Alaska: il posto in cui trovai l'amore

di MissKiddo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Viaggio ***
Capitolo 2: *** La famiglia Sullivan ***
Capitolo 3: *** Nuove esperienze ***
Capitolo 4: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 5: *** Ritorno alla civiltà ***
Capitolo 6: *** Nostalgia ***
Capitolo 7: *** Sto tornando ***



Capitolo 1
*** Viaggio ***


Capitolo 1

Viaggio

 

Vincent Sullivan stava osservando l'orizzonte dal punto più alto della montagna. L'alba era il momento della giornata che preferiva, lo faceva sentire in pace con se stesso. Il cielo era di colore viola sfumato e presto il sole sarebbe sorto inondando di luce gli abeti ricoperti di neve.
Vivere in Alaska aveva molti pregi ma anche molti difetti. In inverno vi erano solo sei ore di luce e lui voleva godersele sin dal primo momento.
Vincent inspirò profondamente sentendo il profumo della foglie e della neve. Chiuse gli occhi e rimase per alcuni minuti fermo assaporando il momento. 
Quando finalmente il sole spuntò del tutto, gli alberi iniziarono ad abbagliarlo per via della neve e del ghiaccio. Sorrise, era soddisfatto. Sarebbe stata sicuramente una giornata splendida.

Discese il piccolo sentiero della montagna e raggiunse la fattoria in pochi minuti. La costruzione si trovava al centro di una grande radura. I pini che si trovavano dietro alla casa servivano da protezione contro le bufere invernali.
Si fermò a pochi metri di distanza e fissò il posto che amava di più al mondo: casa sua. Era grande e solida, non facevano più costruzioni del genere. La veranda era completamente bianca e ciò faceva da contrasto con le pareti rosse.
Suo padre, Tom, aveva ereditato la fattoria dopo la morte del nonno quando era ancora giovane ed era sposato da poco.
Inizialmente Tom pensò di rivendere quella casa in mezzo al nulla ma dopo pochi mesi, passando molto tempo in quel posto silenzioso e pieno di odori e profumi deliziosi, capì che era il posto che voleva per crescere i suoi futuri figli. Suo moglie Betty ne fu entusiasta ed accettò di buon grado la sua idea. In fondo non avevano mai vissuto davvero in città e non fu un sacrificio troppo grande.
«Ehi, vuoi startene lì per tutto il giorno?» quella voce portò alla realtà Vincent che ancora era immobile a fissare la casa.
Voltandosi vide suo fratello, Noah, con della legna tra le braccia. Nonostante il freddo Noah aveva una maglia a maniche corte che lasciava vedere i muscoli ben definiti delle braccia. I lunghi capelli ramati erano raccolti in una coda bassa e i suoi occhi verdi brillavano, come sempre, di sincera allegria.
«Volevo solo controllare il tetto. Tutto bene?» rispose Vincent avvicinandosi al fratello. «Beh, io ti dico che oggi non andrà bene niente! Cristo dopo due anni torna Adam e io prevedo un bel casino» disse Noah prendendo ancora della legna passandola a suo fratello.
Adam era il fratello maggiore di Vincent e Noah. Tom diceva sempre che era la pecora nera della famiglia e che non avrebbe mai più messo piede alla fattoria. Vincent prese la legna e si incamminarono verso casa.
Vincent scosse la testa. «Papà andrà su tutte le furie, ma dobbiamo cercare di non litigare» Noah parve offeso.
«Vince, io ti rispetto e rispetto anche Adam, in fondo voi due siete più grandi di me ma non posso perdonarlo per quello che ha fatto!»
Vincent ripensò a quando Adam parlò a tutta la famiglia dicendo che sarebbe andato via dalla fattoria, che non aveva nessuna intenzione di vivere in mezzo al nulla e che sarebbe diventato un avvocato. Lo sgomento di suo padre si trasformò immediatamente in rabbia e dopo un lungo litigio quella fu l'ultima volta che videro il primogenito della famiglia Sullivan.
Dopo quella notte Tom non fu più lo stesso, aveva perso il figlio prediletto, il figlio in cui aveva riposto tutta la sua saggezza e tutta la sua speranza.
Vincent si voltò verso Noah. «Non dire cazzate! Tu lo perdonerai, lo faremo tutti. Papà si è salvato appena in tempo l'ultima volta che ha avuto quel malore e non voglio che stia male ancora. Litigare lo renderebbe nervoso e non va bene per il suo cuore, quindi tu vedi di comportarti bene» Noah abbassò gli occhi, non voleva discutere con suo fratello. «Hai ragione, Vince» disse entrando nel tepore della casa.

Nella cucina la tavola era apparecchiata per la colazione. Un profumo invitante di toast e burro attirò l'attenzione dei due ragazzi. «La colazione è pronta!» urlò Betty. Vincent corse in cucina e si sedette al suo solito posto afferrando immediatamente un toast.
Betty aveva cinquantanni ma poteva dimostrarne sicuramente dieci in meno. I capelli ramati di Noah erano molto simili a quelli di sua madre anche se più scuri. Era rivolta ai fornelli per preparare dell'altro bacon. «Avete preso abbastanza legna?» chiese infine voltandosi verso di loro.
«Sicuro! La stufa potrà rimanere accesa per almeno due giorni!» esclamò Noah prendendo un po' di uova strazzate. «Bene, molto bene. Vostro padre sta molto meglio questa mattina, credo che farà colazione con noi» Vincent alzò gli occhi sulla madre. «Sul serio? È fantastico, vado ad aiutarlo»
Vincent salì di fretta le scale che portavano al piano superiore ed entrò nella camera dei suoi genitori come una furia. Trovò suo padre ancora nel letto e sua sorella Cristel che cercava di farlo alzare.
Cristel era la piccolina di casa, l'unica figlia femmina dei Sullivan. Ovviamente avendo tre fratelli maschi maggiori era sempre stata protetta e felice, anche se, nel suo cuore avrebbe sempre desiderato una sorella con cui parlare di cose che i maschi non capivano.
«Cristel, ci penso io» disse Vincent avvicinandosi al padre. Tom era imbronciato con le braccia incrociate sul petto. «Non vuole prendere le medicine!» esclamò Cristel esasperata alzando gli occhi al cielo.
«Non prendo quei cosi pieni di chissà cosa, e tu sei mia figlia quindi non puoi darmi ordini» Cristel rimase lì per alcuni secondo, poi sbuffando uscì dalla stanza lasciando i due uomini da soli.
Vincent fissò suo padre ed alzò un sopracciglio. «Non tormentare Cristel» disse sorridendo. Tom rise. «Lo sa anche lei che scherzo. Ma comunque io non prenderò quella roba»
«Ma devi! È per il tuo bene e per il bene della famiglia» Tom si alzò molto lentamente dal letto e si avvicinò a suo figlio posando le sue mani sulle sue spalle. «Le prenderò ad una sola condizione»
«E quale sarebbe?» chiese Vincent incuriosito. «Non voglio parlare con Adam» Vincent roteò gli occhi con fare esasperato.
Non poteva farlo. Adam aveva saputo tutto sull'operazione di Tom e adesso voleva cercare di mettere le cose apposto e a Vincent andava più che bene.
«Prenderai le medicine, anche perchè, se non lo fai la mamma te le farà ingoiare con la forza, e tu sai che ne sarebbe capace. Dopo di che aspetteremo l'arrivo di Adam e tu parlerai con lui, ti sforzerai di rimanere calmo e forse tutto tornerà come prima» la voce di Vincent era calma.
Tom lo guardò di sottecchi e sbuffò nuovamente. «Passami quelle dannate medicine!» 
«Grazie papà» rispose Vincent porgendo al padre un bicchiere d'acqua e due pillole.



L'autobus su cui viaggiavano era scomodo e rumoroso, ma era l'unico che portava al piccolo paesino in cui avrebbero passato le tre settimane di vacanze.
Jessica teneva il viso appoggiato al finestrino, era freddo ma in quella posizione poteva vedere l'enorme distesa di pini alti e ricoperti di neve fresca.
Il suo fiato creò un alone sul vetro, vedendolo Jessica lo toccò con il dito ed iniziò a disegnare un cuore. Quando ebbe finito si voltò verso la persona al suo fianco. Fran era la sua migliore amica da almeno dieci anni. Sorrise vedendola dormire con la bocca aperta.
«Smettila di prendermi in giro» disse Fran con la bocca impastata per il sonno. Jessica rise ancora più forte. «Eri così bella! Avrei dovuto farti una foto» Fran si sistemò sul sedile e le fece una linguaccia. «Avrei potuto ucciderti!» risero entrambe. «Penso che ci siamo quasi» disse Jessica guardando di nuovo fuori. Fran si sporse verso il finestrino e fece una smorfia. «I tuoi ti hanno offerto un viaggio e tu hai deciso di venire in questo posto? Sei matta! E io sono ancora più matta di te per aver accettato di seguirti»
«Non dire sciocchezze. Non senti l'aria pulita, il profumo della natura selvaggia?»
«Io sento solo che il mio culo sta diventando piatto. Siamo in viaggio da ore» ribatté Fran massaggiandosi il fondo schiena. Jessica la fissò e sorrise.
«Ci divertiremo» disse infine.

Quando scesero all'ultima fermata Jessica si guardò intorno. Vi erano solo alcune case, un bar e una grande costruzione che doveva essere il loro albergo. Quel piccolo paesino contava appena duecento anime e a lei piaceva da matti.
Sentiva il profumo dell'aria non inquinata e respirò a pieni polmoni. Fran non era dello stesso parere a giudicare dall'espressione delusa che aveva sul viso. «Mi aspettavo il peggio, ma questo è peggio del peggio» esclamò.
«Sai forse sarei dovuto venire da sola» disse Jessica sentendosi un po' in colpa, in fondo l'aveva quasi obbligata. Fran cercò di tirarsi su e sorrise. «Tu? Da sola? Senza di me? Non scherzare. Cosa faresti senza la tua migliore amica? Avanti, andiamo in albergo, sono curiosa di sapere se hanno almeno l'acqua calda» Fran si diresse verso l'ingresso portandosi dietro le sue due enormi valige. Jessica la seguì portando il suo braccio sulla vita di lei. «Non ci contare!» disse sorridendo.

L'interno dell'albergo si rivelò caldo e ospitale. Vi era un enorme camino acceso che scoppiettava piacevolmente. Al centro della sala vi era una grande pelle d'orso e attaccati alle pareti vi erano le teste di vari animali impagliati.
Jessica si diresse verso il bancone della reception dove una donna, bassa e dagli occhi gentili, le stava osservando. «Salve! Noi siamo Jessica Ludlow e Fran Vean, abbiamo una prenotazione» la signora sorrise e fece un cenno con il capo. Jessica notò il cartellino che portava sul petto, lesse che si chiamava Dina. «Certo, vi stavo aspettando. È bello avere dei giovani in paese. Io sono la signora Rey» Fran si avvicinò al bancone e si sporse verso Dina con fare cospiratorio. «Avete l'acqua calda?» chiese in un bisbiglio.
Jessica si accorse dello sguardo offeso della signora e prese il braccio di Fran per farla indietreggiare. «Non faccia caso, sa il viaggio... è molto stanca»
Dina le accompagnò nella loro camera, per fortuna che la battuta di Fran non l'aveva offesa. Disse che avevano acqua calda e il riscaldamento.
Quando se ne fu andata le due ragazze scoppiarono a ridere. «Sei terribile» disse Jessica buttandosi sul letto. Scoprì che era comodo e che vi avrebbe dormito bene.
Mentre fantasticava sulla meravigliosa vacanza che l'attendeva il suono del cellulare la fece sobbalzare. Lo prese tra le mani e lesse il messaggio.
Fran si sporse dalla porta del bagno e la osservò. «È lui, vero?» Jessica annuì con la testa. Vedere un messaggio di Jason la rese nervosa. «Voleva sapere del viaggio e se fosse andato tutto bene»
«Non rispondere. Forse non ha ben capito che non state più insieme» Jessica scosse la testa, non voleva farsi rovinare tutto dal suo ex ragazzo.
È vero, era stata una storia importante ma anche dolorosa e adesso era finita per sempre. «Gli scriverò che stiamo bene e che da queste parti il cellulare non ha linea» Fran sorrise. «Sei un genio. Messaggio distaccato e conciso»
«Cosa vuoi farci, sono troppo intelligente»
«Ehi, non esagerare, sono io l'unica intelligente tra noi due» Jessica le lancio un cuscino, ma Fran lo evitò entrando nel bagno.

Nelle due ore successive si fecero una doccia a turno e poi si vestirono in modo comodo ma molto pesante, il freddo si faceva sentire sempre di più.
Quando scesero al piano di sotto scoprirono di essere le uniche due clienti dell'albergo, ma forse era meglio così, con tutte gli schiamazzi che aveva fatto per fare la doccia avrebbero sicuramente disturbato.
Per quel giorno decisero che avrebbero fatto un'escursione. Il marito della signora Dina le avrebbe accompagnate per un sentiero vicino alla montagna. Avrebbero visto animali, piante e fiori stupendi, o almeno così prometteva il volantino che le aveva offerto.
«Sai che divertimento» disse Fran una volta uscite all'aperto. «Magari incontreremo un orso e ti mangerà» disse Jessica dando una pacca sulla spalla dell'amica. «O magari una piscina naturale, sai di quelle calde. Sarebbe bellissimo!»
«Certo, e magari anche una SPA con massaggi» Fran si voltò verso l'amica con un'espressione di colma speranza. «Dici che...» si fermò vedendo il sorriso sulle labbra dell'altra e capì che stava scherzando. «Ti odio» disse portandosi le braccia al petto.
Gilbert -così si chiamava il marito di Dina- si presentò poco dopo davanti all'albergo. I suoi capelli erano bianchi come quelli di babbo natale e i suoi occhi erano allegri e vivaci. «Siete pronte per l'escursione?» chiese lui portandosi sulla spalla un fucile. Le due ragazze osservarono l'arma impaurite. Gilbert capì e volle rassicurarle. «Tranquille, questo è per gli orsi!»
«Oh beh, è solo per gli orsi, che vuoi che sia!» esclamò Fran esasperata. Jessica sorrise. «Crede sia pericoloso?» chiese Jessica avvicinandosi all'uomo. «Di solito va sempre tutto bene, ma così mi sento più sicuro. State tranquille andrà tutto bene, vi divertirete».

Dopo pochi minuti erano già su un sentiero che portava verso la montagna. L'aria era molto fredda ma sapeva di buono, di pulito.
Jessica osservò attentamente ogni piccolo particolare: i fiori, gli aghi dei pini e i cristalli di ghiaccio. Era tutto così meravigliosamente nuovo e libero. Dopo poco estrasse dalla sua borsa una macchina fotografica e iniziò a scattare foto come una forsennata.
Fran camminava lentamente e si guardava intorno come se tutto fosse sporco e disgustoso. «Credo che un orso abbia fatto i suoi bisogni» disse ridendo. Gilbert fece finta di non aver sentito ma Jessica le si avvicinò e lei diede un pizzicotto sul sedere. «Smettila» bisbigliò.
«Puff, era una battuta!»
Gilbert camminava velocemente ed era difficile stargli dietro, era anziano ma molto svelto. Mentre le due ragazze erano già stremate lui non aveva neanche il fiatone.
Finalmente dopo un'ora di passeggiata arrivarono in un punto dove si vedeva il piccolo paesino ma anche un panorama fantastico. «Ecco ragazze, credo che questo sia il posto più bello della montagna» disse Gilbert osservando il cielo senza nuvole.
Si sedettero su delle rocce per osservare meglio e Fran tirò fuori un succo di frutta, lo bevve in silenzio. Jessica era tra le nuvole, non sola quella vista le mozzava il fiato ma le fece tornare in mente Jason. Improvvisamente rabbrividì. Cosa doveva fare con lui? Cercò subito di scacciare quel pensiero, aveva deciso di voltare pagina e quello non era il modo giusto. «Tutto bene?» chiese Fran. «Tutto perfetto! Mi sento come in paradiso» Jessica cercò di sorridere ma non ci riuscì del tutto. «Ma pensi ancora a Jason» rispose Fran accarezzandole i capelli. Jessica sospirò. «È così. Sono una stupida?»
«Non dire cazzate! È lui lo stupido. Non avrebbe mai dovuto alzare le mani su di te» nella mente di Jessica tornò l'immagine di Jason che le dava uno schiaffo, ricordava perfettamente il dolore caldo che le invase la guancia. «Quella è stata la notte più terrificante della mia vita. Avresti dovuto vedere la sua faccia! Non sembrava neanche lui»
«Immagino. Ma perchè continui a parlarci? Ti fa solo male»
«Perché mi ha chiesto molte volte scusa e credo fosse sincero. Siamo stati insieme per tre anni» Fran si avvicinò ancora di più all'amica. «Promettimi soltanto che non tornerai mai più con lui. Anche se ti pregasse in ginocchio» stavolta era davvero seria. «Promesso! Non ho nessuna intenzione di tornare con lui, mai più» le due amica si abbracciarono.
Gilbert era rimasto in disparte, stava ancora guardando l'orizzonte. «Sapete, qui vicino ci sono delle terme a cielo aperto» Fran si voltò di scatto. «Devo assolutamente vederle!» disse avvicinandosi all'uomo. «Sono a cinque minuti di cammino, andiamo» rispose Gilbert prendendo una stradina poco distante. Jessica li raggiunse e disse che non sarebbe andata, preferiva rimanere lì e scattare altre foto. «Ancora? Io voglio le terme» disse Fran piagnucolando. «Andate voi due, io rimarrò qui. Ci vediamo tra mezz'ora, che ne dite?» Gilbert non era sicuro di volerla lasciare da sola ma pensò che non avrebbe corso pericoli. Dopo pochi secondi di riflessione disse che poteva andare bene. «Direi che possiamo stare via dieci minuti e ci ritroviamo in questo punto preciso. Ma fai attenzione non ti allontanare da sola»
«Puoi contarci!» rispose Jessica sorridendo.

