Promise

di Kingyo chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

“Ho sempre custodito i ricordi dalla mia infanzia nel mio cuore come se fossero la cosa più preziosa che possiedo.
Ho ben impresso nella mente ogni singolo istante. Sono così chiari che mi sembra di guardare un film.
Ricordo perfettamente ogni cosa, persino la posizione dell'arredamento di quella casa. 
L'unica cosa esattamente uguale a tanti anni fa è il pianoforte.
È sempre nella sala da ballo vicino alla finestra che dà sul cortile. Accanto alla finestra c'è un glicine viola. Ricordo quando l'avevamo piantato e da allora è cresciuto parecchio: ora copre leggermente la finestra, come voleva Austria, in modo da poter suonare senza che il sole gli vada negli occhi ma entri comunque abbastanza luce per poter vedere lo spartito. 
Ho sempre adorato quel pianoforte nero, così lucido che ci si poteva specchiare. Mi piace soprattutto il suo suono perche' è sempre perfettamente accordato, ovviamente grazie ad Austria. Da piccolo, passavo delle ore a sentirlo suonare: mentre lavavo le finestre o davo la cera al pavimento della sala da ballo, ma riuscivo a sentirlo anche quando rastrellavo le foglie in cortile. 
Ungheria era ancora più affascinata di me da quella musica...o semplicemente da Austria. Lei è sempre stata innamorata di Austria, chissà se ora sono felici insieme...
Le giornate trascorrevano normalmente: io e Ungheria pulivamo, Austria suonava, ogni tanto veniva Prussia e litigava con Austria. 
Poi è arrivato lui, Sacro Romano Impero.
Era sempre timido con me. 
Delle volte mi portava dei fiori poi correva via. 
Ogni volta che prendevo una pausa giocavamo insieme. Era sempre così gentile e premuroso con me. 
Ero davvero innamorato di lui. 
Lui invece amava la ragazza che credeva io fossi. 
Continuavo a rimandare il momento in cui gli avrei detto la verità perche' avevo paura di perderlo ma, come sempre, quando trovi il coraggio per dire la verità capisci che è troppo tardi. Infatti, stava per partire per una guerra e non avrei mai potuto dirglielo in un momento simile. 
Prima di partire mi ha baciato e mi ha chiesto di venire con lui. Anche se questa proposta mi ha riempito il cuore di gioia, non ho accettato perché sapevo di non poter rimanere al suo fianco continuando a mentirgli.
Ci siamo scambiati una promessa: lui sarebbe tornato ed io sarei rimasto lì ad aspettarlo per accoglierlo al suo ritorno. Nessuno dei due la mantenne.
Lui non è mai tornato ed io me ne sono andato formando un unico regno con mio fratello: l'Italia. 
Ripensando al passato mi vengono i sensi di colpa. Penso spesso a lui e mi chiedo se sia tornato, se si sia arrabbiato perche' non sono rimasto ad aspettarlo, ma soprattutto mi tormenta il fatto di non sapere se sia ancora vivo. Darei di tutto per rivederlo. 
Ma ora è tempo di dimenticare il passato e concentrarmi sul presente perche' ora ho incontrato Germania.”





