HoJ - X - Protezione e Giustizia [da revisionare]

di Ghost Writer TNCS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Ricercato in fuga ***
Capitolo 3: *** 2. Doppia indagine ***
Capitolo 4: *** 3. Attacco all’onore ***
Capitolo 5: *** 4. Un giorno di preparativi ***
Capitolo 6: *** 5. Attacco alla villa ***
Capitolo 7: *** 6. Ricerche incrociate ***
Capitolo 8: *** 7. Sangue e disperazione ***
Capitolo 9: *** 8. Doveri e limiti ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

La giovane girò bruscamente a sinistra, urtò un paio di passanti e continuò a correre a perdifiato. L’aspetto di cane umanoide suggeriva fosse una licantropa, e le sue orecchie a punta erano tese per captare i rumori alle sue spalle.

«Vàen, Polizia Galattica, fermati subito!»

Il grido dell’insettoide non servì a nulla, anzi la spronò a correre ancora più in fretta. Saltò una ringhiera e balzò al piano inferire. Conosceva quella stazione orbitale come le sue tasche: ci avrebbe messo poco a seminare quello sbirro con quattro braccia.

Una folata di vento le fece rizzare il pelo. Sbarrò gli occhi e rallentò di colpo per non andare a sbattere con il poliziotto, che in una frazione di secondo l’aveva superata e le aveva sbarrato la strada.

«Vàen, è inutile che scappi.» affermò l’insettoide con un leggero accento «Vedi di collaborare e vedrai che il giudice ne terrà conto.»

«Ma vaffanculo!» La licantropa infilò una mano nella tasca della felpa e tirò fuori un cristallo blu. «Prendi questo!»

L’onda d’urto scaraventò all’indietro l’agente, mandandolo al tappeto.

«Ci vediamo, sbirro!» esclamò la ragazza con un sorriso sfrontato.

L’insettoide si tirò su, gli occhi composti ridotti a due fessure. Spirò dal naso tutta la sua rabbia e, riottenuta la necessaria calma, si rimise in piedi. Per la seconda volta usò l’Arte di Combattimento per aumentare la velocità e in un secondo fu di fronte alla fuggitiva. La giovane andò a sbattere contro di lui e cadde a terra. Il cristallo magico le sfuggì di mano e rimbalzò un paio di metri più in là.

«Vàen, non sono uno sbirro, sono un Cane da Caccia.»

La licantropa si rimise in piedi, i denti stretti e il pelo ritto. Gli tirò un pugno, ma lui lo bloccò facilmente. Altrettanto facilmente bloccò il secondo.

L’insettoide allargò le braccia inferiori. «Vàen, qualcos’altro?»

Il calcio lo centrò in pieno tra le gambe, causandogli un gemito poco virile. Lasciò andare la presa sulle mani e cadde in ginocchio agonizzante.

Lei si esibì in un nuovo sorrisetto di sfida. «Ci vediamo, sbiiii…»

Il proiettile paralizzante la prese in pieno, facendola cadere a terra con qualche leggero spasimo. Adesso davvero non poteva più fuggire.

«Taiga, tutto a posto?»

Il poliziotto gemette di nuovo. «Vàen… tu che dici…?» Nonostante il dolore, non aveva perso l’abitudine di inserire un “vàen” in ogni frase.

La sua collega, una donna dai capelli biondi raccolti in una coda, infilò la pistola che aveva in mano nella fondina alla coscia destra, così da essere perfettamente speculare all’arma a sinistra. «Qui Samantha Domino, abbiamo preso la ragazza.» affermò attraverso il comunicatore del suo overwatch. «Ho qui uno dei cristalli magici di contrabbando.»

«Ottimo lavoro. Sbrigatevi a portarla al comando, abbiamo un nuovo caso e sembra uno di quelli tosti.»

La poliziotta annuì. «Ricevuto, arriviamo subito.» Chiuse la chiamata e, mentre prendeva una capsula dalla cintura, lanciò uno sguardo al collega. «Sentito, Taiga? Il divertimento deve ancora cominciare.»

L’altro si mise in piedi, ancora dolorante «Vàen, non vedo l’ora…»

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Capitolo 2
*** 1. Ricercato in fuga ***


1. Ricercato in fuga

Data: 4122 d.s., prima deca[1]
Luogo: pianeta Banvor-2, sistema Banvor
 

Il silenzio della notte ricopriva ogni cosa come un telo invisibile e la bassa vegetazione sembrava completamente priva di fauna. Un cielo stellato ma senza lune faceva da sfondo all’alta recinzione che delimitava il centro di ricerca: un luogo altamente sorvegliato a cui era impossibile accedere senza un apposito pass. Innumerevoli luci illuminavano a giorno il cortile interno, rendendolo l’unica zona non avvolta dalle ombre.

All’improvviso un vetro andò in frantumi e lo scroscio rimbombò nella pianura deserta. Qualcosa era caduto all’esterno dell’edificio, rotolando sul terreno liscio ma polveroso. Si trattava di un essere con due braccia lunghe e molto muscolose e sulla schiena aveva una sorta di corazza simile ad un carapace. Lo strano essere si rimise in piedi, ma subito qualcuno saltò fuori dalla finestra per affrontarlo. Le corna aguzze, le ali membranose e gli occhi senza iride né pupilla suggerivano fosse un demone, caratteristica avvalorata dagli artigli che si allungavano da ogni dito.

«Fermati!» ordinò il nuovo arrivato «Ti dichiaro in arresto!»

Il suo nemico sollevò i medi. «Col cazzo!»

Con un grugnito il bestione si lanciò alla carica, ma il demone non si spostò. Una frusta di energia purpurea si allungò dalla sua mano e con un schiocco secco colpì l’aggressore. La tartaruga umanoide imprecò più volte – quell’arma causava dolorose bruciature dovunque colpisse – poi però la rabbia ebbe la meglio e con un balzo impressionante per uno della sua stazza raggiunse il poliziotto, colpendolo con un pungo.

Nello stesso momento la porta blindata sul tetto dell’edificio venne buttata giù e qualcuno corse fuori. Si trattava di un uomo alto e muscoloso e i suoi fluenti capelli castani erano raccolti in lunghe treccine, molte delle quali a loro volta riunite in una coda di cavallo. Delle piume bianche e rosa arricchivano la sua acconciatura e un’alta fascia rosa gli copriva la fronte con l’obiettivo di tenere a bada le treccine più ribelli, compito assai arduo durante la corsa. Gli occhi erano azzurri e affilati, di rara bellezza, perfettamente a loro agio su quel viso affascinante e superbo al tempo stesso. Il suo corpo riportava diverse ferite, ma nessuna era abbastanza grave da convincerlo a fermarsi.

Senza rallentare si guardò indietro e ben preso individuò i suoi due inseguitori.

«Fermati!» ordinò la donna. I suoi capelli biondi erano raccolti in una coda, acconciatura che, oltre ad essere pratica durante un combattimento, metteva in risalto il suo viso dai tratti dolci e levigati. Gli occhi erano ben delineati, con delle autorevoli iridi dorate e delle sopracciglia piccole ma decise, mentre il corpo era tonico e scattante, costantemente tenuto in esercizio. La divisa che indossava era quella blu tipica della Polizia Galattica e sul dorso della mano sinistra aveva un tatuaggio viola rappresentante una farfalla. Le sue armi: una coppia di grosse pistole argentate simili a delle semiautomatiche, ma dotate di tamburo.

Il fuggitivo non si prese nemmeno la briga di rispondere e saltò giù dal tetto. Immediatamente le sue braccia si tramutarono in ali ricoperte di piume bianche e rosa e il suo corpo divenne quello di un uccello, permettendogli così di volare via nel cielo notturno.

«Vàen, dobbiamo fermarlo!» imprecò l’insettoide. Parlava con un leggero accento e il suo portamento rivelava una discreta esperienza di combattente, probabilmente in qualche arte marziale. Era abbastanza alto e l’esoscheletro verde ramato rivelava un fisico robusto e allenato, i capelli castani erano corti e spettinati, gli occhi composti invece erano scuri e rivelavano una grande forza interiore. Al contrario della sua collega, era in borghese e indossava degli abiti comodi ma resistenti, perfetti per affrontare situazioni come quella. Anche lui era armato, per la precisione di un compatto fucile d’assalto.

Il fuorilegge intanto si allontanava in fretta e, quando il poliziotto provò a prendere la mira, i suoi colpi al plasma non furono abbastanza precisi per raggiungere il nemico.

«Sam, che facciamo?»

La donna digrignò i denti: i suoi revolver non erano un’arma a distanza e nessuno di loro sapeva volare. Guardò in basso e di colpo le venne un’idea.

«Vieni Taiga[2], mi è venuta un’idea!»

L’insettoide la vide saltare giù dal tetto e senza esitazione la seguì. Per fortuna il laboratorio era solo a due piani e quindi riuscirono ad attutire la caduta con una precisa capriola.

Subito la pistolera aprì il fuoco contro la tartaruga umanoide e il suo collega la imitò. Ben presto il bestione fu costretto ad indietreggiare e questo permise ai due di raggiungere il demone.

«Lanolin, Ross sta scappando! Ce la fai ad inseguirlo?»

Il poliziotto si alzò. Aveva diverse ferite, ma si sforzò di annuire. «Ci penso io.»

L’agente spiccò il volo e la donna rivolse la sua attenzione al nuovo nemico. Taiga lo stava tenendo occupato con il fucile al plasma, ma i colpi non si stavano rivelando molto efficaci.

«Non mi fate nemmeno il solletico!» si vantò il bestione «Ora vi faccio vedere io!»

Senza paura si lanciò alla carica e Sam sollevò le sue pistole. Con i pollici spostò delle levette vicine alle impugnature, quindi fece ruotare di una posizione i tamburi. Senza perdere tempo la poliziotta rimise a posto le due levette e prese la mira. Il nemico era ormai a pochi passi, ma lei non si fece intimorire e con decisione affondò sui grilletti.

Bastò un attimo. Ci fu un doppio scoppio e poi il criminale venne scaraventato all’indietro da una violenta onda d’urto che lo fece stramazzare a terra quattro metri più indietro.

Il bestione emise un rantolo soffocato, incapace di muoversi.

«Non farla tanto lunga!» sbottò la poliziotta «Manco avessi usato gli anticarro…»

«Vàen, ce ne saranno altri?» domandò Taiga mentre sigillava il fuorilegge in una capsula dimensionale.

«Ora vediamo di scoprirlo…» La poliziotta premette un pulsante sull’overwatch che aveva al polso e subito comparve uno schermo olografico. «Qui Samantha Domino, ne abbiamo preso uno. La vostra situazione?»

Uno dopo l’altro tutti gli agenti fecero rapporto, confermando l’avvenuta cattura dei criminali. Solo uno dovette dare una brutta notizia: «Qui Lanolin Agæsay. Mi spiace, Ross è fuggito.»

Una volta che tutti ebbero dato il loro responso, il commissario ordinò di fare un ultimo controllo della struttura per assicurarsi di averla messa in sicurezza e poi si imbarcarono sul trasporto spaziale per fare ritorno al comando. Dovevano pensare ad un piano per rintracciare in fretta il fuggitivo e assicurarlo alla giustizia.

Taiga si concesse un sospiro rassegnato. «Vàen, e io che speravo di potermi rilassare un po’ dopo questa operazione…»

***

«Come ben sapete, Ross è fuggito.» Furono queste le prime parole del commissario, un uomo dagli occhi completamente neri e dalle narici simili a branchie. Grazie ad una soffiata erano riusciti a scoprire in anticipo il piano del pericoloso criminale, ma l’opposizione del direttore del centro di ricerca aveva ritardato di molto la loro contromossa e di conseguenza, una volta arrivati a destinazione, il furto era già stato commesso. Per fortuna erano riusciti a catturare tutti i membri della banda prima che tagliassero la corda, però il loro obiettivo principale era scappato con la preziosa refurtiva: il preziosissimo componente di un’apparecchiatura medica. «Tuttavia ho una mezza buona notizia: siamo riusciti a rintracciarlo per un breve periodo. Dopo aver fatto perdere le tracce, si è diretto verso la più vicina stazione spaziale e da lì ha rubato un’astronave privata. Purtroppo non siamo ancora riusciti ad individuare la sua nuova posizione.»

«Potrebbe essere tornato nella base dei suoi.» ipotizzò un agente, un giovane carcarodon[3] dalla carnagione ramata, facilmente riconoscibile per via del naso che formava un arco omogeneo dalla base della fronte fin sopra la bocca e dai denti da squalo. Come la maggior parte dei presenti, indossava l’uniforme, ma non la portava seguendo rigidamente le regole della Polizia Galattica, infatti aveva anche una cuffia a righe orizzontali grigie e nere.

«Lo escludiamo.» ribatté il commissario «Sappiamo che la Brigata delle Bestie Selvagge[4] ha il suo nascondiglio sul pianeta Shytia, tuttavia non abbiamo individuato l’astronave rubata da quelle parti.»

«Magari non vuole tornare lì.» suggerì una poliziotta. Il suo aspetto era quello di una felina umanoide, quindi molto probabilmente apparteneva alla specie degli ailurantropi[5]. Il fisico slanciato e le linee nere sul viso richiamavano quelli dei ghepardi, la corta pelliccia arancione a strisce invece ricordava quella delle tigri. Le iridi gialle rivelavano un grande intuito e una saggezza notevole, soprattutto se confrontata con il suo corpo che non dimostrava all’incirca trent’anni, portava diversi orecchini e sulla coda aveva alcuni anelli dorati con delle finte pietre simili a rubini.

«Perché non dovrebbe?» obiettò qualcuno.

«Sul rapporto diceva che Elliot Ross è un tipo arrogante, egocentrico e con una discreta attitudine all’insubordinazione.» spiegò la donna «Da quando è entrato nella Brigata delle Bestie Selvagge, si è molto messo in mostra, quindi credo sia plausibile che voglia creare un suo gruppo criminale, o magari che voglia addirittura diventare il nuovo leader della Brigata.»

«Non hai tutti i torti, ma dubito che sarebbe in grado di sconfiggere la Regina delle Bestie.» obiettò Samantha.