Adesso che era da sola Jessica apprezzò ancora di più quel luogo, non si sentivano il rumore delle auto o le voci delle persone.
Fotografò ogni cosa, impegnandosi al massimo per immortalare quella bellezza. Dopo poco sentì un rumore, sembravano dei passi. Si irrigidì ricordando che Gilbert aveva detto che in giro potevano esserci degli orsi. Si voltò lentamente e trasse un sospiro di sollievo quando vide un piccolo scoiattolo impegnato a magiare una ghianda.
Presa dall'emozione decise che lo avrebbe fotografato, non aveva mai visto uno scoiattolo così bello. Si avvicinò ma appena lo scoiattolo la vide scappo nel fitto degli alberi. «Vieni piccolo» disse sottovoce Jessica seguendolo.
Lasciò la piccola radura e si introdusse nel bosco, pensò che avrebbe ritrovato la strada facilmente, era una ragazza di città ma non era così stupida da perdersi.
Finalmente dopo pochi secondi ritrovò lo scoiattolo, adesso la stava osservando incuriosito. Jessica riprese la macchina fotografica e riuscì a scattare. «Non male, sei fotogenico» lo scoiattolo continuò a fissarla.
Improvvisamente Jessica si rese conto che la luce si stava affievolendo, era quasi l'ora del tramonto. Si voltò per riprendere la strada che aveva fatto ma ad un tratto tutto sembrava uguale, non riusciva a capire da dove fosse sbucata. «Non farti prendere dal panico» disse sottovoce.
Si incamminò nella direzione che pensava fosse giusta ma dopo cinque minuti ancora vagava per il bosco senza sapere dove fosse. Fermandosi vicino ad un albero il panico iniziò a prendere il sopravvento. Non aveva camminato così tanto per raggiungere lo scoiattolo. Il suo istinto di sopravvivenza iniziò a mandarle un messaggio molto chiaro. “Mi sono persa, mi sono persa, mi sono persa”. Iniziò ad urlare il nome di Fran senza sentire alcuna risposta.

 

Il salotto della fattoria era affollato. Intorno al tavolo vi era tutta la famiglia Sullivan, compreso Adam.
Il camino era acceso rendendo la stanza calda e accogliente nonostante fuori il vento si fosse levato impietoso facendo fischiare gli alberi. Molto probabilmente quella sera avrebbero assistito ad una tempesta di neve.
Vincent guardò fuori e poi di nuovo suo padre. Erano rimasti in silenzio durante tutta la cena, ogni tanto Tom borbottava qualcosa ma poi si zittiva subito vedendo le occhiatacce che le spediva Betty. «Posso parlare?» disse Adam esasperato da quel silenzio. «Certo che puoi parlare, tesoro» rispose Betty. Tom provò a dire qualcosa ma ci rinunciò. «Papà... ascoltami. So che sono stato una delusione e che mi sono comportato male con te e con tutta la famiglia ma cerca di capire le mie ragioni»
«No, non posso. Non posso capire il motivo per il quale hai preferito la città al mondo che io e tua madre abbiamo costruito con tanta difficoltà per voi!» Tom stava quasi urlando. «Calmati, papà» disse Cristel posando la forchetta sul tavolo, non aveva più fame.
Adam si alzò di scatto. «Appunto! Tu e mamma avete scelto per noi! Non accettate nessuno che non la pensi come voi» Vincent si alzò a sua volta e si avvicinò ad Adam. «Calmi, non è il caso di alzare la voce» Tom scosse la testa e cercò di calmarsi, sentiva il cuore che gli batteva all'impazzata. «Sedetevi tutti e due» quando entrambi si furono seduti, rivolse di nuovo lo sguardo verso Adam. «Io e vostra madre abbiamo dovuto fare molti sacrifici per offrirvi una vita serena e libera. Senza essere condizionati dal mondo esterno, senza farvi forviare da tutte le cose brutte che esistono in questo mondo» Betty lo guardò con aria serena. «Ma non avete mai pensato che noi abbiamo un cervello e che abbiamo le nostre idee? Io vi rispetto e rispetto le vostre scelte ma voi non lo state facendo con me. Nel mondo ci sono cose anche belle»
«Pensi di essere migliore di noi solo perchè porti quella giacca e cravatta» disse Tom con disprezzo. «Non l'ho mai pensato! Voi per per siete tutto e lo è anche la fattoria ma non possiamo vivere con i paraocchi» Vincent si sentiva terribilmente teso, sentiva che non avrebbe potuto fare niente per calmare gli animi. «Avresti potuto parlare con noi invece di andare via così all'improvviso» intervenne Noah tenendo gli occhi fissi sul suo bicchiere. «Non sarebbe cambiato niente, e non cambierà mai niente da come vi state comportando» rispose Adam roteando gli occhi.

La cena si concluse ed anche la discussione ma la questione era tutt'altro che risolta. Adam disse che sarebbe tornato in albergo ma a causa della forte tempesta di neve fu costretto a rimanere alla fattoria. Vincent rimase da solo in salotto sentendo il fischiare del vento. Dopo poco sentì Adam scendere le scale. «Sempre l'insonnia?» chiese al fratello. Lui sorrise, un sorriso beffardo. «Come vedi qui non cambia mai niente» Adam lo raggiunse al divano. «Anche tu ce l'hai con me?»
«Assolutamente no, non posso scegliere tra mio padre e mio fratello. Vorrei che tutto tornasse apposto»
«Papà sta meglio» disse Adam cambiando discorso. «Si, per fortuna. Vedi di non farlo infuriare di nuo...» Vincent fu interrotto da un rumore proveniente dall'esterno. Rimasero entrambi in silenzio per alcuni secondi. «Sembrava un urlo» disse Vincent sottovoce. «Potrebbe essere stato il vento» ribatté Adam rimanendo comunque in ascolto. «Non so... vado a vedere» si alzò e si diresse verso la porta.
Quando si ritrovò fuori il vento lo aggredì facendolo rabbrividire. Ascoltò nuovamente i rumori che lo circondavano e in quel momento lo sentì. Adesso era molto chiaro, era un urlo che proveniva dal bosco. Senza indugio iniziò a correre tra gli alberi.

 

 

Spazio autrice:
Ciao a tutti! :) questa è la mia nuova storia. Ho quest'idea che mi gira per la testa da qualche settimana e finalmente mi sono decisa a scriverla. Diciamo che è una prova, se piacerà a voi e convincerà me continuerò scriverla.
Fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione, non siate timidi! Che dire? Spero vi piaccia! :)

PS: spero di riuscire a pubblicare almeno un capitolo a settimana!

A presto;
MissKiddo

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Capitolo 2
*** La famiglia Sullivan ***


Capitolo 2

La famiglia Sullivan

 

La tempesta di neve continuava ad imperversare. Gilbert disse che era da almeno cinque anni che non si vedeva una bufera del genere.
Quando lui e Fran tornarono dalle terme Jessica non c'era più. La cercarono per almeno un'ora senza ottenere risultato. Quando il buio stava per diventare totale Gilbert dovette quasi trascinare via Fran.
Una volta tornarti all'albergo Gilbert chiamò lo sceriffo cercando di tranquillizzare la ragazza. L'uomo non si fece attendere e adesso stava ascoltando Fran che piangeva mentre gli spiegava la scomparsa della sua migliore amica. «Perché non la state cercando?» disse in preda all'agitazione. «Con questa tempesta sarebbe impossibile. Domani mattina inizieremo le ricerche» rispose lo sceriffo impotente. «Domani mattina la troverete morta! Non vedete che razza di tempo c'è la fuori?» iniziò ad urlare. «Calmati. Magari si è trovata un posto sicuro»
Dina e Gilbert si guardarono negli occhi e poi fissarono lo sceriffo. Un posto sicuro? Con quel tempo la ragazza sarebbe sicuramente morta assiderata.

 

Jessica camminò per almeno due ore ma, ai suoi occhi, tutto era uguale. Ogni albero la confondeva ancora di più. Aveva capito sin da subito che si era persa ma adesso che era buio e che il vento le tagliava le guance capì che se non avesse fatto qualcosa sarebbe sicuramente morta. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Non era di certo un'esperta di sopravvivenza.
Cercò di ascoltare i rumori che la circondavano, sicuramente Fran e Gilbert la stavano cercando insieme ad una squadra qualificata per quel tipo di cose, o almeno così sperava. Ma non udì nient'altro che il vento, solo ed esclusivamente il rumore del vento. Non le restava che continuare a camminare, sicuramente avrebbe trovato una casa oppure qualche cacciatore. «Certo, cacciatori in mezzo ad una bufera di neve» disse Jessica rabbrividendo ancora di più.
Dopo un'altra mezz'ora di cammino iniziò a piangere. Le punte delle dita le stavano diventando insensibili e non si sentiva più il viso, era come un enorme pezzo di ghiaccio. Scorse una roccia abbastanza grande da ripararla dal vento e vi si accasciò. Pensò che sarebbe sicuramente morta, l'avrebbero trovata il mattino seguente totalmente congelata. Mentre pensava a tutto quello che le poteva accadere sentì un ramo spezzarsi. Si alzò velocemente in piedi e andò incontro a quel rumore, sicuramente qualcuno stava venendo a salvarla. «Ehi, sono qui! Sono qui!» urlò con quanto fiato aveva in gola.
Arrestò di colpo la sua corsa, dal fondo del bosco uscì un enorme orso. La osservò con i suoi occhi tondi e totalmente neri. Jessica era impietrita dal terrore, non sarebbe morta dal freddo, a lei sarebbe toccato l'orso. Quel pensiero la fece urlare, urlò fino a farsi male alla gola.

 

Vincent sentì di nuovo quelle urla, adesso era sicuro che fosse una voce femminile. Corse il più forte possibile cercando di seguire quell'urlo straziante. Dopo pochi metri sentì un altro rumore che gli fece venire i brividi, nelle vicinanze vi era anche un orso.
Quando finalmente raggiunse il punto da cui provenivano le urla osservò l'enorme orso che si era alzato sulle zampe. Ma non fu quello a meravigliarlo, c'era una ragazza in mezzo al nulla. Non era molto alta ma ben proporzionata. Aveva dei lineamenti delicati ma adesso erano contratti dal terrore. I capelli lunghi e castani erano ricoperti di neve. La ragazza urlò di nuovo e il suono riportò alla realtà Vincent.

 

«Qualcuno mi aiuti» supplicò Jessica. Stava indietreggiando molto lentamente, l'orso la stava ancora fissando. Quando ormai stava per perdere le speranze vide un'ombra muoversi verso di lei. Era una persona? Non riusciva a capirlo, la vista le si stava annebbiando. Sentì che stava per svenire ma si oppose con tutte le sue forze, cercò di concentrarsi su quell'ombra che si stava avvicinando. «Aiutami...» fu l'ultima cosa che riuscì a dire Jessica, subito dopo svenne.
Vincent la prese tra le braccia, vide che le labbra della ragazza erano viola e che era davvero bellissima. L'orso stava continuava a fissarli. Vincent si alzò adagiando lentamente la ragazza e si avvicinò all'orso. «Va via!» urlò. L'animale ruggì e poi si avventò su di lui.
Vincent cadde a terre e batté la testa su una roccia dopo di che l'orso lo graffiò sul braccio lacerando la giacca. «VIAAAA!» urlò di nuovo lui colpendo l'orso sul muso con una pietra.
L'orso non sentì minimamente il dolore, scrollò la grande testa e ripartì all'attaccò, ma proprio quando stava per raggiungere Vincent, uno sparo lacerò l'aria.
Vincent si voltò per vedere l'origine del rumore e vide Adam con un fucile in mano, ovviamente aveva sparato in aria. Il grande grizzly scappò nel bosco spaventato.
Adam raggiunse il fratello. «Avevi deciso di farti ammazzare?» aveva il fiatone sia per lo spavento che per la corsa che aveva fatto. «È solo una graffio» minimizzò Vincent. «Avanti, portiamo a casa quella ragazza, spero per lei che non sia troppo tardi. Cosa le è saltato in mente?»
«Credo sia una turista, forse si è persa» rispose Vincent prendendola in braccio.

 

Quando tornarono alla fattoria Vincent sdraiò Jessica sul suo letto. La famiglia si era radunata intorno al letto per verificare le condizioni di salute della ragazza. Adesso le labbra erano tornate quasi ad un colore normale, una buona dormita al caldo l'avrebbe rimessa apposto. «Si riprenderà» disse Betty coprendo Jessica con un'altra coperta. «Siamo arrivati appena in tempo, quell'orso l'avrebbe uccisa» dopo aver parlato Vincent fece una smorfia, fino a quel momento si era dimenticato dei graffi profondi che aveva sul braccio. «Ma sei ferito!» esclamò Cristel. «Andrà disinfettato e medicato»
«Vieni con me, ci penso io»
In bagno Cristel prese dell'acqua ossigenata e bagnò la ferita, Vincent imprecò per il dolore. Dopo aver ripulito tutto, coprì il taglio con una benda. «Meglio?» chiese infine. «Molto meglio. Grazie Cristel» la sorella lo guardò con un sopracciglio inarcando. «Ti sei fatto quasi ammazzare da un orso per quella ragazza, è così romantico!» Vincent sorrise. «Non c'è niente di romantico nel farti ammazzare. Forza, adesso va a riposarti»
Dopo un'ora di trambusto finalmente tutti tornarono nei loro letti. Fuori la tempesta continuava a far ululare gli alberi.
Vincent era seduto in camera sua, non poteva usare il letto perchè la nuova ragazza vi stava dormendo. La osservò per molte ore. Osservò la linea del naso quasi perfetto, le labbra carnose e la pelle candida quasi quanto la neve.
Non aveva molta esperienza con le donne, a dire la verità nella sua vita aveva avuto una sola storia, sempre se si poteva definire così. Scosse la testa e decise che era arrivato il momento di dormire, sperò che la sua insonnia lo lasciasse in pace per qualche ora. Appena si sistemò sulla poltrona si addormentò quasi subito.

 

Jessica stava volando, sentiva freddo e aveva paura. C'era qualcosa dietro di lei che la stava inseguendo. Cos'era? Non ricordava più niente. Si voltò per un secondo e vide il grande orso che la stava per raggiungere. Proprio mentre l'animale le stava per balzare addosso aprì gli occhi. Si guardò intorno, era confusa.
Si trovava in una camera da letto ma non era quella dell'albergo. Sbatté gli occhi più volte come se potesse far cambiare le cose. Dopo poco cercò di sedersi e lo vide. Nonostante fosse seduto notò che era molto alto, almeno un metro e novanta. Lo sguardo di Jessica si posò sulle braccia muscolose e possenti. I capelli lunghi e castani gli pendevano sul viso e gli occhi color del ghiaccio la stavano fissando. «Buongiorno» disse l'uomo seduto sulla poltrona. La sua voce era calda e profonda. Jessica sobbalzò e iniziò ad urlare.
Vincent scattò in avanti e le mise una mano sulla bocca. «Shhh, così sveglierai tutti!» parlò sottovoce. «Tutti?» chiese Jessica dopo che lui tolse la mano lentamente. «Si, la mia famiglia»
«Ti prego, non mi stuprare!» rispose lei piagnucolando. Vincent si allontanò subito da lei e sorrise. «Non ho nessuna intenzione di farti del male. Ti ho salvato dall'orso, ricordi?» Jessica rimase in silenzio. Ricordò tutto all'improvviso; il bosco, il freddo e l'orso enorme. Ricordò anche l'ombra che aveva visto poco prima di svenire. «Santo cielo! Adesso ricordo. Ma come hai fatto? Quell'orso avrebbe potuto ucciderci entrambi»
«L'avrebbe fatto se mio fratello non avesse portato un fucile» rispose con calma Vincent. Il suo sguardo si posò sul seno di lei, si vedeva nella trasparenza dalla canotta che aveva addosso. Jessica capì e si coprì con il lenzuolo. «E i miei vestiti?» chiese allarmata. Vincent arrossì vistosamente. «Li abbiamo messi ad asciugare, erano praticamente congelati»
«Oh, ma dove siamo adesso? E tu chi sei?»
«Nella mia casa, vivo qui con la mia famiglia. Io mi chiamo Vincent e tu?»
«Jessica, mi chiamo Jessica. Io non vivo da queste parti...» mentre Vincent ascoltava sentì dei passi nel corridoio, poco dopo Betty entrò nella camera. «Vedo che ti sei svegliata!» esclamò la donna andando verso il letto. «Direi di si. Vincent mi stava spiegando che mi avete salvato la vita» disse Jessica vedendo che la donna aveva uno sguardo buono che contribuì a renderla più tranquilla. Betty sorrise. «Stavi per morire congelata. Cosa stavi facendo nel bosco con quella bufera?»
«Beh, forse riderete di me ma mi sono persa inseguendo uno scoiattolo» Jessica abbassò gli occhi. Quando sentì la risata che giungeva dalla porta arrossì. «Uno scoiattolo?» disse Noah che si trovava fuori dalla porta. «Va via scemo» rispose Vincent chiudendo la porta in faccia al fratello. «Scusa!» urlò Noah dalle scale.
Betty scosse la testa e si rivolse di nuovo verso la ragazza. «I miei figli sono dei bravi ragazzi ma a volte sono maleducati. Continua, cara, dicevi che ti sei persa?»
«Si. Ho inseguito uno scoiattolo per fare delle foto ma quando mi sono voltata per tornare indietro mi sono resa conto di aver perso l'orientamento. Ho camminato per ore senza trovare nessuno. La mia migliore amica deve essere molto preoccupata, devo tornare subito indietro!» Betty le prese le mani. «Devi essere morta di paura! Povera piccola. Ma per adesso non puoi tornare in paese, tutte le strade sono impraticabili a causa delle neve» Jessica strabuzzò gli occhi. «Cosa? Ma Fran mi sta aspettando. Siamo nell'albergo dei signori Rey, li conoscete? Possiamo chiamare» Vincent si avvicinò al letto. «Non abbiamo il telefono. E si conosciamo i coniugi Rey, la tua amica starà bene. Sicuramente avranno chiamato lo sceriffo e ti staranno cercando. Ma è impossibile raggiungere il paese adesso, sia in macchina che a piedi»
«Bella vacanza!» bofonchiò Jessica. Poi chiese quando sarebbe potuta tornare. «Due giorni, al massimo tre» rispose Vincent. «E dove andrò?»
«Starai con noi, cara! Che domande» rispose prontamente Betty.

