Spleen & Ideale

di Flami151
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi sono io? ***
Capitolo 2: *** Il leone mancato ***
Capitolo 3: *** Dum loquimur fugerit invida aetas ***
Capitolo 4: *** Le termiti dell'anima ***
Capitolo 5: *** Incontri ***
Capitolo 6: *** Il delirio dei sensi ***
Capitolo 7: *** Il fuoco vive della morte della terra ***
Capitolo 8: *** Posso favorire? ***
Capitolo 9: *** Amici? ***
Capitolo 10: *** Estremo piacere ed estremo terrore ***
Capitolo 11: *** Dove cielo e terra si confondono ***
Capitolo 12: *** Pilucca l'attimo e capitalizzalo ***
Capitolo 13: *** Innocente bellezza ***
Capitolo 14: *** Un errore di valutazione ***
Capitolo 15: *** Posta inaspettata ***
Capitolo 16: *** I Will Follow You Into The Dark ***
Capitolo 17: *** Inconsapevolezza ***
Capitolo 18: *** Richiamo primordiale ***



Capitolo 1
*** Chi sono io? ***


AVVISO: Storia incompiuta! Se siete curiosi di leggere questa storia sappiate che la sto riscrivendo interamente! Troverete la nuova versione sul mio profilo!

 

Ai miei lettori,
scrissi già una Fanfiction in passato ma rileggendola mi sono resa conto di come il mio lavoro fosse decisamente riduttivo e poco sviluppato. Essendo passato quasi un anno ormai, voglio cimentarmi nuovamente nella scrittura creativa sperando di mostrare i miei progressi.
Non avendo dei capitoli già pronti non so assicurarvi la frequenza delle pubblicazioni. Inoltre potrebbe capitare a volte che io inserisca delle citazioni nel racconto, se ciò dovesse accadere aggiungerò un asterisco con cui ve ne segnalerò la provenienza.
Infine voglio dedicare questa storia a chi, come me, sta imparando solo ora a conoscere se stesso, a chi ama  l’arte e a chi deve prendere una decisone importante nella sua vita.
Buona lettura.
 
Chi sono io?
 
Narcissa era in piedi davanti al Signore Oscuro. Teneva la schiena e le spalle ben dritte, il mento alzato e i suoi occhi non lasciavano intravedere alcuna emozione; la sua postura fiera era tradita soltanto da un leggero e impercettibile tremito all’angolo della bocca.
 
Nonostante si trovassero al Malfoy Manor, Colui-che-non-deve-essere-nominato sembrava molto più a suo agio di lei in quella situazione e sedeva comodamente su una poltrona all’interno della camera padronale, di cui si era appropriato.
 
La poca luce presente proveniva esclusivamente da un caminetto posto sul lato opposto della stanza. L’unica finestra presente era talmente ben serrata da non lasciar filtrare nemmeno un filo di luce, tanto da non poter distinguere il giorno dalla notte. Lui non amava essere osservato, lui viveva nell’ombra, lui lasciava che fossero le sue parole, prima del suo aspetto raccapricciante, a intimorire i suoi sudditi.
 
Quando parlò col suo tono sibilante, infatti, un brivido percosse la schiena di Narcissa, ma lei non lo diede a vedere e come un soldato mantenne la sua posizione.
 
<< La decisione è stata ormai presa, cosa ti fa credere che io possa cambiare idea? >>
 
La signora Malfoy soppesò attentamente le parole prima di rispondere.
 
<< Mio Signore, nonostante i profondi sentimenti che nutro per mio marito sono consapevole dei danni che ha causato, ma ritengo che non vi sia pena peggiore di quella che sta scontando adesso, ad Azkaban, senza alcuna possibilità di servirla e di rivendicare il suo onore. Ha già perso la sua libertà e la sua dignità, è proprio necessario che debba perdere anche suo figlio? >>
 
Anche attraverso l’oscurità Narcissa riuscì a vedere il ghigno che si disegnò sul volto del Signore Oscuro.
 
<< Mia cara narcissa, Draco non morirà se riuscirà a portare a termine il compito che sto per assegnargli. Mi è sembrato un ragazzo intelligente,  non credo che avrà molte difficoltà. >>
 
<< Signore, io credo molto nelle capacità di mio figlio, ma uccidere Albus Silente è oltremodo fuori dalla sua portata, è un incarico che persino io potrei trovare difficile da svolgere. >> Si morse la lingua per l’ultima frase che aveva pronunciato, ma Lui non parve farci caso, così proseguì. << Se dovesse sbagliare, se qualcuno riuscisse a vedere il suo Marchio, l’intero piano rischierebbe di andare a monte prima del tempo. Mi creda, l’intervento di Draco potrebbe essere più d’intralcio, che utile. >>
 
Il suo interlocutore rimase in silenzio, questo era un ottimo segno, voleva dire che le sue parole avevano avuto un certo peso.
 
Dopo un tempo che le parve infinito, l’Oscuro sembrava aver preso una decisione.
 
<< Nonostante l’inettitudine mostrata da tuo marito, ho molta stima di te mia cara Narcissa. >> Parlava lentamente, scendendo ogni parola. << Per questo ho deciso di darti ascolto. Forse concedere a Draco il Marchio Nero potrebbe essere prematuro. >>
 
Il cuore di Narcissa accelerò per la gioia: a causa di un errore commesso in passato, la sua vita e quella di Lucius furono irrimediabilmente distrutte da quel mostro che ora si trovava davanti a lei e che aveva usurpato la sua casa, ma forse Draco si sarebbe salvato, forse un giorno avrebbe avuto una vita normale.
 
<< Ciononostante. >> Si era illusa troppo presto. << L’incompetenza di Lucius deve essere punita. >>
 
***
 
Quando mia madre mi diede la notizia, rimasi senza parole.
 
<< Che vuol dire che non diventerò un Mangiamorte? >>
 
<< Il Signore Oscuro ha ritenuto che tu non fossi ancora pronto per questo incarico, riceverai l’onore di essere ammesso alla cerchia dei suoi fedelissimi solo quando avrai terminato i tuoi studi, è la cosa migliore. >>
 
Non riesco a capire, fino a pochi giorni fa sembrava che sarei stato marchiato, e adesso la mia speranza è andata in fumo. Mi siedo sul letto accanto a mia madre, è molto pallida, lo si può vedere anche sotto lo strato di trucco che nasconde magistralmente le sue imperfezioni; se non fossi così deluso dalla notizia, forse le chiederei come sta. Si sta accarezzando i folti capelli sciolti che le ricadono delicatamente su una spalla, formando delle leggere onde.
 
<< Perché credi che abbia cambiato idea? >> Chiedo con un tono di voce più carico di delusione di quanto non avrei voluto.
 
<< Non saprei, forse vuole solo che tu abbia più tempo per prepararti, magari per goderti la giovinezza. >>
 
Godermi la giovinezza? Ma se non ho fatto altro negli ultimi sedici anni? Sono stato il bambino più fortunato di tutta la scuola, ho sempre avuto tutto ciò che desideravo: i soldi, le ragazze, gli amici. Sono stanco di essere un ragazzino, stanco di restare chiuso in quella topaia colma di Mezzosangue e di babbanofinli.
 
Guardo mia madre come se lei potesse trovarmi una soluzione, come se bastasse uno sguardo per farmi ottenere ciò che volevo, come è sempre stato, ma lei evita i miei occhi, puntando ostinatamente i suoi verso il basso. Nasconde qualcosa.
 
<< Sei stata tu? >> Chiedo poco convinto; lei non risponde. << Sei stata tu! Hai convinto il Signore Oscuro a non ammettermi tra i Mangiamorte! >>
 
Lei sospira.
 
<< Si Draco, sono stata io, mi dispiace, so con quale impazienza attendessi quel giorno, ma devi solo portare pazienza per un altro paio d’anni, poi potrai decidere liberamente il tuo destino. >>
 
D’un tratto, la delusione cocente di poco fa inizia a far posto alla rabbia. Mia madre, la sola persona che mi è vicina ora che papà è in prigione, mi ha tradito. Lei che per prima si era mostrata entusiasta quando l’Oscuro aveva annunciato il suo desiderio di conferirmi il Marchio Nero è colei che ha reso questa benedizione irraggiungibile.
 
Perché era di questo che si trattava, di una benedizione. Niente al mondo avrei desiderato di più che poter finalmente adempiere a quel destino per cui mi preparo da quando sono nato. Una volta diventato Mangiamorte, nessuno mi avrebbe più trattato come un ragazzino, nessuno avrebbe più osato trattarmi nemmeno come un suo pari, tanto meno il Trio dei Miracoli, che si crede tanto superiore a me.
 
Senza accorgermene mi sono alzato e ho iniziato a percorrere la stanza avanti e indietro a grandi falcate. Mi giro verso di lei, verso la donna che credevo mia alleata e le urlo in faccia tutto il mio disprezzo.
 
<< Credevo che volessi il meglio per il tuo unico figlio, credevo che desiderassi farmi felice! >> Lei non si scompone, così urlo più forte. << Senza papà non sei altro che una nullità! Guarda come ti sei ridotta, a mettere i bastoni tra le ruote al tuo stesso figlio. >>
 
Non so più neanche cosa sto dicendo, voglio solo gettare la mia rabbia addosso a colei che ha infranto le mie speranze. Cerco di controllare le mie emozioni, come ho imparato a fare fin da piccolo, eppure continuo a camminare su e giù tirando pugni a qualsiasi cosa entri nel mio raggio d’azione. Nonostante ciò lei resta immobile, non si scompone, non reagisce ai miei insulti e alle mie provocazioni. La guardo ancora, sento i miei occhi ridursi a fessure ma lei sostiene il mio sguardo.
 
<< Torna da Lui, digli che ritiri qualunque cosa tu gli abbia detto. Fagli cambiare idea. >>
 
<< No. >>

Quella sua semplice risposta, il suo tono deciso e autoritario, mi lasciano senza parole. I miei piedi si fermano finalmente ma le mie mani iniziano a tremare senza controllo. Sento il mio viso farsi paonazzo per lo sforzo di non urlare, di non saltarle addosso, di non estorcerle un “si” con la violenza. Non mi aveva mai negato niente prima di allora e mi basta guardarla un’ultima volta per capire che non mi avrebbe mai dato ciò che desidero. Esco dalla stanza sbattendo la porta.
 
***
 
I giorni sono passati velocemente e io non ho ancora rivolto la parola a mia madre. A dirla tutta mi sento un po’ in colpa: deve soffrire molto delle mancanza di papà. Ma anche a me manca, e lei invece di piangersi addosso dovrebbe sentirsi onorata del fatto che il Signore Oscuro abbia scelto il Manor come sua dimora, papà lo sarebbe di certo…
 
Non riesco ancora a spiegarmi perché si sia messa in mezzo, perché mi abbia privato di questo onore. Gelosia forse?
 
Oggi è arrivata la lettera di Hogwarts con i risultati dei G.U.F.O., rendendo il mio umore ancora più tetro.
 
GIUDIZIO UNICO PER I FATTUCCHIERI ORDINARI
 
Voti di promozione:
Eccezionale (E)
Oltre Ogni Previsione (O)
Accettabile (A)
 
Voti di bocciatura:
Scadente (S)
Desolante (D)
Troll (T)
 
DRACO MALFOY HA CONSEGUITO:
 
Astronomia:                                  O
Cura delle Creature Magiche:      A
Incantesimi:                                   E
Difesa contro le Arti Oscure:        E
Rune Antiche:                                A
Erbologia:                                     A
Storia della Magia:                        E
Pozioni:                                         E
Trasfigurazione:                           O
 
 
Dovrei essere felice, ho conseguito degli ottimi risultati. Ma non posso prendere in giro me stesso e illudermi che siano veramente i miei voti. So perfettamente che è stata l’influenza di mio padre a permettermi di ricevere una pagella del genere senza grandi sforzi. Forse solo Pozioni e Incantesimi corrispondono a verità e questo mi rende per certi versi… orgoglioso di me.
 
Continuo a fissare la lettera e mi rendo improvvisamente conto di dover scegliere cosa fare della mia vita. Non mi ero mai davvero soffermato a pensare quali corsi di studio avrei seguito dopo i G.U.F.O. dando per scontato che a quest’ora avrei già ricevuto il Marchio e che avrei consacrato il mio sesto anno scolastico a servire il Signore Oscuro.
 
Dentro la mia mente iniziano a prendere forma due importanti consapevolezze: la prima è che con quei voti posso scegliere di fare ciò che voglio; la seconda è che non ho la minima idea di cosa voglio.
 
Ormai mi sono abituato a pensare a me come Draco Malfoy, futuro Mangiamorte; ma ora sento il mio sogno più lontano che mai e mi ritrovo a chiedermi “chi sono io?”.
 
Allora: sono un Purosangue, sono un buon pozionista, sono un giocatore di Quidditch fenomenale… discreto a dir la verità. Mi piace volare sulla scopa e… non mi viene in mente altro.
 
Davvero non ho alcuna capacità o interesse? Cosa ho fatto negli ultimi anni se non prendermi il merito di risultati che non mi appartenevano?
 
Sento la mancanza di papà più che mai in questo istante. Mi immagino di averlo accanto a me, di festeggiare i miei ottimi voti fingendo che io ne sia davvero meritevole. Forse lui avrebbe impedito alla mamma di parlare col Signore Oscuro, forse adesso sarei un Mangiamorte e forse non mi starei preoccupando del fatto che la mia vita finora è andata avanti senza alcuno scopo.
 
Vado a dormire chiedendomi cosa proverei a portare il Marchio Nero sul mio avambraccio.
 
***
 
Lucius Malfoy era seduto sulla sua brandina nella polverosa e umida cella di Azkaban.
 
Nonostante le condizioni degradanti manteneva comunque una postura elegante, come si addice a un uomo di alto rango. Mai nessuno lo avrebbe visto strisciare, mai nessuno avrebbe visto il suo spirito fiero decomporsi, mai nessuno lo avrebbe sentito scongiurare pietà e benevolenza.
 
Provava disgusto per tutti quei cani rognosi che sentiva singhiozzare ogni notte, domandare perdono per i propri peccati e maledire chi li aveva gettati e dimenticati lì.
 
Lui invece, al contrario di tutti, si mostrava sempre impassibile come se niente di ciò che aveva intorno lo riguardasse, come se fosse ancora seduto nella comoda poltrona di casa sua, quella sulla quale era seduto colui che un tempo aveva venerato.
 
Un Auror passò davanti la sua cella. Ce n’erano molti ora che i Dissennatori non facevano più la guardia ai prigionieri e molti di loro, lo sapeva bene, erano seguaci del Signore Oscuro.
 
L’Auror lasciò cadere tra le sbarre della cella un piccolo pacchetto. Lucius lo contemplò a lungo: non poteva essere caduto li per caso, doveva essere indirizzato a lui. Un pensiero da parte della sua famiglia magari. Si piegò e lo raccolse, non era molto pesante. Iniziò a srotolarlo e ciò che vi trovò dentro lo sconcertò a tal punto da provocargli un forte conato. Dentro, avvolto in un fazzoletto lurido, c’era l’orecchio di Narcissa Malfoy, al quale era appeso ancora l’orecchino con l’emblema della sua casata.

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Capitolo 2
*** Il leone mancato ***


    Il leone mancato

 

Narcissa Malfoy si osservava allo specchio tristemente. Aveva raccolto lateralmente i capelli biondi servendosi di un nastro color smeraldo. Si chiedeva se qualcuno si sarebbe accorto che sotto quella massa di boccoli non vi era più l’orecchio destro. Ma che le importava? Suo figlio era salvo, per il momento, e la sua vita non sarebbe cambiata solo per un orecchio mancante. Chissà se un giorno avrebbe imparato a guardarsi senza rabbrividire.

 

Si poggiò delicatamente sul letto, non il suo ovviamente, quello era stato usurpato da Vol… non aveva neanche il coraggio di pensarlo quel nome. La sola idea che quell’essere mostruoso si fosse impossessato della sua dimora le faceva venire il voltastomaco. Doveva controllarsi però. Nessuno doveva sapere che i suoi sentimenti verso il Signore Oscuro erano cambiati negli ultimi anni, che lei e Lucius non condividevano più le idee di grandezza degli altri Mangiamorte, che erano solo dei granelli di sabbia mossi dalla corrente, senza possibilità di opporsi. Se solo in gioventù fossero stati più coscienziosi! Adesso il loro destino e quello del loro unico figlio non sarebbe stato in mano al mago più malvagio e potente che il mondo abbia mai ospitato!

 

Narcissa si prese la testa fra le mani. Non doveva piangere, non doveva mostrare segni di debolezza. Si sentiva completamente sola, con Lucius in prigione e Draco che la disprezzava. Ma come poteva spiegargli il suo gesto senza esporlo a un pericolo fatale? Se il Lord avesse letto nella sua mente i pensieri anarchici dei suoi genitori cosa gli avrebbe fatto? Non poteva neanche immaginarlo senza che il panico la assalisse.

 

No, doveva mantenere il segreto. Doveva lasciare che Draco continuasse a credere negli ideali che gli avevano impartito fin da piccolo. Ora, alla luce di ciò che stava accadendo, si sentiva stupida e terribilmente in colpa per aver deturpato la mente del suo bambino con i quegli insegnamenti razzisti. Come aveva potuto credere che ci fosse un sangue più sporco di quello che scorre nelle vene dell’Oscuro, contaminato dall’odio e dalla malvagità? Mai in vita sua avrebbe pensato che il risentimento e il disprezzo dei Purosangue verso i Sanguesporco si sarebbero trasformati in un genocidio. Mai avrebbe desiderato l’omicidio, lo stupro e la carneficina di tutte quegli uomini, donne e bambini.

 

Sentì bussare alla porta dunque si ricompose in fretta e andò ad aprire. La figura di Severus Piton si stagliò di fronte a lei e le rivolse un velato sorriso. Lei si spostò invitandolo a entrare. Una volta chiusa la porta ebbe l’accortezza di silenziare la stanza con un incantesimo.

 

‹‹ Volevi vedermi Narcissa? ››

 

‹‹ Si Severus. Innanzi tutto vorrei ringraziarti di essere qui: mi rendo conto dei pericoli che stai correndo parlando privatamente con me. ››

 

Severus Piton la guardò con apprensione, raramente si poteva intravedere un barlume di dolcezza nei suoi occhi e quella era una di quelle occasioni.

‹‹ È il minimo che io possa fare per te, conosci il profondo affetto che mi lega alla tua famiglia. ››

 

Narcissa sorrise, ma gli occhi non seguirono le sue labbra.

‹‹ Ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Potresti tenere sotto controllo Draco? Non vorrei che per dimostrare quel che vale si cacciasse in qualche guaio, o peggio… ››

 

‹‹ Certo, lo avrei fatto anche senza che tu me lo chiedessi. Temo che si possa sentire disorientato ora che il Marchio gli è stato negato. Ho solo una domanda: Draco è a conoscenza dell’incarico che gli sarebbe spettato se fosse diventato un Mangiamorte? ››

 

La signora Malfoy scosse leggermente il capo.

‹‹ No, ed è di fondamentale importanza che non lo venga a sapere. È per il suo bene: non voglio che compia gesti azzardati o che possa provare risentimento nei tuoi confronti ora che sei tu a dover eseguire questo compito. ››

 

‹‹ C’è altro che io possa fare per te Narcissa…? ›› Ora Severus sembrava a disagio. ‹‹ Dico per il tuo… ››

 

E così Severus era stato informato…

‹‹ No, grazie, temo che contro i sortilegi del più grande mago oscuro neanche la pozione preparata dal miglior pozionista esistente possa fare qualcosa. ››

 

Severus la guardò ancora per qualche istante, poi riassunse il suo sguardo indifferente e si alzò. Aspettò che Narcissa cancellasse il suo incantesimo, poi uscì.

 

E così era di nuovo sola ma il suo cuore era più leggero ora che sapeva che qualcuno ad Hogwarts vegliava sul suo Draco. Severus era un uomo buono, in fondo. Anche se ancora non riusciva a capire verso chi rivolgesse la sua lealtà.

 

 

***

 

 

Non è facile fare spese a Diagon Alley in questo periodo dell’anno: il caldo estivo e la fitta massa di gente rendono l’aria irrespirabile. Nemmeno la brezza inglese riesce a dar sollievo al mio viso madido di sudore e questo mi mette a disagio; non amo che la gente mi veda così trasandata e maleodorante. Chiunque mi conosca anche solo un po’, sa bene che non sono una ragazza appariscente: non mi trucco, non cerco di rendere la divisa uno strumento di provocazione accorciandomi la gonna o sbottonandomi la camicetta e do sempre la priorità al decoro e alla semplicità. C’è chi dice che non ho il senso del gusto, chi mi chiama “suora”, chi addirittura scherza sostenendo che io sia un uomo. La verità è che semplicemente mi sento più a mio agio così.

 

Tento di legarmi i capelli crespi alla ben e meglio servendomi di un nastrino scarlatto prestatomi da Ginny, ma invano, mi arrendo quindi al caldo e proseguo la mia strada cercando di tenere la testa bassa così che i rivoli di sudore non siano troppo evidenti.

 

La prima tappa della mattinata è Tiri vispi Weasley, il negozio di scherzi appena aperto da Fred e George. Mentre camminiamo guardo Ron di sottecchi, mi capita più spesso di quanto si addica a una coppia di buoni amici ma immagino sia normale cercare un punto di riferimento nei momenti difficili, o per lo meno così lessi in un libro…

Dopo la battaglia avvenuta nel cuore del Ministero della Magia e la morte di Sirius ho fatto le valigie e mi sono trasferita dai Weasley per il resto dell’estate, abbiamo ritenuto che fosse un posto più sicuro per me. A volte mi sentivo in imbarazzo a essere l’unica estranea alla famiglia e ad essere l’oggetto di tutta quella premura, ma Molly sa come mettere a proprio agio gli ospiti.

 

Nessuno ne è a conoscenza, ma quasi ogni notte avevo gli incubi. Sognavo gli inespressivi volti dei Mangiamorte, sognavo i denti aguzzi del lupo mannaro Grayback, noto divoratore di fanciulli, sognavo il sorriso di Sirius che spariva dietro il misterioso velo nel cuore dell’Ufficio Misteri e infine sognavo i miei genitori, torturati e poi uccisi a causa mia.

Quelle notti mi svegliavo urlando ma nessuno ci faceva caso tanta era l’abitudine ai gemiti e ai lamenti del fantasma di famiglia, che soggiorna in soffitta da tempo immemore.

Quando ciò accadeva, scendevo in cucina e mi preparavo una tisana calda, ne avevo bisogno per distendere in nervi. Solitamente trovavo Ron, anche lui tormentato dai miei stessi fantasmi, e insieme ci tenevamo compagnia fino all’alba, quando il sole iniziava a mostrarsi al di là delle colline.

Ci raccontavamo per ore storie babbane e non, aneddoti sulla nostra vita e sulla nostra infanzia. Lui mi confidò quanto sia difficile essere il più giovane tra i fratelli Weasley e indossare solo roba di quinta mano, che di anno in anno si fa sempre più stretta visto che col passare del tempo sta diventando il più alto in famiglia. Io gli dicevo che mi mancava la mia, di famiglia e che temevo per la loro incolumità. Allora lui mi sussurrava parole di conforto e mi stringeva a sé, tenendomi al caldo e al sicuro.

 

Col passare dei giorni quegli incontri notturni erano diventati la routine e non era più nemmeno necessario dilungarsi in convenevoli, ci accomodavamo sul divano ed io lasciavo che lui mi poggiasse il braccio intorno alle spalle. Certe volte neanche parlavamo, combattevamo i demoni in silenzio, insieme.

 

A volte, mi soffermo a interrogarmi sulla natura del nostro rapporto, chiedendomi se si tratti veramente di una semplice amicizia.

 

‹‹ …Che fai entri o no? ››

 

La voce di Harry interrompe i miei pensieri facendomi sobbalzare leggermente. Senza che me ne accorgessi i miei piedi mi avevano portata davanti al negozio dei gemelli. E’ un palazzo grande e cangiante, completamente in contrasto con le altre vetrine di Diagon Alley. Sull’insegna è stampata una frase oltraggiosa che fa rabbrividire la signora Weasley:

 

Perché hai paura di Tu-Sai-Chi?

MEGLIO avere paura di

NO-PUPU’-NO-PIPI’

La Sensazione di Occlusione che Stringe la Nazione!

 

Nonostante condivida appieno la disapprovazione di Molly, non riesco a non trattenere una leggera risatina.

 

Seguo i miei amici all’interno del negozio e inizio a frugare un po’ in mezzo a tutte le chincaglierie. Mi sorprende che quei piccoli esperimenti coltivati in gran segreto si siano evoluti in questo meraviglioso business; riesco a riconoscere molti degli oggetti che sequestrai l’anno scorso in qualità di prefetto come le pasticche vomitose e le crostatine canarine.

 

Non mi ero resa conto di come le persone là fuori fossero cupe e amareggiate prima di entrare qui dentro: solo ora che sono circondata da visi sorridenti e da risate mi sono ricordata che aspetto avesse il buonumore. 

 

Sbircio incuriosita lo scaffale delle pozioni d’amore e mi chiedo se mai ne avrò bisogno. Ginny sembra avermi letto nel pensiero.

 

‹‹ Io ne starei alla larga fossi in te, i filtri d’amore possono trarre in inganno le ragazze sciocche, ma tu dovresti sapere che non generano davvero l’amore come si è soliti credere… ››

 

Lo so bene, ma non mi va di fare la solita saputella, così invece di interromperla lascio che continui a parlare. Io inizialmente la seguo annotandomi mentalmente ogni suo errore di esposizione ma poi un volto familiare cattura la mia attenzione.

 

Vedo Draco Malfoy lanciare uno sguardo curioso attraverso la vetrina e poi proseguire dritto per la sua strada a testa bassa. Trovo strano che giri da solo senza il suo solito portamento borioso, forse sarebbe meglio seguirlo.

 

Interrompo lo sproloquio di Ginny il più delicatamente possibile ed esco dal negozio dicendo di aver visto la signora Vector, l’insegnante di artimanzia. Nessuno sembra contento di lasciare che una sedicenne si aggiri da sola per la città di questi tempi, ma tutti confidano abbastanza nel mio buon senso da lasciarmi andare, grave errore.

 

Mi sento un po’ in colpa per non aver detto a Harry e Ron il vero motivo per cui sono uscita in tutta fretta, ma credo che pedinare Malfoy non farebbe altro che fomentare la loro convinzione che sia diventato un Mangiamorte: non parlano d’altro da quando Harry ci ha raggiunto a casa Weasley.

 

Guardandomi intorno non riesco a scorgere alcun capo biondo platino, caratteristico della famiglia Malfoy, mi addentro dunque nelle vie minori, quelle meno frequentate, immaginando l’espressione che assumerebbe Molly Weasley se sapesse dove mi trovo. Continuo a camminare senza una meta, ruotando il capo senza sosta e maledicendomi per non essere stata più rapida finché finalmente non lo vedo: il giovane Malfoy é lì, da solo, seduto su un muretto lontano dagli occhi di tutti. Si é coperto la testa col mantello per essere meno riconoscibile e ad essere sincera neanche io mi sarei accorta di lui se non lo avessi seguito intenzionalmente.

 

Non fa niente. Dondola leggermente le gambe con noncuranza, assorto nei suoi pensieri.

Niente nel suo atteggiamento mostra un’emozione diversa dall’indifferenza ma qualcosa nel suo portamento insolitamente trasandato e poco altero mi fa venir voglia di andare lì a chiedergli come sta. Poi però mi tornano in mente tutti gli insulti, i gesti maligni, il volto di suo padre la notte in cui Sirius…

 

Me ne vado, qualsiasi problema abbia, può risolverselo da solo.

 

 

***

 

 

1… 2… 3… 4… 5…

 

Sarà banale, ma ho bisogno di contare quando sto per esplodere e questo è esattamente uno di quei momenti. E’ la prima volta che faccio spese per la scuola senza i miei genitori e vedere Tiger e Goyle, accompagnati dalle rispettive madri, a passeggio per Diagon Alley mi ha mandato il sangue al cervello.

 

Sono tuoi amici, dovresti chiedergli aiuto, non essere invidioso di loro.

 

Continuo a ripetermelo sperando di convincermene, ma senza risultato.

 

Dicono di me che sono una persona riservata, che i miei segreti sono talmente oscuri e spaventosi da non poterli rivelare a nessuno. Io lascio che la gente continui a pensarla così perché mi fa apparire come una persona molto più temibile e misteriosa di quanto io non sia, ma la verità è che non dico i miei segreti a nessuno perché non ho nessuno a cui confidarli, nessuno di cui mi fidi davvero, nessuno che mi sia davvero amico.

 

L’ho sempre saputo, a dirla tutta, ma una parte di me non ha voluto ammetterlo fino a quando la verità non si è mostrata ai miei occhi in tutta la sua crudezza, fino a quando non sono rimasto solo.

 

Mi do un piccolo slancio per scendere dal muretto sporco e umido su cui mi ero poggiato e inizio a dirigermi verso casa. Mentre cammino tengo la testa ben china in modo che nessuno possa vedermi: non sono in vena di chiacchiere e convenevoli. Fortunatamente nessuno fa caso a me e tutti continuano a tirare dritto per la lor strada, tenendo la bacchetta ben salda. Se solo sapessero quanto poco gli è utile contro i Mangiamorte!

 

Ormai sembra che ovunque non si parli d’altro se non degli attentati compiuti dalla cerchia ristretta del Signore Oscuro. Mi chiedo che sensazione si provi a prendere parte all’azione, a spargere il terrore e a tornare gloriosi con una storia da raccontare a cena. Digrigno i denti per l’impeto d’ira che mi assale e ricomincio a contare.

 

Guardo distrattamente tutte le vetrine, o almeno quelle che sono sopravvissute alla ferocia dei Mangiamorte, ma nessuna di queste è interessante fatta a eccezione quella dei Tiri Visipi. Mi duole ammetterlo, ma quegli straccioni dei Weasley hanno fatto un buon lavoro; se non fossero dei traditori del loro sangue forse ci farei anche un giro.

 

E poi loro hanno un futuro davanti, non come te, che sei solo un Mangiamorte mancato.

 

Devo fare appello a tutte le mie forze per scacciare questo pensiero dalla mia testa finché il mio occhio non casca su un piccolo negozietto che non avevo mai notato prima. L’insegna dice:

 

Emporio Animale Vestra

 

Mi guardo intorno e mi accorgo di essere arrivato a Notturn Alley. Un negozio di animali qui è talmente insolito che la curiosità mi spinge ad entrare.

Mi accoglie una signora dall’abbigliamento eccentrico. Indossa una veste verde smeraldo dalla cui scollatura, attorniata da gemme di ogni genere, sporge un ampio seno; sulle spalle, nonostante il caldo, poggia una stola di pelliccia e ai piedi porta delle scarpe col tacco alto. I suoi capelli sono sporchi e ricoperti da pietre preziose (o almeno così devono sembrare, non me ne intendo), saldate ad essi in un modo a me sconosciuto.

 

‹‹ Ciao giovanotto! Il mio nome è Vestra. Quale corrente ti ha condotto qui, nel mio modesto negozio? ››

 

Corrente?

‹‹ Sto solo dando un’occhiata. ›› Meglio non dare troppa confidenza a questa donna, i negozianti di Notturn Alley sono famosi per la loro scaltrezza e i loro comportamenti ambigui.

 

Più guardo gli animali, più sono convinto che abbiano qualcosa di strano, e potrei giurare di aver visto quel cagnolino laggiù sputare fuoco dalle narici.

 

‹‹ Mi scusi signora, questi per caso sono ibridi? ››

 

Vestra mi osserva qualche istante prima di rispondermi. E’ forse una legimens?

‹‹ Ibridi questi? Oh no caro, sono solo semplici animaletti da compagnia! ›› Poi mi strizza l’occhio.

 

Ora ha molto più senso, questi non sono animali comuni ma bastardi illegali generati dall’unione di creature magiche e non.

Scruto incuriosito ogni gabbietta: c’era una famiglia di roditori alati, un gufo parlante e più di un cane sputafuoco.

Potrei passare una giornata intera dentro questa bottega, cercando di indovinare i genitori di ogni ibrido e invece rimango catturato da una creatura in particolare. E’ un piccolo gatto grigio, l’unico di una famiglia di gatti striati, che ruggiscono come leoni.

 

‹‹ Sono fratelli? ›› Chiedo voltandomi verso Vestra.

 

‹‹ Bhe si, mi sono arrivati tutti insieme. ››

 

‹‹ E lui che fa? ›› Continuo a indagare, indicando il gattino grigio.

 

Vestra sembra divertita.

‹‹ Niente, non perdere tempo dietro al leone mancato, vieni piuttosto a vedere quest’aspide, credo che la troverai decisamente interessante… ››

 

Io non la seguo, continuo a guardare il “leone mancato”: cerca di avvicinarsi ai suoi fratelli ma nonostante i suoi sforzi viene allontanato. Osservandolo mi accorgo che è più gracile degli altri, forse perché non riesce a farsi valere durante i pasti. Allungo una mano per poterlo accarezzare ma vengo graffiato da almeno due gatti-leone così faccio un passo indietro imprecando.

 

‹‹ Ti piace proprio quel piccolo intruso eh? Lo tengo solo in attesa che mostri qualche abilità nascosta, ma visto che sembra un gatto comune te lo regalo. ›› Mentre parla, solleva il cucciolo e me lo getta in mano in malo modo. Lui non sembra turbato.

 

Vorrei ribattere ma vengo interrotto.

‹‹ Non credo che tu voglia sapere che fine farà se non te ne prenderai cura tu. ››

 

Soppeso l’ipotesi di portare un animale domestico ad Hogwarts. In molti nella mia casa ne hanno uno ma io non ne ho mai sentito la necessità, ora invece mi sento talmente solo che forse anche uno schiopodo sarebbe di compagnia. E poi sento una certa affinità tra me e lui.

 

‹‹ Come ci si prende cura di un gatto? ›› Chiedo ingenuamente.

 

Vestra ride di gusto. Mi chiedo cosa renda la mia domanda così divertente.

 

‹‹ Ti basta una lettiera e del cibo, al resto pensano tutto loro.  ››

 

Compro tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno: la lettiera, le ciotole, il cibo e anche un giochino a forma di topo. Spero però che una volta a scuola impari a cacciarsi le prede da solo e a divertirsi con ciò che il giardino gli offre.

Esco ringraziando e ricevendo una risata come risposta.

 

Continuo per la mia strada tenendo il gattino nella mano destra, non mi piaceva l’idea di rinchiuderlo in una gabbietta.

Lo osservo e non posso fare a meno di pensare che anche lui oggi, per la prima volta, si è allontanato dalla sua famiglia e sta per iniziare un viaggio, senza conoscere la meta.

Lui però non sembra preoccupato e forse non dovrei esserlo neanche io.

 

Il piccolo mi mordicchia la mano per gioco fino a farla sanguinare ma io lo lascio fare.

‹‹ Il Mangiamorte e il leone mancato… Credo che andremo d’accordo stronzetto. ››

 

 

***

 

 

Ciao ragazzi! Volevo esortarvi a recensire questo capitolo per dirmi se lo trovate troppo lungo, troppo descrittivo, o se potevo tagliare alcune parti. Mi serve per capire come impostare i capitoli successivi e per imparare qualcosa in più sulla scrittura, attività nella quale ho iniziato a cimentarmi solo da poco.

Ringrazio chi ha già messo la mia storia tra i preferiti o tra quelle da ricordare, spero di non deludervi.

Un bacio forte,

Flami151

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Capitolo 3
*** Dum loquimur fugerit invida aetas ***


Dum loquimur fugerit invida aetas
 
 
Finalmente riesco a distendermi in una delle numerose carrozze dell’espresso per Hogwarts. Essere prefetto è molto appagante ma il primo giro di ricognizione all’interno del treno è un incarico del quale farei volentieri a meno: è estenuante impedire ai ragazzini del primo anno di scagliare incantesimi a caso in ogni dove. L’Hogwarts Express è il primo luogo in cui possono praticare la magia legalmente e per questo appena saliti a bordo non pongono freni alla loro euforia. Solitamente sono l’unica tra i prefetti a preoccuparsi di tutto il marasma che provocano i neoalunni e vengo dunque puntualmente ignorata.
 
Sono stremata, ho mal di schiena e non vedo l’ora di arrivare nel mio dormitorio. Sono talmente stanca da non aver nemmeno voglia di studiare.
 
Ma chi prendo in giro?
 
Non ho aperto libro per tutta l’estate, cosa estremamente insolita per me.
La verità è che dopo la morte di Sirius ogni mia certezza è andata in frantumi. Ho dedicato tutta la mia vita allo studio e al duro lavoro e d’un tratto non sono più sicura di aver intrapreso la strada giusta. Continuo a ripetermi che dietro a quel velo sarei potuta caderci io, che se questo fosse accaduto ora non starei qui insieme agli altri ragazzi in procinto di affrontare il sesto anno scolastico. Mi chiedo a cosa sarebbero servite le innumerevoli ore trascorse in biblioteca se la mia vita si fosse spenta in quell’istante, nelle profondità dell’Ufficio Misteri.
 
Sono questi i pensieri che sottraggono ore preziose al mio studio e che mi sussurrano di cambiare stile di vita. Forse dovrei davvero smettere di angustiarmi. Forse dovrei iniziare a cogliere l’attimo; in fondo a nessuno è lecito sapere ciò che il destino ha in serbo per lui, l’unica cosa che ci è permessa è di accettare ciò che avverrà, facendo sì che il tempo, che ora sta scorrendo rapidamente sotto i  nostri occhi, non vada sprecato.(*)
 
Giro la testa per guardare fuori dal finestrino e ammiro la tranquilla campagna inglese scorrere di fronte ai miei occhi. La mia mente si immerge in sogni di libertà e immagino di volare a cavallo di una scopa sopra quelle distese verdi e arancioni, sentendo il rumore dell’aria nelle orecchie e riuscendo a percepire anche il suo odore. Potrei farlo, se volessi. Potrei scappare via e far perdere ogni traccia di me.
 
Sarei libera, sarei felice, sarei codarda.
 
Devo rinsavire. Se scappassi, non sarei libera, sarei schiava della solitudine. Questo è il mio posto: vicino ai miei amici. Loro hanno bisogno di me ed io sarò qui quando sarà il momento di affrontare la realtà e la guerra che si accinge a scatenarsi.
Non devo cedere all’illusione di una vita di spensieratezza: la vera felicità si raggiunge con anni di duro lavoro e di sacrifici, portando a termine i propri progetti e avendo vicino le persone care.
O forse no?
 
Guardo Ron, Harry, Neville, Luna e Ginny seduti nella mia stessa carrozza e, senza sapermi dare una spiegazione, inizio a sentirmi a disagio. Nessuno l’ha mai detto esplicitamente, ma tutti sappiamo di non essere semplici amici, di essere una vera e propria famiglia, di essere a casa ogni volta che stiamo insieme. Eppure quella casa, quel nido che abbiamo costruito pezzo dopo pezzo per proteggerci e per non sentirci mai soli, inizia a starmi stretta. Dovrei volare via? Cercare un altro riparo? O forse dovrei adoperarmi, come tutti del resto, ad allargare il nostro piccolo rifugio?
Gli altri non sembrano provare i miei stessi sentimenti e io inizio a odiare questa sensazione di inadeguatezza che mi insegue ormai da settimane.
 
Provo talmente tanta vergogna per i pensieri anarchici e vigliacchi che attraversano continuamente la mia mente da non averne parlato nemmeno con Ron.
Sicuramente, da buon Grifondoro, mi avrebbe detto che è giusto continuare a comportaci come abbiamo sempre fatto, che è giusto aiutare Harry a sconfiggere Lord Voldemort, che è giusto stare dalla parte di Silente,
Sarebbe dunque sbagliato se io volessi stare, per una volta, dalla mia parte? Se volessi egoisticamente pensare a me stessa e lasciare che siano gli altri ad occuparsi della guerra?
In fondo la Giustizia è un concetto talmente astratto che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche non esistere affatto. Potrebbe essere una delle tante fantasie dell’uomo, nata per far sì che ognuno di noi avesse uno scopo nella vita, un traguardo da raggiungere. I credenti lo chiamano “Paradiso”.
O forse le mie sono solo delle semplici scuse per giustificare la mia stessa apatia.
 
Vedo Harry rientrare nel vagone tutto affannato, non mi ero nemmeno accorta che fosse uscito. Sembra preoccupato: dice di non trovare Malfoy da nessuna parte. Ancora con questa storia? Perché non lo lascia in pace? Perché non mi lascia in pace?
 
‹‹ Hermione per favore andresti a controllare nel vagone dei prefetti? E’ l’unico posto in cui non mi è permesso entrare. ››
 
Capisco subito che non avrebbe desistito tanto facilmente, così acconsento ed esco dal vagone, senza però riuscire a celare il mio disappunto.
 
Mi dirigo verso il vagone dei prefetti e appena apro il portello vedo subito Malfoy, piegato a terra che… gioca con un gatto?
Si, è esattamente quello che sta facendo. Lo vedo far finta di tirare dei piccoli snack a un micetto grigio e dargli dei buffetti ogni volta che si fa fregare. Il gatto sembra capire quando deve e quando non deve voltarsi.
 
Trovo talmente surreale ciò che sto vedendo, talmente in contrasto con l’immagine che solitamente Malfoy dà di sé, che non posso fare a meno di ridere.
Solo in quel momento il Serpeverde si accorge della mia presenza e si alza di scatto. Il suo volto è paonazzo ma non ci sono segni di vergogna, solo di rabbia.
 
‹‹ Che cazzo hai da sghignazzare Mezzosangue? ››
 
Smetto subito di ridere. Ma come si permette?
Se fossi la solita Hermione pacata e riflessiva gli risponderei a tono, giocando l’arma del sarcasmo; ma non lo sono.
Estraggo la bacchetta con un gesto talmente rapido da non permettere al mio avversario di fare altrettanto. Voglio schiantarlo, voglio che si penta di essersi messo contro di me, ma non lo faccio.
Lentamente il mio emisfero sinistro, quello razionale, ristabilisce il suo predominio e io riacquisisco la calma.
 
‹‹ La prossima volta non te la caverai facilmente Malfoy. ››
 
Mi volto ed esco dal vagone, sbattendo la porta.
 
Tornando dai miei amici cerco di controllare le mie mani, che tremano freneticamente. Che mi sta succedendo? Perché non riesco più a controllarmi?
Riesco ad assumere l’atteggiamento più naturale possibile poco prima di accomodarmi nuovamente al mio posto. Nessuno sembra essersi accorto di nulla, sono tutti troppo curiosi di sapere se avevo trovato Malfoy.
 
‹‹ Era nel vagone dei prefetti, giocava con un gatto. Non faceva niente di losco, come sostenevo io fin dall’inizio. ›› Dico con un tono più scocciato di quanto vorrei.
 
Gli altri mi guardano, perplessi. Poi, uno dopo l’altro, scoppiano a ridere.
Le loro risate di disprezzo però non mi coinvolgono e inizio a sentirmi meschina per essermi approfittata di quel momento di debolezza del giovane Malfoy.
 
Chissà perché sta sempre da solo…
 
 
***
 
 
Scendo dal treno facendomi largo a spintoni, l’incontro con la Mezzosangue mi ha reso decisamente di cattivo umore.
Fa così ridere che io abbia con me uno stupido gatto? Lei anche ha il suo e io non l’ho mai derisa per questo. Per il suo atteggiamento da bacchettona e per la sua sudicia discendenza si, ma per il gatto mai.
 
Tutta la mia rabbia si è riversata sullo stronzetto, al quale ancora non ho trovato un nome adeguato e che continua a mordermi e a graffiarmi ogni volta che il mio comportamento non è di suo gradimento (mantenendo così quell’epiteto poco cordiale come nome).
Ora il piccolo è costretto a seguirmi a piedi, evitando con cura le scarpe di tutti gli studenti di Hogwarts, troppo occupati a dirigersi verso le carrozze per fare caso a cosa calpestano.
E’ così che ci si fa la pellaccia. Gli ho detto. E lui ha eseguito.
Non so se è un comportamento normale per un gatto svolgere con così tanta maestria gli ordini, non ne ho mai avuto uno.
Anche se devo ammettere di averlo decisamente aiutato spingendo un paio di ragazzini che rischiavano di dargli inavvertitamente un calcio.
 
A cena la rabbia si era dissipata e io mi sono finalmente deciso a passare un po’ del mio tempo con gli altri Serpeverde.
Durante il viaggio in treno ho preferito non farmi vedere da nessuno: quest’estate mi sono talmente vantato dell’arduo compito che mi avrebbe conferito l’Oscuro Signore da non aver avuto il coraggio di rivelare la verità, cioè che sono un fallito come tutti gli altri, che non valgo più di quanto non valgano Vincent e Gregory.
 
‹‹ Non ti ho visto sul treno, dove ti eri cacciato? ›› Mi chiede Blaise con sospetto.
 
‹‹ Dovevo fare delle cose… ›› Lo dico come se si trattasse di una faccenda estremamente importante e segreta.
 
Ma Blaise insiste.
‹‹ Che tipo di cose? ››
 
Dannata curiosità.
‹‹ Non sono affari tuoi, mangia e basta, non impicciarti. ›› E così chiudo la vicenda.
 
