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di tsubasa_rukia3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Missione: Black Lagoon ***
Capitolo 2: *** Prima Missione: Succube ***
Capitolo 3: *** Prima Missione: Fae dell'inganno ***
Capitolo 4: *** Seconda Missione: Prologo ***
Capitolo 5: *** Seconda Missione: Thunder ***
Capitolo 6: *** Seconda Missione: Vafanculo al 'Riposo Forzato!' ***



Capitolo 1
*** Prima Missione: Black Lagoon ***


Una macchia di luce che si accendeva e si spegneva sulla finestranon vedeva nient'altroCuriosa di scoprire cosa producesse quella luce decise di avvicinarsi e vide una minuscola fatina scintillante che danzava leggiadra saltando di foglia in foglia.
Nessunafae era riuscita ad incantarla come quella minuscola fata.
Le aliecco cosa la affascinavanoSebbenefin da piccola fosse in grado di vederlisi era tenuta a debita distanzama in quel momento si sentì tranquilla nel seguirla nel fitto bosco.

Due generazioni dopo

Jasmine si apprestò a dare il colpo di grazia, prima di pulire, con un movimento stizzito, la sua fedele lama dal sangue di quell'abominio.
Non si accorse, di come un'ombra furtiva, alle sue spalle stette per attaccarla. 
Quest'ultima non aveva fatto i conti con il lupo, dal folto pelo, nascosto dietro ad una delle colonne della chiesa sconsacrata, che sadicamente affondò le sue zanne alla giugulare e tranciò la testa di netto.
«Tobias, lo sai che non voglio vederti mangiare», ricordò la donna, disgustata all'animale, mentre esso infieriva sul corpo e se ne cibava.
Si allontanò da quel macabro spettacolo, il suo compito era uccidere, non assistere ai pasti del suo partner.
Un guaito acuto la fece girare di scatto e quando lo fece elargì un linguaggio piuttosto squerrile per una donna, secondo alcuni.
Sotto i suoi occhi, il predatore era appena diventato la preda.
Con calma glaciale sfoderò i suoi fedeli pugnali e ne lanciò due, mirando rispettivamente al cuore e ad un'occhio. Mentre la creatura, che aveva appena ucciso il lupo, li scansava, Jasmine saltò a cavalcioni su di essa e con un grido spezzò le ossa del collo. Non soddisfatta, iniziò una macabra melodia con le altre parti del copro dopo aver estratto a mani nude il cuore ancora palpitante.
Guardò Tobias, tornato alle sue sembianze umane, divenuto il solito scorbutico di mezza età che conosceva. Normalmente, senza un braccio si sarebbe salvato, ma quelle infide creature avevano la saliva e il sangue velenosi.
Fece un cenno alla sua compagna e Jasmine rispose con un piccolo inchino del capo.
«Mi mancherai, piccolo bastardino», confessò usando il nomignolo che gli aveva affibbiato da quando lo aveva incontrato la prima volta, cinque anni or sono.
La lame, incisero il cuore e una tempia, regalandogli una morte veloce e indolore. La donna non avrebbe mai più potuto udire il suo ringraziamento.
Facendo suonare i tacchi contro la dura pietra, lasciò il compito di ripulire alla squadra specializzata, I Pulitori, che sarebbe arrivata lì in pochi minuti. Non ci teneva ad incontrarli, quelle larve disgustose ingoiavano qualsiasi cosa.

Si lavò dal sangue e si cambiò i vestiti, sembrando una comune donna sulla trentina che stava uscendo a fare baldoria. Nessuno avrebbe mai notato le lame, sottili come spilli, nascoste nell'interno coscia o gli spilli avvelenati che si celavano nelle ricuciture del reggiseno.
Jasmine, raccogliendo la sua chioma color ruggine in una coda alta e senza truccarsi, indossò gli stivali in pelle e si diresse verso il suo locale preferito.
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«Tesoro, questo è il tuo terzo Black Lagoon, nel giro di un quarto d'ora. Non voglio doverti trascinare a casa», la rimproverò bonario il barista.
«Sta zitto, Antonio!», lo rimproverò sbattendo il bicchiere sul bancone, «E dammene un altro!», ordinò leggermente brilla.
«Un bicchiere di quella roba contiene 43 gradi alcolici!», le ricordò preparando un'altra dose di quel veleno, «Dovrei chiamarlo Black Poison...», rifletté mentre le porse un tulipano pieno di un liquido scuro come la pece.
«Fidati, Tony, il nome che ha adesso va più che bene. Sto sprofondando in una laguna nera, senza riemergerne più», confessò prima di bere il bicchiere a goccia.
«Ehi, bellezza, ti va di divertirti?», biasicò una voce aliticcia.
«Lo stavo facendo finché non sei arrivato tu», gli confessò facendo un cenno al barista per un'altra dose di veleno. Non le importava affatto del mal di testa che si sarebbe ritrovata la mattina.
«Eh, dai...», insistette, facendo l'errore di poggiare una mano sul braccio nudo della femmina. 
Antonio sospirò, chiamando l'assistente col capo, sapendo già come sarebbe finita.
Come previsto, l'uomo svenne dopo pochi istanti, facendo un grande rumore e subito fu scortato fuori da Marco, l'assistente barista.
Antonio porse un altro Black Lagoon a Jasmine, in silenzio, tenendola d'occhio per il resto della nottata.
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Quello che aveva in testa non era un uragano. No, era il figlio di un terremoto ed una frana, dentro una grotta cava cosicché ogni singolo rumore percepito dalle sue povere orecchie sarebbe stato amplificato fino a romperle la testa. Per non parlare della continua sete e del senso di nausea, senza dimenticare gli occhi gonfi per carenza di sonno.

