Love isn't always fair

di Egg_boy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meeting for the first time ***
Capitolo 2: *** Of Family, Friends and drunk people ***
Capitolo 3: *** Goodbye Agony ***
Capitolo 4: *** I'm Bulletproof ***
Capitolo 5: *** Shadows Die ***
Capitolo 6: *** You're every dream I lost and never found ***



Capitolo 1
*** Meeting for the first time ***


Correvo, correvo da troppo tempo, i polmoni sembravano stessero per esplodere così come il cuore il cui battito era al massimo. Non dovevo farmi prendere, la vista si oscurava e poi tornava nitida, sentivo la testa pulsare dolorosamente.

Il mio cervello continuava ad urlare di fermarmi, di farmi prendere, i pugni sarebbero comunque arrivati, ma quella volta era diversa. Il gruppo di bulletti capeggiato da Miles Bullstroke voleva vedermi morto, ne ero certo.  Misi male un piede e ruzzolai a terra cacciando un urlo, i loro passi erano sempre più vicini. Mi rialzai e ripresi la corsa, le pareti grigie si stringevano sempre più, non avevo la minima idea di dove fossi.

Spalancai gli occhi quando vidi la grata davanti a me. No, non era possibile, dovevo scavalcarla, provai ad arrampicarmi, ma quello che ottenni fu solo un’altra caduta questa volta di schiena che mi procurò un forte dolore al petto. Annaspai in cerca d’aria che non trovai e sputai la poca saliva che avevo ancora in bocca a terra. Mi avrebbero preso, era finita. Chiusi gli occhi pensando a mamma e a papà che erano partiti quella mattina per Santa Monica dove ci saremmo trasferiti da lì a qualche settimana e poi li riaprii. Le scarpe sporche di fango di Miles e la sua banda erano intorno a me, un sorriso sadico su ognuno dei loro visi mi fece accapponare la pelle.

I calci arrivarono, ma non mi ribellai, ormai convinto che quella era la mia fine. Il dolore andava oltre ad ogni pugno arrivato in quegli anni. Cercarono di togliermi la felpa e fu da lì che una spaventosa presa di coscienza mi colpì e ricominciai a lottare mentre le loro mani mi toccavano poi un rumore assordante li fece smettere e io caddi a terra come un burattino inerme poi il buio.

Aprii gli occhi di colpo ansimando pesantemente, quasi mi misi a gridare. Ci misi qualche secondo per mettere a fuoco il tettuccio grigio della macchina e a tranquillizzarmi poi sentii come se il mio corpo scivolasse in avanti e sentii la frenata improvvisa seguita da voci e suoni metallici. La musica alla radio prese a riempire di nuovo le mie orecchie e non solo quello, anche la voce squillante di mia madre che ripeteva al suo compagno che quella era la strada sbagliata.

Sospirai e mi tirai a sedere strofinandomi gli occhi con le mani.

-Oh! Andy caro ti sei svegliato- mugugnai qualcosa di sconnesso e appoggiai la testa al finestrino.

Era passato un mese, trenta giorni di ospedale e puzza di medicinale . Diagnosi: tre costole fratturate e una incrinata, trauma cranico e un altro mucchio di stronzate che mi ero rifiutato di ascoltare quando mi ero svegliato con una benda stretta in fronte in un lettino di ospedale.  A sentire il medico mi aveva trovato un poliziotto che ispezionava il quartiere, l’uomo aveva anche detto che ero stato fortunato. Non era nemmeno partita la denuncia.

La macchina continuò a viaggiare fino a fermarsi davanti a una villetta color crema, senza staccionata , un giardino ampio e due vialetti di ghiaia che portavano alla veranda e al garage. Dietro di noi si fermarono due camion della ditta di traslochi che aveva scelto mia madre. Infatti la donna era scesa a dirigere i poveri operai che dovevano subirsi la sua voce acuta e stridula a volte. Il mio patrigno aprì la portiera corrispondente al mio posto e mi strattonò per farmi scendere, io presi il mio eastpack a tracolla nero e scesi guardandomi in giro.

Intorno a me sfilavano due file di case esattamente identiche, il colore mi faceva venire la nausea. Si sentivano li schiamazzi dei bambini nelle piscine di fronte o nel retro delle case.

-Caro perché non entri in casa a dare un’occhiata?- seguì la richiesta di mia madre ed entrai.

Aveva un’aria spaziosa, c’erano molte finestre fu l’unica cosa che riuscii a notare perché Chris, il compagno di mia madre, mi aveva messo due scatoloni in mano.

-Questa è un po’ della tua roba e se non vuoi dormire in macchina sistemati per sta sera.-  Gentile come al solito.

Salii le scale fino al primo piano, ma c’era solo una camera matrimoniale, un bagno e un’altra scala. Salii ancora di un piano e trovai la mia camera.

Una mansarda, se si poteva chiamare così, visto che aveva il letto a soppalco che dava direttamente su un piccolo spioncino le pareti erano in legno scuro e il soffitto era spiovente.  C’era un grosso spioncino proprio sopra di me da cui sarei potuto tranquillamente uscire sul tetto. La moquette era anche in quella stanza, non solo nel corridoio sottostante e nelle camere che avevo visto, tranne la cucina, appoggiai i due scatoloni in terra e mi alzai sulle punte per aprire la finestra sul soffitto. “Al lavoro”

Una ventina di scatole vennero portate su dagli addetti al trasloco e io iniziai a mettere in ordine. Mi fermai solo quando mia madre annunciò che la cena era pronta.  Scesi le due rampe di scale frettolosamente e andai in soggiorno, lo osservai e mi chiesi come avevano fatto mamma e Chris a sistemare quello, la cucina e la camera in un pomeriggio dove io non avevo nemmeno finito di appendere le luci a intermittenza sul letto.  Dopo mangiato aiutai mia madre a sparecchiare e poi ritornai a sistemare la camera.

Misi le lenzuola di Batman e finii di sistemare le lucine poi decisi che per quel giorno era abbastanza e mi preparai per dormire. Prima di salire nel letto guardai lo specchio, non mi ricordavo l’ultima volta che mi ero guardato attentamente. Indossavo solo i boxer quindi il torace fasciato era in bella vista così come le braccia ricoperte di lividi, avevo dovuto tagliare i capelli che ora arrivavano alle spalle ed erano rasati da un lato. I miei piercing erano ancora al loro posto anche se avevo rischiato che quei bastardi mi strappassero quello al labbro tirandolo.

Sospirai e presi una canottiera dall’appendiabiti. Finalmente mi stesi nel letto guardai  fuori dalla finestrella, il cielo era oscurato dalle nuvole e sospettai che l’indomani sarebbe piovuto copiosamente infatti chiusi il vetro e dopo qualche minuto sprofondai tra le braccia di Morfeo.

La sveglia partì e chissà come mi era venuto in mente di mettere gli Slipknot  come tono. Rischiai di cadere dal letto per spegnere quel dannato cellulare che urlava, finalmente silenzio, mi rimisi a letto, ma la calma non durò a lungo perché arrivò Chris a gridarmi di scendere.

Scesi dal letto e infilai dei calzoncini da calcio verdi, insieme a una t-shirt smessa poi scesi. Mia madre, Amy, rimbalzava freneticamente in cucina tirando fuori: padelle, piatti, bicchieri e oggetti vari dagli scatoloni per poi metterli sugli scaffali.

-Andy tesoro mio perché non vai a fare un giretto per il quartiere, magari incontri qualcuno della tua età!-  disse fermandosi davanti a me. Negli ultimi tempi mia madre era smagrita. La colpa era solo mia, diceva Chris, se non mi fossi fatto picchiare a sangue mia madre non sarebbe stata costantemente in pensiero per me. Sorrisi leggermente e uscii sulla veranda.

-Peccato che io non voglio averne di amici…-  dissi appoggiandomi alla ringhiera che dava sul giardino.  Il tempo faceva schifo, pioveva, una di quelle pioggerelline che ti facevano inzuppare subito. Mi ravviai i capelli passandoci una mano in mezzo e mi misi a canticchiare una canzone che neanche conoscevo, ma avevo sentito alla radio il giorno prima.

Sentii un vociferare proveniente dalla casa affianco e poi il rumore di una porta che veniva sbattuta, mi girai verso la fonte del rumore e vidi una donna che camminava velocemente e prendeva per il polso un ragazzo. Ascoltai la loro conversazione che non poteva essere ignorata dati i toni non propriamente nella norma.

-Lasciami!- disse il ragazzo dai capelli castani che era alla fine del vialetto.

-Ashley Purdy torna qui!- il ragazzo si era voltato di scatto.

–Non torno in quella casa di merda! Se il tuo principe mi alza ancora le mani tu non mi rivedi più!- poi si girò verso di me e assottigliò lo sguardo io tornai in casa. Quel ragazzo sembrava avere più o meno la mia età, un altro che la settimana successiva mi avrebbe preso di mira, fantastico.

Feci come aveva chiesto mia madre, dopo pranzo uscii di casa e mi misi a gironzolare per l’isolato. C’erano molte case dove si affacciavano ragazzetti che avrebbero potuto avere dai dodici anni alla mia età, compreso il ragazzo che avevo visto qualche ora prima.

Mi trovai in un parco, non era grande, ma aveva qualche panchina coperta dagli alberi e quindi asciutte. Mi sedetti e osservai le persone che passavano, sembravano girare lo sguardo verso di me e poi allontanarsi, non si vede tutti i giorni un ragazzo vestito totalmente di nero con la matita sugli occhi. Passò una mezzora circa e me ne ritornai a casa. Prima di entrare notai il ragazzo di prima seduto sui gradini davanti a casa con la testa  bassa e gli auricolari nelle orecchie, alzai le spalle ed entrai ricevendo subito un bacio appiccicoso da mia madre.

-Allora hai visto qualcuno?-  mi chiese entusiasta.

–No.-  risposi secco salendo le scale.

Mi chiusi in camera e sospirai, finalmente a casa. Presi le sigarette e l’accendino da un cassetto e salii sul letto. Aprii la finestra e uscii con qualche difficoltà. Il tetto era marroncino e spazioso, non potevo essere visto dai piani sottostanti. Presi il telo che avevo appoggiato sul letto e lo stesi, era leggermente bagnato visto la pioggia di sta mattina. Mi accesi una sigaretta aspirando famelico il sapore di tabacco, piano aspettai che la nicotina andasse in circolo saziandomi e distendendo i nervi che sembravano essere tesi al massimo.

Stetti sul letto a fumare finchè non sentii una goccia posarsi sul mio naso.

-Maledetta pioggia…Vieni in California, dicevano, ti aiuterà a risollevarti, dicevano…Quante stronzate.- borbottai ritornando nella stanza. Chiusi frettolosamente la finestra e rimisi le sigarette nel loro nascondiglio poi scesi.

Mi feci un lungo bagno caldo cercando di non urlare quando per sbaglio feci scivolare il bagnoschiuma sul torace pieno di lividi, il liquido mi scivolava addosso come se non ci fosse, ma sembrava mi volesse bruciare la pelle. Mi sottrassi alla morsa calda della vasca da bagno per fasciarmi di nuovo il petto e il braccio messo peggio. Tamponai i capelli con un asciugamano e presi l’antidolorifico che il medico mi aveva prescritto poi, tornai in camera chiuso nel mio bozzolo di coperte. Aprii leggermente lo spioncino lasciando entrare un po’ di aria fresca e forse sentii qualche parola di troppo dalla casa affianco.

La donna diceva di nuovo di non andare, ma i passi veloci che sentii mi fecero intuire che quel ragazzo era corso via. Non sarei stato lì a sentire altro quindi chiusi la finestra e la tenda che copriva il mio letto. Presi un libro, ma poco dopo aver iniziato a sfogliare le pagine mi addormentai.

 

Ÿ ¡¢¡ Ÿ

 

Le loro mani sui miei fianchi, mi stavano toccando ed io dovevo scappare, ma non riuscivo. Avevo la vista sfocata e riuscii solo a distinguere gli occhi color caramello di Miles che mi urlavano la sua voglia di farmi del male e urlai.

Mi ero svegliato di botto, gridando, come un bambino mi strinsi la coperta al petto.  Sentivo le goccioline di sudore scendermi dalla fronte, cercai di regolarizzare il respiro facendo lunghi sospiri. Quando finalmente mi calmai, guardai la finestra, era già chiaro fuori e solo in quel momento mi ricordai che giorno era.

Mugugnai qualcosa d’insensato e controllai l’ora: le sette e due minuti, dovevo solo vestirmi e cercare di rendermi presentabile.  Misi un paio di skinny jeans neri strappati sulle ginocchia, una t-shirt stampata anch’essa nera e la converse. Ero monocromatico. Cercai di fare meno rumore possibile per non svegliare Chris che avrebbe sicuramente dormito fino a tardi. Entrai in bagno e misi un leggero strato di matita nera sugli occhi poi presi l’eastpack e uscii di casa.

L’aria fredda del mattino mi colpì come uno schiaffo in pieno viso, mi diressi verso la fermata del bus e solo quando arrivai sotto la pensilina, notai un gran numero di ragazzi che venivano verso di me, strinsi la tracolla della borsa e la aprii, cercando frettolosamente gli auricolari.

Non avevo avuto nessun contatto con dei ragazzi per più di un mese, mi sembrava inverosimile tornare a scuola a cercare di confondermi per non essere lo sfigato di turno ed essere preso di mira. Trovai le cuffiette, ma mi scivolarono di mano e caddero a terra. Mentre mi abbassavo a raccoglierle i miei occhi incrociarono quelli di un altro ragazzo.

Aveva degli occhi particolari sembravano caramello, erano famigliari, spalancai gli occhi e raccolsi velocemente le cuffie cercando di nuovo il ragazzo con gli occhi.Non era Miles, ma aveva i suoi occhi, era totalmente diverso dal bullo. I capelli castano scuro gli arrivavano alle spalle, muscoloso, le spalle larghe. Riconobbi il ragazzo che identificai come Ashley, il mio vicino di casa. sperai non si fosse accorto dei miei sguardi.

Quando posai le mani sul maniglione antipanico che apriva la porta di ingresso della scuola centinaia di occhi si posarono su di me, il mio cuore si fermò, potevo sentirne i battiti veloci, cercai una scappatoia e la trovai in un cartello che diceva “Segreteria” infatti mi incamminai velocemente verso la stanza indicata dal pezzo di carta colorato.

Aprii le porte di una spessa porta di legno chiaro ed entrai in una stanza dove diverse signore stavano sedute dietro agli sportelli.

Mi trovai davanti una donna che masticava lentamente una gomma e dopo poco la sua voce stridente mi raggiunse.

-Desidera?-  i capelli biondo cenere le ricadevano sul viso e i suoi occhi erano coperti da un paio di lenti spesse.

-Salve..sono Andy Biersack, vorrei il mio orario delle lezioni.- 

– Andy?- mi guardò alzando il sopracciglio.