 

Quando Jessica rimase da sola nella stanza iniziò a vestirsi. I suoi abiti erano ormai asciutti ed erano molto caldi. Guardandosi allo specchio notò delle occhiaie molto profonde. Le venne da pensare a Vincent che l'aveva vista in quelle condizioni ma poi la sua mente pensò a Fran e a quanto fosse preoccupata per lei.
Non avrebbe dovuto trascinarla in quel posto sperduto, anzi, neanche lei sarebbe dovuta andare fin lassù. La prima vacanza che faceva da sola in vent'anni e si ritrovava quasi morta, sperduta in mezzo al nulla in una fattoria con degli sconosciuti. Per fortuna che quelle persone sembravano gentili, senza nessuna cattiva intenzione, però chi è che nel 2015 non ha un telefono in casa? Scosse la testa e aprì la porta lentamente. Dal piano inferiore giungevano delle voci, la stavano aspettando per la colazione anche se il suo stomaco sembrava essersi scordato del cibo. Scese le scale lentamente ed osservò la casa. Era grande e fatta quasi esclusivamente di legno, le piaceva molto.
Si fece guidare dalle voci e raggiunse la cucina. Quando entrò tutti i presenti smisero di parlare e la fissarono, si sentì tremendamente in imbarazzo. «Salve» disse lei alzando timidamente una mano in segno di saluto. Vincent le si avvicinò e lei gliene fu grata. «Facciamo le presentazioni, che ne dici? Noah lo hai già conosciuto, lo scemo di famiglia» Noah la salutò e le sorrise. Poi Vincent continuò. «Mia madre, Betty l'hai già conosciuta. L'uomo accanto a lei è mio padre, Tom. Quello in giacca e cravatta è mio fratello Adam e la ragazza è mia sorella Cristel» Jessica li osservò tutti. Notò che Adam era l'unico vestito da uomo di città e somigliava molto a Vincent, molto alto e con gli occhi azzurri. Invece la ragazza era molto bella con i capelli rossi e gli occhi verdi somigliava all'altro fratello e alla madre.
Vincent la invitò a sedersi e lei si accomodò vicino a Cristel che le offrì dei pancake. Appena Jessica sentì il profumo il suo stomaco brontolò. «Mangia pure tutto quello che vuoi, sei la benvenuta in casa nostra» disse Tom sorridendo. Jessica annuì ed iniziò a mangiare velocemente. Noah rise. «Ehi, vacci pia...» fu interrotto da una gomitata da parte di Vincent. «Scusate... non mangio da ieri mattina» disse Jessica. «Non fare caso a Noah, non è abituato alle buone maniere. Da dove vieni?» disse Adam. «Dalla California, io e una mia amica volevamo passare due settimane in paese»
«Strano posto per passare le vacanze» aggiunse Adam mentre masticava il suo bacon. Tom lo guardò torvo. «Cosa c'è di strano? È un posto meraviglioso e sono felice che anche la gente di città lo apprezzi»
«Tom, non adesso» disse Betty mettendo fine alla discussione.
Continuarono a mangiare gli uomini della famiglia Sullivan parlarono della legna, della caccia e delle mansioni che avrebbero dovuto svolgere quel giorno. A quanto pare un albero aveva quasi distrutto il capanno degli attrezzi. Mentre Jessica ascoltava Cristel si voltò verso di lei. «Uomini! Solo caccia e forza bruta» disse sottovoce. «Vanno a caccia sul serio?» chiese lei. «Si, ma solo per il cibo. Sai... ho visto la tua macchina fotografica, non avevo mai vista una simile»
«È una canon»
«Una che?» Jessica sorrise. Quella famiglia era davvero strana, ma sentiva che le piaceva. In fondo era andata in Alaska proprio per stare in mezzo alla natura e lasciarsi indietro tutta quella tecnologia. «Ti farò vedere come funziona» disse infine. «Grazie, sarebbe fantastico!»

 

Quando gli uomini finirono di fare colazione si alzarono ed uscirono per verificare i danni causati dalla tempesta. Betty e Cristel iniziarono a sparecchiare e Jessica si offrì volontaria per aiutarle.
Mentre passava di fronte alla finestra che dava sul patio vide Vincent che la stava guardando. Il suo stomaco fece un balzo verso l'alto e poi ricadde pesantemente. “Attenta, Jessica, brutta situazione”. «Grazie, cara. Metti i piatti sul lavandino» disse Betty quando la vide arrivare. Jessica lo fece e poi incrociò le braccia sul petto. «Per te deve essere tutto nuovo, vero? Mi dispiace per quello che ti è accaduto e mi dispiace che tu debba restare qui» disse Cristel osservandola. «Beh non è colpa vostra. Voi siete stati fin troppo gentili e io non so come ringraziarvi per la vostra ospitalità. Però in effetti mi sento un po' spaesata»
«Immagino. Faremo del nostro meglio per rendere i giorni che passerai qui piacevoli!» Cristel sorrise e continuò a lavare i piatti. Jessica pensò che le sarebbe potuto andare peggio.

 

Fran era sveglia dalle sei di mattina, aveva dormito male. Quando si fu vestita scese subito dal piano di sotto per parlare con Gilbert.
Le ricerche iniziarono di buon'ora. Lo sceriffo aveva organizzato tre gruppi, uno di questi era formato da Fran e i coniugi Rey. Avrebbero iniziato a controllare il punto in cui aveva visto per l'ultima volta Jessica.
Le strade erano quasi tutte bloccate e la neve alta rendeva ancora più difficili le ricerche. Fran urlò il nome della sua amica con tutto il fiato che aveva in gola ma, dopo due ore, sentì le mani che si stavano intorpidendo per il freddo. «Forse è meglio che ti riaccompagni in albergo. Noi continueremo a cercare ma tu non sei abituata a questo freddo» Fran scosse violentemente la testa. «Assolutamente no!» rispose lei indispettiva. Continuò a camminare ma dopo un'altra mezz'ora si arrese all'evidenza, non poteva continuare, li avrebbe solo rallentati.
Gilbert l'accompagnò all'albergo e le disse che poteva fare come se fosse a casa sua. Fran lo salutò e si chiuse nella camera. Vedendo i vestiti di Jessica le scese una lacrima, non avrebbe dovuto lasciarla da sola. Per cosa poi? Per delle stupide terme che puzzavano di zolfo! Si sdraiò sul letto e dopo pochi secondi un cellulare iniziò a squillare, era Jason. Lei rispose bruscamente, sentendo una voce famigliare non riuscì a trattenere le lacrime. Dovette raccontare tutto quello che era successo.

 

Jessica aiutò le due donne a lavare i piatti, la cosa l'aiutò a non pensare a cosa le era successo. Quando ebbero finito Cristel uscì per aiutare Noah con alcuni lavori, ma
prima di andare le fece promettere che una volta finito avrebbe voluto fare delle foto. Jessica accettò volentieri.
Betty andò nella camera del bucato e iniziò a stirare dei vestiti. Vedendo Jessica annoiata le propose di uscire, sicuramente uno dei ragazzi le avrebbe fatto vedere gli animali e il giardino.
Quando uscì all'aperto il freddo le sferzò le guance, il cielo era ancora coperto e sperò che non nevicasse ancora, stare lì non era male ma avrebbe preferito tornare dalla sua amica.
In lontananza vide Cristel e Noah che posizionavano la legna in un piccolo casotto, poco più in la Tom ed Adam parlavano animatamente in disparte.
Voltandosi vide il capanno degli attrezzi e il pino che vi era finito sopra. Vincent stava cercando di rimediare ai danni. Si avvicinò lentamente verso di lui, doveva ammetterlo, era davvero un bel ragazzo. Quando lui sentì dei passi alzò la testa. «Ciao... vedi? Questo è un bel guaio» disse indicando il tetto sfondato. «Sei capace di rimetterlo apposto?»
«Si, ma ci vorrà del tempo» Jessica lo fissò negli occhi, non aveva mai visto degli occhi di quel colore così chiaro ma allo stesso tempo intenso. Si avvicinò ancora di un paio di passi e inciampò su un pezzo di ramo. Vincent la prese tra le braccia prima che cadesse. Jessica si stupì di quando fosse delicato il tocco delle sue mani, dall'aspetto sembrava un uomo rude, incapace di tanta dolcezza. «E con questo mi hai salvato la vita per due volte!» disse lei cercando di sdrammatizzare. Vincent rise lasciando vedere i suoi denti bianchi e perfettamente dritti. «Dovere» rispose lui lasciandola andare. Jessica se ne dispiacque. «Adam è l'unico vestito in giacca e cravatta, anche lui vive in città?»
«Si è trasferito qualche anno fa»
«E questo non va giù a tuo padre» disse lei sedendosi su un masso. Vincent si voltò e si sedette accanto a lei. «È così evidente?»
«Direi di si. Dato che dovrò passare molto tempo con voi potresti raccontarmi della tua famiglia» azzardò lei, sapeva che non erano fatti suoi ma era curiosa. Vincent sospirò. «E va bene, sei pronta? È un po' lunga»
«Non ho molto altro da fare!» Jessica rise e lui sentì il suo cuore sussultare. «I miei genitori si trasferirono qui quando mia madre era incinta di Adam, che adesso ha trenta anni. Dopo poco nacqui io, poi Noah ed infine Cristel. Volevano che crescessimo nella natura e liberi dalle cattiverie del mondo e così è stato. Andiamo in paese una volta ogni due mesi, per il resto siamo sempre solo noi. Ci procuriamo il cibo e ci basta poco per vivere. Poi un bel giorno Adam dice che vuole andare all'università nonostante abbia avuto un'educazione casalinga. Mio padre non era per niente d'accordo e dopo varie discussioni finiscono per litigare violentemente. Dopo il litigio Adam decise di trasferirsi spezzando il cuore dei miei genitori...»
«Non credo sia giusto togliere la libertà alle persone» disse Jessica interrompendolo. «Ma loro hanno fatto molti sacrifici»
«Hanno fatto molti sacrifici per rendervi liberi, giusto? Ma a quanto pare si sono comportati diversamente» Vincent rimase colpito da quelle parole, aveva perfettamente ragione. «Adam e mio padre sono solo testardi, due muli che si scontrano. Prima o poi faranno pace, ne sono sicuro»
«Però deve essere bello vivere in questo modo, un po' vi invidio»
«A volte è molto difficile a causa del freddo ma non cambierei casa per nulla al mondo» Vincent la fissò per alcuni secondi e Jessica fece lo stesso.
«Ehi, piccioncini! C'è da fare!» urlò Noah. Jessica arrossì ma dopo poco sorrise. «Tuo fratello è simpatico»
«Fin troppo, dovrei prenderlo a pugni!»
«Vado da Cristel, devo insegnale delle cose! Grazie ancora per ieri» quando lei si voltò Vincent le prese una mano. «Si?» chiese Jessica imbarazzata. «Niente, volevo dire qualcosa ma mi è sfuggito di mente» di certo non poteva dirle che voleva solo toccarla nuovamente, di sentire sotto le dita la morbidezza della sua pelle.

 

La giornata passò in fretta, Jessica si divertì ad insegnare a Cristel come usare la macchina fotografica. Quando il sole tramontò tornarono tutti in casa e dopo poco iniziò nuovamente a nevicare.
Jessica fissava la neve che scendeva lentamente e si rattristì. «Questo allungherà la mia permanenza qui, vero?» chiese a Cristel. «Purtroppo si, ma vedrai che domani ci sarà il sole!»
«E come lo sai?»
«Beh, non volevo dirtelo subito per non spaventarti ma io sono una strega!» Jessica constasse il viso. Stava scherzando oppure aveva appena scoperto che in quella casa erano tutti matti? Cristel scoppiò a ridere. «Dovresti vedere la tua faccia» Jessica capì che era uno scherzo e iniziò a ridere di gusto anche lei.
Alle dieci di sera, quando ormai fuori non si distingueva più niente, Jessica si sdraiò sul letto di Vincent. Lui le disse che avrebbe potuto dormire lì dato che soffriva di insonnia.
Quando spense la luce il suo pensiero andò a Fran ma questo non le impedì di addormentarsi dopo poco.

 

Fran stava ancora parlando con Gilbert e Dina. Le ricerche non avevano dato nessun frutto e la neve impedì di continuare. «È morta, non è così?» chiese infine. «La troveremo!» esclamò Gilbert. Non voleva neanche pensare che quella ragazza fosse morta. «Lo spero. Non potrebbe aver trovato aiuto?»
«Non è escluso. Hai chiamato i genitori?»
«Ancora no, voglio aspettare domani, non voglio che si preoccupino. Ma ho chiamato Jason, il suo... un amico. Domani verrà qui, ha già preso un aereo»
Quella notte Fran dormì poco e male, ormai aveva perso le speranze di ritrovare la sua amica ancora viva.

 

Spazio autrice:
Rieccomi con il secondo capitolo! Cosa ve ne pare? Come al solito vi invito a farmi sapere cosa ne pensate! Ringrazio tutti quelli che leggeranno e che lasceranno una recensione :)
A presto,

MissKiddo

 

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Capitolo 3
*** Nuove esperienze ***


Capitolo 3

Nuove esperienze

 

Quella mattina il sole splendeva sulla neve candida, gli animali, che si erano rintanati nei loro nascondigli uscirono all'aperto per ammirare il sole e crogiolarsi sotto di esso. Jessica si svegliò molto presto e vedendo il sole sorrise, presto la neve si sarebbe sciolta e lei sarebbe tornata. Si vestì e scese al piano di sotto ancora silenzioso, gli altri stavano ancora dormendo.
Quando arrivò nel salotto vide Adam seduto sul divano con il viso tra le mani, ma quando sentì i passi alzò il viso. «Scusa, non volevo disturbare» disse Jessica voltandosi per tornare di sopra. «Non mi disturbi affatto. Vieni a sederti, ho preparato del tè».
Jessica andò verso il divano e si sedette a fianco a lui. Adam prese una tazza e la riempì fino all'orlo. «Bevi, ti riscalderà» lei prese il tè e ne bevve un sorso. «Non è poi così male stare qui, vedrai che i tre giorni passeranno in fretta» disse Adam sorridendo. Jessica parve sorpresa da quelle parole, lui pensava che si trovasse male il quel posto? «A me dispiace solo di non poter sentire la mia amica, per il resto mi trovo bene. Sono venuta qui in Alaska proprio per stare in pace con la natura»
«Prova a passare qui tutto l'inverno e ne riparliamo! Però è strano che una ragazza di città ami così tanto un posto del genere. Niente TV, niente internet, niente cellulare» Jessica prese un altro sorso di tè. «Volevo solo staccare da tutto e tutti, ecco la verità»
«Questo era chiaro, volevo solo sentirtelo dire. Magari poi mi dirai da chi volevi staccare» Adam le fece l'occhiolino e continuò a bere. Jessica non voleva continuare la conversazione su di lei e quindi iniziò a parlare di lui dicendogli che lei apprezzava la sua scelta. «Vincent non sa tenere la lingua a freno, eh?»
«L'avrei capito anche se non me l'avesse detto lui, tu eri l'unico con giacca e cravatta. Stonavi un pochino dagli altri. Ma ognuno è libero di fare ciò che vuole quindi hai fatto bene» Adam alzò in alto il suo bicchiere. «Amen, sorella» risero entrambi.

 

Più tardi quando ormai tutta la famiglia era in piedi fecero colazione insieme. Quella seconda mattina Jessica si trovava più a suo agio e quando gli uomini riparlarono della caccia volle fare delle domande. «Dovete andare a caccia oggi?» chiese. Gli altri si voltarono verso di lei, Vincent le sorrise. «Si, un cervo basterà. Hai mai mangiato del cervo?»
«No, mai provato» Tom rise. «Ci credo! Non c'è molta carne di cervo in città».
Jessica voleva fare una richiesta ma non trovava il coraggio, si chiese se avrebbe retto quell'esperienza. Dopo poco, quando gli altri continuarono a mangiare, finalmente parlò. «Posso venire anch'io?» chiese tutto d'un fiato. Gli uomini risero ma non per prenderla in giro. «Incredibile! Hai salvato una ragazza nel bosco ed oltre ad essere carina vuole anche andare a caccia!» disse Noah rivolto a Vincent.
L'altro sorrise debolmente e si dimenò sulla sedia a disagio. «Non hai esperienza in questo campo. Potresti trovarti in pericolo» disse pacatamente Tom. Jessica annuì. «Capisco, ma... sono venuta in questo posto per provare cose nuove, giuro che non vi darò fastidio»
«Beh, Vincent è il migliore tra noi con il fucile, se lui è d'accordo...» Tom si voltò verso il figlio. «Per me va bene, basterà dirle cose deve e cosa non deve fare» Jessica batté le mani in segno di felicità. «Farò tutto quello che mi dirai!».

