Go back to you

di Addison_for_life
(/viewuser.php?uid=907799)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0. Goodbye ***
Capitolo 2: *** What are you doing here? ***
Capitolo 3: *** Did you miss me? ***
Capitolo 4: *** happines ***
Capitolo 5: *** I'm better when you're with me ***



Capitolo 1
*** 0. Goodbye ***


Addison guardava sconsolata la sua valigia. Stava per partire. Stava per lasciare Seattle. Insomma, era stata lei a volerlo, avrebbe dovuto essere felice, eppure se ne stava lì, a fissare la valigia, ma senza fissarla realmente, e non riusciva  a distogliere lo sguardo, a controllare di non aver lasciato nulla. All’improvviso squillò il telefono, e il tipico trillo la riportò alla realtà. Era Naomi.

-Ehi! E’ oggi che parti vero?

Addison cercò di mantenere un tono calmo, sereno -Si, certamente. Devo passare un attimo in ospedale a ritirare alcune carte, all’una ho il volo.

Guardò l’orologio. Le nove e trenta. E lei era ancora in pigiama. Dopo aver riattaccato, riprese a fissare la valigia. No, non poteva essere triste di lasciare Seattle. Da quando era lì non ne aveva combinata una di giusta, sentiva il bisogno di rifarsi una vita, di conoscere nuove persone, di lasciarsi tutto alle spalla. Los Angeles era perfetta per lei. Era sicura che si sarebbe trovata benissimo. Magari non subito, ma si sarebbe trovata benissimo. Si sarebbe trovata benissimo. Continuava a ripetersi queste tre parole mentre si vestiva, quasi che ripetendole potesse renderle più vere. Lo aveva fatto anche quando aveva inseguito Derek da New York. Tutto andrà benissimo. Peccato che poi così non fosse stato, ma aveva avuto modo di capire che la vita lascia sempre un’altra opportunità, un mondo nuovo, mondo nuovo che gridava Los Angeles,non Seattle. Troppi ricordi, ricordi che forse a LA avrebbe saputo nascondere negli angoli più remoti del cervello. Si, si sarebbe trovata benissimo. 

All’incirca alle 10 salì in macchina. Si guardò in torno, aveva fatto quella strada un’eternità di volte e faticava a credere che non l’avrebbe fatta mai più. Non poteva essere vero. Se ne stava veramente andando?

“Basta, Addison!!” si gridò mentalmente. Un altro giorno a Seattle e, lo sapeva, sarebbe impazzita. Mentre a LA… Si sarebbe trovata benissimo. “E se non fosse vero?” Si chiese. No, no, no, era impossibile. Aveva bisogno di cambiare, era la cosa più giusta che avesse fatto da un anno a quella parte. 

Mentre se ne autoconvinceva, arrivò quasi senza accorgersene al Seattle Grace. Parcheggiò, lasciò la valigia nel baule ed entrò. Le sembrava tutto così strano, irreale. Un infermiera la salutò, e lei ricambiò il saluto. Non sapeva che avesse di particolare, ma le rimase impressa. Non aveva ricordi di averci mai parlato, ma in quegli occhi verdi scuro vedeva come una sorta di pericolo. Non le piacevano, quegli occhi. Sembravano dolci, ingenui, da cerbiatto, ma, a modo loro, la spaventavano. Scosse la testa. “Addie, non puoi farti spaventare dagli occhi di un’infermiera. E’ contro le regole”. 

Entrò in ascensore. L’ascensore. Non era parlante come quello di Las Angeles, ma sapeva che doveva diffidarne. Ti ritrovavi sempre con le persone sbagliate al momento sbagliato. Ma, chissà perché, quella mattina era fiduciosa. Doveva soltanto andare  prendere i documenti del trasferimento da Richard, fare un salto in neonatologia, salutare un po’ di persone e andarsene. L’ascensore si riaprì. E, ovviamente, fra tanti volti, si ritrovò davanti quello di Alex Karev.

-Dottoressa Montgomery…

-Dottor Karev.., 

-Quinto piano?

-Ehm.. si

Si guardarono. Tra loro c’era più imbarazzo di quanto che ne fosse stato il giorno prima, al fallito matrimoni di Cristina e Preston. Forse perché erano in ospedale, forse perché lei se ne stava andando, ma c’era più imbarazzo. 

-E’ oggi che parti, giusto?

-Si. Karev… ?

-Si?

-Sei ancora interessato a neonatologia, vero?

-Certo. Perché?

-Richard mi diceva qualcosa a proposito del fatto che il nuovo primario arriverà fra un paio di mesi, non è riuscito a trovarne uno immediato… Nel frattempo, se hai bisogno di qualsiasi cosa, non farti problemi a chiamarmi.

-Va bene, grazie. Sai per caso chi sarà il nuovo primario?

-Dovrebbe essere una donna, Lucy Fields…Non so quanto brava possa essere, niente contro di lei ovviamente ma prima di ieri non l’avevo mai sentita nominare.

-Va bene.

Le sorrise. Conosceva bene quel sorriso. Dannazione, si era innamorata di quel sorriso. E per un periodo aveva creduto di essere innamorata anche del suo proprietario. Ma non era così. Tra lei e Alex non c’era stato niente dal punto di vista emotivo, era stata una pura e semplice attrazione, attrazione che non l’aveva fatta dormire per otto intere, ma comunque pura e semplice attrazione. 

Certo, tra loro si era sviluppata una complicità non da poco, ma avevano lavorato insieme per quasi sei mesi, era normalissimo.

-Stammi bene- disse lei, uscendo e ricambiando il sorriso

-Anche tu… Addison!- 

Quasi urlò il suo nome, mentre le porte si richiudevano. Lei si voltò, e inserendo un braccio riuscì ad evitare la chiusura completa.

-Si?

-MI dispiace. Sul serio, non sai quanto mi dispiace. 

La donna rientrò quasi automaticamente, e, con un abbraccio, gli sussurrò un: -Dispiace molto anche a me-, la stessa frase, che, ripensandoci, aveva già detto in un contesto molto simile all’ex marito, accompagnato da un veloce ma intenso bacio sulla guancia, per poi rigirarsi e andarsene completamente. 

“Pura e semplice attrazione, Addison” continuava a ripetersi, neppure lei convinta della verità di quelle parole. 

Entrò nell’ufficio del capo mostrandosi allegra e sorridente. Dopo aver ripetuto per l’ennesima volta a Richard che non sarebbe rimasta, recuperò le carte del trasferimento e salutò l’ex insegnante con un abbraccio che sembrò quasi paterno.

-Ah Addison, Meredith e Cristina sono partite in una specie di viaggio di nozze (voglio dire, quello organizzato per la Yang e Burke) e mi hanno chiesto di portarti i loro più sentiti saluti.

-Va bene Richard. Grazie

Mentre usciva, tirò al sospiro di sollievo al pensiero che, almeno per quanto riguardava Meredith e la sua migliore amica, era esonerata da saluti imbarazzanti. 

Dirigendosi verso il reparto di neonatologia incrociò Callie e Miranda, forse le sue uniche vere amiche in quell’ospedale e in quella città, e né approfittò per salutarle entrambe. 

Si, quelle due le sarebbero mancate, lo sentiva. 

Lo sentiva anche per Derek, e per Mark, e per Karev, ma non erano esattamente le persone di cui era più orgogliosa di sentire la mancanza. Derek le mancava dal giorno in cui aveva lanciato le fedi in mare, e anche se aveva cercato di contrastare quel sentimento, e con Alex vi era quasi riuscita, non poteva fare a meno di sentirsi morire ogni volta che lo vedeva portare un caffè a Meredith, ogni volta che le dava un bacio in fronte, ogni volta che scherzava con lei, ogni volta che gli vedeva uscire insieme a braccetto, ogni volta che menzionava in suo nome e quei fantastici occhi azzurri brillano d’amore, così come tanti anni prima erano brillati per lei. Amava il rapporto di amicizia che aveva instaurato con Derek, ma se con Alex ciò le bastava e avanzava, con l’ex marito avrebbe tanto desiderato qualcosa in più…

Per questo doveva assolutamente lasciare Seattle. Doveva cancellare Derek dalla sua vita, decise. Non poteva andare avanti coì.

Davanti a neonatologia incontrò Mark Sloan, armato di un gran sorriso e di un caffè caldo, che le porse con una gentilezza non da lui. 

-Che c’è, non dirmi che stai cercando veramente di trattenermi qui!- Scherzò lei, ringraziando per il pensiero.

-Ma no, figurati, semplicemente volevo essere carino prima della tua partenza. A quanto pare non mi avrai fra i piedi per un bel po’ di tempo e volevo lasciarti un ricordo carino!

Addison scoppiò a ridere -Bhe, allora grazie del ricordo, dottor Sloan!

Chiacchierarono ancora per qualche minuto, poi lui, dopo averle detto, in risposta alla sua domanda, che Derek era fuori turno e averla rassicurata di salutarlo da parte sua ricevette un chiamata al cercapersone e si congedò.

Così la dottoressa Montgomery poté fare un giro di visite e, finalmente, uscire dall’ospedale, lasciarselo alle spalle, e andarsene, per quello che voleva essere un per sempre. 

Invece, una volta salita in macchina, capì che non poteva andarsene senza fare un ultimo giro in Ferry Boat. I Ferry Boat che piacevano tanto a Derek. Quindi si diresse al molo, e mentre saliva sulla barca, pensò quasi di andare alla roulotte e salutare di persona l’ex marito, ma non se lo sarebbe permesso, le avrebbe fatto troppo male e poi, si ricordò, doveva dimenticare Derek e andare a trovarlo nella roulotte dove avevano vissuto non era esattamente il modo migliore per farlo. 

Il Ferry Boat partì, e lei si appoggiò al bordo e si mise a guardare il mare, senza pensare più a niente, e fu un sensazione splendida, che non provava da tanto, tanto tempo. 

Chiuse gli occhi, e sentì che tutto quello che voleva era lì, a Seattle, lì c’era Derek e lei voleva solo Derek… No, non poteva permettersi di sognare, Derek stava con Meredith e loro due avevano divorziato e lei stava per partire per Las Angeles e lo avrebbe visto veramente molto raramente e si sarebbe rifatta una vita e tutto sarebbe andato benissimo. 

Mentre scacciava il ricordo vivo e pungente dell’ex marito, sentì nientemeno che la sua voce provenire dalle sue spalle.

-Si, Richard, adesso sono in un Ferry Boat, appena scendo arrivo. 

Addison si sentì mancare. Non poteva essere vero. Non sapeva se essere terribilmente triste o terribilmente felice. Erano due cose che convivevano fra loro quando si trattava di Lui. Lo amava o lo odiava?

Si voltò, sentendo che riattaccava. -Derek!

-Addison!- Esclamò l’uomo, sorpreso di vederla ma allo stesso tempo felice, sfoggiando il suo sorriso più bello.

-Non eri in partenza?

-Sono ancora in partenza, solo che, vedi, non potevo andarmene senza fare un giro sul Ferry Boat.

-Ti capisco. Sai, penso che anch’io, se dovessi mai andarmene da Seattle, dovrei prima fare un giro…

-Non so perché ma ci avrei quasi scommesso!- Scherzò lei, ben consapevole dell’amor dell’ex marito per quel particolare tipo di barca.

-Quasi?

Scoppiarono a ridere entrambi, e per un momento tutte le certezze della donna andarono a farsi friggere.