Senza salutare i suoi colleghi, si diresse verso l'ufficio del capo, nonché colui che l'aveva addestrata e cresciuta come una figlia.
Maximilian era un uomo burbero, discendente di un fae della pietra, pertanto quando si arrabbiava scatenava piccoli terremoti. Il problema, era che in presenza di Jasmine lo faceva abbastanza spesso.
«JASMINE!», urlò appena questa varcò la porta. Per la potenza della voce, in quelle sue particolari condizioni, indietreggiò di tre passi prima di decidere di entrare, conscia che scappando avrebbe solo rimandato l'inevitabile.
«Buon giorno, Capo», sebbene l'uomo era sprovvisto di orecchie ci sentiva meglio degli umani.
«PERCHÉ CAZZO NON SEI VENUTA A FARMI RAPPORTO IERI, DOPO LA MISSIONE?», sbraitò la fonte dei suoi insulti peggiori.
«Perché, non ero dell'umore adatto», rispose sincera tappandosi le orecchie, sebbene non sarebbero servite molto allo scopo.
Fu leggermente sorpreso dell'atteggiamento remissivo e quasi non la fece uscire per mandarla a smaltire l'evidente sbornia, quasi.
«FIGLIA DI UN GOLEM! È IL TUO TERZO PARTNER CHE MUORE NEL TUO TURNO! ORA NESSUNO VUOLE FARE COPPIA CON TE!», si lamentò.
«E IO TI AVEVO DETTO, FIN DALLA PRIMA MISSIONE CHE POTEVO FARCELA DA SOLA! NON HO BISOGNO DI UN BEL TUBO PER UCCIDERE DELLE SCHIFOSE SANGUISUGHE PARANORMALI!», urlò anche lei esasperata, provocando un dolore atroce alle sue tempie, ma ben decisa a non retrocedere.
«PER LA REGINA DI TUTTI GLI GNOMI! CONOSCI LE REGOLE DELL'AGENZIA! SOLO I LIVELLI SS VANNO IN MISSIONE IN SOLITARIA!», ricordò quello che era il frutto di precedenti dispute.
«ALLORA FATEMI FARE L'ESAME! COSA È QUESTA CAZZATA DEI QUINDICI ANNI DI ESPERIENZA SUL CAMPO?! SONO UNA DANNATA LIVELLO S! LA PIÙ GIOVANE DELLA MIA ETÀ E IL DIAMANTE DELL'AGENZIA!», urlò stringendo le dita nelle maniche dello spolverino in pelle.
«Ne sei sicura?», chiese con una scintilla negli occhi. La cacciatrice fu spaventata dal sorriso malizioso del capo e del suo repentino cambio d'umore, nessuno dei due era un buon segno. Anzi, presagivano una sciagura per lei e anche bella grossa se posti nello stesso momento e sulla stessa faccia .
«Cosa hai architettato questa volta?», domandò, non volendo sapere la risposta.
«Entra pure!», ordinò Maximilian allargando il sorriso, questo provocò un brivido di paura lungo la schiena della donna. Lei, che non provava paura nemmeno davanti ad un Incubus.
Dalla porta dietro le sue spalle, fece l'ingresso un uomo, apparentemente, sulla tarda ventina. Non sapendo con quale razza si era mischiata la sua famiglia, non poteva capire se l'età che dimostrava coincideva con quella vissuta. 
I capelli corvini erano legati in un piccolo codino, mentre un filo di barba regolare circondava i dintorni della sua mascella squadrata, il naso pronunciato si armonizzava con le spesse sopracciglia, mentre le labbra sottili e violacee erano attraversate da una bianca cicatrice trasversale. Jasmine non lo guardò negli occhi, anche perché essi erano nascosti dietro una barriera scura di plastica. L'unico punto a suo favore era l'abbigliamento: interamente in pelle di daino. Lo sentiva, l'odore dei trattamenti all'antica le stuzzicava leggermente il naso. Nonostante quelle vesti, ad ogni suo minimo movimento avvertiva la musculatura, mettendola in guardia della sua potenza; ma ciò che più di tutto la mise in allarme fu l'odore di vaniglia che lo circondava, l'odore dei sigilli.
«Jasmine, ti presento il tuo nuovo e ultimo partner. Tratta bene il nostro nuovo acquisto, Borislav Anton», sentendo nominare il suo nome si avvicinò e porse una mano alla donna dai capelli color papavero.
«Per favore, chiamatemi Andrej», chiese con tono gentile, con quell'accento roco. Estremamente, profondo.
Jasmine era persa in fantasticherie tutt'altro che innoque quando fu richiamata dal suo tutore.
Evitando il contatto col nuovo arrivato sbatté le mani sulla scrivania completamente adirata, le guance avevano preso fuoco assecondando il suo umore.
«Ho detto che mi rifiuto di avere un partner! Sono una fotuttissima livello S!», ribatté per l'ennesima volta.
«Ah, dimenticavo di dirti che il tuo partner è un livello S+...», disse con estrema calma, assaporando l'espressione sconvolta della sua protetta. 
Non è possibileSi girò a guardare l'uomo, ma non notò nessun particolare potere.
«Oh, quasi dimenticavo. Questa è la vostra prossima missione», informò mentre Jasmine era intenta ad uccidere con lo sguardo l'intruso, «Una comune missione di rodaggio. Ci sono due Randagi nella provincia vicina, trovateli, uccideteli e tornate a fare rapporto. Ah, visto il vostro livello, penso che tre giorni siano più che sufficienti», insinuò velenoso prima di condurre fuori la coppia. Jasmine zitta e sottoschok e Andrej con il fascicolo della missione in mano.
Perché cazzo è contro le regole uccidere i colleghi della stessa agenzia?! Imprecò mentalmente mentre si dirigeva al bar personale dell'azienda a fare colazione. Volente o nolente avrebbe dimostrato la sua superiorità, se era realmente maledetta, entro pochi anni sarebbe morto in servizio. Tanto vale almeno conoscere il nome che verrà inciso nel momentorum.
Con questi allegri pensieri si preparò ad ordinare, conscia che il novellino la stava silenziosamente studiando.

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Capitolo 2
*** Prima Missione: Succube ***