 

Quando Noah e Vincent si prepararono per andare a caccia, Cristel diede a Jessica dei vestiti adatti e dopo averle dato un bacio sulla guancia la salutò.
Jessica non era una persona che faceva amicizia velocemente, e di certo il rapporto che si era creato con Cristel non era ancora una vera e propria amicizia ma sentiva di avere molte cose in comune con lei.
Vincent prese il suo fucile e se lo portò sulla spalla, seguito dal fratello Noah. «Quando saremo nel bosco devi sempre stare in silenzio e se io ti dirò di non muoverti tu starai immobile, intesi?» Vincent parlò in modo quasi brusco, per loro la caccia era una cosa davvero seria. «Certo, non preoccuparti» rispose lei annuendo fortemente.
Camminarono per alcuni minuti verso la cima della montagna. Grandi cumuli di neve avevano bloccato vari sentieri e Jessica capì il motivo per il quale non poteva tornare in albergo, sicuramente le strade erano totalmente ricoperte. I due ragazzi camminavano alla svelta, loro sapevano muoversi in quell'ambiente, ma lei continuava a scivolare e ad inciampare. «Guarda, sono impronte» disse Noah indicando il terreno. Vincent annuì e si abbassò per controllare meglio. «Avete trovato qualcosa?» chiese Jessica emozionata. «Piano, non urlare!» esclamò Noah. «Scusa...»
«È sicuramente un cervo adulto, a due minuti di distanza. Da adesso voglio assoluto silenzio» disse Vincent riprendendo a camminare. Jessica ubbidì e cercò di muoversi con cautela.
Mentre si ritrovava in quel bosco con due cacciatori le venne da pensare che le sembrava impossibile. Due giorni prima era ancora in California, con tutti i comfort che desiderava e adesso era in mezzo al nulla. “Strana la vita” . Proprio mentre stava riflettendo su quanto sia imprevedibile la vita, Vincent si bloccò di colpo. «Shhh, eccolo lì» sussurrò indicando il cervo che stava mangiando. Noah si mise in posizione e Jessica si accovacciò dietro ad un cespuglio.
Vincent prese la mira. Jessica notò quanto era serio ed impegnato, aveva i muscoli della mascella contratti. I suoi occhi di ghiaccio erano fermi e lei sentì di nuovo quella sensazione allo stomaco. Da quanto non la provava? Non riusciva a ricordare.
Vincent continuava a seguire il cervo attraverso il mirino del fucile. Dopo alcuni secondi fece fuoco facendo trasalire la ragazza che si portò istintivamente le mani alle orecchie. «Preso! Vince sei un mago!» esclamò Noah correndo verso la carcassa. Anche il fratello corse verso il cervo ormai morto, ma quando voltandosi non vide Jessica si allarmò. «Jessica?» urlò verso i cespugli. «Sono qui! Quello sparo mi ha rotti i timpani. Posso raggiungervi?»
«Certo, vieni pure» Jessica uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò per vedere il cervo. Era molto grande e bello ma lei non aveva mai visto un animale morto. «Bisogna togliere le viscere» disse Vincent prendendo un grande coltello dalla tasca. «Dovete proprio?» rispose Jessica indietreggiando di qualche passo. «Si, dobbiamo raffreddare il corpo per evitare la decomposizione» aggiunse Noah. Jessica annuì e preferì distogliere lo sguardo. Quel cervo le faceva tenerezza ma sapeva che non aveva sofferto e che i Sullivan non uccidevano per divertimento ma per necessità, loro provavano rispetto per tutto gli animali.

 

Quando tornarono alla fattoria Betty e Cristel stavano aspettando sulla porta di ingresso. I loro compito sarebbe stato quello di togliere la pelle al cervo, che poi sarebbe servita per fare giacche e accessori, tagliarlo in vari pezzi e poi congelato.
Jessica preferì non vedere quelle operazioni e quindi si diresse verso la parte posteriore della casa. Vincent stava preparando il fuoco. «Farete un barbecue?» chiese lei osservando i movimenti di lui. «Una cosa del genere» rispose lui sorridendole. Jessica ripensò al momento in cui Vincent teneva tra le mani il fucile, la mascella contratta, i muscoli tesi e perfetti. Arrossì non capendone il motivo e poi pensò a qualcosa di divertente. «Sai mi piacerebbe imparare a sparare». Vincent si voltò verso di lei, stupito. «Dici sul serio? Perché non iniziamo adesso?».
Poco dopo Jessica si ritrovò con in mano un fucile, era molto pesante e non pensava di poterlo tenere per più di dieci minuti tra le mani. «Bene, adesso metterò su quel tronco due barattoli di latta e vediamo se ne colpirai almeno uno» disse Vincent malizioso.
Nel frattempo Noah, Adam e Cristel si riunirono per godersi lo spettacolo. «Ehi, siete così curiosi?» disse Jessica voltandosi puntando il fucile verso di loro. Gli altri si abbassarono istintivamente. «Piano, piano. Mai puntare un arma contro delle persone» disse Vincent avvicinandosi a lei ed abbassando la canna. «Scusate!» urlò Jessica verso i tre che ormai si erano allontanati. Poi una volta che entrambi furono rivolti verso il tronco, Vincent prese le braccia di lei e si avvicinò al suo collo, Jessica sentiva il suo fiato caldo e buono. «Prendi bene la mira, adagio. Cerca di non pensare a niente e rilassati...» Vincent la guidò dolcemente e lei pensava a quanto le piacesse il suo contatto, la sua vicinanza.
Quando pensò di aver preso bene la mira, sparò. Il fragore dello sparo fece spiccare il volo ad alcuni uccelli che erano posati sul tetto della casa. Il rinculo del fucile la spedi a terra in pochi secondi. «Accidenti, che culata!» disse Noah ridendo. «Taci, Noah» disse Adam avvicinandosi alla ragazza. «Che male!» esclamò Jessica mentre si alzava. Vincent rise e poco dopo tutti i fratelli Sullivan stavano ridendo a crepapelle. «Forse avrei dovuto avvertirti...»
«Non ci trovo niente di divertente!» sbraitò Jessica offesa. Ma poi vedendo i volti paonazzi degli altri, iniziò a ridere anche lei. «Guardate il tronco, manca un barattolo!» esclamò Adam dopo aver ripreso fiato. Tutti si voltarono verso il tronco. «E brava Jess! Sei un cecchino nato» disse Vincent.
Jessica arrossì, l'aveva chiamata “Jess”? Era un buon segno. «La fortuna del principiante!» rispose lei sentendosi gli occhi di tutti puntati addosso.

 

Quando la lezione di tiro a segno finì Betty e Tom iniziarono a cuocere la carne di cervo sulla brace. Il profumo che si levava nell'aria era davvero invitante. Jessica continuò a ridere e a scherzare con Cristel e Noah, ovviamente, l'argomento era ancora la sua caduta comica.
Vincent se ne stava in disparte ad osservare quella ragazza, il suo sorriso gli faceva battere forte il cuore. Adam notò il fratello e si avvicinò. «Bel colpo, eh?»
«Già, non avevo mai visto una ragazza mirare così bene al primo colpo. Neanche Cristel, ricordi?» Adam annuì. «Vero. E poi non è per niente male»
«È una bella ragazza, lo ammetto» rispose Vincent tormentandosi le mani. Adam sorrise e gli diede una gomitata sul fianco. «Ti piace! Potresti sempre farti avanti...»
«Tra due giorni tornerà all'albergo e probabilmente non tornerà mai più in paese, anzi, non tornerà mai più in Alaska»
«E quindi?». Vincent sospirò ma quando stava per iniziare a parlare Betty chiamò tutti a tavola.

 

Fran si trovava fuori dall'albergo, era impaziente e preoccupata. Ancora le ricerche non avevano dato nessun risultato ma Gilbert aveva detto che, in parte, era una buona notizia, non avevano trovato nessun cadavere. L'autobus si fermò proprio davanti a lei, ricordò con tristezza il giorno in cui anche lei e Jessica erano scese in quel punto, erano passati soltanto due giorni ma sembrava passata una vita. Quando Jason scese lentamente Fran alzò un braccio per farsi vedere. Il ragazzo non ebbe difficoltà a notarla dato che era molto alto, quindi la salutò e si avviò verso di lei.
Fran notò che negli ultimi mesi in cui non l'aveva visto aveva messo su massa muscolare, non che prima non ne avesse, ma adesso sembrava un pugile. «Jax, sono disperata» esordì lei abbracciandolo. «Ancora nessuna novità?»
«Nessuna, mi sembra di impazzire» Fran lo fissò negli occhi. «La troveremo, adesso ci sono io. Hai chiamato i suoi genitori?»
«Si, entro un paio di giorno saranno qui...» Jason strinse i denti. «Bene, ma cerchiamo di trovarla entro domani sera».
Fran lo condusse nell'albergo e presentò i coniugi Rey. Non sapeva se quella fosse stata una buona idea, lei non provava simpatia per quel ragazzo, ma per adesso era l'unica persona conosciuta e la fece sentire meglio.

 

Il cervo non era di certo una carne che si poteva trovare comunemente ma Jessica l'assaggiò e non le dispiacque nonostante si sentisse il sapore di selvatico.
Cristel aveva preparato un tè e, insieme a Jessica, lo stava bevendo in camera sua. «Sai non ho mai avuto un ragazzo...» disse Cristel imbarazzata. «Beh, non ti sei persa niente di speciale!» rispose Jessica pensando alla sua relazione da poco finita. «Dici? A me piacerebbe avere un ragazzo, trovare il vero amore»
«Prima o poi lo troverai. Non c'è nessuno che ti piace?» Cristel arrossì. «C'è un ragazzo, in paese, lavora dal fruttivendolo sulla strada principale. Ogni volta che io e mia madre passiamo di la, mi sorride e mi saluta, ma non ho il coraggio di parlarci»
«Senti, senti! E dimmi... com'è?» Jessica si sporse verso di lei sinceramente incuriosita. «Oh, dovresti vederlo! Ha degli occhi stupen...» Cristel fu interrotta da un rumore proveniente dal piano di sotto. Le ragazze uscire dalla camera e sentirono Tom e Adam discutere. «Scendiamo» disse Cristel.
Quando arrivarono in salotto videro i cocci di un piatto. Tom era infuriato ed Adam se ne stava seduto sul divano. «Quando ti deciderai? Voglio rispetto in casa mia!». Cristel si avvicinò al padre e tentò di calmarlo. «Cosa è successo?»
«Ha portato in casa mia quell'aggeggio infernale» Tom indicò un oggetto sul tavolo, Jessica riconobbe un PC. «Dovevo finire la mia relazione!» sbottò Adam. «Non in casa mia!» aggiunse Tom sempre più affaticato. «Siediti, o ti verrà un infarto» Cristel lo prese per un braccio e lo fece sedere. «Se non ti deciderai a cambiare idea questa sarà l'ultima volta che mi vedrai. Appena la strada tornerà praticabile tornerò in paese e non mi vedrai mai più» Adam era serio, stringeva i pugni contro le cosce muscolose. «Come osi!» replicò Tom. «Calmatevi! Vi sembra questo il modo di comportarsi? Siete padre e figlio, e ognuno rispetta l'altro. Tom non colpevolizzare tuo figlio, sta solo seguendo la sua strada...» dopo aver parlato Jessica si rese conto di ciò che aveva detto, forse era stata troppo brusca ma non era riuscita a frenare la lingua. I due uomini rimasero in silenzio. «Jessica, sei una brava ragazza ma credo che questi non siano affari tuoi...» Tom parlò con tono gentile ma deciso.
Jessica abbassò lo sguardo, Tom aveva ragione. «Papà, credo che abbia ragione. Adam sta seguendo la sua strada ed è libero di farlo, come noi siamo liberi di continuare la nostra vita alla fattoria» Vincent era entrato nella stanza e si posizionò accanto a Jessica. Tom guardò prima la ragazza, poi suo figlio Vincent ed infine
posò gli occhi su Adam.

Tom rifletté sulle parole di Vincent, gli costava ammetterlo, ma suo figlio aveva ragione. Come poteva essere così cieco? Non poteva obbligare i suoi figli a seguirlo, così facendo sarebbe andato contro ogni suo principio. «Maledizione, mi avete incastrato» Tom non avrebbe mai ammesso ad alta voce ciò che pensava. «Papà, io ti voglio bene e lo farò sempre, sia che io viva in città o alla fattoria». Una lacrima scese lentamente lungo la guancia solcata dalle rughe di Tom. Adam si avvicinò e strinse suo padre, erano anni che non lo faceva.
Cristel sorrise, finalmente quel cocciuto di suo padre aveva messo da parte il suo orgoglio. «Forse è meglio se li lasciamo da soli» sussurrò Cristel all'orecchio di Vincent.

 

Jessica stava fissando il tramonto, non aveva mai visto una scena tanto bella. In quel momento si sentiva in pace con sé stessa. L'aria fredda le entrava nel naso e usciva dalla bocca trasformata in una nuvoletta. Sospirò e chiuse gli occhi alzando le braccia al cielo. «Grazie...» quella voce improvvisa la fece sobbalzare. Voltandosi vide Vincent. «Per cosa?» chiese lei. «Lo sai... insomma due anni senza vedere Adam, litigi continui, poi arrivi tu e dopo un paio di giorni li convinci a fare pace»
«Io non ho fatto niente, quei due si vogliono bene e tuo padre è solo testardo» Vincent rise. «Non sai quanto hai ragione». Jessica tornò ad osservare il tramonto, spinta da quel senso di libertà rivolse a Vincent una domanda: «Hai una ragazza?» Vincent deglutì lentamente. «No... decisamente no»
«Deve essere difficile per voi trovare qualcuno da amare, dico bene? Cristel mi ha confessato di non avere mai avuto un ragazzo». Vincent si rilassò, lei gli aveva rivolto quella domanda solo per pura curiosità non con secondi fini. «Vivere isolati ha i suoi svantaggi»
«Come ho già detto a tua sorella: non ti perdi niente di speciale. È difficile trovare qualcuno che ti comprenda, che abbia le tue stesse passioni e che ti ami davvero»
«Perché parli così?»
«Brutte esperienze passate» Jessica si voltò di nuovo verso di lui e di nuovo si stupì di quanto quel ragazzo fosse così bello. «Ti porto in un posto, seguimi» disse Vincent prendendola per mano.

 

Faceva molto più freddo in quel punto della montagna, ma la vista era eccezionale. Da quel punto si poteva vedere tutto, gli occhi di Jessica vagavano non sapendo dove posarsi, troppe cose suggestive, troppe cose mai viste prima. «Ti piace?» chiese Vincent. «Moltissimo! Santo cielo, non avevo mai visto niente del genere»
«È il mio posto preferito, sin da quando sono bambino vengo qui per pensare, per farmi i fatti miei...» Jessica lo fissò dritto negli occhi. «Grazie» disse quasi sottovoce. Vincent le si avvicinò e la prese per mano, insieme guardarono il tramonto.
Quando il buio prese possesso di ogni cosa, i due ragazzi tornarono alla fattoria, non volevano morire di freddo. Arrivati sul portico, Vincent fermò Jessica. «Sai... non ho avuto il coraggio di parlarti...» Jessica lo fermò. «Ti prego, non dire niente. Adesso ho solo voglia di dormire» Vincent rimase in silenzio, aprì la porta e la fece entrare. Jessica si pentì del modo in cui lo aveva trattato, ma sapeva che stava per dire qualcosa di troppo. Non voleva complicazioni, non voleva niente, voleva soltanto tornare in albergo. Almeno così sperava, perchè il suo cuore iniziò a battere velocemente.

 

Le luci della fattoria erano spente, nessun rumore arrivava dalla casa. Un uomo stava girovagando tra gli alberi facendo attenzione a non far rumore. Quei Sullivan erano peggio dei cani, annusavano addirittura l'aria. Quando entrò nel giardino alzò lo sguardo su una delle finestre e sorrise, lasciando vedere i pochi denti che aveva ancora in bocca. «La pagherete...» sussurrò nel silenzio totale.

 

 

Spazio autrice:
Eccomi! Terzo capitolo tutto per voi, cosa ne pensate? Ovviamente fatemi sapere cose ne pensate tramite una recensione.
Siete incuriositi dal quell'uomo misterioso? Beh nel prossimo capitolo scoprirete chi è :)

A presto,
MissKiddo

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Vecchie conoscenze ***


Capitolo 4

Vecchie conoscenze

 

Alfred Buckster, o semplicemente Buckster, era uscito da appena una settimana dalla prigione. Non aveva una cosa e non aveva nessun parente ancora in vita. Quei dieci anni in prigione avevano alimentato il suo odio verso la famiglia Sullivan e appena uscito decise immediatamente di tornare alla fattoria, si sarebbe vendicato.
Adesso che si trovava nel giardino di quei zoticoni provò un piacere immenso, aveva programmato ogni cosa.

 

Vincent era sveglio, stava seduto sul divano completamente al buio. La sua insonnia si faceva di nuovo sentire, i suoi pensieri erano tutti per Jessica. Ricordava il profumo dei suoi capelli quando si era avvicinato per insegnarle a sparare e quel sorriso così radioso.
Un rumore proveniente dal giardino lo distrasse, poteva essere un animale? Ma quei passi sembravano umani. Sbirciò lentamente dalla finestra, una sagoma scura si stava muovendo furtivamente. Senza farsi prendere dal panico, prese il suo fucile ed uscì all'aperto, cercò di fare tutto con molta calma, non voleva svegliare gli altri. «Chi c'è?» disse all'oscurità. Il silenzio della notte lo colpì, i rumori che normalmente si sentivano nel bosco adesso tacevano, c'era sicuramente qualcuno. Vincent scrutò meglio il giardino e poi lo vide, era Buckster con il suo solito ghigno sdentato. Non lo vedeva da dieci anni. Il volto dell'uomo lo riportò indietro nel tempo, ricordò l'odore acre del fumo.
Buckster e suo padre erano soci, si occupavano del legname e gli affari erano sempre andati bene. Però, il caratteraccio di Buckster dava molto fastidio ai clienti, Tom dal canto suo lo sopportava scusandolo ogni volta, cercando sempre di fare da pacere.
Un giorno l'ex galeotto diede un pugno ad un signore, cliente da molti anni, solo perchè aveva chiesto di pagare con due giorni di ritardo. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Tom lo licenziò ma ad Alfred non andò giù, insultò tutta la famiglia e poi non si fece vedere per un mese. La famiglia Sullivan pensò che si fosse trasferito, in cerca di qualche altro lavoro, ma una notte la casa prese fuoco, fortunatamente Tom se ne accorse e tutti rimasero illesi. La casa non fu così fortunata, dovettero ricostruire parte del soggiorno e della cucina. Infine Buckster fu ritrovato ed arrestato per tentato omicidio.
Vincent ricordava che quel periodo fu orribile, aveva paura per la sua famiglia e per la sua vita, quell'uomo era totalmente pazzo. «Cosa ci fai qui? Vattene immediatamente» disse Vincent puntando il fucile contro l'uomo.
Buckster si avvicinò lentamente tenendo le mani alzate. «Calmo, abbassa l'arma, amico!» Vincent alzò un sopracciglio. «Amico? Non siamo più amici da quando hai tentato di uccidere la mia famiglia!» l'altra rise di gusto. «Sembri tuo padre! Sono venuto in pace, tranquillo». Vincent continuava a puntare l'arma, non si fidava di quell'uomo.
Buckster si avvicinò fino a toccare la canna del fucile. Vincent vide il lampo di follia passare negli occhi di Alfred, cercò di allontanarlo ma lui stava già cambiando la traiettoria del fucile. «Ti ammazzo!» urlò Buckster sferrando un pugno in pieno viso al ragazzo. Vincent sparò, ma il proiettile si conficcò in un abete. Urlò per il dolore e lasciò cadere l'arma. Buckster gli fu addosso di nuovo e gli diede un altro pugno, lacerandogli lo zigomo. Vincent vide doppio per un momento, ma quando l'altro cercò di sferrare un terzo colpo, lui lo schivò. Buckster barcollò in avanti colpendo solo aria. Vincent ne approfittò e diede un pugno potente allo stomaco dell'uomo.

