We will meet again.

di Happy_17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Allora facciamo una scommessa. ***
Capitolo 2: *** Un re ed una regina. ***
Capitolo 3: *** Se vincerai. ***
Capitolo 4: *** Per mantenere quella promessa ***



Capitolo 1
*** Allora facciamo una scommessa. ***


"Natsuu! Guarda!"
"Che vuoi Lucy?" 
"Mi hanno dato la cintura gialla!"
"Neanche avessi detto che ti hanno dato la nera!"
"Non essere sciocco, non me la possono dare ho solo sei anni!"
"Tanto non te la darebbero, non sai combattere!"
"Questo non è vero!"
Mi svegliai. Erano anni che non sognavo quel ragazzo dai buffi capelli rosa. Un moto di nostalgia mi pervase facendo affiorare sulle mie labbra un sorriso triste.  Erano passati due anni dall'ultima volta che avevo parlato con lui. Da quando ci eravamo lasciati.
Io e Natsu ci conoscevamo sin da bambini, eravamo sempre stati amici o forse qualcosa di più. Ricordavo ancora quando i primi anni di judo non riuscivo a fare bene le tecniche. Mi diceva sempre che se non mi fossi arresa sarei diventata brava. Che non dovevo vergognarmi perché potevo farcela, ma non dovevo piangere. Suppongo sia la cosa più simile all'amore a cui due bambini di sei anni possano arrivare.
Credevo che il mondo si fermasse lì. Che non ci fosse altro fuori da quella palestra. E se anche ci fosse stato a me non importava.
Crescendo ci rendemmo conto che eravamo molto di più che amici di infanzia: lui diventò il mio ragazzo e la mia prima volta di ogni cosa.
Finché suo padre non ci lasciò. Tutto cambiò. Noi cambiammo. Fummo costretti a crescere di punto in bianco, ma avevamo quattordici anni. Quanto grandi si può essere a quell'età?
Con questi pensieri in testa, mi preparai per andare in palestra. Avevo continuato a coltivare la mia passione fino al raggiungimento della tanto agognata cintura marrone. Natsu invece aveva smesso, ormai non si allenava più. Lo vedevo ogni tanto di sfuggita. Accennava un sorriso nella mia direzione o a volte si limitava a un cenno di saluto, ma niente di più. Estranei. Ecco cosa sembravamo. Dopo una anni e anni passati a sostenerci l'un l'altro adesso nella sua vita avevo solo un ruolo marginale, tutto quello che avevamo passato insieme, tutto quello che avevamo condiviso era rinchiuso lì, in quel misero cenno che io non avrei rivolto neanche al peggiore degli animali.
Varcata la soglia della palestra trovai già Erza sul tatami. Anche lei era una mia amica di infansia, come quasi tutti in quella palestra in realtà. Molti dicevano che era un demone perchè quando combatteva sapeva essere davvero spaventosa. 
"Lucy!!"
"Erza!"
Salutai con un sorriso tirato.
"Va tutto bene? Hai una faccia."
Erza non è mai stata una persona che ha tatto, non lo faceva per male, questo è ovvio, solo che ogni tanto mi non sarebbe stato male usare un po' di diplomazia, ecco tutto.
"Si, certo sto bene!" Risposi "Vado a cambiarmi."
Dopo aver indossato il judogi salii sul tappeto e cominciai con una corsa leggera. Finché il maestro non ci chiamò a raccolta.
"Ragazzi! Tra poco inizierà un torneo. Particolare in effetti perché sarete una delegazione. Vogliono un solo atleta per categoria. Dovete metterla tutta, chiaro?"
Allenamenti duri. Ecco che cosa mi aspettava. Era in quei momenti che Natsu mi mancava di più. Ero certa che lui sarebbe stato entusiasmato da una competizione del genere, io invece non sapevo mai come comportarmi. Ogni volta che veniva comunicata un'imminente gara, il panico mi prendeva allo stomaco e non era disposto a lasciarmi se non dopo l'inizio del combattimento di gara. 
Continuai il mio allenamento fino a che non sentii la porta aprirsi, fu allora che mi fermai e guardando verso di essa lo vidi. Una strana zazzera rosa in disordine un sorriso disarmante e uno sguardo che sembrava carico di nostalgia. Quando guardai nella sua direzione e vidi che ricambiava il mio sguardo mi sembrò che il mondo si fosse fermato. La palestra era scomparsa insieme alle persone che c'erano dentro. Il silenzio tra noi sembrava pieno di parole, i nostri sguardi erano incatenati. In quel momento capii che il tempo non era mai passato, perché lo amavo esattamente come lo amavo allora: con ogni fibra del mio corpo. Anche se quel tempo che avevamo passato separati era stato incredibilmente pensante per me, sentivo che era stato solo una parentesi nella lunga storia di quel noi che non potevo permettermi perdere.
"Natsu!" Il maestro Makarov lo accolse con un sorriso e un abbraccio. I ragazzi si avvicinarono a lui, lo abbracciarono, mentre i nuovi arrivati si presentarono. Io però non riuscivo a muovermi. Le mie gambe non mi obbedivano, o forse ero io a non volere che si muovessero, magari avevo paura che se avessi fatto anche un solo passo avrebbero ceduto. Rimasi dov'ero, a guardarlo da lontano. Avrei voluto urlargli contro che lo odiavo, che era stato un'idiota a lasciarmi da sola per tutto questo tempo, ma al tempo stesso avrei voluto correre e abbracciarlo.
"E tu? Non mi saluti Lu?"
Lu. Ma come poteva chiamarmi ancora così? E' vero, lo aveva fatto per undici lunghi anni, ma era stato prima di andare via e mandare tutto a puttane come un vigliacco. Si stava comportando come se non fosse mai andato via. E anche se io stessa dentro di me sentivo di amarlo come quando stavamo insieme, quei due anni c'erano comunque stati. Io li avevo vissuti. La sua assenza mi era entrata fin dentro le ossa come fosse umidità, e io non ero riuscita a mandarla via con il calore di nessun altro. Ma nessun altro era come lui, lo sapevo. Speravo però che in qualche modo le cose potessero cambiare, speravo che qualcun altro si prendesse il mio cuore e monopolizzasse la mia mente. Eppure non era successo. Mi ero dovuta accollare il ricordo di Natsu e tenermelo lì come una foto che si tiene sul comodino. In quel preciso istante mi sentii come se di punto in bianco il passato avesse sfondato quella porta che tentavo da anni di tenere chiusa e dimenticarmi anche dove avevo messo le chiavi. Il fatto che i miei sentimenti non fossero cambiati non gli dava il permesso di comportarsi come se non mi avesse ferita. Non era giusto, e io non potevo permetterglielo.
Un sorriso forzato mi si dipinse sul volto. 
"Ciao, Natsu."
"Cintura marrone, eh?" Sorrise "Sono curioso di vedere quanto sei diventata brava. Da bambina piangevi sempre."
"Me lo ricordo."
"Ragazzi, voi continuate. Io ar.." Il maestro venne interrotto da lui.
"Aspetti maestro. Posso fare un combattimento con Lucy?"
Tutti si voltarono interdetti. Lo sguardo dei miei compagni vagava da lui a me.
"Natsu non lo so. Non ti alleni da quasi due anni."
"Dai maestro. Sono sicuro che non sarà un problema."
"Beh allora se Lucy è d'accordo."
"No! Non sono d'accordo. Io non combatto con lui. Devo allenarmi non voglio perdere tempo."
"Paura principessa fessa?"
