107

di la luna nera
(/viewuser.php?uid=188311)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il testamento ***
Capitolo 3: *** La lapide ***
Capitolo 4: *** Accordo con ricatto ***
Capitolo 5: *** L'apparizione ***
Capitolo 6: *** Lievi gelosie ***
Capitolo 7: *** Bellissimo e misterioso ***
Capitolo 8: *** La vera identità di Jhea ***
Capitolo 9: *** Ritorno alla villa ***
Capitolo 10: *** La via per Neo Phaerd ***
Capitolo 11: *** Ti proteggerò come un guerriero ***
Capitolo 12: *** Timori e novità ***
Capitolo 13: *** Fiori d'arancio in vista ***
Capitolo 14: *** Inquietante prospettiva ***
Capitolo 15: *** Confusione in lei, certezze in lui ***
Capitolo 16: *** Sognando l'abito bianco ***
Capitolo 17: *** Orgoglio ***
Capitolo 18: *** Rivelazioni ed incontri ***
Capitolo 19: *** Con il cuore fra le mani ***
Capitolo 20: *** La perfezione nell'imperfezione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





Image and video hosting by TinyPic
 
L’anziana signora se n’era andata alla veneranda età di 107 anni.
Aveva sempre condotto un’esistenza riservata, specie negli ultimi anni, alimentando pettegolezzi e strane storie sul suo conto. Viveva in una villa di origine settecentesca senza particolarità, circondata da un bel parco decorato da statue che raffiguravano strani esseri umanoidi, numerose fontane tempestate di pietre azzurre che conferivano agli strabilianti giochi d’acqua riflessi davvero unici. Aveva incaricato degli scultori di realizzarle secondo suoi disegni ben precisi, compensando lautamente tutti quelli che in un primo momento si erano mostrati riluttanti. Anche i giardinieri che si erano occupati della manutenzione dell’elegante giardino si erano dovuti piegare alle insolite richieste della proprietaria nel potare e dare forme ben precise agli arbusti, così come nel piantare fiori e siepi secondo disposizioni del tutto singolari, alcune delle quali formavano dei piccoli labirinti o forme apparentemente senza senso.  
Non si era mai sposata nonostante in gioventù fosse stata una ragazza molto bella, aveva rifiutato con fermezza molte proposte di matrimonio e le strane voci sul suo conto l’avevano accompagnata durante tutta la sua lunga esistenza terrena. Malgrado ciò non la si poteva definire triste e sconsolata, le poche persone che l’avevano frequentata la descrivevano come la perfetta incarnazione della serenità, come una donna i cui angoli delle labbra erano raramente piegati verso il basso, forse era questo il segreto per cui la sua pelle presentava meno segni di invecchiamento rispetto ad altri che, sebbene più giovani, portavano addosso in modo sempre più evidente i segni del tempo che passa.
La sua dipartita colse di sorpresa tutta la sua famiglia, comprese le due cameriere che le prestavano servizio da decenni. Non aveva mostrato alcun presentimento della fine, non un colpo di tosse né uno starnuto, la sera precedente aveva solo chiesto di essere lasciata sola nella sua camera, aveva indossato la camicia da notte azzurra, aveva sciolto i lunghi capelli grigi ed aveva congedato la servitù con il solito sorriso. Il mattino seguente le cameriere si erano adoperate nel preparare la colazione ed erano entrate nella stanza, trovandola distesa sul letto con gli occhi fissi verso il baldacchino che sormontava il letto, si erano avvicinate con il massimo riguardo fermandosi solo nel momento in cui la signora aveva rivolto loro una semplice domanda con un impercettibile filo di voce.
“Ditemi, che ore sono? Voglio la massima precisione.”
“Le dieci e sette minuti, madame.”
Sorrise di nuovo. “E’ giunta dunque l’ora che Jhea e Himmel si uniscano per l’eternità.” Ed aveva chiuso per sempre gli occhi.
 
 
 
Tutti i pronipoti e parenti vari si erano occupati della cerimonia funebre ricevendo con mesta cortesia tutti coloro che si presentavano per portare un ultimo saluto alla defunta, molti dei quali mossi solo da curiosità nei confronti della bizzarra signora. La sua residenza infatti era aperta solo a pochissimi familiari, niente persone esterne alla cerchia dei parenti fatta eccezione per le due fidate cameriere. Molti approfittarono quindi della dipartita dell’anziana per ficcare il naso fra quelle mura attorno alle quali aleggiavano dicerie e leggende. E in effetti anche gli interni della dimora rispecchiavano quell’aura di mistero che aveva da sempre caratterizzato la proprietaria: tutte le stanze, benché arredate in modo sobrio ed essenziale, portavano qua e là piccole tracce di cose fuori dal comune. C’era un solo quadro per stanza che raffigurava paesaggi dipinti con la tecnica dei pittori impressionisti, molto amati dalla proprietaria, che si dilettava nell’arte per trascorrere il tempo. Stando alle parole delle cameriere però quelli visibili nelle sale erano solo una minima parte di ciò che aveva dipinto in vita. Delle altre tele nessuno sapeva nulla, una volta terminate venivano come inghiottite dal nulla.  Completavano l’arredamento dei piccoli cofanetti, vasi e oggetti simili ad urne, tutti quanti decorati con pietre azzurro cielo    sistemati qua e là sui mobili e tavoli presenti nelle stanze. Alle finestre, che restavano quasi sempre chiuse, vi erano pesanti tendaggi dai colori scuri ma sempre sulle tonalità dell’azzurro, come a voler impedire alla luce di entrare. Non c’era odore di chiuso in quelle stanze, ma un insolito profumo di fiori freschi che non era dovuto a quanto portato in omaggio alla defunta, c’era sempre stato se quello che veniva raccontato dagli ammessi nella villa era esatto. Insomma, per farla breve c’era aria di primavera fresca e frizzante nonostante tutto facesse pensare al contrario.
La camera da letto dell’anziana, in cui si era spenta, era ancora più insolita. C’erano tendaggi color del cielo ovunque, non solo alle finestre, il baldacchino del letto e la coperta su cui giaceva la salma erano del medesimo colore e sul comò, sormontato da un meraviglioso specchio, c’era uno cofanetto piuttosto grande tempestato di pietre azzurre, all’apparenza lapislazzuli e zaffiri blu.
Nessuno aveva mai saputo cosa contenesse, la proprietaria non permetteva a nessuno di toccarlo, lo spolverava personalmente e quando qualche curioso provò ad aprirlo dopo la sua morte, lo trovò ermeticamente chiuso. Nessuno insomma riusciva a sollevare il coperchio, come se una qualche forza soprannaturale volesse preservarne il contenuto.
 
La permanenza terrena della signora, o per chi vuol essere preciso, signorina Jacqueline McEvans si concludeva alle ore dieci e sette minuti del dieci luglio millenovecentosette ed i suoi resti furono tumulati nella nuda terra, di lato all’ingresso della tomba di famiglia, secondo precise indicazioni lasciate nelle mani di un notaio il quale custodiva anche il testamento della defunta.
Un’altra cosa che era apparsa singolare riguardava proprio quelle carte: l’anziana donna lo aveva redatto lo scorso marzo e consegnato personalmente nelle mani del notaio stesso il giorno venticinque del terzo mese di quel medesimo anno. Una persona  come lei in là con gli anni, se intenzionata a far testamento, non avrebbe dovuto attendere così tanto visto che aveva superato il secolo di vita. Ripeteva sempre che era ben consapevole della sua età e che avrebbe  scritto di suo pugno le sue volontà nel momento opportuno. Nessuno aveva compreso il significato delle sue parole, a volte parlava in modo quasi crittografato e si divertiva a proporre enigmi e indovinelli. Forse ve ne erano anche nel testamento?
C’era dunque grande ansia e curiosità per quel mucchio di carte su cui erano scritte le sue volontà e soprattutto enorme impazienza per chi sperava di essere il beneficiario della sua notevole fortuna.
 
Dopo dieci giorni dalle esequie alle 10 e 7 minuti del mattino i familiari della defunta furono convocati nello studio del notaio che avrebbe finalmente svelato il nome di chi non avrebbe più avuto problemi economici per gli anni a venire. Non appena tutti ebbero preso posto, il distinto signore si alzò in piedi con in mano il foglio al centro delle attenzioni.
“Do lettura delle disposizioni testamentarie della defunta miss Jacqueline McEvans datato venticinque marzo millonovecentosette… Dunque… Io sottoscritta Jacqueline McEvans nel pieno delle mie facoltà, una volta abbandonata questa vita lascio la mia abitazione e tutto ciò che in essa si trova ai figli della mia unica sorella Ariette che già non è più fra noi. Mio nipote William Morrison sarà custode di tutto con l’ausilio della sua famiglia, così come l’altro mio nipote Albert e dovranno entrambi preservare ogni scultura ed opera d’arte che in vita ho provveduto a far realizzare. Ogni singolo centesimo dei miei averi in denaro dovrà essere speso solo ed esclusivamente per la manutenzione di quanto sopra citato.”
“Perdonatemi sir.” William si alzò. “Volete dunque dire che erediteremo tutto senza poter disporre del denaro per ciò che vogliamo?”
“Esattamente sir. Miss McEvans vi lascia tutto affinché possiate provvedere alla cura della sua residenza.”
William guardò in faccia la moglie Catherine, anch’essa visibilmente delusa. Albert, il fratello, incrociò le braccia sorridendo nel vedere la cognata apprendere della grigia realtà, sapeva bene che la cara moglie del fratello aveva un debole per i gioielli e che sperava in una cospicua eredità per soddisfare questa sua passione.
“C’è dell’altro.” L’attenzione di tutti tornò sul notaio. “Lascio la chiave della mia residenza alla mia adorata pronipote Rose Morrison, nella quale potrà dimorare e soggiornare ogni qual volta ne avverta il desiderio. A lei lascio anche la busta sigillata con la ceralacca del cui contenuto ne dichiaro erede assoluta, custode e unica beneficiaria.”
Si voltarono tutti verso la più giovane della famiglia che dal canto suo non sprizzava certo di gioia. Voleva molto bene alla prozia Jacqueline ed era una delle poche persone con cui trascorreva lunghe giornate parlando di mondi lontani e fantastici, promesse misteriose di difficile comprensione e significati nascosti.
Forse la cara prozia intendeva rivelarle qualcosa a proposito di quella busta?
La ragazza ricevette dalle mani del notaio quella strana eredità con buona dose di timore mentre i suoi fratelli e le sue sorelle la guardavano con sospetto ed invidia. Stringeva fra le dita la chiave dorata della villa e quell’involucro di carta giallognola  sigillato dalla ceralacca domandandosi cosa mai potesse contenere di così importante da tenerlo ben chiuso e lasciarlo in esclusiva proprio a lei. Nonostante la curiosità e le pressanti richieste dei suoi parenti, Rose decise con fermezza di rimandarne l’apertura. L’avrebbe fatto in completa solitudine e ben lontana dagli occhi curiosi ed impiccioni delle sorelle.
 
 
 
 



 
 
Ciao a tutti!
Non so cosa mi abbia spinta a lanciarmi in questa nuova avventura ed iniziare la pubblicazione di questa storia, spero di incontrare il favore di qualcuno di voi sotto la canicola che ci sta attanagliando. Devo lavorarci ancora e confido nei vostri commenti per cercare di velocizzare la pubblicazione dei capitoli futuri.
Prima di lasciarvi, che ne pensate del banner? E’ self-made e ve lo riproporrò spesso in quanto fondamentale per molte cose che affronteranno i protagonisti.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il testamento ***





 
Image and video hosting by TinyPic
 
 
 
 
 
Terminata la cena Rose si ritirò nella sua stanza, chiuse a chiave la porta e si sedette alla sua scrivania accendendo la lampada ad olio. Tirò fuori dal cassetto nascosto quella busta ed osservò con attenzione il sigillo: recava le iniziali della prozia. Prese anche la chiave mettendosi ad osservarla con attenzione: era color argento, piuttosto pesante e presentava una deliziosa decorazione composta da minuscole pietruzze azzurre disposte a spirale che formavano una sorta di rombo. Era sicura che fosse dorata nel momento in cui l’aveva ricevuta dal notaio!
Bah, forse l’ho sognato.
Osservò con attenzione: la figura si trovava nell’impugnatura della chiave ed era incastonata su un pomello che all’attenta osservazione si riconosceva come il coperchio di una minuscola scatolina. Rose provò a sbattere leggermente l’oggetto constatando che generava un lieve rumore, come se all’interno vi fosse qualcosa. Impiegò qualche minuto, poi lo aprì e trovò all’interno una piccola chiave uguale a quella che la conteneva, stesso colore e stesse decorazioni.
E questa? Cosa potrà mai aprire? E’ talmente minuscola!  
La ripose dove l’aveva trovata e prese di nuovo in mano la busta, forse lì poteva trovare qualcosa di più esplicativo. Afferrò il tagliacarte ed aprì: all’interno trovò una serie di fogli rilegati assieme, altri piegati e molti raffiguranti disegni del tutto inconsueti, strani simboli alcuni dei quali piuttosto inquietanti. Iniziò a sfogliare tutte quelle carte unite assieme da piccole corde celesti, erano i disegni originali realizzati dalla prozia e da cui erano nate sia le statue del giardino che i quadri esposti all’interno della villa. La ragazza sorrise, erano segno di un grandissimo talento artistico e di una fantasia fuori dal comune. Le altre carte recavano altri disegni, simboli arcani e misteriosi e, una volta aperte quelle piegate, la giovane si trovò davanti agli occhi quella che all’apparenza sembrava una lettera, ma scritta con caratteri incomprensibili a lei totalmente sconosciuti.
Che scherzo è questo? Che roba è?
Iniziò a girare sottosopra quelle carte nella speranza di capirci qualcosa, ma ogni suo tentativo risultò vano. Poi un foglietto cadde inavvertitamente a terra. Rose lo raccolse, lo aprì e finalmente trovò una lettera della prozia in caratteri a lei noti.
 
Mia adorata Rose,
se stai leggendo queste righe significa che già da dieci giorni e sette ore poco più ho già raggiunto la pace eterna. Probabilmente ti starai chiedendo il significato di tutto ciò che si trova all’interno della busta oggetto della tua eredità. Ti ho nominata custode di un segreto che ho conservato gelosamente per tutta la mia vita e che ho deciso di donare a te perché fra tutti i parenti mi sei stata vicina nel bene e nel male, noi siamo state legate da un profondissimo affetto che la mia morte terrena non distruggerà. Quello che ti lascio, carissima Rose, è molto più prezioso del denaro e dei gioielli, è un qualcosa che però dovrai scoprire e guadagnare con le tue capacità. Potrai cercare aiuto per muovere i primi passi verso la chiave di lettura del tutto, ma sarai tu e solo tu quella che dovrà compiere l’ultima mossa.
Ti proteggerò per l’eternità, non temere mia carissima Rose.
Ti abbraccio forte.
Zia Jacqueline.
 
Gli occhi della ragazza erano lucidi, voleva molto bene all’anziana zia e nonostante comprendesse che la sua vita era stata molto più lunga del normale, provava un forte senso di tristezza e malinconia per la sua dipartita.
Avrebbe sicuramente sentito la mancanza dei lunghi pomeriggi passati a conversare con lei e, sfogliando tutte quelle carte, ripromise a se stessa di preservarne la memoria a qualunque costo. Rilesse di nuovo quella lettera che le rivelava di un importante segreto cercando un qualunque indizio per capire di cosa potesse trattarsi, girando e rigirando il foglio, guardandolo da tutte le angolazioni possibili senza successo. Si mise a scrutare anche i disegni e i simboli delle altre carte: c’erano delle linee che somigliavano vagamente a nuvole, altre a stelle. E poi dei caratteri sparsi in ogni disegno, ora sotto le sembianze di un’ombra, ora inscritti nelle nuvole o nelle stelle. Apparentemente non c’era nulla di demoniaco, ma tutti questi strani segni le misero un po’ di paura. Quello che la inquietava maggiormente era l’ultimo foglio che recava quella che poteva essere una lastra tombale dai caratteri alfabetici sconosciuti, sormontata da strani glifi intersecati che sembravano il numero uno e il numero sette. O forse si trattava di un triangolo? Al centro riconobbe il rombo a forma di spirale che già aveva notato sulla chiave, evidentemente significava qualcosa di importante per la prozia visto che ricorreva spesso. Ai lati c’erano delle ali. Si mise ad osservarle con più attenzione, forse lì stava l’indizio tanto desiderato per venire a capo dell’eredità misteriosa lasciatale dall’ava.
Uno e sette…. Sono due delle cifre che compongono l’età della prozia…
“Ma certo!” Rose osservò con attenzione: quei due strani segni erano troppo simili ai numeri uno e sette e con un po’ di fantasia quella spirale poteva simboleggiare uno zero formando così il numero 107, ossia l’età esatta di zia Jacqueline!
Ricontrollò frettolosamente tutte le carte che aveva fra le mani cercando la conferma alla sua intuizione: in effetti qualcosa notò, troppi segni simili al 107, troppe forme che riportavano a quei numeri. Possibile che fosse solo una coincidenza?
Come un’illuminazione nella sua testa irruppero l’ora e la data della morte, nonché il momento in cui il notaio poté dare lettura del testamento: tutto riconduceva all’uno, allo zero e al sette.
Forse la chiave per capire tutto stava nella corretta interpretazione del significato numerico delle tre cifre, peccato che fra lei e i numeri non corresse buon sangue… Se c’erano due cose che proprio non riusciva a sopportare erano appunto i numeri e i cimiteri. Aveva fatto uno sforzo enorme partecipando alle esequie della prozia, aveva tenuto stretto il braccio di suo zio Albert nella remota speranza di superare quegli interminabili minuti fra croci, lapidi e possibili fuochi fatui.
Già… Lo zio Albert! Forse lui potrà aiutarmi nel capirci qualcosa di più.
Il fratello di suo padre non si era mai sposato ed era considerato una sorta di scienziato un po’ fuori dagli schemi. Abitava in un delizioso cottage con annesso il suo laboratorio personale nel quale si divertiva ad inventare aggeggi futuristici nati dalle sue idee più o meno geniali. Aveva una grande passione per il mistero ed il sovrannaturale, possedeva molti libri sull’argomento e magari in uno di essi poteva scovare qualcosa di utile per decifrare quei segni. E forse lui poteva essere l’unico della famiglia a non considerarla pazza.
Ripose tutto nel cassetto, indossò la candida camicia da notte e andò a dormire.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
“Zio Albert, siete qui?”
Il bizzarro signore si affacciò nella veranda della sua casa pulendosi le mani con uno straccio. “Rose!” Salutò la nipote con un luminoso sorriso. “Ma che bella sorpresa! Come stai?”
“Bene, grazie. Trovo in ottima forma anche voi.”
“Accomodati, mia cara.” Fece segno alla ragazza di prendere posto sulla grande sedia in vimini. “Allora…. A cosa devo la tua visita?”
Chiuse l’ombrellino parasole, lo poggiò al lato della poltrona e si sedette. “Ecco…” Rose estrasse la busta e la aprì. “Si tratta della prozia Jacqueline e dell’eredità che ha lasciato solo a me.”
L’uomo, che pure era presente dal notaio, osservò le carte man mano che la ragazza gliele porgeva.
“La prozia mi ha anche scritto una lettera in cui mi rivela l’esistenza di un segreto e delle tracce che devo scovare per giungere ad esso.”
“Mhm… Interessante.”
“Pensavo che voi poteste aiutarmi a capire, forse in questi disegni c’è qualcosa che sfugge al mio occhio.”
“Beh, è altamente probabile. La cara zia aveva una profonda passione per gli enigmi e la crittografia.” Osservava con attenzione tutto quello che la nipote gli aveva consegnato.
“C’è un’altra cosa che mi è venuta in mente e di cui vorrei parlarvi, siete l’unico che forse non mi prende per pazza.” Gli occhi dell’uomo si incollarono a lei. “Uno, zero, sette.”
Nel viso dello zio comparve un’espressione di incomprensione e stupore.
“Osservate.” Rose gli porse il disegno della presunta lapide sormontata dagli strani glifi. “Questi sembrano creati dall’intersezione dei numeri uno, zero e sette, ovvero centosette, l’età della prozia Jacqueline al momento del suo trapasso.”
“E’ vero, ma potrebbe essere solo un caso.”
“Ci ha pensato anche io, ma riflettete un attimo: quel numero lo si ritrova anche nella data e nell’ora della morte. Credete che tutto sia casuale?”
Restò un attimo in silenzio: effettivamente c’era della logica in quanto ipotizzato dalla ragazza. “Non saprei cosa dirti. In tutta onestà avrei bisogno di studiare a fondo le carte.”
“Cos’è che dovreste studiare, Albert?”
I due si voltarono verso l’ingresso della veranda. “Salve, James.”
“Buongiorno.” Il giovane uomo si avvicinò ai presenti. “Avete qualche nuova avventura cui dare la caccia?”
“Forse.” Si alzò in piedi. “Conoscete mia nipote Rose?”
“Di vista. Enchanté.” Si profuse in un profondo omaggio nei confronti della ragazza la quale dal canto suo ricambiò con un sorriso di pura cortesia.
“James Bradley è un grandissimo appassionato di misteri, forse ben più di me. Credo possa esserti d’aiuto con la questione che mi hai proposto, perché non gliela illustri?”
Sul volto dell’ultimo arrivato comparve un’espressione di divertimento misto a curiosità. “Per caso riguarda la vetusta McEvans da poco passata a miglior vita?”
“In tutta onestà, sir, non ho molta voglia di raccontarvi certe cose. In fondo non ci conosciamo e preferisco di gran lunga confidare le mie supposizioni a persone che ritengo degne di fiducia.”
“Oh, non avete peli sulla lingua.”
“Esattamente, sir. E se ora volete scusarmi, ho altro a cui pensare.” Riprese tutte le sue carte. “Con permesso.”
“La vostra prozia custodiva un grande segreto ed io ne so molto più di quanto crediate.” James incrociò le braccia pronunciando quelle parole sotto le sguardo stupito ed incuriosito di Albert.
Rose si bloccò sulla soglia, si voltò fissandolo con circospezione. “Sì, forse è così. Essendone però solo io l’erede universale, statene alla larga.”
Uscì confondendosi con la luce del giorno, indispettita da quel tipo di cui aveva sentito parlare da alcune amiche.
 
 
 
 
James Bradley, poco più grande di lei, era il figlio di un ricco borghese. Girava spesso il mondo a caccia di avventure e non perdeva occasione di vantarsi delle sue imprese nei siti più remoti del pianeta. Sosteneva di aver esplorato le piramidi egizie alla ricerca della tomba ancora inviolata di qualche faraone o sacerdote, i ruderi di Machu Pitchu per scovare qualche reperto delle antiche civiltà. Di recente, stando alle sue parole, aveva trascorso la settimana del solstizio d’estate presso Stonehenge e lì aveva avuto contatti con civiltà aliene. Alcune delle sue amiche pendevano letteralmente dalle sue labbra, credevano in tutto quello che lui raccontava ed egli, che pure era decisamente affascinante, ci marciava sopra.
Prima di rientrare a casa, Rose sentì il bisogno di passare a fare una visita alla tomba della prozia Jacqueline. Nella sua testa si era come materializzata la voce della defunta e decise di assecondarne la richiesta sebbene una delle cose  che le mettevano ansia erano proprio i cimiteri. Entrò nel camposanto con qualche lieve timore e nonostante fosse ben consapevole che i morti non possono far più niente, avvertì un fortissimo senso di angoscia nel passeggiare fra lapidi e croci corrose dalla ruggine.
Presso il luogo dove era stata deposta la donna c’erano tre persone chine e completamente vestite di nero. Tale vista la fece fermare: dei morti non c’è da avere paura, ma dei vivi si!
Chi sono quei tre tipi?! Che diavolo stanno facendo?!
Fece due passi indietro e urtò inavvertitamente un vaso di fiori che cadde, attirando su di sé l’attenzione dei tre uomini.
“Che cosa fate voi qui?” Chiese uno di loro.
Rose, in preda al panico, non raccolse neanche ciò che aveva fatto cadere e se la diede a gambe levate. Potevano essere dei profanatori o tombaroli a caccia di chissà quali cimeli! Uscì attraversando il vecchio e pesante cancello in ferro con una velocità impressionante e continuò a correre senza una meta ben precisa. Si nascose poi  sotto un albero protetto da un muretto a poca distanza dall’ingresso del cimitero tentando di calmarsi e riprendere fiato.
Lo sapevo! Lo sapevo che non mi sarei dovuta fermare qui! Se mi trovano sono spacciata!
 
“Hai visto dov’è andata?”
“No, dopo che è uscita dal cancello l’ho persa di vista.”
“Accidenti! Eppure sono sicuro che quella ragazza è parente della morta, sono certo di averla vista al funerale.”
“Credi che l’abbiano mandata a controllarci?”
“Chi? Quella?! E’ solo una ragazzina, cosa vuoi che controlli?”
“Beh, poco male. Torneremo più tardi con il nipote e vedremo se tomba ed iscrizione sono come lui aveva ordinato. Adesso andiamo, mia moglie ha preparato il pranzo per tutti quanti.”
 
Seduta sotto il muretto, Rose iniziò a sentirsi una stupida: ascoltando la conversazione dei tre uomini comprese che stavano collocando la lapide sul luogo di sepoltura della prozia, non erano profanatori. Si affacciò e, quando fu certa che fossero ben distanti, tornò all’interno del cimitero e poté raggiungere il sepolcro senza altri inconvenienti. Fifa a parte. Si raccolse in preghiera per qualche secondo tenendo sempre l’orecchio ben teso pronto a captare il minimo rumore, poi i suoi occhi furono catturati dalla strana iscrizione sulla lapide….
 
 



 
 
Ecco il secondo capitolo di questa mia nuova storia che spero continui a catturare la vostra attenzione.
Nella busta Rose ha trovato cose strane e incomprensibili, ma qualcosa già inizia a farsi strada nella sua mente: ha già compreso che i numeri 1-0-7 potrebbero essere la chiave di lettura del segreto. E poi c’è la lapide… Dovrei riuscire a farvela vedere con il prossimo aggiornamento.
 
Voi intanto recensite!
Grazie a tutti quelli che l’hanno inserita in una qualsiasi lista e particolari ringraziamenti a nephylim88 e eppy!
 
A presto
La Luna Nera
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La lapide ***




igg7lj


Che cavolo di lapide è questa ?!
I suoi occhi erano incollati su quella pietra bianchissima, la trovava totalmente inconsueta! Non era una grandissima esperta di tombe, ma lì c’era qualcosa di anomalo. In primis l’iscrizione: era in latino e solitamente veniva scritto tutto in inglese.
Perché?
Ma ciò che la colpì maggiormente era la presenza dello strano simbolo in alto fra i due drappi scolpiti nella pietra più scura nel punto esatto in cui solitamente viene messa la croce. Era lo stesso che aveva visto nelle carte, nel quale era certa di aver letto i numeri uno, zero e sette. Perché era stato riportato anche sulla lapide della prozia?
L’iscrizione rientrava apparentemente nella norma, il nome, la data di morte anche se non c’era quella di nascita; si riportava invece l’età, cioè centum et septem.
Perché quella m era minuscola?
Osservando per bene, Rose si accorse che altre lettere erano scritte con caratteri minuscoli! Che senso aveva?
Un’altra peculiarità che le balzò alla mente riguardava la data: solitamente viene scritto il nome del mese del trapasso, invece lì era riportato mense septem. Non era più semplice ed immediato luglio, ossia il settimo mese? Forse anche questa particolarità non era casuale.
Prese la busta lasciatale dalla prozia, l’aprì e senza estrarla dalla sua borsa, iniziò a cercare qualcosa che potesse illuminarla: disegni strani, frasi scritte con caratteri sconosciuti e poi ancora glifi e simboli inconsueti. Ma l’ultimo foglio, quello che somigliava ad una lapide funeraria, era praticamente uguale a ciò che era stato sistemato sul luogo di sepoltura della prozia, l’unica differenza evidente consisteva nell’alfabeto usato per l’iscrizione. Per il resto tutto coincideva: i simboli, i caratteri maiuscoli e quelli minuscoli posizionati più o meno negli stessi punti di quelli della tomba e la forma del monumento funebre.
La ragazza non batté ciglio, rimise tutto nella borsa, fece il segno della croce e riprese la strada di casa.
Aveva trascorso fin troppo tempo da sola nel cimitero!

Nel frattempo, lo zio Albert era rimasto in compagnia di James Bradley. Aveva messo su del the per l’ospite e nell’attesa che la bevanda tipica dagli Inglesi fosse pronta, fu assillato dalle domande incalzanti del giovane, incuriosito non poco dalle frammentarie parole di Rose.
“Suvvia, non fate il misterioso… Di cosa vi ha parlato la vostra deliziosa nipotina?”
L’uomo lo guardò alzando il sopracciglio destro. “Deliziosa nipotina?” Si lasciò sfuggire una risata. “Non la conoscete, caro James. E’ una ragazza molto determinata e non si lascia conquistare con qualche semplice sviolinata.”
“Oh, ma non è questo ciò che mi interessa.” Si avvicinò a lui. “Sapete bene quanto ami l’avventura e dare la caccia al mistero. La vostra vetusta parente viveva in mezzo ai segreti, qualcuno mormorava che fosse una strega o possedesse dei poteri occulti… Il fatto che sia stata così longeva non fa che alimentare le chiacchiere.”
“E quindi?”
“Cosa nasconde la ragazza?”
“Correggetemi se sbaglio, ma poco fa sostenevate di conoscere molte cose a riguardo. Che motivo avete di assillarmi con tutte queste domande?”
Fece un profondo respiro. “A volte è lecito dire un’innocente bugia. Quello che so su vostra zia consiste nelle dicerie di paese e visto che qualcosa di nascosto esiste sul serio, ritengo la miglior cosa far cadere in fallo la ragazza perché parli.”
“Siete un caso disperato, caro James.” Scuoteva la testa mentre versava il the in due tazze, porgendone una al giovane.
“Errore: sono un grande cacciatore di misteri.” Sorseggiò il the. “E qui credo ci sia molto da scoprire, forse più di quanto voi possiate immaginare.”
Fra i due piombò il silenzio. Albert mise dello zucchero ed un goccio di latte nella sua tazza ed iniziò a girare la bevanda con il cucchiaino. Ripensava a tutto quello confidatole da Rose: c’era un filo logico e quei numeri, l’uno, lo zero e il sette, potevano davvero essere la chiave per tutto quello che circondava la figura della zia. James era un genio nel decifrare codici ed interpretare i numeri, forse questa sua capacità poteva risultare determinante nella soluzione di quel rebus, ma senza il consenso della nipote, non avrebbe proferito una sola parola sull’argomento.

Nei giorni successivi Rose restò in solitudine nella sua camera e, quando possibile, trascorreva volentieri del tempo ai margini del boschetto poco distante dalla sua abitazione. Portava sempre con sé una la busta con i documenti, voleva essere sicura che nessuno dei suoi familiari ci ficcasse il naso. Ma soprattutto voleva tentare di capirci qualcosa. Nonostante i suoi sforzi vedeva solo quei tre numeri susseguirsi e che dovevano per forza significare qualcosa di sfuggevole alla sua mente. Cercava un segnale ovunque, nelle piante, nei fiori, nel volo degli insetti, nei colori del cielo. Aveva come la sensazione che ci fosse qualche legame occulto con la natura, ma si trattava di una mera supposizione senza fondamento. Di nuovo consultò quelle carte e di nuovo la confusione perdurava nella sua mente.
“Finalmente riesco a trovarti!”
Rose si voltò e vedere lo zio Albert venirle incontro le generò un’espressione serena sul volto. “Salve zio. Vi ho forse fatto penare molto?”
L’uomo si sedette accanto a lei sulla panchina. “Solo un po’. Sono un paio di giorni che devo dirti alcune cose e puntualmente ogni volta che mi sono presentato a casa tua non c’eri o stavi riposando.”
La ragazza abbassò lo sguardo. “Volevo stare sola per tentare di risolvere gli enigmi del testamento della prozia.”
“E ci sei riuscita?”
Negò mestamente con la testa. “Ho un sacco di indizi che mi portano a pensare a legami con la natura, con qualcosa di nascosto. E poi…”
“E poi?”
“Per caso vi siete recato al cimitero in questi ultimi giorni?” Si voltò verso l’uomo con gli occhi pieni di speranza.
“Si, ed è proprio della tomba che vorrei parlarti.” Si alzò. “Ma non qui, andiamo nel mio laboratorio.”
La ragazza, visibilmente rianimata dalla sua affermazione che poteva equivalere ad una piccola verità, lo seguì. Voleva molto bene allo zio Albert e lo trovava brillante e intraprendente. Non si era mai sposato preferendo di gran lunga dedicarsi anima e corpo ai suoi bizzarri esperimenti ed improbabili invenzioni che, oltre alla fama di scienziato svitato, gli avevano procurato più di una soddisfazione.
“Accomodati mia cara. Assaggia questi pasticcini, li ho presi stamani alla pasticceria in centro, sono fantastici.”
“Grazie.” Ne prese uno ed effettivamente erano squisiti.
Lo zio bevve dell’acqua dopo aver gustato un biscotto e prese posto di fronte a lei con in mano delle carte che le mostrò. “Ho copiato l’iscrizione della tomba e sono quasi sicuro che queste lettere minuscole compongano una parola, forse un nome.”
Rimanendo in silenzio, Rose estrasse dalla sua borsa una delle carte recanti lo schema praticamente uguale, tranne che per i caratteri, dell’altra presunta lastra tombale. “Questa cosa qua è identica a ciò che hanno messo sul sepolcro. Non so cosa significhino questi segni, forse è un alfabeto sconosciuto.. Voi che ne pensate?”
Albert accostò i due fogli, li osservò con l’ausilio di una grande lente con la speranza di scovare qualche traccia utile, poi ebbe la brillante intuizione di sovrapporli. Li mise su una scatola di vetro trasparente all’interno della quale aveva posto una rudimentale lampadina di sua realizzazione alimentata da una batteria anch’essa frutto del suo genio. “Guarda guarda…. Interessante.”
Rose vide come tale sovrapposizione era la giusta chiave per decifrare quell’alfabeto sconosciuto. Dove stavano le “A” si ripetevano sempre gli stessi simboli e la cosa si ripeteva perfettamente con le altre lettere.
“Zio, siete un genio! In questo modo possiamo decifrare tutti i messaggi contenuti nella busta!” Rose era entusiasta, ma tutta il suo entusiasmo fu stroncato da una voce.
“Messaggi da decifrare? Sono arrivato al momento giusto, questo è proprio pane per i miei denti.” La figura di James Bradley entrò nel laboratorio illuminata dal sole. “Posso dare un’occhiata, milady?”
“Potete scordarvelo.” Rose si affrettò a recuperare ogni cosa prima che quell’impiccione sbirciasse in quei fogli.
Il giovane la guardò con aria strafottente.
“L’altro giorno sostenevate di conoscere molte cose a riguardo, sbaglio?” Chiuse la busta. “Vi consiglio dunque di accontentarvi di ciò che sapete perché da me non uscirà una sola parola.”
Non si era accorta che sul tavolo era rimasta la copia dell’iscrizione tombale fatta dallo zio, particolare che non sfuggì all’occhio investigatore di James. Afferrò il pezzo di carta, scrutò con la massima attenzione e poi esordì con quella che a suo parere poteva essere la giusta interpretazione “Acca… i… emme… emme… e …elle… aeternitatis… Siete certo di aver copiato fedelmente tutto quanto, Albert?”
“Naturalmente.”
“Se questa è una elle minuscola credo di aver trovato una possibile lettura.”
Queste parole bloccarono Rose sulla soglia, si voltò e si avvicinò di qualche passo ai due uomini.
Himmel aeternitatis.
“E che vuol dire?”
“Secondo me nulla.” La ragazza incrociò le braccia.
“Dovrei studiare anche le altre informazioni che possedete, solo grazie ad una documentazione completa posso tentare di risolvere l’enigma.”
“E chi vi dice che voglia consegnarvela?”
“Rose, nipotina mia adorata, so che sei una ragazza in gamba e molto intelligente, ma rifletti un attimo: tre cervelli lavorano meglio di uno solo.”
“Beh?”
“Qui c’è davvero qualcosa di arcano da scoprire e se davvero vogliamo vederci chiaro credo tu debba fidarti anche di lui.” Fece una breve pausa di silenzio. “E’ un gran chiacchierone ed ama inventare una miriade di balle, ma ha un sesto senso fantastico.”
“Vostro zio ha ragione.. per quanto riguarda il mio sesto senso intendo.” Si alzò in piedi davanti a lei ponendosi la mano sul cuore. “Vi do la mia parola d’onore che mi comporterò lealmente e che non farò menzione alcuna di quello che potremmo scoprire senza il vostro benestare.”
Rose lo fissò con sospetto, era piuttosto diffidente nei confronti delle persone che conosceva appena. Per di più le voci che le erano giunte sul conto di Mr Bradley non la incoraggiavano certo a lasciarsi andare. “Devo pensarci su.” Decise di prendere tempo per riflettere.
Un attimo prima di uscire si voltò un’ultima volta verso il giovane. “Ditemi sir, voi per caso conoscete anche il significato dei numeri?”
“Si, certo.” Piegò le labbra in un sorriso, credeva infatti di averla convinta.
“E sapete mantenere i segreti?”
“Naturalmente.”
“Anch’io. Vi racconterò qualcosa fra qualche giorno se ne avrò voglia.” C’era soddisfazione nei suoi occhi. “Vi auguro una buona giornata.”
Sistemò il cappellino sulla testa ed uscì.