 

In casa le luci si accesero, tutti avevano sentito lo sparo. Tom uscì dalla camera e disse a Betty di prendere le ragazze e chiudersi dentro.
«Adam, Noah prendete i fucili e seguitemi». I ragazzi ubbidirono e corsero di fretta giù per le scale. In soggiorno Vincent non c'era, quindi pensarono immediatamente che il colpo di fucile era stato provocato da lui. Senza pensarci due volte uscirono nella notte.
Betty corse in camera di Cristel, la trovò in piedi, poi insieme andarono da Jessica. «Cosa succede?» chiese quest'ultima ancora mezza addormentata. «Ancora non lo sappiamo, ma è meglio rimanere dentro casa» disse Betty con la voce affaticata.

 

Vincent stava ancora lottando, nonostante Buckster fosse vecchio e gracile aveva molto forza. Schivò tutti i suoi pugni cercando di recuperare nuovamente il fucile. Sentì i passi provenire dalla fattoria, e seppe subito che stavano arrivando i rinforzi. «Fermo!» urlò Tom puntando il fucile. Buckster si fermò e fece un passo indietro. Vincent aveva lo zigomo spaccato e un labbro tumefatto, quando vide il padre e i due fratelli trasse un respiro di sollievo. Noah gli andò incontro e lo aiutò a muoversi.
Tom era infuriato, quel pazzo era tornato e aveva quasi ucciso suo figlio. «Noah, porta in casa Vincent, ci pensiamo io e Adam».


Vincent entrò in casa e si sdraiò sul divano, gli doleva la testa. Noah chiamò sua madre e le tre donne scesero al piano di sotto. «Santo cielo! Vince! Cosa è successo?» chiese Betty osservando il figlio. Noah le raccontò di Buckster e lei impallidì, quell'uomo era tornato a tormentarli. Poi cercò di scacciare quei pensieri, in quel momento doveva pensare a suo figlio. «Prendi il kit di pronto soccorso, presto!» Noah corse subito in bagno.
Cristel e Jessica erano rimaste in disparte. Jessica respirava a fatica, vedere Vincent in quelle condizioni le fece stringere il cuore. Si avvicinò lentamente al divano e lo osservò meglio. «Dio, ma chi è questo Buckster?» chiese lei poggiando una mano sulla fronte di Vincent.
Quando Noah tornò con il kit, Betty iniziò a medicare le ferite. Poi Cristel con voce tremante iniziò a raccontare alla sua nuova amica tutto quello che era successo dieci anni prima.

 

Fuori il vento si alzò, le foglie vorticavano nell'aria. Adam stava fissando Alfred, anche lui ricordava tutto il male che aveva causato alla sua famiglia. Sentendosi pieno di rabbia, si avvicinò all'uomo e, con il calcio del fucile, gli sferrò un colpo dritto allo sterno. Buckster urlò per il dolore, poggiandosi le mani sul petto. «Cosa ci fai qui?» chiese Tom. «Non volevo fare niente di male! Lo giuro...» padre e figlio si guardarono, sapevano entrambi che stava mentendo. «Non ti sparerò solo perchè mi sbatterebbero in prigione e non potrei più vedere la mia famiglia. Ti do la possibilità di scappare, ma sappi che, se mai tornerai nella mia proprietà, ti ucciderò senza pensarci» Buckster alzò gli occhi e sorrise. «Grazie, Tom, grazie! Non tornerò mai più, ho imparato la lezione!»
«Avanti, corri». Alfred corse e mentre scompariva nel bosco, Tom sparò verso il cielo, era un avvertimento. «Tornerà?» chiese Adam scrutando gli alberi. «Spero proprio di no. Accidenti! Torniamo dentro, vediamo come sta Vincent».


Buckster corse velocemente, quel bastardo di Vincent gli aveva rovinato tutti i piani. Aveva rischiato grosso, ma per fortuna che quel coglione di Tom era ancora un pappa molla. Doveva assolutamente trovare un altro modo per vendicarsi. “Non è finita, zoticoni”.

 

Adam e Tom tornarono in casa chiedendo immediatamente di Vincent. Lo trovarono in salotto mentre Betty cercava di mettergli i punti. «Cosa è successo?» chiese lui. «Sta fermo, Vince!» esclamò Betty mandandogli un occhiataccia. Jessica, che ormai sapeva tutto su Buckster, era seduta accanto a Vincent e gli stringeva la mano. «È andato via, non credo che lo rivedremo. Se avessi potuto l'avrei ucciso!» Tom cercava di rimanere calmo, ma era ancora colmo di ira. «È assurdo! Dovete chiamare immediatamente la polizia! Quell'uomo è pazzo! » disse Jessica incredula. «In Alaska non ci sono molto controlli e forze dell'ordine, molto spesso gli ex galeotti vengono qui, viviamo senza regole» rispose Adam. «Dio! Poteva uccidere Vincent!» Jessica si rese conto di averlo detto con troppa enfasi, quindi abbassò la voce. «E anche tutti noi, ecco...» Vincent si voltò verso di lei e cercò di sorridere, ma il dolore era troppo forte. «Ragazzi, andate in cucina con Noah e Cristel, c'è del tè appena fatto» disse Betty impaziente. «Vuoi liberarti di noi?» chiese Tom sorridendo. Betty posò ago e filo poi si voltò verso il marito. «Se continuate a parlare con lui non riuscirò mai a mettere questi punti!»
«E va bene, va bene. Andiamo Adam» padre e figlio andarono in cucina. Betty riprese gli strumenti e si concentrò sul lavoro di sutura. Jessica la stava osservando, come era possibile che sapesse farlo? «Sei brava, Betty»
«Quando hai quattro figli e vivi nei boschi devi essere pronta a tutto. Molto anni fa ho seguito un corso da infermiera» Vincent soffrì in silenzio, stringendo talvolta la mano di Jessica. Dopo circa mezz'ora le suture erano finite. Betty si alzò e andò a parlare con gli altri in cucina, lasciando da soli gli altri due.
«Fa male?» chiese Jessica. «Ho passato di peggio, ma fa male!»
«Mi dispiace, accidenti! Ma come gli è venuto in mente»
«C'è molta gente strana da queste parti. Sono felice che tu stia bene» Jessica continuò a stringerli la mano grande e calda, lo trovava rassicurante. «Sai, volevo scusarmi per prima. Ti ho risposto troppo bruscamente»
«Ehi, tranquilla. Io volevo solo dirti che non voglio approfittarmi di te, insomma, sarebbe assurdo, no? Ma sappi che mi stai simpatica» Jessica alzò un sopracciglio, simpatica? Gli stava simpatica? Ma che razza di commento era. Ma sapeva che aveva ragione, era tutto troppo strano. «Beh, la cosa è reciproca, Vince» si sorrisero entrambi sapendo di mentire a loro stessi.

 

Il mattino seguente il sole splendeva alto nel cielo, la temperatura era salita di qualche grado e la neve stava per sciogliersi completamente. Jessica non era più riuscita a dormire da quando quel Buckster aveva scatenato l'inferno, aveva pensato per tutta la notte a ciò che era successo, alla mano di Vincent, alle sue parole. Si alzò dal letto e si diresse alla finestra, notò che la neve era diminuita e che presto sarebbe potuta tornare. Ad un tratto sentì come una fitta allo stomaco, tornare significava non rivedere mai più quelle persone, non rivedere mai più Vincent. Scosse la testa, cosa le stava accadendo? Non poteva farsi coinvolgere in quel modo.
Mentre osservava il cielo, la porta della camera si aprì e Cristel entrò nella stanza come una furia. «Buongiorno! Hai visto il cielo? Domani tornerai a casa!» disse lei con un sorriso radioso. Jessica si voltò e l'altra notò qualcosa sul suo viso. «Ho detto qualcosa si sbagliato?»
«No, assolutamente no. Sono felice di tornare dalla mia amica, anzi, probabilmente ci saranno anche i miei genitori, chissà che paura che hanno» Cristel la osservò ancora per qualche secondo. «E allora perchè hai quel viso triste? Sai bene che potrai venire a trovarci quando vuoi...» Jessica alzò il viso e si stupì per quello che aveva appena detto Cristel, era stata capace di intuire il suo stato d'animo. «Ma presto tornerò in California e...» Cristel si avvicinò e l'abbracciò. «Non importa, la nostra casa è sempre aperta, e Vincent ti aspetterà, sai?» Jessica rise. «Cosa ti fa credere che a me interessi?»
«Stai scherzando? Ho visto come vi guardate»
«Sarebbe a dire?» chiese Jessica portandosi le mani sui fianchi. «Sguardi d'amore!» esclamò Cristel con voce sognante. «Forse ti stai immaginando troppe cose!» le due ragazze iniziarono a ridere, finendo entrambe sul letto. Jessica osservò il viso di quella ragazza, forse ingenua, forse fin troppo perspicace, ma adesso lo sapeva, erano amiche.

 

Il paese era in fermento, tutti cercavano di sapere che fine avesse fatto la turista. Quella mattina erano arrivati anche i genitori della ragazza e adesso si trovavano proprio nell'albergo dei Rey. Fran e Jason erano con loro, ormai stavano perdendo le speranze. Vivien, la madre di Jessica, piangeva seduta sul divano mentre il padre, Roger stava camminando nervosamente per la stanza. «Mi state dicendo che non potete fare niente? Dannazione, mia figlia è là fuori da qualche parte!» Roger stava urlando. Lo sceriffo si tormentava le mani in silenzio. «Signor Ludlow, mi dispiace ma non siamo attrezzati...»
«Siete degli incompetenti! Chiamerò i giornali, vedrete! Dovete trovare dei rinforzi» Vivien singhiozzò ancora più forte, e Fran la strinse accanto a sé. «Roger ha ragione, siete degli incompetenti!» aggiunse Jason. I genitori di Jessica non sapeva cosa avesse portato la figlia a lasciare quel ragazzo, ma quello non era il momento di indagare. Lo sceriffo si alzò e andò verso Roger. «Le prometto che faremo il possibile, domani dovrebbe arrivare una squadra di ricerche più qualificata»
«Certo, dopo tre giorni! Mia figlia è sicuramente morta, lo capite?» Vivien smise di piangere e guardò suo marito. «Non ti azzardare a dirlo! Mia figlia è viva!» Roger prese la mano di sua moglie e la baciò delicatamente. «Certo, tesoro, scusami».
Fran uscì all'aria aperta, aveva bisogno di una boccata d'aria. I signori Ludlow erano andati nella loro stanza, dopo tutte quelle ore di viaggio avevano bisogno di un momento di tranquillità. Jason seguì Fran e si accese una sigaretta. «Non sono uno stronzo...» Fran si voltò. «Si che lo sei»
«Mi sono pentito immediatamente di quello che ho fatto, Jess lo sa»
«Senti, adesso non mi interessa, questa è una cosa passata, voglio ritrovare Jess e portarla a casa» Fran si appoggiò al muro esasperata. «Hai ragione, è passato» disse infine Jason prendendo una lunga boccata di fumo.

 


Jessica stava lavando i piatti, ormai si sentiva a suo agio e cercava di sdebitarsi come meglio poteva. Di fronte al lavandino vi era una finestra e da lì poteva osservare Vincent che stava ancora lavorando al capanno degli attrezzi nonostante il viso tumefatto. Lo fissò per molti minuti ma non riusciva ad averne abbastanza. Aveva una canotta che lasciava scoperte le braccia possenti e muscolose, piccole gocce di sudore gli scendevano dalla fronte che brillavano alla luce del sole. Gli occhi chiari erano concentrati e decisi, poteva sentire la sua determinazione, la sua mania di fare tutto in modo impeccabile. Per un secondo, un secondo soltanto pensò che, molto probabilmente, metteva la stessa passione quando baciava. Sospirò rumorosamente. “Jess, sei sicura di non volerlo più rivedere?”. Era questa la domanda che si stava ponendo dal mattino, ma non c'erano soluzioni.
Vincent si sentì osservato e guardando verso la casa vide Jessica, decise di fare una pausa ed entrò in casa. «Prendo qualcosa da bere, tu hai sete?»
«No, grazie. Non dovresti lavorare con quelle ferite» Vincent prese una sorsata d'acqua. «Tranquilla, sto benone. Ti va di fare un giro?» chiese lui. «Le strade sono
libere?» chiese preoccupata. «Mh, no. Ma sicuramente domani lo saranno...»
«Non ho fretta. Dove volevi portarmi?»
«In montagna. Le strade verso valle sono bloccate ma quelle più in alto sono libere. Dovresti vedere i sentieri e i ruscelli» Jessica sorrise, le sarebbe piaciuto tantissimo. «Molto volentieri».

 

Jessica uscì di casa ed espose il viso verso il sole, quella sensazione la fece fremere di piacere. Vincent la raggiunse poco dopo. «E il fucile? Non ci sono gli orsi?» chiese lei. «Sono sicuro che dove ti porterò io non ci saranno orsi».
Si incamminarono lungo un sentiero secondario e camminarono per alcuni minuti in silenzio. Jessica stava imparando a muoversi con più agilità e dopo poco camminò davanti a Vincent. «Fai strada tu?» chiese lui sorridendo. «Sto prendendo confidenza con il bosco, che te ne pare? Ormai so sparare, so camminare...» Vincent le fece capire di stare in silenzio, inizialmente Jessica non capì il motivo ma voltandosi vide una volpe che attraversa il sentiero. La cosa vaporosa era rossa, il muso allungato la rendeva elegante e gli occhi erano intelligenti. Poco dopo la volpe fu raggiunta da due cuccioli, anch'essi rossi. I tre animali si fermarono ed osservarono gli umani per alcuni secondi, dopo aver capito che non erano pericolosi, rientrarono nel bosco. «Li hai visti? Mio dio sono fantastici!» Vincent, vedendo il sorriso di Jessica, si sentì colmo di gioia. «Già, è il mio animale preferito» rispose prendendola per mano. Jessica alzò il viso, data l'altezza di lui, era l'unico modo per guardarlo negli occhi. «Grazie, Vince»
«Proseguiamo, tra qualche minuti troveremo una piccola radura» continuarono a camminare mano nella mano. Jessica pensò che quel gesto le veniva naturale sin dall'inizio, prendere la mano di Vincent la faceva sentire al sicuro.
La radura era ricoperta di erba e fiori, il sole illuminava le piccole gocce di rugiada sui petali. Vincent la portò fino ad un enorme roccia dove si sedettero a gambe incrociate. «Meraviglioso, dico davvero» lo sguardo di Jessica vagava in ogni dove, voleva assaporare quel momento secondo per secondo. «Adam mi ha parlato...dice che stai scappando da qualcosa, è vero?» non seppe per quale motivo le fece quella domanda, ma sentiva di voler essere protettivo nei suoi confronti, l'avrebbe protetta da qualsiasi cosa. Jessica fece una smorfia, non voleva pensare a Jason proprio in quel momento così perfetto. «Non sto scappando, volevo soltanto prendere una pausa...»
«C'entra un uomo?»
«Purtroppo si, ho un ex ragazzo, Jason» Vincent la esortò a continuare. «Siamo stati insieme per tre anni, stavo davvero bene con lui, ho sempre pensato che fosse l'uomo della mia vita, ma a quanto pare mi sbagliavo» Vincent, sentendo quelle parole, si innervosì. «Cosa è successo?» chiese infine facendo attenzione a non far trapelare la sua rabbia. «Nell'ultimo periodo non andavamo molto d'accordo, lui era impegnato con lo sport e io ero presa dallo studio. Litigavamo quasi ogni giorno per colpa della sua gelosia, e io ero stufa di dover giustificare ogni mio spostamento. Poi una sera, a casa sua, ha iniziato ad accusarmi; diceva che avevo un amante, o forse più di uno. Io mi sono infuriata perchè sono sempre stata fedele, l'ho insultato e beh...» Vincent sentiva la rabbia salire sempre di più. «Non dirmi che...» Jessica annuì. «Mi ha dato uno schiaffo. È molto forte e l'impronta della sua mano è rimasta sulla mia guancia per almeno due giorni, un male assurdo...» Jessica si interruppe, vide Vincent cambiare espressione. «Cos'hai?»
«Come ha potuto farlo? Che razza di uomo picchia una donna! Assurdo! Un vero vigliacco»
«Calma, calma. L'ho lasciato e se sono fortunata non lo rivedrò mai più»
«Se lo avessi tra le mani... maledizione» Jessica si avvicinò a lui, tanto vicino da poter sentire il suo alito sul viso. Alzò una mano e la passò delicatamente sulle ferite. «Ci ho pensato io, gli ho dato un calcio nelle palle!» sussurrò lei con un'espressione estremamente seria. Vincent, anche lui molto serio e nervoso, non solo per quello che le aveva detto, ma anche per il contatto della sua mano sulle ferite gonfie e calde, rilassò il viso e scoppio di una risata fragorosa. «Così si fa, ragazza!» Jessica rise a sua volta. «Ci voleva, quel bastardo!» poi Vincent tornò serio e prese le mani di lei nelle sue, le strinse e le sfiorò con le labbra. «Non permettere a nessun altro di toccarti, intesi? Chiama me se ti trovi in difficoltà...»
«E come potrei? Non avete il telefono...» dopo aver parlato Jessica si rese conto di quanto fosse triste quello che aveva appena detto. Come avrebbe fatto a tenersi in contatto con lui? Le ultime speranze che aveva cedettero all'istante. «Già...» rispose Vincent capendo cosa stava pensando l'altra.