L'autrice:
Ciao! 
Per prima cosa: grazie mille per aver letto questo primo capitolo della storia! È la prima volta che scrivo una ff su GerIta (Germania x Nord Italia) quindi spero che venga bene...
Secondo: mi dispiace se è un po' corto ma è solo il prologo. Comunque, anche gli altri capitoli non saranno molto lunghi perche' neanche la storia sarà lunghissima...
Grazie ancora per aver letto il primo capitolo, spero di poter aggiornare presto.
(mi scuso se ci sono errori)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Erano le 7 del mattino.
La stanza era illuminata da una luce tenue proveniente dalla finestra appannata e coperta da un leggero strato di brina. Fuori, la nebbia inghiottiva tutto nel suo monotono bianco. 
Quel silenzio rilassante è stato interrotto dalla sveglia che suonava sul comodino. Ero già sveglio prima che suonasse ma non avevo voglia di alzarmi. Stavo così bene sotto le coperte, perche' avrei dovuto? 
Mi sono concesso altri 5 minuti poi sono sceso a preparare la colazione per me e per mio fratello.
Dopo aver messo la caffettiera sui fornelli sono salito per chiamare Romano. Dormiva ancora. 
Mi sono avvicinato e gli ho scosso il braccio per svegliarlo.
«Romano?»
«Cosa vuoi?» mi ha chiesto mentre stropicciava gli occhi. 
«È ora di fare colazione.»
«No. È presto. Dormo.» e si è buttato tra i cuscini. 
«Ma oggi dobbiamo andare da Austria, ti ricordi?»
«Ah, già...non vengo.»
«Ma Romano-!»
In qualche modo, però, sono riuscito a convincerlo a venire e, dopo colazione, siamo partiti. 
Il viaggio è stato lungo e noioso, soprattutto per me perche' non vedevo l'ora di tornare nella casa in cui ho passato la mia infanzia. 
Quel giorno avrebbero dovuto esserci tutte le nazioni dell'Unione Europea per decidere degli accordi commerciali all'interno dell'Unione. Poi si sarebbe potuto parlare degli accordi coi Paesi esteri. 
La casa di Austria ha una sala convegni davvero enorme ed è adatta a queste occasioni. 
A dire la verità, non mi andava molto di partecipare a quella noiosa riunione, ero solo contento di rivedere alcune nazioni che non vedevo da un po'...come Germania. 
Lui non lo vedevo più o meno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando si è sciolta la nostra alleanza. 
Neanche in quell'occasione ho mantenuto la mia promessa. Gli avevo detto che sarei rimasto con lui fino alla fine, ma l'unica cosa che ho saputo fare è stata scappare quando ho visto arrivare gli americani. Da lì ho sempre avuto paura che lui non avesse più fiducia in me e che fosse ancora arrabbiato. Questo pensiero mi ha tormentato per tutto il viaggio, spazzando via l'allegria che avevo all'inizio. 
Siamo arrivati dopo circa 4 ore di viaggio.
Il portone era aperto e abbiamo percorso, con l'auto, una stradina di ghiaia circondata dal grande giardino, ora ricoperto da un sottile strato di neve.
Era tutto come lo ricordavo. 
C'era ancora la panchina di legno sotto alla quercia, e il gazebo dove, d'estate, facevamo colazione. 
