Braid

di July_love12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~~Le foglie danzavano comandate dal vento e seguite da alcuni petali, che cadevano sull'erba verde e piegata dalle suole di persone che camminavano avanti e indentro. Il bambino si era fermato, in mezzo al parco, per riprendere fiato dopo aver ricorso la sua piccola amica. La bambina aveva due lunghe treccine che scendevano fino a raggiungere le spalle minute. I suoi cinque anni gli avevano donato un piccolo corpo agile, slanciato e un sorrisetto furbo sempre presente. Aveva gli occhi neri e ridenti puntanti su Francesco, leggermente chinato in avanti e con le mani sulle ginocchia mentre cercava di riprendessi dalla lunga corsa.

«Sei stanco?» Chiese Rebecca avvicinandosi al suo amico per poi vederlo correre lontano dopo averle toccato la spalla e dirle frettolosamente un presa.

«Non vale.» Brontolo per poi inseguirlo tra gli alberi piantati qua e là. Poco distante da loro, seduta su una panchina, la madre della più giovane il guardava e distoglieva lo sguardo solo per prendere un appunto sull'agenda posizionato sulle sue gambe. Sorrise nel vedere i due bambini giocare tra di loro. Frequentando lo stesso asilo avevano avuto opportunità di conoscesi ma la differenza di età molto presto il avrebbe allontanati. Il più grande si nascose dietro a un vecchio albero; guardando alle sue spalle vide la sua compagna di giochi; incrociare le mani e pestare il piccolo piedino per terra mentre dei lamenti sussurrati uscivano dalle sue soliti labbra. Sorrise a vederla in quello stato, quando ai suoi occhi era così carina e indefessa. Rebecca scrutava i tronchi in cerca di folti, arruffati capelli castani e di grandi occhi dello stesso colore ma con delle pagliuzze nere. Non si sarebbe arresa tanto facilmente anche se la sfida poteva risultare molto ardua. Dopo aver guardato male la maggior parte dei alberi noto qualcosa muoversi dietro il tronco imponente di una quercia. Si avvicino con cautela ma fu interrotta da una mano curata appoggiata sulla sua spalla.

«Sai dove Francesco?» chiese la signora che poco prima la aveva vista ricorrere quella peste di suo nipote. La bambina fu attratta dalla sua chioma raccolta in un chimono castano che con il passare del tempo avrebbe cambiato il proprio colore. Alzo il suo piccolo indice ossuto verso l'albero che fu raggiunto dalla donna. «Signorino, noi dovremmo andare a casa.» poco dopo il nipotino usci dal suo nascondiglio e prese la mano che sua nonna gli aveva teso mentre altra manina era occupata a sventolare per salutare la sua amica. «Ciao Rebecca!».

Non ebbero più opportunità di incontrasi dopo quel lunedì mattina di piena estate. Lui andò alle elementari mentre lei continuo un altro anno in mezzo ai giocattoli e capricci di bambini. Quel pomeriggio insieme fu da entrambi messo in un cassetto nella parte più remota della propria mente. Crescevano tra sorelle troppo appiccicose e amici sempre presenti.

Dopo undici anni dal loro ultimo incontro, Rebecca era allegramente distesa prona sul proprio letto e i piedi che penzolavano. Era da poco tornata a casa e si poteva notare dal borsone che stava spiaggiato sul pavimento. Alzo leggermente la testa facendo muovere la lunga treccia castana. Quel giorno Madame Barbier aveva mostrato il lato più bello di se dando filo da torcere a tutte le ragazze. Gestire un scuola di danza classica e moderna femminile le regalava tante gioie e tanti dolori. Adorava scaricare la rabbia e lo stress sulle sue aspiranti ballerine. Bassissima, con i pochi capelli bianchi raccolti sempre in un acconciatura strana e gli occhi ambrati pronti a fulminare chiunque. Si portava sempre dietro un bastone di legno con impugnatura in oro dalle sembianze di un aquila e veniva roteanto in aria seguito da un marcato accetto francese. Rebecca appoggio il viso sui palmi delle mani coprendosi gli occhi e scosse la testa. La scuola sarebbe cominciata da il a poco e lei non era pronta. Lo stress dovuto alla danza e sua sorella che urlava il codice stradale già sicura di stringere la patente tra le mani non la rassicuravano. Con la poca voglia che aveva in corpo si alzo e prese il contenuto del borsone. Aveva bisogno di una doccia calda così prese anche dei vestiti puliti e si diresse in bagno passando di fianco a Sara con un piccolo libriccino in mano e una matita tra le labbra che chiedeva pietà. «Chi ha scritto sto libro non capisce niente. Cosa mi serve sapere la differenza tra i diversi mezzi di trasporto?» Sbuffava esasperata. Non era mai stata brava nei compiti dove bisognava sapere la teoria a differenza della sorella minore che invece non era portata per la pratica. Raggiunse la sua menta e prima di sbattere la porta si rivolse a sua sorella. «Almeno sai che veicolo ti prenderai di petto.». Mentre Rebecca sentiva il sbuffare, attraverso la porta bianca, della possibile futura patentata qualcun altro sentiva il brontolare di una finta bionda.