Zabini incassa il colpo e inizia un argomento completamente nuovo.
‹‹ Tra un paio di giorni avevamo intenzione di organizzare la festa d’inizio anno. Stavolta però ci serve anche il tuo aiuto: dopo la lavata di capo che ci fece Piton l’anno scorso i ragazzi dell’ultimo anno se ne sono tirati fuori. Non vogliono che il loro M.A.G.O. sia compromesso da simili bravate. ››


‹‹ Che dovrei fare? ››
 
‹‹ Devi solo rimediare l’alcol e trovare un’aula ottimale dove organizzare il party. Agli incantesimi protettivi ci pensiamo noi. ››
 
Acconsento, non perché mi senta particolarmente coinvolto nell’iniziativa ma per avere qualcosa da fare che mi distragga. Ancora non riesco ad accettare che mia madre abbia convinto l’Oscuro a negarmi il titolo di Mangiamorte e ancora non so cosa farò della mia vita. Aspettare che gli altri decidano il mio futuro per me non è nel mio stile, eppure per la prima volta mi sento completamente spaesato e non ho idea di come affrontare questa situazione. Distrarmi sembra essere la migliore medicina, per ora. Ma non posso rimandare in eterno.
 
Appena tornato nel dormitorio mi accingo a scrivere  una lettera a un caro amico di famiglia, proprietario di una locanda nei pressi del Manor. Gli chiedo di spedirmi qualche bottiglia di Whiskey Incendiario a basso prezzo via gufo. Certa gente farebbe di tutto per qualche galeone in più, anche spedire illegalmente alcolici a dei minorenni direttamente nella loro scuola. Io però non temo di essere scoperto: avere il padre tra i Membri del Consiglio di Amministrazione della Scuola ha i suoi vantaggi; tra questi la possibilità di ricevere finte bottiglie di Burrobirra senza che esse siano sottoposte a controlli particolarmente rigidi.
 
Vado a spedirla immediatamente lasciando che il micio continui a dormire sul mio letto indisturbato. Domani gli insegnerò ad entrare e uscire autonomamente dal dormitorio.
Salendo in guferia mi imbatto nella Granger, l’unica persona che oggi proprio non volevo incontrare. Nonostante il mio primo impulso sia quello di ignorarla e di tirare avanti per la mia strada, so di dover pareggiare i conti. Non posso lasciare che una Mezzosangue resti impunita dopo aver riso di me e avermi puntato addosso la bacchetta.
 
‹‹ Come mai sei sola Granger? Nemmeno lo sfregiato e il poveraccio riescono più a sopportarti? ››
 
Lei si volta verso di me, furiosa.
‹‹ Cos’hai in mano Malfoy? Una lettera per il tuo paparino? Non so se te l’hanno detto ma ad Azkaban non ci sono buche per le lettere.  ››
 
Mai avrei creduto che dalla bocca della Grifondoro potessero uscire parole del genere.
Rimango interdetto, boccheggiando senza sapere cosa replicare. Sono stanco, esausto e non ho alcuna voglia di trovare una risposta abbastanza tagliente. Mi limito a tirare fuori la bacchetta, questa volta prima di lei.
‹‹ Stai attenta Granger, ho amici potenti, io. ››
 
Non mi riferisco a nessuno in particolare, voglio solo intimorirla, anche se lei non lo sembra per nulla. Me ne vado prima che possa replicare, o schiantarmi…
 
Continuo a salire le scale, cercando di non pensare alle parole della Mezzosangue. E’ la seconda volta oggi che mostra un’insolita aggressività, mi chiedo quale possa esserne la causa.
Ma che m’importa? Non è degna della mia attenzione.
 
 
***
 
 
E’ passato un giorno dall’incontro con Malfoy ed io non riesco ancora a spiegarmi il mio comportamento.  Non m’interessa se se l’è cercata, io sono una Grifondoro, e sfruttare le debolezza altrui, colpendo dove fa più male, è oltremodo meschino.
 
Forse dovrei scusarmi…
 
La mia coscienza combatte contro il mio lato oscuro: quello capace di provare rancore e disprezzo.
 
Lui non si è mai scusato con me, e mi ha detto cose ben peggiori.
 
Si, ma io sono diversa, io sono una brava persona.
 
Infine la coscienza prende il sopravvento e, mio malgrado, mi avvio alla ricerca di Malfoy per porgergli le mie scuse.
Lo cerco ovunque: in sala grande, in biblioteca, sulla torre d’astronomia.
Anche se non si direbbe, girare tutta la scuola non è un’impresa da poco.
Finalmente lo trovo in giardino, da solo. Mi fa un certo effetto vederlo sempre isolato, senza Tiger e Goyle a fargli da ombra.
Mi rendo improvvisamente conto che ogni volta che l’ho trovato solo, sono sempre stata io a cercarlo e che probabilmente se così non fosse stato non mi sarei mai accorta di lui.
 
‹‹ Ciao. ››
 
Alza la testa. Sembra stupito e anche un po’ seccato, se sta qui tutto solo di sicuro non vuole compagnia. Non credo sia felice di essere stato disturbato.
 
‹‹ Che vuoi? ››
 
Non mi aspettavo una riposta più cordiale.
 
‹‹ Chiederti scusa per aver fatto quel commento su tuo padre… e per aver riso di te. ››
 
Mi preparo a vederlo esplodere dall’ira, sono anche pronta a tirare fuori la bacchetta in caso fosse necessario. Già me lo immagino: non ho bisogno della tua pietà, sporca Mezzosangue. Io sono un Malfoy, io ho amici potenti.
 
‹‹ Okay. ››
 
Okay? Tutto qui?
Forse è meglio non stuzzicarlo ulteriormente, io il mio dovere l’ho fatto.
 
‹‹ Bhe, ciao. ››
 
Non ricevo alcuna risposta, così me ne vado.
 
 
***
 
 
 
*Non chiedere, o Leuconoe, (non è lecito saperlo) qual fine
abbiano a te e a me assegnato gli dèi,
e non tentare calcoli babilonesi. Quant’è meglio accettare
quel che sarà! Ti abbia assegnato Giove molti inverni,
oppure ultimo quello che ora affatica il mare Tirreno
contro gli scogli, sii saggio, filtra vini, tronca
lunghe speranze per la vita breve. Parliamo, e intanto fugge l’astioso
tempo. Afferra l’attimo, credi al domani quanto meno puoi.
Orazio
 
 
Bene ragazzi,
sono contenta di vedere che alcuni di voi hanno già inserito la storia tra le preferite e spero di non deludervi.
Come vedete mi sono concentrata molto sui sentimenti e sulla psicologia dei personaggi, vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate di questa scelta: preferireste leggere più fatti e meno chiacchiere?
 
Sto cercando di mettere dentro questo racconto molto di me e molti dubbi che mi sono ritrovata ad affrontare recentemente. Così, al di là della storia, mi appello a voi e alla vostra sensibilità: vi siete mai ritrovati a pensare che forse la vita dovrebbe essere vissuta a pieno? Che forse siamo portati a dare importanza alle cose sbagliate, a seguire la massa scegliendo ciò che la società ha imposto come giusto e come sbagliato?
Forse non è poi così oltraggioso mettere sé stessi al primo posto, fare solo ciò che ci fa star bene e non ciò che gli altri si aspettano da noi.
La giustizia, la moralità, sono solo un’invenzione umana? Oppure questa è una scusa che ci diamo da soli per giustificare le nostre azioni più riprovevoli?
 
Fatemi sapere, è molto importante per me.

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Capitolo 4
*** Le termiti dell'anima ***


Le termiti dell’anima
 
Chi sono io?
 
Questa domanda continua ad aleggiare nella mia mente, irrisolta.
Sdraiato nel giardino di Hogwarts al tramonto, non posso fare a meno di chiedermelo, incapace di pensare ad altro che non sia il mio futuro.
Guardo il micio grigio, che ricambia il mio sguardo. Siamo in perfetta armonia, io e lui: a me non piace accarezzarlo, lui non ama essere toccato. Comunichiamo con graffi e sberle, e nonostante questo possa apparire strano agli occhi di molti, a noi sta bene così.
 
Sono sdraiato sull’erba umida da almeno un’ora e non ho intenzione di alzarmi, il mio umore è a terra da questa mattina, quando mi sono imbattuto in una conversazione che avrei preferito non ascoltare.
 
Quando sono entrato in sala comune, gli altri Serpeverde del sesto e del settimo anno erano seduti in cerchio discutendo vivacemente. Io mi sono seduto accanto a Pansy, che si preoccupa sempre di tenermi un posto libero. Sulla poltrona accanto alla mia, Blaise era seduto a gambe larghe. Parlava vivacemente del suo futuro dicendo che appena terminati gli studi sarebbe partito per la Romania ad allevare i draghi che, a quanto pare, sono la sua grande passione.
Io gli ho detto che per uno del suo rango è da idioti spalare cacche di drago quando potrebbe entrare al Ministero senza troppe difficoltà: la paga è migliore e ne consegue un grande prestigio.
Lui mi ha riso in faccia come se scherzassi, ma poi si è fatto subito serio. Ha detto: ‹‹ L’idea di passare il resto della mia vita dietro ad una scrivania mi fa ribrezzo, voglio viaggiare, io. E il mio sogno è di riuscire a cavalcare un drago. Ho sentito di molti che sono riusciti ad addomesticarli, sai? ››
 
Nei suoi occhi brillava la luce dell’ambizione. Ma era chiaro che l’oggetto del suo desiderio non fosse la fama o il potere, l’unico obiettivo che mi abbiano mai insegnato a perseguire.
Un’altra ragazza che non avevo mai notato prima di allora prese parola, rivelandoci il suo sogno di aprire un ristorante: ‹‹ Non una bettola qualsiasi, sia chiaro. Nel mio ristorante saranno accolte solo persone di una certa levatura. Se sarete fortunati, anche voi potreste riuscire ad assaggiare i miei piatti. ›› Nei suoi occhi ho visto lo stesso luccichio.
 
Insomma, sono andati avanti così per un’ora. A quanto pare tutti hanno un sogno, anche se alcuni erano decisamente irrealizzabili e illusori. Tutti tranne me.
 
Me ne sono andato via prima che potessero farmi delle domande.
Mi sento un fallito e inizio a rimpiangere i miei giorni di gloria, quando spacciavo il prestigio di mio padre per mio, quando credevo davvero di essere in vetta alla società.
Beata ignoranza! Beata illusione!
 
Non sono nessuno, non sono niente.
 
 
***
 
 
Noia.
Ecco cosa sto provando adesso, pura e semplice noia. Ma non banale noia passeggera, di quella che scaturisce naturalmente da un momento vuoto della giornata, sto parlando di vera e propria noia esistenziale.
Niente sembra diverso intorno a me, sono io che sto cambiando, la mia essenza che si sta contraendo sotto il peso della realtà.
Sento tutte le mie potenzialità autolimitarsi per rientrare perfettamente nei canoni della vita. Canoni costruiti per porre dei vincoli all'esistenza, anteponendo il bene collettivo a quello individuale. Ecco da cosa proviene la mia noia: da un'eccessiva coscienza della mia esistenza, per cui mi accorgo di non poter agire quanto vorrei. (*)
Questo é un campanello d'allarme, che mi annuncia che la quotidianità é diventata scontata, che occorrerebbe un cambiamento, una boccata d'aria fresca. (**)
 
Tutto questo deve finire. Mi alzo dal letto ed esco dal dormitorio senza nemmeno indossare un maglione sopra la divisa spiegazzata. Mi aggiro per i corridoi con la spilla da prefetto appuntata alla camicia: il mio lasciapassare notturno.
 
Esco dal castello immergendomi nel buio dalla notte, senza una vera ragione, solo perché posso farlo, perché nessuno me lo può impedire. Cammino a passo svelto senza una mèta, fa freddo ma non eccessivamente. Il vento mi scompiglia i capelli ma non me ne curo, sono sola intanto. Nessuno può vedermi vagare per i prati di Hogwarts, nessuno può chiedersi cosa io stia facendo, nessuno può giudicarmi. Questa consapevolezza mi rende ancora più sicura di me, di non poter sbagliare in alcun modo, perché ora l’unica che può pormi dei freni sono io, e non ho intenzione di farlo.
 
Inizio a correre, diventando tutt’uno col vento, arrivando fino alla riva del Lago Nero.
 
Che cosa sto facendo?
 
Io sono Hermione Granger. Io studio, sono diligente, aiuto i miei amici con i compiti e sono un prefetto; non vado a zonzo di notte infrangendo il regolamento senza una valida ragione, solo perché posso farlo.
Senza le regole regnerebbe il caos e ognuno cercherebbe di prevaricare sugli altri seguendo la legge del più forte. E questo non è giusto. E io faccio sempre ciò che è giusto. No?
 
Il desiderio però è più forte e ha la meglio sul mio raziocinio. Così, semplicemente, mi butto.
 
Sento l’acqua infiltrarsi sotto i miei vestiti e un brivido si propaga sulla mia schiena. Sento l’adrenalina che entra in circolo permettendomi di non accusare eccessivamente il freddo.
Mi immergo nelle acque scure, consapevole dei pericoli che vi si annidano; però non ha paura, ho la mia bacchetta con me, non ho bisogno d’altro. Se Harry è riuscito a sopravvivere quando aveva appena quattrodici anni, posso farlo anch’io.
Nuoto a rana, emergendo e immergendomi ripetutamente, andando a largo per poi riavvicinarmi alla riva.
 
 So che quello che sto facendo non ha alcun senso, ma il senso sta proprio in questo, nel non cercare un motivo valido per agire, nell’agire e basta.
 
‹‹ Che diavolo fai? ››
 
 
***
 
 
La Granger mi guarda con la bocca semiaperta. Sembra quasi più stupefatta lei di me, lei che sta nuotando dentro il lago nel cuore della notte incurante del freddo vento inglese.
Ora boccheggia, non sa proprio cosa rispondere alla mia domanda, eppure mi sembrava semplice. La ripeto, magari non mi ha sentito.
 
‹‹ Nuoto. ››
 
Inizio ad essere sinceramente preoccupato per la sua salute mentale. Anche se non dovrei: perché dovrebbe importarmi della Mezzosangue?
No, non sono preoccupato, solo esterrefatto.
 
‹‹ Questo lo vedo, ma perché? ››
 
Ora sono sicuro che mi abbia sentito, eppure continua a non rispondermi, si limita ad uscire dall’acqua senza guardarmi in faccia. Si vergogna forse? Io mi vergognerei, sembra pazza. Glielo dico senza peli sulla lingua, in fondo le ho detto cose ben peggiori. Finalmente decide di voltarsi e di guardarmi in faccia, il suo sguardo è fiero, come ci si aspetta da un buon Grifondoro.
 
‹‹ Io non sono pazza. ››
 
‹‹ Allora spiegami per quale motivo ti sei tuffata nel Lago Nero in piena notte. ››


‹‹ Io non sono tenuta a dare alcuna spiegazione, tantomeno a te. ›› Ora sembrava turbata. ‹‹ E comunque stasera non è il tuo turno di ronda notturna, non dovresti essere qui. ››
 
‹‹ Nemmeno tu, se è per questo. ›› Abbassa la testa, questo mi rende improvvisamente più sicuro di me. << E poi ormai mi conosci, dovresti sapere che io non sono solito attenermi alle regole. Sei tu la bacchettona qui. Temevi forse che una tremenda minaccia per il mondo magico si annidasse nel lago? ››
 
Vedo il suo labbro contorcersi in una leggere smorfia, credo di averla fatta arrabbiare.
 
‹‹ Malfoy, vorrei sapere cosa ti da il diritto di importunarmi in questo modo? ›› Trema dal freddo ma nonostante ciò continua ad urlarmi addosso. ‹‹ Non ho alcun motivo di giustificare il mio comportamento e men che meno di sottopormi alle tue provocazioni! ››
 
Provocazioni? Stavo solo scherzando! Non ho alcuna voglia di discutere con la Sanguesporco: ora che la mia seduta di autocommiserazione è stata interrotta voglio solo andare a dormire.
 
‹‹ Se continui a strillare in questo modo attirerai Gazza e poi ti ritroverai costretta a giustificarti non solo con la McGranitt ma anche con il preside. ››
 
Credo di averla convinta perché finalmente si zittisce. Estraggo la mia bacchetta dalla tasca e gliela punto addosso mormorando la formula che le avrebbe asciugato i vestiti. Lei non si protegge, credo abbia capito da sola che non ho cattive intenzioni.
 
 
Aiutare una Grifondoro, per giunta Mezzosangue, è un gesto che non avrei mai creduto di compiere. Io però ora non sono un Malfoy, non sono un purosangue, ora non sono nessuno e quindi semplicemente non vedo ragioni per non praticare quel gesto così semplice.
 
Lei mi ringrazia a bassa voce, poi se ne va, dirigendosi verso il castello. Aspetto che la sua sagoma sia inghiottita dall’oscurità prima di avviarmi nella stessa direzione. Mi chiedo se lasciarla da sola sulla riva del lago, zuppa, avrebbe in qualche modo aumentato la mia autostima. Probabilmente no.
 
 
***
 
 
Se prima ero paralizzata dal freddo, ora la vergogna mi fa avvampare le guance. Non posso credere che tra tanti studenti, proprio Draco Malfoy abbia assistito alla mia follia, alla mia unica mancanza in una vita di regole e negazioni. Per giunta ha anche osato trattarmi da pazza. Io però non sono pazza, avevo le mie buone ragioni per fare ciò che ho fatto e se gliele avessi spiegate, sarebbe stato d’accordo con me. Ma così non è stato, quindi pensasse pure ciò che vuole! Dicesse in giro che la Mezzosangue si è tuffata nel Lago Nero nel cuore della notte!
 
Io non rimpiango niente.
 
Forse sto davvero impazzendo, infondo. Forse tutto quello che ho vissuto, tutte le atrocità cui ho assistito hanno dilaniato lentamente la mia mente, come fanno le termiti col legno: lasciando intatto l’esterno (***). Forse era solo questione di tempo prima che accadesse. Chissà se Harry e Ron si sentono come me. So già che non glielo chiederò, è una domanda fin troppo personale per i miei gusti.
 
L’agitazione mi fa camminare a grandi falcate, sbattendo i piedi con foga. MI fermo e respiro: se continuo così attirerò sicuramente l’attenzione di Gazza o di Mrs Purr e un ammonimento è l’ultima cosa che desidero al momento. Riprendo il mio cammino verso la torre di Grifondoro, ora con passo leggero.
 
Forse dovrei rivolgermi a qualcuno, parlare dei miei dubbi e delle mie incertezze, ma a chi? Certamente non ad Harry, che ha già troppi grattacapi per la testa (sembra che Silente gli abbia assegnato un incarico di estrema importanza, ma ancora non ne conosco i dettagli).
Non potrei nemmeno parlarne con Ginny, la mia sola vera amica: per quanto il mio affetto nei suoi confronti sia smisurato temo che non riuscirebbe a capire; non credo che sia immatura, anzi, ma il suo modo di agire così frenetico e pronto all’azione contrasta completamente col sentimento di tedio che mi pervade ormai da più di un mese.
Infine c’è Ron, l’unica persona di cui mi fidi ciecamente, l’unica che forse riuscirebbe ad accettare la nuova Hermione, l’unico al quale possa rivolgermi.
 
Sono talmente assorta nei miei pensieri da non accorgermi di essere arrivata di fronte al quadro della Signora Grassa. Sta dormendo, la guardiana, e svegliarla la metterà sicuramente di cattivo umore. Ma che alternative ho?
 
 
‹‹ Ehm, mi scusi. ›› Non mi sente, riprovo più forte. ‹‹ Dovrei entrare in sala comune. ››
 
Finalmente sembra essersi accorta della mia presenza. Si stropiccia lentamente gli occhi mentre cerca di capire chi ha di fronte.
‹‹ Che ci fai in giro a quest’ora? La ronda dei prefetti è finita un’ora fa! ››
 
‹‹ Mi dispiace molto, mi sono attardata in biblioteca e poi… ››
 
‹‹ Riconosco una menzogna signorina Granger, ma per questa volta ci passerò sopra. Non ci prenda la mano però, questo è solo un premio per la stima che ho di lei! ››
 
‹‹ La ringrazio molto! ›› Pronuncio la parola d’ordine ed entro.
 
Salgo i primi gradini che conducono al dormitorio femminile, quando mi accorgo della figura seduta sulla poltrona davanti al fuoco. Mi bastano pochi passi in quella direzione per identificarla con Ronald Weasley. Il Grifondoro dai capelli rossi tiene la testa reclinata e gli occhi ben chiusi. La sua bocca è aperta e dalla sua gola proviene un leggero rantolo.
 
Mi trovo in difficoltà: se lo svegliassi potrei parlargli di ciò che mi turba, ma sono davvero così egoista da privarlo delle poche ore di riposo che riesce a conquistare ogni notte?
Dovrei lasciarlo dormire, ma il desiderio di parlare con lui per il resto della notte come facevamo quest’estate è forte.
 
Il fato decide però di scegliere al mio posto, infatti Ron si sveglia proprio in quell’istante.
 
‹‹ Ciao Herm. ›› Biascia cercando di mettermi a fuoco. ‹‹ Non riesci a dormire? ››
 
Crede che io arrivi dalla mia camera. Meglio così. Faccio un leggero sorriso e scuoto la testa. Lui allarga le braccia e mi fa segno di sedermi sulle sue gambe. Eseguo.
 
‹‹ Come mai non sei in camera? ›› La mia voce è poco più di un sussurro.
 
Lui si prende un po’ di tempo per accarezzarmi la nuca prima di rispondere.
 
‹‹ Speravo di incontrarti qui, come succedeva a casa mia. ››
 
So che è il momento giusto, non potrei trovare occasione migliore per parlargli di tutte le mie incertezze, delle mie paure. Cerco di mettere ordine tra i miei pensieri e di trovare il coraggio di esternarli. Vorrei dirgli che non sono più la stessa, che non riesco più a sottomettermi a questa vita fatta di obblighi e imperativi morali, che temo di non riuscire mai a vedere la fine di questa guerra, di non avere neanche il tempo di iniziare a godermi la vita.
 
Vorrei, ma lui mi anticipa.
 
‹‹ Sai Herm… ›› Ruota la testa verso il fuoco, come se non stesse davvero parlando con me ma con se stesso.  ‹‹ Credo che senza di te sarei perso. Nei miei momenti più bui penso a te, alla tua forza, al coraggio che manifesti in ogni situazione e alla tua capacità di schierarti sempre dalla parte giusta. Sei talmente intelligente e capace che non ho mai neanche pensato di mettere in dubbio una tua scelta e, anche se non me ne vanto, quando non so come agire io semplicemente seguo te. Se ti seguo non posso sbagliarmi. ››
 
Le parole mi muoiono in bocca. Non credevo che Ron riponesse tutta questa fiducia in me, nelle mie decisioni.
 
Sono commossa dalle sue parole e spaventata dalle conseguenze che ne derivano: non posso dirgli la verità. Non posso dirgli di non avere più alcuna certezza, di aver perso la fiducia nei valori che professavo con tanta foga fino a pochi mesi fa. Il mio mondo è crollato, ma il suo è ancora in piedi e io posso far si che resti tale.
 
Ci guardiamo negli occhi e d’un tratto sento lo stomaco stringersi. Sento di volergli stare più vicina, di volerlo stringere ancora più forte. Il mio cuore inizia ad accelerare così come mai prima d’ora.
 
E poi eccola: la stessa sensazione provata sulla riva del Lago nero, la stessa volontà di volersi tuffare nel buio. Sento nuovamente il desiderio battersi contro la razionalità in un duello che potrà vedere solamente un vincitore.
 
Anche questa volta, però, sembra che non sia io a poter decidere per me.
 
‹‹ Credo che sia meglio andare a dormire, domani abbiamo lezione ed Harry deve parlarci del suo importante incarico. Tu stai bene? ››
 
Scuoto la testa con poca convinzione.
‹‹ Resto solo un altro po’ davanti al fuoco, salgo in camera tra pochi minuti, non preoccuparti. ››
 
Detto ciò, mi alzo per permettergli di lasciare la poltrona. Mentre lo guardo andare via realizzo che qualunque cosa io provi per lui, non è semplicemente amicizia.
 
 
 
***
 
 
 
 
(*) La noja proviene o da debolissima coscienza dell'esistenza nostra, per cui non ci sentiamo capaci di agire, o da coscienza eccessiva, per cui vediamo di non poter agire quanto vorremmo. (Ugo Foscolo)
 
 
(**) La noia ci annuncia che la quotidianità è diventata scontata, che occorrerebbe un cambiamento, una bocca d'aria fresca.
Insomma, la noia ci annuncia il suo opposto. (Paolo Crepet)
 
 
(***) La pazzia è come le termiti che si sono impadronite di un trave. Questo appare intero. Vi si poggia il piede, e tutto fria e frana. Follia maledetta, misteriosa natura. (Mario Tobino)

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Capitolo 5
*** Incontri ***


Incontri
 
Era già calato il sole quando Bellatrix Lestrange entrò in camera della sorella. Bella manteneva una postura trasandata, appoggiando il sedere contro la porta ormai chiusa e chinando la schiena per raggiungere col capo l’altezza di Narcissa, seduta sul letto di fronte a lei. Tutto di lei emanava trascuratezza, a cominciare dai capelli: aggrovigliati e tenuti insieme da un laccio logoro e sporco. Per non parlare dei suoi indumenti, vecchi e rattoppati grossolanamente. Nessuno si era ma presentato al cospetto del Signore Oscuro senza prima essersi dato una ripulita, nessuno tranne lei. Bellatrix, infatti, compensava la mancanza d’igiene con l’efficienza, la forma di attenzione più gradita dal Lord.
 
Che la signora Lestrange dedicasse più di ogni altro Mangiamorte le sue giornate al servizio del padrone non era un segreto e le profonde occhiaie scavate sotto i suoi occhi ne erano una prova tangibile. Si occupava di tutto: degli attentati ai babbani e ai Mezzosangue, delle ronde notturne attorno al Manor, delle torture dei prigionieri… e tutto ciò a discapito del sonno, dalla pulizia, del cibo e di qualsivoglia interazione sociale. Narcissa avrebbe ritenuto la sua devozione ammirevole, ma l’odio che provava nei confronti di Tu-Sai-Chi erano tali da riflettersi su chiunque lo circondasse, lei compresa.
 
Bellatrix sventolava una lettera aperta.
 
‹‹ Cissy cara, perché non degni di risposta il mio povero nipotino? E’ la quarta lettera che ti invia in due settimane, è molto preoccupato per te! Hai forse difficoltà a reggere la piuma? ››Il suo tono era chiaramente beffardo.
 
Narcissa sentì la rabbia pervade le sue membra e il suo viso assumere una tonalità paonazza.
 
‹‹ Come hai osato aprire la mia posta privata! La corrispondenza tra me e Draco sono affari privati e il suo contenuto deve rimanere tale. ››
 
‹‹ Rilassati Cissy, siamo in famiglia! ››Era evidente che si stesse divertendo. ‹‹ Non ci sono segreti tra noi, dovresti saperlo! Vedi di rispondere al povero Dracuccio, non vorrai mica farlo soffrire? ››
 
Uscì non appena Narcissa scattò in piedi, pronta a dar sfogo alla collera che le appesantiva l’anima da mesi. Sapeva che quella di sua sorella non era semplice curiosità, che controllare la sua corrispondenza personale era uno dei comiti assegnatole dal Signore Oscuro.
 
La lettera cadde lentamente verso il basso, ma la signora Malfoy la afferrò poco prima che si adagiasse al suolo.
 
Cara mamma,
perdona la mia insistenza ma non aver ricevuto alcuna risposta mi sta mettendo in agitazione.
Vorrei soltanto sincerarmi della tua salute e ribadirti il mio estremo desiderio di rendermi utile. L’inerzia nella quale sono costretto a vivere mi sta indebolendo, conducendomi a una lenta ma inesorabile depressione. Sono consapevole di apparire pietoso ai tuoi occhi, e me ne vergono, ma non so a chi altro rivolgermi se non a colei che mi ha volontariamente gettato in questo limbo di sterilità e inconcludenza. Credo che tu mi debba perlomeno delle spiegazioni.
Attendendo una risposta, ti porgo i miei saluti,
Draco.
 
La lettera è eclettica, quasi come se fosse stata scritta da entità diverse. A tratti il suo tono è premuroso, a tratti severo, a tratti nostalgico. Povero Draco, chissà come deve sentirsi disorientato!
 
C’erano tante cose che Narcissa avrebbe voluto dirgli. Avrebbe voluto scusarsi per tutti gli errori commessi, ammettere a gran voce di essere sempre stata nel torto, confessargli di non essere minimamente favorevole all’imminente guerra, guardarlo negli occhi e sussurrargli di farsi coraggio, perché un ragazzo come lui avrebbe potuto aspirare molto più in alto nella vita e non limitarsi ad essere un pupazzo nelle mani di un folle burattinaio.
 
Ma come avrebbe potuto desiderare altro, dopo tutti gli insegnamenti che gli erano stati impartiti sulla purezza e sul prosperoso regno del Signore Oscuro?
 
Tutte stronzate.
 
Ma niente di tutto ciò sarebbe mai stato riportato per iscritto, niente avrebbe mai attraversato la mente dell’ignaro Draco. Per il suo bene e per quello di Lucius.
 
Caro Draco,
mi dispiace averti fatto attendere così a lungo, ma sono stata costretta al letto per diversi giorni e solo ora mi sono sentita in grado di aprire la posta. Mi dispiace che tu sia così abbattuto, ma fatti coraggio, vedrai che presto gli studi e le partite di Quidditch ti terranno talmente impegnato da non avere il tempo di pensare a tutto questo.
Ti voglio bene,
Narcissa.
 
Non poteva dilungarsi in spiegazioni, ma niente le impediva di ricordare a suo figlio l’affetto che nutriva per lui. In fondo, con i tempi che correvano, non poteva sapere quando la sua ora sarebbe giunta. Quella poteva anche essere la sua ultima lettera.
 
L’aveva scritta usando una piuma incantata perché entrambe le sue mani erano state brutalmente mutilate: mancavano due dita della destra e il pollice della sinistra; altri cordiali doni del Signore Oscuro inviati direttamente ad Azkaban con l’aiuto di un Mangiamorte infiltrato. Narcissa si chiedeva cosa avrebbe perso la prossima volta. Avrebbe ridotto le sue mani a due inutili monconi o si sarebbe dilettato con altre parti del corpo?
 
Tutto ciò ormai la lasciava indifferente.
 
 
***
 
 
Mi aggiro per i corridoi di pessimo umore, forse addirittura più adirato del solito.
Quando questa mattina mi sono alzato di buon ora per poter scendere a fare colazione in solitudine ho trovato Vincent e Gregory già pronti ad aspettarmi, non credo che abbiano capito che stavo cercando di evitare proprio la loro compagnia.
Non che si comportino diversamente da solito, sono io a non apprezzare più le loro attenzioni. Sono sempre disponibili ad agire secondo le mie direttive, con il loro sguardo adorante e i loro atteggiamenti riverenti, quasi fossi il loro capo. Ma non é così, e ormai ne sono più che consapevole. E’ stato bello atteggiarsi come se fossi il re della scuola, il capo indiscusso della mia casa, ma è arrivato il momento di aprire gli occhi e di prendere coscienza che tutto ha un prezzo nella vita e che il rispetto si guadagna, proprio come ha fatto mio padre, che è addirittura finito ad Azkaban pur di portare a termine il suo compito.
 
Anch’io voglio uno scopo nella vita, un traguardo da raggiungere. Solo così, una volta scalata la vetta, sarò veramente meritevole degli elogi e dei servigi di chi mi sarà inferiore. Fino a quel momento però mi sento a disagio di fronte ad ogni gesto idolatrico di Tiger e Goyle.
 
‹‹ Che fine hai fatto questi giorni? Non ti si vede mai in giro! ›› Mi chiede Vincent.

‹‹ Ho avuto da fare. ››Rispondo come se fossi stato trattenuto da vicende al di là della loro comprensione.
 
‹‹ Ah capisco, incarichi per l’Oscu… ››
 
‹‹ Shh! Non vorrai mica che lo venga a sapere tutta la scuola! >> Meglio che continuino a pensare di me quello che hanno sempre pensato. Non potrei mai confessargli la verità, e cioè che la mia sola occupazione durante il giorno è di stare sdraiato nel giardino di Hogwarts, fuori da sguardi indiscreti, contemplando il nulla.
 
Giriamo l’angolo e io vado accidentalmente a sbattere contro qualcuno. Sarei volentieri proseguito per la mia strada ignorando l’accaduto se i miei due amici non si fossero fermati.
 
‹‹ Ehi Mezzosangue! I tuoi genitori babbani non ti hanno insegnato l’educazione? ››
La voce gutturale di Gregory rimbomba per tutto il corridoio.
 
Sono costretto a voltarmi, anche se avrei preferito non dover attaccare briga a nessuno: sono affamato e voglio solo liberarmi di quei due dementi il più in fretta possibile.
Di tanti Sanguesporco presenti nella scuola mi rendo conto di aver urtato proprio la Granger, che passeggiava nella direzione opposta insieme alla più piccola dei Weasley.
 
‹‹ Casomai è il tuo amico che dovrebbe scusarsi, è stato lui a urtarmi, non io. ›› Non sembrava avercela con me, piuttosto con Goyle.
 
So che non posso continuare a far finta di niente, ho un ruolo da interpretare: non posso mostrarmi debole davanti agli altri Serpeverde.
 
‹‹ Non devo scusarmi proprio di niente. Sei tu a dover fare attenzione a dove metti i piedi, io non sono tenuto a cedere il passo a nessuno. Ti ricordo che sono io quello pulito. ››
 
Contrariamente a ogni mia aspettativa, la Granger non reagisce. Anzi, sembra sorpresa. Evidentemente deve essersi illusa che dopo il nostro incontro al Lago il nostro rapporto sarebbe stato diverso, più civile.
 
La rossa prende parola.
‹‹ Andiamocene, non ne vale la pena. ››
Le due ragazze si voltano e proseguono per la loro strada mentre noi ci incamminiamo nuovamente verso la Sala Grande.
 
Credo che dopotutto i miei sentimenti verso la Granger siano effettivamente cambiati, nel senso che a differenza del solito, sento di non provare più odio nei suoi confronti. Anzi, sento di non odiare proprio nessuno, al momento. L’odio lo lascio a chi ha abbastanza energie per coltivarlo. Questo però non basta a rendere la Granger più simpatica ai miei occhi, per questo rimango indifferente di fronte alla sua delusione.
 
Raggiungiamo il nostro tavolo, dove si è già accomodato qualche studente del primo anno, entusiasta di iniziare le lezioni. Vorrei mangiare in silenzio, come ho sempre fatto nelle ultime settimane, ma le chiacchiere di Tiger e Goyle me lo impediscono. Continuano a farmi domande riguardo la festa: quando si sarebbe tenuta, dove e come.
 
‹‹ Probabilmente si terrà la prossima settimana, l’ultimo giorno di settembre. ››Parlo a bassa voce così che i più piccoli non possano sentirmi. ‹‹ Blaise ha trovato un’aula perfetta per l’occasione: è situata in uno stretto corridoio del terzo piano, ben lontana dalle segrete e dagli appartamenti di Piton. L’alcol dovrebbe arrivarmi nei prossimi giorni. ››
 
‹‹ E con Gazza come facciamo? ››


‹‹ Ho scovato dei vecchi trucchetti purosangue Anti Magonò. ›› Ammicco. ‹‹ Ideati personalmente dalla casata Malfoy. ››
 
Sembrano colpiti. Proseguiamo il nostro pasto finché non ci raggiungono gli altri Serpeverde, poi ci dividiamo per le lezioni.
 
 
***
 
 
Mi aggiro pigramente nei corridoi dopo l’ora di pranzo. Dovrei sbrigarmi, tra poco ho il corso di Rune Antiche, ma non ne ho voglia. Dopo l’incontro con Ron in Sala Comune ho promesso a me stessa che non avrei più fatto follie, che sarei rimasta saldamente legata ai miei princìpi, per lui. Questo però non mi obbliga a scapicollarmi per arrivare in anticipo alle lezioni o tantomeno ad anticiparmi le materie di studio per essere la sola già preparata al momento della spiegazione. Non trovo più così interessante la biblioteca, o almeno non quanto il fascino seducente di ciò che vi è al di fuori di essa.
 
La porta dell’aula è chiusa, forse l’ho presa esageratamente con comodo. Busso ed entro cercando di non fare troppo rumore.
 
‹‹ Signorina Granger è il secondo ritardo questo mese! Dopo la lezione resterai qui a riordinare l’archivio. ››
 
In punizione? Io?
‹‹ Mi scusi tanto. ››
 
Guardo verso la prima fila, dove sono solita sedermi e Anthony Goldstein (il mio compagno di banco da ormai 3 anni) mi fa spallucce, come a voler dire scusami, non ti ho vista arrivare e non ti ho tenuto il posto.
 
Mi guardo intorno e mi rendo conto che l’unico posto libero è quello accanto a Malfoy, in ultima fila. Anche lui deve averlo intuito perché alza gli occhi al cielo. Mi siedo accanto a lui maledicendomi per aver preso sotto gamba la puntualità. L’anno scorso tutto ciò non sarebbe mai accaduto: non solo perché ero molto più diligente e attenta agli orari, ma anche perché le lezioni erano divise in due turni, quello dei Grifondoro-Corvonero e quello dei Tassorosso-Serpeverde. Quest’anno invece gli studenti ad aver passato i G.U.F.O. di Rune Antiche sono talmente pochi da essere stati raggruppati in un’unica classe. Mi chiedo come Malfoy possa essere tra questi.
 
‹‹ La prima punizione della Granger! Ti rode per caso? ››
 
‹‹ Non rivolgermi la parola Malfoy. ››
 
‹‹ Ancora offesa per l’episodio di stamattina? ›› Il suo tono è canzonatorio.
 
‹‹ Sei tu ad avermi urtato e lo sai bene, però davanti ai tuoi amici devi fare il gradasso. ››
 
‹‹ E perché questo ti sorprende? ››
 
Colpita nel segno. Ha ragione, non dovrei affatto meravigliarmi del suo comportamento. In fondo ha semplicemente agito da buon Malfoy, come sempre. Forse dopo ciò che era successo al Lago Nero, mi ero illusa che in parte fosse cambiato.
 
Rimaniamo in silenzio fino alla fine della lezione, senza guardarci. Non riesco ad ascoltare neanche una parola della spiegazione, i miei pensieri sono volti ad argomenti ben più allettanti, a Ron, ad esempio.  Adesso dovrebbe trovarsi qualche metro sopra di me, nell’aula di divinazione. Immaginarlo scrutare una sfera di vetro nel disperato tentativo di vederci apparire il futuro mi fa sorridere. Tutto nel suo atteggiamento sbadato e leggermente grottesco mi fa venire il buonumore. A volte mi chiedo se il solo pensarmi gli provochi le mie stesse emozioni. Mi sento sciocca a perdermi in questi pensieri, ma sono queste le idee che rendono la monotonia di queste interminabili giornate un po’ più frizzanti.
 
Terminata la lezione, tutti gli studenti si alzano per godersi una mezz’ora di libertà in attesa dell’ora successiva. Io invece mi dirigo alla cattedra, dove la professoressa Babbling mi attende con aria austera. Dice di essere delusa da me e mi mostra l’ordine di archiviazione di alcune pergamene poggiate alla rinfusa sulla cattedra, poi esce.
 
A occhio e croce quel lavoro mi avrebbe sottratto l’intero intervallo, questo mi fa scappare un’imprecazione. Alzo lo sguardo temendo che la professoressa non fosse ancora uscita e mi avesse sentito. Non c’é traccia della Babbling, in compenso mi accorgo che Malfoy ancora siede al proprio posto, lo sguardo perso nel vuoto.
 
‹‹ Perché stai li? ››
 
‹‹ Che t’importa? ››


Sempre il solito cafone. Perché perdo ancora tempo a parlare con lui?
‹‹ Niente, fai come ti pare. ››
 
Chino di nuovo la testa sui fogli e inizio a smistarli in ordine cronologico. Le mie conoscenze delle rune mi permettono di distinguere quelle più antiche da quelle più recenti con facilità.
 
‹‹ Ho voglia di stare un po’ da solo, che c’è di strano? ›› Lo dice con tono piatto, non capisco se sta cercando di giustificarsi o di intavolare una conversazione. Trovo entrambe le ipotesi inverosimili.
 
‹‹ Nulla, anzi, é perfettamente normale, se hai degli amici come Tiger e Goyle. ›› Decido di stuzzicarlo un po’, giusto per il gusto di farlo.
 
‹‹ Io perlomeno riesco a vivere anche senza di loro, non ho bisogno della scorta. ›› Si riferisce chiaramente a Harry e Ron. La cosa mi infastidisce, ma solo leggermente.
 
‹‹ Non c’è niente di male nel chiedere aiuto in caso di bisogno. ››
 
‹‹ La solita mentalità Grifondoro! Non riuscireste nemmeno ad allacciarvi le scarpe senza un amico a fianco a sostenervi. Dimmi Granger, hai imparato come si fa ad asciugarsi dopo il bagno? O hai bisogno che te lo mostri di nuovo? ›› Con la coda dell’occhio noto un sorriso malizioso stendersi sul suo viso. Questo scambio di frecciatine mi sta divertendo da matti.
 
‹‹ Non vorrei rovinare il ricordo del tuo unico gesto altruista, ma nessuno aveva chiesto il tuo aiuto, hai fatto tutto da solo. ››
 
‹‹ Non prendermi in giro Granger, saresti annegata se non fosse stato per me, e non ho ricevuto altro che un grazie sussurrato a denti stretti. ››
 
Io rido forzatamente.
‹‹ E per cosa dovrei ringraziarti? Per non esserti fatto gli affari tuoi? ››
 
‹‹ Esattamente, e per non aver raccontato in giro delle tue bizzarre scorribande notturne. ››
 
Rido ancora più forte.
‹‹ Sappiamo entrambi che non lo hai fatto per me, ma per te stesso. Rivelare il mio segreto implicherebbe rivelare anche il tuo. ››
 
‹‹ E quale sarebbe il mio segreto? ››
 
‹‹ Che hai aiutato una Mezzosangue. ›› Lo dico senza peli sulla lingua, alzando la testa per vedere la sua reazione alle mie parole. Il suo volto resta impassibile, ma una piccola luce attraversa i suoi occhi grigi. Sorrido, questo round l’ho vinto io.
 
‹‹ Lo vedremo… ›› Dice lui alzandosi. Poi si volta ed esce dall’aula senza salutarmi. Non sembrava arrabbiato, anzi, giurerei che si stesse divertendo quasi quanto me.
 
E’ incredibile, non solo ho avuto una conversazione con Malfoy, ma è stata anche piacevole.
 
 
***
 
 
Dopo l’ennesima interminabile giornata corro verso il mio dormitorio per prepararmi per la cena. Sarà frivolo, ma voglio farmi bella per una volta, voglio che Ron m’inizi a vedere con occhi diversi, voglio attrarlo con ogni mezzo.
 
Posiziono uno specchio sul mio letto e chiudo le cortine, non voglio che le altre ragazze mi vedano mentre cerco di acconciarmi i capelli. Li lego in una coda di cavallo, lasciando che solo qualche ciocca mi cada sul viso per risaltare i miei lineamenti. Così dovrebbero sembrare meno indomabili. Entro nel bagno e inizio a frugare tra i trucchi di Lavanda. Non sono molto pratica, ma ho osservato le mie compagne di stanza abbastanza da capire come usare alcuni di quegli strumenti. Non mi trucco eccessivamente, sembrerei ridicola. Mi limito ad accentuare gli zigomi con del fard. Infine indosso il mio unico reggiseno imbottito e tiro la gonna leggermente più su.
 
Controllo allo specchio il risultato finale e sono fiera del mio lavoro. Mi sento molto più bella del solito senza aver apportato radicali cambiamenti al mio stile. Non sono esageratamente appariscente, così da non dare l’impressione di voler stare al centro dell’attenzione. Spero solo che sia sufficiente affinché Ron se ne accorga.
 
Scendo le scale in tutta fretta e in Sala Comune incontro Ginny. Lei mi guarda per qualche istante e poi sorride.
‹‹ Chi è il fortunato? ››
 
Il mio sforzo è così evidente? Non voglio che la gente mi creda egocentrica, o disperata.
‹‹ A che ti riferisci? >> Faccio finta di non capire, ma non riesco a ingannare Ginny.
 
‹‹ Non fare la finta tonta con me. Dai sputa il rospo, è McLaggen vero? ›› Il suo sorriso ora si è esteso a tutto il viso. La ragazza non riesce più a trattenere la curiosità.
 
‹‹ Per Merlino no! Come ti viene in mente? ››
 
‹‹ Non saprei, ti ronza sempre intorno. Io gli darei una chance, sembra simpatico e inoltre è molto attraente. ››
 
Davvero McLaggen è preso da me? Non me ne sono proprio accorta. Chissà se posso sfruttare questa cosa a mio vantaggio.
 
Ma che idee ho per la testa? Sto pensando come una Serpeverde! Meglio smetterla subito.
 
‹‹ Andiamo a cena? ››
 
Ginny sembra delusa, ma mi segue senza obiettare. Dovrei dirle cosa provo per suo fratello? Forse è meglio di no, in fondo neanche io so veramente cosa provo.
 