Jasmine si sedette in mezzo al gruppo di sedie e tavoli, ignorando volutamente lo sguardo delle donne che se lo mangiavano con gli occhi.
«Conoscendo l'Agenzia, scommetto che ti sei trasferito qui poche ore fa. Non so se puoi mangiare cibo umano senza effetti collaterali, ma ti ho ordinato la colazione. Non voglio mica vederti morire di fame!», spiegò porgendo la tazza di cappuccino, la brioche alle mandorle e la macedonia davanti al fortunato.
Si affrettò a mordere la sua brioche al cioccolato e aspettò di vedere se avrebbe mangiato. Altro che gentilezza, questo era il suo modo per scoprire la qualità e la quantità di sangue fae nel suo partner. Andrej, con modi calmi iniziò a mangiare il cibo offertosi.
«Allora, mi pare doveroso fare le dovute presentazioni», iniziò con tono pacato la femmina, «Mi chiamo Jasmine R. A. McPhilipe e sono di origine scozzese, solo di geni. Il contatto con i fae nella mia famiglia è stato ai tempi di mia nonna e lavoro qui da dieci anni, sotto la supervisione del nostro capo, Maximillian», chiarì cercando di non rivelare troppo. Solo le persone più fidate potevano sapere che tipo di sangue fae scorre nelle vene, poiché rivelandole si venivano a conoscenza dei punti deboli e di forza dell'individuo.
Troppe persone erano morte accoltellare dai loro cari durante il sonno.
«Mi chiamo Borislav Anton, ma vi sarei grato se mi chiamaste Andrej», ripeté dopo aver assaporato la bevanda calda, «Vengo dalla Russia, "solo di geni", ma ho passato lì solo una parte della mia vita. La mia famiglia ha avuto contatti con i fae con mia nonna e con mia madre», disse tranquillamente, indifferente di rivelare quanto sangue fae scorresse nelle sue vene.
«Oh, questo spiegherebbe tutti i sigilli che hai adosso», punzecchiò divertita nel vedere il leggero irrigidimento delle spalle, «e scommetto che una delle tue parenti è caduta sotto l'effetto di un succube», rise dello sguardo omicida che l'uomo le indirizzò nonostante la barriera di plastica scura.
«Andiamo, bisognava essere cechi per non capirlo! Solo le femmine ti divorano con gli occhi!», disse a mo' di scuse, «inoltre, mi pare di avervi dato anche io delle informazioni, quindi siamo pari», continuò prendendo un tono glaciale.
Con gli ultimi sorsi finì la propria colazione e si alzò in piedi.
«Andiamo, novellino! Ti devo far vedere come funzionano qui le cose», lo riprese vedendo che non si era alzato.
Andrej sospirò e pregò di non perdere il controllo, non poteva certo uccidere il suo nuovo partner il primo giorno che si conoscevano. Un serpente scuro si attorcigliò sulle sue mani, ma con la forza di volontà lo soppresse, prima di alzarsi.
«Mi chiamo Andrej», ripeté per l'ennesima volta.
«I nomi si guadagnano, novellino», lo schernì facendogli strada verso la loro prima tappa: l'infermeria.
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Erano in macchina da due ore e il silenzio che vi regnava era palpabile a chilometri di distanza.
Calcolando che dovevano essere vicini alla meta, la donna si decise finalmente a parlare, nonostante fosse al volante aveva letto tre volte la missione prima di cedere nuovamente il fascicolo al novellino.
«Conosco la città, la maggior parte dei casi di Randagi dell'agenzia vengono da qui. A quanto pare c'è un'instabilità con l'alpha dei licantropi della città, non ci interessa. Il nostro compito è fare fuori chi si fa scoprire dagli umani, come ben sai. I media, hanno classificato i vari omicidi dei randagi come vittime di un solo assassino. Pensa che l'hanno chiamato "Il serial killer lupo", per le tracce che lasciano sui cadaveri.
Ok, sto divagando. Per quanto riguarda la missione, io faccio da esca. Tu prendi uno e io sistemo l'altro, che fortuna pensa! Ne abbiamo uno a testa. Prima finiamo questa tortura e prima avremo le vacanze di post-missione», lo informò tranquillamente mentre parcheggiava al solito hotel.
«Buon giorno, Cassandra», salutò Jasmine con finta allegria la receptionist umana.
«Jassie! Sei venuta per un'altra avventura di...», la voce le morì in gola nel vedere il suo accompagnatore.
«Cassandra!», la richiamò più volte la cacciatrice, ma la sua attenzione umana era totalmente presa dalle labbra sfigurate del novellino. Gli diede una gomitata agli stinchi e lui, dopo aver restituito il gesto alla sua compare, si schiarì la gola.
La ragazza sembrò ridestarsi e nel farlo arrossì come un'adolescente.
«T-t-t-ti chiedo scusa, Jassie! Non pensavo che avessi cambiato compagnia! Dove è finito Andrea?», chiese con fare falsamaente innocuo.
«Quel bastardo ha deciso di finirla. Secondo lui, questo ben di Dio non era abbastanza!», mentì spavalda con tanto di scrollata dei capelli offesa, «Beh, non ha torto, non mi meritava!», se il nuovo arrivato non avesse saputo della vera fine che aveva avuto il suo precedente collega sarebbe cascato davanti alla sua recita. Evidentemente la sua partner era abituata all'inganno...
Dentro di sé Jasmine si sentiva morire, dover porre fine alla copertura del suo ultimo compagno in quel modo... Non meritava di infangare così il suo ricordo.
«Ma ho saputo che si è sposato e la sua dolce metà aspetta una coppia di gemellini », confessò con un sorriso triste e malinconico, tanto che Cassandra si sentì in obbligo di distrarla.
«Beh, allora mi pare giusto che tu ti dia alla pazza gioia! Immagino che ti devo dare il solito!», propose ammiccando.
«No, Cassandra. Lui è mio fratello Gabriel, per quanto gli voglia bene ci terrei ad avere una stanza mia.», spiegò infastidita, e avvicinandosi piano alla receptionist le sussurrò all'orecchio: «Vorrei avere le stanze una di fronte all'altra. Non so se hai capito, ma voglio sapere chi entra da quella porta». Cassandra arrossì nuovamente e si sbrigò ad armeggiare al computer per dare le chiavi ai nuovi ospiti.
«La durata della permanenza?», chiese tornando professionale.
«A parte le stanze, il resto è uguale», le spiegò con calma infinita.
Presero le chiavi e si fecero accompagnare al terzo piano.
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Jasmine uscì, per una breve gita di shopping pomeridiano. Doveva preparare la copertura per questa sera e se voleva che il novellino non attirasse l'attenzione, si vide costretta a comprargli delle vesti adatte a fare baldoria. Sospettava che quella parola non facesse nemmeno parte del suo vocabolario.
Bussò alla sua camera ed entrò chiedendo formalmente il permesso, sebbene non aspettò la risposta. 
Nel girarsi lo vide con i pantaloni in pelle ancora aperti e i capelli scuri grondavano acqua sul suo busto nudo. Si chiese, se dormisse perfino con quel paio di occhiali.
Non poté fare a meno di far cadere l'occhio sulla patta aperta, mordicchiandosi le labbra. 
Non ci credo! Non porta le mutande?! Pensò sconvolta alzando gli occhi sbarrati sul viso del novellino, che sorrideva sornione.
«Bene, bene. Cercavi qualcosa?», le chiese avvicinandosi lentamente.
«Novellino, se cercassi qualcosa sarebbe il tuo cervello!», rispose cercando di mantenere un tono di superiorità.
Inaspettatamente, il nuovo arrivato si mise a ridere.
Imbronciata Jasmine, gli tirò in faccia in sacchetto di carta pieno di vestiti.
«Questi, sono gli abiti per questa sera! Vedi di farteli andare bene!», urlò chiudendosi la porta dietro di sé e buttando tutto alla rinfusa per terra, appena entrata nella sua camera. Si sfogò sul cuscino e dopo quella che parve un'eternità, iniziò a prepararsi per la missione. Esercizi di riscaldamento compresi.
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Ignorando completamente il novellino alle sue spalle. Uscì dall'hotel e si diresse verso il locale più grande della città, sapendo con esattezza che altri esseri oltre agli umani, riempivano quelle mura. 
Nelle discoteche si potevano incontrare pochi tipi di fae e tutti lo facevano solo per una ragione: cibo. C'era chi si nutriva di sesso, chi di gelosia, chi di sangue e chi semplicemente del dolore altrui. Tutti rispettavano la regola non scritta: uccidere SOLO se si viene scoperti.
A parte i caduti, fae abbastanza stupidi da essere stati corrotti dalla loro essenza sovrannaturale. 
Per questo esistevano i Galath: per difendere la pace del mondo umano, o questa era la favola ufficiale dell'Agenzia. Jasmine, sapeva fin dall'inizio che gli umani non potevano combatterli ad armi pari, pertanto il lavoro sporco dovevano farlo quei bastardini usciti dai fae e unirsi all'Agenzia; altra scelta era la morte; ma la triste mietitrice, in un modo o in un altro, ti prendeva al suo fianco.
Con questa piccola storiella in mente Jasmine fece finta di ubriacarsi alla follia, sebbene l'unico drink in grado di renderla brilla non si trovasse in quella città.
Il novellino, aveva il compito di sorvegliare i dintorni senza destare sospetti, per poi uscire dall'ombra e colpire al momento opportuno.
La ragazza si scatenò e ricevette le attenzioni delle sue prede oltre a quella degli umani persi nella lussuria, fingendosi un'umana sciocca.
Facendosi condurre fuori con delle moine di protesta, perché non potevano avere un rapporto carnale lì in piedi davanti all'ingresso, gli lasciò credere di avere la situazione in pugno.
Dopo una decina di metri, mentre si allontanarono, sentì qualcosa che cambiava, l'odore di Randagio si stava mischiando a qualcos'altro. L'odore amaro e pungente la prese alla gola, ma continuò la recita dell'ubriaca affamata di sesso.
I due uomini, con il volto scavato e chiaramente tremanti come degli assuefatti, non si resero conto dell'ombra che balzava sopra i tetti alle loro spalle.
Finalmente! Pensò sollevata Jasmine, quando uno dei due si decise a sbatterla contro il muro graffiando le scapole scoperte. 
Un filo di eccitazione la pervase, non le dispiacevano i modi bruschi, ma l'altra parte doveva guadagnarsi il diritto di comandare e quei due non avevano nemmeno l'aspetto giusto.
Andrej fu quasi annebbiato dall'odore di eccitazione provenire dalla propria partner e per poco non si unì ai due randagi. Se lui, a quella distanza poteva percepire il suo odore, era certo che quei lupi ne erano abbagliati.
Fu facile prendere quello che stava alzando la minigonna di Jasmine e portarlo via con se, mentre la sua compare aveva tranciato coi denti la lingua di quello che pochi secondi fa sembrasse essere il suo amante.
Promemoria: non fidarti se fa la dolce, scappa. Sarà di sicuro una trappola. 
Cercò di tenere a mente questo piccolo avviso, mentre un suo pugno spaccava la mascella della sua preda. Godette del dolore che sentiva provenire dal Randagio e senza trattenersi, lo massacrò con una cascata sempre più forte di montanti.
Jasmine aveva appena fatto battere per l'ultima volta il cuore del licantropo, quando quello strano odore si fece più forte.
Con orrore, vide il cadavere rialzarsi e annusare l'aria.
Sentì, l'odore del sangue e ciecamente fu indotto ad attaccare il novellino di spalle.
A Jasmine sembrò di vivere un orribile déjà vu, i secondi rallentarono mentre quello stupido continuava a infierire sul volto del Randagio. Con precisione chirurgica, sentì le proprie gambe scattare verso Andrej e vedere il neoresuscitato caricare, senza fermarsi, addosso alla sua persona.
Le morse il collo.
Una voce entrò nella mente della donna, procurandole terrore puro: "Ti ho tovata".
Con un movimento rapido, decapitò con la forza delle sole braccia l'essere già morto.
L'odore sparì e il corpo si accasciò senza vita.
Non è possibile, non è possibile... continuò a dire come un criceto che corre disperato dentro una ruota. Il terrore le strinse le viscere, facendola dimenticare del sangue che scorreva a fiumi dalla giugulare.
Fu proprio quella sensazione a ridestarlo dallo stato di trans in cui era capitato. 
Lui si nutriva di dolore e la paura era commestibile, ma molto pesante e non la assimilava se non in casi di fame prolungata. Il terrore, quello gli era proprio indigesto.
Si accorse che non proveniva dalla sua preda, ma alle sue spalle.
Girandosi, vide l'esile figura di Jasmine, e solo in quel momento si ricordò del perché alle tre del mattino era in mezzo alla strada ad uccidere un uomo a suon di pugni.
«Jasmine?», la chiamò dubbioso, sentiva che gli era sfuggito un dettaglio importante, ma non capiva quale. La sua partner non rispose.
Si avvicinò cauto e notò che era ferita, ma non si mise in allarme. Il morso dei Randagi non era velenoso, per scrupolo toccò con un dito il suo sangue e lo portò alla bocca. Fu sorpreso del sapore così dissetante che aveva, non aveva mai assaggiato una linfa di quel sapore rinvigorante, ma come un ruscello d'acqua limpido, fu facilmente visibile notare che qualcosa di estraneo stava cercarlo di riempirlo.
«Jasmine?», sussurrò preoccupato.
«Novellino, se tu ti preoccupi poi mi tocca canbiarti il pannolino», sbuffò rompendo il silenzio teso. Dopo aver parlato fece tre lunghi fischi acuti, udibili solo da una particolare specie canina. In men che non si dica due lupi oversize fecero la loro comparsa. Andrej, estrasse la pistola automaticamente, quegli esseri non gli andavano proprio a genio.
«Rilassati, novellino. Li ho chiamati io», lo tranquillizzò prima di parlare a loro, «Potete avvertire l'alpha che il compito è stato svolto. I corpi, come pattuito sono responsabilità vostra. Avete una settimana per inviare il bonifico», ricordò annoiata e sintetica. Il lupo dal manto grigio annuì, mentre quello dal pelo bruno ringhiò in direzione di Andrej.
«Andiamo, novellino. Voglio vedere la faccia basita di Maximilian, visto che abbiamo risolto la missione in tempo record!», proclamò soddisfatta dando le spalle ai due licantropi e facendo abbassare l'arma del suo partner.

