Flee

di Dungeon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dan’s POV.
 
 
Delle voci si fanno spazio nella quiete del mio dolce riposo. Prima in lontananza, poi sempre più vicine, finché la porta viene aperta con un colpo secco e dei passi pesanti mi rendono consapevole di ciò che sta per accadere. Una mano forte mi viene appoggiata sulla spalla ed inizia a scuotermi, strappandomi da quell’ultimo residuo di dormiveglia da cui mi stavo facendo teneramente coccolare.
 
‹‹ Dan, alzati subito. Se fai tardi anche oggi non sarà qui a casa che pagherai le conseguenze. Non credo tu voglia restare a scuola fino alle sette di stasera e se anche fosse il contrario, sappi che non sarebbe normale. ›› mi fa mio padre, dandomi due schiaffetti sulla guancia per assicurarsi che io mi sveglia.
 
Grugnisco.
 
Come avrei fatto, comunque, a rimanere addormentato ancora a lungo? Le voci che sento da fuori si fanno sempre più forti, ed ora che sono lucido riesco a capire che sono le mie sorelle, che non riescono ad acquietarsi nemmeno a quest’ora indecente di mattina.
 
‹‹ Amore, la colazione è pronta! ›› questa è mia madre, sì. Il suo tono dolce mi farebbe sorridere in qualsiasi altro momento, ma non in questo, perché il risveglio è il picco critico della giornata.
 
‹‹ Dan, forza! ›› mi fa mio padre, la cui presenza nella stanza mi era sfuggita di mente per qualche istante. Forse non sono lucido quanto credevo, ed in effetti la vista mi si sta annebbiando di nuovo, ma poi le coperte mi vengono brutalmente strappate via da dosso e, oltre alla tristezza di dover lasciare il caldo giaciglio, si aggiunge una sensazione di freddo che si espande in tutto il corpo, lasciandomi in balia di un brivido che mi percorre da capo a piedi. ‹‹ Alzati, prima che tua sorella decida di non accompagnarti. ›› mi fa, uscendo dalla stanza. ‹‹ E no, anche se è mia resposabilità di genitore, non le impedirò di farlo! ›› esclama dal corridoio, e sono certo che stia tentando di simulare un sorrisino maligno.
 
E grugnisco di nuovo.
 
Mi alzo e mi vesto, senza perdere tempo, prima di barcollare verso la cucina. Sono sicuro di avere un aspetto orribile, e le facce delle mie sorelle me ne danno la conferma.
 
‹‹ Non voglio farmi vedere con lui. ›› geme Lily, squadrandomi da capo a piedi ancora una volta.
 
‹‹ Non ci interessa cosa vuoi tu. ›› le faccio, strisciando i piedi fino ad arrivare a mia madre, che abbraccio da dietro, chiudendo gli occhi. ‹‹ Buongiorno, mamma. ›› sussurro, e so che sta sorridendo. E’ così ogni mattina.
 
‹‹ Tesoro, io e tuo padre abbiamo fatto ristrutturare la casa, anni fa, per avere due bagni e far in modo che la mattina riuscissimo a lavaci tutti come si deve. Non avere timori, la saponetta è proprio accanto al lavabo. O il bagnoschiuma, se ti senti temerario, lo trovi sul ripiano nella doccia. ›› mi dice lei, spegnendo il gas sotto la padella e girandosi per stringermi, ridacchiando.
 
‹‹ Ah-ah, come mai tutti così simpatici stamattina? ›› borbotto, lasciando mia madre e sedendomi al tavolo.
 
‹‹ Almeno mettiti del deodorante! ›› si lamenta Clary, accanto a me, storcendo il naso.
 
‹‹ E fallo subito, che ce ne stiamo andando. ›› mi intima Lily, alzandosi.
 
Ed emetto già il terzo grugnito della giornata, sono davvero fiero di me stesso. Almeno per far vedere vado in bagno e mi metto quel dannato deodorante. Il fatto che una mattina non mi lavo non significa che puzzo. Forse, e questo quelle teste bacate che continuano a fare vita sociale in cucina non lo capiscono, non riesco a trovare l’utilità di strofinarmi una saponetta addosso se già profumo di rose.
E poi me ne accorgerei se avessi bisogno di una doccia. In fondo ammetto che non mi importa niente della mia reputazione nel branco, ma di mantenerla a scuola sì che mi interessa.
 
‹‹ Ci viediamo più tardi! ›› dico ai miei, dopo essere passato per camera a recuperare la cartella, uscendo sulla veranda per raggiungere le mie sorelle che sono già in macchina. Lungo la strada mi preoccupo di recuperare un pancake, almeno, visto che non mi hanno dato nemmeno il tempo di fare colazione. Intanto mi siedo dietro, trovando Clary già nel posto del passeggero, finendo il mio magro pasto nell’attimo stessso in cui mi richiudo la portiera dietro di me.
 
‹‹ Quando ti decidi a lasciare quella scuola e trasferirti alla nostra? E’ solo una scocciatura. Dobbiamo arrivare così lontano ogni mattina e non puoi nemmeno frequentarti sempre con i tuoi amici perché dobbiamo accompagnarti ogni santa volta. Mi spieghi che convenienza ci trovi in tutto ciò? ›› brontola Lily al volante, cominciando a mettere in moto. Un attimo dopo già sta sfiorando i sessanta all’ora, la sua guida sportiva non si smentisce mai.
 
‹‹ Il piacere di farti fare venti chilometri per accompagnarmi e sapere che da lì dovrai farne altri venti per arrivare alla vostra scuola di certo è impagabile. ›› le rispondo, posizionandomi proprio al centro dei sedili per permettere loro di vedermi sorridere con fare trionfante.
 
‹‹ Sì, certo, come no. ›› continua lei, scuotendo il capo. ‹‹ Vai pure avanti così, Dan, ma ormai hai sedici anni, tempo quattro anni e lei ti troverà comunque, se non prima! Sia se frequenti la scuola degli umani che se frequenti quella dei licantropi, ed in più la seconda è a cinque minuti di macchina, quindi. ››
 
Sbuffo, lasciandomi scivolare contro lo schienale, senza nessuna intenzione di portare avanti questa conversazione per l’ennesima volta. Sì, okay, lo ammetto, il motivo sta proprio là e va a toccare il mio punto debole. Non sarò il più grande fan di tutto questo fatto dei licantropi – anche se non posso negare di essere stato uno sfegatato componente del team Jacob quando avevo dodici anni, ma quello è un periodo da dimenticare – ma con un lupo dentro si nasce e dire che la normalità non ti va bene è una cosa ma volerne trovare una soluzione ne è un’altra, quindi sono bloccato e costretto a seguire le tradizioni e, più che altro, ad esserne vittima.
 
Vivere in un branco, inoltre, non rende le cose più semplici. Lupi solitari ne esistono sempre: assassini spietati, pazzi, incompresi, qualcuno alla ricerca d’autonomia e di una pace che, come mi hanno spiegato più volte, da soli non è possibile raggiungere. La pace è dove il branco vuole. Il problema è che di branchi ce ne sono a mio parere troppi, ma nessuno autonomo dall’altro.
 
Il mio è sempre stato un gruppo molto fortunato ma la sventura prima o poi colpisce e la pace è stata rotta nel momento in cui pochi mesi fa il nostro alpha è morto, portandosi con se la sua Luna e il beta. Il lutto è stato devastante per tutti, ma non per me. Non fraintendetemi, non sono un insensibile, solo poco interessato. Il nostro alpha era vecchio e solitario, ciò che tutti pensavano negli ultimi tempi è che avrebbe abbandonato il branco e avrebbe scelto di diventare un omega, ma la sua morte è stata ben più coraggiosa e di un’eroicità immeritata: morire in un combattimento quando si appartiene al branco più pacifico dello stato. Trovo la cosa ironica, ma forse è solo il mio innato scetticismo a guidarmi.
 
Ma comunque, la guerra per conquistarci è durata a malapena una settimana, ed è stata vinta da chi speravamo riuscisse a farcela. L’unico motivo per cui due branchi si sono battuti per averci è un semplice fattore di spazio, la nostra riserva è una fra le più grandi ed acquisire un nuovo branco non ci porterà problemi. Inoltre, il capo di questo branco porta con se un alpha di terza generazione, e ciò dà una grande sicurezza visto che nella nostra riserva è nata da poche settimane una bambina che è destinata a diventare alpha di quarta generazione.
 
Ma tutto questo fatto non mi piace per niente. Essere un licantropo è subirne le tradizioni significa una sola cosa durante l’adolescenza: l’imprinting. Cioè trovare un compagno. Ma non un compagno che scegli tu, non sia mai, ma uno scelto da Luna, la dea. Non puoi niente contro la sua decisione e si è predestinati a questa persona per sempre, da sempre.
 
Io, con onestà, non ho nessuna voglia di trovare la mia compagna. Conosco tutti nel mio branco attuale e non ho avuto l’imprinting con nessuno, fortunatamente, ma questa fusione di branchi farà arrivare più di duecento nuovi licantropi alla riserva e niente mi assicura che fra di loro non ci sia lei. E lo sento il mio lupo, lui sa che lei arriverà. Non nascondo lo spavento, è solo una sensazione, il mio lupo non mi parla mai.
 
Le mie sorelle me l’avranno ripetuto un milione di volte “puoi cercare di fuggire quanto vuoi, Danny, ma se si è destinati significa che prima o poi la incontrerai. Se per scappare arriverai in Cina e ti sentirai al sicuro, non preoccuparti, lei sarà lì per caso, forse, e non te ne libererai mai più” con esempi finali più o meno diversi ogni volta, ma il succo resta quello.
 
Il problema non è la compagna in sé per sé. Voglio formarmi una famiglia in futuro e avere una persona accanto per tutta la vita, ma vorrei poterla scegliere.
 
Mio padre dice che questa è una cosa da umani, ma la tua metà, se sei un lupo, non puoi trovarla ovunque. Anzi, insiste che dovrei ritenermi fortunato. Gli uomini e le donne, al contrario dei licantropi, credono di vedere la propria metà in chiunque, e ciò porta spesso loro infelicità. Solo gli umani che si scoprono essere compagni di un lupo potranno provare qual è la reale sensazione di essere affiancati dal tuo vero ed unico amante.
 
