Je suis toi

di emyliane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

La figura scura si infilò in un vicolo malandato, accertandosi che nessuno la vedesse. Finalmente al sicuro, o per lo meno relativamente ben nascosta, inspirò una grossa boccata d'aria fresca. Si sentiva nauseata. Doveva essere un effetto collaterale. Di certo era meno fastidioso del sordo boato che le risuonava in testa e della sensazione di vertigine.

La figura inspirò di nuovo profondamente, cercando di calmare il battito sfrenato del suo cuore. Non si sentiva in grado di riprendere la manovra. Era tutto troppo doloroso.

Si lasciò scivolare lungo il muro chiudendo gli occhi. Quel poco di luce che penetrava nel vicolo era già troppo forte e le provocava delle fitte di dolore.

I minuti passarono, ed ella sprofondò rapidamente in un sonno riparatore ed assolutamente necessario.



Chie Harada era una ragazza che si poteva comunemente definire una gossip girl, una regina del pettegolezzo, un tipo curioso o per meglio dire una rompiscatole. I termini non mancavano, e Chie si ritrovava ad avere tanti amici quanti nemici a seconda che questi ultimi volessero delle informazioni o fossero i protagonisti di tali pettegolezzi. Chiaramente con idoli quali Fujino Shizuru - la perfetta Kaichou - Kanzaki Reito - il perfetto gentleman - e Kuga Natsuki - la principessa di ghiaccio - Chie aveva un sacco di lettori, all'ascolto delle ultime notizie. E questi tre occupavano abbastanza del suo tempo al punto che non era necessario condurre delle inchieste su personaggi meno popolari. Mai Tokiha era talvolta il soggetto di qualche pettegolezzo, ma non era lei la persona cui la maggior parte della gente si interessava. Per dirla tutta, Fujino Shizuru, le sue foto, doujin, film e altri gadget rendevano abbastanza a Chie ed Aoi da poterci organizzare un intero mestiere a parte se l'avessero voluto. Ma Chie amava la varietà e ci teneva a seguire almeno alcuni idoli. Almeno una di un livello di studi inferiore a quello di Fujino-san e Kanzaki-san... era necessario che potessero continuare il loro business anche dopo la consegna dei diplomi della Kaichou e del Fuku-kaichou.

Chie aveva quindi un vero talento per individuare tutti i piccoli dettagli e tutte le informazioni che potessero rivelarsi interessanti. Aveva un fiuto infallibile. Fu così che la ragazza notò la figura vestita con abiti consunti di pelle infilarsi in un vicolo, seguita dopo poco da due tizi che Chie valutò subito come pericolosi.

Il suo fiuto le suggeriva uno scoop. Dopo una breve esitazione - il vicolo poteva essere pericoloso al momento - Chie inseguì il suo bersaglio.

Quando raggiunse suddetto vicolo, pensando rapidamente ad un modo per cavarsela con la figura in pelle davanti a quei due bruti, la ragazza assistette ad una scena davvero degna di un film. I due uomini avevano "intrappolato" quella che si rivelò essere una donna che portava un casco integrale e che si era probabilmente seduta per terra per riposarsi. Tuttavia quando i due uomini l'avevano colta di sorpresa non si era spaventata. A Chie sarebbe piaciuto poter descrivere esattamente ciò che vide ma tutto accadde troppo in fretta. Preferì dunque limitarsi a "una serie rapidissima di pugni e calci degna dei più grandi film di arti marziali". Tuttavia dopo lo splendido spettacolo al quale Chie esitò ad applaudire, la figura si accasciò.

Chie si precipitò allora vicino ad essa. Se non avesse conosciuto perfettamente i propri idoli avrebbe potuto pensare che la figura fosse Kuga Natsuki, ma la donna era chiaramente più grande e la tuta da motociclista molto diversa.

Chie l'aiutò a tenersi in piedi e la trovò sorprendentemente leggera per la sua taglia.

La donna pareva faticare a mettere insieme due parole, così Chie prese l'iniziativa di portarla a casa sua per permetterle di riprendere le forze. Non poteva essere così pericoloso, giusto? D'accordo aveva messo KO due tizi, sembrava cintura nera di non si sa quale arte marziale, ma sembrava malconcia... e Chie percepiva uno scoop. Non poteva certo umanamente lasciar perdere un scoop! Andava contro il suo spirito di giornalista; contro tutti i suoi principi!

Attraversando i vicoli che portavano alla piccola casa dei suoi genitori - al momento priva della loro presenza fino al prossimo mese, essendo partiti per un reportage in un paese straniero - Chie aprì goffamente la porta e aiutò la donna a raggiungere il divano, dove la posò più o meno dolcemente. Poteva anche essere leggera, ma non era diventata meno pesante cammin facendo.

"Ok, si riposi, vado a cercare da bere," disse Chie.

La donna, che non si era tolta il casco, fece un breve cenno con il capo prima di lasciarsi andare sul divano. Quando Chie ritornò tuttavia, la donna se l'era tolto. Sotto di esso, un cappuccio nero le ricopriva la testa lasciando giusto scoprire un viso nero di fuliggine e qualche ciuffo di capelli anch'essi scuri. Aveva chiuso gli occhi e tentava di respirare con calma.

"Tutto bene?" Chiese finalmente Chie, incuriosita da ciò che poteva essere capitato a questa donna.

"Sì," rispose semplicemente lei con voce roca. "Potrebbe lasciarmi usare la sua doccia?"

Chie acconsentì prima di farle vedere dov'era il bagno e averle fornito degli asciugamani.

Chiudendo la porta, la ragazza sentì il rumore dei vestiti che cadevano e l'apertura della doccia. Chie ridiscese e si mise davanti alla televisione. Con un orecchio però restava in ascolto di ciò che poteva succedere in bagno. Quando il campanello della porta risuonò, Chie sobbalzò di sorpresa e per poco non rovesciò il bicchiere che aveva portato alla sconosciuta.

Si alzò di scatto e aprì la porta.

"Aoi!" Chie sorrise felice di vedere l'amica.

In quel momento la ragazza ricordò che Aoi doveva passare la serata insieme a lei. La fece entrare e le offrì uno dei bicchieri vuoti.

"I tuoi genitori sono rientrati, Chie?"

"No, ne avranno ancora per 28 giorni. Del resto, si sono appassionati ad un reportage molto lungo"

"Allora chi c'è in bagno?" Chiese Aoi sospettosa.

"Oh, a dire la verità non so come si chiama"

Chie passò i minuti successivi a spiegare ciò che era successo alla sua socia.

"Davvero?" Si stupì Aoi. "L'hai aiutata a mettere al tappeto quella gentaglia? Sei stata molto coraggiosa, Chie-chan"

"Lo so," si vantò Chie.

La discussione sarebbe potuta durare ancora a lungo se l'acqua non si fosse fermata e la porta del bagno non si fosse aperta.

Aoi si voltò verso le scale, curiosa di vedere la donna in pelle che aveva combattuto "al fianco" dell'amica. Ella discese a passo lento, avvolta in un grande asciugamano bianco che lasciava intravedere l'intera lunghezza delle gambe cremose e perfette. Chie ed Aoi trattennero il respiro davanti alla bellezza della donna. Ancora di più vedendo il castano dei suoi capelli e il rosso fiammeggiante dei suoi occhi.

"Fujino," esclamò Chie in un soffio.

"Ara, mi scuso. Ma non avrebbe dei vestiti da prestarmi, i miei non sono certo in buono stato"

"Certo," balbettò Chie.

Ma nessuna delle due socie si mosse, lo sguardo ostinatamente fisso sulla perfezione della donna. Sulla sua spalla si intravedevano i segni neri di un tatuaggio che sembrava continuare sulla schiena.

"Non è Fujino-san," replicò subito Aoi in un soffio, "sembra più matura della Kaichou. In un modo che non saprei come spiegare"

"Sì, l'ho notato"

Durante la loro discussione, la donna si era messa ad asciugarsi i capelli, osservando l'ambiente circostante. Voltando la schiena alle due compagne, esse poterono vedere un po' meglio lo splendido tatuaggio che le avvolgeva la spalla, proseguendo sulla scapola per scendere ancora più in basso.

"Ara, invece di fissarmi così, perché non chiedete ciò che volete sapere?" intervenne la donna.

"Euh," balbettò Chie, "Lei somiglia tantissimo a Fujino Shizuru, che..."

"Che sarei io?" interruppe lei sorridendo divertita. "Ara, io sono..."

Sembrò guardarsi intorno prima di concentrarsi nuovamente sulle due giovani ragazze.

"Viola. Mi chiamo Viola. Sono una lontana cugina di Shi-chan. E se poteste evitare di dirle che mi avete vista... i suoi genitori mi hanno mandata a verificare che vada tutto bene, e lei non deve saperlo"

"Oh... va bene... euh... in cambio di informazioni su Fujino-san, la sua famiglia e la sua infanzia, non diremo nulla di lei alla Kaichou!" Esclamò Chie individuando un facile accesso ad una montagna di notizie sull'idolo di Fuuka Gakuen.

Viola sembrò esitare prima di accondiscendere finalmente con malagrazia.

"Affare fatto. Allora, ha dei vestiti puliti?"

"Oh sì, certo," si ricordò Chie precipitandosi in camera sua mentre Aoi restò a fissare la magnifica donna davanti a lei.

Viola lanciò uno sguardo beffardo ad Aoi, continuando tranquillamente ad asciugarsi i capelli.

"Che giorno è oggi?" Chiese alla fine.

"Martedì," rispose Aoi, a disagio.

Vedendo lo sguardo insistente della donna, Aoi si schiarì la gola.

"Martedì 12 ottobre... dell'anno 2000," terminò davanti al suo sguardo intenso.

Viola la ringraziò con un cenno e si voltò verso Chie che arrivava con dei vestiti puliti.. Un paio di jeans di un blu sbiadito e una maglia bianca che Viola afferrò prima di andare in camera a cambiarsi.

"Sei sicura che quei vestiti le andranno bene?" Chiese Aoi.

"Sì, ho occhio per questo genere di cose," si vantò lei. "E mi sono sempre chiesta come sarebbe stata la Kaichou in jeans!"

"Chie, quella non è la Kaichou!"

"Può essere, ma si assomigliano come due gocce d'acqua! Allora tira fuori con discrezione la tua macchina fotografica Aoi. Abbiamo già perso le foto in asciugamano," si disperò Chie.

"Ma assolutamente no," sospirò l'amica mostrandole il suo cellulare dove c'erano le foto di una Viola in asciugamano che si asciugava i capelli illuminata dalla luce livida proveniente dalla televisione.

"Oh ti adoro Aoi! La foto è geniale!"

"Adesso prepariamoci a prendere la foto in jeans e maglietta!" Esclamò l'altra con lo stesso tono.

L'intera conversazione tenuta a bassa voce cessò definitivamente. Viola era tornata indossando i jeans che la modellavano perfettamente e la maglia bianca che mostrava chiaramente che non portava un reggiseno sotto i vestiti. I capelli le ricadevano sulla schiena e il fatto che fossero ancora umidi rendevano la maglia trasparente in certi punti.

Le ragazze presero qualche foto, cosa che fece alzare un sopracciglio di sorpresa alla donna prima che offrisse loro un sorriso smagliante.

"Chiedete la prossima volta che volete delle fotografie. Per il resto, i vestiti mi vanno?"

Mentre lo chiedeva Viola si girò su se stessa, le braccia leggermente discoste dal corpo.

"Oh sì!" Esclamarono Chie e Aoi di comune accordo.

"Ara, sono lusingata. Mi piacerebbe invitarvi a cena per ringraziarvi di avere avuto la gentilezza di aiutarmi"

"Oh con piacere"

Chie le riportò una giacca di pelle marrone che Viola si infilò, insieme ad una sciarpa di un marrone ancora più scuro. Una volta che fu ben al caldo, con Chie e Aoi anch'esse vestite, uscirono per andare al ristorante.

Si erano messe a tavola tutte e tre in un piccolo ristorante del quartiere dove Viola le aveva portate. A dire il vero, Chie stessa non l'aveva mai sentito nominare. Ma dal modo in cui Viola le aveva accompagnate, non sembrava averlo scelto a caso. La cosa attirò l'attenzione delle due giovani reporter. Viola sosteneva di essere lì solo come inviata dei Fujino per controllare Shizuru. Eppure sembrava conoscere Fuuka come le sue tasche.

"E' già stata a Fuuka?" Iniziò Chie dopo che ebbero ordinato gli aperitivi.

Viola, che spiegava accuratamente il tovagliolo con gesti intrisi di grazia e di tranquillità, sembrò prendere un istante di riflessione. Oppure era semplicemente nel suo carattere pensare a tutte le risposte possibili, anche le più insignificanti.

"Per così dire, sì. E' stato qualche anno fa"

"Ha studiato a Fuuka Gakuen, come sua cugina?" Continuò Aoi, gli occhi blu scintillanti di curiosità.

"No," rispose lei. "Ma mi hanno detto essere un istituto molto rinomato. Mio zio non avrebbe mai mandato Shi-chan da nessun'altra parte che qui"

La loro discussione s'interruppe bruscamente, il tempo per il cameriere di tornare con qualche stuzzichino, un bicchiere di porto e due cocktail analcolici per Chie e Aoi.

"Perché Fujino-san voleva mandare Kaichou-san qui? Ho sentito dire che c'erano molti istituti eccellenti a Kyoto, di certo migliori di Fuuka"

"Beh, mio zio direbbe certo che è dovuto all'atmosfera paradisiaca tra il mare e la montagna, Fuuka è un bel posto. In più in via non ufficiale," confessò Viola chinandosi verso Chie e Aoi, "mio zio ha conosciuto la madre di Shi-chan a Fuuka. Sono convinta che speri che Shi-chan abbia altrettanta fortuna. Potete prendere nota," indicò con un gesto il piccolo taccuino che Chie aveva cercato di nascondere per annotare tutte le informazioni. "Vi chiedo soltanto," riprese, "che voi specifichiate che i genitori di Shi-chan hanno studiato qui, ma non che questo fosse l'obiettivo di mio zio. Capirete che Shi-chan ha già abbastanza pretendenti senza doverne aggiungere altri o fornire loro ulteriori incentivi per le loro avances"

"Certo," balbettò Chie scrivendo frenticamente sul suo taccuino.

"Viola-san conosce bene Shi-chan?" Chiese Aoi.

A questa domanda Viola fissò il proprio bicchiere e fece roteare il liquido di un rosso scuro come i suoi occhi sotto la sua luce.

"Più di quanto possiate immaginare," sospirò, come presa improvvisamente dalla nostalgia.

"Kaichou-san ha dei fratelli o sorelle? Un animale da compagnia?"

"Ara, no, è figlia unica. Ma ha avuto diversi animali da compagnia. Da piccola adorava i rettili! Suo padre finì per comprarle un serpente che non metteva quasi mai nel suo vivaio, perché "Pitone è così gentile, non lo rinchiuderò", piangeva. In effetti lo trovavo molto gentile anch'io. Ma quando a nostra nonna per poco non venne un infarto quando si imbatté in lui da vicino nel salone, suo padre convenne che era da incoscienti lasciare un serpente libero in una casa. Per colpa di nostra nonna, Pitone è stato donato ad uno zoo, dove Shi-chan lo è andato regolarmente a trovare. Ha finito per affezionarsi ad un cucciolo di pantera nera che era stato recuperato da dei trafficanti. Suo padre ha nuovamente ceduto all'acquisto più o meno legale del peluche e la stessa scena con Pitone ha finito per ripetersi una volta che il felino diventò adulto. Non ha avuto altri animali da compagnia"

"Allora la vostra famiglia è davvero ricca?"

Viola scoppiò in un riso improvviso e leggermente nervoso.

"Sì, abbastanza"

"Che vuol dire?"

"Preferisco non aggiungere altro"

"Ma Viola-san!" Si lamentò Chie.

La donna scrollò la testa un po' divertita, e Chie e Aoi lasciarono perdere la discussione per il momento. Ordinarono finalmente l'antipasto prima di continuare con la loro intervista.

"Com'era Shi-chan da bambina?"

"Oh... era... beh, se non si assecondavano subito i suoi desideri suppongo che fosse un po' capricciosa. Sapeva ottenere quello che voleva. E quei sorrisi innocenti hanno ingannato più di una persona. Per il resto direi che da bambina era esattamente come adesso"

La discussione continuò fino al dessert. Chie e Aoi erano estasiate di avere trovato in Viola una miniera di informazioni. Fecero tra l'altro molte volte l'errore di chiamare Viola Fujino o Kaichou-san, tanto la donna le somigliava, sia nell'aspetto fisico che nel modo di comportarsi e parlare. Fino al sorriso stampato sulle sue labbra in ogni occasione. Se Viola avesse finto di essere Fujino Shizuru nessun dubbio che le avrebbero creduto sulla parola.

"Allora Kaichou-san è già uscita con qualcuno?" Chiese Chie con la penna già rivolta su una nuova pagina del suo taccuino.

Per la prima volta dall'inizio della cena Viola aveva interrotto la conversazione. Prima che Chie o Aoi potessero capire cosa avesse sviato la sua attenzione, Viola si era alzata bruscamente e aveva appoggiato tre grosse banconote sulla tavola - ben più del necessario - prima di uscire all'improvviso.

"He!" Esclamarono Chie e Aoi sorprese dalla rapidità delle sue azioni.

Malgrado avessero tentato di alzarsi per inseguirla, nessuna delle due lo fece.

La porta del piccolo ristorante si richiuse con un rumore sordo, lasciando due giovani ragazze confuse.



Viola avanzò a grandi passi. Calata la notte il freddo era pungente. E malgrado la giacca di cuoio, le mancava un accessorio essenziale per riscaldarsi. Nella fretta infatti aveva dimenticato la sciarpa. Poco importa, si ripeté. Non aveva davvero la benché minima importanza. Aumentò il ritmo dei suoi passi e si ritrovò quasi a correre. Era sicura di averla vista passare da là... ma allora dov'era?

Decise improvvisamente di fermarsi per osservare meglio ciò che la circondava. Una nuvola bianca le fuoriusciva ad ogni respiro. Aveva terribilmente freddo in quel momento. Si strofinò le braccia, spostando lo sguardo su ogni strada che sboccava nell'incrocio in cui si era fermata. La vide di nuovo e si lanciò correndo verso di lei prima di poggiarle una mano sulla spalla con un sorriso smagliante.

"He-"

Non ebbe tempo di aggiungere altro perché al contatto, l'individuo si voltò mandandola brutalmente a terra. Con una smorfia Viola trattenne un lamento quando toccò terra, considerandosi fortunata per non essersi fatta male.

"Shizuru?" Gridò la giovane sorpresa.

"Itai, Natsuki è così brusca. Volevo solo salutarti," disse Viola tenendo il broncio.

"Io... mi dispiace... pensavo... che finalmente... mi dispiace"

Viola non fece che sorridere afferrando la mano che Natsuki le tendeva. Rimessasi in piedi, Viola non lasciò la mano della giovane preferendo tirarla verso di sé. Circondandole la vita con le braccia, nascose il viso nel suo collo e ispirò profondamente l'odore unico della ragazza. Un odore di pino e di menta fresca. Un odore unico e meraviglioso. Viola emise un sospiro tremante inalando il profumo naturale della sua pelle.

"Shi-Shizuru, cosa fai?! Lasciami!" Esclamò la ragazza respingendola più o meno duramente.

Viola le offrì un sorriso triste e indietreggiò leggermente prima di spolverarsi i vestiti.

"Scusami. Ma era da così tanto tempo che non ti vedevo!"

Natsuki aggrottò le sopracciglia in una smorfia adorabile.

"Abbiamo pranzato insieme al resto delle HiME oggi"

"Ara, davvero? Ma essere separata per qualche ora dalla mia Natsuki è già troppo"

"Ti ho già detto di smettere di fare così," esclamò l'altra brontolando. "In ogni caso devo andare ho un impegno"

Viola si morse l'interno di una guancia per trattenersi dal dire qualunque cosa e quando Natsuki gettò una rapida occhiata su di lei entrando in una strada vicina, Viola si obbligò a sorriderle e farle un gesto con la mano. Una volta che Natsuki fu rapidamente scomparsa, Viola incrociò le braccia sul petto, facendo scricchiolare il cuoio del suo cappotto. Il freddo pungente l'aveva nuovamente avvolta nell'istante in cui Natsuki l'aveva respinta. Esalando una nuvola bianca di vapore, decise di riprendere il suo cammino. Non pensava fosse utile tornare al ristorante. Chie e Aoi probabilmente non l'aspettavano e aveva bisogno di trovare una camera d'albergo prima che fosse veramente troppo tardi.

Con un sospiro di frustrazione per la sua situazione, si rimise in marcia. Tuttavia non trattenne un sorriso di gioia. E un solo pensiero attraversò la sua mente: "Ha funzionato! Potrò cambiare le cose!"



Note di traduzione:
1) Il dialogo tra Viola, Aoi e Chie si svolge tutto in seconda persona plurale, come è uso comune in francese quando si vuole usare un tono formale parlando con degli sconosciuti. Ho scelto di renderlo in italiano usando la terza persona singolare, per noi di uso più comune in questi casi
2) Al ristorante dopo l'aperitivo Viola, Chie e Aoi ordinano un entrée. Il termine è tipico della cucina francese e viene solitamente tradotto con antipasto, in quanto precede la portata principale (non esiste una suddivisione tra primo e secondo come nella cucina italiana). Per maggiori informazioni: cucina francese
3) Infine, ho scelto di mantenere tutti i termini giapponesi (onorifici, esclamazioni, espressioni del dialetto di Kyoto, ecc.) in originale senza tradurli: confido che siano tutti termini familiari ai fan della serie e ai lettori della mia traduzione, ma nel caso non fosse così in futuro aggiungerò delle note in fondo ai vari capitoli per spiegarli di volta in volta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



Natsuki si appiattì lungo un edificio e sorrise beffardamente osservando Haruka continuare la sua corsa e sparire dalla vista.

Voilà, il problema Suzushiro era risolto. Ora non doveva fare altro che raggiungere la sua moto e tornare in città. Aveva terribilmente voglia di un hamburger a base di maionese per pranzo. Aspettare ancora un'ora per mangiare era veramente criminale per il suo stomaco, soprattutto considerando il fatto che se avesse deciso di pranzare a scuola non aveva altro che dei panini con curry nella sua borsa. Certo, poteva sempre contare sulla generosità di Mai ma avrebbe dovuto lottare con Mikoto.

E c'era anche Shizuru. Però... la sua presenza la metteva veramente a disagio da quando conosceva i suoi sentimenti. Come la sera prima, quando l'aveva stretta tra le braccia in mezzo alla strada, non aveva saputo come reagire. Perché Shizuru non voleva capirlo e lasciarla in pace?!

Natsuki sorrise di felicità vendendo la sua bella Ducati nuova fiammante parcheggiata nel solito piccolo angolo di bosco come d'abitudine. Controllando che non ci fosse nessuno nei paraggi, si tolse la sua uniforme scolastica per infilare la tuta di cuoio nero. Scivolando all'interno dell'indumento e trovandolo proprio su misura per lei, Natsuki chiuse la cerniera fino al collo e fece qualche movimento per ammorbidire l'indumento. Finalmente a suo agio, infilò il casco e fece passare una gamba dall'altra parte del veicolo. Sentendosi completamente a suo agio in sella alla Ducati, fece ruggire il motore e partì piano per evitare il gettito di sassi e ramoscelli. Soprattutto per evitare di graffiare la sua preziosa piccola.

Non appena raggiunto l'asfalto partì a velocità sostenuta, dimenticando di nuovo l'esistenza di un codice della strada. Arrivando in centro città, dovette quindi rallentare e fermarsi ad un semaforo rosso.

"Muoviti idiota! Diventa verde una buona volta! Ho altre cose da fare!" ringhiò sotto il suo casco.

Ma poi il suo sguardo notò un accenno di...

"Shizuru?"

Sobbalzò sentendo un clacson suonare e ripartì brutalmente quando vide che il semaforo era verde. Dopo un istante - istante molto corto - di esitazione, rallentò la sua velocità e tornò sulla strada che la persona stava imboccando. Finì per fermarsi lungo il marciapiede e osservò una giovane donna vestita di jeans e una giacca di cuoio marrone. Era proprio Shizuru. Natsuki l'avrebbe riconosciuta tra mille e in nessun caso si sarebbe mai posta il problema o si sarebbe mai spinta ad adottare un simile comportamento furtivo se non fosse che Shizuru in quel momento doveva trovarsi a Gakuen Fuuka a seguire una lezione o seduta nella sala del consiglio studentesco a bere un thé. La seguì con lo sguardo finché non entrò in un negozio di vestiti.

"Può essere che un professore era assente e che abbia deciso di approfittarne per fare un po' di shopping!" Pensò. "D'altronde non l'avevo mai vista vestirsi così a parte ieri. Sta piuttosto bene"

Natsuki si apprestò a ripartire. Dopo tutto si trattava di Shizuru, era poco probabile che marinasse la scuola per andare in giro guardando le vetrine. Ma proprio in quel momento Shizuru uscì, a mani vuote. Osservò rapidamente la strada prima di infilarsi in un vicolo adiacente. Natsuki sfilò le chiavi dalla moto e la seguì a piccoli passi silenziosi. Shizuru sta entrando davvero in un quartiere sporco e malfamato, pensò Natsuki. Che avesse perso del tutto la cautela? Andava dritto nel covo di una nota banda. Lo sapeva almeno? Natsuki si decise a intervenire... qualche secondo troppo tardi. Shizuru era appena stata avvistata.

Natsuki rimpianse subito di non avere nessun'arma o Elemento per difenderla.

"Hey, guardate che schianto ragazzi!"

"Vorrà divertirsi con noi?"

Natsuki fece una smorfia. Erano in sei, armati di coltello. E ne riconobbe uno. Se gli altri erano della stessa risma, si metteva molto male per Shizuru.

"Mi dispiace deludervi ma non siete assolutamente il mio tipo," rispose tranquillamente lei.

"Ha del coraggio la ragazza! Ci divertiremo insieme! Ti faremo scoprire cose che non puoi nemmeno immaginare"

Natsuki tentò di calmare il suo respiro. Avrebbe atteso un'occasione. Per metterne fuori gioco uno o due e scappare con Shizuru.

"Sentite, i pesci piccoli come voi non mi interessano molto," continuò lei.

"Sta' attenta a quello che dici," intimò uno di loro afferrandole il braccio.

"Togli subito la mano dal mio braccio"

In altre circostanze la sicurezza di Shizuru avrebbe divertito Natsuki. Era così strano da parte sua vederla comportarsi così. Senza cercare inutilmente di trovare una soluzione diplomatica. Ma quello era l'ultimo posto per agire in quel modo! Natsuki si apprestò ad intervenire malgrado il fatto che non sapesse bene cosa avrebbe potuto fare, quando la situazione diventò ancora più surreale di quanto non era apparsa all'inizio.

L'uomo aveva spinto Shizuru contro un muro, apprezzando molto poco chiaramente l'arroganza della sua vittima. Shizuru sospirò semplicemente, "vi avevo avvisato." E la situazione si fece caotica.

L'uomo che la teneva crollò a terra di dolore quando la ragazza con tutte le sue forze e senza la minima esitazione gli rifilò una ginocchiata in mezzo alle gambe. Prima che gli altri potessero reagire, aveva già colpito con un calcio al volto un secondo uomo e il petto di un terzo per metterli fuori gioco. Il quarto che si era lanciato verso di lei con il coltello in mano era inciampato con un semplice sgambetto, pugnalandosi da solo. Il quinto aveva avuto un po' più di tempo per reagire, prima che una ginocchiata allo stomaco e un colpo a due mani dietro alla nuca non lo atterrassero.

Il sesto uomo non aveva nemmeno fatto un passo avanti che Shizuru, avendo fatto scivolare una mano nel retro dei suoi jeans, estrasse e gli puntò un'arma addosso.

"Bene. Avete voluto dimostrare quanto siete incredibilmente forti ma ora basta perdere tempo. Voglio vedere il vostro capo," continuò lei, come se non avesse appena messo al tappeto cinque uomini.

"Il Boss non si muoverà per così poco"

Natsuki, nascosta dietro un bidone della spazzatura, era sbalordita. Shizuru era impressionante e completamente diversa da quella che si immaginava. Aveva riempito di botte i membri di una violenta banda e addirittura possedeva un'arma da fuoco! Anche solo questo!

La vide frugare con la mano libera la tasca dei jeans e sfilare un pezzo di carta che buttò a terra.

"Raccoglilo," ordinò.

L'uomo la fissò scuro in volto ma obbedì.

"E' un numero di cellulare. Gli dirai di telefonare per accordarci su un incontro in un luogo neutrale. Oh, e aggiungerai che l'Ametista lo saluta"

"L'Ametista?" Domandò l'uomo.

"Capirà"

"Se mi chiede cosa vuoi..."

"Gli dirai che ho molti più soldi da proporgli di quelli del progetto Otome. E che sono disposta a fare affari con lui"

"Il Boss è nel giro della droga," balbettò l'uomo.

"Ma davvero?" Replicò lei in tono ironico. "Un'attività indubbiamente illegale, ma non è altro che una piccola copertura rispetto al suo vero lavoro. Mi raccomando, non perdere il numero. Oh, e riferiscigli anche che se non chiama o non gli interessa lavorare con me, non avrà più occasione per lavorare con nessun altro. Puoi dirgli che non è una minaccia, ma un semplice dato di fatto. Hai capito tutto o devo ripetermi?"

L'uomo la temeva. Forse era il modo in cui la donna lo fissava, o l'aria con cui gli aveva fatto capire che non le sarebbe importato nulla della sua morte.

"Allora va'. Torna da lui, riferiscigli il mio messaggio. E non ti voltare, o temo che non riuscirò a trattenermi dal premere il grilletto"

L'uomo si affrettò ad ubbidire.

Natsuki si appiattì contro il bidone. Cercando di chiarirsi le idee. Che storia era questa? Quando si sporse nuovamente per osservare cosa stesse succedendo, non c'era più nessuno a parte cinque dei sei aggressori di Shizuru. Quest'ultima era scomparsa.





"Ara..."

Shizuru, seduta al suo posto nella sala del consiglio studentesco, leggeva l'ultimo numero del giornalino della scuola. Reito gliel'aveva dato divertito, prima di chiederle da quando rilasciasse interviste. Shizuru avrebbe voluto ridere, finché non gettò lo sguardo sul suddetto articolo. Come al solito le foto, prese a partire da angolature improbabili, la mettevano ben in luce. Niente di particolarmente originale rispetto al solito se non per l'articolo stesso. Voleva essere biografico, e lo era. Shizuru sprofondò nella sedia, mentre ripercorreva con lo sguardo e con stupore fatti assolutamente veri, di cui si ricordava perfettamente. Perfino alcune citazioni avrebbero potuto essere sue.

"Chi è la loro fonte?" Aveva chiesto.

"Di Harada e Senou-san? Sai bene che poco importa quante volte glielo si chiede, loro parlano di segreti professionali o della libertà di stampa"

"Ara, ma... questo! Tutto quanto è scritto in questo giornalino è vero, Reito-san! Eccetto i miei genitori o i miei nonni, nessuno è al corrente della metà di queste informazioni!" Aveva esclamato. "Voglio sapere chi è la loro fonte"

"Chiederò ad Haruka di indagare"

"Bene, grazie Reito-san"

Il ragazzo l'aveva salutata ed era uscito.

Shizuru era ancora là, davanti al giornalino. Davvero certi costrutti di frase, se li avessero indicati come citazioni, avrebbero potuto essere suoi. Alla fine poggiò il giornalino e si servì una tazza di thé. Nonostante tutto, il caso le interessava meno dell'assenza di Natsuki in pausa pranzo in caffetteria. Sospirò delusa. Le sarebbe tanto piaciuto pranzare in sua compagnia.





"Non capisco cosa sia successo!"

"Ti devi essere sbagliata, Natsuki," assicurò Mai. "Fujino-san è scesa per pranzo. L'intera caffetteria l'ha vista"

"Ma io so cosa ho visto," replicò lei. "Ha passato tutta la pausa pranzo lì?"

"No, assolutamente. Ti cercava, e quando non ti ha trovata suppongo che sia andata a mangiare nella sala del consiglio studentesco. La capisco, quando c'è tutti quanti le saltano addosso!"

"Allora è proprio lei che ho visto!"

"Natsuki, tu hai marinato le lezioni un'ora prima di pranzo ed è in quel momento che dici di averla vista, non durante la pausa pranzo!"

"Allora non era a Gakuen Fuuka a quell'ora ed è ritornata dopo per la pausa pranzo, durante la quale ha fatto una breve apparizione in caffetteria. Ecco fatto. Ma io so cosa ho visto!" Insistette Natsuki.

"Allora parla con lei se vuoi esserne sicura! Oppure chiedi agli studenti della sua classe se lei era assente a quell'ora!"

Natsuki la prese in parola e si allontanò dal banco di Mai per andare alla ricerca di Reito. Il Fuku-kaichou seguiva le stesse lezioni di Shizuru e probabilmente sapeva se la ragazza era mancata all'appello. Di certo non sarebbe andata a chiederlo direttamente a Shizuru. Rischiava di fare una figuraccia, o peggio, se fosse andata da lei.

A metà strada si fermò. Dove poteva trovare il ragazzo? Le uniche idee che le venivano in mente erano l'aula di Shizuru o la sala del consiglio studentesco. In entrambi i casi, la sua amica avrebbe potuto essere presente. E se voleva evitare che Shizuru venisse a sapere della sua discussione con Reito doveva agire in un altro modo.

Natsuki quindi preferì tornare sui suoi passi e raggiungere Mai e Mikoto, che erano sedute allo stesso posto. Fu quando posò lo sguardo sulla ragazzina mora che capì come parlare con Reito in modo discreto. Si sarebbe servita di sua sorella. Mikoto accettò subito. Era chiaro che vedere il suo Ani-ue era per lei sempre un piacere.

Natsuki si trovava quindi in uno dei corridoi deserti che si affacciavano sulle vecchie aule che dovevano essere restaurate. Le braccia incrociate sul petto, un piede che batteva con irritazione il pavimento ricoperto di polvere, Natsuki stava perdendo la pazienza. Mikoto era andata a chiedere a suo fratello di raggiungerla in quel luogo nel prossimo intervallo per discutere di alcune cose importanti. E Reito aveva, subito dopo Mikoto, accettato immediatamente, preoccupato di ciò che sua sorella avrebbe potuto dirgli.

Allora, perché non si dava una mossa? Natsuki non riusciva a capire. Quel cascamorto inveterato non perdeva occasione per sorridere a tutte le ragazze sul suo cammino, la discussione che doveva avere con sua sorella già bella che dimenticata. Natsuki non aveva mai avuto una grande opinione del ragazzo, e gli avvenimenti del Carnival non avevano di certo migliorato la cosa.

"Kuga-san?"

La voce piuttosto bassa finalmente riecchieggiò in corridoio, facendo sobbalzare una Natsuki immersa nei suoi pensieri.

"Kanzaki, come mai ti ci è voluto così tanto a venire?"

Il ragazzo aggrottò la fronte per qualche istante prima di capire finalmente che Mikoto l'aveva fatto venire lì per poter parlare con Kuga. O, per essere più precisi: perché Kuga avesse la possibilità di parlare con lui in privato. Per quale motivo, Reito non ne vedeva che uno solo.

"Mi volevi vedere per dichiararmi i tuoi sentimenti, Kuga-san?" Disse sorridendo in tono affascinante.

Al che Natsuki arrossì e si irritò.

"Sei stupido? Certo che no! Non provo proprio nulla nei tuoi confronti!"

Sinceramente, Natsuki non capiva cosa ci trovassero in lui le altre ragazze. Non era altro che un ricco sbruffone, ma comunque uno sbruffone.

"Non riuscivo ad immaginare altro motivo per trascinarmi qui con l'aiuto di Mikoto," rispose semplicemente lui, sembrando un po' confuso.

"Volevo parlare di Shizuru"

"Oh"

Ci fu una breve pausa durante la quale Reito sembrò sorridere ad un'idea - di certo stupida - prima di appoggiarsi con eleganza al muro più vicino.

"Cosa c'è?" Borbottò Natsuki.

"Sei tu la fonte di Harada-san e Senou-san?"

"Cosa?!"

"Devo dire che l'idea che qualcuno potesse sapere così tante cose della sua vita ha leggermente scombussolato la nostra Kaichou. Ma in fin dei conti tu sei la persona più vicina a Fujino-san. Non dovrebbe sorprendermi più di tanto che tu sia la fonte. Confesso però che non ti ci vedevo in quel ruolo"

"Hey, hey! Taci! Non so nemmeno di cosa tu stia parlando"

"Non sei qui per parlare del giornalino che racconta dell'infanzia di Shizuru?"

"Cosa? C'è un giornale che ne parla?"

"Il giornalino della scuola," sospirò Reito davanti all'ignoranza della ragazza.

"No, non volevo parlarti di questo. Per caso... per caso ultimamente si comporta in modo strano?"

"Direi proprio di no. Comunque, parliamo di Fujino-san. E' sempre stata brava a recitare"

"E verso le 11h 45 dov'era?"

"Suppongo nella sala del consiglio studentesco, perché?"

"Non avevate lezione?"

"No. A dire il vero sì, per essere esatti, ma i membri del consiglio sono esonerati da alcune lezioni. Per la preparazione del festival scolastico," precisò lui davanti all'espressione stupita di Natsuki.

"Oh... e non c'era nessuno con lei?"

"Non che io sappia. Che succede, Kuga-san?"

"Nulla," balbettò lei. "E' solo che... è solo che credo di averla vista in centro a quell'ora"

"Può essere. Deve comprare della stoffa e altri materiali per la preparazione del festival"

Natsuki annuì. Prima di grattarsi nervosamente la nuca.

"Sai se pratica delle arti marziali, o se possiede una qualunque arma da fuoco?"

"Chi? Shizuru? Kuga-san, Fujino-san parla con te più che con chiunque altro. Dovresti saperne molto più di me"

A questa osservazione Natsuki corrugò la fronte. Ma certo. Sapeva che Shizuru passava più tempo con lei che con chiunque altro, ma le loro conversazioni erano molto spesso superficiali. E quando non lo erano, la ragazza si concentrava più sulla propria vita che su quella della Kaichou. Doveva proprio leggere quel giornalino.

"Allora?" Insistette.

"Beh, ho scoperto dal giornalino della scuola che pratica il naginatajutsu da quando era molto giovane, oltre a una serie di altri sport di combattimento. Ma che io sappia non possiede armi da fuoco"

"Avrebbe teoricamente le capacità di mettere al tappeto che ne so... diciamo sei avversari?"

"Ho visto Shizuru battersi una sola volta, ed è stato durante il Carnival. Sinceramente senza il suo Child non ho la minima idea delle sue capacità in combattimento. Perché vuoi saperlo? Vuoi coinvolgerla in risse di strada?"

"Ma certo che no!" Esclamò lei.

Reito la osservò in modo penetrante prima di sorridere davanti alla sua espressione indignata.

"Altrimenti..." Chiese timidamente. "Qualcun altro potrebbe saperne di più su Shizuru?"

"Direi proprio di sì. Non sapevo che la principessina di Kyoto avesse avuto una pantera come animale da compagnia! L'idea dona veramente l'immagine di un altro mondo, vero? Anche io faccio parte del ceto abbiente della società, ma la famiglia di Shizuru rappresenta veramente la cima della piramide"

Natsuki fece una smorfia al pensiero che l'amica potesse avere un'altra confidente oltre a lei e che quest'ultima avesse potuto tradirla raccontando tutto a Chie e Aoi.

Con un sospiro e decidendo che aveva saputo da Reito tutto ciò che le poteva dire, Natsuki lo salutò con un breve cenno del capo e si allontanò da lui.





Si poteva sentire solo il rumore di pagine sfogliate. Natsuki era sdraiata in tutta la sua lunghezza sul morbido tappeto del suo appartamento. Per una volta la sua enorme televisione a schermo piatto era spenta. Con l'appartamento immerso nel silenzio e nell'oscurità, Natsuki aveva acceso una lampada da tavolo della sua stanza per leggere il giornalino della scuola. La vita di Shizuru, la sua infanzia, si svelavano ai suoi occhi. Quando Reito l'aveva informata dell'esistenza di questo giornale, era andata a prendere in prestito quello di Mai e l'aveva fissato per tutto il giorno dentro alla sua borsa, impaziente di terminare la giornata per poterne leggere il contenuto in tutta tranquillità a casa sua. L'impazienza e la curiosità l'avevano divorata per tutto il giorno. Al momento, più cose imparava su Fujino Shizuru, più scopriva una persona completamente diversa dalla sua amica.

Natsuki si inumidì il dito per voltare pagina più facilmente e si immerse nuovamente nella lettura. Era al nono anno della sua vita, quando Shizuru aveva deciso di imparare una nuova arte marziale e l'aveva padroneggiata così rapidamente che perfino dei maestri erano venuti a vederla in un torneo, quando udì un paio di colpi discreti alla sua porta.

Natsuki borbottò ed esitò un istante per non farsi trovare. L'idea che qualcuno la disturbasse mentre era immersa nel dettagliato articolo della vita della sua migliore amica la irritava.

Tese l'orecchio, sperando che l'individuo in questione girasse i tacchi e se ne andasse. Lo sentì raschiarsi leggermente la gola.

"Natsuki, sono Shizuru"

Shizuru non aveva nemmeno finito la frase che al semplice suono della sua voce Natsuki era saltata in piedi e si era precipatata ad aprire la porta blindata a tripla mandata. L'aveva aperta al volo, prima di arrossire imbarazzata dal suo slancio.

"H-hey," balbettò.

Shizuru era sobbalzata al suo improvviso impeto prima di riprendersi e di offrirle il suo solito sorriso.

"Buongiorno Natsuki"

"Entra, ti prego"

I suoi profondi occhi porpora, notò Natsuki, sembravano scintillare nella debole luminosità della stanza. Notò anche la sua sorpresa entrando nell'appartamento. Si chinò per premere l'interruttore e illuminare con un fiotto di luce la stanza principale.

"Perché Natsuki era immersa nell'oscurità?"

La ragazza vide finalmente un po' meglio l'oggetto illuminato dalla lampada da tavolo e un'espressione confusa corrugò la sua fronte.

"Non sapevo che Natsuki leggesse il giornalino della scuola"

"Non sapevo che il giornalino della scuola scrivesse di te," rispose Natsuki per nascondere il suo imbarazzo.

Shizuru la osservò con la coda dell'occhio prima di riassumere la sua maschera.

"Se avessi saputo che Natsuki era così interessata a conoscere la mia vita, gliel'avrei raccontata io stessa"

Natsuki arrossì, e incrociò le braccia sul petto per darsi un contegno.

"Vuoi bere qualcosa?" Le chiese alla fine, vedendo che nessuna delle due spezzava il silenzio improvviso che era piombato su di loro.

Shizuru annuì semplicemente con la testa e Natsuki si diresse in cucina per preparare un thé. Quando ritornò Shizuru si era seduta sul divano e leggeva l'articolo che non era riuscita a finire.

"Tieni," le disse Natsuki porgendole una tazza.

Shizuru poggiò il giornale e prese la tazza fumante. Soffiò lentamente per abbassare la temperatura e la portò alle labbra. Il sapore intenso della menta la calmò.

"E' tutto vero?"

Per un attimo Shizuru la guardò confusa, senza capire di cosa parlasse l'amica. Natsuki indicò il giornalino con un cenno del capo.

"Oh"

Le sue labbra si mossero in un "o" di comprensione. Posando la tazza, scostò con la mano un ciuffo di capelli dagli occhi in evidente segno di disagio.

"Sì. E' tutto vero. E'... è per questo che sono venuta a trovarti"

Fu la volta di Natsuki di aggrottare la fronte confusa.

"So che ultimamente... non mi vuoi attorno a te..."

"No, no," la interruppe precipitosamente Natsuki. "Non ho mai..."

"Sì, Natsuki. Malgrado il fatto che continuo a cercarti durante le pause pranzo, vedo fino a che punto la mia presenza ti mette a disagio. Non sono qui per disturbarti, te lo assicuro. Vorrei solo... ho bisogno di un favore," terminò la ragazza.

"E sarebbe?" Chiese Natsuki, turbata dal fatto che avrebbe voluto trovare le parole per cancellare la tristezza negli occhi di Shizuru.

"Vorrei che tu andassi a parlare con Chie e Aoi, so che sono tue amiche e per questo a te potrebbero dire qualcosa di più. Vorrei sapere chi è la fonte di questo articolo"

Natsuki rimase per qualche istante ammutolita. Non poteva che essere sorpresa di scoprire che Shizuru non sapesse chi fosse la persona che sapeva così tante cose della sua vita. Doveva essere terribile per lei.

"Non sapevo che tu maneggiassi le armi da fuoco," disse improvvisamente.

Shizuru si irrigidì.

"Come? Ara, non ho mai preso in mano un'arma da fuoco, Natsuki. E ho letto tutto il giornalino, non ho visto niente del genere"

"Ah," balbettò Natsuki, maledicendo la sua incapacità a trovare risposte alle proprie domande. "Mi devo essere sbagliata leggendo. Sai, la poca luce, la stanchezza, leggere troppo velocemente..."

Si agitò sotto lo sguardo penetrante di Shizuru, prima che la Kaichou la guardasse preoccupata.

"Va tutto bene Natsuki? Mi sembri... strana"

"Sì sì," balbettò lei. "Cos'è che non dovrebbe andare?"

Shizuru scosse dolcemente la testa prima di offrirle un piccolo sorriso.

"Non so... è solo una sensazione"

Natsuki rise nervosamente e si grattò la nuca.

"Hai fame, vuoi dell'altro thé?"

Cercò disperatamente di cambiare discorso. Anche se la curiosità le rodeva il fegato, fare delle domande in modo diretto a Shizuru non avrebbe portato a nulla.

"No," rispose cortesemente Shizuru alzandosi.

Natsuki la osservò lisciare le pieghe della gonna dell'uniforme.

"Buona serata, Natsuki"

Non ebbe il tempo di dire granché prima che Shizuru uscisse dal suo appartamento. Non capiva proprio perché provasse una certa forma di tristezza attanagliare il suo cuore. Cionondimeno, non fece nulla per trattenerla.



Note del traduttore:

  1. Anche in questo capitolo, gran parte dei dialoghi si svolgono in seconda persona plurale. Questa volta però ho scelto di adattarli usando la seconda persona singolare italiana, perché sarebbe stato alquanto strano leggere "Shizuru" minacciare i membri della gang dando loro del "lei"...
  2. Per maggiori informazioni sul naginata-do (o naginatajutsu): http://it.wikipedia.org/wiki/Naginata-do

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Viola si asciugò i capelli prima di guardarsi allo specchio. Il taglio sul fianco era superficiale. Un po' di disinfettante, una medicazione e sarebbe stato tutto a posto. Si accinse quindi a farlo in modo rapido e preciso, prima di indossare una maglietta e un paio di jeans neri. Lanciando un'occhiata all'orologio, capì di avere ancora un po' di tempo. Sedendosi su una sedia di legno, iniziò scrupolosamente a pulire la sua pistola. Il Boss, come amava generalmente farsi chiamare, non era stato molto collaborativo. Dopo tutto, il progetto Otome e l'Ametista non erano altro che pura teoria e il pericolo che essi rappresentavano alquanto fittizio. Almeno per il momento. Questo spiegava certamente la sua risposta piuttosto brutale. Comunque, lei se l'era cavata decisamente bene. Solo un taglio. E adesso il Boss era disposto a discutere. Era ora, finalmente.

Rimontando la sua arma con rapidità - un gesto che ormai le era abituale dopo così tanto tempo passato a fare pratica - Viola la infilò dietro la schiena e indossò la giacca di cuoio marrone prestatale da Chie. I capelli ancora umidi furono raccolti in fretta in uno chignon, e dopo essersi messa un po' di mascara per accentuare il rosso del suo sguardo, Viola si sentì finalmente pronta. Uscì, il suo incontro con il Boss non poteva attendere.




"Una cugina, dite?" Domandò Natsuki con le braccia incrociate, fissando le sue due vittim... euh, amiche.

"Sì," giurò Chie, terribilmente intimorita dallo sguardo della Principessa di Ghiaccio.

Natsuki le osservò, analizzando con un'occhiata penetrante e acuta tutti i loro possibili gesti. Sembravano sincere; cosa che non faceva altro che sollevare ulteriori domande.

"Shizuru non ha cugine"

Natsuki non aveva alcun dubbio a riguardo. Sapeva poche cose di Shizuru - il giornalino gliel'aveva ampiamente dimostrato - ma di questo era certa. Shizuru le aveva detto una volta di non avere altra famiglia all'infuori dei suoi genitori e dei suoi nonni, nessuno zio, zia, cugino, cugina, fratello o sorella. Cosa alla quale Natsuki aveva freddamente risposto che era ben più di quanto avesse lei, vale a dire: nessuno. Da allora Shizuru non le aveva più confidato altro. A dire il vero, ora che le veniva in mente, non appena Shizuru tentava di confidarsi, Natsuki riportava sempre il discorso su se stessa.

La ragazza fece una smorfia senza che Chie e Aoi, che osservavano il suo interno tormento, ne capissero la ragione.

"Credete sulla parola a tutti quelli che fingono di fare parte della famiglia di Shizuru, è questa che voi definite una buona indagine giornalistica?" Esclamò.

Il commento ferì Chie nell'orgoglio, al punto che la ragazza reagì alla critica.

"Hah, puoi rimproverarci molte cose ma non questa. Viola avrebbe potuto essere la gemella di Shizuru, perciò quando ci ha detto di essere sua cugina non abbiamo potuto fare altro che crederle"

"Viola?"

Chie si zittì bruscamente, rendendosi conto di avere parlato troppo.

"Non dire nulla a Fujino-san. Viola ci ha detto che sono stati i genitori di Shizuru a mandarla qui per tenerla d'occhio di nascosto!"

Peccato che Shizuru non abbia cugine, continuò a ripetersi Natsuki mentalmente.

"E dite che le assomiglia?"

"Come due gocce d'acqua," intervenne Aoi.

Natsuki abbassò la testa in segno di frustrazione, immersa profondamente nei suoi pensieri. Una sosia di Shizuru, che sapeva tutto della sua vita, si faceva passare per sua cugina e ne raccontava in giro il suo passato. A che scopo?

No, decisamente non ne vedeva la ragione. In più, Chie e Aoi dovevano sbagliarsi. Shizuru era unica! Nessuno poteva assomigliarle! Si allontanò bruscamente, senza sapere se avesse dovuto rivelare queste sue scoperte all'amica.




"Mi dispiace veramente," ripeté. "Ma Chie e Aoi sono state intransigenti. Non hanno voluto dirmi neanche una parola"

Natsuki aveva come l'impressione di essere un bambino che aveva appena combinato un enorme guaio e ora tentava di giustificarsi davanti alla maestra. Anche se era solo in piedi, con le mani nervosamente incrociate dietro alla schiena, e di fronte alla scrivania della sua migliore amica.

Se Shizuru notò la sua agitazione non disse nulla, e si appoggiò semplicemente allo schienale della sua sedia.

"Ara, non è grave Natsuki. Non è morto nessuno, rilassati. Immagino che tu abbia fatto tutto il possibile per ottenere quelle informazioni. Se Harada-san e Senou-san non hanno rivelato la loro fonte, non è certo colpa tua"

Natsuki dovette costringersi a reprimere la smorfia che minacciava di comparirle in volto. Il modo con cui Shizuru le aveva parlato la faceva sentire in colpa. Ma non se la sentiva di dirle che una persona che le somigliava e fingeva di essere sua parente diffondeva notizie su di lei. Contava di portare avanti la propria ricerca e fare in modo che chiunque fosse l'impostore non causasse più dei problemi a Shizuru. E conosceva proprio la persona giusta che poteva aiutarla.

Riuscì senza troppe difficoltà a uscire dalla sala del consiglio studentesco. O meglio, Shizuru non aveva cercato di trattenerla. Dalla fine del Carnival la ragazza cercava di lasciarle spazio. Natsuki se n'era accorta, e i suoi sentimenti al riguardo erano ambivalenti. Apprezzava il fatto di poter respirare, e di non dover riflettere sul significato di ogni singolo gesto della ragazza, ma d'altra parte doveva ammettere di non riuscire più a riconoscerla. Shizuru era sempre stata espansiva con lei, abbracciandola o rubandole dei piccoli baci. Ora che ne conosceva la ragione, si sentiva leggermente ingannata e tradita ma il suo cuore si riempiva di gioia al pensiero di essere speciale per Shizuru. Di essere la sola a ricevere un simile trattamento dalla Kaichou.

Natsuki scacciò i suoi pensieri, che sembravano non farla arrivare mai a una qualsivoglia soluzione. No, preferì allontanarsi rapidamente dalla scuola e recuperare il suo cellulare.

Compose velocemente un numero che aveva finito per conoscere a memoria. Attese fino a due squilli e riattaccò, prima di richiamare. Era sempre così la procedura. Alla seconda chiamata qualcuno rispose, ma dall'altra parte nessuno parlò.

"Ho bisogno di un servizio," sussurrò Natsuki, preoccupata che qualcuno potesse sentirla mentre avanzava a grandi passi verso la sua Ducati.

Non ci fu risposta, ma Natsuki sapeva che il messaggio era stato recepito.

"Solito punto di incontro," aggiunse, e riattaccò.

La chiamata era durata in tutto meno di venti secondi.

Natsuki non aveva fornito un orario ma sapeva che dopo una simile chiamata il suo contatto avrebbe raggiunto il loro punto di incontro in una ventina di minuti. Così montò sulla sua Ducati, prendendosi giusto il tempo di allacciare il casco, e partì a tutta velocità.

Il misero bar, in un vicolo malandato, si trovava nel cuore della città di Fuuka. Natsuki lo conosceva bene. La sua sala piena di fumo, i tavoli che traballavano a furia di essere rovesciati, e la sua clientela poco raccomandabile. Tuttavia, suddetti clienti la conoscevano bene almeno quanto lei conosceva il bar, e avevano capito da molto tempo ormai che era meglio non attaccar briga con la Principessa di Ghiaccio.

Natsuki si sentì per un attimo orgogliosa vedendo quegli uomini armati, grandi due volte lei distogliere rapidamente lo sguardo al suo ingresso. Si guardò bene quindi dal mostrare il benché minimo accenno di sorriso quando vide lui già seduto al bar, immerso davanti al suo bicchiere. Il solito cappello gli nascondeva il viso e non lasciava intravedere altro che la schiena e la sua lunga treccia.

Ma l'avrebbe comunque riconosciuto dovunque.

Yamada era il migliore nel suo campo.

"Non pensavo di rivederti dopo la fine del Carnival," mormorò l'uomo senza guardarla, non appena prese posto di fianco a lui.

Nel rumore generale della sala, nessuno l'avrebbe potuto sentire.

"Neanch'io. Ma tu sei il migliore"

Si interruppero un istante, il tempo necessario a Natsuki per ordinare una birra. Non aveva di certo l'età per farlo ma lì a nessuno importava niente. A dire il vero, avrebbe addirittura attirato troppo l'attenzione se avesse preso un semplice analcolico.

"Cosa posso fare per te, Kruger?"

Natsuki fu sorpresa nel sentirsi chiamare a quel modo. Ma le informazioni che le forniva Yamada erano molto spesso illegali, quindi era più sicuro per lei usare un nome falso. Proprio come Yamada, che non doveva certo essere il suo vero nome.

"Mi servono informazioni. Una persona sa parecchie cose su Fujino Shizuru, ha finto di chiamarsi Viola e di essere una sua parente. Voglio sapere chi è questa persona in realtà"

Yamada per una volta si voltò verso di lei, con l'aria chiaramente incredula.

"Mi hai contattato per cercare delle informazioni su chi sta importunando la tua ragazza?"

Natsuki dovette utilizzare tutte le sue energie per non arrossire e mettersi a urlare che no, Fujino Shizuru NON era la sua ragazza.

"Non solo. Voglio avere delle informazioni su... non so esattamente cosa, ho solo dei nomi. Voglio sapere a cosa si riferiscono"

Yamada era tornato impassibile e fece un leggero cenno con la testa per farle capire che poteva iniziare a elencarli.

"Progetto Otome," sussurrò lei. "Ametista, il Boss. E anche... non c'entra niente, ma... se Shi- Fujino possiede delle armi da fuoco"

"Non ho mai sentito parlare del progetto Otome o dell'Ametista. Indagherò. Per quanto riguarda il Boss... molti capibanda o criminali si fanno chiamare così. Ma se la parola Boss è usata come un nome e non come titolo allora ho sentito parlare di lui. E' stato ucciso. Ieri..."


"La polizia non vuole ancora rilasciare dichiarazioni in merito al possibile assassino di Boss Ishigami. Soprannominato il Boss, quest'ultimo dirigeva una vasta rete di attività che andava dalla distribuzione e vendita di droghe fino alla prostituzione. Pare che sia stato coinvolto in un litigio con un possibile cliente. La situazione deve essere poi degenerata. Le testimonianze raccolte tuttavia concordano nel dire che chiunque sia l'assassino di Boss, è un vero eroe."

"Il Boss ha casuato la morte di diversi ragazzini del mio quartiere per via delle droghe, e i poliziotti non hanno mai fatto niente. Non so chi l'abbia ammazzato, ma si meriterebbe una medaglia"

"Era un assassino, e se la polizia l'avesse arrestato sarebbe uscito con i suoi soldi, o al massimo sarebbe rimasto in galera con televisione, internet e chissà che altro! No, se l'è proprio meritata!"

In mezzo a queste numerose testimonianze, alcuni hanno rimesso in discussione la possibilità di usare la pena di morte, ancora in vigore in certi Paesi..."


Haruka trasalì di sorpresa quando la televisione, accesa su un canale di notizie 24 ore su 24 si spense brutalmente. Sua madre era appena rientrata dal lavoro e pareva sfinita.

Il padre di Haruka aveva fatto fortuna, al punto che lavorare per la sua famiglia era diventato facoltativo, ma sua moglie Itsumi Suzushiro non aveva mai voluto lasciare il suo posto di ispettrice di polizia. L'omicidio di Boss Ishigami non era mai stato uno dei suoi dossier. Ma le scoperte che erano state fatte avevano spinto l'intero corpo di polizia ad occuparsene.

Era stato ritrovato ucciso da una pallottola in pieno volto, in un lurido vicolo in cui l'assassino aveva appoggiato il corpo su dei bidoni dell'immondizia che contenevano un numero incalcolabile di dossier riguardanti l'intera serie di affari nelle quali il Boss era coinvolto. Ben più che del semplice traffico di droga. I giornalisti ne avevano scoperto una parte prima che la polizia li allontanasse dalla scena, ma non erano riusciti a scoprire TUTTE le attività che quel bastardo stava gestendo. No, di certo non era stato un litigio finito male, l'assassino poteva averlo ammazzato d'impulso ma poi aveva deposto il corpo perfettamente, offrendo tutte le prove e anche di più che avrebbero potuto in passato permettere loro di spedirlo in galera. L'assassino chiaramente desiderava che il cadavere venisse scoperto e che si prendesse coscienza di quello che si sarebbe potuto fare.

Malgrado il numero di impiegati e le ore passate a leggere i diversi dossier lasciati insieme al cadavere, ad incrociare e verificare le informazioni, non erano ancora arrivati a più della metà di tutto il materiale. Sì, Itsumi Suzushiro era esausta. Si era comunque portata a casa alcuni dossier. In particolare, l'unico per il quale non avesse ancora trovato il minimo collegamento. Quello che, ammesso che TUTTI gli altri dossier già verificati si rivelassero esatti, conteneva informazioni sbalorditive. Lo appoggiò quindi in cima alla pila, lasciando chiaramente intravedere le due parole in grassetto maiuscolo: "PROGETTO OTOME".




Viola passeggiava avanti e indietro nella sua camera d'albergo. Le cose non erano andate per niente come previsto. Come aveva fatto la situazione a degenerare così? Chiaramente non si aspettava dal loro incontro di ottenere così facilmente quello che desiderava. Ma che l'uomo non facesse nemmeno lo sforzo di ascoltarla e le organizzasse un'imboscata con una quindicina dei suoi uomini! Eppure il Boss conosceva il Progetto Otome e l'Ametista, anche se entrambi non erano per il momento che pura teoria. Dopo tutto, era un progetto. L'uomo evidentemente si era spaventato del fatto che degli sconosciuti fossero a conoscenza di simili dettagli, ma piuttosto che trattare con ignoti che gli offrivano molti più soldi di quanti avrebbe potuto immaginare, aveva preferito cercare di farla fuori. I promotori del Progetto dovevano terrorizzare il loro socio in affari ben più di quanto avesse potuto pensare.

Si lasciò finalmente cadere sul letto, che cigolò sotto il suo peso. Si strofinò il naso con attenzione. Il Boss forniva una parte dei prodotti necessari al Progetto ma non dubitava che loro avrebbero trovato presto un altro fornitore. Doveva rintracciare il prossimo e convincerlo a lavorare per lei invece che per loro. Il problema era che non aveva nessuna pista. Questo non era mai stato nelle sue capacità, lo sapeva. Aveva quindi bisogno di un informatore. Il solo che conoscesse era quello di Natsuki purtroppo, e non aveva la minima idea di come contattarlo.

Si stesse sul letto e fissò il soffitto screpolato. Aveva ammazzato sedici uomini in meno di una settimana. Ne aveva fatti sparire quindici affinché la polizia non si distraesse e rimanesse concentrata sull'unico che aveva deposto con cura in cima ai dossier. Sperava che in mezzo a tutte quelle informazioni che aveva lasciato non tralasciassero quella più importante. Se la polizia avesse condotto un'indagine sul Progetto Otome avrebbe potuto, con un po' di fortuna, mettere loro i bastoni tra le ruote. Il tempo necessario affinché lei trovasse un modo per distruggerli.

Girò la testa verso l'orologio digitale del suo comodino, e riportò lo sguardo sul soffitto. Doveva scoprire come contattare l'informatore di Natsuki. E non poteva perdere tempo a tergiversare. Si rialzò all'improvviso e si precipitò nel piccolo bagno, lasciando una scia di vestiti dietro di sé. Dopo una doccia veloce, si rimise gli stessi vestiti che portava dopo il suo arrivo. Era tempo di fare compere.

Raggiunse il piccolo negozio di abbigliamento all'angolo e trovò quello che voleva. Diversi jeans, qualche maglietta, dell'intimo e una gonna elegante, come pure una camicetta bianca. Pagò con un assegno e tornò velocemente in hotel per indossare la gonna e la camicia. Dopo essersi assicurata che i vestiti le stessero perfettamente, rimase qualche secondo davanti allo specchio per sistemarsi i capelli e si truccò leggermente. Finalmente soddisfatta, uscì.




Natsuki sorseggiava tranquillamente una soda al Linden Baum mentre guardava Mai lavorare. Ogni tanto soffiava dentro alla cannuccia per vedere emergere le bollicine. Era arrivata in anticipo rispetto all'orario stabilito da Shizuru. Si sentiva allo stesso tempo sorpresa e felice della sua richiesta. Dalla fine del Carnival, non si erano più viste al di fuori di Gakuen Fuuka per cenare o fare shopping insieme solo loro due. Avrebbe mentito se avesse detto di non avere sentito la mancanza di quegli incontri. Ma questo sentimento si scontrava come sempre con il disagio che la sua presenza le suscitava. Eppure ultimamente sentiva maggiormente la sua assenza. Di sicuro questo era il motivo per cui aveva accettato di incontrarla lì.

Diede un'occhiata al menu che conosceva ormai a memoria per l'ennesima volta. Il suo stomaco esprimeva liberamente il suo bisogno di cibo. Non poteva che sperare che Shizuru non si facesse attendere. Abbassando il menu, trasalì improvvisamente.

"Santa madre di..." imprecò trovandosi Shizuru proprio di fronte a sé.

Non l'aveva vista né sentita arrivare. Come suo solito era splendida, e Natsuki si sorprese ad osservarla. Senza la sua uniforme scolastica, Shizuru le sembrava più matura. Il suo sorriso però le ricordava quello di prima del Carnival. Pieno di gioia, con gli occhi che brillavano dell'amore che provava per lei. Sì, proprio come prima. Perché Shizuru quella sera si stava comportando come in passato? Non riusciva a capire, ma voleva approfittarne.

Prima di iniziare qualsiasi discorso, ordinarono. Per l'occasione Natsuki fece lo sforzo di scegliere qualcos'altro rispetto alle sue solite malsane pietanze. Ordinò del sushi, mentre Shizuru seduta di fronte a lei optò per una ciotola di riso e del pesce. Avviarono una discussione leggera, evitando tutti gli argomenti imbarazzanti. Tutto andava per il meglio. Natsuki aveva appena ordinato una banana split con un'enorme quantità di crema chantilly mentre Shizuru, restando più tradizionale, aveva scelto un dessert a base di pasta di fagioli rossi. In attesa che Mai portasse le loro ordinazioni, il viso di Shizuru si fece finalmente serio.

"Avrei un favore da chiederti, Natsuki"

"D'accordo," balbettò lei. "Di che si tratta?"

Natsuki nascose la sua sorpresa con difficoltà: Shizuru le stava chiedendo un secondo favore. Era insolito, soprattutto in così poco tempo, e soprattutto considerato il fatto che lei mai in passato le aveva chiesto aiuto.

"Durante il Carnival avevi un informatore, non è così?"

Natsuki aggrottò la fronte. Non le piaceva la direzione che stava prendendo il discorso.

"E'... possibile. Perché me lo chiedi? Se si tratta di trovare la persona che ha parlato a Chie e Aoi ci penso io"

"Ara, ara, Natsuki è il mio prode cavaliere"

"Shi- Shizuru!"

"Ara, di cosa ha paura Natsuki?"

Natsuki si mosse sulla sedia, senza sapere bene cosa dire. Dopo tutto, aveva tutti i motivi per avere paura. Shizuru non faceva parte del suo mondo. Nel lurido bar dove lei incontrava Yamada, Shizuru si sarebbe certamente fatta aggredire prima di poter parlare con lui. Ma non poteva certo dirglielo così. Shizuru avrebbe temuto per lei. Ma di fronte a sé la ragazza la stava osservando, con uno sguardo così penetrante che le sembrava potesse trafiggerle l'anima. Se avesse mentito, Shizuru l'avrebbe capito subito.

"Non vorresti andare al cinema dopo?" Le chiese, sperando che Shizuru lasciasse perdere l'argomento.

Si sarebbe stupita se Shizuru ci fosse cascata, ma non restò meno delusa quando la ragazza le chiese nuovamente come contattare il suo informatore.

"Ma Yamada non fa indagini su cose così banali," balbettò lei.

"Ara, Natsuki non ha forse detto di averlo ingaggiato per trovare chi ha raccontato tutte quelle cose su di me?"

"No," mentì la ragazza, "ho solo detto che ci avrei pensato io"

Shizuru la scrutò intensamente e si chinò verso di lei.

"Devo sapere dove trovare questo Yamada," sussurrò. "Natsuki non ha niente di cui preoccuparsi. Se lo desideri puoi parlare con lui e stabilire un posto meno pericoloso in cui io lo possa incontrare"

Come poteva sapere il motivo della sua inquietudine? Era come se Shizuru potesse leggerle nella mente!

"Shi-"

"Per favore," insistette l'altra. "Fallo. L'orario che gli è più congeniale e un luogo che tu consideri sicuro. Un parco, o qualsiasi cosa tu voglia. Ma ti prego, fallo adesso"

"Io..."

"Natsuki"

Davanti alla sua espressione, Natsuki cedette e obbedì. Fece le due chiamate, ma stavolta specificò come luogo di incontro un parco la sera stessa.

"Ecco fatto," concluse. "Andremo al..."

"No," la interruppe l'altra. "Andrò da sola, e di questo non parleremo più. E' una faccenda privata"

Natsuki vide per la prima volta un'espressione così determinata che capì che Shizuru non avrebbe mai ceduto. Stava quindi per interrogarla per bene sull'argomento quando fu distratta dall'arrivo dell'allettante gelato che Mai le aveva appena messo davanti con un sorriso. Approfittando della distrazione, Shizuru le chiese quello che aveva scoperto sulla persona che aveva parlato a Chie e Aoi. Quanto a lei, Natsuki si lasciò sviare facilmente e continuò la conversazione appena avviata dall'amica.




Yamada leggeva il giornale in un tranquillo parco sotto gli ultimi raggi del sole al tramonto. Si chiedeva naturalmente il motivo per cui la sua cliente gli avesse fornito come luogo di incontro un posto diverso dal solito, e come mai lo volesse di nuovo vedere così presto. Non aveva ancora ottenuto le informazioni che gli aveva richiesto.

Quando una giovane donna si sedette di fianco a lui e gli passò una busta molto spessa, l'uomo finalmente la riconobbe nella persona di Fujino Shizuru. Non gli piaceva per niente il fatto che Kruger gli mandasse qualcuno. Non era previsto, e ciò che non era previsto solitamente gli procurava solo dei guai. Tuttavia, conosceva abbastanza bene Fujino Shizuru essendosi informato su di lei come persona vicina alla sua cliente, al punto da poter accettare di lavorare per lei. Afferrando la busta, ci gettò un'occhiata e si rese conto che c'erano molti più soldi della sua normale tariffa.

"Fujino-san, in cosa posso esserle utile?"

La ragazza sprofondò sulla panchina e dondolò tranquillamente le gambe.

"Ara, temo che lei si sbagli Yamada-san. Fujino Shizuru dovrebbe al momento stare dormendo nel suo letto nel dormitorio di Fuuka. Ma la prego, mi può chiamare Viola oppure l'Ametista"

Dalla sorpresa Yamada si voltò di scatto verso la ragazza e la esaminò attentamente. Era impossibile che si sbagliasse. Davanti a lui c'era proprio Fujino Shizuru.

"Questi soldi," riprese lei senza sorprendersi del suo stupore e indicando con un cenno del capo la busta che aveva fatto scivolare sotto la giacca, "sono per il suo silenzio. Quando parlerà di nuovo con Natsuki le dirà che non avete scoperto nulla"

"Non ho mai trovato informazioni su di lei Viola, non sarà di certo difficile mentire. Ma temo che i dati sul progetto Otome..."

Toccò a Viola a quel punto voltarsi di scatto verso Yamada.

"Non l'ha solo ingaggiata per cercare informazioni sulla spia della vita di Fujino?"

"No," mormorò lui, piegando il giornale e guardandosi intorno con attenzione. "Anche su chi fosse Viola, l'Ametista, il Boss e il progetto Otome. Nel quale del resto è coinvolta lei, giusto?"

"Ha iniziato a indagare sul progetto, non è così? Bene, le darò il doppio di quello che è contenuto nella busta se non dirà ciò che scoprirà a Natsuki. Desidero comunque che interrompa qualsiasi indagine su Viola, il Boss o l'Ametista. Mi interessa qualcosa di ben più preciso"

Passò a Yamada un foglio, cui l'uomo gettò una rapida occhiata prima di infilarlo nella busta.

"Voglio conoscere i possibili fornitori di questo prodotto. In particolare, quello che più probabilmente potrebbe essere ingaggiato dai promotori del progetto Otome"

"Il problema è che non ho ancora potuto scoprire nulla su..."

Viola dopo avere frugato nella sua borsa tirò fuori un dossier.

"Le farò guadagnare tempo. Potrà verificare i dettagli, ma sono corretti. Questo dossier è stato consegnato anche alla polizia. Faranno certamente delle indagini simili alla sua. Ma non sono a conoscenza del prodotto che mi interessa"

"Me ne occuperò"

Yamada infilò il dossier in mezzo alle pagine del suo giornale. La curiosità ebbe la meglio su di lui, e prima di andarsene per raccogliere le informazioni richieste si voltò ancora una volta verso la giovane donna.

"Lavoro molto meglio quando non devo dubitare del mio cliente. Qual è il suo legame con Fujino?"

"Molto stretto. Ma non si preoccupi. Kuga-san, Fujino-san e anche lei non avete nulla da temere da me. E sì, Viola non è assolutamente il mio vero nome. Il suo numero?"

Yamada le fornì un numero di telefono che Viola memorizzò immediatamente.

"Buona serata Yamada-san, e buona fortuna"




Viola era rientrata nella sua camera d'albergo. In retrospettiva, aveva corso un bel rischio. C'erano forti possibilità che Natsuki scoprisse il suo segreto. La sua curiosità poteva ben spingerla a chiedere nuovamente a Shizuru per quale motivo avesse voluto tanto incontrare Yamada. La sua preoccupazione era che Shizuru aveva sicuramente passato la serata da sola senza sapere che lei stava sfruttando ancora la sua identità. Il tutto poneva un nuovo inaspettato problema cui lei non aveva ancora pensato. A forza di voler cambiare le cose, aveva dimenticato che gli eventi stavano già effettivamente cambiando anche solo per via della sua semplice presenza. Senza dubbio gli scagnozzi del Boss si sarebbero lanciati al suo inseguimento, ad esempio. Non era certo un piccolo affare quello che stava portando avanti, e lei era molto pericolosa, più di quanto chiunque potesse immaginare. Il problema era che a forza di camminare con l'aspetto della ben nota Shizuru - un nome o un altro non avrebbe cambiato nulla - sarebbe stata lei la persona che tutti avrebbero cercato.

Ora, Viola non desiderava che due cose: a parte distruggere il progetto Otome, che nessuno arrivasse a Natsuki e Shizuru, senza le quali tutti i suoi sforzi sarebbero stati inutili.

Decise quindi di correggere subito i suoi errori. Prendendo la borsa e concedendosi stavolta di lasciare la sua arma che abbandonava raramente sopra il materasso - un nascondiglio scadente, certo, ma dubitava che qualcuno venisse a rovistare nella sua stanza - Viola si diresse subito verso un centro commerciale. Sapeva di dovere fare presto e di avere già commesso degli errori. Rivelarsi a Chie e Aoi e parlare con loro di Shizuru era stato il primo. Natsuki cercava una spia, Shizuru anche ma non avrebbe mai pensato che la prima si sarebbe spinta al punto da chiedere l'aiuto di Yamada. Agire con l'aspetto di Shizuru era stato senza dubbio il secondo sbaglio.

Avrebbe cercato di non commetterne altri.

Penetrando nell'immenso centro commerciale, offrì qualche sorriso e saluto alla gente che la scambiava ancora per la Kaichou di Fuuka ma cercò di evitare qualsiasi possibile discorso. Raggiunse senza grosse difficoltà la zona dei prodotti di bellezza, dove comprò nel reparto doccia una tintura per capelli e del trucco. Fatti questi piccoli acquisti fece di nuovo un giro tra i negozi di abbigliamento, poiché i vestiti che aveva acquistato si rovinavano presto per via del sangue e dei colpi riceveva, che a volte li strappavano. In ogni caso non voleva farsi notare, e dei vestiti rovinati e macchiati attiravano inevitabilmente delle attenzioni indesiderate. Comprò nuovamente dei jeans, stavolta neri, e delle maglie di tutti i tipi, dalle camicie alle t-shirt passando per le canottiere, come pure una nuova giacca di cuoio nero, qualche paio di scarpe e per finire un paio di occhiali da sole. Terminò il proprio giro da un ottico, dove comprò delle lenti a contatto colorate che le servivano unicamente come accessorio e non da vista, poiché non ne aveva bisogno.

Tutto pagato in contanti.

Di ritorno in hotel passò quasi un'ora nel minuscolo bagno a tagliarsi da sola i capelli e a tingerli con una gradazione che si rivelò particolarmente riuscita. In attesa che il prodotto facesse il suo effetto, si chinò per indossare le nuove lenti, operazione che si rivelò più complicata del previsto.

Raggiunto lo scopo, tirò poi fuori uno smalto per le unghie comprato sulla via del ritorno pensando che, se voleva davvero distinguersi il più possibile da Fujino Shizuru, doveva curare il suo travestimento fin nei minimi dettagli, anche se suddetto smalto non era chiaramente il suo colore. Una volta asciugato, notò che era arrivato il momento di occuparsi degli ultimi dettagli della sua tintura.

Uscì nuovamente dal piccolo bagno una mezz'ora più tardi su dei tacchi di altezza media, un paio di jeans neri aderenti strappati che disegnavano le sue curve, una maglia bianca con l'immagine di un gruppo musicale che le era totalmente sconosciuto, e un paio di bretelle nere. Il cambio di stile era già notevole rispetto a quello ben più convenzionale o tradizionale di Shizuru. Ma adesso i capelli le arrivavano alle scapole, erano sfumati, lisci, e tinti di un nero profondo e insondabile. Un cappello di feltro poggiava sulla sua testa.

Si era lievemente truccata, niente di eccezionale ma comunque evidenziava il grigio acciaio dei suoi occhi. Grazie alle lenti a contatto.

Si era messa ai polsi della bigiotteria variegata, e si era tinta le unghie di nero, anche se a pensarci bene poteva non essere il colore migliore. In ogni caso, quando si mise davanti allo specchio della sua stanza e riuscì a guardarsi bene dal basso verso l'alto, ebbe l'impressione di stare osservando una completa sconosciuta. Giudicò il suo aspetto di classe e alla moda, senza dubbio degno di ammirazione e di un fascino totalmente diverso dalla sua immagine precedente. Sorridendo orgogliosa davanti al suo lavoro, prese giacca e borsa decidendo stavolta di andare a fare la spesa, comprare del thé e passare da un'agenzia immobiliare per trovare un monolocale in affitto ad un prezzo ragionevole. Il suo denaro si sarebbe esaurito presto se avesse continuato a restare in hotel.

Aveva portato con sé e sapeva dove trovare parecchi soldi ma tra Yamada, l'hotel, i suoi acquisti alimentari e di abbigliamento, i suoi risparmi erano già stati gravemente intaccati. E uccidendo il Boss era rimasta indietro, e aveva perso la traccia del progetto Otome. C'era la possibilità di non riuscire a rintracciarli nuovamente se non tra mesi! Pensò di dovere anche trovarsi un lavoro.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Shizuru sospirò di fronte alla pila di documenti da leggere che Haruka le aveva appena lasciato sulla scrivania, e si massaggiò le tempie.

La situazione si era calmata. Non aveva certo dimenticato l'articolo, ma dopo due mesi di ricerche lei e Natsuki non erano riuscite a scoprire l'identità dell'informatore.

In aggiunta alle sue preoccupazioni, Natsuki non aveva smesso di evitarla. A volte, come due mesi fa - il giorno dopo un pasto che avevano condiviso assieme secondo Natsuki, anche se lei non ricordava di avere condiviso altro che un mezzo panino al curry in sua compagnia a mezzogiorno - sembravano ritornare al loro solito rapporto, come prima del Carnival. Ma tutto sembrava andare in questo modo: un passo avanti e due indietro.

E Shizuru era stanca. Vedere la ragazza che amava essere a disagio e spaventata del minimo movimento in sua presenza la faceva stare male. Inoltre, Natsuki non pareva avere bisogno di lei. Aveva Mai, Mikoto, Chie, Aoi e perfino Nao! La vedeva camminare con l'una o con l'altra delle sue amiche ma mai con lei, a meno che non ci fossero altre persone con loro. E in quel caso, Natsuki si concentrava e parlava con le altre piuttosto che con lei.

Poi due giorni prima, Nao aveva espresso a parole ciò cui lei tentava di non pensare: "A Natsuki fai troppa pena per dirti apertamente che non ti vuole più."

Natsuki non aveva più bisogno di lei? Ma aveva mai avuto bisogno, d'altra parte? Era lei ad avere bisogno di Natsuki!

Nonostante fosse riuscita a distanziarsi da lei, al momento la ragazza si stava sforzando di mollare definitivamente la presa. Era quello che doveva fare. Amava Natsuki, voleva che fosse felice. E in questa semplice equazione, lei doveva sparire.

Gettò uno sguardo vacuo sulla sua scrivania. Non aveva chiaramente né voglia né il coraggio di leggere quei documenti oggi. Lanciò un'occhiata veloce al suo orologio. La sua pausa pranzo, che ultimamente passava da sola, come se avesse altri amici all'infuori di Natsuki d'altra parte, sarebbe terminata tra più di un'ora. Prese la giacca e si mise in tasca il portafoglio prima di uscire il più discretamente possibile dall'edificio. A forza di evitare i suoi fans, aveva effettivamente scoperto i corridoi inutilizzati e quali erano gli orari giusti per poterli sfruttare.

Un quarto d'ora dopo, si mise a sedere in un locale e senza pretese che offriva il thé dei suoi sogni. Mescolato da una degli impiegati, Shizuru non era stata capace di distinguerlo da quello preparato da lei stessa. Del quale era ben soddisfatta! Lanciò un'occhiata obliqua alla mora che ne stava preparando uno. La prima volta che l'aveva vista, entrando in quella anonima sala da thé, le era sembrata in qualche modo familiare. Era bella, ma lontana dall'aspetto tradizionale - kimono e altro - che utilizzava la maggior parte degli impiegati nei locali cui era affezionata. Qui, a parte la maniera in cui lei preparava il thé, tutto era molto occidentale.

Shizuru si massaggiò le tempie e inspirò profondamente. Se non poteva amare Natsuki come desiderava, voleva almeno provare a rimanere sua amica. Bisognava quindi eliminare l'imbarazzo e la paura che le suscitava. Sopprimere in qualche modo i suoi sentimenti, oppure concentrarli su un'altra persona. Doveva cercare di uscire con qualcuno, passare ad altre cose...

Il suo sguardo si posò di nuovo con discrezione sulla mora. Era bella, pareva simpatica, le piaceva il modo in cui si muoveva e parlava, il suo stile... non era Natsuki certo, ma almeno sembravano avere qualcosa in comune, e aveva l'aspetto di una ragazza che l'avrebbe potuta attirare se non fosse stata così presa da Natsuki.

Comunque sia, chi non risica non rosica, giusto?

Shizuru si alzò e si diresse al bancone. La mora era concentrata nella preparazione di un thé, e Shizuru preferì osservarla senza interrompare, gesto che sarebbe stato alquanto maleducato. I movimenti erano precisi e aggraziati, semplici, segno di abitudine e disciplina. Shizuru vi intuì una grande esperienza. La mora era talmente concentrata che non si accorse della sua presenza se non alla fine.

Shizuru non riuscì a decifrare l'espressione che apparve e scomparve subito sul viso della persona di fronte a lei. Poteva essere sorpresa? Timore? Ma di sicuro si sbagliava, non c'era nessun motivo per cui la ragazza dovesse reagire così.

"In cosa posso esserle utile?" Chiese l'impiegata con una voce che, se avesse avuto un accento, sarebbe stata molto simile alla sua.

Shizuru si raschiò la gola e, a rischio di umiliarsi e non poter più mettere piede in quel locale, rispose.

"Vorrei sapere se accetterebbe di venire con me a prendere un caffè... ecco..." Balbettò, sentendosi all'improvviso molto temeraria a proporre una cosa simile senza sapere nemmeno se la ragazza apprezzava la compagnia femminile, "di solito preferisco il thé, ma..."

Shizuru abbassò la testa, il viso in fiamme. Come le era venuto in mente di comportarsi così?

La ragazza, sorpresa, inizialmente voleva rifiutare l'offerta ma l'aria abbattuta di Shizuru le fece pena. Se le avesse detto di no, Shizuru avrebbe finito per pensare di non piacere a nessuna persona che le interessasse, e che fosse tutta colpa sua. Allora, prima che potesse rendersene conto, accettò.

E tendendo la mano per salutarsi, si presentò.

"Viola, mi chiamo Viola. Incantata di poter dare un nome al suo viso, Shizuru."


Natsuki era furibonda. Era la prima volta da anni che Yamada non trovava nulla! Né sull'Ametista, né sul Progetto Otome e nemmeno su Viola! Niente di niente! C'era da pensare che la fonte di Chie e Aoi fosse solo il frutto della loro immaginazione! Cosa che doveva peraltro essere vera, perché Shizuru - Yamada glielo aveva effettivamente confermato - non aveva delle cugine, e non aveva trovato nessuno che le somigliasse. Di colpo, Natsuki si irrigidì. Aveva condotto due indagini diverse nello stesso momento, senza chiedersi una sola volta se potessero essere collegate!

Si lasciò cadere sul suo divano, ancora sbalordita da questo improvviso pensiero. Aveva sempre trovato strano incrociare Shizuru in centro due mesi prima quando la ragazza avrebbe dovuto trovarsi a Gakuen Fuuka. In particolare dopo averla vista battersi alla pari con sei uomini e minacciarne un settimo con una pistola. Non aveva mai osato chiedere a Shizuru perché si fosse comportata così. Ma ora, si disse che anche se l'avesse fatto, sarebbe stato tutto inutile. Di sicuro quella non poteva essere Shizuru.

Viola.

Chie e Aoi avevano detto che le informazioni venivano da una sosia di Shizuru di nome Viola. E se quel giorno lei si fosse imbattuta in Viola?

Un brivido di paura le percorse la schiena. Perché qualcuno con l'aspetto di Shizuru era a conoscenza e raccontava dettagli privati della sua vita, facendo contemporaneamente strani affari con le bande e la mafia del paese?

Era ormai convinta che Viola fosse l'Ametista.

Prese il cellulare e inviò un messaggio per comunicare la notizia a Yamada. Chissà, magari gli sarebbe stata d'aiuto.

Subito dopo afferrò le chiavi e il suo casco. Provò un bisogno impetuoso di vedere la sua amica e di assicurarsi che non fosse un clone che aveva preso il suo posto. Un nuovo timore s'impadronì di lei. Erano giorni che non la vedeva e settimane che non faceva altro che incrociarla senza prestarle veramente attenzione... che Gakuen Fuuka fosse frequentata tutti i giorni da Viola e non da Shizuru? Non avrebbe mai creduto che due persone - senza essere gemelle, ma Shizuru era figlia unica - potessero somigliarsi così tanto, se non l'avesse visto con i propri occhi.

Arrivò a Fuuka una decina di minuti prima dell'inizio dei corsi pomeridiani. Si precipitò verso la sala del consiglio studentesco facendo attenzione ad evitare Haruka, che non avrebbe mancato di spedirla in punizione per avere marinato i corsi della mattina se si fosse fatta prendere. Quando aprì la porta della sala però la trovò vuota. Un pila intatta di documenti troneggiava al centro della grande scrivania in legno, e una tazza di thé mezza piena e fredda era stata dimenticata. Pareva che Shizuru avesse disertato il suo posto. Era insolito da parte sua, ma ormai da qualche tempo non ci faceva caso, poteva essere che Shizuru pranzasse con i suoi compagni di classe da un'altra parte. Si precipitò quindi nella sua classe. Era quasi piena, ma la sua amica ancora non c'era. Reito le disse che non sapeva dove si trovasse o perché non fosse lì. Natsuki aspettò, ma quando l'orologiò suonò indicando l'inizio delle lezioni, Shizuru spiccava ancora per la sua assenza.

Natsuki si sforzò di mantenere la calma e di controllare ogni sala da thé frequentata da Shizuru. E nel caso estremo in cui ancora non fosse riuscita a trovarla, sarebbe andata a casa sua per vedere che non fosse malata oppure l'avrebbe chiamata. Stranamente le ultime due opzioni per rintracciarla erano le sue risorse estreme. La prima perché avrebbe significato rimanere da sola con lei a casa sua, e la seconda... la sua improvvisa agitazione sarebbe sembrata strana a Shizuru nel caso in cui si fosse sbagliata. E c'erano forti possibilità che si sbagliasse, no? L'eventualità che qualcuno sfruttasse l'identità della sua amica e la sua stessa vita senza che nessuno se ne accorgesse era assurda... no?

Sospirò di sollievo entrando in una sala da thé vicina a Fuuka e in stile occidentale. Shizuru era seduta da sola, le dava le spalle. Ma era sicura che fosse lei dal braccialetto color smeraldo che indossava. Un regalo che le aveva fatto per uno dei suoi compleanni.

Visto che era là, decise, poteva anche andare a parlarle. Ma prima che potesse muoversi, vide una giovane dai capelli neri con in mano due tazze di thé mettersi nella sedia di fianco. Le vide parlare, sorridere, e ridere.

Chiunque fosse la sconosciuta, Natsuki provò gelosia nei suoi confronti. Un sentimento che le era totalmente ignoto.

Ripartì furibonda, senza capirne il motivo.


Shizuru aveva sinceramente dimenticato il fatto di dover essere a lezione in quel momento. Viola aveva portato la loro terza tazza di thé, cambiando ogni volta il sapore ma mai la qualità. La loro conversazione era spaziata su tutti gli argomenti possibili e immaginabili. Era rimasta sorpresa di scoprire che avevano esattamente gli stessi gusti e le stesse passioni. Era così che ci si doveva sentire quando si avevano degli amici. Esaltarsi insieme a qualcun altro su un argomento appassionante, al punto da dimenticare tutto il resto. Al punto da fare tacere le domande e i sussurri insidiosi rinchiusi in fondo al suo cuore. Viola le dava l'impressione di essere allo stesso tempo una persona straordinaria e una ragazza come tutte le altre. Le permetteva di essere semplicemente Shizuru e non la Kaichou, l'idolo della scuola o la ricca ereditiera.

Con attenzione strinse la tazza tra le mani e sorrise timidamente all'altra ragazza. Viola aveva tre anni più di lei. Non aveva una laurea, anche se aveva ammesso di avere preso in considerazione l'idea di diventare una maestra elementare. Adorava i bambini.

Aveva però iniziato, su insistenza della sua tutrice, degli studi di economia e gestione aziendale che aveva poi abbandonato, per dedicarsi ad una delle sue colpevoli passioni: il thé. E se la sua tutrice non era d'accordo, non aveva importanza. Con il tempo, le sarebbe piaciuto aprire la sua propria sala da thé, in un certo senso anche quello era commercio, no? Si era giustificata dicendo che la sua tutrice doveva esserne contenta.

Shizuru aveva riso alla mimica di Viola e le aveva assicurato che sarebbe stata una cliente assidua il giorno in cui avesse aperto il suo locale.

Per la prima volta, l'argomento Natsuki era stato relegato in fondo al suo cuore.

Tra una cosa e l'altra, Viola arrivò a parlare di un film al cinema che le sarebbe piaciuto vedere. Shizuru colse l'occasione per invitarla ad andare a vederlo quella stessa sera o il giorno dopo. Offerta che Viola accettò con piacere. Quando dovette riprendere servizio, Shizuru si rese conto di avere perso un'intera lezione. Ma la cosa non la sconvolse minimamente. Incapace di smettere di sorridere, la ragazza ritornò a Fuuka con la testa tra le nuvole.

Si sentiva bene. Per la prima volta da mesi.


Viola osservò Shizuru allontanarsi prima di andare in bagno. Si bagnò copiosamente il viso con acqua fresca e si osservò davanti allo specchio, incapace di riconoscersi con quell'aspetto. Che cosa stava facendo? Dal momento in cui aveva accettato quell'appuntamento... no, dal primo momento in cui aveva scelto di dividere una tazza di thé con Shizuru, sapeva che le cose non potevano fare altro che complicarsi. Eppure l'idea di non presentarsi all'appuntamento quella sera non le passò mai per la testa. Era piacevole poter discutere con una persona che aveva i tuoi stessi gusti, senza che il disagio o i sottintesi finissero per metterle in imbarazzo. Questo comunque non toglieva nulla al fatto che frequentare Shizuru non avrebbe portato che dei guai ad entrambe sul medio o sul lungo periodo. E sapendo ciò che sapeva... la situazione sarebbe stata davvero bizzarra se avessero iniziato ad uscire insieme. Bizzarra certo, improbabile sicuro, ma non impossibile. No, certamente non impossibile perché per un attimo, in sua compagnia, aveva dimenticato tutte le ragioni che avrebbero reso le cose strane e bizzarre.

Il suo cellulare vibrò. Asciugandosi il viso con precauzione e assicurandosi che il trucco non fosse colato, prese finalmente il telefono usa e getta che aveva acquistato due mesi prima per comunicare con Yamada e che ora le permetteva di comunicare anche con Shizuru. Aveva dato il suo numero a Shizuru... Non si era ripromessa di evitare di commettere di nuovo degli errori?

I suoi occhi lessero i messaggi. Una serie di cifre. L'orario e la localizzazione GPS.

Lanciò una rapida occhiata alla piccola sala da thé dove solamente due persone - una delle quali era un vecchio settantenne che dormiva su un tavolino - erano sedute. Non avevano chiaramente bisogno di lei. Chiese quindi alla padrona se poteva uscire prima per via di una questione urgente. Quest'ultima leggendo il giornale dietro al bancone acconsentì alla richiesta senza nemmeno osservare l'interno del suo locale o la sua impiegata. Viola s'inchinò e la ringraziò comunque prima di prendere il casco e il suo giubbotto di cuoio dal retro.

Fu molto sorpresa dall'aria fresca che l'accolse appena varcata la porta. La sala da thé si trovava in una piccola strada sconosciuta quanto il locale. Non c'era neppure modo di parcheggiare una macchina senza intasare la circolazione, cosa che comunque non impedì a Viola di osservare i dintorni con sospetto. Assicuratasi che nessuno si fosse nascosto nell'ombra pronto a saltarle addosso, Viola chiuse il giubbotto fino al collo e si diresse a grandi passi verso un vicolo adiacente dove aveva parcheggiato la sua moto, sentendosi ridicolmente paranoica.

Non si accorse della figura scura che uscì da un vecchio negozio di dischi ed iniziò a seguirla.