Scendiamo in Sala Grande, dove Harry e Ron si stanno già ingozzando. Mi siedo di fronte al rosso (che sembra non aver notato i miei sforzi per apparire più attraente) e inizio a servirmi. Sono ancora restia a mangiare i piatti preparati dagli elfi, ma ho già tentato con lo sciopero della fame, e non è servito a niente.
 
Il ragazzo con la cicatrice ci ha già messo al corrente dell’incarico (*) assegnatogli da Silente e da quel momento non parliamo più d’altro. Ora però siamo costretti a trattenerci di fronte a Ginny, ignara della vicenda. Intavoliamo così il secondo argomento di conversazione preferito da Harry: Malfoy.
 
‹‹ Non avete notato che da quando è tornato a scuola non lo si vede mai in giro? Io sono convinto che stia tramando qualcosa. Vuole vendicare suo padre, magari aiutando Voldemort in persona. Credo che sia diventato un Mangiamorte. >>
 
Non è la prima volta che Harry si spreca in accuse di questo tipo, io ormai non lo ascolto neanche più. Non ho intenzione di raccontargli dei miei incontri casuali col Serpeverde, ma gli ho fatto intendere chiaramente che ho i miei buoni motivi per essere in disaccordo con le sue supposizioni. Tutti gli altri invece sembrano decisamente convinti dalle parole di Harry, compreso Ron, che per qualche ragione non riesco a smettere di guardare.
 
D’un tratto non ricordo più a cosa stessi pensando pochi secondi prima, tutta la mia attenzione è rivolta al ragazzo di fronte a me, alle sue parole, ai suoi gesti goffi, ai suoi occhi azzurri… Scuoto la testa cercando di apparire meno imbranata e mi verso un bel bicchiere d’acqua. Mi giro casualmente verso Ginny e mi accorgo che mi sta guardando, la sua bocca è semiaperta e i suoi occhi non riescono a contenere lo stupore. Ha capito tutto.
 
Piego la testa in basso dalla vergogna e lei inizia a ridacchiare, fortunatamente nessuno ci fa caso. Credo che mi abbia concesso la sua approvazione.
 
 
***
 
 
Esco nel giardino di Hogwarts, come tutte le sere ormai.
 
Fa freddo, ma il giaccone mi tiene sufficientemente al caldo. Passeggio su e giù, cercando di scorgere nel buio il gatto grigio. Ha imparato in fretta ad uscire e rientrare dal castello a suo piacimento evitando accuratamente Mrs. Purr, che proprio non riesce a sopportare.
 
Lo trovo nei pressi della capanna di Hagrid mentre si diverte a fischiare al cane del Mezzogigante, saldamente legato ad una catena. Il cane abbaia e strepita, vorrebbe raggiungere quel gattaccio maledetto che si sta prendendo gioco di lui, ma non può.
 
Continuo la mia passeggiata, camminando su e giù senza una mèta.
 
‹‹ Davvero una bella serata, non è vero? ››
 
Sussulto, non credevo ci fosse qualcun altro nel parco. Mi giro per capire a chi appartenga quella voce.
 
 
***
 
 
(*) Il compito di Harry, come immagino sappiate tutti, è quello di recuperare da Lumacorno un importante ricordo da lui manomesso, determinante per la sconfitta di Lord Voldemort.
 

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Capitolo 6
*** Il delirio dei sensi ***


Il delirio dei sensi
 
Mi volto di scatto. Ero convinto di essere solo nel giardino e invece vedo venirmi incontro niente di meno che la sagoma di Silente, appena rischiarata dalla luce lunare. Fantastico, la mia passeggiata solitaria è rovinata.
 
‹‹ Spero di non disturbarti Draco. ›› Anche al buio riesco a vederlo sorridere.
 
Sono quasi tentato di dirgli che effettivamente mi è di molto disturbo, ma non ho motivo di essere irriverente col preside, potrei anche rischiare di mettermi nei guai, in fondo non dovrei essere qui a quest’ora.
 
‹‹ Una passeggiata la sera aiuta a rinfrescare le idee, non trovi anche tu? ›› Continua a sorridermi benevolo, odio quel maledetto sorriso.
 
‹‹ Si, immagino di si… ›› Dove voleva andare a parare il vecchio?
 
La sua presenza mi irrita. Non ho mai apprezzato il buonismo del preside che, a mio parere, cela in realtà un disprezzo profondo e radicato per chi la pensa diversamente da lui. Ecco che cos’è davvero Albus Silente: un ipocrita, uno dei tanti.
 
‹‹ In alcuni luoghi remoti, nascoste la dove pochi esseri umani hanno il coraggio di avventurarsi, alcune vespe decidono di costruire il proprio nido. ›› Vespe? ‹‹ Non sono i classici nidi che siamo abituati a conoscere, ma delle piccole abitazioni, omologate per uno solo di questi individui. ›› Mentre parla il suo sguardo è perso, rivolto verso la luna; sembra quasi riflettere ad alta voce, come se io fossi scomparso. ‹‹ Ciò che rende stupefacente questo lavoro edile è l’efficienza e la maestria con cui viene svolto. Nessuno spiega alla vespa cosa deve fare, lei già lo sa, e lo esegue alla perfezione. ›› Secondo me è impazzito. Vorrei solo trovare un modo per andarmene, forse se retrocedo lentamente non se ne accorgerà. ‹‹ La vita però gioca tiri mancini a queste piccole creature e può capitare che le intemperie o che altri animali più grandi, portino via la loro casa. ›› Il discorso si sta facendo affascinante, forse potrei restare ancora un po’. ‹‹ A questo punto la vespa avrebbe anche le capacità fisiche di ricostruire un nido tale e quale a quello che le è stato sottratto, se non migliore, purtroppo il suo cervello non riesce fisiologicamente a individuare la fonte del problema e a porvi rimedio. Rimane dunque senza dimora. ››
 
Resto impietrito. Sta forse parlando di me? Sono io la vespa per caso? No, se così fosse dovrebbe conoscere la mia situazione, sapere che ero destinato a diventare Mangiamorte ma che poi… No, non può essere così, non può essere entrato in possesso di certe informazioni. Mi sforzo di pensare ad altro, non devo dimenticare che Silente è un legimens.
 
Si volta verso di me, i suoi occhi sorridono come le sue labbra e non lasciano trasparire alcuno stato d’animo se non pacatezza e beatitudine. Forse sta veramente parlando solo di vespe, dopotutto.
 
‹‹ Affascinante non trovi? ››
 
Io annuisco di rimando, cercando ancora sul suo volto qualche indizio che mi aiutasse a decifrare quel misterioso discorso, a svelarne le finalità.
 
‹‹ Credo che per un vecchio come me sia ora di andare a dormire. Ti lascio di nuovo ai tuoi pensieri. Non preoccuparti, non dirò al professor Piton delle tue passeggiate notturne. ›› Mi strizza l’occhio, prima di voltarsi.
 
Rimango in piedi fino all’alba, rimuginando sulle parole del preside. Lo odio, oh se lo odio!
 
 
***
 
 
Dopo lunghi giorni di trepidazione è finalmente giunta la tanto attesa (da tutti ma non da me) festa d’inizio anno. O anche festa d’autunno, visto quanto tempo abbiamo sprecato per organizzarla. Blaise è entusiasta e non riesce più a contenere l’emozione.
 
‹‹ Saremo i ragazzi più grandi della festa! Tutte le streghe ci sbaveranno dietro! ›› Va avanti così da quando ci siamo svegliati, e i comincio ad averne abbastanza.
 
‹‹ Si, okay, io vado a pranzo ci vediamo più tardi. ›› Finalmente me ne sono liberato! Non ne potevo più.
 
Scendo verso la Sala Grande ma di fronte all’ingresso decido di tornare indietro: non ho fame, come al solito.
 
E’ da molto ormai che non ho notizie di mia madre, forse dovrei scriverle. Incedo a testa bassa verso la guferia. No, devo alzare lo sguardo, senza mostrare alcun segno della mia debolezza interiore. E’ incredibile quanto la prima impressione sia determinante: nessuno sembra aver fatto caso al mio cambiamento, eppure a me pare così evidente. Sarò un ottimo dissimulatore? Oppure a nessuno importa veramente di me?
 
Apro la porta che mi avrebbe introdotto alla guferia e, una volta all’interno, scelgo il gufo al quale affidare la mia missiva. E’ molto breve, sembra piuttosto un biglietto:
 
Cara mamma,
ti scrivo per sincerarmi della tua salute, spero che tu stia bene.
Draco.
 
 
***
 
 
E’ ora di cena e noi Grifondoro mangiamo allegramente discutendo dell’imminente selezione di Quidditch. O meglio, tutti tranne Ron. Lui è pallido e tetro: teme di non essere scelto come portiere da Harry, che è il nuovo capitano.
 
‹‹ Non potresti farmi un piccolo favore? In fondo sono il tuo migliore amico… ›› Chiede speranzoso.
 
Harry sembra quasi offeso dalla proposta, è Grifondoro fino al midollo lui.
 
‹‹ Non dirlo neanche per scherzo Ron, farai le selezioni come tutti. E poi non dirmi che temi il confronto con McLaggen! Quello è un’idiota! >>
 
E così McLaggen si batterà con Ron per il titolo di portiere… interessante…
Scuoto la testa, devo smetterla di tramare contro il mio migliore amico, o qualunque cosa sia. Non mi si addice.
 
‹‹ Se lo dici tu… ›› Ronald non sembra affatto convinto.
 
Esaurito il tema Quidditch, dal quale mi sono volontariamente estraniata, Harry da inizio ad un argomento ben più interessante, ovvero il Principe Mezzosangue. Difatti poche settimane fa il ragazzo con la cicatrice ha trovato in un armadietto dell’aula di pozioni un vecchio manuale d’alchimia di proprietà di questo misterioso principe. Io trovo ridicolo maneggiare con tale noncuranza il libro di uno sconosciuto, soprattutto dopo ciò che è accaduto col diario di Tom Riddle. Harry e Ron invece ne sembrano affascinati: al suo interno hanno trovato un mucchio di scarabocchi, tra cui formule magiche e trucchi per preparare pozioni eccellenti. Io continuo a ribadire la mia disapprovazione, ma invano.
 
‹‹ Domani ad Hogsmeade proviamo alcuni di quegli incantesimi che ne dici? ›› Non saprei dire chi tra i due amici è più entusiasta; io al contrario, sono terrorizzata.
 
‹‹ Ma siete impazziti? Non potete sapere le conseguenze che ne scaturiranno! ››
 
‹‹ Per questo dobbiamo provarli, no? ›› Lo dice come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
 
Guardo Ron sperando di trovare sostegno, ma non è così. Mi alzo dal tavolo furibonda, sono più idioti degli Schiopodi quei due!
 
 
***
 
 
Seduto sulla sponda del mio letto, mi abbottono la camicia dopo essermi rinfrescato sotto la doccia. Ho predisposto le casse di Whiskey Incendiario accanto alla porta così, non appena sarò pronto, potrò pronunciare un Wingardium Leviosa per trasportarle facilmente fino al terzo piano. Non ho paura di essere scoperto, l’ho già fatto, qualche volta.
 
Sono solo in camera, gli altri Serpeverde sono già alla festa, io ho preferito fare le cose con calma. Mi sistemo il colletto e allungo un braccio per afferrare la giacca, ma sono distratto dal rumore del pomello, qualcuno sta entrando.
 
‹‹ Ciao Draco. ›› Pansy Parkinson s’introduce nel dormitorio senza chiedermi il permesso e si siede accanto a me.
 
‹‹ Ciao Pansy, come stai? ›› La sua presenza mi disturba, so cosa vuole e non ho alcuna intenzione di soddisfarla.
 
‹‹ Sono stata meglio… E’ passato molto tempo da l’ultima volta che siamo stati un po’ da soli, io e te. ››
 
Pansy ed io siamo andati a letto insieme più di una volta lo scorso anno, non è un segreto. Sappiamo entrambi che si tratta solo di sesso e nient’altro, ma nutro il sospetto che lei ambisca a qualcosa di più. Io però non sono interessato, credo che Pansy sia una delle ragazze meno gradevoli che conosca: è attraente, non lo nego, ma è civetta, pettegola e ha una voce irritante.
 
La Serpeverde si avvicina al mio collo e lo bacia. Mi sussurra frasi seducenti all’orecchio per farmi eccitare. Mi dispiace per lei ma ha scelto la serata sbagliata: sono stanco, di cattivo umore e non credo di riuscire a concludere decorosamente alcuna prestazione.
 
‹‹ Pansy… ›› Cerco di essere delicato, voglio assicurarmi che quando la vorrò nel mio letto lei non sia talmente offesa da rifiutarmi. ‹‹ Alla festa ci aspettano tutti, devo potare da bere, ricordi? ››
 
Poggia la mano sulla patta dei miei pantaloni: non credo di averla convinta.
 
‹‹ Ho la sensazione che dovranno aspettare ancora un po’. ›› Abbassa la cerniera.
 
Ora ci stiamo baciando e lei mi monta a cavalcioni sulle gambe, schiacciandomi i cosiddetti. Non riesco a trattenere un lamento, credo però che lo abbia scambiato per un gemito di piacere perché mi bacia con più foga. E’ orribile. Chi mi salva adesso?
 
‹‹ Ahia! >> Pansy urla e si ribalta sgraziatamente sul letto, tirandomi una gomitata sul fianco. ‹‹ Il tuo gatto mi ha graffiata! ››
 
Guardo il suo polpaccio: la calza è rotta e perde un po’ di sangue, il taglio è solo superficiale però.
 
Soffoco un sospiro di sollievo, forse lo stronzetto è riuscito a fornirmi il giusto capro espiatorio. Gli lancio un’occhiata di gratitudine prima di posare nuovamente gli occhi sulla ferita della Parkinson. Afferro la bacchetta e pronuncio qualche semplice formula per chiudere la ferita e risistemare i suoi vestiti.
 
‹‹ Mi dispiace molto Pansy, non so come scusarmi. ››
 
‹‹ Dovresti addestrare meglio quel gatto pulcioso. Avrei potuto perdere una gamba! ›› Addirittura?
 
‹‹ Hai ragione, mi farò perdonare, te lo prometto. ›› Dico io in tono languido.
 
‹‹ Sarà meglio per te. ›› E senza aggiungere alto lascia la stanza, indignata.
 
Ora che sono solo mi permetto di sorridere, compiaciuto.
 
‹‹ Non so come tu ci sia riuscito, ma stanotte potrai dormire ai piedi mio letto, te lo sei guadagnato! ››
 
Esco anch’io, portandomi dietro le casse di alcol (ma conservando una bottiglia dentro la valigia, non si sa mai).
 
 
***
 
 
Percorro la distanza che separa i sotterranei dal terzo piano con circospezione. Giunto di fronte la porta dell’aula predestinata, mormoro la formula magica che mi avrebbe permesso di entrare. Appena varco la soglia vengo accolto da numerosi schiamazzi. Ho bisogno di una manciata di secondi per capire che le acclamazioni non sono destinate a me, ma al carico che mi porto dietro. Lascio che l’orda di giovani maghi si appropri delle bottiglie di Whiskey, riservandone però una per me.
 
Blaise mi viene incontro con fare borioso. Sembra decisamente a suo agio attorniato da ragazzi e ragazze desiderosi di parlare con lui. Una parte di me ribolle d’invidia: recentemente la sola compagnia che riesco a tollerare è quella del mio gatto. Meno di un anno fa invece ero un vincente; uno di quei ragazzi conosciuto da tutti ma dal quale pochi hanno l’onore di essere conosciuti. Sono ancora così, a dirla tutta, semplicemente adesso non ha più importanza.
 
‹‹ Finalmente sei arrivato! Erano tutti in tua attesa! ›› Mi sorride entusiasta.
 
‹‹ Sappiamo entrambi che non stavate aspettando me, ma il dolce nettare della felicità! ›› Sono costretto a urlare per farmi sentire, la musica è al massimo.
 
‹‹ Oh ti sbagli mio caro Draco. ›› Il suo sorriso ora va da un orecchio all’altro. ‹‹ La mia amica Asteria (*) mi stava giusto chiedendo di te. ››
 
Si scansa per indicare una giovane ragazza dai capelli corvini, non particolarmente alta ma dai fianchi ben definiti. Il suo seno, nonostante la camicia ben abbottonata, è visibilmente abbondante mentre il resto del corpo è asciutto e senza evidenti imperfezioni. La mangio letteralmente con gli occhi, come ho fatto a non averla mai notata prima?
 
‹‹ Asteria Greengrass, piacere di conoscerti. ›› Allunga una mano verso di me. Io la stringo immediatamente.
 
Aspetta… Greengrass?
 
‹‹ Piacere mio, sono Draco. Toglimi una curiosità: sei per caso la sorella di Daphne? ›› Spero con tutto me stesso di sbagliarmi.
 
‹‹ Proprio così, mi ha parlato molto di te! ››
 
Dannazione! Se è la sorella di Daphne allora dovrebbe avere circa… quattordici anni! No, decisamente troppo piccola! Ma che diavolo ha in testa Zabini?
 
‹‹ Spero che mi abbia reso giustizia! Ti dispiace scusarmi un istante? Devo scambiare due parole con Blaise. ››
 
Mi allontano e afferro il mio amico per il collo.
 
‹‹ Che cosa hai in mente? ››

‹‹ E’ una bomba! Non è così? Tranquillo, potrai ringraziarmi dopo! ››

‹‹ Ha quattordici anni! ››
 
‹‹ E allora? Fonti certe mi dicono che è una vera… ››
 
Lo interrompo prima che possa aggiungere altro e mi allontano, raggiungendo un gruppo di ragazze del mio stesso anno. Iniziamo a ballare, a bere e a goderci davvero la serata. Non appena mi vede, Pansy si unisce alle danze: credo che abbia già scordato l’episodio di poche ore fa. Mi afferra per il colletto della camicia e mi tira a sé. Iniziamo a ballare freneticamente l’uno di fronte all’altra tastandoci i fianchi e tutto ciò che vi è al di sotto di essi. Normalmente non darei un simile spettacolo, ma il Whiskey deve aver cominciato a fare il suo effetto e di colpo mi ritrovo catapultato in un’altra dimensione: dove le mie azioni non hanno alcuna conseguenza.
 
Continuo ad agitarmi in preda al totale delirio dei sensi mentre intorno a me la realtà si sgretola e tutto ciò che finora ha avuto importanza diventa irrilevante: mio padre, il Signore Oscuro, Potter, tutto svanisce di fronte alla solennità di quel momento. Ci siamo solo io, la musica e le danze.
 
Faccio piroettare Pansy e credo anche di baciarla. No, lei sta baciando me, Draco Malfoy non farebbe mai in pubblico. Ma io non sono Draco adesso, sono uno spirito danzante.
 
Sento il dolce profumo della pelle della Parkinson (o almeno credo sia lei), assaporo il gusto pungente dell’alcol e mi lascio ammaliare dalle numerose luci colorate.
 
Tutto intorno a me è talmente perfetto che inizio a credere di essere approdato in un altro universo: quello che nasconde avidamente tutta la bellezza e la felicità del mondo terreno.
 
Forse ho finalmente capito il segreto della nostra esistenza: l’unico modo per liberarsi dalla depressione cosmica è essere ubriachi. (**)
 
Mi trascino a fatica su un piccolo divanetto e osservo i miei compagni di casa uno alla volta. Da questa prospettiva, Vincent e Gregory sembrano quasi intelligenti, Blaise non sembra un presuntuoso, Pansy sembra una compagnia piacevole e tutti gli altri Serpeverde non sembrano ridere di me, ma con me. M’illudo addirittura che tutti loro siano dei veri amici.
 
Voglio alzarmi e tornare a ballare ma un capogiro me lo impedisce. Perché d’un tratto non mi diverto più? Inizio a sentirmi nauseato dall’intenso odore di Whiskey e sudore e sento il bisogno di chiudere gli occhi. Pessima, pessima idea. Una violenta contrazione del diaframma mi costringe a riaprirli di scatto. Poi ne arriva un’altra e un’altra ancora. Mi scuotono, mi dicono qualcosa. Credo che abbiano trasfigurato la mia bottiglia in un secchio. Vomito tutto il pranzo e la cena. Qualcuno ride e io vorrei spaccargli la faccia per questo.
 
Chiudo ancora una volta gli occhi, questa volta riuscendo a mantenere le palpebre abbassate per almeno qualche minuto. Quando li riapro la mia mente è più limpida, ma giusto un po’: quel che basta per farmi perdere la voglia di divertirmi ancora.
 
Esco dall’aula barcollando sgraziatamente, senza salutare nessuno. Una volta fuori assaporo l’aria fresca e il suono del silenzio, poi mi avvio verso il mio dormitorio. Solitamente sono i pochi astemi ad assumersi la responsabilità di chi ha alzato troppo il gomito, assicurandosi che nessuno venga sorpreso nel cuore della notte da Gazza o dai prefetti. Io però non ne ho bisogno, sono perfettamente in grado di…
 
‹‹ Malfoy! ›› Come non detto.
 
Una ragazza mi si staglia davanti e scruta attentamente il mio volto. Mi ci vuole qualche secondo per metterla a fuoco. Merda è la Granger, ora sono nei guai!
 
‹‹ Che ci fai qui a quest’ora? E perché puzzi di alcol? ›› Troppe domande, non so che rispondere.
 
La sua faccia è sconcertata e furiosa, posso quasi vedere le sue vene pulsare sotto le tempie. E’ buffa, mi fa ridere.
 
‹‹ Merlino smettila di fare tutto questo fracasso! Non vorrai mica che Gazza ci trovi vero? ››

No, non lo voglio, ma non riesco a trattenermi, è più forte di me. Vengo trascinato dentro una piccola aula, credo di trovarmi al secondo piano. La Mezzosangue estrae la bacchetta e mormora Muffliato (***). Non ho mai sentito questo incantesimo in vita mia.
 
‹‹ Stammi bene a sentire. Non so per quale motivo tu ti stia aggirando per la scuola in piena notte completamente ubriaco e non voglio saperlo. Facciamo così: se mi prometti di andare subito nella tua Sala Comune io farò finta di dimenticare l’accaduto. Intesi? >> Io la guardo senza capire. Perché mi sta aiutando? Lei sbuffa rumorosamente. ‹‹ Mi sento debitrice di un favore. ››
 
Credo si riferisca alla faccenda del Lago, ma non ci metterei la mano su fuoco. Mi limito a scuotere la testa in segno d’assenso. Lei si volta per uscire, ma io le sono fin troppo riconoscente (e ubriaco) per lasciarla andare senza nemmeno dirle qualcosa che esprima la mia gratitudine.
 
‹‹ Granger. ›› Si gira nuovamente verso di me, ho la sua attenzione. ‹‹ Nonostante tu sia una Mezzosangue presuntuosa, sgarbata, Grifondoro e prevedibilmente saccente e secchiona, io non ti odio. ››
 
Mi sorprendo di me stesso, non credevo che avrei mai detto una cosa simile a una Sanguesporco, sono talmente fiero delle mie belle parole da battermi il cinque da solo. Lei però non sembra condividere il mio stato d’animo, anzi, sembra furibonda. Che cosa ho sbagliato?
 
‹‹ Tu non mi conosci, sono ben diversa da come mi hai descritta. ›› I suoi occhi sono ridotti a due fessure.
 
‹‹ Ah si? Allora provalo. ›› Nonostante l’ebrezza del Whiskey sono riuscito a darle una risposta sensata, almeno credo.
 
‹‹ Non sono tenuta a darti prova di niente, viscida serpe! Vedi di non farti più trovare in queste condizioni o non la passerai liscia. ›› Sono le sue ultime parole prima di uscire dalla stanza.
 
Riesco finalmente a tornare in camera e a sdraiarmi sul letto. Ora che l’euforia dell’alcol si è dissipata la realtà mi fa ancora più schifo.
 
 
***
 
 
Risalgo la torre di Grifondoro in tutta fretta. Ma chi si crede di essere Malfoy per insultarmi in quel modo? E’ sempre il solito arrogante. Devo ammettere però di aver invidiato leggermente il suo stato di beatitudine delirante. Chissà cosa si prova a perdere coscienza di sé.
 
Attraverso il ritratto della Signora Grassa ed entro in Sala Comune. Il camino è acceso e al centro della stanza siede Cormac McLaggen con un libro in mano.
 
‹‹ Ciao Hermione! Che piacere vederti. Come mai rientri a quest’ora? Per caso avevi il turno di ronda notturna? ›› Qualcosa nella sua voce mi fa sospettare che lo sapesse benissimo.
 
‹‹ Esattamente, tu invece che fai ancora sveglio? ››

‹‹ Studio Incantesimi, sono rimasto un po’ indietro. ›› Bugia. ‹‹ So che è molto tardi, ma non potresti spiegarmi brevemente questo paragrafo? Non riesco proprio a venirne a capo! ››
 
Sono sempre più convinta che abbia organizzato tutto questo teatrino solo per restare solo con me. O magari mi sto semplicemente montando la testa. Gli do il beneficio del dubbio e mi siedo accanto a lui. Impiego circa un quarto d’ora a spiegargli ciò di cui ha bisogno, poi faccio finta di sbadigliare per potermene andare con la scusa della stanchezza. Ci alziamo entrambi.
 
‹‹ Grazie per il tuo aiuto, ne avevo veramente bisogno. ›› E senza lasciarmi il tempo di rispondere, mi bacia.
 
 
***
 
 
(*) Per chi non lo sapesse, la Rowling aveva originariamente chiamato la giovane Greengrass Asteria. Il suo nome è stato poi modificato in Astoria dal Time magazine.
 
(**) L’unico modo per liberarsi dalla depressione cosmica è essere ubriachi. (Arthur Schopenhauer)
 
(***) E’ uno degli incantesimi del Principe Mezzosangue, l’unico di cui Hermione ammette l’utilizzo. Permette di non essere origliati. 

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Capitolo 7
*** Il fuoco vive della morte della terra ***


Il fuoco vive della morte della terra (*)
 
Le labbra di Cormac sono saldamente abbarbicate alle mie. Il suo braccio sinistro cinge entrambi i miei fianchi mentre il destro regge ancora il manuale di incantesimi.
In un primo momento mi sono sentita disorientata, ma ora sono presente a me stessa e la situazione non mi piace per nulla.
 
Spingo McLaggen con violenza, interrompendo il nostro contatto. Lui mi fissa esterrefatto, non credo che si aspettasse un rifiuto.
 
‹‹ Zotico! ›› Non aggiungo altro, vado dritta in camera senza dargli il tempo di replicare.

 
 
***
 
 
Quella notte Narcissa non riusciva a chiudere occhio.
 
Recentemente il Signore Oscuro non le aveva inflitto le consuete pene corporali e questo, invece di rincuorarla, la allarmava maggiormente: probabilmente aveva progetti più importanti a cui dedicare la sua attenzione.
 
Si chiese se dovesse temere per l’incolumità di Draco, o di Lucius. Il solo pensiero le fece mancare il respiro. SI alzò dal letto cercando di riprendere fiato, ma senza successo. Forse era meglio scendere in cucina a bere qualcosa.
 
Percorse il corridoio dell’ala padronale ma, giunta di fronte le scale, la sua attenzione fu catturata da una fioca luce proveniente da sotto la porta della camera di sua sorella Bellatrix. Si avvicinò con cautela, camminando in punta di piedi per attutire il rumore dei suoi passi. Ogni scricchiolio riecheggiava nel silenzio obbligando Narcissa a fermarsi per assicurarsi di non essere colta in flagrante da alcun Mangiamorte. Giunta di fonte alla porta in legno si accovacciò cercando di spiare da sotto la porta e tese l’orecchio. Poteva vedere chiaramente almeno tre paia di scarpe passeggiare all’interno della stanza, ma non riusciva a percepire alcun suono. Probabilmente avevano usato un incantesimo per silenziare l’ambiente; ciò poteva voler dire una sola cosa: qualsiasi informazione si stessero scambiando, lei doveva rimanerne all’oscuro.
 
Narcissa però aveva un piano: i Mangiamorte sicuramente ignoravano l’esistenza del passaggio segreto che collegava il cortile esterno al quadro del prozio di Lucius, appeso nella stanza occupata dalla sua amata sorella.
 
Scese in un batter d’occhio e attraversò lo stretto cunicolo in salita fin dietro la tela. Non era certo una sistemazione confortevole, ma almeno le era possibile ascoltare ciò che i suoi colleghi stavano confabulando.
 
‹‹ E chi ci assicura che funzionerà? Ci saranno maghi ovunque. ›› Era la voce di Alecto.
 
‹‹ Basta che seguiate le mie indicazioni e tutto filerà liscio. Dobbiamo mandare un messaggio chiaro al vecchio. ›› La voce stridula apparteneva sicuramente di Bella.
 
‹‹ Da quando in qua sei tu a dettare ordini, Bellatrix? ›› Alecto non ha mai sopportato che l’Oscuro Signore avesse maggiori riguardi per Bellatrix che per lei.
 
‹‹ Da quando il Lord in persona mi ha affidato questo incarico. ›› Il suo tono era orgoglioso e autocelebrativo.
 
‹‹ Come faremo invece con il moccioso? ›› Questa volta era stato Avery a parlare.
 
Narcissa sperò con tutto il cuore che non si riferisse a Draco.
 
‹‹ Non preoccuparti per il mio nipotino, c’è già chi si sta occupando di lui. ››
 
La fitta che le trapassò il petto in quell’istante fu più dolorosa di una cruciatus.
 

 
***
 
 
Mi sveglio di buon ora, come tutti del resto. E’ il primo weekend in cui ci permettono di visitare Hogsmeade. L’evento è sempre molto atteso da qualsiasi studente dal terzo anno in su e io non sono da meno.
 
Noi Grifondoro scendiamo in Sala Grande e mangiamo tutti con gran foga per non tardare di un solo minuto. Una volta terminata la colazione Ron prende me e Harry e ci trascina verso il salone d’ingresso: credo che non veda l’ora di arrivare a Mielandia, il suo negozio preferito.
 
La vasta folla di studenti si accalca sul sentiero scosceso che porta al cancello dell’istituto, guidata dai direttori delle quattro case. Nonostante io conosca ormai Hogsmeade come le mie tasche non posso fare a meno di subire l’influenza dell’euforia generale. Sono talmente entusiasta di potermi godere un pomeriggio di libertà, fuori dalle mura di quella che recentemente mi appare come una prigione, da non sentire neanche più l’imbarazzo per ciò che è accaduto ieri notte.
 
‹‹ Non vedo Cormac, credi sia rimasto a scuola? ›› O almeno fino ad ora.
 
‹‹ Credo di si Ginny, ieri sera mi ha detto di dover studiare molto. ›› Credo di essere arrossita.
 
‹‹ Che mi nascondi Herm? ›› Le piccole rughe di espressione intorno alle sue labbra non più marcate del solito, succede ogni volta che un argomento stuzzica il suo interesse.
 
Mi avvicino al suo orecchio, bisbigliando.
 
‹‹ Ieri sera McLaggen mi ha baciata, ma io l’ho respinto, credo che sia questo il motivo per cui non è qui con noi, adesso. ››
 
L’espressione di Ginny è indecifrabile.
 
‹‹ Perché lo hai fatto? E’ uno dei ragazzi più attraenti di Grifondoro! Della scuola azzarderei! ››


Io sbuffo, sono quasi pentita di averglielo detto.
 
‹‹ E’ un egocentrico e inoltre... ›› Lancio un’occhiata eloquente in direzione di Ron.
 
Ginny sembra capire, perché cambia discorso.
‹‹ Io e Dean abbiamo litigato. ›› La guardo con aria interrogativa. ‹‹ Ogni scusa è buona per discutere, questa volta si è offeso perché non ho dimostrato sufficiente entusiasmo quando mi ha confidato che per Natale avrebbe ricevuto una nuova scopa. ›› Sospira. ‹‹ Sarà meglio che vada a parlare con lui, non voglio che si scateni un putiferio. ›› La rossa si allontana e io raggiungo i miei migliori amici.
 
‹‹ Che ne dite di una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa? ›› Suggerisco sperando di indirizzare la loro concentrazione verso qualcosa che fosse più sano di quel maledetto libro di pozioni.
 
‹‹ Buona idea! Poi però andiamo a collaudare qualche incantesimo! ›› I miei sforzi si dimostrano sempre inutili…
 
Non appena troviamo posto nel locale, Ron inizia a fare gli occhi da cerbiatto a Madama Rosmerta e io mi chiedo se non sarebbe stato meglio lasciare che facesse da cavia a Harry. Tento di attirare la sua attenzione, parlando del più e del meno e azzardando anche un commento riguardo al Quidditch ma neanche questo sembra sortire alcun effetto su di lui: una pozione d’amore non avrebbe potuto fare di meglio!
A quel punto, getto in campo la mia ultima risorsa.
 
‹‹ Ehi ragazzi! Sembra che Dean e Ginny si siano riappacificati! ›› Nel dirlo tendo un braccio verso la felice coppia, che si stava romanticamente (o forse voracemente) baciando qualche tavolo più in la.
 
Finalmente Ron decide di voltarsi. La sua reazione era prevedibile: le sue guance diventano più rosse dei suoi capelli e inizia a graffiare nervosamente il tavolo con le unghie. Quello che non mi aspettavo, è che Harry si comportasse allo stesso modo. Non è che magari…?
 
Non appena si accorge di avere i miei occhi puntati su di se, il ragazzo con la cicatrice abbassa istintivamente lo sguardo: chiaro segno di vergogna.
 
Eh si, si è preso una bella cotta per Ginny!
 
Nel disperato tentativo di distogliere la mia attenzione, Harry cerca di intavolare un nuovo argomento di conversazione.
 
‹‹ Credo che domani andrò a parlare con Lumacorno di… quella cosa. >> Lo dice a bassa voce, ma senza dare l’impressione che ci stesse confidando qualcosa d’importante.
 
Ora che l’attenzione di Ron non è più rivolta alla locandiera tento nuovamente di stabilire un contatto con lui, ma anche stavolta con scarso successo. Inizio a chiedermi se per caso non sono finita accidentalmente sotto il Mantello dell’Invisibilità.

 
 
***
 
 
Confusione, nausea e vergogna: gli ingredienti del perfetto dopo-sbronza.
 
Cerco di fare mente locale tra la nebbia di ricordi della sera prima. Sono certo di aver vomitato, sento ancora il sapore acido sulla lingua. Credo di aver baciato qualcuno, Pansy probabilmente. Mi fermo a riflettere qualche minuto sulle conseguenze di quest’azione: nessuna probabilmente, dopotutto tra i Serpeverde è cosa ben nota che io e Pansy… Poco male, spero solo di non aver fatto il cascamorto con altre ragazze, non voglio sembrare un disperato. Ho un vago ricordo della Mezzosangue, credo sia stata lei a rimandarmi in camera. Mi chiedo se finirò nei guai per questo, magari ha già informato dell’accaduto un professore, o quel ficcanaso di Potter.
 
Porsi domande è troppo faticoso. Giro il cuscino poggiando la guancia sul lato più fresco, è piacevole. Mi assopisco per mezz’ora prima di svegliarmi del tutto. Finalmente riesco ad alzarmi dal letto. Alcuni dei ragazzi stanno ancora dormendo, altri hanno già lasciato la stanza… o non sono mai rientrati. Nel letto di Blaise c’è una biondina che credo di non aver mai visto prima.
 
Esco dalla camera subito dopo essermi messo un po’ in sesto con una doccia rigenerante e aver indossato dei vestiti puliti. In Sala Comune ci stanno solo cinque o sei studenti, tra questi Pansy, il cui volto s’illumina non appena mi vede. Non sembra arrabbiata, questo è un bene. Lei si alza e mi viene incontro con passo pimpante, credo voglia dirmi qualcosa.
 
‹‹ Ciao tesoro, hai dormito molto! ›› Tesoro?
 
Ed ecco che accade, il mio incubo peggiore diventa realtà: lei, Pansy Parkinson, la civetta più frivola, superficiale, altezzosa e maledettamente petulante che io conosca mi afferra per la vita e mi bacia di fronte a tutti.
 
Mi ritraggo istintivamente, guardandomi introno nella speranza che nessuno ci avesse visto. Che vana illusione! I pochi presenti ci guardavano di sottecchi, senza però riuscire a celare del tutto il loro interesse.
 
‹‹ Che stai facendo? ›› Lo dico a bassa voce, non voglio che tutta la Casa venga a conoscenza delle mie faccende personali.
 
‹‹ Ti sto solo dando il buongiorno! ›› Il mio gesto sembra averla turbata più di quanto non abbia fatto il suo con me. ‹‹ Credevo che dopo ieri sera… Non sarebbe più stato un problema che gli altri ragazzi ci vedessero insieme… ››
 
‹‹ Merlino, non ero in me, credo che fosse evidente! ›› Questa conversazione è proprio quello che ci vuole per il mio mal di testa! Le meningi mi esplodono e credo che la mia lingua sembrerà un vaso di terracotta se non bevo subito dell’acqua.
 
Perché mai Pansy deve aver creduto una smile assurdità? Ho messo in chiaro le condizioni del nostro rapporto fin dal primo momento. Devo riuscire a controllarmi, non voglio diventare aggressivo.
 
‹‹ Devo aver capito male allora, sai pensavo che adesso tra noi due… ›› Lascia la frase volontariamente in sospeso.
 
‹‹ Pansy. ›› Le metto una mano sulla guancia. ‹‹ Sai che tengo molto a te. ›› Bugia. ‹‹ Non voglio rovinare una così bella amicizia. ›› Bugia. ‹‹ Il nostro legame funzione benissimo così com’è, non trovi anche tu? ›› Non voglio prenderla in giro, solo ammorbidire la pillola.
 
Mi preparo psicologicamente ad una delle sue ben note sfuriate, quelle che sono capaci di perforarti il cranio per l’alta frequenza. Mi preparo a uno schiaffo. Mi preparo a vederla piangere dalla rabbia e dall’isteria. Ma niente di tutto questo accade.
 
‹‹ Hai ragione. ›› Abbassa la testa, sembra delusa. ‹‹ Ci vediamo in giro, Draco. ››
 
Questa volta penso di averla fatta veramente grossa. Mentre la guardo allontanarsi non posso fare a meno di provare un po’ di dispiacere per lei.

 
 
***
 
 
Ogni mio sforzo per impedire a Ron e ad Harry di andare a collaudare quei maledetti incantesimi è vana. I due amici escono rapidamente dalla locanda per dirigersi verso la Stamberga Strillante. Io li seguo a un paio di metri di distanza, camminando lentamente e digrignando leggermente i denti.
 
Abbiamo appena superato il negozio di scherzi di Zonko quando un’esplosione ci scaglia al suolo.
 
Apro gli occhi, credo di aver perso i sensi per qualche istante. I pochi suoni che riesco a percepire sono ovattati: qualcuno urla, altri pronunciano ordini e incantesimi. Cerco di alzare il capo, voglio capire che sta succedendo, ma un capogiro mi costringe ad adagiarlo nuovamente a terra. Chiudo di nuovo gli occhi. Qualcuno mi sta trascinando. Chiamano il mio nome, lo sento.
 
Apro gli occhi, questa volta con più convinzione. Sono in un vicolo adiacente al sentiero principale. Davanti a me ci sono Ron ed Harry, quest’ultimo mi scruta da vicino, tenendomi la mano.
 
‹‹ Hermione stai bene? ›› La sua voce è più chiara, forse le mie orecchie si stanno riprendendo dal trauma.
 
Scuoto la testa in segno d’assenso e metto le mani a coppa, sperando che lui le riempia d’acqua. Il giovane mago estrae la bacchetta ed esaudisce il mio desiderio. Io bevo avidamente.
 
‹‹ Ron, dobbiamo riportarla a scuola, perde sangue da una tempia. ››
 
‹‹ Harry… ›› La voce di Ron è carica di spavento.
 
Lo vedo indicare un punto indefinito del cielo. Mi sforzo di reclinare la testa e con orrore osservo un enorme teschio verde e luccicante, fatto come di stelle di smeraldo, dalla cui bocca esce un serpente, come una lingua (**). Il Marchio Nero.
 
La consapevolezza di ciò che sta accadendo mi assale, rendendomi immediatamente più lucida.
 
‹‹ Che è successo? ›› La gola mi brucia e la mia domanda si spegne in un rantolo.
 
‹‹ I Mangiamorte hanno appiccato il fuoco nel negozio di piume di Scrivenshaft. C’è stata un’esplosione; ti abbiamo portata via prima che la folla ti calpestasse. ›› Non riesco a metabolizzare la grande quantità d’informazioni, sono ancora troppo confusa. ‹‹ Devo andare ad aiutare gli Auror, tu riportala ad Hogwarts! ›› Credo stia parlando con Ron.
 
Un paio di braccia mi sollevano dal suolo.
 
‹‹ Herm, stiamo tornando a scuola. Non hai segni di ustioni o di ferite gravi, ma non
puoi restare qui, non è un posto sicuro. ›› Riesco a sentire con chiarezza quasi tutto ciò che dice, sto lentamente riacquistando l’udito. ‹‹ Siamo in un vicolo cieco, dobbiamo ritornare sulla strada principale ma non preoccuparti, ti proteggo io. ››
 
Mentre avanziamo, mi guardo intorno. La maggior parte dei civili sono fuggiti, la strada però è gremita di Auror e credo di aver intravisto quasi tutti i membri dell’Ordine: ci sono Tonks, Moody, Kingsley e la famiglia Weasley al completo. No, manca Percy. Arthur e Molly ci corrono incontro, allarmati.
 
‹‹ Ron! Hermione sta bene? ››
 
‹‹ Si sta bene, è solo stordita, dove sono quei bastardi? ›› Io sorrido cercando di dissimulare il dolore.
 
‹‹ Si sono smaterializzati subito dopo l’attacco. Portavano tutti la maschera e nessuno è riuscito ad identificarli. Dovremmo essere fuori pericolo, per il momento, ma è meglio che voi andiate via subito. ››
 
Ron saluta i suoi genitori e s’incammina nuovamente. Mi sta dicendo qualcosa ma io non lo sto ascoltando: la mia attenzione è rivolta al negozio in fiamme. Il fuoco si è propagato nell’edificio adiacente ma sembra che nessuno riesca ad estinguerlo. Mi chiedo quale incantesimo abbiano usato per accenderlo. Sento l’urlo di una donna e cerco l’origine di quel suono con lo sguardo; anche Ron deve essersene accorto perché si ferma per una manciata di secondi. Scruto l’ingresso di quello che una volta era stato il mio rifornitore preferito di materiale scolastico, sembra che qualcuno stia uscendo ma non faccio in tempo a mettere a fuoco che Ron riprende il cammino, accelerando il passo.
 
‹‹ Ron fermati. ›› Riesco a scandire bene le parole, anche la mia voce si sta facendo meno rauca.
 
Lui prosegue il cammino, senza degnarmi di considerazione.
 
‹‹ Ron mettimi giù, devo vedere cosa sta succedendo. ›› Questa volta sono certa mi abbia sentita, non può ignorarmi di nuovo.
 
‹‹ No. ›› Neanche mi guarda mentre lo dice, continua semplicemente a camminare.
 
Capisco che non otterrò niente da lui perciò volto la testa di scatto, incurante del forte capogiro. Prima che mi si annebbi nuovamente la vista, riesco a distinguere con chiarezza le sagome di due uomini corpulenti. Stanno uscendo dall’edificio e portano sulle loro spalle i corpi di Mr. Scrivenshaft e di suo figlio, carbonizzati.

 
 
***
 
 
La notizia dell’attentato ad Hogsmeade si è diffusa nel giro di un’ora per tutta la scuola. Noi Serpeverde, soprattutto noi figli di Mangiamorte, ne abbiamo discusso per tutta la sera.
 
Quando i miei compagni di casa mi hanno riferito la notizia erano entusiasti, io invece nemmeno sapevo che il negozio appartenesse ad una famiglia di Mezzosangue. Ora sono incredibilmente combattuto: da un lato sono felice perché ogni qualvolta che del sangue impuro viene versato, l’Oscuro si avvicina al suo predominio e, per estensione, anche noi; dall’altro però non riesco a smettere di pensare alle innumerevoli volte in cui ho fatto spese alla bottega del signor Scrivenshaft.
 
Cerco di scacciare quei pensieri poco adatti al degno figlio di un Mangiamorte, ma ogni volta che cerco di chiudere gli occhi, il viso di Grant, il figlio del proprietario, mi tormenta. Ho conosciuto il ragazzo durante il mio quinto anno, ad Hogsmeade. Aveva dato inizio ad una piccola rissa ai Tre Manici di Scopa, credo rovesciando della Burrobirra addosso ad un altro mago. Nonostante fosse nel torto, è riuscito a farsi valere e a far cacciare il suo sfidante dal locale, sarebbe stato un perfetto Serpeverde se mai avesse frequentato la scuola. Subito dopo si è seduto al bancone per ordinare un altro boccale, proprio vicino a me. Io mi sono complimentato per la sua arroganza e lui ha riso. Abbiamo parlato del più e del meno e lui mi ha detto di lavorare nel negozio di suo padre. Da quel giorno ogni volta che scendevo ad Hogsmeade passavo a salutarlo. Mi piaceva il ragazzo. E ora è morto.
 
Mi alzo dal letto, prendo la bottiglia di Whiskey Incendiario (il cui nome è ironicamente adatto al contesto) e vado a farmi un giro.

