MoGiVi

di ladystorm94
(/viewuser.php?uid=58444)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** primo giorno di scuola ***
Capitolo 2: *** il lavoro di gruppo ***
Capitolo 3: *** risucchiate ***
Capitolo 4: *** il guardiano ***
Capitolo 5: *** il risveglio ***
Capitolo 6: *** nella città degli elfi ***
Capitolo 7: *** la mente del drago ***
Capitolo 8: *** in volo ***
Capitolo 9: *** l'inizio delle ricerche ***
Capitolo 10: *** la partenza ***
Capitolo 11: *** il deserto di hadarac ***
Capitolo 12: *** sulle tracce del libro ***
Capitolo 13: *** la caverna ***



Capitolo 1
*** primo giorno di scuola ***


-Alessi Roberta!- -Presente!- -Ariostino Federico!- -Presente!- Era il primo giorno di scuola al liceo classico Giulio Cesare di Roma. L’insegnante di lettere, la professoressa Agnese Ferri, faceva l’appello in IV D. Tra gli alunni spaesati c’era molta tensione. -Baldini Michele!- -Presente!- -Berardi Cristina!- -Presente!- -Borselli Irene!- -Presente!- -Castello Lucia!- -Presente!- -Catini Lorenzo!- -Presente!- -Chamberlain Morgan…- La professoressa s’interruppe e volse lo sguardo alla classe. -Sono io.- proruppe una voce dal fondo dell’aula. L’insegnante alzò lo sguardo e vide una mano che si agitava. Sia la mano che la voce appartenevano a una ragazza non molto alta seduta all’ultimo banco, con lunghi capelli lisci che le arrivavano alla vita e piccoli occhi azzurri incorniciati da un paio di spessi occhiali. Era completamente vestita di nero: maglietta, pantaloni e scarpe, e portava parecchie catenelle e un paio di vistosi orecchini di metallo. Anche le unghie erano tinte di nero, e agitando la mano muoveva una quantità di braccialetti e ciondoli appesi al polso. -Non sei italiana, vero? Da dove vieni?- domandò la professoressa, incuriosita. -Mia madre è australiana ma mio padre è inglese e io sono nata a Londra, ma poi ci siamo trasferiti a Roma quattro anni fa per lavoro. Sa, mia madre è una stilista di moda.- Morgan aveva una voce molto singolare, a volte molto bassa e altre volte addirittura stridula. -E’ interessante- sorrise l’insegnante, incrociando le braccia –E’ molto interessante. Ed è un bene che in una classe ci siano degli alunni stranieri, perché è un’opportunità di confrontarsi con altre culture. C’è qualcun altro, qui, che viene da un’altra nazione?- Due mani saettarono in aria. La professoressa ammiccò verso la prima, e una ragazza minuta dai capelli ondulati e scuri e due profondi e sottili occhi nocciola parlò a voce alta, pulendosi nervosamente gli occhiali sulla maglietta rosa. Sotto, indossava un paio di larghi jeans a vita molto bassa e scarpe da ginnastica bianche. Alle orecchie portava due graziose perline rosse e alla vita aveva una cintura arancio dalla fibbia importante. -Mi chiamo Giselle Marceau, i miei genitori sono di Marsiglia ma io sono nata e cresciuta in Italia.- -Bene, bene… avevo visto un’altra mano…- la interruppe l’insegnante, allungando il collo e cercando la proprietaria della terza mano. -Eccomi, professoressa! Mi chiamo Viktoria Schindler, mio padre è italiano ma io ho preso il cognome di mia madre, che è tedesca…- A parlare era stata una ragazza dai grandi occhi scuri, con una massa di capelli riccissimi castano chiaro sulla testa, tenuti a bada da un grosso fermaglio. Anch’ella portava i jeans, ma erano molto attillati, così come la maglia a righe bianche e rosse. Teneva le gambe accavallate, e ai piedi portava delle scarpette di tela rosa, in tinta con la montatura degli occhiali. Era appena più bassa di Morgan e un poco più alta di Giselle. Sulle unghie curate indossava uno smalto trasparente e al collo portava una medaglietta d’oro. -Interessante… ma ora dovremmo riprendere il nostro appello. Conte Laura!- -Presente!-

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** il lavoro di gruppo ***


Con il passare delle settimane, in IV D cominciò a delinearsi anche la capacità di apprendimento dei diversi studenti. Esattamente cinque giorni dopo l’inizio delle lezioni, infatti, erano cominciati i primi test d’ingresso. Tra i ventisette alunni della classe, spiccava per rendimento scolastico Teresa Ricciardi, con una media che oscillava tra l’otto e il nove. A vederla, non sembrava una ragazza particolarmente brillante: era bassa, grassottella, con i capelli color topo a caschetto e il naso pieno di lentiggini. Subito dopo di lei c’era Morgan Chamberlain. Pur essendo compagne di classe soltanto da poco, le due ragazze erano cordialmente rivali, e si detestavano a vicenda. O, per meglio dire, era Morgan a detestare Teresa, dato che l’altra non la degnava della minima attenzione. La prima, Morgan, non era particolarmente socievole, e trascorreva i dieci minuti della ricreazione seduta al suo banco, leggendo qualche libro o ascoltando la musica dall’MP3. La seconda, al contrario, trascorreva il suo tempo libero in compagnia di Laura Conte, una ragazzina amorfa, minuta e dal viso pallido, che Teresa aveva accuratamente scelto come suo scendiletto personale. Amava parlare di argomenti futili e infantili, mentre il suo club di ancelle ridacchiava alle sue battute e ammiccava ai suoi maligni commenti. Giselle Marceau si dimostrò una vera frana in educazione fisica, e piangeva come una bambina quando i voti non la soddisfacevano, strillando frasi come “non merito di vivere, faccio troppo schifo” o “quando andrò all’università mi chiederanno che voto ho preso alla prima interrogazione di matematica al liceo… se ci arriverò, all’università!”. Viktoria, poi, era una frana in tutte le materie, ma non si lamentava e rimaneva sempre ottimista, proponendo a se stessa di studiare di più in vista del successivo compito in classe. Quando la professoressa di francese le aveva rifilato un cinque all’interrogazione, aveva reagito con una scrollata di spalle e si era riseduta. A ricreazione, sia lei che Giselle bazzicavano il banco di Teresa, come tutte le altre. Tutte tranne una. Si chiedevano, infatti, perché Morgan Chamberlain non parlasse mai con nessuno, ma archiviavano la domanda dicendosi che forse era un comportamento tipico delle dark. Un giorno Morgan, a ricreazione, tirò fuori dallo zaino un libro molto spesso. Sopra la copertina blu, era raffigurato un volto di donna con la scritta “Cronache del Mondo Emerso”. Viktoria, alzatasi per raggiungere le compagne presso il banco di Teresa, punto nevralgico dell’aula, lo vide e si avvicinò istintivamente. Morgan sollevò lentamente gli occhi dalla sua lettura e fissò Viktoria con i suoi piccoli occhi azzurri. -Ehm… è bello, eh? Il libro, dico. Io l’ho letto due mesi fa.- -Io lo sto rileggendo per la terza volta.- dichiarò Morgan, guardando l’altra da sopra gli occhiali. Il tono non era quel che si definisce amichevole, ma Viktoria non demordeva. Voleva stabilire un contatto. -Io…- continuò –io ora sto leggendo Twilight. Tu lo hai letto?- -No.- -Ti piace leggere?- -Sì.- -Anche a me… comunque, se vuoi te lo presto io Twilight.- -Non ti scomodare.- -Ehm…- -Ti avverto, se vuoi attaccare bottone, sappi che non sono la persona adatta.- -Non sto cercando di…- sospirò –Perché non stai con le altre?- -Perché non ci voglio stare con loro. Starnazzano in continuazione.- -Questo non è vero… be’, forse un pochino, ma non sono poi tanto male.- -Parlano solo di stupidaggini.- -Neanche a me piacciono i loro argomenti, ma almeno sto in compagnia, no?- -Meglio sola che mal accompagnata.- rispose Morgan, guardandola di sottecchi. -E dai, sii un po’ più elastica! Di questo passo non avrai mai degli amici!- -E chi ti dice che non ho degli amici?- -Nessuno, è solo che non mi sembri molto… socievole, ecco.- -Ascoltami- sbuffò Morgan, irritata –nessuno ti ha chiesto di venire a farmi la predica. Stai lottando per una causa persa. E io voglio soltanto leggere il mio libro in santa pace, okay?- Viktoria stava per ribattere qualcosa, ma la professoressa di lettere entrò in classe e lei fu costretta a tornarsene al suo posto, accanto a Simona Vitale. La professoressa Ferri prese posto dietro la cattedra e, martellando la mano destra sul ripiano di compensato, richiamò la classe all’attenzione. Dopodiché cominciò a spiegare i nuovi argomenti e a interrogare a tappeto. A quindici minuti dalla fine dell’ora, la professoressa informò la classe di avere una comunicazione da dare. -Ho deciso- cominciò –di farvi fare dei lavori di gruppo per abituarvi a lavorare insieme. A questo scopo, ho diviso la classe in nove gruppi da tre, e ogni gruppo dovrà scrivere un racconto. Non avete limiti, può essere su qualsiasi argomento e di qualsiasi genere. Fra due settimane mi consegnerete i vostri elaborati e, dopo averli letti, eleggerò un gruppo vincitore, che non sarà interrogato per un mese. Tutto chiaro? Bene. Il primo gruppo sarà composto da Teresa Ricciardi, Laura Conte e Simona Vitale.- Le tre ragazze ridacchiarono stupidamente, chissà per quale mistero della natura. Laura e Simona erano raggianti: con l’aiuto di Teresa, certamente avrebbero vinto loro. -Il secondo gruppo- proseguì la professoressa –sarà formato da Irene Borselli, Federico Ariostino e Massimo Latini. Il terzo gruppo, da Roberta Alessi, Lucia Castello e Marta Tagliarello. Il quarto gruppo, da Michele Baldini, Lorenzo Catini e Francesco Finelli. Il quinto gruppo, da Morgan Chamberlain, Viktoria Schindler e Giselle Marceau.- Le tre ragazze si guardarono con occhi sbarrati. A stento si sopportavano a vicenda, figuriamoci fare un lavoro di gruppo! Purtroppo, però, la professoressa aveva parlato, condannandole di certo a lunghi pomeriggi di cooperazione forzata.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** risucchiate ***


