Ciao Ron

di Mirae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: La quarta sera ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: i personaggi principali della saga di a J. K. Rowling e alla casa editrice che ne detengono i diritti, mentre quelli appartenenti alla serie “Criminal Minds” appartengono a Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro, ma è stata scritta unicamente con intenti ludici, al fine di divertire chi l'ha scritta e chi ha voglia di leggerla.





              «Ciao, Ron». Non le vennero fuori altre parole: che cosa ci faceva lì Ronald Weasley? E come l’aveva trovata? Nella sua corrispondenza con Harry, la ragazza si era premurata di ripetere parecchie volte che cosa le era successo appena arrivata a New York e la relativa decisione degli agenti federali. Possibile che l’amico l’avesse tradita? D’accordo che Harry e Ron non erano solo migliori amici, ma anche cognati, ma possibile che il sentimento che legasse i due uomini fosse più forte di quello che legava Harry a lei? Oppure, Ron aveva trovato le lettere di Harry e le aveva lette di nascosto? O, ancora, era possibile che fosse stata Ginevra a passare quelle lettere al fratello? Tanti scenari le si prospettarono nella mente nel giro di pochi secondi, uno più inverosimile dell’altro, e tuttavia tutti ,olto plausibili, finché…
«Donnola…». Draco l’aveva raggiunta, senza che nessuno dei due (o forse solo lei?) lo avesse sentito.
«Furetto, che diavolo ci fai qui?» Ron strinse le mani a pugni, mentre sputava quella domanda, con gli occhi ridotti a due fessure.
«Io qui ci vivo, assieme a mia moglie, Grace Herlington», gli rispose Draco, baciando una tempia di Hermione, per sottolineare quanto Hermione Granger in America non esistesse e che lui non poteva farci nulla. Poi proseguì, a tutto beneficio della donna, ancora ferma sulla soglia, le mani appoggiate sulla porta: «La domanda giusta invece è: “Che cosa ci fai TU qui?” Forse le amanti sul continente non ti bastano più e sei venuto a cercare qualche nuova puttanella?»
Hermione era certa che se non si fosse trovata in mezzo, molto probabilmente Ron avrebbe tirata un pugno in faccia a Draco, E lei l’avrebbe pure applaudito. Come si permetteva quel bell’imbusto insultare un suo amico?
«Malcom!» Si girò verso di lui, con l’intento di mostrargli quanto fosse indignata per il suo comportamento. Invece, Draco si limitò ad alzare le spalle, senza accennare a un moto di scuse, o ad andarsene. Cosa alquanto gradita.
«Noon ho detto niente che non corrisponda al vero. Basta leggere qualsiasi rivista», si limitò a risponderle lui.
«E da quando un uomo del calibro di Draco Malfoy si abbassa a leggere libelli di infimo ordine?» Gli fece il verso, senza rendersi conto di avere usato il vero nome.
«Questo non toglie che non riportino la verità. E il fatto che il tuo amico non sta rispondendo sta solo convalidando quanto ho appena detto».
Hermione sbuffò, poi, rivolgendosi a Ron: «Ron, scusalo, ma sono stati giorni un po’ pesanti per tutti. Comunque, davvero, come mai sei qui? E come mi hai trovato?»
Aveva ragione. Draco Malfoy aveva ragione, ma se per Lavanda le sue scappatelle non erano un problema, Hermione faceva di tutto un dramma, per cui non poteva certo dirle: «Ho saputo che ti nascondevi qui e siccome ho bisogno di carne fresca, dopo tante minestre riscaldate, ho pensato di raggiungerti». No, una frase del genere sarebbe stata un biglietto di sola andata a fare compagnia a Silente. Doveva trovare una risposta plausibile, e subito perché dall’espressione che stava assumendo Hermione era chiaro che cominciava a credere a Malfoy.
«Io… Avrei bisogno di parlarti, ma da soli», buttò lì, sperando di poterla dirigere verso la spiaggia poco distante.
«Mi dispiace, Ron, ma non è possibile», cercò di spiegargli.
«Per colpa di Furetto? Da quando tu obbedisci ai Mangiamorte?» L’aggredì, alzando la voce e cercando di prenderle le mani, per avvicinarla.
Istintivamente, Hermione fece un passo indietro, andando a urtare il petto di Draco, che le strinse la vita, in una morsa protettiva.
«Mi dispiace deluderti Donnola, ma non sono più un Mangiamorte da quattordici anni, anche se a dire la verità non lo sono mai stato veramente», si difese Draco. Perché poi avesse voluto puntualizzare – a un Weasley! – non avrebbe saputo dirlo.
«Sì, certo, e io sono Fanny», ironizzò Ron.
«Mi auguro proprio di no», gli rispose Draco, con un mezzo ghigno, «o non solo dovremo subirti per cinquecento anni, ma pure dovremo assistere a una tua rinascita. Bleah».
«Basta così!» Intervenne Hermione. «Ron, mi conosci da anni, e sai perfettamente che se faccio una cosa, non è per imposizione, ma perché è giusto farla. Se non posso venire con te, da sola, è perché sono sotto protezione e non ho il permesso di muovermi senza scorta», cercò di spiegargli.
«E ti aspetti che io creda a questa tavoletta? Avanti, Hermione, sei troppo intelligente per crederci pure tu. È evidente che è solo una trappola di Malfoy per tenerti legata a lui», le rispose Ron.
Doveva fare qualcosa. Qualsiasi cosa, ma come al solito, Hermione fu più veloce di lui: «Sentiamo Ron, in che modo tutto questo sarebbe un piano di Malfoy? Siamo in America, non in Gran Bretagna. E anche lì, il potere dei Malfoy è diminuito parecchio dopo la Guerra».
«Per Godric, Hermione! Davvero sei così ingenua? Il Malfoy qui presente, che fa tanto lo schizzinoso nel nostro Mondo Magico, in realtà ha le mani in pasta anche tra i Babbani, da una parte e dall’altra dell’Oceano», le rivelò, con il petto in fuori e la testa piegata di lato.
«Lo so perfettamente», lo smontò, invece, Hermione. Tre semplici parole che quasi fecero ballare Draco.
«Però questo non ti impedisce di vivere felice da reclusa», recriminò il rosso.
«Non dipende da Malcom», rincarò sul nome fittizio, «ma da una decisione dell’FBI. A New York, io e Malcom siamo scampati per pura fortuna a una sparatoria tra bande rivali, a Chinatown, per cui adesso dobbiamo vivere sotto protezione», gli spiegò.
«Quindi eri con lui quando è successa questa sparatoria, come l’hai chiamata tu?» Chiese ancora Ron.
«Esattamente», confermò lei.
«E questo non ti fa pensare a niente?» Buttò lì, sibillino. «Riflettici, e se vorrai darmi la risposta, ti aspetto questa sera alle nove sulla spiaggia, lì in fondo. Non è lontana da qui, e la tua scorta potrà tenerti d’occhio, se la cosa ti fa stare più tranquilla».
Doveva andarci piano con lei, questo era chiaro, ma uno di qui Gorgo-cosa tanto cari a Luna l’aveva piantato nel cervellino della mora e adesso non gli restava che pazientare ancora un po’ per cogliere i frutti.
 