Natsuki aveva imparato a seguire sempre il suo intuito. Ma forse non fu solo quello a spingerla a tornare alla sala da thé un'ora dopo. Non voleva proprio imbattersi in Shizuru, anzi al limite avrebbe preferito che non ci fosse. Voleva parlare con quella ragazza, per assicurarsi che non facesse del male alla sua amica. E forse anche verificare quale fosse il loro rapporto... se ovviamente un rapporto c'era. Aveva dovuto parcheggiare la moto sulla strada principale, poco incline ad addentrarsi nelle viuzze labirintiche di quel quartiere dove ogni strada sembrava essere un senso unico o un vicolo cieco. Si era lasciata sfuggire una smorfia di disappunto vedendo la ragazza che voleva avvicinare terminare il suo turno e iniziare ad allontanarsi. Che sfortuna. Decise di tornare un altro giorno, non volendo essere presa per una stalker. Ma proprio quando stava per voltarsi dall'altra parte, vide un uomo uscire di fretta da un vecchio negozio di dischi dall'aspetto polveroso e seguire la giovane. Il suo primo pensiero fu che il tizio fosse uno yakuza e che la ragazza in breve si sarebbe trovata in grossi guai. Decise quindi suo malgrado di seguirli, pronta ad intervenire se necessario.

Affrettò il passo quando la giovane e il suo inseguitore sparirono dopo una curva nella strada, per ritornare poi rapidamente sui suoi passi e appiattirsi contro il muro quando li vide faccia a faccia.

"... iniziano a correre. I malavitosi si stanno agitando. Ma lo sai in che razza di giro ti sei immischiata?"

"Ti ho già detto di non incontrarmi qui. Ci lavoro da queste parti."

"Lo so," borbottò la voce maschile. "Ma volevo solo avvertirti. Se certi criminali ti apprezzano per avere distrutto la rete di affari del Boss, permettendo così a non poche bande di allargare il loro giro, non temere che gli Yakuza non sono per niente contenti. Il Boss lavorava per loro. Con la sua morte, diversi loro affari stanno vacillando e devono combattere per riprendersi certi quartieri. Anche i Ryu sono in collera. Avevano degli accordi qui con gli Yakuza. E tu porti il loro simbolo senza appartenere al loro clan. Gli Yakuza vogliono la tua testa e i Ryu gliel'hanno promessa."

"Hai paura?"

Non sentendo che un lungo silenzio, Natsuki si arrischiò a dare un'occhiata. La ragazza era appoggiata contro un muro con aria noncurante, e porgeva all'uomo una sigaretta. Lo yakuza sospirò, frugando nelle tasche alla ricerca di un accendino o di una scatola di fiammiferi. Trovò la scatola. Usando rapidamente un fiammifero, accese la sigaretta della ragazza che tirò una lunga boccata.

"Sì," rispose finalmente l'uomo, gettando il fiammifero per terra. "Ho paura. E anche tu dovresti averne."

"Per quale motivo? Perché l'intera malavita mi sta cercando?"

Natsuki approfittò di un nuovo momento di silenzio per osservare le due persone. Lo yakuza le pareva familiare, e Natsuki si rese conto di averlo già visto. Era lo stesso uomo cui Shizuru - Viola, rettificò - aveva ordinato di portare un messaggio al Boss in quel vicolo.

"Non solo," farfugliò l'uomo. "Anche la polizia. Il Boss poteva anche essere un criminale, ma è stato comunque ammazzato. E la quantità di informazioni che hai lasciato loro li spingono ancora di più a darti la caccia. In qualsiasi altro caso, l'affare sarebbe stato archiviato senza ulteriori indagini."

"Poco importa, non rischio nulla. Il nome che uso in quest'ambiente può tranquillamente circolare, nessuno sa quale volto io abbia. A parte te, ovviamente."

"Ti ho giurato fedeltà," le ricordò lui, come terrorizzato.

"Lo so. E io ti ho offerto parecchi soldi affinché tu mi tenga informata. Ciò che tu mi racconti lo sapevo già."

Nell'aria fredda, l'odore della sigaretta si diffondeva stranamente bene. Natsuki lo sentì, e sentì la ragazza prendere una seconda boccata.

"Non ho paura perché non c'è alcuna ragione per cui debba averne. Qualunque cosa succeda non sarà mai peggio del posto da dove provengo. Più aumenterà il caos nella malavita, più sarà difficile per certe persone riuscire ad ottenere certi prodotti. Per ottenerli finiranno per uscire sempre più allo scoperto, e io sarò lì quando ciò accadrà."

"Esistono solo tre tipi di persone che possono permettersi di agire così nella tua situazione: i folli, e tu non lo sei, gli avventati, e tu sei troppo pragmatica per esserlo, e quelli che non hanno più nulla da perdere."

"E tu che ne pensi?"

"Senza il minimo dubbio la terza categoria. Gli Yakuza ti hanno preso la famiglia?"

"No, sono una di loro. Dei Ryu, intendo," precisò lei. "Nella mia situazione loro sarebbero di certo il mio miglior mezzo di difesa. Ma ancora non ci siamo arrivati."

"Come?" balbettò lo yakuza, senza essere sicuro di avere compreso.

"Niente. Dimentica. Se non hai altro da dirmi..."

"No," la interruppe lui. "Da qualche parte, qualcuno cui la morte del Boss non ha causato alcuna conseguenza ha comunque messo un'enorme taglia affinché si catturi viva la persona che si fa chiamare l'Ametista. C'è da pensare che ti vogliano solo per il tuo nome."

"Ecco, vedi?" esclamò l'altra. "Questa è una notizia utile. Informazioni e soldi, stessa ora, stesso posto. E non tornare più da queste parti."

Intuendo che il colloquio fosse terminato, Natsuki scivolò discretamente sotto un androne e li vide separarsi.

La paura era ritornata di colpo. Perché ciò che aveva intravisto due mesi prima evidentemente non era ancora finito.

Si chiese cosa dovesse fare al momento... confrontare direttamente la ragazza sembrava la scelta migliore... ma forse anche la più pericolosa se si pensava che aveva appena ammesso di avere ucciso un uomo e di avere rapporti con i Ryu che, se aveva capito bene, erano una specie di organizzazione mafiosa...

Poi ebbe un'idea ancora più insidiosa... e se avesse escluso Shizuru troppo presto dall'equazione? Le due ragazze evidentemente si conoscevano, avevano utilizzato lo stesso nome Ametista e parlato del Boss... e se le due lavorassero insieme a qualche progetto che lei ignorava?

Shizuru... Shizuru sapeva e poteva uccidere. Il Carnival lo aveva dimostrato. Però c'era sempre nello scenario una "Viola" somigliante a Shizuru e che aveva parlato di lei a Chie e Aoi. Oppure era anche quella una menzogna, un inganno che Shizuru aveva magistralmente orchestrato davanti agli occhi delle due compagne? Ma in quel caso, qual era il suo obiettivo? Con un sordo mormorio, Natsuki prese la decisione di chiarire la situazione lei stessa, visto che Yamada per un motivo o per un altro non era riuscito a trovare la minima traccia.

E la cosa che parve più logica a Natsuki fu di seguire Shizuru, poiché la ragazza pareva essere al centro di tutto.


Renji Suzushiro non riconosceva più sua moglie, come pure Haruka. Itsumi Suzushiro era sempre stata una lavoratrice accanita. Il suo lavoro di inquirente nella polizia era una vocazione e una passione. E il dossier di cui si stava occupando era il perfetto esempio del motivo che rendeva il suo lavoro così appassionante.

La situazione era semplice. Boss Ishigami, leader di una ben nota gang era morto. Morto lui, le bande vicine si erano affrettate a gettarsi sui resti di quello che era stato il suo impero. Poi c'erano gli Yakuza, profondamente legati al Boss per il commercio e il mantenimento di Fuuka sotto il loro controllo. La sua morte aveva mandato tutto questo universo nel caos. Yakuza, bande rivali, ognuno cercava di accrescere il proprio potere. Avevano avuto luogo delle sommosse, il numero di omicidi e di aggressioni improvvisamente si era moltiplicato. La polizia per rassicurare la popolazione e ristabilire l'ordine nelle strade aveva visto i suoi effettivi raddoppiarsi. Ma non erano certo loro che si sarebbero lamentati della situazione. Le morti e le aggressioni non avevano coinvolto i cittadini onesti, le sole vittime erano state membri di suddette bande e Yakuza. Stavano facendo pulizia tra di loro. Nessun poliziotto si sarebbe lamentato di questo.

E poi c'erano i dossier ritrovati insieme al cadavere del Boss. Avrebbero potuto spedire l'uomo in galera, ma non solo. Con delle prove, un mucchio di prove, un sacco di persone a tutti i livelli degli Yakuza e delle varie bande potevano finire dietro le sbarre. E la polizia se n'era assunta l'incarico! I dossier erano freddi, precisi, dettagliati, completi e corretti, professionali insomma. Perfetti per accusare i colpevoli e spedirli in galera, anche con i migliori avvocati a difenderli. La polizia aveva già soprannominato questo affare "La Grande Pulizia", e tra di loro gli agenti ringraziavano segretamente colui o colei che li aveva condotti all'attuale situazione. La chiamavano "La Mietitrice".

Anche Itsumi doveva ammettere che le stragi di Yakuza, gangster, spacciatori e altri, in aggiunta a quelli che stavano per finire dietro le sbarre avevano ripulito notevolmente le strade. Ma non riusciva ad interessarsi più di tanto alla cosa perché tutta la sua concentrazione, le sue forze, i suoi pensieri erano focalizzati lì! Su quel dossier! Quel "Progetto Otome"! Nessun confronto, nessun legame con gli altri dossier faceva intendere che il Boss consegnasse dei prodotti rari e costosi a qualche oscuro destinatario. No, quel dossier non somigliava per niente agli altri. Era meno preciso, meno ordinato. I documenti erano in disordine, e in certi punti parevano quasi delle testimonianze. E quel fatto bastava a farle sentire un brivido lungo la schiena.

Quel dossier l'aveva presa perché era intimamente convinta che tutta quella situazione: gli omicidi, i dossier, e anche la "Grande Pulizia" fossero stati orchestrati solo ed esclusivamente per esso. Come se "La Mietitrice" volesse che la polizia cercasse di impedire quel progetto criminale, causando nel giro della malavita abbastanza confusione affinché non potesse essere portato a compimento...

Itsumi si prese la testa tra le mani sotto lo sguardo preoccupato della sua famiglia. Non era riuscita a capire esattamente quale fosse o potesse essere l'obiettivo del Progetto. Ma c'erano così tanti esperimenti su cavie umane... sembrava pregno di così tanto dolore, e sofferenza... e così tanto pericolo se - qualunque cosa fosse - fosse stato portato a termine.

E anche se non aveva la benché minima prova che il progetto citato dal dossier fosse reale e non un semplice racconto immaginario, ci si era immersa corpo e anima. Dopo tutto, se gli altri dossier erano esatti anche questo doveva esserlo.

Doveva rintracciare "La Falciatrice" o, come la chiamava il dossier e la malavita, "L'Ametista".


Natsuki spense il motore della sua Ducati e si guardò intorno. La strada era frequentata e animata. Shizuru era venuta con la sua auto e l'aveva lasciata nel parcheggio del cinema qualche posto più lontano.

Restando nell'ombra, Natsuki verificò di avere abbastanza soldi per vedere un film che non le sarebbe di certo interessato. Ma poco importava, non avrebbe perso di vista Shizuru nemmeno per un secondo.

La ragazza si era vestita bene, ancora più del solito. Tacchi, gonna nera, una bella maglia e un cappotto con il collo in falsa pelliccia (più per ragioni etiche che per mancanza di denaro). I capelli erano stati raccolti in uno chignon e perfino da dove si trovava Natsuki notò una traccia di trucco. Shizuru non faceva mai così tanti sforzi solo per andare al cinema. Ciò significava che si sarebbe incontrata con qualcuno di importante per lei, che meritava quel genere di attenzioni.

Aggrottando la fronte in segno di disapprovazione, Natsuki si tolse il casco e la seguì a qualche passo di distanza, il più discretamente possibile senza doversi nascondere dietro una macchina.

Un sorriso sincero increspò le labbra di Shizuru. Natsuki era normalmente la sola destinataria di un sorriso simile. Le cose cambiano... Si avvicinò, felice, a una persona in attesa che Natsuki non aveva ancora notato in mezzo alla folla che si accalcava intorno al cinema. Il cuore di Natsuki mancò un battito.

Viola.

Aveva saputo il nome della ragazza tornando semplicemente alla sala da thé dopo avere origliato la conversazione tra la mora e lo Yakuza. E quella scoperta, quel nome, non avevano fatto altro che confondere ancora di più una situazione già fortemente complicata.

Ed eccola di nuovo lì, in compagnia di Shizuru. Anche qui tacchi, un paio di pantaloni grigio topo, un paio di bretelle nere che spiccavano sulla sua camicia bianca e una giacca in tinta con i pantaloni. O, e un cappello di feltro. Ma chi portava un oggetto simile? Quella ragazza la stava prendendo in giro! Shizuru non apprezzava le persone che si prendevano gioco di lei... vero?

Natsuki brontolò silenziosamente, dovendo ammettere che Viola effettivamente attirava gli sguardi: aveva stile e carisma. Ma Viola, rammentò Natsuki a se stessa, era anche pericolosa. Terribilmente pericolosa.

Si guardò bene quindi dall'intervenire.

Osservò le loro interazioni. Viola si era tolta il cappello e scostata i capelli dal viso prima di baciare Shizuru. Il bacio non era chiaramente un saluto giapponese, ma di certi paesi occidentali. Che fosse un indizio sulle sue origini? In effetti non sembrava del tutto giapponese. Il suo aspetto se confrontato agli altri lo poteva suggerire. Ma anche Suzushiro, Youko, perfino la stessa Shizuru, erano non meno giapponesi da diverse generazioni. Eppure Natsuki avrebbe faticato a dire quale sangue fosse stato mescolato in loro con quello giapponese.

Si sarebbe aspettata di vedere Shizuru offesa da un gesto così informale, lei che aveva ricevuto un'educazione molto severa e tradizionale. Ma con suo enorme stupore, la sorpresa e la gioia si dipinsero sul volto dell'amica, che ricambiò il gesto prima di iniziare a parlare con entusiasmo. Le due ragazze si misero a discutere senza prestare attenzione ai dintorni, dirigendosi tranquillamente alle casse per comprare i biglietti.

Natsuki si accigliò. Come avrebbe fatto a scoprire quale film sarebbero andate a vedere!

Mettendosi in fila con loro ma rimanendo dietro un folto gruppo di persone, Natsuki aspettò di arrivare alla cassa prima di trovare una soluzione. Alla fine chiese alla cassiera se ricordava due belle ragazze, di cui una dagli occhi rossi. Domanda alla quale la cassier rispose entusiasta con un cenno del capo e un sorriso estasiato.

"Lo stesso film," disse allora.

Natsuki aggrottò la fronte in una silenziosa domanda. Sicuri che non fosse il film sbagliato? Avrebbe scommesso che la sua amica avrebbe scelto una pellicola d'autore, o una smielata commedia romantica. L'ultima cosa che si aspettava di stringere in mano era un biglietto per un film di supereroi. A Shizuru non piaceva quel genere di film. A Natsuki pareva ovvio, ma Viola gliel'aveva chiesto o aveva solo guardato Shizuru?

Ancora più sconvolgente e tanto per aggiungere altro alla sua confusione, Shizuru sembrava più eccitata per questo film che per tutti gli altri che Natsuki aveva scelto di sopportare pensando di farle piacere.

"Ero sicura," sentì distintamente quando si avvicinò un po' troppo alle due, "che ti sarebbe piaciuto questo film Shizuru. Anche se non è quello di cui abbiamo parlato oggi pomeriggio."

"Ara, la maggior parte della gente pensa invitandomi al cinema che io preferisca il cinema d'autore... in realtà lo trovo così noioso. Ma non ho mai il coraggio di ammetterlo, ho paura di offenderli," ammise Shizuru.

"Ti capisco," annuì gentilmente Viola.

Natsuki sgranò gli occhi a quella notizia. Rendendosi conto per la prima volta che lei stessa non aveva mai chiesto a Shizuru cosa le piacesse vedere. Era sempre stata convinta che Shizuru fosse il tipo da cinema d'autore e altre commedie pseudo romantiche.

"Ara, che strano," continuò Shizuru con una certa esitazione. "Ho come l'impressione di conoscerti da sempre."

Viola sorrise. Se solo Shizuru avesse immaginato...

Poi Shizuru si voltò e incrociò lo sguardo di Natsuki.

Beccata in flagrante delitto.

In un attimo Natsuki vide sul viso dell'amica eccitazione, sorpresa, disagio e imbarazzo. Capì che la ragazza era felice di vederla, lo era sempre stata, ma che in quel momento Natsuki le aveva importunate. Tuttavia essendo una ragazza beneducata, Shizuru la salutò e fece le presentazioni tra lei e Viola. Le due si salutarono con un semplice cenno del capo, osservandosi con discrezione. Natsuki ebbe la strana impressione di vedere per un attimo in Viola le stesse fugaci emozioni intraviste prima in Shizuru.

Un silenzio strano e pieno di disagio calò su di loro. Finché Viola, sembrando uscire da uno stato catatonico, non propose di andare a cercare del popcorn e chiese se volevano qualcosa. Natsuki domandò timidamente una soda mentre Shizuru nient'altro che una bottiglia d'acqua. Con un cenno del capo, Viola uscì dalla fila e andò a cercare i suoi acquisti.

Natsuki e Shizuru si guardarono senza sapere cosa dire. Natsuki voleva dirle tutto ciò che aveva scoperto su Viola, ma la cosa avrebbe significato di certo la fine della loro amicizia se Shizuru avesse scoperto che la pedinava e che sparlava della sua nuova amica.


Shizuru non sapeva cosa pensare imbattendosi in Natsuki al cinema mentre usciva con una ragazza. Non desiderava proprio che la persona che le interessava al momento incontrasse al loro primo appuntamento quella che le aveva rubato il cuore. Di fatto non sapeva proprio cosa poteva dirle.

Le due ragazze restarono quindi in un imbarazzante silenzio fino al ritorno di Viola, che aveva tra le braccia un enorme scatola di popcorn e le due bevande richieste.

"Tenete," disse. "E' meglio non tardare oltre a entrare in sala. Proviamo a cercare dei posti centrali verso il fondo."

"Hm, hm," annuì Shizuru.

Natsuki poggiò il peso sull'altro piede, a disagio e senza sapere se la frase fosse rivolta anche a lei o se era vista come di troppo a quell'appuntamento al cinema.

Di sicuro di troppo, pensò cupamente, ma nessuna delle altre due fu così scortese da dirglielo in faccia. Poco importa, pensò, che la vedessero pure come di troppo se così poteva tenerle d'occhio.

Alla fine si misero verso il fondo della sala ma in una zona laterale.

"Dovevamo venire un po' prima, immagino," disse Viola con una finta smorfia di tristezza.

Shizuru le rivolse un timido sorriso prima di farle notare che era stata lei a farle entrare in leggero ritardo. Viola fece spallucce, indicando che la cosa non le importava poi molto e lasciò galantemente a Shizuru il posto tra lei e Natsuki.

Sedute fianco a fianco, Shizuru ebbe difficoltà a seguire quello che passava sullo schermo. L'ingombrante presenza di Natsuki alla sua sinistra e di Viola alla sua destra le impedivano di concentrasi su qualsiasi altra cosa. Si sforzò il più possibile di dimenticare la presenza di Natsuki. Timidamente appoggiò la mano su quella di Viola, la quale pur aspettandosi questo tipo di approccio si chiese per un attimo cosa dovesse fare. Non poteva certo respingerla dopo avere accettato di uscire al cinema con lei, no? Allora altrettanto timidamente intrecciò le dita con quelle dell'altra ragazza, ma fu totalmente incapace di concentrarsi sul film nonostante sapesse che lo adorava!

Di fianco a loro anche Natsuki nonostante fosse un'appassionata di quel genere di film non riusciva a concentrarsi. Tutta la sua attenzione era rivolta alla sua visuale periferica, cercando disperatamente in mezzo al buio della sala di vedere cosa stessero facendo Shizuru e Viola. Ma non riusciva che a distinguere i loro profili. Shizuru si era lentamente avvicinata a Viola malgrado il bracciolo delle sedie che le separava. E Viola dovette ammettere che era bello stare vicino a qualcuno. Le sembrava fosse passata un'eternità dall'ultima volta che le era successo.

Quando il film terminò sia Shizuru che Viola furono colte alla sprovvista. Erano lentamente sprofondate in un mondo a parte sonnolento e confortevole, lontano dai problemi della loro vita. La timidezza tornò insieme alle luci in sala, spezzando l'incantesimo. Viola lasciò allora la mano di Shizuru e la ragazza arrossì leggermente sotto il suo sguardo straordinariamente tenero. Che strana situazione, pensò quest'ultima.

Natsuki si era finalmente lasciata prendere dal film e non aveva notato le interazioni delle due ragazze. Riuscì anche a uscire dalla sala senza che le altre due si chiedessero il motivo della sua presenza al cinema.

La situazione non si era svolta come Viola aveva previsto, e lei non cercò di prolungare la serata. Parlarono allegramente durante tutto il tragitto fino ai loro mezzi. Fermandosi vicino all'auto di Shizuru, discussero ancora un po' parlando o cercando di parlare di un film che nessuna delle due aveva seguito. Viola fu felice di averlo già visto, essendo così in grado di non lasciar trasparire nulla.

Quando la conversazione finalmente volse al termine, Viola si chinò lentamente verso Shizuru e posò un leggero ma tenero bacio sulla sua guancia.

"Buona notte, Shizuru."

"Natsuki," salutò poi, desiderando ardentemente poterla salutare allo stesso modo.

Natsuki, che ribolliva di rabbia nel vedere Viola così espansiva verso la sua migliore amica, non le restituì che un breve saluto e un secco cenno del capo.

Quanto a Shizuru, rimase sorpresa della reazione del suo corpo al bacio di Viola. Non aveva niente a che vedere con quello che suscitava in lei il tocco di Natsuki ma il bacio le fece sentire comunque un'ondata di calore.

"A presto Viola," sospirò.

Ma quando si rese conto che Viola l'aveva abbracciata e salutata, quest'ultima era già scomparsa nell'oscurità del parcheggio lasciandola sola con Natsuki.


"La ringrazio infinitamente!" Esclamò Chie prima di riattaccare il telefono e voltarsi verso la sua complice.

Erano sedute a gambe incrociate intorno al tavolino della casa di Aoi. Diversi spuntini e bevande da tempo dimenticati erano sparpagliati in mezzo a documenti e qualche quaderno scolastico chiuso. Aoi aveva subito smesso di scrivere a computer e fissò il suo incredibile sguardo di un blu ipnotico sui grigi occhi eccitati della sua amica.

"Allora?" domandò succintamente, ormai abituata da due mesi a ricevere rifiuti da ogni persona che intervistavano.

Non ci volle molto perché Chie potesse informare la compagna di tutto ciò che aveva scoperto.

"O Fujino-Kaichou si è presa gioco di noi, oppure... abbiamo tra le mani un mistero da risolvere! E' stata dura trovare qualcuno che accettasse di verificare i registri. Ma né a Kyoto né da qualsiasi altra parte, esiste una persona di nome Viola."

"Potrebbe avere utilizzato un nome falso?" Propose Aoi pensierosa.

Decidendo che la conversazione sarebbe stata interessante e probabilmente lunga, la ragazza salvò il file e spense il suo computer portatile prima di appoggiarlo di fianco a sé.

"Vado a cercare qualcos'altro da sgranocchiare, okay?"

Chie annuì e approfittò dell'assenza di Aoi per cercare di rimettere un po' d'ordine sul tavolino. Uno spazio fu più o meno creato per consentire ad Aoi di appoggiare un vassoio contenente lattine di soda e scatole di dolci. Di comune accordo aprirono una lattina a testa e bevvero qualche sorso.

"Allora?" Riprese Aoi.

"Allora... Viola non esiste. La famiglia Fujino è ricchissima, ancora più di quanto Viola lasciasse a intendere. Ma Fujino-Kaichou-san non ha famiglia."

"Nessuna cugina quindi?"

Aoi fu sorpresa di vedere un'espressione addolorata comparire sul volto di Chie. Quest'ultima appoggiò con precauzione la soda e ignorò tutti i dolci.

"Fujino-san..." iniziò a dire, incapace di trovare le parole. "Lei è..."

"Chie," disse Aoi turbata. "Cos'hai scoperto? Che cosa c'è?"

Chie preferì abbandonare la sua posizione sul tappeto per raggiungere il divano, dove raccolse le ginocchia sul petto prima di poggiarci sopra il mento.

"Ho fatto fatica ad ottenere sue notizie," ricordò. "Ed è la prima volta che rimpiango di essere riuscita ad ottenerle. Fujino-Kaichou... Shizuru-san... è sola. Non so chi sia questa Viola, né come faccia a sapere tutte quelle cose su di lei, per non parlare della ragione per cui si somiglino coì tanto... ma Shizuru-san non ha più nessuna famiglia da tre anni. I suoi genitori sono morti in un banale incidente d'auto qualche anno dopo la morte di vecchiaia dei suoi nonni. Ha una tutrice di nome Miss Maria Graceburt o qualcosa del genere. Era la migliore amica della sua defunta nonna."

Aoi si era unita a Chie sul divano ma non riuscì a dire niente.

"Nulla ha mai lasciato supporre che lei sia orfana," disse semplicemente. "Era già l'idolo di Fuuka tre anni fa... qualcuno... avrebbe dovuto accorgersi di qualcosa, no?"

"Non lo so, Aoi... non so nulla. Ma... Viola - ammettiamo che questo sia il suo nome - sapeva tutto di Shizuru. Una cosa simile non avrebbe potuto sfuggirle, eppure non ne ha mai fatto parola."

"Non ha mai nemmeno detto che la sua famiglia fosse in vita, però."

"No, non ha mai mentito a parte quando ci ha detto che erano stati i genitori di Fujino-san ad averla mandata," sospirò Chie grattandosi la nuca.

Aoi osservò l'aspetto improvvisamente affaticato della sua amica.

"Come mai sei così sicura che non si sia trattato di Shizuru che tentava di farsi passare per qualcun'altra?"

"Sai che la nostra capacità di osservazione è migliore di quella della maggior parte della gente, Aoi. Devi averlo notato come me. Quella ragazza era più grande di Shizuru. Qualche anno, non molti, direi tre o quattro. E il tatuaggio. Ho verificato, e Shizuru non ne ha in quel punto, chiunque alle lezioni di nuoto lo può sapere facilmente. Inoltre... l'aura che emanava, non so è solo una sensazione."

Aoi aveva ascoltato in silenzio gli argomenti di Chie prima di finire la sua soda in un sorso. Non aveva voglia di scherzare al momento, né di continuare a scavare sulla vita di Shizuru... ma loro non erano il genere di persone che lasciavano perdere un'indagine.

"Capisco cosa vuoi dire... ma... io ho avuto più l'impressione che fosse una specie di Shizuru più grande e matura. Non un'altra persona no, la stessa con qualche anno di più."

Chie sentì l'eco di una sensazione che non era riuscita ad esprimere a parole. Era proprio così: Viola non sembrava una gemella o una sosia no, Viola era una Shizuru più grande.

"L'unico problema," sospirò Chie con un accenno di sorriso, "è spiegare questo fenomeno paranormale! A cosa pensi? Una macchina del tempo?" Disse scherzosamente alla fine.

"Perché no," ribatté Aoi facendo il broncio alla battuta scherzosa di Chie. "Dopo tutto, se Viola è una Shizuru con quattro anni in più, c'è ancora tempo perché si possa inventare una macchina del tempo!"

Davanti all'eccitazione infantile di Aoi, Chie decise di lasciar perdere la conversazione di prima e di dimenticare l'argomento. Aoi era ben più splendida quando sorrideva, dopo tutto.

Battute e risate conclusero la loro serata.


Viola strinse i denti togliendosi la maglia. Okay, doveva ammettere di essersi fatta fregare. La trappola era stata architettata perfettamente e se non avesse avuto le sue capacità fisiche su cui contare, a quest'ora sarebbe morta. Grazie a Dio, disponeva ben più di normali capacità per uscire da quel genere di situazioni ma nessuno ormai avrebbe potuto testimoniarlo. Il solo problema era quel mal di testa incessante che le trapanava il cranio e le impediva di prestare le cure necessarie alla sua spalla. Era stata colpita di striscio da una pallottola.

Mentre tentava disperatamente di disinfettare e bendare la ferita, il suo cellulare perduto da qualche parte nel monolocale che aveva acquistato un mese prima si mise a suonare, ricordandole un appuntamento. Aveva accettato di uscire con Shizuru per la terza volta.

In realtà si era fatta trascinare prima che potesse rendersene conto. Un momento prima stavano parlando al telefono del karaoke in generale, luogo per cui Viola aveva ammesso di provare un po' di nostalgia - erano anni ormai che non ci metteva piede - e subito dopo Shizuru le aveva proposto di accompagnarla alla serata karaoke che una delle sue amiche aveva organizzato e Viola non fu in grado di trovare una scusa abbastanza buona per sfuggire. Accidenti a Mai e al suo amore inveterato per il canto!

Ma quel che è fatto è fatto, no?

Comunque per il momento la suoneria riuscì solo a moltiplicarle il mal di testa. Viola si precipitò in bagno alla ricerca di un medicinale che fosse più forte del suo solito dolipran. Con la mano appoggiata sull'armadietto dei medicinali, si irrigidì davanti allo specchio. Il suo viso era terribilmente pallido.

Un pallore che contrastava con il rivolo di sangue rosso che le colava dalle orecchie.

Viola ebbe difficoltà a staccarsi dal suo riflesso, e ancora di più a localizzare ciò che cercava. Lo prese con mano tremante e l'aprì. Il piccolo flacone di vetro non conteneva altro che un'unica pillola. Aveva disperatamente cercato di conservarla e di non utilizzarla. Ma quella sera le era necessaria.

L'ultima...

Incrociò di nuovo il suo sguardo allo specchio. Aveva perso una lente, notò. Uno dei suoi occhi rossi brillava di una luce animale... un bagliore innaturale. Il secondo nascosto dietro la lente sembrava smorto a confronto.

Viola inghiottì la compressa e subito il dolore scomparve, la luce del suo sguardo si spense e la stanchezza la prese. Si lasciò scivolare lungo la parete, chiudendo gli occhi.


NDT: il dolipran (doliprane in originale) è più o meno l'equivalente della nostra tachipirina. Non so se sia commercializzato o meno in Italia.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Shizuru gettò l'ennesima occhiata al suo orologio e accettò finalmente il fatto che Viola le avesse tirato un bidone. Strinse la mano sul cordone della sua borsa, così tanto da sbiancare le dita. In quel momento, provava l'irrefrenabile desiderio di tornare a casa . Poteva certamente farlo, ma sarebbe stato scortese dopo avere accettato l'invito di Mai. Si era sempre preoccupata molto di mantenere un rapporto il più cordiale possibile con tutte le altre ex-HiME, ma senza mai cercare di entrare nel loro gruppo. A lei interessava solo Natsuki, e sapeva che durante il karaoke la ragazza non le avrebbe prestato molta attenzione. Le altre si sarebbero sentite in dovere di includerla nelle loro noiose conversazioni e avrebbero finito inevitabilmente per parlare di cose che non aveva mai visto, di cui non le importava nulla o che non aveva la minima voglia di ricordare come ad esempio il Carnival.

Ma una volta che prendeva un impegno per principio lo doveva mantenere, o almeno giustificare l'assenza con una buona scusa.

Sospirò, spostando lo sguardo dalla porta d'ingresso del karaoke alla strada e viceversa. Senza sapere bene se stesse osservando quest'ultima con l'idea di andarsene o di vedere Viola arrivare.

L'unica cosa positiva in quella storia era che non aveva avvisato nessuno che sarebbe venuta in compagnia. Almeno non avrebbe visto la compassione negli sguardi delle altre ragazze e non avrebbe subito le frecciatine di Nao.

Finalmente si decise a raggiungere le altre. La stanza era già piena di ex-HiME e dei loro amici; la maggior parte dei divanetti era occupata, e Shizuru ebbe difficoltà a trovare un posto libero. Con sua grande disperazione fu invitata a dividere un divanetto con Chie e Aoi, che si erano spostate per farle spazio. Si prese dunque il tempo di salutare tutti gli altri prima di decidersi a prendere il posto che le avevano lasciato.

"Fujino-kaichou," esclamò allegramente Chie, "è la prima volta che la vedo partecipare al karaoke di Mai."

Con la coda dell'occhio Shizuru notò il dito della ragazza agitarsi nervosamente. La sua mano, che stringeva il cellulare, aveva chiaramente un bisogno irrefrenabile di filmare o di scattare qualche fotografia.

"Canterà anche lei?"

Shizuru finse un sorriso e rispose di non essere ancora sicura di voler partecipare. L'idea che qualsiasi cosa avrebbe fatto sarebbe stata molto probabilmente registrata e sarebbe finita su un sito internet era ben lontana dall'esaltarla.

"Temo che non abbia scelta. Mai ha stabilito che la roulette deciderà l'ordine di interpretazione. E che tutte le persone che entrano in questa sala sono tenute a partecipare."

"Ara, se non ho scelta perché chiedermi se ho intenzione di cantare? Harada-san conosce già la risposta."

Chie fece spallucce con studiata noncuranza e chiamò Midori perché portasse loro da bere. Solitamente Shizuru rispettava scrupolosamente le regole... insomma, diciamo che non aveva mai infranto quella che vietava ai minori di 20 anni di bere alcool, ma quando Midori appoggiò un bicchiere pieno di saké davanti a lei sfidandola a berne un sorso, Shizuru le restituì lo sguardo e continuando a fissarla negli occhi lo mandò giù. Ebbe la sensazione che un oceano di fiamme le scendesse giù per la gola, e a stento si trattenne dal vomitare tutto. Chie e Midori fischiarono applaudendola, sostenute dalla maggior parte dei loro amici, meravigliati di vedere la loro Kaichou prendersi gioco di Midori. Shizuru aveva le guance rosse, e si mise a ridere facilmente e apertamente davanti alla macchina fotografica di Chie. L'alcool aveva chiaramente su di lei un effetto immediato.

Fu per quello che ci mise un po' a rendersi conto che qualcuno le stava dando colpetti sulla spalla con insistenza. Quando si voltò, con la sensazione che tutto il mondo oscillasse, fu travolta dall'intenso sguardo grigio che la fissava. Il mondo ritrovò la sua stabilità e la sua bellezza.

"Sei venuta!" esclamò con voce infantile, abbracciando il collo della giovane.

Viola era arrivata!

"Mi dispiace di essere in ritardo," le sussurrò, sentendo il calore del suo respiro vicino all'orecchio.

Un brivido le percorse la schiena, e abbracciò Viola ancora più stretta. Ignorò tutto ciò che la circondava, solo Viola importava: ignorò gli sguardi sorpresi, i bisbigli incuriositi e le macchine fotografiche che immortalavano il suo comportamento atipico. Ma con l'alcool che le annebbiava la mente, Shizuru non riusciva a concentrarsi che su Viola. La attirò quindi verso di sé e la costrinse a sedersi al suo posto, per potersi mettere sulle sue ginocchia e continuare a stringerla.

"Hai bevuto Shizuru," constatò Viola, cercando di ignorare tutti gli sguardi sbalorditi della gente in sala.

"Un po'," ammise lei, mormorando felicemente.

Viola sentì l'alito caldo e pieno di alcool dell'altra ragazza. Rise, conoscendo gli effetti che l'alcool poteva avere su Shizuru... o che poteva avere su di lei. E così per tutta la serata, con i bicchieri e le bevande che si ammucchiavano uno dopo l'altro, Viola bevve quanto Shizuru. Passarono una buona parte della serata nel loro mondo a scambiarsi baci, parole dolci e coccole sotto le grida - o i canti - di Midori, Nao e Chie. Le altre ragazze avevano finito per non fare più tanto caso ai loro modi e gesti.

"Ho un segreto," balbettò una Viola ubriaca a una Shizuru nello stesso stato.

"Ah sì?" Sussurrò Shizuru con uno strano sorriso.

"Hm, sì"

Viola si chinò verso di lei, con le labbra vicine al suo orecchio.

"Io sono te," sussurrò.

Si allontanò e si fissarono. Shizuru aggrottò la fronte, lo sguardo confuso.

"Come?" Domandò, concentrandosi su quelle semplici parole. "Tu sei mia?" Ripeté con gioia.

"No! Io..." e si indicò se stessa con un dito, "sono te," ripeté, appoggiando l'indice della mano sul petto di Shizuru. "Tu e io, siamo la stessa persona," insistette.

"Che stupidaggine. Io sono io e tu sei tu," ribatté Shizuru.

"Sono venuta per cambiare le cose. Io sono te," ripeté Viola. "So che..."

"Shizuru!" Esclamò Mai. "Tocca a te!"

Interrotte, Viola dimenticò quello che voleva dire e Shizuru non ricordò una sola parola di quella confessione.

E questo nonostante fosse probabilmente la cosa più sensata che avesse detto per tutta la sera.

Io sono te...


Nao non avrebbe mai ammesso a nessuno di divertirsi a quei karaoke e nemmeno sotto tortura avrebbe confessato che amava fare parte di un gruppo, ridere, cantare, divertirsi con gli altri. Storceva il naso a salire in pedana, travestirsi, e prendere in mano il microfono ma quello era per principio, per tenere fede al suo ruolo, al suo personaggio. In ogni caso preferiva di gran lunga prendersi gioco di quelli che cantavano piuttosto che partecipare in prima persona. E mentre Midori si umiliava sul palc... ehm, mentre Midori si divertiva sul palco, lo sguardo di Nao si attardò su Fujino. Non riusciva proprio a crederci. Cosa la sorprendeva di più? Che Fujino uscisse con qualcuno o che fosse riuscita a riversare i suoi sentimenti su qualcun altro che non era Natsuki? In realtà, aveva poca importanza. Fujino non le piaceva. Non le piaceva per tutto ciò che le aveva fatto durante il Carnival ma anche per tutto ciò che era e che rappresentava. Fujino... la ragazza perfetta, la più bella, quella amata da tutti. Aveva avuto tutto dalla vita e questo la disgustava. Lei la disgustava.

Era per questo motivo che, nonostante le loro continue dispute, Nao provava rispetto per Natsuki: la ragazza negava a Fujino - perfino nei suoi pensieri il suo nome veniva espresso con rabbia e disgusto - Natsuki negava a Fujino la sola cosa che desiderasse veramente e che le importasse. Vedere la sua pena, il dolore che quel rifiuto le provocava, davano a Nao un senso di giustizia nei doni che la vita elargiva, una certa forma di bilanciamento con tutte le difficoltà che Nao aveva dovuto affrontare tutta la vita e che Shizuru aveva osato ricordarle durante il Carnival. Dopo tutto non era mai bello osservare la vita perfetta di una persona quando la propria sembrava crollare da tutte le parti. Quindi Nao si nutriva e sfruttava le sofferenze di quelle persone con le quali la vita era stata generosa. E più Fujino soffriva, meno Nao si sentiva miserabile. Aveva concretizzato, concentrato tutta la sua collera e le sue frustrazioni su Fujino. In un modo assurdo e malsano, il dolore di lei dava un equilibrio alla sua vita.

E quel delicato equilibrio era compromesso: Fujino non soffriva più.


Chie e Aoi non avrebbero potuto essere più felici in quel momento. Avevano passato una buona parte della serata a mitragliare di foto Fujino Shizuru. Allegra e inebriata, aveva offerto loro un'immagine ben diversa del suo viso normalmente calmo e controllato. E abbracciata ad un'altra giovane che pareva loro familiare, Shizuru non sembrava nemmeno più fare attenzione ai presenti: una vera bazza per giornaliste semi professioniste come loro. Un altro motivo le metteva di buon umore: scoprire che Shizuru era orfana e che nessuno lo sapesse aveva inferto loro un duro colpo al morale, e vederla improvvisamente così aperta e vicina a qualcuno era un sollievo.

Ma evidentemente non per tutti.

Chie lanciò un'occhiata all'invitata dell'ultimo minuto. L'amica di Shizuru era arrivata una ventina di minuti prima di Natsuki e, se Shizuru e la sconosciuta non si erano chiaramente accorte della sua presenza, lo stesso non poteva dirsi del contrario. Natsuki fulminava la mora con lo sguardo. Se Chie non l'avesse conosciuta bene, avrebbe giurato che la ragazza fosse gelosa.

Dall'altra parte della sala, Chie notò che la coppia attirava l'attenzione di una seconda persona. Nao Yuuki fulminava Shizuru con lo sguardo, e non era tanto gelosia quanto piuttosto rabbia il sentimento che traspariva dal suo viso.

Siccome era sicuramente più facile parlare con una Natsuki gelosa che con una Nao collerica, Chie si allontanò da Aoi per andare a parlare con la ragazza meno pericolosa.

Si lasciò cadere platealmente di fianco a lei, ma Natsuki non sembrò accorgersi della sua presenza. Il suo sguardo rimaneva ostinatamente fisso sulla coppia. Chie storse il naso, delusa: non poteva essere così trasparente!

"Natsuki"

Nessuna risposta. Non sembrava nemmeno averla notata.

"Natsuki!" Chiamò allora più forte.

Midori, che era più lontana, si voltò sentendo il richiamo. Dal suo sorriso idiota, Chie intuì che aveva bevuto ben oltre il ragionevole limite. Infatti non esitò ad afferrare una lattina vuota e a tirarla contro Natsuki urlando "Kuga, ti chiamano!"

La lattina mancò il suo bersaglio ma la sorpresa che provocò - o forse fu il sonoro "Kuga!" di Midori - parve distogliere la giovane dalle sue fantasticherie. La sonora esclamazione però non attirò l'attenzione della coppia.

"Ma sei completamente fuori di testa!" Gridò Natsuki alla sua professoressa.

Per qualche minuto non si sentì altro che una sfilza di insulti e Chie dovette attendere che la sua amica si calmasse prima di sperare di farsi notare.

"Natsuki?"

"Cosa?" Tuonò lei.

Chie esitò sentendo la voce insolitamente dura della ragazza. Natsuki se ne accorse e capì che si stava comportando in modo un po' troppo violento verso l'aspirante giornalista.

"Cosa c'è?" Tornò a chiedere in tono più calmo.

"Volevo solo dirti che non sei molto discreta"

Sul viso di Natsuki si dipinse un'espressione confusa.

"Come?"

"Kaichou-san e la sua amica. Le fissi da quando sei entrata. Se non ti conoscessi bene ti prenderei per una fidanzata gelosa. O piuttosto una ex"

"No!" esclamò nervosamente lei.

Come poteva Chie pensare anche solo per un istante che potesse provare dei sentimenti del genere verso una ragazza, e ancor più verso Shizuru?! Pensò.

"Non è così," borbottò. "Lei... ho solo paura per lei"

"Paura?" Chiese Chie.

Spostò nuovamente lo sguardo sulla coppia. Paura di cosa? Shizuru non le era mai sembrata così felice prima d'ora! Ma poiché Natsuki non pareva disposta ad elaborare, Chie decise di porle la domanda.

"In che senso paura?"

"Non mi fido di lei"

Il "lei" si riferiva chiaramente alla mora che stava ricevendo la piena e totale attenzione di Shizuru.

"Beh, non abbiamo avuto l'occasione di parlare con lei, ma mi sembra simpatica. E sembra provare gli stessi sentimenti della Kaichou"

In altre circostanze, Chie avrebbe approfittato del broncio adorabilmente e ferocemente protettivo che Natsuki stava sfoggiando per farle delle foto. Ma in altre circostanze perché, anche se Natsuki era adorabile in quel momento, era anche mortalmente seria, come se i suoi timori e le sue paure per l'amica fossero reali.

"Hai dei seri motivi per dubitare della... sua ragazza?"

"Quella non è la sua ragazza!" Esclamò l'altra testardamente.

"Se non è la sua ragazza, io non mi chiamo Harada Chie! Cosa vuoi che siano l'una per l'altra?"

Chie indicò la coppia con la mano. Sinceramente, nessuno - nemmeno Natsuki, Chie ne era certa - poteva essere così cieco. Era chiaro che uscivano insieme. E nessuno ci trovava nulla da dire. Chie stessa usciva con Aoi, anche se non avevano mai fatto simili dimostrazioni pubbliche d'affetto.

A dire il vero qualche mormorio di sorpresa o di disapprovazione avrebbe potuto farsi sentire, ma la cosa che più meravigliava era il comportamento disarmante di Shizuru, non il fatto che uscisse con una ragazza. In fondo, la loro Kaichou non passava forse una buona parte del suo tempo a flirtare con le ragazze di Gakuen Fuuka?

Chie ammetteva di non essere né delusa né tantomeno sorpresa - eccetto che per una cosa. Ad un certo punto durante la loro storia, si era convinta che Shizuru e Natsuki avessero un rapporto simile al suo con Aoi, anche se perfino più segreto. Sì, se n'era convinta notando gli sguardi che la Kaichou rivolgeva alla sua compagna di classe: sguardi teneri, pieni di un'emozione profonda. I sentimenti di Natsuki era molto più difficili da capire: ma in momenti come quello, quando divorava Shizuru con lo sguardo, sembrando allo stesso tempo gelosa, arrabbiata e invidiosa, Chie non vedeva altro che una ragazza innamorata. Ma forse era soprattutto una ragazza che non aveva ancora preso coscienza dei propri sentimenti e che aveva già perso la persona che il suo cuore desiderava.

Immersa nelle sue riflessioni, si accorse solo più tardi che Natsuki si era rimessa a fissare la coppia senza risponderle. Ma non ne fu contrariata: la domanda era più retorica che altro.

"Non mi fido di lei," riprese Natsuki in tono neutrale. "E' pericolosa, e ho paura che possa coinvolgere Shizuru nei suoi affari"

Chie osservò il profilo dell'amica Quest'ultima le aveva risposto senza guardarla, il suo sguardo era ostinatamente fisso sulla coppia.

Natsuki era bella. Veramente bella. Chie pensava davvero ciò che aveva detto a Mai il loro primo giorno a Fuuka: Natsuki era come una bambola, sebbene qualche centimetro in più non avrebbe guastato. La sua pelle era liscia e senza difetti, fatto ancora più sorprendente se si pensava che qualche anno prima aveva avuto l'abitudine di partecipare in risse da strada dalle quali usciva solitamente con labbra spaccate e occhi neri. Il biancore della sua pelle, simile a porcellana, era accentuato dal contrasto con i capelli, così neri e lisci come la seta. Ma più del suo aspetto sorprendente, del suo fisico e delle sue curve, Chie era sempre stata attratta dal suo sguardo. Verde. Magnetico. Intenso. I suoi occhi parlavano più di mille parole. Esprimevano tutto ciò che lei non diceva mai. Erano l'esempio perfetto dell'espressione "finestra dell'anima". E Chie ci vide in quel momento un turbinio senza fondo di emozioni così difficile da decifrare per lei come forse per Natsuki stessa.

Poi spostò la sua attenzione su Shizuru. Lei era molto diversa da Natsuki. Ancora prima di confrontare il loro fisico o il loro carattere, l'impressione che suscitava nelle altre persone era già diversa. Natsuki poteva avere il corpo di una donna ma si comportava come una bambina per via della sua impulsività, della sua innocenza riguardo a certi argomenti e la sua mancanza di giudizio su altri.

Shizuru era più matura. Una donna nel corpo e nello spirito. Calma, seria, responsabile e intelligente, si intuiva la sua serietà ancora prima di rivolgerle la parola. Il suo modo di comportarsi e di parlare la distinguevano da tutti i suoi coetanei. La sua educazione doveva avere certamente giocato un ruolo fondamentale: dopo tutto, quando si nasceva in una famiglia così ricca come la sua, si doveva essere educati per gestire molto presto il denaro e il potere, così come le responsabilità che ne derivavano. Ancora più, pensò Chie, se si ereditava tutto questo molto giovani. Fujino Shizuru era prima di tutto la definizione stessa del controllo e della padronanza di sé.

Che queste differenze avessero impedito a Natsuki e Shizuru di trovarsi? In fondo, la sconosciuta che interpretava il ruolo di fidanzata sembrava stranamente simile a Shizuru, se si escludevano i vestiti, il colore dei capelli e degli occhi.

Concentrandosi sulla ragazza più che sulle sue interazioni con l'idolo di Fuuka, Chie vide le loro somiglianze sempre più evidenti. Forse era l'alcool che iniziava a farle vedere più di quanto non ci fosse, ma Chie preferiva dire che era il suo fiuto giornalistico, il suo istinto o la sua incredibile capacità di osservazione... Shizuru aveva sempre emanato una specie di aura intorno a sé. Oh, niente di mistico o di surreale no, semplicemente Chie non sapeva come esprimere quella sensazione in un altro modo. Aveva una sorta di magnetismo, una forza di attrazione. Alcuni l'avrebbero definita carismatica. Lo era di certo, ma quello che Chie aveva sempre provato in presenza di Fujino Shizuru era un sentimento ancora diverso.

Questa sensazione - questa aura - era sempre stata una caratteristica propria di Shizuru, finché non aveva incontrato due mesi prima la ragazza che si era fatta passare per sua cugina: Viola. Ma Shizuru non aveva famiglia, quindi nessuna cugina. Chi era Viola, la ragazza che Aoi aveva definito una Shizuru più grande? Ancora non lo sapeva. Ma chiunuqe fosse la sconosciuta tra le braccia della Kaichou, emanava la stessa identica aura.

"Sai come si chiama?"

Chie si domandò come mai non avesse cercato di scoprirlo un'ora prima - o erano già passate due ore dall'arrivo della sconosciuta?

"Sì"

Ci mise un attimo prima di rendersi conto che Natsuki la stava finalmente guardando. Il suo viso si contrasse improvvisamente, qualche istante prima di risponderle.

"Non indovineresti mai"

Eppure Chie aveva la sensazione di averlo già capito...

"Viola"

... era ovvio.

Le due ragazze rifletterono sui nuovi sviluppi di quella storia. Ma Chie non dubitava che Viola - la finta cugina - e Viola - la ragazza di Shizuru - fossero la stessa persona. Non sapeva se anche Natsuki l'aveva capito: probabilmente no.

Ma comunque questo ancora non le diceva chi fosse realmente Viola.


Nao fece qualche passo per cercare di riscaldarsi. Santo cielo, non arrivava nessuno a dire loro che dovevano andarsene? Eppure, Fujino e la sua amica non erano ancora uscite. In realtà neppure Natsuki e le altre, perché Mai le aveva reclutate per mettere in ordine e ripulire tutta la sala. Nao era già fuori solo perché era riuscita ad uscire all'ultimo minuto prima che la ragazza la acchiappasse.

Mugugnando, si frugò nelle tasche e tirò fuori un pacchetto di sigarette rubate qualche giorno prima ad un passante per strada. Nao non fumava spesso, ma a volte ne sentiva il bisogno o la voglia e in quei casi non esitava mai, cedendo alla tentazione. Però non aveva con sé né un accendino né dei fiammiferi. Assicurandosi per il momento che nessuno uscisse dal karaoke, si avvicinò a uno dei tassisti che erano stati chiamati per riaccompagnarle a casa. Ne trovò presto uno che potesse accenderle la sigaretta e, appoggiata contro la portiera del taxi, ispirò profondamente il fumo acre. Due boccate e si sentì più serena.

Si rimise ad osservare l'ingresso del karaoke in mezzo al fumo. Qualche istante più tardi la porta finalmente si aprì, e ne uscirono le sue "amiche". Nao si affrettò a schiacciare il mozzicone e a salire sul taxi.

"Hey tu!"

"Sì," rispose il tassista, facendo passare uno stuzzicandente da una parte all'altra della bocca. "Dove ti porto?"

"Vedi quelle tipe laggiù?"

Nao si era sporta con metà del corpo in mezzo ai sedili davanti per indicargli di chi stesse parlando.

"Sì, sono..."

"Lo so, lo so," tagliò corto lei. "Sono due belle tipe, o qualsiasi cosa tu volessi dire. E probabilmente hai ragione, amico. Delle due vedi quella mora?"

L'uomo lanciò uno sguardo obliquo alla sua cliente prima di far cenno di sì con la testa.

"Sì, quella con i capelli corti e il cappello"

"Seguila. Probabilmente prenderà un taxi. Cerca di essere discreto, ok?"

Per tutta risposta l'uomo si portò due dita di fianco al berretto e le inclinò in segno di assenso.

Nao chiuse i lembi della giacca e si soffiò nelle mani, prima di bestemmiare a voce bassa. Chie e Aoi l'avevano notata dentro al taxi. Quest'ultima le venne incontro e picchiettò sul vetro. Nao esitò per un attimo a rispondere: ma poteva davvero ignorarla? Seccata, abbassò il finestrino.

"Dividiamo il taxi?" Propose subito Aoi. "Ci costerà meno"

Nao verificò nuovamente che il suo bersaglio non fosse ancora partito. No, la mora stava ancora salutando Fujino.

"Mi spiace, Aoi, ma non rientro subito al dormitorio. Dovrai andare in taxi con Mai"

La proposta fece sospirare la ragazza.

"Hai già infranto il coprifuoco sabato sera, non credo che..."

"Grazie, Senou," tagliò corto Nao, incapace di rimanere gentile troppo a lungo. "Ma me la caverò"

L'amica di Shizuru era finalmente salita su un taxi, che non tardò a partire.

"Andiamo," ordinò la ragazza al tassista, senza preoccuparsi della presenza della sua compagna di stanza davanti al finestrino.

Il tassista obbedì e Nao concentrò tutta la sua attenzione sul taxi che li precedeva, ignorando accuratamente il grido di sorpresa di Aoi e quello irritato di Chie.

Le luci della città illuminavano il taxi a intervalli regolari mentre attraversavano Fuuka in tutta la sua larghezza. A quell'ora della notte, le strade erano vuote dando l'impressione di un mondo quasi sovrannaturale.

"Sembra di essere dentro a un film, eh?"

Come faceva quel tassista a leggerle nel pensiero?

"Chiudi il becco!" Esclamò.

L'uomo scrollò le spalle, per nulla offeso dalle parole acide della sua cliente. Era abituato a ben peggio.

"Credo che siamo arrivati"

Infatti il taxi che li precedeva stava rallentando davanti a un anonimo complesso di appartamenti e di lì a poco la mora uscì. Nao poggiò la mano sulla maniglia pronta a seguire qualsiasi movimento, prima che il tassista la richiamasse all'ordine.

"Merda, ok, aspetta qui"

Nao lanciò delle banconote spiegazzate sul sedile davanti.

"Aspettami qui, capito? Non ci metterò molto"

Senza attendere una risposta, Nao uscì dal taxi e a piccoli passi si avvicinò abbastanza alla ragazza da poterla seguire con discrezione. Quest'ultima entrò nell'ingresso dell'edificio e prese l'ascensore. Nao rimase nascosta dietro un muro finché l'ascensore non si chiuse dietro di lei, poi assicurandosi di non essere vista entrò a sua volta nell'edificio e si mise davanti alle porte. Aspettò che i numeri dei vari piani smettessero di scorrere. La ragazza sembrava vivere al quarto piano. Aveva senso salire le scale per capire in quale appartamento si trovasse? Probabilmente no. Nel tempo che le sarebbe servito per raggiungere il quarto piano, "l'amica" di Fujino sarebbe già entrata in casa, e Nao avrebbe fatto tanta fatica per niente. Ma alla fine non aveva importanza. Di certo non ci sarebbero stati mille e uno appartamenti al quarto piano, avrebbe scoperto in quale viveva suonando il campanello di ognuno. Inoltre, non aveva intenzione di confrontarla quella sera stessa: non aveva nessun interesse a parlarle se la ragazza era inebriata dall'alcool.

Decise quindi di ritirarsi, dopo tutto il tachimetro del suo taxi continuava ad andare avanti. Attraversando nuovamente l'ingresso dell'edificio si prese però qualche minuto per leggere i nomi scritti sulle cassette delle lettere nella speranza di scoprire quale potesse essere quello della ragazza. Sforzo inutile: la metà delle cassette aveva solo dei numeri, e l'altra dei nomi in mezzo a tanti altri.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


NDA: Grazie ancora per tutte le recensioni! Mi spronano molto a proseguire!
Ecco quindi il nuovo capitolo, l'ultimo che avevo già scritto in anticipo... questo significa che il prossimo arriverà di sicuro tra un po' di tempo, perché non l'ho ancora iniziato. Ma non è del tutto colpa mia! Ci sono feste, serate, e anche cose un po' meno divertenti come l'università, i parziali, il ripasso per i parziali (per i quali sono molto in ritardo perché guardare serie televisive è molto più interessante!)...
Insomma, non abbiate fretta e di nuovo buona lettura!


Capitolo 6

Il mattino fu soleggiato, anche se terribilmente freddo. Doveva avere iniziato a nevicare nelle ultime ore della notte, perché un leggero strato di neve ancora bianca ricopriva il parco giochi di fronte al suo condominio.

Fu questo lo spettacolo che vide Viola quel mattino. In altre circostanze, la ragazza si sarebbe preparata una tazza di thé e si sarebbe seduta vicino alla finestra per gustarla e ammirare il paesaggio, approfittando del senso di pace ed eternità che quel genere di mattine le ispirava. Ma quel giorno era diverso.

Viola infatti non notò nemmeno che avesse nevicato. Era presto, soprattutto considerando come aveva passato la serata il giorno prima, ma lei stava già camminando avanti e indietro nel suo piccolo appartamento, a tanto così dallo strapparsi i capelli. Questa scena decisamente atipica aveva due cause.

La prima era l'avere stupidamente ingerito dell'alcool subito dopo avere preso una medicina che espressamente lo proibiva. Come conseguenza, la sua testa batteva come un tamburo - un pulsare diverso da quello indotto da una semplice sbronza - anche se la sua mente era lucida e allerta.

La seconda era il semplice fatto di essere proprio un'idiota...

Le due cause erano in effetti abbastanza simili, ma la seconda era legata specificamente al suo comportamento nei confronti di Shizuru.

Per quale stupido motivo aveva passato la serata ad abbracciarla e coccolarla? Non era per niente ciò che aveva previsto! Non che avesse previsto qualcosa di specifico - doveva ammettere che si stava muovendo a tastoni in quella pseudo-relazione - ma comunque...

Il suo scopo - se mai ce n'era stato uno - era di dare a Shizuru più fiducia in sé stessa, di mostrarle che era degna di amare e di essere amata. Ma non necessariamente da lei. Come aveva pensato di farle capire una cosa simile, cercando allo stesso tempo di sparire dall'equazione? In realtà non ne aveva avuto la minima idea. E quello che era successo la sera prima non aveva fatto altro che provocare una cosa sola. Oh certo, Shizuru di sicuro aveva capito di meritare l'amore ma al momento, era irrimediabilmente legata a lei.

L'alcool faceva veramente fare delle idiozie. Mai Viola avrebbe potuto amare Shizuru in quel modo. E se Shizuru l'avesse conosciuta veramente, se avesse saputo chi era Viola, sarebbe stata d'accordo con lei.

Peccato che Shizuru ignorasse la sua vera identità.

Viola trasalì improvvisamente, sentendo un dolore fulminante trapassarle il cranio. Si immobilizzò, aspettando di tornare in possesso di tutti i suoi movimenti e riprese a camminare.

E adesso cosa sarebbe successo? Non poteva continuare ad ingannare Shizuru. Più la loro "relazione" sarebbe durata, più Shizuru sarebbe stata legata sentimentalmente a lei e allora, poiché Viola sarebbe dovuta sparire, i danni sarebbero stati irreparabili. Ma allo stesso tempo, pensò, c'erano forti possibilità che anche la loro "rottura" avrebbe avuto delle conseguenze.

Viola si bloccò nuovamente quando le tornò in mente un ricordo della sera prima. Le aveva detto la verità. Ad un certo punto, durante la serata, le aveva detto chi era.

In un attimo la prese il panico. Come aveva potuto perdere il controllo fino a quel punto? Non ricordava più se all'età di Shizuru riusciva a ricordarsi tutto quanto il giorno dopo una sbronza, malgrado la quantità di alcool ingerita. Probabilmente sì. Ma poi Viola si tranquillizzò. Anche se Shizuru si fosse ricordata della sua confessione, c'erano poche possibilità che potesse capirla.

Strofinandosi le tempie, decise che una tazza di thé forse sarebbe riuscita a tranquillizzarla. Prendendosi un momento per calmarsi, notò che la sua vista non era più così chiara, e che il suo corpo aveva iniziato a tremare.

Il bollitore fu maldestramente messo sul fornello, e Viola aprì un armadietto per prendere una tazza, ma i suoi movimenti si fecero ancora più disordinati. Purtroppo la tazza che stava cercando di prendere le scivolò di mano. Questa cadde dall'alto e terminò la propria corsa andando in mille pezzi sulle piastrelle della cucina. Ma Viola non ebbe il tempo di preoccuparsene.

La sua vista si era annerita. Perse conoscenza poco prima di toccare terra.


Dolore. Il tatto fu il primo dei cinque sensi che recuperò. Stava male. La testa le pulsava, come se venisse selvaggiamente pugnalata al ritmo regolare dei battiti del suo cuore. In certi punti del suo corpo, punti che ancora non riusciva bene a localizzare, sentiva il morso delle ferite. Era svenuta sopra le schegge della tazza frantumata. Un pessimo giaciglio. Il freddo delle piastrelle però fu un vero sollievo per la sua testa.

Sangue. Il sapore che sentiva in bocca.

Un fischio. Il suono che le perforava i timpani. Il bollitore era ancora sul fornello.

Viola sbatté le palpebre, lasciando che un fiotto di luce le restituisse la vista e straziasse ancora di più il suo cervello dolorante. Il peggio della crisi però era passato. Mosse lentamente le dita, poi ciascuna delle sue articolazioni. Non si era slogata o rotta niente, era già un buon segno.

Si mise finalmente a sedere, aspettò che il mondo smettesse di girare e poi si alzò in piedi. La prima cosa che fece fu spegnere il fornello che aveva acceso per farsi il thé. Successivamente andò in bagno, per esaminare i danni. Un frammento di porcellana le aveva aperto una guancia, un altro le mani, l'ultimo l'aveva ferita al livello del torace. Per il resto, i suoi vestiti avevano fatto un ottimo lavoro di protezione.

Si ripulì con cura le ferite, prima di fasciarle con delle bende. Poi, pensando che ormai non le sarebbe costato niente prenderne altre, inghiottì due aspirine. Ritornò in cucina e, troppo stanca per pulire il disastro, prese solamente una bottiglia d'acqua evitando i frammenti della tazza. Terminò il suo breve giro lasciandosi cadere sulla sua unica poltrona. Con la bottiglia appena aperta, in un unico sorso ne svuotò la metà, alleviando il dolore con l'acqua fresca.

A cosa stava pensando prima di perdere conoscenza?

A Shizuru. Al fatto che doveva lasciarla.

Gettò la testa indietro, contemplando il soffitto.

In ogni caso, che lo volesse oppure no, avrebbe dovuto lasciarla. Aveva i giorni contati, non doveva quindi perdere tempo in simili riflessioni. Non avrebbe nemmeno dovuto perdere tempo andando al karaoke, o lavorando - anche se a rigore aveva davvero bisogno di soldi.

Doveva tornare a concentrarsi sui suoi obiettivi! Era venuta per fermare loro! Per salvare le sue amiche! Per salvare Natsuki... e perdeva del tempo prezioso senza neppure rendersene conto! E per quale motivo? Per il suo personale interesse, per guarire il dolore di Shizuru, il suo dolore. E quale dolore! Ironizzò tra sé e sé. Diceva di essere forte, di non avere bisogno di nessuno eppure continuava ad insistere su delle ferite sentimentali che non riguardavano nessun altro che lei mentre la vita delle persone cui teneva era in gioco!

Non sarebbe dovuta uscire con loro! Nè frequentare Shizuru, nemmeno per evitarle il dolore della solitudine e del rifiuto. Se l'era detto e ripetuto! Si ammonì.

I colpi alla porta la riportarono bruscamente alla realtà. Lanciò un'occhiata distratta verso l'ingresso ed esitò ad andare a vedere chi fosse. Controllando di essere presentabile, Viola si decise finalmente ad andare a rispondere.

Quando aprì la porta però, non c'era più nessuno. Automaticamente la sua mano scivolò verso la pistola che teneva dietro la schiena. Poi rilassò i muscoli, vedendo che la persona che aveva bussato da lei adesso stava facendo la stessa cosa dal suo vicino.

Nao.

La coincidenza era troppo strana, doveva essere lei la persona che la ragazza stava cercando.

"Nao?"

Al suo richiamo, la ragazza dai capelli fiammanti si voltò subito verso di lei. Viola lanciò una rapida occhiata al suo orologio, pensando che fosse molto presto per una visita di cortesia. D'altra parte, sapeva che quando c'era di mezzo Nao Yuuki non si trattava mai di una visita di cortesia.

"Ah, cercavo proprio te."

"Davvero?" Rispose in tono ironico. "Come fai a sapere dove abito?"

"Fujino," mentì Nao.

Viola si trattenne dal puntualizzare che Shizuru non sapeva dove vivesse, e che in ogni caso non gliel'avrebbe mai detto anche se l'avesse saputo. Nao doveva averla seguita. Restava solo da capire perché.

"Fujino ti ha parlato di me?" Riprese Nao, vedendo che Viola continuava a rimanere in silenzio.

Davanti al sopracciglio alzato di quest'ultima, Nao le fece notare che si era rivolta a lei usando il suo nome proprio.

"Sì," mentì Viola a sua volta.

Un sincero stupore apparve sul viso dell'adolescente.

"Male, scommetto."

Viola non disse nulla.

"Posso entrare?"

"Cosa vuoi?"

Nao fece un gesto irritato.

"Parlare della tua ragazza. Qualsiasi cosa ti abbia potuto dire su di me, non ci tengo a vedere la gente soffrire ed è sicuramente quello che ti succederà se continuerai a frequentarla."

Nao agitò davanti a lei una borsetta. Viola corrugò la fronte e si fece da parte per lasciarla entrare. Stava iniziando a capire una cosa che l'aveva sempre confusa in passato: come mai tutte le relazioni che aveva cercato di avere per dimenticare i suoi veri sentimenti fossero tragicamente finite per ignoranza, disgusto o paura? Una domanda che adesso aveva una risposta: Yuuki Nao.

"Cos'è successo?" domandò l'ospite indesiderata vedendo i frammenti in cucina e il cerotto sulla guancia di Viola.

"Un piccolo incidente. Allora Nao, cosa vuoi?"

"Beh, come minimo ti dovresti presentare, visto che conosci già il mio nome."

Viola detestava quella presunzione e quella malignità. Ancora di più adesso che sapeva quello che Nao stava tentando di fare. In un altro tempo e in un altro luogo, avrebbe rischiato tutto per lei, ma quella era un'altra storia.

"Non credo proprio. Ti sei invitata da sola a casa mia, quindi non ti devo niente."

"Poco importa," esclamò Nao, lasciandosi cadere sulla sua poltrona senza nemmeno chiedere il permesso.

L'arroganza di quella ragazzina!

"Cosa vuoi?" Ripeté in tono perentorio.

"Metterti in guardia. Fujino-kaichou-san," esclamò con una voce in falsetto e le mani giunte in una grottesca imitazione di Shizuru o di qualcuna delle sue ammiratrici - difficile da capire - "è così intelligente, bella, ricca, e... Pffft! Ridicolo!"

Aveva ripreso a usare la sua voce normale, piena del suo solito disprezzo.

"Ti stai facendo prendere in giro, come tutte le altre. Già ai suoi occhi," disse, "tu non sei nient'altro che un misero rimpiazzo della persona che lei ama veramente: Kuga Na-"

"Natsuki, lo so," la interruppe l'altra.

Viola si era stancata di lasciare a Nao campo libero affinché potesse monologare a suo piacimento. Potevano essere in due a giocare a quel gioco.

"Tanto meglio," riprese sotto lo sguardo perso dell'adolescente. "Kuga Natsuki è una bellissima giovane che non sa cosa si sta perdendo. Tanto meglio per me, no?"

Nao sembrava avere perso il filo del discorso che si era preparata in anticipo. Le fu necessario qualche secondo per recuperare la sua sfrontatezza.

"Ammettiamo pure che sia così, comunque lei è pericolosa. Non esiterà ad uccidere, hai i soldi e il potere per poterlo fare. E..."

Viola non ascoltò nemmeno il resto. Pareva che Nao avesse un minimo di buon senso, era abbastanza intelligente da dire la verità, ma una verità modificata per poter essere credibile. Chi avrebbe mai creduto d'altra parte che Shizuru potesse uccidere qualcuno con le sue stesse mani? Era più verosimile parlare della sua volonta di uccidere e del denaro che le avrebbe permesso di ingaggiare qualcuno che lo facesse per lei. Senza dubbio la borsetta di Nao conteneva delle fotografie del Primo Distretto.

Tuttavia la ragazzina le aveva fatto notare un particolare importante: Viola non aveva i mezzi necessari per condurre autonomamente delle vere ricerche, doveva limitarsi a ricorrere a Yamada e ai contatti della mafia. Ma Shizuru possedeva degli illimati mezzi finanziari! A furia di non volerle coinvolgere in quella storia, aveva dimenticato che in caso di fallimento da parte sua, Shizuru e tutte le altre sarebbero stata comunque implicate. E se lei falliva dopo averle tenute sempre all'oscuro di tutto, quando sarebbe arrivato il momento non avrebbero saputo nulla, e allora non sarebbero state in grado neppure di difendersi.

Al contrario, se Viola avesse chiesto il loro aiuto - o per lo meno quello di Shizuru - avrebbe aumentato allo stesso tempo le sue possibilità di successo permettendo anche alla ragazza di essere pronta a proteggere la persona cui tenevano entrambe.

Non doveva cercare di escluderla, doveva dirle tutto, concluse. Doveva dirle chi era, cosa stava per accadere, l'aiuto di cui aveva bisogno. Tutto, insomma.

Dopo tutto Shizuru non era Natsuki, non si sarebbe gettata a testa bassa in mezzo ai pericoli. Era una delle cose che temeva potesse succedere se Natsuki avesse saputo la verità.

"Mi stai ascoltando?!" Esclamò Nao.

Lo stridulo fastidioso della sua voce riportò immediatamente Viola alla realtà.

"Sì, ti ho sentito Yuuki," mentì. "E adesso ascoltami, ascoltami molto bene. Devi lasciare in pace Shizuru. Perché come sappiamo entrambe, lei non ha bisogno di soldi per uccidere qualcuno. Non più di quanto abbia bisogno dei suoi poteri di HiME. Come si chiamava già il tuo Child?"

Viola finse di pensarci su sotto lo sguardo livido di Nao.

"Julia," esclamò schioccando le dita. "E traeva il suo potere da tua madre. A proposito, come sta?"

E mentre diceva quelle parole, si avvicinò abbastanza alla poltrona per poggiare le mani sui braccioli e immobilizzare così la ragazza.

"Tu credi," e qui il tono di Viola si fece orribilmente dolce, un sussurro terrificante pronunciato con un chiaro accento di Kyoto, "che io non sappia chi è Fujino Shizuru? Credo Nao, che sia tu quella che non sa chi sono io e quello che conosco di voi tutte. Ci sono partite che è meglio non giocare, se si ha paura di finire scottati."

La paura e la collera lottavano per predominare nello sguardo di Nao. Era stata colta di sorpresa, e non sapeva come reagire. Rimase pallida e muta.

"Hai davvero bisogno di un nemico per dare un senso alla tua esistenza, Nao? Non vuoi approfittare della possibilità di essere sopravvissuta al Festival? Al tuo posto io lo farei. Essere sua nemica, significa essere insignificanti. E nessuno vuole questo, te lo posso assicurare."

Viola non era certa che l'adolescente avesse ascoltato tutto ciò che le aveva detto, perché quest'ultima stava provando una paura viscerale verso quella donna. Viola, capì Nao in quel momento, era pericolosa e mortale. E sembrava in effetti conoscere parecchie cose su di lei. Lei e tutte le altre.

"Levati," balbettò, incapace di dare alle sue parole la forza che avrebbe voluto.

"Non cercherai più di prendertela con lei?"

La voce di Viola aveva ripreso il suo tono normale e l'accento di Kyoto pareva non essere mai esistito. Nao annuì rigidamente. Avrebbe giurato qualsiasi cosa pur di uscire da quella stanza ed allontanarsi da quella donna. Viola mantenne la stessa posizione ancora per qualche istante, il tempo di assicurarsi che Nao avesse ben compreso tutto.

L'adolescente rabbrividì sotto il suo sguardo irreale: un grigio scuro, quasi nero, circondato da un rosso fiammante. Era come fissare un'eclissi solare. Irreale e spaventosa.

Percependo la sua paura, Viola si spostò leggermente e Nao non esitò a fuggire. La porta sbatté e Viola, ancora chinata sulla poltrona, sospirò. Non amava particolarmente recitare la parte della cattiva, anche se doveva ammettere che le riusciva molto bene.


Nobu Kikugawa era un detective privato. Un sogno della sua infanzia che aveva realizzato contro tutto e tutti. La sua carriera però era iniziata in polizia: dopo tutto, aveva seguito degli studi in quel campo. I primi anni gli avevano permesso di fare esperienza, come investigatore ma anche per raccogliere i contatti necessari. Quando si era sentito abbastanza sicuro di sé, era diventato un investigatore freelance. A volte però rimpiangeva questa scelta: era una professione che niente aveva a che vedere con i film e i libri della sua infanzia. La maggior parte del suo lavoro consisteva nell'indagare su possibili infedeltà coniugali. Lavoretti noiosi... mortalmente noiosi.

A volta capitava - ma era raro - che la polizia gli chiedesse aiuto. La maggior parte delle volte si trattava di uno dei suoi amici conosciuti alla scuola di polizia che lo chiamava perché lo togliesse dai guai. Itsumi Suzushiro era la sua migliore amica. Quante volte gli aveva chiesto di rientrare nel suo gruppo di investigatori? Quelli erano stati i momenti migliori del suo periodo in polizia, e avrebbe mentito se avesse detto che non ne sentiva la mancanza! Si era abituato a vederla tutti i giorni, a fare degli appostamenti in sua compagnia. Sua moglie non riusciva a capire il legame, la fiducia reciproca, la forza della loro amicizia.

Nobu in realtà non aveva mai smesso di vedere Itsumi. Le loro rispettive figlie - Haruka e Yukino - erano praticamente cresciute insieme!

Era per tutti questi motivi che l'uomo non esitò ad abbandonare il suo appostamento solo per raggiungere Itsumi Suzushiro in un bar dove lei gli aveva dato appuntamento.

Nobu dovette provare diverse volte ad avviare il motore della sua vecchia camionetta. Bestemmiò, rendendosi conto di non poter più rimandare ancora per molto l'acquisto di un nuovo veicolo. Il suo salario già gli permetteva con difficoltà di arrivare alla fine del mese, e non voleva chiedre l'elemosina alla sua amica. La sua camionetta avrebbe dovuto tenere duro ancora per un po'. Un quarto d'ora dopo parcheggiò di fianco ad un piccolo bar senza pretese che, a metà pomeriggio, era deserto. Solo un tavolo in fondo era occupato.

Itsumi Suzushiro aveva dato tutto a sua figlia, i capelli biondi, il fisico, ecc. Era chiaro che non avesse la minima discendenza giapponese. Era un'occidentale i cui genitori, appassionati del Giappone, si erano non solo trasferiti in quel paese ma avevano dato alla loro unica figlia un nome di consonanza asiatica. Itsumi era quindi facilmente riconoscibile. E il suo carattere forte - che Haruka aveva ereditato - era di certo una risposta sviluppata nel passato per resistere a tutte le angherie dei suoi compagni di classe. I bambini potevano essere molto crudeli nei confronti di chi era diverso.

Nobu non aveva mai compreso quel genere di reazione. Itsumi dopo tutto era una bella donna. Quel giorno indossava una camicetta attillata in vita di un blu pallido, sicuramente della miglior fattura, e un elegante tailleur nero. Il suo cappotto era appoggiato di fianco a lei per sentirsi maggiormente a suo agio, mentre lavorava su un documento.

Nobu, nel suo maglione con cappuccio kaki, jeans e un berretto in testa si sentiva insignificante vicino a lei. Si tolse rapidamente il berretto che infilò nella tasca del suo maglione prima di cercare di pettinarsi i capelli. Fatica sprecata. Aveva passato la notte appostato e il suo aspetto ne risentiva.

"Ciao," disse alla fine, sedendosi di fianco a lei.

Itsumi gli fece cenno di aspettare. Nobu vide allora che era al telefono con la sua mano libera.

"Grazie," rispose alla fine, annotando un nome e un indirizzo.

Riattaccò, e voltandosi verso Nobu gli annunciò come saluto che aveva già ordinato del caffè. L'uomo le sorrise in riconoscenza.

"Hai bisogno del mio aiuto?" Iniziò, abituato a non perdere tempo con la sua amica.

"In effetti sì, ne hai sentito parlare?" Gli chiese lei in tono criptico.

"Della Mietitrice," intuì comunque lui. "Certo. Un bel regalo di Natale in anticipo, se vuoi la mia opinione."

"Sì, sì. Credimi, ne siamo felici. Tutti quei dossier! Delle prove a profusione."

"In questo caso, perché hai bisogno di me?"

Itsumi picchiettò il documento che aveva sotto il gomito.

"Per questo," disse. "Nessuna traccia. Niente. E con tutti gli altri dossier di cui occuparsi, il mio superiore mi ha ordinato di lasciarlo perdere."

"Quindi vuoi che me ne occupi io."

"No, voglio che tu mi dia una mano. E' difficile occuparmene da sola," ammise. "Sono costretta a farlo nel mio tempo libero."

"Cosa che ti lascia poco tempo," comprese lui. "Ok, ci penso io. Sarà sicuramente più interessante dei miei attuali casi. Da dove cominciamo?"

Itsumi aspettò che portassero loro il caffè. La tazzina ebbe appena il tempo di toccare la tavola che lei l'aveva già bevuto tutto d'un sorso a rischio di bruciarsi la gola.

"Bevi il tuo caffè," ordinò. "Ti racconto in macchina, dobbiamo vedere un genetista."

Agitò vittoriosamente il post-it sul quale aveva precedentemente annotato un nome e un indirizzo. Nobu sospirò e obbedì. Lavorare con Itsumi era una perenne corsa contro il tempo, anche quando lei sembrava ancora più stanca di lui.

Il racconto fu breve. Il dossier intitolato "PROGETTO OTOME" faceva riferimento a degli esperimenti con cavie umane, denunciava delle morti e sofferenze indicibili. Esperimenti illegali, condotti a dispetto di tutte le regole etiche da un'organizzazione con notevoli mezzi.

"E' un po' forte, e... non c'è gran che su cui lavorare. Non mi sembra molto credibile," concluse Nobu, sfogliando personalmente il dossier dopo avere ascoltato con attenzione Itsumi.

"C'è di più, ma non ho potuto dedicarci tutto il tempo che avrei voluto. E non capisco tutti i dannati termini che vengono usati!"

"Da qui il genetista?"

"Da qui il genetista," annuì.

Il professor Taka, genetista di fama internazionale che incontrarono dopo avere preso il traghetto da Fuuka al Giappone e viaggiato poi per molte ore, chiese subito una copia del dossier per poterlo studiare con calma prima di fornire loro un valido resoconto.

Itsumi fu adirata di avere perso così tanto tempo ad aspettare, solo per dover aspettare ancora per capire esattamente quale fosse lo scopo degli esperimenti che il dossier descriveva. Quanto a lui, Nobu iniziò a provare l'eccitazione che gli suscitavano solitamente le indagini difficoltose e a rischio. I Suzushiro avevano un fiuto incredibile per quel genere di cose: mettevano sempre il naso dove non dovevano.

Per sua grande gioia.


In un altro appartamento, più grande e molto meno ordinato, anche Natsuki stava camminando avanti e indietro. Era il primo pomeriggio di una domenica, a qualche giorno appena dal 19 dicembre che avrebbe segnato il diciannovesimo compleanno di Shizuru. Natsuki si chiedeva quale regalo di compleanno potesse farle. Da quando conosceva la ragazza non se n'era mai davvero preoccupata, e avrebbe fatto fatica a spiegare cosa rendesse così importante quel particolare compleanno. Non sapeva che una cosa: voleva dimostrare a Shizuru che teneva a lei più di quella Viola! E anche che era lei la persona che la conosceva meglio.

Ma in realtà... la conosceva davvero meglio di chiunque avesse letto il giornalino di Chie e Aoi di due mesi prima? No, probabilmente no. La sola cosa in più che sapesse rispetto agli altri era che Shizuru l'amava. Informazione che purtroppo non l'aiutava a risolvere il problema del regalo.

"Un regalo... cosa potrebbe piacerle?"

Natsuki era ad un passo dal decidersi a chiamare Mai per chiederle di accompagnarla a fare shopping, prima di ricordarsi che il mese di dicembre coincideva con la fine del loro secondo trimestre e quindi all'arrivo di importanti esami. Mai e le altre erano in pieno ripasso, e la sera della vigilia era in realtà un momento necessario per rilassarsi un attimo prima del trimestre finale.

"Accidenti," borbottò Natsuki, osservando il mucchio disordinato dei suoi libri scolastici.

Si sentiva quasi in colpa per non averne ancora aperto uno. Però in fondo era sempre riuscita tutti gli anni a passare (in extremis, è vero), e questo marinando la maggior parte delle lezioni!

Sapeva anche che i primi due mesi del primo trimestre erano stati molto caotici, con il Carnival e tutti i problemi che quest'ultimo aveva provocato. La situazione si era fatta così complicata che tutto il gruppo delle ex-HiME si sorprendeva sempre quando ripensava al fatto che tutto non era durato che il tempo di un trimestre. Lo stesso trimestre alla fine del quale Shizuru, con in mano i risultati dei suoi primi esami le aveva fatto credere di essere pronta a ripetere l'anno. Ma se c'era qualcuno che rischiava di ripetere era proprio Natsuki. I suoi primi risultati erano stati (molto) scarsi, ma la ragazza razionalizzava: malgrado la sua mancaza di assiduità quasi tutto era stato convalidato. Allora, un secondo trimestre nel quale la sua presenza in classe era stata triplicata!? ... era sicura di passare!

Mai puntualmente si arrabbiava per la facilità e la disinvoltura che aveva verso le proprie capacità. Al contrario, l'amica aveva bisogno di ripassare in continuazione per affrontare gli esami, e Natsuki sapeva che era meglio non andare a disturbarla in quei momenti.

Avrebbe quindi dovuto trovare la sua idea regalo da sola, e per l'occasione cercare di organizzare una festa di compleanno solo loro due, vale a dire senza Viola.

Natsuki prese il cappotto, le chiavi e il portafoglio prima di uscire.

Guidare veloce l'aveva sempre rasserenata, calmando il tumulto di sentimenti indesiderati. Forse la strada fino al centro commerciale fu troppo corta, ma quella volta guidare la moto non placò il sentimento cui non riusciva a dare un nome, ma che la divorava dall'interno dal primo momento in cui aveva visto Shizuru insieme a Viola. Era solo riuscita a congelarsi.

Il ghiaccio avrà anche potuto essere il suo elemento durante il suo periodo come HiME ma lei preferiva comunque l'estate, o forse odiava semplicemente l'idea di dover indossare molteplici strati di vestiti (questione di mobilità).

Fu grata quindi del calore del centro commerciale, prima di maledire la presenza di tutta quella gente in giro per fare i propri acquisti di Natale. Perché Shizuru era nata proprio a qualche giorno da una simile festa? Beh, almeno tutti i negozi proponevano delle idee regalo, pensò.

Si avvicinò ad un negozio che vendeva tra le altre cose del thé. Ma Natsuki non se ne intendeva, e non sapeva in che modo del thé potesse fungere da regalo. Acquistare dei vestiti implicava conoscere la sua taglia, informazione che non aveva. Quanto a comprarle un libro, o un qualsiasi altro oggetto... Natsuki non conosceva i suoi gusti, visto quanto male aveva giudicato le sue preferenze cinematografiche.

Imbronciata, terminò il suo giro davanti ad una gioielleria chiamata Garderobe. Passò il primo minuto ad osservare stupidamente l'insegna che ornava l'ingresso del negozio. Poteva davvero fidarsi di una gioielleria che si faceva chiamare Garde-Robe? Doveva esserci da qualche parte una mancanza di logica. Ci mancava solo un negozio che vendesse vestiti e si chiamasse l'Orologio d'Oro, o qualche altra fesseria simile!

Alla fine ci entrò comunque. Come per tutti gli altri negozi che aveva visto, anche questo era festosamente decorato con colori rosso e oro, e sembrava che i gioielli esposti ispirassero abbastanza il tema natalizio, a partire dai rubini. Natsuki passò con calma davanti a tutte le vetrine, finché una commessa non le propose il suo aiuto e consigli con un affabile sorriso.

"Posso aiutarla?"

"Cerco un gioiello."

Natsuki si morse l'interno della guancia vedendo l'alzata di sopracciglia della sua interlocutrice. Cos'altro vorrebbe cercare in una gioielleria? pareva dire la sua espressione.

"Qualcosa in particolare?" Le chiese comunque, con una gentilezza nauseante.

"Non lo so," mormorò lei. "Una collana, oppure..."

Oppure... Natsuki non ne aveva la minima idea. Non ricordava di avere mai visto Shizuru indossare dei gioielli.

"E' un regalo?"

"Sì, per un compleanno."

Quella era una domanda facile.

"Hm, per un amico o un'amica?"

"Un'amica," rispose con una certa esitazione, incerta sulla direzione che stava prendendo quella conversazione.

"Ha dei gusti particolari?"

"Le piace il colore porpora!"

"Una sorta di rosso quindi. Ottimo, la nostra collezione fa onore a questo colore."

Nella mezz'ora successiva, Natsuki passò in rivista i gioielli in compagnia dell'amabile commessa. Sulla base del denaro che voleva spendere, dei supposti gusti di Shizuru e del suo stile, propose alla ragazza un certo numero di prodotti. Quando si ritrovarono alla cassa per incartare il regalo e pagare la fattura, la commessa offrì a Natsuki un sorriso che, per la prima volta, non le parve forzato.

"Deve volere molto bene alla sua amica."

Natsuki sapeva che sicuramente la donna aveva detto così per via della somma di denaro che stava sborsando. Ma un regalo costoso, quando si avevano i mezzi, era facile da comprare senza che ci fosse dietro alcun sentimento particolare.

"Non parlo tanto del prezzo," continuò timidamente la commessa, come se le avesse letto nel pensiero, "ma del modo in cui ha parlato di lei. E dell'attenzione con cui ha scelto il regalo. Ma forse sto parlando troppo."

"Già," mormorò Natsuki.

La commessa le rivolse uno sguardo strano. Natsuki rispose con un'occhiata tagliente, percependo inconsciamente che la donna stava sottintendendo qualcosa che non riusciva a capire. Rifiutò la sporta che la commessa le propose per infilare la scatola allegramente decorata in fondo alla tasca, poi uscì dal negozio senza nemmeno salutarla. Non riusciva bene a spiegare perché, ma la commessa l'aveva infastidita.

Con una mano infilata in tasca giocherellò tranquillamente con il nastro dorato del pacchetto, pensierosa. Il suo regalo costava caro per uno studente medio, ma Natsuki aveva la disponibilità economica. Peccato che Shizuru possedesse dei fondi smisuratamente maggiori: non sarebbe stato quindi il prezzo che avrebbe potuto impressionarla. E in ogni caso, Shizuru non le era mai parsa una persona superficiale. Natsuki diede qualche colpetto alla tasca prima di chiuderla con attenzione. Doveva trovare qualcos'altro, oltre a quello. Viola era perfettamente in grado di offrirle un regalo simile che di sicuro le sarebbe piaciuto ancora di più, pensò cupamente tornando con la mente a quella serata al cinema.

Doveva trovare qualcosa che...

Natsuki indietreggiò di qualche passo, per tornare davanti alla vetrina che stava per oltrepassare. Era un'idea perfetta! E poteva addirittura permetterle di sbarazzarsi di Viola per parecchi giorni.

La ragazza entrò nell'agenzia viaggi, decisa a partire insieme a Shizuru durante le vacanze di Natale. E perché non a Kyoto? Shizuru non avrebbe mai rifiutato la possibilità di mostrarle la sua città natale e perché no, forse anche la sua famiglia! Convinta di essere finalmente riuscita a trovare il regalo perfetto, Natsuki si sedette su una delle sedie di fronte alla scrivania di un giovane addetto.


Mai più Shizuru avrebbe toccato alcool in vita sua. O forse sì... da un lato, soffriva le conseguenze della sua prima sbronza accompagnata da nausee e da un penoso stato di spossatezza; dall'altro però, l'alcool l'aveva sufficientemente disinibita per darle il coraggio di fare un serio passo avanti nel suo rapporto con Viola. Almeno dal suo punto di vista.

Certo, stringersi e semplicemente abbracciare qualcuno non doveva essere per forza un gran gesto per alcune persone, ma ai suoi occhi quella serata aveva assunto un'importanza particolare. Per la prima volta da anni, qualcuno le aveva offerto non solo il proprio affetto ma anche un senso di sicurezza. Era sicuramente troppo presto per dire una cosa simile ma... ma Shizuru pensava di amare Viola. Amarla nello stesso modo in cui amava Natsuki. In cui aveva amato Natsuki, cercò di convincersi.

La semplice idea la faceva sentire più leggera, e quella relazione appena iniziata sembrava riuscire a scacciare non solo gli orribili ricordi del Carnival, ma anche gli incubi che avvelenavano i suoi sogni da mesi.

Raggiungendo il divano nel suo studio, Shizuru si lasciò cadere con precauzione, non volendo aggravare i sintomi della sbornia. Vide i libri che aveva già da tempo ripassato e preferì prendere il suo cuscino per nascondere il viso, sul quale cercava inutilmente di reprimere il sorriso di gioia che le era spuntato sulle labbra. Voleva passare la giornata a fantasticare su Viola, e se avesse avuto il coraggio prenotare un tavolo per cenare in sua compagnia alla fine dei suoi esami e festeggiare insieme il suo compleanno.

La sua vita ritrovava finalmente un senso.



NDT: Una precisazione riguardo al nome della gioielleria dove Natsuki compra il regalo di Shizuru: in francese, Garderobe può essere visto come l'unione dei due termini "Garde" (dal verbo garder, che significa conservare, mantenere, custodire) e "Robe" (termine generico per i vestiti femminili); Natsuki rimane sorpresa, proprio perché visto il nome si sarebbe aspettata un negozio di vestiti.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


NDA: Okay, dovrei stare studiando. Lo so, darei la colpa a qualsiasi cosa pur di non farlo. E' solo che, potendo scegliere, preferisco scrivere... e stranamente scrivo molto più facilmente quando dovrei essere impegnata a fare altro.
Il capitolo quindi è forse un po' più corto, ma spero almeno che sia abbastanza chiaro (e magari senza troppi errori di ortografia).


Capitolo 7

Itsumi ebbe difficoltà a restare tranquillamente seduta sulla poltrona offertale dal professor Taka. Quest'ultimo, in piedi e con indosso una camicia bianca, scriveva numerosi dati incomprensibili su una grande lavagna bianca che una settimana prima non c'era.

"Professore, potrebbe per cortesia interrompere e venire a sedersi per rispondere alle nostre domande."

Il professore fece finta di non avere sentito e continuò a scrivere. La camicia sgualcita, i capelli unti e in disordine, i suoi movimenti a scatti erano indice del fatto che il suo comportamento e le sue profonde riflessioni duravano da giorni.

"Professore," lo chiamò Nobu a sua volta. "Per favore."

Decisa ad attirare la sua attenzione, Itsumi lo afferrò per le braccia e malgrado le proteste lo trascinò fino alla sua scrivania dove lo fece sedere con la forza.

"Perdio, si calmi! Che succede?"

"Lei non capisce," si lamentò lui.

"E infatti vorremmo proprio capire. Ha letto il dossier."

"Sì, certamente. E' incredibile, esemplare. La più grande scoperta del secolo."

Somigliava in quel momento più ad un pazzo che a un uomo di scienza. Blaterava con gesti grandiosi di incredibili rivelazioni.

"Da quanto tempo non dorme?" Chiese Nobu in tono preoccupato.

"Che importanza ha?! Questo dossier," esclamò chinandosi verso di loro, con la mano appoggiata sul suddetto documento, "è la più grande scoperta del secolo."

"Questo ce l'ha già detto," puntualizzò la donna. "Ci spieghi dunque in che senso questo dossier è una rivelazione."

Davanti all'espressione seria di Itsumi Suzushiro, il professore parve rendersi conto del proprio comportamento da scienziato pazzo. Allora si raddrizzò, lisciandosi disperatamente camicia e cravatta, si passò una mano tra i capelli per cercare di rimetterli un po' in ordine e infine premette la tastiera dell'interfono per chiedere a una segretaria di portare del caffé per lui e per i suoi ospiti.

"Scusatemi," disse, togliendosi gli occhiali per prendersi il naso tra le dita. "E' solo che era da tanto che non leggevo un lavoro così brillante e innovatore. Cosa volete sapere?"

