Reflection

di _windowsgirls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Exchange ***
Capitolo 2: *** What's happening? ***
Capitolo 3: *** I remember ***
Capitolo 4: *** I'll help you ***
Capitolo 5: *** Training ***



Capitolo 1
*** Exchange ***






Exchange




«Scommetto cinquanta sterline che Styles non si è ancora fatto la Porston.» Zayn Malik uscì le banconote dalla tasca del jeans stinto che quella mattina aveva deciso di indossare, attorniato da una decina di persone che ridevano con lui e scommettevano cifre più alte.
Harry passò loro accanto stringendosi i libri al petto, con gli occhiali da vista addossati al naso e lo sguardo abbassato per terra per non incontrare il loro che, sicuramente, avevano notato la sua figura attraversare il giardino curato all'interno della scuola. «O no, Styles?» lo prese in giro Zayn, sorridendo con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto e i denti bianchi scoperti. «Dicci qualcosa, così che possa portarmi la vittoria in mano» terminò, dando una pacca sulla spalla di Louis Tomlinson accanto a lui che si accendeva una sigaretta, parando la piccola fiammella con la mano.
Harry tirò su con il naso e tenne lo sguardo puntato sulla punta delle sue converse nere, le loro risate che gli cadevano addosso come un manto di vestiti pronti a seppellirlo.
Strinse gli occhi e tentò di focalizzarsi sul compito che avrebbe fatto l'ora successiva, cercando al tempo stesso di ignorare quei ragazzi che non facevano che importunarlo da anni, ormai. Che problema c'era, se lui preferiva studiare piuttosto che sballarsi in quella combriccola di amici? Non fumava, non beveva, non si tatuava cazzate sulle braccia, non era come loro e non era per niente interessato ad averci a che fare, ma quelle scommesse, i bigliettini con gli insulti che gli arrivavano sul banco durante le lezioni, gli scherzi nell'armadietto l'avevano stancato, eppure non faceva mai niente per fermarli. 
Credeva che l'indifferenza sarebbe stata l'arma migliore, ma più li ignorava, più infierivano contro di lui, e ne era sostanzialmente esausto.
Una mano si avvolse intorno al suo polso che manteneva i libri al petto, una chioma scura che gli si accostò al corpo e che si slanciò sulla sua faccia, lasciandogli un tenero bacio sulla guancia.
Tamara Porston era una ragazza meravigliosa, la più bella che Harry avesse mai visto. Stavano insieme da circa due anni, e con lei non era mai stato così felice.
Tamara era esattamente come lui, amava leggere, studiare, prendere voti alti, ma in compenso amava uscire con lui o con le amiche. Era solare, simpatica e spumeggiante. Aveva sempre voglia di fare amicizia, eppure accanto ad Harry non aveva mai fatto qualcosa che andasse contro le regole. Sempre solita monotonia giornaliera, ma ciononostante stava bene e in pace con se stessa. Gli scompose i capelli sulla fronte e gli sorrise con le sue labbra sottili, chiudendo appena gli occhi marroni contorniati da ciglia marcate di mascara. «Lasciali stare, okay? Non è importante.»
«Porston, se tu fossi stata con me, non ti avrei semplicemente scopato!» urlò Zayn facendo scoppiare a ridere le ragazze che gli stavano intorno, mentre Louis sollevava la mano mantenente la sigaretta e la salutava con un gesto malizioso.
Tamara si girò verso di lui, per poi scuotere la testa appoggiandola sulla spalla di Harry. Entrambi superarano l'arco e si immisero nel corridoio, dirigendosi presso la classe che avevano in comune. 
«E' una tortura che non finirà mai» ammise Harry, spegnendo il telefono e appoggiandolo sulla cattadra dell'insegnante, mentre il resto della classe non faceva altro che fotografare appunti e salvarli nelle gallerie del telefono per utilizzarli durante il compito. Tamara prese posto sotto alla finestra ed Harry al posto davanti al suo, mentre l'insegnante faceva il suo ingresso, con una plica di fogli nascosti all'interno del braccio. Quando suonò la campanella, prese a distribuirli per file.
«Harry, devi imparare a difenderti, cavolo. Quando ti renderai conto che hai un necessario bisogno di saper stare dalla parte del manico in ogni situazione? Malik continuerà fin quando non gli darai un buon motivo per smettere di farlo.» Poi la ragazza si zittì per focalizzarsi sul foglio che aveva davanti, mentre Harry annuiva e si grattava un lato della testa con la matita.
Come avrebbe fatto a far uscire - come si diceva - le palle per autodifendersi? Ci voleva proprio un aiuto, che chissà quando sarebbe potuto arrivare.
Intanto quel venerdì mattina non ci pensò poi molto, iniziando a rispondere alle domande che il test gli chiedeva.


Quel pomeriggio, mentre aveva la testa appiccicata al libro di Storia dell'Arte, con la lampada che proiettava la luce sulla pagina e gli occhiali che gli erano leggermente scesi sul ponte del naso, gli arrivò una notifica su Whatsapp.
Era uno shot di una pagina Facebook in cui Malik diceva "Se stasera alla festa viene Styles, ci sarà da divertirsi...oh, un attimo. Lui non verrà mai" e poi serie infinite di commenti che non facevano altro che prenderlo in giro. Scosse la testa, quando gli arrivò un messaggio da parte di Tamara. «Perché non lo sfidi e ti presenti?»
Harry si aggiustò gli occhiali e appoggiò la matita sul libro per digitare la risposta con entrambe le mani.
«Lo sai che non sono tipo da feste, preferisco rimanere a casa e leggere Tolstoj per la scuola.»
Tamara le rispose subito, inviandogli prima una faccina di un diavoletto.
«E dài, Harry, non dargliela vinta. Questa è un'occasione per farti valere una buona volta!»
Harry si tolse gli occhiali, lanciandogli verso la fine della scrivania, il vento che soffiava alla sua finestra e la tenda che si muoveva come la vela di un veliero in mare aperto. «Dici che dovrei?»
In tutto risposta, Tam le mandò una faccina maliziosa con «Passo a prenderti alle sette.» Poi riprese a studiare, controllando l'orologio.
Iniziò a prepararsi mezz'ora prima, non avendo la benchè minima idea di come potersi vestire per una festa. Detto sinceramente, non ne aveva mai preso parte, con Tamara che l'aveva sempre accontentato, andando contro la sua volontà, ed in quel momento avrebbe tanto voluto un po' di esperienza. Optò per un pantalone nero e una camicia bianca, inforcando gli occhiali e alzando i capelli sulla fronte. Si spruzzò un po' della colonia che i suoi genitori gli aveva portato dalla Cina quell'inverno per uno dei loro soliti viaggi e si mise il telefono in tasca. Scese le imponenti scale della sua abitazione, sua madre era ancora in ufficio a fissare le prossime sfilate che si sarebbero tenute a New York, mentre il padre era chiuso nel suo studio a lavorare al suo prossimo libro.
Jeremy Styles era uno dei migliori scrittori del Regno Unito, vincitore di numerosi premi e concorsi, impegnato in interviste e presentazioni, tanto da non dedicarsi poi molto alla sua famiglia. Mentre sua madre, Anne, era una donna presa dal lavoro quanto dal suo unico figlio, di cui si preoccupava in continuazione, non dandogli filo da torcere. Gli preparava sempre da mangiare, lo aiutava a sistemare le robe nell'armadio, gli comprava i libri che voleva, cercava di accontentarlo in tutto, e non per accaparrarsi il suo affetto, ma per essergli vicina quanto più possibile. Era una strana famiglia, quella di Harry, eppure lui l'adorava. Se sua madre avesse saputo che quella sera non avrebbe mangiato l'insalata condita che gli aveva preparato quella mattina e che aveva conservato nel frigorifero, per andare ad una festa, le sarebbe venuto sicuramente un infarto.
Quando sentì un clacson dalla strada, prese le chiavi di casa dal mobiletto e uscì sul suo cortile privato, la macchina bianca di Tamara che capitanava sul buio della strada male illuminata. Prima di chiudersi il cancello alle spalle, Harry inserì il codice dell'allarme e poi salì sulla macchina. Si sporse e lasciò un rapido bacio sulle labbra della ragazza.
«Pronto?» chiese lei euforica, ingranando la marcia. Aveva una lunga gonna che le fasciava le gambe e una leggera maglietta grigia.
«Sì, ci proverò» disse Harry con la sua voce bassa.
Quando arrivarono a casa di Meredith Grey, il giardino era cosparso di tavolini tutti occupati e di bicchieri di punch già svuotati, lunghe file al piano bar che era stato creato nell'angolo di quella distesa verde. Quando Harry e Tamara varcarono l'ingresso a braccetto, videro la folla girarsi verso di loro, spalancando la bocca e fermando i loro movimenti, mentre la musica in sottofondo continuava ad infuriare nelle casse. Harry non era abituato a quel rumore, e si guardò intorno, notando che quella casa fosse praticamente isolata in campagna. Tra i ragazzi presenti si aprì un varco e Zayn ci passò in mezzo, reggendo un bicchiere in mano. 
«Non ci posso credere» disse, nonostante la sua voce risultasse ovattata per la musica troppo elevata. Tamara sollevò una mano sulla schiena di Harry, accarezzandolo per infondergli coraggio. «Il nostro buon vecchio nerd che ci raggiunge ad un party. Un bicchiere, per favore» disse girandosi verso Louis Tomlinson che si stava rollando una sigaretta, appoggiato al muretto. Finì di bagnarla e sorrise, prima di infilarla tra i denti dirigendosi verso il barista ingaggiato. Quando tornò con un bicchiere in mano, Harry portò due mani avanti.
«Non bevo» disse, mentre Tamara si girava per salutare due amiche che le erano passate davanti. Quando la ragazza venne allontanata di peso e trascinata chissà dove, Harry sentì la mancanza della sua mano ad infodergli coraggio, e si sentì solo. Come avrebbe fatto a trovarla lì in mezzo? Ma soprattutto, come si sarebbe liberato di Malik?
«Avanti» fece il moro piazzandogli il bicchiere in mano, mentre si girava e intimava agli altri ragazzi di riprendere cosa avevano interrotto. «Un solo bicchiere. Che c'è, hai paura che il tuo alito puzzi, dopo?» terminò, sorridendo con la lingua tra i denti. Harry si aggiustò gli occhiali sul naso, tenendo gli occhi su di lui.
Forse se avesse bevuto, allora l'avrebbero lasciato in pace.
«Cosa c'è dentro?» chiese allora.
Malik fece un verso esasperato con la mano. «E' solo un cocktail di merda, non morirai» disse, e prese di forza la mano di Harry, sollevandogli il bicchiere all'altezza della bocca, macchiandogli la camicia bianca. Il riccio sentì un forte odore pungergli le narici e serrò gli occhi, mentre lo mandava giù velocemente per non sentire l'alcol bruciargli la gola al passaggio. Quando lo svuotò, Tomlinson ne aveva già in mano un altro.
«Oh no, non ci provare nemmeno» disse Harry facendo una smorfia con la bocca per il sapore amaro del drink precendente.
Louis glielo diede in mano. «Facciamo un gioco.»
«Odio giocare-» Ma Tomlinson lo interruppe.
«Berrai altri due bicchierini per provare dei cocktail che di sicuro amerai, e poi ti lasceramo in pace per la serata, ci stai, Styles?» propose con gli occhi azzurri più luminosi che mai e le pupille dilatate. Zayn indossava un pantalone largo e una giacca bianca e nera, e rideva alle spalle di Louis, prendendosi gioco di Harry.
Il riccio, che non aveva ancora visto Tamara fare ritorno, guardò i loro occhi vispi e brillanti. Non aveva mai bevuto in vita sua, solo alcune volte qualche goccio di vino che il padre portava dall'Italia, e non sapeva se sarebbe stato in grado di reggere l'alcol perché - ne era certo - in quei drink ce n'era fin troppo.
Aveva la gola che gli bruciava e uno strano sapore in bocca. Vide Zayn prendere un altro bicchiere pieno fino all'orlo e fermarsi dietro Louis, controllando l'orologio.
«Allora?» fece il moro. Se non ci avesse pensato, forse sarebbe sceso più facilmente. Dai, ce la poteva fare. I ragazzi della sua età bevevano sempre, eppure non erano morti. Non gli sarebbe successo niente, forse avrebbe perso lucidità, ma niente di grave. Bevve il contenuto, sentendo la base della gola bruciare e ignorando il cattivo odore che gli arrivava dal fondo del bicchiere, poi Zayn gli spinse il bordo dell'altro drink sulle labbra ed Harry ingoiò ancor prima che si rendesse conto di quanto fosse successo. Louis e Zayn si allontanarono, tirando fuori dalle tasche un accendino e una sigaretta ciascuno.
«Fantastico. A lunedì, Styles, passa una bella serata.» E sparirono.
Harry sorrise verso di loro e sentì l'acido salirgli su per la gola. Si girò in preda al panico, con la testa che gli girava impercettibilmente, eppure si sentiva stranamente allegro. Iniziò a camminare, ignorando la gola bruciare e passò in mezzo alla folla, cercando con gli occhi la testa scura della sua Tamara, ma era come se si fosse volatilizzata. Non l'aveva lasciato lì, vero? Non avrebbe mai potuto. Casa di Grey era molto piccola rispetto alla sua, solo a due piani e con un disordine che avrebbe fatto impazzire la madre. Harry trascinò i piedi, spinto dai ragazzi che ballavano e dalle orecchie leggermente ovattate. Sentì moltissimo caldo, le goccioline di sudore gli scivolavano sulla nuca, bagnandogli il colletto della camicia. Doveva tornare a casa, doveva finire di studiare, si ripeteva, e aprì la porta che si trovò di fronte, con la vista leggermente annebbiata. «Tamara?» chiamava uscendo sul retro dell'abitazione dove non c'era nessuno, solo un ammasso di terra incolta e un prato secco. Il cielo era scuro sopra di lui, le stelle illuminavano la sua figura barcollante che camminava senza peso per quel terreno incurato, cercando con gli occhi la sua ragazza. La musica gli giungeva lieve alle sue spalle e respirò profondamente quando una ventata di aria fresca gli sferzò il volto. Si tolse gli occhiali per passarsi il braccio sulla fronte, bagnandosi la manica della camicia bianca già macchiata, e camminò fin quando non sentì uno strano rumore sotto di sè. Abbassò la testa, con un capogiro che gli fece perdere l'equilibrio, facendolo cadere in ginocchio per terra, le ginocchia immerse nel fango e in piccole pozze d'acqua. Si rimise gli occhiali e guardò più avanti, vedendo un minuscolo stagno distare massimo un metro dalle sue ginocchia. Iniziò a gattonare, non pensando minimamente ai vestiti ormai rovinati, fin quando non infilò le mani nell'acqua fredda. Chiuse gli occhi e si tolse subito gli occhiali, posandogli accanto a lui. Raccolse l'acqua con le mani chiuse a coppa, e si sciacquò la faccia accaldata, un senso di freschezza a farlo rinvigorire. Aveva un leggero mal di stomaco, la gola che gli bruciava e il respiro controllato, cercando di prendere delle profonde boccate d'aria. Quando riaprì gli occhi, gli appoggiò sull'acqua sotto di sè, le ginocchia e i polsini delle camicia ormai interamente fradici, così come la sua faccia e l'attaccatura dei capelli ricci. Vide il suo riflesso guardarlo dal pelo dell'acqua, le iridi verdi luminose e le pupille vagamente allargate, come se fosse un gatto. Alcune goccioline gli scendevano sulle guance per tornare nel piccolo stagno e formare delle leggere onde.
Continuava a specchiarsi sulla superficie dell'acqua, guardando quel volto che in quegli anni ne aveva passate di tutti i colori.
Teste infilate nel water, buste di latte svuotate sui capelli, cibo della mensa rovesciato sui suoi vestiti nuovi e di marca...non era mai stato preso sul serio nella sua scuola, ogni volta che tornava a casa vedeva sempre qualcosa di diverso macchiargli la divisa, e non era mai riuscito ad avere la meglio sugli altri. Si era sempre chiuso nel silenzio, lasciando che subisse senza contrattaccare.
Era uno schifo, e lo sapeva bene.
Tamara, fin dal primo momento in cui l'aveva conosciuta, aveva sempre cercato di aiutarlo, a difenderlo quando lui da solo non ci riusciva, ma non le sarebbe mai dovuto spettare quel compito. Harry sapeva che doveva sollevarsi le maniche e farcela da solo, e nonostante fosse sempre stato abituato agli agi, sarebbe arrivato il momento in cui doveva infondersi coraggio e mettere la faccia nelle faccende, non poteva continuare a nascondersi dietro il bel visino di Tamara che, continuando così, si sarebbe ben presto stancata di lui. 
Harry non riusciva a capire perché la sua mente stesse partorendo dei pensieri del genere in quel momento, in cui non era nemmeno molto lucido, ma forse guardando il suo riflesso bagnato sul pelo dell'acqua, si era reso conto di quante ne avesse passate, di quante volte quel suo viso fosse stato preso in giro, e non tanto per la bellezza, quanto per la persona timida, introversa e asociale che si nascondeva dietro. Fece forza sulla braccia per rimettersi in piedi e per tornare dentro a cercare Tamara, quando accadde una cosa stranissima. Si avvicinò di più all'acqua, notando i lineamenti del suo viso riflessi, le occhiaie sotto agli occhi, i baffetti a decoragli il labbro superiore e due fossette che apparivano lente, accompagnate da un sorriso che si allargava su quel volto pallido. Harry sollevò un sopracciglio, allontanandosi un po', ma era come se il suo riflesso non lo copiasse più. Harry si toccò la bocca e non stava ridendo, per niente, mentre la sua copia stava sorridendo sornione, un angolo della bocca che si sollevava di più verso l'alto e un sopracciglio che si sollevava, strafottente.
Harry spalancò gli occhi, allontanandosi. L'alcol gli aveva sicuramente toccato il cervello, eppure...
Si avvicinò nuovamente, socchiudendo gli occhi, l'Harry riflesso che apriva i suoi come se volesse congelarlo sul posto. Prima che Harry si rendesse conto dell'assurdità della situazione, una forza sinistra tirò la sua mano verso il basso, facendolo immergere nell'acqua. 
Lo stagno era alto forse una decina di centimetri, che cosa lo stavo tirando verso il basso? Il suo riflesso iniziò a ridere, ma nessun suono arrivò alle orecchie di Harry che si fece forza e cercò di tirare a sua volta per far uscire la mano dall'acqua, ma ogni tentativo fu vano. Il suo riflesso socchiuse gli occhi ed Harry venne tirato con una violenza tale che cadde in acqua, ma non urtò il basso fondale come invece aveva creduto. No.
Aveva sentito l'acqua entrargli nel naso, nella bocca aperta e nelle orecchie, eppure continuava a scendere verso il basso, i vestiti che fluttuavano e la mano che veniva trascinata ancora più giù, fin quando non sentì di urtare qualcosa di molle che, ad una seconda spinta, si strappò, risucchiandolo.
Harry cadde di pancia in una stanza bianca, boccheggiando e con i vestiti grondanti acqua. Si sollevò sulle ginocchia, prendendo fiato e improvvisamente lucido, come se l'effetto dei tre drink fosse svanito in un attimo. Sollevò la testa, i ricci marroni che gli cadevano bagnati sul volto pallido e sgranò gli occhi, continuando a respirare con avidità, la luce di quella stanza che lo constringeva a socchiuderli un po' per vedere meglio.
Certo, non si sarebbe mai aspettato che un altro Harry gli stesse davanti, un Harry vestito di nero, senza occhiali e con i capelli tenuti in alto come li portava solitamente. Le braccia lasciate penzolanti lungo il bacino, lo guardava con occhi socchiusi e la mascella serrata.
Harry si alzò in piedi, ingoiando a vuoto. Stava sognando.
Oppure era morto.
Una delle due cose.
Anzi, era più probabile la seconda.
Si spostò i capelli dalla fronte, facendo un leggero passo indietro. «Chi sei?» chiese Harry in un sussurro, ma in quella stanza bianca e luminosa la sua voce riecheggiò come se avesse urlato nel vuoto. 
L'altro ragazzo si scrollò i capelli un'unica volta, le labbra strette tra loro.
«Chi cazzo sei tu!» gli rispose, ed Harry notò un piercing sul suo labbro inferiore, con cui spesso i denti bianchi giocavano. Poi la sua copia abbassò di poco l'addome e si spinse in avanti, correndo verso di Harry con le braccia protese verso di lui. Quando i due corpi entrarono in collisione, il ragazzo si sentì attraversare da un getto d'aria potentissimo che, per la violenza, gli fece perdere i sensi.