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«Toglietelo dalla testa!»
«Non sei il mio padrone!»
«Tra pochi giorni sarò tuo marito».
«Appunto: tra pochi giorni. E non credere che quelle firme ti daranno potere di vita e di morte nei miei confronti».
«Oh, io non lo credo affatto. Lo so».
«Sogna».
«Non sto affatto sognando».
«Non so se mi fate più paura quando urlate o quando vi minacciate sottovoce», Morgan interruppe il litigio tra i due Inglesi.
«Non ci stiamo minacciando sottovoce», puntualizzò Draco, mentre Hermione gli aveva voltato la schiena, le braccia incrociate.
«Insomma, ha appena detto a Grace che tra pochi giorni sarà il padrone esclusivo della sua vita… come lo chiama questo, se non: minaccia?» Intervenne Emily.
Per fortuna, pensò Morgan, non c’era Reid, altrimenti nessuno li avrebbe risparmiati da una filippica sulla sottigliezza dei termini.
«Non è una minaccia: le cose nel nostro mondo funzionano così: è il marito che comanda. Punto».
«Infatti tu hai studiato a Durmstrang e tua madre non ha stretto nessun patto con Piton quando Voldemort ti ha marchiato come un vitello, non ha affatto cercato di impedire a tuo padre di farti pressione quella volta che i Ghermidori avevano portato me, Harry e Ron al Manor e, soprattutto, non ha mai mentito a Voldemort sulla morte di Harry. No, decisamente, tua madre non ha mai preso iniziative», lo pungolò Hermione, l’attenzione sempre rivolta alla strada.
«A parte che quando ha stretto il Patto Infrangibile con Severus, mio padre era in prigione, lei era una Black, una Purosangue, una pari di mio padre». Draco si morse la lingua, ma ormai il danno era fatto.
Se fosse stata un drago, nel voltarsi verso di lui, Hermione gli avrebbe lanciato una fiammata di quelle che non lasciavano nemmeno un mucchietto di cenere, ma, per sua fortuna, Hermione era solo una strega, potente, certo, ma pur sempre un essere umano, proprio come lui.
«Quindi la situazione è questa: io dovrei accettare di sposare uno spocchioso, insulso cavallo senza la possibilità di vantare alcun diritto?» La voce era fredda, nessuna fiamma a disintegrarlo.
«Ti ho già detto di non chiamarmi cavallo». Il freddo sputato da Hermione non era abbastanza per congelarlo perché lui era una serpe, un animale a sangue freddo e quel tono glielo rammentò.
«Sei tu che non fai altro che ricordarlo. E comunque, io incontrerò Ron, tanto adesso, quanto in futuro. E non sarai certo tu a impedirmi di frequentare chi voglio, in primis gli amici e la mia famiglia», tagliò corto, cercando di uscire da quella stanza, ma Draco la bloccò per un polso.
«Questo è tutto da vedere».
 