«Ti vuoi dare una mossa? Devo ancora capire perché ti ho chiesto di accompagnarmi. Sei peggio di una donna ad un appuntamento!» Con le mani in piccoli pugni paralleli al corpo magno la ragazza, che non ecceleva per la sua altezza e si ostinava di tingesi in capelli di biondo, aveva occhi azzurri coperti dalle palpebre chiuse e urlava a pieni polmoni al fratello gemello. Lui, con gli occhi rivolti al soffitto, era intento a mettersi una maglietta presa a caso dall'armadio. Erano in ritardo però ormai era un abitudine del moro preparasi al ultimo minuto e di certo non sarebbero state le urla di sua sorella gemella a fargli cambiare abitudine. Entrambi erano troppo diversi però si sa che gli opposti si attraggono e non solo in amore. «Possiamo andare?» Angela era tornata a usate il suo solito tono squillante di voce seguito dalle sue braccia incrociate al petto. Dovevano presentarci a casa di Michelle alle sette e mezza invece era il a guardare Francesco che si guardava allo specchio per controllare di non avere strane anomalie indosso. «Non hai niente di strano a parte il tuo solito Black Style.»

«Invece vedo che tu sfoggi il tuo amato White Style e quindi è finita la settimana d'inferno.» Un piccolo sorriso si formo sul il suo viso per poi trasformarsi in una risata quando venne colpito da un cuscino tolto dalla sua comoda postazione sul divano insieme ai suoi compagni di squadra. «vorrei vedere te al nostro posto.» Parlo la lanciatrice puntando il dito al suo bersaglio. «Vogliamo andare?» Disse lui aprendo la porta per chiuderla alle sue spalle quando entrambi furono fuori dall'appartamento.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


~~Era tutto pronto. Lo zaino appoggiato dalla sera precedente vicino la porta ingresso, il nuovo orario scolastico attaccato all'armadio con dei piccoli pezzettini di nastro adesivo e il letto sistemato con sopra il solito peluche grigio a forma di elefantino. Rebecca guardava il suo riflesso in cima alle scale che portavano al piano terra. Nello specchio c'era una ragazza dalla carnagione chiara e dal viso espressivo incorniciato da una lunga treccia castana scura. Le sue dita ossute giocherellavano fra di loro mentre erano osservate dai piccoli occhi neri. Separo le labbra sottili per inspirare aria per poi espellerla. Era pronta al nuovo anno scolastico e non si sarebbe ritirata indietro a qualsiasi novità gli avrebbe proposto; però dentro di lei sentiva che qualcosa sarebbe andato come previsto ma non se ne curo più di tento. Era solamente un po' d'ansia per il grande momento o almeno sperava fosse solo quello.

Quella meno pronta ai cambiamenti di settembre era sua sorella Sara, da poco maggiorenne, che apparve nello specchio sbadigliando e con ancora addosso il pigiama grigio dove allegre teste di unicorno fluttuavano nelle sue gambe. Le rivolse il suo sguardo assonnato per lasciare sul il suo viso un espressione sorpresa.

«Sei già vestita? Sono a malapena le sei!»