Spazio autrice
E va bene, ecco una piccola sorpresa. So che ancora non ho finito di pubblichare The match (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3201763&i=1) ma questa ff ce l'ho pronta da un po' e mi dispiaceva non condividerla con nessuno di voi - sebbene comunque rimanga sempre sola come un cane.
Ma comunque, questo primo capitolo è fondamentale, però sappiate che dal prossimo la storia avanzerà su due piani diversi, così avrete modo di conoscere ambedue i personaggi.
Vi voglio avvisare di una cosa: la storia non è terminata, e siccome odio non portare le storie a termine, ma in particolar modo tardare con gli aggiornamenti, ci tengo ad avvertirvi. Gli aggiornamenti non saranno settimanali, come ho fatto con le altre mie storie. Siccome a causa della scuola sono molto occupata a studiare, non ho tempo di scrivere, infatti sono ferma a metà del 13esimo capitolo da un pezzo, ormai. Per questo aggiornerò lentamente, perché non voglio sentirmi con l'acqua alla gola. Non voglio scrivere velocemente per essere puntuale, magari rischiando che i capitoli facciano schifo, per cui ho bisogno del mio tempo, perché sono anche particolarmente legata a questa storia e per l'insegnamento che c'è dietro. Spero possiate capirmi e che possiate apprezzare questa mia storia come si deve.
Per il banner, ci tengo a ringraziare @unannosenzapioggia per aver speso del tempo per me. Grazie mille per aver dato una "copertina" alla mia storia.
La sto pubblicando anche su wattpad, se volete. Mi chiamo xsmiling.
Se siete arrivati fin qui, grazie mille davvero.
Per chi non mi conosce, benvenuti nel mio piccolo mondo.
All the love e alla prossima,
Elisa.



 

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Capitolo 2
*** What's happening? ***






What's happening?



Quando Harry rinsavì, si ritrovò steso per terra in una via male illuminata, un lampione che proiettava la sua luce sul suo volto cinereo e le stelle nelle profondità del cielo ad illuminare la notte scura. Harry si levò sui gomiti, prendendosi poi la testa con una mano. Strinse gli occhi per un leggero fastidio che gli colpì la tempia sinistra per poi spalancarli. Che cavolo ci faceva lui in una via? Si guardò intorno e non c'era nessuno, solo dei cassonetti della spazzatura addossati alle pareti, una macchina parcheggiata poco più in là e delle bottiglie di birra sparse per l'asfalto. Dietro di lui, la strada era in silenzio, nessuna macchina a rompere la quiete con i suoi clacson continui. Sbattè più rapidamente le palpebre e si rese conto di avere una birra in mano, stretta nella mano destra e svuotata per tre quarti. La sollevò scuotendo la testa, abbassando poi i suoi occhi lucidi sui suoi abiti completamente sporchi. Aveva il cuore che gli batteva a mille e scaraventò lontano la bottiglia che manteneva, lanciandola contro quelle già presenti e che erano addossate ai cassettoni della spazzatura. Si alzò in piedi cercando di spolverarsi l'addome. Come aveva fatto ad arrivare fin lì? Era a casa della signorina Grey e stava cercando la sua ragazza, Zayn e Louis l'avevano fatto bere un po' troppo e poi...niente. Cos'era accaduto, dopo?
Una porticina sul fianco del palazzo che capitanava quella via buia si spalancò, rivelando un chiasso infernale proveniente da quella direzione. Harry si tappò un orecchio, girandosi verso quella direzione e posando i suoi occhi verde smeraldo su una figura minuta che stava mantenendo la maniglia, la testa oltre la porta che si muoveva a destra e a sinistra come a voler cercare qualcuno.
D'un tratto i suoi occhi scuri contorniati da lunghe ciglia si posarono su Harry e abbassò la testa, sconsolata.
Si richiuse la porte alle spalle, ovattando quel rumore di musica altissima e scese i tre piccoli gradini che la separavano dalla strada. Le gambe magre erano fasciate da skinny neri e totalmente strappati sulle cosce, tacchi alti che la slanciavano e i capelli scuri che le ondeggiavano lunghi sulla schiena.
«Ma quanto cazzo ci metti?»
Era Tamara.
Harry sentì la mascella cadere per terra, con il cuore che saltava un battito improvvisamente. Quando la ragazza arrivò al centro del cono di luce, venne investita dalla luminosità del lampione ed Harry vide la sua ragazza molto diversa. 
Abbigliamento a parte, era fortemente truccata. 
L'eyeliner era marcato sulle palpebre, interamente circondate di nero, un piercing al naso e uno al sopracciglio e le labbra tinte di viola scuro. Stava masticando un chewing gum.
«Allora?» disse, rincarando la dose. Harry sbattè le palpebre.
«Tamara?» chiese, perché era assolutamente impossibile un cambiamento così repentino. «Cosa ti hanno fatto? Ti ho cercata dappertutto» disse mentre le sfiorava una guancia come se fosse un'opera d'arte impossibile da sfiorare.
La ragazza sollevò un sopracciglio. «Cazzo, hai fumato più del previsto. Dobbiamo tornare dentro.»
«No, perché? Sono stanco, andiamo a casa.»
Tamara si bloccò a metà del suo giro, «Harry Styles stanco? Ma ti senti quando parli? Andiamo, Liam sta offrendo un secondo giro» disse, tappandosi una narice e inspirando con quella libera.
Harry sgranò gli occhi. «Sicura di stare bene? Non ti riconosco» ammise lui, continuando a restare fermo sotto alla luce e chiedendosi cosa stesse accadendo. Insomma, non era mica morto per davvero e stava sognando?
Tamara lo prese sotto braccio, «Sono io a non riconoscerti. Sei sempre il primo a buttarti avanti quando si tratta di Payne.»
«Liam Payne?» chiese Harry mentre si lasciava trasportare dalla ragazza, i suoi tacchi che ticchettavano sull'asfalto bagnato. «Quello del corso di biologia?»
Tamara gli diede una botta sul braccio, «Ma che cazzo dici, lui ha lasciato la scuola due anni fa» e aprì la porta, facendo rimbombare i timpani di Harry che si parò gli occhi per una forte luce fucsia che usciva da quella parte.
«No, non entro, non mi piacciono le feste.»
Tamara salì il primo gradino e si girò verso di lui, la musica a palla dietro di lei e lo sguardo provocante. Gli circondò il collo con le braccia, «Ma come, se le ami tanto» disse, avvicinandosi al suo orecchio e mordendogli il lobo. «Non ti va di passare del tempo con me, lì sopra, come sempre?»
Harry sentì una scossa fargli tremare il corpo e vide Tamara avvicinarsi e poggiare le labbra sulle sue. Harry le cinse i fianchi e la sentì muovere il bacino contro di lui.
Aprì gli occhi e la allontanò. «Cosa?» disse. «Come sempre?» ripetè quanto appena detto dalla fidanzata.
Lei si morse il labbro, per poi abbassare lo sguardo. «Ma quando minchia ti sei cambiato?»
Harry sollevò entrambe le sopracciglia. «Sono uscito così da casa, ricordi? Mi sei passata persino a prendere.»
Lei sciolse la presa dalla sua nuca, appoggiando le mani suoi fianchi. «Senti, sono strafatta e anche un po' sbronza. Però ricordo perfettamente che questo pomeriggio abbiamo scopato e poi mi hai portato qui.» Detto questo, prese Harry - che era immobile e incredulo - per mano e lo portò dentro, richiudendo la porta alle sue spalle.
Di certo non era a casa di Meredith Grey, e di certo non pensava di vedere così tanta gente.
Vide una scalinata protendersi davanti ai suoi occhi, Liam Payne che scendeva con gli occhi lucidi e un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro, mentre la fila si andava allargando sempre più. Harry si tappò le orecchie e vide Tamara muovere i fianchi a ritmo di musica, con i ragazzi che le giravano intorno e la musica che si ripeteva sempre più alta. Harry iniziò a guardarsi intorno.
Non sarebbe mai andato in un posto del genere.
Mai e poi mai, ma come ci era finito? Gli girava la testa ed era stanco, sarebbe potuto crollare a terra da un momento all'altro.
«Tam» chiamò, punzecchiandole un braccio mentre Liam gli passava accanto e gli assestava una gomitata tra le costole, ridendo. «Ehi!» urlò Harry, ma ovviamente la sua voce era inudibile lì in mezzo. Circondò il polso di Tamara, attirandola a sè. «Dobbiamo andare» disse a voce bassa, ma lei in risposta controllò l'orologio alla parete. 
«Dài Harry, sono le tre, è ancora presto!»
Al ragazzo uscirono gli occhi fuori dalle orbite. Prima però che potesse dire altro, le luci del locale si spensero e la musica cessò in un istante, con urla di lamentela che si levavano verso il dj.
«Scusate» disse la voce, resa graffiante dal microfono, «non vorrei allarmarvi, ma-»
Sirene della polizia iniziarono a farsi sempre più vicine e i tutti i ragazzi all'interno del locale si raggrupparono e utilizzarono le uscite di emergenza.
Tamara si spostò i capelli sulla schiena e prese Harry per mano, scendendo dalle scale nascoste nel muro e precipitandosi giù dagli scalini, con il ragazzo che veniva spintonato e toccato in punti che non dovevano essere toccati durante una fuga.
Si ritrovarono catapultati in un garage e Tamara si liberò di Harry, urlandogli di stare dietro, mentre il ragazzo - nonostante stesse ancora correndo - si guardava intorno notando facce familiari ma al contempo diverse.
Tamara tirò fuori dalla tasca le chiavi della macchina e, al seguito dell'accensione, spinse Harry all'interno della vettura, sul lato del passeggero. «Ehi, ehi» disse il ragazzo appoggiando le mani sul cruscotto. «Questa non è la tua macchina.»
«Sta' zitto
» urlò lei mentre metteva in moto e lasciava il parcheggio per immettersi sulla strada principale. Ormai le sirene della polizia erano troppo vicine, eppure non incontrarono alcun loro veicolo per strada mentre camminavano contromano.
«Ma che ti prende» urlò Harry afferrandole il manubrio e costringendola a fare inversione di marcia. Tamara inchiodò, facendo sbattere ad Harry la testa al finestrino, prima di premere l'acceleratore e sparire in una strada secondaria. 
Tamara lanciò un'occhiata ad Harry che cercava di infilarsi subito la cintura e di mantenersi al sedile per l'andatura rapida della ragazza, eppure venne spinto in avanti quando Tamara frenò bruscamente, appena prima che si scontrassero contro il muro del vicolo cieco. Non c'era più un rumore.
Harry si massaggiava il lato della testa colpito, osservando con occhi sgranati la ragazza.
«Credo che dormiremo qui» annunciò lei abbassando il sedile e stendendosi su di esso.
Harry la guardò ancora, liberandosi della cintura di sicurezza e spalancando le braccia.
«Ma che cosa diamine ti è preso? Non hai mai guidato così, ci hai fatto rischiare la vi-» Ma si bloccò quando lei gli prese il polso e l'obbligò a stendersi sopra di lei, la sua testa appoggiata sul suo petto.
«Adesso dormi, non sono in grado di reggere un'altra tua parola» disse, stringendosi Harry a sè e addormentandosi sul momento, mentre il riccio, il petto scosso da spasmi e l'affanno, si lasciava pian piano cullare dal ritmo regolare del cuore di Tamara, fino ad addormentarsi nel cuore della notte, abbracciato alla sua ragazza.