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«Chen Wei, che novità mi porti?» Il padrone di casa, sprofondato nel divano bianco, non perse tempo come le altre volte in inutili convenevoli.
«Zhang xiansheng». Il giovane cinese si profuse in un profondo inchino, prima di cominciare il suo resoconto: «Sun Chu mi ha informato che la donna esce spesso di sera per incontrarsi con un altro uomo».
«Donne occidentali!» Borbottò l’uomo, piegando in giù gli angoli della bocca.
«Purtroppo, non esce mai da sola, ma c’è sempre un Federale, con lei, pur tenendosi leggermente in disparte».
«Si sa qualcosa di quest’uomo?»
«Sun Chu l’ha seguito», Chen Wei deglutì a vuoto.
«Perché non prosegui, Chen Wei?» Gli chiese, infatti, il capobanda.
«All’altezza di Jefferson Avenue lo perde di vista», tenne il capo abbassato, aspettandosi lo scoppio d’ira.
«Che cosa significa che lo perde di vista? I miei uomini si sono forse rammolliti?» La voce era stranamente bassa. Chen Wei si stupì. Il vecchio Zahang non era tipo da rimanere impassibile di fronte a una notizia del genere.
«Lui dice che l’uomo dai capelli rossi entra in un vicolo, ma quando Sun Chu arriva, lui non c’è più. Sun Chu, però, afferma che quel vicolo è senza uscita, e non ci sono porte laterali di nessun locale». Mentre faceva rapporto, quel dettaglio pareva anche a lui una scusa inventata di sana pianta per coprire la propria incapacità, ma come poteva un uomo con l’esperienza di Sun Chu arrivare a escogitare una simile favola?
«Quindi mi stai dicendo che quest’uomo sparisce, così, di punto in bianco?» La voce di Zhang adesso assomigliava al sibilo di un serpente.
«È quello che afferma Sun Chu», cercò di giustificarsi Chen Wei.
«Non mi importa niente delle allucinazioni di Sun chu!» Esclamò finalmente Zhang, battendo con foga il bastone istoriato sul pavimento di marmo bianco. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: La quarta sera ***


Disclaimer: i personaggi principali della saga di Harry Potter appartengono J. K. Rowling e alla casa editrice che ne detengono i diritti, mentre quelli della serie “Criminal Minds” appartengono a Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro, ma è stata scritta unicamente con intenti ludici, al fine di divertire chi l'ha scritta e chi ha voglia di leggerla.