Un altro nomignolo di quando eravamo bambini. E non solo quello apparteneva al passato. Quella era la tecnica che Natsu per convincermi a fare qualcosa. Mi fregava sempre nello stesso modo: giocava col mio orgoglio. Sapeva che nessuno poteva dirmi che avevo paura di fare qualcosa. Ero praticamente cresciuta in una palestra la cui maggioranza degli iscritti era di sesso maschile. Persino i vuovi arrivati credevano di riuscire a mettermi i piedi in testa solo perchè era una donna e mi credevano fragile. Quando si ritrovavano schiacciati a terra, solo allora capivano che donna o meno, avevo pur sempre un judogi addosso e che contrariamente a loro, io mi allenavo da anni. Proprio per questo motivo, Natsu sapeva perfettamente che dirmi una cosa del genere mi avrebbe accesa come una miccia.
"Come scusa?" Dissi mentre il sangue cominciava a ribollire nelle vene. "Io non ho assolutamente paura di te!"
"Allora facciamo una scommessa." propose lui con un ghigno. Avrei volentieri preso a schiaffi la sua faccia fino a far scomparire quel sorrisetto strafottente.
"Sentiamo."
"Se vinco io mi concedi un'uscita."
Lo guardai sbalordita, ma dopo il primo attimo di smarrimento sentii il sangue salire al cervello.
"E se vinco io?" Chiesi a denti stretti.
"Beh non saprei. Scegli tu."
"Se vinco io tu uscirai dalla mia vita una volta per tutte e mi lascerai in pace."
"D'accordo principessa."
"Bene. Va a cambiarti."
Quando lo vidi chiudersi la porta dello spogliatoio alle spalle ripresi a respirare regolarmente.
"Sei sicura di quello che fai Lucy?"
Chiese Erza.
"Ma certo" risposi sorridendole.
Ma non era vero niente. Avevo paura. Non volevo perdere, ma nemmeno vincere. Solo che ormai non potevo più tirarmi indietro. 
Quando Natsu uscì dallo spogliatoio sembrava ancora più bello di quando ci era entrato. Rivederlo con il judogi mi riportava alla mente tanti ricordi. Alcuni erano davvero teneri, altri erano tutt'altro che casti in effetti. Il problema era che nonostante tutto quello che c'era stato non potevo perdonarlo per avermi abbandonata. O forse sarebbe meglio dire che non volevo, almeno non così facilmente. 
"Ajime" Urlò Makarov
Cominciai a muovermi veloce, ma lui lo era più di me. Era sempre stato più bravo, ma io in quegli anni ero migliorata, non ero più labambiina che piangeva e si dava per vinta. Adesso ero più grande, adesso ero considerata un demone al pari di Erza, e si sa, i demoni non piangono. I demoni distruggono. Dopo 4 minuti di combattimento il risultato fu di parità. Non era esattamente quello che mi aspettavo, ma Natsu era Natsu. Se io ero un demone, Natsu non era certo da meno.
"Complimenti principessa fessa. Niente a che vedere con il tuo livello di prima." Disse col fiatone. 
Non risposi, non mi andava, così mi limitai a gurdarlo negli occhi mentre riprendevo fiato.
"Parità dunque. Be a questo punto la vostra scommessa non vale più. E Natsu?" Disse Makarov con un sorriso paterno
"Si?"
" Puoi tornare ad allenarti quando vuoi lo sai."
"Grazie Maestro!" Disse Natsu sorridendo.
Non dissi nulla. Natsu era come un figlio per il maestro. Lui ci considerava tutti allo stesso modo, ma si vedeva che con Natsu era diverso. Era palese che tra loro ci fosse un legame speciale, molto più di quello che si era istaurato tra Makarov e noi.
"Riguardo alla nostra scommessa. Me la concedi quest'uscita?" Chiese sorridendo strafottente.
"No." Risposi secca.
"E perchè? Non ti mangio mica."
" Non hai sentito il maestro? Abbiamo pareggiato, la nostra scommessa non vale più!"
" Si ma io pensavo che potevamo comunque uscire. Io ho delle cose di cui parlarti e.."
Fu allora che esplosi definitivamente. Ero furiosa, e ogni parola che gli era uscita dalla bocca aveva contribuito a farmi arrabbiare ancora di più, tanto che gli urlai contro, non lasciandogli nemmeno il tempo di finire di parlare.
"Ascoltami bene stupido pallone gonfiato dipinto di rosa. So benissimo che cosa stai cercando di fare. Non mi convincerai nè pungendomi nell'orgoglio nè cercando di intenerirmi, chiaro?! Non funziona più ormai. Prima abbiamo lottato perché io volevo farlo. Ma non verrò da nessuna parte con te. Io non ho niente da dirti. Non ho più niente a che vedere con te. Smettila di usare nomignoli che mi affibbiavi da bambina, smettila di comportarti come se questi due anni non fossero passati, perchè questi due anni ci sono stati davvero. Sono stati reali e hanno fatto male. Siamo cresciuti insieme, io mi fidavo di te, la tua presenza era l'unica costante nella mia vita. L'unica certezza di cui avessi davvero bisogno, e quando sei andato via, te la sei portata dietro come niente fosse. Mi hai fatto mancare il terreno sotto ai piedi." Gli urlai contro ogni frustrazione e dolore. Ma non mi sentivo meglio. Il mio orgoglio sarebbe stato la mia rovina. In tanti me lo avevano detto, e io lo sapevo che avevano ragione, ma non potevo farci niente. Era più forte di me.
"Io non ti devo niente, Natsu." Dissi guardandolo. "Maestro ho un impegno, posso cambiarmi?" 
"Certo Lucy, vai."
"Grazie"
Avrei tanto voluto piangere, ma non era ancora il momento. 
Rimisi i jeans tolti in precedenza e anche il maglioncino. Uscii dallo spogliatoio dirigendomi fuori dalla palestra, ma Natsu mi fermò.
"So che tu non mi devi niente. Ma io sì."
"È troppo tardi ormai."
Mi voltai in direzione della porta e sparii dietro si essa. Un pianto liberatorio mi assalì gli occhi con la potenza di uno tsunami. Non pensavo di avere ancora lacrime da versare per quella storia, credevo di averle esaurite. Sai che novità.  Non facevo altro che credere a questo o quello e poi finivo inevitabilmente per essere delusa. 
Cominciai a camminare con gli occhi bassi senza una meta precisa. Mille pensieri affollavano la mia testa, ma quando finalmente sollevai lo sguardo capii di essere tornata laddove tutto aveva conosciuto il suo inizio. 
Forse sarebbe stato più corretto da parte mia dire che non conobbi Natsu dentro la palestra. Lo conobbi un giorno d'estate in un parco quando mi chiese se avevo voglia di giocare a guardia e ladri. Allora non immaginavo neanche lontanamente che quel ragazzo dai buffi capelli rosa non sarebbe più uscito dalla mia vita. Proprio come non sapevo che quello sarebbe diventato il nostro parco, nessuno avrebbe conosciuto quel luogo meglio di noi. Ogni suo angolo era legato a un ricordo, e Natsu era in ognuno di essi. Altri bambini che venivano in palestra con noi di tanto in tanto ci vedevano e dicevano che sembravamo il re e la regina di quel luogo troppo uguale a com'era prima che noi cambiassimo. 
Mi era mancato tanto. Avevo desiderato per due interi anni che questo succedesse, eppure adesso non potevo perdonarlo, o forse non potevo perdonarmi io. Quando il padre di Natsu morì, non fui in grado di fare niente. Forse per questo quando decise di lasciarmi non mi stupii più di tanto. Avevo avuto paura di fare la cosa sbagliata, di non riuscire a farlo sentire meglio, di non riuscire a dargli l'amore di cui in quel momento aveva bisogno. Solo qualche anno dopo avrei realizzato che nessuno avrebbe poturo dargli quell'amore, e che io ero stata una sciocca a credere che avermi intorno per lui sarebbe stato solo un peso. Non riuscivo a capacitarmi di come avrei potuto aiutarlo. Non riuscivo a pensare a niente da dirgli o a qualcosa da fare.