Quando il mattino seguente, uscirono dall'hotel, Jasmine si sentì troppo debole per continuare a guidare ininterrottamente. 
Si era appena guadagnata una nuova fasciatura al collo e così, con l'amaro in bocca, davanti alla sua bellissima BMW di ultimo modello, lanciò le chiavi al suo partner. 
La guardò sospettoso, il giorno prima si era fatta capire chiaramente che quella macchina poteva essere guidata da un solo paio di mani e il suo non era quello giusto.
«Avanti, pivellino, fammi vedere la galanteria russa e guida la strada del ritorno», lo provocò prima di entrare dal lato del passeggero.
Andrej iniziava a divertirsi, era la prima volta che incontrava un essere fae, umano o Galath, che resisteva al suo richiamo inconscio di succube.
Beh, era vero che lo era in parte, ma la ragione di tutti quei sigilli era il compagno di sua madre. Strinse le nocche e cercò di calmare la furia omicida che compariva ogni volta che pensava a lui.
Jasmine, rimase sveglia tutto il tragitto canticchiando, per interrompersi solo per dare indicazioni stradali.
Parcheggiarono nel sotterraneo del grattacielo privato dell'Agenzia e si incamminarono verso l'ascensore.
Stranamente, la donna dai boccoli ramati era di buon umore e salutava allegramente chiunque incontrasse.
Andrej la studiò attentamente, non credeva che gli avessero affiancato una tipa lunatica...

Nell'ufficio di Maximilian, Jasmine fece un rapporto esemplare nonostante il volto tetro del loro capo.
«Andrej», fu sorpreso di sentirsi chiamare, Jasmine aveva detto tutto alla perfezione, «Hai notato niente di strano?».
«No», disse con le sopracciglia corrugate, pensava di ricevere una punizione per aver perso il controllo e rimase alquanto sorpreso di essere ignorato.
Una piccola scossa iniziò a far tintinnare i lampadari.
«Avanti, vecchio! Ti rode un casino la missione a tempo record?», stuzzicò la cacciatrice felice come una pasqua.
«Silenzio», quella parola fu pronunciata con potere tale da essere avvertita in tutto il piano.
«Jasmine, c'è solo una cosa che può ridurti in questo stato di shock», iniziò stringendo gli occhi, «Quindi te lo chiederò una sola volta: che cosa hai omesso?».
«Niente», rispose come una bambina dispettosa indirizzandosi, senza voltare le spalle, verso l'uscita.
Il terremoto aumentò d'intensità.
«"Secretum tus rivelae "», pronunciò con infinita calma. Nel momento esatto in cui finì la sua sentenza, Jasmine s'irrigidì ed emettendo un verso strozzato aprì la bocca.
«"Ti ho trovata"», pronunciò una voce racchiusa fino a quel momento nella sua mente. La scossa si fermò, come il tempo in quella stanza, e le labbra della cacciatrice si tesero in un sorriso sadico prima di cadere per terra in preda agli spasmi.
Questo mondo marcio sarà la mia rovina, pensò prima di soccombere al buio.

Angolo autrice:
Allora, vi piace la storia? Ditemi che ne pensate! Avete già capito da che fae discendono i due protagonisti?
P.S.: la frase in "latinoè completamente inventata.

 

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Capitolo 3
*** Prima Missione: Fae dell'inganno ***


 
 
 

Prima Missione: Fae dell'inganno

"La giovane continuò a seguire la fatina con le ali di pavone, richiamata da quegli occhi color arcobaleno sulle sue piume."

"Il bambino, nata da quella strana unione si mise a piangere quando fu abbandonato sulla dura pietra davanti all'ingresso della casa materna."

"L'uomo, famoso per la sua bellezza, riuscì a maritarsi con la donna più richiesta in quella società, dopo aver portato fortuna alla sua famiglia. Ormai non era altro che il signore di quella città, ma siccome si trovò in alto, vicino alla vetta, la caduta fu rovinosamente rapida e dolorosa. Perdendo la ragione, uccise la moglie che aveva appena dato alla luce il terzogenito.
Tornato alla ragione, decise di porre fine alla sua vita impiccandosi. 
Ancora in quelle mura, tutt'oggi è possibile sentire l'urlo della bambina che trovò il corpo e nonostante la sua tenera età capì cosa era successo..."
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Quando si risvegliò, un tintinnare di vetri le urtò le orecchie. Aprì gli occhi sulla crudele luce che la illuminava e per prima cosa controllò di avere i sigilli al proprio posto: un paio di orecchini sbatterono contro i suoi polpastrelli. Sospirò sollevata. Un vociare, che non aveva sentito fino a quel momento si interruppe bruscamente.
La tenda fu aperta, con un rumore secco, mentre Jasmine si rialzava tenendo una mano sulla testa.
«Jasmine, come stai?», chiese preoccupato Maximilian.
«Annabelle!?», chiese confusa una voce facendo letteralmente saltare dal letto la cacciatrice; «Sei tu?!», chiese speranzosa una donna dai tratti delicati: non era altri che l'infermiera.
«Sei stato tu a chiamarla?», chiese con tono e sguardo omicida rivolta al suo tutore. Lui si limitò a fare un cenno di diniego.
«Non intendo morire oggi», commentò stanco.
«Annabelle! Per quanto tempo hai intenzione di ignorarmi?», chiese in lacrime facendo nuovamente sussultare la cacciatrice.
Andrej osservò da lontano, notando che quelle due si assomigliavano in un certo verso, sebbene non sapesse dove.
«Ti ho detto di non chiamarmi mai più in quel modo», le ricordò laconica e nel farlo si alzò dal lettino dell'ospedale. Prese la giacca dentro l'armadietto personale e senza dire una parola se ne andò.
Maximilian, dopo aver rincuorato la giovane infermiera, seguì la sua protetta stringendosi i capelli - un 'abitudine che non voleva morire-.
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«Eccomi, scusa se ti ho fatto aspettare fino alla pausa, ma non potevo proprio abbandonare prima la mia postazione», si scusò sedendosi di fronte ad Andrej e arrossendo mentre spostava una ciocca di capelli biondo platino dietro all'orecchio leggermente appuntito. Una mezz'elfo?
«Ma figurati, ha reso solo l'attesa più dolce», la rincuorò.
«Oh.... ehm.... Mi volevi chiedere di mia sorella, giusto?», chiese schiarendosi la gola, mentre le orecchie erano bordeaux. Andrej sorrise, evidentemente resistere al suo fascino era una dote di famiglia.
«Certo, come sapete, la mia partner è poco propensa a parlare», le riferì con espressione ferita.
«Se siete il suo partner non vi dispiacerà farmi vedere il tesserino», incalzò leggermente severa e priva del precedente imbarazzo. Senza farsi attendere, l'uomo glielo porse. 
Annuendo a se stessa, l'infermiera dagli occhi cristallini restituì il documento.
«Scusate, ma sarebbe da stupidi fare lo stesso errore del passato... allora, mia sorella è la mezzana di tre figli, nati tra un mezzo fae e un'umana», iniziò con tono distaccato, «conoscendola ve lo avrà già detto. Spera sempre che si allontanino da lei se rivela quanto vicina è al sangue fae...
Quando i genitori morirono in un malcapitato incidente, a trovare il corpo dei nostri genitori senza vita fu Annabelle. All'epoca aveva otto anni, e io ero ancora in fasce. Nostro fratello maggiore, licenziò i domestici e falsificò la firma di nostro padre per tutte le cose riguardanti gli affari. Segretamente, scavarono delle tombe dietro al giardino. Giocando in astuzia riuscì a guadagnare un po' di tempo, ma quando aveva sedici anni fu scoperto da un'avvocato di nostro padre.
L'Agenzia è intervenuta subito. Ha preso in custodia tutti e tre i figli, sapendo della loro natura. 
Nicolet all'inizio si ribellò, ma dopo capì che se voleva riavere indietro ciò che era nostro di diritto doveva seguire le regole e iniziò a svolgere il suo compito di Galath, Annabelle si ambientò subito alle circostanze e le accettò in silenzio. Appena provavano a dividerci, però diventava implacabile.», rise al ricordo, «Dovevi vederla! Perfino gli adulti avevano difficoltà ad amansirla, anzi non ci riuscivano proprio. Così, con nostro fratello come garante e mia sorella come recluta in addestramento, la nostra vita iniziò lentamente a riprendersi. 
E accadde dieci anni fa.
Alla sua prima missione, mia sorella fu designata come partner di Nicolet.
Nessuno, poteva immaginare cosa sarebbe successo. Dovevano semplicemente uccidere degli spiriti minori, ma uno di loro si impossessò del corpo di Nicolet e si uccise davanti ai suoi occhi. Annabelle ha un dono speciale... ma usarlo le provoca dolore e nonostante l'avesse usato con tutta la sua potenza non era riuscita a salvarlo», le lacrime scesero coppiose dal suo volto, «Per un folle momento provò a resuscitarlo! E se Maximilian non fosse intervenuto in tempo, ora lei non sarebbe qui! Vederla in quello stato è stato orribile: non mangiava non dormiva, non parlava e non reagiva; ma dopo un paio di mesi fu come se un interruttore si fosse acceso dentro di lei. E tornò, almeno in superficie ciò che era un tempo. Fu allora che decisi di diventare un'infermiera dei Galath. Ma questa è un'altra storia, signor Andrej. Mi permetta di chiederle un favore», finì asciugandosi le lacrime.
«Se è nelle mie possibilità», chiarì con voce roca.
«Per favore, impeditele di autodistruggersi», lo pregò.
«Ci proverò, signorina...».
«Mi chiamo Crisantemae», sorrise alzandosi e controllando l'orologio. La sua pausa era finita già da un quarto d'ora e imprecando corse via senza degnare di ulteriori attenzioni alla seducente figura silente.
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Come cazzo si è permesso di sospendermi!? Soprattutto ora! Imprecò in diverse lingue dentro la sua testa, mentre correva verso il suo appartamento prima che Maximilian ci piazzasse qualche spia. 
Prese le armi, le munizioni e avendo prelevato la quantità massima di contanti, si diresse in macchina dove aveva appoggiato i borsoni carichi.
Imboccò l'autostrada e solo allora si accorse della presenza alle sue spalle, inchiodò pericolosamente vicino ad un'area di emergenza e uscì imprecando, aprì il retro e tirò fuori l'intruso incappucciato.
«Che cazzo ci fai qui?! Non ti ha detto Maximilian che mi ha sospesa?», sbraitò infuriata.
«No», mentì.
«Senti, novellino, sono in grado di sentire le bugie e al momento non sono abbastanza calma per poter fingere. Quindi vedi di dire la verità se non vuoi che ti lasci in mezzo all'autostrada», lo minacciò seria.
«Va bene, sei abbastanza persuasiva. Non voglio sentirmi dire che sono un peso o un'incompetente. Perciò ho deciso di seguirti. Sai, non penso che sei il tipo che si dà per vinta per via di una sospensione o per un divieto. Si dà il caso che non c'è nessun'altro disponibile, quindi mi stavo annoiando...», questa era una delle odiose mezze verità. Sciolse la presa sul suo colletto e lo guardò per interminabili minuti con sguardo ostile.
«Va bene, ma visto che sei tu a venire, sarò io a decidere per entrambi. Vedi di riuscire a starmi dietro», lo minacciò indicandogli il posto da passeggero.