Erano tutte e tre a casa di Viktoria Schindler, intente a inventare una storia. O meglio, per i primi cinque minuti del pomeriggio si erano dedicate alla storia, e poi Giselle e Viktoria avevano cominciato con diffidenza a chiacchierare di argomenti banali, lasciando Morgan seduta alla scrivania, cercando di farsi venire in mente qualcosa. Viktoria, sfogliava il diario scolastico di Giselle, seduta sul tappeto, mentre Giselle se ne stava seduta sul letto, intenta a messaggiare . -Chi sarebbe “A”?- chiese Viktoria a Giselle, dopo aver trovato, sul suo diario, la scritta “G + A” incorniciata da un cuoricino. -Nessuno. Non lo conosci.- rispose l’altra, strappandole di mano l’agenda e riponendola nella sua borsa.- -E dai! Se no lo conosco nemmeno, non c’è motivo perché tu no debba dirmelo, no?- -Non te lo dirò mai e poi mai!- -Uffa! Guarda che li so mantenere i segreti, io!- -E va bene!- sbuffò Giselle, accostandosi all’altra in modo che Morgan non sentisse, non sapendo però, che a Morgan non importava affatto. -E’ Alessandro Spadaccino di IV B.- sussurrò, arrossendo violentemente. -Ti piace?!- sussultò Viktoria –Veniva in classe con me alle scuole elementari!- -Davvero? Andavamo in classe insieme alle medie… e mi piace dalla prima!- -Volete smetterla di starnazzare, per favore, sto cercando di concentrarmi!- sbottò a un certo punto Morgan. -Hai ragione.- ammise Viktoria, con una punta di disprezzo nella voce. –Hai qualche idea?- domandò poi. -No.- rispose Morgan. -Potremmo vedere su internet.- propose Viktoria. -Assolutamente no! E’sbagliato!- strillò Giselle, frapponendosi tra loro e il computer. -Suvvia, Giselle! Che male c’è?- chiese Viktoria. -Io non voglio farlo!- dichiarò Giselle, e Viktoria si voltò verso Morgan, che se ne stava in disparte. -Tu che ne pensi, Morgan?- domandò. Quella scrollò le spalle. -Tentiamo, non ci costa niente.- -La maggioranza vince!- sorrise Viktoria, accendendo finalmente il computer e accedendo a Internet, mentre Giselle continuava a scuotere la testa, indignata. Viktoria, armeggiando sulla tastiera, entrò in Google e, puntando il cursore sulla barra bianca in cui avrebbe dovuto digitare la parole da cercare, s bloccò e si voltò a guardare e altre due. -Cosa devo digitare?- -Prova con “brevi racconti”.- propose Morgan con aria annoiata, che si era già stufata di avere a che fare con quelle due papere. Viktoria, facendo volare le dita sulla tastiera, digitò le due parole e, dopo pochi secondi, se aprì la pagina web. Incolonnati uno sull’altro, c’erano decine e decine di titoli seguiti ognuno da una breve introduzione. In cima era indicato il sito “www.ispirazionipertutti.it”. Viktoria ciccò senza esitazione. Sul computer apparve la scritta “caricamento in corso”, poi tutto ciò che videro fu un lampo di luce bianca, e si sentirono come risucchiate dentro un vortice. E poi più niente.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** il guardiano ***


Quando riaprirono gli occhi, non poterono credere a ciò che videro. Poteva essere qualsiasi cosa, ma non la stanza di Viktoria Schindler. Era una stanza di forma pentagonale, senza né porte né finestre. La luce era data dalla presenza di cinque grandi torce poste in supporti di ferro battuto, una per ogni angolo. Le pareti erano fatte di grossi mattoni viola e il pavimento era blu come la notte. Esattamente al centro della stanza c’era un grande leggio, anch’esso viola, ma sopra non vi era alcun libro. Il soffitto era nero come la pece. Di fronte a loro, imponente, c’era un uomo dall’armatura blu e viola, sui cinquant’anni, con una folta capigliatura bionda e ispidi baffi che nascondevano il labbro superiore. Aveva i pugni sui fianchi e guardava le nuove arrivate con aria severa. -Salve.- disse l’uomo, e la sua voce profonda riecheggiò nell’ampia sala –e benvenute nel Regno dell’Ispirazione. Quella in cui vi trovate è la Torre Ovest della Grande Fortezza, ed è qui che il Libro delle Ispirazioni viene custodito, o meglio, veniva. Io sono il Guardiano del Libro, e da più di trecento anni mi prendo cura di questo luogo.- -Ehm… puoi ripetere? Sai, temo ci sia stato un errore, noi volevamo solo…- proruppe Morgan, facendo un passo avanti verso l’uomo. -Silenzio!- la interruppe quello, alzando una mano guantata con aria minacciosa e piantandogliela davanti alla faccia. -Che ci facciamo noi qui?...- piagnucolò Giselle, alle spalle di Morgan, a voce bassa ma abbastanza forte perché l’uomo sentisse. -Voi siete le tre prescelte.- disse in tono serio. -Le tre… cosa?!- esclamarono in coro, spalancando gli occhi. -Le tre prescelte. La profezia parla chiaro: “Quando la Fonte da cui sgorga questo regno scomparirà per mano di ignoti e malvagi individui, le tre prescelte verranno incontro al loro destino e in soccorso al Regno dell’Ispirazione che, senza il loro aiuto scomparirà. Verranno da luoghi diversi di uno stesso mondo. Una sarà la forza, una sarà il cuore, una sarà la mente. E i loro talenti saranno complementari, e nessuna di loro sarà in grado di sopravvivere senza le altre, perché il loro è un unico destino”. Così disse Doynana, nobile veggente e grande madre di questo mondo. E così sarà. Morgan, Giselle e Viktoria erano a bocca aperta. -E’ uno scherzo, vero?- chiese Viktoria, con sguardo implorante. -Niente affatto.- replicò –Il Regno delle Ispirazioni, il luogo nel quale dimorano le storie che voi del vostro mondo amate tanto leggere, sta per scomparire. Il Libro delle Ispirazioni è stato trafugato sei giorni fa ed è vostro dovere recuperarlo.- -E cosa dovremmo fare?- domandò Morgan. -Il Libro non può uscire dal Regno, altrimenti svanirebbe nel nulla. E’ stato nascosto di certo in una delle varie dimensioni che il Regno comprende, anche se il motivo del furto ci è ancora ignoto. Ma se il Libro non verrà al più presto riportato nella Grande Fortezza, entro poco tempo tutto il Regno scomparirà. Il vostro compito è quello di cercare il Libro e catturare il ladro.- ormai aveva assunto un tono implorante. Giselle si morse il labbro. -Andremo da sole?- chiese Viktoria. -Sì, ma avrete dei poteri. Dei poteri che avete sempre avuto ma che nel vostro mondo vi è impossibile usare. Ora dovete andare, ma attente: mai e poi mai dovrete cercare di cambiare il corso degli avvenimenti, anche se ne avrete spesso la tentazione.- -Andare? E dove?- disse Morgan, ma prima che completasse la frase videro la stanza scomparire a poco a poco, mentre la sagoma del guardiano, ormai lontana, le salutava alzando la mano.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** il risveglio ***