Capitolo 2: La quarta sera

        Ron Weasley muore nudo, senza riuscire a terminare la sua ultima parola: «Cazz…»[i]

Dane[ii] è sopra di lui. Quella donna è davvero insaziabile: hanno appena fatto una scopata memorabile, ma sembra aver ancora voglia di giocare. Non l’avrebbe mai detto, lui, il Ron “the King” Weasley, che sarebbe arrivato a chiedere un attimo di tregua, invece dalla sua bocca escono proprio quelle parole, ma Dane lo stupisce: si è sdraiata di lui solo per prendere la bottiglia di whiskey.

Ron la guarda meravigliato: non ha mai visto una donna bere direttamente alla bottiglia, come sta facendo questa cinesina incontrata a pochi passi dal vicolo dove era solito materializzarsi dopo gli incontri con Hermione.

Stava tornando dal loro ultimo incontro: a ogni passo che muoveva, un ruggito sordo gli usciva dalla gola, e un paio di volte aveva anche spinto a terra due senzatetto, rei di ostacolare il suo passo. E poi era arrivata lei. Gli si era avvicinata con calma, mettendo in mostra la mercanzia, rivolgendogli la parola come se stesse cantando.

Lui l’aveva trascinata nel vicolo buio, ma lei l’aveva bloccato: «Non qui, wo de ai». Ron non aveva dato segno di averla sentita, baciandole l’incavo del collo e spingendo le mani verso la coscia, per sollevare i pochi centimetri della minigonna. Dane l’aveva allora graffiato sulle mani.

«Ahi! Puttana, ti piace il sesso violento eh?» si fasciò la mano con un fazzoletto: una misura eccessiva, secondo la prostituta, visto che dal graffio non erano uscite che poche gocce di sangue. Agli occidentali piacciono le scene melodrammatiche, pensò.

«Non qui», gli ripeté, mentre lui era intento in quell’operazione.

«Puttana con gusti raffinati, eh?» Le riservò un sorriso obliquo.

Dan E ebbe un sussulto: le era sembrato di scorgere nelle pupille di quell’uomo dai capelli rossi un qualcosa che non riusciva a catalogare a livello razionale, ma che il suo istinto classificò come pazzia. Era riuscita a cavarsela sempre perché aveva sempre dato retta al suo istinto, ma anche se questo non l’aveva mai tradito, sapeva che se l’avesse ascoltato questa volta, si sarebbe messa contro la Triade. No, meglio qualche gioco violento alla morte. Così, avvicinandosi all’orecchio gli suggerì l’indirizzo di una bettola a pochi isolati di distanza.

«Facciamo un giochino?» La voce di Dane lo riportò alla realtà.

«Sono stanco», le ripeté. Con Hermione, invece, i ruoli erano invertiti: era sempre lui quello che prendeva l’iniziativa, mentre lei lo sfiancava con rifiuti a suo dire assurdi: un po’ di sano sesso anale non aveva mai ucciso nessuno, dopotutto.

«Tu stallone, tu non puoi essere stanco», insistette l’asiatica.

«Oh, no, io leone: “Grrraugh”», imitò il verso dell’animale, gesticolando per imitare una zampata.

Dane  scoppia a ridere e si sposta da sopra lui.

«Ehi, dove scappi?» Protesta Ron, mentre cerca di impedirglielo allungando un braccio.

«Tu leone stanco, tu bisogno di polvere magica».

Polvere magica? Quella prostituta è una strega? Perché allora non si sono materializzati, invece di camminare su quei marciapiedi luridi? Si chiede, mentre la ragazza traffica sul comodino. Si è seduto sul letto, sporco dei loro umori e sta soffiando sulla schiena nuda della sua amante.

«Dai, così mi distrai», protesta lei, ridendo.