Sono sceso dall'auto senza neanche dare il tempo a Romano di fermarla completamente. Ho iniziato a correre per arrivare all'entrata poi mi sono fermato per guardare indietro. 
«Romano, non vieni?»
«Zitto, non voglio farmi vedere da Spagna.»
Diceva così ma so che in realtà era contento di rivederlo e che lo stava  aspettando. Infatti, l'auto di Spagna, stava entrando dal cancello. Volevo salutare il fratellone Spagna ma ho pensato che forse era meglio lasciarli soli. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Arrivato davanti alla porta, il cuore mi batteva all'impazzata, non so perche'. Ho avvicinato la mano alla porta, esitando un po', poi mi sono fatto coraggio e ho bussato. Mi sono allontanato di un passo dalla porta e sono rimasto ad aspettare. 
Sentivo il rumore dei tacchi di una ragazza battere sul pavimento e una voce famigliare. 
«Arrivo subito.»
I passi si avvicinavano fino ad arrivare davanti alla porta.
Ad aprirmi c'era Ungheria. Era davvero carina con il suo vestito giallo a balze e i fiori trai capelli. 
«Ciao Ita-Chan! Da quanto tempo!»
«Già» gli ho sorriso e ci siamo scambiati un abbraccio.
«Su, vieni, entra. E tuo fratello? Siete venuti insieme?»
«Si, ora arriva. Sta salutando Spagna.»
Ha riso leggermente poi mi ha accompagnato nella sala convegni.
Prima di iniziare dovevamo aspettare che arrivassero tutti.
Germania era già arrivato, era in fondo alla sala a parlare con Francia.
Era ancora uguale a come lo ricordavo e dopo molti anni, finalmente, era lì, a pochi passi da me. Avevo sognato tanto il momento in cui ci saremmo rivisti e mentre mi avvicinavo a lui ignoravo le altre nazioni che mi salutavano. 
«C-ciao Germania» la voce mi tremava dalla gioia. Avrei voluto gettargli le braccia al collo e stargli abbracciato per ore. Mi veniva quasi da piangere. 
«Ciao Italia» sentire pronunciare il mio nome dalla sua voce dopo tanto tempo mi ha fatto saltare il cuore nel petto.
«È da un po' che non ci si vede...vero?»
«Hm...ja. Ora devo andare, con permesso.» e se n'è andato lasciandomi lì con un sorriso idiota stampato sul volto. 
Allora era vero, lui non voleva ancora parlarmi.
Improvvisamente il cuore mi si riempì di dolore. Volevo piangere. 
“Non piangere! Non qui! Non adesso! Non davanti a tutti!” pensavo, ma le lacrime uscirono senza che le potessi fermare e le sentivo scorrere sulle mie guance. Le sentivo bruciare sulle mie guance. Erano peggio di una lama. 
Di istinto sono corso fuori dalla sala con un braccio sulla faccia per nascondere le lacrime. Non vedendo, sono andato a sbattere contro Prussia. 
«Hey, Ita-Chan, dove corri? Ah...ma stai piangendo, cos'è successo?»
«No, sto bene, non è nulla...» mi sono asciugato le lacrime con la manica della giacca.
«Sicuro? Perche' non-»
«Sto bene.» mi dispiace di essere stato maleducato con Prussia ma sentivo le lacrime pronte a scendere di nuovo e volevo solo trovare un posto dove stare solo e calmarmi, così sono andato verso il bagno.
Mi sono lavato la faccia poi sono tornato nella sala. 
Dopo che tutti ebbero preso posto, abbiamo iniziato.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Promise