Era per questo che avevo aspettato per due anni interi che Natsu tornasse indietro, che tornasse da me. Non si trattava solo dell'amore che provavo nei suoi confronti, si trattava anche di riuscire a dirgli tutte quelle cose che mai ero riuscita a dirgli. Si trattava di dirgli tutte quelle parole che avevo solo pensato, perhcè, intendiamoci, quando era successo il fatto io avevopensato a lui in ogni istante, non sentivo il bisogno di niente che non fosse pensare a lui, profondamente. Avevo provato a dare la colpa a lui, a convincermi che non fosse colpa mia perchè lui non aveva mai chiesto il mio aiuto, ma era servito a ben poco.
"Lo sapevo che eri qui. Certe abitudini non muoiono mai."
Una voce troppo conosciuta, talmente tanto che non avevo nemmeno bisogno di voltarmi per sapere che era lui e che aveva un sorrisetto dipinto sulla faccia.
"Già" Gli risposi mestamente senza voltarmi.
"Il maestro mi ha detto che hai fatto progressi. Sei la più forte qui a Magnolia. È davvero incredibile" Sorrise. Non potevo vederlo ma lo sapevo, ne ero certa come ero certa che il mio cuore in quel momento stesse battendo troppo forte. "E pensare che da bambina eri una frignona!" Continuò.
"Perché sei qui, Natsu?" Chiesi stancamente. 
"Ho bisogno di te." Fu quasi un sussurro ma io lo avevo sentito. 
Mi voltai di scatto guardandolo dritto negli occhi. Le sue labbra erano incurvate come se volesse sorridere ma i suoi occhi erano un'altra storia.
"Ti ricordo che siamo cresciuti insieme. Questi tuoi sorrisi finti potranno ingannare le altre ragazze, non me." Dissi ghignando.
"Lo so."
I suoi occhi erano puntati a terra. Sembrava non avesse il coraggio di parlare di niente.
"Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?" Chiesi ingenuamente
"E come potrei dimenticarla. All'apparenza sembravi una bambina così dolce e invece poi ti ho trovata in una palestra di Judo." Sorrise al ricordo di quell'episodio che tanto lo aveva scosso all'epoca.
"Già" Sorrisi anch'io. "Sbrava quasi destino che non potessimo separarci."
"Sei diventata proprio come dicevano. Sei diventata una regina."
"Già. Una regina senza il suo re."
"Mi dispiace tanto Lucy. "
"Ti dispiace per cosa?" Chiesi amareggiata "Per avermi lasciata da sola? Per avermi fatto sentire come se non fossi stata abbastanza? Per cosa ti stai scusando?"
"Per tutto." Rispose lui. 
"Quando mio padre se ne andato, mi sono sentito solo da morire."
"Tu non eri solo. Avevi me."
"Lo so. Ma non ne ho avuto il coraggio. Non volevo che mi vedessi in quello stato."
"Non volevi che ti vedessi in quello stato?! Non farmi ridere Natsu. Ti ho visto in modi ben peggiori. La verità però, è che tutto questo è stato colpa mia. Per quanto mi dolga ammetterlo, io non sono stata in grado di aiutarti in nessun modo e Dio solo sa quanto mi sia sentita inutile per questo. Non sapevo cosa fare, o cosa dire, quindi pensavo che sarebbe stato meglio per me non fare assolutamente niente. Questi due anni li ho passati aspettando il tuo ritorno, lo sai? Volevo che finalmente sapessi che non ti ho abbandonato, che ti ho pensato profondamente in ogni istrante della giornata, e che non mi sei mai sembrato una persona fragile, perchè quando tu sei andato in pezzi io non sono ruscita a rimetterti a posto, ho fatto molto peggio: mi sono spezzata anche io. Ma sappi che ho amato ogni cosa di te, e anche dopo che te ne sei andato ho amato tutto. Ti ho amato tanto da non riuscire ad incolparti di niente, mi sono presa io una colpa che era anche tua e me la sono portato addosso come una seconda pelle. Mi sono ripetuta talmente tante volte che tutto era capitato a causa mia che alla fine ci ho creduto davvero. Alla fine, veramente ero riuscita a convincermi che era stata solo colpa mia. Avevo bisogno di un colpevole, avevo bisogno di sapere che c'era un nemico da abbattere, non importava chi o dove fosse, avevo bisogno di sapere che c'era perché credere che tutto fosse avvenuto senza una motivazione faceva ancora più male. Io lo sapevo che la colpa era anche tua. Questo non può essere negato perchè anche se io non sapevo cosa fare tu non hai fatto niente per cercare di farmi capire che avevi bisogno di me, anzi, ti vedevo sempre circondato da quelle oche giulive che i tuoi amici speravano di farsi e la cosa mi faceva talmente incazzare che piuttosto che cercare di capirti ti avrei volentire preso a schiaffi. Come potevo credere che avessi bisogno di mese ti compirtavi come se non fossi mai esistita?! Tuttavia la sofferenza di allora non era di nessun altro se non tua, Natsu. Così, dopo aver combinato il disastro mi sono data la colpa di tutto pensando che almeno così avrei potuto fare ammenda alle colpe di cui mi ero macchiata."
"Sempre la solita allocca. Ti fidi talmente tanto degli altri che alla fine pur di non incolpare loro dai la colpa a te stessa." Disse lui con l'aria di chi la sa lunga. 
"Può darsi, ma noi non stiamo parlando di altri. Stiamo parlando di te."
"Questo non cambia le cose. Sei troppo credulona."
Ed eccola qui: la goccia che fa traboccare il vaso. Non potevo farcela. Non si faceva vedere per anni poi ricompariva e pretendeva di avere l'autorità per sputare sentenze, dopo che io gli avevo aperto il mio cuore e chiesto scusa. Troppo facile giudicare senza sapere. 
In quei due anni tante cose erano cambiate. Avevo raggiunto nuovi traguardi e avevo sofferto dolori nuovi. Non concepivo che qualcuno potesse mettermi una targhetta addosso ed etichettarmi come se fossi un barattolo di marmellata. Nessuno poteva farlo, nemmeno lui.
"Hai ragione" Dissi distaccata come non lo ero mai stata, almeno non con lui. "È vero, sono una gran credulona. Ma se mi permetti, vorrei farti una domanda: chi pensi sia messo peggio? Io che credo troppo nelle persone o tu che non credi in niente?!"
Ricominciai a camminare tantando di mettere più distanza possibile tra me e il ragazzo dai capelli rosa.
"Lucy aspetta! Ti prego."
Mi raggiunse con poche falcate e mi prese per il polso. "Ti prego" ripetè in un sussurro. 
Arrestai la mia marcia. Le gambe sembravano fatte di burro, il cuore batteva così vecolcrmente che credevo che da un momento all'altro lo avrei visto portare a spasso il cervello con un guinzaglio. Natsu riusciva a farmi perdere ogni logica e razionalità.
"Perdonami Lucy. So che tu eri lì. Ma io avevo bisogno di farmene una ragione, avevo bisogno di capire cosa mi stava succedendo. Non mi sentivo più lo stesso. Ma non ho mai smesso di.."
"Non dirlo." Lo interruppi bruscamente. "Non dire più niente."
Restammo fermi in quella posizione, guardando un tramonto che toglieva il fiato. Avevo bisogno di quei pochi istanti di contatto tra di noi. Mi stava solo tenendo er il polso, è vero, ma ne avevo bisogno per credere che qualcosa di vero e reale, oltre al dolore di non averlo accanto, c'era stato.
"Devo andare." Dissi poi e così mi allontani da lui che mi lasciò andare senza storie.
Mi incamminai verso casa piena di pensieri e ricordi. Avrei saltato la cena, non avevo voglia di mangiare. Domani mattina mi aspettava un durissimo allenamento dai ragazzi della pegasus. Andai a farmi una doccia e quando uscii controllai i messaggi sul cellulare. Un paio erano di Cana, la mia migliore amica. Uno era di un numero sconosciuto.
"Ti ringrazio per essere rimasta. A domani principessa fessa."
Natsu. Nessun altro mi chiamava così. Non volevo neanche chiedere come avesse avuto il mio numero così non risposi, mi misi a letto e poco dopo mi addormentai. 