 
 
***
 
 
Non appena ritornati dall’infermeria, io e Ron ci sediamo davanti al fuoco in sala comune. Ho dovuto bere per tutto il pomeriggio le innumerevoli pozioni di Madama Chips, ma mi sono ristabilita in un batter d’occhio. L’unica cosa che la maga non ha potuto curare, è la mia anima.
 
Continuo a fissare le fiamme nel camino, senza proferire parola. All’interno mi sembra quasi di vedervi il corpo del venditore di piume e di suo figlio, in decomposizione.
 
Ho saputo che i Mangiamorte avevano reso impraticabile la smaterializzazione all’interno dell’edificio. Immagino i due maghi vorticare su loro stessi, nel disperato tentativo di salvarsi da quell’inferno. Come in un girotondo senza speranza. Mi chiedo se si siano abbracciati, se abbiano chiamato aiuto, se abbiano evocato un patronus. Non lo saprò mai.
 
A quanto mi hanno riferito, il ragazzo aveva due anni più di me: chissà se aveva dei progetti per il futuro, forse aveva una ragazza, dei sogni, dei rimpianti.
 
Io non voglio avere dei rimpianti. Voglio una vita piena di ricordi felici e spensierati.
Guardo Ron, mi ero promessa di non turbare il suo equilibrio per dare sfogo alla mia sconsideratezza. Però potrebbe anche apprezzare, ogni tanto, dei piccoli atti di follia. Forse potrebbe trovarli addirittura liberatori.
 
‹‹ Ron. ›› Lui distoglie lo sguardo dal fuoco.
 
Il mio primo istinto sarebbe di baciarlo, ma qualcosa mi blocca, credo di non essere ancora pronta per un salto del genere.
 
‹‹ Mi chiedevo se avessi voglia di farti un giro. ››
 
Mi guarda con aria interrogativa.
 
‹‹ Un giro? Dove? ›› Mi scruta preoccupato, forse crede che il trauma di oggi mi stia facendo delirare.
 
‹‹ Non saprei, possiamo prendere la tua scopa. Deve essere bellissimo volare di notte! ›› L’idea mi entusiasma ogni secondo di più.
 
‹‹ Perché dovremmo farlo? Non ha senso, si sta così bene davanti al fuoco! ››
 
Le parole del rosso spengono ogni mio fervore. Non ha senso? Ma è proprio questo il senso! Perché non riesce a capirlo?
 
‹‹ Credo che tu abbia ragione. Andiamo a dormire. ››
 
Lui mi sorride e si alza, dirigendosi verso il dormitorio. Io gli do la buonanotte ma, invece di rientrare a mia volta in camera, esco dalla Sala Comune. Non sono capace di volare su una scopa, ma una passeggiata fuori non me la può impedire nessuno.
 
Il freddo autunnale accende i miei nervi, ma è proprio quello che mi ci vuole per distogliere i miei pensieri dalle fiamme ardenti.
 
Scorgo del movimento a qualche metro di distanza. Mi avvicino con cautela, ma credo già di sapere chi troverò avvolto dalle tenebre.
 
E infatti eccolo li, Draco Malfoy, appoggiato al tronco di una grande quercia con una bottiglia di Whiskey appena aperta. Il suo volto trasuda colpevolezza, come quello di un bambino che è stato beccato con le mani nella biscottiera. Apre la bocca per dire qualcosa, ma io lo interrompo.
 
‹‹ Posso favorire? ››

 
***
 
 
(*) Eraclito
 
(**) Qualcosa di enorme, verde e lucente sbucò dalla pozza di oscurità... era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. JKR
 
Ciao ragazzi!
Volevo scusarmi per la lentezza degli aggiornamenti, ma è molto difficile per me conciliare tutti gli impegni.
Ora però ho bisogno di chiedervi un parere: pensate che i capitoli siano troppo corposi? Non riesco mai a regolarmi e anche se mi impongo di scrivere meno alla fine  vengono sempre fuori più pagine di quante ne desideri.
Ho bisogno delle vostre recensioni, cari lettori, per crescere come scrittrice. Ci tengo veramente molto alla vostra opinione perché nel mio ambiente non ho nessuno con cui confrontarmi e che mi possa consigliare.
Fatemi sapere tutto quello che pensate, anche se la vostra opinione è negativa.
Grazie a tutti!

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Capitolo 8
*** Posso favorire? ***


Posso favorire?
 
‹‹ Posso favorire? ››
 
La Mezzosangue sta in piedi davanti a me, e mi guarda in attesa di una risposta. Non sono sicuro di potermi fidare, ma immagino che se avesse voluto incriminarmi sarebbe semplicemente andata da Piton o dalla McGranitt. Mi concedo un altro paio di secondi per riflettere: i miei amici non avrebbero mai approvato un gesto gentile nei confronti di una Nata Babbana, ma è anche vero che per loro oggi è un giorno di festa mentre io invece sono in lutto.
 
Cosa c’è che non va in me? Mi chiedo mentre porgo la bottiglia alla Granger.
 
Lei mi ringrazia e si siede a terra, mantenendosi però a una certa distanza. Si porta la bottiglia alle labbra e beve il primo sorso. Il suo viso si trasfigura in un’espressione di disgusto, simile a quella di un bambino mentre mangia un limone. Tossisce forte ed io non riesco a trattenermi dal ridere.
 
‹‹ Lo trovi divertente? ›› I colpi di tosse le fanno lacrimare gli occhi e non riesco a capire se si senta offesa dalla mia risata oppure no.
 
‹‹ Non dirmi che è la prima volta! ›› Non risponde. ‹‹ Davvero non hai mai bevuto prima d’ora? ›› Sono esterrefatto.
 
‹‹ E se anche fosse? Almeno io non sono un’alcolizzata come te! ›› La sua voce è provocatoria, non mi sta accusando, solo stuzzicando.
 
‹‹ Sapersi divertire non significa essere alcolizzati. Tu almeno sai cosa sia il divertimento? ››
 
Credo che la mia ultima battuta l’abbia ferita, ma questo non sembra scoraggiarla.
 
‹‹ Certo che lo so, i miei amici ed io ci divertiamo molto. Tu almeno sai cosa siano gli amici? ›› Mentre lo dice manda giù il terzo sorso ma non riesce a fare a meno di strizzare gli occhi per il disgusto.
 
‹‹ Ma davvero? E allora illuminami: se i tuoi amici sono così simpatici, perché hai bisogno di cercare la mia compagnia? ››
 
La guardo negli occhi in segno di sfida e lei arriccia il labbro: colpita e affondata.
 
Continuiamo a passarci la bottiglia in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri; forse anche lei è tormentata dal ricordo della famiglia Scrivenshaft. Credo che fosse presente al momento dell’attentato, però non me la sento di domandarglielo: provo dei terribili sensi di colpa.
 
Perché sono così abbattuto? Oggi due luridi Mezzosangue sono morti! Dovrei esultare e invece…
 
Forse sono semplicemente deluso di non aver potuto prendere parte all’operazione. Si, sicuramente è questo il problema.
 
Mi sento più sollevato ora che sono riuscito a trovare una soluzione logica che spieghi la mia infelicità, ma non del tutto libero dall’angoscia.
 
 
***
 
 
Questa situazione è strana ma non per questo imbarazzante.
 
Mi chiedo se sia giusto trascorrere il mio tempo qui con Malfoy che, per quanto ne so, potrebbe anche aver organizzato l’attacco di oggi pomeriggio. In fondo però, se avessi sempre preso la decisione giusta, adesso mi ritroverei a Tassorosso.
 
So bene che il mio posto non è qui, ma vicino i miei amici, in Sala Comune. So che se si venisse a sapere, probabilmente perderei tutte le persone a me più care, ma sono troppo stanca, troppo abbattuta per riflettere costantemente sulle conseguenze di ogni mia azione.
 
Guardo Malfoy: deve sentirsi veramente solo se ha deciso di accettare addirittura la mia compagnia, nonostante tutti i rischi che ne deriverebbero se i Mangiamorte lo scoprissero.
 
Tutti questi pensieri però mi fanno vorticare la testa. Perdo l’equilibrio e finisco sdraiata sull’erba umida. Il contatto con i leggeri fili d’erba mi fa il solletico, è divertente rotolarsi su e giù sporcandosi di terriccio e rugiada! No aspetta, che diavolo sto facendo?
 
Mi giro nuovamente verso Draco Malfoy, che trattiene a stento le risate.
 
‹‹ Vedo che sapete proprio come divertirvi, voi Grifondoro! ›› Sembra sarcastico ma non sprezzante.
 
Inizio a ridere, non perché la sua battuta fosse particolarmente divertente, ma solo per il gusto di farlo, per un istintivo desiderio di dar voce alla mia beatitudine. Forse è di cattivo gusto essere felici in una giornata come questa, ma non riesco a farne a meno. Non provo neanche vergogna ad avere gli occhi di Malfoy puntati addosso.
 
‹‹ Sei proprio ridotta male! ›› Ormai è paonazzo dalle risate. ‹‹ Allora non mentivi quando sostenevi di non aver mai bevuto in vita tua! ›› Si riprende la bottiglia dalla mia mano e beve avidamente.
 
‹‹ Lo trovi molto divertente? ›› Fingo di offendermi.
 
‹‹ Anche Piton lo troverebbe divertente! Guardati: tutta sporca e sghignazzante in piena notte! ››
 
Rido talmente forte da svegliare Thor, il cane di Hagrid, seduto a parecchi metri di distanza. Il mio compagno di bevute mi fa segno con la mano di tacere; con molta fatica, ci riesco. Sono in grado di mantenere un atteggiamento moderatamente pacato all’incirca per un quarto d’ora, osservando lo spazio imperscrutabile. Qui, nel mondo magico, dove non esistono luci artificiali, le stelle sono più luminose che mai; riesco a distinguere perfettamente anche quelle più lontane. La loro visione ha il potere di alleggerire il mio spirito: contemplare il cielo mi fa sentire talmente piccola e insignificante, da darmi l’illusione che le mie azioni siano totalmente irrilevanti, che qualunque cosa io faccia, niente potrebbe alterare il maestoso equilibrio dell’universo.
 
Mi alzo in piedi, ho l’improvvisa voglia di camminare.
 
‹‹ Dove vai? ›› Per un momento mi ero dimenticata di Malfoy.
 
‹‹ A farmi un giro, vieni anche tu? ››
 
Lui sembra soppesare la proposta. Credo sia combattuto tra il desiderio di non restare solo e la consapevolezza di quanto tutto ciò sia sbagliato. Anch’io temo di pentirmi delle mie azioni domani, ma adesso sono qui e non sto facendo altro che godere dell’inaspettatamente piacevole compagnia di un qualunque studente di Hogwarts. O quasi.
 
Il Serpeverde pare aver preso una decisione e, dopo svariati tentativi, si alza a sua volta. Voleva farmi credere di essere perfettamente lucido, ma a quanto pare il Whiskey stava iniziando a fare il suo dovere anche con lui.
 
Iniziamo a camminare sul ciglio della Foresta Proibita, perdendo puntualmente l’equilibrio.
 
‹‹ Chi l’avrebbe mai detto? Tu ed io che ci sbronziamo insieme! ›› Lo chiedo ridendo, con innocenza.
 
‹‹ Di sicuro non la Cooman! ›› Ridiamo entrambi di gusto della battuta.
 
Camminiamo per un tempo che mi pare infinito fino a giungere casualmente davanti al campo da Quidditch.
 
‹‹ Che coincidenza. ›› Mi lascio sfuggire io.
 
‹‹ Perché? ››
 
‹‹ Proprio poco fa ho detto a Ron di voler fare un giro sulla scopa. ›› Mi mantengo sul vago, temendo di essermi lasciata sfuggire un’informazione troppo confidenziale. Lui però non sembra farci caso.
 
‹‹ E ha rifiutato? ››
 
‹‹ Mi ha detto che non avrebbe avuto senso. ›› Confesso io sconsolata.
 
‹‹ Deve averne per forza? ›› Lo chiede con noncuranza, come se fosse la cosa più ovvia al mondo. Io invece resto pietrificata: Malfoy sembra aver capito il mio punto di vista meglio di chiunque altro. ‹‹ Ti porterei io stesso ma forse non siamo nelle condizioni giuste! ››
 
Io mi sforzo di ridere per dissimulare il mio stupore. Non devo montarmi la testa: potrebbe essere solo l’alcol a suggerirmi questi pensieri.
 
‹‹ Facciamo così. ›› Aggiunge il biondo. ‹‹ Domani, quando ci saremo entrambi ripresi, ci vediamo qui a mezzanotte. Se ancora lo vorrai, andremo sulla scopa. ››
 
Io annuisco entusiasta, ora come ora la trovo un’ottima idea.
 
‹‹ Ti posso assicurare che nessun Weasley sa usare la scopa meglio di me. ›› Mi chiedo se il doppio senso sia voluto.
 
Finiamo quel che resta della bottiglia prima di salutarci con un semplice gesto di mano, e un sorriso.
 
 
***
 
 
Vengo svegliato dalle urla di Blaise.
 
‹‹ Draco sbrigati! Sei in ritardo, noi abbiamo già fatto colazione! ››
 
‹‹ Cazzo… ››
 
Mi costringo ad alzarmi dal letto. La testa mi gira e credo di avere anche la febbre. Pondero un istante sull’eventualità di saltare le lezioni e darmi malato, ma in fondo sedere e fare finta di ascoltare non è poi un’impresa particolarmente impegnativa. Vado a farmi una doccia per rinfrescarmi un po’.
 
Sotto l’acqua riesco a trovare la concentrazione necessaria per ponderare sugli avvenimenti di ieri sera di cui, sfortunatamente, ricordo ogni dettaglio. Sarebbe molto meglio se non conservassi memoria dell’accaduto e di quanto mi sia sentito maledettamente sereno a trascorrere la notte in compagnia della Mezzosangue. Da quando era così cordiale e spiritosa?
 
La Granger con cui ho avuto a che fare ieri è diametralmente opposta a quella che sono abituato a incontrare per i corridoi: è trasgressiva, irrazionale e dalla battuta sempre pronta. Mi sembra quasi di non averla mai conosciuta, e forse è meglio così: immaginare che la ragazza con cui ho condiviso la piacevole serata non sia la vera Hermione Granger, l’amica di Potter, la Mezzosangue, mi fa sentire meno colpevole.
 
Forse però è stato solo l’alcol a renderla così gradevole ai miei occhi, ad alterare il mio giudizio.
 
Lo scoprirò stasera.
 
 
***
 
 
‹‹ Dove sei stata ieri? ›› La voce acuta di Calì mi perfora le orecchie. ‹‹ Mi sono svegliata per andare in bagno e tu non eri nel tuo letto. ››
 
Maledizione, mi sono scordata di chiudere le cortine.
 
‹‹ Stavo giù in Sala Comune. >> Dico con più convinzione possibile. ‹‹ Perché t’interessa? ››


‹‹ Semplice curiosità… ›› Cerca di mantenere un atteggiamento ambiguo, ma è chiaro che desideri ardentemente rivelare delle altre informazioni. ‹‹ La professoressa Cooman sente delle potenti vibrazioni nell’aria, potrebbero annunciare l’arrivo di un nuovo amore! ››
 
‹‹ Sciocchezze! ›› Mi trattengo dal riderle in faccia. ‹‹ Sai che non credo a queste fandonie! ››
 
Me ne vado prima che Calì inizi a citare i preziosi insegnamenti della Cooman, privi di qualunque fondamento logico. Sono sempre stata scettica riguardo alla nobile arte della divinazione, eppure nel mio intimo spero che il vento della fortuna giri anche dalla mia parte stavolta. Guardo di sottecchi Ron rimpinzarsi al tavolo dei Grifondoro prima di avviarmi in aula di Trasfigurazione.
 
Riuscire a concentrarsi durante l’interminabile lezione di storia, tenuta dal professor Rüf, il fantasma dalla voce più monotona di tutta Hogwarts, con i postumi della sbronza è un’impresa pressoché impossibile. Finisco per addormentarmi in aula, proprio come Harry e Ron. Al suono della campana corriamo tutti e tre fino al campo da Quidditch, dove stanno per iniziare le selezioni dei Grifondoro (che sono state anticipate per risollevare un po’ gli animi dopo il terribile accaduto del giorno precedente).
 
Percorrere i giardini della scuola mi fa uno strano effetto: continuo a rimuginare sui brandelli di ricordi di poche ore fa, quando ho camminato lungo lo stesso percorso insieme a Malfoy. Mi sorprendo di me stessa, delle mie azioni e della mia totale noncuranza: credevo che al mio risveglio mi sarei atrocemente pentita del mio gesto sconsiderato e invece sono veramente soddisfatta. Ho finalmente infranto la mia routine, ho dimostrato a me stessa di essere molto di più di un’enciclopedia ambulante e anche un po’ sgraziata.
 
Salgo sugli spalti assicurandomi la vista migliore, né troppo lontana, né troppo vicina. Da qui riesco a distinguere perfettamente ogni giocatore: Harry è infuriato per l’enorme quantità di ragazzine urlanti presente in campo, Ron è più pallido di un fantasma e McLaggen evita accuratamente di voltare lo sguardo verso di me. Alla mia sinistra si accomodano Lavanda, Calì e Padma, che sembrano essere più interessate ai giocatori che al Quidditch.
 
Le selezioni cominciano. Io osservo le mosse degli aspiranti cacciatori, senza davvero capirne lo scopo ma soffermandomi solo sulla loro impeccabile coordinazione. I corpi coperti di rosso e oro sfrecciano sopra la mia testa, disegnando figure armoniose e facendomi desiderare ardentemente di esser anch’io parte di quello schema perfetto. D’un tratto inizio a prendere seriamente in considerazione l’idea di presentarmi all’incontro di stasera. Finora avevo dato per scontato che quella di ieri fosse l’ultima serata con Malfoy, ma in fondo chi mi vieta di viverne altre? Ron? Il mio buon senso?
 
Se la notte scorsa mi ha insegnato qualcosa è che l’unica a potermi porre dei limiti sono io e io mi voglio libera da qualsiasi vincolo (*). Oltretutto non sto facendo del male a nessuno: io e il furetto non siamo nient’altro che semplici conoscenti, qualche serata in compagnia non ci renderà certo amici.
 
E’ il turno di McLaggen: deve cercare di parare cinque rigori e sarà ammesso in squadra solo se totalizzerà un punteggio maggiore di quello di Ronald.
 
I primi quattro tiri vengono tutti intercettati. Ron è esangue, non lo vedo così agitato dai tempi di Perché Weasley è il nostro re. Forse potrei dargli un piccolo aiuto…
 
‹‹ Confundus. ›› Lo bisbiglio senza farmi notare, impedendo a Cormac di afferrare l’ultima Pluffa.
 
Sono soddisfatta di me e lo sono ancora di più non appena Ron viene nominato portiere ufficiale. Gli corro incontro e lo abbraccio per congratularmi con lui, che ricambia la mia stretta con trasporto. Prima di lasciarlo andare, noto con la coda dell’occhio il forte disappunto di Lavanda. Non sarà mica gelosa?
 
 
***
 
 
Esattamente a mezzanotte meno un quarto sgattaiolo fuori dal letto in punta di piedi, già vestita di tutto punto. Sto per uscire dal dormitorio quando mi ricordo di dover accostare i tendaggi del baldacchino: meglio non ripetere lo stesso errore due volte.
 
Percorro in silenzio i corridoi bui cercando di non incrociare Pix che fortunatamente non sembra essere nei paraggi. Forse si sta dilettando nel suo passatempo preferito: infastidire Gazza.
 
Giungo al Salone d’Ingresso, diretta verso l’uscita che mi avrebbe condotta al luogo d’incontro, ma mi fermo a riflettere qualche istante: finora mi sono divertita a giocare con la mia vita come se non mi appartenesse, forse però sto oltrepassando il limite. Non posso far finta che Malfoy non sia quello che è: ossia un filomangiamorte razzista e spregevole, che si approfitta della debolezza altrui e che vorrebbe vedere morti tutti noi Mezzosangue.
 
Nonostante queste argomentazioni sarebbero più che ragionevoli all’orecchio di chiunque, indugio ancora qualche istante: il desiderio di rivivere una nottata senza pensieri come quella di ieri è troppo forte.
 
 
***
 
 
(*) Se voglio salvare la libertà umana debbo procedere conseguentemente e concepire l’intera realtà a partire da essa: Io mi so libero non come una cosa, ma come un atto di libertà, un atto che pone se stesso, che si pone come libero; in altri termini: “io mi voglio libero” e mi affermo come persona. (Fichte)
 
Allora miei cari lettori, che ne pensate? So che questo capitolo è più corto del solito, ma spero che lo abbiate apprezzato ugualmente! Non vedevo l’ora di mostrarvi il primo vero contatto tra Draco ed Hermione e adesso sono curiosa di conoscere i vostri pareri. Vi sembra forse un gesto troppo avventato? Innaturale?
 
Inizialmente non ero molto certa che fosse un buona idea farli incontrare in questo modo ma poi mi sono detta che in fondo non era poi così strano.
Da una parte abbiamo Hermione che, terrorizzata dall’idea di aver investito diciassette anni nello studio e di non riuscire ad arrivare all’età per raccogliere i frutti del suo impegno, vuole riscattarsi dedicando tutto il tempo che ha per vivere fuori dagli schemi.
Dall’altra invece c’è Draco che, privato della possibilità di diventare Mangiamorte e quindi della sua identità, inizia a sentirsi stretto nei panni del Purosangue superbo e altezzoso (ma che nonostante ciò cerca in ogni modo di rimanere legato ai princìpi che gli sono stati impartiti dalla famiglia).
 
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia storia e che l’hanno inserita tra le preferite!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Amici? ***


Amici?
 
Alzarsi questa mattina sembra più difficile del solito. Vorrei restare nel mio letto per crogiolarmi tra le lenzuola. Credo di non essere mai stata così poco entusiasta di iniziare una giornata di studio.
 
Mi preparo a fatica e scendo in Sala Grande con gli occhi semichiusi. Durante il tragitto continuo a ripetermi di aver fatto la scelta giusta non presentandomi all’incontro con Malfoy, ma non riesco a convincermene del tutto: da un lato la mia intrinseca razionalità cerca di confortarmi, mostrandomi le infinite ottime ragioni che mi hanno spinta a prendere questa decisione e ribadendomi con veemenza che sarebbe stata una mossa del tutto priva di senso, dall’altro invece il mio cuore mi suggerisce un’unica e semplice frase.
 
Deve averne per forza?
 
Di fronte a questa domanda la mia intera filosofia di vita entra in crisi. La mia mente, programmata da anni di studio e impegno a ricercare sempre una ragione che giustificasse ogni fenomeno, si rifiuta di accettare che la mia volontà agisca senza uno scopo utile e proficuo, ma lei stessa non riesce a concepire la possibilità di un universo dominato dal destino, un universo che non lascia spazio alcuno alle mie decisioni personali.
Dunque arriva qui il dilemma: la mia totale libertà di agire, non essendo in alcuno modo condizionata da forze a me esterne, deve dunque sottomettersi a dei limiti autoimposti?
 
So bene di non poter stringere un vero legame con Malfoy: lui è un fedele oppositore di tutti quegli ideali che i miei amici ed io proteggiamo dall’età di undici anni, come l’indiscussa uguaglianza tra maghi e babbani, l’unione e la fratellanza dei popoli e la giustizia. Questo però non dovrebbe impedirmi di realizzare il mio desiderio di sperimentazione, di andare oltre i confini imposti dalla razionalità per conoscere la realtà in ogni sua sfaccettatura.
 
Ecco cosa desidero ardentemente: sentirmi libera e incondizionata. Agire d’istinto senza dover continuamente soppesare le conseguenze. E questo, sfortunatamente, sembra possibile solo con Malfoy.
 
In fondo non mi sarebbe dispiaciuto prendere una boccata d’aria fresca in compagnia, volare sulla scopa e scacciare i miei incubi per un paio d’ore. Nessuno però tra i miei amici sembra essere in grado di soddisfare questa mia necessità: Harry è talmente preso da quel maledetto libro di pozioni da trascurare addirittura l’importante incarico conferitogli da Silente; Ginny è troppo selettiva per riuscire a comprendere fino in fondo i sentimenti controversi che sto vivendo in questo periodo, per lei è tutto bianco o nero; Ron invece è semplicemente l’infinita perfezione, infinitamente lontana. Egli è colui che possiede la chiave della mia felicità, ma che la tiene avidamente avvinghiata al suo petto.
 
Raggiungo il tavolo dei Grifondoro e saluto tutti con un sorriso. I miei compagni di casa sembrano a disagio, guardo Harry con aria interrogativa e lui si limita ad indicare Ron con lo sguardo.
 
‹‹ Che succede? ›› Mi rivolgo direttamente al rosso.
 
‹‹ Come se non lo sapessi. ›› Si alza di scatto e se ne va.
 
Lo sanno, sanno delle mie uscite notturne, sanno del tuffo nel Lago Nero e sanno del mio incontro con Malfoy. Era inevitabile: le bugie hanno le gambe corte. Prima o poi avrebbero dovuto scoprirlo.
 
‹‹ Herm… ›› La voce di Ginny è carica di imbarazzo. ‹‹ Temo che sia colpa mia… ›› Non riesco a capire, la esorto a continuare con un cenno del capo. ‹‹ Ho detto a Ron del tuo bacio con McLaggen. ››
 
Allora è di questo che si tratta! Mi sento talmente sollevata da sciogliermi in un sorriso.
 
‹‹ Lo trovi divertente? ››


No, assolutamente no, devo ricompormi se non voglio destare sospetti.
 
‹‹ No figurati! Temevo solo che fosse qualcosa di più importante ecco. ›› Rifletto un altro paio di secondi sull’accaduto. ‹‹ Perché lo hai fatto? ››
 
‹‹ Non lo so. ›› Fa spallucce. ‹‹ Continuava a dire che sono troppo piccola per dilettarmi con simili effusioni in pubblico, credo mi abbia visto mentre mi baciavo con Dean. ›› Sospira, si sente in colpa. ‹‹ Insomma io gli ho detto che il bambino era lui a non aver mai baciato una ragazza in vita sua e che tutti i suoi amici si sono già abbondantemente dilettati, te compresa. ›› Harry ed io arrossiamo simultaneamente.
 
‹‹ In ogni caso non capisco quale sia il suo problema. ›› Dico con tono leggermente stizzito, in fondo non gli sono mancate le occasioni per baciarmi… Magari non gli interesso per nulla.
 
‹‹ Il problema è che è più cocciuto di un Troll di Montagna! ›› Risponde Ginny chiaramente alterata, alzandosi.
 
Mi alzo a mia volta, dirigendomi in Sala Comune, magari prima delle lezioni riesco a scambiare due parole con Ronald.
 
Lo incontro nei pressi delle scale che conducono ai sotterranei. Lo prendo per un braccio, trascinandolo in un angolo per impedendogli la fuga. Cerco di sorridergli cordialmente ma lui guarda in basso.
 
‹‹ Tutto bene? ›› Gli chiedo con dolcezza appoggiandogli la mano sul viso. Il contatto con la sua pelle mi provoca un fremito lungo la spina dorsale, ma cerco di non darlo a vedere.
 
Lui scuote la testa e si divincola.
 
‹‹ Devo andare a lezione, Lumacorno non ama i ritardatari. ››
 
Io lascio che se ne vada. Non posso credere che sia davvero così arrabbiato con me! Cosa avrò mai fatto di male? Se solo lui avesse voluto sarei stata più che felice di condividere un momento speciale come il primo bacio con lui…. E non con Victor! Mi viene quasi da credere che sia geloso di me, ma non avrebbe alcun senso. Non riesco a trovare alcuna spiegazione che possa giustificare il suo comportamento, so solo che mi fa sentire profondamente frustrata, anzi, addirittura furiosa.
 
Scendo nell’aula di pozioni camminando a grandi falcate. Ma come si permette quell’omuncolo a trattarmi in questo modo? Chi si crede di essere per scaricare i suoi complessi d’inferiorità su di me? Solo perché lui non è riuscito a cogliere al volo le opportunità che gli si sono presentate, non significa che io avrei dovuto fare lo stesso!
 
La lezione di pozioni è più faticosa del normale: Harry come al solito si prende gioco di me perché mi rifiuto di seguire i consigli del Principe (sulla cui identità dovrei iniziare a documentarmi) e intanto Ron si ostina a non guardarmi, come se questo potesse in qualche modo cancellare ciò che è successo.
 
Ripenso di nuovo a Malfoy: è in momenti come questo che vorrei evadere dalla realtà, catapultarmi in un universo senza regole e norme morali. Inizio a rimpiangere la mia decisione: forse avrei dovuto cogliere la palla al balzo e godermi almeno una serata di libertà, un’unica, innocente notte fuori dagli schemi.
 
Cerco di rinsavire: cosa mi fa credere che il furetto si sia presentato al nostro appuntamento? O che se ne sia ricordato? Magari anche lui si è pentito della proposta, in fondo sarebbe stato molto più rischioso per lui che per me! Incontrare una Mezzosangue nel cuore della notte…. Non voglio nemmeno pensare alle conseguenze che ne deriverebbero se i Mangiamorte lo scoprissero.
 
Non andare è stata sicuramente la scelta migliore.
 
‹‹ Signorina Granger, la sua pozione è eccellente! Chiaramente non è al livello di quella del signor Potter, ma ha raggiunto ugualmente degli ottimi risultati! >> Lumacorno annusa il mio preparato con attenzione.
 
‹‹ La ringrazio molto professore. ››
 
‹‹ Non c’è di che! Mi chiedevo se per caso fosse interessata a prendere parte a qualche incontro mensile insieme ad altri studenti meritevoli. Immagino che il suo amico Harry le abbia già raccontato alcune delle nostre piacevoli serate! ››
 
Harry fa finta di non sentire, chiaramente in imbarazzo: ogni volta che ha fatto riferimento a una cena del Lumaclub non si è mai sprecato in complimenti. L’ultima l’ha definita la serata peggiore della mia vita, e ne ha trascorsi di momenti spiacevoli, lui!
 
‹‹ Ne sarei onorata! ›› Che altro posso dire?
 
‹‹ Meraviglioso! Il prossimo incontro si terrà al più presto, nel giro di una o due settimane. Vorrei poterlo anticipare, ma come stavo spiegando giusto ieri al signor McLaggen, sono davvero molto impegnato in questo periodo, devo fare numerose… commissioni. ››
 
A sentire il nome di Cormac, Ron emette uno strano singulto, probabilmente sta ribollendo d’invidia. Questa consapevolezza mi rende immediatamente raggiante, anche se forse non dovrei esserlo.
 
 
***
 
 
Cibo, sesso e Quidditch: gli unici argomenti di conversazione che possano destare l’interesse di Vincent e Gregory.
 
Non solo, sembrano non avere alcuna opinione personale neanche a questo proposito, sono d’accordo con tutto ciò che dico. Neanche sputassi parole laccate d’oro.
 
Però devo accettare questa situazione: l’ultima volta che ho sentito il bisogno di intrattenere un vero colloquio con qualcuno mi sono ritrovato a dividere la mia ultima bottiglia di Whiskey con la Granger.
 
Però è stato un episodio isolato, non dovrò più avvicinarmi a quella Mezzosangue. Per questa ragione mi sono deciso a non incontrarla, ieri notte. Solo Merlino sa cosa mi sarebbe potuto accadere se fossi stato sorpreso con la Grifondoro. Mi chiedo se lei si sia fatta viva.
 
Scuto il tavolo dei grifoni cercandola con lo sguardo, voglio leggere nei suoi occhi un indizio che mi aiuti a scoprire quale sia stata la sua scelta.
 
‹‹ Che diavolo guardi? ›› Mi giro di scatto, evidenziando maggiormente la mia colpevolezza.
 
‹‹ Quello scemo di Potter, sai, devo tenerlo d’occhio… ›› Inventare menzogne e lasciare le frasi in sospeso sono la mia specialità.
 
Blaise, che mi ha posto la domanda, mi guarda con ammirazione. Non posso credere che se la sia bevuta!
 
Finisco di mangiare il dolce e mi alzo, diretto verso il cortile esterno della scuola. L’aria pungente mi scuote i nervi, dandomi l’energia necessaria per camminare. Ormai la passeggiata notturna è un rito abitudinale senza in quale non riuscirei a chiudere occhio.
 
Mentre mi muovo la mia mente galoppa furiosa, cercando di districare il groviglio di pensieri che ho in testa. Penso al mio futuro, alla carriera che vorrò intraprendere non appena uscirò da questa topaia, penso a Pansy, che non mi rivolge la parola da giorni ormai, abbassando la testa ogni volta che m’incontra per i corridoi e infine penso ai miei amici, che da qualche mese ormai non riesco più a sentire tali.
 
Evito però con cura di riflettere troppo a lungo sull’Oscuro, perché questo significa ricordare Grant Scrivenshaft, e io non voglio. Ogni volta che ripenso a quel ragazzo, mi sembra quasi di sentire la sua risata nelle orecchie e provo un istintivo moto di disprezzo nei confronti di chi gli ha sottratto la giovinezza, di chi ha deciso per lui il suo destino. Ma questi pensieri anarchici non si addicono a un buon Malfoy, quindi è molto meglio continuare a non toccare questa nota dolente.
 
Cammino fino a perdere la cognizione del tempo, forse è meglio rientrare.
 
La Sala Comune è riscaldata dal fuoco del camino, che riflette la sua luce sull’arredamento verde smeraldo. Sto per entrare nel mio dormitorio quando mi accorgo di non essere solo. Seduto su una delle poltrone c’è Theodore Nott, impegnato nella lettura di un libro.
 
Non so come comportarmi: non essendo il mio turno di guardia, non mi sarei dovuto aggirare per il giardino in piena notte, ma lui non sembra averci fatto molto caso.
 
E se invece se ne fosse accorto e stesse conservando quest’informazione per quando potrà sfruttarla a suo vantaggio? In fondo è risaputo che la lealtà non è la principale dote di noi Serpeverde.
 
Sto indugiando troppo, anche questo potrebbe sembrare sospetto.
 
‹‹ Non preoccuparti, non dirò a nessuno di averti visto rientrare a quest’ora. ›› Il suo tono è pacato. Mi è sempre piaciuta la sua voce, calda e rassicurante. ‹‹ Né oggi, né tutte le altre notti. ›› Cosa?
 
‹‹ Non so di cosa tu stia parlando. ›› Meglio fare finta di niente, non credo di potermi fidare pienamente di lui.
 
‹‹ Non fare l’idiota. Ti sento quando esci. ››
 
‹‹ Non sapevo di avere un cane da guardia. ›› Ma chi si crede di essere per spiarmi? Questa faccenda non mi piace.
 
‹‹ Soffro d’insonnia, cretino. ›› Inizia veramente a stancarmi, nessuno può insultarmi gratuitamente e passarla liscia.
 
‹‹ Dacci un taglio Nott, o altrimenti… ››
 
‹‹ Altrimenti cosa? Chiamerai il Signore Oscuro per farmela pagare? So che non sei stato marchiato, non sono mica deficiente come Tiger o Goyle che si bevono tutte le tue cazzate. ››
 
Resto pietrificato. Credevo che fosse un’informazione riservata. Da quando i figli dei Mangiamorte possono essere tenuti al corrente delle decisioni dell’Oscuro? Forse sta solo giocando d’astuzia, tirando a indovinare.
 
‹‹ Ho sentito Rookwood parlarne con tua zia, quest’estate. ›› Credo abbia intuito i miei pensieri.
 
Improvvisamente provo pena per Theodore. Posso solo immaginare gli orrori che deve aver vissuto: sembra che anni fa abbia assistito alla morte di sua madre e che, da quel momento, lui e suo padre se la siano cavati da soli. Ma ora che il signor Nott è stato imprigionato ad Azkaban insieme a mio padre, il ragazzo è stato affidato a quel viscido di Rookwood. Non c’è mai fine al peggio.
 
‹‹ Ah… ›› Non so che altro aggiungere.
 
‹‹ Senti facciamola finita Draco, non c’è motivo di discutere, dobbiamo essere uniti, almeno tra di noi. Su, siediti. ››
 
Questo improvviso cambiamento d’umore mi fa pensare che forse non gli piaccia essere compatito. Sono in imbarazzo e vorrei andarmene da qui, ma le sue parole hanno stuzzicato la mia curiosità: che intende dire con tra noi? Tra noi Serpeverde? Tra noi purosangue? Tra noi figli di Mangiamorte?
 
Mi avvicino cautamente e mi siedo nella poltrona adiacente alla sua. Restiamo qualche minuto in silenzio a guardare il fuoco. Non so proprio di cosa parlare con lui: nonostante lo conosca da una vita, mi sembra un estraneo. E’ sempre stato un ragazzo solitario e credo che non abbia nessun caro amico qui a scuola. Ma a dirla tutta credo di non averne neanche io, quindi non posso biasimarlo.
 
‹‹ Il tuo gatto si siede spesso li, vicino al camino… Credo sia molto intelligente. Come si chiama? ›› Che gli importa?
 
‹‹ Non ha un nome. ››
 
Mi guarda di traverso.
 
‹‹ Perché no? ››
 
‹‹ Non ne trovo uno adatto, mi limito a chiamarlo stronzetto. Si gira ogni volta. ›› Rispondo facendo spallucce.
 
‹‹ Immagino che adesso creda di chiamarsi così! ›› Dice sorridendo. ‹‹ Comunque lo trovo simpatico. ››
 
‹‹ Pansy non sarebbe d’accordo con te! L’altro giorno l’ha graffiata. ››
 
Lui emette una sorta di risata strozzata.
 
‹‹ Non è divertente. ›› Cerco di sembrare aggressivo, non voglio che si rida di lei, forse perché mi sento già molto in colpa per averla trattata così male.
 
‹‹ Si invece, e lo pensi anche tu, non prendermi in giro. ››
 
Ha ragione, credo che non dimenticherò mai l’espressione di Pansy mentre usciva furibonda dal dormitorio maschile. Rido a mia volta.
 
‹‹ Perdona la mia schiettezza, ma proprio non riesco a capire come tu faccia a sopportarla. Non passerei un solo minuto con lei, neanche per la migliore scop… ››
 
Lo interrompo con un gesto della mano. Non posso credere che il figlio di un Purosangue, oltretutto di buona famiglia, possa essere così scurrile. Anche se in fondo lo trovo divertente.
 
‹‹ Comunque sia non è più un mio problema, mi odia. ›› Ho appena chiamato Pansy, problema. Sono proprio un verme.
 
‹‹ Papà dice sempre che la psicologia è riuscita a studiare la mente dell’uomo, ma non quella della donna (*). Le loro idee sono imperscrutabili. ›› Ridiamo entrambi di gusto.
 
Il tepore del fuoco mi rilassa a tal punto da appesantirmi le palpebre.
 
‹‹ Penso che mi ritirerò a dormire. ›› Dico alzandomi.
 
‹‹ Io resterò qui ancora per un po’. ›› Ho come l’impressione che voglia dirmi qualcos’altro, invece ripiega la testa sul libro, chiudendo definitivamente la conversazione.
 
Mi distendo sul letto e, prima di addormentarmi, rifletto brevemente sull’incontro che ho appena avuto. La chiacchierata con Theodore mi ha lasciato molti quesiti irrisolti e inizio a credere che il suo atteggiamento solitario e contemplativo celi dei segreti ai quali lui solo può avere accesso. Mi chiedo se sia possibile conoscere un uomo semplicemente osservandolo.
 
 
***
 
 
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette… Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette…
 
Narcissa contava le dita rimanenti senza sosta, una due, tre volte. Stava forse impazzendo?
 
Era certa di aver visto i Mangiamorte ridere di lei, o forse se l’era immaginato? Forse aveva detto qualcosa di spiritoso, per questo ridevano tutti, non se lo ricordava. No, non aveva detto niente, perché non parlava da giorni.
 
Aveva risposto alla lettera di Draco? No, perché l’Oscuro le aveva portato via il pollice.
 
Poteva usare un incantesimo, ma dov’era la sua bacchetta? Guardò il pavimento sperando di trovarla li. Ah no, quello era il soffitto.
 
Chiuse gli occhi.
 
Tutto questo deve finire, tutto questo deve finire, tutto questo deve finire.
 
 
***
 
 
(*) La psicologia è riuscita a studiare la mente dell’uomo, ma non quella della donna.
(Albert Einstein)
 
Ciao ragazzi,
volevo scusarmi tantissimo per aver pubblicato dopo così tanto tempo, ma ho avuto degli impegni e non ho avuto molto tempo per scrivere. Spero che la storia vi stia piacendo, fatemi sapere che ne pensate!

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Capitolo 10
*** Estremo piacere ed estremo terrore ***


Estremo piacere ed estremo terrore
 
Sono due giorni che faccio lo sciopero della fame nel tentativo di non incontrare Ron in Sala Grande, ma il mio stomaco inizia a reclamare e forse dovrei dargli ascolto. Non ero così affamata da quando mi sono rifiutata di mangiare qualsiasi piatto cucinato dagli elfi domestici.
 
Mi siedo al tavolo dei Grifondoro appena in tempo per la prima portata, ben distante da Ronald e dalla sua negatività. Ogni volta che qualcuno tenta di avvicinarlo, non riceve altro che grugniti e male parole. Harry sostiene che sia colpa del Quidditch: dopo le selezioni, il brillante esordio di Ron si è schiantato al suolo più rapidamente di una finta Wronsky (*). Pare inoltre che Ginny lo abbia aggredito in campo dandogli dell’idiota.
 
Rido sprezzante tra me e me: Ronald Weasley battuto dalla sorellina nello sport e in amore!
 
Mi soffermo a riflettere qualche istante sul mio lato oscuro che recentemente si sta manifestando, crogiolandosi nelle debolezze altrui. Da quando sono capace di provare simili sentimenti? Credevo che un Grifondoro non conoscesse il disprezzo, che non si compiacesse della propria superiorità.
 
Mangio in silenzio osservando distrattamente i miei amici, seduti attorno all’estremità opposta della lunga tavolata in legno. Lavanda è seduta accanto a Ron e ride da civetta ogni volta che il rosso apre bocca, posandogli la mano sulla spalla. Perché continua a toccarlo?
Abbasso la testa cercando di non mostrare la mia frustrazione. Vorrei andare lì e dirle io stessa di smettere di fare la gatta morta. Cosa starà mai dicendo di così divertente?
 
Cerco di ignorarli ma la tentazione di alzare lo sguardo su di loro è troppo forte. Troppo forte e troppo doloroso, meglio che me ne vada.
 
Esco frettolosamente dalla Sala Grande, incrociando McLaggen sul mio cammino. Vorrei fermarmi a salutarlo ma lui prosegue dritto, senza neanche guardarmi in faccia. Non credevo che si potesse essere anche più orgogliosi di Ronald. Credo però che con un po’ d’impegno potrei convincerlo a farmi da accompagnatore alle feste del Lumaclub.
 
Ron morirebbe d’invidia. Suggerisce il mio lato oscuro e calcolatore.
 
Salgo le scale della torre di Grifondoro, assaporando già il dolce profumo delle lenzuola pulite. Voglio andare a dormire e dimenticare immediatamente lo spettacolo a cui ho dovuto assistere durante la cena. Inoltre non voglio incrociare la gallina… cioè… Lavanda.
 
Sono già in procinto di coricarmi quando si risveglia in me la consapevolezza di dover adempiere ai miei doveri da prefetto. Mi alzo lentamente e mi rivesto. Dopo aver appuntato la spilla alla divisa prendo un libro dal comodino e chiudo le cortine del letto in attesa che scatti l’ora del coprifuoco per eseguire una sbrigativa e superficiale ronda notturna.
 
Con chi dovrò pattugliare oggi?
 
La risposta affiora alla mia memoria, facendomi rabbrividire.
 
 
***
 
 
 
Me ne sto sdraiato sul divano verde smeraldo della mia Sala Comune lanciando semplici incantesimi al vuoto. Il Sole è tramontato da qualche ora ormai e lentamente i miei compagni di casa stanno rientrando, esausti per la faticosa giornata di studio.
 
‹‹ Draco! Che fine hai fatto oggi? Dovevamo allenarci per la partita di Quidditch ti sei forse dimenticato? ›› Urquhart mi guarda dall’alto in basso con sguardo arcigno.
 
‹‹ No, io… non sto molto bene a dirla tutta… credo di non essere in grado di giocare domani. ››
 
‹‹ Non fare il cazzone! Vaisey si è fatto male oggi, non posso perdere anche un altro giocatore! ››
 
Io alzo gli occhi al cielo, possibile che debbano capitare tutte a me?
 
‹‹ Va bene, vedrò cosa posso fare. ››
 
‹‹ Sarà meglio che tu ti faccia vivo Malfoy, o non risponderò delle mie azioni. ›› Replica lui minacciosamente. Poi si allontana.
 
Lancio uno schiantesimo verso il soffitto, ammaccandolo. Quell’imbecille pensa di potermi intimidire solo perché adesso mio padre è rinchiuso ad Azkaban? Sono ancora un Malfoy e sono ancora potente, io. O almeno questo è ciò che Urquhart dovrebbe credere.
 
Mi passo una mano sul volto. Da quando non colgo l’occasione di sfidare i Grifoni a una partita di Quidditch? Forse dovrei veramente considerare l’opzione di giocare con la mia squadra domani… Ma la verità è che non sono in vena di goliardie.
 