Per me, inutile girarci intorno, sono tutte cazzate.
 
Perciò cerco di tenermi il quanto più mi è possibile alla larga dalla riserva e dai licantropi, ma soprattutto dalla scuola che frequentano Lily e Clary, visto che detiene lezioni a ragazzi appartenenti a ben tre branchi. Quando ho iniziato il liceo in città sapevo che poteva esserci la possibilità di incontrare anche lì una possibile compagna, ma le unioni fra licantropi ed umani sono così rare che infatti non mi è capitato di imbattermi in nessun pericolo.
 
Ma comunque, ciò che desidero di più è quello di sentirmi un umano, di sentirmi come i ragazzi che frequentano la mia scuola, di sentirmi libero di fare quello che voglio e di stare con chi mi pare, ignaro di tutto ciò che non è inscritto nel mio piccolo mondo.
 
Il viaggio in macchina è passato in un silenzio rilassato da parte mia mentre le mie sorelle non l’hanno smessa di parlare neanche per un secondo. Anche prestando scarsa attenzione sono certo di sapere cosa ha occupato  la maggior parte della loro discussione: l’arrivo della nuova parte del branco. Erano attesi tre giorni fa, ciò significa che qualunque giorno potrà essere portatore di questo fantastico arrivo.
Notare il sarcasmo, grazie.
 
‹‹ E mi raccomando, venite puntuali, non voglio aspettarvi come l’altra volta! ›› dico loro, intromettendomi, giusto per congedarmi aprendo lo sportello dell’auto ormai ferma di fronte il liceo e correndo verso la scuola.
 
La campanella suona nell’esatto istante in cui varco la soglia dell’ingresso. Corro a perdifiato fino ad arrivare in aula, riuscendo a non beccarmi il ritardo. Sospiro, sedendomi all’ultimo banco, lasciando che la lezioni risuoni in sottofondo mentre mi perdo nei miei pensieri.
 
La prima parte della giornata passa senza complicazioni. La vita scolastica non mi preoccupa più di tanto qui alla St. James High School. Non sono Mr. Popolarità, anzi, diciamo che non sono per niente popolare, non gioco a football, non partecipo a nessun club (Lily mi ucciderebbe se dovesse venirmi a prendere ancora più tardi) e non mi ritengo (più che altro non mi ritengono) un tipo molto interessante. Ma ho i miei due migliori amici accanto e nessun licantropo fra i piedi quindi posso dire di essere abbastanza felice.
 
‹‹ Danny bello! ›› mi urla Leo dall’altra parte del corridoio. Sventolo la mano in segno di saluto, sorridendo.
 
‹‹ Carissimo. ›› appena lo raggiungo gli assesto una pacca sulla spalla. ‹‹ Riley? ››
 
Fa spallucce prima di increspare le labbra in un sorrisino soddisfatto. ‹‹ Non ne ho idea, ma ho appena visto tua sorella. Lo so che c’è quella regola delle sorelle dei tuoi migliori amici, ma lei è trop–  ›› lo interrompo, sorvolando su quello che sarebbe stato l’ennesimo commento su Lily, le sopracciglia già inarcate in una smorfia che trapela confusione.
 
‹‹ Cosa? ›› chiedo, scettico.
 
‹‹ Non devi arrabbiarti, è evidente che è davvero una gra– ›› ricomincia, prendendo ad ammiccare. Non riesco a frenare l’impulso e gli assesto una gomitata, avvicinandomi a lui.
 
‹‹ Dove e quando hai visto mia sorella? ›› riesco a formulare, guardandomi intorno.
 
‹‹ In segreteria, strepitava dicendo che dovevano farti uscire subito. ›› una terza voce mi fa sobbalzare, costringendomi a girarmi di scatto. Riley mi sta guardando, i suoi grandi occhioni azzurri sono fissi nei miei solo per poco prima che lei decida di spostare lo sguardo su Leo, sorridendogli appena. ‹‹ Mentre per te, oggi hai davvero una brutta cera. ››
 
‹‹ Grazie tante. ›› fa lui, facendole una smorfia.
 
‹‹ Accompagnatemi in segreteri– ›› inizio, ma un urlo mi fa morire il resto della frase in gola.
 
‹‹ DAN. Dove diavolo eri?! ›› la mano di mia sorella si avvolge forte intorno al mio avambraccio, strattonandomi senza pietà. ‹‹ Muoviamoci, siamo già in ritardo. Sono arrivati quasi un’ora fa, mi stai facendo perdere un sacco di tempo. ››
 
Sento un brivido correre lungo la spina dorsale mentre un sapore amaro mi guasta la bocca.
 
‹‹ Chi? ›› chiede Riley, guardandomi con pura curiosità. Faccio spallucce, pronto ad inventarmi una qualsiasi scusa, ma appena apro bocca è la voce di Lily che fa capolino.
 
‹‹ Parenti. ›› la liquida. Con la coda dell’occhio noto che Leo la sta fissando con insistenza e lei se n’è accorta perché mi tira ancora. ‹‹ Diamoci una mossa Dan, saluta questi due e andiamocene. ››
 
‹‹ Ci vediamo oggi, allora. ›› faccio, ma Lily accanto a me già sta sbuffando. ‹‹ Cosa c’è? ››
 
‹‹ Muoviamoci! ›› mi intima. Lancio uno sguardo pieno di rassegnazione ai miei due unici amici, facendomi trascinare fino alla macchina. Noto che Clary non c’è, immagino che Lily l’abbia lasciata a casa, visto che è la più eccitata dei tre per l’arrivo del nuovo branco.
 
Mantendomi in silenzio salgo in macchina, aspettando la partenza prima di riaprire bocca.
 
‹‹ Sono tanti? ›› la domanda è stupida, forse, ma è ciò che mi preoccupa. La nostra realtà è il nostro branco, se il branco aumenta così vertiginosamente di numero la realtà cambia. E’ un po’ come trasferirsi dalla campagna alla città, tutto si evolve, ci sono più pericoli ma anche più opportunità, il piccolo mondo si fa più grande e siamo costretti a cambiare con esso.
 
‹‹ Abbastanza. Credo che occuperanno tutte le case che abbiamo costruito. ›› dice, e sembra felice. ‹‹ Ci sono così tanti giovani, Danny. Sono così contenta, finalmente Clary potrà trovare il suo compagno o almeno, non so, frequentare qualche ragazzo nuovo. E forse anche tu… ›› mi lancia uno sguardo, sorridendo con fare complice.
 
‹‹ Non azzardarti. ›› gemo, roteando gli occhi, esasperato. Mi costringo a fissare la strada, il paesaggio sta già cambiando intorno a noi. La piccola cittadina che ospita la mia scuola è un centro rurale, al confine con l’inizio di una grande foresta che occupa solo una parte minima del parco naturale alla quale appartiene, e al cui interno vi sono ancora molte riserve di popolazioni antiche, quasi prettamente formate da noi branchi. Pochi umani sono a conoscenza di noi, e la maggior parte di loro non lo sanno per caso.
 
‹‹ Oh, tappami la bocca quanto vuoi, se non ti va guardare in faccia alla realtà non sarò certo io a costringerti. ›› borbotta a mezza voce, quando è la prima ad esasperarmi. Ormai lunghi arbusti hanno preso il posto delle casette a schiera, preannunciandomi che casa dista solo quindici minuti.
 
‹‹ Ecco, mantieniti su questa filosofia. ›› ribatto, ma non voglio farmi valere più di così, ed infatti mi affretto a cambiare argomento, l’unico che so la manterrà distratta per lungo il tragitto. ‹‹ E cosa dice Steve? ››
 
Il tempo passa veloce anche se l’argomento è uno dei più noiosi che potessi mettere in mezzo, ma anche il più efficace. Steve, il compagno di Lily, è davvero un bravo ragazzo, ma venire a sapere addirittura quello che ha mangiato a pranzo qualche giorno fa non è certo nelle mie priorità.
Mi sta ancora parlando del suo gatto quando giriamo a sinistra, percorrendo la strada sterrata fino ai cancelli aperti che portano alla nostra riserva. Ormai non la sto più ascoltando, mi concentro per pochi istanti sull’eccessivo movimento per le strade della nostra comunità. Sarà anche la normalità da ora in poi, ma ci metterò un po’ ad abituarmi, questo è certo. Anzi, non ci sarà proprio bisogno di abituarmi, ecco un motivo in più per non partecipare alla vita del branco e chiudermi tutta la giornata in stanza o passare lunghi weekend a casa di Leo o di Riley.
 
La mia reazione è immediata. Mi butto dietro, rimanendo incastrato fra il posto del guidatore e quello del passeggero, affondando il viso nei sedili posteriori.
 
‹‹ DAN! ›› urla mia sorella, ma non si risparmia una curva particolarmente stretta per entrare nel vialetto di casa, frenando di botto. Capisco perché i miei non sono a favore del farmi fare scuola giuda, se l’incompetenza al volante è di famiglia meglio avere per strada solo un paio di pericoli pubblici, mia madre e mia sorella bastano.
 
‹‹ Ahia… ›› mi lamento, tentando di farmi passare tutto ai sedili posteriori, riuscendoci solo dopo qualche spinta da parte di Lily.
 
‹‹ Cretino, cosa pensi di fare?! Poi mentre guido! ›› grida, inveendo contro di me a manate.
 
‹‹ Non hai visto quante ragazze? Pericolo! ›› le faccio notare, ma lei ha già alzato gli occhi al cielo e lasciato la macchina. Esco anch’io, seguendola in casa.
 
Non siamo nemmeno entrati che mio padre ci ha già avvolto le spalle con le braccia, mia sorella da un lato ed io dall’altro, guidandoci di nuovo fuori. ‹‹ Riunione. ›› ci spiega, ed appena faccio per parlare ricomincia prontamente. ‹‹ Niente storie, dobbiamo partecipare per forza. ››
 
Sospiro, avviandomi verso la folla che si appresta ad entrare nell’enorme padiglione delle riunioni, l’ansia cresce dentro di me con la stessa irruenza del ringhio del mio lupo.
 
Sbatto le sopracciglia, sorpreso.
 
Davvero, Ian?
 
 
 
Wesley’s POV.
 
Pensavo che lasciare casa sarebbe stato doloroso, mentre posso affermare a pieno che è stata una liberazione.
 