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Capitolo 2
*** Un re ed una regina. ***


La mattina dopo la sveglia suonò alle 7. Quando si é in vacanza, la sveglia alle sette equivale a una sveglia alle 3 del mattino. Ma un'imminente competizione significava il controllo del peso e io ero 54 kg, ergo ero due kg fuori peso.
Questo per me non poteva significare che una cosa: corsa.
Mi preparai e uscii di casa che faceva un freddo da polo nord. Per un attimo mi sembrò di aver visto babbo natale passare tremando.
Dopo 20 minuti di corsa mi fermai arrivando al "nostro" parco. Mi sedetti su una panchina e mi lasciai trasportare da tutti quei ricordi che questa mi riportava alla mente. Non una panchina qualunque. Era quella del nostro ultimo incontro.
Recava una scritta che diceva
"We will meet again."
Natsu lo aveva scritto. Suppongo fosse il pretesto che si era seminato dietro per tornare un giorno. Quando guardavo quella scrittura disordinata mi tornava in mente il giorno in cui mi disse che aveva bisogno di tempo. "Mi dispiace" fu la sua ultima parola. Nient'altro.
Natsu non era mai stato un tipo di molte parole, non quando si trattava di situazioni serie. Non sapeva mai cosa dire, eppure "Ho bisogno di tempo mi dispiace" mi sembrava troppo poco persino per lui. Stava mettendo fine a nove anni di amore puro e incondizionato, e sebbene i primi tre o quattro anni fosse stato qualcosa di inconsapevole, era comunque stato amore. Già allora io ero pronta a farmi spezzare le ossa piuttosto che vedere qualcuno alzare un solo dito su di lui.
Vidi in lontananza un altro ragazzo che faceva jogging.
Un ragazzo che, quando si dice la sorte aveva i capelli rosa. Tentai di non farmi vedere ma servì a ben poco. Maledetta la mia mania di comprare magliette dai colori che attirano l'attenzione.
Natsu si sedette accanto a me, respirava affannosamente doveva essere stanco.
"Devo rimettermi in forma."
"Capisco." dissi atona.
"Smettila di fare il ghiacciolo Lu. È un comportamento che si addice a Gray, non certo a te."
Gray era da sempre il migliore amico di Natsu, nonchè mio consigliere per i periodi di natale e compleanno del rosato. Anche lui era un membro della Fairy e, ovviamente, anche lui era un amico di infanzia. Freddo e distaccato, Gray è totalmente l'opposto di Natsu, tanto che se quest’ultimo potrebbe essere paragonato al fuoco, il suo migliore amico era l'incarnazione del ghiaccio. Litigare e fare a botte era sempre stato il loro passatempo preferito, e il loro unico modo per poter comunicare. Il loro era un rapporto vero e sincero, tanto che quando Natsu aveva lasciato la palestra e si era staccato da tutti noi, non era comunque riuscito a fare a meno di quello che era sua consuetudine additare come "ghiacciolo".
"Non ti rivolgere a me come se .."
Cominciai il mio rimprovero ma mi bloccai non appena vidi in lontananza un ragazzo della Pegasus che non vedevo da un secolo. Lui non era un amico storico, era uno di quelli che però ti cambiavano la giornata. In quei due anni avevo conosciuto tanta gente, tra cui i ragazzi e le ragazze della Pegasus. Avevo subito avuto un buon rapporto con tutti, ma con Hibiki era stato diverso. Era una di quelle persone che sa sempre cosa dire per farti sentire meglio, in più di un combattimento in gara si era attaccato alla transenna urlando gli incoraggiamenti più disparati. La prova di quel legame che si era creato fu che quando smise di praticare, continuammo ad incontrarci in giro a uscire insieme e a parlare sempre di tutto. Ultimamente però non ci eravamo visti e ci eravamo sentiti molto poco, gli allenamenti e la scuola in quegli ultimi mesi mi avevano preso più tempo di quello che avessi a disposizione, tanto che in quell'ultimo periodo ero arrivata a sacrificare le mie sacre nottate di sonno per tenere il ritmo.
"Lucy?" Chiese il ragazzo.
"Hibiki? Sei tu? Cosa ci fai qui alle 7:30 del mattino! Dormi tu che puoi"
Dissi mentre correvo ad abbracciarlo, sotto lo sguardo di un Natsu che, lo sapevo, stava diventando così rosso per la rabbia che da lì a poco sarebbe esploso come dinamite.
"Non posso più nemmeno io! Sono tornato ad allenarmi!"
"Ma è meraviglioso! Sono contenta che tu l'abbia fatto! Allora ci vediamo più tardi, abbiamo allenamento da voi oggi."
"Davvero, Lu?"
"Già!"
Sorrisi felice. Capitava almeno una volta a settimana di allenarsi con altre palestre. Era da un paio di anni che ci allenavamo anche con la Pegasus. C'erano molti ragazzi simpatici, e ci divertivamo molto insieme. Natsu ovviamente non conosceva nessuno di loro ma li avrebbe ammazzati tutti se fossero stati in confidenza con me come Hibiki, ne ero perfettamente conscia, ma lui non aveva potere decisionale sulla mia vita, dunque non avrebbe fiatare, perchè lo sapeva bene lui. Se avesse detto anche solo mezza parola ogni speranza di riallacciare il nostro rapporto sarebbe andata in frantumi.
"Lu, volevo chiederti se ti andava di prendere un caffè insieme dopo l'allenamento!"
"Mi farebbe molto piacere!"
"Adesso ricomincio a correre, ci vediamo più tardi."
"A più tardi!"
Ancora con il sorriso sulle labbra mi voltai verso la panchina che, mi ero completamente dimenticata, ospitava Natsu.
Il suo sguardo furente riuscì a farmi davvero paura. Non pensavo che avrebbe mostrato così apertamente la sua rabbia. Si sarebbe sfogato con Gray magari, o con la scusante dell'allenamento forse se la sarebbe presa direttamente con Hibiki, ma il Natsu che conoscevo io mai mi avrebbe mostrato questo suo sentimento, si sarebbe sentito debole e vulnerabile davanti a qualcuno a cui voleva apparire forte e imperturbabile.
"Lu?!" Disse così arrabbiato che se le sue parole avessero avuto consistenza avrebbero preso fuoco.
"Prendiamo un caffè?!" Ripeté con lo stesso tono. "Chi è quello stupido damerino?!"
"Mi stai davvero facendo una scenata?! Perché se è così comincia a smettere. Io non sono di tua proprietà Natsu. Faccio quello che voglio." Dissi velenosa.
"Come puoi dirmi una cosa del genere?! Mi lasci qui a cuocere mentre prendi un appuntamento con quel tipo?!"
"Io non devo darti spiegazioni di alcun genere." Risposi piccata. "E poi non ci proverebbe mai. Ci conosciamo da due anni e mai una volta è successo quello che pensi tu."
"Bene, allora perché non posso venire a prendere il caffè con voi?!"
Mi sentii talmente innervosita da quel suo autoinvito che gli urlai che se tanto ci teneva poteva venire, che non avevo niente da nascondere.
A grandi passi mi allontanai da lui ma ero furiosa. Come poteva comportarsi in questo modo?! Io non ero una sua proprietà, non poteva comportarsi come se lo avessi tradito. A conti fatti chi doveva sentirsi tradita ero io. E ovviamente gli urlai anche questo. Non tolleravo le persone che si mischiavano nei miei affari, tanto meno potevo tollerare che dopo due anni passati a fare lo stronzo con qualsiasi cosa respirasse e avesse un buco, lui si permettesse di comportarsi come se fossi di sua esclusiva proprietà.
Dopo essere tornata a casa feci una doccia veloce e preparai meticolosamente il borsone. Mi avviai verso la Pegasus.