 –Andrew Biersack, mi scusi.- Diede invio a un file dalla tastiera del pc e andò verso la stampante, prese il foglio tra le mani nodose e me lo porse.

-Ecco qui, le lezioni sono cominciate, si sbrighi se non vuole ricevere un richiamo disciplinare il primo giorno.- disse e mi sembrò di sentire parlare Chris. Come di routine le persone erano sempre gentilissime con me.

Sospirai e andai a posare i libri nell’armadietto numero 345 come c’era scritto sul foglio che guardai un secondo dopo, scoprendo di avere Storia in quel momento. Presi il libro e mi diressi verso la classe.

Respirai profondamente prima di bussare, alla fine la mia mano si posò sul legno azzurrognolo della porta e un uomo venne ad aprire.

-Ah signor…- disse in un’evidente richiesta di dirgli il mio nome

-Biersack..- il signore dai capelli grigi fece un mezzo sorriso.

 –Beh, signor Biersack lei è nuovo giusto? si presenti…forza.-

Presi un altro respiro, sarei morto prima della fine di quella giornata e notai che anche Ashley era in quella classe, seduto di fianco a un ragazzone con una felpa da football, ridacchiavano additando una ragazza in fondo alla classe.

-Io sono Andrew Biersack, mi sono trasferito da Cincinnati, in Ohio, una settimana fa…spero di trovarmi bene qui.-

Alcune ragazze mi guardarono incuriosite poi il professore mi indicò un banco di fianco a una ragazzina dai capelli rosa che stava guardando fuori dalla finestra, era lei che stavano prendendo in giro prima quei due. 

-Ciao..- mi disse e io mi chiesi se davvero ce l’avesse con me.

 –Ciao.- risposi con un tono freddo, mi scusai mentalmente con la ragazza per quel tono.

-Io sono Molly Parkinson – disse passandosi una mano tra i capelli color confetto

 -Andrew, ma chiamami Andy…- mi sorrise e io ricambiai il sorrisetto.

-Ti piacciono gli Slipknot?- annuii –L’ho notato quando hai staccato le cuffie- le sorrisi, non parlammo fino alla fine delle due ore in cui Mr.White spiegò il medioevo.

Mangiai in mensa con Molly, parlammo delle nostre band preferite poi le chiesi se sapeva qualcosa di Ashley Purdy, lei spalancò gli occhi.

-Sei fortunato a non conoscerlo, quello è uno di quelli che odia i tipi come noi. Fa coppia con Radke e un certo Ferguson, hanno preso a botte un ragazzetto che non voleva dare i soldi per la mensa l’anno scorso.- rabbrividii toccandomi il polso fasciato. –Non sono sicura fosse così prima, dicono che si è trasformato in terza ovvero l’anno scorso. È un playboy, a quanto so ha dato una ripassata al sedere di tutta la squadra di cheerleeding.- feci un sorrisetto tirato e continuai a mangiare.

Non durò molto il resto della mattinata e alla una ero fuori dai cancelli della scuola.

-Io abito vicino alla spiaggia.- disse Molly.

– Io abito in un quartiere di cui non ho ancora imparato il nome, ci si vede domani- la salutai con un sorriso e salii sull’autobus. Notai Ashley che si faceva largo tra la folla di ragazzette che gli stavano intorno e saliva a sua volta, mi passò di fianco e io cercai di non guardarlo. Arrivammo nel nostro quartiere, ma scendemmo solo noi due. Facemmo la strada uno dietro all’altro, mi sentii in imbarazzo. Ripensare alla litigata che avevo origliato il giorno prima mi metteva a disagio.

-Hai intenzione di seguirmi ancora?-

Stava parlando a me? Aveva una voce melodiosa e leggera, non dura e profonda come avevo immaginato.

-Abito di fianco a te..-spiegai affiancandolo.

 -Quindi avete preso voi la vecchia casa degli Hopinsk…bene, ci si vede.-

Si girò e camminò verso il vialetto di casa sua, subito sentii una voce profonda e maschile che lo richiamava, ma io m’infilai in casa, pronto alla serie di domande da parte di mia madre. Come inizio non era stato così male, non mi sarei mai aspettato di trovare un ragazzo con gli occhi della tua nemesi. Volevo saperne di più su quell’ Ashley, non mi spaventava quando Miles che dopotutto aveva gli occhi iniettati di sangue e una carriera da delinquente prescritta. Avevo visto i suoi occhi prima che si girasse, erano spenti, non di quel colore che assomiglia al caramello fuso. Mi resi conto di quanti particolari avevo notato. Non andava bene così, dovevi dimenticarti dell’esistenza di Ashley Purdy prima di rimanere scottato dal suo carattere.

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Capitolo 2
*** Of Family, Friends and drunk people ***


Quella giornata era davvero degna di un’ estate torrida. Peccato fosse autunno e c’erano trenta gradi all’ombra, non ero andato a scuola quella mattina, non ero riuscito ad alzarmi dal letto tutto sudato e addormentato com’ero, quindi passai la mattina a guardare programmi idioti alla Tv e a sistemare la camera al ritmo delle canzoni dei Green Day. 

Quando la mia compagna di banco mi aveva scritto che sarebbe venuta da me dopo scuola, io le dissi che mi aveva salvato la giornata che senza il suo intervento si sarebbe rivelata un bellissimo modo per pensare a Miles che mi malmenava, come succedeva spesso ultimamente. Tuttavia questo non gliel’avevo detto.

Pensavo a quella notte ininterrottamente e continuai a farlo finché Molly suonò al campanello. Mi trovavo sulla veranda di casa mia con la ragazza a bere limonata ghiacciata con un ventilatore sul tavolo a massima velocità che ci scompigliava leggermente i capelli, asciugando le goccioline di sudore sui nostri visi.

Erano passate due settimane dall’inizio della scuola e avevo fatto nuove conoscenze: Jake e CC, si chiamava Christian Coma, ma tutti ovvero io ,Molly e Jake lo chiamavamo così. Li avevo conosciuti una sera a casa di Molly quando si erano presentati da lei a sorpresa.

Coma era il più grande, infatti avrebbe finito la scuola quell’anno invece Jake aveva la stessa età mia e della ragazza.

-Andy…ehy!- mi sentii chiamare e mi riscossi dai miei pensieri.

–Ci sono, ci sono!-  dissi battendo le mani sul tavolo. 

-Sei strano in questo periodo…-  Non avevo raccontato a Molly dell’incidente, ma pensavo che lei avesse intuito la situazione. A Educazione fisica quando mi asciugavo la fronte sulla maglietta notavo che tutti mi fissavano il petto coperto dalle garze e avevo beccato anche Purdy a guardarle pensando che non lo vedessi.

In quel periodo i litigi con i suoi erano più violenti, lui usciva spesso e nessuno lo rincorreva. L’avevo visto diverse volte arrampicarsi sul tetto, ma non avevo mai tentato di parlargli.

-Scusa Molly solo che ho un po’ di roba per la testa…- la ragazza sorrise e si passò una mano fra i capelli.

 –Non preoccuparti penso di aver capito..-  Lanciò un’occhiata alla casa affianco, pensai lo stesse facendo apposta perché nell’ ora di storia mi aveva visto guardare il mio vicino, più di una volta.

-Ashley! No! Stai scherzando vero?- lei scosse la testa.

– Intendevo il ballo! Hai già ricevuto richieste per il Sadie’s?-  

Alzai un sopracciglio confuso –Il che?- lei si mise a ridere cadendo quasi dalla sedia. –Il Sadie’s Oak! Il ballo di inizio scuola, più o meno. Le ragazze invitano i ragazzi.-

Io sbuffai divertito dalla spiegazione della ragazza. Non pensavo che anche in quella scuola si facessero balli, ma chi prendevo in giro? Tutte le scuole facevano balli.

-Se ti riferisci alla catasta di bigliettini multicolori nel mio armadietto penso che le ragazze della nostra scuola siano impazzite e comunque penso di non andarci.-

Molly si alzò e prese lo zainetto nero a texture. –Vieni con me?- Feci finta di pensarci e annuii e lei si avvicinò ad abbracciarmi, ricambiai e lei se ne andò poco dopo lasciandomi solo con i miei pensieri di nuovo concentrati su una notte in particolare.

 

 

Le grida del compagno di mia madre mi raggiunsero distinte da dietro la porta, non sarei uscito per nessun motivo, anche se avesse minacciato di ammazzarmi. Abbracciai le gambe al petto e mi misi seduto sul letto. Mi aveva spaccato il labbro la scorsa sera, la scusa era stata che uscivo troppo spesso. Alzai il viso e me lo trovai davanti, non lo avevo sentito entrare.

Non ero un ragazzo debole ero rispettato da tutta la scuola, ma non avevo mai avuto il coraggio di ribellarmi a quell’uomo che apparentemente era solo duro e cinico. Una volta chiusa la porta di casa si rivelava uno sfruttatore senza scrupoli. Se doveva alzare le mani le alzava e ogni occasione era buona per mettermi alle strette e di conseguenza ricevevo ogni giorno una buona dose di botte.

-Pensavi di scappare di nuovo?-  mi si congelò il sangue nelle vene, alzai la testa e lo guardai negli  occhi. Non l’avevo sentito entrare e per l’ennesima volta dei lividi si stavano formando sulla mia schiena e sulle mie braccia. Quando la tortura finì uscii dal tetto e corsi via con il telefono alla mano. Composi il numero di Jinxx.

-Hey amico!- dissi nel tono più allegro che potevo fare.

 –Ehy Ash..hai bisogno di qualcosa?- mi fermai davanti alla casa del mio amico.

–Senti..- Non riuscii a continuare la frase che la serratura della porta scattò e mi avvicinai. Il viso del mio amico fece capolino dalla porta con il cellulare in mano-

-Entra..i miei sono via per lavoro.- sorrisi impercettibilmente e entrai. –è successo di nuovo vero?- annuii, non volevo spiegare cosa era successo nei minimi particolari, lui mi lasciò usare il bagno per darmi una ripulita, ma stetti in silenzio per tutta la serata.

Le nostre litigate erano così violente che anche i vicini le avevano sentite, avevo visto infatti Andy uscire di casa per controllare da dove venissero le urla, mi vedeva spesso correre via.

Per quanto sarebbe andata avanti?

Quella notte dormii dal mio amico o almeno, cercai di addormentarmi. Mi svegliavo continuamente credendo di essere a casa mia, riuscii a prendere sonno solo verso le tre di mattina. Mi svegliai con un pungente mal di testa e una nausea costante che non voleva andarsene.

Naturalmente dovevo andare a scuola. Che avrebbe pensato Ronnie se io, il suo amico più fidato, lo avessi abbandonato? Avrei potuto avere tutto quello che volevo, ma mi ero abbassato a stare in un gruppo di bulli che non avevano nulla da invidiare al mio patrigno, con i miei voti sarei potuto passare alla classe avanzata di Chimica e Matematica, ma non dovevo sembrare intelligente, dovevo sfruttare i Freshman per i compiti, come Ronnie mi ordinava. Tutti avrebbero saputo che in realtà Ashley Purdy odiava far del male alla gente.

Entrare a scuola non era mai stato più difficile di quel giorno, mi guardai in giro ed entrai venendo subito raggiunto da Jade, Ronnie e Lizzie. La prima si attaccò al mio braccio e per un attimo mi convinsi che avrebbe fatto le fusa.

-Ehy Ash...vero che vieni al Sadie’s con me?- disse con un tono di voce stridulo e acuto, lo disse in modo teatrale, pronta a gettarsi ai tuoi piedi .

-Certo piccola! Con chi pensavi che andassi, con la Parkinson?- le risposi dando una spallata alla ragazza che tutti reputavano una sfigata, JAde mi fece un sorrisino e guardò male la ragazza dai capelli rosa.

Poco dopo vidi Andy, Ronnie lo spintonò in avanti facendolo sbattere contro gli armadietti. Trattenetti il respiro per un momento, ma il moro ci ignorò e raggiunse Molly salutandola con un abbraccio. Lo guardai meglio e poi mi girai scuotendo la testa. No, non era decisamente degno di nota, quei capelli rasati, quel piercing. Solo un emo-goth.

-Chi si crede di essere quel Biersack!- disse il mio amico, non risposi, mi limitai ad abbassare la testa.

Alla prima ora avevo Storia, era la lezione in comune con Andy, presi il libro dall’armadietto ma non feci in tempo a girarmi che il mio amico mi si avvicinò di nuovo.

-Vieni con me sul campo da baseball abbandonato?- scossi la testa e mi passai una mano fra i capelli. Lui non sapeva del mio patrigno, se l’avesse saputo l’avrebbe sfruttato per togliermi dalla mia posizione accanto a lui e catalogarmi come viscido sfigato.

Fino al suono della campanella del pranzo mi concentrai sulle lezioni di scienze e fisica poi scesi nella mensa, ma presto venni attaccato da una decina di ragazze che mi chiesero se ero già occupato per il Sadie’s. Non ne potevo più di tutte quelle oche che mi tiravano da una parte all’altra del tavolo. Ero nervoso per quello che era successo ieri, per quello che sarebbe successo non appena sarei tornato a casa, celai tutto dietro un sorriso di circostanza.

Mi alzai e liquidai tutti dicendo che dovevo andare in bagno. Arrivato alla toilette mi sciacquai il viso e poco dopo sentii il rumore dello sciacquone, poco dopo Andy aprì la porta e si avvicinò ai lavandini.

-Ehy!- mi disse. Io avevo la testa ancora china e le mani appoggiate al lavabo, non risposi. –Ashley?-  Mi appoggiò una mano sulla spalla io sobbalzai. Anche se quel contato non era nulla per un momento avevo avuto paura. Sentii poco a poco la rabbia crescere nel mio petto.

–Vattene!- gli urlai contro e mi pentii di averlo fatto quando lui uscì dalla porta lanciandomi un’occhiata compassionevole.

Mi ero seduto sugli spalti del campo da basket con Jake e guardavo i giocatori correre dietro al pallone arancio saltando con tutte le loro forze, il rumore stridente delle suole riempiva l’aria della palestra e dava fastidio agli spettatori di quell’amichevole. Solo dopo aver osservato per un po’ i giocatori delle squadre il moro parlò.

-Beh, dovevi parlarmi Jake?- il ragazzo in questione sorrise e si passò una mano fra i capelli. Jake Pitts seguiva molti dei miei stessi corsi ed era un ragazzo estremamente dolce e simpatico.

-Io..insomma c’è un mio amico..- iniziò, ma sapevo che l’amico non era nient’ altro che Jake stesso. -A questo mio amico non piacciono le ragazze..non so se mi spiego e ha una cotta per Jeremy Ferguson, lui si chiede che cosa può fare per farsi notare..-

Ridacchiai, bene a quanto pare non ero l’unico a cui non piacevano le forme rotondeggianti e morbide di una ragazza. Pensai a una risposta da dargli, ma prima gli feci una domanda. Gli chiesi di descrivermi Jeremy.