-Allora, pronta per la grande partenza?

-Si, penso di sì, almeno

-Starai bene, Addison. Ti meriti di stare bene.

-Grazie

-Niente. Addison?

-Dica!

-Penso che mi mancherai…

La donna rimase sconvolta dalla sincerità disarmante di quella dichiarazione. Lei non era così. Non avrebbe mai detto una frase così, non a Derek. O per lo meno, non per prima. Infatti, ricambiò immediatamente, con un sorriso che però sapeva di tristezza

-Si, Derek, mi mancherai anche tu… altroché se mi mancherai…

Per alcuni lunghi istanti si persero l’uno negli occhi dell’altro. In quel momento, Addison smise di ragionare, riusciva solo a vedere gli occhi azzurri di Derek che si stavano avvicinando sempre si più, e non oppose resistenza neanche quando le labbra dell’uomo sfiorarono le sue e anzi, stava ad abbandonarsi a quel bacio, un bacio magico, di cui aveva bisogno da troppo, troppo tempo ma all’improvviso il comandante di bordo prese a parlare dall’altoparlante: -Signori, siamo giunti a fine corsa, vi auguriamo una buona giornata, arrivederci!

I due si staccarono istintivamente, e si scusarono a vicenda, era come se non fosse successo niente, si dissero. Niente di niente. 

Poi si separarono. Addison guardò Derek incamminarsi in direzione della sua macchina, ma poi si voltò e corse verso di lei per stringerla in un abbraccio forte, intenso, profondo, un abbraccio da amico, ma anche da qualcosa di più, uno di quegli abbracci che non si dimenticano tanto facilmente. 

-Ci vediamo, Addison!- sussurrò Derek prima di allontanarsi e sparire tra la folla.

-Ci vediamo- disse lei un po’ al vuoto, dal momento che l’ex marito se ne era andato, e l’aveva lasciata nella confusione più totale. Di nuovo, lo odiava o lo amava?

Un ora dopo la dottoressa Montgomery era in un aereo per LA. Stava facendo la cosa giusta? Si, continuava a dirsi. Per un attimo ripensò a quando stava guardando il mare, a quando aveva sentito la voce di Derek, a quando aveva parlato con lui e a quando si erano quasi baciati. Una piccola vocina, dentro di lei, le disse che quella era la cosa più ingiusta verso sé stessa che potesse fare. Si accorse che stava piangendo, e chissà da quanto tempo.

Mentre si asciugava le lacrime, decise che non poteva tornare indietro. Ne era sicura. Sarebbe stato non avere rispetto di lei. e poi, si sarebbe trovata benissimo.


NOTA DELL'AUTRICE
Che ne dite? E' la mia prma fan fiction, sono nuova in questo sito ma non vedo l'ora di buttarmi....
Avrei da fare qualche domandina sulla storia.... Se non si fosse capito è una storia addek, ma dato che shippo da morire anche gli Addex volevo sapere se vi potesse interessare un proseguo della storia diverso da quallo che ho in mente (No devo sforzarmi di essere chiara: la storia la proseguo come avevo previsto, ma se volete posso riprendere questo capitolo in un'altra storia) magari sottoforma di one-shot?
Detto ciò. spero vivamente che la storia vi sia piaciuta e che continuerete a leggerla... traparentesi non ho idea di quanti capitoli possano uscirne....
Aspetto con ansia delle vostre recensioni, anche se saranno di poche righe
Un grande bacio, Addison_for_life





 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** What are you doing here? ***


Derek entrò nell’ascensore. Era stanco, non aveva dormito affatto quella notte, aveva passato le ore a chiedersi cosa lo spingesse a stare con Rose. Insomma, l’infermiera non aveva niente che non andasse, era dolce, carina e simpatica, ma lui era sicuro di volere quello? Usciva da due relazioni incredibilmente impegnative e difficili, non c’era da stupirsi che volesse solamente rilassarsi, ma tra Rose e Meredith, o Addison, c’erano milioni di anni luce di distanza. Nessun paragone. E Meredith era tecnicamente perfetta per lei. E continuava a lasciarsela scappare. Eppure credeva di non aver mai smesso di essere innamorato di lei. E adesso lei gli aveva proposto quel progetto sperimentale. Che era una genialata, tra l’altro. Non poteva certo dirle di no, oltre a ferirla di nuovo avrebbe anche perso un’occasione unica per la ricerca. 

Rose non era niente di questo, era solo un’infermiera, a detta di Mark con niente di particolare (e ringraziava il cielo che al migliore amico non piacesse la fidanzata, dati i precedenti) e Derek non era neanche certo di provare seriamente qualcosa per lei. La verità era che non era più certo di niente. Una volta aveva anche cercato di baciare Addison. Tanti mesi prima, quando lei era partita per LA, e Meredith lo aveva lasciato. In seguito aveva dato la causa di quel gesto proprio  a ciò, ma la verità era che in quel momento era stato sincero con lei come non lo era da tanto. Ora per l’ex moglie non provava assolutamente niente (tanto affatto, ovviamente, e un’amicizia indissolubile, ma niente dal punto di vista amoroso), e le volte in cui le pensava erano sempre più rare. Le loro strade si erano separate, non era colpa ne di uno ne dell’altra, e aggrapparsi ai ricordi faceva solo male. E poi, si ricordò, stava con Rose, non avrebbe dovuto pensare neanche a Meredith, figurarsi a Addison. Si ripassò mentalmente cosa avrebbe dovuto fare quel giorno. Allora, al mattino doveva togliere tumore al cervello di un certo signor Smith, poi nel pomeriggio aveva il primo intervento sperimentale con Meredith. Basta. Eppure in un angolino del cervello stava suonando un allarme, come se si stesse dimenticando qualcosa di importante. Forse aveva un appuntamento co Rose? Si appuntò di chiedere a Mark se gli avesse mai parlato di qualcosa di simile. Neanche farlo apposta, in quel momento l’amico entrò nell’ascensore. Dopo essersi salutati, arrivò subito al punto cruciale.

-Ehm, Mark, non è che per caso ti ricordi se ho un appuntamento con Rose oggi?

-Che è, devo farti anche da segretario adesso? No, non mi sembra, ma non ci giurerei. Ribadisco, non sono il tuo segretario.

-Lo so, ma ho come l’impressione di starmi dimenticando di qualcosa…

-Hai l’intervento sperimentale con Meredith…

-Quello lo so. Magari è solo una sensazione…

-Se fai una figura delle tue con qualcuno non è colpa mia.

-Non sono io quello che faccio figure.

-Ti dimentichi sempre degli appuntamenti con Rose.

-Scommetto che non ti ricordi il nome della tipo con cui sei andato a letto ieri sera.

 -Quello è normale.

-Non è normale.

-Anche Meredith non si ricordava il tuo nome, la prima volta.

-E’ stata una svista. Era ubriaca.

-Anch’io ero ubriaco.

-Sono stato al bar con te fino a tardi. E quando te ne sei andato con quella Jen eri tutto tranne che ubriaco.

-Si chiamava Jen?

-SI. Io so i nomi delle infermiere con cui lavoro.

-Non ti ricordavi di Rose, però.

-Ok, siamo pari.

Proprio in quell’istante la porta si riaprì ed entrarono proprio Jen e Rose. Mark sembrò non so come  ricordarsi di qualcosa di molto importante.

-Io devo andare a dare un’occhiata al mio innesto di pelle, ci vediamo dopo Derek. Signore…

Con quella affermazione il campanello nel cervello del neurochirurgo riprese a squillare, interrotto però da Jen che cercava disperatamente di rincorrere Mark.

Lui e la fidanzata scoppiarono a ridere. Dopo aver detto a Rose che la voleva in sala per il tumore, scese finalmente dall’ascensore e si mise in cerca di Meredith. Dove parlarle del progetto. La trovò in corridoio, bella come al solito. Si salutarono e parlarono per qualche minuto,ma lui non fece caso più di tanto a quel che diceva. La sensazione di starsi dimenticando di qualcosa si faceva ogni secondo più intensa, e non riusciva semplicemente a scacciarla. Pensò di chiedere a Meredith se si ricordasse di qualcosa di importante che sarebbe accaduto quel giorno, ma poi lasciò perdere, infatti con la ragazza non si confidava più da molto tempo. E magari si stava dimenticando che si dovevano vedere a pranzo o da Joe dopo il turno, e non sarebbe stato carino chiederglielo. Inoltre, se così fosse stato, sicuramente ne avrebbe parlato con Mark. Che cos’è che aveva detto prima di essere rincorso da Jen? Se se ne fosse ricordato, probabilmente aveva anche scoperto che c’era di tanto urgente da distrarlo mentre parlava con Meredith, cosa più unica che rara.

-Derek, ma mi stai ascoltando, almeno?

-Eh, si scusami ero soprappensiero. Che stavi dicendo?

-Il progetto sperimentale..

-An si scusami. Allora, sei pronta?

-In realtà ti ho appena fatto la stessa domanda, comunque si, certo che si

-Bene, anch’io.

-Si può sapere che cos’hai?
-Non lo so neanche io, a dire il vero, mi sembra di starmi scordando di qualcosa..

-Per il progetto sperimentale?

-Forse, non lo so. E’ una sensazione che si fa sempre più forte… se mi viene in mente te lo dico, credimi.

-Va bene. Ripassiamo un attimo l’intervento di oggi?

-Con piacere.

-Sicuro che non ci sia qualcosa che ti sfugge per il progetto sperimentale? Tipo cha potremmo usare qualcosa di troppo dannoso per il cervello o cose simili?

-Si, per lo meno spero di si.

-No Derek francamente pensi possa essere una buona idea?

-Sono certo che è una buona idea, Meredith. E’un ottima idea, sul serio.

-Sicuro sicuro sicuro?

-Sicuro sicuro sicuro.

Si sorrisero. Derek guardò l’ex fidanzata in maniera strana. Nemmeno lui riusciva a capire che provasse per lei. Stavano cominciare a ripassare il progetto passo per passo quando furono interrotti da Rose.

-Hei Derek quanto ci vuole per il tuo intervento di stamattina?

-Non più di un’ora, spero, perché?

-Sloan mi vuole in sala con lui questo pomeriggio e.. scusami devo andare!- Disse sentendo il familiare suono del cercapersone

-Come mai Sloan ti vuole in sala con lui?- Chiese l’uomo all’ombra dell’infrmiera, ovviamente senza aspettarsi una risposta.

-Che c’è non sei geloso vero?

-Macchè… solamente fino a questa mattina non la sopportava.

-E’ il tuo migliore amico e lei è le tua…fidanzata… mi sembra giusto che voglia conoscerla un po’ A proposito non è che ti stai scordando di un appuntamento con Rose?

-Spero di no… Ho già chiesto a Mark e non si ricorda di niente di simile detto da parte mia… 

-Ok… stavamo dicendo…

-Il progetto.

-An si.

Ne parlarono per all’incirca una decina di minuti, e appena finito piombarono in uno strano silenzio

-Ti sei ricordato che cos’è che ti assilla?