Sulla strada incontrai Erza. Parlammo del più e del meno, ma anche del suo rapporto con Gerard che stava procedendo nel verso giusto. Ero felice per lei. Almeno una delle due stava bene. Almeno una delle due sorrideva a qualcuno. Non era stato facile per lei trovare qualcuno che andasse contro le sue apparenze demoniache. Tutti si avvicinavano a lei, ma molti dopo averla vista combattere scappavano senza nemmeno chiedersi se dietro il demone non si nascondesse in realtà una fata. L'unico a non fuggire fu proprio Gerard, lui l'aveva ammirata per il suo modo di combattere, diceva che lei in realtà non era una demone ma la bella Titania, la regina delle fate.
Giunte davanti alla palestra incontrammo Natsu che venne verso di noi e ci salutò.
Varcammo la soglia della porta insieme e i ragazzi fecero festa nel vederci arrivare. Il rosato si presentò e parlò con loro del più e del meno mentre andavano a cambiarsi. Lui aveva la capacità di socializzare persino con le pietre, e per questo lo ammiravo davvero tanto. Ad ogni modo quella mattina aveva proprio esagerato e avrebbe pagato per quello che aveva detto e soprattutto per aver portato il mio cervello a partorire l'idea di dirgli che eravamo solo amici e tutto il resto. Sebbene fosse realmente così, e tra me e Hibiki non ci fosse niente, se non una solida e duratura amicizia, il modo in cui mi aveva attaccato mi aveva fatta sentire in dovere di giustificarmi, cosa che, per inciso, aveva ferito il mio ego.
Quando uscii dallo spogliatoio, ero davvero convinta di volermi vendicare, poi però mi voltai, e quella fu la fine.
Guardai Natsu mentre rideva. Mi era sempre piaciuto un sacco guardarlo ridere, bastava un suo sorriso e tutto passava. La tristezza non esisteva più. Esattamente come non esisteva più la rabbia. Lui aveva l'innata capacità di rendere tutti felici e fiduciosi, questo ovviamente, implicava che in alcun modo qualcuno potesse essere arrabbiato con lui per più di dieci minuti. Era una cosa che persino Mrs. Ghiacciolo Gray, trovava difficile fare.
L'allenamento fu duro tanto che pensai più di una volta di volermela svignare, soprattutto quando il mio avversario era Natsu.
Nel corso di quell'allenamento mi trovai a combattere contro di lui in più di un'occasione, ma niente, non c'era un vincitore. E pensandoci bene non poteva essercene uno. La cadenza dei passi, il modo in cui muovevamo le braccia quando stavamo per attaccare, il modo in cui il nostro sguardo cambiava quando vedevamo una qualche opportunità. Tutte armi a doppio taglio. Avrei potuto batterlo se quel tipo di conoscenza fosse appartenuta solamente a me, ma purtroppo apparteneva anche a lui, e certe cose non si dimenticano facilmente. Durante quei combattimenti sembrava quasi che il tempo fosse tornato indietro, a quando la lotta a terra si concludeva con un bacio o un combattimento in piedi era una scusa per guardarsi negli occhi. Lo sapevo io e lo sapeva anche lui, tra noi non poteva esserci un vincitore. Non fin quando uno dei due non avesse scoperto qualcosa sull’altro che prima ignorava.
Mi sarebbe piaciuto scoprire di più sul buffo ragazzo dai capelli rosa che mi era accanto, eppure sembrava che non ci fosse niente da scoprire. Conoscevo la sua posizione mentre dormiva, sapevo che espressione aveva quando si arrabbiava e voleva nasconderlo a tutti i costi, conoscevo il ritmo del suo respiro e quello del suo battito cardiaco, che erano uguali ai miei, esattamente come era a conoscenza della sua espressione giusto un istante prima di scoppiare a ridere. Avrei potuto indicare senza difficoltà ogni singola cicatrice, e forse anche ogni neo che aveva sul corpo. Eppure io lo sapevo che una persona non la si può conoscere mai del tutto e che mai si smette di imparare qualcosa su di essa. Forse non c’era un vincitore perché anche in quel momento il mio egoismo mi accecava, forse qualcosa di diverso in lui c’era davvero, ma io non volevo vederla. Non volevo scoprire che in quei due anni mi ero persa qualcosa, non volevo rendermi conto del fatto che potesse esserci un suo comportamento che io non conoscevo o non ero in grado di spiegare. Soprattutto non potevo sopportare l’idea che qualcuno prima di me, in quei due anni, si fosse accorto di questo suo nuovo atteggiamento.
Sapevo che aveva avuto qualche storia dopo di me, ma sapevo anche che erano durate pochi mesi. Non poteva stare a lungo con altre persone perché lo sapeva lui e lo sapevo anche io: loro non erano me.
Non prendete quest’affermazione come una forma di arroganza da parte mia, lui avrebbe anche potuto innamorarsi di un’altra ragazza, e magari c’era anche riuscito, ma io ero parte di lui. Quando io non ero lì un pezzo gli mancava, e lo sapevo perfettamente perché succedeva anche a me. E credetemi non esiste niente di più triste che sentirsi come se ci fosse continuamente qualcosa che manca. Come se, nel momento in cui senti finalmente di aver trovato la felicità, capisci di esserti illusa, perché ancora c’è qualcosa che manca, e di cui non puoi ignorare l’assenza.
Quando finimmo l'allenamento ci fecero sedere pronti per il saluto, ma prima che questo fosse fatto il maestro Bob aveva evidentemente qualcosa da dire.
"Ragazzi tanto per cominciare i miei più vivi complimenti anche ai ragazzi della Fairy. Siete stati grandi e la nostra Lucy sembra al massimo per l'imminente torneo"
"Grazie maestro" risposi sorridendogli
"Tuttavia, vorrei sapere come sia possibile che due persone che combattono insieme da qualche giorno non riescano a battersi a vicenda. Non una tecnica è andata a buon fine. Ti chiami Natsu, vero ragazzo?"
"Si signore." Rispose lui
" Perché voi due non riuscite a battervi?! Sembra quasi che prevediate ogni mossa l'uno dell'altra, è un po’ fuori dal comune, non vi pare?"
"Sarà che ci conosciamo da troppo tempo." Risposi io
“Da troppo tempo?” Chiese il maestro della Pegasus colpito da quello rivelazione.
“Io e Natsu ci conosciamo sin da bambini, siamo praticamente cresciuti insieme.” Dissi io. “Adesso ha la cintura bianca perché come al solito ha dimenticato la sua a casa, ma prima di ritirarsi era una cintura blu.”
"Non ne avevo idea. Ecco perché il ragazzo si muoveva così bene. Ad ogni modo Lucy, conoscersi da troppo tempo, come dici tu, non comporta una cosa del genere. Ogni ragazzo della tua palestra ti conosce da tanto tempo eppure non ti legge nel pensiero."
Fantastico. Inchiodata su tutti i fronti. Ecco come mi sentii in quel momento.
Come una bestia in gabbia.
"Siamo cresciuti insieme tutto qui." Ribadii ancora una volta
"A me sembra che sia molto più di questo."
"Non se 'cresciuti insieme' noi lo intendiamo in modo diverso." Rispose Natsu. "Non esiste persona su questo pianeta che mi conosca di più. L’ho vista crescere, l’ho vista per la prima volta mentre correva in un parco, e ricordo che le chiesi di giocare a guardia e ladri perché correva veloce e io volvevo assolutamente vincere.”
In quell’istante mi sentii sorpresa. Non credevo che avrebbe tirato fuori quella vecchia storia, di cui pensavo si fosse anche dimenticato.