Morgan socchiuse gli occhi e si esibì in un grande sbadiglio. -Mamma, non voglio andare a scuola…- borbottò, cercando di soffocare un secondo sbadiglio, poi aprì gli occhi: intorno a lei c’erano solo alberi. Querce, faggi, platani, salici, ippocastani. Nessuna mamma. Morgan richiuse gli occhi e si adagiò nuovamente sulla morbida distesa di foglie cadute… Foglie cadute? Querce? Faggi? Platani? Salici? Ippocastani? Morgan spalancò gli occhi, soffocò un urlo, inciampò in una radice, cadde rovinosamente. No, aspetta, non era una radice! Era un… vestito! Indossava un lungo vestito nero, tanto lungo da sfiorare terra, nonché da impigliarsi sotto i suoi piedi e farla cadere. Raccolse gli occhiali, che durante la caduta erano finiti a mezzo metro dalla sua faccia, e si rialzò. Con sguardo analitico, si ispezionò l’abito. Era completamente nero, di stile un po’ gothic, proprio come piaceva a lei. Esso consisteva in un corsetto di tessuto e pelle, che chissà quale forza sovrannaturale le aveva stretto in modo esagerato dietro la schiena per mezzo di un elaborato incrocio di lacci neri, una gonna di tessuto quasi impalpabile ma resistente e una sottogonna di seta e merletti, ovviamente neri. I merletti, sia quelli della sottogonna che quelli che ornavano il corsetto, erano impreziositi da perline grigie di varie dimensioni, tutte perfettamente tonde e levigate. Altri fili di perle grigie erano applicate sulle cuciture del corsetto in linee dritte o in complicati ghirigori. Al corsetto era cucita una fascia di tessuto trasparente simile a velo, ma più morbido, che circondava le spalle e alla quale erano attaccate per mezzo di nastri di raso nero le maniche dell’abito, ampie, corte fino al gomito e ornate di pizzi. Oltre la sottogonna c’era un paio di calze a ragnatela nere rette da reggicalze ugualmente neri, e ai piedi Morgan calzava lucidi stivali di pelle dal tacco a rocchetto flosci e lunghi fino a metà polpaccio. Alle braccia portava guanti di pelle lunghi fin sopra il gomito, che terminavano sulle punte delle dite con unghioni di metallo. A ogni orecchio portava tre orecchini, tutti diversi tra loro: uno era una perla, uno un pendente, un altro un cerchietto così via. Sette fili di perle le circondavano il collo sottile, e i capelli erano tenuti all’indietro da un cerchietto nero decorato di perline. Sulle spalle portava un lungo mantello con cappuccio, annodato sul davanti e lungo fin quasi alle caviglie. Ma non fu l’abito a sorprendere Morgan. Sulla gonna, infatti, all’altezza dei fianchi, portava una spessa cintura di cuoio nero, ornata di tante piccole borchie appuntite di metallo. Sopra la cintura, portava due foderi, entrambi di pelle nera e con la punta e l’imboccatura metalliche. Morgan lanciò uno sguardo al fodero di sinistra, quello più lungo, e ne estrasse una lunga spada, sottile, leggera, dalla superficie simile a quella di uno specchio. Sull’elsa era scolpita la forma di un drago attorcigliato, con due piccole perle al posto degli occhi e le fauci spalancate con tanto di zanne e lingua biforcuta. La lama diventava sempre più stretta man mano che ci si avvicinava alla punta, e si restringeva appena sopra l’elsa. Morgan fece scorrere l’indice sul filo della lama, a bocca aperta, e il metallo produsse un suono limpido. Poi Morgan rimise la spada al suo posto ed estrasse il pugnale dal fodero destro. Era semplice, con la guardia crociata e il pomolo perfettamente tondo. Altri due pugnali gemelli spuntavano dalle tasche degli stivali. Dietro le sue spalle era allacciata una faretra i cuoio nero in cui riposavano l’arco e le frecce di metallo. Nella cintura era infilata una cerbottana di legno, accanto alla quale era legato un sacchetto di velluto vuoto che, come Morgan suppose, avrebbe dovuto contenere le pallottole. Morgan si guardò intorno. Sotto un salice, Giselle e Viktoria dormivano ancora. Morgan si avvicinò alle altre due e, piegatasi sopra di loro, fischiò sonoramente. Viktoria emise un lungo sbadiglio, poi sollevò il capo; Giselle non si mosse e continuò a dormire indisturbata. -Dove siamo? Che è successo?- domandò Viktoria, drizzandosi a sedere e stropicciandosi gli occhi. Anche lei aveva indosso un abito lungo, ma il suo era rosso, oro e bianco. Le maniche erano corte, a palloncino, ed erano formate da spicchi di stoffa rossa, e bianca con ricami dorati. La scollatura era ampia, quadrata contornata da un merletto bianco. Le cuciture erano color oro e tutto l’abito era di un tessuto simile a seta. Da sotto la gonna spuntava una sottana bianca, dal bordo merlettato, e ai piedi portava stivali rossi a punta dal tacco a stiletto e calze bianche. L’abito era costellato di ricami color oro e si completava con un mantello bianco che si allacciava sul davanti per mezzo di un cordone dorato. Alle orecchie portava due perle bianche e una catenella d’oro cingeva il collo di Viktoria. Sul vestito c’era un cordone, anch’esso dorato, annodatosi un fianco e le cui due estremità quasi toccavano terra. Ad esso era legato un laccio con un medaglione d’oro in cui era incastonato una pietra rossa della larghezza di una grossa moneta. I riccioli erano tenuti alti da un fermaglio dorato, e ricadevano morbidi sulle spalle. Viktoria si guardò addosso e restò a bocca aperta. -Ma cosa…?- mormorò. -E lo chiedi a me?- rispose Morgan. -Ehi, che succede?- disse Giselle, con voce impastata, mettendosi a sedere. Anche i suoi abiti, come quelli delle due compagne, erano cambiati. Indossava infatti un lungo abito verde smeraldo con una fascia centrale bianca ricamata d’argento. In vita portava una cintura di cuoio marrone con una grossa fibbia, e attaccata ad essa c’era una quantità di bisacce, ampolle e sacchetti di velluto bianco. I capelli erano raccolti all’indietro in un nastro verde, e da sotto la gonna spuntava una sottana verde pallido, dello stesso colore della cappa che portava sulle spalle e che si chiudeva alla base del collo con un nastro argenteo. La scollatura era meno ampia di quella di Viktoria, ed era a V. Ai piedi portava stivali di pelle marrone e calze bianche. Le maniche del vestito erano corte, chiuse con dei bottoncini argentati. -Sarà meglio dare un’occhiata in giro, non vi pare?- propose Morgan. -Non ce ne sarà bisogno.- disse Viktoria, indicando un punto della foresta, in lontananza: una moltitudine di case era costruita sugli alberi…no, dagli alberi! I rami si intrecciavano, si attorcigliavano, si piegavano modellando le abitazioni, collegate da ponti di corda sulle quali le persone camminavano indisturbate, vivendo la loro vita ignare della presenza delle tre ragazze. Morgan non credeva a ciò che stava per dire. Si sentiva ridicola ma era certa di avere ragione. -Ragazze,- disse –siamo nella Du Weldenvarden.-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** nella città degli elfi ***