-No, affatto. Magari è solo una sensazione

-No perché l’ultima volta che avevo una strana sensazione sono finita con le mani sopra ad una bomba inesplosa

-Me ne ricordo bene e starò attento a non fare cose simili

-Stai attento a non iniettare il virus sbagliato nel cervello del nostro paziente

-Ok. Quello sarebbe anche peggio di una bomba

-Probabilmente te la tirerei dietro, la bomba

-Hei non sono sicurissimo che il progetto funzioni… cioè sono sicuro che funzionerà ma magari non oggi

-Va bene

-Dico solo, non farti troppe illusioni

-E’ un intervento sperimentale mai provato prima. Ci stanno degli insuccessi

-Non rimanerci troppo male quindi se qualcosa va storto

-Va bene. Sono i rischi del mestiere, giusto?

-Giusto

-Bene.. 

-Che c’è?

-Dovremmo stringerci la mano, da ottimi colleghi

-Va bene, ok

Lui allungò la sua mano, e lei la prese con una stretta salda, solida, sicura, che sapeva di entusiasmo ma anche di prudenza.

All’improvviso, quando si erano appena separati e lui si stava voltando per andarsene, senti Meredith esclamare: -Addison!

E, di rimando, un -Meredith!

Derek si voltò automaticamente, anche se non ce n’era bisogno, avrebbe riconosciuto quella voce a chilometri di distanza. Per lo meno aveva dato una risposta a quel trampanellio che lo assillava. Ma, dannazione, come aveva fatto a dimenticarsi che Addison doveva venire in visita a Seattle? Era da giorni che Mark, la Hahn e Richard continuavano a parlarne. “Eh si, caro Derek” pensò “Stai proprio perdendo colpi!”

Note dell'Autrice
Ecco qui un nuovo capitolo, questa volta derekcentrico. 
Ammetto io stesse che il capitolo non è il massimo, anzi, ma ne avevo bisogno per spiegare le sensazoni di Derek (che non voglio spoilerarvi troppo ma... potrebbe essere previsto un cambiamento... più di così non posso dire)... 
A proposito, il capitolo è ambientato alcuni mesi dopo il primo, quando Addie torna a Seattle per un intervento... a parte alcuni pezzi totalmente frutto della mia fantasia, si rifà alle sceneggiature originali per parte della storia e per le sensazioni di Derek...
Spero che possiate apprezzare comunque il capitolo e.. un bacione!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Did you miss me? ***


Addison stessa non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse rimasta fuori dal Seattle Grace, prima di trovare la forza di fare pochi metri ed entrare. Non che avesse paura. O che non volesse vedere qualcuno. Non si sentiva in ansia neanche al pensiero di dover vedere Derek. A Los Angeles, poco a poco, quasi senza rendersene conto, aveva smesso di soffrire per lui. Certo, sarebbe sempre stato uno degli uomini più importanti della sua vita, ma solo in qualità di ex-marito e amico. Sul serio, in quel preciso momento non provava niente di più per lui. L’unico suo timore era che lui invece non l’avesse cancellata del tutto, ma riflettendoci bene ciò era impossibile. Lui stava con Meredith, e per la prima volta Addison era felice per loro. Vedendoli come esterna, e non come la moglie abbandonata, erano veramente una coppia perfetta. Non sapeva perché non ci fosse arrivata prima, perché si fosse illusa per tanto tempo, ma ora aveva smesso sul serio di sperare. Anche perché, si ricordò, non aveva più motivo di sperare. Nessun motivo. 

Il suo flusso di pensieri venne interrotto da Miranda, che le venne incontro abbracciandola

-Addison Montgomery, ben tornata!

-Non sono tornata, Miranda!- disse la rossa ricambiando l’abbraccio, -sono qui solamente per un intervento…-  

E che intervento! Un bambino stava per nascere con il cuore fuori dal corpo… un caso rarissimo, che lei aveva avuto una sola volta e in cui il bambino non era sopravvissuto. Ma non aveva intenzione di fare una replica. Anzi, era ben determinata a far riuscire alla perfezione l’intervento.

Entrò insieme alla Bailey, la quale la salutò quasi immediatamente per via di un intervento. Per un momento, come ogni volta che si trovava in un posto nuovo per qualche intervento, si chiese come sarebbe potuta orientarsi non conoscendo l’ospedale, ma poi si ricordò che era al Seattle Grace e quasi rise per lo stupido dubbio di poco prima. 

SI incamminò e, mentre saliva in ascensore, decise che per prima avrebbe dovuto cercare la dottoressa Hahn, brillante cardiochirurgo che conosceva di vista e di fama ma con la quale non aveva mai lavorato, poi Mark per vedere se aveva finito l’innesto di pelle che avrebbe ricoperto il cuore del bambino, poi Karev che a quanto pareva avrebbe lavorato con lei e infine avrebbe potuto salutare i vecchi amici. Tutto molto semplice, e, almeno le sembrava, difficile da scombinare. Era un chirurgo, non poteva permettersi di abbandonarsi ai sentimentalismi. Prima di tutto il lavoro.

Questo sarebbe anche funzionato, come motto, se superando il corridoio non si fosse ritrovato davanti a Derek e Meredith che in quel momento si stavano stringendo la mano. Strano, era veramente calma e serena. Rimase alcuni secondi indecisa se superarli senza parsi notare e seguire il suo piano o salutarli e rimandare l’incontro con la Hahn. In tutta risposta, Meredith si girò verso di lei e, vedendole, la salutò

-Addison!

-Meredith!

Dopo qualche secondo di incertezza, le due si abbracciarono, Addison aveva imparato ad abbracciare tutti, e così facendolo le fece notare che non aveva più niente contro di lei, ma che anzi era contenta per la coppia felice. Scioltasi dall’abbraccio, salutò anche Derek, che aveva una faccia a metà tra il sorpreso, il divertito e il rassegnato. Neanche tempo di chiedergli come stava, che il cercapersone dell’uomo suono. 

-An il signor Smith. Signore, devo andare, ci vediamo più tardi!

-Meredith, posso farti una domanda?- chiese la rossa

-Certo.

-Sai dov’è la dottoressa Hahn?

-La Hahn dovrebbe essere in sala… no, come non detto, sta arrivando dietro di te insieme a Callie.

-Uh grazie- Rispose Addison voltandosi.

-Callie!

-Addison!

-Ciaooo!!- Le due si abbracciarono, poi si ricomposero e Callie le presentò Erica.

-Ciao Addison. Posso darti del tu, vero?

-Certamente, scherzi?

-Se non erro vi conoscete già, giusto?- Chiese la Torres

-Si, Erica ed io ci siamo già viste un paio di volte, ma non ho ancora avuto il piacere di lavorare con lei…

-Bhe, sono sicura che vi troverete benissimo! Tra due geni della chirurgia ci si intende!

-Grazie del complimento Callie! Ora devo andare… a dopo!- Esclamò il cardiochirurgo, raccogliendosi i capelli in una coda… Addie notò che Callie non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e si ripromise di chiederle chiarimenti.

Voltandosi, notò anche che Meredith era scomparsa, e quindi si avviò alla ricerca di Mark, che trovò chiuso in uno stanzino a lavorare.

Bussò ed aprì la porta, al che Sloan esclamò, senza voltarsi:- Derek devi ammettere che sono un Dio! Ho creato della pelle dal nulla, come Dio, e soprattutto con brevissimo preavviso. Adesso l’unica cosa che potrebbe andare male è che Addison perda l’aereo, o che lei o qualcun altro faccia cadere la pelle, ma sarebbe sfida pura non credi?- A quel punto si voltò, e ritrovandosi davanti l’ex amante face una faccia a dir poco sorpresa.

-Allora, uno non sono Derek, due non ho mai perso un aereo né fatto cadere innesti di pelle e tre… hai fatto pace con Derek?

-Ciao Addison! Sei in anticipo. E potevi anche avvertire di essere tu. comunque sì, ho fatto pace con Derek. Non avevamo più motivi per litigare!

-Bene, mi fermo qui solo un giorno, cercate di non azzannarvi.

-Affare fatto!- Replicò l’amico. La fece accomodare, e per un po’ parlarono dell’ “incredibile perfetto innesto di pelle”, come Mark lo definì, poi vennero interrotti da un nuovo bussare alla porta.

-Oh Derek questa volta sei tu sul serio!

-Questa volta?- Chiese il neurochirurgo, sorridendo alla donna.

-Sì è… ehm… una lunga storia…

-Mi devo preoccupare?

-No no, piuttosto, hai risolto la tua  allarmante impressione di stamattina?

-Si si, non era niente di grave…- E a quel punto sorrise imbarazzato e si inventò una scusa per andarsene, dopo aver fatto ad entrambi i migliori auguri per l’intervento.

-E’ strano Derek in questo periodo, non farci caso… Forse sarà colpa dell’infermiera, lo sta facendo impazzire.

-Scusami Mark… che infermiera?

-Rose ovviamente… Ma Derek non ti ha detto niente?
-No, da quando sono arrivata ho avuto a malapena il tempo di salutarlo.

-Pensavo vi sentiste, di tanto in tanto.

-No, non lo sento da quando sono partita… Chi è questa Rose?

-E’ un infermiera… è la nuova ragazza di Derek…

-Scusami? Derek e Meredith si sono lasciati?

-Sul serio non sai niente? Sì, si sono lasciati ancora prima che tu partissi… poi hanno avuto una storia di solo sesso per un po’ ma poi lui ha baciato questa Rose, Meredith gli ha detto che voleva di più e poi è venuta a sapere del bacio, si è infuriata e l’ha lasciato.

-Aspetta… Prima che io partissi, hai detto?

-Si, il giorno prima.

-Ok… e questa Rose com’è?

-Francamente? Niente di speciale. Non è brutta, ma è totalmente anonima, a parte forse gli occhi, ma per il resto.. anonima. Anche nel carattere. Non riesco a capire che cosa ci veda in lei.

-Bhe avrà altre doti nascoste…- provò la donna, ma venne subito interrotta.

-No, gli ho chiesto e non ci è ancora andato a letto.

-Derek che aspetta per andare a letto con una donna? Ma sei sicuro di star parlando del Derek che conosco io?

-Anche con te ha aspettato, quando ti ha conosciuta. E se non ho capito male anche quando sei arrivata qui a Seattle…

-Quando mi ha conosciuta ha si aspettato, ma solo finché mi relegava al grado di amica… e quando sono venuta qui ne aveva tutte le ragioni, direi. E anch’io. Ma adesso basta parlare di Derek, perfavore.

-Ok, parliamo del mio incredibile perfetto innesto di pelle, se preferisci.

-Oppure di come applicarlo sul bambino, senza che mi spieghi di nuovo come hai eguagliato Dio per crearlo.

-Almeno potresti dirmi che sono stato bravo.

-Sei stato bravo, lo devo ammettere. Sarai altrettanto bravo a metterlo sul bimbo senza che gli rimanga a vita il segno?

 

 

Dopo un altra decina di incredibili perfetti innesti di pelle, Addison stava fuori dall’ascensore, senza il reale bisogno di prenderlo, e senza neanche sapere esattamente che ci facesse lì, mentre rifletteva sulla rivelazione di Mark. Dunque Derek e Meredith si erano lasciati. E dunque lei prima aveva fatto una figura delle sue. E dunque quel giorno sul Ferry Boat era stato solo un tentativo di dimenticare Meredith. Si sorprese a non essere gelosa, affatto. Era solo curiosa di conoscere questa Rose. E ansiosa di parlare con Derek e chiedergli cosa gli fosse passato in mente quando aveva baciato quell’infermiera. E, se ne avesse avuto il coraggio, quando aveva tentato di baciare lei. Ma sapeva perfettamente che non ce l’avrebbe mai e poi mai fatta. Eppure non era né gelosa né arrabbiata né delusa. Questo forse significava che aveva dimenticato Derek. Era l’obbiettivo che si era posta per mesi. E allora perché non riusciva ad essere felice? Non sapeva dare un nome ad una sensazione. Era come se, dopo aver lottato tanto per raggiungere qualcosa, si fosse resa conto che il premio non era poi così bello e soddisfacente. Forse in fondo in fondo le dispiaceva, quel non essere gelosa.