“Poi è arrivata in palestra, e lì ho avuto modo di vederla fare le prime tecniche e le prime cadute, e sì, ricordo anche quelle.” Disse come se volesse rispondere alla mia muta domanda. “E vi dirò di più, quando era piccola, la nostra Lucy era una gran frignona. Piangeva sempre perché non riusciva a fare le tecniche o perché finiva sempre a terra. Era debolissima tanto che mi chiedevo cosa ci facesse una bambina fragile come lei in un posto in cui la gente si picchiava. Quando però sua madre morì mi resi conto che la forza non era solo una questione fisica, e che la bambina che io reputavo tanto debole, aveva in realtà più forza di quanta io ne avessi mai avuta o dimostrata.” Disse voltandosi verso di me. Mi rivolse un sorriso nostalgico, mentre una lacrima solitaria solcava il mio volto al ricordo della morte di mia madre, dopo Natsu tornò a rivolgersi al maestro.
“Dopo la morte di Layla, Lucy maturò e cominciò ad avere un temperamento diverso, era dolce e decisa allo stesso tempo. Suppongo sia questo che due anni dopo quel tragico evento mi portò ad innamorarmi di lei. E così conobbi lei e me stesso.
So che una persona non si può mai arrivare a conoscerla del tutto, ma credetemi se vi dico che potrei dirvi la posizione in cui Lucy dorme o l'espressione che ha quando lo fa, oppure ancora potrei dirvi che quando qualcosa non quadra le si forma una piccola ruga in mezzo alla fronte, potrei dirvi che quando sta per sorridere si vede dagli occhi che sembrano luccicare. Posso affermare con certezza che quando si arrabbia si vede lontano un miglio perché, anche se prova a mantenere un’espressione normale, non ci riesce e ti guarda come se ti volesse incenerire, e anche se a molti di voi non sembra la chiamano demone, perché Satana in persona avrebbe paura di lei, e non solo dal punto di vista della lotta, anche dal punto di vista psicologico Satana non avrebbe speranza, perché posso assicurarvi che quando Lucy vuole ottenere qualcosa, la ottiene.  Ci sono tante cose che so di lei e forse tante altre ne imparerò, chi lo sa, una cosa è certa, conoscerla in questo modo mi ha fatto capire che esistono cose al mondo che il tempo non porta via. Per esempio dei frammenti di cuore. Anche dopo tutto questo tempo, anche dopo essere diventati quasi due completi estranei, Lucy era e rimane tutt’ora, una parte di me, un frammento di quel cuore che due anni fa andò in pezzi. Adesso capisce perché non può esserci un vincitore, maestro? Come si può battere qualcuno che è talmente parte di te da conoscerti più di quanto conosca te stesso?"
Concluse il discorso con l'attenzione di tutti. Gli sorrisi, o forse sarebbe più giusto dire che mi commossi. Infondo, anche se mi dava sui nervi, anche se in più di un’occasione avrei voluto strozzarlo, gli volevo bene, e questo nessuno mai lo avrebbe potuto cambiare.
"Come si è sfaldato un rapporto tanto forte?" Chiese allora maestro Bob.
Quelli sì che era una bella domanda: come si passa dall’essere due facce della stessa medaglia, all’essere completamente estranei?
"Non l'ha mai fatto." Rispose semplicemente Natsu, "è rimasto in un angolo certo, ma non è morto. Non può farlo finché vivremo noi, giusto Lu?" Si voltò verso di me e mi trovò in una valle di lacrime.
Non risposi a quello che aveva detto mi limitai ad abbracciarlo così forte che forse rischiai di strangolarlo. Ma mi era mancato. Mi era mancata ogni cosa di lui. Ora potevo affrontare il torneo. Ora potevo diventare più forte. Ora che tutto era stato spiegato potevo affrontare le conseguenze. Ora potevo vincere. Avevo solo bisogno di averla una certezza, almeno una. Ma lui era dalla mia parte, lui mi aveva voluto bene e me ne voleva ancora. L’unica cosa che mi venne in mente in quell’istante fu il giuramento fatto da bambini su quella panchina nel parco, quando ci autonominammo Re e Regina.
"Saremo sempre insieme, tu ed io." Sorrisi nostalgica.
"Tu la mia regina ed io il tuo re." Completò la frase " Questo fu il nostro giuramento qual giorno.”
"Non sembra un giuramento tra due bambini." intervenne il maestro Makarov
"Già." Risposi io sempre sorridendo " ma ci chiamavano così. Il re e la regina. Dicevano che insieme potevamo tenere su un regno o distruggerlo. La scelta spettava a noi. Così un giorno, visto che tutti dicevano che eravamo perfetti per fare i sovrani, fecimo il nostro giuramento, forse troppo convinti del fatto che mai nella vita avremmo potuto separarci.
Quando ero piccola pensavo che il mondo si fermasse dentro quella palestra, ero convinta che non esistesse niente al di fuori di essa, e se anche ci fosse stato a me non sarebbe importato. La pura e semplice verità era che non erano importanti i luoghi, ma le persone. Il mio mondo si fermava lì, perché anche tu eri fermo lì. Come quando una volta ti dissi che Cana si era messa in testa di leggermi la mano, e mi disse che avrei avuto un incontro voluto dal destino. Qualcuno mi avrebbe cambiato la vita per sempre. Peccato che quello fosse proprio il giorno in cui tanti anni prima, ci incontrammo per la prima volta. Quando Natsu me lo fece notare, fu in quell’istante che capii che c’era qualcosa di più, che c’era un legame indissolubile. Magari Cana aveva avuto ragione sul quel fantomatico incontro, ma aveva sbagliato la data, il mio incontro voluto dal destino io lo ebbi proprio in quel giorno, ma di sei anni prima.
Adesso ne sono passati undici, e anche se per due anni ci siamo separati, non avevamo smesso di parlarci, non ci eravamo insultati, come era successo a molte coppie che conoscevamo, no. Un legame tanto forte lascia il segno, persino se la persona con cui lo hai avuto se ne va.”
Erano bastate poche parole perché due universi tanto lontani si rimettessero a camminare l'uno verso l'altro. Eravamo ben lontani dal nostra rapporto di prima ma sapere che non aveva dimenticato mi aveva ridato la forza.
Forse ci avremmo messo anni e anni, ma avevamo tempo. Perché io lo amavo ancora, l'avevo sempre amato, ma non potevo lasciare che le cose andassero come voleva lui. Avevo anche io un orgoglio che non doveva essere ferito, non un'altra volta.

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Capitolo 3
*** Se vincerai. ***


Il giorno della competizione per delegazioni era ormai alle porte. Come ogni gara ero da sola. Mia madre era morta quando avevo 7 anni, all'incirca un anno dopo che avevo cominciato ad andare in palestra, dove, per inciso, avevo messo piede solo grazie a lei.
Mio padre non voleva che praticassi uno sport tanto violento. Non stava bene per una signorina, riuscova solo a lamentarsi, anche se per la verità non mi era mai importato. 
Così partivo da sola. Non che mi fosse mai dispiaciuto, i ragazzi erano una compagnia più che soddisfacente. Solo certe volte mi capitava di guardare tutti quei genitori che facevano il tifo per i loro figli e di pensare che mi sarebbe piaciuto che mio padre fosse lì. Mia madre non ci era arrivata a vedermi lottare, ma lui non aveva mai voluto farlo. Quando Natsu partecipava alle gare però era diverso, qualcuno che faceva il tifo per me c'era, e si sentiva pure. Mi piaceva scendere dal tatami e sapere che qualcuno oltre la transenna mi aspettava a braccia aperte.
Il giorno della partenza non faceva che avvicinarsi e io non facevo che diventare più nervosa. 
Natsu continuò ad allenarsi duramente ma alla fine il maestro non gli diede il permesso di partecipare per quell'anno. Non era abbastanza forte. Un vero peccato. 
Il rapporto tra noi si stava ricomponendo piano piano. Adesso sembravamo amici normali. Ci incontravamo spesso visto che Gray, Gerard, Gajeel e Natsu e io ero la migliore amica delle loro fidanzate. Io ed Erza eravamo due judoka, da sempre, mentre Levy e Juvia erano arrivate in palestra da meno tempo. Inutile dire che i ragazzi sembravano esserci nati su quel tatami. Quando sono arrivata erano già la proprio come lui.