«Probabilmente hai ragione,» convenne l’ailurantropa «però credo sia un’opzione da tenere presente. E poi c’è un’altra cosa che non mi quadra: ho fatto qualche ricerca e sono quasi certa che l’oggetto che ha rubato non sia il componente di un’apparecchiatura medica di valore. Ho provato a scoprire qualcosa in più, ma purtroppo quasi tutti i dati contenuti nel centro di ricerca erano già stati cancellati.»

«Grandioso!» esclamò sarcastico il giovane carcarodon «Come se non avessimo già abbastanza problemi!»

***

Dhar Lawrence Ashburnum La-Millian osservò dal suo studio il meraviglioso paesaggio sorseggiando con tranquillità una bevanda calda e profumata. Lo spettacolare panorama offriva il massimo della sua bellezza proprio nelle ore serali, quando la luce aranciata del tramonto faceva luccicare le cascate di finta acqua e metteva in risalto le linee ricercate delle ville.

L’uomo appoggiò la tazza sull’apposito piattino e appoggiò le otto dita palmate sulla pancia. Era un cosiddetto “anfibiano[6] di seconda generazione” – una sottospecie discendente dagli anfibiani che si era adattata a vivere stabilmente sulla terraferma – la pelle liscissima era di un color rosso mattone e sul viso vagamente triangolare, spiccavano due acuti occhi verde scuro. Ultimamente aveva preso qualche chilo, ma questo non era un problema per un imprenditore di successo come lui: grazie al suo enorme patrimonio si era perfino potuto comprare il titolo di dhar.

Prese un altro dolce sorso dalla tazza decorata a mano. Ora che aveva portato a termine quell’importante trattativa, si era potuto concedere un po’ di giorni di relax, e quale posto migliore della sua lussuosissima villa? Il panorama del mare incontaminato era impareggiabile, con qualche leggera nuvola che striava il cielo, e la costa talmente vicina che quasi gli sembrava di sentire il suono della risacca. Senza contare che la residenza – un complesso edificio che occupava ben quattro isole fluttuanti – era dotata di tutti i confort possibili, con un grande salone per i ricevimenti e anche un campo di basya al coperto.

Purtroppo un droide della servitù venne ad interrompere la sua pace. «Mi scusi signore, c’è un uomo che desidera parlare con lei. Ha detto di chiamarsi Elliot Ross.», e gli mostrò un ologramma dello stesso.

Se fosse stata una persona qualsiasi o un socio d’affari di poco conto, dhar Lawrence non ci avrebbe pensato due volte a mandarlo via, ma sentendo quel nome e vedendo quel volto, cambiò subito idea. «Fallo venire qui.»

«Subito, signore.»

Il droide uscì dal grande locale e poco dopo tornò indietro insieme ad Elliot Ross. La sua canotta era tutta sbrindellata e aveva diverse ferite superficiali, alcune delle piume bianche e rosa che decoravano le treccine sembravano un po’ sciupate, ma i suoi occhi azzurri avevano comunque un evidente riflesso di soddisfazione.

«Lasciaci.» ordinò l’anfibiano.

Subito la macchina abbandonò la stanza e richiuse la porta alle sue spalle senza fare rumore.

Una volta soli, Elliot non perse tempo e si lasciò cadere su una delle lussuose poltrone imbottite. Sorrise. «Felice di vedermi?»

Dhar Lawrence non ricambiò il sorriso. «“Felice” non è esattamente il termine che userei per descrivere il mio attuale stato d’animo.»


[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L’anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati “deche”.
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell’anno terrestre.

[2] Samantha e Taiga sono presenti anche nella ministoria Peccato e Redenzione.

[3] Specie originale di TNCS. Il termine deriva dal nome scientifico dello squalo bianco: Carcharodon carcharias.

[4] Le vicende riguardanti la Brigata delle Bestie Selvagge sono raccontate nella saga BBS.

[5] Specie originale di TNCS. Il nome è una fusione delle parole greche “ailouros” (gatto) e “anthropos” (uomo).

[6] Specie originale di TNCS. Il termine deriva dalla classe degli anfibi (Amphibia nella classificazione scientifica).

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Capitolo 3
*** 2. Doppia indagine ***


2. Doppia indagine

«Che ci fai qui?» domandò dhar Lawrence in tono freddo.

Elliot Ross non si scompose. «Che bell’accoglienza, dopo tutto quello che ho fatto per te…»

«E sei stato pagato per questo. Cosa vuoi?»

«Devi nascondermi.» rispose il fuorilegge senza tanti giri di parole «La Polizia Galattica mi cerca, ho bisogno di qualche giorno per…»

«Qualche giorno?!» scattò l’anfibiano «Lo sai cosa succederebbe se ti trovassero qui?! Io ho una reputazione da difendere!»

«Una reputazione costruita anche grazie a me!» ribatté l’uomo «Fidati di me, ho bisogno di un po’ di tempo per far calmare le acque, poi me ne potrò andare. Nessuno saprà che sono stato qui.»

«E se ti scoprissero?»

«Non succederà. E in ogni caso la Polizia Galattica qui non ha giurisdizione, quindi, anche se mi trovassero, non potrebbero fare nulla.»

Dhar Lawrence si alzò e si mise a passeggiare nervosamente davanti alla grande vetrata. In quel momento nemmeno lo spettacolo del tramonto sul mare era sufficiente per calmarlo.

«Siamo amici, no? E gli amici si aiutano.»

L’anfibiano lo fulminò con un’occhiata. «Noi non siamo amici.»

Elliot sospirò platealmente. «E allora siamo soci. Lo siamo stati per lo meno. Ed entrambi ci abbiamo guadagnato…»

Dhar Lawrence non ribatté, così l’uomo con le treccine aprì il suo marsupio e ne tirò fuori un disco spesso meno di due centimetri e largo non più di un pugno. Sembrava fatto con un qualche metallo piuttosto scuro, era arricchito da diverse pietre e su di esso erano incise innumerevoli rune.

«Sai cos’è questo?»

L’anfibiano gli rivolse uno sguardo di sufficienza. «Dovrei saperlo?»

Elliot gli spiegò a cosa serviva quel prezioso congegno, certo che in questo modo sarebbe riuscito ad impressionarlo e a convincerlo ad offrirgli il suo aiuto. Purtroppo dhar Lawrence non ci capiva quasi nulla di dispositivi magici e affini, tanto che si limitò ad un: «Ne parli come se fosse il giocattolo nuovo che volevi da tanto.»

L’uomo si lasciò scappare un sorriso divertito. In un’altra occasione si sarebbe arrabbiato per un’osservazione del genere, ma in fondo era proprio così che si sentiva. «Con la mia forza e questo congegno, diventerò praticamente invincibile! Nessuno potrà più sconfiggermi! Anche la Regina delle Bestie dovrà inchinarsi a me, e in questo modo la Brigata delle Bestie Selvagge sarà mia! Ti rendi conto?!»

Dhar Lawrence si sedette sulla sua poltrona, di colpo molto interessato alla faccenda. «Sei sicuro di quello che dici?»

Elliot non nascose la propria soddisfazione per quel cambio di atteggiamento. «Certo che ne sono sicuro. Ovviamente devo fare un po’ di pratica per imparare a sfruttarlo al meglio, ma sono più che convinto che qualche giorno basterà.»

L’anfibiano si appoggiò allo schienale e mise le mani davanti a sé in modo che le punte delle otto dita fossero perfettamente accoppiate. Nonostante le apparenze, Elliot Ross era un uomo molto intelligente e aveva una grande dimestichezza con le pratiche magiche, quindi le probabilità che la sua teoria si rivelasse corretta, erano molto alte. E senza dubbio farsi amico il futuro leader della Brigata delle Bestie Selvagge sarebbe stato un grosso vantaggio per lui. Un alleato così nel mondo criminale avrebbe significato un certo grado di protezione, e magari anche qualche favore per le faccende meno ufficiali…

L’uomo con le treccine attese con pazienza che il suo possibile socio riflettesse attentamente sui pro e sui contro della loro alleanza. Già il fatto che avesse assunto quella posizione gli faceva ben sperare per il buon esito della trattativa.

«D’accordo, faremo come dici tu.» gli concesse dhar Lawrence «Ora però vedi di darti una lavata.»

Elliot non avrebbe potuto essere più d’accordo con lui. «Mi sembra un’ottima idea.»

***

«Signori, abbiamo un problema.» annunciò il commissario una volta che i suoi uomini si furono riuniti.

«Un altro?» chiese il giovane carcarodon «Strano, non l’avrei mai detto…»

«Varalad, la pregherei di conservare le sue battutine per la pausa pranzo. Dicevo, il direttore del centro di ricerca è deceduto subito dopo l’arresto e lo stesso è accaduto a tutti i ricercatori che siamo riusciti a bloccare. La causa presunta per il decesso è avvelenamento, infatti le autopsie svolte sul direttore e su due ricercatori hanno riscontrato la presenza di un dispositivo sottocutaneo. Sembra sia stato proprio quel dispositivo a mettere in circolo la sostanza tossica. Con ogni probabilità ne avranno uno anche le altre vittime.»

«Prima ha detto “ai ricercatori che siamo riusciti a bloccare”,» citò l’ailurantropa «intende dire che alcuni sono fuggiti?»

«Ci stavo giusto arrivando.» annuì il commissario «Ci sono cinque ricercatori che sono diventati irreperibili e purtroppo abbiamo perso completamente le loro tracce. Il sospetto è che ci sia una qualche organizzazione criminale dietro la creazione del congegno che è stato rubato, ma al momento non abbiamo nessuna prova.»

«Di certo il fatto che manchino i dati è qualcosa di molto sospetto.» affermò l’ailurantropa.

«I ricercatori scomparsi potrebbero essere in pericolo.» fece notare un enersapien[7] dal corpo azzurro «Dobbiamo trovarli!»

«O magari li hanno già uccisi.» obiettò il demone alato in tono amaro. Grazie alle cure si era ripreso quasi del tutto dalle ferite rimediate durante la precedente operazione, ma ancora non era al meglio della forma.

«Vi devo ricordare che non siamo certi che si tratti di rapimento.» ci tenne a precisare il commissario «Potrebbero benissimo essersi nascosti di loro iniziativa.»

«Secondo me, per il momento dobbiamo riuscire a trovare il congegno rubato.» affermò Samantha «Probabilmente quelli che lo hanno commissionato cercheranno di riprenderlo, quindi dobbiamo essere più svelti di loro.»

«Sono d’accordo.» annuì l’ailurantropa «Resta però il fatto che non abbiamo idea di dove si trovi Ross in questo momento.»

«Questo non è del tutto corretto.» obiettò Varalad. Premette alcuni pulsanti sullo schermo olografico del suo overwatch e in pochi gesti si collegò al proiettore che dava sulla parete in fondo alla sala. «Ho fatto una ricerca sui trascorsi criminali di Elliot Ross, e ho cercato tutte le persone con cui ha collaborato o con cui sospettiamo lo abbia fatto, dopodiché ho fatto una ricerca e guardate un po’ cos’ho trovato…»

Avviò un filmato e tutti i presenti poterono vedere un uomo alto e muscoloso con delle lunghe treccine castane dirigersi verso l’ingresso di una lussuosissima villa. Non c’erano dubbi che quell’uomo fosse Elliot Ross.

Nel video il ricercato suonava al citofono della residenza e, con grande stupore generale, veniva anche fatto entrare, sparendo così dal raggio d’azione della telecamera.

«E aggiungo che da allora non è più uscito da quella villa.» affermò il carcarodon in tono soddisfatto.

«Ottimo lavoro, Varalad.» si congratulò il commissario «Sai dirci anche a chi appartiene la villa?»

«Naturalmente. Quella è la villa del ricco imprenditore Lawrence Ashburnum La-Millian.» spiegò lanciando uno sguardo all’appunto che si era fatto «E tra l’altro il nostro riccone al momento risulta essere in casa. In passato ha ricevuto diverse accuse, ma è sempre riuscito a sottrarsi al giudizio grazie ai suoi avvocati; inoltre ritengo avrebbe interesse ad aiutare Ross perché ci sono alcuni indizi che lasciano supporre una vecchia collaborazione tra i due. Purtroppo la villa di Ashburnum si trova al di fuori della nostra giurisdizione.»

«In tal caso metterò al corrente il questore della faccenda e gli chiederò se può fare qualcosa. Bene signori, se non c’è altro, potete andare. Per il momento tornate ai vostri uffici e cercate di scoprire qualcosa sui ricercatori scomparsi.»

Gli agenti si alzarono e uno dopo l’altro abbandonarono la sala.

Samantha si diresse subito verso il suo ufficio e lì trovo Taiga ad attenderla. Il suo collega non era un vero e proprio poliziotto e quindi non poteva partecipare alle riunioni senza l’esplicita richiesta del commissario competente. Quelli come lui erano definiti “Codice 103” – detti anche Cani da Caccia – ossia dei criminali a cui era stato concesso di scontare l’ultima parte della loro pena operando come agenti di supporto sotto la sorveglianza di un ispettore.

L’insettoide sollevò lo sguardo dallo schermo olografico del suo computer. «Novità?»

«Hanno trovato Ross, ma si è nascosto nella villa di un riccone ed è fuori dalla nostra giurisdizione.» gli spiegò Samantha andando a sedersi sulla sua poltrona. Si mise in bocca una cicca. «Il commissario ha detto che parlerà col questore, nel frattempo dobbiamo occuparci di un’altra cosa.» Gli spiegò delle morti sospette e dei ricercatori scomparsi, nel frattempo prese le sue pistole e le appoggiò sul tavolo. Si trattava di una coppia di Ebarett 92HR argentate con le impugnature color avorio, erano delle semiautomatiche molto particolari simili nell’aspetto a dei revolver e in grado di sparare pallottole da 12,38 millimetri. I tamburi avevano solo tre posizioni, ma la loro funzione non era quella di contenere le munizioni, bensì di assicurare tre diverse modalità di fuoco; di base erano proiettili balistici, proiettili al plasma e proiettili a impulsi, lei però aveva fatto sostituire la variante al plasma con quella per sparare onde d’urto – una funzione molto utile per atterrare un sospetto senza causargli ferite gravi – in ogni caso la robustezza dell’arma permetteva di sparare anche munizioni molto potenti senza rischiare di comprometterne l’integrità.