-Oh..sta con Purdy e Radke, ma non è un cattivo ragazzo, suona la chitarra e sorride a tutti in corridoio, è del nostro anno.- Bene, il mio amico aveva una cotta spaventosa per un seguace dei due principi della scuola.

 –Secondo me potrebbe parlarci, il tuo amico..- feci ammiccando al ragazzo accanto a me, lui arrossì leggermente e si girò a fissare Jeremy che era appena entrato in campo. -Davvero, parlaci, non sembra come Ronnie non penso ti tirerebbe un pugno.- poi il mio sguardo venne catturato da un paio di spalle ampie e un sorriso smagliante. Ashley. Lo guardai per un po’ e notai che a differenza dei suoi compagni di squadra aveva una t-shirt a maniche lunghe, invece della canottiera gialla della scuola.

-Andy..ehy!-

 -S-sì! Dimmi.- Jake si mise a ridere rumorosamente, poco dopo fece la sua comparsa sugli spalti Radke. Cercai di non guardarlo, ma entrambi ci prendemmo uno spintone che ci fece traballare. Feci per ribattere, ma mi dissi che non ne valeva la pena e insieme a Jake uscimmo dalla palestra.  Cc si fece vedere appena mettemmo piede fuori dalla palestra con il suo sorriso strafottente sul viso e in mano delle bacchette della batteria.

-Dov’eri?- Chiese Jake battendo il pugno contro quello del ragazzo.

 -In aula di musica.- sorrise e ci portò nella stanza appena citata. Era piccola, ma abbastanza larga da farci stare : una batteria, tre chitarre elettriche e due classiche, due microfoni con le rispettive aste e un basso. Mormorai un “Wow” a mezza voce e vidi Jake imbracciare la chitarra classica in meno di un secondo. Ci mise un po’ ad accordarla, ma alla fine il suono era abbastanza pulito, io non accesi il microfono ma iniziai a canticchiare una melodia del tutto inventata. La porta si spalancò e vedemmo entrare il professor Smith.

-Cosa ci fate qui? Uscite subito!- disse facendosi diventare la faccia bordeaux. Non chiudevano mai le porte delle aule e questo era il risultato. Ci ritrovammo seduti alla caffetteria della scuola a chiederci cosa avremmo fatto quel pomeriggio. E Cc come al solito propose. Noi non riuscivamo mai a pensare a qualcosa, la mia conoscenza della città era ancora elementare e l’unica volta che Jake aveva fatto una proposta era scoppiato un temporale di conseguenza ci eravamo rifugiati in casa Pitts per un torneo di Final Fantasy.

Sotto la guida di Christian ci spostammo al centro commerciale dove lui voleva prendersi qualcosa per il ballo del fine settimana.

Alla fine tornammo a casa con due borse per ciascuno. Avevo comprato degli skinny jeans neri e una camicia bianca, mi ero lasciato tentare da una maglia oversize totalmente nera e anche quella era finita nel mio armadio.

Sabato si avvicinava velocemente e io stavo iniziando a dire di non volerci andare, sia a Molly che ai miei, ma la mia amica mi aveva minacciato dicendo che mi avrebbe trascinato nella palestra della scuola se non fossi andato.

E quel fatidico giorno era arrivato. Ero incredibilmente nervoso, gironzolavo per casa, ignorando mia madre che mi diceva di non fare scenate. Era solo un ballo. Sarei andato a prendere Molly alle sette e saremmo andati al ballo. Uscii di casa dopo essermi controllato allo specchio, avevo scelto i soliti skinny e la camicia bianca che avevo comprato qualche giorno prima per quella sera e avevo paura di non essere abbastanza elegante.

La casa di Molly era vicina alla spiaggia e quindi ci misi una ventina di minuti ad arrivarci. La trovai davanti alla porta, sorridente come al solito. Era avvolta da un abito lungo fino al ginocchio color pesca e i suoi capelli rosa erano sciolti, impreziositi da un cerchietto bianco.

-Sei bellissima.-  dissi appena arrivai davanti a lei che arrossì alle mie parole.

-Grazie..anche tu non sei male, mio principe.- ci mettemmo a ridere e poi ci incamminammo verso scuola.

La facciata della palestra era stata decorata con foglie finte e uno striscione che diceva “Sadie’s Oak” sorrisi alla ragazza e una volta dentro cercammo i nostri amici. Li trovammo seduti ad un tavolo, i bicchieri pieni di una bevanda rossastra già tra le loro mani. Erano accompagnati da due ragazze che mi si presentarono. Sammi e Cara.

-Ehi Andy, Molly!- disse CC alzandosi.

-Christian, Jake!- rispose Molly andando incontro ai due. Io mi guardavo in giro, li studenti si accalcavano sulla pista da ballo, spintonandosi per ballare.

Presi del punch per me e Molly poi tornai da lei che ballava all’angolo della pista.

-Grazie Andy!- a malapena riuscivo a sentire la sua voce, la musica era assordante ed era la tipica musica da discoteca. Rimasi fermo a bere il mio drink, sicuramente il punch era stato corretto dai ragazzi più grandi, non so quanti ne bevvi, ma improvvisamente tutto si fece opaco e i colori diventarono soffusi avevo un gran mal di testa. Decisi di andare a darmi una rinfrescata negli spogliatoi, barcollante arrivai a destinazione. Sentii subito dei rumori, ma non ci feci caso. Mi avvicinai al lavandino e mi sciacquai il viso, i rumori si fecero più forti e capii di che cosa si trattava quando vidi un ragazzo uscire dallo spogliatoio mentre si tirava su la zip dei jeans. Il tipo alzò lo sguardo e io sgranai gli occhi, Ashley. Qualche minuto dopo una ragazza uscì dalla stessa porta, i capelli rossi erano scompigliati e aveva il rossetto sbavato. Mi guardarono entrambi poi lei uscì dando prima un bacio al ragazzo.

-Che hai da guardare?- disse il castano mentre si avvicinava al lavandino.

-N-niente!-  aggrottai le sopracciglia e lo guardai infilarsi la giacca poi mi girai e uscii.

Cercai la mia amica, ma in mezzo a quella massa di gente non la trovai, cercai di tornare al tavolo. Jake era da solo, ancora con un bicchiere tra le mani.

-Ho appena visto Purdy in una versione insolita!- dissi gridando per farmi sentire.

-Ovvero!?-  feci un mezzo sorriso e mi alzai mimando con la bocca un “te lo dirò”. Tornai a cercare la mia amica che non era nientemeno che al centro della pista.

-Molly, andiamo!- lei annuì e si mosse verso di me barcollando, sospirai per l’ennesima volta. Accompagnare Molly a casa mentre era ubriaca si rivelò spassoso.

Per tutto il tragitto la ragazza parlò di cose senza alcun senso e rideva m    fermandosi a volte contro dei pali. La lasciai a casa e mi incamminai verso il mio quartiere. Santa Monica era illuminata dalle più svariate insegne che nella notte illuminavano la strada e il cielo creando una specie di giorno continuo , ma dalla spiaggia, dove abitava Molly, a casa mia era tutto buio se non per le luci dei lampioni che costeggiavano la strada.

Dopo una ventina di minuti dove avevo camminato velocemente guardandomi sospettosamente in giro, arrivai a casa.

 Le luci erano spente ed il silenzio avvolgeva ogni cosa, cercai di fare piano per non svegliare nessuno. Andai in camera mia e una volta girata la chiave nella toppa mi lasciai andare con un profondo sospiro, mi spogliai e misi una maglia a righe che avevo trovato sulla sedia poi presi le sigarette e uscii sul tetto. Il fumo riempì la mia gola e i nervi si rilassarono, sentii un rumore e mi guardai in giro. Niente. Mi girai verso la casa di Ashley e lo vidi uscire. Mi sporsi un po’ e lo vidi camminare avnti e indietro nel piccolo vicolo tra le nostre case. Tenne la sigaretta in bilico tra le labbra e rientrai in casa, misi le scarpe e uscii. Dovevo parlare con quel ragazzo.

Appena sbucai nel vicolo Ashley sgranò gli occhi.

-Che ci fai qui!?- disse quasi urlando.

- è anche casa mia, fino a prova contraria.- risposi prima di gettare fuori il fumo della cicca che era ormai alla fine. Mi sedetti appoggiato al muro lui venne vicino a me, puzzava di alcool, ma aveva anche un profumo dolce che si mischiava all’odore pungente dell’alcool.

-Mi hai visto con Becky…- disse trascinando un poco le parole come solo gli ubriachi fanno. Io feci un cenno con la testa e lui appoggiò la testa sulle ginocchia. –Tu sei strano, te ne freghi di quello che dice la gente tipo me e Ronnie. Come fai?- gli ubriachi erano sinceri no?

-L’hai detto tu, me ne frego.- sorrisi e guardai la chioma castana muoversi leggermente.

-L’ha fatto di nuovo.- non capivo a cosa si stesse riferendo ma lo lasciai parlare. –Mi ha di nuovo fatto quelle cose e io non mi sono difeso, non ce la faccio più...- disse a bassa voce prendendosi la testa tra le mani.

-Di cosa stai parlando Ash..- lui tirò su il viso e solo in quel momento notai l’occhio cerchiato di nero. –Chi ti ha fatto..- allungai la mano come per toccare quel livido scuro.

-Non sono affari tuoi!- non mi lasciò finire la frase e alzò la voce. Sembrava essere tornato lucido d’un tratto.

-Posso aiutarti se me lo dici..- lui scosse la testa e io ritentai. –Dai Ashley, chi è stato?- sorrisi e lui mi lanciò uno sguardo, disse un flebile “No” che io sentii a malapena poi parlò ancora.

-Io vado. Ho sonno.- si mise in piedi e barcollò poi si appoggiò al muro.

-Ti accompagno.- sorrisi leggermente, lui andò fino alla porta di casa seguito da me. Sgranò gli occhi appena vide la luce accesa.

-Vattene Andy.- mi disse, poi entrò senza lasciarmi parlare.

Tornai nella mia stanza e cercai di capire che cosa aveva Ashley. L’avrei scoperto in un modo o nell’altro. Rimasi ancora a pensare a quell’occhio nero poi sgranai gli occhi, avevo appena raggiunto la soluzione. Erano i suoi genitori: la luce accesa, i litigi e quando scappava via. Ora avevo capito, l’avrei aiutato ad ogni costo non mi importavano le conseguenze.

Con questi pensieri nella testa mi addormentai, avrei visto Ashley domani e gliene avrei parlato.

           

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Capitolo 3
*** Goodbye Agony ***


La sveglia suonò con un motivetto fastidioso che rimbombò nella stanza e nella mia testa, rotolai su un fianco e sbattei una mano sulla sveglia alla cieca, mancandola un paio di volte finché non riuscii finalmente a zittire quel trillo. Il sole s’infiltrava nella stanza da una fessura tra le tende, illuminando il centro del mio letto con un raggio di luce gialla e abbagliante che mi colpiva dritto in faccia. Feci una smorfia e mi coprii gli occhi con i palmi delle mani. Sospirai appena sentii dei passi leggeri che si avvicinavano, degli altrettanto silenziosi colpi alla porta mi confermarono che Rachel era lì fuori, mi tirai la coperta sopra la testa e feci finta di dormire.

-Ash, tesoro, devi svegliarti..- io non risposi, ma la voce di mia madre venne coperta dalla porta che si apriva di colpo.

-Alzati da quel cazzo di letto!- Bill l’aveva quasi urlato e mentre lo diceva mi aveva afferrato malamente la spalla già livida dai suoi pugni. Soffocai un gemito di dolore nel cuscino e mi tirai a sedere.

-Mi alzo se te ne vai.- dissi velenoso.

-Non osare moccioso.- sibilò l’uomo. Uscì lanciandomi un’occhiata raggelante e mi lasciò solo.

Andai in bagno e mi sistemai per la scuola, misi una pomata sulla spalla e sull’addome, un leggero strato di matita nera sulle palpebre e un filo di correttore a coprire il livido sotto l’occhio. Mi vestii con un paio di denim blu e una felpa, infilai le converse e scesi velocemente dalle scale.

Una volta dentro la cucina mi versai un generoso bicchiere di spremuta e lo bevvi. Stavo per girarmi e posare il bicchiere nel lavello, ma una mano si posò sulla mia testa e mi afferrò i capelli, girandomi di scatto e facendomi cadere il bicchiere.

-Dove pensi di andare conciato così, ancora il trucco fottuto finocchio?- Non risposi, ma appena lasciò la presa io corsi verso la porta a prendere lo zaino e uscii velocemente, lasciandomi alle spalle gli occhi scuri di Bill.

Ero in anticipo per il bus quindi mi sedetti sulla panchina, sotto la pensilina, con gli auricolari nelle orecchie che suonavano “Demolition lovers” dei My Chemical Romance. Mi coprii il viso con le mani, una di esse scivolò tra i miei capelli massaggiando la cute dove Bill mi aveva afferrato. Stetti in quella posizione, con gli occhi chiusi, finché una mano mi sfiorò la spalla. Aprii gli occhi e mi trovai davanti le iridi cristalline di Andy.

-Ehy, non passano i pullman oggi.- Mi stava chiedendo di andare con lui? –Vieni con me?- chiese ancora ed io annuii con malavoglia poi mi alzai e mi misi a camminare, non staccai la musica anzi, alzai il volume e ignorai la presenza del moro di fianco a me.

 Arrivammo a scuola in ritardo di venti minuti ed io senza parlare ad Andy entrai in classe sedendomi di fianco a Ronnie.

-Dove cazzo eri?- chiese il ragazzo tatuato girandosi verso di me.

-Non c’erano i bus.- risposi prima di posare il cellulare sul banco insieme alle cuffiette. Sentii due braccia cingermi le spalle, sussultai e mi girai. Le labbra di Jade si posarono sulle mie lasciandomi un bacio umido dal sapore di burro cacao, mi passai una mano sulle labbra per togliere il lip-gloss che mi aveva reso sicuramente la bocca coperta di brillantini.

-Svegliato male Ash?- la baciai di nuovo e le sorrisi.

-Sono solo stanco, piccola.- le feci un altro sorriso, falso ovviamente.

La lezione passò più lenta del solito ed io per tutta l’ora scribacchiai parole che dovevano essere lyrics di una canzone inventata al momento. Ronnie aveva detto qualcosa a proposito di una festa a casa sua ed io avevo detto che sarei andato. Tutto pur di non stare in casa.

La campanella del pranzo era suonata, ma io non me ne ero accorto. In ogni caso non avevo fame. Una volta entrato in mena mi sedetti al solito tavolo dove Jinxx mi raggiunse qualche minuto dopo

-Ash. -  Feci un cenno con il capo e appoggiai la testa alla mano. –Non può continuare così... - disse il mio amico tamburellando le dita sulla mia spalla. Io annuii e mi misi a mangiare l’insalata che mi ero preso.