Cosa mi sono lasciato indietro? Quattro mura e… niente di più. La vittoria del mio branco è stata una tale gioia per me, la nuova riserva sarà dove passerò il resto della mia vita, dove vivrò guidando le persone che amo durante una pace ed una felicità quotidiana. Solo il pensiero basta a farmi rilassare, sia mentalmente che fisicamente.
 
Nascere alpha non è niente di speciale per me. Non è una pesante responsabilità né un peso da trascinarmi per tutta la vita. E’ la normalità, la mia normalità. La normalità che mi da un quadro chiaro riguardo il mio futuro.
 
Leader si nasce e sono contento di esserci nato.
 
Le persone che saranno al mio fianco sono pronte a quello che ci aspetta, e ciò mi infonde sicurezza. Perché il comando ha bisogno di un team convinto e affiatato. Ma a dirla tutta, al momento, io ho solo bisogno di un caffè.
 
Il viaggio è stato lungo, lo spostamento di così tante persone è difficile da organizzare, ma per fortuna non ha niente a che fare con i miei doveri. Sì, proprio quelli che non ho. Perché essere un futuro alpha, in giovane età e senza un compagno o una compagna, non ti rende niente di più di un semplice gamma a livello di responsabilità.
 
Viaggiare sotto forma di lupi non sarebbe stato possibile, non per tutti, comunque. I guardiani ci hanno scortati, ma una buona parte dei licantropi possiede dei lupi troppo grossi e veloci per essere scambiati per normali bestie dagli umani, e proprio quello che non vogliamo è diffondere paura nel nostro nuovo territorio.
 
Treni dopo treni, auto, lunghe camminate nei boschi. Il viaggio ha occupato quasi un mese.
 
Ma ora, finalmente, siamo a casa.
 
Ne sento l’odore ed è meraviglioso. Lo stesso della mia vecchia casa, ma più forte, e sento anche la mia nuova famiglia. Se potessi concentrarmi riuscirei a sentire anche il battito dei cuori più giovani, quelli che potrebbero appartenere alla mia futura compagna o al mio futuro compagno. Se solo Reed non la smettesse di strimpellare quella chitarra, per formare quella che secondo lui sarebbe “atmosfera”.
 
‹‹ Stai cominciando ad innervosirmi. ›› gli annuncio, lanciandogli un’occhiataccia.
 
Per essere un beta è piuttosto magrolino e… particolare. Non condivido una buona parte delle cose che fa, come ad esempio affrontare una camminata di quasi sessanta chilometri sotto forma umana indossando degli stupidi stivaletti neri e portandosi al collo una chitarra scordata, ma è il mio migliore amico, cosa che non dovrebbe comprendere il doverlo sopportare sempre.
 
‹‹ I do it every time / you're killing me now, / and I won't be denied by you, / the animal inside of you! ›› continua a cantare a squarciagola, un ringhio mi sfugge dalle labbra e lo vedo sorridere apertamente.
 
‹‹ Spera che la mia sistemazione sia abbastanza lontana dalla tua, appena arrivati a casa, a meno che non ti dispiaccia essere soffocato durante la notte. ›› borbotto, ma ormai mi si è già appoggiato addosso, continuando a canticchiare e suonare quella stupida canzone.
 
Dopo quasi venti minuti di cammino, Reed si ammutolisce. Il mal di testa martellante sembra fermarsi ad assaporare quei secondi di silenzio tanto desiderati, ma poi un coro di urla gioiose ed acclamazioni si alza dal branco, ed un rantolo è d'obbligo.
 
Ma anche io sento di non poter trattenere i sentimenti positivi del mio lupo, che esprimo con un lungo fischio.
 
All'inizio mi sembra che è solo un uomo di mezza età ad essere ai piedi del grande cancello, che presumo sia l'ingresso della riserva, a darci il benvenuto. Ma avvicinandoci ancora di più li vedo: una piccola folla si mantiene a distanza ma i loro visi non sono intimoriti, più che altro curiosi, e sereni. Saranno giusto una trentina di persone ma mi bastano per sentirmi accolto, dal momento che tutti prendono a sorridere, guardandoci come se ci avessero appena ritrovato dopo tanto tempo.
 
Un paio di bambini sfuggono alle prese delle madri, correndo verso i cuccioli che abbiamo portato con noi. Noto alcuni ragazzi e ragazze sbirciare da sopra le spalle di quelli davanti per vedere se fra quelle poche persone già c'è il proprio compagno o la propria compagna ad accoglierli. E non mi vergogno ad ammettere che un'occhiata approfondita la lancio anche io, pieno di speranza.
 
***
 
Alcune famiglie sono state costrette a condividere la casa, abbiamo già il compito di costruire nuove abitazioni, ma non ci vorrà molto.
 
La riserva è grande. Davvero grande. Ed il centro dove è raccolta la vita del branco è apprezzabile, anche se necessita qualche intervento. Siamo venuti a portare anche dei cambiamenti, qui, non potremmo adattarci completamente senza caratterizzare questo posto almeno un po', ma c'è tempo.
 
‹‹ Quanti ne saranno, un centinaio? ›› sento Dayne chiedere dalla camera accanto.
 
‹‹ La compagna di Gideon gli ha detto che oramai erano quasi tutti imparentati, il nostro arrivo ha portato un sacco di speranze. ›› gli dice Reed dal corridoio, fermandosi sulla soglia della mia camera, sbirciando all'interno. Per mancanza di spazio ci è stata assegnata un’unica casa, per il momento.
 
‹‹ Gideon ha una compagna? ›› gli chiedo, distogliendo l'attenzione dalla valigia che sto disfacendo per guardarlo confuso.
 
‹‹ Sì, quella ragazza che stava all'ingresso, coi capelli castani, bassina. Sono già tre ad aver trovato i loro compagni, immagino cosa succederà alla riunione. ›› mi sorride con malizia, sospirando. ‹‹ Spero sia bionda, mentre se deve essere un ragazzo... beh, spero sia biondo. ›› fa spallucce, sparendo nella camera di fronte la mia.
 
‹‹ Io mi prenoto una rossa! ›› dice Dayne, ridendo.
 
‹‹ Quanto siete materiali. ›› li rimprovero sorridendo, ritornando a tirare fuori magliette dalla borsa, ma lanciando un’occhiata all’orologio mi accorgo che è già passata più di un’ora dal nostro arrivo ed è tempo di avviarsi verso il padiglione dove Bill ci ha detto si terrà la riunione.
 
Sarà mio zio a presiedere, l’attuale alpha. Sono certo che l’ameranno, l’essere spigliato ed amichevole lo rendono automaticamente simpatico ai più, ed inoltre possiede delle capacità di stratega ed amministratore ammirevoli.
 
Io, Reed e Dayne arriviamo all’edificio quando una buona parte del branco è ormai già all’interno. Me l’aspettavo più grande, in effetti tutto ciò che ci circonda è a misura di pochi, quindi dentro è così pieno di gente che molti di noi saranno costretti a rimanere all’in piedi, perciò non mi spreco nemmeno a cercare qualche sedia libera.
 
‹‹ Raggiungiamo gli altri? ›› fa Dayne, adocchiando un gruppetto di ragazzi dall’altro lato della sala. La maggior parte li conosco, altri sono visi nuovi. Annuisco e ci avviamo verso di loro.
 
La conversazione si sposta da argomenti di poco conto a semplici domande per conoscerci meglio con i nuovi ragazzi, per iniziare a conoscere la nostra nuova famiglia. Non siamo molto diversi. Seppure la distanza fra di noi era grande, questa riserva è abbastanza vicina agli umani da conservare molte regole e atteggiamenti simili ai non lupi, comportamenti che conserviamo anche noi. Molti branchi sono troppo selvaggi perché molto distanti dai centri abitati dagli umani, ma la maggior parte di noi vive nelle prossimità di città, quindi non possiamo dissociarci completamente.
 
Il vocio aumenta sempre di più intorno a noi, ed un odore dolce che non riesco a definire mi inibrisce i sensi per un attimo. Non so cosa è stato, ma non mi faccio domande, poiché questa giornata si sta già riscoprendo piena di sensazioni nuove con le quali dovrò imparare a convivere, non voglio farmi problemi.
 
‹‹ Mi sa che la riunione sta per iniziare. ›› mi sussurra Reed, tirandomi fuori dalla discussione con una gomitata. Annuisco con fare assente, ritornando a concentrarmi sulla conversazione in tempo per scoppiare a ridere con gli altri all’ennesima battuta di Wade, un ragazzo del posto che ha solo un paio di anni meno di noi.
 
Stiamo ancora ridendo quando qualcuno si scaraventa di peso contro Dayne e quello che, se non ricordo male, si chiama Patrick. I miei occhi vengono immediatamente catturati dall’esile figura che, cominciando a respirare veloce, si trova ora al centro del gruppo, guardandosi intorno con preoccupazione.
 
Il tempo sembra fermarsi.
 
Tutto intorno a me sembra essersi fermato, in effetti, come se il mondo abbia appena deciso di smettere di girare ed i cuori di battere. Tutti tranni… il suo.
 
Lo sento battere veloce, riesco a percepire il sangue pulsare al suo interno e poi lasciarlo svuotato, in favore di raggiungere il resto del suo corpo.
 
Sì, il suo corpo.
 
E’ come se fosse dotato di una forza di gravità che istiga dentro di me la voglia di non resisterla e lasciarmi trascinare verso di essa. Mi chiedo con spontaneità se anche gli altri si sentono così attratti, e mi accorgo che non voglio che gli altri lo siano. Anzi, solo il pensiero inizia a scaturire una rabbia innata dentro di me che ribollisce in sottofondo mentre altre sensazioni ricominciano subito a distrarmi.
 
Il suo odore.
 
Potrei nutrirmi del suo odore e vivere in funzione di esso. Eccolo, il dolce profumo che ho sentito poco fa. Non saprei definirlo o collegarlo a qualcosa di specifico. E’ convolgente come la vaniglia, ma non stufoso, e allo stesso tempo delicato e particolare come se provenisse da un frutto di stagione, ma non c’è traccia di quella possibile venatura asperrima.
 
Sa di casa.
 