~Due mesi più tardi~

Ormai era passato il tempo di sospensione. Maximilian a forza di torturarsi i capelli sarebbe diventato pelato! 
Non aveva messo in conto la stupidità di Jasmine, dovrebbe averlo capito che quella era una mina vagante, dopotutto l'aveva cresciuta praticamente lui -con l'aiuto di varie accademie-! 
Dopo vari dubbi e piccole ondate di terremoti, decise che avrebbe dato un tempo limite in ricordo dell'affetto che provava per lei: se entro due mesi non si fosse fatta viva, avrebbe avvertito i superiori; e questo voleva dire morte.

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Il livido alla guancia le doleva, se non fosse scivolata di quei due centimetri non si sarebbe beccata il montate.
I due fuggitivi passavano le notti a combattere per le strade, come spettatori qualche fortunato vagabondo. Dopo gli allenamenti, Jasmine dormiva due ore, sotto il letto e Andrej si limitava a fare una doccia e a continuare le ricerche per identificare il fae nemico con le informazioni che fu in grado di scucire dalla sua patner, poiché ella non si trovò molto collaborativa a cedere informazioni.
Il russo, a petto nudo leggeva le scartoffie e sebbene fosse privo degli occhiali, la sua vista era sigillata da delle bende per lo stupore e l'irritazione della rossa.
Ormai, erano vicini, l'avevano identificato, ma per poterlo distruggere definitivamente, le cose erano molto più complicate. Non si potevano permettere di attaccare senza strategia, quello che non si aspettavano fu l'imboscata da parte di lui.

Jasmine aveva una brutta sensazione, le rivoltava le viscere impedendole di mangiare da due giorni. Tanti se si conta che solo due ore le si passano a dormire. 
Unica era la soluzione nella sua mente, non volle pensarci, ma quel dolore persistente, peggio di un chiodo fisso, continuò ad insistere. Quindi di malavoglia, si diresse verso la tomba di suo fratello.

Andrej si stiracchiò le membra dopo il lungo viaggio in macchina, durato ben cinque ore e in esse la sua compare era stata intrattabile.
Con l'amaro in bocca scoprì che la destinazione era un cimitero, sputò per terra all'ingresso, ma silenziosamente seguì la donna dai boccoli fiammeggianti.
Si fermarono davanti ad una lapide anonima se non per una piccola fata incisa su di essa, la luce del crepuscolo dipingeva la pietra di colori caldi, che non le appartenevano. 
Jasmine chiese gentilmente all'uomo se poteva lasciarle un po' di intimità e il modo in cui lo fece lo sorprese tanto da non ribattere; silenziosamente si allontanò di venti metri sentendo a metà strada dei singhiozzi.

Jasmine si alzò dalla tomba quando l'ultimo raggio smise di illuminare il mondo e allontanandosi dalla lapide si avvicinò al suo compagno.
Facendo finta di niente gli accennò di incamminarsi per la macchina, ma un odore amaro e raccrapicciante la fermò. Non è possibile! 
La fonte di quel puzzo era proprio la terra sopra il luogo dove pochi minuti prima stava piangendo.
Come un film dell'orrore sentì il sangue gelarsi e il cuore galoppare in gola, mentre un braccio lacerato sfidando le leggi dell'universo cercava di uscire.
Non si rese conto di essere indietreggiata finché non andò a sbattere con la schiena contro il busto del novellino.
«Novellino, penso che abbiamo finito il tempo», constatò con voce asciutta.
«Così pare».

