacrime e trovare conforto nella figlia. Si, perché per lei Ranja era sua figlia.
“Tesoro mio….” Raccolse tutte le forze di cui poteva disporre per alzarsi ed avvicinarsi alla ragazza.
Quella mosse impercettibilmente la testa guardandola con indifferenza. Si lasciò abbracciare senza contraccambiare, né mostrare un briciolo di disperazione per quanto appena accaduto.
“Ranja, papà….” Accarezzò il viso della ragazza, ma questa per tutta risposta, si alzò di scatto, diede un’ultima occhiata alla donna, un rapido sguardo al letto su cui giaceva il corpo di Aryus ed uscì dalla stanza dirigendosi fuori incurante del freddo e della notte. Fortunatamente per Dilia arrivarono alcune persone che, allarmate per le urla disperate provenienti dall’abitazione, si erano precipitate per constatare l’eventuale bisogno di aiuto. Inutile aggiungere lo sgomento che si impossessò di loro non appena vennero a conoscenza dell’improvvisa dipartita di Aryus che, oltre lo stimato Sacerdote di Odino, era anche una persona generosa, cordiale e sempre disponibile verso tutto e tutti.
 
Nel frattempo Ranja si era allontanata dal centro di Beflavik, vagando senza una meta ben precisa avvolta soltanto nel lungo mantello blu. Nel cielo brillavano le stelle ed un vago chiarore illuminava quella triste notte come a volerle dire che un barlume di speranza in tutta quella oscurità c’era sempre. Trovò rifugio in un piccolo anfratto, non se la sentiva di tornare a casa dopo tutto quello che aveva appreso. E poi, poteva considerarla ancora casa? Se quelli non erano i suoi veri genitori, chi era lei veramente? Da dove veniva? Quali erano le sue vere origini? Perché mai nessuno in dieci lunghi anni le aveva rivelato qualcosa sulla sua storia reale?
Scoppiò in un pianto liberatorio dettato dalla quantità abnorme di amarezza che le aveva invaso il cuore, si rannicchiò in un gomitolo poggiando la testa sulle ginocchia e pianse, pianse, pianse…..
Il tempo scorreva, le stelle nel cielo si susseguivano percorrendo nel più assoluto silenzio il loro cammino celeste. Ranja non si era resa conto dei minuti e delle ore trascorse, sollevò la testa solo quando una mano estremamente calda le accarezzò i lunghi capelli. Sollevò lo sguardo e fra le lacrime intravide un ometto che, a primo avviso, non rientrava fra le sue conoscenze.
“Dovresti smettere di piangere e tornartene a casa, bambina.”
La ragazza si asciugò le lacrime ed osservò il suo interlocutore: era un uomo di media statura, non troppo giovane date la barba e la capigliatura candide. Sulle spalle portava un lungo mantello argentato che lasciava intravedere una tunica che gli scendeva fino alle caviglie: tale abbigliamento somigliava in modo impressionante ai paramenti che suo padre…. Aryus insomma…. portava in occasione delle cerimonie religiose.
“Lei… Lei chi è?” Finalmente dopo una notte di silenzio era riuscita a dire qualcosa.
“Te lo dirò mentre torniamo in paese. Ti accompagno io, vuoi?” L’ometto le porse una mano in modo semplice e cordiale. Ranja, titubante dapprima, si lasciò convincere ed accettò il gesto facendosi aiutare a rimettersi in piedi.
Il nuovo giorno era sorto ormai da tempo ed i suoi raggi illuminavano le piccole case di Beflavik. Mancava poco al termine della stagione del buio perenne, ben presto infatti gli abitanti di quello sperduto villaggio avrebbero goduto di moltissime ore di luce, fino a festeggiare il periodo del giorno senza fine.
 
Anche Burian aveva passato quasi tutta la notte in bianco: la sua mente era completamente presa dall’immagine impressa sul suo medaglione che era identica a quella notata addosso a Ranja. Nonostante tutti i suoi sforzi non ne era venuto a capo, continuando a chiedersi come mai anche lei ne possedesse uno uguale al suo. Se solo avesse avuto qualche misero ricordo della sua infanzia, forse sarebbe stato in grado di comprendere il legame esistente fra lui e la ragazza.
Ranja, che cosa mi nascondi?
Nella sua mente echeggiava solo un’unica domanda senza risposta. Solo venendo in possesso di quel dannato libro poteva sperare di capirci qualcosa, c’era troppo in ballo a quel punto. Oltre a tutte quelle domande, uno strano senso di smarrimento lo aveva invaso nel corso della notte: si stava sentendo sporco dentro, aveva fatto delle cose che lo facevano stare male. Era forse un senso di colpa? Nella sua vita, almeno quella che ricordava, si era sempre infischiato di ogni cosa, reagendo con freddezza e distacco in qualsiasi occasione, anche la più disdicevole. E dunque perché ripensando al comportamento tenuto con Ranja si sentiva a quel modo? Perché ripensando ai momenti in cui l’aveva stretta a sé, baciata e accarezzata al solo ed unico scopo di farsi rivelare notizie del libro percepiva angoscia?
Eppure doveva venire a capo di ogni cosa e dare una risposta a tutti quegli interrogativi: doveva rivederla assolutamente, parlare con lei e chiarire quanto accaduto. Era necessario riacquistare la freddezza che da sempre lo aveva contraddistinto ed affrontare la nuova sfida che gli si presentava. Perché Ranja nascondeva troppe cose da cui, ne era certo, avrebbe ritrovato il suo passato.
Uscì dalla sua casupola e prese la strada per il Tempio di Odino, ignaro del grave fatto occorso durante la notte.
 
 
 




Ciao a tutti!
Anche stavolta sono riuscita a limitare il ritardo nell’aggiornare la storia. Ho fatto i salti mortali e li ho fatti esclusivamente per voi che state seguendo e commentando ogni capitolo.
 
Come qualcuno già sa, avevo promesso grossi colpi di scena e spero di essere riuscita nel mio intento. Con Aryus passato a miglior vita, le cose per Burian (ignaro dell’accaduto) si complicano ulteriormente. Per quello che riguarda Ranja poi non ne parliamo. Alla fine compare un nuovo personaggio: chi potrà essere?
 
Vi do appuntamento al prossimo capitolo che arriverà…. Non so quando, ma arriverà!
Buon fine settimana!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 8
*** Un raggio di luce dopo la tempesta ***


 
 
UN RAGGIO DI LUCE DOPO LA TEMPESTA
 

 
Immerso nei suoi pensieri Burian si avvicinava con passo svelto al Tempio di Odino, ben deciso ad affrontare di petto la situazione. Ma non appena fu abbastanza prossimo all’edificio religioso, si accorse immediatamente che qualcosa non andava: c’era un insolito via-vai di persone vestite di nero, donne col capo coperto da un velo nero, musi lunghi e piccoli assembramenti di gente che parlottava e gesticolava in modo piuttosto riservato. Si avvicinò lentamente tentando di comprendere il motivo di quei comportamenti, varcò la soglia d’ingresso dell’abitazione di Ranja e lì si accorse che nella notte Aryus, Gran Sacerdote di Odino, era morto. Restò di sasso ed avvertì un forte senso di abbandono. Sapendo bene di non essere mai stato troppo ben voluto dal defunto e dalla moglie, decise di ritirarsi in silenzio uscendo all’esterno evitando ogni minimo contatto con Dilia e le persone che la stavano confortando.
Notò l’assenza di Ranja… povera ragazza! Suo padre era morto proprio in quella notte in cui lui aveva fatto quello che aveva fatto! Con quell’azione scellerata poteva essersi pregiudicato molti degli obiettivi prefissati, in primis il libro: Aryus era l’unico a conoscerne il nascondiglio, ora che era venuto a mancare cosa poteva fare per entrarne in possesso?
Si mise seduto sul bordo del pozzo con le braccia conserte tentando di riflettere: una persona stimata da tutto il paese se n’era andata e l’unico pensiero che gli attraversava la mente concerneva il libro… Doveva considerarsi un freddo egoista?
Forse.
Lui era sempre stato troppo diverso dalle altre persone, a lui la vita scorreva accanto senza sfiorarlo con le emozioni come accadeva al resto del mondo.
Alzò gli occhi e vide Ranja entrare nel villaggio in compagnia di uno sconosciuto.  Aveva lo sguardo assente e la sua faccia pareva una maschera priva di qualsiasi espressione, avanzava a passi lenti verso la sua abitazione sorretta dal tizio che portava abiti vagamente familiari. L’uomo lo notò e si fermò ad osservarlo: le sue labbra semi nascoste dai baffi e dalla barba bianca si piegarono in un sorriso compiaciuto poiché poté constatare con i suoi occhi che i suoi sforzi erano stati ripagati e che il tempo gli stava dando ragione.
“Vieni piccola, entra.” L’uomo invitò Ranja ad entrare in casa sua. “Il tuo posto è ancora qui.”
“In verità io non me la sento…”
“Ascoltami bene: io sono venuto qui per aiutarti a ritrovare la tua strada.” Fece una breve pausa, vide che la ragazza lo guardava con aria interrogativa. “So tutto, non temere. So che in fondo tu desideri scoprire chi sei veramente e da dove vieni, ma adesso devi stare accanto alla donna che ti ha cresciuta come una vera figlia, lei ha bisogno di te e tu hai ancora bisogno di lei.”
Ranja non capiva come quell’ometto potesse conoscere tutte quei dettagli sulla sua vita. “Vieni.”
Entrarono nell’abitazione, Dilia abbracciò la figlia e comprese di non essere più sola nell’affrontare il tremendo lutto che l’aveva colpita. Scoppiarono entrambe in un pianto liberatorio, troppa era la tensione accumulatasi nell’animo delle due donne nelle ultime ore.
“Mi occuperò io di celebrare le esequie di Aryus.”
“Grazie, signore….” La donna si asciugò le lacrime, sarebbe stato troppo doloroso per lei celebrare il funerale del marito.
“Ho anche l’incarico di aiutarla nella gestione del tempio per il periodo a venire. Spero non le dispiaccia.”
La donna ascoltò con poca attenzione, aveva ben altri pensieri per la testa, ad ogni modo assecondò quanto proferito dall’ospite piombato lì con Ranja
“Faccia…. Faccia come fosse a casa sua, signor….” Lo guardò rendendosi conto di aver concesso ospitalità ad un uomo del quale non conosceva neppure il nome.
“Theon, il mio nome è Theon e sono Gran Sacerdote di Odino come lo era il suo consorte.” Si avvicinò alla donna e le poggiò la mano sulla testa. “Adesso vada a riposare per un po’.” Dilia si accasciò lentamente sprofondando in un profondo sonno.
 
Il giorno dopo, poco prima del tramonto, era tutto finito. Aryus riposava nel piccolo cimitero poco fuori Beflavik presso il quale era stato accompagnato da tutta la popolazione visibilmente commossa. Dilia aveva mangiato pochissimo, era pallida in volto ed aveva gli occhi circondati da profonde occhiaie. Anche Ranja non se la passava meglio, era sempre molto scossa da tutti i colpi incassati negli ultimi giorni, ma ancora non aveva trovato la forza di guardare in faccia Dilia e chiederle spiegazioni. Dormivano sotto lo stesso tetto come perfette estranee, la ragazza era piombata di nuovo nel silenzio totale sentendosi sempre ferita e tradita da quelli che riteneva i suoi veri genitori.
 
Theon, comparso dall’oggi al domani, si stava dirigendo verso la casetta presso cui abitava Burian. Sapeva che il ragazzo si trovava lì perché i suoi poteri glielo avevano fatto percepire, giunse davanti alla porta ed entrò senza bussare. Lo trovò stravaccato sul suo giaciglio con lo sguardo fisso sul solaio, si voltò leggermente di lato quando lo vide entrare in casa sua. Non si scompose più di tanto, limitandosi solo ad emettere un profondo sospiro.
“Chiedo scusa per l’intromissione, mio signore.”
Al suono di queste parole, Burian si tirò su e lo guardò con l’aria di chi non comprende il significato di quelle parole.
“Il potente Odino mi ha inviato da te ora che i tempi sono maturi.”
“Un momento…. Che vuol dire tutto questo? Lei chi è?”
“E’ ora che i ricordi tornino nella tua mente, principe Burian. Così come te li ho tolti per proteggerti, così oggi posso parzialmente ridonarteli.”
Si alzò dirigendosi verso l’uomo che, per niente impressionato, tese il braccio destro e bloccò il giovane con il dito: glielo piantò in mezzo alla fronte e da quel contatto scaturì un fortissimo lampo di luce bianca. Fu allora che Burian poté rivivere il film della sua vita da bambino rivedendo finalmente i suoi genitori, il re Bondhus e la regina Senja sovrani di Badeneisten. Rivide il suo meraviglioso castello che svettava su di un limpido laghetto, con le sue imponenti torri e i bastioni.
“Quello che vedi, mio signore, esisteva veramente prima che le forze del male si presentassero al cospetto dei sovrani.” Si interruppe ed allontanò il dito dalla fronte di Burian.
Il ragazzo aprì gli occhi il cui colore era di un azzurro più intenso, erano lievemente umidi, dopo anni di insensibilità adesso iniziava a provare delle vere emozioni e si era commosso nel poter rivedere la sua famiglia. “Allora è vero…. Sono veramente un principe…”
“Certo, mio signore. Io facevo parte della meravigliosa corte di Badeneisten e
sono tornato per continuare a guidarti di persona verso il tuo destino, nel recente passato ti ho potuto solo seguire da molto lontano ed è così che i tuoi passi sono giunti fino a questo piccolo villaggio dove troverai il tuo passato.”
Burian lo guardò finalmente in faccia mentre la sua mente stava pian piano mettendo al loro posto tutti i tasselli della sua vita. “Allora mi faccia capire: lei mi conosce fin dalla nascita, così come conosce i miei genitori e il luogo in cui sono cresciuto. Poi è accaduto qualcosa e tutto è scomparso, ma non lei che mi ha guidato fin qui….”
Theon sorrise. “Sì, è giusto. Ho sempre saputo che sei un giovane intelligente, …anche se un po’ troppo scapestrato.”
Alzò il sopracciglio destro. “Come prego?”
“Oh, me ne hai fatte passare di tutti i  colori, altezza!” Mosse le braccia come a voler sottolineare la cosa. “Ma non è di questo che voglio parlare. Domani mattina ci recheremo assieme al Tempio di Odino e chiariremo ogni cosa.”
Ripensò a quello che aveva fatto a Ranja sentendosi un verme. “Devo proprio?”
“Sì, devi proprio.” Si avvicinò alla porta. “Adesso riposati, tornerò domani mattina. Buonanotte, mio signore.” Si inchinò ed uscì.
“Aspetti!” L’uomo si voltò. “Mi dica almeno il suo nome.”
“Il mio nome?” Sorrise. “Theon.” Si voltò e riprese la sua strada.
Burian rimase fermo sulla porta osservando il misterioso Theon allontanarsi nella neve. Rifletté a lungo e ricomponendo piano piano i cocci del suo passato, ricordò che lui era il Gran Sacerdote che si occupava della gestione del Tempio di Odino nel castello di Badeneisten, il suo castello. Il suo volto si illuminò perché finalmente dopo tanti anni quello che cercava si stava lentamente materializzando fra le sue mani. Notò però una cosa alquanto strana: la fioca luce del giorno che stava scomparendo all’orizzonte gli fece vedere con buona sicurezza che non era rimasta impressa alcuna orma dell’uomo che si stava incamminando verso il piccolo porticciolo. Eppure sembrava un corpo concreto! Com’era possibile?
Chi era in realtà Theon? Era davvero quello che gli pareva di ricordare o quel contatto attraverso cui aveva riacquisito parte della memoria era l’ennesimo incantesimo ingannatore?
 
 
Il mattino successivo spuntò sulle casette colorate di Beflavik.
Ranja aprì gli occhi non appena le sue narici furono invase da un invitante profumino che conosceva fin troppo bene: sua madre…. Dilia insomma…. Stava sfornando quei biscottini tremendamente buoni! Adorava sgranocchiarli in compagnia di una calda tazza di the! Balzò giù dal letto, si vestì in fretta e furia precipitandosi in cucina dove trovò la donna indaffarata nella preparazione dei biscotti.
“Buongiorno Ranja.”
La ragazza si bloccò sulla soglia, quello che vedeva l’aveva riportata alla realtà. Abbassò lo sguardo, bisbigliò un “Buongiorno” e si voltò ben decisa a tornare nella sua stanza.
“Ranja, aspetta per favore!” Dilia la richiamò, aveva ancora la voce tremante.
“Ti prego, resta qui. Ho preparato i biscotti che tanto ti piacciono…” Prese il contenitore in cui aveva depositato quelli già sfornati e glieli porse. “Assaggiane uno, ti prego…”
La ragazza guardò dapprima la donna il cui volto era sempre distrutto dal dolore, poi spostò lo sguardo sui dolcetti e ne assaggiò uno incurante del fatto che fosse ancora molto caldo. “Grazie.”
“Ascoltami… Fra poco avremo visite e…. in quell’occasione saprai quello che vuoi e devi sapere.”
La ragazza si voltò. “Va bene. Sono in camera, quando arriveranno queste persone vi raggiungerò.”
Rientrò nella sua stanza tentando di restare calma e tranquilla, nonostante dentro si sentisse ancora scossa e con lo stomaco sottosopra. Si sedette vicino alla finestra ed iniziò ad osservare fuori: la vita sembrava svolgersi con la consueta tranquillità, le persone passeggiavano e camminavano indaffarandosi nel portare avanti le loro attività e i loro impegni, al porto c’erano dei pescatori di rientro dal mare aperto che riponevano il pescato in casse di legno, vide pure la sua amica Arvika in compagnia di Kaspar rientrato sano e salvo dall’ennesima uscita con il peschereccio. Sorrise a quella vista, augurando loro tutta la felicità che meritavano. Sospirò e si slacciò il ciondolo che portava al collo: in cuor suo sentiva che quell’oggetto era l’unico appiglio al suo passato, lo fissò chiedendosi come mai Burian si fosse bloccato alcune sere fa non appena lo aveva notato. Era stata la sua ancora di salvezza, non poteva negarlo, ma questo poteva significare anche che fra lei e quell’essere senza cuore esisteva veramente un legame. E forse nel giro di poche ore ne sarebbe venuta a conoscenza. Si strinse nelle braccia ed un brivido le percorse la schiena: quel ragazzo le era entrato nel profondo, l’aveva fatta quasi innamorare e poi in una manciata di minuti le aveva mostrato tutta la sua freddezza ed insensibilità. L’aveva baciata, abbracciata, accarezzata e fatta piombare nell’incubo della falsità e della menzogna. Aveva tentato di usarla per raggiungere il suo scopo, l’avrebbe fatto di nuovo? Lei non aveva la minima idea di dove si trovasse quel libro, sapeva che lui non si sarebbe arreso neanche di fronte alla morte di Aryus, ma da lei non avrebbe avuto il minimo aiuto, era ancora troppo ferita.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra e vide proprio Burian in compagnia di Theon avvicinarsi al Tempio: erano loro le persone che dovevano farle visita?
Sì, erano loro. Stavano entrando nell’abitazione e infatti pochi istanti dopo si sentì chiamare da Dilia. Si allacciò di nuovo il ciondolo al collo, mise una scialle sulle spalle e scese nel salone in cui era attesa da Dilia, Burian e Theon.
 



 
 
 
Ciao a tutti!
 
Vorrei innanzi tutti ringraziare voi fedelissime che recensite puntualmente la storia, includendo pure chi lo fa ogni tanto ovviamente! Non avete idea di quanto sia felice di conoscere il vostro parere e scambiare quattro chiacchiere con voi!
 
In questo nuovo capitolo, dopo la tempesta del precedente, iniziano a venir fuori nuovi dettagli del passato di Burian. Sono felice del fatto che molte di voi hanno già intuito quale sia il legame esistente fra lui e Ranja. Quello che resta da vedere è la reazione dei due ragazzi non appena ne saranno a conoscenza.
E questo lo scopriremo presto.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 9
*** L'alba dei ricordi ***



L’ALBA DEI RICORDI
 
 