Una porta dietro di lui si spalancò di scatto, sbattendo contro il resto della superficie della casa. «Harry» urlò una ragazza, e il riccio aprì di scatto gli occhi, trovandosi un lato della testa completamente appoggiato su un ammasso di fanghiglia e i vestiti totalmente zuppi di acqua puzzolente. Storse il naso, afferrandosi il piercing con i denti bianchi, prima di alzarsi e mettersi seduto, con le braccia appoggiate alle ginocchia. 
La ragazza arrivò correndo verso di lui, la gonna lunga che le svolazzava intorno alle caviglie e i capelli lasciati lisci ad incorniciarle il volto arrossato. «Cosa ci fai qui?» gli chiese, accovacciandosi vicino a lui.
Harry stiracchiò le braccia, guardandosi intorno. «E io che cazzo ne so» disse sincermente, poi guardò la ragazza e il suo sguardo orripilante. «Che c'è'?» chiese, mettendosi in piedi e strizzandosi un lato della maglietta nera tra le mani come se fosse uno straccio zuppo. «Cazzo, che puzza» disse.
Tamara si sollevò a sua volta, portandosi una mano alla bocca. «D-dove hai preso quel coso in faccia?» chiese con un filo di voce.
Harry sollevò un sopracciglio, «Eh?»
«Il piercing, da dove è uscito?»
Il ragazzo se lo girò tra le dita. «Ce lo siamo fatto insieme due anni fa, non te lo ricordi? Anzi, a proposito, dove hai messo i tuoi? E perché ti sei vestita così di merda? Doveva essere una bella festa, quella di stasera...» disse, abbassando il tono della voce man mano che si approssimava alla fine della frase.
Tamara si guardò, poi spostò i suoi occhi scuri su Harry. «Ti sei anche cambiato» appuntò, incrociando le braccia al petto. Il ragazzo sbuffò e la spinse con il braccio, facendola procedere in avanti, con gli stivaletti che gli cigolavano sul fango di quella specie di campo in cui era finito chissà come. Arrivati dentro casa, la musica non era poi così elevata. C'era parecchia gente, ragazze vestite a troie, banconi pieni di cose da mangiare e gente che fumava vicino le finestre. Tamara non smetteva di togliere gli occhi di dosso al ragazzo. Harry se ne accorse e le si fermò davanti, proprio in prossimità delle scale che portavano al secondo piano. Che poi, Louis gli aveva detto di andare in quello che aveva definito "il miglior pub nascosto di Londra", ma evidentemente l'aveva preso per il culo. Chi si sarebbe mai chiuso in una casa così schifosamente elegante per sniffare cocaina?
Guardò la ragazza, poi le si avvicinò agli occhi. «Le pupille sono piccole, non hai fumato?» le chiese, e Tamara sussultò, coprendosi la faccia con le mani.
«Ma come ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere, Harry.»
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e spostò le mani della ragazza, guardandole le labbra finemente truccate. «E dov'è il tuo meraviglioso trucco pesante?» le disse, avvicinandosi alle sue labbra sottili. Stava per baciarla quando lei gli appoggiò le mani sul petto gonfio.
«Puzzi di alcol» gli disse, ed Harry scoppiò a ridere sulle sue labbra, baciandola successivamente e con bramosia. Tamara restò bloccata, quando si staccarono. «E anche di fumo» aggiunse. «Che ti prende, Harry? Cosa ti hanno fatto?»
«Di chi parli? Non mi hanno fatto proprio niente» disse, spingendola verso le scale per farla salire al piano di sopra. Tamara spinse via le sue mani grandi.
«Andiamo a casa" disse, prendendolo per mano.
«Cosa?!» urlò Harry. «E' presto, e non abbiamo nemmeno scopato. Non ci torno a casa» disse, imputandosi a terra come un bambino.
Zayn e Louis gli passarono davanti e gli scoppiarono a ridere in faccia, mentre Tamara si portava due ciocche di capelli dietro le orecchie e abbassava lo sguardo. «Harry, noi non facciamo l'amore» disse in un sussurro, poi il riccio si girò verso Louis che si era momentaneamente staccato da Zayn.
«E tu che cazzo stai ridendo?» urlò, facendo girare tutti nella sua direzione. «Già questo posto fa cagare, per cui ti conviene far sparire quel sorriso di merda da quella faccia da culo che ti ritrovi e sparire prima che te la gonfi.»
Il silenzio che cadde fu assordante.
Louis rimase fermo con il bicchiere a mezz'aria.
Harry lo guardava infastidito e Tamara con la bocca spalancata. «Dobbiamo sparire, adesso» annunciò, prendendo il ragazzo per mano e trascinandolo via. Quando si chiusero la porta di ingresso alle spalle, sentirono entrambi Zayn dire «No, avrei voluto filmarlo, è impossibile.» Ed Harry fu sul punto di girarsi e rientrare, ma la ragazza lo bloccò.
«Smettila, non ti sto riconoscendo.»
«Com'è che non scopiamo?» disse invece lui, riprendendo il discorso di prima come se non fosse successo niente al di fuori del normale. 
Tamara lo guardò negli occhi verdi, i suoi lucidi. «Ti rendi conto di cosa hai fatto?» disse, allontanandosi verso la macchina bianca. Harry abbassò le spalle. 
«Cazzo, parla.»
«Non hai mai usato un linguaggio tanto volgare verso qualcuno, Harry. Louis non ti ha fatto niente questa sera per stuzzicarti così tanto, e non avresti dovuto sfuriare a casa di Meredith in quel modo. Ti rendi conto della vergogna?!» disse lei, aprendo la macchina e infilandosi dentro. Harry la seguì a ruota.
Vedeva la ragazza che si affrettava a partire come se volesse scappare da qualcosa il più velocemente possibile.
La guardò allacciarsi la cintura e mettere in moto, procedendo a passo di lumaca, quando per la strada non c'era anima viva sebbene fosse prestissimo per i suoi standard.
«Chi cazzo è Meredith?» rispose alla fine, e Tamara sbattè le mani sul volante.
Harry guardò fuori dal finestrino. «Che serata di merda.» Ed era vero. Si era preso una birra e una sigaretta per stare fuori, in strada, ad ubriacarsi in pace prima di raggiungere Payne nei bagni del locale, quando forse si era addormentato per terra. Non ricordava nient'altro, e quel vuoto lo stava facendo imbestialire.
Tamara gli lanciò un'occhiata prima di parcheggiare lungo il marciapiede della sua abitazione. «Scendi» disse amaramente, poi gli accarezzò il braccio come per addolcire la dose. «Ne riparliamo domani con calma.»
Harry mugugnò qualcosa, poi guardò il palazzo di fronte a sè. «Okay» disse e scese dalla macchina.
Quando imboccò il cancello risuonò un allarme per tutta l'abitazione e si accucciò a terra, tappandosi le orecchie. «Chi cazzo ha messo quest'allarme?» urlò, e Tamara lo indicò con l'indice.
Alle sue spalle, una porta venne aperta e il padre uscì all'aria aperta per disattivarlo, con le ciabatte marroni che risuonavano sulla brecciolina e la vestaglia a coprirgli il corpo. Tamara salutò Jeremy Styles con la mano prima di andarsene, poi Harry osservò il padre dalla testa ai piedi. «Cosa cazzo ci fai tu a casa?» sputò, sorpassandolo.
Jeremy sollevò le braccia verso il cielo, i capelli ricci a riflettere la luce della luna piena. «Ci vivo» disse, ma Harry era troppo lontano perché potesse sentirlo. Salì subito al piano di sopra. Perché suo padre era a casa? Non si era mai importato di lui o della madre, perché adesso si comportava come il perfetto marito che non era mai stato? Perché non se ne tornava dalla sua puttana da cui passava tutte le notti?
Mentre saliva le scale, si guardò attorno. Per quale assurdo motivo la sua casa era così pulita, in ordine e fatta a nuovo? Sembrava che in quelle poche ore in cui era rimasto fuori di casa, l'avessero ristrutturata. Sentì la rabbia scorrere nelle vene e si chiuse in camera sua, girando la chiave. Si avventò sulla scrivania per prendere il pacchetto delle sigarette, ma trovò solo libri addossati alla parete e quaderni aperti, ricolmi di appunti. «Ma che cazzo» disse, sollevandoli in aria come se fossero colmi di germi. Li gettò a terra incurante e urlò quando non trovò le sigarette, così si tolse la maglietta nera e la gettò a terra, nell'angolo, insieme agli stivaletti e ai jeans neri. Si buttò a peso morto, senza accendere la luce, sul letto, incrociando le braccia al petto. Certo che quella serata era stata strana. Tamara non l'aveva neanche chiamato a stare da lei, che merda, e poi il padre al piano di sotto lo stava mandando letteralmente a fuoco. Non riusciva a sopportare che si aggirasse tranquillo per casa sua, non poteva proprio. Si girò sul fianco e si addomentò con quel pensiero in testa.





Spazio autrice
Hey there, come va? Io sono molto felice perché venerdì partirò con la scuola a Londra e sarò via un mese, ragazzi, un meseeeeeee.
Impossibile da crederci, ma lavorerò anche in una casa editrice :)
Anyway, cosa ve ne pare del capitolo? Spero sia di vostro gradimento :)
Detto questo, ci sentiamo il mese prossimo e passate tutti dall'altra mia storia, The match, vi lascio il banner in basso, potete cliccarlo tranquillamente ;)
All the love,
Elisa :)





Twitter: _windowsgirls
Wattpad: xsmiling

 

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Capitolo 3
*** I remember ***