-La Du Weldenvarden? Non starai mica parlando…- esclamò Viktoria, strabuzzando gli occhi. -Sto parlando della foresta degli elfi.- dichiarò Morgan. -Ma… il Ciclo dell’Eredità è soltanto una saga, non ti aspetterai mica di incontrare…- Giselle non fece in tempo a finire la frase, che sopra le loro teste, parecchie decine di metri sopra le loro teste, passò volteggiando un enorme drago azzurro, accompagnato da un ringhio simile a un boato, con in groppa un ragazzo. -Dicevi?- domandò Morgan, mentre sul suo volto si allargava un sorriso a trentadue denti. Giselle scosse la testa. -Non è possibile, non ci credo…- mormorò, in preda all’euforia. Morgan si voltò verso l’arborea città, davanti a loro, prese un profondo respiro e disse: -Questa… questa è Ellesmera, la capitale del regno degli elfi.- Viktoria si massaggiò le tempie. -Aspettate, com’era la storia?... Quand’è che Eragon va a Ellesmera?- chiese. -Ci va due volte: in Eldest, quanto incontra Oromis e comincia il suo apprendimento, e in Brisingr, quando va di nuovo dal suo mentore per fargli delle domande.- rispose Morgan. -Eldest. Ci troviamo in Eldest!- esclamò Giselle, come colta da un’illuminazione. -E cosa te lo fa pensare?- -E’ ovvio, Vi! Nel libro c’è scritto che quando Eragon si reca per la seconda volta da Oromis, la città è quasi completamente vuota, perché quasi tutti gli elfi sono al fronte a combattere. Guardate la città: c’è un sacco di gente in giro!- -Giselle, mi duole ammetterlo ma sei un genio!- sorrise Morgan, incrociando le braccia sul corsetto. -Già, perfetto. Ma ora che si fa?- proruppe Viktoria. -Semplice. Troviamo la casa di Oromis.- rispose Morgan, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. -C’è un solo problema:- disse Viktoria –qualcuna di voi si ricorda come è fatta la casa di Oromis?- -Be’, Vi… non credo che in giro ci siano molte case con un drago parcheggiato davanti alla porta, no?- ridacchiò Morgan. -Okay, allora andiamo!- concluse Viktoria, scrollando le spalle. -Andiamo.- fece eco Giselle, facendosi coraggio e seguendo le due compagne lungo la strada che portava al cuore della città. Lungo il loro cammino, i bellissimi abitanti si voltavano a guardarle con aria curiosa e diffidente, ma loro cercarono sempre di evitare i loro sguardi e proseguire imperterrite. Arrivate a destinazione, non ci vollero molto a trovare la casa del Cavaliere. L’enorme drago dorato, Glaedr, che se ne stava accucciato accanto alla casa, le guardò con un’aria ancora più incuriosita di quella degli elfi. Dal punto da cui giunsero le tre ragazze, l’arto anteriore mutilato non si vedeva. Giselle pensò con tristezza che in quel momento, forse, quella creatura già prevedeva quale sarebbe stata la propria fine e quella del suo Cavaliere: triste, gloriosa, in un campo di battaglia. In quel momento dalla casa uscì un uomo. Era bello, ma la sua era una bellezza senza età: avrebbe potuto avere venti o duecento anni. Aveva capelli lunghi, fisico slanciato e viso perfetto, come tutti gli elfi, ma possedeva un’aura di saggezza che faceva venire quasi i brividi. Oromis. Lo Storpio che è sano. Il fidato e intelligente maestro di Eragon. Appena il suo sguardo cadde su di loro, aggrottò le sopracciglia, anche lui incuriosito dalle nuove arrivate. -Chi siete, forestiere? Cercate qualcosa?- domandò, cortese ma cauto. -Atra du evarìnya ono varda, Oromis elda!- disse Morgan, portandosi due dita alle labbra in segno di rispetto secondo il rito elfico. Le altre due si stupirono della sua ottima memoria. –Portiamo un messaggio per Eragon da parte di Nasuada, regina dei Varden.- concluse, senza neanche un’ombra di incertezza nella voce. Oromis riflettè per alcuni secondi, poi parlò: -Eragon e Saphira torneranno fra poco. Intanto, vi invito a entrare in casa mia e rifocillarvi. Dovete aver compiuto un lungo viaggio, immagino. -In effetti è stato davvero faticoso. Ti ringrazio per la tua ospitalità.- sorrise Morgan, poi entrò in casa sotto lo sguardo vigile di Glaedr, seguita a ruota dalle sue compagne e da Oromis, che si richiuse la porta alle spalle e le invitò con un cenno della mano ad accomodarsi intorno al tavolino mentre armeggiava con mestoli e pentolini. -Ditemi, messaggere, per quale motivo siete venute a cercare Eragon proprio da me? E chi vi ha autorizzato a oltrepassare i confini della Du Weldenvarden?- Viktoria e Giselle si scambiarono uno sguardo, poi guardarono Morgan con aria implorante, ma quella era a corto di parole: ricordò che nessuno, all’infuori di pochissime persone, sapeva dell’esistenza di Oromis e del suo drago. -Be’… quando siamo arrivate non sapevamo da dove cominciare le ricerche, anche se sapevamo che Eragon si trovava a Ellesmera, poi abbiamo visto Gl… il drago e abbiamo deciso di tentare.- -E chi vi ha detto il mio nome? Prima hai detto il mio nome.- -Ecco, noi… abbiamo chiesto in giro…- -Capisco.- disse Oromis, e Morgan gli fu grata per averla interrotta –Ma ditemi di più… parlatemi del vostro messaggio.- Oromis sembrava sinceramente interessato. -E’ segreto. Mi dispiace, ma possiamo parlarne soltanto con…- ancor prima che terminasse la frase, si sentì un boato e poi la porta si spalancò. Dietro di essa, c’era un ragazzo che poteva avere sedici o diciassette anni circa, castano, dai capelli color nocciola. -Maestro, sono tor… Maestro, abbiamo ospiti?- -Sì, Eragon. Dicono di portare un messaggio da parte di Nasuada, ma non ho indagato oltre. Anzi, ora che ci penso non ci siamo neanche presentati.- Oromis guardò le tre ragazze sedute di fronte a lui. -Io sono Morgan, e queste sono le mie compagne di viaggio, Giselle e Viktoria.- -Non sono nomi molto comuni, non li ho mai sentiti nella mia lunga esistenza.- -Già, non sono nomi comuni…- -Bene. Eragon, perché non accompagni le nostre ospiti a fare una passeggiata, così potranno riferirti il loro messaggio? Mi raccomando, però, tornate presto: la zuppa è quasi pronta, e non vorrei che si freddasse prima del vostro arrivo.- Eragon sorrise al suo mentore, poi volse lo sguardo alle tre ragazze e con un cenno del capo le invitò a uscire. Morgan, Giselle e Viktoria si alzarono, salutarono Oromis e accompagnarono il ragazzo fuori.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** la mente del drago ***