 
Ranja fece il suo ingresso nel piccolo soggiorno in cui già erano presenti Dilia, Theon e Burian. Rimase in assoluto silenzio passando in rassegna tutte le persone sedute attorno al tavolo su cui troneggiava un vassoio colmo di biscotti.
“Ranja, ti prego, siediti.”
La ragazza obbedì alla donna che l’aveva cresciuta senza proferire parola. Si trovò di fronte a Burian che la fissava intensamente, anche lei ricambiò frettolosamente lo sguardo ma preferì riportare la sua attenzione sul bordo del tavolo su cui le sue dita si muovevano con evidente nervosismo. Una cosa però l’aveva colpita nel profondo: gli occhi del ragazzo che ricordava praticamente uguali ad un iceberg, apparivano ora diversi, più umani se così si poteva dire. Erano sempre di un azzurro spiazzante, eppure c’era qualcosa di nuovo, un calore forse, una sensibilità ed una intensità che prima non c’erano.
“Signora, se permette vorrei ringraziarla di averci accolti qua.” Theon prese la parola distogliendo Ranja dai suoi pensieri.
“E’ un piacere per me. Anzi, tutto il silenzio che è piombato in questo luogo da quando mio marito se n’è andato mi distrugge…. Ricevere visite per me è sicuramente un modo per distogliere i miei pensieri dall’accaduto.” Si asciugò una lacrima, il dolore era ancora troppo forte.
“Il motivo per cui ho voluto incontrare tutti voi è molto semplice e lei, Dilia, sa sicuramente di cosa si tratta.” Attese l’assenso della donna. “Può raccontarci nei minimi dettagli, per cortesia, l’arrivo di Ranja nelle vostre vite?”
Fece un profondo respiro ed iniziò. “Fu mio marito a portarla qui. Ci eravamo stabiliti da un paio di giorni a Beflavik e stavamo ancora terminando di sistemare questa casa ed il Tempio. A breve anche altre persone sarebbero venute a vivere qui per la ricchezza del mare che ci circonda e ci impegnavamo tantissimo perché tutto fosse pronto prima possibile.” Si interruppe e sorseggiò un po’ di the.  “Ricordo molto bene quell’attimo: ero lì vicino alla stufa tentando di ravvivare il fuoco…” Le sue labbra si piegarono in un impercettibile sorriso. “Aryus aprì la porta improvvisamente, mi voltai e lo vidi con in braccio un fagotto. Era uscito in perlustrazione per verificare i possibili rischi per il villaggio a seguito di una grande valanga che era stata preceduta da un’insolita scossa di terremoto. Si avvicinò a me mostrandomi la bambina avvolta nel suo mantello. Eri tu, Ranja…. Sembravi un angioletto morto assiderato, lui mi spiegò che eri ancora in vita e che dovevamo prenderci cura di te secondo quanto aveva percepito da Odino il quale, a suo dire, aveva guidato i suoi passi perché ti trovasse e ti salvasse dalla morte. Ti mettemmo a letto e facemmo l’impossibile per farti risvegliare.” Si asciugò l’ennesima lacrima. “Conservo ancora gli abiti che indossavi quando sei venuta qui.” Si alzò, uscì dalla stanza e tornò poco dopo posando sul tavolo un bellissimo vestitino azzurro, dai ricami ricchi ed eleganti ed una coroncina da cui mancavano molte pietre preziose. “Impiegasti alcuni giorni per riprenderti del tutto, ricordo benissimo i tuoi occhi impauriti e smarriti che ci fissavano tremanti. Non ricordavi nulla, né il tuo nome, né la tua provenienza, né tanto meno chi fossero i tuoi genitori. L’unico legame con il tuo passato era il ciondolo che ancora porti al collo e sul quale stava inciso il nome Ranja…”
Il volto della ragazza era rigato di lacrime, ora sapeva tutto. “Perché non me ne avete mai parlato?” Aveva la voce rotta dai singhiozzi.
“Tuo padre…. Aryus voglio dire…. Interrogò il Sacro Fuoco per sapere il da farsi: Odino gli comunicò che noi due dovevamo prenderci cura di te, farti crescere serenamente senza farti sospettare niente circa le tue origini. Il tuo destino si sarebbe compiuto non appena il Vento del Nord avrebbe preso a soffiare sulle nostre vite ed è accaduto quando questo ragazzo ha bussato alla nostra porta.”
Theon prese la parola. “Bene, grazie signora. A questo punto devo intromettermi perché ci sono alcune cose che nessuno di voi conosce. Un’ultima cosa vorrei chiederle: lei sa con esattezza il punto in cui suo marito ha trovato Ranja?”
Dilia scosse mestamente la testa. “No, non saprei indicarglielo.”
“Glielo dico io allora: la piccola Ranja giaceva sul fondo di un crepaccio non lontano dalle falde del monte chiamato Slottbergen. Burian, ricordi l’altopiano in cui qualche giorno fa hai udito la mia voce nel vento?”
Il ragazzo lo fissò. “Era lei dunque?”
“Esatto. Ti trovavi presso quel rilievo montuoso ed è sotto quella coltre di ghiaccio e di neve che dorme il tuo castello con tutti i suoi abitanti.”
Burian restò senza parole.
“E lì ci sono anche i veri genitori di Ranja.”
La ragazza era incredula.
“Tu porti un ciondolo al collo.” La fissò in attesa di un cenno di risposta. Lei portò la mano fino a sfiorare con le dita l’oggetto in questione. “Sai da chi l’hai avuto?”
Negò con la testa, dentro la quale però si stava insinuando un pensiero improponibile.
“Quel ciondolo te l’ha regalato il qui presente Burian, principe di Badeneisten.”
“Cosa?!” Ranja si alzò in piedi di scatto.
“Esatto.” Si rivolse poi al ragazzo. “Ricordi cosa le dicesti in quel momento?”
Rifletté un istante prima di rispondere. “….Vorrei….Vorrei poterti strangolare con questa stupida collanina!”
“E tu? Cosa gli rispondesti?”
Lei non ricordava.
“La tua amnesia non è frutto di un incantesimo come nel suo caso, ma è dovuta al colpo alla testa che hai preso quando sei caduta in quel crepaccio ed io non sono in grado di fartela riacquisire con i miei poteri.” Sospirò. “Tu gli rispondesti: Se non lo faccio io prima con te, brutto sbruffone!   E sai perché?”
C’era un silenzio pazzesco in quella stanza colma di tensione, tutti pendevano dalle labbra di Theon. “Quel dono stava ad ufficializzare il vostro fidanzamento.”
“Cosa?!” Ranja e Burian sbottarono contemporaneamente al suono di quelle parole guardandosi in faccia con enorme disgusto.
“Io sarei la promessa sposa di questo porco deficiente e maleducato?! Ma stiamo scherzando?!” Per poco non le uscirono gli occhi dalle orbite.
“Per la miseria! Non mi sembra il caso di scaldarsi così.” L’ometto era sorpreso.
“Ah no?!” Sbatté le mani sul tavolo. “Allora mi faccia la cortesia di chiedere al suo adorato principe dei miei stivali cosa ha fatto poche sere fa con la sottoscritta!”
Theon si voltò verso Burian che aveva sempre la bocca spalancata per l’incredulità, incapace oltre tutto di pronunciare qualsiasi suono. “Beh? Hai perso il dono della parola, mio signore?”
Il ragazzo si mise seduto a testa bassa, si sentiva un emerito idiota ripensando a quello che aveva fatto, comprendeva molto bene i risvolti non proprio allettanti causati dal suo gesto azzardato.
“Non hai il coraggio di parlare?! Bravo! I miei complimenti, caro principe senza attributi!” Ranja aveva un diavolo per capello.
“Ecco….” Finalmente Burian sollevò leggermente la testa. “Io.. ci ho provato con lei.” Si bloccò un istante. “In fondo… non ci vedo niente di male, lei è la mia promessa sposa, giusto?”
“In effetti….” Concordò Theon.
“Non è tutto!” Ranja non pareva soddisfatta. “Sapete perché si è permesso di mettermi le mani addosso?”
Silenzio.
“Glielo dico io: ha tentato di sedurmi e di portarmi a letto perché gli rivelassi dove è stato nascosto il libro che lui cerca e che è scomparso dal nostro archivio! Cosa che io non so per sua sfortuna, ma lui non credeva ad una sola delle mie parole e continuava imperterrito con quelle sue mani schifose!”
“Ah però….” Theon si massaggiò la barba. “Le cose erano complicate dieci anni fa e mi pare evidente che lo siano ancora di più.” Non avrebbe avuto vita facile, tuttavia doveva andare avanti e tentò di calmare le acque. “Capisco il tuo disappunto mia cara, ad ogni modo devo pregarti di mantenere la calma e di tornare seduta, c’è ancora molto di cui discutere.”
“Affossare tutto così…. Bah, tipico dei maschi senza cuore e senza cervello!” Si rimise seduta. “Ok, va bene! Sentiamo la prosecuzione di questa stupida storia…!” Ranja incrociò le braccia visibilmente seccata. “Permette prima una domanda?”
“Prego.”
“Non è che tutto il freddo di queste parti le ha gelato il cervello? Stando alle sue assurde parole, io sarei stata promessa in sposa…” fece una smorfia di disgusto “a questo soggetto quando avevo poco più di dieci anni! Non le pare una cosa fuori dal normale?!”
“E’ stata dettata da una causa di forza maggiore, il vostro fidanzamento avrebbe dovuto aver luogo più avanti.” Theon congiunse le mani. “Questo era il volere di Odino. E lo è tutt’ora.”
“Insomma sono fregata.”
“Vedi l’unione con un principe così traumatica?”
“Altrochè!” Scosse la testa.“Non se ne parla proprio.” La ragazza era disgustata al solo pensiero di dover dividere il resto dei suoi giorni con lui. Si alzò avviandosi verso l’uscita, ma Theon la richiamò con voce grossa.
“Torna a sederti al tuo posto! Odino così vuole.”
“Perché dovrei? Non mi interessano i dettagli delle nozze! E non mi interessa se è Odino che vuole questo matrimonio!” Si voltò verso Burian fulminandolo con lo sguardo. “Preferisco ammuffire come uno stoccafisso dimenticato piuttosto che sposare lui!”
“Ranja, siediti!” L’uomo si alzò al limite dell’esasperazione sbattendo con forza la mano sul tavolo. “Non è stato piacevole neanche per me affrettare il vostro fidanzamento e fin da subito mi avete fatto impazzire con i vostri capricci! Adesso siediti e comportati da persona adulta! Non sei più una bambina! E la stessa cosa vale per te, mio signore!”
“Che c’entro io?” Finalmente Burian parlò.
Theon attese che tutti fossero di nuovo seduti. “Voi qui custodite un libro che contiene la storia di Badeneisten, non è vero?”
“Sì.” Dilia confermò. “Purtroppo mio marito lo ha nascosto per evitare che sia Ranja che Burian ne venissero in possesso scoprendo la verità sul loro conto. Non so dove si trovi, mi spiace.”
“Capisco. Dovete trovarlo e leggere con attenzione ogni parola in esso contenuta per capire i motivi di questa situazione incresciosa che stiamo affrontando. Ad ogni modo le vostre vite dovranno necessariamente unirsi, è l’unico modo per poter disporre di nuovo del Cuore di Ghiaccio, solo con questo potentissimo oggetto potremo rispedire Galdramardur nel luogo da cui non potrà più mettere a repentaglio queste terre.”
“Galdramardur….” Burian pronunciò con un filo di voce quel nome che nella sua testa si stava collegando a qualcosa di veramente pericoloso.
“Esatto, altezza.” Theon riprese il racconto. “Nel libro troverete tutto quello che c’è da sapere sul pericolosissimo stregone, quello che dovete sapere adesso invece riguarda la minaccia che lui rappresenta per tutti noi. I Grandi Ministri della Kasta di Badeneisten del passato avevano rinchiuso e sigillato Galdramardur in un recipiente magico simile ad una bottiglia, lo avevano messo al sicuro grazie a delle corde speciali di modo che nessuno lo potesse liberare. Esiste un solo oggetto in grado di recidere quelle corde ed è il Pugnale di Bloch, custodito nel Tempio di Odino presente nel Castello di Badeneisten.”
“E qualcuno lo ha usato liberando questa entità?” Burian stava iniziando a ricordare e una goccia di sudore gli scese dalla fronte.
“Sì.” Theon lo fissò.
“E’ stato …lui?” Ranja aveva i nervi a fior di pelle.
“E’ sempre stato un ragazzino scapestrato e indomabile, me ne ha fatte passare di tutti i colori. Ho tentato il tutto e per tutto per evitare l’inevitabile…”
Calò il silenzio nella stanza. Poi Theon continuò il racconto.
“Quando le cose sono precipitate non mi restava che un’ultima cosa da fare: grazie ad un incantesimo ho fatto in modo di disgregare il Cuore di Ghiaccio perché Galdramardur non ne venisse in possesso e questo è avvenuto proprio in occasione del ricevimento che sanciva la vostra promessa matrimoniale…. L’ho nascosto nel cuore del principe Burian, lo stregone è andato su tutte le furie lanciando un maleficio sul castello ed i suoi abitanti rinchiudendo ogni cosa in una tomba di ghiaccio. Voi due siete riusciti a fuggire proprio grazie alla presenza dell’amuleto nel tuo corpo.” Sospirò liberandosi da un grosso fardello. “Purtroppo tutta la tua persona, mio signore, ne ha risentito perché l’amuleto ha creato in te una corazza di ghiaccio  rendendoti insensibile verso ogni cosa. Solo nel momento in cui hai incontrato colei che Odino aveva designato come tua sposa le cose sono cambiate e il gelo che ti contraddistingueva ha iniziato a liquefarsi.”
Adesso le cose erano più chiare per tutti.
“Mi sfugge un piccolo particolare: io cosa c’entro con tutto questo?” Ranja non comprendeva ancora quale fosse il suo ruolo.
“Potrò far ricomparire il Cuore di Ghiaccio solo quando voi due sarete definitivamente promessi sposi e dovrà accadere prima possibile, non sappiamo quando Galdramardur si rifarà vivo … E senza quell’oggetto saranno guai seri. Devi sapere che la sua energia deriva dalla sua stessa forma: il cuore è il simbolo supremo dell’amore, in più per il nostro augusto regno simboleggia pure la giustizia e il buon governo. Tu ne sei la parte complementare così come la nostra regina Senja lo fu anni or sono per l’allora principe Bondhus.”
“Cioè… in sintesi lui ha creato tutto questo caos ed io ne devo scontare le conseguenze esponendomi ai rischi che corriamo con questo Galdra… come cavolo si chiama!?” La ragazza si alzò di nuovo. “Sa cosa le dico? Lui lo ha causato e lui se lo risolve!” Si slacciò il ciondolo e lo depositò con rabbia sul tavolo.
Uscì dalla stanza sbattendo la porta non curandosi dei richiami di Theon.
Dilia sospirò, sapeva bene che Ranja aveva un carattere forte e determinato.
Burian restò immobile.
“Beh? Che cosa fai lì fermo, altezza?” Theon lo guardò con sorpresa.
“Cosa dovrei fare?”
“Corrile dietro! Raggiungila e parlale!” Gli porse il ciondolo di Ranja.
“E che cosa dovrei dirle?”
“Ma che ho fatto di male per meritarmi tutto questo?....”
“Va bene, va bene!” Burian alzò le mani in segno di resa. “Se non concludo niente, non è colpa mia!” Lo guardò un’ultima volta. “Non è che per caso potrebbe parlarci lei?”
“Fila dalla ragazza!” Theon si alzò e gli mollò uno scapaccione. “Che razza di principe sei?! Tira fuori gli attributi se li hai!”
Borbottò cose incomprensibili massaggiandosi la testa, afferrò la maniglia della porta ed uscì mettendosi in tasca il ciondolo della ragazza.
 
 
 
 
 
 
 


Buon venerdì!
Capitolo leggermente lungo e forse complicato, non è stato facilissimo da scrivere ma spero apprezziate lo sforzo e soprattutto spero sia abbastanza chiaro. Ranja non sprizza certo gioia da tutti i pori nell’apprendere il suo status di promessa sposa di Burian, si toglie il ciondolo e se ne va. Lui ha subìto un drastico cambiamento ed è tutto dovuto all’intervento di Theon che gli ha restituito i ricordi e parlato del suo passato.
Adesso che cosa succederà? Oltretutto non dimentichiamoci di Galdramardur, ancora non ha fatto la sua comparsa e potrebbe essere dietro l’angolo…..
 
Grazie a tutti quelli che hanno commentato, in particolare Emmastory, eppy, Connie91, Nephilym88 e indeedofthem.
Alla prossima settimana!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 10
*** Finalmente una piccola tregua ***


 
FINALMENTE UNA PICCOLA TREGUA
 
 

 
“Assurdo, tutto questo è solo e soltanto assurdo!” Ranja sferrò l’ennesimo calcio al cumulo di neve che aveva davanti ai piedi. Girovagava fra le casette di Beflavik con gli occhi gonfi di lacrime e di rabbia. Ora sapeva molte cose del suo passato e quello che le sembrava inconcepibile consisteva nel fatto che l’unica persona che aveva veramente a che fare con la sua vita dimenticata era Burian, il suo promesso sposo. Si sedette su un’altura che dominava il porticciolo, sentiva le onde del mare infrangersi sulle rocce ed una lacrima le rigò il volto. Scoppiò a piangere rannicchiandosi su se stessa nel mero tentativo di scaricare tutta la tensione in quel pianto, riordinare le idee e prendere una decisione sul suo futuro.
Voleva davvero rifiutare Burian? In fin dei conti un po’ le piaceva quel ragazzo, si era solo sentita tradita ed usata quella sera, oltre tutto secondo le parole di Theon quello che aveva conosciuto fino ad allora non era il vero Burian. Purtroppo il suo cuore aveva dovuto affrontare delle prove molto grandi quasi in contemporanea, si era sentita sola e abbandonata da tutti…. O forse era stata lei a volersi isolare da quelle persone? Odino aveva tessuto ed intrecciato la trama della sua vita, le aveva consentito di sopravvivere a quell’evento pazzesco che aveva fatto scomparire moltissime persone…. Compresi i suoi veri genitori.
Chissà com’erano? Come si chiamavano?
Chissà se Burian se li ricordava?
Sollevò la testa e si asciugò una lacrima. Sentì dei passi e, voltandosi, vide il ragazzo venire verso di lei.
“Finalmente ti ho trovata, ho girato tutto il paese per cercarti e mi sono preso tanto di quel freddo da bastarmi per un bel po’.”
“Nessuno ti ha costretto a venirmi a cercare. Che vuoi?”
Restò in silenzio.
“Senti, se non hai niente da dire tagliamo corto perché io non ho nessuna voglia di parlare con te quindi…” Fece per andarsene, ma lui la bloccò.
“Aspetta.” Si fece venire qualche idea in mente. “Io…. Volevo restituirti questo.” Estrasse di tasca il ciondolo e glielo porse.
“Non lo voglio.”
“Ranja, capisco come ti senti e non pensare che anche per me sia semplice accettare tutto questo.”
“Cosa ne sai tu di come mi sento io?”
“Siamo nella stessa situazione, credimi..”
“Scusa, ma non ti seguo.”
La prese per mano per evitare che fuggisse di nuovo. “Fino a qualche giorno fa non ero che un idiota insensibile senza un passato né un futuro, adesso mi ritrovo ad essere principe di un regno sepolto dal ghiaccio, minacciato da uno stregone di cui non so praticamente niente. Per anni non ho fatto altro che spostare casse di pesce puzzolente spaccandomi la schiena, ho dormito in ricoveri di fortuna ed ho vagato come uno sbandato per queste lande desolate fino a che non sono giunto qui. E qui finalmente ho trovato la mia vita… anche  se non è proprio come speravo.” Aveva vuotato il sacco come un fiume in piena e si meravigliò di se stesso perché non era mai stato così bravo con le parole. “Forse sono stato scorretto con te, ho allungato un po’ troppo le mani ma in concreto non è accaduto un bel niente. Che motivo hai per avercela così tanto con me?”
Lo guardò con occhi increduli. “Come hai detto?!”
“Ci siamo scambiati solo qualche bacio. E…  era già accaduto in altre occasioni, avevo avuto l’impressione che la cosa non ti avesse causato troppo disgusto.”
“Già, forse è così. Sta di fatto che quel tuo comportamento aveva uno scopo ben preciso! Volevi sapere dov’è nascosto quel libro, non avevi alcun interesse nei miei confronti e prima di quella sera mi stavi facendo credere tutt’altro!”
“Ah-ah! Allora qua sta il nocciolo della questione…” Sfoderò il suo sorriso da bellissimo mascalzone. “Io ti piaccio e speravi che…”
Non terminò la frase perché Ranja gli mollò un sonoro schiaffone. “Mi fai schifo! Mettitelo bene in quella tua testaccia!” Aveva le lacrime agli occhi, era rabbia o la consapevolezza che i suoi sentimenti, per altro estremamente confusi, stavano pian piano affiorando?
Burian non si aspettava una tale reazione, iniziava a ricordare vagamente che la sua promessa sposa aveva un caratterino di tutto riguardo e a quanto pare era proprio così. Si massaggiò la guancia, quella sberla non era stata indolore e restò per alcuni istanti immobile a guardarla allontanarsi da lui. Quella ragazza era più testarda di cento muli messi assieme! Odino non poteva scegliergli un’altra sposa? Proprio lei doveva andare a pescare? Insomma, con tutte le belle ragazze in circolazione, dolci, affabili, sempre sorridenti, proprio lei doveva accollarsi per il resto dei suoi giorni?!
Scosse la testa, la faccenda era al quanto spinosa, oltre tutto avrebbe dovuto affrontare Theon e giustificare in qualche modo il fallimento del disastroso approccio, sbuffò e si ficcò le mani in tasca riprendendo la via di casa. Ma come vi introdusse la mano destra, sentì il ciondolo che Ranja aveva rifiutato e una voce dentro di lui gli diceva in modo imperioso di doverglielo assolutamente restituire poiché quell’oggetto era anche una potentissima protezione contro tutti i rischi che stavano correndo entrambi.
Non ci pensò su, le corse dietro mosso solo dal desiderio di proteggerla dal pericolo cui poteva andare incontro. La raggiunse rapidamente mentre lei continuava imperterrita a camminare a testa bassa.
“Ranja, aspetta! Fermati un attimo per favore!”
Ma quella non lo considerava minimamente.
Burian l’afferrò per un braccio, lei si voltò d’istinto e mosse l’altra mano come a volergli sferrare un altro ceffone ma lui la bloccò.
“Si può sapere che accidenti vuoi ancora?!”
“Il ciondolo. Devi rimettere il ciondolo al collo.”
“Scordatelo.”
“E’ un potentissimo amuleto che ti protegge contro Galdramardur, non dovresti mai farne a meno.”
“Senti, a me di tutta questa storia non importa un bel niente, capito? Non mi importa di te, del tuo castello e di questo stregone dal nome impronunciabile. Lasciami in pace una volta per tutte!”
“Eh no.” La guardava con fermezza. “Ti ho già salvato la vita quando eravamo bambini fuggendo insieme a te dal castello mentre si tramutava in ghiaccio, non permetterò che tu corra di nuovo quel pericolo.”
Ranja restò meravigliata da quelle parole, non si aspettava una simile uscita da parte sua. Forse era davvero cambiato?
Burian ne approfittò per allacciarle al collo il ciondolo, lei non mosse un solo muscolo e lo lasciò fare. “Tu non vuoi sposare me ed io non voglio sposare te, su questo punto credo non ci sia niente di cui discutere, ma promettimi di portare sempre quest’oggetto al collo.” Restarono per alcuni secondi in silenzio. “Bene, ora va’ pure dove vuoi.” Si allontanò da lei di qualche passo e sospirò sollevato. Vide che la ragazza non accennava a muovere nessun passo “Vuoi restare qui? Vuoi che ti accompagni a casa? Fra poco il sole tramonterà, sta già iniziando a far freddo.”
Lo guardò con la testa piena di interrogativi e si avviò verso il porticciolo senza aprire bocca. Lui la seguì in silenzio, sentiva che qualcosa si stava muovendo nella giusta direzione ed era ben consapevole di dover prestare la massima attenzione ad ogni minimo gesto. Ranja passeggiava fra le piccole imbarcazioni ormeggiate, fra i pochi pescatori che stavano controllando le reti per la prossima uscita in mare, fra le casse vuote che, se Odino voleva, si sarebbero riempite di pesce.
“Non potremmo passeggiare da qualche altra parte?”
Ranja si voltò finalmente a guardarlo. “Sei cresciuto con questa puzza di pesce, credevo fossi abituato.”
“E’ vero ma…. Potremmo andare a mangiare qualcosa, non hai fame?”
“Mi si è chiuso lo stomaco.”
“Ok. E allora…”
“Burian.” Gli si piantò davanti. “Ho bisogno di stare da sola per un po’.” Accennò un lieve sorriso. “Cerca di metterti nei miei panni… Nel giro di pochi giorni ho scoperto che Aryus e Dilia non sono i miei veri genitori, lui me l’ha rivelato in punto di morte, oltre tutto tu hai fatto quello che hai fatto, poi dal nulla è comparso Theon e sembra voglia costringerci ad un matrimonio combinato, ad amarci per forza e… Insomma, ho bisogno di riorganizzare le idee e almeno tentare di accettare questa situazione assurda. L’ultimo dei miei pensieri adesso riguarda il nostro fidanzamento, devo ancora capire chi sono io per prima e cosa voglio fare.”
Il suo ragionamento non faceva una piega.
“Tu stesso hai detto che non mi vuoi sposare… Almeno una cosa in comune ce l’abbiamo, poi da cosa nasce cosa.”
Burian le sorrise e per la prima volta da quando era tornato ad essere se stesso intuì che dietro quel volto di apparente grinta e testardaggine, si nascondeva una grande donna: ecco perché Odino l’aveva predestinata a lui.
“Hai ragione, prenditi tutto il tempo che ti serve per riflettere. Se hai bisogno di me per recuperare i ricordi, per prendermi a sberle ed infamarmi sappi che ci sono.”
“Grazie, terrò presente.”
Si allontanò da lui che restò a guardarla mentre si incamminava verso il centro del villaggio. Ranja non era una ragazza acida in fondo, aveva davvero bisogno di un po’ di tempo per riordinare i cocci della sua vita e tentare di riattaccarli l’uno accanto all’altro. Theon avrebbe sicuramente compreso che questa pausa era estremamente necessaria per sperare in un lieto fine fra di loro.
 
 
Fermi sulla soglia d’ingresso del Tempio di Odino, Theon e Dilia osservavano quanto stava accadendo fra i due ragazzi. Videro Ranja allontanarsi da Burian e, invece di rincasare, notarono che prese la strada per lo Slottbergen con il ragazzo che la seguiva a debita distanza.
“Ranja è una ragazza testarda, ha un carattere forte e indipendente. Non accetta che le sia imposto niente e non le dico quanto il mio povero marito ha tribolato per addolcirla.”
“Oh, lo so bene. Quando fu presentata ai miei sovrani per il fidanzamento con il principe ha dato sfoggio di questo suo caratterino. Ma so anche che se il potente Odino ha scelto lei è perché è una grande donna e sarà di fondamentale importanza al fianco del mio signore.”
“Spero tanto che trovino il modo di conoscersi meglio.”
“Li attendono tempi duri, noi non possiamo che pregare perché Galdramardur se ne stia ancora per fatti suoi. Coraggio, andiamo a preparare il Tempio, fra poco c’è la funzione per il popolo.”
Rientrarono nel luogo sacro mentre il sole iniziava ad incendiare il cielo dei colori del tramonto.
 
 
Il vento del mare guidava i passi di Ranja verso l’altopiano dello Slottbergen, non era affatto violento, somigliava piuttosto ad una piacevole brezza che accarezzava i suoi capelli facendoli volteggiare nell’aria. Si era diretta lì per vedere con i suoi occhi il luogo in cui era stata trovata dieci anni prima ed osservare quell’imponente monte sotto cui c’era il suo passato.
Burian l’aveva seguita in silenzio, non l’aveva mia persa di vista, nonostante tutto non se la sentiva di lasciarla completamente sola. Ci teneva a lei, non era solo suggestione, sentiva davvero qualcosa che gli metteva in subbuglio lo stomaco e non solo.
“Non sei stanco di seguirmi?”
“No.” Evidentemente si era accorta della sua presenza sin dall’inizio.
“Hai le guance rosse, forse hai freddo?”
Si portò la mano sul viso sentendo calore. “Sto bene, grazie.” A parte la sua personale tempesta interna. “Siamo quasi arrivati allo Slottbergen.”
Ranja riportò l’attenzione sull’altopiano che si stava aprendo davanti ai loro occhi e non appena i suoi piedi si posarono su quel candido strato di neve, percepì qualcosa di nuovo: guardandosi attorno aveva la sensazione di udire delle voci e delle musiche di uno strano passato.
“Tu riesci a sentirla?”
“Che cosa?” Burian le si avvicinò.
“La musica….” Si voltò ad osservarlo.
Si concentrò tentando di non pensare alla ragazza che aveva accanto per sperare di percepire anche una minima melodia. “Mi spiace, non sento nulla.”
“Forse è solo suggestione… Tu ricordi se organizzavate delle feste al tuo castello?”
“Sì, ogni tanto si tenevano dei ricevimenti noiosissimi. Ne studiavo di tutte per evitare di partecipare.” Si lasciò sfuggire un sorriso.
“Credi che ricorderò qualcosa anche io della mia infanzia?”
Lo fissava con gli occhi incollati ai suoi, con qualche ciuffo di capelli sfuggito ad adornarle il viso. Lui era perso in quella visione, sentiva lo stomaco sottosopra, le gambe tremare ed un fortissimo desiderio di stringerla a sé e rubarle un bacio. Ma aveva paura, aveva una fottutissima pausa di ferirla come già gli era capitato in passato.
Portò la sua mano destra vicino al volto della ragazza, scostandole dagli occhi quei ciuffetti ribelli, lei gli sorrise. “Tu hai paura di me, vero?”
Restò a bocca aperta. Come aveva fatto a capirlo?
“Guarda che non ti devi vergognare di ammetterlo.”
“Non ho paura…. E’ solo che….”
Abbassò lo sguardo, erano costretti ad un passo che nessuno di loro voleva fare, soprattutto lui che si era risvegliato da un letargo di dieci anni con la spensieratezza e l’immaturità del dodicenne, pur essendo un giovane uomo alle prese con una ragazza che per la prima volta gli faceva battere davvero il cuore.
“Ti prego, stringimi. Ho freddo.”Fu lei ad abbracciarlo, era meraviglioso sentire quel corpo finalmente caldo. Posò la testa sulla sua spalla.
Titubò un istante prima di assecondare le sue parole, poi si fece coraggio e passò il braccio dietro la sua schiena sentendo il suo corpo pieno di brividi.
Era freddo o qualcos’altro?
Stretti nel loro primo abbraccio, restarono in silenzio ad osservare il Sole calare sull’orizzonte, sublime spettacolo in grado di generare suggestioni da favola, i cui raggi dorati si allungavano sui ghiacci e sul mare artico creando giochi di luci e colori capaci di rendere meravigliosi anche quei luoghi solitamente aridi e desolati. Sentivano di non essere più soli, dopo la tempesta che avevano affrontato e superato, avevano la certezza di poter contare l’uno sull’altro.
 
 






 
 
Ciao bella gente!
Tutto ok?
Confesso di aver scritto più volte questo capitolo del quale non ero per niente convinta e, se devo dirla tutta, non lo sono neanche adesso.
La rabbia che Ranja ha covato negli ultimi capitolo sembra iniziare ad affievolirsi mentre Burian sta mostrando la sua vera faccia, finalmente libera dal ghiaccio che lo ha reso un ragazzo insensibile.
Ora non resta che trovare il Libro di Badeneisten prima che Galdramardur si rifaccia vivo.
 