Il suo scontro interiore venne interrotto dal familiare cuore della porta dell’ascensore che si apriva. Ricordò a se stessa che doveva cercare Alex, ma l’ascensore le venne in aiuto in quanto né uscì proprio lo specializzando, il quale sorrise alla donna, che si rese conto che trovarsi di fronte il viso di una persona con cui avevi dei precedenti e di cui non avevi notizie da mesi  poteva essere quantomeno imbarazzante. Infatti, dopo i soliti saluti, le chiese se lo stesse aspettando.

-Ehm.. più o meno sì. Insomma, stavo venendo a cercarti, ma non sapevo che saresti uscito dall’ascensore.

-Capito.  Beh… come stai?

-Bene grazie… Tu? Stai bene?

-Si… si.- Le sorrise. E poi si abbracciarono, cioè Addison lo abbracciò, e facendolo si chiese quante volte avesse fatto quel gesto, da quando era arrivata.

-Mi stai abbracciando?- Chiese Karev con una punta di ironia nella voce.

-Si. Adesso abbraccio per salutare le persone. E’ una pratica sana e salutare che ho imparato a LA.- spiegò. Lo sentì ridacchiare nel suo orecchio.

-Com’è LA?

-E’ bellissima, sul serio. C’è il mare, dal mio balcone vedo i surfisti, non piove quasi mai, l’ospedale è fantastico… sì, sto veramente bene.

-Bene. Sono felice per te.

-E tu che mi dici? Ho saputo che sarai il mio uomo, oggi.

-Eh certo Ti pare che mi lasci scappare un intervento simile?

Questa volta fu lei a ridacchiare, constatando che il suo ex specializzando era rimasto uguale, stessi modi schietti e diretti di dire le cose. Specializzando che, notò, stava ancora abbracciando. Da quando in qua stava appiccicata ad un uomo che non era il suo fidanzato per così tanto tempo? Una parte di lei avrebbe voluto sottrarsi alle sue braccia, ma la verità era che Alex le aveva fatto dimenticare totalmente tutti gli altri suoi problemi, così come aveva già fatto più volte in passato. Chiuse per un attimo gli occhi. Si era totalmente dimenticata di come Karev la facesse sentire, l’attrazione tra i due ci aveva messo un attimo a risalire al massimo. Eppure, al di là di tutto, avere una persona che le facesse dimenticare tutte le cose negative era meraviglioso. Riaprì gli occhi, e incrociò quelli di una Rebecca Pope che gli guardava scioccata. 

-Karev penso ci siano visite per te.- sussurrò staccandosi delle sue braccia

-Che?- Chiese lui voltandosi -Ah. Rebecca…-

Addison dovette trattenersi dal scoppiare a ridere vedendo la sua espressione stupita e anche un po’ colpevole.

Mentre la sua ex paziente si faceva sempre più vicina, Alex la guardò con espressione quasi colpevole.

-Scusa…- sussurrò.

-Figurati! Ci vediamo dopo!-

-A dopo…- Addison gli sorrise e se né andò nella direzione da cui stava venendo Rebecca, che sembrava nervosa e preoccupata. La salutò con un cenno del capo e si defilò. 

Si mise a girovagare per l’ospedale fino a che non trovò la persona che stata cercando, che stava leggendo una cartella appoggiato alla ringhiera del solito corridoio.

-Cosa vol dire che ti sei lasciato con Meredith Grey?- chiese senza mezzi termini

-Addison mi hai fatto prendere un colpo! Imparerai mai ad avvertire prima di urlare nell’orecchio di persone concentrate?

-Forse un giorno. Derek cosa vol dire che ti sei lasciato con Meredith Grey?

-E ad essere un po’ meno diretta nelle domande difficili?
-Finchè non mi rispondi non farti illusioni. Beh proviamo in un altro modo. Dottor Sheperd cosa vol dire che…

-Ok ho capito.- La interruppe lui con un sorriso. -Meredith non era pronta… non era pronta.

-E Rose è pronta?- La donna non poté trattenersi un sorriso nel vedere l’espressione stupita dell’ex marito.

-Scusami mia cara ma com’è che sai proprio tutto tutto della mia vita privata?- Le chiese lui in risposta, fingendo un tono serio ma trattenendosi dal ridere.

-Eh sai…un uccellino ha spifferato tutta la tua misera vita sentimentale…

-Un uccellino che conosco per caso? Comunque la mia vita sentimentale non è misera affatto!

-Stai con un’infermiera… altroché se è misera!

-Da quando in qua hai questa avversione per le infermiere?
-Non ho nessuna avversione per le infermiere, quello eri tu se non ricordo male!

-Le persone cambiano… tu sei sempre uguale ovviamente, ma in genere le persone cambiano.

-Devo prenderlo come un complimento?

-Forse… comunque Rose non ha niente che non va… è veramente una buona ragazza!

-Derek Christopher Shepherd! Spero per il tuo bene che quando ci siamo conosciuti non andassi in giro dire che non avevo niente di male e che ero una buona ragazza! Non hai certo usato la frase migliore per farmi capire il tuo grande ed immenso amore per Rose!- Esclamò la donna scoppiando a ridere.

-Allora, uno certo su di te non hai mai detto nulla di simile, due mi stai mettendo seriamente in crisi!- ribatté Derek, ridendo a sua volta.

-Era quello il mio scopo infatti! No dai scherzi a parte, che è successo fra te e Meredith? Perché se hai presente l’ho abbracciata prima, e ho pure fatto i complimenti alla coppia felice, quindi penso di avere il diritto di sapere che è successo.

-Va bene… Dopo che è annegata non era più la stessa… si vedeva che non era per niente sicura della nostra relazione, così dopo un po’ di settimane le ho parlato e da allora continuavamo a litigare… poi il giorno del matrimonio di Cristina abbiamo litigato per l’ennesima volta (lei, oltre che con me, era anche provata da quello che era successo con Susan) e lei mi ha lasciato ed è partita con Cristina. Prima che tu me lo chieda, quello che è successo quel giorno sul Ferry Boat non ha niente a che fare con questo. Stavo dicendo… Ah sì, quando è tornata, abbiamo provato ad ignorarci, ma dopo poco siamo finiti a letto, e abbiamo avuto una relazione di solo sesso per un bel po’ di tempo… ma io volevo qualcosa di più… mi conosci, nelle relazioni voglio la serietà… quando finalmente mi ha detto che era pronta, io avevo appena baciato Rose, che appunto è un infermiera con cui flirtavo da un po’ di giorni. All’inizio non le ho detto niente e mi sono scusato con Rose, ma nel giro di poco Meredith lo è venuta a sapere si è infuriata per, come è giusto, e mi ha lasciato… così io ho chiesto a rose di uscire a cena, lei ha accettato e ora stiamo insieme. Penso di non avere tralasciato nulla di importante…

-Va bene. Grazie. Cioè… hai capito- Sussurrò lei, non riuscendo a trovare le parole giuste.

-Si, ho capito. Grazie a te. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno.

-Di niente.- Addison chiuse gli occhi.  Poteva sentire la vicinanza dell’uomo. La solita vocina dentro di lei le chiese se veramente non provasse più nulla per lui, ma la scacciò. -Ma a te… lei piace ancora?-

-Non lo so. Non so più niente. Pensavo di si, ma adesso… non lo so più. Mi ha proposto un progetto sperimentale, l’altro giorno. Inizieremo oggi. Stavamo parlando giusto di quello quando hai fatto capolino dell’ascensore…

-Ok. Comunque anche tu sei sempre uguale. Ehm… vuoi parlarmi del progetto sperimentale?

-Con piacere.-

 

Molte ore dopo, quando l’intervento era finito da tempo, Addison era ancora con Karev. che le stava raccontando che Rebecca era incinta. E che lui era sconvolto, come era immaginabile.

-Ma Alex, al di la del figlio, in questo momento che cosa provi esattamente per lei?-

-Io… quando era una nostra paziente mi piaceva veramente, ma questo lo sai già.- Spiego lui cercando di portare la conversazione in un punto diverso dal periodo in cui aveva trovato Rebecca, -Adesso… mi piace ancora, e non posso negarti che quando l’ho rivista le sono letteralmente saltato addosso… Ho lasciato Lexie per stare con lei, ma lei è tornata da suo marito e sua figlia… come è giusto. Poi è tornata indietro, e la situazione si è ripetuta. Ma, nonostante non abbia niente che non vada, se non fosse per il bambino non so se vorrei avere con lei un storia seria.

-Ti capisco. Anch’io… No niente.

-Anche tu cosa?

-Se ti dico una cosa, giuri di non dirla a nessuno e in particolare non a Derek?

-Giuro. Sarò muto come un pesce.

-Quando ho tradito Derek con Mark… sono rimasta incinta… di Mark. Il fatto era che io volevo Derek, ma ho voluto dargli un tentativo… era da sempre che desideravo un figlio, e con mio marito non c’ero mai riuscita. Il fatto era che essere costretta in una relazione che non volevo era stressante e triste, vuoto. Mark come amico è perfetto, ma con fidanzato non funzionava… e tutto questo non tiene in considerazione il senso di colpa verso Derek. Insomma, alla fine, dopo che lui mi ha tradita per l’ennesima volta, l’ho lasciato, ho abortito e sono venuta a Seattle… e il resto lo sai già.

-Mi.. mi dispiace… Addison.- Sussurrò lui, stingendola in un abbraccio. Erano seduti un corridoio quasi abbandonato. -E… grazie…-

.Figurati. Era per farti capire esattamente cosa vuoi da Rebecca.

-Io penso che valga un tentativo. Non penso che farò un replay della tua storia.

-Va bene. Tentar non nuoce. Buona fortuna Alex. Chiamiamo se ne avrai bisogno. Devo andare ora.. ho il volo per LA fra un ora.-

-Ciao… e grazie ancora.

-Stammi bene. E non fare lo stupido.

Si scambiarono un ultimo abbraccio affettuoso, poi si separarono definitivamente. Addison si rese 

conto che era da secoli che non parlava così sinceramente con qualcuno. Chiamò l’ascensore, ed entrando vide che c’erano già Meredith e Derek, cui presto si aggiunse Rose, che aveva avuto occasione di conoscere e che aveva riconosciuta nell’infermiera dagli occhi di cerbiatto che aveva visto quando aveva lasciato Seattle. Non le piaceva per niente.

 Ben presto entrò anche Mark, che Addison udì sussurrare all’orecchio di Derek: -Scommetto che avresti preferito prendere le scale sta volta.-

Derek annuì, poi si udì un brutto rumore metallico e l’ascensore si fermò.

-Che è uno scherzo vero?- Chiese Derek guardandosi intorno con area spaesata.

-Temo di no- disse la rossa trattenendosi dal scoppiare a ridere, mentre Rose suonava l’allarme.

Dopo pochi minuti, mentre Derek si stava ancora chiedendo che avesse fatto di tanto male per meritarsi quello, le porte si aprirono, ma soltanto un piccolo buco in alto entrò la luce. Sentì Alex parlare.