Il giorno prima della competizione decisi che avrei fatto un ritiro spirituale dedicandomi completamente all'ozio. Uscii di casa e mi diressi verso il parco per fare una passeggiata. 
Fu proprio lì che lo incontrai.
"Ti prepari psicologicamente?!"
"Una cosa del genere in effetti" Sorrisi 
"Domani non verrai con noi, vero?" Gli chiesi.
"In realtà vengo. Volevo vedervi gareggiare."
Un grande calore all'altezza del petto mi pervase. Ero felice come non mi capitava di esserlo da tempo.
"Mi fa piacere" Dissi
"Sono contento di essere finalmente tornato, sai?"
"Anche io sono contenta che tu lo abbia fatto." 
"Mi sei mancata."
"Anche tu."
"Promettimi che non ci separeremo mai più."
"Non posso. Io prometto solo ciò che posso mantenere e non posso garantirti che quello che è già successo una volta non possa ricapitare. Ma una cosa posso promettertela: continuerò a mantenere l'altra promessa, quella che non infrangerò mai perché non importa quanto siamo distanti, io ci sarò."
"Promesso?" Chiese lui guardandomi negli occhi e porgendomi il mignolo come quando eravamo bambini.
"Promesso" sussurrai mentre sorridendo incrociavo il mio piccolo dito al suo.
Sfoderò una dei suoi sorrisi meravigliosi e quando provai a riprendermi il mignolo lui lo incastrò con il suo ancora di più iniziando a corrermi davanti. 
"Andiamo a mangiare!" Disse ridendo
"Non posso farlo! Rientro nel peso di pochi grammi quindi devo digiunare per oggi." Risposi io seccata.
"Mm..." si voltò sorridendomi "Allora ti va un caffè?!" 
"Volentieri! Ma offri tu!" E risi. Risi di gusto mentre lo superavo e correvo verso il bar. Avevamo passato le nostre esistenze a sostenerci l'un l'altro. Eravamo rimasti separati per ben due anni e poi eravamo tornati ad essere inseparabili. Quello era l'amore più grande che avrei mai provato in vita mia, lo sapevo già. Lo sapevo già che nessuno mi avrebbe più fatto quell'effetto, che nessuno mi avrebbe più conosciuta nello stesso modo. Non ci sarebbero stati altri Natsu nella mia vita. Magari avrei apprezzato qualcun altro, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Non ci sarebbe stato un altro essere umano per cui avrei rischiato la morte, o per cui mi sarei fatta spezzare tutte le ossa. Perché di Natsu ce ne sarebbe stato uno solo per me e lo capii nell'istante in cui mi resi conto che almeno per qualche tempo ci saremmo separati. 
"Devo dirti una cosa!"
"Cosa?" Chiesi sorridendo
"Non adesso. Domani, ma solo se vincerai!"
"D'accordo! Ce la metterò tutta allora!"
E insieme scoppiammo nuovamente a ridere.

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Capitolo 4
*** Per mantenere quella promessa ***


Il Giorno dopo la nostra Lucy si diresse al palazzetto dello sport della città di Magnolia. Era nervosa e temeva di non farcela, anche se adesso aveva un motivo in più per voler vincere.
Dopo aver fatto la fila ed essersi pesata la ragazza uscì dalla stanza e dopo aver atteso i suoi compagni insieme andarono a fare colazione. Natsu si era presentato al palazzetto con tre quarti d'ora di ritardo e dopo aver fatto colazione a sua volta i ragazzi si diressero sugli spalti attendendo il loro turno. La prima categoria ad essere chiamata fu quella di Gray, poi quella di Gajeel, quella di Gerard e così via. Continuarono per un bel po' visto che i ragazzi erano molto numerosi e in più la loro categoria era la più cospicua. I suoi compagni si erano qualificati quasi tutti, tranne la piccola Levy, che li avrebbe comunque accompagnato al torneo e il povero Gerard. La sua ragazza tentò di consolarlo in tutti i modi, ma lui sembrava non volesse saperne. La sua Erza era incredibile e dopo solo 10 secondi di combattimento aveva mandato a terra l'avversaria. Anche Gerard non era stato da meno, non fosse per il fatto che quello ad essere a terra dopo i primi 10 secondi era stato proprio lui. 
L'unico incontro rimasto era la finale di Lucy.
Le mancava davvero poco per vincere, ma era sempre più agitata. Quando sentì chiamare il suo nome scese dalla sedia e si diresse verso la transenna in modo da poterla scavalcare, anche se qualcuno pensò bene di trattenerla.
"Ei Lu!"
Lei non disse niente, si voltò e basta.
"Non ho intenzione di dire nulla"
La ragazza lo fissò con un'espressione stranita, le ci vollero un paio di secondi per capire che quello era il modo di Natsu per dirle che aveva fiducia in lei.
Non importava da quanto tempo si conoscessero, certe volte quel ragazzo era indecifrabile. 
"Ma certo! Sta a guardare socio, proteggerò sicuramente il futuro."
Nessuno forse capì quella risposta, tranne Natsu. La ragazza alzò il pollice e l'indice mentre si dirigeva verso il tatami centrale per l'ultimo combattimento. Il ragazzo rispose con il medesimo gesto.
In molti chiesero cosa intendessero con quel gesto, ma lui rispose solo:"quel gesto è il segno della nostra promessa!"
"Promessa?" chiesero gli altri in coro
"Già" disse lui "Mirai o mamoru. 
Quando mio padre è morto mi sentivo solo da morire. Il futuro sembrava quasi che non esistesse.
Dopo qualche giorno dalla sua scomparsa incontrai Lucy. Non ci eravamo visti nè sentiti, lei non era stata con me. Ma sapevo che mi aveva pensato.
In un certo senso l'aveva sentita accanto anche se non me ne aveva dato apparentemente motivo, ma io la conoscevo. La conoscevo abbastanza da sapere che non sapeva cosa fare o cosa dire, e mi conosceva abbastanza da capire che avevo bisogno del mio tempo da solo. Ero consapevole, però, che se avesse potuto se lo sarebbe preso volentieri lei il mio dolore pur di non vedermi più in quel modo. Aveva 14 anni eppure era già più forte di qualsiasi altra persona avesse mai conosciuto, lei poteva reggere, e anche se non ci fosse riuscita, non le sarebbe importato.
Il giorno in cui la incontrai in quello che da sempre era il nostro parco ci scambiammo quella promessa.
Da allora, anche se poi ci siamo lasciati, Lucy non ha mai dimenticato, ne è venuta meno a quello che aveva detto. Aveva dato la sua parola, quindi l'avrebbe mantenuta a costo della vita, e so che continuerà a mantenerla, anche tra 10, 20, 40 anni. Lei ci sarà, mi salverà. Non importa la lontananza tra noi. Anche se non potremo vederci, anche se saremo separati, lei veglierà sempre su di me."
Concluse il suo discorso tornando a guardare la sua Lucy, ma la trovò a terra che si reggeva il braccio. Guardando meglio si rese conto che una macchia rossa si allargava sulla manica immacolata del suo judogi. 
Natsu sentì Erza che urlava dicendo che Lucy non aveva ferite, l'aveva vista mentre si cambiava, le sue braccia erano immacolate.
L'aveva ferita. La sua avversaria la temeva a tal punto da averla ferita.
Natsu scavalcò la transenna furibondo affiancando il maestro davanti al tatami. 
"Maestro la prego fermi l'incontro. La prego."
"Natsu sai bene che non posso."
Nel frattempo quello che doveva essere il maestro dell'altra ragazza rise voltandosi verso di loro.
"Oh non preoccupatevi. Sarà lei stessa a fermare l'incontro. Non reggerà ancora a lungo."
Natsu non capì più niente.
"Come può dire questo? Lei approva le scelte della sua allieva?!"
"Quali scelte? Non mi pare che abbia fatto nulla di male. Avete per caso visto la mia allieva con qualche arma?!"