Voi intanto trascorrete un buon fine settimana e non dimenticate di recensire!
; ) Ci tengo davvero tanto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

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Capitolo 11
*** Sotto lo stesso tetto ***



 
 
SOTTO LO STESSO TETTO
 
 
 
Dilia ravvivò il fuoco, nonostante mancasse poco più di una settimana all’inizio della stagione del sole, la temperatura ancora era piuttosto fredda.
“Insomma secondo Theon sarebbe opportuno che Burian si trasferisse qui al Tempio.”
“Già, in fin dei conti lui non ha una fissa dimora e l’ospitalità verso chi ha bisogno fa parte della nostra cultura, non possiamo tirarci indietro.”
La ragazza sbuffò, anche se le cose fra lei ed il giovane si erano notevolmente appianate nelle ultime settimane, l’idea di averlo sotto il suo stesso tetto non le andava troppo a genio. Dal loro ultimo battibecco infatti il ragazzo non si era fatto più vivo rispettando appieno il suo desiderio di tranquillità, di solitudine e di tempo per riordinare le idee. Questo periodo le aveva giovato moltissimo, le era servito anche per recuperare il rapporto con la madre adottiva e la tensione fra le due donne alla fine era calata drasticamente.
Ad alzarla di nuovo ci aveva pensato Theon quando il giorno prima aveva chiesto di offrire ospitalità a Burian, incontrando il benestare di Dilia e le perplessità di Ranja. L’idea di dividere la sua casa con lui non le andava troppo a genio, ma non era l’unico dubbio che le si era insinuato nella testa.
“E Theon? Dobbiamo ospitare anche lui?”
“No, sostiene di avere un luogo in cui vivere, viene qui solo per celebrare le funzioni quando io non posso farlo.”
“E’ permesso?”L’ingresso degli ospiti pose fine alla serie di domande che la ragazza avrebbe voluto rivolgere alla donna.
“Oh, venite, venite pure.” Dilia accolse con calore Theon e Burian. “Prego, accomodatevi.”
“Spero non aver creato troppo disturbo nel chiedervi di ospitare il mio signore.”
“Oh no, nel modo più assoluto. C’è una stanza che teniamo sempre a disposizione degli ospiti, spero sia di tuo gradimento.”
“Lo sarà sicuramente signora. Anzi, vorrei ringraziarla di tutto cuore.” Volse lo sguardo verso Ranja che era rimasta in silenzio, non la vedeva da giorni e quella loro forzata separazione gli era stata molto utile per riflettere. Ora le cose stavano prendendo una nuova piega, avrebbe vissuto sotto il suo stesso tetto, l’avrebbe vista al suo risveglio e in ogni momento della giornata e in cuor suo iniziava a nutrire una remota speranza di poter davvero costruire la sua vita assieme a lei.
“Vorrei suggerirvi una cosa molto importante: a costo di sembrare pesante e ripetitivo, torno a rammentarvi il Libro di Badeneisten che sta nascosto qui da qualche parte. Trovatelo prima possibile perché le forze del male stanno tornando.”
Ranja roteò gli occhi, non ne poteva più di questa storia. “Visto che ci tiene così tanto, non è che potrebbe utilizzare i suoi poteri per trovarlo senza che mettiamo sottosopra tutta la casa?”
“Non parlare in questo modo! Devi portare rispetto.” Dilia richiamò la ragazza la cui uscita aveva incontrato il disappunto del Gran Sacerdote.
“Il Libro deve essere trovato, il principe Burian vi sarà di grande aiuto.” Si avvicinò alla porta interna del Tempio. “Signora, mi segua adesso, dobbiamo preparare alcune cose per la funzione. Mio signore, sarà la ragazza a mostrarti la tua stanza.”
Ranja drizzò le orecchie, non era affatto di quel parere, tuttavia non controbatté e lasciò che Theon e Dilia uscissero dalla stanza.
 
“Beh…. Eccoci qua.” Burian era lievemente imbarazzato.
Ranja si alzò avvicinandosi a lui. “Hai dei bagagli?”
“Solo questo.” Le mostrò una sacca usurata.
“Ok, seguimi, ti mostro la tua camera.” Era visibilmente scocciata.
Giunsero davanti alla porta in fondo al corridoio, la ragazza aprì e fece strada all’ospite. “Non è il palazzo reale…”
“Ma è decisamente più confortevole di tutti i luoghi in cui ho vissuto fino ad ora.”
“Mi fa piacere.” Si voltò verso di lui ed una strana sensazione si impossessò della sua persona. Percepì un malessere diffuso che le appesantì il respiro ed ebbe una spaventosa visione: nella parete in cui si apriva la finestra apparve una figura scura che la guardava con fare minaccioso. Anche Burian l’aveva notata e non perse tempo, prese la sua sacca e Ranja ed uscì da quella stanza. La ragazza tremava come una foglia, la strinse forte accarezzandole i capelli nel tentativo di tranquillizzarla. “Va tutto bene, stai calma.”
Theon aveva percepito il pericolo e raggiunse i due ragazzi trovandoli abbracciati. “State bene?”
Burian annuì con la testa tenendo sempre Ranja stretta fra le braccia.
“Tu sai chi era quel figuro, non è vero mio signore?”
“Galdramardur.”
Il suono sinistro di quel nome fece rabbrividire tutti quanti: il pericoloso stregone si era fatto vivo davvero questa volta.
“Dovete trovare il Libro alla svelta, non c’è più tempo. Mi raccomando, non separatevi mai dal ciondolo che portare al collo, meglio sarebbe se voi due trascorreste ogni istante assieme. L’unione fa la forza e per ora non abbiamo altre armi da usare contro di lui. Trovate il Libro di Badeneisten, lì ci sono tante cose che dovete sapere. Intanto lasciatemi purificare queste mura….”
I due ragazzi sciolsero l’abbraccio e convennero che davvero non era più il caso di rimandare e di trincerarsi dietro l’orgoglio: il pericolo era davvero dietro l’angolo. Theon si portò al centro della camera, congiunse le mani stringendo fra esse il suo bastone, recitò delle formule e delle preghiere che generarono una serie di onde luminose, si propagarono in ogni angolo della stanza e la liberarono dagli influssi negativi di cui si stava saturando.
 
 
Nei giorni successivi iniziò la frenetica ricerca di quel benedetto Libro, frugarono in ogni stanza e in ogni angolo della casa, ma la sorte non si era ancora decisa a sorridergli. Quel Libro non si trovava e fra i ragazzi iniziava ad insinuarsi un forte senso di sconforto. L’archivio era stato controllato per primo, ma una strana sensazione percepita in sogno da Burian gli suggeriva di tornare lì e cercare con maggiore attenzione perché un piccolo segnale sarebbe finalmente arrivato.
“Avete una cassaforte qui?”
“No.” Ranja stava passando in rassegna ogni angolo dell’archivio sperando di trovare qualche traccia del Libro. “Hai controllato se la teca che lo conteneva ha il doppio fondo?”
Burian esaminò con attenzione la nicchia indicatagli dalla ragazza. “Sembra tutto normale. Secondo te dove…. Aspetta… Qui c’è qualcosa.” Attese l’arrivo della ragazza. “C’è una piccola fessura laggiù e non l’avevo notata.” Allungò la mano ed estrasse un piccolo sacchetto di velluto blu.
“Fa’ vedere.” Ranja lo aprì, dentro c’era una chiave.
“Che cosa apre?”
“Non saprei.” La esaminò con attenzione senza ricavarci niente di buono.
“Potrebbe aprire il luogo in cui si trova il Libro?”
“E’ possibile.” Iniziarono a guardarsi attorno nella speranza di scovare la serratura in cui entrava la chiave. “Passami lo sgabello per favore.”
“Che vuoi fare?”
“Voglio controllare da vicino se dietro quel piccolo dipinto appeso poco sotto il soffitto si nasconde qualcosa come ho sempre immaginato.”
“E’ troppo alto e tu sei troppo bassa.”
“E allora?”
“Usa quella scala a pioli.”
“Hai ragione… Da’ qua.”
Ranja poggiò la scala alla parete e iniziò a salire.
“Soffri di vertigini?”
“No.”
“Se guardi troppo in basso potresti cadere.”
La ragazza scese. “Allora vai tu, così la smetti di sbirciare sotto la mia gonna!”
Burian si fece scappare una risata. “Sai cosa posso vedere con quegli assurdi mutandoni che indossi!”
“Idiota!” Gli mollò un innocente pugno sul petto col sorriso sulle labbra.
Il ragazzo salì rapidamente, spostò il quadretto scoprendo solo la parete liscia ed integra. “Niente da fare, qui non c’è nulla.”
“Capisco.” Nella voce di Ranja c’era delusione, Burian scese a terra, mise a posto la scala e la raggiunse.
“Hai qualche altra idea?” 
“A questo punto credo non sia in questa stanza.”
“E allora?”
“Forse quel sogno era frutto di suggestione.”
“Non credo, in fin dei conti vi abbiamo trovato questa piccola chiave. Cosa pensi di fare?”
“Vieni.” Uscirono e raggiunsero Dilia che aveva appena terminato di indossare le vesti cerimoniali.
La donna guardò la piccola chiave. “Credo di sapere quale sia la serratura che può aprirla: c’è una nicchia nel Tempio, dietro la statua di Odino.” I volti dei due giovani si illuminarono. “Tuttavia adesso c’è la funzione e dovrete attendere che si concluda, poi potrete verificare se il Libro effettivamente si trova lì.”
La donna si spostò nel luogo di culto ed iniziò a celebrare il rito religioso.
I ragazzi erano leggermente delusi e fremevano dal desiderio di infilare la chiave in quella serratura e vedere coi loro occhi cosa c’era dietro quella porticina.
“Ti va qualcosa di caldo da bere?”
Burian accettò l’invito di Ranja, la seguì in cucina e non distolse mai lo sguardo da lei osservandola compiere ogni minimo gesto che, nonostante appartenesse alla quotidianità, gli sembrava semplicemente meraviglioso.
Posò una tazza fumante sul tavolo e si accorse dello sguardo sognante del ragazzo. “Beh? Che hai da guardarmi così?”
“Devo proprio dirtelo?”
“Spara.” Si sedette vicino alla finestra dalla quale entravano i raggi del sole che le illuminavano il profilo e questa visione fece accelerare in maniera incontrollabile i battiti cardiaci del ragazzo.
“Ti guardo così perché non posso farne a meno.” Le sue labbra tremavano. “Mi basterebbe che tu provassi un decimo di quello che io provo per te per essere felice.”
Ranja spalancò la bocca dall’incredulità.
“Io non so se è suggestione o se c’è dell’altro, ma da quando vivo qui e sono accanto a te in ogni istante io sto bene. Non so spiegarti se quello che mi fa battere forte il cuore, mi mette in subbuglio lo stomaco, mi toglie il sonno e il respiro è …..amore. Io non so come ci si sente quando ci si innamora, il gelo che mi ha ricoperto fino a poco fa mi ha impedito di provare questo sentimento di cui tanto parlano le persone…” Si mise seduto di fronte a lei osservando ogni minimo particolare del suo viso. “Perdonami se non riesco a non guardarti.”
Anche Ranja era rapita dal momento e non sapeva cosa dire. Le labbra di Burian erano schiuse in un sorriso tremante, i suoi occhi che fra l’altro l’avevano conquistata già da tempo erano come calamite per lei e la luce delicata del sole donava un ulteriore tocco di magia a quegli istanti fuori dal tempo. Il ragazzo portò le dita sulle labbra di lei e le accarezzò dolcemente e questo semplice ma profondo gesto le provocò un senso di pace ed armonia. Restarono per lunghi minuti in silenzio guardandosi negli occhi, giocherellando con le mani, sfiorandosi le dita, sorridendosi a vicenda esattamente come due ragazzini alla prima cotta, quando in ogni angolo attorno si vede solo rosa, non esiste più niente attorno che non sia la persona che si ha davanti.
Burian tremava come un bambino impaurito mentre si avvicinava a lei che, comprese le sue intenzioni, chiuse lentamente gli occhi e portò con delicatezza le mani su quelle di lui. Anch’esso chiuse i suoi occhi blu come il mare quando sentì le labbra posarsi su quelle della donna che Odino gli aveva prescelto quando era poco più di un bambino, quella donna che sin dal loro primo improbabile incontro le era sembrata diversa dalle altre, quella donna nei cui confronti si era comportato male a causa dell’incantesimo che gli aveva impedito di amare, quella donna che ora era con lui e lo stava stringendo a sé mentre le loro labbra si scambiavano il loro primo vero bacio. Una lacrima rigò il volto di Burian, finalmente iniziava a sentirsi un vero uomo.
Si staccarono dopo molti secondi, troppo pochi per lui, più che sufficienti per lei. Il ragazzo non credeva di essere riuscito a baciarla, le sue labbra tremavano ancora per l’emozione ed erano piegate in un sorriso sognante ed innamorato.
“Grazie Ranja….”
Il volto della ragazza si rattristò. “Non ringraziarmi. Non è giusto che ti faccia delle illusioni.”
“Che vuoi dire?”
“Io non credo di provare gli stessi sentimenti che tu nutri per me.” Si sentiva morire dentro, ma doveva pur dirgli la verità. “Non fraintendermi, quel bacio è stato meraviglioso, dolce, stupendo ma…. Non ti ho trasmesso neanche un briciolo di tutto quello che tu hai trasmesso a me.”
Silenzio.
“Tu mi piaci Burian, ma non come vorresti tu… almeno per ora.”
Restarono muti con lo sguardo assente rivolto nel vuoto, lui c’era rimasto male ma aveva apprezzato la sincerità della ragazza. Doveva corteggiarla e farle capire che sotto quel petto batteva un cuore nobile e coraggioso, non aveva più davanti il ragazzino scapestrato di un tempo. L’avrebbe fatta innamorare a qualunque costo, non perché lo voleva il destino, solo perché lo voleva lui che l’amava più della sua stessa vita.
 
 






 
Chiedo scusa a tutti.
La settimana scorsa non ho aggiornato per dei grossi problemi a livello personale, non ero nelle condizioni adatte e sono stata costretta a rimandare.
Per farmi perdonare ho anticipato di un giorno rispetto alla consuetudine, spero di incontrare il vostro favore e di ricevere qualche commentino in più, mi farebbe davvero tanto piacere.
Non mi dilungo oltre e vi do appuntamento alla settimana prossima.
Voi intanto recensite!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 12
*** Il Libro di Badeneisten ***


 
IL LIBRO DI BADENEISTEN
 
 
 

 
Non appena la funzione fu conclusa e la folla di fedeli ebbe abbandonato il luogo di culto, Ranja, Burian, Dilia e Theon fecero il loro ingresso nel Tempio. I cuori dei due giovani battevano forte per l’emozione ed ogni tanto il ragazzo lanciava qualche occhiata furtiva a lei verso la quale sentiva di nutrire un fortissimo sentimento. Dilia fece strada a tutti, invitandoli a seguirla dietro l’elegante piedistallo su cui poggiava la statua di Odino. “Ecco: la piccola chiave che avete trovato apre questa serratura. Non so se il mio defunto marito ha veramente nascosto qui il Libro di Badeneisten, sta a voi scoprirlo.”
I ragazzi si guardarono in faccia in totale silenzio, poi un loro cenno di tacita intesa ruppe tutti gli indugi. Fu Ranja ad infilare la chiave nella piccola fessura con il cuore che le batteva all’impazzata, la girò e la serratura scattò subito aprendo lo sportello: all’interno c’era veramente il tanto sospirato Libro di Badeneisten. Nell’aria si sparse un delicato profumo di muschio, il Sacro Fuoco e le candele accese in onore di Odino splendevano più del solito, c’era un qualcosa di nuovo attorno alle quattro persone che avevano finalmente trovato quel prezioso oggetto nascosto in una nicchia di cui solo Aryus e Dilia conoscevano l’esistenza. La ragazza lo raccolse sotto lo sguardo di Burian e Dilia, poco più in là stava Theon che teneva ogni cosa sotto attento controllo. Si spostarono silenziosamente nel soggiorno e posarono l’oggetto sul tavolo: la copertina era estremamente raffinata, splendeva di un azzurro intenso; al centro troneggiava lo stemma araldico di Badeneisten che consisteva in due spade incrociate nei cui spazi vi erano tre gruppi di tre stelle e, in alto fra le else, un cuore bianchissimo. Lungo i bordi si susseguivano dei piccoli brillanti che si riunivano in alto formando una corona.
“Riconosco lo stemma della mia famiglia, si trovava nella grande Sala del Trono sulla parete in fondo.”
“Sì, è così mio signore.” Confermò Theon. “Era circondato da eleganti drappi azzurri e davanti ad esso sedevano i tuoi augusti genitori.”
Calò il silenzio fra tutti i presenti. Poi Burian riprese la parola. “Theon, mi dica una cosa…” La sua voce tremava leggermente. “Sono ancora vivi, non è vero?”
“Certo, loro sono ancora in vita e lo sono tutte le persone all’interno del castello e questo vale anche per i veri genitori di Ranja.”
Le labbra della ragazza si schiusero impercettibilmente, voleva chiedergli chi fossero ma le mancò la voce.
Theon sorrise. “Rosenthal. E’ da lì che vieni ed appartieni ad una delle nobili famiglie che hanno dato lustro a questa terra. Erik e Silka del casato di Bleikur sono i tuoi genitori che con grande gioia quel giorno di dieci anni fa ti condussero al cospetto del mio nobile principe per obbedire al volere di Odino e suggellare la vostra promessa matrimoniale.”
Ranja abbassò lo sguardo, ora conosceva i nomi dei suoi veri genitori, sapeva di venire da Rosenthal. “Scusate…” Si coprì gli occhi gonfi di lacrime e si allontanò in preda alla commozione preferendo restare per qualche istante da sola per metabolizzare ogni cosa. Burian avrebbe tanto voluto raggiungerla, abbracciarla e coccolarla per farle tornare il sorriso sulle labbra, sussurrarle all’orecchio che avrebbe fatto di tutto per farle riabbracciare la sua famiglia e poterle ripetere all’infinito che lui c’era e ci sarebbe stato per sempre accanto a lei.
Trascorsero alcuni minuti, poi Ranja si riunì alle persone che si trovavano nel soggiorno.
“Tutto bene?” Dilia era preoccupata per lei.
“Sto bene, grazie.” Le sorrise.
“A questo punto tocca a voi, ragazzi. Ora che il Libro è stato ritrovato dovete leggere le sue pagine e far tesoro di ogni parola che vi troverete. Vi esorto a farlo quanto prima, avete già visto che Galdramardur è qui e può agire da un momento all’altro. Leggete e comprenderete il potere del Cuore di Ghiaccio, saprete come usarlo e come vi servirà per liberare dalla prigione di ghiaccio il castello di Badeneisten.”
“Vi preparo qualcosa di caldo da bere, così potete iniziare immediatamente a consultarlo.” Dilia mise sulla calda piastra della stufa un recipiente pieno di acqua mentre Theon si congedò con il volto visibilmente rilassato, il tanto sospirato Libro era stato trovato.
 
Burian, con il cuore in gola, aprì la copertina: la prima pagina presentava la riproduzione dello stemma araldico della famiglia reale, girò tale pagina e si trovò davanti agli occhi un foglio completamente bianco. Guardò in faccia la ragazza con aria perplessa, anche lei non sapeva cosa significasse tutto ciò. Si sedette accanto a lui, mentre Dilia depositò sul tavolo una fumante teiera e due tazze, poi se ne andò a riposare nella sua camera.  Ed accadde qualcosa: come i due ragazzi furono soli, quella pagina bianca iniziò a riempirsi di parole e di disegni meravigliosi. Si guardarono in faccia sorridenti, Ranja si sentiva in imbarazzo perché sapeva bene i sentimenti che lui provava nei suoi confronti, quei sentimenti che ancora non poteva corrispondere appieno. Burian invece l’adorava ogni attimo di più, sentendosi rapito e conquistato da ogni minimo particolare del volto della ragazza che aveva imparato a memoria.
“Iniziamo a leggere?”
“Certo.” Burian distolse lo sguardo da lei e lo portò sul Libro.
Nel Nome dell’Onnipotente Odino è scritto questo Libro che riporta le gesta delle nobili genti che donarono, donano e doneranno lustro al glorioso Regno di Badeneisten, fondato agli albori della civiltà delle Terre del Nord dal prode Borkur, valoroso capostipite della real corona del regno a cui ivi donò i natali. Al suo fianco sedeva la magnifica Axelia, prima regina entrata nella leggenda la cui memoria deve essere tramandata di generazione in generazione.
“Dunque questo è l’albero genealogico del tuo casato.” Ranja indicò lo schema sottostante scorrendo con attenzione tutti i nomi riportati e che occupava quasi quattro pagine.
“Già.” Burian teneva lo sguardo fisso sul suo nome, il quale stava sotto quello dei suoi genitori Bondhus e Senja. “Non pensavo avessi origini così remote nel tempo.”
“Pensavo che conoscere la storia della tua famiglia facesse parte della tua preparazione in quanto erede al trono.”
“E’ così ma…. Non ho mai studiato un bel niente di tutto quello che mi imponevano. Lo trovavo noioso da morire e preferivo fare altro.”
Ranja roteò gli occhi. “Dai, coraggio. Vediamo se più avanti c’è qualcosa che riguarda quel Galdra-come-si-chiama…”
Girarono altre pagine scrutandone attentamente ogni angolo e finalmente trovarono quello che cercavano.
“Bene, ci siamo.” Burian sorseggiò il the e prese a leggere. “Il Pantheon Celeste vide con favore il nascente Regno di Badeneisten il quale fu benedetto da Odino in persona e con Lui stavano Forseti dio della giustizia, Freyr e Freyja dei della fertilità e dell’amore, Heimdallr dio della luce, Snotra dea della saggezza e Thor dio del tuono. Ognuno di loro irrorò i sovrani con i doni di cui erano i divini detentori perché la prosperità ed il buon governo fossero sempre presenti nei loro cuori e ne tramandassero i doni e le virtù alle future generazioni. Perché tutto questo potesse avere luogo, il Potente Odino avrebbe  indicato colei che fosse stata degna di sedere accanto all’erede al trono come principessa e poi regina di Badeneisten, una giovane fanciulla dalle rare virtù e dal nobile cuore.”  Burian si voltò verso Ranja il cui sguardo era rimasto incollato a quelle parole scritte nero su bianco, come a volersi sincerare che le cose udite corrispondessero alla verità. “C’è il tuo ritratto perfetto in queste righe.” Attese che la ragazza lo guardasse. “Adesso sai il perché del nostro fidanzamento forzato.”
Sospirò. “Ero condannata fin dalla nascita dunque…”
“Parli come se fosse una catastrofe.”
“Mi sarebbe solo piaciuto scegliermi da sola lo sposo, finire nel vortice dell’innamoramento come è accaduto alla mia amica Arvika che quando pensa a Kaspar ha gli occhi pieni di stelle e le farfalle nello stomaco….” Aveva lo sguardo sognante perso nel vuoto.
“Questo non significa che a te non succeda mai.”
Lo guardò con aria poco convinta. “Vai avanti con la lettura.” Tagliò corto di proposito.
“D’accordo.” Cercò il punto in cui aveva interrotto poco prima. “Il potente Odino scelse in totale e completa autonomia, in quanto padre celeste, coloro i cui doni avrebbero maggiormente giovato alla nobile stirpe, relegando in secondo piano gli altri eletti del pantheon celeste promettendo loro che avrebbero avuto modo di glorificare la Corona di Badeneisten al momento opportuno. Tutti quanti obbedirono al volere di Odino, tutti tranne il dio Galdramardur, divinità al servizio di Thor il cui potere derivava dal controllo dei venti.
Ranja sollevò la testa da quelle pagine inspirando ed espirando profondamente. “Se ho capito bene Galdra-coso era un dio dunque.”
“Già, pare proprio di sì.” Burian rilesse mentalmente tutte quelle righe per sincerarsi di aver compreso bene. Poi proseguì. “Questi, ritenutosi offeso dal mancato invito di Odino, si ribellò scagliando sulla leggendaria città di Asgard,  loro nobilissima dimora, una tempesta dalle proporzioni enormi, con venti incontrollabili, bufere di ghiaccio e di neve che misero rapidamente in ginocchio ogni essere vivente. Galdramardur dichiarò di porre fine a quel tormento solo nel caso in cui Odino gli avesse permesso di far parte delle divinità elette i cui doni sarebbero stati elargiti a Badeneisten. L’Onnipotente sapeva benissimo che questo avrebbe comportato uno sconvolgimento non indifferente nelle gerarchie celesti e che quella assurda richiesta altri non era che l’insaziabile sete di potere di Galdramardur. Perciò, grazie ai suoi sconfinati poteri di padre celeste, fece tacere la tempesta che si abbatteva su Asgard, la neve cessò di scendere ed il ghiaccio si ritirò secondo la sua volontà. Quanto scatenato dal ribelle dio dei venti non restò impunito, perciò Odino lo cacciò all’istante dal pantheon, lo privò dei suoi poteri e lo relegò in un limbo di oscurità, donando istruzioni precise ai Membri della Kasta di Badeneisten sull’accaduto affinché niente di simile potesse più scatenarsi. Lo sigillarono all’interno di una bottiglia realizzata con il mitico Gler, la Sacra Lega forgiata dagli dei in persona ponendone al vertice una chiusura ermetica messa in sicurezza dalla rilegatura in Reipi realizzato con i divini capelli delle magnifiche dee di Asgard. Esiste solo un oggetto in grado di spezzare il Reipi, un oggetto potentissimo che ha la rara facoltà di andare oltre l’impossibile e si tratta del leggendario Pugnale di Bloch, forgiato nella notte dei tempi al confine delle Terre degli Immortali dallo stesso Odino. Questo è in grado di trafiggere anche i divini corpi ed ogni cosa ad essi collegato…..” Burian si interruppe un istante e rifletté, ricordandosi altri particolari importanti. “Il Pugnale di Bloch… ma certo! Era custodito nel Tempio del mio castello e lo usavo spessissimo per giocare. Theon mi ripeteva fino allo sfinimento di non toccare quell’oggetto… Adesso capisco perché.”
“E lo hai usato per recidere quelle corde speciali liberando lo stregone.”
“Già.” Restò in silenzio sentendosi terribilmente in colpa.
“Questo Pugnale di Bloch dove si trova adesso?”
“Non lo so. Theon se ne impossessò dopo che ebbi fatto il danno e da allora non l’ho più visto.”
“E’ possibile che lo custodisca lui?”
“Lo spero proprio, non saprei dove andare a cercarlo.”
“Dobbiamo trovarlo a tutti i costi, Burian.” Lo guardò in faccia con determinazione. “Quell’oggetto è l’unica cosa che possa eliminare Galdra-coso.” Cercò le righe in cui ne veniva rivelato il potere. “Guarda: il Pugnale di Bloch può trafiggere anche gli dei e coloro che sono dotati di poteri proprio come lui.”
Si imbambolò a guardarla, rapito da una sorta di devozione nei confronti di quella ragazza che con la sua intelligenza gli aveva appena aperto la mente sul futuro: ecco la vera Ranja, ecco il motivo per cui Odino l’aveva scelta come sposa per lui. Lui era sempre stato un tipo poco riflessivo, a volte pure insofferente verso tutto ciò che concerneva i suoi doveri regali, magari superficiale e scansafatiche, a tratti forse troppo impulsivo. Ed eccola la ragazza giusta per lui, una ragazza dotata di grande sensibilità e di un’intelligenza non comune, capace di mettere a freno la sua irrequietezza e di prendere in seria considerazione quello che la vita le stava chiedendo, una ragazza insomma in grado di metterlo in riga e di fargli capire che non si può sempre  fuggire da quello che non ci piace, bisogna tirare fuori la grinta per affrontare di petto le sfide della vita, soprattutto se si è un erede al trono.
“Beh? Che hai? Ti sei addormentato con gli occhi aperti?”
“No… no… Scusa. Stavo solo riflettendo.” Tornò a concentrarsi sul Libro sfogliandone le pagine alla ricerca di altre utili informazioni.
“Dobbiamo ancora trovare la parte in cui si parla del Cuore di Ghiaccio.” Ranja scrutava con attenzione ogni parola.
Burian si portò una mano sul petto. “E’ qui dentro di me. Ne sono il custode da anni ormai e non lo conosco affatto. So solo che il suo potere mi ha fatto diventare un mostro insensibile e non ti nascondo che questo amuleto mi spaventa.”
“Coraggio, andrà tutto bene.” Gli sorrise nel tentativo di tranquillizzarlo. “Adesso cerchiamo qualcosa qui e vedrai che le nostre idee si chiariranno.”
Gli sfiorò la mano che teneva sul cuore, man mano che il tempo scorreva sentiva di iniziare a nutrire qualcosa di profondo nei suoi confronti. Burian le faceva tenerezza con quella sua aria a tratti smarrita, con quegli occhi profondi e quello sguardo fragile ed insicuro. Sentiva di non poterlo abbandonare, poco importava se il loro era un matrimonio combinato da Odino, poteva sempre vivere il magico periodo dell’innamoramento, chi glielo vietava? Forse il fatto che questo sposo le era stato imposto dal destino?
Sorrise e riportò l’attenzione sul Libro, sentiva però il cuore palpitare in un modo per lei nuovo ed anomalo. Poteva significare quello che in fondo desiderava?
 