Ciao a tutti!
Rose non si fida neanche un po’ di James, è piuttosto testarda e diffidente nei confronti di chi non conosce. Però qualcosa adesso sta venendo fuori e tutto grazie ad una prima possibile interpretazione del messaggio nascosto nella lapide. A proposito, che ne pensate del disegno? L’ho fatto con le mie manine perché era praticamente impossibile trovare l’immagine esatta di ciò che avevo ideato. Mi scuso per l’immagine non proprio eccellente, ho avuto problemi nel metterla in rete e spero comunque sia abbastanza chiara e che l’apprezziate.

Vi lascio ben due settimane per commentare questo capitolo (e i precedenti se avete voglia), me ne vado al mare a rilassare corpo e anima per tornare, spero, più in forma di prima.

A presto!
La Luna Nera

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Accordo con ricatto ***


 

Image and video hosting by TinyPic
Rose, carissima nipote mia, non lasciarti sopraffare dall’orgoglio. Esso è come una bestia pericolosa che ti cattura e ti impedisce di vivere serenamente. Se davvero vuoi entrare in possesso del preziosissimo dono che ho lasciato solo a te, fidati di chi ti ha offerto aiuto in totale tranquillità. Ascolta le mie parole e vivi serena.
 
Le parole udite più volte durante il sonno nelle ultime notti risuonavano nella mente di Rose mentre, protetta dal suo ombrellino parasole, tornava per l’ennesima volta a far visita allo zio Albert. Quella voce giunta a lei per vie misteriose apparteneva alla prozia Jacqueline, ne aveva riconosciuto perfettamente il timbro. Le suggeriva di fidarsi di coloro che le avevano offerto aiuto per decifrare quel suo messaggio: anche di Bradley dunque? La prospettiva di condividere certe cose con quell’individuo non la riempiva di entusiasmo, ma la sua conoscenza della numerologia unita alla sua passione per misteri ed enigmi poteva davvero esserle di grandissimo aiuto. La tentazione di metterlo al corrente di tutto era davvero forte. In lontananza scorse il cimitero dove la sua antenata riposava ormai da settimane, si soffermò in contemplazione a debita distanza.
Zia cara, perdonatemi se non vengo a pregare sulla vostra tomba. Sapete meglio di me quanta inquietudine mi trasmetta il luogo del vostro eterno riposo.
Fece il segno della croce e riprese il cammino.
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
“Insomma vostra nipote non ha ancora deciso di vuotare il sacco.”
“Abbiate pazienza James, è una ragazza un po’ diffidente ma vedrete che ben presto comprenderà quanto voi possiate esserci d’aiuto.”
“E voi perché ancora tacete?”
“La cosa riguarda lei, non voglio tradire la sua fiducia.” Posò il cacciavite con cui aveva appena finito di riparare l’orologio a cucù. “E poi, scusate se ve lo chiedo, ma non comprendo questa vostra fissazione.”
“Quale fissazione?”
“Se davvero avete girato mezzo mondo a caccia di misteri, se davvero avete incontrato gli alieni a Stonehenge, cosa vi importa dell’iscrizione sulla tomba di mia zia?”
“E’ un piccolo rompicapo che posso risolvere standomene a casa, tutto qui…”
Albert lo guardò con l’aria di chi non se l’è bevuta.
“E’ così vi dico!”
Sogghignò. “Certo, certo… Allora vi consiglio di abbassare i toni con mia nipote.”
“Non posso farlo.”
“E perché?”
Si passò una mano fra i capelli guardandosi attorno. “E va bene, vi dirò ogni cosa, ma dovete promettermi di tenervi tutto per voi.”
“Avete la mia parola d’onore.”
Si mise seduto. “Tutti i viaggi di cui ho raccontato sono frutto della mia fantasia, sono solo balle insomma. Non sono mai stato alle piramidi in Egitto, tanto meno nel nuovo mondo a caccia di siti Maya.”
“Ah, però!” Lo assecondò fingendosi stupito. Albert aveva sempre sospettato che fossero solo balle.
“Sono stato a Stonehenge, ma purtroppo di alieni non c’erano tracce.” Aveva faticato tantissimo nell’ammettere la cosa. “Adoro l’avventura e per il momento ho viaggiato solo con la fantasia grazie ai libri che stampo nella tipografia di famiglia e che posso leggere in anteprima. La tattica funzione con le ragazze e quindi ci ho marciato sopra. Cercate di capirmi Albert, qui c’è davvero un mistero da risolvere, posso davvero fare qualcosa di concreto. Da quando sono venuto al corrente di questa cosa non dormo più la notte! Ho incubi continui e sto veramente perdendo il lume della ragione pensando che non posso far nulla per la testardaggine di vostra nipote!” Mise la mano sul foglio recante la copia dell’iscrizione tombale. “Ho la possibilità di indagare sul serio su ciò che ho solo immaginato, per questo ci tengo così tanto. Vi prego Albert, in nome della nostra amicizia e di tutti i libri che vi ho fatto avere in anteprima, convincente la fanciulla a parlare! Guardate come sono ridotto, quest’insonnia prolungata mi ha regalato due occhiaie che quando mi guardo allo specchio sembro un vampiro!”
L’uomo si sedette di fronte a lui ed alzò lo sguardo divertito verso l’ingresso della sua veranda che si trovava di spalle all’ospite. “E’ solo per curiosità dunque.”
“Certo, non mi interessa altro.” Si avvicinò a lui con la faccia. “Però dovete giurarmi di non dire a nessuno quello che vi ho confidato. Ne va della mia reputazione con le ragazze e con vostra nipote….soprattutto con vostra nipote.”
Si mise a ridere a denti stretti. “Troppo tardi, ragazzo mio.” Gli fece cenno di voltarsi e, non appena i suoi occhi furono rivolti verso la porta d’ingresso, riconobbe Rose in piedi con le braccia conserte ed un sorriso carico di soddisfazione trattenuto con fatica. Guardò di nuovo Albert e comprese che la ragazza aveva ascoltato tutta la conversazione.
“Beh, potevate dirmelo, cavolo!” James si alzò indispettito.
L’altro andò incontro alla ragazza invitandola ad entrare. “Non mi ero accorto del suo arrivo, la mia adorata Rose ha il passo felpato.”
Lo fulminò con lo sguardo, era certo che lo avesse fatto di proposito.
“Oh, ma che notizia.” La ragazza entrò, lo sguardo era divertito e tratteneva a stento la voglia di ridergli in faccia. Prese posto attorno al tavolo in cui già stavano i due. “Dunque, caro mr Bradley, non vi siete mai mosso dall’Inghilterra…”
“La cosa vi diverte?”
“Un po’.” Anzi, la divertiva moltissimo: teneva lei in mano le redini del gioco.
“Cosa avete in mente di fare ora che, origliando, avere sentito tutto?”
“Niente di niente.” Incrociò le mani. “Una cosa avrei in mente invece...”
“E sarebbe?”
“Io potrei dirvi qualcosa in più sulla misteriosa eredità che ho ricevuto e voi vi tenete tutto segreto. Se mai doveste rivelare qualcosa a qualcuno al di fuori di noi tre, parlerò anch’io.”
James restò a bocca aperta: che viperetta!
“Affare fatto?” Gli porse la mano sotto lo sguardo sempre più divertito dello zio.
Il ragazzo la fissò negli occhi: due occhi determinati in cui brillavano scintille di furbizia e scaltrezza. Le sue labbra dal color petalo di rosa erano piegate in un sorriso di chi è consapevole di avere il coltello dalla parte del manico e i capelli castani incorniciavano quel viso apparentemente d’angelo ma dall’aria di chi non ha intenzione di farsi mettere i piedi in testa da nessuno.
“E sia, affare fatto.” Strinse quella mano ferma e decisa. “Avete vinto milady.”
 
La ragazza quindi iniziò a tirar fuori dalla busta tutte le carte recanti gli strani glifi, tutti i disegni e le frasi scritte utilizzando quell’alfabeto sconosciuto ma che forse sarebbe stato ben presto decifrato. James sprizzava entusiasmo da tutti i pori, quello che vedevano i suoi occhi era la realizzazione del suo desiderio più grande e finalmente poteva toccarlo con mano.
“Se non sbaglio conoscete la numerologia e il significato esoterico dei numeri.”
“Eh? Come dite?” Il ragazzo era totalmente preso da quei fogli. “I… I numeri?”
“Vi prego di tornare su questa terra, Mr Bradley.” Rose iniziava a pentirsi di avergli mostrato tutto. “Conoscete l’argomento o no?”
“Sì, chiedo scusa milady… Conosco certi aspetti dell’esoterismo connesso ai numeri. Perché me lo domandate?”
La ragazza prese con calma alcuni disegni e li dispose uno accanto all’altro di fronte a James i cui occhi brillavano come stelle. “Osservate con attenzione queste tracce.” Con l’ausilio di un piccolo bastoncino passò sopra tutti i segni che secondo lei racchiudevano un possibile indizio. “Ho la netta sensazione che siano i numeri uno, zero, sette intrecciati fra loro.”
“Uno…. Zero… sette.” Passò in rassegna uno per uno tutti i segni che effettivamente riconducevano a quelle tre cifre. “Centosette in sostanza.”
“Esatto. E la mia prozia è deceduta proprio a centosette anni.”
“Ciò non significa che vi sia un legame con tutto questo.”
“E’ vero.” Rose prese il foglio su cui lo zio Albert aveva fedelmente copiato l’iscrizione funeraria. “Ma leggete qua. Oltre all’età, la data della scomparsa è riportata con dix, che sta per dieci, a sua volta formato da uno e zero, e invece di luglio è stato scritto mense septem. Tutto questo era stato espressamente richiesto dalla mia parente in alcuni documenti custoditi dal notaio. E c’è di più: ho visto il certificato di morte. Sapete a che ora è deceduta?”
“Lasciatemi indovinare: alle dieci e sette minuti.”
“Esatto.” Lo fissò negli occhi. “Credere ancora che siano tutte coincidenze?”
James si massaggiò la nuca. “Questi numeri ricorrono troppo spesso, avete ragione.”
“Cosa vogliono dire?”
“Beh, il dieci è considerato un numero sinonimo di perfezione perché somma dei primi quattro numeri. E’ connesso anche al cielo e alla ciclico concetto dell’eternità in quanto l’uno è il principio e lo zero, per la sua forma, è come una circonferenza che torna sempre su se stessa… In sintesi non c’è un inizio né una fine.”
“Calma-calma-calma per favore.” La ragazza trovava affascinanti e allo stesso tempo complicati quei discorsi sul dieci. “Esprimetevi in termini più semplici per cortesia.”
“Non ne comprendete il senso, milady?”
Avvertì una punta di tagliente ironia nelle parole di James e la cosa proprio non le andava a genio. Ridusse i suoi occhi a due fessure taglienti puntando lo sguardo in quelli del ragazzo, verdi come la brughiera inglese quando si ricopre di erba a primavera. “Parlate troppo rapidamente, vi invito a ripetere ciò che avete detto in modo calmo e pacato.”
“D’accordo, ma voi fate un piccolo sforzo e tentate di seguirmi altrimenti perdiamo solo del tempo.”
“Ah, è così che la mettete? Credete che io sia una stupida?”
“Non ho detto questo, vi sto solo invitando a seguirmi con maggiore attenzione, sono concetti astratti e particolari.”
“Parlate.” La sua voce era ferma e decisa.
James si mise di nuovo seduto correttamente, poggiò la schiena sullo schienale della sedia e fissò Rose: la determinazione che intravedeva nei suoi occhi gliela facevano apparire attimo dopo attimo sempre più interessante. Posò i gomiti sul tavolo e congiunse le mani. “Il numero dieci è formato dall’uno e dallo zero, fin qui non credo ci sia altro da aggiungere.”
“Continuate.” Se faceva un altro discorso simile a quello gli avrebbe lanciato dietro il cacciavite dello zio.
“Il dieci è il risultato della somma dei primi quattro numeri: uno più due più tre più quattro fa dieci. Proprio per questo è sinonimo di totalità, perfezione e realizzazione finale. E’ denominato anche cielo e…..”
“E?” Stava iniziando a capirci qualcosa. “Perché vi siete bloccato?”
James cercò con concitazione il foglio che riportava l’iscrizione funeraria. “Che mi venga un colpo….”
“Ve lo faccio venire io un colpo!” Rose moriva dalla curiosità di conoscere ciò che aveva intuito quello sbruffone. “Che avete scoperto?”
Himmel aeternitatis! Himmel significa cielo in tedesco!” Il ragazzo si trovò gli occhi dei due incollati addosso.
“Ne siete sicuro?”
“Certo…. Albert, avete ancora quel dizionario di lingua tedesca che vi ho procurato tempo fa?”
L’uomo si alzò dirigendosi a passo sicuro verso la libreria dove custodiva il volume richiesto. Cercò la parola identificata da James e con suo sommo stupore trovò la conferma: himmel significava cielo.
“Il cielo per l’eternità…..”  Rose era rimasta in un silenzio contemplativo: le rodeva riconoscere che James era veramente una miniera di conoscenza. Il suo cuore batteva forte al solo pensiero di poter finalmente venire a capo dei misteri della vecchia prozia. Sentiva l’adrenalina raggiungere ogni cellula del suo corpo ed era quasi certa che anche Mr Bradley stesse provando le sue stesse sensazioni: la sua voce quasi tremava e fu necessario qualche bicchiere d’acqua per farlo tornare nelle condizioni di parlare.
Il ragazzo, una volta ripresosi, proseguì con l’analisi esoterica del dieci. “L’uno è il principio, l’origine divina di tutte le cose, da esso scaturiscono le energie uguali e contrarie esattamente come dall’uomo e dalla donna opposti per natura si origina una nuova vita grazie alla loro unione, giusto per fare un esempio concreto. E’ un principio che reca in sé il concetto dell’unione...”
“L’unione degli opposti come il cielo e…. la terra!” Rose sussultò per quanto aveva intuito.
“Ma certo…!” Il ragazzo aveva incollato gli occhi in quelli della ragazza, due occhi determinati a vederci chiaro, occhi espressivi, profondi e maledettamente intriganti.
“E la cara zia Jacqueline ha espressamente disposto di essere seppellita nella nuda terra, non nella cappella di famiglia.” Osservò Albert. “Credete sia una casualità?”
“Assolutamente no.”  Rose poggiò i gomiti sul tavolo incrociando le dita e posandovi pacatamente il mento, fissava James nell’attesa di un suo riscontro all’intuizione illuminante che le aveva attraversato la mente.
“Forse il significato nascosto va ricercato in un qualche legame occulto fra cielo e terra.” Portò lo sguardo sulla ragazza finalmente e ogni attimo la trovava sempre più interessante e fuori dagli schemi. “Devo farvi i miei complimenti, la vostra intuizione è stata davvero determinante. Siete una delle poche donne che posso definire intelligente.”
Se in un primo momento si era sentita apprezzata, si dovette ricredere a fine frase. “Se questo è ciò che pensate del genere femminile, posso confessarvi che voi siete uno dei tanti uomini che posso definire cretino.”
Raccolse tutte le sue carte e se ne andò, lasciando James a bocca aperta e lo zio ben divertito. 
 
 
 


 
Ciao! : )
Le vacanze sono finite : (  e come promesso sono tornata con un nuovo capitolo che spero abbia incontrato il vostro favore.
Qualcosa sta iniziando a venir fuori da tutte quelle carte e Rose ha ceduto mostrando a James  alcune cose. Fra i due non corre buon sangue e spero di essere riuscita a strapparvi qualche sorriso coi loro battibecchi.
Grazie a tutti quelli che hanno inserito la storia in una qualsiasi lista e grazie soprattutto a chi vorrà recensire.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'apparizione ***


 
Image and video hosting by TinyPic  
 

L’orgoglio è una gran brutta bestia da sopraffare, Rose non sopportava di dover accettare l’aiuto di Bradley, voleva risolvere da sola il mistero collegato alla prozia nonostante questa continuasse a ripeterle in sogno di non fare troppo la preziosa con quel ragazzo, la cui conoscenza di numeri ed esoterismo poteva rivelarsi determinante per la soluzione degli interrogativi che affollavano la sua mente.
E ne aveva avuto conferma.
Erano passate settimane dalla scomparsa dell’anziana donna, la brughiera inglese era ricoperta dai fiori dell’estate e Rose adorava passeggiare in totale solitudine fino a che il cuore non le suggeriva di rientrare a casa. Non aveva più avuto contatti con James ed aveva limitato al minimo quelli con lo zio Albert.
 
Esiste un legame misterioso fra cielo e terra.
L’uno è il principio del tutto.
Dello zero non ha spifferato niente, ma quel numero ha la forma di un cerchio e in quanto tale non ha né un inizio, né una fine.
 
Queste deduzioni campeggiavano al centro dei suoi pensieri, era certa che risolvendo quella sorta di indovinello potesse giungere ad una parziale soluzione.
“Cos’è che non ha fine?” Ripeteva a bassa voce con lo sguardo perso verso l’infinto. “Cos’è che non ha inizio?”
Molti possibili candidati si erano presentati nei suoi lunghi pomeriggi di riflessione: la sabbia, l’acqua di tutti i mari, le nuvole del cielo… Ben presto però si era vista costretta a scartarli poiché, per quanto numerosissimi, prima o poi sarebbero terminati. E dunque? Doveva forse rivolgere il pensiero verso qualcosa di astratto? Qualcosa come il concetto di eternità, il cielo infinito o il mondo dei numeri?
 
Ancora il cielo.
 
Persa in mille pensieri, Rose non si era accorta che il disco solare si era notevolmente abbassato sull’orizzonte. Stava calando la notte e sarebbe dovuta tornare a casa, trascorrere le ore di oscurità nel mezzo della brughiera era sconsigliabile per chiunque, soprattutto per una giovane ragazza.
Nonostante ciò, sentiva di dover restare lì. Una voce misteriosa, calda ed avvolgente le sussurrava di rimanere in contemplazione perché un segnale sarebbe presto sceso dal cielo. Si mise dunque seduta su di un masso in contemplazione con lo sguardo perso in direzione ovest, poco più in alto del punto in cui era scomparso il sole. E come il cielo assunse una particolare tonalità di azzurro i suoi occhi furono catturati da bagliori provenienti da una strana nuvola che si era materializzata nel giro di pochi secondi. Sentiva come se una forza sovrumana l’avesse ipnotizzata rendendola impotente persino di muovere un solo dito. I suoi occhi erano immobili, le palpebre paralizzate e impossibili da chiudere le permisero di avere una visione che non avrebbe mai più dimenticato fino alla fine della vicenda connessa al segreto cui stava cercando una soluzione. Nel bel mezzo della nube comparvero due figure umanoidi che, ad un’attenta osservazione, erano un maschio e una femmina. Man mano che i secondi passavano le immagini si facevano sempre più nitide e Rose fu nelle condizioni di poterli vedere in tutto il loro splendore: l’uomo era di una bellezza devastante, un fisico asciutto e perfetto, il torace scolpito come quello di una statua era adornato da un mantello blu chiaro tenuto allacciato da una spilla a forma di spirale, esattamente come quella che aveva visto sulla chiave. I capelli avevano il dorato colore del sole, erano armoniosamente raccolti dietro la nuca terminando in una lunga treccia e sulla testa portava un nastro azzurro che gli girava tutt’intorno alla fronte. La vita e le gambe erano coperte da una specie di tunica blu tenuta da una stupenda cintura decorata con pietre preziose, neanche a dirlo di colore azzurro. Ai piedi, che appena si intravedevano, dei calzari argentati. La pelle dell’uomo era bianchissima, quasi totalmente incolore e pareva emettere luce propria, così come quella della donna anch’essa bellissima. I suoi capelli castani dai riflessi ramati erano lunghissimi e, sciolti, le arrivavano fino alle caviglie. Portava una piccola corona in testa fatta di intrecci in parte dorati e in parte argentati. L’abito le lasciava scoperte le spalle e buona parte della schiena; la parte superiore era molto stretta,  copriva con armonia le sue curve perfette prima di aprirsi in un’ampia gonna  simile ad una nuvola in procinto di dissolversi col vento che variava dal bianco al giallo ocra al marrone chiaro. Quella era una visione paradisiaca, di rara perfezione e armoniosità.
Le braccia dei due esseri si congiunsero in un abbraccio e presero a volteggiare all’interno della nube in una danza fuori dal tempo, una danza dai passi regolari e contemporaneamente articolati nel disegnare cerchi, ellissi e varie figure morbide nell’aria. Rose era totalmente rapita dalla scena e nonostante i suoi occhi fossero inspiegabilmente paralizzati, si sarebbe rifiutata di chiuderli anche se ne avesse avuto la possibilità, tanta era la rara perfezione offerta da quei due esseri danzanti sulla nuvola. All’improvviso si voltarono verso di lei, nei loro volti brillava la serenità, si profusero in un profondo inchino sussurrandole byddon gwedl sown *
Detto ciò i due si dissolsero nell’aria e nell’arco di pochissimi secondi non c’era più traccia né di loro né della nuvole nella quale erano comparsi.
Ogni singolo muscolo del corpo di Rose era percorso da brividi, tanta era la meraviglia che quella visione aveva suscitato in lei. Ma i suoi occhi vitrei erano rimasti incollati nel punto esatto in cui aveva avuto quella sorta di apparizione e nel suo cervello risuonavano imperterrite quelle parole incomprensibili.
Byddon gwedl sown
Byddon gwedl sown
Byddon gwedl sown
Non si era accorta che l’ora tarda aveva fatto preoccupare i suoi familiari, aveva perso totalmente la cognizione del tempo e quando suo padre finalmente l’aveva raggiunta, non reagì minimamente ai suoi richiami, alle sue strattonate e alla sua forte preoccupazione nel constatare che fosse totalmente in uno stato di vigile incoscienza. Rose in sostanza era sveglia, ma pareva ipnotizzata da qualcosa di invisibile e niente sembrava destarla da quello strano stato in cui era caduta. L’unica cosa da fare era prenderla sulle spalle e portarla di peso a casa.
 
 
 
 
Quando Rose riaprì gli occhi necessitò di qualche secondo per focalizzare di trovarsi nella sua camera, nel suo letto con indosso la sua camicia da notte.
Si mise seduta tentando di riordinare le idee: ricordava perfettamente quell’eterea visione comparsa dal nulla nel cielo del tramonto del giorno precedente, quei due esseri che non esitava a definire angelici, dotati di una bellezza e di un’armonia fuori dal tempo. Erano comparsi nel cielo e proprio il termine cielo stava al centro della possibile chiave di lettura. Le venne alla mente un altro particolare non trascurabile che consisteva nella perfetta uguaglianza dell’immagine a spirale posta sulla chiave ereditata dalla prozia ed il monile che teneva il mantello di quel bel fusto. Sorrise: la strada intrapresa era quella giusta, il suo cuore lo sentiva.
“Ti sei svegliata finalmente..”
Rose si voltò verso la porta della sua camera e vide entrare sua madre Catherine seguita dal dottor Franklin, il medico della sua famiglia.
“Buongiorno madre, buongiorno dottor Franklin.”
La donna, visibilmente preoccupata, si avvicinò al letto seguita a ruota dall’uomo di mezza età. “Ieri sera è rimasta fuori a lungo e quando mio marito l’ha rintracciata sembrava sotto shock. Potrebbe essere stata rapita dagli alieni?”
“Ma cosa dite, madre cara?”
L’uscita di Mrs Morrison strappò un sorriso al medico. “Escluderei anche io l’ipotesi, comunque faremo un controllo generale poiché a primo avviso non rilevo niente di preoccupante.”
“Speriamo! Sapete dottor Franklin, da quando la vecchia zia del mio consorte se n’è andata accadono fatti strani….. E tu Rose, cerca di passare meno tempo con quel rimbambito di tuo zio Albert, sai benissimo che ha tutte le rotelle fuori posto!”
Non diede il minimo peso alle parole della madre, lei non sapeva nulla di ciò che condivideva con lo zio e con l’altro sbruffone antipatico e, le costava riconoscerlo, dalla mente maledettamente brillante. Durante l’ultimo loro incontro aveva appreso molte cose che riguardavano il numero dieci, forse ce n’erano altre da scoprire. E poi doveva farsi spiegare pure il significato del sette. Si erano bloccato sul cielo, himmel in tedesco, la parola saltata fuori dall’iscrizione sulla tomba.
 
Himmel aternitatis….
Himmel… Che sia lui?
Devo parlarne con lo zio prima possibile!
 
Poteva essere davvero quel tipo bellissimo il misterioso Himmel?
Moriva dalla voglia di raggiungere il parente e discuterne.
Già, dovette sorbirsi prima la visita medica che sancì la sua ottima condizione fisica e mentale con l’unica prescrizione di assoluto riposo.
Per quel giorno i programmi dovettero cambiare.
 
 
COTTAGE DI ALBERT, UNA SETTIMANA DOPO
 
 
“Devo confessarvi una cosa James, sono un po’ preoccupato per mia nipote. Dal vostro ultimo battibecco non l’ho più vista, neanche quando mi sono recato a casa sua. Mi è stato detto che ha accusato una lieve indisposizione e che necessita di totale riposo.”
“Le è forse accaduto qualcosa connesso alla dipartita della vetusta?”
Albert si mise ad osservare la brughiera visibile dalla finestra. “Dalle poche parole riferitemi da mio fratello sembra che abbia avuto un fortissimo shock. Alcune sere fa non è rientrata a casa, lui è andato a cercarla e quando l’ha trovata era come un vegetale.”
James rimase senza parole con gli occhi ad un passo dall’uscire dalle orbite, con un’infinità di brividi che gli percorrevano ogni millimetro del suo corpo, come se esistesse un filo conduttore invisibile in grado di collegarlo con le sensazioni avvertite dalla ragazza.
“Mia cognata è convinta che la piccola sia stata rapita dagli alieni.” Piegò l’angolo sinistro delle labbra in un sorriso. “La cara Catherine è appassionata di fantascienza oltre che di gioielli e divora libri sull’argomento, dice che è di gran moda in questi anni.”
“Sì, lo so.” Finalmente James si era sbloccato. “Viene spesso nella nostra libreria e tipografia a dar la caccia a questi testi. Conosco bene lei e una delle sorelle maggiori di Rose, Helen. Entrambe non passano mai inosservate, si presentano sempre cariche di gioielli, in particolare di fili di perle.” Si alzò e raggiunse Albert il cui sguardo era perso nel vuoto e sempre incollato. “Helen è una ragazza molto affascinante, ha molti adulatori.”
“Anche voi quindi non siete insensibile al suo fascino?”
“Le cose belle sono fatte per essere guardate.” Si passò una mano fra i capelli.
“A chi vi riferite?”
“Ad entrambe.”
Albert si voltò. “Entrambe? Intendete anche Catherine?”
“Non esattamente.”
Restò un attimo in silenzio riflettendo sulle parole di James. “Ah, forse pure la piccola non vi dispiace….”
“Fisicamente Helen è più…più….donna, ecco. Forse perché è più grande, ma Rose ha qualcosa che mi colpisce in un modo che non vi so spiegare. Forse la sua intelligenza, la sua scaltrezza… Non lo so insomma!”
“Sapete cosa significa, vero?”
James si voltò fissando l’interlocutore. “No. Non è quel che pensate.”
Albert sollevò il sopracciglio sinistro.
“Rose mi colpisce per la sua intelligenza, dote non molto comune nelle persone di sesso femminile. E con questo l’argomento è chiuso.”
“Come volete.” Si spostò dalla finestra sorridendo e comprese che James non gradiva restare ancora sull’argomento, perciò tornò sull’isolamento della nipote che infondo era quello di cui avevano iniziato a discutere prima. “Ad ogni modo nei prossimi giorni proverò a tornare da mio fratello chiedendogli se mi fa scambiare due parole con lei.”
“Pensate di riuscirci? Se non sbaglio avete già fallito un paio di volte.”
“E dunque?”  
“Credo che andrò io a farle visita, voglio vederci chiaro in questa storia perché sono sicuro che non sia stata rapita dagli extraterrestri. Ma sono sicuro che qualcosa ha visto.” Indossò il copricapo. “E voglio sapere cosa.”
“Come sperate di poterla incontrare?”
“Helen è molto sensibile al mio fascino.” Strizzò l’occhio ad Albert e si avviò verso casa Morrison.
 





 
Ciao a tutti!
Spero con tutto il cuore che la storia continui ad appassionarvi perché adesso inizia il bello: James fa un mezzo passo falso ammettendo di nutrire un certo interesse nei confronti di Rose, mentre quest’ultima assiste all’apparizione di due esseri celestiali che le provocano un forte shock. James riuscità ad incontrarla?
A proposito, sotto trovate la traduzione della frase con cui hanno salutato la ragazza.
Vi do appuntamento alla prossima settimana, se ce la faccio tenterò di aggiornare ogni venerdì. Voi intanto commentate!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
*Byddon gwedl sown: ci rivedremo presto
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Lievi gelosie ***


 

Image and video hosting by TinyPic


James si presentò a casa di Rose chiedendo di poterla incontrare con l’espediente di alcune novità letterarie di suo interesse.  La governante gli negò l’accesso secondo quanto ordinato dai padroni e ne nacque una piccola discussione fra i due che fu “casualmente” captata da Helen.
“Mr Bradley! Che piacere ricevervi.” Scese con eleganza la scalinata e raggiunse i due. “Ritiratevi pure Marianne, penso io all’ospite.” Gli regalò un sorriso smagliante.
La governante obbedì e rimasero soli, proprio quello a cui puntava James che non volle perder tempo e si lanciò in una serie di sviolinate finalizzate a non essere allontanato e poter incontrare Rose. Si profuse in un profondo inchino baciandole il dorso della mano. “E’ un grandissimo onore essere ricevuto personalmente da voi Helen.”
La ragazza si sentì incendiare, non aveva mai fatto mistero del suo debole per il giovane e infatti non perdeva occasione di accompagnare la madre quando si recava nella loro tipografia/libreria alla periferia di Londra. “L’onore è tutto mio, sir. A cosa devo il piacere della vostra visita?”
“Ho delle novità… Abbiamo alcuni romanzi fantascientifici che credo possano interessare a voi, alla vostra cortese madre e… a vostra sorella Rose.” Da bravo farfallone sapeva bene come lavorarsela. E sfoderò uno dei suoi sensuali sguardi da Don Giovanni.
Helen senti vibrare tutti i muscoli del suo corpo, gli regalò un sorriso a metà fra l’inebetito e il compiacente. “Oh, siete venuto fin qui per noi? Sono lusingata dal vostro gesto…. Venite, accomodatevi.”
Porse il braccio al ragazzo perché la seguisse nella sala presso la veranda chiedendo alla cameriera di avvisare la madre, la sorella e di preparare del the.
Prima di scomparire dietro lo stipite della porta, James scorse l’esile figura di Rose affacciarsi dalla balaustra del piano superiore, la guardò con intensità cercando di farle capire che era lì per vederla, non per fare le fusa a sua sorella. Era preoccupato per lei, per quello che poteva esserle occorso da indurla a farsi segregare in casa rifiutando qualsiasi contatto con l’esterno. Tornò al presente grazie all’euforia di Helen che lo fece accomodare nel divanetto a due posti senza mai lasciargli il braccio libero e senza mai staccare gli occhi dal suo viso. Era una bellissima ragazza, forse ben più di Rose e non le mancavano certo i pretendenti. James non era per niente insensibile al suo fascino e spesso ne decantava le qualità estetiche quando la ragazza si presentava nella sua libreria di sovente frequentata dalle giovani fanciulle che pendevano dalle sue labbra e che credevano a tutte le storie di viaggi nelle località più disparate del pianeta.  Adorava vedere frotte di femmine ai suoi piedi, belle o meno belle che fossero, e quando si accorgeva che prendevano per oro colato anche la cosa più assurda proferita dalle sue labbra, si divertiva come un matto nel prendersi gioco della loro stupidità. Con Rose invece niente di tutto questo sarebbe mai successo e lo sapeva bene. Era intelligente come poche e questa sua caratteristica lo aveva colpito tantissimo.
Pochi istanti dopo la signora Catherine Morrison fece il suo ingresso nel salottino debitamente adornata di gioielli, seguita dalla governante che portava il the; poi vide comparire il volto pallidissimo di Rose. James avvertì un tuffo al cuore nell’incrociare il suo sguardo, se non fosse stato certo che si trattava di lei, avrebbe stentato a riconoscerla: i suoi occhi erano spenti, non c’era la scaltrezza e la sicurezza che la caratterizzavano, le sue labbra sembravano tremare così come tutta la sua figura. La madre la esortò a tornarsene nella sua stanza, ma Rose preferì restare lì ad ascoltare ciò che mr Bradley era venuto a proporre. In realtà degli ultimi romanzi di fantascienza prossimi alla pubblicazione non gliene importava un bel niente, era divorata dal desidero di rivelare a qualcuno ciò che aveva visto, sperava di togliersi quel peso che la opprimeva e che le aveva fatto perdere la serenità. Aveva bisogno di capire se ciò che aveva visto poteva nascondere qualche significato arcano, desiderava ardentemente parlarne con qualcuno che condivideva il segreto e che non la prendesse per pazza. Anche se quel “qualcuno” era James Bradley. Doveva assolutamente escogitare il modo di poterne parlare con lui lontano da orecchie indiscrete.
La governante versò il the in quattro eleganti tazze che sistemò con garbo sul tavolino assieme a dei biscotti dall’aria invitante.
“Dunque sir, siete venuto appositamente per illuminarci con le ultime novità letterarie… Ditemi dunque, vi ascolto.”
James posò la tazza dopo averne gustato il contenuto. “Stiamo per mandare in ristampa La guerra dei mondi corredata da fantastiche illustrazioni a colori. Posso assicurarvi milady che sono assolutamente impressionanti. E poi dovremmo a breve ricevere il nuovo lavoro di Timothy Baxter, un autore esordiente ma molto promettente che si intitola Gli spiriti del cielo.”
Al suono di quelle parole Rose fu come destata dal torpore, il sangue riprese a scorrere in ogni parte del suo corpo ridonandole gradualmente il perduto vigore. Si voltò verso l’ospite fissandolo incessantemente, mentre lui continuava a blaterare di esseri a bordo di navicelle spaziali o mostri impressionanti che popolavano libri e romanzi. Possibile che quell’opera avesse proprio il titolo così simile a ciò che aveva visto? Era forse l’ennesima coincidenza? O lui l’aveva fatto apposta inventandolo di sana pianta? Quel Timothy Baxter lei non l’aveva mai sentito nominare prima di allora, chi diavolo era e da dove gli era uscita l’idea di scrivere un romanzo con quel titolo? Fissava James nella speranza che rivelasse qualche dettaglio in più, moriva dalla voglia di prenderlo in disparte e tempestarlo di domande. Aveva una rinata grinta interiore, quella voglia di scoprire che l’aveva abbandonata da quella sera e indirettamente lo doveva alla visita di mr Bradley e dei suoi discorsi su esseri extraterrestri che tanto appassionavano sua madre. Ma il ragazzo non pareva accorgersene, il calo di attenzione nei suoi confronti era notevole, James attimo dopo attimo si lanciava in romantiche sviolinate indirizzate alla sorella, perciò Rose si alzò con leggera stizza chiedendo il permesso di ritirarsi. Fu solo allora che il ragazzo si sentì un emerito stupido, comprese di essersi lasciato un po’ troppo andare, complici anche le fusa di Helen che lo avevano catturato. Era venuto in casa loro per vedere Rose e tentare di scoprire cosa le era accaduto, invece era finito per fare tutt’altra cosa. Ed ora lei se ne stava andando. Informò i suoi familiari di aver intenzione di fare una passeggiata all’aria aperta, in fondo era rimasta reclusa in casa a lungo ed espresse il desiderio di godere degli ultimi giorni di bel tempo prima di piombare nel piovoso autunno. In realtà voleva recarsi dallo zio Albert per raccontargli tutto, cosa che da tempo le premeva fare, ma non aveva mai trovato lo slancio necessario da disobbedire. Sua madre non oppose resistenza, tanto era assorta nell’ascoltare James; di Helen poi non ne parliamo! Aveva mr Bradley tutto per sé e non doveva dividerselo con le altre frequentatrici della libreria, ciò che sua sorella diceva non le interessava proprio. Rose dunque lasciò la stanza non prima di aver salutato per mera educazione ed aver lanciato un’occhiataccia all’ospite. Questi fu colto un po’ alla sprovvista dalla reazione della ragazza, ma ne fu felice in quanto iniziava a rivedere la Rose che aveva conosciuto, con quella schiettezza e furbizia che l’avevano colpito. Aveva in parte raggiunto il suo scopo.
 