«Voglio essere puntuale il primo giorno di scuola» Si giustifico Rebecca seguendola giù per le scale. Ai piedi di quest'ultime il piccolo ingresso divideva lo studio dei genitori dal salotto. Oltrepassarono il grande arco, che sostituiva la solita parente di mattoni, per entrare in sala e la posseditrice della treccia si diresse verso il cammino, rigorosamente fatto in mattoni, con tutte le foto di famiglia appoggiate sull'architrave. Prese in mano il portafoto più grande e che stava in bella mostra in mezzo a tutti gli altri. La cornice bianca era decorata da vecchie caselline per i mosaici che davano colore alla coppia appena uscita dalla chiesa. Lei sorrideva tenendo in mano il bouquet con fiori bianchi e rosa legati insieme da un nastrino avorio come il vestito. Lui sorrideva in modo impacciato probabilmente perché non era abituato a stare davanti all'obiettivo. In basso a destra c'era una piccola frase in corsivo e probabilmente con una penna nera.

"21/02/1995 Chiara Agati e Andrea Fanini sposi"

«Prendi il tè, giusto?» Rebecca posso la foto e si volto verso la sorella adoperata a prendere tazze e tazzine. «Sì, come sempre!» Diede un ultimo sguardo alla foto e si diresse verso gli sportelli della cucina per prendere un pentolino. Fin da bambina aveva immaginato una storia d'amore come quella dei suoi genitori. Si erano conosciuti durante il loro periodo della maturità e dopo cinque anni di fidanzamento arrivo il grande domanda insieme ai problemi. Però nonostante tutte le difficoltà dopo due anni arrivo la prima figlia della coppia. Sperava un giorno di trovare il famoso "principe azzurro" anche se sapeva che l'unico che poteva aggiudicarsi quella nomina era Sam Worthington sul set cinematografico con una coroncina in testa. Comincio a giocare con i suoi capelli mentre faceva bollire l'acqua. Solitamente le sue colazioni erano occupate da tè verde, zucchero di canna e primi biscotti che riemergevano dalla dispensa, ma quel giorno sentiva il bisogno di scacciare quella strana sensazione che sentiva e provarla a ignorala sembrava non aver funzionato.

Afferro la confezione la camomilla e ne tiro fuori una bustina per poi posizionarla al interno della sua tazza. Sara, seduta alla tavola , aveva seguito tutto con uno sguardo perplesso.

«Va tutto bene?»

«Certo!» Rispose con una sicurezza inaspettata rivolgendo la guardo alla sorella maggiore.

«Sicura? Non hai bevuto camomilla. La hai sempre definita una bevanda per gli ansiosi cosa che tu non sei.» Disse appoggiando la tazzina di caffè vuota per poi far aderire la propria schiena alla superficie della sedia, dove si era seduta in precedenza, e fece intreccia le proprie dita e ci appoggio sopra il suo mento per studiare meglio la persona davanti a se.

«Non posso cambiare la mia colazione? In questa famiglia bevono tutti camomilla è volevo provare anch'io.» La sicurezza la lasciava intuire la sua voce svaniva verso la fine della sua risposa. Con una mano si appoggio al tavolo mentre altra torturava i suoi capelli raccolti e i suoi denti cominciarono a premere contro il labro inferiore.

«Sei agitata per inizio della scuola?» Chiese Sara assottigliando lo sguardo e togliendo il contatto con il legno dello schienale per avvicinarsi a suo interlocutore.

«I-io non ne sono s-sicura» Stavolta nel suo tono di voce si poteva vedere tutta insicurezza che lei provava.

«Andrà tutto bene. Infondo abbiamo solo tre ore oggi.» Sentirsi rassicurare da sua sorella maggiore le sembrava sempre così strano visto che di solito succedeva il contrario. Da quando aveva iniziato le medie sua sorella, ormai liceale, andava da lei per sfogarsi; nonostante le sue amiche sentiva il bisogno di parlare di quello che le succedeva con la più piccola della sua famiglia ossia sua sorella. Quest'ultima però non aveva mai sentito la necessita di fare lo stesso. Fortunatamente non aveva mai affrontato problemi che non superassero la gravita dei compiti a sorpresa o insegnati troppe severe.