I remember




Quando riaprì gli occhi, Harry fece un enorme sbadiglio, rialzando la testa con il collo intorpidito e le braccia addormentate. Sollevò il capo dal petto di Tamara che ancora dormiva, slacciando le braccia che, durante la notte, avevano legato il suo corpo minuto. Harry si massaggiò gli occhi con due pugni, grattandosi poi un lato della testa e osservandosi intorno. Era in un vicolo cieco, in una macchina che non era la sua e con una ragazza che aveva le sembianze della sua ragazza, ma Harry sentiva non fosse lei. Aveva ben chiari i ricordi della notte precedente, eppure era presente anche un buco nero che non gli permetteva di tornare indietro nella mente, a cosa fosse successo prima che si potesse ritrovare in quella via male illuminata. Ricordava di essere stato vicino ad uno stagno, ma poi niente, il tutto riportava su Tamara che lo trascinava all'interno di quel pub puzzolente. Harry fece uno starnuto e destò la ragazza che sbadigliò rumorosamente, stiracchiando le braccia e strofinandosi il piercing alla base del naso. Sollevò il sedile e guardò Harry, con gli occhi arrossati e anche un po' gonfi. «Buongiorno» disse appoggiando poi la fronte sul manubrio. Harry si aggiustò sul sedile e si soffermò ad osservare la sua ragazza. 
«Portami a casa» disse solamente, mentre si alzava sui gomiti la camicia bianca completamente sporca. Si spostò con un gesto seccato della mano il ciuffo dalla fronte, osservando Tamara sbadigliare di nuovo e girando le chiavi per mettere in moto.
«Ieri l'abbiamo scampata» disse con la voce impastata mentre faceva incriccare il collo che produsse dei rumori sordi. Harry strinse le labbra e si allacciò la cintura.
«Sì, e devi anche restituire la macchina che hai rubato. Ti rendi conto di cosa hai fatto? Potresti andare in prigione» disse lui grattandosi la guancia. Non aveva mai dormito in una macchina, era tutto intorpidito, con il collo irrigidito e un senso di spossatezza ad invadergli il corpo.
Tamara sbuffò, portando una mano dietro il suo poggiatesta e spostando il suo sguardo scuro alle spalle della via per fare retromarcia. Il sole illuminava la strada ed Harry controllò l'orario sul display del cruscotto. 12.07 p.m
«Oddio, non posso crederci» disse, chiudendo le mani a coppa davanti alla faccia. «Abbiamo dormito così tanto?!»
«Niente al di fuori del normale» ammise lei, uscendo sulla strada principale e infilandosi nel traffico delle macchine. «E poi, perché dovrei andare in prigione se questa macchina è mia?»
Harry si girò verso di lei, guardandola con gli occhi spalancati. «La tua macchina è bianca.»
Tamara gli lanciò una rapida occhiata per non distogliere lo sguardo dalla strada, poi scosse la testa. «Harry, hai fumato davvero troppo. Un po' di contegno, cazzo. Non era mai capitato che perdessi la memoria.»
«Io non ho perso proprio niente.»
«E allora sapresti che questa macchina l'ho presa l'anno scorso.»
«L'hai rubata, vorrai dire» disse Harry, guardando fuori dal finestrino. Londra era in continuo movimento, il sabato mattina tantissimi giovani ne approfittavano per riposarsi e per andare a fare compere, mentre lui tornava a casa dopo aver passato la notte in una macchina che non conosceva.
«Harry, cazzo, perché avrei le chiavi se l'avessi rubata? Okay che abbiamo preso qualcosa, ogni tanto, ma-»
«Noi non abbiamo mai rubato» disse allora il ragazzo girandosi verso di lei e spalancando le braccia per quanto possibile.
«Smettila, mi stai urtando i nervi. Sono ancora sbronza, non ti ci mettere anche tu. Dopo tutto quello che hai bevuto ieri, non dovresti nemmeno essere in grado di formulare una frase di senso compiuto.» Parcheggiò rapidamente sulla via in cui Harry abitava, e il ragazzo si slacciò la cintura di sicurezza, aprendo la portiera e lasciando subito la vettura dietro di lui. Si avviò verso il cancello e lo vide socchiuso, senza l'allarme attivato. Entrò, spostando le grate di metallo, e si girò verso Tamara che, alla guida, gli suonò il clacson in risposta, «Ci vediamo dopo» disse, riprendendo la marcia e lasciandolo da solo nel suo grande giardino antistante l'abitazione. Harry si avviò verso la porta d'ingresso, lasciando che lo sguardo vagasse tutto intorno. I fiori delle aiuole colorate erano essicati, l'erba troppo alta e il sentiero di brecciolina completamente sporco e sommerso dalla terra. La porta d'ingresso era sporca, con la maniglia graffiata e il campanello incassato nel muro come se qualcuno l'avesse preso a pugni ripetutamente. Harry spinse la porta e la trovò aperta, ma rimase sconcertato dal resto di casa.
La sua abitazione era invecchiata, mobili rotti, le pareti coperte di muffa e le scale in legno decadenti. Il pavimento era sporco, chiazze qua e là che ormai avevano impregnato il parquet di legno chiaro che, in quel momento, era quasi nero. Cumoli di polvere negli angoli delle stanze e una puzza di alcol e bruciato a permeare l'ambiante. Harry aveva gli occhi sgranati, mentre era attento a non calpestare niente. 
Si sporse verso la cucina, trovando cumuli di piatti nel lavandino, fotografie dai vetri incrinati riversate a terra, la tovaglia stracciata e i mobili che le anti pendenti. Harry si fermò sotto l'arcata della porta, la bocca schiusa e gli occhi fissi sulla figura che occupava una sedia addossata al muro bianco e a tratti sporco di grigio.
Suo padre aveva in mano una bottiglia di vodka, i capelli lucidi e gli occhi iniettati di sangue. Le occhiaie sotto agli occhi gli conferivano uno sguardo che Jeremy non aveva mai avuto. La mano che stringeva la bottiglia trasparente era sporca, con le unghie nere e i peli a circondare le sue falangi. Harry avrebbe voluto dire qualcosa, perché era sicuro di aver sbagliato casa, ma allora perhé c'era suo padre in quelle condizioni? Come se non avesse visto una doccia da fin troppo tempo, come se la vecchaia gli si fosse gettata addosso in un impeto di follia e lo avesse schiacciato a terra, abbandonandolo a se stesso. Harry bussò alla porta con le nocche, e l'uomo sollevò lo sguardo su di lui. I suoi occhi castani incontrarono quelli verde smeraldo del figlio e il suo volto si aprì in un ghigno. Aveva i denti ingialliti. «Come vedi, non ho ascoltato il tuo ordine» disse con voce strascicata e rauca. Harry allargò le narici e si aggiustò le maniche della camicia, per essere ordinato di fronte al padre.
«Non mi chiedi dove io sia stato?» chiese titubante. Il padre era sempre rimasto chiuso nel suo studio, dedicando anima e corpo ai suoi romanzi e non preoccupandosi più di tanto della sua famiglia, ma allora perché lo guardava in quel modo, come se lo volesse sfidare?
«A me non frega un cazzo di te, nè di quella troia di tua madre. Come vedi, non lascerò mai questa casa, figliolo» disse, sottolineando il nomigliolo con disprezzo, come se volesse improvvisamente rinnegare la paternità di Harry. Il ragazzo spalancò la bocca, cercando di capire l'uomo che gli era seduto quasi davanti. Perché aveva chiamato sua madre in quel modo? Anne lo amava da impazzire, perché era tutto in quello stato degradante? Harry fece un passo indietro, ingoiando a vuoto. 
«Non mi prendi a pugni? Solitamente è la prima cosa che fai, quando mi vedi, oltre a sputarmi addosso.»
Il ragazzo scosse la testa, gli occhi immobili su quella figura sbiadita che sarebbe dovuta essere suo padre, indietreggiando e salendo immediatamente le scale che cigolavano ad ogni gradino. Al piano di sopra, vide la porta dello studio del padre scardinata e appoggiata al muro di fronte, libri sparsi a terra e fogli stracciati, formiche che si radunavano attorno a quelli che dovevano essere pezzi di cibo. Harry si tappò il naso e proseguì lungo il corridoio, pensando che tutto fosse uno scherzo malsano della sua mente contorta. Bussò alla porta della camera della madre che era chiusa. «Mamma» chiamò, ma dall'altra parte nessuna risposta.
Aspettò di fronte al legno chiuso, gli occhi che cercavano di non perdersi guardandosi intorno. Bussò un'altra volta. «Mamma sono a casa!» disse alzando la voce, una mano ancora al naso per nascondere la puzza che gli arrivava alle narici, come se qualcuno avesse rinunciato a pulire quella discarica. Perché la loro domestica non faceva più il suo lavoro? Harry bussò ancora, ma dall'altra parte non ottenne alcuna risposta. Appoggiò la fronte al legno. «Mamma, hai preparato qualcosa da mangiare?» chiese, ma sembrava che nella stanza non ci fosse nessuno. Smosse la maniglia ma era bloccata ed Hary improvvisamente si sentì invadere dal panico. Chiamò Anne ancora e ancora, ma la madre non dava segni di averlo sentito, così il ragazzo si sentì gli occhi lucidi e mosse velocemente i piedi, i respiri che acceleravano e la porta dell sua stanza sempre più vicina. La spalancò e vide il disordine straripare da ogni dove. L'armadio era svuotato per terra, robe addossate in ogni angolo, il letto sfatto, un pacco di preservativi che fuoriusciva dal cassetto, la scrivania sommersa da bottiglie e pacchi di sigarette. Dei suoi libri non c'era traccia, c'era puzza di sporco e di aria consumata. Harry si lasciò strisciare lungo la parete e si sedette a terra, il petto chiuso in una morsa che non gli permetteva di respirare. Capì di stare piangendo solo quando sentì una lacrima scivolare sul suo mento e cadere a terra, infiltrandosi tra gli assi consunti del parquet. Quello non era il suo mondo, niente era come l'aveva lasciato.
Sentì un ticchettìo pesante provenire dalla finestra e si alzò, asciugandosi con uno scatto le lacrime che gli bagnavano le guance. Aprì le imposte e si affacciò, vedendo Tamara con dei sassi in mano e Zayn, Louis e Niall Horan fumare nel retro del suo giardino, ridendo tra loro con il sole che catturava la luce nei loro piercing argentei.
Tamara gli sorrise, intimandogli di scendere, poi sollevò un sopracciglio osservando il suo ragazzo dalla guance arrossate e i capelli scomposti. Lanciò un'occhiata al resto dei ragazzi che le alzarono il pollice, prima che sollevassero lo sguardo su di lui. «Dài, Styles, queste canne aspettano solo te.»
Harry vide Tamara lasciare i sassi per terra e poi appoggiare i piedi suoi pioli della scala di emergenza, arrampicandosi fino alla sua finestra. Con uno scatto, sorpassò il piccolo muretto, fermandosi al centro del piccolo balcone su cui la finestra di Harry si affacciava. Aggrottò le sopracciglia nel vedere il suo ragazzo dallo sguardo perso, gli occhi annebbiati e il colorito pallido. «Che cazzo hai?» disse, e in risposta Harry indietreggiò, avviandosi verso il suo letto dal materasso duro e a tratti strappato. Tamara passò prima una gamba, poi un'altra attraverso le imposte, entrando nella sua stanza. Harry si sedette, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e seppellì la testa tra le mani, piangendo con i singhiozzi. Tamara si bloccò ad un passo da lui.
«Porston, muoviti» urlò Zayn dal piano in basso. «Non abbiamo tutto il fottuto tempo che vuoi.»
Ma la ragazza lo ignorò, guardando con fronte corrugata il ragazzo che piangeva disperatamente di fronte a lei. Quando Harry sollevò lo sguardo su Tamara, aveva le lacrime sulle guance, le labbra tremanti e le palpebre arrossate dal pianto.
«Cosa è successo?» chiese in un sussurro, e Tamara andò a chiudere la porta, lasciando la finestra aperta per far entrare un po' d'aria fresca. Gli si sedette accanto, appoggiandogli una mano in mezzo alle scapole e guardandolo in quegli occhi smeralidini che tanto amava, ma che in quel momento erano distanti anni luce.
Ignorò cosa il ragazzo le avesse detto prima, focalizzandosi a vedere quell'Harry che non smetteva di far tremare il suo petto a causa dei singhiozzi.
Quando i loro occhi si guardarono, «Chi sei?» gli chiese Tamara.
Il riccio si strofinò gli occhi, piantando poi lo sguardo su quel parquet rovinato. «Sono Harry» rispose in un sussurro.
Tamara chiuse gli occhi, scuotendo la testa. «Il mio Harry non avrebbe mai lasciato che Zayn, Niall e Louis si fumassero le canne da soli, nè tantomeno avrebbe pianto, lui, che non ho mai visto piangere, nemmeno una volta.»
Harry sollevò lo sguardo su di lei. Guardò il piercing al sopracciglio, al naso, gli occhi dal trucco sbavato e le labbra screpolate, i capelli spettinati e gli occhi scuri che cercavano di scrutare dentro la sua anima. Harry ingoiò a vuoto, poi gli bastò sbattere le palpebre un'unica volta per ricordare cosa il buco nero nella sua mente nascondesse. Fu un attimo, e tutto gli capitombolò addosso come se gli fosse stato sempre davanti agli occhi, ma finalmente fosse scomparsa la foschia che lo teneva nascosto dietro il suo mantello. Quando guardò Tamara, vide lo sguardo di chi aveva capito, di chi aspettava una risposta. Harry aveva le mani tremolanti, e piantò i suoi occhi su quelli della ragazza che aveva la sua mano ancora incastrata tra le scapole del riccio. «Hai ragione» disse in un sussurro, e sebbene fosse tutto talmente surreale da poterci anche solo immaginare sopra, forse sarebbe stata l'unica soluzione possibile alla sua situazione. «Credo di essere un altro Harry Styles.»

 



«Harry, amore, ti ho preparato il pranzo.» Anne bussò delicatamente alla porta del figlio, attendendo che il ragazzo le dasse il permesso per entrare nella sua stanza. Quando non sentì giungere nemmeno una parola dall'altra parte, abbassò la maniglia, spiando attraverso lo spiraglio. Harry era a pancia in giù, un braccio che penzolava fuori dal letto, il suo corpo quasi nudo addormentato sopra le coperte e i vestiti della sera precedente addossati per terra. Anne allargò le narici, entrando nella stanza e guardando le persiane ancora abbassate e la luce che ancora non aveva illuminato la stanza. Spostò la tenda bianca e sollevò la serranda, lasciando che i raggi del sole riempissero la stanza di Harry. Il ragazzo dormiva profondamente, la bocca leggermente aperta e i capelli scomposti sulla testa. Anne, nel suo abito elegante, si sedette sul materasso e gli smosse una spalla, «Harry» lo chiamò, ma il ragazzo non dava segni di veglia. Così Anne sbuffò e lo smosse più velocemente. 
«Dài, è tardi e devo ancora andare al lavoro» disse, e a quel punto il ragazzo si girò sulla schiena, portandosi una mano a coprirsi gli occhi. Quando appoggiò la testa sul cuscino, ad Anne scappò un urlo che lo fece mettere seduto immediatamente, il respiro rapido e gli occhi socchiusi per abituarsi alla luce.
«Cosa hai fatto al labbro!» urlò la donna, ed Harry sollevò un sopracciglio, sbadigliando, poi ruotò il piercing con la lingua. 
«E tu cazzo ci fai qui. E comunque, non vedo cosa ti potrebbe interessare, anzi, piuttosto mi stupisco di te che abbandoni quella cazzo di stanza in cui hai deciso di chiuderti senza degnarmi della tua presenza in questa fottuta casa.»
«Harry, ma che ti prende? Non hai mai parlato in questo modo oltretutto terribile» disse, poi lanciò un'occhiata ai vestiti buttati per terra. «Jamie dovrà anche lavare quegli abiti, a quanto pare. Perché non li hai messi in lavanderia? Ora sbrigati» disse alzandosi e smuovendo le molle del materasso, mentre Harry si girava e poggiava i piedi nudi sul parquet pulito. «Così ti vesti, mangi e poi andiamo a togliere quel coso che hai al labbro.»
«Che c'è, ora ti importa di me, dopo tutto quello che mi hai fatto passare?» disse il ragazzo ironico, mettendosi in piedi e controllando i vestiti piegati alla base del letto. Erano tutti fottutamente nuovi, per questo quando vide la madre uscire dalla stanza, si infilò nuovamente quelli che la sera prima aveva gettato a terra. «Tra te e quel cazzone al piano di sotto, non so dove sbattere la testa» disse, lasciandosi la stanza alle spalle e scendendo al piano di sotto. La sua casa sembrava rivoluzionata, quando diamine avevano fatto i lavori? Okay che non era quasi mai in casa, ma per riportarla a nuovo ci sarebbero voluti almeno due anni. Quando scese di sotto, non trovò nessuno, solo un giornale ripiegato sul tavolo e un piatto fumante. Anne attese che il figlio entrasse in cucina, prima di lasciargli un bacio sulla guancia che, prontamente, il figlio si ripulì, schifato. 
«A me importa di te, da morire, non vedo perchè tu abbia potuto pensare il contrario. E poi, mi occupo di questa casa come meglio posso, non è vero che non ti degno della mia presenza perché ti sono e sarò sempre accanto.»
Harry prese il cucchiaio e iniziò a mangiare, rispondendo alla donna solo dopo aver ingoiato. «Sono sempre più convinto che qui vi siete fatti tutti il lavaggio del cervello, o semplicemente sto ancora dormendo» disse, infilandosi nuovamente il cucchiaio in bocca. Anne alzò un sopracciglio, afferrando poi una cartellina dal mobile affianco al lavabo e infilandolo nell'incavo del braccio. 
«Questo pomeriggio andiamo a togliere quel piercing terribile, che sia chiaro, e indossa gli abiti che ti ho preparato, quelli devono essere lavati. Ah, e sta arrivando Tamara, mi ha avvisato poco fa, per cui renditi presentabile come sempre.» Detto questo gli lanciò un bacio volante. «Metti il piatto nel lavandino, Jamie verrà dopo a lavarlo. Ci vediamo stasera, amore.» E se ne andò, lasciando Harry basito.
Quando finì di pranzare, lasciò il piatto sul tavolo, facendo strisciare la sedia e guardandosi un po' intorno, dopo essersi lavato i denti nell'imponente bagno al secondo piano.
No, era impossibile credere che quella fosse casa sua. Non aveva mai visto tutti quei certificati appesi alla parete del soggiorno, non aveva mai visto il padre curato come la sera precedente ed in più a casa sua, nè tantomeno la madre che lasciava quella tana in cui si era rinchiusa da tempo immemore. Quasi non la ricordava più, e di certo non si sarebbe mai aspettato che gli preparasse il pranzo, che fosse così elagantemente vestita e che persino lavorasse. No, forse stava sognando. Forse stava solo immaginando la bella vita che avrebbe tanto voluto avere. Sentì il campanello suonare che lo fece destare dai suoi strani pensieri e aprì la porta, facendo scattare la serratura. Tamara aveva un vestitino leggero e i capelli legati in una coda alta, il viso privo di trucco e gli occhi scuri che lo guardavano attentamente. Harry le afferrò il viso con le mani e la baciò con trasporto, rimanendo sotto l'arcata della porta. 
Quando Tamara si staccò, gli lasciò una carezza sulla guancia. «Buongiorno.»
Harry la strattonò per il polso, facendo scontrare i loro petti e richiudendo la porta all'ingresso. La fece addossare al muro e prese a muoversi contro di lei, assoporando il suo profumo di pulito e rose. Le baciò il collo ripetutamente, e sebbene le piacesse, Tamara riuscì a frenare le sue mani grandi che si muovevano sul suo corpo. Lo bloccò non appena Harry aveva sollevato la base del suo vestitito, entrando in contatto con le sue mutande. «Harry, ma che ti prende» dissa affannata e allontanando le mani del ragazzo.
Il riccio la guardò con occhi immobili. «Non vuoi scopare?» le chiese imbambolato.
Okay, c'era sicuramente qualcosa che non andasse nel suo mondo.
Tamara scosse la testa. «Cioè, non mi sento pronta, Harry. Ne abbiamo parlato spesso» ammise lei, con le guance arrossate e gli occhi fissi sui suoi piedi.
«Eppure la tua pelle è andata a fuoco sotto il mio tocco, l'ho sentito.»
Tamara si coprì la faccia e scosse la testa, poi afferrò la mano di Harry, aprendo la porta di ingresso. 
«Ma noi scopiamo sempre prima di uscire, il che equivale a più volte in un giorno!» disse il ragazzo uscendo di casa e richiudendo la porta alle sue spalle.
Tamara lo prese per mano, incrociando le dita. «No, Harry, ti sbagli.»
Il ragazzo lasciò perdere, perché sicuramente Tamara era ancora annebbiata dalla sera precedente, per questo lasciò correre e la seguì fin quando non giunsero nel parco. C'era parecchia gente, bambini che giocavano sulle altalene e giovani della loro età seduti sulle panchine che ne costeggiavano il perimetro.
Tamara osservò il suo ragazzo di sottecchi che era nel mirino di qualsiasi persona gli fosse vicina, per questo si strinse di più al suo corpo muscoloso.
«Perché hai deciso di cambiare in questo modo ultra rapido?» chiese allora.
Harry inclinò le labbra verso il basso. «Non vedo come tu faccia a vedere cambiamenti in me quando sei tu quella ad essere cambiata di più.»
«Io?! Ma cosa dici? Non sono io che mi ritrovo con piercing e vestita in lutto.»
Harry sollevò le sopracciglia, puntandole il suo sguardo addosso. «Infatti hai tolto i tuoi e ti stai vestendo come la piccola santarellina che non sei» disse, e non fece in tempo a sentire la risposta della ragazza perché nel suo campo visivo apparvero Zayn e Louis, entrambi che fumavano, le sigarette pendenti sulle labbra.
Tamara strinse la presa sulla mano del ragazzo. «Harry, difenditi» disse in un sussurro, e il riccio non capì.
«Cosa?» chiese infatti. Perché si sarebbe dovuto difendere quando erano gli altri ad aver paura di lui?
«Styles, ti è passata la sbronza?» chiese Zayn girando la testa di lato per espirare la sua boccata di fumo di poco prima. Harry sollevò un sopracciglio.
«Non vedo come ti salti in mente di parlarmi in questo modo, non siamo molto in confidenza, Malik.»
Zayn prese con due dita la sigaretta e lanciò uno sguardo a Louis, mentre Harry continuava a far saettare lo sguardo dall'uno all'altro. «Hai visto?» disse il ragazzo dagli occhi blu, «Te l'ho detto che ha deciso di rischiare.»
Zayn annuì compiaciuto, ed Harry indurì la mascella. «Se non la smettete di guardarmi in questo modo, giuro che vi riduco in poltiglia.»
Il moro scoppiò a ridere, piegandosi in due. «Credi che con un piercing in faccia tu sia più un duro, adesso? Non hai capito, Styles, continuerai ad essere il solito fallito nerd che non scopa mai, l'asociale del liceo e che continuerà sempre ad essere preso di mira.» Infilò la sigaretta tra le labbra, ma questa gli cadde di bocca quando Harry gli diede un pugno, facendogli girare di scatto la testa. Zayn indurì la mascella e si avventò su Harry, spingendolo e iniziando a colpirlo ripetutamente. Tamara si allontanò di scatto e una cerchia di ragazzi si raggruppò attorno alla rissa, con Louis Tomlison che riprendeva tutto con il suo cellulare. Tamara gli corse incontrò e gli smosse il braccio. «Fermali immediatamente» urlò, ma Tomlinson scosse la testa.
«Non ci penso nemmeno» disse, mentre Tamara si avvicinava ai due ragazzi cercando di farli allontanare. Zayn per sbaglio la colpì al labbro e non fece in tempo a girarsi per controllarla, che Harry gli si buttò addosso, facendolo finire a terra. 
Zayn aveva il labbro spaccato ed Harry un graffio che gli percorreva la guancia. «Io ti uccido.»
Poi Tomlinson si gettò tra i due spingendo Harry e tirandolo via. «Smettila, o chiamo la polizia.» 
Harry si fermò ansimante, le mani doloranti mentre Zayn si metteva in piedi e si puliva la bocca con il dorso della mano. Si girò verso Tamara, «Non volevo colpirti, mi dispiace tantissimo» disse rammaricato, prima di lanciare uno sguardo ad Harry e andarsene. La gente intorno continuava a guardare Harry che aveva il respiro rapido, il disprezzo che capitanava i loro volti e la delusione di tale comportamento. Harry vide le occhiate che la gente gli lanciava, vide Tomlinson allontanarsi e Tamara che lo guardava a debita distanza. Si toccò la guancia con un dito, guardando il polpastrello macchiato di sangue, poi riportò gli occhi verdi sulla sua ragazza che aveva la mano appoggiata all'angolo delle labbra.
Le si avvicinò, e lei  fece un passo indietro, gli occhi scuri che lo guardavano dall'alto in basso e colmi di lacrime. Harry si girò verso i ragazzi che avevano iniziato a sparlagli attorno e puntò il dito contro di loro. «Avete rotto il cazzo, non c'è più niente da guardare» urlò loro, prima di avvicinarsi nuovamente a Tamara che rimaneva in silenzio, davanti a lui.
«Dov'è finito l'Harry che conosco?» chiese lei in un sussurro, con gli alberi che fusciavano sopra le loro teste e il respiro rapido. Harry si guardò le nocche arrossate e che avevano colpito fin troppi volti, poi, proprio osservando le sue mani rovinate ricordò.
Ricordò il volto di un ragazzo uguale a lui, un ragazzo spaventato e fradicio che non sapeva cosa fosse successo. Ricordò l'impatto dovuto allo scontro dei loro corpi, all'adrenalina che l'aveva spinto ad attaccarlo.
Ricordò tutto quello che la sua mente gli aveva nascosto.
Guardò Tamara, e capì perché fosse diversa, perché quel mondo non coincidesse con il suo. «Lo so io, dov'è finito» disse e le prese la mano, guardandola negli occhi. «Credo proprio di doverti raccontare una cosa.»