Samantha teneva moltissimo a quelle due pistole, erano infatti il regalo dei suoi genitori per il suo ingresso nella Polizia Galattica, una sorpresa doppia dal momento che suo padre e sua madre non avevano mai visto di buon occhio la sua passione per le armi. Aveva ribattezzato quelle due pistole “Kriegsmesser”, e aveva anche fatto incidere sui carrelli delle rune: “la forza per offrire protezione” su una e “il coraggio per seguire la giustizia” sull’altra.

«Vàen, quindi cosa facciamo?» domandò Taiga.

La pistolera scrollò le spalle e continuò con la manutenzione delle sue armi. «Lo sai che i lavori intellettuali non sono il mio forte. Quando gli altri avranno trovato la posizione dei ricercatori scomparsi o quando avremo l’autorizzazione per arrestare Ross, farò la mia parte.»

Il Cane da Caccia, che ormai conosceva bene l’ispettore con cui aveva a che fare, non provò nemmeno a ribattere e tornò a concentrarsi sul giochino olografico proiettato dal suo overwatch. «Vàen, vediamo se adesso riesco a superare il livello…»


[7] Specie originale di TNCS. Il nome deriva dalle parole “energia” e “sapiens”.

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Capitolo 4
*** 3. Attacco all’onore ***


3. Attacco all’onore

«Ho una buona notizia e una cattiva notizia.» annunciò il commissario «Quale volete per prima?»

«La cattiva.» disse subito Varalad.

«Le autorità locali non ci hanno accordato il permesso di intervenire.»

Una nota di malcontento aleggiò nella sala.

«E la buona?»

«Che agiremo lo stesso. Il questore mi ha dato la sua approvazione informale, ma dovremo agire in maniera rapida, silenziosa e con meno unità possibili.»

«Se volete, possiamo andare io e Tetsubara.» si offrì Samantha «Però dovete trovarci un modo per entrare. Abbiamo fatto qualche studio della sorveglianza e credo sia quasi impossibile eluderla.»

«Bene Domino, lei e il suo Codice 103 siete sicuramente i più indicati per svolgere questo incarico. Signori, qualche idea per come farli entrare nella villa?»

Gli agenti studiarono la planimetria dell’edificio e il complesso sistema di sorveglianza, ma non riuscirono a trovare nessuna falla. Dal momento che la villa era costruita su un insieme di isole fluttuanti, era necessario utilizzare il ponte o un qualche sistema di volo per raggiungerle, ma in questo modo sarebbero stati sicuramente scoperti. Ammettendo anche di riuscire a passare inosservati, a quel punto avrebbero dovuto trovare un accesso, ma tutti i passaggi erano piantonati da allarmi o altri sistemi di sicurezza.

«Questo tizio non ha proprio badato a spese per quanto riguarda la sicurezza…»

«Dobbiamo per forza farli entrare con una scusa.» affermò il giovane carcarodon.

Tutti i presenti annuirono. Già, ma quale scusa…?

***

Elliot prese l’accendino e si accese una sigaretta. Di certo non era come fumare del nobacu dalla sua elegante pipa, ma in quel momento aveva proprio bisogno di fare qualche tiro.

Mentre era sotto la doccia, i droidi della servitù gli avevano lavato i vestiti facendoglieli trovare pronti subito dopo con l’unica eccezione della canotta, troppo rovinata per poter essere messa di nuovo. Ora indossava una nuova maglietta gentilmente offertagli dal padrone di casa.

Una volta lavato e cambiato, Elliot si era messo subito al lavoro sul congegno che aveva rubato e ormai aveva capito come funzionava, tuttavia con suo grande disappunto aveva scoperto che non era stato ultimato. Al contrario di quanto aveva affermato la sua fonte, quel dispositivo aveva ancora alcuni difetti e il suo utilizzo in battaglia era praticamente impossibile. Di certo non poteva sfidare la Regina delle Bestie se prima non lo metteva a posto.

Dopo un minuto scarso di pausa, si aggiustò la fascia rosa sulla fronte e si rimise al lavoro. Gli strumenti che dhar Lawrence gli aveva messo a disposizione non erano esattamente l’ideale per un lavoro complesso come quello, ma sapeva bene di non poter pretendere chissà quali attrezzature. Ancora una volta avrebbe dovuto compensare alla scarsità di mezzi con la sua intelligenza.

***

«Non credo che sarebbe molto utile spacciarci per dei compagni di Ross.» obiettò Samantha «Io e Tetsubara non siamo attori e quel tipo non è stupido: capirebbe subito che c’è sotto qualcosa.»

«E se vi spacciaste per qualche agente di polizia locale?»

«Temo sarebbe inutile.» obiettò l’enersapien azzurro «Non possiamo procurarci un mandato di perquisizione, e in ogni caso farebbero in modo di non farci trovare Ross.»

«Magari questo riccone è uno che dà dei ricevimenti a casa sua.» suggerì un altro agente. Era un insettoide come Taiga, al contrario del Cane da Caccia però aveva otto zampe e un voluminoso addome da ragno, il che rendeva facile identificarlo come un aracnoide[8]. «Se riuscissimo a sapere quando sarà il prossimo…»

«Sì, tra due deche magari.» ribatté Varalad.

«Ecco… forse io avrei un’idea…» esalò una giovane poliziotta con i capelli che le scendevano sugli occhi e la voce flebile «Potremmo spargere delle voci… sui siti di gossip… e dire che il signor Ashburnum vuole dare una festa… ma solo per i suoi soci d’affari più stretti… e che non vuole farlo sapere… così dovrà farla per forza… per non fare brutta figura…»

«No, non funzionerà mai, non ci crederà nessuno.»

«Secondo me invece può funzionare.» ribatté l’ailurantropa «Se la voce sarà diffusa su diversi siti importanti, tutti ci crederanno… o se non altro faremmo nascere dei sospetti.»

«Secondo me può funzionare.» affermò l’aracnoide.

«Io e Tetsubara potremmo fingerci i rappresentanti di una qualche azienda.» convenne Samantha «Se riusciamo a far arrivare molta gente, non sarà difficile mescolarci tra gli invitati.»

Tutti gli sguardi si concentrarono sul commissario.

Questi prese un profondo respiro prima di parlare. «D’accordo, faremo così. Un momento però! Vi ricordo che dobbiamo anche trovare i ricercatori scomparsi. Honegen[9], affido a lei questo incarico. Scelga tre agenti e porti avanti le indagini.»

L’ailurantropa annuì.

«Bene, gli altri spargano la voce sui siti e sui forum appositi. E mi raccomando: cercate di essere credibili.»

***

Dhar Lawrence lesse rapidamente il titolo della notizia ma, giudicandola di scarso interesse, passò all’articolo successivo. Questo lo attirò molto di più: “L’Armata di Cristallo[10] assalta la Dark Matter e Barbanera perde il suo miglior incrociatore”.

L’anfibiano si soffermò incuriosito per leggere qualche riga in più: non accadeva tutti i giorni che la FANTOM attaccasse un’astronave, e per di più quella di un Intoccabile come Edward Teach! Stando a quanto riportava l’articolo, l’Armata di Cristallo aveva abbordato la Dark Matter e, dopo una dura battaglia, l’aveva fatta saltare in aria. L’autore sottolineava il fatto che probabilmente la decisione era stata presa autonomamente dal generale Eslife Hellmatyar – meglio nota come la Regina di Cristallo – senza l’approvazione delle alte sfere della FANTOM, in ogni caso era solo questione di tempo prima che Barbanera scatenasse la sua rappresaglia.

Dhar Lawrence scosse il capo. La Regina di Cristallo poteva anche essere una dei migliori generali della Forza Armata, ma di certo non voleva trovarsi nei suoi panni.

Con fare soddisfatto chiuse la pagina del giornale digitale e inserì il suo nome nel motore di ricerca. Ormai era diventata un’abitudine informarsi su quanto gli altri scrivevano di lui, se non altro per preparare una risposta ad eventuali domande scomode. Ciò che trovò lo lasciò ammutolito.

No, non era possibile…

In maniere frenetica passò in rassegna i vari siti e ciò che lesse gli fece accapponare la pelle. Era un disastro! Un vero disastro! Avrebbe preferito affrontare da solo Barbanera e tutta la sua flotta piuttosto che trovarsi in una situazione come quella!

***

«Non vorrei sembrare poco elegante, ma ti sembra questo il momento di dare una festa?!»

Elliot era uscito un attimo dalla stanza che il padrone di casa gli aveva riservato, ma quasi subito un cameriere robotico gli aveva chiesto di tornare dentro per non intralciare i preparativi.

«Cosa credi, non è stata una mia idea! Qualche bastardo ha messo in giro la voce e ora tutti i miei soci d’affari pretendono di essere invitati! E la festa dovrà essere dopodomani, non ho un secondo da perdere!»

«E tu di’ loro che è solo una voce messa in giro da qualcuno!»

«Ma ci pensi alla figura che farei?!» ribatté dhar Lawrence, sempre più furioso, «Penserebbero tutti che non li voglio invitare! Sarebbe un disastro per la mia reputazione!»

«Stronzate! Tu non puoi dare una festa adesso!»

«Innanzitutto vedi di moderare i toni, dato che ti sto nascondendo in casa mia. Io sono un dhar adesso, quindi esigo il rispetto che mi è dovuto!»

Elliot strinse i denti prima di parlare. Avrebbe voluto dirgli in faccia che quel titolo comprato non valeva nulla, ma questo non avrebbe giovato alla sua posizione. «Hai ragione, perdonami. Ma ti ripeto che dare una festa ora sarebbe un enorme problema.»

«Non ci sarà nessun problema se farai quello che dico io.» affermò l’anfibiano in tono risoluto.

***

«Oh, finalmente il nostro dhar sembra aver abboccato!» constatò Samantha in tono più che soddisfatto. Si trovava nel suo ufficio e come al solito stava masticando una cicca.

«Vàen, ci credo, con tutte le balle che ho scritto!» esclamò Taiga «Vàen, fidati, gli articoli migliori sono tutti miei.»

«Ma certo, lo so benissimo che sei un ottimo bugiardo, mio fidato Cane da Caccia.» rispose la pistolera sorridendo e appoggiando il mento sulle dita incrociate «Dopo ti do un biscottino.»

L’insettoide si limitò a simulare una risata piena di sarcasmo.

La poliziotta non smise di mostrare il suo divertimento e lanciò uno sguardo all’orologio sullo schermo del computer. «Bene, il nostro turno è finito.» Si alzò e si stiracchiò. «Finalmente si torna a casa.»

«Vàen, ho proprio bisogno di farmi una doccia.» affermò Taiga.

«Condivido in pieno. E domani prevedo una giornata piuttosto impegnativa…»


[8] Specie originale di TNCS. Il nome deriva da Arachnida, la classe dei ragni e degli scorpioni nella classificazione scientifica.

[9] Irena Honegen è presente anche in La volontà dell’incantatore e in DS - 1 - Senza memoria.

[10] Le vicende riguardanti l’Armata di Cristallo sono al centro della saga Polvere di Cristallo.

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Capitolo 5
*** 4. Un giorno di preparativi ***


4. Un giorno di preparativi

«Tu davvero pensi che riuscirò ad entrare in quel vestito?»

Nonostante la diffidenza di Samantha, la sua collega annuì con convinzione. Le numerose suture su tutto il suo corpo e le iridi di colore diverso lasciavano supporre che si trattasse di una fibromorfa[11], era più bassa della pistolera di tutta la testa e i grandi occhi, uno verde e uno giallo, brillavano di entusiasmo. «Ma certo! Fidati, è della tua taglia.»

«Ti avviso, ultimamente sono ingrassata un po’…» ammise la donna bionda passandosi una mano sul fianco con fare colpevole.

«Ma che dici? Sei stupenda! Coraggio, ora cambiati che così vediamo di aggiustare i dettagli.»

Samantha sospirò e poi cominciò a sbottonarsi la camicia. Si trovavano nello spogliatoio femminile del comando, quindi non doveva preoccuparsi di sguardi indiscreti, tuttavia non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ in imbarazzo. Quel vestito rosso era fatto di un tessuto lucido e aderente, per certi versi simile a plastica, inoltre aveva una strana decorazione sul davanti che le ricordava una grossa cerniera lampo dorata. Non voleva mettere in dubbio che fosse un abito molto elegante, però non si sentiva molto a suo agio indossandolo.

«Non è esattamente il mio genere…» esalò con voce incerta mentre cercava di allungarlo verso il basso.

«Non tirarlo che si rovina! E metti queste.» le ordinò la fibromorfa porgendole un paio di calze alla coscia.

«Ma non so neanche come si mettono quelle!»

«Sei una cosa impossibile!» la sgridò la collega mentre la aiutava a indossarle «Poi non stupirti se dicono che sei un maschiaccio!»

Una volta sistemate le calze, la fibromorfa allacciò i reggicalze e poi studiò con occhio critico la sua amica. «Sì, direi che può andare… Ora ci vogliono le scarpe.»

Prese un paio di calzature rosse col tacco alto e gliele porse.

Samantha si sedette per indossarle e poi si alzò per fare qualche passo. Con gran sollievo della fibromorfa, non dava l’aria di poter cadere da un momento all’altro.

«Dopo un po’ faranno meno male, vero?»

«Certo che sì, che domande! Adesso tocca al mantello.»

Samantha la guardò sconcertata. «Ma quanta roba devo mettermi?!»

«Zitta e allacciatelo.» tagliò corto la fibromorfa.

Il mantello che le fece indossare era di un grigio piuttosto scuro e la foggia era vagamente militaresca, con un ricercato collo di pelliccia argentata e una catena di grossi anelli dorati sul davanti.

La pistolera provò a fare qualche passo avanti e indietro e il nuovo accessorio seguì i suoi movimenti gonfiandosi quel tanto che bastava a conferirle un’aria seria e marziale senza sembrare pacchiano.

«Allora?» la incalzò la fibromorfa.

«Ok, forse non è poi così male…» le concesse Samantha studiando la sua immagine riflessa.

«Bene, questo allora dovrebbe essere l’ultimo.»

La poliziotta dagli occhi diversi si alzò sulle punte per compensare l’accresciuta differenza di altezza e poi le aggiustò sulla testa un cappello basco con tanto di stemma.

Fece qualche passo indietro per ammirare il risultato dei suoi sforzi. «Cavolo, sei stupenda!»