 




 
 
 
Ciao a tutti!
Dovrei aver superato tutti i problemi che nelle scorse settimane mi hanno tenuta lontana da efp, per cui son di nuovo qua a disturbare i vostri pomeriggi con la mia storia.
Capitolo forse un po’ lungo e pesante questo che avete appena terminato di leggere, abbiamo ripercorso parte della storia di Badeneisten fra uno sguardo e l’altro dei due protagonisti. Cosa ve ne pare?
 
Vi prego di lasciare qualche recensione, per me è di fondamentale importanza per capire se qualcosa non va e tentare di cambiare grazie ai vostri suggerimenti.
 
Vi aspetto!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 13
*** La Festa del Sole di Mezzanotte ***


 
 
 LA FESTA DEL SOLE DI MEZZANOTTE
 
 
 
 
Burian continuava a sfogliare quelle pagine leggermente ingiallite dal tempo alla ricerca di informazioni sul Cuore di Ghiaccio, quell’oggetto indispensabile per far tornare ciò che lo stregone aveva tentato di cancellare per vendetta. Era stanco, molto stanco, poiché le emozioni che il suo giovane cuore aveva sopportato lo avevano segnato nel profondo: amava Ranja, ma lei non ricambiava appieno il suo sentimento; stava ricostruendo il suo passato e doveva assolutamente recuperare alcuni strumenti indispensabili alla riuscita della loro missione.
La ragazza gli spettinò i capelli. “Non ce la fai più, vero?”
Si voltò a guardarla. “Leggere mi fa addormentare, è sempre stato così.”
“Oh, allora oggi hai battuto ogni record, hai letto tante di quelle pagine da esserti sufficienti per anni ed anni.”
Si fece sfuggire un sorriso che causò un lieve rossore sulle guance di Ranja la quale riportò immediatamente l’attenzione sul Libro. Cercando di pagina in pagina si imbatté nell’illustrazione magnifica del Cuore di Ghiaccio. “Eccolo…” Sfiorò con le dita quel disegno realizzato da mano esperta, era talmente realistico da sembrare di trovarsi fra le mani il vero amuleto. Girò la pagina e continuò a leggere. “Centro, fulcro e fonte di eterno benessere e giustizia per Badeneisten è il Cuore di Ghiaccio. E’ compito della real famiglia e della nobile Kasta dei Ministri del Nord custodirlo con la massima attenzione, preservandolo nei secoli affinché mai cada in mani nemiche. Nella notte dei tempi fu creato dal potente Odino con la magnanima collaborazione degli augusti dei celesti presso la Krasprett, la leggendaria Fonte a cui gli Immortali attingono. Da allora, dal momento in cui Odino prese fra le sue mani grandi e venerabili il potente amuleto, la giustizia, la pace e la prosperità vi furono incastonate. Egli lo donò al primo re Borkur come simbolo di benevolenza domandando eterna devozione da parte sua e delle sue genti. Per questo il sovrano fece costruire un magnifico Tempio all’interno del castello in cui fu presto collocata la statua di Odino. Sontuose cerimonie venivano celebrate in suo onore mentre il Cuore di Ghiaccio veniva custodito con la massima cura ed attenzione in un luogo segreto accessibile solo al re, alla regina e pochi eletti della Kasta. Così il tempo ha preso a scorrere in pace ed armonia, generazioni si sono avvicendate mantenendo salde le antiche tradizioni. Nel Cuore di Ghiaccio furono racchiusi enormi poteri, gli unici in grado di riportare l’equilibrio nel regno qualora si venga a guastare. Solo i regnanti di Badeneisten il cui cuore brilla di saggezza e purezza possono ricorrere al suo enorme potere. Esso è l’unico potente mezzo per contrastare il male supremo, il ribelle dio che con la sua superbia ha tentato di stravolgere gli ordini celesti che regolano il perfetto equilibrio sin dagli albori dell’esistenza umana e divina. L’odio verso coloro che hanno giurato eterna fedeltà e devozione al Padre Odino getteranno le basi al male che tenterà di insinuarsi fra i ghiacci come l’infido sibilo del vento: tutto ciò deve essere scongiurato con ogni mezzo e se il fato avverso si abbatterà su Badeneisten, solo il Cuore di Ghiaccio potrà far tornare ciò che era un tempo. Il contatto contemporaneo dei regnanti sprigiona il suo potere che ridona la vita, purifica le anime, rigenera e fortifica, infonde coraggio ed è in grado di guidare il cammino dei sovrani verso la giustizia, la verità ed il buon governo.”
Rifletterono entrambi in silenzio tentando di comprendere il significato delle parole.
“Secondo te il contatto di cui parla il Libro a cosa si riferisce?”
Burian lesse di nuovo quelle parole scuotendo mestamente la testa. “Non saprei. Potrebbe riferirsi alla nostra unione? Al momento in cui dovremo sposarci?”
Ranja lo guardava con aria interrogativa e nella sua mente tentava di immaginarsi la scena del suo ipotetico matrimonio con lui: pensando a questa cosa il suo battito cardiaco prese ad aumentare ed una strana sensazione le invase lo stomaco mettendolo sottosopra all’istante. Che Burian fosse un ragazzo bellissimo era fuori discussione, fin dal loro primo incontro lo aveva trovato terribilmente affascinante, intrigante e misterioso, seppur freddo come un iceberg. Si era comportato male nei suoi confronti, ma a seguito degli stravolgimenti occorsi alle loro vite negli ultimi tempi, aveva iniziato a vederlo sotto un’altra luce. Il fatto che abitassero sotto lo stesso tetto aveva portato grandi cambiamenti in lei: era stupendo alzarsi al mattino, entrare in cucina per consumare la colazione e vederlo seduto a tavola intento a sgranocchiare un biscotto o sorprenderlo con la bocca sporca di marmellata come un bambino che ha fatto qualcosa di nascosto, era una carezza al cuore vederlo accanto alla finestra mentre osservava l’esterno con lo sguardo perso nel vuoto. Ed era il massimo della serenità incrociare il suo sguardo sognante e sorridente che le augurava il buongiorno rendendo speciale ogni mattina.
“Ehi, ci sei?”
“Eh? Che… che c’è?”
“Ti sei addormentata con gli occhi aperti? Forse la lettura ha avuto su di te lo stesso effetto che ha su di me?” E le regalò uno dei suoi sorrisi che la lasciavano senza fiato.
Ranja riportò lo sguardo sulle pagine del Libro fingendo di rileggere quelle parole. “No, stavo solo riflettendo.” Era vero, ma la sua riflessione riguardava ciò che le punzecchiava il cuore da giorni, non il contenuto del volume. Poche ore prima Burian l’aveva baciata e lei lo aveva liquidato rapidamente rivelandogli di non essere innamorata di lui come lui era di lei. Era davvero stata sincera? Voleva davvero resistere solo perché quel ragazzo le era stato imposto come sposo dal destino? Si alzò. “Scusa, ho bisogno di stare un attimo da sola.” Uscì dalla stanza lasciandolo solo, senza dargli la possibilità di risponderle.
 
Nella semi oscurità della sua camera la ragazza si mise seduta sul letto fissando un punto imprecisato davanti a lei. Burian era cambiato radicalmente da quando Theon gli aveva restituito i ricordi ed era diventato un ragazzo dolcissimo, almeno così appariva ai suoi occhi, in più vi aveva scorto una goccia di ingenuità che le faceva letteralmente scogliere il cuore. Perché ancora voleva mentire a se stessa? Perché non voleva ammettere che quello scombussolamento interno delle ultime ore le stava urlando di non nascondersi più dietro l’orgoglio?
Si avvicinò alla finestra scostando la tenda e sbirciando fuori: c’era una luce surreale generata dal sole che era scomparso sotto l’orizzonte e che era in procinto di sorgere di nuovo. Creava magiche ombre e magiche suggestioni al cui fascino non si sarebbe mai abituata, ogni anno all’inizio della stagione del sole la meraviglia che nasceva in lei era sempre la stessa. Nonostante la luce sempre presente all’esterno, l’ora era molto tarda e non aveva chiuso occhio, aveva trascorso tutta la serata in compagnia di Burian ben impegnata a leggere il Libro di Badeneisten.
Respirò profondamente e decise di tornare da lui.
Aprì la porta in silenzio e lo colse addormentato sul Libro: tale visione le strappò un sorriso, tanto le faceva tenerezza. Sembrava un ragazzino vinto dal sonno mentre studiava fino a tardi, dormiva profondamente ed il suo respiro era calmo e rilassato, evidentemente aveva trovato la pace dei sensi e non era nel pieno della tempesta come lei che invece doveva ancora comprendere se quel sentimento era paragonabile ad una semplice cotta o era qualcosa di più profondo. Scostò leggermente la porta, afferrò la coperta che teneva in fondo al suo letto e gliela mise sulla schiena sistemandogliela con cura. Gli accarezzò i capelli delicatamente per non svegliarlo, sentiva il suo respiro calmo e le sue lebbra erano lievemente dischiuse parevano messe lì a chiederle un bacio. Ranja si morse il labbro, il suo stomaco era incontrollabile così come il battito del suo cuore, si avvicinò a lui, gli si sedette accanto abbracciandolo, gli scostò un ciuffo di capelli dal viso accarezzandolo di nuovo, sorrise nel vederlo addormentato come un bambino e posò le labbra sulle sue imprimendovi un delicato bacio che non riuscì a svegliarlo.
Poi tornò nella sua camera e tentò di riposare per qualche ora.
 
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
 
Erano trascorsi molti giorni da quella sera, da quando in definitiva il Libro era stato trovato, letto, ma non correttamente interpretato. L’unica certezza concreta consisteva nei sentimenti che Burian nutriva nei confronti di Ranja e che aveva manifestato senza alcun timore. Lei invece aveva la testa piena di pensieri che le disturbavano il sonno, adorava farsi corteggiare dal ragazzo poiché per la prima volta in vita sua sentiva di essere amata e desiderata, le piacevano da impazzire tutte le attenzioni che lui le rivolgeva, i sorrisi che le regalava anche senza un motivo le facevano sciogliere il cuore. Prima o poi avrebbe ceduto alla sua corte, lo sapeva e lo voleva, ad ogni modo scelse di vivere a fondo il periodo dell’innamoramento proprio come sognava da sempre. E, visto che lei ancora non si era decisa, il destino ci mise del suo offrendo loro l’occasione perfetta per far sbocciare il loro amore come una rosa al sole. Ma le rose hanno anche le spine…..
 
 
Il sole scompariva solo per pochissime ore sotto l’orizzonte e con il trascorrere dei giorni quelle ore si erano ridotte a minuti. La notte buia era stata sopraffatta da quel fantastico spettacolo denominato Sole di Mezzanotte che stava per mostrarsi in tutto il suo splendore. Gli abitanti di Beflavik adoravano celebrare quell’avvenimento, infatti i preparativi per la grande Festa del Sole  di Mezzanotte erano in pieno fermento: ci sarebbero state funzioni religiose nel Tempio di Odino tirato a lucido per l’occasione, abbondanti cene per le strade del paese con tavoli imbanditi di ogni prelibatezza, dolci tradizionali, bevande tenute in serbo per l’occasione e chi più ne ha, più ne metta. Ovviamente si andava avanti ad oltranza con musica e danze fino a che il disco solare sarebbe stato di nuovo alto nel cielo dopo che i suoi raggi si erano abbassati fino a sfiorare le onde del mare.
Ranja stava terminando di prepararsi quando Burian bussò alla porta della sua stanza. “Ti disturbo?”
La ragazza si voltò mentre lui entrava. “No affatto, sono pronta per la gran festa. Vedrai che ti piacerà.”
La guardò con gli occhi pieni di stelle: era bellissima con quell’abito azzurro che fasciava il suo esile corpo in maniera impeccabile. “Hai già un accompagnatore?”
“Qui tutti ci accompagniamo a vicenda, non è come il ballo al palazzo reale al quale puoi partecipare solo se hai un cavaliere.”
“Oh, che peccato… Mi sarebbe piaciuto portarti alla festa.”
Lo guardò. “Beh, potrei fare un’eccezione però devi indossare qualcosa di appropriato: la tradizione impone ad ogni abitante di Beflavik di mettere il vestito migliore che possiede. Odino potrebbe offendersi, sai?” Gli regalò un sorriso.
E lui ricambiò appieno. “Lo so, infatti Theon mi procurerà qualcosa di veramente speciale con cui ti stupirò.”
“Davvero?”
“Davvero.”
“Mhm, allora non vedo l’ora.” Gli accarezzò dolcemente il viso. “Io vado, Arvika mi sta aspettando. Ci vediamo in paese.”
“Contaci.”
Restò fermo ad osservarla mentre si incamminava verso la Festa del Sole di Mezzanotte già brulicante di gente allegra e vogliosa di divertimento. Il suo sguardo sognante fu riportato alla realtà da Theon, comparso davanti ai suoi occhi all’improvviso, che lo distolse dai suoi romantici pensieri invitandolo ad indossare ciò che si stava materializzando fra le sue braccia.
Burian non era troppo entusiasta della proposta del vecchio sacerdote. “No, la prego… Davvero vuole che metta questa roba?”
“Se vuoi che la tua bella riacquisti la memoria devi farlo, fidati mio signore e vedrai che il tuo…ehm, sacrificio darà i suoi frutti.”
Il ragazzo  sospirò ed acconsentì.
 
Nel frattempo Ranja aveva raggiunto Arvika nei pressi della piazza principale in cui già si ultimavano i preparativi per il pasto luculliano ed un’orchestra inondava l’aria di musica e di allegria.
“Ciao. Ti ho fatto attendere molto?”
“Oh no, sono qui da un paio di minuti.” Arvika accolse l’amica con un sorriso.
“Kaspar dov’è?”
“Sta finendo di cucinare il pesce con i suoi compagni di pesca, adoro i manicaretti che sa realizzare.”
“Adori quelli o lui?” La punzecchiò.
Era innamorata persa di lui e ricambiò la battuta dell’amica con un sorriso che esplodeva sul suo viso paonazzo ed un colpetto al braccio, mentre Ranja rideva soddisfatta e felice per lei.
“E tu? Dove hai lasciato il tuo spasimante?” Arvika, di proposito, rigirò la conversazione.
“Di chi parli?”
“Non fare la finta tonta.” La sua attenzione fu catturata dall’arrivo di Burian in paese. “Sto parlando di lui.” E lo indicò.
Ranja restò paralizzata ed ammutolita: il ragazzo stava venendo verso di lei con indosso l’uniforme dei NorskDrakon, l’antico ordine cavalleresco di cui faceva parte fin da piccolo. Era semplicemente da infarto, tanto quell’uniforme lo faceva apparire più affascinante di quanto già non fosse e questo dettaglio non aveva colpito solo lei, anche gran parte delle ragazze presenti alla festa avevano gli occhi fissi su di lui. Quell’uniforme sembrava essergli stata cucita addosso e metteva in gran risalto il suo corpo statuario, il suo passo fiero e sicuro di sé apparteneva al nobile principe che dopo anni di oblio era tornato in tutto il suo splendore.
“Davvero vuoi fare la preziosa?”
Ranja non rispondeva.
“Ehi, sei dei nostri?” Arvika tentò di riportarla alla realtà, non riuscendoci neanche dopo molti tentativi.
Burian raggiunse la ragazza ancora in trance, le impresse un bacio sul dorso della mano. “Sono abbastanza elegante per essere il tuo cavaliere alla festa?”
Lei accennò un leggerissimo sorriso e si lasciò guidare da Burian. Dove? Non le importava, non salutò neanche l’amica, tanto era annegata negli occhi del ragazzo e nella sua elegante dolcezza.
Sarebbe stata ancora in grado di resistere?
 
 





 
 
 
Ciao a tutti e buon venerdì!
Ho seriamente rischiato di non concludere il capitolo in tempo, ma ho fatto i salti mortali per aggiornare quest’oggi.
Avrete notato che il capitolo è diviso in due parti: nella prima scopriamo novità sul Cuore di Ghiaccio, nella seconda partecipiamo alla Festa del Sole di Mezzanottte in occasione della quale dovrebbe accadere qualcosa.
Non odiatemi se vi dico che quasi sicuramente non riuscirò ad aggiornare la settimana prossima. Devo ancora scrivere il capitolo ed essendo prossimi alla Pasqua ho giorni intensi davanti a me “causa pranzo coi parenti”. Farò il possibile, ma non garantisco.
 
Vi auguro fin d’ora Buona Pasqua, mangiate uova di cioccolato a volontà che fa bene allo spirito (per la dieta c’è tempo!) e non dimenticate di recensire!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 14
*** Il ritorno delle tenebre ***


 
IL RITORNO DELLE TENEBRE
 
 



 
“Hai perso il dono della parola?”
Ranja ancora non aveva pronunciato una singola sillaba, era rimasta letteralmente incantata perché la vista di Burian nelle vesti di principe di Badeneisten con indosso l’uniforme dei NorskDrakon superava di molto la sua pur fervida immaginazione. Dire che era da mozzare il fiato era poca cosa, non aveva mai ritenuto che indossare un abito piuttosto che un altro potesse stravolgere in quel modo l’aspetto estetico di una persona…. Dovette ricredersi all’istante. Riuscì solo a regalargli un sorriso sognante, fu l’unico movimento che riuscì a compiere. E meno male che il cuore era un muscolo autonomo, altrimenti si sarebbe rifiutata di farlo pulsare, tanto era stata rapita!
 
Presero a passeggiare mano nella mano fra le bancarelle della Festa, poco più in là alcune persone si erano già lanciate nelle danze tradizionali mentre nell’aria si diffondevano la musica e l’allegria. Molta gente stava banchettando con i piatti tipici delle terre del nord innaffiando il tutto con acqua di sorgente e la tradizionale bjor, una bevanda realizzata con alcune bacche locali.
“Ti va di mangiare qualcosa?”
Ranja fece segno di no con la testa e finalmente parlò. “No grazie. Ti va invece di fare una passeggiata lungo il mare?”
“Molto volentieri.” Quella proposta era quanto di meglio potesse augurarsi di sentire.
Tenendola sempre per mano, la condusse fuori dalla confusione e dal paese, raggiunsero il porticciolo in cui tutte le barche ormeggiate venivano cullate dalle piccole onde del mare che andavano ad infrangersi quasi impercettibilmente sulla costa. Si fermarono nell’ultimo lembo di terra su cui era presente la mano dell’uomo, la ragazza si mise ad osservare il mare che brillava dei raggi del sole basso sull’orizzonte, sentiva la presenza di Burian alle sue spalle, Burian…. Che quella sera era semplicemente meraviglioso. Il suo cuore batteva fortissimo e percepiva uno stormo impazzito di farfalle metterle sottosopra lo stomaco: lo amava, ormai non poteva più mentire a se stessa e non riteneva giusto mentire più neanche a lui. Che stupida era stata nel volersi lasciar corteggiare, quanto tempo aveva sprecato!
“Il sole di mezzanotte offre uno spettacolo indescrivibile.” Burian le si avvicinò.
“E’ vero, quest’anno però mi sembra ancora più bello del normale.” Si voltò verso di lui e sentì fortissimo il desiderio di scivolare fra le sue braccia e poggiare la testa sulla sua spalla continuando a guardare il mare stretta a lui, cosa che fece prontamente lasciandosi accogliere da quell’abbraccio dolcissimo.
Prese a giocherellare con le eleganti decorazioni dell’uniforme, era certa di aver già visto quell’abito anche perché sapeva dell’ordine cavalleresco a cui apparteneva.
“Eri vestito così anche quel giorno, vero?”
“Sì, fui costretto ora come allora ad indossarla nonostante la detestassi. Dieci anni fa era per un’occasione speciale ed ufficiale; oggi me l’ha suggerito Theon ed ho capito che dovevo fare questo sacrificio per te.”
“Per me?”
“Già, ti sta aiutando a ricordare qualcosa del passato.” Le sorrise. “Vorrei anche che tu ricordassi alcune cose del presente.”
“E sarebbero?”
“Che ti amo più della mia stessa vita e che sono pronto a tutto pur di farti felice e per aiutarti a riabbracciare i tuoi veri genitori. Ricordati che io ci sono e ci sarò sempre accanto a te se tu mi vorrai. Mi sono comportato da perfetto stronzo con te e comprendo benissimo i motivi per cui non mi vuoi. Sono pronto a tutto per farti innamorare, dimmi solo che cosa desideri ed io lo farò.”
Si strinse ancora più forte a lui. “Non devi fare proprio nient’altro per farmi innamorare…. Ci sei già riuscito.”
Al suono di quelle parole Burian sussultò e per un istante restò muto ed immobile: davvero Ranja gli aveva appena confessato di amarlo? Davvero la ragazza che stringeva fra le braccia e che sentiva tremare impercettibilmente lo amava? Odino gliel’aveva “imposta” come sposa quando erano poco più che bambina, si detestarono al primo sguardo, poi il destino li aveva divisi e fatti rincontrare di nuovo e anche in quell’occasione c’erano state scintille fra di loro. E invece il miracolo si era compiuto: lui era tornato quello che era, aveva imparato ad amare quella ragazza ed era stato capace di farla innamorare solo con l’essere se stesso, con la sua spontanea ingenuità e con la forza del cuore.
Non quello di ghiaccio, ma con il suo che in quel momento batteva come mai prima.
“Beh? Sei tu che hai perso il dono della parola adesso?” La ragazza lo fissava con gli occhi pieni di stelle, era raggiante così come lo era lui.
La strinse ancora più forte affondando il viso nei suoi capelli. “No. E’solo che le parole potrebbero sciupare momenti perfetti come questo.”
Gli regalò un sorriso più luminoso del sole che stava illuminando la nascita del loro amore. “Allora chiudi gli occhi, manca ancora una piccola cosa perché tutto lo sia davvero.”
Burian obbedì e lei si gustò appieno quel viso d’angelo impreziosito da labbra rosate  appena piegate in un sorriso, portò le sue mani sulle spalle e gli regalò un dolcissimo bacio, il primo fatto di vero amore reciproco. Quella volta anche Ranja riusciva a trasmettergli tutto ciò che conservava nel cuore ed era semplicemente meraviglioso. Aveva perso del tempo nel tenerlo sulle spine, magari non si era comportata proprio benissimo, ma ora che importava? Finalmente si erano innamorati l’uno dell’altro e quel bacio scambiato in riva al mare, illuminato dai raggi del sole di mezzanotte stava spazzando via l’orgoglio, la paura e mille dubbi dai loro cuori.
Si allontanarono di pochi millimetri con la consapevolezza che in quegli attimi il loro amore aveva preso il volo e sarebbe andato molto lontano superando ogni ostacolo che il destino poteva mettere sul loro cammino. Di questo ne erano certi.
“Ce l’hai con me se ti ho fatto attendere fino ad ora?”
“Assolutamente no.” La baciò di nuovo. “Il passato non conta più, adesso mi interessa solo il presente. E il nostro futuro. Odino non poteva scegliermi una ragazza migliore.”
“Mhm, che adulatore!”
“Non ti piacce se parlo così?”
“Mi piacce eccome! Guai a te se smetti di corteggiarmi anche se adesso siamo insieme!” Gli puntò scherzosamente il dito in mezzo agli occhi. “Potrei anche lasciarti, sai?”
Burian scoppiò a ridere scaricando quintali di tensione, la strinse forte per l’ennesima volta fin quasi a toglierle il fiato.
“Ti va di tornare in paese? Magari assaggiamo qualcosa o balliamo un po’, che ne dici?”
“Tutto quello che vuoi.”
La prese per mano ed insieme raggiunsero di nuovo la festa col sorriso sulle labbra.
Si confusero con la folla festante lanciandosi nelle danze in modo totalmente spensierato, tanto si sentivano felici. Burian aveva sempre detestato il ballo, già da bambino tentava di svignarsela ogni qual volta si teneva un ricevimento al castello durante il quale erano previste delle danze. In quel momento, come per incanto, amava volteggiare a tempo di musica ed avrebbe voluto che durasse in eterno solo per non dover smettere di guardare la sua amata Ranja che ora esplodeva di felicità.
Ai bordi della pista da ballo Dilia osservava i due ragazzi con serenità, sapeva che la sua bambina avrebbe iniziato a seguire la strada del destino, sapeva anche che questa sarebbe stata impervia e pericolosa. Era proprio ciò da cui il suo defunto marito voleva proteggerla, dai grandi rischi che l’attendevano non appena fosse stata ufficialmente a fianco di Burian.
 
Quel momento però era arrivato e anche Galdramardur lo sapeva.
 