"Sono un sergente della Polizia Criminale, professore. Le scienze non sono la mia materia preferita. Sappiamo solamente che sono stati svolti degli esperimenti illegali, vorremmo capire a che scopo."

Il professore sprofondò nella sua immensa e costosa poltrona di pelle.

"L'obiettivo delle ricerche è chiaramente di migliorare l'essere umano."

"Migliorare?" Ripeté Nobu. "Che intende per migliorare l'essere umano? Si direbbe che stia parlando di un computer o di una macchina."

"E' proprio così," precisò lui. "L'idea è di sviluppare le capacità fisiche. No, vi chiedo scusa. Di migliorare, di superare le capacità fisiche proprie del genere umano."

"Come è possibile una cosa del genere?"

"L'idea sarebbe di integrare nell'organismo ciò che loro chiamano delle nanomacchine. Una tecnologia microscopica tale da penetrare nei muscoli per rinforzarli, per renderli più veloci e più forti, e anche per rinnovare più rapidamente le cellule. In più si muoverebbero all'interno della circolazione sanguigna, trasportando l'ossigeno a suddetti muscoli più rapidamente di quanto possiamo immaginare. E la cosa migliore è che riparerebbero, riparerebbero e aiuterebbero a rinnovare qualsiasi tipo di tessuto. Non entrerò nei dettagli spiegandovi in che modo queste nanomacchine possano fare una cosa simile, non capireste granché, e anche a me servirebbe ancora del tempo per capire come funziona il tutto."

Il professore interruppe la sua spiegazione all'arrivo di una giovane e pimpante segretaria. Sicuramente una studentessa che lavorava part-time. Per qualche istante, non ci fu altro che silenzio e il rumore del caffé caldo versato nelle vivaci tazze di porcellana. Non appena la segretaria fu uscita, Itsumi che aveva avuto il tempo di riflettere su quello che il professore aveva appena detto, si chinò a sua volta verso la scrivania.

"Insomma, una specie di superuomo."

"In un certo senso, sì."

"Tipo Superman?" Domandò lei, ricordando la passione di suo padre per i supereroi.

"Non proprio. I soggetti di questi esperimenti restano degli uomini. Continueranno a ferirsi esattamente come noi. Ma quello che potrebbe costringere noi a letto per settimane, loro non li fermerebbe che per qualche giorno, forse addirittura qualche ora, chissà. Sarebbero soprattutto più rapidi, più forti e più resistenti. Si tratta forse di un progetto governativo per creare dei super soldati?"

"Se così fosse professore non saremmo qui a indagare, e non abbiamo forse detto che gli esperimenti sono stati condotti in modo illegale?"

"In effetti, mi voglia scusare Kikugawa-san, la stanchezza..."

Come sua abitudine, Itsumi bevve il caffè in un unico sorso incurante del calore della bevanda.

"Quindi stiamo cercando dei superuomini," concluse.

"Mi vuole dire che sono già stati condotti degli esperimenti su degli esseri umani?" Chiese il professore interessato.

"In effetti, è quello che sospettiamo."

Il professore tamburellò le dita sulla sua scrivania.

"Non ci credo. Intendiamoci, le informazioni di questo documento non sono false, o in ogni caso si tratterebbe di una frode troppo ben costruita. Ma se le ricerche non sono che a questo punto," continuò a indicare il dossier, "non sono abbastanza avanzate per condurre degli esperimenti su degli esseri viventi, men che meno su degli esseri umani."

"E se si trattasse di una grossa organizzazione con degli enormi mezzi?" Chiese Nobu prendendo appunti.

"Degli enormi mezzi e degli ottimi agganci. La maggior parte dei materiali e dei prodotti necessari alle nanomacchine e agli individui che le ricevono non sono liberamente in vendita. Si tratta di materiali molto costosi, se non in alcuni casi estremamente rari e quindi quasi impossibili da reperire."

"E se avessero tutte queste cose?" Insistette Itsumi.

"Scienziati senza alcun senso dell'etica o della morale potrebbero in effetti condurre degli esperimenti su degli esseri umani. Ma anche così, i soggetti degli esperimenti non potrebbero essere chiunque."

"Cioè?"

"Individui con una condizione fisica eccellente. Persone che sono già quasi dei superuomini al livello delle loro capacità fisiche. E' necessario almeno questo per sopportare e sopravvivere alle nanomacchine. Ve lo ripeto, all'attuale stato delle ricerche, è molto più probabile che i soggetti muoiano."

L'uomo inspirò l'aroma del caffè e ne bevve un sorso.

"Se però un soggetto sopravvivesse, non dovremmo aspettarci che continui a vivere ancora a lungo."

"Che intende dire?"

"Le nanomacchine restano comunque delle macchine, quindi con un programma. Per quanto possano essere intelligenti, è molto probabile che finiscano per uccidere il loro ospite."

"In che modo?" Chiese Itsumi, stanca di domandare senza sosta dei chiarimenti.

"Le nanomacchine potrebbero veramente sapere quali cellule riparare e moltiplicare?" Chiese lui prima di rispondere alla domanda. "No, non allo stato attuale delle cose. Alla fine apparirebbero dei tumori, uccidendo il soggetto. Dopo qualche tempo, qualche mese oppure forse qualche anno, questa persona sarebbe l'essere più forte del mondo, quasi immortale se non venisse ucciso sul colpo in seguito ad un incidente o ad un attacco, ma lentamente il suo corpo morirebbe dall'interno."

Il professore si raddrizzò e continuò sorridendo.

"E se vogliamo credere a tutto ciò che è scritto qui, è addirittura possibile che le nanomacchine attivino una certa parte del cervello finora inutilizzata. Entriamo quindi in un territorio sconosciuto, e quali possibilità ci potrebbero essere offerte!"

Sia Itsumi che Nobu notarono l'espressione eccitata del professore. Le imprevedibili possibilità aperte dalle nanomacchine a livello cerebrale sembravano essere l'innovazione del secolo che l'appassionava. Come se migliorare le capacità degli esseri umani e rigenerare in qualche ora qualunque tessuto non fosse per niente interessante ai suoi occhi. O più precisamente, queste capacità apparivano ridicole davanti alle possibilità offerte dall'attivare le zone inutilizzate del cervello.

"Se dovessimo rintracciare uno di questi soggetti, come dovremmo fare?" Chiese Itsumi, restando concentrata sul suo obiettivo.

"Buona domanda. Chiedete negli ospedali se hanno dei pazienti affetti da tumori e che presentano tuttavia una forza e una resistenza improbabili o addirittura impossibili per la malattia che hanno. O ancora, se hanno avuto persone le cui ferite sono guarite in poche ore. Ma soprattutto, se riuscite a mettere le mani su una simile persona, permettetemi di studiarla."

Nobu prese nota di questi suggerimenti, ignorando volutamente l'ultimo commento poi lui e Itsumi si scambiarono un'occhiata. Per il momento sembravano avere tutte le informazioni necessarie.

"Grazie, per adesso è tutto. Mi mandi le sue conclusioni via mail. Le lascio il dossier, ci faccia sapere se scopre qualcos'altro che potrebbe interessarci. Queste informazioni però non devono uscire da qui, il documento fa parte di un'indagine criminale."

Il professor Taka sembrò sollevato di poter tenere il dossier. Sorrise e annuì al sergente e all'investigatore, prima di accompagnarli alla porta. Quando fu il momento dei saluti, gli venne in mente un dato importante.

"A proposito, sergente. Alcuni dei prodotti utilizzati per la fabbricazione delle nanomacchine e per farle accettare dagli esseri umani sarebbero rigettate dagli uomini."

"In che senso?" Disse Itsumi, spazientita.

"L'Otome - il vostro superuomo - è una donna."


"Gli Yakuza sono furiosi."

"Continui a ripeterlo," sospirò Viola, facendo segno ad un cameriere di portarle un altro thè.

"Gli sbirri brulicano dappertutto e le bande sono sul piede di guerra."

"Continui a ripeterlo," insistette lei impassibile anche se, tra sé e sé, era seccata di essere stata contattata dal giovane criminale per così poco.

"Con il caos che hai provocato nei giri di traffico illegale," continuò lui facendo girare i cubetti di ghiaccio nel suo bicchiere di whisky, "le droghe più comuni sono diventate quasi impossibili da reperire."

"Possono essere veramente così irritati per avere perso il mercato che rappresenta una semplice isola come Fuuka?"

"Merda, Viola! Ma lo sai quali dossier hai rifilato agli sbirri?"

"In realtà no. Ho solo preso quelli che mi sembravano più interessanti."

"Beh, i tuoi dossier incolpano dozzine se non centinaia di tizi in tutto il Giappone. Hai paralizzato da sola una buona parte del loro commercio di droghe, prostituzione, armi e potrei andare avanti ancora."

"Poco importa, l'hai detto tu stesso che è difficile ottenere le droghe più comuni, per i 'prodotti' più rari sarà addirittura impossibile."

L'uomo bevve un lungo sorso di whisky.

"Non te l'ho mai chiesto, ma da dove hai preso tutti quei dossier?"

La domanda fece sorridere Viola.

"Conosci i Ryu?"

"Solo di nome," rispose lui. "Non avevo mai sentito parlare di loro prima di dover fare la guardia del corpo durante una riunione tra loro e gli Yakuza due mesi fa. Questi ultimi erano parecchio irritati nei loro confronti. Ho supposto quindi che i Ryu fossero una specie di gang straniera che avesse degli accordi con gli Yakuza e che tu avessi fatto il doppio gioco con loro. Non so nemmeno quale sia il loro simbolo di clan, i miei capi parlavano dicendo che tu facevi parte della loro famiglia. Allora, sei veramente una di loro?"

Viola lanciò un'occhiata al suo orologio.

"Tu porti un irezumi - un tatuaggio - non è così? E' un rituale, una tradizione, applicata regolarmente quando fai il tuo ingresso nella mafia, mi sbaglio?"

"Esatto," rispose lui con arroganza, appoggiandosi allo schienale del suo divanetto sfondato. E' proprio per questo che si viene visti male nel nostro bel paese se si hanno dei tatuaggi. E' una dimostrazione della nostra fedeltà alla famiglia, si fa alla maniera tradizionale con degli aghi che iniettano l'inchiostro sotto la pelle, è indelebile e fa un male del diavolo farselo fare, ma è il simbolo del nostro orgoglio!"

Viola studiò l'arroganza del giovane che giocherellava con i suoi anelli.

"La vostra fedeltà, eh?" Commentò ironicamente, prendendo la tazza di thè offertale dal cameriere. "Tutte queste tradizioni vengoo da un'epoca passata, se vuoi il mio parere. Dopo tutto, hai già infranto la settima regola del vostro codice di condotta: 'Non parlerai a nessuno del nostro clan', e... direi altre otto regole."

"Conosci il Ninkyodo?"

"Un po'," rispose lei scrollando le spalle. "Anche i Ryu seguono questo codice di condotta, anche se non si considerano veramente membri della Yakuza. Seguono però la tradizione dei tatuaggi. Il tuo clan utilizza una tigre e un cerchio nero nel braccio per ogni crimine commesso, non è così?"

Inconsciamente, l'uomo si strofinò il braccio decorato con quattro linee nere parallele.

"Sì."

"I Ryu non utilizzano nessun simbolo particolare ma i loro membri devono portare un tatuaggio unicamente rosso e nero. Lo disegna un un tatuatore con uno stile molto personale, per questo il simbolo che indica la loro appartenenza è chiaramente riconoscibile."

"Tu hai un tatuaggio simile," comprese lui, avvicinandosi a Viola affinché i tavoli vicini non sentissero la loro conversazione.

"Sì, in un certo senso conosco bene i Ryu. Trafficano in un commercio molto particolare, quello delle informazioni. Hanno spie e informatori in tutti gli ambiti e a tutti i livelli: polizia, criminalità, Yakuza, mafia straniera, governi, e via dicendo. I loro uomini sono dei professionisti e compilano dei dossier completi su tutte le attività di tutti i gruppi, vendendole poi al miglior offerente."

"E i mafiosi accettano l'esistenza di un gruppo simile?" Domandò lui incuriosito.

"Certo," rispose lei. "Non hanno scelta. Se se la prendono con loro, i Ryu possono fornire informazioni ai loro rivali, oppure alle autorità. E' difficile prendersela con qualcuno che sa tutto di voi quando voi non sapete nulla di loro."

"Quindi... tu hai rubato i dossier ai Ryu e li hai usati lasciandoli sul cadavere del Boss?"

"Semplice come bere un bicchier d'acqua quando sai dove trovare uno dei loro centri di immagazzinamento dati. Guarda cosa qualche semplice notizia può provocare!"

Viola non specificò che in mezzo all'insieme dei dossier, uno proveniva da lei. Sapeva di essere ancora molto lontana dall'individuare i colpevoli o spedirli dietro le sbarre, ma sperava che il documento incuriosisse abbastanza le forze dell'ordine perché indagassero al posto suo e arrivassero infine a trovarli e a fermarli nel caso in cui lei non ci fosse riuscita.

"Ora capisco meglio la collera dei Ryu e quella degli Yakuza."

"In effetti," sospirò Viola.

Ci fu un breve istante di silenzio, poi un lampo di interesse illuminò gli occhi del giovane criminale.

"Anche tu hai spportato il dolore di fare un tatuaggio alla maniera tradizionale?"

"Oh credimi, ho sopportato di molto peggio," rispose lei, lasciando una banconota sul tavolo.

Si alzò e iniziò ad infilarsi la giacca e la sciarpa.

"Ti rendi conto che riusciranno presto a riorganizzarsi, e che se ti trovano subirai cose peggiori di quanto tu possa immaginare," commentò lui senza muoversi dal suo posto.

"Credimi, è impossibile che mi facciano cose peggiori di quanto possa immaginare. Gli Yakuza non sono certo le persone più pericolose a darmi la caccia. Esistono gruppi ben più potenti e segreti dei Ryu. Sono sempre quelli che non conosci ad essere i più temibili."

"Pensavo che i Ryu sapessero tutto," rispose lui alzando un sopracciglio.

"Sarebbe tutto molto più facile se così fosse. Ci vediamo, devo andare."

Senza aspettare una risposta, Viola uscì dalla bettola dove si erano incontrati per attraversare rapidamente la strada e raggiungere una fermata dell'autobus.

Aveva un appuntamento tra un'ora dall'altra parte di Fuuka per cenare insieme a Shizuru. L'occasione perfetta per ristabilire finalmente un corretto rapporto con la ragazza e spiegarle chi era veramente. Da quasi una settimana desiderava confessarle tutto ma voleva incontrarla di persona, e Shizuru aveva rifiutato tutti gli appuntamenti con la legittima scusa degli esami del secondo trimestre. Viola aveva accettato di buon grado il rinvio. E adesso che la conversazione stava per avere luogo, sentiva di stare perdendo il suo coraggio. Il discorso che si era preparata era come svanito.

Salì velocemente sull'autobus e non seppe se essere grata del calore che faceva al suo interno oppure rimpiangerlo: l'ambiente era umido e l'odore di sudore che lo permeava era ripugnante. Il viaggio in autobus richiedette una buona mezz'ora, che in aggiunta al quarto d'ora di attesa per l'arrivo del mezzo le lasciò 10-15 minuti per arrivare in tempo al ristorante.

Ebbe un sorriso divertito notando che il luogo in cui Shizuru l'aveva invitata era lo stesso piccolo ristorante di quartiere dove lei stessa aveva portato Chie e Aoi a cena il giorno del suo arrivo. Entrando, fu avvolta dal piacevole calore della sala, accompagnato stavolta da un odore gradevole: quello del cibo e l'altro più festoso degli alberi di Natale posti all'interno.

"Buonasera, signorina. Ha una prenotazione?"

In effetti quella sera c'era molta gente. Ma forse era dovuto al fatto che la maggior parte dei ragazzi avevano finito i loro esami ed erano al momento in vacanza.

"Sì, a nome Fujino."

"Certo. Fujino-san è già arrivata. Se vuole seguirmi."

Viola non pensava fossero necessarie tante cerimonie, il ristorante non era così grande da non permetterle di individuare Shizuru a colpo d'occhio. Era tranquillamente seduta ad un tavolo in fondo alla sala, non lontano dal camino e da uno degli alberi allegramenti decorati. Il tavolo era abbastanza isolato, adatto quindi ad una conversazione privata. Perfetto per confessarle la verità.

Viola inspirò profondamente e ringraziò la giovane cameriera.

"Grazie, l'ho vista."

La cameriera la lasciò quindi raggiungere da sola il tavolo. Viola sorrise a Shizuru, per nulla sorpresa dal kimono color malva pallido che indossava. Shizuru si alzò in piedi al suo arrivo e dopo essersi salutate con un bacio, si sedettero entrambe.

"Come stai dall'ultima volta?" Iniziò subito a chiedere Viola.

"Ara, ara, bene. Soprattutto sono contenta che tutti questi esami siano finiti."

"Oh sì, i tuoi esami. Sono andati bene?"

"Penso di sì."

Viola sorrise tra sé e sé, sapendo perfettamente che quel 'penso di sì' equivaleva ad un successo strepitoso.

"Quindi sei in vacanza adesso?"

"Ara, solamente quando sarò riuscita a completare tutti i documenti che sono sulla mia scrivania."

"Il tuo lavoro di Kaichou," comprese Viola.

"In realtà, con tutta la documentazione relativa ai lavori intrapresi per la ricostruzione degli edifici scolastici ho un po' l'impressione di fare il lavoro della direttrice."

Viola annuì, prima di riportare lo sguardo sul menu. Cercava il modo giusto per confessare la verità a Shizuru. O forse era meglio aspettare la fine della cena per non rovinare tutto.

"Sono felice che tu sia potuta venire stasera," riprese Shizuru chiudendo il menu.

"Sai bene che mi fa sempre piacere passare del tempo in tua compagnia."

"Non ne dubito," rise Shizuru. "Ma questa sera è speciale."

"Speciale?" Ripeté Viola, alzando lo sguardo per osservare la ragazza.

Provò un sincero moto di curiosità. Shizuru sorrise nuovamente.

"Sì, due giorni fa era il mio compleanno."

Nonostante fosse sempre padrona di sé, stavolta Viola si lasciò sfuggire una sincera espressione di sorpresa, con la bocca leggermente aperta e cercando disperatamente cosa dire mentre il suo cervello continuava a ripetere ciclicamente "oh, merda!".

"Oh, non ti preoccupare," sorrise Shizuru. "Non potevi saperlo. Non te l'avevo detto e non è una cosa che vada a gridare al mondo intero, anche se quest'anno per via del giornalino di Chie due mesi fa la maggior parte di Fuuka Gakuen ne era al corrente. Ho ricevuto una quantità folle di regali e non so proprio cosa farne. Ma..."

Con dolcezza, Shizuru appoggiò la mano su quella di Viola prima di intrecciare le dita con le sue.

"Ma ciò che volevo veramente, era passare del tempo con una persona che am- con te," si trattenne, pensando che fosse troppo presto per dirle che l'amava.

Dal canto suo, Viola trattenne a stento una smorfia. Aveva dimenticato il suo compleanno. Com'era possibile? D'accordo era stata impegnata, molto presa dai problemi con gli Yakuza e tutto il resto, ma al punto da dimenticare una simile data! E Shizuru che l'amava! Si era trattenuta ma Viola non era abbastanza ingenua o stupida per non capire quello che aveva voluto dire.

Appoggiò il menu sul tavolo senza avere ancora scelto cosa mangiare.

Poteva davvero dirle la verità quel giorno? Mentre festeggiavano il suo diciannovesimo compleanno? Era abbastanza crudele da farle una cosa simile?

Ma non sarebbe forse più crudele lasciare che continui a farsi illusioni sulla nostra relazione? E Shizuru l'amava! Continuava a ripetersi senza sosta. Viola stessa non sapeva come la ragazza avrebbe reagito alla verità sulla sua identità. Non riusciva ad immaginarsi la sua reazione malgrado gli sforzi. Di certo perché non si poteva prevedere una cosa simile se non vivendo quel genere di situazione.

"Viola? C'è qualcosa che non va?"

Viola spostò lo sguardo sulla persona di fronte a lei e notò la sua inquietudine.

"No, no, va tutto bene," la rassicurò. "Sono solo terribilmente dispiaciuta di non avere un regalo da offrirti."

"Ara," sorrise Shizuru, sollevata. "Basterà invitarmi a cena domani o semplicemente accompagnarmi al cinema visto che sembri conoscere bene i miei gusti."

"Perché no!" Esclamò Viola in tono malizioso. "Ci penserò."

In fondo, il più bel regalo che potesse farle era quello di continuare a lasciarla sognare. Le prove, la solitudine, le rivelazioni potevano aspettare ancora un po'.


Shizuru aveva rifiutato il suo invito. Shizuru non si era mai rifiutata di vederla! Mai! Eppure, improvvisamente, la ragazza da cui aveva cercato così disperatamente di allontanarsi non voleva più vederla.

Natsuki, furente, picchiò aggressivamente sui tasti del suo joystick, cercando di sfogare tutta la sua frustrazione sul boss del suo videogioco. La rabbia evidendentemente non l'aiutò molto perché l'immonda creatura che aveva faticato così tanto a raggiungere colpì in pieno il suo personaggio. Lo schermo mostrò il ben noto messaggio di "game over", che non fece altro che farla adirare ancora di più. Di conseguenza, il joystick volò dall'altra parte della stanza e colpì violentemente qualcosa, a giudicare dal rumore di vetro in frantumi.

Alla fine incrociò le braccia sul petto e tentò di calmarsi.

In realtà Shizuru non le aveva detto di non volerla più vedere, semplicemente di non potere accettare il suo invito quella sera. Era sembrata sinceramente sorpresa che Natsuki aspettasse la fine degli esami per proporle di uscire insieme da sole una sera per festeggiare il suo compleanno.

Natsuki capiva la sua sorpresa. Da settimane non si incontravano da sole, senza Mai o Chie o qualcun altro dei suoi amici. Settimane nelle quali Natsuki non aveva fatto nessun tentativo per vederla - proprio come Shizuru stessa d'altro canto. E da quando la ragazza la conosceva - quasi quattro anni - di rado le aveva fatto gli auguri per il suo compleanno - una volta addirittura le aveva regalato un braccialetto dopo quasi un mese di ritardo, quando finalmente se n'era ricordata.

Per questo capiva perfettamente la sua sorpresa, ma non il suo rifiuto.

Era Viola. Di certo era colpa sua. Le cose stavano cambiando e a Natsuki non andava giù.

La ragazza infine si alzò per andare a verificare i danni che aveva provocato. Il joystick sembrava intatto ma probabilmente non avrebbe più funzionato come prima. Il quadro che aveva rovesciato invece era da buttare. La ragazza si inginocchiò per raccogliere i frammenti più grossi e sibilò quando un pezzo di vetro le tagliò un dito. Qualche goccia di sangue cadde sulla foto scoperta.

Shizuru le aveva regalato il quadro e la fotografia per uno dei suoi compleanni - che Shizuru dal canto suo non aveva mai dimenticato. Natsuki l'aveva tenuto anche se aveva detto alla ragazza di averlo buttato via. Nella foto, Natsuki teneva il broncio, con le guance rosse sicuramente per essere stata presa in giro dalla sua amica e, malgrado le gocce di sangue che in quel momento nascondevano il viso di Shizuru, Natsuki sapeva che la ragazza stava sorridendo in modo naturale di fianco a lei.

L'immagine sembrò sfocarsi, e sentì nuove gocce cadere sulla carta plastificata della fotografia. Ma questa volta non era sangue. Lacrime scorrevano silenziosamente lungo le sue guance, per finire il loro percorso sui visi immortalati dalla macchina fotografica. Natsuki piangeva.

Perché stava perdendo Shizuru.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


NDA: Nuovo capitolo dopo una difficile e sanguinosa lotta contro il mio computer perché accettasse, uno di accendersi, due di connettersi a internet...
Ancora mille grazie a tutti coloro che si sono presi la briga di lasciare una recensione.


Capitolo 8

Natsuki controllò nuovamente di avere pensato a tutto. I biglietti per Kyoto erano nella tasca interna del suo giubbotto di pelle, il regalo era ancora nella tasca destra, le chiavi e il portafoglio in quella sinistra. Afferrò il suo casco e uscì a prendere la moto.

Aveva proposto a Shizuru di andare a prenderla, ma la ragazza le aveva detto che preferiva incontrarla direttamente alla sala da the dove Natsuki l'aveva invitata per pranzo.

Il rifiuto del giorno prima l'aveva così sorpresa e frustrata che Natsuki non aveva subito pensato di rimandare l'invito al giorno dopo. Solo al mattino, dopo avere passato una buona parte della notte a maledire il mondo intero e cadere nel panico all'idea di perderla, aveva pensato di invitarla a pranzo. Due ore prima aveva quindi chiamato Shizuru la quale, di ottimo umore, aveva accettato l'invito con gioia. Natsuki aveva specificato di avere prenotato un tavolo per due a una delle sale da the che Shizuru preferiva nella galleria del centro commerciale.

Era una bugia pietosa a dire il vero. Natsuki non pensava fosse necessario prenotare, ma precisare un tavolo per due significava che non desiderava vedere altri che Shizuru. Quest'ultima l'aveva sicuramente capito e quindi c'erano poche possibilità che Natsuki dovesse imbattersi in Viola quel giorno.

Il giro in moto la congelò esattamente come la settimana prima ma quasi non ci fece caso, tanta era la voglia di vedere Shizuru rispetto a tutto il resto. Fu quindi ancora più sorpresa e delusa di non trovarla già sul posto. Natuski lanciò un'occhiata al suo orologio, prima di fare una smorfia. Quasi 20 minuti di anticipo. Era sorprendente: Natsuki arrivava molto raramente in orario. In effetti, quel genere di situazioni capitava solo quando c'era di mezzo Shizuru.

Natsuki entrò quindi nella sala da the e, ignorando di proposito l'anziana padrona che serviva lì, scelse un tavolo per due appoggiato contro una vetrina che dava sul centro commerciale. Solitamente sia Natsuki che Shizuru preferivano tavoli in fondo, isolati, che garantivano tranquillità. Ma purtroppo un gruppo di giovani alquanto rumorosi aveva già preso posto in quella zona, costringendo la ragazza a ripiegare su un tavolo esposto.

Passò il primo quarto d'ora a rimandare indietro l'anziana padrona e a osservare l'andirivieni di persone che, a tre giorni dal Natale, correvano da una parte all'altra per finire i propri acquisti.

L'andatura calma e solitaria di Shizuru attirò quindi subito la sua attenzione. Inconsciamente le labbra di Natsuki si distesero in un sorriso mentre raddrizzò la sua postura per accoglierla al suo arrivo nella sala da the. Era sempre stata così felice di vedere Shizuru? Il suo cuore aveva sempre battuto così, così forte, così veloce? Natsuki scosse leggermente la testa per scacciare quei pensieri tanto svianti quanto futili. Temeva solo di avere perso l'attenzione - l'amicizia, si corresse - di Shizuru.

"Shizuru!" La salutò con un tono così dolce da sorprendere sia lei che l'altra ragazza.

"Ara, Natsuki," rispose Shizuru con un sorriso carico di buon umore per nascondere la sua sorpresa.

Natsuki arrossì, e tossicchiò prima di prendere una sedia e tirarla indietro per invitare Shizuru a sedersi. La Kaichou fu colta nuovamente di sorpresa da questo comportamento atipico, prima di prendere con grazia il proprio posto.

"Natsuki sta bene?"

Una sincera preoccupazione animava il suo sguardo.

"Sì, certo," balbettò l'altra, "perché non dovrei?"

"Natsuki si comporta in modo un po' strano. E sembravi un po' scombussolata quando ti ho salutata ieri sera," continuò Shizuru con voce tenera.

"No, no, va tutto bene," protestò lei.

Si raschiò nuovamente la gola, con la sensazione di stare comportandosi in modo diverso dal solito.

"Ordiniamo."

Shizuru sorrise e fece un semplice cenno alla cameriera prima di ordinare il solito per lei e Natsuki.

"Buon compleanno Shizuru," disse finalmente Natsuki. "So di avertelo già detto ma stavolta ho dei regali."

"Ara, Natsuki deve proprio stare male!" La prese in giro Shizuru.

"No!" Si difese tenacemente l'altra.

Se fosse stato chiunque altro, Natsuki non sarebbe stata sorpresa nel percepire una certa forma di rimprovero nel tono di quel commento. Ma Shizuru la punzecchiava semplicemente, evidentemente offesa che Natsuki avesse già potuto dimenticare il suo compleanno.

Con le guance leggermente rosse e il viso imbronciato, Natsuki incrociò le braccia sul petto per cercare di controllare le sue reazioni di fronte a Shizuru.

"Li vuoi subito o dopo pranzo?"

"Che cosa?" Chiese Shizuru in tono divertito, con un'espressione innocente che contraddiceva il sorriso malizioso sulle sue labbra.

"I regali!" Esclamò l'altra, incapace di resistere alla provocazione dell'amica anche se era ben cosciente che Shizuru la stava prendendo in giro.

"Quando Natsuki preferisce, direi," esclamò la ragazza, ridendo finalmente dell'impazienza della sua compagna di classe più giovane e felice del suo buon umore.

Natsuki frugò nelle tasche del suo giubbotto di pelle per cercare il regalo, prima di porgerglielo con una cura infantile.

"Spero che ti piacerà."

Incuriosita, Shizuru si trattenne dallo strappare il pacchetto e preferì aprire con cura la piccola scatolina rossa e oro, decisa a far durare quel momento di piacere il più a lungo possibile. Sopra un cuscinetto di seta era esposta una semplice collana d'oro bianco che non serviva ad altro che a sostenere un pendente dai motivi complessi incastonato di rubini.

"Spero ti piaccia," ripeté Natsuki, vagamente inquieta.

"E' troppo," sospirò Shizuru accarezzando il gioiello con la punta delle dita.

"Shizuru?"

Natsuki la chiamò, desiderosa di avere la sua attenzione, di sapere se il gioiello le fosse piaciuto davvero o se Shizuru volesse semplicemente essere educata. L'intenso sguardo porpora si alzò verso di lei.

"Allora?" Insistette.

"E' splendido Natsuki. Ma è una follia. Deve esserti costato..."

"Il prezzo non ha importanza," la interruppe Natsuki, convinta che effettivamente la collana le fosse piaciuta. "Aspetta, ti aiuto a indossarla."

Natsuki si alzò improvvisamente in piedi per scivolare alle spalle di Shizuru. Il respiro le si fece irregolare quando sentì il leggero profumo della ragazza. Una fraganza tutta sua. Ma era davvero un profumo? Sì, doveva esserlo. Era poco probabile che la sua pelle fosse in grado di emanare quell'odore dolce e invitante allo stesso tempo. Un odore che avrebbe faticato a descrivere.

Natsuki si costrinse ad ignorare la gola secca e le mani sudate che aveva, incapace di capire cosa le stesse succedendo. Malgrado tutto, fece scivolare delicatamente la mano tra i capelli di Shizuru per spostarli su una spalla ed esporre la nuca. Percepì a stento il leggero sussulto di Shizuru, tanto il battito frenetico del proprio cuore soffocava tutti gli altri suoi sensi. Il mondo si ridusse a quel battito sordo e a quell'estensione di pelle pallida. Il suo corpo si mosse da solo: le dita afferrarono la collana e la fecero scivolare attorno al collo di Shizuru. Quest'ultima rabbrividì a contatto con il metallo freddo - o forse era il tocco delle dita di Natsuki che tentando di agganciare la collana accarezzavano inconsciamente la pelle sensibile del suo collo.

Quando Natsuki tornò a sedersi al suo posto, entrambe avevano le guance arrossate. Il momento era sembrato loro durare molto di più della manciata di minuti necessaria per indossare il gioiello. Shizuru sentiva ancora la sua pelle bruciare al tocco di Natsuki, con il cuore che le batteva ad un ritmo frenetico e irregolare. Ma non poteva permettersi di lasciar trasparire il proprio turbamento. Vedeva gli sforzi che Natsuki stava facendo per mantenere la loro amicizia. E lei era innamorata di Viola. L'amava davvero, e Viola non meritava di vedere la propria ragazza con un'altra - non avrebbe meritato di vederla - prima del loro incontro.

Inspirò quindi profondamente diverse volte finché non si fu calmata, poi di nuovo padrona di sé riportò la sua attenzione su Natsuki.

"Grazie," sussurrò. "E' davvero un regalo magnifico."

Poi le offrì un sorriso superficiale.

"Di niente," rispose Natsuki.

Natsuki si sentiva persa, sia per via dei propri sentimenti che per il comportamento di Shizuru. Le sembrava che mancasse qualcosa nelle sue risposte, nel suo modo di guardarla o di sorriderle. A Natsuki tutto questo non piaceva.

"Dopo pranzo potremmo fare un giro per il centro commerciale, e terminare la serata guardando un film a casa mia?" Le propose, cercando inconsciamente quella luce nel suo sguardo, la malizia nella sua voce o ancora la volontà di avvicinarsi a lei.

"Ah, mi dispiace Natsuki, ho già promesso a Viola di andare al cinema con lei stasera."

Shizuru le rivolse un ennesimo sorriso, fiera di mostrare a Natsuki che amava un'altra persona e che, di fatto, la ragazza non aveva più nulla da temere o motivo per sentirsi a disagio in sua presenza.

Natsuki tuttavia non gradì molto quella risposta. Era chiaro che Viola non fosse ancora uscita di scena.

"Hai già programmato qualcosa per le vacanze?" Domandò bruscamente, senza lasciar trasparire la propria delusione.

La domanda improvvisa colse Shizuru di sorpresa.

"Per le vacanze? No, non ho ancora deciso niente. Perché Natsuki me lo chiede?"

Natsuki tornò a frugare nel suo giubbotto prima di sventolare rapidamente sul tavolo i due biglietti per Kyoto.

"Un altro regalo. Mi sono detta che avrebbe potuto farti piacere andare a Kyoto, magari per festeggiare il Natale e il tuo compleanno insieme alla tua famiglia. Visto che loro non fanno lo sforzo di venirti a trovare."

L'espressione di Shizuru si irrigidì all'istante.

"E' gentile da parte tua Natsuki. Ma due biglietti?"

"Sì, mi sono detta che sarebbe l'occasione perfetta per me per scoprire la tua città natale!"

Natsuki cercò di trasmetterle la sua felicità e il suo entusiasmo, senza capire perché Shizuru non sembrasse troppo contenta.

"Se non vuoi basta che me lo dici," le disse dolcemente. "Tutte le prenotazioni si possono annullare."

"No, Natsuki, è veramente una bella idea," balbettò Shizuru senza sapere bene cosa dire. Anche lì, era troppo. "E' solo che... sono quasi quattro anni che non metto piede a Kyoto."

"Oh, perché? Ci sono dei problemi?"

Shizuru vide chiaramente un interesse e una preoccupazione sinceri da parte di Natsuki. Allo stesso modo in cui aveva visto la sua gioia all'idea di andare in vacanza in sua compagnia. Shizuru non voleva mentirle, soprattutto dopo gli sforzi che Natsuki sembrava stare facendo per rinnovare la loro amicizia.

Ma - tralasciando il vero motivo del mio disinteresse per questo viaggio - passare una, peggio, due settimane con Natsuki come sola compagnia?

Shizuru era quasi certa che il cambiamento improvviso di Natsuki nel loro rapporto fosse causato da tutte le dimostrazioni di affetto che teneva nei confronti di Viola: questo aveva sicuramente rassicurato Natsuki quanto al loro legame, al suo ruolo di amica. Ma Shizuru sapeva che era troppo presto perché lei potesse passare così tanto tempo da sola con Natsuki: temeva - e a ragione, senza dubbio - di fare un passo falso nei suoi confronti. Il rischio sarebbe stato allora vedere Natsuki allontanarsi nuovamente da lei, stavolta forse per sempre. Shizuru non poteva correre un simile rischio.

"No, nessun problema. Semplicemente non ho avuto occasione di ritornarci. Però con Viola..."

"Vi eravate messe d'accordo per vedervi a Natale..." Comprese Natsuki che sembrò all'improvviso perdere tutto il suo entusiasmo, abbassandosi di colpo sulla propria sedia.

"Oh, Natsuki..."

"Non è grave," balbettò lei con voce debole, e facendole segno che andava tutto bene. "Avrei dovuto chiedertelo prima di prenotare. Annullerò tutto dopo pranzo, non ti preoccupare."

Shizuru non ricordava di avere mai visto Natsuki così abbattuta.

"Beh, potremmo partire lo stesso," si convinse alla fine, non sopportando di vederla in quello stato. "Posso sempre chiedere a Viola se vuole venire e prenderle un biglietto in più."

Viola! A Natsuki stava venendo in odio anche solo sentirne il nome. Detestava che Shizuru non facesse altro che parlare di lei. La sua mano si strinse inutilmente intorno al suo bicchiere, e trattenne un moto di collera. Arrabbiarsi non servirà a niente. Visto che non poteva sbarazzarsi di Viola, avrebbe dovuto accettare di scendere a compromessi.

"Sì certo, se ci sono ancora dei posti liberi."

Natsuki sperava che non ce ne fossero.

"In questo caso," continuò Shizuru che non sembrava averla sentita, "ci stabiliremo da me per le vacanze. Natsuki è già stata fin troppo generosa con la collana e il biglietto del treno perché paghi anche un hotel quando la proprietà della mia famiglia ha ampiamente modo di ospitarci. Inoltre temo che, se anche sia fattibile acquistare un biglietto del treno all'ultimo minuto, trovare una camera libera in questo hotel sia impossibile."

Shizuru guardò la brochure dell'hotel dove Natsuki aveva prenotato. Poi il suo sguardo si posò sull'altra ragazza. Intuendo che quest'ultima stava per dire qualcosa, Shizuru la anticipò pensando di tranquillizzare una sua preoccupazione per quelle vacanze.

"Niente ci impedirà di vedere e fare tutte le iniziative previste."

Natsuki si morse l'interno della guancia per non esprimere il fondo dei suoi pensieri. A lei non importava nulla dove avrebbero passato le vacanze, voleva solo stare in compagnia della sua amica e senza la presenza di Viola. Tuttavia, annuì.

"Va bene, annullerò le prenotazioni."

Shizuru sospirò di sollievo tra sé e sé. Insieme a Viola si sentiva fiduciosa, pronta a godersi le vacanze con le due persone che la amavano senza commettere errori. Dopo tutto, non poteva succedere nulla di male se ognuna di loro fosse stata onesta con le altre. Shizuru amava Viola e Natsuki era sua amica. Le cose erano chiare per tutti, no? Nessuna bugia, nessun segreto.

Shizuru ostentò un sorriso che sperò fosse convincente. Natsuki le rivolse un sorriso simile.


Natsuki batté un piede con impazienza, aspettando Shizuru all'entrata del porto. Con il ponte distrutto durante il Carnival, Fuuka era attualmente isolata dal resto del Giappone. Solo i traghetti potevano per il momento collegarla al resto del paese. E se non volevano perdere il treno, dovevano prima di tutto non perdere il traghetto. Quanto a lei, Natsuki era stata nuovamente puntuale. Poiché aveva con sé una grossa valigia piena di vestiti per le loro due settimane a Kyoto, non aveva proposto a Shizuru di accompagnarla in moto. La ragazza le aveva comunque detto che sarebbe venuta in taxi insieme a Viola. Peccato che non fossero ancora arrivate, e che di lì a poco avrebbero finito per perdere il traghetto. Il prossimo ci sarebbe stato solo un'ora dopo ma a quel punto avrebbero già perso la loro coincidenza.

Finalmente in mezzo alla folla di passeggeri che finivano di imbarcarsi un taxi si fermò, facendo uscire le due ragazze. Shizuru non aveva nient'altro che uno zaino, volendo approfittare di quel viaggio a Kyoto per recuperare una parte dei vestiti che aveva lasciato a casa sua, o più probabilmente per andare a fare shopping. Viola invece era carica almeno quanto Natsuki.

"Siete in ritardo," borbottò la ragazza come saluto, fulminando Viola con lo sguardo.

"Ara, colpa mia," disse Shizuru pagando l'autista del taxi.

"Sbrighiamoci ad imbarcarci," disse Viola.

Furono le ultime a salire sul traghetto.

"Per poco partivamo senza di voi, signorine," disse un giovane in uniforme che chiuse la porta d'imbarco dietro di loro.

Natsuki lo ignorò del tutto e si diresse con passo svelto verso la prua della nave. Shizuru e Viola offrirono al poveruomo un sorriso identico che lo lasciò un po' disorientato, prima di recuperare la più giovane del gruppo.

Di comune accordo, decisero di approfittare delle poltrone installate in una delle sale del traghetto. Faceva infatti troppo freddo per restare sul ponte ad osservare il paesaggio. Le onde che colpivano lo scafo della nave con regolarità erano di un grigio smorto, triste e desolante. Proprio come il cielo. Quanto a loro, i venti portavano degli spruzzi che le avrebbero certamente inzuppate per il resto del viaggio se Natsuki avesse insistito per rimanere sul ponte.

La ragazza approfittò del viaggio per fare la colazione che aveva saltato mentre Viola e Shizuru con una sincronizzazione terrificante chiesero un the alla cameriera. Mentre immergeva il croissant nella sua cioccolata calda, Natsuki continuò a maledire tra sé e sé la presenza di Viola. Come Shizuru aveva promesso, aveva proposto all'altra ragazza di partire con loro per Kyoto. Viola, che aveva guarda caso preso ferie per le due settimane successive, aveva accettato la proposta. Con qualche colpo di telefono, Shizuru aveva aggiunto una persona al loro viaggio.

"Com'è Kyoto in questo periodo dell'anno?" Chiese Natsuki con la bocca piena.

Le furono rivolti due identici sguardi di disapprovazione. Seriamente, pensò Natsuki. Con pazienza, sia Shizuru che Viola attesero che deglutisse la sua colazione e che rifacesse la domanda. Era sicura che le due ragazze l'avessero capita. Che maniere! Certo, parlare con la bocca piena non era certo segno di buona educazione, ma almeno Shizuru avrebbe potuto abituarsi a quel piccolo difetto ricorrente. Mai lo faceva pure con Mikoto!

"Ricoperta di neve," rispose Viola, sorprendendo sia Shizuru che Natsuki. "Cosa che rende l'atmosfera ancora più bella quando ci si trova in un onsen."

"Ara, sei già stata a Kyoto?"

Viola fece una smorfia tra sé e sé, prima di tranquillizzarsi. Non aveva importanza che avesse già visto Kyoto.

"Sì, è una città favolosa. Ma sono passati anni dall'ultima volta che ci sono stata. Sono impaziente di tornarci."

"Io adoro i templi," aggiunse Shizuru con un sorriso. "Ma Kyoto è splendida soprattutto nella stagione dei ciliegi in fiore."

"Ma ci sono molti turisti anche in questo periodo dell'anno," continuò Viola.

Natsuki si sorprese a guardare Shizuru con tenerezza, il mento appoggiato a una mano, la colazione dimenticata. Era preoccupata che Shizuru si fosse sentita obbligata a partire per Kyoto, ma parlando della città che l'aveva vista nascere la sua maschera sembrò cadere e la nostalgia cullarla in un dolce abbraccio.

Il suo sguardo indugiò brevemente su Viola. Natsuki trasalì leggermente prima di strofinarsi gli occhi perché, per un breve istante, le era sembrato di vedere doppio: Viola esprimeva le stesse emozioni di Shizuru. Era come se le loro rispettive maschere fossero cadute svelando improvvisamente due ragazze così simili sia di carattere che di aspetto fisico. Simili al punto che sarebbero potute sembrare inscindibili l'una dall'altra se si ecludeva il colore degli occhi e dei capelli. Natsuki scosse la testa per liberarsi da quella strana idea e tornò alla sua colazione. Doveva essere più stanca di quello che pensava.

Il treno non era a lunga percorrenza. Per questo motivo non c'erano molti vagoni riservati, cuccette o ancora dei posti nominativi, nel qual caso Natsuki si sarebbe assicurata di viaggiare in un vagone di prima classe - confortevole e silenzioso - a costo di pagare il doppio. Natsuki, Shizuru e Viola dovettero invece dividere il loro vagone con diverse famiglie che avevano dei bambini piccoli. Tra quelli che correvano lungo il corridoio e i più piccoli che piangevano nella loro culla, Natsuki sentì spuntarle un mal di testa martellante. Come Shizuru e Viola potessero apparire così rilassate malgrado quegli urli assordanti era per lei un mistero! Non c'erano vagoni ristoranti dove isolarsi e nessun posto libero in un vagone tranquillo dove Natsuki avrebbe potuto trovare rifugio, perché le vacanze avevano facilmente riempito tutto il treno.

Natsuki osservò superficialmente il solo posto che avrebbe potuto effettivamente offrirle la pace nelle tre ore successive: il bagno, e fece una smorfia a metà strada tra lo sdegno e il disgusto. Preferiva di gran lunga sopportare le crisi di tutti quei nanetti! E tenere d'occhio Shizuru.

"Mi viene in mente solo ora," disse improvvisamente.

Ebbe subito la piena e completa attenzione di Shizuru che aveva passato gli ultimi minuti a osservare il paesaggio che sfilava davanti ai loro occhi.

"La cosa non disturberà i tuoi genitori? Il fatto che ci stabiliamo da te per le vacanze?"

Gli occhi di Shizuru persero la loro luminosità. Viola si ostinò improvvisamente a contemplare il corridoio dove due bambini turbolenti continuavano a correre.

"No," rispose, "loro..."

Shizuru scosse dolcemente la testa.

"E' poco probabile che li incontreremo. Gli affari, il lavoro."

"Oh, non li vedi spesso," comprese Natsuki.

E' così," rispose l'altra annuendo.

Natsuki lasciò cadere l'argomento, poiché Shizuru non sembrava disposta a ricordare la sua famiglia.

La ragazza riuscì finalmente ad ignorare i loro vicini turbolenti indossando le cuffie prima di mettere la musica abbastanza alta da ricevere un'occhiata di disapprovazione e certamente preoccupata da parte di Shizuru per il futuro del suo udito. La cosa non le impedì comunque di lasciare la musica allo stesso volume e malgrado tutto di addormentarsi.

Le tre ore di treno furono alla fine molto corte quando Shizuru la scosse dolcemente.

"Tra poco arriviamo, Natsuki."

Con gli occhi gonfi dalla stanchezza, Natsuki rivolse un breve sorriso a Shizuru prima di guardare attraverso i vetri appannati del treno quello che c'era fuori. Fu sorpresa di vedere che la neve ricopriva con il suo manto bianco tutto il paesaggio a perdita d'occhio. A Fuuka non era rimasta per più di una mattina, tanto poca ne era caduta. Ma la neve non aveva mai attecchito a Fuuka se non sulla cima delle montagne in mezzo all'isola, luoghi non necessariamente accessibili. Natsuki non ricordava di avere visto un paesaggio così stupendo da molto tempo.

"Wow," esclamò con gioia infantile. "Ho l'impressione che avremo un Natale innevato!"

"E' una fortuna soprattutto che non si sia congelata, altrimenti i treni non avrebbero potuto circolare," disse Viola. "Sei sempre vissuta a Fuuka, Natsuki?"

"Per quanto mi ricordi sì," annuì lei.

"Poiché si tratta di un'isola, le temperature sono più miti a Fuuka," precisò Shizuru. "Vedrai che farà quasi troppo freddo a Kyoto."

"Poco importa," borbottò Natsuki con la faccia ancora incollata al vetro.

Shizuru continuò a sorridere, notando che l'espressione di Natsuki era la stessa di quella dei bambini, anche loro attaccati ai finestrini per vedere la neve. Il treno arrivò finalmente in stazione e una buona parte dei passeggeri scese insieme a loro.

"Guarda quanta gente, faremo fatica a trovare un taxi," sospirò Natsuki trascinandosi dietro la valigia.

Una delle ruote si era rotta e la valigia era diventata disperatamente pesante da trasportare. Sperava di non dover percorrere centinaia di metri con il bagaglio in quello stato.

"Ara, per quale motivo Natsuki vorrebbe prendere un taxi? Ho già chiamato un'auto."

Natsuki alzò un sopracciglio dalla sopresa, non ricordandosi di avere visto Shizuru chiamare un qualunque taxi, ma in fondo aveva passato una buona parte del viaggio a dormire.

In realtà l'auto in questione, che scoprì parcheggiata miracolosamente davanti all'ingresso della stazione, era una di quelle automobili di lusso nere con i vetri oscurati. Il genere di vettura che si vedeva nei film in cui uno dei personaggi era esageratamente ricco. Ma aveva dimenticato che, in effetti, la famiglia di Shizuru era esageratamente ricca. Di fianco all'auto c'era un uomo, una specie di armadio con la pelle nera quanto la sua divisa. Impossibile che fosse giapponese. La divisa nera e la camicia bianca, tutte di fattura eccellente, sembravano essere troppo piccole per contenere la massa muscolare di quell'uomo. Natsuki stessa dovette ammettere che aveva l'aria minacciosa e terribilmente pericolosa. Niente a che vedere con i tizi che aveva potuto frequentare a Fuuka. Natsuki - come chiunque - poteva affermare, dalla maniera con cui si comportava, che quell'uomo era un professionista.

"Signor Anderson," Shizuru lo salutò con un cenno del capo.

Viola la imitò senza dire una parola e Natsuki si raschiò la gola prima di salutarlo a sua volta con un breve cenno. In risposta, Anderson si inchinò leggermente prima di aprire loro la portiera. Non disse una parola, ma né Shizuru né Viola parvero sorprese. Natsuki si chiese quale potesse essere il suo ruolo. Non poteva essere un semplice autista di auto di lusso. Che fosse una guardia del corpo?

Senza perdere tempo in discussioni, Anderson prese i loro bagagli e li caricò nell'auto, il tempo che loro si sedessero. Shizuru lasciò loro i posti dietro e salì di fianco al posto di guida.

Se l'auto e il servitore non avessero ricordato a Natsuki che Shizuru era una ricca ereditiera, senza dubbio la proprietà di famiglia l'avrebbe fatto. Si trovava a più di mezz'ora dalla stazione in un quartiere residenziale dove le case erano così distanti le une dalle altre che si poteva facilmente dimenticare di avere dei vicini. Se Natsuki avesse dovuto descriverla in poche parole avrebbe certamente detto qualcosa come immensa, splendida e dispendiosa.

Nulla di più facile che il cancello d'ingresso valesse diversi mesi di stipendio per non importa quale famiglia di reddito medio. Il giardino era a tutti gli effetti un parco, mantenuto con cura. Quanto alla dimora familiare che aveva lo spazio sufficiente per ospitarle, non era niente più che un leggero eufemismo perché la "dimora familiare" avrebbe potuto tranquillamente ospitare tutti gli studenti del dormitorio di Gakuen Fuuka. A che scopo avere una casa così enorme?

Anderson aprì la portiera a Shizuru mentre altri servitori in livrea si occuparono di assistere Viola e Natsuki. C'era davvero bisogno di qualcuno che aprisse le portiere? Una rapida occhiata a Shizuru e Viola disse a Natsuki che lei sembrava essere la sola a trovarlo strano.

Non si lamentò però del fatto che fossero Anderson e gli altri servitori a trasportare la sua valigia rotta. L'ingresso ricoperto di ghiaia avrebbe impedito in ogni caso l'uso delle ruote, e Natsuki avrebbe rimpianto di avere portato con sé così tanti pezzi della sua collezione di intimo se avesse dovuto trasportare la sua valigia. In sua difesa, c'era da dire che non aveva saputo quali pezzi portare, anche se la scelta dell'intimo non aveva alcuna importanza o rapporto rispetto alle sue vacanze. Certo, non c'era solo dell'intimo in quella valigia. Ma il fatto che una parte della sua collezione fosse lì sistemata obbligò Natsuki a tenere un occhio vigile su Anderson e sul trasporto del suo bagaglio a ruote.

"Natsuki?"

La ragazza spostò finalmente lo sguardo su Shizuru e il suo cuore sussultò alla vista. Con la sciarpa annodata fin sotto il naso, Natsuki non riusciva a vedere la parte inferiore del suo viso. Eppure, sapeva che Shizuru stava sorridendo calorosamente.

"Benvenuta a Kyoto, Natsuki."

Non era Viola che avrebbe dovuto trovarsi al fianco di Shizuru, pensò la ragazza in quell'istante. Natsuki ne aveva l'intima convinzione, anche se si rifiutava ancora di riflettere sul motivo di tale certezza, esattamente come si rifiutava di capire la ragione per cui la vista di Viola al fianco di Shizuru le facesse così male.



NDT: Onsen è il nome giapponese per una stazione termale: come molti altri termini nella storia, ho preferito mantenerlo nella sua forma originale.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


NDA: Grazie per le recensioni! Di cui una con quale sono d'accordo, anche se "non farò nomi" XD. E' dura seguire autori che ci piantano in asso, spero proprio di non cedere a questo virus XD.
Sono comunque determinata a finire questa storia, e questo fa sì che... ci sia un nuovo capitolo! E' vero, è più corto - ma meglio che niente, no?

NDT: Aggiungo una nota personale: emyliane nei suoi commenti a questo capitolo si riferisce ad una recensione ricevuta su fanfiction.net, nella quale un utente le scriveva di essersi avvicinato alla sua storia solo negli ultimi tempi perché, secondo lui/lei, gli autori francesi hanno la cattiva abitudine di non finire mai le loro storie (anche se non ha fatto nomi, citazione ripresa poi da emyliane). Per fortuna non è il caso di questa bravissima autrice, la quale ha terminato da tempo questa storia (anche se dopo ben 25 capitoli!) XD
Mi scuso per avere fatto passare così tanto tempo tra i capitoli 7 e 8, spero di essermi fatta perdonare con questa nuova traduzione; dalla prossima volta riprenderò il solito ritmo più o meno mensile.


Capitolo 9

Il sangue. Ovunque posasse lo sguardo vedeva quel rosso porpora, talvolta così scuro da essere quasi nero. Quella sostanza vitale, dall'odore di ferro così forte e nauseante. Ricopriva il suolo, decorava i muri, schizzava perfino il soffitto.

Impregnava i suoi vestiti.

Il panico la soffocò, ma poiché non accadeva nulla continuò ad avanzare. Ad ogni passo, sentiva l'orribile rumore provocato dai suoi piedi che pestavano quel liquido, che man mano si faceva sempre più fioco mentre il sangue si coagulava. Voleva chiudere gli occhi e fuggire da quel luogo, fuggire lontano e in fretta. Eppure continuò ad avanzare. Ancora e ancora. C'era sempre più sangue, e l'odore diventava sempre più forte e più intenso. Aveva voglia di vomitare.

Poi in quel corridoio interminabile, in quell'oceano di sangue appiccicoso, vide il primo scoglio. Un uomo. Una divisa nera. Un agente del Primo Distretto. Un aggressore. Una vittima. Uno dei tanti.

Poi un secondo corpo galleggiò verso il primo.

Stava sognando. O meglio, stava avendo un incubo. Ne era certa, nessun corpo poteva galleggiare in un oceano di sangue, non poteva esserci così tanto sangue. Dopo tutto, quanti morti avrebbero dovuto esserci per ottenere una scena simile? Troppi.

Eppure un terzo corpo raggiunse gli altri due. E un quarto... un quinto... smise di contare quando affluirono verso di lei. Innumerevoli, indistinguibili. Un ammasso di carne fresca o putrida, dal viso e dai corpi deformati dal dolore e dalla morte. Anche se le pareva che ciascuno di loro tendesse una mano scarna nella sua direzione. Le loro bocche spalancate si aprivano su un abisso di tenebre e i loro occhi vitrei la fissavano, imperturbabili, accusatori. Urlavano al mondo la loro sofferenza, la maledivano, la odiavano. La sfidavano a guardarli in faccia e ad assumersi la responsabilità di ciò che aveva fatto. Svelavano l'essere abietto, il mostro demoniaco assetato di carne e sangue che lei era.

Incapace di sopportare più a lungo quella carneficina, la ragazza riportò la sua attenzione sull'oggetto che, per via del suo peso, sembrava pronto a strapparle le braccia o a trascinarla in quel bagno di sangue. La vista della naginata, il legno del manico scivoloso di sangue, le serrò la gola, le rivoltò lo stomaco. Per un breve istante, si chiese se il colore rosso dell'arma venisse da lì? Da quel sangue, lo stesso sangue che macchiava i suoi vestiti e le sue mani.

"Perché?"

Un gemito. Una supplica. Una volontà di capire. Dolore, incomprensione, tradimento, un miscuglio di emozioni che quella voce roca rendeva perfettamente. Quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille. Natsuki.

Era là, persa in mezzo a quell'ammasso di cadaveri. Il pallore della sua pelle, quello della morte, contrastava ancora di più con il sangue - il suo sangue - che la macchiava.

"No," urlò. "No, Natsuki. Non ti ho uccisa! Non ti farei mai del male!"

Non si era però battuta contro di lei? Non aveva forse tradito la loro amicizia? Ma non ti ho mai uccisa!

Fiotti di sangue iniziarono ad inghiottire tutto. Abbandonando la sua arma, si precipitò verso Natsuki, avanzando a stento in mezzo al sangue che le arrivava in quel momento fino alla vita, cercando disperatamente di afferrarla prima che sparisse. Ma lei si allontanò, la perse. Ti ho persa.


Un grido di terrore risuonò. Shizuru, il corpo sudato, lacrime che le rigavano le guance, cercò di regolare il suo respiro. Ma il sogno, ancora persistente, le avvelenava lo spirito. Presa da un conato di vomito, Shizuru balzò dal letto volente o nolente, evitò di poco la trappola rappresentata dalle lenzuola e raggiunse in tempo il bagno attiguo alla sua camera. Seduta nelle tenebre della stanza ricoperta di piastrelle, la fronte appoggiata contro la ceramica della vasca da bagno dopo che ebbe vuotato il suo stomaco nel gabinetto qualche metro più in là, Shizuru cercò di riprendere un contegno. Certo, Natsuki era viva; certo, quel sogno non rifletteva la realtà, ma in fondo... in fondo lei era quel mostro, aveva commesso quegli omicidi. Soffocò il bisogno irrefrenabile di andare fino in camera di Natsuki per verificare come stava, per prendersi il tempo di ascoltare il tranquillo respiro del suo sonno profondo. Un sonno che lei non aveva più da mesi.

Forse non meritava il perdono e l'assoluzione che Natsuki sembrava offrirle, la felicità che Viola le accordava. L'idea di fuggire dal mondo e vivere in reclusione per espiare i propri peccati, affrontarli da sola, le era venuta in mente spesso. Ma non riusciva ad allontanarsi da quelle persone che le permettevano di dimenticare il mostro che era. Tuttavia, la notte si occupava di ricordarglielo costantemente, finché la stanchezza - o l'alcool ripensando all'ultima volta - non finiva per avere la meglio su di lei. Solo allora otteneva una notte senza sogni né incubi.

Trucco, pura volontà e perfetto controllo di sé erano le parole d'ordine delle sue giornate se non voleva che chiunque scoprisse ciò che stava vivendo.

Passò più di un'ora, prima che trovasse la forza per rialzarsi. Trascorse mezz'ora sotto la doccia, prima di vestirsi con un paio di jeans e un maglione bordò abbastanza caldo per affrontare certi corridoi della sua proprietà. Finì l'opera con un buon quarto d'ora di fronte allo specchio per nascondere le occhiaie e cercare di far sparire il pallore della sua pelle. Avendo fatto un lavoro decente, si convinse infine ad uscire dalla sua camera. Certa che uno dei suoi numerosi servitori avrebbe finito per occuparsi della stanza che aveva lasciato, non si preoccupò di aprire le imposte o di areare. Non fu sorpresa di vedere che era ancora notte fonda. Era crudelmente presto, cosa che da un lato le garantiva una certa tranquillità. C'erano ben pochi servitori a quell'ora. Un amministratore e delle guardie. Probabilmente il signor Anderson. Cosa che equivaleva ad essere soli quando si viveva a casa Fujino.

Shizuru non aveva fame, si sentiva nauseata alla semplice idea di cibo ma la possibilità di un the caldo, bevuto sotto la veranda che dava sul parco, era l'occasione perfetta per cambiare idea. Di fronte all'immacolato tappeto di neve, niente avrebbe potuto ricordarle il suo sogno.

Così armata e pronta a rannicchiarsi nella poltrona che era stata il suo rifugio fin dall'infanzia, fu sorpresa di trovarci Viola. La ragazza sembrava essersi addormentata sotto una leggera coperta; un the, ormai freddo, era appoggiato su un tavolino al suo fianco. Un leggero disappunto la fece esitare a riprendersi la sua poltrona svegliando Viola. La giovane sembrava a suo agio, ma Shizuru non riusciva a togliersi di dosso un primario sentimento di gelosia. Quella era la sua poltrona. Si fece sfuggire un sospiro tremante, sorpresa che quel semplice disappunto potesse sconvolgerla a quel punto. Alla fine, vide il vecchio divano di fronte all'immensa vetrata e si arrese all'idea di sistemarsi lì. La tranquillità, la neve appena visibile sotto gli ultimi raggi di luna e qualche fonte luminosa esterna, insieme al the, finalmente la calmarono, plancando i suoi timori e le sue paure.

Inspirò profondamente, lasciandosi cullare dai ricordi e dalla nostalgia. Avrebbe tanto voluto che i suoi genitori fossero lì, che - senza ragione, senza un motivo particolare - la potessero stringere tra le braccia, godendo del loro calore e del loro amore. Prima della loro morte, la vita le era sempre parsa spensierata e piena di promesse. Ma dopo il loro decesso non era più tornata a Kyoto, per paura che la semplice vista della casa e delle persone che l'avevano vista crescere la facessero ripiombare nella tristezza e nella disperazione, nei ricordi e nei sogni di tutto ciò che avrebbe potuto o sarebbe dovuto essere.

Eppure, avrebbe dovuto ringraziare Natsuki. Malgrado gli incubi, da tempo non si sentiva così bene. Quella era la sua casa, il suo focolare. I suoi servitori erano prima di tutto persone che si preoccupavano per lei. Non avevano avuto bisogno di parlare, il semplice fatto di vederli sorridere, il lampo di gioia nel loro sguardo le avevano riscaldato il cuore.

Kyoto era la sua casa.


Forse era per questo che aveva notato Natsuki. La ragazza era piena di collera e di rancore, aveva respinto tutto e tutti, sputato sulla loro pietà, soprattutto su quella gente che pensava di capire cosa volesse dire essere soli al mondo. Era fuggita dalla realtà, dalla possibilità di riprendere una vita normale. Perché riprendere una vita normale sarebbe stato come dire che la sua perdita non era nulla, nulla più di un'altra tappa della vita, una fase come un'altra.

Shizuru si era avvicinata a lei perché ad un certo livello l'aveva capita. In qualche modo, aveva percepito la loro somiglianza.

Shizuru era fuggita da Kyoto per non ammettere che i suoi genitori fossero morti, per non ricevere quegli orribili sguardi di pietà da parte della gente. Ma lei aveva scelto un'altra strada - per debolezza o per tristezza - prima di tutto, si era sforzata di fuggire dalla realtà convincendosi che non era successo niente, che andava tutto bene, che i suoi genitori erano vivi, semplicemente occupati dal loro lavoro, dai loro viaggi d'affari. Aveva mentito a se stessa, mentito tutti i giorni dicendo che andava tutto bene. Lei non stava bene e nessuno poteva capire. Era più facile fingere. Più semplice che rischiare di provare quella sofferenza che era le perdita di una persona cara. Essere indipendente, distaccata da tutti: aveva scelto di portare la sua Maschera. Quello era il segno che la sua perdita significava qualcosa, che lei non dimenticava, che non avrebbe mai dimenticato.

E aveva incontrato Natsuki. Era stato come trovarsi di fronte ad un'immagine leggermente distorta di sé stessa. Non aveva potuto distogliere lo sguardo dalle crepe che la morte di sua madre aveva aperto in Natsuki. Le stesse crepe che aveva ignorato in lei stessa.

Natsuki sembrava credere che Shizuru l'avesse salvata a quel tempo. Ma Natsuki si sbagliava. Anche Shizuru aveva avuto altrettanto bisogno di lei, forse persino di più.

Scoprendo Natsuki, Shizuru aveva reimparato ad amare, a legarsi a qualcuno. Ogni scoperta sulla ragazza, le sue passioni, i suoi gusti, le loro differenze, non avevano fatto altro che avvicinarla di più a lei. Shizuru non sapeva in quale momento quell'attaccamento si fosse trasformato in quel sentimento così meraviglioso e crudele che era l'amore. In sua compagnia, la Maschera scivolava via perché, con lei, non voleva più fuggire, voleva riprendere il corso di una vita normale dove lei potesse amarla.

Ma questo era impossibile...


Shizuru aprì di nuovo gli occhi. Non pensava di essere rimasta assorta così profondamente nei suoi pensieri. Una nuova alba stava iniziando a nascere. Viola dormiva ancora, con le ginocchia raccolte contro il petto, il viso nascosto nel morbido guanciale dello schienale della poltrona. Si chiese se un giorno sarebbe riuscita a provare nei suoi confronti quello che provava per Natsuki, poi scacciò il pensiero con un gesto della mano. Il tempo glielo avrebbe detto, e per il momento aveva problemi più urgenti. Aveva fame.

Scostando la coperta, percorse i lunghi corridoi, il rumore dei suoi passi appena percettibile sul legno lucidato. Entrando in cucina, si trovò faccia a faccia con una sopresa Chikako - una cuoca che lavorava già da tempo lì, quando la proprietà apparteneva ai suoi nonni. L'anziana donna non aveva mai detto quanti anni avesse ma per Shizuru Chikako era anche più vecchia di Miss Maria, la sua tutrice legale che era una donna già mooooolto anziana. Avendo fatto della cucina il suo dominio, Shizuru dovette lottare affinché ella le lasciasse toccare un armadietto o i fornelli. Alla fine, la ragazza preferì scendere a compromessi e accettare l'aiuto della donna quando si rivelò incapace di trovare qualsiasi altra cosa che non fosse del the in quella cucina. Quando Chikako iniziò ad aiutarla, le cose andarono subito molto meglio, e lei poté iniziare la preparazione di una colazione degna di quel nome.


Il richiamo dello stomaco ebbe la meglio sul sonno profondo di Natsuki. Dopo tre giorni passati nella dimora Fujino Natsuki aveva imparato una cosa: ritrovare a memoria il suo cammino era al di là delle sue capacità, quindi sfruttava il vantaggio straordinario che le era stato concesso: il suo fiuto. Non appena era ora di fare colazione, pranzo, merenda o cena, dovunque si trovasse nella proprietà Fujino - a parte forse i giardini - poteva percepire gli odori di un pasto da far salivare chiunque. Natsuki era ben lontana dal farne eccezione. Anche se aveva "messo il broncio" - termine che Natsuki metteva tra virgolette perché sarebbe stato più giusto secondo lei dire che provava una semplice contrarietà - davanti alla mancanza del suo condimento preferito, la cucina della vecchia Chikako l'aveva conquistata. Sentiva già nascere una relazione di amore-odio verso quella cucina gustosa e invitante. D'amore: questo era facile da capire, era così buona che la adorava. Di odio, perché intuiva che tutto quel nutrimento delizioso le sarebbe costato caro una volta salita sulla bilancia.

Due importanti domande le erano allora venute in mente:

- come poteva Shizuru avere una linea così perfetta, essendo cresciuta per tutta la vita con la cucina di Chikako?

- com'era possibile - dopo avere assaggiato una cucina così succulenta - che Shizuru riuscisse a consumare quella roba per conigli cui si atteneva a Fuuka?!

Le erano venute in mente diverse risposte plausibili. Shizuru aveva un metabolismo tale da fare impallidire di gelosia chiunque; Shizuru aveva bisogno di verdure ed erbe per mantenere la linea; Shizuru non sapeva cucinare.

Anche se Natsuki non sapeva come riuscisse la ragazza a mantenere la linea, era quasi certa che la sua amica non sapesse come servirsi dei più semplici utensili da cucina che non fossero le bacchette. Shizuru aveva sempre preferito portarla fuori a pranzo, o ordinare da asporto. Inoltre, l'esame di cucina non l'aveva vista impegnarsi particolarmente o concentrasi molto.

Fu questa in parte la ragione per cui Natsuki fu così sorpresa di vedere Shizuru mentre stava per aiutare Chikako a preparare la tavola per la colazione, con un grembiule rosa cinto in vita. Poi, alla sorpresa fece seguito l'ilarità vedendo che il grembiule aveva fatto solo parzialmente il suo lavoro, perché Shizuru era ricoperta di farina quasi da cima a fondo. Per di più, diverse macchie di pasta si vedevano sul suo maglione e sul grembiule.

"Mou Natsuki, non è divertente! Mi sono impegnata molto per preparare questa colazione."

Shizuru, con un'espressione imbronciata e infantile, le guance gonfie ma con una luce divertita nei suoi occhi porpora. Era adorabile. Natsuki amava vederla senza la sua maschera, amava vedere quell'espressione sul suo viso, amava Shizuru.

Amava Shizuru.

Quell'improvvisa ammissione fu tanto violenta quanto un pugno diretto allo stomaco. Brutalmente, capì cos'era quel sentimento inquietante che Shizuru provocava in lei. Fino a che punto aveva potuto essere così stupida da non capirlo prima. Il semplice fatto di riconoscere quei sentimenti ebbe come risultato lo sboccio evidente di uno dei più bei rossori sul suo viso. Shizuru, che la stava osservando, si mise a ridere. Un suono cristallino che riscaldò il cuore di Natsuki e accentuò ancora di più il suo rossore quando capì cosa quella semplice risata poteva far scattare in lei.

Non riusciva a muoversi, non riusciva a staccare lo sguardo dalla ragazza magnifica e molto infarinata che si stava avvicinando a lei ridendo.

"Ara, che ti succede Natsuki? Non ricordo di averti mai vista così rossa."

Natsuki aprì la bocca nella speranza di una risposta che salvasse un poco del suo orgoglio, ma ne uscì solo un suono strozzato. Nuovo scoppio di risate. Nuovo calore nel suo petto.

"Mou, adesso Natsuki mi ignora!"

Mai!

Sentì le dita di Shizuru sfiorarle la guancia, e Natsuki si abbandonò alla delicatezza quasi elettrica di quella carezza. I battiti frenetici del suo cuore iniziarono un secondo giro di pista.

Le parole si formarono da sole, senza controllo, sfuggendo a qualsiasi volontà.

"Shizuru, io..."

"Ah, siete già in piedi?"

Con un sussulto che spezzò il loro incantesimo, Shizuru si allontanò da Natsuki, il suo viso per attimo adombrato dalla vergogna.

Natsuki fu più lenta a riprendere il controllo del proprio corpo. Non sapeva bene cosa fosse appena successo, cosa fosse stata sul punto di dire. Sapeva solo che il tocco di Shizuru le mancava già e che sentiva una rabbia profonda che adesso aveva un nome: gelosia.

Gelosia nei confronti di chi riceveva in quel momento l'affetto della ragazza che amava, gelosia nei confronti di chi le aveva appena interrotte: Viola.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


NDA: Euh... non ho molte cose da dire (spero solo che la storia continui a piacere^^)


Capitolo 10

Io sono te.

Doveva dirglielo, e prima sarebbe stato meglio era. Prima che commettesse qualche gesto sconsiderato, il genere di cose che le avrebbero fatto perdere la fiducia e il potenziale aiuto che Shizuru avrebbe potuto fornirle.

Viola si trovava di fronte agli specchi del suo bagno. Shizuru le aspettava tra una trentina di minuti all'ingresso della dimora. Avevano deciso di fare un giro a piedi durante la giornata per mostrare a Natsuki i templi che amavano tanto. Dopo quel giro culturale, sarebbero andate a pranzare in uno di quei piccoli ristoranti che Shizuru apprezzava molto. Natsuki aveva infatti espresso il desiderio di provare un ristorante che alla ragazza piacesse. Non era forse lei la persona più indicata per sapere dove mangiare bene a Kyoto? Sarebbero poi tornate a visitare il quartiere, anche se quelle cosiddette visite erano più una scoperta generale della città illuminata per le feste. Del resto, non avevano ancora stabilito una destinazione precisa, a parte fermarsi per ammirare l'illuminazione dell'albero sistemato in una delle grandi piazze nel cuore della città.

Le luci, gli alberi, Natale e il suo cenone. Quell'insieme era prima di tutto una festa per gli innamorati lì in Giappone, e Viola era ancora più consapevole delle proprie bugie. Senza dubbio Shizuru si aspettava di starle vicina quella sera e mostrarsi - forse - più distante nei confronti di Natsuki affinché il loro rapporto di amicizia rimanesse chiaro. Niente di sorprendente. Viola avrebbe potuto adeguarsi a quella situazione.

A colazione però, le regole parevano essere cambiate. Shizuru e Natsuki si erano trovate molto vicine. Sembravano entrambe in un mondo a parte, inconsapevoli di essersi avvicinate tanto. A Viola la situazione non era piaciuta, e prima di rifletterci sopra aveva intenzionalmente interrotto quel momento.

Adesso che era sola, aveva tutto il tempo per ripensare alla sua reazione. O almeno, secondo il suo orologio, aveva esattamente 25 minuti per pensarci. E Viola si conosceva bene.

Gli avvenimenti straordinari che aveva vissuto le avevano fatto scoprire molte più sfaccettature della sua personalità di quante non ne avrebbe mai potute immaginare. Viola era una ragazza profondamente possessiva e gelosa. Più di quanto non volesse ammettere lei stessa. Faticava ad avvicinarsi a qualcuno, a dipendere da un'altra persona, ma una volta arrivata a provare interesse nei suoi confronti, diventava un essere del tutto irragionevole nel suo bisogno ossessivo dell'altro.

Natsuki. Qualsiasi cosa avesse potuto dire - o tentare di credere - desiderare vedere Natsuki felice e vederla felice con qualcun altro che non fosse lei era al di là delle sue capacità!

Anche se quel qualcun altro era una versione più giovane di lei stessa.

Anche se aveva sempre voluto che Natsuki finisse insieme a Shizuru.


Viola si bagnò copiosamente il viso con acqua fredda, cercando di chiarirsi le idee. Per un attimo, aveva desiderato che Shizuru sparisse - di propria mano se necessario - per poter prendere il suo posto. Era probabile che Natsuki non si sarebbe accorta della differenza una volta rimosso il colore e tolte le lenti. Del resto, come darle torto? Lei e Shizuru erano la stessa persona, solo qualche anno le separava.

Gelosa di sé stessa. Che ironia... Aveva tanto sognato e desiderato ottenere l'attenzione e l'affetto di Natsuki. E una versione di lei c'era riuscita, sicuramente grazie agli interventi, alle azioni, che lei aveva provocato (in)volontariamente. Le sarebbe piaciuto poter apprezzare quel cambiamento positivo, ma non ne ricavava che un gusto amaro. Perché, se Shizuru e lei erano la sola e medesima persona, Shizuru non aveva ancora vissuto ciò che lei aveva subito, Shizuru riceveva le prime manifestazioni dei sentimenti nascenti di Natsuki; e lei, Viola, non riceveva altro che disprezzo e gelosia dalla ex-HiME. La ragazza poteva solamente immaginare il dolore che quella reazione le provocava? Certamente no. Perché, se erano davvero così simili, Viola non poteva - a sua volta - sperare di avere una possibilità di essere amata da Natsuki? Non meritava di trovarsi al posto di Shizuru?


Un'altra parte di lei - ridicolmente piccola - era gelosa anche di Natsuki e rimproverava a Shizuru la sua infedeltà, i suoi sentimenti nei confronti di un'altra. Non era forse un discorso da ipocriti? Viola non avrebbe mai esitato a tradire il mondo intero per Natsuki.

Sapeva quindi che avrebbe fatto di tutto per impedire che Shizuru e Natsuki si riunissero. Non poteva trattenersi. Era una persona egoista, ossessiva, gelosa, perfino a scapito di sé stessa. A scapito di Shizuru, di questa versione del passato ancora aperto ad un futuro diverso da quello che aveva dovuto affrontare lei e che presto sarebbe terminato. Per quel motivo, avrebbe dovuto lottare affinché Shizuru e Natsuki finissero insieme. In teoria, lo voleva; in pratica, non ne era in grado.

Era in quei momenti che ricordava che, qualsiasi cosa facesse, c'era sempre una parte oscura di sé che non era capace di controllare.


Da tempo Shizuru non sperimentava una colazione così strana. Dopo l'improbabile situazione nella quale si era trovata insieme a Natsuki all'arrivo di Viola, si era aspettata che la vecchia invocatrice di Duran ridiventasse la persona scostante e timorosa che conosceva. Invece la ragazza non aveva esitato a trascinare la propria sedia vicino alla sua. Si era anche assicurata di occupare quel posto prima che Viola potesse sedersi. Malgrado tutto lo spazio offerto dalla lunga tavola, Natsuki era giunta ad avvicinare le due sedie a un punto tale che, ad ogni movimento, le loro braccia si strofinavano. Shizuru si era sentita improvvisamente molto consapevole di sé e dei suoi vestiti macchiati. Non riusciva a ricordare di cosa avessero parlato durante la colazione. La sua attenzione era concentrata sul calore contro il suo fianco sinistro e su quello che sarebbe potuto accadere qualche minuto prima.

Shizuru rimpiangeva certamente che quel momento fosse stato distrutto così presto, ma soprattutto sentiva di avere un debito nei confronti di Viola per essere arrivata giusto in tempo! Natsuki era stata chiara sui suoi sentimenti nei suoi confronti. Shizuru aveva perso il controllo, e anche se per una strana ragione Natsuki non era parsa reagire, Shizuru sentiva che l'avrebbe tradita di nuovo abbracciandola.

Che Natsuki avesse cercato di metterla alla prova? Forse. L'amicizia si basava sulla fiducia, e dopo il Carnival e la promessa di Shizuru di fare del proprio meglio per restarle amica, forse Natsuki aveva bisogno di testare quella fiducia. Shizuru non era certa di avere passato la prova. Ad ogni modo, avrebbe fallito se non ci fosse stata Viola. La ragazza sperava quindi che Natsuki considerasse ciò che era successo come uno dei suoi numerosi scherzi. Così, alla prossima 'prova', Shizuru sarebbe stata in guardia. Natsuki le aveva appena dimostrato che non aveva il controllo dei suoi sentimenti come pensava. Avrebbe dovuto stare in guardia, perché non era pronta a perdere Natsuki.


Quando Natsuki e Viola la lasciarono per andare a prepararsi per il resto della giornata, Shizuru poté finalmente respirare. In quel momento comprese fino a che punto era stata in tensione.

"Hai digrignato i denti per tutto il tempo della colazione."

La vecchia voce, rauca per via degli anni, fece trasalire Shizuru. Si era dimenticata di Chikako, che aveva cominciato a sgomberare la tavola.

"Ara, io non digrigno i denti, Chikako-san."

Appoggiando i piatti sulla tavola, l'anziana donna si avvicinò a Shizuru prima di darle qualche colpetto sulla spalla con gentilezza.

"Sei cresciuta molto, Shizuru. Somigli sempre più a tua madre."

Shizuru sentì le lacrime salirle agli occhi e percepì la mano calda e rugosa di Chikako strofinarle dolcemente la schiena.

"Sei partita così presto dopo il funerale. Pensavo di non rivederti più. Tutti noi lo pensavamo. A stento abbiamo ricevuto alcune notizie su di te da Miss Maria."

"Mi dispiace," rispose Shizuru con la gola serrata. "Sentivo di non avere la forza di tornare a Kyoto."

"Capisco, mia cara, capisco. Non indugiamo sui brutti ricordi, dimmi piuttosto cosa è successo stamattina."

Shizuru scoprì un improvviso interesse nei confronti del suo piatto vuoto.

"Non capisco di cosa tu stia parlando."

"Certo che sì," replicò Chikako, rimettendosi a raccogliere piatti e posate. "Avevo capito che tu uscissi con quella giovane, Viola, non è così?"

Incapace di rispondere a voce, timorosa che i servitori che l'avevano vista crescere potessero giudicarla, Shizuru annuì senza osare incrociare lo sguardo di Chikako.

"Sembra essere una brava persona. Mi ricorda te, Shizuru."

La ragazza aveva la sensazione di essere tornata bambina. Timidamente, riportò il suo sguardo su Chikako e tentò un leggero sorriso.

"Però," continuò l'anziana donna, "ho visto più amore brillare nel tuo sguardo per la tua amica Natsumi che per Viola."

"Si chiama Natsuki," la corresse educatamente Shizuru. "E i sentimenti che provo per lei non mi sono stati ricambiati."

La vecchia Chikako la osservò con i suoi occhi di un nero brillante, ancora vivo.

"Non è ciò che ho visto."

"Hai visto male," rispose la ragazza.

"Fidati della vecchia Chikako, ha occhio per questo genere di cose."

Shizuru preferì non proseguire ulteriormente quella conversazione e provò uno strano conforto nel sentire la donna parlare di se stessa in terza persona.

"Non ti disturba... che io possa amare le donne?" domandò con aria ansiosa.

"Non conosco nessuno che abbia il diritto di giudicare chi si può amare e chi no. Fidati della vecchia Chikako. Se i tuoi genitori fossero ancora vivi, ti direbbero la stessa cosa."

Shizuru, rassicurata dal fatto di essere accettata, si alzò di scatto e tolse i piatti dalle mani dell'anziana donna.

"Lascia, ci penso io."

"Certo che no," rispose Chikako riprendendo ferocemente possesso della pila di piatti sporchi. "Che lavoro mi resta da fare se la persona che devo servire fa tutto al posto mio?"

"Ara, voglio solo aiutarti."

Con un sorriso sdentato, la vecchia Chikako indicò la tenuta di Shizuru, costellata dei suoi 'successi' culinari.

"Mi hai già aiutato abbastanza. Vai a prepararti per l'uscita con le tue amiche. E ricorda. Kyoto non è come Fuuka, qui sei ben conosciuta."

Se solo Chikako avesse saputo della sua vita a Fuuka... il suo consiglio non era comunque meno importante, Chikako era per lei come la nonna che aveva perso. Le cose sarebbero potute andare meglio se fosse stata una persona come lei che, all'indomani della morte dei suoi genitori, fosse diventata la sua tutrice legale al posto di Miss Maria. Le freddezza di quella donna era così grande che a confronto Natsuki sembrava essere la ragazza più socievole di tutta Gakuen Fuuka.

"Va bene, va bene." Shizuru sorrise, sparendo in uno dei corridoi della tenuta per andare a cambiarsi i vestiti.


Nuovamente pronta in orario, Natsuki era in attesa davanti alla porta d'ingresso. Si passava regolarmente le mani tra i capelli, cercando disperatamente una superficie riflettente che potesse assicurarle di essere ben pettinata. Evidentemente era per quello che non trovava mai degli specchi. Gettò una rapida occhiata al suo orologio e sospirò quando si accorse di non essere puntuale, bensì in anticipo. Di nuovo.

Per passare il tempo, il suo sguardo si focalizzò allora sui suoi vestiti. Perché non si era presa dietro degli abiti che la valorizzassero maggiormente? Quale stupida idea l'aveva spinta a riempire mezza valigia di inutili completi intimi?! Giocherellò con l'orlo del suo maglione pensando che, anche se nella sua valigia ci fossero stati dei vestiti più adatti per attirare lo sguardo di una certa persona, non avrebbe comunque avuto il coraggio di indossarli.

Un sospiro, una mano che scostava nuovamente una ciocca di capelli indietro. Ancora niente specchi. Natsuki brontolò a voce alta, e il rumore di qualcosa che si rompeva risuonò. Voltandosi bruscamente, Natsuki notò finalmente la presenza di un giovane in livrea visibilmente seccato di avere fatto cadere un vassoio pieno di piatti. Natsuki con le sue grida doveva averlo colto di sorpresa. La cosa non la meravigliava. Aveva passato appena tre giorni nella dimora di Shizuru e già poteva affermare che il silenzio vi regnava sovrano. C'erano tuttavia delle persone all'interno della proprietà: Natsuki pensava di avere visto almeno dieci diversi servitori, se non di più. Anche se viveva da sola, Natsuki si sentiva comunque meno sola nel suo appartamento che in quella casa. Era pronta a parlare con sé stessa pur di non sentire più quel silenzio assordante. Shizuru era veramente cresciuta in quel genere di posto? O da bambina era stata in grado di rallegrare quel luogo con grida e risate?

Natsuki arrossì al semplice ricordo di Shizuru. Inconsciamente si rimise a tormentare il suo maglione, lo sguardo rivolto a terra, intimidita dai suoi stessi pensieri.

"So-sono spiacente," balbettò il giovane, già inginocchiato a raccogliere i frammenti di procellana. "Non si preoccupi, non è niente di grave."

Natsuki rialzò bruscamente la testa verso il giovane e il suo viso si accigliò. Aveva pensato che fosse arrossita per colpa sua, per qualche oscura ragione? E sinceramente... il balbettio? Le ricordava Masashi Takeda e Natsuki non sopportava quel ragazzo. Assunse instintivamente un'aura minacciosa incrociando le braccia al petto e fulminando con lo sguardo lo sfortunato giovane. Anche se quest'ultimo non sentì direttamente il gelo di quello sguardo, dovette comunque percepire delle malevole vibrazioni dalla ragazza perché i suo gesti si fecero leggermente tremanti.

"Ah, eccoti," esclamò una voce ben più profonda e matura, "io... hai di nuovo fatto cadere qualcosa!"

"Sono spiacente signore, sono stato colto di sorpresa e..."

L'uomo si rivelò essere l'intendente che aveva accolto Shizuru con tanto rispetto e riverenza come se Shizuru facesse parte della famiglia dell'Imperatore stesso. Però... Shizuru non era imparentata con l'Imperatore vero? Natsuki si era ormai resa conto da più di due mesi di quanto poco sapesse di Shizuru. Ora che sapeva di amarla, la sua ignoranza le dava fastidio e la faceva piombare in riflessioni senza fine. Quella volta però l'idea era stupida. Shizuru non faceva parte della famiglia imperiale, non poteva. Le fu sufficiente ricordare la testa del loro Imperatore attuale per essere certa che i due non condividevano il benché minimo patrimonio genetico. Era davvero impossibile per lei impedirsi di divagare su Shizuru?

"Kuga-ojou-sama."

Una smorfia spuntò sulle labbra di Natsuki. Anche se per sua richiesta la maggior parte dei servitori aveva almeno tolto l'appellativo "ojou-sama" dal suo nome, l'intendente si rifiutava di abbassarsi ad una tale scortesia.

"Ci perdoni per il disturbo, Arashi è destinato a prendere il mio posto al mio ritiro. E io provo ad insegnargli il mestiere. Ma non è molto... dotato."

"Oji-san," piagnucolò il suddetto Arashi.

"Non chiamarmi così durante il lavoro Arashi. E sbrigati a pulire tutto!"

"Do-domando scusa."

Lo sfortunato intendente si massaggiò il naso davanti all'incapacità di suo nipote. La relazione tra i due servitori incuriosì Natsuki.

"Tutta la vostra famiglia lavora per quella di Shizuru?" Si sentì chiedere, curiosa.

L'intendente si tolse gli occhiali da vista rotondi per spolverare qualche granello invisibile.

"Effettivamente, da quando esiste la famiglia Fujino, la mia ha lavorato al suo servizio. E' sempre stato così."

Natsuki sapeva che i cittadini del proprio paese erano conosciuti per la loro lealtà al proprio lavoro. Una vera e propria seconda famiglia. L'intendente ne era il perfetto esempio.

"In questo caso, dovete avere visto crescere Shizuru."

"Ovviamente."

"Com'era da bambina?"

Davanti alla strana espressione che le rivolse l'intendente, Natsuki capì che le sue domande dovevano essere insolite.

"Non penso di essere la persona più indicata per parlarvi di Fujino-ojou-sama."

"Certo, capisco," rispose Natsuki il più educatamente possibile.

L'intendente borbottò qualcosa d'incomprensibile lasciando Natsuki con la sua curiosità e Arashi, per terra, a ripulire i danni che aveva provocato. Non appena l'uomo fu scomparso, il giovane abbandonò la porcellana in frantumi per rialzarsi in piedi e spolverarsi i vestiti.

"Non deve prendersela," disse con un tremolio appena percettibile nella voce. "Ha dedicato la sua vita ai Fujino e non ama parlare di loro senza il loro permesso."

"Ma tu no?"

"Oh sì. Sono cresciuto qui. Mi sento a casa. E la nostra famiglia è orgogliosa del modo in cui la proprietà è sempre stata gestita. I Fujino hanno sempre potuto appoggiarsi a noi. Io sarò un degno successore di mio nonno!"

Natsuki si trattenne dal commentare le parole del giovane. Si poteva veramente provare orgoglio nel servire i più potenti?

"Ma lei è sua amica, no?"

"Eh?" Natsuki fu presa alla sprovvista, avendo momentaneamente trascurato la conversazione.

"Lei è l'amica di Shizuru, no? Cioè, di Fujino-ojou-sama," balbettò lui. "Da bambini giocavamo insieme. Non ci sono molte cose da fare a quell'età e i suoi genitori apprezzavano che avesse un compagno di giochi."

"Senza offesa," borbottò Natsuki, "ma non ho mai sentito parlare di te."

"La cosa non mi sorprende, da bambina tendeva a parlare poco di sé. Non che le cose siano migliorate crescendo, se vuole il mio parere. Ma forse mi sbaglio, dopo tutto non l'abbiamo più rivista qui dalla morte dei suoi genitori."

"Come sarebbe a dire, dalla morte dei suoi genitori?" Esclamò Natsuki, afferrando il giovane per il collo.

"Eh, che sta facendo?!"

"Cos'è che hai appena detto?"

"Non me lo ricordo," gemette il ragazzo.

"Sui genitori di Shizuru!" Ribatté la ragazza in tono impaziente.

"Che sono morti. Un incidente d'auto, tre anni fa, forse quattro."

"Non... non ne sapevo niente," Natsuki si rattristò.

Come poteva non saperlo? Shizuru non si fidava forse di lei per rivelarle un fatto così importante? Natsuki l'aveva conosciuta poco dopo il periodo in cui lei aveva perso i genitori. A quel tempo forse non erano ancora abbastanza in confidenza ma dopo, perché non si era confidata con lei? Per colpa sua? Forse era sembrato che non le interessasse? Era stata troppo concentrata sulla propria vita personale e sulla propria vendetta? Forse avrebbe dovuto farle delle domande sulla sua vita, i suoi desideri, le sue pene e i suoi sogni! Si ripromise in futuro di mostrare a Shizuru l'interesse che provava per lei chiedendole tutte quelle cose. Desiderava ardentemente saperne di più sulla ragazza, sapere tutto quello che c'era da sapere su Shizuru. L'amore era una forza terrificante.

Finalmente si accorse che continuava a tenere per il collo il futuro intendente. Il colletto della sua uniforme agiva come un laccio, e il suo viso stava virando verso una gamma di colori totalmente ignota a Natsuki. Comprendendo finalmente che stava per soffocarlo, lo lasciò andare. Il giovane crollò per terra ansimando.

"Wow, ha una bella stretta!" Esclamò strofinandosi il collo dove già stavano iniziando ad apparire dei segni rossi.

"Stupido. Non hai un lavoro da fare?!"

"Oh merda, sì! Cioè, volevo dire, mi perdoni per il disturbo Kuga-ojou-"

"Solo Kuga."

"Mi perdoni, Kuga-san."

Il giovane terminò rapidamente di raccogliere i cocci del vasellame prima di sparire con un ultimo saluto. Il ragazzo non era poi così male. Doveva esserlo, per essersi meritato il diritto di essere l'amico d'infanzia di Shizuru.


Quella breve conversazione fu quindi ricca di spunti sui quali Natsuki sarebbe potuta tornare in un momento più propizio. La discussione ebbe inoltre il merito di far passare il tempo fino all'arrivo di Shizuru e Viola. Se Natsuki non degnò nemmeno di uno sguardo quest'ultima, Shizuru attirò tutta la sua attenzione. Aveva cambiato i suoi vestiti macchiati e Natsuki non poté fare a meno di concedersi un attimo di voyeurismo per via della scelta dei suoi nuovi abiti. Sembrava che i vestiti che Shizuru utilizzava durante la sua ultima visita a Kyoto avessero più di tre anni. E di certo non erano più... della giusta misura. Natsuki era quasi certa che sia la maglietta che il pullover non dovessero stare così aderenti al corpo, soprattutto a livello del petto. Arrossì nuovamente quando si rese conto di dove indugiassero i suoi occhi.

Per sua eterna dannazione, Shizuru sembrava essersi accorta degli sguardi di Natsuki.

"Ara, ara, Natsuki!" Canticchiò. "Ti piace quello che stai vedendo?"

Natsuki si sentì la gola secca, incapace di pronunciare le parole giuste per potersi difendere. Aveva sentito quella stessa frase dozzine di volte, ma quella era la prima volta in cui il suo animo rispondeva positivamente con gioia a quella domanda.

"Mou, Natsuki non mi ascolta nemmeno!" Esclamò l'altra quando Natsuki si ostinò a mantenere il silenzio.

"Sì che..." Reagì lei finalmente.

"Sì?" La interruppe Shizuru con un sorriso divertito. "A Natsuki piace quello che sta vedendo, che birichina!"

Rossore incontrollabile tanto per cambiare, e Natsuki esplose sonoramente.

"No! Volevo solo dire che ti stavo ascoltando! E poi ti dovrai essere accorta anche tu che quei vestiti sono troppo piccoli, no?!"