A dirla proprio tutta non ho nemmeno partecipato alle selezioni, sono stato ammesso senza dovermi sottoporre ad alcun provino, a riprova del fatto che la casata dei Malfoy gode ancora di una certa fama, seppur minima.
 
Ripenso a ciò che mi disse la Granger circa quattro anni fa: per lo meno, nessuno della squadra del Grifondoro si è dovuto comprare l'ammissione, loro sono stati scelti per il talento.
 
La mia ignoranza e la mia presunzione m’impedirono, all’epoca, di accorgermi della veridicità delle sue parole e le lasciai cadere nel dimenticatoio, considerandole una semplice e patetica manifestazione d’invidia. Solo ora vedo con chiarezza la verità: sono un fallito e non avrei fatto strada senza il mio nome.
 
Mi dirigo verso l’uscita del dormitorio: ho bisogno di prendere una boccata d’aria.
 
Poco prima di mettere piede fuori il mio sguardo s’incrocia con quello di Pansy, poco distante da me. Dovrei dirle qualcosa, parlare, scusarmi. Alzo la mano in gesto di saluto, tanto per cominciare, ma lei si rifiuta di rispondermi, puntando gli occhi verso il pavimento e proseguendo per la sua strada.
 
Spingo la porta con più forza di quanta ne fosse necessaria. Che diavolo vuole quella ragazza da me? Non mi lascia neanche la possibilità di porgerle le mie scuse! Per cosa poi? Per essere stato sincero con lei? Per la mia coerenza? In fondo sono sempre stato chiaro sulle mie intenzioni! E’ un’invasata, non c’è altro da aggiungere.
 
Fuori è buio e le poche luci provenienti dalla capanna del guardiacaccia sono inghiottite dall’oscurità. Mi guardo intorno senza sapere esattamente che fare. Ormai è diventata una consuetudine per me: appena i pensieri si fanno troppo pesanti e inizio a sentirmi mancare l’aria i miei piedi iniziano a muoversi istintivamente verso il giardino.
 
Mi siedo accanto ad un albero e inizio ad osservare il vuoto, chiedendomi che suono abbia il silenzio. Tempo fa lessi da qualche parte che secondo gli antichi, anche i corpi emettevano rumore, che quando crediamo di non sentire alcun suono, in realtà non stiamo facendo altro che ascoltare il melodioso moto astrale (**). Alzo il capo per osservare il cielo, ma la sua visione mi turba profondamente, anche se non riesco a spiegarmene il motivo.
 
Decido che è ora di tornare nel dormitorio: devo prendere il mio distintivo per iniziare la ronda notturna.
 
Varcato l’ingresso della Sala Comune mi accorgo di non essere solo: Theodore è seduto sulla solita poltrona, immerso nella lettura di un libro diverso da quello dell’ultima volta.
 
‹‹ Ciao Draco. ›› Mi saluta senza neanche alzare la testa.
 
‹‹ Ciao Nott. ››
 
Dopo il nostro ultimo incontro non abbiamo avuto molte altre conversazioni, forse però dovrei rimediare, in fondo sono pochi i ragazzi di cui trovo piacevole la compagnia: gli altri Serpeverde non brillano d’intelligenza.
 
‹‹ I turni di notte sono una cazzata. ›› Dico appuntandomi la spilla. ‹‹ Nessuno è tanto imbecille da farsi beccare. ››
 
‹‹ E nessun prefetto è tanto scrupoloso da tentare davvero di beccarli. ›› Finalmente decide di guardarmi, sorridendo.
 
Io rido di rimando: ha proprio ragione.
 
‹‹ Comunque sia ho voglia di fare un giro, l’inerzia m’innervosisce. ›› Dico io uscendo.
 
 
***
 
 
Scendo le scale agilmente, cercando di non fare rumore. Forse se evito il parco potrei anche riuscire a non incrociare Malfoy. Non che non voglia vederlo, anzi a essere completamente sincera un po’ mi attrare la prospettiva di trascorrere il resto della serata con lui: l’idea di agire ignorando il buon senso è stranamente eccitante.
 
Ma non devo dimenticarmi con chi ho a che fare: Malfoy è un arrogante, razzista, subdolo filomangiamorte ed io dovrei evitare certa gente.
 
Lui però è stato gentile con te, siete andati d’accordo, non dimenticarlo. Forse è cambiato.
 
Eccolo ancora lì: il piccolo diavolo che si nutre dei miei desideri e della mia follia. Cerca di convincermi, di fornirmi giustificazioni che mi permettano di accantonare i sensi di colpa per i miei gesti avventati e illogici.
 
Vorrei potergli dare ascolto, cedere alle sue tentazioni, ma il mio rancore verso Malfoy m’impedisce di credere alla favola del ragazzo redento, non importa quanto il suo atteggiamento possa essere apparentemente cambiato.
 
Non faccio in tempo a formulare per intero quest’ultimo pensiero che vedo spuntare di fronte a me una testa biondo platino.
 
‹‹ Ciao Malfoy. ›› Dico cercando di non far trapelare il mio imbarazzo.
 
‹‹ Granger… ›› Il suo tono è distaccato, ma non ostile.
 
Rimaniamo fermi qualche istante, incerti sul da farsi, anche lui pare sentirsi a disagio. La cosa migliore sarebbe girare i tacchi e proseguire la ronda in solitudine, ma qualcosa mi trattiene.
 
‹‹ Come stai? ›› Non so neanch’io perché ho deciso di parlargli.
 
‹‹ Bene, grazie. ›› Sta mentendo, leggo la tristezza nei suoi occhi (o forse è solo il mio desiderio di vedere Malfoy come un essere umano e non come un semplice manichino senz’anima?). ‹‹ Tu come stai? ››
 
E’ incredibile, nessuna battuta, nessun insulto. Starà tramando qualcosa o sta davvero tentando di fare conversazione?
 
‹‹ Che c’è? ›› Mi accorgo di aver esitato troppo, senza rispondere alla sua domanda.
 
‹‹ Niente, sto bene anch’io grazie. ›› Dal suo sguardo deduco che si sia accorto della mia bugia.
 
Indugiamo ancora qualche istante e io inizio a sentire la necessità di rompere il silenzio.
 
‹‹ Mi dispiace di non essermi fatta viva, l’altra sera. Sei stato gentile con me ed io non ti ho nemmeno ringraziato. ›› Credo di essere avvampata: durante gli ultimi giorni mi sono sempre limitata ad ignorare l’accaduto, come se niente fosse mai successo e forse avrei fatto meglio a non ritirarlo in ballo proprio adesso.
 
‹‹ Già… sei stata proprio una stronza. Cosa potevo aspettarmi da una Grifondoro? Siete tutti degli ipocriti. ››
 
Normalmente una frase del genere mi avrebbe profondamente offesa, ma qualcosa nel suo volto mi dice che sta bluffando.
 
‹‹ Nemmeno tu ti sei presentato al nostro incontro non è così? ›› Un’impercettibile smorfia all’angolo della bocca conferma la mia ipotesi. ‹‹ Sei proprio deficiente: per un attimo ho creduto che fossi serio! ›› Scoppio in una fragorosa risata, non posso credere che mi stessi lasciando fregare.
 
‹‹ Allora è vero quello che si dice sul tuo conto, non sei del tutto stupida come gli altri Grifoni! ›› Anche lui ride di gusto, nonostante io abbia smascherato il suo trucco, non sembra essere infastidito.
 
Iniziamo a camminare, la situazione adesso è molto più leggera. Forse potremmo addirittura pattugliare la zona insieme.
 
Anche se probabilmente non dovremmo.
 
 
***
 
 
Alcune cose semplicemente non hanno senso: questa dovrebbe essere la risposta universale alle grandi domande sulla vita.
 
Non ha senso che io stia passeggiando per i corridoi con la Granger e non ha senso che lo trovi stranamente piacevole.
 
Solo qualche mese fa non avrei mai neanche rivolto la parola ad una Mezzosangue, tanto meno a lei: avevo un nome da difendere. Ora però il mio nome vale tanto quanto quello di un purosangue qualsiasi, quindi a che scopo faticare per nulla?
 
Certo, nessuno deve comunque sapere che ho intrattenuto con la ragazza di Potter una conversazione amichevole: non solo potrei giocarmi quel poco di reputazione che mi è rimasta, ma non oso nemmeno pensare a ciò che accadrebbe se i Mangiamorte lo scoprissero.
 
So che è stupido mantenere quest’ atteggiamento confidenziale con una Sanguesporco, visti i rischi che corro, ma per qualche ragione farlo di nascosto, lontano dagli sguardi altrui, lo fa sembrare meno sbagliato.
 
‹‹ Da dove cominciamo la pattuglia? ›› Chiede lei con determinazione.
 
‹‹ E se per stasera lasciassimo perdere? ›› Azzardo io. ‹‹ Anche se dovessimo trovare qualche studente in giro, non ho alcuna voglia di svegliare Piton o la McGranitt nel cuore della notte. ›› Conoscendola, sono sicuro che si opporrà fermamente all’idea di non svolgere il suo dovere da prefetto.
 
‹‹ Ma si dai, mi hai convinta: non voglio vedere Piton appena sveglio. ››
 
Sono piacevolmente sorpreso dalla sua risposta. Che fine ha fatto la Grifondoro bacchettona che ho imparato a conoscere negli ultimi sei anni? Immerso nei miei pensieri la guardo allontanarsi di corsa… no aspetta, dove sta andando?
 
‹‹ Dove scappi? ›› Le grido alle spalle.
 
‹‹ Shh! Vuoi che Gazza di senta? ›› Mi risponde la mora portando un dito alle labbra. ‹‹ Sto uscendo nel parco, vieni se vuoi. ››
 
Io la seguo senza replicare, ammaliato dalla determinazione che sprigiona ogni suo gesto. Sembra sicura di sé, forte e allo stesso tempo incredibilmente spontanea, come se insieme a lei ci fosse uno dei suoi migliori amici, come se io non fossi il mostro che entrambi sappiamo che sono, come se gli anni di insulti e di carognate fossero svaniti.
 
Il freddo mi riempie i polmoni non appena metto piede fuori.
 
‹‹ Che succede? Non mi dirai che il potente Malfoy ha i brividi? ›› Si prende gioco di me, ma bonariamente.
 
‹‹ Ah quindi è questo che voi Grifi dite di me! Che sono potente! ››
 
‹‹ Esatto, e dicono anche che sei egocentrico, sbruffone e dai capelli tinti. ››
 
‹‹ Mi dispiace ma sono costretto a correggere te e i tuoi amichetti: sono biondo naturale. Per il resto però non posso darvi torto! ›› Dico io esibendo il mio sorriso più arrogante.
 
‹‹ Non c’è niente da ridere, non ti ho mica fatto un complimento! ››
 
‹‹ Punti di vista. ›› Replico ammiccando.
 
Continuiamo a camminare a passo svelto, per non patire troppo il freddo. Io mi lascio guidare dalla sua camminata armoniosa, senza rendermi conto di dove fosse diretta. In pochi minuti raggiungiamo il campo di Quidditch.
 
‹‹ Perché siamo venuti qui? ››
 
‹‹ Sei in debito con me, mi avevi promesso un giro o sbaglio? ›› E senza aspettare una mia risposta, si fa strada all’interno dello stadio.
 
 
***
 
 
Non essendo in grado di venire a patti col mio lato razionale, ho deciso di ignorarlo.
 
So che dovrei odiare Malfoy, che non dovrei trascorrere il mio tempo con lui, entrarci in confidenza, ma proprio non riesco a provare rancore verso il ragazzo con che ho di fronte in questo momento. Mi sembra quasi di non averlo mai conosciuto, anzi, forse è proprio così: in fondo cosa so io di Draco Malfoy? Come posso sapere quali esperienze l’hanno condotto a questa vita di odio e pregiudizi?
 
Potrei passare giornate intere a speculare sui pro e i contro di questo malsano rapporto, ma forse una volta tanto posso permettermi di agire d’istinto. Inoltre, paradossalmente, sento che in questo momento proprio lui, la persona che più mi ha criticata in tutti questi anni, sia l’unico in grado di non giudicarmi. In fondo, se anche lui è qui adesso, deve provare necessariamente il mio stesso desiderio di evasione.
 
‹‹ Che fai lì impalato? Prendi la scopa! ›› Cerco di mantenere l’atteggiamento più convinto e autoritario possibile poiché basterebbe solo un piccolo segno di cedimento per impedirmi di andare avanti con questa follia.
 
Lui mi guarda dubbioso, però esegue. Sono senza parole, non credevo che sarei mai arrivata fin qui.
 
‹‹ Allora vogliamo andare? ›› Dice il biondo uscendo in campo.
 
Malfoy si posiziona al centro del campo, a cavallo sulla Nimbus 2001 e mi fa segno di montare dietro di lui. Io mi avvicino lentamente: d’un tratto non sono più sicura di volerlo fare.
 
‹‹ Non dirmi che hai paura! ›› Sul suo viso compare un ghigno.
 
Io scuoto la testa energicamente senza però riuscire ad esprimere quel gesto a parole.
 
‹‹ Credevo che i Grifondoro fossero coraggiosi! ›› Ora ride a pieni polmoni e questo non mi piace affatto.
 
Salgo con aria risoluta sulla Nimbus, nessuno può prendersi gioco di me e tanto meno può mettere in dubbio mio coraggio.
 
‹‹ Classico orgoglio da Grifoni… Tieniti stretta Granger! ›› E con queste ultime parole, spicca il volo.
 
Vorrei urlare, chiedergli di farmi scendere, ma mi mordo la lingua fino a farla sanguinare per trattenermi: non voglio dare a Malfoy questa soddisfazione.
 
Saliamo sempre più in alto, fino a superare le cime degli alberi. Chiudo gli occhi per contrastare il senso di nausea: ho sempre provato per il volo, come per la Divinazione, una sorta di repulsione.
 
‹‹ Allora che ne pensi? ›› Malfoy è costretto a gridare, perché io lo possa sentire.
 
Solo ora mi accorgo di essere nuovamente in posizione orizzontale, credo che il decollo sia terminato. Mi costringo ad aprire gli occhi e il panorama che mi si apre di fronte ai miei occhi mi lascia ammaliata: il parco di Hogwarts si estende all’infinito, tanto da non riuscirne a distinguere i confini; il castello è lontano alle nostre spalle e di fronte a noi c’è solo l’ignoto.
 
Sento la paura scivolarmi addosso e una nuova energia vitale scorrermi nelle vene. Continuo a voltarmi per poter cogliere la totalità del paesaggio che sembra essere dipinto su tela. Guardo le distese dei campi, l’imponente profilo del castello e la simmetrica armonia delle stelle. Sento l’irrazionale desiderio di avvicinarmi di più a loro, di far parte di quel perfetto schema luminoso.
 
‹‹ Saliamo di più! ››
 
‹‹ Cosa? Ma sei impazzita? ›› Sembra allarmato, siamo davvero così in alto?
 
Mi accorgo di non riuscire più a vedere il campo da Quidditch per la nebbia e l’altitudine, ma non m’interessa.
 
‹‹ Saliamo! ››
 
Questa volta Malfoy decide di darmi ascolto e di puntare il manico della scopa verso il cielo.
Io sono costretta a tenermi forte, per non cadere. Non sono mai stata così felice e spaventata contemporaneamente, non mi sono mai sentita così viva.
 
Malfoy urla di gioia ed io insieme lui. E le nostre voci vengono inghiottite dal vento.
 
 
***
 
 
Ciao a tutti,
volevo scusarmi tantissimo con voi per essere stata così negligente con la pubblicazione, ma vi prometto che d’ora in poi mi impegnerò per riuscire a scrivere un capitolo ogni dieci giorni circa.
Siamo a un punto di svolta della nostra storia. Hermione sembra aver deciso di mettere da parte la sua tipica razionalità e di godersi a pieno la sua giovinezza, che la guerra sembra volerle portare via.
Fatemi sapere se vi è piaciuto!
A presto!
 
 
(*) E’ una tecnica del Quidditch. Il Cercatore inizia una picchiata facendo credere che è stato individuato il Boccino, a questo punto egli sarà seguito dall’avversario; lo scopo è far schiantare al suolo quest’ultimo.
 
(**) I pitagorici, come altri filosofi successivi, credevano nella teoria della musica universale, secondo cui i corpi celesti, con il loro moto, producessero 

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Capitolo 11
*** Dove cielo e terra si confondono ***


Dove cielo e terra si confondono
 
 
 
L’aria che s’insinua sotto i miei vestiti è reale, la sensazione del legno levigato tra le mie mani è reale, l’eco dei battiti del mio cuore è reale, eppure non riesco a credere che tutto ciò sia vero.
 
La Mezzosangue si tiene stretta a me per non cadere, urla di gioia e di paura ed io con lei. Quando ho smesso di provare quell’attanagliante senso d’ansia e d’inadeguatezza che ha reso insopportabili questi ultimi mesi? Perché d’un tratto non mi sento più frustrato, perso e intimorito? Non riesco a trovare una risposta a queste domande e forse è giusto che sia così, probabilmente rovinerebbero l’equilibrio di questo momento.
 
Qui, tra cielo e terra, tra realtà e sogno, sento l’essenza stessa della vita scorrermi tra le vene e riversarsi nell’aria gelida della notte attraverso la mia voce.
 
Non appena noto le mie mani sanguinare a causa del freddo, capisco che è ora di atterrare.
Avverto la Granger urlando e punto gradualmente la scopa verso terra. Solo ora mi accorgo dell’altitudine che siamo riusciti a raggiungere: credo di non aver mai volato tanto in alto in vita mia.
 
Poggio i piedi a terra con leggerezza e, non appena sono certo di aver raggiunto una posizione stabile, smonto dalla scopa. Mi volto verso la Grifondoro dai capelli indomabili, sta tremando, ma questo non le impedisce di ridere a squarcia gola.
 
‹‹ E’ stato… ›› Non riesce a trovare le parole, insolito per lei. ‹‹ Mozzafiato! Non ho mai visto niente del genere! E’ stata una vera follia! Se fossimo caduti non ne saremmo usciti vivi! Però sai cosa? Non m’importa, è stata l’esperienza più entusiasmante della mia vita, cazzo! ››
 
Si copre velocemente la bocca con la mano, come per fermare il torrente di parole. La sua goffaggine e la sua esuberanza portano con loro una contagiosa ventata di buonumore. Non credo d’aver mai reso qualcuno così felice prima d’ora, ma non saprei dire che effetto abbia su di me tutto ciò, sono ancora troppo elettrizzato per ragionarci sopra.
 
‹‹ Non saremo mai caduti sciocca, dimentichi forse chi hai di fronte a te? Sono un asso nel volo. ›› E’ l’arroganza tipica dei Malfoy a parlare.
 
‹‹ Non prendermi in giro, anche tu avevi paura: saresti rimasto raso terra se non ti avessi chiesto di salire più in alto. E non darmi mai più della sciocca! ››
 
‹‹ Non sapevo che i Grifondoro fossero così permalosi! E per tua informazione ti stavo solo prendendo un po’ in giro, volevo vedere fin dove avresti avuto il coraggio di arrivare. ›› Mento io spudoratamente.
 
Lei non pare prendermi sul serio. Continua semplicemente a ridere e a raccontare animosamente l’esperienza appena vissuta accompagnando le sue parole che gesti vivaci. Io la ascolto attentamente, confrontando la mia percezione della realtà con la sua, curioso di sapere se anche lei ha provato le mie stesse emozioni.
 
‹‹ … e quando ho aperto gli occhi non riuscivo nemmeno a crederci! E’ stato… liberatorio, non trovi? ›› Chiede lei, gli occhi ricolmi di entusiasmo.
 
Liberatorio. Credo che abbia fatto centro. Non trovo le parole per dirle quanto abbia ragione, per mostrarle quanto mi senta d’accordo con lei, così mi limito ad annuire.
 
Passo dopo passo, ci ritroviamo di fronte alle porte del castello. Ci fermiamo entrambi, esitanti. So che cosa comporta varcare quella soglia, e lo sa anche lei. Una volta entrati, dovrò fare finta che tutto questo non sia mai accaduto, dovrò accettare che l’unico momento di felicità che io abbia mai provato dall’inizio di settembre sia solo il frutto di un terribile e irripetibile errore.
 
Prendo un profondo respiro e spingo il portone. Prima di avviarmi verso il mio dormitorio però mi volto un’ultima volta.
 
‹‹ Ciao Granger. ›› Credo che abbia sorriso.

 
 
***
 
 
Le prime luci dell’alba s’insinuano tra le antiche persiane, illuminando la stanza, ma i miei occhi sono già aperti: non sono riuscita a prendere sonno neanche per una decina di minuti.
 
Ho passato la notte in bianco nel tentativo di sopire le mie emozioni e dopo ore di speculazioni sono giunta alla conclusione di non aver mai provato niente di simile prima d’ora. Mi ero completamente dimenticata cosa fosse la spensieratezza e finalmente ho scoperto cosa significa agire d’istinto, osare solo per il gusto di farlo, vivere a pieno la propria realtà interiore, dimenticandosi di quella circostante.
 
Come può un sentimento così puro e travolgente essere così sbagliato? La libertà individuale è forse una colpa?
 
Non riesco a darmi una risposta.
 
La mia mente si sofferma su Malfoy. Mai avrei creduto che proprio insieme a lui avrei scoperto il dolce sapore dell’emancipazione. Inizio a provare un moto di simpatia nei suoi confronti e contemporaneamente una gran pena per lui, chissà quali segreti nasconde il suo sguardo arrogante, quali vicissitudini lo abbiano portato a desiderare così ardentemente la libertà e la sregolatezza, a condividere la mia stessa disperata necessità di liberare la mente dalle angosce e dalle paure.
 
Inizio a prepararmi svogliatamente: voglio uscire dal dormitorio prima che Lavanda inizi a far echeggiare la sua risata da civetta.
 
E’ ancora troppo presto per la colazione, così decido di fare un salto in biblioteca: sono ancora determinata e rivelare l’identità del Principe Mezzosangue. Decido di consultare i vecchi archivi, alla ricerca di qualche indizio utile; credo che tutti i Mezzosangue siano registrati alla nascita, da qualche parte dovrei potrebbe esserci un elenco, magari tra questi posso trovarvi un Prince.
 
Mi accingo ad aprire il primo registro, datato 1980-1983, da qui in poi ripercorrerò gli anni a ritroso. Tento di mantenere la concentrazione alta mentre scorro le infinite liste di nominativi, ma non riesco proprio a scacciare via i numerosi pensieri dalla mia mente (Luna li chiamerebbe nargilli). Penso a Ron, che ancora si ostina a non rivolgermi la parola, a Lavanda, che sembra stia facendo di tutto per approfittarsi della mia assenza, a Harry, che dalla morte di Sirius sembra aver perso la voglia di essere felice e infine penso a Malfoy, sul quale però non riesco ad esprimere una vera opinione, se non offuscata da congetture e pregiudizi.
 
Dopo circa tre quarti d’ora di ricerca inconcludente decido di chiudere il volume; riprenderò in un secondo momento.
 
Mi avvio verso la Sala Grande, voglio augurare buona fortuna a Ron per la partita, magari questo potrebbe addolcirlo. Non appena entrata però, mi bastano pochi passi in direzione dei miei amici per sentire le note acute di Lavanda.
 
‹‹ Su con la vita, Ron! Lo so che sarai bravissimo! ››
 
Non la sopporto, però continuo a camminare verso di loro, decisa a mostrarmi superiore.
 
‹‹ Come vi sentite voi due? ›› Chiedo cercando di sorridere.
 
‹‹ Bene. ›› Mi risponde Harry mentre versa un liquido dorato in un bicchiere di succo di zucca ‹‹ Ecco, bevi. ›› Dice porgendolo a Ron.
 
Cosa può aver aggiunto al succo di… La Felix Felicis!
 
‹‹ Non berlo, Ron! ›› Esclamo prima che lui potesse bere il contenuto del bicchiere.
 
‹‹ Perché no? ›› Chiede lui.
 
‹‹ Hai appena messo qualcosa nel suo succo. ›› Dico io puntando il dito contro Harry.
 
‹‹ Scusa? ››
 
‹‹ Mi hai sentito. Ti ho visto. Hai appena versato qualcosa nella bibita di Ron. Hai ancora la bottiglia in mano! ››
 
‹‹ Non so di cosa stai parlando. ›› Ribatte il ragazzo con la cicatrice, rimettendo in fretta la bottiglietta in tasca: è sicuramente la fiala della Felix Felicis.
 
Capisco che non riuscirò mai a farlo confessare, così mi rivolgo nuovamente a Ron.
 
‹‹ Ron attento, non berlo! ›› Ma lui non mi ascolta e lo butta giù tutto d’un fiato.
 
‹‹ Smettila di maltrattarmi, Hermione. ››
 
Io mi chino su Harry in modo che possa sentirmi solo lui e gli sibilo all’orecchio: ‹‹ Dovresti essere espulso per questo. Non me lo sarei mai aspettato da te! ››
 
‹‹ Senti chi parla! ›› Sembra offeso. ‹‹ Hai Confuso qualcuno recentemente? ››
 
Me ne vado indignata, come può usare questa carta contro di me?
Nonostante ciò mi dirigo comunque verso il campo da Quidditch: non ho intenzione di perdere questa partita per nulla al mondo.
 
Mi siedo sugli spalti, nella tribuna dei Grifondoro, aspettando con impazienza l’arrivo dei giocatori. Uno ad uno, tutti i tifosi cominciano a prendere posto sugli spalti. Qualche gradone più in su, Lavanda sussurra a Calì di sedersi distante da me, la cosa mi sorprende non poco: da quando era lei a volermi evitare? Poco male, neanche io muoio dalla voglia di sentirla squittire il nome di Ron per tutto il tempo.
 
La prima squadra a fare il suo ingresso in campo è quella dei Grifondoro: Harry è in testa alla fila, mentre Ron è l’ultimo, il suo atteggiamento è più baldanzoso del solito. I Serpeverde li seguono, lo sguardo fiero e spietato. I capitani si posizionano l’uno di fronte all’altro, si stringono la mano e poi tre, due, uno e hanno preso il volo.
 
‹‹ Bhe, ecco che partono, e credo che siamo tutti sorpresi di vedere la squadra che Potter ha messo insieme quest’anno. ›› Riconosco la voce di Zacharias Smith, non mi è mai piaciuto quel ragazzo. ‹‹ Molti pensavano che, date le prestazioni discontinue dell’anno scorso, Ronald Weasley potesse essere escluso, ma naturalmente l’intima amicizia con il Capitano aiuta… ›› Ma come si permette? Piccolo cafone saputello!
 
Le risate dei Serpeverde riecheggiano in tutto lo stadio, facendomi fremere di rabbia. La partita però continua ed io non voglio lasciarmi distrarre. Con l’aiuto di un piccolo binocolo, tengo d’occhio gli spostamenti dei giocatori, o almeno di quelli di cui m’importa qualcosa: ossia Harry, Ron, Ginny e si… anche Malfoy.
 
La partita sembra interminabile e il sarcasmo di Smith si fa sempre più violento; dopo alcune brillanti parate però, sembra aver perso la voglia di accanirsi sulle prestazioni di Ronald. Harry e il furetto, nel frattempo si contendono il vantaggio sul boccino, avvalendosi di qualche fallo, nascondendolo però magistralmente agli occhi di Madama Bumb.
 
Punto istintivamente il binocolo su Malfoy, seguendo attentamente la sua traiettoria e, senza rendermene conto, i ricordi della notte trascorsa poche ore fa iniziano ad accavallarsi l’uno sull’altro, confondendosi con la realtà. Mi sembra quasi di sentire ancora il vento solleticarmi il viso, e il desiderio di volare si riaccende dentro di me, infondendomi un senso di felicità.
 
Le urla dei miei vicini mi riportano alla realtà: Harry ha preso il boccino, la partita è finita, i Grifondoro hanno vinto! Come ho potuto non accorgermene?
 
Dovrei esultare adesso, come tutti gli altri, invece mi sento solo molto in colpa, complice della truffa perpetuata da Harry.
Scendo furibonda negli spogliatoi, non avrei dovuto permettere a Ron di giocare: la sua vittoria è del tutto sleale.
 
Non appena vedo Harry, vorrei esplodere dalla rabbia, ma mi fermo a respirare qualche secondo per riprendere il controllo di me stessa.
 
‹‹ Devo parlarti, Harry. Non avresti dovuto: sai che è illegale. ››
 
‹‹ Che cosa vuoi fare? Denunciarci? ›› S’intromette Ron con tono marcatamente provocatorio.
‹‹ Di che cosa state parlando voi due? ›› Chiede Harry con innocenza.
 
‹‹ Sai benissimo di cosa stiamo parlando! Hai messo la pozione della fortuna nel succo di Ron! ››
 
‹‹ No che non l’ho fatto! ››
 
‹‹ Si invece, per questo è filato tutto liscio! ›› Come fa a negare l’evidenza? Anche Ron se ne è reso conto!
 
‹‹ Invece no! ›› E con queste parole estrae dalla tasca la fialetta di Felix Felicis, ancora ben sigillata. ‹‹ Hai parato tutto perché ti sentivi fortunato Ron! Hai fatto tutto da solo! ››
 
Sono esterrefatta: e così era tutto un trucco? Ron non sembra esserne felice però.
 
‹‹ Hai messo la Felix Felicis nel succo di Ron, ecco perché le ha parate tutte! ›› Mi imita lui con rabbia. ‹‹ Visto? So giocare anche senza aiuto, Hermione! ››
 
Vorrei replicare, dirgli che non intendevo offenderlo, che ho molta stima di lui, ma non faccio neanche in tempo a formulare questi pensieri che lui è già corso già come un treno, lasciandomi sola con Harry.
 
Improvvisamente, una profonda tristezza mi pervade e inizio a sentire le lacrime farsi strada verso l’esterno. Ma devo trattenermi, non voglio mostrarmi debole.
 
‹‹ Ehm… Andiamo su a festeggiare? ›› Credo che sia un tentativo mal riuscito di alleggerire la tensione.
 
Io mi limito a scuotere la testa e ad uscire dagli spogliatoi.

 
 
***
 
 
Tornando verso il castello mi sento enormemente amareggiato: credo di non aver mai giocato così male. Se abbiamo perso la partita, la colpa è certamente mia. Non posso credere di essermi fatto di nuovo battere da quella checca di Potter.
 
Forse dovrei appendere la scopa al chiodo… Non sono tagliato per il Quidditch. Non sono tagliato in nulla. Non valgo niente.
 
A dirla tutta sono stufo di autocommiserarmi, ma non riesco proprio a farne a meno. Non c’è niente che vada bene in me: non sono particolarmente portato a scuola, non sono bravo nello sport, non sono nemmeno degno di seguire le orme di mio padre… Cosa ne sarà di me?
 
Vorrei urlare a pieni polmoni la mia disperazione, ma non vorrei che qualcuno mi sentisse, così mi limito a mordermi con forza il labbro, fino a sentire il sapore del sangue.
 
Sono talmente assorto dai miei pensieri da non accorgermi di essere seguito, fino a che qualcuno non mi tocca la mano. Porto istintivamente la mano opposta alla bacchetta, per difendermi da un eventuale aggressore. Il mio inseguitore però è già corso via, di lui riesco a vedere solo la chioma mora e arruffata: ma è la Granger!
 
Nella mano mi ha lasciato un biglietto.
 
Mezzanotte, Lago Nero.

 
 
***
 
 
Avrò commesso un errore? Forse. Anzi sicuramente sì. Ma quando ho visto Malfoy passeggiare in solitudine, con la rabbia e la delusione negli occhi, non ho potuto farne a meno.
 
Nel suo volto affranto, nelle sue movenze debosciate, così atipiche per lui, ho riconosciuto chiaramente il desiderio inespresso di liberarsi dagli affanni e dalle insicurezze; lo stesso che porto io dentro di me.
 
Forse, anche stanotte, i miei fantasmi non mi disturberanno.
 
Mi avvio verso la torre di Grifondoro a cuor leggero. La sola idea di poter spegnere il cervello per un’altra, folle, notte senza regole, mi rasserena a tal punto da farmi dimenticare la discussione con Ron.
 
Arrivata di fronte all’ingresso pronuncio la parola d’ordine e saluto calorosamente la Signora Grassa prima di entrare. Vengo accolta da un’ondata di buonumore ed euforia: la vittoria a Quidditch è celebrata con urli e schiamazzi dai miei compagni, rigorosamente dipinti coi colori della casa.
 
Mi guardo intorno con gioia: è incredibile che anche in tempo di guerra un evento semplice come una vittoria sportiva riesca a unire i cuori di tutti, facendoli battere all’unisono. Ognuno festeggia a modo suo, lanciando esplosivi (probabilmente provenienti dai Tiri Vispi), danzando o intonando Perché Weasley è il nostro re.
 
A proposito… Dov’è Ron?
 
La risposta alla mia domanda mi si presenta davanti agli occhi solo pochi secondi dopo: eccolo li, seduto sulla poltrona bordeaux di fronte al camino, la stessa dove circa un mese fa trascorremmo la serata abbracciati, parlando di noi e delle nostre paure, stretto in un bacio passionale con Lavanda.
 
In un unico, interminabile istante, il tempo sembra congelarsi, proprio come il mio cuore. La realtà intorno a me si dissolve, diventando semplice nebbia in un paesaggio vuoto e desolato.
 
In quest’unico, interminabile istante, tutte le speranze che non sapevo di avere s’infrangono, lasciandomi solo una spaventosa consapevolezza: Ron non mi ha mai amata, e non mi amerà mai.
 
Qualcuno mi urta, trainandomi fuori con forza dal mio stato di trans. Scuoto la testa vigorosamente prima di voltarmi e correre via.
 
Cammino per un tempo che mi pare infinito, senza una vera mèta. Entro in una piccola aula vuota, sembra essere in disuso. Chiudo la porta dietro di me e mi accovaccio su uno dei tanti banchi in legno.
 
Resto sdraiata così, contemplando il nulla. L’immagine di Ron e Lavanda avvinghiati l’uno all’altra mi tormenta. Per qualche ragione credevo davvero che la nostre lite si sarebbe estinta, che saremmo tornati amici come prima e poi… qualcosa di più.
 
Inizio a piangere copiosamente, ma non trovo neanche la forza di asciugarmi. Vorrei solo che l’oscurità m’inghiottisse, sottraendomi ai dolori e alle sofferenze terrene.
 
Resto adagiata per altri dieci, forse quindici minuti, aspettando che le mie lacrime si prosciughino. Ma questo non accade, perché nella vita reale le ferite non si rimarginano mai da sole. Per questo decido di prendere in mano la situazione.
 
Mi alzo lentamente e mi asciugo il volto con forza. D’ora in poi sarò padrona di me stessa, nessun’altro avrà il controllo sulle mie emozioni. Accompagnata da questa convinzione, esco dalla triste aula vuota.
 
Il corridoio è illuminato fiocamente da alcune torce, tutto è immobile ma in lontananza riesco a distinguere una voce, credo che mi stia chiamando.
 
‹‹ Hermione! ›› Non c’è dubbio, è la voce di Harry.
 
Da una parte mi rincuora che il mio migliore amico, nonostante i festeggiamenti, sia venuto a cercarmi, ma la compagnia che cerco, stasera, non è la sua.

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Capitolo 12
*** Pilucca l'attimo e capitalizzalo ***


Pilucca l’attimo e capitalizzalo
 
 
Sono sulle sponde del Lago Nero e osservo il lento movimento dell’acqua, che si rifrange contro la riva. Fa molto freddo e il cielo è nuvoloso, potrebbe piovere da un momento all’altro.
 
Mi chiedo per quale ragione la Mezzosangue voglia vedermi, ma soprattutto mi chiedo per quale ragione io stia qui ad aspettarla. Credevo che avrei smesso di fare queste cazzate: è pericoloso e anche insensato. Eppure c’è qualcosa che mi attrae a lei, un insensato desiderio di valicare la soglia della ragionevolezza per sperimentare tutte quelle emozioni che il mio orgoglio e il nome che dovevo mantenere non mi hanno permesso di provare.
 
Timide gocce di pioggia iniziano a rigarmi il volto. La mezzanotte è passata ormai e la Granger non si è ancora fatta viva. E’ forse uno scherzo?
 
Sto per rassegnarmi all’idea di essere stato preso in giro, quando in lontananza intravedo la sagoma della giovane Grifondoro. Mi sento incredibilmente sollevato: non avrei sopportato l’onta di essermi fatto fregare dalla Sanguesporco saputella.
 
‹‹ Eccomi, sono in ritardo. ›› Ha il fiatone. Sono lacrime quelle che scendono dalle sue guance? O è solo pioggia?
 
‹‹ Ho notato. Che vuoi? ›› Non è mia intenzione essere aggressivo, lo sono e basta. Una volta ne parlai coi miei genitori: papà lo chiamò orgoglio, mamma autodifesa. Ancora oggi non riesco a comprendere la differenza.
 
‹‹ Non fare lo stronzo e seguimi. ›› E’ autoritaria, come sempre, e le mie parole sembrano non averla minimamente scalfita.
 
Ci incamminiamo l’uno accanto all’altro, in silenzio. L’unico rumore udibile è quello della pioggia, che adesso sbatte con violenza contro il suolo. Nel nostro silenzio però non c’è imbarazzo: come se entrambi volessimo rilegarci nei nostri pensieri e nella nostra solitudine, con la sicurezza però di non essere mai veramente soli.
 
Solo ora mi accorgo di essere diretto verso la Foresta Proibita. Mi fermo un istante.
 
‹‹ Dove stai andando? ›› Cerco di moderare il mio tono di voce, così da non lasciar trapelare la paura.
 
‹‹ Non è forse ovvio? ›› Maledetta saputella.
 
Lei prosegue per la sua strada ma io non sono più così convinto di volerla seguire: la Foresta è il mio tallone d’Achille, la temo terribilmente dal mio primo anno scolastico, quando sono stato costretto a ispezionarla insieme a Potter e al cane pulcioso di Hagrid.
 
La Granger si ferma di nuovo e si volta verso di me.
 
‹‹ Che cosa fai li impalato? ›› Non glielo ha mai detto nessuno che il coraggio è una prerogativa di quegli idioti dei Grifi?
 
Devo decidermi adesso. Sono ancora in tempo per ritirarmi. Nessuno lo verrà mai a sapere, la Mezzosangue non confesserà mai a nessuno del nostro incontro.
 
Soppeso l’eventualità di tornare indietro, di rientrare nella mia Sala Comune, di stendermi sul letto a baldacchino, di prendere in braccio lo stronzetto e di crogiolarmi fino all’alba nei miei soliti pensieri deprimenti.
 
No, questa volta non andrà così.
 
Riprendo a camminare, accelerando progressivamente il passo: se indugiassi ancora un po’, sono certo che mi tirerei indietro.
 
Supero addirittura la Granger e mi fiondo tra gli alberi senza pensarci. Le fronde sono talmente fitte da non lasciar passare neanche una goccia d’acqua, sembra quasi che io mi sia materializzato in tutt’altro luogo tale è la differenza: qui fa più caldo, i raggi lunari non riescono a penetrare fin sul sentiero e il rumore della pioggia battente non è altro che un lontano brusio.
 
Quest’atmosfera così lugubre mi raggela fin nelle ossa. Vorrei voltarmi e correre via, ma Grifondoro è proprio dietro di me, impedendomi ogni possibilità di fuga.
 
‹‹ Chiudi la bocca e tendi bene l’orecchio, non sai mai cosa si possa celare in questa Foresta. ›› Lo dice con disinvoltura, ma sembra notare la paura nei miei occhi perché aggiunge: ‹‹  Non può succederci niente di male, ne abbiamo passate di peggiori, o no? ›› Credo che si riferisca più a se stessa che a me, ma annuisco ugualmente, estraendo la bacchetta per precauzione.
 
Inizia a inoltrarsi verso il cuore della Foresta, senza ripensamenti.
 
‹‹ Non vedo niente. ›› La mia voce è poco più che un sussurro.
 
‹‹ Tra un po’ non sarà più un problema. ›› Sento un brivido percorrermi lungo la schiena, mi chiedo a cosa si riferisca.
 
 
***
 
 
Proseguiamo a passo svelto, evitando le radici per terra e spostando con cura i rami che intralciano il nostro cammino. Io mi mostro determinata, senza alcun timore, ma in realtà vorrei scappare a gambe levate. La foresta non è un posto sicuro, soprattutto per due ragazzini come noi.
 
Malfoy sembra sicuro di sé. Cammina di fronte a me ma ogni tanto si volta come a chiedermi che direzione prendere e io gli faccio un cenno con la testa a sinistra o a destra. So perfettamente dove voglio arrivare.
 
Continuiamo a camminare per almeno dieci minuti prima di arrivare a destinazione. Ci troviamo in una piccola radura, dove la vegetazione è leggermente meno fitta, abbastanza da lasciar trapelare fiochi raggi lunari.
 
Avvicino le mie labbra all’orecchio del Serpeverde, tanto da sfiorarlo.
 
‹‹ Ora è assolutamente necessario che tu faccia silenzio. Non temere. ›› Gli sussurro con la voce più flebile possibile.
 
Lo sento tremare impercettibilmente, ma annuisce.
 
Restiamo immobili l’uno accanto all’altra, lui sembra spaesato, ancora non sa cosa lo aspetta. Mi chiedo cosa stia pensando. Intorno a noi la natura è immobile, l’unico rumore percepibile è quello dei rami spezzati al passaggio di qualche creatura misteriosa. Chissà se sta ancora piovendo.
 
Sembra passato un tempo infinito e Malfoy è ancora silenzioso come gli ho chiesto. Sono curiosa di sapere cosa lo abbia spinto a seguirmi nel cuore della notte nella Foresta e cosa lo trattenga ancora qui con me, in religioso silenzio. Probabilmente non me lo confesserà mai, ed io mai glielo chiederò. In fondo non è mio amico, né confidente. Lui è… un compagno di viaggio in questo misterioso cammino interiore che sto intraprendendo.
 
Non riesco a scavare a fondo in questa idea che la vedo: una tremolante luce blu in lontananza, proprio quello che stavo aspettando.
 
Sfioro il braccio del Serpeverde e gli indico la sorgente luminosa. Lui si volta, strizza gli occhi per capire di cosa si tratti e poi s’irrigidisce. Deve aver riconosciuto il Doxy (*).
 
Si volta nuovamente verso di me, guardandomi come se fossi impazzita. Io però non ho intenzione di spostarmi: sono arrivata fin qui e voglio portare a termine il mio compito.
 
Lentamente il numero dei Doxy inizia ad aumentare, sfiorando la cinquantina. Probabilmente il primo esemplare deve aver riconosciuto in noi una minaccia e ha chiamato i rinforzi. Io però speravo in questa eventualità e mi sono preparata a dovere.
 
Frugo nella mia tasca destra e ne estraggo una piccola fiala, contenente un distillato preparato personalmente da me. Malfoy mi guarda interrogativo, riesco a leggere la paura nei suoi occhi.
 
Aspetto che i Doxy si avvicinino al punto giusto: abbastanza per poterli osservare a distanza di sicurezza. Eccoli che arrivano; devono aver organizzato un attacco, sono molto intelligenti.
 
Malfoy mi stringe il braccio ed estrae la bacchetta. I Doxy ci hanno quasi raggiunto. Sono circa un centinaio. Io attendo ancora, ancora, ancora. Eccoli, sono a pochi metri da noi, posso intravedere i loro denti aguzzi scintillare. Poggio il pollice e l’indice sulla provetta e la stappo.
 
 
***
 
 
Apro gli occhi gradualmente. Sono riuscito a non reagire di fronte all’avanzata dei Doxy e a non sferrare un attacco, fidandomi ciecamente (o stupidamente?) della Mezzosangue, ma il mio istinto mi ha costretto a chiudere le palpebre per pochi secondi.
 
Lo spettacolo che si apre di fronte a me è indescrivibile: centinaia di ali luminose ronzano intorno a noi, seguendo un moto perfettamente circolare. Mi volto verso la Granger: sta tenendo in alto una fiala di pozione dall’odore pungente, deve essere quella a impedire ai Doxy di avvicinarsi. I suoi grandi occhi brillano di luce riflessa e sono spalancati dallo stupore. Sposto nuovamente lo sguardo su quelle creature così belle e letali, che si spostano con movimenti armonici e perfettamente coordinati, come se danzassero. La luce blu emanata dalle rapide ali si diffonde intorno a loro, rendendoli simili a dei fuochi fatui.
 
Ruoto cautamente su me stesso, per poter godere a pieno di questa elegante coreografia. Il mio cuore batte freneticamente ed io inizio a tremare per la paura e l’emozione. Non mi sforzo nemmeno di nasconderlo: le mie emozioni sono talmente sincere che anche solo il tentativo di dissimularle rischierebbe di inquinarle del tutto.
 
La mia anima sembra distendersi, purificandosi dalla rabbia e dall’odio che covava nel suo grembo.
 
E’ quanto di più bello io abbia mai visto.
 
 
***
 
 
Mi chiedo per quale motivo io non abbia deciso di farlo prima: solo adesso, di fronte a questo prezioso regalo della natura, mi accorgo di aver sempre avuto disperatamente bisogno di emozioni forti e di qualcuno con cui condividerle.
 
Le paure, il dolore e la tristezza svaniscono insieme al ricordo di Ron, di Sirius e di tutto ciò che la guerra ha sottratto a me e ai miei cari, lasciando spazio solo alla meraviglia e all’estasi.
 