«Comunque hai scaricato l'orario scolastico l'orario per questa settimana?» Domando la maggiore tralasciano almeno per ora l'argomento di prima.

«Sì. Ti aspettano tre ora di gioia con gli insegnati di Latino, Greco e Matematica.» Scherzo la minore ottenendo un verso di disapprovazione.

«Come cominciare male questo anno scolastico.» Sbuffo e usci dalla stanza superando il capo famiglia che invece stava entrando meta camicia ancora da abbottonare. Guardo l'altra figlia intenta a versare l'acqua nella propria tazza a forma del piccolo mostriciattolo verde con un occhio solo ovvero il suo compagno di avventure nella sua infanzia.

«Agitata per inizio delle scuole.» Disse lei mentre si avvicinava di nuovo ai sportelli alle sue spalle per prendere lo zucchero. Il padre si diresse verso la cucina per poi notare una tazzina bianca piena di liquido marrone appogiata sul bancone di marmo. Quando noto un altro elemento bianco sul tavolo uguale a quello che stava osservando prima sorrise intuendo che quel caffè fosse per lui infondo, a parte alla sua figlia maggiore era l'unico che ne beveva. Così se la porto alle labbra assaporando il contenuto freddo e amaro, come piaceva a lui. I suoi occhi castani si posarono sulla figliola più giovane seduta al tavolo che stava in mezzo alla stanza insieme al divano bianco, ricoperto di cuscino colorati, sistemato di fianco al cammino in modo verticale rispetto a quest'ultimo.

Tra i due componenti della famiglia di era creato un silenzio né piacevole né imbarazzante. Entrambi erano concentranti sulla propria colazione quando arrivo ultimo elemento femminile della piccola famigliola. I luchi capelli scuri scendevano fino a metà del busto, i piccoli occhi neri erano ancora coperti dalla palpebre e la vista delle sottili labbra che non sembravano smettere di sbadigliare erano disturbato dalla mano sinistra di lei. Saluto con un bacio sulla guancia il marito e la figlia per poi preparasi propria colazione.

Dopo un ora dal risveglio dei quattro abitanti della piccola villetta uguale a tutte le altre di quel quartiere i due più importanti erano già usciti di casa lasciando le due sorelle ancora intente a preparasi. Più precisamente Rebecca si era appena chiusa la porta d'ingresso alle spalle mentre Sara stava ancora cercando i compiti delle vacanze. Si incammino verso istituto nonostante il suo anticipo. La aspettava un secondo anno di una scuola a indirizzo tecnico con i solito compagni tra cui ormai inseparabile gruppo d'amici dove faceva parte, gli insegnati troppi veloci a programmare verifiche e troppo lenti a correggerle e amministrazione inesistente. Giro a destra e continuo a camminare sul marciapiede mentre i Bar sistemavano i tavolini e le persone uscivano di casa per lavorare. Saluto Gemma, la figlia del proprietario del Bar davanti l'edificio, che stava sistemando i tavolini e prendendo le ordinazioni dei clienti mattutini. Quando il suo saluto fu ricambiato, attraverso la strada ed entro nel cortile della scuola ancora vuoto e si sedette su un muretto aspettando che arrivasse qualcuno di sua conoscenza.

Entrò in classe seguita d'Alessia con una faccia per niente felice del nuovo inizio. «Come mai tutta questa voglia di entrare in classe?» Chiese mentre guardava la lavagna con su scritto, in caratteri decisamente grandi, 2^C. «Non eri costretta a venire.» sussurrò mentre appoggiava lo zaino sul banco guardando quello dell'amica cadere per terra accompagnato dai strani borbotti che faceva mentre si accomodava sul banco. «Pronta per questo nuovo orribile anno scolastico?» Domando, non danno molto peso all affermazione sentita poco prima, alla sua migliore amica mentre giocava con la cover del telefono. «Sinceramente sono un po' in ansia.» Al pronunciare di quelle parole Alessia alzo un sopraciglio e fisso la figura magra, davanti a lei, come per studiarne i più piccoli particolari. «Strano. Non sei stata ansiosa neanche i momenti peggiori di questo». Rebecca sapeva che la castana di fronte a lei la conosceva come le sue tasche quindi sarebbe stato inutile mentirle. Si conoscevano dall'asilo ed erano sempre finite in classe insieme. La più grande produceva un sottile rumore di sottofondo con le unghie smaltate di rosso contro il legno. Il viso affilato rivolto verso circondato da capelli lisci fino a raggiungere la parte superiore del petto. I suoi occhi castani erano rivolti verso la più piccola anche se la loro differenza di età era di un mese. Quest'ultima, non volendo continuare il discorso, trovava interesse per le piccole mattonelle verdi sotto le sue scarpe. A rompere quel silenzio ci penso una ragazza con la sua entrata in classe.