 

Buckster era tornato in paese, la paura della sera precedente l'aveva già abbandonato. Doveva trovare al più presto un piano. Voleva ucciderli tutti, ma si accontentava di farli soffrire. Raggiunse l'unico bar del posto, decise che prima avrebbe preso una sbronza colossale e poi avrebbe pensato.

 

 

Spazio autrice:
Salve! Ci ritroviamo con il quarto capitolo, che ve ne pare? Buckster è un brutto ceffo, vero? Ci voleva un cattivo u.u
Mi raccomando, recensite, per me è molto importante e soprattutto voglio sapere cosa ne pensate. Chi è il vostro personaggio preferito?

PS: volevo ringraziare Kira Nikolaevic, non solo per le belle parole, ma anche perchè senza le sue recensioni questa storia sarebbe finita nel dimenticatoi del mio PC  :)

A presto,
MissKiddo

 

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Capitolo 5
*** Ritorno alla civiltà ***


Capitolo 5

Ritorno alla civiltà

 

Jessica era ancora seduta sulla roccia, improvvisamente si sentì triste, il discorso che aveva appena intrapreso con Vincent non le piaceva. «Credi che sarebbe così complicato?» chiese Vincent osservando il cielo. «Cosa, esattamente?»
«Tenerci in contatto, vederci ancora...»
«Per come stanno le cose adesso, credo proprio di si» Jessica abbassò il viso ed osservò alcuni fiori. Vincent stava ancora guardando verso l'alto, non voleva guardare gli occhi tristi di lei. Rimase in silenzio per molto tempo, non riusciva a trovare le parole adatte, non voleva spaventarla. Poi dopo aver preso un respiro profondo, si voltò verso di lei. Quel giorno si era acconciata i capelli in una treccia che le ricadeva sulla spalla in modo da mostrare il suo viso ovale e candido. Gli occhi castani erano più chiari con la luce del sole, erano estremante caldi e profondi. «Forse l'avrai già capito, ma tu mi piaci» Jessica sentì un brivido correrle lungo la schiena. «Vincent... io» lui la zittì con un cenno della mano. «Non ti ho detto che mi piaci perchè penso che possa esserci qualcosa, volevo solo fartelo sapere. E soprattutto non voglio spaventarti...»
«Credimi Vincent, se fosse successo in un'altra occasione, in un altro luogo» Vincent deglutì a fatica. «Impossibile, vero?»
«Si, è così. Non andiamo oltre, ti prego, è già abbastanza difficile in questo momento. Cerchiamo di goderci questa giornata, senza pensare ad altro» Vincent annuì rimanendo in silenzio.
Poco dopo si alzarono e continuarono la passeggiata, questa volta senza tenersi per mano. Vincent la condusse vicino ad un piccolo laghetto, l'aria profumava di pino e il rumore dell'acqua era delicato e piacevole. «In estate io e miei fratelli veniamo quassù a farci una nuotata» disse Vincent osservando l'acqua cristallina. «Deve essere stupendo questo posto in estate»
«Lo è! Ma dimmi, tu sei figlia unica? Tu ormai sai tutto di me, ma io non so quasi niente» Jessica se ne rese conto in quel momento, non aveva mai parlato molto di se stessa. «Esatto, sono figlia unica. Che dire? Sono nata e cresciuta in California, i miei genitori sono entrambi medici e vorrebbero che anch'io lo diventassi»
«E a te piacerebbe?»
«Non proprio, insomma sono cresciuta con quest'idea per colpa dei miei genitori ma dopo due anni di università non ne sono più sicura» Vincent l'ascoltò con molto interesse, quella ragazza non solo era bella ma anche intelligente. «Pensi che questa scelta sia dovuta al fatto che i tuoi vogliono in un certo senso obbligarti o perchè vieni da dentro di te?» Jessica rimase in silenzio riflettendo. «Forse entrambe le cose, non voglio che mi impongano qualcosa, anche se ho sempre studiato medicina con passione»
«Beh potresti diventare veterinaria così accontenteresti i tuoi ma anche te stessa» Vincent sorrise e lei iniziò a ridere. «Sai che non è una cattiva idea?».
Rimasero nei boschi per molte ore, ma quando il sole iniziò a scendere dietro l'orizzonte, Vincent decise di tornare a casa. Non voleva che quei momenti con lei finissero, ma non poteva fare altro.
Jessica guardò per l'ultima volta il bosco, non sapeva se mai sarebbe tornata in quel posto, se mai avrebbe rivisto posti così belli.

 

Il cielo era gremito di stelle, in posti dove le grandi città non esistono, si può godere di uno spettacolo straordinario. Jessica alzò gli occhi e mise la mano sul pomolo della casa che l'aveva ospitata negli ultimi giorni, d'un tratto decise di memorizzare ogni cosa. Inaspettatamente Vincent, che si trovava dietro di lei, le prese la mano facendola voltare. Si osservarono per lungo tempo, fermi davanti alla porta. Quando lei cercò di parlare lui le diede un bacio sull'angolo della bocca. Jessica rimase paralizzata, quel bacio, seppur piccolo e innocente, le sembrò il più bello che lei avesse mai ricevuto.
Vincent non disse niente, le fece segno di aprire la porta e lei, ancora imbambolata, ubbidì entrando nel tepore della casa.

 

Jessica salì al piano di sopra, aveva bisogno di parlare con Cristel. La trovò seduta alla scrivania, stava scrivendo qualcosa su un foglio. «Ehi, ti disturbo?» Cristel smise di scrivere e posò il foglio nel cassetto della scrivania, poi si voltò e corse incontro all'amica. «Non mi disturbi mai! Dimmi, avanti sono curiosa» Jessica si portò le mani sul viso e si lasciò cadere su di una sedia. «Dio, non sai quanto sia difficile...» l'altra alzò un sopracciglio. «Cosa?»
«Resistere a tuo fratello!»
«E perchè devi farlo? Quando domani andrai via il cuore di mio fratello si spezzerà e se devo essere sincera anche il mio!» Jessica si tolse le mani dal viso e guardò Cristel. Si alzò e andò ad abbracciarla. «Ti prego, non dire certe cose, mi farai piangere»
«Ho sempre desiderato una sorella e da quando ci sei tu mi sembrava di averne una» disse Cristel con il viso imbronciato. «Dispiace anche a me lasciarvi, non sai quanto, ma è inevitabile» Jessica e Cristel rimasero in silenzio, abbracciate l'una all'altra.
Era strano trovare una amica in quelle circostanze, soprattutto in così pichi giorni. Jessica pensò che quando una persona si ritrova da sola, in un posto che non conosce, è inevitabile attaccarsi a qualcuno e cercare di costruire un rapporto. «Che ne dici se ci beviamo una cioccolata calda? È antidepressiva!» disse Cristel. «Ottima idea, sono contenta che i benefici della cioccolata siano arrivati anche in Alaska» le due ragazze scesero le scale ridendo.

 

Vincent era sulla sedia a dondolo che si trovava sul portico, muoveva leggermente le gambe per dondolarsi. La temperatura era scesa velocemente, ma essendo nato nel freddo non lo sentiva più di tanto. Era ridicolo pensare a quella ragazza in continuazione, però se una persona ti colpisce al primo sguardo non puoi farne a meno. Gli tornò alla mente la notte in cui la vide, sentì' istintivamente la voglia di proteggerla, di averla sua. «E così domani io e la ragazza ce ne torniamo alla civiltà!» disse Adam raggiungendo il fratello. «Ma almeno hai fatto pace con papà»
«Vero. Ma so che a te dispiacerà per Jessica e non per me» Vincent sorrise. «Ehi, sei mio fratello maggiore!»
«E non ho due occhi da cerbiatta. Senti non so davvero cosa consigliarti, voglio dire è impossibile!»
«È una conversazione che ho già intrapreso con Jessica e la parola “impossibile” è stata detta più volte...» Adam scosse la testa, suo fratello si era preso una bella cotta. «Io non vivo molto lontano dalla California, magari quando verrò a trovare voi la porto con me»
«Sarebbe un inizio» disse Vincent poco convinto. Adam guardò il bosco, in quei giorni, nonostante non volesse ammetterlo, era stato bene. Gli era mancata l'aria pulita e il freddo. «Andiamo a tavola, la mamma ci aspetta» i due fratelli entrarono dandosi delle pacche sulle spalle.

 

Betty si era data da fare per tutto il giorno, aveva cucinato un pollo arrosto con vari contorni, aveva preso il servizio buono e infine aveva apparecchiato con cura. Quando i ragazzi raggiunsero la sala da pranzo rimasero a bocca aperta, era tutto meraviglioso, inoltre il profumo invitante vagava per tutta la casa. «Tesoro, è magnifico!» disse Tom sedendosi a capo tavola.
«Ti sei superata anche stavolta» disse Noah stampandole un bacio sulla guancia. «Ogni tanto dovremmo ritrovare le buone maniere e mangiare come fa il resto del mondo» disse Betty sorridendo.
Vincent si sedette accanto ad Adam, Jessica e Cristel si trovavano proprio davanti ai due. Per tutto il tempo evitò lo sguardo di Vincent. Mangiarono di buon grado tutto quello che c'era sulla tavola, Betty era una cuoca eccezionale. Quando finirono Tom si alzò in piedi, prendendo un bicchiere. «Attenzioni ragazzi, volevo fare un brindisi. Brindiamo ad Adam, il mio figlio maggiore. So che mi sono comportato da stupido, ma anche i genitori sbagliano»
«Amen» disse Adam facendo un occhiolino al padre. Poi Tom riprese: «Voglio brindare a Jessica, che mi ha aiutato a far pace con mio figlio e perchè nonostante sia una di città sa il fatto suo»
«Ben detto papà!» esclamò Cristel alzando il suo bicchiere. Dopo poco tutti brindarono, ma Vincent aveva occhi solo per Jessica.

 

La stanza era completamente buia, ma la luce lunare filtrava attraverso la finestra. Jessica osservò tutto ciò che la diroccava, quella era l'ultima notte che passava in quel letto. La cena era andata bene, si erano divertiti e avevano mangiato benissimo, ma lei era triste, anche se cercava di non farlo trapelare. Guardando il soffitto si chiese se Vincent stesse dormendo, molto probabilmente era ancora sveglio, sul divano a contemplare la notte.
Si alzò lentamente dal letto e in punta di piedi camminò lungo il corridoio. Tutte le luci erano spente, ma non era detto che lui non ci fosse. Arrivò in salotto, sperando con tutto il cuore che lui fosse lì, ma quando osservò la stanza vuota la delusione fu enorme. Aveva perso la sua ultima occasione, non era destino, meglio lasciar perdere. «Cosa ci fai in piedi?» chiese Vincent bisbigliando. Jessica sobbalzò al suono della sua voce. «Sei pazzo? Stavo per morire d paura»
«Scusa, non volevo. Ero solo andato a prendere un bicchiere d'acqua» Jessica alzò una mano e la immerse nei capelli di lui. Quell'atmosfera era perfetta; il buio quasi totale, la luce lunare, il silenzio assoluto. I loro visi si avvicinarono. «Non avevi detto che è una cosa assurda?» disse Jessica in un sussurrò. «Infatti lo è...»
«Cosa stiamo facendo?»
«Non lo so. So solo che se non mi baci, qui, proprio adesso, domani non riuscirò a lasciarti andar via. Dammi solo un bacio, Jess, ne ho bisogno» Jessica si alzò sulla punta dei piedi e posò le labbra su quelle di Vincent. Il bacio più dolce.
Il bacio più buono.
Il bacio più giusto.
Il bacio più intenso, ecco come avrebbe potuto spiegare quel momento, se mai qualcuno glielo avesse chiesto.
D'un tratto le sembrò di volare, di poter fare qualsiasi cosa. Ma, purtroppo, come ogni cosa bella durò poco, dovettero allontanarsi. «Vince, mi dispiace...» Jessica si allontanò in fretta, salendo le scale senza guardarsi indietro. Vincent la osservò correre, ma non la seguì.

 

Il mattino seguente arrivò troppo velocemente, Jessica non aveva dormito, sentiva ancora il sapore del bacio della notte precedente. Sapeva di aver fatto un grosso sbaglio, ma non era una novità.
Scese al piano di sotto lentamente, sfiorando il legno delle pareti. Quando arrivò davanti alla porta, tutta la famiglia Sullivan, fatta eccezione per Vincent, la stava attendendo.
Li raggiunse, sentendo un nodo alla gola. «Sono felice che tu sia stata con noi, ma fa attenzione a non perderti di nuovo» disse Betty abbracciando la ragazza. «Lo farò» rispose lei sorridendo. «Sai che casa nostra è sempre aperta per te» aggiunse Tom. «Grazie per tutto quello che avete fatto per me, ve ne sarò eternamente grata» Jessica abbracciò Tom, Noah ed Adam. «Buon ritorno alla civiltà» disse quest'ultimo scompigliandole i capelli. «Anche a te, avvocato!».
Cristel si era tenuta in disparte, aveva le lacrime agli occhi. Jessica si rivolse a lei e l'abbracciò. «Ehi, non piangere. Siamo amiche, verrai a trovarmi in California» Cristel annuì, asciugandosi una lacrima. «Lo spero. Tieni prendi questa» disse porgendole una lettera. «Grazie, ma cos'è?»
«Leggila quando sarai di nuovo a casa, ti ricorderai di me» Jessica sorrise debolmente. «Come potrei dimenticarti? Io invece ho un regalo per te, prendi la mia macchina fotografica»
«Non potrei mai...»
«Ne posso sempre comprare un'altra, prendila» Cristel prese la macchina fotografica e la strinse al petto. «Grazie, Jess» le due ragazze si abbracciarono di nuovo.
Jessica aprì la porta ed uscì, ma prima osservò tutti i componenti della famiglia. «Grazie ancora! Siete delle persone stupende» gli altri la salutarono di nuovo e dopo qualche altro bacio e abbraccio finalmente rivide Vincent. Era in piedi vicino ad una furgone sgangherato. Jessica si avvicinò, non riusciva a guardarlo negli occhi. «Buongiorno...»
«Ho pensato che il furgone ci permetterà di arrivare prima» Jessica capiva la freddezza di Vincent, era una sorta di protezione, ma le faceva male comunque. «Molto meglio, avanti partiamo». Salirono entrambi senza aggiungere altro.

 

Durante il viaggio i due rimasero in silenzio, ogni tanto i loro sguardi si incrociavano, ma nessuno dei due aveva il coraggio di aprire bocca. Dopo circa un'ora e mezza le prime case del paese apparvero all'orizzonte. Jessica le osservò con malinconia, era tornata alla civiltà.
Vincent guidò fino all'albergo dei Rey, fuori non vi era nessuno. «Eccoci arrivati» disse Vincent spegnendo il furgone. «Perché non mi accompagni?» chiese lei. Vincent accettò e scese insieme a lei. Proprio mentre Jessica stava per fare un passo verso l'albergo una voce la fece voltare. «Jessica? Sei proprio tu?» Fran era dietro di lei. «Fran!» Jessica iniziò a piangere e corse verso l'amica. «Sei viva! Mio dio, sei viva!» urlò Fran emozionata. «Mi sei mancata tantissimo!» rispose Jessica abbracciandola con tutte le sue forze. «Ma dove diavolo eri finita?»
«È una lunga storia, ti racconterò tutto...» prima che potesse finire i suoi genitori le corsero incontro, erano stati richiamati dalle urla. Vivien e Roger l'abbracciarono, finalmente la loro piccolina era salva. «Jess, sei viva! Pensavamo fossi morta, bambina mia!» Vivien aveva la voce rotta dal pianto. Jessica era talmente emozionata che non riusciva a parlare, stava succedendo tutto troppo in fretta. «Lasciatela respirare» disse Roger asciugandosi una lacrima.
Vincent stava osservando tutto poco distante, non voleva intromettersi. Ma quando si voltò e vide un ragazzo uscire di corsa dall'albergo, capì immediatamente chi fosse. «Jess! Jess! Fatti abbracciare!» Jason le andò incontro e cercò di abbracciala ma lei rimase immobile. Vincent constasse la mascella dalla rabbia.
«Cosa ci fai qui?» chiese lei tesa. «Fran mi ha chiamato, e io sono corso subito qui»
«Ma che gentile...» disse Jessica spendendo un'occhiataccia all'amica. Fran mosse le labbra scusandosi. «Chi è quel ragazzo?» chiese infine Vivien. Jessica si avvicinò a Vincent e lo presentò a tutti i presenti. «Sapete, Vincent e la sua famiglia, mi hanno salvato la vita» iniziò a raccontare, a grandi linee, tutto quello che aveva passato. «Vi ringrazio davvero di cuore! Sono disposto a pagarvi per quello che avete fatto» disse Roger stringendo la mano del ragazzo. «Non c'è bisogno, l'abbiamo fatto con piacere»
Tutti lo imitarono, ringraziando e complimentandosi con Vincent, tranne Jason, che lo fissava con sospetto. «Adesso vorrei salutare Vincent, potete lasciarci da soli?». Gli altri ritornarono in albergo, dicendole che l'avrebbero aspettata. «Cosa ci fa qui il tuo ex?» chiese Vincent quando furono da soli. «Colpa della mia amica»
«Sei in ottime mani, ma fai attenzione a Jason, ho visto come ti guardava»
«Lo so, non voglio penarci adesso» i due si abbracciarono. «Ricorderò per sempre quel bacio» sussurrò Vincent all'orecchio di lei. «Anch'io...» si divisero e quella volta sarebbe stata l'ultima. Vincent salì sul furgone, non gli erano mai piaciuti gli addii e preferiva che finisse in fretta. «Arrivederci, Jess»
«Arrivederci» Vincent partì, lasciando da sola Jessica. Lo stava perdendo davvero, ed era impotente. Fissò il furgone finché non scomparì dalla sua vista.