-Bene, siete incastrati fra due piani. E le brutte notizie non sono finite. Sembra che questo temporale abbia fatto parecchi danni. I tecnici riusciranno ad arrivare tra qualche ora…

-Tra qualche ora?- Esclamarono tutti quasi all’unisono.

-Ma Karev io ho il volo tra meno di un’ora!- Addison lo guardò come per dirgli “fai qualcosa”

-Lo so dottoressa Montgomery. Mi dispiace. T.. Le prenoto una stanza in albergo?

-Si grazie…

-Karev!- Cominciò Derek -Non so se noti la spiacevole situazione in cui sono messo…

-Noto perfettamente la situazione, ma non posso farci niente… ora devo andare, ma quando i tecnici verranno a tirarvi fuori di qui sarebbe una cosa buona e giusta se foste ancore tutti e cinque vivi.. perciò non uccidetevi mi raccomando!- Esclamò scomparendo.

Erano lì dentro, e a quanto pareva lo sarebbero stati ancora per un bel po’ di tempo, quindi si sedettero. Dopo qualche istante di silenzio stanco ed imbarazzato, Mark fece notare che era la prima volta che Derek era messo peggio di lui, accennando alle tre donne che sedevano con loro.

-Avrei qualche piccola obiezione.- Replicò Derek con un sorriso.

-Ah sì? Sentiamo!

-Uno, le due donne, qui dentro, con cui  non hai avuto una relazione sono tra le poche in questo ospedale, e due con la terza donna hai avuto una relazione di due mesi

-Che è il io record massimo, fra l’altro- Lo interruppe Mark

-Ecco, perfetto, stavo dicendo… An sì, mentre questa povera donna era sposata, che già di per se non è una buona cosa, con me, il che è parecchio inaccettabile.- Concluse, con una risatina che ben presto divento collettiva. 

Sorprendentemente, mantenendo la conversazione in tono ironico e leggero, le quasi quattro ore cha passarono in quell’ascensore volarono, e ben presto furono tutti nel proprio letto  dormire.

 

Il mattino dopo, il piano di Addison era semplicissimo: dormire fino alle otto circa, alzarsi con calma e perdere il volo delle dodici. Ma tutto questo andò in fumo quando fu svegliata dal suono improvviso del suo telefono…

Note dell'autrice
Eccomi qui!
Devo ammettere che questa volta sono veramente soddisfatta di come è venuto il capitolo... non mi aspettavo di riuscire a mettere tutto insieme, e spero che non sia venuto troppo lungo...
Che altro dire... quasta volta ho inserito alcuni momenti addek, come è giusto che sia, ma non ho potuto evitare di mettere alcuni momenti anche con Karev...  non ho potuto resistere alla tentazione, ma vi anticipo che, almeno in quasta storia, il rapporto fra loro sarà solo ed esclusivamente di amicizia... detto ciò spero che vi faccia piacere legger questo capitolo tanto quanto a me è piaciuto scrivere..
Un bacione! :)
P.S. ho un casino di idee anche per molte one shot, quindi  vi preparo all'ipotesi che ta quasto e il quarto capitolo possa mettere una one shot e rallentare la pubblicazione della storia... ma ho già le idee abbastanza chiare su come continuare, quindi mi basta trovare il momento pe scrivere ed è fatta!
Un altro bacione! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** happines ***


Vedendo il nome “Derek” scritto sul display del telefono, Addison si ritrovò a sorridere, e non ad arrabbiarsi perché l’aveva svegliata. Fece squillare un paio di volte, giusto per darsi il tempo di riprendersi dal post-sonno, e poi finalmente rispose.

-Derek. Quando eravamo sposati non mi hai svegliata una volta. Che è sta storia che adesso chiami all’alba?

-Non è l’alba. Sono le dieci…

-Le dieci!? Mi prendi in giro vero?!

-Mi dispiace ma no. Stavo dicendo… tu sei ancora qui a Seattle vero?

-Certo. Per la cronaca sono ancora nel letto di un albergo di Seattle, e due minuti fa ero ancora tranquillamente immersa nel mondo dei sogni, quindi qualsiasi cosa tu voglia sputa il rospo!

-Sai com’è… avrei una paziente con un aneurisma… che è a metà dell’ottavo mese di gravidanza…

-Derek. Sul serio?

-Sul serio.

-Ok, ho capito. Sono lì tra mezz’ora. 

-Grazie

-Figurati. E’ un piacere.

-Sicura?

-Si si.- Gli confermò. Si rese conto che non stava mentendo. Era veramente felice di avere una scusa per passare un altro giorno a Seattle. Ma che le stava mai succedendo?

Ripensò alla giornata precedente. Si, aveva fatto parecchie cose non da lei. Come, ad esempio, confidarsi con Karev. Le era sembrata la cosa più naturale del mondo, lì sul momento, ma  a ripensarci… Lo aveva fatto sul serio? Sì, stava perdendo colpi. Causa di Seattle, della pioggia, si disse. Accantonò il problema. Non aveva tempo di capire che cosa le stava succedendo.

Dopo neanche mezz’ora era già in ospedale. Entrando, la prima cosa che notò era che tutte le infermiere erano raggruppate in un angolo e sembravano protestare per qualcosa.  Wow, stava lì due giorni e si beccava pure lo sciopero. Si rifiutò di farsi prendere dal malumore. Cercò Derek con lo sguardo, non lo trovò ma in compenso vide arrivare Mark, che le si avvicinò.

-Buongiorno! Perché c’è tutto questo casino?- Le chiese

-Non ne ho la più pallida idea. Non sono io quale che lavora qui!

-Già, infatti. Non dovresti essere già a Los Angeles da ore?

-Si, ma come ben sai ieri sera ho perso il volo perché sono rimasta bloccata nell’ascensore, e prima Derek ha chiamato perché ha una paziente incinta e allora ho rimandato ulteriormente, ma…

-E vuoi dirmi che sei rimasta SOLO per il caso?

-Dimmi un alto motivo per cui dovrei rimanere…

-Sai, c’è un certo tipo dai capelli neri perfetti e gli occhi del colore del mare da cui non ti stacchi un attimo..

-Mark cosa vorresti dire?

-Ti ho vista, come lo guardavi, ieri in ascensore…

-E come lo guardavo, sentiamo?- ribatté la rossa, convincendosi che Mark aveva le allucinazioni.

-Nel vostro modo!

-Nel nostro che?

Venderlo interrotti dall’arrivo del soggetto della loro discussione, che porse ad entrambi un caffè.

-Buongiorno signori! Addie, grazie ancora per essere venuta… perché le infermiere stanno scioperando?

-Non lo so.- gli rispose Mark con un sorriso, -Non eri tu quello fidanzato con un’infermiera?

-Si, ma dal momento che non la vedo da ieri sera non posso sapere che cosa stia succedendo. Spero solo che non duri a lungo, questa cosa, oggi oltre alla donna incinta con l’aneurisma ho il secondo intervento del progetto sperimentale.

-Soggetto X in avvicinamento…- Sussurrò Mark.

I due ex coniugi si voltarono contemporaneamente, per vedere Rose dirigersi verso di loro. L’infermiera salutò Derek con un bacio veloce, al che Addison si rese conto di provare una sorta di gelosia, ma la accantonò velocemente. Non poteva permettersi di essere gelosa di Derek, non un altra volta.

-Rose, perché le tue colleghe stanno scioperando?

-Ehm io… non ne posso parlare, non in questo momento, almeno. Ma sono sicura che la cosa sarà resa pubblica nel giro di qualche minuto… io… dovrei andare ora… a dopo!-

-Non mi piace.- Borbottò Addison, per poi rendersi conto di ciò che aveva detto e correggersi, -questa storia dello sciopero, ovviamente!-

-Io l’avevo capita in un altra maniera!- Le sussurrò Mark all’orecchio, mentre se ne andava.  Lo fulminò con lo sguardo, poi si girò verso Derek e cominciarono a parlare del più e del meno, quando fu finalmente annunciata la causa dello sciopero delle infermiere. Fortunatamente, stavano scioperando contro un solo chirurgo, dissero. 

Addison e Derek, sempre più curiosi, si fissarono l’un l’altra, per poi scoppiare contemporaneamente a ridere nel momento in cui scoprirono contro chi e per quale ragione era la protesta. 

-Quindi abbiamo deciso di rifiutarci di lavorare insieme al dottor Mark Sloan a tempo indeterminato, a causa del fatto che ha la sgradevole abitudine di avere rapporti intimi ogni notte con un infermiera diversa, di approfittarsi della nostra ingenuità e non richiamare mai al mattino, spesso anche ignorandoci totalmente sul lavoro!

Si voltarono, sempre in contemporanea, verso l’amico, la cui faccia misto fra sorpreso/mortificato/divertito gli fece solamente ridere di più. E andarono avanti a ridere, e ancora e ancora, come se il resto del mondo non esistesse, e non esistesse nessun matrimonio, nessun tradimento, nessun divorzio. In quel momento erano solamente Addison e Derek, null’altro. E tutto, in quel momento speciale, andava esattamente come doveva andare. 

Stavano ancora ridendo quando vennero interrotti da Meredith, che ricordò all’ex fidanzato che alle 11 e 30 avevano l’intervento. Come se Derek avesse potuto dimenticarsene. 

 

Qualche ora più tardi, Addison stava girovagando a vuoto per i corridoi dell’ospedale. L’intervento con Derek era solamente alle 4 del pomeriggio, e visto che, a detta sua, era lì solamente in visita, aveva rifiutato di prendere altre pazienti. Ed era seriamente convinta che non si sarebbe lasciata convincere da niente e da nessuno, quando le si avvicinò Izzie Stevens.

-Dottoressa Montgomery, potrei parlarle un momento?

-Stevens, non voglio pazienti ne qualsiasi cosa che assomigli ad un paziente, a meno che tu non abbia qualcosa di veramente particolare.

-In se non ho niente ma…

-Niente ma, Stevens. Sono in visita, e se cominciassi a controllare tutte le donne incinte di questo ospedale non tornerei mai più a LA. Mi dispiace

-Si tratta di Rebecca Pope…- Si trattava di Rebecca? Beh, a quel punto forse avrebbe potuto fare un piccolo sforzo, ma solo per fare un favore ad Alex.

-Ok, ti ascolto.

-Non è incinta.

-Che!?- Cosa significava che Ava non era incinta? Aveva mentito a Karev? E a quale scopo? 

Le centinaia di domande della dottoressa rossa vennero interrotte dalla risposta di Izzie

-Non è incinta. Ho qui le lastre. Sto pensando, visto quello che ha subito, che abbia una gravidanza isterica.

-E’ possibilissimo. Le hai già parlato?

-No, in questo momento penso sia a casa mia… a casa di Meredith… Ma l’ho chiamata e le ho chiesto se può venire qui. Preferisco dirglielo da dottoressa, anziché da quasi coinquilina.

-Fai bene. E preparati che se è veramente gravidanza isterica non ti crederà e vorrà rifare gli esami. Tu assecondala, in ogni caso.

-Certo. Ma il fatto è che non so come dirlo ad Alex. Insomma, non posso certo dirglielo come dottoressa della sua ragazza, non trova?

-Si, hai ragione. E’ un medico anche lui, in fin dei conti. Forse faresti meglio a parlargli prima. Magari, sentendo anche il suo parere, Rebecca si arrenderà meglio all’evidenza.