Più di qualunque cosa in cui mi sono imbattuto quest’oggi. Non fa che ricordarmi le cose più dolci che mi siano capitate in ambiente domestico, da un bicchiere di latte caldo e miele d’inverno ad un abbraccio amorevole di mia madre.
 
Mentre il suo odore continua ad inebriarmi la mente noto, con disappunto, di non aver ancora visto il viso di questa magnifica creatura. Non desidero nient’altro in questo istante, anzi, non desidero nient’altro in generale.
 
Voglio perdermi nel piacere delle sue fattezze e scoprire ciò che ancora non so. E’ una sete di conoscenza nuova, e mi sento fremere mentre l’entusiasmo cresce dentro di me.
 
Assaporo pieno d’aspettative i lunghi attimi che ci mette a voltarsi verso di me, abbastanza tempo da continuare a fantasticare su tutto ciò che ho a disposizione fino ad ora.
 
E poi eccoli, incatenati dentro i miei, i suoi occhi.
 
Potrei affogare in quell’azzurro. Il colore cristallino mi lascia stupefatto, e mi distraggo dal piacere del suo profumo per concentrarmi sull’esperienza mozzafiato del perdermi nelle sue iridi cerulee. Ho un’irrefrenabile voglia di spostare quel dannato ciuffo di capelli scuri che gli ricade proprio sul lato destro della fronte, cercando di distogliere la mia attenzione da quella fantastica visione.
 
Ma invece, alla fine cedo, e porto la mia attenzione a concentrarmi sui suoi capelli.
 
Vorrei toccarli, sono sicuro siano soffici e… come sarebbe passarci una mano? Iniziare a giocarci, magari. Sembra davvero allettante, la massa castana di capelli mossi è l’ennesima distrazione. Chissà se se gli lasciassi un bacio sul capo riuscirei a sentire la loro fragranza sulle labbra.
 
Ma… giusto, le sue labbra.
 
Le più allettanti che abbia mai visto. Piccole, rosse e morbide. Non riesco a non immaginare il loro sapore se fossero sulle mie, e d’improvviso sento un’urgenza dentro di me, e so che è anche il mio lupo a spingermi.
 
L’immaginazione vola a figurarsi come possa essere la sua voce, ma la visione si fa sempre più sublime, finché la scena non comprende le sue labbra che sussurrano dolcemente sfiorandomi la pelle. Un brivido mi percorre la schiena, facendomi formicolare le braccia ed il viso.
 
Trovo la forza di alzare di nuovo lo sguardo per incrociare i suoi occhi e li trovo sbarrati, come se avesse paura.
 
Una profonda tristezza mi pervade. E’ colpa mia? Come ho potuto infondergli paura se tutto quello che provo nei suoi confronti è puro e semplice… sì, amore?
 
Ci guardiamo negli occhi per quella che potrebbe essere stata un’eternità, ma che a me è sembrata un attimo. Poi, d’improvviso, tutto ricomincia a prendere vita. Le cose sembravano aver perso il senso del tempo, mentre invece adesso vengo preso d’impatto dalla velocità e mi ritrovo scosso dai rumori che si insinuano dalla mia mente, cercando di distrarmi da lui.
 
E questo perché quella che ormai è la mia unica ragione di vita ha appena deciso di interrompere il nostro legame visivo, girarsi e scappare via.
 
Scappare via da me.
 
Un ringhio profondo è come se risuonasse per tutto il mio corpo, anche se so che è solo nella mia mente. E poi ecco la conferma di ciò a cui sono già arrivato nello stesso istante in cui l’ho visto.
 
Compagno. Abel, il mio lupo, pronuncia questa parola con vigore, forte e chiara, imprimendolo nei miei pensieri, facendola diventare una verità indelebile dentro di me.
 
Un’enorme gioia raggiunge ogni cellula del mio corpo, ma solo per poco. Un latrato per niente amichevole mi fa vacillare e sento chiaramente le emozioni di Abel riversarsi sulle mie e condizionarle a tal punto da creare un unico sentimento comune.
 
Necessità, rabbia, bisogno e confusione si mescolano così bene che non riesco quasi più a distinguerle fra loro.
 
Prendi il compagno. Ora. Sibila e mi muovo di scatto, non perché me l’ha appena ordinato, ma perché voglio farlo, voglio davvero farlo.
 
Lo vedo correre, disperato, urtando chiunque gli capiti di fronte e buttando di lato i più per cercare di aprirsi un varco per andare più veloce, ma non ha scampo. Non ho voglia di vantarmi delle abilità nettamente superiori di noi alpha, perché qualunque altro gamma potrebbe battere in agilità e lestezza la mia preda. Gli ostacoli lungo la strada non sono niente, riesco ad evitare tutti coloro contro cui si è dovuto fare spazio con mosse svelte e studiate apposta per perdere il minor lasso di tempo è possibile.
 
Comincio a sentire la necessità prevalere.
 
Ho bisogno di raggiungerlo. Devo toccarlo.
 
Il desiderio ardente della sua pelle contro la mia è irrefrenabile. Devo marchiarlo. Lasciargli il primo marchio, perché chiunque lo guardi capisca che non può averlo senza mettersi contro un nemico potente.
 
Ormai abbiamo percorso buona parte della sala, ed infatti, come m’aspettavo, è il muro ad accoglierlo.
 
Ci urta contro e mi chiedo se si è fatto male, anche se ha bloccato l’impatto con i palmi delle mani, rimbalzando per portarsi di lato, girandosi, probabilmente nella speranza di non vedermi ed invece i miei occhi catturano di nuovo i suoi.
 
Ma è solo un attimo, perché non mi spreco nemmeno a fermarmi.
 
Gli afferro il polso. C’è  impazienza nel mio gesto ma lo faccio con delicatezza, gustandomi il calore della sua pelle contro la mia.
 
Nel momento stesso in cui lo faccio è come se qualcosa nell’aria intorno a noi cambiasse, come se una specie d’energia fosse appena stata irradiata proprio nella nostra direzione.
 
Non perdo tempo, mi avvicino a lui e gli poggio la mano libera sulla guancia, guardandolo dritto negli occhi. Sta affannando pesantemente, non deve essere molto abituato all’attività fisica. I suoi occhi sono di nuovo sbarrati, l’espressione sconvolta ma sul suo viso scorrono altre emozioni che non riesco ancora a leggere.
 
Mi sporgo ancora un po’ e mi affretto a cercare le parole più concise per spiegargli il groviglio che si è formato dentro di me dal momento in cui l’ho visto.
 
‹‹ Tu sei mio. ›› gli sussurro con voce ferma.
 
Mio. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 Dan’s POV.
 
So che mi sarei ritrovarmi costretto a comportarmi in modo strano durante la riunione. Non che m’importi, tanto si è nel branco, ma non credevo di dover cominciare così presto.
 
Appena entrati nel padiglione, sotto le insistenze di mio padre che ci ha avvertiti che mamma e Clary sono già dentro, mi ha iniziato a prudere il naso. Allergia? E’ troppo presto per il polline. Soprattutto perché è uno strano odore a causarmi questo fastidio, ma anche guardandomi intorno non riesco a trovarne la causa scatenante. Poi, ricordandomi di non dover tenere troppo contatto visivo con nessuno, mi affretto ad abbassare lo sguardo e a farmi piccolo piccolo accanto a mio padre, stringendomi nella felpa ed aspettando di distaccarmi dai miei familiari prima di alzarmi il cappuccio.
 
Appena riesco ad allontanarmi dai due però decido di desistere: un ragazzo con un cappuccio al chiuso? Okay, meglio tentare di distogliere qualunque attenzione su di me in modo intelligente.
 
Ed è mentre cerco di scappare di soppiatto che risento quell’odore.
 
E’ strano perché prima non me n’ero accorto, ma sentirlo non mi dispiace. E’ così piacevole. Al che mi rendo conto che il prurito è un riflesso involontario. E tutto mi diventa più chiaro.
 
Alzo gli occhi e noto che di fronte a me c’è un gruppo affiatato. Un gruppo affiatato di ragazze. Ragazze che parlano animatamente e ridono fra loro. E’ istinto, non saprei spiegarlo in nessun altro modo mentre corro disperato via da quelle fanciulle, fregandomene delle persone che colpisco lungo la strada.
 
L’odore si fa sempre più forte, perciò corro più veloce, tentando in ogni modo di distaccarmi da loro e poi, girandomi per guardare di fronte a me dopo essermi lanciato uno sguardo alle spalle, mi accorgo troppo tardi di star per andare addosso a dei ragazzi.
 
Li investo in pieno, riuscendo a non perdere l’equilibrio per un pelo, ritrovandomi al centro del gruppetto.
 
A questo punto il profumo sembra riempire ogni parte di me. Scorpo di essere terrorizzato solo nel momento in cui decido di girarmi e la vedo, la fonte di quel fantastico odore.
 
Il ragazzo che mi trovo di fronte non è proprio chi mi aspettavo. Non l’avevo mai immaginata così la mia compagna, ma probalimente perché, beh, lui non è una femmina.
 
Un calore mi si irradia nel petto che vibra sotto il fievole verso d’approvazione del mio lupo. Lo reprimo senza risparmiarmi la brutalità, richiudendo Ian nell’angolo più buio della mia mente. So che lui lo vuole. Ma è la parte più razionale di me che lotto per far prevalere, perciò quello che vuole lui non conta.
 
Un’attrazione che non avevo mai provato mi spinge verso di lui ma so come tagliarla fuori e quindi rimango fermo a fissarlo, le labbra socchiuse dalla sorpresa.
 
Per un attimo vengo pervaso dalla voglia irruente di gettare tutto al vento, ogni libertà che mi ero prefissato di voler mantere mi sembra un inutile impedimento alla felicità, ma dura abbastanza poco da farmi risvegliare, dandomi la possibilità di isolare questi sentimenti nuovi che non riesco a definire ma che mi fanno venire la pelle d’oca.
 
Non so come, dopo lunghi attimi di contemplazione, riesco a trovare la forza di rimettere in moto le gambe e ricominciare a correre, ma questa volta per un motivo diverso.
 
Una serie di domande, la maggior parte delle quali più che lecite, premono, necessitando delle risposte. Ma sono troppo confuso per dar loro retta. Tutto quello che so in questo momento è che devo correre più veloce di quanto abbia mai corso.
 