 

Jason stava osservando la scena dal portico dell'albergo, quel ragazzo non gli piaceva affatto. Aveva notato subito il modo in cui Jessica lo guardava. Mentre con lui si era dimostrata fredda e distaccata, ormai lo odiava. Come si permetteva di trattarlo in quel modo? Dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Decise di farsi una camminata, non sopportava di vederla abbracciata a quel dannato contadino.
Camminò per dieci minuti, ritrovandosi davanti all'unico bar del paese. Decise di entrare, una birra lo avrebbe tirato su di morale.
Sedendosi al bancone del bar ordinò una birra, poi decise di chiedere al barista informazioni sulla famiglia Sullivan. L'altro rispose che non erano fatti suoi e che non andava in giro a sparlare delle persone. Jason lo maledisse mentalmente, ed iniziò a bere la birra. «Ehi, ragazzo, conosci i Sullivan?» chiese un uomo seduto in un angolo del bar. «In realtà no, non proprio» rispose Jason avvicinandosi all'uomo. Quando fu abbastanza vicino sentì la puzza di alcool che emanava. «Io li conosco bene, è gente poco affidabile»
«Dimmi quello che sai»
«Che ne dici se inizi tu? Magari mi offri anche una birra» Jason ci pensò su, ed accettò. Ordinò una seconda birra ed iniziò a raccontare quello che era successo. L'altro ascoltò con molta attenzione, annuendo ogni tanto. «Cazzate, il vecchio Buckster ti racconterà tutta la verità».

 

Spazio autrice:
Salve a tutti! Il quinto capitolo è pronto per voi, cosa ne pensate? Fatemelo sapere tramite una recensione. Come al solito ringrazio tutti quelli che leggeranno la mia storia :)

A presto,
MissKiddo

 

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Capitolo 6
*** Nostalgia ***


Capitolo 6

Nostalgia


Era ormai sera, la luna era alta nel cielo. Jessica era appena uscita dalla doccia, si sentiva confusa e malinconica. Quella giornata era passata in fretta, non sapeva da dove cominciare per spiegare quello che le era successo. Vedere i suoi genitori e Fran così distrutti la fece sentire in colpa, in fondo lei era stata benissimo e loro invece pensavano che fosse morta. Si vestì in fretta pensando che non aveva voglia di cenare, ma avrebbe dovuto farlo. Arrivò nel piccolo ristorante dell'albergo e sospirò. «Sono felice che non ti sia successo niente» disse la signora Rey con le lacrime agli occhi. Jessica sorrise. «Mi dispiace di aver combinato tutto questo casino»
«Sciocchezze, mio marito avrebbe dovuto avvertirti. Adesso va a sederti, i tuoi genitori e Fran ti stanno aspettando» Jessica si voltò e li vide al tavolo, congedò la signora Rey e si incamminò verso gli altri. «Ecco la mia piccolina!» esclamò Vivien prendendo la mano della figlia. «Sono distrutta, non ho molta fame» rispose lei sedendosi. «Beh, mi sembra ovvio. Non voglio neanche pensare a quanto fossi spaventata» disse Roger. Spaventata? Sono stata benissimo!. Pensò Jessica tristemente. «Avanti, raccontaci tutto! Siamo troppo curiosi. E poi quel Vincent non era niente male...» disse Fran spedendo un'occhiata maliziosa all'amica. «E va bene, racconterò tutto. Ma dov'è Jason?»
«Credo sia al bar, voleva festeggiare in solitudine»
«Dovrai anche spiegarci il motivo per cui tu e Jason vi siete lasciati» disse Vivien tenendo fisso lo sguardo sul bicchiere di vino. «Magari questo lo rimandiamo a domani»
«Va bene, ma adesso racconta» Jessica sospirò mestamente e raccontò tutto, o quasi. Tralasciò il bacio con Vincent e il fatto che si piacessero, era superfluo. Gli altri ascoltarono in silenzio, increduli. «Santo cielo! Quella famiglia è strana, come si può vivere in questo modo? Ma sono felice che tu abbia trovato delle persone gentili» disse sua madre. «Gentilissimi, davvero...»
«Bah, senza telefono. Se non fossero così ottusi avrebbero potuto chiamare l'albergo e questo casino si sarebbe potuto evitare» Roger parlò con disprezzo, il classico disprezzo che aveva per tutto ciò che non era perfetto. «Caro, l'importante è che Jessica sia sana e salva»
«Giusto, brindiamo alla nostra Jess, la ragazza persa nel bosco!» Fran alzò il bicchiere e fissò Jessica, meglio sdrammatizzare.
Mangiarono in silenzio, erano tutti molto stanchi. Poi Roger alzò la testa e guardò sua figlia, notò la malinconia e non ne capì il motivo. «Hai pensato all'università?» chiese infine. Jessica alzò gli occhi al cielo, di nuovo con l'università, gli piaceva manipolare le sue scelte. «Ero sperduta nel nulla, pensi che abbia avuto il tempo di pensare a questo?» rispose lei torva. «Jess, penso che la facoltà di medicina sia la miglior cosa per te. In questi due anni hai sempre passato gli esami con ottimi voti...» Jessica lo interruppe con un gesto della mano. «Papà, per favore! Non è il momento, ti ho detto che avrei pensato...»
«E non l'hai fatto. Domani io e tua madre dobbiamo ripartire, sai che il lavoro di medico comprende anche questo, non possiamo mancare troppo a lungo, però da molte soddisfazioni. Inoltre abbiamo preso due nuovi biglietti per te e Fran, domani tornerete a casa anche voi» Jessica strinse i pugni, sempre a comandarla, sempre a costringere a fare quello che voleva lui. «Non ho nessuna intenzione di partire domani» disse Jessica decisa. Fran e Vivien si voltarono verso di lei, non era possibile che le volesse rimanere in quel posto. «Ma Jess... dopo quello che è successo» disse Fran pregandola con gli occhi. «Questa è la mia vacanza, giusto? Per pensare al mio futuro. E poi è già tutto pagato, mi sembra una spreco. Io sto bene come potete vedere» Roger alzò un sopracciglio. «Credo che il freddo ti abbia dato di volta al cervello» Jessica si alzò in piedi, facendo cadere la sedia. «NO! Basta papà, ascoltami. Sono grande abbastanza da prendere le mie decisioni. Io rimarrò qui per la settimana rimanente, e voi non potete impedirmelo» gli altri rimasero di stucco, non si aspettavano una reazione del genere. Jessica non aggiunse altro, tornò in camera sua correndo.

 

Vincent non tornò subito alla fattoria, preferì fermarsi in una radura e rimanere in silenzio a guardare il panorama. Cosa gli stava succedendo? Aveva perso la testa per quella ragazza, ma era impotente. Tutto sembrava sbagliato, tutto sembrava accaduto troppo in fretta. La sua vita era alla fattoria, non aveva dubbi, ma avrebbe messo in discussione anche questo se sarebbe servito a rivederla. Scosse la testa, nervoso. Rimase fermo ancora per un'ora, poi quando la tristezza sembrò abbandonarlo per un po,' ripartì.
Quando tornò a casa rimase per tutto il pomeriggio seduto, non aveva voglia di tagliare la legna, sistemare il capanno o andare a caccia, tutte quelle cose gli ricordavano Jessica. Poteva ancora sentire il profumo dei suoi capelli, la morbidezza delle sue labbra.
Arrivò la sera e lui neanche se ne accorse, mangiò poco e poi si chiuse nella sua stanza. Dopo poco sentì bussare, Adam entrò senza aspettare risposta. «Io vado, mi accompagnerà papà» Vincent si alzò e abbracciò il fratello. «Buon viaggio, torna presto a trovarci fratellone» cercò di sorridere debolmente. «Promesso! Ma tu non essere cosi depresso, cristo! Ma ti sei visto?»
«Non so cosa farci» rispose lei ributtandosi sul letto. Adam sospirò e si sedette accanto al fratello. «Ehi, è andata, okay? Se vuoi davvero quella ragazza, vai a riprenderla»
«Certo, e credi che a lei farebbe piacere stare qui? Per favore, ragiona»
«Non lo so, ma anche a lei piaci, ne sono sicuro!» Vincent si voltò verso il fratello e scosse la testa. «Ci siamo baciati...» Adam sgranò gli occhi. «Lo sapevo! Cosa aspetti, Vince, vai da lei!»
«Preferisco rimanere qui e deprimermi» Adam diede una pacca sulla spalla all'altro, sapeva che l'unico che poteva fare qualcosa era proprio Vincent, non voleva insistere. «Fammi sapere se cambierai idea o se avrò dei nipotini...» Vincent sorrise. «Idiota! Vai prima che papà cambi idea» si abbracciarono di nuovo.
Cristel stava ascoltando la conversazione da dietro la porta di Vincent, non voleva farsi scoprire. Sperò che la lettera che aveva scritto a Jessica funzionasse.

 

Jessica entrò in camera come una furia, suo padre aveva esagerato, come al solito. Lei non si sarebbe mossa, voleva rimanere lì e continuare la sua vacanza. E se vado via non vedrò mai più Vincent. Cercò di scacciare quel pensiero.
Cercò di distrarsi ed aprì lo zaino che aveva quando si era persa, dentro trovò la lettera che aveva scritto Cristel, ricordò le sue parole e sedendosi sul letto l'aprì. Vedere la calligrafia chiara e precisa di Cristel le fece provare una fitta di nostalgia. Non era passato neanche un giorno ma già le sembrava che quell'esperienza fosse passata da anni, o come un sogno lontano. Iniziò a leggere, cercando di pensare ad altro.


Cara Jessica,
Forse sono esagerata, anzi, quasi sicuramente lo sono, ma penso di aver trovato in te un'amica, una sorella. Nonostante i pochi giorni in cui siamo stati insieme abbiamo creato un legame e questo tipo di legame non si spezzerà mai, ne sono sicura.
Se penso che non ci rivedremo più provo malinconia e tristezza, ma forse un modo per rivederci c'è, anche se tu non lo vuoi ammettere. Sicuramente mancherai molto anche a mio fratello, ma lui è orgoglioso e non ama essere invadente, quindi non ti chiederà di rimanere. Se guardi bene nel tuo zaino, vedrai che manca la maglia rosa che mia madre ha lavato. Beh, dovresti venire a prenderla, non credi? Sarebbe un peccato lasciarla qui. Ti aspetto... ti aspettiamo Jess.


Jessica alzò gli occhi dalla lettera, aveva quasi le lacrime agli occhi. Cristel era una ragazza eccezionale, sapeva che lei non sarebbe tornata se Vincent non gliele avesse chiesto e soprattutto non sarebbe tornata senza un motivo, seppur banale come prendere una maglia. Sorrise debolmente, era ancora più sicura di voler rimanere per la sua vacanza.
Era ancora seduta sul letto quando Fran entrò in camera. «Ehi, tuo padre è sempre più simpatico!» esclamò lanciandosi sul letto. «Vero? Me ne sono accorta anch'io. Mi trattano da poppante»
«Giusto un pochino... Jess, non innervosirti»
«Non lo farò, credo che alla fine capiranno. Ah volevo ringraziarti per aver chiamato Jason» disse Jessica ironica. «Ero sconvolta, okay? Non pensavo che si sarebbe precipitato qui»
«Lo odio! Non sarebbe dovuto venire» Fran si massaggiò le tempie e poi, prendendola per le spalle, fece sdraiare Jessica. «Parliamo d'altro. Ma davvero vuoi rimanere?» chiese seria. «Assolutamente si, sono più decisa che mai. E domani parlerò con Jason, lui dovrà tornare a casa»
«Come minimo. Ma sappi che io ci sono. Rimarrò con te, amica» Jessica iniziò a ridere. «Tu? Sei sicura?»
«Certo, credi che ti lascerei di nuovo? Ti ho lasciata per dieci minuti nel bosco e sei scomparsa» iniziarono a ridere entrambe. «Sono felice, grazie, Fran. Sei un'amica»
«E Cristel, la sorella di quel Vincent? Non avrà mica preso il mio posto...»
«Nessuno prenderà mai il tuo posto. Però è un'amica anche lei, dovresti conoscerla» Fran ci pensò su. «Vedremo. Però sono più curiosa di conoscere Vincent, è uno strafigo!» Jessica cercò di rimanere impassibile. «Passabile» rispose con non noncuranza. «Oh, beh, non capisci niente!».

 

Le due ragazze si misero sotto le coperte, avrebbero dormito insieme, nello stesso letto. Erano sdraiate già da dieci minuti, fuori il vento fischiava e le stelle brillavano più che mai. Jessica era ancora sveglia, guardava il soffitto fatto di legno. Pensò a Vincent, sicuramente era ancora sveglio. Anche lui stava pensando a lei? Non lo avrebbe mai saputo, ma le mancava. Chiuse gli occhi e evocò la sua immagine, i suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli lunghi e morbidi, la sua bocca. L'altra si rigirò nel letto, e fissò Jessica nel buio. «Ti piace, vero?» Jessica sgranò gli occhi e si irrigidì, Fran aveva fiuto per quelle cose. «Molto»
«Lo avevo capito, stavi praticamente sbavando. Vi siete baciati?»
«Si»
«Sapevo anche questo. Beh cerca di non pensare a lui, sennò non dormirai più. Domani mattina affronteremo anche questo argomento» Jessica sorrise. «D'accordo. Ti voglio bene, anche se i tuoi poteri strani mi fanno paura»
«Pff, ti voglio bene anch'io» si addormentarono entrambe, abbracciate l'una all'altra.

 

Jason era rimasto per tutto il pomeriggio nel bar, ormai era ubriaco e imbambolato. I Sullivan erano dei rapitori e stupratori, così gli aveva detto Buckster. Jason credette ad ogni singola parola, dato tutto l'alcool che aveva ingerito. «Sicuramente avranno minacciato la tua amica per non farla parlare» disse Buckster scolando l'ennesimo bicchiere di vino. «Si, si. L'ho vista come guardava quel contadinello»
«Sai cosa ti dico? Quei porci vanno puniti» Jason strinse i pugni ed annuì. «Facciamolo, pesterò quel bastardo!»
«Con calma, non dobbiamo farci scoprire. Adesso dovrai andare all'albergo, senza farti notare. Lascerai un biglietto in cui scriverai che devi andar via. Prendi la tua roba, io ti aspetterò con il mio furgone all'uscita». La parte razionale di Jason urlava di non stare a sentire quel vecchio pazzo, ma poi le immagini di lei che abbracciava quel Vincent gli affollavano la mente. Doveva fare assolutamente qualcosa, Jessica era solo sua. Anche se molte volte lo faceva infuriare ed era costretto a picchiarla. «Bene, faremo così» disse infine.

 

Jessica stava ormai dormendo, ma un rumore di passi proveniente dal corridoio le fece aprire gli occhi. Guardò la piccola sveglia sul comodino e vide che erano le due di notte. Pensò che fosse Jason, voleva assolutamente parlargli. Si alzò molto lentamente, cercando di non svegliare Fran. Quando fu nel corridoio, vide una figura che si muoveva. «Jason...» disse lei sussurrando.
Jason sobbalzò vistosamente, ma quando, voltandosi, vide Jessica sorrise. «Ehi, che ci fai sveglia?» quando parlò Jessica sentì la puzza di alcool. «Hai bevuto?» chiese disgustata. «Qualche birra...»
«Ti sei bevuto il cervello. Come ti sei permesso di venire qui?» Jason la fissò, l'amava ancora moltissimo e aveva tanta voglia di strozzarla. Gli capitava spesso di pensare questo genere di cose e in parte ne aveva paura. «Io mi sarei bevuto il cervello? E tu che te la fai con i contadini?» Jessica sgranò gli occhi. «Ma cosa stai dicendo?»
«Lo so che quello zoticone ti ha stuprata e magari anche il resto della famigliola, eh? E secondo me non ti hanno minacciata, a te è semplicemente piaciuto...» Jessica non capiva cosa stesse dicendo, stuprata? Pensò che fosse l'alcol a parlare. «Jason, sei pazzo. Vai a letto e fatti una bella dormita...» Jason la interruppe bruscamente, mettendogli una mano alla gola. I suoi occhi si muovevano freneticamente, non sembrava più lui. «Tu non mi dai ordini, siamo intensi?» il panico di Jessica stava crescendo, conosceva quell'espressione, l'avrebbe sicuramente picchiata. Si limitò ad annuire, gemendo per la paura. Jason la lasciò andare, spingendola verso il muro. «Ecco, bene. Io me ne torno a casa, non resto qui per vedere la mia ragazza che se la spassa con un'imbecille!»
«Non stiamo più insieme, cristo!»
«Certo che non stiamo più insieme, sei una puttana!» Jessica decise di non ribattere, non voleva prendersi un altro schiaffo, o peggio. Rimase in silenzio, calde lacrime iniziarono a rigarle il viso.Jason la osservò con disgusto, aveva sempre pensato che lei fosse una brava ragazza, ma si sbagliava. Entrò nella sua stanza e prese le poche cose che aveva.
Jessica era ancora appoggiata al muro del corridoio, sperò con tutto il cuore che nessuno si accorgesse di ciò che stava accadendo. Dopo poco Jason uscì dalla stanza con uno zaino sulla spalla. «So che a Fran hai raccontato dello schiaffo... beh, non c'è niente di male. Ma ricorda, se racconti anche il resto, mi arrabbierò molto. Beh, addio, Jess» Jessica chiuse gli occhi, il cuore iniziò a batterle all'impazzata. Era vero, non aveva raccontato tutta la verità a Fran. Non l'aveva picchiata solo una volta, ma non voleva dirlo a nessuno, se ne vergognava. Lo guardò scomparire lungo il corridoio, e appena se ne fu andato scivolò in ginocchio. Pianse per alcuni minuti, ma sospirò. In fondo era andato via, non le avrebbe più dato fastidio. Lo odiava, ma odiava anche se stessa, le aveva permesso di picchiarla, di farla vivere nel terrore.