-Si, è quello che ho pensato anch’io, ma non so se Alex mi crederà… insomma… ha fatto appena in tempo ad accettare la gravidanza che scoprirà che non esiste nessun bambino… Neanche per lui deve essere facile.

-Infatti, quindi, se vuoi, magari provi a dirglielo prima te, e se non ti ascolterà gli parlerò io. Va bene?

-Grazie mille dottoressa Montgomery!-

Wow, era scomparsa pure la possibilità di non parlare con Alex. Per l’ennesima volta in quella strana giornata, Addison si rese conto che era quasi sollevata dall’avere una scusa sensata per parlargli. Gli faceva piacere avere qualcuno che la sapesse ascoltare. Da quando in qua Karev la sapeva ascoltare? Si, stava andando di matto. Di nuovo, diede la colpa alla pioggia.

 

A pranzo si sedette insieme a Derek e Mark. Per stare un po’ con entrambi, si disse. Per stare un po’ con Derek, pensava.

Mentre mangiavano, passò George O’Malley con dei moduli da firmare. 

-Dovete scrivere i nomi di tutte le persone con cui avete avuto relazioni sessuali, che lavorano o hanno lavorato in questo ospedale. Dottoressa Montgomery, il capo ha chiesto se potrebbe compilarlo anche lei. Ha intenzione di inviarlo a tutte le persone che se ne sono andate nell’ultimo anno, e visto che lei è già qui…

-Si, nessun problema. Grazie, O’Malley.

-Proprio tutte tutte?- Chiese Mark, dopo che lo specializzando se ne fu andato, con un tono quasi disperato.

-Eh già. Vai con calma, mi sa che ne avrai per un bel po’…- Gli rispose Derek, trattenendo un sorriso.

-Che simpatico… Sai come fa… Jen?… di cognome?

-No, dovrei saperlo?

-Ieri hai detto che conosci i nomi di tutte le infermiere.

-I nomi, non i cognomi.- ribatté Derek, scambiandosi uno sguardo complice con l’ex moglie, la quale dovette fare un serio sforzo per non scoppiare a ridere di nuovo. Dovette ammettere che le era mancato stare a scherzare con quei due nella pausa pranzo. Per qualche istante, le sembrò di essere ritornata indietro ne tempo, a New York, prima di Mark, prima di tutto, e, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì veramente felice.

 

La donna con l’aneurisma aveva avuto le doglie mentre Derek la operava, così Addison era intervenuta con un cesareo d’urgenza, ed era riuscita a salvare madre e figlio. Aveva dato a Derek delle indicazioni su come fare nel caso la cicatrice alla pancia le dolesse, e adesso sarebbe veramente potuta tornare a casa, ma, dentro se, non ne era più così tanto convinta. Stava bene a Seattle, dopotutto. Così, aveva deciso che non sarebbe tornata a LA. Non quel giorno, almeno. Aveva chiamato Naomi, per prendersi un permesso di qualche settimana, ed ora stava andando nell’ufficio di Richard per chiedergli se poteva lavorare lì per un po’ di tempo, sicurissima che avrebbe risposto di si.  Non sapeva nemmeno lei perché lo stesse facendo, ma in fondo sapeva che era la cosa giusta, che lo era sempre stata. LA era fantastica, ma non l’aveva mai considerata casa sua. Non che considerasse Seattle come tale, per lei casa sarebbe stata sempre e solo New York, ma si sentiva molto meglio lì che in California. Mentre attraversava il corridoi, vide Alex e Izzie che discutevano. Si avvicinò quel tanto che bastava per sentire la loro discussione. Aveva una copia dell’ecografia di Ava con se, che le aveva fatto quando era arrivata in ospedale in seguito alla chiamata della Stevens. Effettivamente, nel suo ventre di un bambino con c’era nemmeno l’ombra. Comunque, aveva anche recuperato le lastre di un altra donna, incinta anch'essa di due settimane, in modo che, se ce ne fosse stata la necessità, avrebbe potuto mostrarle a Karev.    

-Izzie!- Lo sentì esclamare, -Perché mi è stato detto che Rebecca è in ospedale?

-L’ho chiamata io…

-C’ero arrivato. Perché è qui?

-Ecco… vedi Alex… lei non è incinta…

-Cosa!? Izzie mi stai prendendo in giro, vero? Lei è incinta, eccome se è incinta, ne mostra tutti i sintomi!- Era sconvolto. Decisamente sconvolto.

-I test non evidenziano nessun bambino, Alex… mi dispiace sul serio…

-I test! Rifalli, Izzie! Avrai sbagliato qualcosa! Di sicuro!

-Alex io…- la ragazza venne interrotta dal suo cercapersone,- devo scappare, scusami.-

Lo specializzando, sconvolto, furioso con tutti e nessuno, si voltò, per incrociare gli occhi di Addison, che gli si avvicinò.

-Karev, posso parlarti un secondo?

-E’ urgente? Perché non so se hai sentito quello che mi ha detto Izzie… devo correre da Ava.

-E’ proprio riguardo a questo che ti dovrei parlare…

-Addison non puoi dirmi che Izzie ha ragione… ti prego… non può essere vero!-La supplicò, mentre cominciava a capire ed accettare la verità.

-Mi dispiace tanto, sul serio.

-Ma ha avuto tutti i sintomi di una gravidanza… come è possibile?

-Credo si tratti di gravidanza isterica… è plausibile dopo quello che ha passato negli ultimi tempi…

-Non può essere vero. E’ impossibile. Deve esistere una spiegazione… E’ alla seconda settimana, magari il feto e più piccolo del normale e non si vede…- Addison sapeva bene che lo specializzando stava delirando, sapeva perfettamente che, se alla seconda settimana il feto non si vedeva era perché non c’era nessun feto, ma nonostante ciò gli mostrò comunque le due lastre.

Una volta che si fu arreso all’evidenza, Alex le chiese se poteva accompagnarlo in modo di spiegare a Rebecca la storia della gravidanza isterica, lui era troppo coinvolto e non sarebbe stato capace di darle una spiegazione sensata. 

Mentre si dirigevano verso la stanza di Rebecca, uno al fianco dell’altra, Addison vide passare, sorridenti e mano nella mano, Derek e Rose e si sorprese ad essere innegabilmente ancora gelosa. Ma, la cosa che la stupì di più era che le era mancata da morire, quella sensazione terribile che provava per l’ex marito. 

 

Alla fine della giornata, Addison era ancora con il suo non più ex specializzando, sempre nel corridoio della sera precedente. Stavano parlando di Rebecca e delle emozioni contrastanti che Alex provava per lei, quando si rese conto che la rossa stava fissando la sagoma dell’ex marito al di là della porta di vetro.

-Addison?

-Si, ci sono… scusami, ero un attimo soprappensiero!

-Un attimo? Stavi fissando Derek in un modo con cui non fissavi neanche me!

La dottoressa scoppiò a ridere, e scusandosi ancora una volta si concentrò e si mise ad ascoltare Karev, ma nonostante stesse veramente attenta lo sguardo le fuggì più di una volta oltre la porta, fino a che Derek e Rose non si allontanarono.

-Non capisco che cos’abbia di così speciale quell’infermiera…- commentò Alex.

-No, neanch’io.. non sono gelosa eh!

-Farò finta di crederci.-Le promise sorridendo lo specializzando.

-E’ grave?

-No, ci sei stata insieme per undici anni, più due mi sembra di fidanzamento… e ammetti che non l’hai mai dimenticato del tutto…

-Erano tre, gli anni di fidanzamento… e pensavo di averlo dimenticato, sul serio, ma non posso farci niente. Non lo faccio apposta, te lo giuro!- Ecco, si stava confidando con lui. Di nuovo. Non poteva farci niente. Da quando in qua si fidava così illimitatamente del suo specializzando? La risposta rimase un mistero.

Andarono avanti a parlare ancora per un bel po’ fino a che lui decise che sarebbe stata una buona cosa tornare da Rebecca, ed Addison a quel puntò andò in albergo dove, a dispetto delle aspettative, si addormentò immediatamente.

NdA
Eccomi qui finalmente! In realtà il captolo era pronto da un bel po' di tempo, ma ho avuto una sorta di blocco nel momento di pubblicarlo... non mi era mai successo finora, ma fortunatamente l'ho superato... ed eccomi qui!
Che dire... sono soddidfatta di come sta venendo la storia, anche se tante cose avrei vouto tralasciarle (L'amicizia assurda di Addie e Alex, ad esempio. Come coppia gli ho sempre amati, ma come amici... eppure sembra che un diavolo si sia impossessato della tastiera del mio computer e abbia deciso di fare da solo... comunque devo dire, che anche se non è molto da loro, mi piace come si sta sviluppando questo improbabile rapporto... Non so, sicuramente è un po' OOT, ma non penso così tanto da doverlo mettere negli avvertimenti... nel caso ditemelo in una recensione e provvederò subito.)
Per quanto riguarda la scena dello sciopero delle infermiere, sicuramente allunga il racconto, e non so se sia una cosa positiva o negativa, ma è fin dalla prima volta che ho visto qell'episodio che mi sono immagginata una scena con Addie, e l'occasione si è presentata a pennello... non son  riuscita a resistere alla tentazione!
Per quanto riguarda i due veri protagonisti, sicuramente in questo capitolo si sono approfonditi i loro rapporti... in particoloare per quanto riguarda Addison... Anche se volevo aspettare ancora un po' per farle ammttere i suoi sentimenti, ho deciso di non tirarla troppo per le lunghe... ho intezione di fare ancora tre, al massimo quattro capitoli, non voglio dilungarmi troppo in particolari inutili... spero condividiate il mio punto di vista!
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, posso solo dirvi che l'ho gà iniziato, e che, pur mantenendo un certo humor, sarà meno spensierato di questo, e un terribile fattaccio scovolgerà i nostri protagonisti...
Un bacione! :) 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I'm better when you're with me ***


CAPITOLO 5

Dopo due settimane da quel giorno, Addison era ancora lì. E, a quanto sembrava, non aveva intenzione di andarsene tanto in fretta. 

Mentre saliva, al solito, sull’ascensore, si chiese cosa stava facendo. Era la prima volta che si faceva quella domanda, dopo tanti giorni che viveva non alla giornata, ma al minuto. Che cosa stava facendo?

Era ricaduta nella sua più grande dipendenza, che aveva occhi di ghiaccio e capelli neri come la notte, e non riusciva neanche a respirare se Derek era a più di cento metri da lei. Ma stava bene così, nonostante tutto. Anche se era apparentemente vuota, sprecata a rincorrere un sogno che correva più velocemente di lei, in quel momento la sua vita era esattamente come la voleva. Cioè, quasi esattamente. Per essere perfetta avrebbe dovuto ritornare indietro fino a prima del tradimento con Mark, a sapeva che ciò era impossibile e aveva scoperto che l’unica cosa da fare, per non morire dentro, era sperare, e sperare e sperare ancora. 

Problema Derek a parte, per il resto era veramente felice come non lo era da tanto. In fin dei conti, le persone a cui in quel momento teneva di più erano lì, a Seattle, e si sentiva completa. Aveva Mark, che per quanto la esasperasse non smetteva mai di regalarle sorrisi. C’era Callie, che stava cominciando ad uscire con Erica e che le faceva dimenticare la sua travagliata vita sentimentale, c’era Miranda che con la sua decisione la sapeva spronare a fare ciò che riteneva giusto senza farsi troppi problemi. C’era Alex, con cui riusciva a parlare, per ragioni a lei del tutto ignote, come con nessun altro al mondo, e nonostante quel sentimento di completa fiducia verso lo specializzando la spaventasse non sapeva fare a meno di lui. E poi, c’era Derek Sheperd… ma lui era un caso a parte.