Percorrendo la strada di campagna all’ombra di imponenti alberi le cui foglie iniziavano a tingersi dei caldi colori autunnali, Rose non poté fare a meno di constatare che l’aria fresca e la carezza del vento le erano mancati tantissimo, che quei lunghi giorni segregata in camera sua si erano rivelati solo controproducenti, che isolandosi a quel modo la soluzione al rompicapo connesso al testamento si allontanava passo dopo passo. Naturalmente quel riposo forzato le era stato imposto dai genitori preoccupati per il suo stato di salute, ignari di tutto quello che la loro figlia più giovane stava vivendo da quando la prozia Jacqueline era passata a miglior vita.
Il cottage dello zio Albert apparve come un miraggio fra gli alberi, non appena lo scorse la ragazza provò un senso di liberazione e si sentì notevolmente sollevata: finalmente poteva raccontare ad una persona fidata ciò che celava nel suo cuore da giorni.
Trovò il parente sotto uno strano marchingegno simile alle avveniristiche autovetture che invadevano giorno dopo giorno la città; l’uomo accolse la nipote con un luminoso sorriso che rispecchiava totalmente il suo stato d’animo.
Quel chiacchierone di James c’era riuscito!
Era felice di rivederla dopo i lunghi giorni di silenzio che lo avevano fatto preoccupare non poco. “Non hai idea, mia cara, di quanto sono stato in pena non vedendoti.”
“Mi spiace, mi spiace davvero zio.” Fece una breve pausa. “Infatti sono venuta qui per parlarvi di quello che mi ha tenuta lontana.”
“Mhm, capisco. Ne hai già parlato anche con James per caso?”
“No.” Colse una punta di stizza nel tono della sua voce. “ Mr Bradley è venuto a casa nostra poco fa ed ha iniziato ad adulare mia sorella Helen.”
“Da come ne parli, sembri gelosa….”
“Cosa?! Per carità, non pensatelo neanche!” Incrociò le braccia mostrandosi lievemente offesa. “La colpa è sua perché all’inizio mi aveva lasciato intendere di essere venuto per me, invece ha dimostrato tutt’altro!”
“Beh, in effetti ha mascherato il vero scopo della sua visita con la scusa di proporre a tua madre alcune novità letterarie sfruttando il debole che la cara Helen ha nei suoi confronti.”
“Il solito farfallone.. Bah, lasciamolo alle sue smancerie, ho altro da riferirvi.”
“Ma certo, dammi solo cinque minuti per ripulirmi le mani e chiacchieriamo davanti ad una buona fetta di torta.”
“A cosa state lavorando?”
“Ho intenzione di costruirmi un’autovettura come quelle che vanno di moda ora. Se ci sono riusciti quei tipi Tedeschi, posso farlo anche io, non credi?”
Si fece sfuggire un sorriso. “Spero che mi portiate a fare un giro non appena questa cosa funziona.”
“Sarai la prima.” Si asciugò le mani dopo averle liberate da quella robaccia nerastra derivata dallo pseudo motore a cui stava lavorando. “Prego, accomodati pure, mia cara.” Fece accomodare la ragazza al tavolino situato nella veranda calda e luminosa porgendole un piattino su cui aveva adagiato un’invitante fetta di torta. “Allora piccola, che ti è successo?”
Rose ingoiò una pezzetto e posò la forchettina. “Ho visto due esseri comparire all’interno di una nuvola. Era appena tramontato il sole… mi sono sentita come se una forza misteriosa mi avesse paralizzata e…”
“Speravo di trovarvi qui, Rose…” James irruppe nell’ambiente come un uragano, raggiunse i due avvicinandosi alla ragazza osservandola in viso. “Come vi sentite? Che vi è accaduto di così grave da ridurvi uno straccio?”
L’insofferenza verso il comportamento che James aveva tenuto nei confronti di Helen prese il sopravvento. “Innanzitutto straccio sarete voi, poi quando si entra in casa d’altri la buona educazione impone almeno un saluto. E voi avete esordito con ben altro interrompendo pure una signora che stava parlando.”
La guardò meravigliato piegando l’angolo della bocca in un piccolo sorriso compiacente. “Beh, posso comunque constatare che siete tornata quella di una volta.”
Per tutta risposta Rose mangiò un altro pezzetto di torta.
“Sedetevi James.” Albert fece cenno all’ultimo arrivato di prendere posto. “Rose stava iniziando a raccontarmi di una strana apparizione cui ha assistito alcune sere fa al tramonto.”
“Che genere di apparizione?”
“Non gli ho potuto dire altro perché qualcuno mi ha interrotta.” Gli lanciò un’occhiataccia.
Il giovane sospirò. “E va bene, vi chiedo scusa! Devo strisciare per terra come un verme e supplicarvi di continuare?”
“Io non sono mia sorella Helen, sir, non pensate di conquistare la mia fiducia facendo le fusa come un gatto.”
“Lo so bene, ditemi voi allora cosa devo fare!”
“Innanzi tutto….”
La voce di Rose si interruppe all’istante, si alzò in piedi muovendosi come un automa, i suoi occhi parevano di vetro e dalle sue labbra uscì un incomprensibile byddon gwedl sown.
“Che ha detto?!” James guardò Albert, poi Rose e di nuovo Albert.
Lo zio si avvicinò alla nipote. “Rose, mi senti? Avanti piccola, rispondi!”
Ma Rose era come ipnotizzata. Si mosse verso la porta della veranda che si affacciava verso ovest, proprio dove stava tramontando il sole. Portò le braccia in avanti aprendo le mani e porgendole in quella direzione, esattamente come quando si invita qualcuno ad abbracciarci.
Welkront Himmel ad Jhea, gwil waryd.”*
I due uomini si guardarono in faccia non capendoci niente. Poi i loro occhi furono catturati dalla luce proveniente da una nebulosità comparsa dal nulla all’interno della quale anche loro videro materializzarsi due figure antropomorfe. Invece di danzare nell’aria come l’altra volta, i due esseri meravigliosi iniziarono una conversazione con Rose che, inspiegabilmente, era in grado di esprimersi perfettamente in quello strano linguaggio. Il tutto durò una manciata di minuti durante i quali Albert e James restarono esterrefatti a debita distanza dalla ragazza.
Poi, come era apparsa, quell’eterea visione svanì. Rose restò in piedi per pochi istanti, dopodichè iniziò a tremare vistosamente e cadde in terra priva di sensi.
 



 
 
 
 
Ciao a tutti!
Qua una piccola punta di gelosia si fa spazio in mezzo ai mille interrogativi che ancora aspettano risposte. Comunque sia, Rose si è destata da quel torpore ed è tornata la ragazza grintosa che non sopporta certi atteggiamenti di James.
Di nuovo quei due misteriosi esseri (adesso conosciamo anche i loro nomi: Himmel e Jhea) si fanno vivi e questa volta vengono visti anche dagli altri che condividono il segreto.
Ci sentiamo la prossima settimana!
Un abbraccio
 
La Luna Nera
 
* Welkront Himmel ad Jhea, gwil waryd: Benvenuti Himmel e Jhea, vi aspettavo.
 
 
PS. Provate a dare un’occhiata alla pagina di emmastory, troverete cose interessanti da leggere!
Grazie!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Bellissimo e misterioso ***


 
Image and video hosting by TinyPic



“Oh cavolo!” Albert si precipitò a soccorrere la nipote che giaceva a terra svenuta. “James, aiutatemi, svelto! Aiutatemi ad alzarla! Mettiamola sul divano!” L’uomo era ad un passo da una crisi di panico, tante erano le emozioni che si erano succedute negli ultimi minuti.
“Ecco, prendete il cuscino e sistemateglielo sotto la testa. Io tengo le gambe sollevate così il sangue dovrebbe riprendere a circolare regolarmente.”
 All’improvviso Rose iniziò a dare segni di vita, spostò leggermente la testa e mugugnò.
“Ehi piccola, mi senti?” Albert provò a tirarle qualche leggero schiaffetto sulle guance pallide sperando che si risvegliasse del tutto continuando sempre a chiamarla.
Dopo vari tentativi ed interminabili secondi, finalmente la ragazza aprì gli occhi. I due uomini tirarono un sospiro di sollievo, Albert si accasciò sull’altra poltrona e James si fece più vicino a lei stringendole delicatamente la mano.
“Rose, riuscite a sentirmi?” Si avvicinò al suo viso quel tanto che gli serviva per percepirne il respiro e far suo quel delicato profumo.
La ragazza mosse la testa, sbatté le palpebre per cercare di mettere a fuoco ciò che le stava attorno ed emise un profondo respiro. “Che… che è successo?”
Aveva la bocca impastata, un fortissimo mal di testa ed un grande senso di spossatezza.
“Grazie al cielo vi siete ripresa.” Accarezzò il dorso della sua mano che mai aveva lasciato.
La ragazza si portò l’altra mano sulla fronte e prese a massaggiarla. “Mi fa male tutto…”
“Non ricordate niente di quello che avete vissuto?” Negli occhi di James c’era stupore ed ora finalmente un enorme sollievo. “Non ricordate dell’apparizione a cui avete ….abbiamo assistito e con la quale avete interagito?”
Rose rifletté un attimo, guardò lo zio che nel frattempo aveva ripreso le sue normali funzioni vitali, prima di tirarsi su tentando di mettersi seduta nonostante il forte mal di testa. “Stavamo discutendo quando loro sono apparsi. Li avete visti anche voi quindi?”
“Sì, è così.” Lo zio si avvicinò.
Solo allora si rese conto che la sua mano era stretta in quella di James, la cosa le aveva infuso serenità ma detestava darlo a vedere. Se ne liberò repentinamente abbassando lo sguardo e raccontando le sensazioni provate poco prima. “Non ero di nuovo più padrona del mio corpo … come l’altra volta….è stato orribile…” Si strinse nelle proprie braccia abbassando la testa, poi portò una mano sul collo. “Sento di aver la gola secca come se avessi parlato ininterrottamente.”
“E’ ciò che hai fatto, piccola. Hai conversato a lungo con loro in una lingua a noi completamente sconosciuta ma di cui tu sembravi padrona.”
Rose guardò lo zio con grande sorpresa.
“Non ricordi niente?”
“Io… ricordo solo i loro nomi.” Deglutì. “Himmel e Jhea.”
I due uomini si guardarono in faccia.
Himmel aeternitatis ovvero il cielo per l’eternità.” Osservò James.
“E la donna chi è? Si chiama Jhea se non ho capito male.” Chiese Albert.
“Il nome rievoca tantissimo la Madre Terra, nell’antichità si chiamava appunto Gea.” Sottolineò il giovane.
Rose non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo, doveva ammettere a se stessa che era una miniera di conoscenza senza fondo. “Il cielo che si unisce alla terra, come il numero uno che è il principio di tutto, compresi gli opposti.”
“E se permettete, oserei aggiungere che qui emerge il significato del sette di cui ancora non vi ho detto.”
Albert e la ragazza rivolsero lo sguardo verso James, desiderosi di sentirlo di nuovo proferire di numeri e legami con l’ignoto.
“Il sette è il numero magico per eccellenza, lo si ritrova praticamente ovunque: sette sono le note musicali, i giorni della settimana, i colori dell’arcobaleno, le stelle della costellazione del Carro dell’Orsa Maggiore e lo si ritrova in molti elementi naturali. Non per ultimo dobbiamo ricordare che fra ciascuna delle fasi del ciclo lunare intercorrono appunto sette giorni.”
“C’è forse un legame con la terra?”
“Il sette è il risultato della somma fra il tre, cioè il ternario divino, ed il quattro, ossia il quaternario terrestre.”
“E’ vero: quattro sono gli elementi che avrebbero dato origine ad ogni cosa.”
“Già. Il sette è il numero privilegiato in quanto espressione massima fra umano e divino.”
“Tutto coincide dunque… Esso sta a simboleggiare la Terra così come l’uno è il Cielo.”
“Lo zero quindi potrebbe avere la funzione di unirli se ho ben capito.” Osservò Albert.
“Esattamente.” Confermò James. “Bene, il mistero inizia a farsi meno fitto.”
Rose sorrise, anche lei iniziava a capirci qualcosa. Poi le tornò alla mente una strana sensazione provata durante l’incontro coi due esseri. “Ad ogni modo io devo recarmi a casa della prozia Jacqueline quanto prima, lì troverò altri indizi.”
I due uomini la guardarono con aria interrogativa.
“Ve lo hanno rivelato loro?”
“Forse, ma è una cosa che sento dentro di me da tempo. Devo farlo…. Domani stesso.”
“Mhm…” Mugugnò lo zio. “Non credo sia una buona idea.”
“Perché dite questo?”
“Quando interagisci con questi esseri hai un enorme calo delle energie vitali, sei ancora molto debole e forse dovresti osservare un po’ di riposo prima di compiere questo passo.”
“Mi duole contraddirvi, ma io devo andarci domani…” Il suo sguardo si fece fisso, le pupille leggermente dilatate puntavano verso l’esterno. “Dopo dieci settimane dall’ingresso di Jhea nella Dimensione, al compimento della perfetta lunazione, Ruhna dovrà presentarsi al cospetto dei Guardiani del Cielo e della Terra.
Pronunciate queste parole dall’oscuro significato, Rose si lasciò cadere indietro, visibilmente debole  e col fiato corto.
“Ma che ha detto?!” James era catturato totalmente dalla situazione che stava vivendo. Non poteva negare la sua eccitazione nel trovarsi faccia a faccia con qualcosa di così arcano, sfuggevole e allo stesso tempo tangibile. E poi non poteva più nascondere la sua forte preoccupazione per Rose, per quella ragazza che attimo dopo attimo stava entrando di prepotenza nei suoi pensieri, ulteriore motivo per impedirle di raggiungere da sola quel luogo.
“Ci penseremo domani, lei ora è stremata per cui credo sia meglio per tutti noi se la riporto a casa. Sono certo che mio fratello me ne dirà di tutti i colori e mi incolperà del suo stato fisico, ma ciò che mi sta più a cuore adesso è la sua salute, non posso farla tornare a casa da sola.”
 
 
 
 
 
Quella notte Rose dormì pochissimo, il suo sonno era molto agitato complice forse il violento temporale che infuriava all’esterno o l’aver assistito alla furibonda lite scoppiata fra suo padre e suo zio.
 
Yis ayd un ohnam *
Yis ayd un ohnam
 
Questa strana frase risuonava nella sua mente, una volta pronunciata da una voce maschile, poi da una femminile. Un fortissimo schianto la fece balzare sul letto, evidentemente un fulmine si era abbattuto nei paraggi. Accese la candela sul comodino e a passi lenti si avvicinò alla finestra: era tutto buio, ogni tanto i lampi illuminavano il cielo di una luce sinistra ed inquietante.
 
Yis ayd un ohnam
Yis ayd un ohnam
 
Di nuovo udì quelle parole nella sua testa e non ebbe bisogno di troppa immaginazione per intuire chi le aveva pronunciate.
Scostò la pesante tenda e poggiò la mano sul vetro, era freddissimo. Improvvisamente vide un bagliore all’esterno, comprese all’istante che non si trattava di un lampo e infatti dal nulla comparvero i due essere sublimi che riconobbe subito come Himmel e Jhea. Istintivamente richiuse la tenda e indietreggiò, ma questa si riaprì da sola: i due stavano lì fuori sospesi a mezz’aria e sembravano perfettamente asciutti nonostante la pioggia battente.
Peinch on abbod, non avere paura.
E invece Rose ne aveva eccome! Quei due tipi le si mostravano per la terza volta nel giro di poco tempo e la cosa le aveva provocato fastidiosi malesseri, cos’altro doveva ancora subire? Che cosa volevano? Perché cercavano proprio lei?
Stavano sempre lì immobili senza proferire altro con il sorriso sulle labbra. Poi si scostarono e furono inghiottiti in una nuvola di luce e come per incanto da essi uscì un terzo essere mai visto prima. Era praticamente impossibile stabilire se fosse più giovane degli altri due, tutti sembravano creature eterne senza età esattamente come nell’Antica Grecia si credeva fossero gli dei. Anch’esso era bellissimo, aveva la pelle candida, due occhi azzurri da far impallidire il cielo più blu, i suoi capelli sembravano realizzati coi raggi del sole più splendente ed erano leggermente lunghi e vagamente sbarazzini. Non aveva una sola virgola fuori posto nel volto che rispettava perfettamente i canoni della bellezza, le sue labbra rosee erano piegate in un sorriso da mozzare il fiato dal quale la ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo. Stranamente non provava alcun timore, anzi, sentiva di conoscere quel tipo affascinante da tempo e questa insolita sensazione la fece riavvicinare alla finestra per poter continuare indisturbata a godere di quella magnifica visione: il tipo indossava una sorta di tunica celeste, di quelle che gli lasciavano scoperto il torace perfetto per circa tre quarti e le gambe da poco sopra le ginocchia. Portava un bellissimo mantello azzurro intenso tenuto chiuso dalla spilla con il simbolo della spirale che Rose ormai conosceva bene, sapeva che era uno di loro, uno degli esseri senza tempo che in qualche modo sconosciuto avevano avuto a che fare con la sua defunta parente. Non ne comprendeva il motivo, ma quel ragazzo (o ciò che poteva essere) le infondeva fiducia e serenità e questa strana sensazione le strappò un lieve sorriso al quale il tipo rispose con uno molto più caldo e intenso. Fu automatico per Rose portare la mano sulla finestra e toccare il vetro come aveva fatto poco prima, adesso però sentiva tepore che aumentò vertiginosamente non appena il tipo portò la sua mano nello stesso punto.  Era tutto troppo bello, troppo sublime, troppo fuori dal tempo.
Le gambe della ragazza iniziarono a tremare e non per quegli improvvisi malori che avvertiva quando si presentavano quelle entità misteriose, ma per l’intensità del momento, l’emozione e tutto lo sconquassamento interno provocatole dalla sublime apparizione. Il respiro aumentò attimo dopo attimo e fu abbastanza lucida da porre la parola fine a quel contatto destabilizzante, allontanarsi dalla finestra e tornare sotto le coperte non prima di aver visto svanire nel nulla il bellissimo essere. Soprattutto fu abile nel mettere a tacere l’istinto che l’avrebbe portata ad aprire la finestra e lanciarsi fra le braccia del bellissimo ragazzo, con l’incognita di poter precipitare nel vuoto.
 
Naturalmente passò quasi tutto il resto della notte senza chiudere occhio, pensando e ripensando incessantemente a quel ragazzo meraviglioso che faceva sembrare l’intrigante James Bradley un bruttone di prim’ordine. E poi quel tocco di mistero che aleggiava attorno alla sua figura lo facevano apparire ancora più affascinante di quanto non fosse e poi quegli occhi blu e profondi come il cielo senza fine e quel sorriso stupendo e….
Lui non aveva un nome né una provenienza certa, ma si sentiva attratta in modo irresistibile, il suo cuore batteva all’impazzata solo ripensando al loro fugace incontro e bramava sempre di più di specchiarsi di nuovo in quel volto d’angelo fuori dal tempo.
 
 
Il nuovo giorno arrivò come una benedizione per lei, nonostante i pareri contrari sia dei suoi familiari, sia dello zio Albert, si sarebbe recata presso la villa della prozia Jacqueline. E magari lì poteva incontrare di nuovo quel tipo bellissimo che era entrato nella sua esistenza come un uragano e che aveva preso il primo posto nei suoi pensieri surclassando tutto il resto in un attimo.
Afferrò la chiave ricevuta con il testamento, indossò la sua mantellina e si diresse verso il cottage dello zio. Desiderava che fosse lui ad accompagnarla alla ricerca dei nuovi indizi e della possibile identità del bellissimo misterioso essere che l’aveva conquistata con un solo sguardo.
Non trovò il parente nella veranda né impegnato su qualche strano marchingegno, bensì seduto accanto alla stufa con indosso una vestaglia da giorno.
“Zio Albert! Che vi è successo?”
“Atchù!” Si pulì il naso. “Ben arrivata mia cara… Atchù!”
“Avete bisogno di aiuto?”
“Ti prego, puoi mettere dell’acqua a scaldare? Ho proprio bisogno di un thé bollente….”
“Certamente… Ma che avete fatto stanotte? Ieri eravate in ottima forma.”
“Quel temporale ha fatto…. Athcù!.... Ha fatto cadere un ramo della quercia del giardino sulla copertura dell’attrezzeria dietro casa…. Atchù!” Si soffiò di nuovo il naso. “Ho tentato di arginare il danno e mi son preso un’infreddatura coi fiocchi…”
“Capisco.” Mentre versava il thé nella tazza, comprese che lui non sarebbe stato nelle condizioni di accompagnarla.
“Ti ringrazio Rose…” Si sentiva proprio uno straccio. “Credo che tu debba rimandare il sopralluogo alla villa della zia, io non sono nelle condizioni di poterti accompagnare. E’ meglio che tu non vada sola, a meno che…”
La ragazza drizzò la testa. “No! Sapete come recita il proverbio: meglio soli che male accompagnati!”
“Io non ho detto niente, hai fatto tutto da sola.” Bevve un altro sorso di the. “Volevo suggerirti di rimandare tutto fino al giorno in cui sarò guarito.”
Si stava tradendo da sola, era certa che fosse sul punto di proporle James Bradley come accompagnatore. “Purtroppo non posso, c’è una voce che mi chiede con insistenza di recarmici quest’oggi. E poi…. Potrei incontrare di nuovo una persona….”
“Di chi stai parlando?”
“Ve lo racconterò un’altra volta. Voi intanto pensate a guarire.”
“Rose! Aspett….Athcù!” Niente, la ragazza era già in fondo al vialetto. “Ah, è più testarda di un mulo…”
Riprese a sorseggiare il the, gettando di tanto in tanto qualche pezzetto di legno nella stufa affinché il fuoco si ravvivasse. Era inutile fermare la sua nipotina, quando si metteva in testa una cosa non c’era verso di farla desistere.
 
 
 
“Che brutta cera, Albert! Bastano due gocce d’acqua per mettervi fuori combattimento?” James entrò un quarto d’ora dopo che Rose se n’era andata.
“Ah, alla buon’ora… Athcù! Avevate un appuntamento con qualche affascinante signorina che vi ha fatto tardare così tanto?”
“Accidenti!” Alzò le mani in segno di resa, non capiva il motivo di questa sua irritazione.
“Non fateci caso, il mal di testa mi fa sparlare…. Piuttosto.. Rose è stata qui poco fa, in questi minuti sta raggiungendo da sola la casa di mia zia!”
“Cosa?! E perché non l’avete fermata?”
“Credete sia facile?” Si soffiò il naso. “Corretele dietro per favore, ….atchù!.... Non lasciate che vada lì dentro tutta sola! Ha pure rammentato una persona che potrebbe incontrare…”
“Di chi si tratta?”
“Non me ne ha parlato.. Tu corrile dietro e fa’ in modo che non si cacci nei guai!”
James non se lo fece ripetere due volte, riprese la strada che aveva appena percorso correndo come un disperato.
Chi doveva incontrare Rose?
Quella frase gli aveva messo le ali ai piedi più di ogni altra cosa, più di ogni pericolo che poteva correre dall’eventuale incontro con Himmel e Jhea.
Sentiva nascere una logorante gelosia e voleva, anzi, doveva essere presente quando lei avrebbe visto questa persona.
Era forse il fantasma della vecchietta defunta?
Il suo cuore sentiva che si trattava di qualcun altro, qualcuno connesso a quelle entità che pure lui aveva visto. E se era uno di sesso maschile doveva iniziare a preoccuparsi sul serio: con la loro bellezza e prestanza fisica non c’era competizione. Come lui aveva trovato stupenda la donna, sicuramente Rose aveva pensato la stessa cosa dell’uomo. Era forse spuntato qualcun altro? Doveva vedere coi suoi occhi chi si stava infiltrando fra di loro.
 
 


 
Ciaoo!!
Approfitto subito per ringraziare tutti voi che avete inserito la storia in una qualsiasi delle liste! <3<3<3
Ora che James sembra iniziare a cedere sotto le frecce di Cupido, dal nulla compare un nuovo essere misterioso che occupa con prepotenza i pensieri di Rose…. E lui inizia a rosicare.
Un po’ per scaramanzia, un po’ per comodità, tenterò di aggiornare la storia ogni venerdì, per cui vi aspetto fra sette giorni.
Voi intanto commentate!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
* Yis ayd un ohnam     Sei una di noi

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La vera identità di Jhea ***


 

Image and video hosting by TinyPic
Rose era giunta di fronte al vecchio cancello della villa dopo una piacevole passeggiata nella campagna reduce dal temporale notturno: era felice ed agitata allo stesso tempo poiché sentiva che là avrebbe trovato parte delle risposte che cercava. Desiderava più di ogni altra cosa potersi specchiare di nuovo negli occhi di quel bellissimo essere, conoscerne il nome, scoprire perché aveva scelto di incontrare proprio lei e  se tutto questo faceva parte dell’eredità lasciatale dalla prozia Jacqueline. Spinse con decisione il cancello ed entrò: il giardino era in perfetto stato, l’erba era verde e le piante apparivano quanto mai rigogliose. Le statue che aveva sempre considerato bizzarre ora le apparivano familiari, riconosceva moltissime cose in comune con i simboli indossati da Himmel e Jhea, forse c’era pure l’altro meraviglioso?
“Rose!.. Aspettatemi!”
Si voltò e vide James Bradley correrle incontro con impeto.
“Per fortuna…anf…. Per fortuna sono arrivato in tempo…” Poggiò entrambe le mani sulle ginocchia respirando profondamente per riprendersi dalla corsa.
“Che volete dire? E’ successo qualcosa a mio zio?”
“Oh no, ha solo quel brutto raffreddore ma si riprenderà presto.” Prese di nuovo fiato. “Mi riferivo a voi, non ritengo opportuno lasciarvi sola, qui in questo luogo con tutti i pericoli a cui potreste andare incontro.”
“Capisco sir, ma state pure tranquillo, non mi succederà proprio un bel niente.”
“E se doveste incontrare quegli esseri?”
Nella mente di Rose si visualizzò all’istante l’immagine del bel misterioso che le fece piegare le labbra in un sorriso sognante che non passò inosservato agli occhi di James. “Tranquillizzatevi.” Abbassò gli occhi. “Sì, forse potrei imbattermi di nuovo in loro, ma so con certezza che andrà tutto bene.” Guardò di nuovo il ragazzo che non mollava. “Andate pure, sono certa che mia sorella Helen non vi negherà la sua compagnia.”
Girò sui tacchi e si avviò verso l’ingresso della villa.
Quello, rimasto in un primo momento quasi spiazzato dalla sua reazione, la raggiunse rapidamente forte dell’aver percepito una punta di fastidio per quanto accaduto pochi giorni prima con Helen, in più il verme della gelosia che si stava insinuando in lui sembrava suggerirgli che Rose doveva veramente vedere qualcuno.
 
 
La ragazza estrasse la chiave dalla tasca del suo mantellino, l’infilò nella serratura con il cuore che le batteva sempre più forte e girò una, due, tre, quattro volte, ma la porta non si apriva. “Beh?” Tentò di spingere nel vano tentativo di entrare, poi comprese che tutta la pioggia e la conseguente umidità avevano fatto gonfiare il legno, quindi era necessario forzare più del dovuto.
James, che nel frattempo l’aveva raggiunta, se n’era accorto e si avvicinò sorridendole. “Visto? Avete bisogno del mio aiuto.” 
Borbottò qualcosa di incomprensibile per non doverlo ammettere mentre il ragazzo posizionò le mani in due punti ben precisi del portone. “Bene, al mio tre voi girate la chiave ed io spingo… Uno, due, tre!”
Accadde tutto in un attimo: il portone si spalancò, James cadde a terra e Rose gli piombò sopra. Avevano entrambi perso l’equilibrio in quanto la porta, aprendosi, aveva fatto mancare loro il punto d’appoggio. In definitiva Rose si trovò distesa sul corpo di James che per evitarle fastidiose contusioni si era frapposto fra lei e il pavimento. Il ragazzo l’aveva istintivamente protetta abbracciandola delicatamente e tale gesto gli scaldò il cuore.
Non appena riaprì gli occhi, Rose comprese in quale imbarazzante situazione si trovava, sollevò la testa finendo con la punta del naso a non più di cinque centimetri dal viso del suo compagno di avventura. Avvampò in una frazione di secondo, mentre sulle labbra del ragazzo comparve un dolcissimo sorriso. “Vista da vicino siete decisamente affascinante.”
Queste parole ebbero per lei l’effetto di una molla, si alzò repentinamente allontanandosi da quella posizione piuttosto ambigua. Il cuore le batteva forte e sentiva caldo, molto caldo, aveva provato un enorme senso di protezione stretta fra le sue braccia, una cosa nuova per lei e totalmente spiazzante.
“Tutto bene?” James si rialzò da terra scuotendo la polvere dalle maniche della giacca. “Ehi, ma…” Rose era scomparsa dalla sua vista, la scorse in cima alle scale che portavano al piano superiore, procedeva a passo svelto e quindi dovette darsi una mossa per raggiungerla prima che uscisse nuovamente dal suo campo visivo.
Quando le fu abbastanza vicino, notò del rossore sulle sue guance e ciò provocò un’impennata dei battiti del suo cuore: sperava ardentemente che quel contatto fra i loro corpi avesse significato qualcosa anche per lei.
“Perché siete scappata?” Provò a prenderle la mano per evitare che si allontanasse.
“Io non sono scappata.” Il tono della sua voce era quello stizzoso che conosceva. “E poi chi vi ha autorizzato a stringermi la mano?!” La ritrasse immediatamente.
“Volevo solo sincerarmi che non vi foste fatta male quando siamo caduti! Se continuate a dileguarvi, come posso verificarlo?!”
La ragazza si girò, fissandolo incessantemente negli occhi ed allargando le braccia. “Va bene, sono in perfetta forma, vedete? Niente di rotto.” James replicò con un sorriso. “Posso continuare a perlustrare le stanze?”
“Naturalmente.” Le si avvicinò porgendole il braccio.
Questa lo guardò con sorpresa e proseguì senza accettare la sua galante offerta.
 
 
Passarono in perlustrazione tutti gli ambienti del palazzo, osservando i dipinti presenti in ognuno di essi: Rose riconosceva molte delle particolarità raffigurate, si trovavano nelle carte ricevute in eredità dalla prozia. Ma di Himmel e Jhea ancora non c’era traccia. Controllarono ogni minimo dettaglio di tutte le tele dipinte dalla defunta senza aver successo, ma quando stavano per abbandonare la villa, Rose si alzò in piedi con un’espressione serena e rilassata in volto.
“Mi sta parlando.”
“Chi? Io non sento niente.” James non capiva.
Lei invece aveva percepito distintamente una calda voce maschile nella sua mente, sapeva perfettamente chi le stava sussurrando quelle parole. “Dobbiamo cercare nella camera da letto, fin ora abbiamo solo perso tempo.”
“Spiegatevi meglio, non capisco.” Ma la ragazza non lo considerava affatto e si diresse verso la stanza indicata.
Lui la seguì, aveva la fortissima sensazione che ben presto sarebbe accaduto qualcosa. Voleva essere lì al suo fianco pronto ad intervenire qualora le cose fossero precipitate.
Giunse a destinazione, afferrò la maniglia con grande emozione ed entrò.
“Lei si è spenta in questa stanza.” Rose sussurrò parole dense di malinconia, l’ultima volta che aveva varcato quella soglia fu proprio in occasione della dipartita della vecchia prozia. “Stava distesa coi lunghi capelli sciolti ed una lunga veste dai colori caldi addosso, adagiata su quella coperta azzurra come il cielo.” Ricordava perfettamente tutti i dettagli del triste giorno. Ed una lacrima le rigò il volto.
James aveva ascoltato ogni cosa con attenzione. “E’ vero… Coincide alla perfezione…”
“Cosa?” La ragazza si voltò, osservandolo con intensità.
“La donna ….Jhea voglio dire, presentava quasi le stesse caratteristiche! Riflettete un attimo: capelli sciolti e particolarmente lunghi, un abito dai colori caldi…. E se quella è la coperta su cui era adagiato il corpo …. Insomma, ha il colore del cielo! Capite che tutto fila alla perfezione?”
“E’ vero…. Che sia lei?”
I loro occhi diventarono calamite: non riuscivano a staccarsi come se qualcosa di terribilmente irresistibile li attirasse gli uni verso gli altri. James le appariva sempre più meraviglioso, iniziava ad essere felice di poter contare su di lui e involontariamente le sue labbra si piegarono in un compiacente sorriso.
“Siete…. Siete davvero in gamba.” Per la prima volta gli aveva rivolto parole di apprezzamento.
Lui si morse il labbro, iniziava a sentire un fortissimo desiderio di baciarla. I loro occhi erano sempre persi gli uni negli altri e quando con le dita le sfiorò la guancia, lei restò immobile chiudendo per un paio di secondi gli occhi come a voler gustare fino in fondo il meraviglioso calore provocato da quel contatto. Si fece coraggio, trasportato dalla magia di quei momenti in cui il mondo attorno a loro sembrava scomparso, avvicinò le labbra a quelle della ragazza che pareva non chiedere altro, ma quando solo un paio di millimetri li separava, un fulmine si abbatté su una quercia del parco della villa, facendoli sobbalzare e distruggendo la magia nata fra di loro. Istintivamente Rose si portò le mani sulla testa e si lanciò fra le braccia di James che, dal canto suo, l’accolse molto volentieri. Fuori riprese a piovere abbondantemente, i lampi e i tuoni si susseguivano senza sosta. La ragazza tremava impercettibilmente ed il giovane non trovò di meglio di stringerla forte a sé nel tentativo di tranquillizzarla. E mentre all’esterno si scatenava il temporale, all’interno della villa accadde ciò che a Rose era stato preannunciato la sera precedente.
Una lieve nebbia si materializzò presso il letto su cui era spirata la vecchia proprietaria, James fece cenno alla ragazza perché anche lei fosse testimone di quanto stava accadendo e che lo stava lasciando senza parole. Senza porre fine al contatto fra di loro, si voltò tremando e vide materializzarsi uno spirito che riconobbe come la prozia Jacqueline. Era esattamente come l’aveva descritta prima, vestita ed acconciata come quando giaceva senza vita sulla coperta color del cielo.
“Rose carissima…” Le stava parlando sotto lo sguardo esterrefatto del giovane.
“Sono felice che tu abbia risposto alla nostra chiamata, sappi che da ora in poi inizierà il tuo percorso: Ruhna deve riprendere a vivere.”
Non capiva un bel niente di quello che aveva udito e cercava negli occhi di James una risposta che lui non era in grado di darle.
“Hai paura di me, nipote mia?”
Lo spirito si alzò dal letto. “Eppure non ne hai avuta questa notte quando mi hai vista col mio nuovo aspetto….” Detto questo, allargò le braccia: sotto lo sguardo stupito dei due ragazzi al suo posto comparve la donna bellissima, ovvero la misteriosa ed affascinante Jhea. I due ragazzi restarono a bocca aperta, totalmente paralizzati dall’aver appreso che quella creatura fantastica altri non era che la vecchia zia defunta.
Se non l’avessero visto coi loro occhi, avrebbero stentato a crederci.
Rose tremava sempre più forte attimo dopo attimo, James temeva che fosse sul punto di perdere i sensi e la prima cosa che gli venne in mente fu di portarla via da quella stanza, lo riteneva estremamente più sicuro per l’incolumità della ragazza. Ma come mosse i primi passi verso la porta, Jhea corrucciò lo sguardo e contemporaneamente Rose si irrigidì, si staccò dalle braccia del giovane e con lo sguardo assente si portò al centro della stanza, a pochi metri dalla donna.
“Non puoi fuggire dal destino, Ruhna ti chiama e tu devi risponderle.” Poi si rivolse a James. “Non osare mai più tentare di portarla via. Ora esci da questa stanza. Va’! La tua umana imperfezione ti rende indegno!” Stese la mano e in un attimo lui si ritrovò a terra nel corridoio con la porta chiusa in faccia. Faticò non poco nel rimettersi in piedi, le gambe lo sorreggevano con difficoltà per quanto appena scoperto. La cosa lo aveva totalmente sconvolto, rimase alcuni secondi con la bocca spalancata e gli occhi fissi sull’ingresso della camera, mentre il respiro tentava di regolarizzarsi.
Poi un brivido percorse la sua schiena: Rose era là dentro da sola e completamente indifesa fra le “grinfie” di Jhea….sua zia…. Insomma, di quell’essere ancora non ben definito!  C’era affetto fra le due donne prima del trapasso dell’anziana e dunque era altamente probabile che non avrebbe corso rischi, tuttavia non era affatto tranquillo e si catapultò sulla porta tentando di aprirla. Quella maledetta maniglia non ne voleva sapere, prese a pugni quel legno che lo separava da Rose, urlava il suo nome con tutto il fiato che aveva in corpo nel disperato quanto inutile tentativo di raggiungerla e portarla via da quel luogo. Il tempo scorreva, da quella stanza non si sentiva alcun rumore, sembrava deserta ma James sapeva benissimo che non era così, sapeva che  Rose si trovava là dentro e quel silenzio iniziò a farlo piombare nella disperazione: Jhea poteva averla rapita e condotta nella sua dimensione sconosciuta? Aveva una gran paura di averla persa e questo senso di impotenza lo stava divorando: era lì con le mani legate, bloccato da una maledetta porta che non voleva aprirsi e che gli negava la possibilità di correre in aiuto di quella ragazza che da alcuni giorni occupava gran parte dei suoi pensieri. Non poteva immaginare di continuare a vivere senza la possibilità di specchiarsi di nuovo nei suoi occhi come era accaduto poco prima, voleva vedere almeno un’altra volta le sue guance tingersi di rosa se gli rivolgeva qualche parola di ammirazione, desiderava udire ancora il suono della sua voce anche solo per scagliargli contro qualcuna delle sue battute più o meno garbate.
Non poteva finire così, non lo avrebbe permesso. Restava solo un’ultima cosa da fare: prendere coraggio e sfondare quella maledetta porta. Non si curò minimamente del dolore avvertito alla spalla quando impattò contro il duro legno che non diede il minimo segno di cedimento. Provò di nuovo con l’unico risultato di un dolore crescente nel corpo e nell’anima. Stava per crollare dalla disperazione, sentiva gli occhi gonfi di lacrime e una forte fitta al cuore.
Poi come se nulla fosse stato, la porta si aprì.
Vide Rose uscire perfettamente incolume, con il volto disteso e neanche un capello fuori posto. James si alzò in piedi ingoiando le lacrime che stavano per rigargli il viso. “Grazie al cielo state bene…. Ho seriamente temuto per la vostra vita….”
Quella lo fissò negli occhi con una luce strana che gettò un velo di inquietudine sul ragazzo. “La vostra presenza ha rovinato tutto.” Sibilò.
“Co-come dite?”
“Avete contaminato tutto: eravamo in due mentre loro mi volevano sola.”
“Non capisco…. Rose vi prego, spiegatevi meglio.”
“Cosa volete che ci sia da spiegare? Eravamo in due e il due significa separazione: io sono una di loro, io sono Ruhna e voi non avete il diritto di separarmi da colui verso il quale devo muovermi.”
James restò interdetto: lei era Ruhna?! E chi diavolo era questa Ruhna?! Un’entità si era forse impossessata della sua adorata Rose?
Provò a sfiorarle una mano, lei la ritrasse con disgusto e si incamminò giù per le scale ed uscì incurante della pioggia battente.
 