Più mi allontano dal ragazzo e più mi convinco che forse è stato tutto frutto della mia fantasia, un po’ troppo fervida. Ma quel profumo vuole stemperarsi, e vorrei sentirmi nauseato da esso ma proprio non ci riesco.
 
Continuo ad urtare persone, buttarmi di lato, cercare di anticipare i movimenti di quelli che ho davanti per aggirarli al meglio ed intanto le gambe mi fanno male ed i polmoni mi cominciano a bruciare per mancanza di ossigeno. Quando anche il fianco sembra cedere ed aggiungersi alla lista dei dolori causati dal mio scarso allenamento, noto che ho calcolato male e che la porta per uscire dal padiglione è giusto un cento metri più a destra.
 
Inizio a rallentare, sentendomi le gambe a gelatina, ma comunque non riesco a frenare di molto l’impatto contro il muro, arrivando con le mani tese in modo da darmi una spinta tale da buttarmi a sinistra e ritrovarmi con la schiena appoggiata.
 
Non mi concentro nemmeno per un attimo nel recuperare le forze – ed in particolare l’ossigeno – perché noto subito che il ragazzo mi ha seguito, ed in una frazione di secondo la sua mano si chiude intorno al mio polso, tirandomi un po’ verso di lui.
 
Ed in quel momento, lo stesso calore che ho provato prima si manifesta di nuovo, solo più forte ed intenso. Il punto in cui la sua mano ha toccato la mia pelle brucia, ma non fa male, anzi, la sensazione è piacevole.
 
Ma non ci provo neanche a crogiolarmi nel quanto mi sento bene, perché una parte di me è ancora fottutamente spaventata. E non mi aiuta affatto appoggiandomi la mano calda sulla guancia, anzi, sento di star per andare in iperventilazione. E quando il suo viso si avvicina lentamente al mio so di dover fare qualcosa, ma allo stesso tempo mi accorgo che sono come pietrificato.
 
‹‹ Tu sei mio. ›› mi sussurra. I suoi occhi sono fermi nei miei, pieni di sicurezza e determinazione. Vorrei dire qualcosa, ma quando dischiudo un po’ le labbra non ne esce alcun suono. Inoltre tutto ciò che ho la forza di fare è guardarlo, forse perché è quello che sta facendo anche lui o perché mi appare come l’unica cosa che vale la pena di fare, anche se una vocina continua ad urlarmi di fare qualcosa per scappare.
 
E quella stessa vocina mi allarma, rendendomi consapevole del fatto che il biondo di fronte a me si sta avvicinando troppo.
 
E poi tutto va veloce.
 
‹‹ Cosa stai facendo?! ›› esclama qualcuno dietro di lui e la mia attenzione viene catturata da una mano che gli viene poggiata sulla spalla. Anche lui si distrae, sobbalzando e girandosi verso quelli che mi sembrano i ragazzi in cui sono andato a sbattere prima.
 
‹‹ Lui… ›› sussurra, spostando gli occhi dai ragazzi a me, per poi concentrarsi di nuovo su di loro. E’ come se si fosse appena risvegliato da un sogno, mentre la spossatezza mi ha ancora in pugno. Mi accarezza con meticolosa dolcezza la gote con il pollice prima di lasciarsi ricaredere il braccio lungo il busto, continuando a guardare i due dietro di lui.
 
Non so cosa si dicono dopo, perché l’occasione giusta mi si presenta proprio grazie a quei ragazzi. La presa sul mio polso è ancora forte ma la distrazione causata dall’arrivo dei suoi amici è abbastanza per farlo vacillare nel momento in cui, con l’altra mano, gli assesto una spinta con tutte le forze che ho – che di solito non sono molte.
 
La presa si annulla e la mia corsa ricomincia, comandata esclusivamente dall’istinto. Centro metri li percorro in fretta, buttandomi fuori come se ne dipendesse la mia vita e, senza pensarci troppo, dirigendomi verso casa.
 
Questa volta non me ne vado per un’idea, so per certo che non mi sta seguendo, o almeno non dal primo istante. Il suo odore più mi allontano dal padiglione e più si fa lontano, facendomi presumere che riuscirò ad arrivare a casa sano e salvo.
 
E così accade, anche se quell’aroma non mi lascia mai completamente, pure quando mi chiudo in camera mia, facendomi rendere conto che non importa dove mi nascondo, se lui è vicino il suo profumo non mi abbandonerà mai.
 
***
 
Sono passate più di due ore quando sento la porta d’ingresso aprirsi e delle voci familiari raggiungermi, risuonando nel silenzio della casa.
 
Sospiro, chiudendo gli occhi e rilassandomi, sentendomi al sicuro.
 
Vorrei essere certo che lui non sia con la mia famiglia ora, ma sono due ore di paranoia a spingermi a questo, perciò ignoro il pensiero che con loro abbiano portato anche quel ragazzo, soprattutto perché non sanno nemmeno della sua esistenza.
 
O almeno spero.
 
La necessità di contatto umano mi spinge ad uscire dall’armadio in cui mi sono infilato appena tornato a casa e ad uscire dalla mia stanza per arrivare in salotto, dove con grande sollievo trovo tutti che si comportano normalmente. Ed è in quell’istante che capisco di doverne parlare con qualcuno.
 
Tutto il tempo che ho passato da solo a casa è servito nient’altro che a confondermi ancora di più, ma è di certo servito a portarmi a delle certezze.
 
Prima certezza: il mio compagno è un maschio. Beh, vi sembrerà una certezza abbastanza ovvia ma, credetemi, è quella che mi ha impiegato più tempo.
 
Seconda certezza: non sono gay. Questa, per essere chiari, è stata la più veloce.
 
Terza certezza: non ho altre certezze. Eh sì, perciò ho così bisogno di parlare con qualcuno della mia situazione.
 
In verità non vorrei parlarne ma è lo stato di assoluta confusione a portarmi a desiderare di liberarmi da questo peso. Vorrei tacere su tutto è così fingere ed illudermi che nulla sia successo ma so che non posso concedermi il lusso di ragionarci, come invece potrebbe fare qualunque ragazzo umano della mia età quando si parla d’amore, e che devo arrivare ad una soluzione subito.
 
Forse potrei non raccontare di me direttamente, ma in ogni caso ho bisogno di un confronto.
 
‹‹ Ecco dov’eri, Dan! Ti abbiamo cercato ovunque alla riunione, potevi avvertirci. ›› fa mio padre, guardandomi dal divano. ‹‹ Sei arrivato da poco? ››
 
Non posso dirgli di essermi saltato tutto l’incontro. Papà non si arrabbia quasi mai, ma la vita del branco gli è molto a cuore, seppure è stato disposto a concedermi di distaccarmici quanto volevo, ma questo l’ha fatto per amor mio. Se fosse per lui avrei seguito ogni incontro che organizzano per i giovani licantropi, e mi devo dire fortunato che sono sempre stati facoltativi. Inoltre, ciò che vorrebbe è che andassi alla scuola delle mie sorelle, ma sa quanto mi fa sentire meglio andare a quella in città, quindi mi lascia fare.
 
Ma adesso, tutti gli sforzi di restare lontano da quello che è il loro mondo si sono rivelati inutili.
 
‹‹ Ehm – sì, papà. ›› mento, ma non mi concentro molto su di lui, guardando le mie sorelle con impazienza. ‹‹ Riunione fratelli Hood in camera mia. Adesso. ›› e dicendo ciò mi giro, ritornando in stanza.
 
Ora, so quanto questo possa sembrare triste. Perché sì, okay, ammetto di non aver nessun amico nel branco. La maggior parte sono familiari più o meno lontani – almeno quelli del vecchio branco – ma non ho mai legato con nessuno al di fuori della porta di casa. Quando era bambino avevo un sacco di amici, ma ora come ora mi sentirei a disagio a parlare con loro di qualunque cosa visto che non li frequento più da davvero tanto tempo. E la colpa è mia.
 
Le uniche persone con cui mi sento a mio agio a parlare di ciò, attualmente, fanno parte del mio nucleo familiare. Ma esclusi i miei genitori che mi butterebbero felicemente nelle braccia di quello restano solo le mie sorelle, che farebbero altrettanto, ma non hanno nessuna autorità per farlo, quindi restano innocue.
 
Appena mi siedo sul letto le due rosse arrivano sulla soglia, fissandomi con aria interrogativa.
 
‹‹ Entrate e chiudete la porta. ›› faccio loro, e fra sbuffi e mormorii eseguono senza troppi problemi. Clary va a sedersi alla scrivania mentre Lily decide di restare all’in piedi, appoggiandosi contro la porta.
 
‹‹ Cosa c’è? ›› mi fa la più grande, inarcando un sopracciglio, guardandomi scettica.
 
Ecco, la vera domanda: cosa c’è? Non riesco a trovare una vera risposta, perché c’è qualcosa, ma… sono sicuro di volerne parlare con loro? Non proprio.
 
La sola cosa che so è che sono costretto a parlarne con qualcuno per mettermi in pace con tutte le domande che continuano a ronzarmi in testa ma, seppure ho una confidenza tale con le mie sorelle da poter parlare di quello che mi  è appena successo con quel ragazzo senza problemi, mi ritorna in mente ciò di cui era convinto prima: non voglio che si sappia. Non voglio perché diventerebbe troppo reale e non potrei evitarlo.
 
Allora, alla domanda “cosa c’è?” mi viene da urlare “TUTTO!” ma devo impormi di mantenere la calma e pensare veloce, perché non ho ancora risposto, ed ormai mi è chiaro che voglio mantenere la cosa segreta per un altro po’. Al che non mi rimane altro che andarmene per esempi.
 
‹‹ Stavo pensando ad una cosa prima, quando stavamo in riunione. ›› dico, assumendo un tono tale da sembrare come se la stessi buttando lì, una conversazione casuale senza troppa importanza ma con un semplice e puro sfondo di curiosità. ‹‹ Ma secondo voi, ci sono dei gay nel branco? ››
 
I loro sguardi mi suggeriscono che le ho prese di sorpresa con questa domanda. ‹‹ Ovvio, Dan. Solo nel nostro vecchio branco ne erano quasi una decina, ora ne saranno molti di più. Perché? Hai indetto una riunione sono per chiederci questo? Certo che idiota lo sei davvero. ›› sbuffa Lily, girandosi ed aprendo la porta per andarsene.
 