«Ma ciao a tutti!» disse per poi fare un inchino prima d'entrare. Lancio il suo zaino facendo quasi cadere una sedia, saluto Alessia e si avvicino all'altra compagna per stritola in un abbraccio. Alice anche se era la più giovane del gruppo di amici fisicamente sembrava opposto con i capelli di un castano chiaro che finivano sempre davanti ai suoi occhi verdi e il piccolo neo vicino la parte sinistra del labro. Si stacco dall'abbraccio e si sistemo dietro a Rebecca. Cominciarono a entrare anche gli altri compagni e la stanza si riempi di abbracci e saluti; in fondo non ci vedevamo da tre mesi. La ragazza con gli occhi neri si guardo intorno e quando vide l'amica seduta dietro di lei salutare tutti con il dito medio alzato e le gambe distese sul banco di Lucia che urlava infastidita dal suo comportamento capi che quello sarebbe stato come l'anno precedente e non si sarebbe dovuta precupare. A distoglierla dai suoi pensieri ci pensarono due labbra posate sulla sua guancia sinistra.

«Giulietta, ti è mancato il tuo Romeo?.» Sentendo il sopranome che da bambini gli aveva appropriato il suo migliore amico rise. «No.» Disse per poi vedere David portare una mano sul cuore e guardarla con un sguardo dispiaciuto. «Giulietta cambierai idea. Molto presto cambierai idea.» Dichiaro prima di sedessi vicino ai banchi delle quattro ragazze e sue amiche.

Al suono della campanella si sedettero ai propri posti e alla vista dell'insegnante della prima ora si azzittirono tutti. Le ore passarono velocemente e tutti i professori facevano il solito discorso che ormai tutti sapevano a memoria. Alla terza ora e anche ultima della giornata, la Professoressa di Inglese si mise a parlare della sue vacanze estive in Irlanda, finche non chiese a Rebecca, seduta in prima fila, di fare le fotocopie per tutta la classe. Lei annui, prese i fogli e si diresse verso le scale. I corridoi della scuola erano ricoperti di fotografie degli studenti che avevano scelto quell'istituto. Prima di diventare un Istituto Tecnico la scuola era un liceo classico che era stato frequentato da entrambi in genitori di Rebecca. Tra tutte quelle foto, che coprivano orribile giallognolo delle pareti, c'erano anche loro mentre sorridevano senza immaginare quale potesse essere il loro destino. La ragazza stava scendendo le scale ma inciampo lasciando andare i fogli che teneva in mano che volarono in aria. Alzo leggermente la testa e apri gli occhi. Non era finita per terra con il viso attaccato al pavimento freddo anzi, la sua testa era adagiata sul petto di un ragazzo troppo alto per essere della sua età. I capelli castani coprivano leggermente gli occhi marroni tendenti al nero che cominciavano ad aprissi incocciando quelli color pece della ragazza. Quest'ultima per iniziasi a alzasi o per vedere meglio la persona sotto di lei aveva appoggiato le mani, al altezza del suo viso, sul pavimento per poi fare pressione e sollevarsi giusto lo spazio per separare il proprio a quello del ragazzo. Il rossore sulla guancia di lui la fece subito alzare. Si scuso mentre il ragazzo si stava alzando e mettersi al piedi davanti a lei. «Stupide scale.» Sussurro per poi muovere leggermente la testa facendo spostare la treccia da una spalla al altra, prendere il suoi fogli da terra e si diresse alla fotocopiatrice lasciando il ragazzo parecchio perplesso.

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