Quando arrivarono le tre e mezzo la campanella che segnava la fine delle lezioni suonò, lasciandoci andare via. Sentii dei passi dietro di me poi una mano mi afferrò la spalla.

-Fai la strada con me?- diedi una scrollata di spalle e lo seguii, non prima di aver rimesso le cuffiette. A metà strada Andy mi tolse una cuffia.

-Cosa ascolti?- mi chiese senza mettersi la suddetta cuffietta.

- I My chemical romance.- sorrise e si mise ad ascoltare con me la musica e così camminammo allo stesso passo fino a casa sua.

Mi salutò, ma prima che io potessi aprire la porta di casa mi corse vicino.

-Senti..devo parlarti.-

-Aspettami qui.- misi lo zaino nell’ingresso, appeso all’appendiabiti e tornai sulla veranda, dove chiesi ad Andy che cosa voleva.

-Dopo la festa..quando abbiamo parlato io..-

-Io e te non abbiamo parlato dopo la festa.- dissi, veramente non ricordavo nulla. Mi ricordavo solo l’inizio della serata. Tutto era sfocato, non ricordavo nulla.

-Eri ubriaco, ma abbiamo parlato anzi tu hai iniziato e hai detto qualcosa a proposito di questo..- le sue dita affusolate mi sfiorarono l’occhio ed io mi ritrassi immediatamente.

-Che ne vuoi sapere tu?- dissi velenoso passandomi nervosamente la mano nei capelli.

-So abbastanza Ashley.- disse Andy, fece un sorriso tirato poi ripercorse i suoi passi fino a entrare in casa. Sospirai e per l’ennesima volta mi nascosi in camera mia con l’intenzione di non uscirne mai più.

 

Pioveva da più di due giorni e ne erano passati tre da quando avevo parlato ad Ashley. Volevo spiegazioni, ma sapevo che non le avrei avute, non si vanno a raccontare queste cose a chiunque, soprattutto al tuo vicino di casa con cui parli a stento. Non sapevo nemmeno perché gliel’avevo chiesto

Eppure Ashley sembrava ignorare cosa succedesse tra le mura di casa sua, era perennemente sorridente e accomodante a scuola. Mi era passato per la mente che potesse essere una farsa per non lasciare scoprire a tutti la verità, ma non ne avevo le prove. Non sapevo nulla della vita di Ashley, non ero nemmeno certo che i suoi genitori fossero la causa di quel livido.

Me ne stavo sul tetto con un ombrello inutilmente aperto in una mano e una sigaretta nell’altra.

Nelle cuffiette suonava “Falling away with you” dei Muse, la sigaretta stava per finire, feci altri tre tiri e ne buttai la cicca nella grondaia che traboccava d’acqua.  Due settimane e sarei stato a casa per le vacanze di natale, ero davvero felice.

Scesi nella mia stanza bagnato come un pulcino ed attaccai subito il telefono allo stereo, la musica colmò la stanza. Mi sedetti alla scrivania, presi l’album da disegno e iniziai a scarabocchiare. Il trillo del campanello di casa mi distolse dal mio disegno. Scesi ad aprire per trovarmi davanti Cc, trafelato e completamente zuppo d’acqua.

-Ehi, che ci fai qui?- Sorrisi leggermente e lui ricambiò apertamente il gesto, stendendo le sue labbra in un sorrisino.

-Si è messo a diluviare, passavo di qui e mi sono infilato qui sotto.-  Si grattò la nuca in segno di nervosismo e io lo invitai ad entrare in casa, gli diedi un asciugamano e una maglia asciutta.

-Strano, di solito qui piove poco..e quando lo fa dura un bel po’.- ridacchiò e si mise comodo sul divano.

-Spero che non piova troppo allora..- Guardai il soffitto per qualche secondo per poi riportare lo sguardo su Cc.

-Ti va una partita alla Play Station?- proposi e ci trovammo a incitare i nostri avatar di sconfiggere il nemico.

Dopo un’ora circa smettemmo di giocare e invitai il mio amico a salire in camera mia, dove avevo dimenticato di spegnere la musica.

-Bella canzone.- sorrisi e gli passai il Cd. Io e Christian avevamo gusti molto simili ecco perché ogni volta che si parlava di musica litigavamo con Molly e Jake che sembravano andare d’amore e d’accordo con ogni argomento che si tirava fuori.

Prestai un ombrello al mio amico e mi salutò sparendo nella strada. Sentii i soliti rumori dalla casa a fianco e poco dopo la scena già vista mille volte arrivò, Ashely che usciva e si infilava nello spazio tra le nostre case senza dare segno di avermi notato. Presi un ombrello e lo raggiunsi.

-Non dovresti stare sotto la pioggia.- sorrisi e mi sedetti di fianco a lui coprendolo dalla pioggia fitta.

-Vattene.- disse, ma non alzò il viso che teneva affondato tra le braccia. Rimanemmo seduti così, io con l’ombrello in mano e lui senza mostrarmi il viso.

-Perché tu devi sempre essere qui?- gli sorrisi quando lui alzò finalmente la testa incatenandomi nei suoi occhi di caramello, sentii una strana sensazione, come un calore che si irradiava dal centro del petto e finiva allo stomaco. Ignorai quella sensazione distogliendo lo sguardo da Ashley.

-Voglio capire cosa ti fa scappare sempre.- sembrò che gli mancasse il respiro, non rispose per diversi minuti, poi la sua voce tornò.

-Non ci conosciamo e non voglio spiegarti nulla, ma in questo momento non vorrei rientrare in casa..- In quel momento pensai che fossi l’unico ad aver visto quel lato del ragazzo.

-Vuoi venire da me?- non mi accorsi di averlo detto e mi pentii di averlo fatto, non eravamo in confidenza e lui non voleva aver a che fare con me. Io però sentivo di conoscere quel ragazzo da sempre, non mi spiegavo quella sensazione, ma volevo aiutare quel ragazzo a sorpassare quelle difficoltà anche se pensai che la situazione fosse più difficile di quanto immaginavo.

-Va bene, ma devo rientrare per la notte.- non credetti a quello che avevo sentito, gli feci strada in casa, spiegandogli che i miei genitori erano in viaggio per il lavoro. Come con Cc gli diedi un asciugamano poi andammo in camera.

-Ascolti i “My chemical romance”?- annuii e lui esaminò i cd sulle mensole. –Bella camera.- disse ancora e io lo invitai a sedersi di fianco a me.

C’era un silenzio imbarazzante nella stanza, Ashley decise di romperlo.

-Suoni qualche strumento?-

-Chitarra, tu invece?- si spettinò i capelli accarezzandosi quelli leggermente rasati sul lato coprendo poi la rasatura con li stessi capelli castani.

-Chitarra e basso.- mi sorrise ed ecco che quella sensazione tornò a torturarmi lo sterno.

-Visto che siamo in vena di chiacchere..cosa ti sei fatto al petto?- mi chiese indicandomi la parte da sopra la maglietta.

Scossi la testa e mi accarezzai il collo. –Beh..è una storia lunga.-

-Abbiamo tutto il pomeriggio..- mi rispose lui, ma io negai ancora chiudendomi nel mio bozzolo di silenzio. Non volevo parlare ad Ashley di Miles, mi accorsi dell’ errore che avevo commesso ad invitare il ragazzo a casa. Ci conoscevamo poco e non avevo raccontato nemmeno ai miei amici cos’era successo.

 

Mi alzai e mi sistemai la maglietta umidiccia.

-Forse è meglio che io vada.- dissi più a me stesso che a Andy. Lui prese un pacchetto di sigarette e uscì dalla porta.

-Ashley..io non posso dirtelo.- disse appena fummo sulla veranda. Accese la stecca e aspirò. Non mi piaceva l’odore del fumo e mi allontanai leggermente da lui.

-Non fa bene tenersi tutto dentro.- gli dissi.

-Senti chi parla.- rispose lanciandomi un’occhiataccia. Lo salutai e tornai a casa.

Velocemente salii nella mia stanza e mi chiusi dentro. Volevo provare a diventare amico di Andy, sembrava più simile a me del previsto. Presi la chitarra e iniziai a suonare qualcosa mentre pensavo. Nella testa apparivano continuamente gli occhi blu del mio vicino, erano la prima cosa che notavi ed erano difficili da scordare. Sembravano il mare blu che rifletteva i raggi del sole d’estate, ma quando gli avevo chiesto delle bende il suo sguardo si era rabbuiato, non  doveva essere una bella storia. Stavamo entrambi mentendo e forse potevamo solo aiutarci a vicenda, ma non mi sentivo pronto a raccontargli di Bill come lui non voleva dirmi il suo segreto.

Come da copione un vociare al piano inferiore mi fece capire che dovevo scendere. Mangiammo in silenzio, senza che il mio patrigno facesse battute o domande e mi stupii della cosa. Mia madre al contrario iniziò a chiedere dove fossi stato questo pomeriggio.

-Da Andy.- risposi, loro non conoscevano i nostri vicini e sperai che non le venisse in mente di andarne a fare la conoscenza.

-Da chi?- Bill per la prima volta in mezz’ora aprì bocca e io deglutii rumorosamente.

-Andy, il nostro vicino.- sul viso dell’uomo apparve un ghigno.

-Il tuo fidanzato Ashley?- scossi la testa e mi alzai. –Dove vai? Dal tuo fidanzato Andy?- sospirai e mi allontanai e sarei riuscito a salire nella mia stanza se una mano grande e ruvida non mi avesse afferrato il polso.

-Ascoltami bene, fatti vedere con quello e non esci vivo da questa casa. Hai capito finocchio?- Il sangue mi si gelò nelle vene e brividi freddi scesero per la spina dorsale, annuii velocemente e appena lasciò la presa mi chiusi in camera. Salii sul tetto, sperando quasi di vedere Andy.

Le minacce di Bill non funzionavano, mi faceva del male in ogni caso, anche senza avere un motivo.

Mi stesi sulle tegole lasciando che l’acqua mi bagnasse i vestiti. Anche se avevo fretto stavo immobile, le gocce picchiettavano sul mio viso e scendevano sulle guance come lacrime, quasi mi convinsi di stare piangendo.

Non ne ero più capace. Stetti sul tetto senza accorgermi del tempo che passava, la pioggia non accennava a smettere anzi si infittì. Quando fui steso sul mio letto desiderai vedere ancora gli occhi di quel ragazzo e prima di addormentarmi li vidi davvero.

Era sabato ed erano le dieci, stavo già litigando con Bill che si era seduto sul divano con una birra in mano. Il numero delle bottiglie vuote sul pavimento aumentò e trovai che fosse più sicuro andarsene, ma la stessa mano della sera prima mi afferrò il braccio.

-Sai Ashley, hai un nome da donna..- mi disse, ero spaventato sentivo il mio corpo tremare sotto quella stretta che mi stava facendo male. –Perché non ti siedi qui con me Ashley cara?- non prometteva nulla di buono quel tono di voce.

-Veramente io dovevo uscire..- dissi cercando una via d’uscita.

-Siediti!- mi abbaiò contro l’uomo e io mi sedetti di fianco a lui, puzzava terribilmente di alcool e stavo iniziando a spaventarmi sul serio quando una mano mi si appoggiò sulla spalla. –Scopriamo insieme se sei davvero un uomo.- spalancai gli occhi e mi allontanai. Le mani di Bill erano più forti e mi strinsero le spalle ricoperte dai lividi io gemetti dal dolore.

-Lasciami, ti prego.- una sua mano si infilò sotto la mia t-shirt accarezzandomi rozzamente il petto. Tremavo come una foglia e non potevo sottrarmi a quell’uomo che iniziò a toccare più del dovuto, dal momento in cui mi intrappolò tra lui e il divano iniziai a ribellarmi e a scalciare per liberarmi. Non la prese bene infatti mi arrivò uno schiaffo e la sua mano a tirarmi i capelli.

-Perché non ti fai toccare puttanella?!- urlò prima di scaraventarmi a terra, urtai contro il tavolino e cacciai un grido. Inutile lottare perché come ogni volta quando lui mi lasciò andare mi minacciò.

Chiusi la porta del bagno a chiave e mi tolsi la maglia velocemente, mi aveva graffiato sul torace e ora scendeva come un piccolo ruscelletto di sangue, la testa faceva male esattamente come se fosse stata compressa sotto un autobus.  Iniziai la solita routine di pulizia cercando di non provocare altri danni, un livido si stava formando sul fianco, lo guardai e mi coprii con la t- shirt.

Presi la tracolla e uscii di casa,non smetteva di piovere e mi inzuppai appena misi i piedi fuori dalla veranda. La macchina do Bill non c’era, doveva essere andato al minimarket a comprare da bere. Non chiamai Jinxx, mi sedetti appoggiato al fianco della casa, ma quando alzai lo sguardo vidi l’ultima persona che mi avrebbe dovuto vedere in quello stato.

-Ashley?- disse avvicinandosi. Mi toccai il labbro dopo aver sentito una fitta, perfetto avevo le dita ricoperte di sangue.

-Vai via..- non avrei sopportato il giudizio di Andy sentivo già la sua voce roca dirmi che ero un miserabile, inutile e tutti gli altri aggettivi che mi venivano accollati.

-Che ti è successo?- crollai, forse per la prima volta di fronte a qualcuno, lacrime salate scesero veloci dalle mie guance mischiandosi con la pioggia. Sentii una mano appoggiarsi sulla mia testa, sobbalzai.

-Vieni dentro..- mi disse, io lo guardai e lui mi tese la mano, la afferrai.

Mi portò in casa sua e notai che era ancora solo.

-Mi spieghi che ti succede?- mi passai una mano fra i capelli  bagnati, le lacrime si erano asciugate anche se minacciavano di scendere ancora.

-Mi ha picchiato ancora.- dissi solo quattro parole, pesanti come macigni per me. E lui si fermò in mezzo al corridoio, si girò e mi venne incontro.

-Cosa?- mi appoggiò la mano sulla spalla e io la tolsi.

-Devo spiegarti delle cose..- gli feci un sorriso tirato e andammo in camera sua.  Ci sdraiammo sul suo letto e lui si girò su un fianco guardandomi. Iniziai a spiegare ogni cosa, ogni momento che ricordavo fino a quella mattina dove aveva sorpassato il limite. Lui ascoltò attentamente ogni parola annuendo per invitarmi a continuare quando mi fermavo, ma non mi interruppe mai tranne quando finii .

-Capisci..ho resistito tutto questo tempo..-

-Ash..- mi abbracciò di colpo e io prima mi stupii poi ricambiai la stretta appoggiando la testa sulla sua spalla.

-Non puoi tornare in quella casa..- lo guardai negli occhi blu e scossi la testa.