Vorrei che questo momento non finisse mai, vorrei poter rimanere sospesa in questo confortante limbo, dove niente sembra reale se non la mia assoluta e indiscutibile felicità.
 
Tutto, però, ha una fine e i Doxy iniziano a ritirarsi nelle loro tane, lasciandoci quasi nella totale oscurità. Noi però rimaniamo immobili, rifiutandoci di svegliarci da quel sogno mozzafiato.
 
Malfoy mi poggia una mano sulla spalla: è ora di andare. Ripercorriamo la strada a ritroso, fino all’uscita della foresta.
 
La strada verso il castello è silenziosa, come se le parole rischiassero di rovinare tutto ciò che abbiamo appena vissuto.
 
Io però non posso rimanere in silenzio ancora a lungo.
 
‹‹ Grazie. ›› E’ forse un commiato definitivo?
 
‹‹ Vediamoci anche domani. ›› La sua voce è decisa, ferma, non lascia trapelare alcun segno d’incertezza.
 
Guardo dritto negli occhi quello che fino a poco tempo fa avrei giurato fosse un mio nemico. Questo è un momento decisivo e lo sappiamo entrambi: è il momento in cui decidiamo di accantonare definitivamente e senza ripensamenti ciò che è giusto, ciò che è razionale, per riprenderci, nascosti dalle tenebre, quella spensieratezza e sregolatezza che a ogni ragazzo spetterebbe di diritto e che la vita ci ha sottratto.
 
‹‹ Va bene. ›› E con queste due semplici parole, suggello il nostro tacito accordo.
 
 
***
 
 
Stesa tra le lenzuola purpuree, Narcissa fissava il vuoto dritto davanti a sé.
 
Erano rari ormai gli attimi di lucidità, quelli in cui riusciva ad avere completa coscienza di sé e quello, fortunatamente, era uno di quei momenti.
 
Poteva quasi sentirla arrivare, la follia. Era un crescendo di agonia che la dilaniava senza sosta dal profondo, privandola del suo autocontrollo.
 
Questa si presentava con prepotenza nei momenti più inaspettati, costringendola a rivivere quella tragedia che era stata la sua vita: di fronte a lei la terra era arida, desolata. I Dissennatori vagavano senza meta nella loro cecità, alla ricerca di un’anima di cui nutrirsi. Ma invano, perché non vi era più vita introno ad essi. Quello era il prossimo futuro.
 
Tra i resti emaciati e virulenti, poteva riconoscere quelli di Draco, il suo unico figlio. Il suo volto era deformato dal dolore e le sue braccia protese in avanti, come a implorare il suo aiuto, nella speranza di essere sottratto a quella morte così prematura e ingiusta. Lei stringeva con forza il suo giovane ometto, urlando dal dolore e dalla disperazione. Cercava di pulire il caldo sangue dal suo avambraccio, ma la malvagia vipera, impressa per l’eternità nella sua pelle, la mordeva, iniettandole il seme della pazzia.
 
‹‹ Giuri di essere fedele al tuo Signore? Giuri di stargli accanto nel cammino verso la purificazione del mondo? ›› La voce dell’Oscuro era suadente come il canto delle sirene. La sua bacchetta era puntata con forza nella sua carne.
 
No, no, no!
 
Troppo tardi. Lucius le sorrideva di fronte all’altare. Era il giorno del suo matrimonio, allora perché non era felice? Lui le si era fatto vicino e le sussurrava parole di conforto all’orecchio: ‹‹ Non preoccuparti, ho grandi progetti per te. ››
 
Ma quella non era la voce di suo marito, era la voce di suo padre. E lei non indossava il velo, ma la divisa scolastica.
 
‹‹ Padre, credo di essere innamorata. ›› La sua voce era incerta, insicura.
 
‹‹ Non dire assurdità! L’amore è un’illusione! ›› Il tono del suo genitore invece era freddo, distaccato, inumano.
 
‹‹ Ma… ››
 
‹‹ Crucio! ››
 
Nessuno poteva sentirla urlare, solo l’antica scrivania intagliata, il bel tappeto persiano, il prezioso stendardo importato e sua madre, che assisteva con distacco, mentre dal suo volto non trapelava il minimo sentimento di pietà.
 
Il dolore le toglieva il respiro, come se infiniti coltelli roventi lacerassero ogni centimetro del suo esile corpo.
 
Solo quando implorava la morte, al culmine della sua agonia, la realtà intorno a lei riacquisiva la sua naturale conformazione, lasciandola moribonda e priva di energie.
 
Ed è proprio in quello stato di semi-incoscienza che la vide: una giovane elfa domestica che, ai piedi del suo letto, la scrutava con apprensione. I suoi occhi grandi erano pieni di sincera preoccupazione e premura.
 
‹‹ Scappa. Mettiti in salvo da questa casa di assassini. ›› Fu tutto quello che riuscì a dire, prima di perdere i sensi.
 
 
***
 
 
(*) Come una fata, il Doxy possiede una minuscola forma umana, ma è coperto di folto pelo nero e ha un paio di braccia e di gamba in più. Le ali sono spesse, ricurve e brillanti come quelle d'un coleottero.
Il Doxy ha due file di denti affilati e velenosi. In caso di morso, è necessaria l'assunzione di un antidoto.
 
 
 
Ciao a tutti!
Come vedete il capitolo è leggermente più corto del solito ma ho dovuto tagliarlo necessariamente, così il capitolo successivo sarà più lineare e coerente.
Fatemi sapere cosa ne pensate dell’evoluzione del rapporto tra Draco ed Hermione.
Un bacio a presto!!

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Capitolo 13
*** Innocente bellezza ***


Innocente bellezza
 
 
‹‹ Sei sicura di stare bene? ››
 
Mi riscuoto, credo di essermi appisolata senza volerlo.
 
‹‹ Si Ginny, te lo assicuro. ›› Replico io cercando di dissimulare la stanchezza, ma senza ottenere risultati soddisfacenti.
 
‹‹ Hai la faccia di una che non ha chiuso occhio tutta la notte, è per Ron e Lavanda vero? ›› Il suo tono è dolce e apprensivo, quasi materno.
 
Stringo forte il pugno, cercando di non mostrare alcuna emozione: niente deve trapelare dal mio viso, né la rabbia per Ron, né la gelosia verso Lavanda né tanto meno la vergogna per le mie fughe notturne.
 
Ginny però sa cosa provo per suo fratello e deve aver già intuito la mia profonda tristezza.
 
‹‹ Dovresti ripagare quel verme con la sua stessa moneta. ›› La guardo interrogativa. ‹‹ Non fissarmi in quel modo: credi forse di essere l’unica ad odiare il suo atteggiamento? Solo ieri mi teneva il muso per aver baciato Dean davanti ai suoi occhi e ora non fa altro che pomiciare con quella sciacquetta per tutta la scuola! ›› Le sue ultime parole mi feriscono come lame. ‹‹ Scusa… Mi sarei potuta risparmiare l’ultima frase. Comunque, credo che dovresti mostrarti superiore, fargli capire che sei perfettamente in grado di andare avanti anche senza di lui. ››
 
Il suo discorso inizia a farsi interessante.
 
‹‹ Come potrei riuscirci secondo te? ››
 
‹‹ Esattamente come al Ballo del Ceppo! Fatti bella e invita un ragazzo alla festa di Lumacorno, non farai di certo fatica a trovarne uno! ››
 
L’idea m’intriga, in fondo una volta tanto non sarebbe una cattiva idea mettersi in ghingheri e farsi notare.
 
Istintivamente penso a Malfoy: se lui mi facesse da accompagnatore, sarebbe un vero shock per tutta la scuola, a Ron probabilmente cadrebbe la mascella. Ovviamente questo non è neanche lontanamente possibile. La sola idea che qualcuno possa sapere la verità su me e il furetto mi fa venire la pelle d’oca.
 
‹‹ McLaggen sarebbe perfetto! ›› Esclama la piccola Weasley dandomi un vigoroso colpo sulla spalla: non è mai stata molto delicata.
 
‹‹ Mi odia. ›› Sbuffo io. ‹‹ Da quando ha tentato di baciarmi qui in Sala Comune. ››
 
Ginny alza gli occhi al cielo.
 
‹‹ Ti guarda di continuo, come fai a non rendertene conto? E’ chiaro come il sole che è cotto di te… E’ solo troppo orgoglioso per ammetterlo. ››
 
Io soppeso per un po’ le sue parole: potrei davvero riuscire a convincere McLaggen dopo averlo rifiutato in quel modo? E anche se fosse, non sarebbe una mossa scorretta? Devo rifletterci attentamente.
 
‹‹ Non saprei… Mi sembra così disonesto… ››
 
‹‹ Fa come vuoi, ma vedi di deciderti in fretta perché la festa è domani! Non vorrai mica finire coma quella disperata di Romilda Vane, vero? ›› Sputa queste ultime parole con disprezzo, mi chiedo cosa le abbia fatto Romilda.
 
‹‹ Perché dici questo? ››
 
‹‹ Lei e le sue amichette vogliono avvelenare Harry con dei filtri d’amore, credo che li abbiano presi dai gemelli. ›› Mi risponde lei con voce carica di disprezzo. E’ forse gelosa?
 
Come amica di Harry dovrei indagare di più, capire se c’è qualche speranza che il suo amore sia ricambiato, ma è tardi e devo assolutamente andarmene di qui.
 
‹‹ Grazie per i consigli Ginny, ma ora è meglio che vada. ›› Dico dirigendomi verso il buco dietro al ritratto. ‹‹ Il corso di Divinazione dovrebbe terminare a breve e preferirei non dover incrociare Ron e la gatta morta. ››
 
La saluto con un bacio sulla guancia e mi chiudo la tela alle spalle.
 
 
***
 
 
Mi trascino a fatica verso gli spogliatoi. Questo è stato senza ombra di dubbio il peggior allenamento della mia vita, e aver trascorso buona parte della notte in bianco di certo non ha contribuito a migliorare le mie prestazioni: non solo non ho mai catturato il boccino, ma non sono nemmeno riuscito ad individuarlo.
 
L’unica cosa in grado di mantenermi ancorato alla scopa, impedendomi di mollare tutto di punto in bianco, è stata la prospettiva di un’altra notte senza alcun pensiero.
 
E’ proprio questo che rende queste serate segrete degne di essere vissute: la possibilità di scollegarsi dal mondo reale, quello in cui nessuno approverebbe le mie azioni, e di dimenticare completamente qualsiasi problema.
 
E se l’unica persona con cui è possibile condividere un’esperienza del genere è la Granger, allora Granger sia.
 
Mi rivesto senza prima lavarmi: potrò farlo nel mio dormitorio, da solo. Riempio la mia sacca da Quidditch con gli indumenti sudati e le protezioni, pressando con forza per farci entrare tutto.
 
Rientro in Sala Comune con tutta calma, pensando a dove potermi far trovare stasera dalla Mezzosangue: non voglio rischiare di essere trascinato di nuovo nella Foresta.
 
Mi sembra di aver intravisto un fienile dietro la capanna del guardiacaccia qualche settimana fa, potrebbe essere il posto che fa per me: nascosto, isolato e al coperto, così da non patire troppo il freddo invernale.
 
Prima di abbandonarmi al calore della doccia decido di scrivere una lettera a mia madre, per sincerarmi della sua salute. So che questo è un periodo particolarmente faticoso per lei, con papà in carcere e i Mangiamorte in giro per casa, ma mi preoccupa non ricevere mai sue notizie.
 
Cara mamma,
ti scrivo per confermarti la mia partenza da Hogwarts, che avverrà dopodomani, per poterti raggiungere nel periodo natalizio così come avevamo concordato durante le vacanze.
Nonostante tutto, spero che riusciremo a trascorrere un po’ di tempo in solitudine.
Ci vediamo presto, con affetto,
Draco
 
 
***
 
 
Non mi sorprende che i Mezzosangue siano registrati con cura impeccabile. A ognuno di loro sono abbinati data, luogo di nascita e i legami di parentela da cui discende il sangue non magico. Fino a pochi decenni fa era credenza comune che il sangue sporco fosse una malattia genetica da cui tenersi alla larga, la paura degli untori aveva dato vita a una vera e propria isteria di massa.
 
Tra di loro però, ancora non ho trovato alcun Prince. Forse ho preso un abbaglio. Il Principe Mezzosangue potrebbe solo essere un megalomane, fiero della propria origine impura. O magari un vero nobile.
 
Però non ho intenzione di darmi per vinta. Anche perché non ho molte alternative: la biblioteca è l'unico luogo in cui non corro il rischio di incrociare Ron e la sanguisuga.
 
‹‹ Che fai? ›› è la voce di Harry.
 
‹‹ Ricerche. ›› Non ho voglia di dilungarmi in spiegazioni.
 
‹‹ Temi ancora che io possa essere mangiato dal manuale di pozioni? Herm, ti assicuro che era molto più pericoloso il libro mostro dei mostri! >> So che vuole mettermi di buon umore, ma con il suo tentativo sta ottenendo l'effetto opposto.
 
‹‹ La prudenza non è mai troppa. Ah, a proposito, fossi in te starei attenta a ciò che bevo. Alcune ragazze, compresa Romilda Vane, stanno progettando di rifilarti una pozione d'amore. Ne hanno comprata una buona quantità dai Tiri Vispi e temo funzionino... ››
 
‹‹ E tu che ne sai? ›› Non sembra preoccupato, anzi compiaciuto.
 
‹‹ Shh! ›› Madama Pince è apparsa da dietro l'angolo, silenziosa e furtiva. Il suo sguardo severo trasuda disapprovazione e ci intima si abbassare la voce.
 
Aspettiamo che se ne vada per ricominciare la conversazione.
 
‹‹ Me l’ha detto Ginny. ›› Sentendo il nome della piccola rossa, gli occhi di Harry si accendono, ma io fingo di non notarlo. ‹‹ Credo che sperino in un invito alla festa di Lumacorno, ti conviene invitare una ragazza al più presto, così la smetteranno di illudersi. >>
 
Lui sembra rifletterci su; chissà se sta pensando a Ginny.
 
‹‹ Non c'è nessuna che voglia invitare. ›› Dice semplicemente scrollando le spalle.
 
Mentre Harry medita in silenzio, il mio occhio cade su un ragazzo intento a sfogliare un vecchio tomo in pessime condizioni: è Cormac McLaggen! Questa potrebbe essere la mia occasione.
 
‹‹ Io devo andare, tu continua a pensare, troverai sicuramente qualcuna per te! ›› Faccio per andarmene, ma il mio amico mi ferma poggiandomi una mano sulla spalla.
 
‹‹ Stai bene? Ron... ››
 
‹‹ É libero di baciare chi vuole. ›› Sostengo con orgoglio. ‹‹ Non me ne importa un accidente. ››
 
E con queste ultime parole lo saluto e mi dirigo verso la mia preda.
 
 
***
 
 
Decido di trascorrere il tempo che mi separa da stasera in Sala Comune. Di studiare non se ne parla, intanto riuscirò a cavarmela come al solito.
 
Quest’idea mi avrebbe rallegrato un anno fa, reso fiero delle mie origini. Ora invece mi riempie solo di tanta malinconia. Credo che se anche mi applicassi seriamente non otterrei grandi risultati: ho delle mancanze incolmabili accumulate negli ultimi anni.
 
 Lo stronzetto miagola accanto a me, lo fa sempre quando mi vede giù di corda.
 
‹‹ Zitto tu. ››
 
Ma lui non sembra farsi convincere, così tento di mostrarmi più allegro, finché non mi ricordo di avere a che fare con uno stupido gatto, e mi riaccascio sulla poltrona verde smeraldo.
 
Il camino emana un caldo tepore che avvolge l'intera stanza, me compreso. Mi lascio cullare dal crepitio del fuoco senza mai però poggiarvi lo sguardo: dal giorno dell'incendio alla bottega Scrivenshaft la sola presenza di un fuoco nella stanza mi turba profondamente. Ora che ci penso, credo di non guardare direttamente una fiamma da giorni ormai, nonostante l'intera scuola sia illuminata da torce inestinguibili.
 
É strano come opera il nostro inconscio: conosce le nostre esigenze ancor prima che diventino tali e si adopera per soddisfarle. La mente è un meccanismo strano e complesso. Potremmo forse dire che tutte le risorse di cui abbiamo bisogno sono nella mente (*).
 
Sento il cigolio della porta d'ingresso: qualcuno sta entrando.
 
Mi affretto a ricompormi, dissimulando la mia goffaggine e cercando di adottare una postura degna di un Malfoy che si rispetti.
 
Alzo gli occhi distrattamente, così da poter vedere chi è entrato senza mostrarmi interessato. Nella Sala comune ha appena messo piede una ragazza mora, magra ma non troppo alta: Pansy Parkinson.
 
Sono quasi tentato di ignorarla, intanto non mi aspetto di ricevere alcuna risposta da lei. Ma non devo dimenticare la buona educazione Purosangue che mi é stata impartita dai miei genitori, in fondo si tratta sempre di una cara amica di famiglia.
 
‹‹ Ciao Pansy. ›› La saluto io senza eccessivo entusiasmo.
 
‹‹ Ciao Draco. ›› Ha ricambiato, non posso crederci! ‹‹ Come stai? ›› Potrebbe finalmente aver deciso di passare oltre questa stupida incomprensione.
 
‹‹ Bene, tu come stai? ›› Mi alzo per avvicinarmi, ma lei si ritrae. Forse non è del tutto acqua passata.
 
‹‹ Bene ti ringrazio. ›› Faccio finta di non accorgermi della sua bugia. ‹‹ Mi chiedevo se per caso avessi voglia di trascorrere un po’ di tempo insieme questo weekend, solo io e te. ››
 
Cosa? Ma se fino a un minuto fa neanche mi rivolgeva la parola! Deve essere impazzita, non c’è altra spiegazione.
 
‹‹ Pansy io… ›› Non so proprio che parole usare per non farla arrabbiare proprio ora che sembra aver deciso di ritornare sui suoi passi.
 
‹‹ Non fraintendermi, solo in amicizia, come ai vecchi tempi. ›› Non ricordo che la nostra sia mai stata una vera amicizia. ‹‹ Ho avuto tempo per rifletterci e credo che tu abbia ragione: sei sempre stato chiaro sul nostro rapporto e non mi hai mai chiesto nulla di più. ›› Mormora le ultime parole con aria assente, non sembra molto convinta di ciò che dice, ma poco mi importa: mi basta terminare in fretta questa conversazione che inizia a mettermi a disagio.
 
‹‹ Ehm… si certo, in amicizia non vedo perché no! ›› Meglio precisare, non vorrei che si facce strane idee, non ho bisogno di un’altra rogna al momento, ne ho già abbastanza.
 
Lei abbozza un sorriso, mi chiedo cosa le passi per la testa.
 
‹‹ Bene! Ci vediamo in giro, Draco. ›› E se ne va, senza aspettare una mia risposta.
 
 
***
 
 
‹‹ Ciao Cormac. ›› Lo saluto con un gran sorriso.
 
‹‹ Ciao Granger. ›› Risponde lui senza scomodarsi a guardarmi.
 
‹‹ Come stai? ›› Ci vado cauta, non mi sembra incline alla conversazione.
 
Ricevo un grugnito come risposta ma cerco di mantenere i nervi saldi: odio i maleducati.
 
‹‹ Vorrei scusarmi con te. ›› Finalmente alza la testa: sono riuscita a catturare la sua attenzione. ‹‹ Quella sera, nella Sala Comune, sono stata indelicata. Non avrei dovuto… ›› Vorrei dire respingerti, ma forse non è il termine più adatto per raggiungere il mio scopo. ‹‹ …tirarmi indietro in quel modo. Ma mi hai colta alla sprovvista e io non sono abituata a questo genere di situazioni. ››
 
Cerco di condire il mio discorso con una buona dose di sorrisi e occhiate ammiccanti. Lui sembra bersela perché distende la schiena, gonfiando il petto con orgoglio. A quanto pare a essere feriti non sono stati i suoi sentimenti, ma la sua virilità. Che idiota!
 
 
‹‹ Penso di poterti perdonare… ›› Ma chi si crede di essere?
 
‹‹ Era proprio quello che speravo! ›› Mi sento un’idiota anch’ io adesso per aver pronunciato queste parole. ‹‹ E visto che siamo in argomento… Mi chiedevo se domani vorresti accompagnarmi alla festa di Lumacorno. ››
 
A queste parole la bocca di Cormac si incrina in un leggero sorriso, per ritornare immediatamente seria.
 
‹‹ Non lo so, dovrei avere un impegno. ›› Sta cercando di fare il prezioso? ‹‹ Ma per te posso liberarmi. ›› Che cascamorto!
 
‹‹ Che bello! ›› Esclamo io cercando di sembrare convincente. ‹‹ Non vedo l’ora! ›› E mi allontano salutandolo con la mano.
 
Sinceramente non mi sento in colpa per aver fatto la civetta con quel pallone gonfiato. Voglio solo che Ron si renda conto che la mia felicità non dipende da lui.
 
 
***
 
 
Sento dei passi in lontananza: è arrivata finalmente!
 
‹‹ Malfoy? ›› La sento bisbigliare nell’ombra.
 
‹‹ Sono qua dietro! Datti una mossa! ›› Le dico io di rimando, sperando che riesca a individuare la mia posizione.
 
Poco dopo vedo la sua testa crespa sporgersi oltre le balle di fieno dietro cui sono nascosto. Lei mi fissa per qualche istante, poi si porta la mano alla bocca cercando di trattenere le risate.
 
‹‹ Che cazzo ci trovi di tanto divertente? ›› Non sono arrabbiato, ma voglio farglielo credere.
 
Lei però ride ancora più forte, fino a che delle lacrime d’ilarità non iniziano a scorrerle lungo le guance.
 
‹‹ Scusa, ma credevo che avrei incontrato il principe delle Serpi, non il re del granaio! >> E ride ancora, sedendosi di fronte a me.
 
‹‹ Non è divertente. ›› Non amo che si rida di me, sono quasi tentato di andarmene, giusto per dimostrare qualcosa.
 
‹‹ Non essere così permaloso! Ti rende antipatico. ›› Si è fatta improvvisamente seria.
 
‹‹ Non sono qui per esserti simpatico. ››
 
‹‹ E allora perché sei qui? ››
 
L’atmosfera sembra raggelarsi. La Mezzosangue mi guarda dritto negli occhi, quasi come se stesse cercando di leggere la mia anima. Io pondero a lungo sulla risposta, senza mai distogliere lo sguardo.
 
Perché sono qui? Perché non ho nessun altro da cui andare? Perché il mio mondo sembra essersi ridotto in cenere e ho bisogno di ricostruirlo dalle fondamenta?
 
No, sono qui perché ho bisogno di stare con qualcuno che non mi ponga domande del genere.
 
Sono davvero un illuso! Pensavo che la Granger fosse dotata di una sensibilità superiore, che potesse comprendere il mio stato d’animo e accettarlo senza troppe domande, proprio come abbiamo fatto finora. Che proprio lei, fra tutti, fosse la persona più adatta a condividere con me la frustrazione per questa vita così limitante e poco stimolante, senza chiedere nulla in cambio se non una silenziosa compagnia. Invece è curiosa e superficiale come chiunque altro. Anzi, magari sta pure indagando per conto di Potter!
 
Sto per andarmene, ma agli angoli delle sue labbra intravedo una leggera smorfia di scherno: non sta cercando di incastrarmi, di smascherare i segreti sepolti nella mia anima, vuole solo provocarmi.
 
Accetto la sfida, sorridendole beffardamente a mia volta.
 
‹‹ Mi chiedevo se i tuoi capelli fossero fatti di paglia e ho pensato che il modo migliore per scoprirlo fosse il confronto diretto. >> Scruto il suo volto, sperando di aver scalfito quel ghigno derisorio, ma senza successo.
 
‹‹ Davvero è il meglio che riesci a inventare? Stai perdendo colpi Malfoy! >> Replica lei incrociando le gambe per stare più comoda.
 
‹‹ Non spreco le mie battute migliori con chi non ne è degno. >> Stavo per usare il termine Mezzosangue, ma so che l’avrei offesa, e non è assolutamente mia intenzione.
 
‹‹ Ma davvero? E chi è così fortunato? I tuoi amici Serpeverde? ›› Lo dice con profondo sarcasmo, cercando di stuzzicare l’orgoglio per la mia casa.
 
‹‹ Fai pure la spiritosa se vuoi! Ma hanno sicuramente più senso dell’umorismo loro dei tuoi amici: lo Sfregiato e Lenticchia! ›› Sono già pronto a rincarare la dose di battute ironiche sui Grifondoro, ma la Granger non sembra più in vena di scherzare.
 
Contro ogni aspettativa, vederla intristirsi di fronte ai miei occhi non mi lascia indifferente. Mi chiedo cosa sia questo strano senso di angoscia che ha pervaso il mio petto: pietà? Pena?
Di qualunque cosa si tratti, mi sta mettendo a disagio. Preferisco mantenere il mio solito distacco ironico.
 
‹‹ Oh oh, problemi in paradiso? Non mi sorprende! ›› Sorrido, sperando capisca che sto solo scherzando.
 
‹‹ Non sono affari tuoi. ›› Mi risponde seccata lei chiudendo le ginocchia al petto. Poi aggrotta la fronte. ‹‹ Perché non ti sorprende? ›› Chiede imitando la mia voce.
 
‹‹ Se è seccante avere Potter come nemesi, figuriamoci averlo come fidanzato… ›› Replico io senza abbandonare il mio ghigno.
 
Lei spalanca gli occhi, poi scoppia in una fragorosa risata. ‹‹ Harry il mio fidanzato? ›› E continua a ridere. ‹‹ Ma come ti viene in mente? ››
 
Provo un inspiegabile senso di vergogna. Ho detto davvero una cosa così stupida? Ma in fondo cosa posso saperne io della vita privata dei Grifondoro? E’ già tanto se decido di uscire dal mio isolamento a ora di cena.
 
‹‹ Quindi è Weasley il problema. ››
 
Solo dopo aver pronunciato queste parole mi rendo conto che avrei fatto meglio a stare zitto. La risata della Mezzosangue si spegne lentamente, facendoci cadere nuovamente nel silenzio più totale.
 
‹‹ Non voglio andare alla festa di Natale, domani. ›› Dice lei cambiando discorso.
 
Deve essersi sentita vulnerabile. Mi chiedo cosa possa averle fatto quell’idiota. Però se lei preferisce archiviare la questione allora chi sono io per costringerla a tenerla aperta? Inoltre mi sembra già piuttosto turbata, anche se tenta di dissimularlo magistralmente: se non fossi il maestro dell’indifferenza, probabilmente, non me ne accorgerei.
 
‹‹ Strano, la gente non parla d’altro da settimane. Le ragazze della mia casa smaniano per essere invitate. ›› Lo dico con sarcasmo e anche un po’ di disprezzo, poi però mi accorgo che sicuramente il vecchio Draco avrebbe pagato oro per essere preso in considerazione da quel lumacone.
 
‹‹ E’ tutta una grande montatura per nascondere le vere intenzioni di Lumacorno: ingraziarsi studenti ignari sperando che un giorno gli possano tornare utili. ››
 
‹‹ Allora perché ci vai? ›› Suppongo di conoscere già la risposta.
 
‹‹ Sarebbe strano se non lo facessi. ›› Dice con rassegnazione.
 
Mi sento spaventosamente vicino alla Granger in questo momento, come se fosse l’unica persona in grado di comprendere cosa significhi essere tormentati dalla pressione sociale e dall’obbligo di soddisfare le aspettative di tutti, cosa si provi a mantenere l’immagine che ci si è costruiti in tanti anni e che adesso comincia ad essere troppo stretta.
 
‹‹ Non ti è andata poi così male però, in fondo è solo una cena. Puoi sempre fingere di sentirti poco bene e andare via prima. ›› Le dico ammiccando. ‹‹ Io passerò la serata a fare le valige. ››
 
L’idea di tornare a casa per Natale non mi entusiasma minimamente: essere circondato da Mangiamorte mi farà sicuramente sentire ancora più fallito di quanto non sia già. Sarò anche costretto a rivedere la brutta faccia dell’Oscuro, che non ha avuto nemmeno le palle di dirmi personalmente che non sarei stato ammesso tra i suoi seguaci.
 
‹‹ Io resterò ad Hogwarts per Natale. ››
 
‹‹ Perché? ››
 
‹‹ Fai molte domande stasera. ›› Dice lei facendomi ribollire il sangue per la vergogna. ‹‹ Comunque ho molto studio arretrato. ›› Mente senza cercare di nasconderlo.
 
Un brivido percorre il mio corpo.
 
‹‹ Non ti sembra che faccia più freddo? ›› Le chiedo strofinandomi le braccia per infondermi un po’ di calore.
 
‹‹ Si, forse è meglio rientrare. ›› Dice alzandosi.
 
Un po’ mi dispiace interrompere questo momento di pace, ma è notte inoltrata mai ed io inizio ad accusare il sonno. Mi alzo e le porgo una mano per aiutarla a fare lo stesso, lei però mi guarda, ridacchia, e si tira su con le sue forze: è una ragazza indipendente.
 
‹‹ Cosa c'è di così divertente nella galanteria? ›› Chiedo io, sentendomi nuovamente offeso dal suo atteggiamento strafottente.
 
Lei non risponde e si dirige verso l'ingresso del granaio.
 
‹‹ Malfoy! Vieni a vedere! ›› Esclama sporgendo la testa all'esterno.
 
‹‹ Smettila di gridare o sveglierai quello zotico di Hagrid. ››
 
‹‹ Risparmiami la tua arroganza razzista e vieni a goderti lo spettacolo. ››
 
Mentre mi chiedo come abbia fatto a trascorrere tutto questo tempo in compagnia di chi si riferisce all'arroganza e al razzismo come a dei difetti, mi avvicino alla Mezzosangue, per capire cosa l'avesse colpita tanto da farla gridare a quel modo.
 
Neve.
 
Morbidi e candidi fiocchi di neve hanno silenziosamente ricoperto il giardino di Hogwarts, tinteggiandolo completamente di bianco.
 
Usciamo lentamente da fienile per ammirare la distesa pura e immacolata mentre gli ultimi fiocchi si posano timidamente sul nostro capo, rendendoci protagonisti di questo candido dipinto.
 
Io e la Granger ci scambiamo un’occhiata di complicità, come se entrambi sapessimo esattamente cosa fare, e poi ci lanciamo in una corsa sfrenata, distruggendo il mistico equilibrio della natura, riversando all’esterno il nostro caos interiore.
 
Corriamo e ululiamo alla notte, come due bambini spensierati, piroettando su noi stessi in una danza frenetica e senza fine. E’ stupido, è irrazionale, è sbagliato e, per questo, è perfetto.
 
Non esiste alcun mago oscuro, alcuna guerra, alcune regole, alcun limite: sono completamente libero da ogni vincolo.
 
Mi fermo per riprendere fiato, sdraiandomi per terra.
 
‹‹ Dici che ci hanno sentito, Granger? ›› Chiedo io col respiro pesante.
 
‹‹ Hagrid sicuramente si! ››
 
Alzo lo sguardo verso la capanna del guardiacaccia: la luce si è appena accesa.
 
‹‹ Corri! ›› Le urlo alzandomi di scatto.
 
Lei mi ascolta e scappa agilmente verso il castello.
 
‹‹ Chi c’è la? ›› La voce del Mezzogigante riecheggia nel buio.
 
Noi continuiamo a fuggire, fino a raggiungere il portone d’ingresso.
 
Per la prima volta stasera, ho voglia di ridere anch’io, ma mi trattengo: qui potremmo attirare l’attenzione di un prefetto, o di Gazza. Mi metto una mano sulla bocca per attutire il rumore del mio respiro affannoso e vedo la Grifondoro fare lo stesso. E’ buffo vederla così: scompigliata e trafelata, in completo contrasto con l’idea che mi ero fatto di lei.
 
‹‹ E’ stato divertente, no? ›› Dico ricomponendomi. Sto per dirle a domani, ma mi accorgo che tra ventiquattro ore probabilmente io starò nel mio dormitorio a fare le valige e lei alla festa di Lumacorno. ‹‹ Buonanotte Granger, e buone feste! ››
 
 
***
 
 
‹‹ Volevi vedermi, Albus? ›› Chiese Piton con il suo solito tono mellifluo.
 
‹‹ Si Severus. ›› Gli disse il preside facendogli cenno di accomodarsi sulla sedia di fronte a lui. ‹‹ Se non ti dispiace salterò i convenevoli per andare dritto al sodo. ››
 
‹‹ Ma certo: chi ha tempo non perda tempo, giusto? ››
 
‹‹ Esattamente. Ho pensato a lungo all’incarico che Lord Voldemort ti ha affidato per dimostrare la tua fedeltà. Io ritengo che, per non vanificare tutto il duro lavoro di questi ultimi quindici anni, sia assolutamente necessario che tu faccia ciò che ti è stato ordinato. ››
 
Severus Piton rimase interdetto. Avrebbe davvero dovuto...?
 
‹‹ Albus ne sei sicuro? ›› La sua voce ebbe un tremito.
 
‹‹ Non mi resta comunque molto tempo. ›› Disse l’anziano mago sollevando la mano raggrinzita.
 
Severus si alzò, avviandosi verso la porta.
 
‹‹ Bene, se è necessario, lo farò. ››
 
‹‹ Aspetta ancora un istante Severus. ›› Disse Silente prima che l’alchimista uscisse dal suo ufficio. ‹‹ Ho bisogno che tu faccia un’ultima cosa per me. ›› Prese una leggera pausa, aspettando di riottenere la completa attenzione del suo interlocutore. ‹‹ C’è un’elfa nelle cucine che ha bisogno di un leggero calmante… Non potresti per caso preparargliene uno? ››
 
‹‹ Da quando mi occupo io delle malattie degli elfi? ›› Chiese lui con disappunto.
 
‹‹ Viene dal Malfoy Manor. ››
 
 
***
 
 
(*) Tutte le risorse di cui abbiamo bisogno sono nella mente. (?) (Dovete perdonarmi, ma tutte le citazioni che inserisco nei miei capitoli sono frasi che mi hanno particolarmente colpita e che amo condividere con voi, in questo caso però non ricordo proprio da dove provenga, potete aiutarmi? )
 

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Capitolo 14
*** Un errore di valutazione ***


Un errore di valutazione
 
‹‹ Draco alzati! Sta nevicando, vieni a vedere! ›› La voce di Pansy mi trapassa le meningi, facendomi svegliare di soprassalto.
 
Vorrei dirle che so benissimo che nevica visto che ho passato fuori la maggior parte della notte e che adesso, di prima mattina, insieme a lei, non mi interessa proprio mettere il naso fuori dalla mia stanza; ma d’un tratto mi torna in mente che le avevo assicurato che le avrei tenuto compagnia oggi e dunque mi alzo controvoglia.
 
‹‹ Su sbrigati! ›› Grida lei fuori dalla porta mentre io respiro profondamente per non urlarle addosso tutta la mia irritazione.
 
Esco dal dormitorio dopo aver indossato alla ben e meglio la divisa.
 
‹‹ Eccomi Pansy, non c’era bisogno di strillare così. ››
 
Lei storce un po’ il labbro, poi mi prende per mano e mi trascina fuori dal castello. Odio essere trascinato.
 
Il giardino è ancora bianco come stanotte, ma adesso è gremito di stupidi ragazzi urlanti. Tutto ciò che aveva reso l’atmosfera della notte appena trascorsa magica e surreale adesso si è dissolto, sostituito dalla frenesia e dall’irrequietezza della marmaglia. Sono quasi disgustato.
 
Certo anch’io ieri ho corso e urlato così, ma era diverso… molto diverso.
 
Continuo a camminare accanto a Pansy, mentre cerco di ignorare quella fastidiosa voce interiore che mi ripete che non era diverso manco per niente.
 
‹‹ Perché non scendiamo a Hogsmeade? Qui è troppo affollato. ›› Propongo, sperando che non fraintenda le mie intenzioni.
 
‹‹ Certo! Va bene! ›› E’ forse arrossita? Speriamo di no.
 
Ci aggreghiamo a un gruppo di ragazzini del terzo anno, scortato in città dalla McGranitt, Vitious e la Sprite: dopo l’attentato al negozio di piume, la prudenza sembra non essere mai sufficiente.
 
‹‹...insomma, non che sia facile trovare degli elfi efficienti e ben educati, ma famiglie come le nostre non possono accogliere in casa la qualunque, giusto? ››
 
Solo ora mi accorgo di essermi momentaneamente assentato. Mi ricompongo in fretta e annuisco cercando di mostrarmi interessato.
 
‹‹ Certa gente mi da della superficiale, dice che in tempi difficili come quelli che stiamo per attraversare, non bisogna fare gli schizzinosi e che possedere un elfo è già una fortuna... Sapevo però che tu mi avresti capita, in fondo sei un Malfoy! ›› Le sue parole, che chiaramente volevano essere un complimento, inspiegabilmente mi feriscono.
 
Penso a mio padre, ora rinchiuso in una fredda cella di Azkaban: lui avrebbe sicuramente approvato lo sproloquio sull'educazione degli elfi di Pansy, io però non riesco proprio ad accettare l'idea che certa gente abbia tempo da perdere dietro queste sciocchezze, quando il mondo è in procinto di attraversare dei lunghi anni di guerra.
 
Certo, la guerra è necessaria, bisogna ristabilire i ruoli: noi Purosangue siamo stanchi di dover nascondere la nostra magia per colpa della mente limitata dei Babbani, e siamo stufi che il nostro sangue venga insozzato dalle luride malattie dei Mezzosangue. O almeno questo è ciò che mi hanno insegnato.
 
Ma in fondo al cuore so di non essere pronto ad affrontare una guerra, a non voler essere tra le tante vittime senza nome, dimenticate da Dio in fondo a una qualsiasi fossa comune. Perché finita la guerra, nessuno, Purosangue o meno, vorrà frugare tra le centinaia di carcasse cercando di trovare un suo parente per dargli una degna sepoltura.
 
‹‹...e nonostante possa sembrare difficile non avere mai un capello fuori posto, a me risulta molto naturale, sono fatta così. ›› Cosa? Devo essermi distratto un’altra volta. Devo stare più attento.
 
Ora però ha smesso di parlare e mi sta scrutando, forse si aspetta che le dica qualcosa.
 
‹‹ Come stanno i tuoi genitori? ››
 
Lei mi sorride radiosa, devo averle posto la domanda giusta.
 
‹‹ Benissimo! Abbiamo appena comprato una casa sul lago per la villeggiatura. ›› Villeggiatura? Sta scherzando? ‹‹ É piccola a dire il vero... Ma è sicuramente in condizioni migliori di quella baracca! ›› Dice ridendo e indicando qualcosa di fronte a lei.
 
Mi volto verso l'oggetto del suo interesse: i resti inceneriti della bottega di Scrivenshaft.
 
Per un istante sento mancarmi l'aria. Credevo che si sarebbero sbarazzati di quelle macerie, ma mi sbagliavo.
 
Pansy sta ancora ridendo di gusto. Forse dovrei assecondarla: in fondo sono sempre il figlio di un Mangiamorte. Mi sforzo dunque di simulare una risata realistica ma tutto ciò che esce dalla mia bocca è un rantolo strozzato.
 
La Serpeverde ora mi guarda preoccupata.
 
‹‹ Stai bene Draco? ››
 
Io la fisso negli occhi, sperando che non si accorga dell'angoscia che la presenza di quella piccola catapecchia carbonizzata mi sta procurando.
 
‹‹ Meravigliosamente! ›› Rispondo con un sorriso tirato, ma la mia mano comincia a tremare convulsamente, costringendomi a nasconderla nella tasca del pantalone. ‹‹ Sono solo sorpreso che abbiano deciso di non abbattere ciò che restava di... ›› Ma non riesco a portare a termine la frase.
 
‹‹ Dai avviciniamoci! ›› Squittisce correndo allegramente in avanti.
 
Io arranco dietro di lei con scarso entusiasmo.
 
Ora che sono di fronte a ciò che resta del negozio di piume, mi accorgo della presenza di un piccolo gruppo di uomini, seduti a gambe incrociate intorno ad esso.
 
‹‹ Che fate qui? ›› Chiedo io, riadottando il mio solito atteggiamento di superiorità.
 
‹‹ Impediamo che le tracce di questo abominio siano cancellate. ››
 
‹‹ Perché? ›› Chiede Pansy non comprendendo il chiaro grido di protesta nascosto dietro quel silenzioso sit-in.
 
‹‹ Possono anche eliminarci uno ad uno. ›› Risponde il protestante alzandosi in piedi. ‹‹ Ma nessuna guerra fratricida sarà mai in grado di dissolvere il ricordo di noi innocenti. Finché la memoria permarrà, le forze oscure non ci piegheranno! ››
 
Il suo discorso è semplice, diretto e di poche parole, ma alle mie orecchie suona incredibilmente minaccioso.
 
‹‹ Finirete tutti ammazzati. ›› Sbuffo io portando via Pansy.
 
Mi dirigo a testa alta verso i Tre Manici di Scopa, fingendo di non aver alcun pensiero per la testa, che nessun babbanofilo sia riuscito ad intaccare la mia superbia Purosangue, ma la parola fratricida continua a ronzare incontrollabile nella mia mente.
 
 
***
 
 
L’ora di pranzo è ciò di cui ho bisogno per mettere in atto la seconda parte del mio piano: assicurarmi che Ron venga a conoscenza dell’identità del mio accompagnatore di stasera.
 
E’ importante che non glielo comunichi direttamente, risulterebbe fin troppo chiaro il mio intento provocatorio.
 
Arrivo in Sala Grande e controllo la situazione: Ron, la sanguisuga, Harry e Calì sono seduti tutti intorno a una delle due estremità del lungo tavolo da banchetto. Ron si sta strafogando senza alcun ritegno mentre il suo cane da guardia lo fissa con ammirazione.
 
Io mi siedo più in là, ma faccio abbastanza rumore da farmi notare dal gruppo. Harry mi fa un cenno con la mano, mentre Lavanda, accorgendosi del mio arrivo, si attacca voracemente alle labbra di Ron, distogliendo momentaneamente la sua attenzione dal cibo.
 
Noto Calì voltarsi dall’altro lato con insofferenza, probabilmente nemmeno lei apprezza questo continuo scambio di effusioni. Accidentalmente il suo sguardo si incrocia col mio: è l’occasione che stavo cercando.
 
‹‹ Ciao, Calì! ›› La saluto io a gran voce assicurandomi che tutto il gruppetto mi senta perfettamente. ‹‹ Vai alla festa di Lumacorno stasera? ››
 
‹‹ Non sono stata invitata. ›› Risponde lei, mesta. ‹‹ Mi piacerebbe andarci, pare che sarà proprio bello... Tu ci vai, vero? ››
 
Bene! Ha abboccato in pieno! È arrivato il momento...
 
‹‹ Si, vedo Cormac alle otto e poi... ›› Sento improvvisamente un rumore come di ventosa staccata da un lavandino otturato: le mie parole devono essere andate a segno. Faccio finta di non curarmene e proseguo. ‹‹... andiamo insieme alla festa. ››
 
‹‹ Cormac? ›› Chiede lei con stupore. ‹‹ Cormac McLaggen, vuoi dire? ››
 
‹‹ Esatto. ›› Rispondo io sorridendo con dolcezza, come se fosse una grande fortuna. ‹‹ Quello che è quasi diventato Portiere di Grifondoro. ››
 
‹‹ Allora stai con lui? >> Insiste lei con gli occhi sgranati.
 
Per Merlino! Non mi aspettavo una domanda così diretta! Devo mentire spudoratamente o rispondere sinceramente?
 
 ‹‹ Oh... sì... non lo sapevi? ›› Mentire spudoratamente è sempre la soluzione migliore (o più semplice).
 
Per completare il ritratto della perfetta gallina senza cervello, guarnisco il tutto con una risatina frivola.
 
‹‹ No! ›› Esclama quella fessa di Calì cascando in pieno nella mia trappola. ‹‹ Be', ti piacciono i giocatori di Quidditch, eh? Prima Krum, poi McLaggen... ››
 
Splendido! Non avrei saputo architettare una risposta così ingenuamente appropriata neanche di proposito.
 
‹‹ Mi piacciono i giocatori di Quidditch molto bravi. ›› Vorrei stringermi la mano da sola per questa risposta improvvisata degna di un’attrice professionista (passare tutto quel tempo con Malfoy mi sta rendendo decisamente più presuntuosa del solito). ‹‹ Be', ci vediamo... Devo andare a prepararmi per la festa... ›› (*)
 
Mi alzo mantenendo il sorriso e, senza degnare Ron di uno sguardo, esco dalla Sala Grande.
 
Non avrei potuto desiderare conclusione migliore per questo pranzo. Mi dispiace solo di non aver avuto tempo di toccare cibo.
 
 
***
 
 
Al terzo bicchiere di Ogden Stravecchio inizio a sentire la testa vorticare. Gli studenti della nostra età non potrebbero assumere alcolici, ma l'aiutante di Madama Rosmerta è sempre disponibile a passare di nascosto qualche bicchiere a Pansy: deve essersi preso una cotta per lei.
 
Parliamo del più e del meno mentre la Serpeverde continua a brindare alla nostra salute, inducendomi a bere ancora. Io non oppongo resistenza: bere distoglie la mia attenzione dal volto di Grant Scrivenshaft. che aleggia nella mia mente da quando abbiamo incrociato il protestante.
 