"Quindi Natsuki stava guardando?" La prese in giro l'altra.

Stavolta la più giovane del loro gruppo mantenne il controllo di sé e incrociò nuovamente le braccia, mostrando chiaramente a Shizuru che non ci sarebbe cascata di nuovo. "Mi sono detta che la cosa poteva avere un certo stile," si giustificò finalmente la ragazza - con il labbro inferiore prominente ad imitare in modo alquanto riuscito un bambino imbronciato.

Natsuki restò attonita davanti alla distanza che c'era tra quella smorfia infantile e le forme sviluppate di una giovane donna attraente. La smorfia non aveva nulla di innocente su Shizuru, seduttrice sarebbe stato un termine molto più corretto per descriverla.

"Shizuru non ha più nessun vestito della sua taglia," intervenne Viola, mettendosi strategicamente in mezzo alle due ragazze.

"Senza dubbio," commentò Natsuki in tono sarcastico, vedendola immischiarsi tra loro.


Viola riuscì a incrociare lo sguardi di Natsuki, e si domandò se la ragazza potesse percepire le emozioni che vi turbinavano. Probabilmente no. Natsuki non era mai stata brava in quel genere di cose, e le lenti a contatto che portava dovevano intralciare la lettura dei suoi sentimenti. Il suo sguardo si posò brevemente su Shizuru, che la stava osservando attentamente. Le lenti le permettavano almeno di nascondere le sue emozioni a Shizuru. Quest'ultima era molto più perspicace di Natsuki e Viola preferiva di gran lunga spiegare la situazione alla ragazza quando sarebbe venuto il momento di rivelarle la verità.

"Ara," riprese Shizuru appoggiando una mano sulla spalla di Viola per avvicinarsi a lei. "In effetti non ho più vestiti della mia taglia. Mi piacerebbe quindi fare un po' di shopping. Natsuki potrà così aiutarmi a scegliere degli abiti meno 'indecenti'."

"A me piace la parte indecente," intervenne Viola con un sorriso che sperò essere convincente.


Shizuru corrugò la fronte con aria dubbiosa, prima di decidere di ignorare semplicemente la sensazione di falsità che aveva creduto percepire in Viola. La bruna aveva l'abitudine di fare scherzi e prendere in giro ma le sue battute erano di solito più naturali. Viola sembrava stranamente tesa. Che fosse dovuto alla scena cui aveva assistito quella mattina? Che stesse semplicemente mostrando il suo lato geloso? Ce l'aveva con lei? In quel caso Shizuru avrebbe capito il suo comportamento. Non solo era comprensibile, ma anche giustificato.

Shizuru si morse il labbro, inquieta. Quella mattina non aveva rischiato soltanto l'amicizia con Natsuki, ma anche il suo rapporto con quella persona meravigliosa che era Viola. Il suo rapporto con la sola persona che l'avesse accettata e sostenuta quando tutti le avevano voltato le spalle.

Fece scivolare quindi una mano nella sua, ricevendo per quel gesto uno sguardo sorpreso dalla ragazza più grande. Timidezza e vergogna lottavano per predominare sul viso di Shizuru, mentre una breve stretta della mano legata alla sua voleva far capire che Shizuru era lì e che si scusava per qualsiasi cosa Viola potesse rimproverarle.

Immersa nei giri e rigiri dei suoi stessi sentimenti, la ragazza non notò né il rimpianto e la vergogna di Viola, né la gelosia di Natsuki.


Con i pugni tanto stretti da farle male, il sapore del sangue nella bocca per essersi morsa l'interno della guancia ed evitare di urlare, Natsuki si trattenne a stento dal rivendicare Shizuru come sua facendo capire a Viola quale fosse il prezzo da pagare per mettere le mani sulla persona che amava.

Natsuki conosceva l'adrenalina dei combattimenti, la collera e la violenza. Ma non aveva mai collegato quelle sensazioni ad amore e gelosia. Erano inquietanti e incontrollabili. Si sentiva sovrastata dalle proprie emozioni, e la cosa non le piaceva.

"Finiamola di perdere tempo," esclamò in tono aggressivo. "Soprattutto se volete fare dello 'shopping' il giorno della vigilia!"

E la ragazza uscì sbattendo la porta.



NDT: Un paio di termini che ho lasciato in originale:

- Ojou-sama è un appellativo per indicare una ragazza appartenente ad una famiglia altolocata o politicamente influente (solitamente la figlia o la sorella). I servitori estendono questo appellativo probabilmente sia a Natsuki che a Viola in quanto ospiti e amiche di Shizuru;
- Oji-san significa "nonno"

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


NDA: Ecco un nuovo capitolo, che torna ad essere un po' più lungo. Non ho avuto il tempo di rileggere però, quindi se ci sono degli errori vi prego di accettare le mie più umili scuse.
E naturalmente un enorme grazie a chi recensisce! :)
(Ah, e un'ultima cosa solo per rispondere alle inquietudini di xDDD: se la cosa ti può tranquillizzare, non ti sei perso niente! La storia di Viola semplicemente non è stata ancora spiegata)

NDT: Anche in questo caso emyliane si rivolge ad un recensore di fanfiction.net, che si chiedeva se Viola venisse veramente dal futuro oppure da un universo alternativo rispetto a quello di Shizuru (oltre a chiedersi quale fosse la relazione di Viola con la Natsuki del suo tempo, e se per caso quest'ultima sia morta).


Capitolo 11

Shizuru padroneggiava diverse forme di arti marziali. Il Carnival aveva peraltro rivelato che la giovane, seppur gracile, possedeva una forza impressionante. E malgrado il suo carattere tranquillo, lo scarso entusiasmo con il quale effettuava ogni azione, la sua volontà di evitare i conflitti - se si faceva eccezione ovviamente per il Carnival - era stata comunque la prima a colpire. O a tentare di colpire. Non era riuscita a portare a segno nemmeno un colpo, sopraffatta in questo caso dalla sua avversaria. Cosa tanto improbabile quanto inaspettata. E in aggiunta a quella umiliazione, in quel momento stava fuggendo all'interno della sua stessa proprietà.

Per la prima volta Shizuru rimpiangeva di essersi mostrata così generosa verso i suoi servitori mandandoli a casa per festeggiare la vigilia con le loro famiglie. Perché non si era tenuta almeno qualcuna delle guardie incaricate di proteggere la dimora? Aveva davvero pensato di essere intoccabile?

Il signor Anderson era naturalmente rimasto fedele al proprio posto. Probabilmente sarebbe rimasto fedele alla famiglia Fujino e al suo lavoro in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora. Shizuru non riusciva a capire per quale motivo un americano fosse così devoto ad una famiglia giapponese, esattamente come non era mai riuscita a spiegarsi come avesse fatto l'uomo ad atterrare in quel paese.

Il signor Anderson avrebbe dovuto trovarsi lì. Non c'era motivo per cui fosse da un'altra parte. A meno che Shizuru non gli avesse ordinato di tenere d'occhio qualcun altro. Se non avesse litigato con Natsuki, quest'ultima non sarebbe uscita dalla proprietà e il signor Anderson non avrebbe avuto l'obbligo di seguirla.

Almeno, fuori di lì, pensò Shizuru, Natsuki non aveva nulla da temere.

Eppure se lei si fosse fidata dell'amica, la sua vigilia di Natale non sarebbe di certo finita in quel modo...


La reazione di Natsuki fu tanto inattesa quanto improvvisa. Shizuru si ritrovò paralizzata e inquieta. Come mai quella risposta così violenta? L'aveva sempre presa in giro normalmente, quindi era poco probabile che fosse quello che l'avesse fatta arrabbiare così.

Shizuru si apprestava a seguirla per chiedere il motivo di una tale aggressività, ma con sua grande sorpresa Viola la anticipò lasciando la sua mano per uscire all'inseguimento della ragazza più giovane.

Ok, cos'è appena successo?

Shizuru non doveva essere la sola a porsi quella domanda perché nel sentire le grida di Natsuki il signor Anderson era apparso subito, silenzioso come un ninja. In sua difesa c'era da dire che la ragazza aveva passato la sua infanzia a pensare al signor Anderson come un ninja. Sicuramente perché lei e Arashi avevano trascorso suddetta infanzia a giocare a fare i ninja e nel loro scenario il signor Anderson - che doveva assicurarsi della loro incolumità - giocava la parte del loro maestro o del loro peggior nemico.

Il fatto che l'uomo non potesse parlare aveva sempre supportato la loro teoria del ninja, chissà perché. Il signor Anderson in realtà aveva perso l'uso della parola durante il suo periodo nelle forze armate, in cui una ferita gli aveva compromesso le corde vocali.

"C'è qualche problema?" Indicò lui con il linguaggio dei segni.

"Niente di importante, non si preoccupi. Andremo a visitare i templi e poi Kyoto stessa oggi."

Il signor Anderson indicò di nuovo: "Vado a preparare l'auto."

Shizuru prese cappotto, borsetta, sciarpa, guanti e berretto. Quando fu certa di poter restare al caldo si affrettò ad uscire per vedere come si fosse evoluta la situazione.

Viola aveva un'espressione infastidita e ferita, quanto a Natsuki le voltava ostinatamente le spalle una dozzina di metri più in là. Tremava nel suo semplice giubbotto di pelle e la sua maglia così leggera. Senza pensarci oltre Shizuru si avvicinò a lei e togliendosi la sciarpa gliela fece scivolare intorno al collo. La ragazza sussultò e Shizuru pensò per un attimo che fosse pronta a mordere come avrebbe fatto un animale. Quando Natsuki si accorse che non si trattava di Viola, il suo sguardo si addolcì considerevolmente. Nascose il viso dietro la spessa sciarpa di Shizuru, annusando di nascosto il suo odore.

"Ara, Natsuki è come una bambina," disse Shizuru, prendendosi il tempo di chiudere la sciarpa. "Bisogna vestirla per evitare che prenda freddo."

Natsuki non rispose e la lasciò fare, d'un tratto molto poco irritata di venire trattata in quel modo finché si trattava di Shizuru.

"Sarà meglio partire dallo shopping," continuò Shizuru, chiedendosi quanto Natsuki dovesse avere freddo per nascondersi così dietro la sciarpa. "Ho notato che Natsuki non ha pensato di portarsi dietro degli abiti caldi."

Di nuovo, il suo commento venne accolto dal silenzio.

"Va tutto bene, Natsuki?" Mormorò Shizuru, preoccupata per l'amica.

Un'espressione un po' persa e riflessiva fu l'unica risposta alla sua domanda.

"Il signor Anderson è laggiù," intervenne Viola improvvisamente, chiudendo i lembi del suo cappotto.

"Natsuki?" Insistette comunque Shizuru, senza distogliere lo sguardo dall'altra ragazza.

"Sto bene," mormorò finalmente l'altra. "Possiamo solo andare?"

Shizuru annuì e raggiunse la lussuosa auto guidata dal signor Anderson. Come la volta scorsa la ragazza si sedette davanti e lasciò i sedili posteriori alle sue ospiti. Natsuki sembrò estremamente reticente ad entrare nell'auto, ma una semplice occhiata di Shizuru vinse sul nascere la sua esitazione.

La macchina non era ancora riuscita a riscaldare l'abitacolo e Natsuki tremò. Come in risposta ai suoi brividi, Viola si avvicinò improvvisamente a lei.

"Cosa fai?" Mormorò Natsuki con durezza, scostandosi fin quasi ad essere attaccata alla portiera.

"Di cosa hai paura?" Le chiese Viola in tono dolcemente canzonatorio. "Di me?"

"Io non ho paura di nessuno," ringhiò Natsuki, voltandosi finalmente verso la sua vicina per fulminarla con un'occhiata.

"Bene, In questo caso, rilassati."

"Quando tu ti sarai allontanata."

"Non riesci ad impedirti di tremare," rispose l'altra in tono calmo. "Non ho particolarmente voglia che tu prenda freddo e ti ammali. Rovinerebbe la vacanza di tutti. A meno che tu non rabbrividisca al mio contatto," terminò in tono seducente.

"Sì di disgusto, specialmente..."

"Ci sono problemi?" Domandò la voce melodiosa di Shizuru, voltandosi verso di loro.

Natsuki era pronta ad esprimere i propri risentimenti nei confronti di Viola quando dallo specchietto retrovisore interno colse lo sguardo tagliente del singnor Anderson. Le parole le si bloccarono in gola quando il nero insondabile di quegli occhi la sfidò a fare una scenata che poteva ferire Shizuru in un modo o nell'altro.

"No," disse infine cercando discretamente di respingere Viola. "Va tutto bene."

Un leggero aggrottare di ciglia fu l'unica indicazione che Shizuru aveva percepito qualcosa d'insolito. Vedere Viola così vicina a Natsuki la irritava e la feriva allo stesso tempo, ma dopo il suo comportamento di appena un'ora prima non poteva proprio permettersi di criticare. Se la vicinanza di Viola non faceva piacere a Natsuki, non dubitava che la ragazza gliel'avrebbe fatto sapere.


Tenuto conto dei loro rispettivi abbigliamenti, la decisione di andare ai templi fu abbandonata in favore dello shopping. Il signor Anderson non chiese espressamente quanti e quali negozi visitare. Seguendo una consuetudine ben nota del passato, l'auto s'insinuò con abilità nel flusso di veicoli evitando gli ingorghi fino a rallentare in una strada piena di negozi di lusso. L'auto riprese velocità quando la guarda del corpo capì che non si sarebbe potuto parcheggiare. Due strade più in là, finalmente penetrò in un parcheggio sotterraneo a pagamento.

"Non è necessario che ci accompagni," precisò Shizuru.

Natsuki annuì con la testa. Non le piaceva molto l'idea di un omone gigante che le seguiva come un'ombra. La cosa aveva la tendenza ad attirare sguardi indesiderati nel migliore dei casi. Per la prima volta Natsuki lo vide usare il linguaggio dei segni e la sua sorpresa fu ancora maggiore quando Shizuru gli rispose spontaneamente.

"Kyoto non è più pericolosa per me di Fuuka."

Non c'era motivo di considerare quel commento come uno scherzo, ma Natsuki non poté impedirsi di sorridere: Fuuka era stato sicuramente il luogo più pericoloso in assoluto per la sua amica. In fondo, non ci era addirittura morta durante il Carnival? Shizuru continuò a parlare con quel linguaggio che Natsuki non riusciva a capire.

"No signor Anderson, non significa che abbia bisogno di lei a Fuuka."

L'uomo non aggiunse nulla, uscì dall'auto per aprire la portiera di Shizuru. Le sue due ospiti presero l'iniziativa di uscire da sole. Quando le accompagnò in mezzo alle auto fino alla porta che dava sull'esterno, fu evidente che non le avrebbe abbandonate di un millimetro. Natsuki adattò il proprio passo a quello di Shizuru, facendo attenzione affinché il marciapiede non permettesse a Viola di affiancarle.

"Non mi sono mai presa la briga di chiedertelo, ma i tuoi ge- la tua famiglia," si corresse ricordando ciò che Arashi le aveva detto quella mattina riguardo alla morte dei suoi genitori, "in che campo hanno fatto fortuna?"

"Ara, in passato? Attraverso un'impresa di costruzioni, ma i loro mezzi gli hanno poi permesso di ampliarsi anche ad altri settori."

"Davvero? Per esempio?"

"Tecnologia microscopica, ricerca..." Shizuru fece spallucce, "hanno investito in così tanti campi... non ci ho mai prestato veramente attenzione. Non ho nessun desiderio di prendere in mano i loro affari."

"Ambiti illegali?"

Shizuru sembrò stupita da quella domanda.

"Ma certo che no! Cosa te lo fa pensare?"

"Tutti quegli uomini in nero che pattugliano il perimetro della tua casa. E quello lì," disse indicando con il pollice l'uomo che le seguiva.

"Ara, ara. I miei genitori sono sempre stati spaventati dall'idea che io finissi per essere rapita in cambio di un riscatto. A Kyoto il nome della mia famiglia è famoso. Più per le loro donazioni a diversi istituti o organizzazioni che per le loro aziende. Nel campo degli affari, solo i loro impiegati e i loro soci li conoscono."

"Però a Fuuka non hai nessuno di questi tipi che ti segue."

"Ho litigato regolarmente con loro su questo argomento. Quando è arrivata la borsa di studio Kazahana, i miei genitori si sono detti che era perfetto. Su un'isola come Fuuka era impossibile che qualcuno conoscesse la mia famiglia, cosa che mi garantiva una relativa sicurezza e tranquillità."

"Con tutti i tuoi fan mi stupisce che nessuno abbia mai fatto il collegamento tra te e l'ereditiera di una ricca famiglia."

"Ara, non siamo dei 'vip' e all'epoca i miei genitori hanno fatto di tutto perché la mia esistenza fosse sconosciuta a tutti. E' stato un ritorno della loro paranoia sui rapimenti. Ma di questo non mi lamento. Le persone hanno la tendenza a mostrarsi più sincere quando non sanno quanto sei ricco."

"Tutti erano convinti che tu fossi ricca, Shizuru," la prese in giro Natsuki con fare realista.

"Mouh, non si poteva essere certi Natsuki. Potevano solo fare supposizioni."

La loro conversazione terminò spontaneamente quando il signor Anderson si portò davanti a loro per aprire la porta di un negozio la cui vetrina era tanto lussuosa quanto gli abiti che esponeva. Dietro al bancone c'era una giovane stretta in un vestito incredibilmente aderente e una seconda, più matura e dall'aspetto severo, che doveva essere la direttrice.

La giovane sembrò pronta ad avvicinarsi a loro per servirle, e questo fu il motivo per cui sembrò molto sorpresa quando la sua principale l'anticipò, tanto amabile e servizievole quanto gli occhi della ragazza erano spalancati dall'incredulità.

"Fujino-sama!"

La donna era giapponese ma l'accento era chiaramente straniero. Se si doveva credere alla vetrina, rappresentava un negozio di vestiti di lusso francesi. L'accento forse veniva da là, ma Natsuki non avrebbe saputo dirlo.

"Sono passati anni dall'ultima volta che l'abbiamo vista qui. E il suo guardaroba ha visibilmente bisogno di una tale visita," esclamò notando il maglione troppo piccolo della sua cliente che aveva aperto il cappotto.

"In effetti," Shizuru sorrise. "Ho bisogno di qualche vestito della giusta taglia, così come le mie amiche qui presenti."

La direttrice gettò una rapida occhiata alle due ragazze che si tenevano alle spalle della sua ben nota cliente. Non riconosceva nessuna delle due, probabilmente non facevano parte delle numerose clienti altolocate di cui si occupava abitualmente. Se non avessero accompagnato Fujino Shizuru nessuna delle sue inservienti si sarebbe veramente presa la briga di occuparsi di loro. La presenza della sua cliente cambiava però la situazione.

"Ma certo, nessun problema," assicurò. "Michiko-san e Atari-san si occuperanno delle sue amiche. Le vado a chiamare se non le dispiace."

Non appena la direttrice si fu allontanata Natsuki afferrò la manica di Shizuru per attirare la sua attenzione.

"Hai visto i prezzi," esclamò.

"Certo, Natsuki."

"Non posso permettermeli!"

"Pago io, non ti agitare. E non ti preoccupare del prezzo, prendi tutto ciò di cui hai bisogno."

"Assolutamente no."

"Ara, prendilo come un regalo di Natale. A meno che Natsuki non preferisca che scelga io al posto suo, credo che abbiano dei meravigliosi abiti rosa."

"Cosa?! No! Piuttosto la morte!"

Shizuru non trattenne la sua sonora risata davanti all'imbarazzo evidente della sua amica.

"Non prendermi in giro!"

L'unica risposta fu l'aumento dell'ilarità della ragazza.

"D'accordo allora, per ripicca ti farò pentire della tua offerta di pagare al posto mio," disse rabbiosamente Natsuki, lanciandosi in mezzo ai reparti seguita rapidamente da una delle inservienti chiamate dalla direttrice.

Shizuru scosse dolcemente la testa davanti al comportamento infantile di Natsuki prima di voltarsi verso Viola che si era tenuta silenziosamente alle sue spalle. Il suo viso esprimeva un misto di collera e gelosia che suscitò subito nella ragazza un nuovo senso di colpa.

"Viola," la chiamò, tendendo una mano nela sua direzione.

La giovane evitò il contatto. Poi, rendendosi apparentemente conto di cosa stesse facendo, le offrì subito un sorriso di scusa.

"Scusami, ho dormito male stanotte."

"Ara, va tutto bene, non preoccuparti."

"Non ho bisogno di vestiti, Shizuru. Ho portato tutto ciò di cui avevo bisogno per il nostro soggiorno a Kyoto."

"D'accordo, nessun problema. In questo caso sceglierai degli abiti solo per puro piacere. E non badare alla spesa, insisto."

Viola annuì e si addentrò a sua volta nel negozio seguita dalla seconda inserviente. Shizuru finalmente si voltò verso la direttrice che quattro anni prima aveva l'abitudine di servirla quando ancora tornava a Kyoto regolarmente.

"Temo, Atsue-san, che dopo tutti questi anni la mia taglia sia cambiata."

"Senza il minimo dubbio Fujino-sama, è cresciuta molto. Ma mi creda, ho occhio per indovinare le misure dei miei clienti senza irritarli con l'uso del metro. Se vuole seguirmi, ho dei vestiti che sono certa le piaceranno."

La seduta di shopping alla fine si estese per quasi due ore. Natsuki, che di solito non gradiva molto che un'inserviente la seguisse, quel giorno se ne servì coscientemente. Anche se con timidezza, le chiese che tipo di vestiti le potessero donare questo o quell'aspetto. L'inserviente si rivelò quindi molto utile per aiutarla a scegliere degli abiti che la valorizzassero e potessero attirare le occhiate e il desiderio di certe persone. Il suo sguardo allora si posò su Shizuru, dall'altra parte del negozio. Quest'ultima sembrava davvero come un pesce nel proprio ambiente. Quanto a lei, anche se veniva servita con allegria, Natsuki non si sentiva veramente a proprio agio. Solo all'ultimo momento ricordò di trovarsi lì prima di tutto per acquistare degli abiti sufficientemente caldi per affrontare l'inverno a Kyoto.

La sua unica delusione in quella mattinata di shopping fu che Shizuru non cercò mai di avvicinarsi per fornirle la propria opinione come aveva l'abitudine di fare in passato. Cercò di consolarsi dicendosi che così almeno manteneva l'effetto sorpresa.

Ma la cosa non le fu di molto aiuto quando vide Shizuru e Viola scegliere insieme i propri vestiti e scambiarsi reciprocamente opinioni mentre li provavano.

Alla fine, dopo avere fatto tutte e tre delle ottime scoperte come abbigliamento, Natsuki, Viola e Shizuru ebbero tutte una pila di vestiti ciascuna che le due inservienti si affrettarono ad impacchettare.

Viola e Natsuki si guardarono in cagnesco di fianco ad una guardia del corpo dall'occhio sempre vigile malgrado il tempo passato a sorvegliare il negozio. Nel mentre la direttrice alla cassa discuteva allegramente con Shizuru che le aveva dato la sua carta di credito.

"Desidera che portiamo i vostri acquisti a casa sua?"

"Sì, in giornata sarebbe perfetto. Terremo con noi solo questo cappotto," indicò afferrando il caldo indumento in lana che Natsuki aveva scelto.

Ritornando dalla sua amica, Shizuru le tenne il cappotto aperto in modo che lo potesse indossare.

"Ara, Natsuki non uscirà all'esterno con quel leggero giubbotto di cuoio che è più adatto alle mezze stagioni. Quindi forza, infilati questo."

La ragazza non si fece pregare e si tolse il giubbotto per infilare il cappotto nuovo di zecca, ma si rifiutò di sbarazzarsi della sciarpa che Shizuru le aveva stretto al collo poco prima.


"No Chikako, insisto. Stasera è la vigilia di Natale, devi trascorrerla con la tua famiglia."

"E chi preparerà i piatti per la tua vigilia?"

"Chikako, a Fuuka mi preparo i pasti tutti i giorni," le ricordò la ragazza, "non devi preoccuparti. E poi l'hai detto tu stessa che era già quasi tutto pronto. Ce la caveremo benissimo da sole."

"Dì ad Arashi di non far cadere niente mentre vi serve le portate stasera," brontolò l'anziana signora, accondiscendendo.

"Ho rimandato anche Arashi, suo padre e tutti i servitori di questa dimora alle loro case. E' la vigilia di Natale, non certo una sera da passare a servire tre persone."

Natsuki smise di ascoltare la discussione tra Shizuru e Chikako.

Tra la loro partenza quella mattina e il loro rientro in serata il salone principale - in cui Natsuki non aveva ancora messo piede - era stato decorato con un abete che toccava il soffitto sebbene la stanza fosse molto alta. Era decorato molto vivacemente e profumava l'intero salone. A questo si aggiungeva il calore e l'odore di un fuoco a legna, acceso in un immenso focolare che Natsuki attizzava.

Sotto l'albero tantissimi regali perfettamente impacchettati non aspettavano che loro per essere aperti. Aveva intravisto Arashi mentre ne depositava uno. Era molto probabile che gran parte di quei pacchetti fosse stata lasciata dai servitori. Ma in mezzo a tutti quei regali infiocchettati e dai colori cangianti, alcuni venivano per forza da Shizuru. Per curiosità si era messa a rovistare quando l'amica non stava guardando e aveva trovato dei regali per lei e per Viola.

La fine della giornata sembrava piena di promesse. Meglio in ogni caso del pomeriggio, in cui aveva passato il suo tempo a battersi con Viola per ottenere le attenzioni di Shizuru...

Quando Shizuru aveva dimenticato i guanti in macchina, Natsuki aveva imprigionato le sue mani in mezzo alle proprie prima di sfregarle per riscaldarle a dovere, mentre Viola le aveva semplicemente tenuto la mano per il resto del tempo.

Shizuru era scivolata, Natsuki l'aveva aiutata a rialzarsi e a togliere la neve dal suo cappotto per poi tenerla attaccata a sé per evitare che cadesse di nuovo. Sulla via del ritorno Viola aveva portato Shizuru lungo la parte scivolosa della strada, ridendo tutto il tempo per il loro ruolo di principessa e cavalier servente.

Natsuki era andata a cercarle un the, Viola l'aveva bevuto con Shizuru parlando di 'bacio indiretto' e altre sciocchezze.

Natsuki l'aveva convinta ad assaggiare il suo dolce e le aveva anche tenuto il cucchiaino mentre Shizuru chiudeva le labbra sulla delizia a tre gusti di cioccolato. Viola aveva fatto scorrere il pollice lungo la bocca di Shizuru per togliere suddetto cioccolato prima di leccare ciò che aveva raccolto con un sorriso seducente.

E così via...


Natsuki scosse la testa per non pensare più a quel pomeriggio disastroso. Shizuru tra l'altro sembrava proprio non accorgersi delle sue avances. E poi era lei quella con i paraocchi? Non scherziamo! Cosa doveva fare perché Shizuru si accorgesse dei suoi sentimenti?

La ragazza giocherellò con il suo telefono e decise improvvisamente che forse doveva chiedere consiglio. Ma a chi? Prima del Carnival non avrebbe esitato a dire Shizuru, ma per diversi motivi ormai la cosa non era più possibile.

Aprendo il cellulare, si mise a scorrere la lista dei nomi in rubrica fino a quello di Mai Tokiha. Un ultimo respiro e la decisione fu presa.

"Shizuru, faccio una telefonata!"

"Va bene!"

La porta sbatté alle sue spalle mentre gli squilli risuonavano nel ricevitore del telefono.

"Rispondi, rispondi Mai! Una volta tanto che sono pronta ad 'aprirmi' e a chiederti consiglio, potresti almeno rispo- Ah Mai!" Esclamò, sentendo la sua interlocutrice finalmente rispondere.

"Mai è occupata! Sta preparando la cena di Natale!"

"Mikoto?"

"Sì. Chi parla?"

Era un miracolo che Natsuki la capisse visto che la ragazzina-gatto stava chiaramente parlando con la bocca piena.

"Sono Natsuki! Passami Mai."

"Natsuki (Nash'ki quando lo pronunciò mangiando)! Com'è Kyoto?"

"Fredda. Passami Mai, Mikoto, o ti giuro che Mai sarà così in collera che non ti preparerà più il ramen."

Il grido di panico della ragazzina fece sorridere Natsuki. Dal telefono sentì chiaramente Mikoto fare una clamorosa entrata che causò diversi danni in cucina. Subito si aggiunsero le urla rabbiose della sua amica rossa a quelle impaurite di Mikoto che cercava di spiegarle la terribile minaccia di Natsuki. La ragazzina alla fine doveva essere riuscita a farsi capire perché il telefono passò di mano.

"Natsuki? Sono occupata!"

"Immagino."

"Non puoi chiamare più tardi?"

"No! Mai, è importante!"

La chiamata si fece subito più chiara. Mai doveva essersi allontanata dalla sua coinquilina.

"Che succede? Problemi a Kyoto? State stretti a casa di Fujino-san?"

"Sarebbe meglio dire che rischio di perdermi a casa di Shizuru," replicò Natsuki in tono serio. "Ma non è per questo che ti sto chiamando!"

"Ci sono problemi con Fujino-san? Sono stata sorpresa che tu sia partita per le vacanze in sua compagnia, ultimamente mi era sembrato che tu volessi prendere le distanze da lei."

"Mai, potresti solo tacere e starmi a sentire?"

Silenzio dall'altra parte del telefono.

"Mai?" domandò Natsuki in tono preoccupato.

"Va bene ti ascolto, mi hai detto tu di stare zitta."

Natsuki sbottò. Perché Mai faceva tanto la difficile quella sera?

"Ecco, io... euh ho un'amica che, euh... che prova dei sentimenti per uno dei suoi amici più cari e..."

"Natsuki, ma ti stai sentendo?" Rise Mai. "Conosco tutti i tuoi amici. E quel genere di frase 'ho un amico che blablabla, hai dei consigli?' è trita e ritrita. Passiamo subito ai fatti. Di chi sei innamorata?"

Di un pallore terrificante, Natsuki faticò non poco a deglutire.

"Io? No, io... nessuno. Non sto parlando di me!"

"Natsuki, ho tonnelate di roba sul fornello! Letteralmente. Mi piacerebbe parlare con te per delle ore sulla scoperta dei tuoi sentimenti, ma stasera non ho proprio il tempo! Quindi vai al punto! Di-chi-sei-in-na-mo-ra-ta?"

"Mai!"

"Natsuki, ti giuro che riattacco se non mi rispondi al tre. Uno."

Mai poteva davvero aiutarla?

"Due."

Poteva davvero dirglielo?

"Tre. Ciao Natsu-"

"Shizuru! Ecco, sei contenta."

Ci fu nuovamente un lungo silenzio dall'altra parte del telefono.

"Mai?"

La voce di Natsuki era esile e tremolante.

"Sì, sì, Natsuki. Sono qui. E... in effetti non sono molto sopresa. Ma Fujino-san non esce con..."

"Sì, con Viola," rispose l'altra a denti stretti. "Ma la cosa non mi impedisce di volere che almeno sappia dei miei sentimenti e tentare la sorte."

Adesso era facile per Natsuki parlarne. La cosa più difficile era stata ammetterlo, ma dopo tutto le scivolò via senza difficoltà.

"Wow, sei cresciuta Natsuki," la prese in giro Mai. "Beh, non ti resta che andare da lei e dichiararti."

"Cosa?! E' questo il tuo meraviglioso consiglio?"

"Cosa vuoi che ti dica?! Non ho mica una formula magica!"

"E... se volessi che lei rompesse con Viola per avere una possibilità?"

"Wow, non ci vai leggera Natsuki. Non mi piacciono molto questo tipo di comportamenti, ma ok, tu sei mia amica e non conosco Viola-san quindi starò dalla tua parte... cerca di far vedere a Shizuru che tu sei migliore di lei," consigliò Mai con il tono di voce eccitato di un'amica che aveva appena ricevuto il più bel regalo di Natale.

"E se non funziona?"

"Hm... cerca di scoprire tutti i più sordidi affari di Viola-san e rivelali a Fujino-san."

Ecco, questa non è un'idea così malvagia.

"Però tu ti rendi conto che se le fai separare, Fujino-san ci rimarrà sicuramente male."

Natsuki si lascò sfuggire una smorfia al pensiero di fare del male a Shizuru in un modo o nell'altro, ma dopo un istante di riflessione si ricordò che non cercava di separarle solo per il suo interesse! Viola era una persona pericolosa. Lavorava con la Yakuza! Era meglio che Shizuru lo venisse a sapere il prima possibile.

"Oh santo cielo!" Esclamò improvvisamente Mai. "Sento odore di bruciato! Devo lasciarti Natsuki."

Quest'ultima non ebbe il tempo di rispondere che l'altra le aveva già riattaccato il telefono in faccia.


Shizuru fischiettava allegramente mentre finiva di preparare la tavola. L'ultima dei servitori - se si escludeva il signor Anderson - se n'era appena andata. La radio trasmetteva delle canzoni di Natale a basso volume e Shizuru ne seguiva il ritmo, raggiante.

La porta si aprì rivelando Natsuki. Si chiese a chi la ragazza avesse potuto telefonare per tornare indietro con un'espressione così determinata.

"Shizuru."

"Hmm," canticchiò lei.

"Devo dirti alcune cose."

"Ara, per favore Natsuki. Approfittane per allungarmi quelle posate laggiù."

Natsuki fece come richiesto e chiese poi a Shizuru di sedersi.

"Non ho tempo, alcune portate devono essere messe in forno, e..."

"Per favore! Riguarda Viola."

Shizuru si fermò e con un leggero aggrottare di ciglia rivolse infine la sua attenzione all'amica.

"Ci sono problemi? Se gli scherzi di Viola ti danno fastidio basta dirglielo."

"Non è quello."

"Allora cosa?"

"Viola è pericolosa!" Esclamò improvvisamente Natsuki senza preamboli.

Shizuru sembrò irrigidirsi prima di avvicinarsi all'altra ragazza.

"Che intendi dire?"

"Quella donna è pericolosa. Traffica con gente losca. Degli Yakuza in particolare, e gira con una pistola."

Incredibilmente, Natsuki vide Shizuru fulminarla con lo sguardo per la prima volta nella sua vita.

"Da dove ha tirato fuori Natsuki queste stupidaggini?"

"Non sono stupidaggini!" Esclamò e, pronta a mentire purché Shizuru le credesse, aggiunse: "Yamada stesso - il mio informatore - me l'ha confermato."

"Aspetta... tu l'hai fatta seguire? Hai fatto seguire Viola?"

"Non è questo il problema."

"Lo è per me!" esclamò Shizuru innervosendosi. "Con che diritto ti permetti di far pedinare le persone che frequento!?"

"Perché tengo a te!"

"Davvero? Permettimi di avere dei dubbi a riguardo visto che facevi fatica a rivolgermi la parola qualche settimana fa!"

Le due giovani erano ormai faccia a faccia gridando l'una all'altra.

"Credimi! Viola," insistette Natsuki, "è pericolosa. Chissà cosa vuole da te! Del denaro forse, dopo tutto cos'altro potrebbero volere gli Yakuza?!"

"Cosa stai cercando di fare, Natsuki?! Mi odi così tanto da cercare di rovinare la felicità che ho faticato così tanto ad ottenere?"

"Ma ti ascolti," ringhiò Natsuki. "Io cerco di proteggerti! A differenza di qualcun altro, non ti ho mai dato motivo di dubitare di me!"

L'insulto, se lo era, colpì Shizuru in pieno. Con il viso pallido e gli occhi intrisi di lacrime, schiaffeggiò Natsuki che si rese conto solo in quel momento delle parole che aveva appena pronunciato.

"Se non puoi fidarti di me, allora Natsuki ti prego vattene, non ti indicherò la porta. A meno che ovviamente tu non preferisca rimanere qui e continuare a rovinarmi vita giocando con i miei sentimenti o cercando di distruggere i rapporti con le persone che mi accettano."

"Che ti accettano?" le fece eco Natsuki in tono ironico, incapace di controllarsi quando un litigio degenerava, ancora di più se veniva attaccata fisicamente - schiaffo compreso.

Il fatto che si trattasse di Shizuru era l'unica ragione che la trattenesse dall'iniziare una lotta molto più fisica. Ma la cosa non le impedì comunque di parlare senza riflettere.

"Che ti accettano?" Ripeté beffardamente. "Lei non sa niente di te. Tutte le persone che ti ammirano non ti conoscono! Se sapesse, ti lascerebbe andare!"

"Come te?" Gridò Shizuru con le lacrime agli occhi.

"Esatto!" Esclamò Natsuki.

Il secondo schiaffo fu più risonante del primo. Natsuki indietreggiò, con la guancia pungente e prendendo coscienza di ciò che aveva appena detto. La collera le aveva sempre tolto la ragione. L'aveva sempre spinta ad agire impulsivamente. Esattamente come un animale accerchiato attacca indiscriminatamente. L'idea che Shizuru prendesse le parti di Viola e non le sue le aveva fatto così male che aveva cercato di provocarne altrettanto. Era stata una reazione spontanea e incontrollata. Impulsiva. Perché mai, mai, avrebbe voluto fare del male a Shizuru. Ma era troppo tardi.

Shizuru non ricordava di essere così disperata e in collera da molto tempo. Due passi avanti, tre indietro. Cosa si era aspettata? Natsuki non sarebbe mai cambiata. Ebbe improvvisamente l'impressione di non riuscire più a respirare. Un attacco di panico. Uno stupido attacco di panico.

"Vattene," esclamò. "Fuori di qui, Natsuki."

Natsuki sembrò persa, come risvegliata da un incubo. Disgustata da se stessa. Come poteva dire di voler rendere felice Shizuru quando aveva appena mostrato una crudeltà senza pari nei suoi confronti? Ma non era ancora pronta ad abbandonare l'idea di conquistarla.

"Mi dispiace, io... io non volevo," disse con voce strozzata.

Incapace di continuare a restare in sua presenza, Natsuki le obbedì: uscì precipitosamente. Provava il bisogno di fuggire dalla proprietà di Shizuru, per pensare, per riflettere su quanto era stata stupida, per cercare di espellere un po' di quella rabbia che sentita verso se stessa e soprattutto... per nascondere le lacrime che scendevano copiosamente lungo le sue guance.


Shizuru notò la presenza del signor Anderson non appena la figura di Natsuki scomparve. L'uomo non era mai lontano e le grida dovevano averlo nuovamente attirato lì.

"Per favore," disse tra i singhiozzi. "Seguila e assicurati che non faccia sciocchezze."

L'uomo espresse il suo disaccordo.

"Io sono al sicuro qui, in mezzo agli allarmi e ai cani. Seguila."

Il tono era più duro, più fermo. Un ordine. L'uomo mostrò la sua mancanza di entusiasmo ma obbedì.

Shizuru cercò di controllare il suo respiro e i singhiozzi che volevano scoppiare. Aveva bisogno di conforto e poteva riceverne. Da Viola.

La ragazza attraversò rapidamente i lunghi corridoi alla ricerca della stanza che era stata assegnata alla sua ragazza. Sapeva di trovarla lì perché aveva detto loro che avrebbe fatto una doccia. Senza pensarci due volte malgrado quello, aprì bruscamente la porta... e restò paralizzata.

Viola era uscita in effetti dalla doccia con i capelli bagnati. Le voltava le spalle, essendo di fronte al letto davanti al quale cercava di scegliere un maglione. Due cose saltarono immediatamente agli occhi di Shizuru.

Il reggiseno non poteva nascondere molto l'enorme tatuaggio che si estendeva da una delle sue spalle fino ai reni. Senza dubbio un tatuaggio delle bande criminali, dal tratto complesso rosso e nero, di cui non ebbe il tempo di distinguere il disegno perché il suo sguardo fu attirato dalla pistola infilata nel retro dei suoi jeans.

Natsuki aveva ragione!

Viola si voltò verso Shizuru al suo ingresso. Sorpresa, ma ancora ignara di ciò che la ragazza aveva appena visto.

"Desiderosa di rivedermi? Non sono per caso in ritardo per la cena?"

"No," mormorò Shizuru con difficoltà.

"Ti piace quello che vedi?" La prese in giro l'altra, notando lo sguardo fisso della ragazza.

Viola sembrò infine rendersi conto che c'era qualcosa che non andava. Afferrando rapidamente una maglietta nera, se la infilò e si avvicinò alla sua ospite.

"No," ripeté Shizuru con più forza.

"C'è qualche problema?" Chiese dolcemente Viola, fermandosi.

"Ara, chi sei? Natsuki ha ragione! Tu... tu lavori per gli Yakuza? Cosa cerchi? Cosa vuoi... i soldi della mia famiglia?"

"Di cosa parli Shiz-"

"Non fingere di non sapere!" Gridò Shizuru. "Ho appena visto la tua pistola e il tatuaggio! Natsuki ti ha fatta seguire e quando mi ha detto che facevi parte della Yakuza non le ho voluto credere. Che stupida sono stata!"

Viola s'irrigidì un istante prima di fare un nuovo passo avanti.

"No," intimò Shizuru senza muoversi.

"Lascia che ti spieghi! Non è assolutamente come pensi."

Prevedendo la fuga di Shizuru, Viola balzò in avanti per trattenerla. Credendosi attaccata, Shizuru non esitò a rispondere con un diretto di destro. Ma con una destrezza e una velocità fuori dal comune Viola evitò l'attacco, prima di bloccare e respingere il secondo assalto con una tecnica che avrebbe fatto vergognare i più grandi maestri di arti marziali del mondo.

Quel breve scambio di colpi fu sufficiente a Shizuru per capire di essere sopraffatta. Senza la minima esitazione approfittò del momento in cui Viola si rimise in guardia per fuggire. Avrebbe sfruttato il vantaggio del terreno. La proprietà era un immenso labirinto che non aveva segreti per lei. Dopo tutto, aveva lasciato entrare una persona armata per ignoranza, avrebbe potuto ben cercare di perderla di proposito. Almeno finché non fosse riuscita a chiamare dei soccorsi.

Un brivido di paura le percorse la schiena sentendo Viola lanciarsi al suo inseguimento.

Almeno, fuori di lì, pensò Shizuru, Natsuki non aveva nulla da temere.

Eppure se lei si fosse fidata dell'amica, la sua vigilia di Natale non sarebbe di certo finita in quel modo...

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


NDA: Ecco il nuovo capitolo, uscito un po' più tardi degli altri (credo), ma non è (del tutto) colpa mia. Ci sono gli amici che vogliono uscire (tra l'altro sempre quando fa incredibilmente freddo!), poi ci sono i genitori (che ti fanno capire che c'è sempre qualcosa da fare in casa) e l'università (in cui capita di dimenticare che si ha una vita al di fuori degli studi... ed è solo l'università!). E poi c'è il computer... che accetta - non si sa perché - di aprire una volta su dieci i siti di fanfiction (forse cerca di farmi arrivare un messaggio del tipo: "smetti di passare qui la tua vita!")

Comunque, dopo tutti questi discorsi che non interessano a nessuno... IL SEGUITO!


Capitolo 12

Shizuru conosceva ogni corridoio e scorciatoia dell'immensa dimora. Dopo tutto, era cresciuta lì. La sua fuga però non la portò verso i giardini. In quel periodo dell'anno i giardini non le avrebbero offerto nessun nascondiglio e peggio ancora, la neve e le tracce che avrebbe lasciato avrebbero portato Viola dritta da lei. Se la giovane non avesse avuto un'arma Shizuru non avrebbe esitato ad optare per quella scelta, ma la semplice idea che su terreno scoperto Viola la potesse abbattere da lontano le impediva di farlo. A quale distanza poteva rischiare di essere colpita dall'arma di Viola? Il signor Anderson e Natsuki avrebbero sicuramente potuto rispondere a quella domanda.

Shizuru aveva quindi deciso di seminare Viola all'interno della dimora. Non sarebbe dovuto essere particolarmente difficile. La casa era immensa, e anche se il Carnival era finito la ragazza aveva mantenuto una parte della resistenza caratteristica del suo vecchio status di HiME. Viola non sarebbe riuscita a coprire la distanza. Anche se... Shizuru si era già accorta dell'agilità impressionante della giovane. Normalmente la ragazza avrebbe dovuto prevalere su di lei anche sotto quell'aspetto. Le ex-HiME avevano ciascuna mantenuto delle capacità più o meno sviluppate di forza, agilità o resistenza. Se alcune come Natsuki sembravano avere conservato tutte le loro capacità, Shizuru non possedeva una forza o un'agilità così straordinarie. Era sicuramente più forte e più veloce della maggior parte delle persone ma non al punto da spiccare in mezzo ad una folla di gente muscolosa, se si escludeva il fatto ovviamente che lei non era un ammasso di muscoli. Però Shizuru possedeva ancora una resistenza eccezionale. Poteva correre per ore prima di sentire un principio di fatica. Ma correre per delle ore non era certo il suo obiettivo attuale. Temeva troppo per la sua vita per rischiare di giocare più del necessario al gatto e il topo.

Una volta sicura di averla persa, Shizuru contava di chiudersi nell'ufficio di suo padre la cui porta blindata era degna di una cassaforte. Dopo tutto, era stata costruita in caso di un'aggressione esterna e permetteva di proteggere gli abitanti della dimora - servitori compresi se necessario - oltre a documenti importanti relativi agli affari della sua famiglia. Una volta al sicuro, avrebbe potuto chiamare la polizia e le proprie guardie personali. Doveva solo raggiungere lo studio e ricordarsi il codice che apriva la porta.

1-B-34-A-75... o era 1-B-34-A-60-15? Come aveva potuto dimenticare quel dannato codice? Soprattutto in quel genere di situazione, dove la sua memoria era essenziale!

Shizuru voltò alla successiva curva e, incollata al muro, tese l'orecchio all'ascolto del minimo rumore. Cercò di regolare il proprio respiro frenetico, dovuto più al panico che allo sforzo compiuto, e di ricordare il maledetto codice. La tastiera forniva una sola possibilità di aprire lo studio, al minimo errore la porta si sarebbe sbarrata per proteggere chi si trovava all'interno.

1-B-34... Shizuru non era nemmeno più sicura che ci fosse una A in quel codice! Suo padre aveva scelto l'insieme di lettere e numeri a caso per assicurarsi che non fossero facilmente rintracciabili. Aveva pensato che si sarebbe potuto rivelare incredibilmente difficile da ricordare in una situazione di emergenza?

Shizuru inspirò ancora profondamente e si decise a distogliere lo sguardo dal corridoio dov'era venuta, per dirigersi verso lo studio che si trovava qualche passo dietro di lei.

Il respiro le si bloccò immediatamente in gola quando si trovò faccia a faccia con Viola, appoggiata contro il muro, l'arma puntata sul suo petto. Il suo viso impallidì, ed indietreggiò istintivamente di un passo.

"No," ordinò Viola. "Non ho voglia di continuare a correrti dietro. Voglio solo parlare con te."

Shizuru non riuscì ad impedirsi di scoppiare in una risata isterica nel corridoio terribilmente silenzioso.

"Davvero? Ara, faccio un po' fatica a crederci visto che mi stai puntando un'arma addosso."

"Se la cosa può rassicurarti non piace nemmeno a me l'idea di doverti minacciare per parlarti. Ma temo di essere costretta a farlo, se non voglio vederti fuggire a gambe levate."

Shizuru si chiese come avesse fatto Viola a sapere che si sarebbe diretta verso lo studio. Si chiese anche come la giovane avesse potuto anticiparla e arrivarle alle spalle. Notò infine la porta aperta di un piccolo salone adiacente allo studio. Viola aveva tagliato passando in mezzo alle stanze, capì. Ma così avrebbe dovuto allungare il percorso. Non sembrava invece avere fatto una lunga corsa. Più veloce e più resistente. Viola sembrava anche conoscere la successione di corridoi e avere previsto dove si sarebbe diretta Shizuru. Era ben informata. Ma da chi? Un servitore? La maggior parte però era al servizio della sua famiglia da così tanto tempo che avrebbe affidato loro la sua stessa vita.

Shizuru notò tuttavia che malgrado la sua apparente tranquillità Viola era tesa. Il suo sguardo abbandonava regolarmente e rapidamente Shizuru per spostarsi sui diversi corridoi e sulle stanze circostanti. Sembrava temere che Shizuru potesse fuggire da una di quelle numerose scappatoie... o che il signor Anderson potesse arrivare improvvisamente per fermarla. Non sapeva infatti che l'uomo e Natsuki non si trovavano nella dimora. La cosa le fu confermata quando con un gesto del polso Viola le fece cenno di avvicinarsi.

"Parleremo qui dentro," disse indicando lo studio. "Così non rischieremo di essere disturbate."

"Davvero?" Rispose Shizuru in tono sarcastico. "Non è piuttosto per potermi uccidere in silenzio in una stanza insonorizzata?"

"Shizuru, per favore. Non voglio ucciderti."

"Rapirmi, minacciarmi, poco importa. Se è per i soldi, non posso fare niente. Non ho alcun diritto su quel denaro prima dei miei 21 anni," mentì.

Viola sospirò, con lo sguardo sempre attento ai loro paraggi, sempre più preoccupata del possibile arrivo del signor Anderson.

"E la politica della nostra società impedisce di cedere il minimo centesimo a dei terroristi," esclamò sprezzante la ragazza, questa volta onesta. "Inutile dire che una richiesta di riscatto è inutile."

Se i suoi genitori fossero stati ancora vivi senza dubbio avrebbero fatto un'eccezione alla loro stessa regola. Ma loro non c'erano più. In ogni caso, era probabile che con o senza denaro la sua sorte sarebbe stata la stessa. Perciò Shizuru preferiva mostrarsi il meno cooperativa possibile, e così guadagnare tempo fino al ritorno del signor Anderson. A costo di subire qualche ferita, ma era poca cosa in confronto alla morte no?

"Se scappi adesso, puoi ancora farcela Viola," continuò Shizuru passando dall'aggressività alla diplomazia, cercando di destabilizzarla. "Altrimenti il signor Anderson finirà per trovarti."

"Non hai l'aria di avere capito Shizuru. Non voglio né farti del male, né rapirti, e ancor meno ucciderti. Ora entreremo in quello studio e parleremo tranquillamente. Dopo di che, usciremo. Nè il signor Anderson né Natsuki ne saranno mai al corrente."

Shizuru scosse tranquillamente la testa.

"Non conosco il codice di quella porta," le disse, senza sapere bene se stava mentendo oppure no.

Raggelò quando vide Viola inserire il codice aprendo lo studio con la sua mano libera.

1-B-34-A-60-15.

Viola conosceva il codice della porta. Con un dolce sibilo, la spessa porta blindata iniziò ad aprirsi, e le luci all'interno si accesero automaticamente.

Nessuno conosceva il codice della porta. Nessun servitore, nemmeno Miss Maria. Nessuno a parte lei. Non avrebbe dovuto esserci nessuno a parte lei.

"Dopo di te."

Bagnata di un sudore freddo Shizuru finì per obbedire, e con le mani ben in vista s'infilò dentro la stanza. Lo studio era immacolato, nemmeno il più piccolo granello di polvere. La porta ermetica ne impediva il passaggio. Percepì tuttavia l'odore di chiuso. Di chiuso, di vecchie carte e di sigari. La stanza racchiudeva gli odori di un altro tempo.

Shizuru si rivide bambina, seduta su quel folto tappeto con la sua ultima bambola o il suo servizio da the - o entrambi - mentre suo padre, comodamente seduto nella grande poltrona di pelle, con un sigaro in bocca, lavorava ascoltando il suo cicaleccio di bambina. A quel tempo tutto sembrava grandissimo in quella che chiamava 'la stanza dei giochi di Otou-san': la massiccia scrivania di mogano, la poltrona in pelle che la dominava nella sua altezza, le profonde e comodissime poltroncine per gli ospiti, la serie ininterrotta di scaffali pieni di opere a volte inestimabili.

Viola entrò dopo di lei e chiuse la porta con la semplice pressione di una sorta di interruttore interno. Si mosse poi all'interno di quella stanza come se fosse stata sua, andando a prendere a posto dietro la scrivania nella poltrona di suo padre. Se non fosse stato per la pistola Shizuru avrebbe potuto dirle tutto ciò che pensava. Ma la mano che teneva l'arma era appoggiata sulla scrivania, con la canna sempre puntata nella sua direzione.

"Siediti, per favore."

Impassibile, Shizuru si sedette in una delle basse poltroncine che aveva conosciuto così bene in passato.

"Preferisco tenere un occhio sulla porta se non ti dispiace. Non si sa mai."

Shizuru scelse di continuare a mantenere il silenzio. Non c'erano molte cose da dire in risposta a quel commento. Viola non sembrò preoccuparsene molto. Si appoggiò allo schienale della poltrona e si massaggiò le tempie con la mano libera.

"Volevo parlartene. Ma ci sono stati il tuo compleanno e Natale, e così ho sempre rimandato il momento di questa conversazione. Di certo perché non sapevo come spiegarti..."

"Che sei uno Yakuza?" La interruppe bruscamente Shizuru.

"Non sono uno Yakuza," replicò Viola in tono calmo.

"Ah davvero?" Continuò l'altra con sarcasmo. "Ara, tra la pistola e il tatuaggio avrei giurato che tu facessi parte di una banda!"

Viola picchiettò tranquillamente la superficie liscia della scrivania in silenzio. Un silenzio che anticipava una confessione. Shizuru lo capì e anche se se l'era aspettato, la sua paura crebbe in maniera esponenziale.

"Questa 'banda' come dici tu si chiama Ryu."

Shizuru non replicò ma la cosa non aveva importanza, Viola non si aspettava una reazione diversa per il momento.

"Si tratta di un'organizzazione il cui unico mercato è quello delle informazioni."

"E' in questo modo che hai ottenuto il codice dello studio di mio padre, e le mappe di questa casa?"

La voce di Shizuru rimase controllata ma il tono fu molto meno aggressivo di prima. Sembrava avere capito che le sue reazioni non avrebbero cambiato le minacce di Viola. Finché l'altra ragazza voleva parlare, Shizuru l'avrebbe ascoltata. Fino al ritorno del signor Anderson.

"No," Viola rispose scuotendo lentamente la testa. "Non ho avuto bisogno dei Ryu per questo."

Durante una nuova pausa tanto breve quanto la precedente, Viola lasciò trasparire una certa tensione picchiettando il calcio della sua pistola sulla scrivania. Shizuru fissò con inquietudine l'arma, temendo che partisse accidentalmente un colpo. Il suo disagio dovette sembrare evidente perché Viola smise subito.

"Ti spiegherò. Ma da dove iniziare?"

Shizuru doveva ammettere che stava iniziando a provare un minimo di curiosità, tanto Viola le sembrava stranamente sincera. E anche se la domanda era stata chiaramente retorica, Shizuru le rispose spontaneamente in tono scherzoso. Le abitudini sono dure a morire.

"Di solito si comincia dall'inizio."

In una simile situazione, il suo commento fu tanto sorprendente quanto il sorriso sincero di Viola.

"Sì, dall'inizio. Ecco come faremo, io ti racconterò una storia e tu mi ascolterai senza interrompere. Non parlerai finché non te lo dirò io."

Viola mosse la pistola davanti a lei come ulteriore incentivo.

"Hai capito?"

Shizuru annuì.

"Qualche mese fa tu, Natsuki e altre ragazze siete sopravvissute al Carnival."

Sentendo quella semplice parola Shizuru impallidì come un cadavere e dimenticando l'ordine di restare in silenzio prese la parola.

"Tu fai parte del Primo Distretto!"

Viola fece una smorfia, sorpresa in fondo che Shizuru pensasse subito a quella possibilità.

Quanto a lei, Shizuru era già balzata in piedi e si accingeva a precipitarsi verso la porta. La morte le sembrava una fine più dolce della vendetta di un'organizzazione come il Primo Distretto. Aveva sperato così tanto che tutta quella storia fosse conclusa. Il suo cuore per poco non si fermò quando, con una deflagrazione incredibile, una pallottola passò a qualche centimetro dalla sua mano tesa per aprire la porta. Shizuru fissò inebetita il foro in cui la pallottola aveva terminato la sua corsa. Le orecchie le fischiavano e il suo cuore ripartì in una serie di palpitazioni frenetiche.

Quella pallottola avrebbe potuto ucciderla.

Passarono alcuni istanti interminabili prima che Viola riprendesse la parola. Niente nel tono della sua voce lasciava trasparire che le avesse sparato un colpo.

"Torna a sederti Shizuru, davvero non desidero farti del male, ma se vedo un solo gesto in direzione di quella porta la prossima pallottola colpirà una gamba. E posso assicurarti che una rotula esplosa è terribilmente dolorosa."

Shizuru si leccò le labbra secche, riuscendo con difficoltà a mettere ordine nei suoi pensieri e ad articolare anche solo una parola.

"Alla fine mi ucciderai comunque. Per vendicare il Primo-"

"Non insultarmi, Shizuru," la interruppe Viola. "Io odio il Primo Distretto. E comunque, tu l'hai distrutto definitivamente. Non resta nulla, se non qualche fotografia di un massacro che non ti può in nessun modo compromettere. Torna a sederti."

I pochi passi necessari per raggiungere la poltroncina furono una vera agonia. Le sue gambe la sostenevano a stento e più che sedersi, Shizuru si lasciò cadere.

"Ti farò risparmiare tempo anticipando le domande che hai sulla punta della lingua," riprese Viola. "Come ho fatto a venire a sapere del Carnival e di ciò che tu hai fatto al Primo Distretto? Lo saprai presto, ma per il momento continuerò la mia storia."

"Parliamo proprio del Primo Distretto. Se si volesse dare una definizione sintetica di ciò che è un distretto, si direbbe che è una qualche sorta di suddivisione di un insieme più grande."

Viola si agitò nella sua poltrona. Shizuru s'irrigidì impercettibilmente, abbastanza attenta da intuire ciò che avrebbe detto dopo.

"Sono certa che tu l'abbia già pensato," mormorò Viola con un tono di voce sempre meno costante. "Quale organizzazione degna di questo nome si chiamerebbe Primo Distretto se non ci fossero anche un Secondo o addirittura un Terzo Distretto?"

"Tu menti," la interruppe Shizuru.

"Tu speri che io menta," la corresse l'altra. "Lo desideri con tutto il cuore e lo capisco. Ma sforzarsi di ignorare la loro esistenza non li renderà meno reali."

Shizuru inspirò ed espirò regolarmente per mantenere una parvenza di calma. Voleva svegliarsi da quell'incubo, rifiutava di ammettere le parole di Viola. Il litigio con Natsuki che le era sembrato così importante un'ora prima adesso le sembrava futile e lontano dal presente.

"In realtà esistono - esistevano, perdonami - quattro Distretti. Ognuno di loro lavorava su progetti diversi, malgrado tutto l'aiuto reciproco che era opportuno."

"Allora, se non è il Primo Distretto ad avercela con me..."

"No," la interruppe Viola anticipando le sue parole. "Non è una questione di vendetta. I Distretti erano consapevoli dei rischi. Il Primo Distretto non sarebbe comunque sopravvissuto al suo fallimento. Gli è sfuggito tutto di mano: il controllo del Carnival, degli Orphan che creavano per mettervi alla prova. Si sono addirittura sottomessi al Signore di Ossidiana sperando che giurandogli fedeltà lui li avrebbe protetti."

"Ma avevo sentito dire che il Primo Distretto fosse in realtà sotto il controllo del Signore di Ossidiana..."

"Dimentica ciò che pensavi di sapere su di loro, i Distretti sono sempre stati bravi a mettere in giro delle voci per coprire il campo delle loro ricerche."

"Ammettiamo che sia così," disse Shizuru scettica. "Resterebbero quindi tre Distretti, e nessuno di loro vorrebbe vendicare i loro compagni?"

"Il Secondo e il Quarto Distretto hanno fatto la stessa fine del Primo," disse Viola senza mostrare alcuna emozione. "Quando Sugiura-han ha riattivato Miyu, quest'ultima li ha distrutti."

Shizuru registrò appena lo "han" di Viola. Una parlata tipica di Kyoto, che Shizuru aveva faticato ad abbandonare a Fuuka e che a volte le sfuggiva ancora. Immersa nella discussione, non ci prestò attenzione.

"Perché?"

"Il Quarto Distretto l'aveva creata e avrebbe cercato di riprendersela. Il Secondo Distretto aveva creato Alyssa. Miyu, esattamente come te, ha voluto proteggere la persona che le era cara."

"Miyu è un androide," le fece notare Shizuru, mettendo in dubbio l'attaccamento di una macchina ad un essere vivente.

"Esatto, il progetto del Quarto Distretto. Un'arma dalle fattezze umane. Le hanno impiantato dei programmi per simulare dei sentimenti, un carattere umano. Senza rendersi conto che quei programmi avrebbero definito la sua personalità. L'hanno creata a immagine d'uomo: distruttrice, protettrice, vendicatrice... questo ha causato la loro fine. Del Quarto, come del Secondo Distretto."

"Il progetto del Secondo-"

"Era di creare delle HiME artificiali i cui poteri non fossero legati al Carnival," spiegò Viola. "Ma artificiali o no, le HiME e i loro Child sono legati a dei fenomeni che forse non potranno mai essere compresi. Il Carnival è uno di questi."

"Pensavo che la Searrs avesse creato Alyssa."

"La fondazione Searrs - e il Secondo Distretto - sono la stessa cosa. Solo il nome è diverso, a seconda che si parli della sua esistenza ufficiale o delle sue attività ufficiose."

Con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, Shizuru nascose il viso tra le mani. Aveva bisogno di riflettere, di mettere in ordine tutte quelle nuove informazioni.

"Suppongo," la sua voce era soffocata dalle mani, ma che importanza aveva, "che il Terzo Distretto esista ancora se ti stai prendendo il disturbo di parlarmene."

"In effetti, esiste ancora. Ignoro il nome dell'organizzazione che raccoglie l'insieme di questi Distretti, forse non ne ha nemmeno uno. Comunque sia, Fuuka è il loro terreno di giochi ed esperimenti. Sono infiltrati in tutte le aree dell'isola e giocano in sfere abbastanza alte del potere da poter controllare i media e la politica."

"E questo spiega la mancanza di informazioni o di spiegazioni sulla distruzione del ponte da parte di Alyssa o sui danni a Gakuen Fuuka," comprese Shizuru.

"Esattamente. Vogliono mantenere la loro esistenza segreta, e cosa c'è di meglio di un'isola in cui i rappresentanti del governo giapponese possono facilmente chiudere gli occhi in cambio di qualche bustarella?"

"Il Terzo Distretto," continuò Shizuru. "Cosa sai di loro?"

"Fin troppe cose da una parte e non abbastanza dall'altra. Ignoro dove si trovino, il loro nome. Usano una società ufficiale come copertura, come il Secondo Distretto con la Fondazione Searrs? Non lo so. Perfino i Ryu non ne sanno molto."

"La distruzione degli altri Distretti li ha resi molto più prudenti, più inafferrabili. Se sono entrata nell'organizzazione dei Ryu, è stato sia per la loro possibile protezione che per le loro eventuali informazioni."

"Protezione... Cosa può volere da te il Terzo Distretto?" Domandò improvvisamente Shizuru, alzando la testa per fissare Viola. "Come fai a sapere così tante cose del Carnival e dei Distretti se anche i Ryu ne sanno così poco. Per quale motivo dovrei fidarmi di te? Non hai smesso di mentirmi! Forse Viola non è nemmeno il tuo vero nome!"

Shizuru stava urlando. Non voleva ammettere che tutto ciò che Viola diceva potesse essere vero. Se lei fosse stata una sopravvissuta del Primo Distretto, le cose almeno sarebbero state chiare. Avrebbe potuto sapere cosa aspettarsi.

"E cosa c'entro io, se non è una questione di vendetta?" Continuò.

Viola appoggiò tranquillamente la pistola sulla scrivania e alzandosi dall'immensa poltrona di cuoio dove si era seduta, fece il giro del tavolo con una certa esitazione. Shizuru non sembrò avere percepito il suo movimento, perché il suo viso rigato di lacrime di rabbia e impotenza - forse anche di stress e di panico - fissava il tappeto come se tutte le risposte potessero trovarsi lì. Viola prese la poltroncina gemella a quella di Shizuru e la sollevò con facilità per poterla voltare di fronte a quella della ragazza. Si sedette quindi sul bordo e afferrò la mano fredda, rigida fin quasi a farle male, di Shizuru.

A quel dolce contatto Shizuru sussultò, e il suo sguardo incrociò quello di Viola. La giovane le sorrise con aria quasi materna, ma vide nel contorno delle sue labbra la stessa tristezza di Chikako quando l'anziana donna le aveva detto dopo la morte dei suoi genitori che alla fine tutto sarebbe andato meglio. Un sorriso forzato, non per un desiderio di ingannare l'altra persona, ma per tentare di rassicurarla anche quando non ci si credeva intimamente.

Viola iniziò a disegnare dei piccoli cerchi rassicuranti sulla pelle morbida di Shizuru.

"Il Terzo Distretto ha come progetto iniziale quello di creare dei superuomini, dei super-soldati. In breve, degli esseri dotati di poteri incredibili sia per forza che per agilità o per capacità di guarire rapidamente dalle più gravi ferite. Non so se l'obiettivo finale è di vendere una simile ricerca a dei governi o dei gruppi terroristici, o se loro stessi vogliono così imporsi al mondo, ma il loro fine non è la mia preoccupazione principale. Il loro progetto, chiamato OTOME, si suddivide in cinque sotto progetti principali: Ruby, Pearl, Coral, Silver Ice e Ametista. Non so dirti però cosa distingue un sotto progetto dall'altro. Ciò che so è che il Terzo Distretto non si preoccupa di chi possa soffrire... o morire affinché il progetto abbia un esito positivo."

"Tu sei stata... una delle loro cavie d'esperimento?" Capì finalmente Shizuru.

Viola sentì gli occhi bruciare dalle lacrime che si rifiutò di versare.

"Sì," annuì, con un nodo alla gola.

"E sei riuscita a scappare?"

"Solo fisicamente. Da qualche parte, io sono ancora prigioniera del Terzo Distretto. I miei pensieri, le mie scelte... il mio futuro è nelle loro mani."

Viola sentì le mani di Shizuru stringere le sue e donarle forza, la certezza di essere lì in quel momento e non là sotto, incatenata ad uno dei loro tavoli operatori.

"Sei venuta a cercarmi perché... cosa? Hai scoperto che noi siamo sopravvissute ad uno - tre Distretti, scusami - e che li abbiamo sconfitti?"

Viola avvicinò il proprio viso a quello di Shizuru, stringendo a sua volta le mani con quelle della ragazza.

"No, no, Shizuru," mormorò, non avendo il cuore di ricordare alla ragazza che lei era l'unica persona con cui era venuta a parlare. "Per dirti che vi danno la caccia. Il loro progetto... non funziona sugli esseri umani normali. Le nanomacchine che devono conferire le capacità di un superuomo non vengono accettate dall'organismo. L'individuo che le riceve deve già essere forte alla base per poterle sopportare. E il Terzo Distretto sa che le HiME hanno mantenuto una parte della loro forza, della loro resistenza. Nessun essere umano può ancora uguagliarvi, anche se non potete più invocare i vostri Child o i vostri elementi."

Un breve silenzio, il tempo che Shizuru capisse ciò che Viola le aveva appena detto.

"Ma tu sei sopravvissuta, tu sei..."

"Te."

Viola aveva pronunciato quella parola spontaneamente, senza rifletterci in modo particolare, e lo sguardo di Shizuru fu per un attimo offuscato dall'incomprensione. Viola inspirò profondamente, e liberando una delle sue mani da quelle dell'altra ragazza iniziò a togliersi le lenti a contatto. Shizuru rimase immobile per tutto il tempo mentre il grigio di quegli occhi che aveva imparato a conoscere e ad amare si fece dello stesso rosso che vedeva ogni mattina di fronte allo specchio. Allora la ragazza liberò la sua seconda mano da quella di Viola prima di alzarsi e indietreggiare.

"Non capisco."

"Le... le nanomacchine hanno questo effetto collaterale di attivare delle zone del cervello che non dovrebbero poter essere utilizzate. Questa cosa permette di avere delle capacità sovrannaturali," cercò di spiegare.

"Ero a tanto così dal crederti," esclamò Shizuru, arrabbiata per la propria ingenuità. "E tu mi dici che... cosa? Che tu sei me. Un mio clone? O che puoi assumere il mio aspetto, o..."

"Che io sono il tuo futuro. Che io sono te. Te fra quattro anni."

"No."

La reazione era prevedibile. Improvvisa. Viola inspirò profondamente quell'aria carica di ricordi d'infanzia, e non riuscì a trattenere la lacrima che scivolò dalla coda dell'occhio.

"Mi sarebbe piaciuto mentirti. Davvero. Mi sarebbe piaciuto poter sistemare questa storia senza che nessuna di voi ne venisse a conoscenza. Ma non ho i mezzi necessari per riuscirci."

"I soldi, ovviamente. Rieccoci qua," ironizzò Shizuru, dirigendosi in maniera incospicua verso la scrivania dove aveva individuato la pistola abbandonata da Viola. "Ara, confesso che il metodo per arrivarci è stato sicuramente originale. Faresti fortuna come attrice."

"Non sto scherzando, Shizuru. Le nanomacchine hanno..."

"Ara, come posso credere che esistano delle macchine così evolute da permettere a chiunque di viaggiare nel tempo?"

"E' davvero così impossibile?! Più che invocare delle creature con la nostre semplice forza di volontà? Più impossibile del Carnival?! Più di morire tra le braccia della persona che si ama per poi ritornare in vita?!" Esclamò Viola, nel tentativo di convincere Shizuru a crederle.

"Non entrerò in questa discussione con te," la interruppe Shizuru. "Non so come tu abbia potuto scoprire tutto questo."

"Te l'ho detto. Ma tu non mi hai ascoltata."

"Ti ho ascoltata," la contraddisse Shizuru. "Ma non ti credo."

Viola s'irrigidì appena quando, dopo quelle parole, Shizuru puntò l'arma di cui finalmente si era appropriata sul suo petto.

"Dammi una sola buona ragione per non sparare," aggiunse la ragazza, la mano tremante e il dito già premuto sul grilletto.

"Se spari, se io muoio, quello che è il mio passato diventerà il tuo futuro..."

"Non è una buona ragione," la interruppe Shizuru.

"... e allora Natsuki morirà davanti ai tuoi occhi."


NDA: voilà il capitolo sperando che vi sia piaciuto! Grazie a tutti coloro che si sono presi il tempo di lasciare un commento (e a tutti coloro che ne lasceranno uno!)

Ah, e per psychoforeros: mi dispiace che i tuoi talenti divinatori non siano pienamente sviluppati (ti avrei chiesto di raccontarmi il seguito di tutte quelle storie di cui non vedremo mai la fine :'(). Ma apprezzo lo sforzo, bella idea :p.

NDT: psychoforeros è un utente di fanfiction.net che aveva previsto che Natsuki non lasciasse veramente la proprietà Fujino, s'imbattesse in Shizuru mentre cercava di fuggire da Viola e insieme al signor Anderson riuscisse a salvarla in questo capitolo^^

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

La vigilia di Natale per i Suzushiro era l'occasione per organizzare un ballo di enorme portata nella villa che Renji Suzushiro aveva fatto costruire non lontano da una delle più belle spiagge di Fuuka. Il gigantesco edificio era stato decorato per l'occasione con centinaia, o per meglio dire migliaia, di luci e tantissimi alberi più grandi di quanto si potesse immaginare ornavano i giardini. L'atmosfera avrebbe potuto essere ancora più fiabesca se la neve si fosse decisa a scendere. Tuttavia, Itsumi Suzushiro non avrebbe mai ringraziato abbastanza il cielo per essersi tenuto per sé i suoi bianchi fiocchi. Dio solo sapeva fino a che punto la neve rendesse la vita quotidiana più complicata di quanto non lo fosse normalmente. Problemi di circolazione, incidenti che assumevano proporzioni eccezionali. Per non parlare delle difficoltà che doveva affrontare quando voleva tornare a casa. Certo era maestosa, splendida, immensa e molte altre cose ancora, ma era soprattutto isolata. C'era un'unica strada che la collegava costeggiando la montagna ed era circondata dall'altra parte da ripide scogliere che piombavano a picco sul mare. Come dire che neve e ghiaccio potevano molto rapidamente causare una bella valanga.

Suo marito era stato avvisato della zona isolata del terreno, ma ogni Suzushiro che si rispettava era per sua natura testardo. L'uomo non ne aveva voluto sapere e l'edificio era stato costruito là dove desiderava. In altre parole, nel mezzo del nulla. Se i Suzushiro non fossero stati proprietari di un'impresa di costruzioni, chissà quanto sarebbe costato loro costruire lì?! Ma ormai le cose erano fatte, e Itsumi doveva ammettere che da primavera fino alla fine dell'estate non c'era posto più bello che quella casa. Haruka a volte ne approfittava per organizzare delle feste, e la spiaggia che raramente veniva visitata perfino dai turisti per la sua zona così isolata prendeva improvvisamente vita.

Ma quel giorno ben altre persone affollavano la sua casa. Partner commerciali, azionisti, personalità ricche o famose per non parlare di qualche alto dignitario del Giappone si riunivano per quel ballo con i vestiti più belli e più costosi del paese.

Era soprattutto in quei momenti che Itsumi si rendeva conto di non appartenere a quel mondo. Erano tutte persone superficiali, orgogliose, manipolatrici. Un gruppo di gente pericolosa, arrivata al potere con dei metodi non sempre molto chiari. E dai discorsi talmente vuoti... Vestita con un abito da sera blu marino, Itsumi annuì a ciò che aveva appena detto la donna di fianco a lei, che non ricordava nemmeno chi fosse. Non sarebbe riuscita a ripetere nemmeno una cosa di ciò che la donna stava blaterando ormai da un quarto d'ora. Cercava disperatamente con lo sguardo una scappatoia qualunque, e...

Itsumi non perdette tempo, scorgendo la sua via di fuga.

"Mi voglia scusare."

Itsumi non si prese la briga di spiegare il motivo della sua partenza improvvisa, e si lanciò tanto rapidamente quanto il suo vestito le permetteva verso la sola persona che riuscisse ad apparire austera e scontrosa in una serata simile.

"Miss Maria," la salutò.

I capelli di un grigio uniforme, tagliati corti, il viso severo e solcato da molte meno rughe di quante non fosse lecito aspettarsi per la sua età, Miss Maria era una donna di polso. Itsumi aveva sentito dire che da giovane aveva fatto politica negli Stati Uniti. I pettegolezzi dicevano che era atterrata in Giappone seguendo un uomo sposato. Ma raramente si tenevano in considerazione le dicerie quando si aveva a che fare con il personaggio. Quella donna era in grado anche solo di amare? era la domanda che tutte le persone che la incontravano si facevano.

Itsumi però la ammirava molto. Miss Maria conduceva la sua vita secondo regole ferree e niente nel suo aspetto o nel suo modo di vivere avrebbe potuto lasciare supporre che quella donna dirigeva una delle più grandi imprese del paese. Da quel che sapeva Itsumi la Windbloom Company era appartenuta ad una ben nota famiglia di Kyoto, ma alla loro morte senza eredi un'amica di famiglia - Miss Maria appunto - aveva ricevuto i pieni poteri sull'immenso conglomerato di società. La donna dirigeva l'impresa con un polso e una destrezza non comuni. La crisi economica sembrava avere appena sfiorato la potenza della Windbloom Company. Tuttavia, ci si aspettava che lei finisse per lasciare la società in eredità a qualcuno oppure che si decidesse a venderla. Dopo tutto, non era più tanto giovane.

Eppure durante l'ultimo consiglio di amministrazione aveva dichiarato che non intendeva fare nessuna delle due cose. Che stesse addestrando in segreto un successore? L'idea sembrava poco probabile. Miss Maria non aveva famiglia, e non sembrava essere legata a nessuno in particolare. Il pettegolezzo ricorrente quindi al momento era che Miss Maria stesse occupando la sua posizione fino a quando l'erede legittimo della Windbloom Company non avesse raggiunto l'età necessaria per riprenderne le redini. Itsumi stessa ammetteva di essere intrigata e curiosa di sapere fino a che punto le voci potessero essere vere. Ma non sarebbe stato certo da Miss Maria che avrebbe ottenuto simili informazioni.

"Suzushiro-san," salutò in risposta l'anziana donna, senza fare commenti sul passo affrettato e poco elegante di Itsumi.

"Non mi aspettavo di vederla qui," rispose semplicemente l'altra come saluto.

"In effetti non avevo intenzione di venire, ma suo marito ha lungamente insistito."

"Oh, la cosa non mi sorprende. Può essere molto testardo."

"Dev'essere una caratteristica di famiglia," osservò severamente Miss Maria, indicando con un cenno del capo una Haruka che, malgrado l'evidenza, tentava costi quel che costi di aprire una porta chiusa con il catenaccio un poco più in là.

Itsumi si raschiò la gola e nascose l'imbarazzo bevendo tutto d'un fiato ciò che era rimasto nel suo bicchiere.

"Sa, i bambini sono... a volte... turbolenti?"

La giustificazione era stata posta come una domanda. Itsumi intuì dall'espressione severa della donna che ignorava cosa fosse: forse non aveva mai trascorso del tempo con un bambino, o forse nessuno di quelli con cui aveva avuto a che fare era stato turbolento... o più semplicemente, non dava credito ad Itsumi nel voler paragonare la sua figlia di 19 anni ad una bambina.

"Ahem, e come vanno gli affari?" Preferì chiedere alla fine.

Miss Maria poteva anche essere una donna che ammirava, ma Itsumi non si era mai sentita così intimidita davanti a qualcuno.

"Va tutto bene, un tasso di sviluppo costante, non ho di che lamentarmi," rispose sobriamente l'altra senza il minimo accenno di orgoglio o soddisfazione. "Ho sentito dire che le vostre imprese hanno avuto una discreta quantità di lavoro a Fuuka, in particolare all'Accademia?"

Itsumi alzò le sopracciglia sorpresa: aveva veramente percepito una certa forma di inquietudine nel tono dell'anziana donna?

"In effetti sì, i lavori sono comunque quasi terminati," rispose osservandola attentamente con l'obiettivo di confermare quella parvenza di emozioni nella sua interlocutrice.

"Si ha un'idea di cosa possa essere successo?"

"Probabilmente un regolamento di conti tra bande," spiegò Itsumi, anche se lei stessa dubitava del rapporto che i suoi colleghi avevano potuto fornire.

"Un regolamento di conti? Che avrebbe distrutto una scuola dalla reputazione internazionale e allo stesso tempo il ponte che collega Fuuka al Giappone?"

"Confesso che anch'io ho i suoi stessi dubbi su questa storia," replicò Itsumi. "Ma i miei superiori si sono occupati personalmente del caso e hanno dichiarato di non voler mettere in allarme la popolazione mentre questo regolamento di conti viene 'risolto'."

"Mi sembra che abbiate diversi problemi di 'bande' per un'isola così piccola," osservò duramente Miss Maria.

Itsumi si accigliò. Da un lato non le piaceva il tono dell'anziana donna, ma dall'altro doveva ammettere di avere pensato la stessa cosa. Per il momento però, le interessava maggiormente approfondire quell'impressione forte che la donna fosse preoccupata per qualcuno. Itsumi non amava particolarmente i pettegolezzi - tutt'altro a dire il vero - ma, forse per via del suo lato poliziesco, adorava risolvere i misteri. E Miss Maria era uno di quelli.

"Sembra essere ben informata su Fuuka," constatò. "E i grandi di questo mondo non conoscono abitualmente quest'isola solo per l'esistenza di Gakuen Fuuka."

"Effettivamente non ho mai avuto occasione di mandarci dei bambini poiché non è un mistero per nessuno che non ne ho, ma frequento un buon numero di 'grandi di questo mondo' che si sono molto preoccupati per i loro figli in seguito a questi 'regolamenti di conti'."

Una risposta plausibile, perfino logica. Itsumi comunque non ci credeva, e stava per approfondire la questione quando il suo telefonò squillò. Dalla particolare suoneria capì che la chiamata veniva dal commissariato. Si scusò quindi con Miss Maria, che se trovò quell'interruzione inopportuna non lo diede a vedere e la lasciò sola alla sua conversazione telefonica.

"Suzushiro."

"Ah Itsumi-san!"

"Nobu? Sei tu? Chiami dal tuo ufficio? Per un attimo ho pensato che fosse una chiamata del commissariato."

"E' una chiamata del commissariato," rispose lui ridendo. "Dovevo restituire un piccolo favore a uno dei tuoi colleghi."

"Alla vigilia di Natale?"

"Sì, ma non ha molta importanza davvero. Ascolta Itsumi-san, passando di qui mi sono imbattuto nell'agente Hawachi. Non indovinerai mai! Era piuttosto seccato, è dovuto andare in ospedale."

"Come mai? Si è fatto male?" Chiese Itsumi lanciando uno sguardo di scusa a suo marito che dall'altra parte della sala sembrava rimproverarle la sua mancanza di interesse nel ballo.

"Per un ragazzo che è inciampato ed è caduto sul suo coltello. La ferita era molto grave, si è svegliato solo oggi."

"E?" Lo incalzò lei.

"Il tizio si è ferito due mesi fa. I suoi amici hanno chiamato i soccorsi. La polizia non ha tardato a seguirli, i medici hanno pensato ad una rissa tra bande rivali. Tutti i ragazzi erano più o meno malconci. Hanno dichiarato che stavano solo azzuffando un po' tra di loro prima che succedesse la tragedia. I tuoi colleghi non ci hanno creduto veramente perché erano tutti noti alla polizia per far parte degli uomini del Boss."

"Due mesi fa, dici?" Ripeté Itsumi che iniziava a provare un principio di eccitazione.

"Esattamente. Ma siccome non è stata trovata nessuna vittima, la polizia ha concluso che si stessero effettivamente azzuffando."

"Ma non è così, giusto?"

"Al suo risveglio, il nostro piccolo spacciatore ha finto di essere stato aggredito. Gli infermieri hanno quindi telefonato al commissariato. Poi il ragazzo si è chiuso come un'ostrica all'arrivo della polizia, e ha raccontato di avere visto un demone."

"Un demone?" Disse Itsumi in tono sarcastico, desiderando che il suo amico andasse dritto al punto.

"Sì, un demone che voleva vedere il Boss. Era, sembrava, dotato di una forza e una resistenza impressionanti e soprattutto diceva di chiamarsi Ametista."

"La nostra Mietitrice ha fatto un passo falso allora," sorrise Itsumi.

"Il suo primo attacco, il suo debutto. Niente è mai perfetto la prima volta. E indovina qual è la parte migliore."

"La parte migliore?"

"Una descrizione che l'agente Hawachi ha raccolto da un'infermiera che ha sentito personalmente il ragazzo mentre era ancora sotto morfina."

"Andiamo, dimmi a cosa assomiglia la nostra Mietitrice?"

"Una giovane - forse una studentessa - mezzosangue."

"Una donna dalla forza e dalla resistenza sovrumane, questo quindi conferma che la nostra Mietitrice sarebbe proprio un'Otome," rifletté Itsumi, prendendo per buono ciò che era scritto nel dossier 'Progetto Otome'. "Però non è sufficiente come informazione. Per via di Gakuen Fuuka ci sono molti mezzosangue sull'isola. Mia figlia innanzi tutto."

"Forse, ma aspetta di sentire il seguito della descrizione..."

Per un attimo la comunicazione fu interrotta, di sicuro da un poliziotto che avvisava Nobu di non monopolizzare la linea. Itsumi avrebbe voluto potergli mettere le mani addosso e scuoterlo fino a quando non gli avesse detto tutto ciò che sapeva.

"Scusami. Era l'agente..."

"Non importa. La descrizione," ordinò lei.

"Sulla ventina, uno schianto secondo il nostro piccolo spacciatore, mezzosangue, viso grazioso, capelli castani..."

"La metà delle ragazze che frequentano Gakuen Fuuka," ribatté Itsumi che tuttavia provava un crescente interesse.

"Ma ne conosco molte meno che hanno in più un accento di Kyoto e meno ancora che hanno gli occhi rossi," concluse lui.

"Solo una in effetti," precisò Itsumi osservando sua figlia.

"Penso che stiamo parlando della stessa persona."

"Verifica le dichiarazioni del ragazzo," disse Itsumi in tono febbrile, "e se possibile rintraccialo affinchè gli possa far firmare una deposizione. Gli chiederemo un riconoscimento visuale della nostra Mietitrice. Nel frattempo, cercherò di mettere le mani su Fujino."


Osservò brevemente la nuvola bianca che, sfuggita dalle sue labbra, partì alla conquista del cielo finché una folata di vento non la dissipò e lei fu costretta a chiudere i lembi del suo cappotto. Faceva un freddo terribile quella sera, e la neve cadeva fitta. Natsuki rimpianse di non essersi presa la sciarpa. Ma era stata rimasta appesa con il suo cappotto all'ingresso in assenza dei servitori che potessero andarla a mettere in uno dei guardaroba - o armadietti - abituali. Tuttavia, Natsuki scacciò rapidamente quel rimpianto al ricordo dell'odore che aveva quella sciarpa. L'odore di Shizuru. Natsuki si sarebbe sicuramente sciolta in lacrime al suo semplice ricordo.

Ma in fondo, sarebbe realmente cambiato qualcosa nel suo stato attuale? Natsuki aveva la sgradevole impressione che le lacrime le si gelassero sulle guance. Un vero e proprio torrente di lacrime come non ricordava di avere mai versato nella sua vita - eccetto per la morte di sua madre.

Le parole che aveva pronunciato, che aveva osato dire a Shizuru continuavano a ronzarle nella testa, facendola piombare sempre più nel baratro della disperazione. Provava il bisogno, tanto inutile quanto pericoloso, di sbattere la testa contro il muro più vicino per scacciare quel litigio dai suoi ricordi, per impedirsi in futuro di prounciare parole così stupide e offensive. Fu solo quindi il suo pugno ad avere l'onore di incontrare il palo della linea telefonica. Non usò la forza necessaria per rompersi le dita ma si aspettava di vedere dei brutti e dolorosi lividi entro poco tempo.

Quel pugno ebbe almeno il merito di alleggerirle l'animo e forse anche concedersi una punizione che secondo lei era meritata e necessaria.

Sussultò sentendo la neve scricchiolare sotto i suoi piedi. Pensava di vedere dei passanti che si affrettavano per via del freddo oppure rallentati dalla neve, ma di sicuro non la figura del signor Anderson stagliata in controluce sotto la cruda luminescenza di un lampione. Si teneva silenziosamente una dozzina di metri alle sue spalle, come sempre vestito della sua uniforme nera, e sembrava essere uscito direttamente dall'incubo di un bambino tanto sembrava enorme e fuori contesto in quella notte innevata. Ma non era forse anche lei altrettanto fuori posto in quella serata di festa e così fredda da invitare a stringersi sotto una calda coperta? L'uomo, capì, doveva averla seguita nella sua fuga disperata da casa Fujino. Non si era minimamente accorta di lui.

Shizuru gli aveva sicuramente ordinato di seguirla.

Quel pensiero la spinse nuovamente sull'orlo delle lacrime. Dopo tutte quelle parole orribili Shizuru continuava a preoccuparsi per lei. Cos'aveva fatto per meritare una simile persona al suo fianco? E per quanto ancora sarebbe riuscita a tenerla vicino a sé se continuava a comportarsi così?

Natsuki inspirò una boccata d'aria glaciale prima di riprendere il suo cammino senza meta né obiettivo. Non le importava sapere se il signor Anderson la stesse seguendo, poiché l'uomo continuava a tenersi fuori dal suo cammino e sembrava volerla lasciar fare, come quando le aveva lasciato colpire il palo. Forse apprezzava il fatto che Natsuki si ferisse da sola, in fondo non aveva fatto del male a Shizuru? Non desiderava fargliela pagare con i suoi stessi pugni se si fosse presentata l'occasione?

Natsuki non lo sapeva, ma l'idea di una zuffa, di dare e ricevere colpi, di sentire l'adrenalina pulsarle nelle vene, di non pensare ad altro che a vincere, la attirava. Anche se dubitava di poter avere la meglio su un uomo come il signor Anderson malgrado ciò che le rimaneva delle sue capacità di HiME.

Si decise quindi a riprendere il suo cammino, a lasciarsi intorpidire dal freddo, finché quest'ultimo non avesse avuto la meglio. A quel punto il signor Anderson non avrebbe dovuto fare altro che raccoglierla e riportarla indietro.

Si era chiaramente persa, ma la cosa non aveva importanza. Aveva la terribile sensazione di essere ritornata ai tempi del Carnival, quando aveva camminato sotto la pioggia, disperata dopo avere scoperto che sua madre l'aveva venduta, che la ricerca di una vita intera si era basata su una menzogna.

La sua mano finì per sfiorare il cellulare e l'idea di ricevere conforto, dei consigli, fu abbastanza allettante da spingerla ad aprire il registro delle chiamate e premere sul nome di Mai.

Sentì nuovamente il telefono suonare. Nessuno rispose, e Natsuki lasciò con amarezza che la segreteria trasmettesse il messaggio della voce allegra di Mai prima di riattaccare. Non ebbe però il tempo di infilarlo in tasca che il cellulare si mise a vibrare. Per un attimo sperò che la chiamata venisse da Shizuru, ma poi vide il nome di Mai comparire sullo schermo. Improvvisamente esitò a rispondere. Era davvero pronta a mostrare all'amica il lato più vulnerabile della sua personalità?

La sua risposta si concretizzò quando premette il pulsante verde del suo telefono. Non si trattava di sentirsi pronti, era il fatto che aveva bisogno di conforto.

"Natsuki?"

La voce pimpante della sua amica le fece male quanto un pugno allo stomaco. Era la vigilia di Natale! Poteva essere tanto egoista da assillare Mai con i suoi problemi in un simile giorno di festa?

"Natsuki?" Insistette la ragazza.

"Sì," rispose, sorpresa lei stessa dalla fragilità che sentì nella propria voce.

"Cos'è successo?"

Mai era davvero una ragazza empatica, pensò Natsuki. La sua voce, prima piena di risate e allegria, si era subito fatta seria e materna sentendo il tono di quella singola parola.

"Ho... ho fatto un casino."

Scoppiò nuovamente in lacrime a quell'ammissione.

"Oh, Natsuki," esclamò Mai, spostandosi in un'altra stanza per poter parlare senza interruzioni.

Natsuki passò i minuti successivi a raccontarle ciò che era successo. Mai si guardò bene dall'esprimere la propria opinione, e cercò di consolarla il più possibile.

"Hey Mai, che stai facendo!? Credo che Mikoto stia per devastarti la cucina!"

La voce ovattata che le aveva appena interrotte era di un'altra persona. Natsuki era quasi certa di sapere chi fosse.

"Era la voce di Nao?" Domandò improvvisamente con voce fioca.

"Sì."

"Sembra che tu abbia un sacco di persone."

"Sì, abbastanza. La mia stanza è fin troppo piccola per accogliere così tante persone ma..."

"Allora ti lascio andare."

"No, no, non ti preoccupare! Conoscendo Nao, impedirà a Mikoto di mangiarsi tutto e poi quello che ti è successo è molto più importante di questa cena."

"Sei gentile Mai, ma... tu hai degli ospiti e questo è un problema mio. Lo sistemerò da sola."

"Natsuki," la avvertì Mai, "ti proibisco di ria-"

Natsuki interruppe bruscamente la comunicazione. Il cellulare si rimise quasi subito a squillare con il nome di Mai. Natsuki sorrise leggermente davanti all'insistenza della sua amica.

"Grazie, Mai," mormorò.

Spense finalmente il suo telefono, si prese qualche secondo per calmarsi e decidere le sue prossime azioni.

"Signor Anderson," chiamò voltandosi verso l'uomo alle sue spalle.

Nessun segno che avesse sentito, ma Natsuki non ne dubitava.

"Se mi può mostrare la strada del ritorno."

Gentilmente l'uomo girò su se stesso e si diresse verso la dimora dei Fujino, con Natsuki al suo fianco.


Una volta che Natsuki aveva infine un obiettivo chiaro in testa, era il genere di persona che si precipitava a fare ciò che aveva deciso qualunque fossero le conseguenze o i rischi. E in questo caso non voleva pensarci. Sperava che le cose si sarebbero risolte per il meglio e non osava pensare ad un'altra eventualità.

Sentiva nel petto il suo cuore battere a ritmo irregolare. Sapeva che la cosa era dovuta tanto alla sua impazienza quanto alla paura, e si sforzò nuovamente di non pensare davvero più in là - o pensare proprio - a ciò che stava per fare. Temeva altrimenti di perdere il coraggio e di non riuscire ad andare fino in fondo.

Ci misero quasi mezz'ora a raggiungere la dimora, e Natsuki si chiese come avesse potuto allontanarsi tanto. Aveva fatto un percorso molto più lungo per fuggire dalla proprietà rispetto a quello che avevano preso per tornare, e capì fatalmente che mezzanotte era passata. Era ufficialmente il giorno di Natale. Sarebbe riuscita a fare meglio rispetto alla vigilia? La domanda avrebbe presto avuto una risposta. Non appena mise piede nei giardini dovette trattenersi dal mettersi a correre, ma la cadenza dei suoi passi e la distanza che percorreva aumentarono in modo significativo. Come un'ombra, il signor Anderson la seguì.

Attraversò la porta veloce come il vento senza preoccuparsi di chiuderla dietro di sé, senza più curarsi delle tracce di neve che indicavano il suo passaggio. Percorse altrettanto rapidamente i corridoi che conducevano alla sala da pranzo, e il signor Anderson le andò dietro con un passo così leggero che Natsuki avrebbe potuto ignorare la sua presenza se non l'avesse visto seguirla.