‹‹ No! Aspetta, dannazione! ›› le urlo, al che ritorna obbedientemente dentro. ‹‹ Intendevo, oltre ad Allison e Stacy, Tim e Simon, e le nostre due cugine, se ci sono altre… persone gay che hanno avuto l’imprinting. ›› dico, facendo spallucce.
 
‹‹ Perché lo chiedi? ›› fa Clary. Mi giro a guardarla ed è impossibile non intravedere una scintilla nei suoi occhi.
 
Okay, mayday, mayday, piano annullato!
 
‹‹ Così, giusto per. ›› le rispondo, troppo veloce per non destare sospetti. Mi mordo la lingua, frenando la voglia di imprecare contro la mia stupidità.
 
‹‹ Sei gay? ›› mi chiede Lily, il viso come illuminato da questa realizzazione che… no, non è per niente attienente al reale.
 
‹‹ No! ›› esclamo con fermezza, iniziando ad andare in panico.
 
‹‹ Sì! ›› fa Clary, alzandosi in piedi, sorridendo.
 
‹‹ Ho detto di no! ›› insisto, non riuscendo a frenare il rossore che inizia a colorarmi le guance, dato dalla rabbia di non poter fare niente per farle smettere di essere così imbarazzanti.
 
‹‹ Allora perché hai messo in mezzo l’argomento? ›› mi incalza Lily, ridacchiando sotto i baffi. E mi chiedo, amaramente, perché le ho impedito di andarsene prima, pentendomene.
 
‹‹ Beh –  ›› comincio, sentendomi i palmi delle mani sudati. ‹‹ Perché c’è questo mio amico… ›› che scusa poco credibile, Dan! Tu non hai amici, idiota. ‹‹ Cioè un vecchio amico… ›› mi correggo, ma l’aria resta vaga ed insicura.
 
‹‹ Sì? ›› fanno le due, i sorrisi sui loro volti si allargano a vista d’occhio, e non so perché ma iniziano ad avvicinarsi a me.
 
‹‹ Che… ›› deglutisco, frenando il panico che cerca di impossessarsi della mia mente. ‹‹ Niente, lasciate stare, ed ora andatevene! ›› esclamo, alzandomi per assicurarmi di buttarle fuori subito.
 
‹‹ Oh, no, no, signorino. Ora ci dici tutto. ›› sogghigna Lily, dandomi una spintarella che mi fa ricadere sul letto, trovandomi all’ombra delle due.
 
‹‹ N-non ho niente da dir –  ›› sto per ribattere, quando Clary mi afferra il polso, strattonandomi fino a portarselo all’altezza del viso, sbarrando gli occhi.
 
‹‹ Cos– Dan! ›› urla, ora guardando me, sconvolta. Lily le strappa il mio braccio di mano, buttando un occhio prima di tornare a fissarmi, sorridendo di nuovo.
 
‹‹ Danny, ora vogliamo davvero sapere tutto. ›› mi dice. Senza sforzo la costringo a lasciarmi il polso, curioso di sapere cosa hanno visto.
 
Nella fretta di scappare e nel buio dell’armadio non ci ho proprio fatto caso, ma adesso, sotto i raggi fievoli del sole pomeridiano capisco cosa ha attirato l’attenzione di queste due ficcanaso. Una piccola luna crescente color inchiosto, della grandezza di un polpastrello, spicca sul lato destro del mio polso, sotto l’osso. La osservo con ammirazione, un po’ sorpreso. Alzo lo sguardo per guardare prima Lily e poi Clary, confuso, prima di inumidirmi la punta del dito con un po’ di saliva e cominciare a sfregarlo sulla luna con forza.
 
‹‹ Ma che fai! ›› urla Lily, dandomi uno schiaffo sul dorso della mano.
 
‹‹ Ahia! ›› brontolo, guardandola mano. ‹‹ Che cosa significa questa luna? ››
 
‹‹ Sei così poco istruito. ›› brontola Clary, rotenado gli occhi con fare di superiorità. ‹‹ Quella luna significa che, in quel punto, sei stato toccato per la prima volta dal tuo compagno, idiota. ››
 
‹‹ Oh – cazzo! ›› impreco, ritornando ad inveire con il dito, cercando invano di farla scomparire. ‹‹ Maledizione, quel dannatissimo stronz –  ››
 
‹‹ Linguaggio! ›› esclama Lily, ma sento che sta ridacchiando sotto i baffi. ‹‹ Quindi, dopo tutto questo fuggire da ogni ragazza che vedevi, è un ragazzo? Sono sorpresa, davvero. E poi venire a scoprire così, all’improvviso, delle tue inclinazioni è davvero frustrante. Perché non ce lo hai detto prima che ti piacciono i maschietti? ››
 
‹‹ Taci! ›› ringhio, notando che la luna non si toglie, mentre una chiazza rossa si espande nel punto su cui continuo a fare pressione. ‹‹ E poi che stronzata è questa della luna! Perché nessuno me ne ha mai parlato? Cioè, se io do una manata in fronte al mio compagno come primo tocco gli esce una luna in fronte? Ma che scherziamo? ››
 
‹‹ Sarebbe esilarante vedere uno camminare con una luna in fronte. ›› commenta Clary, sovrappensiero. ‹‹ Ma comunque, adesso, la cosa principale è un’altra: lui chi è? ››
 
‹‹ E dov’è, più che altro. ›› aggiunge Lily.
 
‹‹ Non sono fatti vostri. ›› dico, un peso enorme comincia a premermi sul petto. ‹‹ Lily, devi subito portarmi a casa di Leo. Muoviamoci. ›› le ordino, alzandomi dal letto e dirigendomi fuori dalla camera per recuperare da dentro lo zaino ancora intatto dal ritorno da scuola.
 
‹‹ Cosa?!  No, no! Vieni subito qua, non abbiamo finito. ›› mi fa lei, prendendomi per il polso e ritirandomi dentro.
 
‹‹ Invece sì. Ho bisogno di rimanere solo coi miei amici, adesso. Tornerò lunedì, non lo so, ma non voglio stare qui. ›› le dico serio, il mio tono è troppo pacato per permettere repliche. ‹‹ Lasciatemi i miei spazi, voglio andarmene dalla riserva, mi sento soffocare. ››
 
‹‹ Stai continuando a scappare, Dan. E’ mai possibile? Non puoi continuare a fare così. ›› mi rimprovera Lily, ma si è addolcita radicalmente rispetto a poco fa. La vedo tirare fuori dalla tasca le chiavi della macchina, prima di appoggiarmi una mano sulla spalla, portandomi verso l’ingresso.
 
‹‹ Ehi! Ma io volevo sapere chi è! ›› urla Clary, seguendoci.
 
La ignoro completamente, sicuro di non voler affrontare questo argomento né adesso né mai. Ma, per il momento, mi concedo il lusso di rimandarlo solo per adesso.
 
‹‹ Ahm, Lily mi accompagna da Leo. ›› dico ai miei, prendendo la borsa e dirigendomi verso la porta. ‹‹ Vi chiamo. ›› faccio loro, senza aspettare una risposta ed uscendo. Sento in lontananza mia madre parlare di pranzo, ma ormai sono quasi le quattro, e seppure ho la pancia vuota da stamattina mi ritrovo con lo stomaco chiuso dopo tutto quello che è successo.
 
Entriamo in macchina e ci avviamo verso il cencello d’uscita della riserva, quando un uomo che non conosco ci fa segno di fermarci. Lily ubbidisce, e quando lo sconosciuto bussa con le nocche contro il mio finestrino, lei lo abbassa a mezza altezza.
 
‹‹ Qual è il problema? ›› fa, sporgendosi un po’ verso di me per poterlo guardare meglio.
 
‹‹ Ci hanno segnalato che stanno cercando un ragazzo. Ci hanno chiesto di non far uscire nessuno per ora, a meno che non sia un’emergenza. Aspettate. ›› dice, guardando me per un attimo, prima di girarsi. ‹‹ Pete!  Vieni qui. ›› urla, ed un uomo calvo esce dal gabiotto poco lontano. Sì, Pete. Lui lo conosco. E’ il cugino di mio padre, ed è sempre stato solo al cancello. A quanto pare non hanno perso tempo ad affiancargli un nuovo elemento.
 
‹‹ Lily! Dan! ›› esclama, sorridendo gioviale, mettendosi un berretto lungo la strada. ‹‹ Sono i miei nipoti, Tom! Bravi ragazzi, sì, bravi ragazzi. ›› ridacchia, affacciandosi anche lui al finestrino.
 
‹‹ Ehi, zio Pete. ›› diciamo in coro. Forzo un sorrisino poco convinto, costretto dalla situazione. ‹‹ Ho un amico che mi aspetta, è davvero necessario che rimanga? ›› gli chiedo, tentando in ogni modo di addolcire il tono della voce quanto più mi è possibile.
 
‹‹ Beh… ›› zio Pete si gira verso Tom come a chiedergli il permesso, e l’uomo di tutta risposta fa spallucce. ‹‹ Su, giusto perché sei nipote. Conoscendoti, non sei il tipo che si mette nei guai. ›› gli sorrido con aria angelica, rilassandomi contro il sedile. ‹‹ Soprattutto perché sono ordini dell’alpha, questo ragazzo deve aver combinato qualcosa di grosso. ›› annuisco lentamente alle sue parole, e sobbalzo appena sento un pizzico al fianco che mi costringe a girarmi verso mia sorella con aria interrogativa. Nei suoi occhi noto fretta, ma anche una domanda silenziosa. Una domanda alla quale non so rispondere.
 
Non possono star parlando di me. Cioè… l’alpha?! Staranno cercando qualcun altro, sicuro.
 
‹‹ Allora noi andiamo –  ›› gli faccio, alzando la mano in segno di saluto ai due uomini, e lo stesso fa mia sorella. Sta per rimettere in moto quando una voce mi fa gelare il sangue. Più che la voce in sé, le parole che urla.
 
‹‹ Ehi! Ehi, ferma! E’ lui il ragazzo! ›› grida. Resto immobile, gli occhi sbarrati.
 