Spazio autrice
Eccomi qui con il terzo capitolo.
Spero che possa piacervi e che i personaggi possano diventare sempre più chiari.
Scusatemi se non sono stata presente per un mese, ma sono stata a Londra per uno stage :)))
Enjoy it e alla prossima.

#PrayforParis



twitter: _windowsgirls
wattpad: xsmiling


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Capitolo 4
*** I'll help you ***


Chiedo enormemente perdono per questo ritardo.
Ma vi spiego il perché, sperando che quei pochi lettori che sono rimasti capiscano.
Sono stata un mese a Londra, e sono tornata a casa solo a metà Novembre; il fatto, però, è che sono entrati i ladri in casa. Non è una cosa che dico per compassione o altro perché non piace nemmeno a me parlarne, ma hanno rubato il mio pc. Con esso ho perso tutto, i miei ricordi e ogni singola esperienza fatta da cinque anni a questa parte. Per fortuna, le mie storie ce le aveva la mia migliore amica, per cui sono riuscita a recuperarle.
Spero possiate capire quest'assenza prolungata. Ora che ho finalmente un computer nuovo, sono ufficialmente tornata.
Nel frattempo ho continuato a pubblicare su Wattpad perché lo si può usare dal telefono, a differenza di Efp, ma sono pronta a pubblicare tutto anche qui sopra. Ovviamente non aspetterò ogni sabato per aggiornare, ma i capitoli saranno molto più celeri.
Vi voglio bene e scusatemi :)
Spero che i capitoli possano piacervi!
Un bacione e buone feste!

 










I'll help you
 


«Ma quindi tu chi saresti?» gli chiese Tamara tamponandosi con un dito la ferita aperta al labbro inferiore. Aveva gli occhi puntati su quell'Harry che credeva fosse il suo ragazzo, ma lui non avrebbe mai preso a pugni qualcuno.
Il giovane dagli occhi verdi si accarezzò le nocche ferite e leggermente sanguinanti, le mani pallide e gli occhi puntati per terra, in mezzo ai suoi piedi. Quando sollevò lo sguardo, si incontrò con gli occhi scuri di quella nuova Tamara che continuava imperterrita a toccarsi la ferita al labbro. Si scrollò i capelli un'unica volta e tirò su con il naso. «E che cazzo ne so io» disse elegantemente, prendendosi il piercing tra i denti. «Credo di essere la sua contro figura.»
Tamara aggrottò le sopracciglia, staccando il dito dalla bocca. Era assurdo credere che quel ragazzo che aveva di fronte fosse il riflesso del suo Harry, quello scambio di corpi era talmente impossibile che faticava anche a pensarci sopra. Ma il suo ragazzo non aveva piercing, non aveva un linguaggio tanto scurrile, non si era mai azzardato a toccarla come quell'Harry che aveva davanti aveva fatto quella mattina. «E se tu fossi il suo lato cattivo?» chiese a quel punto, stupita delle sue stesse parole.


Harry sollevò il sopracciglio, con la bocca schiusa e gli occhi verdi quasi spalancati. «Non siamo in un racconto fantastico, Tamara.»
Lei drizzò la schiena sulla panchina presso cui lui le aveva raccontato la sua storia assurda, e incrociò le braccia al petto. «Allora spiegami com'è possibile che due ragazzi opposti si siano scambiati.»
Harry si portò entrambe le mani alla testa, sentendo le nocche spaccarsi nuovamente e sussultando leggermente sul posto. Strinse gli occhi per riportare sulle palpebre la scena che aveva vissuto. C'erano lui e quell'altro ragazzo che si guardavano vicendevolmente, poi lui che gli correva incontro e il buio, per poi svegliarsi sul bordo di uno stagno puzzolente sul retro di una villa di una riccona. «Non so perché sia successo, non credevo che la magia o qualsiasi cosa sia questo fottuto scambio esistesse, non so come comportarmi, cosa fare» disse a tono di voce basso. C'era poca gente nel parco, rispetto a quando lui aveva colpito Zayn ripetutamente. Al ricordo del suo volto, si girò e prese Tamara per il mento, avvicinandosi per controllarle la ferita al labbro. Era ancora aperta, sanguinante e anche un po' sporca. «Dovremmo tornare in quella casa lì.»
Tamara puntò i suoi occhi castani su quelli di Harry, la sua mano ancora avvolta intorno al mento e le sue braccia ancora incrociate sotto il seno prosperoso. «Quale casa?»
«Quella del mio sosia.»
Tamara roteò gli occhi al cielo e gli scostò la mano con un gesto delicato. «E' momentaneamente casa tua, finchè non troveremo il modo di riportarti indietro.» Si alzò, aggiustandosi la base del vestitino leggero. Harry prese un grosso respiro e appoggiò le mani intorno alle ginocchia prima di alzarsi in piedi. Era molto più alto di lei, e la guardò dalla sua altezza, il suo respiro che le solleticava i capelli sulla fronte. «Mi dispiace» disse ad un palmo dal suo naso.