 



 
Ciao a tutti e buon venerdì!
Ben ritrovati a voi vecchi lettori e benvenuti ai nuovi.
Allora… C’è stato un improvviso avvicinamento fra Rose e James e se non fosse stato per quel fulmine forse ci scappava pure il bacio. Pensate che sia stata una semplice coincidenza? Ovvio che non è così, perché loro non vedono di buon occhio il buon mr.Bradley. Perché? Chi avrà la pazienza di continuare a seguirmi, lo scoprirà. E a proposito di scoperte ora sappiamo chi è veramente Jhea…. Sorpresi?
 
Grazie a chiunque voglia lasciare un commento!
A venerdì prossimo!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ritorno alla villa ***


 
 
Image and video hosting by TinyPic

 
Una settimana era trascorsa da quella prima incursione nella villa. Albert si era completamente ripreso dalla brutta infreddatura ed era ben deciso a riprendere le ricerche sulla misteriosa eredità che la zia Jacqueline aveva lasciato alla nipote. Aveva fatto visita alla tomba della sua parente prima di raggiungere la città di Londra e passare dalla libreria di James per dare un’occhiata alle ultime novità editoriali nonché informarsi sugli sviluppi della loro indagine, dato che non aveva avuto notizie né dal giovane né da Rose.
Varcò l’ingresso del locale che non era particolarmente affollato ed individuò il ragazzo in un angolo, seduto su uno sgabello intento a consultare alcuni libri. Non aveva neanche alzato la testa per vedere chi fosse entrato com’era solito fare, sembrava assente, con la mente apparentemente altrove e lo sguardo spento. Poco più in là suo padre stava servendo alcuni clienti, mentre un paio di signore di mezza età curiosavano fra gli scaffali in cerca di romanzi d’amore.
Gli si avvicinò, vide che il volume su cui era concentrato riguardava la numerologia e non ebbe bisogno di tanta immaginazione per capire il motivo che teneva incollata la sua attenzione su quelle pagine.
“Buongiorno James.”
“Sì, buongiorno….” Alzò finalmente la testa. “Oh, Albert siete voi. Non vi avevo visto entrare.”
“Me ne sono accorto.”
“Come state?”
“Non mi posso lamentare.” Fece una breve pausa. “Voi piuttosto? Avete un’aria strana.”
“Già.” I suoi pensieri in un lampo tornarono indietro di sette giorni, ripercorrendo  attimo dopo attimo tutti gli istanti vissuti con Rose, dal loro inaspettato quanto stupendo avvicinamento alla sconcertante scoperta della reale identità di Jhea. “Sono preoccupato per vostra nipote.” Il suo sguardo si perse nel vuoto. “Avete avuto modo di vederla negli ultimi giorni?”
“No, purtroppo mio fratello è fuori per lavoro e la mia adorabile cognata non mostra particolare simpatia nei miei confronti e dunque ho dovuto evitare di presentarmi presso di loro. Cos’è successo?”
“Venite, seguitemi nel retrobottega, ciò che sto per dirvi deve restare segreto.”
L’uomo si fece preoccupato e i passi necessari a raggiungere il locale indicato da James gli parevano interminabili. Chiuse la porta in modo che nessuno potesse udire la loro conversazione. Poi Bradley si voltò.
“Là, in quella casa c’è davvero qualcosa di anomalo e inspiegabile.” Due attimi di silenzio. “Abbiamo visto il fantasma di vostra zia.”
“Cosa?!”
“Mentre eravamo fra quelle mura qualcosa o qualcuno ha parlato a Rose forse telepaticamente dato che io non ho udito nulla, suggerendole di cercare nella camera da letto dove la vostra parente si è spenta. E’ lì che abbiamo visto quello spirito. E non è tutto: la donna misteriosa di nome Jhea è lei!”
L’uomo era rimasto esterrefatto, incredulo e perplesso. “No, un momento…. Spiegatevi meglio per favore… Chi è lei?”
“Quello spirito, quello di vostra zia intendo, ha subìto… come posso esprimermi… una metamorfosi, ecco, ed è apparsa Jhea.”
Albert si mise seduto cercando di metabolizzare la scoperta sorprendente. “Perbacco! Non avrei mai immaginato una cosa del genere!” Restò in silenzio tentando di riflettere.
La cosa aveva segnato nel profondo anche il ragazzo perché, nonostante avesse divorato libri su libri riguardanti il mistero, mai prima di allora si era trovato faccia a faccia con una tale situazione. Aveva navigato solo con la fantasia e l’immaginazione, ora stava vivendo  quelle avventure come il protagonista di una storia fantastica intrecciatasi chissà come con la realtà.
“E l’altro? ….Come si chiama.. Himmel! Chi è?” Albert ruppe il silenzio dopo quasi un minuto.
“Non si è presentato, non so cosa dirvi su di lui.”
“Potrebbe essere un trapassato?”
“Già, potrebbe, ad ogni modo ciò che mi preoccupa di più riguarda Rose.” Ebbe di nuovo gli occhi dell’uomo puntati addosso. “Lei era spaventata e voleva che la portassi via, ma quella l’ha ipnotizzata e costretta a restare al suo cospetto.”
“E voi non avete mosso un dito?!”
“L’avrei fatto se una forza invisibile non mi avesse sbattuto fuori. Mi sono quasi fratturato la spalla nel tentativo di sfondare quella porta…” Aveva la voce carica di risentimento. “Quando lei è uscita me ne ha dette di tutti colori. Era furiosa.”
“Beh, non è una novità.”
“Lo so ma… questa volta non era come i nostri soliti battibecchi: diceva di chiamarsi Ruhna e mi ha accusato di volerla separare da loro in quanto l’ho voluta accompagnare. Eravamo in due e il due significa appunto separazione, sto consultando questo antico testo nella speranza di trovare qualche illuminazione, ma ho la mente talmente in subbuglio che non ci sto capendo nulla.”
L’uomo restò in silenzio, riflettendo su quanto appena appreso e tentando di mettere in ordine le novità e dare loro un filo logico.
“Ho il forte sospetto che quella Ruhna sia un’entità impossessatasi di lei, altrimenti come spieghereste il fatto secondo cui lei sostiene di essere una di loro? Non so chi o cosa possa essere, ma l’ha fatta diventare una persona arida e priva di sentimenti, sembrava che in me vedesse un demone…” La sua voce si fece più sottile. “E pensare che pochi minuti prima mi ero illuso di scorgere uno sguardo diverso nei suoi occhi, l’avevo stretta fra le braccia e per poco….”
Si accorse che Albert lo stava fissando con meraviglia rendendosi conto del luccichio spuntato nelle sue pupille. “No! Non è come pensate!”
Ridacchiò. “Ragazzo mio, sono scapolo ma questo non significa che non riconosca l’amore.”
“Vi sbagliate… Sono solo troppo coinvolto nella faccenda, tutto qui.” Fece qualche passo recuperando il libro che stava consultando e avviandosi verso il negozio.
“James.” Attese di avere di nuovo la sua attenzione. “Sarebbe per me un’enorme soddisfazione vedervi a fianco di mia nipote per tutta la vita.”
Restò meravigliato e quel piccolo sorriso comparso sulle sue labbra fu la prima microscopica ammissione di quel sentimento che stava bussando alla posta del suo cuore.
 
“James, puoi raggiungermi? Ci sono tre persone che chiedono di te!” La voce autoritaria del padre lo fece tornare coi piedi per terra quasi completamente.
Quasi perché come un’illuminazione divina il numero delle persone che chiedevano di lui balenò nella sua mente. “Ma certo! Come ho fatto a non capirlo prima?!” Si voltò verso Albert prima di raggiungere il padre. “Il tre è il numero perfetto! E visto che quelli sembrano basarsi quasi esclusivamente sul loro significato esoterico dobbiamo tornare lì in tre così da rispondere per le rime.”
“Cosa? Non ho capito un accidente!”
“Come il due separa, così il tre unisce.” Strizzò l’occhio. “Fidatevi di me. Interpretando correttamente tali cifre risolveremo ogni cosa.”
Scomparve dalla sua vista dopo l’ennesimo richiamo del padre, lasciando Albert in sospeso: l’unica cosa che aveva ben compreso consisteva nel fatto che per l’ennesima volta la mente brillante del suo giovane amico aveva avuto la giusta intuizione.
 
Trascorsero i giorni e l’autunno iniziava a farsi sentire, celando nella nebbia le campagne che si susseguivano attorno alla città di Londra. Ogni qual volta i raggi del sole riuscivano ad avere la meglio ecco che i caldi colori delle foglie degli alberi apparivano in tutto il loro fascino intriso di malinconia, poiché stava a significare il loro lento declino.
Nessuno aveva più messo piede nella villa della defunta Jacqueline in quanto Rose non si era fatta viva da quel giorno in cui sosteneva di chiamarsi Ruhna. Albert era venuto a sapere che la nipote era stata costretta a letto dalla febbre quasi sicuramente causatale da tutta la pioggia che l’aveva bagnata quel giorno in cui si era recata presso il misterioso palazzo in compagnia di James.
 
 
L’elegante figura di Rose schermò la debole luce solare che entrava nel laboratorio dello zio che accolse la nipote con il solito sorriso.
“E’ un vero piacere vederti di nuovo in forma, cara.”
Rispose piegando le labbra in modo squisitamente cordiale. “Trovo in ottimo stato anche voi.”
“Devo confessarti che questa volta mi hai fatto davvero preoccupare.”
“Suvvia zio, un po’ di febbre non può mica essermi letale!”
“Non mi riferisco alla febbre.” La fissò in silenzio. “James mi ha detto tutto.”
La ragazza restò in silenzio, il suo pensiero volò indietro a quei minuti, forse ore, a cui si riferiva Albert.
“Cosa ti ha fatto quell’entità?”
“Io… non lo so.” Mormorò abbassando lo sguardo. Ricordava perfettamente tutte le sensazione provate quando James la stringeva a sé, ma dalla comparsa di Jhea era buio totale.
“Sai che quella donna è in realtà la zia Jacqueline?”
Annuì. “C’è anche un’altra cosa di cui non vi ho ancora detto e riguarda un terzo essere di cui non conosco il nome. Non è Himmel, ma qualcuno che è legato alla mia persona… E’ una strana sensazione che non so spiegarvi, però è così, credetemi.”
“Certo. Comunque devi fare attenzione e devi promettermi di non tornare mai più da sola alla villa, intesi?"
“Ve lo giuro.” Poi spostò l’attenzione sull’ammasso di lamiere che spuntava da un vecchio telo poco distante. “E quello cos’è?”
“L’automobile che mi sono costruito.” Scoprì la sua invenzione, ne era compiaciuto tanto quanto la ragazza era dubbiosa. “Funziona benino, devo solo ricontrollare alcune cose ma se vuoi te la faccio provare.”
Temeva di offenderlo rifiutando la proposta ma allo stesso tempo quel coso non le pareva troppo affidabile.
Lui invece era entusiasta mentre si accomodava al posto di guida. “Coraggio Rose, sali a bordo!”
“Beh, veramente io ero passata a chiedervi se potevate accompagnarvi alla villa ma se volete collaudare questa vostra invenzione, rimandiamo….” Sperava di dispensarsi dal provare quel marchingegno.
“Niente affatto! Andiamo a recuperare James e raggiungiamo la villa con l’automobile.”
“Non ce n’è bisogno, sono già qui.” Mr Bradley comparve all’improvviso nel vialetto del giardino proprio mentre Albert stava iniziando a mettere in moto la sua avveniristica invenzione.
Il suo arrivo fu quanto mai provvidenziale per la ragazza, sperava che la aiutasse nel convincere lo zio ad andare a piedi; l’automobile diede segni di vita, il motore pareva funzionare e tutte le lamiere che la componevano presero a vibrare vistosamente sotto l’entusiasmo del costruttore.
“Coraggio ragazzi, salite!”
Rose e James si guardarono in faccia, forse per la prima volta erano d’accordo: volevano declinare l’invito perché temevano che qualcosa non funzionasse a dovere e che corressero il rischio di fare una brutta fine. Per loro fortuna, pochi attimi prima che il ragazzo prendesse la parola, dal vano che custodiva il motore si staccarono un paio di bulloni e in un secondo uscì una nuvola nera e puzzolente che si alzò verso il cielo mentre l’automobile cessò di dare segni di vita.
“Bene.” Sentenziò James. “Direi che potremmo incamminarci a piedi.” C’era una buona dose di sollievo nelle sue parole.
“Umpf… E va bene.” Borbottò Albert visibilmente deluso. “ Tanto prima o poi la faccio ripartire.”
“Già, ma per il momento ce la siamo scampata bella…” Mormorò Rose strappando un sorriso al giovane.
Poco dopo tutti e tre si trovavano di fronte all’imponente cancello dell’abitazione di miss McEvans. Un brivido percorse la schiena della ragazza, sapeva di dover tornare in quel luogo, era consapevole di dover incontrare di nuovo Jhea di cui ora conosceva la vera identità, forse doveva vedere pure Himmel, di lui ignorava ancora ogni cosa. E poi c’era l’altro bellissimo misterioso: di lui non conosceva niente, ma era l’unico di loro la cui apparizione non le aveva provocato alcun malore.
“Stai bene, mia cara?”
“Sì zio, non preoccupatevi.”
Mentì spudoratamente. Quello che aveva vissuto poco più di una settimana prima le aveva fatto perdere parecchie ore di sonno: quando Jhea l’aveva costretta a restare presso il suo cospetto allontanando in modo violento il suo accompagnatore, era sempre cosciente e comprendeva perfettamente che una forza strana si stava impossessando di lei.
James la fissava, non riusciva a cancellare dalla sua mente quanto era accaduto in occasione della visita precedente: l’aveva stretta fra le braccia e per poco non era riuscito a rubarle un bacio prima che accadesse l’impensabile. “Bene, se siete pronti, entriamo.”
“Cosa vi fa pensare che questa volta andrà tutto bene?”
“Il semplice fatto che siamo in tre.” Rispose il giovane chiudendo il cancello dopo che tutti lo ebbero oltrepassato. “Ricordate quello che mi avete detto? Eravamo in due e ciò comporta separazione. Sostenevate di chiamarvi Ruhna e mi avete accusato di volevi dividere da colui verso il quale vi dovete muovere.”
Rose restò quasi turbata dal racconto: davvero aveva pronunciato quelle cose?
Non ricordava niente, forse le aveva pronunciate quando non era più padrona del suo corpo? L’unica cosa logica che poteva trovare conferma era la possibilità che colui verso il quale doveva muoversi era il bel misterioso.
“Nel significato dei numeri il tre è sinonimo di perfezione.” Proseguì James. “Alla luce di quanto abbiamo appreso fin ora, loro si basano esclusivamente sull’interpretazione di essi, rifiutano categoricamente l’imperfezione e tutto ciò che in qualche modo la riguarda.”
“E dunque?”
“Il tre è numero perfetto e in quanto tale non possono rifiutarci. Inoltre possiede una grande forza energetica grazie alla quale dovremmo riuscire ad andare oltre il velo del mistero che abbiamo davanti.”
Salirono le scale nonostante i battiti cardiaci fossero piuttosto accelerati dal timore di quello che poteva accadere da un momento all’altro. Giunsero di fronte alla camera da letto in cui il decimo giorno del settimo mese si era spenta l’ultracentenaria Jacqueline McEvans, Rose prese fiato e coraggio ed afferrò la maniglia. Non appena entrarono nella stanza non notarono niente di anomalo: tutto era rimasto immutato. Passarono in rassegna ogni dettaglio restando sempre sul chi va là fino a che Albert non posò gli occhi sul cofanetto di lapislazzuli azzurri che troneggiava in mezzo al comò. Ricordava benissimo che la zia ne era gelosissima e che si occupava personalmente della sua pulizia perché restasse lontano da mani sgradite. Oltre tutto era chiuso ermeticamente e nessuno pareva possedere la minuscola chiave che poteva entrare nell’altrettanto minuscola serratura presente nella parte frontale del cofanetto.
Nessuno eccetto Rose.
La ragazza aprì il coperchio sull’impugnatura della chiave estraendo quella piccolissima, si avvicinò all’oggetto dalle suggestive tonalità celesti e con il cuore in gola infilò la chiave nella serratura che, con un piccolo giro scattò ed il coperchio si sollevò di un paio di millimetri.
 


 
 
Ciao a tutti i vecchi e nuovi lettori!
Permettetemi di ringraziare di cuore voi che con le vostre recensioni e l’affetto dimostrato mi avete letteralmente fatto toccare il cielo con un dito. <3<3<3
 
Questo capitolo è in parte leggero perché stiamo entrando in una fase piuttosto delicata della vicenda: adesso sappiamo chi si nasconde dietro Jhea, cosa che ha colto di sorpresa più di un lettore. Ora resta da vedere come ciò sia possibile e cosa ha a che fare con Rose tutto questo.
 
Spero vivamente di riuscire a mantenere la promessa di aggiornare ogni venerdì, sono rimasta un po’ indietro ma sono fiduciosa di recuperare.
Voi intanto recensite!
Grazie a tutti e buon week end!
 
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La via per Neo Phaerd ***


 
Image and video hosting by TinyPic

I tre si guardarono in faccia senza proferire parola, c’era tensione nell’aria perché forse un primo passo verso la soluzione parziale del mistero stava per essere compiuto.
Rose sollevò con titubanza il coperchio, sentiva le presenze dei suoi accompagnatori alle sue spalle ma era lei che doveva compiere quei gesti, una sensazione del tutto particolare glielo suggeriva.
All’interno del cofanetto trovò un oggetto azzurro dalla vaga forma di una chiave, solo che al posto delle consuete dentellature, c’era una spirale piatta. Somigliava tantissimo agli strumenti usati dai fabbri per marchiare a fuoco, l’unica differenza consisteva nelle ridotte dimensioni dell’oggetto stesso. Ebbe l’impressione che quella forma dovesse essere poggiata in un punto ben preciso della villa, forse della stanza in cui si trovavano, e che permettesse loro di accedere ad un qualcosa di oscuro ed arcano da tenere nascosto. Accanto a quella sorta di chiave c’era un foglio arrotolato e tenuto chiuso da un filo azzurro elegantemente annodato. Con le mani tremanti Rose decise di prenderlo ed aprirlo, lo srotolò e vide riprodotta su quel pezzo di carta la camera della prozia: riconosceva perfettamente il luogo in cui erano situati il letto, il comò, l’armadio, le due poltrone, la stufa in ceramica e le finestre. In mezzo a due di esse, stando alla mappa, c’era un passaggio, forse di sicurezza, che però non figurava nella stanza. Si guardarono attorno tentando di dare una logica spiegazione, ammesso che fosse possibile visto ciò che stava accadendo. Quasi senza rendersene conto Rose prese in mano la chiave che era rimasta nel cofanetto: non appena la sfiorò, questa emise una luce azzurrognola che si riprodusse istantaneamente di fronte al punto esatto della parete in cui doveva trovarsi la porta indicata sulla cartina.
Davanti ai loro occhi pieni di stupore quella luminescenza andò a formare un cancello di ferro alto apparentemente poco meno di due metri, con decorazioni del tutto simili a quelle presenti nella famosa busta dell’eredità. E non era certo finita lì: dietro al cancello si materializzò l’esatta riproduzione ingigantita della lapide funeraria con le scritte in caratteri sconosciuti, uguale a quella che si trovava nella busta lasciata in eredità a Rose.
Come atto finale il cancello si aprì da solo, poi tutto si calmò.
 
 
 
I tre spettatori erano rimasti a bocca aperta, tanta fu la meraviglia mista a timore che li aveva invasi nell’assistere a quel fenomeno impensabile e totalmente spiazzante. Ciò che si presentava davanti ai loro occhi somigliava in maniera impressionante al cancello di ingresso di un camposanto.
“Questa è l’esatta riproduzione della tomba….” Osservò Albert non appena fu nuovamente lucido dopo una paio di muniti al colmo dello stupore.  
La ragazza indietreggiò inorridita, il solo pensieri che sua zia tenesse in camera  la sua lapide funeraria le fece venire il voltastomaco.
“Da dove diavolo salta fuori?” Mormorò James. Se avesse letto in qualche libro ciò che aveva vissuto in prima persona, avrebbe sicuramente ritenuto l’autore un grande genio della fantasia.
Nessuno sembrava poter dare una risposta, poi un’illuminazione attraversò la mente di Albert. “Se la zia teneva in camera questa cosa, mi viene da pensare che fosse a conoscenza del giorno in cui se  ne sarebbe andata.”
I due ragazzi volsero lo sguardo visibilmente sorpreso e disgustato verso l’uomo che proseguì illustrando la sua teoria. “Converrete con me che, se qua sta scritta la data del suo trapasso seppur con quell’alfabeto, lei sapeva. “
“E’ vero…” Ammise James. “Ne abbiamo visto una riproduzione fra le carte dell’eredità. Lei sapeva… sapeva la data della sua morte!”
“Mio Dio….” La ragazza non sapeva se mettersi a piangere.
“Pensate che gliel’abbiano comunicata loro?”
“Tutto è possibile a questo punto.”
Rose era turbata: il solo pensiero che la prozia sapesse quando sarebbe morta l’aveva colpita nel profondo e il fatto che la sua misteriosa eredità potesse riguardare l’argomento “dipartita” le stava causando un crescente mal di stomaco.
James riportò gli occhi su quella lastra di marmo dai caratteri inconsueti. “Riflettendoci su, mi è venuta in mente una cosa: questo alfabeto che loro usano è molto simile alle rune celtiche. Le ho viste qualche giorno fa in un antico libro che stavo consultando.”
“E Ruhna è il nome che sostenevi ti appartenesse dopo il colloquio con Jhea.” Osservò Albert. “L’assonanza dei due termini è impressionante.”
“Credete che in me ci sia qualcosa che mi colleghi a tutto questo?” Tremava al solo pensiero di una risposta affermativa.
“Temo di sì." Sentenziò James. “Dobbiamo fare grandissima attenzione, ogni nostra mossa deve seguire la logica del significato dei numeri e la corretta interpretazione di essi.”
Rose restò in silenzio riflettendo, in mano stringeva forte la chiave (o quello che poteva essere) e sentiva un fortissimo flusso di energia scorrerle dentro. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e controllare ogni possibile fenomeno, non voleva far preoccupare i suoi accompagnatori.
James invece eliminò la distanza che lo divideva dalla lapide, desiderava studiarne i particolari ed osservarne ogni minimo dettaglio. Si accorse ben presto che esisteva una scanalatura nel punto esatto in cui l’uno e il sette si intersecavano e troneggiava la spirale corrispondente allo zero. Non era particolarmente grande e la forma pareva coincidere perfettamente con l’oggetto tenuto in mano da Rose.
“Forse ho trovato qualcosa di interessante.” Albert si avvicinò, non la ragazza invece perché quella lastra funeraria le metteva ansia. “Guardate qua” disse indicando la spirale “Sono quasi certo che inserendo in questo punto la chiave possa aprirsi qualcosa, forse un passaggio segreto.”
Rose osservò la lapide e di seguito ciò che stringeva in mano. “Scusate, io… io non posso farlo…” Le faceva troppa impressione, tremava come una foglia e porse l’oggetto ai due uomini.
Con un sospiro rassegnato, James lo prese e lo lasciò cadere repentinamente a terra. “Ahia!” Scuoteva forte la mano. “Scotta tantissimo! Ma come diavolo avete fatto a non ustionarvi le dita?!”
“Che cosa dite?” Rose era meravigliata. “Non scotta affatto, credete forse che io finga?”
Incuriosito, anche Albert provò a sfiorarlo. “E’ gelato! E’….un pezzo di ghiaccio!”
Lo stupore comparve sui volti degli altri due: com’era possibile una tale discrepanza? Toccarono di nuovo tutti e tre quella strana chiave, ma le sensazioni percepite non cambiarono: James sentiva caldo, Albert freddo e l’unica che pareva poterla tenere tranquillamente in mano era Rose.
“Alla luce di tutto questo la spiegazione è una sola: sei tu, cara nipote mia, che devi provare ad aprire il possibile passaggio segreto.”
“Cioè io mi devo avvicinare a questa specie di tomba?!” Era disgustata dal solo pensiero di dover sfiorare quel lugubre marmo anche solo con un dito. Guardò in faccia i due uomini, le scocciava ammettere che le loro parole avevano una logica perfetta. Provò a fare un passo verso la lapide ed un fortissimo nodo le legò la bocca dello stomaco. “Io…. Io… non posso farcela…”
“Sì invece.” James poggiò la mano sulla sua spalla tentando di infonderle coraggio. Rose si voltò a guardarlo, nei suoi occhi vedeva tutto quello che una donna potesse mai sognare. Ma come a voler guastare quell’attimo nella testa della ragazza proruppe una voce maschile suadente e sensuale che la invitava a fare quel passo.
“Eccolo di nuovo che mi chiama.” Le uscì un debole filo di voce appena percepibile mentre le sue pupille si dilatarono quel tanto che bastò a James per capire che Ruhna si stava facendo viva in lei. Senza battere ciglio Rose poggiò la chiave nel punto esatto, il contatto perfetto fra le due forme generò una debole luminescenza che in una manciata di secondi si distribuì lungo tutto il contorno della lapide. La ragazza, che mostrava una sicurezza tutta nuova ed una padronanza della situazione, indietreggiò di tre passi invitando i due uomini a fare altrettanto. Aprì le braccia girando i palmi delle mani verso l’alto.
Maphra ah ffrod ar Neo Phaerd.”
“Ecco, lo sapevo!” Sbottò James. “E’ accaduto di nuovo!”
“Fermatevi, potrebbe essere pericoloso!” Albert lo afferrò per un braccio mentre stava per muoversi e tentare di fermare la ragazza.
“Non siete preoccupato per quello che potrebbe accadere?!”
“Certo che lo sono! Proprio per questo non dobbiamo farci cogliere dal panico, dobbiamo tentare di restare lucidi per intervenire in caso di pericolo.”
 “Maphra ah ffrod ar Neo Phaerd. Si apra la via per Neo Phaerd.”
Non appena Rose ebbe pronunciato quelle parole, la luce attorno alla lapide si fece più intensa, diffondendosi su tutta la superficie marmorea. I due uomini distolsero lo sguardo per non restare accecati dal bagliore, non lo fece la ragazza che pareva in grado di gestire perfettamente ogni cosa.
Poi, nel giro di una manciata di secondi, tutto tornò come prima. Albert e James si voltarono e sui loro volti comparve contemporaneamente meraviglia: al posto della lapide si era aperto un passaggio che conduceva verso una lunga scalinata che saliva verso un qualcosa di impensabile per la mente umana.
Era un luogo indefinibile, poteva lontanamente somigliare a certi mondi alieni descritti nei romanzi di fantascienza tanto in voga. Ogni angolo brillava di luce azzurra in ogni sua sfumatura e tonalità, le balaustre che facevano da cornice alla scalinata erano decorate con linee morbide e sinuose, all’esterno di esse c’erano delle cascate d’acqua, tre per l’esattezza, che parevano originarsi da rocce sospese in aria. Ad intervalli regolari vi erano dei bracieri in cui ardeva un fuoco azzurro che aveva lo scopo di illuminare il cammino verso la meta a loro ancora sconosciuta. In lontananza scorgevano un qualcosa simile ad un giardino seguito da un ponte che sembrava non avere fine, presso l’orizzonte poi si stagliava una formazione rocciosa dalle forme perfette ed armoniose. Tutto insomma sembrava far parte di un dipinto il cui autore aveva seguito con una scrupolosità maniacale tutti i canoni della perfezione.
Rose aveva ripreso il controllo di sé, aveva indietreggiato fino a che non fu in grado di stringere entrambe le mani in quelle dei suoi accompagnatori. Anch’essi erano letteralmente impietriti e l’unica cosa che pareva infondere coraggio reciproco era appunto quel piccolo contatto.
 
“Ben arrivati presso l’ingresso di Neo Phaerd.”
Jhea apparve all’improvviso scendendo gli ultimi sette gradini della scalinata.
La ragazza tremava, aveva una gran paura che potesse ipnotizzarla o risvegliare l’entità chiamata Ruhna come l’altra volta.
“Stai pure tranquilla, mia adorata Rose, non accadrà niente di ciò che temi.”
Deglutì. “Voi… voi….come potete sapere che….”
Sorrise. “So tutto. Riesco a vedere nei tuoi pensieri e leggo le emozioni nel tuo cuore.”
Non rispose.
“Caro Albert, che tu sia il benvenuto.” Salutò l’uomo che stentava a credere ai suoi occhi. “Tu invece non mi piaci.” La voce tagliente che aveva pronunciato le parole rivolte a James turbarono il ragazzo. “Sai bene a cosa mi riferisco.”
Invece lui non comprendeva. L’unica cosa di cui era certo era la volontà ferrea di proteggere Rose a costo della sua stessa vita.
Poi rivolse di nuovo i suoi occhi verdi come l’erba appena spuntata sulla ragazza. “Avvicinati Rose, c’è una persona che devi incontrare.”
Ma lei non si mosse.
Si mosse invece Jhea e comparve finalmente Himmel, bello come un’apparizione, elegante, statuario, insomma perfetto sotto ogni aspetto.
Si presero per mano restando fianco a fianco, poi si allontanarono e fecero spazio ad un terzo essere che stava finendo di scendere gli ultimi gradini.
“Vieni Rose, vieni a salutare Heaven.”
Stupore negli occhi della ragazza.
“Vi siete già incontrati e so con certezza che muori dalla voglia di rivederlo. Sbaglio?”
Le labbra della giovane si piegarono in un timido sorriso quando la figura di questo fantomatico Heaven si fece più nitida e poté riconoscere il bellissimo ragazzo che aveva visto fuori dalla finestra in quella piovosa notte, quello stupendo essere che le aveva fatto battere il cuore all’impazzata come mai nessuno prima.
Si fermò a poca distanza da lei e si inchinò al suo cospetto provocandole all’istante un’incontrollabile tremarella alle gambe, farfalle impazzite in tutto il suo corpo e totale incapacità di ragionamento.
“Heaven…..” Sussurrò il suo nome, ora finalmente lo conosceva.
“Sì, mia stupenda.” Le rispose lui con una voce che avrebbe fatto sciogliere anche il ghiaccio più resistente.
 
Più indietro James stava assistendo alla scena con un’insolita rabbia che pian piano prendeva il posto dello stupore: i suoi sospetti purtroppo erano fondati, Rose doveva veramente incontrare qualcuno. E con quel qualcuno non poteva esserci competizione.
Albert osservava in silenzio, facendo la massima attenzione ad ogni particolare. Si sforzava di ripetere a se stesso che non c’era nulla da temere perché la zia Jacqueline era legata da un profondissimo affetto alla pronipote e non l’avrebbe mai trascinata in una situazione di pericolo nonostante adesso presentasse le sembianze di Jhea. Non riusciva a comprendere chi o cosa fosse: una fata? Una ninfa? Uno spirito?
E Himmel? Era pure lui un defunto oppure apparteneva ad un mondo parallelo e sconosciuto?
E l’altro essere?
Nonostante i mille interrogativi presenti nella sua mente, doveva sforzarsi di restare lucido e vigile poiché Rose era rapita da quel tipo etereo, mentre James pareva una bomba pronta per esplodere.
Solo lui poteva fare qualcosa in caso di emergenza.
 


 
Ciao!
Ed ovviamente i miei più sentiti ringraziamenti a tutti voi che leggete e soprattutto a voi che commentate.
 
Bene, qua molte cose finalmente si svelano: il bel tipo si chiama Heaven e proviene dalla dimensione di Neo Phaerd come Himmel e Jhea. Cos’è e dove si trovi lo scopriremo in seguito così come molte altre cose che per ora restano in sospeso (dite la verità, sono cattiva, vero?)
L’unica certezza è che qualcuno inizia a rosicare sul serio….
 
Vi do appuntamento a venerdì prossimo, voi intanto recensite!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ti proteggerò come un guerriero ***


 
Image and video hosting by TinyPic  
Giuro, sarò roccia contro il fuoco e il gelo,
veglio su di te, io sono il tuo guerriero.
 