-Messaggere di Nasuada, eh?- disse Eragon dubbioso, non appena furono fuori dall’abitazione. Di fronte a loro, le imponenti sagome di Glaedr e di Saphira, la bellissima dragonessa blu di Eragon, si stagliavano davanti a loro, l’una accanto all’altra. -Eragon…- mormorò Morgan, lanciando occhiate significative all’indirizzo del drago dorato –Non potremmo andare in un posto più… appartato?- -E’ davvero così segreta la questione?- domandò il ragazzo, preoccupato ma anche piuttosto seccato. -Più segreta di quanto pensi.- rispose l’altra, con occhi imploranti. Eragon tacque. Evidentemente stava comunicando con la mente con Saphira. -D’accordo- proclamò infine. Montate. E reggetevi forte, se ci tenete a non finire spappolate al suolo.- Le tre ragazze non potevano crederci: sarebbero salite sul dorso di un drago, un’esperienza indimenticabile per chiunque… peccato, però, che le reazioni furono diverse… -Forte!!- esultò Morgan, in preda all’emozione. -Oh, mio Dio!- mormorò Viktoria, sul punto di svenire. -Neanche per idea, io su quel… coso non ci salgo!- sbottò Giselle, atterrita al solo pensiero. -Nessun problema, Gi, vorrà dire che ci aspetterai qui…- sorrise Morgan, ma Viktoria non era del suo stesso parere: -Giselle, devi venire con noi!- insistette Viktoria, trascinando l’amica che si dimenava come un pesce preso all’amo. Alla fine, però, salirono tutti a bordo. Aggrappato alla punta cervicale della dragonessa, il Cavaliere di Draghi si sentiva perfettamente a suo agio. Dietro di lui, avvinghiata come una ventosa, c’era Morgan, che appena Saphira aveva preso il volo si era ricordata di soffrire di vertigini, ma poi non si era più lamentata e si stava godendo il panorama. Giselle, ormai rassegnata all’idea del volo, teneva gli occhi sigillati e non mollava neanche per un attimo la stretta ferrea sull’amica, i cui lunghi capelli biondi le frustavano la faccia. Infine, in preda a un pericoloso miscuglio di euforia e terrore, c’era Viktoria. Volarono per pochi minuti, giusto quel tanto che bastava ad allontanarsi da Ellesmera. Davanti a loro, la Du Weldenvarden sembrava non finire mai. Atterrarono in uno spiazzo circondato dalla ricca e verdeggiante vegetazione della foresta. Quando tutte e tre furono finalmente a terra, Eragon le seguì balzando giù dalla dragonessa e fece scorrere lo sguardo indagatore sulle ragazze. -Allora, mi spiegate una volta per tutte che cosa succede? I Varden hanno bisogno di me? Nasuada è ferita? Come…?- -Calmati, prima di tutto!- gli urlò addosso Viktoria, irritata. -D’accordo, d’accordo, sono calmo. E ora… che c’è?- -Ehm…- incominciò Morgan, cercando sui volti delle sue amiche sguardi di approvazione che non arrivarono. Poi prese coraggio: -Tutto quello che vedi, la foresta, i monti, i mari, la guerra, persino te stesso… insomma, quello che voglio dire è che… tutto quello che vedi è soltanto frutto della fantasia di un uomo. E’ soltanto un libro, una storia. Lo avresti mai immaginato?- Eragon scosse la testa, aggrottando la fronte. -Cosa? Ma… che vuol dire? Una storia? Era questo il messaggio di Nasuada?- -No, Eragon. Non esiste nessun messaggio. Noi veniamo da un mondo in cui i draghi fanno parte della leggenda e dove la magia non esiste. Siamo qui perché il vostro mondo, quello che costruiamo scrivendo storie, sta scomparendo, e noi siamo incaricate di salvarlo.- sussurrò Morgan, a testa bassa. Saphira le guardò con interesse. -Come possiamo essere sicuri che non ci state mentendo?- disse la dragonessa, parlando alle ragazze attraverso le menti. -Purtroppo non abbiamo alcuna prova, ma stiamo dicendo la verità! Dovete crederci! Abbiamo bisogno del vostro aiuto, altrimenti tutto questo mondo scomparirà!- dichiarò Giselle. Morgan le mise una mano sulla spalla. -Ho trovato!- strillò elettrizzata, strabuzzando gli occhi. -Cos’è che hai trovato?- chiese Viktoria. -Le prove! Noi abbiamo le prove! Saphira, entra della mia mente!- esultò, raggiante. -E come posso essere certa che, entrata in contatto con la mia mente, non tenterai di farmi del male?- domandò Saphira attraverso la sua mente. -Te lo giuro, io non so neanche come si fa! Facciamo così: se tenterò di entrare nella tua mente, potrai sbranarmi.- -A me va benissimo.- -Bene. Ora ti farò guardare i miei ricordi, così potrete credermi.- -Certo, ma prima posso chiederti perché preferisci che lo faccia io e non Eragon?- domandò la dragonessa, con la voce del pensiero. -Non lo so, forse perché preferisco entrare i contatto con una mente femminile.- -Sei pronta?- -Sì.- rispose Morgan sicura, sforzandosi di far riaffiorare nei minimi dettagli i ricordi, da quando erano state risucchiate dal computer, a quando avevano incontrato in Guardiano, fino al risveglio nella Du Weldenvarden. Intanto sentiva la mente di Saphira, contorta e particolare come solo la mente di un drago può essere, insinuarsi nella sua memoria e leggerla senza difficoltà, senza darle alcun fastidio, anzi regalandole una strana sensazione di pace. Quando la dragonessa troncò il contatto fra le loro menti, quasi si dispiacque. Saphira lanciò a Eragon un’occhiata preoccupata, che presto il ragazzo imitò. Evidentemente aveva condiviso con lui i ricordi di Morgan. -E’ davvero incredibile!- esclamò Eragon, rivolto alle tre ragazze –Ma sappiate che potete contare su di noi. Contribuiremo alle vostre ricerche e vi aiuteremo a salvare il mondo. Dopotutto, questo è il nostro mondo, e il minimo che un Cavaliere e il suo drago possano fare per il proprio mondo.- -Un colo avvertimento, però: non una parola. Né con Oromis, né con nessuna altro.- chiarì Morgan. I due annuirono.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** in volo ***


Eragon sospirò. -Cosa dobbiamo fare per aiutarvi? Saphira mi ha fatto vedere anche i ricordi riguardanti il libro… Potremmo aiutarvi a cercarlo, ma da dove dovremmo cominciare? Non sappiamo neanche se si trova in questo o in qualche altro… libro.- Pronunciò la parola “libro” come se dirlo gli costasse uno sforzo immenso. Viktoria gli si avvicinò e gli sfiorò il braccio con le sottili dita della mano destra. -Sappiamo che per te tutto questo è scioccante, e cerchiamo di comprendere ciò che provi per quanto ciò possa essere difficile, ma devi farti coraggio, Eragon. Tu uccidi gli spettri, tu ti batti, tu proteggi chi ha bisogno di te senza sentirti superiore a nessuno. Tu sei un Cavaliere, Eragon. Tu hai il diritto di avere paura, ma hai anche il dovere di combatterla. E noi sappiamo che ci riuscirai.- Il ragazzo chiuse gli occhi. La dragonessa gli accarezzò la spalla con il muso. Eragon parlò: -Sì, Saphira, so che hanno ragione.- Guardò le tre ragazze. –Avete ragione voi. Dobbiamo combattere, e non ce ne resteremo qui con le mani in mano aspettando che il nostro mondo finisca…- Sorrise, preso da una carica di energia. -…e che il vostro non abbia più niente da leggere! Noi ce la possiamo fare, e sappiate che non ci arrenderemo. Mai!- Morgan lo guardò con aria di sufficienza, portandosi i pugni ai fianchi. -Sì, bene. Tutto questo è perfetto. Ma come mai allora siamo ancora qui?- disse, con un mezzo sorriso sulle labbra. -Già, ma non per molto. Forza, montate, c’è un Regno da salvare!- esultò Eragon, arrampicandosi sulla sella di Saphira e tendendo la mano per aiutare le altre a salire. Quando tutti si furono accomodati, per così dire, sull’ampia sella della dragonessa, Saphira spiccò nuovamente il volo, lasciandosi alle spalle la radura dove era atterrata poco prima. -Da dove potremmo cominciare a cercare? Insomma, tu conosci questo posto meglio di noi, e io non ricordo la cartina di Alagaësia alla perfezione…- disse Morgan a Eragon, quando furono sopra le nuvole. -Cartina? Quale cartina?- borbottò il ragazzo, voltandosi verso di lei con la fronte solcata da una ruga. -Ehm… sai, a volte dietro la copertina dei libri c’è una cartina del luogo in cui è ambientata…- -Ah, capisco. Comunque, potremmo cominciare a cercare in qualche biblioteca famosa.- Viktoria, sporgendosi dietro la spalla di Morgan, scosse con decisione la testa. -Dubito che si trovi in una biblioteca. Chiunque sia riuscito rubare quel libro di sicuro è troppo scaltro per nasconderlo in una biblioteca.- disse. -Io avrei una mia teoria.- intervenne Giselle. -Se il libro è davvero così prezioso e potente come ha detto il Guardiano, credo che possegga anche un’aura magica facilmente individuabile per un mago.- -Forse… Potremmo tentare. Prima però torniamo a Ellesmera, la zuppa si sarà già freddata, e io sto morendo di fame.- -Tu hai sempre fame!- lo rimbeccò Saphira, e il suo pensiero giunse a tutti e quattro i suoi passeggeri, che risero di cuore. ***Un immenso grazie a DarkViolet92, che commenta tutti i capitoli di MoGiVi e ha salvato questa storia tra i preferiti, e a The Ice Keeper, cha ha messo la storia tra i preferiti. Grazie mille, spero che questa storia sia degna dei suoi lettori,e spero di non deludervi mai!!! ladystorm94