Ricevette una chiamata al cercapersone da Richard, e corse da lui pensando che ci fosse qualche emergenza. Ma il primario di chirurgia le chiese se poteva seguirlo nel suo ufficio.

-Allora Addison,- incominciò,-hai deciso… cosa fare?

-In che senso?

-Lavori qui da due settimane, pur non essendo dipendente dell’ospedale, e mantieni ancora saldo il posto a LA, ma ti conosco abbastanza bene da sapere che tornare  li non è tra le tue intenzioni più prossime. Quindi, cosa vuoi fare?

-Io…- voglio stare qui, pensò, -non lo so.

-Dovresti decidere. 

-Si, hai ragione. Dovrei farlo.

Webber le porse delle carte

-Che cosa sono?

-Sono i documenti d’assunzione. Se deciderai di firmarli sarai la benvenuta. 

-Oh… grazie… Richard

-Figurati! Ci vediamo più tardi.

 

-Il capo vuole che mi trasferisca definitivamente qua. Mi ha dato i documenti di assunzione, prima.

-E tu cosa vuoi fare?

-Voglio stare qui ma…

-Addison, se vuoi stare qui perché hai paura di firmare?- Alex Karev la guardò in maniera quasi divertita.

-Io voglio stare qui. Solo che, se firmo quei documenti, non avrò più via di scampo.

-Sei il chirurgo neonata più rinomato del paese. Gli ospedali farebbero a gare per averti nel loro team. Avrai sempre una seconda occasione, dottoressa Montgomery.

-Hai ragione, Karev, hai completamente ragione- si autoconvinse.- Hai una penna?-

Firmo quei documenti, salvo poi pentirsene.

-Oh mio Dio,adesso lavoro ufficialmente qua?

-Lavorerai ufficialmente qua solo quando avrai consegnato questi fogli a Richard.

-Si. Alex… potresti farmi un piccolo favore?

-Certamente.

-Conserveresti questi fogli per me almeno fino a stasera? Insomma… se dovessi ripensarci…

-Ok. Nessun problema.

-Come sta Av… Rebecca?

-Mi piacerebbe dire che sta migliorando ma…- Da quando aveva saputo della gravidanza isterica, Rebecca non era più in grado di fare nulla da sola, malgrado Alex le stesse vicino in ogni momento era veramente depressa, e da un po’ di giorni era arrivata al punto di dover essere imboccata per mangiare,e a quanto pareva aveva anche fatto pipì nel divano di Meredith, facendo imbestialire la specializzanda, che nel frattempo era sempre impegnata nel progetto sperimentale con Derek, che però non sembrava funzionare.

-Capisco. Se vuoi parlarne, io sono qui.- Visto che aveva preso quell’abitudine di opprimere Karev con i suoi problemi, le sembrava giusto ricambiare il favore.

-Lo so. E, credimi, avrei veramente bisogno di sfogarmi con qualcuno. Ma c’è il dottor Sheperd che sta parlando con occhi da cerbiatto e non vorrei che mi facessi lo stesso scherzo di ieri, e ieri l’altro e ieri l’altro ancora…- Ribattè lui, facendo il finto offeso ma trattenendo un sorriso

-Te l’ho detto, non lo faccio apposta. Sul serio, mi piacerebbe non essere…

-Ossessionata?

-Ossessionata da quei due. No, non mi piace ossessionata. Mi fa pensare ad una ex moglie ancora innamorata di suo marito, e che non lo lascia in pace un secondo e non può fare a meno di fissarlo incessantemente e che è gelosa anche delle sue ex… e non dirmi che io sono così, perché non è vero.- Disse sorridendo vedendo la faccia dell’amico che sembrava dire ti sei appena autodescritta, dottoressa Montgomery

-A proposito…hai parlato con Meredith?- chiese speranzosa. Gli aveva chiesto se poteva chiedere alla coinquilina che cosa provava esattamente per Derek. Si, forse un po’ ossessionata lo era, a ripensarci meglio.

-Ci ho provato,ma era ancora furiosa per la storia del divano e certo non mi avrebbe detto la verità…-

-Meglio così!- Decise lei. -Non posso sopportare a lungo il ruolo della ex iper gelosa.-

-Comunque, stavo dicendo, l’ho sentita parlare con Cristina, e penso fosse sincerissima quando ha detto che non prova assolutamente nulla per Stranamore.

-Non chiamarlo Stranamore. E’ il soprannome che gli ha dato Meredith, e io non sono Meredith, capito?

-Alla faccia di quella che non era gelosa. Se smetti di guardare Sheperd per un attimo, potresti dare un’occhiata a questa radiografia della signora Rovely?

-Io non stavo fissando… ehm, certo, dammi pure. Che cos’è questa sorta di massa che c’è vicino nel cervello del bambino?

-Non lo so, ma parrebbe qualcosa che necessita di un consulto neurologico.

-E chiedi ad un neurochirurgo se può farti un consulto.

-Lo farei, ma si da il caso che il neurochirurgo in questione stia lavorando al suo progetto sperimentale… ha due interventi oggi, e non voglio essere io a chiedergli se può rimandarne uno…

-Ehm… e perché dovrei farlo io?

-Perchè tu sei sempre, e sottolineo il sempre, in cerca di una scusa per parlare con lui.

-Ti hanno mai detto che sei esagerato?

-Si, tu. E a torto.

-Comunque sia questa massa nel cervello del bambino ha la precedenza, direi. Quindi io adesso vado da Derek per motivi solamente di lavoro e gli chiedo se può dargli un’occhiata. 

-Contenta te. Il solamente mi da i suoi dubbi, ma se la metti così…- Dichiarò con un sorriso beffardo in volto.

-Alex! Stai diventando esasperante!- Replicò facendo la finta arrabbiata. Poi vide passare Sloan con sue tazze di caffè in mano.

-Mark! Per chi è quel caffè?

-Ehm… per me e per Derek…

-Bene, adesso è diventato per ME e per Derek.- Disse lei rubandogli le due tazze.

-E questo che significa?- chiese lui protestando.

-Devo chiedergli se può rimandare uno dei suoi interventi- spiegò -e mi serve un modo per addolcire la domanda. Kare è bravissimo a fare i caffè, chiedi a lui!- Concluse scappando via mentre i due uomini la guardavano perplessi.

 

-Derek.

-Addison. Che è quel tono preoccupato?

Sono i tuoi occhi che non mi lasciano respirare -Ehm… avrei un feto con una specie di massa nel cranio e mi servirebbe un consulto…- Provò porgendogli il caffè.

-Uh, grazie… che tipo di massa?

-Non lo so, sei tu il neurochirurgo. Sai che io oltre alle basi non ci ho mai capito nulla…

-Altrochè se lo so!

Addison avrebbe dovuto rispondere, se non fosse naufraga in quel mare che si estendeva oltre i suoi occhi. Pensò che avrebbe potuto fissarli all’infinito. Come potevano due cerchi così piccoli essere così immensi?

-Addie? Stai bene?

-Eh? Si certo, scusami…- Si scosse

-Dovrò rinviare un intervento… questa cosa sembra un enorme tumore e va sicuramente operato, e da quel che c’è scritto qui su hai l’intervento in programma fra un’ora…

-Si, ma se per te è un problema posso rimandare.

-Anche se fosse, basterebbe che il tumore crescesse un minimo di più e il bambino sarebbe praticamente morto. Non ti nascondo che è un caso molto difficile, almeno da quello che vedo qui.

-Va bene, grazie mille.

-Figurati. In che stanza è la paziente?

-358.- Sussurrò mentre si allontanava a fianco dell’uomo.

 

-Signora Rovely, purtroppo la radiografia ha rilevato delle malformazioni al cranio del suo bambino….

-Malformazioni? Che tipo di malformazioni?- Chiese il futuro padre allarmato

-Signori Rovely, mi ritrovo costretto a dirvi che purtroppo vostro figlio ha un grande tumore nel lato destro del cranio…

-Chi è lei per dirlo?- Sbraitò il marito, paonazzo, che fino a prima di sentire la sua voce non aveva neanche minimamente calcolato Derek

Addison riprese la parola immediatamente. Non le piaceva, quel tipo. -Lui è Derek Sheperd, neurochirurgo di fama mondiale, e fidatevi, se lui vi dice che un tumore c’è, purtroppo il tumore c’è davvero.

-Dottoressa Montgomery, vorrà perdonarmi ma se vuole farsi bella con questo tipo profitti di altri momenti. 

-Greg!- La signora Rovely sembrava essersi risvegliata dalle tenebre. -Sei offensivo. Dottori, ditemi che il tumore è operabile!

Gli ex coniugi si guardarono. Ne avevano già parlato. 

-Si, il tumore è operabile.- Disse infine Derek. -Ma l’operazione è tanto difficile quanto pericolosa.

-E… c’è un altro modo?

-No, anzi… se non si opera il bambino morirà sicuramente e, non voglio essere duro, ma anche lei avrebbe poche possibilità di sopravvivenza… vede, ho appena notato, dalle nuove radiografie che la dottoressa Montgomery sta facendo, che il tumore si è esteso al di furi del cranio e ha attaccato la placenta…

-VA bene, non voglio sentire altro. Operatemi.

Addison, che aveva anch’essa notato il terrificante dettaglio, cominciò a spiegare come si sarebbe svolto l’intervento.

Stavano uscendo, quando vennero raggiunti dal burbero signor Rovely.

-Dottori, non voglio sembrare maleducato, ma ne il bimbo ne Amy devono morire. Sono stato chiaro?

-Vede, signore, noi faremo tutto il possibile per sua moglie e per il suo bambino, ma non possiamo promettere niente, purtroppo.

-Dottoressa Montgomery, sarà meglio per lei se non succederà nulla a nessuno dei due. Sono stato chiaro?- sussurrò l’uomo rientrando nella stanza.

-Accidenti. Quel tipo non ci va molto per il sottile!- esclamò stupefatto Derek.

-Già…- sussurrò lei, togliendo lo sguardo dalla porta che nel frattempo si era richiusa e posandolo su di lui.-Per niente, direi.-

-Stai bene?

-Certo. Non mi spaventano certo le minacce di un paziente che ha appena scoperto che la moglie e il figlio potrebbero morire.

-Lo so, ma sembri comunque scossa.

-Stupefatta dalla sua maleducazione, più che altro. Ma, nel suo caso, è giustificabile.- Lo contraddisse. 

Si rese conto che erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. Pensò che doveva allontanarsi assolutamente, prima di perdere il controllo e saltargli addosso. Ma nel giro di pochi attimi si ritrovò stratta fra le sue braccia, intrappolata in quel suo magico abbraccio. Per quanto volesse rimanere lì  per sempre, si staccò da lui dopo mezzo minuto. Aveva un tale scombussolamento dentro che le sembrava di svenire.

-Sto bene.- Ripeté

-Ok. Ci vediamo tra mezzora in sala operatoria

-A dopo!

 

-Addison, riesci a tenere alzata la pancia ancora un po’?- Erano a metà dell’intervento della signora Rovely, e finora tutto stava andando bene

-Si. Pensi di riuscire a togliere tutto il tumore?