Il sole di mezzanotte fu velato da nubi sottili ed oscure materializzatesi all’improvviso, fra i vicoli di Beflavik iniziò a muoversi uno strano vento, dapprima piuttosto leggero, poi sempre più intenso. Tutte le persone che si stavano godendo la festa si soffermarono nel tentare di comprendere il motivo di quello strano fenomeno, l’orchestra aveva smesso di suonare e nell’aria si udiva solo una grande brusio. L’intensità del vento andava aumentando e la temperatura stava crollando attimo dopo attimo, Burian comprese all’istante chi si celasse dietro a quel fenomeno improvviso, cercò Theon in silenzio con lo sguardo senza successo.
“Vieni.” A bassa voce invitò Ranja a seguirlo fuori dal paese.
“Che succede?” La ragazza iniziava a nutrire qualche timore.
“Dobbiamo allontanarci il più possibile da Beflavik, c’è il rischio che tutte queste persone innocenti restino coinvolte.”
“Coinvolte in cosa?” Deglutì spaventata. “Non dirmi che…”
“Sì. Galdramardur è qui.”
Le uscì una lacrima di paura, il vento era sempre più forte e gelido, sui tetti delle case iniziava a formarsi del ghiaccio ed il cielo si stava colorando di grigio. Fra gli inquietanti sibili di quell’inizio di tempesta si fondevano le urla degli abitanti di Beflavik che correvano all’impazzata nel tentativo di trovare  rifugio, i tavoli su cui stavano banchettando erano a gambe all’aria senza contare tutti i festoni e le decorazioni che addobbavano il paese in quell’occasione così speciale. Il sole non c’era più, era stato oscurato da sottili nubi intrecciatesi come una ragnatela, su quel lembo di terra ora erano di nuovo calate le tenebre. Burian correva senza voltarsi, Ranja lo seguiva nonostante il terrore le scorresse nelle vene. Stavano entrambi rivivendo l’incubo di dieci anni prima, quando nel bel mezzo della loro festa di fidanzamento quel losco figuro era piombato in mezzo alla folla scatenando un inferno di ghiaccio. Giunsero presso l’altopiano di Slottbergen, proprio dove un tempo sorgeva Badeneisten, videro il loro piccolo villaggio completamente deserto, coi tetti delle case coperti di neve come fosse pieno inverno.
Il sole di mezzanotte non splendeva più all’orizzonte, era di nuovo calata la notte.
“E ora che facciamo?”
“Lui è qui, lo sento vicino.”
Le parole pronunciate da Burian fecero tremare la ragazza che gli si avvicinò in cerca di protezione. C’era solo il sibilo del vento nell’aria, i due si guardavano attorno con ansia e circospezione, ma con la consapevolezza che, in caso di attacco, niente sarebbe accaduto agli abitanti di Beflavik che non c’entravano niente con loro e con il Cuore di Ghiaccio.
“Altezza reale di Badeneisten, quale immensa gioia incontrarla di nuovo dopo tutti questi anni.”
Si voltarono con il terrore negli occhi: Galdramardur era lì a non più di deci metri da loro, con la sua inquietante e lunga tunica nera, con lo sguardo beffardo e gli occhi colmi di desiderio di vendetta. “Ne è passato di tempo, principe di Badeneisten, e devo dire che la sua augusta sposa è davvero deliziosa, altezza.” Sorrise. “Sembra incredibile che tutto sia ritornato quasi esattamente come quel giorno…. Lei, altezza, indossava la stessa uniforme, è fuggito con la sua promessa come allora… Sfortunatamente per voi due quell’odioso sacerdote ora non c’è più, ma io sì.”
I due si guardarono per un attimo.
“Sciocchi! Quel vecchio è morto dieci anni fa nel vano tentativo di nascondere il Cuore di Ghiaccio! Sapeva benissimo quante energie erano necessarie per quell’incantesimo ed è stato davvero ingenuo a nasconderlo in quel punto preciso.”
“Ma come…”
“Certo, certo che lo so! Niente è impossibile all’immenso Galdramardur! So tutto, so dov’è l’amuleto che mi appartiene di diritto! Odino dovrà piegarsi al mio volere una volta per tutte!” Alzò le braccia verso il cielo richiamando su di sé i gelidi venti polari.
“Via! Via!” Burian afferrò di nuovo Ranja per il polso ed iniziarono a correre senza neanche  sapere dove andare, volevano solo fuggire dalla furia dello stregone. Nelle loro menti, fra i mille pensieri, risuonavano le parole relative alla presunta scomparsa di Theon occorsa dieci anni prima: che era successo davvero? Era morto sul serio? Chi era quell’individuo che si era presentato con quel nome?
Scappando all’impazzata, finirono in un canalone alla cui fine c’era il mare.
“Quella è la nostra unica via di salvezza, vieni.” Raggiunsero la meta e quando verificarono l’esistenza di possibili vie di fuga, Galdramardur si presentò di nuovo davanti a loro sbarrando la strada. Toccò il medaglione che portava al collo con le sue lunghe ed ossute dita. “Basta fuggire, principe! E’ ora che la mia vendetta si compia una volta per tutte! A me il Cuore di Ghiaccio!”
Burian indietreggiò facendo scudo a Ranja col suo corpo; portò una mano sul suo cuore, se davvero lì c’era quel talismano avrebbe forse fatto qualcosa.
Lo stregone all’improvviso scagliò un turbine di vento su di loro, il ragazzo si girò di scatto abbracciando la sua amata e fu colpito alla schiena. Caddero rovinosamente a terra fortunatamente senza aver perso i sensi.
“Questo è solo un piccolo assaggio del mio potere, consegnatemi il Cuore di Ghiaccio e non vi accadrà niente!”
I due si alzarono doloranti da terra e tentarono nuovamente di fuggire, Burian era completamente disarmato e non aveva idea di come evocare il potere del talismano, dunque l’unica cosa che gli sembrava logica era la fuga.
“E’ molto testardo il principe!” Galdramardur non mollava. “Vorrà dire che farò in modo che sia lui in persona a consegnarmelo su di un piatto d’argento!”
Congiunse le mani, generò un piccolo vortice di vento talmente potente da risucchiare tutta la neve circostante. L’aria risuonò di una sinistra risata che in una frazione di secondo fu sostituita da un urlo disperato e terrorizzato: voltandosi Burian vide il peggiore dei suoi incubi: Ranja era nelle  grinfie del nemico e dopo pochissimo ogni cosa scomparve. Galdramardur non c’era più.
E non c’era più neanche Ranja.
Di lei non restava che il ciondolo con lo stemma di Badeneisten a terra.
 
 
 




Buonasera e ben ritrovati!
Spero abbiate trascorso una Pasqua piacevole : )
 
E’ stata dura riuscire a scrivere tutto il capitolo in tempo utile, nonostante la pausa che sono stata costretta a prendere ho avuto pochissimo tempo.
Anche per il futuro non prometto troppa puntualità, cercherò di fare il massimo ma ancora sono ben lontana dal compiere miracoli. (E lo sanno bene anche gli autori delle storie che tento di seguire regolarmente ma che riesco a recensire con ritardi abissali). Per questo non so se riuscirò più ad aggiornare ogni venerdì, lo farò non appena mi sarà possibile, spero non me ne vogliate e che continuiate a seguire la storia. La concluderò ad ogni costo, detesto lasciare le cose a metà, poi vedremo.
 
Spero abbiate apprezzato il capitolo diviso fra il dolce e l’amaro: ora il “cattivo” ha fatto il suo ingresso ufficiale e non mollerà più i protagonisti fino alla fine.
 
Vi auguro un buon fine settimana e, mi raccomando, recensite!!!
 
Un abbraccio
 
La Luna Nera

 

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Capitolo 15
*** La ricomparsa del Cuore di Ghiaccio ***


 
LA RICOMPARSA DEL CUORE DI GHIACCIO
 
 



 
Burian spaccava quei pezzi di legna scaricando sul colpo d’accetta tutta la collera che gli stava divorando il fegato. Era furibondo, da quando la sua Ranja era scomparsa non aveva chiuso occhio, sentendosi oltre tutto impotente ed inutile. Ce l’aveva a morte anche con Theon, il quale nonostante fossero trascorsi quasi due giorni dal rapimento della ragazza, non si era ancora fatto vivo. Fra l’altro nella sua mente risuonavano quelle parole pronunciate da Galdramardur riguardanti il gran sacerdote ed la sua presunta morte. Era davvero quella la verità? Molti particolari sembravano confermare la cosa, ad esempio il fatto che non vi fossero tracce dei passi di Theon neanche sulla neve fresca o il suo comparire all’improvviso e ancora la capacità di far materializzare dal nulla oggetti di vario genere. Fino ad allora aveva sempre ritenuto che tutto questo rientrasse nei poteri della Kasta Sacerdotale… E se non fosse stato così?
Non si dava pace e continuava imperterrito a spaccar legna, ne aveva già fatta un’enorme quantità, ma lui non si fermava, non si voleva fermare e non lo avrebbe fatto fino a che non fosse stato nelle condizioni psicologiche ideali per salvare la sua amata. Doveva scaricare la rabbia per tentare di tornare lucido il più possibile per poter contare di nuovo sull’uso della ragione e cercare una soluzione.
Alzò per un istante gli occhi verso il cielo che, dopo la tempesta, era tornato di nuovo sereno, si asciugò una goccia di sudore e finalmente vide una figura a lui familiare venirgli incontro. Al colmo della rabbia scaraventò l’ascia a terra e si diresse come una furia verso quell’individuo che riconobbe come Theon. “Sacerdote dei miei stivali! Si può sapere dove accidenti si era cacciato?!” Si tratteneva a stento dal prenderlo per la barba e sbatterlo al suolo. “Lei è stata rapita da Galdramardur proprio quando le cose fra noi si erano aggiustate! E nel momento in cui io avevo bisogno, quello che si spaccia per la mia guida cosa fa? Scompare lasciandomi nel bel mezzo della tempesta impotente come un imbecille!”
L’uomo chinò mestamente la testa. “Lo so mio signore, so quello che è accaduto e mi dispiace immensamente di non essere stato al tuo fianco.”
“Solo questo sa dire?! Mi dispiace di non essere stato al tuo fianco?! Roba da matti!” Non sapeva più come controllarsi. “Lei mi stressa all’inverosimile perché sposi Ranja, mi racconta storie su storie che riguardano il
Cuore di Ghiaccio, Badeneisten e quello che le pare e nel momento più importante, quello in cui tutto prende il verso giusto cosa accade? Il nemico attacca e lei non c’è!”
“Comprendo perfettamente la tua ira, mio principe, e di nuovo imploro il tuo perdono. Nel primo giorno in cui il sole non tramonta mai noi sacerdoti di Odino dobbiamo radunarci tutti per delle meditazioni di ringraziamento, non potevo mancare a quest’incontro fondamentale.”
“E con chi lo ha condiviso? Coi trapassati?”
Theon lo guardò meravigliato.
“Non faccia quell’espressione stupita: Galdramardur ha detto alcune cose su di lei.”
“Ti fidi più delle sue parole che delle mie?”
“A questo punto mi fido solo di me stesso.” I suoi occhi erano rossi di collera. “Se il Theon che ho conosciuto da bambino è veramente morto, lei chi è?”
Dall’altra parte non uscì una sillaba.
“Ho capito… Questa è l’ennesima trappola di quel maledetto, è così!” Strinse i pugni. “Sono stato un cretino a fidarmi, mi sono fatto ingannare perché le cose si mettessero come quell’infame voleva e lei ha guidato le mie azioni affinché tutto si compisse!”
“No, non è affatto questa la verità!” Theon controbatté con rabbia.
“E allora?” Negli occhi del giovane principe brillavano la forza e l’orgoglio tipici dei nobili cavalieri del grande nord.
Non avrebbe più accettato il silenzio.
“Quanto ti ha rivelato Galdramardur corrisponde a verità.” Chinò il capo. “Io non sono più di questo mondo.”
I muscoli di Burian presero a tremare impercettibilmente ed indietreggiò di un passo, si sentiva preso in giro e, peggio ancora, si sentiva tradito nel profondo.
“Aspetta mio signore, devo ancora rispondere alla domanda che mi hai posto.” Prese un profondo respiro. “Tutta la mia energia vitale si è consumata nel giorno in cui Badeneisten è stato avvolto dal ghiaccio. Quando dieci anni fa ho invocato il potentissimo incantesimo che avrebbe disintegrato il Cuore di Ghiaccio per nasconderlo nel tuo cuore, ero ben consapevole di ciò che mi aspettava, ma nonostante tutto non mi sono tirato indietro. Chiusi gli occhi spirando serenamente perché il mio sacrificio aveva dato i risultati desiderati: tu e la tua giovane sposa eravate riusciti a fuggire da quell’inferno, il Cuore di Ghiaccio nascosto in te vi avrebbe fornito la necessaria protezione per andare avanti e giungere al momento in cui ciò che era stato cancellato sarebbe potuto tornare ad essere.”
Il ragazzo era rimasto in completo silenzio.
“Il mio corpo giace ancora all’interno del castello, il potente Odino mi ha concesso l’altissimo onore di poter tornare in questo mondo per portare a termine la mia missione sotto forma di spirito concreto in virtù del grandissimo affetto che mi legava a te.”
“No, aspetti un attimo…. Mi sta dicendo che lei è morto e davanti a me ho un fantasma?”
“Non sono definibile propriamente a quel modo, il mio pseudo corpo è concreto al tatto, ma non ha peso. Osserva: non lascio alcuna impronta sul terreno.”
Burian fissò l’attenzione là dove Theon poggiava i piedi e trovò la conferma alle parole appena udite; si ricordò a quel punto di un piccolo particolare in occasione del loro primo incontro, quando il vecchio sacerdote gli aveva restituito i ricordi: quando se n’era andato dalla sua casupola, non aveva lasciato alcuna impronta sulla neve che copriva il suolo.
“Ho capito. Adesso mi lasci solo per favore.”
Theon annuì in silenzio, non era stato semplice neanche per lui rivelargli questa verità, sapeva che avrebbe sconvolto il suo principe e temeva di perdere totalmente la sua fiducia. Ad ogni modo decise di assecondare la richiesta del giovane e lo lasciò andare, restando fermo a pochi passi dai cumuli di legna spaccata e da quell’ascia che giaceva al suolo.
 
Burian era tornato con passo lento al Tempio di Odino, trovò Dilia seduta nelle panche in cui solitamente sedevano i fedeli. Vide la disperazione nel suo volto e prima che potesse dirle qualcosa, la donna parlò.
“Sapevo che sarebbe accaduto, sapevo che nel momento in cui lei ti avrebbe rivelato il suo amore, Galdramardur sarebbe tornato ed avrebbe colpito. Da questo voleva proteggerla Aryus ed è per questo che è sempre stato duro con te. Io non sono stata capace di fermarla e di metterla in guardia dal pericolo ed ora è scomparsa.” Scoppiò a piangere sotto gli occhi impotenti del ragazzo. Poi si alzò asciugandosi le lacrime. “Solo tu puoi salvarla adesso, Odino guiderà i tuoi passi e le tue azioni, io pregherò per voi. Promettimi di amarla e proteggerla per l’eternità non appena sarà di nuovo qui.”
Si batté il petto. “Glielo giuro sulla mia stessa vita.” Nel suo volto, spento e consumato dalle lacrime, si fece di nuovo viva una scintilla di nobiltà.
“Vai a riposare un po’ adesso, ne hai bisogno.” La donna si alzò e gli accarezzò il viso esattamente come fosse suo figlio. “Vai nella sua camera, sento che potrà giovarti tantissimo e forse lì troverai il modo di farla tornare da noi.”
In quelle parole e in quel contatto Burian colse tutto il calore e l’affetto di una madre: per la prima volta dopo tanti anni avvertì fortissimo il desiderio di poter riabbracciare di nuovo i suoi genitori. Non conosceva il significato di un abbraccio materno o il piacere di una lunga passeggiata in compagnia del padre che, chiacchierando, ti prepara a diventare adulto. Non aveva mai notato come tutte queste azioni apparentemente scontate ed insignificanti, potessero mancargli così tanto.
Anche per questo avrebbe sconfitto Galdramardur una vola per tutte.
 
 
Seguendo il consiglio di Dilia, Burian si diresse verso la camera da letto di Ranja, posò la mano sulla porta e la spinse senza far rumore: com’era vuota e triste quella stanza! Entrò in punta di piedi chiudendo la porta alle sue spalle, dalla finestra semi coperta dalla tenda filtrava la potente luce del sole che come un raggio di speranza voleva squarciare l’oscurità che occupava quella stanza da quando la sua proprietaria era scomparsa. Si avvicinò a passi lenti al letto sfiorando con la mano la pesante coperta azzurra, poi vi si sedette continuando sempre ad accarezzare la stoffa. Si sentiva solo e abbandonato da tutti, nonostante poco fa Dilia gli avesse ridonato un barlume di speranza era piombato di nuovo nella disperazione. Come avrebbe potuto riabbracciare Ranja? In che modo avrebbe liberato il suo castello dalla prigione di ghiaccio?
Era solo a dover affrontare quel nemico maledetto, la sua amata non era al suo fianco e Theon…..beh, su Theon non sapeva cosa pensare. Le rivelazioni sconvolgenti udite poco prima avevano azzerato la fiducia nei confronti del gran sacerdote. Prese il cuscino fra le braccia e vi affondò il viso: quell’oggetto era intriso del profumo di Ranja, gli pareva di udire anche la sua voce che lo chiamava e gli rivolgeva parole dolci e innamorate. Scoppiò a piangere, erano anni che non versava una microscopica lacrima, aveva soltanto accumulato rabbia e tensione scaricandole con violenza e reagendo con freddezza nei confronti di tutto e tutti.  Mai, neanche da bambino, questo suo lato debole era emerso dalla sua persona, aveva fatto prevalere la parte aggressiva e ribelle di se stesso mettendo a tacere l’altra. Ora questa sua corazza di ghiaccio si era totalmente sgretolata facendo affiorare la sua essenza umana.
Si distese sul letto, evidentemente distrutto nel corpo e nello spirito, sfogò tutta l’amarezza inzuppando di lacrime quel cuscino fino a che crollò addormentato dopo poco più di mezz’ora.
 
 
“Burian, figlio mio, non puoi neanche immaginare quale grande gioia io e tua madre proviamo in questo momento nel poterti rivedere dopo dieci lunghi anni.”
Il ragazzo non capiva cosa stesse accadendo, si guardava attorno non riconoscendo il luogo in cui si trovava e non capendo da dove provenisse quella voce.
“Stai tranquillo, siamo qui per guidare i tuoi passi verso la luce.”
Poi all’improvviso vide un bagliore provenire dalla parete di ghiaccio che lo imprigionava nel quale si materializzarono due figure umanoidi che lo spaventarono.
“Non possiamo abbracciarti come vorremmo e come anche tu desideri, ma confidiamo in te e nel tuo valore per realizzare questo nostro desiderio.”
Burian restò per un attimo interdetto, poi comprese che quelle due ombre erano i suoi genitori, ne riconobbe il timbro della voce e fu proprio questo a dargliene la certezza.
“Ascolta, figlio adorato, la tua promessa sposa è fra le grinfie del nemico, tuttavia è ancora in vita e tu puoi salvarla, ne hai i mezzi e il coraggio.”
Non capiva ancora.
“Il Libro di Badeneisten aprirà la tua mente fornendoti la chiave per far tornare ciò che un tempo era il nostro e il tuo regno.”
Poi un bagliore e tutto svanì.
 
 
Si svegliò di soprassalto guardandosi attorno, notò il Libro di Badeneisten  depositato sul tavolo situato all’angolo opposto della stanza. Forse stava ancora sognando? Per quanto aveva dormito? Si stropicciò gli occhi e, come fu fuori da quello stato di dormiveglia, ricollegò lo strano sogno con la comparsa improvvisa del volume. Aveva incontrato i suoi genitori nella sfera onirica, era sicuro che fossero davvero loro anche se non comprendeva come fosse potuto accadere. Gli avevano suggerito di affidarsi al Libro perché fra quelle pagine avrebbe trovato la risposta alla domanda chiusa nel suo cuore.
Balzò giù dal letto ed afferrò quel prezioso oggetto, poi seguì il suo istinto che gli diceva di consultarlo nel Tempio di Odino. Salutò frettolosamente Dilia che stava preparando la colazione ed entrò nel luogo di culto. Si fermò davanti alla statua del dio fissando prima il Fuoco Sacro che ardeva, poi spostò lo sguardo più in alto fissando Odino. “Non sono mai stato un grande devoto, ma questo Tu lo sai benissimo. Ora però ho bisogno del Tuo aiuto. Se davvero dietro ai passi della mia intera esistenza ci sei Tu, Ti prego di illuminarmi affinché possa giungere dove Tu vuoi. Prometto di mettere la testa a posto e di onorare la Corona di Badeneisten come richiedi da tempo immemore. Lo farò per Te e per tutte le persone che confidano in me perché ciò che un tempo era, torni ad essere di nuovo.”
Si mise seduto sulla prima panca e prese a leggere con enorme attenzione quelle pagine, facendo scorrere sulla sua pelle il tempo di quella giornata cruciale. Niente e nessuno era in grado di distoglierlo dalla lettura, neanche il sonno che di solito lo aggrediva appena sfiorava la copertina.
Burian leggeva, leggeva e  leggeva, i minuti diventavano ore, il sole percorreva silenzioso il suo cammino nel cielo di Beflavik, Dilia osservava senza disturbare e limitandosi solo ad alimentare il Fuoco Sacro perché non si spegnesse, Theon se ne stava in disparte nell’ombra ed era orgoglioso del suo principe che si stava preparando a mostrare al mondo il suo valore.
 
 
Nessuno sapeva con precisione quanto tempo era passato da allora quando Burian comparve in cucina. Aveva gli occhi consumati ed al contempo ben determinati ad andare in fondo: vide Dilia in piedi presso la stufa e Theon seduto al tavolo. Sapeva di trovarlo lì, lo fissò con determinazione. “So come salvare Ranja e forse ho capito come liberare il mio regno.”
Sul volto del vecchio sacerdote comparve un sorriso di sollievo, il suo sguardo era visibilmente disteso e rivolse al giovane un cenno di compiacimento.
“Theon, tolga il Cuore di Ghiaccio dal mio corpo.”
“Cosa?” Si alzò. “Ti rendi conto di quanto mi chiedi, mio signore?”
“Certo.” Le sue parole erano ferme e decise. “Deve farlo tornare qui, adesso. E deve trovare anche il Pugnale di Bloch.”
Mugugnò. “Il Pugnale di Bloch non è un problema.” Distese le mani con i palmi rivolti in alto, si sprigionò una luce verdastra dalla quale emerse quell’oggetto tanto desiderato. “Eccolo. Sai di quali grandi poteri è dotato?”
“Ho studiato con grande attenzione ogni dettaglio a riguardo, so che è l’unica arma in grado di sopprimere Galdramardur e cancellarlo una volta per tutte dalla faccia della Terra.” Fece una pausa. “Ora faccia tornare il Cuore di Ghiaccio.”
“Sei proprio sicuro di volerlo?”
“Sì. Lui vuole quello e non tarderà a farsi vivo. A quel punto toccherà a me, so quello che dovrò fare e non sbaglierò.”
Theon esitò leggermente, poi vedendo la determinazione negli occhi del giovane, decise di assecondare la sua rischiosissima richiesta. “E sia. Farò come mi comandi.”
Stese la mano su di lui e penetrò lentamente nel suo petto provocandogli un fortissimo dolore. A gran fatica restò in piedi, tanto era lancinante la fitta che lo stava trafiggendo come una lama appuntita. La mano di Theon si muoveva secondo un preciso rituale e ben presto Burian non riuscì più a trattenersi, esplose in un urlo di dolore che fece spaventare Dilia, la quale uscì da quella stanza tappandosi le orecchie perché non sopportava più di vedere quella scena e di sentire quelle urla. Tutta la cucina era invasa dalla luce bianca sprigionata da quel prodigio senza precedenti, luce che si dissolse in un lampo non appena giunse al termine: Theon teneva finalmente in mano il Cuore di Ghiaccio. Burian era stremato e madido di sudore, aveva il fiato corto, teneva una mano lì dove adesso pulsava solo il suo cuore, ne percepiva i battiti in modo semplice e distinto come mai gli era accaduto prima. Ora si sentiva più leggero, si era liberato da quel peso ed era pronto ad affrontare quello che il destino gli avrebbe chiesto.
 
 
 




Ciao a tutti!
Sì, lo so. Sono imprevedibile. Vi avevo detto che forse non sarei riuscita più ad aggiornare di venerdì e invece eccomi qua. Ho fatto carte false per non deludere tutti voi pochi ma meravigliosi lettori e in particolar modo i pochissimi recensori che ancora mi dimostrano il loro sostengo che per me è di fondamentale importanza per andare avanti. Ho terminato ieri di scriverlo per cui siate clementi se ci sono discorsi contorti o errori.
Di Ranja in questo capitolo c’è ben poco, ma troviamo un percorso abbastanza particolare che Burian affronta e che culmina con il ritorno del tanto sospirato Cuore di Ghiaccio. Che ve ne pare?
 