La sala era buia. Il fuoco del camino non era altro che braci ormai prossime a spegnersi. La tavola non era mai stata apparecchiata, nessun profumo dei deliziosi piatti lasciati da Chikako aleggiava nell'aria, i regali erano intatti ai piedi dell'albero.

Non avevano festeggiato la vigilia.

"Dov'è?" Natsuki si preoccupò.

Il signor Anderson pareva più teso del solito, e rispose alzando brevemente le spalle. Di comune accordo si diressero verso la stanza dove Shizuru si era probabilmente rifugiata, ma la trovarono ugualmente abbandonata.

"E' andata da Viola," intuì Natsuki con angoscia.

Una profonda inquietudine s'impadronì di lei. Che Shizuru avesse passato la serata tra le braccia di Viola, a farsi consolare da quella donna pericolosa? Che si fossero spinte fino a... Natsuki scosse violentemente la testa all'immagine di Shizuru che si offriva a Viola decidendo di passare la notte in sua compagnia dopo essere stata tanto ferita dalla persona che aveva amato - e che amava ancora? - Sperò Natsuki. No, si rifiutava di ammettere che potesse essere successa una cosa simile, anche se nulla lasciava intendere che non fosse già accaduto.


Nemmeno nella camera di Viola trovarono la ragazza che cercavano. Ma l'inquietudine divenne paura. La grande porta spalancata dava su un corridoio in cui alcuni mobili erano stati rovesciati. Come se ci fosse stata una lotta, o una specie di inseguimento.

Natsuki analizzò la situazione, chiedendosi se finalmente Viola - una Yakuza, o un membro di una banda simile per quel che ne sapeva lei - avesse attaccato Shizuru nel momento in cui nessuno era lì per proteggerla. La gola le si serrò dal terrore e mentre si voltava per chiedere l'aiuto del signor Anderson, vide per un attimo la sua figura silenziosa scomparire girando un angolo del corridoio. Senza esitare Natsuki partì al suo inseguimento, ringraziando le sue capacità di ex-HiME che le permisero di raggiungerlo e seguirlo.

Natsuki fu nuovamente colpita dall'immensità di quel luogo, mentre vedeva sfilare davanti a sé innumerevoli porte e corridoi. Sperò che il signor Anderson sapesse davvero dove andare.

Finalmente raggiunsero un passaggio come tanti altri, con la sola differenza che c'era una porta senza maniglie ma fornita dell'ultimo modello in fatto di codici digitali.

Qui il signor Anderson si trovò sperduto quanto lei, davanti a quella porta chiusa. Che fosse una specie di panic room? Natsuki ricordava di avere visto un film di quel genere una volta. Il signor Anderson, con una mano infilata nella giacca, sicuramente sopra il calcio di una pistola che Natsuki avrebbe voluto avere per sparare personalmente a Viola, le indicò con un cenno del capo la presenza di una piccola telecamera.

Premette poi un pulsante che doveva fungere da interfono o campanello, prima di segnalare a Natsuki di parlare. Cosa che la ragazza capì solo dopo diversi minuti passati a contemplare dubbiosamente gli strani gesti del signor Anderson, che cercava di farsi capire.

"Ano, Shizuru? Il signor Anderson sembra proprio pensare che tu sia lì dentro. Va tutto bene? Aprici!"

Si chiese per un attimo se avesse dovuto aggiungere un "mi dispiace per prima", ma si disse che quello non era il momento giusto. Avrebbe avuto tutto il tempo per farlo faccia a faccia.

D'altra parte però poteva essere che lei non fosse lì. E allora quanto tempo prezioso stavano perdendo ad aspettare inutilmente davanti a quella porta?

L'intuizione del signor Anderson sembrò tuttavia essere corretta, perché con un dolce sibilo la porta si aprì quasi subito rivelando al suo interno Shizuru e Viola.

Nessuna delle due sembrava essere ferita, ma nel loro sguardo sembrava turbinare un vortice di disperazione e di tristezza che i loro occhi, arrossati dalle lacrime, non potevano nascondere. Il viso di Viola sembrava imperscrutabile mentre su quello di Shizuru comparve un sorriso tremolante, come se volesse sciogliersi in lacrime alla semplice vista di Natsuki. Quando quest'ultima si avvicinò a lei con aria preoccupata, Shizuru colmò la distanza tra loro e la prese tra le braccia come se fossero due superstiti che si ritrovavano dopo un terribile disastro. Natsuki circondò con le proprie braccia la figura snella della sua amica e si perse un istante nel suo profumo, prima di riaprire gli occhi e osservare Viola. La donna era rimasta tranquillamente in secondo piano con le braccia incrociate e gli occhi chiusi, indifferente ma con l'aria tesa.

"Va tutto bene?" Chiese finalmente Natsuki con voce dolce.

"Sì," sussurrò Shizuru, separandosi da lei come se quella domanda fosse stato il segnale per allontanarsi. "Mi dispiace."

Natsuki avrebbe voluto dirle che non c'era nessun bisogno che si scusasse per averla abbracciata, ma le parole non vollero venire. Alle sue spalle il signor Anderson segnalò rapidamente.

"No, signor Anderson. Adesso va tutto bene. Eravamo nell'ufficio perché... perché degli uomini sono entrati mentre io e Viola parlavamo nella sua stanza. Volevano catturarci. E' una fortuna che siamo riuscite a sfuggire loro e a perderli in mezzo ai corridoi prima di rifugiarci qui," spiegò indicando la stanza alle sue spalle.

Viola non ebbe alcuna reazione. Natsuki non credette ad una sola parola delle giustificazioni di Shizuru. Non c'era niente che andava bene, degli uomini - dei semplici uomini - non avrebbero potuto spaventare nessuna delle due ragazze, a meno che non fossero stati armati. Ma in quel caso non avrebbero dovuto notare delle tracce di arma da fuoco? Forse non avevano prestato abbastanza attenzione...

No, si disse Natsuki, Shizuru mentiva ma per il momento la cosa non aveva importanza, lei stava bene - se si tralasciava lo sguardo tormentato che perseguitava il rosso insondabile dei suoi occhi.

"Sono felice che tu stia bene," rispose sorridendo con dolcezza. "E... mi scuso per poco fa..."

Non era l'occasione migliore ma Natsuki sapeva che se non fosse andata fino in fondo a ciò che aveva deciso di fare quella sera, non avrebbe mai più avuto il coraggio di farlo. La paura e l'adrenalina provate all'idea di perdere Shizuru la spingevano ancora di più a non perdere nemmeno un minuto. Anche se il signor Anderson era lì presente... anche se Viola era presente.

"Ciò che ti volevo dire era tutt'altro. E' solo che non me la cavo bene con le parole."

"E' tutto a posto," rispose Shizuru con sincerità, vedendo Natsuki avvicinarsi.

"Sì, ma devo comunque dirti una cosa."

"Di che si tratta?" Sussurrò Shizuru, e il suo sguardo incrociò immediatamente quello di Natsuki prima di perdersi in quei due smeraldi scintillanti.

"Preferisco fartelo vedere."

Natsuki fece un passo avanti, finalmente pronta a colmare la distanza che si era formata tra loro due.

Le sue labbra, ancora gelate dal suo viaggio in mezzo alla neve, incontrarono le loro compagne, più calde e morbide di quanto ricordasse. Un bacio dal gusto salato, per le lacrime che entrambe avevano versato poco prima.

Un bacio che riempì Natsuki di un calore indescrivibile, che le fece provare la sensazione di avere passato tutta la vita ad aspettare quell'unico momento.

Un bacio nel quale Natsuki riversò tutti i suoi sentimenti, con il quale diceva semplicemente "ti amo".

Ma soprattutto, un bacio che attendeva una risposta.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Mai aggrottò la fronte. Era sempre più innervosita dal rumore irritante di dita che tamburellavano sul tavolo. Aveva già ripreso Natsuki una buona dozzina di volte. La ragazza si scusava, smetteva di farlo per qualche secondo - qualche minuto nel migliore dei casi - e poi riprendeva.

Ad ogni modo, Mai non riusciva a prendersela con la sua amica. Quest'ultima fissava il cielo grigio e smorto dalla finestra del loro dormitorio, con la mente sicuramente altrove, i libri di scuola aperti di fronte a lei da tempo dimenticati.

Mai cercò di concentrarsi nuovamente sul suo quaderno, dove erano scritti i suoi primi esercizi di matematica del nuovo trimestre. Il tamburellio insistente le impediva di concentrarsi, un po' come il tic tac di un pendolo poteva privare del sonno una persona.

Con un mormorio di nervosismo, Mai gettò la matita sui suoi libri aperti, ma nemmeno quel gesto irritato riuscì a tirare fuori Natsuki dalla sua apatia.

"Bene, ora basta!"

A quel commento Natsuki sussultò e si voltò verso di lei.

"E' più di una settimana che non dico nulla e che cerco come posso di aiutarti, ma adesso mi preoccupi davvero Natsuki. E non posso darti una mano se non so cosa è successo."

Natsuki, chiaramente a disagio, modificò la propria posizione ed evitò di incrociare lo sguardo di Mai.

"No, no, va tutto bene."

Ma perfino la sua voce non aveva più la stessa forza, né la stessa intensità.

"Natsuki," sospirò Mai con un tono di voce subito più dolce. "L'ultima cosa che so è quello che mi hai raccontato la sera della vigilia. Non è che... non sei riuscita a fare pace con Kaichou-san dopo il vostro litigio?"

"Non è così," rispose l'altra con un gemito.

"Non ha niente a che fare con Fujino-kaichou?" Chiese Mai, cercando di capire cosa Natsuki volesse dire con quell'ultima frase.

"Le... le ho detto quello che provo, alla fine... non gliel'ho proprio detto, ma era facile da capire..."

Mai si trattenne dal fare domande e dal sollecitare Natsuki a rispondere. Era già un miracolo che avesse finalmente accettato di parlarne, non voleva correre il rischio di spingerla a trincerarsi nuovamente nel silenzio con domande troppo pressanti.

"Però... Shizuru..."

Vide le lacrime riempire gli occhi della sua amica.

"L'ho persa, Mai. Mi ha detto che tra noi non era più possibile, che sono arrivata troppo tardi."

Mai afferrò la mano di Natsuki ma quest'ultima si scostò bruscamente per coprirsi gli occhi e cercare di reprimere i singhiozzi. Le si strinse il cuore nel vedere lo sconforto della sua amica. Le sarebbe piaciuto trovare le parole giuste per consolarla, dirle per esempio che arrivare troppo tardi non voleva dire che Shizuru non l'amava più ma che adesso stava con un'altra persona, un'altra persona con la quale poteva sempre finire per lasciarsi. Ma cosa ne sapeva lei? Poteva davvero permettersi quel genere di sicurezza, poteva permettersi di ridare speranza a Natsuki? Una speranza che forse non aveva alcun fondamento...

"Mi ha detto che le dispiaceva," continuò Natsuki cercando di trattenere le lacrime, "che avrebbe capito se avessi desiderato prendere le distanze, e che forse era meglio farlo per cercare di mantenere la nostra amicizia..."

"Oh, Natsuki..."

"E da quel giorno non ho più avuto notizie di lei... Mai," gemette, "perché è così doloroso?"

Natsuki non aggiunse altro. In tutta sincerità, Mai non si aspettava nemmeno che le rivelasse tanto. Non capiva se quel desiderio di confidarsi venisse da una nuova apertura nel carattere di Natsuki o da un bisogno tanto inatteso quanto necessario di aiuto in un campo in cui lei era impreparata, quello dei sentimenti e più precisamente dell'amore.

Al di là della tristezza e dei rimpianti di Natsuki, la ragazza vide anche un leggero senso di colpa. Sicuramente doveva pensare a ciò che Shizuru aveva provato per tutto il tempo in cui i suoi sentimenti non erano stati ricambiati.

Mai faticava a capire ciò che le due ragazze avevano potuto provare o provavano in quel momento. Durante il Carnival anche lei si era sentita confusa riguardo ai suoi sentimenti, ma la cosa era stata più legata al fatto che amava due ragazzi che l'amavano a loro volta e che quindi doveva fare una scelta. Ma anche allora la scelta non era stata così difficile... perché contro qualsiasi buon senso aveva scelto Tate e non Reito, aveva scelto la persona che la irritava di più, che la faceva costantemente ingelosire per via di Shiho, che spesso era un idiota di prima categoria ma che malgrado tutto le faceva battere il cuore come nessuno. No, ciò che aveva passato lei nelle sue relazioni amorose era profondamente diverso da ciò che stava vivendo Natsuki. Forse, tra i suoi ricordi la cosa che più si avvicinava alla situazione della sua amica era il dolore che aveva provato nel vedere Tate scomparire davanti ai suoi occhi, nel perdere la persona amata. Se quello era ciò che Natsuki stava provando in quel momento allora Mai non poteva che provare compassione per lei, cercare di sostenerla al meglio e sperare che le cose si sistemassero.

Eppure, pensò Mai, se Shizuru amava davvero Natsuki non avrebbe dovuto cogliere l'occasione? Non provava più nulla per Natsuki, oppure c'era qualcos'altro?


Viola si voltò per quella che le sembrò la millesima volta nel suo letto. Non riusciva a prendere sonno, troppo ossessionata dal suo passato, e non c'era da sorprendersi considerato che Shizuru la assillava di domande per conoscerlo, facendone così un memento costante. Ma Viola si rifiutava di rivelarglielo. Avrebbe certamente continuato a tacere. Niente avrebbe potuto spingerla a svelare ciò che aveva vissuto. Sarebbe stato molto più crudele condividere con Shizuru qualcosa che a lei non sarebbe mai accaduto. Viola l'aveva giurato a se stessa, almeno non questa volta.

Niente però le impediva di rivivere i suoi ricordi.

Viola picchiò violentemente il suo cuscino prima di sprofondarvi la faccia. A volte si domandava se strapparsi gli occhi le avrebbe permesso di sbarazzarsi delle immagini che la tormentavano. No, probabilmente no. Non erano i suoi occhi che rivedevano la scena, solamente il suo cuore e la sua memoria. E qualsiasi cosa facesse, quelle immagini erano marchiate a fuoco nel suo inconscio.


Iniziava sempre tutto allo stesso modo. Per primo, l'odore. Viola non sarebbe riuscita a descriverlo con precisione, ma le ricordava sempre quello degli ospedali, uno sgradevole odore di disinfettante. Si sentiva la testa pesante, e i suoi pensieri erano così confusi che persino il suo nome era diventato un mistero. Quanto ad essi, i rumori erano ovattati e sommessi, e per quanto riguardava la vista non distingueva altro che una luce bianca e delle forme evanescenti.

Ricordava ciò che aveva pensato in quel momento. Sono in ospedale? Ho avuto un incidente?

Allora aveva voluto portarsi una mano alla testa in un gesto tanto inconscio quanto inutile di placare il doloroso pulsare che sentiva. Non ci era riuscita. Il panico quindi l'aveva colta. Era incapace di muoversi. Che l'incidente l'avesse paralizzata? Aveva mandato tra sé e sé una preghiera a tutte le divinità conosciute e meno conosciute affinché non fosse così.

Era riuscita poi a fare chiarezza nella propria mente e il panico aveva lasciato il posto al sollievo quando si era resa conto di non essere paralizzata. Ancora oggi si chiedeva come avesse potuto sentirsi sollevata osservando il proprio stato: mani e piedi legati ad un letto.

No, non un letto, aveva pensato. Un tavolo di metallo, simile a quello che si vedeva nei film quando un cadavere doveva essere dissezionato da un medico legale. Un brivido le aveva percorso la schiena. Di paura e di freddo.

Era nuda su quel tavolo, e la stanza terribilmente fredda aveva reso la superficie metallica a contatto con la sua pelle di un freddo ben più glaciale.

Sono morta? Il pensiero le aveva attraversato la mente. Forse era davvero morta, e in quel caso doveva trovarsi all'obitorio. Che le anime dei morti restassero intrappolate nel loro involucro di carne dopo la morte del corpo? In fondo nessuno poteva sapere una cosa simile. Ma l'idea era stata stupida: che bisogno ci sarebbe stato di legare così strettamente un cadavere? Tra l'altro era riuscita a muovere le dita e la testa.

Era stata rapita. Pensò di essere infine arrivata alla conclusione giusta. Non era stata molto sorpresa da quella riflessione. Poteva pensare a dozzine di motivi che potessero giustificare un suo rapimento: la sua condizione di ereditiera di uno dei più grossi gruppi aziendali del paese, o ancora delle persone che cercavano vendetta come il Primo Distretto. Con stupore aveva constatato che essere in una situazione nella quale si era immaginata mille volte non le causava né paura né panico. Era sicuramente il genere di reazione strana che avrebbe meritato il consulto di uno psichiatara, aveva pensato, una persona sana di mente avrebbe dovuto essere in preda al panico e non abbastanza calma da pensare di dover andare dal medico.

Viola ricordava poi di avere osservato la stanza in cui era stata fatta prigioniera, una volta recuperato l'uso della vista. Tutto le aveva fatto pensare alla più moderna camera d'ospedale. Bianca, piastrellata, sterile, pareti occupate da macchinari che le erano totalmente ignoti, scaffali metallici che ospitavano rotoli di garza e strumenti metallici, frigoriferi dalle ante di vetro che contenevano diverse fiale, ed infine sia a destra che a sinistra cartelli che indicavano regole di sicurezza e diverse informazioni.

Avrebbe potuto pensarci delle ore, ma avrebbe sempre comunque avuto la sensazione di trovarsi in una stanza di medicina - un ospedale, una clinica, un obitorio, o un altro edificio simile.

Chi poteva rapire qualcuno e custodire la sua vittima prigioniera in un luogo simile? E cosa contavano di fare con lei?

Aveva cercato di parlare ma la sua bocca era impastata e la gola secca, un retrogusto sgradevole ben presente che le aveva fatto capire di essere stata drogata in un modo o nell'altro per portarla fin lì.

La spessa porta in acciaio possedeva una sorta di oblò abbastanza grande, Viola se lo ricordava bene. Era attraverso quest'ultimo che aveva scorto il suo 'rapitore' per la prima volta. L'uomo aveva avuto le sembianze di una persona qualunque, nulla di particolare nella sua figura o nel suo viso avrebbe potuto lasciare intendere che fosse un rapitore. Anzi aveva avuto un viso abbastanza sorridente e simpatico, cortese per così dire, il tipo che ispirava fiducia.

Tuttavia, Viola aveva avuto la certezza che l'uomo con la sua camicia pulita fosse un professionista. Non aveva avuto alcuna reazione, alcun desiderio di fronte alla sua nudità. Aveva semplicemente preso atto del suo risveglio e si era accertato del suo stato di salute offrendole dell'acqua. Viola l'aveva accettata, le era indubbiamente necessaria se voleva schiarirsi la gola.

"Dove mi trovo?"

Era stata la sua prima domanda ma l'uomo l'aveva ignorata, così come aveva ignorato tutte le sue altre domande. Aveva semplicemente continuato il suo lavoro, appoggiandole contro il suo grembo un catetere, prima di collegarlo a una flebo contenente chissà quale prodotto. I suoi gesti erano stati straordinariamente attenti e premurosi per un rapitore, e Viola si era chiesta se avrebbero veramente preteso un riscatto?


Viola abbandonò il cuscino e si rimise supina, con lo sguardo perso sul soffitto. Nei suoi ricordi quella parte era sempre la più 'piacevole', per così dire. Ma molto presto le cose degeneravano in una spirale crescente di dolore e di paura. Di desiderio di morte e di omicidio.

La ragazza si alzò, certa ormai che non sarebbe riuscita a trovare il minimo riposo. Era riconoscente a Shizuru per averla accolta nel suo dormitorio. Per via del suo titolo di Kaichou non doveva dividere il suo spazio con una coinquilina anche se la sua stanza aveva, come tutte le altre, due letti. Viola al momento stava pienamente approfittando di quel secondo giaciglio. Che nostalgia rivedere la sua stanza da liceale! Quel senso di familiarità l'aveva confortata i primi tre giorni, ma non era riuscita a scacciare i terribili ricordi del suo passato per molto tempo. Gli incubi erano tornati, Shizuru talvolta era venuta a confortarla e a farle domande ma Viola si era rifiutata di dirle ciò che aveva vissuto. Anche Shizuru dormiva male, ma le due ragazze avevano tacitamente stabilito di non parlare dei suoi sogni. Il motivo era che non c'era nulla da dire: Viola conosceva gli incubi di Shizuru, e sapeva che se lei non li viveva più era perché erano stati sostituiti da immagini ben peggiori.

Gettò un'occhiata verso l'altra ragazza che, arrotolata nella sua coperta, sembrava dormire tranquilla. La sveglia indicava le tre del mattino e se Viola non si sbagliava, ci sarebbe voluta ancora un'ora - due nel migliore dei casi - prima che la ragazza venisse svegliata dai suoi demoni.

Decise di fare un bagno. Sperò che la cosa l'avrebbe rilassata.

Le sfuggì un sospiro di piacere quando si immerse nell'acqua calda. Era grata a chiunque avesse avuto la buona idea di installare delle vasche e non delle docce in tutti i dormitori di Gakuen Fuuka. L'acqua calda le rilassò i muscoli e la stanchezza ebbe la meglio su di lei, facendola lentamente scivolare tra le braccia di Morfeo.


Non era rimasta in quella stanza per molto tempo. Altri uomini e donne in camici bianchi erano arrivati. Indossavano maschere e guanti, uno di loro aveva un tablet di ultima generazione e sembrava leggere delle istruzioni.

"Questa entra nel progetto Ametista."

"Ametista?" Domandò il suo vicino. "Pensavo che dovesse far parte del progetto Coral."

"No, no, l'ultima pianificazione indica chiaramente Progetto Otome sezione Ametista. Credo che l'ultimo test della sezione Coral non abbia mostrato alcun miglioramento rispetto ai soggetti precedenti."

L'uomo picchiettò sul tablet cercando evidentemente conferma delle informazioni che erano appena arrivate.

"Ecco qua," concluse, "tengono in osservazione e continuano a studiare i soggetti del Progetto Coral ma smettono di fare test in quella sezione. Questa quindi va nella Ametista."

"Visto quello che è successo ai precedenti soggetti di quella sezione, li avrei fermati anch'io," replicò una donna con voce altezzosa. "Portatela là."

Viola, che era rimasta in silenzio per cercare di capire la sua situazione, aveva infine preso la parola.

"Aspettate! Cosa volete fare? Perché mi avete rapita?"

L'uomo con il tablet la fissò con uno sguardo terrificante da avvoltoio.

"Non essere così ansiosa di scoprirlo."

Viola sentì l'ennesimo brivido percorrerle la schiena.

Uno degli uomini che fino a quel momento era rimasto in silenzio si mise dietro di lei per spingere il tavolo sul quale era stata legata. Viola attraversò così una serie di corridoi.

La donna dalla voce altezzosa guidava il loro piccolo gruppo, affiancata dall'uomo con il tablet, e il rumore dei suoi tacchi risuonava nei lunghi e lugubri corridoi. E se non fosse stato per quella ritmica cadenza ci sarebbe stato un silenzio di tomba. Perfino le ruote della barella alla quale era legata giravano senza la minima resistenza o cigolio.

Viola si rese conto che l'edificio era molto più grande di quanto avesse potuto immaginare. Ad un certo punto un uomo si era aggiunto alla loro processione, spingeva un carrello. Anche se Viola poté scorgerlo durante una curva nel corridoio non riuscì a capire cosa trasportasse. La stanza nella quale il suo percorso terminò era degna di un ospedale psichiatrico. Il pavimento e i muri erano spogli, ricoperti da una leggera protezione imbottita, ma un pezzo di muro in realtà era una vetrata che dava su un ennesimo corridoio. Viola rabbrividì quando notò che avvicinavano il tavolo di metallo verso quel vetro e che lo inclinavano per poterla raddrizzare. Essere nuda non era certo una situazione piacevole, ma ben presto si sarebbe resa conto che quello era il minore dei suoi problemi.

Il carrello fu portato alla sua altezza, ma non ebbe più la curiosità di vedere cosa contenesse. Il suo sguardo aveva appena colto qualcosa di molto più importante.

Il corridoio sul quale era esposta la vetrata della sua stanza era immerso nell'oscurità, ma in tutta la sua lunghezza c'erano una serie di stanze simili alla sua. E dietro uno di quei vetri, Viola riconobbe una figura.

Si trattava senza dubbio di una giovane donna, rannicchiata in un angolo della stanza imbottita. Viola, ancora poco abituata alla penombra, all'inizio non vide nient'altro che i capelli della ragazza. Capelli che erano neri alla radice, ma che a metà della loro lunghezza erano stati colorati di rosso. Finché il suo sguardo riconobbe sempre meglio quella figura.

Aveva sempre pensato che Mai fosse una rossa naturale o, ad essere sinceri, non si era mai posta la domanda. Eppure erano i capelli neri di Mai quelli che stava vedendo e, a giudicare dalla lunghezza che avevano raggiunto senza essere sottoposti ad una nuova colorazione, Viola capì che la ragazza doveva essere prigioniera da molto tempo. Ciò che attirò però la sua attenzione fu il viso di Mai, o più precisamente metà del suo viso, sfigurato da una terribile ustione. Un'ustione recente, a giudicare dalla carne viva.

Cosa le era successo? Cosa le avevano fatto? Perché Mai Tokiha si trovava lì? Era quello ciò che l'attendeva? Essere torturata con il fuoco?

Una moltitudine di domande invase l'animo sconvolto di Viola.

Il loro unico punto in comune, aveva pensato, era di essere entrambe studentesse di Gakuen Fuuka e di essere state delle HiME. Era evidente che il loro legame scolastico non c'entrava nulla in quella situazione. Il motivo del loro rapimento doveva quindi essere il loro status di ex-HiME. Questo voleva dire che quegli uomini in camiche bianco erano dei sopravvissuti del Primo Distretto?

Nel tumulto del suo spirito, una domanda prese improvvisamente il sopravvento su tutte le altre.

Se la presenza di Mai era un indizio sul possibile rapimento di altre HiME, anche Natsuki si trovava lì?

Totalmente assorta nelle sue considerazioni non vide uno degli uomini collegare il catetere al cilindro metallico che era stato trasportato sul carrello. Il dolore che nacque improvvisamente in lei, dovuto a ciò che quel cilindro stava pompando nel suo sangue e che avrebbe imparato a conoscere con il nome di nanomacchine, spostò la sua attenzione lontano da quelle vetrate. Lontano da Mai, e da quell'altra stanza dove avrebbe finito per trovare Natsuki.


Ricordi precisi e sgradevoli, i suoi sogni precipitarono in una successione disordinata di immagini e sensazioni ancora peggiori. Il viso di Mai, l'odore della sua carne bruciata, la sensazione di calore intenso, l'odore del sangue, il viso di Natsuki deformato dal dolore, la vista delle ferite fresche dalle quali il sangue gocciolava incessantemente, il terribile rumore della sega chirurgica, le sue sofferenze, i colpi, le grida, le richieste di aiuto, la voglia di morire, il desiderio di uccidere...


Viola si svegliò impaurita e in preda alla nausea, incapace di ricordare dove si trovasse. Il panico aumentò non appena si rese conto di stare soffocando, annegando.

Emerse improvvisamente dalla vasca nella quale era scivolata, svegliandosi. Sputò come meglio poté l'acqua che aveva ingerito alla ricerca di aria, e tossì ancora per qualche istante. Si ripromise tra sé e sé di evitare in futuro di fare il bagno se si sentiva troppo affaticata. Rischiare l'annegamento nella propria vasca, ci mancava solo quello.

Quanto tempo era passato? Parecchio a giudicare dalla temperatura fredda dell'acqua. Viola cercò di riscaldarsi ma continuava ad avere freddo, raggelata dai sui stessi ricordi. Tornando nella stanza principale, prese un paio di jeans e il maglione più spesso che possedeva. Shizuru era sveglia, stava preparando del thé. Anche lei doveva essere stata svegliata dai suoi incubi, pensò Viola osservando la sua espressione cupa.

Prendendo posto di fronte a lei, anche Viola si servì una tazza, grata del calore che emanava.

"Le lezioni non inizieranno prima di tre ore," osservò.

"Non riuscivo più a dormire," rispose Shizuru con voce roca. "Cosa pensi di fare oggi?"

"Ho un appuntamento con Yamada. Dice di avere ottenuto delle informazioni. E la mia spia presso gli Yakuza mi vuole vedere il prima possibile."

Shizuru annuì.

"Ti lascio la mia carta di credito. Non esitare a farne uso."

"Quanto c'è sul conto?"

"Abbastanza," rispose Shizuru, "ho effettuato dei versamenti qualche giorno fa. In che altro ti posso essere utile?"

"Non voglio coinvolgerti più di così," rispose Viola, stringendo le mani intorno alla tazza.

"Io sono già coinvolta."

Un silenzio pesante calò sulle due ragazze.


Shizuru sentiva il bisogno di farsi coinvolgere seriamente in quella storia. Ne aveva bisogno, per non dover pensare all'espressione di Natsuki quando l'aveva respinta. Ancora faticava a credere a ciò che era successo. Natsuki - la sua Natsuki - l'aveva abbracciata e Shizuru aveva capito: Natsuki l'amava. Com'era possibile che quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita fosse finito in quel modo?

Gettò una rapida occhiata verso Viola. Provava risentimento nei suoi confronti. Negarlo sarebbe stata una bugia. Viola cercava di salvare Natsuki, era riuscita a convincere Shizuru di questo e la ragazza gliene era riconoscente. Ma l'essere umano non era così semplice, non era mai tutto bianco o tutto nero. Si fidava di Viola, voleva aiutarla ma allo stesso tempo la odiava per diversi motivi: le sue bugie, i suoi segreti, ciò che era stata costretta a fare per colpa sua. Dire di no a Natsuki, respingerla.

Shizuru aveva la sensazione di avere perso tutto in quella vigilia di Natale. Non solo Natsuki, ma anche Viola. Pensava di essere amata da quella ragazza, e di amarla a sua volta. Ma Viola l'aveva manipolata. Per il suo bene a sentire lei certo, ma il danno era stato fatto. Come avrebbe fatto a fidarsi nuovamente di lei, quando quest'ultima aveva appena distrutto quella fiducia?


Viola è la persona che io sarò in futuro. Eppure guardandola Shizuru non riusciva a vedere altro che la seconda ragazza che aveva amato nella sua vita. E che fosse riuscita a farla soffrire.

Emozionalmente aveva la sensazione di stare sulle montagne russe. Una successione continua di sogni e di speranze distrutte.

"Cosa accadrebbe se dovesse succedermi qualcosa?" Chiese alla fine.

Viola, che sembrava assorta nei propri pensieri, tornò a voltarsi verso di lei.

"Cosa intendi?"

"Se dovessi perdere la vita," precisò, "tu cesserai di esistere? Non dovresti essere me? Una me stessa del futuro."

"Le cose non funzionano così," rispose Viola. "Noi due non siamo legate l'una all'altra. Io ho vissuto il mio passato, e non si può cambiare. In un certo senso, il mio viaggio nel tempo ha creato una sorta di universo parallelo dove le cose possono evolversi in modo diverso."

"Ma allora... quando tu tornerai alla tua epoca, Natsuki sarà..."

Viola rimase in silenzio. Lo sguardo fisso sul tavolo, totalmente concentrata sulle venature del legno.

"Qualsiasi cosa io faccia, la mia Natsuki è morta," mormorò. "Resterà così. E non so come fare per ritornare alla mia epoca, è probabile che non ne sia nemmeno capace."

Viola deglutì a fatica e continuò il suo discorso.

"Mentre vivevo quell'incubo, ho pregato che qualcuno ci venisse a salvare: a salvare me, e soprattutto a salvare Natsuki. Non è venuto nessuno. Ed improvvisamente, ho ottenuto la possibilità di rispondere alle mie stesse preghiere. Quelle che tu non hai ancora pronunciato, Shizuru."

"Tu desideri che Natsuki viva, anche se non è nel tuo mondo. Ma quando l'avrai salvata qui, cosa intendi fare?"

"Hai paura che te la possa rubare?" La stuzzicò Viola, che non voleva continuare quella conversazione così tetra.

"Perché, non ci proverai?"

Viola sorrise.

"Quando non ero che me stessa, Shizuru Fujino," precisò, "Natsuki non ha mai ricambiato i miei sentimenti. Se qualcosa è già cambiato, ci sono buone possibilità che anche il resto si possa alterare e che tu possa stare con Natsuki senza che debba mai vivere ciò che ho passato io."

"Grazie. Per tutto quello che hai fatto e che stai per fare," sussurrò Shizuru.

"Non lo trovi strano?" Domandò improvvisamente Viola continuando a sorridere.

"Cosa?"

"Ringraziare se stessi," Rispose ridendo.

Shizuru la osservò e lasciò che un leggero sorriso le spuntasse sulle labbra.

"Perché no, in fondo sono arrivata ad amarti cioè ad amare me stessa, e la cosa in un certo senso mi rende molto narcisista no?"

"Sì, in più di un senso," Viola annuì.

"Io ti vedrò sempre come una persona distinta da me," mormorò Shizuru tornando seria. "Una persona che mi è cara. Lascia che ti aiuti. Desidero quanto te proteggere Natsuki."

"Ti prometto che ci penserò," Viola sorrise prima di lasciare la tazza nel lavello.

L'orologio indicava le 6:27 e Viola sentiva il bisogno di fare una camminata in quel freddo inizio di giornata. Quanto a lei, Shizuru iniziò a prepararsi per i propri impegni.


Shizuru aveva fatto con calma. Erano quasi le otto, le sue lezioni sarebbero iniziate tra una ventina di minuti e lei era ancora di fronte allo specchio a spazzolarsi i capelli, con il nodo della sua uniforme ancora sciolto e il collo della camicia aperto. Persa nei suoi pensieri.

Fu bruscamente riportata alla realtà quando furono battuti due energici colpi alla sua porta e una voce forte gridò il suo nome. Shizuru fece una smorfia, alzandosi rapidamente per andare ad aprire. Che sorpresa quando di fronte alla porta appena aperta vide un'imponente bionda tutta imbacuccata.

"Suzushiro-san?" Esclamò sorpresa.

Aveva incontrato la madre di Haruka diverse volte durante il suo periodo scolastico. Anzi, diciamo piuttosto che l'aveva incrociata brevemente e da lontano diverse volte. Ma Itsumi Suzushiro spiccava tanto quanto sua figlia, talmente simile a lei che Shizuru avrebbe potuto chiedersi se, come Viola, anche Itsumi non fosse una versione più grande di Haruka venuta dal futuro. Cosa evidentemente impossibile.

"Fujino-san. Se vuole seguirmi," iniziò l'altra senza altra forma di cortesia.

Shizuru vide al piano inferiore un poliziotto in uniforme dall'aspetto austero.

"Per quale motivo?"

"Dobbiamo metterla in stato di fermo."

"Non era questa la mia domanda," rispose Shizuru osservando Itsumi dritta negli occhi. "Ma forse ha bisogno che gliela ripeta. Per quale motivo vi dovrei seguire fino in commissariato per essere messa in stato di fermo?"

Vide Itsumi Suzushiro alzare un sopracciglio dalla sorpresa. Evidentemente non si aspettava che Shizuru si rivolgesse a lei senza il minimo segno di agitazione. Normalmente sia le persone innocenti che quelle colpevoli reagivano in modo diverso quando un poliziotto le veniva a prendere a casa per interrogarle. Ancora di più se suddetto interrogatorio avveniva dopo un fermo di 24 ore che Itsumi Suzushiro intendeva prolungare fino a 72 dopo avere fatto regolare richiesta ai suoi superiori. A meno che ovviamente la giovane non confessasse prima i suoi crimini.

"Allora? Credo che sia un mio diritto chiedere questa informazione."

"E' così," borbottò Itsumi. "Le chiedo di seguirmi al commissariato, perché è accusata di omicidio."

"Omicidio?"

Shizuru mostrò una sincera sopresa, ma Itsumi vide nel profondo dei suoi occhi come una realizzazione. La ragazza sembrava avere compreso qualcosa, ma niente nella sua espressione avrebbe potuto tradirla. E' il mio istinto di poliziotto, sì, sono certa che non sia estranea a questa storia.

"Intende venire spontaneamente o devo metterle le manette?"

Itsumi doveva ammettere di essere impressionata da quella ragazza. Aveva la stessa età di sua figlia, il che dal suo punto di vista equivaleva ad essere ancora una bambina, eppure manteneva un sangue freddo e una sicurezza fuori dal comune.

"Certo, verrò con voi. Datemi solo il tempo di prendere un cappotto e la mia borsa."

Itsumi annuì, consapevole del vento freddo che soffiava su Fuuka. Si apprestò a seguire la ragazza all'interno del suo dormitorio quando, con un'occhiata penetrante, Shizuru la squadrò.

"Non credo di avervi invitato ad entrare. Mi scuserà se non lo faccio, ma non ho voglia di far accomodare due poliziotti che mi accusano di omicidio."

Itsumi si accigliò, ma indietreggiò nuovamente in corridoio. La porta aperta le permise di vedere Shizuru prendere chiavi, cellulare e portafoglio oltre ad indumenti più caldi, tralasciando la sua uniforme scolastica che non le sarebbe servita a nulla.

"Se volete entrare nella mia stanza," continuò, "richiedete un mandato di perquisizione ad un giudice o andate a chiedere alla direttrice di farvi aprire la porta, lei può farlo."

La giovane uscì e chiuse la porta. Nessun segno di inquietudine o di nervosismo. Sembrava fin troppo tranquilla. Itsumi aveva incrociato spesso Shizuru Fujino e ne aveva sentito parlare ancora di più. In particolare da sua figlia, che l'aveva considerata nel corso degli anni come la sua rivale in tutto: voti, popolarità, e molto altro ancora. A sentire Haruka, Shizuru Fujino era una ragazza molto diversa dalle normali adolescenti. Non partecipava molto alle conversazioni con i suoi coetanei, si dedicava con piacere a tutte le arti tradizionali, era educata, intelligente, perfettamente padrona di sé e, da ciò che aveva intuito sentendo Yukino, manipolatrice. Ultimamente però Itsumi aveva la sensazione che Haruka e Yukino temessero quella ragazza, come si temono le reazioni di un animale pericoloso. Non parlavano quasi più di lei, e quando lo facevano il suo nome non veniva mai pronunciato. Ma era possibile che Itsumi si fosse fatta un'idea sbagliata. Era consapevole di essere stata ancora meno presente del solito negli ultimi tempi.

"Quando saremo arrivati al commissariato," riprese Shizuru in tono sereno, "voglio un avvocato."

"Naturalmente," Itsumi sospirò. "Abbiamo degli avvocati d'ufficio se..."

"Non ne ho bisogno. La mia famiglia ha già un avvocato."

Mentre scendevano le scale per raggiungere il parcheggio dove una volante della polizia era stata parcheggiata, Shizuru pensò che l'orario che avevano scelto per venire a cercarla non fosse stato casuale. Gli studenti stavano andando a lezione e l'auto civetta attirava facilmente il loro sguardo.

"Ara, non siete stati molti discreti, non è così?"

C'era da aspettarselo, pensò Shizuru, la discrezione non era mai stata un punto forte dei Suzushiro. Almeno non sarebbe salita in un'auto della polizia con le manette ai polsi.

Al momento restava da capire di cosa la stessero veramente accusando. Quale crimine poteva avere commesso Viola a nome suo, perché doveva necessariamente essere stata lei. A meno che ovviamente non fosse collegato agli avvenimenti del Carnival? Che la polizia di Fuuka avesse trovato un collegamento tra la carneficina del Primo Distretto e la sua persona? Non poteva saperlo, nessuna notizia era mai filtrata su quegli omicidi. Che si fosse comunque scoperto tutto?

La spaventava rendersi conto ancora una volta dell'evidenza: lei era un'assassina. E avrebbe continuato ad avere del sangue sulle proprie mani.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


NDA: Hey!
Mi scuso del ritardo per la pubblicazione di questo capitolo, nonostante fosse pronto da quasi due settimane -_-' Alla fine la cosa più importante è che sia pubblicato, no? Spero che vi piacerà (anche se non posso dire che sia così interessante da giustificare tanta attenzione).
In ogni caso ringrazio tutte le persone che hanno lasciato una recensione (o un richiamo all'ordine: no no, non ho abbandonato questa storia, stiano tranquilli quelli che si sono posti la domanda, semplicemente non mi ero accorta che fosse già passato un mese dall'ultimo capitolo... XD).
Spero che vi piacerà! :)


Capitolo 15

Per tutto il tempo che rimasero all'interno dell'abitacolo dell'automobile della polizia, regnò un silenzio alquanto teso. Itsumi guidava, facendo attenzione al codice della strada anche se la sua guida era nervosa, con tendenza a forti accelerazioni. L'agente di polizia che l'aveva accompagnata, chiuso nella sua uniforme, rimase tranquillo e seduto dritto come un fuso al proprio posto. Shizuru non aveva ancora sentito la sua voce. Itsumi era stata l'unica a parlare e adesso che tutta la sua attenzione era concentrata sulla strada, qualsiasi conversazione era terminata.

A dire il vero il silenzio non fu così lungo né così snervante, il commissariato non era molto lontano. In effetti era ad appena una quindicina di minuti di distanza se il traffico era fluido, cosa che capitava spesso quando si scendeva da Gakuen Fuuka verso il centro della città.

La facciata decrepita del commissariato che apparve dopo una curva della strada faceva una magra figura. Sembrava proprio un edificio uscito da un'altra epoca. Shizuru ne era sempre sorpresa. Sapeva bene in che campo il marito di Itsumi avesse fatto fortuna, e si era sempre chiesta perché il padre di Haruka non avesse mai rinnovato - o ricostruito - il commissariato dove lavorava sua moglie. Un tempo aveva pensato che l'uomo accettasse solo contratti con un budget consistente, ma con la recente ricostruzione di Gakuen Fuuka aveva capito che non era quello il problema. Forse la città pensava che il commissariato di Fuuka non avesse bisogno di lavori di ristrutturazione e non potessero esserci investite delle spese superflue. Le istituzioni pubbliche avevano sempre un budget ristretto per ogni cosa. O almeno quella era l'impressione che Shizuru aveva e che la faceva sempre sorridere quando vedeva suddetto budget sperperato in cose inutili o comunque molto meno importanti.


Il parcheggio dell'auto, anche se perfettamente eseguito, fu altrettanto brusco quanto la guida. Non appena spento il motore Itsumi era balzata fuori dal veicolo e le tenne la portiera aperta. Shizuru non si fece pregare e uscì. Si prese un istante per strofinare la gonna e lisciarne le pieghe. Se Itsumi fu sorpresa dalla sua calma non lo diede a vedere e le fece strada camminando a grandi passi.

"Dopo di lei," disse l'altro poliziotto.

Ah, pensò Shizuru, allora non era muto. Di certo preferiva restare in silenzio di fronte a Itsumi, per evitare di scatenare una di quelle crisi di collera tanto improvvise quanto imprevedibili per cui erano famosi i Suzushiro. O perlomeno Shizuru lo supponeva, viste le somiglianze più che evidenti con Haruka.


L'interno del commissariato non era molto diverso dall'esterno. Stanze e corridoi erano piuttosto mal disposti, si vedeva qua e là qualche inutile tentativo per migliorare l'edificio: linoleum e vernice tra le altre cose. Ma il primo si deformava, la seconda si scrostava e il risultato pareva peggio di ciò che c'era prima.

Dopo avere attraversato due corridoi - dov'erano sparsi una moltitudine di scartoffie che evidentemente non potevano essere sistemate altrove - erano entrati in una stanza resa terribilmente lugubre dalla mancanza di finestre. Là erano passati davanti a due o tre scrivanie - di cui una talmente piena di documenti che Shizuru non fu sicura che ci fosse davvero una scrivania a sostenere quella pila di carte. La ragazza dovette fare attenzione a non inciampare nei cavi elettrici che si stendevano come una tela di ragno da una parte all'altra della stanza.

Finalmente erano arrivati - grazie a Dio - in una stanzetta grigia e smorta di calcestruzzo, illuminata da una plafoniera sfrigolante e contenente un tavolo di metallo con due sedie. Come lusso, una finestra con inferriata lasciava filtrare una luce altrettanto grigia e smorta ma almeno aveva il merito di essere naturale.

Shizuru era quasi certa che la presenza di quella finestra in una sala per gli interrogatori fosse ancora un altro segno della pessima disposizione dell'edificio. L'obettivo di una stanza simile non era forse combattere una guerra di nervi per ottenere delle confessioni di colpevolezza? In che modo una finestra che offriva allo stesso tempo una forma di distrazione e di libertà poteva servire gli interessi degli ispettori? Non serviva a niente. Avrebbero sicuramente preferito mettere lì le loro tre scrivanie se la cosa non avesse implicato poi che la sala per gli interrogatori avrebbe dovuto essere messa al loro posto. E una sala regolarmente attraversata da agenti di polizia che uscivano o raggiungevano la propria postazione non sarebbe stata molto utile.

"Si sieda," ordinò Itsumi.

Shizuru lo fece, notando allo stesso tempo che la propria sedia - e il tavolo di fronte ad essa - erano inchiodati a terra. Sicuramente per evitare che le persone interrogate, messe alle strette e aggressive non potessero lanciare l'una o l'altro in faccia agli investigatori. La sedia destinata ad Itsumi però, semplice ma in legno, sembrava mille volte più confortevole di quella in cui si apprestava a sedersi.

L'ispettrice fece cenno al suo silenzioso collega che poteva andarsene per il momento e Shizuru si ritrovò sola in sua compagnia. La giovane fissò con una certa apprensione la porta chiudersi, tagliando fuori definitivamente il rumore circostante e la vista di spettatori inopportuni.

Nei primi minuti Itsumi non disse una parola. Si tolse la giacca e la piegò con cura prima di appoggiarla sullo schienale della propria sedia. Poi arrotolò le maniche fino ai gomiti senza fretta. Shizuru vide in quei gesti diversi messaggi molto chiari. Itsumi le stava facendo capire di avere tutto il tempo del mondo per ottenere le informazioni che voleva, non era preoccupata, ed era lei ad avere il controllo della situazione. E anche se Shizuru non provava altro che una leggera inquietudine per il momento, doveva riconoscere che Itsumi era impressionante tanto per la sua serietà che per i propri gesti. Per dirla più semplicemente, Itsumi era una figura imponente. Forse quell'impressione era dovuta anche ai numerosi film che Shizuru aveva visto, nei quali arrotolarsi le maniche era un gesto spesso seguito da un pestaggio in piena regola. Ma ovviamente Itsumi non avrebbe - probabilmente? - alzato le mani su di lei. I Suzushiro potevano essere molto impulsivi e collerici ma seguivano scrupolosamente le regole, la legge: in particolare quelle che vietavano ai poliziotti di usare violenza. O almeno, Shizuru lo sperava.

Finalmente Itsumi si raschiò la gola per attirare la sua attenzione. Aveva preso posto sulla propria sedia e aveva incrociato le mani sul tavolo.

Il suo sguardo profondo e attento era al momento totalmente focalizzato su Shizuru. Lontana dal lasciarsi impressionare, Shizuru si rilassò e si prese a sua volta un momento per togliersi il cappotto. Ne approfittò per gettare un'occhiata di sottecchi a Itsumi e vide una leggera sorpresa nello sguardo dell'ispettrice - e forse un lieve principio di irritazione.

Bene, pensò, chi controlla la conversazione è spesso colui che mantiene la calma e Itsumi sembra irritarsi tanto facilmente quanto sua figlia.

La ragazza si sistemò quindi il più comodamente posssibile e attese che Itsumi iniziasse a parlare. Non si doveva mai prendere la parola per primi, troppo spesso si lasciavano aperte delle opportunità, ci si lasciava sfuggire delle frasi o delle parole che potevano svelare cose che l'interlocutore non sapeva.

Su quel punto Shizuru non si sentiva in pericolo. Non aveva ucciso nessuno - al di fuori degli uomini del Primo Distretto. I poliziotti che l'avevano interrogata poco dopo la fine del Carnival non avevano mai scoperto i cadaveri e c'era da scommettere che il Terzo Distretto avesse fatto sparire tutte le prove della loro esistenza. Sì, Shizuru non si era mai seriamente preoccupata della polizia. Tuttavia adesso le cose erano diverse. C'era Viola e se, come aveva finito per credere, lei era una Shizuru venuta dal futuro le tracce che lasciava dietro di sé potevano comprometterla. Shizuru si fidava di Viola, era raro voler tradire se stessi. Tuttavia, lei non era mia stata addestrata a sfuggire alle forze dell'ordine - e nemmeno Viola, suppose. Che la ragazza avesse lasciato dietro di sé un indizio ricollegabile a lei in un affare di cui non sapeva nulla? Shizuru non poteva saperlo, e quella sola possibilità riuscì improvvisamente a suscitare in lei un principio di panico che tentò di nascondere il meglio possibile.

Viola aveva commesso un omicidio di recente? Per quanto frugasse nei suoi ricordi non riusciva a ricordare cosa le avesse potuto raccontare la giovane sull'argomento. Viola aveva chiesto il suo aiuto, non voleva una confidente. Shizuru continuava ad ignorare la maggior parte dei suoi obiettivi e delle azioni che avessero potuto portarla fino a quel punto.

"Conosce quest'uomo?" Chiese Itsumi, indicando con il dito una foto a colori di qualità scadente che aveva appena estratto da un grosso dossier preso mentre passavano davanti alle scrivanie.

La domanda riportò brutalmente Shizuru alla realtà. Itsumi aveva finito per cedere, infastidita nel vedere la ragazza persa nei propri pensieri come se non fosse preoccupata della propria situazione. Subito però Shizuru si era raddrizzata e con un sorriso pieno di sicurezza aveva osservato la fotografia. In effetti riconosceva quell'uomo. Boss Ishigami. I giornali ne avevano parlato per giorni qualche mese prima, e Shizuru aveva seguito distrattamente le notizie. Quando prese la parola però ignorò - volutamente e con grande sorpresa di Itsumi - la domanda.

"Non parlerò senza il mio avvocato."

Shizuru poteva vantarsi in quel momento di sapere cosa provocasse quella frase tipica dei film polizieschi. Provò un certo grado di soddisfazione nel vedere il viso contrariato di Itsumi, che avrebbe evidentemente preferito che lei si fosse dimenticata dei propri diritti.

"Lei capirà che quando una persona viene messa in stato di fermo per... omicidio - giusto? - è necessario non correre alcun rischio. Gli errori giudiziari capitano molto di frequente."

Itsumi si irrigidì all'accusa appena velata di Shizuru.

"Certamente," replicò a denti stretti. "Possiamo darle un avvocato d'ufficio se..."

"La mia famiglia ha già un avvocato," le ricordò la ragazza.

Una schiera di avvocati, aggiunse tra sé e sé. Ma la maggior parte erano specializzati in operazioni finanziarie e non avrebbero potuto aiutarla. Due o tre però avrebbero davvero potuto difenderla e tra loro, uno solo poteva raggiungere in fretta Fuuka.

"Bene, sarò io a fare la telefonata. C'è qualcuno che desidera avvisare del suo stato di fermo?"

Shizuru per un attimo pensò di informare Miss Maria, ma la semplice idea di veder sbarcare l'anziana donna, mentre lei era sotto la sorveglianza della polizia, la terrorizzava. Meglio era che non venisse mai a sapere della cosa.

"Sì, vorrei che dicesse alla mia padrona di casa di non preoccuparsi della mia assenza."

Itsumi sospirò e prese un taccuino affinché Shizuru potesse annotare il numero di telefono del suo dormitorio.

"Adesso mi serve il nome del suo avvocato e poi farò le telefonate."

Shizuru fece una smorfia prima di cercare nei suoi ricordi il nome dell'uomo.

"Posso riavere per qualche secondo il mio cellulare?" Chiese come ultima risorsa. "Il suo nome dovrebbe essere in rubrica."

Itsumi squadrò la persona che aveva fermato. Quest'ultima non finiva mai di stupirla, non sembrava voler informare i suoi genitori di ciò che l'accusavano e per la sua età ne aveva in effetti il diritto. Tuttavia, il fatto che una ragazza così giovane avesse nella rubrica del proprio telefono il numero di un avvocato la incuriosiva e le faceva supporre dei precedenti criminali.

"Tenga," le disse porgendole il cellulare che aveva confiscato poco prima.

Fece molta attenzione affinché Shizuru non facesse altro che sfogliare la rubrica.

"L'ho trovato," disse dopo un momento. "Avvocato Sergay Wang."

Itsumi, che stava per annotare il nome da contattare, s'immobilizzò.

"Sergay Wang?" Chiese.

"Esatto," confermò Shizuru.

Itsumi non aveva bisogno di scrivere il suo nome. Conosceva quell'avvocato. Non che qualcuna delle persone che aveva mai arrestato a Fuuka avesse i mezzi per pagarsi i servizi di quell'uomo, no. Itsumi lo conosceva perché era uno di quegli uomini di legge che lavoravano solo per somme così odiosamente mirabolanti che solo la classe ricca - per non dire molto ricca della popolazione - poteva permettersi.

La donna si trattenne a fatica dal bombardare Shizuru con tutte le domande che aveva sulla punta della lingua e andò a fare le telefonate.

Iniziò con il contattare la padrona di casa. Poiché nessuno rispose, lasciò un breve messaggio in segreteria dicendo che Shizuru Fujino era interrogata al commissariato di polizia in seguito ad un affare criminale. Essendo solamente obbligata a fare la telefonata e non ottenere una risposta, Itsumi riattaccò rapidamente per contattare l'avvocato.

Il telefono squillò due volte prima che la voce giovane e melodiosa della segretaria le rispondesse.

"Studio dell'avvocato Wang, buongiorno."

"Buongiorno, sono l'ispettrice Itsumi Suzushiro dal commissariato di Fuuka, chiamo per una persona in stato di fermo che vorrebbe essere difesa dall'avvocato Wang."

"L'avvocato Wang è molto occupato al momento," fu la risposta.

"Non ne dubito. Sembra però che la sua famiglia sia già stata cliente dell'avvocato e la persona insiste affinché sia lui che la difenda."

"Davvero? Potrei avere il suo nome per cortesia?"

"Shizuru Fujino."

Sentì le dita della segretaria battere sulla tastiera, cercando probabilmente tra i loro file le informazioni per sapere se Shizuru fosse interessante in qualità di cliente.

"Ispettrice Suzushiro?"

"Sì."

"Le passo l'avvocato Wang."

Itsumi non poté fare altro che spalancare gli occhi dalla sorpresa quando capì che la famiglia di Shizuru era abbastanza importante perché Sergay Wang si occupasse personalmente della faccenda malgrado fosse "molto occupato".


Sergay Wang non era giapponese, né cinese o americano. Aveva nel proprio sangue la discendenza di così tante linee diverse che era difficile persino per lui tracciare il suo albero genealogico. Il suo interesse per la propria genealogia però l'aveva spinto ad imparare le tradizioni e le lingue di un numero incalcolabile di paesi. L'uomo era dotato di un'intelligenza straordinaria. Quando aveva deciso dall'oggi al domani di diventare avvocato all'età in cui la maggior parte degli uomini si era già fatta un nome a livello professionale, quasi tutti i suoi conoscenti e i membri della sua famiglia gliel'avevano sconsigliato. In fondo era stato molto richiesto nel suo precedente lavoro - qualunque esso fosse. Ma quando aveva aperto il proprio studio di avvocato era apparso chiaro che Sergay Wang sapesse quello che faceva. Perché lui era un tipo combattivo, un individuo così affascinante e intelligente da poter diventare pericoloso. In quel campo era diventato uno squalo. Uno squalo che solo i ricchi potevano permettersi di pagare.

Aveva lavorato qualche volta per la Windbloom Company al tempo in cui i coniugi Fujino erano ancora vivi. Non si poteva dire che fossero dei clienti abituali - non ci si poteva permettere i servizi di Sergay Wang in maniera regolare - ma l'uomo aveva potuto conoscere ed apprezzare la coppia abbastanza per assistere alla loro sepoltura.

E così quando nel bel mezzo di una riunione con un altro ricco cliente la sua segretaria l'aveva informato che un'ispettrice di polizia cercava il suo aiuto per difendere una certa Fujino, per prima cosa aveva pensato ad un'omonimia. Stuzzicato però dalla curiosità, alzò un dito di fronte al suo cliente per scusarsi dell'interruzione e premette il pulsante del suo telefono per trasferire la chiamata alla sua scrivania.

"Sergay Wang, l'ascolto."

Per un attimo la linea fu silenziosa ma poi una voce forte - dal timbro molto ben riconoscibile - risuonò.

"Avvocato," lo salutò. "Non mi aspettavo di averla davvero dall'altra parte del telefono."

"Suzushiro-san," esclamò lui con enfasi. "Riconoscerei la sua voce dovunque. La mia segretaria deve essersi sbagliata, mi ha detto che la mia cliente è una Fujino."

"E' così, io sono ispettrice avvocato Wang. E chiamo a nome suo."

"Parliamo della stessa Fujino? E' un nome molto comune in Giappone, se non sbaglio."

"Mi scusi, ma non so davvero di cosa stia parlando," rispose Itsumi un po' spiazzata.

"Come lei sa ispettrice, io lavoro per una certa categoria di persone. La sua famiglia ne fa parte, e voglio solo assicurarmi che questa Fujino meriti la mia attenzione e il mio tempo."

"Ha detto che la sua famiglia è già stata sua cliente in passato," rispose semplicemente la donna.

"Davvero?" L'uomo sorrise con interesse. "Allora le voci sono vere."

Sergay Wang sapeva trarre vantaggio da qualsiasi situazione, ma era raro che gli venisse offerta un'informazione così succulenta. La Windbloom Compay, gruppo internazionale, in grado secondo le dicerie di far tremare il mercato mondiale, aveva quindi davvero un erede legittimo. Una storia in grado di far parlare la stampa per settimane. Com'erano riusciti i Fujino a nascondere l'esistenza di una figlia?

"Di che cosa la accusate?" Chiese, iniziando a raccogliere le sue pratiche, sapendo già che qualsiasi fossero le accuse mosse contro di lei l'avrebbe difesa.

"Omicidio," rispose Itsumi.

Sergay smise per un attimo di riordinare le sue cose.

"In quale commissariato ha detto di lavorare?" Riprese con una voce imperturbabile.

"Quello di Fuuka. Accetta quindi di difenderla?"

"Naturalmente. Sarò lì in serata."

Qualsiasi persona sana di mente non poteva che accettare di lavorare per i Fujino. Soprattutto se quella faccenda fosse arrivata al processo, i giornali ne avrebbero fatto uno scandalo.

Appena finita la chiamata, terminò quindi di infilare tutto ciò che poteva essergli utile nella sua borsa di cuoio e ordinò alla sua segretaria via interfono di organizzare il suo viaggio a Fuuka. Quando fu uscito, chiudendo la porta alle sue spalle, lasciò dietro di sé un cliente che non aveva più per una volta il benché minimo interesse ai suoi occhi.


Itsumi tornò verso la sala degli interrogatori più curiosa che mai. Al momento metteva in discussione perfino l'identità di Shizuru. La sola cosa che pensava di conoscere della ragazza sembrava rivelarsi fasulla, era tempo di interrogarla.

Entrò quindi silenziosamente nella stanza e trovò Shizuru immersa nei propri pensieri, con lo sguardo rivolto verso l'esterno. Itsumi avrebbe davvero dovuto convincere i suoi superiori a sbarazzarsi di quella finestra.

"Fujino-san, il suo avvocato sarà qui in serata. Di fatto, l'interrogatorio può iniziare senza di lui. Lei potrà naturalmente mantenere il silenzio."

"Solo adesso mi dice quali sono i miei diritti?" Domandò Shizuru in tono gentilmente ironico.

Itsumi questa volta mantenne la calma e tornò a sedersi di fronte alla ragazza. Aveva pensato di recuperare un registratore per registrare il colloquio oltre agli appunti che avrebbe preso. Lo accese e dichiarò data e luogo prima di interessarsi a Shizuru.

"Voglia dichiarare la sua identità."

"Shizuru Fujino."

"Data e luogo di nascita."

Con una leggera alzata di spalle, Shizuru le fornì le informazioni richieste.

"Per quale motivo la sua famiglia ha assunto in passato l'avvocato Wang?"

"C'entra qualcosa con il caso che mi implica?" Chiese la ragazza aggrottando la fronte.

"Non spetta forse a me deciderlo?"

Shizuru giocherellò con un filo della gonna che si era sfilato.

"Ignoro il motivo per cui la mia famiglia abbia potuto assumere l'avvocato Wang."

"Di cosa si occupa la sua famiglia?" Continuò Itsumi.

Shizuru si sporse sul tavolo.

"Mi dica esattamente quel che vuole sapere, ispettrice. La mia famiglia è coinvolta nel crimine di cui mi accusate?"

"Sono solamente sorpresa nel vedere l'avvocato Wang accettare il suo caso," rispose Itsumi. "Non lavora che per i ricchi."

Shizuru tornò a sedersi con un sorriso sulle labbra.

"Ah, ciò che la preoccupa è di non sapere con chi ha a che fare, non è così?" Comprese.

"Un'indagine superficiale non ha rilevato nulla di particolare sul suo conto, ma posso sempre farne una più approfondita."

Itsumi osservò la ragazza, sforzandosi di non stare al suo gioco e di non lasciarle guidare la conversazione.

"L'idea di un'indagine sulla sua famiglia sembra preoccuparla."

"Per quello che conosco dei Suzushiro ispettrice, non siete persone che si possano definire discrete. E' così sorprendente non voler vedere il proprio nome messo in mostra su tutti i giornali, solo perché avete scavato troppo a fondo?"

"E' il mio lavoro, Fujino-san. Se non vuole rispondere alle mie domande, dovrò trovare le risposte da sola."

Ma Shizuru rimase in silenzio, e Itsumi capì che non avrebbe ottenuto nulla dalla ragazza. Passò le due ore successive nelle quali la legge le permetteva di interrogarla solo sulla sua identità a cercare più informazioni su Shizuru Fujino. Ricerche che condusse invano, c'erano in effetti una moltitudine di Fujino e molti si chiamavano anche Shizuru, ma nessun dossier con il suo nome - o quello della sua famiglia - saltò fuori dagli archivi sia cartacei che digitali della polizia. Trascorse due ore e con l'avvocato che non era ancora arrivato, Itsumi poté infine cominciare il suo interrogatorio.

"Che mi dice di quest'uomo?" Le chiese nuovamente, riportando la conversazione sulla foto di Boss Ishigami.

Lo conosco né più né meno quanto chiunque segua i giornali, avrebbe voluto rispondere Shizuru, ma aveva deciso di non dire più nulla. Qualunque fossero le domande che Itsumi le poneva, la ragazza restò chiusa nel proprio silenzio. Esasperata, Itsumi la lasciò un'ora abbondante ammanettata alla sedia nella speranza che finisse per cedere ma al suo ritorno Shizuru chiese solo cortesemente un bicchier d'acqua. Che urlasse o la interrogasse gentilmente, non otteneva niente. Itsumi però non demordeva. Shizuru poteva restare in silenzio, era un suo diritto, ma la legge non impediva a Itsumi di continuare a portare avanti l'interrogatorio.

"Forse ha già sentito parlare della Mietitrice. E' il nome che le hanno dato i poliziotti."

Dall'espressione del suo viso Itsumi capì che Shizuru moriva dalla voglia di dirle che lei non era la Mietitrice.

"Poco importa," continuò, "è un personaggio molto apprezzato dai poliziotti, sa."

Allora perché cercare di arrestarla? Le chiese la ragazza con lo sguardo.

"E' vero, in un certo senso non desidero arrestarla. Lei ha fatto pulizia nelle strade. Anche se non giustifico l'omicidio come soluzione. No, ciò che davvero mi preoccupa è questo dossier che ha lasciato dietro di sé. Un dossier che racconta in dettaglio le torture e le mostruosità condotte tramite esperimenti illegali. Lei comprende quindi il mio desiderio di trovarla. Voglio impedire tutto questo."

Per appoggiare le sue parole aveva sventolato sul tavolo un dossier intitolato molto sinteticamente PROGETTO OTOME, che si mise a sfogliare. Questa volta Itsumi ottenne una reazione da parte di Shizuru. I suoi occhi si fissarono sul dossier. Una curiosità divorante illuminò il suo sguardo.

Shizuru era ovviamente molto interessata se quel dossier aperto davanti a Itsumi con tanta noncuranza conteneva le informazioni di ciò che le sarebbe successo: a lei, e a Natsuki. Le stesse informazioni che Viola rifiutava di raccontarle.

La ragazza si raschiò la gola per prendere la parola.

"Posso..."

Lo sguardo d'avvoltoio di Itsumi si fissò su di lei.

"... Posso vedere quel dossier?"

"Sono convinta che lei sappia di cosa parlo. In fondo, l'ha scritto lei."

Shizuru inspirò profondamente per mantenere la calma.

"Non sono la Mietitrice, o qualsiasi sia il nome che le abbiate dato. E non conosco l'uomo di quella foto, non più di quanto è stato scritto sui giornali."

"Allora questo dossier non può interessarle minimamente."

Shizuru deglutì a fatica.

"Per favore."

"E' fuori questione."

Itsumi giocherellò con l'angolo di uno dei fogli del dossier, prima di alzarsi improvvisamente in piedi.

"Basta così," disse in tono rabbioso. "Qui non si va da nessuna parte! Vado a prendere un caffé. Forse sarà più loquace al mio ritorno."

Tirò nuovamente fuori le manette e Shizuru aggrottò la fronte.

"E' davvero necessario?"

Itsumi non si prese la briga di rispondere mentre ammanettava la sua mano sinistra alla sedia prima di uscire. Non appena chiuse la porta salutò brevemente uno dei suoi colleghi, che la raggiunse dietro allo schermo che filmava la sala degli interrogatori.

"Ancora ammanettata?" Osservò.

"Sì," rispose, non piacendole il modo in cui il suo collega si chinò così vicino alla sua spalla. "Hai trovato qualcosa su lei o sulla sua famiglia?"

"Ancora niente nei nostri documenti. Pensi davvero che abbia potuto commettere un omicidio? Guardala," disse indicando lo schermo. "Cosa stai aspettando adesso?"

"Voglio vedere cosa fa. Mi è sembrata fin troppo interessata a quel dossier che le ho mostrato per non essere coinvolta, in un modo o nell'altro."


Shizuru in effetti approfittò dei suoi primi istanti di solitudine tirando le manette, poi il suo sguardo si spostò alternativamente dalla porta al dossier dimenticato sul tavolo. Dimenticato... La ragazza dubitava che fosse stato dimenticato da Itsumi. La donna la stava mettendo alla prova e per quanto Shizuru avrebbe voluto resistere, non poté impedirsi di afferrare il dossier con la mano libera e aprirlo rapidamente.

Lo sorvolò in fretta. Era composto da un insieme disordinato di fogli, pieni di termini tecnici che non capiva, e annotazioni manoscritte. Fu su queste ultime che indugiò. Riconobbe subito la propria calligrafia, cosa che confermò il coinvolgimento di Viola in quella storia. Su dei post-it - aggiunti successivamente - una scrittura molto più illegibile commentava diverse parti del dossier. I commenti e le note di Itsumi, capì. Lì focalizzò avidamente tutta la propria attenzione, e un brivido di terrore le attraversò la schiena.

Si sentì nauseata leggendo le descrizioni delle torture che avrebbero subito, le mutilazioni che avrebbero loro inflitto. Le vennero le lacrime agli occhi quando arrivò ad alcuni dei decessi. Non seppe se essere o meno riconoscente della mancanza di nomi per identificare chi avrebbe subito che cosa.

Era quello il suo futuro? La morte sembrava mille volte preferibile. E Viola! Viola aveva davvero vissuto simili orrori? Dove aveva trovato la forza per andare avanti?

Vendetta, capì continuando a sfogliare il dossier. La vendetta era un obiettivo potente, che permetteva di continuare ad avanzare quando il resto del mondo ti voltava le spalle. La vendetta di Viola era la loro unica possibilità di sopravvivere, la loro unica speranza perché il loro futuro potesse essere diverso da quello che si stava svelando sotto i suoi occhi.

Un'ultima scintilla di speranza sul punto di spegnersi, scoprì Shizuru. Teneva tra le sue mani tremanti il post-it giallo fosforescente di Itsumi che diceva chiaramente che la Mietitrice, l'Ametista - Viola - era in punto di morte.

Shizuru gettò via con violenza in un attacco di collera e tristezza il dossier che aveva tanto voluto leggere, sparpagliando per la stanza dozzine di fogli. Non potendo rovesciare la sedia o il tavolo nel suo improvviso attacco d'ira, finì per appoggiare la fronte contro il freddo metallo del tavolo, liberando infine le sue emozioni e lo stress che aveva trattenuto. Si mise a piangere, pregando che la svegliassero da quell'incubo.

Ma il freddo braccialetto di metallo che le segava il polso la tenne ben ancorata alla realtà.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


NDA: Grazie per tutte le recensioni :)

Ecco il nuovo capitolo, mi scuso in anticipo per eventuali errori ma non ho avuto il tempo di rileggere.


Capitolo 16

Viola aveva camminato per tutta la mattina, cercando di scacciare i ricordi che avevano avvelenato i suoi sogni. Totalmente gelata, accettò il fatto che non sarebbe riuscita a dimenticare i suoi incubi restando sola con i propri pensieri e decise finalmente di tornare al dormitorio di Shizuru.

Non essendo una studentessa di Gakuen Fuuka, doveva evitare di essere vista per non rischiare di mettere nei guai Shizuru. Rimase quindi davanti al cancello della scuola, esitando ad entrare all'interno della proprietà. C'era la pausa di mezzogiorno e per quanto potesse essere discreta, non sarebbe mai riuscita a raggiungere il dormitorio senza essere vista da una moltitudine di studenti. Sospirando, decise di ripassare più tardi. Ma prima di voltarsi e andarsene vide arrivare Natsuki, Mai e Mikoto che si dirigevano verso l'uscita, probabilmente per pranzare all'esterno dell'edificio.

"Cosa sei venuta a fare qui?" Esclamò subito Natsuki.

Mai posò una mano rassicurante sulla spalla dell'amica.

"Buongiorno, Viola-san," la salutò con cortesia.

"Buongiorno Viola-san!" Ripeté Mikoto con energia e un gran gesto della mano.

Viola rispose al loro saluto e il suo sguardo si posò discretamente su Natsuki. La giovane sembrava avere dormito male almeno quanto lei, a giudicare dalle sue borse sotto gli occhi.

"Sei venuta per vedere Kaichou-san?" Chiese innocentemente Mikoto.

A quella domanda sul viso di Natsuki comparve un'espressione addolorata celata a stento, ma non commentò.

"Sì," Viola mentì, perché difficilmente avrebbe potuto spiegare la sua presenza altrimenti.

"Non so se è tornata," continuò a dire Mikoto.

"Tornata?"

La frase di Mikoto non sorprese soltanto Viola.

"Cosa vuoi dire, Mikoto?" Chiese Mai, con voce materna. "Fujino-san è andata da qualche parte?"

Mikoto piegò la testa di lato, come un animale curioso.

"Sì," rispose. "E' andata via con dei poliziotti nella loro macchina."

"Cosa?!" Esclamò Natsuki.

"Quando?" Domandò Viola in tono pacato.

Lo sguardo di Mikoto passò da una all'altra, impaurita dal tono aggressivo di Natsuki e da quello insistente di Viola che l'aveva afferrata per le spalle.

"Mikoto," Viola insistette con voce ferma ma dolce. "Quando hai visto i poliziotti portare via Shizuru?"

"Stamattina," rispose lei con un filo di voce, "prima di uscire per andare a scuola. Mai stava raccogliendo il pranzo che avevo fatto cadere per terra. Era arrabbiata, e io mi ero messa alla finestra per cercare di vedere la neve caduta dal cielo."

Anche se il discorso di Mikoto non sembrava dei più logici, non aveva comunque l'aria di mentire. Inconsciamente Viola strinse la presa sulla studentessa, che dovette interpretare quel gesto come un'accusa e sentì quindi il bisogno di giustificarsi.

"Ma un sacco di gente l'ha vista. Se Natsuki stesse in dormitorio o se Mai non fosse stata in cucina, anche loro l'avrebbero vista! Io non ho fatto niente!"

Viola riuscì a sorridere con aria rassicurante alla ragazzina e la lasciò andare. Le arruffò i capelli.

"Non preoccuparti, non ti biasimo di nulla, Mikoto-han. Grazie per avermelo detto."

Con i pensieri già focalizzati sulle sue prossime mosse, Viola si separò rapidamente dal gruppo. Ma non ebbe fatto che pochi metri prima di venire brutalmente afferrata per una spalla e spinta contro un muro da nient'altri che Natsuki.

"Sembra che per te sia quasi normale che Shizuru sia stata arrestata. Cos'hai da dire a riguardo, eh?!"

"Lasciami," disse Viola. "Non desidero battermi con te."

"Ah, davvero? Perché io invece muoio dalla voglia di farlo."

Si lanciarono occhiate di sfida e Natsuki ne approfittò per rinforzare la sua presa sul collo di Viola.

"Dimmi per quale motivo è stata arrestata?"

"Non so niente," sussurrò Viola. "E non lo saprò mai se non mi lasci andare."

Natsuki la squadrò nuovamente. I loro visi erano così vicini che vedevano i loro respiri mescolarsi nell'aria fredda di quella giornata.

"So che menti," sussurrò, ignorando volontariamente le grida di Mai che le dicevano di mollare la presa.

"Tu non sai niente, Natsuki," mormorò Viola.

"So che non sei chi vuoi far credere di essere," ribattè l'altra. "Non mi fido per niente di te, e nemmeno Shizuru dovrebbe continuare a farlo. Tu non porti altro che guai, frequenti gli Yakuza e traffichi non so cosa con loro. Metterei la mano sul fuoco che ciò che è successo a Shizuru è colpa tua."

Viola appoggiò le mani sopra quelle di Natsuki, per spingerla ad allentare la presa che minacciava di soffocarla.

"Tu non sai niente," ripeté. "Ed esattamente come me, non conosci i motivi del suo arresto."

Avvicinò ancora di più il suo viso a quello del suo aggressore ed esercitò ancora più forza sui pugni di Natsuki, iniziando così ad avere la meglio in quel braccio di ferro.

"Se tenessi a Shizuru non saresti qui ad accusarmi di una cosa che non sai, ma staresti correndo da lei."

Natsuki si rese lentamente conto di non potere essere lei a tenere Viola prigioniera, e cercò di allontanarsi. Ma le mani di Viola intorno alle sue erano una morsa dalla quale non riusciva a liberarsi.

Impossibile! La sua condizione di ex-HiME le garantiva una forza maggiore di quella di un essere umano normale, eppure anche spingendo con tutte le sue forze dubitava di riuscire a staccarsi da Viola.

"Chi sei?" Sussurrò, continuando a tentare di liberarsi.

"Lo vedi," replicò Viola in tono calmo. "Non sai niente. E dovrai credermi sulla parola quando ti dico che non farei mai nulla che possa nuocere a Shizuru."

"E' una promessa?"

"Lo è."

"Dovrei fidarmi di te per crederti."

In un impulso di aggressività, Natsuki picchiò violentemente la testa in avanti con l'obiettivo più che evidente di romperle il naso. Ma ciò che successe non fu in grado di dirlo. Nonostante fossero così vicine l'una all'altra Natsuki non incontrò la linea del naso di Viola ma la sua fronte. E malgrado la violenza di quel colpo mancato, la testa di Viola non venne neppure spinta all'indietro. Restò dritta e stabile quanto il muro che Natsuki ebbe l'impressione di incontrare quando la sua fronte picchiò quella della sua avversaria. Le fitte lancinanti di dolore che risultarono le fecero vedere i puntini neri davanti agli occhi, e inconsciamente appoggiò la sua testa dolorante contro quella di Viola.

"Oh, Natsuki," sussurrò l'aria calda che le sfiorò il viso.

Poi accadde l'inconcepibile. Natsuki percepì il movimento di Viola, poi le sue labbra sulle proprie. Il bacio fu leggero come una piuma e portò con sé lo stesso odore, la stessa cura e lo stesso amore dei rari baci che Natsuki aveva potuto scambiare con Shizuru. La ragazza si perse per un istante in quella sensazione, sentendo un paio di mani calde raccogliere a coppa le sue guance infreddolite, finché la realtà non le tornò bruscamente in mente. Quella non era Shizuru, era Viola. La ragazza di Shizuru. E per quanto la cosa non le piacesse, non poteva farci nulla. Shizuru avrebbe sofferto per quel tradimento - di Viola e il suo - se l'avesse mai scoperto.

Natsuki finalmente si staccò da Viola e colpì quest'ultima in pieno viso. Stavolta la ragazza indietreggiò all'impatto, con un labbro spaccato.

Non essendo più sostenuta dall'altra Natsuki cadde in ginocchio, mentre le fitte alla testa tornarono a farsi sentire.

"Come osi?" Riusci comunque a dire in tono gracchiante.

Viola non rispose. Si asciugò il labbro insanguinato, girò i tacchi e sparì rapidamente sotto gli sguardi stupefatti di Mai e Mikoto.


"Kami-sama!" Esclamò, vedendo Viola comparire al suo fianco.

In quel bar, dove Yamada passava la maggior parte del suo tempo, l'uomo aveva preso l'abitudine di incontrare i suoi clienti: gente pericolosa e abbastanza losca, a volte Natsuki, ma non si era mai imbattuto in Viola fino a quel momento.

"Mi hai fatto paura," borbottò.

"Paura? Davvero?" Disse Viola, facendo cenno al barista di portarle un bicchiere.

"Ti fai notare in un posto simile," constatò lui, notando gli sguardi lascivi di una parte dei clienti del bar.

"Più di Natsuki quando veniva qui?"

"Molto di più. Natsuki ha fatto capire presto che questo era il suo territorio e che era meglio non avere a che fare con lei. A te calzerebbe meglio la parte della principessa in pericolo. Ed è esattamente il genere di bersaglio di quella gente là..."

Viola lanciò un rapido sguardo lungo il bar. Malgrado fosse pieno giorno, la sua posizione in una stradina secondaria e le finestre sudice non facevano penetrare alcuna luce. La sala dal soffitto basso era cupa e degna di un film dell'orrore, malgrado le numerose lampade che spargevano una luce giallastra, d'altri tempi. Individuò una dozzina di clienti dal viso nascosto dai fumi e dalla scarsa illuminazione. In passato Viola non avrebbe mai osato mettere piede in un luogo simile. Non solo per il tipo di gente che lo frequentava, ma anche per l'odore tremendo: puzza di alcool, di sangue e di fumo.

"Veniamo a noi: come mai ho l'onore di ricevere una tua visita?" Riprese Yamada, seduto da solo al bancone di legno del bar. "Non ho altre informazioni sul Terzo Distretto rispetto alla nostra ultima discussione."

"Non si tratta del Terzo Distretto. Riguarda Shizuru. E' stata arrestata stamattina."

Viola si sedette sullo sgabello vicino e si appoggiò al bancone, prima di tirare indietro i gomiti. La superficie sembrava terribilmente appiccicosa, e Viola decise di non toccarlo. Era disgustoso!

Nel frattempo Yamada si accertò che nessuno li sentisse prima di chinarsi finalmente verso la ragazza.

"Sì, ne ho sentito parlare," confessò. "L'ispettrice Itsumi Suzushiro ha chiesto un mandato d'arresto nei confronti di Shizuru Fujino poco più di una settimana fa. Il procuratore ci ha messo un po' prima di fornirglielo, e lei l'ha messa in stato di fermo questa stessa mattina. Per l'omicidio di Boss Ishigami."

"Se ne era al corrente," sussurrò Viola rabbiosamente, "perché non mi ha informata?"

"Cos'avrebbe cambiato?" Rispose Yamada. "Se fosse fuggita, sarebbe stato come ammettere di essere colpevole."

"Non sta a lei giudicarlo. La pago per avere informazioni, no?"

Yamada si strofinò tranquillamente la faccia, e sentendo lo strofinio Viola valutò che non si rasava da diverso tempo. Quell'inutile osservazione non meritava il suo tempo, e la ragazza bevve il bicchiere colmo d'alcool che le era appena stato servito e fece una smorfia, sentendo il liquido bruciare il suo labbro spaccato.

"Come ha fatto Suzushiro-san a collegare Shizuru all'omicidio di Ishigami?"

"Un giovane Yakuza l'ha descritta perfettamente, e ha anche precisato che si faceva chiamare l'Ametista."

Viola si leccò il taglio facendo una smorfia.

"Se la polizia è riuscita a scoprire una cosa simile, è probabile che gli Yakuza... cosa dico, è certo che gli Yakuza e soprattutto i Ryu ne siano altrettanto al corrente. Si rende conto di cosa succederà se riescono a catturarla?"

"Prega in questo caso che Itsumi Suzushiro riesca a trovare un modo per tenerla al sicuro dietro le sbarre."

Yamada sembrò cercare cosa dire dopo quel commento superfluo, e lontano dal suonare come avrebbe voluto.

"Pensavo che la tua più grande paura sarebbe stata il Terzo Distretto. L'Ametista non è forse qualcosa che vogliono ottenere?"

Viola non rispose subito perché un uomo, il cui semplice viso sembrava esprimere la sua cupidiga e lussuria, si era appena seduto al suo fianco.

"Hey bella! Che fai in un posto simile?"

Aveva appena toccato la gamba di Viola che quest'ultima, senza nemmeno guardare, afferrò la mano inopportuna e le impresse una torsione così violenta che si sentì un rumore secco seguito rapidamente da un grido di dolore da parte dell'uomo. Solo allora Viola si voltò verso di lui e, in quella scarsa illuminazione, l'individuo si trovò faccia a faccia con un paio di occhi neri cerchiati di un rosso vivo.

"Un'altra domanda?"

Tenendosi il polso spezzato vicino al petto, l'uomo scosse la testa e uscì precipitosamente dal bar.

"Posso rivedere la descrizione di 'principessa in pericolo'?" Yamada sorrise osservando la calma ristabilirsi immediatamente all'interno del bar.

"Stavo pensando a ciò che mi ha detto," riprese tranquillamente Viola ignorando l'ultimo commento del suo informatore. "Poiché le ex-HiME sono destinate tra poco a diventare le loro cavie, il Terzo Distretto non dubiterà nemmeno per un istante che l'Ametista e Shizuru siano la stessa persona. Ai loro occhi, la coincidenza sarà troppo grande perché la polizia possa sbagliarsi."

"E?"

"E dovranno quindi pensare che uno dei loro Progetti Otome abbia funzionato. Shizuru sta quindi effettivamente per diventare il loro bersaglio, se già non lo è."

Yamada ordinò un doppio scotch e, preso dalla curiosità, continuò la conversazione.

"Non stai forse correndo un po' troppo? Come può una persona che non è ancora una cavia di quegli esperimenti essere un soggetto su cui le nanomacchine funzionano?"

"Oh, penso che abbiano già capito che le nanomacchine forniscono ben altre capacità che non semplicemente forza e velocità. Se ancora non sanno quali siano, a maggior ragione vorranno impadronirsi di Shizuru per scoprirlo. Chissà, magari può viaggiare nel tempo!" Ironizzò. "E dubito che spedire Shizuru in galera possa impedire agli Yakuza, ai Ryu o al Terzo Distretto di metterle le mani addosso."

"Quindi Fujino è seriamente in pericolo," concluse lui.

Viola annuì e, avendo svuotato il suo bicchiere, prese lo scotch di Yamada. Ignorò di proposito lo sguardo sorpreso e quasi accusatore del suo informatore.

"Non penso che ti faccia bene bere così tanto alla tua età, e soprattutto ad un'ora simile," aggiunse con voce quasi paterna.

"Potrei dire la stessa cosa di lei," rispose amaramente Viola bevendo a lunghi sorsi il liquido ambrato.

Osservando quella fretta di bere - e ancora di più i leggeri brividi che parevano scuoterla - Yamada iniziò a preoccuparsi.

"Hai dei problemi di alcoolismo, Viola?"

La ragazza gli fece segno di pazientare mentre finiva il bicchiere con un ultimo sorso e chiuse gli occhi, il viso deformato dalla sofferenza.

"No," rispose finalmente con voce rauca. "L'alcool allevia semplicemente i dolori."

"Quali dolori?"

"Sono certa che lei sappia quali. Le ho fornito una copia del dossier Progetto Otome, deve avere capito che ne faccio parte."

"In effetti. Le nanomacchine quindi non hanno funzionato poi così bene?"

"E questo è dire poco."

Un silenzio pesante sembrò calare finché Yamada non chiamò nuovamente il barista.

"Saké, la bottiglia."

"Tanta generosità mi onora," gracchiò Viola.

"Allora, che tipo di cancro, tumore o altra porcheria sono state così gentili da provocarti le nanomacchine?"

Viola fece spallucce, indicando che non lo sapeva.

"Diciamo semplicemente che i dottori incaricati del Progetto erano avari di spiegazioni. E' cerebrale," indicò, toccandosi la tempia. "Avevano messo a punto dei medicinali il cui solo obiettivo era rallentare le nanomacchine nei danni che provocavano occasionalmente. Questo allungava la nostra aspettativa di vita e diminuiva i dolori. Sono partita portando con me un flacone intero di quelle pillole. E non ne ho più."

"Però sei qui da appena qualche mese," osservò Yamada.

"In quest'epoca sì, sono passati solo pochi mesi. Ma il mio primo viaggio nel tempo mi ha portato in un'epoca posteriore a questa. Ho calcolato male le mie mosse," confessò, "e sono arrivata in un momento in cui Natsuki era già stata rapita. Quel primo viaggio nel tempo mi aveva privato di tutte le energie e sono dovuta rimanere lì per diverso tempo, raccogliendo informazioni ed entrando a far parte dei Ryu, preparandomi ad effettuare un nuovo salto nel tempo."

Viola era sollevata di poterne parlare così liberamente. Yamada poteva magari essere una persona di cui non sapeva nulla, ma intrinsecamente si fidava di lui. Con lui poteva parlare senza rischiare di vedere paura e dolore nei suoi occhi sentendo i racconti di ciò che sarebbe accaduto. Tra l'altro Yamada aveva seguito l'intera faccenda delle HiME, e quindi era la pesona più adatta a credere e capire il caso del Terzo Distretto e delle Otome.

"Ogni volta che uso le nanomacchine per aumentare la mia forza, la mia velocità o per viaggiare nel tempo i dolori aumentano e io mi avvicino un po' di più alla mia morte."

"Devi andare in ospedale, lì forse..."

"No," lo interruppe, "non possono fare più nulla per me. Ho già l'impressione che avere passato l'anno sia stato un miracolo. Quindi non perdiamo tempo sul mio stato di salute."

Yamada riempì il bicchiere vuoto, precedentemente pieno di scotch, con del saké. Stavolta la ragazza ne bevve solo un sorso, che sentì bruciare lungo tutta la gola.

"Che vuoi fare allora? Dove pensi di nascondere Shizuru?"

Un altro sorso prima di tamponare con l'angolo di un tovagliolo di carta il suo labbro spaccato.

"Non la nasconderò. Non posso distruggere il Terzo Distretto se non escono allo scoperto. E poiché vogliono Shizuru e sono disposti ad esporsi per questo, li lascerò fare."

Mentre si accingeva a prendere un ennesimo sorso, sentì Yamada trattenerla all'ultimo momento.

"Hai perso la testa! Sei ubriaca! Non puoi pensare di utilizzarla come esca! Sai esattamente cosa le faranno."

A sua volta, Yamada si trovò faccia a faccia con quegli occhi grigi - neri in quell'oscurità - cerchiati di un rosso fiammeggiante.

"Mi hai promesso che non farai del male alle HiME e men che meno a Shizuru o Natsuki."

"Mi creda, ho fatto promesse a persone ben più importanti di lei ai miei occhi," sussurrò Viola duramente, "ma sono pronta ad ignorarle e a sacrificare chiunque se la cosa mi permetterà di salvare almeno Natsuki."

"Ti riconosco in questo, Fujino-san. Ma Natsuki non ti perdonerà mai una cosa simile."

"Mi odierà certo, ma mi assicurerò che lo faccia per tutta la sua lunga vita."

Viola si massaggiò le tempie. I dolori erano stati diluiti dall'alcool, ma gli effetti dello scotch e del saké - aveva bevuto qualcos'altro prima? - iniziavano a farsi sentire.

"Dimmi solo una cosa: se vuoi trovare il Terzo Distretto, se stai per morire e sei pronta a qualsiasi sacrificio, perché servirti di Shizuru? Togliti le lenti, smetti di lisciarti i capelli e riprendi il tuo colore naturale, e sarai tu la persona cui tutti daranno la caccia."

Un sorriso distese le labbra di Viola.

"Ara, ara, ammetto di non averci pensato. La sua osservazione è giusta. Ci penserò."

La ragazza finalmente si alzò dallo scomodo sgabello ed improvvisamente si sentì instabile. Il mondo vacillò.

"Adesso vado. E la prossima volta, mi dica tutto ciò che sa anche se le può sembrare irrilevante."

"In questo caso, Nao Yuuki è scomparsa durante le vacanze."

Voltandosi nuovamente verso Yamada, Viola per poco non perse l'equilibrio ed afferrò il bancone del bar solo all'ultimo momento. Subito allontanò la mano, disgustata da quella superficie appiccicosa.

"Solo adesso le viene in mente di dirmelo?!" Disse, nuovamente irritata.

"Durante le vacanze la gente parte, non mi è sembrato particolarmente importante. E Nao Yuuki marina la scuola così spesso che la sua assenza nei primi giorni di lezione non è sembrata più di tanto strana."

"Solo Nao è scomparsa? Le altre HiME?"

"Tutte presenti. Se c'è il Terzo Distretto dietro alla sua scomparsa, è successo molto prima di quanto avevi detto."

"Per questo le avevo chiesto di sorvegliarle. Ho modificato i loro piani, cercando di rallentarli forse sono riuscita solo a far precipitare le cose. Tenga d'occhio soprattutto Mai Tokiha, Shiho Munakata, Midori Sugiura e soprattutto Natsuki e Shizuru."

"Perché loro più che le altre?" Chiese Yamada annotando i nomi su un piccolo taccuino.

"Mai ha solo un fratello da crescere, Shiho un nonno che vede raramente, Midori passa il suo tempo a partire all'improvviso tanto che nessuno sarebbe sorpreso di vederla sparire. Shizuru e Natsuki sono orfane. Come Nao queste sono, agli occhi del Terzo Distretto, le più facili da rapire. Nessuno si preoccuperà della loro scomparsa, e anche se la polizia finisse per esserne informata per una o due di loro penseranno ad una fuga o altro, non ad un rapimento. Le altre HiME invece hanno dei parenti che si preoccuperebbero per loro. Inoltre alcune di loro hanno una famiglia o degli amici abbastanza influenti da spingere le autorità a svolgere delle ricerche intensive. Ricerche che potrebbero mettere in pericolo il Terzo Distretto."

"E' questo ciò che è successo, non è così?"

"Esatto," sussurrò Viola. "Ma alla fine con o senza famiglia, con o senza soldi, siamo tutte finite nello stesso luogo e abbiamo subito le stesse torture."


Viola uscì finalmente dal bar, inspirando grandi boccate d'aria fredda. La cosa ebbe il merito di chiarirle un po' i suoi sensi annebbiati e le permise probabilmente di evitare la barra di ferro diretta contro il suo viso. Istintivamente Viola si era in effetti abbassata per evitare l'oggetto ed era indietreggiata a sufficienza per vedere che il suo aggressore non era nient'altri che l'uomo cui aveva spezzato il polso. Non aveva più la pazienza per giocare o per essere diplomatica.

Affrontò il suo avversario e attese il prossimo attacco. L'uomo maneggiava la barra di ferro con la mano sinistra, e non sembrava molto abile. La attaccò nuovamente con la sua arma improvvisata, e lei schivò l'attacco di misura. O almeno ci provò. L'alcool le impedì di valutare correttamente le distanze, così non riuscì a schivare bene quanto sperava e l'arma picchiò violentemente la sua spalla. Solo l'utilizzo delle nanomacchine impedirono che le sue ossa venissero sbriciolate sotto la forza di quel colpo.

Essendo abbastanza vicino all'uomo allora, lo colpì a sua volta mirando alla gola. Con la trachea compressa per via di quell'attacco, l'uomo crollò a terra cercando disperatamente di respirare. Per sicurezza, Viola lo colpì al viso con un calcio che lo stordì. Nel suo stato tuttavia, anche lei perse l'equilibrio e cadde per terra distesa. Si rimise in piedi irritata, e si ripulì i vestiti prima di tornare a casa, con passo ancora incerto.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


NDA: Grazie ancora per tutte le recensioni! Nuovo capitolo (scritto tutto in una volta e senza rileggerlo... ma si trattava di scegliere tra il postarlo così com'era o aspettare di trovare il tempo per rileggerlo, quindi...). Buona lettura :)

Deklan: oh grazie dei complimenti! :) Sono felice che ti piaccia. Per rispondere alla tua domanda, solo nei primi capitoli sapevo con certezza dove andare. Adesso il processo di scrittura somiglia più ad un videogioco: ho degli obiettivi - cioè delle scene in particolare - cui voglio arrivare, e per arrivarci bah... improvviso, invento, scopro la strada giusta da prendere per finire il livello... euh, il capitolo!
Quindi no, nessuno scenario superdettagliato, solo io e il piccolo cursore sulla pagina di Word che aspetta che mi venga l'ispirazione (ma la cosa non funziona poi tanto male, no?)