Samantha si guardò nuovamente nello specchio elettronico per sincerarsi del proprio aspetto e dovette ammettere che dopotutto non stava poi così male.

«Dai, fatti vedere dagli altri così ci fanno sapere se qualcosa non va.» la esortò la fibromorfa.

Quella richiesta fece tentennare la pistolera. Un conto era stare vestita così nello spogliatoio femminile, ma farsi vedere da tutti i suoi colleghi…

«Eddai, non startene lì imbambolata!» sbottò la sua collega prendendola per mano «Se non ti vedono, come faccio a vantarmi dei vestiti che ti ho scelto? E per l’amor del cielo, sputa quella cicca!»

Evidentemente non c’era molto da fare in quel momento al comando, perché fuori dallo spogliatoio era presente l’intera squadra assegnata al caso Ross più una discreta quantità di altri colleghi.

Diversi apprezzamenti giunsero alle orecchie di Samantha e la cosa non le dispiacque. Qualcuno suggerì di nascondere il tatuaggio che aveva sul dorso della mano, ma lei li zittì con i suoi occhi dorati.

Ovviamente c’era anche Taiga, e anche lui stava indossando i vestiti eleganti che avrebbe sfoggiato durante la festa nella villa di dhar Lawrence: un gessato marrone a cui abbinava una camicia verde fango e una cravatta rosso scuro. La pistolera non mancò di notare che i bottoni della giacca del suo collega erano uguali a quello che c’era sul colletto del suo vestito.

«Direi che siete una coppia perfetta.» commentò la fibromorfa senza nascondere la propria soddisfazione.

I due sorrisero, vagamente imbarazzati.

«Bene signori, direi che a questo punto possiamo tornare al lavoro.» affermò il commissario.

Gli agenti non opposero resistenza e più o meno silenziosamente sciamarono via per tornare alle rispettive postazioni. In una sede della Polizia Galattica le cose da fare non mancavano mai.

***

Irena Honegen e i suoi tre colleghi, che di cose da fare ne avevano parecchie, perquisirono con scrupolosa attenzione la casa del quarto ricercatore scomparso, e per la quarta volta non trovarono nulla di sospetto.

«Il suo coinquilino ha detto o fatto qualcosa di particolare quando l’ha visto l’ultima volta?» domandò l’ailurantropa.

«Gliel’ho detto, no, non direi… Credevo lo avessero chiamato dal suo lavoro e così non gli chiesto niente.»

«L’ha visto mentre lo chiamavano?»

«Beh, in realtà non l’hanno proprio chiamato, ha ricevuto un messaggio… Mi spiace, non so altro.»

Irena annuì con fare pensieroso. «Va bene, ho capito. La ringrazio per la collaborazione.»

I poliziotti lasciarono l’abitazione e salirono sull’hovercar di servizio.

Subito l’ailurantropa fece partire una chiamata per i colleghi rimasti al comando. «Ragazzi, a che punto è la ricerca incrociata dei contatti?»

«Ad un punto morto.» fu la laconica risposta «Se qualcuno li ha avvisati di sparire, questo qualcuno sa come non farsi trovare. Sicura che non si tratti di rapimento?»

«Avete visto anche voi i filmati, tutti quanti erano di fretta, ma nessuno di loro era inseguito. Sono sicura che quello che ha commissionato il congegno, ha anche detto loro di sparire.»

«Ma allora perché non ha fatto lo stesso anche con i ricercatori morti e con il direttore?»

«Magari non c’è riuscito.» suggerì Javier dal sedile posteriore.

«Esatto,» annuì l’ailurantropa «e il dispositivo sottocutaneo ha fatto in modo di ucciderli per impedire che potessero rivelare qualcosa. Qui c’è in ballo qualcosa di molto grosso, ne sono sicura. Ragazzi, sbrighiamoci a controllare il prossimo appartamento e poi andiamo a fare un’altra ispezione al centro di ricerca.»

***

Nel frattempo anche dhar Lawrence era pieno di cose da fare e non si era ancora fermato un attimo. Organizzare una festa per dei soci d’affari non era una cosa che si poteva fare in due giorni e sapeva già che sarebbe stata un disastro per la sua reputazione, quindi doveva cercare di fare del suo meglio per limitare i danni.

Ogni cosa doveva essere pulita e lucidata per dare un’impressione di ordine e precisione, allo stesso tempo però doveva fare una rapida analisi di tutto ciò che aveva esposto nella villa per capire se fosse consono alla sua figura: non doveva essere troppo umile per non farlo apparire mediocre e privo di ambizione, allo stesso tempo però anche un eccesso di raffinatezza e ricercatezza poteva essere interpretato come un’ostentazione di ricchezza e quindi come un sinonimo di superbia.

Elliot dal canto suo si era chiuso nella sua stanza per studiare il congegno e non aveva più avuto modo di uscire. Il padrone di casa gli aveva addirittura regalato una scatola di sigari di primissima qualità per convincerlo a starsene buono.

L’uomo prese un lungo tiro e poi soffiò fuori il fumo. Quei sigari erano davvero ottimi e lo avevano convinto a fare esattamente come ordinato, in aggiunta gli avevano fatto scattare una scintilla nella mente, regalandogli una discreta quantità di idee per correggere o addirittura migliorare il congegno che aveva rubato.

Stava proprio per fare la simulazione di una possibile modifica quando ricevette una notifica. Con un gesto della mano trasferì il messaggio dal suo overwatch al computer della stanza per leggerlo più comodamente, e ciò che vide lo lasciò parecchio stupito. Non era uno dei suoi subordinati, né un altro membro della Brigata delle Bestie Selvagge. Si firmava come “il Coordinatore[12]” e non offriva nessun dato personale.

Signor E. Ross, so che ha rubato il nostro Soul Emulator, ma La devo informare che si tratta di un prototipo incompleto. Le serviranno attrezzature particolari per sistemarlo, e nella villa di dhar Ashburnum La-Millian non troverà mai ciò che Le serve.

So anche che vuoLe sconfiggere la Regina delle Bestie per prendere il suo posto, tuttavia per il momento lei è oltre le Sue capacità. Data la situazione, sono sicuro che riusciremo ad ottenere un compromesso che possa accontentare entrambe le parti.

Apra l’allegato e Le sarà chiarita ogni cosa.

L’uomo tamburellò nervosamente con le dita sulla scrivania e buttò fuori un soffio di fumo. Dopo il testo era stato caricato un progetto straordinariamente dettagliato del congegno che aveva rubato, quindi non poteva trattarsi di una trappola della Polizia Galattica, tuttavia gli restavano moltissimi dubbi. Chi era quel “Coordinatore”? Come faceva a sapere di lui? Ma soprattutto: come faceva a sapere dove si trovava?

Maledizione, cosa doveva fare? Sarebbe stata una buona idea collaborare con qualcuno di cui non sapeva nulla? Una parte di lui era profondamente diffidente – questo strano individuo sapeva fin troppe cose – d’altro canto però moriva dalla curiosità di scoprire cosa nascondesse…

Assaporò un’altra lunga boccata di fumo e aprì l’allegato.

***

Il giorno seguente tutto era pronto nella villa di dhar Lawrence e lo stesso poteva dirsi di Samantha e Taiga. I capelli biondi della pistolera avevano dei riflessi quasi metallici e il trucco impeccabile esaltava i suoi eleganti occhi dorati e la bocca sottile; per il suo Cane da Caccia viceversa era stata sufficiente una bella pettinata per renderlo presentabile. Entrambi portavano degli occhiali da sole, utili oltre che per mascherare la loro identità, anche per proteggersi dalla luce molto viva.

«Ecco, le tue pistole sono qui dentro.» disse un agente porgendo alla donna un grosso anello dorato «Per aprire la tasca dimensionale, devi premere sulla parte inferiore e le pistole ti compariranno nelle mani.»

«Ho capito, ti ringrazio.»

«Taiga, per te invece ho questo braccialetto.» proseguì il poliziotto «Per far comparire la mitraglietta, devi toccare sulla barretta centrale.»

«Vàen, ricevuto.» Il Cane da Caccia lo prese e lo allacciò.

«Questa invece sarà la vostra hovercar.»

Si trattava di un modello sportivo e molto costoso dalla carrozzeria nera con i sedili in pelle e il volante sagomato. Naturalmente il pilota automatico era incluso nelle dotazioni di serie.

«Cercate di non rovinarla perché è in prestito. Il percorso iniziale è già stato programmato, però una volta teletrasportati vicino alla villa, dovrete pensarci voi.»

«Vàen, tranquillo: guido io.» gli assicurò Taiga con un sorriso.

Lui e Samantha salirono in macchina e abbassarono i finestrini per salutare i colleghi.

La loro missione sotto copertura era finalmente iniziata.


[11] Specie originale di TNCS.

[12] Il Coordinatore compare anche in DS - 2 - L’isola bianca.

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Capitolo 6
*** 5. Attacco alla villa ***


5. Attacco alla villa

L’enorme residenza era una vera meraviglia architettonica. La struttura principale aveva una forma cilindrica e poggiava le sue basi su un isolotto fluttuante dello stesso diametro dell’edificio, ad essa poi si aggiungevano tre appendici più piccole a cui era lecito attribuire una funzione prevalentemente decorativa. Il piano terra era occupato per buona parte da un grandissimo salone alto svariati metri dove l’illuminazione era garantita dai numerosi lampadari ingioiellati e dalle meravigliose vetrate a tre archi, tutte quante arricchite da dei raffinati mosaici colorati che non sembravano ostacolare minimamente il passaggio della luce. Il piano superiore, alto all’incirca la metà, comprendeva la zona più abitativa, subito sopra c’era invece la terrazza: un cerchio quasi perfetto con tanto di statue e con un anello di finta acqua che scivolava all’esterno attraverso apposite feritoie, creando così uno spettacolare gioco di cascate. La foresta che colorava quella porzione del pianeta era abitata da diversi animali del tutto innocui, in particolare c’erano diverse specie di pappagalli che volavano abitualmente intorno alle ville, intonando una musica dolce e soave che sembrava prodotta da un’orchestra di arpe.

Samantha e Taiga quasi non riuscivano a credere che potesse esistere un luogo tanto incantevole, e anche gli altri invitati sembrano molto colpiti dall’atmosfera paradisiaca che si respirava in quel luogo. Dhar Lawrence dal canto suo dispensava sorrisi e parole amichevoli con tutti, anche con i due poliziotti, e dava l’idea di essere perfettamente a suo agio nelle vesti di padrone di casa.

«Vàen, prova almeno questo, è buonissimo.» affermò il Cane da Caccia offrendo un pasticcino al suo ispettore.

Samantha lo fulminò con un’occhiataccia. «Lo sai che non posso! Vuoi farmi diventare una palla di ciccia?!»

Taiga fece un verso di stizza e si mise in bocca la pastina. «Donne…»

La pistolera sbuffò a sua volta. «Uomini… Avanti, vediamo di muoverci a trovare il nostro uomo!»

«Vàen, subito!» annuì l’altro approfittando di un cameriere robotico nelle vicinanze per afferrare un bicchiere pieno di spumeggiante liquido argentato.

Samantha lanciò un’occhiata al suo overwatch. Per l’occasione ne aveva messo uno particolarmente elegante, ma l’apparenza non doveva ingannare: quel piccolo gioiello conteneva tutte le funzioni standard in dotazione alla Polizia Galattica, incluso il sistema di tracciamento magico per i criminali nei paraggi.

Taiga prese un tranquillo sorso della bevanda leggermente alcolica. «Allora?»

«Ho un riscontro, ma è molto debole. Vieni.»

Con assoluta noncuranza i due sgusciarono in una porta laterale e senza essere visti salirono una rampa di scale per seguire le indicazioni riportate sull’overwatch di Samantha. Evidentemente l’idea di programmare la festa per una data così vicina aveva reso impossibile per dhar Lawrence organizzare un sistema di sorveglianza adeguato all’occasione e questo avrebbe giocato a loro favore: quella villa era tanto protetta dall’esterno, quanto vulnerabile dall’interno.

Il costosissimo arredamento che riempiva ogni corridoio e salone avrebbe meritato più attenzioni di quelle che i due poliziotti avevano il tempo di concedere, ma purtroppo non avevano tempo da perdere: il loro compito era quello di trovare Ross, sigillarlo in una capsula e poi togliere il disturbo senza attirare l’attenzione.

I due si fermarono davanti ad una porta chiusa.

«Il segnale è debole, ma dovrebbe trovarsi qui…» esalò Samantha con un filo di voce.

Toccò la parte inferiore dell’anello che teneva sul medio della mano sinistra e subito apparvero le sue pistole. Controllò il tipo di munizioni. Gli impulsi stordenti erano proprio quello che le serviva: rapidi e silenziosi.

Taiga fece comparire la sua mitraglietta, anch’essa un’arma ad impulsi stordenti con tanto di silenziatore dotata di una notevole rapidità di fuoco.

I due si scambiarono uno sguardo e la poliziotta premete il pulsante per aprire la porta. In un attimo furono dentro, le armi puntate. Ma non c’era nessuno.

«Vàen, se n’è andato!» imprecò Taiga.

«Qualcuno lo avrà avvisato del nostro arrivo?» si chiese Samantha.

«Vàen, magari ha sentito puzza di bruciato e si è dileguato prima dell’inizio della festa.»

La pistolera fece scomparire le sue Ebarett 92HR. «Andiamocene, non abbiamo più niente da fare qui.»

Il suo Cane da Caccia annuì e la seguì a ritroso verso l’uscita della villa. Con la consueta discrezione tornarono nella sala degli invitati e, senza attirare l’attenzione, raggiunsero il portone principale. Un cameriere robotico si avvicinò, probabilmente per chiedere spiegazioni, ma Taiga fu più rapido: «Mia moglie non si sente molto bene, abbiamo pensato fosse meglio tornare a casa.»

«Mi spiace molto, grazie comunque per essere venuti. Faccio venire subito il vostro veicolo.»

L’insettoide diede il nome fittizio con cui si erano registrati e in pochi secondi l’hovercar sportiva li raggiunse. Stavano per salire a bordo, ma Samantha si fermò.

Taiga si sporse verso di lei. «Vàen, che succede?»

«Arriva compagnia.»