«Non mi piace che mi si girino le spalle», borbotta lui, senza smettere la sua tortura.

«Non direi», lo contraddice, alludendo al loro primo rapporto di quella sera.

«Ma quella era un’altra cosa. Adesso mi stai ignorando», bofonchia Ron.

«Non ti sto ignorando, wǒ de shīzi. Sto lavorando per te…. Ecco, polvere magica è pronta».

Gli si mette cavalcioni sul suo inguine e gli fa ingoiare il piccolo ovulo e lo aiuta a deglutirlo facendogli bere il whiskey dalla bottiglia.

Gli si struscia contro, sussurrandogli all’orecchio: «Tu leone, io gazzella, vuoi?»

La voce, musicale, di Dane gli arriva però lontana, coperto dal rumore di un fiume in piena. Anzi, il rumore che sente è quello delle onde che si infrangono sulla spiaggia dove poche ore prima aveva incontrato Hermione. E anche la voce che sente ribombare nelle orecchie non è della prostituta cinese, ma è di Hermione. Hermione che gli dice… gli dice… Che cosa gli sta dicendo Hermione?Se si concentra forse riesce a ricordarsi… Ma è così difficile fermare i pensieri… Le onde vanno e vengono, le mani si spostano ovunque sul suo corpo, sui suoi capelli… Le mani… No, le mani…

Perché fare resistenza? È così piacevole, le onde, quelle mani… Oh, sì, le mani, sì, le mani, e Hermione che gli parla…

 

«Sei venuta». Aveva quasi perso le speranze che sarebbe venuta anche quella sera, dopo il litigio della sera precedente; e invece, eccola lì. Non da sola, però. Quando l’uomo che l’accompagnava, il sorriso gli morì sulle labbra, mentre le mani si stringevano a pugno e il suo corpo si irrigidiva, nel tentativo di trattenere dentro di sé la rabbia che gli stava montando nell'animo, ma doveva restare calmo.

«E lui?» Niente ciao, niente che bello rivederti. Solo una domanda a denti stretti e un cenno della testa.

Hermione si girò nella direzione indicatole dall’ex fidanzato: «È l’agente Derek Morgan», gli spiegò.

«Credevo che ci fossero solo agenti donne», le rispose stizzito.

«No, la squadra è composta da due donne e quattro uomini», chiarì.

«Quindi, se non mi sbaglio, ma non credo visto tutti gli anni della nostra frequentazione, siete cinque uomini e tre donne: chissà che orge che fate, in quella casa!» Le si avvicinò, ma Hermione si allontanò di alcuni passi, indispettita dall’allusione volgare.

«Se anche fosse, non credo siano più affari tuoi, visto che sei sposato e Lavanda è di nuovo incinta di te», lo fulminò.

«Non. Osare. Nominare. Lavanda», le sillabò.

Il lampione più vicino le rimandò il viso di uno sconosciuto.

Indietreggiò ancora.

Sulla strada, dove era rimasto, Morgan mosse un passo verso la spiaggia.

«Dì al tuo amico di non interferire», ruggì Ron.

«Che cosa…» Hermione subito non capì, poi, vedendo che Ron le indicava col solito gesto della testa qualcosa alle sue spalle, si voltò in quella direzione.

«È tutto a posto, agente Morgan», cercò di tranquillizzarlo Hermione.

 

Il suo cuore comincia ad accelerare, ma è come se i suoi muscoli e il suo cervello non fossero sincronizzati, intanto, lo sciabordio delle onde lo risucchia di nuovo su quella spiaggia.

 

«Ron… forse è meglio finirla qui: ogni volta che ci vediamo, litighiamo sempre».

«NO, aspetta… Io lo so che ho un carattere difficile…», e lì Hermione alzò un sopracciglio, piegando la testa di lato, ma invogliandolo con un ampio gesto della mano a continuare, «ma tu devi cercare di capirmi: gli allenamenti, le interviste… Insomma, sono sempre sotto pressione», cercò di giustificarsi.

«D’accordo. Io che cosa c’entro, però?»

«Come?» Ron sbatté un paio di volte le palpebre.