Sephiria: il seguito dell'arresto, perché è più divertente (e cattivo?) dividerlo in tante parti ^^

Elana: ah sì, il passato di Viola... a dire la verità non so se svelarlo poco a poco o una volta finita la fanfic per fare una one shot solo su questo... non ho ancora finito di dibattere con me stessa -_-'


Capitolo 17

Itsumi non la lasciò sola per molto tempo dopo che Shizuru ebbe deciso di tappezzare la stanza di fogli volanti. Dire che la donna fosse fuori di sé era un eufemismo. Era davvero furiosa all'idea di doversi inginocchiare e raccogliere il suo dossier sparpagliato ovunque, cercando allo stesso tempo di rimettere i fogli nel loro corretto ordine.

Non chiese l'aiuto di nessun collega, preferendo chiaramente che non sapessero su cosa stesse lavorando, e smise presto di cercare di riordinare il casino che aveva provocato Shizuru. Una pila di fogli - per così dire - fu alla fine ammassata dopo una dozzina di minuti.

Itsumi fece ben attenzione a lasciarla fuori dalla portata della sua prigioniera, poi si lasciò nuovamente cadere sulla sedia di fronte a Shizuru, con l'aria esausta.

La ragazza non si era mossa di un millimetro per tutto il tempo in cui lei aveva rimesso in ordine. Itsumi non sapeva nemmeno se si fosse accorta della sua presenza. Sembrava prostrata sulla propria sedia, con il braccio libero appoggiato sul tavolo, il pugno chiuso e tremante, mentre teneva la fronte attaccata alla fredda superficie metallica.

Itsumi poteva essere tante cose ma non certo crudele, e vedere una ragazza dell'età della propria figlia in un simile stato non poteva lasciarla indifferente. Allo stesso tempo però, quella era la sua possibilità per saperne di più.

Quel dossier non poteva avere provocato una simile reazione in Shizuru se quest'ultima non fosse stata implicata in quella storia, ma la donna doveva anche riconoscere che quella risposta - quel desiderio di conoscere i contenuti del dossier - sembrava autentica. Questo voleva dire quindi che un'altra persona aveva lasciato quei documenti insieme al cadavere di Boss Ishigami.

Itsumi iniziò quindi seriamente a dubitare che Shizuru fosse davvero la Mietitrice, ma almeno aveva ottenuto una certezza: la ragazza era coinvolta in quella storia. Forse conosceva le vittime di quel dossier, oppure conosceva la Mietitrice. E perché no, forse entrambe le cose.

Inoltre, la descrizione della ragazza corrispondeva troppo bene alla testimonianza dello Yakuza per poterla escludere totalmente.

Itsumi si mordicchiò l'unghia del pollice in profonda riflessione. Era possibile che diverse persone si nascondessero dietro l'identità dell'Ametista? Shizuru Fujino poteva quindi esserlo, senza però avere commesso l'omicidio del Boss. La sua reazione alla lettura poteva così essere spiegata: forse aveva scoperto delle informazioni sulle persone che condividevano con lei l'identità della Mietitrice.

Oppure è soltanto una fantastica attrice? Haruka e Yukino avevano spesso parlato dell'abilità di Shizuru nel controllare le proprie emozioni. Yukino in particolare aveva osservato la facilità con la quale sapeva manipolare la gente. E durante quelle ore in sua compagnia, Itsumi aveva in effetti potuto constatare che la ragazza era rimasta padrona di sé in una situazione in cui a più di una persona sarebbero ceduti i nervi. Fino ad ora, si corresse.

Che fosse anche lei sul punto di farsi manipolare? Era possibile farsi ingannare così facilmente?

Itsumi non lo sapeva, ma decise di non farsi troppe domande anche a rischio di farsi prendere in giro. Aveva Shizuru a disposizione ancora per diverse ore, e avrebbe continuato ad accusarla di omicidio. Fare pesare sulla ragazza un'accusa più grave di quella per la quale doveva essere davvero colpevole non poteva che essere utile per il suo interrogatorio. Avrebbe sicuramente aumentato le possibilità di vedere Shizuru cedere e confessare la sua complicità o qualsiasi altro crimine di cui fosse colpevole.

Poi Itsumi si ricordò che Shizuru aveva chiesto di poter avere un avvocato, e che quest'ultimo non avrebbe tardato ad arrivare ancora per molto. La probabilità di ottenere delle informazioni sarebbe quindi diminuita considerevolmente.

"Perché ha reagito così, Fujino-san?"

Nessuna risposta.

"Fujino-san? La sua reazione alla lettura di questo dossier è sicuramente l'ammissione più evidente che poteva fare del suo coinvolgimento in questa storia."

La ragazza non disse una parola, non sembrò nemmeno respirare.

"Fujino-san?" Insistette Itsumi, preoccupata dalla mancanza di risposte da parte della giovane.

Allungò una mano attraverso il tavolo e la appoggiò sulla spalla di Shizuru. La ragazza sussultò immediatamente sbattendo le palpebre, come sorpresa di trovarsi lì, con alcune lacrime ancora appiccicate alle ciglia.

Itsumi capiva l'interesse delle persone nei confronti di Shizuru Fujino, verso quel magnetismo che possedeva quando era sicura di sé e anche quello che stava dimostrando in quel momento, quando sfoggiava così apertamente tutta la sua fragilità.

"Si sente bene?"

Con la mano libera, Shizuru si asciugò le lacrime prima di fissare l'investigatrice.

"Mi sentirei meglio se mi portasse un fazzoletto e mi togliesse queste manette."

"Mi dispiace, ma..."

"L'agente Suzushiro-san gliele toglierà con piacere," disse improvvisamente la voce soave di un nuovo arrivato.


Alto, di magra corporatura - messa in evidenza dal lungo cappotto attillato - l'uomo indossava abiti costosissimi senza tuttavia apparire pomposo. La sciarpa sciolta e i capelli biondi spettinati davano l'aria di un uomo perennemente di fretta che avesse tuttavia raggiunto il suo obiettivo. Ma la cicatrice che gli scendeva fin quasi in fondo al naso e la durezza del suo sguardo lo facevano apparire pericoloso. Il tipo d'uomo con cui non si desiderava avere a che fare.

"Avvocato Wang," borbottò Suzushiro, presa alla sprovvista dal suo arrivo.

"L'agente Suzushiro vi libererà con piacere," ripeté l'uomo con sicurezza, senza nemmeno prestare attenzione all'investigatrice.

L'intera stanza sembrò improvvisamente immobilizzarsi, finché l'avvocato non si degnò di lanciare un'occhiata alla poliziotta.

"Se non ricordo male la legge mi permette di intrattenermi con la mia cliente per la prossima mezz'ora, Agente Suzushiro. Quindi, potreste toglierle quelle manette?"

Itsumi finalmente si alzò e, fulminando l'avvocato con lo sguardo, inserì la chiave nella serratura delle manette per liberare Shizuru. Notò in quell'occasione che il polso di quest'ultima era arrossato per averci tirato contro. La donna raggiunse poi la porta mentre l'avvocato prendeva la sedia che lei aveva lasciato libera e Shizuru si massaggiava il polso ferito in silenzio.

"Ha 30 minuti," annunciò, "non un minuto di più. Ed è ispettrice Suzushiro, avvocato Wang."

L'uomo le rivolse un vago gesto della mano, segno probabilmente che aveva sentito ma che non gli interessava nulla di ciò che aveva detto.

Itsumi avanzò a grandi passi in preda alla collera in mezzo alle scrivanie, fino a raggiungere il collega che monitorava la telecamera della sala degli interrogatori.

"Fatti da parte," gli ordinò.

"L'avvocato è con la sua cliente, non si può osservare quello che..."

"Fatti da parte," ripeté, accentuando ogni singola sillaba.

Il suo collega si alzò e lei si mise nuovamente di fronte allo schermo, che si affrettò subito ad accendere. La telecamera della sala degli interrogatori che il suo collega aveva sicuramente spento poco prima si riaccese, e Itsumi ringraziò quella tecnologia obsoleta. Sembrava fossero passati anni da quando la spia rossa che doveva illuminarsi all'accensione della telecamera aveva smesso di funzionare.

Decise quindi di violare l'intimità di quella discussione per un bene superiore, salvare le povere anime delle vittime degli esperimenti descritti nel dossier Progetto Otome.


Shizuru osservò l'avvocato allo stesso modo con cui aveva osservato la madre di Haruka. L'uomo sembrò prendere le stesse precauzioni con il suo cappotto che aveva preso Itsumi con la sua giacca. Sotto indossava un abito di marca costosissimo, che aveva l'aria di essere stato fatto su misura - cosa che probabilmente corrispondeva alla verità. Appoggiò infine la valigetta di cuoio sul tavolo che li separava, poi tese la mano verso Shizuru.

"Avvocato Sergay Wang, voglia scusarmi per il ritardo. Ho preso un treno, ma avendo perso l'ultimo traghetto ho dovuto chiedere ad una specie di pescatore di portarmi fino a Fuuka."

"Shizuru Fujino, non posso che ringraziarla di avere accettato di occuparsi di questo caso."

L'uomo le strinse brevemente la mano poi si sedette, lisciandosi la cravatta e aprendo la valigetta per tirarne fuori un porta documenti di pelle. Dalla tasca interna del suo abito prese una stilografica - Mont-blanc, notò Shizuru.

"Bene, le devo porre qualche domanda per accertarmi dell'identità della persona cui mi rivolgo. Ci sono molti Fujino in Giappone e pochi possono permettersi i miei servizi."

"D'accordo," Shizuru annuì.

"I suoi genitori..."

"Sono morti," lo interruppe la ragazza. "Ma suppongo che lei lo sappia già."

"In effetti, se lei è davvero chi dice di essere."

L'uomo annotò alcune informazioni.

"All'età in cui ha perso i suoi genitori, le avranno sicuramente affidato un tutore. E penso di conoscere abbastanza bene la sua famiglia da sapere a chi l'avrebbero affidata. Allora... chi è il suo tutore?"

Shizuru si massaggiò nuovamente il polso e sospirò.

"Quando avremo risolto il problema della mia identità, verifichi tutte le informazioni che vuole ma sia discreto e... faccia in modo che questa storia non arrivi alle orecchie della mia tutrice."

L'uomo annuì, con la punta della stilografica sul suo blocco note pronta a scrivere un nome che certamente gli era noto.

"Maria Graceburt."

L'avvocato le sorrise.

"La difenderò con grande piacere..."


"Ispettrice Suzushiro!"

Itsumi spense istintivamente la telecamera sentendo la voce tonante del commissario.

"Signore," lo salutò.

"Mi assicuri, ispettrice, che non stava ascoltando la conversazione tra un avvocato e la sua cliente. Non vorrà certo che un vizio di procedura rimetta in libertà un potenziale omicida."

"No, signore. Certo che no."

Il commissario strinse gli occhi, sfidandola a mentirgli, poi se ne andò. Itsumi si chiese brevemente come avesse fatto a scoprire cosa stesse facendo. Ma qualunque fosse la risposta decise di non correre il rischio di accendere di nuovo la telecamera. Si accomodò meglio sulla sedia, riflettendo profondamente su ciò che aveva appena sentito. Il nome Maria Graceburt le diceva qualcosa. Non riuscendo a ricordarsi però da dove venisse il cognome Graceburt, accese il suo vecchio computer e lo digitò nel motore di ricerca. Al giorno d'oggi chiunque poteva essere 'googlato'.

Subito il motore di ricerca elencò un'enorme quantità di pagine contenenti quel nome, e allo stesso tempo immagini di una persona che riconobbe facilmente. In un istante capì per quale motivo il nome le suonasse familiare, senza però ricordarle l'identità della persona. In società tutti la chiamavano semplicemente Miss Maria, non aggiungevano mai il cognome Graceburt.

"Hey," disse chiamando il suo collega. "Cerca nuovamente tra i documenti, e verifica se Shizuru Fujino è sotto la tutela di Maria Graceburt."

Il suo collega annuì e cominciò immediatamente.

Itsumi durante quel tempo rimase totalmente sconvolta. I suoi colleghi non potevano avere afferrato il significato, ma la donna in quel momento capì la sorpresa di Sergay Wang e la sua frase relativa alla conferma delle 'voci'.

La Windbloom Company aveva un erede.

Non aveva avuto l'onore di conoscere i Fujino all'epoca in cui questi ultimi dirigevano il loro impero finanziario. Pochi in realtà l'avevano avuto. Non avevano l'abitudine di frequentare la società, erano abbastanza potenti da non doverlo fare, perché la gente andava comunque da loro per discutere di affari.

Itsumi non avrebbe mai immaginato che la ragazza che aveva messo agli arresti fosse quel genere di Fujino. Era un cognome talmente comune, nessuno avrebbe mai potuto pensare che...

"Eccolo, ce l'ho!" Esclamò il suo collega. "Non so come sia potuto sfuggire, evidentemente il dossier si deve essere perso per sbaglio."

"Perso di proposito," lo corresse Itsumi osservando da sopra la spalla del suo collega.

Senza il minimo dubbio, pensò analizzando il dossier relativo alla ragazza.

"Questo la aiuta?"

"Non per quanto riguarda la mia inchiesta ma è... molto interessante," ammise la donna, stampando quelle informazioni ottenute a fatica.

Poi gettò un'occhiata al suo orologio e notò che era passata mezz'ora, si affrettò quindi a tornare nella sala degli interrogatori in preda all'eccitazione.

E' incredibile che nessuno abbia mai scoperto che Miss Maria ha ottenuto la tutela dell'erede della Windbloom, incredibile che perfino la sua esistenza sia ignota al mondo intero.

Quando entrò nella sala, attirò su di sé lo sguardo combinato della ragazza e del suo avvocato.

"Ah, è già passata mezz'ora dunque."

"Proprio così, vorrei quindi riprendere il nostro interrogatorio, soprattutto adesso che il mio collega ha finalmente messo le mani sul suo dossier."

"Il mio dossier?" Chiese Shizuru.

"Carriera scolastica, legami familiari, tutele e così via," rispose la donna sorridendo. "Evidentemente era andato 'perduto'."

"Non dica più una parola," disse Sergay Wang rivolto a Shizuru, poi voltandosi verso Itsumi, "qualsiasi cosa abbia potuto apprendere riguardo alla mia cliente, non ha il diritto di riferirlo alla stampa."

"Alla stampa? Perché dovrei parlarne alla stampa? Ah, già," esclamò la donna con un sorriso. "Ha paura che i giornalisti si esaltino scoprendo che ho messo agli arresti l'erede della Windbloom."

Il viso di Shizuru non fece trasparire alcuna emozione particolare.

"I Fujino hanno fatto in modo che la loro figlia non fosse nota al grande pubblico in modo che potesse crescere nel modo più normale possibile, penso che lei possa capire questo desiderio Suzushiro-san, non è così?"

La voce dell'avvocato cercava di esprimere un sentimento di protezione che Itsumi conosceva bene.

Conosceva il desiderio di offrire il meglio ai propri figli, di poter dare loro tutto e paradossalmente temere ad ogni istante che tutti quei soldi e quel potere potessero causare loro più guai che benefici. I giornali di gossip erano pieni di storie sui ricchi e le loro scappatelle. Passare la vita ad essere osservato, sapere che la gente si aspettava che si fosse dotati quanto i propri genitori, non essere mai riconosciuti per le persona che si era ma per la famiglia cui si apparteneva, sapere che la gente poteva adorarti o detestarti allo stesso modo senza avere fatto nulla per causare simili sentimenti, sapere che si poteva essere rapiti, attaccati per denaro. Sì, Suzushiro capiva e per nessun motivo - nemmeno per un'inchiesta - avrebbe gettato la ragazza in pasto ai giornalisti.

"No," rispose, "non avviserò la stampa. Farò in modo che non succeda. Ma ho dei colleghi, non posso garantire che la curiosità non abbia la meglio su di loro," rispose indicando con un gesto della mano le scrivanie dietro al muro.

Lo sguardo di Sergay Wang si fece molto simile a quello del commissario, uno sguardo penetrante che cercava di vedere attraverso di lei.

"Le credo, ispettrice," rispose tranquillamente Shizuru.

"Questo comunque non c'entra molto con l'indagine che ci riguarda," riprese Itsumi sventolando i suoi documenti sul tavolo.

"In effetti," replicò improvvisamente Sergay. "Non più di quanto Fujino-san c'entri con questa indagine."

Itsumi aggrottò la fronte, senza essere del tutto sicura di capire cosa intendesse dire l'avvocato.

"Ho chiamato il procuratore. E' un mio caro amico, abbiamo discusso brevemente ed è emerso che lei non ha nulla in mano per trattenere qui la mia cliente."

"Ho un testimone che..."

"Un giovane Yakuza con una fedina penale lunga quanto il mio braccio e ancora intontito dai medicinali, appena uscito da un coma e che dice di avere visto un demone dagli occhi rossi? Seriamente ispettrice Suzushiro, non può dare credito alle farneticazioni di un individuo simile. La mia cliente è una giovane rispettata all'interno della comunità: Kaichou di Gakuen Fuuka, volontaria in un numero imprecisato di attività di beneficenza, con dei professori che si fidano ciecamente di lei. Un percorso senza il minimo errore, che un giovane vandalo cerca di infangare e ancora... ma ovviamente è solo un'ipotesi."

"Quel giovane..."

"Ha descritto una donna che lui stesso definito un 'demone'," la interruppe di nuovo l'avvocato, alzando un sopracciglio beffardo. "E solo lei ha visto un collegamento tanto improbabile tra quella che voi chiamate la Mietitrice e Shizuru Fujino. Non solo avete dato ascolto alle parole di quell'uomo, ma avete addirittura ipotizzato un probabile legame tra questa persona - la vostra Mietitrice - e l'assassino che ha ucciso il capo di una banda."

"E' comunemente accettato il fatto che l'Ametista..."

"Sarebbe una specie di supereroina dei tempi moderni, che ristabilisce l'ordine nelle strade di Fuuka dominate da un'improbabile ma comunque ben presente criminalità," l'uomo completò la frase lisciandosi la cravatta. "Se non fosse per il fatto che dopo le azioni eclatanti di qualche mese fa, la sua Ametista non ha più fatto parlare di sé. Mi dica, ispettrice, lo sa cos'è una diceria, non è vero?"

"Io..."

"E' quando un idiota dice qualcosa, poi un altro idiota la ripete con convizione al proprio vicino. Questo processo si ripete ancora e ancora," disse facendo girare lentamente la mano, "ancora e ancora finché non si sa più da dove venga quella informazione, finchè tutti ne hanno sentito parlare."

Sergay si leccò le labbra prima di sorridere.

"Ed è comunemente accettato il fatto," ripeté con sarcasmo, "che la maggioranza abbia sempre ragione. Se la brava gente di Fuuka e la sua polizia dicono che questo giustiziere è coinvolto in tutti gli ultimi scompigli che sono avvenuti nell'ambiente del crimine, allora non possono che avere ragione."

"Mi sta dando dell'idiota, avvocato?"

"Certo che no," esclamò lui sempre con una leggera traccia di ironia. "Tuttavia temo che le alte sfere inizino a porsi questa domanda. Un demone dagli occhi rossi? Che lei incolpi una ragazzina sulla base di questo tipo di affermazioni senza fondamento perché è nata con due occhi di quel particolare colore! Ha anche solo pensato alla possibilità che il suo 'demone' se esiste potrebbe portare delle lenti a contatto colorate? Va molto di moda credo."

"E' un'adulta agli occhi della legge!" Esclamò Itsumi, irritata dalla derisione più che evidente dell'avvocato.

"No, agli occhi della legge," rettificò lui, "è un minore responsabile delle proprie azioni. E per dirla tutta, vedo profilarsi davanti a lei il futuro radioso di una giovane ragazza generosa e ricca. Già il fatto che sia stato autorizzato il suo stato di fermo è sorprendente, mi chiedo se non dovrei dare un'occhiata da quella parte. Chissà cosa potrei mai scoprire?"

"Cosa sta insinuando?"

"Chissà, una bustarella, uno scambio di 'favori'..."

"Io seguo scrupolosamente la legge, avvocato," esclamò una Itsumi sempre più esasperata.

Shizuru osservava quello scambio in silenzio, notando i tremiti di collera che iniziavano a scuotere la madre di Haruka e la calma intrigante dell'avvocato che accompagnava ciascuna delle sue frasi con ampi gesti delle mani. Era evidente chi avesse la meglio in quello scambio... unilaterale.

"Siamo seri," riprese Sergay, sistemandosi comodamente sulla sedia e incrociando le mani sul tavolo. "Lei non ha nessuna prova concreta, nessun elemento materiale contro la mia cliente. Ha solo la testimonianza inverosimile di un ragazzo farneticante che tra l'altro non ha firmato nessuna deposizione e si è rimangiato quello che ha detto."

Un breve silenzio, durante il quale Sergay Wang prese un attimo di respiro prima di sferrare un nuovo assalto.

"Sa quello che penso, Suzushiro-san, lei è una grande investigatrice, è una di quelli che sanno trovare e mai mollare una buona pista. Ma tutti noi abbiamo dei momenti in cui arriviamo al limite delle nostre forze e dobbiamo riconoscere di avere commesso degli errori. Lei ne ha appena fatto uno. Prenda una vacanza, si rilassi, parta! Ha i mezzi per farlo. Ma non insista su questa strada, o potrebbe rovinare irrimediabilmente la sua carriera."

"E' una minaccia?"

"No, certo che no. E' un'osservazione che condivido con il mio buon amico procuratore. Per inciso," aggiunse alzandosi improvvisamente per chiudere quel breve dibattito, "la mia cliente è libera."

"Lei non ha il potere di..."

"Certo che no," tagliò corto lui sorridendo, "ma proprio mentre le parlo il suo superiore si starà prendendo una bella lavata di capo per il suo errore. E non tarderà - ne sono certo - a venirle a dire lui stesso ciò che le ho appena detto io."

Itsumi cercò di prendere dei respiri regolari, per tenere a freno la sua rabbia crescente.

"Se pensa che la sua cliente sia così innocente, non avrebbe sfruttato i suoi contatti," ribatté.

"La pensa così?" L'uomo sorrise. "Io invece penso di voler evitare che la mia cliente venga ulteriormente infastidita da lei in futuro. Sua figlia la conosce, no?"

"Lasci mia figlia fuori da questa storia!"

"Se non sbaglio sono in competizione - al loro livello almeno," aggiunse l'uomo ignorando deliberatamente Itsumi. "La stanchezza molto spesso può far confondere tra loro diverse informazioni. Avrà semplicemente confuso i sentimenti di sua figlia con i propri. Non si intestardisca sulla persona sbagliata, Suzushiro-san."

"Penso che così sia sufficiente, avvocato," intervenne finalmente Shizuru. "Non dubito che l'ispettrice Suzushiro pensasse di fare la cosa giusta mettendomi in stato di fermo. Haruka-san non ha niente a che fare con questa vicenda."

"Tanto quanto lei, Fujino-san," rispose l'uomo imperturbabile.

Shizuru gli rispose con un breve sorriso, prima di voltarsi verso l'ispettrice.

"Posso uscire o dobbiamo aspettare una conferma dal suo superiore?" Chiese educatamente.

Itsumi deglutì a fatica prima di annuire.

"Fuori," disse in tono gracchiante.

Shizuru si alzò a sua volta e si rimise il cappotto senza fretta, mentre Sergay raccoglieva le proprie cose.

"Dove posso recuperare il mio cellulare e gli altri miei oggetti?"

Itsumi le indicò l'esterno con un cenno del capo.

Shizuru seguì dunque l'avvocato fuori dalla sala degli interrogatori, prima di fermarsi sulla soglia della porta.

"Spero davvero che lei riesca ad impedire quegli orrori," concluse prima di andarsene.


Itsumi inspirò profondamente, aspettandosi in ogni momento che il commissario venisse a chiedere di vederla e l'obbligasse a prendere delle ferie forzate.

Shizuru Fujino era fuori dalla sua portata.

Forse Sergay Wang aveva ragione, forse aveva preso quel dossier troppo sul serio. Nessuna prova aveva mai supportato l'ipotesi che fosse autentico.

Itsumi esitò, poi gettò nel cestino della carta l'insieme disordinato di fogli intitolato a lettere maiuscole "PROGETTO OTOME". Poi si diresse lei stessa verso la scrivania del suo superiore.

Eppure, una moltitudine di pensieri continuava a turbinarle nella testa. E uno di essi in particolare stuzzicava la sua memoria. Come se dovesse fare attenzione ad un elemento particolare che le era sfuggito, in quella giornata.

Improvvisamente si bloccò in mezzo al corridoio, mentre la porta dell'ufficio del suo superiore si apriva e il suo nome veniva chiamato con rabbia e collera.

Spero che lei riesca ad impedire quegli orrori.

A fermare quegli orrori, avrebbe dovuto dire. Perché quel dossier raccontava di esperimenti che dovevano essere avvenuti o che stavano avvenendo. Eppure, Shizuru ne aveva parlato come di qualcosa che potesse essere impedito. Itsumi Suzushiro stava vedendo in quelle parole ciò che voleva vedere, oppure la ragazza si era lasciata sfuggire qualcosa?

La donna ricordò lo slancio di collera e disperazione che il dossier aveva suscitato in Shizuru, quella curiosità ansiosa e morbosa nel suo sguardo finché era rimasto fuori dalla sua portata. Quelle reazioni erano state - insieme alla sua ultima frase - gli unici sentimenti autentici che aveva espresso.

Itsumi girò sui tacchi, non sentendo più le grida del commissario, ansiosa di ripescare dal cestino il suo prezioso dossier.

Forse non doveva più cercare l'Ametista, ma le - future? - vittime e impedire quegli orrori.


"Trovo che sia stato tutto molto rapido, no?" Chiese Sergay con un sorriso divertito.

"Parli per lei," rispose Shizuru. "A me è sembrato interminabile."

Si erano dovuti fermare brevemente presso le scrivanie per recuperare le sue cose. Shizuru aveva dovuto firmare dei moduli con i quali dichiarava che le era stato restituito tutto, poi aveva potuto respirare liberamente nel cortile esterno del commissariato di Fuuka.

"Credo ci sia un bar non lontano da qui," disse. "Occupiamoci subito del suo onorario, se lei è d'accordo."

"Con piacere," annuì Sergay.

A passo svelto attraversarono il cortile e poi la strada, fino a raggiungere un bar di un'altra epoca. Non fu sorprendente trovarlo pieno di poliziotti con e senza uniforme.

"La polizia e le sue piccole abitudini," disse Sergay in tono ironico attirando lo sguardo di diverse persone.

"Mi corregga se sbaglio," ribatté Shizuru, "ma lei non deve avere molti amici."

"Non si faccia illusioni, Fujino-san. Quando si ha del denaro, si hanno sempre degli amici. Per definizione ovviamente."

"Ovviamente," disse Shizuru in tono sarcastico, sedendosi al primo tavolo disponibile. "Mi lasci fare una telefonata e le preparerò subito il suo assegno."

Shizuru chiamò Viola che, senza grandi sorprese, non rispose.

"Ara, ara, Viola-san deve rispondere quando la chiamo," lasciò detto sulla segreteria. "Sono appena uscita e mi trovo in un bar di fronte al commissariato."

Chiuse la chiamata senza aggiungere altro e ricevette quasi immediatamente un sms che le chiedeva di rimanere nel 'bar dei poliziotti' e che Viola sarebbe passata a prenderla in taxi.

"Veniamo a noi. Immagino che non saranno i nostri 30 minuti di discussione che mi costeranno di più. Mi faccio carico ovviamente di tutte le spese relative al viaggio, giusto?"

"Esatto," Sergay annuì.

"Posto in treno di prima classe."

"Chiaramente."

"Individuazione di una barca."

"E del pescatore per pilotarla. Le risparmio lo choc emotivo di essermi trovato in mare per tutto quel tempo e l'odore disgustoso che ho dovuto sopportare."

"Troppo gentile. Aggiungo una camera d'hotel per stanotte e il suo viaggio di ritorno, immagino."

"Incredibilmente previdente."

"Bene non indugiamo oltre, un'amica verrà a prendermi tra non molto. Quanto mi costa questo piccolo problema con la polizia?"

Sergay Wang le annunciò una grossa somma. Senza battere ciglio Shizuru gli firmò un assegno.

"E con un extra," osservò lui infilando l'assegno nella sua valigetta.

"Ara, le assicuro che si tratta di un regalo."

"E' stato un vero piacere averla incontrata, Fujino-san."

"Mi scusi se non la penso allo stesso modo. La situazione è stata fortemente inappropriata perché io ne conservi un buon ricordo."

"Non c'è niente di male," sorrise lui. "Nel caso avesse nuovamente bisogno di un uomo di legge..."

"Penserò a lei, non ne dubiti."

Shizuru gli strinse brevemente la mano e uscì rapidamente dal bar vedendo Viola che la stava aspettando.


"Sono sorpresa che non ti abbiano trattenuta più a lungo," osservò Viola mentre camminavano a braccetto nel cento di Fuuka. "Com'è venire interrogati?"

"Non sei mai stata interrogata?" Si stupì Shizuru.

"No," Viola rise, "mai."

"Incredibile! Dopo tutto quello che hai fatto, non sarei dovuta essere io a ritrovarmi incatenata ad una sedia."

"Ti hanno ammanettata?" Viola sorrise nuovamente. "Che cattiva ragazza che sei."

"Ara, non vedo cosa ci sia da ridere. Guarda qua!"

Shizuru alzò la manica del cappotto per mostrarle il cerchio rosso che circondava il suo polso.

"Non devi tirare contro le manette. Non è con la forza che ti saresti potuta liberare," disse Viola sorridendo e dandole un pizzicotto sul braccio.

Ridere insieme a lei fu liberatorio e Shizuru si avvicinò ancora di più all'altra ragazza mentre Viola le guidò fino ad una farmacia per comprare una pomata per le sue ferite. Una volta effettuato l'acquisto, le due ragazze si diressero di comune accordo verso un ristorante vicino per un pranzo tardivo - in realtà più una cena. Mentre aspettavano le loro ordinazioni Viola applicò con calma la crema sulle striature rosse del suo polso, poi Shizuru le rubò il tubetto per applicarne un leggero strato sul labbro rovinato di Viola.

"Cosa ti è successo?"

"Un pugno," rispose l'altra semplicemente.

"Ara, è incredibile. Ho visto spesso Natsuki con le labbra spaccate a seguito di qualche rissa da strada, ma le sue ferite non assumevano questo aspetto se non dopo diversi giorni."

Shizuru incrociò lo sguardo di Viola, accarezzando inconsciamente con il pollice il suo labbro inferiore.

"Sono le nanomacchine."

Il respiro caldo di Viola arrivò alle sue dita e Shizuru indietreggiò.

"Scusami. Non riesco ancora a capacitarmi che io sono te," confessò. "Ti vedo ancora come..."

"La tua prima ragazza?"

Shizuru fece una smorfia e annuì.

"Tengo a te per una moltitudine di ragioni," riprese con occhi umidi.

Viola le sorrise gentilmente, ben consapevole della stranezza della loro situazione.

"Anch'io."

"Solo che... sarò io a dover sopportare di perderti. Di perdere ancora una persona che amo, una delle due che mi restano."

Viola appoggiò una mano sopra quella di Shizuru.

"Come l'hai scoperto?"

"Ara... ha importanza?"

"No."

Viola non aveva nulla che potesse confortare Shizuru e preferì non dirle parole vuote senza significato. Temeva la morte, ma aveva finito per accettarla. Quanto a lei, Shizuru avrebbe dovuto accettare il fatto che niente avrebbe potuto cambiare quello stato di cose.


Viola fu riconoscente alle nanomacchine, che le avevano restituito gran parte della lucidità persa per via dell'alcool che aveva ingerito poco prima. Aspettava comunque di provare l'abituale sensazione di bocca impastata. Era incredibile che il Terzo Distretto avesse creato delle nanomacchine capaci di far ricrescere un arto intero, ma impedire i postumi di una sbornia fosse ancora fuori dalla loro portata. Almeno la cena si svolse senza incidenti e Viola riuscì perfino a tirare fuori qualche sorriso e risata da Shizuru.

Mentre finivano il loro dessert, Viola giocò improvvisamente con una ciocca di capelli dell'altra ragazza - avendo ancora ben in mente la sua discussione con Yamada.

"Non avresti voglia di provare un nuovo taglio?"

"Da dove ti viene un'idea così improvvisa?" Chiese Shizuru mentre porgeva la sua carta di credito alla cameriera.

"I miei capelli sono tornati della stessa lunghezza di prima," osservò l'altra ragazza.

"Oh, vuoi andare..."

"No, no," la interruppe Viola.

La ragazza tacque finché non furono entrambe nuovamente all'esterno del ristorante.

"Guarda," disse porgendole un atto di nascita e una carta d'identità.

Shizuru vide dei documenti falsi che non avrebbe sinceramente potuto distinguere da quelli autentici.

"Si può trovare di tutto quando conosci le persone giuste. Viola Grace esiste davvero secondo questi documenti."

"Dove vuoi arrivare?" Disse Shizuru in tono sorpreso, disorientata da quel brusco cambio di conversazione.

"Gli Yakuza, i Ryu, il Terzo Distretto... tutti cercano l'Ametista. E dopo questa brillante azione della polizia, non mi stupirebbe se ben presto iniziassero a prendersela con te. Paradossalmente, al contrario ignorano del tutto la mia esistenza."

"Vuoi che facciamo uno scambio d'identità," capì finalmente Shizuru.

"Questo ti allontanerebbe dal pericolo e permetterebbe a me di non dover fare altro che aspettare che vengano a cercarmi, visto che alla fine non riesco a scovarli da sola."

"Viola, è perico..."

"Pericoloso, sì," la interruppe l'altra. "Per questo devi lasciare che io torni ad essere Shizuru Fujino."

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


NDA: Ecco il nuovo capitolo. Non sono molto convinta del finale... forse perché immaginavo così chiaramente la scena nella mia testa e ho la sensazione di non essere riuscita a descriverla come volevo... oppure semplicemente perché è scritta male, o perché sono stanca morta... In ogni caso, non esitate a dire cosa ne pensate :-)


Capitolo 18

"Hai abbracciato Viola."

L'affermazione - non era assolutamente una domanda - veniva da Mai o Mikoto. Natsuki era ancora troppo frastornata per sapere con esattezza da chi provenisse.

"Non ho abbracciato Viola," rettificò con voce roca. "Viola ha abbracciato me."

"E hai risposto al bacio," osservò Mai.

"Certo che no."

"Natsuki," insistette la sua amica, "ti abbiamo vista rispondere a quel bacio."

Poteva essere in effetti che avesse ricambiato. I suoi ricordi erano offuscati, e non poteva dire con certezza se avesse davvero passato o no le sue dita tra i morbidi capelli di Viola. Avrebbe ammesso ancora meno di essersene approfittata e di avere risposto istintivamente. Finché aveva tenuto gli occhi chiusi, le era sembrato di abbracciare Shizuru.

Natsuki sentiva ancora l'odore e il sapore della ragazza sulle sue labbra. L'ex-HiME in tutta la sua vita aveva abbracciato solo Shizuru - se si escludeva Viola - e adesso si chiedeva se quel gusto e quell'odore fossero caratteristici di tutte le labbra e di tutti i baci. Sperava che fosse così, perché la sola alternativa sarebbe stata che Viola possedesse quel gusto particolare a forza di abbracciare Shizuru, e l'idea la disturbava al di là di ogni immaginazione.

Natsuki era intimamente convinta che le sue domande fossero stupide e non meritassero minimamente la sua attenzione. Tuttavia... la ragazza non riusciva a scacciarle dalla propria testa.

Inconsciamente si leccò le labbra e arrossì e si maledì allo stesso tempo sentendo il gusto di Viola indugiare su di sé. Solo perché ho avuto l'impressione di abbracciare nuovamente Shizuru.

Improvvisamente si ricordò di cosa l'avesse fatta finire in quella situazione.

"Merda, Shizuru!" Esclamò in tono preoccupato.

"Già, proprio Shizuru," s'inserì Mai in tono di rimprovero. "Capisco che tu voglia spingerla a rompere con Viola per provare a riconquistarla, ma se ti comporti così - abbracciando e poi picchiando la sua ragazza - rischi soprattutto di perderla in modo definitivo."

"Santo Dio," bestemmiò l'altra esasperata, "non ho abbracciato Viola."

Mentre gridava per sostenere il suo punto di vista, le pulsazioni alla testa non facevano che aumentare. Tutta colpa di quel dannato colpo di testa.

Malgrado tutto, Viola ne era uscita senza un graffio.

Quest'ultima sembrava avere previsto il suo attacco, ma previsto o no come aveva fatto a restare così insensibile a quella testata? Come aveva potuto la forza di Viola rivaleggare con la sua, quella di una ex-HiME?

Incomprensibile.

Natsuki era solo riuscita a ferirla cogliendola di sorpresa, attaccandola mentre erano abbracciate. O meglio, mentre Viola la stava abbracciando!

La ragazza aveva la sgradevole sensazione di essere totalmente persa in quella storia. E di non sapere nulla di Viola, la sua avversaria.


Sentendosi abbastanza sicura di sé da potersi alzare, Natsuki si rimise in piedi respingendo Mai che cercava di aiutarla.

"Devo andare," balbettò. "Vedere Shizuru e..."

"No, Natsuki, prima di tutto andiamo a mettere del ghiaccio sulla tua fronte. C'è già un bernoccolo che inizia a spuntare."

"Sto bene," borbottò l'altra.

Con un sospiro, Mai sfiorò il nascente bernoccolo provocando un grido di dolore da parte di Natsuki. Mikoto si avvicinò quasi subito e, curiosa, volle imitare Mai con molta meno delicatezza. Stavolta Natsuki fece un passo indietro gemendo e mollando uno schiaffo brusco sulla mano della più giovane delle tre.

"Smettila!"

"Mai, perché Natsuki ha un bottone sulla fronte?"

"E' un bernoccolo! Questa ragazzina è completamente ritardata," Natsuki si lamentò davanti allo sguardo interrogativo di Mikoto.

"Sempre meglio che pensare che tu abbia un corno sul punto di spuntarti in mezzo alla fronte, ma sii gentile con lei Natsuki," rispose Mai in tono materno.

"Un corno?" Esclamò Mikoto con occhi spalancati.

Natsuki gemette malgrado le occhiate meravigliate della ragazzina. Quanto a lei, Mai arruffò i capelli della sua compagna di stanza, evidentemente più divertita che preoccupata del suo candore.

"Andiamo Natsuki, sei ancora frastornata e la tua fronte ha davvero bisogno di un po' di ghiaccio e di pomata."

"Non è grave. Shizuru..."

"Non si muoverà da dove si trova per il momento. E poi non potrai sicuramente vederla, quindi andiamo prima di tutto ad occuparci di te."

Invece di aspettare una risposta che sarebbe stata in ogni caso nuovamente negativa, Mai afferrò Natsuki per un braccio e la tirò con forza verso i dormitori di Gakuen Fuuka. La ragazza dovette arrendersi all'evidenza: Mai aveva conservato una buona parte della sua forza di HiME e non esitava a servirsene. Natsuki si lasciò quindi finalmente trascinare al suo seguito.

Appena arrivate nella stanza di Mai e Mikoto, Natsuki venne fatta sedere sul divano. Dovette sopportare le cure della sua amica più un pranzo preparato al volo prima che Mai le restituisse la sua libertà.

Finalmente libera, si avviò collerica a grandi passi verso il bosco dove si trovava la sua Ducati. Borbottò contro Mai che le aveva fatto perdere un'ora con le sue moine, contro Mikoto che non aveva fatto altro che aumentare il suo mal di testa con la sua iperattività, e maledì Viola e tutte le sfortune che le aveva causato.

Era così agitata e arrabbiata che non si prese la briga di cambiarsi nella sua tuta di cuoio nera e preferì infilarsi subito il casco. Fece immediatamente ruggire il motore, rimpianse per un attimo di averlo fatto rombare così forte e partì finalmente a tutta velocità verso il centro della città, senza preoccuparsi dei ciottoli e dei rametti che volarono intorno a lei.

Ci mise meno della metà del tempo necessario per raggiungere il commissariato. Solo quando fu in vista della strada sulla quale dava quest'ultimo Natsuki rallentò ad una velocità normale. Preferì parcheggiare lì la sua moto invece che nel parcheggio riservato ai visitatori del commissariato.

Dopo essersi rapidamente rassettata la sua uniforme scolastica, si diresse a piccole falcate verso il vecchio edificio. Si sorprese per un attimo a pensare che stava entrando per la prima volta in commissariato per colpa di Shizuru, e non per le migliaia di eccessi di velocità, effrazioni e piccoli crimini che commetteva da anni.

Si ritrovò infine nella sala d'aspetto senza sapere bene cosa fare. Notando le occhiate curiose di due poliziotti in uniforme dietro ad un bancone, Natsuki concluse che doveva essere una specie di reception e li raggiunse.

"Ehu, mi scusi..."

"Buongiorno, in cosa posso aiutarla?" Rispose subito un poliziotto i cui occhi osservavano la sua fronte.

Forse pensava che fosse appena stata aggredita. No, pensò, non era possibile che arrivasse ad una simile conclusione per un semplice bernoccolo, per quanto grande Mai dicesse che fosse.

"Vorrei vedere Shizuru Fujino, è stata portata qui da uno dei vostri colleghi questa mattina," rispose semplicemente la ragazza.

Il poliziotto riportò subito il suo sguardo sullo schermo e si mise a cercare informazioni.

"E' vero, Fujino-san è stata messa in stato di fermo. Ma solo il suo avvocato e l'ispettrice incaricata del caso possono vederla."

"Voglio vederla!" Esclamò Natsuki. "Per quale motivo è stata messa in stato di fermo?"

"Non posso darle questa informazione, mi dispiace."

"Poco importa la ragione," ribatté la ragazza chinandosi verso il bancone. "Qualsiasi essa sia, deve per forza trattarsi di un errore. Lo dica alla sua ispettrice, Shizuru non può avere fatto nulla."

"Signora, sono davvero desolato," insistette l'uomo più duramente. "Non posso aiutarla. Se lei..."

Natsuki indietreggiò brutalmente, fulminò con lo sguardo i due poliziotti e uscì precipitosamente dal commissariato, preferendo andarsene piuttosto che rischiare di finire lei stessa in cella per essersela presa con quell'uomo che non sapeva dire altro che 'mi dispiace'. Tremando di collera, attraversò in fretta la strada fino alla sua moto tirando fuori nel frattempo il suo cellulare. Diede un'occhiata all'orario, e alla presenza o meno di messaggi. Aveva ricevuto un sms da parte di Mai che le chiedeva se avesse avuto notizie di Shizuru e le rispose rapidamente con un semplice 'no'.

Natsuki aveva da tempo imparato a non contare sulla polizia per ottenere informazioni, ma aveva disperatamente bisogno di capire.

Impiegò una ventina di minuti aggiuntivi per raggiungere la sua nuova destinazione e, nuovamente, preferì parcheggiare la moto lungo il marciapiede della strada principale piuttosto che nel vicolo sudicio dove si trovava il bar.

Tirò su col naso disgustata quando scavalcò un uomo disteso sulla strada, il cui viso già poco avvenente era stato ridotto ad una poltiglia sanguinante: labbra spaccate, denti sbriciolati, naso rotto. Si era visibilmente preso un bel po' di botte in faccia e Natsuki riconobbe a stento uno dei clienti abituali del bar che lei stessa aveva dovuto rimettere al suo posto qualche anno prima. Evidentemente l'uomo non aveva ancora imparato la lezione.

Vedendo la possibilità di sfogare una parte delle sue frustrazioni, Natsuki indietreggiò di qualche passo e lanciò un violento calcio allo stomaco dell'uomo che emise un orribile gorgoglio e si rannicchiò su se stesso.

Con il sorriso sulle labbra, la ragazza entrò finalmente nel bar. Attirò brevemente lo sguardo dei clienti che alla sua vista trovarono i loro drink ben più interessanti. Yamada era ancora e sempre seduto al bar, il suo bicchiere abituale sostituito da una bottiglia quasi vuota di saké.

Natsuki si lasciò pesantemente cadere sullo sgabello al suo fianco, attirando subito l'attenzione dell'informatore.

"Kuga," balbettò.

"Kruger," lo corresse lei, sorpresa di sentire l'uomo normalmente così attento all'anonimato chiamarla con il suo vero nome. "Che ti è successo, si direbbe che ti aspettassi qualcun altro..."

"No," rispose lui con voce impastata. "Avrei dovuto aspettarmi la tua visita."

L'uomo evidentemente sorrideva ad uno scherzo personale e la curiosità non riuscì ad avere la meglio su di lei.

"Aspettarti la mia visita?" Ripeté comunque con calma.

"Vieni per sapere il motivo dell'arresto della tua ragazza? Fujino-san è molto popolare ultimamente."

"Non è la mia- Aspetta cosa intendi per 'popolare'?"

Yamada si irrigidì e Natsuki capì che l'uomo aveva bevuto al di là di ciò che era ragionevole e aveva delle difficoltà a mantenere un atteggiamento professionale.

"Mi hai preso un po' alla sprovvista. Devo andare," si scusò lui.

"A quest'ora?" Esclamò Natsuki perplessa.

L'uomo fece spallucce, come se fosse stanco e scosso da cattive notizie. Natsuki aveva sempre considerato l'uomo un solitario, senza nessuna persona cara, come era stata lei in passato... Ma una sottile sensazione le faceva pensare che avesse dei legami, o almeno qualcuno che avesse imparato ad apprezzare. Che avesse saputo delle cattive notizie nei loro riguardi? Ma Natsuki in quel momento non era abbastanza empatica da preoccuparsi di chiunque altro che non fosse Shizuru.

"Shizuru, perché è stata..."

"Messa in stato di fermo per un'inchiesta sull'omicidio di Boss Ishigami," rispose lui.

"Perché quel nome mi dice qualcosa?!"

Yamada stava per versarsi il resto della bottiglia prima che Natsuki lo fermasse.

"Credo che tu ne abbia già bevuto abbastanza. Un'intera bottiglia da solo..."

"Non da solo," la interruppe Yamada liberandosi della stretta della ragazza per servirsi.

"Cos'hai che non va oggi?" Borbottò lei.

"Niente, è solo... Sono venuto a sapere delle brutte notizie su una persona che... ho finito per ammirare."

"Mi spiace," balbettò Natsuki, sorpresa della sua improvvisa lungimiranza - lei che per anni era rimasta cieca ai sentimenti delle altre persone.

"Sono cose che succedono," rispose lui in tono fatalista finendo in un sorso ciò che restava del saké. "Boss Ishigami era il capo di una banda, molto legato agli Yakuza se non lui stesso uno di loro, non so dirti di più."

Natsuki improvvisamente si ricordò dove aveva sentito quel nome. Di certo non sui notiziari - non li ascoltava mai - ma diversi mesi prima dalla bocca di Shizuru in persona - o di una ragazza che le somigliava in tutto e per tutto e che si faceva chiamare l'Ametista.

I dubbi che aveva cercato di scacciare tornarono alla ribalta. Viola - lo sapeva - trafficava con almeno uno Yakuza. Ricordava di avere anche ascoltato la loro conversazione. Viola, che - ricapitolò - era anche il nome di una ragazza che somigliava a Shizuru secondo Chie e Aoi. E Shizuru usciva con una ragazza di nome Viola. Con il senno di poi, aveva l'impressione che Shizuru si fosse impossessata dell'identità della sua ragazza per condurre degli affari illegalmente. Anche se non capiva cosa avrebbe guadagnato nel raccontare tutta la sua vita alle due pettegole per poi recitare la parte dell'innocente il giorno dopo.

"Argh," esclamò Natsuki, scompigliandosi involontariamente i capelli dal nervoso. "Non ci capisco niente. Sono sicura che Shizuru sia innocente, ma da quello che so mi sembra coinvolta in questa storia. E sono sicura che Viola lo sia per qualche cosa!"

Yamada la osservò gentilmente e Natsuki abbandonò l'idea di capirci qualcosa da sola, o di ottenere dei chiarimenti dall'uomo che si era mostrato stranamente avaro di informazioni negli ultimi mesi.

"Ha commesso lei quell'omicidio?" Gli chiese alla fine.

Yamada doveva sapere la verità dietro un simile affare.

"Non lo so."

Ma per Natsuki fu evidente che le aveva appena mentito.

"Allora l'ha ucciso lei..." concluse cupamente.

Yamada sembrò cercare le parole giuste, poi ridendo di se stesso finì per rispondere.

"La persona che ha ucciso Boss Ishigami non è sicuramente quella che la polizia ha messo dietro le sbarre," disse per il sollievo di Natsuki. "L'unico problema è che se la polizia ci crede, anche gli Yakuza lo faranno. E l'omicidio del Boss non ha portato molti benefici ai loro affari..."

"Allora... è in pericolo," capì Natsuki.


Dopo essersi fatta promettere da Yamada che l'avrebbe chiamata nel momento in cui avesse saputo che Shizuru era stata rimessa in libertà - Natsuki non immaginava ci potessero essere altre alternative - la ragazza tornò a casa.

Il suo appartamento era in uno stato pietoso. Natsuki non era mai stata molto ordinata, ma da quando era stata rifiutata da Shizuru il caos aveva preso il sopravvento. Eppure la ragazza sapeva esattamente dove trovare ciò che cercava. Si diresse immediatamente in cucina e si accovacciò di fronte all'armadietto sotto il lavello.

Tastò per qualche istante finché non trovò dietro i tubi un cofanetto di legno. Lo porto con sé sul tavolo del salotto dove lo aprì per trovare la sua pistola.

L'aveva comprata attraverso Yamada anni prima, anche se non aveva mai avuto bisogno di utilizzarla. La possibilità di perdere un giorno i suoi poteri di HiME era sempre stata nel fondo dei suoi pensieri e Natsuki voleva avere la certezza di poter continuare a difendersi anche in quell'eventualità.

Yamada non era ovviamente un rivenditore di armi da fuoco, anzi le aveva confessato di detestarle. Però conosceva dozzine di persone da cui ottenere pistole senza numero di serie e Natsuki aveva quasi dovuto supplicarlo perché accettase di fare da intermediario per un acquisto.

Per quanto Natsuki amasse le armi e sapesse tirare come nessuno, non conosceva molto dei nomi e delle caratteristiche delle armi da fuoco normali. Che bisogno aveva di informarsi su cose simili?! Il suo element erano dopo tutto un paio di pistole leggere e allo stesso tempo performanti, con un numero di munizioni illimitato - o almeno, lei non era mai riuscita a trovare un limite alla quantità di proiettili a sua disposizione.

Insomma, Yamada aveva dovuto mostrarle come pulire l'arma, come smontarla, rimontarla, caricarla, ecc. Natsuki si era lungamente esercitata finché la manipolazione della pistola non era diventata per lei tanto naturale quanto istintiva. La ragazza distese quindi davanti a sé l'arma per ripulirla e passò l'ora seguente ad occuparsene. Poi con tutti i pezzi della vecchia pistola finalmente lindi e puliti, la rimontò e la caricò. Prese quindi la precauzione di infilare un caricatore supplementare nella tasca interna della sua giacca di pelle. Sempre munita del suo piccolo calibro andò poi in bagno dove si lavò e si vestì con una tenuta più appropriata. Non le ci vollero più di dieci minuti, e uscì vestita con un paio di jeans e una felpa con cappuccio sopra una t-shirt qualunque, con i capelli ancora umidi raccolti in una coda di cavallo.

Si allacciò le scarpe da ginnastica, poi si lasciò cadere sul suo divano, mettendo davanti a sé la sua arma carica, il cellulare con il volume della suoneria al massimo, il casco della moto e la sua giacca di pelle con le chiavi. Passò cinque minuti a fissare il telefono nella speranza che suonasse e che Yamada le dicesse che Shizuru era stata rimessa in libertà, poi si arrese all'evidenza. Lo stato di fermo poteva durare 48h... 72h se il procuratore lo consentiva. E poteva anche essere arrestata invece che rilasciata...

Comunque quando sarebbe uscita - perché doveva uscire - Natsuki voleva essere pronta a raggiungerla e a proteggerla da tutti gli Yakuza che volessero prendersela con lei. Doveva però ammettere che non poteva passare le ore seguenti - o giorni - a fissare il suo cellulare senza fare niente. Accese quindi la televisione e la console dei videogiochi. Giocò le prime ore senza riuscire ad avanzare - le parole game over comparvero troppo frequentemente sullo schermo - poi ordinò una pizza. Durante tutto quel tempo, sobbalzò almeno tre o quattro volte sentendo il cellulare suonare e maledì Mai perché le mandava dei messaggi e la faceva preoccupare per niente. Non si prese la briga di risponderle. Terminò la sua giornata facendo zapping su diversi film e programmi che non riuscì a seguire, tanto il suo sguardo si posava regolarmente sul suo cellulare.

Tra un inseguimento ad alta velocità e un programma di cucina, Natsuki si addormentò.


Si svegliò il mattino seguente sussultando quando il suo cellulare gracchiò con una suoneria orribile. Natsuki ignorò l'indolenzimento provocato dalla pessima posizione nella quale si era addormentata e afferrò subito il telefono. Era infine Yamada. Le disse che Shizuru era uscita la sera prima. Natsuki passò una buona dozzina di minuti a fargli notare la sua incompetenza, cosciente che l'uomo doveva essersi fatto sfuggire quella notizia perché aveva bevuto tanto il giorno prima.

Sbraitando contro Yamada, Natsuki infilò l'arma nella cintura dei jeans, indossò la giaccia di cuoio, e con il casco in mano raggiunse in fretta la sua moto.

Yamada le aveva assicurato che Shizuru si trovava sana e salva nel suo dormitorio, quindi Natsuki non esitò a dirigersi in quella direzione. Dopo essersi precipitata a Gakuen Fuuka, si fece strada fino agli edifici dove alloggiavano gli studenti. Non si preoccupò nemmeno di nascondere la moto nel bosco ma la lasciò in un recesso dei dormitori fuori dalla vista dell'ingresso principale.

Fu solo davanti alla porta di Shizuru che improvvisamente si bloccò senza sapere bene cosa fare.

Il lungo e stretto corridoio era ancora buio. Si sentiva il ticchettio fastidioso di un vecchio pendolo che segnava le 6h56 di mattina. Troppo presto perché chiunque uscisse dalla propria stanza.

Natsuki non dubitava delle informazioni di Yamada sulla situazione attuale: Shizuru doveva essere sana e salva a letto. E Natsuki non sapeva quale scusa potesse offrire per piombare nel dormitorio della sua amica. Preferiva tra l'altro tenersi in disparte e intervenire quando necessario, mantenendo l'effetto sorpresa piuttosto che restare al fianco di Shizuru ed essere attaccata dagli Yakuza senza poter reagire. Doveva trovarsi un nascondiglio per sorvegliare chi andava e veniva.

Natsuki osservò il corridoio. Quest'ultimo formava una T e non c'era nessuno spazio dove potersi nascondere. Non c'era altro che una successione di porte tutte uguali con una numerazione crescente, nemmeno un vaso o un estintore. Ma non c'erano delle norme di sicurezza da rispettare?

Individuò tuttavia una porta senza numero e si ricordò che la donna delle pulizie teneva lì dentro le scope e gli stracci. Inoltre, l'armadio dava sulla porta di Shizuru. Meglio che niente. Natsuki lo raggiunse a grandi passi e ringraziò le sue scarse ma nondimeno utili abilità nello scasso. L'armadio fu ridicolmente facile da aprire - dopo tutto, non ci tenevano certo dentro un tesoro. Era stretto, ingombro e, per la ragazza, assolutamente ripugnante. Spostò comunque scope e strofinacci per farsi spazio e chiuse la porta dietro di sé, lasciando solo una piccola fessura. Dopo essersi voltata su se stessa riuscì a trovare una posizione abbastanza confortevole, e l'attesa iniziò.

Gli studenti iniziarono a comparire dopo una dozzina di minuti, sempre più numerosi e affrettati man mano che l'orario delle lezioni si avvicinava. Natsuki verificò l'identità dei ragazzi che attraversavano il corridoio, studenti senza il minimo dubbio. Ma dopo che l'orario delle lezioni fu passato e Shizuru non era ancora comparsa, la ragazza iniziò a preoccuparsi. Shizuru era solitamente molto puntuale. Ma forse dopo essere stata arrestata il giorno prima meritava un giorno di riposo.

Natsuki passò un'ora intera a giocare a diversi videogiochi sul proprio cellulare, sempre più indolenzita e sempre meno paziente, sperando che la donna delle pulizie quella mattina non venisse a pulire proprio quel piano.

Finalmente verso le 10 la porta del dormitorio di Shizuru si aprì. Sentendo il clic familiare delle porte dei dormitori, Natsuki osservò con attenzione cosa succedeva. Shizuru apparve. Non indossava la sua uniforme scolastica ma un paio di jeans e una giacca di pelle marrone che le ricordò vagamente qualcosa. I suoi capelli erano legati in uno chignon disordinato. Fece qualche passo in corridoio, scrutando intensamente i dintorni. Poi le suole delle sue scarpe da ginnastica scricchiolarono sul linoleum del corridoio mentre si dirigeva verso l'ascensore. Da quando Shizuru indossava scarpe da ginnastica?

Natsuki attese che la ragazza scomparisse dalla sua vista prima di uscire dall'armadio e seguirla con discrezione. Shizuru sembrava agitata, perfino preoccupata e Natsuki si chiese se sapesse del pericolo che la minacciava. Pensò di no, perché si diresse verso l'uscita di Gakuen Fuuka. Dopo avere controllato diverse volte da sopra la sua spalla, Shizuru avanzò finalmente con sicurezza verso una destinazione ignota. Natsuki più di una volta per poco non rischiò di farsi vedere e ogni volta prese un po' più le distanze.

La ragazza fu quasi sorpresa di non vedere nessuno Yakuza attaccarla. Forse aveva sopravvalutato il pericolo che Shizuru correva? Il quartiere dove erano entrate, dopo - quasi - un'ora di camminata, era comunque ben lontano dall'essere sicuro. Natsuki era abbastanza preoccupata.

Improvvisamente, Shizuru si fermò di colpo. Di conseguenza Natsuki per precauzione si nascose dietro un vecchio e scalcinato chioschettto dei giornali. La mossa non servì comunque a molto perché Shizuru aveva fissato lo sguardo su qualcosa o qualcuno che Natsuki non riusciva a capire dove fosse. Ma chiunque o qualunque cosa fosse doveva essere abbastanza importante perché, dopo un breve istante in cui la ragazza restò immobilizzata sul posto, Shizuru ripartì correndo. E Shizuru non correva mai.

Natsuki stava per inseguirla quando vide una figura arrivare precipitosamente da una strada adiacente. Una figura che la ragazza riconobbe all'istante.

Viola.

Natsuki non era quindi la sola a seguire Shizuru. Non riusciva a capire come avesse fatto a non accorgersene prima. Forse perché cercava una macchina nera o degli uomini sospetti, e quindi aveva involontariamente ignorato la presenza dell'altra ragazza? Non lo sapeva ma non volle indugiare troppo su quel genere di pensieri, perché Shizuru - con Viola al seguito - era già sparita dietro la curva di un vicolo.

Perché Viola sta seguendo Shizuru? Per proteggerla come lei? O per darle la caccia? Natsuki si ricordò dell'unica certezza che aveva nei confronti di quella ragazza: era immischiata in un giro di gente poco raccomandabile. Che Viola avesse frequentato Shizuru per conto di un qualsiasi gruppo mafioso?

Probabilmente.

Sicuramente.

Natsuki si affrettò quindi a seguirle, a costo di farsi vedere. Non aveva più importanza, il pericolo poteva essere già arrivato.

Vide con la coda dell'occhio Viola penetrare in un vecchio edificio. Natsuki, sollevata per non averle perse, si fermò per un attimo prendendo fiato, chiudendo immediatamente la mano sul calcio della sua pistola. Il vicolo in cui era appena entrata era vuoto, malandato come tutti i vicoli malfamati di Fuuka. Era circondato da vecchie case della stessa epoca del commissariato ma messe molto peggio, cosa che aveva spinto gli abitanti ad abbandonarle definitivamente.

Natsuki inspirò profondamente, con la paura che le serrava il petto, poi salì silenziosamente le scale che portavano alla porta d'ingresso, con l'orecchio teso al minimo rumore, alla ricerca di probabili inseguitori. Quando fu sicura di essere la sola a seguire senza essere seguita, Natsuki appoggiò la mano contro il legno marcio della porta e spinse. Quest'ultima girò sui cardini con un silenzio sorprendente.

Natsuki avanzò a passo felpato nell'interno della casa abbandonata, con la pistola puntata davanti a sé. Sentiva il cuore in gola, un battito rapido e forte che le riempiva le orecchie e rimpiazzava tutti gli altri suoni. Il palmo della mano che teneva il calcio della pistola si fece umido. I suoi passi meno sicuri.

Il piano terra era molto buio e lugubre, con assi di legno inchiodate alle finestre. Non filtravano che pochi raggi di luce nei quali galleggiava lo spesso strato di polvere opaca che ciascuno dei suoi passi sollevava.

La pistola di Natsuki disegnò un cerchio perfetto mentre la ragazza esplorava con lo sguardo le stanze a destra e a sinistra. Scoprì un cucinotto privo di tutti i mobili, coperto di sporcizia e il cui solo segno del suo precedente utilizzo era un vecchio lavello in ceramica con un rubinetto sbeccato e arrugginito. La stanza alla sua destra rimase un mistero, tanto era immersa nell'oscurità.

Quale ragione poteva spingere Shizuru ad entrare in un luogo simile?

Natsuki continuò il suo cammino, temendo di venire scoperta quando il legno cigolò sotto i suoi piedi. Ma continuò ad andare avanti. Finalmente raggiunse la fine del corridoio, che lasciava intravedere una scala cui mancavano dei gradini e una porta socchiusa dalla quale filtrava un raggio di luce rassicurante.

Natsuki sentì delle voci ovattate.

"... un'altra soluzione..."

"... no..."

"... non capisci..."

Natsuki si irrigidì riconoscendo la voce di Shizuru nei mormorii che sentì. Era tesa e nervosa. La ragazza non esitò.

Aprì la porta con un calcio, con l'arma tesa e minacciosa davanti a sé.

Si sentirono delle grida di sorpresa e Natsuki analizzò rapidamente la situazione.

La stanza abbastanza grande era la vecchia sala da pranzo, e una finestra spalancata le permise di distinguere tutte le protagoniste della scena.

Shizuru era un po' più lontano davanti a un camino. Quanto a lei, Viola era proprio di fronte a Natsuki e le dava le spalle. Ma la cosa più importante era che anche lei stava puntando un'arma.

"Non muoverti," le intimò Natsuki puntando la canna della sua pistola sulla ragazza armata.

"Natsuki?" Esclamò Shizuru sorpresa.

"Va tutto bene Shizuru, non ti preoccupare!" Disse cercando di rassicurarla.

La ragazza sembrò volerle rispondere, ma Viola si mosse e Natsuki le ordinò nuovamente di stare ferma.

"Posa la tua pistola," le ordinò.

"Temo di non poterlo fare," le rispose Viola in tono calmo.

"Non lo farà Kuga, premi quel dannato grilletto o stordiscila!"

Sentendo una voce familiare, Natsuki perlustrò nuovamente la stanza con lo sguardo e vide nell'angolo più buio, non lontano da Shizuru, la figura di una terza persona.

"Nao?"

"Proprio così," sibilò la voce della ragazza mentre si avvicinava.

"Fermati," ordinò Viola a sua volta.

Natsuki osservò attentamente la situazione senza riuscire a capire come fossero arrivate a quel punto. Ma Viola era pericolosa, stava minacciando Nao oppure Shizuru. Forse entrambe. Avrebbe avuto tutto il tempo di capire quando Viola avesse poggiato la sua pistola.

"Viola, poggia quell'arma o giuro che ti sparo."

"Tu..."

"Taci e obbedisci," disse Natsuki appoggiando la sua pistola in mezzo alle scapole della bruna.

Viola si zittì ma si rifiutò ostinatamente di abbassare l'arma dal suo - o dai suoi - obiettivi.

"Non capisci cosa sta succedendo, Natsuki."

La voce dolce e tesa di Shizuru aveva rotto il silenzio, attirando l'attenzione della ragazza. Natsuki dovette fare uno sforzo sovrumano per non distogliere lo sguardo da Viola.

"Per favore, Natsuki. Non farlo, abbassa quell'arma."

"No, ti sta puntando una dannata pistola addosso Shizuru!"

"Non a me," la contraddì la ragazza, allontanandosi di qualche passo senza che Viola spostasse la sua mira.

"Su Nao?"

Vide con la coda dell'occhio Shizuru annuire.

"Kuga, che stai facendo?! Lasci che mi sparino? Vedi bene che Fujino è ancora psicotica come durante il Carnival, è perfino arrivata a convincere quella feccia della sua ragazza ad aiutarla ad intrappolarmi qui per finire ciò che ha cominciato."

"Sta' zitta, Nao," ordinò Shizuru con sorpresa di tutti.

"Natsuki," Viola intervenne con voce ferma, "questa storia non ti riguarda, torna a casa."

"Ti ho detto di stare zitta!" Ribattè l'altra.

Natsuki digrignò i denti, cercando di evitare per quanto possibile di venire presa dal panico.

"Natsuki," continuò Shizuru avanzando lentamente verso di lei, "ascoltala."

"No. Non so cosa stia succedendo, ma non ti lascerò diventare complice di un omicidio. Non ti permetterò di rovinare la tua vita, soprattutto non per una come Nao. Non ne vale la pena. Non vuoi tornare dietro le sbarre, giusto?"

"Non è come credi Natsuki."

"Avrai tutto il tempo di spiegarmi quando Viola avrà abbassato la sua pistola."

"Non lo farà," ripeté Shizuru.

"Kami-sama, spara!" Gridò Nao.

"Non lo farà mai," rispose Shizuru, continuando ad avvicinarsi con attenzione. "Natsuki tu non sei un'assassina, non farlo."

"Lo farò se devo," la contraddì la ragazza, poggiando più fermamente la canna della sua arma sulla schiena di Viola.

"No..."

Natsuki percepì sotto il tono fintamente calmo di Shizuru una tensione, addirittura il panico.

"... No, Natsuki," mormorò la ragazza, sempre più vicina. "Posso assicurarti che te ne pentirai. Non immagini nemmeno quanto. Non hai la minima idea di chi sia la persona che stai minacciando con la tua pistola."

Era terrorizzata.

Shizuru era terrorizzata che lei potesse sparare a Viola.

"Non ti riprenderai mai dalla perdita che causeresti," continuò Shizuru, pronta a dirle tutta la verità, "lei è..."

"Dalla perdita?" La interruppe Natsuki brutalmente. "Come potrei rimpiangere di 'perdere' una persona che non mi interessa minimamente? Che odio perfino?" Disse digrignando i denti.

Natsuki non era consapevole della portata delle sue parole, ma in sua difesa non avrebbe mai potuto sapere fino a che punto potessero ferire la bruna. E allo stesso modo, non avrebbe potuto impedire loro di suonare così velenose.


Furono tuttavia quelle parole a scatenare la situazione che avrebbe irrimediabilmente segnato Natsuki per sempre. Perché Viola sentendo quella frase crudele chiuse dolorosamente gli occhi e Nao, approfittando di quel momento di distrazione, tentò un movimento - un attacco? Una fuga? - al quale Viola rispose prontamente.

Il colpo di pistola partì, lacerando lo spazio, fermando il tempo. Una miriade di schizzi di sangue raggiunsero Shizuru quando Nao crollò a terra, con una pallottola in piena fronte.

Ma la cosa non aveva nessuna importanza. Perché un secondo colpo di pistola era partito da un'arma diversa da quella di Viola.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


NDA: Oh wow, ci metto sempre di più ad aggiornare, vero? Avrei centinaia di scuse per spiegare questo spaventoso ritardo: parziali? No, finiti da tempo. Problemi con il computer? Enorme bugia... Diverse uscite fuori? Può essere, ma non così tante. The Last Of Us? Sì ok, è vero, ma da solo spiegherebbe giusto qualche giorno di ritardo (o magari di più perché quel gioco mi piace davvero)...

Quindi sì, ci sarebbero tante scuse possibili e tuttavia non si tratta di questo. Qual è dunque la vera ragione? (No, non è pigrizia) Stiamo raggiungendo la fine della storia (ancora qualche capitolo) e faccio un po' fatica a concludere. Ho l'idea generale che è già qualcosa, ma solo quella.

Mentre le cose si fanno un po' più chiare per me, ecco un nuovo capitolo che spero vi piacerà.

Mille grazie a quelli che hanno lasciato un commento, in particolare Les milles et une nuits che si dice ampiamente sorpreso per il triangolo amoroso (incredibilmente sono io la prima ad esserne sorpresa) e per l'orribile sommario della storia (credo di non essere assolutamente in grado di sintetizzare qualsiasi cosa in poche maledette righe...)


Capitolo 19

"... Fujino Shizuru è stata una ragazza benedetta fra tanti. Attenta e generosa, non esitava a dedicare il suo tempo a coloro che avevano bisogno di aiuto. Dotata di una grande intelligenza e di una determinazione a superare qualsiasi prova, Fujino Shizuru era la figlia che qualsiasi genitore avrebbe voluto crescere. Lei si riunisce ai propri troppo presto e noi non possiamo che..."


Natsuki non voleva sentire più nulla. Non voleva nemmeno trovarsi lì, non aveva il diritto di trovarsi lì. Ma il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla figura pallida che si distingueva all'interno della bara.

Intorno a lei erano sedute in silenzio le persone più vicine a Shizuru, che la ragazza aveva imparato a conoscere a Fuuka. Tra queste ultime Natsuki riconobbe facilmente Reito, Mai, Mikoto, Chie, Aoi, Midori, Fumi, perfino Yukino e Haruka che sembravano essere accompagnate rispettivamente dal proprio padre e dalla propria madre. Un insieme composito di altri studenti e professori profondamente legati a Shizuru si erano radunati nella camera mortuaria di Fuuka. Dall'altra parte del passaggio c'era un secondo gruppo di persone che Natsuki aveva riconosciuto come il personale di Kyoto: il signor Anderson, l'anziana Chikako e Arashi erano tra loro, e ognuno piangeva senza sosta. In testa a quel gruppo però c'era una donna vestita con un tailleur severo la cui espressione rigida e austera non lasciava trasparire nulla di più di un'intensa attenzione alla cerimonia.

Natsuki sapeva adesso che quella donna si chiamava Miss Maria, che era - era stata - la tutrice legale di Shizuru. E se non fosse stato per internet, avrebbe potuto pensare che la donna non fosse molto colpita dalla morte di Shizuru. Ma anche se Miss Maria non piangeva, le rughe marcate del suo viso le davano venti anni di più, segno che era profondamente addolorata da quella perdita.

Il silenzio della camera mortuaria dove si trovavano tutti riuniti era rotto dal discorso del sacerdote e dai singhiozzi dei vivi. Natsuki non piangeva. O per essere più precisi, non piangeva più. Dopo una settimana passata a non fare altro aveva versato tutte le sue lacrime. Al suo fianco, Mai singhiozzava incessantemente, con un fazzoletto ormai da tempo stropicciato tenuto di fronte al naso, la bocca, o entrambi. Reito cercava di confortarla ma i suoi occhi arrossati lasciavano trasparire che anche lui aveva pianto.

Natsuki appiattì le mani contro le proprie orecchie, con le spalle scosse da nuovi singhiozzi silenziosi e senza lacrime. Le orecchie le ronzavano mentre i suoi ricordi tornavano nuovamente...

...

Natsuki non avrebbe saputo dire se avesse sparato intenzionalmente o se il suo dito si fosse stretto sul grilletto della sua arma quando Viola aveva abbattuto Nao. Una semplice reazione. Tutto il suo corpo si era irrigidito alla prima detonazione, quella detonazione che l'aveva fatta sussultare e le aveva dato la sensazione di avere ricevuto un pugno dritto allo stomaco. Ma che avesse o meno sparato consapevolmente, il fatto era che aveva sparato. Il suo colpo l'aveva lasciata sbalordita e stupefatta. Era rimasta immobile mentre il corpo di Viola crollava, faccia a terra. La testa le pulsava dolorosamente mentre cercava di capire cosa fosse appena successo. Poi Natsuki aveva visto Shizuru.

Il viso di quest'ultima era segnato dallo stupore e dall'orrore, aveva gridato qualcosa ma il ronzio dovuto alla denotazione aveva impedito a Natsuki di sentirla. Macchiata del sangue di Nao, Shizuru si era precipitata al fianco della vittima della ragazza.

Natsuki improvvisamente prese coscienza del gesto che aveva appena compiuto.

Aveva ucciso qualcuno. Aveva tolto la vita ad un'altra persona.

Aveva fissato le proprie mani, incapace di riconoscerle. Erano le stesse mani bianche e immacolate, un po' piccole, che aveva sempre avuto. Le mani di un'assassina. Natsuki era allora barcollata all'indietro, prima di cadere per terra e trascinarsi in qualche modo il più lontano possibile dalla sua vittima e da tutto quel sangue. Durante quel movimento la pistola le era caduta con un rumore sordo che nessuno aveva sentito. Ma non aveva nessuna importanza, Natsuki non voleva più avere niente a che fare con quell'arma di morte.

Quando la sua schiena aveva finalmente sbattuto contro la parete, la ragazza si era rannicchiata su se stessa prima di rimanere lì - per metà seduta - ad osservare Shizuru.


Nel frattempo, quest'ultima si era inginocchiata al fianco di Viola, le sue mani avevano esaminato il corpo senza sapere bene cosa fare. Poi aveva afferrato l'altra ragazza e l'aveva voltata sulla schiena. Aveva quindi cercato di comprimere la ferita aperta sul petto, e le sue mani erano scomparse nel fiotto di sangue che colava ad intervalli regolari.

Le labbra di Shizuru si erano mosse, Natsuki aveva lentamente iniziato a distinguere ciò che la sua amica diceva mentre il ronzio assordante provocato dai due successivi colpi di pistola si attenuava.

E con sorpresa della ragazza, le labbra di Viola si erano mosse a loro volta.

"... ti prego... chia-... me."

Era viva.

La folle speranza che sopravvivesse l'aveva allora brevemente afferrata. Ma gli occhi di Shizuru si erano gonfiati di lacrime alla risposta della bruna.

Da lì in poi Natsuki le aveva sentite chiaramente.

"Ti supplico, non lasciarmi. Non dopo tutto quanto. Ti supplico Shizuru, resta con me. Vado a chiamare i soccorsi. Shizuru! Tieni gli occhi aperti, per me, per Natsuki. Resta con me."


Natsuki era terrorizzata, in preda al panico, eppure aveva anche l'improvvisa sensazione di essere più lucida che mai. E con l'udito che le era tornato, la più terribile delle idee si era impossessata di lei. Fu come rivedere ognuno dei suoi ricordi e comprenderne infine il significato.

In quell'istante aveva visto bene il viso di Shizuru e quello di Viola sotto la luce di quella sala devastata. Era lo stesso viso, un viso che un taglio di capelli e un paio di lenti a contatto alteravano così bene. Chie e Aoi le avevano detto che Viola era la sosia di Shizuru, ma fu solo in quel momento che lo vide. Indistinguibili l'una dall'altra. Ma allora... a chi aveva sparato lei?

"Chi...?" Aveva chiesto.

La sua voce era stata così roca che era certa che quella semplice parola fosse risultata incomprensibile. Infatti aveva a sento attirato l'attenzione di Shizuru - o quella di Viola?

Natsuki aveva deglutito a fatica, pronta a riformulare la sua domanda, prima di notare che Shizuru aveva smesso di parlare e di supplicare Viola di restare con lei, aveva anche smesso di premere sulla ferita dalla quale il sangue non scorreva quasi più.

Il cuore, aveva capito Natsuki, aveva cessato di battere. E lei aveva davvero ucciso qualcuno.

Shizuru era scoppiata in lacrime. Ma non era durato che un breve istante, prima che la ragazza le reprimesse. Le sue dita si erano avvicinate a quel viso funereo dagli occhi ancora spalancati, come volendo accarezzarla. Ma, pur disegnandone i contorni, non la toccò mai, né le chiuse gli occhi.

Quanto tempo era passato? Minuti? Ore?

Shizuru aveva asciugato le lacrime con il dorso della mano, imbrattando il proprio viso con il sangue di Viola e quello di Nao che le era poco prima schizzato addosso, poi finalmente si era rimessa in piedi.

I suoi jeans erano inzuppati di sangue. Solo le sue scarpe da ginnastica per uno strano caso erano state risparmiate.

La ragazza aveva preso un fazzoletto dalla tasca e si era pulita le mani il più possibile prima di dirigersi verso l'arma abbandonata da Natsuki, facendo attenzione a non lasciare nessuna traccia del proprio passaggio in mezzo al sangue. Shizuru aveva utilizzato quindi una parte del fazzoletto per pulire l'arma dalle impronte di Natsuki, poi si era diretta verso Nao.

"Cosa stai facendo?" Aveva pronunciato Natsuki con difficoltà.

Domanda stupida quando era evidente che Shizuru stava falsificando una scena del crimine per proteggerla. La ragazza aveva aperto la mano di Nao, aveva rimosso la lama affilata che l'adolescente aveva nel momento in cui era stata uccisa e l'aveva sostituita con la pistola che aveva appena ripulito.

Anche Nao era armata... aveva pensato Natsuki. Per questo motivo Viola aveva sparato?

"Non penso che questa scena sia credibile, ma possiamo sempre tentare," aveva mormorato Shizuru stringendo le dita di Nao sul grilletto prima che il rigor mortis non le irrigidisse definitivamente.

La ragazza aveva poi infilato il coltello a serramanico di Nao nella tasca della propria giacca prima di avvicinarsi finalmente a Natsuki, afferrandola per le spalle e rimettendola in piedi con la forza.

"Torna a casa Natsuki, e dimentica ciò che è successo. Se qualcuno te lo chiede tu non sei mai stata qui," aveva ordinato con fermezza, un'espressione dura nello sguardo i cui occhi si intonavano terribilmente bene con il suo viso macchiato di sangue.

"Come pensi che io possa..."

Ma Shizuru aveva aperto la porta e spinto Natsuki in corridoio senza lasciarla parlare.

"Torna a casa," aveva ripetuto.

"Aspetta..." l'altra l'aveva interrotta, impedendole di chiudere la porta dietro di sé. "Chi... chi è la persona che ho ucciso?"

"Natsuki..." aveva sospirato la ragazza.

"Tu... tu hai detto... che me ne sarei pentita se avessi sparato... e tu... tu l'hai chiamata..."

"Natsuki, torna a casa," aveva insistito con voce dolce ma ferma.

"L'hai chiamata Shizuru... dimmi che non è lei che ho... dimmi che tu non sei Viola," l'aveva supplicata afferrando l'altra ragazza per i vestiti.

"Torna a casa," aveva continuato a dirle con occhi turbinanti di emozioni.

La porta del corridoio si era finalmente chiusa alle sue spalle e Natsuki si era ritrovata nella più completa oscurità. Dopo avere girato in cerchio per qualche istante, reprimendo la nausea e scacciando la follia che minacciava di impossessarsi di lei, aveva deciso infine di tornare a casa.

Terrorizzata di scoprire chi fosse davvero la persona che aveva ucciso...

La risposta le era arrivata due giorni dopo dai notiziari che normalmente non ascoltava mai...


"-tsuki..."

"Natsuki?"

Natsuki fu bruscamente riportata alla realtà quando Mai la scosse gentilmente.

"Natsuki, la cerimonia è finita."

La ragazza notò che in effetti la cerimonia doveva essere terminata da alcuni minuti. La maggior parte delle persone se n'era già andata. Miss Maria, accompagnata dal signor Anderson, era però ancora lì, impegnata in una conversazione con una bionda così simile ad Haruka che doveva essere per forza sua madre.

"... colpa sua," sibilò la voce dura dell'anziana donna. "Tutto questo non sarebbe mai successo se non l'avesse arrestata. Se ne vada immediatamente da qui."

Natsuki osservò brevemente le due donne, poi si voltò. Dopo tutto, niente sarebbe mai successo se lei non avesse sparato. Era lei che non avrebbe dovuto trovarsi in quella camera mortuaria, ma non riusciva a trovare la forza di allontanarsi dalla bara nella quale riposava la ragazza che amava.

Non era forse un'amara ironia che le due persone che non avrebbe mai ucciso in tutta la sua vita fossero entrambe Shizuru... ma quello non era il Carnival... non erano più HiME... nessun potere, nessuna magia o essere superiore questa volta gliel'avrebbe restituita...

"Tornate a casa," balbettò rivolta a Mai, Reito e Mikoto, "io... ho bisogno di un momento per..."

Per dirle addio, per dirle che l'ho amata e che continuerò ad amarla... per chiederle perdono...

"Natsuki," mormorò Mai addolorata. "Sei sicura che..."

"Sto bene," mentì.

Era falso, ovviamente, Mai lo sapeva. Kami-sama! Chiunque poteva vedere che non stava bene. Sarebbe bastato vedersi allo specchio per rendersene conto: tra il suo viso cadaverico, le occhiaie e il suo aspetto trasandato, nessuno poteva metterlo in dubbio. Ma la paura di Mai veniva dal suo timore di vedere Natsuki commettere una stupidaggine ora che aveva perso la sua persona più cara.

"Andiamo Mai, lasciamola sola."

La giovane si arrese alla richiesta di Reito e accompagnata dal ragazzo e da Mikoto uscì a sua volta, non senza un'ultima occhiata piena di tristezza.

Natsuki si alzò e si avvicinò lentamente alla bara, osservando i tratti fini e regolari del viso di Shizuru. Sembrava quasi addormentata. Lasciò scivolare la punta delle dita lungo le guance fino alle labbra della ragazza, cercandovi il calore della vita. Come aveva fatto a non vedere la somiglianza tra Viola e Shizuru? Ma soprattutto, come aveva potuto lasciarsi ingannare al punto da sparare alla ragazza che amava, alla ragazza per cui aveva faticato tanto ad accettare dei sentimenti tanto intensi?

"Mi dispiace così tanto," sussurrò con voce spezzata.

Assorta nei suoi pensieri, non sentì avvicinarsi una persona.

"Lei deve essere Kuga-san, non è così?"

Natsuki sussultò notando la presenza di Miss Maria al suo fianco, il cui sguardo era ancora fisso sul corpo di Shizuru.

"Ho amato la famiglia Fujino come se fosse stata la mia," continuò la donna di fronte al silenzio di Natsuki. "E Shizuru... lei era la bambina più bella e intelligente che avessi mai visto. Mi ha spezzato il cuore vederla perdere così presto coloro che l'amavano e ritrovarsi sola."

"Però aveva lei," disse finalmente Natsuki senza osare guardare in faccia l'anziana donna.

"No," rispose Maria con una voce dura piena di collera - collera verso se stessa. "Ho voluto fare di lei una ragazza degna di rendere fieri i suoi defunti genitori, al punto da spingerla costantemente a fare cose che detestava. Per questo ci siamo allontanate, avrei dovuto capire che non era questo che la sua famiglia si aspettava da me quando me l'ha affidata."

Natsuki abbassò lo sguardo senza sapere bene cosa dire, ancor più quando Miss Maria le confermò che Shizuru non aveva più nessuno, rimettendo ancora e sempre in discussione l'esistenza e l'identità di Viola nel proprio animo.

"Però ho sentito parlare di lei, Kuga-san. Shizuru teneva a lei più di chiunque altro. Sono felice che almeno abbia avuto una persona così importante nella sua vita."

"Avrebbe meritato di meglio," rispose Natsuki con la gola serrata.

"Questo spettava solo a lei deciderlo, Kuga-san."

Con il cuore in gola, Natsuki annuì in silenzio.

"Dove sarà sepolta?" Chiese alla fine.

"Le sue ceneri si riuniranno a quelle dei suoi genitori nella tomba di famiglia a Kyoto. Lei sarà sempre la benvenuta a casa Fujino Kuga-san, Shizuru avrebbe voluto così."


Natsuki trovava quasi indecente il fatto che la settimana precedente fosse stata terribilmente piovosa, mentre quel giorno un bel sole illuminava il viale che portava alla camera funeraria e al cimitero adiacente. Se non fosse stato per il freddo invernale, l'assenza di foglie sugli alberi e dei cinguettii degli uccelli, la ragazza avrebbe quasi potuto pensare di trovarsi in primavera. Detestava il fatto che il cielo non piangesse la morte di Shizuru come lei. Ma detestava ancora di più la folla ammassata davanti ai cancelli del cimitero, che la polizia tentava di contenere come meglio poteva.

In sé, la morte di due adolescenti non era nulla di così eccezionale da attirare così tanti curiosi e giornalisti - soprattutto questi ultimi - al funerale di Shizuru. In tempi normali, la faccenda avrebbe meritato un piccolo inserto tra i fatti di cronaca, oppure una pagina intera se nessun'altra notizia o avvenimento particolare fosse accaduto in quel periodo. Soprattutto negli ultimi tempi, con le guerre tra le bande criminali che avevano scosso Fuuka provocando la morte di centinaia di persone - soprattutto adolescenti - e che stavano ridisegnando i diversi livelli di potere tra i trafficanti e le organizzazioni illegali.

Che Nao fosse morta quello stesso giorno non interessava a nessuno, se non per imputarle la morte di Shizuru. Falsificare la scena del crimine - per quanto grossolanamente - non aveva attirato l'attenzione di nessun poliziotto o esperto scientifico, nessuno sembrava sospettare la presenza di altre due persone sulla scena quel giorno.

No, evidentemente i giornalisti avevano altro da fare che interessarsi a due adolescenti che si erano uccise. Naturalmente ne avevano parlato, ma soprattutto per mettere in evidenza la facilità con la quale i giovani d'oggi riuscivano a procurarsi armi da fuoco mentre il Giappone emanava leggi molto severe sull'argomento: perfino i poliziotti non potevano portare un'arma se non si trovavano in missione.

No, quello che aveva attirato l'interesse della stampa era stata l'identificazione di una delle due vittime. I test del DNA avevano confermato l'identità di Shizuru Fujino. Fin qui nulla di interessante per i giornalisti, finché un poliziotto che aveva lavorato agli ordini dell'ispettrice Suzushiro non aveva fatto un raffronto con la ragazza messa in stato di fermo poco prima dell'incidente. Una ragazza di cui aveva cercato il dossier. Spinto dalla curiosità, aveva allora imitato il suo superiore digitando il nome di Shizuru Fujino, poi quello della sua tutrice su Google. Se il primo non aveva portato alla luce nulla, se non qualche blog di adolescenti che si professavano 'fan' della ragazza, il secondo aveva fatto emergere una valanga di informazioni. Curioso, aveva letto la biografia della donna e aveva finalmente fatto il collegamento con una molto nota famiglia Fujino. Senza esitazione aveva venduto l'informazione alla stampa che aveva facilmente confermato la notizia notando l'arrivo precipitoso di Miss Maria sull'isola di Fuuka.

Da quel momento i giornali non parlavano d'altro: dalle riviste di gossip con 'l'ereditiera più fortunata scoperta troppo tardi, persa troppo presto' alle testate economiche con 'quale futuro per la Windbloom Company?' passando per i quotidiani che sembravano pronti a condurre essi stessi un'inchiesta.

Natsuki detestava quegli avvoltoi, esattamente come Miss Maria sembrava odiarli. Quest'ultima non aveva tardato a seguire Natsuki fuori dalla camera funeraria per entrare rapidamente all'interno di una berlina nera con i vetri oscurati, parcheggiata proprio all'ingresso dell'edificio, della quale il signor Anderson stava tenendo una portiera aperta.

Natsuki, che camminava ancora sulla strada ghiaiata, fu stupita di vedere l'auto fermarsi al suo fianco. Miss Maria non sembrava il genere di persona particolarmente gentile ma, per amore della sua defunta figlioccia, sembrava pronta a fare uno sforzo nei suoi confronti. Abbassò il finestrino per chiederle se voleva che la riaccompagnassero a casa. Natsuki rifiutò l'offerta cordialmente, preferendo di gran lunga una camminata che poteva schiarirle le idee ad un faccia a faccia imbarazzante con l'anziana donna. Miss Maria la salutò quindi rapidamente e senza tante cerimonie, l'auto la sorpassò, faticando a passare in mezzo alla folla attaccata ai cancelli e, riuscendo infine a districarsi in mezzo alla calca, continuò rapidamente il suo percorso per scomparire tra le strade di Fuuka.

Natsuki fu l'ultima a lasciare il viale. Non essendo una ricchissima donna conosciuta da tutta l'alta società una buona parte dei giornalisti se n'era già andata quando lei raggiunse l'ingresso. Restava comunque un buon numero di persone, in particolare qualcuno che voleva rendere un ultimo omaggio a Shizuru ma che non aveva potuto partecipare alla cerimonia, e dei curiosi tra i quali evidentemente qualche giornalista che la riempirono di domande.

Natsuki abbassò la testa, lasciando che i suoi capelli diventassero una barriera naturale contro quelli che definiva carogne, e attraversò a fatica la folla senza dire una parola. La lasciarono tutto sommato in pace e la ragazza poté continuare il suo cammino, le mani in tasca e lo sguardo tormentato dal crimine che aveva commesso.


In un certo senso, Mai aveva ragione. Natsuki non vedeva nulla per cui valesse la pena continuare a vivere, e l'idea di commettere suicidio le aveva attraversato più volte la mente. I primi due giorni dopo la tragedia la ragazza aveva aspettato davanti ai canali di notiziari locali la conferma dell'identità della persona che aveva ucciso. L'idea di chiamare Yamada per ottenere l'informazione più velocemente non le era nemmeno venuta in mente. D'altra parte aveva perso il cellulare all'interno del suo appartamento e ormai doveva essersi scaricato da tempo. Quando Shizuru Fujino era stata dichiarata una delle vittime di un duplice omicidio ancora inspiegabile, Natsuki era crollata. Se non fosse stato per Mai e Mikoto che erano piombate da lei in meno di un'ora e non l'avevano più lasciata sola un momento, la ragazza si sarebbe certamente tolta la vita. Era da vigliacchi, ma le cose sarebbero state molto più facili senza quel dolore atroce e quel senso di colpa che la divorava dall'interno.

Rivedeva ancora tutto quel sangue, e Viola e Shizuru - indistinguibili - l'una che cercava disperatamente di salvare l'altra.

Tuttavia Yamada aveva cercato lui stesso di verificare le informazioni della stampa, ed era riuscito a procurarsi una copia del dossier del medico legale che indicava una concordanza perfetta tra il DNA di Shizuru e i campioni prelevati al suo dormitorio. Tutte le speranze che l'identificazione fosse falsa e che le autorità avessero confuso Viola e Shizuru erano andate in fumo.

Quanto a Viola, dal momento in cui quella porta si era chiusa sulla scena del crimine che aveva manipolato, era come scomparsa.

Natsuki dovette fermarsi, sentendo la bile salire. Dovette prendere dei lunghi, profondi respiri per impedirsi di vomitare cibo che non ingeriva nemmeno più. La testa la girò e la vista le si oscurò, conseguenze nefaste ma prevedibili dovute ad una doppia mancanza di sonno e nutrimento. Alla fine fermò un taxi, preferendo di gran lunga decidere cosa fare a casa sua - con l'opzione suicidio che continuava a tentarla - piuttosto che svenire in mezzo alla strada ed essere portata in ospedale.

L'autista amichevole e sorridente le chiese dove volesse andare, ma Natsuki a parte la risposta a quella domanda non aggiunse altro e l'uomo preferì accendere la radio per non lasciare cadere un silenzio pesante. Subito la vecchia radio sfrigolò, trasmettendo un dibattito qualunque che Natsuki non ascoltò neppure finché non sentì il nome Fujino.

"... Fujino. Un ultimo omaggio le è stato reso oggi alla camera funeraria di Fuuka."

"Sembra che si sia radunata una discreta folla per questa occasione."

"C'era da aspettarselo. Non contenta di essere l'erede segreta di una delle più grandi imprese mondiali, pare che la giovane fosse molto apprezzata e conosciuta da tutti su quest'isola."

"Ah sì, l'isola di Fuuka. Ho sentito dire che dopo un recente incidente l'isola era rimasta isolata dal Giappone e che si poteva raggiungere solamente con un traghetto."

"Un recente incidente?" Ribatté sarcastica la voce di uno degli ospiti. "Intende dire uno dei molteplici e recenti incidenti. Fuuka è famosa per la sua ricchezza e per essere la sede di un istituto il cui livello è riconosciuto internazionalmente, ma l'isola negli ultimi tempi è stata scossa da diverse guerre tra bande di criminali, e le vittime iniziano ad accumularsi. Sembra quindi che Fujino-san sia solamente l'ultima di esse."

"Dovrebbe esserci stata una seconda vittima, una ragazza chiamata Nao Yuuki, giusto?"

"Sì, credo di avere sentito il suo nome, era una studentessa borsista di Gakuen Fuuka, non è così?"

"Esatto, ma l'inchiesta non riesce a spiegare come mai queste due ragazze senza nulla in comune - a parte l'istituto che frequentavano - abbiano potuto fare una fine simile. Alcune voci dicono che si siano uccise a vicenda."