‹‹ Mi mancava passare del tempo con te, Draco. ›› Io le sorrido languidamente, senza alcuna ragione. ‹‹ Ci conosciamo da quanti anni ormai? Undici? Sarebbe stato un vero peccato rompere un legame così solido. ››
 
Non ricordo di essermi mai sentito legato a Pansy in alcun modo, anzi, non ricordo di essermi mai sentito legato a nessuno. Forse però questo è un pensiero che farei meglio a non esplicitare.
 
‹‹ Noi ragazzi di buona famiglia possiamo sempre contare sul reciproco appoggio, giusto? Preservare i legami che intercorrono tra noi è un piacere ma anche un obbligo, un dovere morale. ›› Sono troppo confuso per formulare un discorso di senso compiuto, così mi limito a ripetere le parole che mio padre mi fece imparare a memoria prima che mettessi piede a Hogwarts per la prima volta, cercando di assumere un atteggiamento spavaldo.
 
Pansy mi guarda con ammirazione e poi afferra la mia mano.
 
‹‹ Ero sicura che le cose si sarebbero sistemate tra di noi! ›› Che intende?
 
Vorrei chiedere chiarimenti ma lei alza di nuovo il suo bicchiere.
 
‹‹ A noi! E alla tradizione Purosangue! ›› Mi chiedo come faccia a continuare a bere senza accusare il colpo.
 
Mi alzo in piedi dissimulando la mia difficoltà a mantenermi in posizione eretta. La cosa migliore da fare è andarsene alla svelta, prima che la situazione degeneri. Poggio una manciata di galeoni sul tavolo e allungo un braccio a Pansy per cercare un appoggio, lei però lo scambia per un gesto galante e vi si aggrappa con tutto il suo peso: nonostante i suoi sforzi, non è mai stata una ragazza aggraziata.
 
Risaliamo per la via innevata di Hogsmeade, accodandoci nuovamente allo stesso gruppo di studenti, mantenendo però opportune distanze: preferisco che nessun professore si accorga della mia piccola sbronza.
 
La strada fino al castello sembra infinita e la neve rende il passo lento e pesante.
 
Finalmente arriviamo di fronte la grande entrata di Hogwarts. D'un tratto mi viene in mente di dover salire in guferia per assicurarmi che mia madre abbia risposto alla mia lettera: avendo saltato la colazione ho perso anche la consegna della posta mattutina.
 
Pansy mi guarda negli occhi prima di salutarmi: mi ero dimenticato di quanto fosse accattivante il suo sguardo.
 
‹‹ Sono stata benissimo Draco! É stato come un tuffo nel passato! ›› Io le sorrido, spero di non sembrare un imbecille. Lei ricambia il mio sorriso, poi si avvicina al mio orecchio sollevandosi in punta di piedi. ‹‹ Abbiamo tanti altri bei ricordi da rivivere insieme. ››
 
Io continuo a sorridere al vuoto prima di accorgermi di essere rimasto solo.
 
Rientro nel castello massaggiandomi le tempie. Ho davvero sentito quello che credo?
 
 
***
 
 
Mi guardo un’ultima volta allo specchio prima di scendere in Sala Comune. Scruto il mio corpo con attenzione: il vestito bordeaux mi fascia morbidamente la vita per poi ricadere dritto fino alle caviglie. I miei capelli sono intrecciati e solo poche ciocche ricadono studiatamente sul mio viso. Sono soddisfatta del risultato complessivo, quest’abito non mette in evidenza la mia completa mancanza di forme. Credo di essere dimagrita più del dovuto nell’ultimo periodo.
 
Scrollo le spalle svogliatamente: non è un problema che posso permettermi di affrontare in questo momento, Cormac mi sta aspettando.
 
Esco dal dormitorio e inizio a scendere le scale lentamente ma con disinvoltura, voglio lasciare tutti a bocca aperta, come al Ballo del Ceppo (Merlino! Da quando sono così presuntuosa?). Mi bastano solo un paio di gradini per rendermi conto che la Sala è totalmente deserta, solo il camino, sempre acceso, conferisce all’ambiente un pizzico di vitalità.
 
Non posso crederci! E’ ma possibile che McLaggen abbia accettato il mio invito solo per vendicarsi, e che adesso mi stia dando buca? No, non è così furbo.
 
Pondero sul da farsi, non voglio restare da sola in Sala Comune: se Ron dovesse entrare sarebbe un’umiliazione farmi vedere senza accompagnatore. Sto per girare i tacchi e tornare in camera da letto, ma la porta del dormitorio maschile si apre cigolando.
 
Mi appiattisco contro il muro per non essere vista e sbircio con la coda dell’occhio: è Cormac! Allora vuole davvero accompagnarmi alla festa di stasera!
 
Aspetto che lui scenda le scale e si apposti vicino all’ingresso, poi inizio anche io a dirigermi verso il livello inferiore, facendo abbastanza rumore da essere notata. Il giocatore di Quidditch si volta nella mia direzione e mi sorride, aspettando in silenzio il mio arrivo.
 
‹‹ Sei bellissima Hermione. ›› Mi dice prima ancora di salutarmi.
 
‹‹ Grazie Cormac. ›› Rispondo io, sinceramente lusingata dal complimento. ‹‹ Andiamo? >> Gli dico con un sorriso.
 
Lui si sposta leggermente cedendomi il passo, forse non sarà una serata così terribile dopotutto.
 
Esco dal ritratto della Signora Grassa e aspetto che il mio accompagnatore faccia altrettanto, ma prima ancora che lui riesca a mettere piede fuori dal buco del dipinto, un ragazzo dai capelli rossi e l’aria scontenta compare da dietro l’angolo e inizia a marciare a passo svelto nella mia direzione.
 
Non posso crederci! Non pensavo che avrei avuto una fortuna così sfacciata stasera! Non solo Ron sta per vedermi andare all’evento più atteso dal corpo studenti insieme al suo rivale sportivo, ma credo anche che sia completamente solo!
 
‹‹ Ciao Ron! ›› Lui si ferma di fronte a me. Sembra essersi appena accorto della mia presenza.
 
‹‹ Ciao Hermione. ›› Dice lui con un filo di voce, scrutandomi da capo a piedi. ‹‹ Sei… ›› Sento il cuore accelerare improvvisamente. ‹‹ …con McLaggen? ››
 
Il mio cuore ritorna alle sue normali pulsazioni in un batter d’occhio.
 
‹‹ Si è qui con me. ›› Dico io voltandomi verso l’ingresso, dal quale sta uscendo proprio adesso il mio accompagnatore.
 
‹‹ Ciao Weasley! ›› Dice Cormac allegramente, senza alcun accenno di risentimento verso colui che gli ha sottratto il posto da portiere in squadra.
 
‹‹ Ciao McLaggen. ›› Risponde lui non condividendo il suo entusiasmo.
 
‹‹ Stai bene Ron? Dov’è Lavanda? ›› Chiedo io con una punta di malizia nella voce.
 
‹‹ Si si, sto bene. Buona serata. ›› Biascica lui rientrando in Sala Comune, borbottando qualcosa tra sé e sé che suona molto simile a insopportabile.
 
Cormac ed io proseguiamo sulla via verso l’ufficio di Lumacorno. Pochi studenti sono ancora in giro e la maggior parte di questi si sta affrettando verso i propri dormitori. Mentre camminiamo senza sapere cosa dirci, io tento di scruto di sottecchi il giocatore di Quidditch.
Cammina con la schiena dritta e la testa alta, sembra sicuro di se, indossa un completo nero molto semplice ed elegante, privo dei tipici fronzoli degli abiti da cerimonia dei maghi.
 
‹‹ Credo che ci divertiremo molto insieme stasera. ›› Dice lui con nonchalance, cingendomi la vita con il braccio e tirandomi a se.
 
Io sento in sangue salirmi alle tempie: ma come si permette?
 
‹‹ Ne sono certa! >> Rispondo io con un sorriso, ma liberandomi con decisione dalla sua presa.
 
Arriviamo di fronte l’ufficio dell’insegnante di pozioni. Cormac mi apre galantemente la porta: almeno le basi delle buone maniere le ha imparate.
 
La prima cosa che mi colpisce dell’interno è la sua grandezza: sicuramente la stanza deve essere stata ampliata magicamente per permettere a tutti gli invitati di entrare comodamente.
 
Lumacorno si avvicina a noi cordialmente, già rosso e impregnato dall’odore di vino.
 
‹‹ Signorina Granger! Che piacere averla qui con noi! Vedo che è in compagnia del nostro caro Cormac, è davvero un piacere vedere l’entusiasmo nei vostri occhi! ›› Oh si, sono veramente entusiasta. ‹‹ Servitevi al buffet! Non fate complimenti! ›› Dice per poi congedarsi e andare ad accogliere altri ospiti.
 
Ci avviciniamo al grande tavolo da buffet cercando tra le infinite pietanze una di nostro gradimento.
 
‹‹ Allora Cormac, come proseguono gli studi? ›› Chiedo io banalmente cercando di rompere il silenzio.
 
‹‹ I miei studi? Oh no io non sono una persona accademica, il mio futuro è il Quidditch! ›› Risponde lui con orgoglio. ‹‹ Sai che quest’estate sono stato notato da un talent scout? ››
 
‹‹ Ma davvero? ›› Esclamo con finta ammirazione.
 
‹‹ Si, davvero. ›› Sbaglio o ha gonfiato il petto? ‹‹ Stavo giocando un’amichevole contro un’altra squadra della zona. Loro erano molto forti, i Cacciatori erano particolarmente agguerriti, ma nessuna Pluffa può sfuggire a McLaggen. ››
 
‹‹ Immagino che per essere portiere sia necessaria… ››
 
‹‹ Dovevi vedere che colpi che ho parato! >> M’interrompe lui senza il minimo rispetto. << Non mi sorprende che il cercatore di talenti si sia sbalordito. Vorrei solo aver avuto più tempo per mostrargli qualche trucchetto di famiglia. ››
 
‹‹ Noi in famiglia invece… ››
 
‹‹ Ma non importa, ho ottenuto un provino per un’importante squadra giovanile. Questo potrebbe essere il mio trampolino di lancio! ››
 
Abbandonata l’idea di potermi inserire all’interno del suo monologo, inizio a ingozzarmi di canapè, facendo finta di ascoltarlo.
 
‹‹ Bla, bla, bla… Quidditch. Bla, bla, bla… Io. Bla, bla, bla… Migliore. ›› Questo è quanto riesco a comprendere di ciò che mi viene detto.
 
Quando Cormac sembra sazio di stuzzichini (ma non di racconti sulla sua carriera sportiva) ci spostiamo in un’ala della sala meno affollata.
 
‹‹ Certo che c’è tanta gente qui! ››
 
Mi sorprendo di essere riuscita a portare a termine una frase senza essere bruscamente interrotta, così mi giro verso McLaggen, cercando di capire cosa lo abbia distratto e mi accorgo che sta puntando la testa all’insù.
 
Alzo lo sguardo a mia volta e mi accorgo con orrore di trovarmi esattamente sotto un vischio.
 
Sento Cormac tirarmi a sé con le mani. Io inizio a sudare freddo, devo liberarmi assolutamente da questa situazione. Mi serve un espediente qualunque, pensa Hermione, pensa.
 
‹‹ Devo andare alla toilette, scusami tanto. Tu mi aspetti qui? ›› Che scusa banale.
 
‹‹ Ehi aspetta! ›› Troppo tardi, sono già corsa via.
 
Devo andarmene di qui! Come ho fatto a infilarmi in questa situazione? Da quando ho smesso di ponderare sulle conseguenze delle mie azioni?
 
‹‹ Hermione! Hermione! ›› E’ la voce di Harry!
 
Mi volto e, vedendo il mio migliore amico, tiro un sospiro di sollievo.
 
‹‹ Harry! Ci, sei grazie al cielo! Ciao, Luna! ›› Non sapevo avesse invitato Lunatica Lovegood, è stato un gesto carino.
 
‹‹ Che cos’hai fatto? ›› Mi chiede lui preoccupato.
 
‹‹ Oh,  sono appena sfuggita… voglio dire, ho appena lasciato Cormac… sotto il vischio. ››
 
‹‹ Così impari a invitarlo. ›› Dice lui col tono di chi la sa lunga.
 
‹‹ Ho pensato che avrebbe mandato Ron fuori dai gangheri… Spostiamoci di qui però così riesco a vedere se arriva. ››
 
Ci avviciniamo a un tavolo pieno di bicchieri d’idromele, intorno al quale gira interessata la professoressa Cooman.
 
‹‹ Buonasera professoressa ›› La saluta gentilmente Luna, dando il via a una lunga conversazione e permettendo a me e a Harry di parlare un po’ in privato.
 
‹‹ Chiariamo una cosa. Hai in mente di dire a Ron che hai interferito nelle selezioni per il Portiere? ›› Si riferisce sicuramente al Confundus.
 
‹‹ Credi davvero che cadrei così in basso? ›› Chiedo io accigliata.
 
‹‹ Hermione, se hai invitato McLaggen… ›› Risponde lui eloquentemente, ferendomi nell’orgoglio.
 
‹‹ C’è una certa differenza, non ho intenzione di dire a Ron di ciò che potrebbe essere successo o non essere successo alle selezioni per il Portiere. ››
 
‹‹ Bene, perché sarebbe di nuovo depresso, e perderemmo la prossima partita… >> Ancora Quidditch? No, i miei nervi non possono tollerarlo!
 
<< I maschi non sanno pensare ad altro che al Quidditch! Cormac non mi ha fatto una sola domanda su di me, no, ma mi sono dovuta sorbire le Cento Grandi Parate di Cormac McLaggen Non-Stop, fin da quando… Oh no ecco che arriva! ›› (*)
 
Mi precipito dietro una tenda, così da non essere vista. Forse è il momento che torni nel mio dormitorio.
 
Esco furtivamente dal mio nascondiglio e mi dirigo a passo svelto verso la porta d’ingresso, quando questa si apre improvvisamente con un gran tonfo.
 
Sulla soglia, un Malfoy affannato e più pallido del solito regge convulsamente in mano una pergamena.
 
‹‹ Devo parlare col professor Piton! ››
 
 
***
 
 
(*) Buona parte del dialogo è stato copiato direttamente dal testo originale di JKR

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Capitolo 15
*** Posta inaspettata ***


Posta inaspettata
 
Severus mi trascina fuori dall’ufficio di Lumacorno trattenendomi per il colletto della divisa. Credo di non averlo mai visto così arrabbiato prima d’ora, ma non m’interessa. Ciò che ho da dirgli ha la priorità.
 
‹‹ Dove stiamo andando? ›› Grido io con tutta la mia forza. ‹‹ Ho bisogno di parlarti! ›› Gli strillo queste ultime parole con tutto il fiato che ho in gola.
 
‹‹ Seguimi e basta, moccioso! ››
 
Moccioso? Ma non capisce che è una cosa seria? Non c’è tempo da perdere! Devo parlargli immediatamente!
 
La testa inizia a vorticarmi mentre annaspo alla ricerca d’aria. Temo di svenire da un momento all’altro, ma Severus continua ad avanzare imperterrito, non degnandomi di alcuna attenzione.
 
Vorrei gridare ancora più forte, sperando che finalmente si volti ad ascoltarmi, ma non ci riesco: porto le mani tremanti al petto, come se questo potesse aiutare il mio cuore a rallentare i suoi battiti.
 
Finalmente arriviamo di fronte a un’aula (credo sia quella usata durante le lezioni di Rune Antiche). Ora Piton mi darà finalmente ascolto.
 
‹‹ Severus… ››
 
‹‹ Cosa ti è saltato in mente? ›› M’interrompe lui. ‹‹ Non puoi metterti a gridare a quel modo per i corridoi e tanto meno fare irruzione nell’ufficio di Lumacorno chiedendo di me! ›› La sua voce è poco più che un sussurro, ma il suo tono è minaccioso e il suo viso paonazzo.
 
‹‹ Severus è importante! ›› Continuo a urlare io.
 
Uno schiaffo mi colpisce in pieno volto, facendomi tacere di nuovo, ma aumentando a dismisura il senso di panico che mi pervade.
 
‹‹ Cosa credi che abbia pensato la gente vedendo il tuo stupido teatrino? Non basta che tutti siano convinti che tu sia un Mangiamorte ed io un servo dell’Oscuro? Devi per forza attirare l’attenzione su di noi? ››
 
Mi astengo dal replicare nuovamente.
 
‹‹ Draco, devi mantenere un profilo basso! Non puoi permetterti simili scenate! Se Lui sapesse… ››
 
Gli spingo contro il petto la lettera che ho stretto finora nel pugno. Lui la apre senza aggiungere altro.
 
Lo vedo scorrere gli occhi su quelle parole che hanno scatenato in me tale reazione.
 
Caro Draco,
ritengo sia meglio che quest’anno tu trascorra il Natale ad Hogwarts. Qui in casa siamo molto impegnati e di sicuro ti divertirai maggiormente insieme ai tuoi compagni di scuola.
Buon Natale,
Mamma.
 
‹‹ E allora? ›› Mi chiede Severus, accigliato.
 
‹‹ Non l’ha scritta lei! ›› Urlo nuovamente io, ricevendo un ulteriore schiaffo. ‹‹ Non è la sua grafia ›› Dico ora abbassando la voce. ‹‹ Inoltre lei non si firma mai Mamma. ››
 
L’insegnate di pozioni riduce gli occhi a due fessure. ‹‹ E tu mi hai disturbato per questo? Draco capisco che tu sia turbato per gli ultimi avvenimenti ma… ››
 
‹‹ No no no! Ne sono sicuro! Non è sua! E’ successo qualcosa! Quei bastardi le hanno fatto qualcosa! Non ci si può fidare di mostri come Greyback, l’ho sempre pensato! ›› Inizio a immaginare tutto ciò che quell’orribile semiumano possa averle fatto e ricomincio a tremare convulsamente.
 
‹‹ Falla finita Draco! Se questo è uno scherzo non è divertente. Narcissa sta bene! E’ a casa ed è al sicuro! ››
 
‹‹ Non è uno scherzo! Da quanto tempo non metti piede al Manor, Severus? ›› Ora gli ho afferrato il braccio, senza alcun motivo.
 
‹‹ Sono ben informato sulle vicende del Manor, e se questo non basta a calmarti, sappi che mi recherò li, durante le vacanze natalizie. ›› Dice cercando di liberarsi dalla mia stretta, ma io mi avvinghio con più forza alla sua manica.
 
‹‹ Portami con te allora! Devo assicurarmi che stia bene! ›› Mi sembra quasi di notare dell’apprensione negli occhi di Piton, ma mantengo la presa.
 
‹‹ No. Tu resterai qui come desidera tua madre. ››
 
‹‹ Ma non è stata lei… ››
 
‹‹ La conversazione finisce qui. ››
 
Io apro la bocca, senza però sapere che altro aggiungere.
 
‹‹ Ti farò avere suo notizie. ›› Dice infine il mio interlocutore prima di uscire dalla stanza.
 
Io invece rimango li, immobile.
 
 
***
 
 
Sono ancora turbata dalle vicende di ieri sera.
 
Non avevo mai visto Malfoy così scosso. Mi chiedo cosa possa essergli successo. Ora però sarà già a casa sua, proprio come Ron e tutti i miei amici.
 
Mi accorgo di essere davvero in pena per il Serpeverde, e mi soffermo a pensare sul legame che ci unisce.
 
Forse definirlo legame è eccessivo, è più una necessità.
 
Qualunque cosa sia, è buffo il modo in cui i rapporti si creano e lentamente maturino. Prima d’ora non mi ero mai accorta di provare davvero simpatia nei confronti di Malfoy. Anzi, se ci rifletto mi sembra quasi irreale, e mi chiedo se ciò che sto provando non sia solo pietà.
 
Ma nonostante io cerchi ogni giorno di convincere me stessa che le persone non cambiano e che Malfoy è sempre lo stesso Purosangue razzista e pieno di se che è sempre stato, non riesco più a provare la stessa repulsione di un tempo.
 
Ora che sono riuscita a intravedere il suo lato umano, mi chiedo come mai lo abbia sepolto per tutto questo tempo. Cosa deve aver vissuto per diventare il più arrogante Serpeverde che Hogwarts abbia mai visto (fatta eccezione di Riddle, ovviamente).
 
Scendo a pranzare, felice di potermi godere un po’ di solitudine. Passare il Natale ad Hogwarts ha i suoi vantaggi, in fondo. Per una figlia unica come me, vivere a stretto contatto con altri ragazzi 24h su 24, è un’esperienza emozionante, ma certe volte decisamente soffocante. Dopo i primi tempi inizia a farsi sentire l’esigenza di spazi privati e di silenzio. Soprattutto di silenzio.
 
In Sala Grande guardo istintivamente verso il tavolo dei Serpeverde. Ma riesco solo a scorgere un paio di studenti del primo e del secondo anno e Theodore Nott. Mi chiedo dove viva ora che suo padre è ad Azkaban.
 
Finito il mio pasto, mi dirigo in biblioteca. Forse è arrivato il momento di ricominciare a studiare.
 
 
***
 
 
Stronzetto continua a graffiarmi il dorso della mano, sperando di attirare la mia attenzione. Io lascio che si diverta, non ho voglia di spostarmi.
 
Mi faccio quasi ribrezzo da solo. Sono rimasto immobile su questo stupido letto per tutto il giorno, e nonostante il brontolio del mio stomaco e il sangue che sta iniziando a sgorgare dalla mano, non riesco a trovare le forze per alzarmi.
 
Continuo a ripensare alla lettera apparentemente scritta da mia madre e mi chiedo se Severus non abbia ragione. Forse sono davvero impazzito. Forse ho le visioni.
 
Forse dovrei solo mangiare di più, sto perdendo la mia forza fisica e anche la mente ne risente.
 
Ma ancora non sono convinto.
 
Mi alzo dal letto risoluto, sotto lo sguardo orgoglioso del gatto. Apro il cassetto del comodino di fianco a me e ne estraggo due rotoli di pergamena: altre lettere inviatemi da Narcissa qualche mese fa.
 
Srotolo le tre pagine sulle lenzuola stropicciate per metterle a confronto: l’inchiostro utilizzato è sicuramente lo stesso e anche la calligrafia dell’ultima lettera è molto simile a quella usata nelle prime due, se non fosse per le lettere g, q e le maiuscole, che sono state scritte con tratto incerto, come se qualcuno avesse avuto difficoltà a copiare l’elaborata grafia di mia madre.
 
Mi affloscio sulle spalle: non posso credere di aver perso il controllo per poche lettere ondeggianti. Questa è la conferma che sono del tutto impazzito.
 
Come se fosse una novità.
 
Tutto il tempo trascorso con la Mezzosangue doveva già essere una segno premonitore della mia insanità mentale.
 
Penso alla Granger: lei forse potrebbe essermi d’aiuto. In fondo è la strega più brillante della sua età (ho sentito i professori rivolgersi a lei con questo epiteto talmente tante volte che ormai sembra il verso di una poesia imparata a memoria).
 
Sono distratto dal rumore di passi proveniente dalla Sala Comune: credo sia Nott.
 
Esco dalla mia camera per controllare, sperando di avere ragione: ho un’insolita voglia di fare due chiacchiere.
 
‹‹ Theodore. ›› Dico io, dissimulando il mio entusiasmo.
 
‹‹ Draco, speravo di vederti. ›› Dice lui indicandomi la poltrona di fronte la sua.
 
Mi siedo, guardandolo con diffidenza.
 
‹‹ Perché? ››
 
‹‹ I pochi Serpeverde rimasti si stanno chiedendo che cosa ti sia preso ieri sera. >> Mi risponde lui, accennando un sorriso scaltro.
 
‹‹ Anche tu? ››
 
Theodore ride, senza fare però troppo baccano.
 
‹‹ Sai che me ne frega! Ero solo curioso di sapere se la tua lenta discesa verso la follia fosse già iniziata. ››
 
‹‹ Parli come se fosse inevitabilmente il mio destino. ›› Replico io con tono leggermente astioso. Non mi piace che mi si dia del folle, soprattutto oggi.
 
‹‹ Ma lo è! La gente come noi non può sperare in un futuro diverso. ››
 
Non capisco a cosa si riferisca con quel noi, e non è la prima volta. Sembra quasi che si diverta a parlare per enigmi. Ma oggi non sono in vena di rimuginare su altri misteri.
 
‹‹ Che intendi? ››
 
Lui ride ancora. Capisco che non riceverò alcuna risposta utile, così mi limito a ignorarlo e a cambiare discorso.
 
‹‹ Sai niente su ciò che sta accadendo a casa mia adesso? ›› Chiedo abbassando la voce.
 
‹‹ Allora è questo il problema. ›› Dice, tornando immediatamente serio. ‹‹ No, non comunico con Rookwood da quando sono qui ad Hogwarts. ››
 
Sono sorpreso: immagino che non sia facile vivere con un Mangiamorte sgradevole come Rookwood, ma l’ha pur sempre accolto in casa sua e credevo che tra i due si fosse creato per lo meno un rapporto di civile convivenza.
 
‹‹ Non guardarmi così. Quello non è un uomo, è una bestia, e lo sai anche tu. ››
 
Effettivamente avevo sentito storie scabrose riguardo Rookwood: tra le varie voci, girava quella secondo cui tenesse nascoste in casa sua delle Maghenò, da sfruttare per soddisfare le sue perversioni.
 
‹‹ Si ma è pur sempre… ››
 
‹‹ Un Mangiamorte? Draco svegliati! Il mondo non si divide in servi dell’Oscuro e traditori! Da certe persone bisogna stare alla larga a prescindere dalla loro idea politica. ››
 
A pensarci bene i miei genitori non sono in buoni rapporti con tutti gli altri Suoi seguaci… ad esempio credo di non averli mai sentiti parlare per più di cinque minuti con i fratelli Carrow. D’altra parte mi hanno sempre insegnato a diffidare di Babbani e mezzosangue, mai di altri Mangiamorte.
 
Theodore deve essersi accorto che le sue parole hanno avuto un certo peso, perché si alza e si dirige verso il suo dormitorio.
 
‹‹ Riflettici stanotte. ››
 
 
***
 
 
Mi sveglio madida di sudore. E’ la terza volta stanotte. Continuo a svegliarmi a causa degli incubi.
 
Penso istintivamente a Ron e ai momenti trascorsi insieme alla Tana, quando di notte ci incontravamo per sfuggire insieme ai fantasmi che tormentavano i nostri sogni. Sospiro, rinunciando definitivamente a dormire, ormai è quasi l’ora di alzarsi.
 
Mi alzo e corro a vestirmi: poiché sono sola nel dormitorio, ho deciso di dormire nuda. La sensazione delle coperte morbide sulla pelle è stata piacevole, ma il freddo mattutino è davvero traumatico. Credo che stasera indosserò il pigiama.
 
Mi lego i capelli in una coda di cavallo e scendo in Sala Comune. Noto che sono davvero pochi i Grifondoro rimasti per Natale. Probabilmente è dovuto all’annunciato ritorno di Voldemort: le famiglie preferiscono tenersi stretti i loro cari, finché sono ancora in tempo…
 
Arrivata nella Sala Grande, mi accorgo subito che i soliti quattro tavoli sono stati sostituiti con un’unica tavolata centrale. Gli studenti però continuano a chiacchierare solo con i membri della propria casa. Ogni tanto questa divisione mi sembra controproducente.
 
Prendo posto per mangiare, aspettando che la colazione si materializzi davanti ai miei occhi. Prima però c’è la consegna della posta. Pochi, infreddoliti gufi svolazzano sopra le nostre teste. Due di loro lasciano cadere le buste di fronte a me.
 
Apro la prima, da parte dei miei genitori: chiedono mie notizie e si rammaricano ancora della mia decisione di passare il Natale a scuola.
Sento improvvisamente una stretta al cuore. Mi dispiace farli soffrire, ma probabilmente passeranno un Natale più felice senza di me: sono troppo triste e abbattuta per godermi le vacanze come al solito. Preferisco studiare e non dover discutere con nessuno di questi ultimi mesi scolastici.
 
Apro la seconda busta, all’interno della quale vi è solo un biglietto scritto con un inchiostro verde smeraldo.
 
Granaio, mezzanotte.
 
Non è firmato, ma non serve.
 
Qualsiasi cosa sia successa due sere fa, ha impedito a Malfoy di tornare a casa.
 
 
***
 
 
Silente teneva lo sguardo insistentemente puntato verso la scrivania. La tensione nell’aria era palpabile.
 
‹‹ E tu sei assolutamente certo di poterci riuscire? E’ molto rischioso, potrebbe compromettere tutto ciò per cui abbiamo lavorato negli ultimi sedici anni. ›› Non alzò lo sguardo nemmeno per rivolgersi a Severus Piton.
 
‹‹ Albus, la situazione è critica. La lettera mostratami da Draco è la prova che l’elfa diceva la verità su Narcissa. ››
 
‹‹ E da quando ti preoccupi per gli altri? ››
 
Severus non si fece mancare d’animo per la domanda insolitamente aggressiva del preside.
 
‹‹ E’ una donna sola! Senza suo marito, lontana da suo figlio e trasfigurata dall’Oscuro in persona. E’ nostro dovere fare qualcosa per aiutarla. ›› E poi era quasi di famiglia, una dei pochi Mangiamorte che Piton apprezzasse sinceramente come persona, forse la sola.
 
‹‹ Mi fido di te, Severus. ››
 
‹‹ Grazie. ››
 
 
***
 
 
Ciao a tutti ragazzi!
Vorrei scusarmi per la mia assenza prolungata. Spero che i vecchi amanti di questa storia continuino ad apprezzarla e di trovare qualche nuovo fan!
Questo capitolo è un po’ breve ma il prossimo sarà più lungo e carico di avvenimenti.
A presto!

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Capitolo 16
*** I Will Follow You Into The Dark ***


I Will Follow You Into The Dark (*)
 
Mi muovo più in fretta che posso, nonostante i quindici centimetri di neve che mi bagnano i polpacci e mi fanno tremare da capo a piedi.
 
Non poteva escogitare un luogo più caldo per incontrarci?
 
Finalmente riesco a intravedere la capanna di Hagrid, mi mancano solo pochi metri.
 
Arrivata di fronte al granaio mi guardo intorno per accertarmi di non essere vista. Pare che non ci sia nessuno, quindi inizio a spingere lentamente la porta, che cigola rumorosamente.
 
La prima cosa che noto è un’evidente differenza di temperatura, magicamente alzata all’interno della costruzione. Mi richiudo la porta alle spalle e accendo la bacchetta con un Lumos.
 
‹‹ Sei in ritardo. ›› Sentenzia Malfoy.
 
‹‹ Di pochi minuti. Ma tu che ci fai qui? ›› Mi siedo di fronte a lui, proprio come l’ultima volta.
 
‹‹ Ma se ti ho detto io di incontrarci! ››
 
‹‹ Non nel granaio, cretino. A Hogwarts. ›› Ma che gli prende?
 
‹‹ Ah giusto. ››
 
Lo osservo mentre fruga nelle sue tasche. Sembra decisamente sovrappensiero, non ha nemmeno replicato al mio insulto.
 
‹‹ Non hai risposto alla mia domanda. ››
 
‹‹ Aspetta! ›› Dice lui estraendo dal mantello una lettera. ‹‹ Tieni. ››
 
Osservo un po’ la pergamena. Non sarà mica la stessa che aveva con se quando ha fatto irruzione nell’ufficio di Lumacorno?
 
‹‹ Cosa devo… ››
 
‹‹ Che aspetti? Aprila! ›› Ecco il solito, arrogante Malfoy.
 
‹‹ Cafone… ›› Sussurro io aprendo la pergamena. Lui fa finta di niente.
 
La leggio e rileggo due volte. Allora è per questa ragione che il furetto non è tornato a casa? La madre era troppo impegnata…
 
‹‹ Mi dispiace… ›› Dico io alzando lo sguardo verso di lui, che però guarda il pavimento.
 
‹‹ Non ho bisogno della tua compassione. ›› Grugnisce, irritandomi.
 
‹‹ E allora che cosa vuoi? ›› Ruggisco io.
 
Inizia a innervosirmi questo suo comportamento, soprattutto il fatto che si rifiuti di guardarmi negli occhi. Non gli hanno insegnato l’educazione?
 
Lo osservo per un’altra manciata di secondi, ma lui rimane immobile, con lo sguardo insistentemente puntato verso il basso. Sembra stia ponderando sulla sua prossima azione.
 
‹‹ La smetti di fissarmi? ››
 
‹‹ E tu la smetti di fissare il vuoto? ››
 
‹‹ Non mettermi fretta! ›› Finalmente alza la testa.
 
‹‹ Fretta per cosa? ›› Abbiamo entrambi smesso di bisbigliare e adesso ci fronteggiamo. Proprio non riesco a capire il suo comportamento. Anzi, mi sta quasi spaventando.
 
Finalmente Malfoy prende una decisione. Estrae con risolutezza un’altra lettera dalla sua tasca e me la lancia.
 
La apro e inizio a leggerla. E’ datata circa otto mesi fa. Il contenuto non è particolarmente interessante: Narcissa informa suo figlio delle sue buone condizioni di salute, gli raccomanda di studiare per i G.U.F.O. e si congeda con affetto.
 
Sono sempre più confusa. Perché mi sta mostrando queste lettere? Scruto Draco aspettando che si spieghi.
 
‹‹ Ti sembra… ›› Indugia. ‹‹ La stessa calligrafia? ››
 
Io continuo a fissarlo, mentre gli ingranaggi del mio cervello iniziano ad attivarsi. Crede forse che l’ultima missiva sia un falso?
 
‹‹ Ti sembra la stessa calligrafia? ›› Ripete con più convinzione.
 
‹‹ Difficile a dirsi. La firma è diversa… ››
 
‹‹ Si. ››
 
‹‹ E anche le lettere maiuscole sembrano diverse… ››
 
‹‹ Si. ››
 
‹‹ Ma non è detto che l’abbia scritta qualcun altro. ›› Cerco di mantenermi razionale e di riflettere sulle diverse eventualità. ‹‹ Magari l’ha scritta a notte fonda, quando era molto stanca. ››
 
‹‹ Si, magari… ›› Però non mi sembra convinto.
 
‹‹ Chi credi l’abbia contraffatta? ›› Mi pento subito della domanda.
 
Il volto di Malfoy si trasfigura, assumendo un’espressione che non gli avevo mai visto prima: paura.
 
Anzi, non paura, ma vero e proprio terrore. Come di chi ha parlato troppo.
 
Lo vedo contorcersi su se stesso, senza sapere cosa fare. Riprende le due pergamene dalle mie mani e si alza di corsa. Devo fare qualcosa, se sé ne andasse adesso, mi sentirei terribilmente in colpa.
 
‹‹ Ho un’idea! ›› Dico io afferrando il pantalone della sua divisa.
 
Sembra funzionare. Il Serpeverde si ferma e inizia a respirare piano, calmandosi lentamente.
 
‹‹ Quale idea? ›› Sembra sospettoso.
 
‹‹ Che ne dici di scrivere una lettera a tua madre, per raccontarle un po’ come hai intenzione di passare le vacanze qui a scuola, e chiedendole un po’ di cose su suo conto? ››
 
‹‹ Che genere di cose? ››
 
‹‹ Non ha importanza. Qualsiasi cosa la costringa a dare una risposta abbastanza prolissa e dettagliata, così da poter confrontare la grafia con un campione più lungo. ››
 
‹‹ Non male. ›› Si risiede. ‹‹ Potrei anche aggiungere qualche trappola. Qualcosa a cui solo lei potrebbe rispondere correttamente. ›› Noto con gioia che i suoi occhi hanno ricominciato a brillare.
 
‹‹ Ottima idea! ›› Lo incoraggio io, sorridendo. ‹‹ Proviamo a buttare giù qualcosa, ti va? ››
 
Lui scuote la testa e pone tra di noi una delle due lettere, rivolta dal lato intonso. Vi punta contro la bacchetta e con una magia vi scrive sopra Cara Madre.
 
Mi sorprende che qualcuno usi ancora l’espressione madre per rivolgersi a un suo genitore, sembra così asettica.
 
‹‹ E adesso? ››
 
‹‹ Dille che rispetti la sua decisione e che non ti dispiace passare le vacanze a Hogwarts. ››
 
Lui mi guarda con disgusto.
 
‹‹ Le dirò che rispetto la sua decisione e che resterò a Hogwarts nonostante sia lurida e ripugnante. ››
 
‹‹ Come ti pare. ›› Replico scocciata. Amo la mia scuola e non sopporto che venga insultata. ‹‹ Poi chiedile come sta. Se ha comunque intenzione di festeggiare il Natale e che se così fosse ti farebbe piacere. ››
 
Lui esegue con un altro colpo di bacchetta.
 
Cara Madre,
mi dispiace che le circostanze ci costringano a non rivederci durante le vacanze natalizie, rispetto però la tua decisione e per te sopporterò di trascorrere più tempo del necessario in questa vecchia topaia.
Spero che nonostante i tuoi numerosi impegni tu riesca comunque a festeggiare il Natale. Hai ordinato il salmone fresco dall’Alaska? So che sono tempi duri, ma non per questo bisogna rinunciare alle tradizioni.
 
‹‹ Cena natalizia a base di salmone importato! Sembra deliziosa! ››
 
‹‹ Forse, non abbiamo mai ordinato alcun salmone. ›› Risponde lui strizzandomi l’occhio.
 
‹‹ Molto astuto! ›› Rido io.
 
Vorrei ricevere altre tue notizie e sapere come stai.
Ci sentiamo presto,
Draco.
 
Vedo Malfoy rileggere speranzoso la lettera più e più volte, curando qualche dettaglio qua e la. Non mi è mai sembrato tanto umano come in questo momento: l’epistola, nonostante la formalità, trasuda apprensione e affetto. Vorrei dire qualcosa per tirargli su il morale, ma lui mi anticipa.
 
‹‹ Che ne pensi? ››
 
‹‹ E’ perfetta. ›› Gli rispondo con un sorriso.
 
Lui sembra rincuorato, addirittura rilassato. Si stiracchia ponendo con cura il suo lavoro in tasca.
 
‹‹ Credo di avere fame… ›› Dice, portando una mano allo stomaco.
 
Non lo vedo in Sala Grande da giorni. Chissà da quanto tempo non mangia. Finalmente posso rendermi utile.
 
‹‹ Vieni con me. ››
 
 
***
 
 
Severus percorreva il corridoio a grandi falcate, mentre Bellatrix Lestrange correva dietro di lui, affaticata.
 
‹‹ Cosa ti fa credere di poterla aiutare? ›› La sua voce era più acuta del solito.
 
‹‹ Sei stata tu a chiedermi di controllare il suo stato di salute, io non credo niente. ››
 
‹‹ Quell’idiota continuava a dire che non arriverà a domani! Ma l’ha vista? E’ solo un po’ stressata. Mica in fin di vita. ›› Ripeté lei per la terza volta, negando a sé stessa l’evidenza.
 
‹‹ Quell’idiota, è uno dei guaritori più competenti del San Mungo. ››
 
‹‹ Idiota. ››
 
Arrivarono di fronte la stanza di Narcissa Malfoy (ossia quella in cui era costretta a coricarsi ogni sera da quando l’Oscuro aveva usurpato la camera padronale). Quell’area del castello sembrava deserta. Probabilmente Bellatrix aveva fatto in modo che nessuno girasse intorno a sua sorella.
 
Il pozionista mise la mano sul pomello della porta, ma un brusco strattone lo trattenne, costringendolo a voltarsi verso la signora Lestrange. Lei lo guardò qualche istante, prima di avvicinare le labbra al suo orecchio.
 
‹‹ Salvala. ››
 
Mai, nella sua vita, avrebbe creduto di sentire così tanta paura e debolezza nella voce della spietata Mangiamorte. Ma dopotutto, Narcissa era pur sempre sua sorella.
 
Severus Piton si voltò ed entrò.
 
La stanza da letto emanava un terribile fetore. Probabilmente la povera Narcissa non era più neanche in grado di lavarsi.
 
I due maghi si fermarono ai piedi del letto e scrutarono quella che un tempo fu l’affascinante e seducente signora Malfoy. Era rannicchiata su se stessa e tremava dalla testa ai piedi, sussurrando frasi sconnesse.
 
Severus si avvicinò per osservarla meglio, la donna parve non accorgersi nemmeno di lui. L’orecchio e molte delle dita erano state tagliate con un incantesimo rudimentale, probabilmente un Diffindo: il Signore Oscuro aveva fatto in modo che la sofferenza della donna fosse impressa sui suoi resti.
 
Una mano si poggiò sulla spalla incurvata del professore: Bellatrix gli stava indicando qualcosa. Ciò che vide lo fece rabbrividire: le coperte poggiate sulle gambe della donna erano coperte di sangue.
 
Ne sollevò una, scoprendo con orrore che li, al posto del piede, vi era solo un triste moncone, magicamente ricucito non più di due giorni fa.
 
‹‹ Per quanto tempo la ferita è rimasta aperta? ›› Chiese Piton a bassa voce.
 
‹‹ Un giorno circa. Nessuno di noi sapeva che fare, non conoscevamo nessuno di cui poterci fidare, non a tal punto da farlo entrare qui. ›› Si giustificò la Mangiamorte.
 
Severus non si soprese, sono pochi i Mangiamorte in possesso di un’elevata preparazione magica, nessuno di questi è un guaritore.
 
Narcissa alzò di poco il tono di voce. Sembrava voler comunicare qualcosa.
 
‹‹ Draco… Dovevo proteggerlo… ›› Poi di nuovo mormorii.
 
‹‹ Narcissa… ›› Piton si avvicinò nuovamente al suo volto. ‹‹ Draco sta bene. E’ ad Hogwarts e sta bene. ›› E così dicendo le posò una mano sulla guancia.
 
Nessuno si aspettava una reazione simile: gli occhi di Narcissa si serrarono con forza. Il suo volto divenne rosso e le vene del collo e delle tempie s’inspessirono tanto da sembrare sul punto di esplodere. La sua bocca di spalancò, emettendo il verso più agghiacciante che i due Mangiamorte avessero mai sentito.
 
Se avesse urlato, sarebbe stato sicuramente meno atroce. Ma lei non urlò. Ciò che uscì direttamente dai suoi polmoni fu un rantolo acuto, inumano, come se quel corpo irrigidito dalle convulsioni stesse cercando di rigettare fuori la sua stessa anima. Come se sperasse che insieme ad essa, se ne sarebbe andata anche la sua sofferenza.
 
Poi perse conoscenza.
 
‹‹ E’… morta? ›› Bellatrix Lestrange tremava. Mai nella sua vita aveva assistito a nulla di simile. Nemmeno quando torturò i coniugi Paciok.
 
‹‹ No. Ma temo che il dottore avesse ragione, non le resta più tempo. ››
 
Di fronte quell’inesorabile sentenza, la strega reagì riacquisendo la sua solita espressione altezzosa.
 
‹‹ Puoi fare qualcosa per lei? ››
 
‹‹ Temo di poterle somministrare solo un forte analgesico, così che non soffra mentre passa oltre. ››
 
Bellatrix annuì e mostrò a Severus dove poter preparare la pozione. Lui si mise subito all’opera, sotto gli occhi attenti della Mangiamorte, che però non era in grado di comprendere i suoi gesti, data la tensione e la sua scarsa abilità nella materia.
 
Il medicinale fu pronto nel giro di un’ora. Era verde, un po’ viscido, ma completamente inodore. Il professore lo versò accuratamente nella bocca della donna. Poi uscì dalla stanza.
 
 
***
 
 
Seguo silenziosamente la Granger, senza sapere dove mi stia portando. In momenti come questi temo sempre che possano sbucare Potter o Weasley: quei due ficcanaso sono ovunque.
Anzi, lo sfregiato potrebbe essere qui con noi proprio in questo istante, nascosto sotto il suo stupido mantello. Solo l’idea mi mette i brividi.
 
‹‹ Granger. ›› Bisbiglio.
 
‹‹ Shh! >> M’intima portandosi il dito alle labbra. ‹‹ Che vuoi? ››
 
‹‹ Secondo te Potter ci segue? ›› Ora che lo dico ad alta voce, mi sembra davvero una stupidaggine.
 
Lei si gira a guardarmi, accigliata.
 
‹‹ Come scusa? ››
 
‹‹ Potter se ne va sempre in giro con quel dannato mantello. Non credi che avrebbe potuto seguirci indisturbato? ››
 
‹‹ Ma come ti salta in mente? Harry non mi seguirebbe mai di nascosto! >> Dice con risolutezza, ma subito dopo mi sembra di scorgere una strana luce nei suoi occhi.
 
‹‹ Che cos’era quella? ››
 
‹‹ Quella cosa? ››
 
‹‹ La tua espressione. Stai pensando a qualcosa che non vuoi dirmi. ›› Ora inizio a preoccuparmi, davvero Potter potrebbe aver osservato ogni nostra mossa?
 
Lei medita qualche secondo, vorrei essere nella sua testa in questo momento.
 
‹‹ No, Harry non può averci spiati, se ci avesse visti insieme di certo non avrebbe fatto finta di niente. ›› Si volta di nuovo e ricomincia a camminare in punta di piedi.
 
‹‹ E se sta pianificando una vendetta? Magari aspetta il momento buono per ricattarci. ››
 
‹‹ Vendetta? Ricatto? Malfoy sei paranoico! ›› Sghignazza lei, innervosendomi non poco.
 