Marco Mengoni
 
 
 
“Mia dolce Rose, sono felice di potermi specchiare finalmente nei tuoi bellissimi occhi.”
La morbida voce di Heaven aveva l’effetto di un uragano per la ragazza, era di una tale sensualità che era praticamente impossibile restare insensibili.
“Sono… sono felice anche io di rivederti…. E di conoscere il tuo nome.”
Mosse la mano verso di lui con il preciso intento di sfiorarlo per sincerarsi della sua concretezza, come a voler rivivere gli istanti del loro primo incontro senza la presenza del vetro a dividerli, le sarebbe bastato anche un leggerissimo tocco sul dorso della mano e restò leggermente sorpresa quando  le fece intendere il suo rifiuto categorico.
“Perdonami, perdonami ti prego. I tempi non sono ancora maturi.”
“Che significa?”
“Devi prima percorrere il cammino che ti porterà ad essere degna di me e del mondo di Neo Phaerd.”
“Non capisco… Spiegati meglio per favore.”
“Ruhna deve risvegliarsi completamente affinché noi due possiamo essere una cosa sola come Himmel e Jhea. Perché questo avvenga i tempi non sono ancora maturi.”
Rose non ci stava capendo un bel niente, l’unica cosa che sembrava chiara consisteva nel fatto che lui la considerasse indegna ed inferiore.
E la cosa non le andava proprio a genio.
“Ascoltami con attenzione Rose.” Jhea si avvicinò. “Il tuo cammino verso la perfezione inizia da adesso, sarò io in compagnia del mio amato Himmel a guidarti verso Heaven nel modo più consono. Non è niente di pericoloso né di doloroso, stai tranquilla, tu devi solo fidarti di me così come facevi quando stavo ancora nel mio corpo corruttibile.”
La ragazza continuava a non comprendere. “Chiedo scusa a tutti, non riesco ad arrivare ad una logica spiegazione di tutti i discorsi contorti che state facendo. Cosa volete da me? Perché avete scelto me? Chi sono io?!” Iniziava a spaventarsi sul serio.
“Mia adorata, non agitarti così.” Heaven riprese la parola. “Tu sei semplicemente una delle prescelte verso la perfezione del Cielo e della Terra, due dei Sacri Elementi che furono assegnati a Taivas ed Ylma, fonte ed origine di ogni cosa che vedi. Hai i numeri esatti per goderne.”
“Quali numeri?”
“Festeggiavi il giorno di nascita assieme a colei che ora si chiama Jhea, ricordi?”
“Sì, io e la prozia Jacqueline siamo nate il venticinque marzo.”
“Ebbene, se sommi le cifre del giorno, il due con il cinque, ottieni il sette che è la massima espressione dell’unione fra divino e umano. Se poi aggiungi il tre del terzo mese ecco che si materializza il dieci, formato dall’uno e dallo zero. Queste sono le nostre cifre essenziali, ciò che hai notato sull’iscrizione di addio all’umanità imperfetta della donna che ora è Jhea.” Fece una pausa notando l’espressione incredula nel volto della ragazza. “Il tuo uno sarò io, il Cielo, l’eterno, la perfezione e l’incorruttibilità. Tu porti il sette in te, porti il numero ponte fra la Terra e il Cielo e dovrai fare il giusto percorso perché l’imperfezione propria degli umani lasci il posto alla perfezione nostra e della nostra dimensione. A quel punto lo zero ci unirà in una cosa sola ed eterna perché è un numero che non ha inizio né fine, esattamente come un cerchio che non inizia e non finisce mai.”
Era vero: lei festeggiava il compleanno lo stesso giorno della prozia! Sentiva un’enorme insicurezza invaderle l’anima, era troppo confusa e spaventata da tutte quelle parole astratte e sospese a metà fra i numeri ed un qualcosa di poco concreto e tangibile.
“Basta così adesso, per questo primo incontro è più che sufficiente.” Himmel finalmente prese la parola. “La ragazza ha bisogno di tempo per metabolizzare e comprendere. Direi che possiamo rientrare a Neo Phaerd.”
Heaven si profuse in un inchino profondo, poi indietreggiando si avvicinò agli altri, così con un rapido gesto della mano espulse Rose, James ed Albert dall’ingresso del loro mondo. Come era comparsa dal nulla, la lapide svanì ed altrettanto fece il cancello. Restava solo la chiave che cadde a terra provocando un lieve rumore metallico.
 
Dopo alcuni attimi di smarrimento i tre realizzarono di trovarsi al centro della camera da letto della defunta Jacqueline. Rose abbassò lo sguardo fissando il punto nel quale la parete incontrava il pavimento, esattamente dove fino a qualche attimo prima c’era il passaggio verso il mondo di Neo Phaerd, quel mondo che la stava chiamando spaventandola allo stesso tempo. Aveva incontrato quel ragazzo bellissimo di cui ora conosceva il nome, quel ragazzo in grado di farle perdere la lucidità e la razionalità con un semplicissimo sorriso, che le faceva battere forte il cuore fino alla soglia dell’infarto, che possedeva una voce talmente calda e suadente da mandarle in tilt ogni cellula ed ogni neurone del suo corpo. Sembrava l’incarnazione perfetta dell’uomo dei suoi sogni e tutti questi pensieri destabilizzanti la facevano apparire totalmente assente agli occhi dei suoi accompagnatori. Fu lo zio a riportarla mentalmente in quel luogo con un semplice tocco sulla spalla, la ragazza percepì quel contatto e si voltò lentamente verso di lui: l’uomo notò che aveva il viso piuttosto pallido e dai suoi occhi trapelava una grande paura. James era rimasto immobile al suo fianco, se non fosse stato capace di controllarsi in maniera egregia l’avrebbe stretta forte fra le braccia portandola via da quella villa dove esisteva un passaggio che voleva allontanarla da lui. Doveva ammettere che quel tipo era pericolosamente affascinante, aveva compreso ben poco di tutti quei discorsi campati in aria ma aveva la fortissima sensazione, per non dire certezza, che volesse portarle via Rose. Forse non aveva speranza di competere con uno come lui, ma non avrebbe lasciato nulla di intentato e si sarebbe battuto con tutto se stesso per amore della ragazza.
Ormai non poteva più negare di aver perso la testa per lei.
 
“Vuoi che andiamo?” Albert ruppe il silenzio. “Raggiungiamo casa mia e metto su un buon the caldo?”
Rose annuì in silenzio, poi si voltò a guardare James che trovò con un’aria piuttosto pensierosa e preoccupata. In un certo senso si sentiva in colpa nei suoi confronti perché percepiva perfettamente il suo disagio e comprendeva di esserne la causa. Forse fu per tutto questo, forse fu il bisogno di un supporto sicuro o semplicemente il desiderio di averlo accanto, Rose poggiò la mano sull’avambraccio del ragazzo accarezzandolo delicatamente per poi intrecciare le dita con quelle di lui. Senza proferire parola i tre uscirono dalla villa chiudendo a chiave il portone come a voler lasciare sigillato lì dentro tutto quello che avevano visto.
 
 
 
La teiera fischiava sbuffando dal beccuccio, Albert la tolse dalla piastra incandescente della stufa e versò l’acqua bollente in tre tazze nelle quali poi mise i filtri che l’avrebbero trasformata in the.
James e Rose erano seduti in silenzio attorno al tavolo del soggiorno, osservavano i movimenti dell’uomo con grande attenzione, come se stessero scoprendo qualcosa di nuovo e sorprendente. Prese posto pure lui, iniziò a girare la calda bevanda con il cucchiaino continuando a fissare i due ragazzi muti ed immobili.
“Allora?”
Fissarono gli occhi in lui restando sempre in silenzio.
“Comprendo benissimo il vostro stato d’animo, anch’io ho le idee confuse e la testa piena di domande però se vogliamo tentare di capire qualcosa dovete uscire dal vostro mutismo, ragazzi.”
James bevve un sorso di the noncurante della temperatura ancora elevata della bevanda. “Dobbiamo tradurre quelle carte.” Sentenziò. “Ho tentato di ascoltare ciò che hanno detto e l’unica cosa che ho capito è una mole non indifferente di concetti legati ai numeri e ad un qualcosa connesso alla vita dopo la morte. Credo che decifrando quegli scritti potremmo avere qualche elemento in più per capire chi sono e soprattutto cosa vogliono.”
Albert scorse tensione e rabbia nelle parole proferite da James, il tono della sua voce era totalmente diverso dal solito, non c’era la minima traccia dell’irriverenza che spesso lo caratterizzava. Ad ogni modo pure lui era d’accordo, il susseguirsi degli eventi aveva causato un ritardo nel tentativo di decifrare quei documenti che adesso non poteva essere più procrastinato.
“Il lavoro sarà lungo e forse dovremmo impiegarci tutta la notte, credo sia meglio darsi da fare e alla svelta perché non ci colgano impreparati. Abbiamo fatto bene ad avvisare mio fratello che stasera ti saresti fermata qui, cara nipote.”
Detto questo le carte ereditate da Rose furono disposte sul tavolo, i tre presero i fogli riproducenti le lapidi. “Questo sarà il nostro dizionario, associando ad ognuno di questi simboli la lettera corrispondente del nostro alfabeto riusciremo a capire cosa c’è scritto.”
Ben presto quasi tutti i caratteri alfabetici furono identificati e riportati in perfetto ordine su un foglio. Rose aveva paura di leggere cose inquietanti, tuttavia era consapevole che solo conoscendone il contenuto, poteva in qualche modo difendersi. Prese il plico contenente i disegni, sfogliandolo riconobbe fra essi la raffigurazione della scalinata che aveva visto e da cui erano scesi Jhea, Himmel e Heaven.
“La via per Neo Phaerd….” Sussurrò la ragazza “Qua c’è la storia della loro dimensione.” Iniziò a scorrere con il dito su quei segni riuscendo piano piano a leggere quelle cose che parevano uscire da un racconto mitologico e fantastico allo stesso tempo. Scriveva su un blocco ciò che scopriva e che la faceva addentrare in un mondo al limite del credibile. Ad un tratto lasciò cadere la matita che stava usando, i suoi occhi fissarono il cielo attraverso la finestra, congiunse le mani e parlò:
“Vi fu un tempo in cui niente esisteva, solo Odmyr viveva nell’immensità del caos primordiale. L’onnipotente e magnanimo si rese conto della necessità di porre un ordine al mondo e generò i Quattro Grandi Guardiani ai quali assegnò la custodia dei Quattro Sacri Elementi: Taivas ebbe l’Aria ed il Cielo, Vesim l’Acqua ed il Mare, Lieka il Fuoco e la Luce, Ylma la Terra e gli Inferi. Ognuno di loro doveva adoperarsi perché il tanto desiderato ordine regnasse sovrano e per questo le forze della natura dovevano restare connesse fra di loro senza errori, seguendo alla perfezione la logica numerica insita in ogni cosa, dalla più grande alla più piccola. A seguito di tutto questo, Odmyr ordinò che Taivas e Lieka prendessero dimora ad un livello più elevato in quanto i loro Sacri Elementi possiedono il dono della purificazione e la loro Sielah risulta più leggera. Vesim e Ylma dovettero mischiare le loro Sielah con i livelli più bassi in quanto l’umanità imperfetta vive in simbiosi con i loro Sacri Elementi, avendo la possibilità di toccare senza rischi l’acqua e la terra. Dall’origine dei tempi essi fanno affidamento sui Guardiani a loro sottomessi i quali devono continuarne l’opera perché non si guasti l’equilibrio di perfezione voluto da Odmyr.”
Seguirono circa dieci secondi di silenzio, la testa di Rose si inclinò in avanti, il resto del suo corpo tremava impercettibilmente. Poi d’un tratto si accasciò sul tavolo con gli occhi socchiusi rivolti verso James spaventato a morte.
Lo guardò trovando la forza di sussurrare poche parole. “James…. Ti prego, portami in un luogo dove possa riposare…”
Era la prima volta che Rose pronunciava il suo nome e gli parve bellissimo. E soprattutto si era rivolta a lui con il “tu”, segno evidente che in fondo al suo cuore desiderava abbattere quelle barriere fin ora tirare su fra di loro. “Sta’ tranquilla, ci sono qui io.” La prese in braccio, le lasciò poggiare la testa nell’incavo del suo collo mentre Albert aprì la porta della camera da letto degli ospiti che teneva sempre pronta anche se non riceveva quasi mai nessuno, facendo cenno al ragazzo di stenderla sul letto e coprirla con una morbida e calda coperta. L’uomo indietreggiò sulla soglia tornando in soggiorno, lasciando che fosse il suo giovane amico ad occuparsi della ragazza e ad augurarle la buonanotte. Rose si rassicurò nel sentire il suo corpo avvolto da quel tessuto così tiepido, vedeva il ragazzo presso di lei, pareva non volesse lasciarla sola neanche per un istante. “Grazie James….” Trovò la forza per far uscire dalle sue labbra due ultime parole prima che il sonno e la stanchezza la vincessero.
Lui si sedette vicino a lei continuando ad osservarla alla fioca luce di una candela. Quegli attimi di totale silenzio portavano in sé più di mille parole, James la guardava dormire, guardava il suo respiro farsi pian piano regolare, guardava i muscoli del suo volto distendersi attimo dopo attimo, guardava semplicemente Rose che in quel momento di debolezza e vulnerabilità lo aveva cercato senza esitazione. Furono quegli attimi che gli illuminarono completamente la mente perché si rendesse conto una volta per tutte di esserne perdutamente innamorato.
Le accarezzò la fronte ed i capelli, la voce della sua mente gli imponeva di lasciarla dormire in pace contrapponendosi a quella del cuore che invece gli sussurrava di vegliare su di lei.
Si avvicinò. “Ti giuro sulla mia stessa vita che ti difenderò da tutto e da tutti, veglierò come un’ombra perché non ti accada mai nulla e non permetterò che quelli ti portino via. Mai.” Le baciò la fronte, lei non reagì, forse neanche si era resa conto di tutto quello che James le aveva detto. Finalmente era riuscito ad ammettere i suoi reali sentimenti, si sentiva sollevato e più uomo di prima.
Con il sorriso stampato in faccia e dando ascolto alla voce della mente, si alzò, prese la candela ed uscì dalla camera chiudendo silenziosamente la porta per permettere a Rose di dormire serenamente.
 
 




Buon venerdì a tutti!
Ben arrivati al nostro consueto appuntamento settimanale.
Qua scopriamo altri piccoli frammenti su Heaven e Neo Phaaerd, anche se ancora non rivelano ogni cosa a Rose. Come sostiene Himmel ogni passo dev’essere compituo al momento opportuno.
Vi rubo qualche attimo in più perché vorrei raccontarvi una cosa: quando scelsi il numero 107, lo feci in modo del tutto casuale; decisi che la data del decesso della prozia ricalcasse perfettamente quelle cifre (10 luglio) e come tocco finale andai a cercare la data corrispondente a 107 giorni prima della sua morte (giorno in cui ha redatto il testamento) ed è saltata fuori il 25 marzo, la cui somma delle cifra dà proprio 107. La cosa mi ha sorpresa e desideravo condividerla con voi.
Sul finale James esce praticamente allo scoperto promettendo solennemente di battersi come un vero guerriero perché a Rose non accada nulla. Cosa dicono i lettori dall’animo romantico?
 

Invito chiunque abbia voglia a lasciare un commento, anche minuscolo, per me è di grande importanza,
 
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Timori e novità ***


 
Image and video hosting by TinyPic

“Che mi succede? Dove sono?” Rose toccava ogni parte del corpo che non riconosceva come suo ma percepiva perfettamente al tatto. Indossava un lungo abito color sabbia, i suoi capelli che solitamente portava raccolti in una coda o in una treccia, erano liberi e più lunghi di quanto ricordava. E quel luogo etereo? Era forse Neo Phaerd?
“Ruhna.”
Sentì una voce chiamarla con quel nome, si voltò e vide Heaven raggiungerla con il solito sorriso mozzafiato sulle labbra.
“Vieni, siediti qui accanto a me.”
La ragazza lo guardò, era davvero irresistibile e non si fece pregare più di tanto, lo raggiunse sull’elegante divano su cui l’aveva invitata.
“Posso confermarti senza ombra di dubbio che adesso sei semplicemente perfetta.”
Si guardava addosso senza capire ancora niente e osservando con maggior attenzione la sua pelle, si accorse che era più bianca del solito: nella sua testa iniziò ad affacciarsi l’inquietante possibilità che non fosse più Rose, bensì Ruhna.
Guardò di nuovo Heaven. “Che mi hai fatto?”
“Io? Niente, mia cara. Ciò che vedi è l’aspetto senza macchia che otterrai una volta che il cammino verso la perfezione sarà giunto a termine.”
Respirò profondamente, si alzò e si avvicinò allo specchio d’acqua a pochi passi dal gazebo sotto cui Heaven le faceva compagnia. Guardò la sua immagine riflessa e non poté trattenere la meraviglia nell’ammirare il suo viso: era di una forma ovale perfetta, gli occhi dal taglio stupefacente erano verdi come smeraldi, per non parlare del naso  e delle labbra paragonabili solo a petali di rosa immacolati. I capelli sembravano fatti di miriadi di fili di seta, lunghi, morbidi e lucenti, le scendevano giù giù per la schiena lasciata scoperta dal meraviglioso abito che come un velo leggerissimo copriva il suo corpo statuario ed asciutto. Stentava a credere che quella fosse lei! Riportò lo sguardo su Heaven che l’ammirava compiaciuto. “Sei una meraviglia per gli occhi, non esiste pari bellezza nel mondo chiamato Terra.”
“E’ tutto vero?” Chiese la ragazza portando di nuovo lo sguardo su di lui.
“Quasi.” La raggiunse baciandole finalmente la mano. “Lo sarà quando accetterai Ruhna in te e assieme a lei percorrerai la strada per raggiungere la perfezione di Neo Phaerd.”
“Parli sempre in modo così confuso tu?”
Si passò la mano in quei fili dorati che erano i suoi capelli, poi portò le braccia attorno alla vita della ragazza avvicinandola sensualmente al suo corpo. “Non ti piace?”
“Non del tutto, non ci capisco niente! E poi…scusa se te lo chiedo, perché ora non provi disgusto nel toccarmi come l’altra volta?”
“Perché ora sei Ruhna in tutto e per tutto, Rose non esiste più.”
 
Rose cacciò un urlo e spalancò gli occhi. Si guardò attorno e nella semi oscurità della stanza realizzò di aver sognato tutto perché si trovava nella camera degli ospiti dello zio Albert. Si passò una mano fra i capelli tentando di regolarizzare il respiro, poi ripercorse mentalmente gli ultimi avvenimenti, dalla scoperta del passaggio per quel mondo fantastico all’incontro con il bellissimo Heaven, fino ad un ricordo confuso su James che le sussurrava parole dolcissime.
Quel sogno che l’aveva fatta svegliare di soprassalto non poteva essere solo il frutto della sua immaginazione, c’erano troppe cose connesse a loro ed era certa che fra i misteriosi poteri che possedevano vi era pure quello di potersi intrufolare nella sfera onirica.
Scese dal letto dopo qualche minuto e si diresse lentamente verso la porta, la aprì silenziosamente affacciandosi, restando immobile a sbirciare James addormentato sul divano. Sentì un tuffo al cuore, si morse il labbro indietreggiando per tentare di metabolizzare in solitudine quella strana sensazione provocatale da quanto appena visto. Detestava ammetterlo, ma giorno dopo giorno quello sbruffone le appariva sempre più indispensabile, non si riferiva a ciò che poteva conoscere sui numeri e l’esoterismo, ma ad un qualcosa di ben diverso che non voleva assolutamente ammettere e soprattutto dare a vedere.
Fece un profondo respiro, riordinò i capelli arruffati e fece il suo ingresso nel soggiorno come se niente fosse.
Pochi attimi dopo sentì mugugnare James, segno evidente che si stava svegliando. Rose fece finta di nulla, continuando ad armeggiare con la teiera riempita di acqua da posizionare sulla piastra della stufa.
“Ahum…. Sei sempre così rumorosa quando ti alzi?”
La ragazza si voltò verso di lui che si stava stropicciando la faccia. Si era rivolto a lei dandole del tu, quindi c’era del vero nei confusi ricordi della sera precedente. “Buongiorno James. No, non sono io rumorosa, sei tu che hai il sonno leggero.”
Si alzò in piedi stirandosi. “Se lo dici tu….”
“Dov’è mio zio?”
Si avvicinò alla finestra. “Non ne ho idea, forse è uscito.” Poi fece due passi verso la ragazza. “Hai riposato bene?”
“Perché me lo chiedi?” Girò la testa e trovò il viso del ragazzo pericolosamente vicino al suo.
“Ieri sera Ruhna è tornata in te raccontando alcune cose sull’origine del loro mondo, quando ciò accade hai sempre un grosso calo di energie.”
“Si, è così. Comunque sto bene.” Quasi inconsciamente le venne in mente l’attimo in cui aveva pregato James di portarla a riposare. “A proposito…” Sentì le guance diventare calde ed abbassò lo sguardo perché lui non se ne accorgesse. “Grazie per ieri sera.”
Si meravigliò per quella semplice frase in cui colse un mare di dolcezza e profonda riconoscenza. “Oh…. Figurati.” Era imbarazzante da morire, voleva a tutti i costi non darle a vedere come si sentiva sottosopra, perciò se ne uscì con una delle sue battute spezza-tensione. “Comunque se vuoi che ti accompagni a dormire portandoti in braccio, cerca di perdere peso, ho ancora mal di schiena.”
Rose drizzò la testa voltandosi verso di lui fulminandolo con lo sguardo. “Che cosa?! Mi stai dicendo che sono una balena grassa e pesante?!”
“Ehi-ehi, calma!” Portò le mani davanti al petto in segno di resa.
“Ripetilo se hai il coraggio! Ho un peso forma invidiabile!”
“Allora fammi verificare….” Con la rapidità di un fulmine l’afferrò per la vita trascinandola verso di sé e la sollevò da terra. Colta dalla repentinità del gesto, la ragazza fu incapace di dire una sola parola, riuscì solo a poggiare le mani sulle spalle di James sbilanciandosi forse un po’troppo. Lui indietreggiò di qualche passo finendo per cadere rovinosamente sul divano, con lei completamente distesa sul suo corpo. La strinse forte fra le braccia, sentiva le sue mani poggiate sulle spalle e la testa sul petto, le sue gambe leggermente divaricate stavano ai lati dei suoi arti inferiori. Albert rientrò in casa proprio in quell’istante, cogliendo i due giovani in una situazione apparentemente equivoca e a dir poco imbarazzante.
“Oh, buongiorno ragazzi. Spero di non aver interrotto niente….”
Rose balzò via allontanandosi con velocità fulminea. “Buongiorno zio…. Non è quello che pensate, ve lo giuro su ciò che volete.”
Guardò la nipote con poca convinzione.
“E’ così, credetemi! La colpa è solo sua e della sua poca educazione!” Fulminò James con lo sguardo, mentre lui a fatica tratteneva le risa: vedere Rose preda della vergogna era troppo buffo.
“Va bene, va bene…. Non mi sembra il caso di scaldarsi così.” Posò un involucro sul tavolo. “Ecco, questi sono per voi: buona colazione.” Si era recato ad acquistare dei biscotti appositamente per loro uscendo di casa di buon mattino come era solito fare. La ragazza ne addentò uno, tornando ad occuparsi della preparazione del the.
“Ah, a proposito… Ho finito di tradurre un paio di cose decisamente interessanti.” Comunicò Albert. “Ho riflettuto su quanto hai proferito tu ieri sera, o meglio, Ruhna lo ha fatto per mezzo di te e credo che i tasselli del mosaico stiano pian piano prendendo il loro posto.”
“Ditemi solo una cosa.” James fissò Rose, poi lo zio. “Quel tipo,…Heaven insomma, ha intenzioni pericolose?”
“Pare di no. Ad ogni modo lui ed Himmel sono due dei Guardiani dell’Aria e del Cielo posti al servizio di Taivas, il Grande Guardiano che detiene il controllo di uno dei quattro Sacri Elementi. Sta tutto scritto qua.” Poggiò la mano sul relativo plico di carte.
“E Jhea?”
“Credo ne parlino questi fogli che ancora devo analizzare… Ragazzi, voi avete dormito tutta la notte mentre io ho lavorato e, sapete, inizio ad accusare gli acciacchi dell’età…”
“Appunto.” Rose raccolse il suo mantellino. “Non voglio recarvi ulteriore disturbo, per cui me ne torno a casa.” Rivolse un’ultima occhiataccia a James prima di congedarsi cordialmente dallo zio.
“Bah, è la ragazza più imprevedibile che abbia mai conosciuto.” Sbottò il giovane Bradley assaggiando uno dei biscotti.
“Mia nipote non sa cosa l’aspetta.” Queste parole fecero raggelare il ragazzo. “C’è dell’altro in quelle carte, non sono certo di aver tradotto ogni cosa correttamente e preferisco ricontrollare tutto prima di rivelarle cose errate che potrebbero allarmarla inutilmente.”
Trovò James di fronte a lui con la determinazione negli occhi. “Parlate.”
“Non credo sia il momento. Vi ho detto che potrei aver commesso degli errori e…”
“Non m’importa, Albert! Ditemi cosa c’è scritto!”
Lo fissò: comprendeva perfettamente che non accettava rifiuti. “E va bene. Sembra che Heaven sia il suo sposo celeste o qualcosa di simile, lei dovrà ricongiungersi a lui accogliendo questa entità chiamata Ruhna nel suo corpo dopo aver intrapreso un lungo cammino di iniziazione che si concluderà solo con il suo decesso.”
“Mio Dio….” Era rimasto senza parole.
“Spero vivamente di aver sbagliato qualcosa, perché se così fosse loro vogliono portarla via da noi, da questo mondo insomma.”
James iniziò a camminare nervosamente in giro per la stanza furioso come un leone in gabbia. “E’ logico, brutti bastardi… Sommando le cifre che formano 107 si ottiene 8, il numero che sta a simboleggiare la morte. Tutto torna alla perfezione!” Sbatté con rabbia un pugno nella parete.
“Calmatevi per favore! Non fatevi prendere dalla rabbia!”
“Devo starmene qui con le mani in mano sapendo che quello vuole la sua morte?!”
“Ascoltatemi bene, comprendo benissimo quanto voi teniate a mia nipote e vi esorto a mantenere la calma, non possiamo commettere errori dettati dall’ira, dobbiamo tentare di essere lucidi se vogliamo salvarla. Tuttavia io posso fare ben poco per proteggerla da loro, voi forse potete. Se quello che leggo nei vostri occhi quando la guardate è vero amore, non fate lo spaccone come spesso accade, mostratele che siete un uomo degno di lei perché Heaven non la conquisti. Voi avete una minima possibilità di trattenerla con noi, tentate il tutto e per tutto, vi prego.” Sospirò mestamente. “Io non ho potuto far nulla per salvare l’amore della mia vita.”
James lo guardò intuendo che dietro c’era una storia di dolore.
“Evelyn.” Albert si sedette sul divano con lo sguardo spento. “Evelyn era la figlia dei miei vicini di casa quando ero ragazzo. Mi ero innamorato di lei, ma essendo troppo timido ed impacciato non sono mai riuscito a dichiararmi. Non ho mai saputo se lei provava qualcosa per me e questo dubbio me lo porterò attaccato addosso per il resto dei miei giorni. Un mese prima del suo ventesimo compleanno venne colpita da un violentissimo attacco di tisi che la portò via nel giro di pochi giorni…..” Si asciugò una lacrima. “Nonostante siano passati tanti anni, non ho mai smesso di pensare a lei….e di amarla. Per questo non mi sono mai sposato nonostante avessi molte spasimanti, per allontanarle mi sono dedicato anima e corpo alle mie invenzioni costruendomi la nomea di scienziato pazzo. Io non ho potuto fare nulla per salvarla, ma voi potete James. Non avete un compito facile perché Rose è una ragazza testarda, ma se davvero la amate, battetevi per lei e fatele capire quanto di buono c’è in voi e in quello che potrete offrirle nella vita piuttosto che nella morte.”
James restò ammutolito, mentre lo sguardo di Albert si perdeva nella brughiera che circondava il suo cottage, con i pensieri rivolti a lei che da anni dormiva il sonno eterno.
 
Ecco dunque cosa si nascondeva dietro al belloccio: voleva Rose! Beh, doveva passare prima sul suo cadavere, mai e poi mai avrebbe lasciato qualcosa di intentato, gliel’aveva giurato la sera precedente mentre dormiva e se necessario gliel’avrebbe ripetuto, forse anche urlato, a costo di ricevere un mucchio di risate in faccia e sentirsi ridicolizzato. Motivo per cui si congedò e si precipitò per la strada che conduceva alla casa della ragazza tentando di raggiungerla.
 



 
 
 
Hello my dear friends!
Permettetemi di ringraziare tantissimo tutti quelli che stanno commentando più o meno regolarmente la storia, sto raggiungendo dei risultati insperati visti i miei precedenti. Grazie, grazie davvero! ; * Ovviamente sono allo stesso tempo grata a tutti voi che avete inserito la storia fra le seguite, ricordare e preferite.
 
Allora,…. Rose ha fatto un sogno in cui si è vista trasformata in quella che si fa chiamare Ruhna, forse avrete notato una certa somiglianza con Jhea. E poi Albert ha scoperto alcune cose di cui non è del tutto certo e che per questo ha confidato solo a James. E lui dà in escandescenza…..
 
Vi auguro un buon fine settimana e vi do appuntamento a venerdì prossimo.
Voi in tanto recensite!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Fiori d'arancio in vista ***


 


Image and video hosting by TinyPic

Rose aveva camminato a passo piuttosto svelto, desiderava raggiungere la sua abitazione per rigenerarsi con un bagno caldo e indossare dei vestiti puliti. Scorse in lontananza il piccolo cimitero dove la prozia Jacqueline riposava, o forse doveva dire il corpo corruttibile della sua parente? C’era una parte di lei che continuava a vivere sotto le seducenti sembianze di Jhea, aveva la quasi totale certezza che l’oggetto della sua eredità consistesse proprio in questa sorta di vita oltre la morte, una sua prosecuzione nei panni della Neo-Pharediana Ruhna. Pensandoci bene l’idea non era poi tanto male, nessuno sa cosa ci aspetta oltre la morte che da tempo immemore spaventa più di ogni altra cosa, lei poteva avere una concreta prospettiva di ciò che l’avrebbe attesa. E se rispondeva al nome di Heaven tutto assumeva un’aria decisamente allettante.
Fece il Segno della Croce con un lieve sorriso sulle labbra e proseguì sulla strada di casa.
 
Si trovava a pochi metri dal cancello della sua abitazione quando notò un insolito via vai al pian terreno, c’era anche uno di quei marchingegni a motore chiamati automobile e vedendolo, Rose ripensò al maldestro tentativo dello zio e come per incanto le tornò alla mente anche l’insolita complicità con James in quella circostanza particolare.
“Rose!”
La ragazza si voltò e vide mr Bradley correrle incontro, era stato lui a chiamarla perché si fermasse e lo attendesse.
“Tutto…anf….tutto bene?” Respirava affannosamente, la corsa lo aveva messo a dura prova.
“Certo, perché me lo chiedi sempre?”
“Perché sono preoccupato, quelli potrebbero farsi vivi da un momento all’altro e portarti via.”
Le sfuggì una risata. “Tu leggi troppo, cosa mai potrebbe accadermi di così inquietante?”
La guardò, era evidente che non aveva la più pallida idea di cosa loro stessero tramando alle sue spalle. “Forse hai ragione. Comunque promettimi di fare attenzione ad ogni cosa e di raccontare a me o a tuo zio qualsiasi stranezza proveniente da quel mondo.”
“Tranquillizzati e goditi la vita, a quanto ne so sei uno specialista in materia. Sbaglio?”
Comprese al volo che si riferiva alla sua fama di latin lover, decise comunque di lasciar perdere ed evitare discussioni che potevano peggiorare le cose, includendo in questo silenzio anche la rivelazione  dei suoi sentimenti.
La ragazza si era già allontanata e si trovava a pochi passi dall’ingresso della sua casa quando vide uscire sua sorella Helen in compagnia di un elegante ed affascinante giovane. La cosa colse di sorpresa pure James che non pensava affatto di essere stato messo da parte dalla ragazza.
“Oh, Rose!” Helen salutò con affetto la sorella minore. “Sono felice che tu sia arrivata in tempo.”
“Buongiorno Helen, che succede?”
“Grandi notizie!” Notò che non era sola. “Oh, salve mr.Bradley.”
“Questa deliziosa signorina dev’essere la sorella di cui mi hai parlato, mia cara.” Il bel tipo baciò la mano a Rose sotto lo sguardo perplesso di James.
“Sì, esatto.” Helen lo prese sottobraccio. “Lui è Thomas Greenwood, il mio futuro marito.” Pronunciò quelle parole mentre le sue guance prendevano un delicato colore rosa.
Rose e James restarono a bocca aperta dalla sorpresa, nessuno dei due si aspettava una notizia tanto eclatante.
“Mr Bradley, spero non me ne vogliate."
La guardò con gran sorpresa: davvero la cara Helen credeva che fosse perdutamente innamorato di lei a tal punto di scusarsi per aver scelto un altro?
“Ehm… Non c’è assolutamente niente di cui dovete scusarvi.” Ancora la sua espressione denotava sorpresa. “Anzi, vi porgo le mie più sentite felicitazioni.”
Rose taceva, era felicissima per la sorella e per il suo promesso sposo: entrambi avevano gli occhi colmi d’amore.
“Questo giovane signore per caso è il mio futuro cognato?”
La domanda di mr.Greenwood destò tutti quanti dal torpore, soprattutto Rose che avvampò all’istante. “Cosa? No-no! Mr Bradley è…è…”
“No, io non sono il suo… insomma, non sono un parente e…”
“E’ semplicemente il tipografo a cui avevo intenzione di rivolgermi per stampare gli inviti alle nostre nozze!” L’intervento di Helen fu quanto mai provvidenziale.
“Oh, hai ragione tesoro mio, mi ero completamente dimenticato di questo dettaglio.” Il ragazzo pareva averla bevuta. “Allora perché non rientriamo e vediamo cos’ha da proporci?”
“Ecco…” James non sapeva cosa inventarsi, non portava nulla con sé. “Forse è meglio se passate dalla nostra tipografia più tardi, così potete visionare ogni cosa con calma e nei dettagli… Abbiamo anche delle interessanti novità. Che ne dite?”
I due sposini si guardarono in faccia belli e innamorati, accettando la proposta di James. Rose invece approfittò del momento per sgattaiolare in camera sua, finendo per sbirciare dalla finestra sua sorella salutare con un bacio tenerissimo il suo amato Thomas prima che salisse a bordo dell’automobile per andarsene. Di mr Bradley non c’era più traccia, evidentemente già aveva ripreso la strada di casa. In fondo al suo cuore provava un pizzico di invidia nei confronti di Helen innamorata corrisposta da un giovane che presto l’avrebbe condotta all’altare. Anche lei sognava l’amore, sognava il primo bacio, la dolcezza di un abbraccio forte e protettivo. In verità quest’ultima cosa già la conosceva in parte: la sua mente volò verso quegli attimi non troppo remoti in cui due braccia l’avevano stretta forte donandole calore e protezione. Istintivamente si portò le mani nella tipica posizione dell’abbraccio, come a voler scorgere in quel gesto le sensazioni provate fra le braccia di James. Aveva sempre lo sguardo perso fuori dalla finestra, nonostante non ci fosse più nessuno nel piazzale antistante l’abitazione, la sua mente era piena di domande e tutti quei pensieri la stavano piacevolmente torturando: stava cedendo sotto i colpi delle frecce di Cupido che la spingevano ad aprirsi nei confronti di quello che aveva sempre ritenuto antipatico? Sospirò profondamente, poi si recò nella stanza da bagno adiacente alla sua camera in cui le due cameriere avevano preparato la vasca con acqua calda e sapone alla lavanda come lei aveva poc’anzi richiesto. Si svestì, liberandosi da quell’abito che l’aveva accompagnata in un’insolita ed affascinante avventura, durante la quale era finalmente venuta a conoscenza di vari dettagli sul bellissimo giovane rispondente al nome fantastico di Heaven. Scivolò nell’acqua che l’accolse come un tiepido abbraccio, lasciandosi coccolare ed avvolgere da quel profumo delicato e dallo scialacquio che la stavano aiutando a rilassarsi.
 
Rose!
 