Natsu restò allibito dalla mancanza di sportività di quello stupido che si ostinavano a chiamare maestro.
Si voltò nuovamente verso Lucy e la vide proprio nell'istante in cui l'arbitro si avvicinava.
"Signorina, desidera consultare il medico?"
Era come se non fosse successo niente. Come poteva fare finta di nulla? Allora anche l'arbitro era corrotto. 
Se Lucy avesse chiesto un consulto medico il combattimento sarebbe finito e per un attimo ci sperò davvero. Finché non sentì la voce della bionda suonare forte e chiara.
"No, non voglio un consulto medico!" Piano piano Lucy si stava alzando, si mise su una gamba anche se l'altro ginocchio era ancora a terra.
"Mi avevano parlato di te, Lucy Haertphilia. Ma sei molto più sciocca di quanto mi aspettassi. Cosa speri di fare ridotta in quelle condizioni? Perché non ti arredi?!" Chiese l'avversaria con un ghigno dipinto sul viso.
"È per la mia promessa." Disse la ragazza. "Per due anni ho aspettato e rivangato il passato. Ho cercato di farmi forza, anche se non era mai abbastanza. Ho fatto di tutto per non arrendermi mentre aspettavo che lui tornasse insieme alla felicità che mi era stata ingiustamente sottratta. Ho vissuto per due anni tentando di tener fede a quella promessa per me tanto importante, svegliandomi e combattendo giorno dopo giorno, solo perché mi sembrava l'unico modo per averlo accanto, per sentire che ancora c'età qualcosa che ci legava. Ho dovuto imparare cosa significhi vivere come se ci fosse un pezzo che manca. Forse non riuscirò a vincerla questa competizione, le mie condizioni sono quelle che sono, ma di una cosa sono certa: non mi arrenderò.
Non verrò meno alla mia promessa. Ho giurato di fare del mio meglio in questa competizione e nella vita, affinché il mio futuro possa essere protetto.
Voglio che lui veda quanto sono diventata forte, voglia che sappia che sono in grado di adempiere al compito che mi ha dato.
Non esiste niente a cui abbia mai dato importanza più di quel futuro che ho sognato con te. E tanto lo so che stai ascoltando Natsu, e voglio che tu sappia che ogni cosa che ho fatto in questi due anni, ogni nuova tecnica, ogni avanzamento di grado, avevano un fine ultimo. Ogni briciolo di forza che ho trovato dentro il mio cuore era per te, per costruire con te quel futuro che credo di aver sognato sin da bambina. Perciò oggi, dimostrerò che non sono più la piccola frignona che piangeva ogni volta che in palestra veniva sbattuta a terra o non riusciva a fare una tecnica. Oggi mostrerò a tutti che tipo di persona sono diventata, quindi non mi arrendo!" 
Concluse Lucy che oramai si era rialzata e fissava la sua avversaria con il fuoco negli occhi.
Natsu pensò di non averla mai vista bella come in quel momento. Una regina che sarebbe dovuta cadere si era rialzata per mostrare che non avrebbe mollato senza combattere. Lo sguardo della sua biondina faceva trasparire orgoglio da ogni parte e lui ne era talmente inorgoglito che avrebbe voluto urlare come un matto che lei stava parlando di lui.
"Sei ridicola." La schernì l'avversaria. "Fatti sotto principessina."
"Sono tutta un fuoco" ghignò lei. 
Quella frase Natsu la diceva sempre prima di combattere. A lui i combattimenti piacevano tanto, lo eccitavano, Lucy invece li evitava perché non le piaceva dover alzare le mani a qualcuno, ma quel modo in cui Natsu affrontava i combattimenti quella frase che da sempre lo aveva caratterizzato le dava coraggio.
Il combattimento continuò mentre tutti gli spettatori lo seguivano con il fiato sospeso. Natsu non avrebbe saputo dire chi delle due avrebbe vinto alla fine è per un secondo non volle nemmeno guardare.
Questo almeno finché non sentì alle sue spalle un Gray particolarmente eccitanto urlare "l'ha presa!" Fu allora che Natsu si voltò e la vide.
Quella tecnica che le era sempre piaciuta le stava regalando la vittoria più bella della sua vita.
Aveva vinto. La ragazza che in quel momento stava davanti ai suoi occhi era la campionessa assoluta della categoria 52 kg.
Quando Natsu sentì l'arbitro urlare "ippon" fece un salto così alto che per poco non fece cadere la sedia a terra. Aveva vinto. La sua Lucy aveva vinto. 
Si mise a correre tornò al suo posto e prese il lenzuolo a cui aveva lavorato l'intera notte. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a dirlo nel modo giusto, quindi lo aveva scritto.
Attaccò lo striscione alla transenna e lo srotolò. Lucy, che nel contempo era scesa dal tatami, si voltò nella sua direzione e lo vide.
Ci fu un istante in cui credette che qualcuno potesse sentire il battito del suo cuore, troppo accelerato per essere normale. Non riusciva a dire nulla. Si mise le mani davanti alla bocca per coprire i singhiozzi e pianse alla vista di quella scritta.
"Ci è stata data una seconda opportunità. 
La coglieresti con me?"
L'amore di dieci lunghi anni, ecco cos'era quello. 
Natsu scese dalla transenna proprio mentre Lucy fu chiamata a prendere il premio. La ragazza si voltò, preso un foglio di carta e una penna e chiese all'arbitro di scrivere la frase che lei voleva. Quando salii sul podio e le venne consegnata la medaglia alzò il foglio sulla testa così che lui potesse vederlo. 
"Sì! E non importa quanti secoli possano passare, sceglierò te! Avrei sempre scelto te."
Adesso era Natsu che sentiva il suo cuore battere come una mandria di bufali impazzita. Lui però lo aveva sempre saputo che era lei l'amore della sua vita. Lo sapeva che si sarebbero ricongiunti o che forse non si erano mai lasciati. 
"We will met again" aveva scritto su quella panchina, e ad ogni passo che la sua meravigliosa ragazza stava facendo verso di lui, sapeva che aveva avuto ragione.
"Andremo avanti insieme."
"Lo so."
"Non hai paura che io possa andare via un'altra volta?"
"Un po' forse si. Ma credo in noi. Ci credo così tanto perché questo cuore non l'ho mai sentito battere tanto forte come quando sei con me."
Si scambiarono un bacio e la Fairy tail scoppiò in un sonoro applauso.
Quando si separarono Natsu notò che Lucy era bianca in volto e pensò bene di portarla dal medico, che le disse che aveva perso almeno un litro di sangue e che quindi doveva riposare. Dopo aver dato i punti alla ferita il medico la riconsegnò a Natsu che caricandosela sulle spalla la riportò a casa. Natsu sapeva che non avrebbe trovato nessuno a casa di Lucy, il padre non c'era mai. Lucy gli passò le chiavi e lui aprì la porta. Quella casa era esattamente come la ricordava. La appoggiò sul divano e le chiese se volesse qualcosa da mangiare. Lei rispose che si, aveva fame e così mangiarono e risero insieme proprio come due anni prima.
"Lo so io e lo sai anche tu. Saremo sempre insieme tu ed io, perché per quelli come noi, non ci sarà mai nessun addio." Pensò Lucy ricordando la dedica di un autore alla donna che amava alla prima pagina del suo libro.
"Siamo un re ed una regina, un bambino ed una bambina. Il trono era una panchina e vorrei tutto come prima." Pensò Natsu ricordando vagamente una canzone che due anni prima le aveva dedicato perché sembrava parlasse proprio di loro due. 
Così tra schiamazzi e risate quello strano rapporto riprese ed entrambi sapevano che non si sarebbe più sfaldato. Perché loro due lo sapevano che non so sarebbero mai più persi. 
"Ti amo" disse lui sorridendo.
"Non sai quanto" disse lei completando la frase di lui.
Tutto era tornato come era sempre stato, e loro erano felici così.

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