"Davvero? Le ultime notizie che ci sono arrivate però chiamano in causa gli Yakuza e una poliziotta. L'ispettrice Suzushiro aveva messo Fujino-san in stato di fermo la vigilia della sua morte. L'inchiesta preliminare sembra sottintendere che l'abbia erroneamente incolpata per un caso che i suoi superiori avevano archiviato mesi fa, attirando così l'attenzione degli Yakuza su Fujino-san. Attenzione che avrebbe portato alla sua prematura dipartita."

"Un errore della polizia che in questo caso ha condotto alla tragica morte di due ragazze, ma che sta anche e soprattutto per sconvolgere i mercati mondiali."

"E questa ispettrice?" Chiese una voce curiosa.

"Sarà sospesa fino a quando l'inchiesta non permetterà di fare emergere il suo coinvolgimento in questo caso, lei..."

"Potrebbe spegnere la radio," disse Natsuki con la gola serrata.

L'uomo le lanciò un'occhiata attraverso lo specchietto retrovisore, prima di allungare la mano e spegnere lo strumento.

"Grazie," disse con voce gracchiante.

"Conosceva quella ragazza?"

Natsuki lanciò un'occhiata al tassista che indicò la radio con un cenno del capo.

"Cosa glielo fa pensare?"

"E' uscita dal cimitero no? E... inoltre... sembra sconvolta, soprattutto ascoltando la ra-"

"La conoscevo," interruppe Natsuki. "Ma... non abbastanza da riconoscerla prima di spararle."

La fine della frase fu pronunciata così debolmente che il tassista non avrebbe potuto sentirla. L'uomo comunque non le chiese di ripetere. Il resto del viaggio si svolse in silenzio, finché il taxi non parcheggiò lungo il marciapiede a qualche metro di distanza dal suo edificio.

Natsuki si contorse sul proprio sedile, alla ricerca delle banconote sicuramente spiegazzate in fondo alla tasca dei suoi jeans.

"Lasci stare. La corsa la offro io."

C'era ancora della brava gente al mondo, osservò Natsuki. La ragazza non riuscì a trovare la forza di pronunciare un ringraziamento, il senso di nausea le era tornato ancora più forte. L'autista del taxi non sembrò irritato dalla cosa, le augurò un miglior prosieguo di giornata e ripartì.

Natsuki entrò nell'ingresso dell'edificio, spingendo subito il pulsante di chiamata per l'ascensore. Normalmente prendeva sempre le scale, uno dei piccoli accorgimenti che prendeva per mantenere la linea ma ultimamente non ne vedeva più l'utilità. L'interno minuscolo dell'ascensore sapeva di fumo di sigaretta, e dovette obbligarsi a respirare con la bocca sapendo che quel semplice odore poteva aumentare il senso di nausea. E Natsuki non voleva proprio vomitare in quello spazio stretto. Non voleva vomitare proprio.

Fu un vero sollievo raggiungere il proprio appartamento, ma la sua irritazione raggiunse i massimi livelli vedendo che la porta non era chiusa a chiave. Mai doveva essere tornata lì per tenerla d'occhio. Doveva avere usato la chiave di scorta che Natsuki infilava normalmente nel vaso della pianta da interno terribilmente brutta che doveva abbellire il corridoio. Quella ragazza non riusciva a capire che aveva bisogno di stare da sola?

Natsuki entrò quindi nel suo appartamento, la collera le aveva permesso di dimenticare la nausea. Le parole stavano già per formarsi sulle sue labbra quando notò l'assenza della sua amica. Al suo posto, il sole invernale penetrava nella stanza, attraverso le grandi finestre dell'appartamento, ritagliando una figura che avrebbe riconosciuto tra mille.

"Shizuru," balbettò, con il cuore in preda alle palpitazioni.

Poi la realtà tornò a farsi sentire fin troppo presto. Era appena tornata dalla camera mortuaria. In quel momento mentre stava parlando, il corpo di Shizuru veniva bruciato, trasformato in un mucchio di cenere che gli impiegati dell'obitorio avrebbero sigillato in un contenitore scelto con cura da Miss Maria.

La ragazza di fronte a lei non era Shizuru, non importava cosa le dicessero gli occhi e il cuore. Eppure Natsuki non riuscì a scacciare la folle speranza che quei capelli lunghi, ondulati e dorati sotto i raggi del sole, quegli occhi rossi brillanti di emozioni e tormentati dalla tristezza, che quella ragazza di fronte a lei fosse la persona che amava.

Allora quando quest'ultima si avvicinò e aprì le braccia per stringerla, Natsuki la lasciò fare, si strinse a lei e ne fu confortata. Perché chiunque lei fosse in realtà, Natsuki era certa di una cosa almeno: stavano soffrendo entrambe allo stesso modo.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


NDA: Buongiorno a tutti, in questo inizio di settembre che implica per alcuni (me in particolare) il rientro a scuola. Purtroppo...

Ecco un nuovo capitolo, più corto (e noioso) dei precedenti (cosa che forse spiega tutto il tempo che ci ho messo a scriverlo?). Non l'ho riletto, perciò scusate i possibili (e probabili) errori, ma se avessi aspettato di rileggerlo e correggerlo come si deve la sua pubblicazione avrebbe potuto essere rimandata ad un tempo lontano e indeterminato dovuto a pigrizia acuta, che avrebbe coinvolto un divano, qualche serie tv, un joystick e/o pile di libri (anche se ricordiamocelo, il rientro a scuola implica l'interruzione di quella sacrosanta abitudine che è la pigrizia)

Ah, e prima che mi dimentichi, grazie a tutti coloro che si prenderanno il disturbo di lasciare una recensione (soprattutto se sono simpatici :p)

Les milles et une nuits: vero, non hai detto che il mio sommario è orribile, chiedo scusa (ma io sì! Non ho mai saputo riassumere una storia in poche righe). E non sono d'accordo sul fatto di essere cattiva (anche se in effetti i miei amici me lo dicono spesso XD). Spero che questo capitolo ti piacerà e che risponderà (questo o i prossimi) alle tue domande.

Sephiria: grazie, spero che la tua pazienza messa a dura prova per una volta sia ricompensata.

Deklan: sono viva! Sono qui! E non sono morta (ancora)! XD Cercherò di non metterci più così tanto tempo, perché so cosa vuol dire aspettare, aspettare, aspettare... Buona lettura :)

Op2line: Wow, che gentile :) E amo che mi si dica che sono geniale, ti prego continua XD Quanto a ciò che mi passa per la testa, sinceramente è meglio non fare domande :p

krsnkik: ^^ grazie e in più hai la fortuna di non avere dovuto attendere troppo per questo capitolo!


Capitolo 20

Mai girò in tondo per il suo appartamento. Aveva già vuotato diversi pacchetti di fazzoletti, e se continuava a mordersi le unghie avrebbe finito le dita. I fazzoletti erano per la tristezza di avere perso una persona che conosceva e stimava malgrado ciò che era successo durante il Carnival, le unghie per la sua inquietudine nei confronti di Natsuki. Era stata una buona idea lasciarla sola in un momento simile? No, Mai era convinta di no, anche se Natsuki era un tipo solitario e la ragazza si chiedeva se la sua presenza non facesse più male che bene. Una cosa era sentirsi appoggiati dai propri amici, un'altra era sentirsi vulnerabili e compatiti. Soprattutto quando l'interessata detestava mostrarsi fragile davanti a tutti. A quella riflessione Mai pensò che nessuno voleva farsi vedere davanti ad altri in un momento di debolezza, e che Natsuki dietro quella facciata ruvida doveva avere bisogno di una spalla sulla quale piangere la sua perdita. Ma era probabile che la sola persona che poteva fornirle un conforto fosse quella per cui stava versando tante lacrime.

Mai osservò l'interno della sua stanza e sentì crudelmente la mancanza di Mikoto, poiché lei stessa sentiva il bisogno di avere qualcuno con cui piangere. Ma Mikoto era insieme a Reito, che perdendo Shizuru aveva perso una cara amica dalla quale adesso rimpiangeva amaramente di essersi allontanato nei mesi passati. Al termine di quella giornata, Mai si ritrovava quindi da sola. E se la solitudine le era così insopportabile, cosa doveva stare passando Natsuki?

No, Mai non riusciva a pensare che l'idea di lasciare sola Natsuki fosse altro che un terribile errore.

La ragazza decise quindi di rimediare subito e indossò giacca e sciarpa, poi raccolse in una borsa il necessario per preparare un pranzo tardivo, anzi quasi una cena, per Natsuki e per se stessa. Poi, dopo avere controllato di avere abbastanza soldi per prendere l'autobus, Mai uscì dalla sua stanza. Si ritrovò ben presto sulla strada soleggiata che iniziò a percorrere a grandi passi, con l'animo tormentato da innumerevoli domande e preoccupazioni per i suoi amici. Natsuki ovviamente era al centro delle sue ansie ma c'era anche Mikoto che - pur non avendo avuto lo stesso rapporto che Natsuki aveva con Shizuru - era stata amica per la pelle con Nao. A Mai non era mai piaciuta l'influenza che Nao esercitava su Mikoto, ma non pensava che una ragazza della sua età meritasse di morire a quel modo. La ragazza ricordò di avere assistito al suo funerale insieme a Mikoto il giorno prima, e a parte sorella Yukariko che l'aveva aiutata dopo il Carnival e pochi altri studenti, come Aoi che era stata sua coinquilina, nessuno si era presentato alla cerimonia. Nao non era mai stata un tipo socievole o abbastanza amabile da stringere amicizia con tante persone. Il tutore designato dal governo per occuparsi di lei mentre sua madre si trovava in coma non si era fatto vedere, come pure le altre ex-HiME. Alyssa, sempre scortata da Miyu, aveva fatto una breve apparizione, come pure Yukino e Fumi. Ma nessun altro.

Mai detestava i funerali. Come chiunque, pensò. Tuttavia l'attuale situazione era ancora più difficile da sopportare, perché perdere non una ma due ex-HiME le aveva ricordato che essere sopravvissute al Carnival non impediva loro di morire investite da un'auto domani, tra una settimana o perfino in quel momento mentre attraversava la strada per raggiungere la fermata dell'autobus usando una scorciatoia. Per lei era ancora più terribile morire dopo essere sopravvissute a prove così terribili appena qualche mese prima. Si rifiutava di pensare all'inchiesta che affermava che Shizuru e Nao si fossero uccise a vicenda. Perché, per quanto detestasse ammetterlo, era uno scenario plausibile. Ricordava ancora lo sguardo di puro odio che la più giovane aveva rivolto ad una Shizuru inebriata durante la serata karaoke che le aveva riunite tutte insieme.

Mai tuttavia sperava che...

"Tokiha-san?"

Mai sussultò e il cuore le batté precipitosamente nel petto quando una macchina le passò rapidamente di fianco strombazzando. Stava per essere investita, si rese conto. Assorta com'era nei suoi pensieri, il richiamo l'aveva distratta e il suo stupido sussulto le aveva fatto perdere l'equilibrio e l'aveva fatta cadere sul fondo stradale. Posò una mano sul petto, aspettando che i battiti frenetici del suo cuore si calmassero, poi si voltò verso i due uomini che l'avevano chiamata. Calmò il suo respiro tremante, dandosi dell'idiota per avere avuto paura di loro. Perché se doveva essere sincera, il suo sussulto era stato provocato tanto dalla sorpresa quanto dallo spavento, quando in realtà non c'era assolutamente motivo di avere paura.

"Sì?" Chiese con un sorriso amichevole.

"Sta bene? Quell'imbecille andava troppo forte! Rischia di mettere sotto qualcuno! Se avessimo avuto il tempo di leggere la targa..."

Mai sorrise di nuovo, consapevole che era stata soprattutto colpa sua se aveva rischiato di essere messa sotto, visto che la strada - quasi un vicolo - era vuota. Che ironia.

"Sto bene," rispose comunque, con una voce che avrebbe preferito essere un po' meno simile ad uno squittìo. "Cosa..."

"Possiamo parlare?" L'interruppe uno di loro.

Mai annuì, leggermente a disagio e piena di inquietudine per tutta una serie di motivi. Ma pensò di poter perdere qualche minuto per parlare con loro.

Qualche minuto si rivelò tuttavia essere una previsione ottimistica del tempo che avrebbe perso, perché Mai, dopo averli seguiti, non riapparve più quel giorno. Come pure i giorni seguenti.


Yamada aveva aspettato che il cimitero riaprisse per rendere un ultimo omaggio a Shizuru Fujino. Aveva la sensazione di averla conosciuta dopo avere frequentato Natsuki e Viola. La sua morte lo rattristava, perché colpiva persone che aveva imparato ad apprezzare. Stava diventando troppo vecchio per questo lavoro se si faceva coinvolgere dalla morte dei suoi clienti - o meglio, gli amici dei suoi clienti.

Dopo la cerimonia ufficiale, la camera funeraria era stata aperta al pubblico per qualche ora - il tempo per coloro che non avevano potuto dire addio durante la mattinata per poterlo fare. Yamada vide un uomo notevole, il cui bianco della camicia e degli occhi spiccava sul nero della sua pelle e del suo vestito. Il signor Anderson, indovinò - come sempre ben informato. Probabilmente l'uomo aveva voluto fare personalmente la guardia al corpo di Shizuru per impedire ai giornalisti di venire a disturbare il suo sonno eterno. Yamada l'aveva visto accompagnare Miss Maria fuori da lì poco dopo l'uscita di Natsuki. Non aveva voluto disturbare quest'ultima e aveva semplicemente aspettato che la maggior parte della gente che aveva atteso con lui all'ingresso del cimitero fosse andata a rendere omaggio prima di avvicinarsi a sua volta. Il signor Anderson era probabilmente tornato prima della riapertura della camera per iniziare la sua veglia, senza che Yamada se ne fosse accorto.

Ignorò comunque l'uomo quando fu il suo turno di avvicinarsi alla bara. Il signor Anderson, ad appena un metro da lui, non reagì e Yamada si constrinse a rilassarsi per osservare i tratti regolari e tranquilli del viso di Shizuru. Era sempre sbalordito di vedere come un taglio di capelli e una colorazione potessero rendere una persona irriconoscibile. Yamada chiuse gli occhi e ricordò il suo primo incontro con Viola. Al tempo Viola somigliava a Shizuru e adesso, nel giorno della sua sepoltura, Shizuru somigliava a Viola. Sicuramente molti dovevano essere rimasti sorpresi da quel recente cambio di look.

Yamada sospirò. Avrebbe preferito che ci fosse una sconosciuta distesa in quella bara. Dopo l'annuncio della morte di Shizuru da parte del coroner, prima che i giornali stessi ne parlassero, aveva fatto ben più che verificare semplicemente il rapporto medico, era andato lui stesso a recuperare dei campioni dal cadavere e li aveva fatti analizzare.

L'uomo si prese un momento per cercare di formulare una frase o una preghiera, ma non ebbe il tempo di esprimerla quando un cellulare risuonò debolmente nella sala. Fu notando lo sguardo fisso e di disapprovazione del signor Anderson che si rese conto che si trattava del suo telefono. Mormorando rapide scuse Yamada uscì dalla camera funeraria e si precipitò in un vicolo deserto del cimitero

"Sì?" Rispose all'ultimo squillo.

"Shiho Munakata è scomparsa," fu informato senza il minimo saluto.

"Cosa vuol dire 'scomparsa'? Dovevate tenerla d'occhio."

"Lo so," gemette l'uomo dall'altra parte del filo.

Dopo essersi lasciato sfuggire la scomparsa di Nao, Yamada su consiglio di Viola aveva fatto sorvegliare i bersagli più vulnerabili al rapimento. Shiho era una di loro.

"Da quanto tempo è scomparsa?"

"Ieri."

Yamada si trattenne dal rifilargli una sonora lavata di capo.

"E te ne sei accorto solo ora?" Chiese tra i denti.

Il silenzio fu una risposta sufficiente.

"La tenevo d'occhio da giorni," si difese l'uomo. "Non succedeva nulla, me ne sono andato solo per poche ore. Quando sono tornato la casa era silenziosa, ho pensato che dormisse. E poiché, per via dei funerali delle sue compagne, le lezioni sono state momentaneamente sospese, non mi sono preoccupato quando non l'ho vista uscire stamattina. Solo quando suo nonno è uscito gridando il suo nome in casa e poi al santuario ho capito che c'era qualcosa che non andava."

Yamada mormorò tra sé e sé un paio di insulti, chiendendosi se fosse stato un caso che il rapimento avesse avuto luogo durante l'assenza del suo contatto, oppure se l'avessero visto e aspettato che si allontanasse.

"Ascoltami bene, sto per mandarti una lista di nomi. Trova subito queste persone e non fare errori questa volta, ok?"

Yamada riattaccò e digitò rapidamente i nomi delle HiME che non aveva avuto modo di sorvegliare e che sarebbero state secondo Viola le ultime ad essere rapite.

In cima alla lista, Natsuki Kuga e Mai Tokiha.


Itsumi Suzushiro rientrò a casa frustrata, triste e in preda ai sensi di colpa. Non erano sentimenti ai quali fosse abituata e Haruka, silenziosa negli ultimi giorni, le lanciò un'occhiata inquieta ma non osò chiederle cosa ci fosse che non andava. Non lo chiese perché era facile saperlo: bastava aprire un giornale, accendere una radio o la televisione.

Itsumi Suzushiro era stata licenziata. Non che la cosa fosse già ufficiale, per il momento era stata solo 'sospesa' per tutta la durata dell'inchiesta, ma era praticamente cosa certa. In effetti aveva lavorato su un caso contro la volontà dei suoi superiori, che non avevano visto altro che farneticazioni nel progetto Otome. L'aiuto di un detective che aveva avuto accesso a suddetto dossier, considerato una prova agli atti dell'omicidio di Boss Ishigami, non era altro che un'aggravante nei suoi confronti.

Ma se fosse stato solo questo non avrebbe necessariamente perso il suo lavoro.

Che una dei suoi sospettati fosse morta il giorno dopo il suo arresto, quando era più che evidente che quell'azione aveva attirato l'attenzione degli Yakuza sulla ragazza, era già ai suoi occhi un errore imperdonabile.

Che suddetta sospettata fosse la sola erede di una di quelle imprese che potevano influenzare i mercati mondiali, era di contro imperdonabile agli occhi dei suoi superiori.

Il commissario aveva passato diverso tempo a farglielo capire. Rosso di collera, come se fosse morta sua figlia... cosa che avrebbe sicuramente scatenato tanta tristezza quanta rabbia. Eppure, pur non conoscendo Shizuru, il commissario era stato preso da un'ira devastante, smisurata anche tenendo conto che l'uomo non era un tipo sentimentale e che lui non rischiava nulla sacrificando Itsumi.

Quest'ultima sospirò e si massaggiò le tempie. Il suo capo era un tipo irascibile, a lei non era mai piaciuto troppo e il sentimento pareva essere reciproco. Non sarebbe stata una cosa così malvagia non vederlo più e lasciarsi alle spalle tutti gli orrori del suo mestiere. E anche se Itsumi non aveva mai avuto bisogno di lavorare da quando si era sposata, quella sarebbe stata la prima volta in cui si sarebbe trovata senza lavoro. Forse era l'occasione per farsi perdonare tutte le sue assenze passate dalla sua famiglia. Riallacciare i rapporti con Haruka, imparare a conoscerla nuovamente, riuscire a prendere delle vacanze con suo marito.

Avrebbe dovuto e potuto organizzare la sua vita in maniera diversa. Ma per farlo avrebbe dovuto smettere di pensare a Shizuru Fujino e al suo coinvolgimento nella sua morte. La donna afferrò un bicchiere, si versò una generosa dose di whisky e si lasciò cadere sul divano, con le testa gettata all'indietro ripensando alla conversazione di quella mattina quando Maria Graceburt l'aveva trattata come niente meno che un verme. C'era stata così tanta rabbia, così tanto risentimento nello sguardo dell'anziana donna che aveva imparato a rispettare. Itsumi cercò di non moltiplicare le proprie preoccupazioni pensando a ciò che poteva succedere all'azienda di suo marito se Miss Maria avesse deciso di vendicarsi a nome di Shizuru con l'aiuto della Windbloom Company e dei suoi incredibili mezzi finanziari.

Malgrado tutto, solo Shizuru Fujino - la sua figura così giovane e tranquilla nel suo ultimo riposo - e l'inchiesta continuavano a turbinarle incessantemente nella testa. Itsumi bevve un lungo sorso d'alcool per intorpidire i sensi e i suoi pensieri, permettendole forse di trovare il riposo quella sera. Ma il timore di avere fallito su tutta la linea la ossessionava dalla morte della ragazza, da quando aveva avuto la conferma giorni prima - in obitorio - che Shizuru Fujino era stata l'Ametista.


Itsumi non era riuscita ad impedirsi di correre a perdifiato lungo il corridoio piastrellato. I cadaveri di due ragazze ritrovati in un vecchio edificio in attesa di essere demolito non erano di sua competenza. Un altro ispettore se ne stava occupando. Di norma Itsumi aveva fin troppo lavoro per ficcare il naso negli affari dei suoi colleghi o occuparsi di casi extra - il dossier Otome era un'eccezione.

Ma le analisi del DNA avevano confermato l'identità dei due cadaveri: Nao Yuuki e Shizuru Fujino. Non aveva riconosciuto la prima, ma la seconda l'aveva fatta accorrere fin lì. Aveva bisogno di confermare la sua morte con i propri occhi.

La sua inquietudine e la sua fretta erano aumentati dopo la strigliata che aveva ricevuto dal commissario. Era stata sospesa dal lavoro appena un'ora prima. Aveva chiamato il medico che faceva anche da coroner a Fuuka chiedendo di poter vedere i corpi, e la sua richiesta era stata accettata.

Di norma era colpita dall'atmosfera dell'obitorio, dal freddo, dall'aspetto lugubre, dall'odore antisettico. Ma quel giorno non fece caso a niente di tutto ciò. Sopra due tavoli di acciaio inossidabile, le forme ricoperte da un lenzuolo bianco attirarono la sua attenzione. Itsumi non aspettò l'intervento del coroner, tolse lei stessa il primo lenzuolo e scoprì il viso di una giovane adolescente, irriconoscibile per via della pallottola che aveva sventrato una parte della faccia. Dai capelli rossi, dedusse che doveva essere Nao Yuuki, cosa che il coroner confermò afferrando il lenzuolo per ricoprirla nuovamente.

L'uomo la condusse poi verso il secondo cadavere, di cui scoprì il viso. Itsumi ci mise un po' a riconoscere Shizuru nei tratti mori della giovane.

"Portava anche delle lenti a contatto," precisò il coroner quando lei manifestò la propria sorpresa. "I suoi colleghi hanno dedotto che cercasse di cammuffarsi per evitare il suo aggressore."

"Chi ha trovato i corpi?" Chiese la donna alla fine.

"Nessuno. O meglio, la polizia. Hanno sentito dei colpi d'arma da fuoco e sono arrivati sul luogo del crimine quasi subito, da ciò che mi è stato riferito."

"Cos'è successo?"

"Secondo l'ultima ipotesi? Nao Yuuki le ha sparato alle spalle. I suoi amici hanno trovato l'arma tra le sue mani, con le sue impronte sopra. Le tracce di sangue trovate sul luogo del delitto indicano tuttavia che Shizuru Fujino non è morta sul colpo, è riuscita a voltarsi e a sparare a sua volta su Yuuki-san prima di morire. Difficile sapere se fosse una tiratrice eccezionale o estremamente fortunata, ma ha colpito il suo bersaglio dritto alla testa, come ha potuto constatare."

Itsumi annuì distrattamente. Lo scenario poteva apparire credibile a un civile, forse anche a dei poliziotti se questi ultimi non avessero avuto a disposizione molte informazioni, ma ad Itsumi che lavorava in mezzo agli omicidi da diverso tempo le sembrava inverosimile. Shizuru era davvero riuscita a sopravvivere abbastanza a lungo dopo il colpo che le aveva dilaniato il torace per voltarsi, mirare e sparare? Improbabile, molto improbabile, ma possibile, soprattutto se Shizuru era l'Ametista. Itsumi ricordò chiaramente la relazione del professore che era andata a consultare per il Progetto Otome: forza, tempra e resistenza sovrumane erano caratteristiche dell'Ametista, con in più la possibilità di poteri imprevisti.

"Sono emersi particolari strani durante le analisi?"

"Particolari strani, no. Non c'era motivo di supporli, ci siamo limitati alle analisi standard. Perché?"

Itsumi si chiese fino a che punto potesse fidarsi di un medico che esercitava il mestiere di coroner solo all'occorrenza. La donna non gli chiese quindi se aveva trovato delle nanomacchine. Probabilmente non avrebbe nemmeno saputo cosa fossero.

In fondo forse si sbagliava, la morte di Shizuru in seguito ad una pallottola non aveva nulla di così straordinario. Come le aveva detto il commissario prima di sollevarla dai suoi incarichi, aveva preso "dei deliri un po' troppo seriamente". Probabilmente era così. Shizuru era morta, e nessuno era stato scoperto agonizzante o torturato in preda a delle nanomacchine che in cambio di forza e poteri le uccidevano dall'interno, come descritto nel Progetto Otome.

"C'è altro, ispettrice?"

Itsumi scosse la testa da sinistra a destra in un chiaro segno di diniego, lasciando al coroner il compito di ricoprire Shizuru con il lenzuolo bianco. Il drappo era una sorta di rispetto e di tradizione nei confronti dei morti ben più consona di quelle celle frigorifere ancora immacolate, installate di recente durante il rinnovo dell'ospedale, pensò Itsumi apprestandosi ad andarsene. Il coroner era già uscito dall'obitorio per tornare a prendersi cura dei vivi, lasciando la donna sola nella stanza. Quando fu sul punto di andarsene, notò che il braccio sinistro di Shizuru era scivolato giù dallo stretto tavolo di acciaio. Con un sospiro e un pizzico di ripugnanza all'idea di toccare un cadavere, Itsumi afferrò il polso della ragazza per appoggiarlo lungo il corpo, quando improvvisamente si fermò. Con il pollice accarezzò la pelle fredda ma ancora morbida e intatta del polso sinistro di Shizuru, per poi fare subito lo stesso con il destro che tirò fuori da sotto il lenzuolo bianco.

La donna sentì i battiti del proprio cuore accelerare quando si rese conto che nessuno dei due aveva la minima traccia delle manette che aveva fatto indossare alla ragazza appena due giorni prima. Ma Itsumi ricordava chiaramente il polso gonfio, la linea rossa dove la pelle si era rovinata fin quasi ad arrivare al sangue e che iniziava già ad assumuere un colorito blu nerastro. Ad una persona normale sarebbero serviti ben più di due giorni per far sparire ogni traccia.

Il suo polso era guarito prima della sua morte, in meno di due giorni!

Non aveva prove da mostrare a nessuno, ma Itsumi in quel momento capì di avere avuto ragione riguardo all'Ametista, e al Progetto Otome!

Girò subito i tacchi, ansiosa di uscire senza ben sapere cosa fare o dove andare. Nella fretta urtò violentemente un uomo che veniva dalla parte opposta. Itsumi si scusò abbondantemente, raccogliendo gli occhiali tondi che erano caduti nella collisione.

"Non è niente," rispose l'uomo, rimettendosi gli occhiali e aggiustandosi il cappello.

Itsumi restò a guardare la sua lunga treccia di capelli danzare sulla sua schiena mentre l'uomo entrava a sua volta nell'obitorio. In un altro momento la donna avrebbe notato il suo aspetto insolito, ma la sua attuale scoperta la assorbiva completamente. Capì di avere sicuramente trovato l'Ametista e - se gli avvenimenti del Progetto Otome potevano davvero essere impediti - di avere appena perso l'unica persona che potesse aiutarla a fermare ciò che stava per succedere.


Natsuki inspirò a pieni polmoni, rincuorata malgrado tutto dall'odore familiare di Viola, da quel viso e dall'espressione così tipica di Shizuru che stava mostrando.

"Mi dispiace," sussurrò. "Mi dispiace così tanto."

Un ennesimo singhiozzo la fece tremare, e un paio di lacrime colarono nuovamente lungo le sue guance mentre affondava il viso nella spalla di Viola. Il respiro caldo e tranquillo di quest'ultima le accarezzò il collo, facendole venire dei brividi piacevoli ma totalmente inappropriati lungo la schiena. Poi due mani gentili le afferrarono il viso e la allontanarono dalla spalla sulla quale si era nascosta.

"Natsuki," sussurrò Viola mentre le sue dita asciugavano dolcemente le lacrime della ragazza. "Oh Natsuki, sono io che dovrei scusarmi. Mi dispiace tanto, perdonami."

Natsuki afferrò Viola per i polsi, esitando ad accettare delle scuse per lei inspiegabili e senza senso, e perdendo il conforto che l'altra giovane le dava.

"L'ho uccisa," confessò inutilmente, piangendo ancora di più.

Per tutta risposta, Viola appoggiò la fronte contro quella di Natsuki, continuando a tenere il suo viso tra le mani.

Natsuki invece continuò a stringere Viola per i polsi, ad aggrapparsi a lei con forza crescente, per assicurarsi di non essere sola, che Viola non fosse scomparsa a sua volta. Con gli occhi annebbiati dalle lacrime, Natsuki non notò la smorfia di dolore dell'altra ragazza quando la sua mano si strinse attorno ad un polso arrossato, segnato da una linea rossa circondata da diverse macchie blu.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


NDA: Buongiorno lettori/lettrici!

Dopo molte discussioni con me stessa (cosa che sta capitando sempre più spesso, sarà grave?) mi sono decisa a pubblicare questo capitolo anche se breve.

Sperando che sia tutto chiaro (se non lo è ogni commento o domanda è sempre la benvenuta) vi auguro una buona lettura.

Guest: no, la storia non è stata abbandonata. Ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma sarà conclusa (ancor più adesso che non mi restano molte cose da scrivere). Per quanto riguarda il mio commento sul fatto che il precedente capitolo potesse essere noioso, che posso dire? Sono un'eterna pessimista :p

Exousia9: non c'è motivo di vergognarsi, le recensioni non sono obbligatorie (anche se sono fortemente sollecitate XD). Fanno soprattutto piacere all'autore (me in questo caso^^)! Spero che il seguito ti piacerà e ti spinga (forse) a lasciare altre recensioni (che - ricordiamocelo - fanno molto piacere all'autore - che sono sempre io!:p).

clara76120: XD non si può essere solo felici. Ma in fondo se ci pensi bene non è forse meglio così?


Capitolo 21

Viola capì in fretta che Natsuki non avrebbe smesso di piangere tanto presto e, ignorando il suo polso ferito, iniziò dolcemente a dondolarsi. Si mise a canticchiare una vecchia ninnananna, a voce così bassa che per Natsuki non era altro che un sussurro ipnotico. Quest'ultima si ritrovò ad affondare nuovamente il viso nel collo di Viola per avvicinarsi un po' di più al conforto offerto dall'altra ragazza. Viola per poco non si interruppe un istante quando il cellulare infilato nella tasca dei suoi jeans iniziò a vibrare. Liberò con attenzione il suo braccio dalla presa ormai rilassata di Natsuki e afferrò il telefono senza che la ragazza se ne accorgesse perché continuò a piangere, per metà intorpidita dal dolore e dalla tristezza - o forse dall'abbraccio e dal canto di Viola?

Comunque sia, Viola aprì il cellulare con una mano e lesse rapidamente il messaggio che le era stato inviato. Veniva da Yamada, e la cosa non era mai di buon auspicio. L'uomo la informava in effetti della sparizione di Shiho e Mai. Viola si lasciò sfuggire una smorifa e - una volta rimesso a posto il telefono - utilizzò il braccio libero per circondare Natsuki e tenerla stretta a sé. Se il Distretto stava puntando già a HiME come Mai, che era conosciuta da diverse persone, allora nessuna di loro era più al sicuro. Natsuki compresa. Ma in quel momento informare la ragazza non sarebbe servito a nulla. Preferiva di gran lunga offrirle ancora un po' di tempo per confortarla. In fondo non era la sola a soffire.

Quando le lacrime e i pianti si furono ridotti a dei semplici singhiozzi, Viola decise che era tempo di parlare. Si allontanò allora dolcemente dall'altra ragazza, malgrado la feroce tenacia di Natsuki ad attaccarsi a lei e in particolare alla sua giacca - la stessa giacca che aveva indossato il giorno della tragedia e che aveva faticato a ripulire dagli schizzi di sangue che l'avevano macchiata.

"Natsuki, guardami."

La giovane esitò un istante prima di obbedire alla richiesta, e Viola poté finalmente osservare gli occhi verdi, sfocati e allo stesso tempo lucidi di lacrime, di Natsuki.

"Vieni, sediamoci."

La condusse fino al divano, e lì la fece sedere. Se il suo aspetto l'aveva scioccata, solo in quel momento notò la magrezza e il pallore malaticcio dell'ex-HiME. Con un dolce gesto, la ragazza accarezzò i capelli di Natsuki e poi le sue guance, sentendo i propri occhi gonfiarsi di lacrime. Finché Natsuki non dovette ricordarsi che tutti quei gesti non venivano da Shizuru, ma da Viola, e si voltò dall'altra parte. A quella reazione, Viola allontanò la mano e si alzò.

"Non andartene," la supplicò tuttavia Natsuki.

Il tuo della sua voce era intriso di panico. Non si era nemmeno resa conto di avere nuovamente afferrato la giacca di Viola.

"Non me ne vado, vado solo a prepararti qualcosa di caldo da mangiare."

Natsuki sembrò esitare, ma lasciò finalmente la presa con un sussulto.

"Non ho fame," rispose con voce debole.

"Natsuki," Viola sospirò con un tono che sottintendeva che si stesse comportando come una bambina.

"Non riesco a mandar giù niente, ok," ribatté l'altra duramente.

Viola spostò lo sguardo a disagio, con le labbra serrate e una linea tesa sul viso che rivelava in modo stranamente chiaro un senso di colpa. Natsuki aggrottò la fronte a quell'espressione insolita. Poi con un sospiro, l'altra ragazza si spinse indietro la frangia e si trascinò in cucina. Ben presto Natsuki sentì i rumori di pentole e piatti. La ragazza non sapeva cosa ci potesse essere in cucina e più precisamente nel suo frigorifero, ma Viola dovette trovare gli ingredienti per preparare un pasto poiché non riapparì se non venti minuti più tardi. Natsuki chiuse gli occhi e strinse i denti, scacciando le dozzine di ricordi che minacciavano di sommergerla: momenti simili in cui Shizuru era venuta a passare la serata a casa sua e aveva cucinato per entrambe.

Alla fine Viola ricomparve, con un vassoio in mano che conteneva del the, delle ciotole di riso e un'omelette a base di... Natsuki non era sicura di sapere cosa ci fosse dentro, ma davanti a quell'immagine sentì che le cose non potevano continuare così per molto prima che lei perdesse la ragione. Viola somigliava troppo a Shizuru perché la sua sanità mentale riuscisse a sopportarlo. Rivedeva ancora tutto quel sangue mentre le orecchie le ronzavano, quell'istante di confusione su ciò che aveva appena fatto, quel...

"Natsuki?"

Con un sussulto, Natsuki alzò lo sguardo e incrociò gli occhi rossi di Viola.

"Chi sei tu in realtà? Sei la cugina di Shizuru? E' questo che mi hanno detto Chie e Aoi, che..."

In altre circostanze, la ragazza si sarebbe vergognata del suo tono di voce così spezzato, ma ormai non si preoccupava più di simili dettagli. Niente aveva più importanza, a parte forse capire come le cose fossero arrivate a quel punto.

"Dobbiamo effettivamente parlare, Natsuki. Ma non prima che tu abbia mangiato qualcosa."

Natsuki era pronta a discutere, ma non ne aveva la forza. Era convinta tra l'altro che Viola non avrebbe ceduto. Si costrinse allora ad inghiottire un po' dell'omelette. Il pasto era semplice ma buono, perfino delizioso, se si prendeva in considerazione il fatto che Natsuki si scoprì affamata una volta che le fu passata la nausea alla vista del cibo. Si rese conto solo dopo avere finito tutto che Viola aveva fatto scivolare metà della propria porzione nel suo piatto.

La cena le aveva restituito un po' d'energia perché una parte del suo orgoglio riemerse, e si rifiutò di ammettere che Viola aveva avuto ragione riguardo al suo bisogno di nutrirsi.

"Adesso che ho mangiato," preferì rispondere, "voglio sapere tutto!"

"Non penso che a Natsuki piacerà tutto ciò che ho da dirle."

Quest'ultima non sentì il bisogno di rispondere a quella frase, che rispecchiava probabilmente la realtà.

"Da dove iniziare," divagò Viola. "Vuoi sapere chi sono e come le cose siano arrivate a questo punto, beh... in un certo senso, tutto questo è legato al Carnival, al fatto di essere HiME."

Natsuki sentì tutto il suo corpo irrigidirsi in una reazione istantanea a quelle parole.

"Cosa puoi saperne tu, di quella vicenda?"

"Tutto, so tutto. Vedi... c'erano quattro Distretti. Tu conoscevi il Primo Distretto perché gli hai dato la caccia per anni, e ti sei più o meno imbattuta in altri due. Quei tre sono stati distrutti, ma un quarto esiste ancora."

Viola si rifiutò per il momento di dirle che quel quarto - il Terzo Distretto - aveva rapito Mai e Shiho. Non adesso. Natsuki doveva sapere tutto, prima di partire a testa bassa per tentare di salvare Mai.

"No," ribatté Natsuki. "L'avrei scoperto, l'avrei saputo se..."

"Potrai chiedere a Miyu o Alyssa. Loro sono state create dagli altri due Distretti distrutti."

Ma Natsuki continuava a negare l'evidenza. Viola si rese conto che se la ragazza si rifiutava di credere a questo, non sarebbe mai riuscita ad accettare il resto.

"Natsuki," la richiamò in tono secco. "Forse avrei dovuto iniziare con un avvertimento. La mia storia ti sembrerà assurda ma devi credermi, se vuoi capire la situazione nella quale ci troviamo."

La ragazza fissò Viola con aria di sfida, ma annuì.

"D'accordo, non dirò più nulla finché non avrai finito la tua spiegazione."

La sua voce, notò Viola, continuava a tremare. Cercava di essere forte, ma era sul punto di crollare. Cercò di ignorarlo durante i minuti successivi che passò a parlare del Terzo Distretto, del poco che sapeva, ma soprattutto del loro esperimento, le nanomacchine, dei nomi dati alle cavie - Otome - della scelta - le HiME - per suddette cavie. Come promesso, Natsuki rimase in silenzio e la tensione delle sue spalle era l'unico indizio che lasciava trapelare che stesse ascoltando e che non le piaceva ciò che stava dicendo. Quando Viola alla fine le chiese se aveva capito tutto, Natsuki prese la parola.

"Come faccio a crederti quando tutte le HiME... quando tutte le HiME sono al sicuro?" Chiese.

Viola aveva notato la sua difficoltà a dire che tutte le HiME fossero al sicuro quando era appena tornata dal funerale di Shizuru e aveva ignorato quello di Nao.

"E' qui... E' qui che mi devi credere," balbettò la ragazza, senza ben sapere come spiegarle. "Ciò che ti sto per dire risponderà tra l'altro alla tua domanda su chi io sia."

Viola prese un profondo respiro e si lanciò.

"Le nanomacchine donano a volte delle strane capacità alle Otome."

"Questo me l'hai già detto," disse Natsuki spazientita.

"Una di queste capacità... è di poter tornare indietro nel tempo."

Viola aspettò di vedere l'effetto che quella frase avrebbe avuto su Natsuki, ma ricevette in risposta solo uno sguardo vacuo, finché non vide una scintilla di qualcosa di troppo rapido per poter essere compreso.

"Mi stai dicendo che tu... tu sei..."

Poi con sorpresa di Viola, Natsuki balzò sul tavolo del salotto che le separava e la colpì con un pugno in faccia. Viola cadde all'indietro sotto la forza sorprendente del colpo. Batté dolorosamente la testa per terra, ma la cosa era niente rispetto al suo zigomo rotto. Natsuki non ci era andata leggera. Quest'ultima la afferrò per il collo e la rimise in piedi per sbatterla contro il muro e mezza strangolarla. Fu solo in quel momento, passata la sorpresa, che Viola percepì il rimprovero che Natsuki le rivolgeva, e notò le lacrime rabbiose che colavano lungo le sue guance.

Natsuki le rimproverava di non essere tornata indietro nel tempo per impedirle di uccidere Shizuru.

"Fermati," gemette Viola con voce strozzata.

Natsuki indietreggiò, lasciando che l'altra ragazza rimettesse i piedi a terra e riprendesse fiato. Sembrò non sapere se avvicinarsi o allontanarsi da lei.

"Vuoi dirmi che tu sei Shizuru, ma... venuta dal futuro?" Chiese duramente con la mano ancora stretta a pugno, pronta ad abbattersi sulla sua vittima.

"No, voglio dire che Viola era una Shizuru venuta dal futuro."

"Ma tu sei Viola," ribatté Natsuki spazientita. "I test del DNA hanno dimostrato che è Shizuru quella che ho... ucciso...?"

Poi un lampo di comprensione attraversò il viso di Natsuki quando vide il sorriso colpevole della ragazza dagli occhi rossi.

"A meno che... se Viola era una Shizuru venuta dal futuro," iniziò a dire, "avrebbe avuto lo stesso..."

"Mio DNA," completò l'altra, gemendo quando si toccò lo zigomo rotto.

"Ma... tu l'hai chiamata Shizuru e..."

La giovane sospirò e contro la sua volontà dovette prendere un bicchier d'acqua prima di poter rispondere.

"Qualche mese fa ho incontrato una ragazza di nome Viola," spiegò. "La stessa che tu hai conosciuto e ironicamente detestato. Si era tagliata e tinta i capelli, e portava delle lenti a contatto per agire senza mettermi in pericolo. E' sorprendente vedere fino a che punto non si conosce se stessi... non mi sarei mai riconosciuta se lei non mi avesse detto la verità. L'unico problema era che aveva commesso degli errori, e l'ispettrice Suzushiro-san, la madre di Haruka, è risalita a me."

Dicendo questo, mostrò il suo polso ferito.

"Stranamente, ho un ricordo piuttosto sfocato dell'interrogatorio ma ricordo di avere tirato così tanto sulle manette che mi sono fatta male. Ma non è questo il punto. Senza prove a sostegno di ciò che diceva, Suzushiro-san mi ha rilasciata e io ho raggiunto Viola. Sapeva che ora che la polizia era arrivata a me sarebbero iniziati i guai. Il Terzo Distretto, gli Yakuza, i Ryu e altri gruppi di bande malfamate cui lei aveva pestato i piedi se la sarebbero presa con me. Voleva quindi che ci scambiassimo le nostre identità."

"Ma voi..."

"Non l'abbiamo fatto. Mi sono rifiutata. Semplicemente perché... perché volevo aiutarla a proteggere te, Natsuki. Su quel punto... mi riconoscevo perfettamente in Viola. Avremmo fatto qualsiasi cosa per te. Inoltre bisognava riconoscere che Viola sapeva battersi e maneggiare una pistola. E con l'aiuto delle nanomacchine era molto più forte di me. L'ho convinta ad usarmi come esca."

"Esca?"

Shizuru annuì tranquillamente con un sorriso triste.

"Non siamo riuscite a mettere le mani sul Terzo Distretto prima che questi ultimi iniziassero a rapire delle HiME."

"Nao," capì Natsuki chiudendo gli occhi. Era sparita verso Natale. Ma conoscendola nessuno l'aveva trovato strano, lo faceva spesso.

"Esatto," disse Shizuru. "La cosa più semplice per attaccarli prima che una sorte simile accadesse a tutte le altre HiME, e soprattutto a te... era di farli venire da noi. Da me in particolare. Ero un'esca perfetta. Si sapeva che qualcuno che si faceva chiamare l'Ametista stava seminando il panico nei loro affari, la polizia mi aveva arrestata pensando che io potessi essere questa persona. La coincidenza che una HiME mettesse nuovamente il naso negli affari di un Distretto, io per di più che ne avevo già distrutto uno... mi sarebbero venuti sicuramente a cercare. E Viola come ogni buon cacciatore sarebbe intervenuta in quel momento. Semplicemente non pensavamo che avrebbero usato Nao - diventata Otome - e motivata dal suo odio nei miei confronti."

"E io ho mandato tutto all'aria con il mio intervento," concluse Natsuki.

Shizuru non rispose, perché non c'era alcuna risposta da dare. Senza Natsuki, era impossibile sapere come sarebbero andate le cose.

"Le nanomacchine di Nao avevano aumentato la sua resistenza e la sua velocità. Senza il tuo intervento, Nao, armata della sua lama, mi avrebbe uccisa prima che Viola potesse reagire. Quando tu hai sviato brevemente l'attenzione di quest'ultima, Nao avrà pensato di poterla eliminare. E avrebbe avuto probabilmente ragione se anche Viola non avesse avuto le nanomacchine."

"Perché ha mirato alla testa?" Chiese Natsuki ignorando lo sforzo di Shizuru di farle credere che il suo intervento non fosse stato così catastrofico come era stato in realtà.

"Nao era una nuova Otome, le sue nanomacchine avrebbero potuto curare qualsiasi ferita, forse non ne sarebbe stata nemmeno rallentata e avrebbe ucciso Viola, me... o peggio ancora te. Viola non avrebbe mai corso quel rischio."

"Se le Otome sono così potenti, perché Viola non ha guarito la sua ferita?"

Shizuru le rivolse un sorriso triste.

"Pensi forse che se essere Otome significasse solo essere più potenti, resistenti, o avere dei poteri, Viola avrebbe fatto tanto per fermare il Terzo Distretto? Noi siamo le cavie di un esperimento ai suoi albori. Viola ha detto che tutte le altre HiME sono morte dopo indicibili sofferenze causate dalle nanomacchine. Su di lei, queste ultime hanno tenuto in vita delle cellule dannose che sarebbero dovute morire per il suo bene. Quelle cellule si sono moltiplicate e... Viola aveva un tumore maligno al cervello. Ogni volta che usava le nanomacchine per curarsi o per tornare indietro nel tempo, ne soffriva e si avvicinava un po' di più alla sua morte. Credo... Credo che curarsi l'avrebbe uccisa tanto quanto la sua ferita. Le nanomacchine le hanno solo permesso di sopravvivere qualche minuto in più. E in quel momento, ha solo voluto... se n'è solo voluta andare sapendo di essere qualcuno."

"In che senso?" Natsuki non capiva.

"Non voleva morire come Viola. Quello era solo un nome scelto a caso, che per lei non significava nulla. Voleva sapere che c'era qualcuno che si ricordava che lei non era una sconosciuta. Posso capire la sua richiesta," sospirò. "E' stata chiamata Shizuru alla nascita, voleva morire con quel nome. Questo significa qualcosa, no?"

"Sì, credo," rispose Natsuki osservando i tratti tesi di Shizuru.

"Mi scuso per non averti detto nulla," riprese la ragazza dopo un breve istante di silenzio. "Di averti lasciato credere che fossi morta. Ma... il Terzo Distretto sorveglia le HiME, e se tu avessi reagito in un altro modo alla mia morte avrebbero capito che c'era qualcosa che non andava. E' stato più sicuro così."

"Più sicuro?" Esclamò Natsuki in tono rabbioso. "Per chi? Per tutte quelle persone che hanno pianto pensando di averti persa o solo per te?" L'accusò puntandole un dito contro.

Shizuru fece spallucce tristemente.

"Cos'avrei dovuto fare secondo te? Venire al mio stesso funerale? Si sarebbe creato il caos e il Terzo Distretto ne avrebbe approfittato. Oggi sono in vantaggio. Pensano che io sia morta, ed io li troverò ben prima che loro capiscano di essersi sbagliati."

Natsuki sentì un brivido di paura osservando Shizuru. Perché in quelle parole rivedeva la ragazza spietata del Carnival. Fu in seguito ad un qualcosa nei suoi occhi o nelle sue labbra, un rilassamento dei tratti del suo viso forse, come l'abbozzo di un sorriso tenero e sincero, che Natsuki si rese finalmente conto - per quanto fosse stupido - che quella non era un'illusione, che la persona davanti a lei era Shizuru. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Con quella feroce volontà di distruggere il mondo per tenerla al sicuro. Quella ragazza che durante il Carnival l'aveva spaventata e che adesso capiva. Non avrebbe lei stessa fatto qualunque cosa per vedere Shizuru esattamente lì dov'era adesso? E non aveva dovuto fare nulla.

Shizuru era tornata da lei.

Shizuru era tornata indietro nel tempo per ritrovarla, per salvarla.

Allora Natsuki attraversò la sala, incespicando a metà nella fretta, per afferrare di nuovo Shizuru per il collo e attirarla a sé. Per baciarla, per assicurarsi che fosse reale.

E lo era.

"Ti ho uccisa," sussurrò comunque, come una confessione o un avvertimento necessario.

"No, Natsuki, quello è un futuro che io cambierò," le assicurò l'altra.

Quella semplice certezza non avrebbe sicuramente cancellato il suo crimine, né il terrore e gli incubi che avrebbe avuto per tutta la vita, come pure non avrebbe cancellato il dolore di Shizuru per avere perso una persona che le era stata cara. Ma in quell'istante, Natsuki capì che Viola era tornata indietro nel tempo proprio perché Shizuru - lei stessa - potesse vivere un simile momento che a lei era stato rubato.

Natsuki la baciò nuovamente con un ardore moltiplicato dalla paura di averla persa e dalla gioia di averla ritrovata. Shizuru rispose ai suoi baci con uguale fervore, ma lasciò che fosse Natsuki a prendere il controllo, a decidere fin dove fosse disposta a spingersi.

Il suo respiro si fece affannoso, mentre Natsuki le circondò il collo con le braccia e con le mani fece scivolare via la giacca dalle sue spalle.

"Natsuki," disse Shizuru con un gemito, "c'è ancora qualcosa che..."

"Riguardo al Terzo Distretto o a noi?" Chiese Natsuki con voce roca.

"Al Terzo Di-"

"Allora più tardi," la interruppe Natsuki baciandole dolcemente il polso ferito.

La ragazza riprese rapidamente l'assalto alle sue labbra, sentendo il sapore del sangue sul suo labbro spaccato, ma non pensò che a quell'istante, a quella occasione che la vita le stava offrendo restituendole Shizuru. Dimenticò di averla potuta perdere per sempre se Nao l'avesse attaccata al posto di Viola, se Shizuru avesse accettato di scambiare la propria identità con quella di Viola, se...

Ma lei era lì, e Natsuki voleva sperimentare quante più cose possibili prima che la realtà - il futuro annunciato da Viola - le raggiungesse.

Voleva sapere com'era amare ed essere amati da Shizuru.

Il resto poteva attendere.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


NDA: Perdonate i probabili errori. Per una volta che internet funziona (finalmente!) ne approfitto per aggiornare.

Ancora grazie a tutti coloro che hanno lasciato una recensione, e buona lettura :)


Capitolo 22

Shizuru era seduta a bordo letto. Per metà rivolta verso Natsuki, che era ancora addormentata in mezzo alle lenzuola. Quest'ultima portava ancora su di sé i segni degli ultimi giorni angoscianti che aveva dovuto passare, ma in quel momento sembrava la personificazione stessa della tranquillità. Il suo viso era disteso, le labbra increspate in un dolce sorriso. Quella notte gli incubi non l'avevano perseguitata.

Shizuru allungò una mano, e con mille precauzioni scostò una ciocca di capelli dal suo viso. Natsuki seguì inconsciamente il suo movimento, e la ragazza approfittò pienamente del loro contatto.

Quella notte con Natsuki era stata magica. Era stata tutto ciò che aveva sempre voluto e desiderato. Faticava ancora a credere che fosse successa davvero. La ragazza continuava ad essere preda dei dubbi. Così, mentre Natsuki dormiva tra le braccia di Morfeo, vicino a lei, i loro corpi intrecciati al punto che sarebbe stato difficile dire a chi appartenessero quel braccio o quella gamba, Shizuru non era riuscita a trovare pace.

E se Natsuki avesse confuso il sollievo di saperla in vita con l'amore? Se, aprendo gli occhi, si fosse pentita di colpo di ciò che era successo tra loro due? Era sembrata così sfinita il giorno prima, preda dei sentimenti contrastanti che aveva dovuto affrontare... Non era forse stato un errore, avere permesso che le cose si spingessero fino a quel punto? Non avrebbero dovuto forse aspettare un po'? Forse si trattava di un luogo comune, ma in quei rari momenti di speranza Shizuru si era sempre immaginata che sarebbe stata lei ad iniziare qualsiasi contatto fisico con Natsuki. Ma soprattutto, che il loro rapporto avrebbe attraversato dei lunghi periodi di adattamento, con piccoli contatti non troppo intimi e, nonostante l'avesse sempre desiderato, non aveva mai davvero creduto di poter avere un... rapporto fisico con Natsuki.

Shizuru si portò una mano alla bocca per cercare di soffocare la risata nervosa che improvvisamente la scosse. Chi avrebbe mai pensato che il giorno in cui si sarebbero concesse l'una all'altra la sola ad essere timorosa sarebbe stata lei? Natsuki aveva esitato più di una volta ma era stato per via della sua inesperienza, non per paura.

Natsuki non ha avuto paura di amarmi. Shizuru sorrise. Si sentì così stupida a pensare che Natsuki avesse potuto confondere i suoi sentimenti.

Ma la cosa non impedisce a me di avere paura.

Shizuru era stata pronta a passare il resto dell'eternità anche solo a cercare di avere la possibilità di rimanere lì a contemplare l'altra ragazza. Ma nonostante tutte le sue colpe, Natsuki le aveva offerto ben più che la sua semplice vicinanza. Le aveva dato tutto.

Osservò la schiena dell'altra ragazza, che le lenzuola lasciavano scoperta, arrivandole solo fino alla vita. Una distesa pallida di cui Shizuru adesso conosceva la morbidezza e il gusto. Incapace di resistere, percorse con la punta delle dita la colonna vertebrale della giovane, sorridendo al brivido e al dolce gemito che quel semplice gesto provocò. Si chinò finalmente verso di lei, lasciò un bacio, poi due, poi tre... risalendo tutta la schiena per posare finalmente l'ultimo sulla guancia della sua bella addormentata.

Natsuki mormorò il suo nome nel sonno e Shizuru la guardò con una meraviglia senza nome. Quella reazione inconscia calmò una buona parte delle sue ansie, e la ragazza si decise quindi a fare qualcosa di costruttivo. Si alzò lentamente dal letto, percorse con lo sguardo la stanza bagnata dalla luce del mattino, finché non vide una delle larghe t-shirt che Natsuki usava normalmente per dormire. Al di là dello stereotipo, Shizuru adorava l'idea di indossare qualcosa della sua ragazza. Perché adesso Natsuki era la sua ragazza, no?

Più a suo agio nel muoversi per l'appartamento di Natsuki con un vestito sulla schiena, si diresse infine in cucina. Non c'era granché da mangiare, ma Shizuru trovò gli ingredienti per preparare una piccola colazione per due. Preparò dei toast, uova strapazzate e del caffé, pensando che l'altra ragazza l'avrebbe preferito al thé. Tornò infine nella camera da letto, con un vassoio in mano, chiedendosi malgrado tutto quale sarebbe stata la reazione di Natsuki davanti ad una colazione a letto.

Entrò silenziosamente nella stanza dove la ragazza ancora dormiva, appoggiò il vassoio sulla pila di giornali che occupava l'unico comodino di Natsuki prima di scivolare al suo fianco, stringendola subito tra le braccia. Questa volta la ragazza sembrò svegliarsi. Le palpebre sbatterono, cercando di capire dove e con chi fosse anche se il suo corpo sembrò riconoscere istintivamente quello di Shizuru e rilassarsi nel suo abbraccio.

Poi finalmente i ricordi dovettero affiorare e la ragazza prendere pienamente coscienza della situazione perché il suo corpo si irrigidì bruscamente e un rossore familiare spuntò sulla parte del viso che Shizuru poteva vedere. Quest'ultima cadde nuovamente preda della paura, aspettando con ansia di vedere cosa avrebbe fatto Natsuki.

"Shizuru?"

La voce era un mormorio dolce, ma il tono era quello di una domanda. Come se Natsuki dubitasse dell'identità della persona che la stava abbracciando di così buon mattino.

"Hm hm," annuì l'altra, con le labbra serrate e un nodo in gola, mentre inspirava profondamente l'odore di Natsuki.

Ci fu ancora un istante di silenzio, poi Shizuru sentì le mani dell'altra ragazza stringerle la maglietta e una confessione sussurrata.

"Credevo fosse stato un sogno. Temevo di svegliarmi e scoprire che la scorsa notte con te non era stata altro che un sogno."

Shizuru sentì quella voce dolce e quasi infantile, pronta a sciogliersi in lacrime. Era la voce di Natsuki, ma le sembrava allo stesso tempo così estranea. Anche Natsuki ha avuto paura. La ragazza sentì il suo cuore sussultare e la morsa che le stringeva il petto scomparire. La strinse ancora più forte, e affondò il viso nel suo collo.

"Nessun sogno può uguagliare la scorsa notte Natsuki," sussurrò. "Semplicemente perché è la realtà."

"Avevo così tanta paura di averti persa. Ti amo così tanto Shizuru, non avrei mai..."

Natsuki s'interruppe improvvisamente quando Shizuru la allontanò da sé.

"Ho... Ho detto qualcosa di male?" Balbettò.

Shizuru la teneva a distanza, fissandola dritta negli occhi. Le sue labbra tremavano, e sembrava sul punto di scoppiare a piangere.

"Se ho detto qualcosa di male ti chiedo scusa," si affrettò a dire Natsuki, "io..."

"No," la interruppe l'altra. "Non hai detto nulla di male, Natsuki."

Un primo singhiozzo e una risata. Natsuki non capiva.

"Sono io che ho l'impressione di stare sognando. Non ho mai pensato... non ho mai creduto di poterti sentirti dire queste parole."

"Queste parole?" Ripeté Natsuki confusa.

"Anch'io ti amo, Natsuki. Più di quanto tu possa immaginare."

E quando Shizuru la baciò, Natsuki capì di avere parlato con il cuore. E che nessuna frase le era mai sembrata più vera che dirle 'ti amo'.


Il momento venne tuttavia interrotto ben presto. Lo stomaco di Natsuki emise un rumore abbastanza mostruoso per esprimere un bisogno elementare: quello di nutrirsi. La ragazza assunse un'espressione imbarazzata e colpevole.

"Scusami. Ma... è caffé quello che sento?"

"Non è niente," rispose Shizuru divertita. "E' un bene che tu abbia fame, ho preparato la colazione."

Come prova, la ragazza si spostò per farle vedere il vassoio alle sue spalle.

"Oh non c'era bisogno che ti disturbassi tanto, avrei potuto..."

"Ara, ma è un piacere cucinare per la mia Natsuki. E poi non è granché, davvero."

Natsuki sorrise e allungò una mano per servirsi quando notò finalmente cosa stava indossando Shizuru.

"E' una delle mie magliette?"

Shizuru le rivolse un sorriso così luminoso che Natsuki le rispose istintivamente. Tra l'altro l'indumento le stava bene. Soprattutto visto che le arrivava appena a metà coscia e lasciava scoperte le sue lunghe gambe morbide... Un attimo! La ragazza finalmente si rese conto che se Shizuru stava indossando una delle sue magliette era per via del fatto che i suoi vestiti erano sparpagliati per tutto l'appartamento... così come i propri. Con un'esclamazione di terrore, Natsuki vide che era nuda. Si portò subito le lenzuola al petto, tra le risate di Shizuru.

"Smettila! Non è divertente! Avresti potuto dirmelo!"

"Ara, e privarmi dello spettacolo? Certo che no," rispose l'altra.

"Dammi una maglietta."

Shizuru fece finta di cercarne una con lo sguardo.

"Mi dispiace ma non ne vedo. Vuoi che ti restituisca la tua?" Domandò con aria innocente, afferrando l'orlo dell'indumento.

"No!" Rispose subito Natsuki - sentendo tornare di colpo la timidezza che l'aveva abbandonata la sera prima. "Io... Dammi qualcos'altro, per favore."

Shizuru avrebbe potuto continuare a stuzzicarla, ma non lo fece. Poteva capire la timidezza di Natsuki. D'un tratto avevano introdotto nel loro rapporto così tante nuove variabili che ci sarebbe voluto del tempo prima di sentirsi completamente a proprio agio. Shizuru si chinò velocemente verso Natsuki per rubarle un bacio prima di andare alla ricerca di un indumento per coprirla. Notando una parte dei propri vestiti, la ragazza afferrò intenzionalmente la sua camicia e la porse a Natsuki. Quest'ultima probabilmente lo notò, ma non fece commenti e l'accettò.

"Potresti... voltarti per favore?"

Shizuru aprì la bocca per ricordarle che non c'era ormai nulla che non avesse già visto ma si trattenne. Fu quindi sopresa quando dopo un istante sentì le braccia di Natsuki stringerla.

"Mangiamo!" Esclamò. "Muoio di fame!"


Natsuki faceva una doccia. Shizuru ne approfittò per mettere in ordine i vestiti che avevano sconsideratamente gettato da tutte le parti. Contava di fare il bucato sia per Natsuki che per lei stessa. Afferrando il suo paio di jeans per vuotarne le tasche, tirò fuori il cellulare che aveva preso da Viola. C'erano un buon numero di messaggi e di chiamate perse. La realtà tornò a farsi sentire. Troppo presto e troppo in fretta.

Shizuru lanciò una rapida occhiata verso il bagno. L'acqua continuava a scorrere, e sperò che Natsuki non uscisse tanto presto. Si sedette sul bordo del letto e aprì il primo messaggio.

Yamada le chiedeva se voleva che facesse qualcosa in particolare.

Shizuru dubitava che sarebbe servito a qualcosa chiedergli semplicemente di ritrovare Mai e Shiho. Doveva averlo capito lui stesso. Aprì il messaggio seguente e si sentì nuovamente presa dal terrore. Qualche ora prima, quella stessa mattina, Yukino era scomparsa. Poi Fumi. Il resto dei messaggi spiegavano più in dettaglio la situazione.

Yamada non aveva abbastanza persone per sorvegliare realmente le HiME 24 ore su 24. Era un'operazione costosa, che necessitava di gente competente. Di solito Yamada cercava e vendeva solo informazioni. Lavorava da solo e possedeva dei contatti, dei contatti numerosi ma non dei collaboratori. Sorvegliare continuamente e allo stesso tempo diverse persone non era il suo campo d'azione. Aveva dovuto ingaggiare qualche persona che sapeva discreta e pronta a guadagnare un po' di soldi facili. Inoltre sembrava ci fosse un uomo assegnato a sorvegliare la proprietà dei Kikugawa nel momento del rapimento, ma era stato messo fuori gioco. Era stato individuato e semplicemente ammazzato. Sembrava che al Terzo Distretto non importasse di lasciare tracce dietro di sé. Non sembrava nemmeno temere che venisse aperta un'inchiesta.

Yamada aveva spiegato di essersi mosso personalmente per trovare degli indizi. Ma a casa di Fumi Himeno come pure di Yukino Kikugawa non aveva trovato tracce di lotta, niente che indicasse che fossero state veramente rapite. Erano semplicemente scomparse.

Shizuru cercò di razionalizzare. Dopo tutto lo diceva anche Yamada, non poteva tenere costantemente d'occhio tutte quante. Forse Yukino e Fumi erano semplicemente uscite...

...

Ma chi voleva prendere in giro?! Di sicuro Yamada aveva cercato di rintracciarle attraverso il cellulare o con altri mezzi...

Scomparse... Rapite... Contando Nao e lei stessa, il Terzo Distretto doveva essersi 'impadronito' o sbarazzato di sei HiME. Solo la metà di loro era ancora in libertà. Viola aveva involontariamente accelerato le cose spingendoli all'azione. E questa volta non stavano cercando di essere discreti. Stavano prendendo di mira qualsiasi HiME, in qualsiasi momento.

Shizuru fissò il telefono con sguardo vacuo.

Le sarebbe piaciuto convincersi di essere una brava persona, ma in tutta onestà le HiME non erano sue amiche. La maggior parte non si curava di lei, e alcune perfino la detestavano. Voleva davvero correre dei rischi per quelle ragazze? Viola - la persona che era destinata a diventare - sembrava pensarla così. Ma perché non sparire, semplicemente? Natsuki era lì con lei. Non era tra le HiME che erano state rapite. Perché rischiare di vedersela strappare via rimanendo a combattere contro un'organizzazione che nemmeno Viola era riuscita ad individuare? Perché non partire insieme a Natsuki lontano da Fuuka, da un passato che aveva rischiato di distruggerle e da un futuro che prometteva un destino simile?

Shizuru non doveva nulla a nessuno. Solo Natsuki contava.

Ma non era forse ingenuo sperare di scomparire? Con quali soldi? Data per morta, Shizuru non aveva più nulla. E per cambiare l'identità di Natsuki? La cosa era probabilmente fattibile con l'aiuto di Yamada, ma potevano davvero sperare di sfuggire al Terzo Distretto così facilmente?

Ma non era quello il problema principale che avrebbe potuto impedire la loro fuga, Shizuru lo sapeva.

Natsuki.

Natsuki non era come lei. Era una ragazza fondamentalmente buona e leale. Le HiME erano diventate sue amiche, mai avrebbe voltato loro le spalle. Avrebbe rischiato la sua vita per loro. A Shizuru non piaceva, ma l'amava ancora di più proprio per questo motivo.

La fuga non era quindi un'opzione. Natsuki non l'avrebbe mai permesso. E Shizuru preferiva di gran lunga mettersi tra lei e il Terzo Distretto in quel caso. Proteggendola a costo della vita.

Avrebbe dovuto trovarli e distruggerli prima che Natsuki diventasse l'ennesima HiME rapita.

L'ultima domanda da porsi era quindi chiedersi se doveva o no parlarle dei rapimenti.


Quando Natsuki uscì finalmente dalla doccia, un sorriso spuntò automaticamente sulle sue labbra alla vista di Shizuru che indossava un paio di jeans e una delle sue maglie, ma altrettanto rapidamente il sorriso lasciò il posto ad un cipiglio. Shizuru sembrava preoccupata.

"Qualcosa non va?"

La ragazza alzò subito lo sguardo dal telefono. Persa nei suoi pensieri, non aveva sentito il rubinetto della doccia chiudersi.

"In effetti... Sì."

"Sì?"

"Devo lasciare Natsuki oggi," rispose alzandosi in piedi.

"No!" Esclamò quest'ultima, quasi in preda al panico.

Shizuru la afferrò e la strinse in un abbraccio che stava ben presto diventando un'abitudine.

"Devo farlo, Natsuki. Devo trovare il Terzo Distretto."

"Ti aiuterò! Non devi farlo da sola. Ho dei contatti. Posso chiamare il mio informatore. Yamada è..."

"Viola ha coinvolto Yamada da tempo in questa storia," le rispose l'altra.

"Shizuru," borbottò Natsuki allontanandosi dalla sua amica per fissarla negli occhi. "Tu non sei una Otome. Sei una ex-HiME come me. Ed io sono probabilmente in grado di battermi e difendermi meglio di te."

"E' vero," Shizuru annuì riluttante, "ma la prudenza mi obbliga a lasciarti qui. Altrimenti credi che ti permetterei mai di restare qui, lontano dai miei occhi quando potresti essere rapita..."

Shizuru doveva decidere adesso se dirle o no la verità.

"... Come Nao."

Alla fine preferì non farlo. Era già difficile convincerla a restare lì, parlare delle altre quattro persone rapite non l'avrebbe di certo aiutata.

"Esatto! Perché non restare insieme, ci aiuteremo e proteggeremo a vicenda. Non voglio che tu corra dei rischi!"

Shizuru afferrò il viso di Natsuki con dolcezza, come se temesse di vederla rompersi se avesse usato più forza.

"Pensano che io sia morta, Natsuki. Non si da' la caccia ad un morto. Sono più al sicuro di tutte voi. E pensi davvero che correrei dei rischi inutili adesso, quando vedo il mio sogno diventare realtà?"

Con il pollice accarezzò la guancia di Natsuki fino ad arrivare alle sue labbra.

"E' probabile che il Terzo Distretto ti stia sorvegliando. Se rimani con me, perderei tutto l'effetto sorpresa che il fingermi morta mi ha garantito."

"Ti metterei in pericolo," capì Natsuki cupamente.

Shizuru non rispose e preferì baciarla.

"Resta qui. So che sei in grado di difenderti, ma non far entrare nessuno okay? Cercherò di chiamarti ma le linee devono essere controllate, perciò evita di pronunciare il mio nome in quel caso."

Natsuki strinse i denti, lottando contro l'impulso di partecipare attivamente alle indagini sul Terzo Distretto.

"Dobbiamo avvisare le altre HiME."

Shizuru s'irrigidì per un istante, ma così rapidamente che Natsuki non ebbe il tempo di accorgersene.

"No, probabilmente causeremmo il panico."

"Hanno il diritto di sapere che sono in pericolo, che..."

"Yamada le fa sorvegliare," la interruppe Shizuru. "Non succederà loro nulla."

La spudorata bugia le bruciò la gola. Detestava mentire a Natsuki, ma dopo avere passato anni a nasconderle i suoi sentimenti era diventata come una seconda natura per lei.

"D'accordo," rispose l'altra ragazza. "Sta' attenta."


Shizuru sospirò per l'ennesima volta di fronte alla mancanza di indizi.

Aveva passato la mattina a visitare i luoghi dei rapimenti insieme a Yamada. Per precauzione aveva indossato un berretto che le nascondeva i capelli e un paio di occhiali da vista finti, un travestimento sufficiente a celare la sua vera identità all'esterno.

"Ah eccoti," aveva esclamato Yamada senza usare il suo nome.

Non aveva commentato la sua tenuta ma aveva annuito, segno che il travestimento non l'avrebbe fatta riconoscere. Ancora di più adesso, visto che il volto di Shizuru aveva fatto il giro di tutti i giornali.

Insieme avevano deciso di fare il giro dei quartieri dove vivevano le HiME rapite e, quando era stato possibile, si erano introdotti nei loro appartamenti. Ma non c'erano tracce.

"Nessun segno di lotta come puoi vedere," aveva detto Yamada con un largo gesto delle braccia.

"E' strano," aveva replicato lei, osservando dalla finestra dell'appartamento di Fumi. "Il loro rapimento non è avvenuto in piena notte, giusto?"

"Esatto," aveva confermato Yamada.

"Eppure Fumi vive qui, in pieno centro città mentre gli alloggi di Fuuka vengono completamente rinnovati. Il suo immobile si trova all'incrocio di due arterie stradali, e non ci sono porte di servizio."

"No, solo quella d'ingresso."

"Qualcuno se ne sarebbe accorto se avessero fatto uscire con la forza una donna dall'edificio, o se avessero trasportato una persona priva di conoscenza."

"Qui sì. Non è la stessa cosa per Shiho. La sua casa è abbastanza isolata perché riuscissero a rapirla, anche se avesse gridato a pieni polmoni."

"E Yukino vive in un quartiere residenziale abbastanza tranquillo. Non ci sono così tante persone, ma qualsiasi comportamento sospetto sarebbe stato notato dai vicini."

"Esatto."

"E per quanto riguarda Mai?"

"E' uscita da casa sua. Ma non è più tornata. Probabilmente è stata rapita durante il tragitto ma anche qui, nessun indizio o testimonianza."

"Potrebbe essere andata da qualcuno? Mikoto è con Reito. Tate dev'essere a casa sua. Ma credo che dopo le feste di Natale Takumi sia ripartito per gli Stati Uniti per un controllo medico."

"E' così. Ho verificato, nessuno di loro l'ha vista. Mikoto ha anche cercato di chiamarla al suo telefono fisso, ma non ha ottenuto nessuna risposta."

"Hai cercato di rintracciare il suo cellulare?"

"Sì. Ma niente."

"Niente?"

"Dovevano averli con loro durante il rapimento e devono averli messi fuori uso."

Shizuru si era avvicinata alla porta d'ingresso e aveva osservato la serratura.

"Non è stata forzata."

"Nessuna di loro," le aveva garantito l'uomo. "E tutte erano chiuse a chiave."

"Forse sono dei professionisti e quindi non lasciano tracce, ma una ex-HiME è più forte di qualsiasi persona normale," aveva riflettuto. "Avrebbero potuto essere sopraffatte, ma non senza lottare. I vicini avrebbero sentito o visto qualcosa, soprattutto negli orari in cui sono state rapite. Se volevano essere discreti avrebbero atteso la notte e che andassero a letto, sarebbe stato più semplice."

"Pensi che non importasse loro nulla di essere discreti?" Le aveva chiesto Yamada.

"Viene da pensarlo. Hanno ucciso il tuo osservatore e non si sono nemmeno preoccupati di nascondere il corpo..."

"No, ho dovuto farlo io," aveva commentato lui, scuro in volto. "E anche per quanto riguarda le HiME, le hanno catturate a qualsiasi ora e in qualsiasi luogo. Non è un comportamento molto professionale. E' come se agissero senza un vero piano, approfittando della prima occasione."

Avevano lasciato che un breve silenzio calasse su di loro, quando a Shizuru era venuta in mente di colpo una possibilità che Viola non aveva mai preso in considerazione.

"E se le HiME conoscessero il loro rapitore?" Questo avrebbe spiegato la mancanza di segni di lotta o di testimoni, di solito si segue qualcuno che si conosce senza fare storie. Ci si può addirittura fermare a chiudere tranquillamente a chiave la porta prima di salire sulla loro auto. Niente grida, niente scontri, nessuna persona priva di conoscenza.

"Delle vittime consenzienti? E' possibile, sì. Pensi a qualcuno in particolare?"

Per un attimo Shizuru aveva immaginato Reito commettere quei crimini. Ma anche se il ragazzo durante il Carnival aveva assunto il ruolo del cattivo, non era stato per sua scelta. Era poco probabile che fosse lui il colpevole. Nagi allora? Ma sia lui che Mashiro erano scomparsi chissà dove. Tra l'altro nessuna HiME si sarebbe mai fidata di lui abbastanza da seguirlo senza prima almeno avvertire le altre.

"No, non mi viene in mente nessuno."

"Compilerò una lista di potenziali indiziati."

"Va bene."

Non avendo più nulla da fare lì, erano usciti e Yamada si era assicurato di chiudere la porta di Fumi alle loro spalle. Avevano scassinato facilmente la serratura. La dimora della donna era temporanea, per cui non aveva badato a rafforzare la propria sicurezza. Ma con un padre detective, esperto sia in furti che in omicidi casalinghi, Yukino viveva in una casa circondata da catenacci e da allarmi. Compiere un'effrazione senza farsi prendere a casa di Fumi era facile, Shizuru e Yamada l'avevano dimostrato. Farlo a casa di Yukino era tutta un'altra cosa. Era questo uno dei motivi per cui Shizuru improvvisamente aveva pensato che potessero conoscere il loro rapitore.

Ai piedi dell'edificio, Yamada e Shizuru - Viola, secondo ciò che credeva l'informatore - si erano voltati faccia a faccia, salutandosi con un cenno del capo.

"Ah, a proposito," disse improvvisamente l'uomo porgendole un documento. "Mi sono detto che forse avresti voluto darci un'occhiata."

Shizuru non si era preoccupata di vedere cosa potesse essere e aveva messo il dossier nella propria borsa. Poi dopo un cortese inchino, aveva preso un'altra strada.


Si era fermata in un piccolo supermercato per comprare al volo qualcosa da mangiare. Il pensiero fugace di fare una corsa e tornare da Natsuki le era venuto in mente, ma alla fine Shizuru aveva proseguito il suo cammino verso un nuovo obiettivo: Miyu.

L'androide era molto più potente di qualsiasi computer mai creato dall'uomo. La ragazza ricordava di averle rivolto la parola forse una volta, ma per quel che ne sapeva Miyu aveva come unico obiettivo proteggere Alyssa Searrs. Shizuru aveva quindi sperato che accettasse di aiutarla se avesse saputo che Alyssa era in pericolo. Anche se, in tutta onestà, la ragazza dubitava che il Terzo Distretto avrebbe corso il rischio di avvicinarsi alla bambina sapendo della presenza dell'androide. Miyu era ancora al massimo delle sue capacità e poteva distruggerli facilmente, esattamente come Shizuru aveva distrutto il Primo Distretto con l'aiuto di Kiyohime.

Dopo la fine del Carnival, la ragazza aveva tenuto d'occhio alcuni dei suoi protagonisti per diffidenza e paranoia. Miyu e Alyssa erano su quella lista, e per raggiungerle le servì appena un'oretta scarsa con i mezzi pubblici.

Al suo arrivo aveva dedotto che Miyu doveva sicuramente essere dotata di un sistema di riconoscimento facciale, e che un berretto e un paio di occhiali non le sarebbero serviti a molto per celare la sua identità.

"Fujino Shizuru."

Non una domanda, e nemmeno un saluto, aveva pensato la ragazza. Una semplice indicazione che era stata riconosciuta e che l'androide l'avrebbe ascoltata.

"E' stata diramata la notizia della sua morte."

Di nuovo una constatazione. I suoi programmi avevano dovuto cercare di risolvere quel dilemma degno del gatto di Schrödinger. Forse la soluzione era stata trovata, oppure la cosa non aveva semplicemente importanza agli occhi dell'androide perché Shizuru fu invitata ad entrare senza fare domande.

Alyssa Searrs era tranquillamente seduta ad un tavolo e stava colorando qualcosa. Aveva solo gettato un'occhiata rapida e indifferente a Shizuru prima di tornare al suo lavoro.

L'incontro era quindi stato un faccia a faccia con un androide molto poco loquace. Ma alla fine era andata meglio di quanto Shizuru si fosse aspettata. Miyu aveva risposto a tutte le sue domande ed aveva perfino violato chissà quali server per ottenere i dati relativi al consumo energetico - elettrico in particolare - dell'intera isola di Fuuka. Un'idea per niente stupida, considerando che il laboratorio segreto del Terzo Distretto aveva bisogno di molta più energia di un normale immobile domestico. Tuttavia non avevano trovato nessuna pista. I più grossi consumi energetici provenivano da edifici pubblici: i pompieri, il commissariato, e l'ospedale era ovviamente in testa alla lista. Nessun'altra struttura presentava delle anomalie tra il proprio consumo energetico e la loro attività. Se il Terzo Distretto esisteva davvero, dovevano essersi trovati una copertura legale che mascherava perfettamente la loro esistenza.

Raccontando una parte della storia a Miyu, l'androide aveva proposto di fare ricerche nella compravendita legale e illegale dei prodotti necessari alla costruzione delle nanomacchine. Se erano arrivati a rapire delle HiME, voleva dire che il Terzo Distretto era riuscito a procurarsi tutti i prodotti e i materiali necessari. Per farlo però, Miyu doveva sapere che cosa fosse necessario per creare le nanomacchine. Shizuru si era ricordata che Viola aveva iniziato ad attaccare il Distretto proprio prendendo di mira la catena di distribuzione di un prodotto particolare. Ci aveva messo un po' a ricordarsi il nome di suddetto prodotto, in fondo Viola le aveva raccontato quella storia solo una volta, ma alla fine ci era riuscita.

Miyu aveva verificato tutto ciò che riguardava quel materiale con una precisione che nessun uomo dietro ad un computer altrettanto performante avrebbe mai potuto fare. Per un attimo Shizuru aveva iniziato a sperare, ma anche qui erano giunte ad un vicolo cieco.

Un ordine del prodotto era stato in effetti inviato diverse settimane prima ma il rafforzamento dei controlli della polizia - che Viola aveva innescato generando il caos all'interno delle bande mafiose - era servito, perché le autorità si erano impadronite della consegna.

Probabilmente altri ordini erano passati attraverso le maglie dei controlli, ma Miyu non era riuscita a scoprirli. Come pure Yamada, che non aveva mai trovato altri fornitori a parte il Boss Ishigami.

A corto di idee, Shizuru aveva salutato Miyu con la promessa che l'androide avrebbe continuato a cercare qualsiasi informazione utile. Soprattutto se la vita di Alyssa era in pericolo.

Anche se le intenzioni e gli sforzi erano stati apprezzati, la mancanza di indizi aveva continuato a minare il morale della ragazza.

Eccola lì quindi a sospirare per l'ennesima volta mentre infilava qualche moneta in un distributore, alla caccia di un thé caldo.

Lo sorseggiò con calma leggendo il dossier che Yamada le aveva lasciato. Una semplice analisi comparativa del DNA. La conferma che il corpo consegnato all'obitorio la settimana prima era quello di Shizuru Fujino. Ancora in vita, quest'ultima non riusciva ad accettare l'idea che ad essere stata sepolta fosse stata il suo io futuro.

Seguì con un dito le linee annerite di dati incomprensibili, prima di interessarsi ad una nota manoscritta. L'esperto aveva segnalato la presenza di ciò che sembravano essere strane macchine di taglia microscopica. Le nanomacchine. L'unico modo per distinguere veramente Viola da lei stessa. Shizuru chiuse il documento, e si diresse verso una cabina telefonica ancora in funzione. Non aveva avuto il tempo di chiamare Natsuki durante la giornata, soprattutto perché non voleva usare il cellulare di Viola e trovare una cabina telefonica in funzione al giorno d'oggi era un'impresa.

Digitò il numero di telefono fisso e attese. Il telefono suonò a vuoto, e alla fine entrò in funzione la segreteria telefonica. Shizuru si sentì prendere nuovamente dall'angoscia. Poi cercò di razionalizzare. Natsuki poteva essere sotto la doccia, o essere impegnata in una dozzina di altre piccole attività che le impedivano di rispondere. Aveva ancora delle monete, poteva provare a richiamarla. E così fece, ancora e ancora, alternando il numero di telefono fisso di Natsuki a quello del cellulare fino a finire tutte le monete che aveva. Ma nessuno rispose, né all'uno né all'altro.

Le sarebbe servita circa un'oretta per tornare a casa della ragazza usando i mezzi pubblici. E Shizuru già rimpiangeva di averla lasciata sola così a lungo senza attardarsi ulteriormente per ritrovarla. Malgrado i sempre più ridotti contanti, fermò un taxi e gli diede l'indirizzo, ansiosa di tornare da Natsuki e di ritrovarla immersa in uno dei suoi videogiochi oppure profondamente addormentata. L'alternativa a quella mancanza di risposte? Preferì non pensarci.


Al suo arrivo mezz'ora dopo non guardò nemmeno quanti soldi lasciò al tassista. Salì le scale quattro gradini alla volta senza attendere l'ascensore e raggiunse il piano di Natsuki. Aprì la porta con la chiave che la ragazza le aveva dato quella stessa mattina ed entrò nell'appartamento.

Le si strinse la gola. L'appartamento era immerso nell'oscurità e il silenzio era opprimente. Nessuna televisione accesa, né videogiochi. Shizuru chiamò Natsuki a gran voce e passò in rassegna tutte le stanze alla sua ricerca, senza preoccuparsi in quel momento di eventuali uomini del Terzo Distretto che, sorvegliando l'appartamento, potessero notarla.

Nessuno rispose.

Come nel caso di Fumi, Shiho, Mai, Yukino e Nao non c'erano tracce di lotta. E Natsuki non sarebbe mai uscita. Shizuru sapeva che l'avrebbe aspettata.

Natsuki aveva aperto la porta al Terzo Distretto e li aveva seguiti di sua spontanea volontà.

La ragazza si lasciò cadere sul divano con la sensazione che il mondo le fosse appena crollato addosso. La follia del Carnival si stava affacciando ai margini del suo spirito, in attesa di prendere il sopravvento sulla ragione.

Non era riuscita a proteggere Natsuki. Aveva fallito nel passato e avrebbe fallito nel futuro. Era scritto.

Shizuru scoppiò in lacrime, non sapendo dove andare, dove cercare. Non c'era più nulla che avesse importanza.


Poi infine...

Il cigolìo di una porta.

Quella d'ingresso che aveva lasciato spalancata. Il rumore di passi di due individui che cercavano di essere silenziosi. Non era Natsuki. Nessuno dei due lo era, Shizuru l'avrebbe riconosciuta anche solo dalla camminata.

La follia si agitò in lei, gridando vendetta ed esigendo la morte. Quanto alla ragione, sembrava avere esaurito gli argomenti e le idee.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


NDA: Sono sempre più produttiva quando dovrei studiare... vai a sapere perché.
Grazie a tutti i recensori, e come ringraziamento un capitolo uscito super velocemente (o comunque più rapidamente rispetto agli ultimi)!

A psycheforeros: oh è dura la vita senza computer! Personalmente, non ce la faccio. E' per questo che conservo anche i vecchi che sono buoni solo per aprire word (o programmi simili). Perché avere una pagina di word e una tastiera, è già tanto... Internet è un'altra storia (per il momento funziona, incrociamo le dita che continui così). Per quanto riguarda la fine di questa storia (in due capitoli che non ho ancora scritto) non ho ancora deciso se farla finire bene o male.
P.s. ho evitato di infierire sulla parte della scimmia e della liana anche se ero molto tentata. XD

A Guest: effettivamente fa 666, mdr. Non è grave, preferisco ampiamente ricevere una recensione in più piuttosto che un numero come quello. Ancora grazie e buona lettura :)

NDT: consiglio caldamente di rileggere gli ultimi tre capitoli (a partire dal rapimento di Mai) prima di questo, in modo da capire e godervi meglio la rivelazione finale XD Buona lettura anche da parte mia!


Capitolo 23

Nobu Kikugawa non era un uomo che si spaventava facilmente. Di carattere piuttosto posato e riflessivo, evitava spesso di giungere a conclusioni affrettate e procedeva sempre per tappe, con l'aiuto degli indizi e della logica. Era per via di queste sue qualità che era così bravo nel suo lavoro.

C'era solo una cosa in grado di sconvolgere l'ordine abituale della sua vita.

Sua figlia.

Yukino era la fonte delle sue più grandi gioie e soddisfazioni. Una ragazza terribilmente facile da accontentare e da amare. Un misto di timidezza e di eterna lealtà verso i suoi amici e la sua famiglia.

Aveva passato la vita a vegliare su di lei, come la luce dei suoi occhi. Anche se ultimamente, e in particolare in quell'ultimo anno, sua figlia si era allontanata da lui. Non era stata colpa di nessuno, solo le circostanze.

Nobu aveva faticato a sbarcare il lunario, e aveva lavorato più ore del previsto per pagare le cambiali e riempire il frigorifero. Sapeva che in qualunque momento, una semplice telefonata a Itsumi Suzushiro avrebbe potuto colmare i buchi del suo conto in banca ma, per orgoglio, la semplice idea gli era inconcepibile. Non voleva dovere niente a nessuno. Che sua figlia non pensasse mai di essere in debito o peggio, inferiore a chicchessia e soprattutto ai Suzushiro, la cui figlia Haruka era la sua migliore amica.

Il fatto era, tuttavia, che anche quando i due si erano allontanati l'uno dall'altra, Nobu aveva sempre saputo con esattezza dove si trovasse sua figlia. Non che la pedinasse, la ragazza faceva ciò che voleva - la maggior parte del tempo Nobu non sapeva neppure cosa facesse - ma voleva sapere dove fosse. Era la prima e più importante regola della famiglia Kikugawa.

Quando si indagava regolarmente su crimini e sparizioni, si imparava presto che simili avvenimenti potevano accadere in qualunque luogo e in qualunque momento. Nobu forse era pessimista, ma se qualcosa doveva succedere voleva avere una pista, un modo facile per rintracciare il percorso di sua figlia prima dell'eventuale tragedia.

L'uomo si era dato innumerevoli volte del paranoico, che cose simili non sarebbero mai accadute e che non valeva la pena rovinarsi la vita pensando continuamente al peggio. Malgrado tutto, aveva comprato a sua figlia un cellulare perché potesse sempre dirgli dove si trovava. E poiché per il suo lavoro talvolta era costretto a farlo, ed aveva quindi le conoscenze e i materiali per poterlo fare, aveva installato una pulce gps per sapere costantemente dove si trovasse Yukino. Le informazioni erano visibili in ogni momento sul suo cellulare.

D'abitudine, Nobu controllava sempre che il sistema funzionasse al mattino prima di andare al lavoro.


Quella mattina Nobu era partito presto. Poiché Itsumi era stata sospesa e gli aveva detto che il dossier Otome era stato archiviato con la morte di Shizuru Fujino, l'uomo aveva accettato un nuovo incarico. La storia, noiosa per un detective, di una donna che pensava di essere tradita. Nulla di interessante, e che gli richiedeva di prendere il traghetto. Ma il lavoro era ben pagato e non voleva rischiare di ritrovarsi di nuovo in difficoltà finanziarie. Una buona parte del generoso stipendio di Itsumi era già stata spesa nelle riparazioni del suo vecchio furgone e della casa.

Uscendo di casa, il segnale gps gli indicò che sua figlia era in camera sua dove sapeva che stava ancora dormendo.

E scendendo dal traghetto, una rapida occhiata gli disse che la ragazza era ancora a casa loro.

La mattinata fu tuttavia abbastanza impegnativa, e l'uomo non ebbe occasione di verificare nuovamente il segnale. Verso le due o tre del pomeriggio però, mentre beveva un caffé amaro comprato da un distributore automatico, lanciò un'occhiata distratta al suo telefono prima di rimetterlo in tasca. Per via dell'abitudine, aveva guardato senza davvero vedere la presenza del segnale. Ma quando fu sul punto di risalire sul suo furgone con cui aveva percorso il tragitto dal traghetto, qualcosa lo infastidì. Una sensazione confusa e opprimente. Come un bisogno impellente di trovarsi da un'altra parte. Un forte istinto.

Nobu aveva percorso con lo sguardo la strada, alla ricerca di un pericolo che potesse scatenare in lui delle sensazioni così strane. Ma la via era tranquilla, un po' vuota a quell'ora in cui la gente era al lavoro. L'uomo aveva quindi tirato fuori nuovamente il suo telefono per verificare dove si trovasse sua figlia.

Il suo cuore aveva smesso di battere per un istante. Lo schermo non mostrava il minimo segnale. Nobu inspirò profondamente. Era da stupidi cadere nel panico per così poco. Come qualsiasi materiale elettronico, la pulce gps doveva avere sicuramente qualcosa che non andava.

Chiamò la figlia. Prima sul telefono fisso. Quando era a casa, lasciava spesso il suo cellulare in camera. Poi, visto che non rispondeva, sul cellulare. Yukino poteva essere uscita, ed essersi dimenticata di dirglielo. Nulla di eclatante. La ragazza era umana, una dimenticanza era un errore frequente.

Ma nessuno rispose, nemmeno al cellulare.

Nobu sentì crescere l'angoscia dentro di sé, e dovette sforzarsi di pensare con calma. Yukino non aveva lezioni quel giorno, per via dei funerali delle sue due compagne di classe. Se non era né a casa né a Gakuen Fuuka, non poteva trovarsi che a casa di Haruka.

L'uomo chiamò quindi il numero fisso dei Suzushiro, aspettandosi già di essere preso in giro da Itsumi che lo chiamava costantemente Papà Iperprotettivo.

Nobu preferiva di gran lunga definirsi Papà Previdente.


Ottenne risposta al primo squillo.

"Parla Suzushiro."

"Itsumi-san? Sono Nobu."

"Ah, Nobu-san! Temevi che fossi tornata a lavorare malgrado la mia sospensione?"

"No, no," rispose lui. "Volevo solo assicurarmi che Yukino fosse a casa tua."

Itsumi lasciò cadere un breve silenzio.

"Non che io sappia, lasciami verificare."

Mentre attraverso il ricevitore Nobu sentiva Itsumi spostarsi, quest'ultima riprese la conversazione con il chiaro scopo di tranquillizzare l'amico.

"Ho detto mille volte a mio marito che con una casa così grande Haruka potrebbe organizzare una festa in nostra presenza senza che noi nemmeno ce ne accorgessimo."

"Haruka-san non lo farebbe mai. E' fin troppo rispettosa delle regole."

Itsumi rise. Haruka aspirava da tempo a diventare presidentessa del Consiglio Studentesco, ma non era un segreto per nessuno che era tagliata per fare la direttrice esecutiva. Come sua madre, aveva un dono nell'applicare e fare rispettare le regole. Crearle richiedeva tutta un'altra serie di competenze.

Di recente, la ragazza aveva dichiarato che quelli che sostenevano che 'le regole sono fatte per essere infrante' non fossero altro che dei cretini che non avevano evidentemente capito il significato della parola 'regola'. Aveva poi borbottato una sequela di nomi tra i quali Kuga e Yuuki erano stati ripetuti di frequente e accompagnati da bestemmie colorite.

Itsumi trovò finalemente sua figlia, intenta a leggere un manuale scolastico con tutta l'attenzione che ci si poteva aspettare da lei.

"Haruka," chiamò sua madre mettendo una mano sopra al ricevitore.

"Hm?"

"Yukino è qui per caso?"

"Yukino? No, perché?"

"Non sai dove potrebbe essere?"

"A casa sua. Mi ha detto che non sarebbe uscita oggi. Ma potrebbe avere cambiato idea. Perché?" Chiese la ragazza a sua volta.

Haruka aveva completamente perso interesse nella lezione. Itsumi le fece segno di aspettare.

"Nobu?"

"Sì, sono sempre qui."

"Yukino non è a qui. Sei sicuro che non sia a casa vostra?"

"Non so. Non ha risposto."