La ragazza ebbe un sussulto che la destò dal torpore; si voltò di scatto per sincerarsi di essere sola nella sua stanza da bagno.
Rose! Riesci a sentire la mia voce?
Continuava a guardarsi attorno, era quasi certa che fosse Heaven a chiamarla.
Perdonami, non era mia intenzione spaventarti. Avevo solo un gran desiderio di fondere i miei pensieri con i tuoi.
“Sei tu, Heaven?” Controllò di nuovo attorno a sé. “Sei qui?”
Sono in te, mia stupenda, sono nella tua mente.
Deglutì mostrando una buona dose di imbarazzo. Portò i suoi arti a coprire le parti intime con la faccia che stava diventando viola dall’imbarazzo.
“Come hai fatto a raggiungermi qua dentro?”
Io posso tutto, non dimenticartelo mai.
“Bah, allora ti spiacerebbe lasciarmi in pace in questo momento? Già ti introduci nei miei sogni, vuoi farlo pure nella vasca da bagno?!” Si stava spazientendo, il solo pensiero che in qualche oscuro modo lui si trovasse lì con lei completamente nuda la faceva innervosire a dovere.
Vieni da me, Rose, vieni appena puoi.
“Vattene via per favore!”
Vieni da me, saprò regalarti tutto ciò che desideri, saprò coccolarti e stringerti come mai nessuno saprà fare. Non avrai più desiderio di niente.
Restò ammutolita, quelle parole erano state pronunciate con una tale sensualità che il suo corpo fu invaso da una scarica impressionante di brividi, molto più intensa di quanto provato fra le braccia di James. Eppure qualcosa la spaventava e le impediva di assecondare quella invitante richiesta. C’erano troppe cose ancora avvolte nel mistero che riguardavano Heaven, però quando poteva specchiarsi nei suoi occhi più azzurri del cielo terso, quando poteva disegnare i contorni perfetti del suo volto, quando ancora si perdeva nel suono della sua voce, perdeva la capacità di controllarsi e sarebbe stata capace di seguirlo ovunque. E lui lo sapeva bene.
“D’accordo, tornerò da te. Dimmi quando e dove ed io verrò.”
Brava, sei semplicemente meravigliosa. Domani alle dieci e sette minuti del mattino presentati all’ingresso per Neo Phaerd. Tu da sola, mi raccomando.”
“Bene. Adesso ti spiacerebbe lasciarmi finire in pace il mio bagno?!”
Non udì alcuna risposta, evidentemente il suo bellissimo Neo-Pherdiano se n’era andato una volta ottenuto il suo consenso all’incontro. Lasciò cadere la testa all’indietro facendola poggiare delicatamente sul bordo della vasca, rilassò il corpo permettendo all’acqua dal delicato profumo di lavanda di avvolgerla e rilassarla il più possibile, cosa non facile perché non si sentiva poi così tranquilla. Fissò il soffitto: aveva fatto bene ad accettare quell’invito?
 
 
 
 
Il mattino successivo, poco dopo le nove e mezza, Albert si presentò nella tipografia di James trovando il ragazzo impegnato con sua nipote Helen ed il promesso sposo.
“Allora ben presto dovrò acquistare un nuovo abito da cerimonia.” Piegò le labbra in un luminoso sorriso avvicinandosi ai giovani.
“Esatto zio.” Helen era radiosa. “Mi fa davvero piacere incontrarvi, come state?”
“Non mi posso lamentare. Ti trovo in splendida forma, mia cara.”
“Già.” Arrossì leggermente. “E il merito è tutto di Thomas, il mio futuro consorte.”
“E’ un vero piacere fare la vostra conoscenza, sir.” Mr Greenwood tese la mano verso Albert che la strinse con grande piacere.
“Questi sono gli inviti per le nostre nozze, ce li ha gentilmente proposti mr Bradley… Cosa ne pensate?”
“Li trovo molto eleganti.” Quei cartoncini rettangolari recavano al centro i nomi degli sposi stampati con caratteri dall’estrema raffinatezza, sotto c’erano la data e il luogo dove si sarebbe svolta la cerimonia. Il tutto era circondato da intrecci dorati di fiori d’arancio. L’uomo poi spostò lo sguardo su James che si era limitato solo ad un piccolo cenno di saluto nei suoi confronti, per tutto il resto del tempo si era dedicato esclusivamente ad Helen e Thomas. Attese che concludesse ogni cosa e che i due giovani uscissero dal locale sbirciando fra alcuni testi riguardanti le ultime mirabolanti scoperte astronomiche.
“Albert….” James attese che l’attenzione dell’uomo fosse su di lui. “Dov’è Rose? Perché non è con voi?”
“Non so cosa dirvi, perché me lo chiedete?”
“Poco fa Helen ha affermato che la sorella è uscita di casa per venire a farvi visita.”
L’uomo restò muto e sorpreso.
“E’ andata da lui allora, ne sono certo.” Sibilò James. Strinse i pugni avvertendo la rabbia crescere in modo esponenziale. “Io sono bloccato qua, devo portare a termine alcuni lavori urgenti che mi ha imposto mio padre e non posso correre da lei….”
“Ci vado io, state tranquillo. Voi raggiungetemi appena possibile.”
Si salutarono rapidamente con un veloce cenno d’intesa, Albert salì in sella alla sua fedele bicicletta e partì alla volta della villa della defunta zia.
 
Trovò il cancello ed il portone socchiusi, entrò e si diresse a passo sicuro verso la stanza da letto al piano superiore. Varcò la soglia e guardandosi attorno con circospezione ebbe la conferma dei sospetti di James: il cofanetto azzurro era aperto, la chiave mancava e sulla parete che ben conosceva brillava il portale d’accesso a Neo Phaerd protetto dal lugubre cancello ermeticamente chiuso da un robusto lucchetto.
 
 




 
Buonasera a tutti! : )
A costo di essere ripetitiva permettetemi di ringraziarvi di tutto cuore per la costanza che avete nel seguire la storia ed ovviamente un grazie particolare a chi commenta.
 
C’è dunque un matrimonio in vista e questa sorpresa ha momentaneamente impedito a James di lanciarsi in una corte serrata nei confronti di Rose. Qualcun altro però non perde tempo e con la sua solita voce suadente si intrufola nei pensieri della ragazza confondendole ancora di più le idee.
E questa tattica sembra funzionare….
 
Vi aspetto fra sette giorni per scoprire cosa accadrà. Voi intanto recensite e passate un sereno fine settimana fra zucche, streghe e vampiri.
Happy Halloween!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Inquietante prospettiva ***


 

Image and video hosting by TinyPic

James aveva impiegato tutta la mattina per espletare le mansioni affidategli dal padre, aveva la testa altrove e faticò non poco a concentrarsi sul lavoro per non commettere errori. Come se non fosse abbastanza fu costretto ad accompagnare sua madre in città per alcune commissioni che gli fecero tardare a raggiungere la villa. Erano da poco passate le quattro del pomeriggio quando finalmente varcò la soglia della camera da letto di miss McEvans, dove già da ore Albert stava tentando invano di scardinare quel maledetto cancello. Aveva colpito più volte la serratura sperando di spaccarla e raggiungere la nipote in quel mondo sconosciuto e potenzialmente pericoloso.
Tutti i suoi sforzi si erano rivelati inutili.
“Ah James, alla buon’ora!” Si asciugò il sudore che gli aveva bagnato tutta la fronte.
“Non fatemi sparlare per favore!” Era piuttosto su di giri per tutto ciò che lo aveva fatto tardare a quel modo. “I miei mi hanno incastrato a dovere proprio oggi che Rose è fra le grinfie di quello!”
“Non sono stato capace di aprire questo dannato cancello, ho provato di tutto… Non cede, accidenti!” Afferrò con le mani quel pezzo di ferro che impediva l’accesso a Neo Phaerd sbattendolo con rabbia e vigore. “Se Rose cede alla corte di Heaven l’avremo persa per sempre.”
“Che significa?!”
“Significa che per compiere quel maledetto percorso di purificazione deve pian piano isolarsi dal resto del mondo. Deve dedicarsi anima e corpo a loro, capite?”
“Quindi dovrà rinunciare a tutto, ai suoi sogni, ai suoi desideri…” Un pensiero inquietante gli trapassò mente e cuore. “E pure all’amore?”
“Già. Mia zia non si è mai sposata perché doveva dedicarsi totalmente ad Himmel che avrebbe raggiunto solo alla fine dei suoi giorni.”
James era rimasto allibito. “Una vita solitaria e senza un briciolo di emozioni… Ma che vita è?”
“Non so cosa l’abbia spinta a fare questa scelta, ma so che è quello che stanno proponendo a Rose.”
“Ne siete proprio certo?”
“Purtroppo sì. Ho tradotto un’infinità di volte le carte che ne parlano e il significato di quei termini porta sempre allo stesso risultato.”
“Eh no, accidenti a loro! Non possono! Non possono portarmi via Rose in questo modo!” James era come una tigre in gabbia che girava senza una meta.
Poi si fermò e piombò il silenzio.
Erano a pochissimi passi da lei e non potevano raggiungerla.
Rischiavano seriamente di perderla, volevano fare qualcosa, ma non potevano.
 
“Bravo Albert, i miei complimenti.”
Al suono di quelle parole i due uomini si voltarono in direzione dell’ingresso di Neo Phaerd: il cancello si aprì da solo e videro sbucare dal portale Jhea in compagnia di un’altra ragazza bellissima molto somigliante a lei; più indietro stavano Himmel e Heaven.
“Sei stato veramente abile a tradurre così rapidamente l’eredità della piccola, ho sempre saputo che sei un tipo in gamba.” Jhea si fermò a poca distanza da lui ed incrociò le braccia. “Tuttavia devo pregarti di stare alla larga dalla ragazza, potresti influenzarla negativamente.” Portò poi il suo sguardo penetrante su James. “Tu.” Ridusse gli occhi a due fessure. “Tu devi sparire dalla sua vita.”
“E perché, di grazia?” C’era solo strafottenza nelle sue parole.
“Rischi di farle perdere un’occasione irripetibile. L’hai guidata fino al limite massimo raggiungibile dai mortali corruttibili, il tuo compito si è esaurito e devi farti da parte.”
“Sentite un po’, se volete che mi faccia da parte datemi una spiegazione chiara ed esauriente. Basta discorsi contorti, frasi confuse e indovinelli! C’è troppo in gioco!” Istintivamente batté per due volte la mano sul suo cuore.
Jhea piegò il labbro in un sorrisetto. “Stupido maleducato, pensi forse di farla rinunciare a quello che le possiamo offrire solo con due parole carine? Povero illuso, mi fai quasi pena.”
James alzò gli occhi al cielo, non c’era verso di farla esprimere a parole chiare.
“Guarda! Guarda cosa diventerà Rose una volta parte del nostro mondo!” Fece sopravanzare l’altra figura femminile. “Quando Ruhna si sarà impossessata del suo corpo, la renderà perfetta sotto ogni aspetto. Non avrà più problemi, dovrà solo essere felice al fianco del suo sposo celeste Heaven.”
“E desiderate la sua morte perché sia felice?”
“La perfezione che raggiungerà non è del vostro mondo, ma solo del nostro.”
Jhea fece cenno ai suoi simili di avvicinarsi, Himmel accanto a lei ed Heaven accanto a Ruhna… Rose insomma. James era trattenuto a stento da Albert, voleva prenderla e portarla lontano da quel luogo assurdo che l’aveva fatta diventare un automa. Perché questo sembrava ai suoi occhi: lei era bellissima, di una grazia ed una perfezione mai viste prima, però i suoi occhi adesso verdissimi non sprizzavano la gioia e la furbizia che lo avevano conquistato, non c’era nelle sue labbra la voglia di controbattere alle solite battute che spesso si scambiavano prendendosi l’uno gioco dell’altra. Insomma, la sua adorata Rose sembrava essere scomparsa sotto l’influenza della pericolosa e sensualissima Ruhna. Quest’ultima sembrava l’esatta incarnazione della donna senza difetti, dalle curve abbondanti e generose, dall’aspetto piacente e a tratti pure dominante. Rose non era affatto in quel modo: era determinata, sì, ma il suo sorriso denotava un animo gentile e cortese, voleva mostrarsi forte e coraggiosa, nonostante avesse più volte mostrato quel lato di umana debolezza che l’aveva portata a cercare nelle braccia di James sicurezza e protezione.
“Che accidenti le avete fatto, maledetti?!”
“James, vi prego! Cercate di controllarvi!” Albert lo tratteneva sempre con maggior fatica.
Heaven si voltò verso di lui mentre portò la mano di Ruhna alle labbra baciandone il dorso. “Sei solo invidioso tu. Ma guardati, come speri che lei preferisca te quando può avere uno come me? Uno che non la tratterà mai male, che non la farà mai arrabbiare e che le donerà una lunga e serena esistenza? Dimmi, insulso mortale, cosa credi di fare?”
“Aspetta e vedrai!” Con un rapido gesto si liberò dalla presa di Albert e si diresse come una furia verso quel bamboccione dalla faccia d’angelo e dall’animo di un diavolo. Era pronto per sferrargli un pungo quando il cancello si chiuse all’improvviso, James ci andò a sbattere contro procurandosi qualche piccola ferita al volto nonché una forte emorragia dal naso. Il ragazzo si piegò sulle ginocchia tenendo le mani sul viso, fra le dita c’era del sangue dal colore rosso vivo, un colore solo in parte simile alla rabbia che covava dentro.
Teneva gli occhi chiusi per non vedere altre scene che avrebbero solo aumentato la sua ira, sentiva solo le risate superbe dei tre ferirlo ancora più nel profondo mentre si facevano sempre più deboli. Pochi secondi dopo c’era solo silenzio attorno a lui, interrotto bruscamente da un tonfo sordo: riaprendo gli occhi vide fra le lacrime Rose svenuta a pochi passi da lui. Albert si precipitò a prendere in braccio la nipote pallidissima, insieme poi scesero al piano inferiore e raggiunsero la grande cucina dove James trovò del ghiaccio utile per arrestare l’emorragia del naso.
 
Era calata la sera, Albert e James avevano riportato Rose a casa. I genitori erano piuttosto preoccupati perché la ragazza negli ultimi tempi si comportava in modo strano, spesso mentiva e non per ultimo era quasi sempre pallida e inappetente. Il suo stato di salute non aveva mai destato preoccupazioni prima di allora, Albert sapeva benissimo chi erano i responsabili di questi suoi malori, tuttavia preferì tacere al fratello e alla cognata la verità, malgrado il loro forte disappunto.
Fuori faceva freddo, il cielo era tempestato di stelle e questo meraviglioso spettacolo aveva fatto precipitare la temperatura ben al di sotto dello zero.
Mr.William Morrison, il padre di Rose, invitò il fratello e mr.Bradley a fermarsi presso di loro per la notte, ordinando al personale di servizio di preparare due camere per gli ospiti. La ragazza invece fu portata nella sua stanza dalle cameriere che l’aiutarono a mettersi a letto. Aveva ripreso i sensi, ma nonostante ciò era ancora troppo debole per provvedere a se stessa da sola. Tentò di dormire ma ogni suo sforzo si rivelò vano perché nella sua mente risuonava la voce di Heaven che con fare incalzante la esortava ad unirsi a lui. La stava infastidendo, si sentiva quasi molestata e ciò che maggiormente le toglieva la serenità era il sentirsi incapace di farlo tacere. Si stava ripresentando l’esatta situazione vissuta il giorno precedente nella vasca da bagno, quando lui la chiamava e aveva smesso di tormentarla solo dopo aver ottenuto ciò che voleva. Rose si tirò su, mettendosi seduta sul letto con il volto immerso nelle mani dalla disperazione, i suoi occhi erano gonfi di lacrime e lui pareva non curarsene continuando imperterrito a chiamarla.
“Vattene via! Vattene via una volta per tutte! Lasciami in pace!” Cacciò un urlo disperato prima di scoppiare a piangere a dirotto. Sfogò tutta la tensione  accumulata nelle ultime ore inzuppando di lacrime il cuscino. Oltre a tutto questo aveva sempre fissa negli occhi l’immagine di James ferito nel tentativo di salvarla e difenderla senza che lei potesse muovere un solo muscolo. Sapeva che il ragazzo si trovava a casa sua, aveva sentito suo padre offrirgli ospitalità per la notte e sentì crescere dentro di sé un fortissimo desiderio di sincerarsi delle sue condizioni. Forse James aveva bisogno di aiuto, forse era ancora dolorante e impossibilitato a riposare: animata da questi pensieri Rose scese da letto, indossò la sua vestaglia bianca e, con passo incerto, scese nelle cucine dove chiese alla vecchia e fidata cuoca Jeanette di prepararle quell’infuso rilassante che soleva bere da piccola. Si fece confidare pure quale fosse la stanza assegnata a mr Bradley che raggiunse poco dopo in punta di piedi aiutata dalla fioca luce di una piccola lanterna, portando una tazza con quella tisana che aveva intenzione di offrirgli. Raggiunse quella porta, sentiva il cuore batterle forte ed un nodo crescente iniziava a stringerle la bocca dello stomaco. Fissava il legno chiaro che la divideva dalla stanza in cui James dormiva, almeno in teoria doveva essere così, e appoggiò la mano sulla maniglia stringendola delicatamente. L’abbassò senza fare rumore e spinse pian piano la porta: nella penombra scorse il letto su cui era disteso il ragazzo, sentiva le gambe tremare leggermente, ma chi  me l’ha fatto fare di venire qui?!  Entrò con una lieve esitazione e la porta si chiuse alle sue spalle causando un leggerissimo rumore. Contemporaneamente vide James mettersi seduto sul letto e portarsi una mano alla fronte, si voltò verso di lei che non sapeva cosa fare né cosa dire.
“Chi c’è?!” Il ragazzo balzò giù dal letto portandosi sulla parete opposta.
Lei indietreggiò fino a trovarsi con le spalle contro la porta. “Scusa…io non..”
“Rose? Sei tu?” Era incredulo, fece qualche passo barcollando nella sua direzione. “Così vestita di bianco sembravi un fantasma.” Sbuffò, si era spaventato sul serio!
Quest’affermazione fece sorridere la ragazza.
Le si avvicinò. “Come stai?”
Lo guardò negli occhi. “Come stai tu, piuttosto?”
“Oh, avverto solo un leggero mal di testa, niente di ché.” Si fece coraggio e le sfiorò una mano. “Che ti hanno fatto, Rose?”
“Mi hanno detto tutto….almeno credo.” Deglutì. “Scusami se mi sono intrufolata qui di soppiatto, pensavo che questa tisana potesse farti e quindi…”
Il suo volto si illuminò. “Grazie, sei stata davvero carina….”
Rose abbassò di nuovo lo sguardo mentre lui sorseggiava la bevanda. “ E poi..vedi…. ero preoccupata per te, per le ferite che hai riportato e….”
Il suo cuore ebbe un sussulto al suono di quelle parole. “Hai visto ogni cosa?”
“Sì." Lo guardò in volto. “Ero prigioniera in quel corpo che apparterrebbe a Ruhna e che mi impediva qualsiasi movimento, ma ho visto tutto.” Singhiozzò. “Mi sento in colpa James, mi sento in colpa per quello che ti è successo… Ti prego, perdonami….”
Mandò al diavolo ogni cosa, poggiò la tazza sul tavolino e la trascinò verso di sé stringendola forte accarezzandole i capelli. “Non devi farti perdonare proprio niente, non posso avercela con te.”
Portò con lieve titubanza le mani sulla sua schiena avvertendo il calore del suo corpo, era una sensazione tenerissima che le infondeva protezione. “Ho paura James, ho paura di loro.”
“Tranquilla, io ci sarò sempre e ti proteggerò.” Sì, l’avrebbe difesa a costo della sua stessa vita. Perché lei ore era il centro di tutto il suo mondo, stringerla finalmente fra le braccia con il solo ed unico scopo di sentire il calore del suo corpo fondersi con il suo era la realizzazione del suo più intimo desiderio. Se solo pensava ai loro primi incontri, ai battibecchi e alle velenose parole rivolte reciprocamente, ora gli sembrava di vivere in un sogno meraviglioso. Affondò il volto nei suoi capelli morbidi e inebrianti, li massaggiava dolcemente per tentare di infonderle tutta la tranquillità di cui aveva bisogno sfiorandoli con le labbra come ad aver timore di imprimervi quel bacio tanto desiderato.
Sciolsero l’abbraccio dopo lunghissimi minuti, le asciugò le lacrime calde che le avevano bagnato il viso. Se fosse stato così spudorato, avrebbe fatto sue quelle labbra tremanti ed innocenti. Se si fosse trattato di un’altra ragazza non si sarebbe tirato indietro, l’avrebbe divorata di baci, stesa sul letto e fatta sua nel giro di mezz’ora, ma era Rose e questo fu sufficiente per farlo desistere da ogni tipo di azione dettata dall’istinto. Aveva ben compreso che se era venuta da lui, sola e disarmata, tremante e in preda alla paura, vulnerabile e con le lacrime agli occhi, Rose aveva un disperato bisogno del suo aiuto, non dei suoi baci….almeno per il momento.
“Te la senti di raccontarmi cos’è successo là dentro?”
Annuì con la testa, si sedette sul letto ed attese che James si fosse accomodato accanto a lei; posò la lanterna sul comodino ed iniziò il suo racconto……
 
 



 
 
Buonasera a tutti, vecchi e nuovi lettori!
E’ vero, stasera ho aggiornato con un po’ di ritardo, spero non me ne vogliate, per tutta una serie di cose non ho potuto fare altrimenti.
 
Ho notato che molti di voi non vedono di buon occhio Jhea & C, se qualcuno ancora aveva titubanze credo che adesso siano quasi del tutto scomparse. Quando una persona si reputa perfetta sotto ogni aspetto, è troppo sicura di stare sempre dalla parte della ragione e non ammette nulla che vada contro al suo volere: questi in sintesi sono i Neo Phaerdiani e questo tendono ad inculcare nella mente di Rose. C’è però qualcuno che sta tentando di farla desistere dall’intraprendere quel cammino ed ovviamente non è ben visto…
Che cosa racconterà adesso la ragazza che attimo dopo attimo si avvicina sempre più a James?
 
Grazie a tutti voi che leggete e recensite, in particolare Emmastory, indeedofthem, eppy e nephylim88. Vi suggerisco di passare dalle loro parti, se vi piacciono le belle storie troverete pane per i vostri denti! ; )
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Confusione in lei, certezze in lui ***


 
 
Image and video hosting by TinyPic


Poi mi affaccio di fuori e vedo che
il cielo è pieno di stelle,
le comincio a contare
e mi accorgo che una di quelle sei tu.
 
Vernice
 
 
 
“Mi ero recata lì tutta sola perché lui me l’aveva chiesto con insistenza.”
“Quando?”
“Due giorni fa, quando abbiamo conosciuto lo sposo di mia sorella, ricordi? Rientrai in casa poco dopo e chiesi alle cameriere di prepararmi un bagno caldo per rilassarmi…. Mentre stavo lì nella vasca lui mi ha chiamata.”
“Ti ha spiata mentre ti stavi lavando?!” Il solo pensiero che quel bastardo potesse averla vista senza vestiti lo stava facendo agitare più del dovuto.
“Diceva di essere solo all’interno della mia mente… almeno spero…”
James sbuffò in forte disappunto e non poté fare a meno di spostare lo sguardo dal viso di lei  a quella parte di pelle nuda che s’intravedeva fra il collo e i lembi della vestaglia. La ragazza prontamente si coprì avendo scorto qualcosa di sbagliato  nei suoi occhi.
“Posso proseguire?” Ecco di nuovo quella punta di stizza nella voce mentre sul volto di entrambi comparve un lieve rossore.
“Certo, perdonami.”
Riprese fiato e andò avanti. “Sono andata lì e alle dieci e sette minuti esatti ho preso la chiave aprendo il portale per Neo Phaerd. Heaven come lui mi aveva richiesto. Stava già lì ad attendermi….” Evitò di dire che era bello come il sole, con un sorriso da mozzarle il fiato e mandarle fuori uso il cervello. “Mi ha invitata ad entrare e quindi ho fatto ingresso nel loro mondo. Mi sentivo strana, leggera e senza preoccupazioni, ho provato una stranissima sensazione, non so come spiegartelo… Era come se la mia mente fosse completamente vuota  ma  al contempo felice e spensierata.” Si voltò verso di lui: Heaven era bello all’ennesima potenza, ma anche James non era da meno seppur con qualche piccola ammaccatura in nel viso. Pendeva dalle sue labbra, lo comprendeva perfettamente, distolse di nuovo lo sguardo e i pensieri da lui continuando il racconto. “A quel punto ho salito la prima rampa di quella lunga scalinata e sono giunta con lui su una specie di terrazzino: ha fatto comparire una pietra color ambra dalla quale sono partiti dei raggi luminosi che si sono intrecciati fra loro andando a formare un diadema. Lo stringeva fra le mani, poi mi ha detto che se volevo, potevo indossarlo donando a Ruhna la possibilità di entrare in me per la prima volta. Avevo una paura matta, lui mi ha nuovamente tranquillizzata ricordandomi il sogno …che per me fu un incubo. Quando siamo rimasti a casa di mio zio Heaven si è intrufolato nei miei sogni e mi sono vista nei panni di Ruhna.”
“Quanto ti sta tormentando?” Se solo quel cancello non si fosse chiuso, avrebbe cambiato i connotati a quel bellimbusto.
Esitò un attimo prima di proseguire evitando di rispondere a quella domanda. “Ha posto il diadema sulla mia testa e sono stata avvolta da una luce fortissima. Quando ho riaperto gli occhi non ero più io.”
“Eri diventata la ragazza che abbiamo visto io e tuo zio?”
“Sì.” Strinse la stoffa della vestaglia fra i pugni. “Quella è Ruhna, una delle entità chiamate Guardiani sottoposte ad Ylma, una dei Quattro Grandi Guardiani, che detiene la custodia del Sacro Elemento della Terra.”
“E cosa c’entri tu con lei?”
“Ruhna come Jhea e tutte le entità al servizio di Ylma e Vesim, cioè Terra ed Acqua, hanno bisogno di noi esseri umani perché sono stati posti ad un livello inferiore a causa della loro Sielah…”
“Sielah? Che cos’è?”
“Se ho ben capito è un qualcosa simile a quello che noi consideriamo l’anima di una persona, una sorta di essenza vitale, capisci?” Lo guardò di nuovo, attimo dopo attimo qualcosa di profondo la stava invadendo. “L’acqua e la terra scendono verso il basso al contrario dell’aria e del fuoco che invece tendono a salire…. Guarda ad esempio la fiamma della lanterna.” Indicò la loro piccola fonte di luce. “Vedi che va verso l’alto?”
James era rimasto in un silenzio contemplativo, non c’era una filo di illogicità nelle sue parole.
“In pratica queste entità connesse alla Terra devono seguire un percorso di purificazione andando ad abitare nel corpo corruttibile, per dirla  a parole loro, di esseri umani predestinati.”
“E tu sei una di loro, giusto?”
“Sì. Ho in numeri esatti per tutto questo come aveva la mia prozia: siamo nate entrambe il venticinque marzo e se sommi le cifre che compongono tale data ottieni 107 come mi ha spiegato Heaven…anche se un po’ mi inquieta.”
“Ti ha detto anche che cosa significa il numero otto che ottieni sommando l’uno e il sette?”
“No.”
“L’otto è la morte e sta a delineare l’esatto momento del tuo ingresso definitivo a Neo Phaerd. Tuo zio ha tradotto gran parte di quelle carte che ti sono state lasciate in eredità ed è emerso che dovrai dedicare a loro tutta la vita senza permetterti distrazioni.”
Rifletté un attimo prima di riprendere la parola. “Non mi sembra una catastrofe, oltre tutto vivrò a lungo proprio come la prozia Jacqueline. Tu forse non la ricordi molto bene, ma posso assicurarti che era la serenità in persona e non dimostrava affatto l’età che aveva.”
“Però sapeva la data e l’ora esatta in cui sarebbe deceduta, non ti mette ansia questo pensiero?”
“Un po’ sì, lo ammetto…. Però in questo caso conoscerei anche cosa mi aspetta dopo la morte.”
James restò in silenzio osservandola e tentando di capire cosa poteva fare perché comprendesse che dedicando a loro tutta la sua vita, avrebbe dovuto rinunciare a tutto, ma proprio tutto, ed era ben chiaro che lei non ne era al corrente. Questo dettaglio non trascurabile comprendeva anche l’amore precludendogli la speranza di averla accanto per sempre con l’impensabile prospettiva di vederla appassire nella più totale solitudine fino al compimento del suo centosettesimo anno e centosette giorni. Aveva percepito anche una gran confusione nella sua testa: era piombata in camera sua scoppiando in lacrime e in preda alla paura, adesso sembrava tranquilla e serena. Forse quell’odioso l’aveva in qualche modo plagiata infiltrandosi nella sua mente?
Forse la meritava più di lui? Forse l’amava più di lui?
E lei? Quanto ne era ammaliata?
“Dimmi una cosa Rose… Lui ti ha baciata?”
La ragazza arrossì abbassando lo sguardo. “No.” Aveva scorto qualcosa negli occhi e nella voce di James. “Lo farà quando sarò Ruhna a tutti gli effetti, quando non resterà più niente di quella che sono adesso.” Istintivamente le loro mani si intrecciarono. “Non ho ancora deciso cosa fare, devo dargli una risposta fra dieci giorni e sette ore.”
“Quindi ancora c’è speranza…” Credeva di averlo solo pensato, invece lo aveva pronunciato in modo piuttosto distinto.
“In che senso?”
La fissava incessantemente.
Nel senso che se quello ti costringe a fare una vita da eremita, senza amore, senza sogni, senza la minima emozione, io lo ammazzo con le mie stesse mani. Non posso neanche lontanamente pensare di stare a guardarti rinchiusa in una vecchia villa ad appassire come un fiore dimenticato mentre io brucio di amore per te. Come puoi chiedermi di vivere tutta la vita sapendo che mai e poi mai potrò godere di nuovo del calore di un tuo abbraccio, della luce dei tuoi occhi, del melodioso suono della tua voce perché quel maledetto egoista ti vuole tutta per sé fra quasi un secolo? Forse non sarò mai degno di te, forse non posso competere con lui perché mi sorpassa in tutto e per tutto, forse non sarò io quello che ti farà battere forte il cuore, forse ci sarà un altro migliore di me in questa vita… Ma ti scongiuro mia adorata Rose, non ingabbiarti con quel bastardo, ti prego!
“Beh? Hai perso la parola?”
La sua mente era stata invasa da quella inquietante prospettiva che lo aveva bloccato. Scosse la testa per qualche secondo. “Scusa, pensavo ad un'altra cosa.” Si alzò raggiungendo la finestra, scostò la tenda e si mise ad osservare il cielo stellato.
“James, stai bene?” Gli poggiò la mano sulla spalla accarezzandolo dolcemente.
“Sì, sto bene, non preoccuparti.” Mentiva e lo sapeva bene. “Forse è meglio se torni nella tua stanza, qualcuno vedendoti qui potrebbe pensare male.” Si stropicciò il viso ricacciando dentro le lacrime che si stavano affacciando ai suoi occhi.
Si lasciò sfuggire un sorriso. “Scusa, hai ragione. Ho pure disturbato il tuo riposo.”
“No affatto, anzi…. Mi ha fatto piacere vederti.” Questa era la pura verità.
“Grazie. Grazie per avermi ascoltata, adesso mi sento meglio.”
Si avviò verso la porta a testa bassa, si voltò per un attimo a guardarlo prima di uscire e con passo felpato tornò nella sua camera.
 
James era rimasto immobile davanti alla finestra con gli occhi fissi sul manto di stelle che rischiarava la notte. E meditava su quanto Rose aveva detto.
Il sonno se n’era andato via già da un bel po’ per cui l’idea di ritornare a letto non gli sfiorò la mente, preferì restarsene lì in piedi presso quel vetro che lo divideva dall’esterno, preferiva di gran lunga stare a contare le stelle che brillavano come diamanti sperando che un segnale potesse aiutarlo a districare quella matassa che gli stava stritolando cuore ed anima.
Lassù fra quelle stelle i suoi occhi tristi vedevano lei, solo e soltanto lei.
Le aveva giurato difesa e protezione da quel bastardo che la pretendeva in esclusiva, in un modo o nell’altro avrebbe onorato questo giuramento. Rose non aveva ancora deciso cosa fare, c’erano dieci giorni per desisterla dall’affidarsi completamente a loro e trasformarsi in un’eremita solitaria fino alla morte.
Guardò di nuovo le stelle fissando lo sguardo su quella che brillava poco sopra l’est: ed ebbe l’idea. Heaven non l’aveva baciata pur avendole promesso mari e monti dopo la morte. Da come Rose ne aveva parlato quel bacio negato lo desiderava moltissimo, forse perché sarebbe stato il primo.
Che quel bellimbusto non fosse innamorato di lei?
Era una possibilità concreta: riflettendo bene su tutti gli avvenimenti connessi a Neo Phaerd osservò che oltre ai numeri, l’unico filo conduttore che poteva legare ogni cosa era il concetto di perfezione, il cui significato riportava al dieci che era ottenuto dalla somma dei primi quattro numeri, quattro come i Sacri Elementi e i Grandi Guardiani. Tutto filava.
Loro ricercano la perfezione che in quanto tale esclude categoricamente qualsiasi sentimento, emozione o sensazione!” Le sue labbra si piegarono in un sorriso poiché forse aveva trovato una possibile via da percorrere per non lasciare Rose nelle mani di quegli esseri perfetti ma senza cuore.
Rose sognava l’amore, l’aveva capito dalle sue parole e lui era pronto ad offrirle tutto il sentimento provato dal suo cuore. Forse non sarebbe stato lui l’uomo della sua vita ma era un rischio che doveva correre, doveva farle comprendere che non valeva la pena rinchiudersi in solitudine nella prospettiva di una vita post mortem perfetta ma arida di sentimenti. La vita attuale era ciò che poteva offrirle emozioni a non finire, non doveva gettarla via dietro le promesse di un bastardo dalla faccia d’angelo.
La prima mossa da fare spettava a lui: aprirle il suo cuore e dirle tutto.
Non poteva attendere oltre, il tempo stringeva e la posta in gioco era troppo alta.
Non appena il nuovo giorno fosse spuntato, l’avrebbe cercata e si sarebbe dichiarato.
 
 
 
Il sole era sorto ed i suoi raggi filtravano a fatica dalle grandi finestre situate al piano terra. Stranamente non c’era la nebbia, solo una leggera foschia che abbracciava tutta la campagna circostante impedendo tuttavia di scorgere i tetti della vicina Londra. James fece il suo ingresso nella sala in cui stavano servendo la colazione dove trovò solo Albert.
“Buongiorno. Dormito bene?”
“Buongiorno a voi…. Sapete dov’è Rose? Devo parlarle….”
“E’ fuori con sua madre ed Helen, devono andare in città. E’ forse successo qualcosa?”
“Diciamo di sì, ma ve ne parlerò più tardi…. Scusatemi.” Si congedò frettolosamente e raggiunse le tre donne nel piazzale antistante l’abitazione.
Non appena lo vide, Rose regalò a James un luminoso sorriso che scaldò il cuore ai giovane. “Ben alzato…. Come ti senti?”
“Bene, grazie.” Raccolse il coraggio. “Devo parlarti Rose, puoi concedermi qualche minuto?”
 
 
 
 



Buon venerdì a tutti!
 
Sono quasi sicura che qualcuno si aspettava qualcosa di più, tipo baci o carezze… Spero non me ne vogliate se ancora i due non si sono sciolti, è ancora presto e comunque ricordatevi che Heaven è sempre in agguato. Avete notato che ogni qual volta Rose si avvicina un po’ troppo a James accade puntualmente qualcosa? Lei è molto confusa sul da farsi, lui invece ha le idee ben chiare.
Riuscirà a dichiararsi?
 
Grazie mille a tutti voi che seguite ancora la storia, in particolare a chi commenta puntualmente.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Sognando l'abito bianco ***


 

Image and video hosting by TinyPic
“Rose, sbrigati per favore!”
La ragazza sospirò. “Perdonami James, devo andare altrimenti mia madre e mia sorella mi uccidono. Helen deve ultimare le prove dell’abito da sposa, io e mia madre dobbiamo ancora scegliere il nostro abito per la cerimonia.” Scorse delusione negli occhi del giovane. “Appena mi sono liberata di loro, passo dalla tua libreria, così parliamo. D’accordo?”
“Capisco….” Le sfiorò la mano. “Non ti preoccupare, ci vediamo in un altro momento.”
“Rose, allora?! Vuoi farmi arrivare i ritardo?!”
Alzò gli occhi al cielo. “Scusami, devo andare.”
Si congedò di malavoglia assecondando i pressanti richiami di sua sorella, salì sul calesse e partì.
James restò immobile a guardare la nuvola di polvere dissolversi lentamente nell’aria prima di rassegnarsi a tornare a casa sua con le mani in tasca e l’umore sotto terra.
 