-Devo.- dissi semplicemente e lui mi guardò storto.

-No, puoi rimanere qui. Mancano meno di due settimane al natale, puoi stare qui.-

Non risposi, ma Andy mi obbligò a stare da lui almeno per la notte, io sembravo uno zombie che si aggirava per casa.

Andy mi disse della sua passione per batman e di conseguenza passammo il pomeriggio sul divano a guardare film del suo supereroe preferito. Mangiammo pop corn e verso sera finii appoggiato al ragazzo a sonnecchiare. Stavo bene con lui, mi aveva fatto ridere, avevamo scherzato insieme. Avevo visto la sua collezione di articoli del supereroe e gli avevo svelato la mia passione segreta per Hello Kitty.

Era così facile stare con Andy, niente maschere da indossare, niente falsi ruoli da dover proteggere. Mi passò una mano intorno alle spalle e mi avvicinai ulteriormente a lui. Spense la televisione e sentimmo il rumore del motore di una macchina spegnersi, Bill.

-Dovrei andare a prendere qualcosa per stare qui.- dissi sedendomi composto sul  divano.

-Te le presto io, non voglio che torni là.- gli sorrisi e tornai appoggiato a lui.

Andy si stava preoccupando per me, qualcuno lo faceva davvero senza pensare alla mia popolarità, senza trarne degli interessi.

Aiutai Andy a preparare la cena e dopo aver mangiato salimmo in camera sua.

-Ash..non ti da fastidio se dormiamo insieme, vero? Non ho altri letti.- scossi la testa guardando il letto sopra di me. Mi diede una maglietta e dei calzoncini poi ci mettemmo fra le lenzuola a guardare le gocce che si schiantavano sulla finestrella.

-Ash..-

-Dimmi.-

-Buonanotte..-  sorrisi e mi girai verso di lui, gli occhi di Andy rilucevano nel buio e quando li incrociò con i miei sentii una strana sensazione che si espandeva in tutto il corpo. Pensai, non mi piaceva Andy ero sempre stato con ragazze, mai e poi mai avevo sentito quella sensazione con qualcuno. Era rilassante stare di fianco a lui. Mi addormentai appoggiando la testa alla spalla del ragazzo.

Forse non dovevo farmi tutte quelle domande e lasciare che le cose accadessero.

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Capitolo 4
*** I'm Bulletproof ***


  Una nota, un’altra e insieme a loro il volume si alzava. Dovevo smetterla di impostare come sveglia gli AC/DC. Stropicciai gli occhi strofinandoci le mani sopra e poi tentai di aprirli, il sonno ormai mi aveva abbandonato e solo come ultima cosa notai il corpo appoggiato al mio fianco che si stiracchiava e mormorava sillabe incomprensibili. Mi sedetti sul materasso e anche gli occhi color caramello di Ashley si aprirono posandosi su di me, mi sorrise ed io ricambiai. Aveva i capelli spettinati, come me del resto. Gli sorrisi ancora e poi tentai di scendere dal letto, una volta che i miei piedi toccarono il pavimento, mi stiracchiai alzando le braccia.

-Vado a farmi una doccia.- dissi appoggiando le mani al letto. Ashley si sedette e la maglia gli scivolò verso l’alto, lasciandomi intravedere un tatuaggio che non sapevo avesse. Quando si accorse che gli stavo guardando l’addome si coprì e annuì.

Entrai in bagno, mi spogliai e poco dopo l’acqua tiepida mi aveva svegliato completamente. Rimasi sotto il piacevole calore che l’acqua mi donava per una decina di minuti poi uscii e mi accorsi di non aver preso il cambio, ma solo i boxer. Sospirai e uscii dalla stanza, sentivo lo sguardo di Ashley sulle spalle, ma non mi girai finché non fui coperto e il castano scappò con gli occhi a fissare il cielo azzurro che si vedeva dalla finestra.

-Vuoi farti anche tu la doccia?- Chiesi avvicinandomi al ragazzo ancora nel letto.

-Sì, se non è un problema.- Lo lasciai andare in bagno e scesi in cucina a preparare qualcosa come colazione. Mia madre e Tom sarebbero dovuti tornare oggi, avevo programmato di chiedere se Ashley poteva restare da noi. Quando sentii il ragazzo scendere dalle scale misi sul tavolo una tazza di caffè e dei biscotti.

-Grazie..- Anche lui non era di molte parole al mattino e gliene ero grato, perché di tenere una conversazione a quell’ora non ne sarei stato entusiasta. Decidemmo di andare a piedi fino a scuola, anche se l’autobus sarebbe passato regolarmente.

 Appena arrivammo davanti all’edificio color crema, vidi Jake, Cc e Molly che mi salutavano. Il ragazzo di fianco a me camminava guardandosi in giro alla ricerca di qualcuno, Ronnie immaginai, ma non l’avevo visto.

-Andy!- La ragazza mi venne incontro abbracciandomi stretto, io ricambiai.

-Amico andiamo nella nostra aula?- sorrisi ai miei amici e lasciai che Ashley ci seguisse nell’Aula di musica.

-Che posto è questo?- mi chiese il castano guardandomi interrogativo.

-L’aula dove facciamo delle specie di prove per una futura band..- gli sorrisi e mi sedetti sul pavimento di legno. Cc era già seduto sullo sgabello davanti alla batteria e Jake aveva in braccio la sua chitarra.

-Tu cosa suoni Andy?- mi chiese Ashley. Io gli sorrisi e m schiarii la voce.

-Io canto.- la bocca del ragazzo di fianco a me si aprì in una piccola “o” ed io ridacchiai.

I miei amici si guardarono poi il loro sguardo si spostò su Ashley.

-Non ci siamo presentati, scusaci.- disse Jake. –Io sono Jake Pitts e lui è Christian Coma.-  si fermò e poi una voce leggera si lamentò. –E lei è Molly Parkinson.-

-Lo so, vi conosco.- rispose il castano guardando i tre che si erano presentati.

-Suoni qualcosa Ashley?- Chiese Molly sorridendo apertamente. Il ragazzo annuì.

-La chitarra, ma preferisco il basso.- Mi chiesi dove fosse finita la spavalderia di Ashley Purdy, ma era naturale che non fosse a suo agio, almeno credevo così.

-Puoi farci sentire qualcosa?- chiese Cc.

-Ma Cc!- lo rimproverai, non pensavo che ad Ashley facesse piacere che altre persone lo sentissero suonare, invece il ragazzo mi stupì e prese il basso mettendoselo a tracolla.

-Se mi dai la base Christian vi faccio sentire.- accarezzò le corde di quello strumento e una volta che il mio amico iniziò a battere le bacchette sui tamburi, al ragazzo servirono solo pochi secondi per decidersi a seguirlo. Era notevolmente bravo, di quella bravura che non mi aspettavo possedesse un ragazzo come lui.

Quando i colpi finirono e Cc tornò a roteare le bacchette tra le dita io sorrisi.

-Sei bravo.- dissi. –Molto bravo.- ripetei e il castano di fianco a me arrossì, anche Molly aveva applaudito.

-Grazie.- rispose, avrei voluto dire qualcos’altro, ma la campanella suonò e ci disperdemmo nelle rispettive classi.

-Aspetta Ash!- lo chiamai e lui si fermò.

-Dimmi.-

-Vorresti fare qualche prova con noi?- lui annuì e ci demmo appuntamento per pranzo nell’aula, sta volta ero sicuro che saremmo stati soli.

 

Appoggiai i libri sul banco dell’aula di Matematica e sospirai. Mi sentivo stranamente riposato, come non lo ero da qualche tempo e la cosa mi piaceva. Era stato imbarazzante svegliarsi di fianco a Andy, ma girarsi e vedere i suoi occhi azzurri senza aver paura che saltasse fuori qualcuno che ti avrebbe preso a pugni per motivi ignoti, era stato bello.

Rimasi ad ascoltare la lezione finché degli schiamazzi e una voce fin troppo conosciuta risuonò nella classe.

-Ho detto che entro!- Ronnie Radke fece la sua entrata e si sedette di fianco a me. Sbuffò e si tirò indietro i capelli scoprendo la fronte tatuata.

-Mi ha beccato.- ridacchiai e lo guardai negli occhi nocciola, non erano da paragonare con la bellezza del blu di Andy.

-Se non ti sospendono anche questa volta ti offro il pranzo.- dissi sottovoce.

Insieme parlottammo tutta l’ora poi ci dividemmo per un’altra lezione, quella mattina non ne avevo nessuna in comune con Andy, infatti, mi sedetti di fianco a Fleur che continuava a stuzzicarmi accarezzandomi la coscia, salendo sempre più. La dovetti fermare con un’occhiataccia. Non avevo provato quei brividi che di solito le mani della ragazza mi regalavano al minimo tocco, era preoccupante, cosa voleva dire?

All’ora di pranzo mi sedetti di fianco a Ronnie, ma guardai silenziosamente Andy per tutto il tempo e quando mi fece un cenno con la testa mi alzai e lo seguii fori dalla mensa.

-Vieni, devo farti sentire una cosa.- la sua giustificazione. Andammo nella stessa aula di questa mattina e io mi sedetti contro il muro mentre lui era in piedi a camminare avanti e indietro.

-Volevo farti sentire una canzone, ma non so se..-

-Muoviti Andy.- risposi secco, ma lo guardai con occhi dolci così si sarebbe deciso.

-Va bene.- mi diede le spalle per qualche minuto e io aspettai trepidante che facesse qualcosa, qualsiasi cosa. Si girò e si avvicinò ad un piccolo mixer, trafficò con l’oggetto per un po’ poi si avvicinò al microfono e io sgranai gli occhi. Stava per cantare.

La sua voce riempì la stanza e io respirai a fondo. La sua voce era roca e calda, sentivo un calore riempirmi lo sterno e le mie guance scaldarsi come il mio corpo.

-Here we go
Holding onto lies, holding onto ties that vanished
Cut the rope
And fall into the sky, the devil filled our minds with sadness

The world's a gun and I've been aiming all my life
Got something to live for, I know that I won't surrender
A warrior of youth
I'm taking over, a shot to the new world order
I Am Bulletproof-

Rimasi incantato dalle sue labbra che facevano uscire la sua voce graffiante. Non uno sbaglio, una stonatura. Niente, e più lo sentivo cantare più mi convincevo che avrei passato la vita ad ascoltare la sua meravigliosa voce.

-Got something to live for, I know that I won't surrender
A warrior of youth
I'm taking over, a shot to the new world order
I Am Bulletproof-

La canzone finì e io rimasi a fissare Andy che si schiariva la voce e mi sorrideva.

-Dobbiamo aggiungere la melodia, come ti sembra?- non risposi, rimasi a fissarlo. Ancora quella strana sensazione che mi attorcigliava lo stomaco.

-Ashley?- sbattei le palpebre diverse volte prima di decidermi a rispondergli.

-è molto bella.- dissi e tu hai una voce stupenda pensai, ma non diedi voce a questo pensiero.

-Grazie..- mi disse sedendosi al mio fianco. –Ti piacerebbe entrare nella band?- io lo guardai con gli occhi sgranati.

-Io..insomma, non so se è il caso..- dissi passandomi la mano fra i capelli.

-Suoni bene e ci serve solo un altro chitarrista per completare.- io sorrisi e annuii, Andy si sedette al mio fianco appoggiandosi al muro.

-Jeremy Ferguson è molto bravo.- il ragazzo al mio fianco si illuminò.

-Suona la chitarra?- annuii e mi appoggiai alla sua spalla. Avevo deciso la scorsa sera che quella posizione con i capelli del moro che mi solleticavano gli zigomi era comoda.

-Suona anche il violino..- dissi chiudendo gli occhi, nella mia mente la sua voce era ancora vivida. Restammo in quella posizione, neanche quando la campanella suonò ci spostammo.

Solo quando sentii delle voci fuori dalla porta mi spostai ed Andy fece lo stesso sedendosi dritto contro il muro.

-Dovremmo andare a lezione.-  Sorrise il ragazzo alzandosi in piedi, mi tese una mano e io la afferrai alzandomi.

-Già, dovremmo, ma io vorrei andare a casa. Ci vediamo?- aprii la porta e salutai il ragazzo con uno sguardo poi oltrepassai la soglia e mi avviai verso l’uscita. Una testa scura come la pece e una biondo platino erano in fondo al corridoio e io mi avvicinai salutandoli.

-Ronnie, Floeur.- dissi avvicinandomi a quest’ultima, le diedi un bacio sulla guancia e lei come saluto mi abbracciò stretto.

-Dove sei stato?- mi chiese il moro con gli occhi ridoti a due fessure.

-Io..ecco ero..- cercai di inventarmi qualcosa, ma non mi veniva in mente nulla.

-Eri con Biersack vero?- Una pausa. –Quello sfigato. Fai comunella con quelli ora?- scossi la testa e guardai gli occhi furenti del mio amico. -Non provarci Purdy. Hai capito?- annuii e uscii dalla scuola quasi correndo.

Perche doveva essere tutto così difficile? Non potevo scegliere come gestire la mia vita, era snervante. Camminai a lungo verso casa, se potevo chiamarla così. Suonai il campanello e quella che mi venne ad aprire era una versione casalinga di mia madre. Strano, non aveva uno di quei vestitini succinti che a Bill piacevano tanto, ma solo una t-shirt e un paio di jeans. Ora che lo notavo l’uomo non c’era.

-Ashley!- mi abbracciò e mi riscossi dai miei pensieri. –Dove sei stato? Ero in pensiero.-  certo, valle a raccontare al tuo principe queste cazzate.

-Da un amico mamma.- dissi entrando in casa. Guardai il divano sulla mia sinistra e rabbrividii solo a pensare a Bill.

-Tesoro dobbiamo parlare..- annuii e mi sedetti al tavolo della cucina insieme alla donna che mi assomigliava così tanto.

-Dimmi mamma..- le dissi, lei appoggiò la mano sulla mia e la strinse.

-Tra poco sarà Natale.- io annuii e ricambiai la stretta. –Non sarò a casa in quel periodo. Nonna sta male ed io devo andare da lei.- mi disse guardandomi negli occhi uguali ai suoi.

-Io dovrei stare a casa con lui vero?- marcai quella parola. –Non posso, non rischierò che mi ammazzi.- le dissi stringendole la mani.

-Non puoi chiedere a Jeremy?- mi guardò e mi accarezzò una guancia.

-No, lui ha già fatto troppo per me. Però..- districai la mano dalla sua e mi misi a giocare con una ciocca di capelli davanti alla mia fronte. –Ci sarebbe questo ragazzo che si è offerto di aiutarmi, non sarei neanche lontano da qui.-

Lei mi guardò dubbiosa. –Ronnie?-  appoggiò il viso alla mano spostandosi la frangetta di lato.

-No, il nostro vicino, Andy.- lei mi guardò come spaventata.