Il corpo decomposto di Nicolet McPhilip fu uno spettacolo orribile e racrappricciante: la pelle secca teneva unite le giunture, mentre gli abiti furono una delle prime cose a scivolargli via insieme agli occhi putrefatti. 
La mascella si mosse ad un ritmo discordante delle parole che pronunciava l'essere che lo abitava.
"Che ne dite? Troppo drammatico? Io trovo che questo corpo sia fantastico, sapete, c'è un motivo perché i vecchi abiti tornano sempre di moda", confidò scherzoso.
«Penso che le tenebre dell'Oblio ti donavano, anzi, non avere paura ti ci rispedisco subito!», chiarì prima di attaccarlo con due lame che emettevano una luce argentea. Dei piccoli massi rintracciarono i suoi movimenti e si vide costretta a indietreggiare di un paio di metri.
«Come OSI usare i suoi poteri!?», esclamò inviperita.
"Beh, ringraziami, col tuo piccolo dono potrò far rivivere tuo fratello".
«Non al prezzo della mia vita», sorrise,«ma prima di tutto dovrai rimanere intero». 
Il cacciatore impugnava una pistola puntata sulla tempia dello zombie, senza scomporsi quest'ultimo indirizzò due affilate pietre sulla sua tempia e sebbene le schivò, la prima gli ruppe gli occhiali mentre la seconda gli lacerò le bende che fasciavano gli occhi. 
I semi fae furono sorpresi del fulmine che attraversò il corpo dell'uomo e Jasmine, appena vide a terra Andrej, iniziò a recitare dei grimori intorno alla sua figura.
"Sai benissimo che è solo una soluzione temporanea!", la schernì il nemico.
Dentro di sé imprecò, mentre apriva le palpebre del suo partner: le iridi arancioni, splendettero di luce propria, sebbene fossero rivolti verso l'alto. 
La donna sospirò tranquillizzata che fosse solo svenuto per il colpo alla tempia, ma se voleva indietro il suo compagno doveva fare una cosa a lei molto scomoda: rompere i sigilli.
Inspirò fortemente prima di strapparsi con un gesto violento i due anelli argentei che le pinzavano i lobi, sentendo il sangue gocciolarle lungo il collo; chilometri distanti dal campo di battaglia Maximilian avvertì i polpacci bruciare in una maniera particolare e seppe immediatamente cosa aveva appena fatto la sua figlioccia.
Ciascun boccolo fu marchiato da cerchi cerulei incastrati in un alone verdognolo, mentre questo si andava a sfumare in un reticolo translucido color arcobaleno; le ali, figlie del vento e dell'acqua, brillarono felici sotto i raggi della luna.
Ecco il segreto, il grande tesoro che avrebbe reso possibile il desiderio di qualsiasi fae: le ali di fata, più unici che rari in un semi fae e se si manifestavano indicavano una grande potenza magica nell'individuo.
Ma una creatura così fragile e allo stesso tempo inarrestabile, non aveva possibilità di vivere senza, essa incombeva ad una morte lenta se privata del suo arto più importante.
Con la pelle leggermente luminosa, ella s'inginocchiò e diede un bacio intriso di potere sulla fronte di Andrej: il bacio di fata.
Risvegliato da quell'odore invitante, l'uomo aprì gli occhi ritrovandosi una sconosciuta davanti.
«Andrej! Prendi uno dei miei pugnali e trova il modo di infilzare il cuore mentre io cerco di scoprire dove è il khatir, il suo punto di morte.», entrambi sapevano che per quanto potesse essere forte un fae esso aveva per forza almeno un punto debole che lo privava dei suoi poteri; lo aggiornò quella voce melodiosa quasi cantando.
«Chi sei? Sono andato in coma, non è vero?», chiese confuso. Ricevette subito una piccola sberla dietro la nuca e un'occhiata poco gentile.
«Novellino, se hai finito di fare il bello addormentato, avremmo un omicidio da mettere in atto», gli ricordò alzandosi.
«Jasmine?!», urlò sorpreso riconoscendo i vestiti.
«E adesso si mette a dire l'ovvio.... Sbrigati, hai dieci secondi per prepararti, la barriera cederà», lo avvisò con urgenza.
«Che io sia dannato! Sei una fata!», esclamò alzandosi in due secondi netti.
«Preferisco fae dell'inganno e non ti preoccupare appena questa storia sarà finita vedrò di sigillare i tuoi ricordi. Sognerai le mie ali per il resto della tua vita», sorrise maliziosa facendogli pure l'occhiolino.
«Oh, piuttosto che manomettermi i ricordi, preferirei un patto di sangue», le chiarì quasi sovrappensiero.
«Sceglierai dopo il menù, principessa. È il momento di dare una nuova anima alla triste mietitrice, Andrej», ricordò al suono di vetri infranti: la barriera aveva finalmente ceduto.

Fine

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Capitolo 4
*** Seconda Missione: Prologo ***


 

Seconda Missione: Prologo

 

Quelle iridi tricolori continuarono ad essere un sottofondo irrevocabile e irritante negli occhi della sua mente: il cerchio esterno brillava come uno zaffiro, mentre quello centrale sfumava in un tenuo indaco e l'ultimo, il più vicino alla pupilla, splendeva in un lilla quasi purpureo.
Questi erano i veri occhi della sua partner e sapevano tutti a che tipo di fae appartenevano: i Sidhe, le fate dal sangue blu, coloro che appartenevano alle due corti.
Le corti Seelie e Unseelie, eh.
Sorrise amaro, mentre bevve a goccia l'ennesimo bicchiere di whisky invecchiato, l'unica bevanda in grado di dargli alla testa.
Il fato è così sadico
Sospirò prima di riempire nuovamente il bicchiere, appena svuotato.
"Mia madre non era una succube, ma per metà era una lamia. Mi complimento, ci sei andata vicino!".
Si chiese, anche lui, perché avesse rivelato l'identità della sua genitrice.
Fino a quel momento, la colpa l'aveva data agli antidolorifici che gli iniettavano in vena, ma al momento, grazie alla lucidità alcolica, non ne era proprio sicuro.
In vino veritas, vero?
Ricordò amareggiato. Poi rise, lui non stava di certo bevendo del succo d'uva andato a male! Rise sempre più forte, fino a crollare dietro la sedia.
«Per gli dèi! Mia dolce fata, sei così ricca di sorprese!», urlò, alla sua partner presente nell'altra stanza, ben sapendo di essere ignorato volontariamente.

Jasmine non ce la faceva proprio più! Ormai era una settimana che Andrej le stava appiccicato! Senza contare il periodo di degenza che avevano passato insieme!
Maximilian, le aveva ordinato di ospitarlo finché l'agenzia non gli avesse trovato un appartamento permanente. Non era questo ciò che irritava la giovane cacciatrice, ma bensì un altro e fondamentale dettaglio: non potva cancellare la memoria del suo vero aspetto, ne modificarlo, avuto durante il combattimento con quello spirito obscure parassiteares!
E si rifiutava categoricamente di fare un patto di sangue!
Si grattò la testa, con frustrazione, scompigliando la sua bella chioma, per l'ennesima volta e maledisse di nuovo la stupida regola che le vietava di uccidere il suo partner!
Gridò frustrata, mentre ripensò a come fosse finita in quella situazione scomoda.

Angolo autrice:
Scusate la brevità di questo capitolo!
Per chi non lo sapessele lamia sono delle creature della mitologia grecasi nutrivano del sangue dei bambbini e dei giovaniSono immortalima a differenza dei vampiri invecchiano e possono decidere loro dove fermare la loro età fisicaCreature della nottema non è detto che siano deboli alla luce del sole.

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Capitolo 5
*** Seconda Missione: Thunder ***


 
 