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** l'inizio delle ricerche ***


-Mi raccomando, non una parola. E vi consiglio di chiudere la vostra mente, nel caso Oromis e Glaedr sospettassero qualcosa e decidessero di frugare nelle vostre menti.- si raccomandò Morgan, quando stavano per atterrare davanti alla capanna del maestro, accanto alla quale il drago dorato scrutava il cielo. -Non preoccuparti, Oromis non frugherebbe mai nella mia mente o in quella di Saphira.- -Già, ma bisogna prendere tutte le precauzioni possibili. C’è di mezzo un mondo intero.- -Hai ragione, lo terremo a mente.- concluse Eragon, aiutandola a scendere dalla dragonessa. Quando furono avanti alla porta, Glaedr si salutò con un cenno del capo. Appena furono oltre la soglia trovarono Oromis intento a versare nelle ciotole la profumata minestra fumante. -Giusto in tempo!- esclamò l’elfo, con un sorriso, mentre i quattro arrivati si sedevano intorno al tavolo. -Ha un profumo delizioso!- si complimentò Giselle. -Già, ma il sapore è ancora meglio!- dichiarò Morgan, dopo aver affondato il cucchiaio nella ciotola ed esserselo portato alla bocca. -Sono contento che vi piaccia.- disse Oromis, accomodandosi su una sedia. -E Saphira? Starà bene?- domandò Viktoria, preoccupata. -Certo, di certo non soffrirà la fame con tutto quello che ha mangiato stamani, e se avesse sete c’è un ruscello proprio dietro la capanna.- la tranquillizzò Eragon. Oromis prese la parola. -E così… avete portato il vostro messaggio a Eragon. E ora, quando avete in programma di tornare dai Varden?- domandò, educato. -Be’, veramente… siamo arrivate in anticipo, e abbiamo ancora dei giorni a disposizione, prima di tornare.- disse Viktoria. -Potreste dare un’occhiata alla città. E credo che Eragon sarebbe molto contento di farvi da guida. E poi, la notte potreste alloggiare qui, anche se starete un po’ strette.- Eragon annuì, compiaciuto. -E’ un’ottima proposta. Nel nostro popolo, si favoleggia molto su Ellesmera. Speravamo tanto di poterla vedere. Ti ringrazio, Oromis.- sorrise Morgan. -Per me è un onore.- disse il maestro. Finito il pranzo, Eragon, Morgan, Giselle e Viktoria salutarono nuovamente Oromis e, montati su Saphira, partirono alla volta della radura dove avevano trascorso quella mattinata. -Allora, da dove proponete di cominciare le ricerche? Da qualche parte dovremo pur iniziare.- disse Eragon, appena ebbero messo i piedi a terra. -Veramente pensavamo che tu avessi qualche idea.- replicò Giselle. -Purtroppo non ne ho, però.- -Comunque sia, ci conviene cominciare a spremere le meningi per farci venire in mente qualcosa. Non sappiamo quanto tempo abbiamo a disposizione.- li esortò Morgan. -Forse potremmo cominciare proprio da Ellesmera. Forse non è una caso che siamo arrivate proprio lì.- azzardò Giselle, grattandosi il mento pensierosa. -Bella idea. Magari chiediamo anche alla regina Islanzadi di darci manforte di persona.- la rimbeccò Morgan. -Non è che tu ci sia stata tanto d’aiuto fino ad ora!- strillò Giselle. -Se ora siamo qui è perché io vi ho salvato il didietro: voi non avreste mai trovato una scusa valida da offrire a Oromis!- urlò Morgan, irritata. -Smettetela!!- esclamarono in coro Viktoria, Eragon e Saphira, frapponendosi tra le due litiganti. -Litigare non ha mai aiutato nessuno. Dobbiamo darci da fare, se non vogliamo scomparire per sempre!- le sgridò Eragon. -Perché parli al plurale? Noi non c’entriamo niente in questa storia!- gridò Viktoria. -Voi ci siete dentro, e se in questo preciso istante tutto questo scomparisse, voi lo seguireste a ruota.- mormorò Eragon, calmo. Morgan si fece aventi. -Eragon, hai ragione. Bisogna lavorare insieme. Gioco di squadra, okay?- -Già.- si arrese Viktoria, sedendosi su un masso e prendendosi la testa tra le dita. -E ora che si fa?- chiese Giselle. -Semplice, pensiamo.- rispose Morgan, accomodandosi su un altro masso. Stettero così per qualche momento, poi Giselle, che si era seduta per terra, scattò in piedi fulminea. -Ci sono!- esultò –Ho trovato!- -E…?- la incoraggiò Morgan. -Ma come ho fatto a non pensarci prima! Se il libro avesse davvero attorno a sé un’aura magica potentissima, come abbiamo supposto, basterebbe per un mago posizionarsi al centro di Alagaësia per localizzarlo.- -Hai ragione! Perlomeno, sapremmo in che direzione cercare e ci dirigeremmo lì.- concordò Viktoria. -Perfetto, ma dobbiamo riuscire a prenderlo prima che lo faccia qualcun altro, sempre che non l’abbia già fatto.- disse Morgan. -E dai, non essere così pessimista! Piuttosto, chi sa dirmi dove di preciso dovremmo andare per localizzare il libro?- domandò Viktoria. -Ve l’ho detto: al centro di Alagaësia.- replicò Giselle. -Ma… - mormorò Morgan- …al centro di Alagaësia c’è…- -Proprio così, Morgan.- la interruppe Eragon, confermando il suo pensiero -Il deserto di Hadarac.-

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** la partenza ***


-Per arrivare al cuore del deserto di Hadarac dovremo volare verso sudovest. Il viaggio sarà lungo, e dovremo fare parecchie soste per non far affaticare troppo Saphira: lei non è abituata a portare così tante persone.- dichiarò Eragon, mentre preparavano i pochi bagagli che avrebbero dovuto portare con sé, cioè coperte e viveri appena sufficienti. -Quanto è pericoloso il deserto?- domandò Giselle, avvolgendosi nel mantello. -In sé non è affatto pericoloso. Il vero pericolo sono i predoni: seguono le carovane e si appostano vicino agli accampamenti dei viaggiatori, aspettando che quelli siano addormentati o assetati. Ma non temete: io so combattere, e quando avremo sete potrò estrarre l’acqua dal terreno con la magia.- rispose il ragazzo. -Questo già lo sapevo… Credo di averlo letto da qualche parte!- disse Viktoria, e i quattro risero. A Oromis avevano detto che sarebbero andati dai Varden, poiché la regina Nasuada desiderava avere un colloquio con il Cavaliere di persona. Oromis non era sembrato troppo convinto, ma perlomeno non si era intrufolato nelle loro menti. O almeno sembrava che non l’avesse fatto. -Secondo me Oromis ha già rivoltato le nostre menti come un calzino senza che ce ne accorgessimo. Noi non sappiamo come bloccare la mente, Eragon.- esordì Morgan, infilandosi l’ultimo pugnale nella cintura. -Oromis teme che sia una trappola, questo è vero, ma sa che può avere fiducia in me.- disse Eragon. -Questo è vero, ma sa anche che sei un ragazzino inesperto, mentre lui ha accumulato già anni e anni e anni di esperienza.- concluse Morgan, uscendo fuori dalla capanna. Oromis era andato nel bosco a meditare, e non sarebbe tornato prima di un’ora. Glaedr, però, era rimasto là. Appena vide Morgan, la scrutò con occhi severi. -Sai bene che io e Oromis non ci fidiamo di voi. Se a Eragon dovesse morire, noi saremmo pronti a seguirvi anche in eterno, se necessario pur di trovarvi e restituirvi il favore.- disse il drago. La sua voce, o meglio la voce della sua mente, era seria e solenne. Come dovrebbe essere la voce di un drago, ma completamente differente da quella di Saphira, che era dolce e quasi umana. A quelle parole, Morgan pensò al terzo libro della saga, Brisingr, in cui Oromis moriva per mano di Galbatorix, e lo spirito del drago rimaneva imprigionato nell’Eldunarì, il cuore dei cuori. -Lo so.- rispose –Lo so. Ma non dovete preoccuparvi. Non ho alcun mezzo per convincervi a fidarvi di noi, ma a meno che non ci attacchi una banda di predoni durante il viaggio, Eragon tornerà sano e salvo a Ellesmera.- -Lo spero.- sospirò il drago, chiudendo gli occhi in un attimo di debolezza e abbandonandosi a pensieri di cui Morgan ignorava l’esistenza. In quel momento, sbucarono fuori anche Viktoria, Giselle ed Eragon e, sistemate le bisacce, montarono sulla dragonessa e spiccarono il volo alla volta della loro meta.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** il deserto di hadarac ***