Tamara si morse il labbro inferiore, sussultando quando sfiorò la ferita con i denti. «Esattamente per cosa?» gli chiese.
Harry fece un passo indietro, stranamente imbarazzato. «Per aver lasciato che Zayn ti facesse del male-»
«E' stato un incidente» lo interruppe lei, ma Harry alzò la mano, bloccandola.
«Per averti baciato e sfiorato come la mia contro figura non ha mai fatto. Non avrei mai voluto tentare di scoparti, scusami.»
«Harry, pensavi che fossi la tua ragazza..» disse Tamara, osservandosi la punta delle scarpe. In quel momento l'imbarazzo la colpì tutto in una volta, come se si fosse appena resa conto di essere stata toccata da uno sconosciuto.
Harry scosse la testa, grattandosi la nuca. «E scusami per averti portato via il tuo ragazzo.» Si strinse due ciocche di capelli tra le mani, quasi tirandosele per la frustrazione. «Cazzo!» urlò. «Che situazione di merda!»
Tamara gli si avvicinò e gli prese la mano ferita, soppesando la condizione delle nocche e vedendo gli anelli ad impreziosirgli le dita affusolate. «Mi sembra impossibile credere a tutto questo» disse piano.
Harry strinse la mascella. «Se non dovessi credermi, ti capirei. Nemmeno io crederei a questa fottuta fantasia.»
Tamara sollevò lo sguardo e tentò di sorridergli, con il labbro sul punto di spaccarsi nuovamente. «Ti aiuterò, Harry.»
Il ragazzo scosse la testa e si liberò dalla presa della ragazza. «Andiamo a casa adesso. Dobbiamo medicarci prima che qualcuno possa pensare che ti abbia preso a pugni.»
«Il mio Harry non l'avrebbe mai fatto» ammise lei, stringendosi nelle spalle e iniziando a seguire Harry che si era già allontanato verso l'uscita del parco.
«Nemmeno io sfiorerei una donna.»
Quando furono sul marciapiede di casa Styles, il ragazzo spinse il cancello ma Tamara lo bloccò. «Hai il codice» disse.
Harry imprecò, avvicinandosi ad una specie di video citofono. «Se premo qui» disse indicando un bottone, «che cazzo succede?»
«Ti aprirà Jamie» gli rispose la ragazza, accarezzandosi il vestito.
Harry sollevò le braccia. «E ora chi è questa Jamie? Le persone spuntano come fottuti funghi.»
Tamara strinse le labbra per non ridergli in faccia. Sentendolo parlare, si poteva benissimo credere che fosse il sosia cattivo e maleducato del ragazzo. All'inizio aveva pensato che l'avesse presa in giro, ma a che scopo? Il suo Harry non avrebbe mai scherzato su una cosa del genere. Era troppo perfetto, per poter parlare in quel modo e per potersi fare un piercing al labbro da un momento all'altro. Quando citofonò, il cancello venne aperto e una donna bassa spalancò la porta d'ingresso, accogliendolo con l'altro braccio, mentre Tamara si copriva la bocca per non far vedere la ferita. «Bentornato, Harry» disse con un accento che sicuramente non era inglese. Lui rimase bloccato sotto l'arcata della porta. «Buongiorno, signorina Tamara. Desiderate che vi prepari qualcosa?»
Harry fece per aprir bocca sollevando la mano per aria, ma Tamara gliela bloccò con un gesto della mano, stringendogliela per farlo stare zitto. Jamie si girò a guardare la ragazza con ancora il palmo premuto contro la bocca. «E' successo qualcosa?» chiese la domestica, spostando lo sguardo dal ragazzo a Tamara. Harry sollevò un angolo delle labbra.
«Tamara ha iniziato a soffire di alitosi» disse, e la ragazza si girò a guardarlo, spalancando gli occhi. Jamie aggrottò le sopracciglia. «E deve andare in bagno per pulirsi la bocca» continuò Harry, entrando in casa e sorpassando la donna che, con l'altra mano, reggeva una scopa in legno. Quella villa mastodontica aveva le stesse sembianze della sua casa, solo rinnovata e fatta a lucido, ma sapeva benissimo come orientarsi. Chissà come sarebbe stato bello vivere in una tale condizione. Aveva ancora la mano di Tamara a circondargli la sua, così con quella libera abbassò la maniglia ed entrarono insieme nel bagno grande, chiudendosi la porta alle spalle. Fece sedere la ragazza sulla base della tazza, mentre lui si chinava per strappare un po' di carta igienica.
«No, no, fermo» disse, bloccandogli la mano sul rotolo già per metà sbrogliato. «Usa i panni nel mobiletto.»
Harry allargò le narici. «No, facciamo questa medicazione a modo mio.»
Prese la carta dal rotolo e si avviò verso il lavandino, bagnandola un po'. Poi la premette sul labbro di Tamara. «Ahia!» esclamò lei, ma Harry la ignorò. Le prese la mano e la sostituì con la sua.
«Basta che tieni la carta imbevuta per un po', e il sangue smetterà di uscire da solo.» Prese dell'altra carta igienica e, dopo averne bagnato l'angolo, se lo passò sulle nocche spaccate.
«Dovresti mettere un cerotto» ammise lei con la voce leggermente camuffata dalla carta sulla bocca. Harry continuò a passarsi delicatamente il pezzo bagnato sulla pelle scorticata, sorridendole di sottecchi.
«Non sono un bamboccio» disse, accartocciando la carta e facendo alzare Tamara, buttandola poi nella tazza. La ragazza buttò a sua volta la sua e scaricò, richiudendo la base del water. «Le ferite, per rimarginare, devono stare all'aria aperta.»
Poi uscì dal bagno e si recò verso la sua presunta nuova camera, buttandosi sul letto ripiegato alla perfezione. Tamara lo seguì, lasciando la porta aperta e appoggiandosi con il fianco alla scrivania. Rimase immobile a guardarlo, gli occhi verdi puntati sul soffitto, le braccia spalancate sulle coperte piegate e i piedi coperti da un paio di stivaletti marroni ad imbrattare la base del letto con un po' di terra. Fece una smorfia.
«Come dovrò iniziare a comportarmi?» chiese lui con voce bassa.
Tamara sollevò le spalle e continuò a tenere gli occhi puntati sul suo volto pallido su cui il piercing rifletteva la luce del sole. «Credo tu debba comportarti come il mio Harry, cercando di pensare come farebbe lui.»
Harry si sollevò sui gomiti, sollevando entrambe le sopracciglia. «E come cazzo faccio, se non lo conosco?»
«Ti aiuterò io.»
«Io non voglio cambiare.»
Tamara si avvicinò al letto e si appoggiò al materasso, spostando i piedi del ragazzo. «Sarai te stesso non appena troveremo il modo di riportarvi indietro, tutti e due.» E abbassò lo sguardo. Harry si mise seduto, poggiando i piedi per terra e fissando le mani sul letto. Si abbassò verso di lei. «E' strano pensare che ci siano due Tamara Porston, due Harry Styles, due Zayn Malik eccetera, eccetera. E' come se il mondo fosse diviso in due, non trovi? Come se ognuno di noi avesse il corrispettivo opposto.»
Tamara lo guardò. «Com'è l'altra mia versione?» chiese. Ma davvero stavano parlando dell'esistenza di un eventuale mondo opposto? Era assolutamente impossibile, eppure non ci sarebbe stata altra soluzione. Harry guardò gli occhi scuri di Tamara. Era stato traslocato contro la sua volontà, ma ciononostante non si sentiva strano. O almeno, non fino a quel momento.
Le sorrise. «Esattamente il tuo opposto. E' uguale a me, siamo fatti l'uno per l'altra.»
Tamara storse il naso. «Ha tatuaggi, o piercing?»
Harry annuì, toccandosi la punta del naso. «Esattamente qui, e qui» disse, sfiorandosi il sopracciglio.
«Che schifo.»
Harry scosse la testa, sorridendo. «Tamara mi avrebbe risposto diversamente.»
La ragazza strinse le labbra, sentendo la ferita ancora fresca e il sapore ferroso del sangue sulla lingua. Poi Harry si alzò e andò verso la finestra, spalancandola, con Tamara che seguiva tutti i suoi movimenti. «Spesso lei si arrampica su per il balcone, entrando in camera per fare sesso.»
«Sai che io non lo farò mai, vero?» disse lei, girandosi con il busto verso di lui.
Harry annuì distrattamente. «Purtroppo credo di averlo capito.»
Un tonfo sordo proveniente dal piano di sotto fece girare entrambi i ragazzi verso la porta aperta della stanza. Tamara guardò l'ora sul suo orologio da polso, poi spostò lo sguardo su Harry. «E' arrivato-»
«Sono a casa!» urlò una voce maschile e squillante che fece mettere il ragazzo sull'attenti. Iniziò a respirare dilatando le narici, come un toro davanti ad un telo rosso ben spiegato e pronto per essere attaccato. Strinse le mani intorno al bordo della finestra, facendole sbiacare, con il petto che si muoveva velocemente.
«Perché é qui» disse, e non suonava per niente come una domanda. Tamara si levò in piedi e gli corse incontro, appoggiandogli le mani sul petto muscoloso.
«Tu hai un ottimo rapporto con tuo padre, Harry. Non so come lui sia nell'altro mondo, ma qui lui ti vuole molto bene ed è orgoglioso di te.»
Il riccio puntò lo sguardo verde smeraldo su quello scuro di Tamara, serrando la mascella. «Lui mi ha abbandonato. Ha abbondanato tutti, ci ha lasciato morire di fame andando a spendere tutti i suoi soldi in puttane!» urlò. «Non so cosa significa avere un padre, perché di certo io non l'ho mai avuto, Tamara, mai.»
Lei lo abbracciò di impulso, stringendogli le braccia intorno al corpo. Harry abbassò lo sguardo su di lei, stranito da quel comportamento, le mani strette ancora intorno al cornicione della finestra spalancata. «Qui andrà tutto bene» gli disse lei contro la sua maglietta nera. «Non ti vuole male, nè ti ha mai abbandonato. Quando vuoi, io sono qui per parlare.»
Harry, lentamente, se la staccò di dosso, rilassando le mani. «Non ho intenzione di confessare la mia vita di merda a qualcuno. Non voglio essere compiaciuto.»
Tamara respirò profondamente. «Da me non avrai altro che orecchie per essere ascoltato.»
Harry serrò la mascella e guardò i suoi piedi. «Grazie, ma no.» E andò verso la porta, dove la figura di Jeremy Styles apparve in tutta la sua altezza, con il suo bel completo d'ufficio e una plica di fogli tenuta nell'incavo del braccio.
«Ciao, Harry» lo salutò con un sorriso.


 


«Avevo questo ragazzo che mi stava di fronte, arrabbiato. Mi ha chiesto chi fossi e si è buttato addosso a me, con le mani aperte come se avesse voluto strangolarmi. Era uguale a me, Tam, esattamente la mia copia, ma al contempo diverso.» Harry si passò i pugni chiusi sugli occhi arrossati dal pianto, mentre Tamara lo guardava fisso in viso, percorrendo ogni dettaglio della sua faccia. Si alzò e si avvicinò alla scrivania, prendendo una sigaretta e accendendosela con un accendino che fuoriusciva dalla sua tasca. Inspirò una grossa boccata d'aria, girando poi la testa di lato e facendo uscire il fumo da una narice.
«Sì» rispose lei, «è un comportamento tipico di Harry, attaccare chi potrebbe essere una minaccia incombente.»
Il riccio si alzò in piedi, abbassando lo sguardo su di sè. «Ti sembro uno che potrebbe minacciare?» disse, tirando su con il naso.
«Ai suoi occhi potresti.» Tamara prese un'altra boccata di fumo, mentre dal piano di sotto si sentì improvvisamente una bottiglia che andava in frantumi e una risata gorgogliante che rieccheggiava per tutta l'abitazione. Harry guardò Tamara terrorizzato, e la ragazza lasciò la sigaretta nel posa cenere, spegnendola nonostante avesse fatto solo qualche tiro.
«Non hai un buon rapporto con i tuoi, Harry» disse lei, avvicinandosi al ragazzo.
Dei passi cigolarono sulle scale, in avvicinamento. «Dove sei, cazzone? Non hai voglia di prendermi a pugni oggi? Guarda un po', sto salendo le scale di casa, proprio come mi dici di non fare.»
«Per cui» iniziò Tamara, prendendolo per mano e avvicinandosi alla finestra, «siccome posso solo immaginare la tua forza in uno scontro frontale, faremmo meglio a filarcela, che dici?» disse sarcastica mentre spingeva Harry a superare la finestra per scendere sul suo balcone. Il riccio si bloccò sul posto.
«Mi stai dicendo di scappare?» disse, strabuzzando gli occhi.
Lei si girò a guardarlo con una gamba già dall'altra parte. «Saresti in grado di picchiare tuo padre?»
«Certo che no! E' mio padre quello lì.»
Tamara ingoiò a vuoto. «Bene, quindi se vuoi salvarti le palle, salta!» urlò.
I passi erano ormai fin troppo vicini ed Harry, terrorizzato, si catapultò sul suo balcone, scendendo poi per la scala di emergenza con il fiatone e il cuore a mille. Tamara lo tirò per un braccio e lo fece nascondere nell'angolo del palazzo, fuori dalla portata dell'occhio di Jeremy.
Zayn, Louis e Niall - con le canne rigorosamente infilate tra i denti - si accostarono ai due ragazzi. «Che succede di bello?» chiese il biondo, e Tamara gli afferrò il polso e se lo avvicinò.
«Dite una parola e vi ficco le canne in culo.»
Zayn e Louis se la sfilarono dalla bocca e se la mantennero tra le dita, mentre Niall lanciava una rapida occhiata alla finestra. «Jeremy ha minacciato di appenderlo al muro?»
Harry spalancò la bocca, sbiancando. «Ha mai fatto una cosa del genere?» urlò e in risposta Tamara lo fulminò con lo sguardo.
«Continueremo a parlare dopo.» In quel momento la testa di Jeremy Styles sbucò dalla finestra, guardandosi intorno.
«Dove sei, coglione? Non vuoi parlare con tuo padre, eh?» disse con voce strascicata, ed Harry si accostò alla parete, respirando rapidamente e con le mani che tremavano. Tamara cacciò gli altri tre ragazzi, liquindandoli, poi quando li vede sparire, afferrò un braccio di Harry e glielo strinse forte.
«Io ti aspetterò qui» disse il padre, poi tornò dentro casa, chiudendo la finestra.
Tamara puntò i suoi occhi su Harry, leccandosi le labbra secche.
«Credo tu debba fare un corso accelerato di scontro frontale» sibilò, poi lo prese per mano e uscirono dal retro della casa, allontanandosi lungo la via. Harry si lasciò andare contro il muro e si sedette sul bordo del marciapiede.
«Cosa gli è successo?» domandò con un filo di voce, e Tamara gli si sedette accanto.
«A lui non importa niente di Harry ed Anne» ammise la ragazza e gli prese una mano. «Non credo sia una storia di cui parlare adesso.»
Harry la guardò con gli occhi lucidi. «Come faccio a tornare a casa mia?» chiese lui, gli occhi rossi e lucidi. Tamara si sentì una morsa allo stomaco. Non sapeva come uscire da tutta quella situazione. Non era possibile credere che due corpi letteralmente opposti si fossero scambiati, a quale scopo, poi. Faticava a credere alla sua storia perché era assurda, ma quell'Harry che aveva davanti non c'entrava niente con il suo fantastico ragazzo. Non aveva il suo stesso coraggio, la sua maleducazione e la sua perversione. Era un ragazzo buono, quello che le si sedeva accanto, e di certo non era per niente abituato a tale cattiveria.
«Ti aiuterò» gli disse, sebbene non sapesse nemmeno lei come fare. Ma un modo l'avrebbero trovato, prima o poi....o no?
Harry seppellì la testa tra le mani. «L'unica cosa che mi viene in mente è cercare di comportarmi come lui.»
«Ma come farai, se non lo conosci nemmeno? E' totalmente diverso da te, Harry. Non pensa prima di agire, fa una cosa e basta. Dovresti lasciarti guidare dall'istinto, ma non credo ti convenga. Io credo tu sia troppo delicato per comportarti come lui.»
«E allora come faccio? Non posso rimanere così finché non troviamo una via d'uscita.»
«Devi mostrarti spavaldo e menefreghista. Partiamo da questo, okay?» disse lei con un accenno di sorriso. Poi però guardò il capo chino del ragazzo, pensando che per lui non fosse per niente facile vivere in quello stato. Era vestito elegante, camicia e pantalone...era ovvio che fosse abituato al lusso. Ma di eleganza e perfezione, in quel mondo, non ce n'era nemmeno una traccia visibile. Gli appoggiò una mano sulla spalla, accarezzandogliela delicatamente per infondergli un po' di forza. «Mi dispiace, comunque» disse prima che potesse rimangiarsi tutto.
Harry si pizzicò la punta del naso, girando la testa per guardarla. «E per cosa? Per questa mia vita schifosa?»
Lei scosse la testa. «No, per essermi strusciata addosso a te ieri sera al pub" ammise Tamara, alzando le spalle. «Però, sai, io ed Harry siamo così, un po' selvaggi come gli animali-»
Il riccio le tappò la bocca con la mano. «Figurati. Dispiace a me averti privato del tuo ragazzo. E poi, non mi interessano per niente le abitudini animalesche della mia contro figura cattiva.»
«Ehi!» Tamara gli spostò la mano e lo spintonò scherzosamente. «Lui non è cattivo. E' solo...diverso da te.» Poi gli si accostò. «Ma dimmi, la tua ragazza, Tamara, è uguale a me? Cioè, c'è un doppione per ognuno di noi, dall'altra parte?»
Harry si toccò il naso, girandosi a guardarla. Vederla con quei piercing in faccia e il trucco quasi scomparso sul volto gli fece venire un groppo in gola che si preoccupò di respingere giù. «A quanto pare sì. La mia Tamara è più...semplice, di te. Sì, credo che semplice sia la parola giusta.»
Tamara sbuffò, togliendo la mano dalla sua spalla. «Allora sarà noiosissima, non ti scopa nemmeno.»
Harry allargò le narici. «E' una decisione che abbiamo preso entrambi.»
Tamara tirò fuori dalla tasca l'accendino. «Come vuoi» disse, iniziando a giocare con la fiammella e passandoci sopra l'indice, annerendolo. Harry si perse nella piccola luce che l'accendino faceva uscire, vedeva la fiamma lambire il dito dell'opposto della sua ragazza e iniziò a calmare i battiti del suo cuore. Sarebbe tornato a casa, ce l'avrebbe fatta.
Tamara depose l'accendino e si alzò in piedi, stendendogli la mano davanti. «Non voglio comunque che adesso tra noi due la più forte sia io...insomma, è inconcepibile.» Harry le prese la mano e si fece tirare in piedi. Era più bassa di lui, come la sua Tamara.
La ragazza iniziò a camminare e gli rimase accanto. «Adesso ti porterò nel nostro posto preferito» disse, sorridendogli. Gli prese la mano, ma non tanto per fare qualche forma di romanticismo, ma perché le sembrava un piccolo bambino sperduto, e lei l'avrebbe aiutato a tornare a casa.
Harry puntò il suo sguardo su di lei. «Non dirmi che andiamo in camera da letto.»
Tamara scoppiò a ridere, poi gli diede un colpo sul petto ed Harry lo incassò, ingnorando la botta. «No, il garage in cui ti alleni.»
«E perché dovrebbe essere il "nostro" posto preferito?» chiese Harry, lanciando un'occhiata alla sua casa fossilizzata. E se suo padre avesse fatto del male a sua madre? «Papà non picchierà mamma, vero?» chiese impaurito.
Tamara smise di ridere. «No, tua madre non esce mai da quella stanza. E con mai, intendo proprio mai. Lui si è dimenticato persino della sua presenza, in quella casa. Starà bene, non preoccuparti, come ha fatto per tutto questo tempo.» Poi ritornò al discorso di prima per risollevare gli animi. «Comunque il garage è il tuo posto preferito perché ami far sviluppare il tuo corpo in quanto a forza e resistenza, ed è il mio posto preferito perché ti vedo sempre mezzo nudo. Fidati, Harry ha un corpo da sballo.»
Il riccio abbassò lo sguardo sulla sua camicia bianca e Tamara gli strinse la mano. «Credo che anche il tuo lo sia, ma che dici di riscaldarci un po'?» disse sorridendo, ed Harry gliene fu grato.
Lei avrebbe cercato di aiutarlo, e almeno non era solo.
Non potè fare a meno di pensare a cosa stesse facendo quell'altro Harry Styles nel suo mondo. Scosse la testa e si focalizzò su Tamara che lo stava portando verso un luogo che avrebbe dovuto amare, ma che invece stava visitando per la prima volta.