Seconda Missione: Thunder

Le pietre volanti stavano iniziando ad irritare la pazienza di Jasmine McPhilip e il fatto che il corpo di suo fratello, Nicolet, fosse il tramite di quell'orribile creatura non l'aiutava ad agire lucidamente; ma lei e Andrej avevano un piano: trovare il suo punto debole e farlo fuori una volta per tutte.
Il braccio sinistro doleva come l'inferno e il sangue gocciolante non aiutava; nella sua vera forma aveva poteri benefici e i germogli che spuntavano sotto il gocciolare scarlatto del suo arto lo confermavano.
Maledisse quell'essere viscido e parassita, mentre Andrej si beccò un'altra violenta pietra sul torace.
I pugnali luminosi che avevano entrambi i cacciatori di alto livello stavano iniziando a perdere il loro lume; la rossa se ne rese conto e imprecò poco raffinatamente. 
'No, no, no, signorina. Una dolce fatina come te non dovrebbe essere una fonte di tale volgarità', la schernì bonario il suo nemico; indifferente del russo che cercava di ferirlo a morte.
«Va al diavolo, stupido ****», imprecò riuscendo a sputargli in faccia.
Le orbite vuote del suo defunto fratello si immobilizzarono su di lei e senza volerlo Jasmine sentì un brivido di paura.
Il suo partner, l'anima dell'efficienza e della serietà, approfittò di questo istante di sguardi per rompergli il braccio.
Non sembrò curarsene più di tanto e per ricambiare l'amorevole gesto del giovane, gli lanciò un'enorme masso dritto sui denti.
"Ed è strike!", si complimentò con se stesso.
Jasmine osservò con nausea il proprio partner svenire ,ma nel vederlo cadere ebbe un'idea, dopotutto era una fae dell'inganno.
Si accasciò per terra, tremando e ansimando. Il putrido corpo di Nicolet si avvicinò trionfante verso di lei.
"Bene bene, il veleno ha iniziato a fare effetto", pronunciò con la mascella slogata.
Veleno? Merda! 
Jasmine spalancò gli occhi e questo diede maggiore realismo alla sua recita.
La mano quasi decomposta si strinse intorno al morbido collo, mentre l'altra le tirò la punta di un'ala, saggiando il piccolo ed agognato tesoro.
Jasmine gridò di dolore nel sentire la parte più importante e sensibile di sé venire profanata.
"Grazie a te, piccola, sarò invincibile!", ad una distanza così ravvicinata la giovane guerriera poté sentire scattare le ossa dei denti in maniera discordante dalle parole, un brivido le corse lungo la schiena.
Il corpo di Nicolet eseguì gesti lenti e moderati, il tesoro che stava per prendere meritava quel fare cerimonioso.
Non si aspettò di sentire la risata della sua preda.
"Che c'è mia cara? Sei impazzita dal dolore?", le chiese con finta preoccupazione.
«Voi uomini, di qualsiasi razza, basta toccare il vostro ego e siete malleabili come creta!», lo derise nonostante la sua posizione compromessa.
Ciò che non sapeva il parassita era che la cacciatrice aveva trovato quello che cercava: il khatir, il punto debole. Le lame dalla luce argentea non servivano per un'azione distruttiva come era logico pensare, ma investigativa. In base al colore che avrebbero preso gli avrebbe rivelato l'elemento debole della creatura, ma non poteva farlo se la lama non si esponeva vicino al khatir
La giovane fece un fischio che si trasformò in dolore quando il defunto Nicolet iniziò a strapparle la prima attaccatura delle sue ali a quattro arti.
Andrej comparve emergiendo dalle loro ombre congiunte, mentre la sua stessa immagine, distante da loro non pochi metri, rimaneva svenuta con la dentatura sanguinante.
«Ombelico! Fulmine!», gridò prima che potesse stringerle la gola fino a farla tacere, cosa che il loro nemico si apprestò a farle, mentre la usò come scudo.
"Devo dirlo: non me l'aspettavo bambolina!", schioccò la mascella, mentre il corpo era intento a schivare i colpi del suo partner.
E non ho finito! 
Con uno sforzo titanico, a causa delle condizioni in cui si trovava, riuscì a creare un'altra illusione: un fulmine che lo attraversava da capo a piedi.
Il corpo mollò la presa e tossendo riuscì a rotolare via, fermandosi solo quando una lapide non glielo permise più.
Con gli occhi annebbiati dalle lacrime di dolore, vide Andrej recidergli la testa con una lama lunga spuntata chissà dove,  probabilmente per guadagnare tempo, ed entrambi i cacciatori notarono che i tempi di reazione del mostro erano leggermente rallentati; con una smorfia di trionfo il russo infilzò la lama nel centro esatto dell'immaginario ombelico e la luce bluastra dell' elettricità attraversò il metallo.
L'orribile grido di terrore che pronunciò lo sconfitto fu musica di trionfo per i due cacciatori. 
L'ultima cosa che la ragazza vide fu la luce lunare illuminare il corpo di Andrej che si dirigeva verso di lei.

Il russo scosse inutilmente la sua compagna e sbuffò all'eventualità di doverla trasportare fino in macchina. Non c'è fretta.
Così pensando si sedette vicino a lei, osservando il cielo nel massimo delle sue ore buie.
Due dischetti piccoli d'argento si illuminarono in un attimo fugace e Andrej li riconobbe come gli orecchini di Jasmine, in cerca di una conferma osservò i lobi della fae e li trovò orribilmente attraversati da linee verticali e pieni di sangue.
«Siamo messi proprio bene», sentenziò ironicamente dopo una fitta di dolore.
Le orecchie percepirono dei rombi di automobili in avvicinamento e si accucciò nascondendosi dietro la lapide.
«Cercateli!», ordinò un urlo.
Andrej spiò senza farsi notare e con sollievo riconobbe il logo dell'Agenzia sulle portiere delle autovetture.
«Ehi! Serve soccorso qui!», urlò a pieni polmoni.
Mentre gli agenti tra grida e ordini si organizzavano, Andrej riuscì a mettersi gli occhiali da sole sopra il suo naso e aveva provveduto a rifornire le orecchie della sua partner di un nuovo paio di buchi per orecchini, accessoriati con quelli che aveva premuramente raccolto dal terreno del cimitero.
Ora sì che ho bisogno di una vacanza, pensò non credendoci neanche un po', dopotutto lui non era altro che una macchina da guerra.

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Capitolo 6
*** Seconda Missione: Vafanculo al 'Riposo Forzato!' ***


 

Seconda Missione: Vafanculo al 'Riposo Forzato'!

Jasmine rimase incosciente per tutto il tragitto che impiegarono a raggiungere l'infermeria dell'Agenzia, ovvero tre ore in autostrada.
Andrej cercò di risistemarsi la spalla slogata e per poco non svenne quando riuscì nell'impresa.
L'autista e il passeggero rimasero lapidamente in silenzio e nessuno osò proferire parola, mentre la piccola cacciatrice si ritrovò a ritingere il sedile posteriore di rosso.
Le altre macchine erano rimaste per "disinfettare" l'area e molto probabilmente avrebbero portato dei Pulitori per sicurezza.
Andrej si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando intravide l'alto grattacielo dell'Agenzia.
Le mura di metallo, vetro e legno si estendevano rigidi, sfidando le rosee nuvole dell'alba e illuminando l'area circostante privata con i suoi riflessi.
Gli agenti, che erano con loro, parcheggiarono a raso con l'ingresso e scesero dalla macchina per aprire i sportelli posteriori.
Andrej rifiutò l'aiuto per camminare verso l'interno dell'edificio e gli agenti non fecero molta protesta, purtroppo Jasmine era incosciente per poterli scacciare in malo modo.
Il russo li seguì e i tre lo aspettarono davanti gli ascensori, una volta dentro si rese conto che si stavano dirigendo in un piano a lui sconosciuto.
I due uomini, ben piazzati e dal completo grigio anonimo, sembravano indifferenti al sangue che perdeva Jasmine e se ne stettero in piedi come se stessero aspettando di raggiungere il posto di lavoro in un noioso ufficio pieno di scartoffie. D'altro canto l'apacità dei due esseri permise ad Andrej di risparmiare le energie al minimo necessario, ovvero, a rimanere in piedi e non svenire; forse la botta alla tempia aveva fatto qualche danno e solo ora che l'adrenalina se n'era andata poteva iniziare a percepire la vera entità delle sue ferite.
Il russo non si mostrò particolarmente preoccupato, dopotutto gli bastava rompere uno dei suoi sigilli e la sua capacità rigenerativa sarebbe migliorata drasticamente. 
Le porte metalliche dell'ascensore si aprirono rivelando un corridoio lungo, spartano e ampio, le luci rendevano l'ambiente particolarmente chiaro, soprattutto perché si scontravano con le pareti bianche e rivestite di cera.
Seguendo i due colleghi dentro un dedalo di corridoi, entrò in una stanza ampia e spartana. L'aula era completamente in legno e qualsiasi cosa lì dentro sembrava derivata da alberi antichi e ben stagionati dopo la loro morte.
Il letto di cotone, sostenuto da uno scheletro in quercia, si tinse velocemente di rosso e notando che la velocità del liquido era rallentata, Andrej capì subito che Jasmine ne aveva perso troppo.
«Dove andate?», chiese nel vederli uscire dalla stanza.
«Qui finiscono le nostre competenze», rispose l'ultimo senza fermarsi.
Andrej si sedette su uno sgabello semplice in ciliegio, aspettando il susseguirsi degli eventi. 
Ci vollero cinque minuti prima di sentire un rumore di tacchi sul parquet, e dalla porta uscì una figura femminile e minuta. Il caschetto di capelli mossi e biondi non si curò di lui e prestò tutta l'attenzione su Jasmine. Senza voltarsi iniziò a parlare con l'unico partner cosciente.
«Siete stati morsi da un mutaforma, un licantropo o un vampiro?», domandò in tono annoiato.
«No».
«Avete ingerito una sostanza sospetta o vi hanno somministrato del veleno?».
«No», sospirò.
«Siete stati aggrediti da creature classificabili come "non-morti"?».
«Sì». L'infermiera annuì a se stessa e uscì senza dargli spiegazioni. 
Andrej ne approfittò per togliere il sigillo che limitava le sue abilità rigenerative e con sollievo si sentì quasi subito meglio.