‹‹ Cosa? ›› chiede mio zio, parlando al ragazzo. ‹‹ Sei sicuro, Reed? ››
 
‹‹ Sicurissimo, fermateli! ›› urla di nuovo.
 
‹‹ Parti! ›› intimo a mia sorella, trovando la forza di girarmi verso di lei.
 
‹‹ Cosa? No! ›› fa Lily, fermando l’auto e guardandomi. ‹‹ Questo no, Danny. Vuoi mettere nei guai anche me? Falla finita. ›› mi dice, guadagnandosi uno sguardo che potrebbe uccidere.
 
‹‹ Tom, fallo tornare a casa. Pete, voglio nome e cognome. Non fatelo uscire da qui, non ho intenzione di sentire quell’altro rompiscatole un minuto di più. ›› intima ai due con voce ferma.
 
 
 
Wesley’s POV.
 
L’ho visto correre via da me, ma ormai non c’era niente da fare. I miei amici mi hanno tenuto bloccato con le loro stupide domande e sono stato costretto a rispondere, controvoglia, ma più tranquillo.
 
Ovviamente perché l’ho marchiato.
 
Ho contemplato a lungo la piccola luna crescente che è apparsa sul palmo della mia mano, ma la calma che che mi ha concesso è durata poco. Un’urgenza di trovarlo è apparsa subito dopo che le domande sono cessate.
 
Sto aspettando da più di due ore che la riunione finisca. Sono già uscito fuori dal padiglione alla ricerca del ragazzo, senza trovarlo. Il suo odore è persistito per tutto il tempo, suggerendomi che non ha lasciato la riserva, rimanendo nelle vicinanze.
 
Sono confuso.
 
Perché è scappato via da me? Di nuovo?
 
Non gli ho fatto nessun torto, non ci conosciamo ancora, ma se io sento un sentimento così forte senza nemmeno sapere chi è, come fa lui a non sentire almeno un quarto dell’attrazione che provo io?
 
O forse mi sto sbagliando.
 
E’ scappato per paura. Paura di questa novità improvvisa. Forse è una reazione comune, anche se non ho mai sentito nessuno raccontare in giro che il proprio compagno o la propria compagna è scappata via nel momento in cui si sono trovai. Anzi, molti affermano che l’unica cosa che mancava all’incontro era un letto.
 
Non che mi sento invidioso. Giusto un po’, forse, ma è della mia storia che sto parlando, quindi non mi aspetto né desidero sia uguale alle altre. Certo, nemmeno troppo complicata magari.
 
Ma non dovrei giungere a conclusioni affrettate.
 
Mi sono arreso alla ricerca da poco quando sento le persone uscire dal padiglione a fiotti, parlando rumorosamente. Mi stacco dal muretto contro cui mi ero appoggiato per farmi largo fino ad arrivare all’interno, dove trovo Dayne e Reed ad aspettarmi sotto il palco.
 
‹‹ Dov’è zio Kain? ›› chiedo ai due, guardandomi intorno sperando d’intravederlo.
 
‹‹ Papà è tornato a casa, immagino. L’abbiamo visto uscire dieci minuti fa. ›› mi dice Dayne. Mi dirigo fuori, con loro due alle calcagna, andando dritto verso casa sua, seguendo le indicazioni di mio cugino.
 
Appena arrivato non mi spreco nemmeno a bussare, entrando senza problemi, ritrovandomi in un salottino ben sistemato.
 
‹‹ Zio Kain! ›› urlo. La fretta nella mia voce deve essere evidente, perché subito una testa mora spunta da dietro la porta che collega il salottino al resto della casa.
 
‹‹ Wes! Reed! Oh, e addirittura mio figlio! Che onore. Cosa vi porta qui? ›› ci chiede con aria gioviale, allargando le braccia come ad aspettarsi un abbraccio. Ignoro il gesto, arrivando dritto al punto.
 
‹‹ Ho trovato il mio compagno alla riunione, ma lui è scappato via. Devi aiutarmi a trovarlo. ›› gli faccio, guardandolo serio.
 
‹‹ Oh. ›› emette, confuso. ‹‹ Certo. Ahm… E’ scappato nella foresta?›› mi fa.
 
‹‹ No, è ancora qui. Sento il suo odore ma… non so, non riesco ad individuarlo bene, è come se fosse ovunque ma allo stesso tempo da nessuna parte. L’ho cercato, ma invano. ›› gli confesso frustrato e lui, di tutta risposta, ridacchia. Aggrotto un sopracciglio, infastidito.
 
‹‹ Suvvia, non fare quella faccia, Wes! E’ normale, vi siete marchiati troppo poco per avere un legame tale da riuscire ad individurarvi con precisione. ›› mi illumina, ed io annuisco. ‹‹ Ditemi, voi l’avete visto questo giovane? ›› chiede ai miei amici, e loro annuiscono. ‹‹ Bene. Allora, Day, figliolo, vai a cercarlo per la riserva. Chiedi in giro, a chiunque. Mentre tu, Reed, vai al cancello. Ci deve essere Tom e un altro uomo, dai loro ordine da parte dell’alpha – e specificalo, da più importanza – che nessun ragazzo sotto i vent’anni può lasciare la riserva. Resta lì con loro, comunque. Sbrigatevi. ›› dice, congedandoli. Appena si chiudono la porta alle spalle e restiamo soli, zio Kain mi guarda serio per qualche altro prima di sciogliersi in un grande sorriso, aprendo di nuovo le braccia. ‹‹ Ohw, Wes, anche tu! Vieni qua, nipote, fatti abbracciare. Abbiamo tante cose da dirci. ››
 
***
 
Non abbiamo avuto tempo, fortunatamente, per dirci le “tante cose da dirci”. E, durante il quarto d’ora che sono rimasto bloccato nel covo dell’alpha, ha parlato quasi solo lui delle sue esperienze giovanili ed il suo fantastico imprinting con mia zia. E, visto che sono come dei genitori per me, i dettagli – ma anche la storia in generale – me li sarei risparmiati volentieri.
 
Quando sono sul punto di annuire per l’ennesima volta, la porta d’ingresso si apre all’improvviso, facendoci sobbalzare.
 
‹‹ Diamine, ma si è perso l’uso di bussare?! ›› brontola Kain, ma è Reed che entra, sorridendo timidamente.
 
‹‹ Scusate. ›› ci dice, restando sulla soglia. ‹‹ Senti Wes, l’abbiamo trovato. Stava uscendo dalla riserva con sua sorella. Si chiama Daniel Hood, vive al numero ventisette. ››
 
Non mi spreco a dire niente, alzandomi e superandolo, uscendo nel mite pomeriggio di metà autunno. Sono in questa riserva da meno di un giorno e mi sento come se avessi percorso le sue strade già mille volte, e forse l’ho fatto davvero mentre cercavo Daniel. Provo un brivido d’eccitazione solo a pensare il suo nome.
 
Ci metto qualche minuto, correndo, a raggiungere la villetta ventisette. Percorro il vialetto e fermandomi solo per bussare, ricordandomene in tempo. Al mio entusiasmo si mischia la fretta che prova il mio lupo nel rincontrare il nostro compagno.
 
Una donna sulla quarantina mi apre, sorridendomi caldamente. ‹‹ Cosa posso fare per te, caro? ››
 
‹‹ Sono qui per Daniel. ›› le rispondo, non riuscendo a frenarmi nell’ispezionare con lo sguardo dietro le sue spalle, cercandolo. Quello che mi allarma sono delle grida provienienti da dentro, che sembrano allarmare anche la donna sulla porta, ma giusto per un attimo.
 
‹‹ Certo, entra pure. ›› mi invita, aprendo di più la porta e spostandosi di lato per farmi passare. ‹‹ Non  è un buon momento, forse puoi calmarlo. Sei un suo amico? ››
 
‹‹ A-ahm… più o meno. ›› le rispondo, balbettando. Mi fissa con insistenza per qualche altro momento, poi distoglie lo sguardo, sorridendo di nuovo con fare materno.
 
‹‹ Accomodati pu – ›› mi sta dicendo, ma le voci si fanno troppo forti.
 
‹‹ Lasciami in pace, Lily! Fammi fare le mie dannate scelte, per una volta, una! ›› urla qualcuno, e non so come, ma so immediatamente che quel qualcuno è Daniel. Mi piace la sua voce, anche se ora è piena di rabbia.
 
‹‹ Sei così egoista, Dan! Non ti senti? Smettila di fare il bambino! ›› gli fa una ragazza dai capelli rossi e la vedo perché i due sono appena entrati in salotto, sotto lo sguardo mio, della donna che presumo sia la loro madre ed un uomo di cui mi accorgo solo ora, fermo in piedi nella cucina che forma un ambiente unico con l’ingresso e il soggiorno. Oltre alla ragazza e a Daniel, un’altra ragazzina li segue, sbuffando rumorosamente.
 
Vederlo di nuovo è così… rassicurante. E’ sano e salvo, vicino a me. Non che se ne sia ancora reso conto, ma non mi nego il godimento dei momenti di contemplazione prima che si accorga della mia presenza, e non passa molto.
 
‹‹ Bambino io?! Senti, bella, non ti allarga– ah! ›› grida, sobbalzando appena mi vede. Indietreggia di qualche passo, ma urta contro la seconda ragazza, quella più giovane, senza staccare gli occhi da me. Anche la rossa contro cui stava urlando mi guarda, e nel giro di un battito di ciglia mi ritrovo cinque paia di occhi addosso.
 
‹‹ E lui chi è? ›› fa la ragazza più piccola, rompendo il silenzio.
 
‹‹ Danie– ›› comincio, ignorandola, ma vengo interrotto subito.
 
‹‹ Non ci provare! ›› mi fa lui, scuotendo il capo. ‹‹ Facciamola finita subito, non ho intenzione di portare avanti questa pagliacciata. Io, Daniel Hood, ripudio… ›› comincia, ed è l’istinto – accompagnato dal ringhio del mio lupo – a spingermi a percorrere a lunghe falcate la stanza per ritrovarmi di fronte al moro, prendendogli il viso fra le mani ed avvicinandomi a lui fino a far premere le mie labbra sulle sue. Rabbia e necessità mi hanno in pugno, ma si sciolgono appena mi rendo conto di quel tocco, e nulla più sembra importare.
 