Passeggiando per le strade della periferia londinese James pensava a quanto era accaduto nelle ultime settimane: quando era venuto a conoscenza del mistero legato alla scomparsa di miss McEvans aveva fatto carte false per sbirciare fra quelle righe e solo grazie all’intercessione di Albert ed un suo passo falso, aveva convinto Rose a parlare. Credeva di divertirsi alle spalle della ragazza, ma era uscito fuori un gran bel rompicapo che lo aveva messo a dura prova, facendo però emergere tutta la sua intelligenza nell’interpretare correttamente il significato dei numeri. Era possibile che questo particolare avesse colpito la ragazza dato che pian piano si era aperta e confidata con lui, lui farfallone incallito che giorno dopo giorno era rimasto affascinato dalla sua determinazione, dal suo essere così fuori dal comune e dal  suo voler apparire forte ed orgogliosa mentre quando meno se lo aspettava, cercava conforto e protezione fra le sue braccia. Era ben deciso ad andare in fondo a tutta questa faccenda dei Guardiani degli Elementi, non poteva permettere loro di portargli via l’amore della sua vita.
Immerso in questi pensieri raggiunse i locali in cui da quasi un secolo la sua famiglia aveva tirato su la tipografia e la libreria che fin da piccolo lo avevano viaggiare con la fantasia.
Aprì la porta ed entrò, immergendosi nella sua consueta quotidianità.
 
 
Nel frattempo Rose con la madre e la sorella era alle prese con gli abiti per la cerimonia nuziale che si sarebbe svolta fra poco meno di tre settimane.
“Allora? Che ve ne pare?” Helen era radiosa, quell’abito candido fasciava la sua esile silouhette rendendola assolutamente deliziosa. Portava un bustino che le regalava un vitino da vespa tutto decorato con pizzo bianco aprendosi poi in un trionfo di pieghe e ricami preziosi.
“Sei un incanto!” La signora Catherine era entusiasta, tanto più che quel matrimonio con un partito come mr.Greenwood era quanto di meglio potesse sperare per la figlia. Era infatti il figlio di uno dei più illustri luminari della medicina le cui finanze erano piuttosto floride, tanto più che era uno dei pochi possessori delle futuristiche automobili.
“Sorellina, vieni qua per favore.”  Rose sorrise alla sorella i cui occhi brillavano ogni giorno di più ed il sorriso non era mai stato così luminoso come negli ultimi tempi, la raggiunse mettendosi di fianco a lei di fronte al grande specchio della sartoria. “Secondo te mi fascia troppo la vita?”
“Ti sta d’incanto… Magari avessi la tua silouhette!”
“Ma dai, Rose! Sai benissimo anche tu quanto sei affascinante!”
La ragazza la guardò non troppo convinta di quanto affermato.
“Non fare quella faccia contrariata, sai benissimo a cosa mi riferisco.”
Silenzio.
“Che mi dici di James Bradley?”
Il suono di quelle due parole sussurratele a bassa voce provocò un violento incendio all’interno della ragazza. “Che devo dirti? Niente di niente!”
“Ah, ma dai! Ultimamente ti gira un po’ troppo intorno. Non è che fra un po’ devi tornare qua ad acquistare il tuo abito da sposa?”
“Ti prego Helen!! Sii seria!” Figuriamoci se poteva pensare al matrimonio con tutti i problemi che aveva nella mente! “Potrei pure decidere di restare zitella come la prozia Jacqueline! ….anzi, non sarebbe poi tanto male.”
“Tu dici?” Si aggiustò leggermente  il colletto. “Quando incontrerai l’amore vero cambierai idea, fidati. Quando non puoi fare a meno di pensare a lui in ogni momento della tua giornata significa che lo ami più di te stessa e saresti disposta a tutto pur di averlo al tuo fianco.”
Restò in silenzio meditando sulle parole della sorella: da quando si era fidanzata aveva notato un profondo cambiamento in lei, parlava in modo più maturo e saggio rispetto a prima. Poi i suoi occhi caddero di nuovo sul vestito indossato sa Helen. Sin da quando era bambina sognava l’abito bianco, quando giocava con le bambole finiva spesso per inscenare il matrimonio della bella principessa con il suo adorato principe azzurro. Alla luce degli ultimi avvenimenti invece una gran confusione campeggiava nella sua testa, le rubava quella spensieratezza e capacità di sognare ad occhi aperti come l’abito nuziale era in grado di regalarle fino a poco tempo prima.
Pensava ad Heaven?
Pensava a James?
La lotta era piuttosto difficile perché uno quasi la tormentava incessantemente pur di averla accanto a sé, facendole intendere di nutrire un interesse smisurato nei suoi confronti; l’altro se da un lato si era presentato come un grande impiccione, ora le appariva l’unico vero rifugio sicuro su cui fare affidamento. Uno era bello oltre ogni umana immaginazione e la stava invitando a migliorarsi per raggiungere la sua perfezione; l’altro era belloccio, sì, ogni tanto la prendeva in giro, le stava spesso addosso preoccupandosi per lei, ma ogni volta che aveva bisogno di conforto e protezione c’era sempre.
Sospirò profondamente: era confusa su entrambi i ragazzi. Doveva prendere una decisione nel giro di dieci giorni, una decisione che avrebbe segnato in modo indelebile tutto il resto della sua esistenza.
 
“Chiedo scusa Mrs Elliott…” La madre si avvicinò alle figlie e alla sarta. “Non credete che manchi qualcosa all’abito di Helen?” Si mise dietro la ragazza. “Suggerirei dei fili di perle, sono di gran moda in questi anni e dunque mi piacerebbe vederne, che so, una decina al collo, altre perle sul diadema che sostiene il velo… e poi ai polsi, magari cucite sui guanti e….”
“Mamma, vi prego!” Helen riuscì a mettere a tacere la madre che quando parlava di gioielli perdeva quasi la lucidità. “Non voglio somigliare ad una bambola di porcellana!”
“Beh? Che ci sarebbe di male! Rose, dillo a tua sorella!”  
Rose invece non rispose, si era messa in disparte osservando con occhi sognanti quei capi di alta sartoria, immaginando come sarebbe stato bello indossarli, sentirsi amata ed apprezzata approssimandosi all’altare per vivere quella favola e….
“Rose!” Il richiamo della madre la riportò coi piedi per terra in un lampo.
“Scusate….” Rispose con un filo di voce. “Stavo solo dando un’occhiata…”
“Oh, cielo… E’ vero, devi ancora scegliere il tuo abito per la cerimonia. Fa’vedere.”
La ragazza temeva che la madre le imponesse un qualche vestito modello meringa, tutto vaporoso e pieno di merletti, una cosa diametralmente opposta ai suoi gusti in fatto di abbigliamento, perciò afferrò la gonna del primo capo che le si parò davanti. “Posso provare questo, Mrs Elliott?”
“Vostra figlia ha un buon occhio, quello è uno dei modelli più in voga. Puoi andare nella stanza là dietro, cara.”
Al suono di quelle parole Catherine non obiettò e permise a Rose di allontanarsi con quell’abito. La ragazza lo indossò rapidamente e con grande emozione: era di un tenue color pesca, con un colletto adornato da piccoli ricami floreali. La vita era fasciata da un’elegante cintura in raso e la gonna scendeva giù allargandosi fino alle caviglie.  Qualcuno le aveva suggerito spesso di non soffermarsi sull’aspetto esteriore perché l’abito non fa il monaco, ma in quella circostanza non aveva alcun valore: rimirandosi nello specchio stentava a riconoscersi! Quell’abito la faceva sentire una principessa pronta per fare il suo ingresso nella sala da ballo del palazzo reale, dove un affascinante principe stava ad attenderla con il sorriso sulle labbra.
E questo romantico pensiero guidò la sua mente fino a James.
Come avrebbe reagito nel vederla vestita a quel modo?
Quanto sarebbe stato bello se l’avesse invitata a ballare, a volteggiare fra le sue braccia?
Vide le sue guance tingersi di un delicato rosso accompagnato da una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Come se non bastasse si portò una mano sul cuore che batteva sempre più forte con il respiro che si faceva attimo dopo attimo maggiormente intenso.
Bastava il solo pensiero di James a farla sentire in quel modo?
Se Helen lo avesse invitato alle nozze?
E se durante il ricevimento mr Bradley l’avesse invitata a ballare?
Come si sarebbe dovuta comportare?
Si guardò nello specchio: il suo animo romantico e sognatore l’aveva tradita perché negli occhi brillavano miriadi di stelle e le sue labbra erano piegate in uno strano sorriso.
Si era forse innamorata?
 
Rose.
Silenzio.
Rose, svegliati dal tuo torpore.
Ancora silenzio.
A quel punto una mano uscì dallo specchio, produsse una leggera corrente di aria che invase la ragazza facendola tornare alla realtà. Fu di nuovo padrona dei sensi e guardando davanti a lei, vide Heaven nello specchio.
“Ben svegliata, mia cara.”
Spalancò gli occhi incredula. “Mi segui anche qui?!”
“Volevo vedere i maldestri tentativi dei mortali corruttibili di migliorarsi.”
Simpatico…. “Questo non giustifica che tu ti intrufoli nella mia esistenza in questo modo!”
“Considerando tutto non sei male con quella stoffa cucita addosso, è un bene che ci sia io a farti raggiungere ciò che meriti.”
“Come, prego?”
“Manca poco all’inizio del cammino, dieci giorni a partire da oggi e poi tutto prenderà la giusta via.”
“Dai per scontato il mio benestare.....” Incrociò le braccia mostrando il suo palese disappunto.
“Si può forse rifiutare la perfezione?”
“Dipende: il concetto di perfezione per me è soggettivo.”
Heaven alzò il sopracciglio destro, non si aspettava risposte così schiette da parte sua. “Ascoltami bene, da adesso fino al momento prestabilito io non ti cercherò più tranne in caso di grossi rischi.”
“Che genere di rischi?” Aveva un po’ di paura, da lui c’era da aspettarsi di tutto.
“Non devi avere interferenze esterne, devi essere solo tu a riflettere e a decidere in piena libertà. Il cammino che dovrai percorrere per diventare Ruhna spetta a te soltanto e non è il caso che tu ti faccia influenzare da chi ti è vicino. Prendi questa pergamena…” Fece uscire dallo specchio un rotolo di carta avvolto in una nube celeste che si dissolse solo quando Rose lo sfiorò con la punta delle dita. “Qua c’è scritto ciò che dovrai fare in questi dieci giorni che ci separano dal momento del tuo ingresso parziale in Neo Phaerd: leggi bene ogni cosa perché questo sarà anche il percorso che dovrai seguire per tutta la durata della tua vita da terrestre mortale.”
“Senti Heaven, io ti ringrazio però….”
“Sssh. Non dire altro potresti prendere decisioni affrettate. Fa’ tuo il tesoro contenuto nella pergamena e non  desidererai altro. Non puoi preferire l’imperfezione alla perfezione.”
Dette queste ultime parole, Heaven scomparve, lasciando la ragazza con in mano quel rotolo e la testa piena di interrogativi. Restò per qualche secondo immobile, poi osservò ciò che le aveva consegnato il ragazzo dagli occhi del cielo e si decise a sbirciare dentro la pergamena: vi trovò i numeri messi in ordine crescente dall’uno al dieci, accanto ad ognuno di essi c’era scritto qualcosa con i caratteri del loro alfabeto.
“Rose, ti sei addormentata?”
La ragazza si voltò richiudendo in tutta fretta il rotolo, vide sua sorella affacciarsi alla porta. “No, sono sveglia.” Sorrise. “E’ solo che…. Ho qualche difficoltà con questi abiti così eleganti e….”
“Potevi chiamare me o la mamma, ti avremmo aiutata.” Si avvicinò. “Stai d’incanto, credimi! Se mr Bradley ti vedesse così, lo faresti uscire di testa.”
“Ti prego Helen!!”
Rise. “Sto scherzando, rilassati! Comunque avrei intenzione di invitarlo al mio matrimonio, in fin dei conti siamo in ottimi rapporti di amicizia.” Sistemò per bene le maniche dell’abito della sorella. “E comunque sono del parere che formereste una bella coppia.”
Quella volta non rispose, in cuor suo sapeva che era ciò che desiderava. E forse lo sapeva anche Heaven visto che ogni qual volta il suo pensiero si focalizzava su James, lui compariva dal nulla, aveva la quasi certezza che lo facesse di proposito.
 
Uscì dalla sartoria con la madre e la sorella dopo aver definito tutti i dettagli circa gli abiti per la cerimonia, aveva nascosto la pergamena nella borsetta e si congedò rapidamente in quanto non desiderava altro che raggiungere James nella sua libreria/tipografia per mostrargli la pergamena e scoprire ciò che voleva dirle quella mattina.
 
 
 
 



 
 
Ciao a tutti e benvenuti al nostro consueto appuntamento del venerdì.
 
Confesso di non essere particolarmente convinta del capitolo, infatti ho impiegato più tempo del normale a scriverlo e riscriverlo.
Fra un pensiero romanico e l’altro, adesso spunta una pergamena dal contenuto misterioso. Non trovate che Heaven, per quanto figo, sia un po’ troppo impiccione?
 
Ringrazio chiunque voglia commentare, in particolare eppy, indeedofthem, Emmastory e nephylim88, invitandovi di nuovo a dare un’occhiata alle loro storie.
 
Alla prossima settimana!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
 
 
 
 
 
 
 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Orgoglio ***


 
Image and video hosting by TinyPic

 
 
Stava camminando a passo svelto, con il cuore che le batteva sempre più forte man mano che la meta prefissata si faceva più vicina. Ed eccola finalmente: Bradley’s. L’insegna troneggiava sull’ingresso della libreria che sembrava piuttosto affollata di clienti. Rose spinse la porta ed entrò, andando con lo sguardo subito alla ricerca di James: c’erano alcuni signori molto eleganti intenti a consultare testi scientifici, due clienti un po’ in là con gli anni, un paio di ragazzini ed un gruppetto di ragazze tutte raccolte in un angolo che parevano molto interessate. Rose abbozzò un sorriso, era evidente che gli affari per la famiglia Bradley andavano a gonfie vele, ma quel sorriso si spense in un lampo non appena riconobbe proprio James al centro di quel gruppetto di fanciulle dalla voce stridula e odiosa. Sembrava assecondarle ben felice di ricevere ed elargire complimenti allo stuolo femminile che gli svolazzava attorno. Fra un sorrisetto ammiccante e l’altro James ebbe l’accortezza di alzare la testa e rendersi conto della presenza di Rose all’interno del locale che lo stava osservando con un’espressione non troppo entusiasta.
Si sarebbe preso a sberle se solo ne avesse avuto l’opportunità….
Senza dire una misera parola, Rose girò sui tacchi e si avviò verso l’uscita non curandosi dei richiami del ragazzo che non perse tempo e si precipitò a rincorrerla.
“Rose! Aspettami per favore! Lascia che ti spieghi, non è come credi!” L’afferrò per una mano con la dovuta delicatezza dopo una breve rincorsa.
“Lo so, stavi lavorando, l’ho visto molto bene.” Era fortemente scocciata.
“Voltati per favore.”
Diede ascolto alle sue parole e lo fissò negli occhi, attorno ai quali ancora vedeva i segni dell’incidente del giorno prima. “Che c’è?”
“Perché sei fuggita via in questo modo?”
“Stavi al lavoro ed eri visibilmente impegnato con una deliziosa schiera di clienti che pendevano dalle tue labbra. Cosa stavi raccontando loro? Il tuo ultimo incontro con i marziani? O le tue mirabolanti avventure alla ricerca dell’El Dorado?”
Sospirò sorridendo. “Parli come se fossi gelosa marcia….”
La ragazza avvertì un terremoto devastarle l’interno. “Io gelosa?! Ma per favore!” Incrociò le braccia e girò la testa di lato per non fargli notare che le sue guance stavano pian piano esplodendo. Era gelosa eccome….
“E allora?”
“Ero venuta da te per mostrarti una cosa che mi ha dato Heaven, ma ne parlerò con mio zio che potrà darmi udienza ben prima di te.” Gli lanciò un’occhiataccia. “Ora torna pure dalle tue clienti affezionate.”
Le bloccò la fuga stringendole la mano attorno al polso. “Che ti ha dato quello sciagurato?” Nei suoi occhi c’era fermezza e determinazione: il suono del nome di colui che voleva portargliela via aveva risvegliato la rabbia che credeva assopita.
“Ho una pergamena su cui stanno scritte cose che devo decifrare, mio zio mi sarà di aiuto, per cui ti prego di lasciarmi andare da lui alla svelta.”
“Rose….”
“Se e quando sarai libero, mi torvi da mio zio. Ora torna pure al tuo lavoro.”
Si dileguò liberando dalla sua presa prima che il ragazzo potesse controbattere, lasciandolo lì solo a qualche decina di metri dall’ingresso della libreria. Non si voltò a guardarlo, preferì tirare dritto a testa alta maledicendosi per la reazione avuta nel vederlo al centro delle attenzioni di quelle ragazze. Perché quella situazione l’aveva infastidita così tanto? Perché non aveva tenuto la lingua a freno poco fa? Erano tutte domande dalla semplice ed ovvia risposta che voleva assolutamente tenere nascosta, specie al diretto interessato.
 
Raggiunse il cottage dello zio piuttosto rapidamente, entrò e salutò il parente con la consueta cordialità.
“Cara nipote mia, non immagini quanto sia felice di vederti in forma quest’oggi!” Abbracciò la ragazza sorridendo. “Ieri ci hai fatti preoccupare tantissimo.”
Abbassò gli occhi sciogliendo l’abbraccio. “Mi dispiace, mi dispiace davvero… Non pensavo accadesse ciò che è accaduto.”
“L’importante è che adesso tu stia bene.”
Annuì con la testa. “Perdonatemi se vengo subito al motivo della mia visita, ma c’è qualcosa di molto importante che vorrei mostrarvi.” Estrasse dalla borsetta la pergamena. “L’ho ricevuta da Heaven poco fa ed ho bisogno del vostro aiuto per capire cosa c’è scritto.”
L’uomo afferrò e srotolò quel pezzo di carta: riconobbe i numeri da uno a dieci con accanto una brevissima frase scritta in lingua Neo-Phaerdiana. Osservò con attenzione e si mise seduto al tavolo. “Sembrano quasi dei comandamenti.”
“Sì, in un certo senso è così. Heaven mi ha comunicato che qua stanno scritte le linee guida che dovrò seguire nei prossimi dieci giorni al termine dei quali sarò obbligata a prendere la decisione in merito alla proposta di diventare la sua sposa celeste accogliendo in me Ruhna. Se ho ben capito in questa pergamena c’è anche tutto il percorso che sarò tenuta a seguire per tutta la mia vita, ma ho bisogno del vostro aiuto per capire cosa c’è scritto.”
“Mhm, capisco.” Rifletté un attimo in silenzio. “Io posso tradurre nella nostra lingua, però per interpretare correttamente i numeri tentando di capire se c’è un collegamento fra essi e quanto scritto accanto ad ogni cifra ritengo sia più indicato James. Gliene hai parlato?”
Automaticamente nella sua mente apparve la scena vista poco prima nella libreria, cioè il ragazzo circondato da ammiratrici adoranti. “Oh, mr Bradley era impegnato al lavoro con una consistente schiera di clienti e non aveva tempo per me.”
Da come si era espressa la ragazza, Albert comprese al volo che si trattava di clienti femminili e si lasciò sfuggire un sorriso. “Va bene, ho capito.” Prese il foglio su cui aveva riportato la traduzione dell’alfabeto.  “Coraggio, diamoci da fare e vediamo cosa c’è scritto.”
In breve l’uomo riuscì a riportare in caratteri conosciuti il contenuto della pergamena che provvide a scrivere in modo chiaro e leggibile su un foglio di carta.
 
A te, eletta fra i mortali corruttibili, è dato l’esclusivo privilegio di percorrere il cammino verso la perfezione propria di Neo Phaerd, luogo in cui il Cielo e la Terra peregrinano in eterno equilibrio senza macchia. A te, che presto sarai al servizio dell’onorabile Ylma detentrice del Sacro Elemento della Terra, spetta ora renderti degna dell’alto onore che il Destino ti ha riservato.
 
1  L’Uno sarà il Principio della tua esistenza, sboccia la vita nel modo inferiore.
 
2 Il Due dovrà separarti da ciò che è impuro ed imperfetto.
 
3 Il Tre quale simbolo divino sarà per te fonte di energia ed armonia.
 
4 Il Quattro ti permetterà di incontrare la perfezione dei Sacri Elementi.
 
5 Il Cinque spalancherà la tua mente inferiore sull’universalità di ciò che sarai.
 
6 Il Sei ti donerà l’equilibrio perfetto fra il Cielo e la Terra.
 
7 Il Sette ti colmerà di perfezione, essendo espressione privilegiata fra Divino e Umano.
 
8 L’Otto è la morte, tutto quello che fin ora sei stata dovrà essere cancellato per l’eternità.
 
9 Il Nove simboleggerà la tua rinascita alla nuova vita che ti attende.
 
10 Il Dieci infine sarà il raggiungimento della Perfezione, annullando nel contempo ciò che resta della vecchia te stessa.
 
 
Percorri con fiducia il cammino che ti si presenta e non avvertirai mai più alcun desiderio effimero, come effimero è tutto ciò che ora ti accompagna nell’inutile esistenza.
 
 
 
Rose non sapeva cosa fare né cosa dire.
Ciò che aveva appena appreso le metteva un senso di inquietudine senza precedenti. Non era ben chiaro ciò che era scritto in quel foglio, sicuramente doveva essere interpretato, ma l’unica cosa che era certa di aver capito consisteva nel fatto che doveva isolarsi dal resto del mondo.
“Tu sai cosa significa tutta questa roba?”
Rose guardò lo zio che l’aveva quasi destata dal torpore con quella breve domanda, c’era qualcosa di indefinibile negli occhi di entrambi.
“Heaven non mi contatterà più fino al momento in cui dovrò presentarmi al Portale per Neo Phaerd…. Ha detto che non devo farmi influenzare da niente e da nessuno perché la decisione finale spetta a me. Ma non so altro.”
Seguì il silenzio.
La ragazza prese di nuovo fra le mani il foglio su cui lo zio aveva trascritto quella sorta di decalogo neo phaerdiano. Rilesse con attenzione ogni singolo punto e man mano che i suoi occhi scivolavano su quei segni di inchiostro nero l’ansia si impadroniva del suo essere. Era un’enorme decisione che avrebbe segnato la sua intera esistenza, senza la possibilità di ripensamenti. E doveva prenderla nel giro di soli dieci giorni.
“Se solo potessi parlare con la prozia Jacqueline…” Sentì gli occhi riempirsi di lacrime. “Lei ha fatto la sua scelta e forse potrebbe essermi di grande aiuto.”
“La zia adesso è Jhea, si è mostrata alquanto altezzosa e sta facendo di tutto per convincerti a seguire la loro strada.”
“No zio, io vorrei poter conversare di nuovo con quella che era prima della sua dipartita. Vorrei solo capire sulla base di cosa ha scelto Himmel….”
Seguì un breve attimo di silenzio interrotto improvvisamente da James che irruppe nella veranda come una folata di vento tempestoso.
“Oh, mr Bradley, sei in pausa dal lavoro?” Così la ragazza lo salutò non appena le si fece vicino.
“Esatto, sono in pausa se è così che la metti.” Si sedette dopo aver salutato il padrone di casa.  “Che c’è di nuovo?”
Rose sbatté sul tavolo la pergamena di Heaven e la traduzione, tali carte furono subito ispezionate dal ragazzo che lesse con grande attenzione quanto vi era riportato. Piegò l’angolo destro della bocca in un sorriso . “Sul fatto che conoscano e si basino esclusivamente sui numeri ed il loro significato non c’è alcun dubbio.”
“Bene, ora che hai letto quello che volevi, sei soddisfatto o hai bisogno di altri dettagli?” Si impossessò di nuovo di quelle carte in modo abbastanza brusco, era evidente che ancora qualcosa le impediva di mostrarsi serena ai suoi occhi. Si alzò da sedere avvicinandosi all’uscita. “Vedrò di trovare da sola la giusta chiave di lettura. Signori, vi auguro una piacevole giornata.”
“Fermati Rose!” La voce imperiosa dello zio la bloccò all’istante, la ragazza si irrigidì all’istante perché mai prima di allora il parente le si era rivolto con quel tono. “Basta fare i capricci come una bambina piccola!” Attese che la nipote si voltasse a guardarlo. “Forse tu non ti rendi conto della situazione che stai attraversando, forse non hai ben capito i rischi che corri! Non puoi prendere una decisione avventata solo perché il tuo orgoglio non ti permette di accettare l’aiuto mio e di James. Mettilo da parte una buona volta e dimentica il suo lato da latin lover, hai già dimenticato tutto quello che ci ha permesso di scoprire?”
Era forse la prima volta che lo zio Albert si rivolgeva a lei con quel tono di voce, questo poteva davvero significare che c’era un grave pericolo da cui doversi ben guardare. Nonostante ciò la ragazza rimase estremamente turbata dalle sue parole poiché sentiva che un fondo di verità c’era. Un attimo prima dell’arrivo di James infatti era piuttosto confusa e titubante nei confronti di quanto riportato nella pergamena, ma come il ragazzo si presentò a loro, fu colta da un’improvvisa rabbia che l’aveva portata ad agire d’istinto.
Guardò James che non si era mosso di un millimetro, aveva sempre gli occhi incollati su di lei ed erano profondi come due pozzi dei quali non si scorge il fondo. Sembravano volerle dire tante di quelle cose da non sapere da dove iniziare, lui l’aveva ascoltata quando ne aveva avuto bisogno, l’aveva accolta e confortata….Insomma, James c’era sempre per lei e lei invece lo cercava solo per necessità pretendendo la massima disponibilità da parte sua, senza accettare quel suo lato incline ad adulare persone di sesso femminile.
Le costava tantissimo tornare a sedersi attorno a quel tavolo, forse più di ogni altra cosa vissuta fino ad allora, sentiva una gran rabbia roderle lo stomaco e fece sforzi al limite delle sue capacità per ricacciare dentro le lacrime che stavano per sgorgarle dagli occhi. Poggiò di nuovo quei pezzi di carta sul tavolo mettendoli come prima a disposizione dello zio e di James, aspettando in totale silenzio quella che poteva essere l’esatta interpretazione di quanto scritto sulla pergamena.
 
 




Buon venerdì a tutti! : )
 
Ringraziare voi che seguite regolarmente, in particolare VOI che recensite con puntualità,  potrà sembrare scontato e ripetitivo ma credetemi, per me significa tantissimo. *_* I love you!
 
Allora…. Abbiamo visto cosa contiene la famosa pergamena e forse un’idea del suo significato ve la state già facendo. Rose è confusa leggendo quelle frasi, ma è anche gelosa e questo è un punto a favore di James che farà felici tutte le sue “tifose”.
Mancano forse tre capitoli al finale, vi chiedo ancora un po’ di pazienza ringraziandovi di nuovo di tutto il sostegno dimostratomi.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Rivelazioni ed incontri ***



 
 
Image and video hosting by TinyPic

 
James prese con calma e delicatezza quel foglio, ne rilesse mentalmente ed attentamente il contenuto, notando che Rose teneva la testa bassa forse vergognandosi di quanto accaduto poco prima. Albert invece si stava occupando di ravvivare il fuoco della stufa, anch’egli si sentiva un po’ in colpa per il modo in cui si era rivolto alla nipote, ma conoscendo bene tutti i retroscena non aveva avuto scelta.
Il silenzio pareva interminabile, era carico di tensione e nervosismo.
“Rose, fa’ molta attenzione a quanto sto per dirti: non è una cosa troppo semplice, tuttavia so che hai le capacità per comprendere tutto quanto senza difficoltà.” Queste parole furono sussurrate da James in modo calmo e pacato, un piccolo tentativo di calmare le acque. Albert riprese il suo posto attendendo di conoscere ciò che la brillante mente del ragazzo era riuscita a tirare fuori da quei discorsi apparentemente astratti.
“In questi dieci punti c’è il percorso che dovrai seguire durante tutta la tua esistenza se deciderai di dedicarla a loro. Non puoi permetterti distrazioni di nessun genere, dovrai solo concentrarti sul cammino esoterico che ti condurrà a quello che loro vogliono, cioè la perfezione.” Attese un attimo prima di proseguire. “Questa sorta di decalogo inizia con l’Uno che incarna la parte iniziale della tua vita fino al compimento della prima decina di anni: è il principio di tutto, così come ogni storia della creazione fa riferimento all’unità come origine del mondo e dell’universo.  Hai già attraversato questa fase pur senza rendertene conto, ma adesso fai attenzione perché il Due riguarda gli anni che stai attraversando adesso.” Un brivido percorse la schiena della ragazza i cui occhi impauriti erano fissi su James che appariva come un profeta.
“Come già sai, il Due è separazione, la sua stessa forma riporta un percorso di abbandono dei beni materiali, raffigurata dalla linea retta alla base del numero, a cui segue l’altra linea curva che si innalza verso l’alto, cioè verso la spiritualità. Questo significa che entro il compimento della tua seconda decina di anni dovrai separarti da tutto quello che fin ora ti ha circondato, rinnegando quasi completamente tutti i tuoi affetti, i tuoi interessi, le tue passioni…. Tutto insomma.” Vide la ragazza sbiancare, ma non se ne curò più di tanto. Non doveva compatirla, anzi, doveva tenere saldi i nervi ed il cuore per farle capire a cosa stesse andando incontro. “Il Tre, cioè il compimento delle tre decine ti fornirà energia ed armonia: il Tre è il numero perfetto per eccellenza in quanto unisce di nuovo ciò che il Due separa. Pensa alla forma del triangolo: i due punti in basso distanti l’uno dall’altro si riuniscono in un punto posto più in alto e sta a simboleggiare il raggiungimento di una dimensione superiore e in quanto tale migliore. Poi viene il Quattro come i Sacri Elementi ed i loro Guardiani a cui i Neo Phaerdiani sono soggetti. Tutto fa presagire che al compimento della quarta decina incontrerai queste entità per la prima volta e Ruhna inizierà pian piano a prendere vita nel tuo corpo annullando gradualmente l’identità di Rose. Esistono dei riti molto particolari connessi alla numerologia, all’esoterismo e qua credo ce ne siano molti proprio perché il Quattro è connesso ai Sacri Elementi e ai Punti Cardinali, quindi non escludo tu debba sottoporti ad un qualche rito di iniziazione.”
Si fermò un istante, il respiro della ragazza si era intensificato sensibilmente man mano che andava avanti con l’interpretazione della pergamena.
“Scusate, ho bisogno di un po’ di aria fresca.” Rose, visibilmente scossa, si alzò da tavola ed uscì nel piccolo porticato all’ingresso della casa. Volse lo sguardo al cielo che iniziava a tingersi dei colori della notte, non si curava minimamente della temperatura gelata che la circondava, respirava quell’aria pungente a pieni polmoni nel mero tentativo di metabolizzare quanto appreso.
All’interno dell’abitazione intanto James ed Albert non avevano pronunciato alcuna parola. Gli occhi del giovane erano fissi su quelle parole che stava interpretando, era sicuro di ciò che aveva detto e di ciò che ancora restava da rivelare.
“Quanto manca a quel momento?” Albert ruppe il silenzio.
“Credo dieci giorni a partire da oggi.”
“Mhm. E le cose fra di voi come vanno?”
Sbuffò. “Ogni volta che tento di parlarle puntualmente spunta qualcosa che me lo impedisce.”
“E poi vi fate cogliere in flagrante circondato dalle ragazze!”
“Non l’ho fatto apposta! E poi….” Si interruppe non appena sentì scattare la serratura della porta, Rose stava rientrando, aveva gli occhi rossi, sicuramente aveva pianto.
Si mise di nuovo seduta, respirò profondamente e incrociò le mani. “James, ti prego, prosegui.”
Annuì con la testa e riprese a parlare. “Eravamo al Cinque…. Il numero indica l’universalità, ma è strettamente correlato all’uomo in quanto cinque sono i sensi che gli permettono di entrare in contatto con il mondo che lo circonda. Al compimento della quinta decina della tua vita ti innalzerai spiritualmente verso una condizione superiore e da allora è possibile che tu acquisisca delle doti artistiche finora assopite in te.”
“Esatto.” Intervenne lo Albert. “Da quanto posso ricordare, la zia Jacqueline iniziò a dipingere e realizzare statue attorno ai cinquant’anni. Tu ancora non eri nata, ma ti posso assicurare che prima di allora non aveva mai preso un pennello in mano.”
“Poi viene il Sei, il numero dell’equilibrio perfetto fra Cielo e Terra. La stella a sei punte è formata da due triangoli che simboleggiano la spiritualità e la materialità e a seguito di ciò al compimento delle sei decine riceverai il sigillo definitivo dell’unione fra Cielo e Terra. A quel punto Ruhna prenderà definitivamente il sopravvento.” Vide la paura impadronirsi degli occhi di Rose, tremava come una foglia e il suo viso era pallidissimo, sembrava che da un momento all’altro potesse perdere i sensi. “Il Sette…. Il Sette è un numero a loro molto caro e lo considerano proprio degli esseri umani predestinati alla perfezione di Neo Phaerd. La perfezione scorrerà nelle tue vene colmando tutta la tua interiorità. Il corpo di Rose a quel punto sarà solo una sorta di guscio… A settant’anni il tuo aspetto non muterà moltissimo perché questa condizione interna lo impedirà, apparirai rilassata e serena, esattamente come tu stessa dicevi descrivendo la prozia. L’Otto invece….”
“L’Otto è la morte?” Finalmente un filo di voce uscì dalle tremanti labbra della ragazza.
“Sì, è così. Al compimento dell’ottava decina di vita di te non resterà più nulla. Ogni minima traccia sarà totalmente cancellata dalla presenza predominante di Ruhna che a quel punto guiderà ogni tuo passo ed ogni tua azione. Ma il Nove, numero che segue l’Otto, è la rinascita. E’ l’ultima tappa significativa del tuo cammino verso la perfezione: a quel punto tutto dovrà essere come loro esigono. Rinascerai a nuova vita, la vita neo phaerdiana intendo, nello stesso modo in cui i nove mesi di gravidanza portano alla nascita di una nuova vita. Questa arriverà con il numero Dieci che è il punto di arrivo del lungo cammino della tua esistenza. Dovrai soltanto attendere i sette anni insiti nell’umana specie e poi la morte farà svanire quell’ultimo brandello di Rose liberando Ruhna che si unirà ad Heaven per l’eternità e la perfezione di Neo Phaerd.” Terminò di parlare e piegò il foglio. “Questo è tutto.”
Silenzio.
C’era solo silenzio.
L’unico lievissimo rumore era il crepitio del fuoco che ardeva nella stufa.
Pochi istanti dopo James si alzò. “Forse è meglio che io vada, il mio lavoro qui è terminato.”
Rose alzò lo sguardo, fissando il ragazzo che si congedava dallo zio e scompariva dietro la porta avvolto nel suo soprabito.  Restò a lungo con gli occhi incollati al punto in cui il ragazzo era uscito, sembrava ipnotizzata ed incapace di pronunciare qualunque suono.
“Tutto bene?”
Si voltò verso lo zio non appena captò quelle due parole. “Più o meno….”
Si inumidì le labbra. “Per quanto inquietante sia, almeno so cosa mi attende.”
“Questo significa che hai già deciso di unirti a loro?”
“Ho dieci giorni per pensarci, ancora non so cosa fare. Devo rifletterci con calma e senza pressioni esterne.”
“Vuoi iniziare ad isolarti?”
“Ci proverò. Almeno mi farò un’idea di com’è vivere in completa solitudine.”
L’uomo non ribatté, comprendeva benissimo l’enorme disagio provato dalla nipote, ritenne comunque opportuno accompagnarla personalmente a casa, onde evitare ulteriori preoccupazioni ai suoi familiari.
 