Il viaggio si rivelò un’impresa più ardua di quanto avessero osato sperare. Si fermavano per riposare soltanto per poche ore al giorno, e il loro era sempre un sonno breve e vigile. Quando si accampavano facevano massacranti turni di guardia, e non accendevano fuochi per timore di essere visti. Presto le provviste cominciarono a scarseggiare e, avvicinandosi sempre più al deserto, per Saphira divenne difficile trovare le sue prede. Nel giro di un paio di settimane, i cinque viaggiatori cominciarono a sentire i morsi della fame. Eragon era debole, e non aveva più abbastanza forza per estrarre l’acqua dal terreno. Saphira era affaticata, e le tre ragazze non erano abituate a viaggiare in quelle condizioni. Il deserto, come scoprirono, era spesso soggetto, soprattutto a est, a tempeste di sabbia, che disturbavano il volo e rallentavano il loro cammino. -Non ce la faccio più.- mormorò Giselle, all’alba del nono giorno di viaggio, mentre stavano per decollare. -Quanto manca?- domandò Viktoria, rivolta a Eragon, che si stava issando sulla dragonessa e tendeva il braccio verso Morgan per aiutarla a salire. -Se tutto procede per il meglio, dovremmo arrivare nel cuore del deserto entro domattina.- rispose il ragazzo. -Speriamo bene, allora. Ma se, arrivati a destinazione, Eragon non riuscisse a captare nulla?- disse Morgan. -Non dirlo neppure!- esclamò Viktoria, sgranando gli occhi. Dopodiché ripartirono, puntando sempre verso sudovest. Arrivarono, contro ogni previsione, al calar del sole, stanchi e affamati, ma contenti. -Eccoci arrivati!- esultò Saphira, atterrando. -Sarai stremata, suppongo.- si preoccupò Morgan, accarezzandole un fianco squamoso. -Ho semplicemente dato il meglio di me, e non me ne pento, non preoccupatevi per me.- disse la dragonessa, sbuffando soddisfatta una nuvoletta di fumo. I passeggeri scesero a terra. Attorno a loro, soltanto un’immensa distesa di sabbia, tinta di rosso dal tramonto. Morgan si avvicinò a Eragon e gli appoggiò una mano sulla spalla. Lui contrasse i muscoli del braccio, e lei ritrasse la mano. -Scusa, non volevo…- disse lui, scuotendo leggermente la testa. -Vuoi che la rimetta?- domandò lei, imbarazzata. Lui annuì, arrossendo, e la ragazza gli posò teneramente una mano sulla spalla, accarezzandogliela. Giselle e Viktoria, intanto, si erano voltate, facendo finta di niente. -Coraggio, piccolo mio.- sussurrò Saphira, escludendo la sua mente e quella del Cavaliere dal resto del mondo, in modo che nessun altro sentisse. Eragon si voltò verso Morgan e percorse con un dito il suo profilo, la sua guancia, il suo mento. Morgan fece per balbettare qualcosa, ma lui la mise a tacere ponendo dolcemente la propria bocca sulle sue labbra screpolate. Lei si staccò, e senza allontanare il proprio volto dal viso del ragazzo sussurrò: -Concentrati.- e poi si allontanò di alcuni passi da lui. Eragon chiuse gli occhi. -Sento una magia potentissima… è enorme, non ho mai visto niente di simile!- esclamò Eragon, euforico. -Lo senti? Senti il Libro?- domandò Giselle, eccitata. -Non so cos’è, ma è strabiliante! Se potesse finire nelle mani sbagliate, non immagino cosa potrebbe accadere…- continuò Eragon. -Dov’è? Eragon, dov’è? Da dove viene la magia?- lo incoraggiò Morgan. -Da lì.- disse il ragazzo, puntando il dito verso nordest. -Ma…- mormorò Morgan -Noi veniamo proprio da quella direzione, se non te ne sei accorto.- -Eppure si trova lì! Ragazze, il libro è nella Du Weldenvarden!- esclamò Eragon. -Come hai fatto a non farci caso fino ad ora?- domandò Viktoria, stupita. -C’è bisogno di concentrazione per sentire una magia così strana e complicata. A Ellesmera c’è troppa magia, non potevo accorgermene!- -Bene, abbiamo scoperto dove si trova quel maledetto libro. Ora vogliamo muoverci?- li esortò Saphira, abbassandosi per farli salire. I quattro salirono sul suo dorso e la dragonessa spiccò il volo, animata da una nuova grinta, verso la foresta degli elfi. Quando ebbero preso quota, Eragon si voltò e baciò dolcemente la guancia di Morgan. Lei gli sorrise, pur sapendo che, prima o poi, avrebbe dovuto separarsi da lui e metterlo di fronte alla dura realtà: lei non avrebbe dovuto, mai e poi mai, cambiare il corso degli eventi. *Ancora una volta ringrazio DarkViolet92 per i suoi commenti che mi sorprendono sempre di più e le raccomando di non preoccuparsi se non ha letto Eragon, c'è un po' di tutto e il bello deve ancora arrivare! Un enorme grazie!!!!!!!!!!!!!!!*

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** sulle tracce del libro ***