Ho sempre pensato che descrivere un bacio fosse facile perché, in effetti, tutti gli altri baci che ho dato sono stati facili da descrivere. Questo, invece, non lo è. Mentre le mie labbra si modellano perfettamente contro le sue e la morbidezza della sua bocca addolcisce ogni parte del mio corpo, nessuna emozione sembra essere abbastanza chiara da essere riportata a parole. Ma lo sento, lo assaporo, lo gusto, con tutto me stesso, trasformandolo in un’esperienza che coinvolge sia il corpo che la mente. Il sentimento mi riempe il petto, la consapevolezza mi esplode nella mente, un calore strano e troppo piacevole mi pervade tutto il corpo.
 
E’ breve, ma abbastanza.
 
Semplice, casto, eccitantemente puro, ma abbastanza.
 
Come qualche ora fa, un’energia particolare si irradia intorno a noi, circondandoci.
 
Ci stacchiamo con lentezza, i miei occhi sono incatenati nei suoi ed il contatto visivo persiste finché un ceffone non gli colpisce la nuca, portandomi a spostare lo sguardo da Daniel alla figura dietro di lui, l’uomo che prima stava nel lato cucina della sala. L’espressione sul suo viso traspira rabbia.
 
‹‹ Questa non la passi liscia, Dan. Come ti salta in mente?! Tentare di ripuidare il tuo compagno così, su due piedi. ›› lo sgrida, e vedo il ragazzo farsi piccolo piccolo, anche se l’atteggiamento insofferente rimane.
 
Anche se l’uomo sta proteggendo la mia causa, ciò che vorrei fare è fermarlo. Solo la vista di qualcuno che maltratta il mio Dan mi fa crescere un’ira all’altezza dello stomaco che è quasi irrefrenabile, e devo utilizzare tutte le mie forze per reprimerla. La reprimo insieme alla confusione in cui mi ritrovo in balia, esterrefatto nel focalizzare ancora di più il cosa Daniel stava per fare.
 
Una di quelle cose che si fanno solo in casi estremi, e sembrava prendere così a cuor leggerlo la sua decisione.
 
‹‹ Scusa! ›› esclama il moro, alzando gli occhi e fronteggiandolo. ‹‹ Ma… argh! Tu, ›› mi guarda fisso, annuendo. ‹‹ devo parlarti subito. Vieni. ›› mi fa, tirandomi per il polso lungo un corridoio. ‹‹ E voi altri, non provate ad origliare! Sennò vi giuro che questa è la volta buona che mi trasferisco da Leo per davvero! ›› strepita.
 
‹‹ Puoi trasferirti da me, se vuoi. ›› gli dico, sentendomi innervosito anche da quel Leo, che per quanto ne so potrebbe essere chiunque.            Perché comunque, non è più giusto che stia da me?
 
‹‹ Taci, tu. ›› mi intima, guidandoci in una stanza e chiudendo la porta a chiave. Osservo l’ambiente in cui ci troviamo, presumendo sia la sua camera. ‹‹ E prova di nuovo a baciarmi e te lo faccio rimpiangere. ›› borbotta, incrociando le braccia al petto, guardandomi male.
 
Non sono spaventato dalla sua minaccia ma mi trovo… infastidito. Infastidito da tutta questa situazione, da lui che non ha fatto altro che scappare da me tutto il tempo senza affrontarmi, che ha tentato di ripudiarmi come compagno per non so quale motivo e che adesso si permette anche di “minacciarmi”, fregandosene altamente di me quando io non ho fatto altro che preoccuparmi per lui per quasi tre ore, senza nemmeno sapere il suo nome.
 
‹‹ Se ti va vorresti spiegarmi cosa ti è saltato in mente prima? ›› gli faccio, senza frenare la rabbia nella voce. Lo guardo freddo, serrando i denti. Tentenna per qualche attimo, abbandonando l’aria da duro di poco prima per guardarsi intorno insicuro, facendo spallucce.
 
‹‹ Non ho niente contro i gay ma… io non lo sono. Quindi non credo di essere il ragazzo adatto a te. ›› mi risponde, trovando le mie scarpe particolarmente interessanti. Resto in silenzio quel poco che mi permette di assorbire ciò che mi ha detto e restarne confuso.
 
‹‹ Cosa… cosa c’entra il tuo orientamento sessuale? ›› gli chiedo, riordinando le idee. ‹‹ Siamo predestinati. ›› alzo un po’ la voce, scandendo le parole, esterrefatto.
 
‹‹ Cosa c’entra questo! Predestinati un corno, io non ci tengo a farmi comprendere in questa storia. ›› ribatte, alzando gli occhi, fissandomi con determinazione.
 
‹‹ Ormai ci sei dentro, non puoi farci niente. ›› gli dico in fretta, al che non riesco a fermare i miei dubbi. ‹‹ Non senti… questa cosa dentro? ›› faccio, appoggiandomi la mano all’altezza dello stomaco. Ho bisogno di sapere, di avere almeno una certezza.
 
Dopo aver esitato, scuote il capo. ‹‹ No. Cioè – non voglio parlarne. Voglio parlare di questa dannata luna. ›› borbotta, alzando il polso. La sua risposta non è stata soddisfacente, ma non mi faccio prendere dallo sconforto. Osservo il punto dove la sottile luna crescente si staglia al lato del suo polso, sorridendo vittorioso.
 
‹‹ Molto carina. ›› commento.
 
‹‹ Come faccio a toglierla?! ›› ringhia, sfregando l’altra mano sulla luna. Alzo un sopracciglio con fare interrogativo, mentre mi accorgo di quanto è carino quando storce il naso, continuandosi a sforzare nel tentativo di cancellarla.
 
Da quando abbiamo incominciato a parlare, tralasciando la crescente attrazione nei suoi confronti, non ho fatto a meno di notare il quanto mi sembri poco… informato. Nessuno gliele ha mai dette queste cose?
 
‹‹ Non puoi toglierla, sciocco. ›› gli faccio, allontanandogli il polso dall’altra mano. Senza pensarci lo porto alle labbra, lasciando un bacio leggero sulla zona arrossata, proprio sopra la luna. Lo guardo avvampare, prima che abbia il tempo di divincolarsi dalla mia presa, e sghignazzo.
 
‹‹ Dannazione… ›› impreca a mezza voce, distogliendo lo sguardo da me.
 
‹‹ Non sembri sapere molto di queste cose. ›› noto con scetticismo.
 
‹‹ Non so niente di lupi e queste… stronzate. L’imprinting, la dea, il branco. Non ho mai seguito una lezione. Pft, ne faccio a meno, grazie. ›› borbotta.
 
‹‹ Beh, ed invece io voglio che tu sappia tutto. Ogni singola cosa. Da noi seguire la vita del branco è sempre stato obbligatorio, non sfuggirai ai tuoi doveri. ›› gli comunico serio. Ecco perché tanta leggerezza nel ripudiarmi, ora è tutto più chiaro.
 
‹‹ Ed io voglio che tu te ne vada. Quindi… sparisci. ›› mi fa.
 
‹‹ Mi chiamo Wesely, comunque. ›› gli dico, accorgendomi di non essermi ancora presentato.
 
‹‹ Non mi importa. Vai via. ›› mi appoggia una mano sulla spalla, cominciando a spingermi.
 
‹‹ Inizi domani, allora. ›› gli faccio, lasciandomi guidare fino alla porta. ‹‹ I corsi, dico. ››
 
‹‹ Come no, ora vai. ››
 
‹‹ Sono serio. ›› ma non riesco a non sorridere mentre lo osservo. Il suo viso è illuminato lievemente da un raggio di sole, che risalta la carnagione pallida, senza nessuna imperfezione.  ‹‹ Stai rendendo le cose davvero molto interessanti, Dan. Difficilli, ma interessanti. ›› ammetto, gongolando nel vederlo spalancare gli occhi, sorpreso.
 
‹‹ Stammi lontano. ››
 
‹‹ Sono il tuo compagno, ho ogni diritto di starti vicino. ›› gli sussurro. Esita prima di girare la chiave nella toppa ed aprire la porta della stanza, fermandosi però quando appoggia la mano sulla maniglia. ‹‹ Non che il futuro alpha, mia Luna. ›› e questa volta non freno il sorrisino soddisfatto alla vista della sua espressione scioccata.
 
Un urletto gutturale, strozzato, gli sfugge dalle labbra mentre tiene lo sguardo perso nel vuoto.
 
‹‹ Non ti avvicinare mai più a me! ›› esclama agitato, appena si riprende, aprendo la porta e buttandomi con forza fuori la sua stanza, richiudendola prontamente.
 
Sorrido. Sicuro non è ciò che mi sarei aspettato di ritrovarmi a fare dopo una conversazione simile, ma in qualche modo mi ha dato una sorta di speranza. Daniel, che non so perché o come, ha affermato di non sapere niente sui licantropi, sulla sua stessa specie, informazione che mi ha resto alquanto confuso. Ma allo stesso tempo, appena gli ho detto di essere un alpha ho potuto subito vedere l’impatto che la realtà ha avuto su di lui.
 
Perché un alpha senza la sua Luna non è niente. E per quanto sembra arrabbiato della situazione in cui ci troviamo, so che sa cosa significherebbe ripudiarmi.
 
Il nostro branco andrebbe in rovina nel giro di una generazione.
 
Per non parlare del quanto sono certo che anche lui provi qualcosa per me. Non ho mai visto nessuno andare così contro i sentimenti che portano l’imprinting, come se il suo lupo non reagisse, ed è impossibile, perciò è impossibile che non provi niente.
 
Non mi sarei aspettato nemmeno di trovarmi, tempo una conversazione, a reputare questa situazione più interessante di quanto avessi mai immaginato.
 
Ancora sorridendo mi sporgo verso la porta, bussando piano un paio di volte.
 
‹‹ Ti amo, fiorellino. ›› gli dico, senza preoccuparmi di abbassare la voce. Che mi sentino, ne sono ancora più felice.
 
Seguono lunghi attimi di silenzio durante i quali il sorrisino sul mio volto persiste, finché una voce non mi raggiunge.
 
‹‹ Sparisci! ›› urla da dentro, e mi allontano ridacchiando.
 
Sempre più divertente.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il terzo capitolo e a seguire i successivi potete trovarli qui: https://www.wattpad.com/myworks/51392381-flee

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