-Ashley, se Bill ti vede con lui..lo sai!- io annuii e rimanemmo in silenzio per qualche minuto poi sentimmo il rumore del motore della macchina che si parcheggiava nel vialetto. Io mi alzai velocemente e salii le scale. Mi chiusi in camera e uscii dalla finestra, sul tetto, cercai di scivolare sul lato della casa e quando ci riuscii mi sedetti contro il muro.

Mi ricordai una cosa. Quella sera ci sarebbe stata la festa di Ronnie e io sarei dovuto andare. Era presto quindi decisi di suonare il campanello a Andy. Aspettai che i passi famigliari giungessero vicino alla porta poi due occhi azzurri mi sorridessero.

-Ehy.- dissi e lui mi fece entrare. –Devo parlarti..- lui mi fece cenno di seguirlo. Salimmo in camera sua e ci sedemmo sul letto sopraelevato, contro la spalliera.

-Dimmi.- appoggiò la spalla alla mia e girò il viso per guardarmi.

-Devo chiederti un favore enorme.- lui mi sorrise e io mi sentii sciogliere. –Mia madre non sarà a casa nelle vacanze di Natale e io dovrei stare a casa con Bill.- lui mi fermò ancora prima che io potessi finire.

-Starai qui, non puoi stare a casa con quel pazzo.- sospirai e lui mi appoggiò la mano sulla spalla. –Tranquillo, ho parlato con i miei appena sono tornati.- Ah. –Mi hanno detto che puoi stare quanto vuoi.-

-Grazie Andy..ti devo molto più di un favore per questo.- dissi e lui mi sorrise di nuovo. Era come se quel sorriso non volesse abbandonargli le labbra e ad essere sinceri non volevo lo facesse. Dovevo tornare a casa e prendere i vestiti che mi sarebbero serviti in quelle due settimane e per la seconda volta mi scordai della festa di Ronnie, finchè quest’ ultimo mi chiamò strillandomi dietro io me ne dimenticai. Ormai avevo promesso ad Andy di aiutarlo a sistemare le varie action figure quindi declinai la richiesta del mio amico e tornai a guardare il ragazzo nella stanza con me che si muoveva freneticamente con delle borse tra le mani.

-Andy, tu sei fissato!- dissi ridacchiando. Lui si sedette sul pavimento e guardò attentamente ogni oggetto buttato in terra prima.

Avevo conosciuto i suoi genitori. Sua madre era simpatica: una donnetta alta e snella con gli occhi azzurri, come il figlio, mentre l’uomo era il suo compagno. Aveva un bell’aspetto ed era simpatico. Stare il quella casa era piacevole, ma sentivo la voce di Bill ogni tanto e l’ansia si impossessava di me, Andy se n’era accorto e mi aveva stretto a lui in un abbraccio.

Eravamo passati dal riordinare al guardare un film horror. A nessuno dei due interessava davvero o almeno speravo, stavo notando solo la sua testa appoggiata alla mia e le sue dita che mi pizzicavano il braccio ogni volta che in un momento di suspance succedeva qualcosa che lo spaventava. Andy e io eravamo amici, certo, ma si stava creando qualcosa che non avevo mai provato con nessuno e ne ero terrorizzato.

 

Dopo quella sera passata con Ashley non volevo più che se ne andasse infatti era qui da due settimane ed erano appena iniziate le vacanze natalizie. Mancavano pochi giorni a natale: io, Ash e gli altri avevamo programmato di passarlo a casa mia con i miei. Mia madre era felice, mi ero fatto degli amici e mi guardava dolcemente ogni volta che rientravo a casa con Ashley. Mi aveva anche detto “Andy, sono così fiera di te.” Probabilmente pensava che avessi superato tutta la faccenda di Miles, solo alla pronuncia di quel nome un retrogusto amaro appariva nella mia bocca. Non sapeva che ogni volta che camminavo nel corridoio, di scuola, e li sguardi si posavano su di me io mi sentivo in trappola. Come se qualcuno volesse saltarmi addosso e farmi male.

Ashley stava aiutando mia madre a mettere i piatti nel mobiletto, diceva di volerlo fare per sdebitarsi. Si sentiva un peso per noi, ma io gli avevo ribadito che non doveva pensarlo. Ogni volta che mi sdraiavo sul letto con lui e ci appoggiavamo l’uno all’altro sentivo che un pezzetto dopo l’altro stavo cedendo. Mi attirava quel ragazzo, focalizzava la mia attenzione su di lui. Avevo scoperto che aveva diversi tatuaggi, come me del resto, uno sullo stomaco e delle stelle sul braccio. Lo osservavo e lui mi sorrideva come se fosse stata la cosa più normale del mondo trovarsi a dormire con un tuo amico per qualche giorno di troppo.

Il peggio però venne dopo natale. Io e Ashley tornavamo da casa Pitts, la cena era stata fantastica e l’allegria era palpabile tra le mura di casa. Tutti si sorpresero compreso il mio coinquilino che sembrava il più stupito di trovare Jeremy sul divano accanto al nostro amico. Ci furono partite a scacchi, alla play station e tante chiacchiere che durarono fino a mezzanotte passata quando Molly mi chiese di accompagnarla a casa, io ovviamente accettai e insieme ad Ashley ci incamminammo verso la spiaggia.

Dopo aver accompagnato la ragazza di fronte alla porta di casa sostenni un Ashley leggermente brillo fino a casa nostra. Nostra..mi ero così abituato alla presenza del ragazzo che non immaginavo quanto mi sarebbe mancato se fosse andato via. Arrivammo davanti a casa  in poco più che venti minuti tra risate e  schiamazzi, era divertente parlare con lui. Sentimmo dei rumori, ma non ce ne curammo finchè una voce rimbombò nella strada, Ashley si irrigidì e si voltò di scatto, cosa che feci anch’io.

-Dove stai andando Ashley?- il ragazzo al mio fianco stava tremando e quando l’uomo avanzò io gli presi la mano stringendola forte.  –Il tuo fidanzato, no?- disse guardandomi, storsi il naso. Il castano stava zitto e immobile, era spaventato. Lo tirai verso casa mia sussurrandogli di stare tranquillo, ma l’uomo si allungò verso di noi e afferrò Ashley per un braccio.

-Torna a casa, sai cosa ti succederà per le cazzate che stai facendo.- le parole venivano dette trascinando le lettere, era ubriaco. Sentii la stretta intorno alla mano del castano allentarsi e sparire.

-Mi dispiace Andy…scusami.- disse allontanandosi da me. Io lo tirai a me.

-No! Non ci vai con lui!- camminai velocemente verso casa chiudendomi poi la porta alle spalle. Ashley respirava velocemente e sapevo cosa gli stava succedendo. Un  attacco di panico.

-Respira con me..inspira ed espira..- dissi mimando l’azione, il ragazzo mi prese la mano e la strinse mentre apriva le labbra e tornava a respirare normalmente. Lo abbracciai e lui si strinse a me. Non parlò finchè andammo in cucina e gli misi fra le mani una tazza di the caldo ordinando gli di bere. Quando finì lo portò in camera.

-Andy..-  mi chiamò Ashley.

-Sono qui..- gli accarezzai il capo, era così vicino. L’avrei baciato se non fosse stato spaventato a morte. –Vai a farti una doccia. Cerco qualcosa per te..- gli sorrisi e Ashley sparì in bagno, poco dopo sentii l’acqua scorrere. Mi appoggiai alla parete per qualche minuto, avevo avuto anch’io paura quando l’’uomo era spuntato fuori apparentemente dal nulla. Presi un paio di boxer e una maglietta che sarebbe stata sicuramente larga al ragazzo dietro la porta, ma meglio che nulla. Entrai nel bagno e appoggiai i vestiti sul lavello.

-Tutto bene?- chiesi. Ashley uscì dalla doccia in quel momento e io gli passai un asciugamano con le guancie bordeaux. –Ti ho portato questi.- il castano sorrise e si passò una mano fra i capelli.

-Grazie Andy, davvero.- gli sorrisi.

Avevo deciso. Gli avrei raccontato di Miles, della scuola dell’autolesionismo  e tutto il resto, lui ne stava passando così tante e io potevo solo dirgli che non era solo, che io ci sarei sempre stato. Il ragazzo uscì dal bagno, ma io già sul letto. Salì sulla scaletta e mi raggiunse sedendosi di fronte a me.

-Dobbiamo parlare.- Ashley annuì e io mi tolsi la maglia, lui mi guardò interrogativo.

-Cosa ti sei fatto?- mi chiese allungando la mano verso le garze.

-Mi sono trasferito qui perché un ragazzo e la sua banda mi hanno pestato a morte.- dissi secco guardandomi le mani imbarazzato. Gli raccontai delle giornate in ospedale e non mi ero neanche accorto che le sue dita erano scivolate nella mia mano e ne stavano accarezzando il palmo. Stette zitto e quando finii mi abbracciò.

-Ci sono io, non ti succederà nulla.- mi sussurrò nell’orecchio. Il suo respiro caldo mi accarezzava il collo e avevo davvero la tentazione di baciarlo, ma non piacevo ad Ashley, uno come lui non poteva stare con uno come me: uno sfigato. Non sapevo da quando avevo iniziato a pensare al castano in quel modo, ma in quel momento per l’ennesima volta ci addormentammo insieme.

 

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Capitolo 5
*** Shadows Die ***


La settimana passò in fretta, eravamo sempre a casa di Jake o Cc. Da qualche tempo anche Jinxx si era unito alla nostra band, era bravo e il mio amico lo adorava, stavano sempre l’uno a coccolare l’altro come una coppietta di sposini. Jake ce l’aveva detto qualche giorno dopo natale, nessuno aveva immaginato che quei due avessero iniziato a frequentarsi quasi dopo la partita di basket a cui avevo assistito. Mi ricordai che anche Ashley giocava a quello sport, ma non andava mai agli allenamenti. Mi chiesi più volte il perché, lui però non voleva darmi spiegazioni e c’entrava Ronnie sicuramente.

Le feste erano quasi passate. Mancava solo capodanno.

Io e Ashley avevamo sentito che in riva al mare avrebbero fatto i fuochi artificiali e non volevamo perderceli quindi la mattina del trenta dicembre la passammo a programmare la serata. Avremmo mangiato a casa: qualcosa di veloce. Poi saremmo andati al Pineapples dove ci avrebbero aspettato gli altri.

Così facemmo. Alle otto e mezza eravamo in camera mia a vestirci. Io misi degli skinny jeans grigi e una camicia nera, insieme alle converse rosse. Vidi Ashley cercare nel suo zaino i vestiti e quando li trovò li mise velocemente. Una t- shirt blu scuro e degli skinny neri, gli stavano benissimo.

Sorrisi e mi avvicinai a lui.

-Stai bene..- lui si portò una ciocca di capelli dietro all’orecchio e mi sorrise. Gli posai una mano sulla spalla e strinsi leggermente la stoffa della maglietta. Lui mi guardò con le sopracciglia alzate, ma sorrise.

-Grazie..anche tu. -  Mi rispose poco dopo. Eravamo arrivati vicini al baciarci qualche volta, ma lui si allontanava sempre, trovando qualche scusa. Dovevo aspettare che lo volesse, se sarebbe successo. Cosa improbabile.

-Andiamo?- mi prese per il braccio e mi trascinò giù dalle scale. I miei genitori erano a festeggiare il capodanno dai miei nonni materni ed io ero per l’ennesima volta solo con Ash.

Uscimmo di casa e dopo una decina di minuti arrivammo al “Pineapple” dove vedemmo Cc già con u cocktail in mano che parlava a Jake e Jinxx. Appena mi notò il batterista venne ad abbracciarci, gli altri due si limitarono ad una calorosa stretta di mano. Il bar era sulla spiaggia ed aveva la forma di uno strambo ananas gigante. I baristi erano indaffarati a preparare i drink che i numerosi clienti chiedevano. Ci mettemmo vicino al bancone.

 

Cc era brillo. Continuava a ridere e sghignazzare, attirando a sé qualche ragazza che lo salutò con un bacio. Io ero seduto di fianco ad Ashley che era tranquillo. A quanto pareva lui reggeva l’alcool meglio di noi tutti messi  insieme, mi appoggiai alla spalla del castano e gli sorrisi. Un gran vociare però attirò la mia attenzione, una ragazza si era messa le mani a coppa sulla bocca e aveva urlato che i fuochi d’artificio sarebbero stati tra qualche minuto.

Io e Ashley ci guardammo e insieme andammo a cercare un posto dove coricarci sulla sabbia.

-C’è un amico della barista che ha una barca. Usano quella per sparare i fuochi dal mare.- disse il bassista sedendosi in terra.

-Wow..forte.-  mi  sorrise e io mi avvicinai fino a sfiorare la sua spalla con la testa. Sentimmo un coro che urlava e contai anch’io alla rovescia con loro.

-dieci.-

-Nove- disse Ashley voltandosi verso di me.

-Otto..-

-Sette..-

-Sei..-

-Cinque..- si era avvicinato a me, sentivo il suo respiro sulle guance, guardai le sue labbra, ma imbarazzato alzai lo sguardo sui suoi occhi color caramello.

-Due..-

-Uno..-  le nostre labbra si sfiorarono appena, ma si allontanò sorridendo nervoso. Sospirai e mi sostenni con il gomito sulla sabbia.

-Buon anno allora..- mi disse e io gli sorrisi.

 

Che cosa avevo appena fatto? Baciare Andy, come mi era saltato in mente. Non dovevo metterlo in pericolo. Con Ronnie e Bill era quello che dovevo evitare, ma mi attraeva inevitabilmente.

Un anno nuovo, per ricominciare ed essere diversi. Non c’erano speranze per me ovviamente.

Salutammo gli altri e tornammo a casa di Andy stranamente in silenzio. il mio telefono prese a squillare appena raggiunta la camera del moretto. Risposi e una voce conosciuta si fece sentire.

-Ash..Ash..cosa ti avevo detto riguardo allo sfigato e i suoi amici?- Ronald Radke parlava con una calma che non gli apparteneva, che mi spaventava.

-Ronnie..buon anno!- dissi cercando di scappare dalla discussione che ci sarebbe stata da lì a poco. Feci cenno ad Andy di andare a letto, io scesi continuando a parlare con il mio ormai ex amico.

-Ti avevo avvertito di non uscire con quelli, ma tu non mi ascolti mai. Mai!- disse alzando la voce. –Sono al parcheggio davanti alla scuola, voglio parlarti.-  senza scelta mi rassegnai e agganciai la chiamata.

Velocemente corsi verso scuola, ci misi quasi una ventina di minuti. Andy si sarebbe preoccupato, ma non potevo fargli correre rischi inutili. Ci tenevo troppo a lui. Arrivai al temuto parcheggio e una Camaro verde era parcheggiata lontana dal cancello dell’edificio scolastico, un ragazzo alto e moro era appoggiato alla portiera con un cipiglio arrabbiato.