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Capitolo 5
*** Training ***





Training



«Posso sapere perché il mio opposto abbia tutta questa roba in garage, non andando in palestra?» disse Harry guardando i lettini, i pesi e le varie attrezzature che imperversavano in quell'ambiente non troppo grande. Tamara si sedette su uno sgabello, tirandosi al petto le gambe e stringendoci attorno le braccia esili.
«Perché è troppo tirchio, per poter andare in palestra. Preferisce spendere i soldi in altro..»alluse, mordendosi il labbro inferiore. Harry sfiorò un peso appoggiato su una trave in acciaio e girò di scatto la testa verso la ragazza.
«Non voglio sapere in cosa, guarda. Posso benissimo immaginare che persona orrenda sia.»
«Ehi, non parlare così di lui. Qui tutti siamo così, che ti piaccia o no.» Tamara appoggiò la testa sulle ginocchia, sorridendogli sorniona. «Perché non provi ad allenarti?»
Harry si allontanò dall'attrezzatura, grattandosi la nuca. «No, non posso. Io ho il mio personal trainer che mi dice che esercizi fare al giorno.»
Tamara sbuffò e scese le gambe, mettendosi in piedi e andando verso di lui a rapide falcate. Harry si girò a guardarla, poi sentì un colpo sordo sulla sua guancia, seguito da un bruciore forte. Si portò le mani sulla zona colpita, poi serrò la mascella. «Perché lo hai fatto? Sei pazza?»
«Devi svegliarti!» gli urlò Tamara appoggiandogli le mani sul petto e spingendolo all'indietro. «Non sei nel tuo mondo, qui è tutto diverso e devi adattarti finchè non sapremo come cazzo farti tornare indietro, va bene?» disse spingendolo ancora. La guancia di Harry si era arrossata visibilmente, con cinque dita bene impresse e i piedi che si muovevano rapidi a ritroso a causa delle spinte della ragazza. «Adesso» iniziò Tamara dandogli un'ultima spinta e strappandogli la camicia bianca, facendo saltare tutti i bottoni, «ti stendi e alzi questi fottuti pesi.»
Lo fece sedere con forza mentre Harry guardava la sua camicia esattamente strappata nel centro e se la sfilò. «Questa camicia costa più di quanto tu possa pensare e me l'hai strappata senza ritegno!»
Tamara sbuffò e gli spinse le spalle, facendolo sdraiare e posizionandogli i pesi addosso. Harry sollevò lo sguardo sull'attrezzatura e circondò l'asse di metallo con le mani delicate, soppensandone la pesantezza, mentre Tamara prendeva lo sgabello e gli si metteva di fronte. «Avanti, inizia.»
Harry sollevò la testa oltre la sbarra, sgranando gli occhi. «Mi devi per forza osservare?»
«Certamente.» Tamara si mise comoda e aprì il palmo della mano. «Conterò quanti sollevamenti riesci a fare, okay? Il mio Harry ne fa minimo venti.»
Il riccio spostò lo sguardo sull'indicatore del peso e spalancò gli occhi. «Ottanta chili? Ma stiamo impazzendo?»
Tamara sbuffò e gliene tolse alcuni, arrivando al numero quarantacinque. «Prova con questi.» E ritornò in posizione, con Harry che già aveva iniziato a sudare senza che avesse sollevato mezza volta l'asta. «Uno.» Tamara gridò per farsi udire, ed Harry circondò la barra di metallo e provò a sollevarla, sentendo i muscoli tremare sotto pelle per lo sforzo. Tamara sorrise con un angolo delle labbra, poi quando vide ritornare l'asse al punto di partenza, «due» disse, aprendo man mano un dito in più. Harry sentì una goccia di sudore scendergli sulla tempia e il petto nudo lucido e a tratti bagnato. Provò a sollevare l'asse nuovamente, ma le braccia gli tremevano talmente tanto da non riuscire a sopportare un grammo in più. Riposizionò l'asse sul sostegno e lasciò andare le braccia lungo i fianchi.
Tamara lo guardò. «Solo tre sollevamenti» disse schifata.
«Beh, vanno bene, no? Considerando che il tuo Harry ne fa venti...»
Tamara gli si avvicinò e gli buttò un panno umido sul volto. «Ne fa venti sollevando quasi cento chili, smidollato!» urlò, ed Harry si spostò, mettendosi seduto. «Persino io so sollevare quarantacinque chili. Posso sapere cosa cazzo ti fa fare il tuo personal trainer?»
Harry si passò il panno sulla fronte, respirando con la bocca aperta. «Beh, viene a casa ogni pomeriggio per farmi fare yoga, ma-»
«Yoga!» urlò Tamara portandosi le mani tra i capelli. «Ti rendi conto? Non ho mai visto un ragazzo così effeminato come te.»
Harry buttò il panno per terra e si sollevò, mettendosi in piedi proprio davanti a lei. «Senti. Io non sono effemminato, hai capito? Solo perché il tuo Harry si scoppia di lavoro, non significa che debba farlo anche io. Io mi alleno come mi pare e piace e non sono nemmeno l'unico ragazzo che fa yoga, hai sentito bene?» disse urlando, con la mascella serrata.
Tamara si perse a guardare i suoi occhi luminosi, poi sollevò una mano all'altezza della sua guancia, ma Harry gliela bloccò subito. «Non ti azzardare a darmi un altro schiaffo.»
Così la ragazza si liberò della sua presa e gli circondò il collo con le braccia, abbracciandolo forte. Harry spalancò gli occhi. Ecco, di certo non si sarebbe aspettato questa cosa.
«Finalmente mi hai dato prova di una giusta reazione alle provocazioni. Riuscirò a farti uscire le palle, Harry, stanne certo» gli disse all'orecchio, per poi staccarsi e percorrergli il petto con l'indice. «E facciamo sviluppare un po' questi pettorali. Sai, alle donne piacciono.»
«Ho già Tamara.»
«Fidati, le piaceranno» alluse. Harry sbuffò raccogliendo l'asciugamano e tamponandosi il petto umido.
«Non devo fare altro, vero?» chiese passandosi poi il panno tra i capelli. Tamara, che stava riposizionando i pesi al loro posto, si girò a guardarlo.
«Certo che sì. Ora tocca agli addominali.» Ed Harry buttò l'asciugamano per terra, frustrato.
«Se vuoi uccidermi già da oggi, sappi che non metterò mai più piede qui dentro.»
Tamara mise nel centro una specie di tappetino azzurro e glielo indicò con l'indice dall'unghia smaltata di nero. «Vedrai che poi ci verrai ogni qualvolta vorrai.»
Harry, spalle basse, le si avvicinò e si stese sul tappetino, piegando le ginocchia e incrociando le braccia dietro la testa. Tamara gli si mise davanti e si appoggiò sui suoi piedi per non farli sollevare da terra. «Bene, che visione celestiale..» scherzò.
«Sta' zitta.»
Scoppiò a ridere, gettando la testa indietro. «Uno!» urlò poi, ed Harry chiuse gli occhi, sollevandosi sui suoi muscoli.
Mezz'ora dopo, usciti dal garage, aveva una maglietta nera a coprirgli il busto, i capelli spettinati e le braccia e l'addome completamente indolenziti. «Ti odio» disse guardando Tamara accanto a lui che si fermava a comprare un pacco di sigarette. Harry si guardò la maglietta, presa da una specie di cassetto che si trovava in un angolo del garage, e si allargò il collo per annusarla. Puzzava di fumo, ovviamente. Storse il naso e riposizionò il colletto, osservando la ragazza tornare con il pacchetto in mano e una sigaretta pendente sulle labbra. «Ma guarda» disse facendo un passo indietro, con la voce strascicata per la sigaretta tra i denti. «Sembri persino il mio Harry.»
Il riccio levò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Ho la sua stessa faccia, il suo stesso fisico, la sua stessa maglietta...sono praticamente lui, non qualcuno che cerca di assomigliargli» disse, incrociando le braccia al petto. Tamara scosse le spalle e gli porse il pacco.
«Ne vuoi una?» chiese, poi quando vide Liam Payne passare per la via con il suo cane al guinzaglio, gli fece prendere immediatamente una sigaretta tra le labbra.
«Ma cos-»
«Tu sei l'Harry Styles di qui, hai capito?» disse avvicinandosi al suo orecchio, mentre il ragazzo vedeva Liam avvicinarsi pericolosamente. «Comportati come se fossi lui.»
«In che rapporti si trova con-» le chiese ad un palmo dalle sue labbra, ma non ottenne risposta.
«Ehilà Styles» salutò Liam, e il suo labrador dorato gli si accostò ai piedi, annusandoglieli e sollevando il muso verso Harry. Il riccio sorrise a Liam e poi si abbassò, accarezzando il cane ai suoi piedi.
«Ciao, piccolo» disse, sfregandogli la pelliccia sugli occhi. Liam sgranò gli occhi e Tamara rifilò una gomitata nel fianco del riccio. Harry represse il gemito dolorante, rimanendo ancora abbassato sul cane. Tamara scoppiò a ridere e gli circondò il collo con un braccio, abbassandosi a sua volta.
«Harry odia i cani. Soprattutto questo che non fa altro che pisciargli sugli stivaletti.» A quel punto il riccio si sollevò di scatto e si allontanò, allargando le narici e strofinandosi la nuca. Il cane sollevò una zampa e Liam lo schiaffeggiò sul dorso. «Lo sai che non devi pisciare sui piedi, Cat.»
Harry sollevò le sopracciglia e vide Tamara muovere l'indice e mimargli con le labbra "ne riparliamo dopo". «Era buona la roba ieri, Styles?» chiese Liam sorridendogli con gli occhi arrossati e leggermente ombrati da profonde occhiate.
Tamara diede le spalle al ragazzo per avere Harry di fronte, il quale cercava disperatamente un aggancio con cui salvarsi. «Oh sì, sì, ottima, Liam» disse sorridendogli. Il ragazzo sorrise mentre il suo cane lasciava i suoi bisogni nell'angolo del marciapiede. Harry strabuzzò gli occhi, con Tamara che seguiva la traiettoria del suo sguardo. «Ehi, non puoi lasciare che il tuo cane defechi lì senza pulire.»
Tamara si portò una mano sulla fronte, girandosi poi verso Liam. «Payne, lascialo stare oggi, ok? La roba ieri gli ha dato fin troppo alla testa. Sta sparando una cazzata dietro l'altra da stamattina.»
«Ok, Tam, nessun problema.» Tirò il suo cane e si allontanarono lungo la via. Harry si girò verso la ragazza.
«Non gli hai detto di pulire?!?» chiese esterrefatto.
Tamara lasciò il pacco delle sigarette nella tasca del pantalone e si portò la sigaretta spenta dietro l'orecchio, mentre Harry si sfilava la sua dalle labbra e la buttava nel cestino lì accanto. «Sei un'incivile.»
«Anche Harry lo è» ammise lei sollevando le spalle, poi vide Harry avvicinarsi alle feci. «Non ci provare, sta passando il camion delle pulizie. Non è la prima merda che puliscono.»
Il ragazzo si lasciò prendere sottobraccio dalla ragazza e si allontanarono insieme, guardando le sue braccia che stringevano forte il suo bicipite. «Che buono l'odore del mio ragazzo.»
Harry chiuse gli occhi, annoiato, per spalancare il braccio libero. «Ti rendi conto del fatto che abbia chiamato il suo cane 'Cat'? Si è reso conto del paradosso? Al posto del cane, mi sarei ribellato.»
«Payne era fatto quando gli ha affibiato quel nome, meglio tralasciare quella storia perché neanche Harry stava tanto meglio.»
«Che schifo» disse il riccio, scuotendo la testa. «E a pensare che nella mia scuola Liam è uno degli alunni più diligenti che io conosca.»
Tamara lasciò la presa sul suo braccio e gli si accostò soltanto, «Allora qui è esattamente tutto l'opposto del mondo da cui provieni.»
«Già» le rispose Harry, poi quando sollevò lo sguardo su un'insegna che scoppiettava, vide l'orologio che aveva al polso. «Ti va di cenare?»
«Non abbiamo più soldi con noi» disse Tamara indifferente, nonostante comunque stesse procedendo in quella direzione.
«Ah, beh, allora non fa niente.»
Poi la ragazza gli prese la mano, guardandolo sorridente. «Proprio perché non abbiamo soldi dobbiamo andare.»
Il ragazzo si immobilizzò. «Stai scherzando, dimmelo.»
Lei gli sorrise in risposta e gli fece spostare la porta girevole per entrare in quel piccolo pub. Non mangiavano dalla sera prima, ed erano le cinque del pomeriggio. Non si poteva perdere una tale opportunità.
Vennero accolti da un uomo che, dopo averli squadrati, li portò ad un piccolo tavolo, facendoli accomodare. Accanto a loro, c'era solo un'altra coppietta. «Tu mi stai portando sulla cattiva strada» disse Harry appoggiando i gomiti sul tavolino e seppellendo la testa tra le mani.
Lei vide la coppietta accanto lasciare i soldi sul loro tavolino e alzarsi, avvisando il cameriere. Harry sollevò la testa proprio mentre Tamara guardava i due uscire per strada, poi la ragazza si gettò sul tavolo prendendo i soldi del conto e infilandoli rapidamente in tasca. Harry spalancò la bocca, indicando Tamara e il tavolo accanto ripetutamente. «Ma come-»
«Maledetti!» urlò l'uomo che si era avvicinato al posto dei ragazzi che se n'erano appena andati. «Non hanno pagato, maledetti!» urlò, e si allontanò furente.
Tamara sorrise ad Harry, mordendosi poi il labbro superiore. «Non ti sto portando sulla cattiva strada, ti sto portando sulla strada di Harry» gli rispose allora, mentre il cameriere apriva un blocchetto e si avvicinava loro.
«Avete scelto?» chiese ed Harry guardò Tamara, che sorrise al cameriere. Poi guardò il riccio.
«Veramente no» rispose tranquilla, con il riccio che continuava a guardarla. Tamara indicò un panino sul menu. «Questo costa cinque sterline, giusto?»
Il cameriere annuì, così Tamara chiuse il menu con uno scatto, con Harry che continuava a guardarla. «Allora ce ne porti due così, ed in più una birra ed una...cosa prendi, Harry?» chiese lei, sorridendogli complice.
Il ragazzo sollevò lo sguardo sul cameriere. «Una Coca Cola, grazie.»
«Perfetto.» Il giovane appuntò il tutto sul blocchetto. Però prima che se ne andasse, Tamara lo bloccò.
«Paghiamo adesso, ok? Non vorremmo incorrere nel problema sopraggiunto prima.»
Il cameriere prese le banconote della ragazza e le guardò. «E' stato vergognoso quello che è successo. Vi porto subito il resto.» E se ne andò anche con le ordinazioni.
Harry incrociò le mani sotto il mento. «Che c'è?» gli chiese Tamara, innocente, sbattendo le ciglia con grazia. «Non vorrei che ci derubassero.»
Ed Harry scoppiò a ridere proprio nel momento in cui il cameriere tornava porgendo il resto nelle mani della ragazza.