L'infermiera tornò con una figura a lui familiare e dalle orecchie a punta, seguita da una dottoressa dalla testa particolare: i capelli e il normale volto non esistevano, al loro posto delle sacche di pelle coriacee si ammassavano una sopra l'altra e due fori fungevano da orecchie.
Che schifo. Qualche Pulitore ha perso il controllo, constatò semi-disgustato. Sapeva che i loro ibridi avevano delle eccellenti abilità telepatiche e, strano a dirsi, capacità di osservazione.
L'ibrido proruppe degli strani brontolii verso Crisantemae e si allontanò con calma.
«Signor Andrej, avrei preferito rivederla in una situazione piùpiacevole»», lo salutò la minore dei McPhilip.
«Il sentimento è reciproco», rispose con vigore maggiore di prima.
«Per favore, si metta qui vicino a Jasmine. Grazie mille, Fantis.», ringraziò la sua collega e mise su un fianco sua sorella; le osservò le ciglia lunghe in quel volto quasi cereo. 
«Sia ben chiaro, russo. Ciò che vedete o intravederete qui dentro, DEVE rimanere qui dentro. Chiaro?», gli intimò non appena Fantis fu fuori portata d'orecchio. 
Rimanendo sola con loro, la donna dal piccolo codino platino, appoggiò le mani sui lobi della rossa e tolse gli orecchini così rivelando le sue vere condizioni.
Il sangue pareva sgorgare da una piccola, ma profonda, attaccatura delle quattro ali destrose. A Crisantemae le pianse il cuore nel vedere sua sorella in quelle condizioni e sapendo che il sangue che ancora sgorgava era lento, troppo sieroso e chiaro capì che non aveva altra scelta se non il Chanter.
«Le doleur dans mon coeur comence sa marche pour le ciel noir...» "Il dolore dentro al mio cuore incomincia il suo cammino verso il cielo nero...", incominciò stringendo le mani contro il suo petto poco sviluppato.
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Jasmine sentiva i suoi capelli danzare contro la sua schiena scoperta. Notò di avere una veste cobalto che le stringeva il seno e si estendeva fino alle sue caviglie in una cascata di seta, le spalle e le braccia non erano altro che una rete di tessuto semitrasparente costellata di piccoli Swarovski sopra delle decorazioni floreali.
Stranamente, dentro quella fitta nebbia, si sentì a suo agio e poté distendere le sue ali nel loro massimo splendore.

Non sapeva quanto tempo era passato, ma non le importava; qualsiasi fosse il prezzo di quella pace lo avrebbe pagato volentieri.
Rasserenata, fece qualcosa che non osava dalla sua infanzia: iniziò a cantare col cuore.
«bound my life to my sorrow and my hope to my freedom just to let you know I'm alive!
Let me smile and I'll show you the world.
So let's dance! Let's dance! Let's dance for our reunion!
The birds are singing for you and the water keep shining for me.
My heart shout a secret that even I don't know so let me hear it from your voice».
"Lego la mia vita ai miei dolori e la mia speranza alla mia libertà, solo, lasciami farti sapere che sono viva!
Permettimi di sorridere e ti mostrerò il mondo.
Quindi danziamoDanziamoDanziamo per la nostra unione!
Gli uccelli stanno cantando per te e l'acqua risplende per me.
Il mio cuore grida un segreto che nemmeno io conosco quindi lasciami ascoltarlo tramite la tua voce", nonostante il testo fosse triste il ritmo che ne uscì dalla sua voce fu allegro e vivace.
Come attirati da quel richiamo allegro-amaro, dalla nebbia comparve un serpente spesso e dotato di quattro zampe sottili con tre artigli ciascuno.
Il muso parve molto meno simile a uno serpentino e più assomigliante un leone, ma allo stesso tempo non lo era.
All'improvviso, dalle sue fauci semiaperte si liberò un ruggito e solo in quell'istante Jasmine si svegliò. 
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Aprì gli occhi con una tale forza da sentire le sopracciglia schizzare verso l'alto. La luce repentina la costrinse a sbattere più volte le palpebre e ci vollero dei minuti buoni prima di iniziare a capire dove fosse, dopotutto non era la prima volta che si trovava lì: l'infermeria privata dei livelli A e superiori.
Le parve di udire un continuo lamento, un respiratore automatico e una fastidiosissima sequenza regolare di bip.
Porcatroia che male! Gridò internamente. 
Notò, nauseata, che in bocca la sua saliva era amara, segno che non mangiava da troppo tempo coi suoi denti e questo le parve qualcosa di davvero grave; ma trovò assolutamente disgustose quelle tre sacche e mezzo di sangue che si collegavano ai suoi avambracci.
Si sedette con fatica, inveendo dentro la sua testa contro ogni cosa sacra dentro di lei, e si tolse tutti e sei i tubi di plastica che osavano entrare dentro il suo organismo.
Ovviamente, quando i sensori cardiaci si staccarono insieme al resto, la macchina lanciò un'allarme acuto e stridulo.
La testa chiedeva pietà trovandosi in mezzo a quella macchina infernale e al suo vicino lamentoso, coperto da una tenda.
Immediatamente, due infermiere si precipitarono al suo cospetto e inorridirono nel vedere il sangue che scivolava dai tubi verso il pavimento e la paziente tentare di alzarsi.
«Agente J Secondo!», la rimproverò l'infermiera dai capelli cotonati e dalla pelle bitorzoluta. La fae semi-gargoile ben conosceva il temperamento dell'agente J e sapeva benissimo che l'avrebbe ignorata finché non fosse intervenuto il responsabile Maximilian in persona e senza attendere oltre usò il portatile in ferro e piombo puro dell'Agenzia per chiamarlo.
Jasmine ignorò il richiamo formale dell'infermiera semi-gargoile, insieme alla evidente novizia mora, e si apprestò a staccare il deretano dal materasso medico.
Una scossa la costrinse a sedersi. Riprovò e un'altra piccola onda sismica la costrinse a risedersi.
Notò che la vecchiaccia sorrideva e la guardò male.
«Non avrai osato!», le sputò.
«Tesoro, non impressioni nessuno», la novizia terrorizzata alle sue spalle parve pensarla molto diversamente.
«PER LE SACRE LEGGI DEI PORCI REALI! COSA È QUESTO CASINO! E TU STAI ZITTO STEVE! HAI SOLO UNA COSTOLA ROTTA E LO STOMACO PERFORATO!», gridò Maximilian entrando nella stanza rivestita in legno moderno.
Dèi dei cieli, aiutatemi. Non voglio ucciderlo.
«Come sta?», chiese in tono nello standard umano alla novizia infermiera.
«Gli ultimi dati confermano la sua stabilizzazione e il donatore si è ripreso completamente dopo due ore, signore», replicò la mora.
«Toglietevi, non ho intenzione di rimanere qui dentro un secondo di più!», ordinò con voce roca la Ghalat.
Maximilian sorrise compiaciuto di rivedere quella testa calda viva, ma ora che sapeva che stava bene non si sarebbe risparmiato e aveva la punizione giusta per lei.
«Jasmine, che peccato. Pensavo avessi deciso di unirti all'altra sponda», iniziò ironicamente.
«Non sono lesbica...», la confusione traspirò dalla voce.
«Davvero? Che peccato... Penso che forse dovresti tentare con qualche donna, mi sei sembrata più affine con loro».
«...».
«Bene, visto che ci siamo detti i nostri amorevoli convenevoli, penso che ora possiamo andare al piatto forte della serata: DUE MESI DI RIPOSO FORZATO, TRE MESI DI ARRESTI DOMICILIARI E TUTTI QUANTI CON L'OBBLIGO DELLA PRESENZA DEL TUO PARTNER!».
«A FAN CULO IL RIPOSO FORZATO!», riuscì a gridare prima di essere interrotta.
«TRE MESI DI RIPOSO FORZATO NEL PIANO DEL LOTO D'ORO E QUATTRO MESI DI ARRESTI DOMICILIARI CON LA PRESENZA OBBLIGATORIA DI ANDREJ! POSSIAMO FERMARCI QUI O AGGIUNGERE SANZIONI PIÙ PIACEVOLI, BIMBA!».
Odiava quando la chiamava in quel modo e se usava quell'appellativo voleva dire che aveva fatto qualcosa di veramente stupido. Si costrinse a mordere l'interno delle labbra e stringere i pugni per non replicare, ma mantenne ostinatamente lo sguardo fisso in quello del suo superiore.
Soddisfatto, Maximilian fece cessare i terremoti che agitavano le diverse medicine del piano e con un ghigno a spalle rilassate si diresse nuovamente nel suo ufficio.
«PEZZO DI TERRA SENZA CERVELLO!», sentì urlare mentre l'ascensore si chiudeva.

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