-Ronnie..-  il ragazzo mi scrutò per qualche secondo poi si tirò una ciocca di capelli dietro all’ orecchio.

-Non ti facevo così coraggioso Ashley, soprattutto dopo quello che ho saputo.- alzai un sopracciglio. –Sai, sono passato da casa tua qualche giorno fa, ma non c’eri. Bill mi ha detto che è da un mese che non torni a casa.- mi disse avvicinandosi.

-Quindi? Non penso che ti importi sapere dove sto ora..-

-Oh no, io so dove stai. A casa di Biersack vero? Sei diventato un frocetto come lui.-

L’aveva detto come se mi avesse sputato del veleno addosso. Non mi arrabbiai tuttavia, mantenni l’espressione di pura indifferenza che avevo dipinta in viso.

-Non vedi già i cartelloni a scuola? “Ashley Purdy smette di infilarsi nelle mutande di ogni ragazza e inizia con i boxer!” sarebbe proprio un bel titolo per una puttana come te.-  aggrottai le sopracciglia.

-Ti darebbe soddisfazione?-dissi non badando all’insulto.

-Assolutamente.-

Finimmo per discutere ad alta voce. Mi minacciò più volte, dicendo che Andy sarebbe stato in pericolo da quel momento. Ronald sapeva di Bill e me. Lo stesso compagno di mia madre mi voleva fuori gioco.

Mentre camminavo, con la testa abbassata a fissare la punta delle scarpe, per il viale che mi avrebbe riportato a casa mi scontrai con qualcuno che mi fece ruzzolare a terra. Andy era davanti a me con uno sguardo pieno d’ansia e preoccupazione.

-Ashley!- mi abbracciò di slancio ed io timidamente ricambiai la stretta. –Non sapevo dove fossi, cosa ti è saltato in mente!- la sua voce si era alzata leggermente mentre mi prendeva il viso tra le mani e mi guardava con i suoi bellissimi occhi blu.

-Sono andato a scambiare due parole con Ronnie.- risposi tranquillamente, ma la sua preoccupazione non sembrò diminuire.

-Che cosa?- sembrava sconvolto. Ci alzammo e tornammo a casa, ma appena chiusa la porta della camera dietro le spalle di Andy, lui mi prese per le spalle.

-Io cerco di proteggerti. Io mi faccio in quattro per non farti tirare il collo da quel bastardo di Bill e tu te ne vai in giro a discutere con quell’idiota di Radke!?- indietreggiai per quello che la sua stretta sulle spalle mi consentiva e poi ribattei.

-Voglio proteggerti!- arrossii leggermente per quella confessione improvvisa. –Ronnie vuole farti del male. Anzi sa di Bill e che io sto qui. Non voglio che ti faccia del male, Andy..non te lo meriti.- dissi alzando la mano per accarezzargli una guancia.

-Andiamo a letto.- si allontanò da me e si tolse la camicia e i jeans. Feci lo stesso e lo raggiunsi sotto le coperte. Gli appoggiai una mano sulla spalla e lui mi fulminò con lo sguardo.

-Andy..-

-Buonanotte..-  mi diede le spalle e si mosse per un po’ prima che il suo respiro rallentasse e fui certo che si fosse addormentato. Stetti a pensare a quella sera ancora per un po’. Pensai anche alla spiaggia e al bacio che avrei dovuto dargli. Una realizzazione mi colpì di colpo prima di addormentarmi. Ero innamorato di Andy. Il panico mi assalì. Ero innamorato di Andy, un maschio. Mi passai una mano sul viso e sospirai, velava la pena provare.

 

La mattina fu difficile svegliarsi, ma lo feci solo perché una mano del ragazzo al mio fianco mi era finita sul viso. Aprii le palpebre e scostai quella mano dalla mia faccia. Stropicciai gli occhi e mi alzai leggermente, puntellandomi sul materasso con i gomiti. Il moro non era ancora sveglio. Il suo viso era pallido, ma non per questo meno bello. La mascella ben definita, le ciglia nere che coprivano quegli occhi meravigliosamente azzurri.  Allungai la mano e gli accarezzai la suddetta mascella e la guancia con i polpastrelli. Lui mugugnò, ma non si svegliò. Come dimenticarsi delle sue labbra fini, con quell’ anellino sul labbro inferiore. Chissà come doveva essere sentire il freddo del metallo sulla propria bocca. Andy girò la testa e per sbaglio la mia mano scivolò pesantemente sul suo viso. Lui aprì gli occhi di scatto.

-‘Giorno..-  disse appoggiando la testa alla mia spalla. Sembrava aver dimenticato il litigio della sera precedente, gli accarezzai i capelli e la guancia.

-Buon giorno..e buon anno.-  sorrisi e mi alzai leggermente sui gomiti.

-Già, buon anno.- mi rispose girandosi. Avevo riaperto la cicatrice della discussione. Scesi dal soppalco e iniziai a vestirmi.

-Senti Andy, io capisco che tu vuoi proteggermi, ma hai fatto anche troppo e io non posso approfittare di te e della tua famiglia ancora.- dissi chiudendo i miei vestiti nel borsone,  mi sistemai i capelli e andai allo specchio a mettere la matita sotto gli occhi.

-C-cosa?- Andy scese dal letto e mi prese il polso, facendomi girare. –Non lo stai dicendo davvero..ti farà del male Ash. Io non voglio che ti faccia del male.- lasciò la presa e la ritrasse quasi come scottato.

-Scusa Andy, ma non posso continuare ad approfittarne.- gli dissi aprendo la porta.

-Ad una condizione, io devo poter venire a casa tua! E non ti chiuderai lì dentro, ma soprattutto mi dirai se ti fa male.- 

Diedi la mia parola al moro e come detto tornai a casa, passando dalla finestra sul tetto. Mi chiusi in camera e presi del tempo per mettere in ordine ogni cosa lasciata alla rinfusa da quella partenza di un mese prima. Non sentivo rumori e io stesso cercai di non farne. Tra le tante magliette ce n’era una con un logo giallo e nero, batman, la strinsi tra le dita e la riposi sotto al cuscino. Mi mancava già, il suo profumo, i suoi occhi, tutto.

Sbloccai la porta della camera e andai al bagno, mi feci una doccia e tornai in camera. Steso sul letto con gli auricolari nelle orecchie. Pensai fosse pomeriggio inoltrato, non potevo mangiare a casa se ne sarebbe accorto quindi uscii e andai a comprare qualcosa al mini market.

Davanti allo scaffale delle bibite c’era Cc, mi avvicinai e solo quando arrivai dietro di lui mi riconobbe.

-Ehy Ashley!- mi salutò abbracciandomi e rischiando di far cadere la cola che teneva in mano.

-Cc! Tutto a posto?- alla risposta affermativa afferrai anch’io un paio di bottiglie di  cola.

-Dov’è Andy? Scommetto che è imbambolato davanti allo scaffale dei dolci eh!- io scossi la testa e l’equivalente di una secchiata d’acqua gelida si impossessò di me.

-No, è a casa, non sto più da lui.-

Il ragazzo non fece domande, mi lasciò andare. Pagai le bibite e uscii.

Tornai a casa, ma quando entrai dalla finestra, seduto sul mio letto c’era Bill.

-Merda.- sussurrai a denti stretti. Appena mi vide si alzò e mi venne vicino, cercai di indietreggiare, ma dietro di me c’era il muro.

-Il piccolo Ashley è tornato all’ ovile vedo..Dove sei stato?- non ricordava di quella sera dopo natale? Quando mi aveva visto con Andy. Non risposi e lui mi afferrò il braccio, stringendo forte nella sua mano. –Non te lo chiederò un’altra volta. Dove cazzo sei stato?- ancora mi rifiutai di parlare.

-Dov’è mamma?- chiesi mentre lui stringeva ancora il mio braccio.

-Quella puttana è scappata.- andai nel panico. Mi aveva lasciato qui con lui.  Mi mollò e si girò verso la porta attraversandola.

-Mi dirai dove sei scappato per tutto questo tempo. A costo di farti male.- un singhiozzo involontario uscì dalle mia labbra. Scivolai contro il muro e mi sedetti per terra. In fine quello che aveva fatto Andy per me non era servito. Ero al punto di partenza.

 

Ero preoccupato. Ashley era a casa con quel mostro da tre giorni, non l’avevo ancora sentito o visto . Dovevo vederlo e accertarmi che stesse bene. Presi il telefono per mandargli un messaggio, ma stetti ad osservare il suo nome nella rubrica senza fare nulla. Sarei andato da lui, dovevo vederlo.

Infilai una felpa sopra la canottiera e scesi di corsa le scale.  I miei genitori erano tornati quel pomeriggio stesso, sorridenti e ignari di quello che stesse succedendo. Li salutai e uscii di casa.

Mi avvicinai alla veranda e al campanello della casa di Ashley. Presi un respiro profondo, avevo paura. Il mio dito si posò sul pulsante e un trillo risuonò per la casa. Sentii dei passi pesanti e poco dopo la porta si aprì, mostrando la faccia conosciuta di Bill.

-Chi sei?- disse duramente.

-Sono un amico di Ashley, posso vederlo?- chiesi sperando con tutto me stesso che abboccasse e mi portasse da Ash.

-È in camera sua. Cosa dovete fare?- mi chiese e io dovetti inventare velocemente una scusa.

-Per la scuola, ci hanno dato una ricerca da portare nei primi giorni di rientro e..-

-Va bene, va bene o capito! Sali è la prima porta a destra. Sei un amico di Ronnie vero?-

Io, amico di quel verme, mai. Pensai tra me e me mentre rispondevo un “Sì” all’ uomo che era sparito nel salotto. Salii le scale e una porta di legno scuro con diversi adesivi e scritte mi si presentò davanti. La stanza di Ashley. Presi un respiro e bussai. Sentii dei rumori e poco dopo il viso del ragazzo fece capolino dalla porta. Sorrisi e lui fece lo stesso, abbozzando un sorrisetto su quelle labbra fini.

-Ehi..ma come hai fatto..?- mi disse facendomi entrare.

-Magia..- sorrisi e lui chiuse la porta, io lo abbracciai appena si girò verso di me.

–Sto bene, non mi ha fatto nulla Andy..-  mi era mancato. Anche se erano passati solo tre giorni, il suo profumo, i suoi occhi scuri e tutto il resto mi era mancato. Ogni cosa che mi aveva fatto innamorare di lui. Sì, ci avevo pensato negli ultimi giorni, mi ero fatto delle domande e avevo realizzato che non avevo solo una cotta per Ashley. Appena lo pensai sorrisi e lo strinsi più forte. Non era ricambiato tuttavia. Lo allontanai leggermente e lo guardai.

-Promettimi che stai bene e che non è successo niente.-

-Te lo prometto.- mi disse abbracciandomi di nuovo.  Sospirò affondando per l’ennesima volta la testa tra il mio collo e la mia spalla. Volevo stare con lui quindi saremmo stati nella sua camera e probabilmente gli avrei fatto compagnia quella notte.

Quando fu il momento di mettersi a letto eravamo entrambi stesi sul materasso a guardare il soffitto con un sorriso stampato in viso. Fu Ashley a rompere il silenzio.

-Andy..tu sei interessato a qualcuno?- mi chiese girandosi a guardarmi, lo fissai negli occhi caramello e sorrisi.

-Forse..- risposi vago alzando gli occhi a guardare il muro. –E tu, sei interessato a qualcuno?-

-Sì, a te.- disse sicuro ed io sgranai gli occhi sorridendo un secondo dopo.

 Mi avvicinai, forse troppo, ma lui non si allontanò anzi mi venne incontro. Non fui sicuro chi fu più veloce, ma le nostre labbra si incontrarono a metà strada, sorrisi sopra di esse e Ashley fece lo stesso. Anche le mie mani si mossero e raggiunsero la sua nuca accarezzandola. Cercai di approfondire il bacio e lui me lo permise facendomi toccare con la punta della lingua le sue labbra.

Non riuscivo a pensare razionalmente, tutto il mondo era chiuso fuori dalla stanza di Ashley, niente avrebbe rovinato quel momento. Eravamo solo noi.  Appena ci allontanammo, con il fiato corto, guardai la bocca del castano, lucida e rossa per i lunghi baci che c’eravamo scambiati.

-Sono innamorato di te Andy.-

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Capitolo 6
*** You're every dream I lost and never found ***


-Sono innamorato di te Andy.- disse Ashley e io non credei alle mie orecchie. Sorrisi. In un attimo la mia felicità era alle stelle, gli presi il viso tra le mani e lo baciai, sorridendo ancora sulle sue labbra. Ricambiava e non potevo esserne più felice.

-Anch’io, davvero Ash.- appoggiai la fronte alla sua e gli strinsi la vita tra le mani.

Passammo la giornata fuori di casa, i baci che ci demmo non li seppi contare, le labbra di Ashley erano morbide, ma sottili ed era davvero bello baciarlo. Non riuscivo ancora a credere che ora io e lui stavamo insieme.

Fu così che io e Ash dovemmo uscire da quel regno di pace che ci eravamo creati e tornare non solo a scuola, ma anche a fare le prove della band. Il giorno di ritorno alla realtà era stato disastroso. Ashley non c’era quando ero arrivato davanti a scuola e io mi preoccupavo sempre più, tenevo costantemente gli occhi puntati sulla porta nel caso avessi scorto due occhi color caramello. Nessun paio di occhi così caldi mi trovarono e io, deluso, me ne andai in classe. Vidi Ashley solo dopo il secondo intervallo, ad educazione fisica. Non mi venne incontro, ma sorrise e con la palla da basket tra le mani filò in campo dietro un Radke ghignante. Cosa mi ero perso?

Non mi degnò di un’occhiata durante la lezione e io ero deluso da questo comportameno senza senso. Mi sentivo una pezza calpestata. Sentii uno sprazzo di conversazione tra Ronnie e il mio ragazzo.

-Bravo Ash, lo lascerai stare?- disse il più grande stringendo il braccio del castano. Lui fece una smorfia di dolore e scosse la testa.

-No.- il moro fece scattare la mano e Ashley cadde a terra.

-Sei morto.- disse e il ragazzo colpito scattò verso la porta uscendo dalla stanza.

-Andiamo via, ora!- corremmo fino ad arrivare nel cortile e ancora, fuori dal cancello della scuola.

Ashley mi abbracciò subito dopo essersi fermato, con ancora il fiatone che gli impediva di respirare adeguatamente.

-Dovresti lasciarmi andare, Radke ti farà nero.- lui scosse la testa io sospirai e presi ad accarezzargli i capelli.

-Andiamo a casa okay?- mi disse e poco dopo eravamo sotto la pensilina del bus.

Ashley stava rinunciando a tutto per stare con me: la sua popolarità, i suoi amici. Mi sentivo in colpa. Tornammo a casa anche se avremmo dovuto avere ancora tre lezioni ed Ashley aveva anche gli allenamenti di basket, ma non pensai volesse andarci dopo essersi preso un pugno da Radke.