«Come è andata la festa ieri?» chiese Jeremy bevendo il thè che Jamie gli aveva preparato. Harry era seduto dall'altro capo del tavolo, la mano di Tamara posata sulla sua coscia ad infondergli forza. Quella era la prima vera volta in cui Harry parlava con il padre, o semplicemente con quell'uomo che ne aveva le sembianze e che non poteva credere fosse esattamente l'opposto di quel verme del suo mondo. Quello che gli si era seduto davanti era un uomo realizzato, con un bel lavoro, una famiglia, una domestica, il lusso e la ricchezza.. tutto ciò che Harry avrebbe tanto desiderato avere ma che non aveva mai potuto neanche solo immaginare, vivendo una realtà che non lasciava largo margine alla fantasia.
«Bene» tirò fuori le parole sentendo la presa ferrea di Tamara ad infodergli il coraggio. Non poteva credere di stare parlando veramente con quell'uomo con cui si picchiava e basta.
«Ieri sera eri abbastanza furioso con me, sembravi uscito di senno. Mi hai persino chiesto perché fossi qui, in casa. Quei piercing poi. Tua madre mi ha detto che li toglierete oggi stesso.» Sorrise, avvicinandosi la tazza alle labbra. Jamie intanto lavava la teiera nel lavabo, per cui in quegli attimi di silenzio si sentiva solo l'acqua scrosciare via.
«Io..» Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che pensava che quel merda di uomo che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi come padre si era sedimentato a casa sua? Ingoiò a vuoto, in imbarazzo. Tamara gli corse in aiuto, vedendolo con i nervi a fior di pelle e le mani strette a pugno sotto il tavolo. Jeremy aggrottò le sopracciglia e puntò i suoi occhi su Harry.
«Figliolo, stai bene?»
Il riccio guardò Tamara negli occhi solo una volta, per poi posare i suoi sull'uomo che ormai aveva finito di sorseggiare il suo the pomeridiano. «Sì, sto bene.»
«Harry ieri aveva osato sorseggiare una bevanda alcolica, però ha capito solo stamattina di non reggere l'alcol» intervenne Tamara, sorridendo a Jeremy.
Il signor Styles si allentò la cravatta al bavero della giacca elagante e si scosse i capelli ricci. «Harry, ma tu sei astemio, perché hai voluto provarci?»
«Perché pensavo di essere cambiato» disse il riccio in un sussurro. Jeremy appoggiò la tazzina sul tavolo, sfilandosi la cravatta.
«Va bene, dai. Non preoccuparti. Se è successo una sola volta, non fa nulla, figliolo» disse l'uomo sorridendogli. Harry cercò di sorridergli di rimando, ma era fin troppo difficile. Non si capacitava nemmeno del fatto che stesse nella stessa stanza con suo padre.
«Cosa ne pensi di un probabile scambio di corpo?» disse ancora prima che se ne accorgesse. Tamara impietrì e lo fulminò con uno sguardo, schiudendo leggermente la bocca. Jeremy sollevò un sopracciglio. «In che senso?»
«Cioè» Harry cercò di non far uscire le mani da sotto al tavolo, per paura che quell'uomo potesse vedere le nocche spaccate sulle mani del figlio perfetto che poteva solo sognare di essere. Tamara se n'era uscita con la storia dell' herpes, ma la sua questione era più complicata. «Cosa te ne pare di due ragazzi uguali fisicamente, ma diametralmente opposti di carattere, che si ritrovano ad essere scambiati per caso, l'uno che va nel mondo dell'altro?» rispose d'un fiato, e si sentì il cuore battere forte. Avrebbe voluto dargli un pugno in viso solo per accettarsi che quella versione di Jeremy Styles non fosse un'allucinazione, ma in quel momento Tamara gli stringeva il pugno chiuso con la sua piccola mano delicata.
Il signor Styles si prese il mento tra due dita, sollevando gli occhi verso il soffitto. Si perse nei suoi stessi pensieri, non accorgendosi neppure della domestica che prendeva la tazzina e la riponeva nel lavabo per sciacquarla.
Harry serrò la mascella, notando che quell'uomo non lo stava più degnando di uno sguardo, e fu sul punto di alzarsi e smuovergli furiosamente le spalle quando Jeremy guardò suo figlio - o quello che credeva lo fosse - e gli sorrise, battendo le mani un'unica volta. «E' un'idea fantastica, Harry» disse alzandosi in piedi e togliendosi la giacca, poggiandola poi nell'incavo del braccio. «Davvero, davvero meravigliosa.»
Il ragazzo sollevò un sopracciglio, osservando rapidamente Tamara. «Eh?»
«Peccato tu non voglia fare il mio stesso mesterie, ma la tua idea è brillante. Vado subito a scrivere" disse l'uomo con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
«Cosa?» chiese Harry mettendosi in piedi e nascondendo le mani nelle tasche del pantolone nero. Jeremy gli si avvicinò e lo guardò con occhi luminosi.
«Ho finito di lavorare al mio ultimo romanzo, Niente è come sembra, e siccome l'ho consegnato in editoria, sono pronto ad iniziarne un altro. So che il tema dello scambio dei corpi è già conosciuto, ma io lo renderò diverso, puoi starne certo.» E si avventò sul figlio, abbracciandolo con calore. «Grazie, Harry. Senza di te, non avrei avuto di certo una nuova storia in mano.»
Il ragazzo era impietrito, le braccia spalancate, non sapendo cosa fare. Nel dubbio, non ricambiò la stretta del padre, mentre Tamara si allontanava per rispetto, con il capo chino e una mano ad accarezzarsi il braccio scoperto.
Jeremy si staccò dal figlio scompigliandogli i capelli e sfiorandogli il piecing al labbro, poi uscì. «Se mi cercate» urlò, mentre saliva velocemente le scale, «sono nel mio studio!»
«Come sempre» disse Jamie, riponendo la tazzina lavata nello scolapiatti. Harry sentì una porta sbattere dal piano di sopra e si girò verso la cameriera.
«Perché?»
«Beh, suo padre quando viene colto dall'ispirazione si chiude nel suo studio e non ci esce praticamente mai» disse. «Dovresti saperlo bene, Harry.»
Tamara prese il ragazzo per mano e avvisò Jamie di uscire in giardino. Aprì la porta di ingresso e girarono l'angolo, sedendosi sull'erba fresca del giardino della sua abitazione. «Il papà del mio opposto è uno scrittore?»
Tamara allargò la gonna del suo vestito e si sedette sul soffice manto d'erba. Annuì. «E' famoso in tutto il Regno Unito. Ultimamente gli stanno persino chiedendo di tradurre le sue opere per il resto d'Europa.»
Harry si portò le mani tra i capelli serrando gli occhi. «Praticamente il mio opposto ha una vita di merda come la mia» ammise sarcasticamente. Tamara strinse le labbra.
«Già.»
Harry si passò una mano sulla faccia, facendo un'espressione sofferta quando il percing gli tirò il labbro. «Non posso credere di aver parlato con la controfigura di quella fottuta persona che si spaccia per mio padre» disse amaramente.
Tamara gli prese la mano e gli accarezzò il dorso. «So che non è stato facile, ma è andata bene, sai?»
«Avrei potuto prenderlo a pugni solo per abitudine. Grazie per avermi tenuto fermo, prima.»
La ragazza gli sorrise. «Figurati. Te l'ho detto, per quanto tutto questo possa essere assurdo, io cercherò sempre di aiutarti.» Poi abbassò lo sguardo sui fili d'erba sotto la sua gonna. «Posso sapere perché gli hai parlato dello scambio dei corpi?»
Harry scosse le spalle, aprendo le gambe sul terreno morbido e chiudendo gli occhi, sollevando la testa verso il cielo. «Volevo vedere se avesse potuto crederci o meno. Ovviamente, mi ha frainteso.»
Tamara inspirò a fondo. «Lascia che questa storia sia il nostro segreto, non mettiamo nessuno in mezzo.»
Harry abbassò la testa su di lei. «Tu dici che sarebbe meglio?»
«Assolutamente. Di me hai la certezza che non ne farò parola con nessuno.»
Harry sorrise, ma prima che potesse rispondergli un uomo con il borsone si accostò al cancelletto della sua abitazione. Aveva una fascia rossa tra i capelli biondo grano, una maglietta nera su dei pantaloni color ebano e la mano sollevata nella sua direzione, come per salutarlo.
Il ragazzo si girò verso Tamara, indicandolo con il pollice. «E quello chi cazzo è?»
«Il tuo personal trainer" disse lei sorridendo con un angolo della labbra. «Ciao Smith!» urlò, salutandolo con la mano. La ragazza si alzò e gli andò ad aprire il cancello, facendolo entrare nella proprietà.
«Ciao, Har-woah» disse, notando il piercing del ragazzo. Il riccio si mise in piedi e si spazzolò il retro delle cosce dai residui d'erba.
«E così avrei un personal trainer...però» disse sorridendo all'uomo. «Con cosa iniziamo oggi, pesi? Addominali?» Sollevò le braccia verso il cielo e si stiracchiò, sollevando il lembo della maglietta.
Smith lo guardò fisso. «Oggi faremo la posa della sirena.»
Harry si bloccò con le mani ancora verso l'alto. «Posa?»
Tamara, alle spalle di Smith, gli alzò i pollici. «Yoga, Harry. Non ricordi?»
Al ragazzo cadde la mandibola per terra, lasciando cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi. «Ti aspetto dentro» disse Smith, facendosi aprire da Jamie. Tamara si avvicinò ad Harry e gli circondò le spalle con le mani.
«Sarà divertente, dai.»
Dieci minuti dopo, Harry aveva le gambe unite sul pavimento e il busto piegato all'indietro, con le braccia che ne sorreggevano il peso. Aveva gli occhi chiusi, con la musica soft ad aleggiare per il salone e Smith che lo imitava al suo fianco. Tamara era seduta sul divano con le gambe accavallate e una mano davanti alla faccia per nascondere il suo sorriso ben stampato in volto. Harry aprì un occhio e la guardò.
«Uccidimi» disse, e Smith lo ignorò, perso nel suo mondo senza pensieri.
«Perché? Sei una sirena così aggraziata.»
«Uccidimi» ripetè il ragazzo, aprendo anche l'altro occhio, «sentirò meno dolore.»
Smith si mise dritto e si levò in piedi, spegnendo la radio.
«Ho calmato i tuoi sensi, Harry?» disse con un sorriso stampato in faccia, mentre ripiegava il suo tappetino gommato.
Il ragazzo si lasciò stendere sul pavimento, restando in pancia in giù, mentre l'uomo gli sfilava il tappetino da sotto. «Credo che tu me ne abbia persino svegliato uno di cui non sapevo l'esistenza.»
Smith scoppiò a ridere mentre riponeva il tutto nel borsone. Tamara si levò in piedi dal divano e si accostò al ragazzo. «Sei sempre così simpatico, Harry. Ci vediamo lunedì.»
Harry mugugnò, sentendo poi l'uomo salutare Tamara e Jamie, uscendo di casa. Il riccio rimase ancora steso a terra.
«Qual è il senso che ha risvegliato?»
«L'omicidio.»
Tamara scosse la testa, prendendolo per farlo mettere in piedi. «Non è un senso.»
«L'ho fatto diventare.» Si toccò i pantaloni aderenti che Tamara gli aveva fatto indossare, muovendosi sgraziatamente e ondeggiando i fianchi. Si sfilò l'elastico dai capelli, facendo cadere i ricci sulla fronte. «Sembro una checca isterica. Ma davvero Harry fa questo schifo ogni giorno?»
«Già.»
«Meno male che sono diverso da lui» disse Harry. Tamara gli diede un colpetto affettuoso sul braccio.
«Adesso vado» disse piano. «Ci vediamo stasera?»
Harry sollevò i lembi della maglietta aderente, iniziando a sventolarsi. «Perché no? Andiamo a cena, così mi spieghi un po' com'è vivere qui.»
La ragazza gli sorrise e lo salutò con una mano. «Ti passo a prendere tra un'ora allora.» E se ne andò, mentre Harry correva al piano di sopra, mantenendosi al corrimano, diretto al bagno per una doccia rinfrescante. Prima però di giungere a destinazione, si fermò di fronte ad una porta chiusa, la stessa dietro cui sua madre aveva deciso di nascondersi per sempre dal quel verme. Si accostò alla porta e ci appoggiò l'orecchio. Abbassò la maniglia ed entrò.
C'era un enorme scrivania addossata alla parete, con un tavola di sughero su cui erano appiccicati tantissimi post-it. Tantissime riviste erano sparse per la superficie di mogano, una sopra l'altra, con il computer portatile chiuso. Sulla parete laterale erano appese tantissime fotografie di modelle, alcune che abbracciavano Anne con tutto l'affetto che Harry non aveva mai potuto dimostrarle. In altre foto le modelle - una più bella dell'altra - davano dei premi ad Anne che sorrideva orgogliosa di se stessa. C'erano fotografie di ogni tipo, il pavimento lucido impeccabile che rifletteva la parete e l'aria di una carriera importante a permeare l'ambiente. Harry abbassò il capo e uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Chissà se a casa sua quella stanza fosse almeno lontamente simile a quella di Anne.
Andò in bagno e il getto d'acqua bollente sulla pelle fu rigenerante. C'era un profumo delicato ad invadere tutta la casa, la muffa che non albergava gli angoli delle stanze. Era tutto pulito, ed elegante, tutto quello che Harry non avrebbe mai avuto. Chissà se casa sua sarebbe potuta essere così, un giorno. Scosse la testa al suo stesso pensiero e andò in camera sua, controllando l'armadio del suo opposto. Ovviamente, era tutto impeccabile. Optò per un jeans e una maglietta - guarda un po' - nera, con una scritta a capeggiare all'altezza del petto. Mezz'ora dopo, Tamara lo passò a prendere con la sua macchina bianca, andando verso un piccolo locale a qualche isolato di distanza. Tutti erano ben vestiti, là dentro, ed Harry storse il naso. «Qui sono tutti fottutamente perfetti.»
Tamara lo prese per mano, andando verso un tavolo che il cameriere aveva loro indicato. Si accomodarono uno di frontre l'altro, ed Harry toccò il calice in vetro posto davanti al suo piatto.
Il cameriere si avvicinò per prendere le ordinazioni, ed Harry si sporse verso Tamara. «Io non ho un cazzo di soldo con me.»
Lei sorrise e ordinò le stesse cose per entrambi. «Non ti preoccupare. Ora, nel frattempo, che ne dici se facessimo chiarezza sulle nostre vite opposte?»
Harry si versò l'acqua nel bicchiere, sorridendogli. «Dopo di te, mademoiselle» disse sorridendo, e Tamara bevve di rimando l'acqua che lui gli aveva versato in quel momento.

 

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