Capitolo 4

Non ho ascoltato praticamente nulla della riunione. Pensavo solo a Germania. 
«Veneziano! Veneziano!» Romano mi stava chiamando sottovoce mentre mi tirava calci sotto il tavolo per attirare la mia attenzione. 
«Veneziano cazzo cagami!»
«Si, scusa...»
«Sei strano. Stai bene?»
«Si, certo. Mi fa piacere che ti preoccupi per me~»
«Zitto dannazione! Io non mi preoccupo per te! È solo che non voglio rispiegarti tutto dopo.»
Non ho comunque ascoltato. 
Guardavo fisso verso Germania e abbassavo velocemente lo sguardo quando si girava. Avrei solo voluto sapere a cosa stesse pensando. Alla riunione, di sicuro. Ma volevo sapere cosa pensava su di me. Volevo sapere se era felice di rivedermi. Non dico così tanto come quanto lo ero io, ma almeno un po'. 
“Fa che non mi odi. Non potrei mai sopportare di vedere quei suoi meravigliosi occhi azzurri guardarmi con odio. Tutto ma questo no!” era il mio unico pensiero. 

«Bene, allora ci rivedremo qui tra una settimana per decidere gli ultimi dettagli. Potete andare.» e con questo Austria concluse la riunione. 
Stavano uscendo tutti dalla sala ma io rimanevo seduto a guardare per terra. 
«Andiamo, Veneziano.» Romano ha preso la giacca che aveva appoggiato sullo schienale della sedia e si è diretto verso l'uscita.
Ho annuito e l'ho seguito fino alla macchina. 
Mi sono seduto sul sedile affianco al guidatore. Ha guidato Romano, come all'andata. 
Le prime 2 ore di viaggio sono state silenziose poi mio fratello ha deciso di rompere il ghiaccio: 
«Senti, Veneziano...ma cos'hai oggi?»
«Cosa?»
«Ma non lo so, dovresti dirmelo tu. ...è che normalmente saresti stato felice di rivedere gli altri Paesi. Guarda che l'ho capito che c'è qualcosa che non va con quel bastardo mangia patate»
Ho chiuso gli occhi e ho fatto un respiro profondo. Romano aveva capito tutto, come sempre. Del resto, non era la prima volta che mi capiva senza che io gli dicessi nulla, è pur sempre mio fratello. E anche se sostiene il contrario, so che mi vuole bene e si preoccupa per me. Non è bravo con le parole, per questo non me lo dice, ma io lo so e mi basta. Anche se, certe volte, avrei davvero bisogno che me lo dicesse e che mi abbracciasse, ma non lo farà mai: è il suo carattere.
«Non mi piace che ti lasci deprimere così da lui», ha aggiunto. 
«M-ma lui non ha fatto niente!»
«Allora perché stai così?»
«...non lo so...»
Romano aveva ragione. Infondo Germania non aveva detto niente. Ma a pensare di non sapere se lui mi odiasse mi rattristava troppo, non potevo farne a meno. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Qualche giorno dopo...

Appena sveglio ho guardato l'orologio. Segnava le 10:40. 
”No, cavolo! Non ho sentito la sveglia! Perche' Romano non mi ha svegliato?!” ma il mio pensiero fu interrotto da delle voci provenienti dal piano di sotto, in cucina. 
Mi sono seduto sul pianerottolo delle scale per ascoltare. 
Romano stava parlando con Germania. Non capivo cosa ci facesse Germania a casa nostra.
«Perche' sei venuto?»
«Volevo parlare con tuo fratello»
«È di sopra, dorme ancora»
«Posso aspettarlo qui?»
«Fa quel cazzo che ti pare»
Ero felicissimo. Germania era lì per vedere me! Allora non era poi così arrabbiato! Ero pronto a scendere le scale, entrare in cucina e abbracciarlo ma sentivo che stavano ancora parlando e ho deciso di aspettare e ascoltare ancora.
«Senti, crucco,» ha iniziato Romano «se hai intenzione di far soffrire mio fratello: quella è la porta. Io non voglio vederlo stare male, chiaro?»
“È vero, mio fratello mi vuole davvero bene.”
Germania non ha detto nulla. Avrei voluto vedere la sua reazione alle parole di Romano.
Ora avevano finito di parlare e potevo scendere. 
«Germania-» mi ha interrotto subito.
«Italia, possiamo parlare? ...da soli?»
«Ve...si, certo. Vieni» l'ho condotto in salotto e ho chiuso la porta alle mie spalle. 
«Di cosa volevi parlarmi?» ho chiesto sorridendo. 
«...di...» sembrava triste, preoccupato. Non mi piace vederlo così. «Di ciò che è successo tanti anni fa...»
«Mi dispiace.»
«Cos-»
«Hai ragione ad essere arrabbiato con me. Non ho mantenuto la promessa che ti ho fatto. Non sono rimasto al tuo fianco fino alla fine. Mi dispiace.»
Non ha detto niente ma si è avvicinato a me mentre io guardavo in basso. Ha appoggiato una mano alla parete e con l'altra mi ha accarezzato la guancia fino a sfiorarmi le labbra. Ha portato la mano, che era appoggiata al muro, sulla mi schiena. Mi ha tirato a se e mi ha baciato. Non ho capito subito cosa stesse succedendo, poi ho realizzato che Germania mi stava davvero baciando e che non era un sogno. L'ho abbracciato per assicurarmi che fosse reale.
«Ti amo Germania».

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