Attendo con ansia i vostri commenti!
Alla prossima
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

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Capitolo 16
*** Ombra sulla luce ***


 
 
OMBRE SULLA LUCE
 
 

 
 
Il vento stava pian paino aumentando di intensità e il cielo si stava coprendo di nuovo, tutti segnali che facevano presagire un imminente ritorno di Galdramardur. Burian non si fece impressionare neanche un po’ da tutto questo, anzi, era ciò che voleva. Si era portato poco fuori Beflavik ed aveva con sé il Cuore di Ghiaccio e il Pugnale di Bloch, avanzava verso l’altopiano di Slottbergen a testa alta e con passo sicuro, non aveva paura di affrontare quel maledetto che gli aveva portato via Ranja e tutta la sua vita. Si voltò indietro per un istante gettando uno sguardo sul villaggio che lo aveva accolto, non voleva che accadesse niente a quelle persone innocenti che già avevano corso un grande rischio quando, durante la Festa del Sole di Mezzanotte, il nemico si era fatto vivo. Anche per loro si sarebbe battuto con coraggio.
Posò il piede sull’altopiano mentre il vento soffiava sempre più minaccioso, sembrava volesse spingerlo a tornare sui suoi passi; certo, l’avrebbe fatto a patto che Ranja fosse stata con lui.
“Ben arrivato principe di Badeneisten.”
Quel saluto pronunciato da una voce oscura gli fece comprendere che Galdramardur era lì.
“Sei stato molto imprudente a presentarti qui da solo, dov’è il vecchio? Dove lo hai lasciato?”
“Non sono cose che ti riguardano.” Ancora non lo vedeva, ne udiva solo la voce. “E tu? Sei così vigliacco da non avere il coraggio di mostrarti? Perché te ne stai nell’ombra?” Portò una mano sull’impugnatura del Pugnale di Bloch che teneva alla cintura per trovarvi il coraggio.
“Io avrei paura di mostrarmi?” L’aria risuonò di una sinistra risata, a pochi metri di distanza dal ragazzo iniziarono ad addensarsi cupe nuvole sospinte dal gelido vento che si concentrarono in un turbine dal quale si materializzò. “Contento di vedermi?”
Eccolo finalmente, ora lo vedeva con indosso quella lunga tunica nera, la faccia cerulea su cui brillavano due occhi di fuoco, le mani dalle dita ossute paragonabili a quelle di uno scheletro.
“Hai paura, principe?”
Ingoiò il nodo che gli stava quasi impedendo di respirare.
“Se ancora non ne hai, preparati.” La sua bocca si piegò in un sorriso. “Ho una sorpresa per te, in fondo non sei qui per me, sbaglio?” Allargò le braccia e fece emergere Ranja dal mantello.
La vista della sua amata che presentava una faccia praticamente uguale ad una maschera spenta e inespressiva gli gelò il sangue. “Ranja…. Amore mio, che ti ha fatto…”
“La tua promessa sposa è davvero una ragazza determinata e interessante, i miei complimenti.” Le accarezzò i lunghi capelli.
“Non ti azzardare a toccarla, maledetto!” Si scagliò contro di lui sfoderando il Pugnale di Bloch, ma fu respinto con violenza da un incantesimo scaturito da un velocissimo gesto della sua mano destra. Impattò sul suolo semi gelato dal quale emergevano rocce appuntite che gli provocarono piccole ferite, non si curò del dolore e tentò di rialzarsi facendosi forza, continuando a stringere il Pugnale nella mano.
“Non ho voglia di battermi con te, sarebbe una lotta impari.” Ricongiunse le mani e spinse Ranja davanti alla sua persona. “Non hai i mezzi né la forza per affrontarmi, posso schiacciarti come un verme come e quando voglio.”
“Questo lo dici tu!” Si mise di nuovo in assetto di attacco, ma esattamente come prima si ritrovò steso al suolo in una frazione di secondo. Tentò di rimettersi in piedi nonostante l’acuirsi del dolore provocatogli da nuove ferite sul suo corpo, ma questa volta non vi riuscì poiché Galdramardur gli piombò addosso stringendogli le sue dita scheletriche attorno al collo. Non si fece sopraffare, puntò il piede sul ventre del nemico e spinse con tutta la forza che aveva in corpo. Si liberò rotolando via rapidamente e gettò uno sguardo su Ranja che era rimasta immobile come una statua, schivò con agilità quasi tutti i colpi di incantesimo che gli scagliava contro, non faceva caso alle nuove ferite e alle dolorosissime contusioni che avvertiva su tutto il corpo, si batté con enorme valore fino a che non si trovò con le spalle ad una parete di ghiaccio. Prese il Pugnale di Bloch portandoselo all’altezza del petto, pronto a colpire. Galdramardur si fermò a pochi passi da lui: conosceva quell’arma e la temeva poiché era ben consapevole che il più lieve dei colpi inferti con quel Pugnale gli sarebbe potuto risultare fatale.
“Voglio proporti un patto, hai visto che non puoi niente contro la mia magia.” Burian non rispose, ogni suo muscolo tremava per il dolore e per la paura.
“Io ti restituisco la ragazza e tu in cambio mi dai il Cuore di Ghiaccio.”
Restò interdetto per una manciata di secondi stentando a credere di aver udito veramente quel ricatto. Riflettendo con attenzione sulle parole udite, comprese che forse non tutto era perduto, doveva solo tentare di giocare d’astuzia e coglierlo di sorpresa. “Che vigliacco sei… Tu hai paura di quest’arma, non è così? Altrimenti non saresti mai  sceso a  compromessi, ammettilo!”
“Pochi discorsi! Ti ho fatto una proposta ed esigo che tu mi risponda alla svelta!”
“Vuoi una risposta?” Piegò le labbra in un sorriso. “Eccola!” Senza pensarci due volte lo attaccò col Pugnale di Bloch ferendolo leggermente sul braccio sinistro. Quello, colto totalmente alla sprovvista dall’audacia e dalla repentinità dell’azione, indietreggiò maledicendolo. “Vedi che non sono uno sprovveduto? Il Cuore di Ghiaccio appartiene alla mia famiglia da generazioni ed è mio preciso dovere proteggerlo. E in quanto a Ranja…” gettò uno sguardo sulla ragazza “…tornerà a casa con me, puoi starne certo!”
Non batté ciglio, si era immobilizzato a pochi metri da lui fissandolo con rabbia. Teneva una mano sulla lieve ferita infertagli da Burian il quale, senza mai perderlo di vista e con il Pugnale stretto in mano, si avvicinò alla sua adorata Ranja, l’afferrò per un braccio trascinandola ai margini dell’altopiano di Slottbergen. Si alzò di nuovo il vento, prima relativamente leggero, poi sempre più intenso, si generarono delle nubi che avvolsero Galdramardur.
Poi scomparve e proprio in quel frangente Ranja cadde a terra priva di sensi.
Burian non riusciva a capacitarsi dell’accaduto: aveva battuto il nemico con l’ausilio del prodigioso Pugnale e, cosa ancora più importante, aveva liberato la sua amata. Sbuffò liberandosi della tensione che teneva in corpo, ancora le sue gambe tremavano e si guardò un’ultima volta attorno per sincerarsi che il nemico se n’era andato sul serio. Lì assieme a lui restava solo Ranja priva di sensi, la prese in braccio dopo aver riposto l’arma nel fodero e si incamminò verso Beflavik.
 
La gioia di Dilia non appena vide Burian sopravanzare con Ranja fra le braccia esplose in un pianto liberatorio, a poca distanza c’era Theon il cui sguardo brillava di orgoglio nel constatare quanto il suo signore fosse stato prode e valoroso. La ragazza fu messa a letto, fra l’altro non aveva ancora ripreso i sensi e questo fece pensare che fosse rimasta vittima di un oscuro incantesimo. Il Gran Sacerdote si sedette presso di lei stringendo fra le mani il suo bastone concentrandosi profondamente. Dopo alcuni minuti di meditazione chiese a Burian di essere messo al corrente di quanto accaduto fra lui e Galdramardur e di come fosse riuscito a trarre in salvo la ragazza; ascoltò con attenzione il racconto del giovane manifestandogli poi alcune perplessità.
“Devo confessarti, mio principe, che non sono affatto tranquillo. Quel figuro non si fa sconfiggere così facilmente.”
“E dunque? Vuol forse insinuare che non sono stato bravo?” Prese il Pugnale di Bloch. “L’ho colpito con questo e l’ho ferito al braccio bloccandolo e rendendolo inoffensivo esattamente come mi aspettavo dall’uso dell’arma. Non le pare positivo tutto questo?”
Theon mugugnò. “Non metto in dubbio le tue azioni e conosco molto bene l’enorme potere del Pugnale, ad  ogni modo non posso fare a meno di manifestarti le mie perplessità. Non mi fraintendere, riportare qui la ragazza è senz’altro un punto a nostro favore e riconosco che sei stato davvero in gamba, però….”
“Però?” Lo incalzò.
“Non mi sento tranquillo. Galdramardur non ha ancora ottenuto ciò che desidera e non getterà certo la spugna per una lieve ferita.”
“E’ vero, ad ogni modo Ranja è di nuovo accanto a me.” Accarezzò la fronte della ragazza addormentata. “Con lei al mio fianco ce la farò.”
“Mhm.” Il vecchio sacerdote mugugnò e si chiuse in un silenzio di molti minuti alla fine dei quali si alzò in piedi. “Allontanati, mio signore, devo recitare alcune preghiere per lei.” Toccò la fronte della ragazza con la punta del bastone mentre dalla sua bocca uscivano parole incomprensibili, una luce biancastra inondò la stanza. Poi tutto tacque e tornò all’apparente normalità.
“Lasciatela riposare adesso e non appena si sarà svegliata vedremo se e quali conseguenze Ranja si porta addosso a causa del rapimento.”
 
La ragazza dormì profondamente per quasi dieci ore consecutive, dalla sua stanza non uscì il minimo rumore ma questo non fu sufficiente a ridonare la tranquillità a Burian e Theon. Il ragazzo continuava imperterrito a sfogliare le pagine del Libro di Badeneisten leggendo e rileggendo ogni parola per scovarvi qualsiasi cosa di utile per affrontare la battaglia finale, sapeva infatti che quel piccolo scontro dal quale era uscito vincitore era solo un assaggio di ciò che avrebbe dovuto affrontare. Si sentiva stanco e stressato, passava continuamente davanti alla stanza da letto di Ranja nella remota speranza di veder aprire quella porta, vederla uscire sorridente e corrergli incontro per baciarlo ed abbracciarlo come quella sera. Non si sentiva invece alcun rumore, evidentemente stava ancora riposando. Theon era preoccupato per lo stato psicologico del suo signore e ritenne opportuno farlo pensare ad altro, seppur per qualche ora. Lo invitò a rilassarsi un po’ per recuperare le forze, magari dormendo o facendosi un bagno caldo, se Ranja si fosse svegliata, glielo avrebbe fatto sapere immediatamente. Non troppo convinto, il ragazzo decise di seguire il consiglio del sacerdote, preparò una vasca con acqua bella calda nella sua camera, si liberò degli abiti e vi si immerse sperando di distendere i muscoli e liberare la mente da tutti i pensieri negativi che da troppo tempo vi stazionavano. Chiuse gli occhi reclinando la testa all’indietro e si lasciò andare.
Erano passati forse trenta minuti da quando si era assopito, sentì aprire la porta e dei passi piuttosto leggeri in avvicinamento che gli fecero pensare a Theon, ma quando due mani piuttosto fredde gli cinsero il torace da dietro e avvertì un bacio piuttosto focoso sul collo, capì che non era lui. Aprì gli occhi voltandosi di scatto e vedendo ciò che desiderava più di ogni altra cosa.
“Ranja… amore mio… Finalmente ti sei svegliata.” I suoi occhi increduli iniziavano a bagnarsi di lacrime, da quanto attendeva quel momento!
“Sei stato bravissimo ad affrontare quello stregone, sapevo che non mi avresti abbandonata fra le sue grinfie.”
“Non lo avrei mai fatto.” Le accarezzò il volto e poi la baciò come desiderava fare da giorni. “Quanto mi sei mancata, amore mio….”
“Mi sei mancato anche tu, ho seriamente temuto di non poterti rivedere mai più.”
“Theon e Dilia sanno che ti sei svegliata?”
“No, ho preferito venire subito a cercare te, amore mio.”
E di nuovo si lasciarono vincere dalla voglia di abbracciarsi e di baciarsi. Ranja accarezzava quei capelli biondi leggermente umidi, affondandovi le dita per poi passare a massaggiargli il collo e le spalle. C’era un qualcosa di nuovo in quei gesti, un qualcosa che a Burian non dispiaceva più di tanto ma che non rientrava nel modo di fare della sua ragazza. Era pur vero che la loro relazione era recentissima e ben pochi erano stati i momenti trascorsi fra baci e dolci effusioni, tuttavia c’era qualche stranezza che non riusciva a comprendere.
Si staccò da lei, solo allora si rese conto che indossava una leggera veste bianca senza maniche e piuttosto trasparente, nel suo sguardo mancava l’innocenza e la luce che ricordava.
“Che c’è? Perché  ti sei fermato?”
“Ranja…. Sei sicura di sentirti bene?”
“Certo, perché me lo chiedi?”
“Mi sembri strana….”
Gli accarezzò di nuovo il viso. “Forse ti sembro strana perché non riesco a smettere di baciarti? Cos’è, non ti piaccio più?”
“Oh no! Non è questo.” Esitò un attimo per trovare le parole più adatte. “E’ solo che…. Tu non sei mai partita ….come posso dire… così all’attacco. Mi sembri piuttosto focosa.”
Sorrise con una punta di malizia. “Mi sei mancato da morire e voglio recuperare alla svelta tutto il tempo perso.” Detto questo si alzò in piedi ed entrò nella vasca in cui stava Burian ed andò a sedersi sulle sue ginocchia. Il ragazzo restò quasi interdetto dall’audace gesto, tanto più che quella candida veste, andandosi ad inumidire, gli permise di vedere quel poco che ancora era rimasto nascosto.  Divenne rosa, poi rosso, poi viola in faccia mentre nell’aria si propagò la risata della ragazza. “Che fai, mio principe? Sei in imbarazzo nel vedermi così? Non sono di tuo gradimento?” Si alzò mentre passava le mani sul suo corpo evidenziando ulteriormente i seni visibilmente eccitati, sollevò il lembo della gonna scoprendosi le gambe ed invitandolo ad accarezzare la sua pelle con voce calda e suadente.
“Ranja, non provocarmi oltre, per favore.”
“Perché?” Lo baciò con foga.
“Io… non voglio spingermi troppo in là.”
Lo fissò e nei suoi occhi lui vide qualcosa che non doveva esserci. “Durante i miei giorni di prigionia non ho fatto altro che pensare a te e a come sarebbe stato bello amarci. Ora che sono tornata fra le tue braccia non desidero altro.”
L’abbracciò. “Anch’io non vedo l’ora, ma purtroppo non possiamo.”
“Perché?” Portò la mano sull’inguine del ragazzo. “A me sembra che qualcuno qua sotto non attenda altro.”
Lui, che respirava sempre con maggior fatica, tolse la mano di lì con rapidità. “Non possiamo fare l’amore perché questo comprometterebbe il ritorno di Badeneisten: il Cuore di Ghiaccio potrebbe perdere gran parte dei suoi poteri in quanto io e te non siamo stati ancora uniti in matrimonio e questo è un passaggio fondamentale nella lotta contro Galdramardur. L’ho capito leggendo altri dettagli nel Libro ed ho capito pure il motivo del nostro fidanzamento affrettato: io e te ci sposeremo prima possibile donando al Cuore di Ghiaccio la possibilità di rinnovare il suo potere, di renderlo più grande e sconfiggere Galdramardur.”
“Ah! Ancora con questa stupida storia! Possibile che per te non esista altro che il tuo regno e quel nemico da sconfiggere?!”
“Che discorsi fai? Non hai ancora capito come stanno le cose?”
La ragazza scosse la testa. “Non me ne importa nulla di tutto ciò, a me importa solo di noi due! Queste sono tutte stupidaggini.”
“Non sono stupidaggini.”
“Per me si e non mi importa di cosa sta scritto su quel Libro, io ti voglio Burian e ti avrò ad ogni costo.”
Gli saltò addosso senza dargli il tempo di controbattere, lui tentava di liberarsi da quella stretta focosa e passionale, Ranja lo baciava dappertutto e se da una parte il suo corpo si stava eccitando come non mai, dall’altra quel briciolo di razionalità che a fatica tentava di resistere gli urlava di allontanare la ragazza. Quella non era lei! Theon aveva ragione nel sospettare la presenza di un incantesimo del nemico! Doveva a tutti costi uscire  dalla sua camera, trovare il vecchio sacerdote e dare l’allarme. Spinse la ragazza con forza, si alzò, se la ritrovò addosso così repentinamente da farli cadere entrambi a terra, la vasca si rovesciò e l’acqua si sparse sul pavimento rendendolo scivoloso.
“Ranja, fermati, ti prego! Dobbiamo andare da Theon perché faccia qualcosa e ti liberi dall’incantesimo!”
“Ah, ma quale incantesimo!”
“Tu non sei Ranja!”
“Certo che lo sono, non mi riconosci più?” E intanto continuava a baciarlo dappertutto.
Per l’ennesima volta si divincolò liberandosi da quell’abbraccio insano e, scivolando, inavvertitamente urtò la sedia su cui stavano i suoi abiti: il Cuore di Ghiaccio cadde rotolando sul pavimento. La ragazza lo vide, con l’agilità e la velocità di un felino lo afferrò e fuggì all’esterno attraverso la finestra.
 





 
Ciao a tutti!
 
Come qualcuno di voi sa, negli ultimi dieci giorni non ho avuto il tempo materiale per andare avanti e non vi nascondo la mia “sofferenza” nel dover per forza rinunciare a scrivere. Ho recuperato negli ultimi due giorni e quello che avete appena terminato di leggere ne è il risultato. Spero apprezziate, l’ho pubblicato forse con un po’ troppa fretta perché non volevo farvi attendere oltre…. Altrimenti potrei perdere pure voi pochi ma adorati lettori e recensori.
Vi ringrazio immensamente per la vostra presenza.
 
Spero di tornare in tempi più ragionevoli.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 17
*** Insieme contro il male ***


 
 
INSIEME  CONTRO IL MALE
 
 
 
 
La porta si spalancò di colpo. “Che cos’è successo?!” Theon era accorso con forte preoccupazione per i rumori che aveva sentito provenire dalla camera da letto di Burian. Entrò nella stanza e trovò il ragazzo in piedi davanti alla finestra aperta con indosso solo un piccolo telo sulle parti intime, notò la vasca rovesciata e il pavimento completamente bagnato.
“Stai bene mio signore?”
“Sì..... ma  non so per quanto ancora.” Si voltò verso il Gran Sacerdote. “Aveva ragione, Ranja è sotto l’influsso di Galdramardur. Si è svegliata e mi ha raggiunto qui, ha tentato di sedurmi con baci e carezze…”
“E tu hai ceduto?”
Abbassò lo sguardo. “No e non le dico quanto è stato difficile per me respingerla.” Poi sollevò di nuovo la testa. “Ho iniziato a sospettare che potesse non essere lei dalla strana luce che ho visto nei suoi occhi e dai suoi gesti inconsueti.” Fece una breve pausa. “Ma non questo il punto, dobbiamo fare subito qualcosa: ha preso il Cuore di Ghiaccio ed è fuggita dalla finestra.”
“Cosa?! E tu non l’hai fermata?!”
“Non ci sono riuscito…. Ora non dobbiamo perdere altro tempo, il cielo si sta facendo di nuovo nero e non ho bisogno di troppa fantasia per comprendere chi c’è dietro questo fenomeno. Temo che lei gli stia portando l’amuleto.”
Con l’ausilio del bastone Theon fece comparire addosso a Burian l’uniforme dei NorksDrakon. “Prendi il Pugnale di Bloch e seguimi, dobbiamo fermarla prima che sia troppo tardi.”
Si precipitarono fuori portandosi a debita distanza dal villaggio, il Sacerdote si raccolse in meditazione stringendo fra le mani il suo bastone che rapidamente iniziò a pulsare di luce bianca. “All’altopiano di Slottbergen, presto!”
Burian prese a correre come un forsennato tenendo sempre gli occhi incollati verso la meta, temeva che da un momento all’altro potesse accadere qualcosa di irreparabile sia nei suoi confronti che in quelli di Ranja e del suo castello sepolto. L’aria era gelida ed il vento che soffiava impetuoso portava con sé piccoli fiocchi di neve  e minuscoli cristalli di ghiaccio; il sole che solitamente splendeva sulle terre artiche in quelle settimane era coperto da nubi minacciose che ne oscuravano totalmente la luce rendendo il giorno simile alla notte. I passi del ragazzo affondavano nel terreno semi gelato sul quale si iniziava a formare una sottile coltre bianca, il suo cuore batteva forte sospeso a metà fra la speranza di salvezza e la paura di fallire.  Correva senza mai voltarsi indietro, senza curarsi se Theon fosse con lui, correva con lo sguardo fisso in avanti su quel sentiero che lo avrebbe portato alla meta finale, cioè Galdramardur. Scorse finalmente la sagoma di Ranja il cui abito candido si confondeva con il bianco della neve, la vide correre con i capelli sciolti che ondeggiavano nel vento. Con un ulteriore sforzo la raggiunse afferrandola per un braccio e costringendola a fermarsi. Caddero a terra l’uno sopra l’altra, la ragazza tentava di divincolarsi, sembrava posseduta da un’entità demoniaca, tanto scalciava per liberarsi da quella stretta. Come se non bastasse a poca distanza Galdramardur fece la sua comparsa accompagnato dalla solita risata carica di odio e soddisfazione.
 
“Io sono un uomo di parola, principe di Badeneisten: ti avevo detto che il Cuore di Ghiaccio mi sarebbe stato offerto su un piatto d’argento e così è stato.”
Burian alzò gli occhi e lo vide con le mani tese in avanti verso Ranja che con un calcio si liberò della stretta scaraventando il ragazzo a qualche metro di distanza. “Fermati! Ranja non lo fare!”
Ma quella non rispondeva, pareva ipnotizzata da quel figuro dalle oscure vesti.
“Sì, vieni da me e consegnami ciò che mi spetta di diritto. Quell’infame di Odino mi ha sbattuto fuori dal mio trono celeste, mi ha messo in secondo piano ritenendomi inferiore. Gravissimo errore ha compiuto nei giorni della nascita di Badeneisten, ma ora finalmente i tempi del mio trionfo sono giunti e nessuno potrà ostacolare il mio cammino verso l’onnipotenza!”
Un fortissimo lampo di luce irruppe sulla scena e andò a colpire Galdramardur in pieno petto. Quello restò sorpreso dall’accaduto, non si aspettava una cosa del genere. Alzò i suoi occhi di fuoco alla ricerca della fonte di quella luce, Ranja era rimasta immobile ad eguale distanza fra Burian e lo stregone.
“Theon… Lo sapevo, sapevo che c’eri tu dietro tutto questo, vecchio maledetto!”
“Lascia stare i ragazzi!” Il Gran Sacerdote posò il piede sull’altopiano giusto in tempo per scongiurare il peggio.
“Chi non muore si rivede, anche se nel tuo caso non è così. Quante vite hai, vecchio?”
Piegò l’angolo destro della bocca. “Molte più di te, stanne certo.” Attese che Burian si fosse rimesso in piedi e che lo raggiungesse.
“Siete proprio una bella coppia, non c’è che dire: il maestro e l’allievo o meglio, il morto vivente e lo smidollato.” E di nuovo l’aria si riempì di quell’odiosa risata.
“Prendi il Pugnale, mio signore, ascolta le mie parole e dimostriamo a questo soggetto di cosa siamo capaci.”
Burian obbedì, prese l’arma portandosela all’altezza del petto e mosse un passo avvicinandosi leggermente a Ranja, esattamente come l’altra volta in cui era riuscito a salvarla.
“Cosa credi di fare con quel coltellino?”
“Coltellino? Quando ti ho ferito non lo hai definito tale, sbaglio?” A piccoli passi si avvicinò alla ragazza prendendola finalmente per mano, poi tentò di trascinarla verso Theon seguendo le indicazioni del Sacerdote. E qui avvenne ciò che nessuno sospettava: Ranja afferrò per il collo Burian tentando di strangolarlo e nel giro di un secondo i due giovani si trovarono imprigionati in un blocco di ghiaccio.
“Sì!” Galdramardur riempì l’aria della sua sinistra risata colma di soffisfazione. “Ecco che finalmente anche l’ultimo abitante di Badeneisten scompare nel ghiaccio! Ora la mia vendetta è completa e tu, vecchio trapassato, niente puoi oramai!”
Theon restò impietrito: davvero tutto era perduto? Davvero Ranja sarebbe stata capace di strangolare Burian? L’unica cosa che poteva fare in quel momento era raccogliersi in preghiera, invocare l’aiuto di Odino e dei numi celesti e recitare tutte le  formule utili affinché il suo signore tornasse assieme alla ragazza.
“Che fai, vecchio? Hai paura? Hai paura della sconfitta?” Un passo dopo l’altro prese ad avvicinarsi a quel sarcofago di ghiaccio con il solo intento di affondarvi la sua mano ed afferrare il Cuore di Ghiaccio.  “Sì, resta pure fermo lì, non muoverti, in questo modo puoi godere del mio trionfo da posizione privilegiata.” Sul suo volto comparve il sorriso tipico di chi sa di avere la vittoria in pugno, poggiò le dita sulla gelida superficie facendovi stridere le unghie. “E’ ora di lasciare tutto alle spalle e di assaporare il meraviglioso gusto della gloria.” Fece penetrare l’arto all’interno del ghiaccio come si trattasse di acqua allo stato liquido, ma qualcosa non andò come lui immaginava.
Quell’ammasso gelido esplose con un fragore che fece tremare la terra ed il mare per parecchi kilometri, il fragoroso boato con la conseguente onda d’urto sbalzarono Theon e Galdramardur a metri di distanza e al centro dell’altopiano di Slottbergen si aprì un cratere ampio quanto l’altopiano stesso. Theon fu il primo ad alzarsi, il suo corpo immateriale aveva assorbito e rilasciato il colpo senza conseguenze; Galdramardur era ancora a terra con il tetro mantello coperto dalla candida polvere di neve, le dita della mano destra, quelle con cui voleva appropriarsi del Cuore di Ghiaccio, erano sporche di sangue dal colore violaceo. Al vecchio Sacerdote si illuminarono gli occhi quando vide, in piedi al centro del cratere, Burian con il Cuore di Ghiaccio stretto nella mano sinistra ed il Pugnale di Bloch sporco di sangue nell’altra, mentre Ranja stava rannicchiata ai suoi piedi di nuovo priva di sensi.
A piccoli passi Theon gli si avvicinò. “Mio signore, stai bene?”
Il suo corpo era coperto da un sottile strato di ghiaccio, era immobile come una statua e per un istante il Gran Sacerdote temette il peggio. Poi finalmente alzò la testa con fierezza e parlò.
“Il mio nome è Burian di Badeneisten, porto in me il Vento del Nord che soffia impietoso su queste terre desolate. Ho sopportato il gelo per dieci lunghi anni, ho custodito l’antico amuleto che mi ha insegnato a diventare insensibile ad ogni cosa, compreso il dolore.” Si voltò verso di lui. “Galdramardur ha commesso un grave errore: rinchiudendo me, Ranja, il Cuore di Ghiaccio e il Pugnale di Bloch in uno spazio ridottissimo ha concentrato queste potenti forze tutte assieme sprigionando un incantesimo contrario alla sua natura demoniaca. Non appena le sue dita hanno sfiorato il mio corpo, contemporaneamente a contatto con Ranja e con gli oggetti magici, si è sprigionato quel potentissimo colpo respingente che ci ha liberati.”
“Che Odino sia lodato!” Theon si sentì totalmente sollevato ed alzò gli occhi al cielo in segno di ringraziamento.
“Ho letto nel Libro che noi quattro combinati ed in perfetta unione possiamo sconfiggerlo davvero, tuttavia Ranja non è nelle condizioni ideali perché tutto possa compiersi. Galdramardur è solo stordito, non battuto.”
Era così: il nemico era ancora presente seppur svenuto.
Il Gran Sacerdote si chinò sul corpo esanime della ragazza e prese a studiarla a fondo con l’ausilio del suo bastone per scoprire qualcosa in più sull’incantesimo di cui era vittima e trovarne la giusta soluzione.
“Ecco mio signore, ho trovato il segno del maleficio.”
Burian distolse per un attimo l’attenzione da Galdramardur portandola su Ranja, in particolare alla base del collo come Theon gli stava indicando.
“Guarda, mio principe, questo marchio è stato impresso in lei da quel maledetto e tramite esso la tiene sotto il suo stretto controllo rendendola come una schiava.”
“Lei può toglierlo, non è vero?”
Scosse mestamente la testa. “No, io non posso fare niente, Puoi farlo tu, anzi, tu sei l’unico che possa liberarla.”
“Allora mi dica subito cosa devo fare.”
Si allontanarono dall’altopiano cercando e trovando rifugio in un anfratto poco distante. Burian distese dolcemente la ragazza facendole da cuscino con il suo corpo e fissò Theon in attesa di sapere cosa avrebbe dovuto fare per salvare la sua amata dall’incantesimo.
“Si tratta di un maleficio piuttosto potente che viene definito ad impressione. Galdramardur ha infuso in lei il suo potere attraverso questo marchio che vedi nel collo. Tu solo hai la facoltà di liberarla con il Pugnale di Bloch: devi incidere la sua pelle e provocare una ferita da cui uscirà tutta la negatività che sta scorrendo nel suo corpo. Non dovrai assolutamente farti impressionare dalle sue grida e non potrai farti impietosire poiché più tempo lasceremo trascorrere, peggio sarà.”
Burian ascoltava in completo silenzio quelle parole: poco fa si era autodefinito insensibile come il Vento del Nord di cui portava il nome, ma davanti al dolore che avrebbe inferto alla sua Ranja iniziò a vacillare sentendosi inadatto a quanto Theon gli stava chiedendo.
“Devi agire adesso, mio signore, coraggio, prendi il Pugnale, incidi la sua pelle provocandole una ferita, lasciala aperta a lungo perché ogni traccia di male scompaia da lei.” Le sue parole erano ferme. “Fallo subito prima che sia troppo tardi!”
Burian afferrò il Pugnale e lo fissò a lungo, mentre un nodo strettissimo gli si stava formando in gola. Sentiva tremare la sua mano ed il cuore pareva volergli saltare fuori dal petto. Stava realizzando quanto gli veniva chiesto di fare: ferire Ranja, ferire la ragazza che lo aveva colpito prima ancora di scoprire chi fosse in realtà, la ragazza della quale si era perdutamente innamorato e grazie alla quale aveva trovato la forza di riprendere in mano la sua vita ed affrontare colui che gli aveva tolto tutto.
La mano di Theon si posò sulla spalla del giovane principe. “Coraggio mio signore, io credo in te.”
 