Non le disse che la pulce gps non funzionava. Itsumi gli aveva sconsigliato di usarla, affermando che la cosa era un attentato ai diritti fondamentali di libertà e di privacy di qualsiasi persona.

"Potresti... andare a dare un'occhiata? Cercherò di prendere il prossimo traghetto, ma mi ci vorrano almeno due ore prima di essere a casa."

"Nobu, calmati," insistette Itsumi. "Forse Yukino non ha sentito il telefono, oppure stava facendo un bagno. Potrebbe perfino essere uscita a fare una passeggiata. Fa freddo, ma il tempo è bello."

"E' che..."

"Che sei un papà iperprotettivo," lo interruppe Itsumi.

"Okay, può essere. La cosa non mi impedisce," confessò l'uomo, "di avere messo una pulce gps nel suo cellulare."

Itsumi lasciò che un silenzio eloquente gli facesse capire cosa pensasse di quella decisione.

"E allora qual è il problema?"

"Il segnale è scomparso."

"Scomparso?"

"Sì, è sparito."

"Forse ha voluto un po' d'intimità ed è andata da qualche parte dove non voleva che tu ficcassi il naso, detective! Magari dal suo ragazzo?"

"Yukino non ha nessun ragazzo," le risposero in coro.

Itsumi alzò gli occhi al cielo sentendo la risposta di sua figlia e del suo amico. Evitò di dire a Nobu che i figli potevano tranquillamente nascondere questo tipo di informazioni ai loro genitori, soprattutto se suddetto genitore era un ansioso paranoico che di mestiere faceva il detective privato e che molto probabilmente avrebbe ficcato il naso nella vita intera del primo ragazzo che avesse attirato l'attenzione di sua figlia. Però non c'era motivo per cui Haruka non ne fosse al corrente, se Yukino aveva un fidanzato.

Quindi... Itsumi voleva ben credere che la sua ipotesi fosse falsa.

"Vuoi che vada a dare un'occhiata a casa tua? Va bene, ci vado. Devo ancora avere la chiave da qualche parte. Ne approfitterò per verificare la tua dozzina di allarmi, e setacciare la tua casa con la professionalità di un poliziotto alla ricerca di indizi su una persona scomparsa. In ogni caso, non ho niente di meglio da fare."

Nobu era pronto a subire la derisione della sua amica pur di avere la certezza che sua figlia fosse al sicuro.

"Bene, sarò lì tra un paio d'ore," disse in tono serio prima di riagganciare.


Itsumi scosse dolcemente la testa, divertita e allo stesso tempo preoccupata per quel padre di famiglia fin troppo ansioso secondo la sua modesta opinione.

"Ci sono dei problemi? E' successo qualcosa a Yukino?"

Anche Haruka era inquieta. Già sul punto di allacciarsi le scarpe e infilarsi il cappotto.

"No, penso che Nobu sia preda di una delle sue crisi di panico. Ma andare a vedere non costa nulla."

Itsumi aveva avuto a che fare con suddette crisi di panico diverse volte. Sei anni prima, aveva quasi sguinzagliato una dozzina di poliziotti per ritrovare la bambina. Che in realtà aveva solo mezz'ora di ritardo perché all'uscita da scuola era andata a mangiare un gelato. Per essere un uomo così posato e riflessivo, Nobu perdeva la testa quando si trattava di sua figlia e pensava sempre al peggio.

Itsumi non prendeva più sul serio quelle che lei chiamava 'crisi di panico', ma ogni volta verificava sempre che non ci fosse nulla di serio.

"Ti accompagno," decise Haruka, già pronta ad uscire.

Itsumi si preparò a sua volta e decise di prendere l'imponente 4x4 familiare per andare a casa dei Kikugawa.

Non ci volle molto tempo, e Haruka fu la prima a saltare giù dall'auto per andare a bussare alla porta della sua amica.

"Yukino," urlò. "Yukino! Apri!"

Alla fine Itsumi tirò fuori la chiave che Nobu le aveva dato ed entrò in casa.

Le luci erano spente, la casa silenziosa e l'allarme in funzione. Sembrava che Yukino fosse uscita. La donna disattivò l'allarme dopo essersi ricordata il codice poi fece il giro della casa per assicurarsi dell'assenza della ragazza, mentre Haruka preferì andare subito nella camera della sua amica.

In effetti Itsumi trovò strano che Yukino, normarlmente così premurosa, si fosse dimenticata di avvisare suo padre che sarebbe uscita. Se si aggiungeva poi la pulce gps difettosa, o la ragazza non voleva che Nobu scoprisse ciò che stava facendo oppure le era successo qualcosa. Tuttavia, se avesse voluto che suo padre non scoprisse dove si trovava avrebbe potuto semplicemente lasciare il cellulare a casa.

Itsumi sospirò tra sé e sé, infastidita nel trovarsi a provare la stessa angoscia di Nobu. Poteva aspettare un'oretta per vedere se Yukino tornava prima di compilare una lista di potenziali sospettati, decise accendendo la televisione. Haruka la raggiunse ben presto, con un evidente cipiglio sulla fronte.

"Anche tu sei preoccupata," finì per dirle.

"Yukino non sparirebbe mai in questo modo."

"Non è scomparsa, probabilmente è solo uscita," ripeté sua madre.

"La cosa non mi tranquillizza... con Yuuki e Bubuzuke..."

Itsumi fece una smorfia e attirò Haruka a sé. Dimenticava spesso che sua figlia conosceva le due ragazze 'sepolte' quella settimana.

"Non ti preoccupare, Haruka. Non c'è nessun legame tra Fujino-san, Yuuki-san e Yukino, okay?"

A quella frase, Haruka s'irrigidì e si separò dall'abbraccio della madre.

"Davvero?" Mormorò, così dolcemente che Itsumi faticò a sentirla.

Sembrava una domanda retorica piena di sarcasmo. Una risposta insolita per sua figlia. Il suo fiuto di investigatrice percepì che c'era qualcosa sotto.

"Haruka. Cosa intendi dire?"

"Nulla," balbettò improvvisamente la ragazza.

Haruka era una pessima bugiarda. Anche solo con quella semplice risposta Itsumi capì che stava mentendo.

"Haruka," insistette. "Non è un gioco. Due ragazze sono morte, se sai qualcosa a riguardo me lo devi dire!"

La ragazza spostò lo sguardo da sua madre alla televisione.

"Haruka!"

"Tu... tu non mi crederesti mai, neppure se te lo dicessi."

Itsumi non aveva mai visto sua figlia apparire così vulnerabile.

"Haruka," le disse dolcemente. "Sai qualcosa sulla morte di Yuuki-san o Fujino-san? Sono legate all'assenza di Yukino?"

"No," rispose la ragazza. "Yukino non ha niente a che fare con quella storia. Ma... non era un segreto per nessuno che Yuuki e Bubuzuke non andassero d'accordo. Yuuki detestava Shi- Fujino."

"Haruka, le indagini non hanno mai fatto emergere una cosa simile. Al contrario, sembra che Yuuki-san e Fujino-san non si conoscessero nemmeno. Il loro unico legame era di essere entrambe studentesse a Gakuen Fuuka."

Haruka restò con lo sguardo ostinatamente fisso sulla televisione.

"Pensi che ci sia un legame con la scomparsa di Yukino?"

La ragazza sembrò esitare.

"C'era un... euh... un gruppo."

"Un gruppo?"

"Sì... io... non posso dirti esattamente cosa facessero, ma..."

"Yuuki-san e Fujino-san facevano parte di questo 'gruppo'?"

"Sì, insieme a Yukino. E ad altre nove ragazze."

Itsumi raggelò. Perché quei numeri la mettevano così a disagio? Perché nove più tre faceva dodici, proprio il numero di cavie del Progetto Otome nel quale Itsumi era stata convinta che Shizuru Fujino fosse coinvolta in qualità di Ametista.

Spero davvero che lei riesca ad impedire quegli orrori

La voce di Shizuru Fujino al termine del suo interrogatorio le risuonava ancora chiaramente nella testa. Un desiderio, una richiesta di impedire che il Progetto Otome si realizzasse, di lasciare che dodici ragazze diventassero topi di laboratorio. Fujino era legata in un modo o nell'altro a quel Progetto, e a un gruppo che contava lo stesso numero di ragazze.

"Chi sono le altre?"

"Oka-san, io..."

"Haruka, è importante."

Dopo un'ultima esitazione, sua figlia le fornì i nomi.

Itsumi si alzò subito e chiamò un vecchio collega che era in debito con lei.

"Hey Suzushiro, approfitti delle vacanze?"

"Sospensione," corresse lei. "E no. Ho bisogno di chiederti un favore."

"Sì?"

"Sto per inviarti una lista di nomi, trovami i loro indirizzi, numeri di telefono e tutto ciò che hai su di loro, okay?"

"Sissignora," rispose l'uomo senza altri cenni di curiosità. "Lo faccio subito."

Nemmeno dieci minuti dopo, il suo cellulare squillò.

"Suzushiro?"

"Cos'hai scoperto?"

"Hm, un uomo di nome Munakata è venuto a denunciare la scomparsa di sua nipote Shiho Munakata ieri sera. Non è un caso prioritario perché la scomparsa risale a meno di 24 ore fa."

"Quando è successo?"

"Ieri in giornata, pare. Ti mando via mail ciò che ho scoperto riguardo alle altre."

Munita di un taccuino, Itsumi scrisse i nomi delle dodici ragazze del gruppo nominate da Haruka, tracciò una croce su Fujino e Yuuki per indicare la loro morte, poi tracciò un cerchio intorno a Yukino e Shiho per indicare la loro scomparsa.

Afferrò il telefono fisso di Nobu e iniziò a digitare i numeri di telefono ottenuti dal suo collega delle successive persone in lista.


Reito Kanzaki rispose per conto di sua sorella Mikoto Minagi, prima di passare il telefono alla ragazzina che domandò con voce infantile ed energica chi parlasse. Itsumi esitò ma si presentò in qualità di ispettrice Suzushiro.

"E' per via di Mai?" Domandò l'adolescente.

La donna fissò la lista e notò il nome di Mai Tokiha.

"No, perché? E' successo qualcosa a Tokiha-san?"

"Non risponde più alle mie chiamate," si lamentò la ragazzina. "Mai risponde sempre alle chiamate! E Ani-ue mi ha accompagnato a trovarla stamattina, ma non c'era."

Itsumi fece una smorfia e cerchiò il nome di Mai Tokiha con un punto interrogativo. Da verificare.

"Se la trovate, ditele di chiamarmi!"

"Certamente," la rassicurò Itsumi.

"Mi saluti Haruka," aggiunse la ragazzina prima di riagganciare.


In effetti, telefonando a Mai Tokiha nessuno rispose.


Akane Higurashi sembrava triste, molto colpita dalla perdita di Yuuki e Fujino ma comunque si trovava al sicuro a casa propria.


Sorella Yukariko Sanada sembrava molto impegnata a giudicare dalle grida di un neonato, e quasi sbatté il telefono in faccia ad Itsumi. Sana e salva.


Akira Okuzaki fece mostra di una totale indifferenza nell'essere chiamata da un membro della Polizia di Fuuka. Anche lei sana e salva.


Fumi Himeno al contrario non rispose, e Itsumi fece un cerchio intorno al suo nome con un nuovo punto interrogativo.


Quanto a lei, Midori Sugiura sembrò diffidare della sua chiamata.

"E mi telefona per quale motivo?"

"Lei è una professoressa di Gakuen Fuuka, giusto? Sto indagando sulla morte di Fujino-san e Yuuki-san," affermò Itsumi a sangue freddo.

"Ah... non vedo cosa io possa dirle sull'argomento."

"Sa se le due ragazze si conoscevano?"

Silenzio.

"Sì, è possible. Erano in classi diverse, ma Nao Yuuki veniva spesso messa in punizione. Da sua figlia tra l'altro, Suzushiro-san. Certamente si saranno incrociate nelle stanze del consiglio studentesco."

Delle mezze verità, pensò Itsumi.

"Sto cercando di contattare Fumi Himeno, non sa dove si trova per caso?"

"Ah, bella domanda! So che la scuola è chiusa per via delle morti delle nostre studentesse, ma stamattina doveva occuparsi di alcuni documenti amministrativi. Difficile sapere dove sia."

"Bene, grazie per la sua collaborazione," terminò Itsumi.


La donna vide la terza chiamata di Nobu, cui non rispose.

Le restava ancora una persona del 'gruppo' da chiamare.

"Pronto?"

La voce risuonò bassa e roca, uno strano misto di timore e speranza.

"Kuga-san?"

"Chi la cerca?"

E ora diffidenza.

Itsumi si ricordò di Natsuki Kuga, l'aveva vista il giorno prima al funerale di Shizuru Fujino. Le era sembrata distrutta. Inconsolabile. Eppure non c'era più traccia di quelle emozioni nella sua voce.

"Sono l'ispettrice Suzushiro."

"Ah... cosa vuole?"

Il tono non era cambiato. Forse si era aggiunta un pizzico di collera.

"Chiamo riguardo agli omicidi di..."

"Lo so. Ho anche sentito dire che lei è stata cacciata dalle forze dell'ordine per errori professionali."

Nessuna delle altre aveva rivelato di essere a conoscenza di quell'informazione. Natsuki pensò evidentemente che quello scambio non meritasse ulteriormente il suo tempo e riagganciò.

Ma almeno si trovava a casa propria.


Itsumi osservò i dodici nomi. La metà era cerchiata o accompagnata da una croce. Tante per una piccola isola come Fuuka, ancora di più per un gruppo di dodici persone. La donna si voltò nuovamente verso Haruka.

"Questo gruppo? Tu non ne facevi parte?"

"No."

"E Yukino invece sì?"

"Sì."

"Perché tu no?"

"Non si sceglieva di farne parte. Era... era così e basta."

"Così come?"

"Non posso dirtelo."

Itsumi afferrò sua figlia per le braccia e la fece voltare verso di sé.

"Le ho chiamate tutte. Quattro di loro non hanno più dato segni di vita tra ieri e oggi. Che cos'è questo gruppo?"

"Niente, è... non mi crederesti mai se te lo dicessi."

Itsumi lasciò passare un breve silenzio.

"Erano diverse?"

"Sì," Haruka esitò.

"Più forti, più resistenti di un normale essere umano."

"Come fai a sapere che..."

Itsumi si ricordava i dettagli del dossier sul Progetto Otome, e le conclusioni del professore che era andata ad interrogare insieme a Nobu. La necessità di disporre di cavie particolari, più forti della media per sperare che resistessero e sopravvivessero alle nanomacchine. Non serviva a niente perdere tempo su come un simile gruppo avesse potuto formarsi, o su come avessero ottenuto ciò che le rendeva diverse. La cosa più importante era che sembrava che il Progetto Otome si stesse svolgendo sotto i suoi occhi e lei avesse una possibilità di poter bloccare le cose.

Impedire quegli orrori.

Non era sua abitudine coinvolgere la famiglia nelle sue indagini, ma per una volta forse sarebbe stato necessario. Haruka sembrava avere alcuni pezzi mancanti del puzzle.

"Pensi che la sparizione di queste ragazze sia legata agli omicidi di Yuuki-san e Fujino-san?"

Itsumi la pensava così.

"Non lo so. E' successo qualcosa a Yukino?"

La paura e la rabbia di perdere qualcuno cui teneva brillavano nello sguardo di sua figlia.

Se voleva sperare di comprendere la situazione, doveva fare le domande giuste.

Non ebbe il tempo però di continuare la discussione perché la porta di aprì di colpo e apparve Nobu, senza fiato e in preda al panico.

"Perché non rispondi alle mie chiamate?! Dov'è Yukino?"

Itsumi lanciò un'occhiata dispiaciuta al suo amico, poi fece cenno ad Haruka di aspettare lì.

Trascinò Nobu nell'ufficio di quest'ultimo e gli raccontò ciò che aveva scoperto in quelle ultime tre ore. Alla fine l'uomo sprofondò sulla sua sedia, con gli occhi velati di lacrime.

"No, devi sbagliarti. E' vero... sono un po' paranoico, probabilmente è fuori a fare una passeggiata," disse.

In un altro tempo e in un altro luogo, Itsumi avrebbe potuto sorridere davanti al loro rispettivo cambio di mentalità.

"Lo vedi," continuò l'uomo, "anche tu a forza di pensare continuamente a quel dossier vedi dei collegamenti in cose che tra loro non c'entrano nulla."

Itsumi non trovò una risposta da dargli. Poi Nobu sembrò improvvisamente ricordarsi di una cosa.

"Giusto! Ho installato di recente delle telecamere dentro casa, sono sicuro che vedremo che Yukino è solo uscita a fare due passi."

L'immagine non era molto nitida, mal inquadrata e non c'era audio. In effetti, videro Yukino andare ad aprire la porta e restare qualche minuto sulla soglia a parlare, senza che si potesse vedere chi c'era sul portico o di cosa parlassero. Con un'espressione preoccupata, Yukino ripassò davanti alla telecamera, scomparve e riapparve di nuovo con le scarpe e il cappotto indosso. La videro mettere l'allarme e uscire.

Itsumi e Nobu si scambiarono un'occhiata. Il rapimento era avvenuto alle 8h37 del mattino, circa dieci ore prima. Era passato troppo tempo per una semplice passeggiata. L'uomo si stava facendo sempre più pallido, e ciò che prima era angoscia si stava trasformando in puro panico.

"La troveremo."

"Prima o dopo che faccia la fine di Fujino-san e Yuuki-san?" Ribatté amaramente Nobu.

Se tutti i rapimenti erano collegati, Fujino-san e Yuuki-san non erano sicuramente morte per caso. Doveva esserci un motivo dietro ai loro decessi. Fujino-san, almeno, era profondamente legata a quella storia ed era a partire da quel legame che Itsumi contava di approfondire la faccenda.

"Haruka," chiamò.

Sua figlia arrivò, con un'espressione sempre più ansiosa. Fujino era morta, non avrebbe potuto ricavare da lei le informazioni che cercava. Ma la ragazza era ancora giovane, a quell'età si avevano spesso degli amici, dei migliori amici o un confidente qualunque con cui si condividevano le cose importanti e a volte i fardelli troppo pesanti da portare da soli.

"Fujino-san teneva a qualcuno in particolare?"

"Sì. Kuga, era la sua persona più importante."

Quella formulazione le parve strana, ma Itsumi non ci si attardò. Effettivamente Kuga era sembrata la persona più colpita dalla morte di Shizuru, e le era sembrata sulla difensiva durante la sua chiamata. Sarebbe dovuta passare da lei.

Non per telefono, però. Era una conversazione che avrebbe dovuto fare faccia a faccia.

Itsumi riverificò il suo indirizzo sulla lista di nomi e si diresse verso il suo fuoristrada. Con Nobu e Haruka alle calcagna.


La follia era una vecchia compagna di Shizuru. Era emersa una sola volta, e sangue era stato versato. A partire da quel momento la ragazza si era premurata di tenerla sotto controllo, nelle profondità del suo essere. Non aveva mai pensato che potesse un giorno liberarsi nuovamente.

Viola era stata un riflesso del suo futuro che malgrado le difficoltà non era mai caduta nella follia. Perché? Come aveva fatto Viola a restare sana di mente dopo tutto quello che aveva passato? Aveva visto Natsuki morire davanti a suoi occhi. Era perché aveva iniziato a rendersi conto del suo potere, della sua capacità di tornare indietro nel tempo? Era perché sapeva di poter ricominciare la partita dall'inizio?

Shizuru non aveva ancora delle nanomacchine nel sangue che potessero darle una seconda possibilità. Era quella la differenza che determinava la sua razionalità? O semplicemente avrebbe ottenuto un miglior controllo sui suoi demoni con il tempo?

La ragazza non lo sapeva e per il momento non le importava. Con agilità era scivolata nelle stanze ancora immerse nel buio, disarmata forse ma non nondimeno terribilmente pericolosa. Conosceva perfettamente quell'appartamento. I due intrusi invece erano più incerti. Non avevano ancora acceso la luce.

"Cosa c'è?" Tuonò una prima voce.

"Credo ci sia qualcuno," fu la risposta sussurrata.

Persona intelligente, pensò Shizuru. I suoi occhi si erano abituati all'oscurità, e distingueva adesso una delle due figure - un uomo - procedere a tastoni lungo il muro di fianco alla porta d'ingresso. Ma l'appartamento per un fastidioso difetto di costruzione aveva l'interruttore della luce più lontano, lungo il corridoio.

Il secondo individuo preferì usare una torcia con cui esplorò una parte della stanza.

"Kuga-san?" Chiamò la voce.

La figura con la torcia aveva una pistola. Il fascio luminoso la faceva luccicare nell'oscurità. La paura e la rabbia aumentarono in Shizuru. Tese i muscoli e restò incollata al muro, aspettando che l'individuo armato si avvicinasse. La ragazza sapeva di essere più forte di un uomo. Se si fosse impadronita dell'arma, poiché la seconda persona pareva essere disarmata, non avrebbe più corso nessun rischio.

Esalò un respiro tremante e si concentrò sulle tracce degli intrusi. Il fascio luminoso si avvicinava. Shizuru si tese sempre più al suo arrivo poi, una volta che fu a portata, saltò. Il cannone dell'arma deviò durante l'attacco sparando a vuoto e gli avversari rotolarono per terra, le loro ombre disegnate dalla torcia caduta durante l'assalto. Malgrado la sua forza, Shizuru non ebbe così facilmente la meglio nello scontro. Il suo aggressore o la sua vittima - questione di punti di vista - possedeva una tecnica di lotta a mani nude che non conosceva. Il loro respiro era pesante, e delle grida e dei colpi risuonarono. Malgrado tutto Shizuru sentì solo il sangue pulsarle nelle orecchie, sorda a qualsiasi altro rumore. L'adrenalina stimolava la follia e iniziava lentamente ma inesorabilmente ad erodere il resto della sua ragione.

Poi improvvisamente la luce della stanza abbagliò i protagonisti, permettendo al secondo individuo di distinguere il proprio alleato dal loro aggressore. Shizuru non seppe cosa la colpì, ma la botta le arrivò nel punto esatto in cui Natsuki l'aveva colpita la sera prima. Il suo zigomo già malridotto le inviò un'ondata di dolore così intensa a quel nuovo colpo appena ricevuto che la sua testa si piegò all'indietro. Immediatamente il primo individuo, che prima era armato, le saltò sopra e la bloccò a terra, tirandole le braccia all'indietro.

Shizuru gemette di dolore, poi sentì il rumore caratteristico delle manette e il freddo metallo ormai ben noto chiudersi intorno ai suoi polsi. La afferrarono poi senza riguardo, prima di spingerla sul divano.

"Merda," sentì borbottare. "Mi ha rotto il naso."

Un sorriso divertito spuntò sulle labbra di Shizuru a quella notizia, poi la ragazza si costrinse ad aprire entrambi gli occhi - uno dolorante dopo il colpo ricevuto in pieno viso - e aspettò che la vista le tornasse a fuoco. Per fortuna si era tolta le lenti a contatto colorate, non osava immaginare cosa sarebbe successo se il vetro si fosse rotto in seguito allo scontro.

Poi le due figure sfocate si fecero finalmente più chiare.

"Suzushiro-san?" Gracchiò.

Avrebbe potuto riconoscere tra mille la donna malgrado il naso sanguinante - sangue che le colava al momento lungo tutta la parte inferiore del suo viso.

Mentre con una mano si teneva il naso, la poliziotta allungò la mano verso Shizuru che chiuse istintivamente gli occhi per il timore di essere colpita una seconda volta. Invece la donna le tirò indietro il berretto che non si era tolta per tutta la giornata.

Un respiro, poi...

"Fu- Fujino-san?"

Ah, sì... pensavano che fosse morta.

Di fronte alle loro espressioni sorprese e sgomente, Shizuru cercò di formulare una giustificazione plausibile ma non ebbe il tempo di trovarne una perché la porta d'ingresso si aprì nuovamente.

"Ho sentito un colpo di pistola... va tutto bene?"

Itsumi Suzushiro si voltò verso sua figlia.

"E quando tu senti un colpo di pistola ti precipiti dritta verso la sua fonte. Cosa ti avevo detto, Haruka?"

"Io..." iniziò a volersi difendere la ragazza.

Poi il suo sguardo si spostò su Shizuru.

"Bubuzuke?!"

Shizuru fece una smorfia al grido di Haruka.

"Ma... ma tu sei morta! Ero al tuo funerale! Come puoi essere ancora qui?"

"E' quello che vorremmo sapere tutti," disse Itsumi riportando la sua attenzione su Shizuru.

"Ara, potremmo discuterne in modo civile. Senza le manette."

"Assolutamente no," esclamò Itsumi. "Mi sei saltata addosso e mi hai rotto il naso."

Shizuru si accigliò. Il colpo l'aveva per metà rintronata, ma stranamente le aveva rimesso a posto le idee. La follia non era mai troppo lontana ma per il momento non c'era pericolo di vederla prendere il sopravvento sulla sua ragione.

"Mi lasci," ribatté. "Non ho tempo per queste cose. Il mio attacco è stato di legittima difesa. Siete entrati per effrazione."

"E tu allora?!"

"Natsuki mi ha dato una chiave."

"Dov'è Kuga-san a proposito?"

Shizuru strinse i denti.

"Se solo lo sapessi," disse in un sibilo. "Devo trovarla, mi lasci andare."

"Come fai ad essere in vita?" Insistette invece Itsumi.

"Mi lasci andare!" Ordinò Shizuru alzando la voce. "Devo trovare Natsuki. Mi può fare tutte le dannate domande che vuole più tardi."

"Ha ragione," intervenne Nobu. "Dobbiamo trovare Yukino e le altre."

"Cosa sai di questi rapimenti?" Riprese Itsumi mantenendo lo sguardo fisso sulla ragazza.

Shizuru si permise una risata sarcastica.

"Non intendo risponderle. Mi lasci andare."

"Bene, allora ti porto al commissariato. Sono certa che saranno curiosi di sapere perché non sei dentro un'urna in questo momento."

"Non ci andrò," affermò la ragazza.

"Posso assicurarti di sì. Sono una poliziotta, se ti dico di seguirmi al commissariato tu mi segui e basta."

"Lei non è più una poliziotta," ribatté la ragazza in tono aggressivo quando Itsumi cercò di afferrarla per trascinarla con la forza all'esterno.

Di colpo Shizuru - che aveva iniziato a dibattersi - si fermò. Davanti a quella reazione inaspettata Itsumi smise di tirarla, e la scena e i suoi protagonisti si immobilizzarono in una strana maniera.

"Lei è una poliziotta," mormorò Shizuru in tono inespressivo. "Rappresenta l'ordine e la legge, per servire e proteggere i cittadini, giusto?"

Itsumi lanciò un'occhiata dubbiosa prima verso Nobu e poi sua figlia prima di annuire.

"Non c'è quindi ragione di rifiutare di seguirvi. Soprattutto quando non si ha nulla da nascondere." Era una riflessione emersa per conto proprio. Una riflessione talmente semplice, ma cui non aveva mai avuto motivo di pensare in passato.


Chi era il Terzo Distretto? Una parte di un'organizzazione che conduceva degli esperimenti illegali abbastanza potente da non essere nota a nessuno, incredibilmente ben celata agli occhi di tutti.

Il Carnival era stato oggetto di studio del Primo Distretto, e se c'era mai stato un evento difficile da nascondere, quello doveva essere in cima alla lista. Shizuru, come le altre del resto, aveva pensato che le ripercussioni del Carnival fossero state gestite - insabbiate - dal Primo Distretto, che avesse quindi dei rappresentanti nei servizi d'urgenza e tra le autorità. Questo avrebbe spiegato la mancanza quasi totale di un'inchiesta riguardante la distruzione del ponte di Fuuka e dell'Accademia.

Ma gli agenti di polizia, più precisamente il loro numero, era rimasto lo stesso dopo la distruzione di tre dei quattro Distretti.

Ancora senza la minima indagine.


- Viola avrebbe dovuto rallentare il Progetto. Dopo tutto, i prodotti necessari per la costruzione delle nanomacchine erano stati confiscati dalla polizia.

Forse il dossier riguardante il Progetto OTOME che era nelle mani del commissariato non avrebbe mai suscitato l'apertura di nessuna inchiesta, ma avrebbe dovuto almeno preoccupare il Terzo Distretto - spingerli a farsi ancora più cauti, fino a rallentarli.

Eppure le HiME erano state rapite prima del tempo.

Perché alla fine, quello stesso dossier non conteneva forse una quantità fenomenale di appunti sui problemi e i malfunzionamenti delle nanomacchine? Non era forse un resoconto dei prossimi tre anni di ricerca condotta sulle HiME, in un documento che era accessibile a chiunque all'interno del commissariato?


- Itsumi Suzushiro era stata la sola a credere in quel dossier, ed era stata espulsa dalle forze dell'ordine per un errore che non poteva realmente esserle imputato.


- Miyu aveva rilevato che il commissariato consumava tanta energia quanto l'ospedale, con i suoi reparti di cura e di ricerca.


- Commissariato che tra l'altro era l'unico edificio dell'isola a non essere mai stato ristrutturato, malgrado le numerose offerte più che generose avanzate dai Suzushiro.


- Sembrava che gli investigatori avessero volontariamente chiuso gli occhi di fronte alla patetica messa in scena che Shizuru aveva creato per coprire le tracce di Natsuki e le proprie sulla scena degli omicidi di Viola e Nao.


- Il medico legale aveva omesso di precisare la presenza delle nanomacchine nei corpi di queste ultime. Altrimenti l'inchiesta non si sarebbe conclusa così rapidamente, e sarebbero state avviate delle ricerche per capire che cosa fossero.


- E il Terzo Distretto quando rapiva le sue vittime se ne fregava di lasciare dietro di sé dei cadaveri, come l'uomo che era stato ucciso durante il rapimento di Yukino. Se ne fregavano delle indagini. Dopo tutto, a condurle erano loro.


- E Itsumi stessa l'aveva appena detto. Quando un uomo delle forze dell'ordine ti ordina di seguirlo, tu lo fai. Perché il loro lavoro è proteggerti. Sono le ultime persone che penseresti ti farebbero del male.


Shizuru ebbe improvvisamente voglia di vomitare. Le cose erano talmente logiche.

Se il Terzo Distretto era riuscito a nascondersi dietro al commissariato, la polizia di Fuuka, le persone coinvolte dovevano occupare delle posizioni elevate all'interno della sua gerarchia. Abbastanza da riuscire a condizionare l'intera organizzazione, occupando ruoli ufficiali e perfettamente legali. Impossibile lottare o mettersi contro di loro. Come Itsumi le aveva fatto notare: loro sono la Polizia. Come dire che sono la legge.

Potevano controllare e nascondere la distruzione degli altri Distretti, condurre esperimenti dove nessuno avrebbe mai pensato di cercare, sotto lo stesso commissariato, motivo per cui il minimo lavoro di rinnovo poteva essere disastroso.

I prodotti acquistati e inoltrati illegalmente a Fuuka potevano a volte essere recuperati in modo perfettamente legale con un semplice sequestro delle autorità. Ne avevano il diritto. E se l'informazione non trapelava, perché tutti gli agenti coinvolti nell'operazione appartenevano all'organizzazione, potevano tranquillamente utilizzarli.

Quanto ai rapimenti, non c'era bisogno di minacciare proprio nessuno. Un semplice distintivo, la rassicurazione che erano venuti a prenderle solo per fare una semplice deposizione riguardo ai recenti avvenimenti - come la sua cosiddetta morte - e s'instaurava subito un clima di fiducia. Li si seguiva, ci si faceva accompagnare fino in commissariato. Forse perfino nei sotterranei dove si trovavano i laboratori. E quando si comprendeva la realtà, era già troppo tardi. Si poteva urlare, gridare. Era già troppo tardi.

I parenti si sarebbero rivolti alle stesse persone, avrebbero pianto la scomparsa delle loro figlie davanti a loro e avrebbero chiesto loro di ritrovarle.

E loro li avrebbero rassicurati. Poi sempre loro alla fine avrebbero detto di avere cercato e... di non averle trovate. Avrebbero mentito con quell'aria dispiaciuta di chi comprende e prova pietà, mentre sotto i loro piedi quelle stesse figlie sarebbero rimaste prigioniere e sul punto di morire agonizzanti...


Shizuru non si rese conto del momento in cui le sue riflessioni si trasformarono in un fiume di parole e di lacrime. Non sapeva a partire da quando Nobu Kikugawa, Itsumi Suzushiro e Haruka avevano iniziato ad ascoltare i suoi pensieri.

Il fatto era che in quel momento spettava a loro prendere una decisione. Scegliere se crederle e lasciarla andare o se portarla al commissariato, nelle mani del Terzo Distretto.

E l'unica prova che aveva erano le sue parole.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


NDA: un enorme grazie a Elana, Guest e OneOutOfAMillion per le recensioni al capitolo precedente, e a tutti coloro che hanno seguito questa storia e si sono presi il tempo di lasciare un commento. Questa fanfic termina qui. Spero che la conclusione vi soddisfi.

NDT: prima di pubblicare questo capitolo ho preso seriamente in considerazione l'idea di alzare il rating di questa fic a rosso. Non l'ho fatto, ma ho aggiunto un avvertimento che voglio ripetere qui: questo capitolo contiene scene di violenza dai contenuti abbastanza forti. Siete avvisati.


Capitolo 24

Shizuru venne brutalmente gettata su una sedia traballante che per poco non si rovesciò.

"Che stai facendo, Suzushiro?"

Uno degli ispettori di turno quella sera non parve gradire il ritorno della sua ex-collega nei locali della polizia. Un secondo agente non si curò della loro conversazione. Era quest'ultimo che l'aveva rudemente costretta a sedersi e che, chino su di lei, l'osservava come se fosse uno spettacolo da baraccone. Anche se l'interesse che brillava nel suo sguardo dava più l'impressione che la considerasse una creatura rara e preziosa, più che un mostro terrificante.

Shizuru si piegò all'indietro per allontanarsi dall'alito carico di spezie dell'uomo, che evidentemente non conosceva il significato di spazio personale.

"Cosa faccio qui?!" Ribatté Itsumi con voce forte in sottofondo. "Sottospecie d'idiota! Guarda, non la riconosci nemmeno?! Eppure siete stati tu e il tuo compare laggiù che avete condotto l'inchiesta sulla sua 'presunta' morte. Peccato che a me sembri viva e vegeta, no?! Mi ha perfino rotto il naso!"

Il secondo poliziotto si allontanò finalmente da Shizuru con una risata.

"Già, ti ha proprio preso in pieno. Ma tu ti sei vendicata, no?" Disse indicando il viso di Shizuru dove da un lato c'era una grossa macchia blu tendente al viola scuro, quasi nero. "Non ti preoccupare, chiuderemo un occhio sui tuoi eccessi Suzushiro. Non c'è bisogno di aumentare le accuse a tuo carico, giusto?"

Itsumi incrociò le braccia sul petto.

"Parli sul serio?" Disse con tono quasi incredulo. "Io vi porto una presunta morta ancora in vita e tutto ciò di cui vi preoccupate è se io le abbia restituito colpo su colpo quando ci siamo battute?"

Shizuru si raddrizzò sulla sedia, cercando disperatamente una posizione migliore. Le manette erano una vera tortura, ancor più da quando il poliziotto l'aveva così duramente spintonata.

"Ci occuperemo noi di interrogare la tua morta vivente," rispose il primo ispettore. "Tu puoi tornare a casa, Suzushiro. Non hai più nulla da fare qui."

Itsumi osservò Shizuru, un barlume di incertezza nel suo sguardo prima di scuotere la testa e uscire, seguita dall'ispettore.


Vedendola allontanarsi Shizuru si lasciò sfuggire una smorfia, di colpo incerta sul suo futuro. I prossimi minuti le avrebbero fatto capire fino a che punto le sue deduzioni erano corrette.

Mentre il primo ispettore era uscito subito dopo Itsumi, quello dall'alito piccante si era seduto sul bordo della scrivania di fronte a lei, una sigaretta agli angoli della bocca.

"Allora, sei veramente tu, Fujino?"

La ragazza non si prese la briga di rispondere, pensando fosse una domanda retorica. L'uomo non si formalizzò.

"Io sono Gombei. E' un onore rivederti in vita. Non che non fossi una bellezza da vedere anche morta, eh!" Esclamò in tono lascivo. "Ma vedi, una morta non è molto... viva."

"Riflessione molto opportuna, Sherlock," ironizzò Shizuru.

Con un sospiro, Gombei alzò la gamba al livello dello schienale prima di applicare una forte spinta contro di esso. Per un attimo Shizuru si sentì in equilibrio precario, poi la sedia oscillò trascinandola nella sua caduta. La sua testa colpì duramente il terreno, ma non fu nulla a confronto con le sue mani bloccate dietro la schiena dalle manette. Con un sonoro scricchiolio uno dei suoi polsi non resse allo choc e si ruppe. Shizuru non riuscì a trattenere un rantolo di dolore.

Per quella che le sembrò essere la millesima volta quella sera, venne afferrata per la giacca e fatta rialzare. Per un attimo barcollò e solo la stretta di Gombei riuscì a tenerla in piedi, mentre l'uomo rimise a posto la sedia. Poi venne fatta nuovamente sedere con la forza.

"Sia come sia," riprese l'ispettore con aria beffarda. "Cercavo solo di essere simpatico, di fare conversazione."

Shizuru, le lacrime agli occhi, preferì questa volta tenere per sé i suoi pensieri.

"Cos'è successo?" Tuonò la voce del primo ispettore, che aveva appena riaccompagnato Itsumi alla porta.

"Niente," rispose Gombei imperturbabile. "Si stava divertendo come tutti i giovani d'oggi a inclinare la sedia su due piedi. E' semplicemente caduta all'indietro prima che potessi trattenerla. E a giudicare dalle grida, direi che si è anche rotta qualcosa. Una bella lezione, eh?"

"Molto divertente, idiota. Ho detto a Moshi che saremmo scesi. Aiutala a rimettersi in piedi."

Con un sorriso sarcastico, Gombei obbedì. Una morsa di ferro si chiuse attorno al suo braccio, e Shizuru fu trascinata attraverso la stanza fino alle scale che portavano alle celle. Il primo ispettore li precedeva.

Una volta sottoterra non si fermarono però per rinchiuderla, nonostante passassero davanti ad una dozzina di celle vuote. Raggiunsero una pesante porta di metallo, che il collega di Gombei aprì. Apparve un corridoio degno di un film dell'orrore. Cosparso di pezzi d'intonaco crollati, cavi, tubi e pannelli di legno abbandonati, il lungo passaggio s'inclinava verso la profondità della terra e la luminosità tremolante di un tubo catodico non contribuì certo a rassicurarla.

"Sei molto calma, Fujino," sussurrò Gombei. "Non sei curiosa di sapere dove ti portiamo?"

"Lo so già," gli rispose malgrado tutto.

L'uomo le lanciò un'occhiata incuriosita.

"Hai sentito, Junzo?"

"Io dico che sta bluffando," disse in tutta risposta il primo ispettore.

Shizuru fece spalluccce, felice di avere passato tanto tempo a perfezionare la propria maschera.

"Sapete, non c'è da fidarsi di Nao Yuuki. E' una che ha il vizio di parlare troppo. Soprattutto quando pensa di avere il controllo della situazione," mentì con perfetta disinvoltura. "Se non fosse stato per Suzushiro, avrei continuato a farmi passare per morta agli occhi del Terzo Distretto."

L'uso del nome della loro organizzazione parve convincerli.

"Cosa t'ha detto quella piccola peste?!" Gombei s'innervosì, chiaramente pronto a farla parlare.

Junzo gli ordinò di tacere.

"Non spetta a noi interrogarla. Chiudi la bocca, Gombei."

Con voce posata e sicura, Junzo si fece obbedire.

Dopo avere chiuso alle loro spalle la pesante porta che dava sulle celle, i tre percorsero una buona parte del corridoio con prudenza per evitare di inciampare. Alla fine, Junzo tirò fuori una vecchia chiave che infilò nella serratura di una porta così arrugginita che Shizuru dubitò si potesse effettivamente aprire. Quest'ultima tuttavia girò sui cardini in silenzio e senza la minima resistenza. Il minuscolo stanzino pareva un ripostiglio per le scope. Si sentì nauseata dal misto di odore di chiuso e umidità. Alcune pareti erano ricoperte di muffa.

"E' ripugnante," disse.

"Lo scopo è quello, principessa," le sussurrò all'orecchio Gombei.

Shizuru arricciò il naso al suo alito, e si chiese quale dei due odori fosse peggio - quello dell'uomo o quello della stanza.

Lo stanzino era ingombro. Con un mugugno irritato Junzo spostò un cumulo di tubi, rivelando dietro di essi un pannello di legno con vecchio codice digitale sbiadito, un'anticaglia dei tempi passati. L'uomo inserì una lunga serie di cifre. Shizuru non sentì né vide succedere nulla di particolare. Junzo rimise quindi a posto l'accozzaglia davanti al pannello di controllo, poi richiuse la porta a chiave. Senza una parola ripresero a camminare, sprofondando ancora di più sottoterra.

Le pareti, constatò Shizuru, erano vecchie e rovinate ma erano comunque abbastanza spesse da soffocare le urla di chiunque ci fosse rinchiuso. La pesante porta che avevano oltrepassato per entrare doveva isolare il minimo rumore di quel corridoio dall'esterno.

Alla fine, una porta all'apparenza assolutamente identica alla prima e alle dozzine d'altre del lungo corridoio venne aperta. Anche in quel caso girò sui cardini senza la minima resistenza o rumore. Questa volta apparvero una serie di gradini che scendevano in profondità nella terra prima di aprirsi su una stanza quattro metri per quattro. Junzo si avvicinò ad un tubo saldato ad uno dei muri e afferrandolo fece scorrere lentamente la porta che il codice digitato prima aveva sbloccato.

Dietro quell'enorme pannello apparve un secondo corridoio, totalmente diverso dal primo. Vuoto e silenzioso, delle piccole luci illuminavano appena un un passaggio di una pulizia e un'austerità notevoli.

"Portala direttamente dal capo, intesi?" Ordinò Juzo.

Gombei spinse Shizuru verso il corridoio.

Il passaggio s'illuminò immediatamente, abbagliante nel suo biancore - luci, pavimento, pareti e soffitto. Dietro di loro, senza Junzo che la mantenesse aperta, la porta si richiuse, bianca e liscia dal loro lato e fornita di un meccanismo a impronte digitali.

"Allora... sapevi di tutto questo?" Riprese l'uomo, qualsiasi traccia di ironia scomparsa.

Shizuru si rifiutò di rispondere.

"Vista la tua mancanza di sorpresa, lo prendo come un sì."

La stanza nella quale la fece entrare, tre porte più in là, non aveva anch'essa niente a che vedere con le celle del commissariato. Tutto era pulito e nuovo.

Una scrivania bianca e imponente occupava metà dello spazio. L'uomo dietro di essa era il commissario. Shizuru si ricordò di averlo visto ai notiziari parlare della sua morte, e della tragedia che rapresentava.

Commissario Hijikata, la ragazza ricordò il suo nome. L'archetipo del buon vecchio commissario baffuto. O almeno l'archetipo che Shizuru si era sempre immaginata per un commissario. In ogni caso, l'uomo fu sconcertato al suo arrivo.

"E'... E' Fujino Shizuru?"

La ragazza non gradiva sentire parlare di sé come se non ci fosse. Il polso rotto, ancora attaccato alla sua schiena, le ricordò però che a volte era meglio tacere.

"Proprio lei, signore!" Esclamò Gombei.

Hijikata fece il giro della sua scrivania e avvicinò la mano al viso di Shizuru. La giovane voltò la testa al suo gesto e il commissario, infastidito dalla sua reazione, l'afferrò con forza. Le grosse dita dell'uomo affondarono nelle sue guance, causandole gemiti di dolore.

"Ecco, sta' buona," le ordinò il commissario inclinando il suo viso verso il proprio per osservarla in dettaglio. "Due occhi brillanti dello stesso rosso del sangue del Primo Distretto che ha versato. E' davvero lei. Cosa significa?"

"Forse il medico legale ha mentito," ipotizzò Gombei, che continuava a tenerla ferocemente per le braccia, quasi a volerle lasciare il segno delle sue dita. "Ha voluto nascondere la sua morte, trovando una persona che le somigliasse e falsificando il rapporto. Dopo tutto, non aveva lo stesso taglio di capelli e il cadavere aveva un tatuaggio. Non proprio il genere di Fujino, secondo le testimonianze."

"Sei uno stupido, Gombei. Il medico legale è dalla nostra parte, da più tempo di quanto immagini. La sua lealtà non può essere messa in dubbio."

"Allora cosa?"

"Le nanomacchine?" Rifletté Hijikata.

Il commissario, che non aveva distolto lo sguardo da Shizuru, notò la sua mancanza di reazione.

"Non sembri sorpresa."

"Non più di quanto non fosse mentre la portavamo qui. Sembra che Yuuki abbia parlato."

Il commissario si lisciò i baffi, indietreggiando.

"Falla sedere. Credo sia opportuna una chiaccherata."

Gombei la trascinò nuovamente verso una poltrona destinata agli interlocutori di Hijikata. Prima che la costringesse a sedersi con la sua solita brutalità, Shizuru si divincolò improvvisamente e prima che l'uomo potesse reagire prese tranquillamente posto nella poltrona designata, evitando di aggravare la ferita del proprio polso già malconcio.

"E così, Yuuki-san ci ha ingannati. Sembrava veramente pronta a testare le sue nuove capacità, e ad aiutarci a catturare l'Ametista."

Silenzio, durante il quale i due uomini l'osservarono.

"Ovviamente, tu sai tutto dell'Ametista, non è così?"

Davanti al suo silenzio Hijikata continuò.

"A dire la verità, il suo aiuto non è stato superfluo. Temevamo che Itsumi, dopo avere cercato di incolparti, ti facesse sorvegliare. Non potevamo mandare dei membri del Terzo Distretto al tuo inseguimento, perché in quel caso li avrebbe riconosciuti. E al loro posto Yuuki-san, così entusiasta all'idea di farti del male, ti ha parlato?"

"Come si dice, nulla è impossible, no? Sapeva che sarebbe morta in seguito ai vostri piccoli esperimenti? Questo potrebbe spiegare il suo cambiamento di opinione."

"Avevamo migliorato le nostre nanomacchine," replicò Hijikata indicando il dossier Progetto Otome, appoggiato in un angolo della sua scrivania. "Però sì, malgrado tutto sarebbe morta, e no non ne era al corrente. La domanda interessante però è come fai a saperlo tu."

"Io? Ma l'ispettrice Suzushiro in persona mi ha dato quel dossier durante il mio stato di fermo!" Esclamò la ragazza con falsa innocenza.

A Gombei non piacque il suo sarcasmo, e solo il richiamo all'ordine di Hijikata impedì a Shizuru di ricevere un nuovo colpo.

"Dubito che le tue conoscenze vengano da qui. Ma ci ritorneremo più tardi. Per il momento mi piacerebbe sapere come hai fatto ad ingannare il nostro medico legale."

Shizuru non riuscì a pensare ad una scusa plausibile, e si rifiutò di dire loro la verità. Il colpo che la prese in pieno stomaco in seguito al suo silenzio non fu quindi una sorpresa. Gombei si massaggiò il pugno con gioia.

"Abbiamo verificato e sorvegliato il corpo fino alla sua cremazione," disse.

"Sono certo," riprese Hijikata, "dell'innocenza del medico legale. Mi domando se..."

"Signore?"

Shizuru stessa osservò con una certa curiosità il ragionamento che il commissario stava per fare.

"Nel suo cadavere... c'erano delle nanomacchine."

"Sì, signore. Stiamo ancora cercando di capire come sia potuto succedere."

"Che potere ti hanno fornito? Una specie di immortalità?"

Shizuru tenne la bocca chiusa.

"Non può essere che così. Uno dei nostri ricercatori ci ha tradito! Ti ha usato come cavia, e da qui le tue conoscenze. Hai condotto la tua piccola vendetta contro di noi per salvare i tuoi amici, e sei morta. Le nanomacchine ti hanno dato la capacità di risorgere."

Beh, l'uomo aveva una fervida immaginazione. Ma che fosse stata una versione futura di se stessa che aveva viaggiato indietro nel tempo non era forse altrettanto straordinario e inverosimile?

"Chi?"

"Chi cosa?" Rispose alla fine.

"Chi è l'uomo che ha preferito condurre i suoi esperimenti per il proprio tornaconto? Senza il consenso dell'organizzazione?"

Beh, poteva sempre prestarsi al loro gioco.

"Come faccio a saperlo? Pensate che mi abbia rivelato la sua identità?"

"Ametista è il soprannome che ti eri data. E' anche il nome di uno dei nostri sotto progetti. Dovevi per forza sapere che chiamandoti così avresti attirato la nostra attenzione."

Poi si rivolse a Gombei.

"Trovami il ricercatore che dirige quel progetto. E interrogalo."

Gombei esitò, poi annuì prima di uscire a completare la sua missione. Quanto tempo ci avrebbe messo a capire l'inganno?

"La cosa che mi disturba però di questo dossier," riprese Hijikata con un dito appoggiato sul documento, "sono i dettagli degli esperimenti. Le cavie, in particolare. Sembra evidente che chiunque li abbia condotti aveva a disposizione individui del tuo calibro."

"Delle HiME," completò Shizuru. "Non è solo per vendicare i vostri confratelli che ci usate per i vostri esperimenti, non è così?"

"In effetti," l'uomo s'irrigidì. "Diciamo che l'unica ragione per cui non ti ho uccisa con le mie mani è per servirci di te come cavia. E quando ne si hanno a disposizione solo dodici, non è il caso di sprecarne una. Anche se la tua morte in particolare è uno dei nostri desideri più grandi. Certe volte avrei preferito non avere questo dossier, per poterti utilizzare in uno dei nostri primi esperimenti. Vederti soffrire, vederti..."

"Davvero il vostro interesse mi commuove!" Esclamò la ragazza in tono ironico. "Ma voi siete i soli ad avere iniziato questa guerra. Come potete guardarvi allo specchio dopo ciò che avete fatto a delle giovani innocenti?"

"Innocenti?"

Hijikata scoppiò a ridere sonoramente, le mani sul ventre.

"Non c'è nulla di innocente in voi! E soprattutto in te, Fujino!" Esclamò. "E anche se lo foste state, non avrebbe cambiato nulla. Noi serviamo una causa più grande!"

Shizuru rise a sua volta. Non aveva più molto da perdere a provocare gli agenti del Terzo Distretto.

"Il vostro arricchimento personale, giusto? E' questo che giustifica gli omicidi e la tortura?"

"Credi che dodici ragazze, quasi tutte orfane, siano più importanti del bene comune?!" Esclamò l'uomo con convinzione.

Hijikata si alzò e fece il giro della scrivania per mettersi nuovamente di fronte a lei.

"Il bene comune?" Domandò lei.

"Pensi davvero che tutte le grandi scoperte di questi ultimi anni siano dovute a degli scienziati che hanno rispettato la legge e i diritti dell'uomo?! E' grazie a persone come noi che oggi possiamo curare le malattie peggiori."

"Torturando delle..."

"Torturare? Pensi che sia quello lo scopo del nostro progetto? Pensi davvero, ingenua ragazza, che investiremmo tanti sforzi e tanto denaro solo per 'torturare' dodici sfortunate adolescenti?! Le nanomacchine potranno guarire e rendere gli uomini più forti. Aprire una nuova era dove le malattie e gli handicap non esisteranno più!"

Shizuru stava per rispondere che nulla - nemmeno il bene di molti - giustificava il sacrificio di innocenti. Ma vide la foto. Dentro una cornice allegra, era l'unica decorazione personale sulla scrivania. La ragazza si stupì di non averla notata prima. Sedendosi sulla scrivania per mettersi di fronte a lei, Hijikata l'aveva urtata e spostata, permettendole di vedere il contenuto.

Hijikata - ringiovanito di quindici anni - in piedi con sua moglie dietro una bambina sorridente di cinque anni in sedia a rotelle.

"Lo fa per lei, non è così?"

Hijikata ci mise solo un momento a capire a cosa si riferisse Shizuru. Nascose subito la fotografia, una volta che ebbe compreso. Arrossì di collera.

"Non penso che a sua figlia farebbe piacere sapere le azioni che compie in suo nome."

"Sta' zitta! Tu non sai nulla."

"Mi creda, le persone non apprezzano gli orrori che vengono commessi per loro, anche quando si pensa che siano per il loro bene."

Hijikata la colpì al viso. Sul lato finora risparmiato dalle botte. Se la grande e massiccia poltrona non batté ciglio, Shizuru cadde e piombò a terra, la sua spalla assorbì completamente lo choc.

"Ti ho detto di stare zitta. Se parli ancora, ti taglio quella dannata lingua."

"Vi sarà difficile allora interrogarmi, no?" Ribatté lei rimettendosi in piedi.

L'uomo sorrise beffardo.

"Hai ragione," disse, aprendo improvvisamente le manette per afferrare - grazie a Dio - il suo polso ancora doloramente ma globalmente intatto.

Tirandola con la forza le appoggiò la mano sinistra sulla superficie della scrivania, e prima che la ragazza capisse cosa voleva fare sentì un dolore lancinante strapparle un grido di pura agonia. Con l'aiuto di un tagliacarte Hijikata le aveva appena tagliato di netto la prima falange del mignolo.

L'uomo la lasciò andare e Shizuru crollò, tenendosi stretta il moncone sanguinante che stava macchiando il pavimento bianco con un contrasto impressionante.

La vista le si offuscò brevemente, e si sforzò di restare cosciente.

"Da adesso in poi, se ti dico di stare zitta obbedisci! O sarò costretto a continuare."

Il suo sguardo tuttavia brillava di una gioia selvaggia vedendo i singhiozzi della ragazza, come se non aspettasse altro che lei continuasse a ripetere il suo 'crimine'.

Shizuru infilò la mano destra, dolorante per via del polso fratturato, in tasca alla ricerca di un fazzoletto o di un tessuto qualunque con cui comprimere la ferita. Dei pensieri strani e totalmente incoerenti le attraversarono la mente, dalla sua giacca nuovamente macchiata di sangue - il suo sangue stavolta, non quello di Nao - a cosa avrebbe mangiato quella sera.

Frugò in una seconda tasca con gesti erratici e improvvisamente si immobilizzò. Le sue dita avevano appena toccato un oggetto che faticò a riconoscere.

Lungo e freddo, alla fine si ricordò di cosa fosse. Il coltello di Nao. Quello di cui si era impadronita per sostituirlo con l'arma di Natsuki e falsificare la scena del crimine. L'aveva infilato nella tasca della giacca e se n'era semplicemente dimenticata nei giorni seguenti.

Nonostante perfino stringere la mano a pugno fosse difficile, Shizuru non esitò a serrare la presa sul serramanico.

Si prese un momento per comprimere la ferita contro la sua giacca insanguinata e vedere dove si trovasse Hijikata mentre si rimetteva in piedi, restando immobile.

"Che padre doveva essere!" Esclamò, cercando di mantenere un tono di voce il più possibile stabile. "Mi dica, sua figlia deve averle disobbedito in modo irreparabile il giorno in cui ha perso l'uso delle sue gambe!"

La provocazione gratuita colse nel segno. Furibondo, Hijikata si gettò su di lei. In precedenza, Shizuru aveva incassato i colpi senza tentare di sottrarsi perché sapeva di essere non solo disarmata, ma anche ammanettata. Non era più così.

Era una ex-HiME. La sua velocità era quindi superiore a quella di un poliziotto vicino alla pensione, e che avrebbe avuto bisogno di mettersi a dieta.

Schivò il pugno e, chiudendo la mano sull'arma e soffocando le scariche di dolore che le risalirono lungo tutto il braccio, attaccò a sua volta.

La lama del coltello - lunga e affilata - penetrò facilmente la carne. L'aveva colpito alla schiena, in mezzo alle costole. Una doveva essere stata toccata, perché aveva sentito l'arma deviare per poi affondare nello spazio intercostale.

Hijikata indietreggiò barcollando, e quando tentò di parlare - o di insultarla più probabilmente - vomitò un fiotto di sangue. Aveva perforato un polmone.

"Itsumi..." Balbettò l'uomo.

"Si è evidentemente dimenticata di perquisirmi," completò la ragazza.

L'uomo cadde a terra a sua volta, e si trascinò bene o male verso la sua scrivania.

Shizuru, con passo malfermo, lo seguì tranquillamente prima di schiacchiarli brutalmente una mano. L'uomo emise un gemito patetico e gorgogliante, iniziando visibilmente ad annegare nel suo stesso sangue.

"Dove sono le HiME che avete rapito?"

Per tutta risposta, l'uomo tese la mano libera e tremante verso di lei, facendole il dito medio. Si rifiutava di dirglielo.

Shizuru scosse tristemente la testa e affondò la lama nella sua gola.

Non aspettò di vederlo morire dissanguato. Fece il giro della scrivania e forzò i cassetti, alla ricerca di qualsiasi oggetto che potesse esserle utile. Trovò un insieme di documenti, forniture di arredo e finalmente... una pistola. La soppesò, verificò le munizioni e la sicura come le aveva insegnato Viola, prima di infilarsela in cintura.

Il suo dito continuava a sanguinare, e Shizuru cercò quindi di strappare una striscia di tessuto dalla camicia di Hijikata, ma o le ferite l'avevano resa troppo debole o i film non erano veritieri su quel genere di cose: in ogni caso la ragazza non riuscì a strappare l'indumento. Con un misto di disgusto e timore per la propria sicurezza riprese in mano il coltello, togliendolo dalla gola di Hijikata con un rumore aspirante prima di usarlo per tagliare una striscia di tessuto che annodò bene o male con i denti.

Il suo viso era dolorante, così come pure lo stomaco, la spalla, il polso e la mano. Si chiese come facesse a stare ancora in piedi.

Notò che la sua mano tremava, che tutto il suo corpo tremava. Aveva appena ucciso un uomo. Un altro, le sussurrò la sua mente. Un altro... Ma le circostanze erano diverse, la follia del Carnival si era tenuta in disparte. Aveva dato il colpo fatale nel pieno controllo delle sue facoltà. Era una sensazione ben peggiore di quando era dominata dalla follia. Più chiara, più reale... più dura. Cos'aveva detto Hijikata: che il colore dei suoi occhi era il riflesso del sangue che versava. Forse aveva avuto ragione, ma in quel caso i suoi occhi non sarebbero mai stati abbastanza scarlatti.

Shizuru chiuse il coltello a serramanico e lo reinfilò nella tasca della giacca. Poi si decise a cercare le HiME da sola, e soprattutto a ritrovare Natsuki.


Silenzio.

Era la principale caratteristica di quel luogo. All'inizio Shizuru l'apprezzò. Il silenzio indicava che era sola. Quanto tempo avrebbero impiegato gli agenti del Terzo Distretto a trovare il loro capo? Probabilmente non molto. La ragazza non aveva tempo da perdere.

Quando raggiunse il corridoio, quest'ultimo diventò ben presto angosciante. Il rumore dei suoi passi si ripeteva in un eco terrificante che poteva allertare i suoi nemici del suo arrivo, anche se quegli stessi echi potevano avvisarla se qualcuno si stava avvicinando.

Il corridoio dava su una serie di porte numerate in modo crescente, ma al di là della cifra assolutamente uguali. E ce n'erano tante. Shizuru non ne aveva ancora aperta nessuna, per timore di imbattersi in Gombei o in qualunque altro agente. Sperava che le HiME prigioniere si facessero sentire, o fossero rinchiuse in stanze diverse da tutte le altre. Ma il corridoio non offriva altro che porte indistinguibili, e altri corridoi.

Dove cercare?

Il silenzio fu improvvisamente rotto. Le grida di un uomo. Un uomo che urlava la propria innocenza, e le parole Ametista e Fujino. Shizuru le seguì.

Individuò ben presto la porta. Le grida continuavano a farsi sentire, e una volta che la ragazza ebbe appoggiato l'orecchio alla porta sentì la voce di Gombei. Attese un istante, assicurandosi che ci fossero solo due uomini all'interno della stanza a giudicare dalle loro voci, poi entrò.

Sorpreso, Gombei cercò di afferrare la sua pistola. Istintivamente Shizuru, che aveva tolto la sicura prima di entrare nella stanza, sparò. Solo la vicinanza del suo bersaglio le permise di colpire l'uomo in pieno petto. Il rinculo dell'arma fu tuttavia atroce per il suo polso, e la ragazza la lasciò andare con un grido di dolore. Sparare ad un uomo le sembrò più facile da sopportare rispetto ad abbatterlo ad arma bianca ma l'atto in sé, la facilità con cui aveva sparato, la terrorizzava e disgustava.

Shizuru raccolse la pistola con la mano sinistra, preferendo non sollecitare ulteriormente il suo polso fratturato, e la tenne in mano mentre osservava l'uomo che poco prima urlava a gola spiegata la sua innocenza.

Uno studioso in camicia bianca, con i capelli brizzolati e gli occhiali, era legato ad una sedia e portava segni recenti di bruciature di sigaretta.

"Sei lo scienziato del progetto Otome - Ametista?" Comprese Shizuru.

L'uomo spostò lo sguardo dal cadavere ancora caldo di Gombei all'arma della ragazza e capì che la giovane non era la sua salvatrice, ma solo il suo nuovo seviziatore.

Annuì.

"Come ti chiami?"

"Yasu. Yochi Yasu," balbettò.

"Sai chi sono, Yasu?"

Nuovo cenno del capo affermativo.

"Ho ucciso Hijikata e Gombei. Ma sai che è ben poca cosa in confronto a ciò che ho fatto subire al Primo Distretto."

Riconoscere i suoi omicidi e vantarsene per terrorizzare lo scienziato le lasciò un gusto amaro in bocca.

"Tu conosci questo luogo come le tue tasche, giusto?"

"Sì, sì," balbettò l'uomo.

Shizuru osservò la stanza. Pipette, vetri, prodotti chimici, sembrava che Yasu fosse stato interrotto nel mezzo del suo lavoro. Poi lo sguardo della ragazza venne attirato dal piccolo espositore che conteneva diverse siringhe con sopra l'etichetta 'Ametista'.

Shizuru ne intascò una, vuotò le altre nel lavello prima di infilarci una raccolta di appunti e documenti cui diede fuoco con un bruciatore.

Non era così ingenua da pensare di avere distrutto tutti i documenti di quel sotto Progetto, dovevano esserci delle copie di backup, ma andarsene lasciando tutto intatto dietro di sé le era impensabile.

Solo allora Shizuru tornò da Yasu che, legato e con la schiena rivolta a lei, era rimasto per tutto il tempo in silenzio. Tirò fuori il coltello a serramanico, l'uomo gemette al suo approccio e la supplicò di lasciarlo in vita. Con un colpo netto, la ragazza tagliò la corda. Poi con la punta della pistola gli fece segno di dirigersi verso la porta.

"Portami dalle HiME che sono state rapite."

Non c'era bisogno di minacce, l'uomo sapeva perfettamente cosa rischiava in caso di rifiuto. Senza voltarsi a guardare le fiamme che divoravano le sue ricerche, uscì.

Mentre si massaggiava i polsi e con le lacrime agli occhi, l'uomo pensò all'ironico fatto che i poliziotti - la maggioranza degli agenti del Terzo Distretto - aveva soprannominato l'Ametista con il dolce nome di Mietitrice. Fujino era davvero una Mietitrice. Il problema era che era la loro.


Secondo Yasu erano a metà strada dal loro obiettivo quando l'allarme suonò improvvisamente nel laboratorio. Dovevano avere trovato una delle vittime. O se i corridoi erano sorvegliati da telecamere, uno degli Agenti doveva essersi accorto della sua presenza e del suo ostaggio.

Shizuru incollò l'arma in mezzo alle costole di Yasu, indicandogli così di affrettare il passo.

All'incrocio successivo però la ragazza, guidata da un inspiegabile istinto di sopravvivenza, si buttò indietro mentre i rumori di numerose armi d'assalto lanciarono il loro canto di guerra.

Il sordo impatto di diverse pallottole che colpirono Yasu fu appena percettibile rispetto alle dozzine che fecero a pezzi la parete dietro di lui.

Il silenzio che calò qualche istante dopo la caduta del ricercatore in un mare di sangue fu pesante e angoscioso.

"Fujino-san?" Chiamò una voce profonda. "Sappiamo che è là. Faccia scivolare le sue armi lungo il corridoio ed esca con le mani in alto. Non le verrà fatto alcun male."

Shizuru inspirò profondamente, chiedendosi se poteva arrivare alle celle delle HiME passando per un'altra strada.

Il rumore di passi affrettati che risuonò nei corridoi e che si stava avvicinando le fece capire che tornare indietro non era più un'opzione. Eppure l'idea di obbedire agli agenti del Terzo Distretto non le passò nemmeno per la mente. Perché qualunque cosa fosse successa, o l'uomo diceva la verità e lei avrebbe semplicemente aumentato la schiera delle cavie, oppure mentiva e la sua morte sarebbe stata rapida.

Shizuru sfiorò la siringa piena di nanomacchine che aveva trafugato nel laboratorio. La possibilità di ricominciare, come Viola aveva fatto.

In mezzo ai rumori di passi che non smettevano di avvicinarsi e alla voce dell'agente che le ordinava di arrendersi, una decisione doveva essere presa in fretta.


Ad una svolta del corridoio, i tre individui che si stavano avvicinando alla sparatoria riuscirono ad evitare di essere colpiti solo per la goffaggine del tiratore. Solo il loro addestramento impedì loro di rispondere al fuoco e abbattere una Shizuru Fujino ricoperta di sangue, appoggiata pesantemente ad una parete.

Il primo uomo fu su di lei in pochi passi, incurante della siringa che schiacciò sotto il tallone per afferrarla e attirare a sé la sua esile figura.

Se la situazione non fosse stata così drammatica e non avesse necessitato che rimanesse sempre all'erta e pronto a battersi, avrebbe probabilmente pianto di gioia nel rivedere quella ragazza in vita, nonostante la tristezza nel constatare tutte le sue ferite.

"Ander... son?" Balbettò la giovane con un sorriso. "Credevo che non vi avrei mai visto arrivare."

Alle spalle dell'uomo, armato di un fucile d'assalto, Itsumi Suzushiro e Nobu Kikugawa facevano una pallida figura. Benché determinato, Nobu sembrava incredibilmente insicuro con l'imponente arma - ben lontana dall'essere convenzionale - che imbracciava.

"Come stai Fujino?"

La ragazza rivolse a Itsumi un flebile sorriso.

"Potrebbe andare meglio. Pensavo che foste degli uomini del Terzo Distretto, mi dispiace di avervi sparato addosso."

"Per fortuna hai una pessima mira," constatò Nobu. "Sai dove si trova Yukino?"

Shizuru annuì.

"So dove si trovano le HiME rapite," balbettò, senza pensare che quel termine non significava nulla per loro. "Ma dobbiamo oltrepassare gli agenti che mi aspettano nel prossimo corridoio."

Il signor Anderson aveva lasciato che la sua arma ricadesse al suo fianco, agganciata ad una cinghia, per liberare le mani e indicare rapidamente cosa aveva da dire.

"No," rispose Shizuru. "Non uscirò di qui finché Natsuki non sarà al sicuro."

All'uomo non piacque la sua risposta.

"Se provi a trascinarmi fuori con la forza, non esiterò ad uccidermi. Se vuoi davvero che sopravviva, devi aiutarmi a liberare le mie amiche."

Il signor Anderson si accigliò. I due si fissarono per alcuni istanti poi, convinto del fatto che la ragazza non stava mentendo, annuì di malavoglia.


Perlomeno Suzushiro-san non gli aveva mentito, mandandogli sul suo cellulare una foto della sua protetta legata e ferita insieme ad un giornale del giorno. Il signor Anderson non aveva esitato a lasciare Miss Maria e a raggiungere il punto di ritrovo, non lontano dal commissariato. Non avere lasciato subito Fuuka dopo la cerimonia funebre era stata un'ottima scelta.

Il piano di Itsumi Suzushiro e Nobu Kikugawa era tuttavia la più grossa stupidaggine che avesse mai sentito. Usare Shizuru Fujino come esca per trovare l'entrata del laboratorio dove dovevano essere prigioniere altre ragazze - qualunque fosse l'opinione di Shizuru non cambiava nulla - metteva a rischio la vita della giovane più di qualsiasi altra cosa. E se non fosse stato per l'aiuto che i due potevano fornirgli nella sua missione di salvataggio, il signor Anderson non avrebbe esitato a sbarazzarsi di loro per avere osato mettere in pericolo la vita della sua protetta.

Il minuscolo gps che le avevano messo addosso aveva smesso di funzionare dopo avere raggiunto la zona delle celle, e se non fosse stato per alcune particolari capacità di Anderson probabilmente non sarebbero mai riusciti a ritrovare né Shizuru né nessun altro.

La tortura non era certo una cosa che amava fare, nonostante sapesse perfettamente come sfruttarla. L'uomo chiamato Junzo, cui Itsumi aveva consegnato Shizuru, ne aveva fatto le spese e non aveva tardato molto a dire alla donna e ad Anderson - la prima poneva le domande mentre il secondo giudicava quando era tempo di intervenire con qualche ferita - tutte le informazioni che volevano e ad aprire loro le porte del laboratorio.

Nonostante fosse ancora vivo, il signor Anderson gli aveva trovato un posto nel loro piano, incastrando il suo corpo tra la porta scorrevole che dava accesso al laboratorio e il muro. Schiacciato per metà, non rischiavano né che potesse fuggire né che la porta potesse richiudersi. E il signor Anderson amava sapere che la via di fuga fosse libera.

Tuttavia si era immaginato di ritrovare Shizuru e andarsene con lei senza tante formalità, avrebbe dovuto immaginare che la ragazza non si fosse semplicemente offerta di fare da esca per pura generosità e devozione verso le sue amiche. Sembrava avesse il suo proprio obiettivo e la propria missione. Il signor Anderson l'avrebbe quindi aiutata a portarla a termine.


Gesticolò nuovamente.

"Cosa sta dicendo?" Chiese Itsumi.

"Di tapparci le orecchie e chiudere gli occhi."

Obbedirono immediatamente all'ordine mentre il signor Anderson lanciava quella che si rivelò essere una bomba lacrimogena nel corridoio adiacente. Urla e grida di sorpresa risuonarono quasi altrettanto rapidamente del fascio di luce che Shizuru percepì attraverso le sue pupille chiuse. Prima che la ragazza pensasse anche solo a reagire, il signor Anderson era già balzato nel corridoio e aveva aperto il fuoco sugli agenti.

Finalmente fece loro segno di avvicinarsi. Shizuru, con l'aiuto di Nobu, venne rimessa in piedi e di fianco al signor Anderson indicò loro la strada sulla base delle indicazioni che le aveva dato Yasu. Dello scienziato non era rimasto molto di riconoscibile.


A parte qualche scaramuccia in prossimità del loro obiettivo, non incontrarono nessun altro. Per fortuna Yasu non aveva mentito quando raggiunsero finalmente un corridoio diverso da tutti gli altri, circondato da pareti di vetro. Shizuru sentì un brivido freddo percorrerle la schiena. Quelle che sembravano delle gabbie per animali erano immerse nell'oscurità e non riuscivano a distinguere altro che delle figure, ignare della loro presenza.

Itsumi avvicinò il viso ad uno dei vetri e confermò di vedere una persona al suo interno, ma di non riuscire a distinguere nient'altro.

"E' vetro antiproiettile, dobbiamo trovare un modo per entrare in queste celle," disse Nobu in tono febbrile.

Shizuru annuì, ma qualsiasi discussione sulla strada da seguire venne interrotta da un nuovo rumore di passi affrettati. E stavolta era improbabile che si trattasse di alleati. Gli agenti del Terzo Distretto stavano arrivando, probabilmente armati di tutto punto e pronti a battersi.

Il signor Anderson gesticolò e Shizuru tradusse.

"Dice che li tratterrà qui nel momento in cui saltano fuori."

"Ok," disse Itsumi. "Nobu, va' a ritrovare tua figlia insieme a Shizuru, io gli do una mano."

L'idea di separarsi non li entusiasmava, ma sembrava essere necessario. Shizuru e Nobu risalirono il corridoio dalle pareti di vetro e si ritrovarono in un incrocio a T.

"Io vado a destra," disse la ragazza.

"Ma tu..."

"Starò bene," lo rassicurò. "Perderemmo troppo tempo a setacciare i due corridoi insieme. Meglio se ci separiamo." Nobu, che sembrava avere esitato solo per scrupolo di coscienza, accettò e partì di corsa verso il passaggio di sinistra. Con un ritmo più lento, Shizuru trovò finalmente una porta che poteva forse condurre alle gabbie di vetro.

Alle sue spalle, nel corridoio da cui era appena uscita, degli spari - numerosi - risuonarono. Notando che la porta era chiusa a chiave, Shizuru sparò a bruciapelo sulla serratura, incurante del dolore insopportabile al polso adesso che era così vicina al suo obiettivo.

Con un calcio finì di rimuovere la porta dai cardini e apparve un nuovo passaggio, parallelo al corridoio circondato da vetri. Questa volta trovò una quindicina di porte ugualmente distanziate - lo stesso numero delle pareti di vetro che aveva visto. L'accesso ai prigionieri.

Non sentendosi più in grado di sparare con la destra cambiò mano, puntò nuovamente alla serratura della porta più vicina e sparò.

All'interno della stanza trovò solo il cadavere di un giovane morto - a giudicare dai tratti del viso - in mezzo alle peggiori agonie. La seconda porta rivelò una ragazza legata ad un tavolo di metallo, che aveva tirato così tanto sulle sue catene che l'osso di uno dei polsi era a nudo. Dalla sua bocca urlante, dal naso, dagli occhi e dalle orecchie colavano fiotti di sangue. Con il cuore in gola, consapevole che quella cavia non sarebbe sopravvissuta, Shizuru accorciò le sue sofferenze.

La stanza seguente si rivelò vuota.

Nella successiva scoprì un ragazzo, sul quale ancora non erano stati compiuti esperimenti.

"Sei tu, il demone dagli occhi rossi!" Esclamò al suo arrivo.

Sembrava avere tanta paura di lei quanta del luogo dove si trovava, e fuggì spintonandola senza voltarsi indietro. Se Viola o Itsumi fossero state presenti, avrebbero saputo che quel giovane un tempo aveva fatto parte degli yakuza di Boss Ishigami, e che si era risvegliato dal coma per raccontare la storia di una ragazza dagli occhi rossi che se l'era presa con lui e i suoi amici.


Poi finalmente... Natsuki. Legata nuda ad un tavolo di metallo, supina e non lontana da un carrello contenente materiale medico e probabilmente le nanomacchine, non sembrava avere ancora ricevuto l'iniezione. Shizuru sospirò di sollievo pensando che il suo intervento aveva interrotto il Terzo Distretto al momento giusto. Quanto tempo mancava?

La ragazza si precipitò verso Natsuki che, intontita, sembrava faticare a riconoscerla.

"Shi-zuru?"

"Hey, Natsuki," la salutò accarezzandole la guancia con dolcezza mentre con la mano libera tagliava le corde che la tenevano prigioniera.

"Non... capisco. Cosa..."

"Non è grave," la interruppe Shizuru. "Dobbiamo uscire di qui, ok?"

L'aiutò ad alzarsi e Natsuki le crollò addosso. Consapevole che non sarebbero andate molto lontano così Shizuru suo malgrado la schiaffeggiò, finché l'altra ragazza non si riprese un po'.

"Ma cosa fai!" Esclamò finalmente Natsuki.

"Non pensavo che avrebbe funzionato," disse Shizuru porgendole la propria giacca.

Automaticamente Natsuki se la infilò. Poi, più attenta all'ambiente circostante, vide in che stato era la ragazza che era venuta a liberarla.

"Merda Shizuru, che ti è successo?"

Natsuki non sapeva dove posare lo sguardo, tanto l'altra era ricoperta di sangue.

"Ne parliamo più tardi," rispose Shizuru prendendola per mano fino alla porta successiva.

Natsuki capì che quello non era né il momento né il luogo adatto per chiedere spiegazioni o gettarsi tra le braccia di Shizuru, che aveva chiaramente bisogno di cure.

Preoccupata del suo stato e malgrado il recente disgusto che provava nei confronti delle armi da fuoco, Natsuki s'impadronì dell'arma che Shizuru teneva con mano tremante e appiccicosa di sangue. Fu quindi lei a far saltare le serrature delle porte successive e ad aprirle a spallate quando i proiettili furono esauriti.

Le altre stanze contenevano principalmente cadaveri, persone che si contorcevano in preda a dolori più o meno intensi cui Shizuru accorciava le sofferenze nei casi più gravi con una coltellata al petto, mentre Natsuki girava la testa altrove in lacrime. In mezzo alle cavie sofferenti, ma che potevano ancora sperare di rimanere in vita qualche giorno, trovarono solo un altro sopravvissuto - anche lui uno Yakuza, a giudicare dai tatuaggi che gli coprivano il corpo.


Tre porte prima della fine del corridoio trovarono finalmente Mai Tokiha. Viva, ma rannicchiata in un angolo della stanza, la rossa ordinò loro di non muoversi mentre Natsuki non desiderava altro che correre da lei.

Shizuru capì da sola cosa c'era che non andava. Tre quarti della stanza erano anneriti e bruciati. Pirocinesi. Se Viola aveva sviluppato la capacità di tornare indietro nel tempo, Mai sembrava poter creare il fuoco senza poterlo controllare.

"Mai," disse Shizuru dolcemente. "Dobbiamo uscire di qui. Tra poco arriveranno."

A forza di persuasioni convinsero la ragazza ad alzarsi e, tremante, a seguirle in corridoio dove Shizuru, uscendo per prima, s'irrigidì fermando alle sue spalle Natsuki e Mai. Si mise di proposito davanti alle altre due ragazze che la seguivano, perché tra loro e l'uscita c'era un agente del Terzo Distretto e alle loro spalle le porte delle due ultime celle - un vicolo cieco.

"Gombei," lo salutò. "Pensavo di averti ucciso."

"Giubbotto antiproiettile," rispose l'uomo, la pistola puntata. "Che tu sia dannata, Fujino. Dopo quello che è successo al Primo Distretto, Hijikata avrebbe dovuto esaudire i suoi desideri e i nostri e infilarti semplicemente una pallottola in testa. Sarò io a vendicare i miei fratelli."

Con la coda dell'occhio, Shizuru vide Natsuki pronta a difenderla e le bloccò il passaggio all'ultimo momento. Natsuki bestemmiò contro di lei, perché non le permetteva di aiutarla.

Quanto a lei, Mai si mise improvvisamente ad urlare. Perfino Gombei spostò lo sguardo da Shizuru per osservarla. In preda al panico, la ragazza era indietreggiata verso il fondo del corridoio, e intorno a lei stava nascendo un oceano di fiamme.

"Controllati Mai, puoi farcela," gridò Natsuki, intuendo che la paura che Gombei aveva instillato nella sua amica le aveva fatto perdere il controllo della sua capacità.

Quasi a volersi burlare di quelle parole le fiamme si ingrandirono, divorando avidamente le due ultime celle. Il fuoco correva ad una velocità mostruosa, incontrollabile e ormai dotato di vita propria.

"Mai!" Natsuki urlò, volendo lanciarsi verso la sua amica.

Incurante di Gombei, Shizuru si voltò per trattenerla.

"E' troppo tardi," esclamò.

Perché le fiamme non divoravano più solo l'edificio ma anche la stessa Mai, in preda a urla di agonia terrificanti. Tra le braccia di Shizuru, Natsuki gridando e piangendo crollò.

Non potendo più ignorare la presenza di Gombei ancora per molto, Shizuru si voltò nuovamente verso di lui. Con la pistola scarica e troppo lontana per usare il coltello, la ragazza si trovava nuovamente disarmata. Ma la cosa che la preoccupava di più continuava ad essere Natsuki, inginocchiata alle sue spalle e che era quasi riuscita a salvare.

"Dobbiamo uscire di qui, il fuoco..."

"Me ne frego di cosa ne sarà di questo laboratorio. Che la tua amica se ne vada ma tu, tu che ho visto morta su un tavolo da obitorio e la cui bara è bruciata in mezzo alle fiamme, voglio vederti morire una volta per tutte!" Esclamò l'uomo a denti stretti. "Quindi fammi il piacere di raggiungere la piromane in mezzo alle fiamme. Voglio vedere se resisti veramente al fuoco."

Shizuru scosse dolcemente la testa.

"Allora mi basterà aspettare che il fuoco ti raggiunga."

La ragazza sentiva già le fiamme lambire il pavimento ai suoi piedi. Ben presto il desiderio di Gombei si sarebbe realizzato.


"Molla quella dannata pistola, Gombei!" Urlò improvvisamente una voce.

Itsumi era appena arrivata alle spalle del suo ex collega, inosservata in mezzo al caos che regnava.

Gombei s'irrigidì, poi sorrise. Le sue labbra si mossero in un unico messaggio destinato a Shizuru. Poi sparò. Itsumi rispose e l'uomo crollò senza un gemito, stavolta in modo definitivo.

"Dobbiamo andarcene," ordinò la donna, "presto!"

Natsuki finalmente si rialzò, emersa dal suo torpore dai rumori degli spari e dalla voce di Itsumi. Senza preoccuparsi di asciugarsi le lacrime, afferrò la mano di Shizuru che era rimasta stranamente immobile e iniziò a correre per sfuggire alle fiamme. Ma Shizuru fece solo due passi, poi le gambe le cedettero.

Difficile vedere in mezzo alla maglietta schizzata di sangue una macchia scura sempre più grande sullo stomaco, ma Gombei l'aveva colpita.

E come le aveva annunciato: l'aspettava all'inferno.


NDA: State tranquilli (o magari no), la vera conclusione sarà nell'epilogo. ^^

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Epilogo ***


NDA: Saluti!

Questa è davvero la fine della storia.

Grazie mille a tutti coloro che l'hanno seguita fino ad ora, e preso il tempo di lasciare una recensione. Spero che questo finale vi soddisfi. Se così non fosse, chiedo scusa anticipatamente. Ma comunque sia, buona lettura di questo breve epilogo.

E magari alla prossima con un'altra fic, chi lo sa :)


Epilogo

Natsuki s'inchinò profondamente davanti al piccolo altare dove aveva appena lasciato delle offerte per i morti. Poi si alzò in piedi, si spolverò i jeans e uscì dalla piccola stanza riservata a quell'altare.

All'esterno, il sole brillava con una luminosità quasi dolorosa dopo la penombra dell'interno. la ragazza si coprì gli occhi e risalì lo stretto sentiero ghiaiato fino alla dimora principale. Il vento sul suo viso non le era mai sembrato così piacevole.

Salì finalmente i pochi gradini davanti a lei, con i suoi passi che risuonavano sul legno da poco lucidato. Fece scorrere la porta e si ritrovò faccia a faccia con la vecchia Chikako. L'anziana donna le offrì un sorriso raggiante pieno di gentilezza e saggezza, e lasciò l'importante vassoio che trasportava nelle abili mani di Natsuki.

"Eccoti qui, Kuga-san. Occupati tu di questo, vuoi? Ho una cena da preparare, Miss Maria ha detto che avremo i Suzushiro e i Kikugawa come ospiti stasera."

"Oh, va bene," rispose la ragazza prendendo il vassoio.

Percorse l'imponente edificio pensando a Miss Maria, la severa donna che incrociava più di quanto non volesse nonostante le dimensioni della dimora. Per fortuna i servitori che lavoravano lì erano più socievoli. Arrivata di fronte alla stanza dove doveva lasciare il suo carico, dovette manovrare abilmente il gomito per aprire la porta tenendo in mano l'ingombrante vassoio. Quest'ultima girò sui cardini in silenzio, lasciando a chi occupava la camera la possibilità di continuare a dormire.

Ma il fascio di luce che si riversò abbondantemente all'interno illuminò perfettamente un letto vuoto e, in controluce, la persona - sul punto di stiracchiarsi - che avrebbe dovuto occuparlo. Non essendo stata individuata, Natsuki attraversò la stanza in silenzio, appoggiò il vassoio sopra un basso tavolino poco distante, poi si avvicinò alla figura. Fece scivolare le braccia intorno alla sua vita, attirandola a sé. Per un attimo la sentì irrigidirsi.

"Shizuru," sussurrò. "Dovresti essere a letto."

La giovane si lasciò finalmente andare contro di lei, rilassandosi nell'abbraccio confortante e ben conosciuto di Natsuki.

"Mou Natsuki, ma sto bene!" Si lamentò.

Natsuki nascose il viso nel collo di Shizuru, inspirando profondamente il suo odore pulito e fresco. Con la punta delle dita, disegnò delle forme indistinte sulla pelle morbida che la t-shirt aveva lasciato scoperta mentre la ragazza si stiracchiava. Aggrottò la fronte - in un misto di tristezza e di collera - quando sfiorò l'orlo di una fasciatura che copriva la ferita, ormai quasi interamente cicatrizzata, del suo stomaco. Sentì il corpo di Shizuru irrigidirsi nuovamente malgrado tutto quando le sue dita sfiorarono le bende.

"Può darsi," sussurrò, "ma preferisco non correre rischi, quindi a letto!"

"Solo se Natsuki resta con me!" Piagnucolò l'altra, voltandosi per stringere le braccia intorno al collo di Natsuki.

Quest'ultima la guidò quindi dolcemente ma con fermezza verso il letto. Quando le sue ginocchia toccarono il materasso Shizuru si lasciò cadere all'indietro senza lasciare la presa su Natsuki, che la seguì nella caduta.

"Ho parlato con il medico al telefono. Continua ad essere stupefatto della tua rapida guarigione," disse dolcemente l'ex-HiME, il viso a pochi centimetri dall'altra. "Ma questo non vuol dire che non dobbiamo fare attenzione."

"Hmm," mormorò Shizuru, "Natsuki si preoccupa troppo."

"Natsuki si ricorda che Shizuru si è fatta sparare addosso," rispose l'altra con finta leggerezza. "I dottori continuano a dire che è un miracolo che quella sera... tu non sia..."

Sentendo la voce sul punto di spezzarsi, Shizuru intrecciò le sue gambe con quelle di Natsuki e appoggiò la testa sul suo petto, meravigliata nel sentire il battito forte e costante del cuore dell'altra ragazza.

"Sono qui, Natsuki. Ci vuole ben altro perché mi separi da te. Sono tornata indietro nel tempo per te," le ricordò. "Ma nonostante tutto... non ricordo molto di quella sera, compreso il farmi sparare addosso. E non credo che sia una brutta cosa."

"No, è meglio che tu abbia dimenticato. Però, se un giorno ti ricorderai qualcosa di quella sera, voglio che tu me ne parli, d'accordo?"

Per tutta risposta, Shizuru voltò la testa per lasciare un bacio sul collo di Natsuki. Quest'ultima fece scorrere le dita tra i capelli di Shizuru, godendosi la sua presenza e desiderando a volte avere dimenticato anche lei cosa fosse successo.


Delle HiME che erano state rapite, Mai era morta in mezzo alle fiamme, Shiho non era sopravvissuta all'iniezione delle nanomacchine ben prima del loro arrivo e Fumi era stata abbattuta da uno degli agenti del Terzo Distretto mentre fuggiva dall'incendio insieme a loro. Yukino aveva avuto la gioia di ritrovare la sua famiglia e Haruka, che - avendo sentito parlare del piano quando sua madre aveva portato Shizuru al commissariato - aveva passato tutta la notte in attesa di notizie.

Ma gli orrori di quella notte non erano finiti con la loro fuga dal Terzo Distretto. Itsumi aveva aiutato Natsuki a portare Shizuru all'esterno, sotto la copertura di Nobu e del signor Anderson. L'arrivo dei soccorsi non era mai sembrato loro così lungo. Poi avevano voluto portare via Shizuru. Natsuki si era rifiutata di lasciarla andare e la situazione per poco non era degenerata in un incontro di pugilato se non fosse stato per l'intervento del signor Anderson. Quest'ultimo aveva afferrato la ragazza per la spalla e l'aveva trascinata con la forza fino alla sua macchina. La guardia del corpo dei Fujino non era mai stata a più di un metro dall'ambulanza. La cosa però non aveva permesso loro di vedere Shizuru perché appena arrivati al pronto soccorso erano stati portati al blocco operatorio. Il dottore che era venuto da loro dopo l'operazione aveva cercato di rassicurarli ma non era riuscito a fingere sulla probabilità - quasi nulla - che la ragazza riuscisse a sopravvivere. Perché anche senza prendere in considerazione la pallottola e danni che lo sparo aveva provocato, Shizuru aveva perso un'enorme quantità di sangue. Il miracolo agli occhi dei medici fu che riuscì a sopravvivere alla notte, nonostante fosse caduta in coma. La ragazza si risvegliò molti giorni dopo, certo gravemente indebolita e affetta da una leggera amnesia sulle ore precedenti all'incidente, ma comunque viva. Durante quel tempo Natsuki non aveva mai lasciato la sua stanza - o il corridoio adiacente quando il personale medico le impediva di restare - e questo nonostante le costanti minacce degli infermieri di sbatterla fuori oltre gli orari di visita. Si rifiutava di uscire dall'ospedale senza di lei, come pure il signor Anderson e Miss Maria non appena fu informata. Quanto ad Haruka e Yukino, le due ragazze vennero a trovare Shizuru ogni giorno con i loro genitori. Avere permesso di salvare Yukino aveva fatto sì che Shizuru godesse adesso della completa fiducia e lealtà dei Suzushiro e dei Kikugawa.

Non appena dichiarata fuori pericolo, Miss Maria si era messa ad organizzare il suo rimpatrio sotto scorta a Kyoto. Le morti, la sofferenza e le paure generate per tanto tempo a Fuuka - senza contare ciò che aveva dimenticato per via della sua amnesia - spinsero Shizuru ad accettare facilmente la proposta della sua tutrice di tornare a Kyoto. Miss Maria aveva subito proposto a Natsuki di andare a vivere nella dimora dei Fujino insieme a Shizuru, con la scusa che la ragazza avrebbe avuto bisogno di aiuto durante la sua riabilitazione. Già decisa a non lasciarla andare lontano, Natsuki aveva accettato.

Durante quel periodo, i Suzushiro e Miss Maria avevano attivato tutti i loro contatti per accelerare le diverse procedure per mettere in sicurezza le vittime del Terzo Distretto.

Il commissariato era stato chiuso, il laboratorio era completamente bruciato, la maggior parte dei membri del Terzo Distretto arrestata o, in mancanza di prove, messa sotto sorveglianza.

I giornali avevano fatto scoppiare uno scandalo, al punto che la ricomparsa e la sopravvivenza dell'ereditiera Windbloom era passata quasi del tutto inosservata. Miss Maria però aveva deciso di occuparsi efficacemente della sua pupilla. Un esercito di guardie del corpo era stato assunto e pattugliava oggi i giardini dei Fujino sotto lo sguardo d'avvoltoio dell'anziana donna.


Natsuki abbracciò Shizuru.

"Non ti lascio più andare. Mai più. Non appena ti tolgo gli occhi di dosso, tu arrivi quasi a farti ammazzare."

Shizuru rise in silenzio prima di abbracciarla a sua volta.

"Penso di poterci convivere," mormorò mentre - avendo finalmente trovato la posizione perfetta con Natsuki utilizzata come cuscino - iniziava ad addormentarsi felice.

"Ti amo, Shizuru," le sussurrò Natsuki teneramente.

"... Ti amo... Suki," balbettò Shizuru ad occhi chiusi.

Piuttosto che trovare il riposo, Natsuki preferì vegliare su di lei.


A volte Shizuru sognava di quella sera. Vedeva delle fiamme, sentiva delle urla. Tanto sangue e tanta sofferenza. Ma mai niente di preciso. L'immagine più chiara di quei ricordi frammentati era una siringa con sopra un'etichetta, il cui nome al risveglio continuava a dimenticare. Cosa ne faceva di quella siringa? Non riusciva mai a ricordare. S'iniettava il prodotto? Non lo sapeva, e forse era meglio così.

Tutto ciò che voleva adesso era approfittare della vita della gioia di amare liberamente Natsuki, come aveva sempre sognato.


"... la scoperta di un laboratorio segreto controllato dalla Polizia di Fuuka ha scatenato uno dei peggiori scandali di questo secolo in Giappone. La popolazione, preoccupata, oggi esita a chiedere l'aiuto delle forze dell'ordine che non sono più considerate affidabili..."

L'uomo - un americano nel vigore degli anni - spense la televisione. Intorno a lui c'erano uomini e donne di tutti i paesi.

"L'ultimo dei Distretti del Giappone è stato distrutto," disse.

"Abbiamo perso tutti i loro dati," aggiunse un cinese. "Non è stato possibile recuperare nulla."

"Però continuano ad ignorare la nostra esistenza," precisò una francese.

"E' così. Tuttavia..."

L'americano lasciò calare il silenzio, e abbracciò la stanza con lo sguardo.

"Non sappiamo chi sono i colpevoli, e cosa abbiano scoperto su noialtri e i Distretti sotto il nostro controllo. Che i quattro Distretti giapponesi siano stati distrutti uno dopo l'altro malgrado le nostre risorse e i mezzi messi a disposizione per proteggerli lascia temere che sappiano di noi."

"Cosa vorrebbe che facessimo?" Chiese la francese in tono leggermente irritato.

"Che sia aperta un'inchiesta. Troviamoli e sbarazziamoci di loro, solo così difenderemo i nostri Distretti e terremo al sicuro le nostre ricerche."

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