‹‹ Invece di prendermi in giro, potresti dirmi dove stiamo andando? ››
 
Lei non mi risponde e continua dritta per la sua strada, come se io non ci fossi. Io la seguo e basta, ormai ho smesso di chiedermi il perché.
 
Scendiamo le scale fino ai sotterranei, ora inizio davvero a essere curioso.
 
‹‹ Dove siamo? ››
 
‹‹ Sotto la Sala Grande. ›› Mi risponde lei, fermandosi di fronte a una grande tela raffigurante un piatto di frutta.
 
‹‹ Mi hai portato qui per farmi ammirare la natura morta? ›› Ma che diavolo stiamo facendo?
 
‹‹ Davvero non sei mai stato qui? ›› Mi chiede lei perplessa.
 
‹‹ Perché avrei dovuto? ››
 
Lei sospira, si gira e inizia a solleticare la pera.
 
Ora è ufficiale, passare troppo tempo in mia compagnia nuoce alla sanità mentale.
 
Sto per chiederle se abbia intenzione di toccare il quadro ancora per molto, quando la pera inizia a ridere, aprendosi all’indietro e rivelando un passaggio segreto.
 
‹‹ Tu resta qui e non farti vedere. E’ meglio che non ci vedano insieme. ›› Mi ordina entrando nel ritratto.
 
‹‹ Chi? ›› Ma lei è già lontana.
 
Resto in piedi all’incirca cinque minuti prima di vederla ricomparire. In mano tiene una scatola chiusa che emana un aroma delicato.
 
‹‹ E’ proprio quello che penso? ›› Chiedo io con la bava alla bocca.
 
‹‹ Sono gli avanzi della cena. Possiamo mangiarli in un’aula qualsiasi. ››
 
Sono talmente emozionato da non ringraziarla nemmeno. Mi muovo a passo svelto sognando le leccornie all’interno di quel contenitore. D’un tratto gli ultimi pasti saltati iniziano a farsi sentire e il mio stomaco a borbottare. Credo di non aver mai patito la fame come in questo momento e la cosa mi sorprende non poco, visto che circa venti minuti fa sentivo che non avrei mai più avuto voglia di mangiare in vita mia.
 
Non appena vedo un’aula, mi ci fiondo dentro, trascinando con me la Grifondoro.
 
Lei chiude la porta e fa una magia al pomello.
 
‹‹ Ho fatto un incantesimo che impedirà a Gazza di entrare. L’ho imparato recentemente su un libro d’incantesimi, idealmente è molto simile ai sortilegi Respingi-Babbani… ››
 
‹‹ Si si. ›› Dico io distrattamente strappandole la scatola dalle mani.
 
‹‹ Cafone. ››
 
Mi siedo alla cattedra e apro il contenitore: contiene purè di patate e arrosto di lepre caldo. Annuso la cena e mi preparo a divorarla. Anche se non l’ho mai ammesso ad alta voce, mi piace il cibo cucinato qui, a volte anche più di quello del Manor.
 
‹‹ Sei fantastica Granger! ›› Mi mordo subito la lingua per quello che ho appena detto. La fame gioca brutti scherzi.
 
Anche lei sembra imbarazzata.
 
‹‹ Se dici a qualcuno dove si trova la cucina te la farò pagare, Malfoy. ›› Dice, cambiando discorso.
 
Io la ringrazio mentalmente per aver ignorato quel che ho detto.
 
‹‹ Ah si? Sono proprio curioso di sapere cosa faresti. ›› La stuzzico io passandole una forchetta e addentando il primo caldo, gustoso boccone.
 
‹‹ Ti seguirei giorno e notte sotto il mantello dell’invisibilità per scoprire tutti i tuoi segreti, così da poterli sfruttare al momento opportuno; è questo ciò che facciamo noi Grifondoro nel tempo libero. >> Risponde ammiccando.
 
‹‹ Questo, e ingozzarsi di nascosto in cucina. ›› Ridacchio io.
 
‹‹ In realtà per quando mi riguarda è la prima volta che chiedo agli elfi di passarmi di nascosto del cibo. Non amo il modo in cui vengono sfruttati… ››
 
Io la guardo storto. Che storia è questa?
 
‹‹ Certo che per essere una strega brillante sei proprio stupida: gli elfi domestici nascono per servire noi uomini, loro sono contenti così. ››
 
‹‹ Il tuo elfo, Dobby, mi è sembrato molto più contento di essere liberato. ›› Replica lei astiosa.
 
‹‹ L’ho sempre detto io che quello è un elfo strano. Credimi, ne ho visti tanti di elfi liberati, erano tutti disperati, pregavano mio padre di ripensarci. ›› Pensare a mio padre mi riannoda nuovamente lo stomaco, ma faccio finta di nulla e mando giù un altro boccone.
 
‹‹ Siete tutti così cocciuti! Se leggeste il saggio che ho scritto per il C.R.E.P.A., capireste… ››
 
‹‹ Crepa? Cos’è una minaccia? ››
 
Lei guarda in basso sconsolata, come se fossi una causa persa.
 
‹‹ Lascia perdere, ci rinuncio. Basta che mi prometti di non andare mai nelle cucine. ››
 
‹‹ Io non prometto niente a una Grifondoro, saputella, amante degli elfi. ››
 
‹‹ Ho materiale sufficiente per ricattarti, se volessi. ››
 
Mi guarda dritto negli occhi. Se non avessi imparato a conoscerla un minimo, giurerei che faccia sul serio.
 
‹‹ Non lo faresti mai. I Grifondoro tengono troppo all’onore per abbassarsi a certi livelli. ›› Anch’io resto serio e impassibile, ma proprio come lei mi sto divertendo da matti.
 
‹‹ Preferisco l’onore all’astuzia. Voi Serpeverde siete tutti subdoli e meschini. ››
 
‹‹ Ti prego, smettila con tutti questi complimenti, mi fai arrossire. ››
 
La Granger non riesce più a reggere il gioco e inizia a ridere. La sua è una risata dolce, melodiosa, addirittura contagiosa: non me lo sarei mai aspettato da una ragazza così trasandata e poco aggraziata.
 
Rido insieme a lei.
 
 
***
 
 
Severus Piton non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Calcolava mentalmente i minuti prima di alzarsi dal letto. Avrebbe fatto finta di svegliarsi presto come al solito.
 
Stava tamburellando sul suo petto con le dita quando qualcuno bussò alla porta con forza.
 
Si alzò per andare ad aprire, coprendosi con una vestaglia.
 
Dietro l’uscio, una Bellatrix più pallida del solito lo fissava con aria smarrita.
 
‹‹ E’ morta. ››
 
 
***
 
 
(*) E’ il titolo di una canzone dei Death Cab for Cutie, ascoltatela, ve la consiglio.
 
Ciao a tutti!
Come vi ho promesso ho cercato di pubblicare questo capitolo il prima possibile. Spero vi piaccia. Fatemi sapere se qualcosa non vi convince della storia o del mio modo di scrivere.
E soprattutto ditemi che ne pensate della canzone che ho scelto come titolo, a me piace molto.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 17
*** Inconsapevolezza ***


Inconsapevolezza
 
I Mangiamorte sedevano intorno al lungo tavolo in marmo, posizionato al centro della sala riunioni del Manor. Quella sala era stata progettata dagli avi di Lucius per accogliere i più alti membri del governo, coinvolti in cospirazioni ben lontane dalla legalità.
 
Lord Voldemort sedeva a capotavola. I suoi occhi scrutavano i presenti uno ad uno e le sue labbra erano digrignate per il disprezzo. Sembrava sul punto di esplodere di rabbia.
 
Ogni Mangiamorte reagì in modo diverso allo sguardo dell’Oscuro: alcuni piegavano la testa in segno di sottomissione, altri, i più temerari (o i più stupidi), sembravano quasi divertiti dalla situazione. Bellatrix non apparteneva a nessuna di queste categorie. Lei semplicemente fissava il vuoto, talmente rigida da sembrare pietrificata.
 
Severus tentava di mantenere un atteggiamento distaccato ma rispettoso. Non voleva attirare l’attenzione del Signore Oscuro su di sé.
 
‹‹ Come avete potuto lasciare che morisse? ›› La voce di Voldemort tremava nel tentativo di mantenere un tono moderato. ‹‹ Qualcuno ha la minima idea di cosa comporti la morte di Narcissa Malfoy? ››
 
A quanto pare, un Mangiamorte defunto è più pericoloso di uno vivo.
 
‹‹ Visto che nessuno pare capirlo, vi illustrerò la situazione: abbiamo un cadavere da far sparire e un sedicenne a cui dover dare spiegazioni. Credete forse che Draco non si insospettirà delle vostre stupide lettere contraffatte? ›› Uno dei Mangiamorte chinò la testa ancora più in basso. ‹‹ Oltretutto, con Lucius in prigione e Narcissa all’altro mondo questa casa manca ora di un padrone. Chiunque dovesse recarsi fin qui in cerca di Narcissa dovrà essere ucciso e questo attirerà ancora di più l’attenzione sul Manor. ››
 
Fece una pausa, cercando di calmarsi. Ma quando riprese a parlare la sua voce era ancora più carica di rabbia.
 
‹‹ Dove credete che potremmo andare? Qualcuno di voi pezzenti possiede una casa tanto grande e così ben protetta come questa? Vi dimenticate forse di tutti gli incantesimi che ci nascondono dai curiosi e dall’Ordine della Fenice? ››
 
Il suo respiro era forte e il suo petto si alzava e abbassava velocemente.
 
‹‹ Siete la più grande massa che incompetenti con cui io abbia mai dovuto avere a che fare! Se nessuno di voi trova subito una soluzione a questo disastro vi torturerò fino a che non mi pregerete di uccidervi! ››
 
Anche Piton non riuscì a trattenere un brivido di paura ma nonostante ciò si sforzò di parlare per primo.
 
‹‹ Mio Signore, sono a conoscenza di numerosi incantesimi che ci aiuteranno a mantenere chiunque lontano da qui, la sicurezza non mancherà e nessuno sarà costretto a lasciare il Manor. ››
 
‹‹ Spero che non mi deluderai anche stavolta Severus. ››
 
‹‹ Se qualcuno mi avesse avvisato sarei accorso quando la situazione era ancora recuperabile. ›› Disse, sforzandosi di non pensare che la colpa di tutto ciò era proprio del Signore Oscuro e della sua sete di sangue e torture.
 
‹‹ Io credo che il corpo di Narcissa vada bruciato. Perché non ne resti traccia. ›› Disse Rookwood.
 
‹‹ Ottima idea. Ci penserai tu. ››
 
Rookwood sorrise, soddisfatto. Bellatrix però non sembrava della sua stessa opinione.
 
‹‹ Mio Signore, se posso… ›› I presenti si girarono verso Bellatrix, mai nessuno aveva osato contraddire una decisione del grande mago oscuro, tanto meno lei. ‹‹ Narcissa Malfoy ha sempre mostrato grande devozione nei suoi confronti. Le ha offerto la sua casa e… la sua vita. Lei si è fatta emblema dell’antica aristocrazia Purosangue, tenendo alto il buon nome dei Malfoy e, per quanto sia stato difficile negli ultimi tempi, anche quello dei Black. ›› La sua voce si spezzò nominando la sua famiglia d’origine. ‹‹ Le chiedo dunque umilmente di rivedere la sua decisione, e di offrire a mia sorella la sepoltura di cui è degna. ››
 
La tensione era palpabile. Nessuno sapeva cosa aspettarsi dall’Oscuro.
 
‹‹ Visto che nutro grande stima nei tuoi confronti, Bellatrix, ignorerò la tua insolenza. ›› Lei abbassò la testa, rassegnata. ‹‹ Inoltre soddisferò la tua richiesta. ›› Il corpo di Bellatrix Lestrange ebbe un fremito. ‹‹ A patto che sia tu ad occuparti della sepoltura e degli incantesimi di elusione: nessuno dovrà mai avvicinarsi al luogo in cui giacerà Narcissa Malfoy. Inoltre non sarà permesso a nessuno di voi di collocarvi dei fiori, una lapide, o qualsiasi cosa renda riconoscibile la presenza di un cadavere. Sono stato chiaro? ››
 
I Mangiamorte annuirono.
 
‹‹ Grazie, Mio Signore. ››
 
 
***
 
 
L’alba si affaccia sulla mia finestra ed io la osservo intensamente.
 
Continuo a riflettere su ciò che mi ha detto ieri sera Malfoy.
 
Potter se ne va sempre in giro con quel dannato mantello. Non credi che avrebbe potuto seguirci indisturbato?
 
Lì per lì mi era venuto da ridere, ma poi mi sono accorta di non aver mai messo in conto una cosa davvero fondamentale: la Mappa.
 
Sono certa che se Harry mi avesse visto insieme a Malfoy in piena notte non avrebbe fatto finta di niente. Quindi per ora non deve essersene accorto. Però non dovrei giocare col fuoco.
 
Devo smettere di vedere Malfoy?
 
La sola idea mi fa salire la nausea. E’ inutile fare finta che non sia vero: senza Malfoy non sono altro che al solita, triste, annoiata Grifondoro, studiosa e rispettosa delle regole. Ho bisogno di questo rapporto malsano e discutibile per poter andare avanti. Per poter affrontare la scuola, i miei sentimenti per Ron e la guerra imminente mantenendo il sorriso.
 
Perché Malfoy è proprio questo: la mia fonte di energia.
 
Finalmente, dopo tanto tempo, riesco a dare un significato concreto a ciò che Draco Malfoy rappresenta per me. Non è un amico, anzi, non posso nemmeno dire di provare un vero affetto per lui. Malfoy è un’alternativa a questa folle, terribile vita a cui siamo costretti: una vita di odio, di paura e di tormenti.
 
Ma non posso ignorare per sempre la realtà. So che un giorno Harry e l’Ordine della Fenice avranno bisogno di me, e quel giorno io ci sarò. Quel giorno riusciremo a porre fine a questo insensato conflitto e alla rivalità tra purosangue e non. Per ora però, non posso fare altro che accontentarmi di questi piccoli attimi di felicità assaggiando il gusto di un futuro libero da pregiudizi.
 
No, non posso rinunciare a Malfoy.
 
Ho bisogno di un piano alternativo, che mi assicuri di non essere mai sorpresa col Serpeverde.
 
La stanza va e vieni.
 
Malfoy conosce già l’esistenza della Stanza delle Necessità per colpa di quella megera della Umbridge, quindi non dovrebbe essere un problema parlargliene.  Potremmo organizzare i nostri incontri più tardi. Nel cuore della notte. Quando Harry di sicuro dormirà. Entreremo e usciremo dalla Stanza in tempi diversi.
 
Potrebbe funzionare, devo solo trovare il modo di comunicarglielo. Potrei scrivergli un biglietto, come fa lui di solito.
 
Mi alzo per prendere un calamaio, ma d’un tratto mi ritorna in mente la lettera che ieri io e Malfoy abbiamo scritto per sua madre. Probabilmente andrà in guferia non appena aprirà.
 
Mi vesto in fretta ed esco dal dormitorio.
 
Mentre cammino mi guardo intorno: la scuola è più luminosa del solito e le armature cantano felici melodie natalizie. Mi ero quasi dimenticata che oggi è la vigilia di Natale.
 
Nonostante l’idea di festeggiare il Natale lontano dalla mia famiglia mi mette di cattivo umore, sono contenta che Silente s’impegni a rendere l’atmosfera calda e gioiosa: è quello di cui hanno bisogno gli studenti in questo momento.
 
Penso a tutti i ragazzi che, contrariamente a me, non hanno alcuna famiglia da cui tornare per le feste, e inizio quasi a rimpiangere la mia decisione. Però non sarei stata in grado di dissimulare la mia tristezza con mamma e papà: si sarebbero sicuramente accorti che qualcosa non va e si sarebbero preoccupati più del dovuto. Meglio così.
 
Forse potrei proporre a Malfoy di festeggiare insieme… Mi dispiace pensarlo da solo alla vigilia di Natale, preoccupato per l’incolumità di sua madre. Merlino! Chissà cosa crede che le abbiano fatto gli altri Mangiamorte (anche se non ha voluto ammetterlo, sono sicura che tema proprio loro).
 
Arrivo in guferia, ma è vuota. Lo aspetterò mezz’ora e poi me ne andrò.
 
 
***
 
 
‹‹ Cosa diremo a Draco? ›› Chiese Piton.
 
Tutti i Mangiamorte si voltarono verso di lui con astio: la riunione durava da più di un’ora e nessuno aveva voglia di proseguire.
 
‹‹ Niente. >> Rispose il Signore Oscuro. ‹‹ La sua giovane mente potrebbe essere plagiata da un simile avvenimento, e lui è troppo vicino a Silente perché la sua lealtà vacilli. ››
 
Piton non poteva credere alle proprie orecchie: questo era davvero troppo.
 
‹‹ E quindi cosa faremo? Continueremo a scrivergli false missive palesemente falsificate? Draco ha già dei dubbi in proposito. ››
 
Lord Voldemort fece una smorfia di rabbia.
 
‹‹ Allora fate in modo che non ne abbia! Quelle lettere dovranno essere in tutto e per tutto uguali a quelle di Narcissa. Non ammetto errori così grossolani! ›› Prese una pausa, poi parlò di nuovo. ‹‹ Comunicheremo a Draco la notizia solo quando Lucius sarà uscito da Azkaban, così che il suo punto di riferimento sia fuori da quel lurido covo di babbanofili. ››
 
Tutti si guardarono a vicenda, smarriti. Solo un incauto Mangiamorte parlò.
 
‹‹ Mio Signore, state proponendo un’evasione? ››
 
Lord Voldemort sorrise.
 
 
***
 
 
Corro più velocemente che posso alla guferia. La lettera indirizzata a mia madre stretta tra le mani.
 
Entro nella stanza trafelato e lego il mio messaggio alla zampa di un gufo, poi lo sollevo, e lo lancio giù dalla torre, magari così si sbriga.
 
‹‹ Non dovresti trattare i gufi in quel modo. ›› Una voce ben nota mi fa voltare.
 
‹‹ Non ti avevo vista. ›› La Granger è in piedi di fronte a me, più arruffata del solito. ‹‹ Hai il maglione al contrario. ››
 
Lei si guarda imbarazzata, quindi ci sfila il maglione per rimetterlo dritto. Nel far ciò un lembo della sua camicia si alza, lasciando intravedere la pelle candida e l’ombra delle prime costole: non mi ero mai accorto che fosse così magra.
 
‹‹ Che hai da guardare? ›› Mi chiede in tono scorbutico.
 
‹‹ Immagino che tu non sia abituata ad essere osservata da un uomo. ›› Replico io, dissimulando il mio imbarazzo.
 
‹‹ E tu saresti un uomo? Hai a malapena la barba! ›› Ride lei.
 
Questo commento mi ferisce più del dovuto, così decido di cambiare discorso. Questo round lo ha vinto lei.
 
‹‹ Che ci fai qui? ››
 
‹‹ Stasera ceniamo insieme. ›› Dice lei guardando da un’altra parte. ‹‹ Per Natale. ››
 
Io la fisso per qualche istante senza parlare. Sono perplesso. Ormai vederci è un’abitudine ma questa proposta mi pare eccessivamente confidenziale.
 
Nonostante ciò, mi sento stranamente sollevato: forse passare il Natale a Hogwarts sarà meno orribile di quanto avevo immaginato.
 
‹‹ Si, va bene. ››
 
Lei sembra rilassarsi: non credo sia stato facile avanzare questa idea; sa bene che non amo essere compatito. Stranamente però non mi sento né debole né inferiore, solo… tenuto in considerazione. Lo apprezzo.
 
‹‹ Ti ricordi della Stanza delle Necessità? Potremmo vederci li, quando tutti sono a cena ››
 
‹‹ Mi sembra una buona idea, non ci avevo mai pensato. ››
 
‹‹ Si, infatti pensavo che potremmo vederci sempre li, d’ora in poi. ››
 
La sua espressione ha qualcosa di sinistro: nasconde qualcosa.
 
‹‹ Perché? ›› Indago io.
 
‹‹ Inizia a fare freddo in giro, non trovi? Li potremmo avere un camino. ››
 
Quello che dice ha senso. In un rapporto come il nostro però, ciò che si dice non conta mai, conta solo ciò che viene taciuto, e lei sta sicuramente celando un segreto.
 
‹‹ Sappiamo entrambi che non è questo il vero motivo: dimmi la verità. ››
 
 Lei sospira: scoprendo le sue carte.
 
‹‹ Credo solo che sia un luogo più sicuro, tutto qui. ››
 
‹‹ Lo sapevo! Potter ci sta seguendo! ›› Quel bastardo non si fa mai gli affari suoi.
 
‹‹ Malfoy smettila, sei paranoico. ›› Però sembra indugiare. ‹‹ Senti, non posso dirti tutti i dettagli, devi fidarti e basta. ››
 
Io sono senza parole. Perché è così enigmatica? Sa qualcosa che io non so, qualcosa che riguarda la sicurezza dei nostri incontri. Non posso permettermi di essere visto da nessuno in compagnia della Granger. Non oso nemmeno pensare a quello che potrebbe capitarmi se i Mangiamorte lo scoprissero.
 
‹‹ O mi dici tutto, o la finiamo qui. ›› La mia voce è determinata, ma dentro di me spero che questa non debba essere la nostra ultima conversazione.
 
‹‹ Ieri avrei potuto dirti la stessa cosa, ma mi sono fidata e ti ho aiutato quando ne hai avuto bisogno. Anche se so benissimo di chi temessi fosse quella calligrafia. ››
 
Sono davvero allibito: è la prima volta che uno di noi fa cenno ai Mangiamorte e alla mia vera vita, quella che mi aspetta alla fine di quest’anno scolastico. Forse sono stato troppo egoista: in fondo anche lei corre un grande rischio ogni volta che accetta di incontrarmi. Forse il punto non è fidarmi di lei, ma accettare che io mi affidi totalmente alla sua discrezione e lei alla mia ogni giorno. Non è già questa una prova di fiducia?
 
‹‹ Va bene, stasera alle nove nella Stanza delle Necessità, tu entrerai mezz’ora prima di me. ›› Mi volto ed esco dalla stanza. Restare sarebbe stato troppo imbarazzante.
 
 
***
 
 
La tomba era adagiata in una profonda fossa, pronta per dare il suo ultimo saluto alla luce del Sole.
 
I Mangiamorte erano disposti a cerchio. Il silenzio regnava sovrano.
 
Fu Bellatrix a trasportare la terra nel fosso, con la sua bacchetta, fino a riempirlo completamente. I suoi occhi non comunicarono alcuna emozione.
 
Con un altro incantesimo, l’erba ricrebbe folta sul terreno smosso. Nessuno avrebbe mai potuto riconoscere il luogo della sepoltura.
 
La cerimonia finì e i Mangiamorte se ne andarono. Bellatrix diede un ultimo, silenzioso saluto a sua sorella.
 
Nessuna lacrima fu versata per Narcissa Malfoy.

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Capitolo 18
*** Richiamo primordiale ***


Richiamo primordiale
 
 
‹‹ Draco... ››
 
Mi volto di scatto in direzione della voce, così incredibilmente dolce e familiare.
 
‹‹ Mamma! ›› É proprio lei. Mi avvicino di più: voglio toccarla, voglio abbracciarla.
 
‹‹ Non credo che tu sia mai stato così felice di vedermi! ›› Un sorriso materno si dispiega sul suo volto.
 
‹‹ Credevo che ti fosse successo qualcosa, credevo che non volessi più vedermi... ›› Ora come ora non so nemmeno più di cosa mi preoccupassi: lei è qui. Talmente vicina che posso sentire il suo profumo, quell’aroma delicato che mi ricorda casa.
 
‹‹ Che non volessi più vederti? Draco, ma come puoi pensare una cosa del genere? ›› É turbata. Quasi preoccupata.
 
‹‹ Hai chiesto al Signore Oscuro di negarmi il Marchio, mi hai fatto tornare a Hogwarts senza uno scopo, hai ignorato le mie lettere... ›› Sento la felicità di pochi istanti prima scorrere via, rimpiazzata da un opprimente sensi d’angoscia.
 
‹‹ Draco, ascoltami bene: tutto quello che ho fatto, l'ho fatto solo per te. ››
 
Io la guardo senza capire: come può dirmi questo? Ha privato di senso la mia vita, mi ha reso debole, vulnerabile. Mi ha sbattuto in faccia la mia vera natura: quella dello sciocco bambino viziato, senza alcun talento o dote fuori dal comune.
 
Sarei potuto essere un servo del più grande mago oscuro di tutti i tempi, e invece ora non sono altro che il figlio di un Mangiamorte fallito.
 
‹‹ Non capisco mamma. Credevo che tu volessi il meglio per me. Eravamo d'accordo. Cosa è cambiato? ››
 
‹‹ Piccolo mio. ›› Di solito non amo sentirmi dare appellativi di qualsiasi genere, ma questa volta è diverso, è confortante. ‹‹ Non lo vedi? Tutto sta cambiando. Adesso sta a noi decidere cosa fare della nostra vita, quale strada prendere. ››
 
Sono scosso, confuso, impaurito. Cosa sta cercando di dirmi? Perché è così enigmatica? E perché si è tenuta lontana da me per tutto questo tempo?
 
La guardo negli occhi, sperando che parli ancora, che mi dia altre spiegazioni, che mi conforti. Ma il suo sguardo vaga nel vuoto.
 
‹‹ Mamma? ››
 
‹‹ Prendi in mano la tua vita, Draco. ››
 
E con queste ultime parole, si dissolve, confondendosi con l'aria.
 
‹‹ Mamma! Mamma! ››
 
Mi sveglio urlando.
 
Sono sudato, affannato e molto spaventato. Mi occorrono almeno dieci minuti, un bicchiere d'acqua ghiacciata e svariati giri della stanza per riprendermi.
 
Era solo un sogno.
 
Mi risiedo sul letto e prendo in braccio lo stronzetto, che finora mi aveva osservato con aria divertita. Lo accarezzo compulsivamente mentre cerco di fare riordinare le idee.
 
Se prima ero in pensiero per mia madre, ora sono seriamente preoccupato. Sono sempre più convinto che ci sia qualcosa che non va: le sue lettere brevi ed evasive, la volontà di tenermi lontano a Natale...
 
Non è da lei. Narcissa Malfoy non si comporterebbe mai in questo modo.
 
Ho l'impulso di andare a controllare se qualche gufo sia per caso tornato con la risposta alla mia lettera, ma poi ricordo di averla spedita solo stamattina.
 
Stamattina?
 
Mi alzo velocemente in piedi, facendo rotolare il gatto giù dalle mie ginocchia.
 
‹‹ Ho dormito tutto il pomeriggio! ›› Gli grido, come per giustificarmi. ‹‹ Spero di essere ancora in tempo. ››
 
Metto il paio di jeans, la camicia e il maglione che mi ero preparato prima di coricarmi una decina di munti.
 
Esco dalla mia stanza trafelato.
 
‹‹ Dove corri? ›› Theodore Nott è seduto sulla sua solita poltrona.
 
‹‹ E a te che importa? ›› Faccio di tutto per adottare un atteggiamento naturale e poco sospettoso.
 
‹‹ In effetti nulla. Divertiti. ›› Dice lui tornando a leggere il libro che tiene in mano.
 
‹‹ Che ore sono? ››
 
‹‹ Le dieci. ›› Risponde lui senza nemmeno alzare la testa.
 
Io lo ringrazio ed esco di corsa.
 
Sono stato fortunato ad aver incontrato Nott: magari è un po' strano e scorbutico, ma sa farsi gli affari suoi, e a dirla tutta, a modo suo è una persona piacevole.
 
Mentre corro su per le scale, mi accorgo che la scuola è deserta: i pochi alunni e professori rimasti devono essere ancora tutti in Sala Grande a festeggiare e ad abbuffarsi.
 
Al quarto piano inizio ad avere il fiatone e a sperare che la Granger non se ne sia già andata via. Come ho potuto dormire fino ad ora?
 
Al sesto piano sono costretto a fare una pausa: devo assolutamente ricominciare gli allenamenti di Quidditch. E magari a mangiare di più.
 
Finalmente arrivo di fronte l'arazzo di Barnaba il Babbeo, stanco e accaldato. Mi fermo il tempo necessario per riprendere fiato e poi inizio a percorrere il corridoio su e giù a grandi falcate.
 
Ho bisogno di un luogo per festeggiare il Natale. Ho bisogno di un luogo per festeggiare il Natale. Ho bisogno di un luogo per festeggiare il Natale.
 
Magicamente una porta appare di fronte ai miei occhi.
 
 
***
 
 
L’ingresso si apre rumorosamente.
 
‹‹ Malfoy! Sei in anticipo! ››
 
Lui sembra confuso.
 
‹‹ Che ore sono? ››
 
‹‹ Le nove e dieci, sono appena arrivata. ››
 
‹‹ Che stronzo... ››
 
Mi chiedo a chi si riferisca, ma preferisco non chiederglielo.
 
Il pensiero di Harry che scruta la Mappa del Malandrino mi innervosisce, ma per quanto ne sa lui, ora Malfoy è a casa a festeggiare il Natale. Non avrebbe motivo di cercarlo a scuola.
 
‹‹ Wow. ››
 
Il Serpeverde osserva stupito la Stanza delle Necessità, che per l'occasione è provvista di un camino, di una tavola apparecchiata per cena, di un bellissimo albero addobbato a festa e di numerose candele rosse e oro. Al suo interno si respira un clima caldo e accogliente.
 
Mi avvicino al tavolo, che ho imbandito con le deliziose pietanze preparate dagli elfi.
 
‹‹ Vedo che ci hai preso gusto a sottrarre il cibo in cucina. ›› Sghignazza Malfoy, facendomi arrossire per la vergogna.
 
‹‹ Ogni tanto uno strappo alla regola è salutare. ›› Replico io, meravigliandomi di me stessa.
 
Entrambi ci sediamo alla tavola imbandita, uno di fronte l'altra.
 
Malfoy sembra volermi dire qualcosa, ma poi si limita a prendere la teglia di salmone al centro del tavolo e inizia servirmi: un gesto di cortesia che non mi sarei mai aspettata da un Purosangue altezzoso come lui.
 
‹‹ Per me basta così, grazie. ››
 
Lui alza gli occhi su di me e mi fissa per qualche istante, poi solleva un’altra porzione di pesce e me la poggia nel piatto, prima di iniziare a riempire il suo.
 
Lo guardo storto, senza riuscire a capire, ma lui si limita a dire ‹‹ Mangia. ››
 
Stappo la bottiglia di vino bianco che mi ha offerto Dobby come regalo di Natale e ne verso a entrambi.
 
Malfoy alza il bicchiere.
 
‹‹ A cosa brindiamo? ›› Chiedo io, imitandolo.
 
‹‹ Alla generosità degli elfi! ›› E batte il suo bicchiere sul mio, ignorando il mio disappunto.
 
Assaggiando il primo boccone, le mie papille vanno in estasi.
 
‹‹ Non avevo mai mangiato niente del genere! ››
 
Lui ghigna, adottando la sua classica aria di superiorità.
 
‹‹ Questo perché non hai mai avuto il privilegio di cenare in casa Malfoy. ›› Privilegio! Preferirei mangiare uno Schiopodo piuttosto che fare visita alla famiglia Malfoy. ‹‹ Noi non affideremmo mai il nostro cibo a degli elfi: solo i migliori cuochi dell'Inghilterra hanno il privilegio di preparare i nostri pasti. ››
 
‹‹ Sei bravo a farti buona pubblicità. Hai mai pensato di vendere automobili? ›› Dico io ridacchiando.
 
‹‹ Vendere cosa? ›› Chiede lui aggrottando la fronte.
 
Mi dimentico a volte che non tutti gli studenti sono interessati a babbanologia.
 
‹‹ É uno strumento che usano i babbani per spostarsi più velocemente da un posto all'altro. ››
 
‹‹ Senza magia? Come? ›› La sua curiosità mi colpisce.
 
‹‹ Grazie al motore a scoppio! In pratica questo apparecchio è in grado di sfruttare la forza data dall'esplosione fornita dallo scoppio del combustibile che è al suo interno per... ››
 
‹‹ Okay basta così. Non m’interessano le idiozie dei babbani. ››
 
‹‹ No, è che sei troppo ottuso per capirle. >> Cerco di provocarlo un po'.
 
‹‹ Io sarei ottuso? Sei tu quella talmente ottusa da battersi per i diritti degli elfi anche contro la loro stessa volontà! ››
 
‹‹ Come? Ma se è grazie a me che stiamo cenando in questo momento! Secondo te perché gli elfi ci hanno donato tutto questo cibo? ››
 
‹‹ Ah! Quindi adesso ti vanti anche di sfruttare quei poveri elfi! Mi deludi Granger! ››
 
Io digrigno i denti: questa volta ha vinto lui.
 
 
***
 
 
Rido e mangio di gusto. Non credevo di potermi divertire così tanto e soprattutto non credevo che gli elfi potessero cucinare un salmone così delizioso. Questo però non lo rivelerò mai alla Granger.
 
É buffo guardarla diventare sempre più rossa e allegra ad ogni bicchiere di vino, continuando però a mantenere la sua postura composta e la sua risata delicata.
 
Mi sento felice e satollo, non potrei chiedere di meglio.
 
‹‹ Ho un'idea. ›› Dice la Grifondoro alzandosi.
 
Versa ciò che rimane del vino nei nostri bicchieri, e poi si avvia verso il camino, sedendovisi di fronte.
 
La seguo, e mi siedo a gambe distese sul pavimento scaldato dal fuoco.
 
Alzo il bicchiere per proporre un altro brindisi, ma lei scuote la testa.
 
‹‹ Aspettiamo la mezzanotte. ››
 
Io sorrido e abbasso il braccio.
 
‹‹ É stata una buona idea venire qui. Dovremmo farlo più spesso. È sicuramente più accogliente del granaio. ›› Osservo io guardandomi ancora intorno.
 
‹‹ Smettila di compiacerti tanto, esibizionista: non hai avuto un'idea così originale. ››
 
‹‹ Per lo meno le mie idee non implicano passeggiate notturne nella Foresta Proibita! ››
 
‹‹ Non fare finta che non ti sia piaciuto! Avevi lo stesso sguardo di un bambino che sale per la prima volta su una scopa! ››
 
‹‹ Certo perché tu sei un'esperta di bambini maghi! Scommetto che il famoso bambino che hai visto volare per la prima volta è stato Potter... Cinque anni fa! ››
 
Lei ride senza replicare: touché.
 
‹‹ Raccontami la tua prima volta sulla scopa. ›› Dice lei.
 
‹‹ C'é poco da dire! Avevo sette anni. Mi capitava spesso di giocare da solo: i miei genitori erano sempre tanto indaffarati. Un giorno guardando fuori dalla finestra, vidi un uomo sfrecciare in lontananza su una Nimbus, non ricordo quale modello. Decisi allora che era arrivato il momento di imparare a volare. Scesi nella Sala del Quidditch... ››
 
‹‹ Voi avete una stanza solo per il Quidditch? ›› Chiede lei a bocca aperta, alimentando ancora di più il mio ego.
 
‹‹ Si, ce l'abbiamo. Comunque, prendo la scopa di papà e corro fuori in giardino. La stendo per terra e grido su, come avevo già visto fare altre volte, e la scopa si sposta in un batter d'occhio nella mia mano: ero così elettrizzato. ›› Lei mi guarda con invidia: so bene che il volo è il suo punto debole. ‹‹ Monto in sella e mi do una spinta. La scopa inizia a volare e man mano che saliva di quota, aumentava anche il mio entusiasmo... O almeno finché non precipitò giù in picchiata. ››
 
‹‹ O Merlino! Ti sei fatto male? ›› Mentre lo dice sembra quasi trattenere una risata.
 
‹‹ Fortunatamente no. Un elfo è intervenuto prima che accadesse il peggio. La scopa però non è stata altrettanto fortunata! ››
 
Lei ride a pieni polmoni, quindi decido di non rovinarle questo momento raccontandole della punizione alla quale mi sottopose mio padre dopo aver trovato la sua bella scopa in frantumi.
 
Finito il momento d’ilarità, la stanza ripiomba nel silenzio, ed io mi ritrovo a ripensare al sogno fatto poco fa e a mia madre. Probabilmente parlarne mi farebbe stare meglio, ma forse non è il momento opportuno.
 
‹‹ A cosa sta pensando? ›› Mi chiede lei.
 
La sua domanda mi sorprende. C’è sempre stata tra noi una tacita regola che ci impediva di scavare troppo a fondo nella vita e nella mente l’una dell’altro. Un muro che lei ha appena infranto.
 
‹‹ Perché sei qui? ›› Le chiedo io senza rifletterci troppo.
 
‹‹ Qui con te dici? ›› Mi risponde imbarazzata.
 
‹‹ No, qui a scuola, invece che a casa con la tua famiglia e con i tuoi amici. Io ti ho rivelato perché sono qui, tu puoi fare altrettanto? ››
 
Lei sospira, riflettendo sulla sua prossima risposta.
 
‹‹ Sono successe troppe cose in questo ultimi mesi: la mia vita è cambiata, io sono cambiata. É una realtà che non posso ignorare e che influisce negativamente sul mio comportamento. Non vorrei che i miei genitori si preoccupassero troppo per me: soprattutto a Natale. ››
 
Improvvisamente mi sento davvero vicino ad Hermione Granger: vedo nei suoi occhi la stessa ombra di tristezza e timore che vedo riflessa ogni giorno nel mio specchio. Saremmo anche diversi, ma abbiamo una cosa in comune: siamo entrambi protagonisti di un conflitto a cui non abbiamo dato inizio e nel quale ci siamo trovati catapultati.
 
Mi pento un po’ di questi pensieri: non sarò stato io a dare inizio alla guerra, ma di certo l'ho desiderata intensamente. A dirla tutta non ricordo nemmeno quando ho smesso di desiderarla. Non sono certo neanche di aver effettivamente cessato di bramarla.
 
D'un tratto mi ritrovo a essere confuso e frustrato.
 
‹‹ Credo di capire. ›› É l'unica cosa che riesco a dire.
 
 
***
 
 
Malfoy che riesce a capirmi. Che condivide i miei stessi dubbi e le mie stesse paure.
 
Sono stata costretta a subire i suoi insulti razzisti, le sue angherie e quel suo atteggiamento di superiorità per così tanto tempo, da non aver mai messo in dubbio la sua posizione all'interno di questo conflitto.
 
Ora però mi chiedo: chi è davvero Draco Malfoy?
 
Per scoprirlo, non posso fare altro che chiederglielo: non sono sicura sia la cosa giusta da fare, ma non riesco a farne a meno.
 
‹‹ Credo che tu sia molto triste. ›› Dico io, tentando di arrivare gradualmente al punto.
 
Lui ride, guardando verso il fuoco.
‹‹ E perché dovrei esserlo? Ho sempre avuto tutto ciò che potevo desiderare. Non mi sono mai dovuto preoccupare di niente e di nessuno. La mia vita è perfetta! Perché dovrei essere triste, eh? ›› Non sembra nemmeno impegnarsi a rendere la sua menzogna credibile.
 
‹‹ Non lo so. Dimmelo tu. ››
 
Adesso sembra nervoso. Credo stia considerando la possibilità di rispondermi sinceramente.
 
‹‹ Intanto non capiresti. ›› Sospira lui.
 
‹‹ Perché? ››
 
‹‹ Perché la tua vita non è come la mia: tu sei studiosa, intelligente, hai la tua strana associazione pro-elfi e hai i tuoi amici. ›› Stringe le labbra con rabbia.
 
Mi sforzo di capire il senso delle sue parole, ma ha ragione: non ci riesco. So che non mi dirà altro, ma sento anche che nelle sue parole c'è la chiave per comprendere Draco Malfoy.
 
‹‹ Tu credi di conoscermi così bene? La mia vita non è perfetta. Non mi è caduto niente dal cielo: tutto quello che ho me lo sono guadagnato col sudore e con l'impegno. E poi sono certa che anche tu abbia molte cose di cui andare fiero: il Quidditch, i tuoi amici... ››
 
‹‹ Quali amici? ›› M’interrompe lui.
 
‹‹ Io credevo... ›› Rifletto bene sulle parole da usare. ‹‹ Credevo che Tiger e Goyle... ››
 
‹‹ Credevi che fossero miei amici? ›› Più parla, più sembra distendersi. Non è più agitato e contrariato, è solo abbattuto.
 
‹‹ Non è così? ››
 
‹‹ Non lo so. >> Sospira. ‹‹ Come fai a capire se una persona è tua amica? ››
 
Questa domanda mi coglie impreparata. Ci rifletto con calma, per essere certa di non dare risposte sbagliate. Ripenso a Harry, a Ginny e a Ron, e a tutto ciò che a li a portati ad essere i miei migliori amici.
 
‹‹ Sai come siamo diventati amici io, Ron ed Harry? ›› Lui fa cenno di no col capo. ‹‹ Quando fu introdotto il Troll di Montagna a scuola, al primo anno, io rimasi intrappolata nel bagno delle ragazze. Se loro non mi fossero venuti a cercare e non mi avessero aiutata, io ora non sarei qui. ›› Faccio una pausa prima di ricominciare. ‹‹ Forse ti sembrerà strano, ma all'epoca non eravamo per nulla in buoni rapporti. Però nonostante questo loro furono gli unici che invece di scappare, corsero in mio aiuto. ››
 
‹‹ Solo voi Grifondoro potete essere così idioti! ›› Scherza lui, guadagnandosi una mia occhiataccia.
 
‹‹ Non c'entra niente la Casa di provenienza: in amicizia si è sempre disposti a mettersi in gioco, a prescindere dalle divergenze e senza pretendere nulla in cambio. Certe volte basta solo un piccolo gesto per fare la differenza nella vita di qualcuno, per migliorargli la giornata, anzi, talvolta è sufficiente essergli vicino, farlo sentire meno solo. ››
 
Restiamo entrambi in silenzio, mentre rifletto su ciò che ho detto e mi accorgo di aver descritto in sommi capi il mio rapporto con Malfoy.
 
Inizio a sentirmi a disagio e a giudicare dal colorito del viso del Serpeverde, il sentimento è reciproco.
 
Cerco di trovare qualcosa da dire per mettere fine a questa situazione imbarazzante, ma lui mi precede.
 
‹‹ Le tue parole mi hanno tolto un peso. ›› Dice lui sospirando.
 
‹‹ Perché? ››
 
‹‹ Temevo che mi avresti detto che l'amicizia era quello che c'era tra noi. Ma a quanto ho capito è proprio tutt'altro! Sappi che io non sarei disposto a salvarti nemmeno da un Folletto della Cornovaglia! ›› Dice ridendo, e facendo ridere anche me.
 
Malfoy ha tanti difetti, ma senza dubbio sa come alleggerire la situazione.
 
Sto per rispondere a tono alla sua provocazione, ma il mio sguardo cade sull'orologio a pendolo posto nell'angolo della stanza e del quale non mi ero accorta fino ad ora.
 
‹‹ Malfoy è mezzanotte passata! ›› Strillo io, forse con troppa enfasi.
 
‹‹ Va bene ma rilassati, che ti ha sentito anche Merlino nella tomba! >> Però non sembra infastidito, anzi, alza il suo bicchiere per l'ultimo brindisi. ‹‹ Buon Natale, Granger. >>
 
‹‹ Buon Natale, Malfoy. ››
 
E mentre i bicchieri si toccano e i nostri occhi s’incrociano, sento di aver appena sigillato un nuovo, profondo e inaspettato legame.
 
 
***
 
 
Nella sua lurida cella maleodorante, Lucius Malfoy ripensava con infinta nostalgia ai Natali passati, rimpiangendo di non averli apprezzati di più.
 
Pensava intensamente a suo figlio e a sua moglie, le uniche persone che contassero nella sua vita, concentrandosi su ogni istante che gli facesse affiorare un'emozione positiva. Solo l'amore per i suoi cari gli permetteva di rimanere strettamente ancorato alla sua anima, che i Dissennatori tentavano  ogni giorno di strappargli via.
 
Certo, il matrimonio con Narcissa era stato di convenienza, ma dopo tutti gli anni trascorsi con lei aveva imparato ad apprezzare il suo carattere forte e fiero ma allo stesso tempo gentile e premuroso, che lo aveva fatto innamorare.
 
Ed era proprio per quello strano e perverso amore, che continuava ad aprire ogni pacchetto consegnatogli nella cella. Sentiva il bisogno di punirsi, di autoinfliggersi quel dolore che la vista delle membra mutilate di sua moglie gli causava. Era l'unico modo che conosceva per redimersi dalla sua incompetenza e superficialità, che lo avevano fatto rinchiudere ad Azkaban, lasciando la sua famiglia in mano all'Oscuro.
 
Quella notte, mentre si teneva stretta la testa tra le mani, come per impedire alla sua mente di volare via, la cella si aprì.
 
Aspettò che qualcuno entrasse, ma ciò non accadde.
 
Si alzò con fatica e, facendo leva sulle ginocchia deboli, arrivò fino alle sbarre. Le aprì del tutto e sporse timidamente la testa fuori.
 
Un viso familiare lo scrutava con un ghigno.
 
Era libero.
 
 
***
 
 
Beh che dirvi?
Buon Natale e felice anno nuovo anche a voi!
Al prossimo capitolo! Lasciatemi i vostri commenti!

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