 






Ciao a tutti!
Anche questa volta ce l’ho fatta e sappiate che questo tour de force ha il solo scopo di non deludere VOI meravigliosi lettori, inclusi quelli silenziosi. A tal proposito, se qualcuno volesse uscire dal silenzio gliene sarei immensamente grata.
Che ne pensate di quanto accaduto in questo capitolo? Non esitate a commentare, vi prego! Per me è quasi fondamentale per andare avanti e scrivere i capitoli conclusivi!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 18
*** La luce nei suoi occhi ***


  
 
LA LUCE NEI SUOI OCCHI
 

 
 
Con mano tremante Burian poggiò la punta del Pugnale di Bloch nel punto in cui la pelle di Ranja non era più candida ed innocente, ma oscura e impregnata di negatività. “Perdonami amore mio….” Con gli occhi gonfi di lacrime il giovane principe impresse la forza necessaria a recidere l’epidermide ed un fiotto di sangue uscì con irruenza sporcandogli la faccia. Come la piccola ferita fu aperta, la ragazza si irrigidì ed aprì gli occhi, mosse dapprima impercettibilmente le labbra, le sue pupille iniziarono a muoversi con angoscia poiché sentiva una fortissima sensazione di dolore irresistibile. Portò a fatica la mano là dove qualcosa le stava facendo male, sentì il gelo di una lama e voltandosi leggermente riconobbe in Burian la fonte di quell’insopportabile fastidio. Iniziò a respirare più forte, poi sempre di più ed ancora più affannosamente, si fece sfuggire un gemito di dolore al quale seguì il primo tentativo di allontanarsi da quella sorta di tortura. Fu bloccata dall’abbraccio di Burian che piangendo, le chiese per l’ennesima volta perdono per quanto le stava facendo. Il ragazzo comprese che né lui né lei avrebbero sopportato a lungo quel supplizio, per cui decise di distendersi sopra di lei ed affondare ulteriormente il Pugnale per liberarla completamente dal potere malefico che Galdramardur aveva insinuato in lei. Il suo sangue dall’evidente colore assimilabile al nero scorreva andando a macchiare il candore del ghiaccio, mentre l’aria iniziava a riempirsi delle grida disperate della ragazza che chiedevano pietà, libertà e la fine di tutte quelle torture. Ranja scalciava come una forsennata, tentava di sbattere via Burian che la stava ferendo con quel maledetto coltellaccio, non conosceva lo scopo del gesto apparentemente insano, urlava di dolore e di disperazione con la faccia rigata dalle lacrime sue che andavano mischiandosi con quelle del ragazzo che con altrettanta disperazione portava avanti quel compito pazzesco che metteva a dura prova il suo cuore.
Theon era rimasto in totale silenzio a poca distanza dai due giovani, osservava quanto stava accadendo mentre recitava mentalmente preghiere su preghiere affinché Odino tenesse a bada Galdramardur il tempo necessario perché l’operazione fosse portata a termine. Sapeva di aver chiesto qualcosa di gigantesco al suo signore, l’amore che provava per quella ragazza era puro, sconfinato e sincero e mai, per niente al mondo, si sarebbe sognato di farle del male, anche a costo della sua stessa vita. Lo aveva messo ben in guardia sui grandissimi rischi dell’operazione perché infatti un movimento insano ed improvviso si sarebbe potuto rivelare fatale: il collo è pieno di vasi sanguigni e se malauguratamente ed accidentalmente ne avesse reciso uno, tutto sarebbe andato perso. Non era facile, tutt’altro, la ragazza in preda alla disperazione si dimenava, urlava, implorava pietà e Theon stesso faticava a mantenere i nervi saldi. Intrecciò le mani attorno al bastone abbassando lo sguardo e concentrandosi più profondamente nella preghiera, in quegli attimi era tutto ciò che potesse fare.
 
Nel frattempo Galdramardur era sempre steso a terra con il suo nero mantello sporco di polvere di neve. Aprì gli occhi dopo del tempo imprecisato e li incollò al cielo restando immobile come una statua di cera. Sentiva bruciargli la ferita alle dita, percepiva il sangue fuoriuscito dal suo corpo… Non avrebbe mai immaginato una tale evoluzione della situazione, era ad un passo dalla conquista del Cuore di Ghiaccio, aveva soggiogato la ragazza piegandola al suo volere ma qualcosa era andato storto. Quel maledetto principe aveva osato alzare la testa e combattere per quell’insulso regno di totali devoti a Odino, li aveva praticamente annientati tutti dieci anni prima, aveva fatto in modo e maniera che la loro più potente guida spirituale, vale a dire Theon, soccombesse nel disperato tentativo di proteggere il regno. C’era riuscito quasi del tutto, peccato solo che quei due guastafeste erano riusciti inspiegabilmente a fuggire e qualcosa li aveva protetti nella loro fuga, quel qualcosa ora aveva un nome ed era il tanto desiderato amuleto che gli avrebbe permesso di scalare le gerarchie celesti spodestando Odino dal suo trono. Quei maledetti erano ancora lì vicino, sentiva le urla della ragazza e una forza misteriosa bloccargli le membra, nonostante ora avesse recuperato le forze e la lucidità per rialzarsi. Detestava ammetterlo, ma iniziava a nutrire qualche timore sull’esito della battaglia, quell’insetto di un principe si era dimostrato molto più in gamba di quanto avesse mai immaginato. Possibile che un essere potente come lui potesse farsi sconfiggere da un insulso mortale privo di poteri? Osservò la sua mano ferita, la strinse in un pugno di rabbia infischiandosene del dolore e del sangue che ancora colava lungo le dita, maledisse per l’ennesima volta Badeneisten e il Pugnale di Bloch. Sbatté il pugno sul terreno e tentò di rimettersi in piedi ed andare incontro all’avversario. Doveva farlo assolutamente per non mandare a monte tutto quello che pazientemente aveva costruito sin dalla nascita di Badeneisten, doveva rialzarsi ad ogni costo, raggiungerli ed affrontarli con lo scopo di dividerli, distruggere il Pugnale di Bloch e mettere le mani sul Cuore di Ghiaccio: nella sua mente contorta e malata di onnipotenza già si affacciava l’idea che lo avrebbe portato al trionfo.
 
 
 
 
L’ultima goccia di sangue oscuro stillò dal collo di Ranja il cui volto era pallidissimo. La ferità scomparve magicamente non appena il suo corpo fu definitivamente libero dall’incantesimo di Galdramardur restituendo alla sua pelle il consueto candore che Burian ben conosceva. Era rimasta distesa sul terreno gelato con gli occhi sbarrati, il ragazzo madido di sudore e distrutto dalla difficile prova affrontata, era di nuovo in piedi vicino a Theon ed aveva riposto il Pugnale nel suo fodero. Non sapeva cosa fare e cosa dire, non era ben consapevole dell’esito di quanto fatto perché Ranja ancora non aveva mosso un solo muscolo e se ne stava sempre distesa con gli occhi fissi al cielo. Pian piano mostrò qualche debole segnale di ripresa, il suo respiro iniziò ad essere presente e regolare, mosse impercettibilmente l’indice della mano destra e da questo microscopico gesto il suo corpo fu invaso da miliardi di brividi che la fecero iniziare a tremare come una foglia.
“Amore mio… come… come stai?” Burian si avvicinò a lei con timore e premura.
Ranja non rispose, però mosse la testa rivolgendo lo sguardo verso di lui. Non disse nulla ma nel giro di un paio di secondi i suoi occhi si gonfiarono di lacrime. Riconobbe il blu delle iridi del ragazzo che amava e che l’amava più della sua stessa esistenza, nella sua testa si ricomposero i cocci del suo passato ed iniziò a ricordare del suo primissimo incontro con lui quando ancora bambina, gli fu promessa in sposa. In quegli occhi dal colore del mare rivide tutta la sua vita con i suoi alti ed i suoi bassi, vide l’oscurità cancellarle il sorriso facendola vivere nelle tenebre della dimenticanza per dieci lunghi anni, vide un raggio di sole infiltrarsi in tutto quel buio facendosi spazio con gran fatica assieme all’aiuto di altre due luci potentissime che le avevano fatto da guida lungo il suo cammino. Una di esse si era spenta all’improvviso consentendo al raggio di sole di prendere il sopravvento sulle tenebre.
Le sue labbra si piegarono leggermente in un sorriso. “Burian…. Sei qui…. Stai bene….”
Il ragazzo scoppiò in lacrime e la strinse a sé affondando il viso nei suoi capelli e sfogando nel pianto tutta la tensione e la paura che serbava nel suo cuore da quando Galdramardur l’aveva rapita. Sotto lo sguardo visibilmente più sollevato di Theon i sue si sciolsero in un bacio dolcissimo, sembrava che entrambi volessero sincerarsi di essere ben svegli, di non sognare ciò che desideravano ardentemente, di sentire sotto le mani dell’uno il corpo concreto dell’altra e viceversa.
Si finirono di carezze bagnate di lacrime, di sorrisi di abbracci e di baci.
“Burian… io… ora ricordo ogni cosa del mio passato. L’ho visto nei tuoi occhi, sai?”
Per tutta risposta le baciò le labbra sorridenti.
“Ricordo la faccia dei miei genitori naturali e ricordo perfettamente il nostro primo incontro… Eri talmente incavolato che mi spaventai! Dovevo essere proprio brutta…”
Si fece scappare una risata. “Davvero?”
“Volevi strangolarmi con la collanina, ricordi?”
“Avrei fatto l’errore più madornale della mia vita…. E bada bene che ne ho combinate di tutti i colori.” Le scostò una ciocca di capelli dal viso e la baciò in fronte. “Come ti senti? Riesci ad alzarti?”
“Ho dolori dappertutto, soprattutto qui.” Portò la mano sul collo in quel punto preciso. “Ho avuto la terribile sensazione che qualcuno mi stesse tagliando la gola con un coltello…”
Il ragazzo deglutì facendosi serio. “Sì e ti chiedo scusa, ho dovuto ferirti forzatamente con il Pugnale di Bloch per liberarti da un incantesimo di Galdramardur.” Chinò la testa sentendosi in colpa.
Anche lei abbassò lo sguardo, comprese al volo quale grande prova aveva affrontato per compiere quel gesto. “Capisco.” Lo accarezzò dolcemente. “Adesso sono libera, giusto?”
“Spero di sì, non saprei cos’altro fare….”
Ranja provò ad alzarsi nonostante le gambe faticassero a sorreggerla. Burian la aiutò a tirarsi su, comprese che era troppo debole per poterle chiedere di combattere al suo fianco contro Galdramardur, perciò guardando Theon gli fece intendere che la miglior cosa consisteva nel tornare a casa e permetterle di recuperare le forze.
“Ehi ma…” La ragazza solo allora portò l’attenzione sul quel leggero abito che portava addosso: era talmente leggero da lasciar trasparire il suo corpo! “Chi mi ha messo quest’affare?! Dove sono i miei vestiti?!” Si liberò dal braccio di Burian che la sorreggeva per ricadere seduta a terra e coprirsi le parti intime con il viso che stava per incendiarsi, tanta era la vergogna.
“Calmati, calmati… Va tutto bene.” Sorrideva semi-divertito: quella era la conferma che Ranja era tornata quella di sempre, quella ragazza dolce ma al contempo forte e determinata con quel pizzico di pudore che la faceva arrossire non appena la guardava con gli occhi innamorati.
“Tutto bene un corno!” Lo fulminò. “E smettila immediatamente di guardarmi a quel modo!”
Appunto. “Veramente io….”
“Ah, non inventare cose che non esistono! Tu stai guardando dove non devi, ammettilo!”
“Beh….” Si grattò la nuca in preda all’imbarazzo perché in effetti la sua attenzione era caduta in certe zone del corpo della ragazza.
“Theon, la prego faccia qualcosa! Faccia in modo che questo sporcaccione guardi altrove mentre vado a casa a vestirmi come si deve!”
“Ehi, sono il tuo promesso sposo, mica un estraneo!” Si avvicinò leggermente a lei e per tutta risposta ottenne uno spintone che lo fece finire a terra.
“Stammi lontano! Non mi toccare!”
Il vecchio sacerdote si lasciò sfuggire un sorriso nel vedere quella scena che stava spezzando la tensione. “Non è necessario che tu vada a casa.” Tese il bastone verso di lei e le fece comparire addosso il suo solito abito ben più casto e coprente.
“Oh, finalmente.” Si mise di nuovo in piedi ringraziando Theon e lanciando una nuova occhiataccia verso Burian che continuava a fissarla senza sosta.
“Coraggio, credo sia più sicuro tornare al villaggio per decidere cosa fare. Ci sono alcuni dettagli che il mio signore ha letto nel Libro di Badeneisten e ritengo opportuno tu debba conoscere, mia cara.”
 
“Dov’è che andate?”
Una voce minacciosa gelò i loro passi.
“Non vorrete lasciare le cose in sospeso. Oppure avete paura?”
 
 
 



 
Ciao a tutti!
Permettetemi di ringraziare Emmastory ed Eppy che con il loro supporto mi stanno aiutando tantissimo ad andare avanti nonostante le mille difficoltà che sto incontrando. Sappiate che grazie a voi cerco sempre di trovare il tempo ed il modo di scrivere i capitoli finali di questa storia. Già, perché non manca tantissimo alla conclusione, perciò invito tutti voi lettori ad esprimere un vostro minuscolo parere su quanto ho scritto fin ora.
 
Ranja si è risvegliata dall’incantesimo recuperando i ricordi, ho scelto di concludere il capitolo tentando di  spezzare un po’ la tensione prima di concentrarci sullo scontro finale dove tutto può accadere.
Al prossimo capitolo!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** La ricomparsa di Badeneisten ***


 
 
LA RICOMPARSA DI BADENEISTEN
 
 
 
 

“Accidenti a lui! E’ ancora vivo?!”
Theon si frappose fra Galdramardur ed i ragazzi: essendo una sorta di spirito poteva fare da scudo con i suoi poteri e non rischiare di rimanere ferito.
“Mi duole impedirvi di far ritorno alle vostre dimore, vi rammento che non è buona educazione lasciare i conti in sospeso. Non ho ancora avuto il piacere di entrare in possesso di ciò che vi ho chiesto e mi appartiene di diritto.”
“Ti appartiene di diritto? E da quando?”
“Oh, basta domande insensate! Adesso sono davvero stanco di aspettare! Sono secoli che il trionfo mi attende ed ora è giunto il momento che tutti quelli a me avversi si inchinino alla mia onnipotenza!” Alzò le braccia al cielo, sulla mano destra era ben evidente la ferita seppur non più sanguinante.
Burian afferrò Ranja per un braccio e la portò a distanza dal fulcro della battaglia. “Ascoltami bene: io, tu, il Cuore di Ghiaccio ed il Pugnale di Bloch concentrati in uno spazio ristretto generano una potentissima energia che lo può sconfiggere con una certa facilità.”
“Cioè lo elimina dalla faccia della Terra?”
“Non proprio. Lo mette a tappeto per un po’ di tempo che può rivelarsi sufficiente per colpirlo con il Pugnale. Solo trafiggendolo possiamo considerarlo morto a tutti gli effetti.”
“Insomma dovremmo andare lì e….”
Purtroppo la ragazza non poté concludere la sua frase perché la terra sotto i suoi piedi prese a traballare, dalle cime dei monti si staccarono blocchi di ghiaccio e di neve ed uno schianto provocò una profondissima frattura sulla montagna di Slottbergen lasciando intravedere una torre. Gli occhi di Burian si riempirono di meraviglia e di speranza: lì c’era il suo castello! Finalmente lo aveva trovato davvero dopo tutti quegli anni, finalmente un segno tangibile di Badeneisten, dei suoi genitori, di quelli di Ranja e di tutta la corte, la sua gente e il suo popolo! Un nodo di commozione gli si formò in gola, ma doveva fare l’impossibile per tenere i nervi saldi e la concentrazione necessaria per andare fino in fondo con coraggio e senza paura. Anche se quest’ultima gli scorreva in ogni angolo del corpo.
Si portarono presso lo spazio in cui lo stregone stava esternando tutta la sua ira, Theon era avvolto di luce bianca tentando il tutto e per tutto di arginare quello che Galdramardur avrebbe potuto fare, pregando ed invocando l’aiuto non solo di Odino, ma di tutti i numi del cielo.
“Tieni.” Burian prese il Cuore di Ghiaccio e lo affidò a Ranja, poi afferrò il Pugnale di Bloch e si mise in posizione di attacco. “Stammi sempre vicino e non lasciare mai la mia mano, per nessuna ragione.”
“Ok…” La ragazza aveva una paura matta, le sue gambe tremavano rendendola impacciata nei movimenti. Strinse l’amuleto nella mano libera sperando di trovare la forza  ed il coraggio per essere d’aiuto a Burian.
Il cielo era plumbeo, soffiava un vento imprevedibile e freddissimo, nell’aria turbinavano fiocchi di neve e cristalli di ghiaccio; poco più in là il mare era sconvolto da onde altissime che si infrangevano sulla costa martoriandola e ferendola nel profondo, già Beflavik iniziava a contare i danni del fenomeno che si stava abbattendo sulle sue piccole casette variopinte che loro malgrado si trovavano al centro di una lotta antica come il mondo.
In quelle mani scheletriche innalzate verso il cielo colmo di oscurità iniziavano a concentrarsi tutti i venti esistenti sulla faccia della Terra, erano accompagnati da fulmini e nubi nere come la pece. Theon indietreggiò poiché riconosceva quello che il nemico stava preparando. “Via, via! Allontaniamoci, presto! Sta richiamando tutti i venti esistenti per raccoglierli in un unico attacco! Quello è un incantesimo che potrebbe spazzare via ogni cosa nel raggio di moltissime miglia!”
“No! Io non fuggirò mai!” Burian si lanciò in una corsa dall’esito imprevedibile con il Pugnale ben stretto in una mano, mentre con l’altra stava trascinando con sé una Ranja terrorizzata con le lacrime agli occhi e la voce che le si strozzava in gola nel disperato tentativo di dissuaderlo da quella pazzia. Correva con gli occhi chiusi davanti ai quali aveva portato il Cuore di Ghiaccio nella remota speranza che potesse fare qualcosa per scongiurare l’inevitabile quanto imprevedibile scontro fra loro, piccoli moscerini, e lui, il mostro gigante dai poteri insormontabili.
“Non osate avvicinarvi a me!”
Ma Burian non sentiva ragioni.
“Avete un grande coraggio, devo riconoscerlo!” Galdramardur raccolse tutti i venti nel palmo delle mani. “Vediamo come ve la cavate con questo!”
Fece partire un bolide impressionante che incendiò l’aria rendendo praticamente impossibile vedere qualsiasi cosa. In questo consisteva il suo piano: cancellare ogni traccia di vita ricorrendo al suo incantesimo più distruttivo, concentrando l’energia in particolare sui due insetti per ridurli letteralmente in polvere ed entrare così in possesso dell’amuleto.
Forse protetto dal Cuore di Ghiaccio, forse da Odino o forse guidato solo dal suo cuore, Burian riuscì a ridimensionare quel colpo evitando la catastrofe totale e quando riaprì gli occhi vide che in quel turbinio di luci ed incantesimi era stato capace di affondare la tagliente lama del Pugnale di Bloch nel corpo dello stregone. Questi, colto totalmente alla sprovvista, era rimasto paralizzato sia dal dolore che dall’incredulità di quanto accaduto. Era ad un passo dalla vittoria e invece si era trovato a dover assaggiare l’amaro gusto della sconfitta. Da quella ferita iniziò a sgorgare sangue, tanto sangue che andò ad imbrattare anche la mano del suo uccisore, quel maledetto ragazzino che un tempo lo aveva liberato dal suo limbo di oscurità. Allo stremo delle forze e prima di soccombere sotto il colpo letale del Pugnale, strinse il medaglione che portava al collo e vi concentrò gli ultimi brandelli di potere di cui ancora si sentiva padrone. “Mi hai colpito, maledetto…. Ma non credere di aver vinto, se io non posso avere il Cuore di Ghiaccio, non lo avrai neppure tu….”
Burian lo fissò negli occhi, poi sentì una botta fortissima che gli tolse il respiro, dalla sua bocca uscì di getto del sangue che andò ad imbrattare la sua candida uniforme. Fu scaraventato a terra e sbatté violentemente la testa, Ranja venne trascinata con lui avvolta in una nuvola di polvere di neve: quando questa si dissolse poté assistere alla lenta disgregazione del corpo di Galdramardur. Vide lo stregone rannicchiato su se stesso con la mano nel punto in cui il Pugnle di Bloch era conficcato nel suo copro esanime. Si accasciò al suolo e, sotto le ali del vento ormai in procinto di placarsi, divenne polvere nera che si disperse nell’aria scomparendo definitivamente dalla faccia della Terra. Al medaglione che portava al collo non toccò fine diversa poiché espulse tutta la sua negatività in una fiamma oscura prima di venir portato via dal vento sotto forma di cenere. Su quello che era stato il campo di battaglia non restava che il Pugnale di Bloch dal quale per altro erano scomparse tutte le tracce del sangue nemico. Dopodichè le nubi furono squarciate da un raggio di sole che andò ad illuminare l’elsa del Pugnale: brillava come una stella nel cielo e da quel meraviglioso bagliore partì un fascio di luce che colpì dritto la cima della torre apparsa poco prima fra i ghiacci. Ed avvenne il miracolo: quel sarcofago gelato si sbriciolò in miliardi di minuscoli cristalli riflettenti la luce solare che finalmente era tornata a splendere sulle terre del nord. Il cielo aveva ripreso il consueto colore azzurro, non vi erano più tracce di nubi ed il vento prese ad accarezzare delicatamente quei luoghi troppo al lungo martoriati raccogliendo e depositando sul mare tutti i piccolissimi frammenti. Il leggendario Castello di Badeneisten stava risorgendo dai ghiacci, le alte guglie ed i torrioni brillavano al sole i cui raggi stavano sciogliendo la neve che tornava al suolo sotto forma di gocce d’acqua, scorrevano sui tetti aguzzi, sulle candide pareti, sulle mura e sui vetri delle finestre. Era una vista assolutamente magnifica, era tutto ciò per cui Theon si era sacrificato dieci anni prima. “Tutto è compiuto finalmente.” Il Gran Sacerdote si avvicinò ai due ragazzi reduci dalla battaglia. “Il mio tempo è giunto al termine, ciò che dovevo fare adesso è stato fatto.” Ranja si voltò verso di lui appena in tempo per vederlo diventare evanescente e scomparire in un soffio di vento. Era sola in mezzo a tutti quegli eventi fantastici, Burian giaceva immobile e muto presso di lei che non lo aveva mai liberato dal suo abbraccio. “Amore mio, riesci a sentirmi?” Gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte, fu allora che notò le pupille dei suoi occhi quasi inesistenti ed il respiro appena percepibile. “Ci sei riuscito… Hai sconfitto quel maledetto e il tuo castello è libero dai ghiacci.” Lo accarezzò, i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime.
“A-amore mio….” La voce di Burian era debolissima. “E’ tutto nelle tue mani…”
La sua mano si posò delicatamente sul terreno ferma ed immobile, nei suoi occhi si spense l’ultimo brandello di vita ed un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca. Il respiro scomparve così come il battito del suo cuore.
E in quel momento il Cuore di Ghiaccio si spezzò in due.
“Burian…. Burian… Per l’amor del cielo, rispondimi!” Ranja lo sollevò da terra stringendolo al petto, affondò il viso nei suoi capelli biondi continuando a chiamarlo disperatamente. Con gli occhi rigati di lacrime si staccò da quell’abbraccio per guardarlo in volto. “Amore mio rispondimi ti prego….” Lo accarezzava nel vano tentativo di svegliarlo da quel sonno senza ritorno. “Ti prego…. Non può finire così… No! ….No!... No!” Scoppiò in lacrime sul corpo dell’amato senza vita. “Odino, se davvero ci sei, come puoi essere così crudele?! Perché non hai fatto nulla per salvargli la vita dopo tutto quello che ha fatto?!” L’aria era satura della sua disperazione, delle sue urla di dolore, le lacrime sgorgavano dai suoi occhi andando a bagnare i capelli del ragazzo il cui nome veniva invocato all’inverosimile. Non accadeva niente, pareva che ogni cosa girasse attorno a loro senza sfiorarli, impotente, forse pure insensibile allo strazio di una giovare donna rimasta vedova ancor prima delle nozze. Burian era morto da eroe, ma a le non importava un bel niente: cosa poteva farsene della gloria se lui non c’era più?
 
 
 
Sconvolta da quanto accaduto Ranja non si era accorta dell’approssimarsi di un gruppo di persone: il grande portone della rocca che custodiva il Castello di Badeneisten si era aperto e tutti quelli addormentati da dieci anni si erano finalmente svegliati. Uscirono all’esterno seguendo re Bondhus e la regina Senja, immediatamente dietro di loro stavano Erik e Silke del casato di Bleikur di Rosenthal, vale a dire i genitori naturali della ragazza. E poi c’erano tutti gli invitati alla grande festa per il fidanzamento dell’erede al trono di Badeneisten, la Kasta dei Sacerdoti dei Ministri del Nord e tutta la corte al gran completo. Ognuna di queste persone faticava a vedere poiché gli interminabili anni di sonno forzato senza la luce solare aveva abituato i loro occhi all’oscurità, tuttavia i loro passi erano guidata dalle urla disperate della ragazza e ben presto furono presso quel luogo carico di dolore e, seppur con quell’handicap temporaneo, compresero la tragedia che si era consumata.
Erano liberi da Galdramardur, sconfitto una volta per tutte sotto il potere del Pugnale di Bloch grazie al coraggio del principe Burian, il loro sonno era terminato e la vita scorreva di nuovo nel loro regno. Gli sguardi dei sovrani si spensero all’istante, si fecero muti in una maschera di dolore composto. La regina si sorresse al consorte per non cadere a terra sotto i colpi che il suo cuore stava sopportando nel vedere il figlio tanto amato e desiderato giacere al suolo privo di vita. Lo stesso re era paragonabile ad una roccia fredda ed immobile poiché nel figlio aveva riposto tutte le sue speranze. Sapeva che in un modo o nell’altro sarebbe stato capace di dimostrare al mondo intero il suo grande valore ed effettivamente così era stato poiché se l’incantesimo era stato spezzato lo dovevano unicamente al coraggio di suo figlio.
 