«Mi hai appena detto che se litighiamo da quattro sere è perché tu sei sotto pressione, ma non mi hai spiegato perché sei venuto a cercarmi proprio ora», gli spiegò. A Ron sembrò di riascoltare l’undicenne arrogante che lei lo sapeva perché lo aveva letto su “Storia di Hogwarts”.

«Beh, nelle lettere che inviavi a Harry non c’era il tuo indirizzo».

«Altrimenti che avresti fatto?» Gli chiese ancora, sorvolando su un particolare, ma si ripromise di ritornarci dopo.

«Beh, ti avrei raggiunto e ti avrei riportato in Inghilterra», le disse con gli occhi spalancati.

Hermione gli rise in faccia.

Ron si irrigidì, le mani strette a pugno. Ebbe, anzi, l’impulso di alzarne uno, ma si trattenne in tempo, ricordandosi dell’uomo poco distante da loro.

Hermione se ne accorse e smise all’istante di ridere, irrigidendosi a sua volta.

Sulla strada, Morgan mosse altri due passi verso di loro.

«Tu, sposato, padre di non mi ricordo più di quanti figli e uno in arrivo, saresti venuto fino in America per riportare me, che non c’entro assolutamente nulla con te, in Inghilterra? E a che titolo, scusa?»

«Come sarebbe a dire a che titolo? Tu mi ami, mi avresti seguito», le disse, muovendo altri passi verso di lei.

Hermione ne mosse altrettanti nella direzione opposta. Purtroppo, però, in questo modo si stava allontanando dalla strada.

Anche Morgan si mosse di altri passi.

«No, Ron, io non ti amo. Io amo un’altra persona», mise in chiaro.

«E chi sarebbe quest’altra persona? Il furetto Mangiamorte fallito? Ma per favore!» Sbottò Ron.

«Non conosco nessun furetto Mangiamorte fallito. Potresti usare nome e cognome, sempre se vuoi una risposta chiara, s’intende». Di nuovo quel tono che lui aveva tanto odiato a Hogwarts. E anche dopo, quando avevano provato a convivere.

«Mi riferisco all’uomo che Harry mi ha detto stai per sposare». No, lui non avrebbe mai nominato Malfoy, nemmeno sotto tortura.

«Draco Malfoy, intendi? Sì, lo amo tanto che ci sposeremo tra qualche giorno». Mentì.

«Dimmi: a letto ti fa urlare come ti facevo urlare io?» Le chiese a bruciapelo.

Hermione arrossì: Morgan era adesso a pochi passi da loro e sicuramente aveva sentito la domanda di Ron.

«No, vero? Ammettilo: solo io sono in grado di soddisfarti», le sorrise.

«Mio dio, Ron» Hermione sollevò a metà le braccia e le lasciò ricadere, mentre ruotava di mezzo giro il busto, prima di guardarlo di nuovo in faccia, «parli come se tu fossi uno stallone e io una puttanella che pende dalle tue protuberanze. A parte che a letto non sei mai stato un granché, ma questo immagino dipendesse dagli “allenamenti sfiancanti” a cui ti sottoponevi, sai un uomo non si misura solo da quanto fa urlare una donna a letto. Perché sai, se una donna urla a letto non sempre è indice di piacere, ma può anche essere perché è vittima di abusi. Inoltre, l’intesa sessuale non è tutto nella vita di coppia. E quando noi facevamo coppia, non c’era neanche quella, pensa un po’!» Lo umiliò.

Forse ci era andata giù pesante, ma quella domanda, fatta, così, a bruciapelo, le aveva impedito di ragionare a mente fredda. Quasi sentiva gli applausi di Draco per il suo discorso.

«Tu, brutta puttanella…»

«Ora basta», intervenne finalmente Morgan.

«Lei non osi intromettersi», sibilò Ron.

«Altrimenti?» Lo provocò l’agente federale.

«Lo lasci pure continuare, agente», si intromise Hermione, con un tono ironico, «sono proprio curiosa di scoprire quali parole ritiene adatte per descrivere il suo folle amore per me».

«Io non devo dimostrarti proprio niente», sbottò Ron.