Il Cane da Caccia scese dall’hovercar e anche lui poté vedere la navicella spaziale che si avvicinava alla piazzola di atterraggio: si trattava di un modello da combattimento non recentissimo e anche abbastanza rovinato, quindi non poteva certo appartenere ad uno degli invitati. Sulle fiancate aveva uno stemma, una gabbia divelta con l’interno immerso nel buio; dal nero emergevano solo degli artigli che spingevano le sbarre e il luccichio di occhi e zanne ferini.

«La Brigata delle Bestie Selvagge.» affermò Samantha.

Taiga non perse tempo e ordinò all’hovercar di tornare al parcheggio: con quello che costava, non potevano permettere che si danneggiasse.

Il portello dell’astronave si aprì e il gruppo di fuorilegge scese con passo sicuro e deciso. In testa c’era un insettoide piuttosto alto, sui due metri circa, e il suo corpo era rivestito da un esoscheletro rosso scuro. Aveva quattro braccia come Taiga – di cui il paio inferiore nettamente meno sviluppato del superiore – ciascuna terminante con una mano a tre dita. Sulla spalla sinistra aveva un tatuaggio raffigurante delle pile di monete e indossava abiti di foggia militare, tuttavia a prima vista non disponeva di armi.

Molti avevano difficoltà a riconoscere la specie esatta di un insettoide e qualcuno avrebbe potuto paragonare quel fuorilegge a Taiga, invece il nuovo arrivato era un coleotteriano[13], mentre il Cane da Caccia era un imenotteriano[14].

«Ragazzi, sapete quello che dovete fare.» affermò il capo dei criminali con voce vagamente spettrale «Entrate, trovate Elliot e caricatelo sull’astronave. Voi due,» aggiunse rivolto a Samantha e Taiga «fuori dai piedi!»

Il gruppo stava per superarli, ma con un movimento fulmineo la donna fece comparire un revolver e lo puntò contro la testa del coleotteriano.

«Non fate un altro passo!»

L’uomo ruotò il capo. La maschera chitinosa sul suo volto rendeva impossibile leggere il suo sguardo, ma l’atteggiamento era di netta superiorità. «Hai detto qualcosa…?»

Il tono chiaramente minaccioso non intimorì la pistolera. «Polizia Galattica, vi ordino di andarvene.»

Gli altri fuorilegge emisero dei versi di rabbia e disgusto, inducendo Taiga a sfoderare la propria mitraglietta a impulsi.

Il coleotteriano si voltò in modo da essere proprio di fronte a Samantha. «In due non riuscirete mai a fermarci, e in ogni caso questo posto è fuori dalla vostra giurisdizione. Fareste proprio bene ad andarvene.»

Per tutta riposta, la donna gli puntò contro l’altro revolver.

La Bestia Selvaggia sospirò. «Ho capito, vada per le…»

I colpi stordenti esplosero dalle canne delle Kriegsmesser, centrando in pieno la testa del fuorilegge e costringendolo ad indietreggiare di qualche passo.

«Ve lo ripeto: andatevene. Non lo dirò un’altra volta.»

Una raffica del genere avrebbe potuto mettere fuorigioco praticamente chiunque, ma evidentemente quel tipo era abbastanza coriaceo. Aprì le quattro mani e dal nulla comparvero altrettante pistole mitragliatrici. «Mica male quei revolver… Che modello sono?»

Samantha ignorò completamente la domanda e con un movimento fulmineo si gettò di lato. Con pochi rapidissimi movimenti cambiò il tipo di munizioni e le onde d’urto si rivelarono abbastanza efficaci da sorprendere il nemico e buttarlo a terra.

Senza perdere tempo, lanciò via le scarpe coi tacchi e poi balzò in piedi per correre verso la villa, subito seguita da Taiga: lì erano troppo allo scoperto, doveva assolutamente trovare un riparo o si sarebbero fatti ammazzare.

Le Bestie Selvagge li inseguirono e una balzò in avanti per sbarrare loro la strada. Samantha non si fece tanti problemi a colpirla con le onde d’urto, quindi si voltò e insieme al suo Cane da Caccia fece fuoco sul gruppo di inseguitori per costringerli ad indietreggiare.

Una volta dentro la villa, non passò molto prima che dhar Lawrence e alcuni invitati li raggiungessero.

«Cosa sta succedendo?!» esclamò il padrone di casa.

«Le Bestie Selvagge sono qui, vogliono Elliot Ross!» tagliò corto la pistolera mentre cambiava il tipo di munizioni. Se voleva tenere lontani i nemici, aveva bisogno di qualcosa più a lungo raggio delle onde d’urto: non voleva usare i proiettili balistici da 12,38 millimetri, quindi tornò agli impulsi stordenti.

«Le Bestie Selvagge?! No, è impossibile! E poi voi chi sareste?!»

«Samantha Domino e Taiga Tetsubara, Polizia Galattica.» rispose la pistolera «Per favore, allontanatevi dall’ingresso e chiamate le forze dell’ordine locali.»

Dhar Lawrence rimase un attimo come paralizzato, poi finalmente diede ordine ad un droide di fare come richiesto. Perché stava succedendo proprio a lui? Ormai la festa era completamente rovinata, avrebbe fatto una pessima figura con tutti i suoi soci! Era rovinato!

Samantha si sporse dall’ingresso e sparò qualche colpo contro un nemico che stava cercando di avvicinarsi.

«C’è qualcosa che non va… Perché non fanno irruzione?»

«Vàen, magari hanno un piano.» suggerì Taiga.

«O magari stanno usando uno strumento per trovare Ross… Cosa faranno quando scopriranno che non c’è?»

Taiga fece fuoco con un’altra Bestia Selvaggia, ma la sua mitraglietta non era molto efficace contro dei bersagli tanto resistenti. «Vàen, se mi permetti, io spero che se ne vadano.»

Samantha si unì a lui nel cercare di respingere i criminali. «Non hai tutti i torti…»

Un’ombra sgusciò fulminea su per la scalinata e prima che se ne rendessero conto, i due poliziotti vennero aggirati da un velocissimo serpente nero. L’animale si tramutò in un essere umanoide ricoperto di squame color della notte e con un calcio disarmò Taiga. Il Cane da Caccia rispose con un pugno, ma il fuorilegge lo schivò abbassandosi e gli sferrò un rapidissimo destro alla bocca dello stomaco. L’insettoide si piegò in avanti, ma Samantha intervenne in suo aiuto e con un paio di colpi costrinse il rettile nero ad indietreggiare. La Bestia Selvaggia si tramutò nuovamente in serpente e sgusciò velocissimo verso di lei. Il criminale stava per raggiungerla, quando Taiga lo afferrò per la coda e senza troppi complimenti lo rispedì fuori dalla villa con un insulto nel suo dialetto.

Un rumore di sirene si diffuse dalla terraferma, inducendo le Bestie Selvagge a guardarsi alle spalle. Un nutrito numero di hovercar delle forze dell’ordine locali stava imboccando il ponte che portava alla villa di dhar Lawrence: presto sarebbero stati circondati.

«Vàen, arrivano i nostri.» commentò Taiga con un sorriso sollevato.

In quel momento due criminali piombarono sulla scalinata rompendo qualche gradino. Dovevano per forza essere saltati giù dalla terrazza o da una finestra del piano superiore, e questo inquietò non poco i due poliziotti: quando erano saliti?

«Kael[15], Elliot non c’è!» esclamò uno dei due.

Il coleotteriano imprecò. «Ah, ‘fanculo! Muoversi, ce ne andiamo!»

Subito i suoi compagni si affrettarono a salire sull’astronave e in pochi secondi il velivolo era già in cielo.

«Menomale, ce la siamo cavata.» sospirò Taiga.

I due agenti scesero la scalinata che conduceva all’ingresso della villa e Samantha raccolse le sue scarpe in attesa di parlare con i colleghi locali.

I due non fecero in tempo ad aprire bocca che si videro le armi puntate contro.

«Mani in vista e non muovetevi. Siete in arresto.»


[13] Specie originale di TNCS. Il nome deriva dai coleotteri (Coleoptera nella classificazione scientifica).

[14] Specie originale di TNCS. Il termine richiama l'ordine degli imenotteri (Hymenoptera), che comprende insetti come le api, le vespe e le formiche.

[15] Kael Mörhn è presente anche in BBS - 1 - I Predatori del Cielo.

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Capitolo 7
*** 6. Ricerche incrociate ***


6. Ricerche incrociate

«Non ho ben capito cosa stiamo cercando…» ammise Javier senza tanti giri di parole.

Irena ignorò la sua osservazione e continuò a scorrere la mano sul tavolo ingombro di roba del centro di ricerca, gli occhi chiusi per garantirle la massima concentrazione. D’un tratto li riaprì, ma il suo sguardo sembrava fisso su qualcosa di astratto e molto distante. «Voi avete trovato qualcosa?» chiese al collega senza nemmeno voltarsi.

Gli altri agenti scossero il capo.

«Cavolo, chiunque abbia cancellato i dati, ha fatto davvero un ottimo lavoro!» esclamò Javier.

«Beh, anche questo può essere un indizio.» gli fece notare l’ailurantropa «E poi io ho scoperto una cosa interessante: il congegno rubato non era ancora completo, quindi dubito che Ross potrà utilizzarlo.»

«Ma se non gli serve, perché l’ha rubato?»

«Questo non lo so. Magari credeva fosse già stato ultimato. E poi Ross ha delle discrete competenze in campo magico, quindi non escludo che possa riuscire a sistemare da sé gli ultimi dettagli.» Si fermò un attimo a riflettere. «Questo però non lo può fare nella villa del suo amico riccone… Gli servirà di sicuro una strumentazione adeguata per fare qualcosa di così complicato…»

«Ehi, come fai a sapere che ne sa di magia?» obiettò un poliziotto «Nel rapporto mica c’era scritto!»

«Che domande, mi sono informata! E adesso venite, dobbiamo ancora trovare i ricercatori scomparsi.»

«Già, è il come che ci sfugge…» le fece notare il giovane carcarodon.

L’ailurantropa esibì un sorrisetto eloquente. «Andiamo, ve lo spiego in hovercar.»

***

L’ologramma al centro della stanza era di qualità talmente alta che nessuno avrebbe potuto immaginare che si trattava di un falso, se non per un dettaglio: il volto dell’uomo e buona parte del busto erano completamente in ombra, cosa piuttosto strana dal momento che la stanza era perfettamente illuminata. Sulle gambe del misterioso figuro era sdraiato un animale simile ad un gatto, aveva il pelo lungo e bianco e si guardava distrattamente intorno con i suoi tre occhi verdi. La persona senza volto lo accarezzava con grande cura, in maniera dolce e costante.

«Signore, sono quasi tre giorni ormai che siamo nascosti qui, cosa dobbiamo fare?» La persona che aveva posto la domanda era piuttosto giovane, i capelli blu erano corti e ricci e il suo sguardo aveva un che di misero e supplichevole.

La risposta del misterioso individuo non tardò ad arrivare: «Non vi preoccupate, tra non molto riavrete il prototipo di Soul Emulator e potrete completare l’ultima fase.»

«E che ne è del direttore?» chiese un altro «E i nostri colleghi? Perché non sono con noi?» Era un po’ più vecchio dell’altro ricercatore e una barba molto curata risaltava sul suo viso dai tratti decisi e spigolosi.

«Al momento si trovano in un’altra struttura, dovrete portare a termine il progetto senza di loro.»

Il ricercatore barbuto non era del tutto certo che quella fosse la verità, tuttavia chinò il capo in un riverente cenno di assenso.

«Non abbiamo più molto tempo.» affermò l’uomo misterioso «Cominciate a preparare il laboratorio, il prototipo deve essere ultimato quanto prima. Sono sicuro che non mi deluderete.»

Detto ciò, l’ologramma scomparve, lasciando i cinque ricercatori nel loro freddo silenzio. C’era qualcosa in quelle parole, qualcosa di sottile e implicito che suonava come una minaccia: un fallimento non sarebbe stato accettato.

«Cosa… Cosa facciamo?» A parlare era stata una ninfa dell’acqua dai grandi occhi azzurri e la sua espressione rifletteva chiaramente il tono incerto e preoccupato della domanda.

«Facciamo quello che ha detto il Coordinatore.» rispose il giovane dai capelli blu cercando di dimostrarsi deciso. Fin dalla prima volta che l’aveva vista, aveva avuto un debole per lei, ma ancora non era riuscito a trovare il coraggio per dirglielo. Magari una volta ultimato il progetto…

La ricercatrice annuì e in silenzio si mise al lavoro insieme ai suoi colleghi. Del resto non avevano molta scelta: fare quello che diceva il Coordinatore era il modo migliore, forse l’unico modo per realizzare la loro utopia.

***

«Vàen, non dovresti agitarti così.» affermò Taiga in tono assolutamente rilassato.

Lui e Samantha si trovavano in una cella del vicino comando di polizia e la pistolera non aveva smesso un solo istante di camminare avanti e indietro. Se non altro il pavimento era liscio e non le dava fastidio restare scalza.

«Non ci riesco, cavolo! Come fai tu a restare così calmo?»

«È semplice: so di essere innocente. Fai vedere agli altri che sei convinto della tua posizione e anche loro saranno portati a crederti.»

«Mmh…» La poliziotta si sedette di fianco a lui accavallando le gambe e incrociando le braccia. «L’hai imparata in prigione?»

«No, in un comando della PG.»

«Ah… E ha funzionato?»

«Con me no, con quello della cella di fronte però sì.»

La donna appoggiò la testa sul muro. «Ah, grandioso…» Si mise le mani su volto con aria esasperata. «Cavolo, ho bisogno di fumare una sigaretta! E ho pure finito le cicche!»

«Vàen, vedrai che tra non molto verranno a tirarci fuori.»

«Eh, lo spero…»

Tra i due calò il silenzio e fu di nuovo l’insettoide, o meglio l’imenotteriano, a prendere la parola: «Vàen, toglimi una curiosità: è vero che conosci la Regina delle Bestie?»

La poliziotta si lasciò sfuggire un sorriso nostalgico e fece di sì con la testa. «Già, abbiamo fatto l’accademia militare insieme. Leona ha scelto una vita diversa dalla mia e ha fondato una gilda di fuorilegge, ma ti assicuro che non è cattiva. L’hai visto anche tu che i suoi uomini stavano cercando Ross, quindi direi che possiamo escludere un suo coinvolgimento.» La nota di sollievo nella sua voce era piuttosto evidente.