-Si sta ampliando quasi più in fretta di quanto io riesca a toglierlo. Non mi sorprendo certo che ieri sera la radiografia non abbia mostrato nulla. Probabilmente non c’era nulla da mostrare. Comunque si, penso e spero di si… maledizione!-

Dal feto era cominciato ad uscire sangue. 

-Derek! Il cervello sta cambiando colore. Vol dire che…

-Che non c’è più nulla da fare. Dannazione.

-Già. Dannazione. Ora del decesso 11.14.

Non c’era nessuno specializzando con loro, così dovettero arrangiarsi a staccare il feto, oramai morto, del cordone ombelicale. Ma, come tagliarono il cordone, la placenta cominciò a spruzzare sangue. Era un caso nuovo, e anche Addison faticò a capire cosa stesse succedendo, e quando lo capì fu troppo tardi. 

Un intervento, due decessi.

 

-Addison…-

-Sì?

-Non è stata colpa tua- La rossa si rese conto che l’ex marito era preoccupato per lei, e nonostante la tristezza per il fallito intervento si sentì sciogliere. Le era mancato quel Derek, il suo Derek.

-Lo so. Neanche tua.

-Lo so. Addie… tu stai qui… vado io a parlare con il signor Rovery.

-No Derek non se ne parla. Era la mia paziente, e io no ho paura. Sul serio, posso farcela.

-Ne sei sicura?

-Si. Assolutamente- No, l’unica cosa di cui sono sicura è che se continui a guardarmi in questo modo, nel nostro modo, ti salto addosso e mi impadronisco di te senza farmene una colpa

-Lascia almeno che io venga con te

-Se vuoi va bene.

-Andiamo.

 

Alla fine fu Addison a comunicare la triste notizia al signor Rovery.

-Che cosa?- Gridò questo

-Signor Rovery, noi siamo veramente dispiaciuti per la sua perdita…

-Siete dispiaciuti! Certamente! Se foste veramente dispiaciuti, non avreste neanche pensato di uccidere mia moglie, o mio figlio! Siete degli assassini!- Si era avvicinato pericolosamente, e Addison poteva sentire Derek che, da dietro, gli guardava preoccupati. Aveva paura, vedendo lo sguardo furiose del vedovo aveva capito perfettamente che cosa sarebbe successo. Ma ciò non le impedì di replicare.

-No signore. Anche se so che è difficile da accettare, noi non abbiamo ucciso nessuno. Io capisco il dolore per la sua perdita, io e il dottor Sheperd abbiamo fatto veramente di tutto per salvare sua moglie, e ci dispiace sinceramente per quello che è successo, ma non c’era niente da fare… noi…-

L’uomo, all’improvviso e senza preavviso, le tirò un pugno in faccia che la fece cadere all’indietro, e toccandosi il viso capì che stava sanguinando. Le sembrava che il mondo si fosse fermato. Non c’era nessuno intorno a lei, nessuno che la soccorresse, nessuno che la aiutasse. D’ altra parte, anche quando erano entrati non c’era nessuno. Un attimo. Dov’era Derek? Fu colpita da un brutto presentimento. Lentamente riuscì a rialzarsi, per vedere l’ex marito e l’assalitore discutere.Si rese conto che era passato solamente qualche secondo dall’incidente. Stava per intromettersi, non voleva che Derek si facesse male, ma all’improvviso anche lui fu colpito da un pugno, o una sberla, e in breve i due si ritrovarono a terra. Addison non seppe dire quanto tempo passò, guardò la scena terrorizzata e sanguinante, avrebbe dovuto intervenire ma non riusciva a smuoversi. Pensò di chiamare aiuto, ma Mark e il capo erano in sala operatori, Alex era andato a casa ore prima in seguito ad un collasso di Ava e lei non sapeva veramente chi avvertire.

Ad un certo punto il signor Rovery si rialzò, lancio un paio di imprecazioni e scappò via, ma Addison non vi fece fatto caso. Si ritrovò china su Derek, a gridare il suo nome pur non ricevendo risposta. Aveva perso i sensi.

Dopo un numero indeterminato di “Derek” e un altrettanto indeterminato numero di 911 finalmente l’uomo si rialzò.

-Addie… sei pallida…- Riuscì a sussurrare. Lei si accorse che stava piangendo. Si strinsero la mano, come se quel semplice gesto potesse eliminare tutto quel gran problema, e non parlarono più, lui perché non ne aveva la forza e lei perché sapeva che avrebbe detto cose di cui si sarebbe pentita. Rimasero semplicemente a guardarsi, spaventati ma rassicurati l’uno dalla presenza dell’atro, fino a che qualcuno non arrivò. Addison non notò chi fosse, le importò solo che portasse Derek al sicuro. Quando vide che lo stavano portando via capì che sarebbe stato bene. E allora le sue gambe smisero di reggerla, si sentì accasciare sul pavimento e il mondo divenne nero come la notte.

 

Quando Addison riaprì finalmente gli occhi la prima cosa che pensò fu -Dove sono?

Poi ebbe un flashback istantaneo di quanto era successo, e capì di essere in una camera dell’ospedale. Si chiese se ci fosse qualcuno. Emise un grugnito e, con la coda dell’occhio, vide Alex balzare in piedi da una sedia dall’altra parte della stanza.

-Addison?

-Karev… sono svenuta?

-Si. E anche per parecchie ore.

-Sul serio?

-Si. Come ti senti?- Sussurrò, cercando di mantenere un tono normale ma rassicurato che la donna si fosse svegliata

-Bene, penso. Mi gira un po’ la testa, ma è normale. LUI come sta?

-Benone. Lo hanno portato in sala, ma poi si sono resi conto che quella che dalla tac sembrava un’emorragia non era assolutamente nulla e non l’hanno operato. Come ho già detto, sta bene. E, tra parentesi, è decisamente preoccupato per te. Appena riuscirai ad alzarti andrei a trovarlo, fossi in te.

-E adesso posso alzarmi?

-No. Tecnicamente sei paziente di Meredith, e se quando torna qui scopre che non ci sei più come minimo mi uccide.

-Esagerato. Come sta Rebecca?

-Un po’ meglio di prima, diciamo che è tornata come al solito.

-Non puoi proprio provare ad ascoltare Izzie e portarla in psichiatria?

-Non… non me la sento. E’ sotto la mia responsabilità, devo starle vicino.

.Hai chiamato il marito?

-Per dirgli qualcosa del tipo “Guarda che tua moglie, dopo essere scappata, è venuta da me e ha avuto una crisi isterica. Ha mai presentato episodi simili?”?

-So che è difficile ma…

-E’ la cosa giusta, lo so. 

-Non voglio farti pressioni, lo sai vero?

-Si, lo so. Grazie.

-Niente. Grazie a te.

-Per…

-Non lo so. Per un po’ tutto.

-Penso che, più che me, dovresti ringraziare Derek. Addison, penso che pur di difenderti avrebbe dato fuoco a questa faccia della terra.

-Sul serio?

-E’ evidente. Scusami, ora devo scappare. Ci vediamo domani!- esclamò lasciandole un bacio in fronte ed indicando il cercapersone che squillava. 

Addison lasciò passare giusto il tempo che lo specializzando lasciasse il corridoio e si alzò in piedi. Doveva trovare Derek. Non lo avrebbe mai ammesso ma in qual momento aveva bisogno di lui

almeno tanto quanto un corpo di respirare 

Bloccò un’infermiera e le chiese quale fosse la stanza del dottor Sheperd. Bello, dall’altra parte dell’ospedale. Si augurò di essere in grado di fare tutta quella strada senza nessuna precauzione. Dopo tutto, era stata svenuta per un bel po’ di ore, e forse per una volta il suo specializzando non esagerava dicendo che doveva starsene a letto.
Accantonò il problema, e si diresse alla ricerca dell’ex marito.

 

Non ci mise molto a scovarlo, l’ospedale non era certo un luogo sconosciuto. E lei stava benissimo. Benissimo per modo di dire, considerando che aveva la tachicardia a mille. Ma questo per colpa dell’uomo che stava osservando da dietro le tendine della stanza, come al solito. Sembrava che stesse dormendo. Era molto indecisa se entrare e sveliamo o se rimane fuori. A parte ciò, non c’erano danni evidenti. Sentì una morsa al cuore, era colpa sua se era in quella situazione. Non avrebbe dovuto permettergli di accompagnarla.

Derek aprì gli occhi, e sorrise vedendo Addison che lo fissava al di la del vetro, seminascosta dalle tendine. Vedendo che si era svegliato, la donna finalmente entrò.

-Ehi.

-Ehi.

-Come… stai?

-Adesso bene- sussurrò l’uomo facendole segno di sedersi e regalandole un sorriso dolce come lo zucchero. -Tu?

-Bene, credo.

-E’ da tanto che ti sei svegliata?- Adesso le aveva preso la mano

-In realtà no. E se Karev scopre che sono scappata dalla stanza mi fa fuori, temo- sussurrò scadendo una leggera risata, mentre imprigionava gli occhi nei suoi. Era possibile che diventassero più belli ogni volta che li fissava?

Rimasero alcuni istanti a fissarsi, senza bisognosi dire niente, si appartenevano al punto che non c’era bisogno di parole, erano come un’anima unica.

Istintivamente Addison si stese sul letto e appoggiò la testa sul petto di Derek, mentre lui la avvolgeva con il braccio. 

Dio, sarebbe potuta rimanere lì per il resto della vita. Li, tra le braccia di quell’uomo, si sentiva realizzata al cento per cento. E all’improvviso capì che era esattamente dove avrebbe dovuto essere. Pensò che amava quell’uomo. 

-Derek?- sussurrò dopo alcuni minuti di estasi.

-Si?

-Mi sento tanto in colpa…

Si sentì stringere ancora di più. -Non ne hai alcuna ragione.Non devi sentirti in colpa. Non puoi farlo. Addison, io sto bene. Tu stai bene. NOI stiamo bene. Non serve sentirsi in colpa.

-Grazie- disse la rossa, appoggiando il mento sul petto per vederlo meglio.

Poi nessuno dei due riuscì più a trattenersi e fecero quello che avrebbero dovuto fare mesi e mesi prima, nel ferry boat. Si unirono, finalmente, in quel bacio tanto a lungo desiderato, e all’improvviso non erano più in una stanza d’albergo e non erano sopravvissuti ad un pazzo furioso, ogni barriera  fu sconfitta ed il resto del mondo scomparve. Erano soltanto Addison, Derek ed il loro amore.


NdA
Eccomi qui! So che era da un casino che non aggiornavo, ma ho avuto una specie di blocco dello scrittore e non riuscivo où ad andare avanti, se tra voi c'è qualcuno che scrive saprà sicuramente di che sto parlando...
Dopo quasto ci saranno altri 2 capitoli, ma non so quando riuscirò ad aggiornare... anche perchè per tutta la prossima settimana non avrò il tempo materiale per scrivere praticamente nulla... Sorry o.O
Detto questo, spero tnto che il capitolo vi sia piaciuto, voglio assolutamente vedere che ne pensate in una recensione, consigli e critiche costruttive ovviamente sono sempre bene accetti...
Tra le altre cose, ho veramente un casino di idee per altre storie per la testa, e non ved l'ora di riuscire a buttare giù tutto...
Un bacione :)
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3350485