 
Non appena terminata la cena, Rose si chiuse nella sua stanza, indossò la camicia da notte e si mise seduta sul letto rileggendo il contenuto della pergamena. Aveva una gran voglia di piangere, l’aveva trattenuta a lungo durante tutto l’arco della giornata, in particolare durante il pasto serale con la famiglia. Sua madre infatti era eccitatissima per l’imminenza delle nozze di Helen, la quale a sua volta si perdeva in mille romanticherie e non perdeva occasione di esternare tutta la sua felicità.
Cominciò a singhiozzare, afferrò il cuscino affondandovi il viso nel tentativo di trovare conforto e sfogare tutta la tensione accumulata. Se solo avesse avuto la possibilità di parlare con la prozia Jacqueline! Avrebbe fatto carte false per ricevere un consiglio da parte sua che molti anni addietro si era trovata a vivere la stessa situazione. Possibile che della dolce ed anziana parente non fosse rimasto più nulla? Possibile che Jhea l’avesse cancellata completamente? Possibile che la sua anima benedetta dal sacerdote durante la cerimonia funebre fosse svanita nel nulla? Si asciugò gli occhi e, tenendo sempre stretto al cuore il cuscino, si avvicinò alla finestra, scostò la tenda ed iniziò ad osservare la volta celeste. Nel blu della notte migliaia di stelle brillavano come diamanti e quest’immensità la faceva sentire piccola ed insignificante. Non c’era un alito di vento, i rami spogli degli alberi erano immobili così come i cespugli e l’erba del giardino, faceva molto freddo e sicuramente tutto quanto sarebbe stato avvolto dalla brina allo spuntare del nuovo giorno. Sospirò profondamente, non si era calmata tantissimo, ma un brivido ben più intenso percorse la sua schiena non appena si voltò e vide lo spirito della prozia seduto sulla poltrona in fondo al letto. Rimase impietrita: quella non era Jhea, era proprio lei!
“Rose, mia adorata nipote…. Se potessi, ti abbraccerei forte, non sai quanto ne sarei felice.”
La ragazza deglutì, era sempre preda di stupore, meraviglia e paura, in fondo si trattava sempre di un fantasma. “V-voi… cioè…”
“Sì, Rose, sono qui. Non posso proprio dire in carne ed ossa, però sono qui esattamente come desideravi.”
Piegò l’angolo destro della bocca in un piccolo sorriso.
“Siediti pure sul tuo letto, mia cara. Se non sbaglio desideravi un aiuto da parte mia per poter decidere sul tuo destino.”
Le parole della prozia, o meglio, del suo spirito dicevano il vero: era proprio quello che desiderava più di ogni altra cosa. A piccoli passi Rose raggiunse il suo letto e si sedette senza mai distogliere lo sguardo dall’ospite inconsueta.
“Allora, vuoi sapere come ho scelto di diventare la sposa celeste di Himmel tanti anni fa?”
Sorrise. “Sì, ve ne sarei immensamente grata. Ma prima consentitemi di dirvi che mi mancate da morire e che questo nostro incontro mi riempie di grande gioia, carissima zia.”
“Ne sono felice. Quei lunghi pomeriggi che abbiamo trascorso assieme a conversare erano quanto mai piacevoli e li conservo in me come un prezioso ricordo.” Fece una breve pausa, spostò lo sguardo verso la finestra, poi lo riportò di nuovo sulla ragazza. “Nonostante tutto quello che hai scoperto sulla realtà di Neo Phaerd grazie a quel giovane dalla mente scaltra, sappi che una parte di quella che ero non è scomparsa completamente cedendo il passo in tutto e per tutto a Jhea. Vedi, sebbene loro siano in possesso di enormi facoltà, niente possono in confronto a Dio: la mia anima è sopravvissuta perché la potenza e la misericordia Divina la preservano in eterno da qualsiasi cosa rendendola immortale. Per questo sono qui adesso nelle pseudo sembianze che avevo nella vita terrena, per questo sono qui nelle esclusive vesti della tua prozia, di Jhea nella mia anima non c’è traccia.” Queste parole rincuorarono la ragazza. “Prima di raccontarti del mio incontro con Himmel, devi sapere che in realtà non sono mai stata del tutto convinta che offrirti la possibilità di diventare Neo Phaerdiana sia stata una saggia decisione. E’ pur vero che in questo modo si riesce a sconfiggere la paura della morte e si vive a lungo nella serenità, ma ….non so come trovare i giusti termini…. Deve essere una scelta che viene dal cuore perché ci costringe a dire molti no, ci fa  apparire strane, forse pure antipatiche. Facendo questo enorme passo diamo un’impronta indelebile alla nostra esistenza ed una volta fatto, non si può tornare indietro mai più. Tu, mia carissima nipote, hai un carattere orgoglioso e a volte testardo forse ben più di me, ma anche un animo romantico e sognatore, non lo puoi negare. Detesti che qualcuno ti imponga le sue decisioni, vuoi sempre fare di testa tua e in questo modo ti ritrovi spesso nei guai, non è vero?”
Mise il broncio, detestava ammettere che tutto quello corrispondeva alla verità.
“Ad ogni modo ricorda sempre che la giusta via ti sarà indicata dal cuore, è l’unica chiave di lettura.”
“Anche voi dunque avete seguito questa strada?”
“Sì, ed ora ti racconterò del mio incontro con Himmel….”
 





 
 
 
Ciao a tutti!
 
Ringrazio davvero di tutto cuore ognuno di VOI, lettori silenziosi e recensori, per la costanza che avete nel continuare a seguire la storia.  Se potessi, verrei ad abbracciarvi uno ad uno. *_*
 
James dunque ha illustrato il significato di quanto scritto nella pergamena, spero sia tutto comprensibile…. Ho ricercato e studiato il significato dei numeri adattandolo alla storia, non è stato troppo complicato e mi auguro che la cosa non vi abbia annoiato tanto.
Rose è piuttosto turbata, ma una visita inaspettata potrebbe darle l’impulso per fare la scelta giusta. E pure la cara vecchia zia non è del tutto convinta che la vita a Neo Phaerd dopo la morte sia ciò che la nipote davvero vuole.
 
Vi aspetto venerdì prossimo per quello che dovrebbe essere il penultimo capitolo. Voi intanto commentate, anche due righe piccole piccole!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Con il cuore fra le mani ***



 
Image and video hosting by TinyPic

Take my hands, tale my whole life too,
for I can’t help falling in love with you.
 
Elvis
 
 
“Devi sapere che quando avevo più o meno la tua età, le cose erano molto diverse da come lo sono oggi, soprattutto per le ragazze appartenenti alla medio-alta borghesia com’eravamo io e mia sorella, tua nonna Ariette. Ogni famiglia mirava a combinare matrimoni quanto più vantaggiosi possibile per le figlie femmine, i sentimenti non erano tenuti in considerazione e ciò che contava era solo il prestigio che le nozze potevano portare, andando ad imparentare famiglie di rango inferiore con altre di rango superiore, persino della piccola nobiltà. Come forse ricorderai nel corso della storia le figlie femmine dei sovrani erano usate come pedine per stringere alleanze e anche la mia famiglia non ha fatto eccezione nonostante appartenessimo solo all’alta borghesia. Tua nonna aveva un carattere più docile ed accondiscendente del mio e non ha fatto obiezioni quando le fecero incontrare il suo promesso sposo, tuo nonno Timothy. Mi confidò di trovarlo gradevole d’aspetto e di accettare le nozze per la felicità della famiglia. Non ho mai saputo se  fossero innamorati l’uno dell’altra, fatto sta che la loro unione ha dato i frutti sperati, inclusi tuo padre William e tuo zio Albert.”
Fece una breve pausa, mentre Rose ascoltava in silenzio e con enorme interesse il racconto dello spirito.
“Sistemata tua nonna, i nostri genitori ci misero poco a presentarmi colui che avrei dovuto sposare. Non ricordo chi fosse quell’uomo, aveva dieci anni più di me e sinceramente non era male. Però non riuscivo ad accettare delle nozze combinate proprio per orgoglio, non mi andava di piegare la testa al loro volere senza che fossi mai stata interpellata a riguardo. Io sognavo l’amore e quello che provavo per quella persona era una semplicissima e superficiale amicizia, nient’altro. Fu proprio in una di quelle notti che per la prima volta Himmel fece ingresso nella mia esistenza.”
“E’ stato un incontro casuale il vostro?”
“In un certo senso sì. Come avrai capito i Neo Phaerdiani sono soggetti alle leggi dei numeri tramite le quali riescono a tenere in perfetto equilibrio ogni cosa, irrorando il nostro mondo coi doni dei Quattro Sacri Elementi che sono alla base della vita. Io avevo i numeri giusti per entrare a far parte della loro dimensione, così come li hai tu. Siamo nate entrambe il venticinque marzo, sommando le cifre di tale data otteniamo il numero 107 che racchiude in sé la loro essenza più profonda. Quelli che come me scelgono di dedicarsi a loro, devono per forza avere nella loro data di nascita dei numeri che sommati fra loro danno 107 e quando Himmel mi parlò del loro mondo fatto di libertà e perfezione compresi subito che sarei potuta essere felice solo in una dimensione in cui obblighi e costrizioni non esistevano. Andando contro tutto e tutti, rifiutai con fermezza il matrimonio, scegliendo di restare nubile per tutta la vita e non ti dico il rancore di mio padre! Mi sono isolata dal mondo e sono sopravvissuta solo grazie all’intervento di Himmel che mi ha consentito di percorrere il cammino di purificazione assoluta. Mi ha donato il talento nell’arte così da riempire le mie giornate e così con l’andare del tempo mi sono adattata alla solitudine, circondandomi di statue e dipinti tutti ispirati al meraviglioso mondo che mi avrebbe accolta a 107 anni e 107 giorni.”
“Ed eravate felice vivendo in quel modo?”
“Oh sì. Detestavo ogni giorno di più il mondo reale che mi voleva obbligare a condurre una vita che non rispecchiava affatto ciò che desideravo. Si può forse accettare di passare tutti i propri anni accanto ad una persona che non si ama?”
“Allora per voi non è stato un trauma….”
“Lo è stato per quelli che mi circondavano forse, intendo dire i miei familiari più stretti. Non so se il loro disappunto fosse scaturito dalla mia scelta di restare sola o dal fatto che non volendo contrarre matrimonio con quel tizio ho mandato all’aria i loro piani di ascesa sociale. Io stavo bene e comunque quella fu una mia scelta fatta in totale autonomia e libertà, Himmel mi faceva sentire importante come mai nessuno prima di allora ed era in grado di soddisfare ogni mio desiderio.”
“Sapevate anche di dover attendere tutti quegli anni prima di farvi stringere fra le sue braccia, di ricevere il primo bacio e…”
Lo spirito sorrise pensando agli innocenti sogni d’amore della ragazza. “Sì, ne ero perfettamente consapevole. Torno a ripeterti che grazie a lui non ne ho mai sentito il desiderio pressante, è una situazione molto diversa da quella a cui sei abituata, ad ogni modo ricorda sempre che sarà il tuo cuore a guidarti verso la scelta giusta.”
Rose meditava su quanto appreso. “E’ una lotta fra mente e cuore…”
“Più o meno. Ricorda che spesso la razionalità non rende completamente felici. Io ho scelto Himmel perché lo amavo. Tu ami qualcuno?”
La ragazza guardò con occhi enormi lo spirito della prozia che si era messo in piedi e stava iniziano a sollevarsi dal pavimento. “Ma…. Scusate se ve lo chiedo…. Himmel vi ama? Ve l’ha mai detto?”
Non ottenne risposta a quelle domande, prima di svanire come nebbia fra i raggi del sole, udì solo “Io sono felice perché ho seguito il mio cuore, fa’ la stessa cosa e lo sarai anche tu.”
Si alzò di scatto tentando di fermare quell’entità, finendo con le mani ad afferrare solo e soltanto aria.
Poi fu circondata dal silenzio della notte.
 
Restò ferma ed immobile al centro della sua camera da letto con gli occhi fissi su quel punto in cui si era dissolto lo spirito della prozia, il cuore le batteva forte, vi pose sopra la mano percependo perfettamente ogni singolo battito accompagnato dal ritmico suo respiro lievemente concitato. Quanto era stato emozionante e spaventoso incontrare lo spirito della cara prozia Jacqueline!
Alzò poi gli occhi verso l’alto, dunque i Neo Pharediani non erano in grado di annullare le persone, forse potevano farlo con il corpo, ma non con l’anima che continuava ad esistere nell’al di là. E questo punto non era contemplato in nessuna delle carte in suo possesso, pergamena inclusa. Fece qualche passo che le permise di avvicinarsi al letto, ne scostò le coperte per entrarvi e distendersi, tentando di dormire qualche ora per recuperare le forze necessarie ad affrontare i dieci giorni che avrebbero condizionato in modo indelebile la sua esistenza. Il sonno però faticava a prendere il sopravvento, soprattutto perché mancava la risposta alla domanda per lei più importante: Himmel amava la zia? Perché la sua risposta era stata così vaga ed imprecisa? Forse quegli esseri perfetti non erano capaci di amare?
E dunque Heaven l’amava o no?
Il nuovo giorno spuntò, Rose vide la luce dell’alba filtrare attraverso le tende e comprese che la notte era passata senza aver trovato le risposte che cercava. Non aveva chiuso occhio, fra poco sarebbero venuti a chiamarla per la colazione e la prima giornata di parziale isolamento avrebbe avuto inizio.
 
 
 
Era difficile, molto difficile, forse pure troppo dover dire “no” alla proposta di trascorrere mattinate piacevoli in compagnia della sorella che doveva occuparsi degli ultimi dettagli per le nozze. Chissà se avrebbe avuto la possibilità di prendere parte alla cerimonia…. Accettando di diventare la sposa celeste di Heaven questa cosa poteva esserle vietata dal suo nuovo status e non avrebbe più visto i suoi parenti, i suoi cari, lo zio Albert e….James.
Scoppiò a piangere gettandosi sul letto, abbracciando il cuscino ed affogando nelle lacrime. Iniziava davvero a chiedersi come poteva vivere così a lungo nella tetra solitudine, nell’isolarsi dal mondo senza prospettiva di contatto alcuno con le persone che amava. Non sarebbe mai più potuta andare a fare quelle belle passeggiate in primavera che le permettevano di ammirare il risveglio della natura, o di addentrarsi nel bosco autunnale cercando castagne o ancora rotolarsi nella candida neve mentre andava in giro alla ricerca di un bell’abete da addobbare per le festività del Natale. Ma ciò che le riempiva il cuore di tristezza e gli occhi di lacrime era la certezza che non sarebbe mai più entrata nella libreria di James. Lo spirito della prozia le aveva garantito che non ne avrebbe mai più avvertito il bisogno perché ogni suo desiderio sarebbe scomparso una volta accettata Ruhna in sé. E se poi non fosse stato così?
I giorni passavano, le lacrime continuavano a bagnarle il volto, si rifiutava categoricamente di uscire dalla sua stanza, mangiava e bevevo pochissimo, non accettava visite da parte di nessuno,  neanche dallo zio Albert visibilmente preoccupato. Si negò pure a James che si era presentato a casa sua unicamente per un ultimo disperato tentativo di parlarle dichiarandosi una volta per tutte.
Il tempo scorreva tiranno, i giorni si susseguivano incessantemente, il giorno delle nozze di Helen era sempre più vicino così come lo era quello in cui Rose avrebbe scelto la sua strada.
 
 
Ed il sole spuntò sul giorno tanto temuto.
James era nervoso ed aveva trascorso pochissimo tempo nella tipografia scatenando continui battibecchi con il padre. Nei giorni precedenti si era recato quasi quotidianamente presso l’abitazione dei Morrison con il pretesto di verificare il gradimento degli inviti nuziali da parte della famiglia e di coloro che li avevano ricevuti. Helen sospettava che era tutta una scusa, in realtà lui voleva incontrare Rose, ma nonostante tutto la ragazza si rifiutava categoricamente di uscire dalla sua stanza. James sapeva che il sole i cui raggi filtravano deboli dalla finestra era spuntato sul giorno che avrebbe potuto mettere la parola fine ai suoi sogni d’amore. Sapeva anche che Rose sarebbe uscita di casa per recarsi alla villa della prozia dalla quale sarebbe entrata nella dimensione di Neo Phaerd andando incontro ad un destino a cui non voleva neanche pensare. Non aveva bisogno di troppa immaginazione per intuire l’ora esatta dell’incontro con Heaven, per quanto perfezionisti quegli esseri erano troppo legati ad i numeri, perciò poco dopo le nove e mezza del mattino uscì di casa stretto nel suo cappotto e s’incamminò lungo la strada che conduceva alla villa. Di lì sarebbe passata Rose e lì l’avrebbe affrontata a qualsiasi costo.
La sua intuizione trovò conferma una decina di minuti prima delle dieci, quando vide sopraggiungere la ragazza avvolta in un mantello blu che lasciava intravedere un abito chiaro, forse bianco. James raccolse tutto il coraggio che possedeva e le sbarrò la strada: subito notò il pallore del suo viso, gli occhi sembravano più grandi di quanto ricordava, era certo che in quei dieci giorni avessero versato tante di quelle lacrime da bastarle per il resto dei suoi giorni.
“Buongiorno Rose.”
“Buongiorno James.” Rispose abbassando lo sguardo, desiderava incrociare gli occhi del ragazzo, ma per qualche oscuro motivo le faceva male.
“Rose, sono giorni che non ti fai vedere. Che succede?”
“Lo sai. Sei stato tu a dirmelo.”
“Ho solo interpretato quella maledetta pergamena, non ti ho certo detto di isolarti dal mondo. E’ lui che lo vuole, quel maledetto presuntuoso ! Non io!”
“Fammi passare per favore.”
“No.” La sua voce era ferma e decisa. “Tu adesso resti qui e mi ascolti.”
“Lo farò dopo, adesso lasciami andare.”
“Il dopo non esiste! Dopo sarà troppo tardi!” Si fermò. “Guardami in faccia Rose, guardami per favore!”
Ma lei manteneva gli occhi verso il basso.
“Guardami!!” Gridò forte spaventando gli uccelli che resistevano ai primi rigori invernali facendoli volare via.
Finalmente la ragazza decise di assecondare quel disperato grido ed alzò gli occhi: erano gonfi di lacrime e quella vista provocò un nodo alla gola di James che non doveva farsi impietosire. Nonostante il dolore che sentiva al cuore, andò avanti per la sua strada. “Rose, ti prego non lo fare…. Non scegliere Heaven come sposo celeste… Ti prego…. Non ti isolare dal mondo in questo modo….”
“Basta per favore….” La prima lacrima le rigò il volto.
“No, non chiedermi di smettere. Non mi fermerò fino a che non ti avrò convinta che quella non è la strada giusta da percorrere. Lui non ti ama, lui e quegli esseri presuntuosi non sono capaci di amare! Pretende eterna devozione da parte tua senza offrirti che belle parole vuote di sentimenti.”
“Come fai a dire che non mi ama?”
“Lo so, fidati. L’ho capito da come ti guarda e da come si rivolge a te. Torna a casa per favore, non lanciarti fra le braccia di chi non ti ama.”
“Ti prego, lasc…”
“Io ti amo, Rose! Io! Io mi sono quasi spaccato la faccia per strapparti dalle sue grinfie quando ti aveva resa un automa, io non mi sono mai tirato indietro quando avevi bisogno di conforto. Sono io quello che ti ama, non lui! Non vuoi proprio capirlo?!”
Fra i due piombò il silenzio, lei aveva gli occhi spalancati per l’incredulità. James l’amava!? Glielo aveva urlato in faccia, eppure stentava a crederci!
“Io… io non pretendo che tu corrisponda i miei sentimenti, il mondo è pieno di uomini migliori di me che ti meritano molto di più di questo sbruffone che hai davanti. So di essere solo un idiota, me l’hai detto un sacco di volte… E un idiota lo sono davvero visto che non sono stato capace di proteggerti da quegli esseri aridi ed egoisti. Non posso prometterti l’eterna felicità e la perfezione, ho un sacco di difetti ma nonostante questo posso donarti tutto l’amore che ogni giorno mi consuma quando penso a te. Forse non potrà bastarti, forse….anzi, sicuramente meriti di più del mio amore imperfetto, ma è tutto ciò che ho.” Riprese fiato.”Ti prego, non rinchiuderti in una gabbia di solitudine…. So che sogni l’amore vero, so che attendi con ansia il tuo primo bacio, lo vedo nei tuoi occhi, lo sento nelle tue parole, lo percepisco nei tuoi gesti, in tutto…. Se ti abbandoni a loro, tutto questo non accadrà mai. Non chiuderti alla vita, non sbattere fuori dalla tua esistenza la felicità che cerchi e che meriti. …Ti scongiuro Rose, non lo fare….”
Per la prima volta la ragazza lo stava vedendo piangere, sentì un forte tuffo al cuore, non sapeva cosa rispondergli perché quelle parole erano le più belle, le più dolci, le più calde che avesse mai sentito.
Lui voleva solo la sua felicità, non pretendeva niente nonostante l’amasse più della sua stessa vita.
James l’amava.
James l’amava!
Questa cosa la paralizzava completamente, impedendole di pronunciare qualsiasi suono. Un suono però la fece tornare in sé: i rintocchi dell’orologio del campanile fecero scoccare le dieci. Mancavano sette minuti all’appuntamento con Heaven, non poteva fare tardi. Un brivido le percorse la schiena. “Perdonami James, devo andare.” Gli rivolse queste quattro parole con un filo di voce intervallato dai singhiozzi e prima che lui riuscisse a bloccarla si dileguò a testa bassa evitando di proposito di voltarsi a guadarlo.
James si accasciò sulle ginocchia osservandola sparire dietro il grande cancello della villa, quel cancello che poteva diventare la sua prigione.
Piangeva James, piangeva sentendosi impotente e stupido, sbatteva i pugni a terra incurante delle piccole ferite che si aprivano.
Rose era andata all’appuntamento con Heaven.
Aveva davvero scelto lui?
 
 
 



 
Buon venerdì a tutti, vecchi e nuovi lettori!
 
Siamo giunti ad un punto cruciale che forse molti di voi attendevano: James si è dichiarato. Forse Rose non se lo aspettava, ma così sono andate le cose ed ora ha la certezza dell’amore di uno e il dubbio dell’amore dell’altro.
Al rintocco delle campane se n’è andata verso la villa lasciandolo solo e nella disperazione.
La prossima settimana ci sarà il gran finale e prima di augurarvi un buon fine settimana, permettetemi per l’ennesima volta di ringraziarvi per il sostegno dimostrato fin ora. <3<3<3<3<3
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** La perfezione nell'imperfezione ***



Image and video hosting by TinyPic  

Ho soltanto una vita e la vorrei vivere con te
Che anche nel difetto e nell’imperfezione

Sei soltanto incanto.
 
T. Ferro
 
 
 
Erano trascorsi dieci giorni da quando Rose aveva preso la sua decisione, due giorni invece mancavano al matrimonio di Helen.
James non si era fatto più vivo neanche con Albert perché troppo cose gli ricordavano la ragazza che amava. Trascorreva le sue giornate in libreria con buona gioia da parte del padre che dopo un periodo di assenteismo, poteva di nuovo contare sulla presenza del figlio al lavoro.
La notte era passata coprendo di candida neve la campagna e mimetizzando leggermente il grigio delle ciminiere londinesi. In tarda mattinata Albert uscì di casa debitamente coperto da un caldo cappotto, aveva tutta l’intenzione di recarsi a casa della nipote per sincerarsi delle sue condizioni e verificare in quale stato si trovasse. Fece prima una deviazione per fermarsi nel piccolo cimitero dove riposava la zia Jacqueline e la sua mai dimenticata Evelyn. Trovò il cancello già aperto e notò delle impronte nella neve fresca, non se ne curò dirigendosi a passo sicuro verso quella croce sotto cui da anni la sua amata dormiva il sonno della pace eterna. Posò un fiore raccogliendosi in preghiera nel silenzio più assoluto.
Dopo alcuni minuti si alzò con l’intenzione di lasciare quel luogo, ma vide una figura a lui nota ferma davanti alla tomba della zia: era Rose! Si meravigliò moltissimo della presenza della nipote nel cimitero, sapeva bene quanto ne fosse impressionata, ma la sorpresa più grande consisteva nel vederla in giro dopo tutto quello che aveva passato.
“Rose….” Si avvicinò a passi lenti.
“Buongiorno zio.”
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuta a farle visita.” Spostò lo sguardo sulla lapide, quella lapide da cui era nata l’avventura che avevano condiviso.
“Capisco….”
“Non si è arrabbiata, sapete?”
“Co-come?”
“Potrà sembravi strano, ma ho incontrato il suo spirito prima e dopo il mio ultimo colloquio con Heaven.”
“Il suo spirito?”
“Sì." Aveva un viso luminoso come non mai. “Sto parlando della cara prozia, non di Jhea, la sua anima è sopravvissuta a Neo Phaerd perché niente possono contro il volere di Dio.”
“Ah…”
“E neanche Heaven si è arrabbiato. Se ne è già trovata un’altra.”
L’uomo restò in silenzio analizzando con cura le parole della nipote e traendone una ben precisa conclusione. “Mi stai forse dicendo che….”
“Loro non sono in grado di amare, si ritengono talmente perfetti da passare oltre ogni cosa, compresi i sentimenti. Non era ciò che desideravo io, la zia mi ha detto di seguire il mio cuore e così ho fatto.”
Aveva dunque rifiutato Ruhna?
Albert era stato sconvolto da un’improvvisa ventata di sollievo e di felicità perché da come aveva parlato sua nipote sembrava proprio che avesse scelto di restare nel mondo dei mortali corruttibili.  “Allora non l’hai sposato….?”
La ragazza si voltò con il sorriso sulle labbra. “E’ Helen che si deve sposare, non io.”
Sorrise anch’egli. Poi una cosa gli attraversò la mente. “James lo sa?”
Al suono di quel nome, Rose abbassò gli occhi mettendosi a fissare il lume votivo che spuntava dalla neve caduta attorno alla lapide. “No.” Fece una pausa. “Mi sono comportata male con lui, l’ho fatto soffrire troppo e temo che non mi voglia più vedere.”
“E come fai a dirlo se non gli parli?”
Si strinse nelle spalle. “Non lo so… però ho paura di affrontarlo.”
“Capisco.” Un’idea lo illuminò. “Senti, devo fare alcune commissioni in città… Perché intanto non raggiungi casa mia e mi attendi davanti al fuoco?”
Annuì in silenzio. “Vi spiace invece se vi attendo passeggiando lungo il laghetto dietro la vostra casa?”
Sin da piccola trovava quel luogo magico, specialmente se coperto di neve. “Certo che no. Vai pure, mia cara.”
Rose si congedò, uscì dal cimitero e si avviò verso il cottage dello zio.
Albert invece restò a guardarla fino a che non si fu allontanata a sufficienza, poi si strinse nel suo pesante cappotto e si diresse dove sapeva di dover andare.
 
 
Nel frattempo James si trovava nella libreria, stava riponendo sugli scaffali alcuni volumi freschi di stampa. Nell’aria infatti si propagava quel caratteristico odore di inchiostro che ultimamente gli faceva grande compagnia. Ancora non aveva superato il momento in cui Rose gli era sfuggita dalle mani oltrepassando il cancello della villa, si sentiva depresso e stava iniziando a pensare di abbandonare l’Inghilterra per cercare fortuna magari negli Stati Uniti. Quei luoghi lo riempivano troppo di malinconia, gli sembrava che ogni dettaglio attorno a lui parlasse di Rose, che senso aveva rimanere lì a tormentarsi ed annullarsi giorno dopo giorno?
Inavvertitamente un libro cadde a terra prima che lo riponesse sullo scaffale, lo raccolse e ne lesse il titolo: I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe. Conosceva quel romanzo epistolare a grandi linee perché non faceva parte delle sue preferenze letterarie, sapeva comunque che il protagonista, il giovane Werther, era innamorato di una giovane donna, Charlotte detta Lotte, già promessa ad un altro uomo. Si era allontanato dal luogo in cui la ragazza viveva per tentare di affievolire quel sentimento che lo aveva sconvolto, facendovi ritorno molti anni dopo quando fra le tante novità scopre anche delle avvenute nozze della sua amata. Ne seguirono varie situazioni che lasciavano intendere di un forte sentimento di Lotte nei confronti di Werther, tuttavia il loro amore risultava impossibile perché lei era unita in matrimonio e tale legame veniva considerato indissolubile. Il romanzo si concludeva con la  morte di Werther suicida per amore.
“Suicida per amore…. Per non vivere più in un mondo che ti toglie ciò che per te è più prezioso…” Un’idea malsana gli sfiorò il cervello, tuttavia chiuse il libro e lo ripose là dove doveva stare.
“James!”
Il ragazzo si voltò di scatto avendo riconosciuto la voce di Albert che era appena entrato nella libreria tutto infreddolito.
“Buongiorno.” Si limitò ad un debole saluto di mera educazione.
“James, ho grandi notizie.” Si allentò la sciarpa.
“Che succede?”
“Si tratta di Rose.”
Al suono di quel nome, il ragazzo fissò gli occhi in quelli dell’uomo attendendo con ansia e timore le novità di cui aveva accennato.
“L’ho incontrata poco fa al cimitero, mi ha detto delle cose un po’ confuse che mi hanno lasciato intendere il suo rifiuto!”
Gli occhi di James si fecero enormi. “Che avete detto?!”
“Rose ha rifiutato Heaven!”
“Ne siete sicuro?”
“Quasi al cento per cento.”
Il ragazzo tremava come una foglia, mosse dei passi confusi per il locale passandosi di tanto in tanto le mani fra i capelli. “Cioè… lei non lo ha voluto e…. Insomma, non si rinchiude da sola ad aspettarlo…”
“No, no! Io non so cosa le avete detto né cosa le avete fatto ma so per certo che se state qui come un idiota a gironzolare per questa stanza, perdete solo tempo!”
Si bloccò all’istante.
“Andate al laghetto dietro casa mia, la troverete lì.”
Deglutì nervosamente mentre il suo cuore prendeva a battere ogni attimo sempre più forte. Afferrò il suo cappotto e “Papà, io esco!!”
Si precipitò fuori come una furia correndo all’impazzata nella neve.
Albert era soddisfatto, sapeva che sua nipote in fatto di orgoglio e testardaggine faceva concorrenza ai muli, ma sapeva anche che se aveva rifiutato in fondo il merito era di James.
“Beh? Si può sapere dov’è mio figlio? Che sta succedendo?” Mr Bradley si affacciò nella libreria dove trovò solo Albert.
Questi ridacchiò. “Cosa succede? Credo che ben presto ci sarà un altro matrimonio da organizzare.”
I due uomini si guardarono, uno sorridente, l’altro con l’aria di chi non ha compreso appieno l’accaduto.
 
Intanto Rose, ben avvolta nel suo pesante mantello, passeggiava ai bordi del laghetto semi gelato poco distante dal cottage dello zio. Meditava su come affrontare James senza per altro aver trovato il giusto modo di parlargli. Lui si era dichiarato, aveva sognato per notti intere quei momenti e lei se l’era dovuta dare a gambe levate una volta uditi i rintocchi della campana che sancivano le dieci del mattino. Le rimanevano solo sette miseri minuti per mettere la parola fine su Neo Phaerd: sì, perché aveva già deciso prima ancora che il ragazzo le parlasse e se non fosse arrivata in tempo, Heaven avrebbe preso il suo silenzio come la tacita accettazione della sua proposta. Doveva dirlo a James, in un modo o nell’altro doveva farlo. Non lo vedeva da giorni ed iniziava a sentire davvero tanto la sua mancanza. Aveva gli occhi fissi sulla candida coltre bianca su cui passo dopo passo si imprimevano le sue impronte. I suoi stivaletti si stavano bagnando, lo zio ancora non aveva fatto rientro a casa, perciò decise di attenderlo sotto il piccolo gazebo che si trovava presso la riva del lago, lì sotto per lo meno non c’era la neve e poteva poggiare i piedi sul suolo asciutto.
Ma non appena il suo piede poggiò sul legno della deliziosa costruzione, si sentì chiamare e, voltandosi, vide James venirle incontro correndo come una furia. La sua presenza improvvisa la fece sussultare, provocandole al contempo un tuffo al cuore.
“Rose…. Anf…” Si fermò per riprendere fiato.
“James… che ci fai qui?!”
“Rose…..” Sbuffò. “….E’ vero…. Anf…. E’ vero quello che mi ha detto tuo zio?”
Comprese immediatamente in cosa consistevano quelle commissioni urgenti che il parente doveva sbrigare e sorrise mettendosi a guardare il filo di ghiaccio formatosi sulla superficie dell’acqua. “Si.” Sentiva le sue guance diventare rosse. “Sì, è vero. Ho rifiutato Heaven.”
James era al limite dell’infarto. “Davvero?” Parlava a fatica dall’emozione. “Davvero hai rifiutato l’uomo perfetto?”
“Sì.”
“Posso…. Posso chiederti perché?”
Fece un profondo respiro. “Perché… Ho trovato la perfezione nell’imperfezione. E l’ho preferita.”
Restò un attimo interdetto non comprendendo appieno il significato delle sue parole.
“Che vuoi dire?”
“Oh, ma sei proprio tonto!” Ridacchiò guardando la sua faccia trasognata con la coda dell’occhio. “Ho scelto te.”
La vita tornò a scorrere nelle vene di James.
“Anzi” proseguì Rose “Ti avevo scelto già prima che tu mi dicesse quelle cose meravigliose.”
Non credeva alle sue orecchie!
La sua amata Rose aveva scelto lui!
Lo aveva preferito a quel damerino antipatico dalla faccia d’angelo!
“Ma…. Scusa se te lo chiedo… Perché allora l’altro giorno sei andata da lui?”
Si voltò finalmente a guardarlo. “Dovevo dirglielo, non ti pare?”
La guardò senza parlare, ma quello che i suoi occhi esprimevano andava oltre ogni parola e ogni pensiero. Quella era la Rose che lo aveva fatto innamorare, quella con la risposta pronta e schietta, quella con la battuta velenosa buttata lì a controbattere le sue parole, la ragazza che in preda alla paura si era gettata senza difese fra le sue braccia, la ragazza forte, intelligente e determinata che giorno dopo giorno lo aveva fatto capitolare.
Le loro labbra si piegarono contemporaneamente in luminosi sorrisi, i loro occhi erano pieni di stelle e il freddo nei loro cuori era solo un lontano ricordo.
A quel punto ogni altra parola sarebbe risultata superflua, James si avvicinò a lei, le prese il viso fra le mani e senza pensarci due volte posò le labbra sulle sue. Fu un bacio tenerissimo, dolce, colmo d’amore. Fu come Rose lo aveva sempre sognato. O forse di più?
Quando, dopo lunghi secondi, James si scostò di pochissimo, vide le sue labbra tremare e i suoi occhi pieni di lacrime di gioia.
“Grazie James… Da te volevo il mio primo bacio.” Lo accarezzò, la bocca di lui si piegò in un sorriso meraviglioso. “Di loro non c’è più traccia, è scomparso tutto, comprese le carte e la chiave di mia zia. Non torneranno mai più perché sanno che il mio futuro sei tu. Non avrebbe avuto senso vivere per centosette anni senza te al mio fianco.”
Questa volta fu lei a baciarlo, James la strinse forte fra le braccia perché Rose era sua, solo sua.
Finalmente lo era davvero.
 
 
 
 
Heaven era bello solo esteriormente, ma a volte la bellezza esteriore non rispecchia quello che si ha nel cuore. L’eccessiva sicurezza può rendere prepotenti ed altezzosi, per questo Rose lo aveva respinto scegliendo James.
Per quanto umanamente imperfetto e pieno di difetti, ai suoi occhi appariva senza dubbio l’uomo perfetto.
 
 
 
 
 
Bene, bella gente,
siamo arrivati alla fine della storia e devo confessarmi che un po’ mi dispiace, come d’altronde accade ogni qual volta un racconto giunge al termine.
Spero che le “tifose di James” non siano rimaste deluse da come ho scelto di concludere la storia…. Ovviamente Rose non poteva lasciarsi conquistare da Heaven con uno come James a ronzarle attorno. Lei si è dichiarata in modo meno sdolcinato e plateale perché è una ragazza molto orgogliosa (almeno ho tentato di farla apparire così) e fa molta fatica ad ammettere i suoi sentimenti.
 
Ringrazio infinitamente ognuno di voi che avete seguito e recensito la storia facendomi raggiungere dei risultati che all’inizio non mi aspettavo.
GRAZIE DAVVERO A TUTTI!
 
E se avete voglia di continuare a seguirmi, cliccate qua
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3337719
Partite con me verso una nuova avventura fantasy! Faremo un viaggio nell’estremo nord fra misteri, incantesimi ed un passato da ritrovare.
Grazie a tutti quelli che vorranno seguirmi alla ricerca del Cuore di Ghiaccio.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 
Ed ovviamente BUON NATALE!
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3197921