Il padre di Ash aveva la giornata libera quindi fummo costretti a nasconderci a casa mia. Nel pomeriggio avevamo le prove con CC, Jake e Jinxx. Li invitammo per pranzo, nonostante il castano continuasse a guadarmi malizioso.

-Ashley vedo i tuoi sguardi da dietro al muro.- dissi ridacchiando e lui venne in cucina a baciarmi. Mi appoggiai al tavolo e lasciai che mi baciasse, non so per quanto tempo lo facemmo, ma fummo interrotti dal suono del campanello che qualche insistente stava pigiando ripetutamente.

-Fatto, ora posso andare ad aprire ai cazzoni fuori da casa tua.- sorrise e seguii il movimeto delle sue labbra che si incurvavano sopra i suoi denti dritti. Ricambiai e lo seguii alla porta. L’allegria di Christian contagiò tutti infatti dopo pranzo decidemmo di parlare seriamente.

Dovevamo scrivere un’altra canzone e Jinxx aveva detto di conoscere un tipo di una certa casa discografica. Erano pazzi, per Ashley, lui voleva far successo certo, ma aveva troppi dubbi e paure. Io invece ero sicuro che una canzone come “I’m Bulletproof” avrebbe convinto il suddetto tipo a darci una mano nella nostra ascesa. Chiudemmo la giornata provando due canzoni, “Savior” e “Fallen Angel” avevo scritto tutto di getto in queste due. Tutti i miei ricordi di Miles, il padre di Ashley, i suoi lividi e le sue labbra , le nostre stranezze, il mio amore per Ash e la musica, per i miei compagni di band ed amici.

Io e Ashley stemmo insieme fino a tarda sera poi lui dovette tornare a casa, avevo le labbra gonfie dai troppi, ma non per questo rifiutati, baci che mi aveva dato.

 

 

I giorni passavano e io mi sentivo sempre più opprimere da Ronnie. Mi aspettava davanti alla palestra agli allenamenti di basket e mi seguiva in bagno continuando a cantilenare con la voce che se non avessi fatto la lista di cose che aveva preparato per me avrebbe detto tutto a Bill. Avevo paura.

Quando mi stufai di tutto questo, accettai la sua richiesta, nascondendo a Andy la faccenda. il moro era sospettoso e faceva domande mirate, ma non rispondevo anche se mi sentivo in colpa.

Il mio primo compito era andare a ritirare i compiti da un Sophomore che “lavorava” per Radke. Andai. Lui era spaventato a morte, mi disse che l’aveva minacciato e io mi sentii male per quel ragazzino che probabilmente veniva chiuso negli armadietti e buttato a terra troppe volte in una giornata.

La seconda volta che dovetti fare qualcosa per Ronnie non ce la feci e mi presi un pugno, più la ramanzina di Andy che non mi aveva più lasciato solo un momento. Non volevo mentirgli, ma non volevo nemmeno metterlo in pericolo.

io e il mio ormai ragazzo avevamo iniziato a passare ogni weekend a casa sua. Io dormivo spesso lì e Bill non si faceva vedere per colpa del lavoro. Aveva trovato una compagna, ma non avevo chiesto chi fosse o da dove venisse. Una volta l’avevo vista di sfuggita ed era esattamente come la immaginavo: bionda, labbra e seno rifatto. Qual’era il suo nome? Kina forse, ma potrebbe essere stato anche Kristy o Christina.

Ero in camera di Andy, sul letto in silenzio, lui aveva la testa appoggiata sul mio petto e io facevo scorrere le dita tra i suoi capelli, accarezzando la rasatura sui lati con le dita. Ogni tanto mi abbassavo e lo baciavo poi lui si alzò e si sedette sul mio bacino.

-E-ehi!- esclamai accarezzandogli una guancia. –Questo spirito di intraprendenza da dove viene?- mi sorrise e riprendemmo a baciarci, lasciando che le nostre labbra si lasciassero solo per riprendere fiato da quell’intreccio bollente. Le mie mani accarezzavano la base della  sua schiena, che avevo liberato dalla t-shirt. Andy mi aveva tolto la maglia e con le dita passava sopra il tatuaggio, pizzicandomi ogni tanto.

Io e Andy non avevamo fatto ancora nulla, nessun tocco era andato più in là, ma quel pomeriggio trovai la pelle gelida del ragazzo così irresistibile e entrambi non riuscimmo a fermarci. Le mie mani lo avevano accarezzato e portato al piacere e lui con molto più imbarazzo aveva ricambiato finchè non ci trovammo distesi in uno strano intreccio di arti e coperte.

Il mio telefono squillò.

-Chi è?- dissi con la voce di chi si era appena svegliato.

-Secondo te chi è?- Ronnie.

-Cosa vuoi?-

-Mi servi per un lavoretto a scuola, abbiamo deciso di sostituire i libri in biblioteca con qualcosa di più… istruttivo.- mi passai una mano sulla nuca e guardai Andy che ricambiò il mio sguardo, confuso. –Se non verrai il tuo ragazzo avrà dei problemi, stanne certo. A mezzanotte sotto casa tua. Conto su di te.- chiuse la chiamata senza darmi il tempo di rispondere.

-Chi era?- chiese il ragazzo al mio fianco, lasciandomi un bacio sul collo.

-Radke.- Risposi sapendo che la reazione di Andy sarebbe stata pessima.

-Cosa voleva ancora? Ash tu non puoi continuare a fare i suoi comodi. Ti farai del male.-

Gli sorrisi e mi alzai, recuperando i jeans che erano finiti a terra prima.

-Devo…insomma Andy io ti amo, non voglio che lui ti faccia del male.-

Il ragazzo mi prese per mano e si portò il palmo alle labbra, baciandolo. Chiuse gli occhi.

-Stai attento, ti chiedo solo questo. Torna qui dopo, per favore.- lo abbracciai di slancio, finendo per cadere sopra di lui, che era ancora steso a letto.

-Starò attento, te lo prometto- detto questo mi preparai e dopo aver baciato Andy uscii di casa.

Ronnie mi aspettava davanti alla macchina, mi sorrise, anche se sembrava un ghigno e io salii in macchina insieme al mio possibile aguzzino.

-Bene, cosa dobbiamo fare?- il ragazzo al mio fianco accelerò e imboccò la strada per scuola.

-Domani ci sarà una mostra in biblioteca e voglio darli il meglio di Santa Monica.- disse indicando un borsone pieno di libri, immaginai. Non preannunciava nulla di buono.

Scendemmo dalla macchina, Ronnie prese la borsa e io corsi a scavalcare il muretto. Dopo che il moro mi raggiunse cercammo un’entrata. Era la porta di emergenza, ma era collegata alle telecamere della stazione di polizia della città. Il ragazzo mi passò del nastro isolante nero e io, attento a non farmi vedere, ne appicicai due pezzi davanti alle due telecamere che coprivano l’ingresso.  In quel momento mi fermai e Ronnie si avvicinò.

-So che probabilmente non vuoi che il tuo ragazzo non finisca male per questo devi aiutarmi. In un libro là in biblioteca c’è della cocaina che mi ha lasciato un mio caro amico e..non vuoi che il tuo nome, o quello di Andy venga fuori, vero?- scossi la testa e seguii il moro.

“sei un criminale..” questo urlava la mia testa. Una volta entrati un viso conosciuto ci accolse.

-Molly?- lei mi guardò e si passò una mano tra i lunghi capelli, ora colorati di un rosa pallido. Ero confuso.

-Ce ne avete messo di tempo e Ashley, caro, non hai portato il tuo ragazzo?-

-Pensavo che tu e Andy foste amici, mi sbagliavo, evidentemente.-  la ragazza alzò un sopracciglio.

-Ti sbagliavi molto, sono la sorella adottiva di Ronnie e indovina chi gli ha detto che tu te la spassavi con il mio amichetto?-

Strinsi i pugni e i denti, feci per replicare, ma il ragazzo prese parola.

-Andiamo, prima che si accorgano delle telecamere.- andammo nella biblioteca. Era buia, ma Ronnie tirò fuori tre torce.

-Tu. Disse indicando me –Andrai alle vetrine sulla sinistra e cambierai i libri con questi.- disse porgendomi una borsa colma di tomi.

Erano tutti volumi vecchi e tutti parlavano di sesso o violenza, ne rimasi quasi disgustato.

Vidi che anche Molly stava iniziando a cambiare i libri, mentre Ronnie era sparito. Vidi una luce da fuori e mi sbrigai a sostituire i libri. Quando finii sentii la porta che si apriva. “Merda” pensai mentre mi abbassavo, cercando di nascondermi. Delle voci, la bibliotecaria e due poliziotti, la divisa sembrava quella.

Cercai di andarmene, ma passai di fianco ad una scrivania con una pila di libri in bilico sull’angolo, la feci cadere e di conseguenza  mi videro.

Corsi, cercai di scappare e ce la feci per un pelo, arrivai nel cortile e scavalcai, mi misi a correre. La macchina di Ronnie non c’era più, probabilmente avevano programmato tutto i due “Fratelli”. Corsi finchè non mi trovai davanti casa mia, composi velocemente il numero di Andy al telefono.

-Pronto..- la voce assonnata del mio ragazzo mi fece sorridere.

-Sono vivo.- dissi passandomi una mano sulla nuca leggermente bagnata dal sudore.

-Dio, Ashley! Vengo giù, aspetta.- mi bloccò, quasi gridando con la sua voce calda e roca.

-No, sai lì, riposati, io vado a casa. Ti passo a prendere domani alle otto.- aspettai che desse una risposta, che fu affermativa e chiusi la chiamata.

Entrai in casa, Bill era addormentato sul divano e io stetti attento a non fare il minimo rumore. Salii in camera e mi spogliai. Solo in quel momento mi misi a pensare sul serioa quello che avevo fatto. Avevo sicuramente infranto molte leggi, avevo aiutato Ronnie a recuperare della droga e Molly era la sua sorellastra. Mi ero messo in pericolo ed ero stato minacciato. Cosa mi era passato per la testa?

Strofinai le mani sugli occhi e mi spogliai velocemente, volevo farmi una doccia prima di coricarmi. Mi sentivo sporco, come se quella serata mi avesse lasciato una patina di orrore sulla pelle. Strofinai la spugna un numero indicibile di volte poi andai a letto, sperando che gli occhi blu di Andy mi venissero a trovare durante la notte.

La sveglia suonò prima del previsto, mi sembrava di non aver dormito. Mi bruciavano gli occhi ed ero sicuro che fossero striati di un rosso acceso. Mi vestii e uscii di casa, intravedendo Bill seduto al tavolo della cucina.

Andy mi aspettava fuori dalla porta, mi accolse con un sorriso ed un abbraccio. Fra le sue braccia mi sentivo a casa, la vera casa. Mi strinse forte per un po’ poi mi lasciò un bacio sulla testa e io alzai il viso per incontrare le sue labbra. Non so per quanto stemmo lì a baciarci, ma ci risvegliò la voce di sua madre che ci diceva di andare a scuola.

Facemmo come ci aveva detto la voce. Andammo a scuola, impallidii appena vidi una folla di ragazzi attorno all’entrata. La porta era sbarrata dai poliziotti che stavano sopra i gradini dell’entrata. Andy  mi guardò e mi prese per mano. I nostri amici: CC, Jake e Jinxx ci raggiunsero dopo pochi minuti. Restammo in silenzio finchè Christian lo ruppe.

-Sono entrati in Biblioteca, c’era della droga, non sanno chi è stato.- mi sentii mancare, i sensi di colpa erano troppi. Mi avvolsi tra le braccia di Andy e lui prese ad accarezzarmi la nuca. –Una ragazza è stata accoltellata. Molly.- Sbiancai, Andy mi guardò interrogativo e io scossi la testa. Ronnie aveva accoltellato Molly ed era scappato con la droga?

Tornammo a casa dopo un’ ora circa, dove cercai di mantenermi a distanza dai poliziotti che avevano fatto alcune domande agli studenti.

Anche Andy voleva delle risposte, infatti appena mi chiusi la porta di camera sua alle spalle lui parlò.

-È stato Radke vero?- io annui. –Perché?-

-C’era della droga e Andy, se lo avessi saputo non sarei andato, ci hanno quasi preso.- dissi tutto di un fiato. –Non so cos’èsuccesso, sono andati via: Ronnie e Molly. Sono scappati, non ho guardato se Molly era ancora dentro. Mi ha ricattato, ha minacciato te.-

Stavo tremando. Mi sentivo una pezza. Il viso di Andy era scuro e sicuramente era arrabbiato, ma mi lasciò un bacio sulla fronte e scese in cucina, non lo seguii. Quando tornò aveva fra le mani due tazze di the, lo presi volentieri. Mi fece cenno di andare da lui, sul letto. Lo accontentai e mi sedetti, facendolo sedere tra le mie gambe.

-Non approvo quello che hai fatto, mi dispiace però Ashley. Ronnie è un bastardo, dovrebbe morire per quello che ha fatto, e ti ha ricattato. Dio, Ash. Ti amo, mi dispiace.- finì la frase sussurrando e io gli lasciai u bacio fra i capelli. Appena finimmo il the ripresi a baciarlo. Le sue labbra erano morbide e il piercing creava un piacevole contrasto con il calore delle nostre bocche.

Ora dovevamo aspettare che Ronnie facesse un altro passo falso per farlo scoprire, non sarebbe stato facile.

Il giorno seguente andammo a trovare la ragazza in ospedale. La stanza di Molly era vuota, niente palloncini o fiori, asettica. La puzza di disinfettante era quasi fastidiosa. Stava dormendo e non osammo svegliarla. Le lasciai un biglietto di scuse sul comodino e ce ne andammo.

I giorni passarono veloci, ma di Ronnie neanche l’ombra, a scuola non veniva più. Ne ero ossessionato, lo vedevo ad ogni angolo. Andy mi stava vicino e mi rassicurava come poteva, avevo paura di diventare un peso per lui e cercavo di non lamentarmi. A noi due era successo di rimanere da soli ancora qualche volta, in cui ci eravamo spinti ancora più in là. Il corpo di Andy era caldo, sarei stato ore ad abbracciarlo ed accarezzarlo. Eravamo arrivati a spogliarci completamente. Solo in quei momenti riuscivamo entrambi a dimenticare il mondo. C’eravamo solo noi: Andy e il suo respiro affannoso contro il mio orecchio, le sue mani che mi stringevano i bicipiti e mi pizzicavano la pelle sopra il tatuaggio. Mi aveva confessato che quel gesto era una sua mania, che adorava il mio “ Outlaw” e doveva tracciarne i contorni come se le sue dita fossero calamitate da esso.

Attendevo con impazienza il giorno in cui Andy sarebbe stato mio,

solo mio.

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