«A no? No, perché ti presenti all’improvviso alla mia porta, a un indirizzo che tu non dovresti conoscere…»

«L’ho scoperto per caso, al Ministero. Era tra le carte di Harry», si lasciò scappare Ron.

«Non mi risulta che tu sia un Auror», lo punse Hermione.

«Beh, che cosa c’entra? Sono il cognato del Capo Auror», le rivelò con innocenza».

A questo punto Hermione contò fino a dieci.

«E solo per questo ti sei sentito in dovere di sbirciare tra documenti riservati?» Si accalorò la donna.

«Riservati, insomma… Si parlava di te. E tu non hai segreti per me».

Di nuovo, Hermione contò fino a dieci, con gli occhi chiusi, cercando di incamerare quanta più aria possibile nei polmoni. Le era sempre piaciuto il profumo dell’aria salmastra, sin da quando, bambina, andava con i genitori in vacanza in alcune località balneari. Lo sciabordio delle onde, poi, aveva sempre avuto il potere di calmarla. Per questo, quando quattro giorni prima Ron si era presentato al numero nove di Ocean Avenue e le aveva chiesto di poterle parlare, lei aveva proposto la spiaggia. Poi, a quel primo incontro ne era seguito un secondo, e un terzo. Quella sera, però, Ron aveva gettato la maschera e si stava presentando per quello che era.

«Mi dispiace, Ron. Tra noi è finita la sera stessa che ho saputo del tuo tradimento con Lavanda. Addio».

Gli passò vicino, ma Ron non mosse un solo muscolo per fermarla.

L’agente federale la scortò lontano da lui.

Assurdo! Si era permessa di dire che lui non era mai stato granché a letto! Ma come aveva osato quella sciacquetta?

 

Sentì come una martellata in testa, e poi il buio.

 

* * * * * * * * * *

 

«Chen Wei, che novità mi porti?»

Zhang ha lo sguardo fisso su Central Park, con le spalle risvolte alla porta e non si è voltato nemmeno quando il cameriere l’ha avvertito dell’arrivo dell’ospite.

«Ottime notizie, Zhang xiansheng», gli rispose il giovane.

«I due inglesi sono stati eliminati?» Chiese ancora l’anziano, sempre davanti all’ampia vetrata.

«No, purtroppo loro sono ancora vivi, ma per poco. Intanto, la nostra Dan E è riuscita nel suo compito», gli assicurò, profondendosi in un altro inchino.

«Non conosco questa Dan E», si voltò per metà.

«È un’affiliata che lavora per noi a Boston», gli spiegò il ragazzo.

«Una donna», Zhang pronunciò la frase piegando le labbra all’ingiù.

«Una donna molto brava, nel suo lavoro. Tra poco, gli inglesi saranno costretti a uscire allo scoperto».



[i] “Kweku muore scalzo, una domenica all’alba” è l’incipit de “La bellezza delle cose fragili” di Taye Selasi.

[ii] Il nome esatto è Dan E, come verrà specificato più sotto, ma Ron lo storpia: ecco perché il nome appare scritto con due grafie diverse in questo capitolo.

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N. d. A.: Buona serata a tutt* quant*. E scusate l'ennesimo ritardo. Bene. Questo è il primo capitolo della storia ed è in flashback: in pratica, la prostituta cinese ha "offerto" a Ron una dose eccessiva di cocaina che prima gli ha provocato delle allucinazioni (i suoi ricordi di quanto successo sulla spiaggia con Hermione) e poi... lo scoprirete nel prossimo capitolo. Avete capito qual è il riferimento letterario? Un piccolo indizio: la soluzione è nel titolo, l'incipit è fuorviante.
Come sempre, ringrazio tutt* coloro che hanno inserito la storia fra le ricordate/preferite/seguite e che lasciano un segno della loro presenza con i commenti, ma anche chi segue in silenzio.
Per chi è interessato,  questo è il mio indirizzo Facebook: The Mirae's Dream e se c'è qualcun* di voi che è iscritto a Goodreads e volete aggiungermi come amica, questa sono io: Emma Costamagna.

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