«Vàen, e cosa pensi di Ross? Credi voglia usare il congegno per sfidarla e diventare il nuovo leader della Brigata?»

Samantha si strinse nelle spalle. «Irena crede di sì, e lei è molto più intelligente di me. Non so cos’abbia in mente Ross, però qualunque cosa sia, non intendo lasciarglielo fare. Non che mi preoccupi di Leona, lei è talmente forte che Ross non riuscirà mai a batterla, è solo per senso del dovere.»

Taiga annuì e subito dopo la barriera energetica della cella si dissolse. I due si voltarono e videro arrivare un paio di agenti delle forze dell’ordine locali in compagnia di un enersapien azzurro.

«Ragazzi, siete liberi.» annunciò l’agente della Polizia Galattica «Il commissario ha spiegato ai colleghi locali che era stato il signor Ashburnum La-Millian a richiedere il vostro intervento per catturare Elliot Ross. Ora è tutto risolto.»

Il Cane da Caccia non si scompose – probabilmente si aspettava una soluzione del genere – la pistolera invece si concesse un sospiro di sollievo prima di rimettersi le scarpe coi tacchi.

«Avete già qualche idea su dove sia fuggito Ross?» domandò Taiga una volta fuori dall’edificio.

«Ancora no, purtroppo.» ammise l’enersapien «Gli altri ci stanno lavorando, e lo stesso vale per l’indagine sui ricercatori scomparsi.»

La pistolera emise un sospiro rassegnato. «E così dobbiamo ricominciare da capo… Ok, questa volta ho proprio bisogno di una sigaretta. E chissene frega se sto cercando di smettere!»

***

A Elliot quella situazione non piaceva. Non gli piaceva per niente. Si trovava su una piccola navicella spaziale col pilota automatico e non aveva la minima idea di dove quel velivolo lo stesse conducendo. Ma non era solo questo a dargli fastidio. Anche il messaggio contenuto nell’allegato lo aveva irritato, in particolare per l’atteggiamento di superiorità di quel tipo col gatto. Ma chi si credeva di essere a dargli degli ordini in quel modo?! Aveva accettato di seguire le sue istruzioni solo perché era l’unico modo per rendere funzionale il congegno che aveva rubato, poi però avrebbe preso e se ne sarebbe andato senza tanti complimenti.

Nell’attesa tirò fuori da una tasca dei pantaloni il motivo di tutto quel trambusto. Dunque quel congegno aveva un nome ed era Soul Emulator… un nome azzeccato dal momento che serviva per simulare i poteri di una Soul. E per giunta di una Coloured Soul! Stentava ancora a crederci. Le Coloured Soul erano in assoluto le più potenti fra le Soul, e chi le possedeva era in grado di fare praticamente ogni cosa! Se fosse riuscito a mettere a punto il Soul Emulator, non solo avrebbe potuto sconfiggere facilmente la Regina delle Bestie, ma sarebbe perfino potuto diventare un Intoccabile! O magari anche di più! Un Intoccabile fra gli Intoccabili! Il solo pensiero gli fece quasi venire le vertigini.

Era così preso dalle sue fantasie che si stupì di vedere l’abitacolo aprirsi: non si era nemmeno accorto dell’atterraggio. Scese dall’astronave e con sua grande sorpresa scoprì di trovarsi in un luogo chiuso, probabilmente un hangar sotterraneo. Un ologramma si delineò di fronte a lui: rappresentava una ragazza di bell’aspetto vestita da segretaria.

«Prego, mi segua.»

Elliot non disse nulla e fece come richiesto, in questo modo raggiunse rapidamente quello che aveva tutta l’aria di essere un laboratorio alchemico. I tavoli lunghi e spaziosi erano almeno per metà ingombri di strane ampolle, rilevatori magici e altri strumenti; diversi schermi olografici erano proiettati sulle pareti e un odore caratteristico ingombrava l’ambiente.

«Signor Ross, questi sono i migliori ricercatori che si stavano occupando del progetto Soul Emulator.» annunciò la segretaria olografica muovendo la mano verso un gruppo di cinque alchimisti.

«Sarà un piacere lavorare con lei.» esordì il giovane dai capelli blu. Il suo tono era molto rispettoso, quasi riverente, e ad Elliot la cosa non dispiacque affatto.

«Se non ha altre richieste, la lascio al suo lavoro.» disse la IA.

«Mmh, va bene.»

L’ologramma scomparve e subito i ricercatori si fecero più vicini ad Elliot. Dai loro sguardi era fin troppo evidente che non aspettavano altro che qualche delucidazione su cosa fare.

«Purtroppo il Soul Emulator ha ancora dei problemi, immagino se ne sarà accorto,» esordì il giovane ricercatore «ma sono sicuro che, con il suo aiuto, riusciremo a risolverli in brevissimo tempo.»

Il fuorilegge si sforzò di risultare amichevole in modo da ottenere rapidamente la loro fiducia. «Anche per me è un piacere lavorare con voi. Vi spiego subito le piccole modifiche che ho in mente di apportare al progetto.»

***

L’atmosfera nella sala riunioni non era delle più distese: Elliot Ross aveva fatto perdere completamente le sue tracce e purtroppo non avevano la minima idea di come fare per rintracciarlo. Avevano passato in rassegna tutte le telecamere disponibili per cercare di ricostruire i suoi movimenti, ma lo avevano perso subito dopo che si era allontanato dalla villa di dhar Lawrence. Analogo discorso valeva per i sensitivi: anche loro avevano cercato di seguire la sua traccia magica, ma quasi subito l’avevano vista svanire, assorbita da un complicatissimo intrico di altre emanazioni. Ovviamente gli incantesimi di ricostruzione degli eventi erano stati resi vani da un disturbatore appositamente predisposto.

Gli sguardi dei poliziotti erano praticamente tutti uguali: arrabbiati, abbattuti, impotenti. Eppure doveva esserci qualcosa che potevano fare…

In quel momento la porta della sala si aprì e Irena fece il suo ingresso insieme ai suoi tre collaboratori. «Signori, buone notizie! Abbiamo trovato i ricercatori. E c’è dell’altro: Elliot Ross è con loro. Sono al lavoro per ultimare il congegno che è stato rubato.»

Una cacofonia di domande ed esultanze rimbombò all’interno del locale.

«Per favore, ordine!» esclamò il commissario battendo una mano sul suo tavolo. «Honegen, si spieghi meglio.»

«Siamo andati a fare un’altra ispezione al centro di ricerca per vedere se riuscivamo a trovare qualche nuovo indizio e, una volta lì, abbiamo notato una strana traccia magica: non era quella di una persona, era quella del congegno che era stato rubato. Evidentemente le radiazioni magiche dello stesso devono essere rimaste addosso ai ricercatori, così siamo stati in grado di seguirle fino ad un astroporto. Abbiamo controllato quale poteva essere il volo che ci interessava, a quel punto è bastato raggiungere il pianeta di destinazione e da lì abbiamo seguito di nuovo la traccia magica rimasta sui ricercatori ed ecco trovato il laboratorio dove si nascondono. E guarda caso c’è anche Ross con il congegno.»

Diversi agenti lanciarono degli apprezzamenti per l’ottimo lavoro dei colleghi e il commissario dovette di nuovo richiamarli.

«Il laboratorio si trova nella nostra giurisdizione?»

L’ailurantropa annuì. «Ah, un’altra cosa: consiglio di chiamare almeno un Reparto Speciale, ho il fondato timore che quel congegno possa essere molto pericoloso.»

«Lo faccio immediatamente.» annuì il commissario. «Signori, cominciate a prepararvi. Partiamo quanto prima.»

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Capitolo 8
*** 7. Sangue e disperazione ***


7. Sangue e disperazione

Il luogo dove si erano nascosti Elliot e i ricercatori era davvero ben mimetizzato e, se non fosse stato per le abilità di Irena e della sua squadra, non sarebbero mai riusciti a trovarlo. Dall’esterno il panorama era quello di un’anonima pianura semidesertica con poche piante sparse qua e là, tuttavia ad una più attenta analisi i sensori riuscirono a riconoscere una discreta sequenza di cavità nel sottosuolo, cavità troppo regolari per essere naturali.

Samantha e Taiga avanzarono in maniera molto cauta, facendo attenzione a non produrre rumore: il dispositivo di occultamento che nascondeva loro e gli altri poliziotti era estremamente efficace sulla vista, ma molto meno sull’udito.

Quando tutti gli agenti furono in posizione, la squadra dei Reparti Speciali si fece avanti: sarebbe toccato a loro aprire un varco ai colleghi, e per farlo dovevano far saltare le paratie che chiudevano l’hangar sotterraneo.

Dopo meno di un minuto tutto l’esplosivo era stato piazzato e gli artificieri si misero a distanza di sicurezza.

«Commissario, noi siamo pronti.» affermò il caposquadra.

«Bene.» Il leader dell’operazione focalizzò la sua attenzione sulle paratie dell’hangar. «Andiamo a prendere Ross!»

***

Poco prima, nel laboratorio sotterraneo…

«Funziona!» esclamò il ricercatore dai capelli blu «Funziona davvero!»

Una serie di esultanze animò di colpo il locale e tutti e cinque i ricercatori si misero a festeggiare. Ci erano riusciti! Erano riusciti a riprodurre i poteri di una Coloured Soul! Era una cosa talmente grandiosa, talmente incredibile che quasi non riuscivano a crederci. Ma era davvero così. Erano riusciti in qualcosa che sicuramente avrebbe cambiato il volto dell’universo! Adesso la loro utopia non sarebbe più stata tale! Un universo dove tutti erano felici sarebbe stato finalmente realizzabile!

«Salvo i dati e li invio al Coordinatore.» affermò uno di loro, il più anziano. Ormai da tempo era costretto a portare gli occhiali e le squame sul suo corpo erano diventate secche e opache, tuttavia l’entusiasmo sembrava averlo improvvisamente liberato dal peso degli anni.

Elliot gli si avvicinò in silenzio. Grazie a lui e agli altri quattro ricercatori, era riuscito a rendere funzionale il Soul Emulator, ora però quei cinque non gli servivano più a nulla. Con un movimento deciso afferrò la testa del vecchio e gliela torse di scatto: un orribile scricchiolio raggelò il laboratorio e di colpo piombò il silenzio. Il corpo del ricercatore cadde a terra e le lenti si ruppero con un suono cristallino.

Senza perdere tempo, il fuorilegge andò a prendere il congegno e se lo infilò nel marsupio. Chiuse la cerniera lampo, ciononostante dal tessuto continuarono a filtrare delle esalazioni giallo limone simili a vapore.

«Cosa credi di fare?!» scattò l’uomo barbuto, visibilmente sconcertato.

Il braccio destro di Elliot si tramutò in una grande ala dalle piume rosa che colpì in pieno il ricercatore, gettandolo a terra. Quelle persone erano appena diventate dei meri problemi: non poteva permettersi di lasciarle in vita. Il Soul Emulator doveva essere suo e soltanto suo. Li avrebbe uccisi e poi avrebbe completamente distrutto il laboratorio: se quel congegno fosse diventato di pubblico dominio, tutti i suoi sforzi sarebbero stati completamente vanificati.

Si voltò verso i tre ricercatori ancora in piedi, che con passo tremante erano arretrati fino alla parete opposta. Stava per avanzare verso di loro, ma poi si arrestò: adesso possedeva il Soul Emulator, non aveva più bisogno di avvicinarsi a qualcuno per ucciderlo.

Sollevò una mano verso uno dei ricercatori, un uomo dal grande naso a proboscide e le orecchie a trombetta. Schiccò le dita e una violenta fiammata gialla investì il malcapitato, strappandogli un grido lacerante. La sua vittima si mise a correre, urlando e sbattendo contro i muri.

Elliot schioccò nuovamente le dita e le fiamme divennero un inferno di magma dello stesso colore: il ricercatore venne travolto da un dolore accecante, totale, poi il nulla. Nel giro di pochi istanti del suo corpo non era rimasto che uno scheletro annerito.

L’uomo barbuto, che nel frattempo si era messo carponi, provò a cercare una via di fuga, ma il fuorilegge lo notò e senza sforzo lo tramutò in un’atterrita statua di ghiaccio dai riflessi biondi.

Gli ultimi due sopravvissuti si appiattirono terrorizzati contro il muro. Quel pazzo era troppo potente, non potevano fare niente per contrastarlo. Erano condannati…

Una tremenda scarica elettrica investì la ninfa e la poveretta lanciò un grido acuto, colmo di disperazione. Il giovane dai capelli blu la vide stramazzare a terra, ma non riuscì a fare nulla: il suo corpo era completamente paralizzato dalla paura.

Degli stiletti, anch’essi gialli, apparvero dal nulla intorno ad Elliot: non ci sarebbe stato nessun sopravvissuto.

L’ultimo ricercatore sbarrò gli occhi quando le punte affilatissime si avventarono senza pietà su di lui, strappandogli grida strazianti e cancellando ogni briciola di speranza. Anche lui cadde a terra e una macchia rossa cominciò subito ad allargarsi intorno al suo corpo martoriato.

Una volta sistemati i cinque, Elliot cominciò a pensare a come distruggere il laboratorio, ma uno scoppio improvviso lo distrasse dai suoi progetti. Grazie ai suoi nuovi poteri, riconobbe facilmente le aure di un gran numero di poliziotti, la cosa però non lo preoccupò: ormai nessuno poteva fermarlo.

Aprì la mano destra e sul suo palmo apparve un globo giallo e luminoso. Senza fretta il fuorilegge lo lasciò cadere a terra, quindi sollevò il capo. Con ogni probabilità tutte le uscite erano state piantonate, quindi se ne sarebbe creata una da sé: mosse le dita e nel soffitto si aprì un buco, un vero e proprio tunnel verticale che conduceva fino alla superficie, a quel punto fece ricorso alle sue abilità di creatura mannara e il suo corpo si trasformò in un animale bianco e rosa simile ad un grosso cacatua. Solo il marsupio contenente il Soul Emulator era rimasto uguale a se stesso, semplicemente si era adattato alla nuova forma del suo padrone.