Ma il prezzo pagato per tutto ciò era stato davvero troppo alto.
 
Ranja si voltò non appena percepì la presenza del re, lo guardò in faccia per poi passare in rassegna la regina e i suoi veri genitori: riconobbe tutti all’istante ma non aveva né la forza né la voglia di abbracciarli nonostante avesse immaginato a lungo come sarebbe stato bello incontrarli.
Purtroppo le cose erano andate diversamente da quanto aveva sperato ed ora il suo futuro era quanto mai incerto.
 
Cosa ne sarebbe stato di Badeneisten ora che l’unico erede al trono se n’era andato?
 
 





 
Ciao a tutti!
Dite la verità, immaginavate un tale epilogo?
Galdramardur finalmente è scomparso, purtroppo però è scomparso anche Burian. Ranja è sconvolta come è logico e lo è anche tutta la corte di Badeneisten che finalmente è tornata ad essere. Potrà esserlo di nuovo?
 
Ringrazio chiunque voglia commentare e vi do appuntamento alla settimana prossima (spero) per l’ultimo capitolo.
Permettetemi di ringraziare oltre ad Emmastory ed Eppy, lclementi2, autore di indubbie qualità che da poco si è unito al piccolo gruppo di lettori recensori.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 20
*** Dove eravamo rimasti? ***


 
DOVE ERAVAMO RIMASTI?
 



 
La cripta del Tempio di Odino all’interno del Castello aveva drappi neri ovunque, le finestre erano coperte per evitare l’ingresso di troppa luce solare, era ammessa solo quella flebile e traballante delle sei candele che, raggruppate in due candelabri, vegliavano ai lati dell’altare su cui era deposto il corpo del principe Burian in attesa della cerimonia funebre. Un’immagine di Odino se ne stava sulla parete di fondo davanti alla quale ardeva un piccolo braciere, altra unica fonte di luce in quella cripta altrimenti buia e triste.
In quel luogo si avvicendavano i Ministri della Kasta, i sovrani, la corte, gli abitanti di Badeneisten e Beflavik, tutti a modo loro volevano omaggiare il coraggioso gesto eroico che aveva riportato la pace in quelle terre. Ranja si era rifiutata di lasciare la cripta, non aveva toccato cibo e non aveva chiuso occhio, se ne stava lì davanti al suo amato stretta in un abito nero, la faccia pallidissima e due profonde occhiaie. Aveva consumato tutte le lacrime e le forze si stavano spegnendo lentamente.
“Coraggio bambina mia.” Dilia la strinse forte a sé. “So quello che stai passando, cerca di farti forza, lui non ti vorrebbe vedere così.”
Ranja si voltò verso la madre adottiva, lei forse era l’unica persona in grado di comprendere appieno la voragine apertasi nel suo cuore nel vedere il suo adorato Burian chiudere gli occhi per sempre. Riportò l’attenzione sul corpo del ragazzo, indossava la candida uniforme dei NorskDrakon e per metà era coperto dalla bandiera recante il vessillo del regno, teneva fra le mani il Pugnale di Bloch ed era sempre di una struggente bellezza nonostante la morte. “Perché?” Ranja mosse impercettibilmente le labbra permettendo ad un solo filo di voce di uscire. “Perché è accaduto tutto questo?”
Dilia la strinse di nuovo. “Ci sono cose che non riusciamo a comprendere, ma vedrai, il tempo ci aiuterà a ricominciare.”
“Come faccio a ricominciare senza di lui?” E scoppiò in lacrime sorretta da Dilia, sua madre Silke e dalla regina Senja.
“Figlia mia, fatti forza.”
Lei non sentiva niente, le parole pronunciate dalla madre ritrovata non esistevano. Per lei esisteva solo il dolore senza limiti per aver perso l’unico grande amore della sua vita.
 
Nel frattempo re Bondhus presiedeva il Gran Consiglio di Badeneisten convocato in via eccezionale, durante il quale si sarebbero dovuti decidere i destini del regno. Presthur, il Gran Sacerdote subentrato a Theon i cui resti mortali avevano finalmente avuto degna sepoltura, si alzò dal suo seggio e prese la parola. “Sire, comprendiamo benissimo che questo non è il momento migliore per affrontare un argomento così delicato come la successione al trono, tuttavia come lei ben sa, fra i doveri di un sovrano vi è quello di garantire un erede della corona.” Fece una pausa nel vano tentativo di cogliere negli occhi spenti del re qualche segnale di accondiscendenza. “Purtroppo è accaduto quello che nessuno di noi immaginava e la prematura scomparsa di Sua Altezza Reale potrebbe generare disordini con gli altri regni confinanti al fine di conquistare la nostra terra.”
“Mhm….” Dal re venne solo un suono confuso.
“Mi duole dirlo, Maestà.” Intervenne Raeder. “Alcuni nostri emissari ci hanno fornito prove certe di quanto ha esposto il venerabile Presthur. Legioni di Svalborg, Porshof e Fjordhur sono state avvistate a poche miglia di distanza, per ora non ci hanno dato da credere che vogliano attaccarci, tuttavia credo sia opportuno cercare di risolvere la questione  della successione al trono per mettere a tacere eventuali tentativi di conquista.”
Dal re non usciva una sola sillaba, se ne stava seduto sul suo seggio con i gomiti poggiati sul tavolo e la faccia sorretta con gran fatica dalle mani.
“Sire, la prego di dire qualcosa.”
Finalmente si alzò tenendo lo sguardo fisso in avanti ed evitando di guardare in faccia i Membri. “Questa è una decisione che non riguarda solo me, ma anche e soprattutto la regina. Adesso non è nelle condizioni tali per poter essere sottoposta a tale questione.”
“Sua Maestà la regina è ancora in grado di dare un erede a Badeneisten?”
“Non lo so, non so se ha le forze necessarie per portare avanti una gravidanza, potrebbe essere troppo rischioso.”
“E allora?”
La grande sala si riempì di brusio, tutti i Ministri tentavano di trovare una soluzione al vuoto lasciato dal principe Burian. Il re, di nuovo seduto, restava in silenzio, comprendeva benissimo le valide ragioni esposte poco prima, una guerra per la successione al trono doveva essere evitata ad ogni costo ma chiedere alla sua adorata consorte di correre tutti quei rischi per generare un altro erede gli sembrava troppo. Ricordava benissimo quanto aveva sofferto nell’aspettare e dare alla luce Burian, era stata male e più volte aveva seriamente temuto per la sua vita. Per fortuna il principino era nato seppur con qualche complicazione ed era stato allevato con ogni riguardo ed attenzione. Forse lo avevano viziato un po’ troppo, lo avevano assecondato e gli avevano perdonato marachelle su marachelle. Si era ribellato ad ogni imposizione del suo rango, una su tutte il fidanzamento con la giovane Ranja, poi tutto era precipitato rovinosamente nell’oblio.
“Sire….. Sire…”
Il re si destò da quel torpore di riflessione riportando l’attenzione su Presthur.
“Sire, ci sarebbe un’altra possibilità… Forse azzardata e delicata ma…. Vista la situazione potrebbe essere valida.”
“Di che si tratta?”
“Ecco maestà… Il potente Odino aveva scelto la ragazza degna di sedere sul trono di Badeneisten a fianco del principe Burian con cui avrebbe generato l’erede…. Questo non è più possibile adesso, tuttavia la ragazza c’è ed è in grado di svolgere ciò per cui è venuta qui….”
“Dove vuole arrivare?”
“Il principe è scomparso, ma c’è lei e la ragazza. Un vostro figlio garantirebbe la successione dinastica al trono rispettando le indicazioni di Odino….”
Il re si alzò in piedi, il suo viso stava diventando rosso di collera e trattenne a stento gli occhi che quasi gli schizzarono fuori dalle orbite. “Voglio considerare queste parole come uno scherzo di pessimo gusto!” Sbatté violentemente il pugno sul tavolo. “Ma come potete soltanto immaginare di propormi una cosa del genere?!”
“Maestà…”
“Vi rendete conto?! Mi state chiedendo di tradire mia moglie e mio figlio!! Avete perso il lume della ragione?!” Era rosso di collera. “Non posso fare una cosa del genere! E’ fuori discussione! Mio figlio è morto! Morto! Devo ripetervelo un’altra volta?! Lui era il futuro del regno e se Odino ha deciso così, significa che per Badeneisten tutto si concluderà con la mia dipartita. Se davvero questo è il suo volere, dobbiamo rispettarlo che vi piaccia o no. Tutto è nelle sue mani venerabili, se dev’esserci una soluzione sarà lui ad indicarcela.”
“Cerchi di ragionare, Maestà….”
Fulminò tutti con lo sguardo, nessuno osò dire una sola parola e lo lasciarono allontanarsi dalla grande sala. Raggiunse una delle grandi finestre che davano sulla corte interna del castello nella quale proseguiva l’incessante processione di coloro che volevano omaggiare Burian. Si passò una mano sugli occhi umidi, doveva dimostrare autocontrollo e compostezza davanti ai Ministri e su tutti quelli che si presentavano al suo cospetto, ma dentro era distrutto dal dolore di aver perso il suo unico figlio. Nessuno aveva mostrato pietà per l’uomo, per il padre, per l’essere umano, nessuno eccetto la regina percepiva fino in fondo quale incolmabile senso di devastazione che provava nel suo cuore, tutti sembravano solo preoccupati per la successione al trono ed il futuro del regno. Scoppiò in un silenzioso pianto liberatorio, non riusciva ancora a realizzare che non avrebbe mai potuto posare la corona di Badeneisten sulla testa del figlio come suo padre un tempo aveva fatto con lui ed essere orgoglioso del suo ragazzo guardandolo negli occhi per sentirsi fiero di esserne il genitore. In cuor suo pregò Odino, in lui riponeva il destino del regno e le sue speranze di uomo.
 
 
Un altro giorno era giunto al termine.
Quello successivo sarebbe stato pesantissimo poiché si sarebbero svolti i solenni funerali di Burian.
Ranja non si era mai mossa dalla cripta, era allo stremo delle forze ma nonostante ciò non voleva saperne di lasciare quel luogo.
“Coraggio, mia cara. Ritirati nella tua camera e cerca di riposare un po’.” La regina era preoccupata per la ragazza.
“Non lo voglio abbandonare, voglio trascorrere con lui ogni attimo che mi è concesso perché poi non ne avrò più per tutto la vita.” Si voltò verso di lei. “Cerchi di comprendermi….” E l’ennesima lacrima le rigò il volto.
La sovrana osservò in silenzio Dilia e Silke, le tre donne erano commosse e non se la sentirono di portare via la ragazza dalla cripta. Pochi istanti dopo sull’ingresso comparvero anche il re ed Erik i quali restarono in silenzio pregando mentalmente Odino perché non restasse insensibile al dolore di tutte le loro famiglie. Re Bondhus si avvicinò al corpo del figlio e posò le mani calde sulle sue fredde, poi si ritirò con tutti i presenti tranne Ranja alla quale fu concesso di restare lì accanto al suo defunto amore.
Si inginocchiò davanti a quel triste altare:
 
Potente Odino, Padre dei Cieli e delle Terre del Nord,
mi hai prescelta per questo nobile cavaliere ed io ho risposto.
Certo, non l’ho fatto subito e con entusiasmo,
ma non ho disobbedito al Tuo volere.
Ed ora sono qui ad invocare il tuo aiuto
non per me, ma per questo regno che tanto ti è devoto.
Da tempo immemore gli abitanti di Badeneisten
si affidano a Te, ti onorano e ti lodano
ad ogni ora del giorno e della notte.
Per loro io invoco il tuo divino aiuto,
o potente Odino: non permettere
che il loro Principe finisca così.
Ha liberato il mondo dalla minaccia
di Galdramardur, ribelle dio dei venti
che ha osato contrastare il tuo potere,
non ha esitato a sacrificarsi per il bene
di tutti noi…
 
Davvero non conta niente per te tutto questo?
Se Tu vorrai, la nobile stirpe che il leggendario Borkur
Ha generato, andrà avanti.
Io non mi tirerò indietro e farò ciò per cui mi hai scelta fra tante.
Non permettere a questo prode cavaliere
di sparire così da quelli che lo amano e lo rispettano,
Se vuoi, puoi tutto…..
 
Prese il Cuore di Ghiaccio spezzato che custodiva e lo pose vicino alle mani gelide di Burian che già stringevano il Pugnale di Bloch. Restò a stretto contatto con lui per lunghi minuti, poi crollò alla base dell’altare non rendendosi conto che qualcosa di estremamente luminoso era stato generato da quel contatto perché cadde in un profondo sonno del tutto inspiegabile.
 

 
 
 
 
Il sole era molto basso sull’orizzonte, aveva infatti raggiunto il punto minimo da cui avrebbe ripreso il suo cammino nel cielo in quei lunghi giorni senza notte, tuttavia qualcosa stava per accadere in quelle ore: senza alcun preavviso e senza essere stata prevista si verificò una spettacolare eclissi di sole. Il cielo si rifece scuro e le stelle della notte ripresero a splendere nel buio, il vento si addormentò di colpo ed ogni angolo di quelle remote terre venne avvolto in un’aria pacata e irreale. Poi tutto d’un tratto il cielo si incendiò di una spettacolare aurora boreale, talmente fantastica che nessuno ne ricordava di simili. I meravigliosi giochi di luce accarezzavano l’aria attorno alle guglie del castello di Badeneisten facendone risplendere ogni angolo in modo impressionante. Anche le onde del mare si erano placate, parevano immobilizzate dalla meraviglia offerta loro da quello spettacolo senza precedenti. Tutto insomma non era in grado di muoversi, tutto tranne la luce proveniente dal cielo.
Erano trascorsi forse cinque minuti dall’inizio dell’eclissi quando i raggi del sole presero ad aumentare di intensità per vincere totalmente su quell’inaspettato lembo di oscurità che aveva fatto tornare la notte. La luce solare sembrava più forte ed energica di prima, faceva risplendere i ghiacci perenni e la superficie del mare così come le guglie del Castello di Badenisten sulle cui sommità le bandiere a mezz’asta ondeggiavano lievemente consolate dal vento.
 
 
Ranja aprì gli occhi, si era addormentata ai piedi dell’altare su cui giaceva il corpo di Burian, non riusciva a distinguere benissimo l’ambiente che la circondava sia per la poca luce che per il sonno che ancora non l’aveva del tutto abbandonata. Si tirò su stropicciandosi gli occhi e si mise seduta raccogliendo in un abbraccio le ginocchia su cui posò la testa: quello era il giorno in cui si sarebbe dovuta separare per sempre dall’uomo della sua vita…. Sarebbe sopravvissuta al dolore della solitudine eterna e del non ritorno? Sentì le prime lacrime gonfiarsi negli occhi, sollevò la testa e nella penombra le parve di scorgere una figura candida muoversi da una finestra all’altra scostando le pesanti tende scure per far entrare la luce del sole.
“Vedo già il suo spirito…..” Mosse impercettibilmente le labbra per pronunciare quelle poche parole e le uscì un singhiozzo, in un simile contesto e in condizioni normali si sarebbe messa ad urlare dalla paura, ma lì con la morte nel cuore non trovò la forza di emettere un minimo rumore che non fosse appunto un singhiozzo.
L’individuo mosse la testa nella sua direzione, tolse del tutto il drappo funebre dalla finestra e grazie alla maggior luminosità dell’ambiente riconobbe la ragazza.
“Ranja!” Si precipitò presso di lei stringendole le mani.
Lei lo fissò in volto. “Burian… Non è possibile che tu sia qui.” Credeva ancora di dormire e sognare. “Tu sei morto….”
Alzò il sopracciglio destro. “Morto io?!” La sua reazione fu di enorme sorpresa e d’istinto portò una mano in basso per scaramanzia. “Come ti viene in mente una cosa del genere?!”
“Tu… Io…. Insomma… Hai ucciso Galdramardur col Pugnale di Bloch poi…. Quella luce forte e tu…. Sei morto.”
Lui la guardò con perplessità. “Ranja, sei sicura di sentirti bene?”
Non rispose.
Poi Burian osservò con maggior attenzione il luogo in cui si trovavano. “Dove siamo?”
Tremando Ranja parlò. “Questa è la cripta del Tempio di Odino del Castello di Badeneisten, qui oggi si svolgeranno i tuoi funerali.”   
Si mise nuovamente ad osservare con maggior attenzione e riconobbe rapidamente la tetra cripta che da bambino frequentava spesso fingendosi un supereroe che sfida il male, vide i drappi scuri alle finestre e la fioca luce delle candele, atmosfera tipica dei momenti di lutto a Badeneisten. Ma questo particolare stava a significare anche un’altra cosa. “Mi stai dicendo che il mio castello è libero dai ghiacci?”
“Sì, ma tu sei morto… e questo è solo un sogno che vorrei tanto diventasse realtà.”
Si alzò, vide che la ragazza indossava un abito nero, alle sue spalle c’era l’altare funebre su cui erano posati la bandiera di Badeneisten, il Pugnale di Bloch e il Cuore di Ghiaccio, tutti questi dettagli coincidevano con quanto le aveva detto lei.
Prese fra le mani quest’ultimo e glielo mostrò: Ranja ricordava benissimo il momento in cui si era spezzato a metà, il terribile attimo in cui realizzò di aver perso il suo amato. “Ma se questo è di nuovo intero… potrebbe significare che…. Odino ha dato ascolto alle mie preghiere e…. Sei vivo!”
“Sono vivo!”
“Non sei morto!”
“Non sono morto!”
“E’ impossibile!”
“No no! E’ possibile, anzi, è la realtà!”
Lasciò che la ragazza toccasse ogni parte del suo corpo per verificarne la concretezza, la baciò perché lo desiderava ardentemente in primis e perché si rendesse conto di essere ben sveglia.
Il Fuoco Sacro che ardeva di fronte al ritratto di Odino si ravvivò all’istante, bruciava allegramente illuminando quell’ambiente tetro e fino a poco fa lugubre.
Burian iniziava a ricomporre i cocci dell’accaduto ricollegando ogni dettaglio, comprese quale enorme dolore aveva invaso la sua adorata Ranja in quel tempo imprecisato in cui il suo cuore aveva cessato di pulsare. La strinse forte a sé in un’esplosione di gioia e di lacrime, le accarezzò i capelli mentre sentiva il suo corpo tremare. Si staccarono da quel tripudio di baci ed amore dopo molto tempo, non appena si resero conto che il Fuoco pareva volerli richiamare all’ordine e al decoro.
“Mi sa che abbiamo esagerato un po’…”
“Già… Ma vedi, non sono in grado di spiegarti come mi sento in questi minuti. Ti avevo perso per sempre e per me era come se mi fosse crollato il mondo addosso, ero disperata, ho rifiutato il cibo ed il sonno per stare vicino a te, ho pregato Odino fino allo sfinimento perché facesse qualcosa, perché dopo tutto quello che hai fatto non poteva permettere la tua scomparsa.” Si lasciò asciugare una lacrima di gioia e, oh, com’era bello sentire di nuovo la sua mano calda a contatto con la sua pelle! Lo guardò negli occhi stringendosi a lui. “I tuoi genitori erano distrutti dal dolore.”
La allontanò leggermente dal suo corpo. “Si sono risvegliati?”
“Sì.”
“Io…. Devo andare a riabbracciarli immediatamente! Andiamo!”
Uscirono dalla cripta e presero a salire le scale percorrendo i corridoi per raggiungere gli appartamenti reali più velocemente possibile. In ogni angolo del castello vi erano drappi funebri e tutte le finestre erano state chiuse in segno di lutto per impedire alla vitalità della luce solare di penetrare all’interno. Tutto il trambusto da loro provocato richiamò l’attenzione del personale di servizio e delle guardie che, ignari del miracolo, credevano vi fossero degli intrusi, magari dei nemici. Com’era prevedibile il baccano svegliò il re dalle poche ore di sonno di cui aveva goduto, spalancò la porta su tutte le furie esigendo spiegazioni immediate.
“Maestà!!” Ranja si presentò al suo cospetto radiosa come non mai, si dimenticò di inchinarsi a lui e mostrò il motivo di tanta felicità. “Un miracolo, Maestà…. Un miracolo!”
Il sovrano non credeva ai suoi occhi: suo figlio, il suo unico ed adorato figlio  stava in piedi a pochi passi da lui. Non era morto, né era uno spirito, era semplicemente vivo e vegeto, con la faccia non più pallida ma di un bel colore rosato, nei suoi occhi vedeva splendere di nuovo la fierezza della loro dinastia e il carisma che ricordava.
“Padre….” Burian era commosso e si lanciò fra le sue braccia come un bambino indifeso che si è appena salvato da un grande pericolo.
Dopo qualche istante dalla porta apparve la sagoma della regina che si unì a quell’abbraccio con le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi come l’acqua pura e cristallina originata dal ghiaccio che si scioglie sotto il calore del sole.
Ranja sentì una mano posarsi sulla sua spalla, si voltò e fra le lacrime che bagnavano i suoi occhi riconobbe i suoi genitori naturali: ora finalmente poteva abbracciarli come sognava nel suo cuore fin dal momento in cui aveva appreso della loro esistenza. Il calore provato in quegli istanti non aveva niente da invidiare a quanto le avevano dato Aryus e Dilia, tuttavia c’era qualcosa di particolare ed incomprensibile, forse si trattava del profondo legame di sangue esistente fra genitori e figli? Quella caratteristica indissolubile che va oltre le barriere del tempo e dello spazio? O forse era la consapevolezza, magari non del tutto chiara, che il pericolo e i tempi difficili erano stati superati per sempre?
 
 
 
I cieli di Badeneisten erano illuminati a giorno dai fuochi artificiali e le bandiere che ornavano le guglie del castello sventolavano in tutta la loro magnificenza: dopo tempi bui finalmente era giunto il momento di suggellare quell’unione interrotta bruscamente dieci anni prima. Quella sera si sarebbe svolto il gran ricevimento per festeggiare il fidanzamento dell’erede al trono con la fanciulla designata da Odino, colei che era stata capace di commuoverlo e indurlo a compiere il miracolo che aveva spazzato via ogni traccia del male dal loro piccolo ma fiero regno.
A poco più di un’ora dall’inizio del ricevimento Burian scese nel Tempio e si soffermò per un attimo in raccoglimento davanti alla statua di Odino, poi passò oltre ed entrò nel luogo in cui riposavano le spoglie mortali dei suoi antenati e di coloro che avevano dato lustro a Badeneisten. Raggiunse il punto esatto in cui riposavano i resti di Theon e restò a lungo in silenzio con lo sguardo fisso sull’iscrizione. Si sentiva in debito con lui, aveva anche la sensazione che in un modo o nell’altro c’era stata la sua intercessione presso Odino a riprova dell’eterna devozione del vecchio sacerdote nei suoi confronti. Si batté il petto e mise la mano sul cuore. “Giuro su me stesso di onorare per l’eternità il nome  di Theon, grande e indimenticabile Sacerdote la cui memoria non verrà mai offuscata dal tempo, perché anche i posteri possano conoscere di quale figura eccezionale Badeneisten ha goduto. Lo giuro sul mio nome, nei secoli dei secoli.”
Nella sua testa percepì una voce. Sono orgoglioso di te, mio signore.
Sfiorò il candido marmo con la mano e tornò dove in molti lo stavano attendendo.
 
 
Il portone della grande Sala dei Ricevimenti si aprì e fra due ali festanti di folla Ranja fece il suo ingresso sulle note dell’Inno di Badeneisten. Burian l’attendeva a pochi passi dai troni su cui sedevano i sovrani, aveva gli occhi sognanti ed innamorati così come la ragazza, una situazione diametralmente opposta da quella presentatasi dieci anni prima. Re Bondhus e la regina Senja osservavano con sguardo compiaciuto quanto stava accadendo, ai loro lati tutta la cerimonia era seguita con attenzione dai Ministri della Kasta dei Sacerdoti al gran completo mentre la promessa sposa avanzava verso il principe con il padre Erik da un lato e la madre Silke dall’altro. Per espresso desiderio di Ranja accanto a lei c’era anche Dilia, voleva che anche lei l’accompagnasse lungo quel tappeto azzurro perché in fin dei conti l’aveva cresciuta e le era stata accanto per dieci anni pieni di gioie e di pericoli.
Quando fu presso il principe, questi la prese per mano e la condusse a sé mentre i suoi congiunti salutarono i sovrani omaggiandoli con un inchino. Poi Burian attese il Gran Sacerdote Presthur con il cuscino su cui stavano i medaglioni di Badeneisten: lui l’avrebbe messa al collo di lei per suggellare finalmente il loro fidanzamento. Prese l’oggetto fra le mani e lo osservò con compiacimento, si avvicinò alla ragazza per allacciarglielo al collo e quando fu ad un passo dal compere quel gesto si fermò.
Ranja non capiva, che per caso c’aveva ripensato?
Invece lui sorrise con una punta di divertimento. “Dov’eravamo rimasti?” Fece una breve pausa. “Ah, già. …. Vorrei poterti strangolare con questa stupida collanina.”
A quel punto lei comprese ogni cosa e si trattenne a stento dal mettersi a ridere ricordando la sua battuta. “Se non lo faccio prima io con te, brutto sbruffone.”
E si lasciarono scappare entrambi una complice risatina.
Indossarono reciprocamente i medaglioni, ricevettero la benedizione dei sovrani e dei Sacerdoti: quello era il primo vero passo concreto verso il loro futuro, il passato su cui era calata l’ombra minacciosa di Galdramardur era stato spazzato via una volta per tutte. Certo, non era stata una battaglia indolore e non era stata affatto semplice, ma l’audacia e il coraggio di un cuore puro come il ghiaccio avevano avuto la meglio e la pace poté continuare a regnare nelle remote Terre del Nord.
 
 



 
 
Ciao a tutti.
Siamo arrivati al capolinea di questa storia. Chiedo scusa per quest’ultimo capitolo forse un po’troppo lungo, ho fatto i salti mortali per concludere tutto e spero che il finale non vi abbia deluso. Mi farebbe un enorme piacere conoscere il vostro parere globale su quanto ho scritto ed approfitto per ringraziare di tutto cuore tutti coloro che mi hanno sostenuta con le loro recensioni, più tutti quelli che hanno inserito la storia in una delle liste.
Detto questo, devo dirvi una cosa: per quanto mi dispiaccia sono costretta a prendere una pausa e quindi per un po’ di tempo non sarò nelle condizioni di scrivere storie suddivise in capitoli. Se pubblicherò qualcosa, si tratterà sostanzialmente di qualcosa di breve (poesie o brevi racconti in un solo capitolo). Mi duole davvero ma non posso fare diversamente. Nel frattempo se volete e se non avete di meglio da fare, potete dare un’occhiata alle storie che fin ora hanno riscontrato un maggior successo di lettori: A Ghost in Love e 107. Li trovate nella mia pagina.
 
Grazie a tutti e a presto!
La Luna Nera
 
 

 

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