-Ora riesco a distinguere l’aura magica emanata dal libro da tutta la magia di Alagaësia! E’ incredibile!- esultò Eragon, urlando per farsi sentire, mentre il vento provocato dal volo riempiva le orecchie dei cinque viaggiatori. -E’ fantastico! Speriamo solo di arrivare in tempo perché nessuno se ne impadronisca…- disse Giselle. -O perché il ladro non torni a riprenderselo!- concluse Morgan. -Giusto, hai ragione… ma perché non abbiamo pensato prima a questa eventualità?- domandò Viktoria. -Forse perché in teoria il Libro è nascosto in un modo così ingegnoso che il ladro non dovrebbe avere alcun motivo per cambiare nascondiglio.- suppose Giselle. -Ma forse lo tiene nascosto in attesa del momento più opportuno per usarlo.- ipotizzò Eragon. -Ma non lo sta già usando per distruggere questo mondo? Ricordate: se il Libro non dovesse tornare al suo posto, tutto questo scomparirà.- esclamò Morgan, con un’espressione preoccupata sul viso. -Hai ragione, anche stavolta, ma ho come un presentimento… lasciate stare.- sbuffò Viktoria, poggiando la testa sulla spalla di Giselle, con aria pensosa. La sera si accamparono ai margini della Du Weldenvarden, che avevano raggiunto in fretta nel minor tempo possibile e, dopo aver mangiato quel poco delle provviste che rimaneva nella loro bisaccia, si coricarono sui propri mantelli, lasciando Eragon a fare il primo turno di guardia. Dopo un’ora, Morgan di svegliò per sostituirlo. -Perché non mi hai svegliata, tocca a me! Se non mi fossi svegliata da sola, avresti perso un’ora di sonno in più!- lo rimproverò Morgan, preoccupata per il fatto che il ragazzo non chiudeva occhio ormai da giorni. -Non ho sonno, non preoccuparti per me.- sorrise lui, mentre la ragazza gli si sedeva accanto. -Non dire stupidaggini, sono almeno quattro giorni che non chiudi occhio. Non puoi non avere sonno!- -Devo tenere d’occhio il Libro, e controllare che sia sempre lì. E poi…- sorrise malizioso -Mi piace vederti dormire. Sembri quasi… indifesa.- -Indifesa, hai detto?- domandò Morgan, sollevando un sopracciglio e cingendosi le ginocchia con le braccia. -Indifesa. Quando sei sveglia sembri sempre così… forte, ecco. E distaccata. Perfettamente autonoma. Sembri più un’elfa che un’umana. Ma poi ti vedo dormire, e mi viene voglia di baciarti.- sussurrò il ragazzo, intrecciando le dita sottili nella seta dei capelli biondi di lei, che chinò il capo e si ritrasse. -Cosa c’è? Non… non va bene, vuoi che non lo faccia?- si affrettò a scusarsi Eragon, a voce abbastanza alta da far agitare Giselle nel sonno. -Non è questo… è che…- -Spiegami, per favore.- la supplicò il Cavaliere. -Tu sei una persona meravigliosa, e io lo so meglio di te perché so come andranno le cose nel tuo futuro, ma devi capire che noi apparteniamo a due mondi diversi, e che il mio posto non è qui.- sputò in fretta Morgan, timorosa di avere dei ripensamenti. -E se tu potessi scegliere di restare? Lo faresti?- -Io… no. No, non lo farei. Tu t’innamorerai di un’altra, ne sono sicura, anche se in teoria non potrei esserne certo perché finora non hai avuto storie d’amore e l’ultimo libro della saga non è ancora stato pubblicato. E poi… io non ti amo.- concluse Morgan, gettando fuori le ultime quattro parole come se fino a quel momento le avessero avvelenato la bocca. Come se fossero un espediente costatole sacrificio, mentre erano la pura verità. Lei non lo amava. -Davvero? Stai… stai dicendo sul serio?- balbettò Eragon, sgranando gli occhi gonfi di lacrime. -Sì.- dichiarò Morgan. Eragon annuì tra sé ricacciando indietro le lacrime, cercando un modo per accettare la verità. -Mi dispiace- disse Morgan, che odiava vedere le persone che le stavano a cuore in preda alla benché minima sofferenza -ma le cose stanno così. Tu per me sei un amico, il migliore che si possa avere, ma soltanto questo. Niente di più. Io non volevo ferirti. Io non voglio che tu stia male per colpa mia…- singhiozzò Morgan, mentre rivoli caldi le rigavano il volto. Eragon le si avvicinò e le permise di affondare il viso sul suo petto, abbracciandola e lasciandosi abbracciare dalle forti e affusolate dita di lei. -La colpa è mia, avrei dovuto saperlo. Non importa, non devi preoccuparti per me.- la consolò dolcemente, cullandola fra le sue braccia calde. Morgan tirò su col naso e si asciugò con il dorso della mano gli occhi arrossati. Eragon rise, e lei lo guardò perplesso. -In fondo in fondo sei davvero molto umana.- mormorò lui, facendola sorridere. Poi, all’improvviso, lui si irrigidì e si separò dall’abbraccio, saltando su. Morgan lo seguì. -Cosa c’è, Eragon?- domandò, ma lui non la sentì e corse a svegliare le altre, che si misero a sedere stiracchiandosi e sbadigliando. -Tocca a me fare il turno di guardia? Che succede?- borbottò Viktoria con voce impastata, mettendosi a sedere e indossando il mantello che aveva utilizzato come giaciglio. -Che c’è? Che hai Eragon, sembri un invasato!- fece Eco Giselle, alzandosi e seguendo l’amico che faceva su e giù come un forsennato. -Eragon, ci spieghi una volta per tutte che succede?- lo bloccò Morgan, piantandosi davanti a lui e immobilizzandogli le braccia. Anche Saphira si era svegliata, e ora emetteva tremendi sbadigli che facevano tremare la sabbia. -Il Libro! Il Libro è sparito!- urlò Eragon, sconcertato. -Sparito? Che vuol dire “sparito”?- gli gridò in faccia Morgan, che ancora non si decideva a mollare la presa sulle sua spalle. -Non sento più la sua aura magica! E’ scomparso!- -Forse l’hanno portato da qualche altra parte di Alagaësia.- ipotizzò Viktoria, ottimista. -No, è impossibile! E’ sparito all’improvviso, scomparso! Senza lasciare traccia! Se lo avessero portato via, sarebbe scomparso gradualmente, e invece… Ah, non ci posso credere!- sbottò Eragon, liberandosi dalla stretta ferrea di Morgan e prendendosi la testa fra le mani. -Dobbiamo cercare il luogo dov’era nascosto.- propose Giselle. -E a che cosa ci servirebbe?- domandò Viktoria. -Deve pur esserci un modo, no?- disse Morgan. -Per prima cosa, proporrei di fare come ha detto Giselle, e poi si vedrà.- concluse Eragon, montando su Saphira, seguito a ruota dalle tre ragazze. Poi i cinque viaggiatori sparirono nella notte. *Un grande, gigantesco, enorme, immenso, smisurato grazie a DarkViolet92, che continua a commentare tutti i capitoli di MoGiVi e a darmi tantissime soddisfazioni!! Spero che non si penta della fiducia che ripone in me e che questa storia continui a piacerti!! E un altro grazie ugualmente immenso alla mia nuova lettrice, Full Moon, con la speranza questa storia le piaccia e che questi capitoli l’abbiano invogliata a leggere quelli che seguiranno! Grazieeee!!!*

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** la caverna ***


-Riusciresti a ricordare in quale punto della foresta si trovava il Libro prima di scomparire?- domandò Morgan a Eragon, quando furono ai margini della Du Weldenvarden. -Credo di sì. Non dovremmo essere lontani, forse siamo quasi arrivati.- Saphira si dirigeva lì dove i pensieri di Eragon la portavano. Avevano viaggiato facendo pochissime pause e fermandosi a riposare solo quando ce n’era veramente bisogno. Erano allo stremo delle forze. -Laggiù! Guardate, c’è una caverna!- indicò Eragon, puntando il dito verso un’apertura nella roccia, ben nascosta dei cespugli e molto stretta. -E’ li che si trovava il Libro? Ne sei sicuro?- chiese Giselle. -Sicurissimo.- Saphira atterrò davanti all’entrata della caverna, distruggendo un paio di alberelli, e Eragon si affrettò a smontare. -Vado da solo, non seguitemi.- si raccomandò Eragon. -E perdere un’occasione di divertirci un po’? Scordatelo!- gli urlò in faccia Morgan, scuotendo la testa. -Non se ne parla, noi veniamo con te!- intervenne Viktoria, con uno sguardo eloquente. Il ragazzo sospirò. -D’accordo, potete venire. Ma restate sempre dietro di me e non fate sciocchezze, è chiaro?- -Cristallino.- risposero le altre in coro. -Saphira, tu sta’ di guardia davanti all’entrata, e accertati che non arrivi nessuno. Se ci saranno problemi, te lo comunicherò con la mente.- -Sì, ma sta’ attento, intesi? Hai la brutta abitudine di cacciarti sempre nei guai quando non ci sono io a guardarti le spalle.- disse Saphira, e una nuvoletta di fumo bianco le uscì dalle narici. Sotto i suoi lineamenti da drago, sembrava sorridere. Con la magia, Eragon evocò un fuoco fatuo che gli fluttuava in una mano, poi i quattro si fecero coraggio ed entrarono. -Certo che è tetro qui!- esclamò Giselle, facendo guizzare lo sguardo sulle pareti di pietra grezza e appuntita. Percorsero cauti il lungo corridoio che si faceva sempre più stretto per quelle che sembrarono interminabili, lunghe ore. Alla fine, giunsero un antro angusto. Al centro della piccola sala, c’era la cosa più bizzarra che avessero mai visto. *Ancora un grazie infinito a DarkViolet92, anche se la prossima volta dovrà usare meno punti esclamativi altrimenti le recensioni si cancellano automaticamente!!! Grazie mille!!! ladystorm94*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=297411