Elliot spiccò il volo e il ricercatore dai capelli blu lo vide sparire nel tunnel nel soffitto. Solo allora ebbe il coraggio di voltarsi verso la ninfa per capire se era ancora viva. La sua collega aprì lentamente gli occhi, opachi ma non ancora spenti.

Il giovane allungò la mano sporca di sangue per cercare quella della ragazza. Un sorriso faticoso e appena percettibile illuminò il volto di lei, che quasi senza accorgersene stava facendo lo stesso gesto.

Le loro dita stavano per toccarsi quando un bagliore li investì: la sfera gialla si era attivata, in una frazione di secondo l’aria nel laboratorio si fece incandescente e un’onda d’urto spaventosa spazzò via ogni cosa.

Perfino il commissario all’esterno avvertì la scossa.

«Cosa diamine è successo?!» esclamò, visibilmente allarmato.

«C’è stata un’esplosione!» rispose uno degli uomini del Reparto Speciale «Alcuni dei nostri sono rimasti feriti! Non sappiamo cosa sia successo a Ross e ai ricercatori!»

Samantha, che se l’era cavata con un forte dolore ai timpani, corse fuori insieme ai suoi colleghi. Il gruppo di poliziotti era quasi arrivato in superficie, quando un’esplosione di fuoco li costrinse ad indietreggiare.

«È Ross!» gridò uno degli agenti all’inizio del gruppo «Presto, dobbiamo fermarlo!»

Approfittando di un momento di disattenzione del criminale, i poliziotti e i membri del Reparto Speciale corsero fuori dal laboratorio sotterraneo, sparpagliandosi per la pianura nel tentativo di dare una mano ai loro colleghi rimasti all’esterno.

Ciò che trovarono li lasciò sconcertati: tutti gli uomini erano stati feriti, e la devastazione che regnava era tale da non poter essere stata causata da una persona sola in così poco tempo; intere porzioni di suolo erano state consumate da terribili vampate, altre erano state ribaltate come da un terremoto e in diversi punti si potevano trovare decine e decine di armi da taglio giallo limone conficcate nel terreno.

Un’improvvisa onda d’urto investì metà del loro gruppo, spazzando via gli agenti come foglie al vento. Samantha e Taiga osservarono increduli i loro colleghi che cadevano a terra, del tutto inermi di fronte ad un potere così straordinario.

«Presto, dobbiamo fermarlo!» esclamò la pistolera.

Il suo Cane da Caccia aveva già cominciato a sparare, e la sua raffica di proiettili al plasma centrò in pieno il criminale. Colto di sorpresa, Elliot ci mise qualche istante per creare una barriera, e questo illuse per un attimo i poliziotti. Poi però tutti quanti videro le ferite rimarginarsi in pochissimi secondi, e ciò li condannò nuovamente allo sconforto: come potevano sperare di sconfiggere un nemico tanto superiore?

Elliot viceversa era completamente ebbro di potere e la sua unica preoccupazione era quella di trovare nuovi modi per sfruttare le sconfinate potenzialità del Soul Emulator: scatenare tempeste, ribaltare il terreno e scagliare qua e là le persone erano per lui un semplice gioco ormai, un banale passatempo come molti altri. Ora come ora tutti quei poliziotti avevano per lui la stessa pericolosità di un mucchio di soldatini giocattolo.

Un colpo improvviso gli strappò un grugnito di dolore e gli fece montare la rabbia. Chi aveva osato colpirlo?!

Si voltò di scattò, ma un altro proiettile balistico lo centrò in pieno petto, conficcandosi nella carne. Un terzo, un quarto.

Con un grido il fuorilegge scatenò una tremenda onda d’urto e Samantha dovette buttarsi a terra per cercare di limitare i danni. Come previsto, le munizioni balistiche anti-magia erano state in grado di superare la barriera del criminale, purtroppo però non erano riuscite a ferirlo abbastanza seriamente.

La pistolera si tirò su per prendere la mira, ma questa volta il suo non fu un attacco solitario: da ogni direzione altri agenti si unirono all’offensiva, impegnando Elliot e costringendolo a difendersi.

Di nuovo i poliziotti ripresero coraggio, ma ancora una volta il fuorilegge rivelò tutto lo schiacciante potere della sua Coloured Soul artificiale: con uno scatto d’ira aprì le braccia, i pugni serrati, e il suo corpo parve esplodere. Un fragore assordante inondò la pianura e le menti degli agenti vennero scosse da un grido tremendo, atroce, insopportabile. Molti urlarono, si gettarono a terra, ma era tutto inutile. Come potevano contrastare un attacco psicologico devastante come quello?

Samantha cercò di stringere i denti e, facendo appello a tutta la sua forza di volontà, sollevò il capo. I suoi occhi dorati erano lucidi per il dolore, eppure riuscì ugualmente a vederlo: Taiga era lì, a pochi metri da lei, e si stava alzando. Capì immediatamente quale fosse il suo piano: Elliot gli stava dando le spalle, e il suo Cane da Caccia voleva approfittarne per coglierlo di sorpresa, ma non avrebbe funzionato. Samantha lo sapeva, lei era stata addestrata in un’accademia della FANTOM e aveva imparato che contro un nemico di quel calibro, era del tutto inutile provare attacchi del genere. Si sarebbe solo fatto ammazzare.

Cercò di avvisarlo, ma per quanto si sforzasse, dalla sua gola uscirono solo dei miseri versi soffocati. Provò allora a raggiungerlo, strisciando e arrancando con le mani, ma era troppo lenta: il suo corpo risentiva ancora dell’incantesimo subito.

Intanto Taiga aveva quasi raggiunto Elliot, muovendosi con passo talmente silenzioso che il fuorilegge ancora non sembrava averlo notato. Il Cane da Caccia caricò il pugno e solo allora il suo nemico avvertì la minaccia. Si voltò di scatto, ma il destro arrivò comunque, violento, rabbioso, proprio sulla guancia. Elliot arretrò di qualche passo, stordito e dolorante, ma non cadde: era abituato agli scontri fisici e non si sarebbe fatto intimorire da quel misero poliziotto.

Il Cane da Caccia avanzò rapido per colpire di nuovo, ma questa volta Elliot lo bloccò con un braccio, rispose con un sinistro alla bocca dello stomaco e poi spedì indietro l’altro con un calcio. Taiga era ancora stordito dall’impulso magico che aveva sparato prima, i suoi movimenti erano talmente lenti che non poteva sperare di vincere.

Il fuorilegge sorrise, certo della vittoria, ma proprio allora il suo avversario scattò in avanti. Un pugno tremendo gli mozzò il respiro, un calcio alla tempia lo fece vacillare e un rapidissimo calcio volante lo spedì lungo disteso per terra, il naso rotto e sanguinante.

Samantha, che lentamente si stava riprendendo, avvertì una flebile luce di speranza accendersi dentro di lei: forse il suo Cane da Caccia sarebbe stato in grado di sconfiggerlo…

Elliot si rimise in piedi e con un gesto rabbioso si asciugò il sangue che colava dalle narici. Quel maledetto sbirro lo aveva proprio fatto infuriare, lo avrebbe ammazzato seduta stante! Come in precedenza, creò una rosa di stiletti intorno a sé, e questa volta si assicurò di creare delle lame aguzze e contorte che facessero più male possibile.

Taiga capì subito cos’aveva in mente il suo nemico, ma non poté fare niente. Le armi si avventarono su di lui come belve rabbiose, spaccando il suo esoscheletro e affondando nella carne alla ricerca dei punti migliori per causargli un dolore ancora più atroce. Il Cane da Caccia gridò, gridò in maniera tremenda, talmente forte che non poteva essere il grido di una persona. Poi i suoi polmoni si svuotarono e fu silenzio. Riuscì a fare un passo, stentato, l’altro piede però non fu altrettanto capace e cadde in avanti, gli occhi composti persi nel vuoto.

Samantha avvertì un tremito salirle lungo la schiena, scuotendole il petto. «Taiga…»

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Capitolo 9
*** 8. Doveri e limiti ***


8. Doveri e limiti

Per Samantha dopo il dolore arrivò la rabbia. Avrebbe voluto avventarsi su Elliot, pestarlo a sangue e farlo fuori con le sue stesse mani, ma per fortuna la ragione ebbe la meglio sulle emozioni: era ancora troppo debole e a maggior ragione doveva far fruttare il suo addestramento da soldatessa della FANTOM.

Rimase in attesa, il sangue che ribolliva dentro di lei, le mani serrate sulle impugnature dei suoi revolver. Le rune sulle sue armi dicevano “la forza per offrire protezione” e “il coraggio per seguire la giustizia”, ma era stata troppo debole per tenere fede al suo primo principio: come minimo doveva realizzare il secondo.

Ripose nella fondina la pistola sinistra, quindi premette un pulsante sull’altra e il caricatore venne espulso. Lo infilò nell’apposito vano del cosciale sinistro, quindi ne prese un altro dal piccolo marsupio che aveva dietro la schiena e lo inserì nell’arma. Fece scattare la sicura per mettere il colpo in canna: presto avrebbe avuto la sua occasione, e non l’avrebbe sprecata.

Elliot intanto si guardava intorno, tronfio del proprio successo. Grazie al Soul Emulator non ebbe difficoltà a risanare il naso rotto e tutte le ferite vennero prontamente guarite. Si sentiva ancora potentissimo e, nonostante il dispiegamento di forze, la Polizia Galattica non era riuscita a fermarlo. Avrebbe potuto uccidere tutti quegli agenti, ma scelse di non farlo: loro avevano potuto testare in prima persona il suo straordinario potere, lo avevano subìto sulla loro pelle, quindi lasciarli in vita era un’ottima mossa per far sapere a tutti quanto era diventato pericoloso. Certo, quel giallo limone era un colore un po’ bizzarro, ma questo era niente in confronto alle sconfinate abilità che aveva ottenuto: da quel momento in avanti, chiunque ci avrebbe pensato bene prima di mettersi contro di lui.

Con un sorriso trionfante dipinto sul volto, si tramutò nuovamente in uccello e con dei potenti battiti d’ala spiccò il volo. Ora il suo obiettivo principale non doveva più attendere: avrebbe raggiunto la base della Brigata delle Bestie Selvagge e avrebbe affrontato Leona. Stranamente l’idea non gli regalò più quel brivido che aveva provato fin solo al giorno prima: era diventato talmente forte che perfino una combattente di assoluto livello come la Regina delle Bestie non avrebbe avuto speranza contro di lui, quindi forse doveva pensare a qualcosa per rendere più interessante lo scontro. Magari avrebbe potuto affrontare contemporaneamente lei e i suoi Capibranco…

Un colpo improvviso ruppe il filo dei suoi pensieri: un calore devastante gli sciolse letteralmente l’ala sinistra e gli bruciò il fianco, consumando la carne fino a scoprire le ossa. Urlò, un grido ancora più forte di quello di Taiga, e nel frattempo cominciò a precipitare, sempre più veloce, sempre più veloce. Lo schianto lo fece piombare nel buio.

Riprese conoscenza. Impossibile dire quanto tempo fosse passato, l’unica cosa certa era che era tornato in forma umanoide e che il fianco destro gli faceva male da impazzire. Provò ad usare i poteri del Soul Emulator, ma non accadde nulla.

Un terrore gelido gli fece accapponare la pelle. Cercò disperatamente con la mano destra, ma non lo trovò. Era scomparso! Non c’era più! Il marsupio con il Soul Emulator! La disperazione lo azzannò con ferocia e per alcuni istanti non avvertì più nemmeno il tremendo dolore al fianco sinistro.

Diversi poliziotti lo circondarono. Anche loro erano malconci, ma Elliot era messo talmente male che non avrebbe più potuto nuocere a nessuno.

Il fuorilegge sollevò faticosamente il capo e in quel momento realizzò che il suo occhio sinistro era diventato cieco. Con il destro osservò faticosamente i vari agenti per capire chi fosse stato a colpirlo, ma non trovò risposta.

Chi era stato…? Chi era stato così meschino da attaccarlo alle spalle…?

***

Samantha camminava con passo incerto, la Ebarett 92HR nella mano destra ancora rovente per il colpo appena sparato: i proiettili a combustibile erano normalmente classificati come munizioni anticarro, ma non si pentiva di averne usato uno contro una persona.

Si lasciò cadere in ginocchio vicino a Taiga. Il suo Cane da Caccia era steso prono in una pozza di sangue, così lasciò cadere la sua amatissima pistola e lo girò sulla schiena. Ciò che vide le causò una fitta al cuore: le sue ferite erano orribili, le placche chitinose erano piene di crepe e continuavano a versare sangue a fiotti. Il suo respiro era debolissimo, dovevano fare in fretta o sarebbe stato troppo tardi.

Due colleghi apparvero al suo fianco e subito utilizzarono degli incantesimi curativi per cercare di bloccare la perdita di sangue e restituirgli un po’ di energia. Gli effetti benefici furono quasi immediati e dopo pochi secondi il Cane da Caccia riaprì gli occhi.

«Sam… Vàen, cos’è successo?»

«Abbiamo arrestato Ross.» gli disse la pistolera con un sorriso colmo di sollievo.

L’uomo incurvò leggermente le labbra. «Vàen, e allora perché piangi…?»

La poliziotta si passò una mano sulla guancia e la scoprì bagnata. «Deve… deve essermi entrato qualcosa nell’occhio.»

«Vàen, mi sembrava… E il congegno rubato…?»

Quella domanda parve accendere un interruttore nella mente di Samantha. Quando Elliot era precipitato, aveva visto qualcosa staccarsi dal suo corpo e cadere a qualche decina di metri di distanza: magari era proprio il congegno magico.

«Vai…» gli disse Taiga intuendo i suoi pensieri «Vàen, sono già in buona compagnia…»

La pistolera annuì e si alzò in piedi. «Lo lascio a voi ragazzi, mi raccomando.»

I due colleghi annuirono senza distrarsi dal loro compito.

Muovendosi alla massima velocità possibile per il suo corpo ancora dolorante, si diresse verso il punto dove pensava fosse caduto il congegno e nel frattempo sciolse i capelli dalla coda di cavallo. Per fortuna non fu difficile trovare il posto: lì vicino c’era una pianta grassa piuttosto strana con quattro tozzi rami invece dei consueti due, così cominciò a guardarsi intorno. All’improvviso la sua vista ebbe come un tremolio e dal nulla vide comparire delle persone. Grazie alla sua esperienza in accademia, riuscì subito a classificare le loro uniformi come quelle in dotazione alla FANTOM, questo però non bastò a tranquillizzarla: perché erano lì? Cosa volevano?