 

Buckster era seduto nel suo furgone, tamburellava le dita sul volante. Aveva paura che il ragazzo stesse raccontando tutto. Prese una sigaretta e iniziò a fumare, non voleva tornare in carcere.
Scosse la testa, non credeva che un uomo di città si sarebbe fatto prendere in giro così facilmente. Gli aveva raccontato un sacco di bugie e l'altro ci aveva creduto ciecamente, quindi si convinse che il ragazzo sarebbe tornato senza dire niente a nessuno. Sorrise nel buio, in due sarebbe stato molto più facile aggirare i Sullivan, e poi aveva scoperto il punto debole di Vincent, cosa c'era di meglio? Un movimento sulla strada lo distolse dai suoi pensieri, Jason stava tornando.
Era soddisfatto ed eccitato. Quella stupida pensava che se ne stesse andando e invece avrebbe avuto la sua vendetta, non voleva essere preso in giro da una ragazza. Aprì la portiera del furgone e salì. «Hai lasciato il biglietto?» chiese Buckster prendendo una boccata di fumo dalla sigaretta. «No, ho incontrato Jessica lungo il corridoio...» Buckster ringhiò. «Le hai parlato di me? Pezzo di idiota!»
«Ehi, calma, amico. Non ho detto niente» l'altro di calmò. «Perfetto, sei un tipo in gamba»
«Certo che lo sono, avevi dubbi? Adesso andiamo via, prima che ci veda qualcuno». Buckster ingranò la marcia e partì. Guardò il ragazzo e sorrise, pensando che fosse uno sciocco, avrebbe dovuto eliminare anche lui una volta finita la sua vendetta.

 

 

Spazio autrice:
Eccomi, come state passando le vacanze di Natale? Vi faccio gli auguri, anche se in ritardo! Ma passiamo alla storia; cosa ne pensate? Le cose si stanno facendo sempre più interessanti. Forse Jessica tornerà alla fattoria! Come al solito ringrazio tutti quelli che leggeranno la mia storia e chi la metterà tra le preferite/ricordate/seguite. Mi raccomando, recensite, è gratis :)
A presto,
MissKiddo

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Capitolo 7
*** Sto tornando ***


Capitolo 7

Sto tornando


Jessica stava seduta sulla sedia a dondolo che si trovava sul portico dell'albergo. Era molto presto e faceva freddo ma non le andava di muoversi, stava pensando alla notte precedente. Non aveva dormito molto dopo l'incontro con Jason. Cosa aveva quel ragazzo di sbagliato? Forse era colpa sua se lui si comportava in quel modo, doveva smetterla di permetterglielo. Sospirò, dalla bocca le uscì una nuvoletta di fumo. L'importante era che non lo avrebbe più rivisto, se ne era andato e a lei bastava questo per stare tranquilla.
Alzò il viso e scrutò l'orizzonte, il cielo era terso e ancora violaceo a causa dell'alba. Quel posto era un paradiso, così calmo e silenzioso. Chissà cosa stava facendo Vincent in quel momento? Ripensò ai suoi occhi e percepì un fremito lungo la schiena. «Dormito bene?» Jessica si voltò al suono della voce di suo padre. «Non molto» Roger si avvicinò alla figlia e si sedette accanto a lei, porgendole una tazza di caffè caldo. «Voglio scusarmi per ieri sera, sono stato troppo brusco...»
«Non sei brusco, sei solo convinto che io sia ancora una bambina che non può prendere decisioni» Roger la fissò per alcuni secondi, sua figlia aveva ragione. Nella sua testa lei era ancora una bambina di quattro anni che giocava in giardino, era così tenera. Ricordò come lo guardava, come se lui fosse un eroe. «Hai ragione, lo ammetto. Ma è perchè ti voglio bene e cerco di proteggerti»
«Papà...» Jessica non riuscì a trattenere le lacrime. Si sentiva in colpa per ciò che era successo poche ore prima e le mancava Vincent, così si sfogò con suo padre. «Piccola, cosa c'è che non va?» Jessica poggiò la testa sulla spalla di Roger. Non poteva dire la verità. «Non lo so, mi sento... strana»
«È perchè vuoi rimanere qui per un'altra settimana?» Jessica annuì lentamente continuando a piangere. «Beh, va bene. Puoi restare, tanto è già tutto pagato»
«Prometto che penserò all'università, sceglierò finalmente cosa fare» disse lei asciugandosi le lacrime. Roger la guardò dritta negli occhi. «Voglio che tu sia felice, pensa bene a cosa dovrai fare, intesi?» Jessica si morse il labbro inferiore. Sapeva che stava mentendo a suo padre, ma non poteva dirgli che voleva rimanere per stare con Vincent. «Intesi» rispose infine cercando di avere un tono di voce sicuro. Roger parve soddisfatto. «E Jason dove è finito?»
«È andato via questa notte, ha detto che doveva tornare immediatamente a casa» Roger era pensieroso. «Ha avuto un'emergenza? Sai ancora non ho ben capito il motivo per cui vi siete lasciati...» Jessica si irrigidì, doveva di nuovo mentire a suo padre. «Semplicemente non avevamo più niente in comune, anzi, credo che non abbiamo mai avuto niente in comune. Quando ci siamo conosciuti eravamo due ragazzini e adesso siamo cresciuti...»
«Forse è meglio così, non mi ha mai convinto quel ragazzo. Molto spesso ho pensato che mi leccasse il culo!» Jessica sgranò gli occhi. «Ma papà!» esclamò iniziando a ridere. Roger rise insieme a sua figlia. «È meglio che io vada da tua madre, stiamo preparando le valigie» disse lui alzandosi. «Va bene, verrò a darvi una mano» Roger entro nell'albergo sghignazzando ancora. Jessica sorrise, molto spesso non era d'accordo con suo padre, avevano un rapporto conflittuale, ma lo amava.

 

Vivien stava mettendo i vestiti in una grande valigia di chanel. Quando sentì bussare alla porta pensò che fosse suo marito e invece si ritrovò di fronte sua figlia. «Serve aiuto?»
«Certo, vieni. Tu hai già fatto la valigia?» Jessica entrò nella stanza rimanendo in silenzio. «No, non verrò con voi. Rimarrò per un'altra settimana» Vivien inorridì alle parole della figlia. «Assolutamente no! Non voglio che tu ti perda ancora e mi faccia provare quel dolore...»
«Mamma... non mi perderò di nuovo, starò attenta. Quante probabilità ci sono? Ho già parlato con papà, lui è d'accordo» Vivien si voltò verso la figlia, il suo sguardo era colmo di tristezza. «E io? Non conto niente?»
«Cosa dici? È ovvio che mi interessa il tuo parere, ma io ho il diritto di decidere della mia vita» Vivien si sedette sul letto e abbassò il viso verso il pavimento. «Quindi ha deciso di rimanere?»
«Ne sono assolutamente sicura. Tornerò tra una settimana sana e salva» Jessica si avvicinò alla madre e le diede un bacio sulla guancia. «E va bene. Ma promettimi che starai molto attenta!»
«Lo farò!».

 

Cristel si trovava sul sentiero che portava alla fattoria, scrutava l'orizzonte, come se stesse aspettando qualcuno. Sapeva che Jessica sarebbe tornata, ma ogni volta una voce interiore le bisbigliava che era una sciocca. «Cosa stai facendo?» Cristel quasi sobbalzò. Voltandosi vide suo fratello Vincent. «Niente...stavo raccogliendo i mirtilli...» Vincent inclinò la testa verso sinistra, la stava studiando. «Sul sentiero?» chiese sospettoso. «Si, cosa c'è di male?»
«Niente, stavo solo chiedendo» per fortuna poco distante vi erano veramente dei mirtilli, così Cristel, si avvicinò e iniziò a mangiarli. «Come stai?» chiese infine con la bocca piena di frutti viola e gustosi. «Sto bene...» rispose Vincent osservando il cielo. «A me non sembra proprio»
«E perchè lo pensi?»
«Ti manca Jessica, l'ho capito, sai...» Vincent sorrise e scompigliò i capelli della sorella minore. «Sei gentile sorellina, ma devi farti i fatti tuoi»
«E a cosa servirebbero le sorelle minori? Vincent perchè non vai da lei?»
«Ma cosa avete tutti? Secondo te dovrai andare in città, urlare il suo nome e poi portarla qui in sella ad un cavallo bianco?»
«Si, più o meno» Vincent scosse la testa. «Probabilmente sarà già tornata in California»
«Secondo me no. Anche lei ti sta aspettando, ma non lo capisci? È cotta di te!» Vincent inarcò un sopracciglio. «Cristel, lascia perdere. Torniamo a casa»
«E va bene! Ma sei proprio cocciuto!» disse lei lanciandogli un mirtillo sulla fronte. «Come osi!» Cristel iniziò a correre ridendo, Vincent la inseguì.

 

Vivien e Roger stavano attendendo l'autobus che li avrebbe portati all'aeroporto. Jessica e Fran erano accanto a loro. «Quindi... ne sei proprio sicura?» chiese Vivien preoccupata. «Si, mamma, sicurissima»
«La terrò d'occhio io» aggiunse Fran sorridendo. «Beh, non l'hai tenuta d'occhio quando si è persa» disse Roger. Fran arrossì e rimase in silenzio, cosa avrebbe potuto dire? Un grande autobus si avvicinò e si fermò davanti a loro. Vivien si voltò verso Jessica e la strinse, mentre Roger caricò le valigie. «Fa attenzione. Ci vediamo tra una settimana» disse Roger abbracciando la figlia. «Promesso, adesso andate o arriverete in ritardo. I due salirono sull'autobus e presero posto. Vivien si avvicinò al finestrino e salutò con la mano le due giovani rimaste fuori. Poco dopo partirono. Jessica e Fran rimasero ancora per qualche minuti a fissare il pullman che si allontanava, divenendo sempre più piccolo. «Non hai detto ai tuoi genitori che tornerai da quel tipo, vero?»
«Purtroppo no...» Fran osservò il cielo. «Stai diventando una cattiva ragazza»
«Per forza, mi contagi» le due ragazze risero. Jessica stava pensando ad una sola cosa: voleva assolutamente rivedere Vincent.

 

Fran stava mangiando avidamente la torta alle mele che aveva ordinato. Lei e Jessica erano andate a fare colazione nella piccola tavola calda che si trovava al centro del paese. «Quindi? Cosa dobbiamo fare?» chiese Fran masticando con la bocca aperta. Jessica prese un sorso del suo caffè e poi parlò: «La sorella di Vincent, Cristel, mi ha dato un lettera prima che io me ne andassi»
«E cosa c'era scritto?»
«Che ho dimenticato la mia maglietta a casa loro, non posso di certo lasciarla» Fran sorrise. «Furba la ragazza!»
«È simpatica, ti piacerà!» Fran continuò a mangiare la sua torta, pensierosa. «Come faremo a trovare la fattoria?» Jessica rimase in silenzio, non ci aveva pensato.
«Credo di ricordare la strada, ci servirebbe una macchina»
«Che vuoi che sia trovare una macchina... Jess, sveglia!»
«Potremmo chiedere ai Rey, avranno una macchina» Fran guardò fuori e poi bevve dell'acqua. «Dovremmo chiedere. Ma dimmi, che fine ha fatto Jason?»
«Semplicemente ha capito che non volevo vederlo ed è tornato a casa»
«Meglio così. Secondo me era super geloso di Vincent» Jessica non rispose, voleva cambiare argomento. «Che ne dici se andiamo a chiedere la macchina?» chiese infine. «Va bene, ma prima finisco la torta!» Jessica roteò gli occhi.

 

Jason osservava il piccolo capanno in cui lo aveva condotto Buckster. Era un piccolo tugurio sudicio e pericolante. Buckster scese dal furgone e poi raggiunse il suo nuovo amico. «Che te ne pare?» chiese subito dopo aver sputato per terra. «Questa sarebbe casa tua?» Jason aveva il viso nauseato. «Un tempo lo era, in Alaska ci basta poco per vivere»
«Ci crollerà sulla testa» bisbigliò Jason calciando un sasso poco distante. Buckster finse di non aver sentito ed entrò lasciando il ragazzo da solo.
Jason era frastornato, la sbornia della sera precedente lo aveva destabilizzato. Stava davvero facendo la cosa giusta? Decise di raggiungere Buckster e chiarire qualche dubbio. «Quindi? Cosa dovremmo fare?» Buckster si tolse le scarpe logore e si accasciò sopra ad un divano sporco. «Per prima cosa dormiremo, agiremo con il buio»
«Non voglio avere dei casini» Buckster lo fissò. «Quali casini? Ti ricordo che quei tipi hanno stuprato la tua ragazza!» Buckster voleva insistere sullo stupro, sembrava che facesse molto effetto al ragazzo. Jason sembrò pensarci. «Qual'è il piano?» Buckster sospirò, aveva mal di testa e voleva soltanto dormire. «Dobbiamo rapire la sorella di quel tipo... non è un bel dispetto?» Jason strinse i pugni. «E io cosa ci guadagno?»
«Vincent ne sarà distrutto, e tu vuoi vederlo distrutto, non è così?»
«È così, ma...» l'altro lo zittì con un gesto della mano. «Sono sicuro che la tua bella fidanzatina tornerà dai Sullivan» Jason serrò la mascella. «No... non lo farà»
«Io penso di si. Senti, la strada qui fuori porta alla fattoria, stai pure a fare la guardia e vedrai che passerà da qui» Jason camminò avanti e indietro, stava iniziando ad innervosirsi. Rapire una persona era una cosa grave, lo sapeva bene. Ma in fondo avrebbero fatto un favore a quella povera ragazza, costretta a stare con uomini così cattivi e depravati. «Se Jessica passerà di qui, ti aiuterò» Buckster sorrise, compiaciuto. «Bene, vai pure fuori, ma non farti vedere. Adesso lasciami dormire» Jason uscì senza aggiungere altro.

 

Gilbert portò la macchina fuori dal garage, non la usava spesso, ma era ancora in ottime condizioni. Fran e Jessica stavano aspettando. «Ecco a voi le chiavi» disse Gilbert una volta uscito dalla macchina. «Grazie, le siamo molto grate signor Rey» disse Fran. «Ma state attente, rimanete sempre sulla strada»
«Certo, lo faremo» Gilbert le osservò ancora, non era sicuro di aver fatto la cosa giusta lasciando le chiavi. Ma lo avevano pagato bene e poi era sicuro che non si sarebbero cacciate in altri guai. Dopo averle salutate tornò all'albergo.
Jessica aveva le chiavi, non le restava che partire. «E se poi lui non vuole rivedermi?» chiese improvvisamente quando accese l'auto. «Non succederà» rispose Fran sicura. Jessica ingranò la prima e partì. L'auto era vecchia e le marce erano dure ma riuscì a guidare tranquillamente. Ogni metro di strada la portava sempre più vicina a lui. Scoprì di ricordare perfettamente la strada.
«Mi dicevi che Vincent ha due fratelli...» disse Fran guardando fuori dal finestrino. «Esatto, ma uno è partito. Noah è molto simpatico, secondo me ti piacerà»
«Ed è figo?» Jessica rise. «Lo è» Fran iniziò a battere le mani. «Incredibile, hai trovato una famiglia sperduta nel nulla con geni niente male». Continuarono il viaggio in silenzio, Jessica era presa dalla strada e Fran era meravigliata dalla bellezza che la circondava, stava rivalutando la natura.

 

Jason stava aspettando ormai da ore, ma il sentiero era silenzioso. Iniziò a pensare che quel vecchio ubriacone fosse soltanto un bugiardo. Voleva davvero rapire una ragazza? Ci pensò su e decise che se avesse veramente visto Jessica tornare dai Sullivan l'avrebbe fatto. Nessuna ragazza lo avrebbe ridicolizzato in quel modo.
Proprio mentre stava per perdere le speranze sentì il rumore di un auto, decise di nascondersi in mezzo agli alberi. Aspettò con ansia, l'avrebbe vista? Dopo pochi minuti vide un vecchio macinino arancione. Si sporse in avanti per vedere meglio e la vide. Jessica stava guidando l'auto e accanto a lei c'era Fran. «Quelle puttane!» esclamò sottovoce. Mentre imprecava notò che Fran lo stava guardando, ma non lo aveva visto era impossibile. Si ritirò dietro all'albero e respirò a fondo. Giurò a se stesso che l'avrebbe fatta pagare a quella stupida. Voleva farla soffrire e sapeva perfettamente cosa fare.

 

Fran si strofinò gli occhi con la mano, aveva visto bene? Le era parso di vedere qualcosa tra gli alberi. «Hai visto anche tu?»
«Cosa?» chiese Jessica rallentando. «Mi sembra di aver visto Jason nel bosco...» Jessica sorrise. «Ti rendi conto di quello che hai appena detto? Jason ormai sarà in California» Fran sapeva che era una cosa assurda, probabilmente era stata la neve che l'aveva abbagliata. «Hai ragione! È una sciocchezza»
«Esatto. Forse era un cervo» Fran non era sicura, ma non voleva insistere. «Già, scusami, è che sono emozionata!»
«Siamo quasi arrivati. Non farmi fare figuracce!»
«Certo che lo farò!» Jessica diede un un pizzicotto sulla coscia dell'amica e rise. «Ehi! Mi hai fatto mal...» Fran non finì la frase, di fronte a se vide la fattoria, la osservò in silenzio. Finalmente erano arrivate.

 

Spazio autrice:
Eccoci arrivati al settimo capitolo! Cosa ve ne pare? Inutile dire che Buckster e Jason formano la coppia più insopportabile del mondo! Mi raccomando, recensite e ditemi tutto ciò che pensate! Grazie a tutti quelli che leggeranno la storia.
A presto,
MissKiddo

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