D’un tratto uno di loro si chinò e raccolse qualcosa da terra. Si trattava indubbiamente del congegno rubato da Elliot, doveva fermarli! Portò le mani alle cosce, ma solo la fondina sinistra era piena. Maledizione, aveva lasciato l’altra pistola vicino a Taiga! Pazienza, sarebbe riuscita comunque a fermarli: quel congegno era una prova importantissima, e per giunta era estremamente pericoloso, non poteva permettere che finisse nelle mani sbagliate.

«Polizia Galattica, fermi dove siete!»

I militari si voltarono verso di lei, probabilmente stupiti. Uno di loro sollevò un braccio, forse per scagliare un incantesimo, ma un tizio altissimo lo fermò. Fece scomparire il casco dell’uniforme, rivelando delle orecchie da coniglio che scendevano ai lati del capo, tipiche dei metaglires[16]. I capelli scuri erano un po’ lunghi e scendevano sulla fronte dandogli un’aria distratta, al contrario i suoi occhi viola non erano assolutamente quelli di uno svampito. Quando parlò, la sua voce aveva qualcosa di stanco, quasi annoiato: «Samantha?»

«Sentinel?!» esclamò la pistolera, visibilmente scioccata. Loro due avevano fatto l’addestramento militare nella stessa sezione, ma erano passati alcuni anni dall’ultima volta che si erano visti e mai avrebbe immaginato di rincontrarlo in una situazione del genere. «Che ci fai qui?! Io sto lavorando!»

«Anche io sto lavorando.» ribatté lui senza riuscire ad abbandonare il tono lento.

«Dovete darmi quel congegno!» ordinò Samantha «Subito!»

«Non possiamo, ordini del nostro generale.»

«Il vostro generale?!»

«Eslife Hellmatyar dell’Armata di Cristallo.» le spiegò Sentinel.

La poliziotta scosse il capo. «Non importa, dovete consegnarmelo! È sotto la giurisdizione della Polizia Galattica!»

«Lo era.» la corresse l’altissimo metaglires «Ora è sotto la nostra giurisdizione. La Polizia Galattica e la FANTOM hanno l’accordo, non puoi arrestarci.»

Samantha serrò i pugni: Sentinel aveva ragione, non poteva fare nulla.

«Rilassati, basterà dire che non l’hai trovato.» proseguì il militare con il consueto tono pacato «Abbiamo eretto una cupola di invisibilità, solo tu sai che siamo stati qui. Ora, se non ti dispiace, noi togliamo il disturbo.»

La pistolera rimase immobile. Cosa doveva fare? Conosceva Sentinel e sapeva che non doveva farsi ingannare dal suo tono lento e vagamente annoiato: se fosse stato necessario, non ci avrebbe pensato due volte ad attaccarla. E in quelle condizioni non avrebbe potuto fare assolutamente nulla per contrastarlo.

I soldati dell’Armata di Cristallo si allontanarono, ma Samantha ancora non riuscì a muoversi. Non poteva lasciarli andare, allo stesso tempo però non poteva fare niente per fermarli. Quando finalmente riuscì a liberarsi da quella terribile sensazione di impotenza, i militari erano ormai spariti dalla sua vista: ora davvero non poteva fare più nulla.

Si mise in bocca una cicca e masticando nervosamente tornò da Taiga. In sua assenza, lo avevano deposto su una barella fluttuante e gli avevano tolto gli stiletti. Sembrava stare molto meglio.

«Vàen, hai dimenticato questa.» le disse il Cane da Caccia accennando al revolver adagiati di fianco a lui.

«Sì, grazie.» disse lei prendendolo e riponendolo nella fondina vuota.

«Il congegno?»

La poliziotta rimase in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.

«Sam…?»

«Non l’ho trovato.» affermò «Probabilmente è andato distrutto quando ho colpito Ross con il proiettile a combustile.»

Il Cane da Caccia annuì. «Sì, vàen, è molto probabile.» Dopo qualche lungo secondo sollevò la mano superiore destra. «Vàen, missione compiuta, no?»

La pistolera gli sorrise, il cuore colmo di gratitudine per quel gesto così semplice e spontaneo. Batté il proprio pugno contro il suo. «Già, missione compiuta.»

***

Nel frattempo, a molti pianeti di distanza…

«Prima che lei me lo chieda, il progetto Preta non procede perché mi mancano dei campioni da cui ricavare le informazioni.»

La persona che aveva esordito in questo modo era un vecchio barbariano, era piuttosto magro, ma non sembrava affatto fiaccato dall’età. I capelli e la barba biondi erano molto curati e lo stesso poteva dirsi della raffinata tunica bianca dai pregiati inserti in oro, gli occhi grigi rivelavano una grande conoscenza e il portamento fiero gli dava un’aria di nobiltà e saggezza.

«Non si preoccupi, non è di questo che volevo parlarle.» L’uomo dal volto in ombra accarezzò dolcemente il gatto dai tre occhi che aveva in grembo. «Immagino sia a conoscenza del progetto Soul Emulator…»

Beling dei Rhirnem[17] fece un vago cenno di assenso. «Ne ho sentito parlare. Funziona?»

«Funziona.» confermò il Coordinatore «Purtroppo il prototipo non è più nelle nostre mani, in ogni caso i ricercatori incaricati del progetto sono riusciti ad inviarci i dati relativi agli ultimi miglioramenti. Le informazioni sono a sua completa disposizione, pensa che lei e la sua squadra sarete in grado di ricreare il Soul Emulator?»

Il barbariano attivò lo schermo olografico del suo overwatch e lesse rapidamente i dati. «Mmh, molto interessante… È geniale, davvero geniale… Ma forse possiamo fare di meglio. Mi consulterò con la mia squadra e le faremo sapere quanto prima.»

L’ombra del Coordinatore non tradì nessuna emozione, ma il suo tono era disteso e soddisfatto: «Confido nelle vostre capacità.»


[16] Specie originale di TNCS. Il nome deriva dal clade “Glires”, che nella classificazione scientifica raggruppa gli ordini dei Lagomorpha (lepri e conigli) e dei Rodentia (i roditori).

[17] Beling è presente in DS - 2 - L’isola bianca.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Epilogo

«Vàen, tutto sommato quel riccone è stato gentile ad invitarci alla sua festa.» commentò Taiga.

«Già, peccato solo che sia un modo per celebrare una balla colossale.» ribatté Samantha continuando a masticare una cicca.

Dhar Lawrence aveva indetto un nuovo ricevimento con l’intento di riscattare il disastro del precedente, e naturalmente non si era fatto scappare l’occasione per celebrare la propria persona: secondo la sua versione dei fatti, lui aveva dato un considerevole contributo alle indagini sul caso Ross, rischiando addirittura la sua vita pur di permettere l’arresto del pericoloso criminale. Ovviamente non era vero, ma i due poliziotti erano stati comunque invitati a presenziare alla festa per supportare tale versione ed evitarsi così una denuncia per violazione di domicilio. Naturalmente, data l’occasione, entrambi vestivano di nuovo gli abiti eleganti di quando si erano infiltrati.

«C’è una cosa però che non capisco,» proseguì la pistolera «cosa ci fa qui Irena?»

L’ailurantropa le lanciò un sorrisetto dai sedili posteriori della lussuosa hovercar. Anche lei stava indossando un abito molto elegante, per la precisione un cheongsam nero arricchito da un discreto motivo floreale in prevalenza blu. Le finiture, anch’esse blu, erano riprese dai guanti lunghi fin sopra il gomito, i profondi spacchi esaltavano le sue gambe snelle ed eleganti, mentre gli orecchini e gli anelli che portava sulla coda impreziosivano la sua figura. «Anche io ho contribuito all’arresto di Ross, e poi è molto probabile che il signor Ashburnum chiederà un intervento da parte di un agente della Polizia Galattica, quindi il commissario ha ritenuto opportuno mandare qualcuno in grado di farci fare bella figura.»

La pistolera spirò dal naso con aria di sufficienza e sputò la cicca nella cartina della confezione.

L’hovercar attraversò il ponte che conduceva alla villa di dhar Lawrence e subito dopo si fermò davanti alla scalinata per lasciar scendere i tre passeggeri. Questa volta era evidente che si trattava di un ricevimento preparato in largo anticipo e già all’ingresso era possibile ammirare dei meravigliosi giochi di luce realizzati con le cascate di finta acqua.

I poliziotti vennero subito condotti sulla terrazza da un cameriere e una volta lì si guardarono intorno. Il padrone di casa aveva detto loro che potevano portare un accompagnatore e per comodità si erano dati appuntamento direttamente alla festa.

Non ci volle molto per trovare i primi due: un uomo dai capelli corvini che vestiva un completo nero e un uomo biondo con indosso un abito color avorio; in quel momento stavano discutendo tranquillamente sorseggiando un po’ del pregiato alcolico argentato tanto amato dal padrone di casa.

«Shoo!» esclamò la pistolera affrettandosi a raggiungerli.

L’uomo in nero si voltò. «Sam!»

La donna lo abbracciò e lo baciò con passione, tanto che il suo compagno dovette impegnarsi per non rovesciare il bicchiere. Come la sua ragazza, anche lui aveva un tatuaggio: un pipistrello nero sul dorso della mano destra.

«Sai Taiga, quando mi hai detto che avresti indossato un vestito elegante, non ti avevo creduto.» commentò l’uomo con l’abito color avorio.

Il Cane da Caccia fece un verso di stizza e lo mandò a quel paese, poi però lo abbracciò e lo baciò come aveva fatto Samantha con il suo ragazzo.

«Irena, il tuo accompagnatore non è ancora arrivato?» domandò la pistolera.

L’ailurantropa scosse il capo. «No, io sono venuta da sola. Sapete, la mia vita sentimentale non è proprio in uno dei suoi momenti migliori e quindi ho preferito così.»

«Vàen, posso capire, ma vedrai che presto troverai la persona giusta.» le assicurò Taiga.

«Cambiando argomento, che ne dite di fare le presentazioni?» propose il suo compagno.

«Vàen, giusto.» annuì il Cane da Caccia «Vàen, lui è Teppei Vordas, il mio ragazzo, è uno psicologo. Il nostro amico vestito di nero invece è Shooter von Death[18], il ragazzo di Sam, e se non erro fa il mercenario.»

L’uomo annuì.

«E ti assicuro che è anche il miglior cecchino di tutto l’universo.» aggiunse la pistolera con aria compiaciuta.

«Vàen, ragazzi, lei è Irena Honegen, una nostra collega.» proseguì Taiga «Credo che di tutta la nostra squadra, sia quella con la mente migliore.»

«Cerco solo di fare del mio meglio.» minimizzò lei con un sorriso un po’ imbarazzato.

L’insettoide batté le quattro mani. «Vàen, a questo punto direi che possiamo goderci la festa.» affermò adocchiando i vassoi pieni di prelibatezze.

«Teppei, tienimelo d’occhio.» si raccomandò Samantha.

Quello le fece l’occhiolino. «Ci penso io.» le assicurò prima di raggiungere il suo fidanzato.

Rimasti in tre, Shooter lanciò un’occhiata a Irena. «Hai notato se fuma ancora?»

«No, devo dire che sta andando bene.» rispose l’ailurantropa «Il problema è che consuma un pacchetto di cicche al giorno.»

«Ogni due giorni!» ribatté Samantha sottolineando il concetto con le dita.

I tre continuarono per un po’ a chiacchierare, almeno fino a quando non arrivò dhar Lawrence per scambiare qualche parola con loro.

Le due poliziotte cercarono di risultare gentili e compiacenti, in particolare la pistolera lasciò alla collega l’onere di portare avanti il discorso.

La discussione sembrava destinata a chiudersi con i soliti convenevoli, ma all’improvviso dhar Lawrence fece la domanda che Samantha temeva di più: «Così per curiosità, che fine ha fatto il congegno? Siete riusciti a recuperarlo?»

La poliziotta bionda si irrigidì di colpo, Irena invece, del tutto all’oscuro della verità, riferì all’anfibiano la versione ufficiale secondo cui il Soul Emulator era andato distrutto. L’ailurantropa confermò la sua disponibilità a fare un breve intervento davanti agli invitati e poi si congedò con un luminoso sorriso.

«Ehi Sam, qualcosa non va?»

Quella domanda non stupì affatto la pistolera: come sempre tra lei e Shooter bastava uno sguardo per capirsi. «Vieni, adesso ti spiego…»

I due si allontanarono con una scusa e Irena andò a prendere un bicchiere di quello spumeggiante liquido argentato. Bevve qualche piccolo sorso e nel frattempo lanciò uno sguardo a Samantha e al suo ragazzo, intenti a parlottare a bassa voce.

Si fidava della sua collega, ma quell’atteggiamento non poté che risvegliare il sospetto che le era sorto leggendo il rapporto: il congegno era stato fatto in maniera tale da poter resistere ad attacchi devastanti, le risultava difficile credere che un proiettile a combustibile fosse riuscito a distruggerlo. Ma se i suoi timori erano fondati, allora c’era un’altra domanda ben più preoccupante che reclamava risposta: che fine aveva fatto il Soul Emulator…?


Note dell’autore

Samantha e Taiga sono presenti anche nella ministoria Peccato e Redenzione.

Irena Honegen è presente anche in La volontà dell’incantatore e in DS - 1 - Senza memoria.

Il Coordinatore e Beling dei Rhirnem compaiono anche in DS - 2 - L’isola bianca.

Le vicende della Brigata delle Bestie Selvagge sono raccontate nella saga BBS.

La saga Polvere di Cristallo è incentrata sull’Armata di Cristallo di Eslife Hellmatyar.

Altri due ibridi della serie von Death compaiono in PdC - 1 - Alba di Cristallo e nella saga La via degli assassini.

Due possessori di Coloured Soul naturali sono presenti nelle saghe Antieroico (il cui protagonista ha proprio una Soul giallo limone) e Bandiera Nera.

Scopri di più su questi e tutti gli altri personaggi, visita tncs.altervista.org!


[18] Altri due ibridi della serie von Death compaiono in PdC - 1 - Alba di Cristallo e nella saga La via degli assassini.

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